Tutta colpa di quel dannato elfo.

di RoseRiver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutta colpa di Draco Malfoy. ***
Capitolo 2: *** Gli innumerevoli bernoccoli di Draco Malfoy. ***
Capitolo 3: *** L'importanza vitale delle Cioccorane. ***
Capitolo 4: *** Oltre al danno, anche la beffa. ***
Capitolo 5: *** La Pulce, il Cerebroleso e il Fascinoso. ***
Capitolo 6: *** Donnole, "Hic" e Rock 'n roll ***



Capitolo 1
*** Tutta colpa di Draco Malfoy. ***


TUTTA COLPA DI DRACO MALFOY.
 
 

Cari lettori, questa è la mia prima fanfiction su Harry Potter, la mia prima storia su Hemione e Draco, la mia prima volta alle prese con il capolavoro di “Zia Jo”. E, proprio perché è la prima volta che maneggio una storia del genere, con personaggi dal carattere così passionale e dettagliato, voglio fare le cose per bene. Avrei voluto stendere una prima bozza, mangiucchiarmi le unghia aspettando di trovare il coraggio di pubblicarla, ma non l'ho fatto. Non l'ho fatto perché voglio seguire l'istinto e voglio che cresca ogni giorno assieme a me. L'idea per questa storia mi è giunta in sogno e non scherzo, quando lo dico: mi sono addormentata leggendo una splendida Dramione e... beh, ecco quello che ne è uscito fuori. Spero che nessuno trovi il mio lavoro troppo scontato, banale o privo di qualsivoglia caratteristica fondamentale: sono personaggi complessi (proprio per questo mi piacciono) e voglio render loro giustizia.

Quindi... incrocio le dita e spero sia di vostro gradimento!

 

 

Hermione si mangiucchiava un labbro, pensierosa.

Avrebbe tanto voluto essere spensierata, per una volta. Ma Hermione Granger non lo era mai: era coraggiosa, amichevole, priva di pregiudizi ed era sempre, costantemente, preoccupata per qualcosa.

I sette anni in compagnia del famigerato Harry Potter l'avevano rovinata e avevano, allo stesso tempo, innalzato i suoi ideali di amicizia a livelli astronomici. Perché lei li aveva, quegli amici per cui si era disposti a morire: Hermione Granger, alias miss-mi-preoccupo-sempre, aveva degli amici veri e insostituibili.

Prese un respiro profondo, guardando l'orizzonte, che andava scurendosi.

Oh, per la barba di Merlino! Non poteva farlo, non ancora, non ce la faceva... era stanca.

Vedere Hogwarts all'orizzonte, consapevole del fatto che, dopo la seconda guerra magica, fosse davvero un posto sicuro, la deprimeva. Perché Hogwarts, per quanto fosse stata la culla di tanti sogni, speranze e amicizie, le stava davvero stretta.

In soli tre mesi, era cambiato tutto. Lei, Hermione Granger, non era più la stessa ragazzina alla ricerca degli horcrux.

Lanciò uno sguardo al suo migliore amico in assoluto Harry Potter, mano nella mano con la sua migliore amica in assoluto, Ginny Wesley e si sentì triste. Guardò di sottecchi Ron e un'immensa ondata di rammarico le attraversò il petto, da parte a parte. Dopo la morte di Fred, Ronald non era più stato lo stesso: aveva deciso fin da subito, quando era stata data loro l'opportunità, di tornare ad Hogwarts per finire gli studi. Forse, incrociando le dita, avrebbero vissuto il primo anno tranquillo nella scuola di magia e stregoneria per eccellenza.

Ron aveva passato un'estate infelice e molto cupa, nonostante la morte di Voledemort: assieme a George, non si faceva quasi mai vedere e di rado rispondeva alle sue lettere. Sembrava, agli occhi di Hermione, triste a causa della fine della guerra: se Lord Voldemort fosse stato ancora vivo, lui avrebbe avuto modo di vendicarsi. Al momento, Ronald Weasley aveva solo molta rabbia, un fratello in meno e tanta voglia di prendere a pugni qualcuno.

Hermione strinse la presa degli incisivi sul suo labbro inferiore: dopo il loro primo ed unico bacio, Ron non aveva più affrontato l'argomento e lei aveva capito che aveva bisogno di tempo. E lei, di tempo, gliene aveva dato eccome: tre dannatissimi mesi. Tre mesi e non uno straccio di accenno a quel maledetto bacio.

Tre. Mesi.

Tre mesi passati con Harry e Ginny, in una bellissima estate babbana. Tre mesi in cui loro erano andati avanti, ma Ron no. A tutti mancavano Fred, Lupin e Tonks, ma dovevano andare avanti. Era una questione di principio: se perdevano anche solo un altro secondo della loro vita a pensare al male che aveva provocato Voldemort, allora avrebbero semplicemente smesso di vivere. Che senso aveva rimuginare sul passato, su ciò che poteva essere e non era, di fatto, stato? Hermione aveva imparato cosa volesse dire portare nel cuore tante piccole ferite soffocanti e aveva anche scoperto come gestirle: vivere anche per loro, quelli a cui aveva dovuto dire addio.

Sorrise, ripensando al piccolo Ted e a come Harry se ne fosse preso cura, quasi come un fratellone maggiore.

Ah, Harry Potter. Cosa poteva dire di lui, di loro, in quei tre mesi? Come li avevano potuti trascorrere, se non all'insegna dell'avventura?

Erano rimasti affianco alla famiglia Weasley per un mese, dopo la fine della guerra e, quando si erano sentiti decisamente di troppo, avevano sloggiato. E Harry le aveva posto una domanda che non avrebbe mai e poi mai dimenticato: “E... e ora che si fa?”. Ovviamente erano scoppiati a ridere, incapaci di contenere quell'inspiegabile senso di liberazione che provavano. Perché, checché dicesse la Gazzetta del Profeta, ora loro due erano persone normali. Così, in una umida mattinata nella casa di Grimmuld Place, Hermione aveva dato voce ai suoi pensieri: “Harry, voglio trovare i miei genitori”. E lui, senza mai dire nulla, l'aveva seguita: in un certo senso, Hermione credeva che si stesse sdebitando con lei per essergli stato affianco.

Harry Potter aveva reso quel viaggio disperato una vera e propria vacanza: era convinto che avrebbero trovato i suoi genitori e aveva fatto in modo che ogni giorno passato nella loro tenda, fosse speciale e leggero.

Si erano addirittura comprati dei cellulari babbani, con cui scattare delle foto! E, inutile dire che Il Prescelto aveva scovato anche i suoi genitori e l'aveva aiutata con gli incantesimi di memoria.

Ah, Harry Potter era davvero il suo migliore amico in assoluto.

Gli occhi verdi di lui incontrarono quelli di Hermione e i due, quasi involontariamente, sorrisero.

– Pronta per il settimo anno, Hermy? – la stuzzicò, mentre Ginny ridacchiava.

– Credo... non riesco ad immaginare Hogwarts senza mostri, pericoli e misteri da risolvere. Non so come affrontare un anno... normale. E questo è assolutamente assurdo – constatò, grattandosi la testa.

Harry scrollò le spalle. – Lo dici a me? Voldemort quasi mi manca... – poi, notando lo sguardo assassino di Ron, si affrettò a ritrattare. – Nel senso, prima sapevo, a grandi linee, cosa aspettarmi: pericoli, pericoli, morti e uccidere il gran cattivone. Ora non so nemmeno quali materie seguire... – si strinse nelle spalle, arrossendo appena: Harry Potter non sapeva affrontare una vita tranquilla.

– Guarda il lato positivo: niente più mal di testa, saluti in extremis e complicati indovinelli da risolvere. Solo una manciata di ragazzini che non sanno neppure che lavoro vogliono fare! È assurdo, sapevamo come uccidere Lord Voldemort, ma non ho ancora deciso nulla per il mio futuro! – Hermione era partita in quarta, e difficilmente l'avrebbero fermata.

– Io ho deciso che aiuterò George con il negozio – la bloccò Ron, buttando lì la notizia, come se niente fosse.

Sarebbe diventato socio di George, prendendo il posto di Fred? Oh, Ron, perché non ne aveva mai fatto cenno? Erano amici da sette anni e non aveva nemmeno pensato di parlarne con loro. Beh, a dire il vero, Ron aveva smesso di parlare con loro e basta.

Harry fu il primo a proferire parola. – Mi sembra splendido, tu adori i Tiri Vispi Weasley, no? Sicuramente Fred avrebbe apprezzato – anche alle orecchie degli altri il suo tono di voce parve un po' forzato? Anche agli alti sembrava che Harry Potter non riuscisse più a parlare con il suo migliore amico? Era come guardare e vedere sempre lo stesso Ron, quello che amavano e conoscevano, senza però sapere come gestirlo, perché anche lui era cambiato profondamente.

– No, non è vero – borbottò Ginny, facendo irrigidire Harry sul posto. La rossa, per tutta risposta, intrecciò una mano con quella del ragazzo, come per rassicurarlo. – Fred ti avrebbe minacciato di morte, se solo avessi ficcato il tuo lungo e lentigginoso naso nei suoi affari! – sorrise, al ricordo del fratello. Poi tossì, per schiarirsi la voce. – Ronnino di mammina, perché non torni a giocare con le bambole, invece che infastidire il mio genio smisurato? – imitò, alzandosi in piedi ed esibendosi in una perfetta riproduzione dei modi di Fred.

Hermione avrebbe tanto voluto piangere, perché sapeva che non avrebbe mai più sentito “i gemelli” completare l'uno le frasi dell'altro e non avrebbe mai più rischiato un occhio nero, frugando tra i loro scatoloni. Invece, a sorpresa, scoppiò a ridere, seguita da Harry, Ginny e anche Ron, dopo averli guardati con aria sbigottita, iniziò a ridacchiare a gran voce.

Risero fino ad avere il mal di pancia e non riuscire più a respirare: fu come urlare al vento che erano tornati a casa e, in un modo o nell'altro, avrebbero affrontato anche quella nuova ed eccitante realtà che li aspettava.

 

***

 

Malfoy guardava l'orizzonte con aria annoiata.

Non era la prima volta che si chiedeva come sarebbe stata Hogwarts, dopo l'ennesimo disastro avvenuto in casa Malfoy.

Gli ultimi due anni erano stati un inferno: prima sua padre in cella, poi il ritorno al potere di Voldemort, il marchio nero, i terribili mesi sotto la dittatura dei Carrow... a volte, se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire le urla dei ragazzini del primo anno, sottoposti alla maledizione Cruciatus. Poteva udire distintamente le sue corde vocali articolare quei pochi suoni.

“Crucio”.

Sentì un nodo in gola, al solo pensiero di ripetere quella parola. Non ce la faceva, non era per lui tutto quel dolore.

Draco non era cattivo, non nel vero senso del termine. Non avrebbe finto di essere sempre stato succube del padre e, quindi, indirettamente, di Voldemort, perché non sarebbe stato vero: Draco era stato cresciuto con delle regole e dei principi più o meno giusti e aveva condotto la sua esistenza secondo quello che sapeva. Si è ciò che si conosce, giusto? Beh, lui era un dannatissimo pezzo di merda, senza alcuna prospettiva.

Aveva chiesto alla Preside di inserirlo nella lista per i ragazzi del settimo anno, non perché era fondamentalmente masochista, ma perché voleva avere un bel ricordo di sé.

Avrebbe voluto combattere, per una volta, dalla parte che voleva lui e smetterla di pensare cosa ne avrebbe ricavato la sua famiglia: lui non aveva più una madre o un padre, ma solo due figure in ombra, mandate a marcire ad Azkaban.

La sua non era mai stata una normale famiglia, ma lo sfregiato era cresciuto anche peggio, no? Perché, allora, Malfoy era un maledetto stronzo e Potteruccio no?

Aveva passato tutta l'estate alla ricerca di una risposta, provando a capire cosa, durante la sua crescita, fosse andato dannatamente storto. Perché Draco, mentre riparava l'armadio svanitore o guardava Hermione Grenger mentre veniva brutalmente torturata, sapeva che era sbagliato, eppure non aveva fatto nulla.

Era la specialità di Draco Malfoy, dopotutto: lui non faceva mai nulla, nel dubbio. Non aveva mai preso una posizione definitiva. Non era mai “bene” o “male”, lui apparteneva ad una categoria a parte, quella dei codardi.

Si era schierato dalla parte della Umbridge, quando gli aveva fatto comodo; si era fatto marchiare da Voldemort, quando suo padre aveva bisogno di riscattare il nome di famiglia; aveva fatto entrare i Mangiamorte a Hogwarts, quando sapeva che sarebbe stato ucciso, se non lo avesse fatto; aveva provato ad uccidere Silente, perché era tutto ciò che lui avrebbe dovuto essere – leale, coraggioso e intelligente – e che Voldemort voleva che distruggesse e, infine, aveva sperato di essere un buon Mangiamorte, solo allo scopo di salvarsi la pelle.

Alcuni avrebbero detto che da un Serpeverde, non ci si sarebbe potuto aspettare nulla di meno, ma Piton? Durante la battaglia finale, Draco aveva ascoltato rapito il discorso dello Sfregiato: Piton aveva lavorato per Silente, mettendo a rischio la propria vita. Per quanto fosse, come lui, un bastardo, Severus Piton era un bastardo che aveva preso una netta posizione. Draco Malfoy, agiva solo secondo il proprio interesse.

Non che volesse diventare chissà quale stinco di santo: si accontentava solo di capire cosa ci fosse di così anormale in lui. Perché nulla lo toccava? Perché nulla lo smuoveva? Cosa rendeva Potter così sicuro di sé, un eroe? Cosa rendeva Silente così sicuro della sua bontà d'animo? Malfoy non era buono, né tantomeno un eroe, era solo un codardo, della peggior specie: era una di quelle persone che fingono di essere coraggiose.

Draco Malfoy era privo di sostanza.

Dunque eccolo lì, in viaggio verso Hogwarts, sperando di sistemare o quanto meno scoprire, cosa ci fosse di sbagliato in lui. Perché, per quanto si sforzasse, davvero non riusciva ad afferrare la risposta.

 

***

 

Hermione non sapeva spiegarsi bene come, ma quell'edificio, pieno di guglie e gargoyle, riusciva sempre a toglierle il fiato.

Quella volta, tuttavia, le mancò il fiato per ben altri motivi: era, prima di tutto, abituata a viaggiare con la sola borsetta di perline, dunque aveva dimenticato cosa volesse dire trascinare il baule fino alla carrozza; in secondo luogo, non percepiva il solito entusiasmo che provava nel vedere la sua amata scuola.

Si guardò attorno, notando l'allegria generale: alunni che si riabbracciavano, ragazzi del primo anno che lanciavano gridolini isterici, studenti del settimo che sembravano impazienti di rimettere piede nel castello.

Il suo gruppetto si era ritrovato: Harry, Ron, Hermione, Ginny, Luna e Neville. Tutti felicemente vivi e insieme. Fantastico, davvero.

Insomma, Hermione era felice di rivedere i suoi amici ma...

“Ma?” sbottò il suo subconscio, tirando le fila dei suoi pensieri sconnessi.

Ma non appartengo più a questo posto, si disse Hermione. Era quello, il nocciolo della situazione: non si sentiva più a casa da nessuna parte! Hogwarts le ricordava tutta la sofferenza che aveva dovuto patire, tutti i problemi che aveva dovuto affrontare, e la sua “casa babbana” le ricordava costantemente cosa aveva fatto ai suoi genitori, come li aveva privati della loro vita. Dunque no, non saltava di gioia all'idea di tornare ad Hogwarts perché, se avesse incontrato anche un solo pericolo mortale o le fosse capitato tra le mani l'ennesimo disastro mondiale, Hermione Granger sarebbe crollata.

Lanciò uno sguardo ad Harry, Ron, Ginny, Luna e Neville: quante volte aveva rischiato di perderli? Quante volte si erano detti addio? Dei ragazzi di diciassette anni non dovrebbero aver vissuto in quel modo. Harry non avrebbe dovuto vivere in quel modo.

Ma quell'anno sarebbe stato diverso, per forza: si sarebbe impegnata al massimo perché tutti loro avessero un maledettissimo lieto fine, un qualcosa che andasse oltre l'uccisione di Voldemort. Hermione li guardava e vedeva delle persone distrutte, che avevano ancora voglia di ridere, divertirsi e abbracciare la vita. E anche lei provava le stesse cose, solo... avrebbe voluto ricominciare lontano da quel posto, lontano dalla scuola che aveva tanto amato: ritornandoci, rischiava di comprometterne il ricordo, perché, in quel momento, Hermione Granger stava odiando quelle mura di pietra.

– La tua allegria è contagiosa... – scherzò Harry, intuendo, forse, i suoi pensieri cupi.

– Andiamo, è così evidente? – chiese lei, titubante.

Harry, per tutta risposta, scoppiò a ridere. – Guardi il castello come se volesse ucciderti. – constatò lui, scuotendo appena il capo. – Senti, Hermy, anche io ho paura, okay? E sono stufo di dover affrontare cose più grandi di me... ma abbiamo bisogno di un ultimo anno qui, abbiamo bisogno di sentirci normali, per una volta – le strinse la mano, rassicurante.

Hermione sorrise. – Wow, che belle parole di conforto, Signor Potter... da dove hai preso tutta questa improvvisa saggezza? – lo prese in giro, mentre aspettavano il loro turno per salire sulla carrozza: ormai quasi tutti erano partiti alla volta del castello, erano rimasti in pochi nella piazzola.

– Sai, la mia migliore amica è davvero brava con le parole, suppongo mi abbia infettato – le strizzò l'occhio, prima di rivolgere un sorrisetto affettuoso a Ginny, che lo guardava di sottecchi.

– Blah, tu e Ginevra dovreste darvi una mossa: questo flirtare continuo è estenuante! Mettetevi insieme, su... siete così carini! – Hermione gli tirò una gomitata nello stomaco, come per riprenderlo.

Harry le lanciò uno sguardo corrucciato. – Hai appena definito il Prescelto “carino”, Granger? Davvero? – sembrava imbarazzato dal tono che aveva usato.

Hermione alzò gli occhi al cielo. – Stupido, non cambiare discorso! – incalzò, maliziosa.

Harry tossì, prendendo tempo. – Noi facciamo le cose con calma, okay? E poi, dopo tutto quello che è successo... non so se vorrà ancora stare con me... – balbettò, arrossendo fino alla punta dei capelli corvini.

– Stai scherzando? Lei è pazza di te, quindi sbrigati o penserà che non ti piace abbastanza... – lo sospinse in avanti, proprio mentre tutti gli altri prendevano posto su una carrozza.

Harry si sedette sulla seduta, per poi voltarsi verso Hermione. – Hey, aspetta... non ci stai qui sopra! – esclamò l'amico, alzandosi in piedi per cederle il posto, ma la carrozza partì bruscamente, facendolo cadere addosso a Ginny.

Hermione sorrise, soddisfatta e lo salutò con finto sguardo innocente.

La missione “Lieto fine” aveva appena avuto inizio e l'avrebbe portata a termine, poco ma sicuro.

Guardò con sollievo la carrozza che si allontanava, pensando che le sarebbe servito un po' di tempo per sé, o avrebbe sicuramente sbroccato.

Si guardò attorno e notò che era rimasta sola, così fece qualche passo verso una carrozza buia in penombra.

Il baule si impigliò nella sua divisa da Grifondoro e imprecò a mezza voce.

Perché cavolo non si era portata la borsetta di perline? Era così comoda...

– Grenger, non ho tutta la sera, sbrigati a salire: ho fame – sibilò una voce.

Hermione drizzò la schiena, strappando il lembo di veste intrappolato sotto il baule. Per un attimo, lanciò uno sguardo preoccupato al Thestral che guidava la carrozza: ora che poteva vederlo, terrificante e spaventoso, non era più tanto certa della sua salute mentale.

– Come? – chiese, rivolta allo strano cavallo.

Hermione udì distintamente un sbuffo. – Non il cavallo, Granger, io! – sibilò ancora la voce. La ragazza colse un movimento: una figura, rintanata nell'ombra della carrozza, si rivelò.

Pensò, scioccamente, che fosse un fantasma di Hogwarts: pelle diafana, viso scarno, capelli quasi argentei.

Draco Malfoy le lanciò un'occhiata a metà tra il divertito e lo spazientito.

Che figura, che aveva fatto!

Drizzando la schiena, cercando di assumere una posizione dignitosa, Hermione afferrò il baule e lo trascinò, con non poca fatica, fino alla carrozza.

I due metri di strada che doveva fare sembravano chilometri.

– Oh, santissimo Salazar... hai intenzione di trascinarlo alla velocità di un centimetro all'ora ancora per molto? Sai, Grenger, sei una strega! – la rimbeccò, sferzando l'aria con la sua bacchetta.

Il baule venne caricato in un lampo ed Hemione balzò con agilità sulla carrozza, sistemandosi a disagio sulla sua seduta, difronte Malfoy.

– Grazie, per il baule – non sapeva bene come comportarsi con lui: avevano condiviso l'esperienza terrificante nella stanza delle Necessità ed era strano rivolgergli la parola.

Il ragazzo fece un vago cenno con il capo, facendole intuire che non avrebbe certo instaurato una conversazione con lei.

Hermione si sentì quasi offesa: aveva salvato la sua bianchissima e stronzissima pellaccia, per la miseria! – Sei sempre così affabile, Malfoy... – sputò, velenosa.

Il ragazzo sussultò appena, notando il suo nuovo tono di voce. Parve riprendersi subito, esibendo il suo classico sorrisetto malefico. – Oh, Grenger, non ho né il tempo, né la voglia di perdere tempo con te e con le tue inutili chiacchiere – alzò un sopracciglio, come se la sola idea di parlare con lei fosse assurda e senza alcuno scopo.

Hemione incrociò le braccia al petto, digrignando i denti. Ecco, ora si sentiva un po' più a casa: insultare Malfoy era qualcosa di automatico, abituale e dannatamente liberatorio. – Credi davvero che io salti di gioia all'idea di parlare con te?! – esclamò, il tono beffardo e derisorio.

Malfoy sorrise appena, quasi trattenendosi dallo scoppiarle a ridere in faccia. – Tesoro, sembri tu quella che si ostina a parlarmi. Se fosse per me, continuerei ad ignorarti come ho sempre fatto – scrollò le spalle, alzando lo sguardo verso il cielo scuro.

La ragazza socchiuse gli occhi. – Come vuoi, cercavo solo di essere educata, io – sibilò l'ultima parola con aria inferocita.

Draco sbatté un paio di volte le palpebre. – Disse quella che mi ha aggredito al terzo anno – la provocò, sciabolando le sopracciglia con fare che, ne era sicura, doveva risultare minaccioso, ma sembrò solo un gesto molto... sensuale. A quel pensiero, Hermione arrossì improvvisamente. Cosa stava insinuando il suo subconscio? Che Malfoy, Draco Malfoy, suo acerrimo nemico, la stesse guadando in modo sensuale? Per Merlino, aveva bisogno di un bel sonno ristoratore.

– Sai bene di esserti meritato quel pugno – puntualizzò lei, alzando il mento con fare stizzoso.

Draco sorrise ancora, questa volta in maniera perfida. Si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e guardandola da sotto le lunghe ciglia scure. “Strano” pensò Hermione: Draco aveva sopracciglia e capelli argentei, ma le sue ciglia erano nere come il carbone e mettevano ancora più in risalto i suoi occhi di ghiaccio. – Forse me lo meritavo... ma non è questo il punto – insinuò, inarcando appena le sopracciglia.

Hermione sbuffò dal naso e accavallò le gambe, assumendo una posa altamente scocciata. – E allora dimmi, Draco, quale sarebbe il punto? – chiese, non riuscendo a trattenersi.

Malfoy, udendola pronunciare il suo nome di battesimo e non il suo cognome, strinse appena le palpebre, come se lo avesse insultato: probabilmente riteneva che un essere con il sangue “sporco” come lei, non avesse il diritto di chiamarlo “Draco”. Poco importava, se gli dava così fastidio, lo avrebbe fatto più spesso.

Draco sorrise in maniera quasi dolce, poggiando nuovamente la schiena contro la carrozza, assumendo una posa rilassata e sicura. – Tu e i tuoi amichetti, siete il punto, Granger – si passò appena la lingua sulle labbra, per inumidirle. – Potterino e Lenticchia possono sembrare anche credibili, nella parte dei “bravi bambini che salvano il mondo”, ma tu... tu sei falsa – si strinse nelle spalle, godendosi la reazione di Hermione. Lei, tuttavia, non gli diede soddisfazione: rimase impassibile, alzando appena un sopracciglio.

Hermione fece dondolare distrattamente un piede, guardandolo con aria di scherno. – Falsa? Io? Detto da te, Malfoy, suona quasi assurdo – constatò, senza distogliere lo sguardo dal suo.

Draco si limitò a sorridere, facendole intuire che non l'avrebbe passata liscia. – Sì, Granger: falsa. Ma hai ragione, anche io lo sono: l'unica differenza tra me e te, è che io lo ammetto! – concluse, ammirandosi le unghie.

Ah, questa poi! – Io non sono affatto falsa! – si difese, iniziando a mostrare i primi segni di stizza.

Il sorriso di Malfoy si allargò ulteriormente. – Sì, proprio così! – confermò, godendosi la sua irritazione.

Hermione sbuffò dal naso, quasi divertita da quell'affermazione. – E cosa ti porta a dire una cosa simile? – chiese, ormai pronta a strangolarlo.

Draco si inumidì ancora le labbra con la punta della lingua, in un gesto quasi ipnotico. – Il fatto che cerchi sempre di fare la cosa giusta. Chi mai potrebbe fare sempre la cosa giusta? Una persona falsa, che è convinta che, se dimostra di non sbagliare mai, allora sarà una brava Grifondoro eccetera eccetera... voi Grifoni siete così prevedibili e ipocriti! – alzò gli occhi al cielo, come se la sola idea gli facesse venire il voltastomaco.

Hermione aprì la bocca per rispondere, ma lui si sporse nuovamente in avanti, ghignando. – Scommetto che sei terrorizzata all'idea di tornare lì dentro, no? – indicò con un cenno del capo la scuola, a cui si stavano sempre più avvicinando. Draco non si aspettava che rispondesse e non le lasciò nemmeno il tempo di farlo. – Ti ripeti che è per la guerra che hai combattuto, vero? Eppure, non ti convince come risposta. Sai perché? Perché non vuoi essere nuovamente il dannato esempio di tutti, lo stereotipo dell'alunna perfetta. Scommetto quello che vuoi che muori dalla voglia di infischiartene – ridacchiò appena, come se l'idea di una Hermione a cui non importava fosse ridicola.

Lei sbatté un paio di volte le sopracciglia, scuotendo appena il capo. – Quello che dici non ha senso, perché io sono fatta così: a me importerà sempre! Fin da quando sono scesa da quel maledetto treno mi preoccupavo già di Harry e di come meritasse un anno tranquillo, di come Ron avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle tutto! Io non riesco a non fare la cosa giusta perché sono amica di Harry Potter, Malfoy. Ti sei mai chiesto cosa comporti? – questa volta fu lei a non lasciarlo parlare. – Ho passato gli ultimi sette anni sapendo che, se anche mi fossi concessa un enorme sbaglio, se anche solo me ne fossi infischiata una sola volta... sarebbe andato tutto male. Harry sarebbe stato solo e Voldemort ne avrebbe approfittato. – non si era resa conto del fatto che anche lei, presa dal discorso, si fosse sporta verso Draco. In quel momento si limitarono a fissarsi, in totale silenzio.

– Non voglio essere sempre perfetta e non voglio sempre fare la cosa giusta, ma lo faccio perché altrimenti, chi si sarebbe esposto? Puoi accusarmi di essere stata troppo prudente, di aver soffocato l'entusiasmo di Harry e Ron così tante volte da averne perso il conto, ma era quello che dovevo fare, chiaro? – quasi urlò le ultime parole.

I due ragazzi continuarono a guardarsi e Hermione pensò che nemmeno Malfoy fosse convinto della sua stessa tesi, e che le sue parole lo avessero fatto pensare.

La carrozza si arrestò improvvisamente, inchiodando con un sonoro stridio di ruote e zoccoli. Vicini com'erano e dato che entrambi sedevano sul bordo della seduta, persero l'equilibrio. Hermione finì addosso a Malfoy: la sua testa ricciuta si scontrò contro il petto del ragazzo che, d'istinto, la trattenne.

Erano arrivati davanti all'entrata del castello.

Hermione, quasi sdraiata sopra Draco Malfoy, alzò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi grigi, come il cielo in tempesta. Aveva sempre pensato che fosse un bel ragazzo, ma non aveva mai avuto l'opportunità di guardare così attentamente i suoi occhi: non aveva mai visto delle iridi di un colore simile, erano persino più belle di quelle di Harry!

Malfoy schioccò la lingua con fare divertito, stringendole con forza i fianchi. – Vedi qualcosa che ti piace, falsa mezzosangue? – la scimmiottò, godendosi il rossore che, in meno di un minuto, le aveva imporporato le guance.

– Hermione...? – una voce sconvolta la richiamò, in un punto imprecisato alle sue spalle: non vedeva altro se non il cielo stellato e il viso di Malfoy. Non ci fece quasi caso.

– Allora? Ti sei imbambolata? O ti godi la vista? – era davvero terribile, quando ci si metteva!

La ragazza si riscosse dai suoi pensieri. – Pensavo, Malfoy, un'azione a te sconosciuta, a quanto pare – gli scoccò un'occhiataccia, eppure nessuno dei due si mosse.

Malfoy, scelse proprio quel momento per passarsi, per l'ennesima volta, la lingua sulle labbra. Quel piccolo guizzo, quasi involontario, catturò l'attenzione della ragazza: il Serpeverde deglutì a vuoto, ad indicare che era a disagio. Malfoy si mosse appena sotto di lei, facendola arrossire ancora di più: perché non la lasciava andare? Perché lei non gli aveva già tirato un ceffone? – Fatto sta, Granger, che sembravi interessata al panorama – la punzecchiò, incapace di resistere.

Lei sorrise dolcemente, quasi prendesse in considerazione quell'idea assurda. – Ti piacerebbe, Malfoy, ti piacerebbe... – si scostò un po' dal suo corpo, avvicinandosi ancora di più al suo viso. – Inoltre, credo che sia tu, quello interessato al panorama, dato che ti ho ispirato una riflessione così profonda e... – perché la sua voce era così bassa e roca? – … continui a tenermi stretta – concluse, deglutendo un po' troppo rumorosamente.

Draco sorrise con fare beffardo. – Tiriamo fuori gli artigli, Granger? – alzò un sopracciglio, con fare scettico e divertito.

– Hermione! Per la miseria, che stai facendo?! – sbottò una voce alle loro spalle.

Ron.

I due si riscossero, cercando di districare quell'abbraccio decisamente sconveniente: provò a tirarsi su, lontano dal corpo del ragazzo, ma inciampò nei suoi stessi piedi, cadendo sul fondo della carrozza e, per sua sfortuna, trascinò con sé anche Malfoy.

Lei lo spintonò di lato, proprio mentre lui si stava alzando e lo fece rovinare nuovamente a terra, procurandogli un bel bernoccolo in fronte.

Si portò una mano alla bocca – Oddio, scusa! – non riuscì a trattenersi dall'avvicinarsi per controllare che stesse bene, ma lui le rivolse un'occhiataccia. – Guai a te se ti avvicini, Granger! – sibilò, facendo una smorfia mentre si toccava la tempia destra.

Hermione alzò gli occhi al cielo e scese dalla carrozza, trovandosi difronte ai suoi amici, tutti con un'espressione ridicola stampata in faccia: Harry sembrava aver appena ingoiato una Gelatina tutti i gusti +1 al sapore di vomito; Ron sembrava aver contorto la faccia in modo da assomigliare all'Urlo di Munch; Neville pareva sul punto di scappare urlando, Ginny aveva assunto l'espressione di chi la sapeva lunga, mentre Luna le faceva “ciao ciao” con la mano con aria allegra.

Hermione arrossì, imbarazzata da tutti quegli sguardi, così si voltò, notando che anche Malfoy sembrava stranito dai suoi amici. Il biondo, tuttavia, ancora arrabbiato per il bernoccolo, scosse appena il capo. – Dio, quanto non vi sopporto...! – sibilò, camminando a passo svelto verso l'entrata del castello.

I loro spettatori lanciarono uno sguardo vero la sua direzione, ancora in stato di shock.

Hermione Granger, presto o tardi, avrebbe ucciso Draco Malfoy, ne era assolutamente certa.

 

***

 

– Quindi non è successo proprio nulla? Niente di niente? – ripeté, per la milionesima volta, Ginny. Durante il banchetto di inizio anno.

Hermione alzò nuovamente lo sguardo al cielo, sentendo che Harry e Ron erano in ascolto.

Hermione alzò le mani in segno di resa. – Okay, lo dirò per l'ultima volta e sarà meglio che apriate bene le orecchie, voi due, tanto lo so che state origliando! – li rimbeccò, facendo ridacchiare Ginny. – Non è successo nulla tra me e Draco, okay? Stavamo litigando, figurarsi! – chiarì, infilando un pezzo di arrosto in bocca.

Hermione lanciò uno sguardo al tavolo dei Serpeverde: il morale generale non era molto alto. Malfoy, in ogni caso, era circondato dalla sua solita cerchia di, era il caso di dirlo, malandrini.

Ginny si mordicchiò un labbro, avvicinandosi al gruppetto di amici per non farsi sentire da nessun altro. – Hermione, eravate spalmati su una carrozza e vi strusciavate addosso come due anguille! – precisò, fraintendendo totalmente tutta la situazione.

La riccia sospirò, massaggiandosi le tempie. – Eravamo “spalmati su una carrozza” perché il quello stupido e inquietante cavallo volante ha inchiodato all'improvviso! – ripeté, forse per l'ennesima volta.

Ron sembrava fumante di rabbia e la cosa le faceva un po' piacere: sembrava essersi risvegliato, almeno un poco, dal suo letargo. Aveva forse capito che non poteva aspettarlo per sempre? – Ah, sì? Certo, come se potessi bermela! Anche se fosse, per cadere addosso a Malfoy in quel modo, avreste dovuto essere molto vicini. Cosa miseriaccia ci facevate così vicini?! – sbraitò, mentre le sue orecchie si tingevano di un rosso scarlatto.

Fu il turno di Hermione di arrossire e ciò accadde non perché fosse imbarazzata a causa di qualcosa che loro presumevano avesse fatto con Malfoy, ma perché si era sentita totalmente a suo agio a pochi centimetri dal viso di quel demonio.

– Sei arrossita! – esclamò Ginny, portandosi una mano alla bocca, incredula.

Hemione drizzò la schiena in un lampo, sgranando gli occhi. – No, non è vero! – protestò, riempiendosi la bocca di insalata e carne.

Harry ridacchiò appena. – Oh, no, Hermy... sei arrossita eccome! – la punzecchiò, mentre Ron stringeva il bordo del tavolo con sguardo famelico.

Hermione deglutì l'enorme quantità di cibo che aveva ingurgitato, sospirando. – Io e Draco stavamo davvero litigando, okay? Non potrei mai baciarlo! – assicurò, facendo una smorfia schifata.

Ron alzò un sopracciglio, decisamente poco convinto. – Sai, quando si litiga, non ci si ritrova spalmati addosso al proprio nemico! È un dannatissimo Mangiamorte, Hermione! – questa volta, Ron aveva decisamente urlato. L'ultima frase attirò l'attenzione di molti studenti, e non solo della casa di Grifondoro. Fortunatamente, gli insegnanti non parvero notarli. Sfortunatamente, Malfoy le riservò un sorrisetto di scherno: era evidente che adorava far imbestialire Ron.

Hermione ricambiò lo sguardo divertito del Serpeverde, alzando un sopracciglio in modo minaccioso. Malfoy si infilò in bocca un pezzetto di pane, poggiando il mento sulle mani giunte. Ron, che stava assistendo a quello scambio di sguardi, sembrava aver assunto una sfumatura violacea.

Ma il colpo di grazia fu quel maledettissimo occhiolino.

Draco. Malfoy. Le. Aveva. Appena. Fatto. L'occhiolino.

Ron alzò un indice con fare tremante, indicando prima lui e poi lei, che fissava allibita quella biondissima canaglia. – Le... le... – balbettò, incapace di credere a quello che aveva appena visto.

Hermione scosse appena il capo, incredula davanti a quella sceneggiata: ormai molti studenti, di differenti case, li stavano osservando.

Ginny sbuffò, alzando gli occhi al cielo. – Sì, Ron, era un'occhiolino. Non scandalizzarti per così poco! – Hermione le fu infinitamente grata per averle lanciato un salvagente.

Ron richiuse la bocca e mise il broncio, mentre Harry continuava a fissare Malfoy con sguardo interessato, come se non lo avesse mai visto prima. Draco, per tutta risposa, gli fece un gestaccio e gli lanciò un'occhiata di scherno.

Pensò che, nonostante tutto, la rivalità tra i due ragazzi sarebbe sopravvissuta in eterno: eppure Malfoy non aveva provato ad infastidirlo in nessun modo, da quando avevano rimesso piede ad Hogwarts. Hermione era sicura che l'atteggiamento più o meno civile di Draco nei confronti di Harry, fosse dovuto al fatto che il biondo sapeva esattamente che era grazie a lui, se tre mesi prima gli avevano salvato la vita. Ronald non sarebbe mai tornato tra le fiamme per salvare una serpe come lui, ma Harry lo aveva fatto e questo, per quanto si sforzasse, Draco non poteva dimenticarlo.

Hermione sorrise. – Beh, Ron, non è detto che l'occhiolino fosse rivolto a me: ho sempre sospettato che Malfoy avesse un debole per te... – lo prese in giro, aspettando che il rosso si infuriasse e si sfogasse con Harry, che sembrava terrorizzato alla sola idea di doverlo sentire vaneggiare per ore contro Malfoy.

– Chi sarebbe sessualmente interessato a Lenticchia, esattamente? – una voce a pochi centimetri dietro di lei, la fece sobbalzare.

“Ti prego, ti prego, ti prego... fa' che non sia lui... ti prego!” si ritrovò a pensare Hermione, esasperata da tutta quella situazione.

Invece era lui.

Malfoy si avvicinò al gruppetto, stando bene attento a sfiorare le spalle di Hermione con il braccio. Si chinò verso di loro, tra Ginny e lei, in modo che solo loro quattro potessero udire le sue parole. – Lenticchia, lenticchia... – sospirò, con tono di rimprovero. – Cosa ti ho sempre detto? Prima o poi, anche una nata babbana, sa distinguere tra chi ha classe – e si indicò con un elegante gesto della mano. – e chi, purtroppo per te, no – concluse, con un amabile sorriso stampato sul volto.

Hermione era paralizzata dalla sua sfacciataggine: non era così stupido da far sentire agli altri le sue parole, in modo che tutti credessero che avesse una storia con “la Granger”, ma voleva a tutti i costi infastidire Ron.

Malfoy si chinò ancora più avanti, in modo che i loro volti fossero abbastanza vicini da irritare il rosso. – Oh, Hermione... il tuo profumo è ancora più buono di quanto ricordassi – sussurrò, questa volta in modo che solo lei potesse recepire il messaggio.

Oh. Santo. Cielo.

Malfoy era odioso, spocchioso e arrogante, ma sapeva come provocarle dei brividi lungo tutto il corpo, usando solo la voce.

Lo odiava, certo, ma aveva sempre saputo che poteva essere affascinante in maniera quasi illegale, quando voleva: aveva il portamento, la sicurezza, il fisico e il corpo adatti. Ah, aveva anche una voce bassa e suadente, che sembrava essere stata creata per sussurrare segreti all'orecchio.

Per un attimo, le sue iridi dorate incontrarono quelle d'argento di lui e pensò che fosse sincero. Poi, Malfoy si alzò di scatto e si allontanò dal tavolo dei Grifondoro, diretto verso l'uscita della Sala Grande.

Il banchetto era appena iniziato e lui aveva la sfacciataggine di andarsene!

Lanciò uno sguardo al tavolo dei professori, che sembravano non essersi accorti di nulla e decise.

Ron stava borbottando senza sosta, accusandola di cose senza senso, mentre Ginny la fissava con sguardo penetrante: sembrava che l'amica le stesse scavando dentro e che sapesse cosa voleva fare.

Con scatto felino, si alzò da tavola e seguì Draco in tutta fretta, guadagnandosi lo sguardo malizioso e curioso di tutti quelli che avevano assistito al loro scambio di battute.

Al diavolo!

Avrebbe picchiato a sangue Malfoy, in memoria dei vecchi tempi.

 

***

 

Draco sapeva esattamente dove andare.

I suoi piedi si muovevano da soli, senza alcuna direttiva da parte del cervello.

Non sapeva perché lo aveva fatto, non sapeva perché le aveva detto quelle cose o perché le aveva fatto l'occhiolino.

Forse voleva solo un barlume di normalità, tornando a torturare Lenticchia: lo Sfregiato gli aveva salvato la vita e, per quanto gli costasse ammetterlo, gli aveva ridato la libertà, uccidendo Voldemort.

Certo, la sua vita non era delle migliori: aveva un patrimonio immenso da gestire da solo, una villa di cui occuparsi e aveva solo diciassette anni.

Pensò distrattamente ad Andromeda e a come si fosse presa cura di lui, durante quell'estate: aveva appena perso una figlia e si era ritrovata tra le mani un nipote orfano. Draco non sapeva perché, ma era venuta a fargli visita: era stato l'unico vero contatto umano che aveva avuto per tutta l'estate. Inoltre, gli piaceva abbastanza Teddy e quella sua strana dote di cambiare colore di capelli. Andromeda gli aveva detto che Harry le aveva raccontato della morte di Bellatrix e, per un motivo o per un altro, erano finiti a parlare di lui, segregato in Villa Malfoy.

Andromeda non era affatto una cattiva persona e, nonostante avesse perso molto anche a causa dei Mangiamorte, non lo aveva mai guardato con orrore o disgusto: dopo la guerra magica, aveva deciso che i familiari non dovevano restare separati. E, lui, Draco, era più solo che mai.

Pensò distrattamente che gli sarebbe piaciuto crescere con Andromeda, nonostante fosse quasi uguale a Bellatrix: gli sembrava una buona madre e forse, se fosse stato suo figlio, non sarebbe mai diventato una persona così vuota.

Aveva sempre pensato che sua zia “Dromeda” fosse una persona detestabile, che si era sposata con uno stupido babbano con cui aveva avuto una stupida figlia mezzosangue. Invece, da come la zia parlava del marito e della figlia deceduti, Draco poteva intuire cosa si fosse perso: era stato allontanato da una parte della famiglia che era buona. Tonks sembrava una forza della natura e Teddy, almeno in quel senso, aveva preso tutto dalla madre.

Gli sembrava strano essersi affezionato in quel modo ad un bambino, per di più figlioccio dello Sfregiato, ma non aveva saputo resistere all'insopportabile idea di stare solo.

Nei mesi successivi all'arresto dei suoi genitori, aveva temuto che, prima o poi, venissero a prendere anche lui: a quanto sembrava, i membri dell'Ordine e, in particolare, il signor Weasley, avevano convinto il Ministro a lasciarlo in libertà. Dopotutto, era stato marchiato all'età di sedici anni, dunque non era legalmente in grado di intendere e di volere, no? A quanto sembrava, prima dei diciassette anni, il Ministero della Magia lo considerava al pari di una melanzana.

Si passò una mano tra i capelli, scacciando il pensiero di quei giorni bui. Ora si stava riprendendo: era ad Hogwarts e avrebbe aggiustato quel piccolo difetto di fabbrica che lo caratterizzava.

Era per questo che aveva stuzzicato la Granger, no? Voleva sapere come facesse ad essere sempre così sicura che quello che stava facendo fosse giusto. E la sua risposta quale era stata? Che faceva tutto quello che doveva essere fatto per Harry Potter.

Beh, Draco Malfoy odiava lo Sfregiato e si rifiutava di credere che, per essere una buona persona, avrebbe dovuto agire nei suoi interessi.

Era stufo di quel posto, era stufo di essere in debito con Potter ed era stufo di sentirsi a disagio per il Marchio che aveva tatuato sul braccio.

Aveva deciso che, se si fosse trovato in estrema difficoltà, avrebbe trovato un modo per sgattaiolare via dalla scuola. Voleva poter uscire all'aria aperta o chiudersi in un posto che potesse rassicurarlo e scacciare i brutti pensieri. Magari, più tardi, si sarebbe procurato una bottiglia di whisky incendiario e l'avrebbe divisa con Nott e Zabini.

Si fermò davanti al muro spoglio che tanto conosceva. Era quasi un sollievo guardare quella parete senza provare angoscia.

Si chiese distrattamente se la stanza delle Necessità fosse ancora agibile, dopo che l'avevano incendiata, solo pochi mesi fa. Ma Draco era quasi certo che lo fosse.

Chiuse gli occhi e pensò a ciò che voleva trovare dietro quel muro.

Regalami un posto che sia come casa. Chiese solo questo e lo ripeté mentalmente per tre volte. Quando riaprì gli occhi, sul muro spoglio era comparsa un'imponente porta di legno massiccio.

Sorridendo, per il sollievo e la stanchezza, aprì l'uscio e vi sgusciò dentro. Entrò con gli occhi socchiusi, gustandosi la sorpresa che avrebbe ricevuto nello scoprire cosa avesse creato la stanza per lui.

Con la punta del piede, spinse la porta in modo che si richiudesse alle sue spalle. Ma, proprio in quel momento, udì uno sonoro tonfo: sembrava che qualcosa fosse andato a sbattere contro il legno massiccio dell'uscio.

Non fece nemmeno in tempo a voltarsi che, per il contraccolpo, venne scaraventato a terra.

E con quella botta, era arrivato a quota due bernoccoli.

