Lo specchio demoniaco

di Tefnuth
(/viewuser.php?uid=564885)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il regalo di compleanno ***
Capitolo 2: *** Riflesso ***
Capitolo 3: *** Oltre ***
Capitolo 4: *** Videogame ***
Capitolo 5: *** Broken family ***
Capitolo 6: *** Dog ***
Capitolo 7: *** La crudele realtà ***



Capitolo 1
*** Il regalo di compleanno ***


Per Hayden Frost le giornate erano tutte noiose: dal giorno in cui i suoi genitori avevano deciso di divorziare, quando era piccolo, era stato affidato permanentemente alla madre, dal momento che suo padre aveva un lavoro che non gli permetteva di stare abbastanza tempo a casa. Ma anche sua madre, Inary, aveva un lavoro che la costringeva a stare quasi tutto il giorno fuori di casa e così, per non farlo restare da solo, lo lasciava quasi perennemente dai nonni che gli facevano fare molte attività. La presenza di genitori che fossero ancora in grado di occuparsi di un bambino piccolo era stato l’unico motivo valido per cui la donna aveva vinto l’affidamento esclusivo del figlio. Secondo l’accordo, inoltre, Hayden avrebbe potuto vedere suo padre, Jay, un paio di volte al mese ma a causa del pessimo rapporto che si creò tra di loro non sfruttarono mai veramente questa opportunità.

Così Hayden si trovò costretto, forse suo malgrado, a dover diventare autonomo prima degli altri ragazzi della sua età: a 14 anni avrebbe potuto restare anche più di un giorno in casa, in totale solitudine, senza avere l’aiuto della madre o dei nonni. Imparò anche a non chiedere mai niente agli altri, e a non desiderare niente che fosse troppo esagerato. Se, però, avesse mai potuto esprimere un desiderio impossibile avrebbe chiesto un fratello con cui condividere quella casa che stava in una delle strade secondarie di Leipzig (Lipsia), e la sua camera addobbata con poster di band, film e action figures dei suoi personaggi preferiti. Questo era l’unico suo desiderio poiché, nonostante non andasse male a scuola, non era mai riuscito ad integrarsi totalmente con i compagni di classe i quali sì parlavano con lui, ma sempre con una punta di distacco che gli faceva passare la voglia di farseli amici. Gli unici due ragazzi con cui aveva costruito un vero e proprio rapporto di amicizia duraturo, erano due fratelli più grandi di lui, suoi vicini di casa, che condividevano la passione per la musica e i manga e che, quando c’era occasione, lo portavano con loro agli eventi dedicati.

“Domani compirai 15 anni Hayden, cosa vorresti?” gli domandò un giorno il nonno mentre sistemavano gli oggetti nella soffitta che, in realtà, era una stanza ricavata dal sottotetto; un posto perennemente polveroso e umido il che, dato il caldo che c’era in quei giorni, non era per niente piacevole. Il nonno di Hayden, Boris, era un signore magrolino che tante ne aveva viste, nella sua vita, e che nonostante l’età sembrava avere una memoria di ferro soprattutto per quanto riguardava le date importanti, come il compleanno dell’adorato nipote che, effettivamente, sarebbe stato proprio l’indomani, il 7 Settembre. In realtà al ragazzo non piaceva per niente l’idea di essere nato a Settembre perché quella data non simboleggiava solo il giorno della sua venuta al mondo, ma anche il prossimo avvicinarsi della stagione fredda (che lui detestava come poche altre cose al mondo), e l’inizio della scuola.

“Non voglio niente, non devi stare a spendere per me” rispose il ragazzo, ripetendo per l’ennesima volta una frase che diceva ogni anno; non vedeva il perché si dovessero ricevere dei regali per essere venuti al mondo, e comunque l’unica cosa che avrebbe voluto veramente nessuno avrebbe mai potuto dargliela.

“Oh andiamo. – Ribattè l’anziano parente mentre spostava uno scatolone. – Voi ragazzi volete sempre qualcosa. Sono stato giovane anch’io, anche se non sembra” ridacchiò.

“Davvero nonno, non voglio niente” ripetè ancora il ragazzo, poco prima che i suoi occhi, e le sue mani, si posassero su di uno specchio da muro rettangolare con una piccolissima cornice che, a dire la verità, si era consumata con il tempo.

“E questo?” domandò, nella sua memoria non c’era alcun ricordo legato a quell’oggetto.

“E’ il vecchio specchio di tua nonna, lo ha fin da quando era bambina. Lo abbiamo spostato quassù prima della tua nascita: avremmo dovuto buttarlo via, ma lei non ne ha avuto il cuore perché era della sua adorata madre. – Boris si avvicinò all’oggetto. – E’ sorprendente, che sia rimasto così come l’ho visto per la prima volta” osservò, ma i suoi occhi esperti notarono anche l’attrattiva che l’oggetto aveva per il nipote il quale, per quanto l’oggetto potesse essere semplice e insignificante (soprattutto per un maschio), non riusciva a distogliere lo sguardo da quella superficie.

“Ti piace?” chiese Boris, sistemando lo specchio in un punto più luminoso, così che la luce riflessa sulla sua superficie potesse illuminare ancora di più la stanza.

“E’ interessante, soprattutto per la storia che c’è dietro” affermò Hayden che, involontariamente, aveva appena dato al nonno l’idea giusta per il suo regalo di compleanno.

E così quando Hayden si svegliò la mattina seguente, il giorno del suo compleanno, vide che quello stesso specchio era lì, accanto al suo letto, con una bellissima cornice nuova con cui il nonno aveva fatto sostituire quella rovinata. Senza poi farsi vedere, aveva fatto recapitare lo specchio a casa del ragazzo cosicché la madre, durante la notte, potesse attaccare il regalo alla parete, proprio dove era adesso. Non appena i suoi occhi lo misero a fuoco, Hayden si alzò dal letto e lo liberò, lentamente, dalla bella fodera grigia che ne ricopriva la superficie assaporando ogni momento fino a che non lo scoprì del tutto. Gettò la carta a terra, e restò lì a guardare la propria immagine: quel pigiama composto da una maglia verde e da un paio di pantaloni grigi forse un po’ troppo grandi per il suo fisico asciutto; i capelli biondo miele che erano cresciuti appena oltre le orecchie, il piccolo neo al lato destro del labbro inferiore e quell’aria da furbetto un po’ troppo cresciuto che aveva sempre avuto. Infilatosi i jeans e una maglia blu, corse in cucina per ringraziare la madre la quale, per festeggiare come si conveniva il compleanno del figlio, gli aveva preparato una torta foresta nera, la sua preferita.

“Tanti auguri Hayden! – Gli disse Inary mentre lo abbracciava, stando attenta a non sporcarlo con la panna che le era rimasta sulla dita. – Ricordati di ringraziare anche i nonni, più tardi” rammentò al figlio, nonostante sapesse che lui sarebbe corso al telefono una volta finita la colazione. Infatti, non appena anche l’ultimo squisito boccone di torta entrò nel suo stomaco, il ragazzo si precipitò al cellulare e ringraziò con estrema gratitudine per il regalo ricevuto.

Adempiuto anche questo compito, Hayden ritornò immediatamente in camera sua, per osservare la superficie riflettente dello specchio. Piano piano, nella sua mente di adolescente molto creativo, il desiderio impossibile che da sempre risiedeva nella sua mente divenne ancora più impossibile.

