Un nuovo caso di nome Sherlock Holmes

di DjalyKiss94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Tornerò presto... ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




CAPITOLO 1                                                 GAME OVER
POV HOLMES
 
Nero.

7 secondi.

Gli occhi serrati.
È tutto calcolato.
Temperatura esterna: sotto gli 0°C
Temperatura dell’acqua: sospetto molto fredda.
Cascate di Reichenbach: 250 metri di altezza.
Accelerazione: 9,8 metri al secondo.
Risultato: 7 secondi all’impatto.
Probabilità di sopravvivenza: 0 per cento.
Eppure il tempo attorno a me sembra fermarsi.
Curioso.

6 secondi.

Il professor Moriarty è ancora stretto convulsamente alle mie braccia.
Ha capito che è finita.
Non se l’aspettava.
Urla, disperato.
Ma con mio strano stupore, non lo sento.
Non sento neanche l’aria o le gocce d’acqua fredde, che sferzano violente sul mio viso.
Silenzio. Quiete.
Nero.
Solo questo percepisco attorno a me.

5 secondi.

Stacco il professore da me.
Lo allontano con un calcio, chissà dove.
Ora sento il suo urlo farsi sempre più distante.
Il distacco provoca uno sbilanciamento del mio corpo.
Non sto più cadendo con la testa verso il basso.
Ma supino.
Ne approfitto.
Giro su me stesso.
Ora i piedi sono rivolti verso l’acqua.
Probabilità di sopravvivenza: 20 per cento.
Ancora bassa.

4 secondi.

Il tempo sembra ritornare sui suoi passi.
Porto la mano sinistra nella tasca interna della giacca.
Ecco la mia unica possibilità, la mia ancora di salvezza.
La scorta personale privata d’ossigeno di mio fratello Mycroft.
Probabilità di sopravvivenza: 45 per cento.
Sufficiente.

3 secondi.

Stringo le dita sull’aggeggio.
Lo tiro fuori dalla tasca.
Lo porto alla bocca.
Il sapore della gomma colpisce le mie papille gustative.
Nauseante.

2 secondi.

Ho ancora gli occhi chiusi.
Stringo il braccio destro ferito attorno al busto.
Respiro profondamente col naso.
L’aria fredda della notte riempie i miei polmoni.

1 secondo.

Stringo i denti, gli occhi.
Irrigidisco i muscoli.
Sono pronto.

0

Ahia!
L’impatto è brusco, meno roseo di come me lo ero immaginato.
O almeno speravo!
Mi si mozza il respiro.
L’acqua è fredda, pungente, come piccole lame che entrano nelle ossa.
Sopravvivenza all’impatto: 100 per cento. Operazione riuscita!

Probabilità di uscirne vivo da qui: 50 per cento.

Nero, tutto nero.
Freddo, troppo freddo.
Faccio fatica ad aprire gli occhi.
Sento la gomma del respiratore sulla mia bocca.
Calco il pulsante e prendo un respiro, l’ossigeno entra furioso nei miei polmoni.
Fa male ma l’effetto rinvigorente si fa sentire subito come la prima volta.
Il freddo però impedisce i miei movimenti.
 
Probabilità ridotta al 40 per cento.

Attorno a me c’è solo nero… come prima di cadere nel vuoto.
Spalanco le palpebre.
Ora è tutto azzurro… come i vostri occhi.
Che pensiero bizzarro.
Nella mia mente ora c’è l’immagine del vostro volto incredulo.
Perché siete entrato proprio in quel momento?
Perché mi avete guardato in quel modo?
Conoscete i miei metodi.
A volte bisogna sacrificare un pezzo per poter vincere la partita.
Ma stavolta, forse, potrei perdere anche io.
Agito le braccia. Pessima mossa.
Un fitta di dolore al braccio destro, lancinante, brutale.
Urlo.
Il respiratore mi sfugge dalle labbra.
Grandioso.
 
Probabilità ridotta al 30 per cento.

Cerco di muovermi ma i vestiti pesanti e fradici me lo impediscono.
Altre piccole spine si conficcano lungo il mio corpo, che viene trascinato dalla corrente.
Rettifico non trascinato, rigirato.
Adesso comprendo cosa significa essere la ruota di un’automobile.
Non è piacevole!
Cerco di fermarmi ma non ci riesco, la corrente è troppo forte.
La ferita alla spalla pulsa, come se stesse scandendo il tempo.
 