– Dove credi di andare, pezzo di imbecille? – sibilò una voce femminile alle sue spalle.

Udì la porta chiudersi con uno tonfo sordo.

Aveva come la netta sensazione, che quella serata non sarebbe mai finita e che, presto o tardi, avrebbe ucciso Hermione Granger per questo.

 

 

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Capitolo 2
*** Gli innumerevoli bernoccoli di Draco Malfoy. ***


GLI INNUMEREVOLI BERNOCCOLI DI DRACO MALFOY. 

 

Il suono assordante di un tuono squarciò la calma apparente del momento.

Draco pensò che la situazione fosse quantomeno divertente: Hermione Granger, accaldata e con il fiato corto, lo guardava dall'alto, quasi come se fosse convinta di sovrastarlo.

La stanza delle Necessità era scarsamente illuminata e i lampi che si stagliavano contro il cielo scuro, illuminavano un poco il viso della ragazza, deformato dall'irritazione.

Draco si puntellò sui gomiti, decidendo che sarebbe rimasto sdraiato sul pavimento un altro po', ammirando la Grifona e aspettando che parlasse.

Sentì, per l'ennesima volta in sua presenza, le labbra seccarsi e si passò lentamente la lingua sul labbro inferiore, umettandolo: lo sguardo di Hermione colse quel piccolo, apparentemente insignificante gesto, e deglutì a vuoto, proprio come aveva fatto sulla carrozza.

Per essere un topo di biblioteca, Hermione Granger non era affatto male, doveva ammetterlo. Tutto in lei urlava “Grifondoro”: dai capelli ramati, ricci, folti e crespi come la criniera di un leone, alle iridi dorate e intelligenti, fino alle labbra rosso fuoco, incredibilmente lisce e pungenti.

Draco si prese qualche secondo per ammirare il corpo della ragazza: era strano, ma non aveva mai pensato al corpo della Granger, per lui era una ragazzina fastidiosa con troppi capelli, una lingua biforcuta e il sangue “sporco”.

Si rese conto, improvvisamente, che per lui Hermione Granger non aveva mai posseduto un vero e proprio corpo: l'aveva guadata spesso, ma non aveva mai pensato a lei come una vera e propria ragazza, ma, al massimo, come una fonte di fastidio.

Eppure sulla carrozza l'aveva toccata e, per quanto ricordasse, era la prima volta che i loro corpi entravano davvero in contatto. E fu così che scoprì che il corpo di Hermione Granger era piacevole da vedere e da toccare: non era eccessivamente magra, anche se, quando l'aveva rivista durante la battaglia finale, era dimagrita parecchio, era evidente che avesse rimesso su qualche chilo, eppure il suo fisico era equilibrato. Spalle strette, vita fine e delicata, fianchi leggermente più tondeggianti e lunghe gambe toniche.

Sorrise appena capendo, a scoppio ritardato, perché Lenticchia si fosse impuntato su di lei: Hermione, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso, era carina.

Draco fece scoccare la lingua, chiaro segno della sua ritrovata irritazione. – Cosa vuoi, Granger? – sibilò, rimettendosi in piedi.

Lei, per tutta risposta, lo guardò, senza fiatare.

Draco sbuffò e si spazzolò i pantaloni, giusto per fare qualcosa. Prima, nella Sala Grande, non aveva intenzione di colpire lei, ma Lenticchia: non si era aspettato che lo seguisse per mezzo castello. Inoltre, adorava guardarla deglutire a vuoto, conscio di metterla in imbarazzo.

Si avvicinò alla ragazza di qualche passo, fermandosi solo quando ne percepì l'odore: non aveva affatto mentito, poco prima, Hermione Granger aveva davvero un profumo spettacolare.

Vaniglia.

Poteva sentire il dolce aroma della sua candida pelle, un odore sottile ed elegante, nulla di troppo vistoso.

Fragole.

Draco poteva quasi chiudere gli occhi e immaginare quella bocca mentre entrava a contatto con quel dolce frutto.

Cannella.

Il dolce aroma speziato che pungeva, spezzando l'equilibrio dolce degli altri due odori.

Draco si passò ancora una volta la lingua lungo il labbo inferiore, questa volta solo per provocarla.

Hermione indietreggiò appena, andando a sbattere contro il muro, guardandolo con odio. – Perché lo hai fatto? – chiese, la voce stranamente ferma.

Draco si era quasi aspettato che non gli rivolgesse la parola e, invece, eccola lì, a tirare fuori gli artigli. – Fatto cosa? – si finse innocente, solo per vedere il suo sguardo lampeggiare.

Hermione sbuffò con fare sprezzante. – Perché mi hai umiliata in quel modo! – probabilmente, con il senno di poi, quella sarebbe dovuta essere una domanda.

Draco piegò il capo di lato, come un bambino curioso. – Ti ho umiliata? Davvero? Mi sembra di aver mostrato solo il mio apprezzamento nei confronti del tuo profumo, Granger. E, anche in quella occasione, sono stato discreto, se non ricordo male – adorava metterla alle strette, adorava guardarla mentre comprendeva il suo gioco: Draco Malfoy aveva un modo tutto suo per mettere in imbarazzo qualcuno e glielo stava dimostrando.

Hermione strinse appena le labbra. – Hai chiaramente insinuato che... – deglutì ancora a vuoto, fissandosi la punta delle scarpe.

Draco sorrise appena, avvicinandosi ancora. – Insinuato cosa, Mezzosangue? – sussurrò, come se le avesse rivelato un segreto scottante.

Oh, sì, lui aveva insinuato eccome: dall'occhiolino, al prendere in giro Lenticchia, fino a quando le aveva sussurrato quella frase all'orecchio, in modo che nessuno sentisse e che tutti si facessero idee strane. E poi lei aveva completato la sua opera seguendolo, come se le avesse dato appuntamento in qualche corridoio buio. Povera, innocente Granger!

Il punto era che lui aveva avuto l'intenzione di insinuare: voleva vederla arrossire e voleva farla accaldare. Draco aveva cercato, anche se in maniera molto strana, di sedurre la Granger. E questo, era assolutamente senza senso.

O meglio, un senso lo aveva eccome: aveva scoperto, costretto a dissimulare l'odio per Potter, che lei era diventata una donna. Una donna carina.

Sulla carrozza aveva immaginato cosa sarebbe successo, se non fosse stata presente la Banda degli Sfigati.

Perché Hermione Granger non si era allontanata, checché ne dicesse.

Hermione Granger aveva schiuso le labbra.

Hermione Granger lo aveva sfidato a parole.

Hermione Granger aveva strusciato il suo desiderabile corpo contro il suo e si era avvicinata al suo viso.

Hermione Granger aveva flirtato con lui.

Hermione Granger aveva fissato la sua bocca e la sua lingua e aveva deglutito, a vuoto.

Tutto quel sussurrare insulti maliziosi, quella vicinanza inaspettata, il rubarsi il respiro a vicenda, avevano fatto eccitare Draco Malfoy.

Anche in quel momento, mentre lei lo fissava in cagnesco e continuava a fissargli la bocca, non riusciva a pensare ad altro se non al suo corpo che strusciava contro il suo.

Il respiro della ragazza era spezzato e sembrava in imbarazzo. – Tu hai chiaramente fatto intuire che tra noi... – che carina, non riusciva nemmeno a dirlo.

Draco posò le mani contro la porta sigillata, impedendole ogni via di fuga. – “Noi”, Mezzosangue? – guardò attentamente le sue guance imporporarsi, sotto la luce flebile della stanza. – Cosa avremmo mai fatto, noi, per farti arrabbiare così tanto? – la sua voce era eccessivamente dolce, come se la stesse prendendo in giro.

Lei deglutì ancora, premendosi con forza contro la parete, come per mettere più distanza possibile tra i loro corpi. – Prima, sulla carrozza... – ancora una volta non riuscì a dirlo.

Non riusciva proprio ad ammettere che lui e, in parte, anche lei, avevano scatenato una serie di pettegolezzi.

Pettegolezzi a luci rosse, se non altro.

Draco sbuffò appena. – Cosa sarebbe successo sulla carrozza, di così eclatante? – le aveva tirato un colpo basso: stava sminuendo quello che era accaduto, anche se, difatti, non era accaduto proprio nulla.

Hermione strinse nuovamente le labbra, infuriata. – Sulla carrozza mi hai praticamente assalita! – gli disse, rossa per la rabbia.

Draco sorrise, mordicchiandosi appena il labbro inferiore: la riccia sembrò soffocare per un breve, brevissimo, istante. Era interessante notare come fosse attratta dalla sua bocca.

Lui voleva giocare e voleva farle scoprire le carte: se avesse ammesso che lui aveva insinuato che tra loro ci fosse stato qualcosa, lei avrebbe fatto la figura della stupida.

Perché non poteva esserci nulla, tra Hermione Granger e Draco Malfoy. – Non mi risulta affatto, Mezzosangue. – schiuse appena la labbra, per farle intravedere la lingua, come se fosse un serpente. Poteva quasi sentire il battito cardiaco di Hermione rimbombare contro la cassa toracica. – Per quanto ricordi, mi sembrava che fossi stata tu ad assalirmi – si avvicinò un altro po', facendo appena scorrere la lingua lungo i denti.

Hermione scosse il capo, confusa da quel suo comportamento: la ragazza era abituata ad un Malfoy irrecuperabilmente stronzo, non ad un uomo fatto e finito, talmente sexy da darle alla testa, che la stava seducendo. Anzi, Draco era quasi sicuro che non fosse per nulla avvezza a quel genere di cose: sicuramente, stando con Lenticchia, il massimo dell'erotismo a cui poteva aspirare era guardare i sudici poster porno che quel demente teneva nascosti sotto al materasso.

Povera, piccola, Mezzosangue: non sapeva dove sbattere la testa. Mentre Malfoy provava l'assurdo desiderio di sbatterla contro il muro, in tutti i sensi.

Lei scosse ancora il capo, frastornata. – Smettila – gli ordinò, facendolo ghignare di soddisfazione.

Malfoy le respirò addosso, facendola rabbrividire. – Devo smetterla di fare cosa, esattamente? – si leccò l'angolo della bocca, giusto per provocarla.

Lei strinse i pugni, accartocciando la gonna della divisa. – Di leccarti le labbra – disse, a denti stretti.

Draco esibì nuovamente il suo ghigno sarcastico. – Mi sto davvero leccando le labbra? – chiese, con fare innocente. Le passò il pollice sul labbro inferiore, tastando la consistenza della sua, di bocca: sembrava riarsa. Era eccitata. Lui la eccitava. – Hai le labbra secche – constatò e questa volta fu lui a deglutire, mentre staccava la mano dalla sua bocca. – Vuoi che ci pensi io? – fu un sussurro appena accennato, quasi portato dal vento.

Hermione non riuscì a trattenersi dall'ansimare, piano, cercando di nascondere quello che a lui era già evidente. – Cosa? – esclamò lei, la voce ridotta ad un sussurro strozzato.

Draco sorrise, amabile. – Vuoi che lecchi lei tue, di labbra? – questa volta la sua voce risultò sicura, limpida.

Lei sgranò appena gli occhi, come un cerbiatto smarrito. Poi lo spintonò, facendolo cadere nuovamente.

Era arrivato a quota tre bernoccoli.

Hermione lo fissò dall'alto, soddisfatta. – Non essere ridicolo, Malfoy – lo scimmiottò, gli occhi che lo guardavano come se avesse voluto saltargli addosso.

Lui non era affatto ridicolo: la resistenza che faceva Hermione, quella sì che lo era.

Draco non si soffermava a pensare se quello che faceva fosse giusto o sbagliato: lui agiva solo per Draco e, in quel momento, voleva far capitolare la Granger.

Con ogni mezzo a sua disposizione.

Draco Malfoy socchiuse appena gli occhi, prima di agire.

 

***

 

Oh. Santissimo. Godric.

Fu tutto ciò che riuscì a pensare, mentre la mano da pianista di Draco Malfoy le afferrava una caviglia, facendola cadere.

Per un attimo, si ritrovò a cavalcioni su di lui, mentre le mani del ragazzo si allungavano per toccarla.

Hermione aveva sempre immaginato il tocco di quelle mani, immaginandole fredde, invece, si rese conto con un attimo di ritardo, erano bollenti: Draco Malfoy aveva una temperatura corporea davvero troppo elevata. Oppure era lei, quella che stava andando a fuoco?

Perché quelle bellissime mani candide e affusolate, stavano tracciando un percorso lungo il suo corpo.

La sfiorava appena con la punta dei polpastrelli, ma il suo tocco era così deciso e rovente, che lei si ritrovò a occhi chiusi, godendosi quel contatto.

Le sue mani le stavano sfiorando con lenta sicurezza i polpacci, fasciati dalle sottili calze che portava, esaminando con attenzione le ginocchia, fino alle cosce.

Quando le mani di Draco superarono le rotule, si posarono completamente sulla pelle della ragazza, a palmo aperto. Risalivano, lente e stuzzicanti, lungo le sue cosce toniche, fino all'orlo della gonna.

Hermione si era a stento resa conto del fatto che stava ansimando o di come avesse steso le mani in avanti, poggiandole contro il petto di Draco.

Sentiva il suo sguardo di ghiaccio addosso e si costrinse ad aprire gli occhi: le iridi del ragazzo bruciavano, letteralmente, di passione.

Rimasero semplicemente a fissarsi, mentre le sue mani alzavano la gonna di parecchi centimetri e le afferravano con decisione le natiche. Hermione sobbalzò per la sorpresa, mentre lui ribaltava le posizioni.

Strinse appena le gambe attorno alla sua vita, mentre lui le allentava il nodo della cravatta della divisa e le slacciava due bottoni della camicia.

Draco Malfoy si puntellò sui gomiti, guardandola da sotto le lunghe ciglia corvine. Le mani di Hermione erano artigliate alla camicia del ragazzo. Osservò i bottoni di quell'indumento quasi in soggezione.

Voleva poterlo toccare ma si trattenne.

Hermione sospirò, cercando di acquistare lucidità. Non sapeva perché, ma stare avvinghiata in quel modo a Draco Malfoy la faceva sentire davvero bene. Forse perché stava facendo qualcosa di totalmente sbagliato, forse perché la distraeva da quell'insopportabile primo giorno di scuola. Forse perché Draco Malfoy era davvero sexy.

Gli lanciò uno sguardo dubbioso, mentre lui si limitava a fissarla, le mani conficcate nei suoi capelli. Era davvero bello, ma questo lo aveva sempre saputo: Draco aveva sempre posseduto quei lineamenti affilati, regali, quelle labbra insolenti, rosse e abbastanza licenziose da darle alla testa. Oh, e i suoi occhi! Draco aveva gli occhi più belli e limpidi che avesse mai visto: riuscivano a nascondere ben poco di lui, anche quando provava a celarsi dietro una maschera di indifferenza, i suoi occhi erano estremamente vivi. Poteva scorgere talmente tanti pensieri in quel grigio tempestoso, che credette di potercisi perdere.

Draco Malfoy era bello. Ed era steso sopra di lei. E sì, le stava guardando le tette.

Hermione sospirò ancora una volta, cercando di prendere coraggio. – Il settimo anno mi sta davvero distruggendo – mormorò, più a se stessa che al ragazzo.

Malfoy sogghignò. – Vuoi che ti distrugga, Granger? – la provocò, chinandosi sul suo collo, per poi lasciare una scia umida di baci.

Hermione spostò le mani lungo il suo petto, desiderosa di far sparire quella maledetta camicia.

Deglutì rumorosamente, mentre cercava di non perdere il lume della ragione. – Dubito che ci riusciresti. Sono sopravvissuta a Voldemort, ricordi? – sussurrò, mentre lui le accarezzava i fianchi, insinuando le mani sotto la camicetta.

Udendo le sue parole, Draco di immobilizzò, alzando appena il viso dalla sua gola. Hermione pensò di aver detto o fatto qualcosa di totalmente sbagliato, ma quando incontrò il suo sguardo, non vi trovò nulla che le facesse intendere che si fosse arrabbiato. Anzi.

Le sorrideva, ambiguo e terribilmente sexy. – Ma Voldemort non sapeva usare certi trucchetti – le sussurrò contro l'orecchio, mordicchiandole il lobo.

Una sua mano, ancora bloccata sotto la camicetta, scese per afferrarle una coscia: Draco se la pose sopra la schiena, costringendola a cingergli le spalle.

No: Voldemort sicuramente né conosceva né aveva mai usato quei “trucchetti”.

Il ragazzo, intuendo i suoi pensieri, fece un sorrisetto perverso, iniziando a mordicchiarle la gola.

Presi com'erano da quella dimostrazione di persuasione e sensualità, nemmeno si resero conto dello sbuffo che risuonò nella stanza. In verità, erano così presi da quel “gioco” di morsi e baci sulla gola, che non si erano nemmeno guardati attorno.

Beh, avrebbero dovuto farlo.

Hem, Hem – niente, sembravano davvero sordi.

Nella stanza risuonavano solo gli schiocchi sordi delle labbra di Malfoy, intente a stuzzicare i collo della Granger.

Una piccola figura, rintanata nell'ombra della stanza, alzò platealmente gli occhi al cielo. – HEM HEM – sputò quasi un polmone, nel tentativo di annunciare la sua presenza, ma i due ragazzi, avvinghiati come due anguille, sembravano davvero restii ad aprire le orecchie.

La piccola figura emerse, zoppicando, dal suo cantuccio d'ombra, facendo ticchettare sul pavimento il bastone da passeggio più piccolo della storia. Nella luce fioca della stanza, ammesso che uno dei due ragazzi si decidesse a guardare nella sua direzione, era difficile capire chi – o cosa – fosse esattamente.

I due giovani, immersi in una pozza di flebile luce lunare, sembravano aver perso totalmente la testa: erano abbracciati in una stretta mozzafiato e non del tutto pudica, i volti a pochi centimetri, come se stessero decidendo se baciarsi o meno.

Beh, non lo avrebbero mai saputo, ahimè.

La piccola figura, zampettando con non poca fatica, li raggiunse e, con una stoccata fin troppo decisa, data la fragilità dell'essere, pose fine a quell'idilliaca scenetta.

E fu così che Draco Malfoy si procurò il suo quarto bernoccolo.

Il ragazzo rotolò di lato, mentre Hermione si aggiustava la gonna, lievemente spaesata.

Porco Salazar Serpeverde, stava amoreggiando con Draco Malfoy?!

“Beh, tecnicamente no: ti sei solo offerta al nemico come se nulla fosse” la “rassicurò” la sua coscienza, incapace di trattenersi.

Ah, sì, perfetto. Aveva solo permesso a quell'infido essere vivente di posare le sue sudice, sporche, malefiche, dolci, sensuali mani sul suo corpo... no! Le sue mani erano odiose, come la sua faccia, il suo corpo... la... la... la sua bocca e-e... i suoi... Hermione deglutì rumorosamente, a quel pensiero. Diamine no, i suoi occhi erano bellissimi, ma questo non escludeva il fatto che Draco Malfoy fosse un essere schifoso e perverso. Ecco.

Si guardò attorno, mentre il biondino si massaggiava la nuca, imprecando in maniera poco velata. Lo sguardo di Hermione incontrò un paio di grossi occhi lucidi e scuri, quasi di pece.

Non riuscì a trattenere un urlo di paura, strisciando indietro sul pavimento.

La piccola figura fece un passo avanti, brandendo il bastone minuscolo: l'essere, in tutta la sua modesta statura, era alto quanto in comodino. – Sono stufo di queste coppiette! Andate a sbaciucchiarvi da un'altra parte! Non è aria qui, okay? È finito il tempo delle stanzette romantiche dove combinavate le vostre diavolerie! Un po' di decenza, per l'amor di Hogwarts! – sbottò la figura, entrando nel raggio di luce lunare che illuminava la stanza.

Hermione sospirò di sollievo: era un povero, piccolo, elfo! Poveretto, chissà come doveva essere stato sfruttato dagli studenti!

Gli sorrise conciliante, tirando fuori la bacchetta per fare più luce. Ma, quando l'elfo percepì il suo movimento, iniziò a strillare. – Posa quel dannato rametto, ragazzina! Parola mia, se voi pivelli rimettete piede qui dentro con uno di quei cosi, vi strozzo! – esclamò, puntandole contro il bastone nodoso.

Hermione sbatté un paio di volte le palpebre, confusa: chissà quali tremendi soprusi aveva subito, per odiare così tanto le bacchette.

Malfoy sbuffò sonoramente, prima di pronunciare “Lumos Maxima” e illuminare tutta la stanza.

L'elfo parve digrignare i denti, prima di colpirlo nuovamente in testa con il bastone. – Stupido ragazzino arrogante! – borbottò, allontanandosi dai due ragazzi per sedersi (o meglio, arrampicarsi) su una poltrona che poteva ospitare comodamente Hagrid e altre quattro persone.

Draco si toccò la testa, sconvolto dallo spirito manesco della piccola figura: aveva davvero un'espressione buffa.

Hermione si alzò in piedi, affrettandosi a riallacciare la camicetta e a sistemare il nodo della cravatta. – Ci dispiace averti disturbato – si affrettò a dire, avvicinandosi con passo lento e volutamente rilassato, mostrandogli che loro “venivano in pace”. Malfoy sbuffò ancora, rimettendosi in piedi: aveva uno sguardo assassino e Hermione dubitava che stesse pianificando qualcosa di buono. Fosse stato per lui, avrebbe infilato quel piccolo bastone in un posto in cui l'elfo non era esposto al sole.

L'esserino, era tutto rugoso e la sua pelle aveva assunto una sfumatura grigiastra, ad indicare la sua veneranda età: aveva qualche capello bianco in testa, folte sopracciglia grige gli adornavano la fronte, nascondendo in parte i grandi occhi rotondi, velati a causa della cataratta.

La stanza delle necessità aveva assunto un aspetto bizzarro: sembrava che fossero precipitati in una torre altissima, le cui mura erano ricoperte interamente di scaffali pieni zeppi di libri vecchi e polverosi. Delle piccola pedane circolari erano poste ogni metro e mezzo, in modo da poter consultare i libri con tranquillità. La ricchezza assoluta delle pareti, era in netto contrasto con la povertà del mobilio: in tutta la stanza vi era solo quell'enorme poltrona, un tavolino e una lampada alta il doppio dell'elfo stesso.

Quello era il paradiso di Hermione Granger. – Malfoy, come mai hai creato questo posto? – chiese, ammirata, iniziando a progettare regolari visite a quel piccolo elfo (magari lui avrebbe apprezzato i suoi berretti).

Il biondo ridacchiò appena, avvicinandosi ad uno scaffale pieno di libri. – Ti sembro un topo da biblioteca, Granger? Non ho chiesto questo posto. – chiarì, allungando la mano per prendere un libro dalla copertina verde.

L'elfo, che seguiva ogni loro mossa, lanciò il bastone in aria, che formò un arco perfetto nell'etere, prima che si scagliasse contro la nuca di Draco Malfoy. – Stupido ragazzino! Non toccare i miei libri! – lo rimbeccò, prima di schioccare le dita e appellare il suo fidato bastone da passeggio. – Inoltre, ragazzina, Bernoccolo non ha affatto richiesto questo posto. La stanza delle Necessità è ufficialmente andata! Finita. Spacciata. Inutilizzabile. Game over! – agitava le piccole e magre braccia in aria, come se stesse invocando una strana divinità. – Tutto per colpa di alcuni stupidi ragazzini! … appiccato il fuoco... una cosa spaventosa! … strozzati, tutti!... se li prendo! … il lavoro di una vita! … decenni, per sistemarla!... decenni! – la rabbia lo aveva reso incoerente.

Malfoy fece un passo verso l'elfo, che aveva perso ogni interesse verso il ragazzo, con fare minaccioso. Hermione lo afferrò per una manica della camicia, lanciandogli uno sguardo di rimprovero. – Se gli torci un solo capello giuro che ti affatturo, Malfoy! – lo minacciò, mostrandogli la bacchetta.

Il ragazzo sorrise in maniera malvagia. – Peccato che non abbia nemmeno un capello su quella testolina bacata! – ringhiò, sfoderando la sua bacchetta. Hermione gli tirò uno schiaffo sulla spalla, facendolo sussultare. – Sei il solito rude, vigliacco Serpeverde! Non ti ha fatto nulla di grave! La verità è che sei solo un prepotente che se la prende con i più deboli! – urlò Hermione, iniziando a percepire qualcosa dentro di sé, qualcosa che stava letteralmente rischiando di esplodere.

Quel primo giorno si stava rivelando davvero insopportabile: il viaggio in carrozza con Malfoy, i rimproveri di Ron, le insinuazioni dei suoi presunti amici, quella strana “esperienza” con Draco e ora anche quello! Se esisteva una cosa che Hermione Granger davvero non tollerava, erano i maghi che sottomettevano gli elfi domestici.

Malfoy affilò lo sguardo, puntandole contro la bacchetta. – Io sarei un vigliacco? Quel nanerottolo mi ha letteralmente preso a bastonate, porco Salazar! – ringhiò, inarcando le sopracciglia. Poi, come se la cosa richiedesse uno sforzo abnorme, le sorrise e in quel sorriso, Hermione Granger vide un lampo di pura cattiveria. – Oppure, piccola Mezzosangue, ti stai lamentando di come ti ho presa poco prima? – a quelle parole, la ragazza arrossì.

“Presa”, come se le avesse fatto qualcosa di più che stuzzicarla. Che gran pezzo di...

– Balordo! – ruggì, l'elfo, balzando in piedi e guardando Malfoy con rabbia.

Il ragazzo rimase interdetto da quell'accusa, che gli aveva impedito di torturarla per bene. Perché, se c'era una cosa che Malfoy sapeva per certo, era che Hermione Granger si stava odiando per quello che gli aveva permesso di farle. Scacciò quell'eccitante pensiero, concentrandosi su quel maledetto elfo.

Il suddetto esserino rugoso, aveva afferrato un paio di occhiali enormi, ancora più grandi dei suoi stessi occhi, e ancora più spessi di qualsiasi libro contenuto in quella biblioteca. Aveva socchiuso le palpebre, come per vedere meglio la figura del giovane.

Malfoy alzò un sopracciglio con fare sprezzante. – Come, prego? – chiese, sfacciato.

Il piccolo elfo dimenò ancora una volta il bastone, articolando un suono molto simile a un ringhio. – Tu! Tu, piccola, infida peste! Ti ho riconosciuto! Tu sei uno di quei piccoli bastardi che hanno appiccato il fuoco! Sai cosa hai fatto?! Hai distrutto la Stanza! Perduta! Andata! – ringhiò l'ultima parola come se lo avesse volto azzannare e non era affatto escluso che lo facesse.

Hermione sgranò appena gli occhi, rendendosi conto della situazione: il fuoco era stato appiccato tre mesi prima, quando Harry aveva recuperato un horcrux nella stanza delle Necessità. Aveva avuto ragione dunque: la Stanza era stata distrutta!

Ma quell'elfo cosa diamine ci faceva lì? A meno che...

– Lei è il custode della Stanza delle Necessità! – esclamò lei, guardandolo con occhi sorpresi e perspicaci.

L'elfo grugnì qualcosa, prima di sputare a terra. – Ero! Ero il custode! Perché quel bastardo ha distrutto tutto! Per secoli ho badato alle stupide richieste degli studenti, accontentandoli in ogni cosa! Ho visto ragazzi formare eserciti, qui dentro! La Stanza è sempre stata il centro della magia di Hogwarts. “Un aiuto verrà sempre dato ad Hogwarts, a chi se lo merita!”. E io vi ho sempre dato una mano, razza di pivelli ingrati! Quante volte vi ho salvato le chiappe da quel rozzo di Gazza, eh? Quante volte avete amoreggiato qui dentro? Quante volte vi siete rintanati tra queste quattro mura?! – strillò, agitando ripetutamente il bastone. – Ci vorranno anni, prima che riesca a ricostruirla! Tutta la magia della scuola è altamente instabile, senza che la controlli! Hai idea di cosa hai fatto, stupido marmocchio? Hai spazzato via un pezzo di magia! Boom! – fu sul punto di lanciare, per l'ennesima volta, il bastone addosso a Draco, ma quella volta il ragazzo era preparato: con un colpo di bacchetta, scampò all'ennesimo bernoccolo.

Il ghigno soddisfatto durò poco, perché il vecchio elfo prese a lanciargli vecchi libri, che il ragazzo schivava per miracolo. “Oh, beh... è il cercatore di Serpeverde!” pensò distrattamente Hermione, mentre si rannicchiava in un angolino, defilandosi da quell'assurda lite.

 

– Razza di deficiente! Non toccare i miei libri! – strillò l'elfo, riacciuffando il suo bastone, per poi iniziare a malmenare le ginocchia di Draco Malfoy.

 

Dunque la Stanza delle Necessità era stata distrutta.

Una strana sensazione si impadronì della ragazza: aveva passato la maggior parte del quinto anno tra quelle “quattro mura”, come le aveva definite l'elfo, e ora sembrava che quei momenti non fossero mai esistiti. Diamine, in quella stanza avevano distrutto un pezzo dell'anima di Lord Voldemort! E cosa ne era rimasto? Una vecchia libreria polverosa.

No, così non andava!

 

– Vecchio rincitrullito! Sai dove te lo ficco, quel cazzo di bastone?! –

 

In quella stanza era stato formato l'Esercito di Silente! In quella stanza l'ES si era messa al riparo dai Carrow, quando le cose erano peggiorate. In quella stanza i Mangiamorte erano riusciti ad abbattere le difese di Hogwarts. In quella stanza Harry aveva scoperto di non essere mai stato solo, nel bene e nel male.

 

– Pivello, lasciami andare! Mollami! Ridammi il bastone! –

 

Quante volte si erano rifugiati lì dentro? Quante volte avevano creduto di essere totalmente isolati dal resto del mondo? Quante volte, solo esprimendo un tacito desiderio, si erano sentiti a casa?

 

– Ah! Ora non fai più lo splendido, eh, vecchio scemo? Com'è essere a testa in giù? –

– Piromane! –

– Ma quante volte ti devo dire che non sono stato io! –

– Assassino di Magia! Lasciami andare! –

 

Casa.

Era quello il nodo del discorso, giusto? Hermione Granger non aveva più una casa. Aveva dei genitori che la guardavano con rancore, come se li avesse privati della loro stessa vita. Aveva una “non-relazione” con il ragazzo che amava da sempre. Aveva un anno terribile alle spalle, nel quale aveva perso tutto.

“Hai Harry” si disse, fiduciosa. Ma poteva bastarle? Poteva affidarsi solo a lui? Aveva bisogno di qualcosa di più. Aveva bisogno di tornare a com'era prima, quando Hogwarts era “casa”.

 

– Cosa stai facendo al mio bastone, decerebrato? –

– Oh, nulla... –

– Maniaco! –

– Se non chiudi quella boccaccia, giuro che te la riempio di segatura! –

 

Hermione si prese la testa tra le mani, trattenendo a stento le lacrime.

Come aveva pensato di poter tornare in quel posto? Voldemort si era portato via tutto: Fred, Lupin, Tonks, la vitalità di Ron, l'acume di George, i ricordi dei genitori di Hermione, la stessa vita di Harry! E ora, si era portato via anche un pezzo della loro Hogwarts. Quella scuola sembrava sempre la stessa, ma era completamente diversa: ogni volta che la guardava, non faceva che pensare al corteo di Mangiamorte che annunciava la morte di Harry.

Aveva bisogno di tornare a com'era prima, quando Hogwarts era “casa”.

 

CRAC.

– Dannato elfo! Scendi dalle mie spalle, ORA! –

– Ah, ora non sembri tanto sicuro di te! –

– Smettila di bastonarmi o giuro che ti strozzo! –

– Vorrei proprio veder... ahhh! –

 

Tutto il suo mondo stava andando a pezzi.

Poteva avere anche solo una fottuta certezza? Ron nemmeno la guardava, Harry ben presto avrebbe iniziato una relazione con Ginny, Malfoy aveva provato a sedurla. Possibile che fosse finita in un universo parallelo?

 

– Sei un ingrato! Tu hai distrutto la Stanza! Ah! –

– Cosa c'è, elfo, trovi fastidioso essere colpito in testa? Davvero, non lo avrei mai detto! –

CRAC.

– Ragazzino, posa la bacchetta! Posala! –

 

Le era piaciuto! A Hermione Granger era piaciuto essere stretta da Malfoy, sentire le sue mani bollenti sui fianchi, sulle gambe... l'aveva fatta sentire un po' più viva, come quando lei e Harry avevano deciso di scovare i suoi genitori. Certo, erano due cose completamente diverse, ma... Draco Malfoy aveva il potere di allontanare qualsiasi pensiero che non riguardasse lui.

Gli lanciò uno sguardo, mentre l'elfo gli si era attaccato ad una caviglia e gli mordeva il polpaccio, prima che lui gli lanciasse addosso qualche scintilla rossa.

 

– AH! BASTA! –

Crac.

– Bravo, usa le tue stupide doti da stupido elfo domestico e smaterializzati! Chi è ora il vigliacco?! –

 

Anche in quel momento, tutto sudato e scompigliato, mentre minacciava di morte l'elfo ormai scomparso nel nulla, Draco Malfoy era davvero sexy.

Hermione Granger provò l'innaturale istinto che la portava a saltargli addosso. Così, prontamente, rituffò la testa tra le mani, strizzando gli occhi per controllarsi.

Era tutto maledettamente sbagliato.

Lei era sbagliata.

Quella situazione era sbagliata.

Doveva fuggire, scappare. Voleva solo familiarità.

Aveva bisogno di tornare a com'era prima, quando Hogwarts era “casa”.

Nel momento esatto in cui aveva espresso quel desiderio, un fulmine squarciò il cielo in tempesta e la stanza iniziò a vorticare.

L'ultima cosa che Hermione Granger vide, fu Draco Malfoy cadere a terra, sbattendo la testa contro una scaffale di libri, procurandosi l'ennesimo bernoccolo.



 

Buona sera, carissimi lettori e carissime lettrici!

Il capitolo era già pronto da un bel pezzo, ma conoscendo i miei impegni (dovuti principalmente allo studio) ho deciso di pubblicare dopo due settimane, in modo da avere il tempo di continuare nella stesura della storia!

 

Bene, bene... il momento un po' ambiguo (emm, un bel po' ambiguo) tra i due protagonisti vi è piaciuto? Spero di sì, perché ce ne saranno molti altri. Dunque, tra i due c'è un strana attrazione... attrazione che non è nemmeno paragonabile a quella che Draco prova nei confronti dell'elfo! Vi è piaciuto il loro amorevole scambio di... emm... mazzate? Spero di si! Come avrete ben capito, è successo qualcosa di un tantino anormale, perfino per gli standard di Hogwarts. Curiosi? Spero di sì, soprattutto perché Draco, nel prossimo capitolo, avrà davvero un diavolo per capello!

 

Vorrei ringraziare MelodyLight, Clary F (che legge con pazienza ogni stupidaggine che pubblico!) e Aki__cHan per le bellissime recensioni! Le vostre parole sono una sottospecie di incentivo a creare situazioni ancora più imbarazzanti e compromettenti!

Inoltre, vorrei ringraziare anche tutte le persone che hanno inserito la storia tra i preferiti, le seguite o le ricordate: anche senza nessuna recensione, sapere che siete interessati alla mia storia, mi riempie di gioia!

Grazie!

-Rose x


 

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Capitolo 3
*** L'importanza vitale delle Cioccorane. ***


L'IMPORTANZA VITALE DELLE CIOCCORANE.

 

 

Hermione Granger era sicura che, prima o poi, avrebbe pagato per tutta la negatività che si portava appresso, da sette anni a quella parte.

Lo stesso Ron Weasley sarebbe stato pienamente d'accordo con quel bizzarro Karma, che la condannava ad un futuro (o, come era meglio definirlo, un passato) totalmente frustrante. Quante volte si era comportata da maestrina, costringendosi a trattenersi, a soffocare il suo istinto di ribellione? Hermione Jane Granger faceva sempre la cosa giusta, non falliva né si comportava mai in maniera poco decorosa.

Minerva Jr, ecco come veniva chiamata.

Hermione Jane Granger era esattamente una ragazza che si era volontariamente privata del proprio spirito infantile: aveva deciso, già alla veneranda età di dieci anni, che comportarsi da “bambina” era del tutto inutile, dal momento che sarebbe dovuta crescere, prima o poi. Inoltre, tutta quell'infantilità, non faceva altro che nuocere ai suoi nervi e ai suoi voti.

Forse, la Cooman non aveva sbagliato nel definirla “arida di cuore”. Non che “La Granger” non avesse un cuore: era umana, dopotutto, e reprimere i suoi stessi istinti l'aveva portata, a sorpresa, ad avere una coscienza maggiore rispetto alla media, quando si trattava del suo rinsecchito muscolo cardiaco. Perché lei, la Mezzosangue, sapeva di essere più impulsiva e passionale del dovuto: quegli attacchi improvvisi a Ron Weasley, gli abbracci rubati ad Harry Potter, le lacrime di solitudine versate nell'ombra della capanna di Hagrid... Aveva avuto molti indizi a riguardo, non vi era alcun dubbio, ma dopo ogni “scoppio”, come li chiamava lei, Hermione si rintanava in uno dei suoi aridi libri, conscia che tutta quella emotività palesata le nuocesse ancor di più.

Aveva avuto delle avvisaglie, nel corso dell'ultimo anno, del fatidico crollo della barriera: la fuga di Ron nel bel mezzo della notte, le ore interminabili di pianto, il rammarico di Harry dopo la loro fuga da Godric's Hollow, lo sconforto alla vista dei corpi di Fred, Remus e Tonks... e il peggior ricordo di tutti, ancor più terribile della consapevolezza di aver perso i propri genitori: Harry Potter, tra le braccia di Hagrid. Morto.

Forse era stato quello a sancire il crollo, pietra dopo pietra, di quel muro indissolubile, che aveva trattenuto Hermione Granger per troppo tempo. Sapeva che dopo aver visto quella scena, una parte della sua stessa anima era stata per sempre violata.

Forse, era quello, in definitiva, il motivo per cui non voleva vedere Hogwarts neppure in cartolina: una parte di lei, quella parte contenuta, forte e perfetta, giaceva lì, per sempre.

Ora, a distanza di pochi mesi, aveva provato a ricostruire la barriera, per ritornare ad essere quella persona che tutti si aspettavano che fosse: invece, quello stupido di Malfoy, l'aveva irrimediabilmente provocata. L'aveva istigata e lei, nuda e insicura, senza la protezione del muro, aveva assistito allo “scoppio” peggiore del secolo.

Perché era scoppiata? Forse perché lui era lì, era bello e la stava punzecchiando. Forse perché, senza la sua corazza, aveva smesso di voler fare la cosa giusta. Forse perché quella nuova versione di sé non voleva riappropriarsi della muraglia, voleva vivere senza paura. Perché Hermione Granger, di paura, ne aveva da vendere.

Tra le quattro mura della Stanza delle Necessità non aveva trovato una giovane donna, ma quella piccola bambina che aveva deciso di crescere, senza curarsi del fatto che fosse una cosa che sfuggiva dal suo controllo. Aveva provato a decidere tutto, nella sua vita, e le cose erano andate a meraviglia. Aveva smesso di pensare per cinque minuti – cinque fottuti minuti – in presenza di Draco Malfoy (arrivando persino ad usarlo per sentirsi meglio) e si ritrovava con un mal di testa da far invidia allo stesso Harry Potter.

Un pensiero le colpì la tempia, scuotendola: lei, Hermione Jane Granger, aveva davvero usato Draco Lucius Malfoy.

Fu quella semplice constatazione, unita allo sguardo insistente dell'oggetto dei suoi pensieri, a farle aprire gli occhi. Riemergendo dal suo stato più o meno comatoso, Hermione si guardò attorno, aspettandosi di trovare la biblioteca polverosa in cui viveva quel vecchio elfo. Invece, a sorpresa, trovò lo sguardo corrucciato di Draco Malfoy, seduto a poco più di un metro da lei. – Cristo, Granger, avresti continuato a dormire anche sotto attacco! Come ha fatto lo Sfregiato ad uccidere l'Oscuro Signore con te e Lenticchia al suo fianco? – sembrava di umore ancora più nero del solito. Il che, data l'esperienza negativa di Hermione, era tutto dire. – Già non brilla per astuzia e, detto tra noi, quella cicatrice deve aver compromesso molte delle attività cerebrali di base, per di più si porta dietro un Traditore del proprio sangue, che a stento sa distinguere la destra dalla sinistra, e una Mezzosangue! – scosse il capo, facendo schioccare la lingua con cattiveria. – Evidentemente è proprio vero che la fortuna, in battaglia, è proprio tutto – concluse la sua brillante arringa sciabolando le sopracciglia con fare che, probabilmente, doveva apparire seducente e tenebroso. Hermione pensò che, nonostante avesse le sembianze di un uomo fatto e finito, le ricordasse ancora quel ragazzino spocchioso dai capelli appiccicosi e argentei, che l'aveva guardata con disprezzo.

Beh, pensò, la quantità di gel, negli anni, non ha fatto altro che aumentare!

Hermione lo liquidò con un vago gesto della mano. – Sì, sì, Malfoy: io sono una stupida nata babbana, Ron è una scimmia dai capelli rossi e Harry è stato lobotomizzato da piccolo. Oh, sono davvero furiosa per il fatto che uno spocchioso principino come te, non ci ritenga alla sua altezza! Ahimè, correrò a buttarmi dalla torre di Astronomi... – si bloccò, improvvisamente turbata.

Sbatté le palpebre un paio di volte, per poi voltare il capo da destra a sinistra, per quanto il mal di testa le permettesse.

Cosa cavolo ci faceva su un treno, per di più in compagnia di Malfoy, come se la situazione non fosse già abbastanza brutta? – Ma che...? – iniziò, per poi bloccarsi nuovamente. Aveva solo sognato di essere arrivata ad Hogwarts? Possibile che non fosse mai scesa dal treno?

Lanciò uno sguardo fuori dal finestrino: la brughiera era la stessa che ricordava e le sedute del treno, seppur più nuove, erano sempre quelle.

Malfoy sbuffò dal naso, incrociando le braccia contro al petto. Ah, giusto: perché diamine quel biondino da strapazzo divideva con lei lo scompartimento? – Non fare quella faccia, Mezzosangue – la riprese, per poi farle cenno di sedersi. Lei, stranamente gli diede ascolto senza fiatare. – Ho come l'impressione che non tutto sia normale – le disse, per poi mordicchiarsi un labbro, indeciso.

– Cosa vuol dire? – Hermione gli lanciò uno sguardo penetrante. – Anche tu ti ricordi della Stanza delle Necessità, dell'elfo e del nostro... emm... scontro? – si informò, sfoderando il suo coraggio da Grifondoro.

Il principino, esibendo una smorfia disgustata, annuì di malavoglia. – Il punto è, Mezzosangue, che non ricordo come sono finito qui, né il motivo. Sono sicuro di essere sceso dal treno e di essere entrato ad Hogwarts – fece un gesto vago con la mano sottile, segno evidente del fatto che fosse furioso.

Beh, lo era anche lei.

Hermione aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare qualcosa della sera precedente. Cosa stava facendo, prima di perdere i sensi?

Fece vagare lo sguardo lungo le sedute, scavando nei ricordi. Ah! Certo, ricordava di star guardando Draco. Puntò lo sguardo sulla Serpe, facendo mente locale.

Lo aveva rincorso per quasi sei piani, per poi bloccarlo nella Stanza delle Necessità. Fin lì, era tutto chiaro. Così come era fin troppo lampante cosa fosse successo in seguito.

Lo sguardo di Malfoy si posò sul collo della ragazza e, per un attimo, un'espressione quasi sconcertata gli si dipinse sul volto: il ragazzo arrossì appena, deglutendo per il disgusto e la vergogna, quasi volesse cancellare il sapore della pelle della riccia. Hermione arrossì a sua volta conscia che, con ogni probabilità, Malfoy aveva lasciato un segno rosso sulla sua gola.

Un succhiotto, le aveva fatto un succhiotto.

Era una sua impressione, o le si era appena accapponata la pelle per il ribrezzo?

– Tu cosa ricordi della scorsa notte? – chiese, spezzando quell'innaturale silenzio, che li avrebbe sicuramente schiacciati.

Malfoy si passò una mano tra i capelli pieni di gel, facendo mente locale. Hemrione si chiese distrattamente come potesse toccare quell'ammasso di fili appiccicaticci senza restarci incollato. – Ricordo che quel dannato elfo mi accusava di aver distrutto la Stanza – si grattò appena il mento, pensieroso. – Deve avermi riconosciuto quella sera, suppongo, quando... beh, quando l'ardemonio ci ha quasi uccisi – constatò, la voce volutamente leggera, come se la stesse informando del fatto che due più due faceva quattro. Hermione annuì distrattamente, attendendo che continuasse. – Abbiamo iniziato a litigare e... – sospirò, toccando un bernoccolo che faceva capolino sulla nuca. – … dopo un po' si è smaterializzato, poi non ricordo più nulla. Forse ci ha spinto lui qui. – sembrava restio a usare il “noi”, ma Hermione non ci fece molto caso.

La ragazza scosse il capo, pensierosa. – Quell'elfo gestiva il potere della Stanza, non aveva particolari doti magiche. Se la Stanza è rotta, non capisco perché siamo finiti sul treno per Hogwarts, né perché io non sia con Harry e Ron e tu con i Serpeverde. Non capisco... – si prese la testa tra le mani, provando a ragionare.

Malfoy si mosse appena sul sedile, scervellandosi. – L'elfo non ha detto che era rotta, ha detto che era danneggiata. Continuava a ripetere che avrebbe impiegato degli anni, prima di aggiustarla. – la corresse, riportando l'attenzione della ragazza su di sé. – Magari abbiamo espresso un desiderio senza rendercene conto! – sbottò all'improvviso lei, gli occhi sgranati e i capelli da pazza.