“Quanto vorrei un gemello” pensò intensamente, immaginando già tutte le cose belle che avrebbe potuto fare se veramente ci fossero stati due di lui. Poi la voce di sua madre irruppe nella stanza, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
 
​Nota autrice: originariamente questa era una fan fiction, e infatti chi ha già letto la ff penso che potrebbe riconoscerla senza problemi. Tuttavia ho pensato che ci volesse qualcosa di più, per renderla migliore di quanto fosse, e così ho deciso di riscriverla mantenendo la storia ma facendola diventare del tutto un'originale. Spero che vi piaccia, e spero di ricevere vostre opinioni. A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Riflesso ***


Quando aveva lasciato la camera per andare in cucina, da dove la madre lo aveva chiamato, Hayden si aspettava di dover svolgere uni dei tanti lavoretti domestici. Invece, contro ogni sua aspettativa, aveva trovato i suoi vicini di casa intenti a prendere un assaggio di torta.
“Tanti auguri!” intonarono in tono i due fratelli, con le forchette in alto.

Sul tavolino, c’era il regalo che gli avevano portato, racchiuso in un’elegante scatola quadrata ricoperta di carta blu.
“Grazie mille ragazzi” ringraziò Hayden mentre, sorridente, prendeva il dono dal tavolino.

“Se volete, potete anche andare in camera: per parlare in privato” suggerì Inyra, un consiglio che i ragazzi accettarono di buon grado.

“E’ un regalo insolito, ma è molto bello” commentò Axel (il maggiore dei due fratelli amici di Hayden) mentre osservava da vicino il nuovo elemento nella stanza del festeggiato. Magnus invece era rimasto in silenzio, anche se dalla sua espressione si poteva facilmente intuire che approvava le parole del fratello maggiore, un ragazzone con i capelli ricci. Sul pavimento, accanto al letto, c’era la carta che avvolgeva la scatola del regalo che gli avevano fatto insieme i due ragazzi: un bellissimo paio di jeans color grigio e una maglia con logo, né troppo larga né troppo stretta come piaceva a lui. A corona di tutto, un cappello con visiera e scritta serigrafata. Hayden decise, ancor prima di riporre il tutto con cura nel cassetto, che avrebbe indossato il tutto il primo giorno di scuola.
Nei giorni che intercorsero prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, ossia poco meno di due settimane, lo specchio divenne l’oggetto preferito del ragazzo. Nel tempo libero, si divertiva non solo a provare nuove combinazioni di abbigliamento, ma anche a pensare che il suo riflesso fosse una persona reale, con una propria personalità. Non c’era niente di sbagliato, in quello che faceva, anche se il suo nuovo hobby destò le critiche di Magnus e Axel i quali, informati della cosa, gli dissero apertamente che avrebbero preferito che Hayden rivolgesse le proprie attenzioni a persone in carne e ossa.

“Invece di fare prove di oratoria con uno specchio, dovresti provare ad interagire con i tuoi compagni di scuola” gli aveva suggerito Axel durante una loro chiacchierata in camera di Hayden, in una piovosa giornata di Settembre.

“I miei compagni sono tutti noiosi: non c’è nessuno che abbia qualche hobby interessante. E non hanno molta voglia di parlare con me” aveva risposto Hayden.

“Forse sei tu, a doverti aprire di più con loro” aveva aggiunto Magnus.

“Ci proverò, ma dubito che tra loro ci sia qualcuno che mi capisce come voi”.

La mattina del giorno del rientro a scuola la sveglia del cellulare, posto sul comodino accanto al letto, faticò a destare il ragazzo dal suo sonno. Ci volle l’intervento di Inyra per convincerlo ad alzarsi.

 “Forza Hayden, non puoi fare tardi proprio oggi” lo rimproverò lei, forse ingiustamente dato che non erano neppure le 7.00, ma alla fine il ragazzo si arrese alla dura realtà e uscì da sotto le calde coperte primaverili. In verità a Hayden piaceva andare a scuola, non era un secchione ma aveva superato il primo anno del gymnasium senza problemi e aveva potuto godersi le vacanze estive in pieno relax; ciò che trovava noioso era la routine scolastica, perché non era uno cui piaceva fare sempre le stesse cose, e probabilmente perché non aveva ancora instaurato dei veri rapporti di amicizia con i compagni di classe.
Si fece la doccia in tutta fretta così da poter consumare con più calma la propria colazione, dopodiché tornò nella sua camera per vestirsi. Sapeva bene cosa avrebbe indossato quel giorno (aveva già preparato tutto la sera prima) tuttavia quando si vide vestito con i jeans grigi e la maglia rossa decorata con la scritta bianca si accorse che non aveva preso il cappello da abbinarci. Aprì il cassetto dove teneva la sua piccola collezione di cappelli, ne aveva di tutti i colori, ma la decisione che aveva preso giorni prima venne meno, quando si vide tutti i modelli davanti agli occhi.

 “Dovresti mettere quello rosso con la visiera nera” gli disse una voce, ma non era la madre e in camera non c’era nessuno.

 “Tu dici?” domandò il ragazzo scrutando qua e là alla ricerca di strane creature, poi vide la bocca del suo riflesso muoversi senza che lui lo facesse.
 “Riprende il colore della maglia” l’immagine nello specchio stava sorridendo e aveva inclinato la testa verso la spalla sinistra.

Hayden non riusciva a credere ai propri occhi, la propria immagine gli stava parlando e si muoveva mentre lui era immobile, sbigottito dalla scena.
 “Stai pensando che è impossibile, vero?” domandò il riflesso appoggiandosi con la spalla alla cornice.

 “Ma chi sei tu?” chiese il ragazzo avvicinandosi, il riflesso stava per dare la sua risposta quando Inyra chiamò il figlio a gran voce.
 “E’ ora di andare” aveva una gran fretta.

 “Sarà meglio che tu vada. Se vuoi possiamo riparlarne più tardi” suggerì il riflesso, e Hayden gli obbedì.

Per tutto il viaggio in auto fino a scuola, e anche durante le ore di lezione, il ragazzo non fece altro che pensare a quello che gli era appena accaduto: forse era solo il frutto della sua immaginazione o uno spirito era entrato nello specchio e gli aveva parlato attraverso la sua immagine

 “E’ impossibile” si convinse.

Se i professori non si fossero limitati a presentare il programma del nuovo anno ed a correggere a voce i compiti assegnati per le vacanze, quella sarebbe stata sicuramente una giornata disastrosa per Hayden, tanto era confuso e disattento a quello che usciva dalla bocca degli insegnanti.
Quando uscì da scuola aveva paura di quello che avrebbe trovato in camera sua. Pranzò il più lentamente possibile, anche se il suo stomaco brontolava già prima di mettersi a tavola, e rientrò nella stanza solo dopo che la madre era uscita per ritornare al lavoro. Per sicurezza non chiuse la porta della camera a chiave, come invece faceva tutte le volte per non essere disturbato, tuttavia nella stanza non trovò nulla di insolito e anche lo specchio sembrava normale. Sembrava.
La voce del riflesso lo colse di nuovo alle spalle, il ragazzo evitò di gridare anche se in casa non c’era nessuno.

 “Ti piace così tanto prendere la gente alle spalle?” lo rimproverò Hayden anche se era una situazione alquanto insolita

 “Volevo solo salutarti. Com’è andata la scuola?” gli domandò il riflesso, sul viso aveva ancora il sorriso innocente della mattina.

 “Bene, ma tu chi sei?” ripeté il ragazzo.

 “Non ho un nome, sono solo l’abitante dello specchio” fu la risposta ma Hayden non ne era convinto. Nella sua testa gironzolava ancora il pensiero che fosse tutto frutto della sua immaginazione.

 “E perché non hai un nome?”

 “Perché sono l’unico qua dentro. A che serve un nome se nessuno lo può usare?” c’era un tono di sufficienza nella sua voce.

 “Ci può stare ma perché sei uguale a me, se stai lì dentro da sempre?”

“Ovvio sono il tuo riflesso, sarebbe strano se avessi l’aspetto di tua madre” non aveva tutti i torti.

“Anche così però è strano” gli fece osservare Hayden, che intanto aveva deciso di sedersi sul pavimento a gambe incrociate.

