Everlasting

di Tamiko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAST ***
Capitolo 3: *** LA RAGAZZA NUOVA ***
Capitolo 4: *** LA PERSONA CHE STAVAMO CERCANDO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGUE
Italy
Il giullare deliziava l'attesa generale, accompagnandosi con i musicanti che strimpellavano contenti: sarebbe stata una lunga notte quella, il banchetto nuziale di Crizia Tibaldo e di Riccardo Borcini, il maggiore dei figlioli del signore di quel castello.
<< Duchessa! >> La riprese Silvia, una delle delle ancelle che la stavano aiutando nella vestizione: Crizia1 era eccitata per quel grande giorno, non stava ferma e ridacchiava in continuazione solo a sentire la voce del buffone che veniva dall'esterno. 
<< Mi troverà bella? >> Domandava - rivolta più a se stessa che alle serve che le stavano attorno - mentre rimirava, come poteva, l'immagine allo specchio: il vestito era in avorio con delle piccole guarnizioni ricamate, sul dorato,dalla foggia né più né meno di qualsiasi abito da sposa delle nobildonne che ella o le serve avevano visto. L'abito era discretamente bello, e lo era ancora di più addosso a lei che, con la pelle lattea e i capelli lunghi, scuri, era di una bellezza magnetica. Mentre finivano di pettinarla, guardando il suo riflesso Crizia non rimase delusa dal risultato, se ne compiaceva anzi ... ma la cosa doveva dispiacere molto alla più anziana delle donne che si occupavano di lei, Teodora, che la rimproverò.
<< La vanità è peccato, duchessa! >> La giovane si ricompose immediatamente, e rimase così fino a che non fu pronta.
Camminava a passo lento, attenta a non inciampare e fare una figuraccia dinanzi a tutti. Mentre si dirigeva raggiante, mantenendosi composta, verso il suo sposo, Crizia dispensava dolci sorrisi a ciascuno degli invitati, che si mostravano festanti al suo cospetto. Non stava bene peccare di vanità, non c'era istante in cui non glielo ricordassero, ma non riusciva a non cedere a quelle occhiate ammiranti, così lusinghiere da farla sentire una musa del più celebre dei poeti ... ma immediatamente il suo sorriso smorzò in un grugno di dolore.
Qualcosa alla schiena, fredda e dura che le provocò un dolore inspiegabile, e infatti pur avendo aperto le labbra non riuscì ad emettere alcun suono. Uno squarcio, crudo e spietato, e improvvisamente si sentì pervasa da un freddo secco tale da indebolirle il corpo. 
<< Oh >> Riuscì finalmente a proferire prima di cadere al suolo di pietre. Non sentì dolore a quell'impatto, così come non era in grado di sentire i rumori del caos che si era creato improvvisamente dinanzi ai suoi occhi, malgrado la vista stesse andando ad offuscarsi attimo dopo attimo.
*
Woodvillwe
<< Mike! In piedi, o vengo a buttarti giù dal letto! >> Le urla di sua madre lo fecero balzare in piedi, stordendo completamente i suoi sensi: dal piano di sotto veniva il buono odore del bacon appena abbrustolito, eppure gli ci volle un po' per goderne appieno di quello, gli batteva forte il cuore dallo spavento e gli occhi ancora socchiusi non avevano intenzione di aprirsi completamente. 
<< Arrivo ma'! >> Urlò di rimando all'ennesimo lamento della donna, e dimenticandosi subito dello strano sogno che aveva fatto, afferrò al volo una maglietta rossa e scese di sotto per fare colazione.
 
ANGOLO AUTORE
Il nome Crizia è maschile, lo so bene, ma ho voluto renderlo femminile per questa storia ... dopotutto si tratta di un racconto fantasy, no? ;)

 

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Capitolo 2
*** CAST ***


CAST
Antonina Vasylchenko
as Eve Chomsky/Crizia Tibaldo
Vanessa Hudgens as Isabelle Perez/Miranda Peruzzi
Lily Collins as Dawn Parker/Laura Dellatosa
Taissa Farmiga as Poppy Rose Smith/Lucrezia Bagnesi
Diego Barrueco as Eric Jenkins/Sigismondo Gualterotti
Diarmuid Noyes as Michael Harris/Gaddo Ferrucci

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Capitolo 3
*** LA RAGAZZA NUOVA ***