Probabilità ridotta al 20 per cento.

Freddo, sempre più freddo.
Sonno, sempre più sonno.
Nonostante venga rigirato come un sassolino in una discesa, riesco a prendere una boccata d’ossigeno.
Ed è così che li vedo avvicinarsi, pericolosi.
La corrente mi sta portando verso gli scogli.
 
Probabilità di sopravvivere: 10 per cento.

Tento nuovamente di agitare le braccia ma non ho la forza di muovermi per proteggermi.
Attorno a me è ancora tutto azzurro.
Come i suoi occhi, increduli.
 
Probabilità ridotta al 5 per cento.

Mi dispiace mio caro Watson… non sono stato prudente.
Ho perso.
Vedo lo scoglio sempre più vicino.
Chiudo le palpebre.
Ma ora non vedo nero.
Il mio ultimo pensiero sono i vostri occhi.
E poi nulla.
 
Probabilità 0 per cento.

Game Over

Nero.
Angolo dell'autore Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction in più capitoli che scrivo. La storia è più o meno completa nella mia testa... devo solo scriverla. Spero vi piaccia e spero di riuscire a scriverla e a portarla a termine (sono solo arrivata al terzo capitolo!). Cercherò di aggiornare una volta a settimana! Baci baci! Djaly! =)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***






CAPITOLO 2                                                       RESPIRA

POV ???


Il suono dell’acqua mi arriva prepotente alle orecchie.

Si può essere più incoscienti?

Si! Siete un incosciente!

Ma che cosa pensavate in quel momento?
Possibile che non ci fosse nessuna via d’uscita?
Nessun’altra soluzione?

Irresponsabile!

Quando vi ho visto gettarvi all’indietro dal balcone, trascinando con voi il Professore…
Se ci penso mi viene un altro infarto.

Imprudente!

Maledizione!

Mi porto una mano sul viso, scuotendo la testa, cercando scacciare quell’immagine dalla mia mente.

Calma. Respira.

Probabilmente avete bevuto qualcosa di più forte della formaldeide.
Perché non trovo nessun’altra spiegazione che giustifichi il vostro gesto!

Sospiro.

Lo cerco con lo sguardo ma non lo trovo.

Dove siete?

Corro lungo la riva, cercandovi.
Mi blocco.
E se fosse troppo tar-

No!

Mi rifiuto!

Ho il respiro corto, l’aria è gelida e brucia nei miei polmoni.
Chiudo le palpebre e inspiro profondamente.

Calmati e concentrati.

Riapro gli occhi dopo qualche secondo e ricomincio a correre.
Devo trovarvi!
In lontananza scorgo un gruppo di scogli.
Aguzzo lo sguardo: mi sembra ci sia qualcosa di scuro sopra.

-Oddio.-

Il respiro mi si spezza e sgrano gli occhi.

Non qualcosa, ma QUALCUNO!

Aumento la velocità della mia corsa e in pochi secondi sono al vostro fianco.
Siete riverso sugli scogli, gravemente ferito e privo di sensi.
L’acqua del lago lambisce le mie gambe.
Rabbrividisco: è gelida!
Vi prendo tra le braccia e vi sollevo.
Santo cielo, come siete pesante!
Con fatica vi trascino verso la riva e vi stendo a pancia in su.
Mi lascio cadere sulle ginocchia accanto al vostro lato destro.
Sento la terra e le pietre pizzicarmi la pelle, anche attraverso gli abiti.
Vi osservo mentre inspiro profondamente un paio di volte, per riprendere fiato.
La vostra pelle è fredda e tendente all’azzurro.
Mi tolgo il cappotto e ve lo stendo sopra per farvi caldo.
I miei movimenti sono frenetici, impacciati dal freddo e dalla preoccupazione.
Avete una ferita alla testa, il sangue scende lungo la tempia.
Prendo il mio fazzoletto e ve lo poggio con cura sulla ferita, tamponandola.
La pezzuola candida si macchia all’istante di rosso.
Mi avvicino al vostro volto, per osservare meglio il taglio e mi accorgo che c’è qualcosa che non va.
Metto una mano sotto il vostro naso: nessun fiato, non respirate.