 “Sei molto sospettoso, eppure mi sembrava che ti piacesse quando facevi finta che io fossi il tuo fratello gemello. Non è forse il tuo desiderio più grande avere qualcuno che riempia il vuoto che hai dentro?”.

Aveva colto nel segno e Hayden si domandò se l’altro avesse tirato ad indovinare o se gli avesse letto nel pensiero

 “Il tuo silenzio mi dà ragione. Già che ci sei perché non provi a darmi un nome?” fu la proposta del riflesso.

 “Sarebbe più giusto se te lo scegliessi da solo, potrei anche farti delle proposte che non ti piacciono”

 “Non sono mai uscito da qui, non conosco nessun altro nome oltre al tuo” aveva assunto uno sguardo triste

 “Va bene ci proverò, ma naturalmente non posso darti il mio stesso nome. Ci vuole qualcosa che tu riesca a ricordare facilmente, un nome figo – rifletté qualche istante, finché non gli venne l’illuminazione - . Che ne dici di Rei? E’ corto e credo che ti si addica” gli piaceva quel nome, perché era quello di un personaggio di un vecchio cartone animato; per non parlare del fatto che era uno dei possibili nomi che la madre avrebbe scelto per lui da mettere come secondo nome.

 “Rei… sì, mi piace”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oltre ***


Dopo aver acceso lo stereo, per evitare che la madre sentisse le loro voci, Hayden fece conoscenza con il nuovo amico. In realtà Rei non aveva niente in particolare da raccontare, dal momento che all’interno dello specchio non c’era nulla che fosse simile al mondo reale. Sentendo quelle parole Hayden si sentì in obbligo di raccontare a Rei un bel po’ di cose sul suo mondo, e sulle cose che gli piacevano di più; era un lungo elenco, nonostante non fosse completo di tutto quello che si poteva trovare, ma era pur sempre un punto di inizio.

“E’ un peccato, però, che tu stia sempre rinchiuso lì dentro e io invece qua fuori. – Osservò Hayden, mentre spengeva lo stereo dopo aver terminato di ascoltare tutte le tracce di ben due cd, tanto la madre ormai era uscita di casa. – Sono sicuro che, se fossimo dalla stessa parte, ci divertiremmo un mondo insieme” era triste perché finalmente aveva trovato un’altra persona simpatica, e purtroppo ci poteva solo parlare.

“In realtà, questo non è del tutto vero. - Sostenne Rei con un sorriso malizioso. – Un modo ci sarebbe”.

“E come? Non posso di certo rompere il vetro, perché tu spariresti. – Ribattè Hayden sedendosi nuovamente davanti allo specchio; ora che non c’era più musica in sottofondo teneva la voce bassa anche se non c'era nessun altro in casa, per precauzione. – E non posso neanche attraversarlo”.

“Invece sì che puoi. – Affermò lo spirito, sotto gli occhi increduli dell’amico. – Avanti, posa la tua mano sul vetro” lo incitò.

Sollecitato dalle parole di Rei, nonostante fosse ancora un po’ scettico, Hayden appoggiò la mano affusolata sul vetro. Inizialmente la superficie era fredda, e dura, poi inspiegabilmente si riscaldò e assunse una consistenza liquida, come acqua in fase di cristallizzazione che sfocò l’immagine che rifletteva; non era più fredda, ma non divenne neanche bollente. Per paura che quello specchio potesse fargli del male, Hayden ritrasse di scatto la mano e se la guardò in cerca di lividi o bruciature. Niente di tutto ciò.

“Non avere paura. Avanti, vieni da me” lo incoraggiò nuovamente Rei, posando la sua mano sulla parte interna dello specchio.

Aveva ancora il cuore che gli batteva in petto, Hayden, e tanta paura di quello che avrebbe potuto fargli quello specchio ma era più forte il desiderio di non deludere il nuovo amico. Facendo leva su quel pensiero, su quella vocina che gli diceva di andare avanti, Hayden appoggiò nuovamente la mano sullo specchio, esercitando anche una piccola pressione. Come prima, il vetro si riscaldò e divenne quasi liquido. La mano del ragazzo sparì, inglobata dallo strano liquido, e dopo alcuni istanti riapparve integra dall’altra parte. Convintosi che non c’era alcun pericolo, Hayden si convinse ad entrare, riserbandosi però il diritto di tenere gli occhi chiusi.
Avanzando lentamente, immergendo il corpo un poco alla volta proprio come si fa al mare per abituarsi alla temperatura dell’acqua, Hayden attraversò lo specchio senza mai aprire gli occhi. Quando tutto il suo corpo fu dall’altra parte, quando la sensazione di bagnato aveva abbandonato tutta la sua pelle, Hayden si sentì come sospeso: non avrebbe saputo dire se qualcosa lo stava sorreggendo o se era nel vuoto (ancora non aveva alzato le palpebre). Solamente quando percepì che i piedi stavano toccando qualcosa di solido decise che era il momento di vedere…il nulla. Non c’era niente, solo uno strano calore accompagnato da una sensazione piacevole, e Rei. Ora che non c’era più il vetro il ragazzo sembrava fatto veramente di carne e ossa.

“Ce l’hai fatta! – Esultò lo spirito dello specchio abbracciando calorosamente l’amico. – Non è stato poi così difficile, vero?”

“Questa è casa tua?” domandò Hayden, era una domanda insensata ma era nata dalla confusione che gli aleggiava nella testa.

“Non farti ingannare, qui c’è molto più di quello che sembra. – Disse Rei agitando l’indice davanti al viso di Hayden. - Pensa a qualcosa” suggerì, non sembrava che stesse scherzando.

“Mi stai suggerendo che se penso a qualcosa questa si avvererà? Non penserai che ti creda, già mi è difficile accettare il fatto che sono dentro ad uno specchio” ribatté Hayden, la testa gli stava facendo male per le troppe informazioni che stava ricevendo.

 “Dove vorresti essere adesso? Pensaci, se è come dici tu al massimo non succederà niente. Se ti può aiutare chiudi gli occhi così te lo immagini meglio, non devi dirmi cosa stai pensando” Rei sapeva come usare le parole giuste per convincere la gente.

 In effetti c’era un posto dove Hayden avrebbe voluto essere. Era da tanto che non ci andava e quell’ immagine riempì la sua mente con i suoni e gli odori che gli erano propri. Se l’era immaginato in una calda giornata estiva, senza nessuno al di fuori di lui e presto sentì il calore della sabbia sotto ai piedi; nelle sue orecchie arrivò il rumore delle onde mosse dal vento e il profumo dell’aria salmastra entrò nelle sue narici.

 “Scommetto che questo è il mare di cui mi hai parlato. E’ proprio bello sai? Dovresti proprio guardarlo” sentì dire da Rei.

 Quando aprì gli occhi Hayden rimase senza fiato: quello che lo circondava era esattamente ciò che aveva immaginato e come lo aveva sognato; il posto dei suoi ricordi.

 “Cosa? Non ci credo” esclamò incredulo.

“Te lo avevo detto, io” ribatté Rei, negli occhi aveva lo sguardo di chi stava assaporando silenziosamente la propria vittoria.

“Ok sono decisamente andato fuori di testa, è ufficiale” disse Hayden guardandosi intorno per vedere fino a dove si estendeva quell’illusione, ma non riusciva a vederne la fine.

 “Perché dici questo?” domandò lo spirito dello specchio.

“E’ impossibile una cosa del genere, prima il vuoto e ora sono sulla spiaggia più bella che abbia ai visto” gridò il ragazzo, si aspettava un ritorno di voce come accadeva negli spazi chiusi ma non successe nulla, era proprio come essere in uno spazio aperto.

