Far away

di GreenCats
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inutilmente ***
Capitolo 2: *** Rosè ***
Capitolo 3: *** Ehy Jude ***
Capitolo 4: *** In my veins ***
Capitolo 5: *** Fall for you ***
Capitolo 6: *** Complicated ***
Capitolo 7: *** Nobody said it was easy ***
Capitolo 8: *** I'm yours ***
Capitolo 9: *** Here with you ***
Capitolo 10: *** Uncover ***
Capitolo 11: *** Mine ***
Capitolo 12: *** All of me (Parte 1) ***
Capitolo 13: *** All of me (Parte 2) ***
Capitolo 14: *** Akai ito ***
Capitolo 15: *** I belong to you ***
Capitolo 16: *** Ti darò certezze contro le paure ***
Capitolo 17: *** Ready to run ***
Capitolo 18: *** Secrest ***
Capitolo 19: *** Love will tear us apart ***
Capitolo 20: *** Leaving on a jet plane ***
Capitolo 21: *** I think I wanna marry you ***
Capitolo 22: *** Loving can heal, loving can mend your soul. ***
Capitolo 23: *** Ora vai, oramai. ***
Capitolo 24: *** I Know You Wanna Leave ***



Capitolo 1
*** Inutilmente ***


23 GIUGNO – 10.11
 
«Allora principessa, con quanto sei uscita?»
«Smettila di chiamarmi così»! - tuonai, irritato da quel tono così prepotente che mi era stato rivolto.
«Attenzione! Attenzione! La principessa sul pisello si sta irritando» – rise, odiavo quella risata, vi erano state notti in cui quel suono era entrato nei miei sogni, incubi ad esser precisi.  
Dopo tre anni passati con della gente così, quelle battute erano solo il minimo.
Avevo imparato a farmi le ossa. L'alternativa era che le ossa te le facessero loro.
«A chi l'hai succiato per uscire con novantatré?»
«Nov...novantatré?» - chiesi incredulo dirigendomi verso i quadri appesi alla vecchia bacheca di legno, riuscii a scansare il ragazzo che mi ostacolava la vista. Cercai velocemente la mia classe ed il mio cognome.
Appoggia il dito sul mio nome, uno degli ultimi, seguii la linea retta che mi portava al voto e rimasi a bocca aperta.
93/100
Niente lacrime, niente gridolini.
Presi il telefono ed invia un messaggio a mio padre - « 93 »
Semplice, senza testi aggiuntivi.
È sempre stato un tipo da poche parole, come me, e quel voto doveva essere messo in risalto, tutto il mio passato era rinchiuso in quel semplice numero.
Quel voto era l'unica cosa che mi rimaneva di quelle mura.
«Hai la cena pagata in qualsiasi ristorante a tua scelta – Papà.»
«Hai vinto la scommessa» – Inviai un nuovo messaggio, ma questa volta il destinatario non era mio padre.
Infilai il telefono nella tasca posteriore dei miei jeans scuri e - "Sicuramente starà ancora dormendo" - pensai visto che la risposta tardava ad arrivare, cosa che mi preoccupò non poco. Scesi le scale lentamente; a differenza di tutte le altre persone presenti. Volevo godermi quelle ultime rampe, quei scalini di marmo grigio sporco che i miei piedi non avrebbero più solcato, era una promessa, forse l'unica che avevo davvero voglia di mantenere.
Passai una mano nei capelli, portai indietro il solito ciuffo ribelle che mi cadeva sull' occhio destro ed incalzai il passo, dovevo allontanarmi il prima possibile da quel posto che per anni era stata la mia prigione.
Infilai le cuffie e mi lasciai trascinare dalla musica. Avevo bisogno di quelle note. Negli anni addietro avevo imparato a infilare le cuffie nell'esatto momento in cui iniziavano ad insultarmi. Avevo trovato un bel modo per scappare, senza andarmene davvero. Ma in quel momento non importava più, non dovevo scappare più da nulla e nessuno, anzi dovevo raggiungere qualcuno. Mi abbandonai alla riproduzione casuale non appena il mio piede toccò l'ultimo scalino.
Il cielo inglese rispecchiava perfettamente il mio stato d'animo. Avrei dovuto sentirmi libero: ora potevo vivere davvero come volevo, studiare ciò che sognavo ed essere come desideravo.
Ma mi tremavano le gambe, quasi non reggevano il mio stesso peso. Respiri profondi scandivano i minuti, gli attimi che mi separavano dall'unica nota di colore che avrebbe reso la mia vita meno grigia.
Non ero nulla di preciso in quel momento.
Non ero libero.
Non ero vivo.
Iniziò a piovere, in pieno giugno.
                                                              
Suonai il campanello tre volte.  Lo facevo sempre, era un'abitudine che trovavo divertente perchè sapevo che lui avrebbe dato di matto e così fece. Si affacciò dal balconcino della cucina, l'unico che dava sull'ingresso, si strofinò gli occhi con la mano, il volto assonnato, lo riuscivo a vedere anche a tre piani di distanza. C'era da aspettarselo, in fin dei conti per lui era ancora troppo presto.
«Cazzo, ti ho sempre detto di venire dopo le undici! Lo sai che prima dormo!» – urlò; notai la striscia rossa che gli segnava la guancia destra, segno tangibile che aveva appena abbandonato il letto.
 «Vuoi aprirmi o devo aspettare qui 35 minuti?» – urlai a mia volta per farmi sentire, notando che la vecchietta del piano di sotto mi guardava accigliata, non gli ero mai piaciuto, forse da quella volta sulla tromba delle scale, dove mi aveva visto letteralmente con i pantaloni abbassati.
«Ti apro, insolente!»
«Grazie Zayn» – Sbattè la porta del balconcino e immediatamente si sentì lo scatto del portone aprirsi.
"Respira." 
 
6 MESI PRIMA...
11 DICEMBRE – 17.04
 
Iscrizione avvenuta con successo: il tuo nome confermato è 'Need2beloved'
 
Inutilmente si è aggiunto alla chat.
«Tutti con la stessa paura di essere inutili» – scrissi velocemente e senza pensare inviai, non avevo da perdere niente, dopotutto ero in una chat di sconosciuti.
«Scusami, ce l'hai con me?» - rispose velocemente ed in privato lo sconosciuto a cui avevo dedicato la frase qualche attimo prima.
«E' semplicemente una canzone, mi è venuta in mente leggendo il tuo nick»
«Well all need to be loved. Perché hai bisogno di essere amata/o?»
«Perché in momenti come questi mi sento terribilmente...»-  Ci ripensai, ma ormai avevo inviato parte della frase - «Nulla, fai come se non avessi scritto niente»
«Terribilmente...?»
«Vuoto. Terribilmente vuoto. E solo. Neanche il libro di fisica vuole trovarsi nella mia stessa stanza.» – "Non caricare di problemi uno sconosciuto che si fingerà dispiaciuto" - pensai, notando che 'Inutilmente' non rispondeva più da qualche minuto.
«Vorrei poterti citare un'altra canzone, ma non ne trovo neanche una al momento. Scusami»
«Tranquilla InutilMente. Altrimenti avresti avuto un nick come SempreDiAiuto, no?» – Un mezzo sorriso si venne a delineare sul mio volto, avevo davvero trovato così divertente una battuta del genere?  
«Chi ti ha detto che io sia una ragazza?»
«Non neghi neanche il contrario» – La psicologia inversa era sempre stata la mia arma per capire la gente o meglio, quelle poche persone che riempivano a malapena la mia vita. Non ero un tipo solitario semplicemente mi piaceva avere i miei dannati spazi. Ero selettivo con le amicizie e abbastanza pretenzioso da non fare entrare molte persone nella mia vita, mi bastavo da solo.
«Scusami ma devo davvero andare. Alla prossima, se ci sarà.»
«Ciao Lola!» – chiusi il laptop e lo buttai incurante sulla poltrona vicino al letto, maledicendomi per ciò che avevo appena detto a quello sconosciuto, sarei passato come un'idiota, ma ormai il danno era fatto ed era inutile continuare a maledirsi per la scelta davvero discutibile di quel soprannome.
 
14 DICEMBRE - 22.22
Le dieci per me, era sempre stato un orario scomodo. Sentivo la stanchezza per la giornata passava ma non riuscivo mai ad addormentarmi, finivo sempre per scrivere, leggere, sentire musica ma mai studiare, cosa che dovevo fare assolutamente se volevo mantenere la mia media alta fino al diploma. Era la cosa che più mi interessava, ciò a cui puntavo. Non avevo niente di più di quello e di altre piccole cose. Ero steso a pancia in giù col le gambe in aria ed una matita bloccata tra i denti quando notai lo schermo del laptop segnalarmi la presenza di una nuova notifica, proveniente dal social network a cui mi ero iscritto solo qualche giorno prima, senza un motivo apparente. Avevo sentito parlare a scuola di queste chat e non avendo il coraggio di chiedere di più ai miei compagni, mi ero semplicemente iscritto. «Neanche ricordavo di essermi iscritto» - borbottai tra me e me, chiusi il libro che stavo leggendo, Bukowski poteva attendere, mi allungai per afferrare il computer che continuava a segnalarmi un nuovo messaggio e quasi non lo feci cadere, stupida pigrizia.
«Lola?» - aprii il messaggio e lo sconosciuto di qualche giorno prima mi aveva appena scritto, dal pallino verde vicino alla sua foto capii che era ancora online e senza far scorrere altro tempo risposi - «Cosa diavolo stai dicendo?»
«Chi è Lola? Mi hai chiamato così» - solo in quel momento ricordai la conversazione avvenuta qualche giorno prima e l'uso da parte mia di quel soprannome.
«Prometti di non ridere?» - digitai velocemente aspettando una risposta che non tardò ad arrivare.
«Non so mantenere le promesse, mi dispiace.» – sembrava così, così triste quell'affermazione. Decisi di raccontargli di quel soprannome assurdo nato qualche anno prima, un gioco che nonostante il tempo mi divertiva ancora - «E' il nome in codice che usiamo io e mio padre. Quando ha scoperto che sono gay, ha iniziato ad accompagnarmi in alcuni locali, sai non voleva che io frequentassi brutti giri. Ha scoperto che molte donne frequentano quei bar alla ricerca di un qualche tipo di trasgressione e a mio padre va bene passare una serata in compagnia di qualche donna che la mattina dopo rinnegherà. Il problema è scoprire quale sono vere donne e quali meno. Allora me le presenta dicendo 'Lola', ciò vuol dire che è confuso, che non sa di che genere di donna si tratti e allora io gli do il mio parere. Tutto qui» - risposo velocemente cercando di non essere troppo prolisso ma comunque far capire il perchè di quel soprannome.
«Porti tuo padre nei locali?»
«Di tutto ciò che ti ho detto noti solo quella parte? Comunque sì, io e lui abbiamo un rapporto molto aperto su questo genere di cose, anche se non è così concessivo con cose come la scuola e quelle merdate lì»  
«Vorrei averlo anch'io un rapporto del genere...Tua madre non dice nulla?»
«Mia madre semplicemente non c'è» – Il sorriso si dileguò non appena lessi quella domanda, era un argomento così delicato, personale e doloroso che non lo affrontavo mai, nemmeno con mio padre nonostante fossero passati più di diciassette anni. Mi portai le mani sul vino, ero abbastanza titubante sul rispondere, non volevo certo parlare della mia vita privata con un perfetto sconosciuto ma una piccola parte di me mi ripeteva che non c'era nulla da perdere.
«...Divorziati? Se non oso troppo.»
«Più o meno. Mia madre non c'è mai stata, a quanto ricordi. Ecco perché vivo così bene con mio padre, ha dovuto fare per due. Mi ha cresciuto viziandomi. Certo il cibo non è il suo forte, ma riesce ad ascoltarmi meglio di un amico e tre anni fa ha imparato ad usare la lavatrice, non male per uno che non sapeva neanche distinguerla dalla lavastoviglie» - non volevo parlare di quella donna, non riuscivo a concepirla come una madre, perché madre non lo era mai stata, preferivo sempre dare tutta la mia attenzione a mio padre, all'uomo che con coraggio e forza mi aveva cresciuto, bene per giunta. Sospirai, quell'argomento mi metteva sempre un certo nervosismo addosso, aveva sempre condizionato la mia vita, anche se era assente.
«Non immaginavo, mi dispiace, scusami - continuò a scrivere - In realtà non so nulla di te. Al massimo so che la fisica ti annoia»
«Non dispiacerti, in compenso ho molte zie opprimenti, una nonna che mi adora e mi strafoga di cibo ed un nuovo cane che ha appena pisciato sulla moquette» - sbuffai nuovamente notando la macchia giallastra, ma lasciai perdere, non avevo nè la forza nè la voglia di rimproverare il cucciolo, quindi tornai a dare attenzioni al computer, non che avessi di meglio da fare comunque.
«Non mi vedi ma sto sorridendo» - scrisse ed una leggera fitta mi colpì al petto, lo avevo davvero fatto ridere? Perchè in quel momento anch'io stavo maledettamente sorridendo. Mi passai una mano tra i capelli, spostando il ciuffo che ricadeva in continuazione sulla fronte ed iniziai a fantasticare sulla persona sconosciuta dall'altra parte del computer: com'era? Era un uomo o una donna? Qual era il suo nome?
«Oltre a sorridere cosa stai facendo?»
«Cerco di mandar giù dell'olio di oliva. Oggi ho la voce spezzata e mi hanno consigliato di berne un cucchiaino da thè, non pensavo potesse fare tanto schifo del semplice olio d'oliva e sono anche in ansia per un esame e nulla, cerco di non mandare tutto a quel paese scappando dalla finestra. La mia vita è davvero pessima»
«Se sai di essere pronto, puoi farcela. Mio padre me lo ripete sempre» - "No, quello che se lo ripete sei sempre tu, perché sai di non essere mai abbastanza" - disse il mio subconscio, scacciai quel pensiero e attesi la sua risposta per oltre venti minuti, ma non ci fu. Avrei voluto raccontargli che anche la mia vita era una merda, soprattutto in quell'ultimo periodo ma tralasciai il tutto, non era giusto affollare con i miei problemi una persona sconosciuto. Buttai il laptop nuovamente sulla poltrona, mi alzai a fatica per riprendere il libro che inspiegabilmente era arrivato posizionato al centro della stanza e tornai a leggere, ma sul mio volto non c'era più quel solito cipiglio, quella sera c'era un leggero sorriso e sapevo a chi dare la colpa.
 
19 DICEMBRE - 01.48
Dopo la conversazione dei giorni prima, non ero più entrato su quel sito, anche se avrei voluto maledettamente tanto, parlare ancora una volta con lo sconosciuto o sconosciuta, dopotutto non sapevo ancora se era un uomo oppure una donna a nascondersi dietro quel profilo. Avrei voluto dirgli che in quella mezz'ora di parole era riuscito a farmi sorridere, che ero stato bene anche con uno sconosciuto. Ma non lo feci, non ne avevo il coraggio.
Presi il laptop socchiuso da sopra la scrivania che mi indicava la presenza di un nuovo messaggio, chiusi gli occhi e sperai involontariamente che a scrivermi fosse stato lo sconosciuto.
«Scusami ero a fare una corsa» - questo era ciò che mi aveva appena scritto, una banale e stupida risposta, dopo quasi cinque giorni di assenza se ne era uscito così, senza un vero senso logico eppure ero contento. Diedi la colpa al sonno per quello stupido pensiero.
«A quest'ora? Dovresti dormire» - Risposi senza neanche pensare – "Che cazzo di risposta hai dato?!" - mi colpii la fronte con una mano, non
«Anche tu dovresti dormire a quest'ora e poi mi piace correre mentre sta iniziando a nevicare. Abbassa lo stress»
«Mi sembri mio padre, dice sempre che dovrei fare attività fisica, ma la mia pigrizia avvolte mi impedisce anche di passare dal divano al letto - la risposta non arrivava, volevo sentirlo, così continuai - qui nevica già da un bel po'»
«La verità è che ho paura di non farcela» - ammise, osservai sbalordito le parole che mi aveva appena scritto, era forse la cosa più personale che mi aveva detto da quando ci conoscevamo, certo quella non potevo definirla una conoscenza o qualsiasi cosa di simile eppure non riuscivo a fare a meno di andare avanti, voler scoprire di più. Mi passai una mano tra i capelli disordinati, dovevo davvero tagliarli, agitai i piedi in aria in segno di nervosismo, non sapevo assolutamente cosa rispondere, odiavo la mia poca decisione, volevo assolutamente consolarlo in qualche modo, fargli capire che ce l'avrebbe fatta, se ce la facevo io a rimanere vivo in quell'inferno, sarebbe stato per tutti gli altri una passeggiata - «Ce la farai. So che sei brava/o»
«Neanche mi conosci!»
«Chiamiamolo settimo senso!» - Accennai un piccolo sorriso nel rispondere, non c'era molto di divertente eppure stavo ridendo davanti ad uno stupido schermo.
«Non dovrebbe essere sesto senso?»
«Beh, il mio sesto senso è già occupato da altro!» - Il piccolo sorriso, divenne leggermente più grande.
«Torna a dormire, non voglio essere la causa delle tue occhiaie domattina!»
«Giusto, buonanotte Lola!»
«Buonanotte Senzanome»
«E sono sicuro che domani ce la farai. Io sarò lì con te»
Quella sera andai a dormire con una strana ma bella sensazione allo stomaco.
 
24 DICEMBRE – 00.42
«Auguri di Buon Natale. Spero che l'esame sia andato bene e che la tua vita stia procedendo al massimo»
Nessuna risposta.
"Non sta certo dietro un ragazzino conosciuto in un sito" – Pensai, prima di cadere nelle braccia di Morfeo. Avevo bisogno di sonno, di sicurezze, di sogni. Erano ormai intere settimane che non dormivo più di tre o quattro ore a notte, urlavo nel sonno e non c'era nessuno a dirmi che era solo un fottuto incubo, quel periodo non passava davvero più. Mi sentivo spento, solo, avevo l'assoluto bisogno di essere amato.
Quella notte sognai visi confusi e sorrisi gentili, occhi sconosciuti e belle parole.
 
28 DICEMBRE- 13.40
«Oggi ho sentito una voce urlare Lola e la cosa più strana è che mi sono anche girato» - il messaggio catturò tutta la mia attenzione, non ci voleva molto per distrarmi da chimica. Quasi saltai sopra la sedia dopo aver letto quelle parole e subito mi precipitai a rispondere. Non aspettavo una sua risposta, giuro di no, forse solo un pochino?
«Iniziare una conversazione normalmente no?» - "ASPETTA! "
InutilMente è Offline.
«Allora sei un ragazzo! Mi toccherà trovarti un nuovo soprannome, Lola però ti s'addiceva! - quello sconosciuto mi intrigava più del dovuto - Grazie per avermi lasciato da solo con la mia poca voglia di studiare»
"È davvero meglio chiudere libri e computer ed iniziare ad andare! Il prossimo treno è tra soli venti minuti"
Mi preparai velocemente non badando molto a quello che stavo mettendo addosso, l'anno era quasi giunto al termine eppure non mi interessava, ero sempre stato nervoso per l'arrivo del nuovo anno, ma per quello, non mi aspettavo niente, assolutamente nulla. Mi ero illuso già l'anno precedente e in fin dei conti non era cambiato nulla, forse ero cresciuto qualche centimetro ed avevo raggiunto i diciotto anni, ma quello era stato il massimo del cambiamento. Mi ero augurato nuovi amori, nuove emozioni ma anche per quell'anno vi era stata una siccità di sentimenti ed io ero stanco di sperare che le cose cambiassero. Mi guardai allo specchio, la mia camicia di flanella cadeva grande sui miei fianchi morbidi ed i capelli erano stati intrappolati in un cappello di lana che qualche parente mi aveva regalato per Natale, non era male, certo era di un color cachi davvero discutibile, ma inquadrava bene il mio viso ed aveva una piccola scritta sul lato niente male e poi non ero un così fanatico di moda per lasciarlo ammuffire in uno degli ultimi cassetti del mio armadio. Diedi ancora un ultimo sguardo ed uscii. Londra mi stava aspettando.
Quel giorno però il destino aveva in riserbo per me una sorpresa e fu così simpatico da farmici sbattere contro. Un ragazzo anonimo con una grande borsa di pelle mi era appena venuto contro facendomi cadere. Ero già troppo in ritardo per mettermi a litigare con uno sconosciuto, corsi via e solo a metà strada mi accorsi di non avere più il mio cappello - «Che schifo di giorno»
 
Londra mi metteva sempre un po' d'ansia, non ero abituato alle grandi città, troppo caos, troppa gente. Ecco perché amavo così tanto Holmes Chapel, la mia città. Tutti si conoscevano. Le voci correvano sempre troppo veloci, ma tutti dimenticavano nel giro di qualche giorno, allettati da un nuova notizia.
Con gli anni avevo imparato quali posti potevo e quali no frequentare, quali bar davano da bere alcolici ad un sedicenne senza documenti e dove potevo rifugiarmi quando volevo essere lasciato solo.
Ad Holmes Chapel avevo imparato a sopravvivere, a farmela piacere. Ma a Londra, a Londra mi sentivo solo un puntino nero, una persona in più che affollava il vagone della metropolitana.
«Sei sempre il solito ritardatario!»
«Scusa Beth, non volevo!» – Le presi il volto tra le mani e bacia la fronte della mia migliore amica, era più bassa di me di almeno una ventina di centimetri e quel bacio era un po' un nostro sigillo.
«Perdonato?» - chiesi mostrando il labbro inferiore come un bambino piccolo e facendola sorridere. Era semplice farla ridere ed io vicino a lei mi sentivo sempre un po' meglio, un po' più leggero.
«Oh! Tu e i tuoi sorrisi con me non funzionate eh!» mi diede una leggera spinta ed io mi allontanai da lei fintamente imbronciato. Beth corse nella mia direzione e mi abbracciò, cosa che non faceva quasi mai ma non chiesi nulla, le afferrai saldamente il braccio ed insieme ci dirigemmo verso l'appuntamento al buio che la mia migliore amica mi aveva organizzato.
 
25 GENNAIO - 10.40
«Due ore di matematica, per giunta insieme, mi uccidono!» - commentò Betty ma io non ero interessato, nè a lei nè alla stupida lezione sugli algoritmi e per questo continuai a scarabocchiare sul banco, incurante di tutto ciò che mi stava succedendo intorno. I miei pensieri erano ancora più complessi di quei calcoli disegnati alla lavagna di fronte a me.
Posai i miei occhi chiari sulla mia migliore amica. Aveva una penna tra i denti e ci avrei scommesso la mano destra che neanche lei stesse seguendo davvero quella noiosissima lezione. Continuai a fissarla e sorridere. Lei era una delle poche persone con cui parlavo, su cui avrei sempre messo la 'mano sul fuoco'.
Non sono mai stato un tipo estroverso e lei lo sapeva, sapeva che il mio forte non era parlare, quindi lasciavo parlare lei per riempire i miei silenzi.
L'adoravo per questo.
Più che ad una persona, somigliava ad un mocho colpa delle treccine e della sua corporatura minuta, le mani sempre secche ed un sorriso che faceva sorridere anche me. Amavo soprattutto il fatto che non si spingeva mai oltre un certo numero di domande con me, riusciva a capire i miei gesti, i miei silenzi, i miei occhi coperti dal ciuffo ribelle. Capiva il mio stato d'animo dal ritmo dei respiri, ma la cosa più bella è che quando ero con lei non pensavo. Non avevo tempo per pensare a ciò che mi corrodeva, dovevo stare dietro alle sue parole, ai suoi mille flirt, al suo parlare veloce. L'unica persona che avevo fatto entrare volutamente nella mia vita e a cui non avrei mai permesso di lasciarmi solo.
Ero il mio scudo, la mano che mi sorreggeva dal cadere nel baratro.
«Ohi, ci sei?» - Ma non amavo la sua voce ed il suo fastidioso accento americano.
«Ero sovrappensiero, scusa Beth» - Tornai a disegnare e a fingere che tutto andava bene, ogni tanto spostavo lo sguardo sulla lavagna ma quel giorno ero davvero troppo stanco per seguire qualsiasi cosa, persino una chiacchierata con Beth.
«Non l'avevo capito guarda» - Accompagnò il tutto con un sorrido, uno di quelli da "dimmi tutto, posso salvarti da matematica o dalla tua vita, io posso salvarti".
«Non fare la sarcastica! Oggi non sono dell'umore adatto per nulla, tanto meno per raccontare a te cosa succede» - Sbottai, abbassai lo sguardo ma riuscii comunque a cogliere il dispiacere nel suo viso, non si meritava certo un migliore amico così scontroso dopotutto era grazie a lei se venti giorni prima avevo trovato un ragazzo, beh quello che Zayn era. La classe sorprendentemente rimase composta nonostante il tono alto di qualche secondo prima, fui felice per questo non volevo altri occhi addosso, già quelli di Beth bruciavano abbastanza su di me.
«Certo che hai un'aria...» - Sapevo dove voleva arrivare, era quello il suo obiettivo iniziale, capire cosa avevo. Di solito le serviva poco tempo ma avevo imparato anch'io a mettere i miei muri, muri che nemmeno lei riusciva a saltare. Sospirò sconfitta e tornò a dare attenzione al suo libro di matematica.
«Ho mal di testa. Ieri è stata una serata movimentata» - Continui flashback nella mia testa, continue immagini di me e di Zayn, dell'alcol che continuava a fluire nelle mie vene, delle parole sputate contro.
«Quanto hai bevuto?»
«Non molto. Credo che tu lo hai già capito...» - Oh sì, lei l'aveva capito quando nel corridoio, al cambio dell'ora, l'avevo volutamente evitata, quando avevo saltato la lezione di chimica per stare solo nel piazzale dietro la mensa quella mattina. Quando non ho risposto ai suoi messaggi e lo capiva anche in quel momento.  «Non usare quegli occhi con me!» - Apprezzai il fatto che non fece domande, rimane solo con i suoi occhioni marroni puntati su di me a scrutare ogni mia minima reazione che purtroppo non avvenne.
«Ieri sono stato da lui, da Zayn. Abbiamo litigato, pesantemente - Ormai le parole uscivano a raffica anche se pesanti e dolorose - Non si fida di me ed il problema sono solo io. Sono io che non lo lascio fare, che non mostro i miei sentimenti. Non mi conosce, ci prova, ma ha capito che non sono come mi mostro, che questo sorriso non esiste, che sono fottutamente falso. Ha capito che io non potrò mai dargli un noi perché sono troppo legato al passato e...» - Mi interruppe, mi strinse il braccio e vi appoggiò la testa, mentre con una delle sue piccole mani continuava a disegnarmi cerchi sul collo. Aveva un tocco gentile che riusciva a calmare un mio incombente attacco di panico, gliene fui grato ma non proferii parola, per non rovinare quel momento di pace che da troppo tempo non provavo. Afferrai la penna e scrissi velocemente sulla mia pelle: 'Un giorno farò invidia a tutti'.
«Ehi piccolo, devi stare calmo. E' solo un mese che vi frequentate, andrà tutto bene.  Poi che sei una persona gelida, dovrebbe saperlo» - il sarcasmo pungente di Betty colpì dritto al punto. Le diedi un leggero schiaffo sulla coscia nuda, lei e quei maledetti pantaloni strappati in pieno gennaio.
«Grazie» - Ora, oltre le mani, tremava anche la voce, ma non lo diedi molto a vedere, poiché rimani in silenzio per i restanti minuti finché lei non interruppe tutto - «Figurati» - sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, prima di iniziare a parlare dell'assurda pettinatura di Lucy e della nuova presunta fidanzata di Niall, era cotta di quell'irlandese dal primo giorno che aveva messo piedi nella contea del Cheshire ma non aveva il coraggio nemmeno di salutarlo, nonostante dividessero la metà delle loro lezioni. La saccenza di Beth si annullata totalmente davanti a Niall, era così divertente vedere come diventava rossa davanti a lui.
«Ieri ho scritto al tipo della chat, avevo lo strano desiderio di sentirlo, ma nien-» - Fui interrotto - «Niente! È solo un contatto, non sai la sua storia o chi è»
«Già niente. Ma sembra così simile a me»
«Non sai chi è, non fissarti, hai già un ragazzo» - fissai la foto che avevo come blocco schermo, uno Zayn sorridente e solare era vicino a me, con la mano intrecciata nei miei capelli. Era una delle poche foto che avevamo insieme, era stata scattata nel suo appartamento quando le cose sembravano semplici e senza problemi. Gli volevo bene, davvero tanto, ma mi chiedevo se quello era anche solo lontanamente vicino all'amore. Zayn era il mio primo ragazzo e non sapevo come ci si sentiva, sapevo solo che quando lo guardavo mi sentivo confuso e felice, arrabbiato e completo, un miscuglio di sentimenti che non riuscivo a catalogare. Eppure una piccolissima parte di me, forse una leggermente masochista, voleva ancora sentire quello sconosciuto, conoscere i più piccoli dettagli della sua vita e salvarlo. Quel pensiero risuonò così stupido nella mia mente.
Non ebbi il tempo di replicare che davanti a noi si plasmò il professor Turner. – «Ci rendete partecipi del vostro bel discorso? Oppure preferite svolgere una delle disequazioni presenti alla lavagna? Io vi boccio!»
Betty seguì il mio sguardo, già abbassato da un po' e sorridendo finse un - «Ci scusi».
 
 05 FEBBRAIO - 11.35
«Salvami da biologia, ti prego.»
 
 05 FEBBRAIO - 17.11
«Che eroe sei? Neanche mi salvi quando chiedo aiuto»
 
 05 FEBBRAIO- 17.32
«Quindi, non potendoti più chiamare Lola, come ti posso chiamare?»
 
 05 FEBBRAIO - 23.12
«Ci sono momenti, come questo, che avrei voglia di ribaltare tutto. Sai come ti sentivi prima dell'esame? Ecco, esattamente così. Ho un nodo alla gola che non riesco a sciogliere. Vorrei fuggire, lontano. Lontanissimo. Ascoltare solo la voce del vento. Stare solo. Ho voglia di urlare. Ho voglia di nuotare. Di farmi un nuovo tatuaggio. Ho voglia di vedere facce nuove. Ho voglia di vedere te, ascoltare come suoni il pianoforte, mi basterebbe anche solo il suono della tua voce. Lo suonavo anch'io insieme a mio nonno, come te. Ero entrato anche al conservatorio. La verità è che ho anche voglia di piangere. Mi sento terribilmente solo»
 
 05 FEBBRAIO - 00.21
«Farò un nuovo tatuaggio.»
 
 05 FEBBRAIO- 00.54
«Buonanotte e sogni d'oro» - "Sono patetico, tutto questo è patetico". 
La birra che avevo in mano ormai era calda. Si vedevano le stelle, niente nuvole.
Ero solito salire sul tetto di casa ormai da qualche mese, era il mio posto. Mi isolavo dal mondo, era li che i miei pensieri prendevano forma. Più di una volta avevo cercato di contare quanti metri mi dividevano dalla strada sottostante. Come sarebbe stato saltare, lasciarmi cadere, ma poi ho pensato a nonna, chi l'avrebbe accompagnata a fare la spesa o in chiesa, a nonno e al suo pianoforte, Betty senza di me non ce l'avrebbe fatta a dichiararsi a Niall, a papà e alla sua società e alla fine pensavo anche a mia madre. Avrebbe mai saputo della mia morte? Sarebbe mai venuta al funerale di quel figlio che non ha mai voluto? Ma io dovevo essere coraggioso, coraggioso nel vivere, tutti sarebbero stati capaci di arrendersi e cadere, lasciarsi andare, ma io avevo bisogno di rialzarmi e tornare a correre.
Finii la birra e tornai in camera.
Notte insonne, un'altra.
 
09 FEBBRAIO - 04.17
«Non riesco a prendere sonno.» - Questa volta ad illuminarsi fu il mio telefono, avevo scaricato qull'applicazione anche sul telefono, era più semplice sentire lo sconosciuto, anche se lui non aveva risposto neanche ad uno dei miei messaggi. Erano rimasti lì, non letti, ed io ogni giorno pregavo che tornasse a farsi sentire.
«Chi si risente! Pensavo fossi morto o peggio, rapito dagli alieni»
«Ti preoccupavi?» - "Sì, avevo il fottuto bisogno di sentirti!" - pensai senza scriverglielo, non volevo passare certo per un sociopatico o qualcosa del genere.
«No ma vorrei davvero essere almeno presente al tuo funerale»
«Tu dovresti essere a dormire, piccolo» - disse, facendo andare il mio cuore al massimo. Era un fottuto sconosciuto ed io avevo le palpitazioni! Dovevo dire a Zayn di usare quel tipo di soprannome, forse avrebbe avuto lo stesso effetto ma sapevo che non era così.
«Scusami, ma sono appena rientrato. Considerando che è sabato...» - risposi cercando di darmi un tono, in realtà non ero uscito, semplicemente stavo avendo un'altra delle mie nottate insonni.
«Che hai fatto per rientrare a quest'ora?»
«Sai sono uscito con un ragazzo e a fine serata mi ha dato una pacca sul culo e cercato anche di infilarmi la lingua in bocca» - Inventai continuando a sembrare interessante, non ero davvero bravo in questo, passavo la maggior parte del mio tempo a compatirmi, non ero proprio bravo a darmi un tono, nemmno con uno sconosciuto.
«Sei gay?» - chiese diretto ed io annaspai, ero giusto dirgli la verità? Ero fiero di ciò che ero ed avevo smesso di nascondermi molto tempo prima.
«Già, mi interessano i racazzi, scusa errore di battitura, ragazzi, te l'avevo detto anche il primo giorno»
«Non ricordavo scusami, ho una memoria pessima. Tuo padre cosa ne pensa?»
«E' un problema...?» - chiesi e stupidamente mi ritrovai con gli occhi chiusi a sperare che non fosse un problema.
«Per tuo padre?»
«Per te! Lo è, vero? E' un problema.» - Ormai ero abituato a sentirmi dire quello, avevo sentito epiteti ben peggiori, ormai nulla mi scalfiva più anche se certe volte trovavo divertente il modo in cui la gente continuava a creare fantasiosi insulti solo per me.
«No, assolutamente no. Avevo notato la preferenza nel tuo profilo» - Sospirai, non so se per il sollievo o meno e "Il misterioso", così l'avevamo soprannominato io e Beth, non si sbilanciava mai troppo, lo invidiavo per questo.
«Hai davvero gli occhi di quel colore?» - chiese Inutilmente, sorprendendomi, non pensavo certo che la conversazione avrebbe preso quella piega. Era più leggera e forse era un metodo per conoscersi.
«Si, come mia madre...» - Era dalla notte sul tetto che non pensavo a lei e non volevo davvero farlo ma spesso mi ritrovavo ad immaginare una vita insieme a lei, come un figlio normale. Tutti i miei danni erano per colpa sua, non riuscivo a fidarmi di me stesso per colpa sua ed ero fottutamente triste, per colpa sua.
«E' morta?»
«E' andata via quando ero piccolo, depressione post-partum.  Almeno così hanno sempre detto»
«Hai mai provato a cercarla?» - Non voglio pensarci, cazzo, non voglio parlare di lei, urlai per la frustrazione ma mi coprii la bocca col cuscino non volevo certo svegliare mio padre in piena notte, già i miei incubi erano un problema per lui, non volevo aggiungerci anche le urla.
«L'ho cercata una volta, due anni fa. Ha un bar a Londra, uno di quelli ricercati, pieni di musica trasmessa dalle televisioni appese in modo strategico alle pareti. Quel bar è come lei, pieno fuori, ma non aveva neanche una Lemon Soda all'interno» - Solo Beth sapeva che ero andato a cercarla. Non avevo mai parlato di quel giorno ad altri, soprattutto a mio padre, sapevo che sarebbe stato furioso anche solo al pensiero di suo figlio sulle traccie della sua ex moglie.
«E l'hai vista?»
«No.»  - Bugiardo. L'avevo vista. Parlava al tavolo con un fornitore. Aveva gli occhi segnati dal tempo che ormai era passato insieme ad un filo di trucco nero, gli occhi più chiari di come ricordassi, i capelli neri corvini legati in una crocchia veloce. Gambe lunghe e snelle, mani curate incorniciate dallo smalto rosso. Sorrideva spensierata, sembrava così a suo agio. Per settimane mi ero chiesto se mi avesse notato, se avesse riconosciuto i miei occhi, i miei capelli, la voce simile a quella di mio padre. Mi ero chiesto se quando ero fuggito via con le lacrime agli occhi, lei mi avesse seguito anche solo con lo sguardo.
«Hai davvero fatto un tatuaggio?»
«Non è neanche il primo, ne ho altri sei»
«Cosa hai tatuato?»
«Won't stop 'till we surrender.»
«Sweet Disposition»
«Complimentoni, conosce la musica»
«E' la mia vita!»
«Sono geloso» - "Non l'ho detto davvero, no." - «Scusami. Sta iniziando a nevicare!» - Cambiai discorso cercando di non sembrare troppo imbarazzante. Presi un sorso dalla mia tisana ed aspettai una sua risposta, quella sera stavamo parlando più del dovuto e a me piaceva sempre di più quella crescente sensazione nel mio petto. Guardai il telefono e notai che Zayn mi aveva mandato la buonanotte poco prima ma la ignorai riportando tutta la mia attenzione allo sconosciuto.  
«Anche qui» - affermò, non diceva mai troppe parole e trovavo questa cosa estremamente snervante
«Dove sei?» - chiesi con la speranza di sapere di più, ma era io quello che aveva parlato della sua intera vita non lui. Io non sapevo assolutamente nulla di lui e questa cosa mi rendeva pazzo.
«Mistero» - Non si sbilanciava mai troppo, mai.
«Non sei simpatico»
«Se sta nevicando da tutte e due nello stesso momento, vuol dire che lontano non siamo, non credi?» - Forse mai, non era vero. Sorrisi e mi affacciai alla finestra, la neve aveva ormai riempito tutto il vialetto di casa, mi piaceva quella sensazione di pace che solo l'inverno riusciva a trasmettermi.
«Sei a Holmes Chapel?» - chiesi stupidamente con la speranza di una semplice affermazione
«Piccolo, non so neanche dove sia! E di certo non lo dico a uno sconosciuto in chat»
«E' vero, con te niente domande scontate"
«Semplicemente non mi piace la banalità e il 99% delle domande che ricevo, sono sempre scontate - Continuò - Perché hai scelto di farti quel tatuaggio? Ha un significato, come dire, forte»
«Ma tu non eri contro le domande banali?» - Passai il pollice sul tatuaggio all'interno del mio braccio, era ancora rosso ed in rilievo ma più passava il tempo e più lo trovavo bello, mio.
«Non vuol dire che io non ne possa fare!» - lo immaginai a ridere dietro lo schermo del computer, non sapevo come era fatto, una voce mi ricordava perennemente che io non lo conoscevo eppure la mia mente viaggiava veloce e creava immagini di un ragazzo gentile e bellissimo dietro quello schermo.
«Perché nella mia vita, non sono mai stato abbastanza per nessuno. Mai. Non lo sono stato per mia madre, che mi ha abbandonato. Non lo sono per mio padre e per il suo lavoro del cazzo e tanto meno lo sono per me stesso, ma non mi posso arrendere. Non posso perché la persona di cui io ho più paura è me stesso, ma so anche che sono l'unico su cui posso contare. Nelle mie mani ho il potere di rovinarmi la vita, oppure rompere le catene e fuggire, essere libero. Solo che devo capire quale delle due cose mi convenga di più. Non posso arrendermi perché in questo mondo, io ho solo me stesso» - digitai velocemente cercando di ignorare le crescenti lacrime ai miei occhi.
«Tu non sei un tipo banale»
«È una bella o una brutta cosa?»
«Bella» - ed eccolo il sorriso, anche tra le lacrime.
«Ti ho raccontato la mia vita solo spiegandoti un tatuaggio e mi accorgo di non sapere nulla di te.» - Pensai - "Cazzo, fai un passo verso di me. Uno solo."
«Iniziamo dal presupposto che non mi chiamo Lola»
«Ed è già una gran bella cosa!» - Sentivo cose se stesse ridendo. Immaginavo quel sorriso, fragile, insicuro.
«Posso fidarmi?»
«Non sono uno stalker, tranquillo»
«Sapresti più cose di quante io ne sappia di te» - tu conosci la mia vita, ma fu una frase che non aggiunsi al messaggio appena inviato. Mi sentivo senza armi e senza filtri con lui e non riuscivo a capire quanto bene fosse questa cosa.
«So che sei di Holmes Chapel, non so il tuo nome»
«Io non so neanche questo. Comunque...Harry»
«Harold?»
«Harry, per favore.»
«Harold di Holmes Chapel»
«Ora sono facilmente rintracciabile, sai, non siamo in molti. Io so solo che suoni il pianoforte» - portai le unghie tra i miei denti, era un vizio che avevo preso fin da piccolo e non riuscivo proprio a toglierlo, ma non c'era nessuno a guardarmi o mia nonna a rimproverarmi, quindi continuai a torturarmi le unghie aspettando una risposta
«Potrebbe anche bastare» - "No che non basta!" - sbottai e guardai la luce del corridoio accendersi, avevo svegliato mio padre, perfetto! 
«Stronzo.» - digitai cercando di nascondere la luce proveniente dal pc alla vista di mio padre.
«Buonanotte Harold»
«No, ti prego.»
 
 
11 FEBBRAIO - 04.47
 
«Vorrei sapere il tuo nome»
«Ma tu ogni tanto dormi?»
«Sono appena rientrato da un locale» - Falso Harry, non riuscivi a dormire e speravi con tutte le forze che lui ti rispondesse, mi ricordò la vocina dentro la mia testa.
«Cosa vinco se te lo dico?»
«Un sorriso? E la consapevolezza di aver riempito un vuoto che mi riempie da mesi» - era già passato così tanto tempo? Mesi. In quasi tre mesi io non sapevo ancora niente di quello sconosciuto eppure più passava il tempo e più ero affamato della sua storia, scoprire i tasselli che componevano la sua vita.
«Ma tu sei sempre qui sopra?»
«Mi arrivano le notifiche push sul telefono appena mi scrivi. Il nome...» - provai ad insistere, ma stavo per perdere le speranze. Sbuffai e lasciai per qualche minuto quella chat per inviare un messaggio a Zayn, meritava almeno la buonanotte. Ultimamente le cose andava bene, per i nostri standard di litigate giornaliere.
«Torna a dormire!» - insistette ed io continuavo ad immaginarlo con le braccia incrociate ed un cipigli sul volto ordinarmi di andare a letto.
«Allora non mi scrivere!» - «Voglio sapere il tuo cazzo di nome» - urlai non preoccupandomi di svegliare mio padre, non c'era.
«Ti mancherei ;)»
«Mi manchi anche quando non ti fai sentire per due giorni» - "Cazzo Harry!"
«Troppo presto, Harold»
«Effetto sonno» - scrissi, avevo davvero sonno e quando ero in quella situazione tendevo a straparlare, come quel momento e a dire cazzate. Mi fermai prima di scriverne ancora.
«Buonanotte»
 
11 FEBBRAIO - 05.52
«Comunque...Piacere Louis»
 
Salve a tutti, è -G che vi parla. 
Questa è la prima storia Larry e voglio spiegarvi i punti più essenziali. Harry e Louis si sono conosciuti in chat, non pensate a quelle chat stile Facebook, ma quelle dove ti iscrivi e leggi e vedi tutto quello che dicono le altre persone. Harry è rimasto colpito dal nick che Louis ha scelto, Inutilmente. Forse perchè anche Harry, come Louis, si sente inutile e confuso in questo periodo. Altro punto da chiarire, l'età. Louis ha appena compiuto 21 anni, è grande il nostro LouLou, mentre Harry è all'ultimo anno di liceo e deve compierne 18. Ultima cosa, come avete notato la storia parte da giugno, ecco, ho voluto inserire un evento futuro che poi svilupperò nei prossimi capitoli. Giugno sarà il mese più importante per i nostri Larry.
Se non vi è chiaro qualcosa chiedete pure, sarà felice di rispondere. 
-G

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Capitolo 2
*** Rosè ***


 
LOUIS
23 GIUGNO – 10.26
Harry si passò una mano tra i capelli ricci, erano più lunghi di quanto ricordassi, sistemo le cuffie e continuò a camminare con disinvoltura, accennando un leggero sorriso nel vedere una bambina che lo salutava dall’altra parte della strada. Quel sorriso. Era ancora più bello di quelle foto che mi aveva inviato nei mesi precedenti, era ancora più bello di quelle videochiamate, era ancora più bello di quella volta sulle rampe di casa mia. Harry era genuinamente bello ed io maledettamente stupido, era a pochi metri da me e non lo sapeva. Respiravamo la stessa aria e in quel momento mi sembrava la cosa più romantica del mondo eppure Harry di tutto questo non ne era a conoscenza, continuavo a nascondermi, ad osservare da lontano ogni suo movimento, volevo solo aspettare il momento giusto per fargli notare la mia presenza, ma quel momento sembrava non arrivare mai. Ero rimasto incatenato dalle emozioni che si susseguivano nel mio stomaco: amore, nausea, paura, voglia di stringerlo a me, indecisione e coraggio. Chiusi un momento gli occhi, dovevo assolutamente riprendermi e capire cosa stavo facendo realmente, gli riaprii e tornai a fissare Harry. Era più alto di come l’avevo sempre immaginato, di come ricordavo l’ultima volta, quella in cui per un secondo le nostre vite si erano scontrate, in cui avevano fatto l’amore su quelle scale ed erano fuggite. Pochi secondi in cui gli occhi di Harry si erano specchiati nei miei, aveva i capelli scombinati dal vento e delle mani che in quel momento volevo disperatamente intrecciate alle mie.
Lo continuai a seguire e per la prima volta da quando avevo messo piede a Holmes Chapel, quella cosa non mi sembrava poi così stupida, al contrario di tutti quei pensieri che avevo avuto nei giorni precedenti.
Flashback di Liam che mi incitava ad andare, a prendere quel maledetto treno che finalmente mi avrebbe portato da lui. 
«Sono mesi che vi conoscete e altrettanti mesi che mi parli di lui! È anche arrivato il momento di vederlo» - Liam sbottò cercando di non farsi sentire da Milly che dormiva ancora nella sala accanto.
«Abbiamo fatto un patto: saremo il confidente dell’altro e per far questo non dobbiamo vederci» - risposi, non volevo litigare col mio migliore amico, sapevo che la colpa non era sua, ma solo della mia testardaggine o peggio di tutte quelle mie paure che si conguagliavano in Harry. Volevo vederlo, baciarlo, farmi amare da lui come mi aveva promesso eppure non riuscivo a lasciarmi indietro tutte quelle paure, si stavano impossessando di me e del mio amore. Poche erano le persone che sapevano davvero cosa io ed Harry eravamo, in queste persone però io e lui non eravamo compresi, semplicemente perchè entrambi non sapevamo darci una definizione. Non era amicizia ma entrambi avevamo paura dell'amore, eravamo sfuggiti all'altro per troppo tempo.
«Allora Louis smettila di amarlo - Liam mi guardò, sapeva perfettamente di aver colpito il mio punto debole - Vai da lui, non vivere di rimpianti. Come andrà, andrà. Ma non stare chiuso in camera a rimuginare, partirà tra poco. Non avrai più occasioni, solo questa»
“Partirà” è quella la parola che mi fece davvero paura. Non avrei sentito più Harry Styles, sarei stato tagliato fuori dalla sua nuova vita, forse l’avrei sentito per gli auguri di Natale e del mio compleanno o forse nemmeno per quelli.
«Non è sicuro che parte, vero?»
«Lotta Louis, lotta!» - quasi urlò, Milly era ormai sulla soglia della cucina con una stanca espressione sul volto, ma non le diedi molte attenzioni, il mio sguardo era rivolto su Liam e sul suo cipiglio soddisfatto, sapeva di avermi convinto.
«Grazie Payne!»
  
Holmes Chapel era il tipico paesino inglese. Le case affiancate, i giardini curati, le bandiere alte mi ricordava casa mia, quella vera, non quell'appartamento di Londra che condividevo con Liam.
Harry si fermò qualche minuto dopo davanti un palazzo, io rimasi nascosto nel giardino, ma riuscivo perfettamente a vedere e sentire tutto, mi sentivo piuttosto stupido a fare una cosa del genere, avevo quasi ventidue anni e spiavo il ragazzo di cui ero innamorato. Harry citofonò ad uno dei tanti campanelli presenti sul muro, continuava a spostare il peso da una all'altra gamba, era evidentemente nervoso.
Dal terzo piano si affacciò un ragazzo, pelle olivastra, barba incolta, sorrise nel vedere Harry, anche se subito dopo lo riprese - «Cazzo, ti ho sempre detto di venire dopo le undici! Lo sai che prima dormo!»
«Vuoi aprirmi o devo aspettare qui 35 minuti?» - Per la prima volta sentii la voce di Harry dal vivo, era profonda, composta, diversa dalle telefonate o dalle videochiamate che per un periodo eravamo soliti fare. Il nostro primo incontro, era stato lampo, non avevo neanche avuto il tempo di capire cosa stesse succedendo, di avere il mio Harry davanti agli occhi, che lui era scappato, come sempre. Ci eravamo scambiati solo due parole ma erano bastate per farmi perdere ancora di più la testa per quel ragazzino riccioluto dagli occhi verdi.
«Ti apro» - Le urla del ragazzo spezzarono i miei pensieri su quell'incontro, con i mesi avevo imparato a ricordare solo la parte positiva, tralasciando tutto quello che venne dopo.
«Grazie Zayn!» - disse il più piccolo e alla pronuncia di quel nome una fitta mi trafisse il petto.
“Zayn Malik, era ovvio Louis.”
Harry mi aveva lungamente parlato di lui. Avevano avuto una storia fino a poche settimane prima o almeno così aveva detto. Una notte mi raccontò per filo e per segno tutta la loro relazione, fui così invidioso di quel ragazzo; si erano conosciuti durante le feste di Natale grazie a Beth, aveva un piccolo negozio di sport e litigavano almeno una volta al giorno, ma si amavano o meglio, Zayn amava Harry, Harry invece non si era mai sbilanciato troppo, aveva paura di quelle due parole - «non credo che un rapporto cambi se si dice ti amo e poi non ci credo» - me lo disse in una delle nostre serate; ad Harry piaceva, lo faceva stare bene, spensierato cosa che non riuscivo a fare io, una volta, per festeggiare i loro tre mesi insieme erano andati persino a Dublino. Fui felice nel sapere che si erano lasciati, ero stato egoista ma non ce la facevo a vedere quei due insieme o meglio, non riuscivo a vedere Harry con qualsiasi altra persona al di fuori di me.
“Ti ha mentito” - questo era l’unico pensiero che regnava nella mia testa - “Sei stato un giochino, lui ama quel ragazzo, non te. Ora sei qui, nascosto in un lurido giardino, mentre loro tra pochi minuti finiranno a fare l’amore. Liam aveva torto, lui non ama me, ama Zayn”
Mi allontanai velocemente, senza accorgermene avevo percorso quasi quattro isolati, non mi preoccupai nemmeno di perdermi, non mi interessava nulla in quel momento. Presi il telefono, composi il numero per le mie emergenze e dopo neanche tre squilli la voce di Liam riempì la mia testa: «Tommo! Com’è finita?»
«Payne, non è nemmeno iniziata a dir la verità. Ci vediamo tra un paio d’ore, passi a prendere della vodka?» - Riattaccai prima di sentire la sua risposta e tutti i buoni propositi furono spazzati via da quella scena che continuava a ripresentarsi ai miei occhi.
 
Entrai in un pub e mi sedetti in uno degli sgabelli al bancone.
«Posso esserle d’aiuto?» - una signora sulla cinquantina, con i capelli raccolti in una treccia era fissa davanti, un palmare tra le mani.
«Troppo presto per ordinare degli alcolici vero?» - chiesi mentre lei sorrideva, era abituata a domande del genere, spostò lo sguardo sul grande orologio appeso sul muro di mattoni.
«Dopo le undici»
«Perché deve succedere tutto dopo le undici?» - sbattei i pugni sul bancone di legno e mi rivolsi alla donna che in tutto quel casino non c'entrava nulla.
«È la legge, non possiamo prima»
«Mi scusi, non mi riferivo a lei. Può portarmi un thè freddo al limone?»
«Va bene.» - Scomparse dietro la porta della cucina e poco dopo mi trovai davanti un bicchiere ghiacciato di thè con una fetta perfettamente circolare all'interno. Dovevo rilassarmi e capire cosa volevo davvero fare. Non era giusto restare lì, ero un estraneo per quel posto e per Harry.        
«Hai degli occhi familiari»
«Parli con me?» - Risposi a quella ragazzina che si era plasmata davanti a me.
«Scusami, ho il vizio di parlare troppo e a vanvera, ma giuro, i tuoi occhi li ho già visti» - la ragazza arrossì leggermente mentre pronunciava quelle parole.
«Non credo, non sono di qui. Ero venuto per un mio amico, ma adesso non importa più. Lavori qui?»
«E’ il locale di mia zia! E’ così stronza che non mi ha voluto dare nemmeno le ferie per la festa del mio diploma» - “Festa di diploma? Forse potrebbe conoscere Harry, dovrebbe esserci solo un liceo qui”
«Fresca di diploma quindi, congratulazione! Già deciso cosa fare in futuro?»
«Se mia zia mi lascia andare voglio lavorare con i bambini, vorrei fare la pedagoga oppure la maestra, è una cosa che devo ancora decidere. Tu invece studi?» - chiese curiosa, sedendosi di fronte a me, il locale era vuoto, troppo presto per bere, quindi dedicò tutta la sua completa attenzione su di me.
«Legge. Ho accontentato le aspettative dei miei genitori. Posso chiedere una cosa?»
«Dimmi tutto! Mi piace sempre aiutare qualche bel ragazzo sconosciuto incontrato qui, anche se di solito sono tutti ubriachi fradici!» - scoppio in una leggera risata. Aveva un forte accento americano e anche nella risata si poteva sentire la differenza.
«Conosci un certo Harry Styles?» - Sgranò gli occhi, legò in una coda le sue treccine e si avvicinò spaventosamente a me, il suo viso era a pochi centimetri dal mio, potevo sentire il suo respiro pesante ed i suoi occhi marroni studiare i miei.
«Chi non lo conosce? Qui non siamo certo a Londra, Louis...»
«Come fai a sapere il mio nome?» - mi alzai dallo sgabello, quella ragazza sapeva già di me ancora prima che io iniziassi a parlare! Mi riavvicinai al bancone non appena capii che quella ragazza doveva essere Beth, la migliore amica di Harry, me l'aveva descritta in qualche nostra conversazione ma non avevo collegato nulla fino a quel momento.
«Sento parlare di te da mesi, ho visto un paio delle tue foto dal telefono di Harry e quando mi hai chiesto di lui, ho avuto solo la mia conferma -alzò le spalle - lui è il mio migliore amico. Che stronzo, non ha mai parlato di me quel coglione, dopo mi sentirà!»
«Ero venuto qui per lui, ma l’ho visto con Zayn e ho pensato che non fosse il momento adatto. Volevo solo dargli questo - allungai il piccolo pacchetto che custodivo nella mia tasca e lo poggia sul bancone - Puoi darglielo al mio posto? Tra una ventina di minuti ho il treno per Londra e qui non voglio rimanere ancora per molto» - mi alzai, lasciai le tre sterline per il thè, il pacchetto e andai via, con la coda tra le gambe ed il cuore in mano.
 
QUATTRO MESI PRIMA... 
12 FEBBRAIO – 10.57 
«Louis eh! Non è affatto un brutto nome» - Il messaggio padroneggiava sullo schermo del laptop distraendomi dal mio studio. Stavo leggendo la stessa pagina da ormai due ore.
«E’ bello perché è mio»
«E’ ancora tutto da dire: salvami da biologia!»
«Quante volte devo salvarti da biologia?»
«Beh, l’altra volta non mi hai salvato!»
«Touchè!» - Harry non rispondeva per questo lasciai il laptop sul letto e mi avviai verso il bagno, avevo davvero bisogno di una doccia e di ripulirmi di tutti quei pensieri che vorticavano nella mia testa.
Non appena fui abbastanza presentabile andai verso la cucina alla ricerca di Liam. Era sottosopra, mentre i piatti della sera precedente erano ancora nel lavandino. Vivere con altro ragazzo non era poi così semplice, soprattutto a livello di pulizie.
«Cazzo Payne! Almeno potevi lavare le pentole»
«Buongiorno anche a te» - Liam annuì e tornò ad accordare la chitarra che teneva saldamente sulle ginocchia, alzai gli occhi al cielo e senza dire altro infilai le mani nel lavello per prepararmi a pulire il suo solito casino.
«Oppure la spazzatura, è un porcile qui dentro» - Ero troppo ordinato per vivere con Liam Payne, ma a questo dovevo pensarci due anni prima.
«Scusa Lou» - rimise il plettro tra le labbra e continuò  pizzicare le corde della sua chitarra, poi continuò - «Non riesco ad accordare il Re, è sempre un’ottava troppo alta!» - Lo guardai e sbuffai, non avevo per niente voglia di affrontare qualsiasi argomento in quel momento, tanto meno sentirlo lamentarsi di problemi che a me non appartenevano, ne avevo già troppi di mio.
«Sei di buon umore oggi eh?» - continuò a dire, osservandomi ripulire il casino che lui stesso aveva fatto.
«Sei ironico? Guarda che oggi non ho molta voglia!»
«Tu non hai mai voglia e te lo dico per esperienza conosco da dieci anni se non più» - Liam era l’unico che davvero mi conosceva, per lui ero stato sempre un libro aperto sin dal primo giorno. La nostra amicizia non si era mai basata molto sulle parole, gesti oppure sulle cose vissute insieme, o almeno in parte. Era mio amico perché capiva ciò che stavo per dire ancora prima di dire qualsiasi cosa, mi completava perché era il perfetto opposto di me, era un po' come il mio grillo parlante, mi diceva ciò che era giusto e non; era il mio rifugio nelle giornate di pioggia e vivendo a Londra, mi faceva solo bene.
«Allora non chiedermi se sono di buon umore perché sai che non è così!» - tuonai, buttando un bicchiere nel lavandino spaccandolo in decine di pezzi. Liam poggiò la chitarra sul divano, aprì il frigo e prese del latte versandolo in due bicchieri, li posò sul tavolo e mi fece segno di sedermi. No Liam per favore, niente seduta psicologica, mi ritrovai a pensare.
«E’ troppo presto per bere birra» - sorrise guardando quei due bicchieri stracolmi di latte, sembrava essere tornati indietro di dieci anni, ne mancava però un terzo per essere come in passato quando la mamma di Liam ci portava il latte mentre guardavamo i Power Rangers nei pomeriggi di pioggia.
«Payne davvero, non è aria questa mattina!»
«Lou sono mesi che per te non è aria, sono mesi che eviti il discorso, sono mesi che eviti me, sono mesi che sono stanco di vederti così» - rispose velocemente afferrandomi le mani, nessuno dei due era da quel tipo di contatto ma in quel momento non feci una piega e tenni le mani ferme nelle sue. Feci un respiro profondo e lui subito dopo di me, avrei preferito che quel latte fosse stato rhum e che Liam sparisse in quel perfetto istante ma non fu così e per la prima volta dopo mesi dovetti affrontare la situazione.
«Ci vorrà tempo» - dissi cercando di sfuggire al suo sguardo inquisitorio.
«Ci vorrà tempo? Sono passati già sei mesi!»
«Invece no, sono passati solo sei mesi, solo sei, solo.» - enfatizzai l'ultima parola. Non erano passati già sei mesi, erano passati solo sei mesi ed io non ero ancora pronto per affrontare quella realtà.
«Cosa vorresti fare? Non vivere più perché tutta la tua famiglia ti accusa di essere fuggito dopo la morte di tuo fratello? Non puoi rovinarti la vita, Alex era il nostro migliore amico, sappiamo entrambi che la colpa non è nostra, non è tua, ha fatto tutto lui...»
«Sbagli - mi alzai - Scusami Liam, ma davvero non ho voglia di parlare di lui»
«Non riesci neanche a pronunciare il suo dannato nome!» - Liam si alzò seguendomi fin davanti la soglia della mia camera, era così opprimente alcune volte.
«Non vado oggi a lezione, non me la sento
«Louis aspetta!» - mi lasciai la voce di Liam alle spalle chiudendogli la porta letteralmente in faccia, non volevo tenerlo fuori dalla mia vita, ma solo di quel periodo. Non avevo voglia di rimettermi a letto, nell’ultimo periodo ci avevo passato davvero troppo tempo, iniziai quindi a fare ciò che sapevo fare meglio: suonare. Il suono rispecchiava il mio stato d’animo, una melodia triste prese piede e coprì il suono opprimente dei miei pensieri. La musica era sempre stata la mia scappatoia.
  
12 FEBBRAIO – 18.11 
Fui svegliato dall’ennesimo squillo del telefono, Liam aveva chiamato già sei volte e non aveva ancora capito che non volevo sentirlo, doveva imparare a lasciarmi i miei spazi, non era mia madre. Il mio sguardo finì fuori dalla finestra “Piove, che novità, siamo a Londra”- pensai, osservando le persone correre veloci per ripararsi dalla pioggia. Che spreco, non c'era sensazione migliore di correre sotto la pioggia. Lavava via i pensieri.
Liam chiamò un'ennesima volta, non volevo sentirlo o vederlo, sapevo che voleva darmi le sue scuse e per farmi felice avrebbe preso del cinese e guardato uno dei miei film preferiti che lui invece odiava. Avrebbe fatto di tutto per portarmi lontano da quel baratro che mi ero costruito intorno ma stava fallendo, un'altra volta. Tutti i miei pensieri non molto positivi furono interrotti dalla luce lampeggiante del pc: ‘Need2beloved ti ha inviato un nuovo messaggio’. Non volevo sentire nessuno, fatta eccezione di Harry.
«Louis!» - Erano più di un mese, forse due, che quasi quotidianamente parlavamo, niente di troppo costruito, argomenti banali e semplici. Quel ragazzino era più incasinato di me.
«Louis bello»
«LouisLouisLouisLouisLouisLouisLouis»
«Buonasera Harold» - risposi dopo aver notato la sfilza di messaggi che avevo appena ricevuto. Quelle piccole attenzioni mi facevano piacere, mi sentivo sempre un po' più leggero dopo aver parlato con lui, i cattivi pensieri sparivano per qualche momento per lasciare spazio ad un'effimera spensieratezza.
«Salve gentile signor Louis»
«Come stai? »
«Già siamo passati al tu? Chi le ha dato tutta questa confidenza?» - Sorrisi alle sue parole, era sempre una bella sensazione parlare con Harry, non persi tempo e gli risposi.
«Non hai risposto alla mia domanda»
«Stranamente bene. Forse perché mia nonna mi ha cucinato la pizza oppure per la mia bellissima ‘B-‘ al compito di algebra oppure perché è solo una bella giornata»
«Oppure perché stai parlando con me (:»
«Quello lo dirò stasera al mio diario, forse» - immaginavo Harry a scrivere di me sul suo diario, cosa avrebbe mai scritto? Parole negative con il quale mi definivo balenarono nella mia testa, chiusi gli occhi e cercai di scacciarle.
«Baste che lo dirai, voglio che la tua giornata continui ad essere bella»
«Sicuro di essere Louis?»
«Oggi mi sento come un niente, ma si tranquillo, sono sempre il bello e malinconico Louis»
«Posso fare qualcosa per te?» - pensai bene a ciò che scrivere prima di rispondere, poggiai il viso sulla mano e chiusi nuovamente gli occhi cercando immaginare cose di cui avevo bisogno. Ma non erano oggetti bensì sensazioni.
«Fammi sorridere, per favore. Ultimamente sei l’unico che ci riesce…»
 
‘Need2beloved ti ha inviato un file audio.’
 
«Sarebbe?»
«Zitto e ascolta.»
«Sei tu che canti?» - “Cavolo è davvero bravo!” - Fu la prima cosa a cui pensai non appena la riproduzione fu avviata. Aveva una voce che riempiva subito la stanza, bassa ed intonata, una voce che non ti aspetti per un ragazzino.
«No! Sei impazzito?! E’ il mio cane!» - Simpatico ragazzino.
«Sei tu sì o no?»
«Sì, è una canzone che ho scritto tanto tempo fa, l’ho registrata per svago ma nessuno l’ha mai ascoltata, ma tu mi ispiri fiducia e non chiedermi il perché ti prego!» - Sorrisi nuovamente e decisi di inviargli anch’io un file audio, come una guerra ad armi pare.
 
‘InutilMente ti ha inviato un file audio’
 
«Caro Louis, devo preoccuparmi?»
«Zitto e ascolta.»
«Ehi, non rubarmi le battute!» - Tornai ad ascoltare ancora una volta la canzone di Harry, era semplice, a cappella, ma nel complesso bellissima, aveva davvero una voce spettacolare, mentre lui ascoltava la mia.
«Sei tu che suoni?» - Rispose dopo circa dieci minuti e aggiunse - «Perché se è così sei maledettamente bravo»
«Oggi per dieci minuti sono tornato bambino, era moltissimo che non suonavo» - “No Louis, tu volevi suonare, ma non ne avevi la forza” – stupidi pensieri a cui non davo più peso, a cui non cercavo di dare più peso. Mio nonno mi aveva insegnato a suonare, ma dopo la morte di Alex erano state davvero poche le volte che avevo toccato la tastiera in camera mia.
«Com’è possibile? La scala di Do maggiore e minore naturale è eseguita alla perfezione!»
«Harold, non ho molta voglia di parlarne…»
«Io invece voglio e non provare a scappare o a non rispondere perché rovineresti la mia giornata perfetta. Sai io non conosco praticamente nulla di te, di ciò che ti rende dannatamente triste e lo capisco dalle tue parole, con me non puoi fingere. Non conosco la tua storia, a malapena so il tuo nome, ma voglio aiutarti, voglio essere anche per soli pochi minuti la ragione del tuo sorriso. Io non ti giudicherò, mai. Voglio solo che tu stia bene»
«Sto bene, grazie.»  - “Basta bugie Louis” fece il mio subconscio ma lo ignorai, volevo godermi delle parole di Harry, fidarmi di lui, forse sarei stato bene ma non potevo permettermelo. Mio fratello era morto non potevo essere felice.
«Allora io non esisto» - continuò, non vedendo la mia risposta - «E’ ciò che mi ripeto sempre anch’io, ‘Sto bene’, ma suona così falso pronunciato dalla mia bocca. Quando mi urlano ‘finocchio’ in mezzo al corridoio della scuola, quando mi scagliano contro un armadietto, quando passo la gente parla di me, in tutto questo io non sto bene. Mi sento sempre di troppo, come se la colpa di essere nato così è mia. Non sono malato, è quello che vorrei far capire ai miei vecchi amici, ho perso tutti perché non ho voluto mentire. È inutile mentire a se stessi Louis, puoi farlo con gli altri, ma io la notte devo fare i conti con me stesso e non con loro. Io sono l’unica persona su cui posso davvero contare e se inizio a mentire anche a me stesso, mi ritroverei presto a pensare da quale ponte sia meglio volare.  Ma devo essere forte, non per gli insulti, non per la gente, ma per me. Se sto male faccio solo il loro gioco.» - Rilessi quelle parole molte volte, aveva ragione ma avevo davvero troppo poco coraggio per ammetterlo. Avevo fatto il gioco di Alex, mi voleva distrutto ed io mi sentivo così.
«Sai Harry, ti invidio»
«Perché?» - rispose subito dopo.
«Perché tu hai tutti questi bei pensieri in testa, mentre io adesso vorrei andare lontano, lontano da questo Louis. Questo non sono io. Non voglio rifugiarmi in me stesso ma scappare.»
«Sai Louis, non cambia poi così tanto» - la confusione padroneggiò sul mio viso, com'era possibile? Mi stavo facendo dare delle lezioni di vita da un liceale sconosciuto.
«Come no? Tu ti rifugi in te stesso, non scappi»
«Sbagli. Mi rifugio in me stesso perché voglio scappare, perché voglio evadere da questa realtà. Creo quindi un Harry positivo, felice e senza problemi. Cerco di essere lui, scappando via da quello che sono in realtà e fidati, non è un bell'Harry»
«Scusami, devo andare» - Spensi il computer, non volevo leggere la sua risposta, quelle parole mi avevano infastidito, infastidito perché erano la pura e semplice verità e me le aveva sbattuta davanti un ragazzino conosciuto in una chat. Lui aveva affrontato il tutto, senza aver paura di nulla, io ero scappato da tutti o meglio da tutti tranne che dal mio migliore amico. Infilai la tuta ed uscì dalla camera, dovevo le mie scuse a qualcuno.
 
Erano mesi che non parlavo così con qualcuno ed il fatto che questo qualcuno fosse proprio Liam, non sapevo se era un bene o un male. Mi abbracciò, era il suo modo per dire ‘Affrontiamo tutto insieme’, tirò su con il naso e lasciò la mia presa per passarsi le maniche della sua felpa sulle guance. Ci eravamo aperti all'altro e le lacrime erano inevitabilmente scese, eravamo troppo emotivi e coinvolti per essere freddi ed insensibili a ciò che stava succedendo alla mia vita, alla nostra da quando Alex era andato via.
«Parla con tua madre LouLou, non può andare peggio di così…» - la sua voce rimase sospesa, aveva paura di una mia imminente scenata, il suo tono lo tradiva sempre.
«Ordino della pizza? Non ho voglia di cucinare.» - risposi a mia volta, cercando di evitare nuovamente il discorso. Sapevo che era sbagliato ma non avevo la minima intenzione di pensare.
«Promettimelo solo che lo farai» - Liam appoggiò le mani sulle mie spalle e mi costrinse a guardarlo negli occhi. Non riuscivo a leggerci nulla di buono, solo dolore ma feci finta di non importarmene e tornai a dare attenzione al mio computer.
«Come preferisci la pizza?»
«Louis!»  - sbottò tirando un pugno su uno dei banconi della cucina, lo sentii imprecare qualcosa e annotai di stargli lontano, era pronto ad una delle sue sfuriate.
«Tonno e zucchine va bene?»
«Sei una causa persa Tomlinson!» - sapeva che non l’avrei fatto, ma a lui andava bene così. Finimmo la serata con tre cartoni di pizza, otto lattine di birra e la televisione accesa su un episodio dei Power Rangers, come i vecchi tempi in cui tutto era più semplice ed io non nascondevo la mia vita e le mie paure a Liam.
Ecco perché era il mio migliore amico, ma allo stesso la persona che più avevo paura di perdere. La verità era troppo opprimente e sapevo che anche Liam sarebbe scappato davanti questa.
 
13 FEBBRAIO – 17.25
 «Per dodici anni, ogni giorno, ho studiato pianoforte con mio nonno. Le lezioni iniziavano puntualmente alle sei dopo la sua tazza di thè nero e aver letto il giornale. Lui era un grande musicista, uno di quelli che con il piano sapevano farci l’amore, bastava che sfiorasse i tasti per creare la magia. Diceva che il suo vero amore era quello, però non poteva preparare la cena e per questo ripiegò sulla nonna. Era l’unica cosa che ci univa. Io non ero mio fratello, non ero il suo preferito. Ma quei venti minuti al giorno che mi dedicava erano i migliori della giornata.» - Per una volta fui io a scrivergli. Osservavo la tastiera da più di un'ora ma da questa non era uscito nemmeno un suono perciò avevo deciso di allontanarmi dalla mia stanza, o la mia prigione come scherzosamente la chiamava Liam ed andai a buttarmi sul divano, con il computer stretto tra le gambe.
«Riesco a vedere da dietro uno schermo il tuo sorriso e le tue lacrime…continua, per favore Louis.» - era la verità, Harry riusciva a vedere come stavo solo da ciò che scrivevo e questo riusciva sempre a stupirmi, anche quella volta.
«I miei genitori non sono stati molto presenti nella mia vita, li vedevo a malapena nei weekend, ma tutto ciò non mi era mai pesata. Avevo mio fratello, avevo Liam, erano loro la mia famiglia. Sono cresciuto con i miei nonni. Sono entrambi degli artisti: mia nonna espone direttamente nel corridoio di casa, mentre mio nonno ha suonato trent’anni nei migliori teatri europei. Quando si è ritirato, si è dedicato a tramandare la sua musica su di me. Non aveva avuto tempo con mia madre e a mio fratello non interessava, era troppo impegnato con il calcio, quindi ha ripiegato su di me. Sin da piccolo, mi metteva sulle sue ginocchia e mi guidava le mani. Aveva dita sottili, mani che non appartenevano alla sua epoca. Mani che dopo un po hanno iniziato a tremare, a sbagliare, a non riuscire a suonare più.» - il ricordo di mio nonno e di quei giorni felici era doloroso, ero a conoscenza delle sue condizioni di salute precarie eppure non lo avevo chiamato. Mi sentivo uno schifo di nipote, di persona, lui mi aveva dato la cosa più bella che possedevo ed io lo ringraziavo fregandomene di lui e del suo cancro. Ero andato via da quella casa, dalle loro vite e tornare indietro non era contemplato anche se mio nonno ed il suo pianoforte mi mancavano più di qualsiasi cosa al mondo.
«Allora perché hai smesso anche tu?»
«Perché per lui non suonare più, è stato come morire dentro, si è rinchiuso nel silenzio, lui che aveva sempre vissuto di musica ed io non riuscivo a vederlo così. Mio nonno mi ha dato più di qualsiasi persona sopra questo mondo. Mi ha dato la musica, la mia musica, il mio tutto ma quando suonavo, lui non ce la faceva, l’ho visto crollare davanti a me. Allora ho smesso anch’io, in compenso erano iniziate le partitine di poker e l’hobby per la logistica, lui comprava ed io montavo»
«E sei bravo a montare?»  - Harry mi faceva sorridere con quella battuta. Sapevo della sua omosessualità e non era mai stato un problema forse perchè in fin dei conti anch'io ero come lui. Feci un lungo respiro e chiusi gli occhi, era la prima volta che ammettevo qualcosa del genere a me stesso senza iniziare subito dopo una qualsiasi fase di negazione ma avevo paura, tanta paura e quella non accettazione verso se stessi venne a bussare alle mie porte subito dopo. Non ero gay, non ero etero, non ero Louis, non ero niente.
«Non avrai mai l’onore di una mia risposta»
«Prima o poi avrò questo onore» - Need2beloved è offline.
 
Sentii bussare alla porta pochi minuti dopo aver messo la testa nel libro, non riuscivo molto a studiare e quelle poche volte che cercavo di concentrarmi, succedeva sempre qualcosa intorno a me. Persino il gatto del vicino era diventato più interessante, anche immaginarmi Harry era diventata una scusa per non studiare.
«Tommo, posso entrare?»
«Sì» - alzai la testa del libro e mi ritrovai davanti gli occhi un Liam Payne vestito di tutto punto, con il suo dopobarba che aveva già invaso la camera, la piuma tatuata sull'avambraccio era appena visibile ed il suo sorriso più bello che mai.
«Come sto?» - chiese, facendo un mezzo giro su se stesso.
«Da quando ti preoccupi dei vestiti?»
«Da quando Mya Bell ha accettato il mio invito ad uscire» - rise e si passò ancora una volta la mano tra i capelli, lo faceva sempre quando era in ansia.
«Sei sempre bellissimo» - era la più ovvia verità, Liam era schifosamente bello con il suo metro e ottanta ed il suo fisico perfetto, i capelli corti sempre curati e gli occhi di strane sfumature di marrone - «Ma ti prego, abbottona quella camicia, non siamo in spiaggia!»
«Grazie LouLou» - chiuse la camicia lasciando liberi i primi due bottoni - «Lou, posso chiederti un’altra cosa?» Sapevo già cosa voleva.
«Sì, puoi prendere la macchina, ma ti prego, non farci sesso dentro come l’ultima volta!» - Sorrise ancora di più, prese le chiavi dalla scrivania, mi stampò un bacio sulla fronte ed uscì canticchiando ‘Rosè’ e prima che sbattesse la porta d’ingresso sentii un altro «Grazie LouLou!»
«Ringrazi troppo Payne!» - troppo tardi, stava già volando per le scale.
“Non ho voglia di stare a casa!”  - nemmeno finii di formulare il pensiero che il mio cellulare iniziò a squillare, risposi senza neanche vedere il nome sullo schermo del telefono, non mi cercavano in molti.
«Louis Tommo Tomlinson» - una voce femminile faceva il mio nome dall’altra parte del telefono, appena riconobbi la voce il mio sangue si congelò. Non volevo davvero affrontare una discussione con lei.
«Ciao El - continuai a parlare per evitare quel silenzio imbarazzante che stava per crearsi - Come stai?»
«Ubriaca, credo» - rideva, rideva forte e sguaiatamente. Allontanai il telefono dall'orecchio per non sentire ancora il suono di quella fastidiosa risata. Eleanor era stata la mia ragazza per circa tre mesi ma le cose non erano mai andate bene. Non ero attratto da lei ma le volevo bene, nonostante i suoi modi di fare e i suoi pochi peli sulla lingua. L'avevo trovata carina sin dal primo momento in cui la vidi nel corso di scienze politiche, con i capelli lunghi che le ricadevano sulle spalle ed un sorriso mozzafiato. Eravamo passati dall'essere semplici compagni di corso all'essere inseparabili in poco meno di un mese. Non sapevo che cosa provavo per lei ma decidemmo di provare una relazione o qualcosa di simile, ma non funzionò per molto soprattutto dopo essermi accorto che non avevo nessuna attrazione verso di lei. Mi sentivo come se la stessi usando, per questo troncai subito, non si faceva sentire da quel giorno.
«Allora perché mi hai chiamato?» - risposi acido.
«Rilassati Tommo…Posso passare a casa tua? Ho voglia di te ed un po’ di sesso fa sempre bene»
«Devo studiare…Scusa Eleanor.»
«Non hai neanche mezz’ora?» - insistette ed io sbuffai. Le volevo bene ed era un'ottima compagnia, quando era sobria ovviamente, ma non volevo avere niente a che fare con lei in quel momento.
«No El, domani è una giornataccia»
«Sai Tommo, se non fosse per quelle volte che abbiamo quasi scopato, ti giuro che crederei alle voci del campus che ti danno per finocchio» - annaspai una risposta, non avevo fiato ed Eleanor si accorse del mio disagio per questo emise una leggera risata, aveva capito.
«Buonanotte Eleanor, buon divertimento» - mi infilai la giacca di jeans e senza una meta precisa uscii pur di non mandare via i miei pensieri.
 
“Le voci girano Louis, confermami solo che non è vero, non può essere vero! Tu sei mio fratello non un frocio!” - La voce di Alex nella mia testa, quella frase, cento coltellate al petto avrebbero fatto meno male.
 
13 FEBBRAIO – 23.58
 «Ho studiato tutto il giorno letteratura inglese, torno a casa dalla palestra e scopro di avere la febbre»
“Ma questo ragazzino non dorme mai?” – pensai mentre leggevo il messaggio che mi aveva lasciato in chat - «Posso fare io qualcosa per te questa volta?» - risposi agitandomi nel letto, non riuscivo a prendere sonno e forse una chiacchierata con Harry avrebbe spento i miei nervi. Era bello sentirlo, mi sentivo leggero ed a tratti stupido, era come una calamità verso qualcosa di felice. Ecco Harry attirava in me solo buonumore.
«Fammi sorridere» - rispose nello stesso modo in cui avevo risposto io giorni prima ed una strana morsa catturò il mio stomaco, possibile che uno sconosciuto riusciva a farmi sentire così? Era questa la domanda con cui mi martellavo la testa.
«Con te volevo mantenere il segreto, ma se può farti star meglio: di giorno sono un semplice studente di legge, ma di notte *rullo di tamburi*, difendo la Gran Bretagna dai malvagi, ecco io sono…SUPERMAN!»
«Sei un super cretino!» - sorrisi ed ero sicuro che lo stava facendo anche Harry.
«Sai non sei il primo che me lo dice!»
«Però mi hai fatto sorridere! Grazie»
«Anche tu!»  - era la verità, stavo passando una serata orribile annegando nei ricordi fin quando Harry non mi aveva scritto e tutto era diventato migliore.
«Però devi cambiare nome in qualcosa simile a Clark Kant, perché con il nome che ti ritrovi potresti essere solo la versione maschile di Luoise Laine» - continuò - «Poi ho sempre pensato che Superman fosse gay, sai la calzamaglia è troppo attillata»
«Allora preferisco essere uno dei Power Rangers, voglio anche tatuarmi il loro simbolo!»
«Quanto sei trash…comunque mi dai un consiglio?»
«Certo.»
 
‘Need2beloved ti ha inviato un file audio.’
 
«Devo stare zitto e ascoltare, giusto?» - risposi citando le solite parole.
«Esatto» - per cinque minuti fui rapito dalla voce di quel ragazzo.
«Sei davvero bravo, anzi bravo è riduttivo»
«Sentirmelo dire da te è diverso.»
«Perché?» - chiesi incuriosito, non ero abituato a qualcuno che voleva davvero sentire il mio parere. A casa sentivano tutti mio fratello, tra gli amici Liam, io ero sempre quello che stava sulle sue ed annuiva, non proprio il massimo.
«Perché tu non ti basi sulla mia bellezza come succede sempre. Spesso mi sento dire: ‘Sei proprio un bel ragazzo, hai un faccino delizioso e angelico”. Mentre io vorrei sentirmi dire “Dannazione, hai una voce straordinaria!”»
«Dannazione, hai una voce straordinaria!»
«Simpatico»
«Io lo penso davvero» - quella voce mi aveva incantato, anche troppo visto che avevo passato tutti i suoi audi sul mio iPod e li ascoltavo in riproduzione costante. La sua voce avvolgeva
«Ti va di fare un gioco?» - propose Harry ed io mi accigliai davanti lo schermo del computer, non avevo la minima intenzione di sputtanarmi con uno sconosciuto.
«Certo che con te non ci si annoia mai!»
«Ci stai sì o ci stai no?»
«Ci sto sì, non mi tiro dietro alle sfide» - mi morsi il labbro inferiore ed accettai la sfida.
«Okay, il gioco consiste nel farsi tre domande a vicenda. Vuoi ancora giocare?»
«Non mi spaventano certo tre domande. Però inizia tu...»
«Beh, giustamente il gioco l’ho proposto io. Allora: Di cosa hai paura? Come mi immagini? E soprattutto, quella volta, dov’eri?» - pensavo peggio, molto peggio. Guardai la terza domanda confuso, non avevo capito cosa volesse dire, ma non mi feci molti problemi. Avevo immaginato più volte Harry, nella mia testa aveva un certo aspetto, nemmeno tanto male.
«Ho paura di non essere abbastanza per le aspettative altrui, di innamorarmi e di restare senza Liam. Questa è più difficile: hai come immagine del profilo i tuoi occhi, quindi hai gli occhi di un verde molto chiaro e almeno di questo sono sicuro. Ti immagino con i capelli portati corti e rossastri, di statura non molto alta. Hai detto di aver un viso angelico, quindi escluso tratti marcati o barba, avrai al massimo sedici anni poi. Sempre con le cuffie nelle orecchie e la casa piena di amici. Ultima risposta: dov’ero, quando e dove?»
«Bene tocca a te!» - “E adesso che chiedo?”
«Ho azzeccato la tua descrizione? Tu come mi immagini?»
«Manca una domanda!»
«No, ci sono tutte e tre, leggi bene la mia risposta»
«Così non vale!»
«Oh Harold, nella vita vale tutto, non te lo hanno insegnato?»
«Dov’eri quando hai detto che nevicava? Hai sbagliato quasi tutto e di anni ne ho fatti diciotto poco tempo fa. Bella domanda l’ultima: hai la foto di David Beckham come icon, quindi ci sono due diverse opzioni:
a)Sei un gay represso che vede in lui il suo ideale maschile;
b)Sei un ragazzino infantile ed è il tuo calciatore preferito.
Tocca sempre a me vero? Quale delle due opzioni è giusta?»
«Non mi muovo da Londra dal giorno dopo il funerale di mio fratello, quindi presuppongo che ero ancora qui. La b, credo»
«Mi dispiace» - Evitai il discorso, non volevo caricare Harry dei miei problemi.
«Cosa ho sbagliato nella tua descrizione? Cosa pensi di me? Quanto sei alto?» - “Cero che l’ultima potevi anche risparmiartela Louis!”
«Ho i capelli ricci e folti e non rossi e per tua informazione supero il metro e ottanta. A casa mia al massimo viene il fattorino della pizza, ma se può consolarti ho sempre le cuffie nelle orecchie e il mio volto angelico fa impazzire i ragazzi. Ultime domande, domani ho la sveglia presto: 
1)Domani ti andrebbe di suonare ancora per me?
2)Ti rendo felice come tu rendi me?
3)Mi lasci il tuo numero?»
Scrissi il numero senza pensarci due volte e chiusi il laptop.
 
Erano le due inoltrate quando sentii la maniglia della porta abbassarsi e la porta aprirsi.
«Tommo, posso entrare?»
«Questa frase l’ho sentita già troppe volte in un sol giorno.»
Entrò in camera, perfetto come poche ore prima, ma la giacca di pelle copriva la camicia bianca e le sue labbra erano leggermente rossastre, segno che lui e Mya Bell si erano scambiati almeno un bacio.
«Com’è andata?» - continuai, mentre Liam si sedeva ai piedi del mio letto.
«Ci rivediamo venerdì, ma devo parlarti di altro…»
«Cosa c’è Payne? Non dirmi che l’avete fatto nella mia macchina!»
«No Louis, non è questo» - prese fiato e poi disse quella frase tutta d’un fiato - «Tua madre è in citta e vuole vederti.»
«Perché chiamare te e non me?»
«Non lo so LouLou, ma mi ha chiesto di portarti con me in un bar mercoledì senza che tu sappia niente. Io non le ho promesso nulla, non volevo intrappolarti e so quanto odi queste cose, ma è pur sempre tua madre e credo che tu debba andare. Io sarò al tuo fianco in qualunque caso»
Il mio volto era una massa informe di emozioni, non sapevo cosa pensare. Mia madre, ero scappato da lei ed ora era venuta a cercarmi. Trattenni le lacrime, ero stanco di essere compatito, di essere debole.
Il silenzio faceva da padrone in quella stanza, ma Liam tornò a parlare «Pensaci. E lo dico per te. Buonanotte LouLou» - mi sfiorò con la mano la spalla e andò via.
 
13 FEBBRAIO – 4.20
 Sentii il telefono vibrare, con gli occhi socchiusi lessi il messaggio proveniente da un numero sconosciuto.
«Tu mi piaci. Ecco cosa penso di te.
-Il tuo Harold»
«Scusami, ma credo che tu abbia frainteso, io non sono come te.»  - inviai il messaggio, ma non ricevetti risposta, se non due settimane dopo.
 
 
Nuovo capitolo, nuovi casini. Questa volta a parlare è il nostro Louis, i capitoli si alterneranno, così da esporre sempre entrambi i punti di vista. 
Louis inizia ad aprirsi con Harry, mentre inizia a pensare che avere dei segreti con il suo migliore amico non è certo il meglio che possa accadere, sono segreti che verranno fuori presto. Harry ha confessato la sua cotta per Louis, ma questo non lo accetta, è pur sempre un ragazzo. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se è così diffondete il verbo o in questo caso la storia. 
Ah, un ringraziamento speciale ad Aurora che mi supporta/sopporta. Dovete, è un obbligo, passare di quì se ancora non ci siete passate: https://www.facebook.com/pages/Larry-Stylinson-Wont-Stop-Till-We-Surrender-/485940068150278
-G

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Capitolo 3
*** Ehy Jude ***


HARRY
 
13 FEBBRAIO – 04.22
«Tu mi piaci, ecco cosa penso di te. -Il tuo Harold» - Inviai il messaggio subito dopo averlo scritto. In quei pochi minuti di attesa avevo immaginato le mille risposte che avrei potuto ricevere il mattino seguente, come avrebbe reagito o cosa avrebbe pensato.
«Scusami ma io non sono come te» - La risposta di Louis arrivò tempestiva e fece male da morire. Cosa voleva dimostrare con quelle parole? Mi agitai nel letto, cercando una risposta a quella che proprio in quel momento mi stava facendo versare lacrime. Era possibile? Senza nessun tipo di pretese mi ero affezionato a quel ragazzo sconosciuto che si era preso un po' di me, ma che senso aveva? Dopo l'arrivo di quel messaggio me lo ero chiesto più volte. Presi un lungo respiro e con la testa pesante iniziai a scrivere - «Caro Louis, ti facevo più intelligente sai? Cosa vuol dire “non essere come me”? Non hai gli occhi verdi, oppure non ti piace la musica? Sei bravo in algebra o in fisica? Non sei gay? Cosa vuol dire “Non essere come me”, spiegamelo.  Perché scommetto che io e te in molte cose non siamo simili, in molte cose tu non sei come me e a questo punto direi per fortuna. Per anni ho pensato che io fossi il diverso, il problema, invece no, assolutamente. Il problema sono le persone come te, quelle che mi reputano diverso. Sai Louis cosa c’è? Mi piaceva parlare con te, eri il mio sfogo quotidiano, pensavo che non eri uno di quelli che evitano un ragazzo perché omosessuale, invece ti sei dimostrato quello che mai avrei pensato. Stammi bene Louis» - Dicevo sempre di averci fatto l’abitudine ma non era vero, a certe cose non ci si fa mai l’abitudine, soprattutto se questo consiste nel perdere persone. Rilessi il messaggio più e più volte, ma questo restò lì, non inviato e salvato nella conversazione.
“Sai Louis, non meriti nemmeno una mia risposta” – pensai, mentre finivo di bere una camomilla ormai fredda – “Mi ha perso”
Sono sempre stato un tipo sulle mie, non ho mai chiesto nulla più di ciò che mi hanno dato, sono cresciuto sotto una massa informe di capelli ricci e il pensiero che se una persona davvero ti vuole, resta, in qualunque modo tu sia o ti comporti. Ma a mie spese avevo imparato che certe persone, è sempre meglio perderle che trovarle, Louis era solo un altro nome che si avrei aggiunto alla lista di quelli che non volevo nella mia vita, per il mio bene soprattutto. Il mio silenzio avrebbe parlato per me, sperando solo che capisse l’errore che aveva appena fatto. Mi aveva ferito. Mi aveva perso.
“Con me puoi sbagliare solo una volta, non ci sono altre possibilità” – fu questo l’ultimo pensiero prima di abbandonarmi al sonno.
 
13 FEBBRAIO – 07.38
 «Harry sveglia!» - una voce interruppe il mio sonno - «Harry svegliati dai!» - anche mezzo addormentato riconobbi quella stridula voce e quell’ancor più fastidioso accento, in fin dei conti era indistinguibile.
«Beth, che cazzo ci fai qui?» - mi voltai per vedere che ore fossero, togliendomi le coperte da dosso - «Sono solo le sette e quaranta, devi rompere le palle anche a quest’ora? Lasciami dormire in pace!»
«Peggiori giorno dopo giorno!» - rispose divertita - «Ah non vorrei farti preoccupare, ma sei in mutande!». Tirai istintivamente le coperte su di me, non era certo la prima volta che Betty mi vedeva seminudo o addirittura nudo, ma avevo sempre vergogna nel farmi vedere così.
«Stanotte ho sudato parecchio, avevo la febbre alta e credo che sia scesa quindi io…» - ma Betty mi interruppe ancora una volta, aveva quel brutto vizio di bloccare la gente, un'americanata come la definivamo io e Zayn.
«Mi stai spiegando il perché sei nel tuo letto in mutande e non mi domandi perché io sia qui? Cosa ti è successo Styles?» - alzò il sopracciglio guardandomi, era quasi comica come scena: io seminudo nel letto e lei con le braccia incrociate al petto ai piedi del letto.
«Ci sarei arrivato» - sbadigliai, quella notte avevo dormito a malapena mezz’ora e la colpa era solo di Louis - «Perché sei qui a rompermi i coglioni e non a scuola?»
«Non posso affrontare un’intera giornata scolastica senza di te al mio fianco. Poi oggi c’era il test di francese e non ho aperto libro e se non ci sei tu non so a chi copiare. Quindi sarò con te tutto il giorno, non lavoro neanche oggi. Contento amorino mio?» - “Perché parla sempre così tanto e così velocemente?” - pensai, massaggiandomi le tempie, era troppo presto per stare dietro al parlare veloce di Beth ed io ero troppo stanco per sentirla - «No» - risposi sbadigliando, rinfilandomi sotto le coperte con la speranza che smettesse di blaterare e mi lasciasse dormire.
«Troppo tardi» - commentò lei mentre si toglieva i suoi immancabili stivali e cercava una mia felpa da mettere come pigiama. Sarebbe rimasta lì con me ed io avevo un maledetto bisogno di stringere la mia migliore amica e sentirmi dire che Louis non era poi così importante, che potevo farne a meno. «Apri il secondo cassetto, dovrebbero essercene alcune pulite lì» - Beth infilò una vecchia felpa grigia ed informe, un logo scolorito sopra, non la vedevo da così tanto tempo che avevo anche dimenticato di averla, legò le treccine in una crocchia disordinata e si infilò nel letto con me. Nonostante il letto fosse abbastanza grande, mi accucciai a lei, poggiandole la testa sul petto poco prosperoso e sentii le sue dita passarmi tra i capelli.
«Sarò la tua infermiera personale, ieri zia mi ha fatto lavorare fino alle due, sono stanca morta, non ho più voglia di lavorare, ma glielo devo» - disse le ultime parole cambiando totalmente tono. Betty era arrivata direttamente dal Nevada, spedita dalla madre come un pacco a sua sorella maggiore, aveva fatto tutto alle sue spalle, ma aveva agito per il suo bene o almeno era questo che nei mesi successivi alla partenza le aveva ripetuto. Aveva chiesto aiuto alla sorella perché sapeva che era l’unica che poteva rimettere Betty sulla ‘giusta strada’, se davvero ne esisteva una. Era arrivata in pieno inverno e le sue prime parole all’aeroporto dirette alla zia furono - «Non mi abituerò mai alla pioggia» - e in effetti Betty odiava la pioggia e la noia di Holmes Chapel. Prima di trasferirsi viveva a meno di un’ora da Las Vegas, la definiva il suo ‘mondo dei balocchi’, era lì che aveva iniziato a frequentare le cattive compagnie, lei con alcuni suoi amici saltavano la scuola per andarci, aveva preso il vizio delle droghe leggere, del bere dalle nove di mattina fino a tarda sera. Non le interessava più nulla, aveva lasciato la scuola e un giorno aveva pensato anche di scappare insieme ad un certo Brody conosciuto qualche giorno prima. Tutto questo durò poco più di un anno, non riconosceva più la figlia, non era più quella bambina che lei ed il marito avevano cresciuto, era diventata totalmente un’altra persona, allora chiese aiuto a zia Agnes, Betty neanche ricordava come fosse fatta, l’ultima volta che l’aveva incontrata era per il funerale del nonno, circa dieci anni prima, anche se aveva spesso sentito parlare della zia: era l’unica delle quattro sorelle ad esser rimasta in Inghilterra, la più grande, vedova a poco più di trent’anni ed un figlio con cui non parlava mai, in più possedeva un pub in una piccola città. Zia Agnes fu felice di ospitarla, un altro paio di mani non stipendiate al pub avrebbero fatto solo bene.
Beth non riconosceva più se stessa, per questo si fece convincere che tutto quello che stava facendo era sbagliato e l’unica cosa giusta da fare era staccare da tutti per un po’. Non pensava certo di cambiare continente, ma dopo aver perso un altro anno di scuola, si convinse che forse le avrebbe fatto bene un periodo di ‘allontanamento forzato’ da casa.    
Me la ritrovai come vicina di banco il primo giorno dopo le vacanze di Natale, non si presentò ma esordì poco dopo con un - «Questo è anche peggio del professor Turner» - e iniziò a raccontare che era già la terza volte che ripeteva il primo anno e che si era da poco trasferita dagli Stati Uniti, cosa che avevo intuito dal suo marcato accento. Da quel momento iniziò a parlare e tre anni dopo stavo ancora cercando un modo per farla star zitta.
«Betty io ti voglio bene ma un giorno intero con te non lo sopporto, sono già malato di mio e un’altra sciagura come questa non mi ci voleva!» - Betty mi diede un morso sul braccio e un sonoro vaffanculo risuonò per la stanza prima di metterci a ridere - «Grazie Beth, davvero»
«È successo qualcosa con Zayn?» - chiese, notando il mio sguardo perso, scossi la testa e lei chiese nuovamente - «Con Louis?» - sbuffai, mi alzai sui gomiti e puntai il mio sguardo nel suo e le raccontai di tutto ciò che era successo la sera prima, dello scambio di numeri, della mia confessione e del suo rifiuto - «Mi sono sentito così stupido e male» - le confessai. La ragazza non disse nulla, non le piaceva molto Louis, sapevo chi preferiva tra i due ragazzi e lei non lo nascondeva. - «Ora puoi concentrarti completamente su Zayn - ammise - e poi quel Louis non sa quale meraviglia si sta perdendo» - mi diede un leggero bacio sulle labbra e mi sorrise in quel modo che solo lei riusciva a fare. Beth era l’unica persona che conoscevo che sapeva sorridere con gli occhi e in quel momento lo stava facendo: era qualcosa di sconvolgente, era come se diventavano più grandi, più profondi, si vedeva che era felice, che quel viaggio le aveva solo fatto bene ed un po’ era anche grazie a me e di questo ne andavo davvero fiero. Quella piccola donna non era più la ragazzina ribelle del Nevada. 
«Sai Harry, io per te mi annullerei del tutto se questo ti farebbe star meglio» - esordì dopo minuti di silenzio, smise di accarezzarmi i capelli e si allontanò da me.
«Non hai mai pensato che senza di me sarebbe stato meglio o tutto più semplice?» - i suoi occhi si spensero dopo le mie parole, scosse subito la testa e mi guardò, sapeva cosa stavo pensando e sapeva anche che questo non avrebbe portato niente di buono - «Perché dici questo?» - mi girai verso di lei, occhi contro occhi. Il suo volto era un misto tra ‘Non farmi preoccupare’ ed un ‘Cazzo stai dicendo Harry?’.
«Ecco, pensavo che magari senza di me tra i piedi avresti avuto più amici, essere popolare e magari entrare nel circolo del teatro o in quelle snob del club di canto. Qualcosa del genere ecco, ma invece hai deciso di stare con me, al gay della scuola che fa pietà a tutti, non avevi nessun obbligo con me e invece sei rimasta al mio fianco, anche quando cercavo di mandarti via, ti sei presa le mie offese ma sei rimasta. Toccherai il fondo della piramide sociale e…» - mi interruppe, come sempre, ma forse quella volta aveva fatto bene.
«Non ti sei mai chiesto il perché io sia rimasta al tuo fianco, sempre?» - serrai le labbra e scossi la testa - «Sono rimasta perché in te ho trovato il mio porto. Io ero come i resti di una nave che nessuno voleva, che era stata mandata via da tutti gli altri, poi sei arrivato tu e non mi hai solo accolto, mi hai aggiustata. Non finirò mai per ringraziarti e comunque tranquillo, la piramide sociale non è nei miei interessi»
«Grazie» - sussurrai - «Ma tu sei proprio sicura? Non vorrei che dopo il diploma tu possa odiarmi…» - dissi con voce insicuro mentre tornavo con la testa sopra il suo petto. Mi sentivo infinitamente piccolo ma protetto allo stesso tempo.
«Non parli mai, ma quando parli dici solo un sacco di cazzate!» - passò le mani sul mio viso ed infilò le dita nelle mie fossette, una cosa che sembrava appagarla sin dall'inizio della nostra amicizia - «Harold, Harold, Harold!»
«Elizabeth, Elizabeth, Elizabeth!» - iniziai a ridere, mentre il volto di Beth era diventato rosso fuoco - «Non provare a chiamarmi con quel nome!» - urlò mentre si metteva a cavalcioni su di me, bloccandomi le mani sopra la testa ed iniziando a solleticarmi i fianchi.
«Ormai sei come Cher, il proprio nome neanche lo riconosce più! Però Elizabeth è così bello, ti s'addice di più!» - ridevo sguaiatamente - «Okay okay, basta! Solo Beth, però ora smettila per favore!»
«Non chiamarmi più con quel nome perché potrei diventare la tua peggior nemica!» - le nostre risate riecheggiavano nella casa vuota. Era bello avere una persona con cui condividerle.
«Ora scendi e dormi che non ti sopporto già più!»
«Buonanotte Harry» - Beth si accovacciò su di me, sembrava ancora più piccola in quella posizione, i suoi ventun anni erano lontani, come i miei problemi, stretti uno all'altro. «Sei anche tu il mio porto» - le sussurrai, spostandole una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso, ma la ragazza era ormai andata nel mondo dei sogni.
  
13 FEBBRAIO – 17.20   
Sentii delle voci provenire dal salone, avevo dormito circa nove ore senza neanche accorgermene. Avevo seppellito tutti i miei pensieri sotto il cuscino e lì volevo lasciarli. Mi alzai controvoglia, lasciando il piumone cadere sul pavimento e senza pensare troppo ad infilarmi qualcosa addosso, ero ancora in mutande, mi diressi verso l'altra parte della casa convinto di trovare Beth e mia nonna intente in qualche chiacchierata tra donne.
«Dai Beth torno dopo, non voglio disturbarlo se sta ancora dormendo»
«Zayn smettila, aspetta che vado a svegliarlo!» - rimasi sorpreso quando notai che non era assolutamente mia nonna ma il mio ragazzo o ciò che eravamo. Non c'erano mai state definizioni per noi, era semplicemente iniziata qualche giorno dopo il nostro primo incontro ed un po' per inerzia continuava ad andare avanti; gli volevo bene, questo era assodato ma non riuscivo a vedermi al suo fianco ma nello stesso modo, non riuscivo a chiudere quella relazione.
«Tesoro tranquilla, ero venuto per sapere come stava e ridargli il regalo che ha dimenticato a casa mia, non abbiamo avuto tempo per vederci e oggi sono passato» - fece il moro, alzando il pacchetto che stringeva tra le mani. Era il suo regalo per il mio compleanno, non lo avevo nemmeno aperto dopo la litigata che avevamo tenuto lo stesso giorno.
«Sono sveglio, tranquilli - interruppi la loro conversazione e continuai - Non sapevo fossi qui». Non aspettavo nessuna visita, tanto meno la sua. Lo squadrai in tutta la sua bellezza, era in piedi vicino al portone d’ingresso, gli occhiali da sole incastrati tra i capelli neri ed una giacca di jeans ad incorniciare le spalle coperte da inchiostro e strani disegni. Non fece nemmeno un passo verso di me, rimase lì immobile ma notai il suo sguardo correre sul mio corpo seminudo e fermarsi sui miei boxer, sorrisi maliziosamente ricambiando il suo sguardo, la sua reazione fu quella di mordersi il labbro inferiore e dire - «Ero passato a vedere come stavi. Ah, ti ho riportato il regalo che avevi lasciato da me». Finalmente si avvicinò, lasciò la piccola busta sul divano e mi stampò un bacio sulle labbra, prima di afferrarmi la vita con un braccio e portarmi più vicino al suo corpo. Per quanti dubbi avessi sulla nostra relazione, sapevo che il mio corpo bramava un suo tocco, riusciva sempre, anche con un semplice sfiorarsi, a far correre brividi lungo tutta la mia schiena - «Sei bellissimo.» - sussurrò al mio orecchio, dopo aver spostato una ciocca di capelli dal mio viso ed ancorato, con la mano libera, la mia nuca. Lo sentivo vicino, troppo vicino e mai come quel momento avrei voluto avere addosso un pigiama, una felpa, andava bene persino la vecchia vestaglia a fiori di mia nonna, ma non sentire quelle mani fredde sfiorarmi la pelle e poggiarsi su di me. Volevo dannatamente essere toccato da lui, sentivo il piacere crescere in me soprattutto per quei tocchi delicati ma nei miei punti giusti eppure la mia testa si rifiutava di creare quel tipo di contatto: inventavo scuse pur di sottrarmi da quelle attenzioni che Zayn mi rivolgeva senza saper nemmeno il perchè.
«Harry io vado, zia alle sei mi aspetta al pub e sai com’è fatta se tardo anche di pochi minuti! La felpa te la riporto lavata domani a scuola» - Zayn si staccò da me, non perdendo occasione di sfiorarmi ancora il corpo, buttandosi poi sul divano, come a voler dire che ora era il suo turno di stare con me, mentre con lo sguardo ringraziava Betty della privacy che ci stava concedendo.
«Ti chiamo dopo! - risposi, aiutandola a mettere il cappotto - Grazie per stamattina!»
«E per ora!» - sottolineò ridendo l'altro ragazzo, era bello vederlo spensierato e col sorriso sulle labbra, non succedeva spesso di vederlo così e fui contento di non dover avere a che fare, almeno per quella sera, con uno Zayn scontroso. Beth sorrise al commento di questo e si avviò verso la porta d'ingresso dove afferrò una mia sciarpa per coprirsi dal gelo invernale di Holmes Chapel. Mi diede un leggere bacio sulla guancia e prima di uscire si rivolse al più grande - «Non farlo stancare troppo!»  - ed uscì ridendo, canticchiando la sua canzone preferita. Mi avvicinai a Zayn, allungandomi sul divano con la testa poggiata sulle sue gambe, da quell'angolazione potevo vedere quanto fosse perfetta la linea della sua mascella, coperta da una leggera peluria, il suo pomo d'Adamo, era possibile trovare eccitante anche una vena sul collo? Certo se era quella di Zayn Malik. Iniziai a mordermi il labbro inferiore e maledii un'altra volta il mio essere solo in mutande, di lì a poco non avrei più potuto coprire ciò che stava nascendo tra le mie gambe. «Credo che se ne sia andata per lasciarci soli» - disse Zayn interrompendo il silenzio che si era venuto a creare. «Leva il credo, oggi è il suo giorno libero, quindi non deve andare da Agnes! Poi l’hai fatta sentire di troppo» - dissi colpendogli la gamba ma iniziò a ridere, prima di piegarsi su di me e baciarmi. «Mi quasi mancavano i tuoi baci» - le nostre labbra si muovevano freneticamente tra di loro, Zayn passò la lingua sul mio labbro inferiore per chiedere un maggiore accesso alla mia bocca e senza nemmeno rendercene conto, quel bacio inizialmente casto, divenne uno scontrarsi di lingue e di denti. «Ah, quasi eh!?» - disse, mordendomi ed allontanandosi qualche centimetro dal mio viso. In quella posizione avevo piena visuale dei suoi occhi color caramello e delle sue lunghe ciglia, era dannatamente bello - «Sei ancora arrabbiato per l’altra sera?» - Scossi la testa prima di mettermi a cavalcioni su di lui, le sue mani sotto i miei glutei come a sorreggermi e le nostre bocche di nuovo insieme. Era quello l'effetto che Zayn mi faceva. 
«Posso? - estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca - Non vorrei farti passare dei guai con tuo padre».
«Nessun guaio, papà è partito questa mattina per il Galles e non tornerà fino a lunedì, i miei nonni invece sono andati per tre giorni alle terme. Puoi fumare quanto vuoi e se vuoi potresti anche restare a cena, non credo che la febbre prima di domani passi» - mi sorrise ed ispirò dalla sigaretta, cercando di tenere il fumo lontano da me, sapeva bene che non mi piaceva quell'odore. Paradossalmente, Zayn sapeva di me solo le piccole cose, come quella, ma ero convinto che se gli avessero chiesto quale scuola frequentassi, lui avrebbe alzato le spalle senza proferire parola. La nostra relazione era così, non eravamo due fidanzati normali, non ci sentivamo tutti i giorni come le normali coppie, vivevamo meglio se lontani e nessuno dei due considerava l'altro come "l'amore della sua vita", ma a noi andava bene così.
«Sicuro?» - chiese, non era mai successo quindi non mi stupii per la sua reazione. Annuii freneticamente, prima di rituffarmi in quel bacio - «Certo!» -sapeva terribilmente di tabacco e non persi occasione per rinfacciarglielo - «Sai schifosamente di sigaretta!». Continuò a baciarmi, poco importava del sapore di tabacco delle labbra di Zayn o della puzza di sigaretta che ormai aveva riempito il salone, l’unica cosa che davvero volevo era lui, era troppo tempo che non eravamo così vicini, così intimi. Tolse la giacca di jeans mentre io iniziai a baciargli il collo e affondare le mie mani sotto la sua maglietta, sentendo il ventre piatto e ben allenato, diedi una spinta col bacino per sistemarmi meglio e sentii la sua erezione crescente. Ansimava mentre con la lingua tracciava piccoli cerchi spaziando dal collo alle clavicole, mentre le sue mani sicure andavano sui miei boxer. «Zayn...» - bloccai con una mano i suoi polsi e lo guardai fisso negli occhi.
«Lasciami fare» - continuò imperterrito ad accarezzare il tessuto dei boxer, portando le sue labbra a succhiarmi un piccolo lembo di pelle all'altezza del collo.
«No!» - urlai, scacciando le sue mani dalla mia intimità, mi allontanai leggermente da lui senza però scendere completamente dalle sue gambe. Non volevo che quel bacio finisse, ma non volevo neppure quel quello diventasse ben altro.
«Cazzo ancora Harry?» - sbottò, dandomi una leggera spinta per intimarmi di alzarmi dal divano, riprese la maglia che qualche minuto prima io stesso avevo sfilato e alzando la voce disse - «Sono stufo, quando cazzo lo capirai?»
«Mi dispiace ma non ce la faccio ancora!» - cercai un suo sguardo, un piccolo impercettibile movimento a confermarmi che non era davvero arrabbiato con me, che mi capiva, ma così non fu, anzi, si accese una sigaretta e rimise il giubbetto di jeans troppo leggero per essere in pieno febbraio.
«Quando finisci di fare il bambino mi chiami, okay?» - ed uscì sbattendo la porta senza neanche degnarmi di uno sguardo.
“Ancora Harry?” ripensai a quelle parole, le aveva dette con un tale odio da far paura, non era la prima volta che lo bloccavo e dai suoi occhi avevo capito quanto lui odiasse quella situazione. In due mesi di relazione non eravamo riusciti ad andare oltre qualche pomiciata, anche se più di una volta Zayn aveva espresso il desiderio di andare oltre qualche labile bacio sul collo, ma nelle ultime due settimane, dopo il mio compleanno, sembrava che tutto ruotasse intorno al sesso che io non gli concedevo.
“Ho bisogno di aria, fanculo la febbre.”
 
Dieci minuti dopo ero per strada, volevo anzi avevo il bisogno necessario di parlare con qualcuno, esclusa Betty, non avevo però con chi parlare. Gli amici con cui ero cresciuto non mi rivolgevano neanche più la parola da almeno due anni. Iniziai quindi a camminare a vuoto per i vicoli di Holmes Chapel; passai anche davanti al pub di Betty, sbirciando dalla vetrina se era lì o meno, ma le uniche persone presenti nel locale erano Agnes e due signori che conversavano davanti ad altrettante pinte di birra. Continuai a camminare finché non mi ritrovai davanti il vecchio campanile. Abbandonato da almeno dieci anni era diventato il luogo in cui le coppiette si rifugiano e i ragazzini rollavano le loro prime canne. Avevo passato anch’io quelle fasi, all’età di tredici anni, sull’ultima panchina vicino al campanile avevo dato il mio primo bacio ad una tale Nicole, tedesca, in vacanza con la famiglia a Holmes Chapel per far visita ad uno zio. Non mi piacque per nulla, i primi tempi avevo dato la colpa alle sue labbra secche e al fatto che mi infilò la lingua quasi a toccare l’ugola, col tempo capii che il bacio mi fece schifo semplicemente perché era una ragazza.
Senza nemmeno accorgermene ero già all'interno di questo, mentre i ricordi che avevo vissuto qui dentro si susseguivano nella mia mente.
«Ehi ciao!» - sobbalzai vedendo che sopra quel vecchio campanile non ero da solo. Un ragazzo della mia stessa scuola di cui avevo sentito anche troppo parlare era lì e mi stava rivolgendo un sorriso.
«Ciao, pensavo che non ci fosse nessuno, scusami!» - risposi affannato per colpa delle sei rampe di scale che portavano sopra il campanile
«Ah no, vengo spesso, c’è una gran bella vista da qui sopra. E’ il primo posto che ho scoperto dopo essermi trasferito» - disse, poggiando la chitarra su una delle vecchie e rotte sedie di plastica e avanzando verso me.
«Io invece non ci venivo da un bel po’, di solito trovavo sempre qualche coppietta, poi penso di essere diventato troppo grande per questo posto» - ammisi. Mi girai intorno, non era cambiato nulla dall’ultima volta che ero stato lì, un paio di anni prima forse. C’erano ancora le vecchie sedie bianche rotte, la campana era scomparsa da anni e la vista era come sempre formidabile, era possibile vedere tutto il piccolo paese e la campagna - «Una volta ho persino trovato la vicepreside con il professore di arte»
«Tu sei Styles, giusto?»
«E tu dovresti essere Horan» - feci un sorriso di cortesia a quel ragazzo biondo che continuava ad osservarmi interdetto se continuare quella conversazione - «Niall» - si avvicinò verso di me e mi porse la mano - «Harry»
«Condividiamo quasi tutti i corsi insieme, non abbiamo mai parlato e poi ci ritroviamo insieme su un campanile, non è assurdo?»
«Abbastanza, ma non ti biasimo» - e ciò che avevo appena detto era ciò che realmente pensavo. A scuola non ero mai stato popolare, anzi, di solito passavo inosservato e se non era così era perché ricevevo occhiatacce ed insulti per il mio essere apertamente omosessuale, quindi non biasimavo Niall per non essersi mai avvicinato a me, chi lo faceva di solito finiva nella lista dei reietti.
«In che senso?» - fece una leggera smorfia interrogativa. Davvero non aveva mai sentito tutte le voci che giravano sul mio conto? Eppure avrei scommesso che Anthony Petrucci avesse messo a corrente l'intero corpo studentesco della mia sessualità ed a cosa sarebbe andati incontro a parlarmi.
«Sono il finocchio della scuola, pochi si azzardano ancora a parlarmi» - dissi veloce e amareggiato, facevo finta che quella situazione non mi toccasse, ma non era completamente così. Avevo imparato a nascondere il mio stare male.
«Io sono il ragazzo nuovo, in più sono irlandese, vivo il tuo stesso inferno ogni giorno, volevo davvero presentarmi, sei l’unico da cui non ho mai ricevuto un insulto ma ho paura di quella tua amica, sai quella che urla sempre»
«Sì di lei bisogna aver paura!» - Niall iniziò a ridere ed io lo seguii, aveva una risata coinvolgente e davvero, davvero rumorosa.
«Mi guarda come se volesse uccidermi - commentò poco dopo - Perché sei qui Harry?»
«Volevo fare quattro passi e mi sono ritrovato qui, era tanto che non salivo fin qua sopra, non ricordavo neanche com’era la vista, ma vale sempre la pena farsi sei rampe di scale per vedere questo panorama. Tu invece?»
«Qui posso suonare tranquillamente la chitarra senza la paura di svegliare mio nipote - indicò la chitarra poggiata su una delle tante sedie bianche - poi mi piace stare qui, è tranquillo, mi ricorda tanto casa mia e stasera mi ha anche portato un nuovo amico»
“Hai un nuovo amico Harry, quanto potrà mai durare?” – pensai.
«Posso farti una domanda?» - chiesi curioso, continuandolo ad osservare dalla testa ai piedi. In classe non avevo mai notato i suoi brillanti occhi azzurri ed il suo smagliante sorriso.
«Non vorrai chiedermi anche tu se esistono davvero i leprecauni!» - rispose ridendo.
«No tranquillo…Su di te circolano parecchie legende, perché ti sei trasferito qui?» - alla mia domanda rise ancora di più, mentre io quasi volevo scappare per l’imbarazzo. Era una curiosità che mi portavo dietro da mesi, da quando Betty aveva parlato di lui la prima volta.
«Io ho sentito quella del carcere, del nemico pubblico e di un fatto di droga con un mio parente messicano, ma ogni settimane ne esce una nuova, non mi sorprenderebbe venire a sapere che ho ucciso mia nonna e sono fuggito dall’Irlanda con tutta la sua eredità. Voi inglesi siete molto fantasiosi! Comunque nessuna delle storie è vera, in Irlanda non ce la passavamo economicamente molto bene, mio padre per colpa della crisi era rimasto senza lavoro e mia madre non ha mai lavorato, al contrario mio zio qui ha una fabbrica le cui cose vanno molte bene, quindi sia mio fratello che mio padre si sono trasferiti qui per lavorare e appena finita la scuola, la scorsa estate ci siamo trasferiti anche io e mia madre, questa è la versione ufficiale, non molto da film vero?» - notai della malinconia nel suo sguardo, avevo passato quel periodo già con Betty e sarei stato molto felice di aiutarlo ad ambientarsi, anche se io ero la persona meno adatta di tutte.
«Voglio sentirti suonare la chitarra!» - cambiai discorso, indicando la chitarra che precedentemente aveva poggiato su una delle sedie.
«Ad una condizione sola» - prese la chitarra e si sedette su una delle sedie - «Devi accompagnarmi con la voce, mi vergogno a suonare con del pubblico davanti, non mi interessa se non sei bravo o intonato»
«Oh Horan ti stupirò!» - iniziai a ridere, cantare era l’unica cosa che davvero mi piaceva fare e di cui mi vantavo - «Che cantiamo?»
«Hey Jude? La conosci?» - iniziò a suonare qualche accordo mentre io finii a pensare - “Quale persona su questo pianeta non conosce Ehy Jude?”
«Prendi una canzone triste e rendila migliore, ricordati di riporla nel tuo cuore e…» - Niall finì la mia frase - «poi comincia a migliorarla»
Riprese a suonare le prime note mentre io cercavo di accompagnarlo con la voce, con mio immenso piacere scoprii che il biondino era alquanto bravo a suonare.
«Dannazione sei davvero bravo» - Niall disse le esatte parole che qualche ora prima mi aveva detto Louis ed il suo ‘non sono come te’ tornò a farmi male ma la cosa più patetica è che in quel momento avrei voluto scrivergli, magari dedicargli proprio quella canzone oppure dirgli che lo volevo terribilmente nella mia vita ma mi trattenni e tornai a far finta di odiarlo.
«Grazie biondo anche tu sei bravo con quella chitarra! -  Niall sorrise - Continuiamo? Ma questa volta canta anche tu! Mi vergogno da solo!»
Cantammo quella canzone per la seguente mezz’ora, sempre la stessa, finché Niall non esordì dicendo «Ma tu non hai fame?»
«Ti va di andare a mangiare qualcosa?» - proposi, mentre il biondo metteva nella custodia la chitarra e la metteva in spalla.
«Oh Styles, tu non sai cosa mi hai appena proposto!» - iniziò a ridere mentre io lo guardavo con aria perplessa.
  
13 FEBBRAIO – 19.40
 «Quindi tu e Zayn dopo due mesi ancora non lo fate e per questo motivo avete litigato» - il ragazzo continuava a parlare nonostante avesse la bocca piena di pizza. Avevo iniziato a parlare di me e Zayn appena scesi dal campanile, con mia grande sorpresa Niall era davvero interessato al mio problema e stranamente mi aveva anche ascoltato, interrompendomi quando non capiva qualcosa. Iniziai a raccontare dal pomeriggio di Londra quando Betty me lo presentò, del bacio alla mezzanotte del trentuno dicembre e della festa a sorpresa per i miei diciannove anni. Ma raccontai anche delle litigate, del fatto che non volevo fare sesso e della discussione di quel pomeriggio.
«Esatto Niall, sembra che giri tutto intorno al sesso per lui, prima di questa storia non litigavamo mai, invece dal mio compleanno, dal primo no è cambiato totalmente. Anche oggi…» - Niall mi interruppe ancora una volta, lui e Beth si somigliavano davvero molto in questo.
«Ma Harry io non ho ben capito una cosa, lui ha detto che ti ama, state insieme da due mesi ma con lui non riesci ad andare oltre un bacio, quindi il problema sei tu, perché non vuoi?» - finito di parlare ingurgitò l’ennesimo pezzo di pizza e ne prese subito un altro.
«Bella domanda Nì. Lui ha più esperienza di me, ha avuto molte più storie di me, mentre io, se si toglie Nicole, Betty e Mark del corso di francese perché entrambi ubriachi ad una festa, non ho mai davvero baciato qualcuno se non Zayn stesso, lui è stato il mio primo vero bacio, il mio primo ragazzo e voglio aspettare» - non era solo per questo, ma evitai alcuni piccoli dettagli che avevo seppellito in un angolo della mia mente: farlo con Zayn voleva dire tradire Louis a tutti gli effetti, anche se io e lui non eravamo nulla.
«Ho capito che non sai nuotare, ma almeno prova a bagnarti i piedi, magari non scopri che è così male» - risi pensando alla stupida fobia di Zayn per l’acqua, quando lo conobbi gli chiesi anche se aveva paura di farsi la doccia, credo di non averlo mai visto così divertito da qualcosa o qualcuno. Niall continuò - «Ma tu ami Zayn?» - non risposi, anche se lui capì benissimo la mia risposta.
«Niall scusami se ti sto annoiando, sono ore che parliamo di me, te invece da quando suoni la chitarra? E da quanto canti?» - cambiai prontamente discorso ero stanco di parlare di me, di Zayn e di pensare a Louis.
«Ho perso il conto ormai, ho iniziato verso gli undici anni da solo e ho sempre continuato. La musica è la mia scappatoia»
«No, un’altra volta no!» - dissi con voce esausta, Niall mi guardò perplesso - «Poi ti spiego»
Ancora una volta Louis, non conoscevo per nulla quel ragazzo ma riusciva ad infilarsi negli angoli più oscuri della mia testa ed uscire fuori nei momenti meno adatti, senza mai andarsene, un pensiero fisso. Mi mancava e la voglia di prendere il telefono e sentire la sua voce era sempre più forte, ma ancora una volta riuscii a sopprimere questo desiderio.
«Harry tutto bene? Hai messo su una faccia»> - la voce del ragazzo mi riportò alla realtà, rimisi il telefono dentro la giacca ed alzando lo sguardo vidi Niall addentare l’ultimo pezzo di pizza.
«Ma tu hai uno stomaco o un buco nero?»
«Alcune volte me lo chiedo anch’io» - sorrise e tornò ad addentare il suo pezzo di pizza al formaggio.
«Il tuo stomaco mi mette paura!»
Era bello parlare con Niall, in tutta la serata non aveva mai smesso di ascoltarmi e lo faceva in silenzio, senza mai commentare troppo o giudicarmi come faceva Betty e mi faceva ridere, anche solo nel modo in cui parlava. Aveva gusti musicali favolosi, molto simili ai miei, al contrario della mia migliore amica che pensava che i Beatles fossero solo degli Hippie in cerca di fama. Conoscevo l'irlandese solo da qualche ora eppure mi aveva completamente stregato.
«Mangerei pizza tutta la vita, è molto più soddisfacente di una notte con una donna e la mattina non devi trovare una scusa per scaricarla!»
«Ho notato, ho notato Niall»
Quella serata finii tra le migliori risate e con un nuovo vero amico.
 
20 FEBBRAIO – 08.25
 «Styles finalmente ci riallieti con la tua presenza» - vidi Niall avvicinarsi verso di me e sfoggiare uno dei suoi sorrisi più belli e iniziare con quelli la giornata, era una cosa magnifica.  
«Ciao biondo» - gli sorrisi di mia volta mentre infilava degli spartiti dentro il mio armadietto, era bello vedere che nonostante fosse passata una settimana dal nostro incontro, continuava a salutarmi anche se ciò voleva dire un suicidio sociale.
«Passata la febbre? - annuii e continuò - Sei stato un irresponsabile, potevi benissimo dirmi che avevi la febbre quella sera, non ti avrei costretto a correre sotto la pioggia per riaccompagnarmi a casa e poi» - zittii Niall mettendogli una mano davanti la bocca, quel ragazzo alternava giorni di estremo silenzio con giorni in cui per farlo star zitto ci voleva solo del buon cibo.
«Niall tranquillo e prendi fiato - scherzai - ci vediamo stasera al campanile per le sei? Le canzoni le scelgo io questa volta, un’altra canzone di Coldplay non la reggo!»
«Ma sono fantastici! Non sai apprezzare la buona musica! A cena pizza vero?»
«E pizza sia! A dopo Nialler!» - agitai la mano mentre mi allontanavo da lui.
«A dopo Harry» - urlò ed il biondo scomparve tra la folla del cambio dell’ora. 
 
20 FEBBRAIO – 12.40
 
«Fra tutti i posti la mensa è quella che odio di più» -  commentò Betty, mentre guardava schifata la pasta appena messa nel suo piatto e continuò - «Tu devi dirmi parecchie cose signorino.»
«Ti prego no!»
«Invece sì mio caro Harry Edward Styles. Iniziamo dalla cosa più importante: perché questa mattina parlavi con Niall Horan? Cosa ti ha detto?»  - quasi urlò, alcune persone si girarono verso di noi ma tolsero immediatamente l'attenzione non appena capirono chi aveva urlato.
«Calmati Elizabeth Victoria Wilson, mi ha solo chiesto gli appunti per il compito di biologia avanzata, sai quella materia dove tu fai schifo? Ecco esattamente in quella!»
Non volevo assolutamente mentire a Betty, ma da tre anni a questa parte avevamo condiviso tutto, soprattutto le amicizie. Se lei conosceva qualcuno, automaticamente me lo presentava come se io andassi da lei per elemosinare amici perché non riuscivo ad averne di miei. Con Niall era tutto diverso, potevo parlare di tutto e di nulla, mi guardava con occhi diversi da quelli di Betty e questa cosa mi piaceva, ecco perché le avevo mentito, se avesse saputo che ero diventato amico del ragazzo di cui era innamorata si sarebbe messa in mezzo e addio a tutte le nostre serate, avrei dovuto scegliere e non volevo perdere nessuno dei due. Con loro ero un Harry con sfaccettature diverse.
«Okay hai risposto alla mia prima domanda, con Zayn com’è andata a San Valentino?» - arrossii immediatamente, continui flashback di quella notte tornarono in mente. Odore di candele e sesso.
«Come se tu non lo sapessi.»
«Racconta, forza!» - la ragazza mi diede un pugno sul braccio per incitarmi a parlare, ma non volevo, cosa era successo quella sera doveva restare tra le mura della camera da letto di Zayn.
«Avevo la febbre, abbiamo rimandato San Valentino al nostro mesiversario, tutto qui» - Non era vero ma questo Beth non lo sapeva, come non sapeva che avevo inviato un messaggio a Zayn la sera del campanile per scusarmi e lo avevo chiamato a mezzanotte, non ero tipo da queste cose, soprattutto per cose come San Valentino o mesiversari, ma dopo la chiacchierata con Niall avevo capito di tenere a Zayn, in un modo confuso e mio e che i piedi in fin dei conti potevo almeno bagnarmeli. La sera di San Valentino infatti lo lasciai fare e la cosa mi piacque e non poco, ma questo è tutto ciò che voglio dire.
«Ora la cosa più importante: perché cazzo mi hai evitato per una settimana intera?» - questa volta urlò e l’intera mensa si girò verso di noi, compreso Anthony Petrucci, il mio incubo.
«Te l’ho detto, avevo la febbre!» - urlai a mia volta, tanto ormai l'intera scuola ci stava osservando.
«Anche il tuo telefono aveva la febbre?» - puntualizzò, ma non le risposi. L’avevo volutamente evitata, senza un vero motivo, volevo solo stare con me – “e con Niall” - disse una voce nella mia testa.
«Sarai perdonato sole se stasera mi accompagni a vedere il nuovo film con Milo Ventimiglia, non si accettano rifiuti»
«Invece dovrai accettarle perché stasera sono a cena con alcuni parenti e quindi sono obbligato a stare a casa. Ti va bene se andiamo domani pomeriggio e la sera cenetta a casa?» - ribattei mentre pensavo che stavo mentendo all’unica persona che non mi aveva mai fatto male.
Sbuffò e si lamentò un po’ prima di accettare - «Grazie Harry» - e mi regalò uno dei suoi sorrisi più belli ed una linguaccia, mostrando il suo piercing.
“Se scopre che le sto mentendo come minimo mi uccide” pensai prima di dire - «Beth a me è passata la fame, ci vediamo durante l’ora di matematica»
«Va bene Tesoro, a dopo.»
Lasciai le chiacchiere della mensa dietro alle spalle, il mio stomaco ringraziava per quella fuga, stavo per svoltare verso i bagni quando una mano afferrò la mia camicia - «Principessina, dove cazzo corri?» - odiavo quella sua voce, era il mio incubo rinchiuso in quelle mura grigie.  
«Non è il momento» - troppo tardi, la mano di Anthony dalla mia camicia passò al mio collo, le mie spalle attaccate al muro, mi diede una leggera spinta tale da sentire la pressione delle sue dita infilarsi nella mia carne.
«Andiamo non c’è più molto divertimento con questo frocetto» - si girò verso il ragazzo che lo accompagnava.
«Non ne posso più!» - bisbiglia, mentre il mio personale bullo si allontanava nel corridoio, in una direzione opposta alla mia. 
 
27 FEBBRAIO – 19.16
«Fa troppo freddo per andare sul vecchio campanile e tu sei appena guarito dopo una settimana di febbre» - Niall mi apostrofò, mentre io cercavo di convincerlo del contrario, almeno per quanto riguardava l’aspetto della febbre.
«Horan è passata una settimana, sto bene ora! E poi cosa vorresti fare? Rinchiuderti in un bar a bere?» - dissi quasi scocciato.
«Bere no, ma mangiare sì, ho lo stomaco che brontola»
«Tu hai sempre lo stomaco che brontola Nialler - iniziammo a ridere insieme - Che ne pensi se ce ne andiamo a casa mia, ordiniamo della pizza e suoniamo?» - azzardai a chiedere.
«Ecco perché sei il mio migliore amico!» - “Migliore amico” ripetei nella mia testa mille o più volte, quelle parole mi quasi sconvolsero il sistema nervoso, era bello essere il miglior amico di Niall Horan e lui era il mio. Per la prima volta dopo anni mi sentii come una sensazione di completezza. In quel momento non avrei chiesto nulla di più di una canzone e quell’irlandesino al mio fianco.
In meno di dieci minuti eravamo già davanti casa mia, come sempre mio padre era fuori per lavoro, soprattutto nell’ultimo periodo, anche se secondo me c’era qualcosa di più del semplice lavoro, mentre i nonni erano passati nel pomeriggio, quindi non c’era pericolo che si fiondassero a casa quella sera.
«Harry, ci metti ancora tanto a trovare le chiave, mi sto letteralmente gelando il posteriore!»
«Non mettermi fretta!» - trovai la chiave giusta e per galanteria feci entrare prima Niall mentre io mi asciugavo le scarpe sullo zerbino.
«Cazzo che casa! - commentò appena mise piede in casa - Harry non mi avevi detto che casa tua era una sottospecie di museo della musica»
Vedevo Niall saltellare da una parte all’altra del salone alternandoli ad acuti gridolini, frugava tra i vecchi vinili di mio padre, fissava le foto ritraenti mio nonno e vecchie glorie degli anni cinquanta appese al muro o di mio padre con i suoi miti degli anni ottanta, per poi finire ad imbambolarsi davanti l’album autografato da Sir Paul McCartney che mio padre teneva esposto come trofeo di caccia sul camino.
«Quando tutti i tuoi vecchi sono discografici succede questo, dovresti entrare nei loro studi» - dissi quasi sussurrando ma mi maledii qualche secondo dopo essermi ricordato che a scuola nessuno sapeva che lavoro facesse mio padre.
«Ora capisco perché sei così preparato sull’argomento musica e solo ora riesco a ricollegare il tuo cognome, ecco perché mi era così tanto familiare! Ma non pensavo certo che metà famiglia Styles potesse vivere a Holmes Chapel, vi immaginavo in qualche super attico a Londra, non qui e non te come figlio! A scuola neanche ne ho sentito parlare» - guardava tutto quello che lo circondava come un bambino che vedeva per la prima volta il mare.
«Meglio!» - risposi freddo. Non volevo che la gente lo sapesse, nelle vecchie scuole che avevo frequentato, ovviamente provate, tutti mi trattavano con rispetto per il cognome che portavo. Quando mi trasferii alla scuola pubblica del mio paese invece, a nessuno importava di me e volevo che questa cosa continuasse.
«Hai imparato da loro a cantare?» - chiese ancora mentre rigirava tra le mani un vecchio album dei Queen, una prima edizione del 84.
«No per carità! Hanno sì orecchio, ma fanno davvero schifo a cantare, mi ha insegnato mia nonna, da giovane voleva fare la cantante, è per questo motivo che lei e il nonno si sono conosciuti: lui si era fatto più di sei ore di treno per sentirla cantare nel vecchio bar in cui si esibiva, non si innamorò della sua voce, ma di lei. Ogni fine settimana si faceva quelle trecento miglia che li dividevano, non aveva neanche il suo numero di casa, un indirizzo dove rintracciarla. Andava in quel locale tutte le settimane, solo per vederla, per portarla qui le ha fatto credere che aveva ricevuto un’offerta di lavoro da una casa discografica, per farsi perdonare poi le chiese di sposarlo» - ogni volta che raccontavo la loro storia, mi veniva da sorridere, erano come i moderni protagonista della mia favola preferita. 
«Oddio! Favoloso questo, l’ho visto qualche giorno su Ebay, ma chiedevano un prezzo esagerato! È il mio preferito! Poi adoro questo, c’è amo i tuoi vecchi!»
«Mi stupisco ancora del fatto che tu sia etero!» - scoppiammo a ridere ma notai lo strano sguardo con cui Niall mi fissò subito dopo, non era più a suo agio.
«Harry io sono in paradiso, tu non puoi capire!»
“Ci sono anch’io Niall ed è grazie a te!” – pensai, prima di aprire al fattorino della pizza.
 
28 FEBBRAIO – 00.11
 Era passata da poco la mezzanotte, io e Niall avevamo trascorso una serata tranquilla, a parlare di musica, dei nostri nonni, non gli dissi che per la prima volta ero andato oltre un semplice bacio con Zayn e neanche della leggera aggressione della mattina a scuola, di quello se ne accorse da solo.
«Harry, ma Zayn succhia così forte?» - chiese mentre apriva la sua ennesima birra ed indicava il punto rosso sul mio collo.
«Cosa?»
«Hai del viola e del rosso sul collo! Presuppongo sia stato Zayn» - indicò ancora una volta il punto in cui qualche ora prima la mano di Anthony si era poggiata - «O almeno lo spero»
«Ti va di andare da una parte?» - mi guardò con aria interrogativa, mentre io ero già sulle scale - «Vieni e prendi delle birre»
«Tu vuoi farmi morire Styles, io qui sopra non ci salgo! Hai visto quanto diavolo è alto!» - frignò continuando a fissare le scale a muro che portavano sul tetto.
«E’ un tetto Niall, ed è tranquillo e semi-sicuro, ci salgo tutte le notti»
«Sappi che lo faccio solo per te!» - si arrampicò goffamente sulla scalette e si sistemò sopra la coperta che avevo appena steso.
«Vengo qui per pensare...»
«O fuggire, Harry?»
«Entrambe, credo. I miei miglior pensieri li formulo qui sopra, ho preso più decisioni qui che in qualsiasi altro posto»
«Pensare mentre sei sulla tavoletta del cesso come tutti non va bene?» - rise e si accese una sigaretta; ne fumava un paio al giorno, ero sicuro che nemmeno a lui piaceva farlo, era impacciato, la mano sinistra teneva quel bastoncino in modo innaturale, non riusciva neanche a ciccare decentemente, se lo avesse visto Zayn lo avrebbe come minimo insultato - «quel livido non è di Zayn, vero?»
«No Niall, non è di Zayn…» - la mia frase risuonò nel silenzio tombale che ci circondava, Niall si avvicinò a me e sfiorò con l'indice quel tratto di pelle marchiato - «Un giorno ti spiegherò anche questa, promesso»
«Non voglio che nessuno ti faccia mai del male, non me lo permetterei» - lo fissai mentre ispirò gli ultimi tiri della sua sigaretta e risposi - «Non c’è bisogno di tutto ciò, ma grazie!»
La birra che per tutta la sera avevamo bevuto iniziò a salire e mettere un filtro tra la mia testa e la mia bocca, fu impossibile.
«Posso chiederti un consiglio?»
«Certo Harry» - Niall rispose prontamente.
«Ho voglia di sentire una persona che neanche realmente conosco ma ho il suo numero e sono tre notti di seguito che finisco a rileggere le vecchie conversazione e quindi av…»
«Buttati Harry, nessun rimpianto, hai sprecato tre notti quando potevi farlo già la prima»
«Ma lui mi odia, pensa che io sia solo un gay che vuole provarci, pensa che io sia innamorato di lui; mentre amavo il fatto di aver un confidente, una persona che mi stesse ad ascoltare, ma lui ha detto che non è come me, è sparito del tutto da due settimane e non credo che si farà sentire, non so…»
Niall mi interruppe ancora una volta, si alzò e scese le scale - «Buttati Harry, come sono salito qui sopra tu chiamerai quel tizio»
Non gli risposi, mi urlò una buonanotte e andò via mentre io rimasi su quel tetto “Forse ha ragione”. Ma quello non era certo il momento più adatto.
 