Sbianco.

No.

No, no, no, no, no.

Non. Di. Nuovo.

Smetto di tamponare la ferita.
Scosto gli indumenti fradici in modo da avere il vostro torace libero.
Intreccio le mani sul vostro petto e comincio a premere ritmicamente.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

Mi sposto sul vostro volto, prendendolo delicatamente tra le mie mani.
Chiudo il naso con la sinistra e vi apro la bocca con la destra.
Avvicino il mio viso al vostro per continuare il massaggio cardiaco ma mi fermo.

Vi osservo.

I vostri lineamenti sono rilassati e numerose gocce d’acqua, alcune miste a sangue, scivolano lente su guance e sul collo.
I capelli bagnati sono incollati scompostamente al vostro volto, incorniciandolo.
Sembra quasi che stiate dormendo e che da un momento all’altro, con una battuta sarcastica e compiaciuta sul volo che avete fatto, sorridendo sghembo, aprirete gli occhi.

Quegli occhi profondi capaci di scavare dentro l’anima.

Sento le guance andarmi a fuoco.
Sto arrossendo, sto morendo dall’imbarazzo.

No, non è il momento per i tentennamenti. Devo farlo.

Devo salvarlo, non devo farmi tutti questi problemi!
Tutti questi complessi mentali nel giro di mezzo secondo.

Voglio rivedere quella luce divertita e attenta nel vostro sguardo!

Sempre con il viso in fiamme, poggio delicatamente le mie labbra sulle vostre, terribilmente fredde e screpolate, e soffio.
Il vostro torace si solleva automaticamente.
Rimetto le mani sul vostro busto.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

E di nuovo mando aria nei vostri polmoni.
Un’altra volta. Un’altra, e un’altra ancora.

Non mi arrendo.

E voi non dovete arrendervi.

Forza, forza!

Respira, ti prego respira.

Tornate quì.

Torna da me.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

-Respira. Ti prego respira.-

Una lacrima solitaria scorre lungo la mia guancia.
Una goccia salata carica di una speranza che urla, muta, un miracolo.
Una speranza che, millimetro dopo millimetro, cerca un appiglio per non dissolversi, andando a incastrarsi tra le mie labbra.

Labbra che, ancora una volta, poggio sulle vostre. 




NdA.
Ciao a tutti! =) *saluta con la mano*
Eccomi con il secondo capitolo. Oh mamma che ansia! =D
Prima di tutto voglio ringraziare ognuno di voi che leggete questa storia e grazie anche a chi ha lasciato una recensione!
Per me è davvero importante!
Ho letto ogni ff di questa categoria e le ho trovate tutte bellissime e io, nello scrivere la mia, ho sempre paura di sbagliare o di annoiarvi.

Come avete potuto vedere in questo capitolo il Pov è sconosciuto.
Dovrete capire voi nel corso della storia a chi appartiene, sperando di riuscire a continuarla! ;)
La trama è chiara nella mia testa... lo sono di meno come scriverla alla "Holmes" e come lasciare indizi senza creare confusione e cercando di pubblicare un capitolo a settimana!
Vi ringrazio ancora di tutto e alla prossima settimana!
Baci baci Djaly!! :*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





Capitolo 3                                              RISVEGLIO
 
 
POV HOLMES

 
 
Nero.
 
Silenzio.
 
Nero.
 
Tic. Tac. Tic. Tac.
 
Nero.
 
Brusio confuso, lontano.
 
Nero.
 
Plic. Plic. Plic.
 
Nero.
 
Plic.     Tic.    Plic.    Tac.    Plic.
 
A sinistra: il suono di un ticchettio.
A destra: una goccia che si infrange, secondo dopo secondo, in un liquido.
 
Nero.
 
Respiro: un odore forte, nauseante colpisce le mie narici.
 
Nero.
 
Il brusio piano, piano si fa più forte.
 
Nero.
 
Sono sdraiato su qualcosa di morbido.
La stoffa sotto le mie dita è fresca.
Ruvida.
 
Un letto.
 
Ma la parte superiore del corpo è sollevata di almeno 45°.
 
