Interstellar

di Heyale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Badass ***
Capitolo 2: *** Petty ***
Capitolo 3: *** Guilty ***
Capitolo 4: *** Introvert ***
Capitolo 5: *** Patient ***



Capitolo 1
*** Badass ***


Interstellar cap.1

INTERSTELLAR
CHAPTER ONE
"Badass"

Rivolgo per qualche istante gli occhi al cielo sentendomi rabbrividire all'improvviso alzarsi del vento, tornando però subito alla normalità. Il sole splende piuttosto forte oggi, i ragazzi attorno a me hanno gli occhiali da sole e preferiscono stare all'ombra, per me è solo un giorno come un altro. Stare seduta qui è ciò che faccio sempre, ma tutti quanti stiamo in silenzio perché quel che sta per succederci è ciò che abbiamo evitato per anni, e che ora stiamo affrontando di nostra spontanea volontà.
"A che ora è?"
"Tra mezz'ora."
Sposto i miei occhi su Theodore e poi su Regan, percependo la tensione tra i due come c'è tra tutti noi. Non siamo arrabbiati o altro, abbiamo solo paura come non ne abbiamo mai avuta prima. Se fosse per me resterei ancora un po' al sicuro, ma non potevo abbandonare proprio mia sorella. E' stata un'incosciente, è vero, ma di sicuro ciò che è successo non è solamente colpa sua. Non potevo arrabbiarmi più di tanto quando ho saputo che tra un po' di tempo diventerò zia, no?
"Ne siete sicuri? Posso andarci da sola."
"Non se ne parla."
Non posso trattenere un sorriso guardando Hunter e Cherice, pensando a come siano stati uniti fin da quando ne ho memoria era inevitabile che finisse così. Tutti noi cinque, comunque, siamo stati inseparabili da quando abbiamo capito di avere solo la nostra reciproca compagnia come ancora di salvezza. Ovviamente ci sono diversi generi di 'essere inseparabili', di certo non ho mai pensato a Theodore o ad Hunter come qualcosa di più che compagni di vita - considerando poi che quest'ultimo è il padre del bambino che mia sorella porta in grembo.
"Siena..." Cherice sfiora la mia mano, guardandomi dritta negli occhi con un'espressione severa. "Resta qui, per favore."
Scuoto la testa, decisa, non esitando a ricambiare la sua espressione: "Anche se rimanessi qui, cosa mi resterebbe? Ho solo voi ed è sempre stato così, perciò lo sarà anche quando ci porteranno dietro le sbarre."
Si rassegna, come al solito, portando la testa sulla spalla di Hunter con uno sbuffo. So che vorrebbe che almeno io mi salvassi, ma sono stata la prima a dire di seguirla e non me la sento di lasciarla andare. Il punto è che, una volta in ospedale, i medici ci metteranno veramente poco a capire che genere di persona sia Cherice e tutti noi di conseguenza, chiameranno le autorità e saremo rinchiusi insieme a tutti gli altri della nostra specie. Del resto però Cherice è già al quinto mese e se ci fossero delle complicanze più avanti sarebbe impossibile porvi rimedio, è decisamente meglio soffrire noi ora che non il bambino più avanti.
Per questo motivo penso che nessuno di noi stia perdendo tempo a parlare e si stia godendo per l'ultima volta l'erba verde tra le dita, il sole e il cielo azzurro proprio sopra di noi. Non abbiamo scelto noi di nascere dopo la Grande Guerra che ha devastato il mondo con le armi nucleari, eppure siamo puniti per questo. Non facciamo nulla di male, non l'abbiamo mai fatto, ma per qualche strana ragione tutti quanti ci vedono come minacce e vogliono tenerci separati e rinchiusi per non generare prole della nostra specie e piano piano morire fino a far scomparire anche l'ultimo esemplare di malformazione genetica dovuta al mescolamento tra cellule umane e cellule intossicate dalle tossine nucleari. Stiamo parlando di poteri quasi soprannaturali, ciò di cui l'uomo scriveva libri e fumetti solo trecento anni fa e ciò che avrebbe sempre desiderato avere. Ora che siamo a portata di mano però dobbiamo nasconderci per poter vivere in libertà, ma sappiamo che basterà un esame del sangue per dichiararci 'sbagliati' e perciò rinchiusi insieme a tutti gli altri.
"Direi che ci siamo, allora." Regan prende il foglio bianco e la matita che porta sempre con sè, mettendoli al centro del cerchio che abbiamo creato. "Ognuno di noi scriva ciò che gli passi per la testa, poi nasconderemo il foglio e quando saremo liberi potremo tornare a prenderlo, qualcosa tipo capsula dei ricordi. Vi va?"
Annuiamo senza però dare aria alla bocca, e mentre guardo i miei amici scrivere a turno i loro pensieri sul foglio quasi sgualcito mi sembra per un attimo di rivedere i bambini impauriti che si nascondevano dentro i barili quando le guardie passavano in rassegna tutto il quartiere, trattenendo il respiro e serrando stretti gli occhi. Ora che la nostra ora è arrivata sappiamo che dovremo essere forti quando entreremo nell'ospedale per la visita di Cherice, sappiamo che non potremo più trattenere il fiato e chiudere gli occhi. Abbiamo paura, ma ora siamo consapevoli di ciò che, se non succedesse oggi, succederebbe probabilmente tra poco tempo. Con questo pensiero che mi accompagna  lancio quindi uno sguardo a Theodore, i suoi capelli castani sembrano quasi biondi al sole e i suoi occhi azzurri, appena incontrano i miei mentre con un movimento lento mi passa il foglio, sembrano assumere un'espressione serena, come se anche lui sapesse che avere paura non serve a nulla ora che abbiamo preso la nostra decisione. Prendo così anche la matita, scrivendo la prima cosa che mi passa per la mente come mi è stato ordinato, prendendomi prima qualche secondo per leggere ciò che i miei compagni hanno scritto prima di me.

'Vorrei mangiare ancora una volta il dolce alla frutta che mia mamma preparava quando era ancora viva e vorrei rivedere mio padre e mio fratello un'ultima volta, ma so che è impossibile. Spero di restare con i miei amici anche dopo la visita in ospedale, e spero di tornare qui e ritrovare questo foglio al più presto possibile. Sento che con loro sarò sempre protetta. -Regan Hais'

'Spero che questa gravidanza vada bene e che i miei amici si salvino dopo che hanno deciso di venire con me. Voglio vedere il viso di mio/a figlio/a e poter riconoscere la sua somiglianza ai miei genitori che ho conosciuto solo per cinque anni, fino alla loro morte. Non vorrei mai aver dovuto trascinare tutti quanti nel mio casino, ma devo loro la vita per ciò che stanno facendo. -Cherice Tanner'

'Vorrei essere stato più prudente e non aver dovuto mettere la vita di tutti in pericolo, ma ora che è successo non posso dire di rimpiangere ciò che ho fatto. Amo con tutto me stesso la madre di mio/a figlio/a e spero che non succeda niente né a lei né al bambino, così come anche gli altri tre miei compagni di vita dovranno rimanere sani e salvi finché non riprenderemo in mano questo foglio. -Hunter Newell'

'Se potessi tornare indietro non farei l'errore di scappare di casa per una banale litigata con i miei genitori, sapendo che pochi mesi dopo sono morti per le tossine avrei voluto tanto salutarli a dovere. Spero inoltre che i miei amici rimangano con me fino alla fine e spero che nessuno di noi si faccia male o si cacci nei guai mentre saremo via da questo posto che ormai è come una casa. -Theodore Mikeller'

'Non vedo l'ora di conoscere mio/a nipote e vorrei che tutti noi potessimo restare insieme come abbiamo fatto da quando ne ho memoria, ma dato che non è possibile spero almeno che nessuno di noi venga ferito e che potremo ritrovarci ancora una volta tutti insieme anche fuori dalle mura di quella che sarà la nostra nuova casa. Sta per iniziare solo un'altra parte della nostra vita, ne sono certa. -Siena Tanner'

"Fatto!" Regan si alza di scatto, sorridendoci allegramente come il suo solito. "Lo nasconderemo in camera mia. Chissà se ci ricorderemo quello che abbiamo scritto quando saremo di ritorno."
Anche io, Theo, Hunter e Cherice ci alziamo, iniziando a camminare lentamente verso l'ospedale della città distante qualche chilometro dal quartiere abbandonato in cui abbiamo vissuto fin da quando siamo bambini e che ora ci stiamo lasciando alle spalle. Non so di preciso cosa mi aspetta una volta scoperta la mia malformazione, ma so che qualunque cosa succeda io ho bisogno di queste quattro persone al mio fianco. Con loro ho vissuto da quando i miei genitori sono morti e io avevo solo due anni. Essendo più grande di me di quattro anni Hunter mi ha cresciuta con la premura di un padre mentre Regan e Theodore mi hanno trattata come loro sorella da quando Cherice li ha trovati e ha chiesto loro aiuto, ovvero quando lei aveva sette anni e io quattro.
"Scommetto di sì." mi sistemo lo zaino sulle spalle e sorrido alla rossa che, come al solito, cerca di tirare su il morale. "Al massimo ne corrompiamo qualcuno e usciamo prima, dai."
Theodore ride leggermente, scuotendo la testa: "Come se fosse possibile corrompere quelli normali."
"Beh," Cherice indica Hunter con la testa, uscendosene con un sorriso divertito sebbene la situazione non lo permetta molto. "Hunter può fare tipo il giocoliere con la pirocinesi."
"Controllare il fuoco non mi permette di farci il giocoliere." Hunter risponde altrettanto ridendo, spingendo leggermente la spalla di mia sorella. "Potrei pur sempre congelarli con il ghiaccio, invece."
Annuisco, anche se non credo che potrebbe realmente funzionare, di fatto stiamo tutti quanti ridendo per provare ad allentare la tensione e il silenzio che c'era fino a poco fa. Per quanto mi riguarda non credo che l'adattamento reattivo all'ambiente circostante possa essere in qualche modo usato come arma, in fondo si tratta solo dell'auto-protezione del mio corpo all'ambiente esterno e alla capacità repentina di adattarsi nel giro di pochi istanti a qualsiasi genere di circostanza in cui io mi trovi. Per quanto riguarda mia sorella, invece, ha la capacità di smaterializzare le sue cellule e teletrasportarsi ogni tre ore in qualsiasi posto nel raggio di trenta chilometri da dove si trova. Theodore ha la strana capacità della proiezione astrale di se stesso, riuscendo quindi a separare il suo corpo spirituale da quello reale mentre dorme, riuscendo ad aggirarsi in un mondo che solo lui conosce e di cui non è ancora riuscito a spiegare con chiarezza lo scopo della sua esistenza. Regan invece ha l'utile abilità dell'auto-guarigione, le sue cellule si rigenerano ad una velocità incredibile e questo non le permette di provare dolore, non credo abbia mai avvertito veramente il dolore di una ferita come me o qualsiasi altra persona priva di questa capacità. Infine, Hunter possiede la criocinesi e la pirocinesi, ovvero il potere di poter muovere e controllare il fuoco e il ghiaccio una volta averli toccati. So che effettivamente potremmo assomigliare ad un gruppo di fenomeni da baraccone ma non cambierei la mia vita per niente al mondo, nonostante tutte le difficoltà e i momenti di solitudine quest'esistenza mi ha dato la possibilità di conoscere le uniche persone che amo a questo mondo, e senza di loro non ho idea di cosa ne sarebbe di me.
"Ce la caveremo, ne sono certo." Theodore respira profondamente, sistemandosi lo zaino a tracolla. "Abbiamo pur sempre imparato a vivere dove non c'era speranza, no? Possiamo farlo quante volte vogliamo, ora, quindi non disperate, miei prodi!"
Scoppio a ridere per l'esclamazione alla 'imperatore dell'antica Roma' di Theo, sentendo il cuore di poco a poco sempre più leggero: "Tornatene nel tuo mondo, sonnambulo."
"Sei troppo acida, te l'ho sempre detto." ribatte lui, guardandomi con la solita espressione ironicamente seccata. "Farai impazzire parecchio i tipi che ti dovranno tenere d'occhio."
"Spero di farli diventare matti." confermo con un sorriso, sentendo in me l'odio crescere sempre più smisuratamente. In fondo l'unica colpa che abbiamo è quella di essere nati, non siamo responsabili delle armi nucleari che sono state usate in passato e degli effetti che si sono ripercossi sulle persone, quindi non vedo perché perfino una misera visita ginecologica dev'essere vista come la nostra stessa fine. Ciò che è sicuro è che non potrò mai perdonare a tutte le persone normali quello che mi stanno facendo e che stanno facendo a tutti quelli come me, darò loro guerra finché le mie gambe reggeranno. E questa è una promessa.


La città è alquanto movimentata, ma ancora di più lo è l'ospedale che abbiamo appena raggiunto e che abbiamo contattato qualche giorno fa per prenotare la visita. Le persone corrono a destra e a sinistra senza badare a noi, i medici parlano ad alta voce tra di loro e nessuno si accorge di niente, cinque ragazzi geneticamente malformati stanno camminando per i corridoi di questo posto ed è come se nulla fosse, la gente continua semplicemente a non prestarci attenzione. Percepisco l'agitazione di mia sorella, stringe la mano ad Hunter ed è come se si nascondesse dietro di lui mentre io e Theodore apriamo la fila, dirigendoci al reparto di cui abbiamo chiesto informazione appena arrivati. Non so in termini pratici quanto tempo io abbia ancora a disposizione per godermi gli ultimi istanti di libertà, ma so che se potessi fermare il tempo probabilmente lo farei: consegnarmi in mano alle autorità era l'ultima cosa che avrei mai voluto fare. D'altro canto Cherice è già al quinto mese e non ha mai fatto un controllo, per questo abbiamo insistito affinché si facesse visitare e da qui è nato tutto, ecco perché ci troviamo tutti pronti ad andare incontro alla nostra fine. Sperare di cavarcela ora non può servire a nulla, l'unica cosa su cui posso fare affidamento è la speranza di poter restare insieme a loro anche dopo la nostra cattura.
"Cherice Tanner." mia sorella si rivolge alla dottoressa alla reception, la quale le indica l'ambulatorio senza nemmeno alzare gli occhi. Sconsolata, fa cenno a tutti noi e in silenzio raggiungiamo la porta chiusa, fermandoci pochi passi prima di entrare.
Non credo sia esattamente il momento ufficiale dell'addio, ma sappiamo che è l'ultima volta in cui potremo ritenerci liberi. Così ci guardiamo un'ultima volta sorridendoci a vicenda prima di lasciare entrare Hunter e Cherice nello studio, mentre io, Theodore e Regan ci limitiamo a sederci sulle sedie in questa piccola sala d'attesa aspettando di vedere le guardie venirci incontro. Tutto ciò che riesco a fare è portare la fronte sui palmi aperti delle mie mani, respirando a fondo per provare a calmarmi. So bene che agitarmi è futile, ma so anche che ho paura di non avere più il controllo della situazione e questo, più di tutto, mi spaventa.
"Suvvia, Siena." sento la mano di Regan appoggiarsi sulla mia schiena dopo qualche minuto di meditazione, facendomi aprire gli occhi di scatto dall'agitazione che già scorre nelle mie vene.
"Cosa?" domando, sbuffando.
"Andrà tutto bene."
Fa ironia? La fisso, alzando entrambe le sopracciglia: "Certo, anche per-"
Il frastuono della porta che sbatte contro il muro mi fa sobbalzare, e non so se mettermi a ridere o a piangere vedendo l'infermiera correre disperatamente verso la reception per dare l'allarme. Che dire, è stato breve. Mi alzo in piedi di scatto, dando un'occhiata a Hunter e Cherice che, dopo essersi alzata dal lettino, ci raggiunge in questa piccola sala e ci sorride mentre sospira, riservandomi una fastidiosa carezza spettina-capelli. Non credo di averne mai sopportata una, ma a questo punto non vedo l'ora di riceverne ancora se questo significa poter restare con mia sorella.
"Stanno arrivando." Hunter lancia un'occhiata al corridoio, avvicinandosi poi a tutti noi. "Notizie flash, allora: il bambino sta bene e sembra andare tutto per il meglio, sarebbe meglio tenerlo controllato dato che avendo ereditato i geni miei e di Cherice non sarà geneticamente normale ma come avete potuto vedere l'infermiera non era proprio del parere di rimanere un altro po'."
"Dai?" fisso il più grande tra di noi con un ghigno divertito, limitandomi poi a prepararmi psicologicamente al gruppo di persone che si sta avvicinando a noi per portarci via da qui. Lancio un'ultima occhiata ai miei compagni, avvicinandomi a loro più che posso, sentendomi lentamente morire dentro. Non voglio che succeda loro nulla, vorrei solo poterci restare insieme come ho fatto da quando i miei ricordi iniziano, spero che non ci separino del tutto una volta arrivati là, di qualsiasi posto 'là' si tratti.
Chiudo gli occhi per qualche secondo e, appena li riapro, mi ritrovo circondata da un gruppo di persone contraddistinte da una divisa che non ho mai visto prima, una sorta di camicia nera copre la maglietta sulla quale è inciso il logo di tutti quelli che si occupano di catturare le persone come noi. Di fronte a me c'è un ragazzo che si va avanti, deve avere poco più della mia età e sicuramente un brutto carattere dato l'atteggiamento con cui si pone verso di noi. I suoi capelli castani leggermente mossi non sono per niente tenuti in ordine, ma dai suoi occhi azzurri traspare lo stesso senso di odio che io ho per quelli come lui. Bene, direi che è già amore a prima vista.
"Mi chiedo come abbiate fatto a scapparci." è il suo primo commento acido contro di noi accompagnato da un sorriso che toglierei volentieri a suon di schiaffi. "Siete come i ratti, accidenti. Siete ovunque."
Ah sì? Vuole la guerra il damerino tutto tirato a lucido? Ricambio il suo stesso sorrisetto, incrociando poi le braccia al petto e guardandolo dritto negli occhi: "Forse è perché siete talmente stupidi che non riuscite a trovarci, che dici, damerino?"
Sento Theodore trattenere le risate dietro di me, ma in fondo sapeva bene che sarei stata la prima a parlare. Se questo tipo si permette di insultarmi allora non vedo perché il contrario non sia possibile. Dal detto al fatto mi ritrovo il suo viso a pochi centimetri dal mio, l'espressione cattiva dipinta addosso e la probabile voglia di appendermi al muro: "Magari per la piccola fuggitiva una bella cella termica non andrebbe male. Preferisci il caldo o il freddo?"
Mi sa che sto proprio giocando in casa con questo cretino. Faccio così finta di pensarci su, concludendo con una smorfia: "Adattamento corporeo reattivo, spiacente."
"Siena..." Cherice appoggia la mano sulla mia spalla, chiamandomi con il suo solito tono da predica. "Sta' buona, dai."
"Siena?" ripete il damerino davanti a me, scrutandomi da capo a piedi. "Un gran bel nome, complimenti ai genitori. Avremo tante cose da raccontarci, tu ed io, stanne certa."
"Oh, muoio dalla voglia." ribatto, sostenendo senza problemi il suo sguardo finché non è lui a distoglierlo per scrutare Cherice, Hunter, Regan e Theodore. Il gruppo di ragazzi attorno a lui se ne sta buono e in silenzio, a questo punto mi viene da pensare che, nonostante la sua giovane età, questo tipo potrebbe essere a capo di questa squadra. Capo o no per me non fa comunque differenza, continuerò a considerarlo un accidenti di damerino che lavora per dei caproni ignoranti che danno ordini dall'alto senza sapere veramente cosa accidenti stia succedendo.
"Ammanettateli e caricateli sul camion." ordina infine il mio nuovo migliore amico, dandoci le spalle con una mezza giravolta secca e procedendo poi verso l'uscita senza più proferire parola. Senza alcuna grazia noi quattro veniamo ammanettati come se fossimo veramente colpevoli di qualcosa e poi trascinati in uno squallido camion provvisto di cinture e ulteriori manette, non sia mai che ci buttiamo dallo sportello mentre il veicolo è in corsa. Cherice viene trattata fortunatamente con un po' più di delicatezza considerando che è incinta, le guardie la aiutano a salire nel furgone e allacciano la sua cintura con un minimo di attenzione e questo mi fa decisamente sollevare, per lo meno lei e il bambino staranno bene.
"Che dite, è andata bene?" una volta chiuse le porte, Hunter si rivolge a noi con un sorriso quasi divertito. "Sono simpatici, no?"
"Siena ha già fatto amicizia." Regan scoppia a ridere nel dire questa frase, condizionando anche la mia risata. Non so precisamente il motivo per cui io stia ridendo, so solo che per lo meno una parte del lavoro è stata fatta. Non che abbia meno paura, ma forse sono in qualche modo più tranquilla. Se gli standard di intelligenza sono quelli del damerino allora direi che non ho più di tanto da preoccuparmi, no?
"Devi stare attenta, invece." Cherice mi guarda abbastanza male, appoggiando la mano sulla pancia come è solita ormai fare. "Possono farti ciò che vogliono in qualsiasi momento, non vedo perché andarsi a cercare i guai."
"Potrebbe andare peggio di così?" rispondo retoricamente, abbandonandomi ad un sospiro. "Quando sei all'inferno non ti resta che scherzare col diavolo, no?"
Hunter annuisce, sorridendomi: "Sarai un bel grattacapo per quel damerino, poco ma sicuro."
"Tanto meglio!" sbotto, lanciando uno sguardo fuori dalla piccola finestra che dà sulla strada sulle porte posteriori di questo furgone. "Può farmi ciò che vuole ma il mio corpo sa adattarsi anche al dolore."
Cherice scuote la testa, rassegnata: "Non ha le capacità di Regan, lo sai. Sopporti il dolore fino ad un certo punto."
Appoggio la testa alla parete dietro di me, uscendomene con un sorrisetto per celare l'ansia che mi sta in realtà consumando lo stomaco: "E dai, non smontarmi così."