Niall era andato via da poco, anche se aveva dimenticato portafogli e cellulare sul bancone della cucina. Mi buttai sul divano e composi il numero.
«Pronto?» - disse la voce dall'altra parte del telefono dopo appena quattro squilli.
«Ehi!»
«Come mai mi hai chiamato?»
«Avevo voglia di sentirti, ho sbagliato?» - risposi intimorito
«Non me lo sarei mai aspettato, Harry Styles che mi chiama!»
«Oggi sono due mesi che ci conosciamo, dal giorno in cui ci siamo incontrati la prima volta e la mia chiamata era una sorte di auguri!» - dall’altra parte del telefono si sentiva il ragazzo ridere, non ero abituato a sentirlo in questo modo. La maggior parte delle volte era scontroso e non molto disposto al dialogo.
«Harry da quando hai assaggiato il cazzo adesso fai il fidanzato modello?»
«Zayn sei incorreggibile!» - rise mentre si sentiva lo scatto dell’accendino.
«Auguri amore» - disse mentre lo sentivo ancora sorridere e avrei voluto averlo maledettamente davanti per vedere come i suoi occhi si illuminavano.
«Buonanotte Zayn, a domani»
«A domani!» - riattaccai, addormentandomi sul divano con un sorriso ed un pensiero che correva veloce ad un ragazzo, non al mio. 
 
 28 FEBBRAIO – 08.25
Aprii gli occhi appena sentii la porta d’ingresso scattare, mia nonna era venuta a controllare che tutto andasse bene e fare il suo solito giro di pulizie. Erano passati dieci anni da quando i nonni si erano trasferiti, ma almeno due o tre volte al giorno nonna passava, ogni scusa era buona per vedere se il suo unico nipotino stesse bene, in più non perdeva occasione per fare pulizie extra e cucinare qualcosa.
«Harry, come mai hai dormito sul divano?» - chiese non appena mi vide in salone con ancora i vestiti del giorno precedente
«Scusa nonna, mi sono addormentato, vado ancora un po’ a riposare di lì. Ti voglio bene e tranquilla, il casino lo metto a posto io» - Le stampai un bacio sulla guancia e andai in camera, sentendola borbottare qualcosa.
 
Era passata più di mezz’ora da quando mi ero infilato nel letto, ma ormai avevo perso tutto il sonno, anche se quella notte avevo dormito poco più di due ore, decisi di prendere il telefono, scorsi verso i vecchi messaggi e scrissi: «Sai la cosa che mi fa più male? È che come se la colpa di tutto ciò fosse la mia. Non ti sei minimamente azzardato a chiedere come stavo, come avevo preso il tuo ‘non sono come te’, mi hai trattato come un malato quando io pensavo che tu eri diverso da tutti. Ma la cosa più pietosa di tutte è che io ora ti sto mandando questo messaggio perché mi manchi Louis…» – questa volta inviai il messaggio, senza pensare tanto alle conseguenze, l’avevo già perso, non mi interessava la sua risposta o almeno facevo finta che tutto questo non mi importasse e che lui non mi mancava. Ma non era assolutamente così.
«Mi dispiace per quella frase, era inappropriata» - Louis rispose dopo più di venti minuti – “Oh sì bello mio, era più che inappropriata, ma ora cosa ti rispondo, perché deve essere sempre così difficile parlare con te?” - soffocai un urlo nel cuscino - «Perché non ti sei fatto più sentire?» - chiesi immediatamente, era ciò che davvero mi interessava, volevo sapere il perché lui mi aveva abbandonato così. Non gli interessava niente di me?
«Pensavo che mi odiassi dopo quella frase...»
«Potevi sempre recuperare, ma se non ti è interessato farlo è perché io per te non sono mai stato nessuno»- chiusi gli occhi ed attesi una risposta a quel dannato messaggio.
«Non dire così Harry, non è vero»
«Louis è la verità» - Non rispose, c’era da aspettarselo, è sempre facile scappare e lui era davvero bravo a fuggire da me e dalle mie domande.
 
28 FEBBRAIO - 23.48
La serata con Betty fu annullata perché sua zia all’ultimo momento le aveva detto di coprire un turno al pub e fu costretta a saltare il nostro sabato, era da molto che non passavamo un po’ di tempo da soli, quasi mi mancava la sua voce stridula, ma tutti i bei pensieri su di lei furono introdotti dal vibrare del mio telefono. Sullo schermo apparve un numero sconosciuto, quasi stavo per riattaccare, ma alla fine decisi di risponde - «Pronto?»
Dall’altra parte si sentivano solo voci confuse, un chiacchierare di gente, musica in sottofondo. «Pronto?» - ripetei, ma senza ricevere nessuna risposta, allontanai il telefono dall’orecchio ed in quel momento sentii una voce sconosciuta dire - «Mi sei mancato anche tu Harold.»
 
 
Ciao a tutte/i, grazie mille per le visualizzazioni, i messaggi ed i commenti. Non mi aspettavo nulla di ciò, mi fa davvero piacere tutto questo e spero che questo capitolo vi piaccia come piace a me.  
Mi scuso per il ritardo e per eventuali errori. 
Con questo -G vi lascia e vi augura una buona lettura e magari anche una buona recensione, mi farebbe davvero piacere sapere ciò che pensate di tutto ciò che scrivo. 

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Capitolo 4
*** In my veins ***


 
 LIAM
28 FEBBRAIO – 13.26.
«Louis muovi quel culo per favore? Siamo in ritardo» - urlai dall'altra parte dell'appartamente; dopo aver ricevuto quella chiamata, Louis mi aveva fatto promettere di trattarlo come l'avrei trattato nei "giorni normali" e così stavo facendo - «Se troviamo traffico ti giuro che...» - ma non mi fece finire neanche la frase che uscì dalla sua stanza, quella stanza che per due giorni l'aveva separato dal mondo intero. Aveva la barba incolta, le guance scavate ed i suoi occhi erano scuri. Teneva tra le mani una giacca di tessuto nero, il nodo della cravatta fatto male e stretto nei suoi jeans scuri risvoltati alla fine.
«Cazzo LouLou...» - le parole uscirono involontariamente dalla mia bocca.
«Dove hai lasciato il tranquillo ed educato Payne? » - era la prima frase che mi dedicava dopo due giorni di assoluto silenzio.
«Siamo in ritardo, mi calmerò non appena la macchina sarà sulla strada e il tuo culo li sopra»
Louis fece uno dei suoi sorrisi falsi, uno di quelli a cui ricorreva più o meno da un anno a questa parte ed infilò la giacca. Ci navigava dentro, l'ultima volta che l'aveva indossata era per il funerale del fratello e da quel giorno di chili ne aveva persi anche troppi.
«Liam calmati, quello che dovrebbe essere in ansia sono io» - mi lanciò le chiavi della sua macchina e un imperativo - «muoviti» - pronunciò, prima di aprire il portone di casa e andare verso l'utilitaria parcheggiata pochi metri da li.
«Vuoi che guidi io?» - chiesi quando vidi Louis avvicinarsi allo sportello del passeggero, neanche rispose, fece un semplice cenno con il capo ed entrò in macchina.
Doncaster distava meno di due ore ma quel viaggio che sembrava infinito, portava dietro di sè una scia di malinconia unito al dolore che Louis non lasciava minimamente trasparire. Erano passati più di quaranta minuti e non aveva ancora detto una minima parola, continuava a fissare lo schermo del telefono, leggeva ripetutamente una conversazione di pochi messaggi, scriveva e cancellava, aveva fatto quel gesto almeno una decina di volte. Il destinatario era un certo Harold, mai sentito.
«Lou...» - azzardai ad iniziare un qualsiasi tipo di conversazione con lui - «Come stai?»
Dalla notizia della morte del nonno non mi ero ancora azzardato ad affrontare quel discorso, sapevo che non gradiva domande banali e scontate, ma in quel momento era l'unica cosa che davvero mi interessava. In meno di un anno avevo visto Louis Tomlinson cadere, senza rialzarsi, iniziare a scavarsi la propria fossa. Lo conoscevo da più di quindici anni e non l'avevo mai visto così, mai come questo periodo che sembrava non finire più.
«Passo...» - disse con voce flebile, spostò lo sguardo dal telefono alla strada e continuò - «Non c'è traffico»
«Non cambiare discorso, con me certe cose non funzionano!» - conoscevo anche il minimo ed impercettibile sospiro di Louis, con gli anni avevo imparato ad interpretare al meglio il suo umore, i suoi sospiri ed i suoi occhi portati a terra. Non poteva sfuggire ancora da questo argomento ed io non gliel'avrei permesso ancora - «Non ce la faccio a vederti così»
«Non so come sto, non riesco a capirlo. In meno di un anno ho perso entrambi i pilastri della mia vita e nel momento più importante io non c'ero. Potevo salvarli ma sono stato talmente egoista ed orgoglioso che non l'ho fatto. Io non c'ero. Se ne sono andati tutti odiandomi» - disse tutto d'un fiato, cercando di trattenere la voce tremante.
«Non potevi salvare nessuno e loro non ti odiavano, nessuno ti odia e se proprio vuoi salvare qualcuno, inizia da te stesso. Perché non voglio assistere ad un altro funerale di qualche membro della famiglia Tomlinson» - ammisi quelle parole con una punta di odio e continuai - «Nessuno a Doncaster ti odia, tanto meno ti incolpa della morte di Alex, solo te stesso e proprio tu sei il peggior nemico di te stesso»
«Non ripetere le parole di mia madre!» - urlò Louis, non volevo ripeterle, sapevo quanto avevano fatto male a Louis, era passato parecchio tempo da quel mercoledì ma il suo malumore non era andato a migliorare con i giorni, anzi, tutto il contrario.   
"Il tumore di tuo nonno si è sparso anche negli organi interni, non resta ancora molto tempo per andargli a suonare la sua canzone preferita". - Johannah aveva esordito con queste parole, era sempre stata una donna diretta, non gli interessava se davanti ai suoi occhi aveva suo figlio e a questo aveva appena detto che l'uomo che considerava il suo eroe stesse per morire. Quel mercoledì la terra sotto i piedi di Louis Tomlinson tornò a tremare.
Non aveva voluto consigli, come sempre si era rinchiuso nella sua camera bianca e spoglia e non fece entrare nessuno, neanche me.
 
28 FEBBRAIO – 16.29
 La cerimonia era da poco iniziata, Louis era seduto alla mia destra, il viso chino e i capelli lunghi a coprirgli l'azzurro dei suoi occhi, ogni tanto le gemelle si giravano verso di noi, non so quanto capivano di tutto ciò, avevano meno di otto anni, come spieghi a delle bambine così piccole la morte di qualcuno? Una delle gemelle, per me da sempre indistinguibili, era corsa verso Louis appena sceso dalla macchina e l'aveva abbracciato dicendo - «Louis qui piangono tutti perché sei tornato?» - credo che nessuno aveva spiegato alle piccole di casa Tomlinson il reale motivo per cui era andato via e del perché, quel giorno di pioggia, Louis era anche tornato. 
La chiesa era gremita di persone e come aveva desiderato lo stesso defunto, era addobbata con pochi fiori e quei pochi erano rigorosamente rossi, l'orchestra con il quale da giovane aveva girato il mondo era riunita tutta lì a fare da sottofondo al suo ultimo addio. Il signor Tomlinson aveva organizzato il suo funerale, aveva lasciato precise disposizioni su come celebrarlo, come il nipote, era un perfezionista e tale doveva essere anche il suo ultimo addio. Il viso di Louis era impassibile, non traspariva nulla, continuava a spostare i capelli da una parte all'altra del viso, ma rimase immobile quando il prete disse il suo nome, accompagnato dalle seguenti parole - «Quando Alex ci ha lasciato, la scorsa estate, il nostro Mark si è offerto di suonare anche se tutti conoscevamo le sue condizioni. Ora uno degli ultimi desideri del nostro amico, perché per me era anche un amico, è che suo nipote, a cui ha trasmesso la sua bravura fin da bambino, lo accompagni con la loro canzone». - In quell'attimo tutti gli occhi erano puntati su di lui, su di noi.
«Louis...»  - mi girai verso di lui e vidi la sua espressione incredula - «Ma lo sapevi?»
«No Liam, non lo sapevo» - Si guardò intorno, tutti lo osservavano, mentre solo io notai le sue gambe tremare - «Non ce la faccio Liam...» - ma ormai era in piedi, percorreva veloce la navata centrale della vecchia chiesa. Prese lo spartito dalle mani del prete e si sedette di fronte a quel piano, in quel momento il suo peggior incubo era diventato realtà.
«Il ragazzo è bravo ma ha il terrore del pubblico, il nonno l'aveva iscritto a molti concorsi ma si è sempre rifiutato, suona solo per poche persone» - sentii mormorare due uomini dietro di me. Era vero, Louis non aveva mai suonato davanti a così tante persone, aveva il terrore di sbagliare e di essere giudicato male. Per questo motivo suonava con massimo quattro persone davanti, sempre le stesse: Alex, i nonni ed io. Ma al contrario della sua musica, tutti conoscevano questa sua paura.
«Se è così non ci riuscirà mai a suonare» - commentò l'altro uomo – "Vi farà a tutti il culo e sarà la miglior melodia che suonerà in tutta la sua vita" - pensai mentre vedevo Louis prendere posto e aprire lo spartito, esitò un momento, chiuse gli occhi e poggiò le mani sui tasti bianchi. Suonò come se non ci fosse nessun in quella stanza, era da solo o meglio, erano lui e Mark, nella sua testa eravamo spariti tutti. Non aveva sbagliato neanche un accordo, un'esecuzione a dir poco perfetta e pulita. Finita prese lo spartito e andò fuori dalla chiesa, non voleva essere visto perché in quel momento Louis William Tomlinson aveva fatto cadere tutte le sue barriere e per la prima volta dopo la notizia della morte del nonno, si era abbandonato alle lacrime.
 
LOUIS
28 FEBBRAIO – 21.00
Da fuori si sentiva il vecchio orologio del campanile scoccare le ore 21. Dopo quasi un anno avrei passato la notte nella mia vecchia città, ma non riuscivo a tornare a casa dei miei genitori, per questo quando Liam mi aveva proposto di dormire a casa sua, non avevo rifiutato. Lottie aveva provato a trattenermi, ma quella casa, non era più mia ed io lì mi sentivo un perfetto sconosciuto tra quelli che erano sangue del mio sangue. Ero sconosciuto persino a me stesso, figuriamoci per la mia famiglia.
Tornai a pensare ancora alla cerimonia, erano passate poche ore da quando avevo visto della terra bagnata coprire il corpo di mio nonno, da quando mi aveva lasciato il suo ultimo messaggio tra gli spazi bianchi degli spartiti. Su quel foglio non c'era nessuna nota, se non le prime tre. Era una lettera per me.  
«Tommo vuoi qualcosa da mangiare?» - Liam iniziò a parlare distogliendo quelle immagini dalla mia mente.
«No, non ho fame, grazie» - Liam sbuffò prima di dire - « Sicuro? Ti preparo almeno un thè dai»
Non avrei mai rinunciato ad una tazza di thè caldo al limone della signora Payne, con quella goccia di latte che rendeva tutto così dolce e familiare - «Okay ma ti prego fallo preparare da tua madre, tu sei solo capace ad ordinare telefonicamente della pizza» - Liam ordinò alla madre due thè e tornò in camera - «Lee posso farti una domanda?»
«Cosa?» - il ragazzo iniziò a camminare nervosamente in camera, cercando qualcosa nella sua libreria, piena di fumetti e vecchi libri di scuola.
«Forse a te serve più una camomilla» - dissi scherzando.
«Mya non mi risponde, è sabato sera, vuoi vedere che è con qualcuno? - continuava a stringere il telefono tra le mani ed ad osservarlo impaziente - Non risponde neanche se la chiamo, io non voglio fare il fidanzato geloso però non mi fido»
«Non è bene non fidarsi della propria ragazza»
«Io mi fido di lei! Non mi fido degli altri e dei suoi amici! - mi quasi urlò contro - Puoi chiamare El chiedendole se sono insieme?» - sbuffai ma obbedii e chiamai la ragazza che al terzo squillo rispose - «Tesoro!» - la voce vivace di Eleanor rimbombò nel mio orecchio.
«Ehi El, so che è sabato e non voglio disturbare, ma sono con Liam ed è preoccupato perché Mya non gli risponde...»
«Tranquilli, è con me e Max, ma ha lasciato il telefono nel dormitorio, ti stavo per chiamare io infatti! Come va a Doncaster?» - Non avevo detto nulla a El su mio nonno e quindi mentii spudoratamente, un'altra volta.
«Tutto bene, oggi abbiamo fatto un picnic in famiglia, ci vediamo domani pomeriggio. Buon divertimento e saluta Mya da parte di Liam!» - riattaccai e notai lo sguardo accigliato del mio migliore amico su di me.
«Un funerale lo chiami picnic in famiglia?» - disse in tono severo.
«Non era tutta una bugia però, la famiglia c'era»
Scosse la testa e iniziò a zuccherare il thè che la signora Payne aveva appena poggiata sulla vecchia scrivania celeste.
«Cosa dovevi chiedermi?» - disse mentre sorseggiava la bevanda calda, quella situazione mi riportò a qualche anno prima, quando io e Liam parlavamo davanti fumanti tazze di thè.
«Perché sei venuto con me oggi? Sappiamo tutti quanto tu odi la mia famiglia e...» - mi interruppe ancora prima di finire il discorso che mi ero precedentemente preparato.
«Perché non odio te, semplice. Poi vedere la faccia di tuo padre mentre mi guarda è qualcosa di impagabile. Ora posso farti io una domanda?» - Liam lasciò la sua tazza di Batman sul mobile e si avvicinò a me, sedendosi anche lui sul suo vecchio letto.
«Quando la smetterai di essere ciò che non sei? - fece un respiro profondo e continuò - non puoi mentire anche a me. Io ti accetterò sempre...»
«Cosa intendi con "Io ti accetterò sempre"?» - rigirai la domanda a Liam mentre il mio subconscio urlava di dirgli tutto, di ammettere finalmente la verità, a lui e soprattutto a me.
«Perché usi Eleanor? Si vede da come la guardi, da come le parli che non ti interessa niente di lei. Quindi le opzioni sono due: o non ti piace El, cosa molto strana tanto che è una gran bella ragazza oppure non sei attratto dalle donne in generale, perché lei in ventun anni è l'unica ragazza che hai avuto e nemmeno ti piace. Quindi è l'ora di dire al tuo migliore amico la verità, non pensi?»
«Perché? L'hai capito tempo fa, no?» - dissi, con una calma che sorprese anche me - Me lo immaginavo diverso il momento in cui ti avrei detto al mio migliore amico di essere gay, più drammatico, un coming out da telefilm o qualcosa del genere.»
«In seconda media trovai su un tuo quaderno la scritta "SAMUEL+LOUIS". Sono anni che l'ho capito caro LouLou però avrei preferito saperlo prima» - sorrise compiaciuto, prima di afferrarmi per il colletto della camicia ed abbracciarmi, quel contatto fu così forte che temetti per le mie ossa.
«Apprezza il fatto che tu sia il primo a cui lo dico e che lo sa» - il mio tono diventò più serio, le mascelle serrate - «Non sono neanche sicuro di esserlo. So che mi piacciono i ragazzi ma non ho mai avuto un approccio diretto con uno di loro, quindi no so se poi al contatto mi possa piacere davvero o meno. La verità è che non mi accetto ed avere El accanto alcune volte rende tutto più semplice. Ecco tutto, la verità» 
«Chi è Harold?» - chiese di punto in bianco, allontanandosi da me per riprendere la sua tazza.
«Cosa?- quasi gridai per la sorpresa - Come fai a sapere di lui?»
«Ho letto il suo nome mentre gli mandavi un messaggio. E' il tuo.. - si fermò un momento e riprese a parlare - Harold è il tuo lui?»
«No, siamo amici. Poteva esserci ma ho bruciato tutto dicendogli che non ero gay, ma adesso mi manca ed io sono un coglione»
«Ti piace?»
«Non l'ho mai visto»
«Ti piace?» - Lo conoscevo, mi avrebbe fatto quella domanda fino a quando non avesse ricevuto risposta esaudiente.
«Sì - risposi a voce bassa - tutto questo è assurdo Liam, non puoi uscirtene così. Io neanche so cosa sono mentre tu accetti tutto con una naturalezza disarmante. Io ti ho nascosto cosa sono e tu nemmeno ti incazzi un po'? Non ti faccio schifo come ho fatto schifo ad Alex?»
«Smettila Tommo, ti ho accettato anni fa e poi i tuoi pantaloni parlano per te» - fece un piccolo sorriso, indicando il risvolto dei miei jeans e poi riprese a parlare - «Lou io non ho mai avuto problemi e non voglio crearne adesso perché per me non ce ne sono. È vero, avrei gradito solo saperlo prima ma ora voglio starti affianco ma tu devi permettermelo. E poi voglio vedere questo Harold, di qualsiasi sesso ora saranno i tuoi amori devono comunque avere la mia approvazione. Quindi basta pensare, accendi il lettore dvd e prendi il cd live dei Queen»
«No dai i Queen no!»
 
28 FEBBRAIO – 23.40
«Liam io conosco il tuo amore per quel gruppo ma non credi un attimo di esagerare?»
«La musica o si ascolta ad alto volume o non si ascolta!» - dovette urlare per superare il volume della televisione, mentre imitava Freddie Mercury- «Se vuoi abbasso un pochino!»
Era inutile cercare di trattenere Liam davanti ad un concerto, anche se registrato, dei Queen. Ma avevo voglia di parlare con lui, non sapevo precisamente di cosa ma dovevo parlare con Liam. Abbassai il volume e subito si voltò verso di me.
«Quindi non mi odi...» - Non volevo perdere il mio migliore amico, non potevo.
«In questo momento ti odio perché hai abbassato su una delle mie canzoni preferite, ma se vuoi parlare, posso rinunciare qualche minuto al dvd» - si avvicinò e si sedette di fronte a me - «Non sono così superficiale da perdere il mio migliore amico solo perché preferisce la banana alla pesca»
«Grazie Liam!» - lo abbracciai di nuovo e lui mi strinse ancora di più. Era il suo modo per dirmi che c'era, che mi avrebbe protetto sempre da tutto e tutti, quell'abbraccio era il gesto più puro della nostra amicizia.
«Louis mi prometti però una cosa?» - annuii mentre la sua faccia si fece più seria - «niente più bugie, con nessuno. Lascia stare El, è una ragazza d'oro non si merita questo»
Annuii una seconda volta, non avevo il coraggio di parlare, aveva ragione, Liam non si era mai meritato tutte queste bugie e neanche Eleanor ad essere onesto. Per una volta dovevo essere forte e affrontare le conseguenze, non importava cosa sarebbe successo. La persona più importante della mia vita era al mio fianco che cantava "Bohemian Rapsody" e finché Liam c'era, io potevo farcela.
«Lou, comunque si può rimediare a tutto. Se quella persona ti piace davvero, digli che sei un coglione e chiedigli una seconda opportunità, ad un visino come al tuo non si può rinunciare» - mi lanciò il suo telefono addosso e con un pessimo labiale disse di chiamarlo, prima di alzare ancora di più il suo dvd preferito ed iniziare a cantare in falsetto la parte di Figaro.
"Cosa faccio? Mi odia, è incazzato, ma gli manco..." – pensai prima di digitare il suo numero ed iniziare a sentire gli squilli succedersi – "...e lui manca a me. Quattro squilli e ancora non mi risponde, starà festeggiando con qualcuno, sarà uscito e non starà certo a vedere il telefono poi sto chiamando con il telefono di Payne e quindi sicuro non rispo..."
«Pronto?» - invece il piccolo Harry aveva risposto, una voce rauca e profonda, non sembrava appartenere ad un ragazzino di diciotto anni, mi vergognai della mia mentre Harry ripeteva - «Pronto, chi parla?»
"Hai due possibilità Louis o parlare ed affrontare il tutto oppure riattaccare e mandare a puttane forse l'unica occasione che hai per sentirlo" – pensai prima di dire involontariamente - «Mi sei mancato anche tu Harold»
Liam si girò a bocca aperta, lo stupore dipinto sul suo volto era indescrivibile. Ma in quel momento ero concentrato più sul fatto che dall'altra parte del telefono c'era la persona al quale, negli ultimi tre mesi, mi ero immaginato al fianco che all'espressione di Liam. Ma la reazione di Harry non fu proprio come me l'aspettavo. Lo sentii sorridere, aprire la bocca per pronunciare qualcosa ma poi l'unica cosa che fece fu riattaccare. Spostai il telefono dall'orecchio e lo lancia nuovamente a Liam «Sono un coglione»
«Perché?» - chiese perplesso, mentre con gli occhi seguiva le immagine confuse del dvd.
«Ha riattaccato - alzai le spalle - Sai oggi è successa una cosa strana»
«Mi hai già detto di essere gay, ora che altro è successo?»
«Giuro di aver cercato i suoi occhi»
«Quelli di Alex?»
«Quelli di Harry»
«Ma hai detto di non averlo mai visto!»
«È l'unica cosa che ho visto e sono belli da morire. Li ho cercati lì nella folla grigia, ho cercato quel verde, è come se avessi suonato per lui».
 
1 MARZO – 07.57
«Louis sei sicuro di voler ripartire adesso? Non vuoi aspettare Liam?» -
«No signora Payne sono sicuro, forse è meglio che Liam resti qualche giorno a Doncaster, ha perso troppo tempo dietro di me ultimamente» - Karen mi accompagnò fino al taxi, parcheggiato davanti il vialetto di casa Payne e mi abbracciò. Non era neanche la prima volta in quella mattina, come il figlio, spesso anche lei usava gli abbracci per comunicare qualcosa che non riusciva a dire - «Louis per qualsiasi cosa sai che puoi contare sulla mia famiglia»
Le sorrisi e le baciai la guancia, per Karen era il secondo figlio maschio che tanto desiderava ed io le volevo bene, ero cresciuto con suo figlio ed il suo thè delle quattro e quarantacinque con i biscotti al burro.
«Karen per favore dica a Liam che va tutto bene, di non preoccuparsi e di star attento alla mia macchina al ritorno» - la signora Payne annuì, ricambiò il mio bacio e disse al tassista l'indirizzo della stazione - «Grazie».
«Sai che Liam sarà furioso vero?» - annuii e le ripetei di non preoccuparsi, ma abilmente spostò il discorso da suo figlio alla mia famiglia  - «E non sarà l'unico. Non passi a salutare la tua famiglia?»
«No. Li chiamerò nel pomeriggio, sono troppo impegnati a far la famiglia modello con i parenti venuti da fuori, neanche si preoccuperanno per me»
Appena partito inviai un messaggio a Liam, sicuro che almeno l'avrebbe calmato per un po' - «Buongiorno dormiglione, so che appena sveglio inizierai a cercarmi in casa con la sicurezza di trovarmi davanti lo specchio ad aggiustarmi i capelli, ma oggi non è così. Sto tornando a Londra, non ce la faccio a stare ancora qui. Goditi questi pochi giorni con la tua famiglia, appena tornerai ti giuro che subirò in silenzio tutta la tua furia ma adesso voglio stare ancora un po' solo, devo capire cosa voglio fare ed essere nella mia vita. Grazie per avermi accettato, grazie per essermi rimasto accanto, grazie e basta. -Il tuo LouLou»
«Ehi ragazzo siamo arrivati, sono 12 sterline!» - mentre scrivevo non mi ero neanche accorto di essere arrivato in stazione, inviai il messaggio a Liam e pagai il tassista.
«Ecco a lei! Tenga il resto»
«Grazie mille, però posso darti un consiglio?» - guardai per la prima volta in volto il tassista: sudamericano, sulla quarantina e la sigaretta poggiata sull'orecchio sinistro, annuii e mi disse - «Smettila di fissare il vuoto e buttati, sei troppo giovane per avere uno sguardo triste»
«Grazie per il consiglio» - risposi e quasi corsi lontano da lui, dalle sue parole – "Proprio a me doveva capitare il tassista filosofo?"
 
1 MARZO – 9.18
«Devo ancora inviarti una registrazione dove suono il piano, ci sarà mai occasione?» - inviai il messaggio ad Harry con la speranza che almeno a questo avrebbe risposto. La sera precedente, dopo avergli detto che mi mancava, gli avevo inviato un paio di messaggi per chiedere il perché mi avesse riattaccato così bruscamente ma non ci fu nessuna risposta.
«Ciao Louis, le registrazioni puoi inviarmele quando vuoi, se vuoi chiamarmi invece sarebbe gradito un avviso. Ti ho riattaccato perché non mi aspettavo te dall'altra parte del telefono e vorrei aggiungere anche un'altra cosa: io per te ci sarò, se hai bisogno di qualsiasi consiglio, di sfogarti o semplicemente hai voglia di parlare con qualcuno io ci sono sempre, ma per favore tutto questo resti una cosa scritta. Non coinvolgiamoci troppo in un rapporto che non potrà mai esserci.» - "Un rapporto che non potrà mai esserci" - lessi quelle parole più di una volta ed ad ognuna sentivo sempre di più il mio corpo cedere. Avevo rovinato l'unica opportunità ma mi buttai lo stesso - «Tu mi piaci Harry. Ho sbagliato.»
«Sono fidanzato Louis. Non è il caso...» - Il ragazzo dagli occhi verdi rispose velocemente al messaggio, cosa che avrei voluto fare anch'io se non fosse stato per il fatto che non sapevo cosa rispondere.  
«Tranquillo Harry, va bene così, non è il caso, hai ragione tu» - fu la cosa più sensata e meno stupida che la mia mente riuscì a formulare.
«Troppe virgole, Louis»
«Troppe assenze, Harry.» - "Tra cui la tua" ma questa parte della frase rimase impressa solo nella mia testa.
«Devi aggiornarmi su qualcosa?»
«Ora sarò solo a suonare il pianoforte»  - ed era vero. Anche quando mio nonno non c'era a sentirmi, una parte di me pensava sempre a lui, alle sue mani che mi guidavano, i rimproveri anche se l'esecuzione era pulita. Io suonavo per lui anche quando suonavo solo per me. Per chi avrei suonato adesso?
«Mi dispiace tanto Louis, per qualsiasi cosa puoi contare su di me»
«Non ti facevo da queste frasi fatte sai Harry?»
«Al contrario di quelli che dicono questa frase per modo di dire, io per te ci sono Louis, anche se ti reputo una grande testa di cazzo»
«Grazie per il bellissimo complimento Harry» - non so perché ma il messaggio del ragazzo mi aveva fatto leggermente sorridere e sperare, sentivo come se l'odio nei miei confronti non fosse poi così radicato.
«E comunque io non posso piacerti» - scelse l'unico discorso che, neanche lontanamente, volevo iniziare, ma restai vago e risposi semplicemente - «Perché?»
«Louis, io sono un ammasso informe di ricci e casini. Non vorrei trascinarti giù con me e poi non ci siamo mai visti»
«Mi sembra di avere qualcosa in meno adesso nella mia vita»
«Tuo nonno?»
«No Harry, mi manchi tu e com'eravamo prima che io ti scrivessi quel fottuto messaggio che non penso. Io ho perso le uniche persone con cui riuscivo ad essere me stesso e se con mio nonno non posso più recuperare un rapporto che io stesso ho rovinato, con te voglio assolutamente, perché mi manchi. Ecco tutto, ora come ora, io non ho più nulla. Nè te nè nessuno»
«Mi hai» - due parole ed una fitta al petto.
«Allora ho tutto»
«Avevamo qualcosa di speciale, ma tu hai deciso di rovinarlo. Posso sapere perché?» - Avevo pensato più volte ad un eventuale risposta a questa domanda, ma nessuna mi aveva mai soddisfatto, quindi gli risposi con le prime parole che la mia testa elaborò - «Ieri per la prima volta ho detto al mio migliore amico, o meglio lui mi ha fatto dire, di essere gay e l'ho ammesso anche a me stesso. Sono anni che combatto per capire chi sono e appena l'ho detto a Liam è come se automaticamente anch'io mi fossi accettato. Quando hai detto che ti piacevo ho avuto paura che io potessi davvero innamorarmi di un ragazzo, è per questo che te l'ho detto ed ho rovinato tutto. Io ho solo paura di non essere accettato da nessuno»
«Sai Louis per sopravvivere con altre persone bisogna per prima cosa saper mentire, mentire anche a se stessi per convincersi che va tutto bene, che quel riflesso che vediamo allo specchio ci piace; in questo modo si ingannano gli altri»
«Non capisco cosa c'entra il tuo discorso con noi, Harry» - "Noi." ed un'ennesima fitta mi colpì dritto al petto. Saremmo mai stati un noi?
«Volevo arrivare al punto in cui tu mi dici: "Ma c'è sempre un ma.»
«Ma c'è sempre un ma.. » - risposi, non capendo dove voleva arrivare.
«L'unico ma è che noi sappiamo qual è la verità»
«In fin dei conti le persone sono stupide»
«Perché?» - rispose Harry velocemente.
«Perché basta l'atteggiamento giusto per fargli credere che tutto vada bene»
«Questi discorsi con Betty e Niall non posso farli» - tralasciai il fatto di non conoscere le due persone che aveva appena nominato, anche se pensai che Niall fosse il fortunato ragazzo di Harry e risposi ancora - «Perché?»
«Semplice Louis: Io con loro mi comporto esattamente così. Solo con te riesco ad essere me stesso, è per questo che mi piaci, non riesco a mentirti, con te riesco a star bene. I primi periodi passavo ore attaccato a quella cazzo di chat con la minima speranza che comparisse il tuo nome ed un messaggio vicino. Ti ho raccontato la mia vita e l'unica cosa che ho ricevuto è stato il nulla»
«Voglio recuperare Harry, per favore!» - trattenni le lacrime mentre aspettavo una sua risposta.
«Io e te non siamo nulla. Ho il mio ragazzo, tu avrai sicuramente la tua finta fidanzata. Va bene così no?»
«No, non va bene così. Ho una fidanzata o qualcosa del genere ma voglio vedere se con te può andare meglio»
«Fattela andare bene invece perché non ci sarà mai nulla tra noi. Ed ora scusami ma torno a dormire, anche perché ho passato la notte sveglio a cercare di scegliere tra Zayn e te e adesso la cosa mi sembra tanto stupida e ovvia. Tu sei un fantasma dietro ad uno schermo ma sei riuscito comunque a farmi male. E se con me non va meglio cosa succede?»
Non ebbi il coraggio di rispondere a quel messaggio. Harry aveva perfettamente ragione, mi ero fatto male ma ed a lui avevo fatto anche di peggio. Arrivai a Londra con la consapevolezza che avevo perso un altro pezzo di me. Oltre a considerare il fatto che appena Liam avrebbe rimesso piede in città, mi avrebbe letteralmente ucciso.
 
1 MARZO – 22.38
«Mi sono perso nei tuoi occhi il primo giorno che abbiamo parlato. Ora guardo i miei e sono di un azzurro spento che ho sempre odiato. Tu comunque saresti 'meglio' e di questo ne sono sicuro, devi solo darmi un'opportunità.
Ecco comunque a te la mia registrazione, "In my venis", ascolta anche le parole se vuoi.
Ti abbraccio, dovunque e comunque.
– Louis.»
 
Nothin goes as planned.
Everything will break.
People say goodbye.
In their own special way.
All that you rely on
And all that you can fake
Will leave you in the morning
But find you in the day
Oh you're in my veins
And I cannot get you out
Oh you're all I taste
At night inside of my mouth
Oh you run away
Cause I am not what you found
Oh you're in my veins
And I cannot get you out.
 
 
Come sempre aggiorno la storia sempre in un orario molto consono. Allora vorrei dire tantissime cose ma è quasi l'una di notte e sto letteralmente dormendo in piedi, comunque vorrei ringraziare tutte quelle persone che seguono la storia, che recensiscono e che mi hanno fatto sorridere (tutte) leggendo le vostre bellissime parole. 
Il capitolo è leggermente più corto degli altri, ma scoprirete che il successivo è davvero un mattone di parole, quindi ho deciso di alleggerire questo, non so se ho fatto bene o meno. Mi scuso anche per il ritardo ma ho un braccio rotto e l'università mi occupa parecchio tempo.
Questa volta c'è anche qualche pensiero di Liam, successivamente sarà un po' il personaggio chiave insieme a Niall, ma non voglio dirvi troppo, perchè è un'idea che sto sviluppando, devo solo trovare le parole giuste. Il nostro piccolo Tomlinson intanto si è dichiarato a Liam, ad Harry e a se stesso, non male dai. Il problema è Harry, cazzo Styles sei sempre tu! È un eterno odio et amo e questa cosa continuerà ancora per molto.

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Capitolo 5
*** Fall for you ***


HARRY
2 MARZO  -  00.40
«Avrei bisogno di un tuo abbraccio in questo momento» - Inviai il messaggio e posai il telefono sul comodino. Avevo passato la giornata in uno stato di paralisi, avevo alzato il culo al massimo due volte in tutta la giornata, passando dal canticchiare gli Aerosmith ad ascoltare Louis suonare, dalla prima fino all’ultima canzone, inviata qualche ora prima, a rileggere conversazioni, mie parole che avrei voluto cambiare, discorsi che avrei evitato, scelte che non avrei fatto. Non so il perché quel Louis mi scombussolava tanto eppure non era altro che uno sconosciuto per me, ma mi mandava la testa a farsi fottere ad ogni sua parola, per non parlare del modo in cui suonava. L’avevo più volte immaginato davanti ad un pianoforte, ma l’unica cosa che riuscivo a materializzare nella mia testa era sempre e solo un pianoforte, io non sapevo com’era fatto. Louis era solo un’immagine idealizzata nella mia mente, niente di più e dovevo capirlo, prima di rovinare la mia relazione con Zayn, ci sarei riuscito, avrei dimenticato quel ragazzo che mi faceva battere troppo forte il cuore.
«Vuoi che venga lì?» - il messaggio appena ricevuto mi riportò alla realtà.
«Sì, per favore»
«Pensavo che fosse un messaggio retorico»
«Ti prego Zayn»
«Arrivo» - Ecco, quella era una delle tante cose che adoravo di Zayn, la sua immensa disponibilità per me. Non importava se era quasi l’una di notte, dieci minuti dopo il mio messaggio era davanti il portone di casa, con la sigaretta strette tra le labbra e appena mi vide mi abbracciò. Mi abbracciò talmente tanto che verso la fine non avevo più il fiato, mi abbracciò così forte da sentire le sue costole premere sulle mie, mi abbracciò e questo superava di gran lunga la musica di Louis, lui questo non poteva darmelo.
 
3 MARZO – 10.29
«La canzone come sempre è bellissima. Sei davvero bravo, perché non provi a scrivere qualcosa di tuo?» - risposi dopo circa due giorni al messaggio di Louis, volevo davvero dimenticarlo, come mi ero promesso, ma i miei propositi andarono in fumo quando, durante l’ora di biologia, ricordai del cavaliere che doveva salvarmi e tornai a rileggere ancora le nostre prime conversazioni e quella famosa morsa allo stomaco si impossessò di me.
«Non riesco a suonare per persone che non sono della mia famiglia o Liam. Soffro di ‘panico da palcoscenico’ o qualcosa del genere» - rispose dopo circa una decina di minuti e per la prima volta in quella giornata, mi sentii bene.
«Sbagli invece piccolo Lou» - scrissi cercando di concentrarmi tra biologia, le vecchie conversazioni con Louis e Betty che disegnava cuori e scriveva il nome di Niall ovunque. Mi sentivo male al solo pensiero che stavo come tradendo la fiducia della mia migliore amica, ma per una volta, una volta sola, ero contento di ciò che avevo e non lo avrei certo rovinato per far passare la cotta di Betty.  
«In cosa ho sbagliato adesso, piccolo Harold?» - un sorriso da idiota si disegnò sul mio volto, “piccolo Harold”, venti pugnalate al petto, gli occhi sorridenti che non passarono certo inosservati a quelli cupi della ragazza.
«Con me hai suonato» - risposi prima di incrociare lo sguardo della ragazza seduta al mio fianco che con aria scontrosa mi disse - «Attento a tenere il piede in due scarpe» - ma non ebbi il tempo di risponderle che si alzò ed uscì dalla classe, come se io stessi tradendo lei. Non l’avevo più aggiornata su Louis, su “Il misterioso” come era solito chiamarlo, in realtà non l’avevo più aggiornata su praticamente nulla.
«È diverso, io non ho suonato per te. Ti ho semplicemente dimostrato quello che sono in quattro minuti e due spartiti» - lessi velocemente il messaggio mentre con la coda dell'occhio vedevo Beth lasciare il laboratorio di chimica con la scusa di andare in bagno, trascinando i piedi e sbattendo la porta.
«Anch’io suonavo con mio nonno, mentre sentivo mia nonna accompagnarci con la sua voce. Mi ha insegnato lui a suonare, lei a cantare, come è successo per te e non riesco minimamente ad immaginare come ci si può sentire a perdere colui che ti ha insegnato a vivere di musica»
«Harry, non mi va di parlare di mio nonno»
«Mi salvi da biologia?» - sembrava di essere tornati indietro di qualche mese, Zayn e Niall ancora non c’erano e Louis era il cavaliere senza sesso e nome che doveva salvarmi da biologia, il mio peggior incubo.
«Quante volte devo salvarti da biologia?» - era bello vedere che non ero l’unico a ricordare le vecchie conversazioni.
«Non mi hai ancora mai salvato»
«Un giorno promesso che lo farò, ma tu mi salvi da diritto costituzionale?» - ed eccolo un altro tassello che si andava ad incastrare al puzzle per scoprire chi era davvero Louis: studente di legge, immagino, in qualche collage di Londra, più grande di me di almeno un paio di anni. Aveva una casa sua, per non vivere più nel campus voleva dire che doveva fare almeno il secondo anno, sue regole. Lo immaginavo con camicie bianche, polo perfettamente stirate e scarpe eleganti, educatissimo e con un padre potente alle spalle, uno di quelli con venti studi legali sparsi per il mondo, diviso tra Londra e New York, troppo severo per accettare un figlio morto e uno gay, immaginavo Louis come un perfetto studente modello, classico figlio di papà. Ero rimasto sorpreso dalla sua scelta e infatti risposi - «Non sapevo che studiassi giurisprudenza, ti facevo più uno da letteratura inglese» - ma a quel mio messaggio non ci fu una risposta.
 
04 MARZO – 11.25
«Nialler che canzone vuoi fare questa sera?» - mi rivolsi a lui seduto accanto a me. Alcune volte potevo permettermi il lusso di sedermi al suo fianco senza lo sguardo opprimente di Beth. Per fortuna c’erano corsi che io e Niall dividevamo senza la presenza della ragazza, materie come ‘Fisica applicata’ oppure ‘Ingegneria informatica’ di cui lei non sapeva neanche l’esistenza.
«Harry» - pronunciò il mio nome a bassa voce. Il suo accento ricadeva sull’ultima vocale del mio nome, si sentiva il suo essere irlandese - «Non ho ancora deciso, tu porta solo della buona birra e il tuo culo al campanile» - continuò a dire sotto voce per non disturbare il professore di fisica che pochi minuti prima ci aveva già ripreso per i nostri schiamazzi, ma ormai l’ora era quasi giunta al termine.
«A che ora?» - risposi io, mentre lo vedevo chiudere il libro ed alzarsi.
«Alle otto, mi raccomando la birra, irlandese» - Niall mi sorrise ed uscì dall’aula, dedicandomi un'ultima smorfia prima di sparire nel corridoio, tra la folla malcontenta del cambio dell’ora.
Con Niall, al contrario di tutti gli altri, andava tutto a gonfie vele. Mi stupivo ancora della nostra amicizia, di avere il suo saluto ogni mattina, delle sue attenzioni se gli rispondevo male e mi stupivo del fatto che voleva ancora passare del tempo con me, senza mai lamentarsi. Ma la cosa migliore erano i nostri mercoledì al campanile, diventati ormai un’istituzione fissa e forse l’unica cosa che davvero mi piaceva fare. L’unica cosa che poteva far competizione ai mercoledì di musica tra me e Niall, era il sesso con Zayn. Mi ero buttato, ero andato oltre il solito bagnarmi i piedi e mi era piaciuto, doloroso ma bello e non c’era nulla di più soddisfacente di uno Zayn Malik affamato del mio corpo.
«Almeno chiudi la bocca, ti sta per uscire la bava» - Betty mi raggiunse al mio armadietto con la sua solita irriverenza continuò a dire - «Stasera ci sei o devi lavorare di bocca con Zayn oppure al tuo amichetto dei messaggi?» - sottolineando proprio queste ultime parole.
«Ad avercelo un amichetto, ma sono ancora fedele a Zayn!» - il mio tono cambiò totalmente “Come fa Beth a sapere di Louis? Non devo renderle conto, né a lei né a Zayn, io e Louis siamo amici, niente di più”
Beth prese la bottiglietta d’acqua che stringevo tra le mani e ne bevve più della metà, si asciugò le labbra con una mano, mentre con l’altra scioglieva i capelli raccolti in una veloce coda.
«Scusami per l’acqua ma due ore di ginnastica non le riesco a reggere, in più Cooper ci ha fatto salire la corda, sono troppo grande per queste cazzate qui. Comunque amichetto o no, non mi interessa. A te com’è andata fisica?» - chiese formalmente.
«Ormai non ci capisco più nulla, credo che passerò il week-end a studiare per gli esami di metà semestre, te come stai messa con letteratura?»
«Sono messa come Zayn ti ha messo l’altra notte» - rise mentre le mie guance divennero rosso fuoco. Non amavo parlare con lei di queste cose, non amavo parlare di queste cose in generale.
«Simpatica. Come ti è andata algebra invece?»
«Harry ultimamente sei diventato così noioso, che ne dici se stasera ci andiamo a fare una birretta ed un giro? Al locale ho le ferie forzate e non ho voglia di stare a casa a deprimermi, pensando che non troverò mai qualcuno adatto a me e che presto verrò bocciata per l’ennesima volta» - La persona che avevo davanti non rispecchiava per nulla la Betty che conoscevo. Nella settimana precedente la mamma l’aveva informata della morta di una sua cara amica, una di quelle con cui saltava la scuola e andava in giro, la solita ragazzina viziata partita da una canna ed in pochi mesi aveva provato qualsiasi droga illegale e un mix di queste le aveva tolto la vita. Quando chiesi a Betty come stava, lei aveva fatto un semplice cenno ed era tornata a bere la sua Coca-Cola, per poi dire «Potevo essere io quella». Io non aggiunsi altro, a certe cose le parole non si trovano mai. Nella stessa settimana era stata convocata nell’ufficio del consulente allo studio della scuola perché con i suoi voti non sarebbe arrivata al diploma. La zia quindi le aveva dato qualche giorno per riparare alle sue sufficienze anche se era un’impresa alquanto impossibile.
Aveva il viso triste, un’espressione che non rispecchiava la Betty che da due anni riempiva le mie giornate, un’espressione triste, vuota. Io potevo renderla felice, ma ero davvero così egoista da preferire la mia felicità alla sua? No, non lo ero. Adoravo la mia amicizia con Niall e il nostro raccontarci storie strimpellando qualche vecchia canzone, ma Betty mi aveva voluto e salvato quando tutti gli altri mi avevano voltato le spalle, io adesso potevo ricompensarla ed ero deciso a farlo. Se non riuscivo a fare ordine con me stesso, con Zayn e Louis, avrei cercato di far combaciare i casini altrui, sperando nella nascita di qualcosa di più e Niall e Beth avevano decisamente gli stessi casini.
«Harry ci sei?» - la stridula voce di Betty cancellò i miei pensieri.
«Si Beth, comunque per stasera si può fare, a che ora?» - chiesi mentre la mia testa iniziò ad elaborare il modo per farli incontrare senza me nei paraggi.
«Andrebbe bene per le nove? Prima devo studiare» - feci un cenno col capo, chiusi l’armadietto senza prendere nessun libro, le stampai un bacio sulla fronte ancora sudata prima di sparire nel corridoio alla ricerca del biondino, mentre da lontano sentivo urlare - «Styles non cambi mai!»
«Ah Beth ci vediamo al campanile.» - urlai nel risponderle, regalandomi tutti gli occhi del corridoio su di me.
Vidi Niall appoggiato alla porta dell’aula di falegnameria, non pensavo che seguisse un corso del genere, arrivai davanti a lui ma prima di aprir bocca lui mi chiese il perché fossi lì.
«Stasera possiamo fare per le 9? Ho da fare una cosa prima con mio padre e sai com’è fatto!»
«Sì Harry va bene, bastava anche dirmelo per messaggio, non c’era bisogno che giravi mezza scuola per chiedermelo»
«Lo so biondo e comunque alla musica stasera ci penso io» - Niall mi guardò con aria perplessa, ma si fidava dei miei gusti musicali, quindi non obbiettò molto. Mi diede una pacca sulla spalla ed entrò in classe.
 
«Salto chimica, ci vediamo a pranzo.» - Inviai un messaggio a Beth per informarla della mia ennesima assenza durante l’ora di chimica e raggiunsi l’uscita di sicurezza che dava sul cortile dietro la mensa.
Il cielo di Holmes Chapel risplendeva di uno sconosciuto sole, il maglione e il giacchetto di pelle iniziarono ad essere troppo pesanti, prima di togliere quest’ultimo presi il telefono tra le mani e digitai un numero, volevo solo sentirlo.
«Sono Louis, lasciate un messaggio dopo il fastidioso segnale acustico»
Nessun pronto, nessun ciao ma solo la sua voce registrata in segreteria e questa era bastata a farmi sentire le gambe tremare. Avevo sbagliato, avevo sbagliato a chiamarlo, avevo ancora più sbagliato a non lasciar nessun messaggio sulla sua segreteria telefonica, forse mi avrebbe richiamato vedendo la mia chiamata, oppure avrebbe lasciato correre e al massimo mi avrebbe chiesto il perché della chiamata durante una delle nostre conversazioni. Non lo sapevo, non sapevo perché lo avessi fatto, ma una parte di me voleva assolutamente sentire quella voce.
Mi sentivo sporco, un traditore nei confronti di Zayn eppure non avevo fatto nulla. Ma non importava, stavo come tradendo la sua fiducia e per sentirmi meglio con la mia coscienza gli inviai un messaggio.
Le scale antincendio erano il posto migliore dove passare inosservato l’ora di chimica, sperando di non incombere in qualche coppietta appartata, accesi l’iPod e mi lasciai trasportare dalla voce di Adele, ma non passò neanche il tempo di una canzone che il mio cellulare iniziò a vibrare. Panico.
Un numero sconosciuto appariva sullo schermo del telefono, il prefisso indicava Londra.
“È Louis, ha visto la chiamata ed ora vuole sapere il perché. Cosa faccio? Rispondo? Rispondo” – pensai prima di scorrere il dito sul telefono ed accettare la chiamata.
«Pronto?» - dissi con voce insicura. Il terrore dei primi secondi di silenzio, pensai di nuovo alla conversazione avuta con Louis qualche giorno prima. La sua voce che vibrava dall’incertezza, una voce leggera, scandita da sospiri dopo aver detto “Mi manchi”. Mi ero pentito di aver riattaccato, volevo sentire ancora i suoi respiri tra tutta quella confusione, ma ero scappato senza sentire ancora, sentire cosa aveva da dirmi. Ero fuggito dalla paura, mi aveva fatto star così bene con una sola frase, non potevo buttare la mia storia con Zayn, perché sapevo che se avessi continuato quella conversazione, il giorno dopo sarei stato su un treno per Londra alla ricerca di un qualsiasi studente di giurisprudenza.
«Buongiorno al riccio più bello di tutta la contea del Cheshire!» - disse una voce familiare dall’altra parte del telefono.
«Buongiorno al più grande paraculo di tutto il Regno Unito» - risposi in tono divertito e continuai - «Toglimi una curiosità, cosa ci fai a Londra?»
«Sono venuto a salutare degli amici, uno di loro ha partorito, ma tra qualche ora sono a casa»
«Non sapevo che avessi un amico incinto»
«Coglione, stasera ceni da me?» - chiese.
«Ad una condizione…»
«Spara»
«Devi aiutarmi a preparare un appuntamento per Niall e Beth.»
«Ti sei messo a fare cupido?» - disse divertito Zayn.
«No, ma devo ringraziare Beth per avermi fatto conoscere il ragazzo più bello e coglione di tutta Holmes Chapel e dintorni»
«E vorresti farlw incontrare con il tuo amico chitarrista?»
«Betty ha una cotta per Niall da quando questo ha messo piede a scuola, ho detto ad entrambi di vederci al campanile alle nove, quindi per quell’ora dovrà essere tutto pronto»
«Tutto pronto cosa Harry?»
«Non lo so, pensavo ad una pizza, una birra e della buona musica. Nessuno dei due è da ristorante o cose del genere, anche perché non saprei come convincerli a vederci in un ristorante»
«Ho capito Harry! Ti passo a prendere per le sei e mezza?»
«Va benissimo Zayn»
«La chimica ti fa così schifo?» - chiese Zayn tutto di un tratto.
«Eh? Come lo sai?»
«Sono le undici e mezza e sei al telefono con me, le opzioni sono due: o non sei a scuola oppure hai saltato come tuo solito la lezione di chimica. Ed avendoti accompagnato io a scuola stamattina, dubito che sia la prima»
«Perspicace - risposi a Zayn sorridendo come poche volteavevo fatto con lui - Beh comunque mi ha beccato. Stasera andiamo a fare spesa insieme? Devo prendere alcune cose per l’appuntamento di quei due»
«Questo si che è un gran passo, la prima spesa di coppia!» - dall’altra parte del telefono sentii Zayn ridere ma allo stesso tempo aspirare dalla sua immancabile sigaretta.
«A dopo Zayn» - riattaccai il telefono. Mi sentivo come più leggero e pulito, con meno sensi di colpa. Non stavo tradendo Zayn – “il tradimento implica qualcosa di corporale e tra me e Louis non c’è nulla” – pensai, cercando di convincermene.    
 
04 MARZO – 17.50
«Sono fuori, scusami se sono in anticipo» - Mi affacciai fuori dalla finestra e vidi Zayn con lo sguardo perso sul telefono ed una sigaretta incastrata tra le labbra; canticchiava qualcosa. Ero fortunato ad averlo e mai come quel momento lo desideravo tanto, nessun Louis era alla sua altezza.
«Scendo subito» - gli risposi, ma prima volevo vedere la sua reazione stupida al mio stupido messaggio. Buttò la sigaretta dal finestrino, tamburellò le dita sul volante e solo dopo un paio di minuti prese il telefono e sorrise. Zayn, nonostante tutto, nonostante Louis, mi faceva stare bene, era lì ad aspettarmi sotto casa ed a qualche ora ci avrei fatto l’amore. Lo volevo al mio fianco.
Misi il giubbetto, presi il telefono ed un piccolo pacchetto destinato proprio a lui, nascondendolo nell’ampia tasca. Scesi correndo le scale, sbattei la porta di casa e letteralmente mi fiondai sulle labbra del mio ragazzo. Avevo una voglia assurda di baciarlo e continuammo per i minuti successivi, finché quasi senza fiato gli dissi - «Sei bellissimo, lo sai? E mi fai stare bene, lo sai? E vorrei dirti tante cose, ma un grazie raccoglie tutto quello che sei per me, quindi grazie amore»
Zayn mi guardò con aria perplessa e allo stesso tempo commossa, mi sorrise e con la mano mi sfiorò la guancia e disse - «Grazie a te, amore» - come per sottolineare quell’ultima parola, era la prima volta dopo mesi che lo chiamavo così e a lui questa cosa non passò inosservata.
«Ho una cosa per te. Chiudi gli occhi» - Zayn obbedì e li chiuse, mentre io estraevo dal pacchetto la collana che avevo fatto preparare per lui e gliela agganciavo al collo - «Ora puoi aprire»
Zayn d’istinto si toccò il collo e vide la medaglietta con un'incisione sopra, la rigirò un paio di volte nella mani prima di leggere cosa c’era scritto sopra:
You found me.
-Harry.
«Voglio che tu la porti sempre al collo. Perché tu mi hai trovato e non posso andare più via da te» - spiegai, mentre Zayn cercava di trattenere le lacrime.
«Non puoi farmi questo. Io non piango mai. Gr…grazie amore» - disse Zayn con voce tremante. Mentre con la manica della sua felpa bianca si asciugava le lacrime.
«Grazie a te di rendermi ogni giorno felice» - mi morsi il labbro inferiore per reprimere un ghigno. Il sorriso del più grande era passato dalla bocca agli occhi, mentre io ero passato nuovamente sulle sue labbra. Zayn accese la macchina, dopo ancora qualche bacio, ingranò la marcia e partì - «Allora cosa dobbiamo fare?»
«Combinare un appuntamento» - dissi io ridendo nel vedere Zayn battibeccare con una signora che non si era fermata ad uno stop.
 
Era passata più di un’ora, la macchina di Zayn era stracolma di cibo quando si fermò davanti il vecchio campanile.
«Ora tutta questa spesa chi la scende?» - con il bagagliaio pieno e le sei rampe di scale da fare - «Chi la porta tutta questa spe….Ehi non vale!»- urlò Zayn nel vedermi scappare verso il campanile con un solo e leggero sacchetto. Salii di corsa le scale e mi ritrovai nella sala che per quella sera sarebbe stata la casa di una nuova coppia. Iniziai a spostare le vecchie sedie di plastica un tempo bianche per creare uno spazio sufficiente per stendervi una tovaglia dove avrebbero cenato poi Beth e Niall.
«Stronzo! Una mano era alquanto gradita!» - disse il ragazzo con un filo di voce, mentre teneva in una mano due buste e sotto l’altro braccio una cassa di birra e continuò - «Mi spieghi perché hai preso una cassa intera di birra?»
«Lui è irlandese, lei americana. Saranno così imbarazzati che l’unica cosa che faranno sarà bere e parlare a monosillabi. Muoviamoci che sono già le sette e mezza e ho fame anch’io»
«Di cosa?» - ammiccò Zayn, facendo una smorfia e stampandomi un bacio sulle labbra.
«E chi lo sa!» - risposi, mentre lo vedevo girovagare nella vecchia sala che un tempo ospitava la campana centrale, si bloccò davanti al panorama, la sua espressione pensierosa. Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro, cingendo le sue spalle con le mie braccia.
«A che pensi?» - gli chiesi, vedendolo così cupo.
«Erano anni che non venivo qui su»
«Io ho riscoperto questo posto grazie a Niall. Ho smesso di guardare le stelle dal tetto di casa mia per venire qui sopra e sentire lui che canta»
«Qui sopra venivamo per cazzeggiare, suonare, bigiare la scuola e fumare. La mia prima canna l’ho fatta proprio lì» - ed indicò un punto nella sala.
«Ora te le fai direttamente in casa, no?»
«Il bello di abitare da solo» - rispose con una mezza smorfia ed alzando le spalle si liberò dal mio abbraccio; tornò a girare per la stanza raccontando le varie vicende accadute in questo luogo, lui ed i suoi amici passavano davvero parecchio tempo lì, tempo che aveva smesso di trascorrere quando 5 anni prima, per miracolo era riuscito ad ottenere un diploma. Zayn raccontava con una nota di malinconia il suo passato, passato di cui non andava fiero, di cui io non sapevo nulla, un passato che non sarebbe più tornato - «Quei momenti si vivono a 17 anni ed una volta sola, vivili anche tu»
Spesso mi rimproverava il fatto che non stessi davvero vivendo appieno i miei 18 anni, ma preferivo essere il tranquillo ed invisibile Harry Styles che vivere anche solo un giorno dell’adolescenza di Zayn: era il bulletto della scuola, pieno di ragazze con cui non aveva mai combinato nulla, la passione nascosta per il canto e i ragazzi, una famiglia disastrata alle spalle. Ma almeno aveva i suoi amici, amici a cui avrebbe dato la vita, amici che quasi non aveva più. Iniziò a raccontare: «Se lo sapesse Clayton e Jenny! Proprio oggi sono stato a casa loro a vedere la nuova arrivata. Ti ho raccontato mai la nostra storia?» - chiese mentre apriva il portafogli e mi porgeva una foto.
7 persone mai viste a Holmes Chapel.
«Questa foto è stata fatta il giorno prima del diploma, cinque anni fa. Sette amici inseparabili» - Vidi per la prima volta uno Zayn vulnerabile, non sicuro di sé raccontare quella vita passata a me sconosciuta - «Quello grosso è Big, anche se adesso non è più tanto grosso, anzi. Lavora in Spagna, sono anni che gli prometto di andare a trovarlo ma non riesco mai. Un giorno andremo insieme. Il finto sosia di Eminem invece si chiama Phil, lui vive in Irlanda insieme alla moglie. Ha 23 anni e già vorrebbe scappare di casa. Loro sono Clay e Jenny, oggi ero da loro, li è appena nata la loro seconda bimba: Fiona. Quello vicino a me si chiamava Marcus, è morto in un incidente stradale circa quattro anni fa. Poi ci sono io e il mio taglio di capelli inguardabile e questo invece è Jaelh, era il mio migliore amico ai tempi del liceo, dividevo con lui le mie ore di punizioni e le mie canne. Gli dicevo tutto e lui diceva tutto a me. Ora lavora nella fabbrica dello zio di Horan, abbiamo vissuto tutto insieme ma quando gli ho detto di essere gay mi ha voltato le spalle. È l’unico che è rimasto ad Holmes Chapel ed è l’unico che se mi incrocia per strada neanche mi saluta più» - disse le ultime parole con rammarico.
«Mi dispiace Zay»
Lo baciai come se un bacio potesse cancellare Jaelh o far ritornare la sua adolescenza. Ma sorrise e mi bastò quello.
«Allora - si asciugò le lacrime - cosa vuoi fare?»
«Lascia fare a me, puoi farmi solo un favore?»  
«Dimmi» - disse mentre apriva una delle birra destinate a Niall.
«Prendi dei fogli colorati ed un pennarello nero, devo lasciare un messaggio a Niall e uno a Beth, c’è una cartolibreria ad un paio di isolati da qui. Poi c’è un fioraio, prendi una rosa o un qualsiasi fiore. Io finisco anzi inizio a preparare qui e smettila di bere birra è la loro!» - risposi mentre inizia a spostare le ultime cose ed a preparare la tovaglia sul pavimento.
Zayn mi guardò divertito - «Ai suoi ordini e comunque una birra me la merito, ho fatto sei rampe di scale solo per loro, almeno una birra!» - Non feci in tempo a rispondergli che Zayn già volava per le scale alla ricerca del materiale che gli avevo chiesto.
«Iniziamo a rendere produttivo questo pomeriggio» - disse tra me e me mentre iniziai a frugare tra le buste alla ricerca di piatti e bicchieri. Montai i finti calici in plastica, piegai i tovaglioli, poggia due piatti sulla tovaglia, mentre negli altri vi poggiai patatine e rustici ormai freddi. Non era certo un appuntamento galante, ma stavo facendo del mio meglio per far si che somigliasse il più possibile a qualcosa di decente.  Nascosi la birra dietro una delle sedie, mentre il vino era al centro della ‘tavola’. Ma il mio preparare fu interrotto dal vibrare incessante del telefono. 
«È lui!» - il coraggio che avevo quella stessa mattina era andato a farsi fottere, non risposi, non ce la facevo. Finito di vibrare andai subito sulla mia segreteria telefonica con la speranza che almeno lui avesse avuto un minimo di coraggio a lasciarmi un messaggio vocale in segreteria.
«Ehi Harold. Non so il perché tu mi abbia chiamato, tutto okay? Ora siamo pari» - Riascoltai il messaggio quattro volte di fila, la sua voce era ancora più bella. Al contrario delle mie abitudini, non cancellai la registrazione. 15 parole ed il mio cervello era andato in estasi e poi a farsi fottere.
«Per quale motivo siamo pari?» - inviai il messaggio qualche minuto dopo aver ascoltato la segreteria, così da sembrare più credibile.
«Io non ho risposto a te e tu non hai risposto a me. Cosa avevi da dirmi?» - Louis rispose subito dopo.
«Non lo so, avevo voglia di sentirti, tutto qui» - Avevo voglia di perdermi in quei suoi occhi azzurro spento, io potevo essere la luce nei suoi occhi, ma la cosa era totalmente sbagliata, io non potevo, non dovevo, ma volevo.
«Devo chiamarti?» - Non sapevo cosa rispondere a questo suo messaggio, volevo davvero ma era sbagliato. Avevo creato io la regola del non sentirsi ed ero stato il primo ad infrangerla. Non potevo, Zayn sarebbe tornato di lì a poco.
"No"
«Sì»
Tre squilli e il nome di Louis lampeggiava sullo schermo del mio telefono. “Gli hai detto tu di chiamarti, ora rispondi” - «Pronto?»
«Ehi Harold»
«Ehi» - dissi con voce tremante, al contrario di quella sicura di Louis - «Sbaglio o hai il fiatone?»
«Sono a correre, tu che fai?»
«Preparo la cena per due miei amici, faccio da cupido insomma»
«Ho capito. Altro da dirmi? Tra poco arrivo a casa e dopo esco con Ryan»
«Ryan?» - un fastidio crebbe in me al solo pronunciare quel nome
«Un tipo che ho conosciuto in facoltà. O meglio Milly, me l’ha direttamente mandato in caffetteria al posto suo. Sto provando ad accettarmi»
«Fai bene, ma chi è Milly?»
«Non ti ho mai parlato di lei?» 
«No, o almeno al momento il suo nome mi sfugge»
«Come posso descrivertela? L’ho conosciuta il primo giorno di lezioni, eravamo entrambi disorientati da quell’enorme aula, il caso o meglio la fortuna me l’ha messa affianco in quel giorno e tutto è iniziato così. Mi sopporta in tutto ciò che dico o faccio e ci vuole davvero tanta pazienza. Ma in questi due anni che la conosco ho imparato ad apprezzarla. Adoro ogni singolo particolare di lei, dalla sua voce al suo modo così corretto di scrivere. Lei è lì perché davvero vuol cambiare il mondo e non perché l’ha obbligata il padre. Lei vive in un mondo suo, fatto di musica e parole, ecco perché mi trovo tanto bene. Mi fa sentire meglio, sicuro e completo. Ecco chi è Milly, senza di lei sarei perso. Ma per cosa mi hai chiamato stamattina?»  - Non sentii per nulla ciò che Louis mi stava dicendo, ero troppo impegnato a pensare a quel Ryan. Avrò ripetuto quel nome mille volte nella mia testa, i pugni serrati, il bruciore in gola e una strana gelosia che mi percosse tutto il corpo. Louis non era di Ryan, c’ero io. Quella Milly doveva presentare me, non Ryan!
«Quando mi hai inviato la registrazione hai detto di aver gli occhi tristi, io potrei essere la vita ai tuoi occhi tristi, non ti premetto perenne felicità, ma ho sempre pensato che due occhi color cielo fossero sprecati se son tristi. Hai mai visto il cielo azzurro triste?»  - dissi quelle parole senza ragionare, sentivo il silenzio pesante di Louis e il suo cercare parole adatte per rispondere alle mie.
«Ci pensa un piccolo Harold ad illuminare i miei occhi»  - e rieccola quella sensazione di vuoto e leggerezza, ma allo stesso tempo pieno e completo.
«Devi proprio uscire con quel Ryan?»  
«Perché?»
«È che non lo vedo il tuo tipo»  - rise alle mie parole.
«Ma non sai nemmeno com’è!»  
«Si chiama Ryan e fa legge. Sarà il solito inglese biondino altoborghese»
«Noto un pizzico di gelosia Harold?»
«Assolutamente no!»
«Bene, perché tra i due io non sono quello fidanzato» - la sua uscita mi aveva lasciato di stucco. Già, ero io quello che sbagliava, quello che a pochi isolati da qui aveva un ragazzo, accusai il colpo e cambiai discorso.
«Hai una canzone da consigliarmi? Devo far innamorare i miei due migliori amici»  
«Fall for you, farebbe innamorare chiunque»
«Grazie Louis»
«Niente Harold. Aspetta un secondo ti faccio sentire una cosa»   - Sentii una porta sbattere e Louis iniziare a intonare il ritornello della canzone, oltre saper divinamente suonare, sapeva cantare davvero bene, io lo seguii a ruota. Le nostre voci creavano un binomio perfetto, due opposti che combinavano perfettamente.
«Hai anche una bella voce Louis»  
«Insieme facciamo scintille!  - commentò e continuò a dire - Tu invece hai una canzone da consigliarmi?»  
«Fall for you. Ma voglio sentirla suonata»
«Sarà fatto. Ma perché la stessa canzone?»  - "ecco Harry sei fottuto ora trova una risposta".
«Voglio vedere se fa innamorare anche te»  
«Con me non ce n’è bisogno»  - stavo per rispondere ma fummo interrotti dal «Harry!» - di Zayn.
«Z…Zayn preso tutto?»
«Si amore eccoti la rosa, ho lasciato una cosa giù, vado a prenderla. Volo!»  - poggiò la busta e la rosa bianca su una sedia, mi diede un bacio veloce sulle labbra e tornò giù, per fortuna non aveva sentito nulla, la sensazione di sporco tornò su di me.
«Louis ci sei ancora?» - tartaglia, con la speranza che anche Louis fosse andato via e non avesse sentito la voce di Zayn.
«Si, ma non voglio disturbare. Buon divertimento» - e con una freddezza mai appartenutagli mi riattaccò senza neanche degnarmi di un ciao. Cercai di riaggiustare le cose con un messaggio, ma peggiorai solo la situazione.   
«Hai frainteso, la rosa non è per me, ma per l’appuntamento dei miei due amici»
«L’unica cosa che ho frainteso è la tua disponibilità»
«Amore!» - Zayn urlò dall’ultima rampa di scale, rimisi il telefono in tasca e ignorai il messaggio, seppellendo il pensiero di aver fatto star male Louis in qualche meandro della mia testa. “Louis non merita questo…e nemmeno Zayn” - pensai, vedendolo spuntare con un mazzo di fiori, non certo per Niall e Beth.
«Sono camelie, mentre aspettavo la rosa per quei due ho iniziato a leggere i vari significati dei fiori e le camelie rosse sono simbolo di ‘fiamma del mio cuore’ ed ho pensato che le volevo prendere per te, perché tu mi hai riacceso il cuore» - Zayn mi diede il mazzo di fiori raccolti in una carta gialla - «Leggi il biglietto»
 
“Ad Harry.
Alla mia fortuna più grande di averti trovato.
A te. A noi.”
 
“Questo Louis non può dartelo” – pensai.
«Grazie Zayn» - le parole mi rimasero bloccate in gola, nessuno aveva mai fatto così tanto per me, tranne Zayn. Era sempre così imprevedibile, imprevedibile in senso buono. Ora era davanti ai miei occhi, si era spogliato dei suoi sentimenti, io lo rendevo debole, non sicuro di sé. Con me doveva sempre calibrare le parole, i gesti e quando rischiava così tanto, anche con un solo mazzo di fiori, cadevano tutte le sue torrette di controllo e si notava dal suo sguardo dubbioso e vuoto puntato su di me. Mi avvicinai con passo incerto e lo abbracciai. Assurdamente, odiavo gli abbracci, ma in quel momento avevo solo voglia di perdermi tra le braccia ed il profumo di dopobarba alla vaniglia e pesca di quel ragazzo.
«Mi rendi felice» - sussurrai al suo orecchio, mentre mi staccavo dal suo abbraccio e le nostre labbra iniziassero a sfiorarsi.
«Hai finito qui? Voglio tornare a casa!» - disse il più grande, dandomi un ultimo bacio e un leggero morso sul mio labbro inferiore.
«Quasi, fammi sistemare le ultime cose, puoi aspettarmi giù se vuoi!» - Zayn fece sì con la testa e scese. Io mi dedicai a finire le ultime cose: la tovaglia era perfettamente stirata sul pavimento, sopra questa vi era vino rosso, due calici di plastica e altrettanti piatti di plastica, tortine salate facevano da cornice alla rosa e alla candela ancora spenta. Era tutto pronto, poggiai la birra su una delle sedie spostate in fondo alla stanza e iniziai a scrivere un biglietto per entrambi.
 
“Per Niall: è giunto il momento di presentarti il mio incubo peggiore alias la mia migliore amica. Non so come andranno le cose stasera tra voi, non odiarmi per questo appuntamento combinato e per aver rovinato per una volta il nostro mercoledì. Promesso che recupereremo.
Se proprio vuoi suonare, prova con Fall in love - ma cancellai questo titolo e scrissi - ‘Arms’; basta che non la fai cantare, non è delle migliori.  Stasera capirai perché amo tanto questa bestia davanti a te.
P.S: La birra è sopra una delle sedie, la pizza arriva alle dieci.
-Harry.”
 
“Per Elisabeth: Forse dovevo dirti prima che io e Niall, passiamo gran parte del nostro tempo insieme, ma non odiarmi per questo, non era mia intenzione mentirti, semplicemente volevo solo trovare un momento perfetto per farvi conoscere. Non preoccuparti del trucco, dei capelli o dell’atmosfera, sei sempre bellissima, solo modera il linguaggio e soprattutto il tono di voce. 
P.S: Sono da Zayn stasera, quindi non iniziare a chiamarmi, non risponderò a nulla. 
-Haz.”
 
 
Controllai un'ultima volta che tutto fosse perfetto, accesi la candela al centro della tovaglia e scesi giù, dove Zayn mi aspettava da venti minuti.
«Scusa amore non pensavo di metterci così tanto» - Zayn mi venne incontro, scompigliandomi i capelli e mi diede un leggero bacio sul collo scatenando un’onda di brividi dalle gambe fin sopra la testa e con quella poca forza che mi era rimasta dissi - «Sbrighiamoci che ho fame…di te.»
 
04 MARZO 20.40
«Non dirmi che stai ancora pensando a quei due!» - mi riproverò Zayn, per poi indicare il mio piatto ripieno di pollo alle mandorle - «Vuoi qualcos’altro? Non hai mangiato praticamente nulla»
«Non ho fame, sto pensando che ho fatto una cazzata. Niall mi aveva detto di non sopportare molto Beth, mentre lei deve essere perfetta in ogni appuntamento e se non andrà bene darà la colpa a me. Forse ho fatto una cazzata, sono ancora in tempo per andare lì e togliere…» - Ma Zayn mi interruppe, tolse il piatto ancora intatto e mi disse - «Andrà tutto bene» - mentre si buttò sul divano, tolse la felpa, restando con una canotta grigia e accese una sigaretta.
Ero rimasto su uno degli sgabelli del bancone della cucina, mordendomi le labbra nel vedere quanto fosse eccitante Zayn nel fumare. Forse era il suo modo di tenere la sigaretta tra le labbra, oppure la canotta che lasciava intravedere il torace leggermente scolpito del moro o le due cose insieme. Mi avvicinai a lui, stavo letteralmente spogliando Zayn con lo sguardo, non avevo mai avuto tanta voglia di averlo dentro di me come in quel momento. Con la scoperta del sesso avevo anche scoperto un lato animalesco e rude da sempre sepolto in me. Beth scherzava sempre dicendo - «Una volta che lo provi non puoi più farne a meno» - ed era vero. Più ‘mangiavo’ e più volevo ‘mangiare’.
«Harry il film sta per iniziare!» - mi sedetti al suo fianco e poggia la testa sul suo petto, mentre il più grande giocava con i miei ricci e continuava a fumare la sua Marlboro, evitando che la cenere finisse su di me.
«Hai voglia di vedere il film?»
«Cosa?» - risposi, non essendo attento a lui né tanto meno al film.
«Hai voglia di vedere il film? Sono dieci minuti che punti gli occhi sulle mie labbra»
«Scusa Zay» - dissi con voce colpevole, come un bambino appena beccato a rubare una caramella.
«Hai voglia di vedere il film?» - disse una terza volta, guardandomi con un sopracciglio alzato.
«Avrei voglia di te» - mi vergognai della risposta appena data, ero ancora troppo pudico e quell’affermazione pronunciata da me, suonava così innaturale. Esitai un momento e continuai a dire imbarazzato - «Ma se vuoi vediamo il film, lo guardiamo, come preferisci tu, ecco»
«Era meglio se non aggiungevi quest’ultima parte» - si accese la sigaretta che teneva sull’orecchio, fece un lungo respiro e aggiunse - «Aspettami in camera, prendo una cosa e arrivo. Ah, spegni il telefono, non mi va di sentire i tuoi ansimi seguiti dalle telefonate di Betty»
Annuii e con passo svelto andai in camera sua, chiedendomi cosa dovesse fare di tanto importante per lasciarmi ad aspettarlo quasi mezz’ora in camera sua.
«Che cazzo di fine avevi fatto?» - gli dissi non appena lo vidi entrare in camera.
«Mi sono accorto di non avere più profilattici, ho provato a cercare se avevo qualche residuo in salone, ma niente e sono andato a comprarli, ma davanti a me c’era una coppia che non sapeva quali prendere. Scusami!»
Mi avvicinai a lui ed iniziai a baciarlo, ogni bacio con più passione, ogni bacio meno casto, ogni bacio scandiva la crescente erezione che stava avvenendo nei miei, nei nostri, boxer. Zayn iniziò a sfiorarmi il collo, baciandone alcuni tratti dove qualche secondo prima le sue mani erano passate. Ricambiai quei gesti, giocando con le sue clavicole, baciandole, scendendo sempre di più, facendo attenzione a non tralasciare nessun punto del suo petto, fino ad arrivare alla linea dei suoi boxer.
Giocai con il tessuto e prima di liberare l’erezione di Zayn dissi - «Stasera posso provare io?»
«Non sei ancora pronto» - rispose ansimante, occupato a tenere la sua situazione sotto controllo.
«Se non mi dai un’occasione non sarò ma pronto»
«Al secondo round, vedremo, ora torna giù» - disse spingendo la mia testa verso la sua erezione - «Aaah»
Zayn iniziò ad ansimare sempre più forte, accompagnando i miei gesti con lo spingere il suo membro dentro la mia bocca. Una sincronia perfetta.
«Non venire» - ma non fu capace di tenere a freno la sua voglia che mi venne sul petto. Zayn sillabò uno - «Scusa» - e mi buttò sul letto.
«Ora tocca a me!» - Mi fece allungare, mentre lui si era seduto all’altezza delle mie ginocchia, con la faccia sul mio membro. Non mi ero ancora abituato alla bocca calda di Zayn attorno al mio sesso, al suo giocherellare con la lingua su tutta la mia lunghezza, non ero abituato a quel piacere immenso e non ci misi tanto a sporcare la sua pelle olivastra e la trapunta scozzese che aveva sul letto.
«Girati» - ordinò Zayn con poca grazia e così feci,, seguendo ogni suo ordine.
«Fai piano, per favore» - gli sussurrai, non mi ero ancora abituato al dolore, a differenza del piacere, a quello ci si fa subito il callo, ma al dolore no. Mi vergognavo dalla mia poca esperienza, dell’essere ‘stretto’, come più volte Zayn aveva detto. Infilò il preservativo, lanciando la bustina rettangolare sulla moquette, si allineò alla mia apertura e con un colpo secco di reni entrò, mantenendo la promessa di far piano. Il bruciore, anche con tutte le attenzioni di Zayn era micidiale, infatti non riuscii a trattenere un grido di dolore.
«Vuoi che continui?» - disse preoccupato dopo l’ennesimo lamento.
«Vai tranquillo, il peggio è passato» - lo rassicurai ed iniziò a muoversi dentro di me, in pochi minuti entrambi eravamo all’apice del piacere, nessuno dei due nascose il suo orgasmo. Zayn tolse il profilattico, lo poggiò sul comodino e stremato si allungò al mio fianco. Non avevo più vergogna del mio corpo, come succedeva le prime volte, Zayn ormai conosceva ogni centimetro della mia pelle, la posizione dei miei tatuaggi, sapeva perfettamente cosa mi eccitava e cosa meno ed io sapevo i suoi.
Poggiai la mia testa sul suo petto, prima di crollare, non curante del fatto che fino a pochi minuti prima, lì era finito il mio sperma. Zayn invece, restò sveglio qualche minuto in più, occupato a giocherellare con i miei ricci sudati e a fumare l’ennesima sigaretta della sera.
 
«Harry rispondi a quel fottuto telefono!»
«Che ore sono?» - chiesi in uno stato di dormiveglia, non avevo la minima intenzione di muovermi dalle coperte e dal corpo caldo di Zayn, che ignorò la mia domanda.
«Rispondi a quel cazzo di telefono! Ma non l’avevi spento?» - urlò, mentre la canzone di Louis risuonava in tutte le stanze.
«Pronto?» - dall’altra parte del telefono si sentiva la chitarra di Niall e Betty bisbigliare.
«Grazie Harry, davvero. Ma domani facciamo i conti!»
«Scusa Beth, ci vediamo domani, salutami Niall»
«E tu salutami Zayn» - disse con tono ammiccante e riagganciò.
«Chi era?» - chiese Zayn, mentre si rivestiva, ormai sveglio, pronto a riaccompagnarmi a casa
Beth. È andata bene, credo.»
«Sai che fine hanno fatto i miei boxer?» - chiese, indicai il corridoio, come ci erano finiti era davvero un mistero, mentre io finii per specchiarmi e notare l’enorme succhiotto proprio sotto l’orecchio.
«E questo come lo copro?»
«Semplice, non lo copri» - disse mostrandomi la lingua ed il piercing
«Posso andarmi a fare una doccia?»
«Vado a preparartela, posso entrare anch’io?»
«Ora chiedi anche il permesso per entrare?» - dissi in tono malizioso.
«Chissà dove» - rise e mi stampò un bacio sulla spalla nuda - «Inizia ad andare, ti raggiungo dopo. Pulisco un attimo qui.»
 
«Grazie per avermi riaccompagnato a casa e grazie per beh, lo sai» - la sera era ormai conclusa, finita con un secondo round sotto la doccia ed un bacio sotto il portone di casa mia.
«Posso chiederti una cosa Harry?» - il tono di Zayn si fece più serio e la spensieratezza nel suo sguardo scomparve.
«Dimmi tutto amore»
«Chi è Louis?» - “Come cazzo fa a sapere di Louis?” - rimasi bloccato qualche attimo non appena sentii quella domanda, il panico si impossessò del mio corpo, non ero bravo a mentire ma non ero nemmeno pronto a raccontargli tutto.
«Un mio amico, perché?»
«Mentre eri sotto la doccia  ti è arrivato un suo messaggio» - “Respira Harry.”
«Che c’era scritto?» - testai il territorio con paura, non volevo litigare con lui, non dopo la bellissima giornata che avevamo passato insieme.
«Non ho letto. Ma volevo sapere chi fosse per scriverti a mezzanotte»
«È un mio amico, tutto qui amore» - Zayn rilassò il viso e mi diede un bacio sul naso.
«Mi fido»
«Buonanotte amore» - gli stampai un ultimo bacio sotto il porticato ed entrai in casa. Le luci erano accese, ma di mia nonna nemmeno l’ombra. “È troppo tardi per essere lei”
«Papà?»
«Ehi Harry! Aspettavo proprio te!»
«Non dovevi essere da qualche parte?»
«Ho una notizia fantastica da darti»
 
05 MARZO – 03.54
 «Se non è la rosa, qual è il problema?» - dubitavo in una sua risposta. Erano le quattro di mattina, qualsiasi essere umano in quel momento sarebbe tra le braccia di Morfeo. Ma non Louis.
«Nulla Harry. Il problema sono io perché penso a questo futuro probabile noi e mi faccio solo male» - “Noi.”
«Com’è andata con Ryan?» - Saperlo con qualcuno era straziante. La gelosia si stava impossessando di me. Louis aveva appena messo le parole ‘futuro’ e ‘noi’ nella stessa frase e suonava così bene.
«È davvero questo quello che vuoi sapere?»
«Non voglio pensare al futuro.»
«Che succede?»
«Succede che mio padre vuole ‘allargare l’azienda di famiglia’ e ha deciso di trasferirsi qualche mese se non di più in America. Los Angeles ed io sono diviso a metà. Vorrei andare con lui, non perdere un’altra persona della mia famiglia, ma qui ho tutto. Io posso essere Harry solo a Holmes Chapel, ho tutto qui.»
«Goditi questi mesi. Sceglierai cosa fare nel momento giusto, ne sono sicuro. Ora raccontami come è andato l’appuntamento dei tuoi amici» - Non sapevo com’era finito il loro primo incontro. Dopo la notizia del trasferimento, non avevo voglia di pensare ai miei migliori amici insieme, a Zayn e al suo odore ancora addosso. Pensavo solo alla voglia di scrivere a Louis.
«Vado a dormire, scusa LouLou, ti voglio bene»
«Mi vuoi bene?»
«Anche di più» - ammisi, non so se più a lui che a me stesso
 
07 MARZO – 22.00
L’orologio segnava le dieci precise, i libri erano rimasti aperti sulla scrivania dal pomeriggio. Non mi interessavano gli esami di metà quadrimestre, del test di algebra, volevo solo stare solo. Il giorno precedente avevo scoperto che tra Niall e Beth era andata così bene che ormai erano inseparabili ed io ero diventato il terzo incomodo. Non potevo lamentarmi, quella copia l’avevo creata io.
«Hai tempo per un caffè?» - Era l’ennesimo messaggio ricevuto da Zayn a cui io non avevo risposto. Non ero dell’umore per vederlo, per farci l’amore o qualsiasi cosa avesse a che fare con Zayn Malik.
Uscii dalla terrazza della mia camera e salii fin sopra il tetto, la solita birra stretta nella mano destra ed il cellulare nell’altra.
«Ti ho mai raccontato del tetto di casa mia?» - scrissi a Louis, era l’unica persona che volevo ascoltare e che in quei giorni avevo sentito.
«Una volta, credo. Sei lì sopra?»
«Sì, è il mio posto preferito. Qui sopra sono davvero Harry Styles.»
«Anch’io voglio un posto dove poter essere Louis Tomlinson.» - per errore gli avevo detto il mio cognome e lui si era sentito come in obbligo a dirmi il suo. Ennesimo pezzo di puzzle, ma il quadro era ancora lontano dall’essere completato.
«Se vuoi ti do un pezzetto di questo mio cielo»
«Voglio» - letta la risposta, feci una foto al cielo e gliela inviai.
«Vorrei essere lì con te a vedere quel bellissimo cielo. Qui a Londra piove, come sempre» - feci un’altra foto, questa volta al centro dell’immagine c’ero io. Non sapevo cosa stessi facendo, ma inviai lo stesso.
«Devo commentare te o il cielo? Perché quello l’ho già commentato nella foto precedente e adesso non saprei cosa dire perché l’aggettivo bellissimo l’ho già usato»
«Di quello che vuoi»
«Cosa sono io per te Harry?»
«Una persona che mi fa stare bene e per te?»
«Il mio posto» - “Il mio posto.” Rilessi più volte quel messaggio, non trovavo un senso a quella risposta.
«Cioè?»
«Sei il posto dove io posso essere me stesso. Il mio posto è fra le tue dita, il mio posto è nell’incavo del tuo collo. Ma per adesso il mio posto è occupato, mi tocca aspettare» - non sapevo cosa rispondere a quel messaggio, Louis era riuscito a mostrarsi a me, a dire ciò che davvero pensava. Ero il suo posto, ma questo era occupato, era occupato da Zayn e non potevo mandare tutto a puttane per delle belle parole. Chi me lo diceva davvero chi era Louis Tomlinson? Conoscere un cognome, conoscere i suoi sentimenti verso di me, non aiutava, io non conoscevo il suo volto e soprattutto non conoscevo i miei sentimenti verso di lui.
Com’è possibile che mi chiedevo se amavo o meno Louis e non succedeva ciò per Zayn, dopo ormai tre mesi? Le mie domande non avevano risposta.
«Forse Ryan è un posto migliore di me. Buonanotte Louis»
«Vaffanculo Harry».
Meritavo anche questo, ma amarmi voleva dire solo complicarsi la vita e non avrei permesso questo a Louis.
 
Composi un numero e chiamai.
«Beth sei sveglia?»
«Si riccio, che stai facendo?»
«Ho il nome de “Il misterioso”» - ammisi ed attesi la sua sfuriata, sapevo che non Louis non era certo una delle sue persone preferite a questo mondo.
«Ancora ci parli?»
«Ti spiegherò, comunque Louis Tomlinson»
«Mi sa di ragazzino viziato. Comunque ti saluta Niall!»
«Non sapevo che stesse lì, beh, divertitevi e salutamelo» - riattaccai il telefono e finii di bere la birra. In tre giorni avevo dormito a malapena sette ore, era tempo di recuperare il sonno perso.
 
08 MARZO – 00.25
 Beth ti ha inviato un immagine.
«Direttamente dal profilo Facebook di Louis Tomlinson. Mica male il ragazzo»
Aprii la foto e iniziai a osservarlaa. Per la prima volta in quattro mesi Louis aveva un volto, un corpo e degli occhi azzurri felici.
Fissai quella foto per circa dieci minuti, esaminandola in ogni minimo particolare. Nella foto era da solo, con lo sfondo di Venezia, il ponte dei sospiri alle sue spalle. Capelli che coprivano la fronte, maglietta bianca, un jeans fasciato e delle Vans ai piedi. Bellissimo nella sua semplicità. Bellissimo e basta.
«Ricorda una cosa: questo futuro probabile noi mi rende felice» - inviai il messaggio e mi lasciai trasportare dal sonno.
 
11 MARZO – 08.10
Quando dormi tre ore a notte, il sonno ti prende la mano e te lo porti a scuola e la prima ora di test di algebra non aiutava, Beth era tre file avanti a me, aveva il braccio completamente tatuato di formule, se sbagliava era fottuta. aveva recuperato tutte le materie, tranne filosofia, letteratura inglese ed algebra. Quella era la sua grande occasione. Doveva diplomarsi, prendere quel pezzo di carta e scegliere il mio stesso college. Avrebbe preso psicologia ed io ancora dovevo scegliere, forse letteratura, oppure architettura. Non lo sapevo, non sapevo nemmeno se sarei stato ancora in Inghilterra, in Europa. La proposta di padre era allettante, erano giorni che ci pensavo, rifiutare sarebbe stato da stupidi, ma accettare avrebbe voluto dire perdere tutto e tutti: Niall, Beth, Zayn, mi sarebbero mancati pure gli occhi tristi di Louis.
«Ragazzi avete 50 minuti, è il programma svolto fino ad ora. Non copiate per favore.»
«Faccio questo stupido test solo perché vale come punteggio per il collage» - borbottai alla consegna del compito.
«Come ti è andato?» - Beth fu una delle ultime ad uscire.
«Praticamente ho fatto tutto, Niall mi ha passato la traccia quattro, le altre cose le avevo studiate o scritte sul braccio. Però oggi mi aiuti con filosofia?»
«Va bene. Alle quattro a casa tua?»
«Algebra fatta, grazie per le ripetizione di ieri» - Io e Louis eravamo giunti ad un patto: saremmo stati l’aiuto, la spalla, la roccia, il confidente dell’altro. In poche parole saremmo stati amici, lui avrebbe accettato Zayn, io quel fastidioso Ryan e se avessi deciso davvero di partire per gli Stati Uniti, ci saremmo visti. Cosa sarebbe successo poi non l’avevamo messo in conto. Ma andava bene così, per il momento. In pochi giorni avevo scoperto molte cose di lui. Il puzzle era forse completo. Studente al terzo anno di legge, voluto dal padre magistrato, la mamma invece sfornava figli, scherzando mi ha aveva detto - «Siamo davvero troppi, alcune volte perdo anch’io il conto» - ma della sua famiglia parlava sempre con un certo rammarico. Non aveva ancora mai parlato della morte del fratello, ma sarei stato davvero troppo invadente a chiedere di lui e della sua morte. Era bravo in matematica o faceva finta di esserlo, il giorno precedente era stato quasi quaranta minuti a spiegarmi un esercizio, in verità sapevo come svolgerlo, però mi piaceva sentirlo quindi avevo fatto finta di far schifo, così da sentire per minuti consecutivi le sua angelica voce. Avevo anche conosciuto il suo migliore amico, nonché coinquilino: Liam. Louis lo considera un fratello, sapevano praticamente qualsiasi cosa dell’altro e si sostenevano per qualsiasi cosa, Liam trovava i ragazzi a Louis, Louis prestava la sua macchina a Liam. Ero geloso del loro rapporto, Louis un giorno mi disse che non c’era persona più importante di ‘Leeyum’. Poi c'erano le cose che Louis non diceva, ma che scoprivo dal suo profilo Facebook: viaggiava molto, poco mare e montagna ma tante città d’arte. Aveva un amore verso Parigi ed il cibo italiano. Non portava mai pantaloni più lunghi della caviglia e per questo Liam lo prendeva per il culo in una maniera assurda. Mancavano poche cose ed il quadro sarebbe finito: il profumo della sua pelle, vedere i suoi occhi sorridenti e assaporare le sue labbra.
“Tutto questo è assurdo” – l’avrò ripetuto per giorni, ma alla fine cedevo sempre nella tentazione di sentirlo o di vedere le sue foto salvate sul desktop del mio laptop. 
«Mi fa piacere, il prossimo qual è?» - Louis rispose subito, come sempre d'altronde.
«Diritto, qui devi assolutamente aiutarmi, per favore!» - non era vero, il corso di diritto neanche lo seguivo, ma ogni scusa era buona per sentirlo. Anche al costo di subire una materia che avevo sempre odiato.
«Ai suoi ordini, alle nove ti chiamo va bene?» - andava sempre bene sentire la sua voce.
«Va sempre bene»
 
11 MARZO – 12.30
 «Ti stacchi da quel cazzo di telefono?» - Betty mi riprese nuovamente.
«Ti stacchi da Niall?» - le rifeci il verso, in una settimana erano diventati una cosa sola ed infatti, per festeggiare la loro prima settimana, il solito mercoledì tra me e Niall era saltato. Ma non mi ero lamentato, alle nove avrei sentito Louis ed andava bene così.
«Che farai questa sera? Ti aggiungi a noi?» - chiese Niall.
«No, ha da fare con Louis!» - Si intromise Beth.
«Si, ho da fare con lui»
«Non tenere il piede in due scarpe e Zayn non se lo merita» - Era una settima che non parlavo con Zayn, l’avevo evitato in tutti i modi possibili, mi ero rinchiuso in casa pur di non incontrarlo accidentalmente, addestrato nonna, papà, Niall e Beth a dire che non mi sentivo bene, le volte che si era presentato a scuola oppure sotto casa. Non meritava tutto ciò, ne ero a conoscenza, ma se lo avessi anche solo visto un attimo negli occhi, sarei crollato. Non ce l’avrei fatta, sapevo di essere sporco, sapevo che stavo tradendo l’unica persona che davvero mi aveva accettato in tutte le mie sfumature e non cercava di cambiarmi. Ma in quel momento, assurdamente, preferivo la voce di Louis al sesso con Zayn.
 
11 MARZO – 21.00
 Il telefono iniziò a squillare non appena le lancette dell’orologio segnarono le nove. Era di una puntualità assurda, quasi maniacale. Lo lasciai squillare un po’, volevo come dare l’impressione che non stessi aspettando da tutto il giorno la sua chiamata, cosa che invece era. Mi sentii di nuovo un ragazzino di 12 anni alle prese con la sua prima cotta.
«Pronto?»
«Ciao piccolo Harold. Dobbiamo fare veloce perché tra poco passa Ryan. Allora cosa devi studiare?»
«Non dovevamo stare insieme?»
«Ho promesso a Ryan che saremmo usciti»
«Avevi anche promesso che mi avresti aiutato a studiare» - riattaccai il telefono ed iniziai ad urlare per la frustrazione. Louis provò a richiamare, una, due, tre, quattro volte, ma non ricevette nessuna risposta da parte mia, doveva uscire con Ryan, che senso aveva perdere tempo con me? Nessuno.
 
«Cosa ho detto di male?» - dopo mezz’ora e sette chiamate senza risposta, Louis forse arreso, mi inviò un messaggio.
«Esci con Ryan, potevi dirmelo, sarei uscito anch’io senza aspettare la tua chiamata»
«Ma perchè stai facendo così?»
«Così come?»
«Così. Sembra quasi che tu sia geloso di Ryan»
«Ascolta Louis, per me puoi fare quello che vuoi, scoparti chi vuoi. Non sei obbligato a rendermi conto in nessun modo, solo che se hai detto che avresti passato la sera con me, la passavi con me o almeno mi avvertivi ed io sarei uscito con Zayn» - Sapevo che Zayn era il suo punto debole, il suo tallone di Achille. Gli dava fastidio anche solo la pronuncia di quel nome e non aveva mai nascosto questo suo fastidio, come io non nascondevo il mio per Ryan.
«Esci con il tuo Zayn, cosa vuoi che ti dica Harry? Questo tuo atteggiamento mi sembra solo molto infantile»
«Perfetto e buon divertimento con Ryan»
Louis dopo quel messaggio provò a richiamarmi altre due volte, ma la segreteria fece le mie veci.
 
12 MARZO – 02.36
«Harry, sei sveglio?»
«No.»
 
12  MARZO – 14.44
«Sai cos’è un miracolo termodinamico?» - Louis non si era ancora arreso, quello era il quarto messaggio della giornata, uno dei tanti era un buongiorno, lui che il buongiorno non lo dà mai, lui che il buongiorno non lo vive, perché è solo un altro giorno noioso che gli si presenta davanti e lui lo vive, lo vive impassibile, perché non lo sente il buono nel suo giorno.
Louis era così, non si aspettava nulla dalla sua giornata e neanch’io.
«Non voglio saperlo» - ma me lo avrebbe detto lo stesso, perché Louis aveva quella prepotenza dolce, domande retoriche a cui lui avrebbe dato lo stesso una risposta, anche se io dicevo di non volerla.
«È un fenomeno considerato impossibile, tipo l’oro che si trasforma volontariamente in ossigeno. Il nostro professore appena arrivati in classe, invece di parlare della formazione del parlamento, ha cominciato a spiegarci questo fenomeno: “Inutile per il diritto, ma utile a scoprire la vita”. Ha iniziato il suo discorso in questo modo. Poi a fine lezione ha detto: “Secondo voi è più importante l’ossigeno o l’oro?”, alcuni hanno risposto l’oro, per il valore in sé. Altri invece hanno detto l’ossigeno, perché senza non c’è vita. Mentre io ho iniziato a pensare alle cose e/o persone che varrebbero più dell’ossigeno. Non te le sto qui ad elencare, ma tra quei due punti ci sei anche tu, ci sei tu»
«Mi dispiace per la scenata di ieri» - dovevo iniziarmi ad abituare all’idea che Louis non era mio, non era una mia proprietà che potevo gestire come volevo. Abituarmi soprattutto al pensiero che le labbra di Louis non erano mie, i suoi occhi non riflettevano i miei, ma quelli di Ryan. Chissà il suo colore, chissà se riflettevano bene negli occhi di Louis, il mio verde ed il suo azzurro non si sarebbero mai specchiati e le nostre labbra mai sfiorate. Dovevo solo abituarmi all’idea che questa cosa l’avevo voluta io. Ma da una parte godevo del fatto che tra quei due punti c’era il mio nome e sicuramente quello di Liam, non altri, nessun Ryan. “E se l’avesse inviato ad entrambi?”, no, Louis non si abbassava a certe cose ed io mi nascondevo dietro, dentro le parole che Louis mi dedicava, le canzone che suonava per me, i sorrisi scomposti, nascosti ma ugualmente sentiti. I miei occhi con lui avevano un senso, la mia vita aveva un senso. Louis aveva ragione, tutto questo era assurdo. Assurdo era il fatto che io mi stessi come innamorando di lui, delle sue parole, del suo essere…Louis e di tutte le sue piccole cose. Avevo paura, avevo paura che quella cosa diventasse più grande di me, che sfuggisse dalle mie mani, dalle mie parole. Zayn con chi avrebbe fatto l’amore? E papà con chi sarebbe partito per gli States? E cosa sarebbe successo con Louis? Nulla.
 
Io avevo paura delle persone, per questo mi proteggevo e scappavo via. Scappavo via da Louis e tornavo tra le braccia di Zayn, tra le sue braccia muscolose e calde dopo aver fatto l’amore, da quelle braccia che mi facevano sentire a casa. Per una volta avrei fatto il menefreghista, avrei sommerso quei sentimenti, ancora una volta. Non mi sarebbe importato più nulla del suo buongiorno, delle sue canzoni e dei suoi occhi color cielo. Non mi sarebbe importato di cosa stava facendo, pensando o suonando.
Ero stanco, ma di una stanchezza che gli altri non riuscivano a percepire, nascosta forse da quel riccio ribelle che copriva l’occhio sinistro o dal dipinto del mio sorriso falso. Non volevo nulla, non mi aspettavo più nulla, ed era strano come tutto quello fosse venuto fuori con un messaggio. Mi sarei accontentato delle poche parole di mio padre, del fastidioso accento di Beth e dell’odore del caffè che emanava di prima mattina, un caffè stracolmo di zucchero. Mi sarei accontentato dei tramonti dal campanile con Niall e dei nostri mercoledì sera a suonare una chitarra scordata, perché Niall la chitarra non la sapeva accordare. Mi sarei accontentato della trapunta scozzese sporca di Zayn, del suo sapore di tabacco e dei suoi occhi in cui ancora mi perdevo. Non succedeva nulla se non erano color cielo, ma erano gli occhi di un ragazzo che mi amava ed io mi sarei accontentato di lui e di quel suo sentimento. Ed infine mi sarei accontentato di vedere Louis come un amico, colui che mi passava gli appunti di letteratura inglese durante il compito oppure la sua tesina per l’esame. Avrei accettato di vederlo con Ryan o con qualsiasi altra persona. Era la fine di una storia che non era mai iniziata.  
«Tranquillo piccolo Harold» - presi coraggio e scrissi ciò che dovevo fare dal primo momento.
«Mi fa piacere che io sia il ‘tuo posto’, un ‘futuro probabile’ e il tuo ‘mistero termodinamico’ ma credo che sia meglio allontanarci. Io ho Zayn e lo amo»
«Contento per voi, come sempre un passo in avanti e tre indietro» - rispose, prima di scomparire ancora una volta, fu meglio così.
È meglio per te Louis, fidati. Ti sto proteggendo da me, dai miei casini, da questo Harry Styles che non riconosco neanche io. Mi è tornato in mente di quando ti dissi che non c’era bisogno di scappare da se stessi, io in questo momento lo farei, scapperai da me e correrei verso di te. Quando amo qualcuno, scappo. Louis, ti sto proteggendo, distruggendo me.” – ma tutto ciò rimase solo un pensiero scritto velocemente sul mio diario.
 
 
 Ed anche questo capitolo è andato, da notare che pubblico sempre in orari decenti. 
Neanche ci credo che io sia arrivata a scrivere il quinto capitolo, spero che anche questo vi piaccia come i precedenti. Vi prego, fatemi sapere la vostra, perchà G. è una persona molto paranoica e spesso pensa che questa storia non sia all'altezza (Sia chiaro, non lo dico per far 'pietà').
Quinto capitolo, vi avevo avvertito che era un pochino lungo, ringraziate la mia febbre (da notare che ogni volta che pubblico il capitolo ho qualche male, ho paura di cosa succederà con il sesto)  che mi ha fatto finire il capitolo non sono neanche tanto in ritardo. 
Allora capitolo dove ho cercato di rimettere in ordine tutti i rapporti di Harry e soprattutto i Larry, ma come ho fatto dire a Louis, fanno un passo avanti e tre dietro. Alcune volte odio lo stesso Harry che ho creato per i suoi pensieri e non so se questo sia normale. 
Beh, almeno hanno fatto capire che sono innamorati tra loro, anche se 'innamorati' è una parola ancora troppo grande per loro. 
Finisco qui ringraziando tutte le persone che leggono queste parole confuse buttate fuori dalla mia testa. 

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Capitolo 6
*** Complicated ***


HARRY
17 MARZO – 09.53 
 
«Appena hai finito informatica, vieni dietro al cortile della mensa. Ho bisogno di un piccolo favore»
«Cazzo Horan! Sono giorni che non ti fai vivo e poi te ne esci con un fottuto messaggio?»
«Scusa Hazza, ti spiego tutto dopo. Non essere arrabbiato, per favore»
Ma era inutile litigare con Niall, era qualcosa di impossibile, anche se incazzato, lo ero davvero. Era sparito da tre giorni, non si era fatto vivo a scuola, né con me, né tanto meno con la sua ragazza, perchè Beth era diventata ciò. Era scomparso senza nessuna spiegazione, sicuramente una ce n'era, ma noi non la conoscevamo e per quanto fossi furioso per il suo atteggiamento, pregavo solo che lui stesse bene, mi interessava solo questo. Invano era stato il mio tentativo di avercela con lui, Niall aveva quella faccia che avresti perdonato sempre ed anche se non chiedeva scusa, lasciavi correre perché lo guardavi negli occhi, in quegli occhi e passava sempre tutto. Un po' come succedeva per quelli di Louis. Ti ci perdi sempre dentro e ci vedi il mare, il cielo dopo che ha piovuto, ci vedi l'intero universo e tutte le cose belle, cose che vorresti fare sempre e solo con lui. Non lo sentivo da soli cinque giorni, solo cinque eppure sembrava essere passata un'eternità. Avevo voglia di raccontargli di tutte le cose che avevo fatto in quei soli cinque giorni: avevo passato i test di metà semestre, la mia media si era miracolosamente alzata, anche quella di Beth che non rischiava più la bocciatura, iniziavo a pensare che il college per noi era più vicino e il diploma già tra le nostre mani. Avevo voglia di raccontargli della stella cadente che avevo visto, il mio desiderio ed avevo voglia di sentire la sua voce, mi sarei accontentato di sentirlo studiare, anche se non mi interessava nulla di quello che stava ripetendo, sentirlo era sempre bello. Ma non potevo, dovevo restare fedele alla mia promessa, avevo fatto un patto con me stesso, un altro. Louis sarebbe stata la mia rovina, dovevo come disintossicarmi da lui, ma il risultato qual era? Nessuno, solo una grande mancanza che nemmeno la pizza di nonna riusciva a colmare.
Il professore finì di spiegare i sistemi operativi qualche secondo prima che la campanella ruppe il silenzio dei corridoi. "Respira" – mi dissi non appena incontrai Betty davantiil mio armadietto.  
«Non è venuto neanche oggi. Che cazzo di fine ha fatto quel figlio di puttana?» - esordì subito Beth con la sua solita delicatezza; mi squadrò un secondo, notò il giacchetto di pelle stretto tra le braccia e gli occhiali da sole sistemati tra i ricci confusi - «Vai via?»
«Sì non mi sento bene, sarà questo tempo maledetto. Tu come stai?»
«Sempre bene - disse fingendo un sorriso, la conoscevo troppo bene - Hai sentito Niall?» - Azzardò a chiedere, ma la mia risposta fu solo un semplice portare in alto le spalle.
«Io vado, nel pomeriggio passo da tua zia, fatti trovare lì» - le stampai un leggero bacio sulla fronte, il nostro sigillo d'amicizia e mi incamminai verso l'uscita secondaria.
Come può l'assenza di qualcuno cambiare tanto una persona come Betty? Non trovai una risposta sensata durante il tragitto che mi divideva da Niall.
Ed eccolo lì, seduto su uno dei gradini della scala antincendio, degli occhiali neri coprivano i suoi occhi azzurri, con la sua sigaretta stretta in modo assurdo tra le mani "Ah se ti vedesse Zayn come tieni quella sigaretta, ti ucciderebbe"
«Alza il culo e andiamo lontano da qui» - gli dissi porgendogli la mano per alzarsi.
«Perché?»
«Sono giorni che sei sparito, né un messaggio, né una chiamata. Ed ora muoviamoci perché se ci vede la tua ragazza castra prima me e poi uccide te» - Niall si fece convincere, buttò per terra la sigaretta da poco iniziata e ci incamminammo verso il parcheggio della scuola dove avevo la macchina.
«Ascolta Harry a me dispiace di essere sparito, ma avevo bisogno di staccare la spina dopo ciò che è successo. Tutto qui» - misi in moto non appena Niall finì di dire la frase.
«Io e Beth ti avremmo lasciato il tuo spazio, basta che ce lo dicevi. Avremmo capito e lasciato solo, ma non pensi che così hai solo peggiorato le cose? La tua ragazza o insomma quello che siete sembra come un morto vivente, io ero preoccupato; non fare più questi scherzi Horan perché ti giuro che al prossimo giro, ti castro io personalmente»
«Harry devo parlarti di una cosa seria, niente scherzi»
«Infatti io non scherzavo. Dai forza, ascoltiamo cosa hai da dire» - Niall fece un lungo respiro, esitò qualche secondo, ma nel momento delle sue prime parole, iniziò a singhiozzare. Non lo avevo mai visto piangere, in realtà non lo avevo mai neanche mai visto triste - «Niall cos'è successo? È successo qualcosa a casa?»
«Non so neanche da dove iniziare Harry, mi vergogno troppo a chiedertelo, io non sono di questi tipi, ma il mio futuro dipende da tuo padre»
Lo guardai con aria perplessa - «Cosa c'entra mio padre?»
«È tutto un estremo casino Harry. Tre giorni fa, sai quando non sono venuto a scuola? Ero a Londra, l'università per musicisti dove vorrei studiare organizza una settimana di pre-corsi. In questa settimana si studiano le materie che si affronteranno negli anni del college, come un piccolo assaggio di ciò che ci aspetta. Per entrare però c'è da fare come un provino, per far vedere che sei davvero bravo o che almeno sai suonare qualche strumento. Chi riesce ad accedere ha il 90% di possibilità di essere poi preso come studente. Ma la cosa più bella e vantaggiosa è che a fine settimana, dieci ragazzi che si sono distinti per capacità di apprendimento e talento vincono una borsa di studio. Per me è la cosa più allettante perché i miei non riescono a permettersi una scuola del genere e una borsa di studio risolverebbe tutto. Io ci ho provato, ho fatto quel provino. Sono andato con la mia chitarra, le mie canzoni ed ho aspettato. Mi hanno chiesto di suonare un mio pezzo e poi suonare un loro spartito; ho iniziato prima con il mio. Ma alla quarta nota, un signore mi ha fermato e detto "un biondino con una chitarra si è già visto". Ed io lì sono scoppiato, non mi ha fatto neanche finire, anzi iniziare la mia canzone che subito si è permesso di dire quella frase»
«Niall... - lo interruppi - Ho capito, ma cosa centra mio padre in tutto ciò?»
«La frase l'ha detta lui. Quell'uomo era tuo padre, l'etichetta discografica di tuo padre è una delle etichette che mettono in palio la borsa di studio. Ho provato a spiegare che suono anche altri strumenti, che nel mio avevo una bella voce, ma tuo padre ed i suoi colleghi erano troppo impegni a chiacchierare tra loro. Ho visto la mia opportunità scivolarmi tra le mani, i miei non possono permettersi una retta tanto alta e con i miei voti a scuola, anche se alti, non mi bastano per farmi avere la borsa di studio in quella scuola»
«Biondo io capisco il tuo rammarico, ma cosa dovrei fare io?»
«Devi parlare con tuo padre Harry. Sempre se vuoi, io mi vergogno a chiederti questo piacere ed ecco io capisco se tu non vuoi...»
Lo interruppi di nuovo - «Io so quanto vali e per questo parlerò con mio padre, se non partecipi tu a quel campo o cosa cazzo è, non dovrebbe parteciparci nessun'altro»
Niall si asciugò le lacrime con la manica della camicia di flanella e mi ringraziò con un abbraccio.
«Ora però tu vai a casa, chiami Beth e la inviti a cena questa sera»
 
17 MARZO – 23.06
«Ehi papà!»
«Ehi Harry, che ci fai ancora sveglio?»
«Papà sono solo le undici e poi devo chiederti un piacere» - ultimamente io e mio padre non parlavamo quasi mai e quel poco era per chiedere come andasse la scuola e con gli amici. Era troppo impegnato con i preparativi del nuovo ufficio a Los Angeles, una nuova boy-band da lanciare e anche una certa Penelope si era messa di mezzo.
«Dimmi riccio, però veloce che non ho tempo da perdere che domani parto per la Spagna»
"Sai papà, forse ci farebbe bene del tempo da soli. Come quando da bambino prendevi un pomeriggio libero a settimana e mi portavi in giro con la tua vecchia Cadillac bianca, con il tettuccio abbassato e sentivo i capelli leggeri e poi prendevamo il gelato sempre al solito bar. Un giorno anche nel bar di mamma, ma lei non c'era. Quella sera hai anche pianto, non ti avevo mai visto piangere. Pensavi davvero che non lo avrei mai scoperto? Invece sbagli. Oppure ti ricordi quando prendevamo il primo aereo per località sconosciute, basta che nella valigia c'era un costume e un cappello. Non importava dove, peccato che una volta siamo riasti bloccati in Germania e lì il costume non andava bene. E allora mi hai comprato la felpa, quella verde. Mi arrivava alle ginocchia, ma io l'ho sempre adorata. Ora mi accontenterei anche del bar all'angolo e di un thè preso veloce, ma non hai tempo per questo, per me. Non sappiamo più nulla dell'altro. Io sono cresciuto, vivo un amore, un ragazzo che sicuramente ti piacerebbe perché amate le stesse cose ed il calcio. Mentre a me annoia, ma per amore di Zayn, sopporto quelle due ore di partita del Manchester City e poi facciamo l'amore. Forse l'ultimo dettaglio è meglio non dirtelo, mi hai sempre appoggiato e sostenuto nella mia sessualità, ma se sapessi cosa riesco a combinare a quel povero ragazzo, penseresti che sono una bestia. Avrei tanto voluto dirtelo, confidarti i miei dubbi sul sesso, ma ho dovuto scoprire piano piano tutto e forse è stato meglio così. Zayn ti piacerebbe anche sul fronte musica, vi piace il Rock degli anni 90 ed entrambi fumate con la mano sinistra, anche se non è la vostra mano. Pensa, piace persino alla nonna, l'ha beccato l'altro giorno che si aggirava in mutande per la cucina, mi ha anche chiamato la sera per dirmi che avevo buon gusto. Da non credere vero? Invece questa Penelope com'è? Spero non una di quelle sgallettate che sei solito portarti a letto, devo ancora digerire l'ultima che mi hai presentato, mi sfugge anche il nome. Sai papà, tra meno di tre mesi mi diplomo e sono indeciso su cosa studiare. Vorrei studiare letteratura, scrivere della vita. Oppure studiare architettura e girare il mondo, andarmene in Italia, perdermi per le vie di Roma, poi prendere un volo e studiare la bellezza della Sagrada Familia. Vorrei vivere così fino a trent'anni, poi forse mettere la testa a posto e iniziare a costruire cose mie. So una cosa, non voglio fare la tua vita, non voglio portare avanti l'impresa di famiglia, perché a me la musica piace, ma non ne voglio fare un lavoro perché poi non sarebbe più un piacere, la mia voce la terrò per i nipotini e insegnerò loro a cantare, come ha fatto nonna. Ho voglia di fare le mie esperienze e se farò qualche cazzata, ben venga. Voglio vivermi i miei diciott'anni. La confusione di questi anni, ed ad ammetterlo ora lo sono parecchio. Non so cosa fare, forse sono innamorato di Louis, un giorno ti parlerò anche di lui e di come mi fa star bene, meglio della musica. Mi sento come quando tu e la mamma stavate insieme e lei ti scriveva le lettere d'amore che tu conservi ancora nel terzo cassetto della tua scrivania, le ho lette tante di quelle volte. Io sono come la mamma e appena le cose hanno iniziato a farsi più serie, sono scappato via da Louis. Ma cazzo papà, tu dovresti vederlo quanto è bello quando sorride o quando suona. Ma non poteva funzionare anche se io ne sono forse innamorato. Ma è amore ciò che non hai mai visto davanti ai tuoi occhi o sentito l'odore che emana la sua pelle? No, non è amore. Ci si avvicina, lo si confonde ma non può essere, lui è destinato a qualcuno di migliore di me, qualcuno che lo sappia amare. Io combino solo tanti, tanti casini. Zayn è la mia certezza e lo ripeterò, lo ripeterò finchè capirò anch'io che questa è la verità. Ma questi miei pensieri sono troppi e tu troppo occupato a mettere in fila le cravatte nella valigia. Ho ancora bisogno di qualcuno che mi insegni a nuotare in questo mare chiamato vita"
«Allora cosa devi dirmi Harry?» - mio padre mi riprese dai miei pensieri, il tono fermo della sua voce mi aveva sempre intimorito, presi coraggio ed iniziai a parlare, lo dovevo a Niall.
«Due giorni fa hai sentito un ragazzo suonare una chitarra? Biondino, occhi azzurri, con origini irlandesi...»
«Ne sento mille tutti i giorni, ha fatto l'audizione per il college a Londra?» - presi il telefono e gli mostrai una sua foto. Gliel'avevo scattata di nascosto, mentre con una penna in bocca e la chitarra sulle ginocchia scriveva nuova musica. In quel momento lo avevo trovato bellissimo e senza pensare avevo scattato quella foto che tenevo segretamente come sfondo tra le nostre conversazioni.
«Oh sì ricordo di lui, si è messo a frignare qualcosa dopo che l'ho bloccato. Ha delle buone dita ma testo sciapo»
«Bene, lui è il migliore che mai sentirai nella tua vita. Quindi ora chiami una delle tue assistenti e fai mettere il nome di Niall James Horan nella lista degli studenti che parteciperanno al corso. Senza se, ma o perché» - dissi con un'arroganza che non mi apparteneva, stupendo persino mio padre.
«Va bene, ma solo a due condizioni» - non si sarebbe mai fatto scappare l'opportunità di comandarmi, almeno per una volta.
«Quali sarebbero?»
«Il tuo amico entra solo se, prima cosa, a Maggio vieni con una settimana a Los Angeles, vedrai come sta venendo su lo studio e vedrai casa, magari ti arredi anche la tua camera. Seconda condizione, a quel campo ci sarai anche tu. Non voglio sentire scuse, non parteciperai come studente ma come uno dei miei assistenti, aiuterai Tamara, la mia assistente. Fai questo e il tuo amico è dentro» - mi porse la mano come a suggellare quel patto e l'unica cosa che potevo fare era stringergliela - "Per Niall questo e altro".
«Harry prima di andare in camera aspetta» - lasciò per un attimo perdere la sua valigia, prese il telefono e chiamò Tamara, la sua più fedele collaboratrice.
«Tamara scusa per l'ora, dovresti inserirmi nella lista del campo anche un...Harry mi ripeti il nome?»
«Niall James Horan, numero il 232677»
«Tamara eccomi allora Niall Horan con numero 232677, cerca tra l'elenco dei partecipanti le ulteriori informazioni e poi manda tutto alla segreteria del college. Ci vediamo domani in aeroporto...Sì buonanotte anche a te - chiuse il telefono, infilò l'ultima camicia nella valigia e chiuse anche questa - contento ora? Vai a dormire adesso che è mezzanotte passata»
«Grazie papà»
 
Era inutile aspettare l'indomani per comunicare la notizia a Niall, presi il telefono e digitai il messaggio - «Ho una bella e una brutta notizia. Quale vuoi prima?»
«La brutta» - rispose immediatamente.
«Al campo o quello che diamine è, dovrai sopportare anche me. Non c'è bisogno di dirti la bella, traine tu la conclusione. Notte biondo!»
«Grazie Harry e ti saluta Beth, è qui con me. Buonanotte»
«Risalutala»
Pochi attimi dopo sentii il telefono squillare, un numero sconosciuto, mi decisi di rispondere solo al settimo squillo, per un attimo, uno soltanto, sperai che dall'altra ci fosse quella voce che mi aveva preso testa e cuore.
«Non sono Louis, mi dispiace per te» - ironizzò la voce femminile dall'altro capo del telefono.
«Beth che c'è?»
«Perché non lo chiami?»
«Chi?»
«Louis»
«Dovresti essere dalla parte di Zayn, soprattutto tu»
«Sì, prima di leggere il tuo diario»
«Dovrei?»
«Mi chiedo perché tu non lo abbia ancora fatto»
«Come hai fatto a leggere il mio diario?»
«Dovresti cambiare la combinazione del tuo armadietto, è troppo semplice. Notte Styles»
 
LOUIS
18 MARZO – 07.10
«Buongiorno Leeyum» - biascicai qualche parola, ero da pochi minuti in piedi, mettere un discorso di più di qualche lettera, appena sveglio, era per me un'impresa impossibile. Al contrario di Liam, che sveglio lo era da più di due ore.
«Giorno LouLou, vuoi del caffè?» - rifiutai, l'odore del caffè di prima mattina non era proprio di mio gradimento, in realtà non lo era mai.
«Da quanto sei sveglio?»
«Più o meno dalle quattro di questa notte o di questa mattina»
«Tu che ti svegli alle quattro di mattina? Quale novità è mai questa?»
«Vedo che la tua memoria peggiora di giorno in giorno» - lo guardai con aria interrogativa, le frasi enigmatiche di Liam era insopportabili di prima mattina, più dell'odore di caffè - «Oggi ho l'ultimo esame e se lo passo a fine mese inizio il tirocinio in un vero studio discografico, uno di quelli cazzuti e importanti. Inizio la prima settimana come assistente di una certa Tamara, assistente personale del manager. E se mi va bene quella settimana mi prenderanno due mesi nel loro studio, se riesco ad entrare lì dentro ho fatto il botto. Tieni leggi il bando. - Liam mi passò il foglio, non mi interessava davvero leggerlo ma sapevo che ci teneva a questa cosa. Studiava da più di due anni scienze musicali e teatrali, voleva far i soldi con la musica degli altri ed era davvero bravo. Studente modello di uno dei college più importanti di tutta Londra, orgoglio dei genitori e temuto dai suoi compagni di classe. Liam aveva una marcia in più, non solo era terribilmente e fastidiosamente tenace e ambizioso ma sapeva suonare. Riusciva subito a capire se era una mano esperta e questo lo aiutava molto, non importava quanto gli altri studiassero la teoria, lui era più bravo perché mio nonno gli aveva insegnato come riconoscere la buona musica.
«Sono felice per te Lee, se passi stasera si festeggia!»
«Sempre se riuscirai a stare in piedi, hai dormito due ore, si vede» - il ragazzo indicò divertito i cerchi rossastri sotto i miei occhi.
«Ma se sono andato a dormire alle undici»
«Guarda che ti ho sentito parlare con Ryan al telefono!»
«Non era Ryan»
«Ah e cos'è successo con lui?» - stranamente non chiese chi era, ma cosa fosse successo con Ryan, ma credo che era abbastanza aggiornato su questo fronte, non c'era giorno che lui e Milly non spettegolassero di me in caffetteria.
«Non è andata bene, non avevamo testa per intraprendere una relazione seria»
«Come se il problema fosse la testa» - rispose con strafottenza senza neanche guardarmi.
«Cosa staresti insinuando?»
«Che la testa te la romperei io molto volentieri. Non è la testa, ma sei tu e se vogliamo metterla in chiave romantica è un problema di cuore, perché tu sei semplicemente preso, cotto perso, azzarderei a dire innamorato di quel fottuto Harold. E se proprio vuoi dire che è un fatto di testa, bene, hai la testa piena e straripante di quel ragazzino. Ti ha chiamato alle due e tu gli hai risposto, questa casa ha mura troppo sottili per non sentire il tuo cellulare suonare e la vostra romantica conversazione. Quindi, ho l'esame alle undici, ho finito di ripassare da almeno mezz'ora. Ti siedi su quella bella poltrona rossa e mi dici tutto quello che vi siete detti fino ad un'ora fa» - Liam parlò velocemente, a tratti non capii nemmeno le sue parole, ma quello che aveva appena detto era la verità più assoluta, quella che io non riuscivo ad ammettere. Perchè confessare ciò che provavo, voleva dire renderlo reale ed io non ero pronto.
«Sei tremendo»
«Parli tu o devo farti parlare io?»
«Ok ok, parlo io - mi arresi - Mi ha inviato un messaggio verso l'una chiedendomi se io ce l'avessi con lui per ciò che mi ha scritto e non gli ho risposto o meglio, per i primi dieci minuti non gli ho risposto, poi la voglia di sentirlo mi ha assalito, sono così dipendente da lui Liam. Mi ha chiamato e abbiamo parlato di ciò che siamo, che vorremmo essere. Ognuno dei due si è accorto che non stiamo vivendo una semplice amicizia, che entrambi proviamo qualcosa di più per l'altro. Harry si è anche azzardato a dire la parola amore. Io gli ho detto che era esagerato parlare di amore, ma alla fine volevo darmi solo un tono. Perché penso anch'io che sia amore o una sua sottocategoria e lo penso da tanto di quel tempo che ho perso il conto. Quando lui me l'ha detto, ho avuto una morsa allo stomaco, ero felice. Ero felice come non lo ero da tanto tempo. Non ero così dalla sera del mio diploma - e Liam sapeva che se facevo quel paragone era perché felice lo ero davvero - Mi ha raccontato tutto ciò che ha combinato in questi giorni, che poi sono solo cinque ma cazzo a me sembravano così lunghi senza di lui. Tipo se avessero cancellato la mia playlist preferita e avessero lasciato le uniche canzoni che non sopporto, mi sento sempre così senza Harry e infine siamo scesi ad un patto: niente più patti. Quello che capita lo viviamo appieno, lui manterrà la sua relazione con Zayn, finché non capirà cosa vuole fare. Tutto qui» - riassunsi tutto ciò che ci eravamo detti in quelle ore di conversazione, senza tralasciare nulla ma omettendo le mie emozioni, ero felice, lo ero davvero, ma allo stesso tempo mi sentivo distrutto e sopraffatto da quel sentimento e dalla scelta di Harry di rimanere insieme al suo ragazzo. Liam durante tutto il racconto mi guardava con uno sguardo che variava tra il 'ti ucciderei' al 'vi ucciderei' e un po' lo capivo perchè anch'io mi sentivo così come preso in giro da tutta quella situazione.
«Chiamalo tutto qui! Ti farai trattare così? Come l'amante di turno?»
«Non sono un amante»
«Tu puoi frequentare qualcuno?» - chiese Liam, il sopracciglio portato in alto. Mi aveva sempre urtato quel suo gesto, mi faceva sentire infinitamente giudicato e non era bello provare quell'emozione davanti al mio migliore amico.
«Sì posso, ma gli ho promesso che non l'avrei fatto»
«Perché no?»
«Perché non è giusto nei suoi confronti Liam!»
«Ma nei tuoi confronti è giusto che lui resti insieme al suo ragazzo? Svegliati Louis, sei il suo fottuto amante apri gli occhi che stupido non lo sei! E sono sicuro che ti renderai conto che questa cosa è assurda e senza senso!» - Liam si alzò, chiuse il libro e andò in camera, lasciandomi solo con tutti i dubbi che le sue parole avevano portato. Avevo ancora rispetto verso me stesso? Si ha rispetto verso se stessi quando si prova così tanto per un'altra persona? No.
 
 
18 MARZO – 15.22
«Liam non ha ben preso il nostro riavvicinamento» - dissi mentre Harry canticchiava qualcosa. Eravamo al telefono già da qualche ora ed il ragazzo non aveva smesso neanche un minuto di canticchiare, parlare o sorridere. Mi beai di quel tono sereno, di quell'Harry spensierato nel sentire anche solo il suono della mia voce.
«Perché?»
«Pensa che non sia giusto per me e ha paura che io ci stia male»
«Ci stai male?»
«No» - aggiunsi frettolosamente, non volevo fargli pensare il contrario anche se non mi sentivo totalmente bene e a mio agio in quella situazione. Volevo Harry e lo volevo solo per me, ma non avrei mai potuto competere con Zayn, come lui stesso mi aveva detto - "È qui mentre tu no". La distanza ed il non esserci mai visti aveva iniziato a pesare proprio in quei giorni, gli avevo proposto di incontrarci ma lui aveva rifiutato.
«E allora non ascoltarlo» - Harry negli ultimi due mesi era diventato molto più sicuro di sé e quella frase ne era la dimostrazione, in più io ero dipendente da ciò che diceva, mai avrei pensato di non dar retta a Liam, non lo avevo mai fatto, ma se me lo diceva Harry, era giusto ascoltarlo.
«Che canti da dieci minuti?»
«Complicated – Avril Lavigne.»
«Perché quella canzone?»
«Non spiega bene la nostra situazione? - la sua risata cristallina arrivò al mio orecchio - Oggi in macchina è capitata, erano anni che non la ascoltavo e poi ecco che è passata e ho pensato a noi»
«Perché a me e te?»
«Noi Louis, noi. Non io e te. Io e te siamo io e Zayn, c'è qualcosa ma niente che ci lega. Poi ci siamo noi che siamo tutte le cose belle di questo mondo» - e a quelle parole il mio stomaco non resse. Era per quelle parole che sopportavo. Era per quelle parole che aspettavo.
«Le cose belle spesso fanno male»
«Ma spesso fanno anche tanto bene»
«Per ora fa solo tanto male Harry»
«Scusami Louis»
«Non pensi che tutto questo sia sbagliato?» - io e Harry ormai erano più di tre ore che eravamo al telefono, era bello sentire la sua voce, spegneva tutti i miei tormenti.
«Cosa Lou?»
«Questa cosa. Tra noi»
«No»
«Perché no?» - chiesi ancora, curioso di una sua risposta a quel no quasi urlato.
«Perché dalla mia parte ci sono sentimenti, veri e forti. Dobbiamo capire solo cosa fare»
«Prendi un treno e vieni qui, semplice»
«Louis, io devo capire prima cosa fare con Zayn. Cosa c'è tra noi che mi farebbe scegliere te e non lui»
«Come fai a capirlo se non ci vediamo? Se non mi baci o non mi prendi la mano? Dici che vuoi perderti nei miei occhi, ma devo capire come vorresti farlo se non vuoi venire qui e io non posso venire lì!» - ed urlai, per farmi sentire, per farmi capire.
«Tu non capisci Louis»
«Io non capisco mai nulla Harry, ma ha ragione Liam, questa cosa non è giusta per me. Va solo in tuo favore. E se diventerò un peso?»
Harry non rispose, per lui era sempre più semplice non rispondere a queste 'provocazioni' come le chiamava. Io alla fine non chiedevo niente, solo lui. Ma Harry doveva scegliere e subito.
 
18 MARZO – 23.22
Il pub era pieno di studenti; le lezioni erano finite in quei giorni e fino a metà aprile, nessuno voleva saperne di università, soprattutto io. Avevo dato il mio ultimo esame della sessione invernale qualche giorno prima, Liam invece era passato e quindi a fine mese avrebbe iniziato il suo tirocinio. Per mantenere la promessa aveva invitato me, un paio di amici e Milly a bere qualcosa. Nelle ultime settimane quei due si erano avvicinati un po' troppo, i primi tempi dicevano che parlavano di me, ma avevo iniziato a credere che si piaccessero. Liam era stato lasciato da Mya dopo che mi aveva difeso per la storia con Eleanor. Quest'ultima non aveva preso bene la mia decisione di darci un taglio definitivo, dopotutto lo stavo facendo anche per lei, ma non l'aveva capito. Per giorni avevo subito le sue offese, quelle di Mya e in più anche un pugno da Max, miglior amico di El. Ma me lo meritavo, forse avrei dovuto pensarci prima a cosa andavo incontro. Milly invece aveva un ragazzo da sei anni. Si erano messi insieme durante il liceo; era quasi un anno che cercava un modo per lasciarlo, ma aveva sempre paura di fargli male, a lei non piaceva far questo alle persone. Le dicevo sempre che era troppo buona ma mi sorrideva e rispondeva che era fatta così e che non ci poteva fare nulla.
«Brindiamo ai nuovi inizi!» - disse Liam alzando in aria la bottiglia di birra.
«Ai nuovi inizi.» - ripetemmo in coro, facendo battere il fondo di bottiglia tra di loro.
«Altro giro? Che prendete?» - il mio migliore amico iniziava ad essere alticcio e anch'io, molto di più, visto la moltitudine di pensieri senza senso che mi giravano in testa ed il fatto che Milly iniziasse ad avere tre occhi.
«Io salto questo giro, ho bisogno d'aria»
«Aspettami Tommo vengo con te!» - io e la ragazza ci dirigemmo verso l'uscita, barcollanti ed incollati uno all'altro, non sapevo bene chi reggesse chi, ma riuscivamo a stare in piedi e questo era già tanto.
«Ti va di fare una passeggiata? Ho bisogno di camminare» - proposi non appena varcammo la porta del solito pub e l'aria fredda mi colpì in viso.
«Certo - Milly mi sorrise dolcemente - In quella direzione c'è un parchetto, andiamo lì»
 
Il parco era poco più grande del giardino di casa mia, per illuminarlo bastavano quattro lampioni, quattro erano anche le panchine presenti, anzi tre, senza contarne una rotta all'entrata.
«Andiamo lì!» -  Milly indicò l'altalena un po' più giù e sempre poggiati uno all'altro ci dirigemmo verso quel vecchio gioco.
«Sono troppo ubriaco per dondolarmi su un'altalena, potrei vomitare da un momento all'altro»
«Non essere sempre così negativo! Voglio solo sedermi e parlarti» - La ragazza si tolse i tacchi e iniziò a camminare a piedi nudi sull'erba che portava all'altalena - «Louis muoviti!»
«Di cosa devi parlarmi?»
«Liam. Mi piace!» - non fui sorpreso da quell'affermazione, avevo ben capito che tra quei due c'era qualcosa, anche se non sapevo ben cosa. Milly parlava spesso di Liam, così succedeva anche che lui mi parlasse molto di lei, dei suoi modi di fare e del profumo che emanavano i suoi capelli. Sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa, lo pensavo dalla sera di capodanno dell'anno prima quando li presentai.
«L'avevo capito»
«E del ragazzo che ti piace»
Accesi la sigaretta, non ero un accanito fumatore, ma qualche volte mi permettevo il lusso di fumare. Avrei sopportato il discorso su Liam, su quanto carino fosse con quelle sue camicie bianche o con il suo nuovo tatuaggio, ma non reggevo un altro discorso su Harry. Anch'io avevo raggiunto un limite a questo argomento. Era una cosa mia e solo io dovevo affrontarla. Da solo. Senza gli inutili consigli di Liam o la chiacchierata con Milly, sapevo che non era stata una sua idea.
«Louis...?»
«Dimmi»
«Combatti. È uno sconosciuto che ti conosce meglio di chiunque altra persona al mondo e questa cosa dovrebbe farti riflettere. Non è una storia da internet, si vede come sei diventato negli ultimi tempi. Ti manda in paradiso e poi all'inferno, ma alla fine ti rende felice più di qualsiasi altra persona, più di me e Liam. Eleanor o Ryan questo effetto non te lo facevano e se per lui hai detto ai tuoi migliori amici di essere gay, oppure hai iniziato a prendere la vita di petto dopo la morte di Alex, credo che dovremmo proprio ringraziarlo. Liam non lo capisce, non ti vede come ti vedo io. Stamattina quando hai ricevuto il suo messaggio del buongiorno sei come diventato di buonumore e stavamo facendo l'ultima lezione di diritto pubblico. Nessuno è felice durante diritto pubblico, ma lui è riuscito a farti sorridere. Liam non ti ha visto mentre parlavate al telefono, sì, ti ha sentito ma non visto. Diventi come un bambino il giorno del suo compleanno. Ti si illuminano gli occhi ad ogni sua parola ed io l'ho visto. Con Ryan non era così. Quando parli con lui fai quel tuo sorriso che, cazzo, farebbe invidia anche a Dio. Sopporta, se devi fare l'amante fallo, perché l'amore non è come quello dei film, ma ogni tanto trionfa anche per noi comuni mortali e questo è il tuo caso Louis»
«Senza di lui io non sono un gran che. Ma se mollassi tutto? Harry ha comunque un ragazzo» - ammisi con un filo di voce.
«E se per una volta lotti e ti fai valere Louis?»
«Non lo so Milly...»
«Nessuno te lo porterà davanti casa, non lascerà magicamente il suo ragazzo per te che non ti ha mai visto. Tu devi lottare, ce la farai?»
«Per Harry questo e altro»
«Basta pensare che è assurdo tutto questo, esistono storie così. E la distanza non conta - Milly scese dall'altalena, barcollante mi sorrise, con quel sorriso che di solito mi dedicava e disse - Io vado da Liam. Tu non credo che rientrerai»
 
L'orologio aveva da poco segnato la mezzanotte, io ero ancora su quell'altalena con il telefono stretto tra le mani. Avevo provato a chiamare Harry un paio di volte, ma per tutte e due le volte mi aveva risposto la sua segreteria.
«Il cielo stellato mi ricorda te e il tetto di casa tua. E non bastano le belle canzoni, l'alcool e non bastano gli amici quando non ci sei tu, io non ricordo chi sono» - arreso gli inviai un messaggio ma non passarono neanche cinque minuti che il telefono iniziò a squillare.
«Pronto?»
«Louis scusami ero da Zayn e avevo il telefono staccato» - "Ero da Zayn", giusto, era dal suo fidanzato. Potevo pensarci, mi sentii tanto stupido in quel momento ed usato, perchè io venivo dopo del suo ragazzo.
«Scusa di averti disturbato Harry, buonanotte»
«Dai Louis non fare così!»
«Vaffanculo Harry!»
«È lui il mio ragazzo, mi sembra normale passarci del tempo insieme e se proprio lo vuoi sapere c'ho scopato, almeno lui è qui!» - disse urlando ed io chiusi gli occhi e cercai di reprimere tutta la rabbia, l'umiliazione e le lacrime che stavano per venire fuori.
«Ma hai ragione Harold, è lui il tuo ragazzo, non io, ed è lì. Buonanotte!» - riattaccai il telefono, non volevo sentire cosa mi avrebbe detto Harry, come avrebbe giustificato quella frase sempre se l'avesse fatto.Non volevo sentire un'altra volta il nome di Zayn pronunciato da Harry, perchè faceva male ed io ero stanco di sentirmi sempre così, rotto.
 