Ma sì, certo! Si stava pentendo di aver seguito Malfoy e la Stanza l'aveva riportata indietro nel tempo, quando stava viaggiando in treno!

Ma dov'erano Harry, Ron e Ginny?

Il sollievo ebbe breve durata, dato che la porta dello scompartimento venne aperta senza preavviso, facendo sussultare entrambi.

Non erano decisamente pronti a ciò che li aspettava fuori da quella cabina.

 

***

 

Ginny si svegliò con un tremendo cerchio alla testa ma, per una volta, non era dovuto alla preoccupazione per sua madre e per la morte di Fred. Nossignore, quella volta era, per tradizione, in una terribile fase post-sbornia.

Si grattò distrattamente la testa, mettendosi a sedere tra i cuscini e le coperte spiegazzate: la sveglia segnava le sei e mezza. Come sempre, dopo una sbronza-da-inizio-anno colossale, si svegliava prestissimo.

Una ragazza doveva pur sempre mettersi in ordine, no?

Si alzò dal letto in punta di piedi, raccattando il necessario per una doccia confortante e un restauro totale della faccia.

Al sicuro tra le mura del bagno, si svestì rapidamente, evitando di guardarsi allo specchio, così da evitare un infarto di prima mattina.

Si catapultò sotto il getto d'acqua calda, chiedendosi distrattamente che fine avesse fatto Hermione.

Da quando era sparita, durante il banchetto di inizio anno, non l'aveva più incrociata. L'aveva lasciata sola con Ron, che aveva inveito contro Malfoy per tutta la sera, prima che Harry lo costringesse a tracannare un bel po' di alcool, giusto per farlo star zitto. Potter, al contrario di suo fratello, non sembrava curarsi dello strano atteggiamento di Malfoy: da anni ormai aveva rinunciato a capirlo e si fidava troppo di Hermione, per credere alle fandonie di Ron. Ginny, dal canto suo, era d'accordo con Harry, anche se avrebbe preferito sapere dove fosse finita l'amica.

Avevano sbirciato sulla Mappa del Malandrino, appena era uscita dalla Sala Grande, vedendola inseguire Malfoy per mezza scuola: con ogni probabilità, lo aveva schiantato e nascosto dietro una statua.

Ginny si mordicchiò un labbro, ridendo tra sé e sé: se ci fosse stato qualcosa tra quei due, sarebbe stato a dir poco sconcertante. Lui era così provocatorio, sarcastico, impulsivo, enigmatico e... beh, odioso. Hermione era tutto l'opposto: gentile, disponibile, rigida, riflessiva e limpida come uno specchio d'acqua. Inoltre, dove avrebbero mai trovato il tempo per frequentarsi? Eppure, Malfoy le aveva sussurrato quella cosa all'orecchio... Ginny l'aveva a stento udito e le era sembrato tutto così assurdo, che aveva pensato di esserselo inventata. Ma Hermione era arrossita, si era mordicchiata il labbro inferiore: voleva seguirlo, anche se Ginny non aveva capito bene se per baciarlo o ucciderlo. Probabilmente, se fosse stata nei suoi panni, avrebbe fatto entrambi.

Oh, insomma! Malfoy era innegabilmente un bel ragazzo, forse uno dei più belli su cui avesse mai posato gli occhi. Certo, non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, dati i trascorsi tra lei, Lucius Malfoy e un certo diario maledetto, ma quando era al primo anno ne era rimasta affascinata. A poco erano servite le parole d'odio di suo padre, di Ron, Harry ed Hermione, perché Draco Malfoy possedeva un viso da angelo.

Non era affatto cambiato nel corso degli anni: sotto certi punti di vista, Ginny lo considerava ancora un ragazzo dall'aspetto più che gradevole, ma gli mancava qualcosa, perché potesse essere davvero considerato “stupendo”. Forse la piega sgraziata che aveva assunto la sua bocca, come se fosse sempre sul punto di vomitare insulti, aveva influito sulla sua bellezza naturale. Forse la colpa di quel “capolavoro incompleto” era dovuta allo sguardo, così profondo e piatto allo stesso tempo, come se in lui si potesse scorgere il tutto e il nulla. Draco Malfoy era così: superficiale e scontato, complicato e sfuggente. Lo stesso Harry Potter aveva spesso ripensato a quella notte, a Villa Malfoy, quando il biondo non lo aveva smascherato. Ginny gli aveva chiesto, una o due volte, se pensasse che si fosse pentito.

“Non credo, sai? Per pentirsi bisogna macchiarsi di qualche colpa. Lui si è fatto comandare a bacchetta e, nel dubbio, ha preferito non scegliere mai da che parte stare. Voleva salvarmi, quando sono capitato a casa sua e uccidermi, appena ne ha avuto l'opportunità, ad Hogwarts. Non cerco di capire Malfoy, Ginny, lui gioca solo secondo le sue regole”.

Le parole di Harry le continuavano a risuonare nella testa, da quando il biondo si era avvicinato a loro, la sera prima.

Non provava né pena né rancore verso di lui, semplicemente le era indifferente: le persone come lui, così deboli e insicure, che cercano di schiacciare chiunque gli stia attorno, le sembravano solo insetti. Forse, l'unica cosa degna di nota in Draco Malfoy, era proprio l'aspetto, compromesso anch'esso dal suo spirito tormentato.

Aveva visto qualcosa, nel suo volto scarno e appuntito, quando si era chinato verso Hermione: un'ombra scura, terribile, la stessa che aleggiava negli occhi della riccia. Forse era stata quella somiglianza, così inattesa e improvvisa a scatenare il borbottare infelice di Ron.

Ginny sorrise, mentre si avvolgeva in un morbido accappatoio di spugna: forse suo fratello si sarebbe dato una mossa, timoroso che uno come Malfoy potesse soffiargli la ragazza. Magari, appena sveglio, avrebbe infierito ancora un po', giusto per dare uno scossone alla storia tra Ron ed Hermione. Quei due si ronzavano attorno da troppo tempo, perché facessero sfumare tutto così, senza nemmeno provarci.

La verità era che erano troppo impacciati! Ron, Hermione... Harry!

Ginny strinse appena i pugni, mentre prendeva a spazzolarsi energicamente i capelli rosso fuoco. Quello stupido ragazzo aveva deciso di mandarla al manicomio, altroché! Avevano passato buona parte dell'estate insieme e non si era mai degnato di baciarla!

Aveva iniziato a credere che fosse gay! Insomma, di opportunità ne avevano avute e lui sapeva benissimo cosa provava nei suoi confronti! Cosa doveva fare una ragazza, per svegliare il Ragazzo Sopravvissuto? Forse, avrebbe fatto prima a resuscitare Voldemort, chiedergli di far recapitare il messaggio a Sua Altezza il Prescelto, per fargli capire l'antifona.

Digrignando i denti, schierò lungo il lavello tutti i prodotti che le aveva regalato Fleur: creme per il viso e per il corpo; maschere per i capelli; creme arriccia-ciocche; smalti permanenti; trucchi che rendevano la pelle luminosa e rossetti che assumevano il colore più adatto alla sua carnagione.

Sì, aveva decisamente tutto l'occorrente per sistemare i disastro che aveva provocato il whisky incendiario.

Mentre si spalmava oli profumati e creme speciali, con un colpo di bacchetta, i suoi capelli furono cosparsi di altrettanti prodotti. In poco tempo, la sua capigliatura (che si era trasformata in una folta criniera riccia) assunse un delizioso color rosso fragola, luminoso e vivace. Soddisfatta dal risultato, si vestì con cura, per poi passare al trucco.

Controllando distrattamente l'orario, si rese conto che Calì e Lavanda stavano per svegliarsi. Ghignando, si infilò nel dormitorio femminile, nascondendo prontamente tutti i cosmetici miracolosi.

Stava giusto per infilarsi le scarpe, quando entrambe le sue compagne di stanza si svegliarono, lagnandosi per il mal di testa. – Ma come fai ad essere così perfetta? – piagnucolò Lavanda, affondando una mano tra i capelli crespi e annodati.

Ginny, che ancora non poteva immaginare cosa sarebbe successo di lì a pochi minuti, sorrise con fare innocente. – Come? Oh, non saprei... mi sono svegliata qualche minuto fa! – mentì, scrollando le spalle.

Aveva dato inizio a una missione chiamata “Diamo una svegliata allo Sfregiato”. Era così positiva e reattiva che, non solo non si era resa conto di aver citato Draco Malfoy, ma non si era nemmeno resa conto del fatto che qualcosa quella mattina, sarebbe andata irrimediabilmente male.

 

***

 

Draco Malfoy si stropicciò gli occhi, incredulo.

Deglutì un paio di volte, incapace di formulare un pensiero di senso compiuto. Insomma, era sul treno che portava ad Hogwarts, assieme alla Mezzosangue e non sapeva con esattezza come era finito in quella situazione.

Ma quello era troppo. Decisamente.

La donna che li fissava dal corridoio, sorrise conciliante. – Volete qualcosa dal carrello, cari? – domandò, come era solita fare.

La signora che ricambiava i loro sguardi era certamente la stessa che li aveva sfamati ogni anno, mentre tornavano a scuola. Eppure, c'era qualcosa di totalmente sbagliato. Era certo, per quanto tendesse ad ignorare la servitù, che la signora-del-carrello avesse all'incirca centocinquanta anni e che non riuscisse a reggersi in piedi senza l'ausilio del carrello. Eppure il viso della donna che li guardava, aspettando una risposta, era indubbiamente più giovane di una ventina d'anni, era molto simile a quello della vecchiaccia a cui era solito ripetere l'ordine almeno trenta volte, prima che recepisse il messaggio.

Lanciò uno sguardo alla Mezzosangue che, superato lo sconcerto iniziale, le sorrise con falsa cortesia. – Due pacchetti di Cioccorane, delle Gelatine tutti i gusti +1, due caffè, uno con panna e zucchero, l'altro nero e una copia della Gazzetta del Profeta, grazie – elencò, efficiente come sempre, mentre a donna annuiva, iniziando a versare il caffè.

Draco si chiese come poteva, la Mezzosangue, mangiare in una situazione come quella! Erano finiti in un incubo! Anzi, non sapevano nemmeno dove fossero finiti!

La Granger pagò in silenzio, poggiando i suoi acquisti sul sedile. Appena la vecchia-non-più-vecchia se ne andò, richiudendo lo sportello, la Mezzosangue gli lanciò un pacchetto di Cioccorane in faccia. – Mangia, hai bisogno di zuccheri, se la situazione è grave come penso – gli ordinò, per poi allungargli una tazza di caffè nero.

Draco rimase per un attimo interdetto. – Come facevi a sapere del caffè? – chiese, pensando subito al peggio. Che la Granger fosse una stalker? Suvvia, era cosciente del fatto di ispirare il cosiddetto “sesso violento” nelle dolci verginelle, ma non pensava che la Mezzosangue fosse così malata.

La ragazza, per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo. – Merlino! Quanto sei irritante! Siamo finiti chissà dove e tu pensi al caffè! Non è che ci voglia un genio, per capire i tuoi gusti, Mlaferret – lo rimproverò, acciuffando la Gazzetta del Profeta.

Malfoy piegò la bocca in una smorfia di disappunto: lo avevano accusato di molte cose, negli ultimi diciassette anni, ma nessuno lo aveva mai considerato “scontato” o “prevedibile”.

La osservò, pronto a ribattere all'insulto, quando la vide scorrere appena la prima pagina, per poi scoppiare a ridere. – Hanno pubblicato la foto dello Sfregiato in preda a un colpo apoplettico? Oh, finalmente delle notizie rassicuranti! – buttò lì, solo per attirare la sua attenzione.

Hermione Granger alzò appena un sopracciglio, ascoltando Draco solo per metà: la riccia se la rideva a crepapelle.

Malfoy sbuffò dal naso, tossendo appena, irritato: la Mezzosangue non poteva ridere in sua presenza, non in quel modo! Insomma, lui aveva il sommo dovere morale di romperle le scatole! Era in debito con Potty e il sarcasmo, con quel decerebrato di Lenticchia, era decisamente sprecato. Si morse un labbro, sconvolto da quella rivelazione: chi avrebbe tormentato, se non la Mezzosangue, d'ora in poi? – La smetti di ridacchiare come una stupida? – sbottò, iniziando ad avvertire un leggero malessere alla bocca dello stomaco.

Stupida. La Granger si stava comportando da stupida.

Hermione si strinse la pancia, trattenendo a stento le lacrime.

Malfoy alzò gli occhi al cielo, tamburellando le dita contro la superficie sintetica del sedile. – Stai sfociando nel ridicolo, Granger – la sua voce suonò secca, come una frustata.

Hermione alzò appena la testa, guardandolo oltre il velo di lacrime che le imperlavano le ciglia.

Se fino a poco prima, avrebbe giurato che stesse ridendo di divertimento, in quel momento Draco non ne era più così sicuro: la Mezzosange rideva, ma aveva lo sguardo spento, glaciale.

Non aveva mai visto quegli occhi dorati così privi di spirito combattivo. Nemmeno davanti al Signore Oscuro, si era tirata indietro! Cosa poteva aver letto di così terribile, su un giornale?

Il malessere allo stomaco aumentò improvvisamente, tanto che credette di vomitare. Non lo fece, si limitò a sgranare appena gli occhi.

Il Signore Oscuro.

Mangiamorte.

Lucius Malfoy.

Che fosse ricominciato tutto? Lo avrebbero ucciso, lo sapeva!

Si allentò il nodo della cravatta, deglutendo a vuoto.

Le loro iridi si scontrarono nuovamente e, per la prima volta in sette, lunghi, anni, non celavano astio, ribrezzo o indifferenza.

Ghiaccio, liscio, perfetto, intaccato da quelle piccole crepe superficiali e, allo stesso tempo, mortali.

Fuoco, ardente, impetuoso, inarrestabile, che tremolava, incapace di bruciare come un tempo.

Per un istante, si capirono perfettamente. Non c'era bisogno di nessuna spiegazione futile: a nessuno dei due importava dell'altro, sapevano solo che qualcosa si era spezzato e, proprio quel qualcosa, li avrebbe portati alla deriva.

Un sorriso amaro aleggiava sulle labbra di Hermione Granger.

Lei capiva, lei sapeva ed era spaventata. Spaventata a morte.

Draco alzò appena il mento, sfidandola a sconvolgerlo. – Non credo ci siano dubbi, a questo punto – mormorò la ragazza, piano, come se temesse che il ghiaccio si potesse frantumare da un momento all'altro. Parla, fu tutto ciò che le disse, con lo sguardo. – Siamo nel 1993, Malfoy – .

 

***

 

Ginny scese le scale con leggerezza, e con un non indifferente disappunto: sentiva che qualcosa non andava.

Si scrollò una ciocca di capelli rossi dal viso, guardandosi attorno: dove si era cacciata Hermione?

Ginny alzò un sopracciglio, incredula: la Sala Comune era piuttosto affollata, ma non scorse nessuna testa cespugliosa, nessun libro gigante a nascondere l'esile figura della sua migliore amica.

Così come le era successo la sera precedente, percepì un malessere alla bocca dello stomaco. Si mordicchiò il mignolo, trotterellando per superare anche gli ultimi scalini.

Doveva trovare Ron e Harry, doveva dirgli che lei non era rientrata, che non si era fatta viva, che Malfoy, con ogni probabilità, l'aveva fatta secca...

Non fece nemmeno in tempo a guardarsi attorno, che mani grandi e affusolate, l'afferrarono per le spalle, scrollandola.

Per un attimo, come spesso capitava, perse del tutto la cognizione del tempo, dello spazio e di qualsiasi altra cosa al di fuori di quegli occhi.

Harry Potter era, in assoluto, il ragazzo più bello su cui aveva mai posato gli occhi: era dotato di quella particolare bellezza, quel sottile e invidiabile fascino che lo rendeva unico. Non possedeva un viso particolarmente bello, né una pelle perfetta o un corpo statuario: le labbra erano carnose, con quella deliziosa irregolarità del labbro superiore, più carnoso di quello inferiore, che gli conferiva un'aria innocente e maliziosa al contempo; le guance erano ancora tondeggianti, come ad indicare che, l'Eroe del Mondo Magico, era stato – e continuava a essere – un bambino troppo cresciuto; gli occhi dal taglio preciso, erano grandi e ipnotici, di un verde così intenso che spesso Ginny si chiedeva se fossero veri. Harry Potter non possedeva una straordinaria bellezza, eppure era bellissimo: possedeva quel tipo di bellezza, quella caratteriale. No, Ginny non si riferiva alla stupidaggine della “bellezza interiore”, bensì riteneva che il carattere di Harry – impacciato, pasticcione, cocciuto, leale, arguto, coraggioso – gli fosse stato dipinto sul volto, senza quasi lasciar traccia. Ginny guardava il Bambino Sopravvissuto e sentiva tutto: dolore, passione, felicità, coraggio, amicizia... amore.

Harry Potter era una scarica di emozioni, era una boccata di aria fresca, era speciale. E in quel momento, quello scellerato, quel pazzo, le si era accostato al viso, nella vana speranza che lei comprendesse cosa stesse dicendo. Come se Ginny, a tre centimetri da Harry Potter, potesse anche solo ragionare senza scivolare in vaneggiamenti degni di Lavanda Brown.

Harry si allontanò di scatto, sbuffando dal naso. – Gin, mi ascolti almeno?! Hermione è sparita! Le lezioni iniziano tra venti minuti e lei è sparita! Non compare sulla Mappa del Malandrino! – sbraitò, camminando a passo svelto per tutta la Sala Comune, ormai deserta.

Hermione era sparita.

Respira.

Non compariva sulla Mappa.

Calmati.

Incrociò lo sguardo di Ron, abbandonato contro la scala a chiocciola che conduceva al dormitorio maschile.

Harry sembrava fuori di sé dalla rabbia, continuava a camminare avanti e indietro, le mani strette tra i capelli, quasi volesse strapparseli.

Ron poggiò una mano contro al muro, pigiandoci contro anche la fronte, come se cercasse una qualche forma di sollievo.

Hermione era sparita. Sparita. E lei aveva pensato tutto il tempo ad Harry, ai capelli, a...

– Malfoy! – esclamò il bel moro, gli occhi di smeraldo che luccicavano di rabbia.

Ron sospirò, iniziando a picchiare la testa contro al muro. – No, no, no, no! – borbottò, imprecando contro chissà chi.

Leggeva lo sconcerto nello sguardo di Harry e non fu difficile, per lei, intuire i pensieri del ragazzo: Malfoy era un Mangiamorte, Hermione era membro del Magico Trio.

I loro sguardi si incatenarono per dieci, lunghissimi secondi, durante i quali lui sembrò dirle tutto e niente allo stesso tempo. Credeva che Hermione fosse stata rapita, o peggio, per ferire lui, lui, che aveva ucciso Tu-sai... Voldemort!

Ginny deglutì, distogliendo lo sguardo, incapace di leggere quello per cui Harry si stava incolpando. Sapeva perfettamente cosa le voleva dire “Vedi? Vedi che tutto quelli che amo muoiono o vengono torturati o rapiti! Vedi?!”. Lo vedeva, ma non per questo lo amava di meno. Non per questo Hermione gli avrebbe voluto meno bene.

Era impossibile non amare Harry Potter, era impossibile non tenere a lui, arrivando perfino a rischiare la propria vita, per proteggerlo.

Volevano Ginny? Potevano prenderla, se Harry fosse stato al sicuro.

Fece un passo incerto verso di lui, distendendo appena le lunghe dita nella sua direzione, ma Harry si voltò di scatto, dandole le spalle.

I muscoli della schiena erano tesi e gonfi, le mani tremavano ed erano strette spasmodicamente in un pugno serrato.

Quel rifiuto, quel continuo allontanarla, stavano distruggendo Ginny.

La ragazza, per un attimo, sperò che si girasse, che la stringesse tra le braccia che le sussurrasse che sì, avrebbe preferito vivere con lei, Ron ed Hermione, mettendo tutti a rischio, piuttosto che emarginarsi.

Sii egoista, Harry, solo per una volta.

Troviamo Hermione e vivi.

Il ragazzo sospirò, prima di correre fuori dal buco del ritratto.

Ginny si voltò, incrociando lo sguardo di Ron: suo fratello era a pezzi.

Pelle pallida, lentiggini smorte, occhi privi di luce.

Cercò di infondergli un po' del coraggio che aveva con lo sguardo. Non si rese nemmeno conto di avere ancora la mano protesa, come se sperasse che Harry l'afferrasse. Furono altre, le dita che strinsero le sue, una presa delicata e tremante.

Senza dire una parola, i due fratelli si affrettarono a seguire l'amico, sparendo oltre il buco del ritratto, lasciando la Sala Comune in un silenzio soffocante.

 

***

 

Erano passati molti minuti, da quando Hermione aveva pronunciato quelle parole.

“Siamo nel 1993, Malfoy”.

Se ci pensava, le veniva ancora da ridere. Lei, Hermione Jane Granger, era finita indietro nel tempo, con Draco Lucius Malfoy, addirittura!

Il biondino in questione, continuava a sbattere le palpebre con aria febbrile, elaborando molto lentamente ciò che gli aveva appena detto.

Sembrava un cucciolo spaesato, impaurito e, allo stesso tempo, terribilmente odioso. Solo un individuo simile poteva ispirarle sensazioni così contrastanti e disgustose.

La Granger si chiese distrattamente se fosse ancora in grado di insultarla o di reagire in qualche modo, dal momento che era indispensabile fare il punto della situazione. Certo, un Malfoy improvvisamente muto e mansueto faceva sempre comodo, ma, come sempre, decideva di rendersi totalmente inutile nei momenti meno opportuni.

Se era vero che “il tempismo era tutto, nella vita”, Malfoy Jr. aveva uno dei peggior tempismi mai visti nel Mondo Magico.

Giusto, tempismo. Ridicolo, vero? Criticare il tempismo di Draco, quando in realtà entrambi erano finiti nel passato. O almeno, così sembrava.

Hermione aveva avuto qualche dubbio, riguardo alla loro posizione, una volta ripresi i sensi. Prima di tutto, si erano svegliati sul treno e non nella Stanza delle Necessità, eppure entrambi ricordavano di aver trascorso la sera nel castello. Dunque, con ogni probabilità, non stavano sognando ma erano sotto uno strano sortilegio.

In secondo luogo, i piccoli dettagli come i sedili meno lisi e consumati, la Signora del Carrello che dimostrava vent'anni di meno e, infine, la Gazzetta del Profeta, erano la prova schiacciante di quello che stava succedendo.

1993.

Cosa diamine li aveva trascinati indietro di venti anni?

Pensa, Granger, pensa! Stranamente, la sua coscienza aveva assunto le sembianze di Draco Malfoy, quasi non ci fosse limite al peggio.

Gli lanciò uno sguardo di puro astio, come se fosse stato davvero lui, a parlare.

Il ragazzo, sentendosi osservato, incrociò lo sguardo della ragazza, per la prima volta da quando aveva aperto bocca.

In quei bellissimi occhi dal colore indefinito, aveva letto molte cose, cose che nemmeno si sarebbe aspettata di leggere, tra i pensieri di uno spocchioso come Malfoy. Eppure si era, in parte, rivista nello sconforto del ragazzo. Forse, quella, era la prima volta, dopo troppi anni, che Hermione Granger non solo credette di capire Draco Malfoy, ma che volesse anche aiutarlo a tornare in sé. Le serviva un'altra mente lucida e, per quanto le costasse ammetterlo, Malfoy aveva la mente più subdola e articolata che potesse immaginare, con ogni probabilità, seconda solo a quella di Voldemort.

Dunque prese un respiro profondo, che risultò essere un mezzo singhiozzo, prima di alzarsi in piedi e sedersi vicino al ragazzo.

Calmati.

Sperò che, per uno come lui, sarebbe bastato poco per riprendersi da quell'insolito stato di mutismo.

Respira.

Cosa diamine avrebbe potuto fare? Poteva comprendere e aiutare persone come Ron e Harry, fondamentalmente poco complicati, ma Malfoy... lui era tutt'altra storia.

Insomma, era imprevedibile, lunatico e totalmente fuori di testa. Per quanto ne sapeva lei, avrebbe potuto tranquillamente lanciarle un Avada Kedavra in pieno petto, senza nemmeno battere ciglio.

Lui rimase immobile, limitandosi ad inclinare il capo di lato, seguendo ogni suo spostamento. Che la stesse valutando, osservando, per ucciderla? Hermione scosse il capo. Perché avrebbe dovuto ucciderla, poi? A volte era davvero paranoica...

Inquietante.

Gli occhi del ragazzo sembravano di due colori diversi, grazie alla strana angolazione del viso: un'iride era tinta di un grigio tempestoso, l'altra di un azzurro chiaro, quasi viola.

Hermione deglutì a vuoto, chiedendosi distrattamente se esistesse una persona più fredda e composta di Draco Malfoy: anche se sembrava sotto shock, riusciva a irritarla, spaventarla e a risultare terribilmente... em, carino.

Okay, avrebbe agito per tentativi. – Malferret? – chiamò, la voce roca e impastata. Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre, annullando qualsiasi forma di sconforto che aleggiava sul suo viso. La solita maschera di perfetta compostezza tornò a coprirgli il volto, segno rivelatore del fatto che stesse ritornando in sé.

Okay, ora il gran finale.

Hermione allungò una mano, sfiorando appena il ginocchio di Malfoy, un gesto che solitamente calmava Harry. Il biondo sgranò appena gli occhi, facendo saettare lo sguardo verso quello della ragazza. – Malferret, troveremo un... – aveva cercato di assumere il tono più calmo, zuccheroso e amichevole che possedesse.

Malfoy, per tutta risposta, balzò in piedi, esibendosi in una smorfia schifata e in un infantile “Blah, che schifo!”, per poi incenerirla con lo sguardo. – Per Salazar! Mezzosangue, mi hai appena toccato! – strillò, facendo avanti e indietro per la cabina.

Hermione sorrise soddisfatta: dopotutto, sapeva manipolare anche uno come Draco Malfoy. Niente male, per una sangue sporco, eh? – Sì, credo proprio di averlo fatto – lo aveva rianimato, tanto valeva farlo sfogare.

Malfoy aprì la bocca, ma uscì solo un verso strano e inarticolato, molto più simile a un ringhio, che a una parola di senso compiuto. – E hai usato quel tono. Con me! – esclamò, passandosi entrambe le mani tra i capelli pieni di gel. Ma come faceva a non impiastricciarsi le mani con quella robaccia? Hermione piegò appena il capo verso sinistra, segno che stava ragionando su qualcosa: Malfoy era cosciente del fatto che, senza tutta quella schifezza appiccicaticcia, sarebbe stato molto meglio? Scrollò le spalle, contenta che almeno, in quel modo, sembrasse meno bello.

Alzò gli occhi al cielo, sbuffando dal naso. – Sì, ho usato quel tono. Con te! – gli fece il verso, distorcendo la bocca in smorfie odiose.

Malfoy sbatté le palpebre, come se non credesse ai suoi occhi. – Non sono un cucciolo di foca, Mezzosangue. Non ti azzardare mai più a usare quella voce mielosa e ad allungare le tue sudice mani! Sono un Purosangue, per Diana! – si passò per l'ennesima volta le mani tra i capelli e Hermione ritenne che, con ogni probabilità, erano così intrisi di gel fissante, che ormai nemmeno ci faceva più caso.

La Granger, per tutta risposta, scoppiò a ridere. – Primo, ti ho parlato in quel modo perché sapevo come avresti reagito e, in tutta sincerità, eri piuttosto inutile in versione merluzzo – constatò, sentendosi stranamente vittoriosa. – Secondo, ieri sera, se non sbaglio, sei stato tu a toccarmi e baciarmi. Sono una Mezzosangue, per Bacco! – lo scimmiottò nuovamente.

Malfoy ghignò malefico. – Per essere un episodio da niente, sembra che tu ci stia ricamando un po' troppo sopra, Mezzosangue. Avresti voluto che ti baciassi? Qualcosa di più? – insinuò, credendo di prendersi la rivincita.

Hermione, contro ogni logica, arrossì, come se volesse confermare le parole del ragazzo, che sorrise, compiaciuto. – No, non è stato niente di eclatante. – chiarì lei, alzando il mento in segno di sfida.

Malfoy si sedette, incrociando le braccia dietro la testa. – Su questo siamo d'accordo. Sai, speravo di ripassare Pansy, ma tu eri lì... e avrei tanto voluto vedere la faccia di Lenticchia, se fossi stato io a deflorare la sua tenera, piccola secchiona – sorrise, amabile, sicuro di colpire il bersaglio.

Hermione digrignò i denti, respirando pesantemente dal naso. – Non avresti deflorato proprio nessuno, se proprio vuoi saperlo. – lui alzò un sopracciglio, facendole intuire quanto poco ci credesse. – Ti ho solo usato per far ingelosire Ron – mentì con disinvoltura, ostentando sicurezza.

Malfoy contrasse le labbra, cercando di trattenersi dal ridere: stranamente, per una volta, aveva saggiamente deciso di assecondarla. – Certo, Mezzosangue. Non ti facevo così subdola, sai? – la punzecchiò, sciabolando le sopracciglia in modo molto provocante.

Hermione era a dir poco stufa del solito Malfoy! Perché non poteva trattarla in maniera civile? O quantomeno fingere indifferenza? – Oh, falla finita, Malferret, abbiamo cose più urgenti di cui preoccuparci! – lo rimbeccò, esibendosi in una delle sue perfette imitazioni di Minerva McGrannit.

Draco assottigliò lo sguardo, come se fosse in ascolto, per poi alzare un indice, intimandole di fare silenzio.

Anche lei lo imitò, limitandosi ad ascoltare, anche se non era sicura di cosa stesse cercando Malfoy.

Lei non sentiva proprio niente, a parte gli schiamazzi dei ragazzini nel corridoio del vagone.

Malferret sorrise, falsamente amabile, prima di balzare in piedi.

Fu tutto così improvviso, che Hermione nemmeno si rese conto della cosa, fino a quando lo sportello dello scomparto, che era stato violentemente aperto, non venne richiuso con uno schiocco sonoro e fastidioso.

La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre, prima di capire cosa avesse in mente quel diavolo di un Malfoy.

Il Biondo Malefico stringeva, difatti, per la collottola della camicia, un ragazzino di appena quattordici anni.

 

***

 

Ginny, così come tutto il resto della scuola, aveva aspettato pazientemente quel momento.

La loro entrata nella Sala Grande, gli sguardi di tutti puntato sul Bambino Sopravvissuto ben due volte all'anatema che uccide.

Tuttavia, nonostante si fosse immaginata un'entrata imbarazzante e plateale, non si era aspettava che fosse, effettivamente, né così plateale né così imbarazzante.

Harry aveva corso fino all'entrata della sala da pranzo, il respiro affannoso e la camicia appiccicata al petto. Ginny, provando a scacciare i pensieri poco casti dovuti a quella visione celestiale, si era affrettata ad afferrarlo per un passante dei pantaloni, tirandolo nell'ombra. Aveva provato a trattenerlo, conscia di quello che sarebbe successo. Ma Ginny, per quanto alta e formosa, non poteva competere contro Harry Potter e la sua odiosa testardaggine.

Così entrarono nella Sala Grande in quel modo: lui, tutto accaldato, sudato e evidentemente arrabbiato; lei, attaccata al passante dei pantaloni di Harry, che, incapace di trattenerlo, veniva trascinata dietro a Potter, sotto lo sguardo di tutti.

Harry, d'altronde, era così abituato a quella situazione, che nemmeno se ne rese conto.

Si limitò a marciare, con Ginny appesa per i pantaloni, verso il tavolo dei Serpeverde. I rappresentanti della Casa più odiosa di Hogwarts guardarono con astio “San Potter” consci che, dopo la sconfitta di Voldemort, molti di loro avrebbero dovuto trattenersi dal denigrarlo.

Ginny lanciò uno sguardo al posto che, solitamente, era occupato da Malfoy, il Principe delle Serpi: era vuoto.

Quella strana sensazione allo stomaco, che era peggiorata grazie ad Harry, il quale la trascinava senza ritegno dietro di sé, era aumentata a dismisura.

Avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli.

Me lo sento, quei due si sono ammazzati a vicenda! Li troveranno mezzi morti nel bagno di Mirtilla Malcontenta...

Era così presa da quei pensieri catastrofici, da non aver fatto caso alle espressioni di Zabini e della Parkinson. Se solo avessero prestato più attenzione, se solo avessero smesso di essere così impulsivi e teatrali, da buoni Grifondoro quali che erano, si sarebbero resi conto che i due ragazzi, in quel momento, non stavano affatto bene.

Occhiaie marcate, mascelle contratte, labbra assottigliate e rigide per la preoccupazione.

No, non erano affatto indifferenti, non erano affatto spavaldi e pomposi come al solito. In quel momento, erano solo impauriti.

Paura, tensione, preoccupazione.

Ogni emozione era così leggibile sui loro volti, solitamente così impenetrabili, che non sobbalzarono nemmeno, una volta che Harry giunse al loro cospetto.

Non ci fu nessuno scambio di parole.

Ci fu solo il braccio possente del Prescelto, che afferrò il collo di Zabini senza troppe cerimonie.

Zabini, che avrebbe dovuto aspettarsi un attacco simile, da un Harry Potter così furibondo. Zabini, che sembrava pervaso solo da un inestimabile senso di vuoto. Zabini, che, per la prima volta in sette anni, non si curava di mostrarsi impaurito.

Sì, se entrambi avessero prestato più attenzione, si sarebbero resi conto che quei due – quelle due infide serpi – erano nella loro, medesima, situazione.

 

***

 

Draco lanciò uno sguardo di ammonimento alla Granger, che sembrava sconvolta dal suo ultimo gesto.

Quanto era impressionabile!

Aveva solo “requisito” uno stupido ragazzino! Lanciò distrattamente un'occhiata allo stemma ricamato sulla divisa dell'esserino preso in esame: un Tassorosso.

Draco si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, quasi divertito: con quelli non c'era nemmeno gusto. Avrebbe di gran lunga preferito un piccolo, innocente e sacrificabile Grifondoro.

La Granger, che aveva captato il suo irrefrenabile divertimento, alzò un sopracciglio, scuotendo energicamente il capo. – Non tortureremo un ragazzino, Malfoy! È fuori discussione – chiarì, poggiando i pungi serrati sui fianchi sottili.

Draco sbuffò sonoramente dal naso, facendo un'espressione annoiata. – Sei veramente una guastafeste, Mezzosangue. Anzi, una vera e propria seccatura su due gambe! – sibilò, incatenando il suo sguardo a quello della ragazza, per niente amichevole. Quando mai era stata amichevole con lui, poi? Forse solo la sera precedente, o meglio, diciassette anni dopo, nella Stanza delle Necessità, o meglio, lo studio di un elfo sociopatico.

Ah, quante cose erano cambiate, nel giro di poche ore! Se solo non avesse stuzzicato la Mezzosangue; se solo quel maledetto elfo non lo avesse riconosciuto; se non fosse tornato a Hogwarts; se il Basilisco avesse fatto fuori la Granger a tempo debito! Insomma, molti fattori esterni avevano influito sulla vita di Draco Malfoy: almeno il cinquanta percento di questi ultimi, gli aveva reso l'esistenza un inferno, e la restante parte, si riassumeva in una lunga lista di occasioni sprecate per uccidere San Potter, Tonto Weasley e Zanna-affilata Granger.

Non si preoccupò minimamente del ragazzino, il cui collo era imprigionato tra le sue lunghe dita di Purosangue, talmente era preso da quell'interessante riassunto della propria miserabile esistenza.

La Mezzosangue, sicura del fatto che, conoscendolo, si fosse già dimenticato del fatto che, anche nel 1993, fosse illegale usare un Cruciatus, strattonò il ragazzino. Quella mossa repentina fece ridestare Draco e far sbattere il pivello contro il finestrino.

Hermione Granger, in tutta la sua bassezza, gli si parò davanti, frapponendosi tra lei e il ragazzino a cui, sicura di salvarlo dalle grinfie del “cattivo”, aveva appena procurato una commozione cerebrale. – Niente maledizioni senza perdono, Malfoy. In questa storia siamo finiti entrambi. Dobbiamo lavorare insieme, che ti piaccia o meno. Fidati, preferirei spalare montagne di Caccabombe, piuttosto che essere alleata con te, ma lo farò. Ma tu, serpe che non sei altro, non crucerai nessuno – si esibì nella sua brillante e commovente arringa, credendo che, in qualche modo, quel discorso potesse anche solo scalfirlo.

Che gran cuore avevano, i Grifondoro!

Fece per aprir bocca, quando il pivello, rinvenuto dopo il colpo che aveva ricevuto, decise di proferir parola. – Maledizione senza perdono! – squittì, accucciandosi in un angolino, il più possibile lontano da loro due.

Malfoy alzò nuovamente gli occhi al cielo. – 'Sta un po' zitto, ragazzino – gli intimò, imponendogli il silenzio con un solo sguardo omicida. Dovette fargli molta impressione, perché si zittì in un secondo, deglutendo rumorosamente.

La Granger, che stava per aprir bocca, venne preceduta dallo stesso Draco, che, suo malgrado, doveva ammettere che in due, sarebbero usciti con più facilità da quella scomoda situazione. – Okay, Mezzosangue. Niente Maledizioni senza perdono – acconsentì, facendola rilassare visibilmente. – Ma non ti aspettare niente da me, intesi? Non sono come Lenticchia o lo Sfregiato: non mi faccio comandare a bacchetta da una SangueSporco. Se vuoi la mia collaborazione, lasciami fare – la sua voce risuonò secca e distante, come se avesse sferzato l'aria con una frusta.

La Granger, per tutta risposta, scoppiò a ridere. Fu una risata di scherno, molto più nel suo stile. – Oh, quindi credi che sarò io, a farmi comandare a bacchetta? Dimmi, hai battuto la testa da piccolo, per caso? – lo provocò, sciabolando le sopracciglia, beffeggiandolo.

Malfoy prese un profondo respiro, ripetendosi per l'ennesima volta che no, non poteva ucciderla senza che ci fossero delle ripercussioni. Scagliarle addosso l'Anatema che Uccide, sarebbe stata solo una seccatura: avrebbe dovuto far evanascere il cadavere, applicare un Oblivion sul ragazzino di Tassorosso e sgobbare per tornare nel futuro.

Nah, ucciderla sarebbe stato controproducente, ma lo avrebbe riempito di soddisfazione.

Così, con un abile movimento della bacchetta, si limitò a zittirla con un Silencio, per poi disarmarla.

Gli parve di cogliere, nella marea di movimenti famelici della sua bocca, che la Mezzosange lo avesse mandato, senza troppe cerimonie, a farsi fottere.

Soddisfatto, alzò un dito, come per intimarle di smetterla di cercare di parlare: anche il solo mimare l'azione, lo faceva dare di matto. Forse sarebbe dovuto ritornare al piano originale e ucciderla. – 'Sta un po' ferma, Granger! Mi irriti oltre ogni umana comprensione. Abbi pietà dei miei nervi! – si lamentò, mentre la ragazza gli mostrava il dito medio. – Dunque, come ti stavo illustrando precedentemente, ritengo che l'idea della collaborazione si possibile solo se facciamo come dico io, mi sembra ovvio. Tra i due, sono il più brillante e il più bello: è la selezione naturale, Granger – commentò, godendosi la sua faccia irosa e sconvolta allo stesso tempo.

Mmh, aveva per caso mimato qualcosa come “Ti seziono io, naturalmente”? Che ragazza docile!

Lui fece volteggiare nuovamente la mano in aria, come per ammansirla, senza riuscirci granché.

Okay, doveva ammettere che quella “collaborazione” non poteva funzionare: lui non si sarebbe sottomesso ad una Nata Babbana; lei, d'altronde, non si sarebbe piegata difronte a un Malfoy e nessuno dei due sarebbe durato molto, sotto un regime democratico.

Doveva solo pensare a come far funzionare quella cosa. La Granger era preziosa, con tutto il suo studio di Hogwarts, per tornare nel presente. Se solo non fosse stata così irritante!

Le lanciò uno sguardo dubbioso: potevano davvero collaborare? Erano Draco Malfoy ed Hermione Granger, diamine: acerrimi nemici, per carattere e per sangue, nessuno dei due si sarebbe fatto scrupoli a lasciar morire l'altro.

Sospirò, pizzicandosi il labbro inferiore con la punta dei polpastrelli.

Era lui il più brillante, tra i due. Era lui che doveva trovare il modo di far funzionare La Cosa.

Serviva un compromesso.

Prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi per una frazione di secondo. Poi, come se lui stesso faticasse a crederci, strizzò le palpebre, voltando il capo indietro, incapace di assistere alla scena. Mormorò a mezza voce “Finitem”, come se Voldemort stesso gli avesse puntato la bacchetta tra le scapole.

La Granger, che si sarebbe aspettata di tutto, lasciò a metà l'insulto che gli aveva lanciato, prima di ammutolirsi, questa volta senza l'aiuto della magia.

Compromesso.

Lei parve capire, nonostante Draco non ne fosse sicuro, dato che si rifiutava categoricamente di guardarla. Quella, era stata una sconfitta personale, seppur minima, in confronto all'idea di dover venire a patti con lei, il nemico. – Legilimens – si limitò a borbottare, inchiodando lo sguardo sul ragazzino che aveva fissato la scena in silenzio. Sapeva che tra le varie scelta che aveva, quella era la migliore, secondo i canoni della Mezzosangue.

“Compromesso”, che parola disgustosa. Era poco più che un modo carino per dire “sconfitta”, “sottomissione”... “parità”. Puah.

Deglutì a fatica, mentre gli insulsi ricordi del Tassorosso gli scorrevano davanti agli occhi, concedendogli una chiara panoramica del mondo in cui si trovavano.

Draco sapeva già cosa fare, lo sapeva dal momento in cui lei gli aveva dove erano finiti. Lo sapeva e basta.

Lui era un maestro della menzogna, dopotutto. Ma gli serviva una base, qualcosa su cui lavorare. Un contesto.

Più passavano i minuti, più acquisiva informazioni, più si rendeva conto che quel mondo, il 1993, era un mondo in cui Voldemort era solo una vaga minaccia. Era un mondo in cui non si sentiva l'esigenza di diffidare dalle Serpi, era un posto in cui persino lui, un Malfoy, poteva essere accettato a braccia aperte.

In quel posto lui sarebbe stato venerato, come era accaduto nei primi anni ad Hogwarts. Sarebbe stato nuovamente un Principe con il suo corteo di ammiratori. Sarebbe stato quel Draco Malfoy che aveva sempre voluto essere.

Cosa lo aspettava, nel presente, dopotutto? Desolazione.

Blaise, Pansy. Gli amici di una vita, contro la prospettiva di ricominciare tutto daccapo, schierarsi dalla parte giusta, essere un certo tipo di persona.

Gli venne quasi da ridere, al pensiero.

Lui, Draco Malfoy, che si schierava con i traditori del proprio sangue e i Nati Babbani? Lui, che si opponeva alla forza inarrestabile di Voldemort? Utopia.

Sarebbe stato un bel pensiero, credere che potesse essere capace di un simile cambiamento.

No, lui non era fatto per stare tra i “buoni”, né per essere tra le schiere dei “cattivi”. Draco Malfoy era la quinta essenza della neutralità, o meglio, del perfetto Serpeverde. Non sarebbe cambiato, avrebbe sempre preferito preservare la sua adorabile pelle, piuttosto che immolarsi per un “bene superiore”.

Terminò l'incanto con una smorfia, irritato da quel pensiero ricorrente, quella malsana idea che lo portava a credere che per essere felice sarebbe dovuto cambiare, che avrebbe dovuto imitare San Potter. La sola idea gli faceva venir voglia di uccidere qualcuno, a mani nude.

Si voltò lentamente verso la Granger, che continuava a fissarlo, seppur dubbiosa, con uno strano sguardo: sembrava sorpresa e compiaciuta allo stesso tempo.

Perfetto, lei era compiaciuta. Draco si ritrovò a sperare che il treno deragliasse e ponesse fine alla sua esistenza. – Smettila di guardarmi come se mi volessi stuprare e cancella i ricordi del pivello. Credi di esserne capace o preferisci continuare a sbavarmi addosso? – la riprese, conscio che lei non lo stava affatto guardando in quel modo: voleva solo ferirla, sbeffeggiarla, cancellare quell'espressione compiaciuta.

Lei sbatté le palpebre freneticamente, offesa da quella subdola insinuazione. – Io non sbavo affatto, Malfoy! Sei tu, quello che fantastica troppo! – detto ciò, con la testa alta e gli occhi fiammeggianti, puntò la bacchetta contro il ragazzino. Draco la vide esitare, la mano che tremava visibilmente, lo sguardo simile a fuoco liquido: sembrava persa, quasi faticasse a pronunciare quel maledetto incantesimo. – Entro domani, Mezzosangue – la richiamò, spazientito.

Lei sussultò appena, voltando il capo verso di lui: puntò lo sguardo in quello di Draco, senza guardare realmente le sue iridi di ghiaccio. E lo fece. Vide distintamente la sua bocca tremare, mentre pronunciava la formula.

Oblivion.

Il ragazzino, quasi in uno stato di tance, uscì dallo scompartimento senza fiatare, lo sguardo vitreo e lontano.

Hermione Granger si accasciò a terra, il corpo tremante e gli occhi sbarrati. Draco era quasi certo che stesse rivivendo qualcosa di particolarmente doloroso, tuttavia era follemente compiaciuto dalla sua reazione.

Soffriva e ne era felice.

Era incredibilmente appagato da quella sublime vittoria: lei lo aveva, a modo suo, piegato e costretto al “compromesso”; lui l'aveva ridotta in quello stato. Anzi, lui non aveva fatto proprio nulla: era stata lei, la stessa Mezzosangue, a farsi del male. Paradossalmente, se Draco avesse usato la Maledizione Cruciatus, lei non si sarebbe ridotta in quello stato.