Appena il furgone frena di colpo facendoci sussultare le porte posteriori vengono aperte e la nostra visuale si apre su un edificio che non ha nulla di diverso da una prigione. Veniamo strattonati giù da persone con una disgustosa divisa bianca addosso mentre il damerino con cui mi sono scontrata prima della partenza affianca un gruppo di altri cretini in divisa bianca - che per rispetto non dico a cosa assomiglia. Senza alcun rispetto di noi come vite umane, i confetti da matrimonio con le gambe ci strattonano fino a raggiungere l'interno dell'edificio per poi richiudere velcemente i cancelli con un tonfo assordante mentre tutti noi a parte mia sorella, anche se con scarsi risultati, cerchiamo di dimenarci per mettere in chiaro fin da subito che non abbiamo intenzione di sottometterci come se fossimo dei cani. Vedo i miei capelli marroni cadermi davanti agli occhi mentre mi obbligano ad inginocchiarmi sbattendo violentemente il ginocchio contro il retro del mio come fanno anche con gli altri, costringendoci in questa posizione al centro di quest'atrio enorme come se fossimo degli accidenti di criminali. Col cuore in gola e la mancanza di fiato, davanti a me riesco solo a vedere una cattedra circolare dove ai lati si trovano due enorme piante di cactus, o perlomeno vedo questo finché due piedi non appaiono nella mia visuale. Intorno a noi i confetti ci tengono fissati in maniera inquietante ma a peggiorare il tutto è lo sguardo del damerino puntato sul mio non appena riesco ad alzare gli occhi per constatare chi effettivamente ci sia davanti a me, trovandomi la spiacevole sorpresa delle sue iridi celesti che mi squadrano con un ghigno divertito che si fa strada sul suo viso. Se ha intenzione di guardarmi così ancora per tanto gli converrebbe mettere in conto una visita chirurgica a causa della sedia che gli romperò addosso, poco ma sicuro.
"Hai perso la lingua?" mi domanda, accovacciandosi di fronte a me. "Ti facevo più coraggiosa."
"Se siete talmente imbranati da doverci ridurre a zerbini per tenerci sotto controllo allora siete voi i codardi, idiota." ribatto, sfoderando una delle mie espressioni più orgogliose.
Occhi-azzurri qui presente si infastidisce visibilmente, ma questo non gli fa perdere il mio stesso sguardo: "Nemmeno col guinzaglio voi stareste buoni."
Meglio che non pensi che con me l'avrà vinta: "Motivo in più che riconferma la mia tesi."
Immagino che Cherice, se potesse, si sbatterebbe la mano sulla fronte mentre Theodore cercherebbe di fermarmi e Regan e Hunter starebbero semplicemente ridendo, ma siamo tutti incatenati e costretti a stare piegati come vermi, il che incrementa solo la mia voglia di fare del male a qualcuno. La sedia dietro la cattedra è parecchio allettante, devo ammetterlo.
"Siena, vero?" dietro di lui spunta un ragazzo dalla carnagione ambrata, sia occhi che capelli neri come la pece e un viso decisamente meno odioso del tipo di fronte a me. Il punto ora è capire come fa a sapere il mio nome, se non erro non era con noi nel furgone.
"Sono io." mi limito a dire, tenendo però fissato l'idiota con gli occhi azzurri.
Il ragazzo in piedi fa un cenno, rivolgendosi poi ai suoi colleghi vestiti da confetti: "Stanza di isolamento numero 12, grazie."
"Isolamento?!" mi alzo in piedi di scatto, iniziando a gridare forse come un'ossessa. "Non potete separarmi da loro!"
"Possiamo eccome." tutto-muscoli-e-niente-cervello-in-piedi mi prende di forza prima che possa correre in giro, stringendomi il braccio talmente forte in pochi istanti non dando nemmeno il tempo necessario al mio corpo di adattarsi a questo genere di dolore, facendomelo patire il doppio. "Ordini di Levi, mi dispiace."
"Levi?" faccio per un attimo mente locale: solo occhi-azzurri sa il mio nome, perciò Levi dev'essere lui. Bene, ora so il nome di chi picchierò a sangue appena sarò libera. "Lasciatemi con loro, schifosi--"
Rivolgo il mio sguardo a mia sorella, adesso in lacrime; a Regan con gli occhi lucidi; a Hunter, gli occhi aperti dallo spavento e infine Theodore con l'espressione rassegnata che mi sarei aspettata di trovare sulla sua faccia. La mia voce si affievolisce insieme alla mia forza di reggermi in piedi non appena sento un ago conficcarsi sul retro del mio collo, inibendo tutte le mie funzioni nel giro di pochi istanti. Vorrei tanto correre da loro e dire che starò bene, che saprò badare a me stessa e che cercherò in ogni modo di trovarli appena ne avrò occasione. Il problema però, ora, è che non posso. Sono appena stata sedata?




Eccoci qui.
Sono tornata, eh?
E' tutta colpa dell'estate, mi fa sempre scrivere più del dovuto.
Dopo averci tanto pensato ho deciso di pubblicare questa storia (attualmente al capitolo 13) e niente, spero non faccia troppa pena.
Un bacio!

Ale xx


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Capitolo 2
*** Petty ***


Interstellar cap.2
INTERSTELLAR
CHAPTER TWO
"Petty"

Apro gli occhi a fatica, trovando la luce sopra di me decisamente fastidiosa. Non è la luce con cui mi sveglio da quando vivo con gli altri del nostro quartiere abbandonato, questa è una luce ben diversa. Anche il mio corpo è più pesante del solito, come se non avessi dormito abbastanza e qualcuno mi stesse svegliando con la forza. Di fatto, però, sono da sola. So di esserlo perché, anche senza aver guardato cosa mi circonda, non sento nemmeno il suono di un respiro, né tanto meno questa stanza dev'essere tanto grande se un solo lampadario è in grado di portare tanta luce. L'unica cosa che riesco a fare è mettermi seduta, e appoggiando i piedi a terra mi rendo conto di essere una stanza che, in condizioni normali, sarebbe troppo fredda per poter sopravvivere al suo interno.
"Oh, buongiorno. Alla faccia della reattività che hai dimostrato di avere, Fuggitiva."
Non è possibile. Apro gli occhi di scatto - sebbene la luce mi dia non poco fastidio - per cercare di capire cosa effettivamente mi stia intorno, e vedo solamente una stanza bianca con un letto, sul quale sono seduta, una sedia e un tavolo dello stesso colore e un'enorme parete di vetro che divide la mia parte di stanza da un'altra stanza decisamente più colorata e più ampia, dove sul divanetto di fronte al vetro è comodamente seduta l'ultima persona che avei voluto vedere.
"Damerino." mi rivolgo a lui con la minor enfasi possibile, sentendo la schiena decisamente intorpidita mentre cerco di stiracchiarmi per riprendere un po' di vita. "Non è un piacere vederti."
"Dovrai abituarti." sorride leggermente mentre con la mano libera si sistema il ciuffo castano che cade sulla sua fronte, qualcosa stile Baywatch. "Ho fatto richiesta per essere il tuo supervisore. Mi diverti troppo."
Se lo diverto quando non faccio niente magari mi troverebbe esilarante mentre decido se colpire le sue gengive con una sedia o col manico di una scopa: "Sì, ho il senso dell'umorismo. Piuttosto, dove sono gli altri che erano con me?"
Il damerino si alza dal divanetto e si avvicina alla parete di vetro, guardandomi negli occhi facendo forse mente locale: "Il primo e il secondo giorno erano nel reparto di smistamento, poi la ragazza con i capelli rossi e quello alto sono andati nel reparto tre, mentre l'altro ragazzo nel reparto due. Isidore, giusto?"
"Theodore, c'eri quasi. Poi quello alto è Hunter e la ragazza con i capelli rossi è Regan. Hai dimenticato la ragazza incinta, comunque. E poi, aspetta, hai detto 'primo e secondo giorno', per quanto mi avete tenuta sedata?"
"Cinque giorni, credo." occhi-azzurri fa una smorfia innocente, aprendo un piccolo sportello nella parete e passandomi un contenitore pieno di biscotti. "Vuoi? Non mangi da un po'."
"Lasciami morire in pace, Levi. Sei un patetico topo di fogna, non accetto cibo da te."
"Sai come mi chiamo?" il damerino sembra veramente sorpreso, lasciando il contenitore a terra e richiudendo lo sportello. "Impressionante. Hai una buona memoria per aver dormito cinque giorni."
Faccio finta di fare un cenno di riconoscimento, lasciandomi poi cadere nuovamente sul cuscino: "Non mi hai detto dov'è mia sorella."
"Proprio di lei ti volevo parlare."
Mi giro di scatto verso di lui, il tono che ha usato non mi piace per niente. Guardando il suo viso, in questo momento, capisco che c'è veramente qualcosa che non va. I suoi occhi non guardano i miei come ha fatto finora, né il suo corpo è rilassato. Comincio già a sentirmi male. Ciò che è importante per me, ora, è mantenere la calma. Se dimostro subito i miei punti di debolezza sarò un bersaglio più facile per questi idioti, perciò mi limito a prendere un respiro e alzarmi in piedi, incrociando le braccia: "E' successo qualcosa col bambino?"
"Sì e no." anche il damerino si alza in piedi, avvicinandosi alla parete di vetro fino ad avermi di fronte. "E' il primo caso di un feto completamente malformato nella genetica umana, essendo frutto di due persone come voi era anche piuttosto ovvia la cosa. Mentre tu facevi la Bella Addormentata, noi abbiamo fatto delle analisi più accurate a tua sorella e, come te, è stata tenuta in isolamento in una cella però leggermente più confortevole della tua, giusto per ricordarvi che noi non siamo assassini a piede libero e-"
"Alt!" alzo la mano all'aria per fermarlo, guardandolo piuttosto male. "Su questo ho i miei dubbi. Il fatto che non uccidiate un bambino sta a dire che non siete dei mostri, non che non siete assassini. Relegare persone in celle di isolamento per farle estinguere non è molto etico, non trovi? Prima della Grande Guerra questo era illegale."
"Prima della Grande Guerra, appunto." Levi accenna allo stesso sorriso da imbecille che gli ho visto fare fino ad adesso, tornando però all'espressione concentrata di qualche secondo fa. "E lo facciamo solo per favorire l'umanità che c'era prima del nucleare, di base non abbiamo nulla contro di voi."
Che battuta, questo tipo è esilarante almeno quanto lui trova divertente me.
"Pensa un po'." sentenzio, sbuffando per la sua espressione che non riesco a sopportare. "Credo che nemmeno da persona normale io potrei sopportarti, quindi di base avrei lo stesso qualcosa contro di te. Spiacente, non amo le persone che agiscono senza pensare col loro cervello."
"E io non sopporto le persone che pensano di conoscermi dopo avermi parlato solo due volte."
Levi assume un'espressione soddisfatta, come se fosse sicuro che con questa sua ultima sentenza io possa dargliela vinta e che mi riduca anche a rimangiarmi ciò che ho appena detto.  Insomma, okay che ora come ora è lui ad avere il coltello dalla parte del manico, ma ciò non mi impedisce di difendermi fin dove mi è concesso.
"Non mi pare tu abbia fatto nulla per porvi rimedio, comunque." sorrido guardandolo dritto negli occhi, incrociando poi le braccia. "Si diceva?"
Il damerino si esibisce in un'alzata di occhi plateale per ciò che ho appena detto, concludendo però con un semplice sbuffo: "Si parlava di tua sorella, miss-buona-memoria."
"E' semplice galateo, Damerino. So bene di cosa stavamo parlando." se non ci fosse questa parete a separarci ci staremmo probabilmente già prendendo a pugni. "Stavi dicendo della cella più confortevole della mia."
"Esattamente, ripartiamo da lì...sostanzialmente è una stanza separata da una parete di vetro come la tua per tenerla sotto osservazione, ovviamente con qualche comfort in più e il riscaldamento date le sue condizioni...il punto è che, la mattina del terzo giorno, Cherice era sparita dalla cella. Abbiamo cercato dappertutto, di fatto è impossibile che sia uscita aprendo la parete di vetro dato che il pulsante è naturalmente alla centrale di comando, ma di lei proprio nessuna traccia."
Per un attimo la terra manca sotto i miei piedi ed è come se non riuscissi a capire ciò che il damerino sta dicendo, ma lo shock che mi colpisce non appena metabolizzo il discorso che ha appena fatto è addirittura peggiore della sensazione precedente. Mia sorella è sparita?
"Cosa cazzo le avete fatto?!" sbatto entrambe le mani sul vetro di fronte a me, vedendo Levi fare istintivamente un passo indietro. Codardo.
"Noi l'abbiamo trattata bene." si difende, sbuffando come se la cosa lo annoiasse. "Solo che essendo incinta non le abbiamo messo alcun microchip per localizzarla e-"
"Vuoi dirmi che ho un cazzo di microchip dentro di me?!"
"Non era ovvio?"
Okay, voglio prenderlo a schiaffi. Non vedo l'ora di sentire la mia pelle a contatto con la sua solo per fargli tanto di quel male che la metà basterebbe per un esercito.
Picchio nuovamente le mani sul vetro, serrando forte i pugni: "Ti conviene trovarla prima che io trovi il modo di uscire da qui, schifoso piccolo-"
"Ci dovrai aiutare. Tu e tutto il resto del tuo gruppo."
"Non se ne parla. Ci andiamo da soli, noi quattro, la tua presenza non sarebbe di alcun aiuto, anzi, faresti solo peggio."
"Le condizioni sono queste." Levi sa di avermi in pugno in questo momento e sfrutta la cosa naturalmente a suo vantaggio, sorridendo pienamente cosciente dell'ansia che sta crescendo dentro di me. "Devi già ritenerti fortunata, a nessuno è mai stato concesso di uscire da qui."
"Vaffanculo tu e le tue condizioni." ormai allo stremo trovo la forza di staccarmi dal vetro per provare a recuperare la ragione, se continuo a guardare il damerino so che non sbollirò mai la rabbia. "E' incinta, che cazzo. Te ne rendi conto o vuoi un disegno? Pensavi che sarebbe rimasta qui se ha la possibilità di trasportarsi a trenta chilometri di distanza?"
"Pensavo che sarebbe stata in grado di pensare che scappare da qui è una pessima idea. Se è tanto grande per mettere su famiglia allora dovrebbe arrivare alle cose più semplici, no?"
"Non permetterti di giudicare la sua vita, Topo di fogna! Non sai nulla di noi, uno come te può solo tacere e rendersi conto di quanto pena faccia da solo."
Non sento più suoni provenire dall'altra parte della stanza, solo il rumore di un bottone e di una porta che si apre. Credendo quindi che il damerino se ne stia finalmente andando giro nuovamente il volto verso di lui, ma l'unica cosa nuova che vedo, oltre alla sua espressione seria, sono quattro facce familiari per le quali avrei dato tutto pur di rivederle un'ultima volta.
Corro verso di loro dimenticandomi per un istante della parete di vetro, sbattendo poi entrambi i palmi delle mani su di essa. Faccio di tutto per uscire da qui, ma per quanto io continui a sbattere i pugni come una disperata so bene che non riuscirò mai a romperlo. Theodore, Regan e Hunter stanno di fronte a me con una strana tuta nera addosso, i guanti alle mani e la pelle visibile solo dal collo in su. Hanno tutti e tre un'espressione devastata, come se la loro forza vitale fosse sul punto di abbandonarli con un solo altro respiro e come se cinque giorni qui dentro fossero bastati a far loro perdere di vista l'obbiettivo di uscire il prima possibile.
"Smettila di agitarti." mi intima il damerino, indicando con un cenno i tre di fianco a lui. "Li ho chiamati io per farti ragionare. Sei prevedibile, era ovvio che avesti dato di matto."
Ormai ho capito che non c'è verso di andare d'accordo con lui, ma almeno potrebbe fare a meno di cercare di attirarsi addosso il mio odio.
"Lasciami uscire, Topo di fogna." guardo Levi nel peggiore dei modi che posso, sperando che alzi questa stramaledetta parete di vetro.
"Siena, adesso devi calmarti." Theodore si fa avanti, appoggiando la mano sul vetro esattamente dove si trova la mia, e già questo è un calmante per me. "Non risolvi niente se agisci senza pensare, lo sai. Troviamo una soluzione insieme, okay? Prima di tutto c'è il bene di Cherice."
Mi vedo costretta a sospendere le offese per Levi, concentrandomi su qualcosa che, per la prima volta in questa giornata, non mi fa innervosire: "Non possiamo collaborare con loro."
"Nemmeno a noi va." anche Hunter si fa avanti, mettendosi poi accanto a Theodore. "Ma in gioco ci sono due vite, e non possiamo prenderla alla leggera, questo va oltre il nostro orgoglio. Lo capisci, vero?"
Sbatto nuovamente la mano sul vetro, facendo sussultare Theodore: "Certo che lo capisco, cazzo, non sono stupida! Là fuori c'è mia sorella, per vostra informazione, ma parliamo di gente che mi ha tenuta sedata cinque giorni per l'anima del cazzo e che ha costretto Cherice a scappare."
Hunter sospira, appoggiando poi la fronte al vetro, permettendomi di vedere chiaramente i suoi occhi verdi: "Dobbiamo ritrovarla, Siena. Dobbiamo. Non sappiamo come vada la gravidanza e non possiamo permetterci che succeda qualcosa di strano. Io non potrei perdonarmelo. Non è uno sforzo che fai da sola, anche noi dobbiamo collaborare con le stesse persone che ci hanno rinchiuso qui dentro e io, come te in primo luogo, sono il padre del figlio che Cherice sta portando in grembo. Dobbiamo sottostare a condizioni assurde e mettere queste tute che rallentano il nostro flusso sanguigno per non permetterci di utilizzare le nostre abilità, ma se è l'unico modo per poter cercare Cherice allora io posso accettarlo e sono sicuro che per te sia lo stesso."
"Pure le tute?" è la mia misera risposta a tutto ciò, vedendo il vetro appannarsi dove il mio sbuffo va a finire. "Abbiamo il microchip, potrebbero lasciarci andare da soli."
"Non si fidano. Tu ti fideresti di loro se i ruoli fossero invertiti?"
Fisso il ragazzo di fronte a me con lo stesso sorriso che anche lui fa nella mia direzione, uscendomene scuotendo semplicemente la testa: "No, direi proprio di no."
"Te lo sto chiedendo in ginocchio, Siena." Hunter congiunge le mani in preghiera, venendo affiancato da Regan e Theodore che finiscono per ripetere il suo stesso gesto. "Devi solo sopportare questi idioti per un po'."
Di norma non scenderei a compromessi, non lo farei per niente al mondo, ma in gioco c'è qualcosa di troppo importante per cedere a quella che è la mia morale. Non ho la minima intenzione di andare d'accordo con chiunque sia incaricato di accompagnarci, devo solo collaborare con loro e su questo si baseranno le mie azioni nei loro confronti, non cercherò mai di instaurare un buon rapporto dopo tutto ciò che ci hanno combinato e che ancora continueranno a fare.
"E va bene." acconsento alla fine, passando in rassegna gli sguardi delle tre persone a cui tengo di più al mondo, rivolgendomi infine al damerino, pochi passi dietro di loro. "Hai sentito, Topo di fogna? Ci sto. Ora fammi uscire da qui."
"Con calma, Siena." solamente schioccando le dita, Levi chiama tre bestioni che prelevano Regan, Hunter e Theodore senza la minima pietà, non lasciandomi nemmeno il tempo materiale per salutarli. Non che mi aspettassi che succedesse qualcosa di diverso, ma speravo almeno di vedere un po' di umanità.
"Siete degli animali!" sbotto, picchiando per l'ennesima volta le mani sul vetro. "Se osate trattare così mia sorella io giuro che ti faccio pentire di essere nato."
Il ragazzo di fronte a me si esibisce in un sorrisetto per niente interessato, aprendo solo lo sportello inferiore per poi passarmi la tuta che so sarà in grado di bloccare l'utilizzo della mia capacità - che, tra l'altro, potrebbe salvarmi la vita in situazione estreme. Se i suoi occhi non fossero così chiari probabilmente verrebbe più facile continuare a fissarlo augurandogli il peggio solo col pensiero, ma hanno la fortuna di essere talmente azzurri che guardarli a lungo da quasi fastidio, esattamente come fa il resto del suo viso. E i suoi capelli poi, vogliamo parlarne? Nemmeno la parrucca di un clown è così in disordine.
"Mettiti la tuta e poi ti faccio uscire, andiamo in atrio e ti presento la squadra al completo. Non siete i soli a contare sul concetto dell'unione che fa la forza, sai?"
"Le differenze che ci separano non si basano di certo su cazzate simili." borbotto, afferrando la tuta adagiata per terra. "Si basano sull'eticità, più che altro. Moralità, umanità...termini nuovi per te, no?"
Sul viso del damerino riappare il sorriso che tanto odio, mentre con nonchalance lascia la stanza per lasciarmi almeno la mia privacy: "E' meglio non scherzare col fuoco, Fuggitiva."
"Non mi brucerei comunque." sentenzio, ma lui ha già chiuso la porta dietro le sue spalle. Spero bene che non ci siano strane telecamere in giro.