«Mi dispiace per la frase Louis, sono incazzato e non volevo prendermela con te. Scusami ancora» - Harry mi inviò un messaggio per chiedere scusa, ma forse per la prima volta non ero interessato a rispondergli. "Potevi pensarci prima caro Harry!"
«Milly io torno a casa» - le inviai un messaggio, era tornata al pub, doveva tornare dal suo Liam che suo non era ancora, ma un po' ci sperava in quella sera, sarà stata la luna, la bella serata o il troppo alcool. Dovrebbero vietarlo agli innamorati, l'alcool. Forse a me ne serviva direttamente iniettato in vena per superare la situazione con Harry, per prendere coraggio e dirgli quello che davvero volevo essere per lui, ma la situazione era quella, non potevo cambiarla e andava bene così, non andava bene, però me la facevo andare bene. Mi serviva dell'alcool solo per dimenticare quella frase.
 
19 MARZO – 01.47
«Dormi?» - sentii il telefono vibrare in piena notte ed alzai gli occhi al cielo non appena lessi chi era a mandarmi quel messaggio.
«No. Conosci i miei orari Harry» - da un anno a questa parte dormivo poco più di quattro ore a notte, se tutto andava bene prendevo sonno alle tre e la sveglia suonava alle sette in punto. Ma quella sera era diversa, la sveglia era stata tolta. Erano iniziate le vacanze di primavera, aggiunte alle vacanze di Pasqua. Per un mese niente università, niente lezioni di diritto che non sopportavo. Non sarei tornato a casa per quelle vacanze, la mia famiglia sarebbe partita per l'Egitto, Liam invece avrebbe iniziato il suo tirocinio. Avrei sprecato quei giorni tra letto e divano, andava più che bene così.
«Hai iniziato le vacanze?»
«Sì Harry»
«Andrai da qualche parte?»
«No, da nessuna parte» - risposi velocemente sperando che non approfondisse il discorso, perchè davvero non ero pronto per parlare con lui della mia famiglia.
«Sei incazzato con me?»
«No, Harry»
«Allora cosa sei con me? Qui sì o no non puoi rispondere»
«Non lo so, non sono arrabbiato, forse l'espressione 'ci sto da schifo' rende bene l'idea»
«Mi dispiace Louis io non volevo farti del male, non dovevo parlarti di Zayn o di averci scopato. Mi dispiace»
«Non mi interessa Harold, va bene così è il tuo ragazzo, te l'ho detto»
«Ho capito. Buonanotte Louis»
 
22 MARZO – 11.00
«Louis devo parlarti»
«Cos'è successo Milly?»
«Puoi venire a casa?»
«Venti minuti e sono da te»
Milly abitava a quattro fermate di metro da casa mia. Divideva l'appartamento con una sua cugina italiana ed altre due ragazze. Insopportabili, parlavano troppo per i nostri gusti e tutto ciò che dicevano era riguardante il gossip e moda. Passavano la loro vita dietro ragazzi fidanzati, la loro massima aspirazione era rifarsi tette e naso. Poi avrebbero cercato un calciatore o qualcuno che le tenesse per tutta la vita, possibilmente con una carta di credito d'oro in tasca.
Suonai al suo citofono ma il portono venne aperto senza chiedere neanche chi fossi. E poi la vidi lì sulla porta, il suo enorme pigiama rosa copriva il corpo snello, una coda alta raccoglieva i capelli scuri.
«Ora dimmi tutto!» - dissi salendo gli ultimi scalini ed immediatamente lei cadde fragile tra le mie braccia.
«Ho lasciato Stan»
«Come?» - dopo sei anni aveva avuto il coraggio di finirla con quella storia. La storia della sua adolescenza che si era portata troppo tempo avanti. Pensavo di vederla distrutta, con cioccolata e sigarette, ma lei non era quel tipo di ragazza. Era sul divano con il suo libro preferito tra le gambe ed una proposta da farmi.
«Era finita tempo fa. È stato meglio così. Comunque per il suo compleanno avevo comprato due biglietti per Parigi, me li ha restituiti e pensavo che magari potessimo partire insieme. Almeno ci riprendiamo tutti e due. Ti va?» - le avevo raccontato di Harry, del male che le sue parole mi avevano fatto, ma la sua risposta era stata nuovamente "Lotta, lotta anche se fa male".
«Parigi? Insieme? Quando?» - disse entusiasta.
«Settimana prossima. Liam è a fare il tirocinio, nessuno dei due torna a casa. Rispondimi di sì ti prego!» - Milly fece una strana smorfia, impossibile dire no a quei suoi occhioni verde scuro e al modo che aveva di arricciare le labbra.
«Va bene! Andremo a Parigi!»
 
24 MARZO – 09.20
«Ci ho provato a non pensarti per quattro giorni, ho camminato con lo sguardo basso, ho ringraziato il cielo di Holmes Chapel perché per quei giorni era solo grigio. Grigio come il mio umore. Quando il cielo è così io non ti penso e la mia testa mi ringrazia anche. Poi qualcuno mi fa questi scherzi, fa uscire il sole e si vede il cielo ed io lo vedo e sbam! Ogni cosa parla di te, di noi e penso che ho scoperto un nuovo modo per vederlo e mi perdo. Buongiorno cielo» - Harry mi aveva inviato un messaggio dopo tre giorni di assoluto silenzio. Mancavano pochi giorni alla mia partenza, da maniaco della perfezione avevo iniziato già a preparare la valigia. Poche cose essenziali, il viaggio sarebbe durato otto giorni, avremmo viaggiato per tutta la Francia e non solo Parigi come mi aveva detto all'inizio. Mi avrebbe fatto bene quel periodo lontano da casa, lontano da tutto e da Harry. Avrei lasciato il telefono a Londra, Liam aveva il numero di Milly, quindi per emergenza avrebbe potuto contattarmi sul suo numero. E forse Harry avrebbe capito che io meritavo più di una conversazione di venti minuti al giorno. Quello lo avrei scoperto non appena sarei tornato, ma adesso ero ancora lì e dovevo rispondergli, trovare una risposta adeguata a quello che mi aveva appena scritto.  A trovarne di parole adeguate a quel messaggio.
«Tu hai un problema con il cielo Harry. Non puoi prendertela con lui, è la cosa più bella che c'è ed è l'unica cosa che abbiamo entrambi in testa. Mi dispiace che ti ricordano i miei occhi, io non la vedo così, però grazie delle parole»
«Posso dirti una cosa?»
«No» - inviai ma tanto lo avrebbe detto lo stesso, perché Harry le cose per sé non se le sapeva tenere, metteva in atto i suoi pensieri perché non sapeva ancora riconoscere quando era giusto parlare o quando stare zitto, come i bambini.
«Voglio dirtelo ugualmente. Tu mi piaci, io ti voglio nella mia vita, hai stravolto tutto ed io ai cambiamenti mi ci devo abituare, 'prendere la piega' come dice mia nonna. Hai stravolto la mia vita e non in peggio. Mi sento come vuoto senza te, come innaturale, non so spiegarti. Se guardo dicembre, vedo un Harry che non riconosco. Non dico che questo mi soddisfi, è pieno di casini e dubbi ma mi piace perché ha te. Tutto qui...»
«Vado in Francia per una settimana tra qualche giorno. Prendiamoci una pausa, anche se non dobbiamo mettere nulla in pausa, non siamo nulla. Ha ragione Liam»
«Ma che cazzo Louis!»
«Cosa c'è?»
«Giuro che inizierò a dirti le cose al contrario!»
«Cioè?»
«Ti chiedo di rimanere nella mia vita, perché quelle parole alludevano a quello. Ti chiedo di sopportare la situazione ancora un po' e tu cosa fai? Vai via. Ti chiedo di non rompermi i coglioni e prima di andartene mi dici che senza di me faresti schifo. Bene»
«Allora dimmi di non romperti i coglioni, perché io voglio rimanere al tuo fianco, perché senza di te non fa tutto schifo, faccio schifo solo io» - la mia incoerenza era qualcosa di disarmante, ma non volevo una pausa da Harry, non me lo sarei mai permesso al contrario di ciò che gli avevo appena detto. Era come una calamita per me, qualsiasi cosa facesse io ne ero immancabilmente attratto a lui.
«Allora non dirmi che vuoi una pausa!» - sbottò Harry alzando di molto la voce
«Harry, devi capire che io ti voglio al mio fianco, ma voglio vederti e se deve andare bene, non voglio che ci sia qualcuno di troppo e per ora quello di troppo sono solo io» - inviai il messaggio ad Harry e spensi il telefono, la mia vacanza sarebbe iniziata da quel momento. Non aspettavo una risposta da Harry, per una volta a scappare sarei stato io.
 
30 MARZO – 08.30
«Milly muoviti abbiamo il volo alle 10.30!» - strillai dal citofono, la ragazza stava chiudendo la valigia, impresa eccezionale vista la mole immensa di vestiti che aveva dietro. Se lo sapevo avrei accettato di accompagnare Liam lì dove svolgeva il tirocinio. Si era svegliato alle quattro per prepararsi, dopo vari cambi di look aveva optato per una camicia, un giacchetto di pelle e dei jeans scuri. I capelli tirati dietro e la barba incolta. Ma era bello così. Alle sette di mattina era già al suo terzo caffè. Gli tremavano le mani per quanto era in ansia, era l'opportunità del suo futuro ed io ero felice per lui. Stava realizzando quello che sempre aveva desiderato essere e vederlo lottare per ciò mi riempiva di orgoglio. Erano finiti i tempi in cui il piccolo Liam si nascondeva nei bagni della scuola per evitare i bulli, in cui si rifugiava dietro di me. Ora ero io quello. «Sono fiero di te e fai il culo a tutti». Erano state queste le mie ultime parole prima di partire verso casa di Milly. La risposta di Liam fu un sorriso, di quelli veri, quelli che te li leghi ad un ricordo e te li ricordi tutta la vita. Mi aveva abbracciato e aiutato a portare giù la valigia - «Buon viaggio LouLou.»
Dopo dieci minuti di attesa vidi spuntare dal portone la testa di Milly, al seguito due valigie verdi.
«Staremo in Francia solo otto giorni!»
«Non so che tempo torneremo! Hai preso il giacchetto leggero?»
«Cazzo l'ho scordato per le scale mentre scendevo la valigia! Mi fai inviare un messaggio a Liam?» - Milly mi passò il telefono e guardai sorridendo la foto di lei e del mio migliore amico che aveva come sfondo del telefono - «Leeyum sono Louis, per favore ho lasciato il mio giacchetto di jeans su per le scale puoi metterlo in camera? Grazie»
«Già fatto! Buon viaggio ragazzi, un bacio!» - Liam rispose subito ed io riconsegnai il telefono alla sua legittima proprietaria.
«Andiamo?»
«Andiamo»
 
HARRY
30 MARZO – 09.00
 
«Odio mio padre»
«Dai Harry ci divertiremo.» - disse Niall con la bocca piena, sputandomi addosso qualche mollica. Lui sì che si sarebbe divertito, io dovevo stare dietro a mio padre e alla sua assistente.
«Ci vediamo dopo Ni, io vado a cercare Tamara, te hai l'accoglimento!»
«A dopo Haz!» - mi strinse in un abbraccio ed iniziò a correre nel grande corridoio che portava all'aula magna, con la sua chitarra sulle spalle ed un meraviglioso sorriso.
 
«Ehi Harry eccoti qui, era un po' che ti cercavo. Sei pronto per questa settimana?» - Tamara era la donna che sopportava da più tempo mio padre, dopo mia nonna naturalmente. Aveva quasi quarant'anni, ma se glielo chiedevi rispondeva sempre trentatré. Lei era rossa, dal carattere, ai capelli tinti, alle labbra fino ai tacchi Chanel rossi. Era l'unica donna che riusciva a correre su un tacco dodici. Credevo anche che fosse l'unica donna con cui mio padre non ci avesse provato, diceva che era troppo intelligente per mettersi con uno come lui. E in effetti Tamara era troppo anche per mio padre e se negli ultimi anni avevano avuto tanto successo era anche grazie a lei.
«No» - risposi freddamente sotto lo sguardo inquisitorio della donna.
«Ti divertirai, c'è anche un tirocinante, avete la stessa età più o meno, vieni che te lo presento» - mi trascinò per la camicia lungo tutto l'ingresso dell'università, finché davanti a noi non ci trovammo un ragazzo sulla ventina, barba incolta e occhiali da vista neri. Aveva come un'aria conosciuta.
«Lui è il nuovo tirocinante, Liam Payne. Starete nella stessa camera per questa settimana, per voi non valgono le regole degli studenti, ma comunque entro le due dovete essere nella vostra camera, regola del dormitorio. Ora fate conoscenza mentre io vado a bermi un caffè» - Tamara ci lasciò soli alla ricerca di una caffetteria, quella donna era dipendente dal caffè. Ma fu l'ultimo dei miei problemi poichè davanti agli occhi avevo la persona che più contava per Louis, nonché suo migliore amico.
«Harold Styles, chiamami Harry. Ma ci conosciamo già»
«Ah tu sei il figlio di Des! Non pensavo di avere il figlio come altro tirocinante» - Lo squadrai ancora un minuto, ero molto più alto di come lo immaginavo e più bello, avevo visto qualche sua foto, soprattutto quelle in cui era con Louis. Avevo sentito tante di quelle volte il suo nome e la sua storia insieme a quella di Louis che ormai era come se lo conoscessi. Mai avrei pensato di trovarmelo di fronte, addirittura viverci per una settimana insieme. Avrei voluto chiedergli di Louis, di portarmi da lui, ma Louis non c'era, era scomparso da più di tre giorni.
«Non sono un tirocinante, sia ben chiaro. Sono qui perché mi ha obbligato mio padre a venir qui» - dissi freddamente, senza accennare minimamente a Louis, non gli dissi che ero io il ragazzo per il quale il suo migliore amico aveva una cotta, anche se morivo dalla voglia di parlare di lui e magari avrei anche convinto Liam a vedermi sotto una luce differente. Avrei sfruttato quel momento, avrei scoperto ancora di più su Louis e forse sarei anche entrato nelle grazie di Liam, così da non remarmi contro. Liam mi sguardò per qualche secondo, per un momento sembrava come se mi avesse riconosciuto, ma poi mi sorrise chiedendomi di scambiarci i numeri. Ingenuo e stupido Payne.
«Sì se mi passi il telefono te lo scrivo» - sbloccò il suo telefono e me lo passò ed mi soffermai sul suo blocco schermo, indugiando forse un po' troppo, ma era Louis quello ritratto in quella foto ed era troppo bello per non contemplare lui ed il suo magnifico sorriso.
«Io vado un attimo in bagno, ti lascio il telefono intanto scrivi il numero» - Liam si allontanò in direzione del bagno, salvai il numero e senza pensarci due volte entrai nella sua galleria. Foto di Liam in vacanza, del suo cane, autoscatti ed infine le foto con Louis. Le guardai velocemente, era sempre bello, anche in un video in cui da ubriaco fradicio rimetteva sul tappeto. Di Liam neanche l'ombra, decisi allora di scrivere un messaggio a Louis con il telefono del suo migliore amico, non importava se l'avesse letto solo al suo ritorno, sarebbe stato tutto chiaro al suo rientro: - «Se tu sei un peso, io imparerò a farmi i muscoli. Buon viaggio amore».
 
 
-Angolino di G:
Ed anche questo capitolo è finito, fedele a me stessa ho messo il capitolo al mio solito orario. Non sono molto soddisfatta, anzi, ma va bene così, recupererò in futuro.
Da dove inizio? I nostri Larry non fanno altro che rincorsi, troveranno un punto fermo dove incontrarsi? Per ora ancora nulla. Ma almeno c'è Milly che cerca in tutti i modi di far capire a Louis che la cosa giusta è Harry, la cosa giusta è sempre Harry.
A proposito, lui e Liam che si incontrano, ve lo aspettavate? Liam secondo me sa qualcosa (Piccolo spoiler ahahah), non so che altro aggiungere, grazie a tutti per le recensioni del capitolo precedente. Vi voglio bene e riempite il mio cuore di gioia, mi ripagate delle notti passate a scrivere.
Un abbraccio, G. 

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Capitolo 7
*** Nobody said it was easy ***


HARRY
30 MARZO – 09.25
«Hai scritto il numero?» - Liam tornò dal bagno, aveva tolto la giacca di pelle e risvoltato le maniche della camicia, sotto l'orologio si intravedeva una 'L' tatuata ed un altro piccolo scarabocchio. Gli porsi il telefono, dando un'ultima occhiata a quella foto e lo rimise nella tasca posteriore dei pantaloni.
«Sì, è anche tornata Tamara, ha detto che alle undici dobbiamo farci trovare nell'aula magna per il discorso iniziale del rettore. Fino a quel momento siamo liberi»
«Perfetto - fece un accenno di sorriso - Ti va prima di andare a prendere un caffè?»
«Sì, va bene»
«Però non a questa, a due isolati da qui c'è una caffetteria che conosco, andiamo lì - infilò la giacca e ci incamminammo verso la famosa caffetteria tanto adorata da Liam - Perché sei qui Harry?»
«Mio padre mi ha obbligato, non mi piace molto il mondo della musica. Tu invece?»
«Tirocinio, senza non posso laurearmi, ma è comunque quello che voglio fare» - in 18 anni ne avevo visti anche troppi di tirocinanti, nessuno che avesse superato il primo mese. Liam sarebbe stato uno dei tanti, ma doveva ritenersi fortunato già di aver avuto una simile opportunità.
«In cosa ti laurei?»
«Discipline delle arti visive, della musica e dello spettacolo. Sembra chissà cosa quando lo dico, ma alla fine è una semplice università che ti dà l'opportunità di lavorare in questo mondo»
«Ed i tuoi che dicono?» - continuammo a camminare uno di fianco all'altro, mi sentivo intimorito dalla sua presenza e non riuscivo a darmi una spiegazione valida per questo.
«All'inizio non erano molto contenti, mio padre è ingegnere, voleva che seguisse un po' le sue orme, ma ci ha ben pensato mia sorella; mentre mia madre mi ha appoggiato sin dal primo giorno. Ora sono contenti e fieri entrambi o almeno lo spero. Comunque siamo arrivati. Ecco a te la caffetteria migliore dell'intera città»
La caffetteria era piccola, semplice, con sicuramente gli stessi mobili che aveva appena aperta negli anni ottanta. Dall'aspetto non sembrava certo la migliore, ma il profumo di brioche appena sfornate mi convinse più della scritta sopra il negozio, a cui mancavano almeno un paio di lettere.
«Ciao Enzo! - non era certo nuovo in quel locale, si rivolse a me e chiese - Posso ordinare anche per te?»
Annuii, mentre vedevo Liam ordinare due caffè macchiati con cannella e un paio di fette di torta di mele al proprietario anglo-italiano.
«Ecco a te - Liam portò il caffè e i due pezzi di torta dove mi ero seduto pochi minuti prima - All'inizio sembra un sapore forte, ma quando scende è la cosa più buona che hai mai assaggiato»
Prima di iniziare a bere, tolse di nuovo la giacca, notai ancora una volta i tatuaggi nascosti sotto la camicia, anche se la mia attenzione cadde su quella piccola 'L' nascosta sotto l'orologio.
«Non sei un tipo da tante parole, eh?» - mi chiese, tra un sorso e l'altro di quel caffè, al mio palato disgustoso.
«Non è giornata, diciamo che questa settimana per me non è proprio una gioia»
«Come mai?» - chiese Liam curioso.
«Mio padre spera che questa settimana possa farmi cambiare idea sul mio futuro. Lui aspira a vedermi al suo fianco, non sa che voglio fare tutt'altro, non lo immagina minimamente. Ecco tutto»
«Cercherò in tutti i modi di rallegrarti questa settimana»
«Grazie Liam»
«Allora basta parlare di quest'università. Di cosa vuoi parlare?» - Avrei voluto tanto chiedergli di Louis, di com'era vivere con lui, essere il suo migliore amico, ma decisi che per dire tutta la verità, era ancora presto, potevo scoprire qualcosa che non sapevo e così feci.
«Hai molti tatuaggi?» - dissi, indicando la frase tatuata che spuntava fuori dalla camicia.
Liam fece un paio di giri alle maniche per farmi leggere la frase e mostrare gli altri tre. 'Everything I wanted but nothing I'll ever need', era questa la frase che si poteva leggere sull'avambraccio di Liam, una piuma e quattro segni, per farmi vedere l'ultimo tolse l'orologio.
«Questo è quello a cui tengo di più, è il primo che abbiamo fatto» - indicò proprio la L e la A, quest'ultima nascosta dall'orologio.
«Abbiamo?»
«Sì, io e i miei migliori amici. Louis e Alex, erano gemelli. Tutti e tre ci siamo tatuati una A e una L, ad indicare i nostri nomi, una amicizia che non avrebbe mai avuto fine. I genitori dei gemelli erano d'accordo, mentre i miei no. Per mesi ho portato polsini, orologi, bracciali o maglie dalle maniche lunghissime. Poi mia sorella più grande iniziò a dire a mia madre che sul braccio sinistro nascondevo dei tagli che mi procuravo da solo. Quando hanno scoperto che era un tatuaggio, si sono tranquillizzati, ma comunque mi hanno vietato di farne fino ai miei 18 anni. Così il giorno del mio compleanno ho tatuato la piuma, come simbolo di libertà e leggerezza. Questi qui invece li ho fatti per indicare la mia famiglia, i miei genitori e le mie due sorelle. La frase invece è l'ultima che ho tatuato, l'ho fatta ad agosto dell'anno scorso, qualche giorno dopo la morte di Alex» - Liam rimise in ordine le maniche e chiese se anch'io avessi tatuaggi.
«Ne ho una decina sparsi su tutto il corpo, forse con meno significato dei tuoi»
«Posso vederli?» - tolsi la giacca e alzai le maniche del maglioncino rosso che indossavo, allungai il braccio sinistro e mostrai i tatuaggi - «Gli altri sono nascosti sotto la maglia, in più ne ho uno sulla caviglia»
«Io anche ne ho uno sul polpaccio, è il più ridicolo, fatto durante la festa del diploma. Eravamo davvero ubriachi quella sera»
«Cosa c'è scritto?» - prima di rispondermi Liam iniziò a ridere, portandosi il viso tra le mani.
«Boobear»
«Cosa?»
«Boobear. Storia lunga»
«Alla conferenza manca un'ora e dieci, di tempo ne ho ancora molto»
«Va bene va bene, tanto prima o poi l'avresti saputo. Allora, io, Louis e Alex, veniamo da delle famiglie abbastanza facoltose, tanto da potersi permettere istituti privati per la nostra istruzione, il liceo è stato il peggiore dei nostri incubi. Era una scuola privata, con tanto di divisa a scacchi blu e verde, di quelle orrende e scomode. I maschi da una parte, mentre le ragazze da un'altra, l'unico punto di incontro era la mensa. L'età media dei professori era sessant'anni. Un incubo per tre come noi, la nostra condotta non era certo delle migliori. Una volta Alex fu beccato a spacciare marijuana nel cortile della scuola, ma il signor Tomlinson riuscì a sistemare la questione con una donazione alla scuola. Io e Louis invece avevamo il vizio di saltare spesso le lezioni ed andare a fumare da qualche parte. Diciamo che non eravamo proprio dei studenti modello. Per un miracolo eravamo arrivati al diploma, soprattutto grazie a Louis che ha studiato per tutti e tre anche continuando a fare il coglione. Alla consegna dei diplomi, mentre i nostri genitori erano lì, noi siamo, come posso dire, scappati. Abbiamo preso la macchina di Alex e siamo andati in aeroporto, Tenerife come destinazione di quel viaggio. Ci siamo imbarcati e siamo arrivati fino lì. Arrivati, la prima cosa che abbiamo fatto è stata comprare degli alcolici, lì non c'è il limite dei 21 anni. Abbiamo preso vodka, rhum, qualsiasi cosa alcolica abbiamo trovato il quel supermercato. Abbiamo iniziato a bere alle 5 di pomeriggio, distruttivo per tre ragazzi che a bere non erano abituati. La mattina dopo ci svegliamo e magicamente eravamo tutti tatuati, io avevo Boobear sul polpaccio, soprannome di Louis di quando era un povero lattante. Louis invece ha il mio soprannome su una spalla. Quello che è andato peggio è stato Alex, si à ritrovato la faccia di IronMan tatuata sulla pancia. È stato il giorno più bello delle nostre vite, anche se la ricordiamo a tratti. Alex voleva togliere quel tatuaggio, ma non ha fatto in tempo»
«Cos'è successo?»
«È morto»
«Capisco se non vuoi parlarne»
«Infatti non voglio» - il volto di Liam si spense improvvisamente, Alex doveva essere un punto dolente anche per Liam, la ferita era troppo fresca e aperta per parlarne apertamente con uno sconosciuto, anche se io quella storia già la conoscevo in parte.
«E l'altro tuo amico? Con lui sei rimasto in buoni rapporti?»
Liam tornò a sorridere. Era bello vedere che ad entrambi Louis faceva tornare il sorriso.
«Viviamo insieme qui a Londra. Lui studia legge ma è partito per la Francia insieme al suo ragazzo, gli fa bene un po' di tempo lontano da qui, non sta passando un bel periodo» - E quella frase fu peggio di mille coltellate alla schiena, Louis mi aveva mentito? O era Liam quello che lo stava facendo?
«Mi dispiace, cosa gli succede?» - tentai, cercando di darmi un tono e non crollare proprio davanti a lui. Non mi aveva mai visto, certo sapeva il mio nome, ma era troppo difficile da ricollegare al ragazzino di Holmes Chapel, io ero il figlio di uno dei più grandi manager della musica londinese, mai avrebbe ricollegato. Louis poi aveva visto solo un paio di foto e da quanto sapevo, non le aveva mostrate a nessuno. Liam stava quindi dicendo la verità?
«Non ha ben preso la morte del nonno e del fratello, per fortuna ha conosciuto un ragazzo, all'inizio era solo una cosa di chat, poi si è fatta seria e hanno avuto il coraggio di vedersi, stanno insieme da qualche mese e hanno preso queste vacanze come una buona opportunità per stare da soli e sono partiti. Fa bene a svagarsi, giusto Harry?»
«Liam scusami, io non mi sento bene, torno al dormitorio» - il ragazzo non provò neanche a seguirmi né tanto meno a fermarmi. Aveva lanciato una mina e questa era esplosa, lasciandomi bruciare nei dubbi e nella gelosia per Louis. Sapevo che Liam non era mai stato dalla mia parte, pensava che usassi Louis per giocare, ma non era vero. Tenevo fortemente a lui, ma quelle parole mi avevano scosso troppo.
«Niall cazzo, dove sei?» - chiamai il mio migliore amico, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e la persona a me più vicina era proprio il biondo.
«Sono qui, tu piuttosto dove sei?»
«Aspettami nell'atrio. Due minuti e sono lì!» - corsi, corsi veloce come per voler allontanarmi il più possibile da Liam, dai problemi e da Louis, dalle sue bugie. Arrivai nell'atrio dell'università con il fiatone e il viso sporco di lacrime. Niall si avvicinò, non volevo assolutamente rovinargli uno dei giorni più belli di tutta la sua vita, finsi un sorriso ma - «Con me non attacca, non sono Beth» - disse.
«Andiamo in aula magna, ti parlerò lì!»
 
L'aula era ancora vuota, mancava più di mezz'ora all'intervento del rettore, l'unica voce a risuonare tra quei banchi era la mia.
«Hai presente il tirocinante con il quale dovrò stare?»
«Sì»
«È Liam cazzo, è il miglior amico di Louis. Oggi mentre parlavamo in caffetteria mi ha detto che lui e il suo ragazzo sono partiti per la Francia»
«Lui chi?»
«Louis, Louis e il suo ragazzo sono partiti per la Francia. Mi ha mentito, sono mesi che mi mente ed io pensavo che i suoi sentimenti fossero veri. MI ha solo usato»
«Harry calmati! Tu ne sei sicuro? Sei sicuro che Liam non sa chi sei?»
«Sì Niall! Non lo sa, Louis non parla spesso di cosa c'è tra di noi, me l'ha detto proprio lui, non sa che faccia ho, poi è impossibile ricollegare Holmes Chapel a mio padre! Non lo hai fatto tu, figuriamoci lui!»
«Questa è la prova che devi lasciarlo stare, viviti la tua vita e va avanti»
«Hai ragione» - la gente iniziò ad arrivare, asciugai le lacrime, di Liam nemmeno l'ombra, forse era entrato dalla seconda porta situata più in alto, non mi interessava. Non mi importava più ed ero così sicuro di questa cosa da doverla dire anche a Louis o meglio al telefono spento di Louis - «Vai a farti fottere, te e le tue bugie»
 
LIAM
01 APRILE – 08.33
«Ehi Liam come vanno le cose a Londra?» - era il primo messaggio che Milly mi inviava da quando era partita. Avevamo lasciato un discorso a metà, cos'eravamo, ci eravamo baciati in preda ai fumi dell'alcool, ci eravamo baciati una seconda volta la sera prima di partire. Ma il bacio, oltre un leggero sfiorarsi di labbra, era finito lì.
«Stasera quando sei in hotel, chiamami su Skype, ho bisogno di parlarti. Qui è successo l'irreale, ma ti racconterò stasera. Divertitevi anche per me» - Milly non rispose, le avrei parlato di tutto questa sera. Avevo bisogno di capire cosa fare.
«Harry oggi vieni?» - bussai alla porta della stanza un paio di volte, quel ragazzino erano due giorni che non usciva dalla sua camera, nemmeno i ricatti telefonici del padre o le minacce di Tamara gli avevano fatto alzare il culo dal letto. Voleva vedere o sentire solo quel biondino ma io non dovevo esserci, non apriva bocca in mia presenza, se non per dirmi lo stretto necessario. Non mi prendevo la colpa delle sue condizioni, sapevo che le mie parole lo avevano turbato più del dovuto, ma non pensavo così tanto.
«No» - mugugnò. Ero stanco, stanco di fare il lavoro di due persone e di vederlo così, aprii la porta della stanza che dividevamo, Harry era seduto sul letto, le mani nascondevano il viso, stava piangendo. A pensarci Harry e Louis si somigliavano più del dovuto, come Louis anche Harry aspettava i momenti in cui era solo per sfogarsi e come lui si chiudeva non solo in camera, ma nel suo piccolo mondo in cui entrare era più che impossibile.
«Che succede?» - azzardai
«Senti, non rompere i coglioni. È quello a cui aspiravi, no?»
Non aspiravo a ciò, non mi era neanche passata l'idea di farlo star male, ma era vero, volevo allontanarlo da Louis, avrei usato tutti i mezzi possibili per far sì che quei due si allontanassero, mossa sleale, ma il fine giustifica i mezzi, no? No, in quel caso non li giustificava. Era come ferire lo stesso Louis e non potevo, lui era la mia ragione di vita e se quel ragazzino era ciò che voleva, io non dovevo intromettermi. Troppe volte l'avevo fatto, Louis era grande sapeva badare a se stesso e ad Harry. Dovevo assolutamente parlare con Milly. 
 
01 APRILE – 22.54
Il laptop poggiato sulla scrivania iniziò a squillare, in entrata la chiama su Skype di Milly. Misi le cuffie e risposi.
«Bonsoir beu garçon!» - dall'altra parte dello scherzo una Milly sorridente, un rossetto rosso su quelle labbra che avrei volentieri riempito di baci, in testa uno strano cappello.
«Non ho capito nulla ma ciao anche a te! Devo mostrarti una cosa»
«Anch'io! Ma prima tu!» - girai il computer, pochi secondi per far vedere a Milly chi avevo davanti, pochi secondi per non farmi vedere da Harry, troppo occupato a leggere e sentire la musica.
«Chi è?»
«Aspetta, esco fuori» - chiusi la porta alle mie spalle, non volevo che Harry sentisse qualcosa e mi diressi verso un piccolo salottino all'entrata del corridoio - «Milly, Louis è lì?»
«No, è sotto la doccia. Oggi è caduto in una fontana mentre cercava di riprendere il pallone ad un bambino, poi si sono messi a giocare a calcio insieme, una delle scene più belle che abbia mai visto»
«È sempre il solito, comunque devo dirti una cosa importante!»
«Liam mi stai seriamente innervosendo, cosa c'è di così importante e poi chi è quel ragazzo?»
«Harry, è Harry»
«Harry?» - chiese confusa.
«Harry, Harry di Louis»
«Come Harry di Louis? Cosa diamine stai dicendo?» - Milly urlò.
«Vuoi stare zitta?! Non farti sentire da Louis!»
«Mi spieghi, dettagliatamente, cosa diamine sta succedendo?»
«Harry è il figlio del titolare della casa di produzione per cui sto facendo il tirocinio, ed è qui con me, in camera mia, ma ho combinato un casino della madonna. Gli ho detto che Louis era in Francia con il fidanzato, in più non sa che io sono l'amico di Louis. Credo che ci sia rimasto male, così male che sono due giorni che si è chiuso in stanza» - Milly esitò un secondo a risponde, forse doveva mettere un attimo in ordine tutto ciò che gli avevo appena confessato.
«Sei un fottuto coglione Payne! Mi dici perché l'hai fatto?»
«Lo sta trattando come un fottuto amante! Lo sfrutta e basta!» - cercai di far capire alla ragazza il mio punto di vista, ma a pensarla così ero evidentemente l'unico. 
«Ah certo infatti non gliene frega nulla di Louis giusto?»
«Inizi a vedere con i miei occhi!»
«Allora vorrei essere cieca! Se non gli interessava di Louis, secondo te si sarebbe chiuso in camera per due giorni? Non posso lasciarti solo che combini subito guai. Ora tu parli con Harry, gli dici che sei il migliore amico di Louis e lo fai restare finchè il culo di Louis non è a Londra, siamo a casa lunedì, tu domenica, ce la possiamo fare!» - forse Milly aveva ragione. Tutto questo quel ragazzino non se lo meritava o meglio non lo meritava Louis. Se era davvero Harry la felicità del mio migliore amico? Quella domanda non mi aveva mai minimamente sfiorato, ero rimasto per mesi chiuso nella mia convinzione che non vedevo tutti i piccoli miglioramenti, come piaceva chiamarli a Milly, che c'erano stati in Louis.
«Va bene! Ma cosa devo dire a Harry per farlo restare? Devo dirgli di Louis?»
«Cosa succede?» - la voce di Louis rimbombò nelle mie cuffie, intromettendosi nella conversazione - «Chi Harry? Cosa deve dire cosa a chi? Liam che sta succedendo?» - Louis urlò dicendo le ultime parole. Non sapevo se era giusto dirgli la verità, avrei rovinato il suo viaggio, ma lo avrei reso forse una persona felice in quel momento, optai per la verità. Ero stanco delle bugie, queste non mi erano mai appartenute.
«Ho conosciuto Harry o meglio è qui con me, Louis»
«Il mio Harry?»
«Il tuo Harry.»
«Voglio vederlo» - Louis sembrava quasi volesse attraversare lo schermo tanto si era avvicinato allo schermo del computer. Una strana luce attraversò i suoi occhi, che non riuscii ad identificare finchè il nome di Harry non fu fatto nuovamente.
«Non sa di me»
«Leeyum, io Harry non l'ho mai visto, mai, ed è la cosa che più desidero al mondo, quindi per favore ora tu entri dentro quella fottuta stanza e me lo fai vedere»
«Louis lui non sa che io sono il tuo migliore amico!»
«Lo so dal primo istante che ti ho visto» - Harry fu il secondo ad intromettersi nella conversazione, staccai le cuffie, così che anche lui potesse sentire la risposta di Louis e mi girai verso di lui con sguardo colpevole. Il riccio si precipitò al mio fianco, aveva la stessa espressione di un bambino a Natale. Louis invece sorrideva, sorrideva come non faceva da tanto di quel tempo che avevo quasi dimenticato com'era il suo vero sorriso, era quello. Era il sorriso di quando era insieme ad Harry.
«Sei una testa di cazzo Payne!» - Milly ridacchiò a quella frase che aveva appena detto, si spostò sul letto per far spazio anche a Louis. Aveva i capelli bagnati, confusi cadevano sulla sua fronte, un piccolo ciuffo nascondeva l'occhio destro, il petto era nudo, era visibile solo quella data tatuata sulla sua clavicola. Harry invece era seduto accanto a me, aveva spostato leggermente il laptop così che anche lui fosse visibile. Nessuno dei due parlava, stavano come studiando i loro corpi, i loro visi. Louis continuava a sorridere imbarazzato, Harry tremava, respirava a fatica e potevo sentire la tensione di ogni suo muscolo.  
«Allora non sei con il tuo ragazzo» - Harry ruppe il silenzio.
«Quale ragazzo?» - dissero in coro Milly e Louis rivolgendomi un'occhiata truce, soprattutto quest'ultimo.
«Liam mi ha detto che eri in Francia con il tuo ragazzo.» - sentivo la sua rabbia scorrergli addosso, rabbia che al suo ritorno mi avrebbe scagliato addosso.
«Sono in Francia con una mia amica, lei – indicò Milly – posso chiederti un piccolo favore?»
«Dimmi pure» - Harry faceva ancora fatica a parlare.
«Tira un pugno da parte mia a quel ragazzo che è al tuo fianco»
«Non ci provare!» - dissi a Harry, vedendo la sua mano alzarsi e chiudersi a formare un pugno.
«Non lo farei, io - rispose il riccio, poi si rivolse di nuovo a Louis - Vai a metterti una cazzo di maglia, non riesco a parlarti, sei mezzo nudo Lou!»
«In realtà è nudo!» - Milly inquadrò il corpo di Louis ancora bagnato, la vita era coperta da un asciugamano dalle dimensioni ridotto ed il corpo di Harry fu attraversato da uno spasmo.
Louis si alzò, prese una delle camicie che aveva nella valigia e la indossò, lasciando aperti i primi bottoni ed infine mise dei boxer neri. Vicino a me un Harry che si mordeva il labbro inferiore alla vista di Louis in camicia e boxer neri. La ragazza intanto continuava ad inquadrare divertita tutta la scena.
«Meglio?»
«Forse era meglio prima, Boobear!» - rispose scherzando il più piccolo, accompagnando la battuta con un occhiolino.
«William James Payne!» - urlò Louis - «Come cazzo fa a saperlo?»
«Ho visto il suo tatuaggio mentre giocavamo con alcuni studenti a calcio!» - mi difese Harry, inventando palesemente la storia della partita.
«Voi due odiate il calcio»
«Ma serviva un coso che evitava di fare goal, come si chiama?» - Harry si rivolse a me, con un sorriso.
«Portiere Harry, è un portiere! - si intromise Louis, incrociando le braccia al petto e sbuffando - E questo spiega anche che alla partita voi non ci siete andati!»
«Abbiamo provato a giocare, ma io ero lì solo per vedere dei bei ragazzi correre dietro una palla»
«Tu non guardi proprio nessuno!» - Louis l'apostrofò. Si vedeva dai suoi occhi che a quel ragazzino ci teneva, ci teneva così tanto da essere geloso di lui. Non lo avevo mai visto geloso di qualcuno, mai, ma con lui lo era e per me era qualcosa di ancora più inspiegabile. Harry gli rispose con un mezzo sorriso, mordendosi una parte del labbro inferiore.
«Per ora guardo solo te» - Louis era immobile, Milly ormai era andata via da qualche minuto, era il suo turno di fare la doccia - «Boobear»
Ero forse diventato di troppo anch'io in quella conversazione, ma vedere Louis così mi riempiva di gioia. Era felice e forse Milly aveva ragione, io non riuscivo a vedere la sua felicità, la felicità nel suo sguardi di quando parlava con quel ragazzino. Loro avevano ragione, io avevo sbagliato, ma ero troppo orgoglioso per accorgermene. Se volevo rivedere Louis felice, dovevo chiedere l'aiuto di Harry.
«Come stai?» - chiese Louis con un tono dolce e premuroso, non pensavo che ne avesse uno.
«Bene, ora bene. Tu Louis?» - Harry si girò verso di me. Gli avevo fatto del male, ferite che avevo più volte tracciato quando la prima sera avevo inscenato una finta telefonata con Louis, parlando di quanto si stessero divertendo lui e il suo immaginario ragazzo a Parigi, la mattina successiva invece mi misi a parlare proprio fuori dalla porta della nostra stanza con una ragazza e ancora una volta avevo nominato Louis e la sua vita perfetta, una vita che non corrispondeva a quella che Harry sapeva, alla realtà.
«Ora anch'io sto bene» - dopo quelle parole era inutile continuare a stare lì. Per la prima volta, dopo quasi un anno avevo visto Louis sorridere davvero e non fare quel suo ghigno finto. Non stava solo bene, era felice e si vedeva. Oh, si vedeva da lontano che lo era. Se ne sarebbero accorti tutto, persino Alex che in queste cose non era bravo, per nulla. Ma ero sicuro che Harry lo avrebbe accettato, fatto sentire uno di noi, lo avrebbe portato persino nel nostro vecchio capannone, dove passavamo le intere giornate a fantasticare sulla vita, immaginare una vita a cui uno di noi neanche si era affacciato, non ne ha capito neanche il senso. Salutai con un semplice ciao Louis, ma fui poco calcolato. Mentre andai in camera con la coda dell'occhio vidi Harry sfiorare lo schermo del laptop con la mano, "Louis starà facendo la stessa cosa"
 
02 APRILE – 01.11
«Scusami per quello che ho combinato, non dovevo intromettermi. Da quando sono piccolo, ho sempre pensato di dover difendere Louis in tutto. Louis è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere ed io non posso permetterlo. Tu sembravi una minaccia, pensavo che non saresti riuscito a sostenere i problemi di Louis, la distanza e le mille cose che ci sono che vi impediscono di stare insieme. Pensavo che era un giocattolo per te, qualcuno con cui giocare e divertirsi. Ma non è così, tu sei forte Harry, straordinariamente forte. Riesci a sopportare tutto ed io non ti ho aiutato. Ho visto Louis ridursi al peggio in questi mesi, la scomparsa di Alex per lui non è stata facile da superare, si accusa della morte del fratello, del nonno, della caduta della sua famiglia, della sua vita. Ma devo ammettere che sbagliavo, ho fallito. Sei riuscito a fare più tu che io. Lui è innamorato, si vede e si nota anche in te. Basta rincorrersi, non è il gioco di chi va più lontano vince. Vi siete trovati, hai trovato il mio LouLou e sarà la cosa più bella che potrà capitarti nella vita.» - Harry era da poco tornato dalla sua videochiamata con Louis, era rientrato in camera con un sorriso dipinto sul volto, non sarebbe stato facile toglierglielo e io non lo avrei fatto perché da quello dipendeva il mio migliore amico.
Il riccio dopo le mie parole si girò verso di me, fece un profondo respiro e iniziò a parlare - «Quel pugno dovevo dartelo davvero, forte e in faccia. Avrei rovinato quel tuo bel visino ma non me ne sarebbe fregato un cazzo, tu hai rovinato i miei ultimi due giorni e lo hai fatto con cattiveria, una cattiveria che non appartiene a quel Liam che Louis considera il suo eroe di sempre. Inutile chiederti il perché, non mi interessa. Ma non sentirai nemmeno un mio grazie, quella videochiamata me la dovevi e se sono felice ora è anche per colpa tua, quindi dimenticherò questi due giorni e farò finta che sia iniziato tutto da quella telefonata. Ma niente più segreti o giochetti per allontanarmi da Louis, non ci cascherò una seconda volta. E se dovesse succedere una seconda volta, non mi farò problemi a tirarti più di un pugno. Notte»
 
 
02 APRILE – 08.00
La sveglia di Harry iniziò a suonare i Coldplay, ma di Harry nemmeno l'ombra ma il dubbio si risolse non appena vidi il ragazzo rientrare in camera, in mano un cartone bianco contenente della torta di mele e del caffè.
«Sono andato a quella caffetteria che ti piace tanto, è il mio modo per chiedere una tregua. Ora muoviti che è tardi, dobbiamo essere giù tra mezz'ora»
«Grazie Harry»
Divorai la torta di mele e cercai di infilare i vestiti più velocemente possibile. Il risultato fu un semplice jeans, una maglietta bianca con delle stelle stampate sopra, rubata a Louis qualche anno prima ed una giacca nera. La giornata sarebbe stata pesante, ma dal tardo pomeriggio avremmo avuto del tempo libero e anche il giorno seguente. Scesi giù, il cartone del caffè stretto in mano. Harry era già giù nell'atrio, stava parlando con Tamara, scusandosi per questi due giorni. Aveva una bella parlantina e per convincerla non ci mise molto. Al mio arrivo mi sorrise, la Rossa, come Harry la chiamava, invece iniziò ad elencarmi tutto ciò che dovevamo fare quel giorno.
 
«Salve ragazzi e benvenuti al corso di arti digitali e fotografia, come ben sapete questo è uno dei corsi che occuperanno la vostra permanenza qui. Vi starete chiedendo cosa c'entra la fotografia con la musica? Niente, avete ragione, ma qui non imparerete solo come suonare o usare la voce, qui si studia anche come produrre un cd, crearlo dall'inizio alla fine e uno dei passaggi fondamentali è creare un video della vostra musica o anche una copertina per ciò che volete far ascoltare alla gente. Quindi, per questa mattina ve ne andrete tutto il giorno in giro a fotografare ciò che più vi ispira e questo pomeriggio esporrete la vostra foto più bella, spiegando anche il perché della vostra scelta. Buon divertimento ragazzi» - il professore finì di spiegare il compito della giornata ed Harry mi guardò divertito mentre ci alzavo per uscire fuori dall'immensa aula.
«Credi che dobbiamo farlo anche noi?»
«Perché no?» - risposi, prendendo una delle macchinette fotografiche presenti sulla scrivania del professore - «Cosa vorresti fotografare?»
«La vita»
 «Tu e Louis state bene insieme, dovete fare sempre le cose complicate!»
«Muovi il culo, andiamo in centro»
«Io pensavo di andare in campagna, ho bisogno di una strada di campagna da fotografare» - fece Harry, arricciando il labbro come un bambino piccolo.
«Ci vuole troppo per arrivare fino alla campagna londinese, non sono di qui ma la conosco troppo bene. Vieni, ho una via di mezzo»
Harry mi portò in periferia, vivevo a Londra da tre anni ma non avevo mai visto un posto del genere, non era la solita periferia fatta di palazzi grigi e negozi cinesi, anzi tutto il contrario. Il verde predominava su tutti i colori, le case tipiche inglesi avevano tutte un bel giardino curato, le rose stavano per sbocciare e le mamme passeggiavano con i propri bambini sulla strada principale. Niente macchine se non qualche sporadico taxi nero. Si stava bene. Ma non c'era nulla di interessante da fotografare, almeno dal mio punto di vista, Harry invece, lui aveva fermato già una signora per scattare una foto con il proprio figlio, avrà avuto due, massimo tre anni. Harry dopo aver scattato la foto, corse via, senza un perché.
«Harry cazzo aspetta!» - lo inseguii per circa cento metri, si fermò davanti una piccola casa gialla, stonava tra tutte quelle case bianche.
«Liam voglio stare solo!»
«Cosa succede?»
«Niente»
«Parla!»
«Solo un momento di malinconia, tutto qui» - lo afferrai per un polso, trascinandolo fino ad una vicina panchina.
«Raccontami tutto!»
«Questo posto»
«Cosa?»
«La casa gialla... - il piccolo iniziò a singhiozzare - pensavo di farcela, invece non è stato così»
«Harry spiegami, ti ascolto»
«Questo quartiere, la casa. Lì vivevano i miei prima che mia madre se ne andasse, era casa sua. Ha abbandonato tutto, ha abbandonato me quando avevo pochi mesi, mio padre si è buttato nel lavoro per colpa sua. Non so nulla di lei, se per quel suo stupido bar. Ho fotografato una madre perché è ciò che a me è sempre mancato. Stupido vero? Le volte in cui ho lasciato Louis era perché avevo paura che lui dopo un po' si potesse stancare di me, come ha fatto lei e non lascio Zayn perché ho paura di rimanere solo. Lei neanche sa come sono fatto e la odio, la odio tanto. Ma vorrei vederla, voglio dirle che la odio, che sono felice anche senza di lei» - Harry aveva uno sguardo che mai gli avevo visto addosso, neanche nei giorni seguenti. Era debole, indifeso.
«Ti va di andarla a cercare domani?»
«Non c'è bisogno di cercarla, io so già dove trovarla»
«Domani le parlerai e le dirai tutto, va bene?» - Harry annuì, non credo che sapesse bene a cosa stava per andare incontro, avrebbe affrontato la sua paura più grande, ma con me accanto, non avrei mai permesso a qualcuno di far male al ragazzo, lui andava protetto e finché Louis era lontano, questa cosa toccava a me. Si impara a voler subito bene ad uno come Harry, impari ad accettare i suoi picchi di felicità e subito dopo di sconforto puro, impari che quando si passa una mano tra i capelli è perché è agitato o sta semplicemente sudando sotto quell'ammasso di capelli informi. Impari che quando sorride è perché è felice davvero e quando si morde il labbro è perché sta pensando a Louis. Impari che a lui non piacciono le grandi cose, quelle strillate ai quattro venti, a lui basta poco per tutto. Lui vedeva sempre il bene nelle persone, anche se non lo sono, come in me. Trovava sempre quello spiraglio di luce nel buio. Impari a vederlo con occhi diversi dopo che hai scoperto la sua storia, non con occhi di pietà, ma con occhi di stima, perché lui era come un vecchio gladiatore, si era visto portare via tutto, ma non la smetteva di lottare. E ora gli era rimasto solo una cosa da sconfiggere.
«Torniamo al campus, dai»
«Liam...»
«Sì Harry?»
«Grazie»
 
 
02 APRILE – 13.30
«Harry guarda che spettacolo di foto ho fatto!» - Niall, questo era il nome dell'amico di Harry, sedeva al tavolo della mensa con noi. Stava facendo vedere le foto scattate quella mattina, aveva scelto come soggetto una vecchia chiesa romana - «Mi ricorda tanto la chiesa che è nel paese dove sono nato»
«Niall, ci fai una foto?» - dissi rivolgendomi al biondino.
«A chi?» - chiese Harry.
«A me e te, non ho ancora fatto la foto per la lezione di questo pomeriggio»
«E tu vorresti farla con me? Cosa dirai al professore?»
«Che ho scelto te perché sei il fidanzato del fratello che non ho mai avuto, ma che per fortuna mi hanno mandato sotto forma di Louis»
«Fidanzato...» - ripeté Harry.
«Beh quello che siete insomma.»
«Dite cesso!» - disse ridendo Niall, scattando la foto nel momento in cui e Harry discutevamo su Louis e quanto bello fosse.
 
 
03 APRILE – 07.20
La sveglia di Harry anche oggi suonava i Coldplay. Iniziavo davvero ad odiarli. Quel giorno era il giorno della rivincita di Harry.
«Harry svegliati!»
«Cinque minuti dai!»
«Non sono certo Tamara che ti viene a svegliare!» - lasciai dormire ancora una mezz'ora Harry, mentre mi preparavo, inviai un messaggio a Milly. Non ci sentivamo dalla sera precedente, mi aveva fatto vedere la borsa che aveva comprato e tutte le cazzate che aveva trovato a Marsiglia, ma la nostra chiacchierata era stata interrotta da un Louis impaziente di vedere il suo Harry.
«Buongiorno piccola! Il sole di Marsiglia splende in alto nei cieli, quello di Londra un po' meno. Divertiti anche oggi e comprami qualcosa. Saluta Louis da parte mia e digli che il riccio ha ripetuto più di una volta il suo nome durante la notte»
 
HARRY
03 APRILE – 10.22
«Harry sei sicuro? Non vuoi parlarle?»
«No Liam, voglio solo darle la lettera e andare via»
«Ma Harry così non la affronterai mai»
«So cosa faccio e nella lettera comunque ho scritte il mio recapito» - Liam non aveva ben preso la mia decisione di non affrontare mia madre, non potevo, conoscevo i miei limiti e quello era il mio. Affrontare mia madre non avrebbe portato indietro il tempo, le avevo scritto una lettera, io volevo solo sapere il perché di quella scelta, il perché di quell'abbandono ed il perchè non avessi mai ricevuto una sua telefonata. Volevo sapere perché aveva lasciato suo figlio.
«Posso leggere la lettera?»
«Tieni» - passai la busta a Liam, avevo passato tutta la notte a scriverla, forse era ancora bagnata di lacrime, lacrime non di dolore, ma di rammarico, amarezza per quel posto che nella mia vita aveva lasciato.
Liam iniziò a fissarla, non sapeva tenere la bocca chiusa neanche quando leggeva.
«Ciao Anne, scusami ma non riesco a darti della 'mamma', forse perché questo ruolo non ti è mai appartenuto, non l'hai voluto interpretare, io non ti sono mai appartenuto, è stato bello lasciarmi? Sono Harry, sono quel nome che hai dato ad un bambino con gli occhi verdi. Tu e la nonna avete litigato così tanto per darmi questo nome, la nonna me l'ha raccontata più di una volta questa storia, ma a tre anni avevo voglia di favole, di principi e di draghi, non di sapere il perché una madre abbandona il proprio figlio, perché tu hai abbandonato me. Tu non sei tornata come succede nelle favole. Sono Harry, quel figlio che non hai mai voluto. Quel figlio che non hai visto fare i suoi primi passi, non hai sentito la sua prima parola, anzi non hai sentito neanche la sua voce cambiare nel tempo. Adesso somiglia a quella di papà, anche troppo ad esser sincero. Il nonno non sa distinguerci quando rispondiamo al telefono. Io invece il suono della tua voce me lo ricordo sai? E non è cambiato nel tempo, non ha preso rughe come invece è successo al tuo volto. Ma hai gli stessi occhi di sempre, hai i miei stessi occhi, anzi, io ho i tuoi stessi occhi. Ma non li volevo. Come tu non hai mai voluto me. Sono Harry, il bambino senza la madre, con un padre che lavorava troppo. Sono Harry, il ragazzino di undici anni che ha scoperto la verità della fuga della madre con delle lettere. Sono Harry il ragazzino di tredici che sperava nel tuo ritorno ogni volta che rientrava a casa. Sono Harry, il ragazzo di diciott'anni che ti scrive questa lettera. Con il tempo ho imparato che non saresti tornata a casa, che la torta al cioccolato per il pomeriggio con gli amici l'avrebbe preparata sempre la nonna. Sono Harry che ama un ragazzo, che vive bene anche senza una madre. Sono Harry che ti spia dal tavolo del tuo bar, che ti vede camminare disinvolta tra i tavoli, leggera sui tuoi tacchi alti. Sono Harry che ti somiglia, che ha preso il colore dei tuoi capelli, il verde dei tuoi occhi, che ha paura di essere lasciato solo e scappa. Scappa come hai fatto tu perché eri stanca, di che cosa non si sa, questo nella tua lettera non l'hai scritto. Dovevo imparare a lottare sin dai miei primi mesi della mia vita, forse avresti preferito me a questo tuo piccolo angolo di libertà. Non ti sei mai chiesta come stavo? Papà fino al mio quindicesimo compleanno falsificava un biglietto di auguri con il tuo nome, al mio sedicesimo mi ha detto la verità e ho buttato tutti quei piccoli foglietti gialli, strappati con odio e lacrime. Era l'unica cosa che tu mi dedicavi ogni anno, era una bugia. Aspettavo il mio compleanno per quelli stupidi auguri. Mi sono sentito come quei fogli: strappati, irrecuperabili. Ora di anni ne ho diciotto ma le cose non sono cambiate, la mia camera è ancora di quel blu che avevi scelto tu. Non l'ho mai cambiato, ho imparato a guardare il cielo come tu hai insegnato a papà. Sdraiato e con il naso all'insù, perché così si vedono le stelle. Ho imparato molte cose da te, nonostante la tua assenza. Colpa di papà e delle tue lettere che lui conserva ancora, come la foto del matrimonio in bella vista sulla sua scrivania. Non ha mai avuto il coraggio di andare avanti, lui è rimasto indietro, è rimasto a te, solo a te, perché tu eri l'amore della sua vita. Ma non voglio parlare di lui. Ti ha avuto più tempo di me, è stato più fortunato. I biglietti per la tua festa gli ho sempre consegnati alla nonna, a vivere mi ha insegnato lei, mi ha insegnato che il mondo gira sempre nella stessa direzione e che ci si abitua a tutto anche a non avere te. Lei non ti ha mai odiato, ti considerava una figlia, ha visto suo figlio diventare un uomo con te al suo fianco. Tu questo privilegio con me non lo avrai mai, io sono già un uomo, sono cresciuto, bene, forte e senza di te. Ho dovuto farmi le ossa da solo, non potevo permettermi il lusso di rompermele. Sono cresciuto troppo in fretta e a casa me lo rinfacciano spesso.  Ho trasformato la tua assenza in odio, non mi sono fatto abbattere. Ma non sono qui per parlarti della mia vita, se volevi saperlo ti saresti interessata a cercarmi, non so se l'hai mai fatto o se mai hai cercato di farlo. Mi sono sempre chiesto cosa pensavi quando mi pensavi. Se occupo qualche tuo pensiero prima di dormire, non ti è mai mancato il pianto di quel bambino che è diventato uomo? Perchè l'hai fatto Anne? Vorrei mancarti, vorrei che a scrivere questa lettera fossi tu, ma tu non fai passi così importanti, ti portano ad una strada che non conosci mentre tu sei abitudinaria, cose che non conosci non le fai. Buttati Anne, come lo sto facendo io adesso, con queste mie parole confuse, come i miei capelli ricci. Vorrei vedere come sei adesso, com'è parlarti. Capisco com'è una persona solo dal suo modo di camminare e tu hai una finta camminata forte, ti ho spiato così tante volte. Un giorno la mia mancanza ti verrà a cercare, ne sono sicuro e lì sarà troppo tardi, è già troppo tardi. Quando penso che mi manchi, non è così, è malinconia, è mancanza di una presenza materna, non di te. Tu non mi interessi, non più. Ho smesso di darmi colpe che non avevo, ho smesso di distruggere la mia anima per il tuo abbandono. È colpa tua, alle volte in cui tu non ti sei mai preoccupata di me, delle lacrime che versavo, della fame che di notte avevo di te. Avevo bisogno di una madre che mi rimettesse le coperte, ma le mie urla la notte non sono state ascoltate. Oggi so chi sono e forse devo anche ringraziarti perché senza la tua assenza forse non sarei questo Harry, è un Harry che in fin dei conti mi piace, anche senza i tuoi abbracci, gli auguri di compleanno o delle nostre foto insieme. Non sento più il dolore che tu mi hai lasciato, sono stato bravo con me stesso. Io e papà adesso corriamo dopo che abbiamo imparato a stare in piedi anche senza il tuo sostegno.
Ora Anne, queste saranno le mie parole, perché l'hai fatto? Perché mi hai lasciato a combattere una guerra che non era mia? Aspetto solo una risposta a questa lettera, nel caso in cui tu volessi darmela, nel caso tu voglia tornare, io ti aspetto a casa. 
Tuo figlio» - Liam finì di leggere la lettera, le lacrime gli segnavano il volto.
«Harry, ne sei sicuro?»
«Sì Liam, voglio solo dargliela. Tu aspettami fuori» - Mi alzai, Anne era alla cassa. Cercai quel briciolo di coraggio che avevo, le gambe tremavano, le mani sudate reggevano faticosamente la lettera che pesava quanto un macigno.
«Salve, vorrei pagare due Lemon Soda e un paio di panini al bacon» - Anne mi fissò a lungo prima di dire qualcosa, per un momento pensai che avesse riconosciuto suo figlio, ma sbagliavo terribilmente.
«Sono nove sterline»
«Tenga il resto e anche questa per favore» - oltre le dieci sterline, le passai la busta con all'interno la lettera che la notte precedente avevo scritto, in cui era racchiusa tutta la mia vita, quella che lei si era rifiutata di crescere.
«Aspetta, come ti chiami?» - chiese, voleva la conferma alla sua idea. Il terrore nei suoi occhi - "Brava Anne, mi hai riconosciuto"
«Harry. Arrivederci» - mi girai non appena pronunciai il mio nome, corsi fuori dove Liam mi aspettava. Non mi girai, mantenni la mia promessa di non guardare la sua espressione, ma lo fece Liam.
«Harry tua madre sta piangendo»
«Liam quella non è mia madre, è solo la donna che mi ha partorito»
 
06 APRILE – 17.45
Tamara era già al suo sesto caffè, fortunatamente per lei la settimana era passata velocemente. Sfortunatamente per me invece dovevo lasciare quel posto che avevo iniziato ad amare grazie a Liam. Avevo imparato anche a volergli bene, a sentirlo russare la notte e a canticchiare qualcosa insieme mentre vagavamo per i corridoi in piena notte. Niall aveva vinto la borsa di studio, anche senza la mia influenza su papà. Era felice ed io per lui. Liam invece aveva superato la sua prima settimana di tirocinio, era stato riconfermato, questa volta però avevo parlato con mio padre.
«Harry, ti va di passare a casa?» - Liam erano giorni che me lo chiedeva, non so se a casa avrei trovato Louis, ma accettai la sua offerta.
L'appartamento dei due ragazzi era in pieno centro, a due passi dall'università di entrambi, quando Liam aprì la porta una strana sensazione mi colpì allo stomaco. Quelle mura erano di Louis, raccontavano la sua storia.
«Fatti un giro, io sistemo la valigia, faccio una chiamata e metto a fare il thè» - il suo "fatti un giro" sembrava come darmi il permesso di entrare in camera di Louis e fu la prima cosa che feci. La sua camera era a destra dell'entrata, era spoglia: un letto, una scrivania, una tastiera ed un piccolo armadio a cui erano attaccate delle foto: Liam e Louis, delle bambine bionde forse le sorelle e una foto di un ragazzino. Assomigliava molto a Louis, forse era Alex. Avevano lo stesso sorriso, il taglio degli occhi era uguale, solo che Alex aveva gli occhi blu, un blu che al primo sguardo pensi sia nero.
Notai un giacchetto di jeans buttato sul letto, era l'unica cosa che Louis aveva fuori posto, lo indossai e fui avvolto dal suo profumo. Sapeva di Louis, del suo dopobarba forte. L'intera stanza sapeva di lui ed io non dovevo essere lì, era il posto giusto nel momento sbagliato. Sentii Liam strillare qualcosa al telefono, sicuramente era Milly, la ragazza per cui aveva una cotta da qualche settimana, ne parlava fin troppo. Ma per adesso la cotta di Liam non mi interessava, ero in camera di Louis. Aprii il suo laptop, era iniziato sei mesi prima tutto da qui, dal suo essere 'Inutilmente' fino ad essere essenziale per me, per la mia vita. Presi carta e penna, ancora una volta avrei affrontato i miei problemi con una lettera che avrei lasciato nel portatile di Louis, tra lo schermo e la tastiera.
Scrissi tutto ciò che avevo da dirgli, chiusi il laptop, infilai la lettera lì in mezzo e diedi un ultimo sguardo alla stanza, prima di uscire dalla camera toccai la tastiera, era la cosa a cui più teneva Louis lì dentro.
«Quel ragazzo è troppo ordinato vero?» - disse Liam non appena tornai in cucina.
«Tra quanto sarà qui?»
«Massimo quindici minuti» - scossi la testa.
«Liam io non posso»
«Non potete continuare ancora a fare così!» - quasi urlò, spaventandomi.
«Io non sono pronto!» - Salutai velocemente Liam con un cenno della mano, lui aveva capito la mia ragione, presi il giacchetto di jeans di Louis e lo indossai, prima di lasciarmi dietro le spalle quell'appartamento e quel profumo.
 
 
LOUIS
06 APRILE – 18.11
«Si vuole muovere questo taxi?» - Milly era più nervosa di me, per farmi incontrare Harry avevamo rinunciato a Cannes, eravamo partiti un giorno prima, no che la cosa mi dispiacesse ma la ragazza era così desiderosa di vedere Cannes, da patita del cinema com'era. Il taxi si fermò proprio davanti casa. La macchina di Liam era parcheggiata lì davanti, il portone principale era aperto. Pochi metri mi dividevano da Harry, il mio stomaco non reggeva tanta tensione. Mi presi un attimo per respirare e a due a due iniziai a salire le rampe delle scale che mi dividevano dal mio appartamento, da Harry. Ma alla seconda rampa di scale qualcosa mi finì addosso o meglio qualcuno.
«Ops» - disse.
«Ciao» - riconobbi che sotto quel cappuccio c'era Harry. Mi fissò un attimo negli occhi, scosse la testa e come nei miei peggior incubi continuò a scendere le scale, senza rivolermi neanche uno sguardo. I suoi occhi avevano parlato per lui. Inutile fu il mio tentativo di inseguirlo, il taxi che una volta era stato mio ora lo portava via da me. Non sentivo più nulla, come stavo, cosa provavo. Quei pochi secondi passati con Harry erano stati devastanti, ancora una volta era fuggito ed io ancora una volta, ero solo, solo e vuoto. Ero stanco. Stanco di inseguire una persona che non mi voleva, lo avevo visto pochi secondi, mi aveva guardato negli occhi, stava per avvicinarsi a me, invece era fuggito. Codardo. Avevamo passato serate intere a vederci in webcam, a sorriderci insieme, giocando con le nostre mani. Nonostante i tre anni di differenza le mani di Harry erano molto più grandi delle mie. Avevo visto i suoi occhi, i suoi occhi puntati su di me, di un verde che fa invidia al più bel smeraldo. Ma era fuggito, per quanto lo avrebbe fatto? 
 
 
06 APRILE – 19.36
«Louis come va?»
«Te lo sei goduto una settimana, io neanche qualche secondo. Non è giusto» - Liam provò a replicare, ma era tutto inutile, non sentivo, non volevo sentire quanto si erano divertiti, le cose che avevano fatto, le foto, le partite di calcio, la canna nel parco, non volevo sapere nulla.
«Hai acceso il telefono?» - Liam prontamente cambiò discorso, per troppi giorni Harry era stato il protagonista delle nostre parole.
«No, perché?»
«L'altra sera mi ha chiamato Lottie, ha detto di averti lasciato molti messaggi, magari ha qualcosa da dirti»
«Vado in camera, se ti serve qualcosa fai un fischio»
«Louis, una cosa sola...»
«Dimmi»
«Lui ti ama e se è scappato è per una buona ragione, magari più tardi te la spiegherò o forse l'ha fatto già lui, non lo so. Ma ci tiene a te»
«Non fare il suo amico ora»
«Ho detto solo quello che penso»
«A dopo»
Rientrai in camera, dal mio arrivo era l'unica stanza dove ancora non ero entrato, non era cambiato nulla. Presi il telefono dal cassetto del comodino e lo riaccesi: 16 messaggi: «Scusami Louis, non dovevo risponderti così. Richiamami non appena vuoi. Io sono qui per te.» - il primo messaggio era di Harry, dopo la nostra litigata di quasi due settimane prima.
«Se tu sei un peso, io imparerò a farmi i muscoli. Buon viaggio piccolo» - il messaggio proveniva dal telefono di Liam, questo doveva proprio spiegarmelo.
«Vai a farti fottere, te e le tue bugie»
«Mi hai usato per settimane, mesi» - questi ultimi due erano di Harry, forse erano dovuti alla bugia di Liam, avrei chiesto anche di questi, ma i miei occhi erano troppo occupati a scorrere i seguenti messaggi.
«Devo ancora ritrovare il respiro che ho perso dopo averti visto. Sei bellissimo e le nostre mani combaciano troppo bene per non essere unite»
«Ho lasciato Zayn. Non chiedermi il perché, voglio te nella mia vita, ne sono sicuro. Tu sei ciò che desidero. Avevi ragione fin dall'inizio, il mio posto sei tu, l'incavo del tuo collo, le tue mani sulle mie. E comunque non mi frega se questo messaggio lo leggerai al tuo ritorno, non flirtare con i francesi. Sei mio»
«Come non si fa ad amarti se durante le chiamate mi regali quei sorrisi? Dimmi come»
«La mia fissa per i tuoi occhi è aumentata. Mi ci perdo sempre di più dentro»
«Oggi io e Liam siamo stati da mia madre, ma siamo scappati o meglio, io sono scappato. Non lo faccio solo con te, ma con tutti, tutti quelli che potrebbero darmi qualcosa, migliorarmi la vita, ma da te non voglio più scappare. Liam ti saluta, ha capito che ti sto scrivendo un messaggio dal modo in cui sorrido. Dice che sono troppo prevedibile e che i miei occhi parlano per me. Non è colpa mia se mi sento così bene con te»
«Louis bello! Sono un pochino ubriaco ma non fa nulla. Ho voglia di fare l'amore con te, sbatterti un po' dappertutto in questa camera. Ti farei vedere le 8 meraviglie del mondo, altro che la Torre Eiffel qui di torre c'è solo il mio cazzo che ti aspetta»
«Buongiorno piccolo, scusami per il messaggio di ieri. Spero che tu ti stia divertendo, Liam ha sboccato sulle scarpe di uno ieri sera, non regge molto bene il fumo e l'alcool. Ci siamo divertiti e mi ha raccontato di quando da piccolo ti credevi una futura rap-star. Mi viene a ridere solo al pensiero. Come ti saresti chiamato? Dopo Snoop Dogg ecco a voi Boo Bear! Vado a lavorare, mica sono in vacanza, io»
«Grazie per la serata, è stato bello sentirti parlare in francese. Sei stato più sexy del solito»
«Oggi hanno dato la borsa di studio a Niall, sono così felice per lui. Anche se ha fatto venire Zayn nel dormitorio. Liam l'ha visto, si è anche preso un pugno dal mio ex, ma questo te lo fai raccontare da lui. Zayn non ha mandato giù la storia del messaggio di addio che gli ho inviato. Gli ho detto di te, che penso solo a noi in questo momento, a noi inteso come me e te ed è uscito fuori di senno. Ma sbollirà subito, lo spero»
«Sto andando a casa tua, Liam mi ha costretto. Ma ne sono felice, tanto. Finalmente ti vedrò, so che tornerai prima. Ma sono pronto. E tu amore?»
13 messaggi di Harry, uno di Liam, probabilmente inviato lo stesso dal riccio. Due erano ancora da leggere, sempre suoi. Segnavano la data di quel giorno, erano stati inviati circa una mezz'ora prima. Nessun messaggio da parte di Lottie, Liam sapeva più del dovuto.
«Scusami, io non ce l'ho fatta»
«Credo di amarti. È per questo sono scappato. Apri il laptop, leggimi!»
Cosa dovevo aspettarmi ancora? Aprii il portatile, una lettera era poggiata sulla tastiera.
"Per Louis da Harold." – erano queste le parole che ci erano scritte sul davanti. Aprii la lettera e iniziai a leggere.
«Non so dove troverò le parole e il coraggio di scriverti questo, di scrivere di te, di me, di noi. È strano essere in camera tua, nel tuo mondo bianco, spoglio. Colorala Louis, come tu hai fatto con me, non è sempre tutto bianco o nero, tutto o niente. Come l'amore, l'amore non è tutto o niente e questo con me l'hai imparato. È un'immensa gamma di colori, leggere sfumature a cui i tuoi occhi devono abituarsi. Tu mi hai insegnato a vederli, le cose belle della vita, ma la cosa più bella restiamo ancora una volta noi e i tuoi occhi. Hai ragione, ho un problema con questi, io mi ci sono perso la prima volta che li ho visti e tutte le successive volte che non ti sto qui ad elencare. È che lì dentro ci vedo sempre un futuro noi e tutte le cose belle che possono accaderci. Con te non penso al buio, perché io di quello ho ancora paura. Con quegli occhi sai leggermi dentro, riesci ad interpretare tutto quello che dico, fai tue le mie parole, fai tuo me stesso. Ho lasciato Zayn, ma non è ancora tempo per noi, desidero le tue labbra più di ogni altra cosa al mondo, ma dovremo aspettare, stiamo combattendo per qualcosa di giusto. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Non c'è nulla da dire, comprendere, spiegare o capire, c'è solo da aspettare il mio diploma, non ti prometto di scappare con te in Spagna come hai già fatto una volta, ma dopo il mio diploma voglio fuggire lontano con te, fare l'amore sulla spiaggia e guardare le stelle insieme, come la prima volta. Un vecchio saggio disse che i grandi amori non si baciano subito, noi siamo un grande amore che continua a rincorrersi e quando si incontrerà sarà lo spettacolo più bello. Te lo prometto mio piccolo Louis, io e te, anzi noi, sarai l'amore che ho sempre cercato, forse troppo da dire a 18 anni, ma queste frasi te le puoi permettere solo a questa età. Aspettami. Ti chiedo solo questo, che il primo sabato di sole di Giugno ce ne andiamo via insieme. 
Ora perdonami, io devo andare.
Tuo, sempre, Harold. 
P.S ho preso il tuo giacchetto di jeans, per uno scambio equo ti ho lasciato la mia felpa preferita. 
P.P.S Scusami per i mille messaggi mentre eri in Francia»
 
 
-G passione aggiornare sempre ad un'ora decente. 
Non c'è molto da spiegare in questo capitolo, è più lungo del previsto. Mi sono stancata anch'io di non farli stare insieme, tranquille che giugno arriva presto, come è arrivato presto questo capitolo. Forse anche troppo presto. 
Non ho voluto raccontare ogni attimo della vita al campus dei Lirry perchè ci avrei messo solo per quello tre capitoli, si sono divertiti e sono diventati amici, anche troppo. A rimanere fregato è sempre quel poverino di Louis che non ce la fa più, ma aspettare Harry ne vale sempre la pena.
Un abbraccio, G.

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Capitolo 8
*** I'm yours ***


 
MILLY
«Non scrivevo su questo blog da almeno due mesi, inutile provare a discolparmi dicendo che non avevo tempo, non è vero. La verità è che non avevo molto da raccontare, anzi praticamente nulla, almeno fino a due settimane fa, prima di partire per la Francia. Ma non voglio subito parlarvi di questo. Voglio raccontarvi prima di me.
"Go explore", voglio iniziare da queste due parole. Dopo vari tentennamenti ed un'assurda paura del dolore, ho preso quella briciola di coraggio che il mio corpo ogni tanto mi concede e mi sono fatta fare il mio primo tatuaggio, mi sono fatta tatuare quelle due parole su un fianco, in segno di una vita da vivere o meglio ancora, da esplorare. Inutile raccontare le mie sceneggiate di finto dolore, assurde per una ventiduenne e vorrei tanto raccontarvi di Liam e di Louis, che in quello studio di tatuaggi ci passano le giornate intere, a reggermi la mano. Parlarvi del mio tatuaggio è un po' la metafora per raccontarvi tutti i cambiamenti che ho vissuto in queste lunghe settimane, volevo tenermi tutto ciò per me, non raccontarlo in un blog, ma ho paura di dimenticare queste ultime tre settimane, forse le più belle della mia vita; quindi ho bisogno di scrivere, sto scrivendo non per condividerle con voi, miei pochi lettori, ma perché ho paura di dimenticare i giorni più belli della mia vita. Quindi passo le giornate intere a scrivere, stampare foto e di nuovo scrivere, per paura di perdere questa felicità rinchiusa nelle settimane passate, per ricordarmi che non è stato solo un sogno, che non è un sogno nemmeno oggi. E queste parole nascoste sul mio corpo servono a ricordarmelo: io ho scoperto cos'è davvero la vita quando ho incontrato Louis in quell'aula immensa, quando ho rotto le catene e sono scappata via da Stan e infine, quando per la prima volta ho fatto l'amore con Liam. Perché con Liam ci fai l'amore anche senza sfiorarlo. Anche in questo momento stiamo facendo l'amore, lui è in camera che dorme, con quell'aria da bambino troppo cresciuto, vorrei farvelo vedere, ma è una spettacolo di cui mi godo l'esclusiva, invece io sono qui che controllo la torta di mele che ho appena messo in forno. È domenica, potrei dormire, stare stretta nelle sue braccia, ma ho deciso di svegliarlo con il profumo del suo dolce preferito, sapendo che darà il buongiorno prima alla torta che a me, ma va bene così. Forse ne prenderà un pezzo anche Louis ed il tipo che si è portato a casa ieri notte, diverso da quello che c'era la sera precedente. Forse è colpa di quel murales lì fuori che gli ricorda che lui non c'è più. È così diverso da quel Louis che due settimane fa avevo al mio fianco durante il viaggio in Francia. Forse è giunto anche il momento di raccontarvelo, è un blog sui miei viaggi, (troppi mentali e pochi pratici aggiungerei) non sui casini che circondano Milly, ma voglio fare un'ultima premessa prima di iniziare a raccontare: questo viaggio l'ho vissuto in maniera molto personale, non è stato solo ciò che ho visto che mi è piaciuto, ma ciò che ho vissuto ha reso questo viaggio il più bello della mia vita, quindi scusatemi se sarò forse un po' troppo soggettiva nel raccontarvi il tutto.
Io e Louis, impaziente di allontanarsi il prima possibile e il più possibile da Londra, abbiamo iniziato il nostro viaggio perdendo l'aereo, mi prendo leggermente la colpa di tutto ciò, ma io a far la valigia non son buona, è che ci metto sempre troppe cose inutili. Potrei fare un'altra bella metafora sulla mia vita e il senso della valigia, ma lascio stare. Louis mi avrebbe volentieri ucciso. Dopo quattro ore di attesa interminabile, tre caffè e molteplici giri nell'aeroporto, eccoci finalmente sull'aereo diretto per Parigi. Louis per tutte le due ore di viaggio ha scritto, scrive sempre molto su se stesso e su Harry e sono sicura che anche in quel momento stava parlando di lui.
Arrivata nella 'Città dell'amore' mi sentivo come Neil Amstrong quando ha mosso i primi passi sulla luna. Che poi io tra i nevrotici francesi mi sento a casa. Era la mia prima volta in Francia, al contrario di Louis, per lui era già la quarta volta in quella città. Per capire davvero com'è Parigi, non fate i soliti giri: Torre Eiffel, Champs Elysees, Arc de Triomphe o la Basilique de Sacre Coeur. Certo solo tappe obbligatorie per chi visita Parigi, ma sbagliate nel credere che sono i posti più belli di questa città, sono solo i più famosi. Me l'ha insegnato Louis, che di francese ha anche il nome. La prima tappa è stata la Torre Eiffel, ho sempre pensato che salita lì sopra sarei stata felice, ma dopo un migliaio di scalini, la cosa più bella è stata vedere Louis portare a cavalcioni una bambina fin sopra la torre. Era la piccola di una famiglia di americani che avevamo conosciuto in aeroporto. Tra Louis e la piccola è stato subito amore. Abbiamo passato l'intero primo pomeriggio con loro. Louis era diventato per la bambina la cosa più bella che avesse visto a Parigi e come darle torto? Nel pomeriggio abbiamo visitato la Basilique de Sacre Coeur, ci ho messo ore ad imparare la corretta pronuncia, poi ci siamo persi nei Champs Elysees, per sbucare sotto l'Arc de Triomphe un'ora dopo. La cosa più bella è stato il tramonto sulla Senna, aveva ragione Louis, le cose più belle non sono quelle costruite, o meglio, non sono quelle che tutti ritengono bellissime. Abbiamo continuato a perderci nelle piccole vie di Parigi, lì vedi la grande bellezza di questa città. Lasciate negli zaini mappe e telefonini, godetevi il lusso di perdervi in quei quartieri, godetevi l'artista circense all'angolo della strada, l'odore di croissant, provate quelli che non vi ispirano, i più assurdi, sono i migliori. E non siate stanchi, Parigi la si deve vedere anche di notte, dovete vedere le coppie uscire dal Moulin Rouge, quelle che si fanno fare un ritratto, quelli che fanno un giro sulla Senna, quelle che litigano. Godetevi Parigi fino all'ultimo bicchiere di vino rosso, vi consiglio quello proveniente dalla Provenza, scende così bene che io e Louis abbiamo finito la serata abbastanza alticci. Non ci siamo fatti mancare nulla, neanche gli aneddoti imbarazzanti su Liam e la mancanza di Harry. Quel ragazzo non sa cosa si sta facendo scivolare addosso. A fine serata mi ha preso la mano, come una delle tante coppie sulla Senna, amo esser presa per mano, a fianco a chi, in quella stretta, c'edifica un "Andiamo". Il secondo giorno abbiamo visto il Louvre, è più famoso di quanto dovrebbe, siamo riusciti a vedere persino la Gioconda, nonostante la sicurezza e i troppi giapponesi; ha quello sguardo che ti segna, Louis ha detto che il mio broncio è più bello del sorriso enigmatico della Monnalisa. Non ho capito se era un complimento o meno. I suoi complimenti non sono mai diretti, li devi sempre interpretare. Lui non dirà mai "Sei bellissima", userà sempre qualche giro di parole, oppure te lo dice con uno sguardo ed un sorriso enigmatico che farebbe invidia anche alla sopracitata Lisa. Caro Louis, se mai verrai a conoscenza di questo mio blog sappi una cosa: hai gli occhi che ti fottono, che parlano per te, quindi invece di far esaurire le persone dille dirette le cose, perché sennò lo dicono i tuoi occhi!
Il pomeriggio l'abbiamo passato al "Parco di Lussemburgo", il posto preferito di Louis, pieno di statue e artisti; ci siamo distesi sull'erba e abbiamo iniziato a parlare, di tutto o di niente, non me lo ricordo. Mi sono lasciata trasportare dal silenzio di quel parco, così trasportata che mi sono persino addormentata. Al mio risveglio ho visto Louis giocare a calcio con un bambino, avrà avuto al massimo sette anni. L'ho lasciato giocare, come farebbe una brava mamma. Sorrideva, sorridevo. In quel momento nessuno dei due stava pensando alla vita di Londra, a Stan, a Harry, a quel bacio di Liam. Liam. Quella stessa mattina mi aveva lasciato un messaggio, forse sono troppo presa, ma ho preferito quel messaggio al tramonto del giorno prima. Il treno per Marsiglia ci aspettava, Liam quella sera mi aspettava, a Louis invece aspettava solo una doccia, era caduto nella fontana per raccogliere il pallone al bambino. Vale vedere Marsiglia solo per la vista che offre. Ma la vista più bella non era quella del mare che spuntava infinito dalla nostra camera, ma di Liam o almeno quei pochi minuti che abbiamo potuto parlare, vederci, prima che il nome di Harry e non solo quello, venisse fuori. Un giorno vi racconterò tutta la loro storia, quella di Louis ed Harry intendo, è una fiaba moderna che si può raccontare, ma non ora perché non hanno avuto ancora il loro lieto fine, sempre se queste due teste, che insieme non ne fanno neanche una buona, decidono di darsi la loro fine o un loro inizio. Quei due sono come calamite, il problema è che sono dello stesso segno, si attraggono fino ad un certo punto, poi si respingono. Ma voi dovevate vederlo lo sguardo che avevano, mai nessuno potrà guardarmi così a me, nemmeno Liam e un po' li invidio. Riescono a fare discorsi solo guardandosi negli occhi. Loro si guardavano in quel modo che fa invidia al mondo intero ed io guardavo Louis. Le sue mani strette, le labbra serrate e gli occhi a studiare quella persona che gli ha rubato il cuore. Te l'ho detto mio caro Tomlinsom, a te lo sguardo ti fotte più delle parole che dici quando sei ubriaco. Li ho lasciati soli, Liam mi ha chiamato e sapete quali sono state la prima cosa che mi ha detto? «Tu hai visto Parigi, io ho visto te. La cosa più bella l'ho vista io» - E quelle sono state le parole più belle che potevo sentirmi dire, il momento più bello di tutta la mia vacanza, della nostra vacanza e forse non dovevamo scappare a Parigi ma aspettare, aspettare entrambi la persona amata. Perché sono sicura che anche per Louis era così. Si vede da come si guardano, da come si completano. Io non sono brava a capire queste cose, ma in quella settimana ho visto un Louis innamorato e non certo del paese che stavamo girando. In quella settimana ha scritto, ha iniziato dall'aereo fino al rientro a casa. Ha scritto di Harry e ora non so se quel ragazzo le parole di Louis se le merita, è fuggito lontano, spezzando ancora una volta l'equilibrio che Louis fragilmente si era costruito. Ma quei due sono innamorati, lo vedo anch'io con la mia miopia, con il mio non essere brava in queste cose. Perché a me le cose sfuggono sempre, ma non questa, è impossibile non accorgersene di quello sguardo perso, della voce tremante o del sorriso che faceva ogni volta che i loro sguardi si univano, non incrociavano, proprio univano. Senza l'altro sono vuoti, senza un preciso senso, ma quando trovano l'altro, trovano anche il senso. Sono come una formula fisica, non basta applicare una semplice regola come in matematica, devi pensarci, ragionarci, sbatterci parecchio la testa prima di trovare una giusta soluzione, ma quando questa viene fuori, è fatta, hai vinto la fisica. La vacanza di Louis era la sera, le cose più belle le vedeva su un pc, vedeva il "il Mio Harry", proprietà esclusiva di questo Louis diverso e felice. E forse questo post non dovrei chiamarla "Go Explore to Paris", ma Louis e i suoi comportamenti di quando guarda quel ragazzo. Non ha senso tutto ciò che ho scritto, sono solo tanti pensieri confusi di una domenica mattina, ma dovevo scriverli.
Nel prossimo post, promesso, vi racconterò del mio viaggio in Francia, per ora guardo il mio "tramonto" ancora dormire, la torta di mele è pronta e sono sicura che appena metterò la cannella sulla torta si sveglierà, verrà da me e mi dedicherà il suo miglior sorriso, che a pensarci è più bello di tutti i tramonti della Francia»
 
BETH
«Ciao Clara, sono giorni che devo rispondere alla tua mail, oggi mi sono promessa che l'avrei fatto ed eccomi qui a raccontarti cos'è successo in questo ultimo mese. Maggio è alle porte ed io non sono pronta, in un mese è crollato tutto. Casa mi manca davvero molto, ma qui in Inghilterra non si sta male; ho nuovi amici, nuovi interessi e molti meno guai. Ho superato i test di metà semestre, ho copiato tutto da Harry e Niall, non ho una delle medie migliori, ma mi va bene così. Se tutto andrà nel verso giusto prenderò il diploma a Giugno e non appena stringerò quel pezzo di carta, la prima cosa che farò sarà tornare in America, Los Angeles aspetta me ed Harry. Un giorno mi ha chiamato il padre, ha voluto incontrarmi. Pensavo che fosse perché il figlio, nelle ultime settimane sembra perso nel suo mondo, perso e basta, invece no, mi ha proposto un patto. Ora capisco da chi ha preso Harry la mania di stipulare patti, è una caratteristica della famiglia Styles. Mi ha proposto di convincerlo a trasferirsi a LA, come ricompensa posso seguirlo, andare con lui negli States, a casa mia in Nevada, insomma dove voglio. Ma non è finita qui, ha detto che mi avrebbe pagato le rette del college. Capisco l'amicizia che mi lega o meglio, legava, ad Harry, ma devo pensare al mio futuro, ho messo i sensi di colpa da parte e sto cercando di convincerlo ad andare. Staremo meglio, entrambi. Io non vedrò più Niall, Harry non avrà più a che fare con Louis e con Niall stesso. Quando avrò coraggio forse ti dirò cos'è successo tra di loro nei dettagli, ora non mi va neanche di pensarlo. Mi fa schifo anche solo il semplice pensiero di loro due insieme, ubriachi o meno, a me non interessa. Ho aperto gli occhi, Niall mi ha usato per arrivare ad Harry, io userò Harry per il mio futuro, i soldi del padre mi faranno abbastanza comodo. Non darmi della stronza o dell'arrivista, è che adesso penso a me. Niente più Harry, gli ho forse dedicato anche troppo della mia vita negli ultimi tre anni e non lo merita, non meritava neanche Zayn. Per un piccolo periodo si sono lasciati, poi lui è tornato strisciando da quest'ultimo, chiedendo perdono e Zayn l'ha fatto, l'ha perdonato, cancellando tutti i comportamenti del più piccolo, cancellando anche un tradimento, ma io no, io non dimentico. L'ha ripreso con sé. Io non lo farò, vivrò questi ultimi due mesi e poi con o senza soldi del signor Styles torno a casa. Perché io qui non ci voglio più stare. Niall ed Harry erano un buon motivo per restare. Erano, è sempre brutto pensare a loro come un passato che non mi appartiene più e non è come dici tu, non sto facendo la tragica. Voglio a tutti i costi che loro escano dalla mia vita e così sarà. Se non ci riesco, mi farò odiare, così che ad allontanarsi saranno loro. Ti ricordi il ragazzo per cui Harry aveva una cotta? Gli ho scritto su Facebook con un finto contatto, gli ho detto di quel bacio con Niall, che il piccolo è tornato con il suo Zayn e sai cosa mi ha risposto? «Grazie, ma lo sapevo». Quanta carne sprecata. Cos'avrà di tanto speciale Harry? Non ha un bel carattere, dovevo capire prima perché tutti lo giudicano ed evitano. Mi sono anche stancata di parlare di lui. Niall ha provato a farmi capire cos'è successo, ha dato la colpa a qualche bicchiere di troppo ma a me le cose vanno dette per intero e giuste. Senza lasciarmi intendere le cose. Ho smesso di credere nelle parole di tutti quelli che mi hanno circondato negli ultimi mesi e la cosa peggiore è che io ho pensato ad un futuro con quel fottuto ragazzo e con Harry; mi odio per averlo fatto. Per una volta avevo trovato qualcuno con cui mi sentivo a casa. Ma ho dovuto scoprire la verità tramite Anthony. Io ed Harry l'abbiamo sempre odiato per come ci trattava, ma mai avrei pensato che proprio lui mi avrebbe aperto gli occhi. Un mercoledì sera è venuto al pub di zia, ha chiesto di parlare con me, siamo usciti fuori dal locale e mi ha raccontato tutto. Era salito sul campanile per fumare dell'erba, ma appena ha visto Harry e Niall baciarsi, è corso da me raccontandomi tutto. Non sapevo a cosa credere, se al ragazzo che amavo o a lui, il bullo della scuola. La conferma me l'ha data lo stesso Niall rimanendo in silenzio durante le mie parole, non ha provato minimamente a discolparsi per ciò che era successo ed è forse la cosa che mi ha fatto più schifo. Allora ho iniziato a pensare a tutte le volte che stavano insieme, a quando Niall cercava un contatto con lui, a come lo guardava. Mi è tutto più chiaro adesso.
Harry è scappato in qualche parte del mondo, prima o poi dovrò affrontare anche lui, ma non so con quale coraggio. Ma adesso basta. A casa di zia Agnes è arrivato Luke, non ricordavo di avere un cugino così ben messo. Ci sto davvero facendo un pensiero, la vecchia Beth non è scomparsa, era solo andata via, ma sta tornando. Sto tornando me stessa, io sono così, quella che non si fa problemi ad andare col cugino, sul letto della propria zia. Ora passiamo a te, che io ti ho raccontato tutto ciò che avevo da dirti. Raccontami tutto, senza saltare un minimo particolare. Mi manchi tanto, ma tra poco vinceremo questa distanza che da tre anni ci tiene separate. Ti voglio bene, la tua Beth»
 
ZAYN
«Ti scrivo questo messaggio direttamente da Dublino. Io e Harry siamo qui per un week-end, per festeggiare il nostro "mesiversario". Alla fine siamo tornati insieme. Si è presentato davanti casa con quei suoi occhioni tristi, portava al dito l'anello che gli ho regalato prima che partisse per Londra. Mi ha ripetuto mille volte che gli dispiaceva, che era pentito e poi mi ha regalato un "Ti amo Zayn", ma dubito davvero che lo pensi o provi, ha ben pensato di dirmi quelle due parole per farmi tornare e alla fine ci è riuscito. Ma i suoi occhi parlano per lui, con me sta bleffando, lui non ama me, forse col tempo cambierà anche questa cosa, ma dubito anche su questo. Ti giuro Clayton, lui capirà che io sono il meglio; non adesso, non in questo viaggio, ma lo farà. Forse devo smetterla di essere così arrabbiato con lui, alla fine in questa stanza d'hotel nessuno di noi due è immacolato. Lui ha avuto il londinese, io ho avuto 36 ore no-stop con Mickey, un metro e novanta di muscoli, ho orgasmi multipli solo al pensiero di lui su di me.
Settimana prossima veniamo a Londra, ti presenterò Harry, di questo messaggio non farne parola nemmeno con Jenna, tua moglie ha la bocca larga, lo sai meglio di me. Salutami le piccole e soprattutto Fiona, che cresce troppo veloce. - Zio Zayn»
 
NIALL
«Ciao Fred, di solito questo periodo dell'anno l'abbiamo sempre passato insieme divisi tra la cucina di casa mia e quella della zia, ma le cose cambiano. È stata la prima Pasqua lontano da casa, non è vero che è casa il posto dove sono le persone che si amano, almeno nel mio caso. L'Irlanda mi manca, in alcuni giorni sottolineo il mio accento, il mio essere irlandese, ho paura di trasformarmi in un perfetto inglese, con tanto di accento e di thè alle cinque. Ma su questa cosa ti rassicuro, la mia bibita preferita resta ancora la birra. È stato strano non passare la giornata di Pasqua insieme, tutta la famiglia almeno una volta unita e noi cugini al tavolo dei 'piccoli' anche se piccoli ormai non lo siamo più. Ti ho sempre considerato come un fratello per me, siamo cresciuti insieme e di cazzate ne abbiamo combinate davvero troppe. Ma forse la più grande l'ho fatta io, da solo o meglio, con Harry. Sei l'unico che ha sempre saputo di me, dei dubbi sulla mia sessualità, su Chris e quel bacio. Da quando mi sono trasferito qui quest'estate, pensavo di aver come 'superato' quella fase di dubbi che mi corrodeva, finché non ho incontrato Harry su quel campanile. In verità, avevo notato quei suoi occhi verdi il secondo giorno di scuola, stavo per sedermi vicino a lui durante l'ora di letteratura, ma sono stato preceduto da Beth. Aveva quell'aria distratta, scriveva su un diario di cuoio, di quelli vecchi. Chissà se ha mai fatto il mio nome a quel diario.
Pensavo di aver passato la fase del 'sono confuso sessualmente' finché non mi ha sorriso un giorno di dicembre. Mi ha sorriso inconsapevolmente, stava uscendo dall'aula di musica e ci siamo scontrati o meglio, ci sono finito addosso volontariamente. Volevo farmi notare da lui e quella era stata la miglior idea che mi era passata per la testa, ma Harry non ha detto una parola, mi ha sorriso, le sue fossette hanno preso forma, mi ha raccolto un libro che nello scontro era caduto ed è andato via, regalandomi quel sorriso che ancora oggi ricordo. Harry è sempre stato avaro con le parole, anche quel giorno in cui avevo cercato disperatamente un incontro. L'ho osservato per mesi nascondersi dietro a quei suoi capelli ricci, dietro la risata di Beth, ma non ho mai avuto il coraggio di presentarmi. Lui è sempre stato sulle sue, io sulle mie, cosa potevo fare? Andare lì e dirgli: "Ciao, io sono Niall e mi piaci quando sorridi perché ti si creano quelle fossette?" No, non potevo. Non potevo perché nella sua vita era entrato Zayn e per me non c'era posto. Io sono subentrato dopo, quel 13 febbraio è ancora impresso nella mia memoria. Ho rovinato tutto sin dal primo momento. Ero sul campanile, quello dove ti ho portato anche questo inverno, ecco, ero lì a suonare la mia musica, con Theo in casa è impossibile far rumore. Ad un tratto me lo ritrovo lì, bagnato dalla pioggia e affannato per le sei rampe di scale. Me lo ritrovo davanti e penso che per una volta la dea bendata chiamata Fortuna ha estratto il mio nome.
Ho mentito ad Harry sin dal primo istante. Io non volevo essere suo amico, io dopo la corsa per arrivare a casa, l'avrei voluto baciare lì sotto il portone di casa mia con la pioggia che ci faceva da sfondo. Ma non l'ho fatto, anzi. Gli ho detto di provare a fare sesso con Zayn, di buttarsi, cosa che non ho fatto io. Ho realizzato solo dopo la grande cazzata che avevo fatto e me ne pento ancora. Ma tu conosci già questa storia, te l'avrò ripetuta un migliaio di volte e scusami per ciò, ma io posso essere me stesso solo con te.
Harry devi viverlo per capire chi è, scoprirlo giorno per giorno ed più ne passavano e più cresceva la mia voglia di averlo con me, ma continuavo a sbagliare, continuavo a dirgli cosa fare con Zayn, con il padre, persino con Louis. Un giorno sul tetto di casa sua mi disse che voleva disperatamente cercare una persona, dirgli tutto quello che provava ed io stupidamente ho pensato che quella persona fossi io. Ho aspettato tutta la notte un messaggio che non è mai arrivato. Lui non mi ha mai visto come qualcosa di più di un amico, anche se io non gliene ho mai dato modo o prova. Lui fino a qualche sera fa neanche sapeva chi ero davvero, sono stato bravo a nascondermi. Pensava di conoscermi, invece ha sbagliato. Ha sbagliato soprattutto quando mi ha combinato un appuntamento con la sua migliore amica. Ma non posso dargli colpe che non ha. Ho resistito con Beth solo qualche settimana, non ho avuto il coraggio di mentirle, ma neanche di dirle totalmente la verità. Le ho detto che era finita, ma poi lei ha scoperto tutto. Beth era una scusa per essere ancora più vicino a lui, l'ho usata e me ne pento. Forse è giunto il momento di raccontare anche a te come sono andate le cose: dopo la settimana passata al college, Harry è letteralmente scappato per giorni. Aveva sempre il telefono spento e a casa sua non c'era, l'ho cercato per giorni, era a Los Angeles con il padre e prima ancora a Dublino con Zayn, non mi ha detto il perché di questo suo viaggio, solo un "Dovevo staccare un po' la spina". Non avrei mai potuto rimproverarlo, quel viaggio di pochi giorni lo aveva trasformato, sorrideva spensierato ed io con lui. Dovevamo ancora festeggiare la mia borsa di studio e il primo mercoledì disponibile siamo andati sul nostro campanile, dove ci ha visto prendere forma, crescere e abbiamo festeggiato. Soli io e lui. Sarà stata la birra, il cielo che si vedeva dal campanile oppure l'euforia di entrambi, che al primo momento in cui Harry si è avvicinato a me, io l'ho baciato. Ho finalmente scoperto il sapore dei suoi baci, della sua lingua incastrata nella mia. Harry non si è scansato, Harry quel bacio l'ha ricambiato. Gli ho raccontato tutto, dal secondo giorno di scuola fino a quel bacio, dei miei sentimenti verso di lui e della voglia matta che avevo di fare l'amore. Non ha detto una parola per tutto il tempo, annuiva e passava una mano tra i suoi capelli, mano che poi è passata a sfiorarmi il collo durante i nostri baci e nei miei capelli quando abbiamo iniziato a fare l'amore. Non parlo con Harry da quel momento, non lo vedo da quando, dopo aver scopato, perché per lui è stato solo questo, mi ha detto "Abbiamo fatto una cazzata."; e poi è ripartito ancora una volta. Non si è fatto problemi a lasciarmi sopra quel campanile, era la prima volta che facevo l'amore con qualcuno, ma per Harry, queste cose sono solo stupide banalità. Ora abbiamo un oceano che ci separa, un'altra volta, ha lasciato da ripulire a me i cocci di due cuori infranti: quello di Beth e il mio. Non ho la più pallida idea di come lei abbia fatto a sapere di noi, di me ed Harry intendo, ma il giorno dopo la partenza del riccio, Beth è venuta a casa e le cose si sono complicate. Non stavamo più insieme già da un paio di settimane, ma era impossibile spiegare cosa c'era stato tra me ed Harry, una situazione irreale a cui credere. Quindi ho semplicemente annuito, prendendomi tutte le giuste offese che meritavo.
La scuola è riiniziata da una settimana, Harry è ancora in America con il padre, Beth invece cambia corridoio appena mi vede, non mi rivolge più parola e me lo merito.
Ora sono diretto a Londra, vedrò Liam, abbiamo continuato a sentirci per Skype o sms anche dopo la settimana al college. Non parliamo mai di Harry o almeno non ne parliamo più, è diventato un argomento tabù per entrambi, io non voglio sentirlo mentre Liam è tornato ad odiarlo, ha fatto male al suo Louis e lui non permette queste cose. Forse oggi riuscirò a vedere questo famoso ragazzo e voglio parlargli, convincere a stare ancora lontano da Harry, spero davvero di riuscirci. Perché adesso posso anche fingere di odiarlo, ma quando vedrò ancora quelli occhi dentro i miei, io tornerò a provar gli stessi sentimenti, ne sono sicuro. Perché non importa se mi ha lasciato solo dolorante su quel campanile fuggendo dopo aver fatto l'amore, io Harry lo voglio nella mia vita e questa volta non mi accontenterò di un'amicizia.
Ti aggiornerò presto su ciò che succede. Mi manchi cugino! Ci vediamo presto. -N.»
 
DES STYLES
«Ciao Harry, non ti ho mai scritto una lettera, per quelle cose era brava Anne, io non sono mai stato tanto portato. Ho come il rifiuto per queste cose, sarà stato che tua madre se n'è andata lasciandoci proprio con una di queste. Non ha avuto il coraggio di parlarmi, come io non ho il coraggio in questo momento di affrontare con te il discorso su tua madre. Ho saputo della lettera, mi ha chiamato e mi ha raccontato che sei andato al suo bar e le hai lasciato quella lettera. Non mi ha detto com'è stato vederti, incontrarti dopo 18 anni, ma mi ha solo rimproverato di averti detto dove trovarla, cosa che io non ho mai fatto. Ho sempre tralasciato l'argomento 'mamma' ma adesso mi accorgo di aver sbagliato, avevi il diritto di sapere. Hai dovuto sempre scoprire ed affrontare tutto da solo, non mi sono mai messo nei tuoi panni, pensavo che l'amore con cui ti ho cresciuto sarebbe bastato, sapevo che era difficile, gestire un intero ufficio ed un figlio contemporaneamente ma ci ho provato con tutto me stesso e sono contento di come ho tirato avanti entrambi, anche se alcune volte ho lasciato dietro te, non volevo, ma il lavoro mi ha sempre allontanato dai problemi che l'abbandono di tua madre mi ha provocato, perché non è stato facile neanche per me. Io l'amavo, tanto e non mi spiego ancora perché è fuggita così, senza un motivo. Anne ci ha complicato la vita, da certe ferite non si può guarire ma è sempre bello credere che un giorno tornerà, illudersi che torneremo una perfetta famiglia, ma non lo siamo mai stati e non succederà mai. Io mi sono rassegnato, non ho combattuto abbastanza, ma ho preferito così. Lei ha la sua, noi la nostra e così deve andare. Per favore Harry, so che è difficile, ma lei non vuole sapere di te, di noi. Non scriverle ancora, non risponderle alla lettera che ti ha inviato. Abbiamo vissuto bene tanti anni senza di lei, possiamo farlo ancora per il resto della vita. Tu non le devi nulla, nemmeno una risposta. Pensa al futuro, pensa a quando girerai per le strade della California con i tuoi nuovi amici, lascia stare Anne, è un passato che non ci è mai appartenuto e devo capirlo anch'io. Non fare i miei errori, io con lei ne ho commessi tanti. Vai avanti e diventa quell'uomo che ha iniziato a prendere forma, io non potrei esserne più fiero.
- Styles Des»
 
ANNE
«Caro Harry, trovare delle parole alle tue, per me, è stato impossibile. Una lettera ben fatta salva da tutto, compreso se stessi. Ho deciso di rispondere alla tua, con un'altra, ma non ce la potrei fare a scriverne altre, indirizzarle a quella casa che una volta è stata anche mia, che io stessa ho arredato e conoscendo tuo padre, non credo che il mobilio sia tanto cambiato. È che a lui va sempre bene tutto, anche se è un mobile vecchio che non regge più il peso dei stessi libri, lui aspetta a cambiarlo finché non crolla tutto. È stato così anche per il nostro matrimonio, eravamo sposati da sette anni quando sei arrivato tu. I primi anni volevamo disperatamente un figlio, un piccolo da amare, con gli occhi di tuo padre e il mio carattere, ma io non potevo, avevo una possibilità minima di avere figli e invece di lottare, io e tuo padre ci siamo arresi. Tuo padre si è buttato a capofitto nel lavoro, io lavoravo in banca, quella che fa angolo con la panetteria dove va sempre la nonna. Holmes Chapel è troppo piccola per far cambiare le abitudini dei suoi cittadini. Quando sono rimasta incinta di te, dopo sei anni, dopo anni in cui io e tuo padre eravamo diventati dei perfetti sconosciuti, ti abbiamo usato come collante per un matrimonio che non c'era più. Non voglio dargli la colpa, se lui si è allontanato io non l'ho rincorso anzi, ho corso verso il senso opposto. Sono riuscita a godere del tuo sorriso solo qualche mese. Eri un bellissimo bambino, con occhi grigi e capelli biondi, un bambino da sfoggiare. Ma io questo, come tutte le altre cose, non l'ho fatto. Non riuscivo neanche a toccarti, a cambiare un semplice pannolino, lo faceva tua nonna. La notte io dormivo mentre tu piangevi, non ti ho mai allattato. Non ho mai fatto tutte quelle cose che una madre è felice di fare, io felice non lo ero. Ti vedevo come colui che mi avrebbe trattenuto una vita intera lì, con un uomo che non amavo e una città troppo piccola per me. Ti ho lasciato piccolo e indifeso nelle mani di coloro che ti hanno cresciuto fino ad oggi, io non lo meritavo e sicuramente non meritavo neanche la tua attenzione quando mi hai portato questa lettera. Chissà quante volte mi hai visto e io non mi sono accorta di te. Sei troppo cresciuto, ti avevo lasciato con quegli occhioni grigi e ti ritrovo uguale a me, i capelli scuri e gli occhi verdi. Ha ragione tuo padre, gli ricordi troppo me. Volevi un perché, eccolo. Io non mi sono mai sentita una madre, tua madre. È forse la cosa più brutta da dire per una donna, ma io non potevo. Quello non era il mio posto, è questo. Io non ti avrei mai amato.
Col tempo non mi sono pentita di aver fatto questa scelta, ma di non averti mai cercato sì, di questo mi pento. Meritavi i miei auguri durante le feste, dei consigli sporadici di una madre che non c'è stata e di una torta al cioccolato una volta ogni tanto. Ma non ce l'ho mai fatta, tante volte sono arrivata davanti il vialetto di casa ma le mie gambe non hanno retto e sono andata via. Come mi sarei presentata? Cosa avresti detto? E quindi ti ho spiato fuori dalla scuola, quando passavi il tempo al parco con gli amici. Mi sono limitata a vederti crescere da lontano, tuo padre mi ha sempre dato notizie su di te, sulla scuola e anche sul ragazzo con cui passi le giornate. Tu sei il miglior lavoro che tuo padre ha prodotto. Io non ce l'avrei mai fatta.
Voglio scriverti una lettera piena di se, senza ma. Come sarebbe andata se quel giorno di Luglio ti avessi portato con me? Lontano da quella città? Non avresti avuto la musica dei tuoi nonni e la passione per i vecchi vinili di tuo padre. Avresti lavorato nel mio bar dopo la scuola, niente conservatorio, pochi soldi in tasca, niente bella macchina a sedici anni o vestiti firmati. Avresti vissuto alla giornata come faccio io stessa. E se tutto questo non ti fosse piaciuto? Cosa avrei potuto offrirti io? È questa la verità, io non avrei potuto offrirti nulla: dai soldi all'amore. Io non ho sbagliato lasciandoti. Sei cresciuto così bene anche senza di me. Ora Harry, sai il perché della mia scelta. Forse ora ti metterai l'animo in pace e finirai di pensare che la colpa sia tua. Non è stata mia, né di tuo padre. Eravamo sbagliati sin dal primo giorno e spero che tu possa incontrare il vero amore. Non aver paura di lasciarti andare, ti ho creato dei complessi che non volevo. Ma Harry, ama. Non aver mai paura di farlo, viviti il momento, viviti i tuoi 18 anni e fai ciò che più ti rende felice non la più giusta, come tuo padre, che fare la cosa più giusta non vuol dire essere felice e di tempo ne hai ancora tanto.
Ora Harry, ti saluto. Spero che un giorno tu possa venirti a prendere un caffè senza scappare, mi farebbe piacere vedere come sei diventato.
Anne»
 
LIAM
«Oggi non ho voglia di scrivere, sarà che Maggio mi mette sonno e poca voglia di fare qualsiasi cosa. Sarò breve nel raccontarvi questi miei ultimi giorni, anche se di cose ce ne sono davvero tante. Voglio parlarvi prima del mio nuovo amore, è la prima volta che parlo di una ragazza sul mio blog: Milly.
Potrei usare le frasi di circostanza dire come "Lei è la musica della mia vita.", non è vero. Lei non è la musica della mia vita, ho sempre vissuto di musica, lei invece è nuova, è silenzio e mi piace. Mette in ordine tutti i casini che combino ogni giorno. Anche lei scrive di me sul suo blog, ma non sa che io sono uno dei suoi più assidui lettori. È un mese che ci frequentiamo e se sono così cotto dopo così poco tempo, ho paura di continuare, ma io non scappo. Io non sono Harry. Milly non scappa, mi vuole bene, sopporta persino i miei giorni di malumore durante i suoi giorni rossi e questo dovrebbe dire molte cose. Louis mi prende per il culo, canticchiando "Liam in Love", ma è felice per noi. Un po' meno di vederla in biancheria intima girare per casa.
Louis. È passato un mese da quando ha visto per la prima volta Harry, non si sentono più da quel giorno. Ci stanno provando entrambi ad andare avanti; Harry prima di partire per la California ha fatto un murales davanti casa: "Io sarò il tuo lieto fine, che tanto nemmeno l'oceano ci divide, a noi.". Louis da quel giorno porta sconosciuti a casa tutte le notti, ma non fanno mai nulla, questa casa ha mura troppo sottile e quando combina qualcosa, urla. Ho provato a chiedere cosa ne pensasse di quel murales, mi ha risposto un "Era qui", ed io ho capito che entrambi fingono, che senza l'altro fanno schifo, come io senza Milly. Louis è desideroso di un abbraccio che non sia il mio o quello della mia ragazza, di labbra che non siano di qualche sconosciuto incontrato in un pub, anche se dubito che si bacino, Louis vuole, ha bisogno di Harry. Li manderei volentieri a fanculo entrambi e forse un giorno di questi lo faccio, così almeno da una parte stanno insieme. Darwin con loro due ha fallito. Louis si è stancato di cogliere attimi che gli sfuggono dalle mani e fa finta. È tornato come qualche mese fa, senza vita, senza Harry. Non sanno del male che si stanno facendo»
 
LOUIS
«Dopo un mese che ti ho incontrato, ho deciso di rispondere alla tua lettera. Quella che mi hai lasciato prima di scappare. Ho provato a darmi una spiegazione ma non ci sono riuscito, ho accusato ancora una volta me stesso. Quel "Ops", sembrava tutto giusto. Avrei voluto saltarti addosso, sapere il sapore delle tue labbra, ma mi sono perso prima nei tuoi occhi, come Medusa mi hai pietrificato e sei riuscito a fuggire da quella morsa che stava per infrangersi sopra di te. Sembrava che per una volta tutto dovesse andare nel modo migliore, in quello giusto, ma mi sono illuso, anche questa volta. Ora però non lo faccio più, non mi illudo in un tuo ritorno, continuami a scrivere murales sotto casa, a me non importerà più o meglio farò finta, finché un giorno tu non esisterai più nella mia mente. Non hai pensato che a pochi metri da te c'ero io, desideroso di incontrarti? Non hai provato a spiarmi? A vedere se ero ancora sveglio ad attendere un tuo messaggio? Ma a te tutte queste domande non ti sfiorano nemmeno.
Abbiamo perso troppo tempo a rincorrerci, a cosa siamo arrivati? A nulla.
Finché non ti ho incontrato, io non lo sapevo che stavo cercando te. Con te, come ti avevo detto, mi sentivo a casa, avevo trovato il mio perfetto posto, avevo smesso di vagare perché ti avevo trovato. Ti appartenevo, senza paura, senza armi, incondizionatamente. Vedevo i tuoi occhi e sapevo che come guardavo te, non guarderanno mai nessun'altro. Mi sono bruciato con un amore che non è mai esistito. Tenevi tanto a definirci 'noi', ma hai mai lottato per questo? No, rispondo io per te. Ho sempre detto più no che sì nella mia vita, con te avevo voglia del contrario. E se ti avessi qui davanti non so se baciarti prima o prendermela per tutto ciò che mi hai fatto, tirarti quel famoso pugni che dovevi dare a Liam, lui ha avuto la fortuna di stare con te e non sai quanto io possa invidiarlo. Mi stai facendo male, ancora oggi, dopo un mese di silenzio. Forse tu avanti ci sei andato, hai svoltato pagina insieme a Niall oppure sei tornato a scrivere la tua storia con Zayn, qualche tua amica mi ha scritto su Facebook, io invece resto ancorato al tuo nome, alle nostre vecchie conversazioni e a quel messaggio "Credo di amarti". Credi di amarmi? Bene, credi. Io ne sono certo. È questo quello che ci divide a noi, non l'oceano. Ma i dubbi, i credo. Io posso fingere di andare avanti, di odiarti. Portarmi un tizio ogni sera a letto, farmi fare un pompino e poi mandarlo a fanculo, non serve più a nulla. Io la sera mi perdo in quel murales, nel ricordo di noi e delle nostre videochiamate, delle nostre mani che si toccavano nonostante uno schermo.
Questo silenzio piano piano mi sta uccidendo, è che a me i silenzi piacciono solo quando suono, sennò per il resto mi ammazzano. Posso apprezzare questo silenzio solo se, mentre lo fai, mi guardi.
Sto cercando di andare avanti, di capire tutto, di non darti la soddisfazione di vedermi qui legato al tuo nome, ma finisco con il ricordare solo quella volta in cui i tuoi occhi non mi hanno fatto capire più un cazzo. Ed io di quello scontro non c'ho davvero capito un cazzo e in realtà io non ho capito più nulla da dicembre, da quando sei entrato nella mia vita e mi hai iniziato a prendere. Perchè sei scappato? Mi avevi promesso che non lo avresti fatto più ed io ti ho creduto. I tuoi occhi cercavano me, volevano me, gli occhi sono sempre più coraggiosi della bocca, in questo caso di te. Noi non ce la facciamo da soli, siamo testardi, caparbi, pensiamo di cavarcela ma seriamente Harry, dove vogliamo arrivare? Io con te farei il giro del mondo o se tu vuoi possiamo restare a casa, a guardare uno di quei film stupidi che a te tanto piacciono. E non importa se fuori c'è il sole e la voglia di uscire sarà maggiore di quella di vedere uno stupido film, perché c'è il sole, ma al mio fianco ci sarai tu e sarà tutto perfetto. E tu?
Sarà bello complicarmi la vita con te. Io la tua mancanza la sento persino nelle vene, nei piccoli gesti, nelle parole. In questo mese avrei trovato mille canzoni da dedicarti, ma aspetterò il tuo ritorno, non riempi solo la mia vita, le mie mancanze, ma anche gli spazi vuoti sul mio pentagramma.
Questa lettera potrebbe essere il perfetto esempio di incoerenza, ma non posso farci nulla. Ti ucciderei e farei l'amore con te nello stesso momento. Ci sarà un momento perfetto anche per noi e arriverà presto.
Io cambierei il murales in: Saremo il nostro lieto fine.
Dobbiamo solo crederci. Ce la possiamo fare. Non credi?
Ti aspetterò senza andare via.
-Il tuo Louis»
 
HARRY
20 MAGGIO - 12.35
Non mettevo piede a Holmes Chapel da più di tre settimane, tra il viaggio a Londra, Dublino e Los Angeles, non avevo avuto tempo di rinchiudermi a casa e leggere le mail di Beth, Niall e le lettere di Anne e Louis. Non avrei risposto a nulla di tutto questo, li avrei affrontati tutti, uno per uno e dovevo iniziare da quello che più mi premeva risolvere. Il tempo passato a Los Angeles mi aveva fatto capire molte cose, su di me e su quello che volevo fare in futuro. Anne mi aveva detto di buttarmi, di vivere e per la prima volta stavo seguendo un consiglio che mi aveva dato mia madre. Come sarebbe andata. Tanto tra meno di un mese sarei tornato nuovamente a Los Angeles e non avrei avuto più contatti con nessuno.
L'amicizia con Liam sarebbe finita, come quella con Beth. Mi odiava e le davo pienamente ragione. Avrei smesso di essere il ragazzo di Zayn, ancora una volta. Niall avrebbe smesso di amarmi, che parolone, nessuno mi amava, a me. Tranne Louis. Era con lui che dovevo parlare.
Presi il telefono, i soliti tre squilli. Era giovedì, a lezione lui non ci andava mai il giovedì, era il suo giorno di riposo.
«Pronto?» - Il suono della sua voce e la mia anima che prendeva vita, non lo sentivo da più di un mese, alcune volte mi era assalita la paura di dimenticarlo, lui era uno dei ricordi più belli che avevo e non potevo permettermi ciò.
«Io non gli voglio vedere i film stupidi quando sono con te, farei il giro del mondo, farei l'amore, farei tutto ciò che vuoi e che piace a te. Ho scritto tanto di te, cercando le parole giuste per descriverti quello che provo, ma non ce n'è bisogno, tu sai quello che provo perché è ciò che provi anche tu. Perché ti ho fatto star male e tu non lo meriti, hai ragione. Liam ha mantenuto la promessa, non ti ha detto del perché sono scappato. Ora però devi saperlo: non mi sono mai affezionato a qualcuno, sono sempre scappato nel momento in cui le cose si facevano serie. Se fossi rimasto, ti avrei fatto male, ma così te ne sto facendo ancora di più. Scusami Boobear!» - dissi tutto velocemente, cercando di non oltrepassare la soglia delle lacrime.
«Apprezzo le persone che sanno ancora ammettere i propri errori, che dicono ho sbagliato e...»
«E? Non lasciarmi così.»- risposi
«E ricominciano da me. Io non lascio nessuno a differenza tua»
«Ho sbagliato Lou»
«Lo so che hai sbagliato. Ma sono queste cose che dimostrano chi davvero siamo, cosa vogliamo»
«Ed io voglio te Louis»
«È la strada giusta?» - Louis fece questa domanda con un filo di voce, emozionato.
«Tu sei sempre la mia strada giusta»
«Senza scappare?»
«Non vado più da nessuna parte senza di te. Non credo di amarti, io lo so»
 
-Angolino di G:
Mi faccio i complimenti da sola per aver aggiornato in un orario consono. Vorrei ringraziare tutte quelle che seguono questa storia e la recensiscono.
I nostri protagonisti, questa volta tutti, scrivono i loro pensieri sui proprio diari, blog, per messaggio o tramite lettere. Ho voluto fare un capitolo diverso e spero che possa piacervi come gli altri. Ho sempre un po' paura di sbagliare e deludervi.
ATTENZIONE: il periodo di cui tratto va da fine della settimana al college fino al 20 maggio ed Harry se l'è spassata in giro per il mondo.

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Capitolo 9
*** Here with you ***


HARRY
 
20 MAGGIO – 12.35
 
«Harry svegliati! È ora di pranzare!» - Erano più di dieci minuti che sentivo strillare mia nonna. Avevo lasciato Los Angeles la mattina precedente, ma il Jet Leg non aveva abbandonato me. Mi ero addormentato poche ore prima sul divano, perso tra una televendita di coltelli e una vecchia serie inglese, quelle in bianco e nero che piacciono al nonno. La mia valigia era ancora vicino alla porta, lì dove l’avevo lasciata, quella di papà era già piena di nuovi vestiti, pronta per volare insieme a lui in un altro viaggio. Con aria assonnata e poca voglia di alzarmi andai in cucina per salutare la nonna, occupata a cucinare, erano tre settimane che non la vedevo. Tre settimane in cui avevo preferito scappare da una parte all'altra del mondo ma non affrontare ciò che avevo lasciato qui, in sospeso.
«Quanto è bello avere il mio nipote preferito di nuovo a casa.»
«Nonna non puoi avere nipoti preferiti!»
«Perché?» - rispose lei, mentre continuava a cucinare una delle sue zuppe.
«Sono il tuo unico nipote!» - ridemmo insieme. Mi era mancata così tanto, uno dei pochi volti familiari a cui non dovevo spiegare o chiarire qualcosa.
«Ti sono arrivate diverse lettere e in più stamattina è passato qui il tuo bell’amichetto, ha detto di accendere il telefono e che nel pomeriggio ripassa, non farti trovare addormentato ancora una volta.»
Nel dormire non mi ero accorto neanche che Zayn era passato a casa. Non lo sentivo dal giorno della mia partenza per Los Angeles, qualche giorno prima eravamo stati insieme a Dublino e lì mi aveva confessato il suo tradimento, sarei stato ipocrita a dire qualcosa, io avevo fatto anche di peggio, mi ero innamorato di un’altra persona. Per questo avevo fatto come Louis, anch’io avevo spento il telefono, mi ero goduto quei giorni con mio padre o meglio quei giorni nel nuovo ufficio di mio padre.
Avevo lasciato in sospeso tutto e tutti.
Niall, Liam, Zayn, Anne e Louis.
Louis.
Quella stessa mattina lo avevo sognato: una chiamata veloce, pensieri confusi, sembrava tutto così reale. Ma non c’era nulla di vero, Louis ed io non parlavamo da più di un mese, Liam i primi tempi mi teneva aggiornato su ciò che il suo migliore amico combinava, sui ragazzi che si portava la sera, tutti uguali, tutti diversi da me. Ma poi le mail di Liam si sono fatte sempre più sporadiche, l’argomento Louis era diventato off-limits. Mi ha provato a capire ed in un certo senso aveva compreso il mio punto di vista, ma non tollerava il male che io stavo facendo a Louis, male che non mi accorgevo di fargli. Quindi le nostre chiacchiere si erano limitate alla sua storia con Milly e al tirocinio con Tamara. Quando ho provato a chiedere come stesse Louis, lui non mi ha risposto.
«Nonna io vado in camera a riposare.»
«Va bene Harry, a dopo!» - afferrai la valigia, la posta che durante la mia assenza avevo ricevuto e andai in camera. Buttai il trolley pieno sul letto e iniziai a frugare tra i vestiti alla ricerca di una giacca di jeans, una camicia nera e il mio diario. Avevo voglia di scrivere, di sfogarmi con qualcuno da cui non avrei ricevuto critiche o risposte e avevo voglia di sentirmi addosso l’odore di Louis.
 
«20 maggio
Stringo in mano le lettere di Anne e di Louis, sono bagnate delle mie lacrime, ma hanno sapori diversi. Sulla lettera di Anne si sono alternate lacrime di odio, rancore, a tratti anche compassione per una donna che non ha saputo lottare, che non ha voluto. Io sarei stato solo la sua infelicità, lei voleva la sua libertà ed in questo la capisco, forse ho preso anche questo da lei, non solo i suoi occhi. Lacrime di rabbia, mi ha visto crescere da lontano, nascosta chissà dove, spaventata da un mio rifiuto, da questo odio che ho covato per diciotto anni nei suoi confronti, ma sai, se solo l’avessi vista, avrei abbattuto tutti i miei muri, seppellito l’ascia di una guerra che non ho mai combattuto e l’avrei solo abbracciata. Perché io non ho mai avuto l’abbraccio di una madre ed a pensarci non l’avrò mai. Questa lettera è la spiegazione che cercavo da una vita, ho smesso di lottare, di trovare giustificazioni, sono scritte qui ed a pensarci era meglio la storiella che mi raccontava nonna quando le chiedevo “Dov’è mia madre? Tutti ne hanno una, io no.”
Ha ragione papà, io non ho bisogno di lei, dei suoi sorrisi e di farmi offrire un caffè per scambiarci due chiacchiere. Io non ho nulla da dirle, dovrei raccontarle di un’intera vita in cui non c’è stata. Da dove dovrei partire? Mi ha scritto “Mi farebbe piacere vedere come sei diventato.” Sbaglia, non deve vedermi come sono diventato, deve vedere come sono. Sarebbe impossibile da raccontarle questo perché nemmeno io so cosa sono. Sono uno Styles, figlio di mio padre, della sua musica, del comprarmi il gelato dopo ogni partita di tennis e del viziarmi. Sono il sorriso di mia nonna quando le faccio un complimento per il cibo, quando cantiamo insieme una vecchia canzone di Peggy Lee oppure sentire la storia di come lei e il nonno si sono innamorati. Sono mio nonno e la passione per il pianoforte, i racconti di una guerra che ha visto da lontano e i film in bianco e nero. Sono delicato come il tocco di Niall sulla sua chitarra, confuso come i capelli di Betty, freddo come gli occhi di Louis. Sono pregi, difetti e vizi. Avrei preferito mia madre ad una bella macchina che non so guidare, lavorare il pomeriggio nel suo bar e saltare le lezioni al conservatorio. Ma poi sarei tornato sempre a casa mia, qui, dove io “sono”. Tutte le lacrime per lei sono finite, non ne ho più, come le domande che dovrei farle. Forse è strano ma sono felice perché adesso posso chiudere quella porta che ho sempre lasciato aperto per un suo probabile ritorno, io non la voglio nella mia vita.
La lettera di Louis non ha il suo odore, quello che invece ha la camicia che Liam mi ha inviato, quella che indossava in Francia la prima volta che ci siamo visti, studiati e amati, l’odore penetrante della sua camera adesso non più bianca. Dovevo aspettarlo lì steso sul suo letto e con la voglia di farci l’amore. Ho così paura di averlo perso, di essermi giocato l’opportunità della mia vita. Le sue parole sono confuse come il sogno fatto questa mattina. Se io fossi stato in lui, sarei già andato via, cancellato i miei ricordi ma lui non lo fa, lotta e mi aspetta. Ma per quanto tempo voglio farlo ancora aspettare? Lui non merita questo, merita amore, il mio, me. Mi ama ma io ho paura. E se poi anche lui scappa come ha fatto Anne? No, lui non scappa Harry. Lui è rimasto lì a vedere te scappare. Sono sempre fuggito io, lasciandolo lì ad attendermi ed è giunta l’ora di appropriarmi di lui, perché ci apparteniamo, perché lui ha il filo rosso che porta a me. Forse dovrei rispondergli a questa lettera, dirgli che io anche so di amarlo. Oppure correre, prendere il primo treno per Londra, invitarlo a cena e poi baciarlo, anzi no, lo bacerei prima. Portarlo a vedere le stelle e perdermi nel suo sguardo. Spiegargli l’emozione che il mio cuore prova ogni volta che la sua voce mi avvolge. Quella stessa voce che mi è entrata nell’anima riuscendo a colmare quel vuoto che tempo e spazio avevano creato con tanta facilità. Louis mi completa e difenderò con tutte le mie forze quest’amore che mi lega a lui. Ogni notte in cui scruterò il cielo in cerca di una stella, l’unica luce che mi illuminerà sarà quella dei suoi occhi. Non voglio perdere l’unica persone che mi fa stare bene con me stesso, che mi rende felice. Buttati Harry.»
 
 
20 MAGGIO – 20.17
 
«Ciao Louis, sono Harry. Hai un momento per me?» - dopo un’intera giornata a pensare a cosa scrivere e come Louis avrebbe potuto rispondere ad un mio messaggio, decisi di affrontarlo. Non Louis ma me stesso. Dovevo farmi perdonare, ancora una volta e soprattutto sapere se quel sentimento, quel “Sono sicuro di amarti” era vero. Non sentivo Louis dal giorno in cui ero andato sotto casa sua per fargli il murales, avevo sperato con tutto me stesso che durante quei venti minuti di atto vandalico lui si affacciasse alla finestra e iniziasse ad urlare con quella sua voce che mi manca ogni giorno di più, ma niente. Non lo sento da quando mi ha scritto - «Cosa vorresti dimostrarmi con quella scritta?» - ed io non ho più risposto, perché io non avevo una risposta a quella sua domanda. Non avevo nulla da dimostrare, da rispondere.
«Dopo un mese che non ti fai sentire, direi che quello che deve avere un momento libero per contattarmi, sei tu.»
«Sono appena tornato da Los Angeles.»
«Eppure le mail a Liam le inviavi anche da LA.»
«Lascia stare Louis non capisci.»
«Lasciami stare tu Harry. Sei sparito per settimane e ora cosa vorresti sentirti dire da me? Mi sono sputtanato con una lettera alla quale non ho ricevuto neanche una risposta, poi ti fai sentire con un messaggio senza neanche spiegarmi il perché tu abbia fatto tutto questo! E poi sono io quello che dovrebbe lasciar stare? Tranquillo, ho iniziato già a farlo. Quindi se permetti, non ho voglia di sentire una persona per il quale sto male.» - “Una persona per il quale sto male.”, ripetei le ultime parole di Louis almeno un paio di volte nella mia mente.
«Io non ho mai voluto farti star male, spero che questo tu lo sappia.»
«Harold, davvero, era meglio se continuavi ad evitarmi e scappare come hai sempre fatto.» - non risposi neanche a quel messaggio, non ne avevo il coraggio. Presi il telefono e inviai un messaggio a Betty.
«Incontriamoci tra venti minuti al parcheggio della scuola.»
 
 
 
10 GIUGNO – 23.03
 
«Ciao Harry, scusami se rispondo solo adesso alla tua mail, ma per me sono appena iniziati gli esami e se vanno tutti bene, quest’inverno potrò laurearmi. Il tirocinio nell’ufficio di tuo padre è finito miracolosamente bene e con tanto di complimenti. Sono davvero contento e grazie ancora per la buona parola che hai messo a mio nome. Con Milly procede tutto a gonfie vele, mi ha fatto conoscere la sua famiglia e a Luglio partiremo per la Grecia, una piccola vacanza ce la pur meritiamo. Devo parlarti anche di lui vero? Louis ormai passa le sue giornate a studiare per gli esami di fine semestre, è tornato a fumare e ogni tanto suona, questa forse è l’unica nota positiva di tutta questa storia, si è rifugiato nel suo mondo, nella sua musica triste, ma almeno lì è al sicuro. Non parla quasi più di te, quando mi vede scrivere a qualcuno è sempre sul punto di chiedermi se sei tu la persona a cui sto inviando un messaggio, ma poi sopprime tutto e lascia stare. Suona e fissa quel murales, ti sta ancora aspettando.
Ora raccontami tutto quello che è successo con Betty e Niall. Il biondo l’ho sentito qualche giorno fa, mi ha chiesto delle informazioni riguardanti il college e anche lui su Louis, non capisco il perché.
Ci sentiamo presto,
Liam.
P.S Louis si è accorto che gli manca una camicia, non dirgli che sono stato io a inviartela.»
 
«Stasera tutto mi aspettavo ma non una tua risposta!
Qui va tutto bene, anch’io sto studiando come un pazzo per il diploma. Il 23 Giugno sembra ancora così lontano da me, mi piacerebbe davvero che tu, Milly e Louis foste presenti alla cerimonia della consegna dei diplomi o almeno alla festa che daremo la sera. Ma non credo che Louis accetterà mai una cosa del genere. Non gli scrivo più dal giorno in cui sono tornato a Holmes Chapel, fisso il telefono ore ma non ne ho il coraggio. Io lo faccio star male e se la mia assenza lo fa star meglio, continuerò a non esserci, anche se non ce la faccio più. Sono stato forte, ho represso tutti i miei sentimenti verso di lui, eppure adesso sto per esplodere, fermami dal venire sotto casa vostra e iniziare a cantare la nostra canzone, anche se a pensarci bene, io e Louis una nostra canzone non ce l’abbiamo. Mi manca.
Ma passiamo avanti, sono giorni che piango, stringendo a me il suo giacchetto di jeans. Sta perdendo il suo odore Liam, ora non sa quasi più di Louis. Tutto questo è così deprimente, così triste. Per quanto tempo dovrà andare avanti così? Rispondimi tu Liam, lo conosci meglio di me.
Sono contento che con Milly vada tutto bene, è una ragazza così dolce, quasi quasi non te la meriti. Sai bene che scherzo; tu e Milly meritate solo il meglio nella vita, come anche Louis ed io non sono sicuro di essere questo meglio per lui. Tra un mese invece parto ancora una volta per gli States, ho fatto richiesta di borsa di studio per alcuni college lì.
Una cosa positiva di queste settimane è che ho finalmente chiarito con Beth. All’inizio è stato difficile, l’ho vista per la prima volta piangere per colpa mia ed è impossibile descrivere come mi sono sentito. Il giorno in cui ci siamo incontrati, abbiamo parlato per ore, lì nel parcheggio della scuola. All’inizio nessuno dei due voleva affrontare l’argomento, ma sapevamo entrambi che doveva esser fatto. Ho iniziato io, chiedendole scusa, mi ero preparato un discorso che non sono riuscito neanche a finire, troppo occupato a cercare un motivo per farla sorridere. Le ho detto che non avevo mai pensato a Niall come qualcosa di più di un amico e non sapevo di questa cotta che lui aveva per me. I primi giorni sono stati difficili, parlavamo a malapena e solo di scuola oppure di Los Angeles, poi mi ha confessato che ha una cotta per Anthony Petrucci, il bullo della scuola che più di una volta mi aveva sbattuto davanti ad un armadietto e tutto sembra miracolosamente tornato al suo posto, quando non c’era nessun Niall o nessun Louis, ma solo io e lei. Mi ha perdonato, mi ha detto che - «il mondo senza il mio Harry Styles fa schifo e non devi più scusarti, io anche ho sbagliato.» - ma non è vero. Lei non ha sbagliato nulla con me, io ho smesso di scusarmi o meglio, ho smesso di dirle scusa ogni volta che potevo, ma ancora lo penso. Non mi guarda più con i suoi occhi tristi, ora sembra felice, ma questa volta il merito non è mio ma di quell’Anthony, si sta dimostrando l’uomo della sua vita ed anche se io e lui ci odiamo dalla terza elementare, sono felice, per entrambi. Salterei volentieri l’argomento Niall, nessuno dei due ha le palle e la voglia di affrontare l’altro, io cosa dovrei dirgli? Mi sono comportato come un pezzo di merda e non voglio peggiorare ancora di più la situazione. Spero solo che un giorno possano tornare i nostri mercoledì al campanile. Ora spiegami una cosa, perché Niall ha voluto sapere di Louis? Cosa ti ha chiesto? Non so cosa pensare.
Ora Liam vado, ho ancora un testo di letteratura inglese da fare, manda un saluto a Milly da parte sua e dille che leggo sempre il suo blog, è fantastico scoprire la vostra piccola routine di coppia ed è sempre un soffio al cuore leggere il nome di Louis. Saluta anche lui, forse uno di questi giorni risponderò alla sua lettera.
Comunque stai tranquillo, non dirò a Louis della sua camicia. Grazie ancora Liam.
Ci vediamo presto,
-H.» - Inviai l’email a Liam e rimisi la testa nel libro di letteratura. Fino a poche settimane prima era una delle mie materie preferite mentre adesso ogni parola sembrava pesante come un macigno e senza senso. Senza senso come l’immediata risposta di Liam.
«Sai, davanti a me ho Louis, legge “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, lui non è da libri del genere, è più da Harry Potter per intenderci, ma ogni tanto si fissa e legge questi mattoni che sono sicuro che neanche gli piacciono. Ha seguito un consiglio di Milly, con qualcuno doveva pur commentare quel libro. Ecco, Louis sta leggendo quel libro che parla di artisti e scrittori e lui si sente uno di loro. Milly gli ha insegnato a sottolineare le pagine dei libri, a viverlo, ecco, lo vedevo sottolineare una delle tante pagine e ho chiesto quale frase questa volta fosse stata la sua vittima e me l’ha letta ad alta voce, ho accantonato la tua risposta e l’ho ascoltato: «Mi ama? Ha mai amato qualcuna più di me? Mi ama più di quanto lo ami io? Forse tutte queste domande rivolte all’amore che lo misurano, lo indagano, lo esaminano, lo sottopongono a interrogatorio, riescono a distruggerlo sul nascere. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l’amore) dall’altro, invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza. Liam mi manca.» - Ed io mi sono messo a ridere perché penso che continuate a inseguirvi senza mai fermarvi, a mancarvi ma preferite comunque correre nel verso opposto. Scrivigli Harry, digli quello che lui è per te, perché magari un giorno si sveglia ed in mente ha un altro nome, il suo sorriso è per un altro ragazzo, l’odore addosso non sarà il tuo e cosa farai?»
«Grazie Liam.» - Ci mancava solo Liam e le sue frasi filosofiche, ma forse non aveva tutti i torti, forse per una volta potevo anche dargli ragione. Cosa avrei fatto se un giorno non sarei stato più tra i pensieri di Louis, l’oggetto del suo amore? Forse sarei morto dentro, forse era anche il momento di smetterla con i ‘forse’ ed iniziare ad agire.
 
