Interstellar di Heyale (/viewuser.php?uid=491600)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Badass ***
Capitolo 2: *** Petty ***
Capitolo 3: *** Guilty ***
Capitolo 4: *** Introvert ***
Capitolo 5: *** Patient ***
Capitolo 1 *** Badass ***
Interstellar cap.1
INTERSTELLAR
CHAPTER ONE
"Badass"
Rivolgo per qualche istante
gli occhi al cielo sentendomi rabbrividire all'improvviso alzarsi del
vento, tornando però subito alla normalità. Il sole splende
piuttosto forte oggi, i ragazzi attorno a me hanno gli occhiali da
sole e preferiscono stare all'ombra, per me è solo un giorno come un
altro. Stare seduta qui è ciò che faccio sempre, ma tutti quanti
stiamo in silenzio perché quel che sta per succederci è ciò che
abbiamo evitato per anni, e che ora stiamo affrontando di nostra
spontanea volontà.
"A che ora è?"
"Tra
mezz'ora."
Sposto i miei occhi su Theodore e poi su Regan,
percependo la tensione tra i due come c'è tra tutti noi. Non siamo
arrabbiati o altro, abbiamo solo paura come non ne abbiamo mai avuta
prima. Se fosse per me resterei ancora un po' al sicuro, ma non
potevo abbandonare proprio mia sorella. E' stata un'incosciente, è
vero, ma di sicuro ciò che è successo non è solamente colpa sua.
Non potevo arrabbiarmi più di tanto quando ho saputo che tra un po'
di tempo diventerò zia, no?
"Ne siete sicuri? Posso andarci
da sola."
"Non se ne parla."
Non posso
trattenere un sorriso guardando Hunter e Cherice, pensando a come
siano stati uniti fin da quando ne ho memoria era inevitabile che
finisse così. Tutti noi cinque, comunque, siamo stati inseparabili
da quando abbiamo capito di avere solo la nostra reciproca compagnia
come ancora di salvezza. Ovviamente ci sono diversi generi di 'essere
inseparabili', di certo non ho mai pensato a Theodore o ad Hunter
come qualcosa di più che compagni di vita - considerando poi che
quest'ultimo è il padre del bambino che mia sorella porta in grembo.
"Siena..." Cherice sfiora la mia mano, guardandomi
dritta negli occhi con un'espressione severa. "Resta qui, per
favore."
Scuoto la testa, decisa, non esitando a ricambiare
la sua espressione: "Anche se rimanessi qui, cosa mi resterebbe?
Ho solo voi ed è sempre stato così, perciò lo sarà anche quando
ci porteranno dietro le sbarre."
Si rassegna, come al solito,
portando la testa sulla spalla di Hunter con uno sbuffo. So che
vorrebbe che almeno io mi salvassi, ma sono stata la prima a dire di
seguirla e non me la sento di lasciarla andare. Il punto è che, una
volta in ospedale, i medici ci metteranno veramente poco a capire che
genere di persona sia Cherice e tutti noi di conseguenza, chiameranno
le autorità e saremo rinchiusi insieme a tutti gli altri della
nostra specie. Del resto però Cherice è già al quinto mese e se ci
fossero delle complicanze più avanti sarebbe impossibile porvi
rimedio, è decisamente meglio soffrire noi ora che non il bambino
più avanti.
Per questo motivo penso che nessuno di noi stia
perdendo tempo a parlare e si stia godendo per l'ultima volta l'erba
verde tra le dita, il sole e il cielo azzurro proprio sopra di noi.
Non abbiamo scelto noi di nascere dopo la Grande Guerra che ha
devastato il mondo con le armi nucleari, eppure siamo puniti per
questo. Non facciamo nulla di male, non l'abbiamo mai fatto, ma per
qualche strana ragione tutti quanti ci vedono come minacce e vogliono
tenerci separati e rinchiusi per non generare prole della nostra
specie e piano piano morire fino a far scomparire anche l'ultimo
esemplare di malformazione genetica dovuta al mescolamento tra
cellule umane e cellule intossicate dalle tossine nucleari. Stiamo
parlando di poteri quasi soprannaturali, ciò di cui l'uomo scriveva
libri e fumetti solo trecento anni fa e ciò che avrebbe sempre
desiderato avere. Ora che siamo a portata di mano però dobbiamo
nasconderci per poter vivere in libertà, ma sappiamo che basterà un
esame del sangue per dichiararci 'sbagliati' e perciò rinchiusi
insieme a tutti gli altri.
"Direi che ci siamo, allora."
Regan prende il foglio bianco e la matita che porta sempre con sè,
mettendoli al centro del cerchio che abbiamo creato. "Ognuno di
noi scriva ciò che gli passi per la testa, poi nasconderemo il
foglio e quando saremo liberi potremo tornare a prenderlo, qualcosa
tipo capsula dei ricordi. Vi va?"
Annuiamo senza però dare
aria alla bocca, e mentre guardo i miei amici scrivere a turno i loro
pensieri sul foglio quasi sgualcito mi sembra per un attimo di
rivedere i bambini impauriti che si nascondevano dentro i barili
quando le guardie passavano in rassegna tutto il quartiere,
trattenendo il respiro e serrando stretti gli occhi. Ora che la
nostra ora è arrivata sappiamo che dovremo essere forti quando
entreremo nell'ospedale per la visita di Cherice, sappiamo che non
potremo più trattenere il fiato e chiudere gli occhi. Abbiamo paura,
ma ora siamo consapevoli di ciò che, se non succedesse oggi,
succederebbe probabilmente tra poco tempo. Con questo pensiero che mi
accompagna lancio quindi uno sguardo a Theodore, i suoi capelli
castani sembrano quasi biondi al sole e i suoi occhi azzurri, appena
incontrano i miei mentre con un movimento lento mi passa il foglio,
sembrano assumere un'espressione serena, come se anche lui sapesse
che avere paura non serve a nulla ora che abbiamo preso la nostra
decisione. Prendo così anche la matita, scrivendo la prima cosa che
mi passa per la mente come mi è stato ordinato, prendendomi prima
qualche secondo per leggere ciò che i miei compagni hanno scritto
prima di me.
'Vorrei mangiare ancora una volta il dolce
alla frutta che mia mamma preparava quando era ancora viva e vorrei
rivedere mio padre e mio fratello un'ultima volta, ma so che è
impossibile. Spero di restare con i miei amici anche dopo la visita
in ospedale, e spero di tornare qui e ritrovare questo foglio al più
presto possibile. Sento che con loro sarò sempre protetta. -Regan
Hais'
'Spero che questa gravidanza vada bene e che i
miei amici si salvino dopo che hanno deciso di venire con me. Voglio
vedere il viso di mio/a figlio/a e poter riconoscere la sua
somiglianza ai miei genitori che ho conosciuto solo per cinque anni,
fino alla loro morte. Non vorrei mai aver dovuto trascinare tutti
quanti nel mio casino, ma devo loro la vita per ciò che stanno
facendo. -Cherice Tanner'
'Vorrei essere stato più
prudente e non aver dovuto mettere la vita di tutti in pericolo, ma
ora che è successo non posso dire di rimpiangere ciò che ho fatto.
Amo con tutto me stesso la madre di mio/a figlio/a e spero che non
succeda niente né a lei né al bambino, così come anche gli altri
tre miei compagni di vita dovranno rimanere sani e salvi finché non
riprenderemo in mano questo foglio. -Hunter Newell'
'Se
potessi tornare indietro non farei l'errore di scappare di casa per
una banale litigata con i miei genitori, sapendo che pochi mesi dopo
sono morti per le tossine avrei voluto tanto salutarli a dovere.
Spero inoltre che i miei amici rimangano con me fino alla fine e
spero che nessuno di noi si faccia male o si cacci nei guai mentre
saremo via da questo posto che ormai è come una casa. -Theodore
Mikeller'
'Non vedo l'ora di conoscere mio/a nipote e
vorrei che tutti noi potessimo restare insieme come abbiamo fatto da
quando ne ho memoria, ma dato che non è possibile spero almeno che
nessuno di noi venga ferito e che potremo ritrovarci ancora una volta
tutti insieme anche fuori dalle mura di quella che sarà la nostra
nuova casa. Sta per iniziare solo un'altra parte della nostra vita,
ne sono certa. -Siena Tanner'
"Fatto!" Regan si
alza di scatto, sorridendoci allegramente come il suo solito. "Lo
nasconderemo in camera mia. Chissà se ci ricorderemo quello che
abbiamo scritto quando saremo di ritorno."
Anche io, Theo,
Hunter e Cherice ci alziamo, iniziando a camminare lentamente verso
l'ospedale della città distante qualche chilometro dal quartiere
abbandonato in cui abbiamo vissuto fin da quando siamo bambini e che
ora ci stiamo lasciando alle spalle. Non so di preciso cosa mi
aspetta una volta scoperta la mia malformazione, ma so che qualunque
cosa succeda io ho bisogno di queste quattro persone al mio fianco.
Con loro ho vissuto da quando i miei genitori sono morti e io avevo
solo due anni. Essendo più grande di me di quattro anni Hunter mi ha
cresciuta con la premura di un padre mentre Regan e Theodore mi
hanno trattata come loro sorella da quando Cherice li ha trovati e ha
chiesto loro aiuto, ovvero quando lei aveva sette anni e io quattro.
"Scommetto di sì." mi sistemo lo zaino sulle spalle e
sorrido alla rossa che, come al solito, cerca di tirare su il morale.
"Al massimo ne corrompiamo qualcuno e usciamo prima,
dai."
Theodore ride leggermente, scuotendo la testa: "Come
se fosse possibile corrompere quelli normali."
"Beh,"
Cherice indica Hunter con la testa, uscendosene con un sorriso
divertito sebbene la situazione non lo permetta molto. "Hunter
può fare tipo il giocoliere con la pirocinesi."
"Controllare
il fuoco non mi permette di farci il giocoliere." Hunter
risponde altrettanto ridendo, spingendo leggermente la spalla di mia
sorella. "Potrei pur sempre congelarli con il ghiaccio,
invece."
Annuisco, anche se non credo che potrebbe realmente
funzionare, di fatto stiamo tutti quanti ridendo per provare ad
allentare la tensione e il silenzio che c'era fino a poco fa. Per
quanto mi riguarda non credo che l'adattamento reattivo all'ambiente
circostante possa essere in qualche modo usato come arma, in fondo si
tratta solo dell'auto-protezione del mio corpo all'ambiente esterno e
alla capacità repentina di adattarsi nel giro di pochi istanti a
qualsiasi genere di circostanza in cui io mi trovi. Per quanto
riguarda mia sorella, invece, ha la capacità di smaterializzare le
sue cellule e teletrasportarsi ogni tre ore in qualsiasi posto nel
raggio di trenta chilometri da dove si trova. Theodore ha la strana
capacità della proiezione astrale di se stesso, riuscendo quindi a
separare il suo corpo spirituale da quello reale mentre dorme,
riuscendo ad aggirarsi in un mondo che solo lui conosce e di cui non
è ancora riuscito a spiegare con chiarezza lo scopo della sua
esistenza. Regan invece ha l'utile abilità dell'auto-guarigione, le
sue cellule si rigenerano ad una velocità incredibile e questo non
le permette di provare dolore, non credo abbia mai avvertito
veramente il dolore di una ferita come me o qualsiasi altra persona
priva di questa capacità. Infine, Hunter possiede la criocinesi e la
pirocinesi, ovvero il potere di poter muovere e controllare il fuoco
e il ghiaccio una volta averli toccati. So che effettivamente
potremmo assomigliare ad un gruppo di fenomeni da baraccone ma non
cambierei la mia vita per niente al mondo, nonostante tutte le
difficoltà e i momenti di solitudine quest'esistenza mi ha dato la
possibilità di conoscere le uniche persone che amo a questo mondo, e
senza di loro non ho idea di cosa ne sarebbe di me.
"Ce la
caveremo, ne sono certo." Theodore respira profondamente,
sistemandosi lo zaino a tracolla. "Abbiamo pur sempre imparato a
vivere dove non c'era speranza, no? Possiamo farlo quante volte
vogliamo, ora, quindi non disperate, miei prodi!"
Scoppio a
ridere per l'esclamazione alla 'imperatore dell'antica Roma' di Theo,
sentendo il cuore di poco a poco sempre più leggero: "Tornatene
nel tuo mondo, sonnambulo."
"Sei troppo acida, te l'ho
sempre detto." ribatte lui, guardandomi con la solita
espressione ironicamente seccata. "Farai impazzire parecchio i
tipi che ti dovranno tenere d'occhio."
"Spero di farli
diventare matti." confermo con un sorriso, sentendo in me l'odio
crescere sempre più smisuratamente. In fondo l'unica colpa che
abbiamo è quella di essere nati, non siamo responsabili delle armi
nucleari che sono state usate in passato e degli effetti che si sono
ripercossi sulle persone, quindi non vedo perché perfino una misera
visita ginecologica dev'essere vista come la nostra stessa fine. Ciò
che è sicuro è che non potrò mai perdonare a tutte le persone
normali quello che mi stanno facendo e che stanno facendo a tutti
quelli come me, darò loro guerra finché le mie gambe reggeranno. E
questa è una promessa.
La città è alquanto
movimentata, ma ancora di più lo è l'ospedale che abbiamo appena
raggiunto e che abbiamo contattato qualche giorno fa per prenotare la
visita. Le persone corrono a destra e a sinistra senza badare a noi,
i medici parlano ad alta voce tra di loro e nessuno si accorge di
niente, cinque ragazzi geneticamente malformati stanno camminando per
i corridoi di questo posto ed è come se nulla fosse, la gente
continua semplicemente a non prestarci attenzione. Percepisco
l'agitazione di mia sorella, stringe la mano ad Hunter ed è come se
si nascondesse dietro di lui mentre io e Theodore apriamo la fila,
dirigendoci al reparto di cui abbiamo chiesto informazione appena
arrivati. Non so in termini pratici quanto tempo io abbia ancora a
disposizione per godermi gli ultimi istanti di libertà, ma so che se
potessi fermare il tempo probabilmente lo farei: consegnarmi in mano
alle autorità era l'ultima cosa che avrei mai voluto fare. D'altro
canto Cherice è già al quinto mese e non ha mai fatto un controllo,
per questo abbiamo insistito affinché si facesse visitare e da qui è
nato tutto, ecco perché ci troviamo tutti pronti ad andare incontro
alla nostra fine. Sperare di cavarcela ora non può servire a nulla,
l'unica cosa su cui posso fare affidamento è la speranza di poter
restare insieme a loro anche dopo la nostra cattura.
"Cherice
Tanner." mia sorella si rivolge alla dottoressa alla reception,
la quale le indica l'ambulatorio senza nemmeno alzare gli occhi.
Sconsolata, fa cenno a tutti noi e in silenzio raggiungiamo la porta
chiusa, fermandoci pochi passi prima di entrare.
Non credo sia
esattamente il momento ufficiale dell'addio, ma sappiamo che è
l'ultima volta in cui potremo ritenerci liberi. Così ci guardiamo
un'ultima volta sorridendoci a vicenda prima di lasciare entrare
Hunter e Cherice nello studio, mentre io, Theodore e Regan ci
limitiamo a sederci sulle sedie in questa piccola sala d'attesa
aspettando di vedere le guardie venirci incontro. Tutto ciò che
riesco a fare è portare la fronte sui palmi aperti delle mie mani,
respirando a fondo per provare a calmarmi. So bene che agitarmi è
futile, ma so anche che ho paura di non avere più il controllo della
situazione e questo, più di tutto, mi spaventa.
"Suvvia,
Siena." sento la mano di Regan appoggiarsi sulla mia schiena
dopo qualche minuto di meditazione, facendomi aprire gli occhi di
scatto dall'agitazione che già scorre nelle mie vene.
"Cosa?"
domando, sbuffando.
"Andrà tutto bene."
Fa ironia?
La fisso, alzando entrambe le sopracciglia: "Certo, anche
per-"
Il frastuono della porta che sbatte contro il muro mi
fa sobbalzare, e non so se mettermi a ridere o a piangere vedendo
l'infermiera correre disperatamente verso la reception per dare
l'allarme. Che dire, è stato breve. Mi alzo in piedi di scatto,
dando un'occhiata a Hunter e Cherice che, dopo essersi alzata dal
lettino, ci raggiunge in questa piccola sala e ci sorride mentre
sospira, riservandomi una fastidiosa carezza spettina-capelli. Non
credo di averne mai sopportata una, ma a questo punto non vedo l'ora
di riceverne ancora se questo significa poter restare con mia
sorella.
"Stanno arrivando." Hunter lancia un'occhiata
al corridoio, avvicinandosi poi a tutti noi. "Notizie flash,
allora: il bambino sta bene e sembra andare tutto per il meglio,
sarebbe meglio tenerlo controllato dato che avendo ereditato i geni
miei e di Cherice non sarà geneticamente normale ma come avete
potuto vedere l'infermiera non era proprio del parere di rimanere un
altro po'."
"Dai?" fisso il più grande tra di noi
con un ghigno divertito, limitandomi poi a prepararmi
psicologicamente al gruppo di persone che si sta avvicinando a noi
per portarci via da qui. Lancio un'ultima occhiata ai miei compagni,
avvicinandomi a loro più che posso, sentendomi lentamente morire
dentro. Non voglio che succeda loro nulla, vorrei solo poterci
restare insieme come ho fatto da quando i miei ricordi iniziano,
spero che non ci separino del tutto una volta arrivati là, di
qualsiasi posto 'là' si tratti.
Chiudo gli occhi per qualche
secondo e, appena li riapro, mi ritrovo circondata da un gruppo di
persone contraddistinte da una divisa che non ho mai visto prima, una
sorta di camicia nera copre la maglietta sulla quale è inciso il
logo di tutti quelli che si occupano di catturare le persone come
noi. Di fronte a me c'è un ragazzo che si va avanti, deve avere poco
più della mia età e sicuramente un brutto carattere dato
l'atteggiamento con cui si pone verso di noi. I suoi capelli castani
leggermente mossi non sono per niente tenuti in ordine, ma dai suoi
occhi azzurri traspare lo stesso senso di odio che io ho per quelli
come lui. Bene, direi che è già amore a prima vista.
"Mi
chiedo come abbiate fatto a scapparci." è il suo primo commento
acido contro di noi accompagnato da un sorriso che toglierei
volentieri a suon di schiaffi. "Siete come i ratti, accidenti.
Siete ovunque."
Ah sì? Vuole la guerra il damerino tutto
tirato a lucido? Ricambio il suo stesso sorrisetto, incrociando poi
le braccia al petto e guardandolo dritto negli occhi: "Forse è
perché siete talmente stupidi che non riuscite a trovarci, che dici,
damerino?"
Sento Theodore trattenere le risate dietro di me,
ma in fondo sapeva bene che sarei stata la prima a parlare. Se questo
tipo si permette di insultarmi allora non vedo perché il contrario
non sia possibile. Dal detto al fatto mi ritrovo il suo viso a pochi
centimetri dal mio, l'espressione cattiva dipinta addosso e la
probabile voglia di appendermi al muro: "Magari per la piccola
fuggitiva una bella cella termica non andrebbe male. Preferisci il
caldo o il freddo?"
Mi sa che sto proprio giocando in casa
con questo cretino. Faccio così finta di pensarci su, concludendo
con una smorfia: "Adattamento corporeo reattivo,
spiacente."
"Siena..." Cherice appoggia la mano
sulla mia spalla, chiamandomi con il suo solito tono da predica.
"Sta' buona, dai."
"Siena?" ripete il damerino
davanti a me, scrutandomi da capo a piedi. "Un gran bel nome,
complimenti ai genitori. Avremo tante cose da raccontarci, tu ed io,
stanne certa."
"Oh, muoio dalla voglia." ribatto,
sostenendo senza problemi il suo sguardo finché non è lui a
distoglierlo per scrutare Cherice, Hunter, Regan e Theodore. Il
gruppo di ragazzi attorno a lui se ne sta buono e in silenzio, a
questo punto mi viene da pensare che, nonostante la sua giovane età,
questo tipo potrebbe essere a capo di questa squadra. Capo o no per
me non fa comunque differenza, continuerò a considerarlo un
accidenti di damerino che lavora per dei caproni ignoranti che danno
ordini dall'alto senza sapere veramente cosa accidenti stia
succedendo.
"Ammanettateli e caricateli sul camion."
ordina infine il mio nuovo migliore amico, dandoci le spalle con una
mezza giravolta secca e procedendo poi verso l'uscita senza più
proferire parola. Senza alcuna grazia noi quattro veniamo ammanettati
come se fossimo veramente colpevoli di qualcosa e poi trascinati in
uno squallido camion provvisto di cinture e ulteriori manette, non
sia mai che ci buttiamo dallo sportello mentre il veicolo è in
corsa. Cherice viene trattata fortunatamente con un po' più di
delicatezza considerando che è incinta, le guardie la aiutano a
salire nel furgone e allacciano la sua cintura con un minimo di
attenzione e questo mi fa decisamente sollevare, per lo meno lei e il
bambino staranno bene.
"Che dite, è andata bene?" una
volta chiuse le porte, Hunter si rivolge a noi con un sorriso quasi
divertito. "Sono simpatici, no?"
"Siena ha già
fatto amicizia." Regan scoppia a ridere nel dire questa frase,
condizionando anche la mia risata. Non so precisamente il motivo per
cui io stia ridendo, so solo che per lo meno una parte del lavoro è
stata fatta. Non che abbia meno paura, ma forse sono in qualche modo
più tranquilla. Se gli standard di intelligenza sono quelli del
damerino allora direi che non ho più di tanto da preoccuparmi,
no?
"Devi stare attenta, invece." Cherice mi guarda
abbastanza male, appoggiando la mano sulla pancia come è solita
ormai fare. "Possono farti ciò che vogliono in qualsiasi
momento, non vedo perché andarsi a cercare i guai."
"Potrebbe
andare peggio di così?" rispondo retoricamente, abbandonandomi
ad un sospiro. "Quando sei all'inferno non ti resta che
scherzare col diavolo, no?"
Hunter annuisce, sorridendomi:
"Sarai un bel grattacapo per quel damerino, poco ma
sicuro."
"Tanto meglio!" sbotto, lanciando uno
sguardo fuori dalla piccola finestra che dà sulla strada sulle porte
posteriori di questo furgone. "Può farmi ciò che vuole ma il
mio corpo sa adattarsi anche al dolore."
