Chaos Theory

di Heyale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Are you afraid of loving? ***
Capitolo 2: *** Are you afraid of shooting? ***



Capitolo 1
*** Are you afraid of loving? ***


Chaos Theory cap.1 - Loving?

CHAOS THEORY
01
Are you afraid of loving?



Mi chiamano Ghoul perché non provo pietà né mi pento del male che faccio.
E' una specie di tradizione in questa banda chiamarsi con i nomi di leggende metropolitane delle diverse parti del mondo a seconda delle caratteristiche che ogni persona possiede, e io sono uno dei peggiori. Mi sono conquistato una fama parecchio temibile e non potrei esserne più contento, sentirmi chiamare come un demone è quello che più mi s'addice.
Il bello di avere ventidue anni ed essere un mercenario è avere ancora la vita davanti e poter sentire il proprio nome sempre più frequentemente pronunciato da chi lo teme come se si trattasse della peste, che alla fine sia l'uno che l'altra portano alla morte. Del resto questo lavoro è tra i più divertenti: basta un proiettile e vieni profumatamente pagato, tornandotene a casa con le tasche piene e il lavoro finito. L'importante è non mettersi contro le persone sbagliate, insomma, o farsi trovare impreparati. Non siamo stati allenati da un personal trainer che ci abbia insegnato l'autodifesa: nel caso qualcuno venga preso e fermato con un corpo a corpo, a meno che non sia bravo da sé, allora è spacciato. Non che mi interessi, comunque, io preferisco gli attacchi a distanza e senza nessun altro tra i piedi. Quando il capo ci manda a squadre diventa tutta una seccatura a partire dal fatto che la ricompensa va divisa tra di noi. La cosa però mi tocca solo fino ad un certo punto dal momento che l'unico rapporto che c'è tra i miei compagni ed io si tratta solo di rispetto reciproco, non ci sono amicizie o stranezze simili: dato che la vita sembra sempre essere appesa ad un filo tanto vale non affezionarsi mai alle persone, no? Alla fine credo sia uno spreco bello e buono, dato che vivo tranquillamente la mia vita senza problemi direi che non ho bisogno d'altro...non fraintendetemi, non è proprio una vita pacifica quella del mercenario ma è comunque una vita sempre movimentata.
Al suono di questa parola tutti quanti immagino che pensino ad un uomo enorme, muscoloso, cosparso di cicatrici che va in giro con un mitra nella mano sinistra e un machete in quella destra - per non dimenticare la t-shirt mimetica con le maniche strappate, un classico. Mi dispiace contraddire queste credenze, comunque, sono un ventiduenne nella media: ho i capelli neri e gli occhi grigi (colore un po' insolito, ma mi vanno bene così); non sono poi così tanto grande e anzi potrei essere un po' più basso della media. Non giro mai armato fino al collo, l'unica arma che ho quando non devo svolgere il mio lavoro è un coltellino svizzero che mi è stato utile solo in poche occasioni, ovvero quando parenti o amici delle mie vittime mi hanno riconosciuto proprio per la fama che ho in giro e hanno cercato vendetta. E' inutile, comunque, perché chi uccido io non sono di certo persone migliori di me: truffatori, a loro volta assassini, ladri, stronzi in generale. Per questo non rimpiango dover posizionare la mia pallottola nel collo di qualcuno, anzi, in qualche modo mi diverto pure...o perlomeno continuerò a divertirmi finché non toccherà a me, ovvio. Facendo questo lavoro il pensiero di un proiettile non mi spaventa, è chiaro che prima o poi succederà anche a me a giudicare da quante persone ho fatto fuori e le altre trenta persone a testa che vogliono farmela pagare. L'importante è prendere le cose con filosofia, no?
– Skyler?
Mi volto lentamente: chiunque sappia il mio nome è meritevole di fare la stessa fine delle mie vittime, poco ma sicuro.
Alle mie spalle, in questo bar malandato dove passo la maggior parte delle mie serate, si trova un ragazzino che non credo di aver mai visto in giro. Più che altro mi chiedo per quale assurda ragione questo moccioso dovrebbe sapere chi io sia.
– Sì? – gli chiedo, cercando di sovrastare il volume della musica che sembra voglia non far altro che spaccarmi i timpani.
Il ragazzino mi guarda per un istante con un'espressione annoiata, forse, porgendomi poi un foglio che a causa dell'alcool che mi scorre in corpo non riesco bene a mettere a fuoco in un primo momento. Lancio così nuovamente un'occhiata a lui che, furtivamente, porta le mani nelle tasche e noto che stringe qualcosa. Faccio finta di niente anche se in veste di assassino ho imparato a distinguere certi movimenti e cerco di captare le informazioni chiave di questo foglio. Non riesco molto nel mio intento, ma basta vedere il timbro e la firma di Markus a fine pagina per capire che questo individuo che ho di fonte sarà una gran bella seccatura. Chi è Markus? Markus, che tra l'altro un nome più da cliché non poteva avere, non è altro che il capo di tutta la banda di noi mercenari. Se qualcuno deve uccidere qualcun altro si riferisce a Markus e lui sceglierà a sua volta gli assassini più adatti alla missione: un sistema pratico e conciso, lui non rischia mai la pelle e manda gli altri come avanguardie.
– Cosa ci dovrei fare con te? – domando allora al ragazzino vedendomi costretto ad appoggiare il bicchiere di nuovo sul bancone. Mi sento male a separarmi da tutto quel ben di Dio.
Lui sfila le mani dalle tasche, guardandomi come se gli desse fastidio il fatto che abbia tenuto il foglio in mano per niente: – Vuole che tu mi insegni qualcosa.
Alzo le sopracciglia, divertito: – I mocciosi non sono tagliati per questo lavoro.
– Non è affare mio se non vuoi, queste sono le direttive. Si tratta solo di qualche mese, in fin dei conti. E non sono un moccioso.
Sbuffo, so già che questa situazione sarà un bel grattacapo. Scendo così dal mio sgabello e mi dirigo verso l'esterno, il cucciolo mi segue a testa bassa senza battere ciglio.
Alla luce del lampione vedo che i suoi occhi hanno molta più paura di quello che poteva sembrare all'interno e sono di un colore fin troppo azzurro mentre i capelli, leggermente mossi e forse lasciati crescere un po' troppo, sono castano chiaro nonostante che con le luci del bar avrei giurato che fossero neri. Che strano tipo, sembra più uno studente delle medie che un killer spietato.
– Come ti chiami?
Occhi-azzurri mi guarda incerto, indeciso se rivelarmi o no questa vitale informazione, ma alla fine si arrende all'istinto e abbassa lo sguardo a terra: – Louis. Ma per via del mio modo di fare Markus mi ha già chiamato Boogeyman.
– Boogeyman? – scoppio a ridere, scuotendo la testa per la comicità della cosa. – L'uomo nero? Ma se sei la persona più luminosa sulla Terra!
Louis sfodera un sorrisetto malato, alzando gli occhi verso di me dal basso della posizione in cui si trova il suo viso: – Non mi faccio vedere da chi ammazzo, agisco nell'oscurità. Da qui il nome.
Okay, inquietante.
Credo di essere una calamita per persone strane, io. Cos'ho fatto per meritarmi un ragazzino psicopatico che mi deve seguire ovunque io vada?
– Allora, Boogey, – ridacchio, portando velocemente la mano nella sua tasca ed estraendo il coltellino svizzero che prima ha stretto. – Regola numero uno: non alzare mai un'arma contro di me o finisce male, okay? In uno scontro corpo a corpo, o di velocità, o di altro tu saresti fottuto contro di me. Pure a poker, se ti può interessare. Regola numero due, non chiamarmi col mio nome perché è estremamente imbarazzante. Regola numero tre, ricordati sempre che io ho ventidue anni e tu probabilmente dodici e mezzo, quindi non si discute con me.
– Sedici. – mi corregge allora il mio nuovo piccolo amico, facendo una smorfia. – Non sono nato ieri, se non l'hai notato. Se avessi potuto iniziare da autonomo, credimi, l'avrei fatto. Ma passando da una banda all'altra non mi lasciavano andare da solo e mi hanno affidato a te per un po' di tempo.
Pensare che questo moccioso abbia mai ammazzato qualcuno mi fa solo ridere, lo devo ammettere, ma apprezzo l'arroganza con cui alza il viso verso di me e come non intenda abbassarlo. Se non altro potrò contare per un ricambio munizioni senza dover perdere tempo, no?
– Ci si vede in quartier generale, moccioso. – alzo la mano all'aria mentre gli volto le spalle, facendo per tornarmene a casa. Se me l'hanno appioppato credo di non avere scelta, almeno cerco di passarci insieme il minor tempo possibile fuori dal lavoro per non dover rimpiangere quel poco di pace che mi resta.
– Ehi...fermo! – il ragazzino mi segue, bloccandomi saldamente per il polso prima che possa raggiungere l'esterno di questo vicolo. Ecco, devo mettere in chiaro che non sono qui per recitare soap opera da mandare in onda alle due del pomeriggio dopo Beautiful.
Così mi giro verso di lui con un sorrisetto ironico: – Togli le tue zampacce da me.
– Scusa, io... – allontana velocemente la sua mano, riponendola nella tasca della felpa. – E' solo che, dato che non hai letto il foglio, non sai che devo venire con te. Ho fatto oggi il trasferimento e fino ad adesso ho vissuto con un compagno dell'altra banda...non ti darò fastidio, lo prometto. Ho i miei soldi e Markus mi ha già dato il primo stipendio, quindi non devi preoccuparti.
Bene, questo va direttamente nelle cose più noiose che io abbia mai fatto. Ospitare un moccioso in casa mia? Che, tra l'altro, si tratta di un appartamento di appena venti metri quadrati (monolocale, cucina e camera tutto insieme) dove la maggior parte dei muri è un insieme di crepe e segni di guerra a cui sono attaccate due mensole per le due pistole scrause che ho in casa al momento considerando che quelle buone sono in riparazione. A volte sono talmente scemo che finisco per chiamarle 'le mie bambine' o robe così, immagino i vicini cosa pensino di me.
Premetto inoltre che se non sto facendo storie è perché mi è severamente proibito contraddire gli ordini del capo, e se questo ragazzino andasse a dirgli che non mi va probabilmente Markus mi farebbe fuori semplicemente schioccando le dita, quindi preferisco evitare.
– Vivo in una topaia dove per colazione troverai latte e proiettili. – lo avverto alla fine, sorridendo mentre prendo le chiavi della macchina. – E le stanze non sono insonorizzate, considerando che ho tre porte in tutto: quella d'entrata, del bagno e della terrazza.
– Per me è okay. – Louis si avvicina ad un cassonetto, prendendo un borsone attaccato ad esso. – L'avevo messo qui prima di entrare, è la mia valigia.
– Dai? – proseguo rivolgendogli uno sguardo seccato, domandandomi se ho a che fare con un assassino o con un bambino in gita scolastica. Anche se, probabilmente, si tratta più della seconda opzione.
Senza il probabilmente.