 
11 GIUGNO – 01.11
 
«Sai Louis non ti facevo uno da Milan Kundera.» - Inviai il messaggio senza pensarci due volte, alla fine tutta la nostra storia era iniziata con dei messaggi inviati senza pensarci.
«Di solito sono più il tipo da fumetti e da Tolkien, ma ogni tanto vado fuori dai miei limiti. Liam comunque parla sempre troppo.»
«Mi manchi Louis.» - scrissi di getto.
«Mi manchi anche tu, Harold.»
«Come va la vita da quando io non ne faccio più parte?»
«Fa schifo, ecco la verità qual è. Certo, prima non era la migliore ma almeno c’eri tu che rendevi tutto migliore oppure tutto estremamente peggiore, ma i momenti migliori vincono di gran lunga su quest’ultimi. A te invece come va con l’amore che hai trovato dopo di me?»
«Sai di Niall eh.»
«Qualcuno ha ben pensato di scrivermi tutto quello che avete fatto in un messaggio su Facebook e non solo con lui.»
«Mi dispiace Louis, ma ti assicuro che tra me e Niall non c’è più nulla e anche tra me e Zayn. Ho detto basta a tutti. Dopo il viaggio a Dublino ho capito che Zayn non faceva per me, è un ragazzo d’oro ma lui merita di meglio.»
«E tu cosa meriti?» - chiese.
«Te. Spero tanto di meritare te.»
«Niall è stato a casa insieme a Liam qualche settimana fa, avevo sentito così tanto parlare di lui e avevo un’idea tutta mia di quel biondino, una buona idea, sia chiaro. Siamo rimasti soli qualche istante, mentre Liam andava ad aprire a Milly e si scambiavano qualche bacio sulla porta e sai cosa mi ha detto il piccolo e dolce Niall?»
«No, dimmi.» - “Cosa diamine sta dicendo?” – pensai.
«Il tuo amichetto ha ben pensato di dirmi di starti lontano, raccontandomi la vostra bellissima scopata e come ben muovi la lingua durante un pompino.» - Era impossibile, Niall mai avrebbe fatto una cosa del genere, decisi di chiamare Louis. I soliti tre squilli ed eccola quella voce che tanto mi mancava.
«Harold, come mai mi hai chiamato? Non andavano bene i messaggi?»
«Devo sapere se è vero.»
«Cosa?»
«Quello che ha detto Niall.»
«Sui tuoi pompini?»
«Sul fatto che devi stare lontano da me.» - risposi quasi urlando.
«Si. Hai solo questo da chiedermi? Vorrei andare a dormire che tra un paio di giorni ho un esame e devo studiare.»
«Ho ancora un’altra cosa da domandarti.»
«So cosa vuoi sapere e non lo so, non so se sono ancora così sicuro di quel sentimento. Sei sparito nel vuoto ed io ho dovuto affrontare tutto questo da solo.»
«Mi dispiace Louis, io non volevo.»
«Non volevi ma l’hai fatto. Buonanotte Harold, sogni d’oro.» - Louis chiuse la chiamata augurandomi la buonanotte, sentire la sua voce dopo così tanto tempo mi fece tornare quel sorriso. Un sorriso vero che solo con Louis riuscivo a tirar fuori. Ma dovevo ancora dirgli una cosa che non riuscivo più a tenermi dentro.
«Ho sbagliato a scomparire, hai ragione, ma devo confessarti una cosa: io sono sicuro di amarti.» - inviai il messaggio, non pensando alle conseguenze e a cosa avrebbe potuto rispondere.
«Te ne sei accorto troppo tardi. C’è una persona nella mia vita e non ha paura di me.» - ed ecco un altro messaggio di Louis che non avrebbe avuto una mia risposta. Era impegnato con un ragazzo, forse uno di quelli che si era portato una sera ed aveva continuato a vederlo, un ragazzo che non ero io.
 
 
11 GIUGNO – 08.03
 
«Harry hai una faccia! Ma hai dormito?» - chiese Betty non appena mi vide entrare in classe.
«Secondo te, se avevo dormito, avevo questa faccia?»
«Simpatico, cos’è successo?»
«Louis mi ha detto che sta frequentando un ragazzo.»
«Harry per quanto tempo andrà avanti questa storia?»
«Voglio vederlo.»
«Passerà Harry, non dannarti l’anima! Tra qualche settimana saremo in America, lasceremo tutti qui. Sai ieri ho sentito Zayn, mi ha detto che siete rimasti amici, magari potresti portare lui alla festa del diploma.» - Il modo veloce di parlare e il suo fastidioso accento era l’unica cosa che non mi era mancata di Beth.
«Io lo amo Beth è questo che nessuno di voi capisce! Se me ne sono andato da lui era perché non volevo più rovinargli la vita. Qualche settimana fa, sono entrato in quella chat dove ci siamo conosciuti, avevo un altro nick, lui non sapeva di me. L’ho contattato e lui ha iniziato a parlarmi di amore a dire che stava soffrendo per un ragazzo che non lo meritava e che da quando l’aveva conosciuto, non era più felice. Quel ragazzo che gli ha rovinato la vita sono io.»
 
 
13 GIUGNO – 11.52
 
«In bocca a lupo per l’esame Boobear.»
 
 
13 GIUGNO – 15.00
 
«LouLou com’è andato l’esame?» - inviai l’ennesimo messaggio a Louis.
«Credo sia andato bene, era un esame scritto, saprò i risultati fra qualche giorno.»
«Credo in te.» - era vero, non credevo in nessuno se non in lui.
«Ora torna a studiare! Hai un diploma da prendere!»
«Dopo ci vediamo su Skype?»
«Va bene, ma ora torna a studiare!»
«A dopo LouLou!»
 
 
15 GIUGNO – 20.14
 
Mi era sempre piaciuta la matematica, come più o meno tutte le materie che in quelli anni avevo studiato, ma ora, era diventato tutto insopportabile e incomprensibile. Nel giro di pochi giorni avevo ancora sei test da affrontare, la mia media era ancora alta, ma la mia soglia di sopportazione a tutto era divenuta del tutto inesistente. Per fortuna c’era Louis e i suoi sporadici messaggi, le sue chiamate fredde e le videochiamate in cui aveva un sorriso che sapeva di rassegnazione. A pensarci tutto questo faceva schifo, un Louis non sorridente non vale la pena di esser visto, anzi Louis non dovrebbe mai essere triste, è uno spreco per il mondo.
«Boobear che succede?»
«Stiamo sbagliando.» - rispose, abbassando lo sguardo.
«Cosa stiamo sbagliando? A me sembra che l’esercizio sia riuscito.»
«A fare questa videochiamata, a sentirci ancora. Io mi sto frequentando con un ragazzo e non vorrei…»
«Non vorresti…» - la mia voce iniziò a tremare.
«Harold» - iniziò a mordersi le labbra e a balbettare qualcosa - «Ci ho messo settimane a reprimere la voglia di scriverti il buongiorno la mattina, di chiederti come stavi e pensare a cosa stavi facendo in California, se magari eri uscito con qualcuno, qualche bel ragazzo abbronzato e con gli occhi scuri. Ci ho messo settimane ad abituarmi a quel “Io sarò il tuo lieto fine, che tanto nemmeno l’oceano ci divide, a noi.” A pensare se davvero eravamo mai stati un noi e se lo eravamo ancora. Ho smesso di pensarti, di immaginarti al mio fianco e di cancellare le immagini di te e Niall insieme, ad essere invidioso di quell’irlandesino e anche di Liam, lui ha sentito il tuo odore, mentre io mi sono accontentato di una felpa che metto per dormire, mi arriva a metà coscia. Ho represso tutti i miei sentimenti nei tuoi confronti, ho lottato contro me stesso e contro il mio miglior amico che mi ripeteva “Aspettalo.” Mi ero accontentato di amarti da lontano, senza nessun tipo di pretesa, senza dirti che tutto questo fa male. Poi è arrivato David e pensavo di aver trovato qualcuno con cui sostituirti, ma poi sei tornato e hai avuto il coraggio e la faccia tosta di dirmi che mi ami ed io sono crollato un’altra volta. Ci sto provando, sto lottando con tutto me stesso, ma sei qui davanti a me ed io crollo davanti al verde dei tuoi occhi e mi dimentico di tutto e di David e penso solo ai mille posti in cui vorrei baciarti.»
«E secondo te stiamo sbagliando? Louis io e te, noi, siamo la cosa più giusta del mondo e non puoi negarlo. Dammi solo un’opportunità.» - risposi con voce tremante - «Vieni al mio diploma, iniziamo a vivere perché ci amiamo ed entrambi siamo stanchi, ha ragione Liam, basta correre. Ti aspetto qui.»
 
 
 
BETH
 
21 GIUGNO – 17.46
 
«Salve Signor Styles, come mai qui?» - era strano vedere il padre di Harry nel pub di mia zia, non era certo un tipo da bar, se non quelli raffinati di Londra.
«Ciao Elizabeth, posso parlarti in privato?»
«Mi dica.»
«Hai parlato con Harry?» - il padre di Harry era l’esatto contrario del figlio, diretto e sicuro di sé.
«Sì è quasi convinto a partire, mi dia qualche altra settimana e partiremo tutti insieme. Ma è sicuro che è la scelta giusta per Harry?»
«Ne sono più che sicuro, nessuno conosce mio figlio meglio di me. Ho fatto una leggera pressione in un college lì in California, al 90% sarà un loro studente. Grazie Elizabeth, ci vediamo presto.» - era qualcosa di insopportabile, sia la pronuncia del mio nome per intero sia il tradimento che stavo facendo ad Harry, ma più di tutto come si stava comportando il signor Styles nei confronti del figlio.
 
 
22 GIUGNO – 10.20
 
«Sei pronto per questo ultimo test? Sai cosa vuol dire? Domani io e te ci diplomiamo e manderemo a fanculo tutti qui dentro. Ed il primo sarà Turner, poi Niall, poi la professoressa grassa di letteratura e anche quello di ginnastica che è un porco. Harry, mi stai ascoltando?» - lo sguardo del riccio era fisso sul telefono, inutile chiedere chi fosse, si notava dal mezzo sorriso delineato sul volto di Harry che dall’altra parte c’era Louis - «Cosa ti ha scritto?»
«Tienimi un posto per la cerimonia di domani» - rispose Harry, si vedeva che era felice.
«Quindi domani vi vedete?»
«Sembra di sì. Spero davvero che venga, non voglio ricordarmi il giorno del mio diploma come il giorno in cui un londinese mi ha spezzato il cuore.»
«Anche se te lo meriteresti.» - Harry mi guardò con aria perplessa.
«Non mi riferisco a Niall» - dopo l’accaduto con Niall, dovevo sempre ben calcolare le parole - «Intendevo, tu l’hai lasciato più volte e quel ragazzo non se me lo meritava.»
«Ma stai anche dalla sua parte?! Ti ho detto perché l’ho fatto.»
«Harry io sto dalla mia parte, non voglio che tu stia male, illuderti che lui venga qui domani e invece non si presenterà, ci tengo a te e non voglio che tu stia male. Tutto qui. Poi se viene, sarò felice per entrambi.»
«Lui verrà, ne sono sicuro.»
«E tu sei sicuro di farcela? Di non farti prendere un’altra volta dall’ansia e dalle tue paranoie? Sei sicuro che questa volta non scapperai?»
«Non lo so.» - Dopo quel suo “Non lo so” l’avrei volentieri ucciso, facendo anche un immenso favore a Louis, ma purtroppo fui interrotta dalla professoressa e dal test, l’ultimo compito che mi divideva dal diploma.
 
 
22 GIUGNO – 16.41
 
«Ci credi Harry che è finita?»
«Per te è ancora troppo presto per parlare.» - in effetti per me era ancora presto, non avevo passato un test e in un altro il mio punteggio era stato molto basso, la mia salvezza era nel test fatto quella mattina o in qualche santo protettore. Il giorno dei test diventiamo tutti molto religiosi, mentre per il resto dell’anno al massimo li bestemmiamo. Non sono mai stata molto credente, se vivi a Las Vegas poi, Dio lo vedi solo ritratto in qualche pubblicità per matrimoni organizzati all’ultimo minuto.
«Spero davvero che vada tutto bene.»
«Ehi Beth, stai tranquilla, andrà tutto bene. Domani saremo tutti felici, io con Louis e tu con Anthony.» - “Io con Anthony.”, già peccato che il ragazzo non si faceva vedere in giro con me. Io non ero popolare, non ero bella come tutte le sue ex e non facevo parte del circolo dei suoi amici.
«Lui non viene alla festa, almeno non con me.»
«Betty cosa stai dicendo?»
«Ieri ci siamo visti a casa mia, dopo aver scopato mi ha detto che lui domani va con i suoi amici ed io con i miei. Poi la sera tardi se voglio posso passare a casa sua, ma questo ultimo punto me lo farà sapere. Non sono nulla per lui, se non una bambolina con cui giocare.» - Harry mi abbracciò, infilai la mia testa nell’incavo del suo collo e mi strinse ancora più forte.
«Ci parlo io con Anthony.» - mi diede un bacio sulla fronte, il nostro bacio ed uscì dal locale di zia.
 
 
22 GIUGNO – 23.31
 
In serate come queste vorrei aver qualcosa di meglio da fare che pulire il bagno del locale di mia zia. Dovrei festeggiare, dovrei essere felice, ma non ci riesco. Negli ultimi mesi ho avuto pochi momenti felici, i momenti non-belli avevano superato di gran lunga quelli belli, ma sono sempre stata una persona troppo positiva per farmi bloccare dalle persone, dai momenti no, da tutto quello che mi circonda. Ma questi ultimi mesi hanno messo in difficoltà anche la mia innata positività. Ho fatto fatica a diventare quella che sono ora, negli ultimi tre anni sono cresciuta, maturata, sono diventata una nuova Elizabeth che mi piace. Ma poi è arrivata la notizia della morte di Sarah, è arrivata la notizia del divorzio dei miei, i no delle varie università a cui ho fatto richiesta, Niall che mi lascia e la sua scopata con Harry. È la cosa che più mi ha ferito, mi ha abbattuto, erano le uniche persone di cui io mi fidavo ciecamente ed invece ho sbagliato. Sto sbagliando anche ad approfittarmi dell’ingenuità di Harry e dei soldi del padre. Prima lo facevo solo per quelli, ora invece è perché davvero voglio andare in America con Harry, lui è la mia ragione di vita, anche con gli errori che ha fatto. Anthony non si è fatto sentire, per lui sono solo sesso. Una donna usa e getta. Ma tutti i pensieri su di lui furono interrotti proprio da una sua telefonata.
«Anthony, che succede?»
«Perché Styles era a casa mia?»
«Harry? Ma cosa diamine stai dicendo!»
«Ha voluto parlarmi di noi due e che tu sei triste perché io non ti calcolo abbastanza. È così?»
«Forse» - risposi.
«Sì o no?»
«Sì, ci sono rimasta male. Non posso neanche salutarti per i corridoi, baciarti per strada perché non devono vederci, perché io non sono nessuno.» - dissi con le lacrime che ormai mi rigavano il viso senza sosta.
«Domani vieni alla festa con me?»
«Lo stai dicendo solo per accontentarmi?»
«No, preferisco farmi vedere ad una festa con la mia ragazza e non con un frocio a casa.»
«Anthony…»
«Dimmi tesoro.»
«Non parlare così di Harry, l’ha fatto per me.»
«Lo so, io torno a giocare all’x-box, ci vediamo domani. Buonanotte baby.»
 
 
22 GIUGNO – 02.00
 
«Grazie Harry per quello che hai fatto con Anthony.» - inviai un messaggio al riccio, ero davvero fiera di quel ragazzo. Lo avevo conosciuto appena quindicenne, i capelli ancora più ricci e quell’aria da bambino cresciuto. Ora invece è un uomo. Come risposta ricevetti una chiamata in entrata.
«Grazie a te per tutto e spera solo che il bellissimo livido che ho sul collo passi prima di domani.»
«Harry! Ti ha fatto tanto male?»
«Stai tranquilla, passerà velocemente, come tutti. Però l’ho affrontato, sono riuscito a tener testa ad Anthony Petrucci, lui che ha reso la mia vita liceale un inferno.» - disse con voce orgogliosa.
«Sei pronto per domani?»
«Per Louis o per i quadri a scuola?»
«Mentirei a dirti i quadri.»
«Mi ha inviato un messaggio prima di andare a dormire e diceva questo “So che dobbiamo vederci tra poco, ma te lo scrivo, sapendo che domani non avrò mai il coraggio di dirtelo. Così non avrai neanche il tempo di controbattere, di dire che non ho ragione, avrai solo il tempo di baciarmi e di dire che con me sei a casa, perché io sono il tuo posto. Io non ce la faccio, sto cadendo a pezzi, crollo più velocemente della borsa, dei sogni spezzati l’11 settembre, un peso impossibile sulle mie spalle, in bilico. E se crolliamo anche noi? Io non posso farmi un po’ più in là. La verità è che ho paura. Ho paura di non farcela da solo, tutta questa calma apparente, questa quiete tra di noi, fattelo dire, non sai quanto amavo la tempesta che eravamo. I nostri giorni no, quelli di pioggia, di vento e quelli sì, dove anche il sole ci sostiene. Sono nel letto e penso a tutti i mille modi per festeggiare la fine del liceo, senza scappare, come ho fatto io. E sai una cosa amore? Tra tutti i motivi che ho trovato, nessuno regge il confronto con il mio preferito: ci sei tu, ci siamo noi e questo basta. Il perdersi nel profumo di limone della tua pelle, giocherellare con il riccio che ti cade sulla fronte, fare l’amore sopra il tetto di casa tua. Sorriderci e viverci a vicenda. Sono autorizzato a prenderti in giro per le adorabili fossette che ti si creano quando sorridi e tu puoi ridere perché sei almeno dieci centimetri più alto di me. Ma l’idea che mi piace di più è quella di viverci. Io sono a conoscenza del mio caratteraccio, di essere una cosiddetta testa di cazzo, un casino, permaloso, geloso, fragile, menefreghista, puoi buttarci dentro tutti i difetti che vuoi, ma sono la stessa persona che senza di te, si sente vuota e sola.” Non è la cosa più dolce che qualcuno possa dirmi? Beth?»
«Scusami, ero impegnata a sentirti sorridere ad ogni parola che lui ti ha scritto. Ora vado a dormire, ci vediamo domani a mezzogiorno. Ah, ricordati che devi passare da Zayn a prendermi quel pacco che ti ho chiesto. Buonanotte Haz!»
«Va bene tesoro, passerò a scuola e poi da Zayn, avvertilo. Notte piccola.»
 
 
23 GIUGNO – 10.20
 
«Ciao mamma sono Beth, scusami per il fuso orario, ma volevo solo avvertirti che tua figlia dopo anni è riuscita a prendere il diploma con un punteggio di 71/100, non ci credo nemmeno io! Ti voglio bene mamma, mi mancate!»
Mia madre era la prima persona che volevo avvertire, che doveva esser avvertita. Ero ancora incredula per l’incredibile risultato, forse pregare tutti quei santi era servito a qualcosa. No, era merito mio.
«Zia Agnes! È confermato per stasera, alle sei a prendere il diploma ci sarò anch’io!»
«Sono contenta per te ragazzina, te lo sei meritato.» -Zia Agnes è sempre stata una donna fredda, è per questo che in pochi la sopportano, ma sotto sotto so che è fiera di me e che almeno un po’ mi vuole bene. È che da quando è morto lo zio Phil, lei non si è legata più a niente e nessuno. Com’è perdere per sempre l’amore della propria vita? - «Beth adesso vai al bancone c’è un ragazzo da servire, io vado a chiamare un fornitore e prendere un appuntamento dal parrucchiere, non vorrei sfigurare al diploma di mia nipote!»
Infilai il grembiule ed andai in sala. Il pub era vuoto, troppo presto per bere o mangiare qualcosa, c’era solo un ragazzo, l’aria distrutta di chi ha visto il mondo crollargli addosso qualche attimo prima. Occhi tristi, occhi che avevo visto già da qualche parte.
«Hai degli occhi familiari.»
«Parli con me?» - Rispose alzando lo sguardo dal suo thè al limone. “Louis!”, il ragazzo di fronte a me era lo stesso ragazzo di cui io avevo sentito anche troppo parlare, il ragazzo di cui era innamorato il mio miglior amico. Ma perché non è con Harry? Perché ha quella faccia?
«Scusami, ho il vizio di parlare troppo e a vanvera, ma giuro, i tuoi occhi li ho già visti.»
«Non credo, non sono di qui. Ero venuto per un mio amico, ma adesso non importa più. Lavori qui?» - rimuginò sulla parola ‘amico’ ma continuò a parlare. “Cosa cazzo è successo?” – continuavo a pensare.
«E’ il locale di mia zia! E’ così stronza che non mi ha voluto dare nemmeno le ferie per la festa del mio diploma.»
«Fresca di diploma quindi, congratulazione! Già deciso cosa fare in futuro?»
«Se mia zia mi lascia andare voglio lavorare con i bambini, vorrei fare la pedagoga oppure la maestra, è una cosa che devo ancora decidere. Tu invece studi?» - chiesi curiosa.
«Legge. Ho accontentato le aspettative dei miei genitori. Posso chiedere una cosa?»
«Dimmi tutto! Mi piace sempre aiutare qualche bel ragazzo sconosciuto incontrato qui, anche se di solito sono tutti ubriachi fradici!»
«Conosci un certo Harry Styles?» - “Ci sei arrivato subito eh!”, legai le treccine in una coda confusa e mi avvicinai a lui; ora capisco perché Harry era così ossessionato da questo ragazzo.
«Chi non lo conosce? Qui non siamo certo a Londra, Louis»
«Come fai a sapere il mio nome?» - quasi urlò.
«Sento parlare di te da mesi, ho visto le tue foto dal telefono di Harry e quando mi hai chiesto di lui, ho avuto solo la mia conferma. Lui è il mio migliore amico. Che stronzo, non ha mai parlato di me quel coglione, dopo mi sentirà!»
«Ero venuto qui per lui, ma l’ho visto con Zayn e ho pensato che non fosse il momento adatto. Volevo solo dargli questo» - mi allungò un piccolo pacchetto che custodiva nella tasca del suo giacchetto - «Puoi darglielo al mio posto? Tra una ventina di minuti ho il treno per Londra e qui non voglio rimanere ancora per molto» - ma non ebbi il tempo di controbattere, provare a fermarlo che Louis era già sparito. L’unica cosa che potevo fare era chiamare Harry e chiedere cosa fosse successo.
«Betty! Sto venendo al pub, potevi dirmelo che era un vestito quello che dovevo passare a prendere.»
«Zitto, non mi interessa! Mi spieghi cos’è successo con Louis?»
«Nulla, perché?»
«Come nulla? E perché aveva un’aria sconvolta?»
«Betty che cazzo stai dicendo?»
«Louis è andato via dal pub due minuti fa, ha detto che ti ha visto con Zayn e che adesso torna a Londra!»
«Ma doveva arrivare alle quattro! Sei sicura che era lui?»
«Sì Harry credo che stia andando in stazione, muoviti.»
 
 
 
HARRY
 
 
23 GIUGNO – 10.40
 
«Zayn devo andare in stazione, mi daresti un passaggio?»
«Sì, fammi mettere una maglia.»
«Grazie.» - in meno di cinque minuti la macchina di Zayn era in viaggio verso la stazione, non mi era mai sembrata così lontana.
«Harry mi spieghi perché devi andare in stazione? E perché sei così agitato?»
«In stazione c’è Louis, ha voluto farmi una sorpresa, ho visto solo adesso il telefono con la sua chiamata ed il messaggio che mi ha inviato. Non so per quale motivo Beth l’ha visto e le ha detto che sta tornando a Londra perché ci ha visto insieme e io non ci sto capendo più nulla.»
«Forte ti sto accompagnando da quello per cui tu mi hai lasciato.» - commentò sarcasticamente Zayn.
«Scusami, so che non è una bella situazione per te.»
«Se questo serve a renderti felice lo faccio con piacere, basta che poi non venite a limonare sotto la finestra di casa mia. In quel caso sarei felice di dargli un pugno sulla faccia.»
«Siamo arrivati, grazie Zay, ma da qui vado da solo.»
«Giusto, ci ha già visto una volta insieme.» - disse con tono di rammarico prima di partire.
Presi il telefono e composi il numero di Louis, ma l’unica risposta che ricevetti era dalla sua segreteria telefonica, lasciai un paio di messaggio.
 
«Mi scusi, il treno per Londra è già partito?» - chiesi ad uno dei controllori.
«Sì è partita quasi dieci minuti fa.»
«Qual è il prossimo?»
«Il prossimo è in serata, ci sono stati dei problemi e per questa settimana hanno deciso di sopprimere alcuni treni.» - “Ecco perché era qui già alle dieci!”
«Grazie mille.» - ed ora cosa faccio?
 
«Ciao Liam, dove sei?»
«A casa, perché?»
«Hai sentito Louis?»
«Sì Harry, l’ho sentito.»
«Ti prego almeno tu dimmi cos’è successo. Non mi risponde ai messaggi, alle chiamate, io non sapevo che fosse qui!» - cercai di spiegare tutto a Liam, ma fui interrotto.
«Non c’erano treni per questo pomeriggio, ha deciso di farti questa sorpresa. Ti ha visto uscire fuori dalla scuola ed andare a casa di Zayn, ho provato a farlo ragionare, a dirgli che magari eri andato da Zayn per altri motivi, ma è stato inutile, sta tornando a Londra.»
«Devo venire a Londra.»
«Hai visto con i mezzi? Non ce ne sono e tu questo pomeriggio hai la cerimonia di diploma, non puoi mancare» -Liam cercò di farmi ragionare, ma ormai il mio unico pensiero era trovare un modo per arrivare a Londra.
«Voi non c’eravate alla vostra cerimonia e non è successo nulla. Mezzi non ce ne sono, prenderò la macchina, anche se odio guidare, però Liam, ti prego, tieni Louis occupato finchè non arrivo. Ci vediamo a casa vostra tra un paio d’ore o qualcosa di più»
«Harry a malapena sai guidare per Holmes Chapel e vorresti farti due ore di macchina per venire qui?»
«Ti tengo aggiornato. A dopo Liam.»
 
Tornai correndo a casa, non avevo mai corso così tanto e così veloce. Nonna era in salone, leggeva un libro e appena mi vide, mi salutò con un sorriso. Non era per educazione o perché era sua abitudine sorridere a tutti ma perché a lei piace sorridere e quando mi vedeva era felice.
«Nonna io vado da Beth, ci vediamo direttamente alla cerimonia, alle sei, mi raccomando!»
«Harry ma sei tutto sudato! Almeno vai a cambiarti prima di andare da Betty.»
Seguii il consiglio di mia nonna e mi infilai nella doccia – “Non posso perdere troppo tempo” – ripetevo in continuazione. Scelsi una maglietta bianca, dei jeans neri, una giacca dello stesso colore e colonia in abbondanza così da essere già pronto per la cerimonia.
«Nonna prendo la macchina!»
«Per l’amor di Dio, stai attento!» - inviai un messaggio a Beth per avvisarla dell’accaduto e a Liam per tenerlo aggiornato di ogni mio spostamento. Mi rispose di stare attento e di chiamarlo non appena imboccata l’autostrada per Londra e così feci circa mezz’ora dopo.
«Liam, per il momento tutto bene. Voi dove siete?»
«Io e Milly siamo a casa» - sentii Milly urlare qualcosa dall’altra parte del telefono - «Louis arriva tra quaranta minuti in stazione. Pensavamo di andarci a prendere un caffe noi tre insieme e aspettarti davanti la caffetteria. Forse è anche meglio di vedervi qui a casa. Che ne pensi Harry?»
«Va bene, hai ragione. Meglio così. Ci sentiamo non appena arrivo e prendo la metro. A dopo Liam e grazie.»
«Grazie a te Harry, mi ero stancato di vedere Louis come un morto vivente.»
 
 
 
LOUIS
 
 
23 GIUGNO – 13.10
 
«Ehi Louis siamo qui!» - Milly urlava e agitava in alto la mano per farsi vedere.
«Non ti aspettavamo così presto.» - disse Liam con tono sarcastico e aggiunse - «Ho già ordinato del thè per te, ora spiegami cos’è successo.»
«Volevo fargli una sorpresa, mandargli un messaggio per dire che ero sotto la sua scuola, ci ho messo quasi mezz’ora per trovarla, poi è uscito correndo e io non ho più avuto il coraggio di fare nulla, l’ho seguito, si è messo a scherzare con una bambina era così amorevole, con quei suoi ricci e il modo in cui ride. Ho pensato che quello era il momento perfetto, si era fermato davanti un palazzo e da una delle tante finestre è uscito Zayn. Si sono sorrisi ed Harry è salito a casa sua. È successo tutto così velocemente, ho incontrato la sua migliore amica e dieci minuti dopo ero su un treno. Ed ora sono qui a mettere la parola fine a tutta questa storia. Era la nostra ultima opportunità.»
«Riprendi fiato Louis. Forse non è ancora troppo tardi.» - rispose Milly ma fu interrotta da Liam.
«No ha ragione Louis, basta! Ora basta, comunque Milly sta aspettando un suo amico»
«A proposito, dov’è?» - Milly sussurrò a Liam, mentre quest’ultimo controllava nervosamente il telefono.
«Ma che avete fatto voi due oggi? Sembrate così strani.»
«È che a Liam questo mio amico non piace, sai com’è geloso questo testone qui.»
«Mentre voi aspettate, io vado a farmi un giro nel negozio di dischi qui vicino.»
«Ma dai resta qui, quando arriva non voglio fare il terzo incomodo.»
«Ma sarò qui di fianco, appena arriva mandami un messaggio e torno. Ti serve qualche nuovo cd? Ho visto che è uscito il nuovo dei ‘Train’, non volevi prenderlo?»
«Tranquillo LouLou, Frank di cd che piacciono a me non ne ha.» - prima di uscire dalla caffetteria buttai un’occhiata a quei due, Liam era al telefono, dal movimento veloce delle sue labbra era qualcosa di importante, Liam parla sempre velocemente nelle occasioni importanti oppure quando è in ansia per qualcosa, la maggior parte delle volte le due cose coincidono. Ma questa volta che stava succedendo? Non avevo voglia di pensare, dopo tutto quello che era successo quella mattina, l’unica cosa che davvero volevo era non pensare e abbandonarmi a della buona musica.
Secondo me le persone buone hanno lo stesso odore dei vinili, lo stesso odore di quel vecchio negozio. Ci ho passato così tanti pomeriggi qui dentro, Liam facevo il filo ad una delle commesse della caffetterie ed io mi infilavo qui dentro, ho scoperto canzoni, artisti, perfino generi musicali. Metà della mia cultura musicale me l’ha donata mio nonno, l’altra metà questo posto. È poco più grande della mia camera da letto, ma dentro c’è un intero mondo.
«Ciao Frank, come va oggi?» - Frank era il proprietario di quella magia, tutto barba, capelli e pancia, ma conosceva tutto sulla musica, una Wikipedia musicale dentro ad un uomo di un metro e sessanta.
«Da quanto tempo, cosa cerchi?» - esitai nel rispondere - «Ti vedo assente oggi, io ti consiglierei questo.»
Mi mise in mano un vinile dei ‘3 Doors Down’, precisamente ‘Away from the sun’. Avevo già sentito questo cd, ma il bello di Frank è che aveva tutto in formato vinile. Per lui la musica era raccolta in quei pezzi di plastica neri, musica non prodotta sul vinile, per lui non valeva essere ascoltata.
«Io ti consiglierei ‘Dangerous Game’» - Frank indicò sul cartone una delle ultime tracce.
«No, lui è più uno da ‘Here without you’» - una voce conosciuta si intromise tra me e Frank.
«La conos…Harold!» - Ma non mi diede neanche il tempo di pronunciare il suo nome che le sue braccia erano attaccate al mio collo, i nostri corpi uniti e il suo respiro su di me.
«Scusami Louis, io non lo sapevo che eri a Holmes Chapel, sono andato da Zayn per prendere un pacco per Beth, aspettavo così tanto di vederti, di stringerti forte a me che adesso mi sembra solo un sogno. Scusami di tutto Louis, di tutto il dolore che ti ho procurato, io ho sempre voluto la tua felicità. Ti prego perdonami.»
«Sei qui, non hai bisogno di farti perdonare più nulla.» - ricambiai la sua stretta, assurdamente non lo avevo ancora visto negli occhi, si era letteralmente fiondato su di me subito dopo aver pronunciato le sue prime parole. Stretto forte a me avevo un Harry singhiozzante, fragile dopo aver detto quelle che dovevano essere scuse. Ancora più forte era la stretta al mio stomaco, al mio cuore. Si era fermato tutto, era successo tutto così velocemente che dovevo ancora metabolizzare quello che stava succedendo anzi no, dovevo iniziare a concretizzare il fatto che Harry Styles, il ragazzo di cui ero innamorato era finalmente al mio fianco, stretto in un abbraccio. Coincidevamo perfettamente, due pezzi di un puzzle adesso completo, le nostre vite complete. Harry si staccò da me, non lasciandomi però andare la mano, quella era perfettamente intrecciata alla mia. Ci studiavamo, scrutavamo ogni minimo dettaglio, ogni piccolo particolare che ci era sfuggito in quei mesi. Gli occhi di Harry erano di un verde splendente, anche se gonfi per le lacrime che aveva versato durante l’abbraccio. Passai una mano per asciugare quell’ultima lacrima partita dai suoi occhi - «Spero che questa sia di felicità.» - Harry annuì ed io tornai ad accarezzargli la guancia, mentre il più piccolo sorrideva, giocherellando con la mia mano.
Mi mancava il respiro, dopo così tanto tempo lui era lì, reale, a tenermi la mano e tutte le mie paure si fecero sentire.
«Harry, non vai più via vero?» - balbettai alla pronuncia di quella frase.
«No Louis, sono qui!»
«Perché io non sopravvivrei ad un altro tuo abbandono.»
«Louis, sono qui. Non me ne vado questa volta e se faccio qualche cazzata sei legittimato ad uccidermi.» - Harry mi attirò a sé e mi strinse per una seconda volta. Tra le sue braccia tutto andava bene - «Però usciamo di qui perché la gente inizia a vederci male!»
Harry comprò il vinile ed uscimmo dal negozio, avviandoci verso la caffetteria dove Liam, Milly ed il loro amico ci stavano aspettando, con le nostre mani intrecciate l’una all’altra.
«Liam!» - Harry quasi urlò il nome del mio miglior amico.
«Hazza! Da quanto tempo, vedo che ce l’hai fatta a venire» - Liam iniziò a ridere, intanto Milly studiava ogni nostro movimento.
«Voi sapevate che sarebbe venuto?» - chiesi.
«Ciao Harry è bello conoscerti finalmente di persona.» - Harry si avvicinò e diede due baci a Milly
«Vale lo stesso per me, Liam mi parla sempre di te, seguo anche il tuo blog»
«Ops, forse era meglio se non lo dicevi.»
«Perché?»
«Come fa a sapere del mio blog? Anzi! Come fai a sapere tu del mio blog!» - Milly iniziò ad urlare contro Liam.
«Ecco perché» - risposi divertito alla domanda di Harry - «Ma dov’è il vostro amico?»
«Ma ancora non l’hai capito? Gli stai stringendo la mano.» - rispose Liam.
«Sei un fottuto ragazzo morto!»
«L’ho fatto per te e dovresti ringraziarmi per non averti rimandato a casa sua a calci in culo! Già è tanto che siamo qui a parlare e che Harry sia arrivato vivo fin qui, lui e la guida non vanno molto d’accordo. Ma come farai per la cerimonia del diploma? È tra qualche ora!»
«Semplice, non andrò! Non succederà nulla.»
«Tu invece ci vai.» - Mi intromisi nel discorso tra Liam ed Harry
«Ma amore, dovrei partire tra un’ora per essere lì alle cinque ed è una perdita di tempo a cui non voglio assistere, in più non mi va di guidare per due ore, mi è bastato già il viaggio d’andata.» - il mio cervello si era fermato alla parola “Amore”, Harry non mi aveva mai chiamato così, se non in un messaggio, ma sentirlo a voce era stato totalmente diverso. Amore, io ero il suo? Lui era quell’amore che io avevo sempre cercato, per cui avevo lottato e mi ero ferito, ma non avevo mollato, o meglio, nel momento in cui avevo smesso definitivamente di rincorrerlo, lui è arrivato da me e mi ha stretto in un abbraccio. Harry e l’amore avevano decisamente lo stesso volto, Harry era per me l’amore.
«Louis, perché non lo accompagni tu? Alla fine dovevi comunque andare, quindi fai un piacere a tutti.» - propose Liam.
«Mi accompagni?» - Harry puntò i suoi occhi verdi su di me - «Devi portare la mia macchina.»
«Va bene tesoro.» - provai a tentennare ma era una proposta troppo difficile da rifiutare.
«Grazie a te.» - Il riccio mi stampò un bacio sul collo, prima di appoggiarmi la sua testa sulla spalla e iniziare a raccontare a Liam del nuovo tirocinante di Tamara.
 
 
«Prima di partire possiamo passare a casa mia? Vorrei cambiarmi, Liam mi ha buttato del caffè sui pantaloni.»
«Come preferisci tu, io ti seguirò.»
 
 
 
HARRY
 
 
23 GIUGNO – 15.12
 
La casa di Louis e Liam non era cambiata dalla mia prima ed ultima vista, disordinata come sempre. Solo che questa volta non c’era Liam con me, ma Louis che era sparito in camera sua a scegliere cosa mettere per il mio diploma, Louis che dopo qualche minuto si presentò davanti a me in mutande e con due camicie in mano.
«Camicia bianca o blu?»
«Eh?» - avevo già visto Louis in quelle condizioni ma dovetti comunque tenere a freno tutti i miei istinti animaleschi - «Camicia bianca»
«Almeno chiudi la bocca!» - sentii Louis urlare dalla sua stanza
«Tu ti presenti in mutande! Vorresti dare la colpa a me?»
«Certo, potevo sempre spogliarmi davanti a te, lì sarebbe stato bello vedere la tua faccia!»
«Muoviti che faccio tardi al mio diploma!»
«Sto finendo di stampare una cosa e sono da te.»
«Cosa stai stampando?» - entrai in camera ma Louis fu più veloce di me.
«Possiamo andare!» - Louis mi stampò un bacio sulla guancia, prese la giacca blu e si incamminò verso la porta. Dopo la chiacchierata alla caffetteria, avevamo lasciato Milly e Liam perdersi tra le vetrine dei negozi, mentre Louis ed io avevamo optato per qualcosa di più tranquillo. A pochi passi da lì c’era un piccolo parco, uno dei pochi punti verdi di Londra. C’eravamo distesi lì, sull’erba ancora bagnata per la pioggia della mattina ed eravamo rimasti lì, così a fissarci, senza muovere un muscolo. Al massimo avevo fatto scivolare la mia mano sul suo viso e sentivo i suoi muscoli facciali contrarsi in un sorriso e sorridevo anch’io.
 
«Qual è la tua macchina?»
«La macchina nera lì infondo!» - Louis mi guardò un momento con aria perplessa.
«Mi spieghi perché uno che ha appena preso la patente ha già una macchina del genere?»
«Ehi, sono un figlio di papà!» - dissi scherzosamente.
«È così alta che non so se riesco nemmeno a salirci!»
«Lou è un Range Rover, poi è normale, sei basso!» - Louis fece una finta espressione offesa e mise in moto la macchina, inserendo la marcia e partendo. Il suo modo di guidare era totalmente differente dal mio, era sicuro, una mano sul volante e l’altra che si spostava in continuazione tra la marcia e le tracce di un cd che Louis non amava particolarmente. Lo osservavo, le mani piccole ma decise, i capelli sistemati perfettamente, tranne per quel piccolo ciuffo che li spunta da dietro l’orecchio destro. I tatuaggi come segni di una vita, anche su di lui era visibile quella L e quella A di cui Liam mi aveva spiegato la storia quasi due mesi prima.
«Louis…»
«Dimmi Harold.».
«Siamo arrivati?»
«Siamo appena partiti.»
«Con David è finita?»
«Con lui non è mai iniziata.»
«Mi ami?»
«Sì.» - e dopo quel sì io ero pronto a girare il mondo, dopo quel sì ero felice come non lo ero mai stato nella mia vita.
 
 
23 GIUGNO – 17.50
 
«Louis vieni ti presento tutti!» - lo trascinai per la manica della giacca fin davanti alla mia famiglia e a Betty - «Lei è nonna Styles, mentre lui è mio nonno ed ecco a te Betty, ma voi vi siete conosciuti già questa mattina! Io vado un momento a salutare una persona e torno.» - mentre mi dirigevo verso l’entrata della palestra, addobbata e profumata per l’occasione, vidi Louis e Beth scambiarsi un pacchetto. Ma tutto passò in secondo piano, persino Louis, quando vidi Niall.
«Ciao Niall, congratulazioni per il diploma!» - quella fu la frase più intelligente che il mio cervello riuscì a formulare.
«Auguri anche a te e non solo per il diploma.» - indicò Louis.
«Niall, io e te abbiamo sbagliato. Se vuoi potremmo essere amici, ma non puoi impedirmi di stare con lui e nemmeno minacciare Louis.»
«Non voglio nulla da te e da lui. Buona serata e ancora tanti auguri.»
 
La cerimonia passò in fretta, al mio fianco avevo una Betty tremante ed emozionata. Eravamo così cresciuti da quel giorno di Gennaio in cui lei fece irruzione nella mia vita. Ora è una donna che stringe il suo diploma in mano, il primo ostacolo superato ed ero così fiero di lei, era riuscita a buttarsi tutto alle spalle e superare tutto. Le ho sempre invidiato la sua forza nel rialzarsi e continuare a correre. A qualche fila di distanza, a fare il tifo per me c’era mia nonna, mio nonno che aveva passato tutto il tempo a dormire e Louis. Era più emozionato di me. L’assenza di papà si era fatta sentire, mi aveva promesso una cena in qualsiasi ristorante io volessi, ma era stato trattenuto da un impegno a Londra. Ormai ero diventato troppo grande da esser considerato più importante del suo lavoro.
 
«Amore mio sono così orgogliosa di te!» - la nonna mi strinse a sé in una di quelle morse che, nonostante i miei venti centimetri e altrettanti chili di differenza, non me ne riuscii a liberare. Il nonno invece mi strinse la mano, da vero uomo. Ma poi si lasciò scappare anche lui un abbraccio. Come tutti del resto. Mi abbracciò persino la madre di Beth, venuta dal Nevada solo per il diploma, era la prima volta che la conoscevo, ora mi era chiaro da dove la figlia avesse preso il suo caratterino. Tra le varie conoscenze ci fu anche Anthony Petrucci, presentato a tutti come fidanzato di Beth, mi diede anche gli auguri per il diploma, lui non ce l’aveva fatta. Louis invece rimase in disparte, lontano dalle due famiglie. Lontano da me. Avevo provato ad avvicinarlo, ma fu tutto inutile.
«Cos’hai?» - gli chiesi non appena la famiglia di Beth andò via.
«Non mi piacciono le riunioni di famiglia, mi ricordano la mia.» - rispose secco - «Non parlo con nessuno di loro, le mie sorelle mi disconoscono dalla famiglia. Mia madre preferisce parlare con Liam ma non con me, mio padre ha perso due figli in quell’incidente, io per lui non esisto più.»
«Tesoro non è il momento di parlare di cose brutte, stasera dobbiamo festeggiare! E soprattutto devo sfoderare la mia nuova conquista con tutti.» - Louis fece un mezzo sorriso, ma i suoi occhi mentivano, come aveva scritto Milly, i suoi occhi parlano per lui ed ora avevo capito cosa voleva dire quella frase. - «Ma a pensarci bene, abbiamo da fare una cosa migliore, prima di andare alla festa.»
«Che cosa?» - chiese curioso
«È un segreto Boobear.»
«Ti odio.» - gli afferrai la mano e lo trascinai fino al parcheggio.
«Aspettami qui, devo dire una cosa a Beth.» - corsi verso di lei, per avvertirla del mio cambio di programma - «Io e Louis non veniamo alla festa! Stiamo un po’ da soli a casa, da soli, hai capito?»
«Perché hai così tante volte detto da soli?»
«Per farti capire che non ti voglio tra i piedi! Ti voglio bene piccola!» - le stampai un bacio sulla fronte, il nostro solito sigillo d’amicizia e corsi da Louis, abbracciandolo. Era così stupido, ma dovevo stringerlo a me, per ricordarmi che non era una mia fantasia, che lui era lì davvero e che io ero davvero così schifosamente felice. Lo strinsi a me ed iniziai a sussurrare - «Ho bisogno di te, di tutto quello che ti appartiene, di quello che tu hai, di quello che tu sei, che mi fa star bene.»
Louis non rispose, mi strinse solo più forte a sé e solo dopo qualche istante disse - «Mi hai fatto conoscere l’inferno, ma ora sono a casa.»
Iniziai a ridere, senza un apparente motivo, sarà che io sono totalmente incapace di contenermi quando c’è da rovinare un momento - «Ti scoccia se non andiamo alla festa?»
«In realtà non ci volevo andare, lo facevo solo per te.»
«Dove andiamo?»
«Nel nostro posto.»
 
 
23 GIUGNO – 20.12
 
«Lo so che magari non è un ristorante raffinato o non so cosa, ma in questo posto ti ho inviato la mia prima foto, mi hai detto il tuo cognome così da poter iniziare a stalkerare il tuo profilo e qui mi hai detto che vorresti essere il mio posto ed ora questo posto ci vede diventare noi.» - tolsi la bandana che oscurava la vista di Louis e gli feci vedere quel poco che ero riuscito a combinare sul tetto di casa. Su una piccola tovaglia poggiavano diverse pietanze giapponesi, una bottiglia di vino bianca e una rosa dello stesso colore.
«La rosa l’ho rubata dal mazzo di fiori che Anthony ha regalato a Beth, spero che il sushi ti piaccia.»
«Mi piace tutto. Dal cibo alla compagnia, ma ora iniziamo a mangiare che sto morendo di fame.»
«Sai usare le bacchette?»
«Non avrò avuto tanti ragazzi come te, ma almeno le bacchette cinesi so usarle!»
«Risparmia queste frecciatine!»
«Apri la bocca!» - seguii il suo ordine, Louis avvicinò un Horumaki, imboccandomi. Asciugai la goccia di salsa di soia che cadeva dal mio labbro con il dito e sentii Louis borbottare qualcosa sul mio essere impacciatamente sexy con quel movimento.
 
«Sono pieno!» - esclamò Louis alla fine della cena - «Hai preso cibo per un esercito»
«Non sapevo cosa ti piacesse e cosa no!»
«Mi basti tu.»
«Cosa?»
«L’unica cosa che davvero mi piace, sei tu.»
«Cos’è tutto questo romanticismo? Non sei mai stato così» - Louis divenne rosso.
«Non lo so cosa mi sta prendendo questa sera, sarò che sono qui con te, sarà l’atmosfera oppure il fatto di sentirmi davvero bene non solo con te ma anche con me stesso. Scusami se ti sto sembrando troppo sdolcinato, fermami quando vuoi.»
«Non ti fermerò mai. Sai ricordo le nostre prime conversazioni, parlavi sempre con il “contagocce” come dice mia nonna, eri così freddo e lontano. Non ti sbilanciavi mai su nulla e mai troppo, quanto tempo ci ho messo a scoprire il tuo nome? Qualche settimana, giusto? Ed ora mi sembra così strano pensare a ‘Inutilmente’ e poi vederti qui accanto a me.» - Louis mi interruppe, si alzò e si allungò accanto a me, poggiando la sua testa sul mio torace.
«Hai ancora bisogno d’amore?» - mi chiese.
«No. L’ho trovato.»
«E sei felice con lui?»
«Sì e tu con lui sei felice?» - ecco, quella era la risposta che più contava per me. La felicità di Louis per me valeva più di qualsiasi frase fatta, qualsiasi pensiero. Sentirmi dire da Louis “Si con te sono felice” per me, era anche più importante di un “Ti amo.”
 «Ho avuto sempre un concetto tutto mio di felicità, Alex me lo rinfacciava sempre. “Essere felice per cose stupide, è da stupidi”, ma io lo ero, mi bastava un giorno di sole ed io ero felice, una bella canzone passata alla radio ed io ero felice. Ed Alex continuava a rinfacciamelo. Ora mi basti tu ed io sono felice.» - Il tono di Louis cambiò radicalmente alla pronuncia di quel nome.
«Non mi hai mai raccontato cos’è successo a tuo fratello.» - dissi, mentre continuavo ad accarezzargli i capelli e giocherellare ancora una volta con la sua mano, era così piccola rispetto alla mia, eppure insieme combaciavano alla perfezione. Louis prese coraggio e iniziò a parlare.
«Mia madre rimase incinta di me ed Alex non appena ventenne, non era tutto questo stinco di santa che adesso vuol far credere di essere. Il nostro vero padre non l’abbiamo mai conosciuto o meglio, l’abbiamo visto una volta a quattordici anni, ma né io né Alex, abbiamo voluto rivederlo. Mamma conobbe subito un ragazzo, è quello che chiamavamo ‘Papà’, l’uomo che ci ha insegnato ad andare in bicicletta e trasmesso l’amore per il calcio. Ma non ci è stato spesso, quando ha iniziato a lavorare, si è quasi scordato di avere due figli e un’altra in arrivo. Ci lasciava dalla nonna e per lui andava tutto bene, grazie al cielo abbiamo conosciuto Liam e la sua famiglia, ci hanno trattato sempre come due figli. Mamma tra una gravidanza e l’altra è riuscita a laurearsi in psicologia, ma non ha mai capito nessuno dei suoi figli maggiori, ci ha provato ma con scarsi risultati. Siamo cresciuti con i nonni o con la famiglia di Liam, io cercavo di tenermi fuori dai problemi, mentre Alex c’è entrato fin sopra la testa. Così da un giorno all’altro ha smesso di parlare con me e con Liam, iniziando a frequentare la peggior gente di Doncaster. Quelli che ti auguri di non beccare mai in metropolitana o sul marciapiede. Ha abbandonato l’università di ingegneria e si è dedicato a tempo pieno alla droga e all’alcol. Era diventato irriconoscibile, il bel ragazzo di un metro e ottanta, con il sorriso smagliante e gli occhi azzurri aveva lasciato il posto ad uno scheletro di brutto aspetto. Papà ha cercato tutti i modi per tirarlo fuori da quello schifo, rinchiudendolo in cliniche o associazioni, ma lui firmava e andava via. Io e Liam abbiamo passato intere notti a cercarlo buttato chissà dove. Si era deciso a pulirsi, aveva capito che quella non era roba per un ventenne che aveva ancora la voglia di vivere. Ma la droga ha lasciato il posto alla depressione che ha solo peggiorato il tutto. La voglia di vivere che aveva, di scoprire il mondo è andata a farsi fottere. L’estate scorsa mi ha visto piangere per la prima volta, sono sempre uno che si è tenuto le cose dentro, ma sono scoppiato. Volevo fare coming-out, dire alla mia famiglia cos’ero in realtà. Ho iniziato con Alex, ma appena finito di parlare le sue prime parole sono state “Mi fai schifo. Mio fratello non può essere frocio.”, ed io me la sono presa con lui, rinfacciandogli tutte le cose che nonno oppure mamma e papà facevano per lui e non per me, di quanto lui fosse il figlio adorato, mentre io ero solo la pecora nera. Gli ho detto che mi aveva rovinato la vita e che se sarebbe morto di droga o di tutte le pasticche che prendeva per la depressione unite all’alcool, io sarei stato felice. La mattina seguente avevamo la polizia dentro casa, cercava di far capire a mio padre le dinamiche dell’incidente-suicidio. Si era sdraiato su una strada trafficata in piena notte e l’hanno investito. Io non ho mai pensato le cose che gli avevo detto quella sera. Alex era sempre stato il mio eroe, il mio punto fermo ed ora invece è solo cibo per la terra. Dovrei esserci io lì sotto, lui non meritava niente di tutto questo, nemmeno le mie parole ed ora vorrei solo dirgli che mi manca da morire e che sono fiero di aver avuto un fratello accanto come lui.» - Il viso di Louis ormai era in preda alle lacrime, ad ogni parola si stringeva più forte a me - «Sono sicuro che quelle parole lui non le pensava, non gli facevo schifo. E lui dovrebbe sapere che io non pensavo le mie, è il mio più grande rimorso, è per questo che mi incolpo di tutto, che non ho il coraggio di vedere i miei genitori in faccia. Tu gli saresti stato simpatico, da piccolo aveva i tuoi stessi capelli. Me lo ricordi così tanto, avete un carattere simile, forse questo mi sprona a lottare per te. Ho già perso Alex, non posso permettermi di perdere anche te.»
«Louis io sono qui, non me ne vado. Guardami, sono stretto a te!» - Louis alzò lo sguardo verso di me, iniziai a fissarlo negli occhi, quell’azzurro così bello, così pieno, ancora più splendenti perché c’era un pizzico di verde, un pizzico di me riflesso nei suoi occhi. Gli asciugai le ultime lacrime, come lui aveva fatto con me quella mattina. Sfiorai con le dita le sue labbra fino a poggiare la mia mano sul suo collo, portando la testa ancora più su e avvicinandomi così tanto da unirci in un bacio. Dopo mesi ero venuto a conoscenza del sapore delle labbra di Louis, sapeva di zucchero e avocado. Il più bel bacio che avevo da sempre ricevuto e non mi sorprendeva il fatto che quel bacio perfetto mi era stato dato da Louis, era un sapore nuovo, un sapore bello, il sapore di un’intera vita passata ad aspettare quell’amore che mi era stato inviato sotto forma di Louis.
«Harry, devo confessarti una cosa.» - Louis si staccò da quel bacio perfetto.
«Dimmi Louis.»
«Me ne vergogno, ma io non ho mai baciato un ragazzo. Nessuno di quelli che mi sono portato a letto o che frequentavo. Non ho mai baciato un ragazzo all’infuori di te. E adesso mi sento come un ragazzino al suo primo bacio.» - Louis ammise il tutto con vergogna.
«Tu sei il mio primo bacio ad una persona che amo davvero.»
«Mi ami?»
«Louis, devo dirti una cosa prima di risponderti.»
«Dimmi Harold.»
«Sono stato preso in un college.» - Louis non perse occasione per stamparmi un secondo bacio.
«Sono davvero contento per te piccolo mio.»
«È a Los Angeles.» 




Non potevo farla finita, la storia durerà ancora una decina di capitoli, mi dispiace per voi. 
Sono rimasta coerente al mio aggiornare sempre in orari decenti, ma la colpa questa volta non è mia, ma della bellissima wi-fi che è tornata a funzionare solo ora. 
Cosa dire del capitolo? LARRY! Finalmente i nostri piccioncini si sono incontrati, so che il capitolo è abbastanza lungo ma ho dovuto farlo. Vorrei precisare alcune cose:
1. Ho deciso di raccontare l'arrico di Louis a HC direttamente da Beth, perchè i punti di vista dei nostri protagonisti, già si sapevano (inizio del primo e del secondo capitolo) 
2. Possso uccidere Harry? alcune volte odio come si comporta e la cosa strana è che io stessa ho creato questo personaggio. 
3. Se avete dubbi di qualsiasi genere, chiedete pure. 
Spero davvero che vi sia piaciuto il capitolo e come mio solito vorrei ringraziare: 
- AURORA E LA SUA PAGINA: https://www.facebook.com/pages/Larry-Stylinson-Wont-Stop-Till-We-Surrender- 
- MILLY: La storia è per te, è tua. 
- PREZIOSA: Perchè è sempre la prima a leggerla e a recensire.
- LINDA: Questa storia oltre tante soddisfazioni mi ha portato un'amica come te. Grazie per tutto.

 

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Capitolo 10
*** Uncover ***


HARRY

23 GIUGNO - 22.15


«Sono davvero contento per te piccolo mio.»
«È a Los Angeles.» - dopo le mie parole, il volto di Louis cambiò radicalmente espressione, gli occhi svuotati da quella loro solita brillantezza, svuotati dalla speranza, o qualcosa di simile, di costruire una vita con me. Pietrificato da quella che, un tempo, per me, doveva essere una buona notizia. Ora invece non so bene cos'era. Vedevo quella notizia sotto due luci completamente diverse e antagoniste. La prima era quella che più mi riempiva d'orgoglio: essere riuscito ad entrare in uno dei migliori college di tutti gli Stati Uniti, avrei iniziato a costruire il mio futuro da lì: ma era davvero quello che volevo?
La seconda luce invece era quella che più mi faceva paura: allontanarmi da casa, allontanarmi da Louis. Allontanarmi da queste due cose equivaleva più o meno ad allontanarmi dalla mia zona di protezione, di sicurezza. Avevo ricevuto questa notizia due settimane prima ma la scelta era ancora lontana da me. 
Mi aspettavo un Louis furioso, ma lui non era così, non si scomponeva mai troppo o almeno non davanti agli altri. Nessuna parola urlata, nessuna emozione o preoccupazione trapassava dal suo viso rigido. Sospirava. Sospirava di continuo come a cercare le parole che aveva perso. Sussurrando disse - «Los Angeles. Sono davvero fiero di te. Che facoltà?»
«Architettura.» - risposi, meravigliandomi della calma, apparente, del più grande. 
«Il tuo sogno insomma, tuo padre cosa ne pensa?»
«È davvero questo quello che ti interessa? Quello che mio padre pensa?» - il mio tono di voce divenne molto più alto. 
«Dovrà essere orgoglioso di te.» - rispose, spostandosi ed allontanandosi di qualche metro da me. 
«Invece di pensare a mio padre pensa a noi! Cosa potrà capitarci a 8770 chilometri di distanza?» - Louis continuava a sospirare ad ogni mia parola, non aveva il coraggio di parlare, io continuai - «Lou, io non so cosa fare, quale sia la scelta giusta da prendere, non sono bravo in queste cose, lo sai. Di solito preferisco scappare che scegliere qualcuno o qualcosa e in questi mesi l'hai visto anche tu. Voglio dirti una cosa però. Quando ho fatto la domanda per alcuni college americani, noi neanche parlavamo più, ero pieno delle parole d'orgoglio di mio padre, non pensavo di arrivare a questo punto con te. C'era Zayn, ma non mi interessava neanche molto lasciarlo qui. È il mio futuro, lo voglio con tutto me stesso, ma voglio anche te con tutto me stesso e al momento so solo che ho un mese per prendere una decisione adeguata. Tu cosa ne pensi?»
Louis si prese un attimo per pensare. Continuava a guardare il cielo, come se lì ci fosse la soluzione a tutto, ma voleva solo nascondere i suoi occhi lucidi. 
«Allora Lou, che ne pensi?»
«È il tuo futuro, hai ragione. Io oggi sono qui, ma domani potrei non esserci più. Sono qui, ora, sono il tuo presente e potrei essere il tuo futuro, ma sarà sempre un futuro a breve termine. Los Angeles, mi rompe ammetterlo, ti darà le basi per la tua vita. Odi stare qui. Se non fosse per quelle poche persone che ti trattengono, saresti già oltreoceano. Il tuo futuro non è questo, non sono nemmeno io. Hai diciotto anni, io non sarò l'ultimo ragazzo che avrai e forse se scegli me potrai rimpiangere quest'opportunità e lo farai, per il resto della tua vita. È per questo motivo che io non farò nulla per trattenerti. Questo - si girò intorno - non è importante come il tuo futuro e ammettiamolo, far coincidere una relazione Londra - Los Angeles è improbabile se non impossibile. Non fare questa scelta con gli occhi di un ragazzo innamorato, ma sii oggettivo ed io non valgo tanto.»
«E se io volessi scegliere te?»
«Non voglio avere la colpa di averti fatto rinunciare all'opportunità di una vita. Arriverai ad odiarmi, in un modo o nell'altro.» - lo guardai con aria interrogativa: cosa voleva dire con quelle sue ultime parole? - «Scusami Harry, vado un secondo a sciacquarmi il viso.»
Louis non mi fece nemmeno replicare che già stava scendendo le scale che dividevano il tetto, il nostro posto, dal balcone della mia camera. 
Iniziai a pensare alle sue parole, a tutto quello che era successo quel giorno; erano passate solo poche ore dal nostro primo vero incontro e pochi minuti dal nostro primo bacio, quello che tanto avevo desiderato e aspettato. "Dovevo aspettare" - continuavo a pensare. Vedere Louis così felice, vedere Louis e basta era già qualcosa di così surreale, ma avevo rovinato tutto. Andare a Los Angeles, in quel momento, mi sembrava la cazzata più grande che potessi fare e perdere Louis, ancora una volta e forse in modo definitivo, mi faceva davvero paura. Era solo da ammettere: Louis era la miglior cosa che mi fosse capitata negli ultimi diciotto anni e tutto questo era così, assurdo. La nostra relazione, se così poteva essere chiamata, non era mai stata convenzionale, non perché eravamo due ragazzi ma per il modo in cui era nata e continuava a crescere. Sapevo chi era davvero Louis, riuscivo a riconoscere quando era felice, quando invece era nervoso per l'università oppure quando la sua giornata non era andata secondo i suoi piani. Ci eravamo aperti completamente l’uno con l'altro, raccontandoci tutta la nostra vita. Eravamo persino riusciti ad ammettere il nostro amore o meglio, l'avevamo ammesso solamente nel momento in cui nessuno dei due era più riuscito a tenerselo dentro. Sapevo persino i suoi lati meno belli, sapevo com'era brutto litigare e non sentirlo per giorni, conoscevo il sapore della mancanza dei giorni senza di lui. Ma la cosa sorprendente era che io di lui non sapevo le piccole cose, com'era passare un pomeriggio in sua compagnia oppure andare a pranzo insieme o il semplice chiudere gli occhi e darsi un bacio, avevo scoperto quelle piccole cose solamente quel giorno. Noi ci eravamo trovati dal primo momento, dal primo sorriso che mi aveva regalato. Louis mi aveva cambiato la vita in meglio e questa era una certezza. Ma tutti quei bei pensieri furono interrotti dal vibrare del mio telefono. 
"Forse sarà Beth per sapere come va." - pensai, ma il messaggio non proveniva dal suo numero bensì da quello di Louis - «Mi dispiace Harold, non ce la faccio. Io lascerò andare te, tu ora lascia andare me.» - ci volle qualche secondo prima che la mia testa riuscì a metabolizzare quello che stava accadendo. Scesi di corsa le scale, entrai nella mia camera e mi precipitai giù in salone, ma di Louis nemmeno l'ombra. 
Non avrei permesso un'altra fuga dalla mia vita, un altro abbandono da parte di qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era Louis Tomlinson.  



LOUIS

Holmes Chapel sembrava diversa da quella ridente e poco caotica città visitata quella stessa mattina. Da un locale proveniva una musica assordante. Forse lì qualcuno stava festeggiando il suo diploma, e Harry doveva essere a una di quelle feste invece che cercarmi disperatamente. Pochi minuti prima avevo ricevuto la sua settima chiamata a cui io non avevo risposto e il suo ultimo messaggio recitava queste parole - « Non abbandonarmi anche tu, ti prego.» 
In quel momento mi ero davvero odiato. Sapevo quanto Harry ci tenesse e scappare così vigliaccamente non era da me, ma un giorno avrebbe capito che questa mia fuga, in un certo senso, era per il suo bene. 
Continuai a girarmi intorno, superando la piazzetta centrale e la chiesa, troppo nuova per un paesino del genere. Quelle vie mi ricordavano tanto il quartiere, quel piccolo pezzo, alto borghese, di paradiso che mi aveva visto crescere e aveva visto crescere anche Liam, almeno fino ai suoi tredici anni, finché non si trasferì in uno nuovo. Quando si trasferì, a pochi minuti da casa ma non più nel nostro stesso quartiere, fu come un trauma per tutti noi tre, compreso Alex che non lo dava a vedere. Fu in quei giorni che scoprimmo un vecchio rudere abbandonato, che dopo vari lamenti e preghiere ai nostri genitori, mio padre si decise ad acquistare. Per un'intera estate io, Liam ed Alex lavorammo per rimetterlo a nuovo. Era il nostro rifugio, il nostro ritrovo. A metà strada tra casa nostra e quella di Liam. 
"Non c'è un rifugio tra Londra e la strada per Los Angeles?"
Liam avrebbe trovato una soluzione, ne trovava sempre una pur di vedermi felice. Avrei voluto chiamarlo, sfogarmi ancora una volta con lui ma erano da poco passate le undici e persino la pazienza di Liam aveva un limite. Non lo sentivo da quando io ed Harry avevamo imboccato l'autostrada litigando perché avevo cambiato corsia all'ultimo secondo, rischiando un incidente con la macchina dietro di noi. In quel momento sembravamo tanto una di quelle vecchie coppie sposate. Guidavo continuando a lamentarmi della musica che Harry aveva in macchina e del casino che vi era dentro: ai lati degli sportelli c'erano pacchetti finiti di gomme e caramelle varie, briciole ovunque, una bottiglietta di tè verde sotto il freno a mano. In uno dei cruscotti c'erano pacchetti di patatine al formaggio, cartacce del McDonald, un piccolo block-notes, libri e giacchetti buttati nei posti posteriori della macchina, avevo trovato persino un pacchetto di profilattici sotto il sedile. Harry invece aveva passato metà del tempo a fissarmi, passando dalle mie mani alle mie labbra. In quei momenti avrei voluto accostare la macchina nella prima piazzola disponibile e stampargli su quelle labbra imbronciate il mio primo bacio e di questo ne avrebbe fatto tesoro per sempre. Ma mi sono limitato a sorridergli e fissarlo mentre dormiva, con la testa reclinata dietro tra il sedile di pelle nera ed il finestrino. Era così bello ed innocente, più volte mi ero chiesto cosa stesse sognando o pensando, avrei voluto vedere se in uno di quei sogni c'ero anch'io. Avevo anche scoperto che il ragazzo, durante il sonno, era solito parlare o meglio parlottare qualcosa di incomprensibile. 
«Louis, Louis.» - iniziò a dire. 
«Cosa c'è Harry?» - risposi, distraendomi un attimo dalla guida.
«Con te mi sento al sicuro.» 
«Sono più grande di te, è logico che abbia più esperienza nella guida.»
«Non parlo di guidare, cretino. Mi fai sentire sicuro, su tutto.» - tornò a dormire qualche secondo dopo. 
In quel momento mi sentivo così, così bene. A pensarci io con Harry ero sempre stato bene, il problema si presentava quando Harry non c'era. Lì io non stavo bene, non mi riconoscevo nemmeno. Strana dipendenza, quella da Harry Styles. Aveva questo assurdo potere, cosa sarei stato ora che avrei avuto Harry così lontano da me? Non mi riferivo solo al fatto di averlo fisicamente lontano, a quasi novemila chilometri, da me; ma ad averlo lontano nel senso di non far parte più della sua vita. Ne valeva la pena? Avevo già rinnegato tutte le parole che gli avevo detto, già ero pentito di non essere rimasto lì ad affrontarlo, a trovare una soluzione insieme, ma un giorno entrambi avremmo capito che questa era la cosa giusta da fare. 
Tra i vari pensieri non mi ero neanche accorto del telefono che squillava ininterrottamente da almeno due minuti. 
«Louis cos'è successo?» - la voce proveniente dall'altra parte del telefono era quella di Milly.  
«Nulla, Milly, mi sto salvando da un Louis che non piacerà nemmeno a voi.»
«Louis, ma cosa cazzo stai farneticando? Sono sei mesi che rompi i coglioni con la tua storia con Harry e adesso che sei lì, cosa fai, scappi? Io conosco un Louis a cui piace lottare per le cose che davvero vuole, non scappare. Sappi solo che se torni a Londra senza Harry e non prendete quell'aereo insieme, puoi dire addio alla mia amicizia e a tutti gli appunti di diritto amministrativo. Non farmi arrivare ad odiarmi.» - Milly furiosa era un evento più che raro, ma la mia risposta fu bloccata dal - «Passamelo!» - di Liam. 
«Ciao Leeyum!»
«Ciao Leeyum un cazzo. Dove sei?»
«Ancora qui.»
«Ma senza Harry.»
«Sì.» - risposi con un pizzico di vergogna e colpevolezza. 
«Perché?»
«Te lo spiegherò a casa, domani.»
«No. Non mi interessa nessuna spiegazione, non le devi a me. Sei il mio migliore amico, appoggio sempre ogni tua azione, ma Harry è mio amico e non voglio che stia male per una decisione che lui non ha ancora preso. Ha fatto domanda anche per altri college inglesi, non è detta ancora l'ultima parola. Ma stai complicando tutto così. Mi ha chiamato in lacrime, scusandosi e chiedendo se sapevo dove tu fossi. Accetterò ogni tua sensata decisone, ma non questa, perché questo tuo scappare con la coda tra le gambe non ha senso.»
«Ma siete diventati tutti gli avvocati difensori di Harry? Siamo in due nella nostra storia, tu non c'entri un cazzo, nemmeno doveva chiamarti. So quello che faccio, non ho più dodici anni e tu vattene fuori dai miei coglioni, sono abbastanza grande per prendere le mie decisioni.» - dissi quelle parole, pentendomene pochi secondi dopo. 
«Louis, non ti mando a fanculo solo perché so come sei quando sei deluso e arrabbiato, ma per favore, vedi di ragionare! Chiamalo, sono sicuro che troverete la soluzione più giusta al vostro problema e non rompete i coglioni a me e Milly, che i sottoscritti erano in pieno coito.»
«Da quanto parli di coito e non di scopata? Hai paura che si offenda?»
«Non era una scopata.»
«Giusto, ma hai paura di dire "stavo facendo l'amore con Milly". Sai Liam qual è il tuo problema? Vuoi aggiustare la vita agli altri ma non pensi mai alla tua, forse è giunta l'ora.» 
«Fanculo, Louis William Tomlinson.» - Liam riagganciò il telefono. Non avevo il coraggio di seguire il suo consiglio, chiamare Harry mi sembrava così impossibile. Cosa avrei potuto dirgli? Non avevo sbagliato. In un modo o nell'altro io stavo cercando di preservarci entrambi da un dolore che nessuno dei due avrebbe sopportato. Io non volevo tornare a quel ragazzo di un mese fa, non volevo dividere un'altra volta il mio letto con sconosciuti, vedere la mia immagine riflessa in uno specchio e non riconoscermi, fermarmi davanti quel murales - "Io sarò il tuo lieto fine, che tanto nemmeno l'oceano ci divide, a noi." - e perdermi nelle mie paure. Avevo mentito ad Harry, più di una volta avevo pensato ad un nostro probabile futuro ed io volevo disperatamente esserlo. I suoi occhi verdi, illuminati da quella poca luce che il cielo ci aveva regalato quella sera, raccontavano storie del nostro futuro. Vederlo crescere, vedere i tratti del suo viso diventare marcati, svegliarmi con il profumo del suo dopobarba addosso tutte le mattine che il tempo ci avrebbe permesso, viaggiare in paesi dimenticati che le grandi città hanno oscurato, era questo quello che volevo. Viverlo il più possibile, averlo il più possibile vicino a me. Io senza Harry non potevo vedermi. 
Novemila chilometri di distanza non erano contemplati, non erano possibili. E allora ripensai ancora a quel murales, forse Harry sbagliava, forse l'oceano ci avrebbe diviso e avrebbe inghiottito noi e quella piccola storia che eravamo riusciti a costruire, portandoci nel fondo più scuro degli abissi. Oppure aveva ragione, sapeva che noi eravamo più forti di quei chilometri, più forti di tutto e che nemmeno mari, oceani e fusi orari potevano dividere due come noi. 
Non sapevo chi aveva ragione, sapevo solo che non avrei permesso a quel paio di occhi verdi di uscire dalla mia vita. 




NIALL 

Il campanile senza Harry aveva perso tutti i suoi sensi più belli.
La musica risuonava diversa e vuota, era scomparsa quella magia che quel posto aveva per me. Non salivo sul campanile da abbastanza tempo da aver dimenticato come fosse il panorama che si vedeva da lassù, restavo su una delle ultime panchine, situate sul piccolo viale, che circondavano il vecchio campanile. Dopo la feste per il mio diploma, organizzata dalla mia famiglia e dopo che mia madre aveva tolto l'ultima birra dal tavolo, mi ero incamminato per tener fede ad una promessa fatta a me stesso due settimane prima - "La sera del diploma, sarà l'ultima volta che andrò al campanile."
Le nuvole coprivano le stelle, un cielo così era come un bacio senza promesse, e per essere fine giugno, il sole e il caldo, quello che la Gran Bretagna si può permettere, erano ancora un miraggio. Un miraggio come quello che si era appena plasmato davanti i miei occhi: Louis con una sigaretta stretta tra le labbra, camminava per quella strada, stretto nella sua camicia bianca a maniche corte che lasciava scoperto qualcuno dei suoi numerosi tatuaggi. Lo sguardo perennemente basso, come a voler nascondere il viso rigato dalle lacrime. Lo osservai per qualche minuto, non era difficile capire perché tutti erano così ossessionati da lui. Lo conoscevo poco, avevo messo insieme le storie che Harry e Liam erano soliti raccontarmi di lui e me ne ero fatto un'idea. Quando andavo a trovare Liam, Louis non c'era mai, passava la maggior parte del suo tempo a dormire - «Ultimamente soffre d'insonnia.» - si giustificò un giorno Liam. Lo vidi per la prima volta un pomeriggio di maggio, si era appena svegliato, combatteva contro la teiera, capelli scompigliati, occhi assonnati e vuoti. Era avvolto in una felpa che gli arrivava a metà coscia, quel capo mi era così familiare. 
 
Continuai ad osservarlo fumare, chiedendomi il perché fosse lì da solo, senza Harry, ma i miei pensieri furono interrotti quando la mia presenza fu nota anche al ragazzo.
«Ehi.» - fece un semplice cenno con il capo. 
«Ciao Louis.» - risposi, accompagnando le mie parole con un sorriso di cortesia. 
«Tanti auguri per questo pomeriggio, volevo avvicinarmi per farti le mie congratulazioni, ma non potevo.»
«Tranquillo, Louis, grazie e auguri anche a te!»
«Auguri per cosa? Non c'è nulla da festeggiare se non tre baci e la bellissima notizia che Harry andrà a Los Angeles. - riprese fiato - per la prima cosa, beh, tu hai avuto anche di più, per la seconda invece, gli auguri dovresti farli solo a lui.»
«Posso farti una domanda, Louis?»
«Dimmi, Niall, anche se so già cosa vuoi chiedermi.»
«Per quale motivo sei qui senza di lui?»
«Ho paura di cosa possa succedere se resto lì con lui.»
«Per il sesso? Pensavo che avessi molta esperienza, Liam mi ha parlato spesso dei ragazzi che ti portavi.»
«Non sono vergine, c'è stata una ragazza qualche tempo fa. E non è il sesso il problema...»
«Allora cosa ti preoccupa?» - Louis fece un ultimo tiro dalla sua sigaretta e la gettò via, prima di sedersi al mio fianco. 
«Ad Agosto partirà per Los Angeles. Ho paura di costruire qualcosa e poi vederlo distrutto da un aereo. Non lo sopporterei, non con Harry. Mi conosco, se passerò la notte con lui e non parlo di farci l'amore, ma anche solo chiacchierare sul tetto, rimpiangerò sempre quei momenti. Non so se riesci a capirmi.»
«In un certo senso sì, ma spiegati meglio...» - Louis sospirò e iniziò a parlare. 
«Mi dispiace fare questo discorso con te, ne sei sicuro?»
«Sì, non farti problemi per me.»
«Harry, come posso descrivertelo? Harry mi ha teso una mano quando stavo per affogare, certo Liam mi sorreggeva, ha preso lui l'acqua per me, ma Harry mi ha tirato fuori, non so se riesci a seguirmi, sono uno molto metaforico. Con Harry mi sento straniero nel mio stesso corpo, mi ha fatto scoprire cose che io avevo dimenticato di provare, ci siamo legati senza fili logici dal primo istante. Mi ha spogliato delle mie paure, delle mie incertezze e sfiderei chiunque a farsi carico dei miei problemi e riuscire a farsi amare. Ho aspettato mesi, sono riuscito persino a superare il pensiero di lui con Zayn e con te - esitò - mi sono sentito tradito, anche se ero io quello con cui tradiva, ma non ho detto nulla, ho solo sopportato in silenzio, sapendo che per Harry vale la pena aspettare, e puoi capirmi. Ma ora non so se ne valga la pena, vedersi tre volte l'anno al massimo. Sono sicuro che nessuno dei due riuscirebbe a tenere una relazione di questa portata, prima o poi l'istinto sessuale prevarrà e non voglio finire per tradirlo oppure essere tradito.» - interruppi Louis, tutte quelle parole suonavano come una scusa.
«Lui lo sa?»
«Sa che cosa?»
«Tutte queste tue paure senza senso.»
«Non sono senza senso» - replicò immediatamente il più grande.
«Sai Louis qual è la differenza fra elettricità ed energia?»
«No.»
«E la differenza del mio rapporto con Harry e del tuo?»
«No.» - mi guardò con aria confusa.
«Io sono elettricità e tu sei energia. Ti spiego qual è la differenza: l'elettricità basta staccare la spina per non far succedere nulla ed è quello che è successo tra me ed Harry, basta che stacchi la spina, ci allontani e non succede più nulla. Voi siete energia e l'energia quando s'incontra, o si scontra o si mischia. Tu ed Harry, mi scoccia ammetterlo, voi siete energia che si sta per incontrare, il problema è che nessuno di voi due sa se vi scontrerete oppure vi unirete e questa cosa spaventa entrambi. Una settimana fa o giù di lì, Harry ha bussato a casa mia, le lacrime si univano alla pioggia che aveva preso venendomi a trovare, siete davvero tanto sensibili voi due, comunque mi ha allungato la lettera, dicendo "Sei il primo a cui lo dico, non so cosa fare", iniziai a leggere la lettera, il college si congratulava con lui per gli straordinari risultati scolastici e che era, cito, "Felice di avere uno studente con queste caratteristiche". Ho iniziato a fissarlo e solo dopo qualche motivo, sono riuscito a chiedergli cosa volesse fare, e sai qual è stata la sua risposta?»
«No, dimmi.»
«Mi rispose "o mi faccio odiare da Louis o da mio padre". Sei stato il suo primo pensiero non appena ha ricevuto questa lettera.»
«Sì ma, Niall, cosa dovrei fare?»
«Provare a far funzionare questa storia non vi costa nulla. Avete gridato ai quattro venti il vostro amore, ora provate a farlo funzionare, al massimo, se andrà male lui incontrerà qualcuno lì in America e tu invece andrai avanti. Al tuo fianco hai la fortuna di avere un amico come Liam.» - il viso corrucciato di Louis lasciò per qualche secondo il posto ad un leggero sorriso.
A Louis poche cose potevano essere invidiate, e una di queste era Liam, insieme erano una forza della natura, il mondo avrebbe dovuto essere geloso di un'amicizia come la loro. Spesso avevo pensato che sia Liam che Harry meritassero di meglio, un giorno ebbi anche il coraggio di dirlo a Liam. 
«Non ti stanchi mai di fare il baby-sitter di Louis?»
«Tu ora lo vedi così, fragile in quella felpa di Harry più grande di lui, ma è solo un periodo. Louis non è quello che hai davanti a te ora, il Louis vero è quello dei miei ricordi, vorrei farvelo così tanto vedere per farvi capire che questa è solo una sua brutta copia. Non posso stancarmi di lui, ora devo stargli vicino, ma un tempo, quello che sorreggeva me e mi dava forza era lui.» - Louis quindi non era quel ragazzo scontroso, lunatico e introverso che avevo conosciuto, è vero che gli eventi cambiano le persone - «È qualcosa per cui vale la pena lottare, va preservato.» 
«È abbastanza irritabile, ma non farebbe mai male a nessuno e se ne avessi bisogno ti darebbe il cuore e tutto se stesso.» - aggiunse Milly.

«Sì, ma non vorrei dare altri pesi a Liam.»
«Tu non sai quanto sei importante per quel ragazzo e non te ne renderai mai conto.» 
«Me ne sono reso conto anni fa, è solo che è difficile dirgli quanto gli sono grato ma credo che l'abbia capito, gli sono riconoscente per questa vita e tutte le altre che mai avrò.»
«Vi invidio un po', io una persona come Liam nella mia vita non ce l'ho. Tu e lui vi raccontate proprio tutto? Siete come quelle amiche che si raccontano anche quante volte vanno in bagno?» - dissi scherzosamente.
«È il mio migliore amico nonché coinquilino, le volte in cui va in bagno le sento da solo, c'è poca privacy a casa nostra, so anche quando viene con Milly o con la sua mano, le cose che non mi racconta le scopro da solo, Liam è semplice da sgamare.»
«Allora le volte che è venuto qui è stato davvero bravo a nascondert..Cazzo!»
«Liam è stato a Holmes Chapel? Niall non mentirmi!» - alzò la voce.
«È passata da casa mia qualche giorno fa, un salutino veloce prima di andare da Harry, dovevano organizzare una cosa, ma ho seriamente paura di cosa sia. Voleva mettere le cose a posto e farti una sorpresa, è così ossessionato dal rapporto tra te ed Harry, vuole solo vedervi felici, come un pochino tutti noi. Sai Louis, persino io voglio che il vostro rapporti decolli - Louis mi diede un'occhiataccia - okay, termine sbagliato, però, sì insomma, hai capito! Harry era entrato in crisi per quella lettera d'ammissione e Liam si è catapultato qui per calmarlo e parlarne, ma non so a quale conclusione siano arrivati, di questo non me ne ha parlato.»
«Io non so che dire.» - balbettò Louis.
«Posso dirtelo io?»
«Dimmi!»
«Lui partirà ad Agosto, avete un mese da vivere, andatevene da qualche parte nel mondo, ve lo meritate. Le tue lezioni invece iniziano a Settembre, potresti andare da lui e passare un paio di settimane lì, ad Ottobre potresti tornare da lui per il ringraziamento oppure Halloween, poi c'è Natale e lui tornerebbe qui, non si perderebbe mai il tuo compleanno. A Febbraio invece andrai tu da lui per i suoi diciannove anni, a Marzo ci sono le vacanze di primavera, ad Aprile invece le vacanze di Pasqua e poi andrai da lui per le vacanze. Vi ho organizzato un intero anno. Non saranno due o tre le volte in cui lo vedrai, renditene conto, tu hai la grandissima fortuna di essere l'amore di Harry! Trovare una soluzione è un tuo obbligo verso la fortuna che hai e poi io non voglio vederlo triste, mi ucciderebbe. Ora se non ti dispiace, ti lascio alla tua decisone, puoi sempre abbandonare, tornare a Londra, ma poi quello che ha perso di più saresti tu. Ora scusami Louis, vado che non vorrei far preoccupare mia madre, sai lei mi aspetta ancora alzata.»
«Niall...Grazie, davvero.»
«Scoprirò solo in futuro se il mio consiglio è andato bene o meno, ma ti ripeto Louis, vivi questa storia, con tutte le forze e l'amore che hai.»
«Grazie, non so che altro posso dirti.» - rispose.
«Non mi devi dire grazie, te lo dovevo.»
«In che senso me lo dovevi?»
«Sai quando quella sera al pub, io e Liam eravamo abbastanza alticci da metterci a cantare Celine Dion?»
«Sì, diciamo che quella sera è difficile da scordare.»
«Mi dispiace averti incolpato della morte di tuo fratello e aver detto tutte quelle brutte cose su di te, ci penso spesso e mi sento davvero una merda.»
«Non ci ho fatto molto caso.»
«Ero ubriaco, ma ricordo il resto della tua serata dopo le mie parole. Scusami.»
«Non pensiamoci più - allungò la mano verso di me - nuovo inizio?»
«Nuovo inizio. Ora che fai? Vai da Harry?»
«Voglio riflettere meglio sul da farsi. Per favore, non dire ad Harry dove sono.»
«Tranquillo, ci vediamo presto Louis, buona decisione, ho fiducia in te. Ah, e tu non dire ad Harry di questa conversazione.» - salutai Louis e mi incamminai verso casa, non distava molto dal campanile. Durante tutto il percorso ripensai alle mie parole, ripetendomi che quella era stata la cosa giusta da fare: la felicità di Harry e forse anche un po' di tranquillità per Liam erano più importanti del mio cuore fatto a pezzi. 
«È sulle panchine del campanile.» - inviai un messaggio ed entrai in casa, dove mamma mi aspettava con il suo solito sorriso. 
"Inizia un nuovo capitolo per me."



HARRY

«Che ci fa un bel ragazzo come te solo soletto qui? Non ti hanno detto che è pericoloso?» - esordii non appena vidi Louis seduto su una delle panchine indicate dal messaggio di Niall.
«Non ti hanno detto che è pericoloso parlare con gli sconosciuti?» - rispose lui, alzando lo sguardo. 
«Posso sedermi?» - Louis, steso sulla panchina, si alzò per farmi sedere e poi tornò a distendersi sulla panchina, poggiando la testa sulle mie gambe - «Cazzo Louis, sei congelato!»
«Ho lasciato la mia giacca sul tetto.» - tolsi il mio giacchetto e lo stesi sul suo corpo.
«Hai lasciato anche me sul tetto.» - i suoi occhi cercavano i miei. Il giro del mondo nei suoi occhi. 
«Pensi che ce la faremo? Sii sincero.»
«Dobbiamo solo volerlo, io non posso rifiutare una cosa del genere, proverò a dividermi tra l'università e Londra, tra mio padre e te, ma dobbiamo essere sicuri che sia la cosa giusta da fare.»
«Ho solo paura che magari una volta lì tu potresti trovare qualcuno più interessante di me e magari anche più bello e alto e altre mille qualità migliori delle mie.» 
«Ma dove lo trovo un altro come te?» - gli stampai un bacio su quelle labbra umide.
«Dico sul serio Harry, tu ne sei sicuro? Cioè pensi che ce la potremmo fare?»
«Penso che dovremmo essere davvero, davvero forti.»
«E noi lo siamo.» 
«È una domanda?»
«No, è un'affermazione, noi siamo forti Harry, solo che mi spaventa tutto quello che dovremo affrontare. Ho mille dubbi, mille domande, mille paure ma se perdo te, perdo me, perdo tutto e non voglio.»
«Tu sei la cosa più importante in questo momento per me. Quindi che dici di mettere da parte qualche dubbio, almeno per la serata e tornare a casa?»
«Ripetimi cosa hai detto.»
«Metti da parte i dubbi e andiamo a casa.»
«Prima Harold.»
«Tu sei la persona più importante per me.» - sorrise. 
«Ti terrei volentieri qui, in questo sorriso incosciente, l'ideale di una vita intera, ma ti prego LouLou, sto congelando.»
«A casa però finiamo di parlare.»
«Va bene, ora alza quel bel culo e andiamo.»
 

«Non ricordavo che casa tua era così lontano dal campanile!» - disse Louis, non appena varcato il cancello di casa.
«Sei tu che sei piccolo e pigro!» 
«Non sono basso!» - Louis mi bloccò la strada, appoggiò le mani sui miei fianchi e si avvicinò a me, sfiorandomi le labbra. Provai ad avvicinarmi, per chiudere quel bacio perfetto, ma lui fece un passo indietro, restando però ancorato ai miei fianchi - «Dì che non sono basso e ti bacio.»
«Non sei basso!» ripetei, avvicinandomi, ma lui continuava a scansarsi, ad offrirmi il collo e non le labbra - «Ma ti ho detto quello che volevi sentirti dire!»
«Appunto - si morse il labbro inferiore - non voglio sentirmi dire le cose, voglio che tu dica che non sono basso, ma a parole tue!»
«Sei bellissimo anche se sei almeno dieci centimetri più basso di me.» - Poggiai una mano sopra il suo collo, il pollice accarezzava la guancia. Provai a baciarlo per la terza volta, ma per l'ennesima volta si scansò; tolsi la mano che prima occupava la parte destra del suo collo e dove prima era la mia mano, appoggiai le mie labbra, iniziando dapprima a baciarlo delicatamente per poi succhiare quel piccolo lembo di pelle. Sentivo Louis reprimere i sospiri. Tornai a baciarlo, qualche bacio sul collo, poi sulla mascella, la guancia e poi ad afferrare le mie labbra fu lui. Le nostre lingue a sfiorarsi delicatamente, Louis mi tirò a sé, i nostri bacini comunicanti, riuscivo a sentire la sua erezione nascere e prendere spazio nei suoi boxer, la sua gamba in mezzo le mie poteva forse sentire la stessa cosa.
«Harry, che succede?» - disse, non appena le mie labbra si staccarono improvvisamente dalle sue. 
«C'è qualcuno a casa!»
«Non può essere tua nonna?»
«No, è troppo tardi persino per lei!» - dissi, avvicinandomi alla porta di casa. 
«Tuo padre?»
«È a Londra.»
«Dai entriamo e vediamo chi è!» - Louis aprì la porta, andò per primo come a voler dire di essere il più forte, come a dire - "Ti difendo io".
«E tu chi saresti?» - Louis si trovò davanti una persona a lui sconosciuta. 
«Papà!» - urlai nel bel mezzo del soggiorno.
«Harry, chi è questo ragazzo?»
«Louis, il mio - balbettai - è Louis, cosa ci fai qui? Dovevi essere a Londra!»
«So che ti avevo promesso una cena in qualsiasi ristorante, ma sono rimasto bloccato a lavoro e vedo che tu ti sei dato da fare.» - fissando il mio bacino e accennando alla mia percettibile erezione nascosta dai pantaloni stretti - «Comunque piacere, Des Styles!» 
Louis afferrò la mano di mio padre - «Salve signor Styles, Louis Tomlinson!»
«Non è un cognome del Cheshire, da dove vieni?»
«Londra, ma ho origini di Doncaster.»
«Non lo avrei detto dal suo accento.»
«Prendilo come un complimento.» - intervenni - «Scusa papà, noi andiamo a dormire, giornata piena oggi.»
«Non solo quella!» - sussurrò Louis, ricevendo una mia occhiataccia. 
«Harry, non vorrei essere di troppo, ma domattina appena ti svegli, vieni a cercarmi, devo dirti una cosa.»
«Va bene! Buonanotte papà!»
«Notte signor Styles!»
«Buon divertimento ragazzi.» - Louis divenne visibilmente imbarazzato. 
«Tuo padre pensa che faremo sesso!» - disse il più grande non appena la porta della mia camera da letto fu chiusa.
«Mica vorresti deludere le sue aspettative per la nostra serata?» - ammiccai, trascinandolo sul letto e tornando a baciargli le labbra.
«No, hai ragione!» - mi tolse il maglioncino, iniziando a baciarmi le clavicole.
«Louis...Louis aspetta!»
«Che succede? Se non vuoi perché è troppo presto, per me non è un problema!»
«Devo solo andare a fare la pipì, aspettami qui un attimo!» - gli stampai un bacio sulla fronte e mi diressi verso la toilette.

Appena tornato in camera, davanti i miei occhi si manifestò il più bello spettacolo che avessi mai visto: Louis dormiva, accucciato su se stesso, con il mio maglione addosso. La frangia cadeva morbida su suoi occhi, russava leggermente e il suo corpo, in quella posizione, sembrava ancora più piccolo. Lo coprii con una coperta e mi stesi lì vicino a lui, spostando delicatamente la mia testa nell'incavo del suo collo, dove i suoi battiti incrociavano i miei respiri.




24 GIUGNO - 7.40 

La prima cosa che vidi non appena aprii gli occhi era la figura sfumata di Louis. Non aveva cambiato molto posizione, tranne per il suo braccio premuto sulla mia spalla. Lo spostai delicatamente, gli stampai un leggero bacio sulla tempia e scesi dal letto. 
"Dopo che mi hai messo tra i tuoi sogni, svegliati e baciami" - scrissi in un post-it e lo incollai al mio posto, prima di scendere per incontrare mio padre. 
«Buongiorno papà, dormito bene?» - esclamai non appena lo vidi in vestaglia, seduto sul divano con il suo solito quotidiano in mano.
«Buongiorno al mio figliolo neo-diplomato! La colazione per te e il tuo amico è pronta, semplici uova strapazzate e caffè.»
«Prendo solo un tè, devo ancora digerire tutto il giapponese di ieri.»
«Spero solo quello.» - mio padre iniziò a ridere.
«Abbiamo dormito e basta.»
«Ho visto, ieri notte vi sono venuto a controllare, eravate stretti come in un abbraccio.»
«Da quanto mi vieni a controllare?»
«Anche se sei diplomato non vuol dire che non sei più il mio bambino.»
«Papà, non dirmi che sta per arrivare uno dei tuoi momenti nostalgici!» 
«No Harry, ma devo parlarti di una cosa importante!» - mi fece segno di sedermi - «Sai, vederti così grande adesso, è come una stretta al cuore, sei cresciuto così in fretta e sono davvero fiero di te e per il college, mai avrei immaginato che mio figlio potesse riempirmi così tanto di orgoglio. Ti ho cresciuto con tante difficoltà, senza una madre. Quando eri piccolo, pensavo che a quest'età mi avresti dato solo problemi, magari ti saresti ribellato ad ogni mia parola, invece no e questo mi riempie di soddisfazione verso di te e anche verso di me. Ma quello che vorrei dirti non è questo, sai bene quanto io sia fiero di avere un figlio come te. Tutti abbiamo avuto un amore adolescenziale, c'è chi se l'è persino sposato, come me. Ecco, io non vorrei che, come posso spiegarti, Louis bloccasse la tua crescita in ambito didattico. Non vorrei che lui sia una buona scusa per rimanere qui, ho fatto tanto per convincere Elizabeth a seguirti e ora ci si mette anche questo ragazzo!»
«Hai convinto Beth a seguirmi? Che cazzo di storia è questa?»
«Harry modera i termini - alzò spaventosamente la voce - io voglio solo portarti con me a Los Angeles e quella ragazza mi era d'aiuto! Ora per favore, divertiti con il tuo amichetto finché ti va, ma arrivato il giorno della partenza dì basta a questa storia!»
«Tu stai delirando! Torna a fare il padre assente che lavora troppo e non dirmi cosa fare con Louis» - furioso per le mie parole, mi stampò le sue cinque dita sul volto, non mi aveva mai picchiato - «E se proprio ti interessa io mi sono cresciuto da solo!»
Salii le scale velocemente, sull'ultimo gradino mi aspettava Louis, che non appena vide il mio viso rosso, rigato dalle lacrime per le parole di mio padre, mi strinse in un abbraccio.
«Harry calmati, sono qui!» - mi ripeteva, accarezzandomi i capelli e asciugandomi le ultime lacrime che scendevano sul viso. 
«Non volevo svegliarti, scusami Lou!» 
«Non devi scusarti. Vieni, andiamo a cambiarci, andiamo a farci un giro?»
«Voglio andare a Londra, magari un giorno lontano da qui mi sarà utile.»
«Ne sei sicuro?»
«Sì, dammi solo il tempo di fare una chiamata, cambiarmi e partiamo.» - dissi sicuro, prima di uscire fuori dal balcone e comporre un numero. Dopo qualche squillo, la calda voce di Anne mi riempì la testa.
«Buongiorno Harry, cos'è successo per chiamarmi?»
«Ciao Anne, volevo solo sentire una voce familiare a cui chiedere un consiglio.»
«Dimmi tutto piccolo mio.» - "Qualcuno può iniziare a fare il genitore dopo diciotto anni?" - in quel periodo lo pensavo spesso, soprattutto da quando io ed Anne avevamo iniziato a costruire un rapporto - «Comunque congratulazioni per il tuo diploma!»
«Grazie Anne, ecco, volevo parlarti di papà.»
«Cos’è successo con Des?»
«Ha convinto una mia amica, credo con un bel po' di soldi, a seguirmi a Los Angeles, così che io non avessi più amici qui a Holmes Chapel ed ora minaccia di far saltare la mia storia con Louis. Quell'uomo non è quello che mi ha cresciuto. Lui non lo farebbe mai.»
«Harry, non piangere, ora prenditi un po' di tempo per pensare a cosa vuoi fare ma se sai che Louis è giusto, non abbandonarlo, non dare questa soddisfazione a chi non vuole vedervi insieme, anche se quel qualcuno è tuo padre. Se hai bisogno io sono qui, se vuoi un posto dove dormire sei sempre il benvenuto. Ma ora piccolo mio, smettila di piangere e goditi questi giorni con Louis, lo hai atteso così tanto.» - avevo parlato del mio amore per il più grande persino a lei.
«Hai ragione mamma.» - riattaccai, non accorgendomi del nome e del ruolo che le avevo appena affidato.



LOUIS 

«Harry perché non vai a farti una doccia? Così magari ti riprendi. Ci penso io qui.» - proposi ad uno sfinito Harry, allungato sul letto e con gli occhi ancora rossi per il pianto.
«Va bene, non vuoi unirti?» - propose.
«No Harry, vai da solo che ce la fai.»
«Hai ancora un'erezione da completare, dopo esserti addormentato ieri sera.» - tolse la maglietta e i pantaloncini della tuta, restando in boxer neri. 
«Sì ma così non vale!» - il mio sguardo correva veloce sul suo corpo semi-nudo.
«Sei tu che non vuoi fare la doccia!» - mi stampò un bacio sulla fronte e si diresse verso il bagno.
 
«Ho chiarito con Harry, nel primo pomeriggio siamo da voi. Chiedi scusa a Liam da parte mia. Vi voglio bene.» - inviai un messaggio a Milly, non contento però delle mie scuse verso Liam, non meritava il mio malumore, Niall me lo aveva fatto capire più che bene. Avrei avuto tempo per farmi perdonare per questi ultimi due anni.
«Liam ha detto che Harry ha una valigia in un'anta del suo armadio. Eri stato perdonato già ieri sera.» - sorrisi al messaggio e iniziai a cercare la sua valigia. Dopo la terza anta avevo trovato un trolley di dimensioni medie e lo avevo iniziato a riempire di magliette e pantaloni, biancheria intima, un paio di costumi che avevo trovato e altre tre paia di scarpe. Prima di chiudere la valigia, infilai il post-it che quella mattina mi aveva scritto come buongiorno, il più bel buongiorno della mia vita, nel portafogli, scesi la valigia cercando di fare il meno rumore possibile e portai il tutto in macchina di Harry, nascondendo il trolley nel portabagagli. Risalii le scale, cercando di non incontrare lo sguardo del signor Styles. 
«Louis, dov'eri?» - appena tornato in camera la prima cosa che vidi era un Harry bagnato e circondato da solo un asciugamano chiuso alla vita. 
«In macchina, ero andato a cercare il mio portafogli.»  
«È sul letto, mi preparo e andiamo. Fammi prendere il caricabatterie.»



24 GIUGNO - 11.30

L'orologio aveva appena scoccato le undici e trenta quando io ed Harry ci incamminammo verso la macchina.
«Possiamo fare una sosta prima di partire per Londra?»
«Dove devi fermarti?» - chiese Harry incuriosito. 
«Tanto che guido io, non ti dirò dove.» - gli diedi un bacio veloce sulle labbra prima di accendere la macchina e partire.

Cinque minuti dopo, la macchina si fermò poco prima di una delle panchine iniziali del campanile.
«Perché siamo qui Louis?»
«Ieri non abbiamo più finito quel discorso.»
«E vuoi farlo adesso, perché davvero per me non è giornata.»
«No Harry, voglio dirti una cosa importante: qualche tempo fa, scusami ma la mia memoria non ricorda il giorno esatto, ti ho detto che il primo giorno di sole di giugno saremmo partiti - alzai gli occhi al cielo e fissai il sole - guarda, ci ha aspettati perfino il sole. Sarà che siamo usciti fuori noi e quindi si è sentito autorizzato a venir fuori anche lui.»
«Torni tu, torna il sole, torna tutto.» - canticchiò Harry prima di dire - «Dove vorresti arrivare Louis?»
Presi la busta che nascondevo nella tasca interna della giacca. 
«Non ti ho ancora dato il mio regalo di diploma, volevo dartelo in un momento speciale, ma tanto che non è arrivato, me lo sono dovuto creare. Forse non è il massimo del romanticismo, ma voglio che tu abbia questa.» - Harry si rigirò la busta bianca tra le mani e solo dopo qualche secondo la aprì.
«Cosa sono?»
«Leggi.»
«Biglietti...Biglietti per la Grecia?»
«Biglietti per la Grecia, non avevo idee e ho seguito il consiglio di Milly, beh forse non sarà la vacanza più romantica del mondo perché ci sono anche loro due, ma pensavo che: il sole c'è, noi ci siamo, manca solo partire, no?» - Harry si fiondò letteralmente tra le mie braccia, iniziando a ridere. 
«Perché ridi?»
«Una decina di giorni fa, Liam è venuto qui per, come posso dire, organizzarti una sorpresa, abbiamo pensato che un viaggio andava più che bene e tra una cosa e l'altra, presi dall'euforia del momento, abbiamo ampliato la loro vacanza di coppia, per un viaggio di due coppie.» 
«Quindi ci ritroviamo in mano lo stesso viaggio?» - chiesi.
«Esatto!» - scoppiammo a ridere. Era bello anche quando le nostre risate si univano in una sola - «Ma quei due non comunicano più?»
«C'è un'altra parte del regalo.» - indicai la lettera presente nella busta.
«Vuoi che la legga adesso?» - annuii ed Harry iniziò a leggere:

« Holmes Chapel, 23-24 giugno
Caro Harry, 
sto scrivendo questa lettera sdraiato su una delle panchine di cui mi raccontavi nei nostri giorni di chat, quando il tuo viso era ancora per me sconosciuto e l'amore per te, non mi riempiva ancora le vene. Perché sai, io sono un tipo molto metaforico, l'ho detto anche questa sera a Niall. Per me l'amore è qualcosa che non prende solo il cuore, prende l'intero sistema sanguineo, l'apparato nervoso, gli organi vitali e il cervello. Quando l'amore ti entra dentro, tutto inizia a dipendere dall'amore, dal tuo amore in questo caso. Non so bene se queste parole avranno davvero un senso, ma cercherò di fartelo trovare: un giorno Milly mi disse che la mia vita, come la stavo vivendo, non aveva senso. Se ripenso a quelle parole, assurdamente penso a te e penso a come tu mi abbia dato un senso, una direzione, senza nemmeno accorgertene. Forse ti ringrazierò per questo cambiamento che mi hai fatto fare alla fine della mia vita, romanticamente e stupidamente ho anche pensato che, se te lo dirò alla fine di questa, è perché ho vissuto l'intera vita con te. Sono un tipo troppo romantico per la mia generazione di disillusi che mi circonda. Ma ho trovato te. Mi hai dato il coraggio di aprirmi a questo mondo a cui davo la colpa per il malessere che stavo vivendo, non sapevo che il destino stava per donarmi te. Qualche volta la felicità, prima di arrivare, ti fa rigare le guance. Tu sei la mia seconda opportunità per vivere. Sono passati solo pochi mesi dal nostro primo incontro in quella chat, ma è straordinario come nessuno dei due sia riuscito a fermarsi davanti all'altro. Ho iniziato a dipendere dalla tua vita e forse questo non è il massimo per gli altri o per te, ma io non potrei chiedere qualcosa di meglio nella mia vita che un Harry tutti i giorni. Vali la pena di lottare, di stare male, di vivere il mio futuro con te, vali tutti i sorrisi che mi togli quando non sei con me, vale la pena aspettare una vita intera per poi perdersi nel sapore di limone delle tue labbra. 
Sono qui da solo, congelando di freddo e osservando il cielo. Ho iniziato a fare una lista con dei punti sul perché continuare la nostra relazione e sul perché non farlo. Il primo punto recitava un immenso, calcato e sottolineato "NOI" e mi sono fermato; i ventitré motivi che avevo messo nella colonna 'perché non continuare' non reggevano il confronto di quel noi. Valiamo la pena già dal primo punto. 
E sai un'ultima cosa, novemila chilometri non sono nulla in confronto a noi.»




ANGOLINO DI UNA STANCA -G:
NON SO COSA C'È DA SPIEGARE I QUESTO CAPITOLO, I DUE RAGAZZI CONTINUERANNO A CHIARIRE E A INVENTARSI MODI PER FAR SOPRAVVIVERE LA LORO RELAZIONE. LA STORIA NON È FINITA, MANCANO ANCORA MOLTO CAPITOLI E SOPRATTUTTO UNA RISPOSTA DEL NOSTRO RICCO PREFERITO.
VORREI RINGRAZIARE TUTTE LE PERSONE CHE SEGUONO LA STORIA, Miss_obrien CHE RECENSISCE SEMPRE E LO APPREZZO MOLTO E LE MIE TRE PUPILLE: AURORA, MILLY E LINDA.
GRAZIE PER MANDARE ANCORA AVANTI QUESTA STORIA.
UN PICCOLO RINGRAZIAMENTO ANCHE A MARTINA, SPERO DI AVER MESSO PUNTI E VIRGOLE NEL MODO GIUSTO. 
COMUNQUE, MI RIEMPITE DI ORGOGLIO CON LE VOSTRE PAROLE.
P.S HO CREATO UN GRUPPO SU FACEBOOK: Larry Stylinson Fanfiction. Potreste animarlo con le vostre ff Larry più belle

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Capitolo 11
*** Mine ***


DES STYLES

24 GIUGNO - 11.00

«Harry, posso entrare?» - bussai un paio di volte alla porta della camera di mio figlio, ma non ci fu nessuna risposta. Crescendo Harry aveva iniziato a pretendere, piccoli ma suoi spazi, la sua camera era uno di questi. Camera che fino a dieci anni non aveva mai davvero usato, se non come stanza dei giochi, troppo affezionato al letto matrimoniale della mia camera. Ogni notte, prima di addormentarsi sepolto dai suoi tre cuscini, più un quarto che era abituato a stringere tra le gambe, mi ripeteva che quella sarebbe stata l'ultima notte, l'ultima volte che avrebbe dormito lì con me, promettendo che la notte seguente sarebbe andato a dormire nel suo, scomodo e poco protettivo, letto. Era l'unica promessa che non volevo che mantenesse. 
«Dormo nel tuo letto perché a me piace svegliarmi col sole.» - disse una delle tante mattine un piccolo e assonnato Harry - «Dalla mia camera si vede quando tramonta, non è così bello.» 
Harry non era mai stato un bambino come gli altri e non lo dico perché sono suo padre, ha sempre notato quelle piccole sfumature di cui a nessuno davvero importa, ma lui sì, lui si sofferma sulle sfumature, le fa come sue. 
É sempre stato un bambino introverso ed emotivo, a tratti anche troppo. Più di una volta sono finito a pensare che non sarebbe sopravvissuto a questo mondo. Ma ho sempre sottovalutato la sua forza, quel bambino che al parco giochi aveva paura dello scivolo a chiocciola, ora è diventato un uomo ed io sono stato troppo assente per vedere ogni suo cambiamento, ad accompagnarlo in ogni suo passo.  Abituarmi a questo cambiamento, vederlo ora un giovane uomo, è stato forse il cambiamento che più mi è pesato; le regole che a tredici anni mi aveva lasciato sulla scrivania, non erano nulla in confronto a questo. 
«Harry, ehm, Louis, ci siete?» - bussai un'altra volta, prima di premere sulla maniglia ed entrare. La camera vuota, un piccolo foglio di carta sul letto, stranamente, rifatto: 'Sono a Londra da Louis per qualche giorno, voglio i miei spazi. -H.' 
«I suoi spazi» - ripetei un paio di volte, prima di sedermi sul letto e iniziare ad osservare la stanza: l'azzurro sbiadito e in qualche angolo rovinato, faceva da padrone, più volte avevo detto ad Harry se volesse cambiare il colore delle pareti e anche arredamento, ma lui puntualmente si rifiutava, ero parzialmente riuscito a convincerlo a cambiare qualche mobile, tra cui il letto e l'armadio di vetro, anche se non ero riuscito a portare via da quella stanza la vecchia sedia a dondolo che Anne aveva comprato non appena aveva saputo la notizia della gravidanza. Era andata appositamente da un falegname per crearla, aveva fatto incidere sullo schienale della poltrona una piccola dedica: 'Ad Harold Edward Styles, che il dondolo ti possa ricordare il mare e le braccia della tua mamma il battello su cui navigarlo.'  
Anne era sempre stata brava con le parole, mi innamorai di lei durante il liceo, condividevamo insieme l'ora di letteratura inglese e letteratura straniera, un giorno espose con un suo testo perché la Cleopatra di Shakespeare dovesse essere vista come un modello da non imitare per le donne in quanto, offuscata dall'amore e dalla lussuria, si era fatta portare alla morte. Ricordo ancora bene quel testo, ricordo che i giorni dopo iniziai a farle una corte spietata, cedette solo l'ultimo anno di liceo, dopo due anni di rifiuti. E posso ancora ben ricordare che per lei avrei volentieri abbandonato l'attività di famiglia, tutto quello che ero, per essere semplicemente amato da lei. La guardavo con occhi di dipendenza, di un amore vero, difficile da spiegare al mondo, la guardavo come Harry ieri sera osservava Louis e questa cosa mi fece tremare la terra sotto i piedi. 
I miei occhi tornarono sopra quella scritta, non gli avevo mai chiesto cosa pensava di quella scritta, in realtà non gli avevo mai chiesto niente su Anne, cosa pensava o provava per lei, ho sotterrato e nascosto l'argomento, speravo di bastare solo io. 
Tolsi lo sguardo da quella vecchia sedia a dondolo e la mia attenzione fu colpita da delle foto sparse sulla scrivania: vecchi compleanni, il viaggio in Giappone fatto da piccolo, foto del suo primo Wimbledon, il suo primo saggio al conservatorio, le foto con Elizabeth, foto insieme all'irlandese ed - «il mio vecchio stagista?» - dissi stupito - foto stupide, divertenti, foto della cerimonia di diploma di ieri, già stampate. Harry stretto nella tonaca azzurra da diplomando, al fianco dei miei genitori. Foto insieme alla sua amica, alla famiglia di lei, foto di lui con il suo diploma in mano, foto con Louis, si stringevano, si cercavano con quello sguardo, sorridevano felici davanti l'obiettivo, Louis aveva una mano attorno alla vita di Harry,  lui invece sulle sue spalle. Decine di foto come quella, differenti di poco l’una dall'altra. 
Foto in cui io non ero presente, come non era presente mio padre nelle mie foto di diploma, forse quella era una tradizione di famiglia che inconsapevolmente avevo continuato. L'avevo così tanto odiato per la sua assenza, ed ora io avevo fatto lo stesso con Harry. 
Avrei recuperato i momenti di assenza, era anche giunta l'ora, ed un ragazzino di Doncaster non mi avrebbe certo fermato, soprattutto dopo le trentamila sterline che avevo dato ad Elizabeth per convincere Harry ad andare con lei negli Stati Uniti e i diecimila dollari dati all'università per accettarlo. 
Presi il telefono e composi il numero di Tamara, l'unica che conosceva questa storia, il mio braccio destro nella vita. 
«Salve Des, vedo che è un mattiniero quest'oggi!» - rispose con la sua voce squillante. 
«Ed io sento che sei già al tuo terzo caffè!» - risposi scherzosamente. 
«In realtà è solo il secondo, ma solo perché mi sono svegliata poco più di mezz'ora fa!» - sbadigliò prima di riprendere a parlare - «Come posso essere d'aiuto in questo giorno di ferie?» 
«Ti darò altri giorni verso inizio del prossimo mese, ma ora mi serve il tuo aiuto. Tuo fratello è in servizio quest'oggi?» 
«Se non sbaglio dovrebbe essere in centrale in questo momento, qualche multa da togliere?» - chiese curiosa. 
«No, in realtà devo avere qualche informazione su un ragazzo.»
«Sì, lo chiamo subito, chi è la persona interessata?» 
«Louis Tomlinson, Doncaster, residente a Londra.» - risposi alla mia assistente.
«Sai Des, questo cognome non mi è nuovo.» 
«È il nuovo ragazzo di Harry, appena hai questo informazioni, per favore, vieni a casa, non voglio parlare di queste cose al telefono. A dopo.» - la ragazza annuì e chiuse il telefono. 


24 GIUGNO - 14.50 

Il campanello suonò un paio di volte prima che arrivassi alla porta, facendomi trasalire entrambe le volte. Dalla grande finestra del salone che dava sull'ingresso principale era possibile intravedere la figura di Tamara ed i suoi capelli rossi. Aprii e la ragazza quasi si fiondò nel salone.
«Ho tutte le informazione che mi hai chiesto. Non pensavo che sarebbe stato così utile avere un fratello poliziotto.» - disse, abbassando il tono della voce verso la fine della frase, ispezionando la sala, come ad avere paura di essere ascoltata da qualcuno. 
«Harry è a Londra con il ragazzo in questione, possiamo parlare tranquillamente.» - dissi, quando notai la sua insicurezza nel parlare. 
«Bene, meglio, suppongo.» 
«Sì, dimmi tutto.»
«Ecco, beh, sì, allora» - balbettò prima di iniziare - «Louis William Tomlinson, 21 anni. Nato la vigilia di Natale del 1991, presso l'ospedale principale di Doncaster. È stato adottato in seguito al matrimonio della madre con il signor Mark Tomlinson, avvocato e proprietario della compagnia 'Tomlinson & associati', ha studi sparsi in tutto il Regno Unito, in Scozia, Francia, Svizzera ed un paio a New York. Finanziariamente è uno degli uomini più ricchi del sud del paese. La madre invece è una psicologa infantile. Incensurato, nessun crimine, nessun tipo di ammonizione, solo una piccola multa per parcheggio in sosta vietata. Studente modello di legge alla 'Imperial College London', vive in pieno centro insieme a William James Payne.» 
«È così perfetto questo ragazzo?» - dissi non appena finì di elencarmi a grandi linee la vita del ragazzo. 
«Non è contento che Harry stia con un ragazzo così? L'ultimo non mi sembrava poi così un bravo ragazzo...Zac, Za, come si chiamava?» 
«Zayn Malik.» - sibilai. 
«Esatto! Quando abbiamo controllato non era così entusiasta del ragazzo, ma lo aveva tranquillamente accettato, perché questo no?» 
«Il signor Malik non era poi così importante, mentre questo Louis, come si guardano, mi sembra una cosa seria.» - ammisi. 
«C'è qualcosa di interessante nella vita del ragazzo, ma questa è un’informazione strettamente personale, anche se mio fratello mi ha aiutato ad avere maggiori informazioni.» - si fermò un attimo per avere il mio consenso a parlare - «Il gemello di Louis si è suicidato ad agosto dell'anno passato. Era clinicamente depresso, è stato per qualche settimana rinchiuso in un ospedale psichiatrico, ma continuava a scappare, era sotto potenti psicofarmaci, abusava di alcool e droghe pesanti di ogni tipo, quando si è tolto la vita ha lasciato una lettera alla famiglia, questa è la fotocopia, le ho messo un asterisco dove parla del fratello.» - mi porse il foglio ed iniziai a leggere, scorrendo veloce tra le righe. 
"Louis, come tutti mi odierai per questo mio gesto, ma sono stanco di vedere te e Liam venirmi a cercare, perdere tempo con questo fratello che ti ha rovinato la vita. Mi dispiace non averti dato le giuste attenzioni, pensato più a te che a me, forse adesso tu non saresti così come sei, quelle parole mi hanno fatto così schifo, ribrezzo, ecco. Capisco anche quel rapporto morboso con Liam, mi fate così schifo, chissà cosa avete combinato alle mie spalle, sei così schifosamente diverso da me, mi hai scosso e sconvolto. Sei diverso dalla famiglia, non ti meriti di essere un Tomlinson. Schifo, schifo, schifo. È colpa tua se voglio andarmene." - finii di leggere con un certo magone allo stomaco. Potevo vedere quel ragazzo come una minaccia, ma allo stesso tempo mi faceva così...pena. 
«Ricordi quando ti ho detto che il suo cognome mi era così tanto familiare?» - annuii e lei continuò - «Mark Tomlinson è stato per quasi due anni l'amante di una delle mie amiche più care. Le ho chiesto alcune cose, il ragazzo non ha più rapporti con la famiglia dopo il suicidio e soprattutto dopo la lettera. I genitori hanno provato a capire il significato, ma lui non ha detto nulla. Ha presentato per qualche tempo una finta fidanzata, ma non ha mai detto a nessuno di essere omosessuale, se non al fratello, da quanto si evince dalla lettera.» 
«Potrei usare questa cosa a mio vantaggio.» 
«Cioè?» - chiese curiosa Tamara. 
«Scegliere.» - Tamara mi guardò con ancora più curiosità - «O Harry, oppure far sapere alla sua famiglia chi è davvero. Un frocio.» 
«Des...» - esitò un momento - «Non è troppo anche per te?» 
«È solo per il bene di Harry, te lo assicuro.»


HARRY 

24 GIUGNO - 16.00

«Louis?» - ruppi quel silenzio che si era creato in macchina. Io, dopo una chiacchierata infinita sul campanile insieme a Louis, cercando di chiarire cosa davvero volevamo ed un pranzo infinito in un paese poco lontano da Holmes Chapel, mi ero addormentato sul sedile della macchina, mentre al mio fianco, un concentrato Louis, guidava la mia macchina verso casa sua.  
«Ben svegliato!» - il più grande si girò qualche istante verso di me, regalandomi un sorriso. 
«Ho la vista leggermente offuscata.» - Louis passò una mano sui miei occhi, un tocco delicato, quasi impercettibile. 
«Va meglio adesso?» 
«I miei occhi vedono tutto più bello quando ho te davanti.» - continuai, con voce assonnata - «Dove siamo?»
«Tra qualche minuto siamo a casa, per fortuna che ti sei svegliato da solo, non era bello interrompere un così splendido spettacolo» 
«Zitto, ho dormito molto?» 
«Mmh, ti sei addormentato non appena siamo ripartiti. Non credevo che io e la mia guida fossimo tanto noiosi.» 
«Ma perché non stai mai zitto?» - dissi scherzando, dandogli una leggere spinta sulla spalla. 
«Ehi ehi! Sto guidando!» - mi canzonò - «Programmi per la serata?» 
«Oltre stare con te, nessuno credo.» 
«Stare con me, eh?» - disse con una voce mista tra l'ammiccante ed una risata soffocata - «E cosa vorresti fare? Sentiamo un po'» 
Decisi di mantenere il gioco di Louis, sempre se di gioco si trattasse e accettare la sua provocazione. Mi avvicinai a lui, poggiando la mia mano sull'interno della sua coscia, muovendola ripetutamente e iniziando a sussurrargli - «Oh piccolo Louis, tu non sai cosa sono capace di farti!» - lo sentii deglutire e continuai - «Hai presente la mia lingua? Quella che a te tanto piace mordere? Sai, potrebbe andare in posti a te sconosciuti. Oppure prenderti per i fianchi, sbatterti al muro e farti sentire quanto può eccitarti il mio cazzo dentro di te oppure fart..».
«Ha..Harry!» - ansimò il mio nome - «Se non vuoi fare sesso adesso, nella macchina, togli quella mano, ha già fatto troppi casini!» 
«Il piccolo bambino si è svegliato! Eppure non ho detto niente di che!» 
«Oh, sì a lui queste cose piacciono, soprattutto la tua mano che sfregava sui miei pantaloni.» 
«Stasera finirò il lavoro iniziato, sappilo.» - tolsi la mano dal suo interno coscia e gli stampai un leggero bacio sulla guancia. 
«Quindi passerò le prossime dieci ore col pensiero di noi che, ehm... credo che andrò spesso in bagno!» - scherzò. 
«Se vuoi possiamo fare anche prima!» - ammiccai, mentre Louis parcheggiava davanti al suo appartamento.
«Styles non provocare!» - disse mentre spegneva il motore dell'auto.
«Perché? È sexy quando mi chiami per cognome.» - mi avvicinai a lui, mordendomi furiosamente il labbro inferiore. 
«Perché quello che finirebbe sbattuto al muro e col mio cazzo dentro, sei tu, Styles» - disse, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi. Le nostre labbra, ancora sconosciute, iniziarono a sfiorarsi delicatamente, finché Louis non si avvicinò e prese con più forza le mie labbra, inserendo nella mia bocca la sua calda lingua, cercando avida la mia. 
«Lou...» - dissi, tra un respiro e l'altro. 
«Mmh?» - mugugnò. 
«Se continuiamo così saremo presto in tre.»
«Oh...» - abbassò lo sguardo sui miei pantaloni - «Tranquillo, anche in quattro. Non ti lascio solo. Ma non credi che la macchina sia un po' scomoda?» 
«Forse hai ragione.» - mi staccai completamente da lui, presi la borsa nel quale avevo messo qualche indumento e scesi dalla macchina, Louis fece lo stesso. Nemmeno il tempo di chiudere la macchina, che le mie labbra si erano già fiondate sulle sue. 
«Ascensore?» - annuii, mentre Louis premeva il bottone per aprire le porte. Il tempo di entrare e le mie gambe erano inserite nelle sue, sentivo la sua erezione crescere, le nostre bocche unite, le lingue ballavano un tango tutto loro, infilai le mani sotto la camicia e sentii Louis irrigidirsi ed ansimare, ma non ebbi il tempo di far scendere le mani dove desideravo, che l'ascensore si fermò al piano richiesto ed una voce ci interruppe. 
«Ragazzi, ma almeno aspettate di entrare in casa! E che cazzo, la decenza dove l'avete lasciata?» 
«Ci scusi, signore» - dissi ridendo, per poi uscire dall'ascensore ed abbracciarlo - «Come stai, Leeyum?» 
«Tutto bene, Haz! Inutile chiederlo anche a te, si vede abbastanza bene.» - indicò con lo sguardo i pantaloni di Louis, dove poteva notarsi una leggera protuberanza. 
«Sei un coglione Payne, poi che stavi facendo? Ci aspettavi dietro l'ascensore?» - diede una scapigliata a Liam ed entrò in casa. 
«Vi avevo visto dalla finestra, volevo farvi una sorpresa, non pensavo di trovarvi... così.» 
«Lascialo stare Liam, è nervoso perché ancora non mi sono fiondato sulla sua erezione!» - abbracciai da dietro Louis, dandogli un leggero bacio sul collo e cogliendo l'opportunità di perdermi nell'odore che emanavano i suoi capelli.
«La smettete di parlare della mia fottuta erezione?» 
«Ma è una cosa dolce, vuol dire che ti piaccio anche in quel senso!» 
«Ché? Prima ne dubitavi?» 
«No, ma è bello sapere che ho un certo effetto sul tuo caz... Oh» - mi interruppi non appena vidi una donna, bionda e sulla cinquantina, attenderci in salone. 
«Oh, salve Karen!» - Louis si liberò dalla mia stretta e andò verso la signora, abbracciandola - «Potevi dirmelo che c'era lei, non avrei detto o fatto nulla.» 
«Come stai, Louis? Non mi presenti il tuo amichetto?» - feci un passo avanti, porgendole la mano destra.
«Si, ecco, lui è Harry, il mio...» - iniziò a balbettare, si vedeva che era in difficoltà, in difficoltà a dire cosa ero io per lui. 
«Beh sì, capisco. Salve, io sono la mamma di Liam e possiamo dire anche un po' quella di Louis.» - spostai lo sguardo su di lui e lo vidi annuire, a confermare le parole appena pronunciate dalla donna. Non somigliava molto a Liam, tranne per lo stesso identico colore degli occhi. 
«Harry, sono un amico di Louis.» - le strinsi la mano. Mi faceva schifo quella parola, quell'essere per il momento, ancora e solo amici.
«Certo, amico.» - madre e figlio iniziarono a ridere alle parole di quest'ultimo. Louis invece mi guardò con una leggera delusione dipinta sul viso. Nessuno dei due aveva ancora chiarito cos'eravamo, cosa volevamo arduamente essere, avevamo accennato qualcosa durante la conversazione al campanile, ma nessuno dei due aveva 'definito il rapporto', se così vogliamo dire. 
«Ero passata per salutare Liam prima della partenza per la Grecia, andate anche voi?»
«Sì, in teoria abbiamo due prenotazioni, anzi, tre per lo stesso viaggio.» - disse Louis - «Senti Karen, io vado con Harry, Liam con Milly, abbiamo un viaggio di coppia in più, che ne dici, se magari...»
«In un periodo diverso» - si intromise Liam. 
«Stai zitto? Comunque, se magari ti va di accettare i miei biglietti?» - Karen rimase per qualche minuto in silenzio, cercava come l'approvazione del figlio, che non mancò ad arrivare, provocando un grande sorriso nella signora. 
«Liam io vado, papà mi sta aspettando davanti lo stadio» - diede un abbraccio a Liam, a Louis e a me, abbraccio totalmente inaspettato - «Ah, ragazzi vi ho preparato il tè!» 
«Karen io ti amo, te l'ho detto vero?» - disse Louis scherzando alla madre di Liam, abbracciandola nuovamente. La signora uscì, lasciando una traccia di buonumore dietro di sé. 
«Ragazzi, io vado a prendere Milly. Voi, beh, non fatelo sul divano o in cucina» - uscì accompagnato da una sonora risata mentre il volto di Louis divenne rosso dall'imbarazzo. 
«Lou?» 
«Sì, Harry?» - rispose, sorseggiando il tè al latte che Karen aveva lasciato.
«Noi cosa siamo?» - dissi con più insicurezza di quello che sembrava. 
«Non lo so...» - tutto andava bene, tutto stava andando come sin dall'inizio doveva andare, fino a quelle parole. Quel 'non lo so' risuonò pesante nella stanza. Pensavo di aver tutto sotto controllo, poi al primo problema, al primo dubbio, al primo 'non so cosa voglio essere con te', caddi, caddi come foglie al vento. 
«Bene, sono contento che le tue erano solo parole!» - sbottai.
«Harry smettila! Non fare il bambino adesso!»
«Io ora sarei anche un bambino? Vaffanculo Louis!» - urlai, uscendo dall'appartamento, senza una precisa meta. 


24 GIUGNO - 19.43 


Rientrai in casa dopo un paio d'ore passate alla caffetteria che mi aveva fatto conoscere Liam tre mesi prima. Enzo, il proprietario/barista, si era stupito di vedermi lì senza il suo cliente più fidato. 
«Louis, Harry viene per cena o mangia fuori?» - disse una voce femminile, sicuramente era quella di Milly, poche erano le ragazze che frequentavano quella casa, a pensarci sicuramente lei era l'unica. Nessuno si era accorto del mio arrivo. Milly, impegnata in cucina con dello stufato di patate, mentre Louis e Liam erano seduti sul divano, il primo aveva il viso nascosto tra le mani, Liam invece affianco a lui, con una mano poggiata su una spalla, sullo stesso punto dove anni prima aveva tatuato 'Leeyum'. 
«Io... io non volevo farlo incazzare, solo che volevo trovare un momento giusto.» 
Liam stava per rispondere quando la mia presenza fu ormai nota a tutti. 
«Buonasera.» - dissi, poggiando le chiavi che nella litigata del pomeriggio avevo preso. 
«Bene, ci siamo tutti ora. Milly puoi portare la poltiglia che hai cucinato a tavola!» 
«Quanto sei stronzo!» - urlò la ragazza dalla cucina - «È un'ora che sto cucinando.» 
Louis si avvicinò a me, mise una mano sul mio fianco, provando a baciarmi sulle labbra, il risultato fu un pessimo bacio sulla guancia, poiché mi ero scansato, un momento prima che le mie labbra incrociassero le sue. 
«Tregua per la cena, chiariremo dopo.» 
«Va bene Louis, ma non lo so, per dopo intendo.» - sottolineando le stesse parole che Louis mi aveva rivolto qualche ora prima. 

Appena seduti, io alla sinistra di Louis, a iniziare il discorso fu proprio la ragazza. 
«Domani sera partiamo, abbiamo l'aereo alle nove in punto. Mi raccomando, capito Lou?» 
«Perché io?» 
«Perché sei sempre in ritardo o troppo in anticipo» - apostrofò Liam, facendomi scappare un sorriso - «Harry, spero che almeno in quell'ambito lui non tardi molto o peggio, venga troppo presto.» 
«Liam!» - strillò Louis, lanciandogli una pallina di pane. 
«Vergine com'è, credo che ci metterà poco!» - dissi, mentre le bocche di Liam e Milly formarono una 'o', quella di Louis invece era una lastra di imbarazzo.
«Tu, no aspetta amico, tu sei ancora vergine?» - disse sbigottito Liam. 
«Forse solo da dietro, anche perché ci sono stati quei ragazzi ed Eleanor.» - disse invece Milly. 
«Per intero.» - ammise imbarazzato e con gli occhi bassi - «Eleanor non l'ho mai penetrata, ho usato le dita. Ed i tizi, beh, Liam l'aveva capito che non c'era mai stato nulla. Diciamo che aspettavo quello giusto, come il momento.» - disse le ultime parole voltandosi verso di me. Capii di aver sbagliando, di essermi comportato davvero in modo infantile, quando i suoi occhi cercarono i miei. Occhi tristi, occhi che cercavano conferme, che cercavano me. 
Mi avvicinai a lui, poggiando la mano sulla sua coscia. 
«Tranquillo che il momento adatto arriva presto, per tutto!» 
«Ditecelo, che vi lasciamo casa libera, non vorrei sentire strani suoni!» - si intromise ancora Liam.
«Mi dispiace amore.» - sussurrai all'orecchio del più grande, prima di morderglielo. 
«Ahi!» - urlò, massaggiandosi il lobo. 
«Questo non è nulla a confronto del dolore che dovrai sentire quando ti pen..»
«Harry! Ti prego, non voglio sentire!» - disse ancora una volta Liam - «Bene, parliamo d'altro. Riccio, hai tutto per il viaggio?» 
«In realtà non ho nulla, dovrei passare nell'appartamento che papà ha a Londra, magari riesco a recuperare qualcosa di mio.» 
«Vieni con me.» - Louis mi prese la mano e letteralmente mi trascinò giù per le scale, fino ad arrivare davanti alla mia macchina. Aprì il bagagliaio e spuntò una delle mie valigie. 
«Credo di aver preso tutto, al massimo puoi prendere qualcosa dal mio guardaroba, tanto ci sei abituato.» - aveva organizzato davvero tutto alla perfezione, dopo la litigata della mattina prima con mio padre, non stavo certo pensando al viaggio che io e Liam, insieme ai nostri rispettivi partner, avevamo programmato di fare. Quella mattina volevo solo andare lontano da mio padre, nessuno mi avrebbe portato via Louis, nemmeno se quel nessuno fosse proprio mio padre. 
«Harry, va tutto bene?» - Louis mi trascinò sulla scalinata esterna del condominio dove viveva, facendomi sedere sulle sue gambe. 
«Pensavo alla litigata con mio padre di oggi.» 
«E...» - Il più grande mi strinse i fianchi con le sue braccia. 
«Ed io lotterò fino alla fine delle mie forze per farti restare nella mia vita. Non voglio sentire mio padre, non questa volta. Non può decidere sul mio, anzi, nostro futuro. Nessuno può dividermi da te.»  - Louis, alle mie parole, iniziò come a tremare, stringendomi più forte e seppellendo la sua testa nella mia schiena, baciandomela ripetutamente.
«Mi dispiace per prima, io so cosa voglio essere con te, per te» - disse, schiarendosi leggermente la voce - «Vieni con me.» 
Mi fece alzare, intrecciò le sue dita con le mie e mi portò davanti ad un muro, a me familiare. 
"Io sarò il tuo lieto fine, perché nemmeno l'oceano ci divide, a noi." - lessi veloce. Nonostante il buio riconobbi la scritta, fatta verso la fine di aprile. Quella sera ero scappato di casa, avevo guidato per la prima volta fino a Londra, ero qui sotto, indeciso se suonare il campanello oppure andare via. Il compromesso migliore fu questa scritta, la prima che mi era passata in mente, l'unica che esprimeva davvero quello che provavo in quel momento. 
«Che ci facciamo qui davanti?» - chiesi curioso. 
«Se ti chiedo una cosa, prometti di non ridere?» 
«Sì, certo. Puoi chiedere quello che vuoi, sarà sempre sì.» 
«Bene, aspettami qui, vado a prendere una cosa su in casa, faccio in un momento. - okay, forse non era la cosa che mi aspettavo ma - «Certo, ti aspetto qui Boo.» 
Dopo poco più di due minuti, un affannato e agitato Louis si presentò davanti ai miei occhi, mi stampò un leggero bacio e iniziò a dire: - «Annuisci solo, non parlare. Allora, ricordi il nome che avevo quando mi hai conosciuto?» - annuii. 
«Ti ricordi che ti sembravo sempre così triste?» - annuii.
«Ti ricordi cosa ti ho detto oggi? Novemila chilometri non sono niente in confronto a noi.» - annuii, sorridendo, la certezza che lui sarebbe rimasto nonostante la mia decisione di andare a Los Angeles.
«Ti ricordi quando ti ho detto di essere sicuro di amarti?» - annuii - «E credo che tu abbia notato che non ti ho mai detto davvero quelle parole.» - annuii. 
«Bene, ti ricordi un po' tutta la nostra storia, quindi adesso, provo a prometterti alcune cose essenziali: Allora, io, Louis William To...»
«Boobear Tomlinson.» - interruppi lui ed il mio silenzio. 
«Ti ho detto che dovevi stare zitto. Allora, io Louis William Tomlin...» 
«Boobear.» 
«Allora, io, Louis William Boobear, contento, Tomlinson, prometto di essere utile nella tua vita, in ogni situazione, dalla più seria alla più assurda, di renderti, renderci felice in ogni momento, non insultare i tuoi orrendi gusti musicali, la tua guida, il tuo modo sbagliato di farti la barba, insultare qualsiasi cosa che nelle piccole cose ti rende l'Harold che amo tanto. Non insulterò neanche la tua insensata ossessione per il mare, i miei occhi e quello che ti ricorda me. Cercherò di non insultare e sottolineare le tue cazzate e non mi lamenterò, o meglio, mi lamenterò il giusto necessario per essere definito un fidanzato puntiglioso, ma non mi lamenterò mai di te e del nostro amore. Non mi lamenterò della distanza, solo quando non potremo fare sesso, in quel caso maledirò la distanza che separa le mie labbra dalle tue ed il mio ca, okay no, questa meglio ometterla. Non mi lamenterò mai del tuo troppo amore e tu non dovrai farlo con me. Combatterò per te, combatterai per me, combatteremo per noi e ce la faremo, che l'oceano non può vincere su due come noi. E per ultima cosa, ma forse la più importante, io voglio stare con te, con quel Harold per cui io ho rivoluzionato la mia vita e non me ne pento, che amo. Sì, mio piccolo Harold, sono fottuto per i sentimenti che provo per te. Mi hai fatto innamorare e non te lo perdonerò mai» - disse, avvicinandosi a me, porgendomi un piccolo pacchetto. 
«Pensavo che i regali fossero finiti.»
«Mi aspettavo una reazione migliore, comunque è l'ultimo.» - aprii il piccolo pacco, all'interno un anello. Nero, con una piccola e delicata incisione all'interno, lo girai un paio di volte nelle mie mani, prima di infilarlo all'anulare sinistro. 
«No, piccolo Harold, questo va al medio. Non è un anello da fidanzati, ma da impegno, almeno così mi ha detto la ragazza che me lo ha venduto. Leggi dentro.» 
«I lock you.» - dissi con la voce tremante, spostai l'anello al dito giusto e lo strinsi, il più forte che potevo, Louis. Lo baciai delicatamente qualche secondo, le sue labbra sapevano di buono, di brivido, di bello, prima di perdermi in quel meraviglioso azzurro dei suoi occhi. Presi quella briciola di coraggio che il mio corpo mi aveva appena dato e dissi: - «Louis William Boobear Tomlinson, dopo tutto quello che mi hai detto, posso dire io una cosa?» 
«Stavo giusto aspettando la tua opinione su tutto ciò che ti ho detto» - rispose insicuro, prima di baciarmi nuovamente. 