Devo ammettere che faccio seriamente fatica a reggermi in piedi ora che le tossine rilasciate dalla tuta stanno facendo effetto, ma non intendo appoggiarmi al damerino nel caso in cui l'equilibrio dovesse venirmi meno - a conti fatti Levi è però l'unica cosa in prossimità a cui mi possa occupare considerando che sto camminando accanto a lui con una manetta al mio polso e l'altra al suo. Vedere le luci a led di questo corridoio completamente bianco è decisamente frastornante, la testa gira e il veleno in circolo dentro di me non fa che peggiorare il tutto. Non so precisamente quanta strada ci sia ancora da fare prima di arrivare alla meta, non so nemmeno chi o cosa troverò una volta arrivata, ma voglio solo che questo calvario finisca al più presto. Vorrei riavere mia sorella qui sana e salva, ma so che al momento è impossibile e resterà tale finché non ci metteremo a cercarla, anche se di certo era l'ultima cosa che mi sarei aspettata. Insomma, se siamo qui è per colpa sua e di Hunter sostanzialmente e lei se la fila in questo modo, lasciando tutti noi ad affrontare questo inferno. Non so nemmeno quale sentimento stia prevalendo in me in questo momento, so solo che non vedo l'ora di vederla per dirle quante pene mi stia facendo inutilmente passare.
"Non vi conviene cercare di scappare, una volta fuori da qui."
Senza che io abbia aperto bocca il damerino se ne esce così, lasciandomi sorpresa e vagamente confusa. E chi ha mai detto di voler scappare in loro presenza? Sarebbe alquanto da idioti.
"Non ho detto nulla, infatti." borbotto, dovendo tenere il tono della voce parecchio basso se voglio concentrarmi e camminare senza cadere quando le forze sembrano andare via ad ogni secondo che passa. "Il mio obbiettivo è ritrovare Cherice, poi penserò ad andarmene da qui."
"E pensi di farcela?" il damerino punta i suoi occhi nei miei, fissandomi con un che di divertito. "Nessuno l'ha ancora fatto."
"Perché nessuno di voi ha ancora conosciuto me."
"Sei una sognatrice, mi pare di capire."
Scuoto la testa, dovendo perfino trattenere le risate: "Non pensare di conoscermi, Topo di fogna. Non sogno per niente."
"Pensare di uscire da qui è un sogno, Fuggitiva." così dicendo, prendendomi di sorpresa, Levi strattona il mio polso incatenato al suo facendomi perdere l'equilibrio date anche le mie scarse forze fisiche momentanee. Non ho idea del perché di questo suo gesto, ma la risposta mi arriva quando, poco prima di toccare il pavimento, le sue mani mi afferrano le spalle e mi tengono in piedi mentre la sua espressione si fa ancora più acida nonostante sia apparentemente sorridente. "Così come lo è anche pensare di dimostrarsi forti quando in realtà si sta per cadere a terra. Stessa storia."
Ah, pensa forse di farmi un giochetto di psicologia? Mi chiedo veramente cosa spera di ottenere facendo lo sbruffone in questo modo, se sta cercando di farsi valere mi sa proprio che ha sbagliato indirizzo. Vorrei tanto trovare un modo per cancellargli quell'odioso ghigno dalla faccia, ma l'unica cosa che mi viene in mente è semplicemente staccare con la forza le sue mani dalle mie spalle e cercare di rimettermi in piedi, provando anche a ristabilire da sola il mio equilibrio: "Un altro sogno è anche quello di essere convinti di poter insegnare a persone che hanno già vissuto all'inferno. Medesima storia, direi."
"Te lo posso concedere, ma dell'inferno non credo tu conosca molto." Levi incrocia le braccia al petto, smettendo di camminare. "Hai solo diciassette anni."
"E tu diciotto." ribatto, trovando sinceramente questa motivazione del tutto inadeguata.
"E come lo sai?"
"Ce l'hai scritto sul cartellino, idiota." sbuffo, indicando la tessera di riconoscimento con la mano libera. "La tua data di nascita sta lì. Siamo nati nello stesso mese, che ironia."
"Davvero?" il damerino sembra sinceramente sorpreso, ma ci mette poco a far riapparire la sua facciata seria. "Comunque probabilmente nemmeno tu puoi conoscere me, quindi è meglio se ognuno resta nel suo campo."
Questa sì che è una buona idea, peccato solo che non gli sia venuta mentre sparava tutte quelle stronzate credendo di potermi fare scuola. E' facile inquadrare i tipi come lui: benché io non abbia mai avuto opportunità di instaurare rapporti interpersonali è comunque semplice capire che non si fa problemi a guardare tutti dall'alto al basso senza prima cercare di conoscere chi ha di fonte, parte già col presupposto di avere la situazione in mano ancora prima di capirne le credenziali.
Mi limito quindi ad annuire, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi per raccogliere le forze rimaste e proseguire per questo corridoio infinito accanto a lui. Ora come ora vorrei solo poter reggermi in piedi senza problemi e uscire da qui il prima possibile, ma so che dovrò sopportare la vicinanza con questo idiota ancora per un po'. Di conoscere la squadra con cui uscirò da qui non ne ho alcuna voglia, se sono tutti come Levi allora mi sa che mi resta solo da mettermi le mani in testa e pregare che la ricerca di Cherice sia più breve di ciò che si prospetta.

Dopo altri cinque minuti di avanti e indietro, metto piede in un'ampia stanza bianca dove le luci rendono sfocata la mia visuale ancora una volta. Quattro persone sono in piedi davanti a me, hanno delle tute integrali completamente nere e una faccia che ispira gran poca simpatia, anche se una di queste facce mi è parecchio familiare.
"Questa è la squadra uno, cara Siena." il cretino che risponde al nome di Levi, dopo aver chiuso con la tessera la porta dietro di lui, apre finalmente le manette che ci legano. Con la mano libera fa quindi un cenno verso i quattro ragazzi davanti a me, sorridendo sornione. "Ricognizione, prelevamento e avanguardia, siamo la squadra che chiamano per ogni evenienza. Siamo insieme da sette anni ormai, non per vantarmi ma siamo i più efficienti qui in giro."
"Efficienti?" alzo le sopracciglia, ricambiando il sarcasmo che mi sta facendo patire da quando ho riaperto gli occhi. "Che grande vanto, complimenti. Sono proprio gelosa, ora."
Un ragazzo fa due passi avanti, squadrandomi da capo a piedi con un sorrisetto: "Tu sei la fuggitiva simpatica, vero?"
Ah, mi conoscono pure? Sono famosa, che bellezza. Mi sento meglio adesso sapendo di avere una certa popolarità se il Topo di fogna non fa altro che vantarsi di quanto dura sia gestire una "fuggitiva".
"E tu un altro damerino." rispondo, appoggiando le mani ai fianchi.
"Secondo in comando dopo Levi, piacere." con una stretta falsamente amichevole il tipo scuote fin troppo freneticamente la mia mano, dandomi per un attimo la possibilità di squadrarlo a mia volta. Ricorda tanto una sottospecie di bambolotto Ken per i capelli biondi, peccato solo che abbia gli occhi marroni e che quindi il bel principe azzurro non sia molto nelle sue corde. "Anthony Buckett."
Faccio una leggera smorfia, staccando finalmente la mano dalla sua: "Siena Tanner. E voi altri?" mi rivolgo agli altri tre damerini dietro il mio nuovo amico-Ken. "Se vi muovete magari ci muoviamo entro domani mattina, che dite?"
"Che lingua lunga per essere una di loro." una ragazza dai capelli neri abbastanza corti e dagli occhi verde smeraldo - sono inquietanti, devo ammetterlo - si fa avanti, raggiungendo Anthony e sorridendomi come si sorriderebbe ad un povero cretino...in altre parole come io sorrido a Levi. "Ci sono altre precauzioni da prendere prima di partire, non saranno questi cinque minuti a far allontanare tua sorella."
Ma guarda un po', questa qui mi sta già simpatica. Anzi, è la mia migliore amica. Alzo si scatto gli occhi verso di lei: "Sei fortunata che questa tuta mi stia uccidendo, Chiunque-tu-sia."
"Mi chiamo Celia Curbstomp, Fuggitiva. E' un piacere fare la tua conoscenza." mi guarda con un'espressione uguale a quella che Levi fa quando deve interpretare il ruolo di damerino, finendo per incrociare le braccia al petto mentre l'altra ragazza dietro di lei si fa avanti, tossicchiando leggermente.
Non sembra fastidiosa come gli altri quattro, ma presumo che l'indole sia la stessa per tutti. Ha i tratti somatici tipici del Mediterraneo prima che tutti i concetti di Nazione o Stato venissero aboliti: capelli e occhi sul marrone scuro, pelle chiara e statura nella media. Stranamente non fa nessuna smorfia strana, semplicemente stringe la mia mano e sorride cortesemente: "Sono Marlene Garcia, piacere."
"Non è un piacere." ribatto, ricambiando comunque la sua stretta. "Ma ehi, era ovvio. Apprezzo gli sforzi."
Marlene ride impercettibilmente, facendosi però subito da parte. Bene, al momento è quella che potrei sopportare di più in questa marmaglia di damerini dato che sta al suo posto senza darmi troppo sui nervi. Cosa che, purtroppo, non fa l'ultimo di loro, arrivandomi di fronte e squadrandomi senza ritegno. Pensandoci bene il suo viso mi è parecchio familiare, sono sicura di averlo visto prima...il problema è ricordare dove.
Improvvisamente, però, prima che lui possa dire la prima parola, mi appare come un'illuminazione la risposta alla mia domanda. Questo qui è lo stronzo che mi ha sedata cinque giorni fa , ecco cosa.
"Tu!" sbotto, puntando l'indice dritto al suo petto da bestione. "O impari a sedare le persone senza causare loro un trauma, o ti giuro che se mi pianti un altro ago ti trituro col primo oggetto che mi capita a tiro!"
"Il piacere è anche mio, miss-dolcezza." il ragazzo di fronte a me ride come se avessi detto la cosa più divertente del mondo, osando anche toccarmi la spalla. Ma questo qui è fuori di testa. "Mi chiamo Kalidas Blain."
Non può funzionare tra me e questo tizio, meglio chiarire che lo odierò da questo momento in avanti per evitare fraintendimenti. Lo guardo così dritto negli occhi, esibendomi in una smorfia da record: "Beh, non te l'ho chiesto. Non ci sarà occasione in cui io dovrò chiamarti per nome, sta' tranquillo. Né te né i tuoi colleghi damerini."
Detto questo, mi giro di scatto verso l'unico col quale scambierò una o due parole al giorno giusto per lo stretto indispensabile, alias il capo di questa marmaglia di cretini che corrisponde a nientepopodimenoche Levi: "Posso andare dai miei compagni?"
"Prima devi fare qualche altra cosa. Se vuoi seguirmi, torniamo nella tua stanza."
So che ubbidire va completamente contro la mia etica, ma per risparmiare il tempo allungo il braccio verso di lui in modo che impeghi solo qualche secondo per incatenarmi nuovamente a se stesso. Non mi spreco nemmeno a salutare il branco di idioti dietro di me, semplicemente seguo Levi all'interno dell'infinito corridoio che mi aspetta. Non bastava di certo il terrore di aver perso la mia libertà, e non bastava nemmeno il fatto che mia sorella sia sparita chissà dove, ora devo pure collaborare con cinque damerini che non aspettano altro che poter esercitare la loro - creduta - superiorità su di noi. Non so veramente come tutto questo potrà finire senza che io prima esca di testa, ma so che almeno devo provare a resistere se voglio salvare la vita di Cherice e di mio nipote.
"Certo che non hai iniziato bene, Fuggitiva." Levi si rivolge a me con un'espressione divertita, dondolando il braccio incatenato al mio. "Dovrai convivere con noi, lo sai?"
"Non l'ho richiesto io." sbotto, strattonando la mano per fermare il movimento causato da lui. "Se fosse per me sarei ancora al sicuro, a casa mia. Non in questa prigione di certo."
"Dovrai farci l'abitudine. La vostra razza non è destinata a sopravvivere. Non possiamo coesistere."
Mi ritrovo a fissarlo con le sopracciglia alzate e una smorfia dipinta sul viso: "Questo è sicuro. Nella fattispecie io non posso coesistere con un deficiente come te."
"Ti ho già detto di non giocare col fuoco e ora te lo sto imponendo." occhi-azzurri si rivolge a me con un'espressione poco rassicurante, ma so che a questo punto ho ben poco da perdere. "Anch'io ho un limite, Siena."
"Non credere di essere l'unico, allora. Tutti gli umani hanno un limite, ma c'è chi lo riesce a nascondere e chi, come te, deve fare spettacolo di tutto. Io rientro nella prima categoria, per tua informazione."
"Mi stai dando sui nervi, sai?" Levi mi lancia nuovamente un'occhiataccia, ma se devo essere sincera ben poche cose ora possono fare effetto su di me considerando anche che le mie condizioni fisiche non sono proprio al loro meglio e che di conseguenza quelle mentali ne risentono parecchio.
"Felice di saperlo." borbotto per rispondergli, ma solo due secondi dopo aver elargito la mia sentenza mi ritrovo con la schiena attaccata al muro e la mano di Levi stretta attorno al mio collo. Wow, è stata una mossa repentina da parte sua, non me lo aspettavo. Bravo damerino! E' fantastico anche come cerchi di farmi paura guardandomi nella peggiore delle maniere, non osando però stringere ancora di più la presa su di me da bravo codardo tale quale è.
"Hai finito di scherzare?" mi domanda, grugnendomi addosso come se fosse alla carica. "Mi pare di averti ordinato di smetterla."
La vicinanza così ridotta al suo viso non mi spaventa poi così tanto, mi risulta facile trovare la forza per dimostrarmi tranquilla nonostante la situazione non lo permetta: "Se non ti rispetto come persona e tantomeno come autorità non vedo perché dover ubbidire ai tuoi ordini."
La presa attorno al mio collo si fa un po' più stretta, mentre Levi cerca probabilmente di far valere il suo orgoglio da imbecille: "Dovresti cominciare a farlo. Sappi che non sei indispensabile a nessuno di noi, motivo per cui se mi sbarazzassi di te nessuno direbbe una parola."
"Passi alle minacce, Topo di fogna?" con qualche sforzo che il mio corpo regge difficilmente, alzo il braccio incatenato al suo fino ad appoggiare la mia mano al polso che punta il mio collo. Spero capisca che, avendo messo questa tuta da non più di venti minuti, l'effetto è ancora abbastanza debole e che il mio organismo interiore continua ad adattarsi alle situazione esterne, come ora stanno facendo le vene e le terminazioni nervose del collo per permettermi di respirare. "Hai bisogno di mettermi le mani addosso per farmi stare zitta?"
"Sembra che sia l'unica maniera per farti tacere."
"Non sei diverso dalle persone che hanno scatenato la guerra, se io sono così è colpa di questo comportamento immaturo e orgoglioso." lo squadro dall'alto al basso, vedendo la sua espressione farsi sempre più acida fino quasi a spaventarmi, ma non abbastanza per mordermi la lingua. "Perché te la prendi tanto? Io non ti devo alcun rispetto e tu non ne devi a me, se ragionassi come una persona razionale capiresti che questa scena è inutile e che il tuo compito sarebbe solo quello di sorvegliarmi, non di sottomettermi."
Okay, lo schiaffo che ho appena ricevuto ha fatto leggermente male, ma ne è valsa la pena. Il mio discorso è stato assolutamente da Oscar e, anche se non ho ricevuto alcuna risposta dal momento che Levi si è solo limitato a colpirmi e a mollare la presa sul mio collo, so che comunque ho chiarito quale sia la mia posizione nei suoi confronti - o quella che teoricamente dovrebbe essere. Ora la sua camminata è frenetica, strattona di continuo il mio braccio legato al suo senza alcun riguardo e non si degna di guardarmi negli occhi, ma se lui considera il coraggio come forma di violenza allora mi sa che non ha capito niente dalla vita. Sinceramente mi viene quasi da ridere, vedere un capo squadra del suo rango in tale agitazione è esilarante, come se il suo autocontrollo fosse stato compromesso proprio dalla sottoscritta. Queste sono le soddisfazioni della vita, diciamocelo.


"Stenditi."
"E perché dovrei?"
"Devo farti un'iniezione. Muoviti."
Fisso seccata Levi che, con una siringa piena di un liquido azzurro stretta nella mano destra, mi fronteggia come se avesse paura che io possa ribellarmi da un momento all'altro. Un'iniezione? Ma per carità, non credo di averne mai fatta una in tutta la mia vita e non intendo cominciare ora. Sto sviluppando una momentanea agofobia.
"Non voglio." mi ritraggo leggermente, allontanandomi dal mio lettino nella mia stupenda camera personale.
"O la fai o non esci da qui." ancora una volta, io indietreggio e il damerino avanza. Sembra un valzer qui dentro.
E ta-ta-ta, tatata!
"Non può farmela qualcun altro? Se me la fa Theodore per me è okay."
"Per raggiungere il tuo amico ci vogliono venti minuti qui dentro." altri due passi indietro miei, due avanti suoi. "Sei stata tu a dire di non perdere tempo, no? Notizia dell'ultima ora, ne stai perdendo a palate."
Wow, devo ricordarmi di dirgli che i giochetti psicologici con me non funzionano. Andiamo, sono cresciuta senza cibo né acqua a sufficienza, come posso farmi prendere in giro in questo modo? E' semplicemente ridicolo, come lo è lui in prima persona.
"Non ci sto a farmi bucare da te." sentenzio, incrociando le braccia come una bambina capricciosa. "Da qualsiasi altra persona va bene...tranne da Kalidas, lui fa come faresti tu."
"Non sono così brutale." si difende il damerino, roteando gli occhi al cielo mentre accelera e viene sempre più vicino alla sottoscritta con quella siringa inquietante. "Non ti farò male."
Molto convincente, davvero. Infatti annuisco, facendo una smorfia non proprio elegante: "Ah già, infatti non sei tu quello che mi ha appena tirato uno schiaffo in faccia."
"Smettila di fare storie, avanti!" esasperato, Levi si porta la mano libera sulla faccia, strofinandosela come un vecchietto in pensione. "Coraggio, Siena. Fallo almeno per tua sorella."
"Ti ho detto che lo faccio." ribatto, indicando la porta di vetro. "Ma non se lo fai tu."
"Si può sapere qual è il tuo problema? Stai solo perdendo minuti!"
"Non mi faccio bucare da uno di cui non mi fido, accidenti!" colpisco leggermente la sua mano che regge la siringa, guardandolo male. "Non credo tu lo faresti."
"Ascoltami bene, Siena." prima che possa rendermene conto, come se stesse diventando un'abitudine, Levi ferma il mio polso e mi fissa dritto negli occhi. "Non dico che tu debba fidarti di me, ma ti chiedo di fidarti del fatto che adesso non ti farò male."
Squadro da capo a piedi il ragazzo che mi sta di fronte, trovando nella sua espressione un effettiva richiesta di fiducia. Non so se accettarla o meno, di norma non starei nemmeno più parlando con lui dopo che gli ho espresso ciò che penso senza mezzi termini e dopo essere stata colpita, ma non posso negare di star perdendo effettivamente tanto tempo. Del resto, però, è un individuo che, come ho già visto, non si fa problemi a scaldarsi e che quindi non mi permette di tirare troppo la corda. Cedere o non cedere?
"Prova a farmi ancora del male, e io ti riduco impotente." gli lancio un'ultima occhiataccia, smettendo di oppore resistenza e stendendomi sul mio comodissimo letto. Lo sento tirare un sospiro di sollievo e avvicinarsi a me, picchiando l'indice contro la siringa per smuovere il liquido.
All'alba dei miei diciassette anni, subisco quindi la mia prima iniezione dall'ultima persona che avrei voluto la facesse. Levi sposta i ciuffi che cadono dalla coda e finiscono sul collo, fino ad inserire l'ago esattamente al centro di esso, introducendo lentamente lo strano liquido azzurro. Ammetto che non fa tanto male come pensavo, più che altro è il liquido a bruciare non appena comincia ad entrare in circolo.
"Cos'è?" domando al damerino, anche se la mia voce risulta ovattata a causa del cuscino.
Levi, improvvisamente, ride come se avessi detto una barzelletta esilarante, e se potessi mi girerei per guardarlo male e chiedergli che genere di problemi psicologici si ritrova. Insomma, prima mi colpisce, poi sembra improvvisamente preoccuparsi di me ed infine ride come un imbecille. Questo qui non sta bene per niente.
"Che hai da ridere?" sbotto, cercando di toccare il suo ginocchio con la mano anche se devo prima sembrare una foca monaca finché non lo trovo dato che non vedo nulla.
"Hai fatto storie perché ti facessi io questa iniezione ma non ti sei nemmeno posta il problema di chiedere cosa fosse. Potrebbe anche essere stato veleno e tu come niente, la vera questione ero io. Questo mi fa ridere."
"Esilarante." borbotto, sentendo finalmente l'ago allontanarsi dalla mia pelle. Questo è un gran sollievo. "L'avete iniettato anche ai miei compagni?"
"No." Levi si siede con ben poca grazia sul poco spazio di letto lasciato da me, all'angolo inferiore. Mi alzo così abbastanza velocemente per costatare che effettivamente ha anche lui l'aria di essere stanco ora, di fatto ha i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa a penzoloni tra le sue spalle. Anche se il mio istinto mi direbbe di approfittarne e prendermi la rivincita per lo schiaffo di prima, mi ritrovo a sedermi a gambe incrociate in modo da averlo di fronte. Colpirlo ora non sarebbe altro che una scorciatoia, la vendetta va messa in atto alla pari.
"Perché no?" gli chiedo, sperando di non ricevere risposte tipo 'perché loro ci servono vivi'. Sarebbe alquanto triste andarmene con una puntura.
Levi, in tutta risposta, gira il volto verso di me e fa un piccolo cenno con la testa: "Non ti reggi nemmeno in piedi, hai reagito diversamente dagli altri alla tuta e dato che non hai intenzione di chiedere aiuto nel caso tu abbia bisogno, ho prevenuto il tutto e ti ho dato una sostanza che, una volta assorbita, ti darà la stessa forza che avevi quando sei arrivata qui. Non c'è di che."
"Pure 'grazie' ti devo dire?" evito di guardarlo negli occhi e roteo i miei, anche se forse un ringraziamento gli verrebbe di diritto...o anche no, insomma, mi ha appena colpita e solo perché fa una buona azione non vuol dire che io gli debba essere riconoscente a vita.
"Fa' un po' come ti pare, quello che dovevo fare io l'ho fatto."
Levi si alza dal letto stiracchiandosi come un bambino, muovendo a stentoni qualche passo fino a raggiungere la porta di vetro per uscire. Spera forse che mi penta e che lo ringrazi? Non so, forse sta aspettando una scena da Titanic a random?
Non metterò il mio orgoglio sotto le scarpe per lui, spero sia chiaro.
"Vengo a prenderti domani mattina." il damerino si gira ancora una volta verso di me, tenendo la mano stretta sulla piccola maniglia che bloccherà non appena uscirà da qui. "Se succede qualcosa hai un allarme vicino al letto collegato direttamente al mio telefono, comunque io abito vicino e posso raggiungerti in venti minuti. Chiama pure a qualsiasi ora, non farti paranoie. Domani si parte alle nove di mattina insieme alla mia squadra e al tuo gruppetto, va bene?"
Annuisco, continuando a guardarlo dritto negli occhi senza alcuna espressione particolare. Spero bene di non avere bisogno di lui stanotte, se no mi tocca averci ancora a che fare ad una distanza di tempo troppo ravvicinata.
"A domani, allora." agita la mano verso di me, chiudendo definitivamente la porta di vetro per poi inserire il codice. Che bello, di nuovo rinchiusa qui.
Comunque sia non mi disturbo a salutarlo e mi giro con la fronte rivolta verso il muro, sperando di trovare al più presto un passatempo che non mi faccia pensare alla gran situazione di merda in cui mi trovo al momento. Tra Levi, la marmaglia di damerini e mia sorella che è sparita non so se sopravviverò semplicemente per un'altra ora.