– Questa è casa tua?!
– I souvenir sono sulla destra e i dépliant sulla sinistra, speriamo che il tour sia stato gradito. Grazie per aver scelto la Ghoul Experience.
– Non sei simpatico.
Louis deposita il suo borsone in mezzo alla cucina, appoggiando le mani sui fianchi con un'espressione di puro disappunto dipinta sul viso. Forse non gli piace il nuovo deodorante che ho scelto giusto l'altro ieri, dovrò informarmi anche sulle sue preferenze se voglio mirare ad una convivenza pacifica.
Muschio bianco o brezza marina?
– Cosa c'è che non va? – borbotto chiudendomi la porta alle spalle, girando la chiave e fermando il chiavistello. Non si sa mai che qualcuno rintracci il mio indirizzo, credo che sarei spacciato.
Il moccioso si guarda attorno schifato, sfiorando con le mani eccessivamente bianche le due pistole sulle mensole: – Cosa ne pensano i tuoi parenti dell'arredamento?
Alzo le spalle, accendendo il fornello per scaldare la caffettiera: – Non ricevo visite dai parenti. Caffè, Boogey?
Louis scuote appena la testa, guardando distrattamente l'orologio mentre con gli occhi passa in rassegna tutte le pareti: – Sono le due di notte...dopo non dormo.
– Oh, poverino. – mi cambio in velocità (questi sono i comfort di vivere in un monolocale) per poi tornare sul ragazzino, ancora assorto in chissà quale oscura presenza. I miei dubbi sulla sua feroce sete di omicidio cominciano a scendere fin troppo velocemente, devo ammetterlo.
– Dove dormirò io? – mi chiede poi con un filo di voce, però in effetti questo è un bel problema. Non ci avevo mica pensato.
Mi guardo intorno sperando di trovare qualcosa che, giustamente, in cinque anni non avrei mai visto per poter dare a questo moccioso un posto in cui appoggiare le chiappe per la notte. Il vaso di fiori? Il tavolo? La cuccia del cane che avevo un anno fa?
Beh, non sono cattive idee, ecco. Forse un po' scomode, ma funzionali. E questo è importante.
– Ti va un materassino? – propongo cercando di farla sembrare un'idea allettante con un sorrisino da chi promuove prodotti inutili alla tv. Numero verde in sovrimpressione, chiamate subito!
– Mi prendi in giro? – è la sua domanda retorica accompagnata da un'occhiataccia. – Senti, avrò sedici anni e va bene quello che vuoi, ma sono un assassino esattamente come te. Anche io ho la mia dignità, sai?
La vedo molto dura.
– Ah sì? – chiedo allora, scrollando le spalle per alleggerire la tensione. – Mi dispiace ma non ho letti in più e come vedi non ho un divano ma una squallida poltrona, quindi o ti accontenti di quella o vieni a dormire con me, fai tu.
– Hai un letto a due piazze?
Eh? No, dai, non può avermi preso sul serio. Io non dormo con i ragazzini più piccoli di cinque anni, non sembrerei altro che un pedofilo. Sono un mercenario, accidenti, cosa ci faccio un questa situazione? Non mi sono di certo iscritto ad un servizio gratuito di baby-sitting, non vedo perché il moccioso ed io dobbiamo addirittura condividere lo stesso letto adesso. E' una cosa decisamente malsana.
– Sì, ma...
– Perfetto! – esclama con un sorrisone convinto, trascinandosi dietro la sua borsa gigante nello scanso che porta a quella che teoricamente dovrebbe essere una camera da letto.
Io questo qui lo faccio fuori prima di domani mattina.
– Ehi! – sbotto, trovandolo beatamente seduto sul letto. Sulla mia parte, tra l'altro! Questo è un affronto bello e buono, non ha di certo iniziato col piede giusto questo ragazzino. – Senti, Boogey, non so se ti sia chiaro che...
– Mi faccio piccolo piccolo. – mormora con un sorrisetto da bambino che implora per delle caramelle, congiungendo le mani in preghiera. – E poi è solo per la notte, non ti accorgerai nemmeno di me. Non sono mai stato un disturbo per nessuno, te lo giuro.
Su questo ho una serie di forti dubbi che credo sarà difficile chiarire, ma non posso fare altro che annuire e demolire il mio orgoglio come se Miley Cyrus fosse appena salita su una palla da demolizione pronta a far fuori ogni parete di dignità ancora rimasta. E lentamente nella mia mente parte anche il ritornello di Wrecking Ball, forse mi metterei a canticchiarla se fossi a casa da solo. Sfortuna vuole, però, che non sia affatto così. Insomma, cosa dovrei fare con un moccioso che dorme nel mio stesso letto adesso? Mi sono sempre rifiutato di dormire perfino con mia mamma quando avevo quattro anni e ora mi ritrovo in una situazione del genere, mi chiedo solo che diamine dovrei fare. Per non parlare del fatto che sto pregando anche gli dei di cui non conosco l'esistenza perché gli altri non lo vengano a scoprire. A quel punto potrei tranquillamente piazzarmi una bella pallottola in bocca.
– Domani mattina devo fare un salto in armeria. – borbotto stendendomi accanto a lui dopo aver spento la luce. – Tu vedi di non fare casini mentre sei qui.
– Perché non mi chiami una balia? – replica lui con un sorrisetto infastidito, guardandomi male. – E comunque anche io devo andare in giro domani mattina. Non preoccuparti, Markus mi ha già dato una copia delle chiavi di questo appartamento.
– Cosa?!
Non sapevo di essere sotto stretto controllo del mio superiore, ma vedo che la mia reazione riesce comunque a divertire il moccioso che, dopo essersi sistemato i capelli chiari con la mano, se ne esce con un colpetto di tosse: – Tranquillo, non faccio party scatenati mentre il paparino non è in casa.
Roteo gli occhi verso di lui, sbuffando: – Ha-ha, che simpatico.
– Buonanotte, Ghoul.
Ah bene, pure la buonanotte adesso? Vuole un biberon di latte caldo magari? O una bella favola della dolce dolce notte?
Spero che si renda conto che questa è una convivenza forzata e che io non sono il suo tutore o migliore amico, peggio ancora, semplicemente questa è una situazione che spero di sbrigare al più presto possibile se voglio continuare a fare i cazzi miei fino a mattina e dormire poi di giorno quando ho i miei giorni liberi, finché questo parassita girerà per casa non credo che potrò fare proprio come mi pare e piace.
– Buonanotte, Boogey.
Ah, ma chi me lo fa fare?