«Bene, allora io, Harry Edward Styles.»
«Harold..»
«Sì?»
«No, Harold Edward Styles. 
Tu mi hai fatto dire Boobear, siamo pari.»
«Va bene, 1 a 1, palla a me adesso.»
«In realtà è palla al centro. Non sai proprio nulla di calcio!» 
«La smetti per un momento di pensare al calcio e al mio collo e mi ascolti per un momento?» - Louis finì il suo succhiotto dietro il mio orecchio, mentre io cercavo di trattenere i pensieri di un Louis sopra di me e disse: - «Ora sono tutto per te.»
«Allora stavo dicendo che io, Harold Edward Styles, voglio stare insieme a Louis William Boobear Tomlinson, perché lo amo e perché non giudicherà mai i miei gusti musicali.» 
«Quindi?» - chiese il più grande, avvicinandosi ancora di più, le mani strette sulle mie spalle, i nostri nasi quasi a sfiorarsi, mentre gli occhi persi gli uni in quelli dell'altro. 
«Quindi, tanto che tu hai fatto tutte le promesse, io farò la fatidica domanda: posso essere l'uomo con cui vorrai scopare da qui ad una data non ben precisa?» 
«Sei un coglione.» - lo baciai. 
«Va bene, userò il metodo tradizionale: ti va di perdere davvero tanto tempo dietro ad una testa di cazzo come me? Non sono il massimo, ecco vorrei dirti questo prima, come avvertenza a tutto quello che io potrei combinare.»
«Voglio, c'è voglio stare con te.»
«Insieme quindi?» 
«Insieme quindi.» 




OKAY OKAY, LO SO CHE È PIU' BREVE DEI SOLITI MALLOPPI, MA HO DOVUTO PER FORZA DIVIDERLO IN DUE PARTI, QUINDI NEL GIRO DI POCHI GIORNI ARRIVERA' ANCHE L'ALTRA PARTE. MI DISPIACE METTERCI TUTTO QUESTO TEMPO. ALLORA, CAPITOLO DIVISO IN DUE, NON SPOILERO NULLA DEL SEGUENTE, MA I NOSTRI LARRY SONO FINALMENTE INSIEME! CE L'HANNO FATTA ANCHE LORO! 
UN APPLAUSO PER ME CHE CE L'HO FATTA.
OKAY, ALLA PROSSIMA E GRAZIE DAVVERO A TUTTE PER SEGUIRE ED AMARE QUESTA STORIA. 
VORREI RINGRAZIARE SOPRATTUTTO: 
- MILLY, AURORA, LINDA, PREZIOSA E MARTINA. 
GRAZIE PER CIO' CHE DITE O FATE. 
VI RICORDO ANCHE IL GRUPPO DI FANFICTION LARRY E LA PAGINA LARRY PIU' BELLA DI TETTE:
-https://www.facebook.com/pages/Larry-Stylinson-Wont-Stop-Till-We-Surrender-/485940068150278?fref=ts
-
https://www.facebook.com/groups/673468122724473/
GRAZIE ANCORA A TUTTE! SIETE IL MIO ORGOGLIO PIU' GRANDE.
-G.

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Capitolo 12
*** All of me (Parte 1) ***


MILLY

25 GIUGNO - 01.32

«Cosa ci fate ancora svegli voi due?» - esordì un raggiante Louis non appena mise piede sul balcone di casa. 
«Ehy campione, com'è andata?» - rispose immediatamente il ragazzo che mi era di fianco, curioso di sapere come si era evoluta la storia tra i due, se si era evoluta in qualcosa di più. In risposta alla domanda del suo migliore amico, Louis alzò il dito medio. 
«Non c'è bisogno di mandarmi a fanculo, bastava dire bene o male. Eppure quando siete saliti, vi ho intravisto baciare e avrei scommesso di aver visto la mano di Harry nei tuoi pantaloni.» - Il viso di Louis tradì l'imbarazzo che stava provando, divenne visibilmente rosso alle parole pronunciate dal suo migliore amico, anche se, da quella stessa bocca, aveva sentito cose ben peggiori. Ma quel discorso era sempre un motivo di imbarazzo per lui. 
«Payne, vedi sempre cose che non dovresti, mentre quelle che devi vedere, non le vedi.» - Louis si sfilò l'anello dal dito che precedentemente aveva alzato e lo mostrò a Liam.
«Io direi che è andata davvero bene.» - mi intromisi nel discorso - «Dov'è adesso il riccio?»
«È in camera a dormire, è crollato poco dopo aver parlato con Anne al telefono.» - Liam più volte mi aveva parlato del rapporto di Harry con sua madre, soprattutto quando mi aveva raccontato del giorno in cui entrambi andarono a portare una lettera, scritta dal più piccolo, alla donna. Liam mi raccontò della freddezza che inizialmente aveva avuto il ragazzo nel consegnare quella lettera e poi di tutte le lacrime che Liam si era apprestato ad asciugare - "In quel momento ho capito che avrei dovuto difenderlo, proteggerlo. In quel momento sono diventato davvero suo amico." - disse Liam raccontandomi la storia, non appena tornata dalla Francia. 
«Che cosa si son detti?» - fece serio Liam; era inutile negarlo, ma quel riccio non aveva conquistato solo il cuore di Louis, ma un po' di tutti noi, soprattutto quello del mio ragazzo, lo vedeva come un fratello minore da proteggere e più volte aveva ribadito questo concetto, anche davanti allo stesso Louis - "Preferisco stare male io, ma lui no, Harry non deve, è così importante per me" - disse un giorno in presenza di Niall, non ricordo il perchè di quel discorso, l'esatto momento in cui aveva pronunciato questa frase, ma ricordo l'esatte parole, parole che non aveva mai usato, per me. Non c'era giorno in cui lui non parlasse del più piccolo, se non poteva con Louis, cosa che succedeva alquanto spesso, tartassava me. Fortunatamente c'erano anche giorni in cui Louis aveva il bisogno di parlare di Harry e allora lui e il suo migliore amico, si chiudevano in salotto e parlavano del più piccolo per ore. Un giorno li sentii blaterare sul suo modo di cantare, di scrivere, persino del profumo che emanavano i suoi capelli, di quanto Harry fosse così dannatamente Harry, si perchè quel nome era diventato un vero e proprio aggettivo che variava dai vari contesti. Quasi ero gelosa di quel ragazzo, gelosa del tempo che rubava a Liam ma poi vedevo Louis sorridere sereno davanti un suo messaggio, vedevo Liam spensierato e felice di aver ritrovato la serenità insieme al suo migliore amico e allora l'unico vero sentimento che provavo verso il piccolo, era un profondo senso di gratitudine. Non aveva sempicemente salvato Louis dal baratro che lo stava inglobando, trascinandolo giù, aveva salvato tutti, compresa me. Mi ritrovai a pensare a quel giorno in cui, curiosa di conoscere il famoso Harry, mi ero inscritta alla chat dove lui e Louis si erano conosciuti e cercai il suo nome, mi rispose un paio di giorni dopo, chiacchierammo un paio di ore del più e del meno, finendo poi sull'argomento che più mi affliggeva in quel periodo: Stan. 
Harry si era dimostrato davvero interessato al mio problema e prima di salutarci mi diede un semplice consiglio, che io finii per seguire: "Non devi rinnegare nulla della tua vita, è la tua e se senti che lui non fa più parte di essa, è inutile continuare. Se posso dire, datti una sola buona motivazione per continuare e una per non farlo. Vedi qual è la migliore, sono sicuro che arriverai ad una conclusione giusta. La tua felicità prima di tutto e poi da come mi hai raccontato, sembri davvero cotta di questo Liam."
Così, grazie alle sue parole, ero riuscita a lasciare Stan, ma forse questo è un segreto di cui non avrei mai fatto parola con nessuno, anche perchè Harry non sapeva che dietro a quel contatto c'ero proprio io. 
I miei pensieri furono interrotti dalla risata rumorosa di Liam - «Quindi sul più bello non avete scopato perchè ha chiamato Anne?»
Louis era, ancora una volta, visibilmente imbarazzato. Davvero quel discorso gli provocava così tanto disagio? 
«Vuoi abbassare quella fottutissima voce? Vuoi svegliarlo? E poi per me è meglio così, non è solo una scopata, o almeno, non è solo quello, per me.»
«Mio Dio Louis, non dirmi che adesso inizi a farti queste stupide paranoie da ragazzina dodicenne! Si vede lontano un miglio che quel ragazzo è innamorato di te.» - annuii come per dare ragione a Liam, Louis si aprì in un sorriso. 
«Ho solo paura che lui da un momento all'altro possa andare via.» 
«Lo farò Lou, dovrà andare in quel college, ma avrai la certezza che lui ti ama!» - Liam tornò ad urlare. 
«Abbassa la voce Leeyum, per favore, dorme così bene.» 
«Non starai diventando una di quelle fidanzate troppo apprensive che dimenticano di avere una loro vita al di fuori del proprio ragazzo, vero? Perchè se è così, mi maledirei per averti spinto fra le sue braccia.» 
«Non starlo ad ascoltare Lou, almeno tu mostri un po' di sentimenti.» - dissi, non ebbi il coraggio di incrociare lo sguardo di Liam, che inevitabilmente si era posato su di me. Era già qualche mese che io e Liam stavamo insieme, eravamo una coppia, potevo quasi dire di convivere con lui, tanto era il tempo che passavo a casa sua, ma Liam, eccetto i primi tempi, non si era interessato più a me, alcune volte sembravo solo un peso nella sua vita. Non avevo dubbi sul fatto che mi volesse bene e che a me, in un modo tutto suo, ci tenesse, ma alcune volte avevo bisogno di certezze che lui non era in grado di darmi, speravo sempre in qualche tipo di dichiarazione, soprattutto ora che le nostre vite sarebbero cambiate così tanto. Non mi aveva mai detto "Ti amo", lasciandomi senza una risposta, quella volta che quelle parole le avevo pronunciate io. A sua madre mi aveva presentato come una sua amica, anche se dubito che ci abbia davvero creduto. C'erano giorni in cui finivo per pensare che per Liam io ero solo qualcuno con cui scopare abitualmente, come avevo letto in un suo messaggio indirizzato ad un numero non salvato tra i contatti, faceva così male. 
Sentivo lo sguardo di Liam bruciarmi addosso, ma non disse nulla se non un: «Sono le due, vado a letto. Io e te continuiamo domani il discorso su Harry, buonanotte.»
Io e Louis quasi sussurrammo un - «Buonanotte Liam» - restando seduti su quel balcone che a malapena riusciva a contenere un tavolo, quattro sedie di plastica ed un paio di piante sempreverdi. 
«Vado a prendere una birra, ne vuoi una?» 
«Non posso, mal di pancia, grazie lo stesso.» - declinai l'invito di Louis, questo impiegò un paio du minuti per prendere la sua birra e tornare a sedersi. 
«Una cosa che adoro di te, è che non ti rifiuti mai una birra con me, che succede? È per quel virus che hai preso un paio di settimane fa?» - "Virus...Ha un nome diverso da questo, ma per il momento chiamiamolo così." - pensai. 
«Sì, ne sto subendo ancora gli effetti e l'alcool non è il massimo.»
«Capisco.» - disse Louis, accendendosi una sigaretta fra le labbra. 
«Dovresti smetterla! Harry ancora non ti ha detto che il fumo fa male?»
«Oh sì, lui me lo ripete di continuo, ma ne fumo solo un paio al giorno, ho diminuito molto rispetto a mesi fa e poi non farmi proprio tu la paternale, sei la prima che fuma!»
«Fumavo una sigaretta ogni tanto!» 
«Ma cosa cazzo hai? Non ti si può parlare che subito scatti!» - Non volevo affrontare quel discorso, soprattutto con Louis, cercai, invano, di cambiare discorso. 
«Allora me lo fai vedere questo anello?» - Louis mi guardò per qualche secondo con aria interrogativa, ma dopo un paio di sospiri, si sfilò l'anello dal dito e me lo porse. 
«Lo so perchè stai facendo quella faccia, non chiedermi il significato della frase, ti prego.»
«Mi conosci troppo bene, voglio sapere tutta la storia su questo anello.» - sbuffò prima di iniziare a raccontare. 
«Va bene, va bene; qualche giorno fa ero andato in gioielleria, volevo prendere qualcosa per Harry e mi sono imbattuto in questi anelli, la commessa, che ci ha anche provato con me, mi ha detto che questi sono anelli da impe...»
«Louis...» - lo interruppi - «Non questa storia, solo il significato della frase.»
«Okay, un giorno mi ero messo in testa di non pensarlo, di liberare la mente per qualche secondo dalla costante presenza di Harry Styles. Mi ripetevo "Chiudi gli occhi per non fissare quella sua foto che hai messo anche come sfondo, cervello non pensare a lui, almeno per un paio d'ore" e poi invece l'ho sognato. Raccontai subito il sogno ad Harry e lui per tutta risposta disse: "Vedi, ti ho bloccato. Ormai sei mio." Ed era vero, mi aveva bloccato, mi ha bloccato in questa assurda felicità.»
«Oh Louis è una cosa così dolce!»
«Sì, ecco Milly, non dirglielo.»
«Perchè? È una cosa davvero bella e dolce.»
«Non voglio che pensi che io sia un rammollito.»
«Ma cosa cazzo c'entra?» - sbottai, notando l'espressione confusa che si era formata sul volto di Louis - «Avete tutti quest'ossessione, ma sai cosa c'è? Mi farebbe piacere sentire una cosa del genere, ma nessuno lo fa mai con me. Liam non lo fa ma, mai nessuna parola dolce, non sa nemmeno perchè sta ancora con me, mi tradisce anche ed io devo sopportare, sopportare zitta. Liam non mia ama.» - neanche mi ero accorta delle lacrime che tra una parola e l'altra avevano iniziato a rigarmi il viso. Louis intanto si ero avvicinato a me, mi accarezzava leggermente i capelli, cercando di fermare quel mio pianto senza fine. 
«Ehi piccola, calmati! Liam ti ama, lo sappiamo tutti quanto è cotto di te e non ti tradisce con nessuna, lui non è il tipo da queste cose, lui è Liam!»
«Allora chi è Mya?» - urlai, il volto di Louis si pietrificò, sicuramente quel nome non gli era nuovo e nemmeno a me. 
«Non è nessuna, nessuna d'importante.» - Louis non sapeva mentire, non con me almeno. 
«Invece lo è, lui passa davvero tanto tempo con questa sua ex ragazza, so che è così. Ho letto i loro messaggi, so che era sbagliato nei confronti di Liam e nei miei, non mi degna neanche più di uno sguardo, tutte le piccole attenzioni che mi dava all'inizio sono scomparse, io non voglio lasciarlo, lui non mi ama e non amerà questo figlio che crescerà senza un padre, non voglio che...» - ma Louis non mi fece finire, interrompendomi, sulle parole che volentieri avrei rimangiato. 
«In che senso non vuoi che cresca senza un padre, tuo figlio, Milly, cosa diamine sta succedendo? Cos'era quella frase?» 
«Non pensavo che ci facessi caso, sono solo gli ormoni, cancella tutto Lou!»
«Come faccio a cancellare tutto se non so nemmeno cosa sta succedendo? Milly.» - l'azzurro dei suoi occhi sprofondò nel marrone dei miei - «Dimmi la verità, ora.»
Le lacrime scendevano ormai incontrollate. 
«Parla!» - questa volta ad urlare fu lui. 
«Liam non sa nulla, non ho ancora deciso cosa fare con questa cosa quì, ti ricordi il mio virus? Ecco non era un virus, semplicemente nausee mattutine, la dottoressa dice che è alquanto normale e molte ragazze si accorgono di essere incinta proprio per queste, oh e se non lo avessi capito, dentro di me sta crescendo questa cosa.»
«Hai un piccolo Payne dentro di te?» - sussurrò Louis, portando le mani sopra la mia pancia, era la prima volta che qualcuno metteva le mani sopra il mio stomaco. Era un effetto strano, sconosciuto. 
«Esatto diciamo che ho un piccolo Payne dentro di me, ma Louis, non ti affezionare minimamente a quest'idea, per come stanno evolvendo le cose, non credo che vedrà mai la luce, non voglio che cresca senza un padre ed ora io non potrei permettermelo, economicamente parlando.»
«Non dirlo nemmeno per scherzo Milly! Pensi davvero che un figlio sia questione di soldi? Io non avevo un padre quando sono nato, portavo il cognome di mia madre e in fin dei conti, sono cresciuto più che bene.»
«Louis ho solo 22 anni, non ho un lavoro, sto ancora studiando e mi manca ancora un anno. Liam è come assente, cosa potrò fare per questa cosa?»
«In primo luogo, smettila di chiamarlo questa cosa o cosa, è un bambino ed è sangue del tuo sangue e sperma dello sperma di Liam e non è una cosa ma un bambino. Secondo, perchè non hai ancora detto nulla a Liam? Ed ultima cosa, lui ti ama, parla in continuazione di quanto tu sia perfetta, la donna della sua vita, alcune volte diventa monotono perchè parla solo e solamente di te, con me, sul suo blog, con Harry, i suoi amici, solo che non ha le palle di dirtelo, è fatto così. E sono sicuro che amerà questo bambino da morire, come ama te. Non lo rinnegherà mai, non avere questa paura. E se andrà male, avrai al tuo fianco Zio Louis e Zio Harry - sorrise alla pronuncia di quel nome - e la cresceremo con più amore possibile, ma ti prego - disse in lacrime, mettendomi una mano sullo stomaco, cosa che in quelle settimane non avevo fatto mai una volta - non ti liberare di lui, nessuno te lo perdonerà mai, nè io nè Liam.»
«Lou, io questa creatura la amo già con tutta me stessa, ma ho paura di cosa possa pensare Liam, i miei genitori, tutti. Non voglio frenare la carriera di Liam o rinunciare alla mia. Io non voglio rovinare la vita a nessuno.»
«Inizio a chiedermi se davvero lo conosci.» - quasi mi buttai tra le sue braccia, mentre il ragazzo mi stringeva a sè delicatamente, come se aveva paura di farmi male, mentre io continuavo a piangere sulla sua spalla nuda. 
«Andrà tutto per il meglio, Liam a novembre sarà laureato, troveremo una soluzione a tutto, ma ti prego, ti supplico, non uccidere questo bambino.» - non sarei mai stata capace di negare la vita a qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era mio figlio. 
«Io lo voglio questo bambino, lo amo con tutta me stessa e se anche tutto dovesse andare male, lui è mio figlio. Voglio questo esserino, voglio Liam, persino zio Louis e zio Harry, voglio una famiglia e rinuncerei a me stessa per questo» - mi sfiorai lo stomaco con una mano, Louis notò il gesto e mise sulla mia mano, la sua. 
«So che non gli avresti mai fatto del male. Devi dirlo a Liam, il prima possibile, non puoi tenere un segreto tanto grande.» - sorrisi, dopo tante lacrime, alle sue parole. 
«Lo farò in Grecia, promesso, ma per favore tieni la bocca chiusa con Liam ed Harry.»
«Non ti prometto nulla su Harry, sai che non sono bravo a mentire, soprattutto al mio ragazzo.» - si alzò e mi diede un leggero bacio tra i capelli - «Ora vado a dormire, sono quasi le quattro e voglio godermi anche un po' lo spettacolo di Harry mentre dorme. È così angelico.»
«Ti capisco, sono contenta che tu ed Harry finalmente siate riusciti a trovarvi. Te lo meriti uno che ti fa così felice.»
«Già, ne sono felice anch'io. Notte Milly, dormite bene.» - Louis fece per rientrare dentro, ma fu bloccato da una mia richiesta. 
«Loui, mi fai un favore?» - annuì - «Andresti a prendermi un cornetto con la confettura di mele?» - chiesi imbarazzata.
«Ma tesoro, sono quasi le quattro.»
«Sì, scusami, era una voglia stupida.»
«Questa è una vo...voglia? Potevi dirmelo subito! Vado e torno, mele hai detto?»
«Grazie Lou.» - esitai.
«Grazie a te per stare per mettere al mondo mio nipote, sarà uno splendido maschietto, bello come suo zio, solo col cognome di Payne.»
«Oppure una splendida femminuccia.» 


LOUIS

25 GIUGNO - 04.16

«Lou, che ore sono?» - disse un Harry in dormiveglia, la sua voce, era così dannatamente sexy e rauca. 
«Le quattro inoltrate Haz, torna a dormire.»
«Perchè sei venuto a letto solo ora?» - mi infilai nel letto e portai la mano sul suo petto nudo. 
«Milly aveva voglia di cornetti e mi ha fatto girare quattro isolati per cercarli.» - Harry afferrò il mio braccio, strattonandondomi ancora di più verso di lui, la sua pelle calda, al contatto con la mia gelida. Ero immobile dietro di lui, il più piccolo giocherellava con la mia mano, che poco prima avevo poggiato sul suo petto. 
«È incinta o è impazzita per volere dei cornetti a quest'ora?» 
«Ti racconterò, adesso dormiamo che domani è una lunga giornata.» - avevo appena chiuso gli occhi quando mi sentii richiamare da Harry.
«Lou?»
«Dimmi Harold.» 
«Mi dispiace se prima Anne ci ha interrotti e che hai finito da solo il lavoro che io avevo iniziato.» - il mio viso fu travolto da uno strano rossore, ringraziai il buio per aver coperto questo mio leggero imbarazzo. Avevo fatto qualcosa con alcuni ragazzi, o meglio, alcuni ragazzi avevano fatto qualcosa a me, mai ricambiandoli, ma con Harry era diverso, anche sul quel punto lì. Quando aveva iniziato a lavorare con la bocca sulla mia lunghezza, avevo davvero colto la differenza tra gli altri e lui, solo guardandolo negli occhi. Ma tutto fu interrotto da Anne e dalla sua stupida telefonata per confermare il pranzo per il giorno dopo.
«Tranquillo, è andata bene così, poi stavi usando i denti!» - ammiccai, baciandogli la spalla calda.
«Non stavo usando i denti!» - urlò, scansandosi e mettendosi a cavalcioni su di me. Questa volta odiai il buoio per avermi privato di quella vista.
«Sì che li usavi!» 
«La prossima volta, niente.» - avvicinò il suo viso al mio, le nostre labbra a sfiorarsi delicatamente - «Allora li usavo i denti?»
«Mmmh, no.» - si allontanò da me, spezzando quel bacio appena nato.
«Non sono così convinto.» 
«Dai torna quì» - mugugnai, bloccando la sua nuca e delicatamente lo spinsi sulle mie labbra. Tornò a baciarmi per qualche minuto prima di tornare sullo stesso discroso: «Li usavo allora i denti?» 
«No amore non usavi i denti e stava per essere favoloso.» - mi diede un ultimo bacio prima di scendere e riaccocolarsi sul mio petto, prendendo e stringendosi su un mio braccio. 
«Buonanotte LouLou.» 
«Buonanotte Harold.» - sentii uno strano sorriso formarsi sul volto di Harry.
«Grazie.» - stavo ricevendo davvero troppi ringraziamenti in quella serata. 
«Per cosa?»
«Noi.» - aprii le braccia e si infilò dentro il mio abbraccio, ancora più stretto di quanto aveva fatto pochi secondi prima - «Stretto a te mi sento a casa.»


25 GIUGNO - 11.00

Il telefono di Harry suonava i Coldplay, la sua sveglia non era cambiata da quei giorni di Aprile in cui Harry e Liam erano rinchiusi nella stessa stanza. 
«Harry spegni quella cazzo di sveglia!» - dissi in uno stato di dormiveglia
«Spegnila tu, sei più vicino!» - cercai in tutti i modi di spegnere quella maledetta suoneria infernale, cercando di rimanere ancorato al letto e ad Harry, ma il risultato fu quello di far cadere il telefono del più piccolo per terra. Scesi dal letto per recuperare il telefono che incessante continuava a squillare, Harry mi guardava divertito arneggiare col suo telefono. 
«Qual è il codice per sbloccarlo, sto per buttarlo dalla finestra, ti avverto.»
«Oh sì, è 11/12»
«È la data che penso io?»
«Tu quale intendi?» 
«È quando noi ci siamo conosciuti. Hai la data di quando ci siamo conosciuti come codice del telefono?»
«Nella mia testa sembrava una cosa carina, ora meno...Dai non guardarmi con quelli occhi! Ora puoi darmi il buongiorno come si deve?» - Harry mi abbracciò da dietro, le sue mani sopra i miei fianchi, le sue labbra sopra la spalla in cui avevo inciso con dell'inchiostro il soprannome del mio migliore amico. 
«Buongiorno Harold, ti avverto subito che, se continui a baciarmi così a darti il buongiorno non sarò solo io.» 
«Buongiorno Boo!» - dopo tutti i baci sul corpo, finì per stamparmene delicatamente uno sulle labbra secche, iniziai a ricambiare quei baci, finchè non fummo interrotti dal bussare convulsivo di Liam. 
«Se continua così quella porta la butta giù.» - bisbigliò Harry.
«Siete svegli?» - disse Milly dall'altra parte della porta, Liam invece aggiunse: «Più che svegli, siete vestiti?»
Agli angoli della bocca di Harry si formò un leggero sorriso, mi fece segno di far silenzio, si staccò dalla mia presa per andare a prendere un paio di maglie dal mio armadio, me ne gettò una addosso e sussurrò un - «Mettila» - mentre lui faceva lo stesso con una mia maglia, le cadeva perfetta sulle spalle, mentre era leggermente stretta sui fianchi, ma era lo stesso una vista più che piacevole. Infilò anche dei pantaloni blu di una mia tuta, mentre io rimasi seduto sul letto in boxer. 
«Sì Liam, entra pure!» - un raggiante Liam entrò in camera, inondandola col suo dopobarba, lasciò sul comodino un vassoio contenente un paio di tazze di latte e qualche biscotto - «Nell'attesa Milly ne ha mangiati un paio.» - iniziò - «Noi andiamo a fare degli ultimi giri per questa sera e siamo a casa della mamma di Milly per il pranzo, quindi ci vediamo direttamente in aeroporto alle sette. Alle sette Tomlinson, capito?» 
«Va bene Leeyum!» - ma ad esser sinceri la mia attenzione era tutta diretta verso Harry, al modo in cui quella maglia bianca gli fasciava le spalle, i tatuaggi sul braccio, quanto avrei voluto baciargli in quel momento quella candida pelle e poi quella tuta scura che faceva trapelare un piccolo segno di erezione, iniziai involontariamente a torturarmi il labbro inferiore al pensiero di cosa stava succedendo tra le gambe del mio ragazzo, non togliendo mai lo sguardo da quel punto. Harry notò il tutto e cercò di liquidare il più velocemente possibile Liam - «Scusa bello ma adesso anche noi dobbiamo fare la valigia, perchè anche noi dobbiamo venir, c'è andare, ciao!» - spinse Liam fuori dalla porta, prima di chiuderla a chiave e raggiungermi sul letto, facendomi stendere. 
«Eri un attimo confuso!» - dissi
«Sai non è molto sano vedermi così mentre il tuo migliore amico è in camera, con noi.» - disse, iniziando a torturarmi il collo con leggeri baci ed andando a ricalcare il succhiotto che ore prima aveva lasciato dietro il mio orecchio, ansimai cercando di dire qualcosa ma dalla mia bocca uscì solo un piccolo gemito, gemito che venne interrotto dallo squillare del telefono di Harry. Cercò di non rispondere, ma dopo il decimo squillo, li avevo persino contati pur di non pensare a cosa stava succedendo tra le mie gambe grazie ai delicati baci sul collo e alla sua mano che accarezzava il tessuto dei miei boxer, rispose. 
«Ciao papà...Sì è tutto okay, sono a casa di Louis, prima di dire qualcosa, stasera parto in vacanza per la Grecia qualche giorno...Sì insieme a Louis...Ah lo sapevi?Come Louis aveva detto tutto alla nonna? Ah durante la mia cerimonia di diploma...Ho capito...Sì, ho i soldi necessari, non ne ho bisogno...Grazie...Ti mando un messaggio appena arrivo...Ciao Papà.» - riattaccato il telefono e messo finalmente in modalità silenziosa iniziò a dire - «Cos'hai detto ai miei nonni?»
«Niente, che partivamo per la Grecia, che sarebbe stata una sorpresa, tutto quì credo.»
«E loro cosa ti hanno risposto?»
«Cito le testuali parole che mi ha rivolto tuo nonno "Non fate troppo i minotauri"»
Harry si fece scappare una risata, prima di fissare il telefono ed urlare: «Cazzo è quasi mezzogiorno!»
«E quindi?» - dissi non curante
«Tra quaranta minuti dobbiamo essere a pranzo con mia madre.» - il riccio si alzò velocemente e andò verso il bagno, quasi correndo - «Lou!» - urlò, dall'altra parte della casa, lo raggiunsi in bagno per vedere cosa voleva - «Lou, posso usare il tuo shampoo, non ne ho qui di miei.» - disse un Harry completamente, nudo, infilato nella doccia. 
Balbettai un sì prima di chiudere la bocca e la porta e avviarmi verso la camera, avrei approfittato di quei minuti per sistemare quel qualcuno che era appena risorto tra le mie gambe - «Fottuto Harold.»


HARRY 

25 GIUGNO - 12.22


«Louis ti muovi ad uscire? Siamo in ritardo!» - dissi sull'uscio della porta, aspettando il più grande che per la sesta volta si cambiava d'abito. Era andato completamente nel pallne e negli ultimi dieci minuti avrà ripetuto una dozzina di volte - «Voglio far colpo su tua madre, tanto che a tuo padre non sto esattamente simpatico.»
Non credo che mio padre odiava Louis, semplicemente aveva paura che Louis potesse trattenermi in Inghilterra e se me lo avesse chiesto, io lo avrei fatto, sarei rimasto lì incollato al suo letto, a lui, a quel profumo sulla mia pelle a cui non riuscivo ancora ad abituarmi, sarei rimasto lì con lui, anche per il resto della mia vita. Mi vergognai un poì per quel pensiero così smielato ma non potei fare a meno di pensare che Louis, in così poco tempo, mi aveva fatto vedere in maniera diversa, grazie a lui avevo scoperto un Harry che mi piaceva, mi piaceva perchè era felice e al suo fianco aveva Louis Tomlinson, o meglio, lo avrei avuto accanto se muoveva il suo bellissimo culo da quell'armadio.
«Loueeh dai che facciamo tardi!»
«Sono pronto!» - uscì dalla cemera quasi correndo, fece una piccola giravolta su se stesso e chiese - «Come sto?»
«Sei sempre bellissimo.» - gli passai una mano tra i capelli per sistemargli un ciuffo ribelle e gli stampai un bacio sulla fronte - «Bene, adesso possiamo andare da tua suocera.»

Il ristorante che Anne aveva scelto era in pieno centro, ad un paio di traverse da Picadilly, niente di particolare o lussoreggiante, com'ero abituato con papà, un ristorante che di italiano aveva solo l'insegna. Anne ci stava aspettando seduta al tavolo, i capelli raccolti in una coda confusa che le incrociavano quegli occhi così simili ai miei. Era la prima volta che pranzavo con lei, le nostre chiacchierate erano sempre state tramite telefono e una volta solo davanti ad un caffè, che non avevo neanche bevuto. 
Louis era dietro di me, ancorato al mio braccio, continuava a sussurrarmi: «Andrà tutto bene, ci sono io.»
Anne si aprì in un sorriso non appena io e Louis arrivammo al tavolo, si alzò, sistemandosi la camicia blu di seta, non mi diede neanche il tempo di aprir bocca che subito si fiondò ad abbracciarmi - «Ecco il mio ometto.» - esordì, per poi continuare - «Ancora congratulazioni per il diploma, ti ho preso un piccolo regalo. Oh e tu dovresti essere Louis, Harry mi ha così tanto parlato di te.»
«Salve signora Cox.» - Louis prima di entrare mi aveva chiesto quale fosse il cognome da nubile di mia madre, così da essere "preparato per fare una bella figura!"
Louis aveva teso la mano verso la donna, ma con mia estrema sorpresa, l'aveva rifiutata, dandogli invece un leggero e veloce abbraccio, seguito da due baci sulla guancia.
«Dai sediamoci ed iniziamo ad ordinare.» - Louis spostò la sedia per farmi accomodare, sotto gli occhi divertiti di Anne. 
«Louis, raccontami un po' di te, della tua famiglia, anche se Harry mi ha già raccontato buona parte della tua vita.» - disse la donna, non appena il cameriere andò via con le nostre ordinazioni. 
«Non so cosa le abbia detto questo testone qui - mi rivolse un sorriso - mia madre è una psicologa, mio padre è un avvocato ed ho davvero molte sorelle, la più grande si chiama Charlotte, ha quasi diciassette anni, vuole studiare design, poi c'è Felicitè, ha quindici anni, le gemelline Phoebe e Daisy hanno sette, anzi no, otto anni, sono vivacissime e poi ci sono gli ultimi arrivati, hanno sedici mesi ma non li, ecco, non li conosco molto bene, a malapena so i loro nomi, Doris è la piccola di casa, mentre Hernest dicono che sia la mia esatta copia, ma non so se è una buona o una cattiva cosa.» - il volto di Louis durante le sue parole era visibilmente cambiato, la lucentezza dei suoi occhi azzurri avevano lasciato il posto ad una strana malinconia, che non fu sconosciuta nè a me, nè ad Anne, che cercò in tutti i modi di cambiare argomento. 
«Mi stai dicendo che tua madre ha partortito otto figli, di cui sei gemelli? Ma lì sotto come sta?»
«Harry!» - gridarono all'unisono Anne e Louis - «Non voglio pensare a quello che ha lì mia madre.»
«Siete una bella famiglia numerosa, è sempre stato il mio sogno avere tanti piccoli - esitò un momento - Styles, vivi ancora con i tuoi genitori?»
«No, vivo col mio migliore amico.»
«Giusto, giusto. Harry mi aveva detto anche questo, non ho una buona memoria, perdonami.»
«Ma quante cose le hai detto?» - si girò verso di me con un enorme sorriso stampato sul viso, quasi divertito, ma non feci in tempo a proferire parola che Aanne si intromise - «Parla solo di te, credo di sapere più cose sulla tua vita che sulla sua.»
«Ma dico solo cose belle, vero mamma?»
«Sì è vero figliolo.» - vedevo Louis ridere, quella piccola malinconia aveva abbandonato i suoi occhi, ora erano puntati su di me, come quelli di mia madre. Per la prima volta nella mia vita, mi sentivo felice, mi sentivo completo, come non lo ero mai stato. 


«Allora ciao ragazzi, ci sentiamo presto, divertitevi in Grecia! E tu mi raccomando Harry, non combinare troppi casini.» - diede un paio di baci ad entrambi, prima di sparire nel taxi che aveva precedentemente fermato. Potevo ritenervi soddisfatto di quel pranzo, Louis aveva davvero colpito Anne, in senso positivo, assolutamente positivo. Avevano chiacchierato amichevolmente per tutto il pranzo, si erano lamentati del clima instabile di Londra, del traffico, dei turisti e del perchè Louis avesse scelto di fare legge, per poi congratularsi con lui per esser riuscito a rientrare in uno dei college più esclusivi dell'intero Regno Unito. Per fortuna ero riuscito abilmente ad evitare il discorso su Los Angeles, dopo la chiacchierata di qualche giorno prima, sia per me che per Louis, era diventato un argomento tabù. Era stato un pranzo piacevole, anche se, per la maggior parte del tempo, avevo osservato maniacalmente Louis. È solo che, non ci credevo ancora, che quel meraviglioso ragazzo al mio fianco, era mio. Anne, durante una piccola assenza del ragazzo, si era complimentata su Louis e sul suo modo così dolce di fare, ripetendolo ancora una volta dopo che il ragazzo aveva pagato il conto del ristorante. 
«Harry, tutto bene?»
«Sì, sì davvero. È un buon inizio!»
«Cosa?»
«Il rapporto tra me ed Anne, io voglio così tanto un rapporto e sembra che anche lei sia della mia stessa opinione.»
«Ci riuscirete, ne sono sicuro, poi hai un'ottima spalla che ti sorregge! Comunque, mio caro Harold, cosa vuoi fare in queste due ore?»   
«Camminare, ho bisogno di smaltire la mia parmigiana di melanzane.» - sorrisi al ricordo di Louis che mangiava dal mio piatto, sotto gli occhi divertiti di Anne. Mi aveva sussurrato un - «È così dolce Harry!»
«Che ne dici di un po' di salutare shopping?» - propose il più grande
«Va bene, anche se, con tutto quello che ho mangiato avrò preso almeno una taglia.»
«Ma stai zitto, sei sempre così bello!» - lo ringrazia con un bacio sulle labbra e iniziammo a girare per i vari negozi, alla ricerca delle ultime cose da mettere in valigia. Ancora non mi sembrava vero, il viaggio, il mio diploma, gli ultimi due giorni, Louis che proprio in quel momento aveva intrecciato le mie dita alle sue, Louis e basta, tutto sembrava andare per il meglio ed io mi sentivo felice, felice come non ero mai stato. Ringrazia la fortuna per aver mandato Louis Tomlinson nella mia vita. Ringrazia, non so bene chi o cosa, per avermi fatto incontrare quel ragazzo dagli occhi così azzurri da far invidia al cielo, perchè con lui ora non mi sentivo più incompleto, la sua vita che combaciava con la mia, la sua vita che costituiva la mia.
«Ehy Louis!» - tutti i miei pensieri furono interrotti da una squillante voce femminile, proveniente poco lontano da noi. Si avvicinò a noi una ragazza, aveva più o meno l'età di Louis, lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle, sorrise al mio ragazzo, stringendolo in un leggero abbraccio. La mia attenzione fu catturata dall'elefantino tatuato sul polso, chissà quale sarà il suo significato. 
«Oh ciao El, come stai?» - "El...e adesso questa chi è?" - non mi era certo nuovo quel soprannome, ci volle qualche secondo prima di ricollegare quel nome alla prima ed unica ragazza di Louis. Non pensavo che lei fosse così, me la immaginavo diversa, non così...bella. Una strana sensazione mi trapassò lo stomaco, che fosse...gelosia? 
«Tutto bene, mi sono laureata il mese scorso, sto facendo uno stage nella casa editoriale di mio zio, sai quella vicino la stazione centrale. A te come vanno gli studi?» 
«Congratulazioni! A me mancano solo cinque esami, ma devo asepttare la sessione estiva dell'anno prossimo per laurearmi, non me li lasciano dare tutti insieme.» - diedi una leggera gomitata al fianco di Louis, come a segnalargli la mia presenza! 
«Ahia Harry! - mugugnò massaggiandosi il fianco - Comunque lui è Harry Styles, il mio...»
«Fidanzato» - intervenni, sottolineando quella parola, come a segnare il territorio, territorio su cui lei non doveva neanche avvicinarsi.
«Piacere Eleanor Calder, sapevo già di voi due, Liam ne ha parlato molto a Mya, a dir la verità avevo ancora qualche dubbio sulla fondatezza di questo, ma ora che vi ho davanti, siete davvero una bella coppia!» - Louis abbassò lo sguardo, puntandolo sulle sue Vans. Eleanor, all'infuori di Milly e Liam, era la prima persona che veniva a conoscenza di noi. Aveva scoperto il segreto che tanto attanagliava Louis, ma l'aveva preso sorprendentemente bene, senza farglielo pesare o sentire un errore e credo che Louis l'abbia davvero apprezzato. 
«Eleanor, posso parlarti un minuto in privato?» - disse Louis, dopo un paio di minuti di un imbarazzante silenzio. Si allontanarono di poco, Louis non mi aveva neanche degnato di un'occhiata, un sorriso, nulla. Cercai di ascoltare la conversazione, ma le uniche cose che riuscii ad intercettare furono il nome di Liam, caffè ed una certa uscita al pub con una certa Mya. Mi avevano accennato entrambi di questa ragazza, Liam quest'inverno aveva perso la testa per lei, ma la loro relazione si era fermata poco dopo, non era una di quelle da presentare alla propria madre, era l'esatto opposto di Liam, ma in questo caso non si erano assolutamente uniti, se non per qualche sveltina dietro la macchina di Louis. Piccolo dettaglio che lui non doveva sapere, visto la gelosia che provava verso questa. 
Mi sedetti su una panchina, poco distante dai due che continuavano a parlare, lei continuava ad accarezzarsi i capelli, Louis puntava fisso le sue scarpe, ogni tanto distoglieva lo sguardo da queste per incrociare quello della ragazza, visti dall'esterno potevano essere scambiati per una coppia al loro primo appuntamento. Tenni il mio sguardo su di loro per circa dieci minuti o almeno finchè il mio telefono non segnalò l'arrivo di un nuovo messaggio. Il numero da cui provenina il messaggio era sconosciuto sia a me che al mio telefono, aprii il messaggio ed iniziai a leggere: "Ciao Riccio, spero che tu possa divertirti in Grecia, voglio almeno un paio di souvenir, se commestibili è meglio. Comunque, nuovo numero, sai mi manchi. - Niall x"
Sorrisi a quelle parole, per un momento era come se fosse tutto passato tra di noi, eravamo ancora quei due ragazzini su quel campanile che suonavano i Coldplay.
Non volevo dare una risposta banale a quel messaggio, forse poteva essere un nuovo inizio per noi, quindi decisi di chiamarlo. 
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
«Pronto?» - rispose Niall dall'altra parte del telefono - «Ciao Har...»
«Ti porterò tutto il cibo greco che riesco ad infilare nella valigia di Louis e di Liam. Mi sei mancato così tanto anche tu, so che mi sono comportato di merda nei tuoi confronti, ma ti volevo solo ringraziare per quello che hai fatto l'altra sera per me e Louis.»
«Spero davvero che un giorno tu possa vedermi come il tuo migliore amico. So che ho commesso sbagli e siamo sinceri, anche tu ne hai fatti di grave, ma adesso ho capito che preferisco vederti al mio fianco come mio migliore amico e non come un qualcosa in più. Certo per i tuoi ricci e per i tuoi occhi verdi avrò sempre una piccola cotta ma tu hai trovato forse l'amore della tua vita, anzi, l'hai trovato e me ne sono accorto di come parlava di te l'altra sera, i suoi occhi parlano molto di voi. Voi ce la farete ne sono sicuro, come ce la faremo io e Zayn.»
«Hai davvero ceduto al fascino di Zayn Malik?»
«Harry tu non sei arrabiato con me per questo? Volevo dirtelo di persona ma, ecco, scusami.»
«Non scusarti Ni, sono sicuro che tra voi possa funzionare davvero bene, siete completamente opposti e forse questo vi rende perfetti insieme. Sono contento per entrambi, lo sono davvero tanto. Tu ti meriti una persona che ti faccia star bene e la merita anche lui.» 
Ero davvero felice per loro due. Avevo confessato di essere innamorato di Louis a Zayn qualche giorno dopo il mio ritorno da Los Angeles, lui mi aveva detto di avermi tradito spesso. Nussun urlo di troppo, aveva già sfogato la sua rabbia su Liam durante il nostro soggiorno al college, nessun pianto isterico o qualche tipo di odio, anzi, eravamo scoppiati in una sonora risata - «Non siamo il meglio per l'altro da quanto ho capito, però sono contento che la mia prima volta sia stata con te.» - gli scrissi una volta in un messaggio ed ero contento davvero, perchè lui sapeva come farmi sentire bene in quell'ambito. Non eravamo certo rimasti migliori amici, ma non ci odiavamo e questa era giù una gran cosa per un tipo come Zayn. 
«Grazie Haz, pensavo che sarebbe stato molto più difficile, è il tuo ex e quindi, ecco...»
«Niall, sono davvero davvero contento per te e Zayn, lo dico col cuore e sarei ancora più contento se io e te potessimo tornare su quel campanile prima della mia partenza. Non scherzavo quando dicevo che mi manchi.»
«Oh riccio, non scherzavo neanch'io!»
«Allora il primo mercoledì disponibile sei mio.»
«Ci sto - rispose ridendo - Haz, se devi riportarmi del cibo, non prendere la feta, sai che non amo particolarmente il formaggio.»
«Vado, Louis sta tornando ora, ci sentiamo presto!»
«Salutami lui e Liam, buon viaggio!» - non feci neanche in tempo a rispondere che Niall riagganciò. Tutto sembrava essere tornato al suo posto, forse la strada era ancora in salita per me ed il biondo, ma ero felice di esser tornato a solcare quella. Non avevo perso il mio migliore amico, non avevo perso quella persona che riusciva a farmi star bene con me stesso, spensierato e felice, in un modo diverso da come mi faceva stare Louis, non migliore o peggiore, solo diverso. In quel momento mi sentii l'essere più fortunato dell'intero sistema solare, avevo trovato Louis, avevo ritrovato Niall, ero contento persino di avere nella mia vita Liam con i suoi modi di fare. 

«Perchè hai quello strano sorriso sul viso?» 
«Pensavo che sono felice.»
Louis si avvicinò a me, passò una mano tra i miei ricci e mi diede un bacio sulle labbra, soffermandosi a mordere il mio labbro inferiore, provocando una reazione di disgusto nella signora accanto a me. 
«Beh, non ha mai visto due persone che si amanano baciarsi?» - dissi, notando su di noi lo sguardo di disprezzo della donna. 
Ma il bacio e la reazione della donna durò finchè l'attenzione di Louis fu catturata dalla vetrina di un negozio di scarpe, si avvicinò con gli occhi sgranati verso questa ed indicò l'unico paio di Vans bianche esposte.
«Lou ma sono scarpe da neonato! Vuoi regalarle ai tuoi fratellini?» - cercai di ricordare il nome dei suoi due fratelli minori di cui avevo scoperto l'esistenza solamente durante il pranzo con Anne. In quel momento avevo capito di sapere davvero poco sulla famiglia di Louis, non ne parlava molto volentieri, le poche cose che sapevo mi erano state dette da Liam oppure da Louis stesso in un momento di estrema debolezza o fiducia. 
Louis mi trascinò letteralmente dentro il negozio e senza troppi giri di parole chiese di comprare quelle scarpe. Il perchè mi era ancora ignoto. Pagò e in meno di dieci minuti ci ritrovammo nuovamente in strada con delle Vans da bambino in mano.  
«Puoi spiegarmi per chi cazzo sono?» - dissi - «Doris?»
«No»
«Hernest?»
«No.»
«Dimmelo, ti prego.»
«Questo bambino sarà la mia rovina!» 
«Quale cazzo di bambino? Lou cosa stai diccendo? Chi è incinta, Eleanor? È tuo?» 
Louis scoppiò a ridere - «Non sono il padre, io sarò lo zio!»
«Lottie è incinta?»
«Oh no, non lei!»
«Fizzie?» - bruciandomi le uniche opzioni a cui avevo pensato.
«Ma per favore Harry è una bambina! Liam...»
«Liam cosa?»
«È di Liam!»
«Liam è incinto?» - scoppiò nuovamente a ridere.
«Milly è incinta, dentro di se porta un piccolo Payne!» 
«Ma è una cosa dolcissima, zio Boo, ti ci vedo proprio bene sai? Quindi queste sono per il mini Payne in arrivo?»
«Esattamente! Già mi immagino a girare insieme vestiti uguali.» - Avevo smesso di ascoltare Louis da un po', mentre parlava di tutto quello che avrebbe fatto insieme al bambino, fui rapito dai suoi occhi così vivi, risplendevano sotto quel cielo grigio di Londra.
«È davvero una bellissima notizia, devo fare subito le congratulazioni a Liam e Milly! Ho già tantissimi nomi che potrei proporli, tipo Ferdinand se è un maschietto, Jennifer Rose se è una femminuccia.»
«Non puoi dire nulla di tutto ciò! Prima cosa, vedresti mai un Ferdinand con la faccia di Liam? E poi che nome è Jennifer Rose? Sei serio? Non darei mai un nome del genere ai miei figli!» - rispose
«E che nomi daresti ai nostri figli?» 
«Melissa se è una bambina, Victor per un bimbo.» 
«Victor Styles...Ti prego abbi pietà di me!» - dissi
«Styles? Ma per favore, saranno in Tomlinson e anche tu!» - arrossii al solo pensiero di quello che aveva appena detto, gli stampai un bacio sulle labbra e lui continuò - «Secondo punto, non puoi dargli proprio niente, non lo sa, quindi devi tenere chiusa la bocca.»
«Io ho una buona idea per farmi tenere la bocca chiusa - ammiccai, sfiorandogli il cavallo dei pantaloni con la mano - scusami ma se Liam non lo sa, tu come fai a saperlo?»
«Ieri sera me lo ha detto in un momento di crisi, pensa che Liam la tradisca.»
«Ma Liam non sarebbe mai capace di una cosa del genere, si amano, lui la ama e amerà quel bambino!»
«Non so se quel coglione sta davvero tradendo Milly, so solo che se è davvero così ne pagherà e conseguenze, anche se è il doppio di me.» 
«Parlavi di questo con la tua ex?»
«Si, loro sono tipo amiche per la pelle, ma ne sa poco più di me. Si sono visti per una birra ed un caffè, ma non è successo nulla. Non voglio che quel bambino cresca senza l'amore di un padre, sentendosi rifiutato da colui che l'ha creato com'è successo con me.» - Louis mi aveva accennato solo una volta di suo padre biologico, il suo perido da Louis Austin, ma non mi aveva detto più di un "Non voleva due figli da crescere a diciotto anni".Sapevo come ci si sentiva ad essere rifiutati da un genitore, io ero il frutto dell'abbandono di mia madre, quel rapporto che adesso si stava creando tra di noi, quella piccola complicità che si stava formando tra noi due, non so quanto sarebbe durata, avevo come la certezza che da un momento all'altro potesse andar via di nuovo, lasciandomi a rimettere i pezzi di me insieme. 
«Amore, Liam non è nè tuo padre nè mia madre, non scapperà mai, prende sempre la decisione più giusta e lo farà anche questa volta. Lui è Liam cazzo, fa sempre la cosa giusta! Lo conosci meglio di me!»
«Hai ragione zio Haz! Continuiamo il nostro giro di shopping? Oppure vuoi ancora che io ti tappi la bocca?» - disse, facendomi la linguaccia e mostrando il suo piercing alla lingua. Era dannatamente sexy. 
«Sai mi sono dimenticato di chiederti, perchè hai fatto quel piercing?» 
«Alex.» - disse semplicemente quel nome prima di cambiare rapidamente argomento. 


«Questo è uno dei miei negozi preferiti.» - Louis indicò l'insegna del negozio, entrando subito dopo - «Sono convinto che piacerà anche a te.»
Il locale aveva delle luce soffuse che puntavano solo sugli stand e su qualche manichino, schermi al plasma appesi alle pareti che presentavano le nuove collezioni e commessi che - «Louis, amore mio, vieni qui!» - dissi con una voce acuta, che non mi apparteneva. 
«Cosa c'è Harry?» 
«Devi vedere i pantaloni sugli stand, non sui commessi e poi questo negozio non fa per me!» - non gli diedi il tempo di rispondere che lo trascinai letteralmente fuori dal negozio, per portarlo in uno vintage, che distava da lì solo un paio di metri. 
«Questo sì che è un bel negozio!» - Iniziai a cercare tra i vari stand, in meno di dieci minuti avevo già preso un panama scamosciato, un paio di semplici magliette bianche ed un paio di jeans anche se non ero mai stato tipo da jeans. 
«Lou» - iniziai quasi ad urlare, non vedendolo.
«Sono qui» - spuntò fuori da un angolo del negozio, in mano tre magliette grigie, con degli strani fumetti stampati sopra e la scritta 'Marvel' dominava quasi su tutta la maglia.
«Perchè tre? Grazie per il pensiero ma non sono molto da me queste magliette.» - Louis soffocò una risata prima di dire - «Amore mio bellissimo, non gira tutto intorno a te, è per Liam, a lui i fumetti piacciono!»
«A te non piace la letteratura ma non è che te lo rinfaccio ogni giorno! Devi provarla?» - indiciai la maglia di almeno due taglie più piccola ma scosse la testa - «Bene accompagnami a provare queste!» 
Louis si sedette su uno dei divanetti presenti all'entrata dei camerini, mentre io entrai nel primo libero. 
Tolsi la maglia, osservai per qualche secondo il mio fisico asciutto, per poi fermarmi ad osservare uno dei tanti segni che Louis mi aveva lasciato in quei giorni. Uno dei più grandi era poco sotto la clavicola destra. Quello era la testimonianza che tutto questo, Louis, non era un mio sogno, questa travolgente felicità che si era impossessata di me era reale, come il mio ragazzo che dall'altra parte del sala fischiettava i Ramones. Passai ad osservare l'ennesimo segno che mi aveva lasciato sul corpo, lo sfiorai con le dita, bruciava nonostante fossero passate alcune ore. Qui non si era poggiata nessuna bocca, quel livido era stato fatto quella stessa notte, mentre il più grande dormiva, dormiva così talmente tanto stretto a me da provocarmi questo livido sul fianco. Non faceva quasi più male, al contrario di quella notte, il dolore mi aveva svegliato, ma non avevo avuto il coraggio di fermarlo o svegliarlo, soprattutto quando si è stretto ancora di più a me, come se si aggrappasse a me per paura di vedermi andar via la mattina. Quel livido era il prezzo da pagare per aver Louis Tomlinson ancorato al proprio fianco durante la notte. 
«Harry, hai finito?» - Louis scostò la tenda e mi trovò ancora ad osservare il mio corpo, quel livido, con indosso solo i jeans presi. Indicò il mio livido e disse - «Ti ho fatto io questo?»
«No LouLou, stanotte mentre cercavo di arrancolare verso il bagno sono caduto.»
«Harry...»
«Mi hai stretto durante la notte ma tranquillo, sono fatto per queste cose, per te.» - mi piegai per dargli un bacio sulle labbra. 
«Harry non posso permettermi di farti del male, mi dispiace davvero tanto, ti prego perdonami.»
«Ma non hai nulla da farti perdonare! Come mi stanno questi pantaloni?»
«Ti fanno un bel culo!» 
«Io ho sempre un bel sedere!» - dissi, facendo una faccia offesa.
«Sì culo che non vedo l'ora di penetrare.»



OCCHIO A -G:
Mi dispiace aggiornaare così poco, so quanto può essere snervante alcune volte aspettare tanto e poi per niente di che. Ultimamente non è stato un bel periodo e mi sarebbe dispiaciuto far trasparire questo dai capitoli. Ho messo due capitoli, sono uno il continuo dell'altro, ma avendo scritto la bellezza di, prima 25 e poi 29 pagine, ho deciso di dividerli nuovamente. Ecco quindi a voi due capitoli. Farò le considerazioni finali alla fine dell'altro capitolo. 
Voglio solo ringrazioare tutti quelli che recensiscono questa storia, mi sono promessa una volta finita, di scrivervi un messaggio privato ognuno, così da ringraziarvi alla mia maniera di ciò che le vostre parole hanno fatto per me. Non scherzo quando dico che mi riempite di orgoglio e se davvero è arrivata fin qui è perchè piace, almeno spero. 
In più volevo dire un'ultima cosa, negli ultimi capitoli, come mi avete detto anche voi, ci sono molti errori e me ne sono accorta rileggendoli. Avete raggggione, chiedo umilmente pietà ma ultimamente pur di pubblicare, neanche le betavo o ricontrollavo, scrivevo quasi di getto e pubblicavo. In più non ho più word, quindi ad alcuni errori non faccio per niente caso e ripeto, mi dispiace per ciò. 
Okay, ho finito il mio monologo, tirerò le conclusioni su questo capitolo nel prossimo e vorrei anche spoilerarvi tutte le idee che ho ma non posso. Beh, buona lettura e grazie davvero per perdere tempo a leggermi. 
Grazie. 
-G

 

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Capitolo 13
*** All of me (Parte 2) ***


HARRY

29 GIUGNO - 16.10


Eravamo in Grecia già da quattro giorni. 
Il viaggio era andato maledettamente male, Louis aveva preso dei tranquillanti per dormire, anche se si trattava di un viaggio di appena tre ore. Milly aveva passato metà del tempo a rimettere nei sacchetti di plastica, rubandone anche uno alla bambina seduta davanti a noi. Non sapevo se quel viaggio facesse davvero bene al bambino, ma Louis mi aveva promesso di non dire nulla, dovevo fingere di non sapere, quindi il massimo che feci fu reggerle la fronte durante il rigetto. Ma il peggiore di tutti fu Liam, aveva paura dell'aereo e di tutte le cose a questo allegate, aveva passato tutto il tempo a riprendersi tra i vari attacchi di panico, giuro di averlo anche sentito piangere durante il decollo. Non farò mai più un viaggio insieme a loro.
L'hotel era affacciato su un promontorio da togliere il fiato, c'era da camminare qualche minuto per arrivare in spiaggia ma il percorso era immerso nel verde più assoluto e rendeva il tutto molto gradevole. L'albergo era da cartolina, non solamente per la sua vista. Aveva un piccolo campo da calcio, dove Louis passava davvero tanto, troppo, tempo. Un giorno, mentre Milly era andata a riposare, Louis ci aveva letteralmente trascinati a giocare, nonostante fossero le tre di pomeriggio ed il caldo si faceva davvero sentire. Liam provava ad assecondare Louis, smarcandolo o giocando a tirare stupidi rigori. Sembravano due dodicenni e per questo era bello vederli. 
Le stanze invece erano immense, anche se confinanti una all'altra la nostra dava sulla pineta, mentre quella di Liam e Milly dava direttamente sul mare, con una vista da togliere il fiato. 
Non amavo particolarmente il mare, ma quello era un posto davvero tranquillo, in più la sola presenza di Louis rendeva tutto meraviglioso, anche se le sue giornate ruotavano praticamente intorno a Milly.  
«Gradite un aperitivo?» - disse il barista, con un pessimo accento inglese. 
«Sì, grazie.» - Liam afferrò i quattro bicchieri offerti dal ragazzo e lo ringraziò con una mancia - «Mi piace questa cosa di bere mentre sei sdraiato a prendere il sole in spiaggia.» - continuò.
«Milly, posso assaggiare il tuo drink?» - disse Louis, che fece cadere il drink della ragazza sulla sabbia. 
«Ma Louis, cosa fai?» - lo apostrofò il suo migliore amico.
«Sai, uno di questi contiene più di quattrocento calorie e Milly sta facendo una dieta molto rigida. Vero?» - la ragazza annuì colpevole. 
«Milly avrà preso qualche chilo ma è sempre bellissima.» - le diede un bacio sulla spalla, facendola sorridere. Era bello vederla sorridere ogni tanto - «Mi spieghi perchè l'hai buttato? Sei proprio strano ultimamente» - e come dargli torto. Da quando avevamo messo piedi in Grecia, Louis non faceva altro che controllare ciò che Milly ingeriva. Nei locali o nei ristoranti tipici dove eravamo andare soliti per la cena, era lui che sceglieva cosa doveva mangiare: niente carne rossa, formaggi, cibi conservati o troppo fritti, assolutamente vietato l'alcool o anche sentire l'odore di sigaretta, tanto che nemmeno lui fumava vicino la ragazza. La obbligava a dormire almeno otto ore a notte, in più qualche riposino extra nel pomeriggio, Milly non aveva margine di scelta, annuiva e obbediva. Le sue attenzioni verso di lei erano davvero divenute opprimenti, aveva scatenato il panico non appena aveva saputo che lei e Liam, erano stati insieme. Non le stava facendo davvero vivere quella vacanza, non la stava facendo vivere a nessuno di noi. Era estremamente nervoso, irritabile e a tratti aggressivo, quasi non potevi rivolgergli parola, era un Louis che io non conoscevo e che assolutamente non mi piaceva, avevo provato ad accennare questo discorso, ma mi aveva mandato a quel paese e si era addormentato dall'altra parte del letto, non calcolandomi minimamente. Come aveva fatto per i giorni precedenti. 
«Io lo dico per il loro, per il suo bene. Vado a farmi una passeggiata.» - Louis si alzò di scatto, andando verso la riva, in acqua non c'era nessuno, se non tre o quattro signore, prese a chiacchierare tra loro.
«Harry vieni!» - urlò Louis.
«Lou non mi va, fa caldo e sto leggendo, ti raggiungo dopo.» - risposi, urlando a mia volta.
«Se non l'hai capito era un obbligo. Muovi quel culo!» - sbuffai un paio di volte prima di alzarmi, misi gli occhiali da sole e lo raggiunsi su degli scogli su cui si era seduto - «Ce l'hai fatta a raggiungermi!» - disse, stampandomi un bacio sulle labbra, freddo, senza un minimo di sentimento.
«Mi spieghi cos'hai?» - chiesi, dopo che il nostro bacio, orribile, fu sciolto.
«Niente, cos'ho?»
«Non sei il mio Louis. Neanche ti riconosco più, pensi solo a Milly, questo era il sesto bacio che mi hai dato in quattro giorni, dimmelo se non vuoi stare con me, io prendo un taxi e me ne vado.» 
«Harry non dire cazzate, non è questo.»
«E allora cos'è? Non so, forse pensavi che sarei stato diverso, più bello, più simpatico, non lo so...So solo che questa vacanza mi sta facendo davvero schifo, l'unica cosa buona è Liam, almeno ho qualcuno con cui parlare.» - Louis abbassò lo sguardo, sapevo che quelle parole lo avrebbero ferito, ma erano la verità.
«Harry, non pensare male, ma ho solo...» - iniziò a balbettare, torturandosi le mani - «...paura.»
«Paura?» 
«Non ti sei chiesto perchè cerco di evitare il contatto fisico in tutti i modi? Tu hai dei precedenti, mentre io sono il gay sfigato che a ventun'anni non ha mai fatto nulla e ho paura di non soddisfarti su quel punto di vista.» 
«Ti prego, dimmi che stai scherzando! Tu mi hai evitato per tutti questi giorni solo per questa cazzata?» 
«Non è una cazzata Harry, sono davvero serio.» 
«Come posso fartelo capire? Allora, piaci a me e piaci persino al mio cazzo, te lo posso confermare. Quando succederà quello che deve succedere, ti prometto che andrà tutto bene.»
«Scusami se sono stato così in questi giorni.»
«Scusati con Milly, non con me, a tratti la donna incinta sembri tu, non si sta godendo la vacanza per colpa tua, c'è il terrore nei suoi occhi, non credi che la situazione sia già difficile di suo?»


30 GIUGNO - 20.56

«Winchester!»
«Destiel!»
«Winchester!» - urlò Milly, sovrastando la mia voce. 
«Ma Winchester, come i fucili?» - si intromise Louis
«Uuh Winchester come il comandante dei Simpson!» 
«Oh ti prego, zitto!» - disse la ragazza rivolgendosi a Liam, scoppiando nuovamente a ridere 
Io e Milly, in quei giorni di vacanza, avevamo scoperto di avere davvero molte cose in comune, la letteratura romantica e le innumerevoli serie televisive erano le più importanti tra queste. Dopo la chiacchierata con Louis, questo aveva abbassato la sua protezione su di lei, anzi, era tornato quell'amorevole Louis, che faceva ridere e star bene tutti. Aveva chiesto scusa a Milly regalandole una piccola maglia con la scritta di 'Santorini', luogo che avevamo visitato quel giorno stesso. Lei gli aveva regalato un sorriso e lo aveva abbracciato, eliminando ogni tipo di rancore verso di lui. Ora poteva davvero definirsi una vacanza. Louis e Milly adesso erano molto più sciolti, avevano iniziato a godersi ora la loro tanto meritata vacanza. Anche Liam era cambiato, in un modo tutto suo naturalmente, riempiva di attenzioni la sua ragazza, era quasi stomachevole vederli insieme, sempre attaccati uno all'altro, ed era bello vederli così, soprattutto dopo i dubbi che Milly aveva confidato a Louis di avere. Ma c'era amore nei loro occhi e tutto sembrava andare bene. 
Io e Louis invece eravamo tornati a completarci a vicenda, annullando la distanza che Louis aveva preso da me. Non volevamo correre, non volevo che la nostra prima volta insieme fosse qualcosa da poco, potevo leggere il terrore nei suoi occhi ogni volta che le mie mani andavano ad afferrare i suoi fianchi. Volevo solo che Louis si fidasse di me, senza avere quella stupida paura.
«Haz, mi accompagni a fumare?» - Liam interruppe il discorso tra me e Milly, chiedendomi di accompagnarlo fuori.
«Ma non puoi andare con Louis, così fuma anche lui!» - dissi, riprendendo il mio discorso con la ragazza, su quale essere infernale era anche la più sexy di quel telefilm.
«Ho bisogno di parlare con te, puoi accompagnarmi?» 
Distolsi il mio sguardo da Milly per portarlo su quello di Liam, era come agitato, si intuiva dal modo in cui stava torturando il suo labbro inferiore. 
«Va bene.» - diedi un veloce bacio a Louis, mimai un 'riprendiamo dopo' a Milly e seguii il più grande, che già mi aspettava fuori - «C'è qualcosa che non va?»
«Devo parlarti di Louis.» - accese quel bastoncino che teneva tra le labbra e continuò - «Va tutto bene tra di voi?» 
«Sì Lee, abbiamo chiarito ieri pomeriggio.»
«Sì, lo vedo anche un po' più rilassato, sono felice per voi. Non sei mai stato un momento libero da quando sei con noi e non ho avuto tempo per farti gli auguri per il vostro, beh quello che è insomma. Ma come mai questi ultimi giorni era così?»
«Oh Liam, non sai quanto io vorrei farti gli auguri!» - capii di aver detto una cosa che non dovevo dire solamente dopo aver visto il suo volto corrucciato - «C'è era tipo, no ecco, lascia stare! Comunque era stressato perchè ha paura di non piacermi da quel punto di vista.»
«Allora è meglio se mi faccio gli affari miei, almeno in questo campo.»
«Grazie Liam!» - spense la sua sigaretta sotto le nike bianche e mi regalò un sorriso
«Non devi, Louis è un fratello per me e sono felice che tu sia il suo ragazzo, ma Harry, che volevi dire con quella frase degli auguri?» 
«Lo scoprirai presto.»



01 LUGLIO - 01.37

«Ne sei sicuro Lou?» - il più grande annuì e tornò a baciarmi, aprii leggermente la bocca così da permettere alle nostre lingue di toccarsi una con l'altra. Quel bacio casto era diventato qualcosa di molto più intimo ed eccitante, soprattutto dopo che Louis si era posizionato sopra di me, iniziando a tartassarmi il collo e il petto con dei baci, arrivando fino alla linea dei pantaloni, che con un gesto veloce aveva abbassato, lasciandomi solo con i boxer.
«Lou ne sei davvero sicuro?» 
«Sì» - disse con voce ferma e con un movimento deciso ribaltò i nostri corpi, adesso io ero sopra di lui e non persi occasione per iniziare a baciargli il petto, soffermandomi a giocare con i suoi capezzoli rigidi. Potevo sentire bene la sua eccitazione premermi sulla gamba, distolsi la mia attenzione dal suo petto per concentrarmi sulla sua erezione, bloccata dal tessuto dei boxer. Massaggiai con la mano quel punto, dando qualche leggero bacio, prima di liberare la sua erezione dal tessuto stretto dei bioxer, baciai delicatamente la punta, passando la lingua su tutta la sua lunghezza, mentre vedevo Louis dimenarsi per cercare di contenere la sua eccitazione. 
«Non venire, okay?» - annuì, prima di spingermi con la mano sul suo membro, ma fummo interrotti dai forti colpi provenienti dalla porta.
«TOMLINSON APRI QUESTA CAZZO DI PORTA!» - un furioso Liam continuava a colpire la porta, strillando di aprire. 
Louis si scansò velocemente, si liberò dalla mia presa ed iniziò a rivestirsi, cercando di calmare Liam che continuava a colpire la porta. 
«TU LO SAPEVI!» - non appena Louis aprì la porta, Liam si scagliò verso di lui, afferrandolo al colletto della maglia che poco prima aveva messo e sbattendolo al muro. 
«Lascialo, gli stai facendo male cazzo!» - urlai, prima di tirargli un pugno sulla mascella. 


LOUIS 

01 LUGLIO - 01.58


«Ti fa tanto male?» - indicai il punto in cui Harry aveva sferrato il pugno. Liam continuava a tamponare la zona con del ghiacccio, i suoi occhi puntati in basso, sulla sabbia che copriva i nostri piedi. Per dividere i due avevo portato Liam in spiaggia, aveva bisogno d'aria e soprattutto non volevo che Harry corresse qualche tipo di pericolo, anche se sapevo che Liam non gli avrebbe mai fatto del male. 
«Il ragazzo sa picchiare.» 
«Leeyum, non volevo assolutamente nascondertelo, ma non ero io che dovevo dirtelo. Io posso solo essere felice per voi.»
«Ma Louis cosa c'è da essere felici? Da festeggiare? Non ho nemmeno ventidue anni e sarò padre, tutti i miei sogni, la mia carriera, l'università, cosa succederà? E se Milly non fosse la donna della mia vita? Era partita come una storiella ed ora lei sarà la madre di mio figlio, ho così tante domande e non ho nemmeno una risposta. Devo sposarla? I miei non sanno neanche che stiamo insieme. Lou io non posso uccidere mio figlio, anche se non è ancora un bambino ma solo, beh quello che è.»
«Ti ricordi quando io, te e Alex parlammo di avere dei figli?» 
«Cosa c'entra?»
«Io non preferii parola in quel discorso, mi limitai ad ascoltare voi due. La marijuana vi ha sempre fatto parlare troppo, quella era una delle tante volte. Alex disse che voleva una sola figlia, così da poterle dare tutto il suo amore, viziandola in tutto e per tutto. Voleva chiamarla Mary Jane ed io ricordo di non aver mai riso tanto, quando mamma era incinta di Doris ed Hernest, lui continuava ad insistere per quel nome, quando sono nati, lui continuava a chiamare la piccola Doris, Mary Jane. Quando ho visto i piccoli al funerale di nonno, ho pensato che mai nessuno racconterà alla piccola del suo soprannome che le aveva dato il fratello, fratello di cui loro non ricorderanno mai il viso e ho paura che quella sia anche la mia fine. Sarò sempre uno sconosciuto per loro due, come lo sarà Alex. Saremo solo volti sconosciuti in vecchi album di famiglia e questo mi fa male, non essere me stesso con la mia famiglia, non poter presesentare ai miei genitori Harry, gli piacerebbe, come sarebbe piaciuto ad Alex, alcune volte me lo ricorda molto e non so se questo sia un bene o un male. Ma io non posso essere me stesso con loro, sono dei conservatori, sono omofobi e se sapessero di me, i figli morti sarebbero due, non uno solo. Spero tanto che tu non sia così con il marmocchio, anzi, so che non lo sarai. Tu sei una persona splendida, forte e fai sempre la cosa giusta, mi hai salvato nell'ultimo anno e te ne sarò sempre grato.» - dissi, alternando parole a lacrime - «Non pensare di essere solo, hai me al tuo fianco, hai Harry e soprattutto hai Milly, quella ragazza è stata la tua fortuna più grande, nessuno ti amerà mai come lei, vive per te, sei tutto il suo mondo. Non ripagarla facendole del male, lei porta in grembo il tuo primo figlio. Io odio il mio vero padre, vuoi che lui faccia lo stesso con te?» 
«Io amo Milly e so di amare questo bambino, ma Louis, come faremo?» 
«Prima di risponderti, posso farti una domanda?» - annuì ed io continuai - «Perchè sei uscito con Mya?» 
«Non lo so - singhiozzò - non so perchè solo uscito con lei. Solo ora ho capito perchè Milly era così distante da me, pensavo mi volesse lasciare, non credevo certo che fosse incinta!»
«Allora dicevo - ripresi il discorso iniziale - Alex voleva chiamarla Mary Jane e non voleva assolutamente sposarsi, pensava che era solo uno stupido status-symbol di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Voleva però una sola compagna per tutta la vita e un po' sperava di incontrarla presto. Ma lui non fu l'unico a parlare dei suoi figli, tu lo seguisti a ruota. "Io voglio che abbiano nomi tipicamente inglesi, Liam Jr, Catherine e Diana, così rispetto anche la bandiera", ricordo bene le tue parole. Dicesti che volevi solo un maschio, così da potergli insegnare a giocare a tennis o a cricket, anche se tu non sai giocarci.»
«Lo penso ancora, voglio ancora darli quei nomi, insegnarli a cantare, a suonare, voglio incoraggiare i loro sogni e poi mollarli a te e ad Harry per un week-end, così da rilassarci un po' in qualche parte sconosciuta del paese, senza i bambini.»
«Allora qual è il problema? Devi solo iniziare a fare prima le cose che hai pensato e poi, ti ripeto, tu non sarai da solo, avrai me al tuo fianco, ce la siamo cavati sempre bene, ora è solo più alto il livello di difficoltà. Ma non possiamo fallire e tu non puoi tirarti indietro dalle tue responsabilità di padre.»
«Hai ragione.» - disse, abbracciandomi e asciugando con la manica della sua felpa le ultime lacrime che li rigavano il viso.
«Papà Liam e Zio Boo, non è male, no?» - dissi cercando di strappargli un sorriso
«No, non è affatto male e poi quando ti mancherà Harry ti porterò il bambino e non avrai più tempo per pensare alla sua assenza. Ma non lo porterai mai con te a Los Angeles o a qualche stupida partita di calcio!»
«Ma Liam! Io già stavo pensando ad una piccola divisa dei Doncaster Rogers per lui!» - scoppiò in una sonora risata - «Mi aspetti un momento qui? Vado a prendere una cosa in camera e torno.» 
Liam non disse nulla, annuì ed io iniziai a correre verso l'hotel. 
Dopo pochi minuti raggiunsi la stanza, prima di entrare diedi una veloce occhiata all'ora, il mio telefono segnava quasi le tre. Cercai di fare meno rumore possibile nell'entrare, la prima cosa che vidi fu un post-it sul dietro della porta, recitava un "Svegliami appena torni. - H", ma non lo feci, osservai per qualche secondo quel corpo, ricoperto da tatuaggi ed un paio di boxer, era ancora più bello mentre dormiva, aveva il viso rilassato, coperto da qualche riccio che gli cadeva sulla fronte. Gli stampai un bacio sulla guancia, lo coprii con il lenzuolo e tornai a correre verso Liam.
«Questo è per te.» - dissi con il fiato corto, porgendogli un paio di buste - «Ora posso farti ufficialmente le congratulazioni: auguri papà Leeyum!»
Liam aprì il primo regalo, due magliette della Marvel raffiguranti tutti i nostri personaggi preferiti: - «Io ho la mia a casa, saremo i fantastici tre, potremo raccontargli di Iron Man, Captain America, Hulk e Spiderman e non le solite fiabe, quelle le lasciamo raccontare alla mamma. Leggerà i nostri adorati fumetti, quelli che conserviamo gelosamente in salone, non ne apprezzerà davvero il significato fino all'adolescenza, fino a quel momento ci giocherà solo, magari sentendosi anche uno di loro. Quelle sono delle Vans, inutile spiegarti il significato.»     
«Grazie zio LouLou» - disse abbracciandomi e continuando a piangere sulla mia spalla.


02 LUGLIO - 17.33

«Ve la prendete se stasera io ed Harry stasera andiamo a cena fuori da soli?» - dissi, cercando di farmi spazio ed allungarmi sullo stesso lettino del riccio.
«Veramente anche io e Milly volevamo andare a cena da soli, ci godiamo ancora questi momenti, prima di diventare in tre.» - rispose Liam, stampando un caloroso bacio sulle labbra della sua ragazza, per poi accarezzarle la piccola pancia, appena visibile. Era belli vederli così, iniziavano ad essere una famiglia ed ero felice per loro, dopo la scenata di quella notte, Liam aveva passato il giorno successivo a piangere, a scrivere, a fare conti su come guadagnare più soldi, in più aveva accennato a sua sorella qualcosa, forse stava correndo anche troppo. Il pomeriggio precedente infatti ci aveva trascinati a comprare dei body per neonati ed Harry gli aveva regalato una maglietta con una piccola àncora sulla maglietta bianca, io mi ero limitato a non ridere e a frenare Harry dal comprare tutto il negozio per bambini. 


HARRY 

02 LUGLIO - 20.00

Louis aveva prenotato in un ristorante poco distante dal nostro hotel, aveva una bellissima terrazza sul mare, anche se il fortissimo odore di pesce alla brace rovina l'atmosfera intima che il ristorante aveva. Louis per la serata aveva abbandonato le sue solite t-shirts adolescenziali per una formale camicia bianca, chiusa fino al primo bottone e dei pantaloni neri che gli fasciavano le gambe, i capelli tirati indietro con del gel. 
«Allora volete ordinare?» - un cameriere interruppe tutti i miei pensieri su Louis.
«Io prendo un'insalata di polipo alla brace e questo - indicai una figura presente sul menù - mentre al ragazzo qui gli porti del pesce azzurro grigliato, accompagnato da arance e patate.»
«Da bere cosa gradite?»
«Vino bianco e dell'acqua naturale, grazie mille.» - il cameriere prese l'ordinazione e andò via.
«Vuoi farmi ubriacare? Sai che non reggo molto bene l'alcool» - disse, afferrandomi la mano sopra il tavolo.
«No è solo che è la nostra prima vera cena come coppia e vorrei che tutto fosse perfetto.» 
«Ma Harry non c'è bisogno di tutto questo, a me basta avere la tua compagnia. Per me sarebbe perfetto anche coccolarti in un letto per tutta la sera» 
«Oh tranquillo a quello ci pensiamo dopo» - dissi, facendo l'occhiolino. Era bello vederlo arrossire improvvisamente, i suoi occhi tradivano sempre un certo imbarazzo su questo argomento. 


«Lou, che ne dici di una passeggiata in riva al mare prima di risalire? Sono solo le undicie non mi va di infilarmi a letto e dormire così presto.»
Il più grande non rispose neanche, pagò il conto e mi afferrò la mano, intrecciando le nostre dita e trascinandomi in spiaggia. Il mare era mosso, la luna piena si rifletteva bianca nell'acqua scura, era l'unica fonte di luce a nostra disposizione. Il cielo era coperto da nuvole, non avevamo molto tempo prima che la pioggia ci venisse a far visita. 
Il viso di Louis era in penombra, si intravedevano a malapena quei suoi bellissimi occhi. Nei mesi precedenti avevo immaginato troppe volte quelle iridi, mai uguali, la mattina era di un azzurro spento, con delle leggere sfumature grige, il giorno invece erano di un azzurro splendente, avevano quasi vita propria, aveva ragione Milly, gli occhi di quel ragazzo parlavano per lui e riflessi nei miei raccontavano solo belle storie. Perchè con Louis io avevo voglia solo di quelle. 
«Tienimi forte a te, il cielo promette tempesta ed io ho paura.» - sussurai al suo orecchio. Louis mi strinse al suo petto, poggiai la testa sulla sua spalla ed inizia a sussurrargli - «Sono contento che tu non ti sia arreso con me, che tu abbia combattuto per questo, per me, per noi. Sono felice di averti nella mia vita Louis, tutto qui.» 
Mi staccai dal suo abbraccio, iniziando a fissarlo intensamente negli occhi, le nostre fronti a sfiorarsi tra loro, misi due dita sotto il suo mento e lo alzai leggermente, facendo combaciare le nostre labbra.
«Harry ho voglia di te.» - Louis mi afferrò la mano e mi accompagnò in camera, tremava, era visibilmente emozionato.
«Se non riesci a centrare la serratura con la chiave, ho paura di come sarà dopo.» - sdrammatizzai, ma la mia battuta non fu colta in modo molto positivo dal ragazzo, che mi fulminò con lo sguardo.
«Non sei affatto simpatico!» 
«Volevo solo sdrammatizzare, sei così nervoso Lou!»
«Vorrei vedere te nella mia situazione!»
«Perchè ti preoccupi tanto?» 
«Per favore possiamo entrare e saltare questo argometo?» - disse
«Solo se poi tu salti su di me» - rubai dalle mani tremanti di Louis le chiavi ed aprii la porta della stanza, lo afferrai per la camicia e lo trascinai dentro la stanza, chiudendo con un calcio la porta. La stanza era buia, come era successo in spiaggia l'unica lune proveniva dalla luna. Mi fissai ad osservare ancora una volta il suo volto illuminato dalla fioca luce proveniente dall'esterno, soffermandomi su quei piccoli dettagli che precedentemente avevo trascurato. Le piccole rughe d'espressione intorno alla sua bocca, rendevano quel sorriso che mi stava dedicando ancora più bello e poi Dio, quelle labbra, le avrei baciato fino a mandarle in fuoco. Sarei potuto restare ad osservarlo per l'eternità. 
«Harry mi stai ascoltando?» - No, non lo stavo ascoltando, ero troppo perso in lui per udire ciò che stava dicendo. Louis smise di parlare, facendo calare un assordante silenzio nella camera, incrociò il mio sguardo puntato su di lui e si avvicinò a me. 
Stavolta nessuno ci avrebbe interrotti, ne avevo la certezza, anche perchè avevo chiaramente vietato a Liam qualsiasi forma di comunicazione con noi per quella sera. Finalmente sarebbe stato mio e nulla avrebbe rovinato quel momento. Louis poggiò delicatamente una mano sul mio collo ed iniziò a baciarmi dolcemente. Le nostre lingue si incrociavano come se sentissero l'estremo bisogno di assaporarsi l'una all'altra. Il nostro bacio si fece più passionale non appena le mani di Louis corsero sulla mia schiena fino a fermarsi sui miei fianchi. Tutto ciò che ognuno di noi voleva era l'altro, così ci lasciammo prendere dal deisiderio. Presi l'iniziativa, spingendolo sul letto ed iniziando a sbottonare la sua camicia, trovando qualche difficoltà, mi posizionai sopra di lui e tornai a baciarlo, le nostre lingue in perfetta sincronia, come i nostri bacini che, ancora coperti da pantaloni che stavano inizando a diventare troppo stretti, si scontravano tra loro. Iniziai ad esplorare con la lingua il suo corpo, il corpo di quell'unica persona al mondo che mi faceva sentire felice. Le persone amano, odiano, combattono, imparano e vivono senza rendersi conto che sopra di loro le stelle li osservano, in tutta la loro imponenza e noi tutti siamo solo granelli di sabbia in confronto al deserto in cui ci troviamo, l'unica cosa che possiamo fare per sopravvivere è trovare un altro granello a cui aggrapparci per affrontare la vita, ebbene io il mio granello l'avevo trovato dentro quegli occhi azzuri, dentro quel sorriso, in quella persona con cui io stavo per farci l'amore. Spostò le mani dai miei fianchi e delicatamente mi sfilòla camicia, io feci lo stesso con la sua. Le sue mani continuavano a vagare sul mio corpo, finchè non le infilò nei pantaloni, palpandomi un paio di volte il sedere. Passai le mani sul suo petto prima di bloccarle sopra la sua cerniera, massaggiai il tessuto, potevo sentire sotto il mio tocco l'eccitazione del più grande, lo feci allungare e gli tolsi i pantaloni. Tornai ad occuparmi del suo petto, leccai e succhiai i suoi capezzoli, gesto che apparentemente gli piacque, dato che chiuse gli occhi ed iniziò ad ansiamre. Iniziai a strusciarmi sopra di lui, le nostre erezioni si scontravano una all'altra diventando sempre più visibili. Gli sfilai anche i boxer, facendolo rimanere completamente nudo, a differenza mia ache avevo ancora i pantaloni. Cominciai a massaggiare con la mano il suo membro, guardandolo negli occhi. Louis si liberò della mia prese, mi sfilò velocemente i pantaloni, lanciandoli ai piedi del letto, lasciando libera la mia erezione ed iniziò a sfiorare con la mano la mia lunghezza.
«Harry io...ehm...io» - Louis era ancora visibilmente preoccupato, sapevo che non era molto pratico, ma cercai comunque di rassicurarlo - «Ehi, non preoccuparti amore, tutto ciò che devi fare è rilassarti, ora siamo noi due insieme, questo è l'importante.»
Scesi con la testa fino a dove poco prima si trovavano le mie mani e non rompendo mai il contatto visivo iniziai a passare la lingua su tutta la sua lunghezza, dedicandomi soprattutto sulla sua punta, presi il suo membro in bocca, sentendo una scarica che attraversò tutto il mio corpo non appena del liquido caldo invase la mia bocca. Ribaltammo i ruoli e lui con tutta l'innocenza e l'incertezza del mondo passò la lingua sulla punta della mia erezione. Ebbi l'impulso di chiudere gli occhi e abbandonarmi a quel piacere ma per lo spettacolo che avevo davanti, valeva la pena resistere. Prese in bocca tutto il mio membro e con un'improvvisa sicurezza iniziò a succhiare.
«Mi-mio Dio Louis...sei così...br-bravo.» - continuò a farmi godere come un matto ma non volevo venire, almeno non ancora.
«Girati e preparati.» - dissi, allontanando il mio membro dal suo volto.
«Prepararmi?»
«Oh ti prego, ma non guardi nemmeno i porno tu?» - non riuscii a trattenere una risata, appurato che Louis non aveva idea del fatto che non potevo penetrarlo di colpo, iniziai a prepararlo io, infilando un dito e poi due nella sua entrata.
«Girati ora»
«No Harry, voglio vedere in volto mentre...» - disse tremando
«Rilassati, okay?» - annuì, gli allargai le gambe, passai del lubrificante alla sua entrata, infilai il preservativo e ripetei - «Stai calmo, faccio davvero piano, non aver paura, calmo.» 
Mi posizionai e comincia a penetrarlo lentamente, per non fargli troppo male, cosa che aveva fatto Zayn con me. In un primo momento spalancò la bocca e gli occhi, successivamente il suo viso si strinse in un'espressione di estrema sofferenza.
«Ha-Harry...» - aveva il fiato rotto - «Harry fa male!»
«Non preoccuparti piccolo, è normale, poi migliora.» - diedi una leggera spinta, per farlo abituare alla mia presenza dentro di lui. Eppure guardandolo avevo la sensazione che nulla stesse migliorando, più spingevo, più emenava versi di dolore e non volevo fargli assolutamente del male, non potevo continuare così. 
Uscii da lui, mi stesi a pancia in su ed iniziai a prepararmi da solo, passando il lubrificante nella mia entrata - «Louis proviamo così» - gli dissi, avvicinandolo a me, spostai le mie gambe su di lui e gli diedi il via libera. Iniziò a penetrarmi lentamente, poi accellerò il ritmo, da dove aveva preso tutta quell'energia? Pochi minuti prima stava praticamente piangendo per il dolore ed ora invece le sue spinte erano aumentate, mentre con una mano massaggiava con movimenti circolari il mio membro. Una sensazione paradisiaca trapassò tutto il mio corpo, Louis accellerò ancora e d'un tratto sentii il suo caldo piacere riversarsi dentro di me. Venni sulla sua mano subito dopo, in un tripudio di sensazioni eteree. Louis, dopo essere uscito, si sdraiò su di me, ansimante. Ci guardammo negli occhi, i suoi erano lucidi, colpi anch'essi di piacere, sorrideva, mentre qualche ciocca di capelli sudata ricadeva sulla sua fronte. Avvicinammo le nostre labbra e ci baciammo con passione. Louis si staccò da me, si avvolse nel lenzuolo e disse: «Com'è stata? Era solo la mia prima volta e ho paura che...»
«Lou sei stato grande, in tutti i sensi!» - mi scappò una risata - «Ed era la prima volta anche per me.» 
«Ma come? Tu hai avuto Zayn e Niall.»
«Ma stanotte ho fatto l'amore per la prima volta.»
Ci addormentammo così, abbracciati l'uno all'altro, pronti ad affrontare la vita insieme al proprio granello di sabbia. 


LOUIS

03 LUGLIO - 10.24


Il telefono della camera squillò tre volte prima che Harry si decise a rispondere, dall'altra parte della linea, anche a distanza si poteva udire la voce di un agitato Liam. 
«È per te.» - disse il riccio con voce assonnata passandomi la cornetta del telefono. Lo fissai un momento, i capelli li scendevano confusi su tutta la fronte, gli occhi ancora assonnati e la linea del cuscino stampata sul volto. Era coperto solo dal lenzuolo e dovetti concentrarmi sulla voce di Liam per non pensare ad un Harry nudo proprio di fianco a me, soprattutto dopo la notte precedente, dove per la prima volta i nostri corpi si erano riuniti ed avevano fatto l'amore. 
«Payne, ma non eravamo rimasti che mi sarei fatto vivo io?»
«Louis lo so che hai concluso e pure bene tanto che le nostre camere sono confinanti ed il tuo urletto finale lasciava pochi dubbi. Ma c'è una cosa di cui devo parlarti, quindi per favore, vieni senza Harry giù in reception.» - riattaccò senza nemmeno darmi una valida spiegazione, perchè dovevo seguirlo in reception? Avevamo pagato il conto dell'hotel non appena arrivati e mancavano ancora qualche giorno alla partenza.
«Forse è per il bambino.» - disse Harry, ma era un'ipotesi da scartare, tutti i suoi dubbi sulla paternità erano scomparsi in poche ore, già si immaginava a cullare quel bambino tra le sue braccia, a cantargli vecchie canzoni e a guardare film Disney, non poteva essere per quello e poi perchè non doveva esserci Harry? Era qualcosa che riguardava lui o noi? 
«Non lo so, vado subito a vedere cosa vuole, via il dente, via il dolore no?» - mi alzai dal letto, arrossii non appena mi resi conto che Harry non era l'unico nudo in quella stanza. Ci eravamo addormentati sfiniti uno nelle braccia dell'altro e in quel momento, essere nudo con lui di fianco a me non mi creava nessun tipo di imbarazzo. 
«Va bene in bocca a lupo e torna subito. Io magari dormo ancora un pochino.» - sbadigliò prima di stamparmi un bacio sulla tempia, girarsi dall'altra parte del letto e tornare a dormire. 
Presi un paio di boxer puliti dalla valigia, infilai un paio di pantaloncini da calcio ed una maglietta bianca di Harry, era leggermente grande, soprattutto sui fianchi, aveva però impresso il profumo del più piccolo. Passai qualche minuto in bagno, sistemai i capelli confusi e scesi giù nell'hall, dove Liam mi stava aspettando in compagnia di due donne. Questo mi corse incontro, gli occhi assonnati e la barba incolta facevano da padrone al suo viso. 
«Dio io te l'avevo detto di non dire nulla a mia madre, ma tu hai voluto invitarla e adesso siamo nella merda!» - disse non appena fummo abbastanza vicini tra di noi e lontano dalle due donne.
«Tua madre è qui? Dai Liam è fantastico!»
«Fantastico un cazzo Tomlinson, io in camera ho la mia fidanzata incinta, tu hai il tuo ragazzo.» 
«Beh? Credo che tua madre l'abbia capito che tra me ed Harry c'è qualcosa!»
«Certo mia madre sì, ma la tua lo sa?» - disse, indicando la donna con i capelli più scuri, proprio accanto a sua madre. Misi a fuoco l'immagini, non portavo lenti a contatto od occhiali con me, quindi ci misi qualche secondo ad accorgermi che la persona con il quale stava parlando Karen era mia madre. Ecco perchè non voleva che Harry venisse con me e si spiegava anche l'assenza di Milly. Credo che il terrore fu il primo sentimento che si impossessò di me.
«Perchè sono qui?» - dissi, cercando di formulare la frase senza andare nel pieno panico. C'era da aspettarselo da Karen, lei aveva questo amore morboso verso suo figlio, voleva sempre sapere tutto e vedere con i suoi occhi se tutto procedeva nel migliore dei modi, ma arrivare fin in Grecia, per giunta accompagnata da mia madre, era troppo. Mia madre poi. Non la vedevo o sentivo dal funerale di mio nonno, ero scappato subito dopo la funzione al cimitero e la mattina seguente ero tornato a Londra senza neanche passare a saluarla, mi aveva inviato un paio di messaggi in quei mesi per sapere come procedessero gli studi, ma le nostre conversazioni erano finite lì. 
«Ho detto a mia sorella del bambino e credo proprio che lei abbia parlato con mia madre.»
«Perchè mia madre è qui con lei?»
«Hanno sfruttato i biglietti che tu le hai dato! Viaggio tra amiche, almeno hanno detto così» - mia madre e Karen erano amiche di vecchia data, ancora prima che io e Liam nascessimo. I rapporti poi si erano intensificati quando io ed Alex passavamo la maggior parte del tempo con la famiglia Payne, anche se, dopo esserci trasferiti a Londra, il rapporto tra le due era notevolmente cambiato. Mamma era sempre stata gelosa di quel rapporto genuino tra me e Karen, di quella famiglia che ai suoi occhi sembrava così perfetta. 
«Liam come facciamo? Non posso dire a mia madre di essere gay, soprattutto dopo averlo negato per tutto questo tempo e dopo la lettera di Alex.» - mi morsi la lingua subito dopo, accortomi dell'errore che avevo fatto. Liam era all'oscuro di quella lettera, farglielo sapere voleva dire ammettere la verità sulla mia omosessualità ed io non ero pronto a quel tempo. Fortunatemente non si accorse delle mie parole e continuai - «Non posso farlo, non posso dirglielo ma Harry non merita questo.»
«Louis, devi fare una scelta, dire a tua madre di Harry, facendola soffire, conoscendo l'omofobia che attanaglia la sua mente, oppure mentirle, dire che lui è solo un amico, ma sai quanto Harry tiene alla verità e sai bene che questo non sarà una buona cosa per voi.»
«In qualsiasi caso uno dei due soffrirà.» 
«Devi solo scegliere chi.» 
«Non voglio...» - ma le mie parole furono interrotte dall'arrivo delle due donne. Karen sventolava fiera una chiave in mano. 
«Ciao Louis, sei meraviglioso con questa tintarella, risaltano ancora di più i tuoi occhi!» 
«Grazie Karen, tuo figlio vuole perennemente stare in spiaggia e questo colore di pelle è solo una delle conseguenze!» 
«Non c'è molto da fare in questo paese, ci sono solamente un paio di locali che abbiamo girato le prime sere poi è tutto molto tranquillo.» - si intromise Liam. 
Mia madre era rimasta in silenzio, quasi coperta dalla figura di Karen, sussurrai un leggero - «Ciao mamma» - dopo alcuni minuti. Lei senza dire nulla si avvicinò a me e mi abbracciò. Non era mai stata tipo da effusioni, soprattutto pubbliche, quello era un campo in cui era brava solo Karen, a lei non interessava. Ma in quel momento, stretta tra le mie braccia la sentii fragile, come se da un momento all'altro potesse rompersi. Lei un altro figlio non lo voleva perdere e quell'abbraccio ne era la dimostrazione. Si era stretta ancora più a me quando delle lacrime le erano iniziate a scendere sul viso, i Payne ci guardavano in silenzio, godendosi anche loro quel momento, come lo stavo facendo io.
«Ciao Louis» - sussurrò dopo essersi staccata da quell'abbraccio ed essersi asciugata le ultime lacrime, quelle che non erano finite sulla maglietta di Harry - «Sei dimagrito ancora di più dall'ultima volta che ti ho visto e poi da quando porti queste maglie così sformate? Una volta tenevi così tanto al tuo aspetto esteriore!»
«Si è appena svegliato, ha avuto una notte molto movimentata» - Liam cominciò a ridere, anche Karen aveva colto il significato di quella frase, mia madre invece, guardava il tutto con aria interrogativa.
«Come mai non hai dormito?» - disse mia madre
«Ecco lui ed Harry hanno...» - lo interruppi. 
«Io ed Harry siamo usciti per locali e abbiamo alzato un pochino il gomito. Tutto qui.» 
«Chi è questo Harry? Karen mi ha accennato della sua presenza durante il viaggio ma non ricordo nessun Harry nella tua cerchia di amici.» 
«È un ragazzo che ho conosciuto quest'inverno, lui è molto simpatico e poi non volevo fare questa vacanza da solo, facendo il terzo incomodo tra Milly e Liam, quindi sono venuto con lui.» 
«Ma è un ragazzo tranquillo? Non frequenta cattive compagnie o usa le ragazze...» - ma mia madre fu interrotta da una risata di Karen, che si giustificò dicendo - «Joahnnah tranquilla, l'ho conosciuto quando sono andata a casa dei ragazzi, è un ragazzo molto tranquillo e pacato e non mette incinta nessuna ragazza come mio figlio, anche perchè non credo che sia proprio il genere sessuale che più gli interessa, giusto Louis?» 
«È frocio?» - disse con tono dispreggiativo mia madre - «Tu dormi con un frocio accanto al tuo letto? Louis non mi piace che frequenti questo tipo di persone, lo sai molto bene.» - la guardai meglio per qualche secondo, si poteva notare il disguto solo guardando questi.
«Sì mamma è frocio ma non mi interessa, siamo solo amici, non voglio proprio nulla da gente come loro, come lui.» - dissi, notai lo sguardo di Liam fulminarmi.
«È la verità Louis?» - un pietrificato Harry era dietro di me, le mani strette lungo i fianchi, gli occhi improvvisamente rossi, gonfi. 
«Quale?» - risposi, cercando un contatto con i suoi occhi, ma questi rimasero puntati sulle sue scarpe. 
«Cristo Louis quella che hai appena detto!» - alzò di parecchi toni la sua voce, l'attenzione dei presenti in quella stanza si fissò su di noi. 
«Sì, perchè cosa ti immaginavi, una vita con me solo perchè sono tuo amico? Ho Eleanor sai quanto cazzo mi interessi di un frocio come te? Solo perchè sono tuo amico non vuol dire che io sia innamorato di te, mi farete sempre schifo tu e quelli come te.» - sputai fuori, i suoi occhi erano ormai una pozza di lacrime, ma cercava di resistere, non voleva cadere davanti a mia madre, farsi vedere debole da me. Stavo sbagliando e lo sapevo, sapevo che Liam aveva ragione, che tutto questo poteva segnare la fine tra me ed Harry come coppia, ma avevo fatto una scelta e in quel momento rendere fiera di me mia madre era la cosa più importante, più importante persino di Harry.
«Allora io tolgo il disturbo dalla tua vita, non voglio essere un problema per nessuno in questa stanza, non porti il problema di recuperare i rapporti non appena esci di qui. Vaffanculo Louis.»



ANGOLINO DI -G: 
Per prima cosa vorrei ringraziare Adriano per l'aiuto in questo capitolo, è stato fondamentale per me e scusami se più di una volta ho distorto le tue parole. Poi vorrei dire grazie a Martina, per il betaggio dei capitoli, Linda per il supporto incondizionato, Aurora e Milly, beh, loro solo loro e hanno creduto in questa storia sin dall'inizio, quando nemmeno io ci credevo. 
Parliamo adesso dei nostri Larry, da dove iniziamo prima? Questi due non avranno mai un momento di pace, Louis ha scelto di rendere sua madre orgogliosa di lui, quale saranno però i risvolti col suo ragazzo? Nel capitolo precedente ci sarà parecchio di ciò, ma Louis ha sempre i suoi (s)assi nella manica. Vorrei spoilerarvi tutto, dire che questo è il vero inizio della storia e fidatevi, non è successo ancora nulla, il meglio e il peggio deve ancora venire (semicit.) 
Vorrei scusarmi ancora e ribadire quello che ho scritto nel capitolo precedente, in più aggiungere, sto cercando una ragazzo o meglio un'anima pia che mi aiuti col betaggio della storia, se qualcuno vuol farsi sotto c'è la mia casella messaggi a vostra disposizione. Bene, ora torno nel mio angolino a vedere Supernatural e a sentire la mancanza di Linda. 
Vi voglio bene, uno ad uno e ringrazio tutti voi per le recensioni, belle e brutte. Grazie ancora, non smetterò mai di dirlo. 
Vi lascio tre link, passate da tutti e tre perchè ne vale la pena. 

-http://www.youtube.com/user/OrangeDinosaurRawr
-https://www.facebook.com/groups/673468122724473/  (Gruppo su ff Larry) 
-https://www.facebook.com/pages/Larry-Stylinson-Wont-Stop-Till-We-Surrender-/485940068150278?fref=ts

-G 

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Capitolo 14
*** Akai ito ***


LIAM
03 LUGLIO – 11.07
 
«Allora io tolgo il disturbo dalla tua vita, non voglio essere un problema per nessuno in questa stanza, non porti il problema di recuperare i rapporti non appena esci da qui. Vaffanculo Louis.» - la voce di Harry risuonò per tutta la hall, con il suo tono duro cercava di camuffare i singhiozzi e la sua voce tremante. Mai si sarebbe fatto vedere debole da noi e soprattutto davanti a Louis. Quest’ultimo non sapeva com’era vedere il riccio piangere davvero, vederlo debole e indifeso, con le ginocchia al petto, non era certo il migliore degli spettacoli. Forse Harry si era fatto scappare davanti al più grande qualche lacrima, ma io l’avevo visto autodistruggersi in quei giorni di Aprile, anche per colpa mia. Vederlo così era una pugnalata dritta in petto ed era strano osservare il volto tranquillo di Louis.
«Solo bugie, raccontamene ancora un’altra se ne hai il coraggio, ma l’amore lascialo a chi ci crede. Io mi fidavo di te.» - continuò dopo un momento di silenzio, questa volta con voce flebile, un suono appena udibile ed in quel momento Harry crollò completamente, tutte le difese che si era creato per non farsi vedere in quel modo dal suo ragazzo vennero abbattute. I suoi occhi verdi lasciarono cadere le lacrime che invano aveva cercato di contenere. Il volto del ragazzo dagli occhi azzurri era ancora fermo, impassibile, cercava un contatto visivo con il più piccolo, ma questo continuava a tenere puntati i suoi occhi a terra. Louis apriva e chiudeva la bocca, cercava le parole giuste, conoscendolo stava come calibrando i suoi pensieri per non peggiorare ancora di più la situazione.
«Dai ragazzino non farla così tragica, non c’è bisogno di piagnucolare. Louis – si rivolse al figlio, con uno sguardo di finto orgoglio – hai fatto bene a chiarire le cose, sicuramente avrà pensato di avere qualche opportunità con te.» - Fu Johannah a rompere il silenzio.
«Già – balbettò Louis – ho fatto b-bene.» - guardai sbigottito quello che doveva essere il mio migliore amico, stava peggiorando ancora di più la situazione, scavandosi ancora di più la fossa e regalava solo del male gratuito ad Harry, non lo meritava. Quest’ultimo si avvicinò a Louis, a pochi centimetri dalle sue labbra, credetti davvero che lo stesse per baciare, ma invece, gli tirò un pugno in pieno stomaco, facendo, volontariamente, cadere l’anello che portava al dito medio proprio davanti i piedi di Louis che in tutto questo tempo non aveva proferito parola o lamento, nemmeno quando il suo ragazzo lo aveva colpito, aveva solo portato una mano a massaggiarsi il punto dolorante. I suoi occhi non si erano separati un attimo da quelli verdi del più piccolo.
«Ragazzino come ti permetti? Chi ti credi di essere?» - la donna ruppe nuovamente il silenzio, avvicinandosi al figlio per vedere se tutto andava bene.
«LouLou allora glielo dici chi sono?» - disse con tono strafottente il riccio, mettendo in evidente disagio Louis che dopo qualche secondo rispose, prendendo la sua decisione definitiva: «Nessuno.»
Come poteva dire una cosa del genere? Va bene voler rientrare nelle grazie della propria madre, ma quella frase era troppo anche per me. Io che non c’entravo nulla con loro due. No, cazzate, era toccato a me subire un Louis scontroso, incazzato, deluso e triste. Ero io quello con cui Louis si sfogava, la spalla su cui letteralmente piangeva. Sono stato io a tenere i suoi pezzi interi, sono stato io a convincerlo che fosse Harry il meglio per lui. Sono stato io a prendermi un pugno in faccia da Zayn, io che ascoltavo entrambi, io che dalle loro parole ho sempre e solo tratto il bene ed ero io che non potevo permettere di mandare a quel paese sei mesi di Harry e Louis. Ma tutti i pensieri furono interrotti dalle parole di Harry - «Nessuno…Bene, scusa per essermi illuso, sei come tutti gli altri.»
«Harry…» - Louis quasi sussurrò quel nome.
«Cazzo, io ti ho pure creduto, dici di voler combattere un oceano ma poi hai paura di questo – indicò con lo sguardo la madre del ragazzo – può finire qui questa conversazione tra noi e anche altro…» - lasciò la frase così, in sospeso, lasciando tutti nei dubbi peggiori. Fece un saluto generale tra un singhiozzo e l’altro prima di correre verso l’uscita dell’albergo.
«Certo che questo ha gli stessi ormoni di una donna incinta. Liam anche la tua ragazza fa così?»
«Oh ma vaffanculo Johannnah» - sbottai.
«William James Payne!» - urlò mia madre, attirando ancora di più l’attenzione su di noi - «Chiedi immediatamente scusa.»
«Sono abbastanza grande per capire alcune cose. Non deve permettersi di nominare Milly e seconda cosa, non sono io che devo chiedere scusa, ma sono loro due che devono farlo per come hanno trattato Harry. Sai Louis, me lo aspettavo da tua madre, ma non da te! Harry ha ragione non hai manco le palle di affrontare questo.» - mi voltai verso quello che doveva essere il mio migliore amico, anche se le persone così non le ho mai sopportate, i codardi.
«Liam – mia madre inspirò – chiedi scusa a Louis e Jay.»
«Mamma anche tu sai la verità e sono sicuro che la pensi nel mio stesso modo.» - la donna annuì e tornò nel suo solito silenzio.
«Sei diventato un paladino dei diritti gay? Sicuro che la tua ragazza è incinta proprio di te?» - disse Johannah, sorpassando totalmente il limite della mia pazienza.
«Mamma…» - provò a dire qualcosa Louis ma fu ancora una volta interrotto.
«Boo è un ragazzino omosessuale, sarà abituato a sentirsi dire che è contro natura e poi figliolo è meglio per te, avere gente che ti ronza intorno di questo genere non ti fa onore, le persone potrebbero pensare male.»
«Jay adesso stai esagerando.» - mia madre provò a chiudere il discorso ma con pessimi risultati perché la donna continuò.
«Karen è contro natura! Non è normale, se uno dei miei figli fosse omosessuale mi vergognerei ad essere sua madre. Questo è perché non ha una figura paterna forte al suo fianco, chissà da quale genere di famiglia proviene, si è visto da come piagnucolava!»
«Io non ci credo – urlai – tu non dici nulla in tutto questo?» - mi voltai verso il mio migliore amico
«Non posso dire nulla Lee.» - la sua voce era appena udibile, i suoi occhi rossi.
«Se lo perdi non venire da me a chiedere aiuto, lui ha perfettamente ragione, tu potresti fare tutto spiegando solo la situazione ma non hai le palle.» - gli sussurrai all’orecchio.
«Ti prego parla con lui…» - non nascondendo le sue parole alla madre e nemmeno le sue lacrime.
«Mi dispiace Lou ma te lo meriti.»
«Ti prego.» - singhiozzò
«No.» - ribadii, prima di rivolgermi a mia madre - «Mamma, io e te, soli, andiamo da Milly, ci sta aspettando in piscina.»
«Non puoi farmi questo Lee.»
«Pensa tu cos’hai appena fatto ad Harry.» - dissi prima di afferrare mia madre e trascinarla in piscina, lasciando soli Johannah e quel ragazzo che non riconoscevo più.
 
 
03 LUGLIO – 12.57
 
«Dove sei?» - inviai il messaggio non appena Karen e Milly si allontanarono da me per andare a prendere qualcosa al bar della piscina.
«Campetto da calcio.» - ricevetti la risposta al mio messaggio qualche istante dopo
«Posso raggiungerti?»
«Ho voglia di cornetti allo yogurt.»
Raggiunsi velocemente la mia ragazza e mia madre al bar che dava proprio sull’enorme piscina dell’albergo, Milly aveva deciso di passare l’intera giornata lì, si era stancata, a suo dire, della spiaggia e dell’odore nauseante del mare. Mia madre le teneva volentieri compagnia, anche in passato si erano più volte incontrate e non aveva mai nascosto il debole che aveva per la ragazza. Non aveva ben accettato il fatto che suo figlio più piccolo la stava per rendere nonna così giovane, ma almeno aveva apprezzato che tra le tante sgallettate con cui ero sempre uscito, era Milly a portare in grembo suo nipote.
«Allora di cosa chiacchierate?» - mi avvicinai a loro, rubando un sorso di succo d’ananas dal bicchiere di Milly, ricevendo in cambio un’occhiataccia ed un bacio. Le due donne risero di buon gusto alla mia domanda.
«Mamma cosa le stai raccontando?»
«Ma nulla Liam!»
«Mamma…»
«Okay, forse qualcosina divertente» - disse mia madre, senza togliersi il sorriso dalle labbra.
«Divertente? Davvero scambiavi la lettiera del gatto per il tuo vasino? Spero che mio figlio non sia così rincoglionito come il padre.» - disse ridendo Milly, facendo scoppiare la donna più grande in una fragorosa risata. Era belle vederle in quel modo, dopo i primi momenti di tensione sull’argomento ‘piccolo Payne in arrivo’, tra le due si era creata una bellissima connessione, la ragazza era entrata già nelle grazie di mia madre, anche se quello era solo l’inizio di tutto.
«Per metà è anche figlio tuo, quindi…»
«Cosa intendi dire?» - Milly mi pizzicò il braccio.
«Okay okay scusami, mi fai male, dai! Io mi allontano una mezz’oretta, vado a parlare con loro, vediamo se riesco a sistemare un po’ le cose, non mi piace vederli star male. Mamma per favore tieni quella boccaccia chiusa e state attente!» - diedi un bacio tra i capelli di Milly, ispirando per un momento l’odore di cocco che i suoi capelli emanavano, sorrisi a mia madre e mi avviai verso il campetto da calcio.
 
«Cornetti allo yogurt come hai implicitamente richiesto.» - lanciai la busta contenente i due cornetti e continuai - «Come mai proprio qui?»
«Grazie per i cornetti, tra tutto il casino che è successo non avevo ancora toccato cibo. Ti ha mandato lui?»
«No Harry, ho detto a Louis che questa volta mi sarei tenuto fuori dai vostri problemi.»
«E lo farai davvero?»
«Certo che no. Voglio solo vedervi felici, entrambi.»
«Immaginavo. È la stessa cosa che voglio io per me e Louis, ma hai sentito cos’ha detto stamattina? Mi sono sentito denigrato dal mio stesso ragazzo, non è una bella situazione. Io avrei capito, lo avrei persino sostenuto in questa sceneggiata sapendo che non è dichiarato con nessuno della sua famiglia, ma ha semplicemente esagerato e non ci posso passare su anche se quello di stamattina non era il mio Louis.»
«Harry posso parlarti di un Louis che tu hai appena conosciuto?» - Harry annuì ed io iniziai a raccontare di quel Louis senza luce negli occhi, con le guance scavate e la costante paura dei suoi genitori. Conoscevo bene quel ragazzo, ogni sua sfumatura, ogni pagina della sua storia che ad Harry sarebbero piaciute lo stesso, anche quelle meno belle, quelle classificate sotto il capitolo ‘famiglia’ - «Harry, mentre Louis ti diceva quelle cose stava morendo dentro, ma doveva accontentare la madre in qualche modo. Sì, lei è una grande stronza, ti do ragione su questa cosa e non doveva dirti quelle cose per renderla fiera, lui ti ha detto ciò perché sapeva che l’avresti capito, rimanendo comunque al suo fianco, perché è così vero?»
«Non lo so Liam, non è stato bello.»
«Cristo Santo Harry! Lui ha bisogno d’amore e quella donna non gliel’ha mai dato, sappiamo entrambi che tu sei l’unico che può dargli qualcosa…Dai non ridere cretino, non in quel senso, non voglio sapere chi lo dà a chi! Volevo solo dire che tu puoi renderlo felice da far schifo, come lui davvero merita. La sua vita per vent’anni è stata solo un accontentare i suoi genitori, suo fratello, me ma mai se stesso. In questi giorni vedrai un Louis che non ti piace, non piace nemmeno a me, ma lui ha solo bisogno di essere appoggiato in questa cosa e noi siamo le uniche due persone su cui può contare. Se lui sprofonda, tu sei l’unico che può riportarlo alla luce e...»
«Non ci sto capendo un cazzo di tutto questo discorso.» - mi interruppe il riccio.
«Okay, mi sono allungato troppo, stagli vicino, assecondalo, è il tuo ragazzo, lui è forte solo con noi, per noi, è fragile, estremamente delicato, ma da quando sei arrivato tu è sì rimasto fragile ma è dannatamente felice con te. Quindi ora sali in camera, farai il finto incazzato e troverai un modo per far passare questi ultimi giorni. Io devo andare prima che mia madre racconti ancora cose compromettenti sul mio conto.»
«Non credo che lo farò Lee, sono troppo incazzato per far finta di nulla.»
«Fai come vuoi Harry solo non dire a Louis che abbiamo parlato – feci per andarmene quando mi venne in mente un’ultima cosa da dire al riccio – Stai con lui più tempo che puoi, bacialo, fate le cose che volete fare e ti prego non dirmele perché pensare a Louis in quelle posizione, no, okay, hai capito, semplicemente goditi ogni secondo insieme a lui perché a Los Angeles ti mancheranno anche le cose più fastidiosi di lui.»
 
Appena tornai in piscina notai subito Milly nella vasca termale, i suoi capelli neri legati in una coda veloce e confusa, il sorriso ad incorniciare quello splendido spettacolo; con lei c’erano anche mia madre e Johannah, conversavano animatamente su qualcosa che non riuscivo a capire ma non mi andava di interromperle. Di Louis nessuna traccia, provai a chiamarlo un paio di volte, ma l’unica risposta che ricevetti era quella della sua segreteria telefonica.
Le tre donne continuarono ancora a chiacchierare durante il pranzo o meglio, durante l’attesa dell’arrivo degli altri due ragazzi, aveva riprovato a chiamare entrambi ma nessuno dei due mi aveva degnato di una risposta. Arrivarono insieme durante l’ora di pranzo o meglio, Harry era qualche passo dietro di Louis, portava i suoi soliti occhiali da sole, che non tolse nemmeno un secondo durante il pranzo. Il più grande si sedette di fianco a me, lasciando ad Harry il posto a capotavola, lontano da lui almeno due posti. Nessuno aveva proferito parola, avevano evitato ogni tipo di contatto o sguardo.
Johannah era l’unica a tenere vivo il discorso a tavola, in quel momento poteva anche sembrare simpatica e dolce, soprattutto agli occhi di Milly il quale era rimasta totalmente ammaliata dalla donna.
«Cosa farete questo pomeriggio?» - si intromise mia madre, rivolgendosi a noi ragazzi.
«Ora che siete arrivate voi che potete fare compagnia a Milly perché non andiamo a fare scii nautico noi tre? Volevamo tanto farlo appena arrivati» - proposi, cercando di introdurre un discorso dove almeno uno di loro due fosse partecipe.
«Per me va bene – rispose atono Harry – anche se ora vorrei solo riposare, prima di andare venitemi a svegliare, stanza 171»
«So qual è la tua stanza riccio, è confinante con la mia!»
«Quella è di Louis.» - Harry fece un sorriso forzato e si alzò dal tavolo, scusandosi e salutando tutti.
 
 
HARRY
 
Avevo appena chiuso la porta della mia stanza quando sentii bussare tre volte, la voce di Louis che disperatamente mi chiedeva di aprire.
«Apri, per favore. Ho bisogno di parlarti!»
«Non ho voglia di parlare Louis» - risposi, osservando la sua reazione dall’occhialino della porta.
«Ti prego Harry, mi manchi.»
Aprii la porta ed il ragazzo si fiondò direttamente su di me, cercando invano di trovare un contatto tra le nostre labbra.
«Perché hai cambiato stanza?»
«Non voglio farti passare dei guai con tua madre, non so cosa hai immaginato quando mi hai visto andare via con la mia roba ma è solo per aiutarti con quella, anche se non dovrei. Cambiando camera ti ho evitato un interrogatorio da parte di tua madre e del perché dividi la camera con, cito testuali parole, un frocio.» - l’idea di cambiare stanza mi era balenata dopo la chiacchierata con Liam, non volevo aiutare Louis, volevo che la verità venisse a galla, far sapere che noi eravamo una vera coppia, chi io ero davvero per lui, ma sapevo anche quanto il ragazzo ci tenesse a tornare nelle grazie della madre dopo esser praticamente fuggito di casa dopo la morte del fratello. L’unica idea giusta era quella di cambiare camera, così da non attirare dubbi e domande sul perché due amici, di cui uno palesemente omosessuale, dividessero il letto matrimoniale. Non era ciò che mi aspettavo, soprattutto dopo quello che io e Louis avevamo avuto la notte precedente, avevamo fatto l’amore per la prima volta, ci eravamo uniti perfettamente all’altro e dover affrontare tutto quello non era minimamente nei miei piani. Ma avrei fatto tutto per l’amore della mia vita, davvero tutto, anche fingermi un suo semplice amico e sopportato gli insulti gratuiti della madre.
«Perché lo fai?»
«Me lo chiedo anch’io, dopo quello che hai detto non ti meriteresti assolutamente nulla da me.»
«Hai ragione Haz, stamattina sono stato un grandissimo stronzo e scusami per ciò…» - interruppi il ragazzo dagli occhi azzurri, non volevo sentire le sue scuse, non ero ancora pronto.
«Lou io non ti sto chiedendo di fare coming out, di dire al quell’arpia di tua madre chi io sia per te, anche se con le tue parole di oggi mi hai davvero fatto dubitare di cosa io sia per te…»
«Io senza te non riesco nemmeno a respirare! Non dubitare sul mio amore, almeno questo, per favore.»
«Amore che hai rinnegato senza pensarci due volte! Fa male!»
«Harry…» - disse il più grande, avvicinandosi a me e stringendomi i fianchi con le sue braccia.
«Tu non puoi capire come mi hai umiliato questa mattina, sei stato anche peggio delle parole dei miei amici quando confessai loro di essere gay.»
«Io non sono Tayler.»
 
Eravamo quattro migliori amici legati dai troppi anni di scuola, dal tennis e da una strana sensazione di ‘tutto va sempre bene’ in loro presenza. Agli occhi degli altri eravamo quattro tranquilli amici, figli di altrettanta gente tranquilla, nessuno si aspettava grandi cose da noi, ci piaceva la…tranquillità, ecco. Tom e Kris erano fratelli gemelli, ci misi due interi anni di scuola di primo grado per capire chi fosse uno e chi l’altro. Loro erano davvero attivi, facevano parte di almeno una mezza dozzina di club studenteschi e squadre sportive. Tom ebbe un po’ di popolarità quando inizio a frequentarsi con il capitano della squadra femminile di pallavolo e riuscì ad entrare nella squadra di lacrosse, mentre il fratello rimase un po’ nell’ombra del club di teatro, di dibattito studentesco e del fratello. Poi c’era Sam, su di lui c’era poco da dire, gli piacevano i videogiochi ed aveva una specie di dipendenza da film porno, a parte questo era un tipo simpatico, con degli strani occhiali e dei capelli rossi che non potevano passare inosservati, soprattutto per il suo strano modo di portarli fermi con delle strane fasce o cerchietti. Infine c’era Tayler, lui era il mio migliore amico, mi aveva insegnato a suonare il Kazoo e qualcosina con la batteria, passavamo molto tempo a suonare o a poltrire sul suo divano mentre qualche stupido film scorreva davanti a noi. Fu lui la prima persona a cui dissi del mio orientamento, lo avevo capito ormai da tempo che le ragazze non mi facevano provare nessuna emozione, soprattutto lì sotto e lui fu il primo dei miei amici a cui lo dissi. Quel giorno di metà agosto lui mi sputò addosso tutte le parole peggiore che potevano passare per la testa di un quindicenne. Diceva di non aver mai avuto problemi con gli omosessuali, ma evidentemente, dopo le parole di schifo e i calci allo stomaco che ricevetti, non era proprio così. Ricordavo ancora perfettamente le loro parole, i loro sguardi schifati posati su di me, un po’ lo stesso sguardo che avevo ricevuto quella stessa mattina dalla signora Tomlinson, le loro bocche aperte in segno di sgomento, il loro andarsene dalla mia vita. Cambiai scuola e da quel momento, o meglio, dall’entrata in scena di Beth, tutto sembrava essere tornato in ordine, non pensavo più a quei quattro anche se vederli insieme al parco, senza di me, era sempre un tuffo al cuore. Mi evitavano come la peste, come se avessi addosso una strana malattia contagiosa ed era andata così per parecchio tempo, finchè un giorno non diedero voce a tutti i loro pensieri davanti tutta la mia nuova scuola, essendo venuti appositamente in questa per ricordarmi quanto io potessi essere malato, contro natura, in una sola parola, gridata davanti tutta la scuola, durante l’uscita - «Frocio.»
 
«Non sono Tyler – ripeté – scusami amore, scusami.» - strinse ancora più forte la stretta sui miei fianchi, facendomi quasi male, si nascose nelle mie braccia, mentre le sue lacrime mi bagnarono il collo.
«Ehi ehi, dovrei essere io quello incazzato e in lacrime!» - gli dissi, asciugando con il pollice le lacrime.
«Scu-scusami.» - disse il più grande, tirando su con il naso. Lasciò la prese sui miei fianchi, si diresse verso il letto e a peso morto si buttò su questo, facendo il segno con la mano di raggiungerlo.
«Lou… - dissi non appena il mio corpo fu di fianco al suo, le nostre mani intrecciate tra loro, posate sul petto del più grande – è finito il tempo di sentirsi soli. Ci sono Liam e Milly, ci sono io, tu non cammini da solo, con me puoi essere al sicuro da tutto e tutti e mi fa male pensare che tu questo ancora non l’hai capito! Cristo Louis io ti porterei addosso a vita, darei letteralmente questa in cambio di vederti sempre felice ma tu devi darmi questa possibilità.»
«Non posso fare questo a mia madre. Lei sembra così forte ma è tutta una cosa che si è costruita, lei è ancora in lutto per Alex, dirle che sono gay non migliorerà il suo animo.»
«Vuoi mentirle per tutta la vita? Un giorno scoprirà che stai con un ragazzo, magari non sarò io e...»
«Sarai tu, sempre tu.» - gli diedi un leggero bacio sulla tempia, mi fece piacere sapere che aveva davvero voglia di passare molto, ma davvero tanto, tempo al mio fianco, ma poi rovinò tutto con le sue parole.
«Io non sono fiero di essere gay. So che dovrei esserlo perché questo sono io, la mia omosessualità è parte di me, ma io non sono fiero di sventolare questa bandiera, io voglio solo vivere una vita tranquilla con te al mio fianco senza dovermi per forza esporre con la mia famiglia.» - disse tutto d’un fiato il ragazzo dagli occhi azzurri, facendo poi cadere un assoluto silenzio in camera.
«Louis hai ventidue anni e non sai nemmeno cosa vuoi dalla tua vita! Quando hai deciso fammi un fischio, io non voglio stare all’angolino della tua vita, venir fuori solo per le tue esigenze e poi tornare nel buio.»
«Non ho detto questo, ma Harry perché far sapere a tutti cosa siamo? Non basta che lo sappiamo noi?»
«Certo basta che lo sappiamo solo io e te, ma vaffanculo!» - e dopo aver detto quelle parole mi alzai e lasciai la camera con lo strano desiderio di farla pagare a Louis e così feci.
 
 
 
03 LUGLIO – 18.35
 
«Allora com’è andata?» - disse Milly non appena vide rientrare noi ragazzi dal nostro pomeriggio di scii nautico. Lei e le due signore erano ancora sul bordo della piscina, Karen aveva le spalle estremamente rosse, mentre metà del viso della signora Tomlinson era coperto da un panama nero e da dei grandi occhiali da sole, anche se di questo ce n’era davvero poco. Louis era qualche passo dietro di me, ci eravamo evitati per tutto il pomeriggio, anzi a dir la verità ero stato io ad evitare ogni suo approccio, ogni suo tentativo di risolvere quella situazione, le parole - «Hai frainteso la mia frase! Io ti amo Harry, basta sapere questo.» - risuonavano ancora vive nella mia mente ma non aveva ricevuto nessuna risposta, non le meritava. Aveva vergogna a sventolare la “bandiera” dell’omosessualità, non voleva dire a sua madre di me, benissimo, ma non mi sarei arreso, ero pur sempre uno Styles e mio padre mi aveva insegnato che se Maometto non va alla montagna, è la montagna che va da Maometto.
«È stato davvero wow! Quasi meglio di giocare a calcio!» - disse il ragazzo dagli occhi blu, non appena ci raggiunse, continuando - «Siamo saliti su questa piccola barca che a malapena conteneva noi tre, ci hanno imbragato e siamo andati, la partenza è abbastanza noiosa, cadi spesso e tenere l’equilibrio è davvero difficile, io e Liam siamo caduti almeno una decina di volte ma poi diventa tutto molto divertente e veloce! Mi fan male le braccia e le gambe, ti giuro che appena sforni quel coso ci torniamo insieme!»
«E tu Harry non sei caduto?» - disse Karen, sentii lo sguardo di Johannah bruciarmi addosso nonostante quei suoi grandi occhiali neri.
«Per me non era la prima volta, io e mio padre facciamo spesso cose del genere.» - o meglio, facevamo, quando lui aveva ancora un po’ di tempo per me, ma questa parte la tenni per me come quei ricordi che conservavo gelosamente.
«Il padre di Liam ha paura persino dell’aereo!» - rispose la donna, lanciando un’occhiata al figlio che proprio in quel momento era occupato a tenere impegnate le labbra della sua ragazza - «Vi staccate un momento voi due?»
«Ma dai Karen hanno più di vent’anni e sono davvero teneri insieme, quanto vorrei qualcosa del genere per mio figlio!» - disse con un tono speranzoso la signora Tomlinson, per poi continuare a parlare, rivolgendosi tra tutti proprio a me - «E tu Harry sei fidanzato?»
Ci volle qualche istante prima che la domanda arrivasse effettivamente al mio cervello, il tono che aveva usato era totalmente differente da quello usato la mattina stessa, era quasi dolce e premuroso. Forse fu per questo o per il sorriso con il quale accompagnò la sua domanda che le risposi, sotterrando per un momento l’ascia di guerra tra noi.
«No signora Tomlinson, nella mia vita non ho mai trovato la persona giusta, perché si tratta di persone e non di sessi o di esserne fieri o di saperlo solo io e lui» - con le mie riuscii a zittire la signora Tomlinson e distruggere ancora un po’ Louis ed era ciò che volevo anche se una piccola parte di me urlava che tutto ciò era estremamente sbagliato. Karen notando la tensione che si era creata nell’aria e soprattutto la piega triste che il volto di Louis aveva appena preso, decise di esporre i programmi per la serata - «Che ne dite di una bella cenetta in famiglia? Ho visto che l’hotel ha un bellissimo ristorante.»
«Io non faccio parte della famiglia.» - sibilai - «Io esco per conto mio, magari dopo possiamo uscire tutti insieme, non voglio intralciare i vostri piani.»
«La vuoi smettere?» - Louis quasi urlò quelle parole, attaccandomi con lo sguardo.
«Voglio solo farti godere questi bei momenti insieme a tua madre tanto che per te è così importante! E poi io sono tuo amico, no?»
«Ha…Harry, lo sai che fai parte della nostra famiglia, sei uno dei miei migliori amici e questo tuo comportamento mi sembra un pochino infantile.» - Liam si intromise, cercando di sistemare le cose e prendere indirettamente le difese del suo migliore amico. Sapeva sicuramente tutto, Louis l’aveva informato del litigio quando io mi ero allontanato quel pomeriggio ed ora era pronto a difenderlo coi denti.
«Non cambio idea. Ci vediamo dopo cena.» - mi allontanai da loro, non perdendo però il contatto visivo con Louis, era incazzato, triste, deluso, un misto di emozioni contrastanti. Ma lui doveva sapere come mi sentivo e quelle mie parole erano solo l’inizio di tutto quello che avevo in mente.
 
 
«Ehi riccio, come mai un bel ragazzo come te è solo?» - un ragazzo sulla trentina e con le braccia tatuate si era seduto al mio fianco cercando di attaccare bottone con quella frase, ma con me certe cose non avevano mai funzionato, fino a quella volta.
«Me lo offri da bere?» - risposi secco, osservandolo meglio. La pelle abbronzatissima, la canottiera bianca lasciava la visuale delle braccia scolpite da ore di palestra e disegnate da tatuaggi e strane scritte greche sui polsi. Gli occhi non erano di nessuna sfumatura di azzurro ma di un semplice e noioso marrone, i capelli tirati indietro. Era alto quanto me, forse qualche centimetro in più. Non mi sarei dovuto abbassare per baciarlo.
«Ti offro da bere solo se vieni a ballare con me.» - e così feci. Non ero mai stato bravissimo a ballare ma con l’aiuto dell’alcool e della musica giusta, i miei fianchi avevano iniziato ad ondeggiare e strusciarsi sensualmente a quello che avevo scoperto chiamarsi Alekander.
«Se continui a strusciarti così sul mio cazzo non credo che resisterò a lungo.»
«Vieni con me.» - dissi prima di afferrarlo per i polsi e condurlo verso i bagni - «No, non sulle labbra.»
 
 
LIAM
 
Non ricordavo quanto potesse essere noiosa una cena con mia madre e la signora Tomlinson, avevano parlato di uffici, contabilità della casa al mare, servizi di thè e mariti pigri sempre davanti alla televisione. Milly si era rifiutata di parlare del bambino in presenza di troppe persone - «Mio padre è italiano sono molto superstiziosa quindi fino alla dodicesima settimana saprete poco e nulla del bambino, almeno le persone esterne a questa faccenda!» - mi era difesa così e mia madre si era complimentata con lei, adulandola per avere maggiori informazioni poiché - «Io sono la nonna!» - ma Milly era stata abbastanza ferma sulla sua condizione - «Ne so davvero poco anch’io. Ho fatto solo una visita e sono solamente alla settima settimana, quindi non voglio dire nulla.» - e apprezzai davvero tanto l’intromissione che il cameriere fece in quel momento. «Signori, se volete accomodarvi, abbiamo aperto il buffet dei dolci.» - Milly si era fiondata sul tavolo pieno di dolci tipici greci, seguita a ruota da mia madre e da una solare Johannah. Louis invece era rimasto ancorato al tavolo, il piatto ancora pieno della carne che aveva ordinato almeno un’ora prima.
«La smetti di guardare quel telefono?» - dissi, riportando sul pianeta terra il mio migliore amico.
«11 messaggi, 6 chiamate e 0 risposte.»
«Posso provare a scrivergli io, alla fine con me è stato il solito Harry.»
«Grazie Lee.» - disse forzando un sorriso a me e alle donne appena tornate al tavolo, rubò un muffin alle mele e yogurt dal piatto di Milly, procurandosi un’occhiataccia e poi disse - «Che ne dite di andarci a fare un giro?» - rivolgendosi a me e alla mia compagna. Ci avevo pensato proprio quel pomeriggio, dopo che mia madre aveva presentato Milly ad una signora conosciuta in piscina come la ‘compagna di mio figlio’, dovevo smetterla di considerarla la mia fidanzatina sexy ventunenne ed iniziare a pensare a lei come la compagna di una vita intera poiché madre di mio figlio.
«Penso che sia un’ottima idea, non ho voglia di andare a dormire e poi effettivamente sono solo le nove.» - disse la ragazza, io a mia volta annuii, confermando quella che la ragazza aveva appena detto.
«Chiamo Harry così lo raggiungiamo.» - Louis provò a chiamarlo per l’ennesima volta, ma non ricevette nessuna risposta, così provai io e solo al secondo squillo il riccio rispose in modo molto euforico: «Liiaaaam!»
«Harry dove sei?»
«Ehm, Aleksander dove siamo?» - “Aleksander? Ti prego Harry dimmi di non aver fatto cazzate!” – pensai dopo aver sentito quel nome.
«Siamo in un locale vicino la spiaggia in cui Milly ha vomitato l’altra mattina…fermati cretino…dicevo è il locale con la scritta verde e nera...togli le mani da lì…scusa Lee, ci vediamo dopo…fermo e girati…dimmi quando siete qui!» - Harry riattacco immediatamente, gli occhi di Louis erano puntati su di me. Cosa dovevo inventarmi? Chi era quel tizio e perché Harry continuava a sospirare e a dire di stare fermo? Non poteva tradire Louis, non così e non per una cazzata del genere!
«Dov’è?» - chiese ansioso Louis
«Al Leiko Sompèro»
«Ragazzi, so che siamo un po’ più in là con l’età ma possiamo venire con voi? Promettiamo di restare all’angolino e non disturbarvi minimamente.»
 
Il Leiko Somprèro era forse uno dei locali più brutti che avevo visto in vita mia, non c’era paragone con le discoteche inglesi. La gente era ammucchiata in uno spazio scuro, alcuni altri erano su dei divanetti che davano direttamente sulla spiaggia, la musica era assordante e senza senso. Nessun pezzo davvero ballabile, solo della musica techno sul quale potevi agitare in alto i pugni. L’unica nota positiva era l’open bar, di cui Harry ne aveva evidentemente usufruito viste le sue pessime condizioni. Fui il primo a vederlo, ballava con una ragazza dai lunghissimi capelli neri ed un vestito che lasciava davvero poco alle fantasie altrui. Louis era ancora all’esterno, voleva fumarsi una sigaretta prima di entrare e cercare di chiarire con Harry. Le nostre madri insieme a Milly erano andate direttamente sulla spiaggia, in quella parte davano della musica più ballabile, come piaceva a loro, rivisitando vecchie glorie degli anni ottanta.
«Harry cazzo sei ubriaco marcio!» - mi avvicinai al riccio a passo spedito dopo aver visto un uomo, molto più alto e robusto di lui, cingergli i fianchi con un braccio e portarselo avidamente vicino a lui - «Chi cazzo è lui?»
«Ricordami come ti chiami bellezza…»
«Felipe» - rispose il tizio.
«Perfetto Felipe, ora tu ti allontani dal mio amico e vai a farti fottere prima, okay?»
«No, lui resta con me e magari lo fotto io!» - disse sbiascicando Harry, puzzava terribilmente di alcool e di erba. La conferma arrivò dai suoi occhi rossi e lucidi.
«Harry smettila di fare il bambino e vieni con me! Louis è fuori ad aspettarti!»
«Lui si vergogna, lui si vergogna di me!» - disse in quel momento, allontanandosi dal ragazzo e afferrando la mia maglietta, prima di cadere in lacrime sulla mia spalla - «Voglio andare in giro mano con la mano con lui, baciarlo davanti a tutti, rendere fiera di me sua madre, io le posso piacere, ma no! Sono solo un frocio che non merita nemmeno un po’ di felicità col ragazzo che ama! Ora lasciami…»
«No Harry andiamo fuori, seguimi.»
«Mi viene da rimettere Liam, non ce la faccio!»
«Ti reggo io...Ehi tu, Philiph, dammi una fottuta mano!»
«Felipe, mi chiamo così»
«Non me ne fotte un cazzo come ti chiami!»
Harry si aggrappò a peso morto sulle mie spalle e riuscii a trascinarlo fin sopra uno dei divanetti che dividevano la discoteca dalla spiaggia. Cercai con lo sguardo Milly e con mio sollievo notai che era solo ad un paio di metri da me. La raggiunsi e senza darle troppe spiegazioni la trascinai di fronte a quello che era un inerme Harry, con la testa tra le ginocchia e l’odore di rigetto fresco. Milly si appurò delle condizioni del riccio prima di chiamare Karen e scagliarsi poi contro di lui - «Cosa credevi di fare stupido?»
«Cosa succede tesoro?»
«Quel ragazzino di Harry è ubriaco marcio! Per favore, io non sopporto l’odore di alcool e rigetto, puoi aiutare tu Liam mentre io cerco Louis e distraggo Jay? Credo che quei due abbiano bisogno di tempo per chiarire e sbollire.» - disse lei a mia madre non appena questa ci raggiunse, la donna più grande annuì ma non ebbe il tempo di replicare che uno sconvolto Louis fece il suo ingresso.
«Non arrabbiarti Lou…» - disse senza forze Harry, prima di continuare a liberarsi dell’alcool in eccesso rigettandolo - «Possiamo tornare in albergo e parlarne con calma?»
«Ho già chiamato un van che ci riporti in albergo.» - rispose mia madre.
«Ce la fai ad aspettare cinque minuti Haz?»
«Voglio un bacio, ne ho bisogno Lou…»
«Harry c’è mia madre nei paraggi, per favore, non è il momento, sei ubriaco…»
«Il bacio te lo avrei chiesto anche da sobrio» - disse con aria triste, forzando un sorriso, fu però tradito da un pianto isterico che lo colpì qualche secondo dopo.
«Perché piange? Si è accorto di essere un finocchio e che non trova nessuno con cui scopare?» - Jay fece il suo ingresso con delle parole così infelici che Harry non riuscì a trattenersi, asciugò le sue lacrime con il palmo della mano, si alzò e andò dritto verso la donna sussurrandole un - «In realtà ho scopato proprio ieri, anzi a dir la verità ho fatto l’amore con il mio ragazzo proprio ieri sera, può farselo dire da suoi figlio. Lui era lì con me, anzi sopra di me.»
Ormai era troppo tardi, inutili erano stati i tentativi di allontanare il ragazzo il più possibile, la bomba era esplosa.
 