Fece qualche passo nella sua direzione, quasi illudendola che l'avrebbe consolata, prima di prendere posto su un sedile vuoto. L'espressione di Draco era piacevolmente neutra, quasi non vedesse o non percepisse lo sconforto della ragazza.

Erano insieme, erano una squadra. E non potevano essere più soli.

Impara, Mezzosangue, mai provocare una Serpe ferita nell'Orgoglio.

 

***

 

Viaggiavano in silenzio già da un po', mentre Hermione si ingozzava di caramelle e trangugiava il suo caffè ormai freddo.

Non era mai stata una persona incline a quel tipo di sfogo: non si ingozzava come Ron, non volava con la scopa come Harry e non si acconciava i capelli come Ginny.

Hermione tendeva a studiare, o a far apparire stormi di uccelli assassini, nei casi davvero disperati.

Al ricordo di Ron avvinghiato a quella megera di Lavanda, infilò in bocca altre due cioccorane, ingoiandole senza quasi sentirne il sapore.

Quella “fame compulsiva” era del tutto inappropriata, ma davvero non poteva farne a meno: se avesse smesso di ingozzarsi, avrebbe strozzato Draco, si sarebbe procurata un barattolo di Nutella da cinque chili e pensato a come trucidare quell'infido elfo domestico. Non necessariamente in quest'ordine.

Stava elaborando.

Sì, assolutamente.

Stava pensando costruttivamente ad un piano di fuga.

Sì, assolutamente.

Stava ragionando in maniera concreta.

Sì, assolutamente.

Stava decisamente valutando ogni possibilità.

Sì, decisamente.

Stava... Sì, si stava assolutamente ingozzando, infischiandosene della situazione attuale.

Era uno strano pensiero, quello.

“Infischiarsene”, per Merlino, come suonava bene!

Qualcuno avrebbe potuto mai immaginare una Hermione Granger a cui non importava? Bene, ecco a voi, sciocchi creduloni: la Mezzosangue per Eccellenza che, al posto si saltellare in preda a una crisi isterica, sfogliare un libro ed elaborare un piano, mangiava con ingordigia la sua colazione e quella di Draco.

“Infischiarsene”.

Era una bella sensazione, sì: si sentiva stranamente leggiadra (tranne per i due chili che le aveva sicuramente provocato quell'abbuffata) e diabolica.

Forse era colpa della vicinanza di Malfoy, ma da quando aveva cancellato la memoria del ragazzino di Tassorosso, Hermione Granger aveva annullato qualsiasi pensiero.

Il ricordo di ciò che aveva fatto ai propri genitori era stato decisamente troppo, in quel frangente, e si era aspettata di crollare. Lo aveva quasi fatto, si era quasi lasciata andare alla disperazione.

Poi, come se avesse reclamato la sua attenzione, lo sguardo di Draco, così soddisfatto di quella debolezza così babbana e immonda, l'aveva ridestata. O meglio, l'aveva resa totalmente insensibile.

“Infischiarsene”.

Era questa, la filosofia di Ron? Mangiare, copiare i compiti e trascorrere una vita rilassata? In effetti, non era niente male come prospettiva.

Le scappò un risolino isterico dalla bocca. – Infischiarsene – bofonchiò a mezza voce, gonfiando esageratamente le vocali.

Draco, alzò appena un sopracciglio, esibendosi nella sua smorfia preferita: quella disgustata. – Sai, Granger, ti ci vedo proprio assieme a Lenticchia: a ridacchiare come facoceri con l'asma, ingozzandovi di cioccolato e pollo, grattandovi la pancia dalla mattina alla sera... siete una coppia perfetta – commentò, sarcastico, mentre picchiettava ritmicamente le dita contro il finestrino appannato.

Hermione inghiottì la cioccorana che aveva appena infilato in bocca, lanciandogli un'occhiataccia. – Non parlare male di Ron! E io non mi gratto la pancia dalla mattina alla sera! – protestò, mangiando un'altro dolce, stressata da quel suo atteggiamento spocchioso e irriverente.

Draco sbuffò dal naso, in un principio di risata. – Ah, sì? Non mi dire... dunque ho le allucinazioni? Sbaglio, o ti stai ubriacando di zuccheri? Hai almeno pensato a un piano? – la rimbeccò, alzando un sopracciglio.

I ruoli sembravano essersi drasticamente ribaltati: lei era la scansafatiche e lui il genio di turno. – Ah! È colpa tua! Tu mi... Oblivion! … cioccolato... Ron... pollo... Sguardo glaciale... i miei genitori... pollo! … Oblivion... non ho pensato... Cioccorane! – bofonchiò, rabbiosa e incoerente.

Draco aggrottò le sopracciglia, cercando di trarre un sunto di quel discorso ingarbugliato. – Guarda, Granger, te la faccio semplice: non me ne frega un accidenti del tuo pollo, dei tuoi genitori e, men che meno, di Lenticchia. Cerca di riprenderti, perché sembri uscita da un cazzo di manicomio! – sbottò, borbottando come una teiera.

Hermione, per tutta risposta, masticò rabbiosamente una Gelatina Tutti i Gusti +1, constatandone il saporaccio: pollo.

Lei odiava il pollo: riteneva, infatti, di essere stata traumatizzata dalla ferocia con cui Ronald azzannava quelle povere cosce abbrustolite.

Fece una smorfia irritata, prima di ingoiare il boccone amaro. – Smettila di rompere, Malferret! – sbraitò, puntandogli un dito contro. – Ieri sera hai fatto delle strane allusioni davanti ai miei amici; hai cercato di sedurmi; mi hai trascinato nel 1993 e sono stata costretta a cancellare i ricordi di un povero ragazzino innocente! Scusami, se non ti presto attenzione. Scusami, se preferisco mangiare, piuttosto che guardare cosa diamine ci aspetta lì fuori! Perché, stanne certo, tornare indietro sarà quasi impossibile, senza l'elfo! – urlò, la faccia bordeaux per la rabbia.

Draco ghignò appena, soddisfatto della reazione della ragazza: probabilmente la preferiva arrabbiata e irritabile, piuttosto che ridacchiante e spensierata. Beh, peggio per lui! – Basterà richiamare l'elfo e costringerlo a farci tornare indietro, Granger – puntualizzò lui, sorridente.

Hermione rise, riempiendo l'aria con quel suono freddo e derisorio. – Davvero credi che sia così semplice, Malferret? Sai che per richiamare un elfo domestico, bisogna conoscere il suo nome? Sai che nel 1993, la Stanza delle Necessità era perfettamente funzionante? Sai che senza alcun guasto, non esiste un modo per tornare indietro? – scosse il capo, azzannando l'ennesima caramella molliccia.

Malfoy serrò le labbra in un sorrisetto compiaciuto. Hermione pensò che fosse davvero pazzo, per sorriderle in quel modo, dopo tutto quello che gli aveva appena detto! Non si era nemmeno resa conto, tra una Cioccorana e l'altra, che il suo cervello era già giunto alla conclusione più ovvia: non avevano vie di fuga. Forse era proprio questa, la ragione per cui si era abbandonata a quel dolce stato di indifferenza: semplicemente, quell'ultima, spaventosa sfida, sarebbe stata quella che avrebbe decretato la sua fine.

Pensò che, dopotutto, aveva trascorso una bella vita: aveva vissuto molte avventure, scoperto la vera amicizia, si era agghindata per un ballo studentesco e si era innamorata. Poteva ritenersi soddisfatta, no? No, non lo era, ma andava bene così. Per una volta, a Hermione Granger le cose andavano bene così: era stufa di combattere contro il tempo, stufa di sfuggire ad ogni pericolo, stufa di rischiare la vita ogni volta che respirava.

Così sarebbe semplicemente invecchiata, ancora prima che potesse nascere, ancora prima che potesse diventare donna e realizzarsi. Sarebbe invecchiata e avrebbe visto Harry, Ron e Ginny da piccoli... o sarebbe potuta morire prima, in battaglia.

Lanciò uno sguardo a Malfoy, che sembrava incredibilmente compiaciuto.

Perfetto, lui era compiaciuto. Esisteva un limite al peggio?

A meno che... Un pensiero strano le balzò davanti agli occhi: Draco era già giunto alle sue stesse conclusioni, ma non si era arreso. – Tu hai un piano! – gli puntò l'indice contro, quasi lo stesse accusando di eresia.

Malfoy parve esibire le proprie penne, come uno dei pavoni che zampettavano nel suo giardino. – Sì, Granger, ho un piano – mormorò con fare criptico, poggiando i gomiti sulle ginocchia, lo sguardo fermo e annoiato. – Suppongo che dovremmo trovare il modo di tornare a casa in breve tempo, prima che Voldemort salga al potere. – picchiettò l'indice contro il mento, facendo un breve calcolo mentale. – Diciamo quindi che, approssimativamente, abbiamo circa un anno per trovare un modo valido. – affermò, inchiodando la ragazza con il suo sguardo fermo. – Se non dovessimo farcela in questo arco di tempo, direi che siamo spacciati – chiarì, scrollando le spalle come se niente fosse.

Hermione si mordicchiò un labbro, indecisa su quale domanda porre per prima. – Vuoi trascorrere questo anno ad Hogwarts? – chiese, sapendo già quale sarebbe stata la sua risposta.

Draco alzò gli occhi al cielo, annoiato. – Mi sembra ovvio, Mezzosangue. Che io sappia, l'unico modo per viaggiare nel tempo, è utilizzare un Giratempo. Tuttavia, nel 1993 non ho gli agganci adatti nel Ministero, per potermene procurare uno. – la precedette, fulminandola con lo sguardo. – Nessuno conosce il nostro andamento scolastico e non ci concederebbero mai uno strumento simile – sibilò, palesando quello che ormai era ovvio: nessuno sapeva chi diavolo fossero, nessuno avrebbe dato loro nulla. – L'unica strada è Hogwarts – .

Hermione abbandonò il sacchetto di Cioccorane, sentendosi improvvisamente male. Sapeva esattamente cosa stava architettando Draco, tuttavia ciò che aveva in mente non era paragonabile a un “piano”, bensì a una missione suicida. – Vuoi crearci delle identità nuove di zecca, vero? Vuoi indagare sulla Stanza da studente – dedusse, sconcertata.

Malfoy si limitò a ghignare. – Credevo ti piacesse la biblioteca! – scherzò, rubando il sacchetto di Cioccorane, ormai mezzo vuoto.

Hermione passò una mano tra i suoi ricci informi. – E chi saremmo noi due, di preciso? – sapeva che quella, in assoluto, era la domanda che più le premeva e più la spaventava.

Malfoy se l'aspettava, dopotutto, e non parve particolarmente scalfito dal tono di voce della Mezzosangue. – Non possiamo di certo allontanarci troppo dalla realtà: potrebbe sfuggirti il mio cognome, per esempio, oppure alcuni potrebbero notare la somiglianza tra me e i Malfoy – spiegò, masticando lentamente un dolce. – Diremo che sono un Black, cosa non del tutto falsa – fece un vago gesto della mano. Hermione pensò a quanto fosse fondamentale, per Draco Malfoy, dare una sua versione “rivisitata” della verità: manipolare i fatti era la sua specialità. – Mio zio Alphard è morto nel luglio del 1992, a Mosca. Lui, per quanto sapranno gli studenti di questa scuola, sarà, a tutti gli effetti, mio padre e, Cecilia Malfoy, mia madre. – illustrò il tutto con fare molto pratico, mentre la ragazza aveva già individuato almeno un paio di falle nel piano.

Scosse la testa ricciuta, scettica. – Non ti sembra azzardato, usare membri della tua famiglia? –.

Malferret si esibì in una smorfia annoiata, prima di alzare platealmente gli occhi al cielo. – No, affatto, è geniale: entrambi sono stati cancellati dal mio albero genealogico. Alphard Black lasciò tutti i suoi averi al nipote degenere Sirius Black; mentre Cicy Malfoy* si rifiutò di sposare suo cugino Frederick Yaxley**. Nessuno ha più saputo nulla dei due: non è raro che gli “indesiderati” si trasferiscano nell'Europa dell'Est, lontano dalla famiglia. – spiegò, come se stesse parlando con una bambina capricciosa e reticente. – Dunque, come avrai ben capito, la versione ufficiale è che noi due abbiamo studiato a Durmstrang fino all'anno scorso. E sì, prima che tu me lo chieda – alzò l'indice prima che potesse anche solo aprir bocca – dovrai spacciarti per una vera Mezzosangue e non per una Nata Babbana: diremo che tua padre è un babbano, fuggito davanti alla responsabilità di un figlio. Tua madre, da buona purosangue, ti ha mandato a Durmstrang dove, come è giusto che sia, sei stata emarginata a causa del tuo sangue sporco – sorrise in modo angelico e perfido allo stesso tempo, mentre enunciava quell'ultima parte della recita, come se la trovasse particolarmente deliziosa.

Le spiegò rapidamente anche la sua storia familiare. – Viktoria Revenwood*** è una mia invenzione, sia chiaro. I Revenwood hanno talmente tanti figli e nipoti, che sarà impossibile non credere alla tua storia. Inoltre, in Inghilterra sono poco conosciuti, dunque non corri particolari rischi. Per quanto riguarda tuo padre, puoi inventarti tutto quello che vuoi – la liquidò con un rapido gesto della mano, infilandosi l'ennesimo cioccolatino in bocca.

Hermione, nell'ultimo anno, era stata costretta a fare i conti con una realtà ben poco piacevole: il viaggio con Harry e Ron era stato difficile da organizzare e preparare in ogni sua sfaccettatura. Non era bastato recuperare una tenda e un bollitore per il tè, ma si era dovuta attrezzare con ogni mezzo, pur di rendere il loro viaggio il più semplice possibile. Dunque sapeva bene che non bastava avere lo stretto necessario, per sopravvivere: avevano bisogni di sostanza.

In quel caso, a loro non servivano libri o cambi extra, ma del denaro. Non potevano sopravvivere in una scuola senza abiti e libri scolastici. – Come credi che compreremo tutto quello che ci serve? – insinuò, sicura di trovarlo impreparato, almeno su quel fronte.

Invece, a sorpresa, Malfoy parve compiacersi ancor di più. – Speravo me lo chiedessi! Solo una mente sopraffina e elevata come la mia, poteva partorire una simile idea... – soggignò, malefico, prima di ridacchiare. – Scriverà una lunga lettera alla Gringott, chiedendo che mi siano inviate delle cospicue somme di denaro, a nome di Lucius Malfoy – lo disse come se aspettasse chissà quale reazione, tuttavia Hermione rimase indifferente.

Alzò un sopracciglio, scettica. – Tutto qui? Sai che alla Gringott usano dei metodi per individuare i bugiardi? Sai che non importa quanto tu possa somigliare a tuo padre, se non possiedi la chiave di accesso alla stanza blindata? – a volte sapeva essere davvero stupido e arrogante, quando ci si metteva. Anzi, Draco era sempre stupido e arrogante e le stava dando sui nervi.

Il suo sorriso da lupo si allargò ulteriormente, facendola irritare ancora di più. – Non mi ascolti, Granger? Riceveranno una lettera da Lucius Malfoy. Il mio nome, per esteso, è “Draco Lucius Malfoy” e, poiché tecnicamente non sono ancora nato, non possono dimostrare che sia una menzogna. È semplicemente il mio nome. È la verità, in un certo senso. Inoltre, nel futuro, ho ereditato tutto il patrimonio di famiglia, compresa la camera blindata che conteneva il fondo fiduciario di mio padre. – infilò una mano nella tasca interna della giacca, estraendo un piccolo mazzo di chiavi. Hermione si chiese distrattamente quante stanze possedessero i Malfoy e quanto denaro vi fosse contenuto. Quella di Harry, improvvisamente, sembrò grande quanto uno sgabuzzino.

Con un dolce tintinnio metallico, una chiave, la più piccola e sottile, venne estratta dal mazzo, con sommo piacere del proprietario. – Con questa, Mezzosangue, non avremo definitivamente, più alcun problema – .

 

 

* Alphard Black è un personaggio creato da JK Rowling, è citato nei libri ed è stato effettivamente cancellato dall'albero genealogico dei Black, poiché aveva lasciato tutti i suoi averi a Sirius, che si era già trasferito dai Potter.

** Cicy Malfoy è un personaggio di mia invenzione, creato solo ai fini della storia, in quanto la Rowling non ha mai specificato nulla circa la famiglia di Lucius.

*** Viktoria Revenwood è un perosnaggio di mia invenzione, creato anch'esso ai fini della storia.

 

 

Buongiorno cari lettori,

mi scuso per il terribile ritardo con cui aggiorno ma ho una buona scusa! Infatti avevo terminato la stesura del capitolo circa due settimane dopo l'ultimo aggiornamento, ma ho riscritto tutto lo svolgimento per renderlo un po' più scorrevole e meno denso di informazioni. Come avrete già intuito, è un capitolo di passaggio, infatti ci sono molte cose lasciate in sospeso: cosa succederà nella Hogwarts del presente? Chi incontreranno Draco ed Hermione? Come cavolo se la caveranno, in un universo pieno di Mangiamorte in fasce?

Il prossimo capitolo sarà decisamente più divertente e frizzante, rispetto a questo, soprattutto per alcune vecchie e nuove conoscenze! Spero che il capitolo vi sia piaciuto... come sempre, vi invito con uno sguardo supplichevole, a recensire la storia: per me sarebbe molto importante, soprattutto per capire quali sono esattamente le vostre esigenze! Per qualsiasi dubbio o richiesta, non esitate a contattarmi o ad aggiungermi su Facebook (nickname: RoseRiver, che originalità, eh?).

Come sempre, ringrazio chiunque abbia messo la storia tra le preferite , tra le seguite e le ricordate (mi avete riempito il cuore di gioia!). E vorrei solo aggiungere un ringraziamento speciale a tutte le splendide ragazze che hanno recensito i primi due capitoli: le vostre parole sono state di ispirazione e spero di non avervi deluso!

Con questo concludo, dandovi un bacione!

p.s. Ho deciso di spostare la storia nel '93, invece che negli anni 70, per avvicinarla di più ad una realtà a me familiare! *Piccola precisazione*.

Al prossimo capitolo,

-Rose x

 

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Capitolo 4
*** Oltre al danno, anche la beffa. ***


Previously on... “The fault of That damn elf”:

 

-Un vecchio, barbuto e scorbutico elfo, che custodisce e dirige la Stanza delle Necessità, ha inavvertitamente beccato Draco ed Hermione in una situazione “scomoda”. La Granger, sconvolta, si ritrova a desiderare, tra sé e sé, di voler ritornare in una Scuola che potesse essere considerata nuovamente una casa. A causa di un terribile guasto della Stanza, i due vengono spediti indietro nel tempo.

-Hogwarts del presente è scandalizzata dalla scomparsa di Hermione Granger e vagamente preoccupata per Malfoy: la Preside non sa dove mettere le mani e Harry è sul piede di guerra. Tuttavia, sapendo di avere i professori addosso e quindi di non poter evadere dal castello facilmente, Harry e il resto della compagnia decidono di rimandare le ricerche (al di fuori del castello) di una settimana.

- Hogwarts del passato è in fermento a causa dei nuovi arrivati: Lily, James e Sirius si sono appena presentati a Draco ed Hermione, gli altri personaggi della “vecchia generazione” non si sono ancora visti.

- Draco ha ideato un piano malvagio per non destare sospetti: lui fingerà di essere il figlio dello zio diseredato di Sirius Black, fuggito nell'Europa dell'est e sposatosi con un'altra Malfoy diseredata. In questo modo Hermione non rischia di smascherarlo chiamandolo “Malfoy” al posto di “Black”.

Hermione invece finge di appartenere una nota casata Purosangue inglese che, nei secoli, si è stanziata a Mosca: suo padre è un babbano con cui sua madre (purosangue) ha avuto una storia giovanile.

Entrambi fingono di aver frequentato Durmstrang ma di aver deciso di finire gli studi in Inghilterra: Hermione veniva brutalmente emarginata a causa della sua natura di Mezzosangue.

-Durante il viaggio in carrozza verso il Castello, Draco ed Hermione litigano furiosamente (come al solito) e la ragazza, presa dalla rabbia, gli rivela un dettaglio del piano a cui non aveva pensato: se Voldemort, ancora vivo nel passato, scoprisse che loro conoscono il futuro, tutta la storia del Mondo Magico verrebbe compromessa. Dunque, per la loro stessa sicurezza, Draco deve stare il più lontano possibile dai Serpeverde (tra cui vi sono giovani Mangiamorte) e chiedere al Cappello di smistarlo in Grifondoro.

 

OLTRE AL DANNO, ANCHE LA BEFFA.

 

 

Malfoy, quella sera, non riusciva proprio a prendere sonno. Sicuramente, era tutta colpa di quelle stupide lenzuola: puzzavano di nullità.

Emise un piccolo sbuffo teatrale, ritornando con la mente, come gli capitava ormai da venti minuti (a intervalli regolari di quindici secondi), a qualche ora prima, quando il suo inesorabile fato aveva decretato il suo infausto destino.

Povero lui! Povero il suo buon nome! Era stato costretto a rinnegare le sue origini primordiali!

Che atroce destino! Che infausto presagio di una vita miserabile!

Draco Malfoy, in quella fredda sera di settembre, espresse quello che credeva essere il suo ultimo desiderio (una sofferenza così atroce lo avrebbe sicuramente ucciso, a parer suo): “Rimembratemi così com'ero: bello, forte, coraggioso e fiero di essere una Serpe!”.

Forse, in alcune situazioni estreme, aveva la tendenza a esagerare con il melodramma o, come avrebbe detto Zabini, finiva col sembrare una vera e propria Drama Queen.

Tuttavia, non è bene giudicare Malfoy tanto in fretta: quella piccola serpe sotto mentite spoglie, ne aveva passate tante, quella sera.

 

Solo su una cosa, in tutta la agiata e sconcertante vita di Draco Lucius Malfoy, era vera: Lui era un Serpeverde.

Era stato uno dei pilastri di tutta la sua esistenza.

Striscia.
Sibila.
Colpisci.
Draco dormiens, no? Ecco, quel motto racchiudeva in sè tutto ciò che era, a tutti gli effetti, Draco Malfoy.
Cattivo.
Sì, era cattivo, arrogante e felicemente spocchioso. Lo sapeva perfettamente, non fatevi illusioni: era consapevole di quanto poco fosse apprezzato da tutto il genere umano. Ma, come aveva sempre sostenuto, gli uomini hanno davvero cattivo gusto.

I Principi, al contrario, sapevano esattamente cosa fosse importante.

Nella fattispecie, per Draco Malfoy, appartenere a Serpeverde era qualcosa di spirituale, quasi una vera e propria religione.

Dunque, se esisteva una cosa che non poteva mettere in dubbio era, in assoluto, il sue essere totalmente, incondizionatamente, un Serpeverde.

Beh, qualcuno gli avrebbe sicuramente detto che doveva rivedere le sue priorità, che esisteva molto altro nella vita, ma per Draco Malfoy questo era quanto, arrivederci e tante grazie!
Dunque, potete immaginare il suo sconforto quando, quel primo settembre di ventuno anni prima, si accingeva a chiedere a un mucchio di stoffa di essere smistato in… Cielo, il suo sconforto era così grande che a stento riusciva a pensare a quella parola!

La Parola.

Quell'infida combinazione di sillabe che gli era sempre stata avversa, che lo aveva fatto vomitare e schifare per tutta la vita. Ora, nel passato, nel presente o dovunque si trovasse, era costretto ad associare La Parola al suo nobile animo di Serpe.

Il Cappello Parlate era lì, a pochi passi da lui, che elargiva consigli spassionati sotto forma di rime idiote, e Draco pensò che, se avesse avuto un po' più di fegato, lo avrebbe gettato nel Lago Nero.

Gli venne quasi voglia di sibilare e azzannare la Mezzosangue.

Hermione Granger, con la schiena diritta e le mani intrecciate in una posa austera, sembrava essere totalmente padrona di sé. Ovviamente, come ogni cattivo che si rispetti, Draco Malfoy conosceva perfettamente la sua preda: nonostante tutte le sue "buone" (puah, qualcuno le considerava "buone"?) qualità, se la stava facendo sotto dalla paura.

Di cosa avesse paura, poi, Draco non lo sapeva.

La lunga coda di undicenni si stava drasticamente accorciando, mentre i nomi scivolavano via.

Abbott… Brown… Campbell… Davies… Edwards… Foster… Granger!

Ed eccola camminare a passo spedito, i folti capelli che sembravano immuni alla forza di gravità: Hermione Mezzosangue Granger prese diligentemente posto su uno sgabello scricchiolante, mentre tutta la Sala Grande taceva, aspettando un verdetto. Anche Draco, contagiato dal nervosismo che provava per se stesso, si sporse un po' più avanti, quasi cercasse di cogliere un sussurro del Cappello.
La McGrannitt, senza riconoscere la sua degna e futura erede, poggiò con gesto austero l'Ammasso di Stracci sull'Ammasso di Paglia che aveva in testa la Mezzosangue.

Un secondo.

Due secondi.

Tre secondi.

Quattr… -GRIFONDORO! -.

E la lunga lista di nomi ricominciò a scorrere, quasi senza rendersi conto che Grifondoro aveva appena accolto tra le braccia il terzo membro della Trinità Magica: Santa-Sporca-Mezzosangue-Granger.
Draco contorse le bocca in una smorfia di sdegno, ascoltando distrattamente quanto restava dello Smistamento: il Cappello Parlante sembrava avere le idee chiare su ogni stupido ragazzino, tanto che non sputava mai fuori un giudizio in meno di trenta secondi.

Draco tremava, fremeva e digrignava rabbiosamente i denti, come un cane feroce: non era quella la sua natura. Non era da lui affrontare il problema di petto, buttarsi nella mischia e "sarà quel che sarà". Lui non riusciva a smettere di escogitare tattiche di battaglia, che prevedevano almeno ventisette modi differenti di eliminare il Cappello.

Perché avrebbe dovuto indossare un Cappello così sporco e sdrucito? Avrebbe potuto prendere i pidocchi da qualche pidocchioso Nato Babbano e quelle infide bestie avrebbero succhiato il suo nobile sangue.

Ah! Questa sì che era una scappatoia! Avrebbe evitato il problema, aggirandolo e colpendolo quando riteneva fosse opportuno. Era il suo modo di operare, la sua firma: aggira, sorridi e attacca.
Dopotutto, aveva davvero il sorriso di un dolce angioletto biondo, no? Nessuno poteva resistergli, nemmeno quella megera della McGrannitt.

Così, quando venne chiamato il suo nome, aspettò che i mormorii si spegnessero e che regnasse il totale silenzio, prima di incamminarsi verso la Professoressa di Trasfigurazione e, tutto sorridente e sicuro di sè, si avvicinò allo sgabello, osservando con sguardo critico il capello logoro.
La Megera prese il Cappello Parlante tra le lunghe dita nodose, permettendo a Draco di prendere posto sulla seduta. Il ragazzo, tuttavia, non si mosse di un solo millimetro.

Dopo pochi secondi (che a Draco erano sembrati ore), la Professoressa gli sorrise forzatamente. - Puoi sederti, ragazzo, non avere paura - mormorò, celando malamente la minaccia che le aveva reso roca la voce.

Ah, era antipatica e intrattabile anche nel passato! Draco aveva sempre sostenuto che il suo problema principale fosse la mancanza di… em, alcune "attività fisiche". Una volta, quando lui e Zabini erano al quarto anno, avevano avuto la brillante idea di "affittare" un "personal trainer" "esperto" per la donna: nessuno riuscì mai a capire che fine avesse fatto. A parere di Zabini, la Megera ne aveva approfittato fin troppo e l'Esperto era scappato in Perù sotto falso nome.
Al solo pensiero della McGrannitt tutta presa dagli "esercizi fisici", a Draco scappò una risatina isterica che mascherò prontamente con un colpo di tosse.

La Megera alzò con scatto repentino un sopracciglio, lanciando lampi e tuoni dagli occhi malefici. - Prego, Signor Black Malfoy, si accomodi e lasci al Cappello l'onore di… - iniziò lei, prima che l'oggetto in questione le venisse sfilato prontamente dalle mani.

Draco, stringendolo tra il pollice e l'indice, lo esaminò minuziosamente, appurando che puzzava di naftalina e di vecchio, inoltre il tessuto dell'oggetto era talmente trasandato e spugnoso che ricordava la consistenza del feltro o, più precisamente, del cartone.

Si chiese distrattamente come avesse potuto indossare un simile oggetto quando aveva undici anni. Ah, l'ignoranza infantile!

-Quanti anni crede che abbia il Cappello, Professoressa? - chiese Draco con fare amabile: la Sala Grande sembrava pendere dalle labbra del ragazzo, come se da quella scenetta dipendesse la loro vita. Poteva sentire lo sguardo curioso di Lucius Malfoy che, a pochi metri di distanza, lo osservava, cercando di decidere se fosse un nobile e degno Malfoy o un completo idiota.
Minerva McGrannitt fece schizzare in aria il secondo sopracciglio, chiaro segno dell'imminente pericolo. Draco resistette all'impulso di infilarsi il cappello in testa e farla contenta: non doveva esser smistato in Serpeverde, questo era fondamentale.

- Non saprei, Malfoy, perché non te lo infili e glielo chiedi direttamente? - ormai era apertamente ostile e Draco credette di aver visto una ragazzina del secondo anno avere un mancamento, dinnanzi all'espressione furiosa della Professoressa.

Draco, tuttavia, non si scompose e, sempre reggendo il Cappello tra l'indice e il pollice, quasi lo schifasse, fece un gesto vago con la mano. - Vede, Professoressa, ammettendo che il Cappello in questione abbia circa cinquecento anni, anche se credo che risalga a qualche anno prima, può ben comprendere la mia reticenza nell'indossarlo, no? - lo agitò sotto il naso della donna che, colta di sorpresa dalla naturalezza dei modi di Draco, non ebbe la prontezza di rispondergli a tono. - Inoltre non credo di volere affidare il destino della mia carriera scolastica a un pezzo di stoffa puzzolente. Capisce il mio dissidio interiore, Professoressa? - riuscì anche ad assumere un tono compassionevole, nonostante fosse conscio di essere prossimo alla morte.

Avrebbe voluto che il suo ultimo pensiero fosse rivolto a quel santo di Salazar Serpeverde, che gli aveva donato i precetti per diventare un uomo perfetto e di successo.

- Mi sembra ragionevole, Minerva - commentò Silente, che aveva assistito alla scena con silenzioso divertimento.
Draco sussultò appena, ritrovandosi a guardare il vecchio Preside che, a soli sedici anni, aveva quasi ucciso.

- Come, Albus? - scattò la donna, sconcertata.

Il Preside, sogghignando, si avvicinò al ragazzo, poggiando una lunga mano diafana sulla spalla di Draco. - Le riserve del ragazzo non sono da biasimare! Il Cappello non fa bella mostra di sé, ma… - (Draco non poté non notare il sorrisetto soddisfatto che spuntò sulla faccia della McGrannitt a quella parolina magica) - credo proprio che tu debba sottoporti allo smistamento come tutti gli altri, Draco - il ragazzo, che era rimasto interdetto dallo sconcertante intervento del Preside, si lasciò condurre verso lo sgabello senza nemmeno rendersene conto.

Era così perso nel ricordo di quella fatidica notte sulla Torre di Astronomia, che non si rese conto di essersi seduto sulla seggiola traballante. Così, alle prese con la memoria di quel rompicapo interiore, non si rese nemmeno conto che il Cappello gli era stato sfilato dalle mani.
Ricordava perfettamente l'espressione di Silente che, sofferente e stanco, gli offriva una seconda opportunità. Anche all'epoca, quando aveva creduto che Piton gli avesse rubato una vana gloria e che Silente gli avesse offerto un'appetibile via di fuga, era stato trattato come una pedina.
Era sempre stato una pedina in una partita a scacchi che, con gli anni, era diventata un gioco di sterminio, e i cui unici giocatori erano Silente e Voldemort.

Non fece nemmeno in tempo ad assimilare quella strana idea, che un suono familiare lo distrasse: si ritrovò improvvisamente seduto, a mani vuote.

Quando si guardò attorno, vide chiaramente lo sguardo omicida della McGrannitt, mentre calava lentamente il cappello sulla sua fronte.

In quegli attimi, mentre quel copricapo di cartone si avvicinava sempre più, Draco seppe che sarebbero potute succedere molte cose, in quella manciata di secondi che lo divideva dal suo atroce destino.
Prese un respiro profondo, mentre i centimetri dimezzavano e lo assaliva il panico. Cosa poteva fare? Dove poteva scappare?

Avrebbe volentieri strangolato la Megera e tagliato la mano che reggeva quello stupidissimo Cappello, ma ormai il danno era fatto: avrebbe accettato il suo crudele destino e sarebbe morto nel passato, ancora prima di nascere.

Aveva combattuto valorosamente, ma quella Megera aveva avuto la meglio.

Percepì qualcosa di ruvido e informe sfioragli appena le orecchie, prima che un leggero e fastidioso sibilo si diramasse per tutta la Sala Grande.

- SSSSer….! - il Cappello non terminò mai quel pensiero.

No, non cambiò idea improvvisamente, scorgendo un barlume di coraggio nel cuore verde-argento del giovane Malfoy, mi spiace deludervi. Il Cappello aveva impiegato meno di due secondi per decretare il suo destino, ma Draco, che aveva sempre avuto la presunzione di voler decidere della propria vita, aveva prontamente zittito il Cappello Parlante nell'unico modo possibile.
Preso dal panico, aveva afferrato le estremità dello strappo da cui era fuoriuscito il sibilo rivelatore e si era calato il copricapo sulla fronte, fino a coprirsi gli occhi.

Quando la scena terminò e sia Draco, sia il Cappello rimasero fermi, nella Sala Grande si poteva udire solo l'eco della stoffa che si era appena lacerata in seguito alla presa ferrea del ragazzo.
Il Cappello, sconcertato, gli sussurrò all'orecchio una serie infinita di epiteti poco decorosi. - Prendersela con un cappello! Tsè! Siete tutti uguali, voi serpi! Una persona fa' il suo lavoro, come tutti gli anni e… - sibilò, contrariato: la sua voce suonò diversa alle orecchie di Draco, come se lo squarcio ne avesse modificato il suono. - La mia voce! La mia voce! Sembro una dannata rana! - constatò il Cappello, rabbioso. - Ah, aspetta e vedrai, moccioso, che ti smisto in Tassorosso! - la sua nuova voce gracchiante fece drizzare i peli della nuca (cristallizzati nel gel) di Draco.
- TASSSS… ah! - il Cappello, questa volta si fermò da solo, ritornando a sibilare all'orecchio di Draco, escludendo il resto della scuola da quella conversazione privata.

Draco ebbe la spiacevole sensazione che avesse intuito che qualcosa non andava. - Perché mi sembra di averti già smistato, ragazzo? - domandò, stupito, il Cappello Parlante.

Draco, che sapeva di non dover dire nulla circa la sua condizione e quella della Granger, fece tutto l'opposto di quello che si era predisposto di fare: disse, per la prima volta nella sua vita, la verità.
- Perché è così, diamine! Ora, se non vuoi che tra vent'anni la tua cara Scuola sia rasa al suolo, ti converrebbe smistarmi in… - si bloccò, incapace di dire altro.

Aveva sibilato tutto in fretta e con un tono di voce appena udibile, perché sapeva che la Megera era in ascolto. - Rasa al suolo?! - borbottò, sconcertato.

Draco si ritrovò ad annuire. - Sì, ma non ti dirò altro, quindi… puoi… sì, insomma… smistarmi… in…? - lo liquidò Draco, con la voce che a stento gli usciva dalle labbra.

- Dove, esattamente? Serpeverde? Tassorosso? Corvonero? - chiese il Cappello, improvvisamente preoccupato da quella strana domanda.

- No - fu quasi un ringhio, quello che sfuggì dalla bocca di Malfoy.

Il Cappello dovette intuire di quale natura fosse la Casa a cui aspirava Draco Malfoy e, non riuscendo a trattenersi, scoppiò a ridere e quel suono gracchiante riempì, per parecchi minuti, tutta la scuola.

Molti studenti si guardarono, increduli, sicuri di non aver mai visto un cappello stregato ridere di gusto.
Quando si riprese, attese che Draco dicesse qualcosa e, quando ciò non avvenne, capì che non era tutto uno scherzo. - Tu! Tu, proprio tu, vuoi essere smistato in… Grif… -

-Non dirlo! - sibilò il ragazzo, sbuffando.

- Se non vuoi nemmeno che lo dica, come puoi pretendere che ti smisti in quella Casa? Questo va contro il mio modo di… - fu nuovamente interrotto.

- Senti, lo so che non ho nulla in comune con quelli - balbettò, disgustato di se stesso. - Ma deve farlo comunque -.

Quelle parole sembrarono chiudere la faccenda, o forse il Cappello era stufo di quell'interminabile Odissea a cui era stato sottoposto. Si limitò a borbottare ad alta voce "GRIFONDORO", prima di aggiungere, in modo che lo sentisse solo Draco, "se ne sei convinto".

Così il Cappello gli fu strappato dalle grinfie e venne accolto da un boato di applausi dal tavolo ornato di rosso e oro.

Draco lanciò un ultimo sguardo al Cappello che, nonostante non avesse bulbi oculari, sembrò aver alzato gli occhi al cielo.

Quello che Draco Malfoy non immaginava era che, esattamente quattordici anni dopo, nella stessa sala, il Cappello Parlante sapeva esattamente dove smistarlo e, pur di non ripetere la tragica esperienza, non gli avrebbe sfiorato nemmeno il capo.

 

[Piccola precisazione, prima che mi dimentichi di scriverlo e qualcuno possa fraintendere: Il Cappello Parlante minaccia Draco di Smistarlo in Tassorosso non perché è comunemente considerata la casa dei “perdenti”, ma perché è comunemente considerata la casa dei “perdenti” dai Serpeverde, casa a cui doveva essere destinato il Principino. ]

 

Malfoy si rigirò svogliatamente tra le sue stupide coperte.

Le sue stupide coperte di flanella.

Le sue stupide coperte di flanella rossa.

Come poteva prendere sonno in un posto simile? Così caldo, accogliente, familiare e, soprattutto, rosso?

Era morto, spacciato, caduto in rovina! Avrebbe preferito essere decapitato, piuttosto che rivivere il suo secondo smistamento.

Stupido Cappello Parlante.

Stupida Hermione Granger.

Stupido Harry Potter, che, per la prima volta in tutta la sua vita, non c'entrava per nulla in tutta quella faccenda drammatica.

Si rigirò tra le sue... lenzuola, sì, almeno avevano l'aspetto di lenzuola. Chissà quanti sudici pivelli avevano posato il loro immondo corpo tra quella sporcizia! Povero lui!

Un rumore sordo lo fece sobbalzare.

Si mise a sedere silenziosamente, sporgendosi in avanti per sbirciare tra la fessura delle tende che lo circondavano.

Qualcuno, fuori dalla finestra, stava provando a entrare nella stanza.

 

***

 

Hermione Jane Granger era abituata a perdere le staffe, davvero. Insomma, era innamorata di Ron, dopotutto: se non aveva lei dei buoni motivi per litigare, chi mai poteva averli?

Questo, come ovvio, accadeva prima, prima dell'avvento di Draco Idiota Mlafoy: attualmente, Hermione Jane Granger sembrava essersi abituata a combattere contro un naturale istinto assassino.

Voleva la testa di Malfoy su un piatto di argento, con una mela infilata in bocca e contornata di patate arrosto.

No, non era arrabbiata per la scenata che le aveva fatto sulla carrozza (per quella, avrebbe avuto modo di vendicarsi con molta calma), nemmeno, per quanto le fosse possibile, per la scenetta che aveva appena attuato quel decerebrato; ma, bensì, per la figura da emerita idiota che le aveva fatto fare.

Era uno stupido, stupido, stupidissimo zoticone!

In meno di cinque minuti era riuscito a farsi notare da tutta la scuola, a farsi odiare dalla McGrannitt, a guadagnarsi un'occhiata sarcastica da Silente e a farle fare una terribile figuraccia.

Cinque minuti, solo cinque maledettissimi minuti.

Hermione prese un respiro profondo, provando invano a calmarsi: era abituata a badare a due maschi idioti, poteva cavarsela tranquillamente. Insomma, grazie a lei Harry Potter aveva raggiunto la veneranda età di diciotto anni (nel suo caso, un traguardo ammirevole), cosa poteva essere, in confronto, Draco Malfoy?

Un disastro, ecco cos'era: Harry ragionava seguendo il cuore, proteggendo chi voleva bene, infischiandosene di se stesso, pur di salvare delle vite; Draco non pensava, o meglio, credeva di pensare.

Stupido, stupido, stupido.

Quella sera, era stato un vero e proprio deficiente.

 

Lo seguì con lo sguardo per tutto il tempo, dal momento in cui si era fatto avanti per essere Smistato, fino a quando, riluttante e palesemente schifato, si era seduto al fianco di James Potter.

Dopo quella sera, Hermione aveva avuto la terribile conferma che si aspettava già da tempo: Draco Malfoy era un'idiota.

Insomma, lo aveva già intuito nel corso degli ultimi sette anni, ma quella sera aveva battuto qualsiasi record avesse mai raggiunto: era stato peggio del finto duello del primo anno, molto peggio di tutta la faccenda di Norberto e superava di gran lunga il suo stupido tentativo di uccidere lei, Harry e Ron nella Stanza delle Necessità.

Ora che aveva ben presente la situazione, poteva affermare con tutta sicurezza che Draco Malfoy possedeva, sì, un cervello, ma non disponeva di sufficienti neuroni per attivarlo. Riusciva bene solo in poche cose, come respirare e far battere il proprio cuore, e, ironicamente, erano proprio due di quelle cose che infastidivano di più Hermione.

Dunque, in definitiva, Draco Lucius Malfoy era al pari di un'erbaccia che andava estirpata. Peccato che fosse colui che le avrebbe finanziato gli studi, nel passato.

Era seduto dall'altro lato del tavolo, non molto distante da Hermione e Lily, in verità, tanto che riuscirono a seguire tranquillamente la discussione tra lui e i Malandrini.

Gli occhi di Sirius brillavano in modo quasi inquietante. – Draco, fattelo dire, è stato semplicemente... – annaspò, in cerca della parola giusta.

James sospirò teatralmente. – … Geniale – concluse, poggiandosi le mani sul cuore con fare drammatico.

Sirius scosse il capo, trasognante. – … Ispirante – lo corresse, stringendo le labbra con orgoglio.

– … Soddisfacente – il sorrisetto amorevole di James fece ridere Minus, nascosto in un angolo.

– … Esilarante – commentò Sirius, dando corda all'amico.

– … Commovente –

– … Stupefacente –

– … Agghiacciante –

– … Spaventosamente coraggioso –

– … Terribilmente emozionante –

Continuarono in quel modo per qualche minuto, mentre Draco Malfoy arruffava le penne sempre di più, sentendosi lodato in quel modo.

Hermione ebbe l'impressione che iniziasse a rendersi conto dell'enorme differenza tra James e Harry. Nonostante ciò, sembrava stare bene attento a non dar loro troppa confidenza.

Remus Lupin, che le aveva rivolto un sorriso benevolo qualche minuto prima, alzò gli occhi al cielo, sporgendosi oltre il tavolo per parlare con lei e Lily. – E loro due sono semplicemente... – sospirò, complice, imitando malamente Sirius.

Lily sorrise, compiaciuta. – … stati lobotomizzati da piccoli? – buttò lì, facendo ridere Hermione e Remus.

Sirius, James e Malfoy, che non avevano mai avuto nessun tipo di cultura babbana, li fissarono disorientati, non capendo del tutto l'insulto.

In quel preciso momento, Hermione percepì uno spostamento d'aria improvviso, e, voltandosi, venne quasi decapitata da una furia... Oh, era una ragazza.

La ragazza, alta, così snella da far invidia a uno stecchino, con un delizioso caschetto corvino e un paio di grandi occhi azzurri, fece voltare quasi tutto il tavolo dei Grifondoro. – Come mai ridacchiate, voi tre? – domandò, sedendosi tra lei e Lily.

Sirius assottigliò lo sguardo, vedendola, assumendo un'espressione vagamente seducente. – La Pulce ci ha detto che siamo stati libotizzati da piccoli – sibilò, come se avesse seriamente compreso la natura di quell'insulto.

La morettina non parve confusa da quel commento, anzi, si sporse verso Hermione, come se dovesse confidarle un segreto. – Non farci caso, cara, Lily si diverte a rincitrullirli con paroloni babbani che nemmeno i veri babbani capiscono – le spiegò, come se si conoscessero da sempre. – Io sono Mary e tu devi essere la nuova arrivata, quella che stavano cercando tutti sul treno – trillò, battendo le mani con grazia. Lily alzò gli occhi al cielo. – Primo, non mi chiamo “Pulce”: ho un nome, Black, e gradirei che lo usassi – sibilò, conficcando i suoi occhi smeraldini su Sirius. – Secondo, se loro stessero attenti durante Babbanologia, al posto di confabulare, sicuramente capirebbero almeno un quarto di quello che dico – proseguì, piccata. – Terzo, non mi serve affatto rimbecillirli con parole babbane, Mary. Vedi, loro sono già degli idioti patentati – sorrise, sarcastica, in direzione di Potter. – Quarto – iniziò, ma James pensò bene di esternare un pensiero del tutto non richiesto “Certo che la lista è bella lunga, eh?”. Inutile dire che venne zittito da un'occhiataccia di Lily. – Quarto, quello che ha fatto Draco è del tutto inaccettabile e fuori luogo! Ha danneggiato un cimelio magico antichissimo, ha sfidato la Vicepreside, ha zittito il Cappello Parlante e ha fatto intervenire Silente in persona! – tubò, serrando gli occhi con fare minaccioso.

