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di adorvlou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


'Carpe diem' : è questo il tatuaggio che ho fatto un anno fa. Ma per me non è solo una traccia di inchiostro sulla mia pelle, è il mio stile di vita. Non mi piace programmare il futuro, preferisco vivere alla giornata, cogliere l'attimo. A diciotto anni non si può fare diversamente. È l'età in cui tutto è concesso, in cui non si devono avere rimorsi. Non voglio essere una delle tante. Quelle ragazze che incontri per caso alla fermata del bus o per i corridoi della scuola. Quella seduta in una tavola calda a sorseggiare la sua cioccolata, in attesa di qualcosa che non arriverà mai. Devono ricordarsi di me. Non devo essere quella ragazza ma, LA ragazza. Attenzione però, qui non si tratta di presunzione nè di sentirsi il centro del mondo. Voglio solo che la gente si ricordi di me in maniera diversa. Che guardandomi, anche se solo per un attimo, capisca che sono una ragazza tenace, una di quelle che non molla la presa, che non aspetta il treno che passa e nemmeno quella che rincorre un sogno ma, quel tipo di persona che va a prendersi ciò che vuole, tutto qui. E penso che non sia sbagliato. Amo la mia vita e non la cambierei per nulla al mondo. Non dico che sia perfetta ma, non mi dispiace. Ho una bella famiglia, numerosa direi. Siamo quattro fratelli, mamma e papà. Io sono la più grande e anche quella che spesso porta più problemi. A scuola vado bene ma, sono abbastanza testarda e ribelle e i miei genitori la maggior parte delle volte, non sanno come fermarmi. Ma d'altronde, sono quasi alla fine della mia adolescenza e i miei sono comprensivi. Ho superato la fase nella quale si tende spesso ad odiare il proprio corpo, ho smesso di preoccuparmi del mio aspetto già da un pó di tempo. Crescere aiuta a capire anche che la gente non deve starti intorno solo per come appari esteriormente, ed io mi piaccio così. Non saró perfetta nè la ragazza che tutti sognano di avere ma, ho un ragazzo che mi ama davvero e degli amici fantastici e questo, vale più di qualsiasi altra cosa. Oggi è il mio primo giorno, dell'ultimo anno di scuola. Devo impegnarmi molto se vorrò essere ammessa alla Stanford University, ho sempre sognato andare lì. Questa è l'unica cosa che ho sempre programmato da quando sono entrata al liceo: andare in California a studiare in una delle migliori università americane. Qui a New York ci sono tante possibilità ma è lì che voglio andare. La Stanford è il mio sogno. La parte più bella è che anche il mio ragazzo, Calum, verrà con me. Siamo fidanzati da tre anni e mezzo, siamo cresciuti insieme. Non penso al futuro quando sto con lui. Non mi vedo fra vent'anni sposata e con dei figli che ci assomigliano. Non voglio crearmi false aspettative perché se un giorno tra noi dovesse finire, mi sentirei vuota perché tutto ciò che avevo sognato per noi, sarebbe solo un mucchio inutile di ricordi e non voglio questo. Una cosa però è certa, quando sarò grande e guarderò indietro ripensando alla mia adolescenza vorrei ricordarla come il periodo più bello della mia vita perché, diciamocelo dai, si vive una volta sola.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


27 Agosto 2013

"Noelle, sono qui fuori in macchina, fai veloce." Calum era venuto a prendermi per andare insieme a scuola. Avevo già la patente ma non mi andava di portare la macchina. "Arrivo!!" Presi lo zaino e corsi al piano di sotto. "Mamma, papà io sto andando a scuola. Ci vediamo più tardi." Urlai prendendo il cappotto. "Buona giornata tesoro." Disse mamma dandomi un bacio. "Buon primo giorno di scuola." Mi augurò mio padre. "Buona giornata anche a voi." Risposi. Diedi un bacio ad entrambi ed uscii. Settembre era alle porte e cominciava a fare davvero freddo fuori, così corsi verso la macchina ed entrai, mettendomi subito con le mani sui riscaldamenti. "Buongiorno amore." Disse Calum dandomi un bacio sulle labbra. "Buongiorno anche te." Sorrisi e partimmo.

Il tragitto da casa mia a scuola non era molto lungo ma non si poteva camminare a piedi con tutto questo vento. Settembre non era ancora arrivato ma si faceva già sentire. "Allora, come ti senti? Sei pronta ad affrontare quest'ultimo anno?" In realtà non ci avevo pensato. Da quando ero al liceo il tempo sembrava passare troppo velocemente, ecco perché volevo godermi questi anni. "Non so, non ci ho pensato, sai com'è no?!" Lui si giró e fece una piccola risata. "Carpe diem!!" Dicemmo entrambi e poi scoppiammo a ridere. "E tu come immagini questo tuo ultimo anno?" Chiesi. "Beh l'anno scorso non mi sono impegnato al massimo, e nemmeno gli anni precedenti ma, questa volta c'è in ballo qualcosa di più grande: Stanford." Per come lo aveva detto sembrava quasi fosse un peso. E se fosse così? Se non volesse davvero venire con me in California?! In realtà non mi ero mai posta queste domande. Non gli avevo mai imposto di venire con me ma, non gli avevo nemmeno dato la possibilità di scegliere. "È questo ciò che vuoi? Per il tuo futuro intendo.." Mi sentivo un po' in colpa. "Parli di Stanford?" Chiese lui. "Anche." Non siamo mai stati quel tipo di coppia che fa tutto insieme. Abbiamo i nostri spazi. Non abbiamo deciso di andare entrambi alla stessa università per non separarci, io ho sempre desiderato andare lí e credo anche lui. "Ho una ragazza meravigliosa e una vita che mi piace, quindi si, è questo ciò che voglio per me!" Le sue parole mi fecero sentire più leggera. Credevo che venisse in California più per scelta mia che sua.