Cherice scuote la
testa, rassegnata: "Non ha le capacità di Regan, lo sai.
Sopporti il dolore fino ad un certo punto."
Appoggio la testa
alla parete dietro di me, uscendomene con un sorrisetto per celare
l'ansia che mi sta in realtà consumando lo stomaco: "E dai, non
smontarmi così."
Appena il furgone frena di colpo
facendoci sussultare le porte posteriori vengono aperte e la nostra
visuale si apre su un edificio che non ha nulla di diverso da una
prigione. Veniamo strattonati giù da persone con una disgustosa
divisa bianca addosso mentre il damerino con cui mi sono scontrata
prima della partenza affianca un gruppo di altri cretini in divisa
bianca - che per rispetto non dico a cosa assomiglia. Senza alcun
rispetto di noi come vite umane, i confetti da matrimonio con le
gambe ci strattonano fino a raggiungere l'interno dell'edificio per
poi richiudere velcemente i cancelli con un tonfo assordante mentre
tutti noi a parte mia sorella, anche se con scarsi risultati,
cerchiamo di dimenarci per mettere in chiaro fin da subito che non
abbiamo intenzione di sottometterci come se fossimo dei cani. Vedo i
miei capelli marroni cadermi davanti agli occhi mentre mi obbligano
ad inginocchiarmi sbattendo violentemente il ginocchio contro il
retro del mio come fanno anche con gli altri, costringendoci in
questa posizione al centro di quest'atrio enorme come se fossimo
degli accidenti di criminali. Col cuore in gola e la mancanza di
fiato, davanti a me riesco solo a vedere una cattedra circolare dove
ai lati si trovano due enorme piante di cactus, o perlomeno vedo
questo finché due piedi non appaiono nella mia visuale. Intorno a
noi i confetti ci tengono fissati in maniera inquietante ma a
peggiorare il tutto è lo sguardo del damerino puntato sul mio non
appena riesco ad alzare gli occhi per constatare chi effettivamente
ci sia davanti a me, trovandomi la spiacevole sorpresa delle sue
iridi celesti che mi squadrano con un ghigno divertito che si fa
strada sul suo viso. Se ha intenzione di guardarmi così ancora per
tanto gli converrebbe mettere in conto una visita chirurgica a causa
della sedia che gli romperò addosso, poco ma sicuro.
"Hai
perso la lingua?" mi domanda, accovacciandosi di fronte a me.
"Ti facevo più coraggiosa."
"Se siete talmente
imbranati da doverci ridurre a zerbini per tenerci sotto controllo
allora siete voi i codardi, idiota." ribatto, sfoderando una
delle mie espressioni più orgogliose.
Occhi-azzurri qui presente
si infastidisce visibilmente, ma questo non gli fa perdere il mio
stesso sguardo: "Nemmeno col guinzaglio voi stareste
buoni."
Meglio che non pensi che con me l'avrà vinta:
"Motivo in più che riconferma la mia tesi."
Immagino
che Cherice, se potesse, si sbatterebbe la mano sulla fronte mentre
Theodore cercherebbe di fermarmi e Regan e Hunter starebbero
semplicemente ridendo, ma siamo tutti incatenati e costretti a stare
piegati come vermi, il che incrementa solo la mia voglia di fare del
male a qualcuno. La sedia dietro la cattedra è parecchio allettante,
devo ammetterlo.
"Siena, vero?" dietro di lui spunta un
ragazzo dalla carnagione ambrata, sia occhi che capelli neri come la
pece e un viso decisamente meno odioso del tipo di fronte a me. Il
punto ora è capire come fa a sapere il mio nome, se non erro non era
con noi nel furgone.
"Sono io." mi limito a dire,
tenendo però fissato l'idiota con gli occhi azzurri.
Il ragazzo
in piedi fa un cenno, rivolgendosi poi ai suoi colleghi vestiti da
confetti: "Stanza di isolamento numero 12,
grazie."
"Isolamento?!" mi alzo in piedi di scatto,
iniziando a gridare forse come un'ossessa. "Non potete separarmi
da loro!"
"Possiamo eccome."
tutto-muscoli-e-niente-cervello-in-piedi mi prende di forza prima che
possa correre in giro, stringendomi il braccio talmente forte in
pochi istanti non dando nemmeno il tempo necessario al mio corpo di
adattarsi a questo genere di dolore, facendomelo patire il doppio.
"Ordini di Levi, mi dispiace."
"Levi?" faccio
per un attimo mente locale: solo occhi-azzurri sa il mio nome, perciò
Levi dev'essere lui. Bene, ora so il nome di chi picchierò a sangue
appena sarò libera. "Lasciatemi con loro, schifosi--"
Rivolgo
il mio sguardo a mia sorella, adesso in lacrime; a Regan con gli
occhi lucidi; a Hunter, gli occhi aperti dallo spavento e infine
Theodore con l'espressione rassegnata che mi sarei aspettata di
trovare sulla sua faccia. La mia voce si affievolisce insieme alla
mia forza di reggermi in piedi non appena sento un ago conficcarsi
sul retro del mio collo, inibendo tutte le mie funzioni nel giro di
pochi istanti. Vorrei tanto correre da loro e dire che starò bene,
che saprò badare a me stessa e che cercherò in ogni modo di
trovarli appena ne avrò occasione. Il problema però, ora, è che
non posso. Sono appena stata sedata?
Eccoci qui.
Sono tornata, eh?
E' tutta colpa dell'estate, mi fa sempre scrivere più del dovuto.
Dopo averci tanto pensato ho deciso di pubblicare questa storia
(attualmente al capitolo 13) e niente, spero non faccia troppa pena.
Un bacio!
Ale xx
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Capitolo 2 *** Petty ***
Interstellar cap.2
INTERSTELLAR
CHAPTER TWO
"Petty"
Apro gli occhi a fatica, trovando la
luce sopra di me decisamente fastidiosa. Non è la luce con cui
mi sveglio da quando vivo con gli altri del nostro quartiere
abbandonato, questa è una luce ben diversa. Anche il mio corpo
è più pesante del solito, come se non avessi dormito
abbastanza e qualcuno mi stesse svegliando con la forza. Di fatto,
però, sono da sola. So di esserlo perché, anche senza
aver guardato cosa mi circonda, non sento nemmeno il suono di un
respiro, né tanto meno questa stanza dev'essere tanto grande se
un solo lampadario è in grado di portare tanta luce. L'unica
cosa che riesco a fare è mettermi seduta, e appoggiando i piedi
a terra mi rendo conto di essere una stanza che, in condizioni normali,
sarebbe troppo fredda per poter sopravvivere al suo interno.
"Oh, buongiorno. Alla faccia della reattività che hai dimostrato di avere, Fuggitiva."
Non è possibile. Apro gli occhi di scatto - sebbene la luce mi
dia non poco fastidio - per cercare di capire cosa effettivamente mi
stia intorno, e vedo solamente una stanza bianca con un letto, sul
quale sono seduta, una sedia e un tavolo dello stesso colore e
un'enorme parete di vetro che divide la mia parte di stanza da un'altra
stanza decisamente più colorata e più ampia, dove sul
divanetto di fronte al vetro è comodamente seduta l'ultima
persona che avei voluto vedere.
"Damerino." mi rivolgo a lui
con la minor enfasi possibile, sentendo la schiena decisamente
intorpidita mentre cerco di stiracchiarmi per riprendere un po' di
vita. "Non è un piacere vederti."
"Dovrai abituarti." sorride leggermente mentre con la mano libera si
sistema il ciuffo castano che cade sulla sua fronte, qualcosa stile
Baywatch. "Ho fatto richiesta per essere il tuo supervisore. Mi diverti troppo."
Se lo diverto quando non faccio niente magari mi troverebbe esilarante
mentre decido se colpire le sue gengive con una sedia o col manico di
una scopa: "Sì, ho il senso dell'umorismo. Piuttosto, dove sono
gli altri che erano con me?"
Il damerino si alza dal divanetto e si avvicina alla parete di vetro,
guardandomi negli occhi facendo forse mente locale: "Il primo e il
secondo giorno erano nel reparto di smistamento, poi la ragazza con i
capelli rossi e quello alto sono andati nel reparto tre, mentre l'altro
ragazzo nel reparto due. Isidore, giusto?"
"Theodore, c'eri quasi. Poi quello alto è Hunter e la ragazza
con i capelli rossi è Regan. Hai dimenticato la ragazza incinta,
comunque. E poi, aspetta, hai detto 'primo e secondo giorno', per
quanto mi avete tenuta sedata?"
"Cinque giorni, credo." occhi-azzurri fa una smorfia innocente, aprendo
un piccolo sportello nella parete e passandomi un contenitore pieno di
biscotti. "Vuoi? Non mangi da un po'."
"Lasciami morire in pace, Levi. Sei un patetico topo di fogna, non accetto cibo da te."
"Sai come mi chiamo?" il damerino sembra veramente sorpreso, lasciando
il contenitore a terra e richiudendo lo sportello. "Impressionante. Hai
una buona memoria per aver dormito cinque giorni."
Faccio finta di fare un cenno di riconoscimento, lasciandomi poi cadere
nuovamente sul cuscino: "Non mi hai detto dov'è mia sorella."
"Proprio di lei ti volevo parlare."
Mi giro di scatto verso di lui, il tono che ha usato non mi piace per
niente. Guardando il suo viso, in questo momento, capisco che
c'è veramente qualcosa che non va. I suoi occhi non guardano i
miei come ha fatto finora, né il suo corpo è rilassato.
Comincio già a sentirmi male. Ciò che è importante
per me, ora, è mantenere la calma. Se dimostro subito i miei
punti di debolezza sarò un bersaglio più facile per questi
idioti, perciò mi limito a prendere un respiro e alzarmi in
piedi, incrociando le braccia: "E' successo qualcosa col bambino?"
"Sì e no." anche il damerino si alza in piedi, avvicinandosi
alla parete di vetro fino ad avermi di fronte. "E' il primo caso di un
feto completamente malformato nella genetica umana, essendo frutto di
due persone come voi era anche piuttosto ovvia la cosa. Mentre tu
facevi la Bella Addormentata, noi abbiamo fatto delle analisi
più accurate a tua sorella e, come te, è stata tenuta in
isolamento in una cella però leggermente più confortevole
della tua, giusto per ricordarvi che noi non siamo assassini a piede
libero e-"
"Alt!" alzo la mano all'aria per fermarlo, guardandolo piuttosto male.
"Su questo ho i miei dubbi. Il fatto che non uccidiate un bambino sta a
dire che non siete dei mostri, non che non siete assassini. Relegare
persone in celle di isolamento per farle estinguere non è molto
etico, non trovi? Prima della Grande Guerra questo era illegale."
"Prima della Grande Guerra, appunto." Levi accenna allo stesso sorriso
da imbecille che gli ho visto fare fino ad adesso, tornando però
all'espressione concentrata di qualche secondo fa. "E lo facciamo solo
per favorire l'umanità che c'era prima del nucleare, di base non
abbiamo nulla contro di voi."
Che battuta, questo tipo è esilarante almeno quanto lui trova divertente me.
"Pensa un po'." sentenzio, sbuffando per la sua espressione che non
riesco a sopportare. "Credo che nemmeno da persona normale io potrei
sopportarti, quindi di base avrei lo stesso qualcosa contro di te.
Spiacente, non amo le persone che agiscono senza pensare col loro
cervello."
"E io non sopporto le persone che pensano di conoscermi dopo avermi parlato solo due volte."
Levi assume un'espressione soddisfatta, come se fosse sicuro che con
questa sua ultima sentenza io possa dargliela vinta e che mi riduca
anche a rimangiarmi ciò che ho appena detto. Insomma, okay
che ora come ora è lui ad avere il coltello dalla parte del
manico, ma ciò non mi impedisce di difendermi fin dove mi
è concesso.
"Non mi pare tu abbia fatto nulla per porvi rimedio, comunque." sorrido
guardandolo dritto negli occhi, incrociando poi le braccia. "Si diceva?"
Il damerino si esibisce in un'alzata di occhi plateale per ciò
che ho appena detto, concludendo però con un semplice sbuffo:
"Si parlava di tua sorella, miss-buona-memoria."
"E' semplice galateo, Damerino. So bene di cosa stavamo parlando." se
non ci fosse questa parete a separarci ci staremmo probabilmente
già prendendo a pugni. "Stavi dicendo della cella più
confortevole della mia."
"Esattamente, ripartiamo da lì...sostanzialmente è una
stanza separata da una parete di vetro come la tua per tenerla sotto
osservazione, ovviamente con qualche comfort in più e il
riscaldamento date le sue condizioni...il punto è che, la
mattina del terzo giorno, Cherice era sparita dalla cella. Abbiamo
cercato dappertutto, di fatto è impossibile che sia uscita
aprendo la parete di vetro dato che il pulsante è naturalmente
alla centrale di comando, ma di lei proprio nessuna traccia."
Per un attimo la terra manca sotto i miei piedi ed è come se non
riuscissi a capire ciò che il damerino sta dicendo, ma lo shock
che mi colpisce non appena metabolizzo il discorso che ha appena fatto
è addirittura peggiore della sensazione precedente. Mia sorella è sparita?
"Cosa cazzo le avete fatto?!" sbatto entrambe le mani sul vetro di
fronte a me, vedendo Levi fare istintivamente un passo indietro.
Codardo.
"Noi l'abbiamo trattata bene." si difende, sbuffando come se la cosa lo
annoiasse. "Solo che essendo incinta non le abbiamo messo alcun
microchip per localizzarla e-"
"Vuoi dirmi che ho un cazzo di microchip dentro di me?!"
"Non era ovvio?"
Okay, voglio prenderlo a schiaffi. Non vedo l'ora di sentire la mia
pelle a contatto con la sua solo per fargli tanto di quel male che la
metà basterebbe per un esercito.
Picchio nuovamente le mani sul vetro, serrando forte i pugni: "Ti
conviene trovarla prima che io trovi il modo di uscire da qui, schifoso
piccolo-"
"Ci dovrai aiutare. Tu e tutto il resto del tuo gruppo."
"Non se ne parla. Ci andiamo da soli, noi quattro, la tua presenza non sarebbe di alcun aiuto, anzi, faresti solo peggio."
"Le condizioni sono queste." Levi sa di avermi in pugno in questo
momento e sfrutta la cosa naturalmente a suo vantaggio, sorridendo
pienamente cosciente dell'ansia che sta crescendo dentro di me. "Devi
già ritenerti fortunata, a nessuno è mai stato concesso
di uscire da qui."
"Vaffanculo tu e le tue condizioni." ormai allo stremo trovo la forza
di staccarmi dal vetro per provare a recuperare la ragione, se continuo
a guardare il damerino so che non sbollirò mai la rabbia. "E'
incinta, che cazzo. Te ne rendi conto o vuoi un disegno? Pensavi che
sarebbe rimasta qui se ha la possibilità di trasportarsi a
trenta chilometri di distanza?"
"Pensavo che sarebbe stata in grado di pensare che scappare da qui
è una pessima idea. Se è tanto grande per mettere su
famiglia allora dovrebbe arrivare alle cose più semplici, no?"
"Non permetterti di giudicare la sua vita, Topo di fogna! Non sai nulla
di noi, uno come te può solo tacere e rendersi conto di quanto
pena faccia da solo."
Non sento più suoni provenire dall'altra parte della stanza,
solo il rumore di un bottone e di una porta che si apre. Credendo
quindi che il damerino se ne stia finalmente andando giro nuovamente il
volto verso di lui, ma l'unica cosa nuova che vedo, oltre alla sua
espressione seria, sono quattro facce familiari per le quali avrei dato
tutto pur di rivederle un'ultima volta.
Corro verso di loro dimenticandomi per un istante della parete di
vetro, sbattendo poi entrambi i palmi delle mani su di essa. Faccio di
tutto per uscire da qui, ma per quanto io continui a sbattere i pugni
come una disperata so bene che non riuscirò mai a romperlo.
Theodore, Regan e Hunter stanno di fronte a me con una strana tuta nera
addosso, i guanti alle mani e la pelle visibile solo dal collo in
su. Hanno tutti e tre un'espressione devastata, come se la loro
forza vitale fosse sul punto di abbandonarli con un solo altro respiro
e come se cinque giorni qui dentro fossero bastati a far loro perdere di
vista l'obbiettivo di uscire il prima possibile.
"Smettila di agitarti." mi intima il damerino, indicando con un cenno i
tre di fianco a lui. "Li ho chiamati io per farti ragionare. Sei
prevedibile, era ovvio che avesti dato di matto."
Ormai ho capito che non c'è verso di andare d'accordo con lui,
ma almeno potrebbe fare a meno di cercare di attirarsi addosso il mio
odio.
"Lasciami uscire, Topo di fogna." guardo Levi nel peggiore dei modi che
posso, sperando che alzi questa stramaledetta parete di vetro.
"Siena, adesso devi calmarti." Theodore si fa avanti, appoggiando la
mano sul vetro esattamente dove si trova la mia, e già questo
è un calmante per me. "Non risolvi niente se agisci senza
pensare, lo sai. Troviamo una soluzione insieme, okay? Prima di tutto
c'è il bene di Cherice."
Mi vedo costretta a sospendere le offese per Levi, concentrandomi su
qualcosa che, per la prima volta in questa giornata, non mi fa
innervosire: "Non possiamo collaborare con loro."
"Nemmeno a noi va." anche Hunter si fa avanti, mettendosi poi accanto a
Theodore. "Ma in gioco ci sono due vite, e non possiamo prenderla alla
leggera, questo va oltre il nostro orgoglio. Lo capisci, vero?"
Sbatto nuovamente la mano sul vetro, facendo sussultare Theodore:
"Certo che lo capisco, cazzo, non sono stupida! Là fuori
c'è mia sorella, per vostra informazione, ma parliamo di gente
che mi ha tenuta sedata cinque giorni per l'anima del cazzo e che ha
costretto Cherice a scappare."
Hunter sospira, appoggiando poi la fronte al vetro, permettendomi di
vedere chiaramente i suoi occhi verdi: "Dobbiamo ritrovarla, Siena.
Dobbiamo. Non sappiamo come vada la gravidanza e non possiamo
permetterci che succeda qualcosa di strano. Io non potrei perdonarmelo.
Non è uno sforzo che fai da sola, anche noi dobbiamo collaborare
con le stesse persone che ci hanno rinchiuso qui dentro e io, come te
in primo luogo, sono il padre del figlio che Cherice sta portando in
grembo. Dobbiamo sottostare a condizioni assurde e mettere queste tute
che rallentano il nostro flusso sanguigno per non permetterci di
utilizzare le nostre abilità, ma se è l'unico modo per
poter cercare Cherice allora io posso accettarlo e sono sicuro che per
te sia lo stesso."
"Pure le tute?" è la mia misera risposta a tutto ciò,
vedendo il vetro appannarsi dove il mio sbuffo va a finire. "Abbiamo il
microchip, potrebbero lasciarci andare da soli."
"Non si fidano. Tu ti fideresti di loro se i ruoli fossero invertiti?"
Fisso il ragazzo di fronte a me con lo stesso sorriso che anche lui fa
nella mia direzione, uscendomene scuotendo semplicemente la testa: "No,
direi proprio di no."
"Te lo sto chiedendo in ginocchio, Siena." Hunter congiunge le mani in
preghiera, venendo affiancato da Regan e Theodore che finiscono per
ripetere il suo stesso gesto. "Devi solo sopportare questi idioti per
un po'."
Di norma non scenderei a compromessi, non lo farei per niente al mondo,
ma in gioco c'è qualcosa di troppo importante per cedere a
quella che è la mia morale. Non ho la minima intenzione di
andare d'accordo con chiunque sia incaricato di accompagnarci, devo
solo collaborare con loro e su questo si baseranno le mie azioni nei
loro confronti, non cercherò mai di instaurare un buon rapporto
dopo tutto ciò che ci hanno combinato e che ancora continueranno
a fare.
"E va bene." acconsento alla fine, passando in rassegna gli sguardi
delle tre persone a cui tengo di più al mondo, rivolgendomi
infine al damerino, pochi passi dietro di loro. "Hai sentito, Topo di
fogna? Ci sto. Ora fammi uscire da qui."
"Con calma, Siena." solamente schioccando le dita, Levi chiama tre
bestioni che prelevano Regan, Hunter e Theodore senza la minima
pietà, non lasciandomi nemmeno il tempo materiale per salutarli.
Non che mi aspettassi che succedesse qualcosa di diverso, ma speravo
almeno di vedere un po' di umanità.
"Siete degli animali!" sbotto, picchiando per l'ennesima volta le mani
sul vetro. "Se osate trattare così mia sorella io giuro che ti
faccio pentire di essere nato."
Il ragazzo di fronte a me si esibisce in un sorrisetto per niente
interessato, aprendo solo lo sportello inferiore per poi passarmi la
tuta che so sarà in grado di bloccare l'utilizzo della mia
capacità - che, tra l'altro, potrebbe salvarmi la vita in
situazione estreme. Se i suoi occhi non fossero così chiari
probabilmente verrebbe più facile continuare a fissarlo
augurandogli il peggio solo col pensiero, ma hanno la fortuna di essere
talmente azzurri che guardarli a lungo da quasi fastidio, esattamente
come fa il resto del suo viso. E i suoi capelli poi, vogliamo parlarne?
Nemmeno la parrucca di un clown è così in disordine.
"Mettiti la tuta e poi ti faccio uscire, andiamo in atrio e ti presento
la squadra al completo. Non siete i soli a contare sul concetto
dell'unione che fa la forza, sai?"
"Le differenze che ci separano non si basano di certo su cazzate
simili." borbotto, afferrando la tuta adagiata per terra. "Si basano
sull'eticità, più che altro. Moralità,
umanità...termini nuovi per te, no?"
Sul viso del damerino riappare il sorriso che tanto odio, mentre con
nonchalance lascia la stanza per lasciarmi almeno la mia privacy: "E'
meglio non scherzare col fuoco, Fuggitiva."
"Non mi brucerei comunque." sentenzio, ma lui ha già chiuso la
porta dietro le sue spalle. Spero bene che non ci siano strane
telecamere in giro.
Devo ammettere che faccio seriamente fatica a reggermi in piedi ora che
le tossine rilasciate dalla tuta stanno facendo effetto, ma non intendo
appoggiarmi al damerino nel caso in cui l'equilibrio dovesse venirmi
meno - a conti fatti Levi è però l'unica cosa in
prossimità a cui mi possa occupare considerando che sto
camminando accanto a lui con una manetta al mio polso e l'altra al suo.