Spero che tutto questo sia uno scherzo. Un enorme scherzo. Un gigantesco scherzo. Un colossale scherzo.
Sbatto più volte le palpebre, magari sono addormentato, ma non succede niente. Rimane tutto com'è. Dai, per favore, qualcuno mi dica che sono su Candid Camera o qualcosa del genere. Non posso sopportare una cosa del genere, è estremamente fastidiosa ed imbarazzante. Soprattutto imbarazzante.
Se quel pidocchio pensa che lasciarmi una brioche e il cappuccino sul tavolo sia un buon modo per iniziare allora ha decisamente sbagliato strada. Pensa forse di comprarmi? Non sono di certo quel genere di persona che...ehi, aspetta, ma è alla crema. E il cappuccino è incredibilmente buono.
Il punto è che, considerando che sono appena le nove, quando accidenti avrebbe avuto il tempo di uscire, fare i suoi giri, rientrare per portarmi la colazione e uscire di nuovo? A conti fatti è un ragazzino di sedici anni che si spaccia per un famigerato assassino quando credo non sappia cosa sia un revolver, non sapevo nemmeno avesse risparmi con sé. E men che meno che facesse anche servizio cameriere non richiesto, tra l'altro. Accanto a questo cabaret comunque c'è un biglietto col suo numero di cellulare e l'annessa scritta 'in caso io dovessi combinare casini'. Beh, per lo meno ha capito al volo le regole, questo è senza dubbio un punto a suo vantaggio.
Bando alle ciance credo che un ringraziamento gli spetti di diritto, ma fino ad allora ho comunque un lavoro da mantenere perciò dopo essermi reso almeno un po' decente mi dirigo verso l'armeria. Non amo andare lì considerando che è gestita da un mio collega, diciamo, che è peggio di una di quelle vecchiette che trovano un'amica al mercato. E' sempre pronto a scambiare quel genere di due chiacchiere di cui tu faresti volentieri a meno dato che si tratta di voci di corridoio e basta, e tra l'altro se muovi un passo falso in sua presenza sai in partenza che nemmeno in ventiquattr'ore Markus lo verrà a sapere. Per questa ragione lui viene chiamato Kraken, ovvero il mostro marino che non lascia mai scampo con i suoi tentacoli. E, ripeto, se potessi evitarlo sarei ben contento di farlo.
Il campanellino appeso sopra alla porta dell'armeria suona non appena entro come se fossi in una farmacia o simili, mentre un'ondata del tipico odore di ferro mi travolge. Bene, non posso fare a meno di dire di trovarmi nel mio habitat naturale almeno. Mi levo gli occhiali da sole portandoli in testa prima di salutare il collega di Kraken che sta attualmente caricando delle vecchie pistole, per quanto sia maggio c'è fin troppo sole. Lancio un'occhiata in giro e noto con disappunto che hanno spostato il reparto delle munizioni per le pistole, ma prima che possa trovare qualcuno con cui lamentarmi davanti a me spunta un Kraken tutto sorridente e pieno di energie: – Ghoul!
– Ehi. – ricambio con qualcosa come un decimo della sua enfasi. – Come va?
Provo a fare un po' di conversazione solo per non passare per uno stronzo apatico, non perché sia realmente interessato. So che questa è la prova del fatto che io sia realmente uno stronzo apatico, ma del resto meno sanno di me questi tizi e meglio è per tutti quanti.
– Ah, sai, non va molto bene. – è la sua risposta da depresso che cerca un po' di compassione, il che mi porta a dover fingermi ancora più interessato. Che palle. Cosa mi importa a me del suo benessere o meno? Non sono mica il suo psicologo.
– Oh, mi dispiace. Come mai?
Datemi un Oscar per la recitazione.
Kraken sbuffa, appoggiando i gomiti al bancone: – La mia ragazza ha detto che se non comincio a ricordarmi tutte le date dei compleanni della sua insulsissima famiglia allora lei mi pianta. Puoi ben capire, cosa ci posso fare io se la sua prozia compie gli anni il ventidue gennaio? Cosa me ne faccio io di quella data? Al massimo le compro una bottiglia di grappa alla liquirizia e tutti contenti, no?
– Giustissimo. – spero che il mio tono da persona decisamente seccata non emerga più del dovuto. – Prova a parlare con la tua ragazza e dille che al massimo ti ricorderai la data dei suoi genitori ed eventuali fratelli. Trova un compromesso, dico io. A volte è la strada più semplice.
– Potrebbe essere una buona idea. – Kraken mi sorride come se gli avessi appena permesso di raggiungere il Nirvana. Devo ammettere che ha proprio la faccia da idiota. – Grazie, amico.
Non sono suo amico, sia ben chiaro. Sono un cliente ed eccezionalmente un collega. Non spingiamoci oltre, per favore.
– Figurati. – cinguetto come un imbecille, sorridendogli alla bell'e meglio. – Piuttosto sarei venuto qui per delle munizioni, se non ti dispiace.
– Oh, certo, scusami. – Kraken per fortuna si ricompone per sembrare almeno un po' professionale, assumendo un'espressione da esperto nel suo campo. – Per quale arma, allora?
– Una Desert Eagle. Dammi pure due blocchi, grazie.
– Desert Eagle, eh? – il mio collega si sfrega il viso con una mano, dirigendosi chissà dove facendomi segno di seguirlo. Perché, dico io, dovevano spostare il reparto munizioni? L'hanno tenuto dov'era per sette anni, non guastava di certo un mese in più. Avevano qualche strana esigenza, forse? Extreme makeover home edition, immagino.
– Queste vanno?
Esamino i proiettili per qualche secondo, concludendo con un sorriso: – Sono loro.
– Perfetto, il prezzo lo sai già. Piuttosto, ho sentito che c'è un nuovo arrivo da noi.
– Ah sì? – tiro fuori i soldi per poi appoggiarli sul bancone, guardando confuso il ragazzo davanti a me. – Sono passato ieri mattina da Markus ma non mi ha detto niente.
Kraken fa di spallucce: – Mah, dicono che sia un ragazzino...aspetta, com'era? Boogeyman, forse.
Ah, merda.
In effetti potevo arrivarci, però. Che cretino.
– Mai sentito. – me ne esco con un sorrisetto, recuperando in fretta il resto. Meno cose sa e meglio è.
– Dicono anche che stia da te. Sicuro di non conoscerlo?
Ecco, porca merda.
Cos'ho fatto io per finire in mezzo a questo circolo vizioso? Perché proprio a me, poi? Ci sono alcuni di noi che vivono in regge dove non si vede nemmeno la fine del giardino, mi chiedo perché diavolo proprio io debba badare al moccioso.
Così sbuffo, alzando le spalle: – Non voglio che si sappia in giro più del dovuto.
– Il tuo segreto è al sicuro con me! – Kraken batte fin troppo amichevolmente la mano sulla mia spalla, sorridendomi. Come se ci credessi, poi.
– Troppo buono. – borbotto alla fine, dileguandomi scuotendo la mano come facevo quando ero bambino e salutavo mia mamma dal pulmino scolastico. Per carità, meglio andare via da questo covo di matti prima che io cominci ad interessarmi a ciò che è successo nella casa del Grande Fratello nella puntata di ieri sera. Preferirei astenermi dal diventare quel genere di persona che già odio.

Sbatto la porta di casa dietro di me, appoggiando la schiena contro di essa. Sono troppo vecchio per le scale di questo palazzo, devono assolutamente mettere un ascensore se non vogliono trovarsi un cadavere sulle scale prima o poi. Lancio le munizioni sul tavolo, ma appena alzo gli occhi mi ritrovo davanti Boogey in tutta tranquillità che sorseggia beatamente una tazza di caffè con addosso un misero paio di boxer. Mi prende in giro?
– Che accidenti fai? – sbotto, lanciandogli addosso la mia felpa. – Per l'amor di Dio, mettitela.
– Non hai mai visto un uomo in mutande? Dico, insomma, ti guardi mai allo specchio?
Che fa, protesta adesso? Osa ribattere contro il sottoscritto? Questo moccioso deve imparare meglio a scegliersi i suoi nemici, poco ma sicuro.
– Senti, – inizio, avvicinandomi a lui fino a metterlo spalle al muro, guardandolo dritto negli occhi. – Sei qui da nemmeno ventiquattr'ore e già giri per casa mezzo nudo, quindi vedi di darti un contegno che qui non siamo con i tuoi genitori. Queste sono le regole e tu le rispetti.
In realtà credo sia perché non voglio che si prenda un raffreddore o simili, ma il suo sguardo si inasprisce velocemente mentre si mette la felpa con un movimento incurante: – Se vuoi che faccia il bravo bambino vedi di non nominare la mia famiglia, allora. – E' la sua risposta decisamente astiosa, mentre si dilegua senza aggiungere altro per poi chiudersi in bagno.
Gesù santo, non ho di certo richiesto un ragazzino lunatico io. Cosa ne posso sapere io dei suoi nervi scoperti se non lo conosco nemmeno da un giorno? Non ho di certo detto niente con l'intenzione di infastidirlo, quello che era giusto dire allora l'ho espresso, punto e basta. Non vedo il bisogno di scomodare il melodramma considerando che ci tiene ad essere visto come un assassino. Gli assassini non piagnucolano, accidenti, da dove accidenti sbuca fuori questo qui? Forse dovrei chiedergli scusa e fare il fratellone comprensivo, ma magari sarebbe meglio rimandare tutto ciò a quando gli sarà passato l'attacco di isteria. Mica l'ho fatto apposta, comunque. La mia coscienza è pulita, ci tengo a precisarlo...insomma, più o meno. Pseudo-pulita.
Nel caso non si sia notato, qui stiamo delirando.
Nemmeno ventiquattr'ore e già ho i sensi di colpa, incredibile. Questo è un record. Tanti applausi a mister Louis per essere il detentore di questo prezioso record.
E' inutile che mi sbatta tanto, comunque, il danno è fatto e non mi resta che aspettare. Intanto mi dirigo verso il mio armadio per cambiarmi, ma prima che possa raggiungerlo qualcosa cattura la mia attenzione. Sul letto disfatto, infatti, giace un pugnale che non credo di potermi permettere neanche dopo aver incassato i soldi di cento omicidi. Mio non è di certo perciò a rigor di logica dev'essere del moccioso, anche se mi chiedo dove diavolo abbia potuto reperire un'arma dall'elsa d'argento con degli inserti dorati. Soprattutto non lo facevo tipo da combattimento corpo a corpo considerando come si è appena fatto mettere spalle al muro da me, speravo fosse più tipo da pistole a lunga gittata...sempre che sia ciò che dice di essere, chiaramente. E ho dei dubbi a riguardo.