Hermione annuì con convinzione a quell'ultimo punto, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Malfoy.

Oh, loro due avrebbero fatto i conti. Molto presto.

James sorrise, affettuoso. – Tecnicamente, Piccola, le cose non sono andate esattamente in quest'ordine – la rimbeccò il ragazzo, sarcastico.

Hermione alzò le mani in aria. – Al diavolo, Potter. – sibilò, spalleggiando Lily. Poi, voltandosi verso la nuova ragazza, le porse la mano, per presentarsi.

Hermione la trovò davvero affascinante: Mary aveva un modo molto sciolto e raffinato di approcciarsi con gli sconosciuti. Parlava e civettava in modo sottile, come se stesse prendendo in giro il proprio interlocutore. Hermione avrebbe scommesso che era molto astuta e intelligente, più di quanto volesse far trasparire. – Sì, credo di essere proprio di essere la nuova arrivata. Piacere, Hermione Granger. – si presentò, educata. – E sono una Mezzosangue, capisco perfettamente i “paroloni babbani” – la rassicurò.

Per un attimo, tutti quelli che stavano ascoltando quel piccolo dibattito, ammutolirono, difronte a quella parolina malefica.

'Mezzosangue'.

Mary sorrise, divertita. – C'è chi direbbe che ti sei appena insultata, Herm – le affibbiò subito un nomignolo, come se fossero già amiche: Hermione aveva la netta sensazione che anche la mora fosse una Nata Babbana e che, con la sua ultima frase, avesse automaticamente decretato che le stava simpatica.

Hermione fece un sorrisetto sghembo, trafiggendo con gli occhi Malfoy. – Figurarsi, è quello che sono. Sono fiera di avere del “Sangue Sporco” in circolo, nelle vene. Mi ricorda sempre quanto io sia fortunata a non appartenere a una famiglia incestuosa – rispose, velenosa, lo sguardo puntato sul Furetto.

Sirius sorrise, ridacchiando. – Credo di amarti, Hermione Granger. Possiamo sposarci? “Colei che mi ha brutalmente estirpato dal suo utero” avrebbe un mancamento! – commentò, strizzandole l'occhio. Hermione non stentava a crederci.

Draco ringhiò sommessamente, punto nel vivo. Remus lo guardò con aria confusa, spostando lo sguardo da lui a Hermione. – Sai, Mezzosangue, c'è chi direbbe che sei una piccola vipera presuntuosa – sibilò, proprio come un serpente.

Hermione sorrise, malefica. – C'è chi direbbe che ti sei sentito preso in causa, Malferret. Hai forse riscontrato qualche deficit genetico? Questo spiegherebbe molte cose, come la scenetta di poco fa, ad esempio – ribatté, il tono di voce volutamente leggero e canzonatorio.

Malfoy fece scattare un sopracciglio in aria, ricordando vagamente Minerva McGrannitt. – C'è chi direbbe che saresti un incanto, con la lingua mozzata, Granger – ribatté lui, questa volta a voce fin troppo alta.

Hermione fece per ribattere, quando venne prontamente bloccata da Silente in persona che, come sospettava la ragazza, aveva seguito la conversazione, decidendo di interromperla al momento giusto.

Silente sorrise a tutta la sala, fermandosi per qualche istante sia su Hermione che su Draco. – Bene, un nuovo anno ha appena avuto inizio e, come da tradizione, sarebbe opportuno dare il benvenuto ai nuovi studenti: che siano ben accolti nelle loro Case e che trascorrano un anno scolastico sereno! – percorse nuovamente la Sala con lo sguardo, sorridendo. – Dunque, non c'è modo migliore per iniziare un nuovo anno, se non abbuffarsi! Buon appetito! – concluse, facendo apparire magicamente un banchetto degno di re e regine.

Hermione si riempì svogliatamente il piatto con poco cibo, evitando accuratamente di incontrare lo sguardo malevolo di Draco Malfoy.

Mary, con abbondanti cucchiaiate, prese a tartassare la sua zuppa, sorridendo continuamente. – Quindi tu e il nuovo arrivato vi conoscete – constatò, rivolgendosi direttamente a Hermione.

La Granger deglutì a vuoto. – Sì, si può dire di sì. Se per “conoscere” intendi che ci insultiamo reciprocamente da ben sette anni – aggiunse infine, costringendosi a non lanciargli un'occhiataccia.

Mary sogghignò, furba. – Sei arrabbiata per la scena dello Smistamento? – chiese, con fare allusivo.

Hermione strinse appena la mascella. – Si è reso ridicolo davanti a tutti – bofonchiò, non riuscendo a non lanciargli un'occhiataccia.

Lily si irrigidì per un attimo, alzando un sopracciglio, assumendo un'espressione curiosa. – A proposito di Smistamento: dove cavolo eri finita, Mary? Ti ho persa di vista appena sono entrata nella Sala Grande! E come hai fatto a guardare lo Smistamento, scusa? – indagò, presagendo qualcosa di spiacevole.

Mary si mordicchiò il labbro inferiore, alzando gli occhi al cielo. – Dovevo sbrigare alcune faccende – borbottò, incrociando lo sguardo di James Potter, con aria colpevole.

Lily parve gonfiarsi e imporporarsi all'improvviso. – Dimmi che non sei andata nelle cucine, Mary McDonald! – le puntò un indice contro, adirata. La spilla di Caposcuola luccicò di un bagliore sinistro.

La mora si sistemò svogliatamente i capelli. – Lily, certo che non sono andata nelle cucine. – affermò, con eccessiva enfasi, come se volesse dire tutto il contrario. – Mi scappava la pipì, okay? – aggiunse, sogghignando.

Hermione, che si sentiva molto vicina a Lily in quel momento, stringe la mascella con forza.

Contrabbando, ecco cosa stava facendo Mary.

Lily mise il broncio, incrociando le braccia contro il petto. – Quindi è un caso che tu sia sparita portandoti dietro una valigia, prima che Gazza la controllasse, vero? – insinuò, sciabolando le sopracciglia.

Mary fece un gesto vago della mano. – Oh, sai perfettamente che Gazza si sarebbe tenuto tutti quei tesorucci per sé! Quel vecchio ubriacone... Poi, Tippy era felicissima di tenermeli da parte. E, tra parentesi, anche lei ha trovato simpatica la scenetta di Black – Hermione immaginò che si stesse riferendo a un elfo domestico.

Lily si imporporò. – Non è carino sfruttare quelle povere creature per i tuoi loschi piani, Mary! – la rimbeccò, spalleggiata silenziosamente da Hermione. – Giurami che farai sparire tutta quella roba – le impose, autoritaria.

Mary si fece una piccola croce sul cuore, con l'indice. – Certo che te lo prometto. Entro questa sera i miei “tesorucci” finiranno nello stomaco di tutta Grifondoro e corroderanno amabilmente il loro fegato. Puf! Sembrerà quasi che non siano mai esistiti! – mimò con le mani una piccola esplosione.

Lily sbatté le palpebre velocemente, annebbiata dalla rabbia. – Mary, io sono la Caposcuola, miseriaccia! Dovrei togliere almeno cinquan... – venne brutalmente interrotta da Potter.

Oh, Evans, andiamo! È la festa d'inizio anno, del nostro ultimo anno, lascia che Grifondoro saluti come si deve il nuovo anno – la implorò, facendo sporgere il labbro inferiore con fare tenero.

Lily digrignò i denti. – Apri bene quelle stupide orecchie, d'accordo? Non permetterò che degli alcolici finiscano nelle mani di minorenni, chiaro? – sibilò, sporgendosi in avanti.

James alzò gli occhi al cielo. – Chi diamine ha mai parlato di condividere la merce con i pivelli? È una festa esclusiva Evans, solo per non del settimo – le strizzò l'occhio, sorseggiando il suo succo di zucca.

Lily si imporporò. – Non vorrai mica stregare un'aula e... – sibilò, inorridita.

James si umettò le labbra, poggiando i gomiti sul tavolo. – Niente di tutto ciò, Evans. Nel nostro dormitorio, alle dieci in punto – bisbigliò, sorridendole. – Ti aspetto – soffiò, prima di voltarsi verso gli altri ragazzi.

Mary sbuffò dal naso, quando vide Lily azzannare con aria famelica una coscia di pollo e ficcarsi in bocca non meno di cinque patate. – Lasciala perdere, Herm. Parliamo di te e Blackie Due – sciabolò le sopracciglia, riprendendo il discorso originario. – Insomma, Blackie ha montato una scena davvero superba! – aggiunse, facendo un cenno a Malfoy, che sorrise compiaciuto.

La Granger sperò che si ricordasse che non poteva andare a letto con nessuna, nel passato.

Hermione, che sperava di averla fatta franca, sospirò sconsolata. – Non c'è niente da dire. Lo scopo della sua vita è irritarmi, il mio scopo è ucciderlo. – spiegò, mangiucchiando un pezzetto di arrosto.

Lily annuì. – Anche io sarei furiosa! Insomma, vi siete praticamente trasferiti in un'altra scuola e lui si è già coperto di ridicolo! Sarei preoccupata per la reazione dei professori! – l'appoggiò la rossa, capendo perfettamente la situazione.

Mary alzò gli occhi al cielo, conscia che cinque paia di orecchie stavano origliando quella conversazione. – E allora? Lui si è reso “ridicolo”, mica tu. Poi, a dire la verità, non mi sembra che sia successo... – troncò la frase a metà, intimorita da due occhiate assassine. – Insomma, ha dato bella mostra di sé per ben cinque minuti. Tutte le ragazze hanno molto apprezzato – assicurò, del tutto consapevole del fatto che Malfoy stesse ascoltando.

Hermione si chiese come poteva essere così a suo agio e sfacciata, rilassata. – Bella mostra di sé? Ha agito da cretino, nonostante gli avessi detto di... – venne prontamente bloccata da Mary, che alzò una mano per zittirla.

Sorrise, benevola. – Sciocchina, mi riferivo al suo culo. Quello sì che ha fatto bella mostra di sé. Fidati, quando dico che nessuna ragazza ha sentito nemmeno una sillaba di quello che ha detto – la rassicurò, come se ci fosse davvero qualcosa di rassicurante.

A poca distanza da loro, Sirius scoppiò a ridere, James Potter batté una mano sulla spalla di Draco, Remus ridacchiò, incerto e Malfoy si infilò un pezzetto di pane in bocca, con aria seducente.

Hermione alzò gli occhi al cielo. – Dovevi proprio farglielo sapere? – sibilò, più a sé stessa che a Mary. La ragazza, in ogni caso, fece finta di non sentirla. – Comunque non vedo come questo possa influire sulla cosa. Sicuramente la Vicepreside non stava fissando il suo... – arrossì, sentendolo sghignazzare.

Lasciò la frase a metà, cercando di non reclamare l'immagine del suo culo.

Non credeva di aver mai visto il sedere di Draco Malfoy in tutta la sua vita: lui, per lei, era sempre stato un involucro di carne dalla lingua biforcuta. Ora era lì, nel passato, dove nessuno lo conosceva, e si rese conto di come apparisse Malferret all'esterno.

Magro, magrissimo, ma attraente, aristocratico, affascinante. E con un bel sedere.

Le venne quasi da vomitare e Mary parve accorgersene, perché si affrettò ad allungarle un bicchiere d'acqua. – Scusa, ma al solo pensiero mi sento male – disse lei, a voce un po' troppo alta, per essere sicura di essere udita.

Malfoy schioccò la lingua con stizza, passandosi una mano sui capelli appiccicaticci.

Hermione fu sicura di odiarlo, odiarlo sul serio. Le creava solo problemi, era solo d'impiccio.

Ora se ne stava lì, tronfio da far schifo, tutto contento perché era stato apprezzato, mentre lanciava occhiate allusive a delle ragazzine di quindici anni.

Stupido, pomposo, allocco!

Hermione sbuffò dal naso, lanciandogli un'occhiataccia. – Stupido cretino, deficiente, spocchioso Purosangue dai capelli appiccicaticci! – sibilò, con un tono di voce abbastanza alto affinché buona parte dei Grifoni potesse udirla.

Malfoy alzò un sopracciglio chiarissimo, infilandosi in bocca un pezzo di pane, scocciato. – Potter, non trovi che alcune ragazze di questo tavolo somiglino incredibilmente a un castoro asessuato con seri problemi comportamentali? Talvolta mi chiedo che genere di genitori possano avere, certi individui – sbottò lui, lo sguardo puntato dritto negli occhi di Hermione.

La ragazza fece schioccare la lingua, seccata, infastidita e... furiosa.

Lily le lanciò uno sguardo penetrante, sostenendola senza fiatare.

Draco Malfoy voleva la Guerra? Bene, l'avrebbe avuta, eccome. Non si era inimicato “Hermione Granger, studentessa modello” ma “Hermione Granger, sterminatrice di Mangiamorte”. – Lily, non trovi patetico zittire il Cappello Parlante solo per finire nella stessa Casa dell'unica ragazza che conosci? Talvolta mi chiedo fino a che punto può arrivare certa gente – sibilò lei in risposta, alzando il tono di voce.

Sapeva perfettamente di aver mentito e forse, molto, molto, infondo, si sentiva anche un po' in colpa. Sicuramente il Furetto non si era aspettato una risposta così secca e... cattiva.

Le guance di Malfoy, di un perenne bianco latteo, si tinsero di un acceso rosa pallido. – Sapete che esistono delle ragazze che aspettano trepidamente che il loro migliore amico si accorga di loro? E per tutto il tempo se ne stanno lì, ad aspettare, facendo la muffa, mentre il mondo intero se ne infischia di loro? – sogghignò, vedendola arrossire fino alla punta dei capelli.

Hermione sbuffò dalla bocca, mettendosi a cavalcioni sulla panca per poterlo guardare negli occhi. – Sei un lurido bastardo, Malferret! Sei così... petulante e odioso! E fattelo dire, quei capelli sono orribili! Sembri pelato! – la voce fuoriuscì come un uragano, potente e minacciosa, ma, allo stesso tempo, stridula.

Malfoy scoppiò a ridere, scimmiottandola. – Detto da te, è davvero il colmo! Ti sei vista allo specchio? Sembra che una dozzina di civette abbia fatto il nido sulla tua testa! – rilanciò lui, scrutandola da cima a fondo con disgusto.

Hermione alzò un sopracciglio, sfacciata. – Dimmi, Furetto, esattamente quanto tempo impieghi la mattina, per staccarti il cuscino dalla testa? Scommetto che non ti lavi i capelli dal lontano millenovecentodue! Hai già dato un nome a tutti i granelli di forfora e a tutti i pidocchi? – si informò, fingendosi amabile e composta.

Malfoy si alzò prontamente in piedi, aprendo la bocca e puntandole contro un dito. – Sta' attenta, Mezz... – venne brutalmente interrotto da Hermione che, prontamente, si alzò dalla panca, alzando in aria le mani. – Oh, oh... fammi indovinare! “Sta' attenta, Mezz... Granger, o mio padre lo verrà a sapere!”. Era quello che stavi per dire, vero? Vorrei proprio vedere la scena... – lo prese in giro, incrociando le braccia al petto, ghignando.

Malfoy sbatté le mani sul tavolo, avvicinandosi di qualche passo. – Tu... – venne nuovamente interrotto e quasi ringhiò in direzione di Hermione.

Emm-emm –.

Entrambi si irrigidirono, voltando lo sguardo verso il tavolo dei professori, quasi aspettandosi di vedere la Umbridge, fasciata in uno dei suoi stupidi completi rosa. Ovviamente, non videro affatto la Vecchia Megera, bensì Silente che, ridacchiando sotto i baffi, li aveva messi a tacere.

Presi com'erano dal litigio, non si erano resi conto di aver attirato l'attenzione di tutti, all'interno della Sala Grande.

Rossi come due peperoni (sì, anche Malfoy era piuttosto imbarazzato), si abbandonarono sulle panche in silenzio, aspettando che il Preside li congedasse.

Silente sorrise a tutta la Sala, allargando le braccia. – Vorrei lasciarvi correre nei vostri dormitori a festeggiare clandestinamente l'inizio del nuovo anno, ma prima ho il dovere di ricordarvi alcune cose di poco conto – fece una breve pausa, leggendo un appunto che aveva preso su un foglio di pergamena. – Il Signor Gazza vi ricorda che la Foresta proibita è, appunto, proibita e ci tiene a precisare che ogni studente, pivello o ragazzina pescati in flagrante, sarà punito in maniera esemplare. – il Preside alzò appena le sopracciglia, sconcertato. – Inoltre, ci tengo a rammentarvi che il Platano Picchiatore non è clemente con voi studenti, dunque siete pregati di non provare a legarlo nuovamente come un salame: tende a innervosirsi parecchio! – si schiarì la gola, lanciando un'occhiataccia a un gruppetto di Serpeverde. – Infine, voglio chiarire che gli studenti non hanno libero accesso alle cucine e, per quanto stiano simpatici agli elfi domestici, è vietato convincerli a introdurre del whiskey incendiario nel Castello! – lanciò una rapida occhiata a James e Sirius, scuotendo appena il capo. – Dunque, vorrei concludere con poche, rapide parole: filigrana, lucidalabbra, barbabietola e rana! Buona serata a tutti voi! – concluse, congedandoli con una risatina infantile.

Come aveva già accennato, Hermione Granger odiava Draco Malfoy e nulla, nemmeno il suo conto in banca alla Gringott, lo avrebbe salvato dalla sua ira funesta.

 

Hermione Granger dunque si era rintanata nel bagno dei dormitori, ufficialmente, per progettare la sua vendetta meticolosamente. In realtà, non aveva fatto altro che stringersi la testa tra le mani, incapace di rilassarsi.

Lei non faceva certe cose. Lei non attirava quel genere di attenzioni. Lei non perdeva il controllo.

Ma diamine, lei non doveva nemmeno finire nel passato, con Malfoy, per giunta!

Oltre al danno, anche la beffa.

Quello, d'ora in poi, poteva diventare il suo motto ufficiale.

Stava giusto per chiedersi quanto tempo avrebbe impiegato a decomporsi sul pavimento del bagno, quando un dolce ticchettio le fece alzare la testa.

Oltre la finestra, due occhi infuocati ricambiavano il suo sguardo.

Sapeva cosa voleva dire.

Se una fenice adulta stringe tra le zampe un biglietto, picchietta contro il vetro della finestra del bagno e ti fissa con glaciale distacco, poteva voler dire solo una cosa.

La parola le si strozzò in gola, ma il suo cervello la elaborò perfettamente.

Espulsione.

 

***

 

Erano trascorsi esattamente dieci minuti e sette secondi dall'ultima volta che James Potter aveva proferito parola.

La questione, per chiunque non conoscesse James Potter, poteva anche essere superflua ma non per lui: Sirius Balck conosceva fin troppo bene il cervello dell'amico, per farsi ingannare.

Dunque, dopo ben sei anni di lunga ed esasperante esperienza, poteva essere sicuro nell'affermare che Potter stava ragionando.

Ora, per chiunque non conoscesse James Potter, la questione poteva sembrare ancora più inutile, ma, dal momento che si trattava proprio di James Potter, tutta la faccenda puzzava di bruciato.

Sirius non aveva mai assistito al silenzio comatoso di Jamie: semplicemente, lui non era capace di chiudere la bocca, nemmeno per un secondo. Cosa che gli stava bene, davvero, tanto che quel silenzio aveva un che di leggendario.

Quel silenzio era dettato, sicuramente, da qualche strana fattura: James Potter non si sarebbe mai chiuso in un silenzio religioso nei pressi delle cucine, dove si sarebbe ricongiunto al suo vero amore (in caso ve lo stiate chiedendo no, non era affatto un elfo domestico, né Lily Evans, ma il whisky incendiario) e, soprattutto, poco prima di sgattaiolare a una festa clandestina nel loro dormitorio.

Sirius lanciò un'occhiata obliqua a Remus, che fissava scettico Potter: guardò l'orologio al suo polso e strabuzzò gli occhi. – Undici minuti e ventuno, Sirius. Credo che sia preoccupante – ammise, il tono serio e lo sguardo triste.

Black sospirò, scuotendo il capo. – Credo che siamo difronte a un raro episodio di “ragionamento complesso” – borbottò, come se stesse parlando dell'imminente fine del mondo.

Lupin, tuttavia, si limitò a sbattere le palpebre un paio di volte, troppo velocemente. – Ma lui non... – lasciò la frase a metà, sconvolto.

Sirius annuì mestamente. – Lo so, non è da lui – concordò, stringendo le labbra con apprensione.

Peter, che stava trotterellando dietro di loro, si affiancò a Remus. – Prima l'ho visto confabulare con Mary – li informò, come se quella banale affermazione chiudesse la faccenda.

Sirius e Rem si scambiarono uno sguardo esasperato. – Credevo che fosse passata – borbottò Lupin.

Black alzò gli occhi al cielo. – Credevo che avesse rinunciato ai suoi stupidi piani di conquista: l'anno scorso ha toccato il fondo, regalando a Lumacorno una fornitura annuale di Ananas canditi, pur di costringere la Evans a dargli ripetizioni – ricordò, come se quel banale esempio racchiudesse la follia di quegli stupidi piani di conquista. La Evans era troppo furba per essere presa in giro in quel modo, tuttavia James sembrava non aver ancora colto quel piccolo dettaglio.

Minus emise una lieve risata. – Quella volta gli è andata proprio male, vero? È finito in infermeria per ben quattro giorni... a stento lo avevo riconosciuto! – disse, con aria vissuta.

Sia Remus che Sirius assunsero uno sguardo di rammarico e profondo sconforto per loro stessi: quello era esattamente il presagio funesto per eccellenza.

Quando Potter aveva un'idea brillante, vi erano altissime probabilità che fosse l'idea più stupida del mondo. Come era successo al quinto anno, quando aveva eluso la sorveglianza Serpeverde e aveva colorato i loro dormitori di oro e rosso scarlatto. Oppure quando, al terzo anno, si era convinto che il suo animagus dovesse essere un Ungaro Spinato e, per sentirsi più affine all'animale, aveva deciso di fumare una sigaretta, dando quasi fuoco alla Stamberga Strillante.

James Potter era il suo migliore amico, ma era a dir poco pessimo, quando si trattava di “ragionamenti complessi”, non a caso, era un genio di Difesa contro le Arti Oscure e un perfetto Troll in Pozioni.

In definitiva, se nella stessa frase comparivano le parole “Evans”, “Piano”, “Geniale” ed “Eureka”, allora quello era il momento giusto per iniziare a pregare.

Improvvisamente, James si bloccò nel bel mezzo di un piccolo corridoio secondario del primo piano. – Sapete che sono perfettamente in grado di sentirvi, non è vero? – bofonchiò, alzando un sopracciglio.

Sirius alzò gli occhi al cielo. – Certo, Jamie – confermò, lo sguardo divertito.

James incrociò le braccia contro al petto, voltandosi verso di loro. – Bene, dato che siete in vena di scherzi, di norma non vi metterei al corrente del mio geniale e fantastico “piano di conquista”, o come diavolo lo chiamate voi – puntò il dito contro Sirius, falsamente adirato. – Ma dato che sono un uomo magnanimo, sento il dovere di condividerlo con voi – proclamò, la voce esageratamente pomposa.

Sirius ridacchiò. – Tradotto per i comuni mortali: ho bisogno di aiuto – commentò a mezza voce, facendo ridere Peter.

James ignorò quel commento. – Quest'ultimo piano è così geniale, nella sua semplicità! Questa volta mi sono superato, sapete? Basterà soltanto... –.

Sirius lo interruppe. – … una corda spessa, quattro o cinque picconi, della Pozione Polisucco, uno Schiopodo, due Snasi e almeno un bezoar, in caso di necessità – citò, lanciando un'occhiataccia a Potter.

James alzò gli occhi al cielo. – Smettila di rivangare il passato, Sirius! È successo solo una volta, al primo anno, e anche tu eri d'accordo! – si difese.

Peter aggrottò la fronte. – Non avevamo usato anche un Horseblump? – chiese, sforzandosi di ricordare.

Remus scoppiò a ridere. – Si dice “Horklump”, Peter! – lo riprese, bonariamente. – E no, quello era al secondo anno, se non ricordo male! La Sprite non aveva mai visto una cosa simile – aggiunse, chinando appena il capo, come se si vergognasse.

James ghignò al ricordo. – In ogni caso, no, non mi servirà nulla di tutto ciò! Sapete essere così infantili, certe volte! – finse di ammirarsi le unghie, gonfiando il petto come era solito fare quando credeva di avere un'idea geniale. – Dopo aver assistito alla litigata tra Draco ed Hermione, sono giunto alla conclusione che assomiglino molto a me e Lily, quando non eravamo ancora così follemente innamorati – Sirius evitò di commentare l'ultima parte, chiarendo che Lily era solo folle e per nulla innamorata. – Dunque non ho potuto fare a meno di chiedere a Mary informazioni in merito e ho tratto le mie conclusioni – fece un gesto vago con la mano, come se stesse cercando di ostentare modestia.

Per un attimo calò il silenzio tra il piccolo gruppo: tutti fissavano James Potter con aria di profondo rammarico, mista a una certa dosa di rassegnazione, con un pizzico di dignità perduta.

Potter alzò un sopracciglio, come per incitarli ad assecondarlo. Sirius, che non vedeva l'ora di raggiungere la sua meta, per poi festeggiare nei dormitori, alzò le braccia al cielo, roteando contemporaneamente gli occhi. – Oh, James, quali brillanti e intelligentissime conclusioni hai tratto, di grazia? Noi tutti fremiamo dall'eccitazione! Guarda, ho la pelle d'oca! Ti rendi conto, Blackie e Hermione si odiano! Sarà un piano geniale, davvero! – calcò un po' troppo la mano, esagerando con il phatos.

James ridacchiò. – Ti ringrazio Felpato, per la tua lealtà e totale dedizione alla causa! Ricordate, è per il bene superiore! – proclamò, alzando il pugno in aria, quasi ad aspettarsi grida di gaudio e tripudio.

Remus sbuffò dal naso, poggiandosi contro una colonna. – Il suo, di bene superiore! – bofonchiò, preoccupato dalla piega che aveva preso il discorso.

Sirius gli lanciò un'occhiataccia. – Pur di farlo smettere con questi ridicoli piani, ero anche disposto a lanciare un Imperio alla Evans: non si tratta del suo bene superiore, ma della nostra sanità mentale, Remus. Abbi pietà dei miei nervi e assecondalo – In realtà, Sirius provava una sorta di malsano divertimento, nel mettere in pratica i piani sconclusionati di James: erano sempre stati due scapestrati incoscienti, loro due. Remus avrebbe dovuto mitigare il loro “spirito avventuriero” e Peter avrebbe dovuto frenarli più di chiunque altro, ma, in realtà, in modi a loro sconosciuti, quando stavano assieme nessuno frenava nessuno, erano semplicemente liberi di fare qualsiasi cosa, purché la facessero insieme. Non importava il grado di stupidità dell'idea di James, non importava quanto si dibattesse Mocciosus, non importava quanto Gazza li minacciasse di morte: provavano tutti, dal primo all'ultimo, un insano piacere per il pericolo, per la beffa e, soprattutto, per le idiozie.

Quindi non ci fu nulla di sorprendente nell'assecondare l'ennesima follia di James, nonostante quella volta, il suo “piano di conquista”, prevedesse un altro tipo di conquista.

Peter fece qualche passo avanti, guardando James con occhi curiosi. – Che cosa hai in mente? – chiese, ponendo fine a quel teatrino sconclusionato.

Potter sorrise e Sirius seppe che, quella volta, le cose sarebbero andate sempre peggio: Jamie non voleva corrompere nessuno, né corteggiare la Evans. Lui voleva manipolarla in modo sciocco e del tutto improbabile.

Si passò una mano tra i capelli, assumendo quella che riteneva una smorfia misteriosa. – Ho intenzione di far capire alla Evans le proporzioni del suo amore per me, usando una coppia a noi... come dire? Analoga? – incrociò le braccia sul petto, aspettando che Remus gli urlasse che era un vero e proprio cretino. Non accadde nulla per diversi secondi, nei quali tutti i presenti cercarono di elaborare qualcosa di sensato da dire.

Alla fine fu proprio Remus a commentare. – Vuoi mettere insieme Draco ed Hermione, per convincere la Evans a stare con te? Me è da idioti patentati, James! Hai visto come si comportano quei due? Si odiano, d'accordo? Non voglio sapere né come, né perché, ma si odiano: non sono come te e Lily, quei due non possono stare nella stessa stanza assieme o respirare la medesima aria. Comprendi? – sibilò, senza quasi riprendere fiato.

James roteò gli occhi con fare annoiato. – Okay, ammetto che potrebbe esserci qualche falla nel mio meraviglioso e brillante piano! Ma ascoltate, se convinco la Evans che Draco è perdutamente innamorato di Hermione, il suo istinto da Protagonista di un Romanzetto Rosa si farà avanti e capirà che anche lei è pazza di me – concluse, gesticolando furiosamente.

Sirius scoppiò a ridere. – Sì, certo, nel migliore dei casi riesci a non finire al San Mungo – commentò.

– Grazie per l'appoggio, Felpato! – Jamie si rabbuiò, mettendo il broncio. – Non credo che sia un'idea tanto cattiva! E, in ogni caso, Draco ed Hermione sono palesemente fatti l'uno per l'altra: è evidente – aggiunse, con ovvietà.

Peter si mordicchiò un labbro. – Non sembrano per nulla in buoni rapporti, Jamie: ha ragione Sirius, non dovremmo immischiarci nelle loro faccende! – protestò, seppur debolmente, Minus.

Remus annuì con aria saggia. – Questa volta non posso assecondarti, Jamie: hai visto anche tu cos'è successo nella Sala Grande, no? Non so perché si siano trasferiti qui assieme, ma so che si detestano. E no, – si affrettò a bloccarlo prima che potesse protestare in alcun modo. – non litigano come fate tu e Lily. Voi due bisticciate in modo quasi carino, come due adolescenti che si ronzano attorno, indecisi se darla vinta o meno all'altra. Lo sai anche tu che è una situazione del tutto diversa – sospirò, passandosi una mano sul viso: Remus aveva la strana abitudine ad atteggiarsi come un trentenne. – Quei due si odiano sul serio, Ramoso: non si rincorrono in una strana “danza dell'amore”. Fidati, se ne avessero l'occasione, si sfiderebbero in duello – concluse, facendo calare un breve (e riflessivo) silenzio.

Sirius pensò che, dopotutto, Remus aveva le sue buone ragioni per diffidare da quest'ultimo piano di conquista. Sarebbe stato perfettamente d'accordo con lui, se non fosse stato per...

James sorrise, bonario. – Stai dimenticando un piccolo dettaglio, Luastorta. – esclamò, come l'antagonista di un film thriller. – Lo smistamento – disse semplicemente, come se quella parola ponesse fine alla discussione. Davanti agli sguardi perplessi di Remus e Peter e dinnanzi a un Sirius Black piuttosto compiaciuto, James decise che era meglio spiegarsi nel dettaglio. – Draco ha praticamente bloccato in Cappello Parlante, che lo stava per smistare in un'altra Casa. Lui voleva stare con Hermione, mi sembra alquanto ovvio – spiegò, gesticolando animatamente.

Remus alzò gli occhi al cielo. – Anche se Draco fosse innamorato, Hermione mi sembrava piuttosto infelice della scelta del Cappello – lo riprese l'amico, iniziando a irritarlo.

James alzò le mani in aria, scocciato. – Perché è timida! Come Lily! Ma in realtà vorrebbero solo essere afferrate e baciate impetuosamente! –

Sirius udì un leggero tonfo infondo al corridoio. – Jamie... – lo avvertì, appiattendosi contro il muro.

– No, Black, sono sicuro che questo piano funzionerà! Faremo mettere insieme anche altre due persone! Meglio di così! – urlò.

Sirius fu quasi certo di aver udito un miagolio. – James, credo che... – iniziò, facendo qualche passo incerto verso la parte opposta del corridoio. Anche Remus parve aver percepito qualcosa.

James incrociò le braccia contro al petto, picchiettando con il piede. – Non ricominciare, tu, okay? – sibilò, inviperito.

Quella volta fu quasi certo di aver scorto l'ombra di qualcosa di peloso.

Sirius alzò gli occhi al cielo, afferrandolo per il mantello e trascinandolo in una corsa lungo il corridoio. Udì distrattamente gli altri due seguirli frettolosamente. – Razza di imbecille, se dovevi urlare in quel modo bastava dare dei croccanti allo stramaledettissimo gatto di Gazza: sarebbe stato lo stesso! – gli sibilò, mentre quasi sbatteva contro il ritratto che celava le cucine.

Jamie si affrettò a solleticare la pera e l'uscio si schiuse, rivelando un gran trambusto di pentole e piatti. – Siamo salvi – esalò Peter.

Sirius sapeva che quello scimunito di Gazza avrebbe sorvegliato i corridoio, aspettando che spuntassero fuori, ma, almeno per il momento, non se ne curò affatto.

Forse perché aveva un'improvvisa voglia di biscotti con gocce di cioccolato, forse perché sembrava che lo screzio tra Remus e James fosse stato già dimenticato, dal momento che stavano ridacchiando, forse perché fregare Gazza era sempre stato il loro passatempo preferito.

O, più probabilmente, perché Tippy gli stava offrendo, tutta premurosa, la sua meritata tazza di whisky.

 

***

 

Lily Evans era sempre stata una buona osservatrice. Era una sua caratteristica, un qualcosa che la distingueva da tutte le altre ochette.

Lei capiva le cose. Non era certo una dote che possedevano in molti.

Per esempio, capiva quando James Potter stava macchiando qualche altro subdolo piano per – testuali parole – “farla cadere ai suoi piedi”. Riusciva perfino a prevedere gli argomenti del compito di Trasfigurazione, solo osservando la McGrannitt.

Era una sua dote naturale, un suo vanto, e, quel giorno, Draco Black e Hermione Granger l'avevano mandato del tutto in tilt.

Li aveva osservati bene, quei due, sul treno per Hogwarts: le erano parsi sconvolti, irritabili e male assortiti tra loro. Ma avevano uno strano modo di comunicare con lo sguardo, occhiatacce a parte: si consultavano con una breve occhiata prima di dire o fare qualsiasi cosa, come se si conoscessero davvero bene. Ma, anche su quel punto, avrebbe avuto parecchio da ridire: sembravano conoscersi come due nemici giurati. Sapevano tutto l'uno dell'altra ma non avevano nessun tipo di rapporto affettivo. Tuttavia, durante lo smistamento, aveva visto chiaramente Draco sporgersi in avanti, come per vedere meglio Hermione e ascoltare per bene la scelta del Cappello.

Poi era giunto il momento fatidico e, ancora una volta, Draco aveva dimostrato di voler stare al fianco della ragazza, zittendo il Cappello Parlante.

Infine, davanti a tutta la scuola, avevano litigato furiosamente, dando un eccitante spettacolo all'insegna degli insulti.

Dunque, Lily Evans era alquanto incredula, difronte al loro rapporto conflittuale e misterioso.

Le ricordavano un po' lei e Sev, quando ancora si parlavano: così diversi e in contrasto, ma sempre uniti.

“Lui avrebbe zittito il Cappello per te, Lily? Credi davvero che avrebbe rinunciato ai suoi Mangiamorte per te, Lily?”.

Un po' ci aveva sperato, non poteva negarlo. Come non poteva negare di essere stata attratta da lui, al quinto anno, quando tutto era, inesorabilmente, precipitato.

Non si parlavano da quasi un anno e, almeno a lui, sembrava stare bene così.

– Oh, per le Mutande di Merlino! Lily, devi smetterla di pensare a quello stronzo di Piton, okay? È anche brutto. Insomma, non ti vuole parlare perché preferisce giocare al “Piccolo chimico”? Bene, fatti suoi! – esclamò Mary, destandola dai suoi pensieri.

La ragazza si riavviò con stizza i capelli corvini, sistemando l'elegante caschetto.

Lily mise il broncio. – Mi ha chiamata “Mezzosangue” e poi è venuto a chiedermi scusa, per poi riprendere la discussione sul Cerebroleso – chiarì. – Non era più un'amicizia, ma un continuo susseguirsi di scuse e litigi. Non potevo più andare avanti così – concluse il suo pensiero con una certa amarezza.

Mary sospirò, sedendosi sul letto di Lily a gambe incrociate. – Il “Cerebroleso” sarebbe Potter? – dedusse, preparandosi all'ennesima discussione in proposito.

Lily sbuffò sonoramente dal naso, aprendo un cassetto del comodino e afferrando una Cioccorana. – Sì, mi riferivo a lui. Ma, ti prego, non nominarlo mai più! – esclamò, decapitando la povera rana di cioccolata con un colpo di incisivi.

Mary si mordicchiò un labbro per non scoppiare a ridere. – Lily, Lily, non capirò mai perché lo odi così tanto – ribadì il concetto, forse per l'ennesima volta, aspettandosi, come sempre, una risposta più convincente.

Dato che ormai la rana era stata abbondantemente masticata e digerita, Lily afferrò una manciata di Bacchette di liquirizia e Gelatine Tutti i Gusti +1, infilandosele in bocca una dietro l'altra. – Perché – iniziò, le guance gonfie di cibo. – James Potter è un essere spregevole, un bullo della peggior specie! Per di più, un giocatore di Flippich! – Mary non ebbe cuore di dirle che si diceva “Quiddich” e la lasciò proseguire. – Si spettina sempre quei dannati capelli, come per dire “Guardatemi, sono bello, sexy e il mio manico di scopa è lungo quanto... mpdfj” – iniziò a diventare incoerente, a causa di tutte le caramelle gommose che le aveva quasi del tutto incollato i denti. – Per di più – continuò, dopo aver ingoiato un boccone grosso quanto un pugno. – si è messo in testa di amarmi. Ma sia tu che io sappiamo che non è affatto vero: lui mi vede come qualcosa di irraggiungibile e, appena si sarà stufato del giocattolino, lo butterà via. Come. Fa. Tutte. Le. Volte. – scandì bene l'ultima frase, troppo infervorata dalla rabbia per rendersi conto di quello che aveva appena detto.

Mary fece un sorrisetto furbo. – Quindi temi che ti possa scaricare di punto in bianco? – era quasi certa che, anche Lily Evans, con gli anni, si fosse rassegnata all'idea che lei e Potter, insieme, stavano davvero bene.

La rossa fece una smorfia sinceramente schifata. – No, certo che no! Io non lo sopporto, non uscirei mai con lui. – protestò, mangiando un'altra manciata di dolci.

“Ecco – pensò Mary – come non detto”.

Mary sbuffò sonoramente, sconsolata: era impossibile che Lily Evans si rendesse conto di quanto Potter fosse riuscito a fare breccia nel suo cuore, negli anni. – Sarà come dici tu – si limitò a dire, stanca di quella conversazione. – Ma se continui a ingozzarti in questo modo ogni volta che senti il suo nome, in un mese avrai il culo più grosso di quello di Hagrid! – la prese in giro, tirandole un cuscino in faccia.

Lily le fece la linguaccia. – Quanta cattiveria! Civettare con Black ti fa male! – le rispose, a sua volta, ridendo.

Mary le lanciò uno sguardo furbesco. – Quale dei due Black, esattamente? Perché Blackie Due la Vendetta non è per niente male! Hai visto che culetto d'oro? – insinuò, sciabolando le sopracciglia.

Lily alzò gli occhi al cielo, esasperata. – No, mi dispiace, ero troppo impegnata a trattenere Hermione dal prendere a calci quel culetto d'oro – rispose, candidamente, lanciando un'occhiata alla porta del bagno, dietro la quale si era rifugiata la nuova arrivata.

Mary soffocò una risata. – Che scena! Secondo me quei due avranno dei bambini stupendi: biondi, ricci e malefici – constatò, nuovamente allusiva.

La Evans aggrottò scioccamente le sopracciglia. – Credi che finiranno per stare insieme? – bisbigliò, per non farsi sentire da Hermione.

Mary scoppiò a ridere. – Beh, sicuramente c'è dell'intesa. Se non ne approfitta lei, me lo mangio io, quel bel bocconcino – esclamò la moretta, piegando le labbra in una smorfia quasi felina.

Lily, quella volta, non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. – Sei incredibile! Avresti davvero il coraggio di spassartela con... Come lo hai chiamato? Blackie? – sorrise, sconsolata, scuotendo appena il capo.

Mary le strizzò l'occhio. – Sì, in circostanze diverse. – rispose, osservandosi le unghie scarlatte. – Insomma, Hermione sembra davvero una brava ragazza, inoltre, una tensione sessuale come la loro, non può essere sprecata. Sarebbe un insulto a noi altri, poveri, sconsolati, umani! – si posò una mano sulla fronte con fare teatrale.

Lily fece una smorfia poco convinta. – Quella non mi sembra affatto intesa sessuale, piuttosto sembra sete di sangue – ribatté, lanciando l'ennesima occhiata alla porta del bagno.

Hermione si era chiusa lì dentro da venti minuti: era preoccupante. Dopo la litigata con Blackie, sembrava essere caduta in uno stato catatonico ed era corsa in bagno, senza più rivolgere una parola né a lei, né a Mary, che aveva appena conosciuto.

Non sapeva bene perché, ma quella ragazza le stava particolarmente simpatica: le si sentiva affine, come se in lei ritrovasse, in parte, qualcosa di suo. Era una strana e piacevole sensazione, in effetti.

Mary, a quanto pareva, aveva scorto l'istinto “materno” di Lily e, essendo la sua migliore amica e una delle ragazze più esuberanti e buone di tutto il mondo magico, aveva fatto di tutto per mettere a suo agio Hermione. “Almeno, pensò Lily, aveva cercato di farlo. A modo suo”

La mora ridacchiò. – Figurati! Quei due non vedono l'ora di saltarsi addosso, solo che, chissà perché, continuano a litigare – le lanciò un'occhiata obliqua molto eloquente. – Non ti ricordano nessuno, Evans? – insinuò, sorridendo di sbieco.

Lily, che aveva sperato di aver definitivamente chiuso l'argomento tabù, afferrò d'istinto una barretta di cioccolato fondente, azzannandola con ferocia. – Mpf, no, profrio neffuno – biascicò, guardando ovunque, tranne che nella direzione dell'amica.

Mary gettò la testa all'indietro, sbuffando. – Certo, infatti ti stai uccidendo di diabete proprio perché non hai la più pallida idea di che cosa io stia parlando, vero? – forse, aveva accentuato con troppa veemenza l'ultima parte della frase.

Lily si infilò il resto della barretta di cioccolata in bocca, assumendo un'espressione buffa: aveva i denti tutti sporchi. – Esaffo. Non capifco perfé defi ostinarfi a parlfe deffa mia vifa! – bofonchiò in fine, evitando accuratamente di nominare il Cerebroleso.

Forse, se si fosse ingozzata fino a rotolare, Potter avrebbe smesso di starle appiccicato.

Mary fece per aprir bocca e ribattere, quando, finalmente, la porta del bagno si spalancò ed Hermione Granger fece la sua miracolosa apparizione.

Non fece nemmeno caso a Lily con la faccia ricoperta di cioccolata: aveva la faccia contratta in una smorfia di odio e preoccupazione.

Sembrava proprio che si stesse sforzando di pensare.

Nella mano destra reggeva un fogliettino tutto spiegazzato.

Senza dire una parola, si precipitò fuori dalla stanza e giù per le scale a chiocciola.

Prima che potesse udire anche solo un soffio di vento, dalla Sala Comune giunse un sonoro tonfo.

 

***

 

Silente filmò il biglietto con uno svolazzo poi, con un colpo secco della bacchetta, imbustò due pezzetti di pergamena.

Probabilmente non aveva agito come era solito fare, in questi casi, ma aveva ritenuto che una buona notte di sonno e festeggiamenti fosse proprio quello che serviva ai due ragazzi.

Infondo, alla burocrazia avrebbero potuto pensare l'indomani.

Lanciò uno sguardo penetrante a Funny che, senza emettere un solo suono, afferrò le due buste e spiccò il volo fuori dalla finestra, sparendo tra le nuvole scure.

Albus Silente si guardò attorno, notando che tutti i quadri erano vuoti, eccetto quello del Preside Balck, che si ostinava a fissarlo.

Silente sorrise, mesto. – Cosa ti preoccupa, Phineas? – chiese, educatamente.

Il ritratto alzò il mento. – Ho saputo che un mio erede è stato smistato in Grifondoro. È la seconda volta che succede, nel giro di sette anni – constatò, piccato.

Silente si aggiustò gli occhiali, per poi intrecciare le mani sulla scrivania. – Cosa proponi, di grazia? – lo assecondò, per puro divertimento.

Il ritratto socchiuse gli occhi, circospetto. – Il Cappello Parlante ha qualcosa che non va, mi sembra logico! Due Black a Grifondoro! È come dire che l'erede di Salazar apparteneva a Tassorosso: un fesseria, ecco cos'è. – concluse, agitando le braccia, infervorato.

Gli occhi azzurrini di Silente luccicarono. – Phineas, sono sicuro che il Cappello Parlante non ha nessun difetto, io stesso mi assicuro che rimanga in buono stato. – lo rassicurò, sporgendosi in avanti. – Tuttavia, credo che quello ad aver subito qualche danno, sia proprio tu, mio caro amico: i tuoi eredi sono perfettamente in grado di capire chi sono e di fare le loro scelte – mormorò, lanciando uno sguardo al Cappello Parlante.

– Insisto perché venga controllato quell'arnese! – ribatté, risoluto.

Silente alzò gli occhi al cielo, ben attento a non farsi vedere. – Come desideri, Phineas. Ora mi faresti la cortesia di lasciarmi solo? – lo assecondò, stanco di quella conversazione.