Vedere le luci a led di questo corridoio completamente bianco è
decisamente frastornante, la testa gira e il veleno in circolo dentro
di me non fa che peggiorare il tutto. Non so precisamente quanta strada
ci sia ancora da fare prima di arrivare alla meta, non so nemmeno chi o
cosa troverò una volta arrivata, ma voglio solo che questo
calvario finisca al più presto. Vorrei riavere mia sorella qui
sana e salva, ma so che al momento è impossibile e
resterà tale finché non ci metteremo a cercarla, anche se
di certo era l'ultima cosa che mi sarei aspettata. Insomma, se siamo
qui è per colpa sua e di Hunter sostanzialmente e lei se la fila
in questo modo, lasciando tutti noi ad affrontare questo inferno. Non
so nemmeno quale sentimento stia prevalendo in me in questo momento, so
solo che non vedo l'ora di vederla per dirle quante pene mi stia
facendo inutilmente passare.
"Non vi conviene cercare di scappare, una volta fuori da qui."
Senza che io abbia aperto bocca il damerino se ne esce così,
lasciandomi sorpresa e vagamente confusa. E chi ha mai detto di voler
scappare in loro presenza? Sarebbe alquanto da idioti.
"Non ho detto nulla, infatti." borbotto, dovendo tenere il tono della
voce parecchio basso se voglio concentrarmi e camminare senza cadere
quando le forze sembrano andare via ad ogni secondo che passa. "Il mio
obbiettivo è ritrovare Cherice, poi penserò ad andarmene
da qui."
"E pensi di farcela?" il damerino punta i suoi occhi nei miei, fissandomi con un che di divertito. "Nessuno l'ha ancora fatto."
"Perché nessuno di voi ha ancora conosciuto me."
"Sei una sognatrice, mi pare di capire."
Scuoto la testa, dovendo perfino trattenere le risate: "Non pensare di conoscermi, Topo di fogna. Non sogno per niente."
"Pensare di uscire da qui è un sogno, Fuggitiva." così
dicendo, prendendomi di sorpresa, Levi strattona il mio polso
incatenato al suo facendomi perdere l'equilibrio date anche le mie
scarse forze fisiche momentanee. Non ho idea del perché di
questo suo gesto, ma la risposta mi arriva quando, poco prima di
toccare il pavimento, le sue mani mi afferrano le spalle e mi tengono
in piedi mentre la sua espressione si fa ancora più acida
nonostante sia apparentemente sorridente. "Così come lo è
anche pensare di dimostrarsi forti quando in realtà si sta per
cadere a terra. Stessa storia."
Ah, pensa forse di farmi un giochetto di psicologia? Mi chiedo
veramente cosa spera di ottenere facendo lo sbruffone in questo modo,
se sta cercando di farsi valere mi sa proprio che ha sbagliato
indirizzo. Vorrei tanto trovare un modo per cancellargli quell'odioso
ghigno dalla faccia, ma l'unica cosa che mi viene in mente è
semplicemente staccare con la forza le sue mani dalle mie spalle e
cercare di rimettermi in piedi, provando anche a ristabilire da sola il
mio equilibrio: "Un altro sogno è anche quello di essere
convinti di poter insegnare a persone che hanno già vissuto
all'inferno. Medesima storia, direi."
"Te lo posso concedere, ma dell'inferno non credo tu conosca molto."
Levi incrocia le braccia al petto, smettendo di camminare. "Hai solo
diciassette anni."
"E tu diciotto." ribatto, trovando sinceramente questa motivazione del tutto inadeguata.
"E come lo sai?"
"Ce l'hai scritto sul cartellino, idiota." sbuffo, indicando la tessera
di riconoscimento con la mano libera. "La tua data di nascita sta
lì. Siamo nati nello stesso mese, che ironia."
"Davvero?" il damerino sembra sinceramente sorpreso, ma ci mette poco a
far riapparire la sua facciata seria. "Comunque probabilmente nemmeno
tu puoi conoscere me, quindi è meglio se ognuno resta nel suo
campo."
Questa sì che è una buona idea, peccato solo che non gli
sia venuta mentre sparava tutte quelle stronzate credendo di potermi
fare scuola. E' facile inquadrare i tipi come lui: benché io non
abbia mai avuto opportunità di instaurare rapporti
interpersonali è comunque semplice capire che non si fa problemi
a guardare tutti dall'alto al basso senza prima cercare di conoscere
chi ha di fonte, parte già col presupposto di avere la
situazione in mano ancora prima di capirne le credenziali.
Mi limito quindi ad annuire, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi per
raccogliere le forze rimaste e proseguire per questo corridoio infinito
accanto a lui. Ora come ora vorrei solo poter reggermi in piedi senza
problemi e uscire da qui il prima possibile, ma so che dovrò
sopportare la vicinanza con questo idiota ancora per un po'. Di
conoscere la squadra con cui uscirò da qui non ne ho alcuna
voglia, se sono tutti come Levi allora mi sa che mi resta solo da
mettermi le mani in testa e pregare che la ricerca di Cherice sia
più breve di ciò che si prospetta.
Dopo altri cinque minuti di avanti e indietro, metto piede in un'ampia
stanza bianca dove le luci rendono sfocata la mia visuale ancora una
volta. Quattro persone sono in piedi davanti a me, hanno delle tute
integrali completamente nere e una faccia che ispira gran poca
simpatia, anche se una di queste facce mi è parecchio familiare.
"Questa è la squadra uno, cara Siena." il cretino che
risponde al nome di Levi, dopo aver chiuso con la tessera la porta
dietro di lui, apre finalmente le manette che ci legano. Con la mano
libera fa quindi un cenno verso i quattro ragazzi davanti a me,
sorridendo sornione. "Ricognizione, prelevamento e avanguardia, siamo
la squadra che chiamano per ogni evenienza. Siamo insieme da sette anni
ormai, non per vantarmi ma siamo i più efficienti qui in giro."
"Efficienti?" alzo le sopracciglia, ricambiando il sarcasmo che mi sta
facendo patire da quando ho riaperto gli occhi. "Che grande vanto,
complimenti. Sono proprio gelosa, ora."
Un ragazzo fa due passi avanti, squadrandomi da capo a piedi con un sorrisetto: "Tu sei la fuggitiva simpatica, vero?"
Ah, mi conoscono pure? Sono famosa, che bellezza. Mi sento meglio
adesso sapendo di avere una certa popolarità se il Topo di fogna
non fa altro che vantarsi di quanto dura sia gestire una "fuggitiva".
"E tu un altro damerino." rispondo, appoggiando le mani ai fianchi.
"Secondo in comando dopo Levi, piacere." con una stretta falsamente
amichevole il tipo scuote fin troppo freneticamente la mia mano,
dandomi per un attimo la possibilità di squadrarlo a mia volta.
Ricorda tanto una sottospecie di bambolotto Ken per i capelli biondi,
peccato solo che abbia gli occhi marroni e che quindi il bel principe
azzurro non sia molto nelle sue corde. "Anthony Buckett."
Faccio una leggera smorfia, staccando finalmente la mano dalla sua:
"Siena Tanner. E voi altri?" mi rivolgo agli altri tre damerini dietro
il mio nuovo amico-Ken. "Se vi muovete magari ci muoviamo entro domani
mattina, che dite?"
"Che lingua lunga per essere una di loro." una ragazza dai capelli neri
abbastanza corti e dagli occhi verde smeraldo - sono inquietanti, devo
ammetterlo - si fa avanti, raggiungendo Anthony e sorridendomi come si
sorriderebbe ad un povero cretino...in altre parole come io sorrido a
Levi. "Ci sono altre precauzioni da prendere prima di partire, non
saranno questi cinque minuti a far allontanare tua sorella."
Ma guarda un po', questa qui mi sta già simpatica. Anzi,
è la mia migliore amica. Alzo si scatto gli occhi verso di lei:
"Sei fortunata che questa tuta mi stia uccidendo, Chiunque-tu-sia."
"Mi chiamo Celia Curbstomp, Fuggitiva. E' un piacere fare la tua
conoscenza." mi guarda con un'espressione uguale a quella che Levi fa
quando deve interpretare il ruolo di damerino, finendo per incrociare
le braccia al petto mentre l'altra ragazza dietro di lei si fa avanti,
tossicchiando leggermente.
Non sembra fastidiosa come gli altri quattro, ma presumo che l'indole
sia la stessa per tutti. Ha i tratti somatici tipici del Mediterraneo
prima che tutti i concetti di Nazione o Stato venissero aboliti:
capelli e occhi sul marrone scuro, pelle chiara e statura nella media.
Stranamente non fa nessuna smorfia strana, semplicemente stringe la mia
mano e sorride cortesemente: "Sono Marlene Garcia, piacere."
"Non è un piacere." ribatto, ricambiando comunque la sua stretta. "Ma ehi, era ovvio. Apprezzo gli sforzi."
Marlene ride impercettibilmente, facendosi però subito da parte.
Bene, al momento è quella che potrei sopportare di più in
questa marmaglia di damerini dato che sta al suo posto senza darmi
troppo sui nervi. Cosa che, purtroppo, non fa l'ultimo di loro,
arrivandomi di fronte e squadrandomi senza ritegno. Pensandoci bene il
suo viso mi è parecchio familiare, sono sicura di averlo visto
prima...il problema è ricordare dove.
Improvvisamente, però, prima che lui possa dire la prima parola,
mi appare come un'illuminazione la risposta alla mia domanda. Questo
qui è lo stronzo che mi ha sedata cinque giorni fa , ecco cosa.
"Tu!" sbotto, puntando l'indice dritto al suo petto da bestione. "O
impari a sedare le persone senza causare loro un trauma, o ti giuro che
se mi pianti un altro ago ti trituro col primo oggetto che mi capita a
tiro!"
"Il piacere è anche mio, miss-dolcezza." il ragazzo di fronte a
me ride come se avessi detto la cosa più divertente del mondo,
osando anche toccarmi la spalla. Ma questo qui è fuori di testa.
"Mi chiamo Kalidas Blain."
Non può funzionare tra me e questo tizio, meglio chiarire che lo
odierò da questo momento in avanti per evitare fraintendimenti.
Lo guardo così dritto negli occhi, esibendomi in una smorfia da
record: "Beh, non te l'ho chiesto. Non ci sarà occasione in cui
io dovrò chiamarti per nome, sta' tranquillo. Né te
né i tuoi colleghi damerini."
Detto questo, mi giro di scatto verso l'unico col quale
scambierò una o due parole al giorno giusto per lo stretto
indispensabile, alias il capo di questa marmaglia di cretini che
corrisponde a nientepopodimenoche Levi: "Posso andare dai miei
compagni?"
"Prima devi fare qualche altra cosa. Se vuoi seguirmi, torniamo nella tua stanza."
So che ubbidire va completamente contro la mia etica, ma per
risparmiare il tempo allungo il braccio verso di lui in modo che
impeghi solo qualche secondo per incatenarmi nuovamente a se stesso.
Non mi spreco nemmeno a salutare il branco di idioti dietro di me,
semplicemente seguo Levi all'interno dell'infinito corridoio che mi
aspetta. Non bastava di certo il terrore di aver perso la mia
libertà, e non bastava nemmeno il fatto che mia sorella sia
sparita chissà dove, ora devo pure collaborare con cinque
damerini che non aspettano altro che poter esercitare la loro - creduta
- superiorità su di noi. Non so veramente come tutto questo
potrà finire senza che io prima esca di testa, ma so che almeno
devo provare a resistere se voglio salvare la vita di Cherice e di mio
nipote.
"Certo che non hai iniziato bene, Fuggitiva." Levi si rivolge a me con
un'espressione divertita, dondolando il braccio incatenato al mio.
"Dovrai convivere con noi, lo sai?"
"Non l'ho richiesto io." sbotto, strattonando la mano per fermare il
movimento causato da lui. "Se fosse per me sarei ancora al sicuro, a
casa mia. Non in questa prigione di certo."
"Dovrai farci l'abitudine. La vostra razza non è destinata a sopravvivere. Non possiamo coesistere."
Mi ritrovo a fissarlo con le sopracciglia alzate e una smorfia dipinta
sul viso: "Questo è sicuro. Nella fattispecie io non posso
coesistere con un deficiente come te."
"Ti ho già detto di non giocare col fuoco e ora te lo sto
imponendo." occhi-azzurri si rivolge a me con un'espressione poco
rassicurante, ma so che a questo punto ho ben poco da perdere. "Anch'io
ho un limite, Siena."
"Non credere di essere l'unico, allora. Tutti gli umani hanno un
limite, ma c'è chi lo riesce a nascondere e chi, come te, deve
fare spettacolo di tutto. Io rientro nella prima categoria, per tua
informazione."
"Mi stai dando sui nervi, sai?" Levi mi lancia nuovamente
un'occhiataccia, ma se devo essere sincera ben poche cose ora possono
fare effetto su di me considerando anche che le mie condizioni fisiche
non sono proprio al loro meglio e che di conseguenza quelle mentali ne
risentono parecchio.
"Felice di saperlo." borbotto per rispondergli, ma solo due secondi
dopo aver elargito la mia sentenza mi ritrovo con la schiena attaccata
al muro e la mano di Levi stretta attorno al mio collo. Wow, è
stata una mossa repentina da parte sua, non me lo aspettavo. Bravo
damerino! E' fantastico anche come cerchi di farmi paura guardandomi
nella peggiore delle maniere, non osando però stringere ancora
di più la presa su di me da bravo codardo tale quale è.
"Hai finito di scherzare?" mi domanda, grugnendomi addosso come se fosse alla carica. "Mi pare di averti ordinato di smetterla."
La vicinanza così ridotta al suo viso non mi spaventa poi
così tanto, mi risulta facile trovare la forza per dimostrarmi
tranquilla nonostante la situazione non lo permetta: "Se non ti
rispetto come persona e tantomeno come autorità non vedo
perché dover ubbidire ai tuoi ordini."
La presa attorno al mio collo si fa un po' più stretta, mentre Levi
cerca probabilmente di far valere il suo orgoglio da imbecille:
"Dovresti cominciare a farlo. Sappi che non sei indispensabile a nessuno
di noi, motivo per cui se mi sbarazzassi di te nessuno direbbe una
parola."
"Passi alle minacce, Topo di fogna?" con qualche sforzo che il mio
corpo regge difficilmente, alzo il braccio incatenato al suo fino ad
appoggiare la mia mano al polso che punta il mio collo. Spero capisca
che, avendo messo questa tuta da non più di venti minuti,
l'effetto è ancora abbastanza debole e che il mio organismo
interiore continua ad adattarsi alle situazione esterne, come ora
stanno facendo le vene e le terminazioni nervose del collo per
permettermi di respirare. "Hai bisogno di mettermi le mani addosso per
farmi stare zitta?"
"Sembra che sia l'unica maniera per farti tacere."
"Non sei diverso dalle persone che hanno scatenato la guerra, se io
sono così è colpa di questo comportamento immaturo e
orgoglioso." lo squadro dall'alto al basso, vedendo la sua espressione
farsi sempre più acida fino quasi a spaventarmi, ma non
abbastanza per mordermi la lingua. "Perché te la prendi tanto?
Io non ti devo alcun rispetto e tu non ne devi a me, se ragionassi come
una persona razionale capiresti che questa scena è inutile e che
il tuo compito sarebbe solo quello di sorvegliarmi, non di
sottomettermi."
Okay, lo schiaffo che ho appena ricevuto ha fatto leggermente male, ma
ne è valsa la pena. Il mio discorso è stato assolutamente
da Oscar e, anche se non ho ricevuto alcuna risposta dal momento che
Levi si è solo limitato a colpirmi e a mollare la presa sul mio
collo, so che comunque ho chiarito quale sia la mia posizione nei suoi
confronti - o quella che teoricamente dovrebbe essere. Ora la sua
camminata è frenetica, strattona di continuo il mio braccio
legato al suo senza alcun riguardo e non si degna di guardarmi negli
occhi, ma se lui considera il coraggio come forma di violenza allora mi
sa che non ha capito niente dalla vita. Sinceramente mi viene quasi da
ridere, vedere un capo squadra del suo rango in tale agitazione
è esilarante, come se il suo autocontrollo fosse stato
compromesso proprio dalla sottoscritta. Queste sono le soddisfazioni
della vita, diciamocelo.
"Stenditi."
"E perché dovrei?"
"Devo farti un'iniezione. Muoviti."
Fisso seccata Levi che, con una siringa piena di un liquido azzurro
stretta nella mano destra, mi fronteggia come se avesse paura che io
possa ribellarmi da un momento all'altro. Un'iniezione? Ma per
carità, non credo di averne mai fatta una in tutta la mia vita e
non intendo cominciare ora. Sto sviluppando una momentanea agofobia.
"Non voglio." mi ritraggo leggermente, allontanandomi dal mio lettino nella mia stupenda camera personale.
"O la fai o non esci da qui." ancora una volta, io indietreggio e il damerino avanza. Sembra un valzer qui dentro.
E ta-ta-ta, tatata!
"Non può farmela qualcun altro? Se me la fa Theodore per me è okay."
"Per raggiungere il tuo amico ci vogliono venti minuti qui dentro."
altri due passi indietro miei, due avanti suoi. "Sei stata tu a dire di
non perdere tempo, no? Notizia dell'ultima ora, ne stai perdendo a
palate."
Wow, devo ricordarmi di dirgli che i giochetti psicologici con me non
funzionano. Andiamo, sono cresciuta senza cibo né acqua a
sufficienza, come posso farmi prendere in giro in questo modo? E'
semplicemente ridicolo, come lo è lui in prima persona.
"Non ci sto a farmi bucare da te." sentenzio, incrociando le braccia
come una bambina capricciosa. "Da qualsiasi altra persona va
bene...tranne da Kalidas, lui fa come faresti tu."
"Non sono così brutale." si difende il damerino, roteando gli
occhi al cielo mentre accelera e viene sempre più vicino alla
sottoscritta con quella siringa inquietante. "Non ti farò male."
Molto convincente, davvero. Infatti annuisco, facendo una smorfia non
proprio elegante: "Ah già, infatti non sei tu quello che mi ha
appena tirato uno schiaffo in faccia."
"Smettila di fare storie, avanti!" esasperato, Levi si porta la mano
libera sulla faccia, strofinandosela come un vecchietto in pensione.
"Coraggio, Siena. Fallo almeno per tua sorella."
"Ti ho detto che lo faccio." ribatto, indicando la porta di vetro. "Ma non se lo fai tu."
"Si può sapere qual è il tuo problema? Stai solo perdendo minuti!"
"Non mi faccio bucare da uno di cui non mi fido, accidenti!" colpisco
leggermente la sua mano che regge la siringa, guardandolo male. "Non
credo tu lo faresti."
"Ascoltami bene, Siena." prima che possa rendermene conto, come se
stesse diventando un'abitudine, Levi ferma il mio polso e mi fissa
dritto negli occhi. "Non dico che tu debba fidarti di me, ma ti chiedo
di fidarti del fatto che adesso non ti farò male."
Squadro da capo a piedi il ragazzo che mi sta di fronte, trovando nella
sua espressione un effettiva richiesta di fiducia. Non so se accettarla
o meno, di norma non starei nemmeno più parlando con lui dopo
che gli ho espresso ciò che penso senza mezzi termini e dopo
essere stata colpita, ma non posso negare di star perdendo
effettivamente tanto tempo. Del resto, però, è un
individuo che, come ho già visto, non si fa problemi a scaldarsi
e che quindi non mi permette di tirare troppo la corda. Cedere o non
cedere?
"Prova a farmi ancora del male, e io ti riduco impotente." gli lancio
un'ultima occhiataccia, smettendo di oppore resistenza e stendendomi
sul mio comodissimo letto. Lo sento tirare un sospiro di sollievo e
avvicinarsi a me, picchiando l'indice contro la siringa per smuovere il
liquido.
All'alba dei miei diciassette anni, subisco quindi la mia prima
iniezione dall'ultima persona che avrei voluto la facesse. Levi sposta
i ciuffi che cadono dalla coda e finiscono sul collo, fino ad inserire
l'ago esattamente al centro di esso, introducendo lentamente lo strano
liquido azzurro. Ammetto che non fa tanto male come pensavo, più
che altro è il liquido a bruciare non appena comincia ad entrare in circolo.
"Cos'è?" domando al damerino, anche se la mia voce risulta ovattata a causa del cuscino.
Levi, improvvisamente, ride come se avessi detto una barzelletta
esilarante, e se potessi mi girerei per guardarlo male e chiedergli che
genere di problemi psicologici si ritrova. Insomma, prima mi colpisce,
poi sembra improvvisamente preoccuparsi di me ed infine ride come un
imbecille. Questo qui non sta bene per niente.
"Che hai da ridere?" sbotto, cercando di toccare il suo ginocchio con
la mano anche se devo prima sembrare una foca monaca finché non
lo trovo dato che non vedo nulla.
"Hai fatto storie perché ti facessi io questa iniezione ma non
ti sei nemmeno posta il problema di chiedere cosa fosse. Potrebbe anche
essere stato veleno e tu come niente, la vera questione ero io. Questo
mi fa ridere."
"Esilarante." borbotto, sentendo finalmente l'ago allontanarsi dalla
mia pelle. Questo è un gran sollievo. "L'avete iniettato anche
ai miei compagni?"
"No." Levi si siede con ben poca grazia sul poco spazio di letto
lasciato da me, all'angolo inferiore. Mi alzo così abbastanza
velocemente per costatare che effettivamente ha anche lui l'aria di
essere stanco ora, di fatto ha i gomiti appoggiati alle ginocchia e la
testa a penzoloni tra le sue spalle. Anche se il mio istinto mi direbbe
di approfittarne e prendermi la rivincita per lo schiaffo di prima, mi
ritrovo a sedermi a gambe incrociate in modo da averlo di fronte.
Colpirlo ora non sarebbe altro che una scorciatoia, la vendetta va
messa in atto alla pari.
"Perché no?" gli chiedo, sperando di non ricevere risposte tipo
'perché loro ci servono vivi'. Sarebbe alquanto triste andarmene
con una puntura.