HEY.
La cosa esilarante è che la storia è attualmente quasi terminata ma io sono alla pubblicazione del secondo capitolo.
Bene, brava Ale. Tu sì che sei puntuale!
Anyway buona lettura e congratulazioni se siete arrivati fin qui.
Un bacio, Ale xx

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Capitolo 3
*** Guilty ***


Interstellar cap.3
INTERSTELLAR
CHAPTER THREE
"Guilty"

Devo ammettere che questa stanza è resa ancora più triste dall'assenza completa di finestre o di semplicemente fonti di luce naturale. Niente di niente. So che è mattina solo dall'orologio digitale appeso alla parete di vetro, ma senza quello non saprei dire nemmeno a naso che ora sia. Sono sempre stata abituata a godermi il cielo all'alba e al tramonto, ora non posso più nemmeno mettere il naso fuori di qui e respirare ossigeno per non impazzire. Non ho avuto notizie per tutta la notte, so solo che tra poco Levi dovrebbe arrivare a prendermi per partire alla ricerca di Cherice, non posso più aspettare per vedere Theo, Hunter e Regan, ho bisogno di loro se non voglio far cazzate che possano danneggiare me stessa all'interno di questo inferno.
"Buongiorno!"
La porta della stanza di fronte alla mia si apre di scatto scivolando nella parete, mentre un certo damerino entra agitando la mano. Guardandolo sembra che abbia fatto a pugni col cuscino stanotte: non ha la tuta nera addosso, ha solo un normalissimo paio di jeans e una maglietta a maniche corte verde - che tra l'altro definirei 'verde vomito' ma che lo fa sembrare più normale di quanto non sia, i capelli ancora più in disordine se è possibile e un'andatura da sbandato.
"Alla buonora!" sbotto di conseguenza, alzandomi finalmente dal letto. "Sono già le otto e mezza, sei in ritardo."
"Ho avuto un contrattempo." Levi apre la porta di vetro che ci separa inserendo il codice che spero al più presto di vedere, facendomi cenno di uscire. Aspetta, ma è fuori? La porta per uscire di qui è aperta, ci metterei un attimo a scappare da lui. Esco dalla mia cella di vetro con cautela, tenendolo osservato come lui tiene osservata me. Forse una mia mossa azzardata se la sta proprio aspettando.
"Che genere di contrattempo?" gli chiedo, sconfitta, abbandonando il mio ideale di fuga. So che non conosco ancora tutto di lui, quindi prima di tentare l'impossibile immagino di dover avere il quadro generale di mister Levi Callaway. Non che mi interessi veramente sapere della sua vita, ma voglio solo sapere cosa lo ha portato ad aumentare la mia irritazione nei suoi confronti.
Lui, con nonchalance come al solito, si toglie la maglietta con un colpo secco e mi guarda subito dopo, sfoderando un sorrisetto saccente. Cos'è questo? Si spoglia facendo il sex symbol e si aspetta forse che io spalanchi la bocca? Gesù, che si alleni per il lavoro che fa si vede, okay, ma non c'è possibilità che i miei occhi diventino due cazzo di cuori per lui.
"Anthony ha dato forfait, purtroppo è occupato in un altro prelevamento e non può partire con noi." il signor sex symbol davanti a me grazie a Dio si mette una maglietta addosso - credo una maglia termica, procedendo poi a sfilare i pantaloni. Eh no, qui stiamo esagerando.
"Ma non puoi andarti a cambiare in bagno?!" sbotto, girandomi subito di spalle per non cadere in tentazione e abbassare lo sguardo.
Come sempre lui sdrammatizza tutto con una risata, mentre il suono della cintura mi dà non poco fastidio: "Non hai mai visto un ragazzo in boxer?"
"Ti dirò," trovo la forza di girarmi e di continuare a guardarlo solo negli occhi, facendo una smorfia. "Guardo chi voglio vedere, no?"
In tutta risposta, Levi ridacchia e scuote la testa, infilando poi i pantaloni della tuta nera. Ora però mi sta venendo un dubbio.
Mi rivolgo nuovamente a lui, non cercando nemmeno mezzi termini per la mia domanda: "Levi è un nome ebraico. Sei circonciso per caso?"
Il Topo di fogna scoppia a ridere come mai gli ho sentito fare, tenendosi addirittura la pancia dalle risate. Direi che ora sembra vagamente uno psicopatico. Insomma, la mia domanda è lecita, è solo pura curiosità. Non gli ho mica chiesto di mostrarmi qualcosa, no? La sua risata, comunque, devo dire che un po' mi fa rivalutare la mia convinzione dell'assenza di un suo lato da diciottenne. In effetti, la sua espressione allegra ricorda tanto quella di un semplice ragazzo che, insieme ai suoi amici, ride anche alle quattro di mattina dopo aver passato la notte in riva al mare con una bottiglia di vino e un pacchetto di sigarette. Quest'immagine di Levi mi piace molto di più di ciò che ho veramente davanti, e la visione dura quel poco che basta per farmi tornare con i piedi per terra e pensare che, in effetti, ho solo un mostro di fronte.
"Ma che stai dicendo?" si rivolge a me quasi con gli occhi lucidi, mentre io semplicemente lo guardo confusa.
"Ho solo fatto un'ipotesi."
"Cristo, fanne a meno." borbotta allegramente, scuotendo la testa cercando difficilmente di ricomporsi. "Il fatto che mio padre fosse ebreo ha influito sulla scelta del mio nome e di quello del mio fratellastro, sebbene le madri fossero diverse lui ha avuto la meglio in entrambi i casi e ha scelto i nomi. Ma, per rispondere alla tua domanda, sappi che non credo nemmeno in una religione, perciò...no, nessuno ha messo le mani sul mio amichetto."
Trattengo una risatina solo per non dargli la soddisfazione di avermi fatto ridere, rivolgendomi però a lui subito con un'altra osservazione: "Quindi hai un fratello anche tu. Maggiore o minore?"
Lui annuisce, finendo di vestirsi infilando la felpa: "Maggiore, ha due anni in più di me. Verrà lui al posto di Anthony, ecco perché ero in ritardo."
"Se hai un fratello allora dovresti capire come io mi stia sentendo. Questo ti rende ancora più uno schifo ai miei occhi."
"Addirittura?" mi squadra dall'alto al basso con una smorfia. "La cosa non mi tocca."
Quanto vorrei dimostrargli come invece uno schiaffo potrebbe toccarlo per bene. Oh, guarda, avevi per caso detto che non ti toccava?
"Vado a finire alcune questioni burocratiche." riprende, passandosi una mano tra i capelli. "Il mio fratellastro sarà qui a momenti e ti porterà lui, va bene?"
Alzo le spalle, ritornando nella mia comodissima cella di vetro: "Anche se non andasse bene sarebbe così comunque, quindi va bene."
"Vedo che stai iniziando a farti addomesticare, complimenti."
"Addomesticare?!" prima che possa chiudere la porta di vetro tiro addosso ad essa il calcio più forte che posso, spalancandola nuovamente e facendo indietreggiare il Topo di Fogna davanti a me. Ha proprio sbagliato persona a cui rivolgere quel verbo. "Ti sei bevuto il cervello per caso?" grido, avanzando di gran carriera verso di lui. "Vedi di abbassare i toni, piccolo viscido verme inutile!"
"Sei tu che dovresti abbassare i toni, Fuggitiva." risponde in tutta calma, sorridendo come se avesse la situazione perfettamente sotto controllo. "Chi è qui l'autorità?"
"Mi pareva di essere stata chiara ieri, Topo di fogna. Non ti porto rispetto né ti considero un'autorità, e come tale non ti permettere più di parlarmi come se fossi un maledetto cane! L'unico da addomesticare qui sei tu, che giochi con le vite umane così quando ti pare e come ti gira, prima offendi e poi prendi a schiaffi per le reazioni che tu stesso hai causato. Prova solo una volta in più a rivolgerti a me in questo modo e giuro su Dio che, dovessi morire, ma te la faccio pagare."
"Stai facendo lo stesso gioco che faccio io senza lo stesso risultato, non te ne rendi conto?" Levi si avvicina al mio viso, permettendosi di ridacchiare e di appoggiare la sua mano sulla mia spalla. "Cerchi tanto di intimidirmi, ma se ti guardassi un po' capiresti che sei solo una ragazzina da diciassette anni rinchiusa in un istituto dove l'unica libertà che è concessa è scegliere se respirare col naso o con la bocca. Sei una marionetta nelle mie mani, quello che dico io per te e per chiunque altro si trovi sotto di me è legge, e prima ti metti in testa questo concetto, prima la nostra convivenza sarà sopportabile per entrambi."
Okay, ha superato ogni limite concesso. Legge? Non lo considero nemmeno degno di umanità, figuriamoci se mi metto pure a prendere le sue parole come se fossero dettate dalla Bibbia. Un cretino del genere non merita nemmeno di respirare la mia stessa aria, e ora che si mette a sparare cazzate pure sulle mie libertà direi che ha toccato il fondo e che sta per essere annegato. Anche se so che non avrò il successo sperato, mi avvento su di lui con la mano destra serrata a pugno, colpo che lui riesce facilmente a parare e, anzi, a contraccambiare. Non usa la mia stessa modalità, con molta più facilità lui spinge la mia schiena verso il basso con il braccio sinistro e, nella traiettoria della mia caduta, alza di fretta il ginocchio e mi colpisce dritta nello stomaco. Ammetto che non è uno dei colpi più leggeri che io abbia mai ricevuto, anzi, forse sta proprio al primo posto della classifica opposta. Non dico che io mi senta male o che stia per perdere conoscenza, sento solo un gran dolore allo stomaco che mi fa accasciare al suolo senza più la forza di restituirgli almeno un colpo. Così non va bene, ora siamo due a zero per lui, le cose non possono andare avanti in questo modo.
"Levi!" una voce che non conosco fa irruzione nella stanza, dove il rumore dei passi sembra raggiungermi velocemente. "Che cazzo le hai combinato? Idiota!"
Non ci credo, fate santo chiunque ora stia cercando di mettermi seduta. Okay, forse troppo veloce però.
"Ahi..." borbotto, portandomi una mano allo stomaco senza nemmeno riuscire a vedere chiunque mi stia aiutando. "Per favore, non alzarmi."
"Oh, scusami."
Vengo adagiata nuovamente a terra, sentendo forse la voglia di vomitare. Non avevo mai incassato un colpo così doloroso, non immaginavo che queste fossero le conseguenze.
Levi si accovaccia di fronte a me, guardandomi con una smorfia dell'accidenti dipinta in quel viso che prenderei a pugni: "Dici anche 'per favore', adesso?"
"Dacci un taglio, Levi." di nuovo la voce si fa valere, inginocchiandosi accanto alla causa di tutta questa situazione.
Si tratta semplicemente di un ragazzo dagli occhi verdi, i capelli marroni tenuti su in un codino un po' stupido e il viso pieno di lentiggini. Non credo di averlo ancora visto all'interno di questo istituto, ma la sua espressione mi piace sicuramente di più rispetto a quella del Topo di fogna.
"Stai bene?" mi chiede, appoggiando la mano sulla mia spalla. "Ci vedi doppio?"
"No, ti vedo bene." mormoro, accennando ad una risata. "Grazie."
"Figurati. Spero che questo idiota non ti abbia fatto troppo male." dicendo ciò, il mio nuovo amico si gira verso Levi per guardarlo veramente male. "Come al solito, insomma."
"E smettila!" il damerino dà un leggero schiaffo sul braccio dello sconosciuto, alzandosi poi in piedi. Non sarà mica che...?
"Sono Ira." mister-lentiggini mi sorride amichevolmente, stringendomi la mano di conseguenza. "Sono il fratello di Levi."
Questa sì che è bella. Da un lato abbiamo il lunatico, violento, sex symbol, diciottenne Levi Callaway, mentre dall'altro abbiamo il simpatico, lentigginoso, premuroso, ventenne Ira Callaway. A questo punto credo che in comune questi due abbiano solo alcuni tratti della fisionomia, ma del resto è palese che non siano fratelli al cento per cento. Beh, sono comunque contenta che uno su due Callaway sia almeno accettabile nel mio spazio vitale.
"Ma non dirmi." ridacchio, cercando poi di rimettermi in piedi. Ho ancora il mio orgoglio, sia ben chiaro. "Sei quello che sostituisce Anthony, vero?"
Ira annuisce, guardandomi sollevato: "Esatto. Stai meglio?"
Vorrei rispondergli con un'offesa indirizzata a Levi, ma considerando che sto parlando al suo fratellastro sono costretta a mordermi la lingua e a rispondere solamente con un sorrisetto: "Certo, grazie."
"Per fortuna. Vuoi che ti porti qualcosa da bere?"
Ma veramente, fate santo questo ragazzo! Da dove spunta fuori un bipede così gentile in un ambiente del genere?
"Ti ringrazio davvero tanto, ma mi riprendo da sola. Devo solo respirare un po'."
Ira sorride, sfoderando un'espressione probabilmente simile a quella di Levi se ogni tanto sorridesse sul serio, facendo apparire due leggere fossette ai lati delle guance: "Avvisa se hai bisogno, okay? Adesso vado a finire alcune carte da firmare per partire con voi, poi si va."
Annuisco, agitando la mano per salutarlo. Lui ricambia, ma non si dirige poi alla porta, bensì verso Levi che, seduto sul divano, lo tiene attentamente osservato.
"Tu," la voce di Ira cambia repentinamente mentre parla al Topo di fogna, assumendo un tono minaccioso che ringrazio il cielo non sia stato rivolto a me. "Ti ho detto un milione di volte di darti una calmata. Sei solo un moccioso con troppo potere in mano, perciò o ti decidi ad usarlo responsabilmente o prima o poi intervengo io. Sai bene che non ti conviene, no?"
Seguo la discussione senza però tenere fissati i due per non sembrare indiscreta, ma sento chiaramente la lingua di Levi fare uno schiocco prima di rispondere: "L'ho detto io agli altri che era meglio chiamare qualcun altro, accidenti. Pensa per te."
"Sta' attento, ragazzino." sbotta nuovamente Ira. "Non è il caso di giocare. Lascia in pace quella ragazza e qualsiasi altra povera anima affidata a te, chiaro?"
Attendo la risposta di Levi, ma sorprendentemente questa non arriva. Sento i passi del maggiore lasciare la stanza, lasciandomi praticamente a bocca aperta: ha per caso zittito Levi? Non credevo ci fossero persone in grado di riuscire in questa impresa, specialmente poi con una maestria ammirabile. Dovrò assolutamente chiedergli come fa.


Per tutto il percorso di questo accidenti di corridoio infinito io e Levi non ci rivolgiamo una sola parola, e quando finalmente la porta scorrevole di fronte a noi si apre la mia giornata sembra improvvisamente migliorare. Regan, Hunter e Theodore stanno dritti davanti a me, e né io né loro esitiamo per correrci incontro e abbracciarci. Finalmente un senso familiare. Non mi va di farmi vedere da Levi e dagli altri nella condizione di nostalgia, ma ora come ora non ne riesco a fare a meno. Sono stata distante più del dovuto dalla mia famiglia, ho in un certo senso bisogno di sentirli vicini come mai ne ho sentito prima.
"Dimmi che stai bene, ti prego." Hunter afferra il mio viso tra le sue mani, guardandomi dritta negli occhi come il suo solito. "Almeno tu."
"Sto." rispondo, senza precisare 'male' per la ginocchiata che ho appena ricevuto dritta nello stomaco e tutto il resto. "Voi? Come state?"
"Come se fossi qui dentro da una vita." Theodore si fa avanti, sorridendomi quando mi arriva di fronte. "Regan ha quasi picchiato Kalidas, stamattina."
Sto per rispondere notando il sorrisetto soddisfatto di Regan, ma prima che le parole possano uscirmi di bocca una mano si appoggia sulla mia spalla, e il mio disgusto cresce non appena constato che è proprio quella di Kalidas.
"Quasi picchiato." precisa lui, sorridendo a tutti noi come se fosse un rappresentante di un prodotto alla fiera di paese. Che immagine inquietante. "Ma ci siamo calmati subito, no?"
La rossa lo guarda dapprima male, ma alla fine cede ad una smorfia sollevata: "Ci siamo calmati."
Oh beh, sono contenta che almeno loro si calmino subito a differenza di qualcuno di cui non faccio nome. Insomma, non è normale che Levi sia...beh, Levi. Avanti, sa solo provocare e approfittare delle reazioni altrui per confermare a se stesso di essere meglio di qualsiasi altro essere sulla Terra. Voglio proprio vedere quanto spiccato sia il suo grande spirito di squadra, da uno come lui mi aspetto di tutto fuorché che sappia collaborare con altre persone - che, tra l'altro, considera suoi piccoli sudditi. Siamo nella Versailles di re Levi, inchiniamoci al suo cospetto!
"Che carini." me ne esco, alla fine, girandomi ad osservare per un istante Levi che, tranquillamente, chiacchiera con Celia e Marlene. Che schifo di persona che è.
"Sostanzialmente ognuno di noi ha un supervisore personale." Hunter fa un breve cenno con la testa verso Celia. "Io ho quella lì, Theo ha Marlene e Regan ha Kalidas. Poi c'è il fatello di Levi, ma lui fa solo da spalla credo. Non l'abbiamo ancora visto."
"Non l'avete conosciuto?" gli chiedo, illuminandomi improvvisamente. "Io credo di essermi innamorata."
Le facce che si vengono a creare sui volti di Hunter, Theodore e Regan sono semplicemente irripetibili: sono un misto tra lo schifato e il divertito, mentre tutti e tre scoppiano automaticamente dalle risate. E io che speravo che per una volta mi prendessero sul serio per fargli uno scherzo.
"Tu, innamorata!" sbotta Regan, forse a voce un po' troppo alta, ma comunque cercando di trattenersi. Devo ammettere che vederli così allegri dopo averli visti a terra è un grandissimo sollievo. "Ma quando mai!"
"Scusa se non sono mia sorella!" ribatto, alzando le mani all'aria. "Oh, a tal proposito. L'hai mai sentita, Theo?"
Il moro scuote la testa, sbuffando: "Mmh, con queste tute è impossibile."
Ora, non intendo dire 'sentita' come per telefono o altro, so che è impossibile. Il fatto è che, avendo Theodore la capacità della proiezione astrale, potrebbe capitare che durante il sonno lui riesca in qualche modo a trovare Cherice e a trovare anche la sua posizione. Sembra roba molto voodoo, devo ammetterlo, ma fa il suo certo effetto.
"Cazzo." mi esibisco in uno sbuffo che farebbe concorrenza a quello di un bambino in cerca del suo pupazzo preferito, ma non riesco nemmeno a respirare completamente che, per la seconda volta nel giro di troppo poco tempo, un'altra mano si appoggia sulla mia spalla. Mi hanno forse scambiata per un poggiolo?
"Ehi, si può sapere-" mi giro di scatto, trovandomi il viso di Levi incredibilmente vicino. "Oh."
"Oh?" quest'ultimo mi fissa col suo solito sorrisetto che ambisco a staccare a morsi. "Ira ci raggiunge fuori. Vogliamo andare, madame?"
Ha-ha, veramente esilarante. Se pensa di essere anche lontanamente simpatico è meglio che sappia che è veramente sulla cattiva strada. Per non dire pessima.
Anche in presenza di Hunter - che è morbosamente protettivo verso di me a causa del divario, anche se non troppo grande, d'età - non mi risparmio l'occhiataccia dritta al ragazzo che ho a pochi centimetri dai miei occhi e il mio sorriso soddisfatto: "Dopo quello che mi hai fatto prima, tu non devi più sognarti di toccarmi. Chiaro?"
"Posso ricordarti che sei stata tu ad iniziare?" ribatte lui col suo solito tono, e da qui capisco che se non mi fermo prima litigheremo di nuovo.
"Stai dicendo che avrei dovuto ringraziarti dopo che mi hai praticamente dato del cane?"
"Non era il caso di scaldarsi, sto dicendo questo." Levi si decide finalmente a staccare la sua manaccia da me. "E poi, dai, eri in piedi due minuti dopo."
Okay, inspira ed espira...se perdo di nuovo la calma sarà guerra a vita, me lo sento.
Così, ignorando di nuovo tutto ciò che mi circonda e prestando attenzione solo al mio bersaglio, assottiglio gli occhi e lo guardo sempre peggio: "Questo è perché c'era tuo fratello che mi ha aiutata. Se prendessi esempio da lui non sarebbe male, lo sai? Un po' di umanità ti farebbe bene."
"Non dirmi cosa devo fare con Ira, Fuggitiva. Mio fratello non rientra nel tuo business, quindi smetti di scodinzolare per lui."
Di nuovo? Volete dirmi che davvero non ha capito che certe parole con me non devono essere usate nemmeno per scherzare?
E' un uomo morto - se di uomo possiamo parlare.
"Vedi di non presentarti più davanti ai miei occhi, Topo di fogna." borbotto, fissandolo dritto in quegli accidenti di occhi cristallini che si ritrova. "Se non capisci nemmeno le condizioni per non farmi saltare i nervi ogni volta che apri quella cazzo di bocca io non ti porterò mai nemmeno un briciolo del tanto rispetto che secondo te dovrei avere nei tuoi confronti. E, anzi, ti dirò di più: non mi farò mai 'addomesticare' né da te né dai tre idioti che ti porti appresso e continuerò a 'scodinzolare' per Ira solo per il gusto di farti patire quanta più sofferenza io possa infliggerti dato che sembra essere l'unico metodo per coesistere con un tale cretino come te."
Non aspetto nemmeno la sua risposta e, dopo aver fronteggiato le espressioni sconvolte di Hunter, Regan e Theodore semplicemente vado dritta verso la porta che segna l'uscita aspettando di trovare Cherice al più presto possibile. Levi vuole la guerra? Se si diverte a far diventare matte le persone, beh, sappia che ha proprio preso male la mira questa volta. Non sarà una passeggiata avere a che fare con me e gli farò pentire fino alla morte di quel singolo istante in cui chiese per essere il mio supervisore, questa è una promessa.