"Arrivati." Disse posteggiando e spegnendo la macchina. "Incrociamo le dita." Dissi io ed entrambi scendemmo dall'auto. "Vieni qui." Mi tirò e prese la mia mano. "Oh guarda, lí ci sono i ragazzi e le ragazze." Erano tutti fermi davanti all'entrata così li raggiungemmo. "Buongiorno!!" Ero contenta di rivederli. Non ci eravamo visti molto nelle vacanze perché ero andata a Parigi con la mia famiglia. "Ehii, guarda un po' chi si vede!" Esclamó Jack. "Noelle, tesoro." Mi abbracciò Diana. "Come state? Avete passato delle belle vacanze?" Chiesi contenta. "Beh dai, solite feste, solita gente, le stesse vacanze di sempre. E tu, ti sei divertita a Parigi?" Stavo per rispondere a Diana quando mi girai e vidi quella chioma di capelli tremare sotto un cappotto rosso, era Abby, la mia migliore amica. Buttai lo zaino a terra e corsi verso di lei che, quando mi vide cominciò a venirmi in contro. "Abby!!" L'abbracciai. "Noelle, quanto mi sei mancata." Neanche una volta, non ci eravamo viste neanche una volta in tutte le vacanze. Quando io ero qui, lei era dai suoi nonni in Connecticut e quando lei era qui io a Parigi. "Non va bene eh, diventi sempre più figa." Rise lei. "Beh, parli proprio tu. Sei fantastica. Mi sei mancata Abby." La abbracciai di nuovo. "Ehi ehi, sono geloso." Commentò ridendo Calum. "Ehii Cal, anche tu sei scomparso eh." Disse Abby salutandolo. "Ragazzi io non vorrei interrompere i vostri momenti di dolcezza ma, dovremmo entrare." Disse Holly. Tutti ci prendemmo per mano e come nei vecchi film entrammo insieme.

Matricole: le troiette della scuola. Avevano bisogno di essere conosciute e avere fama e usavano tutti i mezzi a loro disposizione. "Quanto le odio. Ogni anno peggiorano, dovrebbero impedirgli di venire vestite così!" Commentò Holly. "A me non dispiace." Rise Lucas. "Sei sempre il solito." Rispose Diana. Eravamo un bel gruppo ma ovviamente, all'interno c'erano troppi intrecci. Ad Holly piaceva Jack e lui non lo sapeva ma, il problema era che a Jack piaceva Diana. Diana era fidanzata con un ragazzo più grande di un anno e quindi lui non aveva speranze. Poi c'era Abby, a lei piaceva Lucas ma a Lucas piacevano tutte e lei ci stava male per questo. E poi c'eravamo io e Calum. Non c'era imbarazzo fra noi perché i ragazzi non sapevano nulla, ma noi ragazze si. *Driiin* eccolo, il suono più odiato da tutti gli studenti. "È ora ragazzi, da oggi possiamo dire che è il nostro primo giorno dell'ultimo anno di scuola." Disse Jack. "Ci vediamo a pranzo, solito posto." Rispose Calum. "A dopo, buona fortuna." Ne avevamo davvero bisogno. Io, Abby e Jack eravamo nello stesso corso. Calum e Lucas in un altro e poi Diana e Holly in un altro ancora.

Il porfessor Ross non era nuovo ma era il primo anno che faceva questo corso. Un tipo abbastanza giovanile. Piaceva alle matricole e a qualche disperata dell'ultimo anno ma alla fine, era pur sempre un professore. "È figo ma niente di che." Commentò Abby.
"Si, non ha niente di così speciale." Poteva avere una quarantina d'anni.
"Signorina!" Sentii dir al prof, alzai la testa e stava indicando proprio me. "Il suo nome?" Chiese dopo.
"Noelle Carter." Risposi.
"Bene signorina Carter, vedo che ha molta voglia di parlare. Deve essere un argomento molto interessante dato che, sta ignorando le mie parole,venga qui." Così mi alzai e andai vicino la lavagna. "Può condividere con tutta la classe ciò che stava dicendo alla sua compagna?" Chiese con tono fermo.
"Stavo parlando di questo ultimo anno. Dei buoni propositi che ho." Dissi la prima cosa che mi passò per la testa.
"Beh, non penso stia cominciando nel migliore dei modi." Ritirai tutti i complimenti. "E quali sarebbero questi propositi?" Ottima domanda. "Voglio che quest'anno sia memorabile." Risposi.
"Oh quindi lei è una di quelle che vogliono fare tutte le cazzate possibili prima che finisca la propria adolescenza." Il suo commento mi aveva dato fastidio. "Assolutamente no. Vede questo?!" Mostrai il tatuaggio. "Ecco, questo è il tipo di vita che voglio condurre." La sua espressione era un misto di stupore e incertezza. "Vivere alla giornata sarebbe il suo stile di vita? Così non avrà mai un futuro." Io non la pensavo così. "Si sbaglia. Io al posto di aspettare qualcosa che non arriverà mai, vado a prenderla. Non mi piace aspettare che il destino si presenti bussando alla mia porta. Voglio decidere io cosa accadrà nella mia vita. Ma non mi piace nemmeno essere una manica del controllo." Il signor Ross mi guardò. "E dopo che uscirà di qui, cosa vorrà fare? Lo deciderà al momento?" Disse con tono spavaldo. "No, dopo andrò a Stanford. È l'unica cosa di cui sono sicura!" Affermai. "Allora mi ascolti, se lei è così sciocca da credere che il suo stile di vita si adatti a quello del suo futuro, sta sbagliando. Seguendo solo uno stupido concetto di carpe diem, la Stanford University, la vedrà solo in cartolina." Il tono irritante che aveva usato per dirmi questa cosa mi aveva dato ancora più voglia di continuare a discuterne ma un attimo dopo mi disse di tornare a posto.