Levi, in tutta risposta, gira il volto verso di me e fa un piccolo
cenno con la testa: "Non ti reggi nemmeno in piedi, hai reagito
diversamente dagli altri alla tuta e dato che non hai intenzione di
chiedere aiuto nel caso tu abbia bisogno, ho prevenuto il tutto e ti ho
dato una sostanza che, una volta assorbita, ti darà la stessa
forza che avevi quando sei arrivata qui. Non c'è di che."
"Pure 'grazie' ti devo dire?" evito di guardarlo negli occhi e roteo i
miei, anche se forse un ringraziamento gli verrebbe di diritto...o
anche no, insomma, mi ha appena colpita e solo perché fa una
buona azione non vuol dire che io gli debba essere riconoscente a vita.
"Fa' un po' come ti pare, quello che dovevo fare io l'ho fatto."
Levi si alza dal letto stiracchiandosi come un bambino, muovendo a
stentoni qualche passo fino a raggiungere la porta di vetro per uscire.
Spera forse che mi penta e che lo ringrazi? Non so, forse sta
aspettando una scena da Titanic a random?
Non metterò il mio orgoglio sotto le scarpe per lui, spero sia chiaro.
"Vengo a prenderti domani mattina." il damerino si gira ancora una
volta verso di me, tenendo la mano stretta sulla piccola maniglia che
bloccherà non appena uscirà da qui. "Se succede qualcosa
hai un allarme vicino al letto collegato direttamente al mio telefono,
comunque io abito vicino e posso raggiungerti in venti minuti. Chiama
pure a qualsiasi ora, non farti paranoie. Domani si parte alle nove di
mattina insieme alla mia squadra e al tuo gruppetto, va bene?"
Annuisco, continuando a guardarlo dritto negli occhi senza alcuna
espressione particolare. Spero bene di non avere bisogno di lui
stanotte, se no mi tocca averci ancora a che fare ad una distanza di
tempo troppo ravvicinata.
"A domani, allora." agita la mano verso di me, chiudendo
definitivamente la porta di vetro per poi inserire il codice. Che
bello, di nuovo rinchiusa qui.
Comunque sia non mi disturbo a salutarlo e mi giro con la fronte
rivolta verso il muro, sperando di trovare al più presto un
passatempo che non mi faccia pensare alla gran situazione di merda in
cui mi trovo al momento. Tra Levi, la marmaglia di damerini e mia
sorella che è sparita non so se sopravviverò
semplicemente per un'altra ora.
HEY.
La cosa esilarante è che la
storia è attualmente quasi terminata ma io sono alla
pubblicazione del secondo capitolo.
Bene, brava Ale. Tu sì che sei puntuale!
Anyway buona lettura e congratulazioni se siete arrivati fin qui.
Un bacio, Ale xx
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Capitolo 3 *** Guilty ***
Interstellar cap.3
INTERSTELLAR
CHAPTER THREE
"Guilty"
Devo ammettere che questa stanza è
resa ancora più triste dall'assenza completa di finestre o di
semplicemente fonti di luce naturale. Niente di niente. So che è
mattina solo dall'orologio digitale appeso alla parete di vetro, ma
senza quello non saprei dire nemmeno a naso che ora sia. Sono sempre
stata abituata a godermi il cielo all'alba e al tramonto, ora non
posso più nemmeno mettere il naso fuori di qui e respirare ossigeno
per non impazzire. Non ho avuto notizie per tutta la notte, so solo
che tra poco Levi dovrebbe arrivare a prendermi per partire alla
ricerca di Cherice, non posso più aspettare per vedere Theo, Hunter
e Regan, ho bisogno di loro se non voglio far cazzate che possano
danneggiare me stessa all'interno di questo inferno.
"Buongiorno!"
La porta della stanza di fronte alla mia si apre di scatto
scivolando nella parete, mentre un certo damerino entra agitando la
mano. Guardandolo sembra che abbia fatto a pugni col cuscino
stanotte: non ha la tuta nera addosso, ha solo un normalissimo paio
di jeans e una maglietta a maniche corte verde - che tra l'altro
definirei 'verde vomito' ma che lo fa sembrare più normale di quanto
non sia, i capelli ancora più in disordine se è possibile e
un'andatura da sbandato.
"Alla buonora!" sbotto di
conseguenza, alzandomi finalmente dal letto. "Sono già le otto
e mezza, sei in ritardo."
"Ho avuto un contrattempo."
Levi apre la porta di vetro che ci separa inserendo il codice che
spero al più presto di vedere, facendomi cenno di uscire. Aspetta,
ma è fuori? La porta per uscire di qui è aperta, ci metterei un
attimo a scappare da lui. Esco dalla mia cella di vetro con cautela,
tenendolo osservato come lui tiene osservata me. Forse una mia mossa
azzardata se la sta proprio aspettando.
"Che genere di
contrattempo?" gli chiedo, sconfitta, abbandonando il mio ideale
di fuga. So che non conosco ancora tutto di lui, quindi prima di
tentare l'impossibile immagino di dover avere il quadro generale di
mister Levi Callaway. Non che mi interessi veramente sapere della sua
vita, ma voglio solo sapere cosa lo ha portato ad aumentare la mia
irritazione nei suoi confronti.
Lui, con nonchalance come al
solito, si toglie la maglietta con un colpo secco e mi guarda subito
dopo, sfoderando un sorrisetto saccente. Cos'è questo? Si spoglia
facendo il sex symbol e si aspetta forse che io spalanchi la bocca?
Gesù, che si alleni per il lavoro che fa si vede, okay, ma non c'è
possibilità che i miei occhi diventino due cazzo di cuori per lui.
"Anthony ha dato forfait, purtroppo è occupato in un altro
prelevamento e non può partire con noi." il signor sex symbol
davanti a me grazie a Dio si mette una maglietta addosso - credo una
maglia termica, procedendo poi a sfilare i pantaloni. Eh no, qui
stiamo esagerando.
"Ma non puoi andarti a cambiare in
bagno?!" sbotto, girandomi subito di spalle per non cadere in
tentazione e abbassare lo sguardo.
Come sempre lui sdrammatizza
tutto con una risata, mentre il suono della cintura mi dà non poco
fastidio: "Non hai mai visto un ragazzo in boxer?"
"Ti
dirò," trovo la forza di girarmi e di continuare a guardarlo
solo negli occhi, facendo una smorfia. "Guardo chi voglio
vedere, no?"
In tutta risposta, Levi ridacchia e scuote la
testa, infilando poi i pantaloni della tuta nera. Ora però mi sta
venendo un dubbio.
Mi rivolgo nuovamente a lui, non cercando
nemmeno mezzi termini per la mia domanda: "Levi è un nome
ebraico. Sei circonciso per caso?"
Il Topo di fogna scoppia a
ridere come mai gli ho sentito fare, tenendosi addirittura la pancia
dalle risate. Direi che ora sembra vagamente uno psicopatico.
Insomma, la mia domanda è lecita, è solo pura curiosità. Non gli
ho mica chiesto di mostrarmi qualcosa, no? La sua risata, comunque,
devo dire che un po' mi fa rivalutare la mia convinzione dell'assenza
di un suo lato da diciottenne. In effetti, la sua espressione allegra
ricorda tanto quella di un semplice ragazzo che, insieme ai suoi
amici, ride anche alle quattro di mattina dopo aver passato la notte
in riva al mare con una bottiglia di vino e un pacchetto di
sigarette. Quest'immagine di Levi mi piace molto di più di ciò che
ho veramente davanti, e la visione dura quel poco che basta per farmi
tornare con i piedi per terra e pensare che, in effetti, ho solo un
mostro di fronte.
"Ma che stai dicendo?" si rivolge a
me quasi con gli occhi lucidi, mentre io semplicemente lo guardo
confusa.
"Ho solo fatto un'ipotesi."
"Cristo,
fanne a meno." borbotta allegramente, scuotendo la testa
cercando difficilmente di ricomporsi. "Il fatto che mio padre
fosse ebreo ha influito sulla scelta del mio nome e di quello del mio
fratellastro, sebbene le madri fossero diverse lui ha avuto la meglio
in entrambi i casi e ha scelto i nomi. Ma, per rispondere alla tua
domanda, sappi che non credo nemmeno in una religione, perciò...no,
nessuno ha messo le mani sul mio amichetto."
Trattengo una
risatina solo per non dargli la soddisfazione di avermi fatto ridere,
rivolgendomi però a lui subito con un'altra osservazione: "Quindi
hai un fratello anche tu. Maggiore o minore?"
Lui annuisce,
finendo di vestirsi infilando la felpa: "Maggiore, ha due anni
in più di me. Verrà lui al posto di Anthony, ecco perché ero in
ritardo."
"Se hai un fratello allora dovresti capire
come io mi stia sentendo. Questo ti rende ancora più uno schifo ai
miei occhi."
"Addirittura?" mi squadra dall'alto al
basso con una smorfia. "La cosa non mi tocca."
Quanto
vorrei dimostrargli come invece uno schiaffo potrebbe toccarlo per
bene. Oh, guarda, avevi per caso detto che non ti toccava?
"Vado
a finire alcune questioni burocratiche." riprende, passandosi
una mano tra i capelli. "Il mio fratellastro sarà qui a momenti
e ti porterà lui, va bene?"
Alzo le spalle, ritornando nella
mia comodissima cella di vetro: "Anche se non andasse bene
sarebbe così comunque, quindi va bene."
"Vedo che stai
iniziando a farti addomesticare, complimenti."
"Addomesticare?!"
prima che possa chiudere la porta di vetro tiro addosso ad essa il
calcio più forte che posso, spalancandola nuovamente e facendo
indietreggiare il Topo di Fogna davanti a me. Ha proprio sbagliato
persona a cui rivolgere quel verbo. "Ti sei bevuto il cervello
per caso?" grido, avanzando di gran carriera verso di lui. "Vedi
di abbassare i toni, piccolo viscido verme inutile!"
"Sei
tu che dovresti abbassare i toni, Fuggitiva." risponde in tutta
calma, sorridendo come se avesse la situazione perfettamente sotto
controllo. "Chi è qui l'autorità?"
"Mi pareva di
essere stata chiara ieri, Topo di fogna. Non ti porto rispetto né ti
considero un'autorità, e come tale non ti permettere più di
parlarmi come se fossi un maledetto cane! L'unico da addomesticare
qui sei tu, che giochi con le vite umane così quando ti pare e come
ti gira, prima offendi e poi prendi a schiaffi per le reazioni che tu
stesso hai causato. Prova solo una volta in più a rivolgerti a me in
questo modo e giuro su Dio che, dovessi morire, ma te la faccio
pagare."
"Stai facendo lo stesso gioco che faccio io
senza lo stesso risultato, non te ne rendi conto?" Levi si
avvicina al mio viso, permettendosi di ridacchiare e di appoggiare la
sua mano sulla mia spalla. "Cerchi tanto di intimidirmi, ma se
ti guardassi un po' capiresti che sei solo una ragazzina da
diciassette anni rinchiusa in un istituto dove l'unica libertà che è
concessa è scegliere se respirare col naso o con la bocca. Sei una
marionetta nelle mie mani, quello che dico io per te e per chiunque
altro si trovi sotto di me è legge, e prima ti metti in testa questo
concetto, prima la nostra convivenza sarà sopportabile per
entrambi."
Okay, ha superato ogni limite concesso. Legge? Non
lo considero nemmeno degno di umanità, figuriamoci se mi metto pure
a prendere le sue parole come se fossero dettate dalla Bibbia. Un
cretino del genere non merita nemmeno di respirare la mia stessa
aria, e ora che si mette a sparare cazzate pure sulle mie libertà
direi che ha toccato il fondo e che sta per essere annegato. Anche se
so che non avrò il successo sperato, mi avvento su di lui con la
mano destra serrata a pugno, colpo che lui riesce facilmente a parare
e, anzi, a contraccambiare. Non usa la mia stessa modalità, con
molta più facilità lui spinge la mia schiena verso il basso con il
braccio sinistro e, nella traiettoria della mia caduta, alza di
fretta il ginocchio e mi colpisce dritta nello stomaco. Ammetto che
non è uno dei colpi più leggeri che io abbia mai ricevuto, anzi,
forse sta proprio al primo posto della classifica opposta. Non dico
che io mi senta male o che stia per perdere conoscenza, sento solo un
gran dolore allo stomaco che mi fa accasciare al suolo senza più la
forza di restituirgli almeno un colpo. Così non va bene, ora siamo
due a zero per lui, le cose non possono andare avanti in questo modo.
"Levi!" una voce che non conosco fa irruzione nella
stanza, dove il rumore dei passi sembra raggiungermi velocemente.
"Che cazzo le hai combinato? Idiota!"
Non ci credo, fate
santo chiunque ora stia cercando di mettermi seduta. Okay, forse
troppo veloce però.
"Ahi..." borbotto, portandomi una
mano allo stomaco senza nemmeno riuscire a vedere chiunque mi stia
aiutando. "Per favore, non alzarmi."
"Oh, scusami."
Vengo adagiata nuovamente a terra, sentendo forse la voglia di
vomitare. Non avevo mai incassato un colpo così doloroso, non
immaginavo che queste fossero le conseguenze.
Levi si accovaccia
di fronte a me, guardandomi con una smorfia dell'accidenti dipinta in
quel viso che prenderei a pugni: "Dici anche 'per favore',
adesso?"
"Dacci un taglio, Levi." di nuovo la voce
si fa valere, inginocchiandosi accanto alla causa di tutta questa
situazione.
Si tratta semplicemente di un ragazzo dagli occhi
verdi, i capelli marroni tenuti su in un codino un po' stupido e il
viso pieno di lentiggini. Non credo di averlo ancora visto
all'interno di questo istituto, ma la sua espressione mi piace
sicuramente di più rispetto a quella del Topo di fogna.
"Stai
bene?" mi chiede, appoggiando la mano sulla mia spalla. "Ci
vedi doppio?"
"No, ti vedo bene." mormoro,
accennando ad una risata. "Grazie."
"Figurati.
Spero che questo idiota non ti abbia fatto troppo male." dicendo
ciò, il mio nuovo amico si gira verso Levi per guardarlo veramente
male. "Come al solito, insomma."
"E smettila!"
il damerino dà un leggero schiaffo sul braccio dello sconosciuto,
alzandosi poi in piedi. Non sarà mica che...?
"Sono Ira."
mister-lentiggini mi sorride amichevolmente, stringendomi la mano di
conseguenza. "Sono il fratello di Levi."
Questa sì che
è bella. Da un lato abbiamo il lunatico, violento, sex symbol,
diciottenne Levi Callaway, mentre dall'altro abbiamo il simpatico,
lentigginoso, premuroso, ventenne Ira Callaway. A questo punto credo
che in comune questi due abbiano solo alcuni tratti della fisionomia,
ma del resto è palese che non siano fratelli al cento per cento.
Beh, sono comunque contenta che uno su due Callaway sia almeno
accettabile nel mio spazio vitale.
"Ma non dirmi."
ridacchio, cercando poi di rimettermi in piedi. Ho ancora il mio
orgoglio, sia ben chiaro. "Sei quello che sostituisce Anthony,
vero?"
Ira annuisce, guardandomi sollevato: "Esatto.
Stai meglio?"
Vorrei rispondergli con un'offesa indirizzata a
Levi, ma considerando che sto parlando al suo fratellastro sono
costretta a mordermi la lingua e a rispondere solamente con un
sorrisetto: "Certo, grazie."
"Per fortuna. Vuoi che
ti porti qualcosa da bere?"
Ma veramente, fate santo questo
ragazzo! Da dove spunta fuori un bipede così gentile in un ambiente
del genere?
"Ti ringrazio davvero tanto, ma mi riprendo da
sola. Devo solo respirare un po'."
Ira sorride, sfoderando
un'espressione probabilmente simile a quella di Levi se ogni tanto
sorridesse sul serio, facendo apparire due leggere fossette ai lati
delle guance: "Avvisa se hai bisogno, okay? Adesso vado a finire
alcune carte da firmare per partire con voi, poi si va."
Annuisco,
agitando la mano per salutarlo. Lui ricambia, ma non si dirige poi
alla porta, bensì verso Levi che, seduto sul divano, lo tiene
attentamente osservato.
"Tu," la voce di Ira cambia
repentinamente mentre parla al Topo di fogna, assumendo un tono
minaccioso che ringrazio il cielo non sia stato rivolto a me. "Ti
ho detto un milione di volte di darti una calmata. Sei solo un
moccioso con troppo potere in mano, perciò o ti decidi ad usarlo
responsabilmente o prima o poi intervengo io. Sai bene che non ti
conviene, no?"
Seguo la discussione senza però tenere
fissati i due per non sembrare indiscreta, ma sento chiaramente la
lingua di Levi fare uno schiocco prima di rispondere: "L'ho
detto io agli altri che era meglio chiamare qualcun altro, accidenti.
Pensa per te."
"Sta' attento, ragazzino." sbotta
nuovamente Ira. "Non è il caso di giocare. Lascia in pace
quella ragazza e qualsiasi altra povera anima affidata a te,
chiaro?"
Attendo la risposta di Levi, ma sorprendentemente
questa non arriva. Sento i passi del maggiore lasciare la stanza,
lasciandomi praticamente a bocca aperta: ha per caso zittito Levi?
Non credevo ci fossero persone in grado di riuscire in questa
impresa, specialmente poi con una maestria ammirabile. Dovrò
assolutamente chiedergli come fa.
Per tutto il percorso di
questo accidenti di corridoio infinito io e Levi non ci rivolgiamo
una sola parola, e quando finalmente la porta scorrevole di fronte a
noi si apre la mia giornata sembra improvvisamente migliorare. Regan,
Hunter e Theodore stanno dritti davanti a me, e né io né loro
esitiamo per correrci incontro e abbracciarci. Finalmente un senso
familiare. Non mi va di farmi vedere da Levi e dagli altri nella
condizione di nostalgia, ma ora come ora non ne riesco a fare a meno.
Sono stata distante più del dovuto dalla mia famiglia, ho in un
certo senso bisogno di sentirli vicini come mai ne ho sentito prima.
"Dimmi che stai bene, ti prego." Hunter afferra il mio
viso tra le sue mani, guardandomi dritta negli occhi come il suo
solito. "Almeno tu."
"Sto." rispondo, senza
precisare 'male' per la ginocchiata che ho appena ricevuto dritta
nello stomaco e tutto il resto. "Voi? Come state?"
"Come
se fossi qui dentro da una vita." Theodore si fa avanti,
sorridendomi quando mi arriva di fronte. "Regan ha quasi
picchiato Kalidas, stamattina."
Sto per rispondere notando il
sorrisetto soddisfatto di Regan, ma prima che le parole possano
uscirmi di bocca una mano si appoggia sulla mia spalla, e il mio
disgusto cresce non appena constato che è proprio quella di
Kalidas.
"Quasi picchiato." precisa lui, sorridendo a
tutti noi come se fosse un rappresentante di un prodotto alla fiera
di paese. Che immagine inquietante. "Ma ci siamo calmati subito,
no?"
La rossa lo guarda dapprima male, ma alla fine cede ad
una smorfia sollevata: "Ci siamo calmati."
Oh beh, sono
contenta che almeno loro si calmino subito a differenza di qualcuno
di cui non faccio nome. Insomma, non è normale che Levi sia...beh,
Levi. Avanti, sa solo provocare e approfittare delle reazioni altrui
per confermare a se stesso di essere meglio di qualsiasi altro essere
sulla Terra. Voglio proprio vedere quanto spiccato sia il suo grande
spirito di squadra, da uno come lui mi aspetto di tutto fuorché che
sappia collaborare con altre persone - che, tra l'altro, considera
suoi piccoli sudditi. Siamo nella Versailles di re Levi, inchiniamoci
al suo cospetto!
"Che carini." me ne esco, alla fine,
girandomi ad osservare per un istante Levi che, tranquillamente,
chiacchiera con Celia e Marlene. Che schifo di persona che è.
"Sostanzialmente ognuno di noi ha un supervisore personale."
Hunter fa un breve cenno con la testa verso Celia. "Io ho quella
lì, Theo ha Marlene e Regan ha Kalidas. Poi c'è il fatello di Levi,
ma lui fa solo da spalla credo. Non l'abbiamo ancora visto."
"Non
l'avete conosciuto?" gli chiedo, illuminandomi improvvisamente.
"Io credo di essermi innamorata."
Le facce che si
vengono a creare sui volti di Hunter, Theodore e Regan sono
semplicemente irripetibili: sono un misto tra lo schifato e il
divertito, mentre tutti e tre scoppiano automaticamente dalle risate.
E io che speravo che per una volta mi prendessero sul serio per
fargli uno scherzo.
"Tu, innamorata!" sbotta Regan,
forse a voce un po' troppo alta, ma comunque cercando di trattenersi.
Devo ammettere che vederli così allegri dopo averli visti a terra è
un grandissimo sollievo. "Ma quando mai!"
"Scusa se
non sono mia sorella!" ribatto, alzando le mani all'aria. "Oh,
a tal proposito. L'hai mai sentita, Theo?"
Il moro scuote la
testa, sbuffando: "Mmh, con queste tute è impossibile."
Ora,
non intendo dire 'sentita' come per telefono o altro, so che è
impossibile. Il fatto è che, avendo Theodore la capacità della
proiezione astrale, potrebbe capitare che durante il sonno lui riesca
in qualche modo a trovare Cherice e a trovare anche la sua posizione.
Sembra roba molto voodoo, devo ammetterlo, ma fa il suo certo
effetto.
"Cazzo." mi esibisco in uno sbuffo che farebbe
concorrenza a quello di un bambino in cerca del suo pupazzo
preferito, ma non riesco nemmeno a respirare completamente che, per
la seconda volta nel giro di troppo poco tempo, un'altra mano si
appoggia sulla mia spalla. Mi hanno forse scambiata per un poggiolo?
"Ehi, si può sapere-" mi giro di scatto, trovandomi il
viso di Levi incredibilmente vicino. "Oh."
"Oh?"
quest'ultimo mi fissa col suo solito sorrisetto che ambisco a
staccare a morsi. "Ira ci raggiunge fuori. Vogliamo andare,
madame?"
Ha-ha, veramente esilarante. Se pensa di
essere anche lontanamente simpatico è meglio che sappia che è
veramente sulla cattiva strada. Per non dire pessima.
Anche in
presenza di Hunter - che è morbosamente protettivo verso di me a
causa del divario, anche se non troppo grande, d'età - non mi
risparmio l'occhiataccia dritta al ragazzo che ho a pochi centimetri
dai miei occhi e il mio sorriso soddisfatto: "Dopo quello che mi
hai fatto prima, tu non devi più sognarti di toccarmi.