Tutte le mie speranze sul potermi finalmente sgranchire le gambe all'aria aperta sono andate a farsi fottere nel momento in cui ho visto, appena fuori da questa prigione, cinque macchine nere di ultima generazione: design impeccabile, carrozzeria appena lucidata, pneumatici da fuoristrada e interni in pelle. Questa si chiama classe.
Appena gli altri mi raggiungono Regan alza immediatamente la mano, sgranando gli occhi: "Soffro di mal d'auto!"
"Non ci sei mai andata." ribatte Theodore, divertito, scuotendo la testa. "Non ci avevo mai pensato, ma in effetti nessuno di noi è mai salito in una macchina."
Hunter si fa avanti: "Io sì."
Tutti noi ci giriamo a guardarlo, stranito, ma lui semplicemente alza le spalle e sorride ironicamente: "Prima di conoscervi avevo una famiglia anch'io, sapete? Quando avevo due o tre anni andavo in macchina con i miei."
"E te lo ricordi ancora?" Regan lo guarda confusa, come giustamente anche io e Theodore facciamo.
"E' strano, ma sì. Da quando sono arrivato qui i miei ricordi si fanno sempre più vividi, portandomi indietro di troppi anni per essere normale." Hunter sospira, passandosi una mano tra i capelli scuri. "Cristo, sono un ragazzo-padre che ricorda di quando aveva un anno...se facessi un'audizione ad un circo mi prenderebbero di sicuro."
Trattengo appena le risate per la battuta di Hunter, ma pensandoci bene è davvero bizzarro. Com'è possibile che improvvisamente qualcuno possa avere dei ricordi di quando ancora non poteva parlare o camminare?
"Forse è qualcosa che ci hanno dato." Regan prova a fare un'ipotesi, portandosi l'indice sul mento. "Insomma, non si farebbero scrupoli a somministrarci strani farmaci in qualsiasi forma possibile. Magari abbiamo mangiato qualcosa senza sapere che dentro c'era qualche veleno, che ne sappiamo noi?"
Theo annuisce: "Non fa una piega. E' probabile."
Vado per aggiungere qualcosa al discorso, ma un battito di mani e la fastidiosa voce di Levi mi interrompono: "E' ora di salire in macchina, la squadra è al completo. Ognuno col proprio supervisore!"
Mi giro di scatto, se la squadra è al completo allora anche Ira è arrivato. Infatti, poco distante da una delle cinque macchine, il moro se ne sta dritto in piedi a guardare passivamente il suo fratellastro, senza alcun genere di espressione. Solo quando si accorge del mio sguardo sorride verso di me, infilando le mani in tasca e raggiungendomi. Hunter, Theo e Regan mi guardano straniti per il sorriso che ho appena fatto al loro sconosciuto, ma rimando le spiegazioni a dopo e mi avvicino ad Ira senza prestare più attenzione a Levi. Non che prima lo stessi facendo, sia chiaro.
"Sono felice di vederti." appena la nostra distanza si limita a qualche decimetro, Ira tira un sospiro di sollievo. "Con quel cretino di Levi non si sa mai cosa possa succedere."
"Non abbiamo più parlato, né interagito. Solo uno scambio di insulti e stop."
"Mi dispiace che ti sia capitato lui." Ira sbuffa, portandosi una mano dietro al collo. "E tutto il resto della squadra. Non è una compagnia che amo, anche se questo non è di certo il posto adatto per parlarne."
Improvvisamente mi spunta una lampadina luminosa sopra la testa, e così sgranando gli occhi per la splendida idea congiungo le mani in preghiera: "Posso venire in macchina con te? Non voglio stare con Levi. Ti prego, non dirmi di no."
E' assurdo che io stia pregando uno di loro per poter stare in sua compagnia, ma è ancora più assurdo il sorriso che spunta sul suo viso: "Non c'è problema. Però faresti meglio a dirglielo, se glielo dico io poi fa storie perché dice che metto sempre le mani nei suoi affari. Spero di non sembrarti un codardo."
"Ho visto come gli hai parlato prima, non potrei pensare che tu sia quel genere di persona." gli sorrido, dirigendomi poi verso Levi per la prima volta di mia spontanea volontà. Non ne ho tutta questa gran voglia, so di per certo che finiremo di nuovo per insultarci in un modo o nell'altro, quindi parto già rassegnata. "Ehi, Topo di fogna."
Occhi-azzuri si gira verso di me, alzando entrambe le sopracciglia. Aspetta, ma quando...?
"Che c'è?"
"Perché hai tre forcine tra i capelli?"
Lui fa una strana smorfia: "Lo faccio per guidare senza che i ciuffi cadano sugli occhi. Sei venuta qui solo per questo?"
Scuoto la testa: "Andrò in macchina con Ira."
"Non se ne parla." se ne esce con un sorrisetto, mentre scuote animatamente la testa. "Non sei stata assegnata a lui."
"Nemmeno a te, se è per questo." ribatto, cercando però di mantenere i nervi saldi. "Sei stato tu a chiedere di poter essere il mio supervisore...per quale motivo poi non lo so, dato che il tuo unico scopo sia impedire la mia sanità mentale. Detto questo, non mi interessa del tuo volere o meno, quindi il mio era solo un avviso. Ci vediamo all'arrivo."
Mi giro per dargli le spalle, ma la sua mano blocca bruscamente il mio braccio. Devo stare più attenta ai suoi attacchi a sorpresa, possono essere letali. Rivolgo così velocemente i suoi occhi verso di lui: "Cosa c'è ora?"
"Non puoi fare così con me, non ti è ancora chiaro?"
"Non mi interessa cosa posso o non posso fare con te, non ti è ancora chiaro?" ripeto il suo tono odioso, dimenandomi per cercare di scivolare via dalla sua presa. "E tu non devi più permetterti di toccarmi. Hai già alzato le mani su di me e non ho gradito, perciò evita. Se devi fare scena hai scelto la persona sbagliata."
"Mi..." finalmente la sua presa si allenta, fino a sparire del tutto. "...dispiace, okay? Non volevo farti tanto male."
"Ah no, certo." lo fisso con una smorfia. "Chi mai tirerebbe una ginocchiata nello stomaco di una ragazza per fare tanto male? Pff! Ridicolo."
"Ho solo perso il controllo." sta cercando di difendersi, ma non si rende conto che non accetterò alcuna giustificazione al suo gesto.
Così scuoto la testa, abbassando il tono della voce sperando di essere più diretta: "Sono in una prigione in cui l'unica persona che dovrebbe cercare di non farmelo pesare alza le mani su di me e cerca ogni pretesto per sopraffarmi. Non ho mai vissuto all'interno di un edificio ed improvvisamente mi trovo in una scatola di vetro senza la mia famiglia, senza i miei amici, solo con uno sbruffone che non si preoccupa di niente e di nessuno, me per prima. Non ci sto ad assecondarti, Levi. Puoi dispiacerti quanto ti pare e piace, ma non accetterò più un tuo dito su di me."
"Forse credi che il mio lavoro sia facile, vero? Facile giudicare quando l'unica cosa che devi fare è stare ad ascoltare e fare ciò che ti viene detto di fare." il suo tono cambia improvvisamente, diventando acido. "Chi prende le decisioni, eh? Chi ha un esaurimento nervoso praticamente tutti i giorni perché ha diciotto anni e viene caricato come un uomo di quaranta? Chi ti ha fatto l'iniezione per farti stare meglio e rimetterti in forze? E chi sta cercando di scusarsi senza riuscirci per colpa del tuo orgoglio?"
Sembra veramente esasperato, ma se non avesse chiuso così forse avrei potuto restare zitta. Ma ha scelto un finale sbagliato, purtroppo per lui. Infatti non mi perdo d'animo e lo fisso negli occhi celesti: "Non è orgoglio, il mio. E' paura. Paura che la situazione possa peggiorare ancora, che succeda qualcosa a mia sorella, a mio nipote, che io vada fuori controllo e che tu possa farmi male di nuovo. Sto vivendo nel terrore per colpa tua e ora che ti chiedo un misero favore per alleggerire almeno un po' tutta la vicenda tu ti metti a fare storie."
"Non sto cercando di farti paura. Se tu ne hai non è un problema mio, stai solo travisando le mie azioni. E se tanto ci tieni ad andare con Ira vai pure, che sia! Tanto qui sembro solo il mostro cattivo. Divertitevi insieme."
"Non avrei saputo trovarti una definizione migliore." borbotto, non trovando però le forza di girare i tacchi ed andarmene.
Lui, in tutta risposta, sorride e si sistema un ciuffo dietro l'orecchio: "Cosa, mostro cattivo? E tu chi saresti, sentiamo."
"La vittima, mi sembra ovvio."
"A-ha." scuote l'indice davanti ai miei occhi, negando tutto. "Sei carnefice quanto me."
"Non dire cazzate."
"Senti." muove un passo in avanti, facendo per prendermi la spalla ma ritraendo immediatamente la mano. "Hai il mio consenso. Vattene da me."
Il mio istinto mi dice di ribattere, ma finirei solo per rischiare che cambi idea. Così non aggiungo altro, e anche se non piace rimanere zitta davanti a lui mi dirigo verso Hunter, Regan e Theodore, ora impegnati a parlare con Ira. Se ogni volta che tento di parlare con Levi deve finire così mi sa che non faremo molta strada insieme, io e lui.


Un'ora, sette minuti, nove secondi.
Questo viaggio sembra non finire mai e non credo di essere nemmeno ad un quarto del percorso. La radio continua a trasmettere notizie che non ascolto nemmeno, l'unica cosa che mi interessa sono le quattro canzoni in croce che passano di tanto in tanto. La guida di Ira è piuttosto lenta, ma nonostante questo Levi non ci ha mai sorpassati e continua a starci dietro, chiudendo la fila di macchine nere. Non mi sbatto tanto per cercare di andargli incontro, se lui non muove qualche passo verso di me allora io non ne muoverò verso di lui. In fondo non gli devo proprio un bel niente, no?
"Non ti stanchi a guardare lo specchietto retrovisore senza sbattere nemmeno le palpebre?" la voce di Ira mi risveglia dallo stato di trance. "Levi non scappa da lì."
"Cosa?" scuoto la testa, notando che effettivamente il mio sguardo era incantato sullo specchio. "Non dire cavolate, controllavo solo se lo specchio era messo bene."
Ira ridacchia, ingranando la quarta marcia: "E' difficile andare d'accordo con lui, vero?"
"Difficile?" ripeto, allibita. "E' impossibile. Lui mi odia per il mio DNA, e io odio lui perché è fondamentalmente uno stronzo. Non troveremo mai un punto d'incontro, mi chiedo sinceramente come tu faccia a farti ascoltare così da lui."
"Lo conosco da quando è nato. Nostro padre ha fatto di tutto fin da subito per farci diventare fatelli come se lo fossimo al cento per cento, e devo dire che ci è riuscito."
"Non sembra che andiate così d'accordo, però." ribatto, alludendo al tono duro che Ira ha mantenuto costantemente nei confronti di Levi.
In tutta risposta, il moro accanto a me scuote la testa: "E' proprio per il fatto contrario che diamo questa impressione. Il punto è che io rispetto lui e lui rispetta me, per questo non voglio che finisca per perdere la testa e diventare come quelli che siamo costretti a seguire per il lavoro che facciamo."
"Rispetto, eh?" rivolgo nuovamente lo sguardo allo specchietto, vedendo Levi che, con le forcine tra i capelli, guida con un gomito appoggiato al finestrino e solo la mano destra sul volante. "Non ne ha verso di me, né io verso di lui."
"Non credo sia così."
Mi giro velocemente verso Ira, alzando entrambe le sopracciglia: "Mi prendi in giro? Mi ha messo le mani addosso."
"Questo è perché non ha ancora capito come usufruire correttamente dell'autorità che ha in mano." alza le spalle, sospirando rassegnato. "Provo ogni santo giorno ad insegnargli qualcosa, ma lui non sembra imparare."
A questo punto, una domanda però mi sorge spontanea. In fondo Ira ha solo due anni in più di Levi, quanta esperienza in più può avere accumulato? Non sembra nemmeno un pezzo grosso all'interno della gerarchia di quella prigione come il fratellastro, che sebbene sia appunto più piccolo ha comunque controllo su molte più cose rispetto a lui. Così mi giro nuovamente verso di lui: "E perché sei convinto di potergli insegnare come si fa?"
Ira si volta giusto un attimo verso di me, gli occhi verdi risaltano fin troppo in mezzo a quel mare di lentiggini: "Non posso parlarne. C'è una promessa di mezzo."
Annuisco, lasciando cadere l'argomento.
So com'è avere un fratello, e so come i patti d'onore sono importanti. Perciò non aggiungo altro, solo alzo il volume della radio e punto nuovamente i miei occhi allo specchietto. Levi se ne sta lì, col gomito appoggiato al finestrino e lo sguardo dritto davanti a sé. Non ha l'espressione arrabbiata, né infastidita, ora come ora sembrerebbe un normale diciottenne in macchina per andare da qualche amico. Cosa si nasconda veramente dietro quel ragazzo io non riesco a capirlo, so solo che non è tutto ciò che dimostra di essere. Non che voglia fare la psicologa e cercare di conoscerlo, ciò di cui ho bisogno è solamente una persona che mi porti da Cherice. Di sicuro, non mi causerò più problemi di quanti già ne abbia.
"Tu, invece?" Ira assume un tono più spensierato. "Hai un buon rapporto con tua sorella?"
Sorrido spontaneamente, sospirando: "Più che buono. Si è presa cura di me fin da quando sono nata e ha fatto di tutto per farmi sentire a casa quando dove vivevamo non era altro che un quartiere disabitato. Non sono nemmeno riuscita a darle dell'incosciente quando mi ha detto di essere incinta."
"Ti credo." Ira sorride, ingranando finalmente la marcia permettendo alla macchina di accelerare. "Dev'essere una cosa meravigliosa."
Scuoto la testa, ritrovandomi a sbuffare come una bambina: "Non quando sei come noi."
Il moro prende un respiro, esitando però a rispondere: "Non è facile vivere così, vero?"
"Vivere sapendo di essere colpevole di qualcosa che non hai scelto? Uno schifo."
"Lo so." per un attimo i suoi occhi verdi si spalancano, tornando però immediatamente normali mentre scoppia a ridere senza motivo. "Nel senso, immagino. E' per questo che provo ad essere diverso da tutti gli altri, non voglio essere visto come il nemico."
"Ci riesci." riesco a sorridere anch'io, sprofondando nel sedile. "Davvero, sembra che solo tu capisca qualcosa qui in mezzo."
"Ci sono tante di quelle cose che non capisco, in realtà..." Ira alza le spalle, concludendo con una smorfia spensierata. "Immagino che questa spassosa gita didattica ci aiuterà a capire qualcosa in più, no?"
Annuisco, rassegnata: "Speriamo."

BACK AGAIN
Sì, Siena e Levi non vanno molto d'accordo. Si era notato?
Puahaha.
Comunque grazie a tutti per essere passati e spero che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!

Ale xx

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Capitolo 4
*** Introvert ***


Interstellar cap.4
INTERSTELLAR
CHAPTER FOUR
"Introvert"


Guardo l'orologio al polso di Ira non appena quest'ultimo sfila le chiavi dal quadro della macchina, tirando un sospiro di sollievo.
Non ho ben capito lo scopo di sette ore di viaggio consecutive, so solo che siamo a chilometri e chilometri di distanza dalla prigione e questo è già un fatto che riesce a calmarmi. Ira si è rivelato il completo opposto di Levi: è socievole, divertente e sa anche raccontare le barzellette a regola d'arte. Dopo il primo discorso che abbiamo fatto in tema 'fratelli' nessuno dei due ha più toccato l'argomento, anche se sinceramente vorrei saperne di più. Immagino di dovermi arrendere prima del previsto, Ira sembra deciso a non fare una parola in più sul Topo di fogna.
"Dove siamo?" mi rivolgo verso il moro accanto a me, fissando divertita le sue guance lentigginose.
"Vedi quell'edificio di fronte a noi? E' una struttura come la nostra, siamo gemellati con loro. Istituto Saint Guillaume!" Ira finge la voce grossa, ridacchiando subito dopo. "Ci fermiamo qui per chiedere se hanno informazioni su tua sorella e per farvi dei controlli."
"Controlli?"
Ira scende dalla macchina, facendomi cenno di seguirlo: "Non sappiamo come reagiscano le tute con gli ambienti esterni, Levi non vuole che succeda qualcosa di grave."
"Levi o le persone che comandano sopra Levi?" borbotto, notando tra l'altro il diretto interessato scendere dalla macchina con nonchalance, sfilandosi finalmente le tre orribili forcine dai capelli.
"Beh," Ira appoggia la mano sulla mia spalla, guidandomi verso il gruppetto poco distante da noi. "Non ci sono così tante persone con più autorità di lui. La sua è una delle cariche più importanti."
"La sfiga mi perseguita da quando sono nata." commento, sospirando poi facendo un cenno ad Ira e avvicinandomi a Regan, Theodore e Hunter. Quest'ultimo sembra particolarmente irritato da come sbatte nervosamente il piede a terra, non so se chiedergli cos'è successo e peggiorare la situazione oppure starmene zitta e fregarmene.
"Che hai combinato, Hunter?" ecco, opto per la gentilezza. Vediamo come va a finire.
"Quella...tipa!" il futuro-papà alza gli occhi al cielo, sbuffando pesantemente. "Non la sopporto. Celia, dico. Marlene sarebbe andata bene dato che non dice una parola, ma Celia deve sempre commentare su tutto. Mi ha chiesto se quando Cherice è rimasta incinta è stato un incidente o volevamo il bambino!"
Ridacchio leggermente, sorpresa nel vedere Hunter così nervoso: "Cristo, fino a lì?"
"Fino a lì!" ripete, esasperato. "Voi non capite. E' un tedio."
"Almeno parla, la tua." Theodore interviene facendo un cenno verso la ragazza castana che, timidamente, scambia qualche parola con Levi. "Marlene non dice una parola nemmeno a pagarla. Per tutto il tragitto abbiamo ascoltato la musica, ma ciò che mi sorprende di più è che è un mostro alla guida. Ha entrambe le mani ferme sul volante e una sicurezza impressionante anche quando viaggia ai centocinquanta, in curva ha fatto qualcosa come sei sorpassi di fila e ho creduto di morire. Ha dovuto chiedermi scusa dato il mio colorito verdognolo." Theodore si passa una mano tra i capelli, scuotendo poi la testa divertito. "Siamo finiti in un circo."
Regan non riesce a trattenere le risate e scoppia a ridere: "Se volete facciamo scambio, io andrei volentieri con la taciturna."
Alzo la mano anch'io, sorridendo: "Io scambio il sadico per il simpaticone di Regan, non c'è problema."
"Il sadico sarebbe Levi?" Hunter mi fissa, ironico, trovando probabilmente esilarante il fatto che io abbia sempre da ridire su qualsiasi cosa succeda.
"Esattamente." rispondo, alla fine, girandomi per accertarmi che non mi stia ascoltando. Non vedendo né lui né Ira presuppongo che siano entrati ad annunciare il nostro arrivo, così proseguo. "Sadico è fargli un complimento. E' il peggio del peggio...suo fratello è il suo contrario, grazie a Dio."
"Si vede che hanno due temperamenti diversi." Theodore porta l'indice al mento, assumendo un'espressione pensierosa. "So che sono fratellastri, e in effetti hanno alcuni tratti fisici in comune. Oltre a questo, però...niente, credo. Eppure sono uniti."
Annuisco: "Molto uniti. Non si direbbe, ma a detta di Ira è così anche se, devo dire, è stato parecchio schivo nei confronti dell'argomento."
Regan se ne esce con un sospiro, alzando poi le spalle: "Non lo sapremo mai, forse. Siamo considerati nulla, qui dentro. Un immenso nulla."
"Che negatività." Hunter guarda la rossa ridacchiando, alzando però di scatto lo sguardo non appena ognuno di noi sente il proprio supervisore chiamarci per nome. Celia chiama Hunter, Marlene chiama Theodore, Kalidas chiama Regan ed infine Levi chiama me, anche se naturalmente avrei preferito essere chiamata da Ira. Mentre gli arrivo di fronte vedo i suoi occhi azzurri farsi sempre più sottili fino ad essere quasi inquietanti, e la sua espressione diventare quasi ironica mentre, con una lentezza impressionante, sfila dalla cintura un paio di manette. Ti prego, non di nuovo.
"Dov'è Ira?" gli chiedo, tendendo le mani verso di lui per non fare più storie del dovuto.
"Dentro." mi risponde con un tono seccato, mentre apre le manette e ne richiude una attorno al mio polso, riservandosi l'altra per il suo come vedo che tutti gli altri stanno facendo. La mia è estremamente larga, però. Muovendomi appena potrei sfilare tranquillamente la mano.
"Ehi, genio, è enorme." borbotto una volta che lui alza il viso verso di me. "Se scappo devi rincorrermi."
I suoi occhi cadono per un attimo sulla mia mano, per poi chiudersi in una smorfia allegra: "Sono loro che devono credere che tu non possa scappare, ma non occorre che io ti incateni a me sul serio come ieri."
Lo guardo, perplessa, trovando nei suoi occhi uno strano guizzo di allegria: "Come lo sai che non ce n'è bisogno? Potrei scappare in questo momento."
Levi alza le spalle: "Non ti conviene. Cosa faresti senza di noi? Senza di me?"
"Senza di te probabilmente respirerei senza odiare il mondo, senza gli altri non lo so." sentenzio, sostenendo il suo sguardo. So che dico sempre che non voglio più parlargli, ma rispondere alle sue provocazioni è più forte di me. "Non darmi per scontata."
"Non mi permetterei mai." lui alza la mano libera all'aria, sorridendo. "Andiamo, madame?"
Sospiro, affranta, riservandogli però una gomitata: "Dacci un taglio."