LA RAGAZZA NUOVA

<< Merda >> Disse la ragazza squadrando il buio della stanza, << Eve! Muovi il culo e va a prepararti, oggi c'è scuola! >> Ma la sagoma sotto le coperte non accennava ad eseguire gli ordini: biascicò un << Tanto non ci andrò >>, per niente impressionata dal tono alto della sorella maggiore.
Julia allora si avvicinò al letto e con nochalance tirò via il piumone, scoprendo così il corpo inerme e coperto solo da una lunga t-shirt maschile.
<< Sei impazzita? >> L'appena sveglia balzò in piedi, mentre Julia la ignorò per andare ad aprire la finestra. La luce che filtrava dall'esterno fu troppo per Eve, che si coprì la faccia con una mano.
<< Ugh, hai rovinato il mio sogno >> Si lamentò.
<< Di nuovo Johnny Depp? >> Domandò l'altra, e lei annuì.
<< Eravamo a Parigi, a mangiare macarons da Ladurée ... >> Sbuffò, ripensando a quanto fosse diversa e noiosa la realtà. Allungò dal pavimento il piumone, pronta a rimettersi a dormire e tornare al bel sogno, ma sua sorella non era intenzionata a lasciarglielo fare e le prese dalle mani la coperta.
<< Troverai più gustoso il budino della mensa della Woodville High School ... >> Fece, senza ascoltare le sue proteste. << E adesso va a vestirti, non vorrai mica arrivare tardi proprio il tuo primo giorno di scuola, no? >> Uscì, scansando per un soffio il cuscino che Eve le aveva lanciato contro.
Lungo il tragitto in macchina non aveva fatto altro che pregustare il momento in cui quella giornata sarebbe finita. Rispose in malomodo al << buona giornata >> di sua sorella, e scesa dal veicolo ammirò disgustata ciò che le si presentava davanti: gruppetti di ragazzi divisi secondo lo status quo del liceo, dai giocatori di football a biondine vestite con la divisa da cheerleader fino a ragazzi con cappello e skater in mano ecc... e qualche emarginato qua e là, ma quelli potevano contarsi su due dita. Il resto sembra va essere fatto a stampino come nelle commediole per ragazzine che passavano alla TV.
A scuola lei non era mai rientrata in una di queste categorie: lei era (anzi, era stata) semplicemente una dei tanti altri studenti della Talent Unlimited High School, dove non c'era un target specifico per diventare amica di qualcuno ma passioni come il balletto e il teatro legavano tutti quanti. Qui invece le cose a quanto pare funzionavano diversamente, e la cosa non la entusiasmava per niente.
<< Ehi, fai attenzione! >> Qualcuno le era venuto addosso, era una ragazza.
<< Scusami, ti ho fatto male? >> Le chiese.
<< Sono a posto >> Rispose, continuando a guardare con aria sconsolata l'entrata della scuola. C'era un modo per fuggire da quel posto?
<< Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuova? >> Continuò l'altra ragazza. Eve si girò verso di lei, guardandola: la pelle ambrata e i capelli scuri sciolti sulle spalle, gli occhi del medesimo colore erano nascosti dietro un paio di occhiali piccoli e rettangolari. Non era una cheerleader e sicuramente non doveva essere un fotomofella, anzi appariva molto goffa. 
<< E' il mio primo giorno >> Le rispose, vedendola annuire: la sconosciuta ci aveva visto giusto.
<< Io sono Isabelle, Isabelle Perez >> Fece, e allungò una mano verso di lei.
<< Io sono Eve, Chomsky >> Rispose, e abbozzò un sorriso, imitata dall'altra. Isabella fece per per dire qualcosa, ma la campanella suonò improvvisamente.