Chiaro?"
"Posso ricordarti che sei stata tu ad
iniziare?" ribatte lui col suo solito tono, e da qui capisco che
se non mi fermo prima litigheremo di nuovo.
"Stai dicendo che
avrei dovuto ringraziarti dopo che mi hai praticamente dato del
cane?"
"Non era il caso di scaldarsi, sto dicendo
questo." Levi si decide finalmente a staccare la sua manaccia da
me. "E poi, dai, eri in piedi due minuti dopo."
Okay,
inspira ed espira...se perdo di nuovo la calma sarà guerra a vita,
me lo sento.
Così, ignorando di nuovo tutto ciò che mi circonda
e prestando attenzione solo al mio bersaglio, assottiglio gli occhi e
lo guardo sempre peggio: "Questo è perché c'era tuo fratello
che mi ha aiutata. Se prendessi esempio da lui non sarebbe male, lo
sai? Un po' di umanità ti farebbe bene."
"Non dirmi
cosa devo fare con Ira, Fuggitiva. Mio fratello non rientra nel tuo
business, quindi smetti di scodinzolare per lui."
Di nuovo?
Volete dirmi che davvero non ha capito che certe parole con me non
devono essere usate nemmeno per scherzare?
E' un uomo morto - se
di uomo possiamo parlare.
"Vedi di non presentarti più
davanti ai miei occhi, Topo di fogna." borbotto, fissandolo
dritto in quegli accidenti di occhi cristallini che si ritrova. "Se
non capisci nemmeno le condizioni per non farmi saltare i nervi ogni
volta che apri quella cazzo di bocca io non ti porterò mai nemmeno
un briciolo del tanto rispetto che secondo te dovrei avere nei tuoi
confronti. E, anzi, ti dirò di più: non mi farò mai
'addomesticare' né da te né dai tre idioti che ti porti appresso e
continuerò a 'scodinzolare' per Ira solo per il gusto di farti
patire quanta più sofferenza io possa infliggerti dato che sembra
essere l'unico metodo per coesistere con un tale cretino come
te."
Non aspetto nemmeno la sua risposta e, dopo aver
fronteggiato le espressioni sconvolte di Hunter, Regan e Theodore
semplicemente vado dritta verso la porta che segna l'uscita
aspettando di trovare Cherice al più presto possibile. Levi vuole la
guerra? Se si diverte a far diventare matte le persone, beh, sappia
che ha proprio preso male la mira questa volta. Non sarà una
passeggiata avere a che fare con me e gli farò pentire fino alla
morte di quel singolo istante in cui chiese per essere il mio
supervisore, questa è una promessa.
Tutte le mie speranze sul
potermi finalmente sgranchire le gambe all'aria aperta sono andate a
farsi fottere nel momento in cui ho visto, appena fuori da questa
prigione, cinque macchine nere di ultima generazione: design
impeccabile, carrozzeria appena lucidata, pneumatici da fuoristrada e
interni in pelle. Questa si chiama classe.
Appena gli altri mi
raggiungono Regan alza immediatamente la mano, sgranando gli occhi:
"Soffro di mal d'auto!"
"Non ci sei mai andata."
ribatte Theodore, divertito, scuotendo la testa. "Non ci avevo
mai pensato, ma in effetti nessuno di noi è mai salito in una
macchina."
Hunter si fa avanti: "Io sì."
Tutti
noi ci giriamo a guardarlo, stranito, ma lui semplicemente alza le
spalle e sorride ironicamente: "Prima di conoscervi avevo una
famiglia anch'io, sapete? Quando avevo due o tre anni andavo in
macchina con i miei."
"E te lo ricordi ancora?"
Regan lo guarda confusa, come giustamente anche io e Theodore
facciamo.
"E' strano, ma sì. Da quando sono arrivato qui i
miei ricordi si fanno sempre più vividi, portandomi indietro di
troppi anni per essere normale." Hunter sospira, passandosi una
mano tra i capelli scuri. "Cristo, sono un ragazzo-padre che
ricorda di quando aveva un anno...se facessi un'audizione ad un circo
mi prenderebbero di sicuro."
Trattengo appena le risate per
la battuta di Hunter, ma pensandoci bene è davvero bizzarro. Com'è
possibile che improvvisamente qualcuno possa avere dei ricordi di
quando ancora non poteva parlare o camminare?
"Forse è
qualcosa che ci hanno dato." Regan prova a fare un'ipotesi,
portandosi l'indice sul mento. "Insomma, non si farebbero
scrupoli a somministrarci strani farmaci in qualsiasi forma
possibile. Magari abbiamo mangiato qualcosa senza sapere che dentro
c'era qualche veleno, che ne sappiamo noi?"
Theo annuisce:
"Non fa una piega. E' probabile."
Vado per aggiungere
qualcosa al discorso, ma un battito di mani e la fastidiosa voce di
Levi mi interrompono: "E' ora di salire in macchina, la squadra
è al completo. Ognuno col proprio supervisore!"
Mi giro di
scatto, se la squadra è al completo allora anche Ira è arrivato.
Infatti, poco distante da una delle cinque macchine, il moro se ne
sta dritto in piedi a guardare passivamente il suo fratellastro,
senza alcun genere di espressione. Solo quando si accorge del mio
sguardo sorride verso di me, infilando le mani in tasca e
raggiungendomi. Hunter, Theo e Regan mi guardano straniti per il
sorriso che ho appena fatto al loro sconosciuto, ma rimando le
spiegazioni a dopo e mi avvicino ad Ira senza prestare più
attenzione a Levi. Non che prima lo stessi facendo, sia chiaro.
"Sono
felice di vederti." appena la nostra distanza si limita a
qualche decimetro, Ira tira un sospiro di sollievo. "Con quel
cretino di Levi non si sa mai cosa possa succedere."
"Non
abbiamo più parlato, né interagito. Solo uno scambio di insulti e
stop."
"Mi dispiace che ti sia capitato lui." Ira
sbuffa, portandosi una mano dietro al collo. "E tutto il resto
della squadra. Non è una compagnia che amo, anche se questo non è
di certo il posto adatto per parlarne."
Improvvisamente mi
spunta una lampadina luminosa sopra la testa, e così sgranando gli
occhi per la splendida idea congiungo le mani in preghiera: "Posso
venire in macchina con te? Non voglio stare con Levi. Ti prego, non
dirmi di no."
E' assurdo che io stia pregando uno di loro per
poter stare in sua compagnia, ma è ancora più assurdo il sorriso
che spunta sul suo viso: "Non c'è problema. Però faresti
meglio a dirglielo, se glielo dico io poi fa storie perché dice che
metto sempre le mani nei suoi affari. Spero di non sembrarti un
codardo."
"Ho visto come gli hai parlato prima, non
potrei pensare che tu sia quel genere di persona." gli sorrido,
dirigendomi poi verso Levi per la prima volta di mia spontanea
volontà. Non ne ho tutta questa gran voglia, so di per certo che
finiremo di nuovo per insultarci in un modo o nell'altro, quindi
parto già rassegnata. "Ehi, Topo di fogna."
Occhi-azzuri
si gira verso di me, alzando entrambe le sopracciglia. Aspetta, ma
quando...?
"Che c'è?"
"Perché hai tre forcine
tra i capelli?"
Lui fa una strana smorfia: "Lo faccio
per guidare senza che i ciuffi cadano sugli occhi. Sei venuta qui
solo per questo?"
Scuoto la testa: "Andrò in macchina
con Ira."
"Non se ne parla." se ne esce con un
sorrisetto, mentre scuote animatamente la testa. "Non sei stata
assegnata a lui."
"Nemmeno a te, se è per questo."
ribatto, cercando però di mantenere i nervi saldi. "Sei stato
tu a chiedere di poter essere il mio supervisore...per quale motivo
poi non lo so, dato che il tuo unico scopo sia impedire la mia sanità
mentale. Detto questo, non mi interessa del tuo volere o meno, quindi
il mio era solo un avviso. Ci vediamo all'arrivo."
Mi giro
per dargli le spalle, ma la sua mano blocca bruscamente il mio
braccio. Devo stare più attenta ai suoi attacchi a sorpresa, possono
essere letali. Rivolgo così velocemente i suoi occhi verso di lui:
"Cosa c'è ora?"
"Non puoi fare così con me, non
ti è ancora chiaro?"
"Non mi interessa cosa posso o non
posso fare con te, non ti è ancora chiaro?" ripeto il suo tono
odioso, dimenandomi per cercare di scivolare via dalla sua presa. "E
tu non devi più permetterti di toccarmi. Hai già alzato le mani su
di me e non ho gradito, perciò evita. Se devi fare scena hai scelto
la persona sbagliata."
"Mi..." finalmente la sua
presa si allenta, fino a sparire del tutto. "...dispiace, okay?
Non volevo farti tanto male."
"Ah no, certo." lo
fisso con una smorfia. "Chi mai tirerebbe una ginocchiata nello
stomaco di una ragazza per fare tanto male? Pff! Ridicolo."
"Ho
solo perso il controllo." sta cercando di difendersi, ma non si
rende conto che non accetterò alcuna giustificazione al suo gesto.
Così scuoto la testa, abbassando il tono della voce sperando di
essere più diretta: "Sono in una prigione in cui l'unica
persona che dovrebbe cercare di non farmelo pesare alza le mani su di
me e cerca ogni pretesto per sopraffarmi. Non ho mai vissuto
all'interno di un edificio ed improvvisamente mi trovo in una scatola
di vetro senza la mia famiglia, senza i miei amici, solo con uno
sbruffone che non si preoccupa di niente e di nessuno, me per prima.
Non ci sto ad assecondarti, Levi. Puoi dispiacerti quanto ti pare e
piace, ma non accetterò più un tuo dito su di me."
"Forse
credi che il mio lavoro sia facile, vero? Facile giudicare quando
l'unica cosa che devi fare è stare ad ascoltare e fare ciò che ti
viene detto di fare." il suo tono cambia improvvisamente,
diventando acido. "Chi prende le decisioni, eh? Chi ha un
esaurimento nervoso praticamente tutti i giorni perché ha diciotto
anni e viene caricato come un uomo di quaranta? Chi ti ha fatto
l'iniezione per farti stare meglio e rimetterti in forze? E chi sta
cercando di scusarsi senza riuscirci per colpa del tuo
orgoglio?"
Sembra veramente esasperato, ma se non avesse
chiuso così forse avrei potuto restare zitta. Ma ha scelto un finale
sbagliato, purtroppo per lui. Infatti non mi perdo d'animo e lo fisso
negli occhi celesti: "Non è orgoglio, il mio. E' paura. Paura
che la situazione possa peggiorare ancora, che succeda qualcosa a mia
sorella, a mio nipote, che io vada fuori controllo e che tu possa
farmi male di nuovo. Sto vivendo nel terrore per colpa tua e ora che
ti chiedo un misero favore per alleggerire almeno un po' tutta la
vicenda tu ti metti a fare storie."
"Non sto cercando di
farti paura. Se tu ne hai non è un problema mio, stai solo
travisando le mie azioni. E se tanto ci tieni ad andare con Ira vai
pure, che sia! Tanto qui sembro solo il mostro cattivo. Divertitevi
insieme."
"Non avrei saputo trovarti una definizione
migliore." borbotto, non trovando però le forza di girare i
tacchi ed andarmene.
Lui, in tutta risposta, sorride e si sistema
un ciuffo dietro l'orecchio: "Cosa, mostro cattivo? E tu chi
saresti, sentiamo."
"La vittima, mi sembra
ovvio."
"A-ha." scuote l'indice davanti ai miei
occhi, negando tutto. "Sei carnefice quanto me."
"Non
dire cazzate."
"Senti." muove un passo in avanti,
facendo per prendermi la spalla ma ritraendo immediatamente la mano.
"Hai il mio consenso. Vattene da me."
Il mio istinto mi
dice di ribattere, ma finirei solo per rischiare che cambi idea. Così
non aggiungo altro, e anche se non piace rimanere zitta davanti a lui
mi dirigo verso Hunter, Regan e Theodore, ora impegnati a parlare con
Ira. Se ogni volta che tento di parlare con Levi deve finire così mi
sa che non faremo molta strada insieme, io e lui.
Un'ora,
sette minuti, nove secondi.
Questo viaggio sembra non finire mai e
non credo di essere nemmeno ad un quarto del percorso. La radio
continua a trasmettere notizie che non ascolto nemmeno, l'unica cosa
che mi interessa sono le quattro canzoni in croce che passano di
tanto in tanto. La guida di Ira è piuttosto lenta, ma nonostante
questo Levi non ci ha mai sorpassati e continua a starci dietro,
chiudendo la fila di macchine nere. Non mi sbatto tanto per cercare
di andargli incontro, se lui non muove qualche passo verso di me
allora io non ne muoverò verso di lui. In fondo non gli devo proprio
un bel niente, no?
"Non ti stanchi a guardare lo specchietto
retrovisore senza sbattere nemmeno le palpebre?" la voce di Ira
mi risveglia dallo stato di trance. "Levi non scappa da
lì."
"Cosa?" scuoto la testa, notando che
effettivamente il mio sguardo era incantato sullo specchio. "Non
dire cavolate, controllavo solo se lo specchio era messo bene."
Ira
ridacchia, ingranando la quarta marcia: "E' difficile andare
d'accordo con lui, vero?"
"Difficile?" ripeto,
allibita. "E' impossibile. Lui mi odia per il mio DNA, e io odio
lui perché è fondamentalmente uno stronzo. Non troveremo mai un
punto d'incontro, mi chiedo sinceramente come tu faccia a farti
ascoltare così da lui."
"Lo conosco da quando è nato.
Nostro padre ha fatto di tutto fin da subito per farci diventare
fatelli come se lo fossimo al cento per cento, e devo dire che ci è
riuscito."
"Non sembra che andiate così d'accordo,
però." ribatto, alludendo al tono duro che Ira ha mantenuto
costantemente nei confronti di Levi.
In tutta risposta, il moro
accanto a me scuote la testa: "E' proprio per il fatto contrario
che diamo questa impressione. Il punto è che io rispetto lui e lui
rispetta me, per questo non voglio che finisca per perdere la testa e
diventare come quelli che siamo costretti a seguire per il lavoro che
facciamo."
"Rispetto, eh?" rivolgo nuovamente lo
sguardo allo specchietto, vedendo Levi che, con le forcine tra i
capelli, guida con un gomito appoggiato al finestrino e solo la mano
destra sul volante. "Non ne ha verso di me, né io verso di
lui."
"Non credo sia così."
Mi giro velocemente
verso Ira, alzando entrambe le sopracciglia: "Mi prendi in giro?
Mi ha messo le mani addosso."
"Questo è perché non ha
ancora capito come usufruire correttamente dell'autorità che ha in
mano." alza le spalle, sospirando rassegnato. "Provo ogni
santo giorno ad insegnargli qualcosa, ma lui non sembra imparare."
A
questo punto, una domanda però mi sorge spontanea. In fondo Ira ha
solo due anni in più di Levi, quanta esperienza in più può avere
accumulato? Non sembra nemmeno un pezzo grosso all'interno della
gerarchia di quella prigione come il fratellastro, che sebbene sia
appunto più piccolo ha comunque controllo su molte più cose
rispetto a lui. Così mi giro nuovamente verso di lui: "E perché
sei convinto di potergli insegnare come si fa?"
Ira si volta
giusto un attimo verso di me, gli occhi verdi risaltano fin troppo in
mezzo a quel mare di lentiggini: "Non posso parlarne. C'è una
promessa di mezzo."
Annuisco, lasciando cadere l'argomento.
So com'è avere un fratello, e so come i patti d'onore sono
importanti. Perciò non aggiungo altro, solo alzo il volume della
radio e punto nuovamente i miei occhi allo specchietto. Levi se ne
sta lì, col gomito appoggiato al finestrino e lo sguardo dritto
davanti a sé. Non ha l'espressione arrabbiata, né infastidita, ora
come ora sembrerebbe un normale diciottenne in macchina per andare da
qualche amico. Cosa si nasconda veramente dietro quel ragazzo io non
riesco a capirlo, so solo che non è tutto ciò che dimostra di
essere. Non che voglia fare la psicologa e cercare di conoscerlo, ciò
di cui ho bisogno è solamente una persona che mi porti da Cherice.
Di sicuro, non mi causerò più problemi di quanti già ne abbia.
"Tu, invece?" Ira assume un tono più spensierato. "Hai
un buon rapporto con tua sorella?"
Sorrido spontaneamente,
sospirando: "Più che buono. Si è presa cura di me fin da
quando sono nata e ha fatto di tutto per farmi sentire a casa quando
dove vivevamo non era altro che un quartiere disabitato. Non sono
nemmeno riuscita a darle dell'incosciente quando mi ha detto di
essere incinta."
"Ti credo." Ira sorride,
ingranando finalmente la marcia permettendo alla macchina di
accelerare. "Dev'essere una cosa meravigliosa."
Scuoto
la testa, ritrovandomi a sbuffare come una bambina: "Non quando
sei come noi."
Il moro prende un respiro, esitando però a
rispondere: "Non è facile vivere così, vero?"
"Vivere
sapendo di essere colpevole di qualcosa che non hai scelto? Uno
schifo."
"Lo so." per un attimo i suoi occhi verdi
si spalancano, tornando però immediatamente normali mentre scoppia a
ridere senza motivo. "Nel senso, immagino. E' per questo che
provo ad essere diverso da tutti gli altri, non voglio essere visto
come il nemico."
"Ci riesci." riesco a sorridere
anch'io, sprofondando nel sedile. "Davvero, sembra che solo tu
capisca qualcosa qui in mezzo."
"Ci sono tante di quelle
cose che non capisco, in realtà..." Ira alza le spalle,
concludendo con una smorfia spensierata. "Immagino che questa
spassosa gita didattica ci aiuterà a capire qualcosa in più,
no?"
Annuisco, rassegnata: "Speriamo."
BACK AGAIN
Sì, Siena e Levi non vanno molto d'accordo. Si era notato?
Puahaha.
Comunque grazie a tutti per essere passati e spero che questo terzo capitolo vi sia piaciuto!
Ale xx
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Capitolo 4 *** Introvert ***
Interstellar cap.4
INTERSTELLAR
CHAPTER FOUR
"Introvert"
Guardo l'orologio al polso di Ira non
appena quest'ultimo sfila le chiavi dal quadro della macchina,
tirando un sospiro di sollievo.
Non ho ben capito lo scopo di
sette ore di viaggio consecutive, so solo che siamo a chilometri e
chilometri di distanza dalla prigione e questo è già un fatto che
riesce a calmarmi. Ira si è rivelato il completo opposto di Levi: è
socievole, divertente e sa anche raccontare le barzellette a regola
d'arte. Dopo il primo discorso che abbiamo fatto in tema 'fratelli'
nessuno dei due ha più toccato l'argomento, anche se sinceramente
vorrei saperne di più. Immagino di dovermi arrendere prima del
previsto, Ira sembra deciso a non fare una parola in più sul Topo di
fogna.
"Dove siamo?" mi rivolgo verso il moro accanto a
me, fissando divertita le sue guance lentigginose.
"Vedi
quell'edificio di fronte a noi? E' una struttura come la nostra,
siamo gemellati con loro. Istituto Saint Guillaume!" Ira finge
la voce grossa, ridacchiando subito dopo. "Ci fermiamo qui per
chiedere se hanno informazioni su tua sorella e per farvi dei
controlli."
"Controlli?"
Ira scende dalla
macchina, facendomi cenno di seguirlo: "Non sappiamo come
reagiscano le tute con gli ambienti esterni, Levi non vuole che
succeda qualcosa di grave."
"Levi o le persone che
comandano sopra Levi?" borbotto, notando tra l'altro il diretto
interessato scendere dalla macchina con nonchalance, sfilandosi
finalmente le tre orribili forcine dai capelli.
"Beh,"
Ira appoggia la mano sulla mia spalla, guidandomi verso il gruppetto
poco distante da noi. "Non ci sono così tante persone con più
autorità di lui. La sua è una delle cariche più importanti."
"La
sfiga mi perseguita da quando sono nata." commento, sospirando
poi facendo un cenno ad Ira e avvicinandomi a Regan, Theodore e
Hunter. Quest'ultimo sembra particolarmente irritato da come sbatte
nervosamente il piede a terra, non so se chiedergli cos'è successo e
peggiorare la situazione oppure starmene zitta e fregarmene.
"Che
hai combinato, Hunter?" ecco, opto per la gentilezza. Vediamo
come va a finire.
"Quella...tipa!" il futuro-papà alza
gli occhi al cielo, sbuffando pesantemente. "Non la sopporto.
Celia, dico. Marlene sarebbe andata bene dato che non dice una
parola, ma Celia deve sempre commentare su tutto. Mi ha chiesto se
quando Cherice è rimasta incinta è stato un incidente o volevamo il
bambino!"
Ridacchio leggermente, sorpresa nel vedere Hunter
così nervoso: "Cristo, fino a lì?"
"Fino a lì!"
ripete, esasperato. "Voi non capite. E' un tedio."
"Almeno
parla, la tua." Theodore interviene facendo un cenno verso la
ragazza castana che, timidamente, scambia qualche parola con Levi.
"Marlene non dice una parola nemmeno a pagarla. Per tutto il
tragitto abbiamo ascoltato la musica, ma ciò che mi sorprende di più
è che è un mostro alla guida. Ha entrambe le mani ferme sul volante
e una sicurezza impressionante anche quando viaggia ai
centocinquanta, in curva ha fatto qualcosa come sei sorpassi di fila
e ho creduto di morire. Ha dovuto chiedermi scusa dato il mio
colorito verdognolo." Theodore si passa una mano tra i capelli,
scuotendo poi la testa divertito. "Siamo finiti in un
circo."
Regan non riesce a trattenere le risate e scoppia a
ridere: "Se volete facciamo scambio, io andrei volentieri con la
taciturna."
Alzo la mano anch'io, sorridendo: "Io
scambio il sadico per il simpaticone di Regan, non c'è
problema."
"Il sadico sarebbe Levi?" Hunter mi
fissa, ironico, trovando probabilmente esilarante il fatto che io
abbia sempre da ridire su qualsiasi cosa succeda.