Finalmente la porta del bagno si apre dopo tre quarti d'ora, facendo uscire un ragazzino finalmente con qualcosa addosso e con uno sguardo quasi lugubre. Sensi di colpa che crescono, evviva!
Devo farmi coraggio e ammettere che forse ho alzato troppo la voce considerando che si tratta di un moccioso di sedici anni e che in effetti come lui non sa niente di me allo stesso modo nemmeno io so qualcosa di lui, perciò mi alzo dalla poltrona e appoggio il computer per terra, prendendo poi le chiavi della macchina.
– Mettiti le scarpe. – gli ordino, infilandomi velocemente le mie.
Lui mi guarda male, sbuffando: – E perché?
– E' mezzogiorno e ho fame. Andiamo a mangiare da qualche parte.
Boogey mi fissa stranito, mettendosi velocemente le scarpe: – Aspetta che prenda i soldi almeno, se...
– Non preoccuparti. – lo interrompo, aprendo la porta di casa per evitare che veda la mia espressione. – Offro io. Muoviti.
Dio, che imbarazzo. Non mi ricordo più come si gestiscono le situazioni in cui commetto uno sbaglio e devo rimediare, ma non credo nemmeno che la colpa sia mia al cento per cento. Devo ancora capire perché il pidocchio sia in possesso di un pugnale come quello che ho visto sul letto, perciò immagino che avremo un bel po' di cose di cui parlare e fare ciò con un bel panino da fast food davanti è senza dubbio molto efficace.
– Sei sicuro? – mi chiede una volta essere salito in macchina, tenendo però lo sguardo fisso davanti a sé. Beh, per lo meno non sono l'unico ad essere in un mare di imbarazzo. Questo è un altro punto a suo vantaggio.
– Ma sì. – sbuffo, mettendo in moto in velocità. – E' il mio ringraziamento per la colazione di stamattina.
E anche un modo per chiedergli scusa, ma questo deve capirlo lui. Io non glielo dico di certo.
Il ragazzino mormora qualcosa di incomprensibile, nascondendo poi il viso nel colletto della giacca. Mi viene da ridere, lo ammetto, ma cerco di trattenermi per non creargli una situazione di potenziale arrossamento delle guance. Odio quando succede a me perciò, se posso, lo evito anche agli altri.
– Piuttosto... – ricomincio, accendendo la radio per avere un minimo di sottofondo. – Quando devi uccidere, lo fai col pugnale che c'era poco fa sul letto?
Louis sussulta un momento, girando il viso verso di me, preoccupato: – Diciamo di sì.
– E...dove l'hai preso? Insomma, è molto bello.
Tentenna qualche secondo, concludendo poi con un sorriso: – Sai cos'è l'effetto farfalla? O la teoria del caos?
Eccolo là, ora parte anche a fare il filosofo! Basta, qui non ci siamo proprio. O stabiliamo delle regole ben precise o questa convivenza finirà presto con un omicidio, giusto per restare in tema.
– Sentiti nominare. – me ne esco, lanciandogli uno sguardo veloce. – Quella teoria che dice che da un evento se ne genera un altro, o roba simile, vero?
– Un battito d'ali di una farfalla in una parte del mondo può generare un uragano dall'altra parte del mondo. – recita teatralmente, portando gli occhi verso l'alto per ricordarsi le parole. – Questo dice. E diciamo che quel pugnale è stato il mio battito d'ali.
La mette sul poetico, adesso. Come paragone ammetto che rende, è ovvio che non vuole parlarmene apertamente ma perlomeno al momento so che è grazie a quel pugnale se ora lui fa l'assassino, o comunque una storia simile. A dirla tutta non so cosa si nasconda dietro quegli occhi azzurri, ma immagino che dovrò aspettare ancora un po' per scoprirlo. Del resto lui non s'impiccia nei miei affari e forse dovrei fare lo stesso, ma qualcosa mi spinge a volerlo conoscere meglio. Non so di cosa si tratti sapendo che in fondo è solo un ragazzino di sedici anni che dovrò sopportare solo per un paio di mesi, ma spero di scoprirlo presto. Un assassino non è tagliato per i sentimenti.



ANGOLO AUTRICE
A dirla tutta non so cos'ho fatto.
Questa è una storia scritta e conclusa già un anno fa, ma improvvisamente mi è venuta voglia di publicarla e quindi... Be', eccoci qui.
Spero vi piaccia almeno la metà di quanto piace a me, è una storia di quattro capitoli scritta tempo fa tanto per distrarmi da un blocco dello scrittore in un'altra long e devo dire che è servita.
Vi lascio con uno spoiler dal capitolo 2:


– Ehi... – cerco di farmi sentire senza sembrare mezzo morto e farlo preoccupare ancora di più, ma non appena i suoi occhi si spalancano capisco di aver ottenuto l'effetto contrario.
Merda.
– Sei vivo! – esclama, prendendo velocemente le distanze da me per lasciarmi respirare. Ora che lo vedo chiaramente posso confermare che i suoi occhi siano lucidi, e noto che la sua maglietta è completamente insanguinata.

A presto!

Ale xx




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Capitolo 2
*** Are you afraid of shooting? ***


Chaos Theory cap.2 - Shooting?

CHAOS THEORY
02
Are you afraid of shooting?



Sei e un quarto di mattina, occhiali da sole per nascondere le occhiaie, un cappuccino gigante in mano e un'aria da zombie.
Sì, sono io.
Giustamente i colloqui si fanno alle sei e un quarto, no? Chi sarebbe mai quella persona stupida che decide di farli a metà mattina, con calma, magari con un po' di sole fuori, senza avere bisogno degli occhiali scuri? Buffoni, dico io! Il punto è che Markus è convinto che meno movimenti si vedano in giro e meglio è, ma forse trascura il fatto che mezza città ormai mi conosca dato che bazzico di bar in bar ogni sera. O, perlomeno, bazzicavo finché un certo ragazzino non è entrato a far parte della mia quotidianità: ora è un po' diverso, non ho più la libertà che avevo prima dato che devo badare anche al moccioso. E' già passata una settimana da quando sono costretto a convivere con Boogeyman, e non mi sono ancora del tutto abituato. Insomma, ho vissuto da solo per cinque anni e di punto in bianco mi sono ritrovato un ragazzino di sedici anni tra i piedi per ordini dall'alto a cui non ho potuto disobbedire in alcun modo. Ora come ora cerco di prendere le stranezze di Louis con quanta più filosofia possibile, anche se a volte risulta più difficile del previsto considerando che non mi vuole dire niente in merito all'inizio della sua carriera da mercenario e in merito a quel pugnale dall'elsa d'argento che ha fatto magicamente sparire dalla camera. Non ho attualmente idea di dove possa averlo nascosto, giuro.
In ogni caso, tralasciando questi scomodi dettagli, finalmente la porta davanti a me viene aperta permettendomi di accedere a quello che mi piace chiamare 'quartier generale'. Niente di sontuoso stile mafia, si tratta solo della casa di Markus, ma è comunque bello entrare nell'atrio e vedere le foto di ognuno di noi appese al muro come se fosse un'onorificenza di stimata importanza. Beh, certo, ogni mercenario qui nei dintorni ambisce ad avere la sua foto appesa su queste pareti, ma non è un obbiettivo condiviso da molte persone fortunatamente. Troppa concorrenza se no, questo campo necessita di un po' di tranquillità.
– Ghoul!
Markus mi saluta con un sorriso da padre che accoglie il figlio a casa, facendomi segno di entrare nel suo studio. I due maggiordomi mi fanno un cenno e ci lasciano da soli, chiudendo la porta mentre si allontanano. Ecco, questo studio è molto stile mafia, lo ammetto. La sedia di velluto rosso fa molta atmosfera però, dai, bisogna dirlo.
– Che orario infame per convocarmi. – commento ricambiando il saluto, stringendogli la mano. – Come fai a non avere sonno?
– Tutto sta nel non lasciarlo trasparire. – mi confessa lui facendomi l'occhiolino, sedendosi dietro la scrivania. Giuro che sembra di stare in un film poliziesco. – Ti chiedo scusa, ma è l'unico momento libero che ho. Tutti chiedono colloqui su colloqui, tu sei uno dei pochi che si fa desiderare a dirla tutta. Questo lo apprezzo.
Credo sia qualcosa del genere “meno vado in cerca dei problemi, meno sono nei guai”, ma è meglio lasciargli credere che la mia sia una strategia di buisness. Il buisness fa sempre bene, anche negli omicidi premeditati.
– Ti ringrazio, faccio il possibile.
Mamma mia, che attore gente, che attore! Dovevo stare a Hollywood, io, non di certo qui. A Hollywood!
– Ti ho convocato per darti due lavoretti. – l'uomo sulla cinquantina davanti a me appoggia sul tavolo due buste probabilmente contenenti soliti spostamenti, indirizzi e foto delle vittime. – Uno oggi e uno domani, scusa il poco preavviso ma la mia agenda è sempre piena.
– Oggi? – ripeto, aprendo la busta con la data di oggi scritta sopra. Le foto ritraggono un uomo che ad occhio e croce deve avere quarant'anni o giù di lì, probabilmente un criminale a sua volta dato lo sguardo inquietante. Quello che mi dispiace è che avevo promesso a Boogey che l'avrei portato a fare la spesa dato che dice che tutto ciò che cucino io fa schifo anche ai sassi. – Veramente poco preavviso. Non ho molte armi pronte.
Markus mi porge un ulteriore documento, sorridendomi appena: – Per questo volevo dirti di portare anche Boogeyman con te. Ti sarà di grande aiuto se non sei ben attrezzato. – Indica poi il foglio che ha appena appoggiato sul tavolo, a prima vista una lista infinita di nomi.
– E chi sono questi? – domando, mettendo da parte per un momento il discorso di Louis.
– Questi, – ripete Markus con un tono divertito. – Sono tutti coloro che sono stati uccisi dal ragazzino.
Sgrano gli occhi, mi sembra impossibile. A sedici anni io avevo appena appena iniziato a capire cos'era una pistola, come può quel moccioso aver già fatto fuori qualcosa come cento o duecento persone? Insomma, la cadenza con cui lavoro io sono quattro o cinque incarichi al mese, a questo punto mi chiedo a che età abbia cominciato lui.
– Non ha nemmeno un'arma da fuoco! – obbietto infine, leggendo velocemente tutti i nomi nella lista. – Finora ho visto solo un pugnale impossibile da trovare in giro, con l'elsa-
– Argentata e inserti d'oro. – Markus completa la frase con facilità, sospirando pesantemente. – E' la sua unica arma, infatti. I suoi omicidi sono strettamente corpo a corpo, quando occorre lancia il pugnale a distanza e va dritto a segno. Non ti ha detto nulla a riguardo?
– Zero. – borbotto, anche se la cosa ammetto che mi dà parecchio fastidio. – Gli dirò di fare chiarezza prima di andare oggi, allora, giusto per avere una buona strategia se dobbiamo lavorare insieme.
– Buona idea. – Markus mi sorride, appoggiando una mano sulla mia spalla mentre si alza dalla sedia e mi accompagna all'uscita. – Bisogna temprare bene quel ragazzino, ha del talento ma potrebbe perdersi facilmente. Usa ogni tuo mezzo a disposizione, va bene?
Annuisco, stringendogli nuovamente la mano mentre esco dall'edificio con un amaro in bocca che non vedo l'ora di togliere. Se quel moccioso crede che a me basti sapere che usa un pugnale dell'accidenti per uccidere perché è stato il suo battito d'ali che ha causato l'effetto farfalla e tante belle cose a seguito si sbaglia di grosso, questa storia deve finire. Ho vissuto praticamente con un estraneo nell'ultima settimana, e non intendo andare oltre.