Nero.
 
Qualcosa pizzica la mia pelle all’altezza del gomito destro.
Provo a muovere la testa: è pesante e pulsa.
Fa male!
 
Nero.
 
Sento un leggero fastidio anche alla spalla destra e alla gamba sinistra.
 
Don.
Plic.
 
Il suono di una campana.
Il sottofondo in lontananza si fa più chiaro: sono voci.
 
Don.  
Tac.
 
Una chiesa.
Rumore di passi.
 
Don.
Plic.                  Tic.
 
Le voci si sovrappongono, femminili e maschili.
Sempre più nitide, fastidiose.
-Codice rosso!-
 
Don.
Plic.            Tac.          Plic.
 
Italiano.
Accento del nord.
 
Don. 
Tic.        Plic.   -...stanza 4…Tac.       Plic.
 
Tintinnio metallico.
Cigolio di ruote che girano sul pavimento.
 
Fastidiosi, accentuano le fitte alla testa.
 
Don.
Tic.    Plic.    Tac.    Plic.   Tic.
 
Cadenza ritmata di un liquido.
Pizzicore al braccio.
Entrambi provengono da destra.
 
-Veloci, veloci!-
 
Flebo.
 
Don.
Plic.  Tac.  Plic.  Tic.  Plic.  Tac.
 
L’odore sempre più forte, pungente.
Sa di pulito, eccessivo, maniacale, sterile.
 
Disinfettante.
 
 
Don.
 
                Toc.    Hii.    Toc.
Codice verde. Plic. Tic. Presto. Trrrrrr.
         Plic. Stanza 5. Tac. Plic. Clomp.
È salvo! Trrrrrrr. Tic. Plic. Siringa. Tac.
                Hii.   Toc.   Hii.
 
Don.
 
 
Nero.
 
Flebo.
Disinfettante.
Carrelli.
Odore di lenzuola pulite.
 
 
Don.
 
 
Dieci rintocchi.
 
Conclusione: ospedale.
 
Nero.
 
Sono le dieci del mattino in un ospedale da qualche parte nel nord Italia.
 
Silenzio.
 
Odio gli ospedali!
 
Tutto quel bianco che ferisce gli occhi.
Pareti bianche, lenzuola bianche, camici bianchi, guanti bianchi.
La mania di avere tutto pulito, sterilizzato.
I dottorini che sanno sempre cosa è meglio per te.
 
Dottore.
 
Un’altra fitta alla testa più dolorosa delle altre.
Riesco a reprimere, non senza fatica, un gemito di dolore.
Non voglio che si accorgano che sono sveglio.
Voglio scoprire più cose possibili.
Dove mi trovo e perché, prima di finire nelle mani di un camice bianco so-tutto-io.
 
Quindi.
 
Rimanere fermo come una statua.
Non fare il minimo rumore.
Respirare profondamente.
Rilassare i muscoli.
Acuire i sensi.
 
Plic.   Tic.   Plic.   Tac.   Plic.   Tic.   Plic.   Tac.
 
Dolore alla testa, probabilmente fasciata.
Ferita alla spalla destra.
Un leggero pizzicore alla gamba sinistra.
 
Che abbia avuto un incidente?
Non mi ricordo.
 
Rumore di tacchi in avvicinamento a ore 12.
Un altro odore arriva alle mie narici.
 
Inspiro.
 
Gradevole.
Bergamotto, limone, arancia, rosa; una punta di alcool.
Profumo.
Costoso.
Da donna.
 
Donna.
 
Nuova fitta alla testa.
Mugugno infastidito, questa volta non riesco ad evitarlo.
 
-Oh!Finalmente si sta svegliando!-
 
Beccato.
Un rumore di un oggetto metallico che cade a terra, non poco lontano da me, a ore 10.
 
C’è qualcun altro nella stanza.
 
“Finalmente”… devo essere rimasto incosciente per più di un giorno.
 
-Anna! Anna, presto, chiama il dottor Bianchi!-
 
Perfetto, ha chiamato un camice bianco.
 
Nero.
 
Una mano si posa sulla pelle del mio braccio sinistro .
Il tocco è lieve, leggero.
 