La lezione si era conclusa. Non avevo replicato dopo la sua risposta. Non volevo passare il primo giorno di scuola in presidenza. Mi alzai per uscire quando il professore mi chiamò. "Signorina Carter, le consiglio di ascoltarmi. Cresca, perché solo nei film succede ciò che lei spera di vivere. Questa è la realtà, perciò apra gli occhi e la smetta di fluttuare nel suo mondo delle meraviglie." Quanto potevo detestarlo?! "Non accetto consigli da chi ci ha già provato ma ha mollato." Gli intimai e andai verso la porta. "Come fa a saperlo?" Chiese sbalordito. "Diciamo che so riconoscere le persone che cercano di cancellare il proprio passato." Risposi. "Non l'ho cancellato, sono solo cresciuto." Si giustificò. Perché lo stava facendo? "Eppure è ancora qui." Il professore non rispose e io andai via.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Le lezioni erano terminate e stavo andando in mensa a raggiungere gli altri. Avevo una fame pazzesca perché stamattina per la fretta non avevo fatto colazione.

Cominciai a camminare più veloce, quando il telefono vibrò. Lo presi dalla tasca, era Abby: 'Che fine hai fatto?' Diceva il messaggio. Stavo per rispondere quando qualcuno mi arrivó addosso facendomi cadere il telefono. Mi abbassai per prenderlo e quando guardai in alto, un ragazzo mi stava fissando come per chiedermi scusa. Aveva un'aria familiare, lo avevo già visto, solo che non riuscivo a ricordare dove. Lui mi fissó e fece una strana faccia. "Noelle Carter?! Sei tu?" Chiede quasi incredulo. "Si, ci conosciamo?" Ecco, avevo detto di averlo già visto! "Non mi riconosci?" Io scossi la testa per dire di no. "Sono io, Michael Smith." Oddio. Ecco chi era. Michael e io eravamo molto amici, giocavamo sempre insieme da bambini ed eravamo inseparabili ma, al terzo anno di liceo, per il lavoro di suo padre, si era trasferito ad Hong Kong e non ci eravamo più visti, nè sentiti, anche perché quando da lui era mattina da me era notte fonda e viceversa. Ci eravamo sentiti qualche volta ma non pensavo fosse cambiato così tanto. "Michael sei, sei così diverso oddio..perdonami per non averti riconosciuto." Io e lui avevamo condiviso tutto. Ma ci eravamo allontanati un pó a causa di Calum. Stavamo da poco insieme e lui era molto geloso. Non c'era mai stato un buon rapporto tra loro due ma, non ricordo il perché. "Lo so, sono molto diverso e anche tu. Se non fosse stato per i tuoi meravigliosi occhi, non ti avrei mai riconosciuta." Oh ecco, ora ricordo perché Calum era così geloso, Michael era innamorato di me. In tutto questo non lo avevo nemmeno salutato. Così mi alzai sulle punte e cercai di abbracciarlo, era molto alto. Lui ricambió stringendomi più forte. "Perché non mi hai detto che venivi? Io ti sapevo a Hong Kong." Dissi ridendo. "Per lo stesso motivo per cui non ci siamo più visti e sentiti per tre anni." Non sapevo cosa rispondere. Si riferiva al fuso o peggio, a Calum? "State ancora insieme?" Si riferiva a Calum. "Si.." Dissi abbassando la testa. "Beh non sarà felice del mio ritorno." Commentò sarcasticamente. Io mi limitai a sorridere. "E tu, tu sei felice?" Lo ero? Quello che c'era tra noi, la nostra grande amicizia, era cambiato tutto. Mi sentivo un'estranea, in imbarazzo. Prima sapevamo tutto l'uno dell'altra e lui era tra le persone più importanti per me. E adesso? "Beh, le circostanze sono diverse. È cambiato tutto dall'ultima volta in cui ci siamo visti. Non posso dire di non essere felice, perché rivederti è fantastico, però non è più come prima." Risposi. "Sono cambiate tante cose ma non credere che io abbia smesso di pensarti e di volerti bene. Non ho dimenticato il nostro passato ma, tu forse lo hai fatto." Cazzo! Le sue parole facevano male, erano taglienti. E forse facevano questo effetto perché rappresentavano la realtà. Io mi ero dimenticata di noi. "Noelle.." Sentii qualcuno chiamarmi così mi spostai per guardare e dietro c'era Calum. "Ti stavamo aspettando ma non arrivavi più." Mi venne incontro ed io cominciai a tremare. Mi diede un bacio sulla guancia. "E tu saresti?" Calum era poco più alto e fissava Michael con aria quasi di sfida. "Josh, sono nuovo." Eh? "Bene, io sono Calum e lei è la mia ragazza." Scandì l'ultima parola. "Lo so." Rispose schietto Michael. "Andiamo a mangiare?" Chiese Calum guardandomi ed io annuì. "Ciao ad entrambi, è stato un piacere." Il mio ragazzo lo guardò. "Anche per me." E andammo via. Mentre camminavo verso la mensa mi girai verso Michael e mimai un grazie, lui alzò la mano e andò via. Aveva appena impedito di fare scoppiare la bomba-Calum.