<< Oh, devo scappare! Ci vediamo allora ... >> Non finì la frase che andò via di corsa, e scomparve dietro la porta dell'edificio lasciando Eve attontita mentre balbettava un << O-okay >>, ma tanto non l'aveva neanche sentita.
Realizzò a malincuore che era giunto il momento, aveva matematica e non sapeva quale fosse l'aula della signorina Davis. Camminò in soggezione lungo il corridoio, sentendosi addosso ogni tipo di occhiata: se solo ci fosse qualcuno accanto a lei, come quella Isabelle ... la rivide solo a pranzo, nella mensa della scuola.
L'olezzo nauseabondo di cibo le pentrava le narici ma cercò di non pensarci mentre dava un'occhiata a quello che c'era sul menù.
<< Ti consiglio l'hamburger di tacchino, l'unica cosa decente che servono qui >> Si voltò per vedere ancora lei, Isabelle Perez.
<< Mi spiace essermene andata così stamattina ... com'è andato il primo giorno? >> Chiese.
<< Pessimo >> Commentò distratta mentre sistemava un foglio di carta sul vassoio. 
<< Ti capisco, da queste parti è tutta una massa di idioti >> Disse Isabelle con tono comprensivo, e le indicò con un cenno in direzione un ragazzo con la giacca della squadra da football che infilava la lingua in bocca a una biondina dalle gambe lunghe. << Credono di essere delle celebrità o qualcosa del genere, e invece non sanno neppure il nome della prima moglie di Stalin >> Seguitò con tono saccente, ma Eve la guardò interrogativa.
<< E come si chiamava la prima moglie di Stalin? >> Chiese divertita.
<< Ekaterina, morta nel '18 e madre di Jakov, il figlio "rinnegato" >> Rispose con fare ovvio, e l'altra la guardò stranita.
<< Neanch'io lo sapevo! >> Fece come per difendersi, ma l'altra non se ne preoccupò.
<< Ah, tranquilla, quello era solo un esempio per dirti che sono delle teste vuote. Ti siedi con noi? >> Eve rispose di sì.
Al tavolo c'erano già sedute altre due ragazze: una dai capelli corvini e dai magnetici occhi scuri, a contrasto col pallore latteo della pelle; l'altra ragazza aveva invece più colorito, i capelli castano chiaro, folte sopracciglia ma ben curate e dei bellissimi occhi nocciola. 
<< Loro sono Theresa e Dawn. Ragazze, lei è Eve Chomsky ed è nuova >> Eve sorrise loro, timidamente. Sembravano delle tipe a posto tutto sommato, anche se ebbe appena il tempo di sedersi che cominciarono con il terzo grado.
<< Da dove vieni? >>
<< New York?? Non posso crederci, cosa facevi lì? >>
<< Ti piace qui? Non ti sei addormentata dalla Davis? >>
<< Lo hai visto anche tu??? >> E via dicendo.
<< Oh mio Dio, la tua vita deve essere pazzesca! Sei newyorchese, andavi a una scuola tipo quelli di Fame ... chissà che rottura finire da queste parti! >> Osservò Theresa, e subito Dawn le diede una gomitata. << Ahi! Perché lo hai fatto? >> 
<< Sei stata scortese >> Si giustificò Dawn col tono di chi è in procinto di fare una paternale.
<< In effetti devo ancora abituarmi... >> Rispose Eve, prima di addentare una patatina fritta. << Ugh, è disgustosa! Come si fa a rendere disgustose anche le patatine? >>
<< Oh, credimi: in questo posto accade l'impossibile >> Replicò Isabelle, e le altre due furono d'accordo.
<< Oh bene, vedrò di scoprirlo allora! Ragazze ora sarà meglio che vada, ho chimica tra due minuti >> Si alzò con il vassoio in mano, quando le venne addosso qualcosa - o meglio, qualcuno.
<< Scusa, scusa, scus-a... sei, sei veramente tu? >> Mike la guardò con gli occhi spalancati: l'aveva riconosciuta subito, la ragazzina del sogno.