-Signore… signore mi sente?-
 
Donna.
Infermiera, altrimenti non avrebbe chiamato un dottore.
Parla italiano ma l’accento svizzero la tradisce.
 
Svizzera… dovrebbe dirmi qualcosa?
 
La mano si sposta lungo l’arto per poi stringere la mia.
 
-Se riesce a sentirmi, stringa la mia mano.-
 
Ora la sua voce mi arriva chiara, irritante…
 
Mano… mano…
Ah sì, trovata.
È pesante, pesa quintali.
Stringo le palpebre e respiro.
 
Con fatica e a scatti chiudo le dita attorno a quelle dell’infermiera.
 
Emette un verso di gioia. Stringe di più la presa.
-Benissimo. Ora provi ad aprire gli occhi.-
 
La testa pulsa dolorosamente.
Stringo gli occhi e arriccio le labbra.
Mugugno di nuovo.
 
No.
Non voglio aprire gli occhi.
Quel bianco traditore delle pareti li ferirà!
 
-Avanti! Può farcela! Un piccolo sforzo.-
 
Mi incita con voce dolce, ma con una punta di eccitazione.
Vuole vedere i miei occhi.
Per lei è... importante.
 
Mi lamento di nuovo in segno di diniego.
Ma sono curioso, troppo!
Voglio vedere dove sono!
 
Tento di aprire un occhio solo.
Anche le palpebre sono troppo pesanti.
Devo per forza aprire gli occhi?
 
-Così, così! Forza ce l’ha quasi fatta!-
 
L’impazienza ormai ha preso soppravvento nella sua voce.
Così come nei suoi gesti.
 
La mano, che stringe ancora la mia, trema.
Il fruscio di una stoffa che viene stropicciata: la divisa viene tormentata con l’altra mano.
Il fiato sospeso e leggermente affannato.
 
Ha scommesso con le altre colleghe il colore delle mie iridi e spera di vincere.
 
Nero.
 
Stringo i pugni e prendo un grande respiro.
Me ne pentirò.
Apro di scatto gli occhi.
 
Ahia!
 
Bianco.
Bianco ovunque.
Accecante, traditore, infimo!
 
Emetto un urlo strozzato e serro di nuovo gli occhi.
Bruciano.
Sono stato incosciente per più di due giorni!
 
L’infermiera accanto a me emette un verso soddisfatto battendo leggermente le mani.
 
Ha vinto.
 
-È stato bravissimo! Forza continui a provare. Io torno subito!-
 
Rumore di tacchi che si allontanano frettolosamente e una porta chiusa con un tonfo.
Grugnisco. Un vero toccasana per la mia testa.
-Evvai! Ragazze, ragazzeee!- sento esclamare, la voce sempre più lontana.
 
Sospiro di sollievo.
Gli occhi hanno smesso di bruciare.
No, no.
Non ho alcuna intenzione di tentare alla mia vista un’altra volta.
 
Rumore di passi.
Leggeri, timidi.
 
La persona che ho sentito prima.
 
Attraversa la stanza dalla mia sinistra fino a destra, silenziosamente.
Un rumore metallico strascicato.
Anche da dietro le palpebre, mi accorgo che la luce nella stanza è diminuita.
Ha tirato le tende.
 
Uno schiocco di plastica.
E un altro.
Poi silenzio; un leggero rumore che non riesco ad identificare.
Un fruscio.
 
Dopo qualche secondo, per la seconda volta, una mano all’improvviso si posa sulla mia.
È piccola e tremante.
Ma non di eccitazione, di paura.
Inspiro.
Arriccio il naso infastidito.
Odore di disinfettante e detersivo.
 
Tento di riaprire l’occhio sinistro.
Piano, piano.
C’è ancora molta luce, ma è meno forte.
 
Mi guardo in giro sospettoso sempre con un occhio aperto, tentando di abituare la vista.
Mi appare ancora tutto molto sfocato.
La stanza è grande, bianca ovviamente.
Lampadari e abatjour in ferro scuro, come la pediera del letto, sono distribuiti nei vari angoli della camera.
A sinistra vi è un carrello in cui sono depositati, oltre a detersivi (arriccio di nuovo il naso infastidito), vari strumenti chirurgici, bende e lenzuola da lavare.
Sopra di esso un orologio.
Di fronte a me la porta di ingresso aperta.
 