Il ritratto socchiuse gli occhi per un breve istante, prima di chinare il capo di segno di saluto e sparire oltre la sua cornice.

Silente rimase per un attimo in silenzio, ripensando a quanto era accaduto qualche ora prima. Poi, come se si fosse rianimato improvvisamente, si rivolse a un punto imprecisato della stanza, sorridendo. – Non hai niente da dirmi? – domandò, vagamente incuriosito dal silenzio del Cappello Parlante: con un colpo di bacchetta, lo adagiò sulla propria scrivania.

L'oggetto prese vita e parve scrutarlo, pur non avendo effettivamente gli occhi. – Aspettavo che me lo chiedessi – gracchiò, la voce stridula e irritante.

Silente scrollò le spalle. – Mi sembrava che fossi furioso con il giovane Black – constatò, poggiandosi contro lo schienale della poltrona, apparentemente rilassato.

Il Cappello sbuffò. – Certo che lo sono, ma quel ragazzo aveva qualcosa di strano – buttò lì, come se non aspettasse altro che un invito di Silente per andare avanti. L'uomo fece un vago gesto della mano che parve sufficiente. – Vede, Preside, appena ho sentito i suoi pensieri, mi era sembrato chiaro che dovesse essere smistato in Serpeverde, ma il ragazzo mi ha fermato: ero furioso, certo, ma... – parve sospirare pesantemente. – Non potevo fare a meno di guardare nella sua mente e ho visto il ragazzo, ad Hogwarts. – fece una breve pausa, come se fosse incredulo. – Ho visto perfino lui da piccolo, mentre veniva smistato in Serpeverde. Ho visto la ragazza riccia, nei suoi ricordi. È come se fossero degli studenti di Hogwarts da sempre, capisce? – concluse, la voce un po' più stridula del solito.

Silente sospirò. – Capisco, capisco – borbottò, meditabondo. – Come mai lo hai smistato in Grifondoro? – si informò, infine, dopo qualche minuto di silenzio.

Il Cappello parve inorridire. – Perché me l'ha chiesto lui! – esclamò. – Ha detto che era fondamentale essere smistato in Grifondoro. Sembrava che avesse paura di qualcosa – aggiunse, catturando tutta l'attenzione del Preside.

Silente sospirò pesantemente. – Credo che tu abbia frainteso, mio caro amico. Il Signor Black sicuramente voleva solo stare vicino alla Signorina Granger – lo rassicurò, ponendo fine alla conversazione.

Di certo, quello non era il vero motivo, ma non era il caso di dirlo al Cappello Parlante.

Silente era da subito stato catturato da quei due ragazzi: gli sembravano familiari e sconosciuti allo stesso tempo. Poi, ovviamente, se si aggiungeva il fatto che non si aspettasse l'arrivo di due nuovi studenti e che i loro nomi erano comparsi (magicamente) sull'elenco dei ragazzi da smistare, la faccenda si presentava alquanto misteriosa.

La notizia si era diffusa in fretta tra gli studenti, sull'espresso per Hogwarts, fino ad arrivare alle orecchie degli stessi professori. Ma la maggior parte di loro sembrava non aver notato la loro insolita presenza. Si erano infiltrati e sembravano a loro agio ad Hogwarts.

Tutto ciò, poteva significare solo una cosa, Silente lo sapeva bene.

Potevano rappresentare una minaccia? Non volontariamente, almeno.

Sembravano solo due poveri ragazzi spaesati, misteriosi e spaventati.

Già, spaventati.

Lo erano eccome.

Ma la vera domanda – quella che preoccupava di più il Preside – era cosa li spaventasse così tanto.

Credeva di avere già la risposta e sapeva di non poterne chiedere conferma.

Ecco, il peggior incubo di Albus Silente: osservare in silenzio senza porsi domande.

Chiuse gli occhi per un istante, sperando che fossero abbastanza furbi da non commettere errori, altrimenti sarebbe giunta l'apocalisse.

E, Silente ne era certo, nessuno era ancora pronto per una cosa simile.

 

 

 

Ho avuto sinceramente paura che qualcuno di voi mi uccidesse: lo so, sono passati parecchi mesi dall'ultimo aggiornamento.

Vi ho lasciato mooolto in sospeso con quell'ultima uscita di Hermione e chiedo umilmente perdono! Nell'ultimo periodo sono stata molto presa dallo studio e, nei momenti liberi, ero così stanca che non riuscivo nemmeno a scrivere il mio nome.

Non è una motivazione molto originale, lo so, ma sono rimasta indietro con altre ff e ho dato la precedenza a quelle che avevo “abbandonato” per prime.

Comunque sono nuovamente qui, con un capitolo bello lungo e, spero, divertente. L'esagerazione dell'emotività di Draco è totalmente voluta, sia chiaro: mi piace pensarlo come un ragazzo antipatico e spocchioso che ha la mania di gonfiare in maniera esorbitante qualsiasi faccenda. Hermione sembra sul punto di avere una crisi di nervi, ma questo per lei è del tutto normale!

Ho preferito optare per un capitolo leggero e focalizzato sui “nuovi/vecchi” personaggi della saga. Il motivo è piuttosto semplice: volevo inserirli per bene all'interno della storia, facendoli fin da subito scontrare con Draco ed Hermione. Potty sembra proprio giunto alle strette con la Evans: chissà, se la comparsa di Draco ed Hermione mutasse la loro storia d'amore?

Cosa ne pensate di Mary? Per chi non si ricordasse di lei, è la ragazzina che cita Lily nel settimo libro, nel pensatoio, quando lei e Piton litigano furiosamente fuori dalla Sala Comune di Grifondoro. Diciamo che ho un po' modificato il personaggio, rendendolo molto più vivace e arzillo.

Vi chiedo umilmente perdono se ho sbagliato a scrivere qualcosina ma ho dovuto cambiare pc e io e il nuovo programma di scrittura non andiamo molto d'accordo!

Come sempre, ringrazio infinitamente tutti coloro che seguono la storia, coloro che l'hanno aggiunta alle preferite o alle storie da ricordare! Infine, mando un bacio e un grande, grandissimo, grazie e tutte le splendide persone che recensiscono la mia storia: il vostro aiuto è fondamentale, ricordatelo!

Al prossimo capitolo!

-Rose x

 

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Capitolo 5
*** La Pulce, il Cerebroleso e il Fascinoso. ***


 

LA PULCE, IL CEREBROLESO E IL FASCINOSO.



Blaise aveva rimuginato per molto tempo sul quel primo – fatidico – giorno di scuola. Draco lo aveva, brutalmente e scorrettamente, “convinto” a partecipare nuovamente al settimo anno.

Woa! Evvai! Gaudio e tripudio!

Già, era davvero al settimo cielo: oramai, alla veneranda età di diciotto anni, Blaise Zabini si poteva definire un uomo fatto e finito, che aveva avuto le sue esperienze – esperienze davvero interessanti e formative, a parer suo – e che era più che pronto a buttarsi nell'oceano delle donne mature. Era certo che uno tsunami di femmine lo avrebbe investito, non appena rilevata l'ingente somma di denaro che gli spettava di diritto, e che avrebbe ottenuto in poco tempo un ruolo di prestigio all'interno del Ministero.

Sì, probabilmente starete pensando che sia un illuso, un ragazzo pieno di aspettative campate per aria, tuttavia, Blaise Zabini era tutto, fuorché questo.

Il giovane, da buon Serpeverde, era acuto e piuttosto sveglio: era conscio del fatto che avrebbe raggiunto le vette del successo in poco tempo.

Perché, vi state chiedendo? Perché Blaise Zabini possedeva quella bellezza nobile, fiera e delicata, quella bellezza che non sciupava con il tempo. Lui aveva il viso di un cammeo, levigato e diafano, perfetto in ogni suo punto. Lui, un Purosangue come lui, poteva avere tutto ciò che voleva.

Il binomio “fondo fiduciario-bellezza sconvolgente” era stato da tempo testato e ritenuto altamente efficace: chi, se non lui, era più adatto ad apparire sulla Gazzetta del Profeta, al fianco di quei vecchi rugosi e rinsecchiti? Chi, se non lui, avrebbe potuto aumentare la visibilità della politica interna?

Il buon Lucius Malfoy lo aveva fatto a suo tempo, con il suo viso affilato e ben fatto, non aveva avuto rivali. Draco, tuttavia, non avrebbe avuto una fortuna simile: era stato, irreparabilmente, macchiato dalla spiacevole presenza dell'Oscuro Signore.

Poco importava che non avesse mai ucciso nessuno, poco importava che non avesse mai fatto nulla, se non preservare la sua pellaccia: non si era comportato da eroe, dunque era stato semplicemente messo da parte.

Blaise aveva avuto la fortuna di starne fuori, di preservare il suo bellissimo fisico.

Tuttavia aveva preso un abbaglio, quell'estate, quando Malfoy lo aveva ospitato nella sua enorme villa. Il suo “Migliore Amico” lo aveva “gentilmente” “spronato” a seguirlo “con gioia e felicità” per il loro ultimo anno ad Hogwarts.

Sarebbe stato bello se avesse provato a convincerlo con un'arringa degna di un film strappalacrime babbano, appellandosi alla loro amicizia sana e duratura, ricordandogli i bei tempi passati e le loro scappatelle notturne. Tuttavia, Blaise non era sicuro che Draco fosse quel tipo di persona: lui non chiedeva, ricattava al fine di ottenere ciò che voleva. E su Zabini, dopo sette lunghi anni di convivenza, aveva materiale a sufficienza per costringerlo a vestirsi da donna e proclamare il suo amore a quello stupido semplicciotto di Weasley.

Nonostante fosse convinto di poter risultare sexy e “arrapante” anche in vesti femminili, non era il caso di tirare troppo la corda, se si trattava di Draco Malfoy. Così, aveva semplicemente “deciso” di “sua” “spontanea volontà” di supportare il suo “migliore” amico.

E il tutto, sarebbe anche potuto risultargli sopportabile, se Draco non avesse deciso di mettere il muso. Per tutto il tempo.

Aveva trascorso intere ore a far finta di ascoltare i discorsi sconclusionati di Pansy su lei e Malfoy, nonostante quest'ultimo non le avesse nemmeno rivolto un'occhiata, su come si sarebbero divertiti e fatti compagnia in quell'ultimo anno! E sarebbero anche potuti uscire assieme dopo la fine della scuola, continuando a passare del tempo assieme, no?

Blaise, in definitiva, aveva trascorso tutto il viaggio a fissare le tette di Pansy, invocando Santo Salazar affinché la mettesse a tacere definitivamente.

Non capiva perché si doveva comportare in quel modo davanti a Draco: le piaceva da sempre, questo era chiaro, così come era lampante il fatto che non fosse ricambiata, ma solo sfruttata per una “cosa veloce”.

Pansy aveva delle qualità, nel profondo... forse molto, molto, in profondità. Ma erano pur sempre delle qualità, no? Per esempio... con lei non esistevano silenzi imbarazzanti, anche se, tecnicamente, in sua presenza il “silenzio” in generale era pura utopia. Forse... uhm... Okay, aveva delle gran belle tette. Quella era una qualità fondamentale, dopo tutto, no?

Così, a poche ore dalla loro partenza da Londra, Blaise si era chiesto il perché della sua presenza lì, se Draco non gli aveva minimamente rivolto la parola. Aveva quasi deciso di perdonare questa sua grave mancanza, quando si era reso conto che il suo presunto amico non era salito sulla sua stessa carrozza.

A quel punto, aveva incrociato le braccia sul petto, fumando come una ciminiera per la rabbia. Blaise era un ragazzo così perfetto, così splendido, così amorevole...! Non meritava, nella maniera più assoluta, quel trattamento scortese e, per di più, indifferente.

Negli anni si era abituato all'indifferenza di Draco nei confronti di chiunque, eccetto sé stesso e la cricchia di Potter, tuttavia Blaise non era mai stato una palese vittima di questo suo comportamento.

Indifferenza.

La sola idea gli metteva i brividi.

Per Salazar, nessuno poteva essere indifferente davanti a lui, la perfezione fatta persona, il sogno proibito di tutte le ragazzine di Hogwarts e di una buona parte delle loro madri.

Indifferenza.

Sì, ci era rimasto male e, da ragazzo maturo quale era, gli avrebbe tenuto il broncio – il suo sensuale e magnifico broncio, causa di molti attacchi di cuore fulminanti – per tutto il resto della settimana.

Almeno, aveva deciso che sarebbe stata solo una settimana, prima di vederlo arrivare al castello in carrozza, con la Granger.

Il broncio, che rischiava di mutarsi in un ringhio risentito, si era fatto improvvisamente più pronunciato.

C'era qualcosa di totalmente sbagliato, nel vedere Draco addosso alla Granger: un Malfoy, Purosangue fino alla punta dei suoi purissimi capelli argentati, che posava le sue delicate e sofisticate mani, sul sudicio corpo della Mezzosangue capostipite dei Grifonscemi. Assurdo.

Dovette lanciare un'occhiata alle tette di Pansy, per essere sicuro di non star sognando: impossibile, un seno del genere non poteva essere una mera illusione.

Nemmeno il vecchio trucco dello “stropicciarsi gli occhi” aveva funzionato granché e Draco, con tutta l'indifferenza di cui era capace, gli aveva solo detto di aver fame.

Stava giusto prendendo la mano con la tattica del “broncio settimanale”, quando aveva visto il suddetto biondino fare l'occhiolino alla Granger.

In tutto quello, c'era davvero qualcosa di strano e sbagliato, nella maniera più assoluta.

Ma Blaise ancora non sapeva e non poteva immaginare quello che sarebbe successo di lì a poco, al suo presunto migliore amico.

Se ne avesse avuto anche solo una minima idea, i successivi mesi sarebbero stati molto meno movimentati e affollati. Se solo avesse saputo quello che passava per la mente di Draco, poco prima che sparisse nel nulla, avrebbe risparmiato a lui, a Pansy e al trio dei Grifonscemi un bel po' di grane.

 

***

 

Draco Malfoy lanciò uno sguardo al paesaggio oltre il finestrino: la brughiera aveva lasciato il posto a dei mondi bassi e verdi, di quel verde umido e uggioso, che gli faceva tanto ricordare il paesaggio attorno a Hogwarts.

Era – o meglio, erano – vicini.

Stavano per far ritorno, per la seconda volta quel giorno, nel posto a loro più familiare e vicino.

Spostò lo sguardo sulla Granger, che, dopo averlo costretto a mangiare qualcosa, si era appisolata. Quella stupida Mezzosangue sarebbe stata solo di intralcio, se lo sentiva!

Come poteva collaborare – o almeno far finta – senza rischiare si soffocarla nel sonno? Chi lo avrebbe spiegato poi, a San Potter? Con chi avrebbe sognato di copulare poi, Lenticchia? Probabilmente Weasley sarebbe rimasto vergine a vita, che tristezza.

Si passò una mano sul viso, combattendo la stanchezza: se pensava all'astinenza a vita, gli veniva la febbre.

Già, come avrebbe fatto, lui, lì? Avrebbe potuto rischiare di mettere incinta qualcuno! O peggio, accoppiarsi con la madre di chissà chi! Sarebbe stato troppo anche per lui.

Sospirò: gli veniva quasi da ridere, al solo pensiero che la Granger era l'unico essere vivente (perché era umana, vero?) lontanamente scopabile, in quel dannato posto.

Perfetto, quello era il suo inferno personale!

Quell'elfo lo voleva morto: se lo avesse castrato direttamente, gli avrebbe fatto più piacere dell'attuale situazione. Insomma, lui aveva certe esigenze!

Sospirò ancora una volta, grattandosi la nuca: avrebbe potuto stare molto attento e scegliere solo alcune ragazze, in modo da essere sicuro...

– Sei il ragazzo nuovo? – una voce, a qualche metro di distanza, lo fece ridestare da quel suo piano malefico.

Alzò appena lo sguardo, facendo saettare in su un sopracciglio, scocciato. Possibile che non potesse stare solo un attimo?

Esaminò attentamente il proprietario della suddetta voce, schioccando la lingua in segno di approvazione: era un purosangue, poco ma sicuro. Almeno, non avrebbe dovuto intrattenersi con della putrida feccia.

Lo sconosciuto era di bell'aspetto, certamente non bello quanto lui, ma quasi: aveva dei tratti affilati, nobili e puri; occhi grandi e penetranti di un malizioso color cioccolato, perfettamente intonati ai capelli leggermente lunghi e ondulati. Sembrava la versione mora, meno raffinata e curata di Draco Malfoy.

Il biondo incrociò le braccia al petto. – Dipende. Chi lo vuole sapere? – questa volta, alzò entrambe le sopracciglia, spronandolo a parlare.

Il ragazzo, poggiato all'uscio, gettò la testa indietro, ridacchiando. – Hei, dolcezza, questo puzza di Durmstrang! – urlò, riferendosi a qualcuno in corridoio.

Si sentirono dei rumori attutiti di porte chiuse e passi felpati. – Non chiamarmi così, razza di scimunito! – sibilò una seconda voce, questa volta appartenente ad una donna.

Se non fosse stato assolutamente certo del fatto che la Mezzosangue stesse dormendo davanti a lui, avrebbe detto che quella voce era proprio la sua!

Una mano, piccola e rigida, fece capolino dalla porta dello scompartimento, finendo dritta sulla nuca del Purosangue moro. Questi, grugnì come un cavernicolo, borbottando una mezza imprecazione. – Non era riferito a te, Pulce, tranquilla – esclamò una terza voce, anch'essa maschile.

La ragazza sbuffò appena, prima di entrare nello scompartimento, seguita dal terzo misterioso ragazzo, che girò il capo per sussurrare qualcosa all'orecchio dell'amico Purosangue.

Draco, che aveva osservato distrattamente quel siparietto ridicolo, aveva nuovamente rivolto lo sguardo verso il finestrino, aspettando che quelle seccature si levassero dai piedi.

La ragazzina – Pulce – era davvero piccola e delicata, anche se appariva piuttosto agguerrita: era un miscuglio di personalità contrastanti. Poteva avere al massimo quindici anni.

Si sporse verso di lui, scacciando con una mano una ciocca di capelli ribelli. – Sei il ragazzo nuovo? – gli chiese, conciliante.

Grugnì anche lui questa volta, ma per un motivo ben diverso.

Quella, ne era certo, era una Nata Babbana.

Lasciò vagare lo sguardo fino ad incrociare gli occhi serrati della Granger. Alzò gli occhi al cielo, indispettito da tutta quella situazione: perché doveva parlare con una babbana? Gli bastava (e avanzava) la Mezzosangue.

– Un grugnito sì e due no? – scherzò il terzo ragazzo, cercando di essere divertente. Draco non si voltò nemmeno per vedere che faccia avesse, nonostante quella voce gli risultasse familiarmente irritante.

Sospirò ancora, lanciando un'occhiata incuriosita alla ragazzina che, sicuramente, era una di quelle scocciature su due piedi, sempre pronta a ficcare il naso negli affari altrui. Ad Hogwarts, di elementi simili, ce ne erano da vendere! Doveva aspettarsi la comparsa del club delle Ragazzine Allupate, diamine. Perché non aveva pensato all'eventualità che qualcuno, dal vetro della porta, scorgesse la sua bellezza angelica? Come aveva fatto ad essere così idiota da pensare che, un Dio greco come lui, potesse passare inosservato? Era capitato, in più di un'occasione, che le ragazze facessero la fila davanti al suo scompartimento, negli anni passati. Tuttavia, in seguito alla Guerra, si era quasi dimenticato di quelle fastidiose e adulanti creature. Insomma, adorava essere al centro dell'attenzione, ma detestava con tutto sé stesso essere circondato da una marea di ragazzine alte un metro e cinquanta circa. Quel tipo di “fan” le lasciava volentieri a Nott e a Blaise, che le definivano “un investimento per il futuro”: in pratica, nel giro di qualche anno, erano sicuri che gliel'avrebbero data. Draco aveva più senso pratico e preferiva concentrarsi sugli investimenti sicuri e già altamente sviluppati, come le sorelle Greengrass, Pansy e la schiera di Corvonero che gli ronzava attorno.

Esaminò attentamente la ragazzina, rendendosi conto dell'errore di valutazione: sembrava più piccola a causa della statura e del maglione largo e lungo, che copriva quasi tutto il suo busto, facendola assomigliare a una sorta di pacco postale. Draco fu sorpreso dal constatare che sì, la Pulce doveva avere un bel seno, pieno e tondo, sotto quello strato eccessivamente ampio di lana, e delle gambe, corte e secche, che non erano certamente da buttare via. Inoltre, il viso aveva da poco perso quei tratti tondeggianti, tipici dell'infanzia, rendendoli sottili e meno paffuti, con zigomi alti e delineati. Nel complesso, avrebbe anche potuto definirla “bella”, se solo si fosse curata di più.

Non riuscì a trattenersi dal voltare lo sguardo verso la Granger: perché le Nate Babbane avevano seri problemi con il guardaroba?

Riportò l'attenzione sulla suddetta Pulce, incapace di capire dove l'avesse già intravista: era probabile che avesse incontrato la sua prole o peggio, che fosse la madre di qualcuno che conosceva! Ecco, era davvero all'inferno: come poteva sapere chi fosse la genitrice di chi? Come poteva anche solo flirtare con qualcuno, sapendo di poter conoscere suo figlio?

Eppure, quella donna l'aveva già vista: la bocca, dalle linee piene e armoniose, era terribilmente familiare, così come la fossetta sulla guancia sinistra e, i suoi occhi, di un verde acceso e penetrante, lo confondevano e irritavano allo stesso tempo.

“Chi diavolo sei, donna?” si ritrovò a pensare, mentre nello spazio angusto in cui erano costrette ben cinque persone, era calato un silenzio imbarazzante.

Il ragazzo sbuffò dal naso, palesemente irritato. – Draco, mi chiamo Draco – sibilò, continuando a osservare la rossa, cercando di capire chi fosse e cosa gli ricordasse.

La ragazza sorrise, porgendogli la mano, cordiale. Gesto, che lui ignorò tranquillamente: un conto era ammettere che fosse bella, ma stringere la mano a una babbana, era tutta un'altra storia.

La versione mora di Draco fece qualche passo avanti, continuando a sorridere: era quasi inquietante. – Allora dimmi, biondino, da quale regale famiglia provieni? – questa volta fu il turno di Draco, per sorridere: il ragazzo non era stupido e, come lui, aveva un certo occhi per i dettagli.

Draco si bloccò, proprio prima di dire “Malfoy”, con il suo classico tono di sfida e orgoglio. – Black – fu tutto ciò che disse, invece.

Il ragazzo sgranò appena gli occhi, stupefatto. – Non ci sono Black, ad Est – ribatté, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso.

Draco alzò un sopracciglio, davvero seccato da tutta quella situazione: chi diavolo era quel tizio, per lanciare simili insinuazioni? – No, è vero, non c'è nessun Black – concordò, la voce calma e leggera. Fece un veloce calcolo mentale, ricordando di come sua madre fosse addolorata per la perdita di Alphard, uno dei suoi parenti prediletti. – Mio padre è morto l'anno scorso – concluse, sicuro di sé.

Il moro alzò le sopracciglia, decisamente sorpreso. – Zio Alphard non aveva figli – rincarò la dose di accuse, come se davvero non credesse a nulla di tutto quello che gli aveva detto.

Zio?

Questa volta fu il turno di Draco, per le sorprese inaspettate: fece un altro rapido conto, incapace di credere di non aver pensato a quell'eventualità.

Prese un respiro profondo, cercando di non pensare a chi altro potesse incontrare, cercando di non pensare a chi avesse davanti. – Tu devi essere Sirius, mh? – la sua voce risultò ferma e annoiata, quasi stesse constatando l'ovvio. Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, facendo un vago gesto della mano. – Sì, sì, siamo cugini, è un piacere conoscerti e bla bla bla – gli sorrise amabile.

Sirius – Sirius Black, padrino di Harry Potter, ucciso da zia Bellatrix – ricambiò il sorriso con aria interessata. – Quanto odi i tuoi parenti, da uno a dieci? – lo stava per caso testando?

Draco alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a credere a quanto fosse infantile quel ragazzo.

Valutò il modo in cui rispondergli: tecnicamente, lui non sopportava Sirius Black, né sua madre, né suo padre. Dunque non era una menzogna, ammettere che il suo odio nei confronti dei Black e dei Malfoy si aggirasse attorno al... – Nove e mezzo – Salvava solo Andromeda, di quella sciagurata famiglia.

Sirius fu alquanto soddisfatto della risposta. – Con chi sarebbe accasato, zio Alphard? Era l'unico con un po' di sale in zucca, effettivamente... forse è scappato in Russia per non sopportare mia madre. La cosa avrebbe perfettamente senso – lo informò, aggrottando appena le sopracciglia.

Se i suoi calcoli non erano errati, Sirius Black era fuggito di casa poco dopo la morte di Alphard Black, che gli aveva lasciato una somma di denaro non indifferente, per andare a vivere con i Potter.

Dunque doveva supporre che facesse domande riguardo a lui, dato che lo zio aveva donato tutto al nipote.

– Cecilia Malfoy, entrambi erano stati cancellati dai rispettivi alberi genealogici – lo informò, prima che potesse fare domande anche su di loro.

Draco sapeva perfettamente che, se Sirius Black era davanti a lui... no, non doveva pensarci: ne andava della sua salute mentale e fisica!

Black parve assimilare l'informazione come se nulla fosse, stringendosi nelle spalle, segno che non aveva idea di chi fosse Cecilia Malfoy. – Che bello, il cuginetto biondo di Blacky – esclamò la ragazza dai capelli rossi, senza nemmeno provare a nascondere il disgusto.

Sirius la fulminò con lo sguardo, aprendo la bocca per risponderle a modo, quando il terzo ragazzo, intervenne, facendo morire la discussione sul nascere. – Calma, ragazzi, non fatevi riconoscere, come sempre! – la sua voce, calda e provocatoria, era terribilmente familiare. Quella voce gli era nota, anche se sapeva benissimo che era impossibile che lui fosse lì.

Draco, sapeva che esisteva un'unica spiegazione per quella fottuta presenza: non poteva ignorare la cosa, non poteva semplicemente far finta che quell'essere non fosse a pochi metri da lui.

Poco prima, aveva pensato che l'astinenza dal sesso fosse la cosa peggiore che gli potesse capitare: quanto si era sbagliato!

Puntò ostinatamente lo sguardo sulla Mezzosangue, del tutto ignara di quanto la situazione fosse critica. Se Draco avesse fatto finta di nulla, se solo si fosse limitato a fissare la ragazza, quelle seccature se ne sarebbero andate e lui avrebbe vissuto felice e in astinenza da sesso.

Bastava ignorare del tutto quella voce, no? E, soprattutto, non doveva guardare in faccia quella terza figura. No, non poteva. Nel modo più assoluto!

Se non l'avesse guardato in faccia, lui semplicemente non sarebbe stato .

La rossa, di cui ormai aveva intuito il nome, sbuffò sprezzante. – Certo, certo: ora ti improvvisi una persona matura? Per Diana, Silente ha attentato alla mia vita, dandoti quella stupida spilla da Prefetto! Sei una piaga dell'umanità! E smettila di passarti quella cavolo di mano tra i capelli: non è un gesto sexy, ma irritante! Sembra che hai le pulci! – strillò, aumentando, almeno agli occhi di Draco, la somiglianza che aveva con la Granger. – Volevo solo evitare di farti dare di matto, Evans – la rimbeccò, ironicamente, l'essere in questione. – Ma, a quanto pare, la mia sola presenza ti da' alla testa. Lo so che sei pazza di me, Pulce – disse, il tono di voce basso e suadente.

Si udì una risata sprezzante, molto simile alla risata standard di Draco Malfoy: lui sapeva, se lo sentiva. Sapeva cosa avrebbe detto Pulce all'essere, perché era semplicemente quello che lui, per anni, ormai, ripeteva a loro figlio.

Così, con fare teatrale e stizzoso, Lily Evans alzò il mento in aria, limitandosi a die: – Ti piacerebbe, Potter – .

 

***

 

Blaise era sicuro di star per morire.

Lo aveva capito nel momento stesso in cui Potter, Harry Potter, Eroe del Mondo Magico, lo aveva inchiodato con lo sguardo, davanti a tutta la scuola.

Se lui, San Potty, aveva ucciso l'Oscuro Signore con un banalissimo Expelliarmus, non osava immaginare cosa avrebbe fatto con le sue bellissime ed eleganti membra.

Non solo aveva trascorso la notte in bianco, aspettando che Draco rientrasse dal suo incontro romantico, giusto per tenergli il muso e non rivolgergli la parola, ma doveva anche immolarsi per la causa. Il suo migliore amico aveva deflorato, con ogni probabilità, quella feccia della Granger e, dato che aveva avuto la brillante idea di sparire nel nulla, San Potty e Fido Weasley lo avrebbero ucciso, lasciando il suo cadavere come avvertimento per le Serpi future.

Oh, che atroce destino lo attendeva!

Chiuse un occhio, piegando il capo di lato, come a sottrarsi dalla furia del Grifonscemo, quando sentì la presa ferrea delle dita del Prescelto, attorno al suo delicato collo di Purosangue.

Blaise avrebbe voluto urlare qualcosa di tragico ed eroico, guadagnandosi una fine meritevole, agli occhi degli altri studenti. Avrebbe dovuto urlare a squarciagola qualcosa tipo “Fuggite, sciocchi! Verrano a prendere anche voi, Purosangue! Scappate e ricordate il mio nome, come vostro salvatore!”.

Non ebbe nemmeno il tempo materiale di aprire gli occhi e urlare, che la presa di Potter sparì, sostituita da un altro atroce dolore, questa volta situato nella zona dell'orecchio.

Anche davanti a questa tortura inaspettata, Blaise tentò di ribellarsi con coraggio, alzandosi in piedi, pronto a fronteggiare la nuova minaccia, che aveva messo a terra sia Potter l'Eroe, sia Blaise il Magnifico. Tuttavia, non appena si alzò in piedi, il dolore all'orecchio aumentò e venne brutalmente trascinato verso l'entrata della Sala Grande.

Lui e Potter, anch'esso prigioniero di tale atrocità, si scambiarono uno sguardo confuso, per poi rivolgere un'occhiataccia al loro carnefice.

Inizialmente Blaise si era aspettato di vedere quello scimunito di Hagrid, tuttavia si trovò a una spanna dal viso di Lunatica. La ragazza, che possedeva la forza di un Troll di montagna, aveva un'espressione serena sul viso e l'aria trasognata.

Li trascinò, trotterellando tutta allegra, fino ad un'aula vuota e buia, che puzzava un po' di muffa e umidità.

Quando finalmente li lasciò andare, Potter fece un passo verso di lui, ringhiando qualcosa che, con ogni probabilità, doveva essere “Dimmi dov'è Malfoy!” o almeno, quello fu il significato che gli attribuì Blaise.

Zabini si affrettò ad alzare le mani, in segno di resa, facendogli capire che era addirittura disposto a perdere il suo tempo con lui, piuttosto che essere torturato dal Prescelto e dalla Donna-dai-pollici-di-ferro. – Sfre.. em, Potter, calmati! – si affrettò a dire, notando che ormai erano a una spanna l'uno dall'altro.

Nel frattempo, Lunatica aveva preso a canticchiare un motivetto allegro, che assomigliava molto di più a una marcia funebre.

Fido Weasley e Piattola fecero irruzione nella stanza, ansimanti e grondanti di sudore, subito seguiti a ruota da Pansy, che sembrava sempre più preoccupata per i suo Dacucciolo.

Lenticchia si affrettò a lanciare un'occhiata confusa a Lunatica, tutta presa dalla canzoncina, che il quel momento fissava ammirata una piuma che svolazzava tra i granelli di polvere.

Quello era, in assoluto, un giorno da cancellare.

Fido Weasley si grattò la nuca, acquistando un po' del colore che aveva perso a causa della preoccupazione per la Mezzosangue. – Luna, perché lo hai fatto?! – esclamò.

Blaise aggrottò appena la fronte. Luna? Si guardò attorno, cercando di capire a chi si stesse riferendo. Lunatica, per l'appunto, si ridestò dal suo stato più o meno comatoso, stampandosi un sorriso smagliante sul volto. – Oh, beh... Harry aveva la testa piena di Borbottili*, non volevo certo che facesse del male a Blaise a causa loro! – spiegò, tutta convinta. *[Sono creature inventate da me, non sono mai stata né citate né accennate da JKR].

Zabini si mordicchiò appena il labbro, decisamente confuso: dunque il vero nome di Lunatica era... Luna? Che strano, era convinto che si chiamasse proprio così. Si guardò attorno, conscio del fatto che non conosceva i veri nomi di nessuno, là dentro, ad eccezione di Pansy e San Potty.

Potter, per l'appunto, scosse appena il capo, decidendo di non dar peso alle parole della biondina. – Zabini, parla! – ringhiò, questa volta scandendo bene le sillabe.

Blaise deglutì, sperando di non essere vittima del suo micidiale Expelliarmus. – Non so dove sia finto Draco! A stento mi ha rivolto la parola, da quando siamo saliti sul treno! – spiegò, gesticolando frettolosamente.

Potter aggrottò le sopracciglia, passandosi una mano tra i capelli. – Mi stai dicendo che è da ieri sera, quando si è allontanato dalla Sala Grande, che non lo vedi? – chiese, scettico.

Blaise si limitò ad annuire, per poi fare un verso sprezzante. – Certo, che non l'ho più visto! Si sarà appartato con la Mez... con la Granger da qualche parte! – insinuò, godendosi la faccia sconvolta di Lenticchia: sembrava aver appena ingoiato uno Schipodo. Intero.

Lo Sfregiato assottigliò lo sguardo, facendo un altro mezzo passo in avanti. – Hermione non avrebbe mai fatto una cosa simile! – sbraitò, subito appoggiato da Fido Weasley, che aveva preso ad annuire vigorosamente, più per convincere sé stesso che per spalleggiare l'amico.

Blaise, ritrovato il coraggio perduto, e sicuro che Potter non lo avrebbe disarmato, sorrise con aria falsamente docile. – Davvero? Perché, guarda caso, Draco non è volutamente salito sulla nostra carrozza, ieri. Ma è arrivato al castello con la Granger spalmata addosso. Poi, a cena, le si è avvicinato con una scusa e lei lo ha seguito. Non ti sembra un po' sospetto, Potter? – elencò con eleganza Blaise, indicando ogni “prova inconfutabile” con un lungo dito della mano.

San Potty sembrò sbiancare e poi imporporarsi nel giro di un secondo ma, proprio quando stava per estrarre la bacchetta – sicuramente per disarmarlo e ucciderlo – la Preside fece irruzione all'interno dell'aula, spalleggiata da Lumacorno e Hagrid.

Perfetto.

Minerva McGrannitt alzò entrambe le sopracciglia, chiaro segno di disappunto. – Cosa diamine sta succedendo, qui? – chiese, la voce ingannevolmente dolce e premurosa.

Blaise, che aveva rischiato di morire non meno di quattro volte, quella mattina, rischiò seriamente un colpo apoplettico. Luna, che nel frattempo si era avvicinata con passo felpato, gli pizzicò una ciocca di capelli, usando i suoi pollici micidiali. Blaise fece un salto alto tre metri, lanciandole un'occhiataccia piena di risentimento. – Avevi un Nargillo attaccato alla nuca. Sono molto pericolosi, sai – gli sussurrò, come se gli stesse rivelando un segreto scottante.

Blaise, per tutta risposta, si allontanò di un passo da quella strana ragazza. – Tu sei tutta matta – sibilò, lanciandole l'ennesima occhiataccia.

Lunatica si limitò a sorridergli, raggiante.

Potter, che oramai era divenuto la mascotte ufficiale dei Grifonscemi, fece un passo verso la Preside. – Hermione è sparita. – disse semplicemente, scambiando una lunga occhiata con la donna.

Blaise fece una smorfia: nessuno aveva pensato a Malfoy? Sì, insomma, doveva ancora tenergli il muso, ma meritava una sepoltura decorosa, nel caso in cui la Granger lo avesse fatto fuori e fosse scappata in Brasile. – Anche Draco è sparito. – aggiunse Pansy, addolorata.

Blasie, notando lo sguardo lampeggiante della Preside, si affrettò a chiarire. – Sono spariti assieme – quella piccola modifica, fece digrignare i denti di San Potty, che si voltò, pronto a fronteggiarlo per l'ennesima volta.

Gli puntò un dito contro, minaccioso. – Chiudi quella fogna, Zabini! Malfoy ed Hermione non si sono appartati da nessuna parte, okay! – sicuramente, l'ultima frase doveva essere una domanda retorica, ma suonò terribilmente come una minaccia.

Blaise, che aveva iniziato a provare un certo gusto nel guardare in faccia la morte, alzò un sopracciglio scuro, assumendo una posa da perfetto stronzo. – Cosa vorresti dire esattamente, Zabini? – chiese la Preside, richiamandoli all'ordine con uno schiocco di lingua.

Blaise si sedette pigramente su un banco, iniziando a stufarsi di tutta quella situazione noiosa: per lui la “cosa” era talmente chiara, che non sentiva nemmeno il bisogno di parlarne. – Vede, Preside, ieri sera Malfoy si è categoricamente rifiutato di salire in carrozza con me, cosa alquanto strana, dato che, dati i tempi che corrono, non ha amici al di fuori di me, Pansy e Nott – spiegò, la voce limpida e pimpante. – Tuttavia, è arrivato al castello con la Granger. Da soli, sull'ultima carrozza disponibile, come se avessero un appuntamento. Capisce? Si potrebbe anche pensare a una sfortunata coincidenza, se non fosse che, durante il banchetto, Draco si è avvicinato al tavolo dei Grifonsc... Grifondoro e ha detto qualcosa alla Granger, come se le stesse chiedendo di vedersi. E, quando se n'è andato, lei lo ha seguito in tutta fretta! – sciabolò le sopracciglia con fare eloquente, destando una risatina da parte di Lumacorno, prontamente zittita da un'occhiataccia della Preside.

La McGrannitt, irrigidendo le labbra, guardò tutti i presenti, inserendoli nell'interrogatorio. – Dunque le cose si sono svolte in questo modo? – chiese, verificando la tesi di Blaise.

Lunatica annuì con fervore, attirando su di sé l'attenzione. – Oh, sì, assolutamente! Anche Hermione ha insistito perché Harry salisse al suo posto sulla carrozza, restando da sola nel piazzale. E, quando è tornata al castello, era piuttosto vicina a Draco. E poi, beh... lui le ha fatto l'occhiolino a cena... – disse tutto mantenendo un tono canzonatorio, quasi stesse raccontando una storiella divertente. – Se ci pensate, sono davvero una bella coppia – aggiunse, dondolandosi sul posto. Questa sua ultima uscita, venne accompagnata da vari “blah” e risate di scherno.

La McGrannitt serrò la mascella, stentando a credere a una simile unione. – Qualcuno di voi ha sentito cosa ha detto Malfoy alla Granger, a cena? Poteva trattarsi di una presa in giro e lei ha reagito rincorrendolo – dedusse l'insegnante, ormai esasperata dalla situazione sconveniente in cui si era trovata.

La Piattola arrossì all'improvviso, mordicchiandosi il labbro inferiore. – Signorina Weasley? – la incitò Lumacorno.

Hagrid, nel frattempo, aveva preso a battere ripetutamente la sua grossa mano sulla spalla di Lenticchia, borbottando parole di conforto.

Piattola prese a fissare un punto indefinito del pavimento, prendendo coraggio – Beh, io ero lì vicino e... beh, sì, insomma... non sono sicura che sia esattamente quello che le ha detto... bisbigliava talmente piano! – balbettò, arrossendo di più ad ogni parola sconnessa che pronunciava.

San Potty alzò di scatto il capo, furibondo. – Cosa le ha detto? – esclamò con veemenza, assomigliando sempre più a un fratello super-protettivo.

La rossa, per tutta risposta, fissò con ostinazione le sue mani intrecciate, sperando di essere schiantata da un fantasma. – Le ha detto che... – deglutì rumorosamente, prendendo coraggio. – che, beh... il suo profumo era ancora più buono di quanto ricordasse – balbettò.

Ciò che successe in seguito, sconvolse a dir poco Blaise, che da Draco, non si sarebbe aspettato una frase meno melensa e futile. Potty ringhiò qualcosa di incoerente (molto probabilmente: “Io lo uccido!”); Weasley divenne di un viola brillante, smettendo totalmente di respirare; Hagrid provò a rianimare Lenticchia, che era sul punto di svenire; Pansy era caduta a terra, in ginocchio, prendendosi la testa tra le mani e borbottando maledizioni al vento; Piattola aveva assunto una sfumatura tendente al giallognolo; la McGrannitt sembrava aver appena ingurgitato un verme; Lumacorno sembrava incapace di capire la tragicità della cosa, in quanto riteneva Draco ed Hermione una coppia perfetta, e Lunatica batté le mani in segno di apprezzamento, esclamando un “Oh, che dolce!” a proposito di Draco.

Blaise rimase lì a fissare la scena, grattandosi la nuca.

Quella era davvero una mattinata da cancellare.

 

***

 

Hermione si era ridestata all'improvviso, sentendo Harry e Ginny bisticciare.

Quei due avrebbero davvero dovuto mettersi assieme e basta, ponendo fine alle sofferenze di chiunque ronzasse loro attorno. Alternavano momenti di amicizia platonica e idilliaca, ad altri di guerra all'ultimo sangue.

Sì, insomma, tra loro vi era la cosiddetta “tensione sessuale”, totalmente repressa per sette lunghi anni nel caso di Ginny, e negata per altrettanto tempo da Harry.

Dunque non si scompose più di tanto, sistemandosi meglio sullo scomodo sedile del treno, pronta a sonnecchiare un altro po'.

Aveva la netta sensazione di aver fatto un sogno alquanto strano, che prevedeva la presenza di... – Merlino, fa che non si vero... – una voce, un sussurro, giunse alle orecchie mezze addormentate di Hermione, facendola scattare in piedi.

Estrasse con prontezza la bacchetta, una brutta abitudine che aveva preso durante la latitanza assieme a Harry e Ron.

La scena che le si parava davanti agli occhi non era delle migliori, ma sicuramente delle più strane: Ginny stava giusto maledicendo Harry con ogni epiteto sgradevole che conoscesse, mentre il moro si spettinava volutamente i capelli a intervalli regolari, dispensando sorrisetti fascinosi e inopportuni; un terzo ragazzo fissava la scena annoiato, seduto al fianco di Draco Malfoy, in cui sguardo era ostinatamente puntato su di lei.

Fu proprio su quest'ultimo che si soffermò Hermione, chiedendosi perché fosse lì ma soprattutto perché Harry non sembrava dare importanza alla cosa.

Dove erano finiti Ron, Luna e Neville?

Incrociò lo sguardo disperato di Draco Malfoy e tutto le tornò alla mente.

Il viaggio in carrozza.

L'occhiolino.

La frase sussurrata.

La Stanza delle Necessità.

L'elfo.

Il 1993.

Ricadde sul sedile de treno, la bacchetta ancora in mano, riprendendosi dallo shock. Credeva di aver sognato tutto, maledizione!

Si passò una mano sul viso, iniziando a essere infastidita dallo sguardo persistente del Furetto e dal continuo litigare di...

Merda.

Spostò lo sguardo sulle due figure, le uniche in piedi, che continuavano a bisticciare, infischiandosene di quello che accadeva attorno a loro: la ragazza dai capelli rossi le dava le spalle, ma riusciva a vedere benissimo il ragazzo.

Harry.

O meglio, aveva creduto che fosse Harry. Come darle torto? Quel ragazzo aveva gli stessi capelli corvini e indisciplinati, la stessa fronte alta e il medesimo sorriso, anche se la forma della bocca era leggermente diversa.

E gli occhi.

Il ragazzo che stava guardando aveva delle iridi di un delizioso color cioccolato, screziate d'oro. Aveva uno sguardo caldo e penetrante, familiare, ma totalmente differente da quello del suo migliore amico.

Anche il corpo era simile a quello del Prescelto: era smilzo, alto e dalle spalle larghe, forse troppo magro per la sua altezza. E sul suo naso barcollavano gli stessi occhiali trasandati del suo migliore amico.

Il ragazzo, resosi conto dello sguardo spaesato di Hermione, l'abbagliò con un sorriso meraviglioso: lei aveva sempre amato il sorriso di Harry, così limpido e aperto, così spontaneo e necessario.

In quel momento, un sorriso molto simile la stava riscaldando dentro: quella piega particolare delle labbra, leggermente storta e inclinata verso l'alto, che rendeva Harry ancora più carino, era stata copiata da quell'essere.

Ora che lo guardava bene, notava delle sottili differenze, che sicuramente avrebbe ritrovato nel volto della ragazza rossa. Sperò quasi che si voltasse, solo per rivedere quegli occhi così vividi e profondi.

Il ragazzo simile a Harry alzò un lungo dito affusolato, zittendo la ragazza che aveva continuato a borbottare per tutto quel tempo. – Evans, tesoro, credo che tu stia spaventando questa bellissima ragazza – le fece l'occhiolino, la voce volutamente suadente.

La rossa, per tutta risposta si irrigidì, drizzando le spalle e voltandosi di scatto, pronta a fronteggiare quella che credeva sarebbe stata l'ennesima oca che sarebbe caduta ai piedi del ragazzo. Lui si fece prontamente avanti, allungando una mano con gesto galante e sensuale: ci stava provando. – Ciao, dolcezza. La ragazza alla mia sinistra, che ha tentato di staccarmi la testa a morsi, è Lily Evans, Caposcuola. – mormorò, stringendole la mano, per poi sedersi accanto a lei e sussurrarle, quasi fossero complici: – Sai, credo che sia troppo focosa per avere così tanto potere: il fatto di essere così carina ha ingannato molte menti elevate, me compreso! – ridacchiò, continuando a stringerle la mano in una presa calda e delicata.