Sbatto la porta d'entrata, appoggiando sul tavolo le chiavi della macchina e la colazione. Non so come iniziare il discorso, da una settimana a questa parte Louis non ha parlato de fatti suoi nemmeno una volta per cui deduco che non sia molto propenso a farlo, e allo stesso modo non posso prevedere la sua reazione. Se voglio però che nessuno dei due ne esca ferito devo assolutamente sapere qualcosa in più, non posso lavorare con qualcuno di cui non conosco praticamente nulla. Le caratteristiche di combattimento, se così lo possiamo chiamare, devono essere chiare come la luce del sole. Non ci sono giustificazioni a riguardo, questa è una delle regole se si mira alla propria sopravvivenza.
Louis esce dallo scanso di quella che potrebbe essere la camera da letto ancora in pigiama, sorridendomi appena mi vede: – Buongiorno. Com'è andato il colloquio?
– E' andato bene. – rispondo, porgendogli però poi il foglio che Markus mi ha dato in merito ai suoi assassinii.
Il moccioso passa in rassegna i nomi, sbiancando improvvisamente. Bene, ecco la prova che lui è effettivamente colpevole. Felice che l'abbia ammesso senza dire una parola.
– Cosa... – è palesemente confuso, probabilmente la causa è il fatto che io sia in possesso di quella lista. Eccoci al momento della verità, insomma. – Come fai ad averlo?
– Markus mi ha detto che dovrai aiutarmi negli omicidi di oggi e di domani e per farlo ho bisogno di sapere come e perché tu uccidi. – Gli faccio cenno di sedersi di fronte a me, prendendo le altre due buste. – Ho portato la colazione, perciò ora con calma mi racconti tutto mentre mangiamo. Va bene?
Il ragazzino si guarda velocemente intorno, non so cosa stia cercando ma poco importa dal momento che sembra sedersi per contribuire a mantenere calma la situazione senza farla degenerare come succede di solito quando cerchiamo di parlare. Una sera l'ho mandato fuori di casa, pochi giorni fa, ma poi mi sono sentito talmente tanto in colpa che sono andato a cercarlo - senso del dovere, comunque, nient'altro. Ad ogni modo, Louis addenta la sua brioche e distoglie lo sguardo da me, appoggiando con nonchalance la lista vicino alle buste come se fosse un foglio qualsiasi.
– Allora? – lo incito, sperando che non finisca tutto in una scenata.
– Allora, beh... – fa decisamente fatica a guardarmi dritto in faccia, ma poco male. E' pur sempre un ragazzino di sedici anni, no? – Uccido con un pugnale avvicinandomi più che posso alla vittima e lo faccio perché è attualmente ciò che mi mantiene. Fine della storia.
– Mi prendi in giro? – Alzo le sopracciglia, sperando vivamente che comprenda il mio disappunto. Forse mi ha scambiato per un idiota se pensa che a me vada bene sentire queste stupidaggini.
Scuote vigorosamente la testa, continuando a mangiare indisturbato: – Ti dico di no.
– Senti, – cerco di mantenere la calma, estraendo dalla busta con la data di oggi una foto della nostra - enorme - vittima. – Lo vedi questo tizio che somiglia più a King Kong che ad una persona? Io ho solo una Magnum di trecento anni fa con giusto due proiettili da poter usare, le altre sono o in riparazione o senza munizioni. Se la mia mira non è buona e i due proiettili non lo colpiscono nei punti giusti quello lì mi fa a pezzi, perciò dobbiamo studiare una buona strategia se vogliamo evitare questo. E, per farlo, mi spiace tanto ma tu devi dirmi come e perché ammazzi la gente. I ragazzini della tua età dovrebbero andare a scuola, sai?
– Lo so bene. – borbotta lui abbassando lo sguardo, stringendo le mani attorno al suo bicchiere contenente il caffellatte proprio come un bambino in difficoltà. – Ma, insomma...perché devo proprio dirtelo? Non ti basta sapere qual è il mio stile?
Devo ammettere che mi fa non poca compassione se usa quel suo tono da moccioso, ma allo stesso modo so che dovrei rispettare la volontà di Markus e per questo farlo parlare a tutti i costi. Tutti noi abbiamo dei segreti, per carità, ma se diventa questione di vita o di morte si può anche fare un piccolo sforzo. Alla fine siamo tutti sulla stessa barca: ammazziamo gente per soldi, quindi ciò che è successo in passato importa relativamente a me personalmente, piuttosto serve ad una buona riuscita della missione.
Sta di fatto che non sopporto i suoi occhioni da cucciolo.
– E' per il tuo bene. – concludo alla fine, riprendendo tranquillamente a mangiare. – Avevi detto che avresti fatto qualsiasi cosa per aiutarmi a sopportarti, no? Questa potrebbe rientrare in quella categoria.
Il moccioso sbuffa, alzando gli occhi celesti con molta fatica verso di me: – Va contro la mia etica morale scendere a compromessi se una cosa può essere perfettamente evitata.
Okay, posso dire addio alla calma e alle buone maniere. Come dice il moccioso, va contro la mia etica morale anche il restare tranquillo davanti ad un rifiuto di collaborazione. Mi dispiace risultare sempre il cattivo della situazione, ma cosa ci posso fare se sembra che il suo passatempo preferito sia portarmi al limite ogni volta?
– Sei un assassino, – inizio cercando di risultare il meno psicopatico possibile. – Tu, un'etica morale, non sai nemmeno cosa sia. Non si può nemmeno dire che tu ed io abbiamo una dignità, figuriamoci una morale! E, per tua informazione, questo non può essere evitato. Avrai anche fatto fuori decine di persone, ma altrettanto ho fatto anche io e so che per farlo ho bisogno delle caratteristiche di chi è con me. Personalmente farei a meno della storia, ma oggettivamente non posso. Mi dispiace se tutto questo non ti piace, ma devi dirmelo.
Il ragazzino sbuffa sonoramente, finendo di mangiare la sua brioche in silenzio. Se non vuole parlare lo costringerò anche a costo di usare le maniere forti: preferisco essere io a fargli male piuttosto che vederlo ammazzato per una missione andata male.
– Allora? – chiedo, di nuovo, ma spero che capisca che io ho perso completamente la pazienza.
Louis alza gli occhi verso di me, scuotendo la testa: – Non voglio.
Okay, adesso ne ho abbastanza.
Mi alzo velocemente dalla sedia raggiungendo il suo posto in due falcate, afferrando il colletto della sua maglietta fino ad alzarlo quasi all'altezza dei miei occhi: – Questo è un ultimatum: parla adesso o non aspettarti un bel trattamento.
Di nuovo, sebbene ora con un'espressione spaventata dipinta in volto, il moccioso si ostina a negare. Il lato divertente di tutto ciò è che a quanto ho capito lui avrebbe perfettamente tutte le carte in regola per respingere quello che possiamo chiamare il mio 'attacco', eppure se ne resta fermo e subisce ciò che decido di fargli. Quando inizierò a capire il perché delle sue azioni mi considererò Dio sceso in Terra. Non mi lascia altra scelta comunque, obbligandomi a portarlo fino al muro al punto di avere la sua schiena completamente appoggiata alla parete. Come forza fisica sicuramente vinco io, ma ciò non toglie che lui riuscirebbe tranquillamente a togliersi da questa situazione piuttosto stretta.
– Non lo capisci che si tratta di vita o di morte?! – sbotto, tenendo stretto il suo colletto. Non sono uno molto propenso alla violenza se c'è un'altra strada disponibile, ma qui io non vedo altre strade dopo averle già provate tutte. – Cosa ti costa dirmi perché cazzo tu sei diventato un assassino?
– Mi costa perché sono affari miei! – replica lui usando un tono sostenuto, puntando i suoi occhi azzurri su i miei senza timore. – Deve bastarti sapere come ammazzo, non perché.
– Ti faccio presente che vivi in casa mia già da una settimana, la tua cara etica morale non ti suggerisce il fatto che io voglia sapere con chi accidenti sono costretto a condividere il mio spazio vitale? – Nonostante io assomigli ad una specie di Jack Torrence di 'The Shining' la sua espressione non cambia di una virgola. Impressionante.
– Posso anche andarmene da qui se tanto ti disturbo! – ribatte, dovendosi mettere sulle punte per avere i suoi occhi alla stessa altezza dei miei. – Adesso che Markus è convinto che vada tutto bene non c'è alcun problema, no? Mi cercherò un alloggio dove non è necessario che tutti sappiano i cazzi miei!
Cerco disperatamente di abbassare la voce per non rompere troppo alla signora Pepperman, la vicina, ma la cosa riesce ben poco: – Ma si tratta solo di me!
– Per l'appunto! – il moccioso appoggia la sua mano sulla mia che attualmente tiene ancora stretto il suo colletto. – Non voglio che tu ti faccia strane idee su di me, ci hanno già pensato in passato a farmi il lavaggio del cervello.
– Non cercherei di fare un bel niente. – insisto, prendendo un respiro. – Voglio solo sapere per salvaguardarti, tutto qui. In fondo siamo costretti a convivere, no? Tanto vale conoscerci dato che sarà solo per due mesi.
Louis sbuffa, stringendo leggermente la presa sulla mia mano. Ammetto che a volte mi ricorda proprio un bambino.
– Mi dispiace. – mormora, abbassando lo sguardo a terra. – Sei l'unico che ho attualmente al mio fianco, non posso rischiare di rovinare tutto.
Pare che questa sia una battaglia persa, allora.
Allento la presa sulla sua maglietta fino a far scivolare il braccio lungo il mio fianco, strofinandomi la mano sul viso per la stanchezza. Non so cos'abbia mai dovuto passare questo ragazzino, ma finché non me lo dice non posso nemmeno tentare di essergli d'aiuto.
– Fa un po' come ti pare. – concludo, dandogli le spalle. – Se vengo ammazzato poi hai le chiavi della casa, ricordati di chiudere il chiavistello quando vai a dormire. Le pentole sono sull'anta a destra in cucina.
– Ghoul... – Probabilmente ora ha l'espressione tipica da teenager depresso consapevole di aver commesso un errore dipinta in volto, ma non potrò mai averne le certezza in quando afferro velocemente le chiavi della macchina insieme al portafogli e varco l'uscio di casa, chiudendomi la porta alle spalle. Non ho nemmeno molti soldi con me, ma la banca sta così distante per prelevarne che immagino mi farò bastare quelli che ho già. Se il moccioso non vuole dirmi niente allora devo almeno attrezzarmi con quante più munizioni che posso se voglio almeno sperare di avere una chance contro King Kong. Sento che non andrà bene come al solito, purtroppo.