"Esattamente."
rispondo, alla fine, girandomi per accertarmi che non mi stia
ascoltando. Non vedendo né lui né Ira presuppongo che siano entrati
ad annunciare il nostro arrivo, così proseguo. "Sadico è
fargli un complimento. E' il peggio del peggio...suo fratello è il
suo contrario, grazie a Dio."
"Si vede che hanno due
temperamenti diversi." Theodore porta l'indice al mento,
assumendo un'espressione pensierosa. "So che sono fratellastri,
e in effetti hanno alcuni tratti fisici in comune. Oltre a questo,
però...niente, credo. Eppure sono uniti."
Annuisco: "Molto
uniti. Non si direbbe, ma a detta di Ira è così anche se, devo
dire, è stato parecchio schivo nei confronti dell'argomento."
Regan
se ne esce con un sospiro, alzando poi le spalle: "Non lo
sapremo mai, forse. Siamo considerati nulla, qui dentro. Un immenso
nulla."
"Che negatività." Hunter guarda la rossa
ridacchiando, alzando però di scatto lo sguardo non appena ognuno di
noi sente il proprio supervisore chiamarci per nome. Celia chiama
Hunter, Marlene chiama Theodore, Kalidas chiama Regan ed infine Levi
chiama me, anche se naturalmente avrei preferito essere chiamata da
Ira. Mentre gli arrivo di fronte vedo i suoi occhi azzurri farsi
sempre più sottili fino ad essere quasi inquietanti, e la sua
espressione diventare quasi ironica mentre, con una lentezza
impressionante, sfila dalla cintura un paio di manette. Ti prego, non
di nuovo.
"Dov'è Ira?" gli chiedo, tendendo le mani
verso di lui per non fare più storie del dovuto.
"Dentro."
mi risponde con un tono seccato, mentre apre le manette e ne richiude
una attorno al mio polso, riservandosi l'altra per il suo come vedo
che tutti gli altri stanno facendo. La mia è estremamente larga,
però. Muovendomi appena potrei sfilare tranquillamente la
mano.
"Ehi, genio, è enorme." borbotto una volta che
lui alza il viso verso di me. "Se scappo devi rincorrermi."
I
suoi occhi cadono per un attimo sulla mia mano, per poi chiudersi in
una smorfia allegra: "Sono loro che devono credere che tu non
possa scappare, ma non occorre che io ti incateni a me sul serio come
ieri."
Lo guardo, perplessa, trovando nei suoi occhi uno
strano guizzo di allegria: "Come lo sai che non ce n'è bisogno?
Potrei scappare in questo momento."
Levi alza le spalle: "Non
ti conviene. Cosa faresti senza di noi? Senza di me?"
"Senza
di te probabilmente respirerei senza odiare il mondo, senza gli altri
non lo so." sentenzio, sostenendo il suo sguardo. So che dico
sempre che non voglio più parlargli, ma rispondere alle sue
provocazioni è più forte di me. "Non darmi per scontata."
"Non
mi permetterei mai." lui alza la mano libera all'aria,
sorridendo. "Andiamo, madame?"
Sospiro, affranta,
riservandogli però una gomitata: "Dacci un taglio."
La
struttura in cui entriamo sembra il doppio di quella da cui siamo
partiti: è tutto bianco - un bianco stomachevole, tutti i ragazzi
intorno a noi hanno delle tute uguali a quelle dei nostri supervisori
e lo stesso sguardo altezzoso dipinto sul volto. C'è un grande via
vai in ogni angolo, che si tratti dell'atrio o degli infiniti
corridoi che collegano parti diverse dell'edificio a quest'enorme
sala centrale.
Io e Levi apriamo la fila, non riesco a vedere le
reazioni dei miei compagni ma so che sono spaesati quanto me. Cosa ci
faranno qui? Ho sopportato appena i controlli nell'altra prigione,
non posso passarci di nuovo. Tutto il male che non ho fatto a Levi
potrei farlo a qualcun altro se la tensione continua a crescere così
smisuratamente in me, e non riesco a fare altro che sbattere
velocemente le palpebre e assicurarmi che, in un modo o nell'altro,
una via d'uscita ci sarebbe.
"Levi Callaway!" una voce
femminile mi distrae dai miei pensieri, mentre vedo una ragazza tutta
impettita dirigersi verso il Topo con un sorrisone stampato su quel
viso da prendere a schiaffi.
"Jennifer." Levi mantiene
un certo distacco, stringendole cortesemente la mano. Bravo Topo.
"Credevo fossi al centro ad est."
"Mi hanno
trasferita proprio per il vostro arrivo. Avete fatto grande scalpore,
sai? Insomma, una di loro incinta...che stupida."
Sgrano gli
occhi, e mi sa che Levi ha già capito cosa intendo fare dal momento
che, sapendo che la manetta non è realmente un problema, stringe la
mia mano e la tira indietro. Sapesse cosa me ne faccio io del suo
tentativo di farmi stare buona, quest'oca ha appena offeso mia
sorella e non può passarla liscia così.
"Cos'hai detto?"
sbotto, vedendo i suoi occhi verdognoli sgranarsi per la sorpresa del
tono che uso.
"Tu, piuttosto. Come ti viene in mente di
rivolgermi così la parola?" la bionda ossigenata mi arriva di
fronte, mentre Levi si picchia una mano alla fronte. Che carino, sa
già che farò un casino. "Sei solo una delle tante nostre spine
nel fianco, nulla di più."
Sorrido come se mi stessi
realmente divertendo: "E tu non sei altro che la feccia che
incontro ogni giorno lungo la mia strada. Bella storia, no?"
La
fantomatica Jennifer picchia la scarpa col tacco a terra, diventando
tutta rossa per la rabbia: "Vedi di abbassare i toni, piccola
schifosa-"
"Adesso basta." Levi interviene, ma a me
rivolge solo le spalle e parla solo all'oca. Tutti animali, qui
dentro. "Non la conosci, non insultare se non sai chi hai
davanti."
"Levi?" la biondina sembra veramente
sorpresa nel sentire le parole del Topo di fogna. "Stai
rimproverando...me? Non hai sentito come mi si è rivolta
contro?"
"Ha fatto bene. Il suo DNA sarà quel che sarà,
ma ha la bocca per parlare e offendere anche lei come te, io non ho
alcun potere sulla sua volontà di parola. Può fare quello che le
pare, e in questo caso ha ragione lei. Scendi dal piedistallo appena
riesci, grazie."
Sgrano gli occhi, incredula. E' veramente
Levi la persona che ha appena parlato? Mi ha difesa? Toh! Questa è
bella. Mi guardo di nuovo attorno, notando stavolta Ira che,
appoggiato con i gomiti alla cattedra circolare, sorride verso di
noi. Da quanto è lì?
"Ti sei rincretinito stando
nell'istituto a ovest." sentenzia Jennifer, offesa, girando i
tacchi. "Eri molto meglio quando facevamo il lavoro adatto alla
nostra età qui, a sud. Prima di tuo fratello, dico."
Confusa,
attendo la risposta di Levi. Cosa vorrebbe dire il lavoro adatto alla
sua età? Ci sono lavori per le età, in questo campo? Levi ha
accennato solo stamattina al fatto che il suo lavoro richieda tanto
impegno, per come la vede lui, ma non mi ha mai detto nulla in merito
a ciò che è successo prima di arrivare dove siamo ora. La sua
risposta, secca e tagliente come al solito, non tarda ad arrivare:
"Se non dici niente è meglio per chiunque, credimi. Smettila di
ficcare il naso nei miei affari, ti ho detto mille volte di lasciare
Ira fuori dalla mia vita. Non ti ha mai riguardato."
"Mai?"
la biondina si gira verso Levi con un sorrisetto terribile. "Oh,
credo tu sia in torto."
Detto questo, se ne va muovendo le
anche come se fosse sospesa su una fune. Mi aspetto da Levi delle
spiegazioni, ma al posto di ciò di cui ho bisogno lui se la cava con
un sospiro, mollando finalmente la presa sulla mia mano: "Ci
sono proprio degli incompetenti."
"Incompetenti?"
ripeto, facendo una smorfia. "Non mi sembrava che foste proprio
estranei, comunque."
Il Topo di fogna mi squadra per un
secondo, sospirando: "Hai la prima sessione di controlli tra
venti minuti, converrebbe che ti andassi a preparare."
Scuoto
la testa, rassegnata. Quanto non lo sopporto.
Sono di
nuovo da sola, di nuovo in una stanza di isolamento, di nuovo in
attesa che qualcuno mi raggiunga per darmi delle informazioni su cosa
io debba mai fare. Sono stata separata dal gruppo ancora mezz'ora fa,
mentre Levi è rimasto con me giusto altri dieci minuti per poi
raggiungere i suoi colleghi. Al momento l'unica cosa di cui sono
certa, purtroppo, è che dovrò fare almeno quattro iniezioni e una
svariata serie di strani controlli. Non ho la minima voglia di farli,
e non voglio nemmeno essere bucata di nuovo da altri aghi, direi che
ne ho già avuto abbastanza. La mia abilità di adattarmi purtroppo
non influisce in ambito mentale, perciò anche se mi sono abituata al
clima diverso, all'aria soffocante e alla confusione costante, il
senso di inadeguatezza continua a seguirmi come un'ombra. Non vedo
Ira da quando siamo arrivati, ovvero da quando mi sono accorta di lui
nel frangente in cui Levi litigava con Jennifer, ma non sono più
riuscita a parlargli, perciò il mio status mentale non è nemmeno un
po' rasserenato. Da quando sono scesa dalla macchina è stato un
continuo declino per culminare poi nel momento in cui, proprio
davanti ai miei occhi in questo istante, la porta fatta di vetri a
specchio - chi è fuori vede me ma io non posso vedere loro, carino -
della mia stanza si apre ed entra nientepopodimeno che Jennifer
nonsoilcognome. Qualcuno mi vuole del gran male, ed è ora che
lo ammetta.
"Sono stata affidata a te." la bionda
usa un tono di voce freddo come il ghiaccio, mentre appoggia una
valigetta sull'enorme mensola bianca. "Ci divertiremo molto,
vedrai."
"Lo immagino." borbotto, guardandola
mentre compila un foglio apparentemente scritto in fretta e furia.
Forse è un attestato a tutte le torture che sta per infliggermi.
"Ripartirete quando tu e i tuoi amici avrete reagito a tutte
le sostanze nel modo corretto. Fino a quel momento, siete solo delle
cavie."
Sorrido leggermente, guardandola tirare fuori un set
di siringhe già piene di liquido: "Mi è stato detto di
peggio."
"Con uno come Levi è certa la cosa."
Jennifer mi rivolge uno sguardo pieno d'odio, venendo verso di me con
una siringa. "Non è il compagno di giochi ideale,
no?"
Incredibilmente sono d'accordo con lei, e solo per
quello che ha detto abbasso la manica della felpa per lasciarle lo
spazio sulla spalla per l'iniezione senza fare storie: "Per
niente."
"Non è sempre stato così, se lo vuoi sapere."
con un gesto secco, Jennifer infila l'ago nella mia pelle e
spinge velocemente dentro il liquido. "Non mi aspettavo di
trovarlo in questo stato."
Sembra che questa ragazza stia
cercando di dirmi qualcosa senza però dirlo con parole chiare. E'
forse il caso che provi ad indagare?
"In particolare?"
le chiedo, trattenendo il fiato mentre la sento sfilare l'ago dal mio
braccio e prepararsi ad un altro colpo.
"Si comportava come
richiede il comportamento di un, all'epoca, sedicenne." anche se
Jennifer usa un tono veramente distaccato, non sembra però dare così
poca importanza a ciò che sta dicendo. "E' sempre stato uno
sbruffone, ma col tempo la sua ironia è diventata troppo cattiva.
Perlomeno, così mi hanno detto."
"Mh." aspetto che
la seconda iniezione sia finita per guardarla poi negli occhi
verdognoli. "Che relazione c'è tra voi due?"
La sua
reazione è un semplice sorrisetto accompagnato da una smorfia: "Un
po' come la relazione che ha con tutte le sue colleghe: è il tipico
bel ragazzo che sa ammaliare, ma decisamente inavvicinabile. Che io
sappia, non ha mai preso sul serio in considerazione una singola
ragazza."
Me ne esco anch'io con una smorfia, anche se ad un
discorso del genere non so nemmeno come sarebbe giusto reagire: "Non
credo tu ti perda tanto, se ti può consolare."
Anche se,
diciamocelo, non ho alcun dovere di consolarla. Paradossalmente sto
allegramente chiacchierando con una delle persone peggiori al mondo -
nella vastissima gamma di persone che conosco, ovviamente.
"Forse
è più una questione di orgoglio, ora." la bionda infila il
terzo ago, facendomi sussultare per il dolore. Comincio leggermente a
vederci quadruplo. "Ma tanto non puoi capire."
"Per
fortuna." borbotto, sentendo però l'improvviso bisogno di
stendermi. Non so cosa sia, ma credo che le famose reazioni alle
sostanze che mi sono state iniettate stiano decisamente facendo
effetto. E' uno strano calore interno, anche se il mio corpo non mi
concede più di tre secondi per sentirlo riesco però comunque a
capire di non avere altra scelta se non quella di abbandonarmi al
sonno e sperare di risvegliarmi ed avere ancora il controllo di
tutto. Con tutti i farmaci che mi stanno dando ho seriamente paura di
risvegliarmi e non sapere più chi o dove io sia. La voce di Jennifer
ora sembra un ricordo lontano, ma ancora più lontana sembra la mia
capacità di intendere e di volere. Se questa è una specie di
reazione chimica che le sostanze stanno facendo dentro di me, a parte
lo stordimento impressionante, non è poi così male. In fondo, credo
solo che dormirò per un po' senza riuscire nemmeno a sognare dalla
stanchezza che sto improvvisamente accumulando.
"Ehi,
Siena? Siena? Dai, alzati."
Apro gli occhi, ma sopra
di me non c'è più il soffitto asettico. C'è piuttosto una carta da
parati leggermente antiquata, e anche se l'odore in questa stanza non
è dei migliori questo posto sa comunque di casa. Girandomi di lato,
noto che di fronte a me c'è il viso sorridente di mia sorella.
Sorrido anch'io, per forza, scuotendo la testa. Speravo di non avere
la forza per sognare, ma proprio Cherice ora mi sta svegliando nella
camera dove di solito Theodore dormiva. Avevamo due case diverse:
erano entrambe piccole, le stanze strettamente necessarie ed uno
spazio vitale ristretto, ma stavamo fondamentalmente bene. Hunter e
Cherice se ne stavano per conto loro, mentre io, Theodore e Regan
dormivamo nella casa accanto. Spesso capitava che, essendo la stanza
di Theodore la più fredda d'inverno e la più calda d'estate per via
della sua posizione, dormissi io lì e Theo quindi nella mia. Non
avendo problemi con le temperature a me andava più che bene, e poi
adoravo dormire col profumo di Theo che mi avvolgeva, riusciva sempre
a farmi addormentare col sorriso.
"Ti sei svegliata
presto." è l'unica cosa che riesco a dirle, tralasciando tutto
ciò che sta realmente succedendo nella realtà in cui io sto
dormendo.
"Hunter russava." si giustifica,
ridendo allegramente. "E il bambino è già pesante,
accidenti."
"Ti credo." mi metto seduta
senza alcun problema, uscendo lentamente di casa con Cherice al mio
fianco. Il sole splende alto nel cielo come l'ultima volta che l'ho
visto, mentre i passi di mia sorella sono veramente troppo leggeri
per essere reali. Non c'è nessun altro nei dintorni, solo il nostro
piccolo quartiere disabitato e il leggero soffio del vento.
"Allora,
come va?" Cherice si lascia cadere per terra com'era solita a
fare, inspirando a pieni polmoni il profumo dell'erba fresca di prima
mattina. "Con Levi, intendo."
"Levi?"
ripeto, trovando la domanda piuttosto strana. "Come dovrebbe
andare?"
"Ti ho vista, sai." Cherice ammicca
verso di me, ridendo quasi troppo forte. "In macchina, eri con
Ira ma guardavi solo lo specchietto per vedere Levi. Cosa ti prende,
Siena?"
E' incredibile come, non sentire il mio nome
da qualche giorno, fa sì che il suo suono sia quasi estraneo,
difficile da metabolizzare. Non so se questo accada perché sto
sognando uno scenario così vivido o perché anche nella realtà
suonerebbe così strano, ma spero di farci l'abitudine al più presto
possibile. Non è per niente una bella sensazione.
"Niente."
mi difendo alla fine, sedendomi accanto a lei. "Non guardavo
lui."
"Anche nei sogni riesci a mentire?" mi
rimprovera, corrugando le sopracciglia.
La cosa che mi
ferisce di più di quest'affermazione non è tanto il suo contenuto,
ma il fatto che sia un sogno creato dalla mia mente a dirmelo. E'
come se stessi dicendo a me stessa di smettere di dire bugie che, tra
l'altro, non so di star dicendo. L'unica cosa che riesco a fare,
quindi, è guardare male Cherice e provare a difendermi: "Non
sto per niente mentendo."
"Dovresti svegliarti,
sai?" socchiudendo gli occhi per il sole troppo splendente,
Cherice mi apostrofa con un tono divertito. "Nella realtà,
dico. Stai dormendo da così tanto che mi stai sognando. Credo che
Levi sia lì, quando aprirai gli occhi. Lo spero, almeno."
"E
perché lo speri, di grazia?" appoggio le mani ai fianchi,
sbuffando. "Non lo sopporto."
"Già, già."
mia sorella mi liquida con un gesto veloce della mano. "Sono
sicura che riuscirai a trovarmi, Siena. Non sono così distante."
Mi
mordo il labbro, anche se so che sto parlando con praticamente la mia
mente non riesco a trattenere tutta la rabbia, finendo per urlare
contro l'immagine di mia sorella: "Perché hai dovuto
abbandonarci tutti, si può sapere?! Ci hai lasciati nella merda dopo
essere stata tu a metterci dentro!"
"Non avevo
scelta." i suoi occhi puntano ora i suoi piedi, mortificati come
è giusto che siano. "Hunter mi ha detto che potevo."
"Hunter?"
sgrano gli occhi, restano veramente di sasso. "Come avrebbe
potuto dirti di sì? Nemmeno lui sa perché te ne sei andata!"
"Ti
sbagli." Cherice alza nuovamente lo sguardo verso di me, ora
sorridente. "Mente. Tutti sono capaci di dire bugie, come te. Mi
sta solo coprendo."
Scuoto la testa, alzandomi
dall'erba in fretta: "Non lo farebbe mai. E' sempre stato
sincero con me."
"Prova a ragionare." anche
usando un tono tranquillo, la voce di Cherice in questo momento
risulta fin troppo tagliente per essere solo frutto della mia
fantasia. "E' più probabile che aiuti te o che aiuti me, la sua
ragazza e la madre di suo figlio?"
Resto stordita
qualche secondo, in effetti questo ragionamento non fa una piega. Se
è così, però, Hunter ha non poche cose da spiegarmi. Voglio
svegliarmi, devo parlare assolutamente con lui. Sveglia, Siena.
Sveglia.
"Sveglia, Siena. Sveglia."
Riesco
finalmente a sentire il peso del mio respiro, e vedere il soffitto
come prima cosa mi dà incredibilmente sollievo. La luce è
fastidiosa, come al solito, e riconosco di essermi svegliata nello
stesso luogo in cui mi sono addormentata. Per lo meno non sono stata
trasportata da destra e a manca mentre avevo una faccia da cretina
addormentata.
"Mamma mia, quanto dormi."
"Sapevo
che saresti stato qui." riesco a mettermi velocemente seduta
senza subire strani giramenti di testa, guardando Levi dritto negli
occhi celesti. "Ho sognato Cherice che mi parlava di cose
strane."
Il Topo fa un sorrisetto divertito, sistemando
meglio lo sgabello per poter appoggiare i gomiti sul materasso:
"Immaginavo una cosa del genere."
"Parlo nel
sonno?"
"No." Levi scuote la testa, in compenso
però indica la valigetta da cui Jennifer estraeva le siringhe mano a
mano che doveva farmi le iniezioni. "Ma il siero che ti abbiamo
dato ha fatto lo stesso effetto su Hunter, mentre su Regan e Theodore
non ha fatto niente. Sembra che a voi due stia succedendo qualcosa di
strano."
"Jennifer mi ha accennato a qualcosa
sull'essere una cavia...ma ho i ricordi sfocati, ad essere
sincera."
Levi mi scruta velocemente, per poi concludere con
un'alzata di spalle: "Agisce sulla memoria, infatti. Hunter ha
iniziato a ricordare eventi dei suoi primi giorni di vita, mentre tu
non ricordi nemmeno cos'è successo ieri."
"Ieri?"
Lui
annuisce, facendo oscillare i ciuffi castani sulla fronte: "Ti
stavo guardando dal vetro a specchio quando sei crollata. Tra
l'altro, Jennifer ti ha riempito la testa con un sacco di cazzate
prima che le sostanze facessero effetto ma non potevo intervenire,
c'è un regolamento da seguire quando si fanno certi generi di
operazioni. Mi dispiace che tu si stata ad ascoltarla."
Adesso
che è di buon umore e che quindi non usa il suo simpaticissimo tono
sostenuto mi verrebbe voglia di mollargli quattro schiaffi sulle
guance, non è possibile che riesca a comportarsi da normale
diciottenne solo quando gli giri e per il resto del tempo non è
altro che uno stronzo. Mi dà davvero troppo fastidio, e se avessi le
forze necessarie per dirgliene quattro lo farei volentieri, ma al
momento penso di essere costretta a rimandare.
"Non ricordo
granché." mento, sperando che lui non capisca che gli sto
dicendo una bugia. "Piuttosto, perché sei qui? Se non sbaglio
era Jennifer a starmi dietro."
"Per te," Levi mi
guarda dritto negli occhi e, anche se forse il suo intento non è
questo, riesce a farmi mancare per qualche istante da quanta serietà
c'è nel suo sguardo. "Prima di tutti quanti, ci sono io. Ho
aspettato che finisse di farti le iniezioni mentre dormivi e poi ho
chiesto subito di prendere il suo posto. Se ti svegliavi con lei poi
svenivi di nuovo, sicuro."
"Credo non fosse proprio
tremenda come credevo. A quanto ricordo, insomma...hai sentito tutto,
no?"
Il Topo di fogna fa un sorrisetto stranamente divertito
mentre rivolge il viso verso di me appoggiando la guancia sulle sue
braccia conserte sul materasso: "Ti riferisci al fatto che ha
una cotta per me?"