“Qui tutto quello che immagini diventa realtà, non importa cosa sia e nemmeno se non esiste nel tuo mondo. Non solo luoghi ma anche cose che riguardano te stesso, nulla è permanente e puoi cambiare idea quando vuoi” spiegò Rei, rivelando il fantastico potere di quel mondo.

“Che?! Vuoi dire che se cercassi di immaginarmi… che ne so con dei capelli diversi o con un altro aspetto questo accadrebbe?” domandò Hayden, nella cui testa già frullavano mille idee.

 “Certo, e succederebbe anche se tu volessi vederti con qualche anno di più”

“Mi prendi in giro? Vuoi dire che se desidero… di voler avere 25 anni questo si avvera? Anche se non ho un immagine precisa nella testa?”

 “Sembra un po’ strano da capire, però si” rispose Rei deciso.

Galvanizzato alla sola idea, Hayden pensò intensamente di voler vedere se stesso a 25 anni. Uno strano formicolio attraversò il suo corpo, non era una sensazione sgradevole tutt’altro, e in pochi secondi sentì il suo corpo mutare. Per potergli dare una visione d’insieme Rei fece comparire davanti all’amico uno specchio lungo e Hayden vide sulla superficie un giovane uomo in gran forma con i capelli biondi raccolti in un codino e un piccolo accenno di barba; non credeva a quello che vedeva.

“ACCIDENTI…se sarò veramente così tra qualche anno gli altri uomini faranno meglio a starmi alla larga o faranno una bruttissima figura” disse tutto soddisfatto di se e della propria voce da adulto, poi diede uno sguardo all’amico e domandò se anche lui fosse in grado di farlo.

 “Certo, questa è casa mia e le regole valgono anche per me” fu la risposta secca del ragazzino.

“Fammi vedere”.

 Dal momento che quello di Hayden sembrava un ordine, Rei fece come gli era stato richiesto: si invecchiò fino a raggiungere l’età giusta e poi si mise al fianco dell’amico, davanti allo specchio. Erano praticamente identici.

 “Fortissimo, sembriamo proprio due gemelli. – Commentò Hayden soddisfatto, eppure qualcosa non lo convinceva. - Però…”

 “Qualcosa non va?” domandò Rei preoccupato.

 “Stavo pensando che sei troppo uguale a me” fu la risposta pensierosa del ragazzo.

“Ti ho già spiegato perché, e poi mi sembrava che ti piacesse l’idea di avere un gemello omozigote” rispose lo spirito ritornando alle normali dimensioni.

 “Non fraintendermi, adoro il fatto che tu sia fisicamente uguale a me perché ho sempre avuto un gemello. Vedi però a me non è mai piaciuto molto il fatto di vedere dei gemelli perfettamente uguali anche nell’abbigliamento. Penso che in questo modo uno dei due non può seguire il proprio stile, né esprimere appieno il suo carattere. Mi piacerebbe che anche tu possa trovare un tuo modo personale” gli spiegò Hayden mentre anche lui tornava alla sua forma originaria, sperava di essersi espresso bene perché non era mai stato molto bravo a parole.

 “Te l’ho detto, io conosco solo quello che vedo su di te e non ho altri punti di riferimento. Non saprei nemmeno da dove cominciare” precisò di nuovo Rei, dal suo tono di voce però non si poteva capire se fosse dispiaciuto o irritato.

 “Questo l’ho capito, però adesso che so come funziona qui potrei darti io una mano, se me lo permetterai” propose il ragazzo, aveva già qualche idea in mente.

 “Si può fare, però attento perché se non mi piace te lo dirò subito. Tanto per cominciare questa roba non mi piace, per niente” confessò lo spirito, riferendosi al modello molto sportivo della maglia che, a causa di Hayden, stava indossando.

Una volta appurato che lo spiritello non andava pazzo per lo street style, Rei provò ad immaginare in quale altre vesti avrebbe potuto vedere se stesso (e di conseguenza il suo nuovo amico). Per l’occasione fece materializzare un enorme negozio di abiti per tutti i gusti. Ogni volta che scartava qualcosa, maglia o pantalone che fosse, il ragazzo faceva sparire l’intero scaffale e andava personalmente a prenderne un altro capo dai grandi scaffali che, per essere più comodi, potevano scorrere l’uno sull’altro. Venne illuminato quando gli capitò tra le mani il ciondolo della collana che portava sempre al collo: un plettro bianco e nero comprato ad un concerto cui aveva assistito con Axel e Magnus. Bianco e nero erano i colori simbolo degli opposti, così decise che avrebbe giocato su questo anche per il nuovo look di Rei. Velocemente prese una maglia nera aderente con delle rifiniture bianche, un paio di jeans strappati aderenti, degli anfibi e qualche accessorio. Quando Rei uscì dal camerino con gli abiti che Hayden aveva scelto aveva un’espressione felice: gli piaceva che i vestiti sottolineassero un po’ meglio la sua figura. L’unico elemento del suo look che non gli piaceva erano i capelli: erano ancora gli stessi che aveva Hayden, e non gli sembravano adatti al nuovo look.

 “I vestiti mi piacciono, ma i capelli non mi convincono molto” commentò guardandosi allo specchio.

 “In effetti lì sopra non stanno molto bene. Potresti farli corti, e magari potresti anche cambiare colore. Potresti farli castani, rossi, o anche neri” suggerì Hayden ricordandosi di quando aveva visto una propria foto di qualche anno prima, quando aveva i capelli molto corti. Rei seguì il suggerimento dell’amico e provò a mutare i capelli come gli era stato detto, optando per un castano scuro quasi nero.

 “Così sei perfetto, fratellino” dichiarò Hayden, utilizzando per la prima volta quel termine in modo molto naturale.

“Hayden! Sono a casa” esordì una voce da fondo campo, una voce di donna che entrambi i ragazzi conoscevano fin troppo bene.

“Questa è mamma, accidenti è già così tardi?” si chiese Hayden, per la prima volta nella sua vita non si era accorto di quanto fosse passato veloce il tempo.

 “Sarà meglio che tu esca da qui: tua madre impazzirebbe se non ti vedesse” disse Rei, che in uno schiocco di dita fece scomparire il negozio e fece tornare il vuoto che Hayden aveva trovato all’entrata. Aveva fatto ricomparire anche il portale da cui si vedeva la camera del ragazzo. Hayden esitò un poco prima di lasciare quel posto: non avrebbe voluto ritornare nella sua camera da solo; ma non voleva recare un dolore a sua madre e così attraversò di nuovo lo specchio lasciandosi un pensiero alle spalle che riecheggiò nel vuoto del mondo di Rei

 “Vorrei che tu fossi reale”.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Videogame ***


“Sembri molto felice oggi Hayden. Cosa ti è successo di tanto bello?”  domandò Magnus al ragazzo mentre tutti e tre si stavano gustando un gelato, comprato in quella che loro consideravano la gelateria migliore di tutta Leipzig. L’osservazione che aveva fatto non era stata affatto fuori luogo: da quando Hayden aveva scoperto il segreto del suo specchio era molto più felice del solito, aveva anche iniziato a legare di più con i compagni di classe.

 “Nulla di particolare, forse il sole mi porta il buonumore” fu la semplice risposta del biondo.

“Peccato, pensavo che avessi trovato una bella ragazza cui fare il filo” disse ironico Axel, sapendo che il giovane amico era un tipo che attirava molte ragazze.

 “Nulla del genere, è solo che… ho conosciuto un nuovo ragazzo, è veramente molto simpatico” esclamò Hayden senza pensarci, pentendosene immediatamente dopo. Magnus e Axel, curiosi com’erano, sicuramente avrebbero voluto conoscerlo ma non avrebbero mai potuto.

 “E’ nella tua scuola?” domandò infatti Magnus, che tra i due fratelli era quello più curioso.