La struttura in cui entriamo sembra il doppio di quella da cui siamo partiti: è tutto bianco - un bianco stomachevole, tutti i ragazzi intorno a noi hanno delle tute uguali a quelle dei nostri supervisori e lo stesso sguardo altezzoso dipinto sul volto. C'è un grande via vai in ogni angolo, che si tratti dell'atrio o degli infiniti corridoi che collegano parti diverse dell'edificio a quest'enorme sala centrale.
Io e Levi apriamo la fila, non riesco a vedere le reazioni dei miei compagni ma so che sono spaesati quanto me. Cosa ci faranno qui? Ho sopportato appena i controlli nell'altra prigione, non posso passarci di nuovo. Tutto il male che non ho fatto a Levi potrei farlo a qualcun altro se la tensione continua a crescere così smisuratamente in me, e non riesco a fare altro che sbattere velocemente le palpebre e assicurarmi che, in un modo o nell'altro, una via d'uscita ci sarebbe.
"Levi Callaway!" una voce femminile mi distrae dai miei pensieri, mentre vedo una ragazza tutta impettita dirigersi verso il Topo con un sorrisone stampato su quel viso da prendere a schiaffi.
"Jennifer." Levi mantiene un certo distacco, stringendole cortesemente la mano. Bravo Topo. "Credevo fossi al centro ad est."
"Mi hanno trasferita proprio per il vostro arrivo. Avete fatto grande scalpore, sai? Insomma, una di loro incinta...che stupida."
Sgrano gli occhi, e mi sa che Levi ha già capito cosa intendo fare dal momento che, sapendo che la manetta non è realmente un problema, stringe la mia mano e la tira indietro. Sapesse cosa me ne faccio io del suo tentativo di farmi stare buona, quest'oca ha appena offeso mia sorella e non può passarla liscia così.
"Cos'hai detto?" sbotto, vedendo i suoi occhi verdognoli sgranarsi per la sorpresa del tono che uso.
"Tu, piuttosto. Come ti viene in mente di rivolgermi così la parola?" la bionda ossigenata mi arriva di fronte, mentre Levi si picchia una mano alla fronte. Che carino, sa già che farò un casino. "Sei solo una delle tante nostre spine nel fianco, nulla di più."
Sorrido come se mi stessi realmente divertendo: "E tu non sei altro che la feccia che incontro ogni giorno lungo la mia strada. Bella storia, no?"
La fantomatica Jennifer picchia la scarpa col tacco a terra, diventando tutta rossa per la rabbia: "Vedi di abbassare i toni, piccola schifosa-"
"Adesso basta." Levi interviene, ma a me rivolge solo le spalle e parla solo all'oca. Tutti animali, qui dentro. "Non la conosci, non insultare se non sai chi hai davanti."
"Levi?" la biondina sembra veramente sorpresa nel sentire le parole del Topo di fogna. "Stai rimproverando...me? Non hai sentito come mi si è rivolta contro?"
"Ha fatto bene. Il suo DNA sarà quel che sarà, ma ha la bocca per parlare e offendere anche lei come te, io non ho alcun potere sulla sua volontà di parola. Può fare quello che le pare, e in questo caso ha ragione lei. Scendi dal piedistallo appena riesci, grazie."
Sgrano gli occhi, incredula. E' veramente Levi la persona che ha appena parlato? Mi ha difesa? Toh! Questa è bella. Mi guardo di nuovo attorno, notando stavolta Ira che, appoggiato con i gomiti alla cattedra circolare, sorride verso di noi. Da quanto è lì?
"Ti sei rincretinito stando nell'istituto a ovest." sentenzia Jennifer, offesa, girando i tacchi. "Eri molto meglio quando facevamo il lavoro adatto alla nostra età qui, a sud. Prima di tuo fratello, dico."
Confusa, attendo la risposta di Levi. Cosa vorrebbe dire il lavoro adatto alla sua età? Ci sono lavori per le età, in questo campo? Levi ha accennato solo stamattina al fatto che il suo lavoro richieda tanto impegno, per come la vede lui, ma non mi ha mai detto nulla in merito a ciò che è successo prima di arrivare dove siamo ora. La sua risposta, secca e tagliente come al solito, non tarda ad arrivare: "Se non dici niente è meglio per chiunque, credimi. Smettila di ficcare il naso nei miei affari, ti ho detto mille volte di lasciare Ira fuori dalla mia vita. Non ti ha mai riguardato."
"Mai?" la biondina si gira verso Levi con un sorrisetto terribile. "Oh, credo tu sia in torto."
Detto questo, se ne va muovendo le anche come se fosse sospesa su una fune. Mi aspetto da Levi delle spiegazioni, ma al posto di ciò di cui ho bisogno lui se la cava con un sospiro, mollando finalmente la presa sulla mia mano: "Ci sono proprio degli incompetenti."
"Incompetenti?" ripeto, facendo una smorfia. "Non mi sembrava che foste proprio estranei, comunque."
Il Topo di fogna mi squadra per un secondo, sospirando: "Hai la prima sessione di controlli tra venti minuti, converrebbe che ti andassi a preparare."
Scuoto la testa, rassegnata. Quanto non lo sopporto.


Sono di nuovo da sola, di nuovo in una stanza di isolamento, di nuovo in attesa che qualcuno mi raggiunga per darmi delle informazioni su cosa io debba mai fare. Sono stata separata dal gruppo ancora mezz'ora fa, mentre Levi è rimasto con me giusto altri dieci minuti per poi raggiungere i suoi colleghi. Al momento l'unica cosa di cui sono certa, purtroppo, è che dovrò fare almeno quattro iniezioni e una svariata serie di strani controlli. Non ho la minima voglia di farli, e non voglio nemmeno essere bucata di nuovo da altri aghi, direi che ne ho già avuto abbastanza. La mia abilità di adattarmi purtroppo non influisce in ambito mentale, perciò anche se mi sono abituata al clima diverso, all'aria soffocante e alla confusione costante, il senso di inadeguatezza continua a seguirmi come un'ombra. Non vedo Ira da quando siamo arrivati, ovvero da quando mi sono accorta di lui nel frangente in cui Levi litigava con Jennifer, ma non sono più riuscita a parlargli, perciò il mio status mentale non è nemmeno un po' rasserenato. Da quando sono scesa dalla macchina è stato un continuo declino per culminare poi nel momento in cui, proprio davanti ai miei occhi in questo istante, la porta fatta di vetri a specchio - chi è fuori vede me ma io non posso vedere loro, carino - della mia stanza si apre ed entra nientepopodimeno che Jennifer nonsoilcognome. Qualcuno mi vuole del gran male, ed è ora che lo ammetta. 
"Sono stata affidata a te." la bionda usa un tono di voce freddo come il ghiaccio, mentre appoggia una valigetta sull'enorme mensola bianca. "Ci divertiremo molto, vedrai."
"Lo immagino." borbotto, guardandola mentre compila un foglio apparentemente scritto in fretta e furia. Forse è un attestato a tutte le torture che sta per infliggermi.
"Ripartirete quando tu e i tuoi amici avrete reagito a tutte le sostanze nel modo corretto. Fino a quel momento, siete solo delle cavie."
Sorrido leggermente, guardandola tirare fuori un set di siringhe già piene di liquido: "Mi è stato detto di peggio."
"Con uno come Levi è certa la cosa." Jennifer mi rivolge uno sguardo pieno d'odio, venendo verso di me con una siringa. "Non è il compagno di giochi ideale, no?"
Incredibilmente sono d'accordo con lei, e solo per quello che ha detto abbasso la manica della felpa per lasciarle lo spazio sulla spalla per l'iniezione senza fare storie: "Per niente."
"Non è sempre stato così, se lo vuoi sapere." con un gesto secco, Jennifer infila l'ago nella mia pelle e spinge velocemente dentro il liquido. "Non mi aspettavo di trovarlo in questo stato."
Sembra che questa ragazza stia cercando di dirmi qualcosa senza però dirlo con parole chiare. E' forse il caso che provi ad indagare?
"In particolare?" le chiedo, trattenendo il fiato mentre la sento sfilare l'ago dal mio braccio e prepararsi ad un altro colpo.
"Si comportava come richiede il comportamento di un, all'epoca, sedicenne." anche se Jennifer usa un tono veramente distaccato, non sembra però dare così poca importanza a ciò che sta dicendo. "E' sempre stato uno sbruffone, ma col tempo la sua ironia è diventata troppo cattiva. Perlomeno, così mi hanno detto."
"Mh." aspetto che la seconda iniezione sia finita per guardarla poi negli occhi verdognoli. "Che relazione c'è tra voi due?"
La sua reazione è un semplice sorrisetto accompagnato da una smorfia: "Un po' come la relazione che ha con tutte le sue colleghe: è il tipico bel ragazzo che sa ammaliare, ma decisamente inavvicinabile. Che io sappia, non ha mai preso sul serio in considerazione una singola ragazza."
Me ne esco anch'io con una smorfia, anche se ad un discorso del genere non so nemmeno come sarebbe giusto reagire: "Non credo tu ti perda tanto, se ti può consolare."
Anche se, diciamocelo, non ho alcun dovere di consolarla. Paradossalmente sto allegramente chiacchierando con una delle persone peggiori al mondo - nella vastissima gamma di persone che conosco, ovviamente.
"Forse è più una questione di orgoglio, ora." la bionda infila il terzo ago, facendomi sussultare per il dolore. Comincio leggermente a vederci quadruplo. "Ma tanto non puoi capire."
"Per fortuna." borbotto, sentendo però l'improvviso bisogno di stendermi. Non so cosa sia, ma credo che le famose reazioni alle sostanze che mi sono state iniettate stiano decisamente facendo effetto. E' uno strano calore interno, anche se il mio corpo non mi concede più di tre secondi per sentirlo riesco però comunque a capire di non avere altra scelta se non quella di abbandonarmi al sonno e sperare di risvegliarmi ed avere ancora il controllo di tutto. Con tutti i farmaci che mi stanno dando ho seriamente paura di risvegliarmi e non sapere più chi o dove io sia. La voce di Jennifer ora sembra un ricordo lontano, ma ancora più lontana sembra la mia capacità di intendere e di volere. Se questa è una specie di reazione chimica che le sostanze stanno facendo dentro di me, a parte lo stordimento impressionante, non è poi così male. In fondo, credo solo che dormirò per un po' senza riuscire nemmeno a sognare dalla stanchezza che sto improvvisamente accumulando.

"Ehi, Siena? Siena? Dai, alzati."
Apro gli occhi, ma sopra di me non c'è più il soffitto asettico. C'è piuttosto una carta da parati leggermente antiquata, e anche se l'odore in questa stanza non è dei migliori questo posto sa comunque di casa. Girandomi di lato, noto che di fronte a me c'è il viso sorridente di mia sorella. Sorrido anch'io, per forza, scuotendo la testa. Speravo di non avere la forza per sognare, ma proprio Cherice ora mi sta svegliando nella camera dove di solito Theodore dormiva. Avevamo due case diverse: erano entrambe piccole, le stanze strettamente necessarie ed uno spazio vitale ristretto, ma stavamo fondamentalmente bene. Hunter e Cherice se ne stavano per conto loro, mentre io, Theodore e Regan dormivamo nella casa accanto. Spesso capitava che, essendo la stanza di Theodore la più fredda d'inverno e la più calda d'estate per via della sua posizione, dormissi io lì e Theo quindi nella mia. Non avendo problemi con le temperature a me andava più che bene, e poi adoravo dormire col profumo di Theo che mi avvolgeva, riusciva sempre a farmi addormentare col sorriso.
"Ti sei svegliata presto." è l'unica cosa che riesco a dirle, tralasciando tutto ciò che sta realmente succedendo nella realtà in cui io sto dormendo.
"Hunter russava." si giustifica, ridendo allegramente. "E il bambino è già pesante, accidenti."
"Ti credo." mi metto seduta senza alcun problema, uscendo lentamente di casa con Cherice al mio fianco. Il sole splende alto nel cielo come l'ultima volta che l'ho visto, mentre i passi di mia sorella sono veramente troppo leggeri per essere reali. Non c'è nessun altro nei dintorni, solo il nostro piccolo quartiere disabitato e il leggero soffio del vento.
"Allora, come va?" Cherice si lascia cadere per terra com'era solita a fare, inspirando a pieni polmoni il profumo dell'erba fresca di prima mattina. "Con Levi, intendo."
"Levi?" ripeto, trovando la domanda piuttosto strana. "Come dovrebbe andare?"
"Ti ho vista, sai." Cherice ammicca verso di me, ridendo quasi troppo forte. "In macchina, eri con Ira ma guardavi solo lo specchietto per vedere Levi. Cosa ti prende, Siena?"
E' incredibile come, non sentire il mio nome da qualche giorno, fa sì che il suo suono sia quasi estraneo, difficile da metabolizzare. Non so se questo accada perché sto sognando uno scenario così vivido o perché anche nella realtà suonerebbe così strano, ma spero di farci l'abitudine al più presto possibile. Non è per niente una bella sensazione.
"Niente." mi difendo alla fine, sedendomi accanto a lei. "Non guardavo lui."
"Anche nei sogni riesci a mentire?" mi rimprovera, corrugando le sopracciglia.
La cosa che mi ferisce di più di quest'affermazione non è tanto il suo contenuto, ma il fatto che sia un sogno creato dalla mia mente a dirmelo. E' come se stessi dicendo a me stessa di smettere di dire bugie che, tra l'altro, non so di star dicendo. L'unica cosa che riesco a fare, quindi, è guardare male Cherice e provare a difendermi: "Non sto per niente mentendo."
"Dovresti svegliarti, sai?" socchiudendo gli occhi per il sole troppo splendente, Cherice mi apostrofa con un tono divertito. "Nella realtà, dico. Stai dormendo da così tanto che mi stai sognando. Credo che Levi sia lì, quando aprirai gli occhi. Lo spero, almeno."
"E perché lo speri, di grazia?" appoggio le mani ai fianchi, sbuffando. "Non lo sopporto."
"Già, già." mia sorella mi liquida con un gesto veloce della mano. "Sono sicura che riuscirai a trovarmi, Siena. Non sono così distante."
Mi mordo il labbro, anche se so che sto parlando con praticamente la mia mente non riesco a trattenere tutta la rabbia, finendo per urlare contro l'immagine di mia sorella: "Perché hai dovuto abbandonarci tutti, si può sapere?! Ci hai lasciati nella merda dopo essere stata tu a metterci dentro!"
"Non avevo scelta." i suoi occhi puntano ora i suoi piedi, mortificati come è giusto che siano. "Hunter mi ha detto che potevo."
"Hunter?" sgrano gli occhi, restano veramente di sasso. "Come avrebbe potuto dirti di sì? Nemmeno lui sa perché te ne sei andata!"
"Ti sbagli." Cherice alza nuovamente lo sguardo verso di me, ora sorridente. "Mente. Tutti sono capaci di dire bugie, come te. Mi sta solo coprendo."
Scuoto la testa, alzandomi dall'erba in fretta: "Non lo farebbe mai. E' sempre stato sincero con me."
"Prova a ragionare." anche usando un tono tranquillo, la voce di Cherice in questo momento risulta fin troppo tagliente per essere solo frutto della mia fantasia. "E' più probabile che aiuti te o che aiuti me, la sua ragazza e la madre di suo figlio?"
Resto stordita qualche secondo, in effetti questo ragionamento non fa una piega. Se è così, però, Hunter ha non poche cose da spiegarmi. Voglio svegliarmi, devo parlare assolutamente con lui. Sveglia, Siena. Sveglia.