La freddezza con cui questo ragazzo
elargisce sentenze è impressionante, fa quasi paura. Cercando di
nascondere quindi il mio imbarazzo per la questione, incrocio le
braccia e distolgo lo sguardo dal suo: "Non volevo essere
diretta."
"Dovresti, con me. E comunque lo so da quando
la conosco, ma non ci ho mai nemmeno pensato. E come lei non ho
nemmeno mai pensato a tutte le altre mie colleghe che credono che,
solo per il mio grado di autorità, io sia un ragazzo da conquistare.
Mi fanno pena. Non le considero nemmeno mie pari."
"Tanto
per cambiare, insomma."
Di nuovo, alza le spalle per annuire
e alza il viso verso di me: "Che colpa ne ho io se sono tutti
così?"
Scuoto la testa, sbuffando. Per quanto lui possa
avere più esperienza di me nel mondo, non ha ancora imparato che non
si è al centro di se stessi. La sua esistenza sarà un continuo
narcisismo se non riuscirà mai a vedere il valore che hanno le altre
persone, che siano umani o metà. Questo suo guardare tutti
dall'altro al basso senza riuscire mai a chiedersi 'perché' è
l'unica sua condanna nella vita, prima imparerà a prendere in
considerazione le persone come vere e proprie vite umane, prima
risolverà questo suo grande deficit.
"Sai qual è il tuo
problema?" magari sto andando incontro a morte certa, ma non
riesco più a trattenermi.
"Immagino che tu stia per
dirmelo." ribatte, guardandomi negli occhi con un
sorrisetto.
Prendo un respiro, formulando velocemente il discorso
nella mia testa: "Il tuo problema è che hai sempre visto tutti,
ma non hai mai guardato nessuno."
La sua espressione
spensierata lascia spazio ad un'espressione confusa, mentre i suoi
occhi vagano nei miei in cerca di una risposta: "Che vorresti
dire?"
"Esattamente quello che ho detto. Vivi solo per
te stesso, prendendo in considerazione la tua esistenza e ignorando
tutte le altre. Tratti me e tratti tutti gli altri come se fossimo
degli zerbini, come se ti servissimo solo per raggiungere uno scopo
che non ho idea di cosa sia. Non ti curi del dolore che possono
provare gli altri, non t'importa cosa pensino né cosa facciano
finché questo non ha a che fare con te."
Levi tentenna
qualche istante, guardandosi leggermente prima intorno e poi
rivolgendo il suo sguardo a me, titubante: "Credi davvero di
conoscermi?"
Questa domanda mi spiazza, ma non devo
dimostrargli la mia confusione, se no saprà di avermi perfettamente
in pugno. Così me ne esco con un'alzata di spalle: "Non credo
di conoscerti, ma credo solo di aver capito la tua attitudine verso
le persone. Tutto qui."
"Forse hai ragione."
Sgrano
gli occhi, sorpresa. Ragione? Io? Ma quando mai...detta da lui, poi,
suona tanto come una simpatica presa in giro.
"Forse,"
ripete, appoggiando di nuovo i gomiti sul materasso, ora più
tranquillo. "Te ne rendi conto perché non agisco così verso di
te e quindi non sei inclusa nel gruppo di persone che vedo ma non
guardo, come dici tu."
Ammetto che questa conversazione sta
tendendo vagamente all'assurdo, ma non mi faccio scoraggiare e mi
preparo alla guerra: "Non mi sembra che tu mi tratti tanto
diversamente da come fai con gli altri."
"Stando alla
tua teoria, allora, avrei dovuto solamente guardarti svenire e non
fare nulla a riguardo. Successivamente poi me ne sarei dovuto fregare
e mi sarei dovuto andare a prendere un caffè, per poi concludere con
una partita a carte nell'attesa che ti svegliassi. Magari briscola."
con questa stoccata finale, Levi sorride soddisfatto. "Ti sembra
forse che io abbia fatto così?"
Sebbene io detesti questo
ragazzo devo ammettere che ammiro profondamente la sua capacità di
avere sempre un'antitesi pronta. Anche se in difficoltà, però,
riesco comunque a rispondere: "Hai solo fatto il tuo
dovere."
"Dovere?" ripete, forse sinceramente
allibito. "Il mio dovere è quello di sorvegliarti, non di
prendermi cura di te. Che tu stia male o bene, al mio ruolo, non
importa niente. Fidati: ti ho vista, guardata e continuo tutt'ora a
farlo. Se tu ti ostini a vedermi come il mostro cattivo, ben
venga!"
Non riesco più a sostenere il suo sguardo e sono
costretta a puntare il mio altrove, oltre le sue spalle: "Non
riesco a capirti."
"Non ti ho mai chiesto di farlo."
conclude, alzandosi finalmente dallo sgabello e ponendo fine a questa
tortura. So per certo che non l'ha detto tanto per dire, lui mira
solo a confondermi sempre di più le idee e su questo non ci piove.
Sembra che sia tutto un gran mistero quando lui si mette a fare il
filosofo, tutti questi gran significati dietro ad ogni parola non
sono così semplici da interpretare, ma il peggio del peggio è che è
proprio lui a riuscire a confondermi.
"Allora, ti
sei ripresa?"
Guardo Kalidas che, entrando in questa stanza,
porta con sé un'altra valigetta delle tortura. Non credo che Levi
sia ancora fuori dalla porta a controllare che tutto vada bene, con
la discussione avuta qualche ora fa forse se l'è presa. Non so
nemmeno che fase ci sia ora delle varie iniezioni come non so
perché Kalidas sia qui, a quanto ne sapevo ero affidata a Jennifer e
poi, di nuovo, a Levi. Sono mentalmente instabile per stabilire se io
sia contenta o meno che qui ci sia Kalidas e non il mio sadico
supervisore, anche se non mi è ancora chiara la presenza del
bestione che mi ha sedata la prima volta in cui sono entrata in
contatto con loro.
"Devo parlare con Hunter." è la mia
risposta, alquanto debole devo ammettere poi. Mi sembra di essere in
una lavatrice ad essere sincera.
"Non è il momento giusto."
Kalidas tira fuori dalla valigetta una strana mascherina collegata ad
un tubo che finisce in una strana ampolla di vetro contenente chissà
cosa. "Hai quest'ultimo test da fare, poi potremo ripartire.
Anche Hunter è sotto osservazione come te."
Senza più
opporre resistenza gli lascio mettermi la mascherina, notando come
solo azionando un piccolo bottone il liquido diventi gas e io cominci
ad inalarlo. Non ha un gusto particolare, so solo che un altro esame
del genere e io vado fuori di testa. Non avere il pieno controllo
delle mie azioni è decisamente orribile, non poter controllare i
miei movimenti e sapere di essere in mano a degli estranei è una
delle sensazioni peggiori che abbia mai provato.
"E' per
rimetterti in forze, anche se non sembra." Kalidas appoggia la
mano sulla mia spalla, sorridendomi appena. "Dagli dieci minuti
per fare effetto, okay?"
Annuisco, ma sono ancora impegnata a
chiedermi dove sia Levi per credere realmente alle parole del ragazzo
davanti a me. Ho talmente tanti problemi da fronteggiare che ora come
ora non so più se per me sia meglio addormentarmi o restare vigile.
Anche se con molta fatica riesco ad allungare il braccio verso
Kalidas e ad attirare quindi la sua attenzione.
"Cosa c'è?"
mi chiede, gentilmente, anche se questo suo tono mi convince ben
poco.
"Devo parlare con Levi. Puoi chiamarmelo?"
"Levi?"
Kalidas si guarda intorno, smarrito. "Non ci hai parlato poco
fa?"
"Ho scordato una cosa." mento, anche se so che
sto letteralmente calpestando il mio orgoglio facendo ciò che sto
per fare.
Kalidas annuisce, alzandosi poi dallo sgabello: "Credo
sia andato negli spogliatoi a fare la doccia. Adesso vado a cercarlo,
se è reperibile te lo chiamo."
Gli faccio un cenno,
fissandolo mentre si allontana dalla stanza. Non so cosa mi stia
succedendo, forse è l'effetto di questo gas o è colpa di tutto
l'insieme di fenomeni che mi stanno accadendo, ma c'è una richiesta
che devo fare a Levi. So già la sua risposta, la so benissimo, ma
devo comunque provarci. Non posso più sopportare tutto questo, prima
o poi esploderò e non posso fare altro che essere terrorizzata da
ciò. Solo una volta ho avuto un crollo dovuto ad una discussione con
Theodore quando avevo tredici anni, e il risultato è stato
devastante: il mio potere andò fuori controllo ed era come se
tentasse di uccidermi da dentro. Non lo sapevo ancora gestire alla
perfezione, forse nemmeno ora ci riesco, ed è ciò di cui ho più
paura.
"Ehi." la porta si riapre e appare Levi con i
capelli bagnati e una tuta diversa dalla precedente. La sua
espressione non è esattamente rilassata ma nemmeno tesa, non saprei
proprio come definirla. Forse dovevo ancora vederlo così. "Avevi
bisogno?"
Annuisco, ma aspetto che venga vicino a me per
parlare dato che non ho più di cinque decibel di voce disponibili.
Lui si muove lentamente all'interno della stanza, e appena si abbassa
per sfilarmi la mascherina e permettermi di parlare senza soffocarmi,
vedo i suoi occhi farsi più attenti sul mio viso. Che c'è,
ora?
"Sì." confermo, non badando alla sua espressione
da cretino. Prima che possa continuare, ovviamente, vengo però
bloccata da lui.
"Non ti fa bene questa sostanza. Hai gli
occhi più rossi di uno che si è appena fatto di ketamina."
"Forse
c'è proprio quella." ribatto, respirando finalmente ossigeno.
Comincio già a sentirmi meglio.
"Credevo andasse bene."
borbotta, passando la mano tra i ciuffi bagnati con uno sbuffo.
"Sapevo che avrei dovuto esserci io."
"Pensavo
fossi arrabbiato." ammetto, anche se la cosa non mi tocca più
di tanto ad essere sincera.
Lui si gira verso di me, sorridendo:
"E per cosa?"
"Lascia stare."
Se ne esce
con un'alzata innocente di spalle, tornando però subito su di me:
"Di cosa avevi bisogno? Se volevi che ti togliessi la maschera
poteva farlo anche Kalidas."
Scuoto la testa, sentendo per un
attimo il mio cuore accelerare: "Voglio che tu mi lasci
andare."
Alla mia richiesta i suoi occhi azzurri si sgranano,
sorpresi, mentre la sua espressione si fa quasi allibita: "Lasciarti
andare?"
"Non ce la faccio." anche se mi sta
costando tutta la mia volontà e dignità, mi metto seduta per
riuscire a guardarlo negli occhi senza dover sentire la testa girare.
"Devo cercare Cherice da sola."
"Sai che non posso
farlo."
"Cosa diavolo ti ho fatto di male, eh?"
sbotto, stringendo più forte che posso le lenzuola tra le mie dita.
"Perché mi odi così tanto? Sono solo un pezzo da collezione,
no? Ne hai già a centinaia come me!"
Il Topo di fogna
sbuffa, forse esasperato o forse disperato, lasciando cadere per un
attimo la testa all'indietro prima di avvicinare il suo viso al mio:
"Ascoltami bene, perché lo dirò una volta sola. La tua
presenza qui non è stata una mia richiesta, sono stati i piani alti
a mandarmi in ricognizione e stare vicino a te per supervisionarti è
stata l'unica scelta che ho potuto fare in tutta la faccenda. Non ti
odio né mi hai fatto niente di - fondamentalmente - male, è solo il
mondo che sta girando così. E anche se potessi non ti libererei,
questo è certo."
Come immaginavo, il tono che ha usato è lo
stesso che avevo previsto. Ma, anche se va tutto secondo i miei
piani, devo continuare a ribattere: "E perché no, sentiamo!
Visto che non è niente di personale sono curiosa di sapere perché
non mi lascer-"
Il suo scatto improvviso mi fa sgranare gli
occhi per la paura, mentre vedo chiaramente diversi rivoli di sangue
scendere copiosamente dal suo braccio ferito. Ricostruisco
mentalmente la scena: le sue guance che si arrossano e lui che, in un
guizzo imprevedibile, spalanca il braccio colpendo l'ampolla di vetro
buttando tutto a terra e tagliandosi lungo il braccio. Ora il suo
respiro è affannoso, come se stesse attraversando quasi una crisi di
panico, ma so che non è così perché il suoi sguardo resta
inquietantemente pacato.
"Smettila con questi perché!"
grida, girandosi di scatto verso di me, ignorando il suo braccio
sanguinante. "Perché, perché e ancora perché! Credi che tutti
le tue insulse domande debbano avere per forza una risposta? Non ce
l'hanno, Siena, niente a questo mondo ha una cazzo di risposta! Non
ti lascerei andare perché hai solo diciassette anni e non hai mai
visto questo mondo al di fuori di quell'accidenti di quartiere in cui
hai vissuto tutta la tua vita. Cosa faresti lì fuori, eh?
Appenderesti dei cartelli e spereresti nella bontà della gente?
Spiacente, non va così! Se ti tengo con me è solo per evitare che
tu corra più pericoli di quanti già tu ne stia affrontando, anche
se forse per la mia salute mentale sarebbe meglio non averti più tra
i piedi!"
"Allora potresti fare a meno di fare scena e
dirmi le cose prima di aprirti il braccio!" grido di
conseguenza, alzandomi finalmente dal lettino dopo aver ripreso la
lucidità necessaria per stare in piedi. Vado velocemente verso la
valigetta del pronto soccorso appesa al muro, tirando fuori garze,
alcool e cotone. "Non ti sopporto, cazzo!" sbotto, di
nuovo, imbevendo un fiocco di cotone nel disinfettante. "Non ti
sopporto nemmeno un po'." nel dire questo, però, appoggio il
batuffolo sul suo braccio e cerco di pulire la ferita, fermando anche
lo scorrimento del sangue. So che le mie azioni non corrispondono
effettivamente a ciò che sto dicendo, ma non so sinceramente cosa
diavolo mi stia prendendo. Sembra che io sia in grado solo di dare di
matto ultimamente.
"Io sì?" domanda lui ironicamente,
abbassando notevolmente il tono della voce mentre si siede sul
lettino bianco. "Non ti sopporto nemmeno io."
"Bene."
senza badare realmente a ciò che dice prendo le garze e bendo tutta
la sua ferita, ignorando le smorfie di dolore che appaiono sul suo
viso e le gocce di sangue che sporcano il lenzuolo immacolato. "Ti
sta bene. Così forse impari a gestire la rabbia."
"Mi
stai dando dell'isterico?"
Annuisco, terminando la
medicazione: "Decisamente."
"Grazie." mormora,
abbassando lo sguardo per l'imbarazzo causato dal fatto che sia stata
io, anche se negli insulti, a medicarlo.
Fisso la medicazione,
guardandolo poi in viso mentre evita il mio sguardo direi
palesemente. Sembra che l'unico modo che io e lui abbiamo per
comunicare sia solo urlarci addosso finché uno dei due non alza
bandiera bianca, vorrei che questa cosa cambiasse al più presto. Di
questo passo la situazione non farà altro che peggiorare di giorno
in giorno, e non è di certo ciò di cui ho bisogno.
"Sarebbe
meglio se la smettessimo." mormoro, sedendomi nuovamente sul
letto di fianco a lui.
"Di urlare?" giro il viso verso
di me, guardandomi con uno strano sorriso. "Non credo sia
possibile."
"Eppure ora non stiamo urlando."
"Sembri
sotto l'effetto di droghe." mi apostrofa, ridacchiando,
appoggiando però la testa sulla mia spalla. Aspetta, cosa sta
facendo? "Anche io, comunque."
Anche se l'istinto mi
direbbe di allontanarmi da lui, qualcosa che non capisco mi impedisce
però di muovermi: "Non ci fa bene questo posto, probabilmente.
A quanto pare hai un passato qui, no?"
In tutta risposta,
Levi ghigna leggermente, facendomi mancare con la sua risata
cristallina: "Hai ragione su entrambe le cose."
HEYTHERE
Sì,
sono tornatat e mi scuso con tutta me stessa per il ritardo. Spero che
il capitolo vi piaccia, fatemi sapere se ci sono dubbi o incomprensioni!
Vi lascio con uno SPOILER del capitolo 5...
"No,
Siena." come ha già fatto in passato, afferra le mie mani a
mezz'aria, bloccandomi come una scema. "Non stavolta. Non posso
parlare."
"E se ti dessi un motivo per farlo?"
"E cosa potresti fare, sentiamo? Come pensi di convincermi?"
"Così." approfitto delle
sue mani già intrecciate alle mie per azzerare la distanza tra
me e lui e far collidere le nostre labbra.
Cosa cazzo sto facendo?
Ale xx
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Capitolo 5 *** Patient ***
Interstellar cap.5
INTERSTELLAR
CHAPTER FIVE
"Patient"
"Una videocamera?"
"Una videocamera. Mai vista una?"
"Vista sì, ma non l'ho mai usata..."
"Bene, comincia adesso e trovati un passatempo, per l'amor di Dio!"
E' così che è iniziato tutto.
Io, Levi, Hunter e Celia siamo stati lasciati all'istituto Saint
Guillaume perché la mia salute e quella del mio compagno non è
ancora stabile, quindi Theodore, Marlene, Regan e Kalidas sono dovuti
andare avanti per mappare la zona e vedere se c'erano tracce di
Cherice. L'unica novità, a questo punto, è che sia io che
Hunter abbiamo avuto la febbre a trentanove e sette costante e abbiamo
delirato. La febbre che prendiamo noi non è uguale alla febbre
che prendono tutti gli altri umani, direi che è peggio: non
abbiamo male alla gola, o raffreddore, o i sintomi di una normale
influenza. Il nostro periodo di malattia è un trauma
perché agisce sul nostro DNA modificato e va ad agire sul
cervello, facendoci dare di matto. Diciamo cose stupide, la maggior
parte delle volte non riusciamo nemmeno a prestare attenzione a chi ci
parla e dimentichiamo tutto da un momento all'altro, tanto che alla
sera non sappiamo più dove siamo stati o con chi abbiamo parlato. E'
per questo che Levi, tre giorni fa, mi ha prestato la sua videocamera.
Mi ha detto di filmare ciò che mi sembrava più importante
in modo da poterlo ricordare nel caso venisse dimenticato, e nel
frattempo quindi di stare buona e fare un'attività che non
nuocesse alla sua salute - di fatto l'altro ieri ho fatto finta di
essere in moto con i suoi capelli come manubrio.
Questa situazione però ha sia lati positivi che negativi:
partendo dai secondi, non posso parlare seriamente con Hunter della
faccenda del sogno perché ogni volta che inizio il discorso
finisco per parlare di caramelle al mou e di pinguini dell'Antartide.
Non so come funzioni la mia mente in questi giorni, so solo che spero
che nessuno ne faccia mai parola. Prendendo in cosiderazione i primi,
però, Levi è più buono con me e porta più
pazienza del solito, del resto sa che sostenere una discussione in
questo momento non porterebbe a niente di buono, forse lo farebbe
diventare ancora più isterico.
E' per questo motivo che oggi, primo giorno in cui la ragione sembra
essermi tornata, ho deciso che rivedrò tutti i video che ho
fatto durante questi tre giorni di cui non ricordo alcun particolare.
Non so attualmente con chi ho parlato, cos'ho detto o fatto, cos'ho
mangiato e dove ho dormito. Forse non sono nemmeno sicura di voler
sapere quanti danni ho causato, ma dato che sono sicura di aver
superato i limiti allora mi conviene assumermi le mie
responsabilità.
"Ohi."
Blocco il dito a mezz'aria, quasi trattenendo il fiato. Mi giro di
scatto, chiedendomi chi abbia osato entrare nella mia stanza senza
nemmeno bussare. La risposta, ovviamente, può essere solamente
una.
"Ehi." ricambio, mettendomi seduta. "Non hai qualche animaletto da torturare?"
Il biondo ride, divertito, facendo saettare i suoi occhi nocciola sui miei: "Ho già dato, per oggi."
Ora, Kid Begum è l'unica persona che ricordo di questi tre
giorni passati a fare e dimenticare nell'istante successivo. L'ho
conosciuto il primo giorno di raffreddore, diciamo, quando la febbre
stava lentamente venendo fuori: credo sia per questo che mi ricordo di
lui, la mia testa era ancora abbastanza in assetto. A dirla tutta,
è stato Levi a presentarmelo dato che sapeva che lui sarebbe
stato impegnato e che, secondo il suo parere, avevo bisogno di qualcuno
che badasse a me. Continuavo a chiedere di Ira, ma sembrava che fosse
sparito nel nulla e che al suo posto avessero messo Kid. Quindi,
tornando a noi, chi è Kid?
La prima volta che lo vidi, una settimana fa, fu mentre Levi mi stava
riaccompagnando nella mia stanza dopo una serie di esami. Un ragazzo
biondo gli andò a sbattere contro, correndo, e si girò
subito verso di noi per scusarsi con un sorrisone.
"Ohi, scus--" poi si bloccò, fermando anche la corsa. "Levi?!" domandò, incredulo.
La mia prima impressione fu che avevo a che fare con un ragazzo nella
media: aveva sicuramente la mia età, i capelli biondi erano
lasciati crescere un po' troppo e gli occhi marroni erano decisamente
allegri. La sua pelle era piuttosto chiara e faceva non poco contrasto
con le iridi scure, per non parlare delle due piccole placche di
matello che aveva alle orecchie: non avevo mai visto orecchini
così, ma a lui stavano piuttosto bene. Non sembrava un tipo
cattivo, ma per essere lì non poteva essere tutto rose e fiori
come appariva.
"Da quanto tempo." il mio supervisore batté il pugno al biondino, sorridendo a sua volta. "Non eri a est con Jennifer?"
"Deve avertelo detto lei quando siete arrivati, Testa Vuota."
il tono con cui il ragazzo nuovo chiamò Levi mi sorprese, non
era di certo un tono che potevano permettersi in molti. "Ci hanno
trasferiti perché dovevate arrivare voi. Ohi, è la tua
ragazza?"
L'uso della sillaba 'ohi' cominciò a divertirmi già
allora, notando come fosse un tic involontario del biondino. Levi,
comunque, rispose alzando le spalle: "Ah già, devo essermene
scordato. Comunque, capiti a fagiolo. Lei," mosse un passo di lato,
indicandomi con un cenno della testa. "Si chiama Siena, è la mia
protetta. Vorrei lasciartela in custodia, se hai un po' di tempo."