"Abby vieni con me in bagno?" Chiesi alzandomi dal tavolo. "Si certo, arriviamo." Così uscimmo dalla mensa. "Noelle, tutto ok?" Chiese. "È tornato Michael." Sputai subito. "Cosa? Quel Michael?!" Il suo tono era di stupore ed incredulità. "Si Abby, proprio lui." Lei strabuzzò gli occhi. "Lo sai che succederà un casino vero?" Che novità! "Lo so. Poco fa stavo parlando con lui ed è arrivato Calum. Per fortuna Michael ha detto di chiamarsi Josh e ha evitato il disastro." Risposi tutto d'un fiato. "Come ha fatto Cal a non riconoscerlo?" Chiese Abby. "È un'altra persona, credimi. Non lo avevo riconosciuto nemmeno io." La mia amica mi guardò. "Non potrete mentire per sempre, dovrai dirlo a Calum se ci tieni davvero." Già. Dovevo farlo. "Si e lo farò ma ora non è il momento adatto. Adesso torniamo in mensa o penseranno che siamo morte." Ridacchiai e lei con me. Uscimmo dal bagno e tornammo dagli altri.

Calum mi aveva riaccompagnata a casa dopo la scuola e non vedevo l'ora di buttarmi sul letto. Era stato un primo giorno di scuola abbastanza strano. Mamma e papà non c'erano ma tra poco sarebbero arrivati i miei tre fratelli. Tre pesti. Entrai in casa e salii dritta in camera.

Fui svegliata da urla di bambini. Strofinai gli occhi e mi sembrò di aver dormito ore quando era passata solo mezz'ora. "Noeeeeee siamo a casa." Urlò mio fratello Tyler.
Scesi sotto, lui era seduto già sdraiato sul divano mentre Dylan e Ryan, i due gemellini, si stavano rincorrendo per il salone. "Noelle." Ryan mi saltò in braccio. "Ehi piccolino." Dissi scompigliandogli i capelli. "Guarda cosa ci ha regalato la zia." Mi mostrò tutto contento la sua caramella. I miei lavoravano fino a tardi, perciò mia zia Karen, andava a prenderli a scuola e li portava a casa. "Com'è andata oggi?" Chiesi a tutti e tre. "Bene!!" Risposero i gemellini. Loro andavano in prima media. A volte mi facevano paura, parlavano all'unisono. "A me come al solito." Rispose Tyler. Lui era al primo anno delle superiori ma aveva scelto una scuola diversa dalla mia e non era stato un bene. Era un ragazzino molto sveglio e intelligente e tutti i suoi compagni alle scuole medie lo prendevamo in giro. Pensava che, andando in una scuola diversa dalla loro sarebbe cambiato ma a quanto pare non fu così. "Ryan, Dylan, che ne dite di guardare un pó di televisione?" Dovevo distrarli per parlare con Tyler. "Siiiii." Così corsero a sedersi sul divano. Io e mio fratello avevamo solo  quattro anni di differenza ma per lui ero un punto di appoggio. "Vieni." Lo presi per mano e lo portai con me in cucina. "Cos'è successo?" Chiesi dolcemente. "Perché è così difficile? Perché tutti mi prendono in giro? Io non ho fatto nulla di male per meritarmi questo." Queste sue parole mi ricordavano tanto un ragazzino di quindici anni, che aveva il terrore della scuola perché tutti lo prendevano in giro e lo insultavano. E una ragazzina che come diceva sempre lui, era diventata la sua ancora. Amici inseparabili che avrebbero fatto di tutto per proteggersi. Esatto, Michael era quel ragazzino. Quello che tutti infilavano nel bagno per mettergli la testa nel gabinetto, ed io ero quella che facendo finta di stare con lui, aveva messo fine a tutto. Non mi definivo popolare a quei tempi ma, ero conosciuta e avevo molti amici. "Tyler, tu non devi cambiare per nessuno okay? Non devi essere diverso da ciò che sei per farti accettare. Cammina sempre a testa alta e fatti rispettare! Smettila di fare il bambino, stringi i denti e vatti a prendere ciò che vuoi perché se aspetti che qualcuno lo faccia per te, sappi che non cambierà nulla." Mio fratello, che prima aveva la testa chinata, la alzò e mi guardò. "È così che hai fatto tu?" Chiese dopo. "È così che faccio io!" Esclamai. "D'accordo, hai ragione. Basta fare il pauroso. Devo reagire." Aveva capito. "Grazie Noe." Disse alzandosi e dandomi un bacio. "Non mi devi ringraziare. Lo sai che sono qui per te." Sorrisi. "Oh quasi dimenticavo, all'entrata c'è un pacco per te. Me l'ha dato un ragazzo mentre entravo qui a casa." Disse andando via e tornando con questo scatolo. "Ehm..grazie." Lui mi guardò. "Tutto bene?" Annuii e lui sorridendo andò via.