 “Eh…si. Però purtroppo non ha molto tempo libero, il suo sport gli occupa tutti i pomeriggi” rispose il ragazzo arrampicandosi sugli specchi; doveva far in modo che ai suoi due amici non venisse la voglia di chiedere di incontrarlo.

 “Ah peccato, almeno potete incontrarvi a scuola è già qualcosa no? Come si chiama? Non ce l’hai ancora detto” domandò Axel, dopo aver dato un’occhiata veloce al suo orologio per evitare di arrivare troppo tardi a casa.

 “Rei. Abbiamo tante cose in comune, ed è veramente molto simpatico”.

Con gran sollievo di Hayden, presto arrivò l’ora di rientrare a casa. Le domande di Magnus e Axel sul suo nuovo amico si erano fatte sempre più specifiche, e questo gli rendeva difficile dare delle risposte plausibili. Durante la loro conversazione, dovette fare un gran sforzo mentale per creare l’identità di Rei, e a ogni domanda che gli facevano lui stesso si chiedeva se ciò che diceva sarebbe mai potuto corrispondere al vero.

Ritornò a casa sfinito, pertanto consumò con calma la cena preparata dalla madre e poi si rinchiuse in camera sua. Rei era lì, ad aspettarlo.

 “Ti sei divertito oggi?” domandò subito lo spirito.

“Ho parlato di te a Magnus e Axel” rispose Hayden mentre attraversava velocemente la superficie dello specchio. Ormai non gli faceva più paura.

 “Hai parlato, di me?” domandò Rei, i suoi occhi trasmettevano tutto il suo stupore (pensava che il suo amico avesse detto tutta la verità).

“Tranquillo, non ho detto che tu abiti in uno specchio che porta in un’altra dimensione. – Fece Hayden, per tranquillizzare Rei. – Per quello che sanno, tu sei un ragazzo della mia scuola e che sei sempre impegnato con lo sport. Perciò non potranno mai incontrarti” .

Una volta esaurito il racconto della giornata, fu il momento per i due ragazzi di giocare un po’. Questa volta Hayden decise di interpretare il personaggio di un videogioco ambientato nell’ottocento. Si immaginò di essere un cacciatore di presenze soprannaturali di ogni genere e con il suo fidato assistente, impersonato da Rei, andava in giro indagando in ogni angolo per uccidere quelle creature con le armi più improbabili. Hayden era sempre più affascinato da ciò che lo specchio riusciva a creare, a quello che la sua mente poteva immaginare. In quella realtà gli apparivano mostri già visti nei film, e altri che non aveva mai visto; alcuni facevano veramente tanta paura che un paio di volte il ragazzo esitò prima di tirar fuori l’arma adatta alla situazione.

 “Hai paura?” commentò Rei in un’occasione.

 “Ma scherzi? Io non ho paura di niente, ma ammettilo faceva proprio schifo” aveva risposto il biondo. Quando il gioco finì e tutto tornò buio, Hayden si accorse che c’erano due copie dello specchio, non molto distanti tra loro, e osservando la loro superficie il ragazzo poté scorgere in uno il meraviglioso paesaggio di mare e nell’altro l’oscuro mondo dei mostri.

“E questi?” chiese a Rei, avvicinandosi ai due specchi.

“Sono le porte dei mondi che hai creato, così potrai tornarci quando vuoi” spiegò il ragazzino dai capelli scuri.

 “Forte, è come essere in un videogame. Anzi è meglio, le persone continuano a muoversi anche se non ci siamo”
disse Hayden, mentre vedeva le onde del mare muoversi al vento e gli zombi che si nascondevano nei vicoli in attesa degli ignari passanti.

Ben presto il ragazzo scoprì che i portali potevano essere creati anche all’interno delle ultra-dimensioni, una cosa che gli permise di creare dei veri e propri labirinti all’interno del mondo ottocentesco: ad ogni porta corrispondeva l’entrata in un’altra dimensione.

Anche la dimensione 0, come a lui piaceva chiamare la zona vuota, si riempì di nuovi portali che portavano nei luoghi più diversi: d’avventura, brivido, posti paradisiaci in cui rilassarsi magari stando su di un’amaca tra due palme delle Hawaii, oppure parchi divertimenti. Alcune volte Hayden portava con sé qualche libro, per studiare o anche semplicemente per leggere, in modo da poter insegnare qualcosa al nuovo amico che del mondo esterno sapeva sempre troppo poco. Gli piaceva spiegare a Rei come funzionava il mondo reale, quello che faceva a scuola e come passava il suo tempo con gli amici i cui fantasmi erano entrati a far parte delle loro numerose avventure. Era diventato un passatempo che confondeva la realtà con la fantasia, le regole cui era abituato erano state stravolte.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Broken family ***


“No, no e ancora NO!” strillò Inyra riempiendo la cucina.

Stava parlando al telefono con Jay, l’ex marito e padre di Hayden, riguardo alla cena di famiglia che avrebbero dovuto avere quella sera. Era da moltissimo tempo che non si riunivano tutti e tre, e Hayden (data la nostalgia che stava provando da un po’ di tempo a questa parte) aveva deciso che quella sera avrebbe cercato di riallacciare un po’ meglio i rapporti col genitore. Tuttavia Jay avrebbe avuto piacere nel portare anche la sua nuova compagna, Catarina, e Inyra si stava opponendo con tutte le sue forze.

Hayden, che stava pranzando dopo essere tornato da scuola, stava facendo da testimone alla scenata.

“Non farne una tragedia. – Ribatté Jay, all’altro lato della linea. – Lei vuol conoscere Hayden”.

“In un’altra occasione, forse, ma non STASERA!”.

“Oh andiamo, non fare la bambina” cercò di calmarla l’uomo.

“Bambina, io? TU sei il bambino: non hai mai voluto sfruttare i giorni che ti aspettavano per rivederci, e ora pretendi di portare un’estranea a casa mia. SCORDATI LA CENA!” affermò Inyra subito prima di chiudere la telefonata.

“Perché? – Domandò Hayden alla madre. – A me non importava, se veniva un’estranea” era sincero.

Prima di rispondere, Inyra lo guardò con il suo stesso sguardo: occhi svelati di tristezza.

“Ci sono cose, tesoro, che ancora non puoi capire” poi si ritirò nella propria stanza.

Quel pomeriggio, in una caffetteria per ripararsi dalla pioggia e dal vento, Hayden ebbe modo di sfogarsi con Magnus e Axel.

“Mi dispiace, tanto” disse Magnus.

“A volte gli adulti si fanno prendere troppo dalle emozioni” aggiunse Axel.

“Vorrei solo che non litigassero così spesso. – Confessò Hayden, stringendo il suo bicchiere colmo di succo d’arancia. – Sono capaci di bisticciare persino per un capello fuori posto. A volte, mi chiedo se la mia nascita non sia stata…”

“NON PENSARCI NEMMENO!” lo interruppe Axel prima che il ragazzino potesse dire quella terribile parola.

“Tu sei nato per amore, come tutti, e se i tuoi non vanno più d’accordo non devi fartene una colpa” affermò Magnus.

Ritornato a casa Hayden constatò, con suo gran dispiacere, che la cena di famiglia era stata definitivamente sostituita da una telefonata in pizzeria. Il fattorino sarebbe arrivato alle 20.30, e nessuno dei due parlò (prima e dopo) di quello che era accaduto. Quando rientrò in camera, i suoi occhi rossi attirarono l’attenzione di Rei che si era affacciato alla superficie riflettente non appena ebbe sentito lo sbattere della porta.

“Cos’è successo? Non dovevi cenare con i tuoi?” domandò il piccolo fantasma, intuendo che qualcosa non era andato per il verso giusto.

“Mamma ha annullato tutto: non ha voluto che papà portasse la sua nuova fidanzata” spiegò il biondo, mentre si sedeva a gambe incrociate davanti allo specchio.