"Sveglia, Siena. Sveglia."
Riesco finalmente a sentire il peso del mio respiro, e vedere il soffitto come prima cosa mi dà incredibilmente sollievo. La luce è fastidiosa, come al solito, e riconosco di essermi svegliata nello stesso luogo in cui mi sono addormentata. Per lo meno non sono stata trasportata da destra e a manca mentre avevo una faccia da cretina addormentata.
"Mamma mia, quanto dormi."
"Sapevo che saresti stato qui." riesco a mettermi velocemente seduta senza subire strani giramenti di testa, guardando Levi dritto negli occhi celesti. "Ho sognato Cherice che mi parlava di cose strane."
Il Topo fa un sorrisetto divertito, sistemando meglio lo sgabello per poter appoggiare i gomiti sul materasso: "Immaginavo una cosa del genere."
"Parlo nel sonno?"
"No." Levi scuote la testa, in compenso però indica la valigetta da cui Jennifer estraeva le siringhe mano a mano che doveva farmi le iniezioni. "Ma il siero che ti abbiamo dato ha fatto lo stesso effetto su Hunter, mentre su Regan e Theodore non ha fatto niente. Sembra che a voi due stia succedendo qualcosa di strano."
"Jennifer mi ha accennato a qualcosa sull'essere una cavia...ma ho i ricordi sfocati, ad essere sincera."
Levi mi scruta velocemente, per poi concludere con un'alzata di spalle: "Agisce sulla memoria, infatti. Hunter ha iniziato a ricordare eventi dei suoi primi giorni di vita, mentre tu non ricordi nemmeno cos'è successo ieri."
"Ieri?"
Lui annuisce, facendo oscillare i ciuffi castani sulla fronte: "Ti stavo guardando dal vetro a specchio quando sei crollata. Tra l'altro, Jennifer ti ha riempito la testa con un sacco di cazzate prima che le sostanze facessero effetto ma non potevo intervenire, c'è un regolamento da seguire quando si fanno certi generi di operazioni. Mi dispiace che tu si stata ad ascoltarla."
Adesso che è di buon umore e che quindi non usa il suo simpaticissimo tono sostenuto mi verrebbe voglia di mollargli quattro schiaffi sulle guance, non è possibile che riesca a comportarsi da normale diciottenne solo quando gli giri e per il resto del tempo non è altro che uno stronzo. Mi dà davvero troppo fastidio, e se avessi le forze necessarie per dirgliene quattro lo farei volentieri, ma al momento penso di essere costretta a rimandare.
"Non ricordo granché." mento, sperando che lui non capisca che gli sto dicendo una bugia. "Piuttosto, perché sei qui? Se non sbaglio era Jennifer a starmi dietro."
"Per te," Levi mi guarda dritto negli occhi e, anche se forse il suo intento non è questo, riesce a farmi mancare per qualche istante da quanta serietà c'è nel suo sguardo. "Prima di tutti quanti, ci sono io. Ho aspettato che finisse di farti le iniezioni mentre dormivi e poi ho chiesto subito di prendere il suo posto. Se ti svegliavi con lei poi svenivi di nuovo, sicuro."
"Credo non fosse proprio tremenda come credevo. A quanto ricordo, insomma...hai sentito tutto, no?"
Il Topo di fogna fa un sorrisetto stranamente divertito mentre rivolge il viso verso di me appoggiando la guancia sulle sue braccia conserte sul materasso: "Ti riferisci al fatto che ha una cotta per me?"
La freddezza con cui questo ragazzo elargisce sentenze è impressionante, fa quasi paura. Cercando di nascondere quindi il mio imbarazzo per la questione, incrocio le braccia e distolgo lo sguardo dal suo: "Non volevo essere diretta."
"Dovresti, con me. E comunque lo so da quando la conosco, ma non ci ho mai nemmeno pensato. E come lei non ho nemmeno mai pensato a tutte le altre mie colleghe che credono che, solo per il mio grado di autorità, io sia un ragazzo da conquistare. Mi fanno pena. Non le considero nemmeno mie pari."
"Tanto per cambiare, insomma."
Di nuovo, alza le spalle per annuire e alza il viso verso di me: "Che colpa ne ho io se sono tutti così?"
Scuoto la testa, sbuffando. Per quanto lui possa avere più esperienza di me nel mondo, non ha ancora imparato che non si è al centro di se stessi. La sua esistenza sarà un continuo narcisismo se non riuscirà mai a vedere il valore che hanno le altre persone, che siano umani o metà. Questo suo guardare tutti dall'altro al basso senza riuscire mai a chiedersi 'perché' è l'unica sua condanna nella vita, prima imparerà a prendere in considerazione le persone come vere e proprie vite umane, prima risolverà questo suo grande deficit.
"Sai qual è il tuo problema?" magari sto andando incontro a morte certa, ma non riesco più a trattenermi.
"Immagino che tu stia per dirmelo." ribatte, guardandomi negli occhi con un sorrisetto.
Prendo un respiro, formulando velocemente il discorso nella mia testa: "Il tuo problema è che hai sempre visto tutti, ma non hai mai guardato nessuno."
La sua espressione spensierata lascia spazio ad un'espressione confusa, mentre i suoi occhi vagano nei miei in cerca di una risposta: "Che vorresti dire?"
"Esattamente quello che ho detto. Vivi solo per te stesso, prendendo in considerazione la tua esistenza e ignorando tutte le altre. Tratti me e tratti tutti gli altri come se fossimo degli zerbini, come se ti servissimo solo per raggiungere uno scopo che non ho idea di cosa sia. Non ti curi del dolore che possono provare gli altri, non t'importa cosa pensino né cosa facciano finché questo non ha a che fare con te."
Levi tentenna qualche istante, guardandosi leggermente prima intorno e poi rivolgendo il suo sguardo a me, titubante: "Credi davvero di conoscermi?"
Questa domanda mi spiazza, ma non devo dimostrargli la mia confusione, se no saprà di avermi perfettamente in pugno. Così me ne esco con un'alzata di spalle: "Non credo di conoscerti, ma credo solo di aver capito la tua attitudine verso le persone. Tutto qui."
"Forse hai ragione."
Sgrano gli occhi, sorpresa. Ragione? Io? Ma quando mai...detta da lui, poi, suona tanto come una simpatica presa in giro.
"Forse," ripete, appoggiando di nuovo i gomiti sul materasso, ora più tranquillo. "Te ne rendi conto perché non agisco così verso di te e quindi non sei inclusa nel gruppo di persone che vedo ma non guardo, come dici tu."
Ammetto che questa conversazione sta tendendo vagamente all'assurdo, ma non mi faccio scoraggiare e mi preparo alla guerra: "Non mi sembra che tu mi tratti tanto diversamente da come fai con gli altri."
"Stando alla tua teoria, allora, avrei dovuto solamente guardarti svenire e non fare nulla a riguardo. Successivamente poi me ne sarei dovuto fregare e mi sarei dovuto andare a prendere un caffè, per poi concludere con una partita a carte nell'attesa che ti svegliassi. Magari briscola." con questa stoccata finale, Levi sorride soddisfatto. "Ti sembra forse che io abbia fatto così?"
Sebbene io detesti questo ragazzo devo ammettere che ammiro profondamente la sua capacità di avere sempre un'antitesi pronta. Anche se in difficoltà, però, riesco comunque a rispondere: "Hai solo fatto il tuo dovere."
"Dovere?" ripete, forse sinceramente allibito. "Il mio dovere è quello di sorvegliarti, non di prendermi cura di te. Che tu stia male o bene, al mio ruolo, non importa niente. Fidati: ti ho vista, guardata e continuo tutt'ora a farlo. Se tu ti ostini a vedermi come il mostro cattivo, ben venga!"
Non riesco più a sostenere il suo sguardo e sono costretta a puntare il mio altrove, oltre le sue spalle: "Non riesco a capirti."
"Non ti ho mai chiesto di farlo." conclude, alzandosi finalmente dallo sgabello e ponendo fine a questa tortura. So per certo che non l'ha detto tanto per dire, lui mira solo a confondermi sempre di più le idee e su questo non ci piove. Sembra che sia tutto un gran mistero quando lui si mette a fare il filosofo, tutti questi gran significati dietro ad ogni parola non sono così semplici da interpretare, ma il peggio del peggio è che è proprio lui a riuscire a confondermi.


"Allora, ti sei ripresa?"
Guardo Kalidas che, entrando in questa stanza, porta con sé un'altra valigetta delle tortura. Non credo che Levi sia ancora fuori dalla porta a controllare che tutto vada bene, con la discussione avuta qualche ora fa forse se l'è presa. Non so nemmeno che fase ci sia ora delle varie iniezioni come non so perché Kalidas sia qui, a quanto ne sapevo ero affidata a Jennifer e poi, di nuovo, a Levi. Sono mentalmente instabile per stabilire se io sia contenta o meno che qui ci sia Kalidas e non il mio sadico supervisore, anche se non mi è ancora chiara la presenza del bestione che mi ha sedata la prima volta in cui sono entrata in contatto con loro.
"Devo parlare con Hunter." è la mia risposta, alquanto debole devo ammettere poi. Mi sembra di essere in una lavatrice ad essere sincera.
"Non è il momento giusto." Kalidas tira fuori dalla valigetta una strana mascherina collegata ad un tubo che finisce in una strana ampolla di vetro contenente chissà cosa. "Hai quest'ultimo test da fare, poi potremo ripartire. Anche Hunter è sotto osservazione come te."
Senza più opporre resistenza gli lascio mettermi la mascherina, notando come solo azionando un piccolo bottone il liquido diventi gas e io cominci ad inalarlo. Non ha un gusto particolare, so solo che un altro esame del genere e io vado fuori di testa. Non avere il pieno controllo delle mie azioni è decisamente orribile, non poter controllare i miei movimenti e sapere di essere in mano a degli estranei è una delle sensazioni peggiori che abbia mai provato.
"E' per rimetterti in forze, anche se non sembra." Kalidas appoggia la mano sulla mia spalla, sorridendomi appena. "Dagli dieci minuti per fare effetto, okay?"
Annuisco, ma sono ancora impegnata a chiedermi dove sia Levi per credere realmente alle parole del ragazzo davanti a me. Ho talmente tanti problemi da fronteggiare che ora come ora non so più se per me sia meglio addormentarmi o restare vigile.
Anche se con molta fatica riesco ad allungare il braccio verso Kalidas e ad attirare quindi la sua attenzione.
"Cosa c'è?" mi chiede, gentilmente, anche se questo suo tono mi convince ben poco.
"Devo parlare con Levi. Puoi chiamarmelo?"
"Levi?" Kalidas si guarda intorno, smarrito. "Non ci hai parlato poco fa?"
"Ho scordato una cosa." mento, anche se so che sto letteralmente calpestando il mio orgoglio facendo ciò che sto per fare.
Kalidas annuisce, alzandosi poi dallo sgabello: "Credo sia andato negli spogliatoi a fare la doccia. Adesso vado a cercarlo, se è reperibile te lo chiamo."
Gli faccio un cenno, fissandolo mentre si allontana dalla stanza. Non so cosa mi stia succedendo, forse è l'effetto di questo gas o è colpa di tutto l'insieme di fenomeni che mi stanno accadendo, ma c'è una richiesta che devo fare a Levi. So già la sua risposta, la so benissimo, ma devo comunque provarci. Non posso più sopportare tutto questo, prima o poi esploderò e non posso fare altro che essere terrorizzata da ciò. Solo una volta ho avuto un crollo dovuto ad una discussione con Theodore quando avevo tredici anni, e il risultato è stato devastante: il mio potere andò fuori controllo ed era come se tentasse di uccidermi da dentro. Non lo sapevo ancora gestire alla perfezione, forse nemmeno ora ci riesco, ed è ciò di cui ho più paura.
"Ehi." la porta si riapre e appare Levi con i capelli bagnati e una tuta diversa dalla precedente. La sua espressione non è esattamente rilassata ma nemmeno tesa, non saprei proprio come definirla. Forse dovevo ancora vederlo così. "Avevi bisogno?"
Annuisco, ma aspetto che venga vicino a me per parlare dato che non ho più di cinque decibel di voce disponibili. Lui si muove lentamente all'interno della stanza, e appena si abbassa per sfilarmi la mascherina e permettermi di parlare senza soffocarmi, vedo i suoi occhi farsi più attenti sul mio viso. Che c'è, ora?
"Sì." confermo, non badando alla sua espressione da cretino. Prima che possa continuare, ovviamente, vengo però bloccata da lui.
"Non ti fa bene questa sostanza. Hai gli occhi più rossi di uno che si è appena fatto di ketamina."
"Forse c'è proprio quella." ribatto, respirando finalmente ossigeno. Comincio già a sentirmi meglio.
"Credevo andasse bene." borbotta, passando la mano tra i ciuffi bagnati con uno sbuffo. "Sapevo che avrei dovuto esserci io."
"Pensavo fossi arrabbiato." ammetto, anche se la cosa non mi tocca più di tanto ad essere sincera.
Lui si gira verso di me, sorridendo: "E per cosa?"
"Lascia stare."
Se ne esce con un'alzata innocente di spalle, tornando però subito su di me: "Di cosa avevi bisogno? Se volevi che ti togliessi la maschera poteva farlo anche Kalidas."
Scuoto la testa, sentendo per un attimo il mio cuore accelerare: "Voglio che tu mi lasci andare."
Alla mia richiesta i suoi occhi azzurri si sgranano, sorpresi, mentre la sua espressione si fa quasi allibita: "Lasciarti andare?"
"Non ce la faccio." anche se mi sta costando tutta la mia volontà e dignità, mi metto seduta per riuscire a guardarlo negli occhi senza dover sentire la testa girare. "Devo cercare Cherice da sola."
"Sai che non posso farlo."
"Cosa diavolo ti ho fatto di male, eh?" sbotto, stringendo più forte che posso le lenzuola tra le mie dita. "Perché mi odi così tanto? Sono solo un pezzo da collezione, no? Ne hai già a centinaia come me!"
Il Topo di fogna sbuffa, forse esasperato o forse disperato, lasciando cadere per un attimo la testa all'indietro prima di avvicinare il suo viso al mio: "Ascoltami bene, perché lo dirò una volta sola. La tua presenza qui non è stata una mia richiesta, sono stati i piani alti a mandarmi in ricognizione e stare vicino a te per supervisionarti è stata l'unica scelta che ho potuto fare in tutta la faccenda. Non ti odio né mi hai fatto niente di - fondamentalmente - male, è solo il mondo che sta girando così. E anche se potessi non ti libererei, questo è certo."
Come immaginavo, il tono che ha usato è lo stesso che avevo previsto. Ma, anche se va tutto secondo i miei piani, devo continuare a ribattere: "E perché no, sentiamo! Visto che non è niente di personale sono curiosa di sapere perché non mi lascer-"
Il suo scatto improvviso mi fa sgranare gli occhi per la paura, mentre vedo chiaramente diversi rivoli di sangue scendere copiosamente dal suo braccio ferito. Ricostruisco mentalmente la scena: le sue guance che si arrossano e lui che, in un guizzo imprevedibile, spalanca il braccio colpendo l'ampolla di vetro buttando tutto a terra e tagliandosi lungo il braccio. Ora il suo respiro è affannoso, come se stesse attraversando quasi una crisi di panico, ma so che non è così perché il suoi sguardo resta inquietantemente pacato.
"Smettila con questi perché!" grida, girandosi di scatto verso di me, ignorando il suo braccio sanguinante. "Perché, perché e ancora perché! Credi che tutti le tue insulse domande debbano avere per forza una risposta? Non ce l'hanno, Siena, niente a questo mondo ha una cazzo di risposta! Non ti lascerei andare perché hai solo diciassette anni e non hai mai visto questo mondo al di fuori di quell'accidenti di quartiere in cui hai vissuto tutta la tua vita. Cosa faresti lì fuori, eh? Appenderesti dei cartelli e spereresti nella bontà della gente? Spiacente, non va così! Se ti tengo con me è solo per evitare che tu corra più pericoli di quanti già tu ne stia affrontando, anche se forse per la mia salute mentale sarebbe meglio non averti più tra i piedi!"
"Allora potresti fare a meno di fare scena e dirmi le cose prima di aprirti il braccio!" grido di conseguenza, alzandomi finalmente dal lettino dopo aver ripreso la lucidità necessaria per stare in piedi. Vado velocemente verso la valigetta del pronto soccorso appesa al muro, tirando fuori garze, alcool e cotone. "Non ti sopporto, cazzo!" sbotto, di nuovo, imbevendo un fiocco di cotone nel disinfettante. "Non ti sopporto nemmeno un po'." nel dire questo, però, appoggio il batuffolo sul suo braccio e cerco di pulire la ferita, fermando anche lo scorrimento del sangue. So che le mie azioni non corrispondono effettivamente a ciò che sto dicendo, ma non so sinceramente cosa diavolo mi stia prendendo. Sembra che io sia in grado solo di dare di matto ultimamente.
"Io sì?" domanda lui ironicamente, abbassando notevolmente il tono della voce mentre si siede sul lettino bianco. "Non ti sopporto nemmeno io."
"Bene." senza badare realmente a ciò che dice prendo le garze e bendo tutta la sua ferita, ignorando le smorfie di dolore che appaiono sul suo viso e le gocce di sangue che sporcano il lenzuolo immacolato. "Ti sta bene. Così forse impari a gestire la rabbia."
"Mi stai dando dell'isterico?"
Annuisco, terminando la medicazione: "Decisamente."
"Grazie." mormora, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo causato dal fatto che sia stata io, anche se negli insulti, a medicarlo.
Fisso la medicazione, guardandolo poi in viso mentre evita il mio sguardo direi palesemente. Sembra che l'unico modo che io e lui abbiamo per comunicare sia solo urlarci addosso finché uno dei due non alza bandiera bianca, vorrei che questa cosa cambiasse al più presto. Di questo passo la situazione non farà altro che peggiorare di giorno in giorno, e non è di certo ciò di cui ho bisogno.
"Sarebbe meglio se la smettessimo." mormoro, sedendomi nuovamente sul letto di fianco a lui.
"Di urlare?" giro il viso verso di me, guardandomi con uno strano sorriso. "Non credo sia possibile."
"Eppure ora non stiamo urlando."
"Sembri sotto l'effetto di droghe." mi apostrofa, ridacchiando, appoggiando però la testa sulla mia spalla. Aspetta, cosa sta facendo? "Anche io, comunque."
Anche se l'istinto mi direbbe di allontanarmi da lui, qualcosa che non capisco mi impedisce però di muovermi: "Non ci fa bene questo posto, probabilmente. A quanto pare hai un passato qui, no?"
In tutta risposta, Levi ghigna leggermente, facendomi mancare con la sua risata cristallina: "Hai ragione su entrambe le cose."



HEYTHERE
Sì, sono tornatat e mi scuso con tutta me stessa per il ritardo. Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere se ci sono dubbi o incomprensioni!
Vi lascio con uno SPOILER del capitolo 5...

"No, Siena." come ha già fatto in passato, afferra le mie mani a mezz'aria, bloccandomi come una scema. "Non stavolta. Non posso parlare."
"E se ti dessi un motivo per farlo?"
"E cosa potresti fare, sentiamo? Come pensi di convincermi?"
"Così." approfitto delle sue mani già intrecciate alle mie per azzerare la distanza tra me e lui e far collidere le nostre labbra.
Cosa cazzo sto facendo?


Ale xx

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Capitolo 5
*** Patient ***


Interstellar cap.5
INTERSTELLAR
CHAPTER FIVE
"Patient"



"Una videocamera?"
"Una videocamera. Mai vista una?"
"Vista sì, ma non l'ho mai usata..."
"Bene, comincia adesso e trovati un passatempo, per l'amor di Dio!"

E' così che è iniziato tutto.
Io, Levi, Hunter e Celia siamo stati lasciati all'istituto Saint Guillaume perché la mia salute e quella del mio compagno non è ancora stabile, quindi Theodore, Marlene, Regan e Kalidas sono dovuti andare avanti per mappare la zona e vedere se c'erano tracce di Cherice. L'unica novità, a questo punto, è che sia io che Hunter abbiamo avuto la febbre a trentanove e sette costante e abbiamo delirato. La febbre che prendiamo noi non è uguale alla febbre che prendono tutti gli altri umani, direi che è peggio: non abbiamo male alla gola, o raffreddore, o i sintomi di una normale influenza. Il nostro periodo di malattia è un trauma perché agisce sul nostro DNA modificato e va ad agire sul cervello, facendoci dare di matto. Diciamo cose stupide, la maggior parte delle volte non riusciamo nemmeno a prestare attenzione a chi ci parla e dimentichiamo tutto da un momento all'altro, tanto che alla sera non sappiamo più dove siamo stati o con chi abbiamo parlato. E' per questo che Levi, tre giorni fa, mi ha prestato la sua videocamera. Mi ha detto di filmare ciò che mi sembrava più importante in modo da poterlo ricordare nel caso venisse dimenticato, e nel frattempo quindi di stare buona e fare un'attività che non nuocesse alla sua salute - di fatto l'altro ieri ho fatto finta di essere in moto con i suoi capelli come manubrio.
Questa situazione però ha sia lati positivi che negativi: partendo dai secondi, non posso parlare seriamente con Hunter della faccenda del sogno perché ogni volta che inizio il discorso finisco per parlare di caramelle al mou e di pinguini dell'Antartide. Non so come funzioni la mia mente in questi giorni, so solo che spero che nessuno ne faccia mai parola. Prendendo in cosiderazione i primi, però, Levi è più buono con me e porta più pazienza del solito, del resto sa che sostenere una discussione in questo momento non porterebbe a niente di buono, forse lo farebbe diventare ancora più isterico.
E' per questo motivo che oggi, primo giorno in cui la ragione sembra essermi tornata, ho deciso che rivedrò tutti i video che ho fatto durante questi tre giorni di cui non ricordo alcun particolare. Non so attualmente con chi ho parlato, cos'ho detto o fatto, cos'ho mangiato e dove ho dormito. Forse non sono nemmeno sicura di voler sapere quanti danni ho causato, ma dato che sono sicura di aver superato i limiti allora mi conviene assumermi le mie responsabilità.
"Ohi."
Blocco il dito a mezz'aria, quasi trattenendo il fiato. Mi giro di scatto, chiedendomi chi abbia osato entrare nella mia stanza senza nemmeno bussare. La risposta, ovviamente, può essere solamente una.
"Ehi." ricambio, mettendomi seduta. "Non hai qualche animaletto da torturare?"
Il biondo ride, divertito, facendo saettare i suoi occhi nocciola sui miei: "Ho già dato, per oggi."
Ora, Kid Begum è l'unica persona che ricordo di questi tre giorni passati a fare e dimenticare nell'istante successivo. L'ho conosciuto il primo giorno di raffreddore, diciamo, quando la febbre stava lentamente venendo fuori: credo sia per questo che mi ricordo di lui, la mia testa era ancora abbastanza in assetto. A dirla tutta, è stato Levi a presentarmelo dato che sapeva che lui sarebbe stato impegnato e che, secondo il suo parere, avevo bisogno di qualcuno che badasse a me. Continuavo a chiedere di Ira, ma sembrava che fosse sparito nel nulla e che al suo posto avessero messo Kid. Quindi, tornando a noi, chi è Kid?
La prima volta che lo vidi, una settimana fa, fu mentre Levi mi stava riaccompagnando nella mia stanza dopo una serie di esami. Un ragazzo biondo gli andò a sbattere contro, correndo, e si girò subito verso di noi per scusarsi con un sorrisone.
"Ohi, scus--" poi si bloccò, fermando anche la corsa. "Levi?!" domandò, incredulo.
La mia prima impressione fu che avevo a che fare con un ragazzo nella media: aveva sicuramente la mia età, i capelli biondi erano lasciati crescere un po' troppo e gli occhi marroni erano decisamente allegri. La sua pelle era piuttosto chiara e faceva non poco contrasto con le iridi scure, per non parlare delle due piccole placche di matello che aveva alle orecchie: non avevo mai visto orecchini così, ma a lui stavano piuttosto bene. Non sembrava un tipo cattivo, ma per essere lì non poteva essere tutto rose e fiori come appariva.
"Da quanto tempo." il mio supervisore batté il pugno al biondino, sorridendo a sua volta. "Non eri a est con Jennifer?"
"Deve avertelo detto lei quando siete arrivati, Testa Vuota." il tono con cui il ragazzo nuovo chiamò Levi mi sorprese, non era di certo un tono che potevano permettersi in molti. "Ci hanno trasferiti perché dovevate arrivare voi. Ohi, è la tua ragazza?"
L'uso della sillaba 'ohi' cominciò a divertirmi già allora, notando come fosse un tic involontario del biondino. Levi, comunque, rispose alzando le spalle: "Ah già, devo essermene scordato. Comunque, capiti a fagiolo. Lei," mosse un passo di lato, indicandomi con un cenno della testa. "Si chiama Siena, è la mia protetta. Vorrei lasciartela in custodia, se hai un po' di tempo."
"Ne ho fin troppo." il biondo si rivolse poi verso di me, stringendomi la mano con un sorriso indecifrabile. "Piacere di conoscerti, Siena. Sono Kid."
Dopo il nostro primo incontro, non ricordo molto di lui. So che facemmo parecchie partite a carte, ma non ne portammo mai a termine nessuna a causa della mia scarsa concentrazione. Dopo questo, ho ricordi molto vaghi, tra cui anche un evento che penso di averlo voluto dimenticare spontaneamente. Non so se sia presente nei nastri, ma se è effettivamente registrato sarò ben felice di sapere cos'ho combinato e perché, in modo da chiedere scusa al diretto interessato, sperando ovviamente di non aver fatto nulla di imbarazzante. Ripeto che non ho idea di cosa mi aspetti, ma ho una gran brutta sensazione in merito a questo evento specifico, e ho come l'impressione che c'entri Levi.
"Come stai?" Kid si lascia cadere accanto a me sul mio letto, facendomi rimbalzare di conseguenza. Devo ammettere che è un ragazzo piuttosto invadente, ma al momento non è ancora meritevole degli insulti in stile Levi. Per quelli bisogna fare l'abbonamento.
"Ricordo cos'ho mangiato a colazione." rispondo, sorridendo sollevata. "Non è magnifico?"
"Ohi, grandioso." il biondo posa il suo sguardo sulla telecamera, perplesso. "Hai ancora bisogno di quella?"
Scuoto la testa: "No, ma devo vedere i danni che ho combinato."
"Non so se ti convenga." Kid fa un sorrisetto nervoso, grattandosi la testa.
"E invece lo faccio apposta per rendermi conto di cos'ho detto o fatto...ho una strana sensazione nei confronti di Levi."
Kid si esibisce in una risatina poco convinta: "Diciamo che non avere il controllo sulla tua mente ha fatto sì che venissero fuori cose inaspettate, ecco."
"Merda." fisso l'oggetto tra le mie mani, chiedendomi cosa ci troverò dentro. "Hai voglia di stare con me mentre rivedo i nastri? Se devo chiederti qualcosa, insomma..."
Il biondo annuisce, mettendosi comodo: "Ti servirà una spalla su cui piangere, diciamocela netta. Non so quanto ti piacerà quello che vedrai."
Ridacchio sconsolata, facendo poi partire il primo video. Spero di non trovare niente di compromettente, anche se non so perché ho la decisa sensazione che sarà proprio così. Apriti cielo.
"Tutti i commenti e domande alla fine?" mi chiede prima che io possa premere il pulsante di avvio.
"Sì, tutto alla fine." non ne sono molto convinta, ma forse è meglio così. "Se no perdiamo tempo, no?"
"Giusto."