Ero sul letto con questo pacco fare le mani. Cosa c'era dentro? Di chi poteva essere? Mi alzai e guardai fuori dalla finestra. Aveva appena cominciato a piovere. Che giornata di merda. Non avevo compiti e non mi andava di uscire. Il telefono era morto e lo stavo caricando. L'unica cosa che potevo fare era aprire quella scatola. Tornai sul letto. Poteva esserci di tutto lì dentro. Aprii e rimasi a fissarne il contenuto. Era impossibile. Non potevo credere ai miei occhi. Altro che anno perfetto. Ero appena salita su delle montagne russe che correvano all' impazzata ed io non sapevo come scendere. L'unica cosa che potevo fare era gridare a squarciagola.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Pensavo di aver perso tutte quelle foto. Era passato così tanto tempo che non mi ero nemmeno disturbata a cercarle. Ne tenevo solo una, così, per ricordo, ma le altre chissà che fine avevano fatto. Eppure tutto d'un tratto erano lì, sul fondo di quella scatola. Quei due bambini, amici per la pelle, giocavano sul prato con un pallone nuovo di zecca. Lei aveva i lunghi capelli raccolti in una treccia e lui portava degli occhiali da vista, troppo grandi per il suo visino. La pelle di quelle bambina era rosea, sembrava fatta di porcellana, e gli occhi di quel bambino facevano invidia agli smeraldi. A prima vista sembravano inseparabili e forse lo erano davvero. La loro infanzia era lì. Foto dopo foto veniva raccontato ciò che li legava, quell'amicizia diversa dalle altre. Ma il tempo non rende mai giustizia e con il passare degli anni, anche quelle foto cominciavano a cambiare. E poi l'ultima di quella lunga serie. La bambina che sembrava porcellana, si era trasformata in una ragazza abbastanza carina ma con un sorriso più spento. Il bambino con gli occhi color smeraldo, era diventato un ragazzo un po' distante dal mondo reale. Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto. Non erano abbracciati come una volta, né giocavano insieme felici. Lui era seduto ad un tavolo in un bar con amici e lei a qualche metro di distanza con il suo ragazzo. Qualcun altro aveva scattato quella foto. Tutti quegli squarci di memoria, frammenti di attimi, ricordi lontani nel tempo mi ricordavano quanto forte era la presenza di Michael nella mia vita. E mi servivano a non dimenticare quanto io ero stata ingiusta nei suoi confronti. Insieme alle foto c'erano anche altri oggetti, piccole cose che avevano fatto parte della nostra infanzia. Un portachiavi che gli avevo regalato, due braccialetti dell'amicizia, un paio di orecchini di quando ero piccola, i suoi occhiali da vista, un disegno di noi due che avevo fatto, biglietti di partite che avevamo visto insieme, una maglietta autografata dal nostro cantante preferito, CD di Bruno Mars, vecchi film che ci piaceva guardare insieme, il biglietto del cinema della nostra prima uscita da amici, e quella palla rossa, la stessa con cui giocavamo da bambini. Non mi spiegavo il perché di quella scatola. Per quale motivo Michael voleva rivangare il passato proprio ora? Ammetto di non essermi comportata da amica. L'ho lasciato solo quando aveva bisogno di me al suo fianco e questo, anche se lui dice di averlo fatto, non me lo perdonerà mai e nemmeno io. Avevo sbagliato e ne ero consapevole ma ormai era tardi. Presto entrambi avremmo preso strade diverse e in più c'era Calum, non avrebbe mai accettato il suo ritorno nella mia vita. Ed io? Io ero pronta? Non credo. Tolsi la scatola e la appoggiai sulla scrivania quando il telefono, che finalmente si era accesso, cominciò a squillare. Lo presi e per sbaglio, colpii la scatola facendola cadere. "Prontooo!" Risposi. "Noelle, mi sto annoiando da morire, vieni su Skype?" Si lamentò la mia amica dall'altro lato della cornetta. "Adesso accendo il..." I miei occhi si focalizzarono su un foglio accanto alla scatola, con dell'inchiostro nero sopra. Righe scritte tutte a mano. "Abby scusa ma devo staccare ci sentiamo dopo." Riattaccai subito. Mi abbassai e presi la lettera. Era scritta dalla mano di un bambino, o meglio di un ragazzino. Forse l'aveva scritta alle superiori e non aveva mai avuto il coraggio di darmela. Ero davvero curiosa di leggere. Mi appoggiai sul letto e cominciai. 
'Ehi Noelle, oggi è il primo giorno del primo anno di superiori. Ho un po' paura. Di cosa? Di perderti. Sei la mia migliore amica. L'unica persona che conosce davvero tutto di me. È figo averti come amica, mi fai stare bene e con te mi sento sempre libero di fare ciò che mi va. Non mi vergogno, non provo imbarazzo davanti ai tuoi occhi perché ormai sei diventata parte integrante della mia vita. Sei la sorella che non ho mai avuto. Però sappiamo quanto le superiori possano cambiare le persone. E tu, con questo tuo spirito, questa tua folle ma giusta teoria del vivere alla giornata, potresti capire che avermi accanto non è ciò di cui hai bisogno. Spesso mi sento un peso per te. Ma altre volte credo che tu mi voglia davvero bene come dici. Solo che io ho un grande problema, ho paura di dirtelo a parole, guardandoti negli occhi. Magari un giorno lo farò ma adesso lo farò su questo squallido pezzo di carta. Ecco vedi, voglio solo dirti che mi sono innamorato di te. Che non posso evitarlo e ogni volta che sorridi mi fai stare bene. Non credo che tu voglia una storia con uno come me, un po' sfigatello. Non sono in grado di difendermi dalle persone che mi attaccano, figuriamoci se riuscirei a difendere te. Però ci proverei, anche a costo di prenderle di brutto. Ma non ha senso sognare, credere che tra noi possa succedere qualcosa. Ho sempre saputo che tu sei troppo per me. Ci tenevo solo a dirtelo. Però ti prego, promettimi che non mi abbandonerai mai perché ti vergogni di me. Perché per la prima volta mi sono sentito accettato e con te mi sento al sicuro, a casa direi. Ti voglio davvero bene Noelle, il tuo Michael. 
PS: Buon primo giorno di scuola.'