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Capitolo 4
*** LA PERSONA CHE STAVAMO CERCANDO ***


LA PERSONA CHE STAVAMO CERCANDO

Il lento ticchettio dell'orologio non accennava a darsi una mossa: non erano passati dieci minuti dall'inizio della lezione, eppure gli era sembrato fosse passata un'eternità. Quella lingua acida della signorina Gosgrove spiegava e tracciava sulla lavagna roba indecifrabile. Sbuffò, rassegnato all'idea di restare bloccato tra quelle quattro mura per un'ora intera, ma qualcosa attirò la sua attenzione: fuori dalla finestra la vide, Crizia. In realtà non era quello il suo nome ma con quei capelli lunghi e scuri, gli occhi verdi e il pallore latteo della pelle, gli ricordava terribilmente la giovane duchessa che popolava i suoi sogni.
A poco più di una settimana dal suo arrivo era conosciuta come Eve Chomsky, una newyorchese che si era trasferita da quelle parti da poco. Mike non aveva ancora avuto l'occasione di scambiarci parola anche se non aspettava altro, un po' perché lo incuriosiva quella straordinaria somiglianza e un po' anche perché la ragazza era molto carina, e la cosa non gli dispiaceva affatto. L'unica cosa era che stava sempre insieme al gruppetto di Isabelle Perez, la sfigatella che prendeva sempre in giro, e quindi le sue chance con lei erano pari a ... zero! E poi comunque non doveva essere così diversa dalla Perez, visto che frequentava certa gente, per cui, pensò, non ne valeva la pena.
Distolse lo sguardo appena in tempo, la ragazza si era girata verso di lui. 
<< Signor Harris! >> Strillò la Gosgrove, facendolo sobbalzare dal posto come un ladro colto con le mani nel sacco. << Vuole continuare lei? >>
" No brutta stronza, solo a stare vicino a te e alla tua alitosi mi si ammoscia " Non contenta del suo silenzio la donna lo incalzò a risponderle. 
<< Allora? >> 
<< Non mi sento molto bene >> Fece, e chiese di andare in infermeria per filarsela senza troppe domande.
Il corridoio era deserto. Non era abituato a una vista del genere, c'era sempre qualcuno con cui scambiare parola. Si incamminò lentamente, fischiettando e sfiorando distrattamente la di armadietti della sua destra, ripensando a Crizia e alla ragazza nuova.
Quegli occhi, quella sua aria imbronciata ... era un broncio adorabile quello - rifletté, ricordandosi dei momenti in cui Crizia assumeva l'atteggiamento di una bambina viziata nonostante i quattordici anni. Era in età da marito, secondo la concezione dell'epoca dei suoi sogni. Aveva avuto modo di conoscerla proprio nella sua dimensione onirica sebbene egli non fosse mai presente e quindi non le aveva mai parlato direttamente; era più come se guardasse da dietro a uno specchio, ogni volta sempre la stessa scena. Vestizione, il rimprovero di Silvia, una forca che le trapassa le vesti e la carne. 
Eppure era come se avesse vissuto con lei, come se ci fossero stati tanti altri momenti della vita di quella giovanissima duchessa impressi da qualche parte nei suoi ricordi. Sapeva delle cose, ne ricordava altre, ma che si presentavano nella sua testa come cocci di un'opera che aspettava solo di essere ricomposta.
Una lampadina si accese nella sua testa ... ma certo! Sapeva cosa fare: girò i tacchi e si diresse in fondo al corridoio, dove sapeva di trovare chi stava cercando. Si fermò di fronte alla porta che riportava il suo nome a caratteri cubitali, e bussò insistentemente.
<< Avanti Mike, entra pure >>.
*
<< Ebbene, sei arrivata >> La voce austera di Odette risuonò come una melodia classica per tutta la grande sala. La donna non si era nemmeno composta, sapeva benissimo chi fosse l'appena arrivato, anzi arrivata.
<< Scusa il ritardo Ode, la lezione si è prolungata più del dovuto >> Si scusò con le migliori maniere Isabelle, poggiando un grosso libro sulla scrivania dove sedeva la donna. Non correvano alcun pericolo, erano sole: nessuno a quell'ora ci andava in biblioteca, il cartello riportava a caratteri cubitali l'accesso vietato dopo le tre e mezzo, e cioè da un'ora.
<< Non ti ha visto nessuno, vero? >> Domandò la donna, zuccherando il suo thé nero. Isabelle annuì tranquillamente, e prese posto dall'altro capo della scrivania. Era un pezzo di antiquariato, in legno e con degli intarsi di un marrone più caldo. Un oggetto di buon gusto, come il resto della biblioteca che Odette in persona aveva curato, nonostante gli irrisori fondi della scuola, dandole quel tocco un po' vintage che piaceva particolarmente alla ragazza.