Guardo i miei piedi coperti dalle lenzuola. Bianche.
Li muovo.
Sorrido soddisfatto.
Il mio occhio risale lungo le mie gambe, fino a depositarsi sulla mano che è ancora sulla mia.
Sollevo lo sguardo per vedere di chi si tratta.
 
Raddrizzo la schiena.
Apro totalmente gli occhi, spaventato, emettendo un grugnito mezzo strozzato.
Ma dove è andata a finire la mia voce?
 
Ma soprattutto che cos’è quello?
 
 
 
_________________________________________
 
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tuttiii!!! =)
Eccomi qui con il 3° capitolo della storia!
Come potete vedere Holmes si è svegliato in ospedale e, nonostante tutto, comincia ad analizzare l’ambiente attorno a se.
Si avete capito bene… Siamo in Italia!
Eh si… ma come ci è arrivato? Eh ehhh! *sfrega le mani sorridendo*
 
Comunque attraverso le parole e le onomatopee ho cercato di riprodurre una particolare scena del primo film…
Avete capito quale?
 
Vi lascio qualche secondo per pensarci…
5…
4…
3…
2…
1…
 
Se la vostra risposta è la cena di Sherlock con Mary e John, avete indovinato! =D
 
Ma ora la vera domanda è… che cosa ha visto Holmes?
 
Per saperlo dovrete aspettare al prossimo capitolo, che spero di pubblicare martedì prossimo o al massimo, come potrebbe capitare per altri capitoli, tra due settimane.
Ma è già scritto deve solo essere revisionato e corretto!
 
Ringrazio davvero tutti voi che leggete e/o recensite questa mia prima avventura! =)
Mi spingete a dare il massimo e a continuare! =D
 
Un abbraccio abbraccioso Djaly! :*  Ps. Ricordatevi che stanotte danno The Judge su Rete 4 alle ore 21:10!!!! YEEEEEEEH :D *saltella felice* xD

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***





 

CAPITOLO 4                             NAUSEE E ACCERTAMENTI
 
POV HOLMES

 
La figura si allontana da me, come scottata, andando ad appiattirsi contro le tende.
Non ha emesso nessun suono.
 
Porto la mano destra sugli occhi, sfregandoli.
Ahio. Risucchio l’aria tra i denti.
Nel farlo ho tirato il tubicino della flebo.
 
Allora…
 
Un fantasma con le braccia!
No.
Uno spaventapasseri vestito di bianco, con la mascherina, la testa a forma di fungo e il grembiule!
 
Impossibile!
 
Sollevo la mano, lasciandola attaccata alla fronte e apro gli occhi, sbattendoli un paio di volte.
Mmmh, vedo ancora molto sfocato ma va meglio.
Almeno quello che ho davanti acquista un senso: non è un fantasma.
Allontano la mano dalla fronte.
 
Inclino la testa e assottiglio lo sguardo.
 
Scarpe bianche, completamente rovinate.
Abito bianco pesante a collo alto, lungo fino ai piedi, a mezza manica.
Grembiule verde chiaro con rouches sulle spalle; sgualcito, macchiato in più punti di bianco e di alcune spruzzate di acqua.
Cuffietta verde acido in testa.
Copri-bocca dello stesso colore che nasconde la parte inferiore del viso.
Una mascherina trasparente le protegge gli occhi, ora rivolti verso il basso.
Si tortura le mani, umide, che riflettono ancora la poca luce nella stanza; le ha appena lavate.
Tratti del viso e della mano, da quel che posso vedere, dolci.
Donna, molto giovane, tra i 20 e i 25 anni.
 
Una donna delle pulizie e lavandaia.
 
Ahia!
Una nuova fitta alla testa mi costringe a crollare di peso sul letto.
Tutto comincia a vorticare intorno a me.
Lo stomaco mi si chiude in una morsa.
Stringo di nuovo gli occhi sperando così di alleviare il dolore.
Mugugno qualcosa ma la bocca è secca, arida.
Non ho mangiato sabbia l’ultima volta, vero?
 