Ero sul letto in lacrime già da mezz'ora quando sentii la porta chiudersi. Mamma era tornata e non avevo voglia di farmi vedere in queste condizioni, ne tantomeno caricare i miei problemi sulle sue spalle. Mi alzai e di corsa andai in bagno a darmi una ripulita e poi scesi sotto.

"Ehi mamma." La salutai scendendo dalle scale. "Ehi tesoro." Si avvicinò e mi diede un bacio. "Ti prepari?" Chiese lei. Perché dovevo prepararmi? "Perché? Usciamo?" Papà non c'era e di solito mamma non portava tutta la ciurma a mangiare fuori. "Indovina chi è tornato in città?" No, speravo che non si riferisse alla famiglia di Micheal. "Chi?" Feci finta di non sapere. "Gli Smith!!" Esclamò contenta. Aveva sempre adorato i genitori di Michael. "Andiamo a cenare da loro?" Chiesi subito. "Si, Joanna ci ha inviatati tutti li." Merda. "Adesso vai." Per quanto cercassi di evitare quel ragazzo, ovunque mi girassi lui era lì.

"Complimenti Joanna, la cena era davvero ottima." Mi complimentai. "Grazie Noe." Rispose sorridendomi. "Vi do una mano." Proposi a mia madre e a quella di Michael. "Oh no, facciamo noi, voi ragazzi alzatevi pure." Rispose lei. Così non insistei , non mi era mai piaciuto sparecchiare. Andai in salone e mi accomodai sul divano. "Tesoro, Michael sta andando a buttare la spazzatura, perché non lo aiuti?!" Oh certo mamma e a questo punto perché non chiuderci direttamente in una stanza solo noi due. "Ma c'è freddo.." Cercai una scusa. "Noelle." Disse lei con tono serio. "Mamma." Replicai io. "Signora, posso andare anche solo, non si preoccupi." Oh grazie al cielo. "Oh no tesoro, Noelle ti aiuterà." Mi fissò e io mi alzai sbuffando. "Andiamo." Dissi prendendo il sacco e chiudendo la porta.

"Mi dispiace averti fatta alzare con questo freddo." Oh certo. "Tranquillo.." Risposi freddamente. "Come va? In generale intendo." Mi dava fastidio questo suo far finta di niente. "Perché? Michael, perché lo hai fatto?" Non riuscii più trattenermi. "Di cosa parli?" Odiavo quando faceva così. "La nostra amicizia non sarà più quella di prima ma, questo non vuol dire che io non riconosca quando menti. Perché lo hai fatto?" Lui gettò il sacco e mi guardò. "Non lo so. Forse volevo vedere come ti saresti comportata." Rispose. "Lo sapevi già Michael. Non avevi bisogno di fare quella cazzata." Dissi alzando un pó il tono di voce. "E che ne sai? Tu mi hai snobbato. Hai preferito quel coglione a me. Io che ti sono sempre stato vicino, che non ti ho mai mentito. Io che sono sempre stato la persona che più ti ha amata su questa cazzo di terra. Me lo meritavo? Dimmi solo questo." La risposta era palese. No, non lo meritava. "Se mi amavi così tanto avresti dovuto avere le palle di dirmi tutto in faccia. Subito. E non dopo tutto questo tempo con una stupida lettera e una scatola piena di ricordi inutili. Dovevi combattere per me come ha fatto Calum. Io non me ne faccio niente di tutte quelle cazzate che mi hai scritto, ne tanto meno di tutte quelle cose che hai messo lì. Quelle appartengono al passato e deve rimanere tale. Apri gli occhi. Smettila di giocare al bambino innamorato. Cresci e va avanti una buona volta!" No. Non lo avevo detto. "Io, non volevo." Dissi subito dopo. "No, lascia stare. Ho sbagliato io, come sempre. Arrivo in ritardo e mi faccio sempre fregare. Pensavo di poter cambiare le cose ma evidentemente non avevo fatto i conti con la nuova Noelle." Ed ecco il colpo finale. "Aspetta." Dissi correndogli dietro. "No, ho aspettato troppo tempo. Hai ragione tu, è arrivato il momento di aprire gli occhi e andare avanti." Entrò in casa e andò dritto in camera sua. Tutti mi guardarono e in quel momento avrei preferito scomparire. Che giornata di merda!