“E tu sei d’accordo, con tua madre?”.

“Volevo solo vedere papà, e fare pace con lui. – Affermò Hayden. – Anche a me dà fastidio che si veda con un’altra, però…”.

“Non così tanto. – Concluse Rei, cui poi venne un’idea. – Senti, e se vivessimo la serata che avresti dovuto avere con i tuoi?”.

“Che vuoi dire?” chiese Hayden inclinando leggermente la testa verso destra, come faceva ogni volta che non capiva qualcosa.

“Vieni dentro che te lo spiego meglio”.

Obbediente, Hayden varcò il portale tra i due mondi, e Rei gli descrisse la sua idea: far apparire le copie dei genitori, cosicché il biondo potesse passare un bel momento con loro.

“Ma non litigheranno? – Domandò il ragazzino, titubante. – Nella realtà litigano per ogni sciocchezza”.

“No, se tu non vuoi” affermò Rei.

Incoraggiato dall’amico, Hayden materializzò nella propria mente i volti dei genitori: i lineamenti dolci della madre, e quelli affilati del padre; i capelli scuri di lei e quelli chiari di lui. Pensò anche ad un’altra cosa, ma non lo disse subito all’amico. Quando riaprì gli occhi, Inyra e Jay erano davanti a lui.

“Mamma! Papà!” esclamò sbalordito Hayden. Avrebbe voluto abbracciarli, ma non ne era sicuro.

In risposta, come se gli avesse letto nel pensiero, la figura di Inyra aprì le braccia e gli disse:

“Non vieni ad abbracciarmi?”.

Solo allora il ragazzino si fiondò tra le braccia di lei, e quelle di Jay, ma ancora mancava una cosa.

“Rei, non vieni a salutare mamma e papà?” domandò la copia del padre, lasciando il piccolo fantasma con la bocca aperta per lo stupore. Hayden aveva chiesto che le due copie considerassero Rei un figlio.

Superata la timidezza, lo spettro imitò l’amico gettandosi tra le braccia dei “genitori” completando così un quadro perfetto.

“Cosa vi va di fare, oggi?” chiese poi Inyra, sciogliendo l’abbraccio e guardando i due ragazzini con i suoi occhi dolcissimi.

Hayden desiderò di poter passare un’ipotetica giornata in un parco divertimenti, e si divertì molto nel mettere insieme le giostre che più gli erano piaciute dei vari parchi che aveva visitato. Nonostante la sua natura effimera, per il biondo fu l’esperienza più bella mai vissuta: lui con Rei, il fratellino immaginario, e i genitori che andavano sempre d’accordo. Alla fine, quando i giochi finirono e Hayden ritornò nel mondo reale, Rei lo ringraziò per avergli fatto provare la sensazione di avere una famiglia. Allo stesso modo fece il ragazzino biondo, poco prima di infilarsi sotto le coperte.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dog ***


“Senti Rei, posso chiederti una cosa?” domandò Hayden al piccolo spettro; era da tanto che portava questa domanda con sé (da quando aveva fatto materializzare le copie dei genitori), ma non aveva mai avuto il coraggio di pronunciarla per paura di ricevere una risposta negativa.

 “Spara” rispose lo spirito tutto orecchie

 “E’ possibile far materializzare persone…o animali…morti?” chiese il ragazzo, finalmente l’aveva detto.

“In teoria sì, anche se naturalmente la copia che si materializzerà non sarebbe mai come l’originale: sarebbe esattamente come tu lo ricordi. Se per esempio questa persona, o animale, fosse morta qualche anno fa e tu non te la ricordassi con precisione potrebbero esserci delle differenze. Perché me lo chiedi?” domandò Rei a sua volta.

“Circa un anno fa è morto il mio cane, Seth. Non era proprio il mio, in realtà era di mio nonno però gli volevo veramente tanto bene e andavo sempre a trovarlo. Era un bellissimo pastore tedesco così pieno di energia e mi faceva sempre le feste quando mi vedeva; però se l’è portato via un brutto male” raccontò Hayden, non l’aveva detto all’amico ma a volte quando andava dai nonni sperava quasi di veder sbucare il cane da un angolino della casa. Ancora non si era abituato alla mancanza dell’animale.

 “Mi dispiace, doveva volerti molto bene come tu ne volevi a lui. Possiamo provare a farlo apparire, mi piacerebbe conoscerlo, però a quello devi pensarci tu lo sai” suggerì Rei, dopotutto lui non aveva alcuna idea di come fosse fatto un pastore tedesco.

Hayden prese un grosso respiro, per cercare di placare i battiti veloci del proprio cuore, e dovette fare ordine nella sua mente per focalizzare la figura di Seth nel modo più preciso possibile. Ritornò col pensiero a quando ancora non avevano scoperto la sua malattia, quel brutto cancro all’intestino che se l’era portato via in un mese o poco più; a quei giorni in cui giocavano a rincorrersi nel cortile della casa dei nonni. Mentre ci pensava sentì qualcosa leccargli le mani. Era qualcosa di ruvido e bagnato, però era una sensazione famigliare, fu solo quando Rei gli disse di aprire gli occhi che ebbe la sorpresa: quel qualcosa di ruvido e bagnato altro non era che la lingua di un pastore tedesco, e non uno qualsiasi.

“Seth” esclamò il ragazzino con gli occhi pieni di felicità.

Era proprio come se lo ricordava: un cane vivace e affettuoso dal mantello nero e marrone che non smetteva mai di fargli le feste e di comunicargli tutto il suo amore con i suoi occhi nocciola. Era come se non se ne fosse mai andato. L’unico timore che Hayden aveva era che il cane potesse dimostrarsi diffidente verso Rei e invece, forse grazie al fatto che loro due erano identici, Seth si scagliò addosso allo spettro dello specchio per leccargli amichevolmente il viso.

 “Così, questo è un cane?” domandò lo spirito mentre faceva conoscenza con il cane, sembrava quasi intimorito nel posare la mano sulla testa pelosa dell’animale.

 “Esatto, una delle tante razze, ogni giorno ne scoprono una nuova…o la creano gli uomini incrociando le razze. - Spiegò Hayden. - Per noi loro sono degli amici fedeli, per me lui era il mio migliore amico” poi si mise anche lui ad accarezzare la testa di Seth, che muoveva tutto felice la sua coda nera e marrone.

 “Fanno parte della famiglia, quindi. Peccato che lui non sia reale” le ultime parole di Rei avevano fatto sparire il sorriso dal volto di Hayden.

 “Già è vero, a volte vorrei che questo fosse il mondo reale: qui ho te e ora lui. Là fuori non c’è nessuno con cui sono veramente legato” ardue parole per uno della sua età.

Rei non rispose, per paura di peggiorare la situazione; preferì piuttosto cambiare discorso

 “Perché non giochiamo un po’ con Seth, così mi fai vedere cosa sa fare” propose.

 “Certo, quando era vivo sapeva fare un sacco di giochetti” rispose Hayden cancellando la malinconia dai suoi occhi. Per giocare con un cane non c’era posto migliore della spiaggia in riva al mare, dove il biondo fece vedere all’amico come si giocava al riporto e dove fece fare a Seth una piccola esibizione dei classici trucchetti che di solito si insegnano ai cani: dare la zampa, rotolarsi, stare in piedi su due zampe, eccetera. Anche Rei dopo che ebbe superato il suo timore verso quell’animale, e soprattutto verso i suoi denti, fu molto partecipe al gioco e poté sostituire l’amico quando questi divenne troppo stanco per continuare.

 “Tu non ti stanchi mai?” domandò Hayden all’amico, una domanda lecita dal momento che non lo aveva mai visto riprendere fiato.

 “Sono uno spettro, non ho la necessità delle persone reali: non mangio, non bevo…non mi stanco. Non sapevo nemmeno cosa fossero prima che me li spiegassi tu” spiegò lo spirito.