 
LOUIS
 
04 LUGLIO – 19.02
 
Non era passato nemmeno un giorno da quando Harry aveva detto quella cazzo di frase a mia madre e le cose erano andate sempre più peggiorando. Mia madre non mi rivolgeva la parola da quando aveva visto correre via Harry, ancora ubriaco, seguito da Liam dopo che le avevo ripetuto, anzi scongiurato di non credere alle parole del riccio. Inutile dire che era anche un giorno che io ed Harry non parlavamo, lo avevo evitato per tutto il tempo possibile, era colpa sua se mi trovavo in quel casino, se avrei perso quell’ultimo brandello che rimaneva della mia famiglia. Avevo davvero sfiorato l’idea di odiare quel ragazzo, troppo egoista da accettare di essere messo almeno per una volta al secondo posto. Ma ormai era troppo tardi, mia madre sapeva la verità, stava solo aspettando di sentirla da me, come conferma alle parole del più piccolo, ma io non ne avevo il coraggio, voleva dire perdere anche quell’ultimo briciolo di legame che avevo con lei, mai avrebbe accettato un figlio gay. Ma fu durante la cena che disse quelle parole, quelle parole ancora marchiate a fuoco dentro di me.
«Questo è tuo.» – allungò un piccolo pacchetto nero proprio in direzione di Harry, interrompendo il silenzio che aveva caratterizzato quella cena, il riccio la guardò con aria interrogativa, non sapeva proprio che aspettarsi da quel gesto e da quel pacchetto sigillato sotto i suoi occhi.
«Posso aprirlo oppure dentro c’è qualche sostanza altamente mortale?» - Liam trattenne una risata come anche Karen e Milly, io non sapevo ancora cosa aspettarmi, cosa voleva fare? Harry prese in mano il pacchetto e delicatamente lo aprì sotto gli occhi attenti di tutti noi. Dentro la piccola busta nera c’era un oggetto a tutti noi familiare, soprattutto a me e al più piccolo: era il nostro anello.
«Ieri mattina quando avete litigato è caduto questo – iniziò a dire mia madre – pensavo che fosse un semplice anello, poi nel pomeriggio l’ho esaminato meglio ed era uguale a quello che Louis ha al suo dito. Per un momento ho pensato che fosse qualcosa legato alla vostra amicizia, ma era stupido pensarlo, soprattutto per la frase incisa al suo interno e tutto questo mi fa paura, devo ammetterlo, ma per tutto questo tempo ho cercato di convincermi di non avere un figlio gay, sono arrivata ad odiarli pur di non voler ammettere che mio figlio era uno di loro. Lo pensavo da tanto tempo Lou, dietro di te hai sempre lasciato piccole tracce e la lettera di Alex doveva farmi aprire gli occhi, invece ti ho dato addosso e mi dispiace per questo motivo. Ho semplicemente capito che preferisco avere un figlio gay ma vicino a me, che un figlio che si finge chi non è, lontano da casa e non felice. Puoi anche sfiorarli la mano davanti i miei occhi Harry, guarda che ti vedo lo stesso! – il piccolo arrossì leggermente e afferrò la mia mano sopra il tavolo, fu il primo contatto tra di noi dopo un intero giorno – Non sarà facile, quindi vi chiedo ancora un po’ di nascondervi ai miei occhi, ci vorrà tempo, vi chiedo questo. Volevo solo dire questo e di leggere il piccolo biglietto che ho messo all’interno del pacchetto.» - la donna finì il discorso con la voce rotta dalla commozione e lo sguardo basso, cosa che non apparteneva al suo essere.
Harry infilò la mano nel pacchetto, non lasciando la mia anzi stringendo ancora di più la morsa sulla mia.
Estrasse un altro piccolo pacchetto, ancora una volta era ricoperto da della stoffa di raso nero ed un piccolo biglietto: “Benvenuto in casa Tomlinson” – recitava questo, aprì ciò che il tessuto nascondeva e trovò un paio di delicati bracciali in oro bianco, da questi ciondolava una piccolissima àncora.
«Mamma…»
«Solo tempo Louis, solo quello vi chiedo.»
«Johannah io non credo di poter accettare, è un dono importante e fino a ieri sembrava quasi odiarmi, anzi, tolga il sembrava.»
«Harry voglio solo iniziare con il piede giusto questa volta – la donna prese con un gesto rapido il polso del mio ragazzo e vi agganciò il bracciale, facendo la stessa cosa con il mio – perdonate il mio comportamento. Anzi, facciamo così tanto che non abbiamo avuto il piacere ieri mattina…Piacere sono Jay, la mamma di Louis!»  - Harry tolse la mano dalla mia per afferrare quella della donna.
«Piacere Harry, il ragazzo innamorato di suo figlio.»
Mia madre continuò a tenere il suo sguardo fisso negli occhi di Harry, forse si era persa anche lei in quel suo bellissimo verde come era successo a me le prime volte. Non disse più nulla riguardo a noi, continuò solo ad annuire e sorridere al discorso di Karen, ma nessuno di noi la stava davvero ascoltando o almeno io non lo stavo facendo, la mia vita, per la prima volta, mi piaceva davvero e questo era solo grazie ad Harry, Liam e mai ad averlo pensato prima, grazia a mia madre, che per la prima volta si dimostrò tale. 
 
 
«Harry mi accompagni a-a fu-fumare?» - chiesi al mio ragazzo, dopo qualche minuto in cui le sue mani non cessavano di strusciarsi alla mia coscia provocando in me un lecito piacere.
«Ma sei andato adesso!» - rispose il riccio, continuando imperterrito a muovere la sua mano sopra l’interno della mia coscia.
«Muovi quel culo e accompagnami in bagno piccolo bastardo!»
«Non dovevi andare a fumare?» - si intromise Liam, strizzando l’occhio.
«Oh stai zitto Payne!» - presi il braccio di Harry e lo trascinai letteralmente in bagno, non chiusi neanche a chiave la porta tanta era la voglia di fiondarmi sulle sue labbra e così feci non appena Harry smise di lamentarsi per il mio modo poco delicato di trascinarlo in bagno.
«Questo è per i baci che non ti ho dato oggi – dissi, baciandogli delicatamente le labbra – questo è perché ora mia madre sa di noi – gli baciai la mandibola – questo è perché sei fottutamente meraviglioso – gli baciai il collo – questo è perché sei il mio ragazzo e nulla può fermarci – gli baciai la spalla, spostando leggermente il tessuto della sua camicia – questo è perché mi hai procurato un’erezione anche con mia madre allo stesso tavolo» - e dopo quelle parole presi a baciargli una piccola porzione di bacino, feci scendere velocemente la mia mano sul cavallo dei suoi pantaloni, sentendo l’erezione che nei suoi boxer si stava creando. Era bello sapere di fargli un certo effetto anche da quel punto di vista.
«Fottuto cazzo e fottuto Tomlinson» - disse, prima di slacciare i pantaloni e dire - «Fai qualcosa…Non ce la faccio più!»   
Tornai a baciare la punta del suo membro ancora coperto dal tessuto dei suoi boxer, facendo dimenare Harry ad ogni mio tocco.
«Stai fermo!»
«Lou…fa qualcosa!» 
«Mmmmh…» - mugugnai, con un gesto rapido abbassai i suoi boxer portandoli all’altezza delle caviglie e mi alzai così da dare maggiori attenzioni alla sua bocca ormai incastrata alla mia. Allungai una mano nei pantaloni, estrassi il mio portafogli e da questo una piccola bustina blu metallizzata.
«Dove avevi intenzione di usarli per portateli nel portafogli?» - disse mentre io cercavo di aprire la piccola busta per estrarre un preservativo.
«Non è colpa mia se tu mi ispiri sesso anche nei momenti meno opportuni, poi sei tu che hai iniziato!» - risposi, gli lasciai qualche bacio sul petto prima di sistemarmi tra le sue gambe - «Non ho il lubrificante, lecca.» - dissi, Harry prese le mie dite ed iniziò in modo sensuale a leccarle. Sforbiciai leggermente prima di capire che poteva facilmente entrare, ringraziai mentalmente la sua apertura per essere così…flessibile. Entrai delicatamente, al contrario delle spinte successive che furono abbastanza forti, accorgendomi di ciò, diminuì la velocità chiedendogli ripetutamente scusa e baciandogli il collo, iniziandomi a far sentire piacere. Le sue gambe si ancorarono ai miei fianchi per permettere una maggiore penetrazione.
«Ragazzi siete pronti per and…Dio mio!» - Liam strillò non appena mise piede nel bagno e vide la scena - «Copritevi!»
«Vattene dai coglioni Lee!» - dissi, coprii i nostri membri con la giacca che Harry aveva poco prima tolto ed uscii da lui, spezzando il mio punto massimo di eccitazione.
«Quello che sei tra i coglioni sei tu!» - risi di gusto alla battuta di Liam, prima di ricomporci e di uscire dal bagno. Harry era visibilmente imbarazzato dal tutto, ma il tutto passò in secondo piano quando Liam tornò a parlare - «Mi dispiace avervi interrotto ma la porta era socchiusa, nessuno rispondeva e sono entrato per vedere se andava tutto bene. Ora che ho visto che va tutto bene, posso anche togliere il disturbo e scusate l’interruzione.»
«Troppo tardi per le scuse, ormai Will è andato!» - mugugnai, indicando le mie parti basse - «Prima di andare puoi lasciarci cinque minuti, dovremmo finire un discorso.»
«Finite il discorso, a parole, vi aspetto al tavolo!» - Liam si dileguò dalla stanza, lasciando me ed Harry al centro della stanza con dei boxer ancora troppo stretti. Nella mia testa si era creato un perfetto discorso da dover fare, con tutte le mie scuse, i miei ringraziamenti, le mie paure, ma tutto ciò che la mia bocca emise fu un - «Ti amo.»
«Anch’io Lou.»
«Anche tu cosa?»
«Ti amo anch’io. Non riesco ad innamorarmi di altro quando ho te.» - Harry si avvicinò a me, stampandomi un leggero bacio sulle labbra secche, ancora assetate delle sue - «Questa è la nostra ultima sera qui, domani ripartiamo, perché non facciamo qualche follia?»
 
 
LIAM
 
Tornai immediatamente al tavolo, le mie guance ancora visibilmente rosse. Era strano vedere i propri migliori amici farlo chiusi in un bagno di un ristorante, non volevo interromperli, avrei volentieri rifiutato quella vista ai miei occhi. Non ero ancora abituato a vederli così intimi, era già stato abbastanza strano abituarsi a non abbassare lo sguardo ogni qualvolta che si baciavano, vederli così, faceva uno strano effetto. Cercai di cancellare anche quei pensieri dalla mia testa e tornai su ciò che stava dicendo mia madre. La cena era stata abbastanza tranquilla, molto silenzio prima del discorso di Johannah e molte lacrime dopo. Era stata comunque una noiosissima cena, le nostre madri avevano deciso di ricordare tutti i momenti più dolci e imbarazzanti di me e Louis, Harry, dopo il discorso della signora Tomlinson si era abbastanza estraniato, come un po’ tutti noi giovani, ma mentre io potevo divertirmi e scherzare con la mia ragazza, quei due, nonostante l’approvazione della madre e qualche dolce battuta nei loro confronti, erano costretti a delle veloci occhiate dolci, sfiorarsi le cosce con la scusa del fazzoletto poggiato su di esso ed esilarante era stata la scusa del bagno. Scena che dovevo assolutamente cancellare dalla mia mente. Al ritorno dopo abbondanti dieci minuti, nello stesso momento ed entrambi dal bagno.
«Quei due hanno appena scopato, Louis ha la cerniera dei pantaloni ancora aperta ed Harry ha un succhiotto proprio alla base del collo.» - Milly mi sussurrò all’orecchio, forse dovevo dirle di averli trovati in atteggiamenti molto intimi nel bagno, ma tralasciai la notizia. Per tutta la cena poi si erano mangiati con gli occhi, minimato gesti poco equivoci non appena la signora Tomlinson fosse abbastanza distratta dalle chiacchiere di mia madre. Fu quando le due donne andarono in bagno, seguite da Milly che i due ragazzi si scambiarono un bacio appassionato, sembrava quasi come se non aspettassero altro e forse era così. Beh, in queste cose io non ci avevo mai capito tanto, erano solo belli da vedere. Non che mi piacesse vedere baci tra due ragazzi, mi imbarazzavo ancora per quelli di Louis ed Harry, anche se non ci trovavo nulla di male, era bello vedere due dei miei migliori amici rubarsi quelle piccole attenzioni, soprattutto perché Louis sorrise dopo essersi staccato da quel veloce bacio. Harry lo faceva sorridere e non mi importava se era un ragazzo, se in determinati momenti era una testa di cazzo, io volevo solo la felicità per quei due. Ma tutti i bei pensieri su quei due furono interrotti dalla voce di Harry che richiamava la mia presenza nel mondo reale.
«Faceva così anche da piccolo, si imbambola quando pensa!» - Louis mi passò una mano davanti agli occhi, prima di darmi un leggero schiaffo sul braccio - «Terra chiama Liam!»
«Ci sono deficienti!»
«Volevamo dirti grazie!» - disse Harry, spostai il mio sguardo su un Louis che annuiva alle parole del suo ragazzo - «Per aver parlato con entrambi e aver chiarito le cose, sai che siamo due abbastanza orgogliosi e non solo per questa volta ma per tutte le altre. Ah, scusaci per la scena del bagno, non volevamo che vedessi qualcosa.»
«Dovete iniziarci a pensare voi io non ho moltissimo tempo ancora da dedicarvi ora che arriverà il bambino. Ma mi hanno insegnato che se è davvero amore va come protetto e difeso. Finché non ci pensate voi, proverò io a » - ma fummo interrotti dal ritorno di Milly. Harry mimò un dopo con la mano e tornammo tutti ai nostri rispettivi posti, Harry scese dalle gambe di Louis per tornare alla sedia al suo fianco e iniziammo a parlare di argomenti futili, finché Milly non disse la cosa più intelligente di tutta la vacanza - «Tutti noi lasceremo su quest’isola dei magnifici ricordi, forse il bambino ha inglobato i miei neuroni buoni…»
«Un bambino non può inglobare neuroni.» - disse sapientemente Harry
«Era un modo di dire, cretino! Lasciami parlare! Perché non ci tatuiamo la forma di questa penisola? Vi prego ragazzi!» - guardai sbigottito Milly, mesi fa per un piccolo tatuaggio stava quasi morendo ed ora aveva davvero proposto un tatuaggio di gruppo? Avevo creato un mostro. Louis ed Harry si guardarono un momento prima di iniziare ad annuire anche loro. «È una bell’idea ma tu non puoi, potresti farti male ed il bambino, con l’inchiostro, no.»
«Amore non succederà nulla, mia cugina li ha fatti quando era al settimo mese di gravidanza e sua figlia è uno spettacolo!» - la ragazza fece una piccola smorfia, tirando il labbro inferiore fuori.
«Prendila come una voglia!» - disse Harry, trascinando Louis in un abbraccio, anche davanti alla madre e colsi un’occhiata complice tra i due.
«Stai zitto Harry! Non alimentarle queste strane idee!»
«Ti prego amore! Ho visto che c’è un tatuatore aperto fino a tarda notte in centro, non sarebbe nemmeno il primo tatuaggio che fai in questo modo, ti prego amore mio!»
 
 
«Perché mi avete convinto a fare questa cosa?» - dissi, sedendomi su una delle poltrone rosse del tatuatore. Alla fine mi avevano convinto con subdole faccette e nomignoli ad accettare questa situazione. Non avevo paura per me, la mia pelle era ormai più che tatuata, ma una parte di me aveva il terrore per la salute del bambino, tutto ciò era abbastanza assurdo, ma le infezioni erano solo uno dei pericoli di questi tatuaggi e vedendo il posto, non era certo difficile prendersele. I primi ad andare sotto i ‘ferri’ fummo io ed Harry. Milly era alla mia destra, mi reggeva la mano, anche se il dolore di tutto ciò era minimo. Louis si era avvicinato solo un momento per fotografare la caviglia, posto in cui tutti e quattro avevamo deciso di tatuarci la Grecia per poi tornare alla sinistra di Harry e infondergli un minimo di coraggio. In meno di venti minuti la mia caviglia aveva questa strana cosa tatuata su di essa e più la guardava più questo tatuaggio diventava ai miei occhi uno dei miei preferiti. Soprattutto dopo aver pensato a tutto ciò che era successo su questa terra, nonostante i primi momenti di panico, la notizia più bella e inaspettata della mia vita mi era stata proprio data davanti a questo mare. Sarei diventato padre.
«Harry non hai ancora finito?» - dissi al riccio, che proprio in quel momento si era sbottonato parte della camicia e aveva lasciato un fianco scoperto.
«Veramente io e Louis abbiamo scelto di farne anche uno nostro. Non vi dà fastidio, vero?»
«Cosa vi tatuate?» - dissi, rivolgendomi più al mio migliore amico che al riccio, troppo impegnato a decidere la giusta posizione sul quale sistemare lo stampo.
«Io un lucchetto e lui una chiave ed un filo rosso che collega entrambi.»
«L’akai ito?» - si intromise Milly che era appena salita sul lettino che fino a pochi minuti prima aveva ospitato me.
«L’Aka che?» - Louis e Milly iniziarono a ridere, mi sentii preso abbastanza in giro. Già sapevo abbastanza poco sulla cultura occidentale, figuriamoci quella orientale. Ma Milly non ci mise molte ad esprimere il significato di quelle due strane parole.
«Akai ito è il filo rosso del destino, è una credenza molto diffusa in Giappone, anche se si rifà ad un’antica credenza cinese. La leggenda narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al dito mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona alla quale siamo destinati.»
«Credete di essere destinati uno all’altro?» - Nessuno dei due rispose, ma entrambi si limitarono ad annuire, guardandosi rispettivamente negli occhi. Inutile negarlo, io ero la prima persona che credeva nel loro amore e quel filo rosso tra quei due per me era più che visibile. «Voglio fare anch’io un altro tatuaggio, ora.» Lo sgomento di Milly fu più che comprensibile ma non avendo ancora iniziato il suo tatuaggio fu più che felice di lasciarmi la sua posizione per qualche minuto in più. Il suo coraggio non era certo dei migliori.
«Cosa vuoi che ti faccio?» - disse il tatuatore in un pessimo inglese. Il tizio era abbastanza inquietante, forse il tatuaggio sulla fronte non gli dava un’aria molto tranquilla.
«To infinite and beyond, sotto la frase scrivi Milly ed Alex, vai a mano libera amico.» - ordinai, sistemando meglio il bicipite dove avevo deciso di incidere la frase - «Voi credete nel Aka o come cazzo si chiama, io in Toy Story»
«Me lo aspettavo quel tatuaggio prima o poi.» - sussurrò Louis, avvicinandosi un momento a me - «Mi manca Lou, mi manca così tanto che alcune volte perdo il respiro al suo solo ricordo, ma so come funziona, lui non tornerà mai ed io ricorderò ai miei figli il suo nome, chi era per me. Continuerò la mia vita, realizzerò i miei sogni e finirò per pensarlo solamente nei momenti di malinconia in cui rimpiangerò la mia infanzia e la mia adolescenza. Lui significava così tanto per me, facevamo di tutto per essere sempre come lui. Ti ricordi Lou? Eravamo spavaldi, così diversi tra di noi eppure ci siamo sopportati e supportati per una vita intera o almeno fine alla sua fine.» - involontariamente i miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, Milly mi strinse la mano prima di sussurrarmi un - «Diglielo amore, va bene per me, non aspetteremo la dodicesima settimana per lui.»
Il tatuatore si fermò vedendo la mia agitazione, ormai avevo perso il senso alle parole che davo - «Io non ho il coraggio di venire sulla tua tomba, potrei crollare lì, non ho pianto nemmeno una volta per te fino a questo momento e adesso invece vedimi. Non realizzo ancora che un fratello non è più con me, perché eri questo per me. Non so se sei qui con noi in questo momento, la tua priorità siamo stati sempre noi quindi sono sicuro che sei nascosto qui da qualche parte e sono sicuro anche che te la stai sciallando. Alcune volte sento la tua voce che mi parla, sono sicuro che tra qualche anno saremo ancora tutti insieme. Promettimi che ti prenderai cura di mio figlio a cui darò il tuo nome, non importa se sarà un lui o una lei, devi prendertene cura come hai fatto fino alla tua morte con me e Louis! Promettimelo che sarai l’angelo custode di questo moccioso qui come lo eri per noi quando eri in vita!» - Louis interruppe tutte quelle lacrime con un semplice abbraccio, stavo davvero delirando e questo non era da me, il mio migliore amico mi strinse più forte a sé, non disse una parola, sapeva che quello non era un momento per delle parole, non ce n’erano di abbastanza giuste, le uniche cose che seppe dire o almeno far uscire dalla sua bocca fu una semplice frase - «Manca anche a me.» - ed in quel momento anche le lacrime di Louis si aggiunsero alle mie.
Quel momento divenne da tragico a semicomico quando i tatuatori iniziarono a ridere di noi due, lì stretti in un abbraccia a piangere, Milly spiegò la situazione ma non sembrò interessare a nessuno dei due tipi. Anzi, quello di Harry aveva continuato con il disegno e l’aveva addirittura quasi finito, il tatuatore coprì le aree tatuate con della carta di plastica e suggerì a Louis di sedersi. Harry rimase al suo fianco mentre il tatuatore posizionò nel suo stesso posto lo stampo ed iniziò a coprire la pelle di nero, il riccio era ancora al suo fianco, immergeva le sue mani nei capelli lisci del più grande, massaggiandogli la cute dei capelli.
«Quei due sono destinati a stare insieme.» - fu Milly a parlare, io non feci altro che annuire e dire: - «Niente potrà mai separarli, sono legati da quel filo rosso, sono legati per la vita.»
 
 
DES STYLES
 
03 LUGLIO – 23.01
 
«Des ne sei sicuro?» - la voce calda di Tamara si sparse per tutto il salone.
«Sarà un lavoro pulito, nessuna traccia dell’incidente, ho già parlato con chi di dovere, deve stare lontano da mio figlio.»
 
 
 
 
 
ANGOLINO DI G:
 
Scusate l’assurdo ritardo ma ho problemi con internet avendo da poco cambiato casa, sembra sempre che inventi qualche scusa, ma che posso dire, il destino non vuole che io sia puntuale con Far Away.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, è più un capitolo di passaggio in realtà perché tra poco Harry partirà per LA e non si sa bene cosa succederà ai nostri Larry, ci sto già lavorando, forse questa è l’unica buona notizia. Tempo fa dissi che sarei rimasta entro i 20 capitoli ma non credo di riuscirci, quindi manca ancora un pochino alla fine e non so se sia un bene o un male. Vorrei ringraziare tutte quelle che commentano e votano questa storia, è sempre strano vedere gente che perde tempo a leggere le mie parole.
Grazie soprattutto a Milly, Linda ed Aurora che ancora credono in questa storia.
Sparisco a finire di scrivere un’altra ff che sto preparando, sempre Larry, solo un po’ più particolare di Far Away, ma attenderò ancora un pochino prima di pubblicarla.
Grazie ancora per tutto il vostro amore.
Se volete su Twitter sono @Farawaytome (Sì, io e il Far Away siamo un tutt’uno da molti anni ormai)
Grazie <3
-G

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Capitolo 15
*** I belong to you ***



  
 
LOUIS
5 LUGLIO – 09.41
 
La pellicola che nascondeva parte del mio fianco appena tatuato tirava sulla mia pelle, erano passate poche ore da quando avevo inciso quella promessa su di me. Tolsi il foglio trasparente ed iniziai ad osservare quel lucchetto tatuato, quella era solo una delle tante promesse che parlavano del nostro amore. Harry era di fianco a me, la sua mano era stretta al mio petto, le nostre gambe ancora intrecciate tra loro, il suo viso era rilassato, i capelli gli cadevano sul viso, comprendo gran parte della fronte. La notte precedente avevamo ripreso quel ‘discorso’ che era stato interrotto da Liam nel bagno e i nostri vestiti buttati per tutta la stanza ne erano la testimonianza. Avevamo fatto l’amore, sentivo di appartenere al suo corpo, alla sua intera vita. Ed era bello sentirsi parte di qualcosa, di qualcuno. Appartenevo a questo ragazzino dai capelli disordinati, avevo paura del nostro futuro incerto ma allo stesso tempo la mia felicità dipendeva da lui e non c’era nulla di più vero. Non mi interessava quello che la mia vita aveva in riservo per me, l’unica mia pretesa era di restare al suo fianco.
«Hai finito di fissarmi?» - disse il riccio, i suoi occhi ancora semichiusi, la bocca impastata dal sonno. Passò una mano tra i suoi capelli, mi regalò un leggero sorriso e poi si avvicinò a me, poggiando la testa dove fino a pochi attimi prima regnava la sua mano. Iniziai ad accarezzargli i capelli, stampandogli, di tanto in tanto, qualche leggero bacio, mentre vedevo la sua testa muoversi ad ogni mio respiro.  
«Buongiorno amore.»
«Buongiorno mio Lou, torniamo a dormire ora?» - si sistemò meglio sul mio petto e tornò nel suo mondo dei sogni, quel mondo che per me era diventato realtà – “Stupido Harold che mi fa rincretinire!”
«Harry sono quasi le dieci, dobbiamo prepararci, non lo vuoi fare un ultimo bagno?»
«Voglio solo dormire.» - Harry mugugnò queste parole prima di rigirarsi dall’altra parte del letto e cercò di tornare a dormire.
«Se non riesco a svegliare te, sveglio il tuo amichetto eh!» - il piccolo, ancora in dormiveglia iniziò a ridere, spostandosi nella mia direzione e togliendo le lenzuola che lasciarono in mostra tutto il suo corpo ancora nudo. Dopo aver fatto l’amore, non ci scomponevamo più di tanto, rimanevamo abbracciati e ancora ansimanti finché non sopraggiungeva il sonno per entrambi, rimettersi i boxer addosso era l’ultimo dei nostri pensieri.
«Accomodati pure» - disse ridendo il ragazzo, aprendo definitivamente gli occhi e regalandomi il primo sorriso della giornata. Posai la mia mano sul suo fianco, iniziando a disegnare dei piccoli cerchi con le dita, mentre le nostre labbra iniziavano ad assaporarsi, la mia mano intanto si era spostata dal suo fianco al suo membro e con dolci ma allo stesso tempo sicuri movimenti, si muoveva su tutta la sua lunghezza. Harry si allontanò dalle mie labbra - «Hanno bussato?» - disse.
«Lascia stare!» - mugugnai prima di riprendere le sue labbra tra le mie e continuare quel lavoro che avevo da poco iniziato, Harry iniziò a dimenarsi sotto il mio tocco - «Lou più veloce, se continui così impazzisco.» - accolsi la sua supplica del più piccolo e accelerai il movimento della mia mano ma Harry si irrigidì nuovamente, dicendo - «Un attimo!» - lo guardai con aria confusa mentre si allontanava da me, prese un paio di boxer puliti dalla sua valigia e si avviò verso la porta.
«Sarà Liam, ha un sesto senso nell’interromperci!» - dissi, rimanendo comodamente allungato nel letto, ancora nudo e con un’erezione tra le gambe che non vedeva l’ora di essere accolta da Harry. Il riccio, quasi con la convinzione di trovare davanti a sè il suo amico, aprì la porta della stanza non curante del suo aspetto e soprattutto del mio, ma davanti a lui non c’era certo il mio migliore amico.
«Spero di non avervi svegliato!»
«No figurati Johannah!» - strillò il nome di mia madre così da mettermi al corrente della presenza della donna; ero bloccato nel letto, per giunta nudo, con mia madre alla porta ed il mio ragazzo davanti a lei in boxer.
«Louis ancora dorme?» - Harry fece un passo indietro per accertarsi delle mie condizioni, non visibile, grazie al muro, alla visuale di mia mamma. Mi fece un sorrisino beffardo, tornò dalla donna e disse - «Si è svegliato da poco ma non è molto presentabile, vuoi che gl-»
«Ho capito, veramente vorrei parlare con entrambi, è possibile avere la vostra presenza tra una decina di minuti giù?» - disse la donna, con una tono di voce dolce, rilassato, un tono che non le avevo mai sentito prima di quella vacanza in Grecia. Lei era sempre stata così severa con noi, non era da “cose da mamma”, da abbracci, da baci della buonanotte, era la dottoressa Tomlinson anche in casa con i suoi figli. Quel tono non le apparteneva eppure era così bello sentirlo provenire dalla sua bocca e non da quella di Karen, che per me era sempre stata una seconda mamma.
«Va bene Johannah, tra dieci minuti davanti la reception.» - pronunciò il ragazzo, prima di sentire la porta chiudersi ed il peso di Harry abbassare il letto. Si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla tempia e disse: - «Andiamoci a fare una doccia veloce e scendiamo per vedere cosa vuole. Poi andiamo anche a fare shopping di souvenir, devo riportare assolutamente qualcosa a Niall.»
Niall.
Harry ne aveva parlato per tutti i dieci giorni di vacanza. Aveva raccontato di come avevano fatto pace, di tutti i loro messaggi giornalieri che erano soliti scambiarsi, delle chiamate di sfuggita, della sua nuova storia con Zayn. Liam peggiorava il tutto dando corda al più piccolo, chiedendogli anche come procedeva il loro rapporto e di invitarlo in prima possibile a Londra poiché anche lui non vedeva l’ora di rivederlo. Non ero geloso, assolutamente, dovevo essere grato a Niall in un certo senso per quello che mi aveva detto su quella panchina la sera in cui Harry mi aveva detto di Los Angeles, ma mi dava fastidio vederli così uniti, forse ero egoista, ma lui ed Harry avevano condiviso qualcosa e non credo che un Zayn qualsiasi possa eliminare dalla testa Harry. E se Niall voleva solo riprendersi Harry? E se i suoi messaggi amichevoli erano un modo per tornare a stare sempre con il mio ragazzo?
«Lou?» - Harry richiamò la mia presenza.
«Harry tu sei solo mio, giusto?»
«Giusto amore.»
 
 
Mia madre era seduta su uno dei divanetti presenti nella spaziosa hall, in mano una rivista ed il solito panama a coprirle gran parte del viso, era sola e aveva quell’aria che non le avevo mai visto addosso, era come indifesa, assomigliava ad una madre.
«Ciao ragazzi!» - la donna si alzò dal suo posto e venne verso di noi, regalandoci un sorriso - «Avete già fatto colazione?» - Harry scosse la testa in segno di negazione e fummo letteralmente trascinati al bar della piscina dove mia madre ordinò per tutti noi uno strano dolce dal nome impronunciabile e dello yogurt greco con del caffè.
«A che ora avete l’aereo?»
«Alle sette, ma Liam vuole essere in aeroporto almeno per le quattro, sai com’è.» - dissi - «Voi quando ripartirete?»
«Tra sei giorni, ci godiamo ancora un po’ questa vacanza senza il casino dei nostri figli.» - disse ridendo la donna - «Karen ormai è su di giri, parla solo di suo nipote ed ancora non è nato. Ha già una marea di nomi in mente, se è una piccola, vuole chiamarla Athena, per ricordare questo viaggio, se un maschietto invece spera in qualche nome di famiglia.»
«Noi sappiamo già il nome.» - disse Harry, addentando il suo dolce, ma sono in quel momento si rese conto di ciò a cui era appena andato incontro.
«Quale sarà? Promesso che non dirò nulla a Karen! Dai ragazzi!» - Harry si girò verso di me, non sapeva ciò che fare, lui non avrebbe mai pronunciato quel nome, non era suo compito. Mia madre continuava intanto a supplicare per voler sapere il nome che i due ragazzi avevano deciso.
«Alex.» - dissi, aspettandomi una reazione, non delle migliori, di mia madre. Lei restò in silenzio per qualche minuto, concentrò tutte le sue attenzioni su quel caffè ormai freddo, non alzò gli occhi nemmeno per un attimo, finché disse: - «Era il suo migliore amico insieme a te, c’era da aspettarselo. Sono davvero contenta per lui e Milly, il suo nome sarà ancora una gioia e non un dolore.»
«Mamma…»
«Sto bene Lou, non lo supererò mai, ma ho iniziato a farci l’abitudine. Non svegliarmi e trovare il suo solito casino nel bagno, il dentifricio anche sullo specchio, le sue scarpe buttate in cucina ed i suoi calzini incastrati tra i cuscini del divano. Ma ci sto facendo l’abitudine, guardo la sua tomba e ho smesso di piangere, ho finito le lacrime insieme a tutte le mie forze. Mi pento di non avervi mai dato tutte le attenzioni che davvero meritavate. Negli ultimi mesi ho cercato di recuperare il rapporto con le tue sorelle e sembra che ci sia anche riuscita, loro sono facilmente comprabili con vestiti e qualche uscita in più, ma con Alex non ho più tempo per recuperare e tu invece sembra sempre che sia sul punto di gridarmi addosso tutto il tuo odio.» - le lacrime andavano libere sul suo viso, non si vergognava, non le asciugava, le lasciava cadere e mi fissava con quei suoi occhi così uguali ai miei.
«Mamma io non ti odio, non pensarlo.»
«Louis per favore, non mentirmi. So di non essere mai stata la migliore delle madri per te. Hai un rapporto migliore persino con la nostra vicina di casa, dovevo arrivare in Grecia per sapere davvero chi era mio figlio e ne sono felice, non fraintendermi. Io non faccio questo solo per farmi accettare da te, ho semplicemente capito che fingere non mi porterà più da nessuna parte. Ho smesso di essere forte quando quel giorno di agosto la polizia ha bussato alla nostra porta. Da quel momento la mia vita non ha fatto altro che cadere a pezzi. Tu sei andato via, hai smesso di tornare i fine settimana a casa, hai iniziato a passare tutto il tuo tempo a Londra. Mark ha iniziato a non porsi più nessun problema nel nascondere le sue amanti. Ha chiesto il divorzio un mese e mezzo fa, a Settembre andrà a vivere con la sua nuova compagna. Ha la vostra età quella ragazza e questa cosa è così umiliante per me. Voglio essere una persona migliore, ho passato anni ad analizzare migliaia di persone ma non ho mai analizzato me ed il mio comportamento. Ho ott…sette figli a cui dare tutto il mio amore e l’ho capito grazie a te.» - la donna si rivolse verso il ragazzo più piccolo, sfiorandogli il braccio e sorrise, sorrise vedendo Harry prenderle la mano e stringerla tra le sue, accarezzando accuratamente il dorso della mano.
«Perché io?» - disse Harry, dopo qualche secondo di silenzio, dove l’unico rumore era il singhiozzare della donna.
«Tu mi hai fatto capire tante cose ragazzino. Appena sono arrivata, tu ti sei avvicinato a Louis come a proteggerlo per poi rimanere tu stesso ferito, ma non hai detto nulla, hai subito il mio odio senza rispondermi mai male anche se lo meritavo. Sono stata una grandissima stronza con te, ma dopo la mia stupida scenata mi sono come autoanalizzata e avevo sbagliato ogni singola parola. In piscina continuavo a pensare e la stessa notte, continuavo a rigirarmi il tuo anello tra le mani ed è come se tutto si fosse svegliato in me. Non mi importa se ami un ragazzo, voglio solo che tu sia felice, solo questo. Voglio essere una madre migliore per tutti voi, voglio smettere di essere questa donna fredda, voglio iniziare davvero a vivere la mia vita, senza questo gelo in me.»
«Io non so cosa dire mamma, io non ti ho mai odiato. Volevo solo starvi lontano per non darvi l’ennesima delusione della vostra vita. Tu e papà avete sempre rinnegato due persone dello stesso sesso insieme e tutto ciò mi spaventava.»
«Non posso rinnegare mio figlio ed Harry, grazie per quello che hai fatto per me e per Louis, soprattutto per lui. Da quando sei arrivato nella sua vita, per quello che è potuto vedere, è felice ora.» - disse, prima di alzarsi dalla sua sedia e venire nella mia direzioni e stringermi. Un abbraccio quasi da togliere il fiato che non avevo mai ricevuto da lei. Stava per crollare, ma io l’avrei sorretta, abbandonando tutti i miei pensieri su di lei, avevo conosciuto mia madre quel giorno di Luglio - «Prenditi cura di lui, Harry.»
«Mi prenderò sempre cura di lui Jay, promesso.»
«Grazie Harry, posso chiederti un favore?»
«Certamente.» - rispose sicuro Harry, non abbandonando con lo sguardo il viso sorridente di mia madre.
«Posso parlare qualche secondo da sola con mio figlio?»
«Assolutamente sì. Ti aspetto di sopra amore.» - Harry si alzò dalla poltrona su cui era seduto, strinse in un veloce abbraccio mia madre che ricambiò felice e poi si diresse verso di me, passò la sua mano, troppo grande rispetto alla mia, nei miei capelli, mi regalò uno dei più bei sorrisi della mia vita e mi stampò un leggero bacio, casto, sotto gli occhi attenti della donna, eppure bellissimo e pieno d’amore, com’era Harry.
 
 
NIALL
 
«Zayn ti prego alzati!»
«Ni ti prego, lasciami dormire! È solo mezzogiorno!»
La luce filtrava ormai forte dalla finestra della camera di Zayn, colpa del suo volerla lasciare sempre aperta senza tirare mai la tenda, questo era uno dei prezzi da pagare per risvegliarsi accanto a Zayn. La nostra storia era iniziata solo qualche settimana prima e anche in un modo assurdo, oserei dire.
Dopo la sera del diploma, dopo il discorso con Louis ed il messaggio ad Harry, mi ritrovai a vagare tra le stradine della mia città, non avevo voglia di tornare a casa, mi ero appena diplomato, volevo festeggiare! Girai un po’ per strada finchè non incontrai Beth, non parlavamo da molto tempo ed era l’occasione perfetta per risolvere tra noi o almeno così pensavo. Era in compagnia di due ragazzi, uno era Anthony, era troppo grosso per essere confuso con qualcun altro e dall’altra parte, a reggere una Beth ubriaca fradicia c’era Zayn. L’avevo visto poche volte, non usciva mai per Holmes Chapel e quelle poche volte che lo avevo incontrato era con Harry. Lo odiavo, ero estremamente geloso di lui poiché aveva al suo fianco il ragazzo per cui io avevo una cotta e poi era di una bellezza disarmante: occhi che ancora non riesco a definire, labbra carnose, capelli neri legati in un codino ed un fisico asciutto pieno di disegni tatuati, era così opposto a me eppure quella sera, dopo aver riportato Beth a casa sua e averla lasciata nelle mani di Anthony, Zayn aveva insistito per offrirmi qualcosa da bere e così ci ritrovammo in un pub poco lontano da casa mia a parlare delle nostre vite, della musica, di quanto fastidiosamente piccola sia questa città, del suo sogno di scappare e del mio di andare il prima possibile a Londra a studiare. Sorrideva, sorrideva alle mie parole, mi guardava con aria interessata, come se io potessi essere qualcuno d’importante, qualcuno che vale la pensa ascoltare. Io facevo lo stesso, o meglio, mi limitavo a fissargli le labbra mentre parlava di qualche suo tatuaggio. La cosa più bella della serata, ma questo Zayn non lo sa, è che durante quella serata con lui non avevo pensato nemmeno un attimo ad Harry, non lo avevo paragonato a quel ragazzo, anzi, lo trovavo più interessante, più bello, più adatto a me e Zayn lo era. Lo capii quando all’alba mi riaccompagnò a casa e mi abbracciò sotto il porticato, dicendomi semplicemente – “Grazie per la serata” – e per la prima volta in vita mia, presi quel tanto che basta di coraggio e lo baciai. Un bacio semplice, un leggero sfiorarsi di labbra ed un sorriso subito dopo. Non era disgustato da me, non si era scansato, anzi, mi aveva afferrato la mano e aveva iniziato a giocherellare con questa. Il mio stare bene con Zayn Malik era iniziato proprio da quel momento. Ci scambiammo non so quanti messaggi durante i suoi tre giorni a Londra e quando tornò, la voglia di averlo vicino a me era troppa e tutto ciò non mi era mai capitato, non sapevo come gestirlo. Avevo paura di annoiarlo, non sono mai stato un tipo così interessante e avevo come la sensazione di opprimerlo con i miei troppi messaggi, ma se la sera, ogni sera, lui si presentava davanti casa mia, con un sorriso, forse non ero tanto male. Avevo trovato anch’io quella persona che mi faceva sentire completo ma soprattutto quella persona che aveva cancellato dalla mia testa Harry. Con il riccio le cose andavano comunque bene, lo sentivo quotidianamente per sapere come andava e se soprattutto Louis lo trattava nel modo in cui Harry meritava, non si era lamentato nemmeno una volta, sorrideva sempre al pronunciare quel nome e anche solo ascoltando la sua voce potevo sentire che era innamorato della sua metà, come io lo stavo per diventare di Zayn.
«Ti devi alzare, è quasi mezzogiorno e devi cucinare, ho fame!» - dissi al più grande, provando a smuovere il suo corpo dal letto, ma la sua unica reazione fu quella di portarsi il lenzuolo sul volto e mugugnare qualche verso incomprensibile - «Se ti alzi, dopo aver fatto colazione ti faccio un pompino!»
«Okay, mi sveglio!» - disse con la voce ancora impastata dal sonno, prima di scoppiare in una risata e darmi il solito bacio del buongiorno. Ormai avevo preso l’abitudine di dormire da lui già da qualche giorno, era strano svegliarsi con lui al mio fianco ma era comunque il miglior risveglio del mondo, o almeno lo era finché non dovevo svegliare anche lui poiché non era certo un’impresa molto semplice. Aveva il turno al negozio dove lavorava dalle due fino alle otto, ora di chiusura, quindi il tempo a nostra disposizione si concentrava la mattina, dove Zayn preferiva dormire e la sera, avevamo assunto come una routine, Zayn preparava la cena, mangiavamo, ridevamo vedendo uno stupido show in televisione e dopo uscivamo, solito pub, solito tavolo, solita ordinazione, solite persone. Avevamo una nostra routine eppure non eravamo ancora qualcosa di ufficiale. Dormivo a casa sua, passavo quasi tutto il mio tempo con lui, scopavamo eppure il moro non sapeva definire ciò che eravamo, ai suoi amici ci aveva definito come “amici con benefici” eppure io lo sentivo molto più vicino di uno scopamico, mi faceva quasi schifo pensare a noi in quel modo, noi eravamo una giusta coppia, ma eravamo tale solo nella mia testa.
«Stasera torna Harry dalla Grecia!» - dissi euforico, passando una mano nei suoi capelli e spostandoli indietro, lasciando scoperto il viso, baciai le sue labbra e continuai - «Sono davvero felice di rivederlo.»
«Io non lo sono.»
«Perché?»
«Non sono felice che tu e lui passiate del tempo insieme.»
 
 
 
 
LOUIS
 
05 LUGLIO – 01.23
 
 
Quei pochi secondi in cui mamma voleva parlarmi si erano trasformati in una conversazione di quasi quattro ore, ma ne era valsa assolutamente la pena. Avevamo parlato liberamente, per la prima volta, di tutto ciò che avevamo in testa, dei nostri pensieri, delle nostre paure, persino delle ansie che mia madre aveva nei miei confronti. Avevamo riso, scherzato, pianto e a tratti eravamo stati anche molto seri. Mi aveva fatto promettere di tornare a Doncaster almeno una volta al mese, se volevo anche con la compagnia di Harry e di iniziare a fidarmi di lei, punto più delicato ma ci avremmo lavorato insieme.
Entrai in camera e trovai Harry disteso sul letto, le cuffie nelle orecchie non gli avevano fatto sentire il mio rientro, era intento a scrivere su un’agenda qualcosa.
«Ehi mi hai spaventato!» - disse non appena mi avvicinai abbastanza a lui da farmi notare, con un movimento rapido chiuse l’agenda e la nascose sotto uno dei due cuscini - «Mi stavo annoiando ad aspettarti, dobbiamo andare a comprare dei souvenir, non voglio sentire mia nonna lamentarsi che non le ho riportato nulla dopo dieci giorni di permanenza in Grecia!»
«Che scrivevi?» - allungai il braccio per prendere l’agenda che aveva nascosto sotto il cuscino ma fui bloccato bruscamente.
«Non sono affari tuoi Lou, non ti impicciare, per favore.»
«Che cos’è?»
«È solo un’agenda dove scrivo qualche pensiero.»
«E ci sono anch’io?»
«Oh, sì, parlo molto spesso di te, ecco perché me ne vergogno. Ho diciotto anni, non è il massimo scrivere queste cose alla mia età.»
«Voglio che tu mi legga una sola cosa scritta su di me.»
«Louis è imbarazzante!»
«Una sola, solo per vedere se sono cose belle o brutte.»
Harry sospirò un paio di volte, altrettante mi guardò con aria confusa e sconfitta. Prese quell’agenda, rivestita da del cuoio ormai consumato e pieno di disegni e scritte, tra cui una ‘L+H’ che mi fece nascere istintivamente un sorriso ed aprì in una pagina a caso. Iniziò prima a leggere il tutto con gli occhi, divenne rosso in un paio di punti e poi disse: «Non è il mio giorno fortunato!»
«Perché?»
«La pagina che ho aperto racconta dell’altra notte, quando noi abbiamo fatto l’amore e diciamo che ho scritto davvero tanto quel giorno e ci sono punti abbastanza imbarazzanti che non v…»
«Leggi e basta!»
«Non dovrei raccontarti di questo, vorrei lasciare tutto nella mia testa, per avere il lusso di chiedermi se ciò che è successo è reale o meno. Ma devo affidare i miei ricordi a qualcuno, è per questo che scrivo ogni giorno, ho paura di dimenticare. Tu un giorno racconterai la mia storia, la mia intera vita e da quel 12 dicembre racconti anche la mia storia d’amore con Louis. È successo, tra ansie, paure e voglie è successo che i nostri corpi si sono uniti perfettamente uno con l’altro. Avevo così tanta paura, ero estremamente terrorizzato ma poi Louis mi ha preso per mano, mi ha baciato e tutto è andato nel verso giusto. Verso giusto, non proprio, non volevo stare sotto, ma quando ho provato ad entrare dentro di lui, ho visto quelle lacrime solcargli il viso dal dolore e allora ho capito che non era la cosa giusta. Non mi interessa quale posizione devo avere con lui, sentirlo dentro di me è stata la sensazione più bella. Ci siamo uniti, completati. Ho fatto l’amore per la prima volta, ho tenuto gli occhi aperti per vedere i suoi occhi puntati nei miei e avevo la certezza che quello non era semplice sesso, no, lì, tra il sudore dei nostri corpi si è consumato un fuoco d’amore. Con Louis è sempre amore, dal primo giorno in cui ci siamo incontrati. Ho raccontato anche troppo della nostra storia. Lui non è la passione e il sesso di Zayn o la scappatella con Niall, lui è sentimento, è sentirsi bene in sua presenza, al posto giusto, per dirlo a suo modo, sono io felice e lui di fianco a me. Non volevo ansimare, volevo solo ripetergli un’infinita serie di ‘Ti Amo’, di quanto ero contento di essere io il ragazzo della sua vita.
Tornando a questa notte, sarà difficile cancellarla dalla mia memoria e persino dal mio corpo, lui dorme di fianco a me, tiene stretta la mia mano ed io scrivo. Ho paura del futuro, di cosa succederà una volta lontani, del perché papà ha anticipato la partenza, ma tutte le mie certezze più belle sono racchiuse in Louis. Vorrei svegliarlo per tornare ad affondare il mio volto nel suo petto, unirci insieme in un ansimo, fare ancora, ancora e ancora l’amore con lui, ma so che domani mattina lui sarà al mio fianco e va bene così. Abbiamo tutto il tempo per amarci.» - Harry finì di leggere il tutto, un colorito rossastro regnava sul suo volto. Chiuse l’agenda, buttandola incurante sul comodino e si avvicinò a me. Quasi non respiravo, tutte le mie parole erano state annullate da un’unica frase che con tutto il contesto della nostra prima volta non c’entrava nulla.
«Ho saltato alcune parti, scusami ma erano davvero imbarazzanti…Lou tutto okay?»
«Che vuol dire che tuo padre ha anticipato la partenza?»
Harry si allontanò da me, si alzò ai piedi del letto e con il viso tra le mani iniziò a sospirare, prima di dire - «Non trovavo un modo per dirtelo, lo so da qualche giorno. Dovevamo partire verso metà agosto ma ha deciso di partire a fine luglio, il 29 precisamente. Scusa Lou se non te l’ho detto prima ma davvero, ma non volevo rovinare questi giorni insieme.»
«Ci resta così poco tempo Harold.»
«No Lou, non dire così – si avvicinò a me e mi prese il volto tra le mani, sfiorandomi con i pollici le guance – ci vedremo presto, lo sai»
«Io ho paura, ne ho davvero tanta! Non voglio finire col diventare uno sconosciuto per te!»
«Non sarai mai uno sconosciuto per me! Sei il mio ragazzo, la persona con il quale voglio un futuro. Credimi, noi ce la faremo!»
 
 
 
20 LUGLIO – 12.44
 
Erano ormai giorni che avevamo abbandonato la Grecia per tornare nella nostra solita Londra, ognuno impegnato con la propria vita o meglio, ognuno impegnato con la sua nuova routine: Liam ormai faceva avanti e dietro da casa di Milly per prendere le ultime cose che erano rimaste in quell’appartamento, la ragazza si era ufficialmente trasferita da noi almeno fino al parto, da quel giorno in poi, sarebbe stata un’incognita la sua vita, anzi, la loro. Liam, sotto osservazione della madre, aveva capito che era l’ora di lasciare il covo che era il nostro appartamento ed iniziare a cercare una vera e propria casa, con tanto di giardino e vicino a qualche buon asilo, magari a Doncaster. Erano finiti i nostri tempi, era il momento di crescere, ma almeno per qualche altro mese avrei goduto della compagnia sotto lo stesso tetto di quello che era il mio migliore amico. La casa ormai era già stracolma di scatoloni, strani oggetti per la cucina e il bagno riempito da deodoranti, bagnoschiuma e oli dai nomi impronunciabile. Liam era già tornato a studiare per i suoi ultimi impegni universitari, aveva fatto richiesta per entrare nell’appello delle lauree di ottobre e c’era riuscito. Milly era ormai sopraffatta da parenti e amici che venivano ad accertarsi delle sue condizioni. Il giorno prima aveva fatto la sua prima vera ecografia, niente di eclatante secondo lei, ma secondo Liam invece era stato qualcosa di meraviglioso, per la prima volta aveva visto suo figlio o meglio, quella macchia grigiastra che presto sarebbe divenuto suo figlio, aveva sentito il suo battito e per un attimo il suo, di cuore, ne aveva persi un paio. Aveva fatto sei copie della prima ecografia, una era già sistemata nel suo portafoglio, pronta ad essere esposta con chiunque parlasse, un paio erano state date alle future nonne, una per me, una nell’album di famiglia che Harry li aveva regalato e un’ultima copia era attaccata sul frigorifero con la dicitura: ALEX MARCUS/BIANCA PAYNE – 19 LUGLIO 2012, PRIMA VISITA – 9,13 CM
Per Liam era e doveva essere un maschio, non avrebbe accettato altro, infatti quelle cose che aveva comprato erano tutte cose azzurre, blu e nell’eventualità verdi, Harry aveva contribuito a comprare tute blu dell’Adidas e giochi musicali, io mi ero limitato a trattenere Harry. Milly e tutte le sue amiche, ormai anche loro assidue frequentatrici di casa, speravano in una femmina: Alex Bianca. Loro per restare più neutrali e non spendere soldi inutile avevano comprato tutine e completi bianchi. Ormai era una vera e propria guerra tra sessi.
La mia routine invece non era molto cambiata, tranne per il fatto che io ed Harry vivevamo insieme, almeno per il tempo che ci era permesso stare insieme. Il ragazzo era tornato un paio di volte ad Holmes Chapel, io l’avevo volentieri seguito, soprattutto perché sapevo che doveva incontrarsi con Niall, non era gelosia, sia ben chiaro, solo paura che quel biondino potesse anche solo in qualche modo toccare il mio ragazzo, mio, mi faceva accattonare la pelle e poi avevo promesso di andare a salutare nonna Styles, quindi la mia era un’ottima scusa per tenere sott’occhio Harry. Ad Holmes Chapel era filato tutto liscio, i nonni di Harry erano qualcosa di eccezionale, dopo aver pranzato tutti insieme, i due si erano cimentati in un piccolo spettacolo col pianoforte e per la prima volta avevo immaginato anche me ed Harry, vecchi, ancora insieme a cantare canzoni della nostra giovinezza. Era stato tutto magnifico fino all’arrivo di Des, Harry continuava a ripetermi che il padre in realtà non era così, che mi stava come studiando, ma avevo timore anche solo nell’incrociare il suo sguardo col mio. La sera in cui restai a dormire da lui, suo padre mi aveva preso da parte ed intimato di non convincere Harry a non trasferirsi a Los Angeles ed io non avevo potuto replicare nulla, poco c’era da replicare ad una persona come quella, avevo semplicemente annuito ed impaurito ero fuggito tra le braccia di un Harry all’oscuro di avere un padre folle e non in senso buono.
«Lascia stare Harry oppure ne pagherei tu stesso le conseguenze.» - quelle parole erano ancora nella mia testa, nonostante fossero passati giorni interi da quell’episodio ed io ero ancora terrorizzato e troppo codardo per raccontare ad Harry di suo padre e di quel suo sbattermi ad un muro e dirmi quelle parole, ma non avevo paura per me, poco mi interessava, ma tutti i miei pensieri erano per la vita con quel pazzo a Los Angeles, io non sarei potuto esser lì a difenderlo ed era questo ciò che mi terrorizzava. La seconda volta nella città natale di Harry era andata decisamente meglio, il signor Styles non c’era causa un viaggio di lavoro ad Amburgo, i nonni invece, dopo pranzo ci avevano lasciato tranquillamente soli.
«Mi sono appena ricordato che non abbiamo ancora fatto nulla in camera mia.» - mi sussurrò Harry prima di trascinarmi in camera sua ed iniziare frettolosamente a baciarmi, per arrivare veloce alla linea dei miei pantaloni. Il sesso con Harry era diventata ormai una quotidianità, come lo erano diventate le lamentele di Liam per il troppo casino durante la notte. Io ed Harry passavamo metà della nostra giornata a dormire, quindi la notte ci ritrovavamo con poco sonno avvinghiati uno all’altro. Le nostre giornate giravano solo intorno a noi ed era una sensazione unica, meravigliosa. Harry era solito alzarsi prima di me, chiamava sua madre e sua nonna e poi cercava di svegliarmi, dopo i soliti tre tentativi falliti andava a chiacchierare con Milly, alcune volte perdevano tempo con delle mini maratone di serie televisive di cui parlavano spesso, lei per occupare il tempo in cui Liam non c’era, Harry invece, aspettava semplicemente me per iniziare davvero la sua giornata, giornata che iniziava sempre con una doccia, insieme, con annessi bacini troppo vicini, mani in posti compromettenti e labbra unite. Harry aveva preso questa strana abitudine di andare a trovare la madre nel bar in cui lavorava. La prima volta con la scusa di portarle la collana che aveva comprato per lei in Grecia, la seconda per il compleanno della donna, la terza perché voleva un suo consiglio e così quasi tutti i giorni, quando non dormivano o non eravamo avvinghiati uno all’altro, passavamo del tempo in quel piccolo bar, sempre più tempo. All’inizio ci sistemavamo in un tavolo all’angolo, Harry lo aveva definito come nostro, chiacchieravamo con Anne per un’oretta e poi lei, richiamata dagli affari e dall’ora di pranzo ci lasciava. Successivamente Harry aveva iniziato ad aiutare la madre soprattutto quando il personale andava in pausa ed Anne gradiva una mano in più, soprattutto nei momenti in cui il locale era pieno. Harry si destreggiava tra i tavoli e dietro il bancone, sorprendendo me e sua madre, era davvero portato, soprattutto con i clienti, aveva quel suo modo di fare che ammaliava tutti, finiva il suo turno, se così possiamo chiamarlo, con almeno un paio di numeri di telefoni e altrettante mie occhiatacce. Io di solito rimanevo al nostro tavolo, con i miei appunti dell’università davanti a vederlo servire cornetti fumanti e caffè macchiati. Ogni tanto mi avvicinavo a lui per stampargli un bacio, le prime volte avevamo la discrezione di andare dietro al magazzino o nel bagno, ma dopo le corteggiatrici e anche qualche corteggiatore che Harry aveva iniziato ad avere quel bacio era non solo un piacere, ma anche un segnare il mio territorio. Ma la cosa più importante in quel luogo non eravamo noi ma il rapporto che si era andato a creare tra Harry e sua madre, erano così tanto in simbiosi, uguali nei loro gesti, nel loro porsi alle altre persone e nel loro modo di sorridere, con le loro adorabili fossette a contornare il tutto. Harry era felice di ciò ed io lo ero per loro, perché meritavano un po’ di pace dopotutto e anche Anne meritava quei suoi momenti col figlio prima della sua partenza per Los Angeles.
«Perché non lo convinci a rimanere qui? Lì non sarebbe contento!» - mi disse una volta Anne, mentre il figlio era impegnato a servire qualche cliente.
«Non posso obbligare a scegliere me a dispetto del suo futuro e poi il suo ex marito non credo che ne sarebbe felice.»
«Ti ha detto qualcosa Des?»
«No, ma me l’ha fatto capire molto bene. Vorrei tanto averlo vicino a me, questi giorni sono stati fantastici con lui sempre al mio fianco ma deve prendere la sua strada.»
«Spero che mio figlio apra gli occhi.»
Preferivo totalmente Anne a Des, lei era così genuina, dolce e anche se non ero parte della sua famiglia, mi faceva sentire come tale. In quelle due settimane spesso mi ero fermato a pensare a cos’era diventata la mia vita, la mia famiglia e tutto sembrava aver preso una giusta linea. La mia famiglia era diventata quel ragazzo dagli occhi verdi e non c’era sensazione più bella di sapere di far parte di qualcosa con qualcuno che ami, soprattutto se quel qualcuno era proprio Harry Styles.
 
 
22 LUGLIO – 09.30
 
Liam bussò tre volte prima di entrare in camera, ormai aveva preso quest’abitudine dopo che, più volte, aveva trovato me ed Harry in atteggiamenti intimi. Il ragazzo più piccolo dormiva ancora quindi intimai al mio migliore amico di far silenzio mentre prendeva le chiavi della mia macchina dalla scrivania ed usciva.
«Harry sei sveglio?»
Il riccio staccò la presa che aveva dalla mia mano e si girò dall’altra parte del letto rubando gran parte delle lenzuola. Delicatamente uscii dalla sua presa e mi diressi verso la cucina, nonostante adesso fossimo in quattro e non più in due, la cucina era il solito casino di sempre ed il frigo ancora più vuoto. Milly e Liam non avevano lasciato neanche un goccio di latte e il vasetto di crema alle nocciole e cacao con cui Harry era solito fare colazione era stato svuotato del tutto. Mi sistemai velocemente i capelli, mi infilai la tuta e presi le chiavi del portone di Harry prima di uscire e dirigermi verso il bar più vicino. Abitavamo in una zona residenziale quindi dovetti camminare qualche minuto prima di trovare il bar in cui io e Liam eravamo soliti andare appena trasferiti a Londra. Non era cambiato nulla, se non qualcuno del personale, ma alla cassa e dietro al bancone c’erano ancora le solite donne di sempre che mi regalarono un sorriso non appena entrai nel locale.
«Ehi Louis da quanto tempo!» - disse la ragazza dietro al bancone, intenta a servire del caffè ad un paio di signori in giacca e cravatta. Come sempre aveva i suoi lunghissimi capelli castani legati in una treccia laterale e la divisa del bar formata da polo bianca e uno strano pantalone verde non mettevo certo in risalto la sua corporatura alta e snella.
«Ciao Kate! Davvero tanto tempo, come stai?»
«Tutto bene, tu, Liam, come state?» - Kate era stata una delle prime ragazze che Liam aveva conosciuto qui a Londra e naturalmente non aveva perso tempo con lei. Nel giro di due settimane lei era già finita un paio di volte nel suo letto, ma la storia durò ben poco, entrambi non erano pronti per una storia, così rimasero buoni amici, anche se alcune volte uno dei due ci ricascava e finivano a letto insieme.  
«Stiamo entrambi molto bene, Liam sta per diventare papà»
«Che cosa meravigliosa!» - esclamò la signora alla cassa, anche lei a conoscenza della storia tra Kate e Liam - «Ma avete un terzo coinquilino?»
«No signora Perloff perché?» - dissi rivolgendomi alla signora alla cassa nonché proprietaria del bar. Lei era una donna sulla settantina, tutti si stupivano ancora della sua voglia di fare e della sua grandiosa memoria. La signora Perloff possedeva quasi metà degli esercizi commerciali di quel quartiere, non molti in realtà, ereditati tutti dopo la morte del marito quando non aveva nemmeno quarant’anni. Nonostante i suoi settant’anni se non molti di più, teneva ancora molto al suo aspetto fisico, gli occhi erano sempre contornati da dell’ombretto blu mentre le labbra di un rosso scuro, i capelli biondi cotonati verso l’alto erano il suo segno distintivo, nessuno si dimenticava mai di lei. Katerine, come la chiamava lei, era sua nipote più grande, per fortuna non aveva preso granché dalla nonna.   
«Vedo sempre un giovanotto entrare ed uscire da casa vostra!»
«Oh no signora Perloff lui è, ecco, lui è il mio ragazzo!»
«Proprio un gran bel pezzo di manzo! Visto Janine, non avevi opportunità con lui, te lo dicevo io!» - la signora si rivolse ad una delle cameriere che arrossì immediatamente, prima di salutarmi con la mano ed andare a servire uno dei tavoli.
«Ecco a te Louis quello che mi hai ordinato, salutami Liam!»
«Ciao Kate a presto, salve signora Perloff!» - le due donne mi salutarono affettuosamente ed io mi diressi nuovamente verso casa con passo veloce, cercando di bagnarmi il meno possibile tanto che aveva appena iniziato a diluviare. Aprii la porta e davanti a me un assonnato e nudo Harry girava invano per casa. Indosso aveva solo un paio di boxer rossi, che metteva in risalto la pelle abbronzata del ragazzo.
«Buongiorno Harold, ti ho preso la colazione!» - dissi, richiudendo con un calcio la porta di casa e dirigendomi verso di lui.
«Vaffanculo Lou mi è preso un colpo! In casa non c’era nessuno, la macchina non è nel parcheggio, avvisami quando decidi di fare queste cose!» - disse prima di venire verso di me ed abbracciarmi e darmi il mio tanto atteso bacio del buongiorno. Ancora con le labbra unite, buttai la colazione sul divano per liberarmi le mani, così da poterle poggiare sulle sue spalle, con il pollice iniziai a solcare il segno del tatuaggio che aveva sulla spalla, fino ad arrivare a sfiorare il, come mi piaceva definirlo, il nostro tatuaggio, quello che raccontava la nostra storia d’amore. Harry si spostò leggermente al tocco freddo della mia mano ma non oppose resistenza, anzi, godette di quel mio tocco sulla sua pelle.
«Sono semplicemente andato a prenderti la colazione tanto che Milly ha svuotato il frigo e Liam ancora non è andato a fare la spesa.»
«Devi proprio essere innamorato di me»
«Che stai dicendo?»
«Tu odi uscire in condizioni pessime o abbandonare il letto caldo, soprattutto oggi che piove e a maggior ragione quando io sono nel tuo letto, non ti svegli mai prima di me e quelle pochissime volte che l’hai fatto sei rimasto a fissarmi e ad accarezzarmi i capelli. Odi camminare troppo a piedi ma sei arrivato fino alla fine dell’isolato per andarmi a prendere delle ciambelle, vuole dire che sei innamorato di me, no?»
«Pensavo di averti dimostrato di essere innamorato di te in altri modi…» - Harry si avvicinò a me, alzai leggermente lo sguardo per catturare il suo, con le scarpe da ginnastica ai piedi non dovevo quasi sollevarmi sulle punte per baciarlo, era quasi imbarazzante essere più basso di lui di circa dieci centimetri o qualcosa in meno, ma allo stesso tempo mi sentivo protetto dal suo fisico imponente rispetto al mio. Lo guardai ancora una volta prima di chiudere gli occhi ed avvicinare la mia bocca alla sua, aveva subito dischiuso le labbra per permettere alle nostre lingue di intrecciarsi tra di loro, la presa di Harry scivolò velocemente dal mio collo ai miei fianchi, stringendoli e premendoli verso i suoi, potevo ben sentire la sua erezione mattutina crescere sempre di più ad ogni mio tocco.
«Pensavo ad una cosa» - il ragazzo dagli occhi verdi si allontanò leggermente per proferire quelle parole - «Sono quasi tre settimane che sono qui a casa tua e non ti ho mai sentito suonare, anzi, da quando stiamo insieme non ti ho mai sentito suonare e vorrei tanto.»
«Dovevi fare questo pensiero proprio adesso?» - mi lasciai sfuggire una mezza risata e cercai nuovamente le sue labbra, ma quel contatto fu nuovamente interrotto dalle parole del ragazzo.
«Perché?»
«Semplicemente ti stavo per far sentire un altro tipo di musica.» - Harry soppresse una risata, mi diede un bacio a stampo e mi trascinò in camera, ma niente a che fare con quello che mi ronzava in testa da quando quel bacio si era trasformato in qualcosa di meno casto.
«Loouueh ma tu non pensi ad altro da quando hai scoperto il cazzo?» - iniziò a ridere rumorosamente, portò una mano allo stomaco, era piegato in due dal ridere, mentre uno strano rossore dipingeva le mie guance - «Dai sto scherzando non te la prendere!»
«Sono offeso, dovrai trovare un buon modo per farti perdonare»
«Un ti amo vale?»
«No, ma voglio sentirlo comunque.»
«Ti amo e ho una sorpresa per te.»
Il più piccolo diede una veloce occhiata alla sua valigia, aprì una delle tasche esterne e da lì estrasse una busta bianca, su questa padroneggiava la scritta “Per Louis”, era la sua calligrafia, potevo ben riconoscerla, ma cosa c’era all’interno? Mi sedetti sul letto, lui invece rimase in piedi, davanti a me e con lo sguardo puntato sulle mie mani che maneggiavano con cura quella busta. Lo guardai un paio di volte prima di aprire il contenuto della busta e vedere cosa conteneva al suo interno.
«Stai scherzando vero?»
«Non esattamente e poi è per una giusta causa» - rispose, sedendosi al mio fianco e premendo il suo viso sulla mia spalla sinistra, i ricci a solleticarmi il collo.
«Quale sarebbe la causa per regalarmi un biglietto di andata e ritorno per Los Angeles?»
«Odio dormire senza di te al mio fianco, anzi, odio semplicemente vivere senza di te. I corsi alla tua facoltà inizieranno a fine settembre, possiamo ancora passare un meraviglioso mese insieme e poi devo farmi perdonare di una piccola cosa, ho detto a Niall che andavamo in campeggio con lui e Zayn per un paio di giorni, da domani a domenica. Quindi ti conviene preparare le valigie, sarai mio ancora per un mese.»
 
 
 
 
 
ANGOLINO DI –G:
 
 
Anche questo è un capitolo di passaggio, non c’è molto di interessante, lo dico da sola ecco perché c’ho messo davvero poco a scriverlo ed amo sempre scrivere e giocherellare con i pensieri di Louis, infatti tranne per la piccola parte Ziall, sono tutti pensieri di Louis.
I prossimi capitoli racconteranno la loro routine a LA e vedrete anche meglio cosa sta combinando Des, ma non voglio anticiparvi ancora più di tanto, godeteveli perché saranno i capitoli felici prima del grande botto…ops, devo stare zitta.
Spero davvero che vi piaccia anche questo capitolo, ditemi cosa ne pensate, per favoreeee!
Vorrei davvero ringraziarvi tutte, una per una, chi vota, chi commenta, chi segue e chi mi fa piangere, perché ogni vostra recensione o commento mi fa sempre un po’ emozionare, grazie davvero a tutte, non finirò mai di dirlo.
A Milly, Aury, Linda, Preziosa, Maura e xtommoshugs.
 
Un bacio da una –G raffreddata!
 

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Capitolo 16
*** Ti darò certezze contro le paure ***


HARRY
 
22 LUGLIO – 14.12
 
Certi attimi valgono tutto il tempo.
Era questa la frase che continuavo a ripetermi, osservando Louis dormire sul divano, i capelli arruffati, la fronte rilassata, era un bel sogno o bei pensieri quelli che passavano in quel momento nella mente del più grande. Attimi come quelli una volta solo e lontano da lui, mi sarebbero mancati come l’aria, Louis mi sarebbe mancato, lui e tutti i suoi difetti, il suo dormire troppo, l’avere sempre caldo, i suoi sbalzi d’umore, i suoi vizi, i suoi baci, i suoi sorrisi. Non riuscivo a non pensare che tutto questo sarebbe finito troppo presto, sfuggito dal controllo delle mie mani e mi sarei dovuto riabituare a sentirmi solo, a sentirmi non completo senza Louis al mio fianco. I dubbi peggiori si andavano a creare nella mia testa, domande inutili a cui il maggiore avrebbe sospirato e detto: “Andrà tutto bene, perché nessuno può dividere due come noi”, negli ultimi giorni aveva ripetuto questa frase una quantità sorprendente di volte, ma non lo diceva solo per me, lo diceva soprattutto per lui, che piano piano si stava convincendo di questo o almeno ci stava provando. Tutti i pensieri sulla relazione tra me e Louis furono interrotti dallo squillare incessante del telefono di casa Payne-Tomlinson, non sapevo neanche che ne avessero uno! Tentennai qualche secondo prima di alzare la cornetta e dire: «Pronto?»
«Liam sei tu?» - disse una voce sconosciuta alle mie orecchie dall’altra parte del telefono - «Allora sei tu?» - continuò la voce femminile; aveva un accento del sud simile a quello dei due ragazzi, una voce gentile, da ragazza non certo di una donna adulta.
«No mi dispiace, non sono lui. Chi lo cerca?»
«Allora chi sei?»
«Ehm, sono Harry, con chi ho il piacere di parlare?»
«Mamma! – urlò facendomi allontanare di getto l’orecchio dal telefono – È il fidanzato di Boo, te lo devo passare?» - la ragazza continuava a strillare rivolgendosi a quella che doveva essere forse la mamma, voci confuse in sottofondo, persino un pianto di un bambino. Solo dopo che la ragazza pronunciò la parola “Boo” capii che quella era sicuramente una delle tante sorelle di Louis, solo la famiglia e Liam lo chiamavano in quel modo, alcune volte anch’io, soprattutto quando stavo per raggiungere l’orgasmo, ero solito urlare quel soprannome, Louis lo definiva eccitante sentirsi chiamare così.
«Fiz lasciami il telefono e vai a vedere perché le gemelle litigano…Ehi Harry!» - la calda voce di Johannah risuonò dall’altra parte del telefono, riempiendo il silenzio che si era andato a creare tra me e una delle probabili sorelle del mio ragazzo.
«Salve Johannah, come sta?»
«Harry tesoro! Sono settimane che ti dico di darmi del tu! Va tutto bene, tranne che ho un paio di figlie in fase adolescenziale, altre due iperattive ed altri due che non vogliono sapere di restare vestiti e mangiare ciò che è nel loro piatto, per il resto va tutto bene e a te?»
«Va tutto bene, tra qualche giorno parto ma è tutto okay, credo.»
«Harry so che all’inizio non sono stata proprio la migliore con te ma se dovessi avere qualsiasi problema, anche con Louis, non esitare a chiamare, a proposito dov’è mio figlio?»
«In realtà lui sta dormendo da almeno un paio di ore sul divano. Se vuoi lo sveglio o gli dico di richiamarti, dimmi tu!» - dissi, buttando un’occhiata al corpo di Louis ancora rannicchiato sul divano, si era mosso leggermente, ma il suo volto era ancora una distesa di bei sogni.
«Non c’è bisogno, posso dirlo anche a te! Questa sera Lottie festeggerà il suo compleanno, l’ha anticipato di  qualche giorno perché domani sera parte con delle sue amiche per Blackpool e ci terrebbe tanto ad avere Louis alla festa, riuscite ad arrivare in tempo per le venti?» - guardai immediatamente lo schermo del telefono ed oltre le quattro chiamate perse di Niall, un paio di messaggi di Liam ed uno di Anne, il telefono segnava già le due e trenta, sarebbe stata una corsa folle, tra il preparare le valigie, il prepararsi per il campeggio e prendere tutto il necessario per Los Angeles, in più dovevamo come minimo salutare Liam ed Anne, se tutto andava bene non li avrei rivisti per almeno un paio di mesi, in aggiunta c’era il problema di arrivare a Doncaster in tempo per il compleanno della maggiore delle sorelle di Louis.
«Sì Jay, ci saremo!»
«Oh magnifico Harry! Ci vediamo questa sera! Salutami Louis, un abbraccio!»
«A dopo!» - riattaccai e per un momento mi pentii della scelta che avevo appena preso, sarebbe stato da folli, una corsa contro il tempo e la prima cosa da fare era aggiornare Louis di tutto ma la cosa peggiore era svegliarlo. Mi avvicinai a lui, poggiando delicatamente una mano sulla sua guancia, tracciando con il pollice la linea delle labbra: «Lou, amore, svegliati devo dirti una cosa.»
Con la voce impastata dal sonno il più grande disse: «Cinque minuti Harold, per favore.»
«Faccio una chiamata e poi ti svegli, hai capito?» - il ragazzo annuì, girandosi dall’altra parte del divano, continuando imperterrito il suo sonno. Presi il telefono e mi allontanai da lui, rinchiudendomi in camera di Liam, l’unica abbastanza lontana dal salone dove Louis continuava a riposare. Composi il numero e dopo almeno una decina di squilli, Niall si decise a rispondermi - «È tutta la mattina che ti cerco! Che fine hai fatto?»
«Non avevo il telefono con me, comunque dobbiamo posticipare il campeggio, non ce la faccio ad essere ad Holmes Chapel per doman-» - ma fui interrotto dalla voce di Niall che iniziò a farfugliare qualcosa ad una persona accanto a lui, probabilmente Zayn, anzi, era sicuramente lui, sapevo ancora riconoscere i lamenti di quel ragazzo.
«Harry quando parti per Los Angeles?»
«Il ventinove, perché?»
«Dobbiamo rimandare davvero il campeggio, Zayn si sente poco bene e mia nonna domani arriva dall’Irlanda, è un anno che non la vedo, non posso certo dirle che sono in campeggio col mio ragazzo e col mio migliore amico quindi non ho tempo per lei.»
«Non puoi dirle che sei in campeggio o che sei in campeggio col tuo ragazzo?»
«Ti prego Harry non è il momento adatto, mia mamma inizia già ad avere i suoi dubbi, per non parlare di Greg, fa domande strane, ieri l’ho beccato a controllarmi il telefono, per fortuna è abbastanza imbecille da non vedere che ne ho due, di cui uno unicamente per Zay. Comunque possiamo o no posticipare?» - disse velocemente il biondo, iniziando poi a parlare con Zayn, commentando qualcosa che non avevo ben capito.
«Ti ho chiamato proprio per questo, quindi io comunque domani in serata arrivo ad Holmes Chapel o al massimo il giorno dopo, ci vediamo e organizziamo il tutto. Salutami Zayn e digli di rimettersi, noi ci si vede presto. Ciao Nialler!»
«Ciao Haz a presto!» - riattaccai il telefono, lessi velocemente il messaggio di Anne che cercava in un modo tutto suo di preoccuparsi per me, mentre quello di Liam recitava un - “Torniamo a casa alle cinque e mezza, vi trovo ancora o devo far muovere Milly e la sua ostetricia?” – decisi di chiamare anche lui tanto Louis dormiva ancora sul divano, altro che cinque minuti.
«Liam, dove siete? Non importa, basta che mi ascolti: ho dato a Louis il biglietto per Los Angeles come mi avevi detto tu, ha detto che vuole partire quindi dobbiamo preparare tutto in più questa sera dobbiamo essere a Doncaster, ce la fai a passare da casa? Non voglio partire senza averti salutato!» - presi fiato dopo aver pronunciato tutte quelle parole e stetti interi minuti ad aspettare la risposta di Liam, parlava anche lui con Milly e con una voce a me sconosciuta - «Harry io e Milly vi raggiungiamo direttamente a Doncaster domani mattina, tanto dobbiamo passare dai miei genitori nel week-end e per delle pratiche, almeno se siete anche voi lì sarà tutto meno pesante! A domani quindi.»
 
«Lou sei sveglio?» - dissi non appena mi lasciai alle spalle la camera da letto di Liam, se così poteva essere definita una stanza con almeno una decina di pacchi ancora da sistemare, trovai Louis appoggiato ad uno degli stipiti della cucina, aveva una tazza fumante di thè tra le mani ed un sorriso a contornare il tutto.
«Vuoi prima le belle notizie o le brutte?» - mi avvicinai a lui, stampandogli un leggero bacio sulla fronte scoperta dal suo solito ciuffo di capelli, lui per tutta risposta poggiò la tazza su uno dei ripiani e con le mani libere mi trasse a se, contornando i miei fianchi con le sue braccia.
«Ho visto le miriadi di chiamate perse sul mio cellulare di mamma, dimmi che non è successo nulla di grave.»
«Oggi Lottie fa la festa per i suoi sedici anni e la tua presenza è più che gradita a detta di tua mamma. Ha chiamato sul telefono di casa, non sapevo neanche che ne avevate uno!»
«Vuole che andiamo oggi a Doncaster?» - disse il più grande, mentre sul suo volto si delineava un’espressione più che stupita.
«Esattamente. Le ho detto di sì e ho posticipato il campeggio, solo che adesso dobbiamo fare tutto di fretta e abbiamo davvero poco tempo, ma se non vuoi basta chiamare tua madre!»
Louis strinse ancora di più le braccia attorno alla mia vita, mi guardò con quel suo sguardo tipico, pronto o a darmi contro o a dirmi ti amo, era sorprendente quanto il volto di Louis fosse ormai per me un libro che conoscevo a memoria, ogni riga, ogni piccolo punto e virgola e non mi sorprese quando sul suo volto si fece spazio una leggere ombra, segno di preoccupazione e paura. Aveva paura di portarmi lì, io non conoscevo il Louis di Doncaster, tutti me lo avevano detto, persino lo stesso ragazzo. Non volevo fargli nessun tipo di pressione, sapevo bene che per lui era troppo difficile portarmi lì davanti a tutta la sua famiglia, anche se la madre, dopo naturalmente i piccoli, beh non proprio piccoli, problemi della Grecia, aveva preso la nostra storia sorprendentemente bene, impegnandosi ad accettarla e a supportarci, forse anche troppo tanto che erano almeno un paio di settimane che continuava a chiedere di me incessantemente a Louis, voleva sempre sapere ogni minimo dettaglio e più di qualche volta aveva persino usato il nomignolo di ‘figliolo’ per definirmi, ma soprattutto la signora Tomlinson, o quello che rimaneva di lei, aveva detto ormai a tutti della relazione tra il figlio ed il sottoscritto, per giorni Louis aveva ricevuto chiamate in cui parenti ed amici di famiglia si congratulavano con lui, la nonna invece, con cui aveva ripreso l’abitudine di parlare quasi ogni sera prima di cena per almeno una decina di minuti, voleva insistentemente parlare con me e conoscermi il prima possibile, si era anche offerta di pagarmi un biglietto per il treno e farmi andare lì, con o senza Louis, a lei interessava solo conoscere chi era il ragazzo che aveva rapito il cuore di suo nipote ed era bello sentirla blaterare su probabili matrimoni ed adozioni, voleva a tutti i costi che adottassimo al più presto un bambino russo sennò l’avrebbe fatto volentieri lei per noi, ma la cosa più bella era vedere gli occhi risplendere di Louis quando parlava con lei, il sorriso leggermente accennato di chi è felice ma ha paura di mostrarsi troppo sfacciato, lui che a quella felicità non ci era mai stato abituato ed ora era merito mia se lo era. 
«Preferisco andare che chiamarla ed iniziare una lunghissima discussione sul perché non voglio andare.»
«Lou se non vuoi andare io ti capisco, chiamo Niall e gli dico che domani possiamo benissimo andare al campeggio con lui e Zayn.»
«No no, andiamo a Doncaster! Iniziamo a fare i bagagli.»
 
Fare i bagagli con Louis equivaleva a buttare fuori tutti i vestiti che aveva dall’armadio, decidere quali erano meglio portare e poi risistemare tutto accuratamente. Dopo almeno tre ore di dubbi su cosa portare o meno, su che tipo di temperature avremmo trovato dall’altra parte del mondo e su cosa gli stesse meglio, ecco che le valigie erano finalmente pronte, accompagnate da un borsone utile per il campeggio e da un altro che invece avrebbe portato sopra l’aereo con sè, anche se non mi spiegavo perché avesse messo tutta la sua biancheria intima nello stesso posto del computer, ma a pensarci, questo era Louis e chiedere era totalmente inutile.  Mezz’ora dopo le sei eravamo sull’autostrada per Doncaster, la mia macchina, che avevo lasciato parcheggiata da Louis dalla prima volta che ci eravamo visti, era colma di bagagli e regali per le sorelle di Louis, un nuovo iPod per la festeggiata ed un pallone per il fratellino più piccolo.
«Sei pronto?» - dissi.
«Solo con te al mio fianco.» - disse.
 
«Louis!» - nemmeno il tempo di mettere piede sul grande porticato di casa Tomlinson che due bambine, apparentemente uguali piombarono addosso al più grande, questo si abbassò per abbracciarle entrambe, mentre loro continuavano a gridare qualcosa come - «È bellissimo rivederti» - oppure - «Ci sei mancato Lou!» e bastarono quelle parole a farlo un po’ crollare, a dimenticarsi di tutti i perché che lo avevano convinto a lasciare quella casa, tutte le ragioni erano cadute davanti al sorriso ingenuo di quelle due bambine.
«Mi siete mancate anche voi! Che state facendo qui sul portico?»
«Mamma ha detto che non potevamo stare in giardino finché tutte le cose non sono pronte, Felicitè e Lottie si stanno preparando e ci hanno cacciato dal piano di sopra e anche nonna dalla cucina! Chi è lui? - una delle due bambine mi indicò, rivolgendomi per la prima volta lo sguardo – e perché ha tutti questi regali? Sono tutti per Lottie?» disse la piccola con voce amareggiata.
«Io sono Harry, un amico di Louis e qui in mezzo ci sono anche regali per voi!»
«Lo sappiamo che sei il suo fidanzato eh, mamma ha fatto vedere le tue foto a tutta la famiglia!»
«Mammina dovrebbe iniziare a farsi i cazzi suoi.»
«Lo dice sempre anche Lottie!» - dissero in coro. Senza pensarci due volte, entrambe sciolsero l’abbraccio di Louis e vennero nella mia direzione o meglio, nella direzione di una delle due buste, dove c’erano scritti i loro nomi. Lascia a loro i regali e raggiunsi Louis che intanto era entrato in casa - «Non è cambiato nulla» - continuava a ripetere, vagando nell’immenso salone, il pianoforte faceva da padrone al centro di questo, alle pareti rosse dozzine di foto, al centro una grande foto, Louis e - «Era Alex, al nostro diciassettesimo compleanno. Mamma aveva chiamato tutti i nostri amici e nonostante fosse la vigilia di Natale era riuscita ad organizzarci una discreta festa di compleanno, questa è stata l’unica foto che siamo riusciti a fare insieme, forse l’unica di quelli anni.»
«Ti somigliava tanto.» - ed era vero. Alex aveva gli stessi lineamenti di Louis, la mascella leggermente più marcata e gli occhi più scuri, un blu immenso, i capelli erano portati indietro, comunque lunghi. Era qualche centimetro più alto e sorrideva felice davanti quella torta, ma per il resto, erano davvero simili. Non lo avevo mai visto, o meglio, le foto che Louis teneva in camera risalivano tutte a quando erano dei bambini ed ora faceva un effetto strano dare un volto concreto a quella persona sempre presente nei giorni di Louis.
«Harry, Louis!» - strillò Johannah dal piano superiore, mentre con un bambino in braccia scendeva dalle scale e ci regalava uno dei sorrisi più belli che le avevo visto fare.
«Ciao mamma, oh ma ciao campione!» - disse Louis rivolgendosi a quel piccolino che la madre stringeva tra le braccia, che non essendo abituato a vedere Louis, si stinse ancora più alla madre, nascondendo il suo volto tra il collo della donna.
«È timido, gli serve un po’ di confidenza! Ernest è Louis, te lo ricordi?» - il piccolo scosse la testa, continuando ancora di più a nascondersi tra le braccia della mamma - «Ha dormito poco è un po’ lunatico.»
«Oh allora è proprio tuo fratello!» - Louis mi fulminò immediatamente, mentre Jay sorrise compiaciuta, scomparì un attimo per mettere il bambino nel box e tornò accompagnata questa volta da sua madre.
«Ciao Nonna, lui è Harry, sei contenta adesso di conoscerlo?»
«Ciao Harry è un piacere conoscerti, avete fatto buon viaggio? Avete mangiato?» - Louis scoppiò in una fragorosa risata, abbracciandola e dandogli un bacio sulla guancia, il suo volto era rilassato, tutti i dubbi che lo avevano accompagnato durante il viaggio erano spariti ed era ancora più bello così solare e semplicemente Louis. E non so di cosa aver paura, quel “Louis di Doncaster” di cui tutti mi mettevano in guardia, non si era per nulla manifestato e non sapevo se era una buona cosa o meno, ma per il momento mi godevo di quello spettacolo che erano gli occhi brillanti di felicità del mio ragazzo.
 
22 LUGLIO – 01.10
 
La festa era passata anche troppo veloce, non c’era stata una vera e propria torta di compleanno perché secondo la nonna “Porta male festeggiare prima”, quindi Lottie aveva dovuto accontentarsi di una piccola festa con la famiglia prima di farne una vera e propria con tutti i suoi amici a Blackpool, ma in quella nessuno dei parenti era stato invitato. La festa era stata abbastanza tranquilla, tranne per il fatto che, Louis e Jay mi avevano fatto conoscere tutta la famiglia, non saltando nessuno, nemmeno lo zio sordo e la cugina con problemi di identità, per non parlare della nonna di Louis che per tutta la sera ci aveva proposto di partire per la Russia, cambiando il biglietto di Los Angeles ed andare a prenderci un bambino perché voleva avere un bisnipote molto presto e Louis era l’unico che poteva darglielo immediatamente. In più, per avere la conferma di essere adatti ci aveva letteralmente dato in affido per tutta la serata Doris, la piccola di casa Tomlinson, troppo simile anche lei a suo fratello. Beh, un po’ tutti lì dentro assomigliavano a lui, tranne per gli occhi, ognuno di loro aveva una sua sfumatura di azzurro, inutile dire che i più belli erano comunque quelli che in quel momento riflettevano i miei. Avrei voluto davvero abbracciarlo, baciarlo e perdermi in lui, ma a dividerci questa volta erano i piccoli corpi dei gemellini, dormivano da poco e sarebbe stato da pazzi svegliarli dopo che per quasi un’ora avevano urlato prima di addormentarsi. Louis era in silenzio, sentivo solo il rumore dei nostri respiri ed alcune volte il rumore dei miei pensieri, belli.
Pensavo a come sarebbe stato un probabile futuro, quello che lui diceva di volere con me, con Louis. Come sarebbe stato vivere un giorno con una fede al dito, in un posto non ben identificato, una quotidianità da rispettare e magari dei figli a cui rendere conto, con gli stessi occhi di Louis e il mio carattere, forse sarebbe stato russo come lo voleva la nonna o forse saremo ricorsi alla gravidanza surrogata, così da esser sicuri che avrebbero avuto i tratti genetici di almeno uno di noi ed era bello immaginarmi per sempre al suo fianco.
«A cosa stai pensando?» - bisbigliò il più grande, mettendomi una mano sul volto, cercando di non toccare o disturbare il sonno dei piccoli.
«Al futuro.»
«E come te lo immagini?»
«Esattamente come questo momento.»
 
 
La mattina in casa Tomlinson mi ricordava tanto un film che vedevo sempre con mio padre durante le vacanze invernali “Home Alone”, non era Natale senza quel film e il risveglio in quella casa sembrava tanto una scena di questo. Lottie e Fizzy erano davanti ai loro armadi lamentandosi rispettivamente dei loro vestiti, le gemelle erano in cucina e anche loro urlavano per qualcosa di non ben chiaro contro la nonna, Johannah era al telefono con il suo ormai ex marito, i gemelli invece strillavano contro dei cartoni e in tutto questo Louis era seduto al pianoforte, lo raggiunsi stampandogli un bacio sulle labbra, facendo fare una strana smorfia di tenerezza alla nonna a pensarci era la prima volta che ci vedevano scambiare qualche tipo di effusione.
«Cosa ti va di fare oggi?»
«Devo andare in un posto, ti va di accompagnarmi?» - annuii, senza dire nulla, lasciandomi cullare da quella melodia che Louis aveva appena iniziato a suonare, nel frattempo la mia attenzione era stata richiamata da una busta da lettere poggiata proprio sul piano, un paio di nomi scritti lì e sopra e avrei riconosciuto quella scrittura tra mille: “Alex & Nonno”.
«Che cos’è?» - dissi, indicando quella busta.
«È per il posto dove dobbiamo andare, faremo presto, promesso.»
 
Inutile chiedere di più, sapevo bene dove eravamo diretti mentre Louis guidava sicuro la mia macchina tra le vie del centro. Non ero mai stato a Doncaster, ma non era certo diversa dalle altre città inglese che avevo visto nella mia vita. Louis non parlava, il silenzio regnava sin da quando aveva messo piedi fuori di casa ed era inutile introdurre qualche tipo di conversazione, lui non avrebbe risposto a nulla, soprattutto quando, appena usciti di casa avevamo incontrato il padre di Louis. Lui stonava con il resto della famiglia, non aveva nessuna sfumatura azzurra nei suoi occhi, stringeva la mano ad una ragazza bionda, le gambe in bella incorniciata da una minigonna. Il ragazzo appena incontrò quello sguardo lasciò andare la mia mano, scansandosi anche di qualche passo da me.
«Ciao papà, ciao Emma, non ci vediamo dalla festa del diploma.» - Louis mi aveva già parlato una volta di lei, Johannah gli aveva detto di questa ragazza e lui per un attimo non ci aveva creduto: Emma Ricchard era una delle sue compagne di classe durante le ore di biologia e matematica, giravano sempre voci su di lei e su qualche professore ma Louis le aveva sempre archiviate come ‘voci maligne di gente gelosa’, ma a pensarci bene queste voci non erano poi così infondate.
«Un figlio morto e uno frocio, visto che mi toccava sopportare in questa casa?» - furono le prime parole del signor Tomlinson, a quelle Louis non reagì, stette qualche secondo inerte, senza dire e fare nulla, osservava solo quella scena di suo padre che teneva stretta la sua nuova ragazza, mentre Johannah li spiava dalla grande finestra che dava sull’ingresso, bastò un solo sguardo per vederla piangere da dietro le tende di quella finestra ed in quel momento la donna che avevo conosciuto in Grecia, era totalmente sparita.
«Lou come stai?» - dissi, mandando via quei pensieri dovuti a quella scena che fino a qualche minuto prima avevo davanti gli occhi.
«Non lo so, sapevo che mio padre non l’avrebbe presa benissimo, ma darmi del figlio morto, non lo so, fa male ecco.»
«Io ci sono.»
«Ho sol bisogno di leggere questa lettera, Liam ci aspetta lì, è la fine di un ciclo e voglio che le persone più importanti per me siano presenti.»
 
Il cimitero di Doncaster era immerso nel verde più assoluto, visto da fuori sembrava più un parco che un posto tetro, come lo era quello di Holmes Chapel. Louis scese velocemente dalla macchina, mi prese per mano e con fare insicuro, tipico di lui, si incamminò verso quelle che dovevano essere le tombe dei suoi familiari più cari. Erano vicine, fiori bianchi per entrambe le tombe, nessun epitaffio, nessun segno o foto, c’erano solo i loro nomi scritti con lettere dorate. Liam era già lì, osservava attento la tomba di Alex e cercava di trattenere le lacrime, quelle che aveva versato solamente una volta.
«Ne sei sicuro Lou?»
«Tu sei con me in questa cosa, no?»
«Certo!» - disse Liam, appoggiando una mano sulla spalla di Louis, proprio quella spalla dove il ragazzo aveva tatuato il nome del suo migliore amico e in cui pochi giorni prima aveva aggiunto quel nome che a lui faceva ancora male pronunciare - «Leggila.»
Louis aprì con le mani tremanti la lettera, prese un lungo respiro, osservò qualche istante quelle tombe davanti ai suoi occhi ed iniziò a rivolgersi alla prima, quella del più anziano.
 
 
«Non eri previsto in questa lettera, ma se voglio iniziare ad essere un Louis migliore, devo iniziare proprio da te nonno, non che tu mi abbia mai dato qualcosa di male o sbagliato, quello sono stato io, ma ho bisogno di dirti queste cose perché è una vita che me le porto dietro ed adesso non ce la faccio più. Mi sono sempre sentito un rifiuto per questa famiglia, il peso di troppo e il non voluto, mi sono sentito sempre troppi occhi addosso da parte di chi, pensavo, voleva vedermi solo fallire. Ma non è mai stato così ed io c’ho messo quasi ventidue anni per capirlo. Nessuno di voi ha mai voluto il male per me e ce l’ho fatta a capirlo, scusami di averci messo tanto. Mi sono sempre sentito un ripiego per te e la tua musica, tu nella mia mente hai sempre preferito Alex, sembrava davvero così, finchè non mi hai lasciato quella lettera, scritta tra le note di un pentagramma, è stato proprio da te, fattelo dire. Lì ho capito che la vita non mi avrebbe mai dato seconde opportunità, che dovevo buttarmi e che se cadevo, mi facevo male, ma sarei tornato in piedi come tu stesso mi hai insegnato. Ed ora con queste parole sto finalmente correndo, non via come ho sempre fatto, sto correndo dalle persone che amo, sto correndo verso quella felicità che tu mi dicevi sempre che potevo raggiungere solo premendo dei tasti di un pianoforte. Ma Harry, Liam, la vita che adesso sto vivendo, forse sono meglio di quella melodia che mi hai insegnato e non scorderò, non potrò mai farlo. Ma devo dimenticarmi di questo male che senza motivo mi sono portato dietro, devo dimenticarmi di prendere colpe che non ho mai avuto, perché forse io non renderò mai fiero mio padre, la mia famiglia, ma incorrendo i miei sogni sto rendendo me stesso fiero ed è quello che mi hai insegnato tu e va oltre la musica, va oltre tutte le parole che dicevi durante i pranzi, va oltre tutto, ma non oltre me. Mi hai insegnato molte cose e la prima di tutte è stata che bisogna rischiare, al tuo funerale mi hai messo davanti alla mia paura più grande, ma ci sono riuscito e poi mi sono andato a prendere quello che era di mio diritto, ho lottato ed ho ottenuto Harry. Ti sarebbe piaciuto, ha una bellissima voce, anche se tu lo avresti rimproverato perché sulla sedia non sta mai dritto, perché parla sempre nei momenti meno adatti e perché non si rende conto delle capacità che ha. Come rimproveravi me per quella mano sullo stomaco mentre cantavo, per la mia innata insicurezza e per altre mille cose che al solo pensarci oggi, non mi rattristano più. Mi manchi nonno ed è l’unica verità che io posso dirti, la nonna ha perso il suo più grande amore, mentre io ho perso il mio faro. Non ha senso ciò che sto dicendo a questa pietra fredda, ma è più per me, volevo solo ringraziarti perché mi hai dato le cose più belle della mia vita: la musica ed Harry. Perché senza quella lettera che mi hai dato, quel coraggio che mi hai infuso, io quella chiamata non l’avrei fatta. Grazie Nonno, tutto qui.
Ora tocca la parte difficile ed è solo la fine di un ciclo che è durato anche troppo, non ho più voglia di rendere conto a questo Louis, io non sono così e tu lo dovresti sapere bene, mi conoscevi bene, forse meglio di tutti, anche di me stesso. Non risponderai a nessuna delle mie domande, ad un mio come stai, a questa lettera e nessuno lo potrà mai fare per te, nemmeno io e Liam che ti conoscevamo così bene. Siamo qui per un motivo ben preciso e so che ti incazzeresti a sapere questa notizia, non lo vorresti perché quello è il nostro capannone ed una casa o più di una non potrà mai essere al suo livello ed hai ragione, ma io e Liam vogliamo andare avanti con la nostra vita, con le nostre famiglie, perché lui sta per diventare padre, mentre io penso di aver trovato l’unica persona adatta a sistemarsi nei miei angoli. Il terreno su cui sorgeva il nostro capannone e lo dico più per mettere al corrente Harry che te, è stato messo in vendita, vogliono distruggere quello che noi abbiamo costruito e sembra tanto ciò che successo a noi, fratello, abbiamo costruito questa cosa e adesso dobbiamo lasciarla andare totalmente. Io e Liam volevamo solo dirti che abbiamo comprato quel terreno, mamma era abbastanza contrariata, aveva paura che noi continuassimo a vivere nel tuo ricordo, ma abbiamo smesso, davvero, adesso non ho abbiamo più nulla da darti e non so quanto sia bene questa cosa per noi, ma credo che sia la cosa giusta. Distruggeranno comunque quel capannone, ma il padre di Liam ha già preparato tutto, oggi firmeremo le carte per comprare quel terreno, sono già previste due case, una accanto all’altra, una è per la sua famiglia ed una è per la mia anche se è presto per parlarne, ma volevo prepararmi ad un futuro e quando qualcuno tornerà da Los Angeles troverà una casa ad accoglierlo, non solo una persona che lo ama da morire. Da morire, io per lui lo farei, metterei volentieri la sua vita prima della mia, perché prima di conoscere lui io ero solo un ragazzo che di bello non aveva nulla, con gli occhi spenti ed un’aria triste, se solo tu potessi vedermi in questo momento! Non sono più quel Louis, non lo sono e me ne sono accorto persino io che alle cose non ci arrivo mai. Ti sarebbe piaciuto tanto anche a te, avreste visto le partite di tennis insieme, visto quelle stupide serie televisive che piacciono solo a voi, gli avresti dato consigli su come conquistarmi, su come sopportarmi. Perché tu sapevi ogni minima cosa di me, ogni mia storia e non ti ho creduto in quella lettera, non ti ho ascoltato, io non sono stato la tua delusione più grande, io sapevo ciò che andavi a dire in giro di me e non era mai nulla di brutto, mi difendevi sempre e te ne sarò sempre grato, mi hai regalato i momenti più belli della mia vita, ma ora c’è qualcun altro che mi sta dando i miei momenti e ti prego, sii felice per me, non ci credo in una vita dopo la morte, ma ti prego, se sei da qualche parte, se tutto quello in cui credo è sbagliato, ti prego, sii felice per noi perché io lo sono. Il mondo prima di Harry non mi sembrava fatto per me, ti avrei raggiunto volentieri, avrei aggiunto un altro Tomlinson in questo cimitero mentre ora l’unico che vorrei raggiungere è la persona accanto a me. Vorrei dirti tante cose fratellone, dirti che questo è la fine dei miei incubi e l’inizio di quel qualcosa per cui vale lottare. Spero che tu stia bene, perché io lo sono, sto bene in questo limbo chiamato Harry. E sono cambiato, non passeggio più con lo sguardo basso di chi ha paura di incontrare un paio di occhi blu che mi ricordano i tuoi, ora alzo gli occhi così tanto da guardare il cielo e se gli abbasso è solo per perdermi in quelli verdi del mio ragazzo. Le giornate non sono più un peso, non sono più morte e questa parola, insieme al tuo nome non fa più male. Ma c’è un vuoto in me, accanto a me, che né Harry, né Liam possono colmare, è la tua mancanza, la mancanza di chi avresti voluto sempre al tuo fianco, ma certe volte devi accettare quello che la vita ti dà o in questo caso ti toglie. Ma mi manchi e mi mancherai sempre, mi marcheranno le nostre litigate, mi mancano i tuoi pregi, ma soprattutto anche i tuoi difetti, mi manca tornare a casa e trovarla silenziosa, nessuna chitarra elettrica a suonare, nessun pallone che rimbalza sul muro della tua stanza, nessuna canzone e ieri notte, quando ho dormito di nuovo nella nostra camera, mi è mancato anche il tuo russare. Mi sono seduto davanti al pianoforte e con la coda dell’occhio ho cercato di vederti su quella poltrona bianca, dove eri solito sederti, mettere i piedi sul bracciolo ed iniziare a parlare di tutto. Mi manca anche il tuo parlare a vanvera, forse avrei dovuto ascoltarti di più, ma scusami se non ti ho mai prestato attenzione in quei momenti, ora rimpiango anche quelle piccole cose, quando mi chiedevi di suonare un pezzo per te, di coprirti da qualche guaio, quanti ne hai combinato eh? Mi manchi fratellone, ma ho smesso di prendermela con me stesso ed è questo quello che sono venuto a dirti: io non ti ho ucciso, non è stata colpa mia, è stata solo tua e della tua debolezza perché ho scoperto anche questo, il debole eri tu, non io. Io mi sono retto sulle mie gambe, tu te le sei rotto da solo. Mi manchi tu ma non mi mancheranno le colpe che ho sbagliato a prendermi. E nel progetto di casa, c’è una stanza che mette in comune le due case, doveva essere un garage, ma io e Liam abbiamo pensato che in quella casa dovevi esserci anche tu, soprattutto tu, è per questo che abbiamo progettato questa cosa che conterrà le cose che avevi messo nel capannone, il vecchio flipper, il divano di pelle nera e quella vecchia moto che avevi promesso di raggiustare, ma questo è l’inizio, promesso. Ti voglio bene e mi dispiace non avertelo mai detto»
 
Louis richiuse la lettera con mani tremanti, la rigirò per qualche momento nelle sue mani e poi la poggiò su una delle due tombe in marmo, mi lasciò la mano che per tutta la lettura di quella lettera aveva stretto nella sua e diede un abbraccio a Liam, anzi, parlare di abbraccio era totalmente sbagliato, era più un sorreggersi a vicenda, farsi forza l’uno con l’altro. Non avevo trovato davvero un senso a quella lettera, ma per Louis che di parole scritte ci viveva, era qualcosa di importante ed era impossibile mettersi nei suoi panni, almeno in quel momento, ma le parole che aveva usato, ciò che aveva detto su di me, io…io non avevo più parole per fargli capire quanto gli fossi grato per essere entrato nella mia vita e dovevo anche ringraziare il nonno o chiunque altro abbia deciso di mandare Louis Tomlinson nella mia vita.
«Ti amo lo sai questo?» - dissi a bassa voce avvicinandomi non appena Liam sciolse l’abbraccio e si diresse verso l’uscita del cimitero, diede un ultimo sguardo a me e Louis prima di uscire ed entrare in macchina.
«Dove va Liam?»
«Lui in teoria vieni in campeggio con noi»
«Cosa?» - urlai, procurandomi le occhiatacce di quelle poche persone presenti in quel luogo o almeno quelle che ancora non ci avevano maledetto non appena ci eravamo scambiati un bacio.
«Sì lui ha parlato con Niall e ha chiesto se poteva venire anche lui ed un nostro amico perché è abbastanza imbarazzante per me stare con i tuoi due ex sapendo che sto rispettivamente sulle palle ad entrambi, quindi mi porto Liam!» - sibilò con tono strafottente prima di staccarsi dalla mia presa e trascinarmi verso la macchina.
 
Liam era già andato via, doveva sistemare alcune cose prima di partire, la più grande cosa era soprattutto avvertire Milly dei comportamenti della sua famiglia, tanto che per quei giorni la ragazza sarebbe rimasta dai futuri suoceri. Karen non poteva che esserne contenta, il signor Payne aveva quasi esultato alla notizia, adorava quella ragazza e nonostante si conoscessero da davvero poco tempo, la considerava già come una delle sue figlie.
 
Casa Tomlinson era stranamente vuota e silenziosa anche se entrambe le macchine erano parcheggiate nel vialetto di casa. Dopo esser diventata vedova, l’anziana si era trasferita in casa della figlia, mentre questa la usava più come domestica che madre, era infatti compito suo prendersi cura dei figli mentre lei era a lavoro, ma quel giorno non era così. Entrambe erano sedute sul divano, la casa vuota e silenziosa, l’unico rumore proveniva dal baby monitor che controllava i due bambini, gli unici figli rimasti in casa.
«Come mai tutto questo silenzio?»
«Lottie è partita per il mare con le sue amiche, Fizzie è a casa di alcune sue amiche, mentre le gemelle sono con Mark, lui è passato con la sua nuova ragazza.»
«Quella è una puttana!» - mi intromisi
«Harry!» - mi urlarono contro sia Louis che Johannah
«No no Jay, il ragazzo qui ha ragione! Lei ha ventidue anni cosa dovrebbe farci con un cinquantenne? Siamo sinceri quella ha visto solo i soldi di tuo marito ma non voglio parlare di lui, che avete fatto voi tutta la mattina?» - chiese la donna iniziando a sorseggiare il suo thè, ora avevo ben capito da chi avesse ripreso Louis il suo amore per il thè e il suo tenere in modo strano la tazza.
«Ho firmato il contratto per costruire casa insieme a Liam, ho usato i soldi dell’eredità di nonno per quel terreno e lo so che a te non va bene ma non puoi impedirmi di iniziare a costruire il mio futuro.»
«Non ti sto impedendo nulla Boo, voglio solo che tu sia felice.»
«La mia felicità è Milly, è Liam, è quel fottuto pezzo di terra dove c’ho passato l’adolescenza e soprattutto è Harry.»
«Tu non capisci Lou! Quando due settimane fa mi hai detto che volevate comprare quel pezzo di terra io ero felice perché in cuor mio sapevo che avrei rivisto mio figlio tutti i giorni, ogni volta che volevo ma so anche quanto vi è caro quel posto e quanti ricordi porta, è lì che passavate i pomeriggi, in quella casa rotta e non so veramente se vi farà bene questa cosa, ma ricorda Lou io voglio solo il tuo bene e se è questo, sarò felice di portare almeno una volta a settimana una crostata di mele dentro quella casa.»
«A me non piace la crostata di mele» - dissi, cercando di sdrammatizzare e togliere quell’aria di ricordi poco positivi che si era creata.
«Cosa ti fa credere che sia tu il ragazzo con cui condividerò casa?»
«Oh ti prego Louis, amore di nonna, solo lui può amarti e sopportarti senza mandarti a quel paese!»
 
 
Il viaggio in macchina da Doncaster a Holmes Chapel era durato più di quattro ore, ore passate tranquille e abbastanza silenziose, soprattutto le ultime due quando sia Liam che Daniel, amico che aveva portato con lui, si erano appisolati nei sedili posteriori, mentre io continuavo a tenere gli occhi fissi su Louis, avevamo scambiato davvero poche parole quel giorno, per lo più era la nonna, Johannah e Liam che tenevano vivo il discorso durante il pranzo e ai saluti. Il maggiore aveva promesso di essere lì per il compleanno dei gemelli, appena tornato da Los Angeles. La nonna, che io continuavo a chiamare così poiché si era presentata come tale e così voleva essere chiamata, mi aveva stretto in un abbraccio dicendomi che conservava un posto per me per la vigilia di Natale, nonché compleanno di Louis. Johannah aveva ripetuto per la millesima volta che voleva solo e soltanto il nostro bene e che sarebbe stata contenta di avermi sotto il suo tetto per più di una notte. Louis aveva stretto le donne in un abbraccio caloroso e poi aveva caricato tutte le nostre valigie in macchina, insieme a quella di Liam e Daniel, il borsone contenente le tende e qualche provvista per quel paio di giorni.
«Pronto?» - dissi rivolgendomi a Louis non appena la mia macchina si fermò davanti casa dell’irlandese. Ad aspettarci fuori c’erano i due ragazzi, già pronti per partire con il loro zaino in spalla. Dovevo ricordarmi che Zayn era stato uno scout fino a qualche anno prima e che queste cose lui le prendeva molto seriamente, quindi non avrebbe certo visto di buon occhio il trolley di pelle nera che Liam si era portato dietro.
«Ehi Haz da quanto tempo!» - Niall mi si fiondò addosso, abbracciandomi e scompigliandomi i capelli, era un vizio che odiavo ma che a lui piaceva tanto. Zayn mi diede una leggera pacca sulla spalla mentre Niall era intento ad abbracciare Liam.
«Piacere Louis.»
«Ti conosco già troppo bene, Harry non smetteva mai di parlare di te.»
«Zay ne abbiamo parlato a casa.» - disse il biondo, avvicinandosi al suo ragazzo, cingendogli la vita con un braccio, Zayn contrariato strinse velocemente la mano di Louis, prima di scansarsi e presentarsi anche agli altri due ospiti.
«Io sono Liam e lui è Daniel, un nostro amico di infanzia.» - Zayn questa volta fece un sorriso, soprattutto al primo, mentre gli stringeva la mano.
«Vogliamo andare? La raduna dista almeno altri dieci minuti di macchina e dieci di camminata, sempre se non siete troppo stanchi per il viaggio.» - fece Niall, avvicinandosi a me - «Non sei ancora passato a casa tua?»
«No siamo venuti direttamente qui, nonna non mi avrebbe lasciato molto facilmente!»
«La capisco bene, comunque ci dividiamo in due macchine o preferite andare con una sola, la tua è grande Harry, possiamo stringerci»
«Sì, va bene possiamo andare tutti con la mia macchina, anche se in sei, non credo incontreremo polizia in un tratto così fuori dalla città e poi sono solo dieci minuti!»
Zayn si sistemò nel sedile anteriore poiché era l’unico che conosceva la strada, Louis alla guida, mentre io, Liam e Daniel nei sedili posteriori e Niall invece era seduto sulle mie gambe, non era così leggero come sembrava!
«Non muovetevi voi due!» - dissero all’unisono Zayn e Louis, provocando una sonora risata sia in me che in Niall, sarebbero stati due giorni interessanti, molto.
 
 
Arrivammo sul posto assegnatoci dalla guardia forestale poco prima dell’ora di cena, Daniel e Liam erano davanti a noi, continuavano a lamentarsi di quanto quel posto fosse disgustoso e poco igienico, mentre Zayn e Louis continuavano ad evitarsi come la peste, avevo provato ad introdurre un discorso, in realtà più di uno, ma tutto era stato vano, anche mentre i due montavano le tende e non capivo perché tutto questo astio nei confronti dell’altro. Beh, facile capire il perché, ma erano cose passate, no?
L’ora di cena era passata in uno strano e ormai familiare stato di silenzio, Liam aveva provato ad introdurre anche lui un qualche tipo di argomento, ma gli unici due che rispondevano erano Daniel e Niall. Io mi ero rinchiuso in un silenzio di protesta, Zayn preferiva fumare una sigaretta dopo l’altra pur di non parlare, mentre Louis, lui guardava il falò ardere e restava in silenzio, annuiva a qualche domanda posta da Liam, ma finiva sempre per tornare con lo sguardo basso e tornare nel suo mutismo.
«Io vado a dormire!» - fu proprio Louis a rompere il silenzio che si era creato da qualche minuto. Si alzò dandomi un leggero strattone e iniziò ad incamminarsi verso la nostra tenda, lo seguii di scatto, ma lui non si fermò per molto tempo li, prese una delle coperte che per sicurezza avevamo portato ed uno zainetto e aspettandomi, si diresse verso una direzione sconosciuta. Camminammo per almeno dieci minuti prima di fermarci e sentir dire: «Quando sono venuto a fare la legna ho trovato questo posto e ho pensato a noi.»
Non era niente di particolare, niente di diverso da ciò che vedevo dalla tenda. Louis mise due dita sotto il mio mento e mi fece alzare lo sguardo.
«Oh…» - esclamai a quella vista, se tenevi lo sguardo fisso ad altezza d’uomo, è vero, non cambiava nulla, ma quando alzavi lo sguardo, quello che ti si presentava davanti era uno spettacolo. “La luna piena e le stelle a ballarci intorno” – nonna avrebbe detto così per descrivere la meraviglia di quella luna piena e della brillantezza di quelle stelle, era raro in città vederle così luminose.
«Non sono mai stato tipo da queste cose.» - disse Louis, facendomi segno di raggiungerlo sopra la coperta che aveva steso mentre i miei occhi erano catalizzati su quella meraviglia di cielo.
«Sono felice che tu lo sia solo con me.»
«Tu sei la prima cosa che faccio bene nella mia vita o almeno ci provo.»
«Ci stai riuscendo più che bene.»
Louis si avvicinò stampandomi un bacio umido sulla guancia, per poi aspettare una mia reazione a quella richiesta di avvicinarsi a me. Sorrisi vedendolo così agitato, lo era sempre, per lui era sempre come il nostro primo bacio o la nostra prima vota, anche se i baci ormai erano il nostro pane quotidiano ed io per quelle labbra così sottili e rosee ci vivevo, vivevo per i suoi baci, per le sue parole e per i suoi sorrisi e anch’io avrei voluto dirgli che la sua vita, veniva prima della mia, ma tutti i pensieri furono spazzati via dal movimento delicato delle labbra di Louis sulle mie. E quel bacio, che era iniziato come una semplice richiesta di attenzioni, era diventato qualcosa di molto più grande, qualcosa di molto più intimo, qualcosa che solo io e lui potevamo condividere, l’amore. E ci staccammo solamente nel momento in cui non avevamo più fiato, in cui le nostre labbra erano secche, ma formavano un sorriso. Sorridevo a quella vista e mentalmente ringraziavo la vita per avermi donato quel ragazzo. Louis riprese a baciarmi la guancia, la mandibola, il collo e la clavicola, il mio punto debole e proprio lì decise di tracciare un segno del suo passaggio, della sua appartenenza, lui che queste cose non le aveva mai fatto ora iniziava a marcare il campo, il suo.  
«A cosa devo tutti questi baci?»
«Deve esserci sempre un motivo per baciarti?»
«Per me c’è sempre un motivo per fare determinate cose.»
«Ti amo e per questo ti bacio, sto cercando di anticipare tutti i baci che non ti darò quando io vedrò il sole e tu la luna e ti ho portato qui così ogni volta che vedrai la luna, anche se non sono lì con te, anche se molto probabilmente io sarò impegnato nel bel mezzo di qualche lezione universitaria, tu potrai pensare a me.»
Mi prese la mano e mi sentì tremare, tracciò il contorno dell’anello che lui stesso mi aveva regalato e iniziò ad accarezzarmi il dorso della mano, baciandolo di tanto in tanto.
«Mi mancherà fare tutto questo.»
«Anche a me, ma Lou, abbiamo un mese avanti a noi, non ci pensiamo.»
«Non possiamo sempre rimandare.»
«Ma noi affronteremo tutto questo.»
«Sai penso davvero che noi siamo fatti per stare insieme.»
«Perché?» - dissi, appoggiando la mia testa nell’incavo del suo collo e provocandogli un brivido.
«Tu così lontano e a me che piace viaggiare.» - ed in quel momento non avevo più parole, non avevo più forza che reggesse le mie gambe, avevo solo voglia di baciarlo e perdermi in lui, farci l’amore, in quel posto e ricordarlo tutta la vita come il posto migliore in cui due innamorati possano bruciare insieme al loro amore. Con Louis mi sentivo vivo, pieno di un amore che mai avrei lasciato andare e quell’ultimo bacio prima di iniziare a fare l’amore, quello fu davvero il bacio in cui capii che per davvero molto tempo avrei voluto quelle labbra sulle mie, perché è vero, certi attimi valgono tutto il tempo.
 
  
 -ANGOLINO DI G:
Non parlerò molto, non sono molto in vena, scusate solo il ritardo e il troppo romanticismo nell’ultima parte, spero di aver recuperato per un capitolo non molto Larry, ma voglio mettere in chiaro determinate cose ed una di queste era proprio la storia di Alex. Le lettere, forse vi avranno un po’ stufato ma saranno le protagoniste principali di prossimi futuri capitoli.
Okay, ultima cosa, io ed una mia amica abbiamo aperto un gruppo su Whatsapp, se volete entrare, scrivetemi in qualche modo o direttamente su Twitter, sono @Farawaytome.
Grazie a: Milly, Linda, Cristina, Giulia, Aury, Maura, Preziosa e tutte quelle che leggono, votano e commentano questa storia, grazie mille!
 
Naturalmente, cliccate mi piace qui à https://www.facebook.com/pages/Larry-Stylinson-Wont-Stop-Till-We-Surrender-/485940068150278?fref=nf
*Home alone è ‘Mamma ho perso l’aereo’
-G
 

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Capitolo 17
*** Ready to run ***


LOUIS
 
23 LUGLIO – 23.45
 
«Harold prima di iniziare, posso dirti una cosa?» - il riccio si allontanò dalle mie labbra, mugugnò contrario per il contatto interrotto.
«Puoi dirmi sempre tutto lo sai. Magari non quando le mie mani stanno lavorando sul tuo pene, ma okay amore, parla.»
«Sì ecco, non interrompermi, okay?» - Harry annuì, si sistemò meglio sulla coperta che precedentemente avevo sistemato sul prato, poggiò la testa sul mio petto e tolse la mano da dentro i miei pantaloni, quella poteva anche lasciarla a dir la verità. Mi regalò un sorriso malizioso e con un movimento della testa mi esortò a parlare. Le parole però erano bloccate in gola, rimpiansi di non essermi preparato nulla, un discorso fatto, bello e completo, come mi sentivo io da quando Harry era entrato a far parte della mia vita, ma volevo, almeno una volta, far uscire parole libere, un altro aspetto che Harry mi aveva regalato, la libertà di sentimento, con lui al mio fianco mi sentivo libero di essere un Louis che per anni si era nascosto da tutto e tutti. Durante quei giorni avevo capito che dovevo smettere di dare la colpa della mia infelicità alla mia famiglia, alle non-presenze dei miei genitori, alle dipendenze di mio fratello. Avevo dato tutte le colpe della mia infelicità a lui, ma lui non aveva colpe, come non ne ho avute io per la sua morte. Lui nonostante tutto era felice, alcune volte mi chiedevo fino a che punto era lui e quanto era la droga che circolava nelle sue vene a farlo sorridere, ma prendeva le gioie delle piccole cose, il sorriso di Ernest ed era felice, un esame passato anche con un voto minimo e lui era felice, perché la vita andava avanti e lui era ancora vivo e libero, nonostante il nero dei suoi denti consumati dalla droga, dai buchi sulle braccia, lui era felice. Ed io dovevo imparare da lui, seguirlo anche in quello ed iniziare a godermi le piccole cose, a farmi carico dei sorrisi di Harry che erano anche i miei, non dovevo iniziare ad essere felice, dovevo capire che lo ero, che Harry mi rendeva tale. Era la mia serotonina. E lui non avrebbe capito quella parola, perché non ne capiva nulla di biologia, perché era solo un ragazzino di diciotto anni che si stava prendendo cura di un’ex anima persa che con lui aveva trovato il suo posto giusto. 
«Okay, non ha senso quello che sto per dirti ed ora rimpiango di aver lasciato la lettera che avevo preparato per te a casa, quella conteneva belle parole, non ridere per favore e non fare quella faccia, io non sono bravo con queste cose, lo sai bene, quindi prendi le mie parole come le più vere che una persona possa dirti, dedicarti, perché ormai è un mese a questa parte che ti dedico praticamente tutta la mia vita e sembra così stupido. Okay, rinizio.»
«Lou calmati, dimmi tutto ciò che pensi. A me andrà bene.»
«Ti ringrazio perché da quando ti ho conosciuto non c’è stato nemmeno un momento in cui ho pensato che farla finita era meglio di vivere e prima lo pensavo così tante volte che alcune volte avevo paura di me stesso e dei miei pensieri. Sei la mia serotonina Harry, lo sei davvero. Ora voglio vivere solo perché ho capito che ne vale la pena cazzo! Vale la pena vivere per sentirti cantare sotto la doccia, per metterti una mano tra i capelli e guardarti dormire, vale la pena vivere perché voglio vedere Ernest crescere e somigliarmi e vedere anche Alex nascere e Liam piangere e godermi i giorni in cui sia io che lui saremo liberi di uscire per una birra, voglio laurearmi e dare almeno una ragione di orgoglio a mio padre e poi voglio vivere perché voglio vederti invecchiare al mio fianco, vedere chi dei due perde prima i capelli, ma non la luce negli occhi o l’amore per l’altro. Io prima pensavo spesso di dire basta a tutti i dolori e ai pensieri, tu non sai Harry, tu non mi stai semplicemente dando amore, tu mi stai dando una ragione per vivere. Ho fatto a meno dell’amore finchè non sei arrivato tu. E non piangere perché non sai quanto io mi stia trattenendo, non ho mai detto a nessuno dei miei pensieri suicidi, Liam aveva capito qualcosa, lui per un periodo non mi lasciava mai solo ed è stato umiliante per me, sono stato egoista con lui, eppure era l’unica persona che mi dispiaceva lasciare, non mi interessava della mia famiglia, solo di lui. Ci ho provato solo una volta a farla finita, una volta sola, era il 28 dicembre, Alex era morto da qualcosa come quattro mesi e noi avevamo appena iniziato a parlare e tu mi chiamavi Lola, perché non conoscevi il mio nome, la notte avevo vagato per tutta Londra e alle quattro di mattina avevo incontrato un ragazzo che mi aveva venduto qualcosa come cento sterline di pasticche ed io avevo deciso di morire così, stordito da un cocktails di anfetamine e altra merda, mia madre avrebbe avuto un altro figlio drogato e morto. Ero poco lontano da casa, nelle mie tasche avevo queste cose che pesavano più di macigni, inviai un paio di messaggi a Liam dove gli dicevo di non preoccuparsi, di essere felice e che gli volevo bene. Era notte fonda e lui era a Doncaster per le feste di Natale. Mancava qualche metro per entrare a casa, qualche metro dall’inferno, la mia maratona sarebbe finita e tutto sarebbe stato più leggero. Faceva freddo eppure non sentivo nulla, l’unico rumore proveniva da questa ragazza all’angolo della strada, faceva avanti e dietro sul marciapiede, sopra i suoi tacchi vertiginosi, stretta in un vestito che lasciava ben poco all’immaginazione. L’osservai un paio di secondi in più del necessario, la sua storia le si leggeva in faccia, nonostante il trucco pesante ed il naso rosso per il freddo. Lei in tutto questo continuava a fare avanti e dietro e canticchiare una canzone “No surrender”, un vecchio pezzo di Springsteen ed io rimasi lì ad ascoltarla. Lei mi regalò un sorriso e si avvicinò a me, dimostrava molti più anni, le rughe agli angoli della bocca e le borse sotto gli occhi e mi chiese se conoscessi il pezzo che stava cantando, io annuii semplicemente, ero così intimorito dalla sua presenza, mi chiese anche se andava tutto bene ed io questa volta scossi la testa, come poteva andare tutto bene? Nel giro di un’ora sarei morto, forse dopo sarebbe andato tutto bene, ma in quel momento no. Lei mi passò una mano tra i capelli, mi fece un complimento per gli occhi e poi iniziò a raccontarmi la sua vita, del perché si prostituiva per i suoi figli che aveva lasciato in Russia e del suo sogno di voler fare la cantante, senza successo. Poi una voce urlò il suo nome “Lola” e lei corse via, ma prima di andare via urlò qualcosa verso di me – “Ricorda la mia canzone, buona vita tu che puoi” e poi il rumore di sirene. Lei aveva capito. Non tornai a casa quel giorno, chiamai Liam verso le sette di mattina e gli dissi di aver bisogno di aiuto. Tornai a casa per prendere qualche vestito, ti scrissi su quella chat, anche in quel caso pensai a te e poi Liam insieme a Karen, mi portarono fuori Londra, in una clinica che ti aiutava ad affrontare queste cose, anche se io non sapevo bene cosa avevo, se depressione, istinti suicidi o dipendenze da droghe. E in quei venti giorni di silenzio assoluto tra me e il mondo avevo solo due persone in mente: Liam, mi domandavo se era tornato alle sue scopate occasionali senza di me tra i piedi, se aveva rimesso in ordine la cucina e se era felice, poi c’era un’altra persona nella mia testa, non aveva un’immagine definita, solo occhi verdi sfumati e mi chiedevo se su quella chat tu sentissi la mia mancanza, se in qualche modo io ti avevo lasciato un segno e poi ti immaginavo, cercavo di dare un viso a quegli occhi e non ti avevo certo immaginato così bello. Ora penserai che sono pazzo e forse un po’ hai ragione, ma volevo che sapessi e dirti che ora sto bene e non ci penso più, che la mia vita non fa più schifo, anzi, penso che sia bella da quando tu ci sei e sono felice perché tu mi hai fatto bene più di tutti. L’unica cosa per cui adesso morirei sei tu perché non si può chiamare vita senza di te e cazzo Harry stiamo insieme da un mese eppure spero che due vite come le nostre non si separino mai.»
Harry aveva un’aria indecifrabile stampata sul viso, non riuscivo a capire se stesse per darmi del pazzo oppure iniziare a piangere a dirotto come aveva fatto durante quella mia confessione. Mi guardò fisso negli occhi, la sua mano aggrappata dietro la mia nuca, come a tenere metaforicamente tutti i miei pensieri.
«Lou, posso chiederti una cosa?»
«Dopo quello che ti ho detto è lecito fare domande.» - risposi, avvicinandomi a lui, le nostre fronti a collidere tra loro.
«Cosa vuol dire serotonina?» - iniziai a ridere, perché tra tutto il mio discorso, lui aveva deciso di non parlare, di andare avanti come avevo fatto, anzi no, io non ero andato avanti, io ero rimasto bloccato al capitolo Harry Styles e lì volevo fermarmi, sicuro che niente sarebbe mai stato più bello di noi, di lui. Sorrisi nuovamente vedendo il suo viso stretto in una strana smorfia. Sorrisi a quella perfetta vita che valeva la pena di essere vissuta, solo per lui. 
«Vuol dire questo.» - lo baciai e sorridemmo insieme.
 «È un giorno importante oggi giusto? - annuii, curioso di sapere ciò che stava per dire – ecco, tanto che è così importante e tu mi hai detto che io sono la tua felicità e tutte quelle belle cose, potrei essere almeno per questa volta io l’attivo?»
«Non ci pensare minimamente!»
«Ma Lou il mio culo non ha più sensibilità!»
«Non mi interessa, lì non ti ci avvicinerai mai!»
«Sei un fottuto coglione!».
«Ti amo cretino.»
«Ti amo anch’io e anche tu sei la mia felicità, testa di cazzo.»
 
 
Il falò che miracolosamente eravamo riusciti ad accendere nel pomeriggio era l’unica fonte di luce presente tra le tre tende, anche quelle miracolosamente costruite grazie a Niall, l’unico che sapesse davvero ciò che stavamo facendo. Eravamo tornati in tenda dopo più di due ore, avevamo smesso di parlare e avevamo iniziato a fare, cosa era facile intuirlo. Appena tornati, Harry si era addormentato, il viso rilassato e le labbra ancora rosse di passione, eppure io non riuscivo a dormire, troppi dubbi, pensieri, avevo fatto la cosa giusta? Sapevo di amare Harry e di fidarmi totalmente e ciecamente di lui, ma era pronto a portare sulle spalle una cosa del genere? Lui aveva solo diciott’anni e non volevo fargli pesare nessuno dei miei problemi, raccontargli ciò che avevo passato era un modo per donarmi completamente a lui, non avevo più segreti. Spostai la mano di Harry dal mio fianco e mi alzai, indossai la felpa del riccio che come sempre mi ricadeva larga sui fianchi ed uscii dalla tenda, senza una vera meta, ma fui bloccato subito dopo dalla luce del telefono e da uno Zayn seduto su una delle sedie in plastica attorno al fuoco.
«Ehi, non riesci a dormire?» - cercai di aprire un qualsiasi tipo di conversazione con l’unico ragazzo con il quale non avevo scambiato nemmeno una parola dal mio arrivo. Zayn non si dimostrò molto propenso a parlare e l’unica cosa che fece fu annuire e tornare ad aspirare dalla sua sigaretta. Sembrava così malinconico, misterioso, a tratti triste.
«Hai una sigaretta in più? Ho lasciato il pacchetto in macchina.»
«Ho solo del drum, posso fartene una.»
«Grazie.»
«Come mai non dormi?» - provò a tenere viva la conversazione, mentre passava la lingua sulla cartina per chiuderla.
«Non sono proprio un tipo da campeggio. Tu?»
«Faccio il barista in discoteca, sono abituato ad andare a dormire molto tardi.» - Harry mi aveva raccontato del nuovo lavoro di Zayn: aveva lasciato il posto al negozio in cui lavorava da anni e aveva iniziato a lavorare in una discoteca poco lontano da casa. Tornava a casa tardi e Niall cercava sempre di aspettarlo sveglio, ma non sempre riusciva nel suo intento, soprattutto quando per tutto il giorno aveva tenuto a bada il nipotino, ma lo aspettava nel suo appartamento, una lattina di Redbull davanti e la voglia di scambiarsi almeno un bacio prima di andare a dormire insieme. Io gli avevo portato via Harry, eppure il destino gli aveva regalato qualcosa di molto più grande, più bello e giusto per lui.
«Grazie per la sigaretta.»
«Figurati…Harry come sta?» - ed aveva uno sguardo nuovo, ancora più triste al solo pronunciare quel nome, era uno sguardo di rassegnazione, di chi ha lottato per qualcosa e si è ritrovato tra le mani il nulla, eppure lui aveva Niall, perché fare così al solo pronunciare il nome del mio ragazzo?
«Lui sta bene, spero.»
«Non farlo star male Louis, lui non lo merita.»
«Cerco sempre di fare del mio meglio, lui sembra sempre così fragile, che solo con un tocco potresti spezzarlo ed alcune volte ho paura di questo.»
«Ma è felice, si vede da come si comporta, da come sorride a te e a tutti. Lui con me non è mai stato così, c’eri sempre tu di mezzo, non mi sono mai goduto appieno Harry, ci sono state volte in cui facevamo sesso, perché per lui era questo, in cui gemeva il tuo nome ed io facevo finta di nulla, faceva male, ma faceva più male non averlo accanto, sai bene cosa intendo. – annuii – Io e Niall all’inizio, ci siamo ritrovati a rifugiarci l’uno nell’altro per scappare dal pensiero di Harry, lui non ha capito che è passato sopra tutti noi senza fregarsene, non ha messo in conto i sentimenti degli altri e lo farà anche con te, prima o poi, preparati Louis, non mi sembri stupido, preparati perché nella sua vita arriverà un altro Louis e tu sarai il Niall o lo Zayn della situazione, ti ritroverai a rimetterti apposto, non vivere la sua vita sopra di lui, non vivere attraverso lui perché ci sarà un giorno in cui lui farà il tuo cuore a pezzi senza rendersene nemmeno conto e tu dovrai imparare a vivere di nuovo in funzione di te stesso e non più di lui.»
Zayn disse tutte quelle parole con una facilità disarmante, tra un tiro e l’altro della sua sigaretta, non accorgendosi minimante della pugnalata allo stomaco che mi aveva appena inflitto. Cercai di trovare le parole giuste, ma l’aria iniziò a pesare e la mia mente ad annebbiarsi, non avevo mai pensato a quell’eventualità, non avevo mai pensato di poter essere il nuovo Zayn di turno, io credevo di poter essere l’amore che lui voleva, che io meritavo, non avevo mai visto tutto questo sotto questo punto di vita e faceva tutto dannatamente schifo.
«Louis io spero vivamente che tu sia la persona giusta per lui, ma metti in conto queste cose. Dai amico non frignare non sono bravo a consolare gente!»
Il moro si avvicinò leggermente, buttò il mozzicone di sigaretta nel falò ormai spento e mi abbracciò, o almeno provò a farlo, era una strana sensazione, avevo paura delle sue parole che mi avevano appena aperto gli occhi su qualcosa che mi ostinavo ad evitare, ma in quell’abbraccio avevo anche scoperto che forse quelle braccia contenevano anche un nuovo amico o almeno qualcosa che ci si avvicinasse parecchio. Parlammo ancora per due ore, se non più. Parlammo dei progetti futuri di lui e di Niall, scoprii che stavano cercando casa perché il biondo si sarebbe trasferito a Londra per frequentare l’università e Zayn aveva deciso di seguirlo, non avrebbe riiniziato l’università, lui non era tipo da libri o da parole complesse, a lui piaceva vedere le cose come voleva e non come dei libri gli insegnavano, la pensava a suo modo, diversamente dal pensiero comune di tutta la massa ed era davvero da ammirare per ciò. Parlammo di musica, di Liam e delle scherzosa cotta che il moro si era preso per il mio migliore amico, parlammo molto di lui, dei nostri interessi in comune, del più e del meno, evitando l’unico argomento che nessuno dei due era pronto ad affrontare ancora una volta: Harry.
Fu come un tacito accordo che inconsciamente avevamo preso entrambi. Volevo conoscere quel ragazzo all’infuori di Harry, dei loro trascorsi così da non poter precludere l’idea che mi stavo facendo di lui e quell’odio che una volta provavo nei suoi confronti, quella gelosia, quel fastidio al solo pronunciare il suo nome era sparito e nella mia testa iniziai ad appuntarmi del perché era bello vivere. Lo facevo da quando ero uscito da quella clinica, lo avevo imparato lì, anche se ultimamente tutti i miei ‘È bello vivere…’ li dedicavo ad Harry, anche se lui non sapeva di questo, non sapeva della nota sul mio telefono in cui appuntavo tutto. Ma ora non c’era spazio per Harry, perché sul mio telefono avevo appena scritto: “È bello vivere per fumare con Zayn e ridere.”
 