Primo giorno, registrazione #1
Camera mia, davanti a me c'è Hunter che, guardandomi con gli occhi da pazzo, sorride inquietantemente.
"Sembri un omicida isterico, Hunt. Peggio di Levi."
"E tu assomigli ad un tonno pinnegialle."
"E perché?"
"Perché di sì." Hunter si lascia cadere all'indietro, sbattendo sonoramente la testa contro il muro. "Oh. Ahia."
"Come sta Theodore?"
"Come faccio a saperlo, Genio? Ho appena sbattuto la testa."
"Questo l'ho visto."
"HO APPENA SBATTUTO LA TESTA!" grida, portandosi le mani sul viso. "Ho appena sbattuto la testa, ho appena sbattuto la testa, ho appena sbattuto la testa..."
"Ho capito, cazzo!" scoppio a ridere anche se avrei dovuto probabilmente piangere per la situazione disperata. "Hai appena sbattuto la testa."
"No, ho appena sbattuto le uova."
"Hunter?"
"Le uova." ripete, sorridendo convinto. "Le uova. Le uova per la torta. Le uova."
"Le uova." ribadisco, girando la telecamera verso di me e inquadrando quindi il mio viso. "Le uova."

Primo giorno, registrazione #2
Siamo nella mensa del Saint Guillaume, io sto filmando qualsiasi cosa mi passi a tiro. Sono in un tavolo abbastanza piccolo, seduti accanto a me ci sono Levi, Hunter, Celia e Kid. Sul mio piatto c'è una strana minestra di fagioli, ma la cosa buffa è che io ho sempre odiato i fagioli.
"Non hai fame?" Levi mi spinge leggermente con la spalla, tanto che l'inquadratura trema per qualche secondo. "Dovresti mangiare, magari ti rimetti prima."
"Non mi piacciono i fagioli." brontolo, inquadrando prima il mio piatto e poi nuovamente il mio supervisore dagli occhi celesti.
"E allora perché mai hai preso la zuppa di faglioli?"
"Beh...a me piacciono i fagioli, cosa credi?"
"Ma...hai appena detto di no." Levi sembra confuso, anche se comunque continua a guardarmi sorridendo. "Certo che non sembri nemmeno tu."
Mugugno qualcosa di incomprensibile, spostando poi la telecamera verso Kid: "A Kit invece piacciono i fagioli?"
"E' Kid, non Kit." il biondo guarda il suo piatto per qualche istante, confuso. "E poi questo è un uovo sodo, dove li vedi i fagioli?"
"Proprio lì." il mio dito spunta nell'inquadratura, intento ad indicare il suo piatto dove, effettivamente, non vedo tracce di fagioli. "Non li vedi?"
La risposta di Kid non arriva nitida alla telecamera in quando Levi la prende dalla mia mano e mi inquadra, parlando verso il microfono. "Gentili telespettatori, questa è Siena Tanner con la febbre alta. Continua a sparare cazzate da ieri sera e non distingue un uovo da un fagiolo. Guardatela bene negli occhi, non sembra leggermente fatta di sostante allucinogene? Se siete d'accordo con me chiamate il numero verde in sovraimpressione e verrete contattati--"
"Quanto sei stupido." Celia prende la telecamera dalle mani del castano, puntandola poi in modo da inquadrare sia me che lui. Nell'immagine che segue, io e Levi siamo praticamente attaccati dato che il tavolo è un po' troppo piccolo e stiamo entrambi ridendo. E' la prima volta che vedo me e lui insieme, e devo dire che mi fa uno strano effetto considerando che non abbiamo mai veramente riso insieme.
"Signori e signore," Celia parla al microfono, facendo il giro del tavolo. "Vi presento Hunter Newell, ragazzo-padre attualmente sotto l'effetto di strane droghe. Poi abbiamo Siena Tanner e Levi Callaway, una sottospecie di 'Romeo e Giulietta' dei poveri. Infine c'è Kid Begum, mister passato oscuro e mister sorrido-come-se-avessi-una-paralisi."
"Sta' un po' zitta!" Kid prende la telecamera, inquadrando Celia. "Ohi...ma come funziona? Ah, okay. Gentili affezionati del programma, per concludere lo show abbiamo Celia Curbstomp, piccola suddita del qui presente Levi Callaway. Celia Curbstomp bazzica di istituto in istituto alla ricerca di qualche gioia nella sua triste vita, ma a quanto pare non riesce a trovarne una. Per questa sera è tutto, vi aspettiamo con l'edizione di domani alla stessa ora."

Primo giorno, registrazione #3
Di nuovo sono in camera mia, ma dalla piccola finestra non filtra nemmeno un raggio di sole quindi ad occhio e croce dev'essere stata sera. La prima inquadratura è solo il mio letto, ma appena l'obbiettivo si alza un po' noto che la mia maglietta è stropicciata sul cuscino. Di conseguenza io dovrei essere nuda o semi-nuda, no?
"Ho quasi finito."
La voce che sento dietro di me mi fa rabbrividire. Perché Levi ha quasi finito? Perché io non ho la maglietta? I miei sospetti si fanno sempre più inquietanti finché non vedo una siringa spuntare nell'inquadratura, e finalmente riesco a calmarmi.
"Speriamo che faccia effetto." sospira, tornando davanti a me e quindi visibile alla telecamera. "Sono anche un buon medico, non credi, Fuggitiva?"
"Nah." borbotto, parlando troppo forte sul microfono. "E' il tuo dovere, Topo."
Levi ridacchia appena, cercando di prendere la telecamera: "Ancora con questa storia? Il mio dovere è quello di su-per-vi-sio-nar-ti. Okay? Non di farti da babysitter."
"Sì, sì..." faccio zoom a caso sul suo viso, vedendo come un'espressione divertita si faccia strada insieme al suo sorriso spontaneo.
"Non è meglio che tu ti rivesta, Siena? Non per dire, ma non fa proprio caldo. L'iniezione te l'ho fatta ormai."
Dal movimento dell'inquadratura intuisco di aver alzato le spalle, agguantando poi la maglietta e appoggiando poi la telecammera per i pochi secondi necessari a rivestirmi.
"Fatto!" esclamo, lanciandomi poi addosso a Levi che, prontamente, mi afferra prima che la mia fronte possa collidere con la sua.
"Ehi, vacci piano, Drogata." borbotta, comunque ridacchiando. "Certo che una febbre così...non avevo mai assistito ad una cosa del genere."
"Hai gli occhi proprio azzurri."
"Ma dai?" più io vado giù su di lui, più è costretto ad affondare i gomiti nel materasso per non perdere stabilità. E' probabilmente la situazione più imbarazzante che io abbia mai provocato. "Complimenti per essertene accorta adesso."
"Sei cattivo." brontolo, tirandomi finalmente su e rimettendomi seduta. "Io ti faccio un complimento e tu nemmeno mi ringrazi..."
"Non credevo fosse un complimento. Credevo, insomma...una constatazione."
"E invece no." dal movimento della telecamera credo di incrociare le braccia, tenendo comunque puntato Levi. "I miei sono marroni. Ce ne sono a migliaia di occhi come i miei, dovresti ritenerti fortunato."
"Ce ne sono migliaia anche di azzurri." ribatte, avvicinandosi a me di un poco. "I tuoi invece sono solo tuoi. Non ne ho mai visti così."
"Non hai mai visto occhi marroni?"
Se ne esce con una risatina, strappandomi dalle mani la videocamera e inquadrandomi velocemente prima di ridere e dire: "Questa è meglio se la spegni, adesso."

Secondo giorno, registrazione #4
"Io sono Sherlock Holmes e tu sei Watson. Okay?"
La scena si apre su un primo piano di Kid, sinceramente non riesco nemmeno a riconoscere l'ambiente circostante. In tutta la sua solita allegria, scuote la testa ridendo: "Non se ne parla. Devo solo farti da babysitter, non sono tenuto a giocare."
"Volevo farti solo qualche domanda."
I suoi occhi marroni puntano improvvisamente la telecamera: "E devi per forza filmare?"
"Levi mi ha detto che è meglio che io filmi qualche momento della giornata se non voglio svegliarmi domani in preda ad un'amnesia totale. Allora?"
"Ah, e va bene. Ma fa' una cosa indolore."
Posiziono meglio la telecamera, inquadrando anche un po' di sfondo (sembra essere una libreria, forse sono nella camera di Kid).
"Numero uno: quanti anni hai e quando sei nato?"
"Diciassette come te, sono nato il ventuno marzo."
"Numero due: nome completo."
"Kidden Tyler Begum."
Tentenno un po', aspettando qualche secondo prima di tornare alla carica: "Numero tre: come fai a conoscere Levi e da quanto siete amici?"
La domanda sembra spiazzarlo un attimo, facendo sparire il sorriso dal suo viso allegro: "Ci conosciamo da quando io ho tredici anni e lui quattordici, eravamo entrambi all'istituto sud e ci hanno messi nella stessa squadra insieme a Jennifer. Da cosa nasce cosa poi, e quindi siamo diventati effettivamente amici."
"Numero cinque: conosci Ira?"
Di nuovo, nel suo viso appare un'ombra di confusione: "Sì."
"Numero sei: cosa c'entra Jennifer, e quindi a questo punto cosa c'entri anche tu, con la storia di Ira e Levi?"
"Sai un po' troppe cose per essere solo la protetta di Levi." come previsto, Kid elude la domanda. "Perché vieni a chiedermi questo?"


Secondo giorno, registrazione #5
Non sono più all'interno dell'istituto, ora l'obbiettivo punta sul volto di Hunter e sugli alberi sullo sfondo. Di certo il Saint Guillaume è più bello dell'istituto di partenza, soprattutto poi se non ho la ragione necessaria per concepire che sono comunque in prigione anche se riesco a vedere la luce del sole.
"Cosa stiamo facendo, Siena?"
L'inquadratura scatta su Hunter, mentre la mia voce si fa sentire: "Che vuoi dire?"
"Siamo qui a fare nulla mentre Cherice è chissà dove."
"Non sai nemmeno quello che stai dicendo." ribatto, sbuffando sul microfono. "Saremmo solo stati inutili, là fuori. Questo è solo un momento di lucidità che ci salva."
"Mi manca Cherice." ammette, appoggiando la fronte sui palmi aperti delle sue mani. "Voglio sapere se mio figlio sta bene...insomma, gli piaceranno le caramelle al mou?"
"Probabilmente gli piaceranno di più i pinguini dell'Antartide."
"Dici? Forse hai ragione..."


Terzo giorno, registrazione #6
Non mi spiego il salto temporale così ampio, ma siamo già alla sera del terzo giorno di febbre (ovvero a ieri sera). Sebbene ci siano solo tredici o quattordici ore di differenza tra questo momento nel presente e il momento del video non riesco comunque a ricordare nulla di quello che è successo. L'inquadratura fissa e immobile della mia telecamera, però, è in qualche modo inquietante. Riesco a vedermi di spalle, di fronte a me apparentemente nessuno.
"Non ti ho vista usare la telecamera, oggi."
Sono costretta a ricredermi, davanti a me appare lentamente Levi intento a rimettere a posto una siringa nel suo contenitore.
"E' in carica." mi difendo, indicando l'obbiettivo. "E' spenta da ieri sera."
"Sicura di averla spenta?"
Annuisco, ma ora mi sto chiedendo se era un bluff o se stavo dicendo la verità. A conti fatti non potevo nemmeno ricordarmi se fosse spenta o meno.
"Kid mi ha detto che gli hai fatto delle domande strane, ieri."
Immagino che la mia espressione si sia dipinta di un'aria chiaramente colpevole, mentre porto le mani dietro alla schiena: "Non me lo ricordo."
"Chiaramente." Levi sbuffa, appoggiando le mani sulle mie spalle. "Non ficcare il naso in affari che non ti riguardano, okay? E' meglio che tu resti all'oscuro di tutto ciò che mi riguarda. Anche se te lo dicessi adesso poi non lo ricorderesti, quindi lasciamo perdere e basta."
"E perché non me lo dici lo stesso?" brontolo, sbattendo il piede a terra. "Tu sai tutto di me. Perché io non posso sapere nulla?"
"Perché è meglio così." Levi distoglie lo sguardo dal mio, riportando le braccia lungo i fianchi. "Fidati di me. E' meglio così."
"Come posso convincerti?"
"Perché ti interessa tanto?"
Alzo le spalle, avvicinandomi a lui di qualche passo: "Perché di sì. Mi interessa e basta. Sembra che tutto, bene o male, sia collegato a te. Kid, Jennifer, perfino io...non ci capisco più niente e non sono nemmeno nelle condizioni di ricordare cosa mi dirai, perciò cos'hai da perdere?"
"Rischio che la tua memoria riprenda a funzionare correttamente nell'istante in cui io inizi a parlare." Levi mi guarda dall'alto al basso, sbuffando. "E' tardi. Perché non dormi un po'?"
"Non puoi fregarmi sempre, Levi!" sbotto, il mio tono di voce risulta decisamente teso sebbene tremante. "Voglio sentire cos'hai da dire!"
"No, Siena." come ha già fatto in passato, afferra le mie mani a mezz'aria, bloccandomi come una scema. "Non stavolta. Non posso parlare."
"E se ti dessi un motivo per farlo?"
"E cosa potresti fare, sentiamo? Come pensi di convincermi?"
"Così." approfitto delle sue mani già intrecciate alle mie per azzerare la distanza tra me e lui e far collidere le nostre labbra.
Cosa cazzo sto facendo?
Sto baciando Levi.
Così, per l'anima del cazzo, lo sto baciando.
Ma stiamo scherzando?
E' questo il brutto presentimento che avevo, lo sapevo che sarebbe successa una cosa del genere. Non ci posso credere. Non posso nemmeno descirvere le mie emozioni perché non mi ricordo effettivamente di aver mai fatto una cosa del genere, perciò spero solo di vedere Levi al più presto per scusarmi della mia mossa avventata. La cosa veramente buffa di questa registrazione è che non doveva essere fatta, solo che per puro caso o per mia volontà, non riesco a rcordare, ha effettivamente impresso tutto nel nastro. Io ho baciato Levi. E continuo a farlo da diversi secondi ormai. Le sue mani hanno allentato la presa sulle mie ma in compenso ora sono appoggiate sui miei fianchi, mentre i suoi occhi continuando a restare socchiusi probabilmente intenti a capire cosa diavolo mi stia prendendo. Se potessi vorrei sotterrarmi in questo momento. 
Quando ci stacchiamo, dopo quasi un minuto, i suoi occhi sembrano scrutare attentamente i miei: "E' questo il tuo modo di convincermi?"
Annuisco, mantenendo probabilmente un'espressione seria - di fatto non lo so, nell'inquadratura sono di spalle.
"E va bene, allora." Levi prende un respiro, sedendosi sul letto. "La telecamera è spenta e tu non ricordi niente, no?"
Mi siedo accanto a lui, rivolgendo il mio viso di fronte a me e quindi sono finalmente visibile alla videocamera. Devo ammettere che sto sorridendo come una stupida, ora: "Vuol dire che ti ho convinto?"
"Solo perché ci sono queste due condizioni." borbotta, rivolgendosi poi verso di me con un'aria vagamente stordita. "Allora, sei pronta? Ira è--"

Premo velocemente il pulsante di pausa, spegnendo la telecamera subito dopo. Sento il mio viso in fiamme, se non ci fosse Kid di fianco a me probabilmente farei un pensierino sulla finestra che dà proprio sul cortile. Un volo di otto piani dovrebbe bastare, no?
"L'hai...fermata?" la voce del biondo è confusa, anche se sembra essere contento di ciò che ho appena fatto.
"E' giusto così." rispondo, allontanando l'oggetto da me. "Levi credeva di dirmelo in modo che io oggi non ricordassi più nulla, ma vedendo questo nastro scoprirei tutto e lo ricorderei. Sarei solo una bugiarda se sapessi tutto e continuassi a negare, per non parlare del fatto che non riuscirei più a comportarmi normalmente sapendo che praticamente tu, Jennifer, Ira e Levi siete coinvolti in qualcosa di sicuramente più grande di me."
"Sei una ragazza saggia, e questo ti fa onore." Kid appoggia la guancia sul palmo della mano, guardandomi con un sorriso strano. "Per tutta questa faccenda noi dipendiamo da lui, perciò non possiamo dire niente. Non so perché te l'abbia detto, comunque...sapeva di correre un rischio."
"Non credevo che fossi coinvolto anche tu."
A dire la verità, la cosa un po' mi delude. Speravo finalmente di aver trovato una persona senza segreti, e invece scopro che anche Kid è legato alla storia di cui non so ancora niente. Non è colpa sua se è in mezzo, ma in qualche modo è come se sentissi di dover prendere le distanze da tutti quanti in questo momento per questo motivo. Sto solo facendo una gran confusione e non so più da dove iniziare a rimettere in ordine.
"Mi dispiace." i suoi occhi castani si rattristano appena. "Ma vedrai che man mano che lui vedrà in te una persona su cui fare fiducia, tutto si farà sempre più chiaro. Ne sono convinto."
"Io e lui non siamo, diciamo...amici per la pelle, ecco. Non andiamo molto d'accordo."
"Non ti saprei dire il nome di una singola persona che sia andata d'accordo con Levi fin da subito." Kid scoppia a ridere da solo, trascinando leggermente anche me. "Però sono sicuro che vada già un po' meglio dall'inizio. Insomma, se non l'hai notato sei stata tu a baciarlo."
Le mie orecchie sembrano andare a fuoco nel giro di qualche istante: "Non sapevo cosa stavo facendo!" mi difendo, notando come la mia voce diventi acuta quasi fino a far ridere.
"Se fossi in te andrei a chiarire il malinteso dato che sembri vagamente preoccupata."
"Hai ragione." afflitta, mi trascino in piedi e tiro un sospiro. Non so se vergognarmi di più per tutte le cazzate che ho sentito nei video o per l'ultima registrazione che ho visto. Spero solo di trovare Levi al più presto: ho fin troppe domande da porgli. "Lui, insomma...cosa ti ha detto in merito a ciò che ho fatto?"
"Premettendo che ci siamo visti di sfuggita questa mattina, non mi ha detto molto." anche Kid si alza in piedi, sgranchiedosi le gambe. "Mi ha solo raccontato a grandi linee quello che è successo ma non mi sembrava particolarmente scosso o imbarazzato. Sapeva meglio di chiunque altro la tua condizione momentanea."
"Che casino." sbatto la mano al muro, lasciando cadere la testa all'indietro. "Non ci sto capendo più niente."
"Benvenuta nel mondo."
Lancio un'occhiataccia ironica al biondino: "Ah-ha, che ridere. Facile parlare quando hai sempre vissuto qui in mezzo."
"Abbastanza facile. Anche se, ormai," mette un braccio attorno alle mie spalle, assumendo un tono quasi pauroso. "Dovresti aver capito che è meglio non etichettare le persone prima di averle conosciute."
"Sei inquietante quasi quanto Levi."
Se ne esce con un sorriso divertito, girandosi verso di me per farmi l'occhiolino: "Siamo fatti della stessa pasta, alla fine. Sono solo un po' più vivibile di lui."

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