Lily digrignò i denti, restando stoicamente in silenzio: probabilmente riteneva di aver già fatto una figura pessima.

Hermione avrebbe voluto ridere di tutta la situazione, ma si limitò a sgranare gli occhi, rendendosi conto di ciò che stava accadendo. – Piacere, io sono James, James Potter – la informò, continuando a sorriderle in quel modo sensuale e provocatore.

Hermione trattenne quasi il fiato, mentre il bel ragazzo moro, per lei così familiare e sconosciuto allo stesso tempo, si presentava.

“Io sono James, James Potter”.

Strafottente, sfacciato, affascinante, sfrontato.

James Potter. Potter James.

Harry James Potter.

James Potter, padre di Harry James Potter.

James Potter, padre di Harry James Potter, che ci stava provando con Hermione Granger, migliore amica di suo figlio.

Lei allontanò di scatto la mano, incrociando lo sguardo di Draco, che sembrava sul punto di impazzire. A quella vista, Hermione non poté non ridere. – Oddio, non ci credo... ci stai provando... con me! – esclamò, incapace di comprendere come fosse finita in una situazione simile.

La bocca di Draco si piegò in un sorrisetto a metà tra il divertito e il disgustato. – In effetti... io sarei un po' schifato – ammise, guardando James Potter come se fosse il suo incubo personale. – Diamine, sono identici... – sibilò, passandosi una mano sul viso, quasi stentasse a crederci.

Hermione annuì appena, allontanandosi di qualche centimetro dal corpo del padre di Harry.

James sembrava un po' sconvolto da quello scambio di battute, tanto che era arrossito. Lily era scoppiata a ridere, iniziando a guardare Hermione con occhi più benevoli.

Così si sporse oltre James, porgendole la mano. – Piacere, Lily Evans. Non so perché, ma sento che io e te andremo incredibilmente d'accordo! – scherzò, facendo sorridere la riccia.

Strinse la mano della ragazza, abbagliata dal colore intenso dei suoi grandi occhi verdi. – Hermione Granger. È così tutto il tempo? – chiese, cercando un po' di solidarietà femminile.

Ora che aveva trovato persone conosciute, aveva deciso che, per quanto potenzialmente pericoloso, sarebbe stato molto meglio appoggiarsi a loro.

Lily alzò gli occhi al cielo, comprensiva. – Figurati, oggi è un agnellino – disse, facendo un vago gesto della mano.

– Sirius Black – disse la terza voce, appartenente al bel ragazzo tenebroso che aveva assistito alla scena con distaccato interesse, quasi fosse costretto a guardare sempre la stesso film, ogni santo giorno.

Hermione sobbalzò appena, mentre lui le prendeva la mano, baciandone dolcemente le nocche. Lo sguardo scuro e familiare di Sirius la inchiodò al sedile, facendole addirittura dimenticare di respirare.

Era così diverso da come lo aveva conosciuto: i capelli, sempre lunghi e ondulati, erano leggermente più chiari, come se si fossero schiariti durante l'estate; la bocca era più piena e carnosa e gli occhi, senza alcuna ruga ad intaccarne il taglio perfetto, erano grandi e tenebrosi.

Sirius era molto, molto più bello di quanto avesse mai creduto: le foto che aveva visto non gli avevano reso per nulla giustizia. Era decisamente più affascinante e sensuale di James, che possedeva un bellezza più semplice e diretta. Sirius aveva quel tipo di fascino delicato, che ammaliava in un attimo: in quello, era quasi identico a Malfoy.

Per quanto le costasse ammetterlo, quei due si assomigliavano davvero molto, molto più di quanto si aspettasse: la somiglianza lampante che aveva il ragazzo con il padre, aveva quasi del tutto offuscato i tratti che aveva ereditato dai Black. Narcissa era infatti l'unica, delle tre sorelle, ad avere una bellezza totalmente differente: lei era più simile a Sirius.

I due ragazzi avevano la stessa linea della bocca, morbida e invitante, tutta da mordere; la stessa raffinatezza degli zigomi; la medesima mascella possente e regale e il taglio degli occhi particolare e interessante. Quelle piccolezze, così ben nascoste dalla marcata appartenenza di Draco al casato dei Malfoy, l'aveva per un attimo destabilizzata.

Sirius era, in tutto e per tutto, un versione mora di Furetto.

Il giovane sorrise, soddisfatto dell'effetto che credeva di aver avuto su di lei. James emise un verso di disappunto, facendo una smorfia in direzione del migliore amico.

Draco sbuffò sonoramente dal naso, probabilmente infastidito da tutti quei ragazzi che le ronzavano attorno: per quanto fosse drammatica la situazione, un Malfoy doveva pur sempre stare al centro dell'attenzione.

Lily tirò un buffetto sulla spalla di Sirius, facendolo allontanare. – Smettetela di fare i cascamorti, voi due! – alzò gli occhi al cielo, per poi far saettare lo sguardo da Draco a Hermione, come se avesse capito tutto.

La Granger aveva paura di sapere cosa avesse esattamente capito, o meglio, frainteso.

 

***

 

Harry continuava a ripensare alle parole che aveva sussurrato Lumacorno alla McGrannitt, poco prima che uscissero da quell'aula abbandonata.

La Preside aveva promesso che avrebbe setacciato ogni angolo del castello, alla ricerca dei due ragazzi. Tuttavia, Harry sapeva che non avrebbe trovato nulla, seguendo quella pista: la Mappa del Malandrino, al sicuro sotto la sua veste, gli aveva più volte confermato la totale assenza di Hermione e di Malfoy all'interno del castello.

Ma si era costretto a non dire nulla, a lasciare che la McGrannitt seguisse una sua pista: sapeva che, se avesse rivelato l'esistenza della Mappa, lei sarebbe stata costretta a confiscargliela e lui non avrebbe mai saputo se quei due avevano fatto ritorno al castello.

Dunque si era limitato ad annuire, iniziando a progettare un piano che prevedesse una fuga da Hogwarts per setacciare tutta Hogsemade.

E fu allora, proprio mentre Hagrid stava per chiudersi la porta alle spalle, facendogli un piccolo cenno di incoraggiamento, che Lumacorno aveva parlato.

“Minerva, si tratta sicuramente di una fuga d'amore!” aveva detto, quesi fosse la soluzione più scontata a cui si poteva giungere.

Harry sapeva, sapeva che era normale pensare che le cose fossero andate in quel modo, ma non voleva crederci. Non voleva crederci non perché, in quel caso, Hermione si sarebbe innamorata di Draco Malfoy, suo acerrimo nemico, ma perché lei non gli aveva detto nulla.

Se le cose fossero andate realmente in quel modo, Hermione Granger sarebbe fuggita da lui, il suo migliore amico, senza nemmeno salutare.

Poco importava se era scappata con Draco Malfoy, quella, lo sapeva bene, era solo una scusa per sfogare la rabbia.

Era furioso, perché lei non si era confidata. Era furioso, perché non gli aveva detto nulla. Era furioso perché credeva di valere di più.

Se tutto ciò fosse successo qualche anno prima, probabilmente Harry avrebbe capito le sue ragioni: lui si sarebbe infuriato perché, diamine, era pur sempre Draco Malfoy! Ma era successo in quel momento, dopo che avevano trascorso un'estate indimenticabile, dopo che l'aveva aiutata a ritrovare i suoi genitori e a ridarle un briciolo di normalità.

Dopo quell'estate, si era convinto che il rapporto tra lui ed Hermione fosse cambiato, credeva che si fossero avvicinati e compresi in un modo prima inconcepibile.

Erano davvero fratello e sorella.

Invece lei non lo aveva salutato, non lo aveva nemmeno guardato, prima di rincorrere Draco Malfoy.

Diamine, Malferret!

Come aveva potuto scegliere lui, un Mangiamorte? Certo, era stato troppo codardo per uccidere qualcuno, ma aveva tentato di ucciderla qualche mese prima, nella Stanza delle Necessità!

Forse si era sbagliato, forse era così arrabbiato perché non aveva scelto Ron, perché aveva nascosto a lui, Harry, una cosa così importante e... disgustosa, ecco.

La sola idea di lei e lui assieme lo disgustava.

Prese un respiro profondo e guardò tutti i presenti. Forse fu il suo sguardo determinato, ad attirare l'attenzione di tutti. – Sentite, lo so che credete che Malfoy e... Hermione stiano assieme, ma io no. Lei lo avrebbe detto a qualcuno, non è il tipo di persona capace di tenere un segreto simile! È successo qualcosa, ieri sera, qualcosa che li ha costretti ad allontanarsi dal castello. Magari hanno duellato e sono feriti, magari sono stati attaccati... – la sua voce scemò per un momento, prima di posare lo sguardo su Ginny e riprendere vigore. – So che la conclusione più scontata è proprio una fuga d'amore, ma sono sicuro al cento per cento che le cose non sono andate così. Non ho intenzione di lasciare Hermione da sola, chissà dove. Quindi ho intenzione di cercarla ovunque. Chi è con me? – concluse, passando in rassegna i volti di tutti i presenti.

Ginny e Ron annuirono nello stesso istante, Luna gli sorrise, Pansy bisbigliò un “sì” incerto e Blaise rimase semplicemente imbambolato a fissarsi le unghie.

Harry non si sapeva spiegare perché, ma credeva che, per trovare entrambi, Blaise fosse necessario: conosceva Draco tanto quanto lui lo odiava.

Il Serpeverde sorrise appena. – Draco non l'ha rapita né uccisa, se te lo stai chiedendo. Aveva la chiara intenzione di starvi alla larga per tutto l'anno. Per questo ritengo che abbia una storia con la Granger: sembrava desideroso di parlarle, a tutti i costi. Ma sì, ti aiuterò: perché credo che tu sappia che non sono nel castello, altrimenti ti saresti offerto volontario per setacciarne ogni angolo. E voglio trovare Malfoy, in ogni caso. Questo posto è terribilmente noioso, senza una spalla – fece un vago gesto con la mano, quasi fosse troppo stancante per lui continuare a discutere.

Harry pensò che fosse davvero un ragazzo strano, ma nemmeno troppo malvagio: era solo terribilmente indifferente. – Bene, allora inizieremo le ricerche settimana prossima, per non destare i sospetti dei professori – spiegò, notando lo sguardo perplesso di Ron.

A quanto pareva, i problemi trovavano sempre il modo di seguire Harry James Potter.

 

***

 

Draco aveva trascorso i venti minuti più brutti di tutta la sua vita, dividendo lo scompartimento con tutta quella feccia di Grifondoro, imparentata in ogni modo possibile e immaginabile con San Potty.

Aveva bisogno di aria e di sfogarsi.

Lanciò uno sguardo alla Granger, che trascinava il suo baule in maniera del tutto scoordinata, assomigliando a un Troll di montagna appena sveglio.

Dopo aver scoperto – con sua somma gioia – di essersi trascinati dietro i loro bauli del presente (almeno avrebbe migliorato le sue giornate con i vestiti di alta sartoria), avevano indossato le rispettive divise quando il treno era quasi arrivato a destinazione.

Quelle tre seccature su due piedi lo avevano finalmente lasciato in pace, promettendo loro che li avrebbero aspettati nel piazzale per accompagnarli al castello.

Così ora la Granger li stava cercando con o sguardo tra la folla di studenti. – Se ti azzardi a salire con loro sulla carrozza, giuro che ti schianto – sibilò lui, facendo sobbalzare la Mezzosangue.

Lei fece una smorfia, lanciandogli un'occhiataccia. – Malferret, è necessario trovare degli amici su cui fare affidamento. Se ci emarginiamo attireremmo solo l'attenzione di tutta la scuola! – protestò, una volta individuata Lily Evans.

La Mezzosangue si sbracciò per attirare l'attenzione del Fan Club di Potty, facendolo quasi ringhiare per il disappunto.

– Bene, tu fai amicizia con tutto l'albero genealogico dello Sfregiato, io di certo non starò con loro, Mezzosangue. Inoltre, quando sapranno che sono un Serpeverde, non mi vorranno tra i piedi – sorrise, falsamente affabile, mentre si avvicinavano sempre più al gruppetto di Grifondoro. Malfoy si poté ritenere soddisfatto di sé stesso, vedendo la Granger arrancare visibilmente: aveva vinto!

Lily sorrise in modo affettuoso a entrambi, suscitando un lieve senso di nausea in Draco. Perché i babbani erano così socievoli? Insomma, non potevano semplicemente vivere le loro stupide esistenze senza finirgli sempre tra i piedi?

Si disse di tenere duro: di lì a poco sarebbe tornato tra la sua gente, tra gli studenti acidi e restii a dispensare sorrisetti affettuosi. Sentiva la mancanza dell'indifferenza dei Serpeverde, delle loro battute aspre e dei loro modi eleganti e da Purosangue.

Era stato circondato dal nemico e aveva stoicamente resistito ma, in quel momento, non ne poteva più. Voleva solo sfuggire alle loro grinfie di “bravi ragazzi” e rintanarsi nell'umida Sala Comune di Serpeverde.

Ah, non credeva che avrebbe mai sentito la mancanza di quel freddo persistente, dell'umidità intollerabile e della luce verdastra che rendeva impossibile studiare.

Aveva del tutto ignorato le battute che avevano scambiato le due ragazze, quando d'un tratto, la Mezzosangue arrossì, balbettando qualcosa che non udì. Lily Evans sorrise, maliziosa e comprensiva, squadrando Draco dalla testa ai piedi. – Credete di riuscire a prendere una carrozza e arrivare al castello incolumi? – chiese a entrambi. Ma per chi l'aveva preso, per un deficiente al pari di suo figlio? Draco fece scattare in su le sopracciglia, pronto a risponderle per le rime, quando fu bloccato.

Sì, esatto. La Granger lo aveva brutalmente interrotto, afferrandolo per una manica e trascinando, con non poca fatica, sia lui che il suo baule. – Non ti preoccupare, Lily – la rassicurò, sorridendole in maniera piuttosto tirata.

La rossa sciabolò le sopracciglia, divertita. – Bene, allora vi lascio da soli – calcò le ultime parole con eloquenza.

Cosa voleva insinuare, quella lurida babbana? Stava per caso pensando che ci fosse qualcosa tra lui e la Mezzosangue? Che schifo!

Draco strattonò la sua manica, ancora imprigionata nella presa salda della Granger. – Mollami! – sibilò, ritrovandosela, a causa del suo strattone, a una spanna di distanza. – Perché cavolo hai fatto credere che io sia attratto da una feccia come te, lurida Mezzosangue?! – sibilò, digrignando i denti e costringendosi a non urlare.

La Granger inarcò un sopracciglio, schioccando la lingua: era furiosa. – Ascoltami bene, Furetto, non ho intenzione di stare dietro ad ogni tua singola pretesa del cazzo, okay? – i suoi occhi lampeggiavano d'ira e sembrava piuttosto minacciosa e sconvolta, tanto da dire una parolaccia. Una parolaccia babbana. – Non volevi salire sulla carrozza con loro? Ecco che il principino è stato accontentato! Io non ho fatto credere proprio nulla a nessuno! Sarebbe il massimo dell'indecenza credere che tra me e te ci sia qualcosa di più dell'odio e del disgusto! Sei una stupida e lurida serpe, sei solo un ragazzino viziato che non pensa ad altro se non a sé stesso. Credi che mi piaccia che le persone credano che io stia con un simile elemento, eh? – sibilò, picchiettando con veemenza un indice contro al suo petto.

Lo stava toccando, ancora.

Le afferrò una mano con forza, allontanandola da sé. Serrò ancora di più la presa, conscio del fatto che le stava facendo male. – Devi smetterla di toccarmi, Mezzosangue. – l'avvertì, facendo un passo avanti, fino a quando i loro nasi quasi non si sfiorarono. – Devi smetterla di dare fiato alla bocca ogni volta che ti senti sessualmente frustrata, siamo intesi? Io non sono un orsacchiotto come Potty o Lenticchia, con me non puoi parlare a vanvera, sperando di rabbonirmi con il compito di Pozioni. Tieni ben sigillata quella fogna e vedrai che la qualità media della vita di entrambi migliorerà drasticamente – la sua voce, seppur calma e misurata, risultò ancora più minacciosa e tenebrosa di quanto potesse mai essere quella di Hermione.

Draco la osservò attentamente, mentre quella minaccia non così velata non la ammansiva, bensì la aizzava ancor di più.

Lei sorrise appena, alzando il mento con sguardo fiero. – Voglio essere del tutto sincera con te, Malferret, perché non voglio che tu fraintenda. – gli afferrò il mento con la mano libera, costringendolo a guardarla negli occhi. – Io non eseguo gli ordini di nessuno, non mi faccio zittire da nessuno e certamente non ho intenzione di compiacerti in alcun modo – lui le afferrò anche l'altra mano, stringendola fino a farle male. Lei non si lamentò, anzi non mostrò nemmeno uno spasmo di dolore.

Draco sorrise, perfido. – Compiacermi, Granger? – sussurrò, portandole entrambe le mani dietro la schiena. – Credevo che volessi fare proprio questo, nella Stanza delle Necessità, o sbaglio? Ti sei fatta zittire dal sottoscritto, proprio ieri notte. Ti sei abbandonata al sottoscritto, proprio tu, la zitella che smania per Lenticchia. Come ti fa sentire, eh? Cosa provi nel sapere che muori dalla voglia di compiacermi? – sussurrò, la voce volutamente dolce e suadente.

Lei non perse, tuttavia, il suo spirito combattivo: sembrava una leonessa in catene, costretta a non mostrare nemmeno un segno di cedimento. Draco adorava vederla in quello stato, sapere che la sua lingua scattava, svelta e malevola, pronta a ferirlo e ricoprirlo di insulti.

Lo faceva quasi star bene, sapere che lei non era così buona, non con tutti, non con lui.

La Granger sorrise ancora una volta, divertita. – Come ti fa sentire sapere che proprio tu, il principino delle Serpi, muori dalla voglia di toccarmi, mh? – insinuò, piegando appena il capo di lato. Draco sgranò appena gli occhi, sorpreso da quell'improvviso scambio di posizioni. – Ieri notte sei stato tu a provocarmi, eri tu che volevi me, o sbaglio? Ti sei auto-convinto che fossi io a volerti, quando sei stato tu a lanciare il sasso. – sorrise ancora, compiaciuta dell'effetto che aveva ottenuto.

Draco increspò le labbra in un sorrisetto di scherno. – Granger, non riesco a sopportare nemmeno l'idea del tuo tocco, figuriamoci se ti desidero. Ieri notte volevo solo umiliarti: se ti fossi concessa a me, avresti per sempre rovinato il futuro con Lenticchia. L'idea di te mi fa ribrezzo – mentì con disinvoltura, conscio di quanto fossero cattive quelle ultime parole, tanto quanto erano state quelle di lei poco prima.

In verità, non sapeva spiegarsi perché, la sera prima, avesse cercato quel contatto. Forse, l'aver scoperto che la Granger possedeva un seno degno di nota, aveva sconvolto i suoi equilibri mentali.

Era conscio di quello che aveva fatto, di come aveva chiuso ogni possibilità di collaborazione con una manciata di frasi. Se ne rese conto nel momento esatto in cui lei si liberò dalla sua presa ferrea, salendo sull'ultima carrozza vuota.

Draco si guardò attorno: il piazzale era deserto, proprio come la sera prima, ventidue anni dopo.

Salì anche lui sul mezzo, guardando per la seconda volta, in vita sua, il cavallo inquietante che lo trainava. Sapeva bene perché gli si era finalmente palesato: aveva visto morire un essere umano. Quel pensiero lo fece rabbuiare per un momento, trasportandolo indietro nel tempo, quando aveva visto per la prima volta quegli strani cavalli.

Non ricordava nemmeno il nome della specie, sapeva solo che erano invisibili alla maggior parte delle persone. Invece ora lui li vedeva.

Quella semplice constatazione lo aveva fatto arretrare e aveva detto a Blaise che preferiva fare il viaggio da solo. Se solo avesse preso quella carrozza, non si sarebbe trovato in una situazione simile. Sorrise, pensando a quanto fosse portato per le scelte sbagliate.

La Granger probabilmente intercettò il suo sorriso, interpretandolo male. – Non ti conviene cantar vittoria, Malferret – sibilò, la voce colma di risentimento. – Nel tuo geniale piano, non avevi inserito alcuni effetti collaterali – lo informò, criptica e compiaciuta, inchiodandolo con lo sguardo.

Draco alzò un sopracciglio, scettico. – Illuminami, allora –.

Lei sorrise, falsamente gentile e accondiscendente: era lei, per il momento, a guidare il gioco. – Se i genitori di Harry e Sirius sono qui, non ci saranno solo Remus e Codaliscia, ma anche tuo padre e tua madre, Malferret – iniziò, sorridendo con aria sempre più compiaciuta. Tuttavia, Draco era già arrivato a quella conclusione: si limitò a stare in silenzio, aspettando che continuasse quelle stupide insinuazioni. – Ci sarà anche Piton, assieme a uno squadrone di Mangiamorte in erba, pronti a prestare servizio per Voldemort. Ora, credo che ti siano tutti familiari e che dunque potresti anche sentirti a casa – mormorò, dolce e crudele allo stesso tempo. Lei sapeva, sapeva che lui aveva il Marchio. – Tuttavia, se Voldemort sospettasse della nostra presenza, ci torturerebbe e ucciderebbe non appena scoperto il suo futuro. Tutto ciò che abbiamo vissuto verrebbe semplicemente cancellato e Harry, probabilmente, non verrebbe mai alla luce. – concluse, amabile.

Draco deglutì a vuoto, iniziando a intuire dove volesse andare a parare con quel discorso ambiguo. Tuttavia, scelse di non credere a quello che stava pensando, perché sarebbe stato... troppo. – Dove vuoi arrivare, Granger? – incalzò lui, passandosi una mano tra i capelli.

Ormai il castello era vicino e avrebbero avuto poco tempo a disposizione, prima di essere travolti dalla schiera di Grifondoro.

Hermione Granger si inumidì le labbra, quasi pregustando quel momento. – Quando ci smisteranno, il Cappello Parlante non dovrà indirizzarti verso Serpeverde. Se non mi ascoltassi e ti scoprissero, saresti morto. Dovrai scegliere una Casa che ti permetta di non entrare a contatto con i Serpeverde, in modo da limitare i contatti al minimo. Non devono veder il Marchio, per nessuno motivo, chiaro? – ribadì, ritornando, per un attimo, la solita Mezzosangue.

Draco deglutì nuovamente, sicuro di aver capito quale fosse il succo del discorso. – Stai per caso dicendo che... – la voce gli si strozzò in gola, conscio di non avere alcuna via di fuga. Era in trappola. Era all'Inferno.

Hermione incrociò le braccia sul petto, assumendo una posa seria e distaccata. – Sì, Malfoy, sto dicendo che devi chiedere al Cappello Parlante di smistarti in Grifondoro – .

 

 

Buongiorno, cari lettori!

Come promesso, ecco un aggiornamento postato in un lasso di tempo decente! Il quinto capitolo è quasi pronto: vi avverto, sarà molto particolare e divertente.

Anche questa piccola parte di storia serviva più che altro a far partire i due filoni che comporranno la ff: da una parte, Blaise e Harry, cercheranno di riportare a casa i loro migliori amici; dall'altra, Draco ed Hermione che proveranno a non uccidersi e a tornare al “presente”.

Cosa pensate di questo capitolo? Spero che l'entrata in scena di tutti questi “nuovi” personaggi sia stata abbastanza pertinente e ben accetta: il quarto capitolo è quello delle “presentazioni”. Blaise, come avrete ormai notato, sarà uno dei pochi di cui analizzerò il punto di vista: mi ha sempre affascinata, come personaggio, perché ho sempre immaginato che fosse un “Draco Malfoy” all'ennesima potenza, solo meno stronzo e impulsivo.

Come sempre, fatemi sapere OGNI cosa, in una recensione! Sono avida di pareri, si!

Per qualsiasi dubbio o quesito sulla storia, i tempi di aggiornamento etc... non esitate a contattarmi via messaggio privato, oppure contattandomi via Facebook (nikname: Rose Riva).

Infine, vorrei ringraziare e dare un caldo, caldissimo abbraccio a tutte le meravigliose persone che continuano a recensire la storia, a coloro che la seguono, a chiunque l'abbia inserita tra i preferiti e anche a chi legge in silenzio!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Un bacio

-Rose x

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Capitolo 6
*** Donnole, "Hic" e Rock 'n roll ***


 

Buon pomeriggio, amabile gente di EFP, sezione Harry Potter.

È proprio il caso di dirlo: chi non muore, si rivede. E chi meglio di me e Voldemort lo sa?

Negli ultimi mesi mi sono data alla pazza gioia in una sperduta foresta dell'Albania, mettendomi in contatto con il mio spirito e giocherellando con un diadema da PrincipessaDelleFate appartenuto all'ava, dell'ava, dell'ava di una certa tipa con un nome altisonante.

Beh, comunque, non vi voglio annoiare con la penosa e noiosa storia della mia vita, dunque, passiamo alle cose veramente importanti: quanto segue, è il frutto di una profonda crisi demenziale e di uno di quei fastidiosi blocchi dello scrittore. In ogni caso, nonostante il capitolo sia bello lungo, in realtà non ho aggiunto appositamente troppi particolari, proprio perché non volevo sconvolgervi a causa della mia lunghissima assenza.

Dunque, il capitolo è pieno di momenti molto “sfiziosi” e, spero, anche divertenti.

Se non vi ricordate bene la storia, potete rileggere i precedenti capitoli oppure affidarvi disgraziatamente al mio breve e coinciso riassunto:

Draco ed Hermione, confusi da un post-guerra tanto liberatorio quanto triste e desolante, non si sa come né perché, decido di far ritorno ad Hogwarts, senza però tener conto del fatto che lì, in quel luogo disgraziato, succedono un sacco di cose strane (più strane di Luna che si fuma una canna, per intenderci). Difatti, si ritrovano proiettati nel passato a causa di una zuffa con un elfo, guardiano della Stanza delle necessità (che, se vi ricordate bene, venne distrutta dall'Ardemonio nel 7^ libro e che, nella mia ff, ha riportato danni non meglio identificati).

Nella Hogwarts del passato, nemmeno a farlo apposta, ritrovano Lupin, James, Lily, Codaliscia, Sirius e tanti altri personaggi a noi già noti: saranno quindi costretti a interpretare la parte di studenti di Durmstrang e, nella fattispecie, di Purosangue ai margini della società inglese (Draco impersonerà un suo fantomatico parente e quindi sarà considerato a tutti gli effetti un Black).

Spero che il capitolo vi appassioni: buona lettura!


DONNOLE, "HIC" E ROCK 'N ROLL


Avete mai avuto la strana sensazione che qualcuno, da qualche parte, vi stia fissando?

Ecco, Blaise, quella notte, ebbe quella strana impressione.

Zabini era abituato a essere guardato (soprattutto dalle ragazze), ma non era mai stato scrutato, non in quel modo.

Tuttavia, non era particolarmente piacevole essere svegliato nel bel mezzo della notte, soprattutto se la persona che lo stava fissando non era, certamente, né Goyle, né Nott né, tanto meno, Draco Malfoy.

Perciò quella sgradevole sensazione lo aveva fatto sobbalzare, spaventato: più di una volta delle ragazzine del quinto anno avevano provato a intrufolarsi in camera sua.

Quella volta non fu diverso. O forse fu totalmente l'opposto, Zabini era molto confuso a riguardo.

Lunatica Lovegood lo fissava con interesse, seduta sul baule di Goyle, che dormiva beatamente.

Blaise impiegò qualche minuto a rendersi effettivamente conto di cosa lo circondava: la biondina non sembrava per nulla scalfita dalla sua presenza (la sua presenza cosciente) e si limitava a scrutarlo, aspettando che si riprendesse dallo spavento.

Zabini aprì la bocca un paio di volte, cercando di dire qualcosa che non suonasse tremendamente stupido o poco virile, tuttavia, quando era preso in contropiede, la sua voce tendeva ad alzarsi di qualche ottava.

Deglutì un paio di volte, stropicciandosi gli occhi e sedendosi tra le lenzuola. Le coperte scivolarono lungo il suo busto, raggomitolandosi attorno ai suoi fianchi stretti.

Improvvisamente, si ricordò che indossava solo le mutande. Luna non sembrava essere per nulla scalfita da quella constatazione, pareva prenderlo in giro con lo sguardo, nonostante rimanesse perfettamente immobile. – Non ho intenzione di fare sesso con te – furono quelle le prime parole che le rivolse direttamente in ben sette anni.

Fece una smorfia, infastidita dalla voce stridula del ragazzo. – Non voglio fare sesso con te – lo rassicurò, piegando il capo di lato. – Dovresti stare attento, sai? Hai la testa piena di Frasselli di lago, potresti rimetterci un orecchio! – lo informò, canzonandolo.

Blaise fece scattare un sopracciglio verso l'alto, ghignando. – Certo, certo... Cosa ci fai nella mia stanza, Lunatica? – chiese, sfoderando la sua voce più minacciosa.

La bionda non parve per nulla intimorita: si alzò in piedi, afferrando una bottiglia contenente un liquido violetto. Blaise non era sicuro di cosa fosse, ma era certo che fosse una delle bottiglie che Goyle rubava a suo nonno, una di quelle miscele alcoliche che, a detta del compagno, “mandavano all'altro mondo”. – Acqua del fiume Lete? – chiese Lunatica, tutta contenta.

Stappò la bottiglia in un sonoro “pop”, giocherellando con il tappo, mentre annusava il liquido violetto. Zabini non sapeva bene di cosa odorasse ma, qualsiasi cosa fosse, sembrò farle molto piacere, perché sorrise, soddisfatta di sé.

Passarono alcuni secondi e lui, che non era mai stato un ragazzo paziente, capì che non avrebbe mai ottenuto una risposta: Lunatica tendeva a perdersi nei meandri della sua testa.

Blaise corrugò la fronte, indispettito. – Te lo ripeto un'altra volta: cosa ci fai qui, Lovegood? – ripeté, digrignando i denti.

La ragazza lo guardò da sotto le lunghe sopracciglia chiare, con aria quasi assente. Si limitò a scrollare le spalle, tornando alla sua bottiglia. – Mi hai sentito? Sei sorda? Tarda? Yu-hu, c'è nessuno? – borbottò, la voce sempre più acuta e martellante.

Lunatica poggiò il tappo sul baule di Goyle, per poi sedercisi sopra. – Hai una voce irritante – constatò, senza nessuna cattiveria o malizia, lo disse come se gli stesse riferendo che il cielo, di giorno, è azzurro.

Gli sorrise senza motivo poi, come se avesse avuto un'illuminazione, portò la bottiglia alla bocca e, gettando indietro la testa, bevve avidamente.

– No! – urlò, scostando di colpo le coperte e correndo verso di lei con il chiaro intento di fermarla.

Cadde teatralmente a terra, un piede incastrato tre le lenzuola e, a tentoni, mezzo nudo e piuttosto indispettito, afferrò una caviglia della ragazza, scuotendola. Aggrappandosi al suo ginocchio, Zabini riuscì a rimettersi in piedi e a staccare la bottiglia dalle labbra di Lunatica. – Ma sei pazza?! – sibilò, osservando con occhi sgranati la bottiglia quasi vuota: un solo bicchierino di quell'intruglio era capace di causare il coma etilico anche a un alcolista.

La bionda schioccò le labbra con soddisfazione, sorridendogli. – Sa ancora di Plimpi! – esclamò, estasiata. – Hic – aggiunse, singhiozzando.

Blaise, il cui cervello era ancora nel mondo dei sogni, non trovò nulla da dire: si limitò a fissarla, aspettando che sopraggiungesse il coma etilico, cosa che non accadde. – Sai di essere in mut-hic-ande, vero? – gli fece notare, perplessa. – Anche a-a te han-hic rubato i vestiti? – continuò, sorseggiando un altro po' di brodaglia viola.

Blaise, che non si era mai vergognato della propria nudità, scosse appena il capo, scompigliandosi i capelli. – Lunatica, senti... – iniziò con tono stanco.

– Luna – singhiozzo. – Il mio nome è Luna – singhiozzo. – Non “Lunatica” – singhiozzo.

Blaise storse appena la bocca. – Ah, sì? Beh, è uguale, no? Senti, se non hai nulla da dir... – venne interrotto un'altra volta.

Lunatica aggrottò le sopracciglia, assumendo un'aria seria, quasi minacciosa. Poi emise un altro singhiozzo, un altro piccolo “hic”, distruggendo la sua smorfia adirata. – Non è la stessa cosa – singhiozzo. – Per niente – singhiozzo. Era una sua impressione, oppure la sua voce si stava alzando rapidamente di qualche ottava? – Se mi chiiiamo “Luna” – singhiozzo. – … ci sarà un motivo, no? – singhiozzo. – Non sono nemmeno Lunatiiica! – terminò la frase con un buffo “hic”, talmente acuto che Goyle si mise a sedere di scatto, grattandosi la testa.

Quella palla di lardo era così idiota che rimase a fissarli inebetito, più addormentato che sveglio. – Mmh, è già pronta la colazione, mamma? – bofonchiò, fissando Blaise con occhi la cucciolo obeso.

Zabini lasciò vagare lo sguardo da Goyle a Lunatica, sempre più perplesso.

La ragazza picchiettò un indice contro il suo petto: la sua faccia era contratta nel tentativo di sembrare minacciosa, come se una reazione simile fosse contro la sua natura. – Ti chiami Blaise, no? – HIC! – Ti piacerebbe se ti chiamassi – Hiic! – Blazer? – esclamò infine, stringendo le labbra in una smorfia rabbiosa.

Goyle ridacchiò svogliatamente, ricadendo tra i cuscini. – Blazer, che roba... – bofonchiò, appallottolandosi tra le lenzuola.

Lunatica si ridestò improvvisamente, drizzando la schiena e allontanandosi di un passo. Gli sorrise, amabile, come se non fosse successo nulla. – Dovresti infilarti un paio di pantaloni, Harry ti cercava – lo informò, sbattendo le ciglia in modo innocente.

Blaise aprì la bocca per chiederle se c'era qualcosa che non andava, ma Luna uscì dalla stanza trotterellando, sbattendo la porta con troppa energia.

Lunatica.

Aveva detto di non essere lunatica? Zabini aveva qualche dubbio a riguardo.

Guardò la porta perplesso, prima di infilarsi sotto le coperte, pronto a riprendere sonno.

Un singhiozzo minaccioso, acuto e attutito dalla porta, lo vece sobbalzare.

Doveva ammettere di essere un po'... ecco... intimorito.

Alzando gli occhi al cielo, svogliatamente, si infilò un paio di pantaloni.

 

[Una piccolissima aggiunta: Luna potrebbe esservi sembrata un po' OOC, ma vi assicuro che, per quanto mi è possibile, il suo personaggio manterrà le sue caratteristiche originarie, solo che... beh, diciamo che anche lei è cresciuta, la Guerra e la prigionia le hanno reso difficile sopportare le prese in giro. Ricordatevi che tutti ne hanno passate tante e che sto solo provando a dare una mia versione dei fatti e dei caratteri post-Voldy. Abbiate pietà, soprattutto per i nomi che mi invento al momento per le uscite stravaganti di Luna! Okay, parentesi chiusa: buona lettura!]

 

***

 

Hermione Granger era abituata a non guardare la strada davanti a sé: solitamente, mentre camminava, un'ingente pila di libri le ostruiva la visuale. In più di un'occasione Harry le aveva evitato degli spiacevoli incontri ravvicinati con le colonne del corridoio del sesto piano.

Tuttavia, quella sera, urtò contro qualcosa che, tutto sembrava, tranne che una colonna del millecinquecento.

Udì un sonoro tonfo e, con qualche secondo di ritardo, si rese conto di aver sbattuto con il sedere a terra e di avere un gomito in più conficcato nella cassa toracica.

Quando aprì gli occhi, si ritrovò a pochi millimetri di distanza dall'espressione schifata di Draco Malfoy. – Granger! Non ti azzardare a tocc...! – .

Hermione lo liquidò con uno sbuffo esasperato, affrettandosi a rimettersi in piedi. – Lo so, Furetto, lo so! – alzò le mani in aria, scocciata.

Malfoy si mise in piedi, spazzolandosi i pantaloni del pigiama: erano di pura seta nera. Hermione ringraziò di non aver indossato uno dei suoi, di pigiami: la situazione era già abbastanza critica.

Malferret posò lo sguardo sulla mano destra di Hermione, ancora stretta al biglietto che le aveva consegnato la fenice. – Anche tu, hai...? – chiese, mostrandole, a sua volta, la lettera che aveva ricevuto lui.

Hermione annuì mesta. – Hai letto...? – provò a dire, agitata al solo pensiero di ciò che conteneva quella missiva.

Draco Malfoy scosse appena il capo. – Tu? – ribatté, diviso tra la curiosità e il terrore.

Hermione gli mostrò il biglietto che, seppur stropicciato, era ancora sigillato. – Quindi volevi... – lasciò la frase a metà, palesando l'ovvio.

Entrambi avevano ricevuto quel biglietto.

Entrambi avevano avuto timore di aprirlo.

Entrambi avevano cercato l'altro, per organizzare un piano.

Chissà come, chissà quando, erano diventati una squadra operante.

Una squadra operante pessima, certo, ma pur sempre operante.

Malfoy si strinse nelle spalle. – Solo per organizzarci – spiegò, arrossendo leggermente.

Hermione annuì. – Sì, è quello che ho pensato anche io – concordò, rilassando finalmente le spalle.

Rimasero a fissarsi per circa quindici secondi, durante i quali si chiese se le avrebbe mai chiesto di parlare della questione.

Alla fine, come era prevedibile, fu Hermione a cedere. – Da me o da te? – chiese, sbrigativa.

Malfoy alzò un sopracciglio, sicuramente per ribattere in modo malizioso, ma si bloccò, posando lo sguardo su Lily, ferma alle spalle di Hermione. – Da me. Meno gente – grugnì, rendendosi conto della piccola folla di Grifondoro che li circondava.

Hermione arrossì violentemente, annuendo velocemente.

Si scambiarono un ultimo sguardo, prima di avvicinarsi entrambi alla scala a chiocciola. Come prevedibile, in due, fianco a fianco, non ci passavano.

Hermione fece per scostarlo e passare avanti, quando Malferret, con non poco disgusto, si ritrovò ad afferrarle il polso, trattenendola. – Furetto! – esclamò la riccia, scioccata. – Sbaglio, o mi hai appena toccata volontariamente? – lo prese in giro, fingendosi allarmata.

Draco Malfoy grugnì, accentuando ancora di più la smorfia schifata. Hermione non ebbe il nemmeno il tempo di dire che grugnire in quel modo non era affatto elegante, quando lui parlò. – Non ho intenzione di guardare il tuo deretano tutto il tempo, Granger – chiarì lui, lasciando la presa.

Hermione impiegò qualche secondo, per decifrare la frase che aveva appena detto. Nel frattempo, molti Grifondoro li fissavano con malcelata curiosità, drizzando le orecchie per captare qualsiasi tipo di suono.

Draco Malfoy non voleva guardarle il deretano.

Quella piccola constatazione la lasciò perplessa: nemmeno il suo deretano voleva essere fissato da quell'ammasso di sterco di drago!

Poi capì, suo malgrado, che, salendo per prima su quella scala a chiocciola, il suo sedere sarebbe stato disgraziatamente a non meno di cinque centimetri dal viso di Malferret.

Scoppiò a ridere. – Puoi guardare gli scalini, sai? – si asciugò gli occhi, lucidi per le risate. – A volte mi chiedo come fai a farti venire queste paturnie esistenziali, sai? – aggiunse, sinceramente scioccata.

Malfoy drizzò il naso in aria, assumendo una posa austera che, sicuramente, nella sua mente avrebbe dovuto mortificare Hermione. – Non credo che tu possa afferrare l'essenza dei miei pensieri sopraffini – ribatté lui, senza nemmeno guardarla.

Hermione sbuffò dal naso, divertita. – Oh, scommetto che fai un sacco di pensieri sopraffini sul mio deretano. Deretano che, tra parentesi – aggiunse, abbassando la voce in modo che potesse sentirla solo lui. – Hai già toccato – quella provocazione le costò un improvviso rossore in viso.

Ne era valsa comunque la pena: ricordargli il loro spiacevole incontro nella Stanza delle Necessità lo metteva sempre in difficoltà.

Certo, metteva in difficoltà anche lei, se proprio doveva ammetterlo, ma vedere Malfoy boccheggiare per la stizza, non aveva prezzo.

Il biondo le puntò un indice contro, rabbioso – Primo, ti ho già ripetuto un centinaio di volte che quella sera non ero capace di intendere e di volere. E, anche se avessi minimamente voluto o cercato una cosa simile, di certo sarebbe stato per dispetto verso la Donnola! Non certo per te, i tuoi capelli da ricovero e la tua linguaccia saccente – disse tutto d'un fiato, per poi prendere un bel respiro e ricominciare. – Secondo, credo proprio che il tuo deretano non sia abbastanza guardabile perché mi stia a pochi centimetri dalla faccia – digrignò i denti, guardando Hermione e sapendo esattamente cosa stesse pensando. – Terzo, smettila di parlare di quella sera: è imbarazzante e mortificante per me almeno quanto lo è per te. Discorso chiuso. – concluse, azzardando un passo per salire le scale.

Hermione lo afferrò per la manica del pigiama. – Dove credi di andare, Furetto? Cosa ti fa pensare che io voglia guardare il tuo deretano per tutto il tempo? – ringhiò lei, gli occhi fiammeggianti.

Draco Malfoy ghignò. – Prima di tutto, ho un gran bel deretano – disse, liberandosi della presa della Mezzosangue. Da qualche parte, alla loro destra, Mary sussurrò “può dirlo forte”, scatenando l'autocompiacimento tipicamente Malfoyano. – Sono un essere terribilmente affascinante – elencò, contando con le dita, come per enfatizzare quella lista mentale delle sue virtù. – Hai avuto modo, non molto tempo fa, di apprezzare la mia persona. Quantomeno fisicamente: non mi aspetto che tu abbia un certo gusto, in fatto di uomini, Mezzosangue – ci fu un sonoro sibilo di protesta da parte dei Grifoni, quando Malferret la chiamò in quel modo. – Infine, cammino in modo sopraffino. Quindi deduco che, salendo le scale senza mantenere una distanza di sicurezza, potrebbe causarti un attacco cardiaco. Dunque, per quanto mi piacerebbe molto vederti stramazzare a terra, mi servi ancora e, di conseguenza, per la tua salute mentale e fisica, è meglio non starmi attaccata – concluse, compiaciuto.

Hermione lo fissò per qualche secondo, incapace di decidere se fosse serio, se credesse realmente a quanto aveva appena detto o se fosse un idiota vanesio ed egoista.

Probabilmente, Draco Malfoy era un irritante mix di tutte e tre le cose.

Hermione prese un respiro profondo. – Okay – disse infine, lasciando esterrefatto il Furetto. – Ti prego di apprezzare, per quanto ti è possibile, lo sforzo immane che sto facendo per non ucciderti a mani nude qui, sulle scale, davanti a tutti. Quindi cosa proponi di fare, per far fronte all'indicibile problema che ci ha sottoposto il fato? – chiarì, non senza una punta di acidità.

Malfoy alzò gli occhi al cielo, digrignando i denti. – Conta fino a venti, poi sali le scale – disse, sbrigativo, arrampicandosi lungo i gradini che portavano ai dormitori maschili.

Erano passati poco più di otto secondi, quando Hermione salì le scale, stizzita e spazientita da tutta quella situazione. Per poco non si scontrò nuovamente con Malfoy, impalato difronte al dormitorio maschile. Dall'interno si sentivano chiaramente dei suoni attutiti.

Hermione incrociò le braccia sul petto. – Cosa ti prende, adesso? – sibilò, esasperata.

Malfoy le lanciò uno sguardo obliquo, imitando la sua posa. – Loro sono lì dentro – si limitò a dire, con voce affranta. – Ero andato a letto sperando di non rivederli fino a domani... ma sono tornati – bisbigliò, come se stesse parlando di Voldemort e dei suoi adorati Mangiamorte.

Hermione sbuffò e alzò gli occhi al cielo. – Sei un dannato codardo, Furetto! – esclamò, aprendo di scatto la porta della stanza e ritrovandosi davanti a una scena a dir poco agghiacciante.

Hermione fece per aprire la bocca e strillare, ma Malferret, che ormai aveva imparato a prevedere alcune sue mosse, le ficcò, prontamente, una mela in bocca.

E per poco, Hermione Granger non si strozzò.

 

***

 

Lily vide chiaramente Hermione, la schiena ritta e l'espressione adirata, mentre saliva rapidamente le scale a chiocciola che conducevano ai dormitori maschili.

Alzò appena le sopracciglia, chiedendosi con quale fegato potesse trasgredire le regole e, soprattutto, perché fosse così impaziente di passare del tempo con Blackie, suo acerrimo nemico.

Mary, a pochi centimetri da lei, sogghignava compiaciuta. – Hai visto quei due? – le diede una gomitata nelle costole, con fare cospiratorio.

Lily scrollò le spalle, spazientita e confusa. – Già, ho visto! Com'è possibile che Hermione possa violare le regole in quel modo! Sta andando nel dormitorio dei ragazzi, capisci? Non esiste nulla di meno appropriato! Soprattutto con due Black nei dintorni. – concluse, mordicchiandosi un labbro.

Mary alzò sfacciatamente gli occhi al cielo, esasperata. – Oh, Lily! Ma in che mondo vivi? Possibile che tu non si mai salita nel dormitorio maschile? Hai diciassette anni, per l'amor del cielo! – scosse appena in capo, incredula. – Comunque, per quanto mi auguri che quei due finiscano per rotolarsi fra le coperte, in preda alla più profonda passione, temo che non andrà così. Hermione era preoccupata per qualcosa, qualcosa che riguarda lei e Draco. – concluse, con perspicacia.