Ora X, posto X.
Mission Impossible.
Tolgo la sicura alla Magnum e alla Desert Eagle, riponendole poi nella loro fodera. Controllo anche che la lama del mio pugnale sia ben affilata e ripongo anch'esso nella sua fodera, cercando di riprendere un po' di fiato. Lancio un'occhiata a Boogeyman, lui se ne sta buono buono al mio fianco non dando il minimo segno di agitazione, a quanto ho capito è munito solo del suo pugnale misterioso - tra l'altro lo tiene nella tasca, spero che i pantaloni reggano una lama di quel calibro. Non abbiamo più parlato da stamattina, gli ho detto solo il posto e l'ora in cui si sarebbe dovuto far trovare per messaggio. A quanto ho capito troveremo King Kong dentro questa fabbrica deserta, a conti fatti si sentono anche dei rumori provenire dall'interno. Non so come andrà a finire, ma spero che nessuno venga ferito. E con 'nessuno' intendo il moccioso.
– Chi entra per primo?
Mi giro verso di lui, guardandolo male: – La tua strategia era entrare così allo sbaraglio con un pugnale contro un bestione del genere? Wow, che piano infallibile. – Scuoto la testa, tornando a guardare dritto davanti a me. – E' chiaro che vada avanti io dato che ho un'arma da fuoco. Tu intervieni come ti pare senza farti colpire.
Il ragazzino sbuffa, annuendo solamente. Bene, felice che il mio piano gli stia bene.
A tal proposito, gli faccio un cenno e spalanco poi la porta di ferro con un calcio, tanto con le buone non si sarebbe mai aperta. Subito vedo che King Kong sta in piedi di fronte a noi e spalanca gli occhi, allarmato, ma non è il punto peggiore.
A quanto pare c'era una riunione di scimmioni della quale non ero stato avvisato.
Che cosa carina.
– Merda. – sbotto, restando sull'uscio in modo da bloccare a Louis l'accesso e quindi impedendogli di essere visto. – Signori! – Mi rivolgo poi alle mie prossime vittime con un sorriso, estraendo la Desert Eagle dalla fodera. – E' un gran piacere vedervi. – commento prima di aprire il fuoco, abbattendo subito quello che poteva sembrare più innocuo date le dimensioni ridotte dei suoi muscoli. Passo poi al secondo e al terzo, finendo in fretta il blocco di munizioni. Considerando che King Kong sta correndo contro di me non ho molte speranza di poter ricaricare la pistola, perciò la rimetto nella fodera e mi vedo costretto a cercare di aumentare le distante tra me e King Kong-capo più altri tre scimmioni. Se avessi saputo che avrei dovuto sudare almeno mi sarei messo una maglietta a maniche corte, così finisco per sembrare un reduce di guerra quando avrò finito qui...se finirò, ovviamente.
Lasciando la porta aperta vedo Boogey entrare in fretta e furia mentre si avventa contro uno dei tre che teoricamente mi stanno rincorrendo, e quasi non credo a ciò che vedo. Senza usare forza fisica o altro, al moccioso è bastato correre col pugnale in mano e colpire esattamente il collo per far collassare uno dei tre, finendolo con due o tre colpi dritti alla schiena. E' forse questo il suo stile? Lavora sulla velocità? No, è impossibile, quella non è solo velocità. Anche io posso essere veloce quanto voglio, ma per sapere precisamente dove il mio colpo andrà a parare ci vuole una tecnica infinita, difficilissima da sviluppare. Quel moccioso ha sedici anni, com'è possibile che possa muoversi in questo modo?
Riporto la mia attenzione su King Kong, mancandolo però sia col primo che col secondo colpo della Magnum. Non sono molto concentrato, diciamolo. Ho talmente tanta paura che il ragazzino si faccia male che non tengo nemmeno conto del fatto che sia veramente un assassino a sangue freddo nonostante tutti i miei dubbi a riguardo e finisco per confondere perfino la mia mira. Okay, Ghoul, concentrati. Solo cinque metri mi separano dal bestione e se continuo a mancarlo non so quanto bene potrà finire. Salgo su una pedana abbastanza velocemente, riprendendo la mira e riuscendo finalmente a colpirlo alla spalla. Mentre lui arranca rivolgo uno sguardo veloce a Boogey che, intanto, ha già ucciso il secondo scimmione e con una freddezza impressionante che giace sul suo viso inizia ad attaccare anche il terzo. Non appena rivolgo nuovamente il volto verso King Kong qualcosa mi colpisce dritto in faccia, prendendomi sostanzialmente la parte destra del viso. Ahia, questo ha fatto male. Ad occhio e croce King Kong deve avermi lanciato addosso un'arma scarica, ma finora non ero mai stato colpito in questo modo. Forse Boogey ha appena cercato di chiamarmi, ma non è che riesca molto a capirlo dato che comincio a vedere triplo. Mancano solo gli occhiali 3D, giuro. Credo fermamente che l'arma mi abbia colpito la tempia dato che sento un dolore atroce, ma non appena provo a toccarla non realizzo nemmeno di essere rimasto fermo e di avere King Kong davanti a me che, con estrema facilità, mi colpisce con ben poca gentilezza dritto sullo stomaco, mandandomi k.o.
Comunque non si accontenta e, una volta che giaccio inerme al suolo, inizia a riempirmi di amorevoli pugni in qualsiasi punto vitale io possegga.
Spero vivamente che il moccioso si ricordi di chiudere il gas.