"Ne ho fin troppo." il biondo si rivolse poi verso di me, stringendomi
la mano con un sorriso indecifrabile. "Piacere di conoscerti, Siena.
Sono Kid."
Dopo il nostro primo incontro, non ricordo molto di lui. So che facemmo
parecchie partite a carte, ma non ne portammo mai a termine nessuna a
causa della mia scarsa concentrazione. Dopo questo, ho ricordi molto
vaghi, tra cui anche un evento che penso di averlo voluto dimenticare
spontaneamente. Non so se sia presente nei nastri, ma se è
effettivamente registrato sarò ben felice di sapere cos'ho
combinato e perché, in modo da chiedere scusa al diretto
interessato, sperando ovviamente di non aver fatto nulla di
imbarazzante. Ripeto che non ho idea di cosa mi aspetti, ma ho una gran
brutta sensazione in merito a questo evento specifico, e ho come
l'impressione che c'entri Levi.
"Come stai?" Kid si lascia cadere accanto a me sul mio letto, facendomi
rimbalzare di conseguenza. Devo ammettere che è un ragazzo
piuttosto invadente, ma al momento non è ancora meritevole degli
insulti in stile Levi. Per quelli bisogna fare l'abbonamento.
"Ricordo cos'ho mangiato a colazione." rispondo, sorridendo sollevata. "Non è magnifico?"
"Ohi, grandioso." il biondo posa il suo sguardo sulla telecamera, perplesso. "Hai ancora bisogno di quella?"
Scuoto la testa: "No, ma devo vedere i danni che ho combinato."
"Non so se ti convenga." Kid fa un sorrisetto nervoso, grattandosi la testa.
"E invece lo faccio apposta per rendermi conto di cos'ho detto o fatto...ho una strana sensazione nei confronti di Levi."
Kid si esibisce in una risatina poco convinta: "Diciamo che non avere
il controllo sulla tua mente ha fatto sì che venissero fuori
cose inaspettate, ecco."
"Merda." fisso l'oggetto tra le mie mani, chiedendomi cosa ci
troverò dentro. "Hai voglia di stare con me mentre rivedo i
nastri? Se devo chiederti qualcosa, insomma..."
Il biondo annuisce, mettendosi comodo: "Ti servirà una spalla su
cui piangere, diciamocela netta. Non so quanto ti piacerà quello
che vedrai."
Ridacchio sconsolata, facendo poi partire il primo video. Spero di non
trovare niente di compromettente, anche se non so perché ho la
decisa sensazione che sarà proprio così. Apriti cielo.
"Tutti i commenti e domande alla fine?" mi chiede prima che io possa premere il pulsante di avvio.
"Sì, tutto alla fine." non ne sono molto convinta, ma forse è meglio così. "Se no perdiamo tempo, no?"
"Giusto."
Primo giorno, registrazione #1
Camera mia, davanti a me c'è Hunter che, guardandomi con gli occhi da pazzo, sorride inquietantemente.
"Sembri un omicida isterico, Hunt. Peggio di Levi."
"E tu assomigli ad un tonno pinnegialle."
"E perché?"
"Perché di sì." Hunter si lascia cadere all'indietro, sbattendo sonoramente la testa contro il muro. "Oh. Ahia."
"Come sta Theodore?"
"Come faccio a saperlo, Genio? Ho appena sbattuto la testa."
"Questo l'ho visto."
"HO APPENA SBATTUTO LA TESTA!" grida, portandosi le mani sul viso. "Ho
appena sbattuto la testa, ho appena sbattuto la testa, ho appena
sbattuto la testa..."
"Ho capito, cazzo!" scoppio a ridere anche se avrei dovuto
probabilmente piangere per la situazione disperata. "Hai appena
sbattuto la testa."
"No, ho appena sbattuto le uova."
"Hunter?"
"Le uova." ripete, sorridendo convinto. "Le uova. Le uova per la torta. Le uova."
"Le uova." ribadisco, girando la telecamera verso di me e inquadrando quindi il mio viso. "Le uova."
Primo giorno, registrazione #2
Siamo nella mensa del Saint Guillaume, io sto filmando qualsiasi cosa
mi passi a tiro. Sono in un tavolo abbastanza piccolo, seduti accanto a
me ci sono Levi, Hunter, Celia e Kid. Sul mio piatto c'è una
strana minestra di fagioli, ma la cosa buffa è che io ho sempre
odiato i fagioli.
"Non hai fame?" Levi mi spinge leggermente con la spalla, tanto che
l'inquadratura trema per qualche secondo. "Dovresti mangiare, magari ti
rimetti prima."
"Non mi piacciono i fagioli." brontolo, inquadrando prima il mio piatto
e poi nuovamente il mio supervisore dagli occhi celesti.
"E allora perché mai hai preso la zuppa di faglioli?"
"Beh...a me piacciono i fagioli, cosa credi?"
"Ma...hai appena detto di no." Levi sembra confuso, anche se comunque
continua a guardarmi sorridendo. "Certo che non sembri nemmeno tu."
Mugugno qualcosa di incomprensibile, spostando poi la telecamera verso Kid: "A Kit invece piacciono i fagioli?"
"E' Kid, non Kit." il biondo guarda il suo piatto per qualche istante,
confuso. "E poi questo è un uovo sodo, dove li vedi i fagioli?"
"Proprio lì." il mio dito spunta nell'inquadratura, intento
ad indicare il suo piatto dove, effettivamente, non vedo tracce di
fagioli. "Non li vedi?"
La risposta di Kid non arriva nitida alla telecamera in quando Levi la
prende dalla mia mano e mi inquadra, parlando verso il microfono.
"Gentili telespettatori, questa è Siena Tanner con la febbre
alta. Continua a sparare cazzate da ieri sera e non distingue un uovo
da un fagiolo. Guardatela bene negli occhi, non sembra leggermente
fatta di sostante allucinogene? Se siete d'accordo con me chiamate il
numero verde in sovraimpressione e verrete contattati--"
"Quanto sei stupido." Celia prende la telecamera dalle mani del
castano, puntandola poi in modo da inquadrare sia me che lui.
Nell'immagine che segue, io e Levi siamo praticamente attaccati dato
che il tavolo è un po' troppo piccolo e stiamo entrambi ridendo.
E' la prima volta che vedo me e lui insieme, e devo dire che mi fa uno
strano effetto considerando che non abbiamo mai veramente riso insieme.
"Signori e signore," Celia parla al microfono, facendo il giro del
tavolo. "Vi presento Hunter Newell, ragazzo-padre attualmente sotto
l'effetto di strane droghe. Poi abbiamo Siena Tanner e Levi Callaway,
una sottospecie di 'Romeo e Giulietta' dei poveri. Infine c'è
Kid Begum, mister passato oscuro e mister
sorrido-come-se-avessi-una-paralisi."
"Sta' un po' zitta!" Kid prende la telecamera, inquadrando Celia.
"Ohi...ma come funziona? Ah, okay. Gentili affezionati del programma,
per concludere lo show abbiamo Celia Curbstomp, piccola suddita del qui
presente Levi Callaway. Celia Curbstomp bazzica di istituto in istituto
alla ricerca di qualche gioia nella sua triste vita, ma a quanto pare
non riesce a trovarne una. Per questa sera è tutto, vi
aspettiamo con l'edizione di domani alla stessa ora."
Primo giorno, registrazione #3
Di nuovo sono in camera mia, ma dalla piccola finestra non filtra
nemmeno un raggio di sole quindi ad occhio e croce dev'essere stata
sera. La prima inquadratura è solo il mio letto, ma appena
l'obbiettivo si alza un po' noto che la mia maglietta è
stropicciata sul cuscino. Di conseguenza io dovrei essere nuda o
semi-nuda, no?
"Ho quasi finito."
La voce che sento dietro di me mi fa rabbrividire. Perché Levi
ha quasi finito? Perché io non ho la maglietta? I miei sospetti
si fanno sempre più inquietanti finché non vedo una
siringa spuntare nell'inquadratura, e finalmente riesco a calmarmi.
"Speriamo che faccia effetto." sospira, tornando davanti a me e quindi
visibile alla telecamera. "Sono anche un buon medico, non credi,
Fuggitiva?"
"Nah." borbotto, parlando troppo forte sul microfono. "E' il tuo dovere, Topo."
Levi ridacchia appena, cercando di prendere la telecamera: "Ancora con
questa storia? Il mio dovere è quello di su-per-vi-sio-nar-ti.
Okay? Non di farti da babysitter."
"Sì, sì..." faccio zoom a caso sul suo viso, vedendo come
un'espressione divertita si faccia strada insieme al suo sorriso
spontaneo.
"Non è meglio che tu ti rivesta, Siena? Non per dire, ma non fa proprio caldo. L'iniezione te l'ho fatta ormai."
Dal movimento dell'inquadratura intuisco di aver alzato le spalle,
agguantando poi la maglietta e appoggiando poi la telecammera per i
pochi secondi necessari a rivestirmi.
"Fatto!" esclamo, lanciandomi poi addosso a Levi che, prontamente, mi
afferra prima che la mia fronte possa collidere con la sua.
"Ehi, vacci piano, Drogata." borbotta, comunque ridacchiando. "Certo che
una febbre così...non avevo mai assistito ad una cosa del
genere."
"Hai gli occhi proprio azzurri."
"Ma dai?" più io vado giù su di lui, più è
costretto ad affondare i gomiti nel materasso per non perdere
stabilità. E' probabilmente la situazione più
imbarazzante che io abbia mai provocato. "Complimenti per essertene
accorta adesso."
"Sei cattivo." brontolo, tirandomi finalmente su e rimettendomi seduta.
"Io ti faccio un complimento e tu nemmeno mi ringrazi..."
"Non credevo fosse un complimento. Credevo, insomma...una constatazione."
"E invece no." dal movimento della telecamera credo di incrociare le
braccia, tenendo comunque puntato Levi. "I miei sono marroni. Ce ne
sono a migliaia di occhi come i miei, dovresti ritenerti fortunato."
"Ce ne sono migliaia anche di azzurri." ribatte, avvicinandosi a me di
un poco. "I tuoi invece sono solo tuoi. Non ne ho mai visti
così."
"Non hai mai visto occhi marroni?"
Se ne esce con una risatina, strappandomi dalle mani la videocamera e
inquadrandomi velocemente prima di ridere e dire: "Questa è
meglio se la spegni, adesso."
Secondo giorno, registrazione #4
"Io sono Sherlock Holmes e tu sei Watson. Okay?"
La scena si apre su un primo piano di Kid, sinceramente non riesco
nemmeno a riconoscere l'ambiente circostante. In tutta la sua solita
allegria, scuote la testa ridendo: "Non se ne parla. Devo solo farti da
babysitter, non sono tenuto a giocare."
"Volevo farti solo qualche domanda."
I suoi occhi marroni puntano improvvisamente la telecamera: "E devi per forza filmare?"
"Levi mi ha detto che è meglio che io filmi qualche momento
della giornata se non voglio svegliarmi domani in preda ad un'amnesia
totale. Allora?"
"Ah, e va bene. Ma fa' una cosa indolore."
Posiziono meglio la telecamera, inquadrando anche un po' di sfondo
(sembra essere una libreria, forse sono nella camera di Kid).
"Numero uno: quanti anni hai e quando sei nato?"
"Diciassette come te, sono nato il ventuno marzo."
"Numero due: nome completo."
"Kidden Tyler Begum."
Tentenno un po', aspettando qualche secondo prima di tornare alla
carica: "Numero tre: come fai a conoscere Levi e da quanto siete amici?"
La domanda sembra spiazzarlo un attimo, facendo sparire il sorriso dal
suo viso allegro: "Ci conosciamo da quando io ho tredici anni e lui
quattordici, eravamo entrambi all'istituto sud e ci hanno messi nella
stessa squadra insieme a Jennifer. Da cosa nasce cosa poi, e quindi
siamo diventati effettivamente amici."
"Numero cinque: conosci Ira?"
Di nuovo, nel suo viso appare un'ombra di confusione: "Sì."
"Numero sei: cosa c'entra Jennifer, e quindi a questo punto cosa c'entri anche tu, con la storia di Ira e Levi?"
"Sai un po' troppe cose per essere solo la protetta di Levi." come
previsto, Kid elude la domanda. "Perché vieni a chiedermi
questo?"
Secondo giorno, registrazione #5
Non sono più all'interno dell'istituto, ora l'obbiettivo punta
sul volto di Hunter e sugli alberi sullo sfondo. Di certo il Saint
Guillaume è più bello dell'istituto di partenza,
soprattutto poi se non ho la ragione necessaria per concepire che sono
comunque in prigione anche se riesco a vedere la luce del sole.
"Cosa stiamo facendo, Siena?"
L'inquadratura scatta su Hunter, mentre la mia voce si fa sentire: "Che vuoi dire?"
"Siamo qui a fare nulla mentre Cherice è chissà dove."
"Non sai nemmeno quello che stai dicendo." ribatto, sbuffando sul
microfono. "Saremmo solo stati inutili, là fuori. Questo
è solo un momento di lucidità che ci salva."
"Mi manca Cherice." ammette, appoggiando la fronte sui palmi aperti
delle sue mani. "Voglio sapere se mio figlio sta bene...insomma, gli
piaceranno le caramelle al mou?"
"Probabilmente gli piaceranno di più i pinguini dell'Antartide."
"Dici? Forse hai ragione..."
Terzo giorno, registrazione #6
Non mi spiego il salto temporale così ampio, ma siamo già
alla sera del terzo giorno di febbre (ovvero a ieri sera). Sebbene ci
siano solo tredici o quattordici ore di differenza tra questo momento nel presente e
il momento del video non riesco comunque a ricordare nulla di quello
che è successo. L'inquadratura fissa e immobile della mia
telecamera, però, è in qualche modo inquietante. Riesco a
vedermi di spalle, di fronte a me apparentemente nessuno.
"Non ti ho vista usare la telecamera, oggi."
Sono costretta a ricredermi, davanti a me appare lentamente Levi intento a rimettere a posto una siringa nel suo contenitore.
"E' in carica." mi difendo, indicando l'obbiettivo. "E' spenta da ieri sera."
"Sicura di averla spenta?"
Annuisco, ma ora mi sto chiedendo se era un bluff o se stavo dicendo la
verità. A conti fatti non potevo nemmeno ricordarmi se fosse
spenta o meno.
"Kid mi ha detto che gli hai fatto delle domande strane, ieri."
Immagino che la mia espressione si sia dipinta di un'aria chiaramente
colpevole, mentre porto le mani dietro alla schiena: "Non me lo
ricordo."
"Chiaramente." Levi sbuffa, appoggiando le mani sulle mie spalle. "Non
ficcare il naso in affari che non ti riguardano, okay? E' meglio che tu
resti all'oscuro di tutto ciò che mi riguarda. Anche se te lo
dicessi adesso poi non lo ricorderesti, quindi lasciamo perdere e
basta."
"E perché non me lo dici lo stesso?" brontolo, sbattendo il
piede a terra. "Tu sai tutto di me. Perché io non posso sapere
nulla?"
"Perché è meglio così." Levi distoglie lo sguardo
dal mio, riportando le braccia lungo i fianchi. "Fidati di me. E'
meglio così."
"Come posso convincerti?"
"Perché ti interessa tanto?"
Alzo le spalle, avvicinandomi a lui di qualche passo: "Perché di
sì. Mi interessa e basta. Sembra che tutto, bene o male, sia
collegato a te. Kid, Jennifer, perfino io...non ci capisco più
niente e non sono nemmeno nelle condizioni di ricordare cosa mi dirai,
perciò cos'hai da perdere?"
"Rischio che la tua memoria riprenda a funzionare correttamente
nell'istante in cui io inizi a parlare." Levi mi guarda dall'alto al
basso, sbuffando. "E' tardi. Perché non dormi un po'?"
"Non puoi fregarmi sempre, Levi!" sbotto, il mio tono di voce risulta
decisamente teso sebbene tremante. "Voglio sentire cos'hai da dire!"
"No, Siena." come ha già fatto in passato, afferra le mie mani a
mezz'aria, bloccandomi come una scema. "Non stavolta. Non posso
parlare."
"E se ti dessi un motivo per farlo?"
"E cosa potresti fare, sentiamo? Come pensi di convincermi?"
"Così." approfitto delle sue mani già intrecciate alle
mie per azzerare la distanza tra me e lui e far collidere le nostre
labbra.
Cosa cazzo sto facendo?
Sto baciando Levi.
Così, per l'anima del cazzo, lo sto baciando.
Ma stiamo scherzando?
E' questo il brutto presentimento che avevo, lo sapevo che sarebbe
successa una cosa del genere. Non ci posso credere. Non posso nemmeno
descirvere le mie emozioni perché non mi ricordo effettivamente
di aver mai fatto una cosa del genere, perciò spero solo di
vedere Levi al più presto per scusarmi della mia mossa
avventata. La cosa veramente buffa di questa registrazione è che
non doveva essere fatta, solo che per puro caso o per mia
volontà, non riesco a rcordare, ha effettivamente impresso tutto
nel nastro. Io ho baciato Levi. E continuo a farlo da diversi secondi
ormai. Le sue mani hanno allentato la presa sulle mie ma in compenso
ora sono appoggiate sui miei fianchi, mentre i suoi occhi continuando a
restare socchiusi probabilmente intenti a capire cosa diavolo mi stia
prendendo. Se potessi vorrei sotterrarmi in questo momento.
Quando ci stacchiamo, dopo quasi un minuto, i suoi occhi sembrano
scrutare attentamente i miei: "E' questo il tuo modo di convincermi?"
Annuisco, mantenendo probabilmente un'espressione seria - di fatto non lo so, nell'inquadratura sono di spalle.
"E va bene, allora." Levi prende un respiro, sedendosi sul letto. "La telecamera è spenta e tu non ricordi niente, no?"
Mi siedo accanto a lui, rivolgendo il mio viso di fronte a me e quindi
sono finalmente visibile alla videocamera. Devo ammettere che sto
sorridendo come una stupida, ora: "Vuol dire che ti ho convinto?"
"Solo perché ci sono queste due condizioni." borbotta,
rivolgendosi poi verso di me con un'aria vagamente stordita. "Allora,
sei pronta? Ira è--"
Premo velocemente il pulsante di pausa, spegnendo la telecamera subito
dopo. Sento il mio viso in fiamme, se non ci fosse Kid di fianco a me
probabilmente farei un pensierino sulla finestra che dà proprio
sul cortile. Un volo di otto piani dovrebbe bastare, no?
"L'hai...fermata?" la voce del biondo è confusa, anche se sembra essere contento di ciò che ho appena fatto.
"E' giusto così." rispondo, allontanando l'oggetto da me. "Levi
credeva di dirmelo in modo che io oggi non ricordassi più nulla,
ma vedendo questo nastro scoprirei tutto e lo ricorderei. Sarei solo
una bugiarda se sapessi tutto e continuassi a negare, per non parlare
del fatto che non riuscirei più a comportarmi normalmente
sapendo che praticamente tu, Jennifer, Ira e Levi siete coinvolti in
qualcosa di sicuramente più grande di me."
"Sei una ragazza saggia, e questo ti fa onore." Kid appoggia la guancia
sul palmo della mano, guardandomi con un sorriso strano. "Per tutta
questa faccenda noi dipendiamo da lui, perciò non possiamo dire
niente. Non so perché te l'abbia detto, comunque...sapeva di
correre un rischio."
"Non credevo che fossi coinvolto anche tu."
A dire la verità, la cosa un po' mi delude. Speravo finalmente
di aver trovato una persona senza segreti, e invece scopro che anche
Kid è legato alla storia di cui non so ancora niente. Non
è colpa sua se è in mezzo, ma in qualche modo è
come se sentissi di dover prendere le distanze da tutti quanti in
questo momento per questo motivo. Sto solo facendo una gran confusione
e non so più da dove iniziare a rimettere in ordine.
"Mi dispiace." i suoi occhi castani si rattristano appena. "Ma vedrai
che man mano che lui vedrà in te una persona su cui fare
fiducia, tutto si farà sempre più chiaro. Ne sono
convinto."
"Io e lui non siamo, diciamo...amici per la pelle, ecco. Non andiamo molto d'accordo."
"Non ti saprei dire il nome di una singola persona che sia andata
d'accordo con Levi fin da subito." Kid scoppia a ridere da solo,
trascinando leggermente anche me. "Però sono sicuro che vada
già un po' meglio dall'inizio. Insomma, se non l'hai notato sei
stata tu a baciarlo."
Le mie orecchie sembrano andare a fuoco nel giro di qualche istante:
"Non sapevo cosa stavo facendo!" mi difendo, notando come la mia voce
diventi acuta quasi fino a far ridere.
"Se fossi in te andrei a chiarire il malinteso dato che sembri vagamente preoccupata."
"Hai ragione." afflitta, mi trascino in piedi e tiro un sospiro. Non so
se vergognarmi di più per tutte le cazzate che ho sentito nei
video o per l'ultima registrazione che ho visto. Spero solo di trovare
Levi al più presto: ho fin troppe domande da porgli. "Lui,
insomma...cosa ti ha detto in merito a ciò che ho fatto?"
"Premettendo che ci siamo visti di sfuggita questa mattina, non mi ha
detto molto." anche Kid si alza in piedi, sgranchiedosi le gambe. "Mi
ha solo raccontato a grandi linee quello che è successo ma non
mi sembrava particolarmente scosso o imbarazzato. Sapeva meglio di
chiunque altro la tua condizione momentanea."
"Che casino." sbatto la mano al muro, lasciando cadere la testa all'indietro. "Non ci sto capendo più niente."
"Benvenuta nel mondo."
Lancio un'occhiataccia ironica al biondino: "Ah-ha, che ridere. Facile parlare quando hai sempre vissuto qui in mezzo."
"Abbastanza facile. Anche se, ormai," mette un braccio attorno alle mie
spalle, assumendo un tono quasi pauroso. "Dovresti aver capito che
è meglio non etichettare le persone prima di averle conosciute."
"Sei inquietante quasi quanto Levi."
Se ne esce con un sorriso divertito, girandosi verso di me per farmi
l'occhiolino: "Siamo fatti della stessa pasta, alla fine. Sono solo un
po' più vivibile di lui."
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