Lily sospirò pesantemente, incrociando le braccia sul petto. – Sì, questo lo avevo capito, ma non saprei davvero come aiutarla. Hai visto il modo in cui lui le parla? È cattivo con lei, cattivo per davvero. Non vorrei che si confidasse con un essere così viscido e crudele – mormorò, ricongiungendosi al suo “io” materno.

Mary sbuffò appena dal naso, attenta a non farsi sentire da Lily.

Le sorrise con dolcezza, conscia dell'ingenuità dell'amica: stando a stretto contatto con degli adolescenti nove mesi l'anno, Mary aveva sviluppato un certo “occhio” per delle particolari situazioni. Non che la situazione in questione necessitasse dell'intervento di chissà quale psico-mago pluri-premiato, ma a lei appariva tutto molto chiaro: la mente di Blackie non aveva ancora subito il passaggio da “bambino pestifero” a “adulto moderato”, così come la maggior parte dei ragazzi diciassettenni di Hogwarts. D'altra parte, Hermione sembrava proprio il tipo di ragazza che era nata moderata, coscienziosa ed emotiva.

Insomma, non poteva esistere luogo comune più comune dell'amore nascosto tra il “bello e dannato” e la “ragazza comune”.

Purtroppo, Lily era del tutto incapace di cogliere il rapporto amore-odio tra Draco ed Hermione, proprio perché anche lei era invischiata in una relazione simile.

Lily e Potter erano stati il suo punto fisso per anni, un pallino che non riusciva a togliersi dalla testa: insieme erano così carini, che a Mary sembrava un'attentato ai romanzetti d'amore, non farli mettere assieme. Ci aveva provato, intensamente e costantemente, per ben sei anni, fino a quando Lily l'aveva implorata di smettere di incoraggiare Potter. Aveva ubbidito, per quanto le fosse possibile, per tutta l'estate, fornendo dei vaghi resoconti a Jamie, senza farsi scoprire dall'amica.

In quel momento, però, Mary fu colta da un'improvvisa idea.

Un'idea brillante.

Un'idea geniale.

Doveva, assolutamente, aprire gli occhi a Lily e – perché no? – rendere felice un'altra adorabile coppia.

Sorrise maliziosamente, prima di stamparsi sulla faccia un'espressione falsamente preoccupata: il suo piano era già in atto. – Hai ragione Lily, dobbiamo assicurarci che Hermione non si faccia raggirare da Blackie e dal suo culetto d'oro! – la assecondò, afferrandola per un gomito e trascinandola verso la scala a chiocciola che conduceva ai dormitori maschili.

Lily puntò i piedi per terra, con un'espressione di totale disapprovazione. – Mary, io non intendo entrare nel dormitorio di Pott... dei maschi, okay? – sibilò, scandendo bene parola per parola.

La mora si dovette trattenere dal sorridere compiaciuta, alla semi-confessione di Lily: era chiaro che non voleva incontrare l'amore della sua vita.

Perfetto.

Mary assunse un'espressione rassicurante e sicura. – Lily, non è il momento di fare la bambina! Hermione e Blackie sono chiusi in un dormitorio, totalmente soli, a fare chissà cosa con quei dannati biglietti! – esclamò, sottovoce, per non farsi sentire dagli altri studenti.

Lily, come aveva previsto l'amica, capì solo una cosa. – Come fai a sapere che sono soli? Ci saranno anche gli altri, no? – chiese, titubante, cercando di non far trasparire il suo terrore.

Mary, ancora una volta, si dovette trattenere dal ghignare: aveva sempre saputo di essere una Serpe mancata. – Draco l'ha portata di sopra perché nel nostro dormitorio ci sarebbe stata “troppa gente”, quindi suppongo siano soli. Inoltre, Jamie e gli altri saranno sicuramente nelle cucine a rimediare gli alcolici per una festa clandestina – spiegò, gesticolando appena, mentre la trascinava sui primi gradini.

Lily parve assecondare l'amica, percorrendo almeno metà scala. – Okay – borbottò in fine, remissiva.

Mary esultò silenziosamente, sempre più compiaciuta.

Mentre raggiungevano il pianerottolo che le avrebbe condotte ai dormitori maschili, la giovane si chiese se fosse il caso di menzionare un certo quadro del settimo piano, dietro al quale si celava un corridoio angusto e polveroso, che conduceva direttamente a una botola, accuratamente nascosta sotto un tappeto orribile rubato da casa Black, che si affacciava proprio sul pavimento della Torre di Grifondoro.

No, forse non era il caso il parlarne.

 

***

 

Zabini si stava ancora chiedendo perché fosse entrato in quella stanza, quando si rese conto che, con molte probabilità, non ne sarebbe uscito vivo.

Persisteva un buio agghiacciante, quasi un presagio di morte certa.

L'aria aveva una strana consistenza, quasi fosse stata contaminata dai Dissennatori: era fredda e pesante come un macigno, difficile da respirare.

Tutto emanava un odore dolciastro e stucchevole, disgustoso, inumano.

Era stato privato di tutti i suoi sensi, dalla vista, al tatto, all'olfatto, fino all'udito: era inerme, accerchiato, spacciato.

Deglutì a vuoto, avanzando lentamente e a tentoni nel buio: i suoi occhi, che si stavano lentamente abituando a quel paesaggio infernale, iniziarono a scorgere i profili di ombre buie e oscure, minacciose.

Cercò di aguzzare la vista e l'udito, per scovare ciò che cercava, inutilmente.

Era evidente: il male sapeva come nascondersi.

Forse quelle belve feroci si erano rintanate nel buio più profondo, aspettando il momento propizio per saltargli addosso, sfregiarlo e cibarsi della sua splendida carne di Purosangue.

Una volta morto, giurò a se stesso, il mio fantasma perseguiterà per sempre quello sciagurato di Draco Malfoy.

Fece un altro passo il avanti: il suo piede si scontrò contro un oggetto sconosciuto e un sonoro scricchiolio echeggiò ovunque.

Gli si mozzò il respiro e il suo cuore perse un battito, mentre tutto si immobilizzava in una calma apparente.

Udì distintamente un respiro vicino, minaccioso e assassino.

Chiuse gli occhi, strizzando le palpebre, provando a star fermo, impedendosi di scappare.

Ciò che udì, fu il presagio di una morte lenta e crudele.

Clic.

Luna-Lunatica Lovegood, con la bacchetta, picchiettò contro la lanterna appesa sull'uscio, illuminando la stanza come se fosse giorno.

Blaise aprì gli occhi di scatto, terrorizzato, nello stesso momento in cui le due bestie si alzarono di scatto, rivelando la loro natura feroce.

Pansy Parkinson e Daphne Greengrass puntarono i loro occhi iniettati di sangue su di lui, lo Scocciatore.

Entrambe avevano i capelli arruffati e crespi, gli occhi cisposi e le labbra riarse.

Terribile.

Il senso estetico di Zabini andò a suicidarsi, mentre il suo spirito di sopravvivenza se la fece nelle mutande.

Fu in quel momento che, con sorprendente audacia, si fece avanti Lunatica, chiaramente incapace di cogliere i segnali del pericolo imminente.

La bionda sorrise conciliante. – Mi dispiace, hic, disturbarvi a quest'ora, hic, ma mi sembrava giusto avvisarvi che stiamo per andare a cercare indizi sulla scomparsa di Hermione e Draco. – spiegò, singhiozzando. – Blaise, hic, aveva già aderito all'iniziativa ieri sera, così come Pansy, hic, ma sei vuoi unirti a noi, Daphne, sei la benve-hic-nuta – concluse, battendo le mani.

Blaise, che la sera prima aveva accuratamente evitato la Greengrass per evitare che lo interrogasse su quanto era accaduto con Potter, si ritrovò a dover fronteggiare due occhi fiammeggianti.

Si sarebbe anche sentito in colpa, se le domande insistenti non gli dessero così noia!

Pansy, d'altra parte, udito il nome di Draco, si stampò in faccia un'espressione da mogliettina in apprensione, scivolando fuori dalle coperte in fretta.

Lunatica, dal canto suo, se ne stava in disparte, girando su se stessa con il naso per aria, ridacchiando.

Daphne, invece, scostò le lenzuola con studiata lentezza, senza mai distogliere lo sguardo da quello di Zabini. – E quando, esattamente, avevi intenzione di dirmi che avresti cercato Draco con i Paladini della Giustizia, scusa? – domandò, fingendosi amabile e docile.

Zabini ebbe l'istinto di lanciarsi un Avada Kedavra da solo, pur di morire velocemente.

Luna si fermò di colpo, puntando i suoi grandi occhi vitrei su di loro. Sorrise nuovamente, singhiozzando. – Oh! Ieri sera, quando ha litigato con Harry! – esclamò, tutta contenta.

Blaise si chiese distrattamente se non le facesse un po' male la faccia, a forza di sorridere.

Daphne alzò un sopracciglio. – Ah, ti riferisci a quella conversazione “inutile e incomprensibile” che hai avuto con Potter ieri sera? – si picchiettò il mento con un indice, avvicinandosi in modo minaccioso al ragazzo. – Quella conversazione in cui Draco non era nemmeno stato menzionato? – rincarò la dose, bloccandosi a pochi centimetri da Zabini.

Blaise deglutì a vuoto, nel panico. – Beh, diciamo che non è stata propriamente inutile e incomprensibile... – fece un vago gesto della mano. – Ma tu... domande... sonno di bellezza... domande... stanco! … Potter e le sue idee... Draco se la fa con la Granger... non sapevo... arrabbiato! … quello sciagurato!... sonno di bellezza! – balbettò a metà tra l'inferocito e l'impaurito.

Daphne alzò un sopracciglio, scettica. – Fammi capire bene, Zabini, nonostante io sia la migliore amica di Malfoy, tu mi hai tenuto totalmente all'oscuro del fatto che ti sei alleato con Potter e che Draco è scappato con la Granger, con cui si presume si stia accoppiando proficuamente, perché dovevi fare il tuo sonnellino di bellezza e perché ti scocci a rispondere a delle domande? – sibilò, minacciosa.

Blaise sbatté le palpebre un paio di volte. – Esattamente! Sono felice che tu abbia capito l'incresciosa situazione in cui gravavo, Daphne! Ah, sai, non mi sei mai stata molto simpatica, forse per colpa delle tue gambe lunghe e del busto piccolo, chi lo sa? Ma sei così comprensiva! È bello capirsi, non trovi? – esclamò, sfoderando uno dei suoi sorrisetti più affascinanti.

Daphne, per quello che parve un lunghissimo istante, lo fissò a bocca aperta, incredula e scettica. – Oh, Santo Salazar, fa che scovi quell'imbecille di Malfoy prima di decapitare il suo amico cretino! – esclamò, alzando le braccia al cielo.

Zabini rimase chiaramente interdetto, mentre guardava la ragazza raggiungere Pansy in bagno. – Ma cosa ho detto di male? – chiese ad alta voce, più a se stesso che a qualcuno in particolare.

Luna gli si avvicinò, trotterellante: era così taciturna e inquietante che era facile dimenticare la sua presenza. – Credo, hic, che sia colpa dei Nargilli, hic, confondono le idee! – esclamò, come se il caso fosse stato brillantemente risolto.

Blaise lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, esausto e spossato: quante altre persone – donne – mentalmente instabili e incuranti del suo sonno di bellezza avrebbe dovuto affrontare, per Draco Malfoy?

 

***

 

Hermione sputò con veemenza la mela che, con molta poca delicatezza, le era stata conficcata in bocca.

Con il senno di poi, avrebbe di gran lunga preferito inveire contro i modi barbari di Malfoy, ma la scena che le si parava davanti era così orribile e sconcertante, che la voce le morì in gola.

Draco, dal canto suo, fu grato a Santo Salazar per essere riuscito a zittire la Granger, prima che attirasse l'attenzione della Megera.

James Potter, in tutto il suo regale metro e ottanta abbondante, lievitava a mezz'aria, con addosso solo un paio di mutande e una federa rossa legata al collo, a mo' di mantello.

Sirius Black, con il suo portamento così Purosangue, saltava sul letto di Draco, indossando un pigiama di seta nera molto simile a quello del biondo, peccato che fosse totalmente slacciato e che, sul suo petto, fosse stato scritto con un rossetto rosso (Hermione non voleva sapere dove lo avesse recuperato) “Non ci sono pulci, qui sotto. Provare per credere”, il tutto seguito da una freccia scarlatta che puntava verso il suo... ombelico.

Remus leggeva un libro al contrario, mentre tracannava un liquido ambrato da una bottiglia di vetro e, di quando in quando, accarezzava svogliatamente la testa di un elfo domestico, come se fosse un cuscino morbido.

Peter, pace all'anima sua, era tutto preso da una corsa sfrenata, inseguito da una palla di pelo: James, con gesti rapidi della bacchetta, stava facendo levitare in aria quello che sembrava un grosso gatto obeso (ma che, a una seconda occhiata, appariva decisamente come un coniglio di dimensioni epiche), per di più rabbioso, che provò ad azzannare ripetutamente il deretano di Minus.

A contornare quel quadro idilliaco, fu la schiera di elfi domestici che, con assurde riverenze e con gioia inspiegabile, imboccava i Malandrini con cibi pregiati e golosi.

James sorrise estasiato, vedendoli sull'uscio della stanza, e allargò le braccia, nuotando nell'aria per avvicinarsi. – Benvenuti, amici! – esclamò, sbracciandosi per avvicinarsi ai due ragazzi. – Non sapevamo dove fossi, Draco! Sei stato via per oore! – esclamò, la voce acuta e strascicata.

Malfoy alzò un sopracciglio. – Sono stato fuori per meno di un minuto – mormorò, guardando terrorizzato la Granger. – Come Salazar hanno fatto a fare tutto questo in mezzo minuto? E da dove sono sbucati? Non erano in camera fino a poco fa! – esclamò, gesticolando velocemente: se quei quattro idioti potevano entrare nella Torre senza essere visti, esistevano alte probabilità di non riuscire a stare da solo nemmeno per un secondo.

Un suono secco alle loro spalle, fece sobbalzare tutti, coniglio obeso compreso.

Sulla soglia della porta, vi erano niente di meno che Lily e Mary. – Oh, Culetto D'Oro, non ti preoccupare, c'è un passaggio segreto – spiegò velocemente la mora, spingendo l'amica al centro del dormitorio. – Allora, questa festa? – chiese pochi attimi dopo, trasfigurando la sua divisa scolastica in un pigiama striminzito.

Sirius sorrise, allargando le braccia. – Mi dai un po' di zucchero, amore mio? – tuonò, balzando giù dal letto di Draco e barcollando pericolosamente.

Mary storse appena il naso. – Qualcuno dovrebbe dirgli che è astemio – borbottò, scansandolo con una leggera spinta.

James Potter, che sembrava essersi fatto passare la sbronza in fretta e furia, scrollò le spalle. – Lo sai che è inutile dirglielo, Mary: la sola idea gli fa venire voglia di bere – spiegò, prima di voltarsi verso Lily, lo sguardo da predatore. – Evans, Evans, Evans... Cosa devo fare con te? – chiese, retorico, sorridendo di sbieco.

Lily, che non lo aveva degnato nemmeno di uno sguardo da quando era entrata nella stanza, si limitò a puntare il naso ancora più in alto, sbuffando sonoramente. – Proprio niente, Potter – rispose con stizza. Sicuramente non si era ancora resa conto della nudità del ragazzo, altrimenti non gli avrebbe parlato con così tanta tranquillità.

La rossa si limitò a fissare con rabbia l'amica, che sembrava averle fatto un torto indicibile. Hermione non poté non chiedersi in che modo Mary avesse spinto la ragazza a salire ne covo di Potter. Forse Lily era davvero innamorata di Potty?

James si avvicinò di mezzo passo, stando bene attento a non finire a tiro di bacchetta. Quando Mary gli fece capire, tramite dei gesti confusionari alle spalle di Lily, che l'amica non aveva con sé la sua unica arma di difesa, Potter ghignò soddisfatto, avvicinandosi con disinvoltura. – Ah, sì? Allora perché mi ronzi sempre attorno, Evans? Dai, siamo tra amici, puoi ammettere il tuo amore sfrenato per il sottoscritto – la provocò, cingendole le spalle con un braccio tonico.

Lily scattò come una molla, sobbalzando e puntando in fretta lo sguardo su Jamie, furibonda. – Lasciami andare, maniaco pervertito! Sei sempre il solito cretino, Potter! Stai sempre lì, impalato, a dire cose senza senso, come se potessi anche solo prendere in considerazione il fatto che... – Hermione vide chiaramente le pupille della ragazza dilatarsi improvvisamente, facendo affogare il verde nel nero più profondo. – … Sei nudo! – terminò la frase, sconcertata, incapace di staccare gli occhi dai boxer attillati del ragazzo.

Hermione a cui era già capitato di assistere allo spettacolo di un Potter in mutande, anche se in circostanze completamente diverse, sogghignò davanti a quella scenetta ridicola, chiedendosi in che modo, esattamente, quei due fossero finiti all'altare.

Insomma, James Potter era davvero un essere insopportabile: non poteva certo biasimare Lily! Come poteva averla accalappiata? Jamie era così rude, infantile e scorbutico!

Lanciò un'occhiata obliqua a Malfoy: sì, quei due erano proprio uguali.

Il ragazzo sogghignò. – Sono mutande, Evans. Fingi che sia un costume – la tranquillizzò, cercando di trattenerla tra le sue braccia.

La rossa gli azzannò una spalla, facendolo urlare di dolore e costringendolo a mollare la presa. Quando finalmente fu libera, si affiancò ad Hermione, rossa in volto e visibilmente scioccata.

Malfoy sbuffò dal naso, lanciando a Potter un paio di pantaloni che giacevano sul pavimento. – Per Salazar, Sfregiato, mettiti qualcosa addosso prima che vomiti la cena di natale di due anni fa – sibilò, palesemente disgustato.

James ridacchiò. – Sai, Blackie, sei un vero spasso... – bofonchiò, infilandosi i pantaloni della tuta. – Ma mi spieghi perché “Sfregiato”? – domandò, curioso.

Hermione strabuzzò gli occhi, strozzandosi con la sua stessa saliva. Iniziò a tossire rumorosamente, sforzandosi di sembrare convincente. – Beh, perché... perché – annaspò Malfoy, aggrottando appena le sopracciglia.

Hermione, accidentalmente, diede il via a una nuova serie di grugniti e gemiti indistinti.

Lily le poggiò una mano sulla spalla, preoccupata. – Vuoi bere un po' d'acqua, Hermione? – chiese, con delicatezza.

La riccia scosse energicamente il capo, lanciando uno sguardo significativo a Malfoy. – Furetto, cof cof, verresti in, cof cof, bagno con me? Cof! – chiese, avvicinandosi con finto passo malfermo.

Draco arricciò il naso con disgusto. – Per fare cosa? Sto pregando tutti i più grandi maghi affinché tu ci rimanga secca, Granger. Va' a morire lontano da qui! – le ordinò, allontanandola con un gesto regale della mano.

Hermione gli afferrò malamente un braccio, trasportandolo quasi di peso nella stanzetta vicina. Lo lasciò in prossimità della tazza del water, in modo che, perso l'equilibrio, ci finisse seduto sopra. Poi, con un ultimo “cof” molto poco convincente, si chiuse la porta alle spalle.

 

***

 

Ginny picchiettava ripetutamente il piede per terra, aspettando che qualcuno, chiunque, dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.

Erano le tre e quarantacinque di lunedì mattina.

E sì, lei era sveglia.

E sì, lei era con Harry.

E no, non si stavano rotolando tra le lenzuola. Figurarsi.

Harry Potter non era affatto quel tipo di ragazzo: lui si alzava nel bel mezzo della notte per organizzare una rivolta.

Dunque sì, erano le tre e quarantasei di lunedì mattina, si trovava in un corridoio semibuio del quinto piano con Harry Potter, aspettando ansiosamente l'arrivo di Luna.

Ron, dal canto suo, aveva una cera terribile: pareva che avesse avuto uno spiacevole incontro con un barattolo gigantesco di cipria. Era così pallido e svogliato, che Ginny si chiedeva come avesse fatto ad alzarsi dal letto.

Beh, la risposta era alquanto ovvia: Hermione.

Tuttavia, Ginny era piuttosto sicura che Ron si stesse chiedendo perché si fossero radunati lì, quando la situazione era fin troppo chiara, per lui.

Povero Ronnie, sempre troppo tonto per andare oltre l'apparenza: era così terrorizzato dall'idea che Malfoy gli avesse soffiato Hermione, che si era già convinto della loro fuga romantica, senza nemmeno averne le prove.

Harry, d'altra parte, non voleva nemmeno che venissero pronunciati i nomi “Malferret” ed “Hermione” nella stessa frase. Aveva vaneggiato per ore sulla possibile storia amorosa nata tra quei due, giungendo alla brillante conclusione che, senza ombra di dubbio, Malfoy doveva aver trovato un modo per resuscitare Voldemort, in modo da scagionare i suoi genitori e vivere il resto dei suoi giorni da Mangiamorte, dilettandosi di quando in quando nell'uccidere poveri coniglietti e bambini indifesi.

Certo, ne era davvero convinto. Ma, d'altra parte, come poteva biasimarlo? Dopo aver scoperto che Voldemort era appiccicato alla nuca di Raptor, dopo aver scoperto che Ginny era stata posseduta da Tom Riddle, dopo aver condiviso per anni la stanza con colui che aveva tradito i propri genitori e dopo aver capito di non aver mai parlato con Malocchio Moody... beh, Harry aveva iniziato a vedere le cose in modo piuttosto tragico.

“E Ginny?” direte voi. Beh, Ginny era, sicuramente, l'unica che aveva afferrato la situazione: semplicemente, Hermione era scomparsa e andava ritrovata. Se, nel caso, Malfoy fosse scappato con lei per vivere il loro amore alla luce del sole, poco importava. Il succo della faccenda era trovare la sua migliore amica, sana e salva.

Poi, avrebbero fatto i conti.

Per quanto riguardava Voldemort, Ginny era piuttosto sicura che fosse ancora morto stecchito, sotto almeno sei piedi di terra e tre barriere magiche indistruttibili.

Dunque, quando vide spuntare dietro l'angolo Luna, fu felice di vedere qualcuno con un briciolo di buon senso (sì, Ginny sapeva perfettamente quanto ciò potesse suonare assurdo). Tuttavia, non si aspettava il corteo di Serpi alle sue spalle.

Fecero la loro apparizione niente meno che Daphne Greengrass, Pansy Parkinson e Blaise Zabini.

Ginny fece una smorfia buffa e schifata. – Cosa ci fanno loro, qui? – sibilò a Luna, una volta vicina.

La bionda la guardò per qualche secondo, estasiata. – Har-hic-ry mi ha detto di chiamare Blazer – si limitò a dire, singhiozzando.

Zabini sussultò appena nell'udire il suo nome storpiato in quel modo, fissando l'amica per qualche secondo infinito, quasi stesse decidendo se strozzarla o ignorarla.

In ogni caso, non ebbe il tempo di fare granché, dal momento che l'Uragano Potter si abbatté sui nuovi arrivati, sfoderando la bacchetta. – Sì, vi ho fatti chiamare io – puntualizzò lui, come se tutti aspettassero una sua conferma. – Come tutti sapete, Malferret ed Hermione sono scomparsi – Ginny notò Daphne lanciare uno sguardo di fuoco a Zabini, per poi borbottare “idiota”. – Mi sembra ovvio che la cosa migliore sia collaborare – concluse, ruotando appena la bacchetta, che stringeva mollemente tra le mani. Ginny si chiese cosa avesse in mente.

Pansy sbuffò dal naso, incrociando le braccia sul petto. – Non mi sembra affatto ovvio, Sfregiato. Se voi, piccoli, insulsi, idioti non sapete dove cercare la Zannuta, non sono problemi nostri – scrollò le spalle, alzando il naso per aria.

Sorprendendo tutti quanti, fu Daphne a farsi avanti per rispondere alla compagna di Casa. – Pansy, capisco che Malfoy scateni i tuoi ormoni, ma non dire stronzate. Con ogni probabilità quell'idiota si è andato a ficcare nell'ennesimo casino. – sospirò appena, stringendo le labbra con forza. – Mi dispiace ammettere che forse, per questa volta, dovremmo pregare che sia con la Granger. Se non altro, quella ha più di sette vite – concluse, lanciando una rapida occhiata a Potter.

Ginny sgranò appena gli occhi: aveva appena sentito una Serpe, una appartenente a una delle stirpi più nobili, sperare che un Purosangue come Malfoy fosse con Hermione?

Ora poteva dire di averle viste tutte, letteralmente.

Zabini sbuffò teatralmente. – Come al solito, siete giunti alla conclusione sbagliata. – fece un vago gesto della mano, poggiandosi contro la parete. – Quei due volevano solo della sacrosanta intimità, no? Ecco, lasciamoli lì dove sono. Torneranno quando la Granger avrà sfornato il settimo figlio, tranquilli – sibilò, affascinante, abbassando il tono della voce pronunciando l'ultima parola.

Harry inspirò sonoramente, stizzito. – Zabini, non ho né la voglia, né il tempo per discutere le tue idee cretine. Ora fatemi vedere le braccia – aggiunse, inchiodandolo alla parete con uno sguardo glaciale.

Daphne alzò un sopracciglio biondissimo, divisa tra la stizza e la sorpresa. – Come, scusa? – sbottò, incredula.

Harry strinse appena la bacchetta tra le mani. – Ho detto che voglio vedere le vostre braccia – ripeté, tranquillo.

Zabini sbatté le palpebre un paio di volte, prima di scoppiare a ridere. – Parlando di idee cretine, Potter... ti devo rinfrescare la memoria? Ricordi che hai ucciso l'Oscuro Signore tre mesi fa, vero? – chiarì, scandendo bene le parole parole, una a una.

Pansy alzò gli occhi al cielo. – Cosa c'entra la Guerra, adesso? – chiese, con fare ingenuo.

Zabini le lanciò uno sguardo di sufficienza. – Beh, Pansy, dato che ti servono i sottotitoli... Potter ha gentilmente insinuato che potremmo essere dei Mangiamorte in incognito al servizio di... un cadavere? – chiese, fingendosi ingenuo, come se non fosse sicuro della risposta.

Harry digrignò appena i denti. – Voldemort è già tornato in vita una volta, quindi... – sbuffò, frustrato.

Zabini scoppiò a ridere. – Sei un bambino capriccioso, Potty? Ammettilo, ti manca la tua nemesi, non è così? – scosse appena il capo, incredulo. – Lascialo marcire all'inferno, per una buona volta! Sai che il mondo va avanti anche se non infili il suo nome in ogni frase, vero? – lo scimmiottò, con le lacrime agli occhi. – Cosa ti aspettavi, scusa? Che l'Oscuro Signore saltasse fuori da dietro la cattedra di Pozioni e urlasse... –

– Eccomi! Ce l'ho fatta! – tuonò una voce roca alle loro spalle.

L'intero gruppetto sobbalzò per lo spavento.

Si voltarono all'unisono verso la figura in ombra che, rapidamente, si stava avvicinando.

 

***

 

Draco sbatté con regale grazia contro la tavola del water.

Ogni principe ha il trono che si merita, no?

Alzò lo sguardo sulla Granger. – Non ho intenzione di fare sesso con te – disse, di getto, come se fosse una constatazione necessaria.

La riccia lo fissò stralunata, la faccia paonazza e i capelli che andavano in tutte le direzioni. – Oh Godric! Cosa devo fare con te, Malfoy? – sibilò, avvicinandosi in fretta. – Sei uno stupido ragazzino, lo sai? Io? Sesso? Con te? Non farmi vomitare, per favore – lo liquidò con un gesto della mano, scuotendo appena il capo.

Draco alzò un sopracciglio. – Sì, tu! – si infervorò, gesticolando. – Tutto quel teatrino! Lo sapevo, l'ho sempre saputo! I bei ragazzi sono sempre soggetti a pericoli indicibili... Uno se ne sta lì, tranquillo, a insultare Potter... e il minuto dopo subisce delle pesanti molestie sessuali. – calcò sull'ultima parola, giusto per farla arrabbiare.

Hermione Granger digrignò rumorosamente i denti. – Oh, ora sono io la maniaca sessuale, vero? Ti ricordo che sei stato tu a provocare me nella Stanza delle Necessità! – tuonò, fendendo l'aria con il suo indice accusatorio.

Draco alzò gli occhi al cielo: ancora con quella storia? Quante volte doveva fustigarsi, ripetendosi che non era in grado di intendere e di volere? Era ovvio che, cadendo a terra, le sue funzioni cerebrali fossero state momentaneamente danneggiate. Dal momento che provava la solita sensazione di “schifo misto a vomito”, solo incontrando il suo sguardo, poteva dedurre di essersi completamente ristabilito. – Ah, questa poi... Mi hai aggredito! Avevo sbattuto la testa! Probabilmente lo spirito della Donnola deve essersi impossessato di me, a un certo punto! – si alzò dalla tavoletta del water. – Come osi rinfacciarmi una cosa tanto schifosa? Semmai dovresti sentirti una privilegiata, dato che, come ben sai, si è trattato di un atto di pura beneficenza – sorrise, cattivo. – Cosa credevi, eh? Che fossi segretamente attratto da te? Da cosa, poi? Da una nanetta tutta denti e capelli? Da un corpicino da dodicenne? Mi dispiace distruggere il tuo sogno da Femme Fatale, Granger – terminò, con il fiato corto.

Per un attimo rimasero a guardarsi negli occhi, stranamente atoni, quasi calmi.

Draco pensò che, se davanti a lui ci fosse stata qualsiasi altra ragazza, l'avrebbe baciata, solo per sfruttare l'atmosfera. Ma, dal momento che si trattava di quella, emm, ragazza, il problema non si poneva nemmeno.

Vide chiaramente l'idea formarsi negli occhi della Granger, per un infinito millesimo di secondo. Pensò quasi che stesse per baciarlo, quando annullò la distanza che li separava, rapida e decisa.

Lui non si mosse, troppo incredulo.

Un sonoro “ciaff” echeggiò per tutta la stanza, zittendo perfino i pensieri di Malfoy.

Per la secondo volta in tutta la sua vita, Draco venne schiaffeggiato.

Per la seconda volta in tutta la sua vita, Draco venne schiaffeggiato dalla Mezzosangue.

Per la seconda volta in tutta la sua vita, chissà perché, non reagì affatto.

 

***

 

Ginny scoprì ben presto che “l'Oscuro Signore 2.0” era, di fatto, Neville.

Il ragazzo, in ritardo di ben venti minuti, si affrettò ad affiancare Luna, arrossendo improvvisamente quando lei gli sorrise affettuosamente. – Perché quelle facce? E cosa ci fanno qui i Piscioverde? – chiese, alzando in fretta un sopracciglio scuro.

Ginny non si era ancora abituata a quel Neville impavido e sfacciato, tanto che si ritrovò a strabuzzare gli occhi.

Daphne Greengrass alzò le sopracciglia perfette, sbuffando dal naso. – Non so perché, ma ho la netta sensazione che qui, qualcuno, finirà male – bofonchiò a mezza voce, facendo sogghignare Zabini.

Harry alzò gli occhi al cielo, disperato. – Loro ci aiuteranno a cercare Hermione e Malferret, Neville – spiegò, frettolosamente. – Però, prima, dovranno dimostrare di non avere il Marchio Nero – minacciò, fulminando con lo sguardo le tre Serpi.

Pansy Parkinson scoppiò a ridere, scuotendo il capo. – Non so se sei più idiota tu o i tuoi amici, che ti danno pure retta – sghignazzò, asciugandosi teatralmente una lacrima.

Ron sospirò pesantemente, abbattuto. – Se vi sembra tanto stupido, perché non alzate le maniche e non la facciamo finita? – insinuò, imporporandosi.

Pansy alzò un sopracciglio, inviperita. – Non mi abbasso a obbedire agli ordini di uno stupido Grifonscemo – alzò il mento in segno di sfida.

Zabini si staccò dalla parete, svogliato. – Già, Pansy... tutti noi sappiamo che ti abbassi solo in casi molto particolari – insinuò, facendo imporporare la ragazza.

Neville, che non aveva afferrato la battuta, si fece avanti. – Fammi vedere il marchio, Zabini, o finirai male. Molto male – ringhiò. – Ron ha ragione, non ci si può fidare di voi – aggiunse, spalleggiando l'amico.

Il ragazzo, bello come una statua, si fece avanti con passo lento e misurato, da perfetto cattivo.

Blaise sogghignò appena. – Dunque, messo alle strette, mi vedo costretto a confessare... – mormorò, lasciando tutti di stucco.

Si passò una mano tra i capelli, inchiodando tutti con lo sguardo.

Ginny lanciò un'occhiata a Daphne, che sembrava quella più assennata tra le Serpi, e la vide alzare gli occhi al cielo, spazientita.

Zabini assunse un'espressione sofferente. – Vedi, Potter, quando Draco ha richiamato il fantasma dell'Oscuro Signore, cercando in tutti i modi di restituirgli un corpo umano... beh, qualcosa è andato storto. Pensavamo che fosse tutto perduto, poi Draco ha avuto un'idea. È per questo che gli serve la Granger, per il suo diabolico e spietato piano di conquista... solo lei può riportare voi-sapete-chi in vita! – esclamò, esagerando con il pathos.

Harry si era pietrificato sul posto, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

Zabini lo afferrò per le spalle, disperato. – Il punto è, Potter, che anche la sua magia è instabile... e quando ci ha marchiato... Lui... – voltò la testa di scatto, emettendo un piccolo gemito di sofferenza.

Harry strabuzzò gli occhi. – Cosa, Zabini? Lui cosa? strillò, in preda al panico.

Blaise strizzò gli occhi, lasciando la presa sulle spalle del Grifondoro, allontanandosi di qualche passo. – Lui... Lui... – si passò una mano sul volto, sconvolto. – Io... – abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro. – Lui ha sbagliato e... – Ginny quasi si aspettò che urlasse “mi restano tre mesi di vita!”, quando si decise a completare la frase. – Lui mi ha marchiato una chiappa! – inutile dire che Zabini non riuscì a trattenersi oltre e scoppiò a ridere, subito seguito da Pansy e da una reticente Daphne.

Anche Ginny abbozzò un sorriso, stupendosi della facilità con cui ci erano cascati quei tre molluschi dei suoi amici.

Come potevano essere tanto idioti?

Neville lanciò uno sguardo perplesso a Ron, che si strinse nelle spalle, borbottando “Io le chiappe non glielo controllo, sia chiaro”.

 

***

 

Mary osservò Hermione sparire oltre la porta del bagno, tossendo in modo molto poco convincente.

James poggiò il gomito sulla sua spalla, grattandosi svogliatamente il mento. – Quei due si amano, te lo dico io – esclamò, la voce abbastanza alta affinché anche Lily lo udisse.

La rossa in questione, difatti, si voltò rapidamente, alzando un sopracciglio. – Ma piantala! Quei due non si amano affatto: si odiano, è così difficile da capire? – tuonò, incrociando le braccia al petto con stizza.

Mary lanciò uno sguardo obliquo a Jamie, ancora poggiato alla sua spalla e, in qualche modo, nel giro di un millesimo di secondo, diedero il via all'ennesimo Piano di Conquista. – Lily, Lily, Lily... quanto sei ingenua! – la riprese l'amica, alzando gli occhi al cielo.

James annuì, come se fosse un esperto in materia. – Vedi, Evans, quando una ragazza ti trascina in bagno, fingendo un malessere improvviso, vuole fare solo... – non terminò mai la frase, poiché ci pensò direttamente il fato.

– ...Sesso! – strillò Hermione dall'altra parte della porta.

Lily sobbalzò, guardando sconcertata la soglia oltre la quale i due nuovi arrivati stavano facendo chissà cosa.

James fece un sorrisetto furbo, lanciando uno sguardo a Rem che, dall'altra parte della stanza, faceva le coccole a un elfo domestico, scambiandolo per il suo coniglio. – Cosa ti avevo detto, Lunastorta? – lo rimbeccò, prima di essere nuovamente interrotto da un altro strillo.

Sì, tu! – urlò Draco, con tono talmente roco che Lily Evans arrossì fino alla punta dei capelli.

Che quei due stessero realmente...?

Mary si mordicchiò appena il labbro, desiderosa di sbirciare dalla serratura della porta cosa stesse effettivamente accadendo dall'altra parte del dormitorio.

– ...tu a provocare me... – ribatté con ferocia Hermione, la voce densa di passione.

Sirius fischiò appena. – La situazione si sta scaldando, attenzione! – esclamò, balzando giù dal letto e avvicinandosi a Mary. – Sai, amore mio, tutto questo origliare mi ha fatto venire voglia di... – insinuò, prendendola per la vita e scostandola dalla presa di Jamie.

Mary alzò gli occhi al cielo, allontanandolo con un gesto svogliato della mano. – Non ti spulcio, che sia chiaro! – ironizzò, accennando alla scritta scarlatta che si era dipinto sul petto.

Jamie, a sua volta, cogliendo l'opportunità, si avvicinò cautamente alla Evans, che cercava di origliare la conversazione tra Draco ed Hermione. – Sei curiosa di sapere cosa stanno facendo? – le sussurrò in un orecchio.

Lei sobbalzò appena, arrossendo vistosamente. Tuttavia, il fatto di averlo a pochi centimetri da sé, quasi del tutto nudo, sembrò distrarla non poco: per la prima volta, in tutta la sua vita, Lily Evans non arrossì né per la rabbia né per l'imbarazzo.

Cos'era quella strana sensazione che provava? Cosa si aggrovigliava nella sua pancia? Che avesse contratto una rara forma di virus intestinale letale?

Deglutì a vuoto, fissando timidamente Potter negli occhi. – Tu... –

Mi hai aggredito! – tuonò la voce di Draco, a qualche metro da loro, appena attutita dalla porta.

Entrambi sobbalzarono, come se si fossero dati la scossa. James Potter poté vedere chiaramente quella luce svanire dagli occhi di Lily Evans, poco prima che lo spintonasse lontano da lei.

Ma ormai il danno era fatto: lui aveva scorto un barlume di interesse nei suoi confronti e il Piano di Conquista era stato appena avviato. Inutile dire che si aspettava di portarla all'altare durante le vacanze natalizie.

– ...Donnola! – incalzò nuovamente la voce di Malfoy, scatenando l'interesse di Sirius.

Il bel ragazzo alzò gli occhi di scatto, sull'attenti. – Strano, non avevo mai sentito parlare di una posizione simile... – pensò, un po' ubriaco, ad alta voce.

Quello, a quanto sembrava, parve l'ultima goccia che fece traboccare il vaso: Lily Evans alzò le braccia al cielo, chiedendo pietà a qualsiasi identità divina conoscesse. – Potreste smetterla con queste insinuazioni? Lasciamoli stare, per una buona volta! – strillò, rossa in volto. – Dovete smetterla di impicciarvi dei fatti altrui! Si amano? Si odiano? Non me ne importa un fico secco! Lasciate che se la sbrighino da soli, per l'amor del cielo! – con un ultimo sbuffo indispettito, girò i tacchi e uscì dalla porta.

Per un lunghissimo minuto nessuno disse niente, nemmeno Draco ed Hermione, dall'altro lato della porta. Poi, con la sua solita delicatezza, Sirius si fece avanti, poggiandosi alla spalla di Jamie. – Ricordami di chiedere a Draco della posizione della Donnola, sembra interessante... – strascicò, infine, ridacchiando appena.

 

***

 

– Cerca di essere meno idiota, Zabini – lo rimbeccò Daphne, prendendo finalmente in mano la situazione, già catastrofica.

Blaise emise un sonoro e regale sbuffò, incrociando le braccia al petto, senza degnare la ragazza di una vera e propria risposta. Daphne non gli prestò minimamente attenzione, aprendo un poco la bocca, pronta a snocciolare un discorsetto esemplare a quegli schiopodi che si era ritrovata come compagni d'avventura, quando venne preceduta da una voce poco familiare: – Io sono di Corvonero, hic, quindi presumo di essere territorio neutrale – proruppe una ragazzina bruttina e con l'aria trasognata, che (Daphne ne era sicura almeno al novantacinque percento) aveva un nome bizzarro, Mezzaluna o qualcosa di simile. – Come la famosa terra dei Libilli Blu, per intenderci: libera come il vento che soffia da ovest! – trillò, estasiata, come se fosse convinta che tutti stessero capendo almeno la metà delle frottole di cui blaterava. – Beh, hic, credo di doverv-hic-i ricordare che Draco ed Hermione potrebbero, hic, essere ovunque – già, bella scoperta – Pertanto, dal momento che siamo le persone a loro più hic-vicine, dobbiamo perlustrare tutto il castello, da cima a fondo hic – fece una piccola pausa, sventolando un ventaglio giallo canarino davanti al suo visino paonazzo: stava bene? Sembrava ubriaca... – Niente, hic, deve essere lasciato al caso! Ma se, come credo bene hic, non venissero ritrovati nel Castello, hic, dovremmo pensare a un piano per uscire fuori da qui – concluse, guardando poi uno strano orologio da polso, di un argento volgare, con il quadrante grande quanto un pompelmo, che pendeva instabile sull'esile braccio della giovane: da quanto poteva scorgere Daphne, non era costituito né da lancette né da numeri, ma da tante pietre gialle che si muovevano in libertà. – Da quanto vedo, Gazza ora non è nelle vicinanze, quindi, se per il momento siamo tutti d'accordo con quanto detto, Mangiamorte e deretani tatuati esclusi, direi di rivederci questa sera, allo stesso posto, poco prima del coprifuoco – esclamò, tutta pimpante, alzando i grandi occhi vitrei e posandoli su tutti i presenti, come per saggiarne il consenso. – hic – concluse, ponendo definitivamente fine a tutta quell'assurda conferenza di menti dalla dubbia intelligenza.

Non conosceva bene Mezzaluna, ma da come la guardavano i Grifonscorfano, sembrava non essere avvezza a certi comportamenti autoritari, non che Daphne ne fosse sorpresa: persino uno Snaso avrebbe avuto più autorità e prontezza di spirito di Potter Coso e quel decerebrato di Zabini.

Con una regale alzata di spalle che, per quanto le riguardava, poteva perfino chiudere qualsiasi rapporto umano con i presenti, Daphne girò i tacchi e si incamminò lungo il corridoio, udendo Zabini sbadigliare, mentre diceva: “Tutto questo teatrino per giungere a una conclusione tanto scontata quanto mortificante? Almeno le mie chiappe sono un argomento di interesse universale”.

Daphne pensò, sconsolata, che nessuno di quegli imbecilli sarebbe mai cambiato più di tanto e la conferma le arrivò, dolce e delicata come un sussurro portato dal vento, quando, imboccando un corridoio laterale, quegli strambi amici proseguirono quella già bizzarra conversazione. – Hei, Luna, come fai a capire che ore sono, con questo coso? – chiese la voce tonta di Weasel. Sentì un sospirò trasognato, poi, arrivò la risposta: – Mica guardo l'ora, Ronald! Mi piace guardare le pietre che si muovono! –.

 

***

 

Hermione si buttò pesantemente sul letto, il biglietto portato dalla fenice ancora sigillato e stretto tra le mani.

Era terribilmente stanca e spossata: tutto quel viaggiare nel tempo, quella sensazione di impotenza e i litigi infuocati con Draco Malfoy, l'avevano distrutta.

Non riusciva a sostenere tutti quel cambiamenti, tutti quegli ostacoli. Non da sola.

Poco prima, nel dormitorio dei ragazzi, aveva letto nello sguardo di Malfoy la furia più cieca: sapeva che con quello schiaffo, aveva eretto l'ennesimo muro tra di loro.

Non sapeva come affrontare quell'enorme quantità di guai: nonostante avesse dovuto far fronte a molte difficoltà fin da piccola, non era mai stata sola.

Dopo essere fuggita dal dormitorio dei ragazzi senza nemmeno dire una parola a Malfoy, si era sentita esattamente in quel modo: sola al mondo.

Nessuno conosceva Hermione Granger, nel passato e nessuno aveva il diritto di conoscerla per ciò che era veramente: avrebbe dovuto fingere sempre, costantemente.

In aggiunta, vi era pure quel dannato bigliettino sigillato.

Sospirando, si disse che, in ogni caso, non ne avrebbe discusso con Malfoy, quindi tanto valeva leggerlo subito.

Scartò il biglietto come se fosse stato una sacra reliquia babbana: lesse quelle parole oblique con attenzione, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto quello.

Silente, nel suddetto biglietto, non parlava affatto di espulsione, ma la invitava a prendere un tè con lui, la mattina seguente, prima dell'inizio delle lezioni.

Strinse con forza le mani attorno alla carta pregiata: cosa avrebbe dovuto affrontare, la mattina seguente? In che guaio si era cacciata? Perché era sempre, costantemente, tutto così difficile?

Si passò una mano tra i capelli, accartocciando il biglietto e gettandolo nella pattumiera.

Per una volta, Hermione Granger si ritrovava a non avere nemmeno più la forza di preoccuparsi.

Con lentezza, si fece una doccia rigenerante e, per la prima volta in tutta la sua vita, mandò a quel paese i libri, i problemi, l'apocalisse, Voldemort e Draco Malfoy, sprofondando in un sonno profondo e senza incubi.

 

Cosa posso dire di questo immenso capitolo? 
sono molto felice di essere tornata, spero in un modo molto mite e divertente, senza sconvolgere troppo la storia. Come avrete già intuito, sono tutti un po' matti.... ma lascio a voi l'arduo compito di recensire! 
Vorrei proprio sapere cosa ne pensate dell'evolversi dei personaggi e, soprattutto, cosa vi aspettate prossimamente ;)
Un bacio!

-Rose x

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