Incredibilmente sono vivo.
Non me lo sarei aspettato considerando che ero praticamente certo di aver sentito il mio cuore smettere di battere, eppure sto sentendo dei suoni attorno a me. Non so bene di cosa si tratti dal momento che se non ho alcun osso rotto credo comunque di avere giusto una o due contusioni in giro che mi impediscono di essere lucido. Da ragazzino ho fatto parecchie risse, ma non credo di essere mai stato pestato in questo modo. Il mio orgoglio maschile sta decisamente scendendo in picchiata, che tristezza.
Lentamente sento meno suoni ma dalle mie palpebre chiuse filtra più luce, come se stessi lentamente prendendo più conoscenza. Mi chiedo come, ma la risposta probabilmente dipende da chiunque stia cercando di rianimarmi in questo momento. Non sono molto delicate le spinte che ricevo giusto al centro del mio petto, ma se non altro è il segno che il mio cuore sta finalmente battendo di nuovo, che bello. Sono vivo, gente! Mezzo distrutto, okay, ma vivo. Sento finalmente l'aria entrare nelle mie narici, ma allo stesso tempo sento qualcosa di caldo appoggiarsi sulle mie labbra. Non distinguo bene cosa sia finché non riesco a trovare la forza di aprire appena un po' le palpebre, anche se la luce mi dà non poco fastidio. E... Oh Signore.
Spalanco gli occhi, capendo che ho scordato una parte fondamentale della rianimazione: la respirazione bocca a bocca. E chi mi sta salvando è attualmente chi mi ha cacciato in questa situazione perché non mi ha fornito le informazioni che volevo. Non avevo mai visto gli occhi di Louis da così vicino ma, se la mia vista offuscata non mi inganna, oltre ad essere quasi trasparenti da quanto sono chiari sono anche lucidi. Ora che ci penso non credo di aver mai nemmeno sfiorato le labbra di un ragazzo, ma in questo momento è anche l'ultima cosa a cui sto pensando considerando che si tratta del moccioso. Forse la cosa può anche andarmi bene.
– Ehi... – cerco di farmi sentire senza sembrare mezzo morto e farlo preoccupare ancora di più, ma non appena i suoi occhi si spalancano capisco di aver ottenuto l'effetto contrario.
Merda.
– Sei vivo! – esclama, prendendo velocemente le distanze da me per lasciarmi respirare. Ora che lo vedo chiaramente posso confermare che i suoi occhi siano lucidi, e noto che la sua maglietta è completamente insanguinata. Non sembra essere sofferente perciò grazie a Dio il sangue non è il suo, ma non si fa nemmeno tanti scrupoli ad abbracciarmi come se fossi appena risorto...beh, in effetti è così. Ma poco importa, ciò che conta al momento è che non è che il suo peso mi sia molto d'aiuto in questo momento per quanto affetto questo gesto possa dimostrare.
– Boogey, mi stai soffocando. – borbotto, vedendolo finalmente allontanarsi con uno sguardo colpevole dipinto in volto. Questo ragazzino ha dei lati decisamente infantili, ma sotto sotto è anche carino quando fa così, lo ammetto.
– S-Scusa... – balbetta, diventando rosso pomodoro. Non ci credo. Ho a che fare con un assassino o con un bambino, dannazione? – Come ti senti?
– Rotto. – rispondo, facendo il possibile per mettermi seduto anche se non sono nelle condizioni ideali. – Ma grazie a te sono vivo, no? Quindi non serve preoccuparsi più di tanto.
Louis cerca di sorridere, tirando poi un sospiro di sollievo mentre si siede a gambe incrociate proprio di fronte a me. Ammetto che non so da dove venga tutta questa sua improvvisa allegria se stamattina l'ho appeso al muro e non ci siamo più parlati, ma immagino che lo scoprirò solo chiedendoglielo, ormai mi sono arreso all'idea che difficilmente capirò un moccioso di sedici anni.
– Bel lavoro. – mormoro, anche se è solo per adesso. Le chiacchiere importanti immagino che le rimanderò a quando saremo a casa, al sicuro. – Te la cavi bene.
Boogey sorride ridacchiando proprio come un imbecille, alzandosi poi in piedi e tendendomi la mano: – Non te lo aspettavi, eh? Andiamo a casa, dai.
Ah, ora è lui che dice a me di tornare a casa...mia, tra l'altro. Che barzelletta. Quanto vorrei che tutto questo fosse un emerito scherzo, considerando che ha appena fatto fuori tre uomini senza essere minimamente scosso e che continua a sorridere come se niente fosse.


– Non ci credo.
– La smetti di lamentarti?
– No...insomma, è ridicolo.
Il moccioso rotea gli occhi verso di me, sfoderando un sorrisetto odioso: – Sì, più o meno come te.
– E' il giorno peggiore della mia vita. – appoggio la fronte al poggiolo del divano, sbuffando. – Prima rischio la vita e tu fai fuori un branco di scimmioni senza la minima fatica, poi guidi al mio posto e infine mi medichi pure. Hai idea di cosa stia succedendo al mio orgoglio?
Il ragazzino annuisce, divertito, ridendo: – Sì, sì...ma meglio non avere orgoglio che essere morti, non credi?
Sbuffo, sentendo il batuffolo di cotone imbevuto di alcool passare più volte sul graffio che percorre tutto il mio fianco destro, facendomi fare delle smorfie a dir poco orribili. Del resto non sono così abituato a sopportare il dolore, in media la vittima è solo una, non un branco di bestie. Il fatto di non avere la maglietta, ora come ora, mi riporta alla scena di poco fa, quando sono stato rianimato proprio da Louis. Non è stato niente di così eclatante, per carità, ma voglio comunque ringraziarlo come si deve e provare a capire cosa si nasconde dietro la facciata da bravo bambino che mostra ogni volta.
– Piuttosto, senti... – volto il viso verso di lui, vedendolo assorto nella medicazione di una delle tante ferite che ho sulla schiena. – ...chi ti ha insegnato a rianimare le persone? Hai fatto un buon lavoro con me.
Mi rivolge uno sguardo veloce, sorridendomi cordialmente: – Intuito?
– Bugiardo. – scuoto la testa, tanto sono sicuro che stia mentendo alla grande. – Non so se tu ti sia reso conto di come la tua ostinazione mi abbia ridotto così.
Mh. – il moccioso sospira, continuando però a spalmare non so quale strana crema per tutta la mia schiena facendomi provare le pene dell'inferno. Credo che al posto di un unguento ci abbiano messo del cherosene qui dentro, non c'è altra spiegazione. – Ecco... – Il movimento della sua mano si fa più lento, così come il tono della sua voce si abbassa. – Mi dispiace per ciò che è successo, Skyler.
Volto di nuovo il viso verso di lui, e sì che dovrebbe sapere che non mi piace essere chiamato per nome, glielo avrò detto una cinquantina di volte almeno. In ogni caso però non me la sento di rimproverarlo dato che la sua espressione è veramente dispiaciuta, e anche se continuo comunque a pensare che sia una seccatura sorprendentemente anche io ho un cuore che mi porta a stare al suo gioco: – Per cosa in particolare?
– Per non averti permesso di elaborare un piano fatto meglio per evitare tutto ciò. – mormora, tenendo gli occhi celesti fissi sulla mia schiena. – Vorrei parlartene, ma come ti ho già detto penseresti sicuramente male di me. Non è la storia di un elfo felice.
– Ti ho chiesto la storia, non se sei mai stato in trip e hai mai visto un elfo. – ironizzo, ridacchiando appena. – Ho capito che non me ne vuoi parlare perché pensi che possa criticarti o simili, ma non lo farei. Non è che io sia un santo, credo di essere la persona meno indicata per poter giudicare.
E credo sinceramente in ciò che dico, mamma mia. Figuriamoci se potrei mai mettermi a decretare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, parliamo di uno che fino ad una settimana fa passava la sua vita tra l'armeria e i bar sempre con tre quarti del corpo composto da alcool! In fondo cosa può mai aver passato questo moccioso per fare ogni volta la parte del disperato da soap opera argentine? Dov'è Patty quando serve una protagonista brutta ma che sa cantare come Céline Dion?
– Facciamo che studiamo una strategia senza scendere nei dettagli? – propone il moccioso con tono speranzoso, cercando di cavarsela con un sorrisetto.
– Facciamo che non voglio essere ridotto così? – ribatto, guardandolo male. – Non capisco perché tu ti faccia tutti questi problemi. Sono solo io, in fondo.
Louis finisce di fissare la garza tutt'intorno al mio bacino, sospirando subito dopo: – Egoisticamente parlando sei l'unica persona su cui io possa fare affidamento e se ti perdessi per me sarebbe la fine.
– Perché pensi che ti potrei giudicare? – mi metto seduto, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e puntando lo sguardo nel suo.
Non so se questo genere di conversazione possa essere qualcosa di molto simile ad un confronto di problemi di coppia, ma ora come ora a me sta a veramente cuore sapere cosa mai gli sia successo. Non che possa fare qualcosa a riguardo, del resto ciò che è stato non si può cambiare, ma se può essere utile a rendere il nostro lavoro insieme più semplice o addirittura aggevolato allora non vedo cosa ci sia di male nel voler cercare di aiutarlo.
– Perché, beh... – il moccioso fa fatica a guardarmi negli occhi, arrossendo sempre di più. – A tutte le persone a cui ho raccontato tutta quella roba non sono più andato bene e mi hanno lasciato da solo.
– E chi sarebbero tutte queste altre persone? – borbotto, intrecciando le mani. Non so se la vicinanza dei nostri volti lo renda più o meno ansioso, fatto sta che riesce appena ad alzare lo sguardo.
– Persone. – conclude, alzandosi di fretta dalla sedia per evitare il discorso. Ah, quindi questo è il suo modo maturo di affrontare una discussione? Prende la sua roba e se ne va? Se si aspetta la cena, stasera, sappia che è solo una fantasia! In parte perché non mi reggo in piedi, e va bene, ma anche perché non accetto tutte queste storie per qualcosa che sono sicuro non sarà niente di così sconvolgente.
– Un'ultima cosa. – lo fermo, sfoderando uno dei miei sorrisetti peggiori. Mi dispiace ma il colpo di grazia sarò io a darlo. – Baci bene, lo sai?
Il suo viso diventa più rosso del sangue che ha sulla maglietta, mentre tenta di balbettare qualcosa che però non riesco a capire. Se ha intenzione di rendermi la vita difficile è bene che sappia che voglio fare la stessa identica cosa. Perciò gli faccio l'occhiolino, sorridendogli nuovamente prima di trascinarmi fino al letto e buttarmici su a peso morto senza badare al male che sento. Al momento non ho più voglia di parlare quindi proverò semplicemente a dormire e a mettermi in forze per domani, sperando che il ragazzino si dia una mossa a decidere di raccontarmi cosa diavolo gli ha fatto intraprendere questa strada.