 
NIALL
 
25 LUGLIO – 14.30
 
Il campeggio si era dimostrato migliore di quello che tutti noi immaginavamo, almeno nessuno era ancora morto per qualche tipo di intossicazione alimentare dovuta al pessimo modo di cucinare di Liam e del suo amico oppure per mano dei nervi di Zayn. Ultimamente conversare con lui era qualcosa di impossibile, bisognava calcolare le parole giuste, stare lontano dal suo corpo ma contemporaneamente provare a stare nei suoi panni a capirlo. Nei giorni precedenti al campeggio era intrattabile, avevamo litigato pesantemente il giorno prima di partire e anche se la notte stessa avevamo rimediato con del sesso, questo non colmava quel vuoto che sentivo, qualcosa doveva essere rimesso a posto e quello ero io. Amavo Zayn, anche se non glielo avevo ancora detto, parole come quelle vanno sempre calcolate bene e sentivo che per il più grande era ancora troppo presto, per lui non era lo stesso, aveva completamente dimenticato Harry, non era un problema il riccio, non lo era più da tanto tempo.
Ma c’era ancora qualcosa che mi fermava, che mi bloccava dal dire a Zayn quello che provavo. Ero fatto male, ne ero a conoscenza, ma prima di dire quelle due parole, consegnare totalmente il mio cuore al ragazzo con il quale da lì a poche settimane sarei andato a convivere, dovevo prima chiudere totalmente una porta dal quale passava ancora uno spiffero di luce e quella era l’occasione adatta. Daniel la sera precedente aveva incontrato una ragazza tedesca anche lei in campeggio e non lo si vedeva praticamente dalla notte precedente, ma si sentiva, purtroppo si sentivano gemiti e parole poco pulite provenire dalla sua tenda, dove Liam aveva deciso di non mettere più piede, si era infatti trasferito, se così possiamo dire, nella tenda del suo migliore amico e di Harry. I due per avere un po’ di intimità da Liam, con la scusa del pacchetto di sigarette lasciato in macchina, erano tornati al parcheggio e ci avevano dato dentro, erano calamite che non potevano resistersi ed io avevo smesso di essere geloso, di non volere il bene di Harry perché non ero io a darglielo. Le mie priorità erano cambiate, ero cambiato anch’io e soprattutto era cambiato il destinatario del mio amore. Non avevo paura delle conseguenze della mia vita con lui al mio fianco, ero anche pronto a dire a mia madre di lui, prima o poi avrei dovuto, non potevo nascondere più ciò che lui era per me, non si poteva più nascondere ed io ero stanco di non poter stringere la mano a Zayn, di non poterlo baciare liberamente per strada, di nasconderci da occhi indiscreti e lingue lunghe. Io volevo solo il nostro bene, io che ho sempre voluto il bene degli altri, per una volta volevo il mio di bene, me lo meritavo, ero stanco di vivere all’ombra delle voci, dei pregiudizi, di una libertà che volevo e che meritavo di avere, lo meritava anche Zayn. Erano troppi pensieri, troppe voci nella mia testa mi dicevano cosa dover fare, ma volevo ancora un parere ed era quello di una persona che dopo quello avrei rinchiuso nel passato. Non letteralmente, non avrei abbandonato Harry, mai per nulla al mondo, lui mi aveva fatto sentire speciale nel mio piccolo, voluto, allineato con il mondo intero, che questo aveva uno spazio adatto anche per me. Harry ti faceva sempre sentire così adatto, poco sbagliato, anche se sei un disastro, anche se il mondo ti odia, tu ti odi, Harry troverà sempre un motivo per il quale tu vali. Il mio rinchiuderlo era una metafora per dire che dovevo abbandonare il morboso attaccamento amoroso che avevo avuto nei suoi confronti e avevo deciso di farlo dopo che Louis ci aveva raccontato della lettera al fratello, non aveva sbagliato e non avrei sbagliato nemmeno io a fare la stessa cosa, non con una lettera ma volevo chiudere quella porta che lasciava ancora un soffio d’aria e avrei riiniziato davvero.
 
Quello era il momento adatto: Liam, Louis e Zayn erano rintanati in una tenda a fumare. Il primo si era fatto scappare di avere dietro con se della marijuana, gli altri due non se lo fecero ripetere una seconda volta. Ne aveva rollate un paio la sera precedente e con un giro veloce a cui tutti avevamo partecipato le avevamo fumate entrambe, ma a questo turno sia io che Harry passammo. Harry non era un tipo da droghe, nemmeno le più leggere e mi sorpresi a scoprire Louis a suo agio invece con queste, soprattutto dopo la fine che aveva fatto il fratello, ma evidentemente lui non ci badava troppo. Liam invece sapevo che fumava, la prima volta che Harry fece un tiro di canna era proprio tra le dita del primo, in quel college che fu spettatore di drammi, gioie e raccomandazioni. Zayn invece, lui era abbastanza abituato alle droghe leggere, in casa aveva sempre qualche grammo nascosto nel fondo di qualche cassetto, toglieva l’ansia a suo dire e rendeva più contenti. Lui che non lo era praticamente mai. Aveva sempre gli occhi spenti e qualche problema tra la testa, si confidava sempre poco e mai avrebbe chiesto aiuto. Quando mi chiese di cercare un appartamento insieme a Londra, io non sapevo se stavo sognando o semplicemente se la realtà era diventata più bella di tutti i miei desideri. Eppure la nuova vita, che piano piano si stava costruendo, non gli piaceva ancora ed io non capivo il perché.
Zayn era contraddistinto per questo alone di tristezza che era solito portarsi dietro eppure da due giorni a questa parte, era come sbiadita, come se quella tristezza che tanto segnava il suo volto era come sparita e non era per Harry come inizialmente avevo pensato. Loro parlavano davvero poco, al contrario di Zayn e Louis, quei due erano diventati come un unico cervello, un unico modo di pensare e di agire e mi dava fastidio, ero estremamente infastidito che ciò che io provavo a fare da almeno un mese a questa parte, Tomlinson c’era riuscito in poco più di ventiquattro ore. Lui riusciva sempre a prendersi le cose più belle della mia vita e non le meritava, non meritava di vedere il sorriso ampio di Zayn dopo una sua battuta, gli occhi innamorati di Harry, l’amicizia vera di Liam, non meritava tante cose che io non avevo, tutte quelle di cui lui mi aveva privato senza nemmeno accorgersene, ed era inutile competere, io sarei sempre stato secondo a lui. A tutti.
Provavo ad essere sicuro di me stesso, cercavo di essere felice tramite quel sorriso che a me non mi aveva mai dedicato, tramite gli altri e le loro vite, riempivo i vuoti delle persone che amavo pensando che indirettamente potesse riempire anche i miei, ma scappavo solo da me stesso preferendo sempre gli altri ed ero stanco. Stanco di non valere niente. Stanco di essere posto così in basso rispetto a Louis.  
 
«Non sei a fumare con loro?» - Harry si avvicinò al tavolo di legno presente al centro della nostra piazzola, diede un’occhiata alla tenda, accigliato.
«Non sono abituato, tu?»
«Non fanno per me le droghe, davvero. Penso che chi si droghi sia affetto da solo una malsana voglia di farsi del male»
«Perché allora permetti al tuo ragazzo di stare lì a fumare?»
«Perché lui vuole sentire di avere ancora il controllo della sua vita, di non essere Alex, di poter ancora decidere quando dire basta e poi ogni volta che fuma gli viene duro, quindi io mi diverto dopo.»
Harry tirò un sorriso, non so quanto vero. Quello che aveva appena detto, non era stupido, non che Harry lo fosse, beh almeno la maggior parte delle volte, ma quello era un pensiero così profondo, almeno la parte prima del sesso. Harry non era mai stato un tipo maturo, lui aveva sempre ricevuto tutto su un piatto d’argento, non aveva mai dovuto faticare per nulla, eppure quelle parole emanavano una maturità, una consapevolezza che lui non aveva mai dimostrato.
«Ho ca-capito. Non pensavo fosse così.»
«Nessuno mai pensa la verità su Louis. Nessuno lo conosce davvero per poterlo capire, mi godo il privilegio di essere il suo nessuno, di poter capire solo con uno sguardo ciò che davvero pensa.»
«Ti fa stare davvero bene.»
«È una domanda?»
Scossi la testa, non era una domanda. Era l’effettiva e assoluta verità, quante volte avevo sognato che quello sguardo che gli dedicava fosse per me, quante volte mi ero immaginato al suo fianco, stretto nella sua mano e tra le sue braccia, al sicuro. Quando abbiamo legato, quando la fortuna mi aveva messo davanti Harry Styles in pieno febbraio, con i suoi ricci bagnati, sapevo di rischiare, di restarci male, ma l’ho fatto nonostante tutto e non lo rimpiango, non rimpiango di aver sbagliato, di avergli dato il mio cuore e aver ricevuto solo cenere, ma andava bene così, perché nonostante tutto, era comunque al mio fianco, in una veste che all’inizio avevo odiato, come semplice amico. All’inizio lo avevo immaginato un per sempre tra di noi, uno stretto legame indissolubile, ma abbandonarsi, separarsi, alcune volte può far bene ed io avevo capito cosa volevo da quel ragazzo: niente. Lui purtroppo apparteneva a quel ragazzo dagli occhi azzurri. Loro erano la regola di quel detto: “Chi si appartiene si trova, si ritrova.”, potranno essere separati, scegliere percorsi differenti, essere divisi dalla vita, sbagliare, ma loro si appartengono, per l’intera vita, perché un amore come il loro, nemmeno la vita può separarlo.
«Lo ami così tanto? Questa è una domanda.»
«Posso essere sincero? Non voglio ferirti.»
«Harry non puoi più ferirmi, quelle che mi avevi inflitto si sono richiuse, almeno quelle sulla pelle. Poi ce ne sono altre, che tu non conosci, sono quelle del cuore, quelle non si chiuderanno mai, tu farai sempre un po’ male, tu farai sempre un po’ male al mio cuore, ma non ferirmi ancora.»
Ed eccola la mia porta chiusa, un leggero sbattere la verità davanti agli occhi chiari di entrambi, erano quelle le parole inaspettate che avevano chiuso il mio cerchio. La consapevolezza che Harry apparterrà sempre al mio cuore, a me, ma senza più spazi, senza più compromessi. Ero andato avanti e non me ne ero nemmeno accorto.
«La mia casa è lui. Ovunque lui sia, io gli appartengo.» - Harry indicò il petto di Louis che si era appena avvicinato a noi, gli occhi rossi, la bocca asciutta - «E in qualunque posto lui sarà, noi saremo, io sarò a casa.»
«È troppo fatto per capire cosa hai appena detto.»
«So che lui lo sa e questo è l’importante. Ma Nialler, cosa volevi dirmi?»
«Sono felice per te e Louis, te lo volevo dire da tanto tempo che me ne sono reso accorto solo ora.»
«Grazie!»
«Amore andiamo in macchina, ho voglia di te!»
«Ecco perché lo lascio fumare, a dopo Nì e grazie ancora.»
 
Louis, nonostante tutto il fumo, aveva ancora la lucidità di prendere per mano il più piccolo e incastrarsi tra le sue braccia, protetto da chi voleva solo il suo bene. Per la seconda volta, avevo capito e questa volta ne ero anche sicuro, che la felicità di Harry era rinchiusa in quel ragazzo aggrappato al suo fianco.
 
 
«Quei due si baciano con gli occhi!»
«Sì dice “Si mangiano con gli occhi” Zay, quanto avete fumato?» - Zayn sorrise, forse non era solo Louis a toglierli quell’alone di tristezza dal volto, forse anch’io ci riuscivo senza accorgermene, anzi, potevo esserne quasi sicuro: io rendevo felice Zayn. Ed era una strana consapevolezza, quella di far del bene a qualcuno e anche a se stessi, perchè potrei passare per l’ultimo dei romantici falliti, ma se Zayn era felice, lo ero anch’io.
«No Niall, guarda! Si stanno solo vedendo negli occhi eppure tra di loro c’è amore e forse ho sbagliato»
«A far cosa?»
«A dire a Louis che lui sarà il prossimo me o te di Harry, un amore come il loro non puoi spezzarlo. Lui sarà l’ultimo.»
«Nemmeno uno come il nostro?» - chiesi, ansioso di ricevere una risposta. Ero felice per quei due, lo ero davvero e questa volta ero anche convinto di ciò che dicevo, ma adesso, chiusa quella porta che aveva lasciato per così tanto tempo fatto passare aria fredda, ora ero pronto a correre dove io appartenevo.
«Nemmeno uno come il nostro, io ti amo Niall.» 



ANGOLINO DI -G: 

Avevo annunciato questo capitolo per la settimana scorsa e mi dispiace non aver fatto prima ma ho avuto come un blocco dello scrittore (?) e ho odiato scrivere questo capitolo e non ne sono pienamente soddisfatta, sono una perfezionista e questo nmi fa odiare certe cose che scrivo. Parliamo del capitolo, come vi avevo ben detto, questi sono tutti capitoli di passaggio, il prossimo sarà uguale e parlerà della partenza, forse è leggermente più importante dei precedenti, ma inutile dirvelo leggerete a tempo debito. Non so da dove partire per prima, Louis si è aperto completamente con Harry e gli ha raccontato cosa era successo e del perchè era scomarso per un mese (primo capitolo). Con l'andare del tempo vedrete che rimetterò piano piano tutte le tessere del puzzle, ma il modo in cui lo farò, mi odierete, ne sono sicurissima. Secondo argomento: Ziall. ho iniziato a mettere le basi tra un'amicizia tra Louis e Zayn e sarà importante nei capitoli precedenti. Beh, ora riprendo sugli Ziall, c'è davvero da commentare sugli Ziall? Mi piace particolarmente scrivere di Niall perchè riflette sempre i miei pensieri e non so perchè io ve lo stia dicendo. 
Comunqueeee, un ringraziamento davvero speciale a tutte lle persone che seguono, votano, stellano, commentano e tutto davvero, mi date davvero tanto orgoglio. Un ringraziamento speciale alla solita Milly che adesso riceverà spoiler anche su Twitter, Linda ZaynTops, Maura, Preziosa, Aury, Grace, Cristina, Giulia e Sara che mi pubblicizza sempre.
HO INIZIATO UNA NUOVA STORIA COMUNQUE, CHI VOLESSE ANDARLA A LEGGERE È SUL MIO PROFILO, DA QUALCHE PARTE, SI CHIAMA "LA FORMAZIONE DEL CAOS". 
Un bacio. 
-G 
@Farawaytome

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Capitolo 18
*** Secrest ***


HARRY
29 LUGLIO – 11.01
 
Seduti in quella piccola sala d’aspetto c’era tutta la mia vita: Anne, che da qualche giorno avevo iniziato a chiamare mamma, era lì in piedi, abbastanza lontana dagli occhi inquisitori di mia nonna, si stringeva a Louis, sussurrandogli raccomandazioni e pensieri – «Non fare del male al mio Harry, mh?» – gli fece promettere il mio bene, perché a lei questo interessava, voleva il mio bene e per questo diciott’anni prima era andata via e per questo altrettanti anni dopo aveva accettato di restare, perché ora lei sapeva di poter partecipare attivamente alla mia vita, non era troppo tardi, non è mai troppo tardi per essere una buona madre. Anne in quel momento si trovava in una gabbia piena di leoni, le persone che l’avevano fatta fuggire già una volta erano lì, sedute su delle scomode poltrone di plastica ad aspettare, ma in quell’aeroporto, in quel tacito arrivederci, lei era rimasta, aggrappata stretta a Louis, l’unico che non l’aveva mai giudicata, ma era rimasta. Il suo saluto fu nel pieno del suo stile, un sorriso, troppo simile al mio ed un - «Prenditi cura di te stesso Harry, fai ciò che ti rende felice e libero e per qualsiasi cosa, la mamma è qui». Mi abbracciò forte cercando di reprimere un principio di lacrime, abbracciò nuovamente Louis e andò via, salutando con un sorriso tutti, persino mia nonna, che non si avvicinò a noi finché la donna non fu completamente lontana dalla sua vista. Mia nonna non doveva essere nemmeno lì secondo Louis, non lo diceva con cattiveria, ma semplicemente perché qualche giorno dopo anche lei sarebbe partita per gli States, stava solo aspettando l’ok da parte del medico per quanto riguardava il cuore delicato di suo marito. Loro sarebbero stati fino a Natale, una specie di vacanza per due arzilli settantenni e non un trasferimento.
«Ci vediamo tra qualche giorno, vengo a vedere come stanno i miei ometti!»
«Nonna io e papà ce la sappiamo cavare per qualche giorno, non c’è bisogno che tu affretti tanto le cose, aspetta l’ok del medico e poi con calma parti!»
«Oh ma Harry chi se ne frega di tuo padre, so che sta anche troppo bene lontano da me, io mi riferivo a te e Louis!» - il ragazzo dai capelli color caramello divenne visibilmente imbarazzato, sì forse non c’era nulla di male nelle parole di mia nonna, ma lui, troppo simile a me, aveva visto in quella frase una muta accettazione, anche per lei, il ragazzo faceva parte della famiglia ed io non potevo esserne più orgoglioso. Mio nonno fu più distaccato, lui era uno Styles in fin dei conti, una stretta di mano era anche troppo per i suoi standard - «In bocca a lupo ragazzi!» - disse, prima di trascinare mia nonna in lacrime lontano da noi. Ero cresciuto, mi vedevano come un uomo a tutti gli effetti e proprio questo aveva fatto crollare mia nonna - «Ricordo quando eri solo un bambino tutto ricci e canzoni jazz, ricordo che per fare la cacca dovevi nasconderti sotto il tavolo dello studio, ora sei un uomo che sta iniziando l’università! Sono vecchia!» - Louis e Niall risero di gusto alla scena e non mi preoccupai di tirare un pugno sulla spalla ad entrambi.
La parte delle lacrime di mia nonna lasciò spazio a quella degli abbracci di Milly, delle battutine a sfondo sessuale di Zayn, dei sorrisi di Niall e delle raccomandazioni di Liam.
Quei cinque sconosciuti fino a qualche mese, prima erano diventati la mia vita, ed era diventata bella e felice grazie a loro, era tutto ciò a cui tenevo, ne mancava un pezzo, una persona, ma sapevo che arrivato a Los Angeles, quella voce fastidiosa a cui mi sarei dovuto abituare nuovamente, sarebbe stata lì.
«Voglio ogni ecografia di Alex, voglio sapere tutto, cercherò di liberarmi appena finirai il tempo non voglio perdermi il mio LouLou diventare zio! Oh mio Dio, quando tornerò a Natale sarai enorme e questo piccoletto qui…» - mi interruppe Milly, passandosi una mano su quel pancino non ancora visibile
«Si spera piccoletta»
«Oh ti prego, qui tifiamo tutti per un maschio!» - rispose Louis, beccandosi un’occhiataccia da parte della ragazza: i due migliori amici volevano assolutamente un maschietto da viziare e da rendere più o meno la loro esatta copia, non che Louis fosse l’esatto esempio di mascolinità. Una bambina, li avrebbe fatti impazzire, sarebbero stati gelosi di qualsiasi essere maschile sulla faccia della terra fin dall’asilo.
«Vieni qui e fatti abbracciare» - continuò la ragazza, si raccomandò a Louis come una perfetta mamma, forse era già entrata troppo nella parte, strinse entrambi in un caloroso abbraccio, mentre Liam urlava di non stringere troppo forte e fare attenzione al bambino. Perfetto era già andato in panico ed il bambino non aveva neanche tre mesi di gestazione! Liam si aggiunse all’abbraccio, era un quadretto assai divertente visto dall’esterno, ma in quell’abbraccio, io ci avevo visto tutto il mio futuro, era così che doveva essere: Milly e Liam come vicini di casa, con i nostri barbecue la domenica mattina e le vacanze insieme, Louis ancora al mio fianco e Alex a fare avanti e dietro tra i suoi zii ed i suoi genitori. Magari Zayn e Niall ci avrebbero raggiunti nelle vacanze, ai pranzi di compleanno e nelle occasioni speciali, avevo solo diciott’anni eppure tutto il mio futuro erano quelle cinque persone. I saluti furono abbastanza veloci dopo che una voce computerizzata ci avvisò che il gate per il nostro volo era stato aperto. Niall si preoccupò del cibo che potevo e non portare sull’aereo per poi ricordarmi che mi avrebbe aspettato sul nostro campanile, pronto per una nuova canzone. Zayn mi diede un veloce abbraccio, mentre riversò tutta la sua attenzione su Louis, quei due oltre che amici sarebbero diventati presto coinquilini. Liam infatti aveva lasciato la sua stanza per trasferirsi nell’appartamento libero al piano di sopra, lui e Milly ormai avevano bisogno dei loro spazi e della loro intimità, cosa che fece abbastanza piacere a Louis perché era stanco di vedere ogni mattina la ragazza riversarsi sulla tazza del water. Zayn aveva di buon grado accettato di prendere la stanza precedentemente occupata da Liam, era vicino al suo nuovo posto di lavoro come barman e soprattutto abbastanza vicino al college dove studiava e alloggiava il suo ragazzo, Niall era vincolato, per la sua borsa di studio, ad alloggiare in una delle stanze del campus, ma ad entrambi andava bene così, avevano i loro spazi ma non erano distanti troppo uno dall’altra, insomma, il connubio perfetto. Loro potevano permetterselo.
Demmo un ultimo saluto al gruppo ed io e Louis, mano nella mano, orgogliosi di quel nostro piccolo passo, ci incamminammo verso l’aereo che ci avrebbe aperto le porte di una nuova esperienza.
 
 
18 AGOSTO – 09.13
 
 
Los Angeles rappresentava tutto ciò che io non ero: troppo grande, troppo caotica, piena di gente che provava ad inseguire i propri sogni, quando io invece mi ero portato il mio direttamente da Londra ed era capace di farmi stare bene solo stringendomi la mano. Louis era l’unica cosa che mi teneva ancora lì, odiavo quella citta, quell’ammasso di grattacieli e perenne sole, io volevo la pioggia, il freddo, invece l’unica cosa che riuscivo a vedere era il blu dell’oceano, che comunque non era nulla in confronto agli occhi del mio ragazzo. “Quando sei diventato così romantico?” – i monologhi col mio cervello erano diventati ancora più frequenti ora che mi ritrovavo a pendolare per quell’immensa casa in cerca di qualcosa da fare. Louis era perennemente sui libri, aveva perso troppo tempo dietro di me e stava recuperando alcune delle materie lasciate indietro per non lasciare me, papà era sempre occupato con il nuovo ufficio, era molto più grande, più importante e la scritta ‘Styles Production e Co.’ si erigeva immensa su un palazzo da quindici piani. L’unica a portare un po’ di vitalità in casa era Beth, non mi aveva deluso, mi aveva aspettato ed ora divideva con me il piano superiore di quella casa, ognuna nella sua stanza ovviamente, ma in alcuni momenti non vedevo l’ora che Louis se ne andasse solo per infilarmi nel letto con lei e fare una maratona di qualche serie trash americana di cui mi raccontava sempre. Era dimagrita molto, il viso scavato e due enormi borse sotto gli occhi avevano cancellato quell’aria spensierata; aveva tinto i capelli di un nero riflesso al blu ed aveva abbandonato i maglioni di lana per shorts e magliette larghe e maniche lunghe, nonostante le alte temperature. Aveva attribuito quel cambio di immagine al fatto che avesse di nuovo cambiato stato e che in quei panni si sentisse più ‘a casa’. Non me ne preoccupai più del dovuto, in fin dei conti l’atteggiamento verso di me non era cambiato e con Louis era sempre quasi impeccabile, era una gioia per mio padre ed in fin dei conti, mi sentivo come una grande famiglia allargata, strana ma felice. Beth aveva interrotto tutti i suoi rapporti con la sua famiglia, aveva lasciato il mio bullo ed aveva messo nel dimenticatoio la sua vita ad Holmes Chapel, per lei era stata solo una parentesi di un paio di anni, niente di più. Sembrava che avesse dimenticato anche il patto con mio padre ed i soldi che aveva intascato per convincermi ad andare a Los Angeles. Io ero stato zitto solo per un motivo: a Beth quei soldi servivano e mio padre di soldi ne aveva fin troppi. Ma non avevo cancellato, un giorno mi sarei ribellato, ma in quel momento, tutto ciò che mi interessava, era la mia felicità e Beth nel bene o nel male, faceva parte di quelle persone che mi rendevano maledettamente felice. 
 
«Lou che dici ti svegli?» - il ragazzo dagli occhi azzurri mugugnò un no, stringendo ancora di più il cuscino e nascondendo parte del corpo sotto le lenzuola bianche. Quella scena era una delle più belle che avessi mai visto, a pensarci bene tutte le scene con protagonista Louis erano le più belle che avessi mai visto, è che quel ragazzo dai tratti gentili, dalle mani piccole ed il sorriso grande era stato il regalo più bello che la vita mi avesse dato.
«Sto andando in ufficio, papà non c’è e mi ha detto di andare a controllare gli ultimi lavori, vuoi venire?»
«Dormire. Stanotte. Mi fa male la schiena.» - arrossii al ricordo della notte precedente, quando Louis per la prima volta aveva ceduto ed io ero entrato letteralmente dentro di lui, il viso inizialmente contratto dal dolore e poi rosso dal piacere era qualcosa difficile da dimenticare e poi i suoi – “Va tutto bene amore mio” – pronunciati ad ogni mia steccata ed io in momenti come quello mi sentivo giusto, stretto tra le braccia di chi, stupidamente e romanticamente, ci avrei voluto passare la vita.
«Va bene Lou, però ricordati di svegliare Beth, ci vediamo a pranzo»
«Bacio» - piagnucolò il ragazzo, che dopo aver poggiato delicatamente le sue labbra sulle mie, tornò a dormire.
 
«Harry! Ma che piacere vederti qui! Des non c’è, credo sia impegnato in qualche riunione dall’altra parte della città, ti serve qualcosa?» - Tamara era l’unica sprezzo di colore in quell’ufficio troppo bianco, la ragazza rendeva tutto sempre più semplice, apprezzabile e bello, forse era per il colore rosso dei suoi capelli o per quel sorriso imperfetto ma bellissimo o per tutta una serie di fattori che sin da quando ero piccolo mi avevano fatto vedere in lei una figura materna, perché accanto a mio padre, lei sapeva farsi rispettare, gli teneva testa nonostante fosse il suo capo, non stonava come succedeva con qualsiasi tipo di donna e mio padre ne era fin troppo a conoscenza, ecco perché non l’aveva mai mandata via in quegli anni, perché parte della sua fortuna era anche grazie a quella donna rosso fuoco.
«Devo prendere delle cose nel suo ufficio e vedere come procede il lavoro, farò subito. C’è qualcuno di là?» - indicai la grande porta di vetro retinato che separava l’ufficio di Tamara da quello di mio padre.
«Dovrebbero esserci l’elettricista ed un assistente di tuo padre, stanno montando gli schermi a led, tuo padre ha fatto davvero le cose in grande»
«Anche troppo, sa bene come la penso! Il suo ufficio a Londra andava più che bene»
«Deve seguire determinati canoni se vuole iniziare a fare concorrenza alle grandi americane, a Londra era uno dei maggiori produttori è vero, ma qui è come ripartire da zero» - disse la donna, orgogliosa di tutto quello a cui stava prendendo parte.
«Vado, ci vediamo tra qualche minuto» - Tamara si congedò con un sorriso e riprese ad occuparsi dei documenti da mettere in ordine, mancava poco all’apertura dell’agenzia di produzioni e management e tutti i dipendenti erano occupati con gli ultimi lavori. Mio padre invece, lui non aveva mai smesso di lavorare, era occupato ad accaparrarsi contratti, cantanti, attori, avrebbe accettato anche quelle soubrette da quattro soldi destinate a durare una sola stagione, la ‘Styles Production e Co.’ Aveva bisogno di nomi e mio padre era alla ricerca continua di questi.   
Appena aprii la porta sentii un rumore assordante e qualcosa simile ad un’imprecazione - «Dio scusami ti sei fatto male?» - dissi al ragazzo appena caduto dalla scala - «Mi dispiace molto! Stai bene? Tamara cerca del ghiaccio!» - urlai, prima di aiutare il ragazzo ad alzarsi.
«Sono mortificato, non sapevo che eri dietro la porta»
«Non fa nulla, davvero signor. Styles»
«Oh ti prego chiamami Harry, Signor Styles è mio padre, io non sono nessuno di importante» - il ragazzo mi fece un sorriso, denti perfettamente bianchi, piccole rughe agli angoli degli occhi verde scuro, così diverse da quelle di Louis ma così belle.
«È tutto okay Harry, mi fa solo leggermente male la spalla, passerà presto» - il ragazzo si massaggiò la spalla, era più alto di me di almeno cinque centimetri, il suo fisico era asciutto e la maglietta tirata sulle maniche lasciava intravedere il tatuaggio di un’ancora.
«Posso aiutarti in qualche modo, ehm, non so il tuo nome»
«Nicholas Grimshaw, sono il nuovo assistente di tuo padre»
«Posso offrirti un caffè Nicholas? Vorrei riparare al danno!»
«Se insieme al caffè mi prendi anche una crema contro le contusioni, sarei felice di accettare. Ah, non chiamarmi Nicholas, mi sembri mia madre, per gli amici o i figli del mio capo io sono Nick»
«Dai andiamo Nick»   
 
 
LOUIS
 
Bussai tre volte alla camera adiacente a quella di Harry e pregai che nessuno rispondesse. Ma quella voce, così fastidiosamente acuta, rispose - «Cosa cazzo vuoi?»
«Harry ha detto che ci vuole a pranzo, preparati»
«Non seguo i tuoi ordini» - rispose la ragazza da dietro la porta, forse era troppo fatta e con ancora un briciolo di dignità per non farsi vedere in quelle condizioni da me, non che fosse la prima volta. Avevo trovato Beth con del popper il giorno stesso in cui io ed Harry eravamo arrivati in quella casa, lei era riuscita a nascondersi ad Harry, ma con me era stata troppo lenta, forse quei gas erano ancora in circolo nel suo sangue o forse non voleva nascondersi, almeno con me. La seconda volta che vidi Beth drogarsi successe qualche giorno dopo l’arrivo, Harry era in giro con il padre, come succedeva spesso in quei giorni e la ragazza non aspettava altro, aveva stretto un laccio emostatico al braccio sinistro ed aveva iniettato una strana sostanza, dal colore trasparente, nel suo braccio. Harry non si accorse di nulla, né quel giorno né i successivi in cui la ragazza continua a fare uso di droghe. Si faceva quando era sicura che Harry non fosse in casa, troppo impegnato con il padre, oppure quando l’astinenza era troppo forte e lei si richiudeva in bagno a farsi di chissà quale schifezza. Ma ciò che più mi stupiva, era il cambiamento che questa teneva quando Harry era in nostra presenza, sembrava così tranquilla, a tratti felice e mi trattava bene, quasi come trattava il mio ragazzo. Tutto questo mi sembrava così assurdo! Com’era possibile che lui non si fosse accorto di nulla? Non era difficile rispondere, Beth in sua presenza, tornava quella ragazza di paese, la sua migliore amica eppure i suoi occhi raccontavano tutt’altro, almeno a me, che con un dipendente da droga ci avevo già avuto a che fare e non era finita propriamente bene. Non volevo rivivere un altro dramma, forse sarei riuscito a fermarla, a farle capire che poteva stare bene anche senza la droga, a non far morire anche lei come avevo fatto con mio fratello, ma lei, lei assolutamente non me lo permetteva. Aveva sviluppato un odio per me dal giorno stesso in cui la vidi drogarsi per la prima volta, da quando io ero diventato una minaccia ma allo stesso tempo l’unico che poteva tener occupato Harry, non farlo indagare sul suo così drastico cambio, ma lei non era cambiata - «Sono solo tornata la Beth di Las Vegas» - ed il tono della sua voce era macro, maligno e nella mia testa però risuonava come una richiesta d’aiuto e c’erano giorni in cui preferivo restare a casa, godermi di quegli attimi in cui potevo aiutarla, nei momenti di lucidità in cui Harry non c’era, prima di essere inghiottito da quel male, da quegli occhi rossi e vederla piano piano distruggersi. Ero un palatino, sì, ma di una causa persa.
«Betty posso entrare?» - riprovai ancora una volta, sperando questa volta di ottenere una risposta positiva. Mi sentivo prigioniero di un segreto e le parole di Liam mi riecheggiavano nella mente - «Stai facendo questo per avere la coscienza più pulita, in questo modo non otterrai indietro Alex e nemmeno salverai quella ragazza». Non era per la coscienza, o almeno lo era solo in parte, lo facevo perché quella ragazza era l’unico punto di riferimento che Harry aveva lì e non volevo abbandonarlo sapendo di non lasciarlo in mani sicure.
«Non guardarmi» - ma lo feci lo stesso, la ragazza indossava solo una maglietta, potevo vedere i suoi slip rosa ed alcuni lividi sulle gambe, le braccia erano coperte da altri lividi, un paio di tatuaggi e all’interno, tra il braccio e l’avanbraccio era possibile osservare piccoli segni rossastri, simili a punture di animale. Aveva il volto ancora più scavato dell’ultima volta, non mangiava da giorni e la pizza che le avevo portato un paio di giorni prima era ancora integra sul comò. Potevo odiarla, non concederle il mio aiuto ma quello che stavo facendo, non era solo per Harry o per la mia coscienza, era anche perché quella ragazza così indifesa, così oppressa dal mondo circostante, mi faceva pena. Mi ricordava me nei momenti infelici, quando vedere un’uscita, un appiglio per continuare era impossibile, per lei, com’era stato per me, c’era solo buio ed io volevo essere la sua luce.
«Lui è stato qui?» - la ragazza annuì ed indicò i residui di cocaina sul tavolino, ai piedi del letto.
«Ti ha fatto male?» - per la seconda volta la ragazza annuì, questa volta indicando il letto e la chiazza di sangue su uno dei cuscini. Solo in quel momento mi soffermai sul suo viso attentamente, c’era del sangue secco sotto al suo naso e l’occhio era contornato da del viola, l’aveva picchiata, un’altra volta.
Beth si aggrappò alle mie spalle, era lucida o almeno era abbastanza sobria da capire cosa stava succedendo.
«È arrivato in camera ieri notte, tu ed Harry avevate la musica ad alto volume, io ho prova-provato a dirgli di no, ma lui mi ha detto che mi avrebbe ammazzato di botte e poi cacciata…Ha detto che mi avrebbe fatto odiare da Harry, mi avrebbe mandato gli scagnozzi della droga contro e loro mi avrebbero u-ucciso...»
«Beth torna dai tuoi genitori in Nevada, io cercherò di convincere Harry a partire con me, se uniamo le forze possiamo far capire a quel bastardo che non siamo in suo pugno e pot-»
«Io ormai non ho più forze e se porterai Harry lontano da qui, Des ti ucciderà come sta facendo con me»
 
 
HARRY
 
29 AGOSTO – 23.25
 
Louis era strano da qualche giorno ed ancora più strano era il silenzio tra di noi.
Era passato un mese dal nostro arrivo, era passato un mese dal giorno in cui avevamo messo piedi insieme nel grande aeroporto di Los Angeles ed adesso questo mese era volto al termine, era la fine per noi, per quei nostri momenti insieme. Con la fine di Agosto era arrivata anche la fine di quel nostro viaggio insieme ed io avevo un peso dentro, che mi torturava la notte, che mi faceva vedere quegli occhi azzurri un po’ più scuri, il sorriso più grande ed il ricordo di mani più grandi a strofinarsi sul mio busto.
E stavamo in silenzio perché le parole avrebbero ferito, perché non ce n’erano di così adatte. Eravamo seduti sulla spiaggia, si vedevano le stelle e a quel caldo notturno nessuno dei due era abituato, io forse avrei dovuto, quel posto dovevo iniziarlo a considerare casa mia e smettere di vedere Louis come il mio posto, stretto tra le sue braccia, io non ne ero degno. A pochi passi da noi c’era una coppia che litigava e forse dovevamo farlo anche noi, litigare, perché in tre mesi quella era l’unica attività di coppia che non avevamo mai fatto, ma lui non aveva mai sbagliato niente, io invece stavo buttando tutto all’aria.
«Cosa scrivi?» - dissi, cercando di reprimere il silenzio e forse qualche senso di colpa.
«Ti ricordi quando mi hai detto di avere un diario? – annuii – ecco, oggi mentre eri da tuo padre ho comprato questa cosa e ho iniziato a scrivere alcune cose»
«Mi fai leggere?» - chiesi curioso, mentre lui stringeva la penna e richiudeva di scatto quella preziosa agenda, come se lì dentro ci fosse il segreto di tutta la sua vita. Segreti.
«Sto scrivendo alcune cose, voglio lasciartele prima di partire»
Tornammo in silenzio ed inizia ad osservarlo, giovane, la lingua tra le labbra ed il ciuffo che cadeva sugli occhi, occupato a scrivere quelle parole a me sconosciute, mentre io volevo solo dirgli quello che più mi premeva sul petto. Mi alzai, tolsi le converse bianche, quelle che mi aveva convinto a comprare ed inizia a correre verso la riva, come quel giorno in cui facemmo l’amore, io, Louis ed il mare e non sapevo quali di questi due erano più belli. Lo osservavo, lo studiavo nei suoi più impercettibili movimenti e capivo perché ne ero così tanto innamorato e capivo perché un vuoto si stava impossessando di me. Louis si alzò e corse verso di me, abbandonando quella piccola agenda, mi abbracciò ed io mi strinsi sul suo petto, mi sentivo così piccolo, sentivo il suo cuore e sentivo il mare ed in quel momento mi sentii infinito, come se niente potesse distruggerci, tranne una mia confessione.
Louis esitò un attimo, si staccò da me e sussurrò - «Questo non ci divide - indicò il mare – tu sarai sempre la mia felicità, la mia bussola, ti aspetto a casa nostra, te lo prometto, questi mesi passeranno veloci. Ma devi promettermi una cosa»
«Dimmi» - dissi in tono remissivo, cercando di nascondere il mio sporco che poco a poco mi stava divorando.
«Ti amo.» - Louis tornò in silenzio, in quella mancanza dei suoni dove lui si trovava a suo agio e quell’ultimo giorno di agosto, sotto le stelle, fra il mare ed i suoi occhi io ero felice come non mai, ma non potevo lasciarlo andare nascondendogli quello che io, un paio di pomeriggi prima, nell’ufficio dell’assistente di mio padre, avevo fatto.
«Lou devo dirti una cosa» - afferrai il suo mento tra le mie dita e il suo sguardo fissò il mio. Ed avevo paura di quello che stava per succedere, ma Louis mi sarebbe restato accanto, ne ero sicuro, fin troppo. Era stato un errore e anche lui l’avrebbe giudicato tale, perché era stato quello, uno stupido ed enorme errore. Non potevo perdere Louis, avrei preferito perdere la mia vita che lui; era tutto il mio mondo ed io senza di lui non ero niente, solo uno stupido ragazzino di diciotto anni in un nuovo continente, niente di più del nulla.
«Dimmi» - stava per baciarmi, ma lo bloccai e forse quello sarebbe stato l’ultimo bacio per molto tempo, ma non importava, lui avrebbe capito e mi avrebbe coccolato fino alla mattina successiva, avrebbe capito, ne ero sicuro.
«Sono stato con un’altra persona.» - sgranò gli occhi, il suo azzurro fu coperto da uno strato di lacrime, si staccò da me e si allontanò di qualche passo.
«Cosa vorresti dire Harry?» - singhiozzò e fece male quel suo tono di voce perché in quel momento, tutte le mie certezze erano crollate insieme alla sua voce.
«Non completamente…fammi finire e spiegare, per favore!»
«Cosa cazzo vuoi spiegarmi eh? Vuoi dirmi che non era importante? Che è stata una cosa casuale? Cosa cazzo vuoi dirmi Harry?» - mi spinse ma non aveva forze, l’avevo distrutto, io avevo appena distrutto tutto ciò che mi faceva star bene, tutto ciò per cui io vivevo.
«Louis fammi spiegare!»
«Quando?!»
«Quando cosa?» - chiesi, cercando di avvicinarmi a lui.
«Quando avete scopato o quello che avete fatto»
«Non abbiamo scopato fino in fondo, non ce l’ho fatta e sono scap-»
«Quando!» - urlò e questa volta ad avvicinarsi fu lui, i suoi occhi gonfi di lacrime ancora da versare, ma c’era dolore nel suo sguardo e quel dolore era colpa mio.
«Tre giorni fa» - sussurrai, cercando un qualsiasi tipo di contatto, inutile.
«Io e te, anche io e te tre giorni fa abbiamo fatt- abbiamo fatto l’amore e tu quando eri dentro di me non ti sei fatto schifo? Magari pensavi anche a lui no?»
«No – urlai – Louis aspetta!»
«Mi fai schifo Harry, mi fai davvero schifo» - e proprio in quel momento successe, il suo pugno si scagliò sul mio zigomo destro, le sue lacrime iniziarono a solcargli il viso e lo disse, disse le uniche parole che non avrei mai voluto sentire - «Stai lontano da me Harry, è finita!»
Raccolse il suo telefono e corse via, mi sentii svuotato da tutto, il dolore allo zigomo non era nulla in confronto a quello che sentivo all’altezza del mio stomaco, del mio cuore. Tutte le mie convinzioni furono spazzate via dalla consapevolezza di quello che avevo appena fatto: avevo distrutto la mia storia con Louis. Tutte le mie forze mi abbandonarono, mi accasciai sopra il telo che il ragazzo qualche ora prima aveva steso ed inizia a leggere le sue parole, quelle trascritte su quella piccola agenda di pelle nera. Cercai di trattenere le lacrime e dargli il giusto tempo per scappare via da me, perché io non meritavo un essere così perfetto come Louis Tomlinson al mio fianco.
 
“Ciao Harold, ti sto scrivendo queste cose da Febbraio e forse è giunto il momento di fartele sapere, spero che tu sorriderai e non mi prenderai per pazzo.
 
Vale la pena vivere per Harry:
Vale la pena vivere per Harry e per il suo assente senso dell’umorismo.
Vale la pena vivere per Harry e per sentirlo cantare vecchie canzoni.
Vale la pena vivere per Harry, perché va nelle discoteche con il padre.
Vale la pena vivere per Harry, perché chiama gli sconosciuti Lola.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi conosce nonostante non sappia io chi sia (Beh in realtà ora lo sai)
Vale la pena vivere per Harry, perché ha capito che io ne valgo la pena.
Vale la pena vivere per Harry, per sentirlo cantare sotto la doccia.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi baci.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui non mi farà soffrire.
Vale la pena vivere per Harry e per i suoi ricci ribelli sul cuscino.
Vale la pena vivere per Harry, per sentirlo russare e farti rubare le coperte.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi occhi verdi.
Vale la pena vivere per Harry, perché il suo verde si abbina al mio azzurro.
Vale la pena vivere per Harry, perché anche le sue labbra si abbinano con le mie.
Vale la pena vivere per Harry, perché anche le nostre vite combaciano.
Vale la pena vivere per Harry, perché un giorno leggerà questa lista e lo vedrò sorridere.
Vale la pena vivere per Harry, perché è troppo buono per tutti.
Vale la pena vivere per Harry, perché devo difenderlo dal mondo.
Vale la pena vivere per Harry, perché voglio renderlo felice come lui fa con me.
Vale la pena vivere per Harry, perché i nostri tatuaggi coincidono.
Vale la pena vivere per Harry, perché è successo tutto all’improvviso ma il suo sorriso mi ha rapito.
Vale la pena vivere per Harry e per vederlo sorridere.
Vale la pena vivere per Harry e per la sua voce roca.
Vale la pena vivere per Harry, perché quando l’ho visto la prima volta ho perso 100 battiti.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi rende felice.
Vale la pena vivere per Harry, perché con lui voglio creare una famiglia.
Vale la pena vivere per Harry, perché piace anche a Liam.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi fa sentire sempre ad un metro da terra.
Vale la pena vivere per Harry, per difenderlo.
Vale la pena vivere per Harry e per il suo culo sodo.
Vale la pena vivere per Harry, perché con lui non faccio sesso, ci faccio l’amore.
Vale la pena vivere per Harry, perché quando sono con lui mi sento senza confini.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è la mia rivincita.
Vale la pena vivere per Harry e per vincere la lontananza che ci separa.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è casa mia.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui mette in ordine i miei disordini.
Vale la pena vivere per Harry, perché con lui sono pronto ad andare oltre tutto e tutti.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui ha portato la pace nella mia testa.
Vale la pena vivere per Harry e per le sue labbra umide.
Vale la pena vivere per Harry e per le nostre mani intrecciate.
Vale la pena vivere per Harry, perché è la mia felicità.
Vale la pena vivere per Harry, perché dipendo da lui.
Vale la pena vivere per Harry e per il suo sguardo malizioso, affamato di me.
Vale la pena vivere per Harry, perché ha richiuso le mie ferite.
Vale la pena vivere per Harry, perché è la mia scommessa.
Vale la pena vivere per Harry, perché è il mio pretesto.
Vale la pena vivere per Harry, per sentirlo cantare sotto la doccia.
Vale la pena vivere per Harry, per vederlo ubriaco ed incazzato.
Vale la pena vivere per Harry, per vedere il suo broncio quando lo svegli.
Vale la pena vivere per Harry e per le sue frasi senza senso.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi ti amo sussurrati.
Vale la pena vivere per Harry per la sua camminata goffa.
Vale la pena vivere per Harry, per il suo iPod in continua ripetizione.
Vale la pena vivere per Harry, per vederlo suonare la chitarra ed il piano.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi fa essere di buonumore.
Vale la pena vivere per Harry, perché è timido.
Vale la pena vivere per Harry, perché è confuso.
Vale la pena vivere per Harry, perché si ubriaca con nulla.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui non mi tradirebbe mai.
Vale la pena vivere per Harry, perché è tutte le mie idee più belle.
Vale la pena vivere per Harry, perché è la mia vita.
Vale la pena vivere per Harry, perché cucina da schifo, ma è sexy quando lo fa.
Vale la pena vivere per Harry, perché è bellissimo.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi completa.
Vale la pena vivere per Harry, per cercare quell’unica cosa che abbiamo in comune.
Vale la pena vivere per Harry, per la sua buonanotte.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi buongiorno.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi sbadigli.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi baci.
Vale la pena vivere per Harry, per i suoi messaggi.
Vale la pena vivere per Harry, perché sua madre mi vuole bene.
Vale la pena vivere per Harry, perché Harry piace a mia madre.
Vale la pena vivere per Harry, perché aspetto di vivere la mia vita con lui.
Vale la pena vivere per Harry, per insegnarli a giocare a calcio.
Vale la pena vivere per Harry, per vedere con lui i film noiosi.
Vale la pena vivere per Harry, perché è più bello del mare.
Vale la pena vivere per Harry, perché è più bello di Parigi.
Vale la pena vivere per Harry, perché ne vale la pena.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi ricorda una vecchia canzone che suonava mio nonno.
Vale la pena vivere per Harry, perché è il mio inizio.
Vale la pena vivere per Harry, perché sarà la mia fine.
Vale la pena vivere per Harry, perché dentro l’ospedale pensavo a lui.
Vale la pena vivere per Harry, perché voglio vederlo giocare con Alex.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi fa solo bene.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è tutto ciò che desidero.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi sento protetto.
Vale la pena vivere per Harry, per vederlo crescere ancora.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è tutti i miei errori più belli.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è difficile.
Vale la pena vivere per Harry, perché mi mette a posto.
Vale la pena vivere per Harry, per insegnarli a guidare.
Vale la pena vivere per Harry, per guardare ancora il cielo di notte insieme.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui non mi fa male.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui è la mia metà.
Vale la pena vivere per Harry, perché con lui non ho paura.
Vale la pena vivere per Harry, perché la mia vita è quel paio di occhi verdi.
Vale la pena vivere per Harry, perché per lui vale la pena vivere.
Vale la pena vivere per Harry, perché lui mi ama come nessuno ha mai fatto.
Vale la pena vivere per Harry, perché io lo amo come non ho mai fatto.
 
Ne aggiungerò altre, dammi solo il tempo di trovare altri motivi amore mio.
Voglio finire con questa frase che ho trovato su un libro qualche giorno fa, con una mia piccola aggiunta per te: Certi legami sfidano la distanza, il tempo e la logica. Perché ci sono legami che sono semplicemente destinati ad essere ed io sono destinato ad essere tuo, sempre.
Tuo sinceramente, Louis.”
 
 
 
 
 
 
ANGOLINO DI G:
Sì lo so, mi starete odiando sia per il ritardo che per ciò che è successo nel capitolo, ma sono sotto esame, stressata e con un blocco dello scrittore, questo è stato il massimo che ho potuto fare, mi dispiace davvero tanto. Devo andare veloce, sia in questo angolino che nella storia, ora si entra davvero nel vivo e mi odierete sempre di più, evviva!
Non voglio commentarlo, il prossimo capitolo spiegherà un po’ meglio tutto quello che è successo, da più punti di vista, tra cui anche Nick. Quindi aspettatevi un capitolo un po’ diverso dal solito, come ho detto, ci saranno punti di vista di quasi tutti i personaggi.
Grazie mille a voi che seguite questa storia, a chi recensisce, a chi la legge, la vota e a quelle persone che mi appoggiano e subiscono tutti i miei scleri. A Milly, Linda, Maura, Grace, Preziosa, Aury, a tutte insomma. Grazie.
-G
@Farawaytome

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Capitolo 19
*** Love will tear us apart ***


BETH
 
Ciao, mi chiamo Elizabeth, ma odio essere chiamata così e nessuno si è mai interessato a sapere il perché. Quando ero una piccola Elizabeth, con i capelli biondi e gli occhi vivaci, quando mi sentivo ancora una principessa delle fiabe, mi piaceva essere chiamata in quel modo. Elizabeth. Ma la parte bella del mio nome, della mia vita, è stata presa con forza da un uomo, adesso non è più importante che quell’uomo era mio padre. “Non si fa arrabbiare papà, Elizabeth.” – ed io tremavo alla pronuncia di quel nome, non era più bello, non era da principessa, era sporco e bruciava come le mani di mio padre sul mio corpo. Avevo sette anni la prima volta che mi disse che lo avevo fatto arrabbiare, avevo solo sette anni quando per la prima volta lo vidi nudo davanti a me. La mia prima volta, completa, fu a dieci. Omettere che fu con mio padre, un mostro, non cancella il dolore. La prima volta che lo feci con un ragazzo avevo quattordici anni, mi diede della troia perché non ero vergine, non sapeva la verità. Pochi lo sanno, ma chi la conosce cerca di non ricordarmi cosa successe per più di cinque anni in quella piccola casa nel Nevada. Dico a tutti che mio padre è morto, non è vero, sta solo marcendo in prigione per aver ucciso la bambina che era in me. Quindici anni, questa è stata la sua condanna, la mia pena invece durerà tutta la vita, perché nessuno può cancellare. Non sono Elizabeth, non lo sono più da quando mia madre mi portò via da quella casa. Quindi adesso mi presento nel modo corretto: Caro Dottor White, mi chiamo Beth e sto scrivendo questa lettera perché Lei ed il mio terapista dite che mi potrebbe fare bene. Quindi ciao, mi chiamo Beth e non tocco droga da circa una settimana, dal giorno in cui Harry mi ha scoperto. Sei giorni per essere precisa, due passati con Lei Dottor White e quattro in questo centro di riabilitazione. Passerò qui solo quindici giorni, un primo rodaggio prima di un “ricovero volontario” al centro di riabilitazione e disintossicazione, non so per quanto tempo. Tornerò a casa per qualche giorno, per prendere le mie cose, avvisare i miei parenti e salutare Harry. Non mi parla da sei giorni, da quando ha ricevuto il messaggio da parte di Louis – “Non pensare a me, non pensare più a me. Prenditi cura di Beth, lei ne ha bisogno.” – ed ecco Harry piombare in camera mia, aprire i cassetti e trovare i miei segreti, rinchiusi in una piccola bustina trasparente. Ed eccole le urla, le inutili spiegazioni, le lacrime, le suppliche, gli abbracci e i “Ce la faremo” e poi di nuovo le urla, i pianti, le verità nascoste che prendevano vita in me, letteralmente vita in me, sotto forma di piccole cellule che un giorno, non così lontano, prenderanno nome di figlio. Magari avrà gli stessi capelli ricci di Harry ed il suo carattere mite, forse gli somiglierà, in fin dei conti, porto in grembo suo fratello. Dottor White, Lei mi ha detto di scrivere di me, di ciò che penso e di ciò che sono, il problema è che non lo so, non ho pensieri, li sopprimo perché troppi e chi sono, in parte è stato distrutto da mio padre ed altra parte, quell’ultimo frammento di Beth, è stato portato via dal padre del mio migliore amico. Harry non sa nulla di tutto questo ed è meglio così, perché di vite distrutte bastano la mia e quella di mio figlio che non vedrà mai la luce. Non credo che voglia sapere tutto ciò che suo padre mi ha inflitto ed io non voglio aumentare i suoi dolori, sopravvive a malapena senza Louis.
Ecco, caro Dottor White, chi sono. Sono una stupida, una persona che nell’amore ci crede ancora nonostante tutto il male che le hanno inflitto. Prima mio padre, Niall e poi Des. Pensavo che tutti e tre mi amassero, invece si sono solo approfittati di me. Il primo ormai è acqua passata, non lo considero un uomo, né tantomeno un padre, un verme schifoso, questo è tutto ciò che penso di lui. Niall invece, lui non mi ha fatto male fisico, lui a malapena mi sfiorava, ma l’umiliazione nel sapere che io ero stato solo un mezzo per arrivare meglio ad Harry, questo fa ancora male. Poi c’è Des, con i suoi sorrisi rassicuranti e le parole giuste, con i suoi soldi facili e le promesse, sentirsi protetta per una volta da un uomo.  Mi sono fidata e l’ho seguito, mi aveva promesso una bella vita e sono finita rinchiusa qui dentro. Devo smetterla di credere negli uomini. La prima volta che Des mi ha contattato è stato per propormi un “affare”: dovevo convincere Harry ad andare a Los Angeles, lasciando Louis. In parte ci sono riuscita, l’ho convinto a prendere quell’aereo, ma non a lasciare il ragazzo, questo per Des è un grande problema. Harry infatti, è il centro gravitazionale della vita di suo padre, vive per il figlio e sa che è l’unico che un giorno prenderà in mano il suo impero e porterà la “Styles Production & co.” ancora più in alto. Ma il riccio ha diverse aspirazioni, lui non vuole fare niente di tutto questo: Harry vuole viaggiare, progettare, costruire e vivere di e con Louis. Ecco perché per Des, Louis è una spina del fianco, un problema da abbattere perché sa che sarà colui che porterà suo figlio lontano da tutto ciò che ha costruito e lui non può permettersi queste cose. Des non ci pensa a passare sulle persone per i propri scopi e far del male a Louis, per lui non è niente se in gioco c’è il futuro del suo impero. Me lo aveva detto, senza troppi giri di parole – “Il ragazzo che sta con mio figlio, lui deve sparire perché è un problema” – non poteva perdere anche Harry, lui che nella vita aveva materialmente tutto, ma sentimentalmente niente, al massimo il figlio, abbandonato dalla propria moglie ed odiato persino dai suoi genitori, riversava tutto su Harry ed a pagarne le conseguenze, in un modo o nell’altro è stato e sarà Louis. Lui è cattivo ma si nasconde bene dietro una maschera di semplicità e gentilezza, dietro promesse e parole, ma non è niente di tutto questo. Des mi ha dato oltre quindicimila dollari per vivere in casa con lui ed Harry, perché al ragazzo serviva una persona fidata al suo fianco, un’amica; mentre all’uomo serviva uno svago ed io incarnavo questo perfettamente. Sono arrivata a Los Angeles subito dopo il mio diploma, ho fatto le valigie e sono partita, senza salutare zia Agnes o dire addio al cugino con cui ero persino andata a letto, vede Dottor White (So che leggerà quello che scrivo) io sono impulsiva, troppo e quindi sono partita senza dire nulla, ho tinto i capelli di un nero pece e ho sciolto le treccine che portavo da ben tre o quattro anni, mi sentivo una persona nuova, insieme ai miei abiti firmati, alla macchina che Des mi aveva regalato e insieme a lui. Non ci abbiamo messo molto a diventare due amanti, non mi interessava la differenza d’età o che quello era il padre del mio migliore amico, in poco meno di un paio di settimane, io mi sentivo come innamorata di quell’uomo che mi trattava da regina. Tre settimane dopo era arrivata la prima proposta, un’aggiunta movimentata al sesso serale: cocaina. Una prima sniffata e la mia testa era leggera, niente pensieri, sembrava tutto così giusto. Cocaina, cocaina ed ancora cocaina, ecco come avevo iniziato a passare le serate e più droga mettevo nel mio corpo, più questo ne richiedeva. Nel giro di un mese (Luglio) avevo bucato le mie braccia con dell’eroina, mi rilassavo con il Cobret, Ghb per non sentire dolore e postumi, LSD per sentire invece, l’Ice ed il Crack per stimolarmi, il Popper mi piaceva ed è quello di cui sento più la mancanza e poi l’alcol per ingerire tutto. Nel giro di due mesi sono diventata dipendente da tutto, anche da Des. Ma ho confuso l’amore, lo stare bene, con la dipendenza, questo è stato il mio sbaglio, ciò di cui più mi pento. Dottor White lei si è mai sentito sbagliato in vita sua? Questa sensazione vive con me perennemente, il mio non sentirmi giusta, è per questo che affido la mia vita agli altri, ma loro non se ne occupano.
Dottor White io non sento più niente, né dolore né felicità. Ecco il mio pensiero, non sentire più nulla, ecco la mia paura. Sono incazzata con me stessa e con la vita perché non c’è mai stata una cosa che è andata bene o forse una c’è: Harry. Lui non merita nessun tipo di dolore ed io non merito questo silenzio. So che è triste, so che gli manca Louis da più di un mese ormai ma io non gli ho fatto niente. La prego Dottor White, chiami Harry (È il numero di emergenza che ho dato in reception) e gli dica solo che lui è stato la cosa più bella della mia vita e che mi manca tanto, più della droga. La prego Dottor White, perché se io devo dire chi sono, voglio farlo con Harry al mio fianco, perché non sono nulla senza il mio migliore amico. La prego Dottor White, chiami Harry e gli dica queste parole: “Mi manchi testa di cazzo, la tua Betty” – così come gli ho scritto io e magari aggiunga anche una risata, perché Harry ha bisogno di ridere. Sa Dottor White, quando sono felice, senza la droga, io sono Betty, una simpatica ragazza dalla voce squillante, rompicoglioni e con tutte le ragioni per rendere la vita magnifica al mio migliore amico, perché adesso è triste, ma anch’io lo sono ma questo non importa, ecco Dottor White chieda a lui chi sono, perché non c’è persona che mi conosce meglio e si ricordi di dirgli che mi manca, tanto e che per favore mi aspetti a casa, qualunque essa sia.»
 
 
NICK
 
Ottobre non era mai stato tanto caldo eppure vivevo a Los Angeles da più di quindici anni e potevo affermare con sicurezza che quello era sicuramente uno degli Ottobre più caldi da quando vivevo li. Bill e Louise erano seduti al mio fianco, aspettavamo le nostre ordinazioni, la solita insalata scondita per lei e due hamburger per me e Bill, nonostante i nostri trent’anni ed una carriera nel mondo dello spettacolo, nessuno dei due riusciva a resistere a quel cibo spazzatura. Bill faceva l’indossatore, niente di così importante, ma il suo fisico era anche il suo biglietto da visita, mentre io puntavo a diventare presto qualcuno, anche se avevo ormai quasi trent’anni, ma ci sarei riuscito, sfruttando tutti i miei mezzi o meglio, sfruttando l’unico mezzo che avevo a mia disposizione.
«Allora con il figlio del tuo capo come va?» - chiese Louise, prendendo un sorso dalla mia Coca Cola, era un rituale anche quello, insieme ai pranzi del giovedì. Conoscevo i due ragazzi praticamente da sempre, eravamo compagni di college, inutile dire che l’unica che si era riuscita a laureare era stata la ragazza, anche se non aveva davvero bisogno di una laurea in chimica per continuare con la sua carriera da attrice.
«Bevi la tua acqua e menta e lascia stare la mia Cola!»
«Allora? Siamo curiosi di sapere!» - questa volta fu Bill a parlare, dovevano seriamente imparare a farsi i loro affari, ma erano i miei migliori amici, non potevo tenerli all’oscuro di quello che era successo tra me ed Harry in quel mese.
«Usciamo insieme, niente di ufficiale o di serio, sono libero di frequentare altre persone come lo è lui.»
«Brutto stronzo, non esci con noi per settimane e poi tutto ciò che ci dici è ‘Usciamo insieme’? Forza raccontaci tutto!» - fece Louise ed i suoi occhi nocciola puntarono i miei, era curiosa e non mi avrebbe lasciato finché non le avessi raccontato tutto e nei minimi particolari. Incrociò le braccia al petto, sistemò gli occhiali da vista di cui non ne aveva bisogno ed aspettò quei pochi attimi che bastarono per convincermi a dire tutto di quella storia di cu Bill sapeva solo una parte.
«Ehm non so cosa dire in realtà, è un po’ tutto un casino. Non siamo in una vera relazione, usciamo insieme e lui nonostante sia dodici anni più piccolo di me, mi interessa molto ma mi interessa anche suo padre. Non voglio sembrare uno stronzo egoista, siamo usciti molte volte insieme ma non penso di poter creare con lui una relazione stabile. La prima volta che l’ho visto è stato di sfuggita, lui stava uscendo dall’edificio e ho pensato che fosse meraviglioso, ancora un piccolo bambino con la sua maglietta Nike ed i jeans neri attillati. Ho provato a chiedere qualche informazione su di lui a Tamara, il vicedirettore, ma l’unica cosa che mi ha detto è stata: “Fidanzatissimo”. Ma ormai mi ero intestardito, sapete bene come sono fatto e ho iniziato a cercare maggiori informazione su di lui, Google non mi ha detto molto, il padre l’ha sempre tenuto rintanato nel suo paesino di origine per paura di una prematura esposizione mediatica, in fin dei conti il padre è uno dei pezzi grossi dell’intera industria musicale europea, aveva le sue ragioni per tenerlo lontano da quel mondo. Comunque il giorno che ci siamo conosciuti è stato tutto programmato. Avevo sentito il signor Styles dire a Tamara degli imminenti lavori nel suo ufficio, allora mi sono proposto come supervisore, sapevo che non si sarebbe fidato di me, quindi ha mandato il figlio, ciò che volevo. Ho visto che entrava dalle telecamere di sicurezza appena istallate e mi sono sistemato dietro la porta ed ho aspettato, ho fatto finta di cadere appena lui è entrato. È nato tutto da lì, una finta caduta. Mi ha offerto il caffè ed una sana chiacchierata, ci siamo scambiati i numeri e nel giro di qualche giorno già raccontava cazzate al fidanzato per coprire i miei messaggi. Filtravo spudoratamente con lui facendogli capire che avevo voglia di passare del tempo insieme. Niente di troppo osato ma abbastanza chiaro da far capire quali erano le mie intenzioni con lui. Una decina di giorni dopo il nostro incontro, ci siamo visti nell’ufficio del padre, all’inizio erano solo battutine velate, poi mi sono avvicinato a lui e senza troppi indugi l’ho baciato. Inizialmente si è scansato, poi è stato lui a richiedere le mie labbra, ha spostato velocemente le sue mani sulla mia cerniera e ha iniziato a tocc-»
«Troppi dettagli!» - urlò Bill, richiamando l’attenzione dei clienti presenti nel piccolo pub.
«Continua…» - incalzò Lou.
«Abbiamo, ecco, capitemi, lui era dentro di me ma ad un tratto ha iniziato a piangere, a dire che era sbagliato nei confronti di Louis, il suo ragazzo e mi ha lasciato lì, con i pantaloni abbassati al polpaccio ed un erezione in corso. Non si è fatto sentire per una decina di giorni, poi mi ha scritto qualche settimana fa, siamo andati a prendere un caffè, come la prima volta, caffè che è diventato un giro per la città fino a notte fonda e poi un appuntamento per il giorno dopo e l’altro ancora. Non siamo andati ancora oltre qualche bacio, non si fa toccare da me e certe volte è come impaurito dai miei gesti. Se lo abbraccio si scansa ed ha sempre gli occhi tristi e malinconici. Quando è con me sblocca il telefono un numero considerevole di volte, mi regala un sorriso triste e poi mi bacia, sospirando e singhiozzando. Il Signor Styles ha scoperto della nostra relazione e mi ha detto di combattere per il suo amore, io credo solo che voglia vedere il figlio lontano dai suoi pensieri. Alcune volte è così brutto vederlo in quel modo, vorrei davvero poter fare qualcosa per lui, ma non mi permette nulla del genere, il massimo che posso fare è tenerlo al mio fianco e sperare che un giorno possa accorgersi di me.» - finii di dire visibilmente imbarazzato. Con Harry era iniziata solo perché volevo un qualche tipo di raccomandazione da parte del padre e me ne vergogno a dirlo, non mi interessava di lui, non più del dovuto almeno, poi era cambiato qualcosa, non so se in me o in lui, ma lo vedevo in modo diverso. Non era più solo Harry Styles, colui che per vie traverse mi avrebbe portato a realizzare quello che inutilmente stavo cercando di fare da anni, era diventato l’Harry che baciavo, nessun cognome a designare il suo status, solo un paio di occhi triste che ero stanco di vedere in quel modo. Non mi stavo innamorando, non potevo permettermi quelle bambinate a quasi trent’anni, poi di un ragazzino di diciotto, non era amore, ma in qualche modo, tutte le mie forze erano convogliate per renderlo felice. Ma questo fu un pensiero che tenni per me, per quel Nick persona e non quello che cercava in tutti i modi di raggiungere il proprio obiettivo usando un ragazzino.
Non ero mai stato bravo a parlare di sentimenti, in vita mia non mi ero mai innamorato se non di un ragazzo quando ero al liceo, molti anni prima, non sapevo come ci si sentisse, ma volevo in tutti i modi far comparire almeno un sorriso sul volto di Harry. Ed eccolo Harry, in tutto il suo splendore, gli avevo chiesto di raggiungerci per pranzo e così aveva fatto, sorprendendomi. Non aveva mai voluto conoscere i miei migliori amici, diceva che non poteva ricambiare, perché lui non aveva a Los Angeles.
Harry si avvicinò, i suoi capelli erano cresciuti leggermente dalla prima volta che ‘casualmente’ ci eravamo scontrati, era solito portarli indietro con del gel, sembrava più grande ed era ancora più bello.
«Ehi siamo qui!» - agitai la mano per attirare la sua attenzione, Harry si avvicinò e mi stampò un bacio sulla tempia, puzzava di fumo, quel vizio che aveva preso da poco meno di un mese, da quando aveva iniziato a frequentare il college. Mi cinse la vita con un braccio e mi avvicinò a sè, senza vergognarsi di nulla e di un paio di sguardi inquisitori che si erano fissati sul nostro tavolo.
«Ciao io sono Bill, non so se ti ricordi di me, ci siamo incontrati di sfuggita a casa di Nick»
«Sì tu sei quello che gli ruba i vestiti quando ha un appuntamento galante, mi ha parlato molto di te» - il ragazzo era disinvolto, poche volte l’avevo visto così, sembrava quasi raggiante, l’Harry che avevo conosciuto i primi giorni.
«Io sono Louise, ma puoi chiamarmi Lou»
«Lou…» - ripeté il ragazzo. Harry lasciò in aria la mano tesa di Louise, non gliela strinse, anzi, si allontanò anche da me, togliendomi il braccio con il quale mi teneva e mettendo della distanza tra i nostri corpi. Quella piccola spensieratezza che avevo visto nei suoi occhi, era andata via, di colpo e solo alla pronuncia del nome della mia migliore amica, poi collegai tutto.
Louis, il suo ex. La persona per il quale il sorriso del ragazzo era sparito. Mi diedi dell’idiota per non averci pensato prima eppure mi aveva parlato così tanto di lui, del loro rapporto e di quanto gli mancasse. Gli aveva scritto notte e giorno, senza ricevere mai risposta, era per lui il suo frequente guardare il telefono, era per lui il suo sorriso triste, era per lui se io non riuscivo ad entrare nel cuore di Harry.
«Vuoi andare via?» - gli chiesi sussurrando, la mia domanda aveva già una risposta ovvia, ma per un solo istante, sperai vivamente che Harry decidesse di restare, di andare oltre quel nome e vedere me. Ma no, lui oltre Louis non ci andava ed io ero rilegato nella nebbia di un confine che Harry non avrebbe mai oltrepassato.
Harry si alzò di scatto e tese la mano ad entrambi - «È stato un piacere conoscervi, la prossima volta spero di rimanere di più, ma ho un impegno in facoltà»
«C10H12N20» - fece Louise, prima di stringergli la mano - «Ho studiato chimica al college e quella è sicuramente la formula della Serotonina» - Louise con un gesto presuntuoso gli afferrò il polso, ricalcando con le dita quel tatuaggio sul polso - «L’hai fatto da poco, è ancora in rilievo» - Harry dopo essersi definitamente liberato dalla stretta della ragazza, corse fuori dal pub senza degnarmi nemmeno di un bacio, di un saluto.
«Non mi piace» - sentenziò Louise, rivolgendosi verso la cassiera per chiedere il conto - «È solo un ragazzino viziato»
«Non mi interessa, tanto devo usarlo solo per i soldi» - risposi, non sapendo se quella era la più ovvia delle verità, oppure solo una scusa per nascondere il dispiacere che provavo. Era bastato un nome, un solo nome per farlo crollare, per spezzare quel piccolissimo equilibrio che avevo creato insieme a lui. Un solo stupido nome e lui mi aveva abbandonato.
«Il tuo ragazzo ha lasciato qui il suo iPhone, tieni» - Bill mi porse il telefono, Harry non si separava mai da quel maledetto affare. Scorsi tra i messaggi e notai che c’era un unico destinatario ed un unico messaggio ripetuto in continuazione: “Perdonami, mi manchi.” – Centinaia di messaggi tutti uguali, tutti riportanti lo stesso testo, poche erano le risposte dell’atro ragazzo, qualche “Harry smettila peggiori la situazione” oppure “Harry per favore” ed ancora qualche messaggio dove gli chiedeva come stava. Agii d’impulso e scrissi un messaggio a quel numero salvato come ‘Azzurro’: «Ciao Louis, volevo solo dirti questo prima di lasciarti stare definitamente. Sono andato avanti con Nick e sono felice come non lo sono mai stato, credo di amarlo e voglio vivermi questa storia al massimo e tu sei solo un ostacolo da superare. Siamo stati bene ma adesso è finita, non vali più la pena. Harry.» - aspettai che il messaggio fu inviato prima di cancellarlo. Andai sulle impostazione del telefono e feci quello che più mi sembrava giusto, bloccai il numero di Louis.
“Lo sto facendo per noi, per me”
 
 
ZAYN
 
«Mi manchi testa di cazzo quando torni?»
«Torno tra tre giorni Zay! Riesci a resistere?»
«No, mi manca il tuo culo»
«Ciao Zayn sei in vivavoce!» - Niall e Lucas, suo cugino, risero fragorosamente. Il biondo era partito per l’Irlanda qualche giorno prima, la nascita di una nuova cugina era imperdibile e tutta la famiglia Horan, compreso il piccolo Teo, era partita per dare il benvenuto al nuovo arrivato, una femminuccia per la gioia della nonna, la prima dopo qualcosa come sei o sette nipoti maschi. La famiglia di Niall era un labirinto in cui era facile perdersi, più di quella di Louis, nascevano figli e nipoti in continuazione! Era bello avere una famiglia, io non ricordavo cosa volesse dire averne una prima di abitare con Louis ed innamorarmi di Niall. Era Ottobre inoltrato e se tutti i miei conti erano giusti, erano quattro mesi che ero innamorato del più piccolo, anche se quelle formule come “Ti amo” oppure “Sono innamorato di te” non mi appartenevano e Niall aveva capito che, se ero ancora al suo fianco è perché lo ero, ero follemente perso di lui, tanto da seguirlo a Londra, cambiare vita e restargli fedele, cosa che qualche settimana prima si era dimostrata difficile, soprattutto quando Louis girava nudo per casa ed era così ubriaco da provarci con me. Anche in quel caso, ero rimasto fedele, ero un bravo fidanzato no? Toccai l’anello al mio dito medio, quello che Niall mi aveva regalato senza un motivo, raffigurante una fenice, eravamo stati la rinascita dell’altro ed io ero orgoglioso del nostro amore, della nostra piccola e solida serenità. L’inizio non era stato semplice, ma ora, Bobby mi adoravo e non c’era giorno in cui Maura non mi chiamasse promettendomi sempre una teglia di lasagna ai funghi non appena tornati a casa.  
«Ciao Luke! Tutto bene?»
«Meravigliosamente, comunque io vado, vi lascio la vostra privacy!» - Luke mi salutò ed uscì dalla camera, senza aver fatto prima ridere Niall, il biondo fece uno strano rumore - «Cos’è questo rumore?» - chiesi.
«Ho solo chiuso la porta a chiave, non voglio interruzioni, non adesso» - la voce del ragazzo si fece bassa, maliziosa ed il mio corpo ricevette una prima scarica, pensieri poco casti a formarsi nella mia testa ed il sangue già andante verso le parti inferiori. Quando Niall parlava con quella voce, era difficile non ragionare con il cazzo - «Oh e sentiamo, come mai hai chiuso la porta?»
«Malik, non fare l’ingenuo, tu sai bene perché ho chiuso la porta» - disse quella frase lentamente, molto lentamente, tanto che la trovai quasi irritante.
«Horan, non so proprio perché hai chiuso la porta, vuoi dirmelo tu?»
«Sai mi manchi tanto, mi mancano i tuoi baci, le tue mani ad accarezzarmi, mi manca starti vicino e toccarti. Sì mi manca tanto toccarti, se fossi lì iniziare ad accarezzarti il petto, mordendoti uno dei tuoi capezzoli, passandoci la lingua sopra, traccerei la linea degli addominali con la lingua, devo continuare?» - di sangue ormai al cervello ne avevo poco, puntai gli occhi in basso e notai l’erezione stretta nei pantaloni della tuta. Iniziai a sfregare la protuberanza ancora intrappolata nei boxer - «Se…se vuoi»
«Non ho mai rinunciato a far star bene il mio uomo, no?»
«VAFFANCULO!» - sentii urlare dall’altra parte della casa – «Cazzo non ora!»
«Sei già venuto?» - Niall iniziò a ridere sommessamente. Fissai i miei boxer, sentii un altro urlo e sospirai - «Ni, devo…devo andare. C’è Louis che urla…»
«Non puoi chiamare Liam? Avevamo appena iniziato del fantastico sesso telefonico!» - trattenni una risata, Niall in poco più di qualche mese era riuscito a tirare fuori il lato più bello di me e stavo bene, bene davvero.
«Vuoi davvero andare a consolare Louis e lasciarmi da solo con il mio cazzo in mano?»
«Nì, lo sai che preferirei di gran lunga questa cosa tra noi che sentire Louis…»
«Non mi sembra, ma è giusto così…» - ed il tono di Niall non era più basso e malizioso, no, era il tono di un amico preoccupato - «Come sta?»
«Non molto bene, almeno gli attacchi di panico sono diventati meno frequenti e riesce a dormire qualche ora».
 
Quando mi trasferii nel nuovo appartamento, Louis non era ancora tornato dagli Stati Uniti, la casa era vuota, Liam faceva su e giù con gli scatoloni per il trasloco e sembrava essere tutto al posto giusto: la mia relazione con Niall, vecchi amici ritrovati e nuovi trovati come Liam, il nuovo lavoro, la mia vita era al giusta, almeno per una volta. Poi una chiamata in piena notte ed una corsa verso l’aeroporto e lì, che era iniziato tutto a cedere, a farsi meno giusto e più complicato: l’arrivo di Louis.
L’arrivo di Louis è stato un uragano di sensazioni negative, un fulmine a ciel sereno, per riportare le parole di Milly ed io in tutto quello che stava succedendo volevo solo dire “Te l’avevo detto, lui è così”, ma rimanevo in silenzio, nel mio angolo di divano e sentivo Liam fare discorsi confusionari ed idioti per riportare il sorriso sulle labbra del suo migliore amico. C’era riuscito davvero poche volte, purtroppo. Louis era diventato come un malato terminale, si può morire di cuore spezzato? Non lo so, ma Louis ormai sembrava solo aspettare la sua fine. Aveva smesso di frequentare le lezioni universitarie, viveva rintanato nella sua camera e le uniche volte che si faceva vedere era per prendere qualcosa da mangiare, un déjà-vu per Liam ed un incubo per me. I suoi occhi azzurri erano diventati di un blu spento, senza energia come il suo corpo; aveva tagliato di molto i capelli, niente più ciuffo a coprirgli la fronte, era un taglio più maturo, ma non gli si addiceva. Era dimagrito e questo preoccupava tutti noi, soprattutto Milly e Niall che avevano fatto di questo un vero e proprio dramma, ma la cosa che faceva davvero male era vederlo lì, inerme e senza vita. Non era il Louis che avevo conosciuto in campeggio, quello di cui tanto avevo sentito parlare, era solo una persona triste, niente di più di questo. L’unica volta in un mese e mezzo che non aveva dato problemi era stata la volta in cui Johannah gli affidò i gemellini per un intero pomeriggio ed io potei finalmente concedermi qualche ora di sonno senza essere disturbato da urla o da attacchi di panico. Sì, perché Louis aveva iniziato a soffrire anche di quelli, il primo era arrivato nel viaggio di ritorno dall’aeroporto. In macchina ci raccontò quello che era successo, le uniche cose che ricordo con certezza erano le mani strette sul volante di Liam, la rabbia, i singhiozzi, le lacrime ed i respiri mozzati di Louis. Era tornato indietro senza nessuna delle sue cose, aveva lasciato lì la sua valigia, aveva riportato con sé solo tanta delusione ed io forse ero l’unico che poteva capirlo, perché io prima di lui ero stato tradito e lasciato da Harry Styles. Era lui quello che meritava di stare male, non Louis. Non un’altra volta Louis. Liam mi aveva raccontato ed insegnato come trattare il ragazzo dagli occhi chiari, mi aveva raccomandato di non chiedergli mai troppo ne pretendere, accontentarsi di poco e che piano piano, sarebbe migliorato, Harry Styles era una malattia senza cure, ecco la conclusione al quale ero arrivato.
“Problema Louis.” – mandai un messaggio a Liam e aspettai qualche secondo la sua risposta, Harry non aveva distrutto solo la vita di Louis, anche se trovavo la reazione del ragazzo alquanto esagerata, ormai tutti vivevamo in dipendenza delle sue crisi: io, Niall, Johannah, Liam e persino Milly, che aveva solo bisogno di riposare. Harry e Louis condizionavano la vita di troppe persone.
“Scendo” – il campanello suonò qualche minuto dopo, entrai in salone e i due migliori amici erano entrambi seduti in silenzio sulle nuove poltrone del soggiorno. Louis aveva cambiato l’arredamento di buona parte della casa, a detta sua era stanco di vedere quel divano su cui più volte avevano scopato. Non parlava più d’amore, quello era passato ed aveva lasciato posto solo a del risentimento, ma non l’odiava come diceva di fare, perché in qualunque modo, lui quel paio di occhi verdi, gli avrebbe perdonati.
«Cos’è successo?» - fu Liam ad introdurre il discorso, solo lui sapeva quali parole usare, io non ero bravo, al massimo io gli preparavo il thè e senza farmi notare gli buttavo giù qualche goccia di estratto di valeriana, così da farlo calmare. Louis prese un lungo respiro e iniziò a raccontare - «Ogni mattina Harry, mi scrive lo stesso messaggio. Stamattina è stato diverso: mi ha scritto che è felice con Nick, che lui è andato avanti e di lasciarlo stare, perché non valgo più la pena. E mi ha fatto male, mi ha fatto più male del tradimento in sé. Perché non ho più speranze. Ho provato ad inviargli un messaggio ma non mi risponde, ho provato a chiamarlo ma dopo due squilli cade la linea. Io non so che fare!»
«Perché continui a fare questo?» - chiesi ed un perché, un motivo valido, me lo doveva.
«Perché lo amo, nonostante tutto.»
 
 
MILLY
 
Oggi, cari e affezionati lettori, è un giorno da ricordare! Dopo tre mesi di rigetti, mattine orrende, mal di testa, metodi della nonna, biscotti allo zenzero, braccialetti e cibo schifoso, la mia nausea è ufficialmente sparita! Troppo presto per cantare vittoria? So che si ripresenterà, ma per adesso mi godo questi ultimi giorni di ottobre con uno strano buonumore. Scrivo molto, studio poco. Dormo molto e amo ancora di più. Amo il ragazzo che è al mio fianco, che ogni mattina lo vedo trasformarsi sempre più in uomo, in padre. Ho appena finito il primo trimestre e sono entrata nel quarto mese, la pancia inizia a delinearsi, ma per i miei gusti sono ancora troppo poco rotonda, so che tra qualche mese mi pentirò di questa mia affermazione, ma ogni volta che abbasso gli occhi e poggio una mano sul mio bambino, capisco cosa sta succedendo ed uno strano sentimento di orgoglio per percuote. Sarà un maschietto, l’abbiamo scoperto qualche giorno fa. Il piccolo era con le gambette aperte ed è stato facile il sesso. Liam ha fatto anche una battuta poco carina sul fatto che la posizione del piccolo gli ricordasse molto quando era stato concepito, quello schiaffo se l’è meritato! Il nuovo appartamento è pronto, tranne la camera del bambino, se ne stanno occupando Zayn, Liam e Louis, li vedo spesso portare interi scatoloni o latte di vernice, ma l’unica cosa che mi è data sapere è che la camera sarà blu, non azzurro, proprio blu e all’inizio ero abbastanza titubante, ma poi Liam mi ha spiegato che secondo sue ricerche, ho sempre paura di vedere la fonte di queste, il blu rilassa molto i bambini. Lui sa sempre una cosa in più di me ed i libri che tiene nascosti a casa di Louis e Zayn ne sono la prova. Le cose stanno andando meglio in quest’ultima settimana, Louis dice di non sentirsi più il quinto incomodo e ne sono felice, passiamo molto tempo insieme, come i vecchi tempi, una tazza di thè e tante chiacchiere, anche se le sue hanno solo un protagonista ed un paio di occhi verdi. Abbiamo provato a convincerlo ad andare avanti, ma non sente ragioni, almeno le sue occhiaie sono sparite ed un colorito roseo è tornato sul suo viso. I nuovi hobby di cui si sta circondando gli fanno bene, non c’è dubbio. Gli fanno comunque più bene di Harry. Sento entrambi tutti i giorni e forse non dovrei, perché una parte di me, si sente in dovere di dire cosa sta succedendo, ma non ce la faccio. Ferirei ancora di più Louis. Lui ci ha imposto di non sentire Harry, almeno ai suoi amici più stretti, Niall a cognizione di causa non dovrebbe parlare con il riccio e so che non lo fa, più perché gliel’ha imposto Zayn che per il bene di Louis. E forse non dovrei scriverlo proprio qui sopra, in un blog pubblico, ma so anche che Louis ha messo nel dimenticatoio questo mio piccolo spazio di libertà. È per questo che ve ne parlo, come le altre volte, perché non so con chi altro fare, le mie amiche, le poche che mi sono rimaste, sono stanche di sentire la stessa storia tutte le volte ed io vorrei solo un consiglio, voi che leggete questo, cosa devo fare? Io Milly, voglio solo risolvere la situazione e se devo farmi in quattro, beh lo farò, siamo già in due a lottare in fin dei conti. Voglio vedere Louis felice, con o senza Harry accanto, non lo so. Voglio che tutti siano felici ed io, con un tocco di superbia forse, posso affermare che lo sono, insieme a Liam io sono felice come non lo sono mai stata e forse, direte voi, sono gli ormoni della gravidanza ma non è così, lo sento nelle viscere, lo guardo e penso che non ci sia persona più bella di Liam, perché ai miei occhi lui è tutto l’amore che posso avere e che mai avrò nella mia vita e che se devo passare con qualcuno questa, deve essere lui. Forse glielo dirò un giorno, gli dirò che è la persona che più mi ha reso felice. Che qualsiasi cosa è l’amore per gli altri, per me è svegliarmi e trovare Liam ancora addormentato, con una mano premuta sulla mia pancia e la bava alla bocca. Un giorno Louis mi disse che amava Harry perché con lui non aveva più paura ed ora so cosa voleva dire. Era presto, non c’erano dubbi, stavamo insieme da poco più di sei mesi ed io aspettavo già un figlio, ma c’è un tempo per misurare l’amore? Rispondetemi a questa. Io avrei risposto di voler passare la mia vita con lui anche dopo soli due giorni, perché con Liam è così, non c’è un climax crescente di emozioni, di sentimenti, con lui e per lui provi amore fin da subito. Mi piacerebbe dirglielo ogni tanto, che tutti i miei pensieri sono sempre su di lui, che nostro figlio gli somiglierà perché è così che deve essere, perché lo penso così tanto che sarà così. Io sono un disastro perché non riesco mai a fargli capire quanto lo ami, quanto per me sia importante averlo nella mia vita. Sono l’unica che davvero può capire il malumore di Louis, perché scommetto che tutti stareste anche peggio di lui, a vedere l’amore della vostra vita scivolarvi tra le mani. È per questo che sto combattendo, è per questo che sento ancora Harry, perché se lui non vuole sentire ragioni, io il perché di tutto questo lo voglio sapere. Lo faccio perché quei due, dopo ovviamente Liam, sono la cosa più bella che abbia mai visto, il concetto di amore più puro. Cari lettori, pochi ma buoni, non capirete davvero cos’è l’amore se prima non lo vedete negli occhi di due semplici ragazzi che hanno fatto dell’amore per l’altro l’unica loro ragione di vita. Vado a dire al mio ragazzo che lo amo, così da non scordarlo e magari gli preparo anche la torta di mele, anche a costo di farmi tornare la nausea. Vi lascio con questo pensiero formulato in una delle mie notti insonni: Liam è e sarà sempre la mia consuetudine, perché l’amore può far a pezzi ma può anche salvare delle vite, in alcuni casi, anche crearle.
Un abbraccio, Milly e Alex.
 
 
Presi il telefono, lo sbloccai componendo una ‘L’, come la stessa lettera che avevo tatuato sul mio polso destro e chiamai l’unica persona che volevo sentire - «Ciao Lee, so che stai lavorando ma volevo solo dirti un paio di cose prima di un pigro riposino pomeridiano: tu non puoi capire quanto io sia felice di averti al mio fianco. Ho fatto tanti errori nella mia vita ma sento che ora finalmente sto facendo la cosa giusta. Con te. So che questo bambino non era aspettato, ma è nostro e non potrebbe essere più perfetto di così. Sei diventato il mio sorriso e mi fai stare bene come nessuno ha mai fatto. Tu e questo bambino siete il sogno che si avvera. So che sembra stupido e banale, ma sento veramente questo cose e beh, ci tenevo a dirti che ti ringrazio per tutto e che ti amo. Ti aspettiamo a casa, io, Alex e la tua torta di mele.» - riaggancia immediatamente, non volevo sentire una sua risposta, perché l’amore che mi dedicava ogni giorno era già la sua risposta adatta.
Poggia il telefono sul tavolino del salone, ma nemmeno pochi secondi dopo mi arrivò un messaggio e capii che per una volta le mie parole avevano fatto la cosa giusta: “Hai ragione, la risposta a tutto è l’amore. La chiave della mia felicità è lui è per questo che vengo a riprendermelo. Domani mattina arrivo in aeroporto, mi vieni a prendere? Ho voglia di dire a Louis che lo amo, nonostante tutto. –H.»
 

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Capitolo 20
*** Leaving on a jet plane ***


HARRY
30 OTTOBRE – 11.05
 
“Leaving On A Jet Plan” risuonava nelle mie orecchie, non avrei mai detto che Louis fosse un tipo da John Denver eppure il suo iPod era pieno di sue cover e proprio quella canzone, che ascoltavo da così tanto tempo, mi aveva fatto capire come dovevano andare le cose tra di noi. Da quando era andato via, scappando da me, mi ero rinchiuso nel mio silenzio, in una quiete fatta di parole scritte per lui accompagnate dalla sua musica, dalle sue canzoni. Aveva lasciato tutto qui: i vestiti, i libri, qualche souvenir ed il suo iPod, vi era un’unica playlist ed era semplicemente soprannominata “H&L”, canzoni che parlavano di noi. I mesi che avevo passato con Louis, inutile dirlo, erano stati i più belli della mia vita. Anzi, l’aggettivo bello non era abbastanza per descrivere lui ed il nostro amore, sempre se lui provava ancora questo. Non lo biasimavo, avevo perso la sua fiducia e più di tutto lo avevo perso. Mi mancava, mi mancava tanto ed ogni metafora o frase di paragone sarebbe stata inutile e inappropriata perché nulla al mondo reggeva il confronto con quello che sentivo al centro del petto senza Louis. Nulla è paragonabile alla sensazione di vuoto, se non la morte e a dir la verità, mi sentivo morto senza lui al mio fianco, ecco. Ma ciò che mi faceva più stare male, non era la sua assenza, no, anche se non mi ero affatto abituato, era che quella non presenza era stata la reazione ad una mia azione ed io non mi ero mai sentito peggio. Io non me ne ero nemmeno reso conto fin quando non ero tornato a casa e nella nostra stanza, dove c’erano il suo profumo, le sue cose ma lui non c’era più.
 
Mi sentivo niente, calcai con le dita il tatuaggio sul mio polso, quella strana formula chimica che aveva senso solo per me e per Louis, perché io ero la sua serotonina, il composto chimico della sua felicità. Speravo di esserlo ancora, nonostante i miei errori.
Guardai il telefono per l’ennesima volta, una nostra foto sullo sfondo, reggevo tra le mani quella piccola agenda, avevo imparato tutti quei centoundici motivi per cui valeva la pena vivere ed io ne avevo aggiunti altrettanti, il primo di questi l’avevo trascritto sulla copertina di cuoio dell’agenda “Vale la pena di vivere perché io ti amo, sempre e per sempre”. Tremavo al solo pensiero degli occhi di Louis nuovamente riflessi nei miei, ero davvero pronto? In quel momento, mi sentii più grande, più uomo, degno di ricevere l’amore di quel ragazzo che mi aveva fatto scoprire cosa voleva dire sentirsi bene.
Erano passati due mesi esatti dalla nostra ultima volta insieme ed il pensiero di un suo rifiuto, non riuscivo a contemplarlo, anche se era il massimo delle ovvietà. Ero cambiato, mi sentivo tale e non solo per il nuovo taglio di capelli o i miei nuovi tatuaggi, tutti a raccontare della nostra storia, mi sentivo pronto per affrontare i problemi, per riprendermi ciò che era mio di diritto, il mio amore. 
“Prendimi con te” – scrissi proprio su quell’agenda, prima di abbandonarmi al sonno.
«Signore, siamo atterrati» - una donna sulla trentina, con i capelli biondi raccolti in un morbido chignon ed una divisa blu, mi svegliò, facendo svanire il mio incubo, lo stesso che facevo da più di un mese: io che correvo verso Louis, senza mai raggiungerlo e cadevo, c’era sangue dappertutto e poi una voce femminile, sconosciuta che mi ripeteva una sola parola ‘Addio’. Presi il mio bagaglio a mano e scesi dall’aereo, inalai una boccata d’aria fresca prima di digitare il numero di Milly e chiamarla. Ero vicino a casa, a Louis.
«Ehi Milly, sono atterrato, puoi partire mentre io recupero i bagagli» - non avevo portato nulla di mio, se non un paio di pantaloni e qualche maglietta che erano comodamente sistemate nel mio bagaglio a mano. La valigia era quella di Louis, con dentro tutte le sue cose, avevo tenuto per me solo una felpa, una delle sue preferite, con il suo profumo ancora impresso. La tenevo su una delle poltrone della camera, la mettevo per qualche minuto prima di andare a dormire, ogni sera, lo sentivo addosso e tutto sembrava più leggero, la via d’uscita momentanea in un labirinto di specchi.
«Va bene Harry, io aspetto in macchina, Liam e Zayn ti aspettano all’uscita del gate» - fece la ragazza dall’altra parte del telefono, sentii la voce di Liam in sottofondo bofonchiare qualcosa, ma non capii cosa stesse dicendo.
«Lui non viene?» - chiesi speranzoso, io e la ragazza avevamo discusso tutta la notte per questo. Secondo Milly e Liam, Louis non era pronto per vedermi, gli avevo fatto così talmente tanto male che volevano proteggerlo il più a lungo possibile e per loro non era una buona idea portarlo in aeroporto senza dirgli nulla. «No, Harry lui non viene. Non sa ancora del tuo arrivo, pensa che stiamo venendo a prendere il cugino di Niall per fargli una sorpresa. Prima di portarti qui a casa però, noi vorremo parlarti» - chiusi per un attimo gli occhi, sapevo già cosa mi aspettava, prima di affrontare Louis avrei dovuto parlare con Liam e non so chi dei due mi spaventava di più. Avevo torto marcio, avevo sbagliato e ne ero più che consapevole, ma come spiegare a Liam tutto questo? Lui voleva il bene del suo migliore amico e mai mi avrebbe fatto avvicinare a lui se non lo riteneva necessario. Ripensai ad Aprile, a quei giorni nel college, quando lui cercò in tutti i modi di tenermi lontano dal lui, ma era lo stesso Liam che mi aveva aiutato a conquistarlo. «Ho paura.»
 
Zayn e Liam erano davanti il gate 4, li osservai da lontano per qualche minuto. Avevano l’aria stanca, Zayn continuava a rigirarsi un accendino tra le mani, mentre Liam continuava a guardarsi in giro alla ricerca di me. Parlavano tra di loro ma ero troppo lontano per sentirli, mi sentii infinitamente piccolo ed infantile in quel momento - «Ehi» - mi avvicinai a loro. Zayn mi strinse in un abbraccio veloce, dandomi delle pacche sulla spalla, mentre l’altro, non si avvicinò nemmeno, mi fece un cenno con la mano ed indicò il parcheggio - «Milly sta aspettando in macchina, muoviti»
«Hai preso tutto?» - fece Zayn, prendendo la grande valigia che trascinavo. Annuii e seguii i due ragazzi.
«Nick dove lo hai lasciato?» - Liam sistemò la valigia nella macchina di Zayn e pronunciò quella frase, era impaziente di sapere ed io non ero ancora pronto per parlare. «Amore si è fatto otto ore di aereo, che dici di portarlo prima a mangiare qualcosa?» - annuii nuovamente alla ragazza, prima di stringerla in un abbraccio delicato, la sua pancia era appena visibile - «Mi aspettavo di vederti già enorme, mentre mi venivi a prendere rotolando per l’aeroporto» -la ragazza rise di buongusto, accarezzandosi la pancia, Liam sbuffò e accese la macchina, nonostante fosse di Zayn. Durante il tragitto, stranamente silenzioso, scoprii che Milly si fidava solamente della guida del suo compagno e che per lei Zayn era un pericolo costante, almeno al volante. Liam si fermò davanti al solito bar, quello in cui quel giorno di Giugno, io e Louis siamo entrammo mano nella mano. «Prima di portarti a casa, dobbiamo parlare» - annuii, ero pronto per spiegare tutto.
 
«Allora?» - fece il ragazzo non appena entrò in quel bar così familiare a tutti noi, persino Zayn che viveva a Londra da poco più di un mese ma aveva preso già l’abitudine di venire qui, forse era l’unico che riusciva a bere lo stesso caffè di Liam.
«Prima voglio sapere come sta»
«Si tiene molto impegnato, siamo riusciti a convincerlo a tornare a seguire le lezioni, è stata già una grande cosa» - rispose il moro, mentre l’altro ragazzo continuava ad aggiungere zucchero al suo imbevibile caffè.
«Emotivamente come sta?»
«Come cazzo vuoi che stia? L’hai tradito, lasciato, sei sparito per un mese e poi vieni anche qui a chiedere come sta perché ora sparerai la cazzata del “A me interessa come sta”, se ti interessava il suo bene non facevi niente di quello che hai fatto…» - sbottò Liam, la ragazza gli poggiò un braccio sulla spalla e sussurrò - «Amore calmati» - ma lui scosse la testa nuovamente e continuò ad urlare, non preoccupandosi dei clienti all’interno del piccolo bar - «Se fosse stato per me, tu non saresti qui. Io non voglio fartelo vedere, perché caro Styles sei una testa di cazzo, fattelo dire, sei una persona che pensa prima a se stesso e poi agli altri. Avevi Louis, avevi tutto, cosa ti serviva scopare con un altro uomo? Convincimi ed io te lo farò vedere, ma non sarò dalla tua parte, non questa volta». Era arrabbiato, lo era davvero e nelle sue parole colsi anche un tono di delusione, non avevo ferito solo Louis, io avevo spezzato l’equilibrio di tutti. Notai nuovamente il viso stanco dei due ragazzi, sembrava che entrambi non dormivano da settimane, i loro capelli erano spettinati, soprattutto quelli di Zayn, non avevano avuto pace, sapevo quante potesse essere pesante un Louis triste, ma vederli così, davanti ai miei occhi, senza energie e speranze, fece ancora più male ed i miei sensi di colpa aumentarono vertiginosamente.
«Lui è come un bambino in questo momento – fece Zayn – tutti noi ci occupiamo di lui, a turno. Appena stacchiamo da lavoro o finiamo di studiare, diamo il cambio ad un altro, ci sta aiutando anche Johannah, i gemelli li fanno un buon effetto. Non mangia, se non qualche tazza di thè e biscotti, è molto irascibile e dorme poco, di conseguenza anche noi. Parla di te, spesso e poi sposta i mobili senza un perché e ora ha iniziato a prendere degli ansiolitici forti, prima io o Liam li mettevamo un paio di gocce di valeriana, ora è passato alle benzodiazepine, ho trovato del Tavor in bagno. Credo di parlare a nome di tutti, non lo stiamo facendo per te, ma per lui, perché siamo stanchi di vederlo e vederci così.» - il moro tornò a sorseggiare il suo caffè, il suo tono era pacato, al contrario di quello del suo amico che continuava a sbuffare ed annuire, rilasciando tutta la sua rabbia sopra quella povera tazza, che continuava a stringere. Lui stava male, stava male per colpa mia, ma quelle dei due ragazzi non furono le parole che mi fecero più male, qualche istante dopo il mio ex fidanzato, Milly mi allungò un paio di fogli stampati, erano delle email tra lei e Louis.
«Leggi, lui era andato a Doncaster per un paio di giorni e mi ha scritto questo…»
 
Da: Louis Tomlinson
Per: Milly Salvatore
Oggetto: Scusate…  
 
“Sono a Doncaster, dovevo allontanarmi per qualche giorno e farvi riprendere. Mi dispiace per tutto quello che sta succedendo, non volevo prendermela con voi. Rientro Domenica, godetevi il week-end e riposatevi dai miei capricci, ma alla fine, vi sto preparando ad avere un bambino. Vi voglio bene”
 
Da: Milly Salvatore
Per: Louis Tomlinson
Oggetto: RE: Scusate…
 
“Allora spero che mio figlio sia più tranquillo di te e russi meno di suo padre! Non sei un problema, per nessuno di noi. Ora che sei a Doncaster vedi di divertirti e conoscere qualcuno!!!
Milly&Alex che vogliono bene allo zio Lou”
 
Da: Louis Tomlinson
A: Milly Salvatore
Oggetto: Mi manca.
 
“Mi manca e sai bene a chi mi riferisco, non ce la faccio più. Sembra tutto così negativo senza di lui, gli è bastato meno di un anno per distruggermi. Non ce la faccio, continuo a chiedermi il perché ci siamo ridotti cosi, anzi, perché mi ha ridotto in questo modo ed una risposta non la trovo. Pensavo che mi amasse, stavo facendo del mio meglio ma non è stato abbastanza, forse aveva bisogno di più attenzioni, di più sesso, ma non di più amore, non gliene potevo dare. Ho amato Harry con tutte le mie forze, lo amo ancora, ma sono debole, mi sento inerme e vorrei rispondere ad ogni suoi “Mi manchi”, vorrei prendere un biglietto e volare da lui, gli cadrei in ginocchio davanti e chiederei perdono per qualsiasi cosa. È colpa mia? È questo quello su cui mi interrogo. Fa male da morire la sua assenza. Non mi sento completo, ho quasi smesso di vivere per lui, la notte. È lì che io mi perdo. Non posso stringerlo, urlo il suo nome e non c’è. È con lui adesso e forse sono anche felici insieme, mentre io mi nascondo dai suoi ricordi…”
 
Smisi di leggere, non ce la facevo ad immaginarmi un Louis distrutto per colpa mia eppure era la realtà.
«Portatemi da lui» - sussurrai, passandomi la mano sopra la tasca del cappotto. Lì, dentro quel pezzo di stoffa c’era il mio futuro.
«No. Prima voglio sapere che intenzioni hai con lui e che fine ha fatto il tipo con cui sei stato» - la mascella di Liam si contrasse in una smorfia, non era arrabbiato o meglio, non era solo arrabbiato, era anche deluso da me. Lui mi aveva affidato Louis perché si fidava di me, era questo che gli faceva male, il fatto di aver sbagliato, perché indirettamente lui aveva ferito il suo migliore amico lasciandolo nelle mie mani.
«Non vi mentirò, ma voglio prima dire una cosa: Zayn io so cosa pensi di me, ma non è così. Non lo so cosa mi sia preso e ti anzi vi giuro che io non sono così. Non mi stanco dei miei giocattolini e quindi appena ne trovo di nuovi, li butto. Con te ho sbagliato e non ti ho mai chiesto scusa, c’è sempre questa tensione tra di noi e non so come comportarmi, soprattutto ora che vivi con il mio fida- con Louis. Ho sbagliato e vorrei dire che sono solo un ragazzino di diciannove anni, ma non posso. Voglio un futuro con lui e sono qui per riprendermelo – passai una piccola busta di raso nero a Liam – non so cosa mi sia preso quel giorno nell’ufficio di mio padre, non so perché l’ho fatto e sono serio, non trovo una giustificazione. Ci siamo baciati, questo è vero, ma nel momento in cui stavamo per farlo, io non ce l’ho fatta. Come non ce l’ho fatta a tenermi quel segreto, ho rovinato tutto. Per qualche giorno non ho davvero realizzato cosa era successo, pensavo di volere Nick, ci sono uscito insieme diverse volte, ma appena mi toccava, io mi irrigidivo, non era con lui che dovevo stare. Io amo Louis, lo amo con tutto me stesso, sono un ragazzo di diciannove anni a cui manca l’amore della sua vita. Ho sbagliato, ne sono più che consapevole, vorrei potergli regalare il mondo, ma non posso, voglio solo chiedergli perdono ed aspettarlo, finché lui non sarà pronto a dirmi di sì.» - Milly si aprì in un sorriso, Zayn mi diede l’ennesima pacca sulla spalla mentre Liam rimase in silenzio, passandomi quella piccola busta, aveva capito.
«Volevo essere io il primo. Forza, andiamo a casa.» - disse abbracciandomi fraternamente. Ecco con Liam era tutto semplice, dovevi solo mettere le cose in chiaro. La sua delusione e quel poco di incazzatura lasciò spazio ben presto ad un sorriso. Ed io sapevo il perché.
 
«Louis è in facoltà fino alle sedici, se vuoi farti una doccia fai pure, conosci bene la casa» - fece Zayn non appena mettemmo piede in casa. Era completamente trasformata, era stata ridipinta di un giallo acceso che rendeva il salone più grande, i divani erano di ecopelle nera, niente a che fare con quelli vecchi, così sembrava un vero appartamento e non un alloggio per studenti. Entrai in camera di Louis e mi colpii una fitta al cuore. Tutte le nostre foto, le lettere, le cartoline della Grecia, tutto quello che rappresentava noi, me, era stato tolto e gettato in una scatola di cartone ai piedi della scrivania, le pareti erano state ridipinte di bianco, il letto cambiato e la tastiera era stata smontata e rinchiusa nell’armadio. C’era solo un letto nuovo ed una scrivania, ecco come doveva sentirsi, svuotato da tutto, asettico. Presi la valigia ed iniziai a sistemare i suoi vestiti nell’armadio, piegandoli con cura ed ispirando volta per volta il suo profumo ancora impresso sui panni. Sistemai la valigia sotto il letto e mi venne un’idea. Presi la vernice gialla avanzata dal solone, Liam e la sua stupida ossessione di conservare tutto e scrissi sul muro la frase più vera, sentita ed egocentrica che mi venne in mente. Lasciai le finestre aperte per far evaporare la puzza di vernice e mi diressi verso il salone dove trovai Zayn intento a rollarsi una sigaretta.
«Ti sei sistemato?» - fece, bruciando la cartina in eccesso.
«Devo chiederti un favore»
«Dimmi»
«Finché io e Louis non chiariamo, posso dormire con te? So che è imbarazzante, potrei prendere la brandina che Liam utilizzava per i suo…» - Zayn fissò il bracciale di pelle ed acciaio al suo polso sinistro, iniziò a muoverlo tra le dita e solo in quel momento notai una piccola ‘N’ incisa su una delle maglie.
«Zay parlerò io con Niall se vuoi, non…non succederà nulla e forse sarà solo per un paio di notti, il tempo di chiarire con Louis» - il moro sospirò, lasciò perdere il suo bracciale e accese la sigaretta - «Va bene, ma se dovessi litigare con Louis o con Niall, ne pagherai tu stesso le conseguenze!»
«Grazie, grazie!» - mi gettai su di lui, abbracciandolo, era il contatto più intimo che avevamo dopo mesi e tutta la tensione accumulata sembrò svanire.
«Tra mezz’ora devo essere a lavoro, dovrebbe passare Niall a salutarti, Louis dovrebbe arrivare per le quattro, non fare danni. Ce la fai?» - disse scherzosamente, sciogliendo l’abbraccio - «Quanti giorni resterai?»
«Quattro, devo essere a lezione mercoledì, ne ho già saltate troppe.»
«Come va l’università?» - chiese, alzandosi per ciccare e prendere per entrambi una birra
«Sto frequentando lezioni di matematica, arte, fisica e geometria, inizio seriamente a pensare che tutto questo non faccia per me» - ammisi sottovoce, Zayn non si fece scappare il mio tono e subito chiese - «Cosa non fa per te?»
«Tutto quello, il college, Los Angeles, mio padre, Beth. Sembra tutto così fuori dal comune per me, non ci sono abituato, è tutto troppo grande e non mi trovo a mio agio. Non ho fatto amicizie se non con un ragazzo che frequenta con me geometria, si chiama Ed, è inglese anche lui. Beth è in una clinica di disintossicazione, non parlo con mio padre dopo aver scoperto che se la scopava e soprattutto ho perso Louis. Non ho più voglia di stare lì.»
«Sei sicuro di voler fare quel passo?» - chiese il ragazzo, spegnendo la sigaretta in un posacenere dalla forma fallica, feci un sorriso nel vedere lo strano oggetto. «È stato il regalo di Lorenzo, un mio collega anglo-italiano, viene spesso qui, credo che abbia una cotta per Louis. Lui e Milly ogni tanto borbottano qualche parola in italiano, sono abbastanza esilaranti.»
«È stato con qualcuno?» - piegai la testa, non avevo il diritto di sapere ma uno strano fastidio si impossessò di me, non era semplice gelosia, il ragazzo dagli occhi azzurri mi apparteneva, non riuscivo nemmeno ad immaginarlo insieme ad un’altra persona.
«Io e lui abbiamo avuto una maratona di settantadue ore di sesso estremo»
«Cosa?!» - disse schioccato
«Harry sto scherzando! Calmati, al massimo è uscito per andarsi a comprare le sigarette!» - ripresi aria, non era giusto, lui meritava davvero qualcuno che lo facesse stare bene ma ero anche sicuro che quella persona potevo essere soltanto io, dovevo essere soltanto io.
«Haz si sta facendo tardi, vado a lavorare, se ti serve qualsiasi cosa chiama Niall, dovrebbe essere qui a minuti» - Zayn si diresse verso la porta principale e prese la borsa in cui aveva la sua divisa da lavoro – «Vedi di farti valere»
«Buon lavoro Zay!»
 
Sistemai i pochi vestiti che avevo nell’ultimo cassetto dell’armadio, Zayn ne lasciava sempre uno libero, per evenienza, aprii la brandina e cercai di sistemarla al meglio, sperai di non doverla utilizzare per tutta la durata del viaggio, il letto di Louis sarebbe stato molto più comodo. Mi allungai qualche istante e controllai il telefono, mandai un messaggio a mia madre, avvertendola del mio arrivo ma fui distratto dallo sbattere della porta, non erano ancora le quattro, non poteva essere lui. Forse era Niall o Zayn che si era scordato qualcosa, Milly o Liam, potevano essere tutti ma quando sentii la sua voce urlare il nome di Zayn, non ci furono più dubbi. Lui era lì ed io dovevo affrontare le mie paure e cercare di rimettere in ordine due vite.
«Zayn cazzo esci da quella stanza, cos’è quello scherzo in camera mia?» - esitai un secondo prima di uscire dalla stanza, presi un lungo respiro, chiusi gli occhi ed entrai nel salone - «Non è uno scherzo.»
Louis si irrigidì immediatamente, il respiro mozzato, fece cadere la tracolla e si allontanò di qualche passo - «Co- cosa ci fai qui, tu?»
«Devo parlare con te, non rinchiuderti in camera per favore!»
«No, vai via!» - troppo tardi, Louis si era rinchiuso in camera, urlando una serie infinita di “Vai via” straziati dal pianto. Continuai a colpire la porta, ma Louis non aveva nessuna intenzione ad aprire.
«Rimarrò qui finché non mi parli!» - Mi appoggiai con le spalle alla porta, sedendomi per terra ed inizia a parlare - «Mi manchi tanto Lou, io sono un coglione, lo ammetto ma non ce la faccio più, la tua presenza è un bisogno necessario per me, vorrei che tu lo capissi. Ti amo e non ho mai smesso, insultami, urlami contro ma ti prego perdonami. Tu sei la mia barca, ti ricordi? Senza di te posso solo che affondare. Io la barca e tu la mia bussola, ti ricordi? Mi hai detto che un giorno ce li saremo tatuati, perché insieme abbiamo trovato noi stessi. Ti amo, non buttare tutto questo per un mio errore, ma se vuoi farlo, devi dirmelo una volta per tutta e lo farò, ma finché non parli con me, io da qui non me ne vado.»
 
 
«Louis esci da quella stanza, è ora di cena!» - urlò Zayn, ancora con indosso la divisa del lavoro. Il tavolo della cucina era apparecchiato per sei, all’appello mancava solo Louis che dopo cinque ore ancora non era uscito da quella maledetta stanza. Aveva approfittato di qualche minuto di mia assenza per urlare contro Niall e poi era tornato in camera. Liam era seriamente preoccupato, il suo migliore amico aveva evitato di parlare con tutti, persino con lui ed ora si sentiva colpevole del male che gli stava infliggendo. Conoscevo Liam, più di quanto immaginasse e sapevo che stava rimuginando sulle sue azioni. Milly tirò due pugni alla porta prima di accasciarsi per terra ed iniziare ad urlare, nel giro di qualche attimo le urla della ragazza avevano raggiunto la cucina e tutti ci precipitammo verso di lei, il primo a vederla fu Louis, seguito da Liam e me. Aveva aperto la porta ed ora era inginocchiato vicino la sua migliore amica. Si era cambiato, indossava una tuta grigia che gli ricadeva larga sui fianchi, i piedi scalzi ed una felpa, la mia felpa, quella che gli avevo lasciato quel giorno di Aprile, quando ero scappato da casa sua con la sua giacca di jeans. Liam si chinò verso la ragazza che gli sussurrò qualcosa, immediatamente il ragazzo disse - «Lou prendo un cuscino dalla tua camera» - spostò il ragazzo dagli occhi azzurri da davanti la porta della sua stanza ed entrò, chiudendosi a chiave dentro. Milly iniziò a ridere, con un gesto veloce tornò in piedi ed afferrò la manica del ragazzo - «Ci devo pensare sempre io eh! Per fortuna qui dentro c’è una donna, ora voi due – afferrò anche me – parlate finché non chiarite e non me ne frega un cazzo dei vostri malumori, tu Louis non fare la donna in fase premestruale e tu Harry vedi di non fare il coglione e riaggiusta le cose! Liam esci da quella fottuta stanza e portami a cena fuori – urlò – Niall, Zayn, venite con noi e non è una domanda ma un obbligo di una donna incinta che ha voglia di Caesar salad!» - quella ragazza era qualcosa di…di…non c’erano di parole adatte, era Milly in tutte le sue magnifiche e geniali sfumature. Con un gesto secco trascinò me e Louis nella stanza di quest’ultimo, appena liberata da Liam e ci chiuse dentro - «Torniamo per le undici, buona chiacchierata» - disse, dando un colpo alla porta ed un’altra manata di chiave. Pochi secondi dopo sentimmo la porta principale sbattere e solo in quel momento Louis aprì bocca - «Spiegamelo» - indicò la parete in cui qualche ora prima avevo scritto quella frase, sogghignai al pensiero della notte in cui scrissi il murales sotto casa di Louis, mi spostai verso la finestra, era ancora lì, leggermente sbiadito ma ancora presente. Metaforicamente era come me e lui, sbiaditi dalle piogge e dal sole, dai miei errori, ma ancora lì ad urlare il nostro amore. Guardai Louis attentamente, era dimagrito negli ultimi due mesi, sembrava ancora più piccolo, ma sempre adatto per le mie braccia. Aveva i capelli tirati dietro ma nascosti dal cappuccio della felpa, gli occhi erano di un blu spento, le occhiaie violacei facevano da padrone sul viso pallido e scavato, il mio cuore si strinse in una morsa, l’avevo reso io in questo modo? Notai le nocche rosse, il sangue secco sporcava le sue mani e pezzi di vetro erano sparsi per buona parte della stanza. Lo specchio vicino l’armadio era completamente frantumato, erano evidenti i due colpi che il ragazzo aveva dato. Presi una delle magliette dal cassetto, facendo attenzione alle schegge di vetro finite nei cassetti aperti, buttai quasi tutto il contenuto della bottiglia d’acqua sul pezzo di stoffa ed afferrai la mano sanguinante di Louis - «Lasciati curare».
«Ti prego, basta!» - allontanò la mano da me e si diresse verso la scrivania, lasciandomi sul letto, con la sua maglietta sporca di sangue - «Cosa vuoi?»
«Te» - mormorai
«Spiegamelo» - indicò nuovamente la scritta gialla sulla parete della sua stanza - «Ti prego spiegami che senso ha tutto questo perché io non ci sto capendo davvero più nulla»
“Mai oltre me. - Harold” – erano queste le parole che avevo scritto su quella parete fin troppo bianca. Quello che sentivo di dirgli, perché ero stanco dei mi manchi, ero stanco di sentirmi da solo e quella era una richiesta, quasi un obbligo - «Ti prego, non cercare altre persone, altre facce, altri nomi. Voglio essere io il tuo tutto, anche se ho i miei difetti e faccio i miei errori. Da soli non possiamo affrontare l’oceano, possiamo solo cadere a fondo. Io voglio essere la tua felicità, voglio essere tante cose nella tua vita ma non la persona che ti fa star male, perché tu non meriti niente di ciò e ne sono consapevole. Voglio essere sincero e te lo giuro, non so perché ho fatto quello che ho fatto. Non pensavo e mi sono fatto trascinare dagli ormoni, non ho scusanti, spero solo che tu un giorno mi dia una seconda possibilità, è tutto quello che ho da dirti. Anzi no, ti amo e questo sentimento è l’unica cosa che mi tiene in vita.» - Lui si avvicinò titubante, sedendosi nella parte più lontana del letto, allungai una mano sulla sua guancia, catturando l’unica lacrima che il suo corpo si era fatta scappare.
«Non piangere ancora»
«Non farmi piangere, ancora» - bloccò la mia mano con la sua, tremava e le lacrime ormai versavano sulle sue guance, bagnandomi la mano, ancorata lì.
«Ho sempre detto che le lacrime erano per i deboli, ma quante volte ho pianto per te amore mio? Mi sento debole senza di te, non mi sento completo e non riesco a vivere, ma non riesco nemmeno a vivere con questa situazione, come posso fidarmi di te? Io ero lì è questo quello che mi ha fatto davvero male. Sì certo il tradimento mi ha fatto arrabbiare, infuriare, ma quello che mi ha emotivamente distrutto è che io ero a casa tua, ad aspettarti. Non eravamo a decine di migliaia di chilometri di distanza. Come posso fidarmi di te, se mi hai tradito quando io ero lì con te e solo per te? Questo mi ha distrutto» - si irrigidì immediatamente dopo le sue parole, lo conoscevo, lo capivo dalla sua mano che tremava ancora sulla mia, dai suoi occhi puntati in basso. Era la prima volta che formulava quel pensiero, ci avrei giurato, ma quello era anche la risposta che stava dando a se stesso, del perché delle sue azioni. Si allontanò, tornando all’angolo della camera, un ring immaginario, dove non c’erano vincitori, ma solo sconfitti.
«Che fine ha fatto lui?» - continuò - «Non pronunciare il suo nome, per favore»
«Verità?»
«Sempre.»
«Siamo usciti insieme per qualche settimana, subito dopo la tua partenza»
«Avete fatto…cose?» - sussurrò, non aveva forza nella voce
«Sì, non voglio mentirti Lou. Ci siamo toccati a vicenda, se si può dire così, ma non abbiamo mai fatto sesso, nemmeno la prima volta, abbiamo iniziato, lui era quasi pronto per entrare dentro di me, ma non ce l’ho fatta. Mai, non riesco a pensare di essere toccato in quel modo da una persona che non sei tu. Ti amo»
«Smettila di dirmelo!»
«Perché?»
«Perché so che mi ami e sarà lo stesso motivo che per cui io ti perdonerò, perché so che mi ami» - si accasciò al muro, tra i pezzi di vetro e se stesso. Inspirai una grossa boccata d’aria prima di dirigermi verso di lui, gli presi il viso tra le mani e delicatamente poggiai le mie labbra sulle sue.
«Quindi mi perdoni?»
«Non adesso, ma potrebbe succede» - i nostri nasi si sfiorarono e baciai nuovamente le sue labbra umide.
«Non mandarmi via, ti prego Lou»
«Non lasciarti mandare via» - sorrisi, con lui era facile essere felice.
«Sei bravo con queste frasi d’effetto oggi»
«Sono due mesi che me le preparo, caro» - mi avvicinai nuovamente a lui per baciarlo, ma le sue labbra era già a metà percorso, mi stava aspettando, mi voleva, nonostante tutto, nonostante me. Non mi sarei mai stancato delle sue labbra, mai, per tutta la mia vita, quella che volevo passare con lui. Lo abbracciai, sistemò la testa nell’incavo del mio collo e si abbandonò alle lacrime, ma questa volta, non erano lacrime di dolore ed io mi sentii nuovamente completo dopo due lunghi e dolorosi mesi. Quello era il nostro posto.
 
 
02 NOVEMBRE – 22.45
 
«Domani a che ora parti?» - fece Zayn, ciccando l’ennesima sigaretta in quell’assurdo posacenere. Avevo conosciuto quel Lorenzo, il ragazzo che aveva comprato l’oggetto, il giorno prima. Io e Niall eravamo finiti a bere birra nel bar dove lavorava il suo ragazzo. Era uno di quei posti tipicamente universitari, infatti non distava molto dalle residenze studentesche, un tavolo da biliardo, luci soffuse e televisori appesi alle pareti su programmi sportivi, quello di Anne era di gran lunga migliore. Il personale, la maggior parte studenti, era molto cordiale, anche lo stesso Lorenzo, era dalla battuta facile ed aveva stretto una gran bella amicizia con Zayn, cosa che a Niall non era certo sfuggita.
«Nel primo pomeriggio, ho otto ore di viaggio da affrontare ed il giorno dopo come se non ci bastasse ho lezione.» - feci, poggiando la bottiglia di London Porter sul bancone della cucina, mi passai una mano tra i capelli, dovevo assolutamente tagliarli. Avrei dovuto fare tante cose, in realtà.
«Quando farai quella cosa?» - mimò con le dita le sue ultime parole.
«Domani, prima di partire, mi serve sapere se ho qualcosa per cui tornare qui oppure no» - il mio sguardo cadde sulla porta nuovamente chiusa della stanza di Louis. Mi evitava da due giorni, da quando, dopo quell’abbraccio rappacificatore, mi aveva iniziato ad urlare contro parole d’odio, accompagnando qualcuna di esse con qualche pugno al mio ventre, non mi facevano male, non quelli, ma le sue parole, quei pensieri scomposti urlatimi contro, fecero male, tanto, ma non era niente in confronto a quello che io gli avevo fatto passare, fu per questo che accettai le sue parole, i suoi pugni ed il silenzio che seguii per i giorni successivi. Mi evitava e questo era ben chiaro a tutti, usciva solo per mangiare o andare in bagno. La sera di Halloween mi aveva rivolto la parola ma era stato solo per dirmi che sua madre sarebbe passata a salutarmi il giorno successivo. Ma della signora Tomlinson non ci fu traccia. Se lui viveva nella sua stanza, io vivevo rintanato in salone, aspettandolo. Mi sentivo metà del cuore senza di lui.
«Ehi» - disse Zayn sorridendo, voltandomi notai Louis avvicinarsi a noi, sembrava stremato
«Ciao…»
«Ciao a te»
«Vi lascio parlare, io vado a dormire, buonanotte» - il moro salutò entrambi con la mano e si diresse verso la sua stanza, quella che una volta apparteneva a Liam, chi se lo sarebbe mai aspettato, tutte quelle cose che erano cambiate in meno di un anno, mai avrei immaginato Zayn vivere con Louis, nello stesso appartamento ed essere anche buoni amici, ma soprattutto mai avrei immaginato che tra me e Louis sarebbe finita così, in un silenzio doloroso.
«Non hai cenato questa sera, vuoi che ti prepari qualcosa?» - il ragazzo scosse la testa, prese una bottiglia d’acqua dal frigorifero e tornò verso la sua stanza - «Ti amo Lou»
«Ti prego Harry» - disse continuando a darmi le spalle, non riuscivo a vederlo in viso eppure sentii dalla sua voce timore.
«Ti amo, ti prego…» - mi avvicinai a lui e lo circondai con le braccia – «Questo è il tuo posto» - il ragazzo si voltò, petto contro petto, respiro unito a respiro, sistemò le mani dietro la mia nuca e le intrecciò, avvicinandomi ancora di più a lui. Teneva lo sguardo tenace fisso nel mio e quel mezzo sorriso stampato in volto, mi diede nuovamente fiducia in me stesso e in tutta quella situazione.
«Tu mi hai fatto male, tanto, mi hai ferito ed io non me l’aspettavo e forse questo ha reso tutto peggiore. Ieri sera, quando siete tornati dal bar dove lavora Zayn e tu sei andato in camera sua, un’altra volta, io sono andato al bar, dove c’era quel Lorenzo. Sono a conoscenza della sua cotta nei miei confronti e non ci ho messo molto a convincerlo a portarmi a casa sua – il respiro iniziò a mancarmi - non ero ubriaco, niente di tutto questo, volevo solo fartela pagare, farti capire come ci si sente ad avere una persona a casa che ti aspetta mentre tu fai ben altro. L’ho baciato – passò le sue dita sottili su di me, per farmi capire i posti in cui l’aveva baciato – ma quando lui ha aperto gli occhi ho notato una cosa…»
«Non erano verdi, non eri tu quello che stavo baciando mentre io volevo baciare te, dirti che ti amo nonostante tu mi abbia ferito e non mi interessa se ora quello ferito sei tu, te lo meriti. Non so cosa succederà tra noi due, ma succede anche che io ora mi sento pronto a dimenticare, ma non le cose belle, perché c’è questa parte di me, che io non vorrei sentire ma si fa sentire, che mi dice che io sono felice solo quando sono con te, quando penso a noi vedo solo cose belle e questo mi ha fatto capire che, ti voglio nella mia vita più di qualsiasi altra cosa, ma prova a sbagliare un’altra volta e ti giuro sulla tomba di mio fratello che prima di lasciarti ti taglio entrambi i coglioni.» - si avvicinò al mio viso, fece scontrare i nostri nasi e lentamente mi baciò. Non avrei più sbagliato, non era una promessa, quelle avevo iniziato a capire che non le sapevo totalmente mantenere, era un obbligo verso me stesso, perché non ce l’avrei mai fatta a stare senza di lui ancora.
«Quindi insieme?» - dissi
«Quindi insieme.» - rispose, continuandomi a baciare. Era finito tutto il male ed eravamo tornati noi, più forti di prima. Almeno io.
«Che ne dici se stanotte dormi con me? Voglio bene a Zayn ma saperti nella stanza con lui mi fa più che incazzare» - mi afferrò la mano e mi trascinò in camera sua. Erano spariti i cocci di vetro ed erano tornati i nostri ricordi, le foto ora, non erano più sull’armadio, ma erano state sistemate in modo da formare una piccola parola sotto la scritta che solo qualche giorno prima li avevo lasciato: ‘Mai’.
 
Louis mi buttò delicatamente sul letto prima di sistemarsi sopra di me, non mi interessava se solo un giorno prima aveva provato a scopare con un altro uomo, io potevo essere l’unica persona con il quale lui faceva l’amore. Ed era quello che stavamo facendo. Ci stavamo amando, in quella piccola stanza, sotto quella promessa.
«Sto impazzendo, ti prego» - dissi a bassa voce, spingendo la sua testa verso la mia erezione. Louis continuava a lasciarmi baci lascivi sul pube e all’interno della coscia, ma non si azzardava a toccarmi lì, dove ne avevo più bisogno - «Lou, ti prego!»
«Ci vuole pazienza piccolo»
«Non ne ho più o ti azzardi a fare qualcosa o ti giuro che…» - non finii nemmeno la frase che due dita unte da del lubrificante entrarono dentro di me, ero già al limite eppure Louis non aveva fatto nulla. «Non prepararmi, va bene così Lou, solo entra dentro di me» - mi baciò lentamente il collo e gli angoli della bocca, mi allargò le gambe e si sistemò all’interno, afferrai con queste i suoi fianchi e con le mani mi tenevo stretto ai suoi bicipiti, continuandolo a baciare e con una spinta veloce entrò dentro di me. Il ragazzo iniziò a muoversi lentamente, affondando ogni volta tra le mie natiche.
«Ti amo Lou»
«Ti amo anch’io, ma ti prego apri gli occhi e guardami, ho bisogno di vederti»
Il più grande aumentò il ritmo, mentre io continuavo a darmi piacere, i primi ansimi del ragazzo bastarono per mandarmi in ecstasy, venni copiosamente sopra il suo petto, subito prima di lui, che si liberò dentro di me.
 
Eccolo il giorno tanto atteso, ero tornato a Londra solo per prendermi quello che mi apparteneva di diritto e ci ero riuscito, Louis mi stringeva la mano, accarezzandomi le dita con il pollice. Liam trascinava il piccolo trolley contenenti i miei vestiti, una nuova felpa rubata dal guardaroba di Louis e quel piccolo pacchetto di raso nero. La canzone di John Denver continuava a suonare nella mia testa e mai come quel momento mi sembrò più adatta. Guardai Louis, nel giro di poche ore era così cambiato, un sorriso aleggiava sul suo volto, il nuovo taglio lo rendeva ancora più bello ed era mio.
«Fai buon viaggio Haz!» - disse Niall, lasciando per un momento la mano del suo ragazzo e mi abbracciò, sussurrandomi - «In bocca a lupo, tanto dirà di sì» - Zayn si limitò ad un sorriso, Milly invece mi abbracciò come anche Liam e poi tutti insieme, stretti tra le braccia del proprio amore, si allontanarono, ma non troppo, volevano vedere la scena, quella scena.
«Chiamami appena atterri, chiamami sempre, ti prego.» - annuii baciandolo. Facevo fatica a credere che quel ragazzo perfetto era mio, ancora mio e lo sarebbe stato per tutta la vita.
«Ti amo Lou»
«Ti amo Harold, fai buon viaggio e mi raccomando» - mi abbracciò, anzi, mi strinse con tutte le forze che aveva. Non voleva lasciarmi andare ed ad essere sincero neanche io volevo allontanarmi da lui, lo eravamo stati per troppo tempo e potevo sicuramente affermare che quello era stato il periodo peggiore della mia vita. Louis mi diede un bacio veloce e senza troppe cerimonie si allontanò, odiava quel tipo di situazioni. Gli afferrai un polso, tirandolo verso di me, la piccola bustina di raso nero iniziò a pesare nella mia tasca e mille dubbi iniziarono a farsi prepotentemente spazio nella mia testa. No, non dovevo cedere, quella era la cosa giusta da fare.
«Devo darti una cosa, aspetta!» - tirai fuori dalla tasca del giubbetto il suo iPod - «Oh il mio iPod, pensavo di averlo perso in viaggio!»
«Voglio farti ascoltare una canzone» - liberai le cuffiette intrecciate tra di loro e porsi un estremo a Louis, sistemandomi l’altro nell’orecchio ed un giovane John Denver iniziò a cantare.
 
“Every place I go, I think of you. Every song I sing, I sing for you. When I come back I’ll wear your wedding ring. So kiss me and smile for me, tell me that you’ll wait for me”
 
 «Non troverai mai nessuno che può amarti più di me, sono convinto di questo e sono convinto di voler passare il mio futuro con te, dove non importa. Ti ricordi, una sera mentre io ero sul tetto ti dissi che tu eri il mio probabile futuro o forse me l’hai detto tu, non importa nemmeno questo. Ma quel probabile futuro noi, ti prego, rendiamolo sicuro, rendilo sicuro, che io ho capito che senza te non vivo. Ti prego, sposami.»  
 

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Capitolo 21
*** I think I wanna marry you ***


LOUIS
 
03 NOVEMBRE – 13.14
 
Harry era inginocchiato davanti a me, come nelle più romantiche delle commedie, teneva stretto tra le mani tremanti un anello, semplice, niente diamanti o pietre preziose, sapeva che io non ero il tipo da quelle cose. Era una semplice ma bellissima fascia in oro bianco, nelle sue mani quell’oggetto era così giusto. Grazie all’inclinazione con il quale Harry reggeva l’anello potevo leggere la scritta al suo interno “Mai oltre te”, simile alle parole scritte di giallo in camera mia, come quell’ennesima promessa scritta su un muro che avrei rispettato, perché si trattava di Harry ed io avrei fatto di tutto per lui, compreso rispettare tutti quelli impegni, ma ciò che teneva tra le dita, quella era una promessa troppo grande da rispettare, troppo anche per me che amavo con tutto il cuore quel ragazzo dai capelli ricci ed il sorriso semplice.
“Scusami Harry” – pensai, prima di allungare una mano verso di lui ed afferrarlo, aiutandolo ad alzarsi. Troppi erano gli occhi fissi su di noi, c’erano un paio di giapponesi armati di videocamera, qualche persona di passaggio e quelli dei miei migliori amici e di Anne, arrivata lì pochi istanti dopo la proposta di suo figlio. Era scioccata ma un sorriso aleggiava sul suo volto. Milly continuava a sbracciare, muoversi e forse anche ad urlare se Niall non le avesse coperto la bocca con una mano, Zayn stringeva in mano il telefono, i suoi occhi vagavano veloci tra lo schermo e la scena davanti a lui, mentre Liam, lui era fermo immobile, tranne per un piccolo cenno della testa, come per dirmi ‘Vai è la cosa giusta’, ma questa volta non lo avrei ascoltato. Feci qualche passo in avanti e senza dire nessuna parola, lo abbracciai, lo abbraccia così talmente forte che potei sentire le sue costole sbattere contro le mie, i suoi respiri mozzati e la consapevolezza di quel gesto. Ero sicuro dei miei sentimenti verso di lui, ero sicuro dell’amore che provavo, ero sicuro del futuro che volevo con lui, ero sicuro di Harry ma avevo passato gli ultimi due mesi in uno stato semi vegetale per colpa sua, per il dolore che mi aveva inflitto ed io non potevo cancellare tutto, anche se avevo promesso di farlo. C’era una piccola parte di me, razionale, che continuava a ricordarmi tutto il dolore che avevo provato nei due mesi precedenti ed era troppo difficile da ignorare. Harry mi aveva donato la vita in un momento in cui io non la desideravo più e gliene ero davvero grato, lo amavo anche per questo, ma quel passo era troppo per due ragazzi come noi. La mia vita era sempre stata fatta di ma ed anche in quel momento ce ne era uno, sì era vero, c’era una parte razionale ma c’era anche una voce che non riuscivo ad ignorare, che andava ben oltre la ragione ed era l’amore. Quel sentimento così profondo e viscerale che provavo per quel ragazzo stretto in lacrime tra le mie braccia. Perché aveva capito che quel mio silenzio, equivaleva ad un no. Volevo sposarlo, volevo passare la mia vita con lui e formare una famiglia, litigando per il cognome da prendere o i viaggi da fare ma quello non era il momento adatto.
«Ti chiamo appena atterro, va bene?» - Harry si staccò da me, gli occhi bassi, non aveva il coraggio di guardarmi e quello fece più male del mio sottinteso no.
«Non dubitare del mio amore Harry, non farlo mai, hai capito?» - gli afferrai il mento con due dita e lo baciai - «Quando sarò pronto, correrò da te e ti urlerò un enorme sì, forse te lo chiederò addirittura io. Ma ti prego amore, non dubitare del mio amore, non farlo e sai bene le ragioni per cui non sto rifiutando, sto solo rimandando.»
Il ragazzo dai capelli ricci fece un leggero sorriso, si asciugò le lacrime con il dorso della mano e mi abbracciò nuovamente - «Ti amo Lou! Sono completamente e fottutamente innamorato di te, non dimenticarlo mai» - mi sussurrò prima di mordermi il lobo dell’orecchio ed incamminarsi verso il suo gate, mentre i miei amici, che ormai avevano lasciato telefoni e festeggiamenti alle spalle, si avvicinarono a me.
«Mi hai fatto male idiota! E ti amo anch’io!»
«Non sai quanto ne hai fatto tu a me…» - sussurrò, ma quelle parole arrivarono forti al mio stomaco. Già me ne stavo pentendo. Milly poggiò una mano sopra la mia spalla, annuì e mi abbraccio, così come Zayn, Liam e Niall. Anne mi guardò con occhi di fuoco, sapeva che avevo appena spezzato il cuore di suo figlio, lei lo aveva capito ancora prima di me.
 