<< E le altre sanno che dovranno sbrigarsi domattina? Oggi siete arrivate appena in tempo per le lezioni, sapete bene che vi voglio qui sessanta minuti prima per lavorare bene >> Fece l'anziana tra le due, senza perdere il controllo nemmeno nella voce. 
<< Sì ... >> Rispose la giovane, mordicchiandosi un angolo del labbro inferiore, << è solo che abbiamo una nuova amica, e non è facile per noi venire qui >> Giustificò lei e le altre mentre apriva il grosso libro che aveva portato con sé, sperando che la vista di quel grosso volume distogliesse la donna dai suoi rimproveri.
Seppur alla soglia dell'ottantina, era ben lontana dall'immaginario della vecchietta consumata dagli anni: conservava un aspetto favoloso, era estremamente affascinante e le sue ragazze nutrivano, in segreto, di diventare proprio come lei quando avrebbero raggiunto anche loro i suoi anni. Avvenente più di un mucchio di ragazzine del liceo di Woodville e non solo, non era il tipo che si lasciava impressionare con poco, guardava con sufficienza chiunque (e perfino lo stesso preside Wilson) e pretendeva il massimo dalle sue allieve. Nella comunità era conosciuta come la bibliotecaria della Woodville High School, ma dietro agli stravaganti vestiti e alle perle quella donna celava ben altro.
<< Com'è possibile che non ci riesca? >> Si lamentò Isabelle all'ennesimo vano tentativo di un incantesimo. 
<< Forse non hai recitato la formula correttamente, o avrai sbagliato qualcosa con gli ingredienti >> Commentò severa Odette ma la ragazza per tutta risposta sbuffò, non convinta dalle sue parole.
<< Stronzate. La mia cantina conosce perfettamente quella stupida formula, Ego te fun... >> Si azzittì bruscamente al cenno della donna, che non sembrava soddisfatta.
<< Non accetto un linguaggio del genere qui dentro, signorina. Vedo chiaramente che pronunci bene le parole, ma hai un tono impuro e questo è il tuo problema >> Sentenziò, e alzandosi si avvicinò a lei. Isabelle bofonchiò un << mi dispiace >>, sentendosi addosso lo sguardo severo della donna che intanto aveva letto l'interrogativo che aveva formulato nei suoi pensieri.
<< Devi avere un tono convinto, scandire le parole con certezza: concentrati su quelle parole, pronunciale senza pensare ad altro. Non otterrai risultati avendo la testa altrove >> Senza dire nulla, l'allieva annuì con la testa. Si prese un attimo e respirò profondamente, concentrandosi appieno sull'incantesimo senza visualizzare altro tra le pareti della mente.
<< Eg- >> Ma venne interrotta dal rumore della porta, qualcuno era entrato. La faccia di Odette era ... sorpresa, stranamente meravigliata. Si girò per per vedere anche lei chi fosse entrato: la scuola era chiusa da un pezzo, a quell'ora nessuno poteva essere ancora in giro.
Un uomo vestito di tutto punto, filiforme e dai capelli bianchi e raccolti in una coda di cavallo bassa. Portava come sempre gli occhiali scuri e l'andatura era l'andatura era la solita, lenta e distinta. Isabelle lo riconobbe subito.
<< Signor Schmidt? >> Disse, ma la sua sembrava più un'esclamazione di sorpresa che una domanda, ma venne comunque ignorata dall'uomo.
<< Friedrich, cosa ti porta da queste parti? >> Chiese Odette. Lo aveva chiamato per nome, osservò la ragazza: la bibliotecaria si era sempre rivolta a chiunque con la massima formalità, era quasi strano sentirla dare del tu al distintissimo signor Schmidt, il suo insegnante di storia. L'uomo era severo almeno quanto lo era Odette.
<< Sono venuto a parlarti dei ragazzi, loro sono pronti >> Rispose pacatamente, il che confuse ancora di più Isabelle.
" Pronti per cosa, per un test? E' venuto qui a quest'ora per parlare di uno stupido test?? " Si chiese fra sé. No, doveva esserci dell'altro. Ma non capiva cosa. Forse i due avevano una relazione ... Per un attimo si sentì di troppo, ma nessuno dei due più anziani aveva rivolto l'attenzione a lei.
<< Bene, bene. Molto bene >> Commentò Odette, rivolta all'uomo. Isabella poté anche dire che era soddisfatta da quella notizia criptica.
<< Oh, e c'è dell'altro >> Continuò il signor Scmidt. << Penso che abbiamo trovato la persona che cercavamo >>.
<< Oh Cielo Fritz! Parli sul serio? >>

ANGOLO AUTORE
Di chi starà parlando il signor Scmidt? Oh, nell'attesa del prossimo capitolo, ecco chi ho scelto come interpreti di Odette Norwood e Friedrich SchmidtCarmen Dell'Orefice e Karl Lagerfeld!

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