– Ghoul?
– Mmh... – Oh Cielo, adesso non posso dormire? Cos'ha questo moccioso che non va?!
– Hai visite.
Spero vivamente che non sia mia sorella o mia madre, a quanto ne sanno loro io sono fidanzato e vivo insieme alla mia ragazza e ad un cane di nome Ernesto. In effetti il cane che avevo l'anno scorso si chiamava Ernesto, ma come secondo nome aveva Billy, che era decisamente più normale. Ernesto Billy, originale vero?
– Chi è? – borbotto, girandomi verso di lui. Mi venga un colpo se i miei occhi mi ingannano e lui non sta indossando una mia maglietta. Da quando si prende queste libertà?
Louis però alza le spalle con nonchalance: – Uno che dice di chiamarsi Kraken. Ha detto che ti conosce.
– Quindi se dice di conoscermi tu lo fai entrare come se niente fosse? – gli rivolgo un sorriso sinceramente divertito, vedendo il suo viso assumere un'espressione seccata.
Rotea gli occhi verso di me, facendo anche lui il mio stesso sorrisetto: – La prossima volta ti butto giù dal letto a calci in culo, va bene?
– E calmati, Cenerentola. – sbuffo, levandomi di dosso le coperte e alzandomi senza badare troppo agli acciacchi che sento in tutto il corpo. Mi chiedo sinceramente cosa voglia Kraken da me di mattina, ma immagino che potrò scoprirlo solo chiedendo al diretto interessato.
Boogey però cerca di fermarmi trovando come unico appiglio l'elastico del miei boxer - e doppi sensi a go go!, ritraendo la mano subito dopo e sedendosi a gambe incrociate sul letto: – Non vorrai andare di là mezzo nudo, vero?
"Kraken mi ha già visto così." mi giustifico, appoggiando le mani ai fianchi, sentendo la garza sfregare contro la mia pelle. – Una volta mi sono beccato una pallottola sulla spalla e lui mi ha medicato.
– Okay, però... Beh, sei in convalescenza!
Alzo le sopracciglia, fissandolo divertito. Quando capirò finalmente cosa pensa questo moccioso quando dà aria alla bocca potrei anche mettere un manifesto fuori dalla porta.
– Sta' tranquillo. – alzo le spalle, sistemandomi velocemente i capelli allo specchio. – Comunque al contrario tuo non ho tempo per prendere maglie altrui e vestirmi, mi dispiace.
– Ero in mutande e quello lì ha suonato. – si difende il moccioso, mettendo il broncio come un bambino a cui sono state rubate le caramelle. – E' stata la prima cosa che ho trovato.
Ridacchio per l'espressione del ragazzino, evitando però la risposta e dirigendomi invece da Kraken che, da bravo ficcanaso, sta guardando l'unica foto di famiglia che ho sulla mensola della cucina nonostante sia la stessa che ho da cinque anni e che lui ha visto almeno diciassette volte. Devo ammettere che per essere un ragazzo della mia età sembra addirittura più piccolo data l'espressione assorta da deficiente.
– Devi rompere anche a quest'ora? – gli chiedo, salutandolo con un cenno mentre mi avvicino a lui.
Kraken mi squadra da capo a piedi con un'aria divertita: – Sì, devo andare ad aprire l'armeria tra poco. Piuttosto, che hai combinato?
Alzo le spalle, sedendomi sul tavolo: – Ho giocato un po' a nascondino.
Il rosso ride sommessamente, scuotendo la testa: – Giochi pericolosi, eh?
– Da morire. – ribatto, trovando per la prima volta questo soggetto davanti a me appena appena simpatico. "Cosa ti serve?"
– Volevo fare due chiacchiere con Boogeyman e portarti altre foto del tipo che devi ammazzare oggi...che dobbiamo ammazzare, mi correggo. Il ragazzino non mi sembrava molto disposto a fare amicizia, comunque.
Aggrotto le sopracciglia. Cos'era quel “dobbiamo”? Credevo di dover andare solo con Louis come da programma, non mi era stato accennato alcun supporto... Specialmente che si trattasse di Kraken, poi. Chissà cosa mai andrebbe a pensare dei battibecchi che abbiamo usualmente io e il moccioso. E chissà cosa direbbe in giro, soprattutto!
Porto così una mano sul retro del collo, tossicchiando appena: – Uhm, ieri sera abbiamo litigato e forse non è molto dell'umore. Ma, comunque, verrai con noi? Markus non mi ha detto nulla.
– E' tutto improvvisato, infatti, mi ha appena chiamato e mi ha fatto recapitare le foto a casa e ha detto che ci sarà anche Lockness con noi. E' per questo che volevo conoscere il ragazzo.
Ragazzino, vorrei correggerlo.
Non capisco tutto questo gran bisogno di fare amicizie a destra e a manca, l'amicizia col mio cane per me era più che sufficiente, ad esempio. Non dico che sia sbagliato, anzi, ma che bisogno c'è se facciamo questo lavoro? Dovremmo essere la peggior specie sulla Terra e invece sembriamo tutti delle teenager in fase premestruale.
– Te lo chiamo. – concludo, scendendo dal tavolo per dirigermi nello scanso che porta alla cosiddetta camera da letto. Louis è steso sul letto e tiene semplicemente la testa appoggiata sulle mani intrecciate, mi dispiace anche disturbarlo ma so già che nel caso in cui non lo faccia Kraken finirebbe per rompere i coglioni a mezzo mondo. Così appoggio un ginocchio sul materasso e mi sporgo verso di lui, scuotendolo per la spalla: – Vieni a fare amicizia?
– No. – E' il suo borbottio incomprensibile, accompagnato da una smorfia. – Quello lì non mi piace.
– Mica lo devi mangiare. – ribatto, scuotendolo allora più forte. – Ti prego, tenta di essere gentile. Si può sapere che hai?
Il moccioso gira il viso dall'altra parte, lasciandomi a fissare i suoi capelli mentre sbuffa come un cretino: – Niente.
Il Signore o qualcun altro mi dia la forza di non prendere il dizionario che usavo alle medie, sistemare tutte le orecchie che ho fatto alle pagine nel corso delle lezioni, e di spiaccicare quel tomo da tre chili ripetutamente in testa a questo moccioso petulante e rognoso. Cosa vuole che faccia? Non sono di certo uno psicologo, ma di sicuro non mi bevo quel “niente” detto tanto per darmi un contentino. Cos'ho detto di male durante la notte da renderlo ancora più suscettibile e acido di quanto non sia di norma?
– Senti, Boogey, – Appoggio la mano sulla sua schiena, notando che ha ancora la mia maglietta addosso. – Si tratta solo di andare di là, fingere che vada tutto bene e recitare la parte dell'assassino a sangue freddo che se ne infischia del mondo intero, poi parleremo dei tuoi problemi quando se ne andrà.
– Non ho alcun problema. – ringhia allora il moccioso tornando a guardarmi dritto negli occhi, anche se le se guance sono rosse come se qualcuno gli avesse appena dato uno schiaffo. – E non ho voglia di parlare con te, perciò non stressarmi.
Detto questo prende su e si alza di gran carriera andando verso la cucina e salutando Kraken usando un tono anche cortese, ma non fa una sola altra parola e sbatte la porta uscendo di casa. Bene, ho fatto scappare l'idiota!
Kraken mi raggiunge in camera da letto, guardandomi mentre trattiene una risata: – Devo sapere cos'è successo o meglio di no?
– Diciamo che non sono un buon babysitter. – concludo, facendo sprofondare la mia testa nel cuscino.
Facendo mente locale, cosa posso aver mai detto qualcosa di così sconvolgente da rendere il moccioso una ragazzina irritante e irritata?
Abbiamo parlato delle solite cose, del fatto che lui non vuole parlarmi della sua storia e del fatto che lui è convinto che io possa pensare male, ma oltre a questo non c'è stato niente di più. E' uscito con la mia maglietta addosso anche dopo avermi fatto chiaramente capire che ha qualcosa - stranamente vorrei aggiungere - contro di me, continuo a pensare che quel moccioso sia una contraddizioni vivente. O che il suo secondo nome sia “Incoerenza”, dipende da quale punto di vista si vuole scegliere. Insomma, non è che mi faccia felice avere un ragazzino per casa ma comunque non voglio ferire nessuno - psicologicamente, s'intende, il mio lavoro non mi permetterebbe di dire questo nel senso pratico della parola, anche se sembra che io continui a farlo anche senza volerlo. Penso sia un effetto farfalla, basta una sola parola e si scatena una serie di reazioni a seguito, e a volte è incredibile come pensando di cambiare il primo battito d'ali sarebbe potuto cambiare anche l'uragano. Se non avessi fatto l'ultima frecciatina sul bacio al moccioso, ora sarebbe qui a parlare con Kraken?





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