 “Cavolo, che fortuna. Puoi praticamente fare quello che vuoi tutto il giorno”.

“Penso di sì, però sinceramente preferisco il tuo mondo. Là tutto è reale” disse Rei sedendosi accanto al biondo, il cane lo seguì accucciandosi tra loro due.

 “Ma tu non puoi proprio uscire da qui? Non c’è nessun modo?” chiese Hayden, pensando a quante belle cose avrebbero potuto fare insieme nel mondo vero.

 “No, io devo stare qui” rispose lo spettro con un tono di rammarico.

“Se ci fosse anche solo un modo, io ti aiuterei. Sarebbe fantastico se tu potessi passare nel mio mondo”.

 “Non preoccuparti, mi va bene anche così. Almeno adesso non sono più solo, ci sei tu che mi vieni a trovare” cercò di consolarlo lo spettro.

 “Ma io invecchierò, e poi morirò. Tu invece no e dopo resterai di nuovo solo” constatò il biondo creando, con l’indice, dei cerchi di sabbia.

 “Non pensare a questo adesso. Pensiamo solo a divertirci”.

“Divertirsi”.

Per Hayden divenne difficile adempiere a quel concetto per il resto del tempo che passò con Rei. Ormai nella sua mente si era insidiato il pensiero che dopo di lui non ci sarebbe stato nessun altro a occuparsi dell’amico, tra un po’ di anni sarebbe ritornato a un’esistenza di solitudine. Era un’idea che lo rese malinconico anche a cena tanto che se ne accorse persino sua madre.

 “Tesoro cos’hai? E’ successo qualcosa?” gli domandò Inyra durante la cena. La risposta del ragazzo fu evasiva, non voleva farla preoccupare, e per tutta la serata cercò di simulare una finta serenità tentando al contempo di scacciare nel profondo della sua mente quell’orrido pensiero.

Al contempo, nel vuoto del regno dello specchio, una presenza che fino a prima non si era mai mostrata sogghignò e disse a Rei

 “Credo che così possa bastare, è il momento di passare alla fase due del piano”.

“Come vuole, signore” rispose lo spettro, mentre accarezzava dolcemente la testa del cane.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La crudele realtà ***


I pensieri di Hayden continuarono ad affliggerlo anche nei giorni seguenti. Anche Magnus e Axel non poterono far a meno di rendersene conto, quando sul viso del ragazzo comparvero i segni della preoccupazione in maniera fin troppo evidente.

 “Cos’è quella faccia? Hai litigato con tuo padre?” domandò Magnus, cui era sempre dispiaciuto sapere degli alterchi nella famiglia dell’amico.

 “Niente del genere, in effetti è da un po’ che non ho notizie da papà” rispose Hayden mentre continuava a strappare l’erba dal prato. Non era una completa bugia, dato che il padre non aveva più chiamato dopo che Inyra aveva cancellato a malo modo la cena che avevano programmato.

 “Questa non me la bevo, hai una faccia che dice tutto il contrario” ribatté Axel suscitando le ire del ragazzo, il quale si alzò in piedi di scatto e disse:

“Smettetela, ho detto che non è niente. Punto e basta” e senza aggiungere altro, se ne andò lasciando stupefatti i suoi amici.

 “Ci dev’essere sotto qualcosa” ipotizzò il riccio.

 “O forse non è veramente nulla. Vedrai che se avrà bisogno ce lo dirà”.
 
Hayden invece era così infuriato che aveva fatto la strada per tornare a casa tutta di corsa; si era infilato subito in camera sua e poi era entrato nello specchio, l’unico luogo che gli sembrava più accogliente.

Tuttavia la dimensione zero aveva qualcosa di insolito: gli specchi che portavano agli altri mondi erano opachi, quasi grigi, e non mostravano cosa c’era al loro interno.

“Rei? – chiamò scrutando con gli occhi il buio di quella dimensione. – Dove sei?” aveva timore che fosse sparito, invece la voce dell’amico gli ripose alle spalle.

 “Sono qua” era gentile come sempre, ma aveva uno strano tono.

 Quello che vide Hayden quando si voltò non gli piacque affatto, tanto che il sorriso sparì dal suo volto. Senza che lui lo avesse pensato, Rei si stava mostrando a lui con un aspetto più adulto, i capelli neri portati lunghi fino alle spalle. Ciò che faceva veramente paura era il suo viso in parte sfigurato, come quello di uno zombie, e la trachea completamente scoperta dalla quale non fuoriusciva neanche una goccia di sangue.

Quella orrenda visione, il cui sguardo era severo e privo della luce che lo aveva sempre caratterizzato, stava lì in piedi a fissare Hayden con un ghigno per nulla rassicurante.

 “Che ti è successo?” domandò il ragazzino spaventato a tal punto da allontanarsi di qualche metro dallo spettro.

 “Dove pensi di andare?” domandò Rei allungando una mano fin troppo ossuta.
Terrorizzato Hayden richiamò a se Seth, certo che gli avrebbe dato una mano, purtroppo per lui anche il cane aveva avuto una trasformazione simile a quella dello spirito, diventando un animale gigantesco con gli occhi verde acido e le zanne acuminate che stavano ringhiando contro il biondo.

 “Credo che il tuo animale abbia un nuovo padrone” affermò Rei accarezzando una delle zampe anteriori del gigante; quando sorrise lo spettro mostrò una chiostra di denti aguzzi da far invidia anche ad un vampiro.

 “S…Seth” sussurrò Hayden, spaventato ma anche adirato per quello che lo spirito aveva fatto al suo adorato cane.

 “Perché?” domandò poi ritrovando al voce.

Nuovamente lo spettro usò una delle due mani scheletriche per indicare uno specchio, appena comparso alle spalle di Hayden, su cui iniziarono a scorrere le immagini della vita del ragazzo.

 “Ma come? Io non ti ho detto tutte queste cose” domandò il ragazzo mentre osservava un resoconto dettagliato della sua vita, persino di quello che era accaduto al di fuori delle mura domestiche.

 “E’ semplice: mentre tu stavi qua con me io copiavo i tuoi ricordi. So tutto su di te, ora” sussurrò Rei all’orecchio del ragazzo, che con uno scatto si alzò e diede una spinta allo spettro per allontanarlo da sé.

 “Voglio sapere il perché” ripetè Hayden.

 “Sto solo esaudendo un desiderio che ci accomuna: voglio uscire da qui. Però per farlo mi servi tu” mentre parlava Rei mutò di nuovo il suo aspetto: i capelli erano diventati biondi e dal volto, che ora mostrava un accenno di barba, sembrava avesse aggiunto qualche anno alla sua età virtuale.
A Hayden non servirono altre domande, aveva capito che doveva solo scappare perciò si lanciò all’indietro nello specchio pensando alla dimensione della spiaggia; il cane lo seguì a ruota.

La sabbia era diventata una sostanza collosa e viscida che gli rendeva difficile ogni passo, l’acqua invece era diventata torbida ed emanava un odore terribile che gli stava facendo rivoltare lo stomaco tanto da fargli venire i conati di vomito. Avrebbe voluto fermarsi e svuotare lo stomaco ma sentiva il cane che si avvicinava e non poteva permettersi un lusso simile. Con le lacrime agli occhi e le gambe che gli bruciavano per lo sforzo di muoversi in quella strana sostanza, Hayden corse fino a dove sapeva che avrebbe trovato il prossimo specchio: alla base della scogliera che aveva iniziato a franare sotto i suoi occhi. Riuscì ad attraversare il portale giusto in tempo per evitare di essere schiacciato da un grosso masso che travolse il cane e distrusse lo specchio alle sue spalle intrappolandolo nella dimensione degli spettri.