Tornati a casa salii subito in camera e mi buttai sul letto. Tutto il contenuto della scatola era rimasto a terra. Non potevo aver detto davvero quelle cose. Quello che più mi dava fastidio era che stavo lasciando al passato e alla tristezza di prendere il sopravvento su di me e quegli oggetti erano lì solo per ricordarmi quanto i ricordi potessero far male. E quanto in quel momento mi stessero logorando fin dentro le ossa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Era passata una settimana da quella cena a casa degli Smith. Ovviamente mia madre quella sera non mi disse nulla e neanche nei giorni successivi. Si limitò a lanciarmi quelle sue stupide occhiate da 'aspetto delle spiegazioni' ma come potevo spiegarle cosa era successo se non lo sapevo nemmeno io?! Avevo provato più volte a parlare con Michael, e non faceva altro che staccarmi il telefono. Quando chiamavo a casa i suoi mi dicevano sempre che non c'era o che stava dormendo. Nessuno di loro aveva il coraggio di dirmi che Michael non voleva più parlarmi, compreso lui. Io però ne avevo bisogno. Cercavo di fermarlo per i corridoi della scuola ma, mi evitava ogni singola volta. Se mi sentivo in colpa? Beh un po' si, ero stata abbastanza dura con lui però, continuava a insistere, senza ragionare su ciò che faceva o diceva, proprio come i bambini o forse proprio come me. Anche io ragionavo così, mi buttavo senza pensare alle conseguenze. Negli ultimi tempi, questo mio modo di fare mi aveva portato solo guai e stavo cominciando a pensare che questa cosa del cogliere l'attimo non andava più bene, non per me almeno. 

Ero sdraiata sul letto, immersa da mille pensieri mentre aspettavo Calum. Sarebbe venuto di qui a poco. Neanche con lui andava bene. La scorsa settimana si era comportato in modo abbastanza strano e non capivo il perché. Sembrava proprio che l'arrivo di Micheal non aveva portato altro che problemi. Stare su questo letto mi stava facendo venire un sonno pazzesco e per fortuna nell'istante in cui i miei occhi stavano per chiudersi, il clacson dell'auto di Calum mi fece alzare di scatto. Oggi era la solita giornata fredda, settembre era appena arrivato e già aveva cacciato via il caldo di agosto. Non avevo voglia di vestirmi di tutto punto. Avevo una felpa pesante e dei jeans stretti con le mie solite Nike. Misi il cappellino di lana e il giubbotto pesante, presi lo zaino e scesi. "Mamma io sto uscendo." Nessuna risposta. Me lo aspettavo. Chiusi la porta e corsi in macchina.

Il tragitto era stato piuttosto imbarazzante. Lui era distante e io troppo infreddolita e piena di pensieri per poter uscire qualche argomento. Avevamo lezioni diverse ed eravamo anche in ritardo. Di corsa entrammo a scuola e andammo nelle aule. 

"Signorina Carter mi dispiace ma è troppo tardi, le chiedo gentilmente di uscire dall'aula. Qui siamo in una scuola, non può pensare di arrivare quando vuole." La professoressa Hill, una vecchia e scorbutica zitella di sessant'anni il cui unico scopo era tormentarci e rendere le sue lezioni e anche se stessa la cosa più odiosa al mondo. "Mi scusi.." Non avevo voglia di obiettare, in questi giorni non avevo voglia di far nulla così, mi limitai a scusarmi e uscire dalla classe. Gli studenti non potrebbero stare in giro per i corridoi durante l'orario di lezione, dovrebbero andare a casa e tornare l'ora successiva ma, con questo tempo non ne avevo alcuna intenzione. Con gli anni avevo capito che nella scuola, la cosa più importante non era farsi amici i ragazzi giusti o i professori ma i bidelli. Nel loro piccolo avevano un certo potere. Il mio preferito era il signor Cox. Preferiva essere chiamato per cognome perché diceva che il suo nome non gli piaceva granché. Così quello era diventato il suo secondo nome, più o meno. La mia unica fortuna era quella di essere buttata fuori dalle lezioni quando Cox era di servizio. 