 
09 NOVEMBRE
«Io ancora non capisco come tu gli abbia potuto dire di no» - fece Zayn, afferrando l’ennesima cassa di birra, sistemandola nel carrello. Aveva in mano due liste della spesa, la prima era per noi mentre l’altra conteneva tutto il cibo spazzatura che Niall ingurgitava. Zayn non avrebbe mai ammesso che tutte quelle cose erano per il suo ragazzo, che le comprava solo ed esclusivamente per lui, perché gli piaceva viziarlo, anche nelle cose più banale e se Niall era felice trovando un pacchetto di Walkers Salt & Vinegar, Zayn gli avrebbe fatto trovare quella stupida marca di patatine ogni sera.
«Zay è passata una settimana, per quanto andrà avanti questa storia?» - sbuffai, avevo ricevuto un interrogatorio da tutti e mi ero stancato di rispondere a domande che una risposta non ce l’avevano, no, perché nemmeno io sapevo il vero perché del mio rifiuto, “Non me la sentivo” non era abbastanza, né per gli altri, né per me, ma per ora andava bene a far tacere tutti, anche Harry.
«Finchè non mi dirai il vero motivo per il quale non hai accettato!» - Zayn, quel ragazzo che inizialmente odiavo, non si era arreso, continuava a domandare, a chiedere, a fare quelle cazzo di domande!
«Te l’ho detto già almeno una ventina di volte, devo ripetertelo ancora?»
«Fino a quando non mi convincerai» - alzai gli occhi, non potevo mettermi a discutere con lui tra gli scaffali del supermercato. Sbuffai ancora un paio di volte, cercando di ignorare i continui – «Allora?» - del moro e mi diressi verso il reparto dolciumi. Oltre Niall, in casa avevamo un altro “topo da cantina” che appena poteva veniva a fare scorte di cibo nella nostra dispensa. Da quando Liam aveva vietato a Milly qualsiasi tipo di dolce, per evitare qualche tipo di diabete neonatale al piccolo Alex, la ragazza in assenza del compagno, prendeva e mangiava qualsiasi cibo contenesse quel po’ di zucchero che la soddisfacesse. Milly si presentava alle ore più disparate per raccattare dolci e schifezze varie, mettendo anche le mani tra la scorta personale di Niall che Zayn si fiondava a riempire immediatamente. Alcune volte benedivo il mio ragazzo perché a lui tutto quello non serviva, certo, non era una donna incinta, ma lui si accontentava sempre di tutto senza lamentarsi mai. Non si era lamentato mai di nulla, di me, del mio rifiuto, aveva accettato tutto in silenzio, restando il più possibile lontano da me. Altre volte avrei voluto anch’io viziare Harry con tutte quelle piccole cose ed ero geloso dei miei migliori amici, perché il loro amore era lì con loro, mentre il mio non era nemmeno sotto le mie stesse coperte la notte, dovevo calcolare il fusorario per parlargli, anzi, quello non dovevo farlo nemmeno più perché era un settimana precisa che Harry mi evitava. Dopo avermi chiamato, appena atterrato, era sparito, non rispondeva ai miei messaggi, alle mie chiamate, mi aveva scritto una volta dal telefono di un suo amico, un certo Ed - «Ti cercherò quando sarò pronto per affrontare il fatto che tu non vuoi passare la vita con me.»
Ma non era così e non potergli spiegare cosa provavo, che avrei passato una, due, tutte le mie vite con lui, mi faceva rabbia, perché come sempre, io e lui eravamo simili anche in quello, non stavamo risolvendo il problema, lo stavamo semplicemente evitando, lui mi stava evitando per sviare il problema, ma quello si faceva ogni giorno più grande e gravava sul mio petto.
«Allora?» - il ragazzo sistemò qualche pizza surgelata nel carrello ed iniziò a fissarmi.
«Dovremmo mangiare più sano» - risposi, afferrando la bottiglia di rhum, ultimo acquisto per quella giornata.
«Sì e tu bere di meno»
«Io voglio sposarlo, voglio avere una famiglia con lui, insieme, crescere dei piccoli Tomlinson che abbiano il colore dei nostri occhi, lo amerei ogni giorno della mia vita, fino all’ultimo. Ma in quel momento, mentre Harry aveva in mano quell’anello e mi guardava tutte le mie paure sono venute a galla. È tornato il dolore per Nick, non può riaggiustare tutto con delle scritte sui muri e delle proposte. Come posso sposare una persona per il quale in questo momento non provo fiducia? E poi io non voglio andare a Los Angeles, dovrei separarmi da te, Liam, Milly, ho appena recuperato il rapporto con la mia famiglia, cazzo! Suo padre mi odia ed in questi momenti vorrei solo avere Alex al mio fianco, lui mi capirebbe.» - boccheggiai in cerca di aria, le lacrime si erano presentate prepotentemente ai miei occhi e non volevo piangere, soprattutto davanti a delle famiglie in fila per le casse. Zayn mi guardò, mi afferrò il viso tra le mani e con i pollici asciugò quelle lacrime che non ero riuscito a mantenere.
«Io avrei risposto di sì, dico se fosse stato Niall, perché lo amo. Anche in questo istante, subito, immediatamente, sposerei quel ragazzo perché lo amo e non sapete che fortuna avete tu ed Harry, io e Niall unendo le forze non riusciremmo nemmeno a pagarci un appartamento tutto nostro, figuriamoci un matrimonio e per lui vorrei solo il massimo e alcune volte ho paura di non riuscirci, ma a lui bastano le piccole cose. Preferisce il suo pacchetto di patatine ad una cena al ristorante e allora io gli faccio trovare le sue stupide patatine e lui mi sorride. Certe volte penso che meriterebbe di meglio che un semplice barman, guardami Lou, ho preso il diploma per un pelo, ho un lavoro che non mi appaga e non so cosa voglio fare nella mia vita, ma so che voglio passarla con Niall e per questo io avrei risposto di sì. Ma tu cosa vuoi davvero dalla tua vita? Te lo sei mai chiesto?»
 
“Harold”
 
«Come vanno le cose tra di voi adesso?» - gli porsi il mio telefono con la conversazione tra me ed Harry aperta. L’ultimo messaggio risaliva a tre o forse quattro giorni prima, avevo smesso di contarli, di vedere quel messaggio, avevo cancellato quello inviato dal suo amico, ma quello era rimasto, per ricordarmelo.
«Cazzo Lou, perché non mi hai detto nulla?»
«Eravate tutti occupati a darmi contro e...»
«E cosa?»
«E non volevo tornare ad essere un peso per voi!»
 
“Louis è meglio finirla una volta per tutte.”
 
 
12 NOVEMBRE
 
 
Liam indossava il suo completo migliore, un gessato grigio che faceva risaltare le sue spalle grandi abbinato ad una cravatta rosa, quella che i Payne indossavano come da tradizione nelle giornate più importanti, era stata nonna Payne a decidere quel colore ed ad iniziare quella simpatica tradizione, che tutti gli uomini continuavano nonostante il rosa non fosse proprio il loro colore. Ecco quel giorno era un giorno da ‘cravatta rosa’. Liam aveva da poco tolto la toga e contro la tradizione non aveva lanciato in aria il tocco, in segno di buona fortuna, ma lo aveva consegnato direttamente nelle mani di Milly perché lei sarebbe stata la prossima di noi a laurearsi, nonostante il bambino ed un iniziale abbandono, era stata convinta da Karen a continuare, a non lasciar perdere gli studi e con un po’ di sicurezza e fiducia in più, aveva ripreso a frequentare le lezioni con me e con i sedici messaggi al minuti di Liam, quel ragazzo alcune volte era così ansioso! Comunque grazie anche alla professoressa di diritto agroalimentare che le avrebbe concesso una sessione tutta sua per discutere la tesi, nel giro di un paio di mesi avrebbe stretto nelle sue piccole e graziose mani un diploma di laurea, lo stesso che quel giorno Liam stringeva a sé riportante il punteggio massimo. Quel giorno di metà novembre però, tutti gli occhi, almeno per qualche ora, non erano sul piccolo Alex in arrivo, ma sul dottor Payne William James, laureatosi con il massimo dei voti e con il famoso bacio accademico da parte del rettore e di tutta la commissione. C’era da aspettarselo, lui aspirava al massimo e lo aveva ottenuto, grazie anche alla sua tesi ‘innovativa’ secondo l’esperienza di qualche professore, quell’ammasso di parole che aveva messo la parola fine alla sua carriera scolastica ma allo stesso tempo la parola inizio in quella lavorativa. Quel libro dalla copertina blu ricamata d’oro che giaceva in giro per casa da ormai troppo tempo e di cui io avevo letto solo i ringraziamenti iniziali: “Alla mia famiglia che mi sostiene sempre in tutto, a nonno Tomlinson che mi ha insegnato che la musica cambia le persone, a Milly e all’amore che mi regala ogni giorno, ai miei amici con cui ho vissuto i miei momenti più belli e con cui ho cantato i miei sogni, ai Pink Floyd e all’album ‘The dark side of the moon’ per avermi fatto compagnia durante le pause infinite di studio, particolarmente a Louis per essere l’eroe della mia storia, ai miei Alex che mi hanno reso e mi renderanno un uomo migliore e grazie a me stesso per avercela fatta.”
 
Il ristorante era gremito di persone, parenti ed amici del neo laureato, io e Zayn, con l’aiuto di Milly e Ruth, sorella di Liam, eravamo riusciti ad organizzargli una festa a sorpresa, eravamo riusciti persino a far alzare il culo ad uno dei suoi zii che non si muoveva da Doncaster da anni, ma evidentemente l’occasione era troppo importante per non presentarsi, ma soprattutto era troppo grasso per non rinunciare a dell’ottimo cibo gratis. Eravamo fieri di ciò che eravamo riusciti a fare, meno degli orrendi addobbi sistemati da Milly, troppo rosso, troppe coccarde, ma le foto di un piccolo Payne sistemate nella sala erano state un colpo di genio ed io ero presente in quasi tutti quelli scatti, non sempre davanti alla fotocamera, ma c’ero e ricordavo di quei momenti. La mia attenzione era caduta subito su una in particolare, era stata scattata qualche giorno dopo il compleanno di Liam e ritraeva noi due insieme ad Alex intenti a giocare alla PlayStation 1, uno dei ricordi più belli che conservavo gelosamente in me, era una semplicissima giornata di agosto, non c’erano problemi, non c’erano droghe o liti, eravamo solo tre bambini felici. Quella foto mi ricordò com’era davvero il sorriso di mio fratello.
Liam continuava a fare avanti e dietro tra i diversi tavoli, districandosi tra parenti di cui non ricordava neanche l’esistenza, amici e Milly. Erano passate le sei del pomeriggio quando Liam, forse con qualche bicchiere di troppo in testa, si alzò sulla sedia posizionata precedentemente al centro della sala ed iniziò a picchiettare col manico della forchetta il bicchiere in cristallo, così da ottenere l’attenzione di quella quarantina di persone lì presenti, si schiarì la voce e - «Ho scritto un piccolo discorso di ringraziamento e vorrei leggervelo, sarò breve e circonciso almeno questa volta, promesso. Allora vorrei iniziare ringraziandovi tutti per essere qui, per chi non c’è, sono comunque felice che ci sia stato nella mia vita – ed io capii che quella frase non era rivolta solo ad Alex, ma anche ad Harry, era suo il posto vuoto al mio fianco – quello che ho ottenuto oggi, me lo sono guadagnato con fatica ed una mezza scogliosi per il troppo tempo passato sui libri. Le persone che dovevo ringraziare, sono state inserite all’inizio della mia tesi, quelle parole resteranno per molto tempo, questo discorso un po’ meno, sempre se Niall non decida di filmarmi, ma credo di non essere un bello spettacolo in questo momento, ecco, riprendendo il discorso, quello che ho ottenuto oggi non è la cosa più bella che mi è stata data – Liam iniziò a ridere quando vide Niall formare con le dita un rombo, facendo scoppiare in una risata anche altri uomini – lasciando perdere gli scherzi, se solo qualcuno qualche mese fa mi avesse detto che avrei aspettato un figlio da una donna meravigliosa, non ci avrei creduto, non tanto per il figlio perché sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma per la donna meravigliosa che ho al mio fianco in questo momento. Lo sai che non sono bravo in questo genere di cose, che preferisco abbassare lo sguardo e risponderti con un bacio quando mi dice che mi ami, oppure quando mi chiami amore ed io arrossisco e potrei continuare delle ore intere ma il punto è che ti amo e amo quel marmocchio vivace dentro di te e spero che ti somigli in tutto, persino nelle piccole cose, perché sei bellissima, lo sei pesino quanto ti alzi la mattina ed hai sempre la linea del cuscino calcata sul viso, oppure quando inizi a mangiare il gelato e ti sporchi sempre il mento di nocciola, quando ti arrabbi davanti ad uno show televisivo o mentre guardi la partita con Louis, sei bella quando giri con i capelli bagnati sulle spalle ed una mia maglietta, che non ti importa se ti arriva oltre metà coscia, dici di amarne l’odore ed io impazzisco e sei bella quando sistemi una mano sulla pancia ed una sulla mia guancia ed inizi a parlare a tutti e due ed in quel momento io mi sento sempre di più una famiglia e sei bella quando ti prendi cura di me, quando ti fa male la schiena ma continua ad osservare la torta di mele cuocersi e con te non funziona il detto ‘Se la osservi non cresce’, io ti osservo ogni secondo della mia vita e ti vedo sempre più bella, sempre più grande e sempre più mia. Non importa se è poco tempo, se magari non conosco ancora tutti lati di te, ma sono pronto e lo giuro davanti a tutta la mia famiglia. Non mi importa della mia laurea, il massimo dei voti non riempirà nulla se mi rispondi di no a questa domanda: vuoi sposarmi?»
Tutte le voci che riecheggiavano in sala si fermarono, eravamo tutti senza respiro, letteralmente, Karen aveva il viso pieno di lacrime, Nicole, Ruth e molte donne della famiglia cercavano di trattenere le lacrime asciugandosi con i tovaglioli sporchi di sugo e mascara oppure guardando la volta del soffitto. Geoff si era avvicinato a lui durante il suo non-poi-così-breve-discorso e gli aveva dato una mano a scendere dalla sedia per poi dargli un piccolo pacchetto di velluto rosso che Liam aveva aperto in direzione di Milly. Non era in ginocchio, era rimasto in piedi al centro della sala con tutti gli occhi puntati addosso ed era rimasto in silenzio ad aspettare quella piccola sillaba.
«Non fare il mio stesso errore, te ne pentirai per il resto della tua vita.» - sussurrai alla ragazza pietrificata, teneva le mani strette sulla sua pancia, come a trovare la forza. Chiuse un attimo gli occhi e poi con determinazione mi disse - «Io non faccio i tuoi stessi errori» - sorrisi contento a quell’affermazione, rialzai lo sguardo per vedere la scena di Milly e Liam abbracciati stretti, la ragazza era persino sollevata di qualche centimetro da terra, le parole non erano distinguibili, il rumore degli applausi e dei gridolini di Niall, era stato difficile captare quale era stata la risposta, ma visto il bacio appassionato che coinvolgeva i due, a pensarci, la risposta non era così difficile.
«Voce» - disse una delle zie bisbetiche del ragazzo. Questo lasciò la sua fidanzata, ora ufficiale, per terra, accarezzò delicatamente la pancia, nascosto dal vestito in chiffon verde ma comunque visibile. Nessuno parlava, tutti erano catturati da quella scena così cinematografica ed irreale, Niall continuava a riprendere tutto, forse il suo telefono conteneva un pochino troppe richieste di matrimonio.
«Ho detto di sì, voglio sposare questo testone qui, sarei una pazza a dire di no» - e dopo la frase pronunciata dalla ragazza, il mio migliore amico infilò all’anulare destro quel delicato anello in oro bianco dove in cima svettava una pietra rossa. Rosso come il colore dell’amore, come la passione di chi si ama, come il colore delle loro guance e del loro amore che vince.
Abbassai lo sguardo nuovamente sulla sedia vuota al mio fianco ed il vuoto non era solo sopra quel mobile. Quando Harry aveva accettato l’invito di Zayn di partecipare alla festa, mi ero sentito così leggero e felice, come non mi sentivo da tempo, come non mi sentivo da quando avevo rifiutato quella proposta. L’avrei rivisto ed ero emozionato, quasi più della nostra prima volta insieme. Ma nessuna chioma riccia si era presentata in quell’aula universitaria e nessun paio di occhi verdi era entrato dalla porta di quella sala, semplicemente Harry non era venuto e la colpa di questo era soltanto mia. Mi mancava, tanto, mi sentivo oppresso e triste, senza una vera ragione, senza niente. Guardai nuovamente il telefono, nessun messaggio da parte di Harry, a pensarci non ce n’erano da almeno dieci giorni. Presi coraggio, mi allontanai dalla sala e da quella scena così diabetica e composi un messaggio, con le parole che più sentivo mie: “È davvero finita? Perché allora mi manchi così tanto?»
 
 
LIAM
 
15 NOVEMBRE – 14.06
 
Gli ultimi parenti rimasti a Londra dopo la mia laurea erano andati via quella mattina, le uniche rimaste era stata mia madre ed una delle mie sorelle, si erano fermate nella capitale per dello shopping prenatale e con prenatale intendo tutine, vestitini, cappellini improponibili e tutto ciò che mia madre trovava delizioso ed utile, praticamente tutto, finiva nell’armadio del piccolo, ormai pieno nonostante mancassero ancora quattro mesi alla sua nascita. Nove marzo, era questa la data del termine ed io non vedevo l’ora di stringere quel piccolo fagotto tra le mie braccia. Mancava un mese e mezzo alla fine dell’anno che mi aveva stravolto la vita eppure non volevo che finisse, per il semplice fatto che era stato il più bello della mia vita: l’arrivo di Milly, di Harry, Niall e Zayn, del bambino. Da semplice ragazzotto ero diventato effettivamente un uomo nell’arco di qualche mese, con responsabilità, una presto moglie ed un presto bambino e con qualche amico in più che non vedeva l’ora di intraprendere il ruolo di zio, come Niall ed i suoi articoli di giornale che continuava ad inoltrarmi via email oppure alle ricette per i primi omogenizzati, lui non vedeva l’ora di diventare zia per la seconda volta, Theo gli mancava terribilmente e per questo riservava tutte le sue piccole attenzioni sul futuro arrivato ed era bravo, forse troppo ansioso, quasi da superarmi, ma era premuroso e non vedeva l’ora di cantare qualche ninna nanna irlandese al suo nipote acquisito. Louis e Zayn erano impegnati con lo studio o col lavoro per partecipare a tutti i piccoli eventi, però avevamo montato tutti insieme la culla di legno e non si perdevano nessuna notizia più importante, Zayn aveva addirittura dipinto un quadro per il piccolo e Louis invece subiva passivamente tutte le nostre ansie, riempiva la cesta di giocattoli, viziava Milly, comprava piccole e colorate Vans, mi supportava ed ordinava minuscole divise dei Doncaster Rogers, l’abbonamento per la stagione successiva però lo aveva tenuto per sé, era ancora troppo piccolo per partecipare a delle stupide partite di calcio. C’erano e questo era l’importante per noi nonostante Louis avesse ormai preso l’abitudine di passare sedici ore in biblioteca e Zayn raddoppiato tutti i suoi turni lavorati, il primo lo aveva fatto per non pensare, il secondo perché pensava troppo ed i suoi pensieri richiedevano soldi. Stava progettando di affittare un appartamento con Niall, non appena il più piccolo avesse concluso il primo anno di college. Aveva grandi progetti ed in tutti era compreso Niall, forse non gli avrebbe chiesto di sposarlo di lì a breve ma mi aspettavo grandi cose da loro due al contrario di un’altra ormai ex coppia, o meglio da uno di loro, non mi aspettavo più nulla da Harry e forse era meglio così.
«Stavo pensando ad una cosa!» - Milly fece capolinea in salone, indossava una semplice tuta grigia ed i capelli corvini legati in una semplice coda alta, ma era ugualmente bellissima.
«Ieri durante l’ecografia la dottoressa ci ha detto che il piccolo è più grande del previsto forse è per questo che mi sento così enorme e so già che gli ultimi mesi saranno faticosissimi e non riuscirò ad occuparmi di un matrimonio, ma sai anche che voglio sposarmi prima che Alexander venga fuori, quindi ho deciso il giorno del nostro matrimonio che coinciderà anche con il giorno in cui io e te ci siamo conosciuti per la prima volta!»
 
La famiglia Tomlinson era solita organizzare la festa di Natale e di Capodanno in una delle loro tenute poco fuori Doncaster, quell’anno si sarebbe tenuto nel cottage dove la famiglia di Louis ed Alex solitamente passavano le vacanze estive. Era una proprietà molto vasta, perfetta per quel tipo di festa. L’enorme salone veniva addobbato a festa per intere settimane e quella volta, Jay si era davvero superata, stelle Swarovski sull’albero, stelle di Natale e festoni di fiori argentati appesi sui cornicioni. Come ogni anno, Tomlinson, Payne ed altri amici di famiglia, si ritrovavano in quella tenuta per festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Nessuno sapeva che, quella sarebbe stata l’ultima festa organizzata dalla donna.
Alex era uscito da poco da una delle cliniche per tossicodipendenti, vi era stato per cinque settimane e secondo i medici e gli psicologi, era perfettamente in salute e pulito, tanto da poter ritornare a casa ed era tornato con un sorriso smagliante e la voglia di fare, recuperare il tempo che aveva perso dietro quella merda. Stavamo aspettando tutti Louis, il solito ritardatario quando varcò la soglia della porta, teneva sottobraccio una bellissima ragazza, per qualche strana ragione fui geloso di lui eppure io quella persona non sapevo neanche chi fosse. Lasciai la ragazza con il quale mi ero presentato alla festa e quasi corsi verso il mio migliore amico, per sapere chi fosse colei che stringeva il suo braccio. Era bellissima, un vestito nero che le sottolineava i fianchi, poco trucco ed una treccia laterale. Non sapevo che quella un giorno non molto lontano, sarebbe stata la mia Milly. Avevo sentito moltissimo parlare di lei, ma Louis non me l’aveva mai presentata per la paura di rovinare l’amicizia che era nata tra di loro, sapeva che ero una testa di cazzo alcune volte e con le ragazze mi divertivo solamente, ma per un momento, in quella notte di fine anno, pensai che lei forse, non sarebbe stata una delle tante.
«Piacere Milly»
«Il piacere è tutto mio»
 
Milly si sistemò sopra le mie ginocchia e sistemò un braccio dietro la mia nuca, accucciandosi poi sul mio petto. Era la sua posizione preferita ed io così potevo sentire sia lei che il bambino.Proprio in quella posizione avevo sentito Alex muoversi per la prima volta, era vivace per essere ancora così piccolo, ma era un Payne dopotutto.
«Quindi vuoi davvero festeggiare il nostro matrimonio il 31 dicembre?» - la ragazza annuì, stampandomi poi un bacio poco sopra la clavicola destra, lì dove qualche settimana prima avevo inciso in numeri romani la data dell’anno corrente, quello che mi aveva dato più cose.
«Quindi posso dare l’ok alla tipografia di stampare le partecipazioni!»
«Avevi già organizzato tutto?»
«Sapevo che ti sarei riuscito a convincere!» - con un balzo poco raffinato scese dalle mie gambe e prese al volo il telefono, chiamò prima la tipografia e poi un elenco indefinito di suoi familiari, riconobbi solo la voce della mia futura suocera e di sua cugina, nonché sua migliore amica e probabile damigella d’onore, infine mandò un messaggio e pochi secondi dopo quello, qualcuno stava bussando incessantemente alla porta, forse più di qualcuno. Milly sorrise soddisfatta, andò in camera e tornò con fogli, giornali, penne e tutto il necessario per organizzare quello che doveva essere il nostro matrimonio. Quando aprii la porta mi ritrovai degli entusiasti Zayn, Niall e Louis, con dei sorrisi che andavano da una parte all’altra del volto.
«Sei riuscita a convincerlo per il 31! Sono così felice!» - iniziò Niall, andandosi a sistemare su una delle poltrone, senza prima però andare alla ricerca di qualche schifezza da sgranocchiare. Louis aveva abbracciato la sua migliore amico e successivamente me - «Non ci credo, è tutto così reale! I miei migliori amici che si sposano» - disse, prima di raggiungere al tavolo da ‘lavoro’ la ragazza ed iniziare a sfogliare con lei riviste da sposa. Zayn inizialmente fu il più silenzioso ma dopo qualche minuto ed una sana sessione di baci ed urla con Niall ci incitò ad organizzare un piano per sistemare tutte le cose da fare e ce n’erano fin troppe: vestiti, fiori, torta, catering, invitati. In meno di due ore la mia testa scoppiava di cose da fare.
«Non ce la faremo mai a trovare un ristorante per più di settanta persone l’ultimo dell’anno» - dissi sconfitto all’evidenza. Avevamo chiamato già più di una dozzina di ristoranti ma nessuno accettava matrimonio con così poco avviso e poi proprio quella sera, l’unica nota positiva era che Louis era riuscito a prenotare la cattedrale di Doncaster per celebrare le nozze, beh nota positiva non molto, ci saremo dovuti presentare l’indomani per firmare tutte le scartoffie ed io odiavo questo genere di cose!
«Ho un’idea!» - continuò Louis - «Abbiamo capito che non riusciremo ad organizzare in nessun posto, quindi perché non farlo nello stesso posto dove effettivamente vi siete conosciuti? Credo che mia madre sarebbe felice di concedervi la tenuta»
«Certo, potreste affittare uno di quei capannoni ed il catering, sarebbe anche meglio!» - fece eco Zayn, prendendo appunti su un foglio ormai pieno di scarabocchi.
«Come in 50 sfumature di grigio quando Christian porta Ana al ballo organizzato dalla sua famiglia!»
«Niall!» - urlammo in coro, tra una risata ed un’occhiata divertita - «Hai davvero letto il libro?»
«Se mi ritrovo in camera un frustino di pelle è per colpa di quel libro, non smette di leggerlo!» - disse divertito Zayn, senza imbarazzo. Ormai davvero ognuno di noi raccontava tutto di sé senza farsi nessun tipo di problema, passava a parlare dell’argomento più futile, ai boxer colorati di Niall o alle manie di Zayn davanti lo specchio, in pochi mesi eravamo diventati un’unica grande realtà ed i difetti o i segreti, non pesavano più su di noi. Questo non includeva certo Louis, lui continuava a non parlare, a tenersi tutto dentro e tutti lo sapevamo, ma nessuno aveva il coraggio di parlare, di chiedere come andasse davvero. Era un momento difficile per lui e dopo parecchi alti e bassi, sembrava quasi essersi stabilizzato su un piano di indifferenza a ciò che gli succedeva attorno.
«Devo parlarvi di una cosa seria adesso…» - Milly esitò, si sistemò meglio sulla sedia e con sguardo basso iniziò a parlare - «Grazie per quello che state facendo per noi, io lo apprezzo davvero tanto e non parlo solo del matrimonio. Io e Liam abbiamo parlato molto e abbiamo deciso un paio di cose. Ogni invitato al matrimonio deve indossare un oggetto blu, in ricordo di Alex. Zayn, vorremo che tu portassi le fedi, mentre Niall, se te la senti, vorrei che suonassi per noi il primo ballo e Lou naturalmente tu…» - continuai io al posto della mia futura moglie - «Vorresti essere il mio testimone?» - il ragazzo dagli occhi azzurri annuì convinto prima di abbracciarmi e sussurrarmi un piccolo grazie.
«Lou so che voi non parlate più ma vorrei invitare Harry»
 
 
ANNE
 
07 DICEMBRE – 17.21
 
Non mi ero mai allontanata da casa mia e con casa intendo l’Inghilterra, ma dopo una chiamata disperata di mio figlio, avevo preso il primo aereo della mia vita e più in fretta possibile lo avevo raggiunto. Des non c’era, non credo che mi avrebbe dato il permesso di restare in quella casa, io ero vista come una minaccia per il bene di suo figlio, più suo che mio. In poche parole, non ero la benvenuta. Avevo provato a convincere Harry a lasciarmi andare in un motel, ma non c’erano state abbastanza motivazioni, ero rimasti lì, in una delle grandi stanze di quella casa troppo vuota per i miei gusti. Des era a New York da più di un mese ed io avevo il controllo, metaforico, di mio figlio e di quella casa. In quelle tre settimane di permanenza avevo imparato davvero molte cose di mio figlio, cose che prima mi sembravano solo delle piccole abitudini, ora delle necessità. Si svegliava sempre in orari poco consoni, troppo presto o troppo tardi, le lezioni all’università erano diventate un optional, come il mangiare ed uscire. Restava impiantato davanti al computer, scriveva o guardava vecchi film, almeno quest’ultima cosa la facevamo insieme. Usciva poco e quando usciva era sempre con un ragazzo di cui non mi aveva mai parlato prima, anche se, per il poco che lo avevo visto, mi sembrava un tipo per bene, aveva la faccia simpatica, due occhioni azzurri e dei capelli di un arancione vivace. Era bello veder sorridere Harry di tanto in tanto, io non sapevo bene come fare. Avevo provato a parlare con lui, a farlo svagare ma era tutto inutile perché anche nei momenti più felici, il suo sguardo finiva sulla sua mano e la tristezza tornava a fargli visita. Mi piangeva il cuore, vedere il proprio figlio distrutto a diciannove anni, no, non era giusto. Per tutta la sua vita sapevo di esser stata io la causa dei suoi mali, delle sue insicurezze, ma ora che a fargli male era l’assenza di Louis, era tutto peggiore. Louis era un argomento non trattabile e quando veniva fuori in un ricordo, gli occhi verdi di Harry diventavano una voragine di mancanze.
«Tra poco arriva Betty!» - disse un Harry entusiasta, il conto alla rovescia che il piccolo teneva sopra una delle ante del frigorifero. La sua migliore amica sarebbe tornata quella sera e la domanda che più mi logorava era se Harry, tornata la ragazza, avrebbe avuto ancora tempo per me. Perché io non ero semplicemente una madre, quello non lo ero mai stata, avevo bisogno di certezze, di sentirmi parte di mio figlio, una parte importante. Harry non era l’unico ad aver bisogno di quel tipo di attenzioni, certo, a lui mancavano quelle del suo ragazzo, quelle che una madre non può riempire, mentre io avevo bisogno di un tipo di certezze diverso, avevo bisogno di sapere se stavo facendo la cosa giusta.
Il ritorno di Elizabeth mi spaventava a morte, Harry non lo sentivo al sicuro, fragile com’era in quel momento, eppure mettere voce a quel pensiero mi spaventava ancora di più.
«Sei contento?» - mio figlio annuì in tutta la sua ingenuità e sorrise, uno di quei sorrisi che era raro vedergli in quel periodo. Lo vedevo come un bambino indifeso, come qualcuno che non sa quanto sia cattivo il mondo lì fuori.
 
 
LOUIS  
 
09 DICEMBRE – 04.30
 
Sentii squillare il cellulare in piena notte, rifiutai le prime chiamate notando che era un numero a me sconosciuto, forse qualcuno si stava divertendo a farmi qualche tipo di stupido scherzo telefonico. Alla quarta chiamata però notai che chi mi chiamava non era più un numero sconosciuto, il telefono segnava un nome ben preciso: Harry.
Mi strizzai gli occhi con la mano e con voce assonnata risposi - «Cazzo Harry qui è piena notte, cos’è successo?»
Ma la voce che mi rispose, non era di Harry, era una voce di donna ed era in lacrime - «Louis! Louis ti prego vieni qui».
 
Salii le scale a due a due ed inizia a sbattere i pugni contro la porta di legno massello dell’appartamento di Liam, non mi interessava nulla di disturbare il sonno di Milly e del bambino, avevo bisogno del mio migliore amico. Le mie gambe non avrebbero retto per molto tempo il mio peso e le mani, cazzo, non riuscivo nemmeno a reggere una chiave per quanto tremavano. Un Liam assonnato ed in tuta mi venne ad aprire ed io, ormai senza più forze, crollai sopra di lui.
«Lou cos’è successo?»
«Ha…Harry» - riuscii a dire tra un singhiozzo ed un altro, mentre il mio migliore amico mi stringeva forte per un motivo a lui sconosciuto - «Lui è…»
«Louis cosa cazzo è successo ad Harry?»
«È in coma.» 
 



-ANGOLINO DI G: 

Mi dispiace di avervi fatto aspettare tanto e sinceramente non sono nemmeno fiera di questo capitolo. Volevo solo dirvi che mi dispiace per il ritardo, davvero tanto. C'è una buona notizia però, tra stasera e domani aggiornerò nuovamente. Questo capitolo vede i Larry un po' in seconda posizione, ma dovevo ben definire il ruolo degli altri componenti e come sta andando la loro vita.
Un abbraccio, G.

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Capitolo 22
*** Loving can heal, loving can mend your soul. ***


LOUIS
10 DICEMBRE – 22.01
 
Bianco.
Bianco, tutto ciò che riuscivo a vedere era una stanza bianca, troppo bianca. “Colorala Louis” – ecco cosa mi venne in mente non appena attraversai la porta di quella camera.
Gli unici rumori presenti erano quei fastidiosi bip di macchine a cui lui era legato ed i singhiozzi ininterrotti di Anne. Erano quasi due giorni che non dormiva, gli occhi spenti e stanchi di versare lacrime. Des era all’angolo della stanza, con il mento poggiato nei pugni stretti, fece un semplice cenno con la testa, ma non si spostò dalla sua posizione ed i suoi occhi rimasero fermi sul corpo di quel figlio adorato. Non disse nulla eppure sapevo che, il biglietto aereo e la macchina fuori dall’aeroporto erano stati pagati da lui, quindi sillabai un grazie a bassa voce ma non fui per niente ascoltato. Non avrebbe mai ammesso di aver fatto qualcosa per me. 
Non riuscivo a guardare quel letto, vederlo così avrebbe reso tutto reale, tutto vero ed io non avevo il coraggio di affrontarlo. Uscii dalla stanza correndo, con gli occhi pieni di lacrime, seguito da una preoccupata Anne, che anche con tutta la sua stanchezza, continuava a corrermi dietro. Non appena fui all’esterno del grande ospedale, mi sedetti su uno degli scalini e nascosto tra le mie mani, iniziai a piangere ancora, come se le ultime dodici ore di lacrime non erano state sufficienti, ma la consapevolezza che quel corpo inerme era quello di Harry, del mio Harry, del fottuto amore della ma vita, era arrivata solo in quel momento, solo in quell’istante era arrivata la vera paura, quella di perderlo definitivamente.
Sentii una mano poggiarsi sopra la mia spalla destra ed un tirare su col naso - «Lei era appena tornata dalla clinica, diceva di essere pulita ed io ed Harry le abbiamo creduto così facilmente…Dovevi vederlo com’era felice di riabbracciarla, sembrava un bambino il giorno di Natale. La prima sera è andato tutto bene, ci siamo seduti e abbiamo visto un film tutti insieme, come una piccola famiglia, li avevo lasciati davanti la televisione e la mattina successiva invece – singhiozzò, portandosi le mani sul viso nero per colpa del trucco sbavato – Harry era disteso sul pavimento del salone con della schiuma in bo-bocca ed io pens-pensavo che fosse morto. Lei non c’era più, è scappata. Harry ha preso della droga da lei, forse un sovradosaggio, lui non ha mai preso droghe, ti prego Louis, dimmi che anche con te non ha preso mai droghe» - Anne poggiò la sua testa sopra il mio petto, era letteralmente a pezzi, potevo capirlo dai suoi occhi, dal tono della sua voce. Si strinse ancora di più a me, dovevo darle forza quando io ero il primo ad averne bisogno, ma l’abbracciai con tutte quelle poche forze che mi erano rimaste, sapevo bene che Des non le aveva dato nessun tipo di conforto, quell’uomo era fottutamente fatto di ghiaccio.
«Non ha mai assunto droghe in mia presenza Anne»
«Overdose, è stata overdose di qualche schifezza che quella lurida ragazzina gli ha rifilato, ne sono sicura – singhiozzò nuovamente, cercando di tirare indietro le lacrime, la sua voce però era dura, arrabbiata – non riesco neanche a pronunciare il suo nome, mi fa così schifo. I dottori hanno detto che è fuori pericolo ma il suo corpo non risponde agli stimoli, dovrebbe svegliarsi tra qualche ora secondo i medici ed io voglio solo rivedere mio figlio vivo. Parlagli Louis, la tua voce so che gli farà bene, so che lo ami e che tieni a lui, ti prego, parlagli» - la donna tornò ad appoggiarsi a me, le lacrime ormai cadevano incontrollate sul suo viso e finivano per bagnare la mia felpa. Restammo immobili all’esterno di quell’ospedale per minuti che sembravano infiniti. Avevo adorato Anne sin dal primo momento, nonostante i tanti errori che aveva fatto con Harry, era una donna che si faceva amare subito e vederla spaccata in due, rendeva questa situazione ancora peggiore. Harry non voleva fare del male a nessuno, forse solo a se stesso. Era il suo modo per fuggire dai problemi, mi somigliava troppo in quello, glielo avevo insegnato io.
«È colpa mia Anne…» - ammisi e questa volta fui io a crollare tra il petto della madre di quello che fino a poco tempo prima era il mio ragazzo. Anne mi tirò ancora di più al suo petto, potevo sentire il suo cuore battere, il suo respiro freddo sul mio viso, stava cercando di fermare il mio tremare incessante ma non ci riuscì, anzi lasciò la presa dal mio corpo ed io mi accasciai a terra, sull’asfalto caldo nonostante fosse dicembre inoltrato.
«Smettila di trattenerti e sfogati con me!» - non appena le parole uscirono dalla bocca della donna io mi ritrovai ad urlare, attirando su di me sguardi indiscreti, potevano anche prendermi per pazzo, forse lo ero, non mi importava nulla tranne delle condizioni del mio Harry.
«Ho paura di perderlo Anne, io non posso vivere senza di lui e non è una frase fatta. Guardami io sono il fottuto prodotto del suo amore e se lui non c’è, io non ho senso di esistere! Ti prego, ti prego, ti prego dimmi che non morirà, che andrà tutto bene» - Anne si inginocchiò e come cenere mi raccolse da terra, tornando a stringermi.
«Porti una sua felpa» - notò quando fummo entrambi in piedi ma questa volta distanti uno dall’altro. Abbassai lo sguardo sul mio petto, sì indossavo la felpa che mi aveva lasciato la prima volta sul letto, non avevo mai indossato così tanto un indumento come quella maledetta maglia. Era stata la mia risposta a tutto: Harry che va via, Harry che mi ama, Harry che torna, Harry che me la toglie prima di fare l’amore, Harry che la osserva, Harry che mi tradisce, Harry che la indossa per inciderci il suo profumo sopra, Harry che mi chiede di sposarlo, Harry che va via. Era un ciclo infinito che nessuno dei due si era accorto di compiere, ma finiva sempre nello stesso modo. Andava via, da me, da tutto quello che rappresentavo, persino dalla sua stessa vita. Era per questo che aveva assunto della droga, ne ero sicuro, voleva sentirsi anche solo per un momento lontano da se stesso e di conseguenza da me, perché inevitabilmente, anche con un oceano di mezzo, io e lui ormai eravamo solo un’anima.
«Anche lui indossava sempre i tuoi vestiti. Lo vedevo in giro per casa con magliette strette o pantaloni che a malapena gli arrivavano alle caviglie, pensavo fosse per moda poi ho visto una vostra foto, una di quelle che lui ha sulla parete in camera sua e tu portavi quelli stessi pantaloni e ho capito» - la madre di Harry continuava a parlare ed ad alimentare quel buco nero che avevo al centro del petto, sotto la sua felpa. Mi mancava e le parole per esprimere questo non riuscivo ancora a trovarle. Non eravamo mai stati abituati ad essere lontani, a scinderci. Sentivo un dolore lancinante nel petto, persino le mie viscere interne urlavano al dolore, quel male che non riuscivo ad identificare se non come la mancanza di Harry. ‘Teoria dell’arto fantasma’, ero arrivato a pensare, il nostro corpo è capace di ricordare le sensazioni anche quando non ci sono più, possiamo completamente annullarci, non pensarci, ma il nostro corpo, nei momenti più inattesi ed inadatti ce lo ricorderà. La teoria dell’arto fantasma equivale al dolore della mancanza ed il male che sentivo era stato procurato da Harry che con il suo andarsene, si era portato tutto ciò che mi teneva vivo.
Anne mi sfiorò il braccio per richiamare la mia attenzione, aveva capito che stavo per crollare ancora una volta dopo attimi di assoluto silenzio. Il rumore delle sirene in lontananza mi riportò alla realtà: ero io che dovevo tenere Harry vivo.
«Per questa notte andate a dormire a casa, resterò io con lui, avete bisogno di riposare entrambi» - Des ed Anne annuirono e nel giro di qualche minuto lasciarono la stanza, senza prima però aver dato qualche ultima attenzione a loro figlio, l’unica cosa che li legava ancora. Era strano vederli insieme, sicuramente Harry avrebbe pensato lo stesso, non si rivolgevano né parole né sguardi, entrambi lo tenevano fermo sul loro unico figlio, occhi preoccupati ma con una scintilla di speranza erano quelli di Anne, dei profondi pozzi neri invece erano quelli di Des. Era difficile sostenere il suo sguardo, sapevo di non essergli mai andato a genio.
«Grazie Louis, per qualsiasi cosa per favore chiamaci, hai i nostri recapiti?» - annuii ed accompagnai alla porta i due genitori che prima di andare via diedero un’ultima occhiata ad Harry. Lo sguardo di Des mi fece letteralmente tremare ma lo ignorai non appena la donna mi strinse nell’ennesimo abbraccio, questa volta con molte meno lacrime - «Parlagli, ha bisogno di te»
 
«Cazzo è proprio vero che si incontra Dio più volte in ospedale che in Chiesa» - dissi ad alta voce, i miei gesti erano impacciati ed il mio sguardo era ancora lontano da quel corpo inerme, non riuscivo a vederlo, sarei crollato definitivamente. Spostai la poltrona dove il signor Styles era stato fino a pochi minuti prima seduto e la avvicinai al letto, cercando di non inciampare tra quei fili e le macchine che dominavano l’intera stanza. Arrivò come una forte fitta all’altezza dello stomaco la certezza che quello era il corpo di Harry. Quel corpo tenuto in vita da una macchina era lo stesso che settimane prima mi stringeva, mi sussurrava di amarmi.
«Sono così maledetto non è vero? Mio fratello, mio nonno, tu, inizio a chiedermi se non è una punizione divina per qualcosa che ho commesso nella vita passata. Non posso perdere anche te Harry, ti prego, ascolta la mia voce e vieni da me» - gli afferrai la mano, quella libera da farfalle o strani affari alle dita. Era freddo, chissà se il suo pigiama di flanella blu era abbastanza pesante da tenerlo davvero al caldo, con entrambe le mani portai la sua vicino alle mie labbra e la baciai.
 
«Questa è la linea dell’amore e la tua è molto lunga» - Harry mi afferrò la mano e con l’indice tracciò una linea al centro del mio palmo, un leggero brivido mi percorse tutto il braccio fino a raggiungere la mia schiena. Dopo mesi il contatto, Harry mi procurava ancora palpiti, il mio corpo era sempre così debole e dipendente del suo tocco. Passò le dita sulle mie nocche prima di avvicinare la mano alla sua bocca e baciarmi il lato sinistro, quello tra il pollice e l’indice - «Io inizio qui» - poi baciò la parte opposta della linea dell’amore, quella a destra - «E finisco qui»
«Ma è tutta la linea!» - fissai confuso il palmo della mia mano ancora vicino al suo viso.
«Deve essere così e guarda – disse con tono spensierato prima di poggiare la sua grande mano sulla mia ed intrecciare le nostre dita – coincide perfettamente con la mia linea dell’amore».
 
La linea dell’amore, quella che trapassava la sua mano e la mia vita, era chiusa in un pugno lasciato inerme vicino il fianco. Ero stato rimproverato da un’infermiera non molto gentile. Da quanto avevo capito il ‘Guardare ma non toccare’ non valeva solo per le cose esposte nelle vetrine dei negozi ma anche per i bellissimi ragazzi dagli occhi verdi in coma. Appena la stronza uscì riafferrai quel pugno e lo strinsi ancora più forte. Harry era fermo, immobile, a malapena il suo sterno di alzava ed abbassava, uno degli innumerevoli tubi forse serviva proprio a questo, quante volte avevo poggiato lì sopra la mia testa mentre le sue dita si facevano spazio tra i miei capelli? Innumerevoli ma in quel momento avrei voluto più tempo con lui per farlo ancora una volta. Finiva sempre per scoprirmi la fronte e lasciarmi un bacio proprio al centro di essa dove secondo lui tutte le preoccupazioni si accumulano, avrei voluto un bacio in quell’esatto punto in quell’esatto momento. Mi faceva sempre sentire protetto quel contatto tra la mia fronte e le sue labbra carnose, i miei ventun anni sparivano col suo tocco ed io entravo in una seconda dimensione dove la guerra dentro di me non esisteva. Harry aveva sempre avuto questo potere, riusciva ad estraniarmi dai problemi, finché lui non divenne la causa di questi. Ricordi di Harry e dei suoi piccoli gesti mi annebbiarono la mente e gli occhi, non ero abbastanza forte per farcela da solo, senza di lui. Ero lì da meno di un’ora e già volevo scappare ma nello stesso momento in cui i miei piedi si avvicinarono alla porta della stanza, capii che non avrei fatto un altro passo senza Harry al mio fianco. Tornai indietro e ripresi la sua mano.
 
«Piove…» - Harry era rannicchiato sulla panca sotto la finestra, con le braccia teneva le ginocchia strette al petto e continuava a guardare la pioggia scorrere sul vetro.
«Harry sono le tre passate, torna a letto» - dissi con la voce impastata dal sonno
«Pensi mai al futuro?» - fece spostando i suoi occhi su di me, aveva uno sguardo malinconico ma severo allo stesso tempo, simile a quello di suo padre. Mi alzai dal letto trascinandomi dietro la coperta, nascondendo le mie nudità e con passo deciso mi avvicinai a lui sedendomi sulle sue gambe che pochi secondi prima aveva allungato. La mia pelle nuda frizionò sul suo corpo ma decisi di ignorarla, non era il momento per pensare al sesso, anche se era molto difficile non farlo avendo un Harry ricoperto solo da boxer neri proprio sotto di me. Il più piccolo avvolse le braccia intorno ai miei fianchi, stringendomi e lasciando dei baci delicati sulla tempia e la guancia. Amavo quel tipo di intimità, l’idea di Harry con altri ragazzi mi aveva sempre fatto impazzire, per questo non riuscivo a vedere di buon occhio quel Zayn, ma sapevo che quel tipo di tocchi, quelle emozioni, il fare l’amore, era qualcosa che aveva vissuto e viveva solo con me.
«Cosa frulla in questa tua testolina?» - chiesi, poggiando la testa sulla sua spalla, avevo libero accesso al suo collo e alla sua mascella perfetta ed i suoi capelli mi solleticavano il volto, doveva tagliarli ma era così bello.
«Tu non ti stancherai di me, vero?» - Harry fissò il suo sguardo sul mio. Era davvero serio? Cazzo io vivevo per lui, non avevo la minima intenzione di lasciarlo o qualsiasi cosa comprendesse stare lontano, fisicamente ed emotivamente, da lui. Harry aveva lo sguardo vacuo, sapevo che si stava perdendo nei meandri della sua testa, dei suoi dubbi ed ero a conoscenza che io ero l’unico a fermare il trottare dei suoi pensieri, dovevo assolutamente allontanarlo dalla sua stessa mente, da quelle voci che continuava a sentire che gli ripetevano che lui non era abbastanza.
«Hai fatto un altro incubo?» – Ero venuto a conoscenza di questi la prima notte che avevamo passato a Londra, continuava ad agitarsi e sudore nel sonno. Appena aveva spalancato gli occhi impaurito si era stretto a me ed io lo avevo stretto ancora più forte, talmente forte da lasciargli dei lividi, ma lui implorava quel tipo di tocco, quel bisogno. Harry annuì, mi allontanai leggermente per spostare il mio viso direttamente di fronte a lui - «Un uomo continuava a picchiarmi, dandomi calci in questo punto – si indicò il basso ventre – continuava ad urlarmi contro, ripetendomi che se mi avesse ucciso non sarebbe importato a nessuno. Poi ha iniziato a scoparsi mia madre sul tuo letto e lei mi guardava così male. “Non ti vuole nessuno” – ripetevano entrambi e poi sei arrivato tu, mi sei passato davanti ignorandomi, hai sorriso all’uomo e lui si è avvicinato a te e poi c’era solo sangue e l’uomo che rideva».
Afferrai il suo volto tra le mie mani, era caldo e ancora sudato, passai una mano tra i suoi capelli bagnati e lo avvicinai prepotentemente al mio viso - «Harry sono qui, guardami – continuava a tenere lo sguardo basso – ti amo, ti amo, ti amo lo sai bene questo, fidati di questi sentimenti, io sono qui con te e per te» 
«Anche Anne doveva essere lì per me, ma è andata via ed io senza te non posso vivere»
«Guardami – gli afferrai il mento ed alzai il viso – siamo nell’appartamento di Anne, ha arredato una camera solo per te e lei è ancora nella stanza qui di fianco e sono sicuro che ti ha sentito mentre gemevi forte il mio nome, cazzo ho dovuto metterti un fottuto cuscino in faccia urlavi come un-»
«Louis!» - urlò dandomi una spinta e facendomi cadere per terra, il parquet era freddo ma subito dopo un corpo si sistemò su di me. Misi una mano sulla fronte di Harry e con il pollice l’accarezzai, spostando una ciocca sudata.
«Quello che volevo dirti è che ha capito i suoi sbagli, è una donna matura adesso e se è titubante su alcune cose è perché tu non le permetti ancora molte cose. Sai bene che devi lasciarti andare al suo amore come hai fatto con me e lasciar stare quelle voci. Io ti voglio, ti amo ed anche Anne, ne sono sicuro» - Harry poggiò la sua testa sul mio petto e cominciò a muovere le dita sui miei fianchi - «Devi imparare un po’ della mia filosofia: del passato bisogna ricordare solo quello che ci dà gioia»
«Lou hai davvero appena citato ‘Orgoglio e Pregiudizio’?» - alzai le spalle, nemmeno di ero accorto di aver appena citato una delle frasi del mio libro preferito.
«Non hai risposto alla mia domanda?» - continuò a dire, tornando col viso sul mio petto - «Quella sul futuro intendo, della Austen mi interessa poco»
«Sì Harry penso spesso al futuro, soprattutto al nostro ed è fottutamente meraviglioso» - il piccolo si spostò leggermente dal mio petto, sistemò meglio le gambe intrecciandole con le mie, non importava a nessuno dei due se eravamo praticamente nudi uno sopra l’altro, in quel momento il sesso non c’entrava nulla.
«Continua per favore, voglio sapere tutti i più piccoli particolari»
«Non immagino grandi cose, solo noi, se penso al mio futuro penso a te» - Harry mi fissò con un dolcissimo cipiglio sul volto, non era convinto della mia risposta, sapeva che avevo pianificato ogni minima cosa, ma non avevo davvero il coraggio di dirlo, sembrava molto il piano di una ragazzina.
«E se ti stanchi di me?»
«Harry cazzo – urlai – la smetti di ossessionarti per questa cosa? Sono qui, quante volte dovrò dirtelo?»
«Finché non mi entra fottutamente in testa»
«Harry ti amo più di quanto puoi minimamente immaginare, alcune volte questo sentimento quasi mi spaventa ma subito capisco che tu sei fatto per me, vale la pena vivere tutto questo per passare con te tutto il mio tempo, una vita con te. Tu possiedi il mio cuore, la mia anima, non so più come fartelo capire! Mi immagino con te in un grande attico a Londra oppure a Doncaster, Los Angeles, Holmes Chapel, sotto un ponte, non importa. Sogno di vederti realizzato nel tuo lavoro, ti immagino impegnato a disegnare grandi edifici con la matita poggiata sopra l’orecchio e nascosta dai ricci. Sogno una meravigliosa vita con te, sono arrivato a pensare di volere una figlia con te, che prenda tutti i tuoi colori soprattutto il verde Harry dei tuoi occhi. Voglio chiamarla Darcy, sì come Darcy Fitzwilliam di ‘Orgoglio e Pregiudizio’ e sarà il frutto del nostro amore e sembra tutto così stupido detto ad alta voce ma nella mia testa giuro che ha senso. Io non ti cas-» - ma le mie parole furono totalmente interrotte dalle labbra bagnate di Harry sulle mie, stava piangendo.
«Giuro che sono di felicità».
 
Dei tubicini di plastica entravano nel suo naso, portando l’ossigeno necessario, il suo corpo non ce la faceva da solo. Harry nella mia vita aveva lo stesso effetto di quei tubicini di plastica. Lo osservai più a fondo, cercando di non piangere ancora una volta, ci erano voluti davvero molti minuti prima di riuscire a guardarlo. Aveva un grosso taglio sul lato della fronte ed un ematoma nero che circondava la ferita, avevano applicato dei punti ma dalla benda semitrasparente era semplice vederla. Da come mi aveva detto Anne, Harry era svenuto e nella caduta aveva fortemente sbattuto la testa sopra il tavolino di vetro riducendolo in decine di pezzi. Secondo i medici il problema più grave era stato proprio questo e non la droga in sé. C’era un alto rischio di complicazioni, problemi che Anne mi aveva appena accennato ma che il mio cervello si era rifiutato di captare. Non volevo vedere né un Harry paralizzato, né senza memoria. Tracce di segni dovuti alle schegge erano visibili su tutto il corpo, il braccio sinistro era pieno di piccoli tagli, alcuni coperti da cerotti e bende, i più superficiali lasciati scoperti. I suoi occhi erano chiusi, ancora fottutamente chiusi. Avevo bisogno di vedere quel verde, avevo bisogno di perdermi ancora una volta in lui - «Ti prego Harry, svegliati! Ho bisogno di te amore! Ti ho chiamato così poche in questo modo, se ti sveglio promesso che ti chiamerò sempre così».
I suoi capelli erano tirati indietro da una fascia di spugna, molto peggio di quei pezzi di stoffa che aveva indossato per tutta l’estate - «Amore – sussurrai, sfiorandogli i capelli – ho davvero bisogno di te»
 
Una giovane infermiera entrò in camera e senza dire una parola iniziò a scrivere su una scheda tutti i valori che una delle tante macchine indicava. A differenza della prima donna, mi sorrise non appena notò le nostre mani intrecciate - «Tranquillo, anch’io sono ossessionata dal tenere le mani della mia compagna»
«Oh…Lui come sta? Non ci sto capendo nulla»
«Non sei americano vero?» - disse divertita notando il mio forte accento, scossi la testa e lei mi rivolse un altro sorriso - «Anche mia madre è inglese, purtroppo io sono cresciuta a Philadelphia ed il mio accento è già pessimo così. Vuoi sapere come sta vero?» - annuii, senza parlare ancora, non ne avevo le forze.
«I valori sono buoni, dobbiamo solo aspettare che si svegli» - la ragazza, Jenna da quanto diceva il suo cartellino, osservò la sua cartella e continuava a sorridere, forse era l’unica che mi aveva rivolto un sorriso vero in tutte quelle ore.
«Non possiamo tipo scuoterlo e svegliarlo? Ha il sonno un po’ pesante ma si sveglia subito se gli tocchi le part-»
«Non funziona così ma puoi parlargli. Da quanto tempo state insieme?»  - chiese Jenna, sedendosi e lasciando perdere per qualche istante la sua dannata cartellina.
«Lo conosco quasi da un anno. Tra due giorni esattamente e vorrei tanto festeggiare questa cosa con lui, sveglio possibilmente. Tu e la tua ragazza?» - continuavo a stringere la mano di Harry, accarezzandogli le nocche fredde, ma lo sguardo era sulla ragazza minuta dai capelli biondi.
«Sono quasi sette anni, ci siamo conosciute al college e sposate un anno dopo a Washington - disse sorridendo ancora di più e mostrandomi la fede e l’anello di fidanzamento - Le avevano diagnosticato un cancro al seno, Paula era letteralmente impazzita, pensava di morire ma sai qual era la sua paura più grande? – scossi la testa – non invecchiare con me. È sempre stata la sua ossessione, voler passare la sua intera vita con me e se la sua vita doveva essere più breve del previsto la voleva passare come mia moglie per questo mi ha chiesto di sposarla ed io ho accettato subito, ci siamo sposate in autunno, faceva un freddo assurdo e quando l’ho vista davanti al pubblico ministro ho pensato subito che era bellissima. Nonostante aveva già effettuato la mastoplastica ed il suo seno era completamente sparito era bellissima»
«Hai deciso di sposarla per la malattia?» - Jenna si alzò dalla sedia e riprese la sua dannata cartellina, era irritata dalla domanda e con un tono totalmente diverso da quello precedente mi rispose - «L’ho sposata perché l’amavo e l’amo, sono contenta che sia ancora viva e soprattutto sono felice che stia ancora con me! Dannazione, ho capito che era la donna giusta al primo sguardo e tu sai di cosa parlo!»
«Come fai ad esserne sicura?»
«Quando è arrivato – indicò con un gesto della testa Harry – ero in servizio e sono stata io a togliergli i vestiti e tutto quello che aveva addosso. Al collo aveva una catena con un anello, sembrava qualcosa di importante e mi è sembrato strano che una cosa del genere era al suo collo e non al suo dito, poi mi sono accorta che aveva dita troppo larghe per quello. È per te l’anello giusto?»
«Cosa cazzo sei Sherlock Holmes?» - la ragazza mi guardò nuovamente divertita, mi sentivo leggermente in imbarazzo con lei che continuava ad osservarmi.
«No – rise – ma sono una brava osservatrice e sono per il ‘E vissero felice e contenti’, molto puerile da parte mia vero?»
«Mi ha chiesto di sposarlo dopo un tradimento, lui ha solo diciannove anni, io quasi ventidu-»
«Ma sei ancora qui e lui portava il tuo anello nonostante tu lo abbia rifiutato. Il vero amore può arrivare anche a sedici, diciotto, cinquanta e settantatré anni, arriva sempre, l’importante è accorgersene»
«Davvero non lo so» - feci poi cercando di fermare quel discorso
«L’amore accompagnato da tanto dubbio è quello vero» - non appena Jenna finì di parlare, mi indicò una piccola cassetta di sicurezza all’interno dell’armadio e col sorriso che ormai la contraddistingueva da tutto il nero di quel reparto, uscì fuori dalla stanza fischiettando lo stupido motivetto della Disney. Quella ragazza era completamente pazza!
‘L’amore arriva sempre’, mi ripetevo mentre aprivo la cassetta di sicurezza ed estraevo la catena con l’anello.
‘L’amore vero è quello accompagnato dal dubbio’, mi ripetevo mentre infilavo l’anello lì dove doveva essere già da molto tempo.
«Se ti svegli ti sposo» - dissi, stampandogli un leggero bacio sulle labbra secche.
 
«Hai finito di osservarmi?» - chiesi, vedendo che il suo sguardo non lasciava il mio corpo nudo. Le nostre pelli erano luminose per il sudore che attanagliava i nostri corpi - «No, è così bello vederti in questo modo»
«Harry sono nudo e sto cercando i miei boxer che tu hai volutamente nascosto così che poi facessi questo teatrino»
«Non mi dispiace affatto» - afferrai i boxer neri di Harry e gli infilai, mi andavano leggermente grandi sulle cosce e stretti sul fondoschiena, dannato culo da donna! Harry mi afferrò un polso della mano e mi trascinò nuovamente a letto, baciandomi subito con passione, le nostre lingue si toccava, si allacciavano e si assaporavano tra loro. Infilai una mano nei suoi capelli e lo attirai ancora di più a me, volevo godermi ancora ed ancora il suo tocco.
«Se continuiamo così durerò poco e non credo che il tuo culo sia pronto per un altro round» - Harry poggiò una mano sulla mia bocca per zittirmi ma la tolse immediatamente dopo aver sentito la mia lingua passargli sul palmo, si asciugò la mano sulle lenzuola e fui finalmente libero di parlare - «Avrei preferito altro a tapparmi la bocca»
«Sei sempre il solito»
«Lo so» - dissi con aria compiaciuta alzando entrambe le sopracciglia
«E ti amo lo stesso»
«So anche questo» - mi avvicinai a lui e lo baciai di nuovo, questa volta era lento e senza lingue ad intrecciarsi. Fissai Harry nei suoi magnifici occhi verdi, che non erano mai solo verdi e continuai a baciarlo mentre lo sentivo sorridere sotto le mie labbra.
«Hai un pennarello?» - indicai la scrivania e lui si alzò, nudo, per cercarlo. Non appena lo trovò fece un leggero gridolino e col pennarello tra i denti tornò a letto. Lo guardai accigliato chiedendogli cosa avesse intenzione di fare, non mi sarei fatto disegnare nulla sul corpo. Ma Harry non si avvicinò minimamente al mio corpo ne tantomeno al suo. Si avvicinò al muro e scrisse un ‘Ti amo’
«Tu hai davvero un problema con i muri» - feci, guardando soddisfatto quelle due parole appena incise sul muro, com’era possibile che solo un piccolo gesto come quello mi faceva sentire così dannatamente felice?
«No, non puoi perdere un muro come succederebbe per una lettera e non puoi romperlo se mai litigheremo. Resta lì e voglio scrivere un ti amo ogni volta che facciamo l’amore»
«Allora inizia a riempire il muro»
 
Erano passate più di ventisette ore ed un numero infernale di medici ed infermiere che non mi dicevano mai nulla, continuavano ad annuire, scrivere valori ed andarsene. Anne e Des erano andati di nuovo via, i loro visi questa volta sembravano più riposati mentre i miei continuava ad arrossarsi per la stanchezza.
 
«Hai gli occhi piccoli amore, vai a dormire, ti raggiungo non appena ho finito di studiare» - fece Harry, alzando quel maledetto tomo di geometria. Aveva iniziato il college da così poco tempo e stava già dando il massimo come suo solito.
«Non vai via vero?»
«Non me ne vado più da te» - disse, trascinandomi sulle sue gambe e baciandomi la tempia.
«Stavo pensando di tornare qui a Londra il prossimo semestre, non ce la faccio davvero più a vivere lì a Los Angeles»
 
«Se i vostri sentimenti sono gli stessi di Aprile ditelo ora. Il mio affetto ed i miei desideri sono immutati, ma una vostra parola mi farà tacere per sempre. Se invece i vostri sentimenti fossero cambiati devo dirvelo: mi avete stregato anima e corpo e vi amo, vi amo, vi amo e d’ora in poi non voglio più separarmi da voi» - finii di leggere le parole della Austen e mi asciugai le lacrime. Tutti continuavano a dirmi di parlargli, di fargli sentire la mia voce, ma io non avevo le parole, le forze per dare vita ai miei pensieri. Avevo provato a scrivere qualcosa durante la notte, ma la penna era rimasta ferma alle prime righe ed il foglio ormai pieno di lacrime. Mi faceva male quella situazione, non quanto vedere Harry in fin di vita, ma il dolore era molto simile e mi stava lacerando in due. Non volevo pensarci, i miei problemi erano ben meno gravi di tutto quello che stava succedendo in quella stanza per questo chiusi gli occhi ed inspirai una grande quantità d’aria, così che almeno i miei polmoni potessero sentirsi vivi e mi avvicinai al corpo di Harry.
«Sei bellissimo anche così, non ti preoccupare» - gli sfiorai la fronte, riordinandogli i capelli e gli baciai una tempia, le palpebre, la punta del naso ed infine le labbra secche. Le sue guance erano pallide e la mia mano non riusciva a smettere di toccarle, sfiorare il punto in cui le sue fossette si creavano. Mi mancavano anche quelle, le rughe d’espressione ai lati della sua bocca, la sua risata, la sua voce, tutto ciò che faceva per me. L’amore. Mi mancava il suo amore e quello sembrava essere tutto così dannatamente assurdo. Volevo arrabbiarmi con lui, dirgli che era stato un emerito coglione a lasciarmi, a prendere delle droghe da Beth, ma non ce la facevo, l’unica cosa che riuscivo a fare era accarezzargli quel volto perfetto e ripetere - «Andrà tutto bene, amore» - non importava quanto io mi sentissi spaccato dentro.
 
“Appena puoi chiamami” – il messaggio che Harry mi aveva lasciato in segreteria diceva appunto questo, ma il suo tono era totalmente diverso dal solito, era cupo e serio, non apparteneva al solito Harry, per questo nonostante l’orario decisi di chiamarlo. Harry mi rispose al quarto squillo e disse semplicemente di accendere Skype, maledette tariffe extranazionali. Sistemai il computer sopra le mie gambe ed aspettai la chiamata, erano quasi le due del mattino e le mie condizioni erano davvero pessime ma non mi interessava nulla, volevo solo affrontare quell’argomento con Harry. Erano quasi dieci giorni che non ci sentivamo, mi aveva inviato un paio di email dal tono molto formale, ma dopo la mia seconda risposta, non ne era arrivata una sua.
«Ehi mi vedi?» - disse la voce metallica dall’altra parte del computer, annuii senza rispondere, non ero io che dovevo parlare.
«Ho scoperto perché non riuscivo a contattarti» - fece poi tenendo sempre lo sguardo sulle sue mani non inquadrate nel monitor.
«Cioè?»
«Qualcuno ha bloccato il tuo numero sul mio telefono. È per questo che non riuscivo più a contattarti, ho comprato un nuovo telefono, assurdo vero?» - enfatizzò per sdrammatizzare.
«Abbastanza. Perché non sei venuto alla laurea? Liam ci è rimasto male»
«O sei tu quello che ci è rimasto male?»
«Ti aspettavo, volevo risolvere questa situazione con te» - ero demoralizzato e triste, il dolore del tradimento non era andato via, aveva solo lasciato il primo posto all’immagine del dolore negli occhi di Harry dopo il mio rifiuto, paradossalmente, riuscivo a pensare al suo dolore e non al mio. Potevo vedere nei suoi occhi quella tristezza che io stesso gli avevo procurato, perché non riuscivo a pensare che quella tristezza invece se l’era cercato da solo? Era andato lui con Nick, non lo avevo spinto io, eppure davo la colpa a me. Forse avevo sbagliato io qualcosa con lui, non ero stato abbastanza, non lo avevo reso felice o soddisfatto.
«Louis continuiamo a farci del male, forse è meglio non sentirci per un po’»
 
«Me l’hai detto tu di starti lontano!» - scossi il corpo di Harry mentre le lacrime cadeva dal mio viso fino ad arrivare al suo petto - «Mi hai detto tu di smetterla!» - urlai fino a quando non mi accasciai contro il muro, le gambe schiacciate al petto e tutto faceva male, la testa, il corpo, il cuore. Non dovevo essere lì, a stringergli la mano a sperare che riaprisse gli occhi solo per vedere che avevo indossato il suo anello.
«Svegliati cazzo!» - continuai ad urlare, lanciandogli addosso quella stupide fede - «Ti odio – singhiozzai – dovrebbe esserci Nick qui! Sei stato di nuovo con lui quando ti ho risposto di no! Quando finirai di ferirmi?» - mi alzai di getto e colpii il suo sterno con un pugno e poi un altro ancora finché non mi accasciai in lacrime sul suo petto. Non so per quanto tempo restai così, ma restai abbastanza da capire che quello che provavo per lui era troppo. «Ti ho amato con tutte le mie forze, in ogni modo a me conosciuto, ti ho amato e ti amo con ogni millimetro del mio corpo, ma non ce la faccio. È arrivato il momento di alzare bandiera bianca per me e so che farà male, più male di tutto questo ma Harry è giusto così. Sono codardo, ma preferisco prendere una strada che per una volta facilita me. Il mio amore, la mia anima sarà sempre e solo tua. Sappi che ti ho amato più del mio stesso respiro. Buona vita Harry, qualsiasi questa riserva per te» - afferrai l’anello e lo infilai sotto la mano di Harry, gli sfiorai le labbra con le mie, mentre le lacrime coprivano interamente il mio viso, mi girai per andarmene quando - «Louis no…»
 
«Scappare dal compleanno di Liam è stata un’ottima idea davvero – bacio – davvero buona» - Harry soppresse una risata sulle mie labbra, era bello sentire quell’emozione a fior di pelle.
«Domani ci toccherà sentire la sua ramanzina»
«Lascialo perdere, da quando non scopa è frustrante» - dissi, scrollandomelo di dosso per avvolgere il mio corpo nel lenzuolo. Harry fece un verso di dissenso, avevo imparato che le chiacchiere post-coito erano le sue preferite.
«Perché ti chiamavi InutilMente?» - chiese sorprendendomi. Non avevamo mai parlato del modo in cui ci eravamo conosciuti.
«Mi sentivo così. È ciò che ti posso dire, non c’è una vera spiegazione. E tu perché avevi bisogno d’amore?»
«Non avevo mai provato l’emozioni dell’amore, tutti ne parlavano ed io non sapevo come ci si sentiva ad essere innamorati e mi sentivo solo, maledettamente solo. Quel periodo per me è stato davvero pessimo. Avevo pensieri non molto positivi, credo di aver provato anche a fare qualche cazzata come farmi male, per sentirmi vivo, ma più ci provavo più mi sentivo morto, strano vero?» - Harry non mostrava mai la spensieratezza dei suoi diciannove anni, era sempre così pensieroso e profondo, vedeva sempre un lato diverso delle cose. Come chi non pensa alla bellezza del fiore ma al fatto che appassiranno prima o poi.
«Hai bisogno ancora di cercare il tuo amore?»
«No, è qui di fianco a me. L’amore.»
 
«Che giorno è oggi?» - disse debolmente Harry guardando sua madre piangere. Era sveglio da quasi sei ore ma quella era stata la frase più lunga che aveva detto. Ripeteva solo il mio nome e quello di suo padre. Anne per un momento pensò che si fosse dimenticato di lei, c’era un’alta probabilità che questo avvenisse, ma Harry aveva tolto tutti i suoi dubbi chiamandola mamma, pochi minuti dopo.
«È il dodici dicembre tesoro, hai dormito un pochino» - lo stava trattando come un bambino, continuava ad accarezzargli i capelli ed a baciare le sue guance che avevano preso più calore. Tubi ed aghi erano rimasti lì dove erano anche prima del suo risveglio. Era ancora troppo debole per respirare da solo e gli aghi canula facilitavano il lavoro delle infermiere.
«Louis» - gli occhi di Anne, Des e Jenna si spostarono su di me. Ero lontano dal letto, avevo lasciato la mia postazione al Signor Styles per avvicinarmi alla finestra, l’aria lì dentro era più che soffocante - «Sono qui» - mi avvicinai ad Harry sistemandomi di fianco ad Anne che mi regalò un sorriso ed afferrai la mano di Harry, con l’altra lui mi fece segno di abbassarmi, non appena fui abbastanza vicino mi baciò e sussurrò - «Buon anniversario, amore»
Era il 12 dicembre, era già passato un anno. Ma quanto tempo avevamo passato insieme veramente? Forse due o tre mesi eppure erano stati i migliori giorni della mia vita e non è un eufemismo. Con Harry avevo imparato cosa vuol dire essere felice fino al midollo, il suo sorriso che cancella i drammi, la sua corazza che riusciva a sostenere anche me. 365 giorni in cui avevamo condiviso amore e ferite, perché c’erano state soprattutto quelle, perché quando ami qualcuno come ci amavamo noi ferirsi era inevitabile. In 365 giorni con Harry avevo imparato che senza di lui, non ci sarei io.
Quando ho scelto chi essere, ho scelto inconsapevolmente anche Harry.
 
«Potresti leggermi ancora una volta la lettera?» - erano passati tre giorni dal risveglio di Harry e quello era stato il primo dove tutti i drammi erano volati via. Due giorni prima Des aveva rimproverato il figlio, in realtà gli aveva letteralmente urlato contro e preso a schiaffi prima di essere fermato da un infermiere, la violenza era stato il suo metodo per scaricare tutto il nervosismo e la rabbia. Anne aveva pianto, molto e come sempre. Si era poggiata alla spalla della sua ex suocera ed insieme avevano pianto, annullando tutti i diverbi degli anni passati, quando si erano ricomposte erano tornate ad ignorarsi, anche loro avevano rimproverato il ragazzo per la sua poca negligenza. Soltanto nonno Styles, di cui ancora mi sfuggiva il nome, aveva chiesto cos’era successo e cosa sarebbe successo a Elizabeth. Lei non era venuta nemmeno una volta, Anne l’aveva denunciata ma questo era tutto ciò che mi era dato sapere, dovevo starne fuori e pensare solo ad Harry. Aveva confermato di essersi svegliato qualche minuto prima dei miei urli, si sentiva stordito ed il suo corpo non reagiva ai suoi stimoli - «Io provavo a parlare ma non usciva nulla» - mi aveva detto il giorno prima. Erano state ore di inferno ma ero riuscito a convincerlo che quello che gli avevo detto, il mio volermene andare era stato dovuto al mio nervosismo e al poco dormire. Non volevo andarmene, non sarei mai riuscito a lasciare Harry, eravamo legati insieme da un filo rosso troppo spesso.
«Per favore!» - Harry tirò fuori il labbro inferiore ed accigliò la fronte. La sua pelle aveva ripreso colore, aveva ancora la benda su gran parte della fronte ma era riuscito a nasconderla parzialmente grazie al ciuffo di capelli che gli ricadevano sul viso. La maggior parte dei segni sulle braccia erano spariti e riusciva tranquillamente a fare la maggior parte delle cose, anche se continuava a bearsi di tutti noi.
«Spiegami solo il perché» - feci, sfiorandogli il viso. Aveva un accenno di barba che gli conferiva qualche anno in più e portava l’attenzione sulle sue labbra carnose.
«Mi fa capire il perché ti amo» - rispose baciandomi. Portai gli occhi al cielo ed afferrai da sotto il cuscino la lettera che qualche giorno prima gli avevo scritto ed iniziai a leggere: «Ciao Harry, è strano pensare che, le cose più importanti io te le abbia sempre prima scritte e poi dette. Come i ti amo scritti sulle pareti della mia camera, uno per ogni volta che abbiamo fatto l’amore. Come le promesse che pesavano, non mantenute, come tutte quelle parole che sono cadute per i nostri errori. Più volte mi sono chiesto se noi, in fin dei conti, fossimo solo questo. Parole. Ho capito che sono solo un corpo che pulsa, che respira, che non ricorda chi o cos’è, senza di te. Vorrei essere meno romantico e più incazzato, ma non ci riesco, dal primo momento che ti ho conosciuto, mi sono sentito libero. Mi hai insegnato ad essere Louis ed ad accettarlo. Ho cercato me stesso tra le lenzuola di un letto sfatto, ho cercato me stesso in un paio di occhi verdi che non erano mai solo verdi, ho cercato me stesso come un’anima in sfratto e ho trovato me stesso solo su un tetto di una casa nel Chenshire. Non ho rimpianti amore mio, che tutto quello che ho vissuto con te, lo rivivrei ancora, anche il dolore, che com’è andata è andata non fa parte di me, ne di te. Ci abbiamo provato ma ogni volta ci siamo allontanati un po’ di più, che tra quei ti amo scritti, ci sono anche le peggiori crepe, ma ci sono anche i migliori ricordi. Ci hai mai fatto caso? Riusciamo a compiere sempre un passo in avanti, ma altrettanto sempre ne facciamo due indietro. Ci rintaniamo nei nostri errori, nei nostri silenzi così ingiusti ma dovuti. Perché preferiamo sempre cercare l’uscita più vicina e scappare, sei arrivato qui per questo, cercando un’uscita a me. Mi sento colpevole di vederti in queste condizioni così immobili, ho sperato fino all’ultimo momento che fosse tutto uno scherzo per farmi correre da te, per cancellare i vecchi dolori, le inadempienze e i rancori. Ma non è così, questa cosa è reale ed io ho una fottuta paura di perderti. Se potessi mi prenderei io il dolore, che vederti soffrire è peggio di morire.
Ti avevo promesso una storia, eccola, parla di un ragazzo che ha costruito la propria felicità con i resti di quella di un altro. Parla di me e di te. Circa un anno fa, qualcuno mi ha mostrato quanto fosse bella la luce. Mi sono iscritto su quella chat perché volevo parlare con qualcuno dei miei problemi perché pensavo che uno sconosciuto potesse ascoltarmi meglio di un amico, non avrei mai immaginato che su una stupida chat potessi incontrare l’amore della mia vita. Perché Harry lo sei, anche se ti ho risposto di no, tu sarai sempre colui che mi ha insegnato ad amare. Tornando all’inizio, devo cercare di non divagare, ti ho già raccontato di quel mese in cui ero sparito, ma tu non eri sparito da me, continuavo a pensarti, a cercare di darti un volto quando avevo visto solo i tuoi occhi, pensavo che dovevi essere bello per avere un paio di occhi così, ma la realtà è che sei bellissimo ed i tuoi occhi, quella è un’altra storia, una storia che mi piace raccontare e se non ti sveglierai alla fine di questa, ti racconterò la storia del verde che incontra il blu. Ma devi svegliarti. – Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e continuai a raccontare – Tu mi hai sempre preso come nessun altro riusciva, ti infili nei meandri della mia testa e resti lì. Uscivo con persone a caso, incontrate nella caffetteria dell’università, ma nella mia testa io, mi immaginavo con te. Mi ero innamorato di te ancora prima di sapere come eri fatto. È stato assurdo, ma la tua voce, le tue parole, facevano tutto, per mesi ho vissuto solo di quelle ed in un modo contorto e assurdo, mi bastavano. Sapevo che eri nella mia vita, in un modo o nell’altro e quindi stavo bene, mi sono sentito completo tra una chiamata ed una canzone al pianoforte. Non suonavo da anni, poi sei arrivato tu ed è tornata la voglia di suonare, di vivere. Non c’era più buio, solo luce verde pulsante. Quando ti ho visto su quella rampa delle scale, il mio cuore non ha retto, giuro di aver pensato che mai i miei occhi, avessero visto qualcosa di più bello e che in un modo o nell’altro, che presto o tardi, tu saresti diventato mio. Ho sfiorato la felicità quella volta sulle scale, ma hai deciso di spezzare tutto, di non parlarmi più ed io sono tornato a sentirmi vuoto e forse prima ci ero anche abituato a sentirmi così, ma da quando ti avevo conosciuto, non riuscivo più a stare così. Quel periodo, fattelo dire, sei stato una merda. Giravo con la tua felpa addosso, quella che mi hai lasciato sul letto prima di scappare e quella che indosso anche oggi. Mi sento vicino a te in questo modo. Ho capito che ci sono storie che non finiscono, nonostante tutto, e forse la nostra è così, puoi metterci tutte le pause che vuoi, ma non puoi metterci un punto ed una fine. Sono accanto a te e scrivo, evitando una lacrima e l’altra. Il foglio è sbavato e rotto in alcuni punto e mi sento tanto così, assurdo vero come l’assenza di una persona ti faccia sentire così male e non è un male metaforico, è un male fisico. È sentire i muscoli tirati, la gola secca ed un vuoto nel petto. Mi sento così ogni volta che non ci sei e sono stanco di provare questo. Quando ti ho fatto entrare nei miei casini non pensavo che ne avresti creati tanti altri eppure non mi interessa, masochista? Non lo so. C’è una frase che leggo spesso nei libri o sui muri e dice che ‘Chi ama resta’, non sono d’accordo, resta chi non ha rispetto verso se stesso, chi è masochista di sentimenti ed io ti amo a tal punto da farmi male. È difficile stare con te Harry, non riesco mai a capire davvero cosa hai in testa, cosa stai per fare, non so se ti stai preparando per fare l’amore con me o con un altro. Ho questa immagine offuscata di te e di quel ragazzo e per quanto io ci provi c’è questa piccola parte di me che mi ricorda costantemente il male che mi hai fatto. Ma guardo oltre e vedo noi, che quelle sono solo immagini e noi siamo reali. Quindi svegliati, facciamo la valigia e torniamo a casa. Ti amo senza misure, tuo Louis»
 
 
24 DICEMBRE – 20.44
 
Harry era uscito dall’ospedale una settimana dopo essersi risvegliato, aveva ancora forti mal di testa ma quello era uno degli effetti collaterali di essere stato in coma per quattro giorni. La sua fronte era coperta da una benda molto più piccola ed i punti non gli tiravano molto più la pelle. Eravamo tornati in Inghilterra due giorni dopo la sua ultima visita medica, Anne voleva accertarsi di partire senza incorrere in qualsiasi tipo di problema. Come se le quattro valige di Harry non fossero un problema. Stavamo tornando a casa e questa volta era per sempre. Aveva fatto richiesta per un college a Londra, il cognome Styles gli era stato abbastanza utile in quel caso. Sembrava tutto giusto in quel momento.
«Dov’è il mio festeggiato?» - urlò mia madre dal salone. Avevo realmente provato a scappare da quella festa, ma Harry mi aveva testo una trappola ed insieme a mia madre erano riusciti a combinarmi quella che sembrava essere una festa a sorpresa - «Cucina!» - urlai spaventando Ernest che stava giocando in disparte con un trenino. Stavo cercando di stringere il migliore rapporto con loro, avevano perso già un fratello, non avevano bisogno di perderne un altro, soprattutto il piccolo biondino ai miei piedi. Era l’unico maschio in casa e sapevo bene quanto le mie sorelle, mia madre e persino mia nonna potessero essere stressanti, petulanti e qualsiasi altro aggettivo dedicato alle donne in generale. Un Liam decisamente alticcio ed un altrettanto ubriaco Zayn fecero il loro ingresso in cucina, abbracciati uno all’altro.
«Devi venire a spegnere la torta» - sbiascicò il mio coinquilino facendo ridere Liam che lo corresse immediatamente - «No mica la torta deve spegnere le luci»
«Voi avete decisamente bevuto troppo» - disse a le loro spalle un bellissimo e affascinante ragazzo dagli occhi verdi. La camicia bianca lasciata quasi completamente aperta metteva in risalto il suo petto abbronzato e gli skinny jeans scuri mi facevano venir voglia di rinchiuderlo in camera con me, tanto erano attillati. Harry abbracciò i due separandogli dal litigarsi l’ultima bottiglia di spumante rimasta. «Dove sono Milly e Niall?» - chiesi ai due ma fui beatamente ignorato.
«Ti abbiamo comprato una cosa e loro sono andata a prendertela» - fece poi Harry sorridendo alla scena dei due amici ancora abbracciati. Mi beai di quel momento, Harry continuava a stringermi il fianco con il suo braccio ed i miei due migliori amici, beh non avevo ben capito cosa stessero facendo ma li ignorai quando un paio di labbra carnose si poggiò sulle mie.
«Ancora tanti auguri amore»
«Devo abituarmi a questa cosa dell’amore» - ammisi, pregando che le mie guance rimanessero ancora di un colore non troppo rosso.
«Hai iniziato tu» - il ragazzo mi diede un altro bacio e mi accompagnò in salone dove tutta la mia famiglia con Anne, Milly e Niall mi stava aspettando.
«Questo è da parte di noi quattro» - disse Milly indicando un pacco per terra dalla carta verde ed argentata. Ringraziai tutti e mi inginocchiai per aprire l’enorme regalo. Appena aprii la scatola capii che questa era vuota, guardai accigliato il gruppo di amici. Infilai una mano nella scatola ed afferrai un piccolo biglietto che recitava: ”Suona la voce dell’amore”
«Quando non c’eri sono entrata in camera tua e ho notato che la tua tastiera è stata rotta, per questo te ne abbiamo comprata una nuova. Niall te l’ha già sistemata in camera» - abbracciai prima la ragazza e poi i tre ragazzi. I miei migliori amici.
«Questo è il mio» - Harry si avvicinò timidamente a me non appena vide che l’abbraccio di gruppo era stato sciolto, avevo provato ad afferrarlo e trascinarlo dentro ma si era abilmente allontanato. Aprii il regalo, l’ultimo per quel momento e rimasi a bocca aperta.
«Abbiamo pochissime foto insieme e forse è ora di iniziarne a fare qualcuna in più. Sai in caso mi venisse qualche forma di Alzheimer precoce vorrei vedere tutti i giorni cosa eravamo e siamo – mi baciò spostando il regalo dalle mie alle sue mani – in più può essere divertente in camera da letto, ti aspetta anche lì un regalo comunque» - disse le ultime parole sussurrandomele all’orecchio prima di afferrare i miei fianchi e portarmi vicino a lui per baciarlo ancora, non importandosene di tutti gli occhi che avevamo addosso. Vidi un flash mentre mi avvicinavo alle labbra del mio ragazzo.
«Forza facciamoci una foto di famiglia» - urlò, come sempre, mia madre, spronando le mie sorelle ad alzarsi dal divano e a mollare i loro dannati telefoni. Da buona maniaca del controllo sistemò le mie due sorelle maggiori dietro al divano, le due gemelle ad un lato di questo, prese prima Ernest per lasciarlo tra le braccia di Fizzie e poi Doris in quelle di mia nonna per poi afferrare me e piazzarmi proprio al centro del divano, di fianco a lei e alla nonna.
«Harry ti muovi?» - fece la donna vedendolo spostarsi verso la cucina. Lo raggiunse e lo trascinò per il colletto della camicia fino a sistemarsi al mio fianco - «Tu fai parte di questa famiglia»
Harry la guardò scioccato, fino a qualche mese prima non accettava nemmeno di avere un figlio omosessuale ed ora si ritrovava a dire quelle cose, ad accettare completamente Harry, anzi definirlo un membro della famiglia.
«Dite cesso» - fece Niall con in mano la mia nuova e professionale macchina fotografica e mentre tutti sfoggiavano bei sorrisi ed urlavano la parola cesso, io mi avvicinai all’orecchio di Harry e sussurrai: «Tu sei la mia famiglia. Ora dammi il mio anello che ti voglio sposare»
 
 
-ANGOLINO DI G:
TRANQUILLE CHE I DRAMMI NON SONO FINITI QUI.
Dopo avervi detto questo, voglio ringraziare ogni persona che legge, commenta, vota, mi rintraccia e mi minaccia. Vorrei ringraziare una persona in particolare e dedicarle l’intero capitolo: Maura.
Oltre questo vorrei scusarmi per l’assurdo ritardo, avevo detto che avrei aggiornato il giorno dopo ma poi sono finita a rileggere il capitolo e mi faceva ribrezzo, quindi mi sono presa un po’ di tempo e l’ho riscritto tutto, tutto. Mi dispiace ancora avervi fatto aspettare.
Se vi interessa, vi prego fatevela interessare, c’è una mia nuova storia, si chiama BIRTHDAY’S PRESENTS e niente, spero che passiate a leggerla.
Se volete insultarmi in qualche modo, vi amerei sempre, sono @Farawaytome. Fatemi sapere ciò che ne pensate della storia, ci terrei molto.
Un abbraccio, G.
 
 

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Capitolo 23
*** Ora vai, oramai. ***


HARRY
31 DICEMBRE – 15.40
 
«Non ci credo! Due matrimoni insieme, è così snervante!» - fece Milly, anzi urlò davanti il grande specchio mentre continuava ad aggiustare il lungo velo già perfetto così, come il suo vestito di seta bianca a maniche lunghe ed una gonna di organza che metteva in risalto la pancia di oltre cinque mesi. Se avesse continuato a martoriarsi l’acconciatura con il continuo spostare del velo avremmo dovuto richiamare la parrucchiera, andata via poco prima, e non avevo davvero voglia di rivederla tanto che per tutto il tempo mi aveva mandato occhiatine ammiccanti. Con la truccatrice era andata molto meglio, almeno per me, dopo aver truccato in modo semplice gli occhi di Milly ed aver applicato un leggero strato di rossetto rosso sulle sue labbra carnose, si era concentrata a chiedere informazioni su chi fosse quel bel moro, con la sigaretta in bocca ed un tatuaggio sulla mano, che aveva incontrato al suo arrivo.
«Non è proprio un matrimonio» - cercò di farla ragionare Johannah, ma l’unica cosa che sembrava calmare la sposa era torturare quel povero velo.
«L’hanno fatto apposta! Perché sanno che la mia famiglia li odia e loro decidono di rinnovare le promesse del loro matrimonio nel giorno mio e di Liam!» - Karen e Geoff infatti avevano deciso di rinnovare le loro promesse qualche giorno prima e quale occasione migliore del matrimonio del figlio? “Due piccioni con una fava” – aveva commentato il signor Payne. Al figlio non gli era dispiaciuta l’idea di quel matrimonio e mezzo, come piaceva dire a lui, ma Milly non ne era dello stesso parere, soprattutto perché le avevano nascosto tutto fino ad un’ora prima, quando Karen era salita in camera per osservare il vestito da sposa. Con ben poca grazia si lasciò cadere sul letto matrimoniale della stanza di Johannah, casa Tomlinson infatti era diventata la location prescelta per il ricevimento dopo la celebrazione del matrimonio. Louis mi aveva parlato più volte dei bei ricordi e della bellezza di quel cottage nelle campagne di Doncaster, dove era solito passare le festività con la sua intera famiglia ma mai avrei immaginato che fosse così bello: aveva sei camere da letto tutte finemente decorate, con letto a baldacchino e mobili antichi, quasi avevi timore di toccarli, per non parlare degli affreschi in salone dove, al centro di questo, primeggiava un pianoforte a coda rosso ed un pregiato tappeto turco. L’esterno se possibile, era ancora più bello: un giardino curato si estendeva a perdita d’occhio fino ad arrivare al lago che caratterizzava quel posto. Avevo sottovalutato le risorse economiche della famiglia Tomlinson, sapevo che il padre di Louis fosse un rispettabile avvocato, con vari studi legali a suo nome, ma non sapevo che era un uomo così affermato nel suo campo. Louis era sempre stato riluttante a parlare di suo padre ed a pensarci non avevamo mai fatto discorsi su quanti soldi la sua famiglia possedesse.
«Cara quelli saranno i tuoi futuri suoceri» - continuò Johannah non appena mandò via dalla stanza l’ultima damigella. Milly sbuffò ancora una volta e tornò con la testa sotto il cuscino per reprimere le urla di frustrazione per quel rinnovo delle promesse. Non era una cosa così grave ai miei occhi, ma né lei né tutta la sua famiglia o la piccola parte che aveva accettato di presenziare all'evento volevano assistere a quel rinnovo di promesse, non voleva concederli nemmeno due minuti del suo matrimonio.
«Non potevo avere te come suocera?» - Milly si rivolse alla madre di Louis con un sorriso mentre questa continuava ad accarezzarle il volto per farla calmare, aveva sempre avuto una specie di adorazione per la ragazza, a tratti la trattava meglio delle sue figlie.
«Non è così grandiosa!» - accompagnai le mie parole con una linguaccia e feci scoppiare a ridere le due donne. Jay lasciò per qualche istante la sposa e mi tirò tra le sue braccia, scompigliandomi i capelli, come faceva sempre suo figlio. Mi lasciai trasportare da quel gesto materno e mi accoccolai al suo petto, non avevo mai avuto così tanta confidenza con lei. Le cose tra di noi erano migliorate tutt’un tratto, ci aveva messo qualche settimana per abituarsi all’idea di me e Louis ma non appena aveva preso confidenza con questa nuova realtà ci aveva messo ben poco a considerarmi un effettivo membro della sua famiglia ma soprattutto qualcuno che rendeva Louis, il suo bambino, felice. Non sembrava più quella donna fredda e meschina che mi era stata descritta ed avevo visto con i miei occhi durante la vacanza in Grecia. Era una persona solare, dolce ed un’ottima madre, ne avevo preso atto qualche giorno prima poiché avevo passato con loro tutte le vacanze di Natale.
«Perché tua madre non è qui?» - chiesi per spezzare quella tensione, magari la presenza di un parete l’avrebbe risollevata, ma la mia domanda peggiorò le cose. Se volevo calmarla avevo decisamente fallito, infatti il nervosismo e la tristezza si trasformarono in lacrime e trucco sbavato. Non volevo rendere triste il giorno del suo matrimonio, la mia era solo stupida curiosità! Milly iniziò a singhiozzare ed in un batter d’occhio Jay la stava stringendo, accarezzandole la fronte libera dalla sua solita frangia.
«Non ha supportato molto questo matrimonio, ma piccola è comunque qui. Stai calma…Shh» - la signora Tomlinson continuò a lasciare sulle guance e sulla fronte della sposa delle delicate carezze per rincuorarla. Sapevo di non essere più molto utile dentro quella camera, quindi senza dividerle sussurrai un - «Vado a cercare Louis» - vidi Jay annuire per poi ridare tutte le attenzioni alla ragazza che continuava a piangere. Lasciai la stanza alla ricerca del mio fidanzato, presto marito, dovevo ancora abituarmi all’idea che Louis avesse accettato davvero di sposarmi, che non era solo un mio sogno, portava davvero quell’anello al dito. E sorrisi, perché questo era l’effetto che mi faceva Louis.
«Harry che ci fai qui? Non dovresti essere con Milly? Niall è ancora lì?» - disse Zayn appena uscito dalla camera di Louis che per quel pomeriggio era diventata la stanza dello sposo e dei suoi testimoni. Un forte odore di fumo arrivò alle mie narici non appena entrai. C’erano vestiti e scarpe buttate ovunque, bottiglie di birra, fortunatamente analcolica, lasciate a scolare per terra, rimasi sorpreso nel vedere comunque che tutti erano pronti, mancavano meno di due ore alle nozze.
«Problema crisi, Louis dov’è?» - il moro scosse inizialmente la testa prima di aggiungere che Louis era uscito qualche minuto prima per andare a prendere dei parenti dello sposo che si erano persi, il grande cottage infatti si trovava in aperta campagna e non era semplice arrivarci, persino Louis, il giorno prima aveva infatti sbagliato strada e non era per colpa del pompino che gli stavo facendo.
«Cosa succede?» - un elegantissimo Liam spuntò fuori dal bagno, il papillon e la camicia bianca erano impeccabili e la giacca a coste nera lo fasciava perfettamente, sottolineando le sue spalle ed il suo busto lungo.
«Ho chiesto a Milly perché sua madre non fosse lì, di solito è la mamma della sposa a starle vicino prima della celebrazione»
«Ma sei coglione?» - Liam afferrò la sigarette che aveva sull’orecchio e l’accese fregandosene delle lamentele del signor Payne che insieme al resto dei ragazzi si stava preparando, ma capendo la delicata situazione decise di uscire e non intromettersi nei discorsi di suo figlio. Forse però, avrebbe potuto parlare con sua moglie e rimandare quelle stupide promesse.
«Non so un cazzo di questo matrimonio, ero in California – o in coma – non c’ero e non so di tutti questi drammi!»
«Non mi va di sentire ancora tutti questi drammi» - Zayn si intromise ed innervosì ancora di più lo sposo quando afferrò la sigaretta che teneva tra le labbra per fare qualche tiro. Pensavo che tra i due, che Niall aveva simpaticamente soprannominato i Lilliam, andasse tutto alla perfezione, non avevo mai sentito di un loro litigio, erano sempre stati così affiatati che molte volte avevo provato invidia per il loro rapporto.
«Dicono che sia una cosa troppo avventata: il bambino, il matrimonio, continuano a dirle di lasciarmi stare perché non sono una brava persona. Le hanno persino detto che avrebbero mantenuto loro il bambino-» - la voce di Liam era sofferente e spezzata mentre pronunciava quelle parole ed io ero più che sbigottito. Liam era una, anzi la, persona migliore che avessi mai conosciuto. Louis era fantastico ed era l’amore della mia vita su questo non c’erano dubbi, ma dovevo ammettere che spesso era molto scontroso e sfacciato mentre Liam non era così, aveva sempre la parola giusta al momento giusto.
«Ti hanno visto al limite tre volte, come fanno a dire questo?»
«Mio padre e suo padre, a quanto pare, si conoscevano già»
«Cosa?» - chiesi scioccato. Milly non parlava spesso della sua famiglia, anzi, l’unica persona con il quale parlava e teneva rapporti era sua cugina, ma ricordavo che fosse di qualche paesino del nord. Come facevano le due famiglie a conoscersi?
«Il padre di Milly è un costruttore edile e mio padre ingegnere se ricordi, comunque qualche anno fa gli fece chiudere un cantiere perché non regolare e sembra che da quel danno abbia perso molti sold-» - espose velocemente Liam quando fu interrotto da uno Zayn incitante - «Digli della galera! La galera!»
«Da quel fatto partì un’inchiesta che vide il signor Salvatore impegnato nella costruzione di edifici non a regola e mio padre fu uno dei testimoni chiave del processo. Io e Milly avevamo tre anni al massimo, ecco perché nessuno di noi ricordava l’accaduto. Suo padre fu condannato per concussione a delinquere ed abusi vari, Louis ha provato a spiegarmelo ma non ho capito molto, è stato qualche mese in galera e successivamente due anni ai domiciliari»
«Sempre casini eh?» - fece una voce alle mie spalle. Louis si alzò sulle punte per lasciarmi un leggero bacio dietro la nuca prima di allacciare, con le sue braccia, i miei fianchi. Mi sentivo così protetto e bene in quella posizione. Il mio bellissimo ragazzo dietro di me fece segno a Liam di andare a parlare con la sua presto moglie e ci lasciò soli con Zayn.
«Ma è possibile che non c’è mai una cosa che fila liscia in questa casa?»
«Ehi amico parla per te che io e Niall stiamo più che bene!» - e dopo quella frase, anche Zayn ci lasciò da per andare a cercare quello che a detta sua era il suo perfetto ragazzo. “Chiusa una porta, si apre un portone” – questo era così vero per quei due ragazzi, quando tutti e due mi avevano lasciato stare, avevano trovato il vero amore, la felicità, loro erano il rispettivo portone dell’altro.
«Sei bellissimo lo sai?» - mi avvicinai al viso di Louis e feci scontrare i nostri nasi, prima di dedicarmi alle sue labbra. «Bleah!» - disse una vocina alla porta, Louis si staccò immediatamente da me per prendere dalle braccia di una delle sue sorelle Ernest. Daisy – o forse Phoebe – uscì subito dopo dalla camera per cercare sua madre, lasciando a noi il piccolo bambino, vestito elegante nonostante i suoi appena tre anni.
«Campione, vieni qui!» - Ernest iniziò a muoversi freneticamente sopra il letto, saltando e ridendo mentre Louis continuava a giocare con lui e a fare facce buffe, come quella della rana. Era bellissimo vederli insieme e soprattutto vedere Louis felice in quel modo, non capitava spesso. Presi il telefono ed iniziai a filmare quella scena, volevo catturare in qualche modo la felicità nei suoi occhi. Quella felicità che era anche la mia.
«Facciamoci una foto tutti e tre insieme» - propose il più grande non appena notò il telefono tra le mie mani. Louis prese però il suo, mi sistemò Ernest sulle gambe e disse a questo di guardare in direzione del suo dito. Louis scattò la foto ed iniziò ad osservarla, con uno strano sorriso sul volto. Uno di quei sorrisi alla Louis, che tolgono il fiato da tanto che son belli.
Ci avevo lasciato un po’ il cuore, nei suoi sorrisi.
«Haold, Haold» - alzai gli occhi al cielo, Ernest aveva imparato da Louis a chiamarmi in quel modo, solo che pronunciato dalla sua piccola bocca suonava molto più dolce - «Bicotti!». Presi uno dei biscotti con scaglie di cioccolato al piccolo e lo guardai divorare il dolce. Louis continuava a stare al mio fianco, mentre con la coda dell’occhio lo vedevo smanettare con il suo iPhone, aveva appena impostato come immagine di blocco schermo e background la foto appena fatta. Non dissi nulla di quel gesto ma il mio cuore, stava per scoppiare dalla felicità.
«Ti amo» - dissi, sfiorandogli le labbra, mentre Ernest continuava a restare tra di noi ed a mangiare il suo biscotto.
«Ti amo»
 
La cattedrale era colma di persone, i Payne non avevano badato a spese per quel matrimonio e nemmeno al numero di invitati, infatti quelli presenti in chiesa erano solo una minima parte di tutti gli invitati, il resto sarebbe stato presente solo al ricevimento. Nonostante fosse l’ultimo dell’anno i colori dei vestiti ricadevano tutti su toni vivaci, alcuni addirittura floreali o animaleschi, forse troppo esagerati.
L’interno della chiesa era decorata con rose e gigli bianchi, come il lungo tappetto che decorava tutta la navata centrale. In tutta la magnificenza del luogo, la cosa più bella restava ai miei occhi il ragazzo al mio fianco, che continuava a sfiorarmi la mano e pizzicarmi la coscia, sperando di non esser visto da tutti. Io, Zayn e Louis eravamo infatti in piedi, subito dietro lo sposo, lo stesso valeva per la sposa che aveva alle sue spalle, sua cugina e due sue amiche. Niall invece, era seduto in prima fila con un cuscinetto rosso poggiato sulle gambe e lo sguardo puntato sul suo ragazzo. Come io sul mio.
«Vi immaginate se dice di non volerlo sposare?»
«Oppure risponde di no perché va in panico» - rispose Louis alla domanda posta prima dall’amico alla sua destra. Liam tirò un calcio all’indietro per sopprimere le risate dei due ragazzi - «Oooh Liam ti prego sposa me! Sei il mio amore di sempre» - Zayn continuò a prenderlo in giro, imitando la voce di una donna e lo sposo cercò di restare serio, nonostante sul suo viso si fosse creato un cipiglio divertito. Milly continuava a guardare tutta la scena divertita e dai suoi occhi non c’era nessun tipo di malinconia o preoccupazione, solo tanta emozione, soprattutto perchè, i signori Payne avevano deciso di rinunciare al loro rinnovo, lasciando spazio solo ai due ragazzi. Il prete continuò con la sua omelia nonostante i leggeri schiamazzi provenienti da Zayn e Louis. Afferrai la mano di quest’ultimo quando il sacerdote si avvicinò ai due sposi per iniziare a recitare le promesse. «Tra poco anche noi saremo lì» - Louis appoggiò la sua testa sopra la mia spalla, guadagnandosi occhiatacce varie e sussurrò al mio orecchio - «Non vedo l’ora piccolo mio».
«È il momento di recitare le promesse» - il primo a prendere la parola fu Liam, che visibilmente emozionato iniziò a leggere le sue, scritte sulla mano - «Io, Liam James Payne accolgo te Milly come mia legittima sposa. Qualunque cosa succederà nella tua vita, nella nostra, io ti resterò sempre accanto, fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nei finali di stagione e nei momenti peggiori, quando mancherà il gelato alla vaniglia o non saprai che film scegliere e farò tutto questo amandoti, onorandoti e soprattutto sopportandoti tutti i giorni della mia vita, io ci sarò».
«Io, Milly Samantha Salvatore accolgo te Liam come mio legittimo sposo. Ti prometto di essere sempre la donna con il quale tu vorrai passare la tua intera vita, che gli anni non spegneranno il mio amore e che ti starò accanto, fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella saluta e nella malattia, in Louis e nelle torte di mele, amandoti con tutta me stessa, perché ho capito che sono nata per questo» - Liam non aspettò nemmeno la frase rituale del prete che già stava baciando Milly. Sua moglie.
 
«Mi concedi questo ballo?» - disse Louis, porgendomi la mano ed un sorriso, annuì e sulle note di una lenta canzone, ci ritrovammo a ballare, stretti in quello che non era un abbraccio ma un tenersi vivi a vicenda.  
 
LOUIS
Parlare davanti a tanta gente non mi era mai piaciuto, quella sensazione di avere tutti gli sguardi puntati su di me, ancora meno. Io addirittura le cose le scrivevo pur di non dirle. Avevo provato a distogliere quell’orribile ed insensata idea dalla testa di Liam e Milly, ma no, avevano insistito così tanto che li avevo risposto di sì per esasperazione, avrei tenuto quel maledetto discorso da bravo testimone.
215 persone.
Avrei dovuto parlare davanti a duecentoquindici persone, di cui ne conoscevo al massimo trenta, tolta la mia famiglia ed i miei amici. Strinsi la coscia di Harry che sedeva accanto a me e mi alzai, richiamando l’attenzione nei più cliché dei modi: tamburellando con un coltello uno dei bicchieri di cristallo. Nel giro di pochi secondi avevo tutti gli sguardi addosso e la gola secca. Se Harry in quel momento non mi avesse stretto la mano, da sotto il tavolo, sarei sicuramente scappato via, ero davvero bravo in quello, meno nei discorsi, mi schiarii la voce ed iniziai - «Conosco Liam da quando ne ho memoria e vederlo così, è strano. Quando eravamo piccoli dicevamo che non ci saremo mai sposati, che non avremo mai trovato nessuno capace di capirci, sostenerci. Amico quanto sbagliavamo! Siamo rimasti tutti e due incastrati nell’amore, quella sensazione di voler dare tutto te stesso e non importata se non ricevi nulla, hai comunque tutto se hai chi ami. Tutto il mondo di Liam quest’oggi è alla sua sinistra. Forse è colpa mia se oggi siamo qui, in fondo loro sono i miei migliori amici e sono stato io a presentarli. Liam mi ha detto di essere innamorato di Milly, la seconda volta che lei rimase a dormire a casa. Tesoro, sei incinta sanno che hai fatto qualcosa prima del matrimonio – sentii qualcuno ridere alla mia battuta – Liam arrivò in cucina con le mani letteralmente nei capelli e disse: “Cazzo Lou, è così bella quando dorme, starei lì ad osservarla per ore. E c’è questa cosa nel mio stomaco che non smette di dirmi che lei è quella giusta, mi capisci?” No, Lee, non ti avevo per niente capito o creduto in quel momento, ma mi sono dovuto ricredere perché ogni giorno in più che passavate insieme sotto ai miei occhi, capivo quanto amore c’è tra voi. Un amore esclusivo che ti rend-»
«Non come te, figlio di puttana» - sgranai gli occhi a quell’affermazione mentre gli invitati si girarono completamente verso quella voce a me sconosciuta. Harry si alzò di scatto, stringendomi il braccio come per calmarmi ed offrirmi protezione, ma non potevo stare calmo quando davanti a me si era appena presentato la causa dei miei problemi.
«Cosa cazzo ci fa Grimshaw qui?» - sibilai a Liam che alzò le spalle come per dire che non sapeva nulla del perché fosse a casa mia ed al suo dannato matrimonio. Harry rimase immobile al suo posto, con lo sguardo basso sul piatto vuoto ma tremò non appena l’americano aprì di nuovo la bocca.
«Puoi fare tutti questi bei discorsi sull’amore, ma sei solo un cornuto figlio di puttana!» - Nick continuò a parlare nel silenzio più assoluto degli invitati, nessuno di loro sapeva chi fosse, io a malapena l’avevo visto una sola volta ed in foto, quando cercai maggiori informazioni sulla persona con il quale Harry mi aveva tradito. «Sei un povero illuso Tomlinson, pensi davvero che ti ami? Te l’ha detto di quella volta in cui l’ho sbattuto nel letto in cui fino a poche ore prima c’eri tu?» - il volto di Harry divenne una tavola inespressiva, continuava a tenere gli occhi, ora rossi, bassi ed a stringere le unghie nei suoi palmi. L’avevo perdonato, mi ero lasciato alle spalle tutto quello, ma sentirmelo dire in faccia, da colui che era stato preferito a me, fece tornare tutto il dolore, tutto il male che con tutte le mie forze avevo cancellato dalla mia pelle e dal mio cuore. Perché un futuro con Harry era più importante di uno stupido errore.
 
HARRY 
«Non qui, non qui dentro, davanti a tutti» - sibilai, staccandomi da Louis ed allontanandomi dal tavolo in direzione di Nick.  
Una casa, una famiglia, una figlia con i suoi occhi.
«Vieni fuori con me» - dissi ancora, afferrandolo per la manica della sua giacca costosa. Non sapevo perché era lì, non sapevo che cosa volesse ancora da me o da Louis, pensavo di aver messo la parola fine a quel rapporto settimane prima, ma non era bastato, perché Nick era ancora lì, a pretendermi.
Una vita insieme fatta di piccole cose. Con un bacio come buongiorno.
«Non mi interessa cosa abbiamo avuto, è passato Nick. Io ho sbagliato» - dissi non appena raggiunti il portico, lontano dagli occhi indiscreti degli invitati e dallo sguardo ferito di Louis. Aveva abbassato gli occhi e si era stretto nelle braccia mentre continuavo a trascinare il moro fuori dal capannone, lo avevo visto.
Fare l’amore in tutte le stanze, per poi finire in camera da letto per non terrorizzare la piccola. Darcy. Con il carattere uguale al suo, anche se sarebbe stato difficile sopportare una piccola copia di Louis. Ma sarebbe stata nostra figlia. Nostra.
«Ascoltami, vai via di qui. Louis ed io ci sposeremo presto e gli errori voglio lasciarli dietro alle mie spalle, io non sono il ragazzo di Los Angeles, sono un ragazzino innamorato e quello che abbiamo fatto è stato completamente sbagliato, tutto. Dall’inizio alla fine. Ti ho già detto di starmi lontano, le cose tra me e Louis sono appena tornate apposto, non rovinarmi anche questo, ti prego. Se mi ami come hai detto, lasciami andare…»
«Sono sieropositivo Harry».
Volevo passarci tutta la vita con quei suoi occhi azzurri, ma a me quanto restava da vivere?
 
«Non ho molto tempo, alle quattro ho una riunione con tuo padre» - disse Nick, slacciandosi l’asola della cintura ed abbassandosi freneticamente i pantaloni. Mi avrebbe preso così, sulla sua scrivania, senza prepararmi accuratamente come faceva Louis, senza nessun metodo contraccettivo perché il desiderio di essere preso era troppo ed il tempo troppo poco.
 
«Cosa?» - balbettai, guardandolo scioccato. Non era possibile, quello non stava davvero capitando a noi, a me - «Tu lo sapevi? Quando abbiamo fatto sesso senza preservativo, tu sapevi già di essere sieropositivo?» - il moro abbassò lo sguardo ed iniziò a fissare la punta delle sue scarpe, senza però dire nulla.
«Nick cazzo rispondimi!» - urlai, strattonandolo.
«Pensavo che facendo così potevamo stare insieme per sempre» - ammise con un filo di voce e fu in quel momento che tutto il mondo mi cadde sulle spalle. Provai vergogna e schifo, non per lui, per quell’uomo che forse mi aveva rovinato la vita, ma per me che ero come caduto in quella trappola, avevo rovinato la mia vita con le mie stesse mani e non solo. Sussurrai un Louis quando il pensiero di aver contagiato anche la persona che più amavo al mondo mi colpì e fu in quel momento che l’aria nei miei polmoni venne a mancare, insieme alla forza delle mie gamba.
E poi fu tutto nero.
 
01 GENNAIO – 02.33
«Ehi» - sussurrò Louis, continuando ad accarezzarmi la fronte. Ero in un letto d’ospedale, circondato da eleganti uomini in giacca e cravatta, che solamente dopo averli messi bene a fuoco riconobbi come Niall, Liam e Zayn.
«Cos’è successo? - chiesi con un filo di voce – Dio mio Liam, mi dispiace aver rovinato il tuo matrimonio».
«Harry tranquillo, stava già per finire quando tu ti sei sentito male, ti sei perso solo il taglio della torta»
Milly, ancora con il vestito da sposa, entrò nella piccola camera e con un sorriso indicò il mazzo di fiori messo sul comodino al mio fianco - «Ti sei perso anche Louis dimenarsi per afferrare il bouquet» e tutti scoppiarono a ridere, tranne Louis che quasi offeso disse - «Mi aspettava di diritto! Fanculo le tue amiche stronze, prima di prendersi il bouquet digli di trovarsi un ragazzo!»
«È successo mentre tu parlavi con Nick» - disse ad un certo punto Niall, interrotto da Zayn - «Avevamo detto di non dirglielo appena sveglio». A prendere la parola fu poi Louis che mi spiegò cosa fosse realmente successo - «Quando sono uscito fuori per cercarti, tu eri per terra rannicchiato, di Nick non c’era l’ombra e mi sono subito preoccupato. Era passata più di mezz’ora e tu non rientravi! I dottori ci hanno spiegato che il tuo organismo è molto debole e facilita svenimenti e cose del genere. Quindi devi stare lontano da qualsiasi fonte di stress»
«Quindi sono svenuto?» - tutti i ragazzi presenti nella stanza annuirono.
«Lou p-puoi chiamare per favore un dottore?» - chiesi, facendolo preoccupare.
«Tutto bene?»
«Sì, devo solo parlare con lui di una cosa e preferirei che tu e gli altri non foste qui» - Louis mi guardò leggermente confuso e ferito, ma accontentò la mia richiesta e dopo pochi istanti lasciò la camera, alla ricerca di un dottore che potesse mettere a tacere tutte le mie paure.
 
«Mi ha cercato?» - chiese una donna, entrando in stanza con in mano una cartella clinica, probabilmente la mia. Era una bella donna, sposata, vista la fede al dito, con grandi occhi marroni ed un sorriso rincuorante.
«Mi avete fatto delle analisi?» - la dottoressa McKenzie annuì e continuò a guardare tutti i valori trascritti su quella cartella - «Hai i globuli bianchi e le piastrine alte, vuol dire che c’è un’infezione in corso»
«Un’infezione di che tipo? - chiesi immediatamente, ormai certo di aver contratto il virus - credo di aver preso l’HIV»
La dottoressa si fece scappare una risata, ma quando vide la mia espressione seria e terrorizzata, smise di ridere - «Ne è sicuro?»
«Sono stato con un ragazzo sieropositivo, senza usare protezioni ed io non lo sapevo, glielo giuro che io-»
«Non c’è bisogno di spiegazioni signor Styles e se la può tranquillizzare, dalle analisi effettuate, lei è completamente a posto, ma se vuole essere sicuro al cento per cento, possiamo fare un test immediato, non dirò nulla al suo compagno. Chi è dei quattro ragazzi?»
«Quello basso» - dissi ridendo e fiero, se Louis fosse stato lì mi avrebbe sicuramente menato, odiava essere definito basso. La dottoressa mi afferrò un dito e con uno strano e piccolo ago, mi bucò l’indice, aspettando che uscisse anche solo una goccia di sangue.
«È davvero bello, complimenti per la scelta»
«Grazie – ammisi imbarazzato ma comunque fiero della bellezza, e non solo, del mio fidanzato – cosa mi sta facendo? Sembra quasi che mi stia misurando la glicemia»
«Mi serve solo una goccia di sangue e poi questa macchinetta fa la magia - indicò lo strano strumento che qualche istante prima era andata a prendere – In pochi secondi ti dirà se sei positivo o…negativo, quello che tu sei. Leggi qui»
«Ma come è possibile? Io ho fatto sesso con un ragazzo positivo, dovrei esserlo!»
«Alcune volte il nostro corpo compie dei veri e propri miracoli, non sono tutti così fortunati come te» - ammise la donna, riportando i valori che quello strano strumento, simile ad un bancomat, le diceva, sulla mia cartella clinica.
«Si goda la vita, signor Styles!»
 
04 GENNAIO – 11.22 
«Pensi mai al futuro?» - chiese Louis, rigirandosi nel letto e poggiandomi la testa sul petto nudo. Avevamo fatto l’amore fino a poco prima e non c’era bisogno di coprirsi, perché Louis ormai conosceva ogni mio punto e le insicurezze sul mio corpo erano svanite da quando questo, combaciava perfettamente con il suo.
«Non abbiamo già fatto una volta questo discorso?»
«Non me lo ricordo. Ma voglio sapere se le cose sono cambiate da quando ci sono io»
«È tutto cambiato da quando ci sei tu» - ammisi, baciandolo a fior di labbra e passando una mano nei suoi capelli lisci.
«Tornerai a Los Angeles?» - e si poteva sentire tutta la paura che Louis aveva solo da quella frase, pronunciata quasi sussurrando. No, non sarei mai più tornato in America, non da solo almeno. Non valeva la pena stare lì senza Louis al mio fianco. Non valeva la pena di vivere, in realtà, senza di lui costantemente al mio fianco.
«Cosa farai qui a Londra?» - chiese nuovamente.
«Ho deciso di lasciare architettura, non fa per me. Sono bravo solo a costruire problemi e non case. Ho contattato un’università in realtà ma non volevo dirti nulla finché non sarebbe arrivata una risposta. Ho scelto di fare letteratura e ti prego, non ridere di me»
«Non riderei mai di te, lo sai» - Louis mi afferrò la mano, quella libera dai suoi capelli e vi stampò un bacio umido sul dorso, prima di afferrarla e riportarla sul suo petto, dov’era prima, solo che intrecciata alla sua.
«Penso spesso al futuro, in realtà»
«E com’è?»
«Bello, bello da morire e con te, sempre e solo con te. Perché tutto ciò che verrà dopo di te, non sarà più vita».
 
06 GENNAIO – 23.00
Il campanile rintoccò undici volte quando Louis mi tolse la felpa ed iniziò a lasciare una scia di baci umidi sul mio collo.
Era la terza volta che quel giorno, facevamo l’amore.
La terza volta che, su quel muro scrivevamo un ‘Ti amo’.
«Chiudi gli occhi e lasciati comandare» - disse Louis con voce bassa e così, fiducioso, mi abbandonai alle sue azioni, alle sue labbra premute in ogni parte del mio collo. Sentivo il sangue quasi bruciare, uno tsunami di calore prendere possesso del mio corpo.
«Stai fermo amore» - continuò, prima di fissare i nostri occhi cristallini ed iniziare a togliere le magliette di entrambi. Mi distese sul letto sfatto e con una lentezza estasiante ed estenuante cominciò a lavorare sul mio petto, assaggiando e mordendo i miei capezzoli turgidi. Respirando e sfiorando ogni parte del mio dorso e con solo quel tocco di lingua riuscii a mandarmi in estasi.
«Ti amo» - mi tremò la voce dicendo quelle due parole, mentre con un colpo d’anca avevo ribaltato la situazione, ero io al comando. Gli baciai la pelle vellutata - «Hai sempre questo buon sapore» - la mascella, il petto - «Vaniglia» - la linea degli addominali appena accentuata - «Menta». Con un gesto rapido, al contrario di tutti gli altri, portai i suoi boxer alle caviglie, facendo svettare la sua erezione davanti agli occhi. Lo osservai e fremetti, quella passione era diventata fame di lui.
«Voglio sentirti dentro – gemette Louis – non voglio venirti in bocca». Senza farmelo ripetere due volte, mi alzai ed iniziai a preparare la sua entrata, lubrificandola con la saliva. Era pronto per me, lo era sempre.
Louis si afferrò alle mie spalle, con le unghie ad incidere la pelle, quei graffi, quei gemiti di dolore, rendevano tutto così eccitante, Louis era eccitante alla massima misura. Solo il pensiero del suo corpo nudo, riusciva a mandarmi in confusione. Aumentai il ritmo - «Harry lì» - gemette, avevo trovato il suo punto di piacere. Louis portò la mia mano sul suo membro, mentre io spingevo per l’ultima volta. Venimmo insieme, io in lui e lui nella mia mano, in sincronia.
Arte che solo chi ama e si desidera realmente possiede. Sapeva rendere amore anche un atto così carnale.
 
08 GENNAIO – 12.45
«Quando torneranno quei due dalla luna di miele?» - chiese Zayn, rompendo il silenzio che si era creato durante il pranzo.
«Ti manca Liam?» - rispose divertito Louis, beccandosi un’occhiata da Niall. Era divertente vedere come il biondo, fosse effettivamente geloso dell’unico ragazzo etero in quella casa.
«No in realtà mi aveva promesso di accompagnarmi dal tatuatore, voleva farsi qualcosa anche lui»
«Hai ancora spazio?» - scherzò Louis e Zayn si beccò un’occhiata ed un dito medio.
«Che farete voi due oggi?»
«Io devo lavorare fino alle undici e Niall studiare, come mai? Avete ancora bisogno del divano di casa per scopare?»
«Zayn non sei divertente!» - rispose stizzito il mio ragazzo, fidanzato, futuro marito. Dovevo abituarmi a quella magnifica idea e dovevo farlo in fretta perché non avrei aspettato altro tempo e soprattutto l’agenzia che avevamo contattato, non avrebbe aspettato altro tempo.
«In realtà stiamo aspettando anche noi Liam e Milly, vogliamo condividere con voi una notizia»
«Non potete dircelo subito? Sai che queste cose mi mettono ansia!» - disse ridendo Niall, ma Louis scosse la testa, stringendomi forte la mano sotto il tavolo - «Vi diremo tutto a tempo debito, zii».
 
11 GENNAIO – 01.20
«Cosa fai?» - chiesi a Louis non appena aprii gli occhi e lo vidi scrivere qualcosa nella sua agenda. Avevo smesso di domandargli cosa scriveva, molto tempo prima, ma alcune volte era bello vederlo arrossire e sussurrare un leggero - «Scrivo di noi»
«Potresti farci un libro con tutte le cose che hai scritto»
«Forse un giorno lo farò» - disse, chiudendo l’agenda e riponendola nel cassetto del suo comodino, dove sapeva che non sarei mai andato a vedere, forse.
«E fammi sapere, come lo chiameresti questo libro?» - Louis si mise una mano davanti alla bocca per reprimere uno sbadiglio, che si trasformò in sorriso subito dopo, quando le mie mani sfiorarono le sue. Amavo vederlo ridere, lo amavo incondizionatamente.
«Mai abbastanza troppo lontani» - disse fiero del titolo che aveva scelto, dopo aver visto il mio sguardo confuso, continuò - «Perché può succederci di tutto, puoi metterci anche un oceano di mezzo, noi non saremo mai troppo lontani, perché ci apparteniamo in un modo che la gente non conosce, capisce o comprende. Ci apparteniamo, come un ricordo in un posto bello, come tutte quelle metafore che potrei usare per descriverti, perché non c’è aggettivo che possa competere con te o con l’amore che provo. Pensavo che non ci sarebbe mai stata speranza per me. Invece eccoti qui, accanto a me, a ricordarmi ogni giorno cosa vuol dire essere amati e felici» - disse Louis, nascondendo la testa nell’incavo del mio collo, solleticandomi ad ogni parola pronunciata.
«Mi sento bene, mi sento bene solo con te» - gli afferrai la mano e la strinsi, come per sentire che tutto quello era reale, che noi eravamo reali - «Tatuiamocelo»
«Cosa?» - chiese confuso, allontanandosi dal mio collo per osservare l’espressione sul mio volto.
«Io mi tatuerò ‘Mai abbastanza’ e tu ‘Troppo lontani’, che letti separatamente hanno eccezioni negative, ma se letti insieme…»
«Completano una frase perfetta. Un po’ come noi, che presi singolarmente facciamo schifo, ma insieme suoniamo giusti»
«Esatto come noi».
 
21 GENNAIO – 17.12
Le cose in quei giorni erano andate avanti per inerzia, Louis studiava, io passavo le giornate nel bar di Anne, aspettando che l’università di Londra accettasse la mia richiesta di frequentare i corsi e poi la sera facevamo l’amore. Tranne quel giorno, quel giorno eravamo rimasti entrambi a casa, troppo stanchi e svogliati nel fare tutto, ma andava bene così, perché le giornate come quelle passavano lente sì, ma tra le braccia di Louis, guardando un film o semplicemente parlando, di tutto o di niente, non importava. Con Louis erano belli anche i silenzi.
«Amore ti sta squillando il telefono» - disse Louis, rigirandosi dall’altra parte del letto per afferrare il cellulare, sfiorandomi intenzionalmente le parti intime con la schiena.
«È un numero straniero»
«Forse ti sta chiamando tuo padre» - annuii e mi alzai dal letto, andando verso la cucina per rispondere a quello che quasi sicuramente era mio padre, chi altro mi avrebbe mai chiamato dagli Stati Uniti?
«Pronto?»
«Sì, salve, parliamo con il signore Harry Styles?» - annuii stupidamente alla voce sconosciuta e seria, non era quella di mio padre né di altre persone che avevo conosciuto.
«Sono io chi parla?»
«Siamo dell’ospedale Ucla Healthcare di Los Angeles. Ieri notte è stata ricoverata in fin di vita la signorina Elizabeth Victoria Wilson, nella sua polizza assicurativa aveva lei come numero d’emergenza. Ecco signor Styles, mi dispiace comunicarle che la signorina Wilson non è sopravvissuta. Ci sarebbero le sue spoglie da prendere» - in quel preciso istante, tutte le forze abbandonarono di nuovo il mio corpo ed accasciandomi a terra urlai, come se quello fosse l’unica cosa che riuscivo a fare. Urlai fin quando le braccia di Louis non mi strinsero al petto caldo.
«Vai via! Vai via è tutta colpa tua - urlai, spingendo via Louis, facendolo cadere sul pavimento freddo – La mia migliore amica è morta per colpa tua!»
«Harry, vieni qui, stai calmo per favore! Cos’è successo?» - Louis cercò di riavvicinarsi ma mi strinsi nelle mie braccia, evitando con lui ogni contatto.
Beth era morta.
«Da quando sto con te, mi succedono solo cose brutte!» - e dette quelle ultime parole, aprii velocemente il portone di casa e corsi velocemente fuori. Dovevo raggiungere Betty, dovevo riportarla a casa.
Non mi importava cosa stavo lasciando dietro le mie spalle, ma io stavo tornado dalla persona che fino a poco tempo prima, era stata casa mia.
 
2 ANNI DOPO
«Ehi Nì, stai davvero bene!» - dissi, vedendolo osservarsi ancora una volta allo specchio, sistemandosi l’abito elegante. Non era più il ragazzino mingherlino tutto capelli biondi e risata chiassosa, in quei due anni era cambiato molto, diventando un uomo. Non c’era quasi più traccia di quel ragazzino irlandese, ora era un perfetto imprenditore musicale inglese.
Sotto i miei occhi era diventato ciò che sognava di essere ed io non potevo essere che fiero di lui.
«Non pensavo che saresti venuto al matrimonio» - ammise, sistemandosi ancora una volta il papillon blu, che si abbinava perfettamente ai suoi occhi.
«Solo perché non voglio rivederlo non vuol dire che mi perda il matrimonio del mio migliore amico. In questi due anni ho evitato le sue chiamate, i suoi tentativi di parlarmi e di spiegare, lo eviterò anche oggi».
Evitarsi per proteggersi.
 
 
Angolino di -G:
Okay, prima di dire qualcosa, qualsiasi cosa, dico questo: Io le scene smut nè so scrivere nè mi piace leggerle. Quindi ho cercato di rendere la cosa più amorevole possibile ma rileggendola, mi sa che ho scritto una cagata.
Okay numero due, questo capitolo non mi piace, ci ho provato a cambiarlo a modificarlo ma niente, l'idea iniziale mi era piaciuta tanto ma poi mentre lo scrivevo, notavo che era pesante ed un po' confuso, ma prometto di recuperare. Non so che altro dirvi, anzi sì, grazie mille per le più di 30K! Davvero, grazie a tutte di cuore.
Un abbraccio, G.
@Farawaytome.
 

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Capitolo 24
*** I Know You Wanna Leave ***


 

Ho iniziato a scrivere questa storia più di due anni fa, con il supporto di una persona. Ho ripudiato questa storia nello stesso momento in cui quella determinata persona è uscita dalla mia vita e c'ho messo un po' a capire che queste parole non sono sue ma mie e che è inutile tenerla bloccata. Mi dispiace avervi fatto aspettare tutto questo tempo, piano piano tornerò ad aggiornare e portare avanti questa storia, in un modo diverso. 

Un abbraccio ed infinite grazie, 

G.

 

 

2 ANNI DOPO

 

HARRY

 

«Ehi Nì, stai davvero bene!» - dissi, vedendolo osservarsi ancora una volta allo specchio, sistemandosi l'abito elegante. Non era più il ragazzino mingherlino tutto capelli biondi e risata chiassosa, in quei due anni era cambiato molto, diventando un uomo. Non c'era quasi più traccia di quel ragazzino irlandese, ora i capelli biondi avevano lasciato spazio ad un colore naturale, una leggera peluria prendeva parte del mento e della mascella e le spalle erano diventate molto più possenti.

 

Sotto i miei occhi era diventato ciò che sognava di essere ed io non potevo essere che fiero di lui.

 

«Non pensavo che saresti venuto al matrimonio» - ammise, sistemandosi ancora una volta il papillon blu, che si abbinava perfettamente ai suoi occhi.

 

«Solo perché non voglio rivederlo non vuol dire che mi perda il matrimonio del mio migliore amico. In questi due anni ho evitato le sue chiamate, i suoi tentativi di parlarmi e di spiegare, lo eviterò anche oggi».

 

Evitarsi per proteggersi.

 

***

 

Le cose non sono mai come sembrano. 

 

Avevo tatuato quella frase al lato del bacino, non c'era una ragione precisa, l'avevo fatto d'istinto: dopo la morte della mia migliore amica avevo imparato a vivere così, senza soffermarsi mai troppo sulle cose, a non pensarci, a viverle semplicemente. 

 

Inizialmente era stato difficile per me vivere con la consapevolezza di non averla al mio fianco. Sentivo sempre un certo dolore all'altezza del petto quando fissavo la mia mano sinistra e mi soffermavo su quella piccola croce incisa, l'avevo fatta per lei, per ricordare che nella mia vita c'era stata. 

 

Avevo paura che diventasse solo un ricordo offuscato, un'ombra grigia del passato. 

 

Avrei dovuto tatuare qualcosa di più significativo di una croce ma in quel momento non avevo trovato niente di meglio. Niente che mi parlasse di lei e questo non sapevo come interpretarlo. Erano stati periodi bui, momenti in cui mi ero chiuso ed isolato da tutti, in fin dei conti avevo imparato dal migliore. Non avevo rivolto a nessuno la parola ed erano stati inutili tutti i tentativi da parte dei miei amici, di Louis. Avevo deciso di chiudere tutti fuori e crogiolarmi da solo nel dolore, convinto che nessuno potesse restituirmi la vita, quel pizzico di forze per andare avanti. Come nessuno avrebbe potuto fare nulla per far tornare indietro Beth e la sua rumorosa risata. 

 

Ma soprattutto Louis non aveva potuto farci nulla, aveva semplicemente aspettato con le spalle alla porta, pronto per ascoltarmi, pronto a fare di tutto per l'amore della sua vita - come mi ripeteva ogni mattina, insieme al buongiorno - ma quello non era stato abbastanza, non quando nelle nostre già incasinate vite era arrivato Des Styles ed inevitabilmente era tutto sprofondato. Allora i 'Ti amo' sul muro dopo aver fatto l'amore divennero sempre meno, come i sorrisi, come le parole che ci scambiavamo, come i sentimenti che condividevamo, insieme a me crollammo anche noi.

 

Era andato tutto letteralmente in frantumi, come il mio cuore a quella notizia: la morte di Beth non era stata un incidente e mio padre me l'aveva detto ridendo, tranquillo dietro i suoi occhi terribilmente neri, tanto da rabbrividire ancora al solo pensiero, con un inquietante e serio sorriso nascosto dietro un bicchiere ricolmo d'alcol ed un'alzata di spalle; la vita di una persona qualificata come un'alzata di spalle. 

Dopo quello, io non ero riuscito a fare nulla, non avevo prove per incolpare mio padre e la neo-laurea di Louis, non poteva servire a nulla. 

 

Persino la trentennale esperienza di Mark Tomlinson, avvocato penalista, era stata inutile, non c'erano abbastanza prove per aprire un'indagine nei confronti di quel viscido essere che fino a pochi mesi prima consideravo ancora mio padre, il mio eroe d'infanzia, era tutto andato in prescrizione, lasciando Des libero di vivere la sua vita ed amare Maura.

 

"Le cose tra i signori Horan non andavano bene da un po'" - mi aveva detto un compaesano, chiedendomi delucidazioni sulla relazione tra la madre di Niall e quello che un tempo non remoto era mio padre. Si erano conosciuti per caso sul treno di ritorno da Londra verso casa e né io né tantomeno Niall eravamo riusciti a bloccare quella conoscenza, divenuta presto una frequentazione assidua ed infine quello che tutti dicevano un secondo amore.

Mio padre era visto dalla comunità cittadina come l'uomo che finalmente riesce ad aprirsi ed avere un nuovo amore, dopo aver per tanto anni sofferto dell'abbandono di sua moglie, non sapendo di tutte le segretarie ed una ragazzina con il quale si era nel frattempo intrattenuto. Forse non lo sapeva neanche Maura chi aveva accettato nella sua vita ed i tentativi di Niall erano stati tutti inutili, sua madre era accecata dall'amore ma soprattutto dai soldi che Des aveva portato nella sua vita. Non era più una semplice casalinga alle prese con le pulizie ed un nipote appena nato, ora si atteggiava da Signora, senza perdere comunque le sue abitudini poco borghesi. 

 

Niall aveva drasticamente inclinato tutti i rapporti con lei non appena era venuto a conoscenza di quell'insano rapporto che aveva coinvolto la madre, ferito il padre e portato nella sua famiglia il mio o quello che ne rimaneva. Aveva deciso di vivere lontano da quella famiglia, vivere con e di Zayn, in fin dei conti era lui la sua famiglia e quel giorno avrebbero solo ufficializzato ciò. Aveva fatto una valigia sola, infilato le poche cose che erano rimaste a casa di sua madre e con un ultimo sguardo, aveva lasciato di nuovo casa sua. Non pentendosene, Maura in fin dei conti non aveva detto nulla per fermarlo. 

 

Niall aveva vissuto da Louis e Zayn per un po' poi insieme a quest'ultimo avevamo deciso che ormai era tempo di muoversi, di cercare un solo nido dove poter stare da soli ed urlare quanto volevano durante le sessioni di sesso notturno, quando Zayn rientrava dal turno al pub e Niall si faceva trovare nudo sul letto, che a pensarci bene la stanchezza non può frenare la passione, almeno nel loro caso. 

In quei due anni si era trasformato in un uomo, era stato inserito come tirocinante in una delle case discografiche più importanti - tutti sapevamo che Des ci avesse messo lo zampino, anche in questo caso - ed era maturato, fattosi uomo, eppure ogni mercoledì bussava alla porta della mia camera ed insieme cantavamo quella vecchia canzone dei Beatles che durante quegli anni non ci aveva mai abbandonato. 

Come io con lui e lui con me. 

 

Lui era il mio nonostante.

Nonostante i casini della mia vita, ero felice grazie a Niall. Nonostante ciò che era successo, avevo Niall. Niall era ciò che mi legava ad un sorriso nonostante mio padre.

 

Sapevo che andare a quel matrimonio avrebbe voluto dire vederlo, passare un'intera giornata con il suo sguardo addosso, pensavo di essere abbastanza forte da affrontare qualche ora in sua presenza ma le forze erano venute completamente a mancarmi mentre i miei occhi smeraldini si erano chiusi in due piccole fessure, rabbuiandosi, pronti per espellere le lacrime che da troppo tempo avevo dentro non appena vidi Des tranquillo, sorseggiare un cocktail, il sorriso aleggiava sul suo volto, senza cicatrici e senza colpe. 

 

Non avevo mai pianto dopo la morte di Beth, in realtà non avevo pianto neanche il giorno del suo funerale quando zia Agnes mi aveva stretto in un abbraccio, come a sostenerla da tutto quel dolore che stava provando, pentita di non aver mai espresso a parole quel bene per la nipote. Io avevo represso tutto, avevo sentito solo un leggero rammarico nel vedere quella bara bianca chiusa. 

Volevo avercela con lei: per la storia della droga, per avermi lasciato da solo in fin di vita, per i segreti che portava addosso o dentro. Dovevo avercela con lei per avermi quasi distrutto la vita eppure, mi ero ritrovavo ad odiarla per ragioni diverse, sentimentali quasi: l'odiavo perchè non avremmo mai potuto più condividere la vita insieme e questo, mesi dopo, scoprii essere colpa di mio padre, di quel padre che con un voluta dose sbagliata di droga era riuscito a portarmi via una delle persone più importanti.  

 

Stavo scappando da lui, dall'uomo che mi aveva rovinato, da quel non più eroe che prima di andarsene definitivamente dalla mia vita aveva sussurrato un: «Avevo deciso di fare fuori Louis ma almeno con la tua amica mi sono divertito un po', sai era anche incinta»

 

Ed io allora non avevo fatto altro che scappare, che correre veloce via da tutto quel male che pensavo di non meritare: ero tornato a casa, in quella che realmente sentivo mia ed avevo aspettato che Louis facesse la stessa cosa per poi abbracciarlo - «Non voglio più essere uno Styles» - avevo detto prima di accasciarmi sul petto di Louis ed abbandonarmi a lui, sentendomi finalmente protetto, come in un porto sicuro, come a casa. 

 

La soluzione per non essere più uno Styles poi era stata ovvia, semplice e veloce.

 

In quel momento vidi Louis avvicinarsi a me, meraviglioso nel suo completo nero e senza cravatta. Odiava quel pezzo di stoffa, almeno fuori dalla camera da letto. Teneva in braccio il piccolo Alex, il figlio di Milly e Liam, erano inseparabili quei due e vederlo con un sorriso del genere, ogni volta che il piccolo era nei paraggi, era bellissimo soprattutto perché negli ultimi anni io non ero stato poi così bravo a rendere felice Louis.

 

«Zio Hally!» - disse Alex muovendo le braccia nella mia direzione, cercando di svincolarsi dalla presa ferrea di Louis che sussurrò un - «Alex calmo andiamo da zio Harry lo stesso» 

 

Li vidi avvicinarsi a me e per un attimo mi tremò il cuore, quello era il futuro che volevo - «Zio Neil!» - fece di nuovo il bambino quando vide il mio migliore amico osservarsi davanti lo specchio. Louis gli sussurrò qualcosa, prima di stampargli un leggero bacio sulla fronte e lasciarlo vagare per la grande camera da letto, adibita a stanza dei vestiti per uno dei due sposi e testimoni. Il bambino si diresse verso Niall ed afferrandogli una gamba e con qualche difficoltà pronunciò le parole che poco prima Louis gli aveva detto - «Folletto vestito» - e tutti, compreso un luminoso e fortunato Zayn sul ciglio della porta, scoppiammo a ridere.

 

Lasciata libera la piccola peste, Louis richiamò la mia attenzione - «Ho visto tuo padre, vuoi andare via?»

 

Scossi il capo nonostante gli occhi arrossati da un imminente pianto, volevo affrontarlo, volevo capire perchè e fuggire, in fin dei conti, non mi avrebbe portato più a nulla. Afferrai la mano di Louis unendola alla mia, sfiorai il cerchietto di platino all'anulare - «Voglio capire perchè».

 

Louis annuì semplicemente senza aggiungere niente, quel silenzio era abbastanza per capire che ci sarebbe stato, in qualsiasi situazione, anche dopo aver affrontato mio padre. Sapeva che mi sarei rinchiuso nuovamente in me stesso - succedeva sempre così quando si parlava di Des - ma anche in quel caso mi appoggiò, baciandomi sulla tempia come a dire 'Io sono sempre qui'. 

 

«Vuoi un perché?» - disse quella voce dalla soglia della camera aperta, gli sguardi di Zayn, Niall e Louis sul corpo massiccio di quell'uomo che aveva risucchiato parte della mia vita. A me era bastato il tono della sua voce per abbassare gli occhi e tremare, sentire le ginocchia fragili - «La tua nascita mi ha tolto la persona più importante della mia vita, io ti ho tolto la tua».

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