Per raggiungere il portale che lo avrebbe condotto direttamente fuori dallo specchio Hayden avrebbe dovuto raggiungere la periferia della città ed entrare in una delle case diroccate. Era là, nella soffitta di uno di quelli edifici che aveva creato un’uscita di emergenza che lo riportava direttamente in camera sua. Certamente avrebbe potuto crearne una su due piedi direttamente davanti a sé ma con quello che stava succedendo la sua mente aveva deciso che avrebbe fatto meglio a non arrischiarsi di creare nuovi portali. Camminava tra le strade cercando di ricordare a memoria il percorso che doveva fare per raggiungere la sua via di salvezza. Era difficile perché solitamente ce lo portava Rei e mentre giocavano non aveva mai fatto veramente attenzione ai vicoli che imboccavano; tuttavia la totale assenza dei personaggi che solitamente affollavano quel mondo lo aiutò molto nell’orientarsi.

 “Che stai tramando?” domandò tra se Hayden mentre scrutava ogni vicolo prima di entrarci: aveva tanta paura di rivedere Rei in versione zombie, e non voleva che accadesse in una di quelle vie così strette.

Il tragitto fu più lungo del previsto, a causa di alcune svolte errate, ma poi gli occhi di Hayden videro la casa vecchia con i graffiti sui muri e la porta verde.

 “Avrei dovuto metterla in un punto più facile da trovare” si criticò il ragazzo.

 Aveva appena messo un piede sul gradino quando un rumore lo sorprese alle spalle: Seth lo aveva trovato e lo stava osservando dal fondo della strada; sebbene le sue dimensioni si fossero ridotte non aveva perso la sua aura spettrale. Hayden entrò immediatamente nella casa e sprangò la porta con la sedia proprio in tempo per bloccare il cane che si era avventato contro l’uscio a gran velocità. Il colpo ricevuto stordì l’animale a tal punto da dar tempo al ragazzo di salire in tutta fretta le scale che scricchiolavano ad ogni suo passo, arrivare su fino alla soffitta polverosa e attraversare il portale.

La solidità del pavimento sotto i suoi piedi gli stava confermando che era di nuovo nella sua stanza, era riuscito a scappare e ora doveva solo rompere quel dannato specchio prima che Rei si inventasse qualche nuovo stratagemma. Stette fermo per qualche istante, in modo da rio-ordinare le idee e trovare qualcosa che rompesse la superficie riflettente in un colpo solo, poi le sue mani andarono veloci sotto al letto dove teneva il suo skateboard (era molto vecchio e non aveva più le ruote, ma per lo scopo andava più che bene). Caricò il colpo portando dietro di sé la tavola e poi lo lanciò in avanti. Tuttavia, quando ormai la tavola avrebbe dovuto colpire la superficie del portale, qualcosa andò per il verso sbagliato: non fu lo specchio a rompersi, ma una superficie trasparente che separava lui dall’oggetto.

 “E’ un gran peccato vero? Ci eri quasi riuscito” la voce di Rei e la sua immagine comparvero all’interno della cornice, aveva ripreso le sue sembianze da bambino ma nei suoi occhi si leggeva ancora la cattiveria del demone di poco prima.

Con un effetto domino tutto ciò che era attorno a Hayden cadde in frantumi e il ragazzo si ritrovò nella dimensione 0; i portali, ad eccezione di quello in cui si vedeva Rei, che aveva ripreso le primissime sembianze con lui si era presentato a Hayden, erano completamente spariti. Lacrime scesero sul volto del ragazzo biondo mentre la risata dell’ex-spettro riempiva la stanza. In mano aveva la tavola da skate.

 “Addio. - E con queste ultime parole ruppe lo specchio e lo staccò dal muro. – Forse non potresti mai crederci, se te lo dicessi e se tu potessi sentirmi, ma mi dispiace tanto” affermò, con un velo di tristezza negli occhi.
Ora che tutto era finito, adesso che lui era libero, il primo pensiero di Rei si rivolse alla libertà tanto sperata. Avrebbe potuto fare tutto ciò che aveva desiderato fin dal primo giorno in cui Hayden gli aveva parlato del mondo esterno. Tuttavia, prima di cominciare la sua nuova vita, l’ex-spirito pensò che avrebbe iniziato col piede giusto rinnovando quel look che non gli piaceva.
--------Qualche giorno dopo-------

“Nonno devo dirti una cosa” disse Rei a quell’anziano che tanto somigliava al nipote che adesso non c’era più.

 “Dimmi pure” rispose lui, il suo sguardo era pieno di gentilezza e memoria.

 “Purtroppo lo specchio che mi hai regalato…si è rotto. Mi dispiace tanto, non l’ho fatto apposta” il ragazzino aveva assunto un’aria dispiaciuta, sperava di riuscire ad abbindolare il vecchio senza dover subire uno di quei lunghi discorsi che tanto odiava.

 “Che peccato, ma non preoccuparti. L’importante è che tu non ti sia fatto male, i pezzi di vetro possono essere molto pericolosi: quando ero piccolo uno dei miei cugini ha perso un occhio a causa di un piccolo pezzo di vetro”.

 “Però era un tuo regalo” continuò la scenetta di Rei.

 “Ce ne saranno altri e di più belli, non ti preoccupare. – In lontananza si sentì la voce di Inyra, che annunciava che il pranzo era pronto. - Finalmente, avevo una fame da lupo. Forza Hayden, ci aspettano dei piatti da svuotare!” e si uscì tutto arzillo dalla casetta, poi si girò di nuovo e disse al ragazzo.

 “Ah ti sta bene questo nuovo look”.

Ora che aveva sistemato le cose con il nonno della sua vittima era il momento di conoscere dal vivo i due migliori amici di Hayden.

 “Che ti è successo?” domandarono all’unisono i due, incredulo alla vista del nuovo cambio di look.

 “Nulla di che, ho solo deciso di provare qualcosa di nuovo. Che ne dite?” domandò facendo una piccola piroetta, sembrava quasi un modello a una sfilata.

 “Stai benissimo, però per noi è stato quasi uno shock” rispose Magnus, girandogli intorno quasi fosse un satellite.

 “Soprattutto per i capelli, li hai cambiati in modo radicale” aggiunse Axel.

 “Già, mi dispiace se l’altra volta mi sono comportato male. Scusate” disse Rei, in fondo quei due non erano poi così male, e pensò che avrebbe anche potuto mantenere un rapporto di amicizia.

 “Tranquillo, saremo amici per la pelle per sempre” dissero in coro i due fratelli.
 
Da qualche altra parte, in una dimensione sconosciuta, qualcuno era rimasto molto scontento di quello che Rei aveva fatto. Non era Hayden, che stava sfogando tutta la sua frustrazione in un pianto ininterrotto in qualche remoto punto di quell’universo, e di certo non era per la prigionia del ragazzo.

“Quella serpe! – Ringhiò la voce, era molto forte ma il nuovo prigioniero non avrebbe mai potuto sentirla. – Mi ha giocato proprio sul più bello”.
“Maledetto Rei! Se mai potrò, mi vendicherò”
disse Hayden, la cui voce era riportata allo spirito attraverso un portale. Quelle parole fecero venire in mente un’idea orribile allo spettro misterioso.
 
 
Nota autrice: E anche questa è finita (di nuovo, potrei dire). Avrei voluto inserire un altro capitolo, ma ora sono così assorbita dalla mia nuova fan fiction (quella sulle Mew Mew, se vi interessa passate pure dal mio profilo) che non riuscivo a farmi venire altre idee in mente. Mi auguro che vi sia piaciuta, e per farmi perdonare della mia mancanza voglio rallegrarvi dicendovi che il racconto avrà il proprio sequel (Evil Mirror2, in formato originale per intenderci). Fino a quel momento, vi auguro buona lettura e vi dico: ALLA PROSSIMA!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3594025