Il pavimento era ghiacciato, e la cosa migliore era scendere al primo piano e infilarmi nella segreteria o dalla consulente scolastica, anche lei mia amica. Uno dei miei corsi si trovava al terzo piano e la cosa più brutta era fare quella lunga scalinata di prima mattina con il freddo, lo zaino che pesava e la testa nel mondo dei sogni. L'ascensore era 'in manutenzione' ma in realtà il preside era solo molto tirchio e non gli andava di spendere soldi per farlo aggiustare. Mi alzai da quelle mattonelle e senza farmi vedere scesi sotto. Come previsto Cox era di servizio e stava seduto a leggere uno dei suoi soliti giornali di moto. C'era davvero freddo così aumentai il passo. "Ehi Cox." Alzai la mano e lui mi sorrise. "Noelle, vieni qui, c'è la stufa." Mi misi accanto a lui e il calore che emanava quella piccola stufetta mi faceva sentire meglio. "Professoressa Hill eh.." Non mi capitava spesso di essere mandata fuori dall'aula e quelle poche volte era sempre con quella vecchia bisbetica. Ormai Cox lo sapeva. Se io ero in giro per i corridoi c'era la Hill in classe. "Eh già, in ritardo." Risi io. "Sei fortunata che abbia trovato questa stufa." Disse scherzando. "Quelle mattonelle sono troppo fredde!!" Esclamai ed entrambi ridemmo.

La campanella stava per suonare ed ero in bagno perché stavo per scoppiare. Per ora ero così presa da tutti questi problemi che dimenticavo di fare anche le cose più futili, più ordinarie, come ad esempio andare in bagno prima di uscire da casa. Mentre lavavo le mani, sentii suonare la campanella e corsi subito fuori, non potevo perdere anche quest'altra lezione. Appena uscii tutti i ragazzi erano fuori dalle classi e correvano per andare al prossimo corso. Mi feci largo tra la folla, mi girai per salutare velocemente Cox e in pochi secondi finii per cadere a terra. Ovviamente avevo scelto il giorno sbagliato per mettere gli occhiali da vista ma stamattina non avevo voglia di mettere le lentine. C'era tantissima confusione e io non vedevo nulla. Ero messa carponi a cercare gli occhiali quando sentii una mano prendere il mio braccio e tirarmi su. "Ecco, sta più attenta la prossima volta." Un ragazzo mai visto a scuola, mi aiutò a rimettermi in piedi e mi porse gli occhiali. "Ehm, grazie." Per fortuna non si erano rotti. "Prego." Fece un accenno di sorriso e andò via. 

Avevo passato le ore di lezione a pensare a quel ragazzo. Aveva degli occhi azzurri, ma non come tutti gli altri, no. Erano un miscuglio di colori meravigliosi. Erano azzurri con delle sfumature verdi, occhi meravigliosi da fare invidia persino all'oceano. Non so per quale motivo ma, non riuscivo a togliermeli dalla mente. Erano l'unica cosa che mi era rimasta impressa di lui ed erano una meraviglia. Basta! Ero fidanzata. E quel ragazzo non lo conoscevo nemmeno, poteva avere molti più anni di me. Scrollai i suoi occhi dai miei pensieri e mi diressi verso la mensa. 

"Ehi ragazzi." Sorrisi sedendomi al tavolo. "Sapete dov'è Calum?" Tutti si guardano in faccia e poi Jake fece un cenno con la testa. Calum era appena entrato e stava venendo verso di noi. "Amoree." Lo abbracciai baciandolo e lui sembrò distante. "Possiamo parlare un attimo?" No, quelle parole. Un brivido percorse il mio corpo e le mie mani cominciarono a sudare. "Si.." Mi prese la mano e mi trascinò in corridoio. 

"Allora, cosa devi dirmi?" Cercai di stare tranquilla ma stavo impazzendo. "Sai, nel nuovo corso che sto facendo, c'è quel ragazzo nuovo. Com'è che si chiamava? Ah si, Josh o forse sarebbe meglio Michael." Rimasi immobile. Non avevo pensato che questo prima o poi sarebbe successo. In questa settimana ho avuto tante di quelle cose a cui pensare che avevo completamente dimenticato della bugia detta a Calum. "Io ti posso spiegare.." Cercai di rimediare. "Spiegare cosa? Che la scorsa settimana eri abbracciata a quel coglione di Michael Smith? Josh.." Ridacchiò nervosamente. "..mi aveva detto che si chiamava Josh ed era nuovo e tu sei stata al gioco. Non hai avuto il coraggio di dirmi la verità." Era deluso. "Io avevo paura, non ero a conoscenza del loro ritorno. Non lo avevo nemmeno riconosciuto." In realtà era vero. Non stavo mentendo. "Balle, sempre balle quando si tratta di quello lì." Disse alzando un po' il tono di voce. "Calum io amo te e nessun altro. Te lo avrei detto." Risposi. "E perché non lo hai fatto prima?" Non potevo dirgli della sera a casa degli Smith, avrei peggiorato le cose. "Avevo paura di perderti." Dissi subito. "Beh indovina un po', così hai fatto peggio. Se avevi paura di perdermi, sappi che adesso lo hai fatto." Non mi diede il tempo di rispondere che girò le spalle e andò via. E tutto per me diventò un buco oscuro. Niente aveva più senso se lui non c'era. Avevo fatto un casino. Avevo rovinato tutto quanto. In una settimana avevo perso tre persone importanti: Calum, Michael e me stessa.

N.A.

Per gli eventuali errori, correggerò il prima possibile :*

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