Comincio a tossire e la gola, riarsa, rende l’azione dolorosa.
Sento di nuovo i passi timidi e incerti della ragazza alla mia destra.
Un senso di nausea comincia a farsi strada nel mio corpo.
I colpi di tosse peggiorano diventando dei conati di vomito.
 
Sento un peso sulle gambe e una mano sulla fronte.
È fresca, da sollievo.
Stringo il bordo del catino in ceramica con le dita.
 
Dopo qualche secondo rimetto a vuoto; ogni tanto anche della bile.
Un lento massaggio circolare inizia lungo le spalle.
La bocca è amara, il sapore di acido è nauseante.
 
A poco, a poco i conati si calmano ma la tosse rimane imperterrita.
La gola è dolorante.
 
Prendo una traversa accanto a me e mi pulisco la bocca.
Crollo sul letto e chiudo gli occhi.
Sono sfinito.
 
All’improvviso non sento più la sensazione di fresco sulla fronte e il tocco sulla schiena.
Anche il peso sulle gambe è sparito.
Si è allontanata portando via il catino.
 
Sento che sposta qualcosa, poggiandolo in un piano vicino a me e poi il suono di uno scoscio.
Tra uno spasmo e l’altro, riapro gli occhi.
È lì, in attesa, che mi osserva con un bicchiere di acqua tra le mani.
 
La guardo impaziente e speranzoso.
Acqua!
Emetto un suono gutturale di gioia, strozzato, tentando di sollevarmi.
Ma i miei movimenti non fanno altro che peggiorare la tosse.
Trattengo a stento un nuovo conato.
 
Si avvicina titubante, mette una mano sotto la mia testa e me la inclina in avanti, portando il bicchiere alle mie labbra.
 
Bevo avidamente.
Sollievo.
Il liquido scorre lungo la gola alleviando finalmente quella tortura e mettendo fine alla tosse.
Istintivamente porto la mano sinistra sopra quella della ragazza per inclinare di più il bicchiere.
 
Ma dopo pochi secondi lei lo allontana da me.
Mugugno contrariato.
No, perché?
Ne voglio ancora.
 
Mi adagia delicatamente sul letto mentre io la trattengo ancora.
Mi guarda comprensiva e mi fa cenno di no con la testa.
 
Non ha ancora detto nulla.
 
Sospiro.
-La ringrazio.-
Spalanco gli occhi.
Che voce orribile!
 
La ragazza annuisce.
Schiarisco la gola.
-Voi… Non potete parlare.-
 
I suoi occhi, scuri mi sembra, nell’udire le mie parole, diventano sorpresi per poi volgersi verso il basso, dispiaciuti.
Si sente in colpa.
Lentamente la sua mano scivola dalla mia e va ad appoggiare il bicchiere sul comodino al mio fianco, vicino ai guanti.
Bianchi.
 
Inclino la testa, ispirando rumorosamente, e stiro le labbra, seguendo ogni suo movimento.
Si rimette i guanti e si allontana portando via il catino, per poi prenderne uno pulito.
 
Mi guardo di nuovo in giro.
 
Pareti bianche.
Lenzuola bianche.
Tende verde chiaro. Strano.
Odore di disinfettante.
Di gomma.
Sangue.
Metallo.
Medicine.
 
Tic. Plic. Tac. Plic.
-Codice rosso!! Presto, presto!-
 
Panico!
 
-Se io adesso decidessi di scappare, voi… non direste nulla giusto?-
 
Si volta verso di me con occhi sgranati e preoccupati.
Poggia il catino sotto il letto e si avvicina scuotendo energicamente la testa.
Raddrizzo la schiena e mi aggrappo ad un lembo del suo grembiule.
 
-La prego, mi aiuti a fuggire da qui. Tutto questo bianco mi soffocherà, le pareti si restringeranno e mi schiacceranno, l’odore del disinfettante diventerà così forte da impedirmi di respirare. Vede?- Indico i muri attorno a noi -Le vede le pareti? Stanno cominciando ad avanzare imperterrite a tempo del ticchettio dell’orologio appeso alla parete. Non c’è più speranza. La mia fine è vicina. - concludo con voce disperata a pochi centimetri dal suo viso.
 
Una nuova fitta alla testa e un conato mi costringono a serrare gli occhi.
 
La ragazza sospira, si toglie nuovamente i guanti per poi aiutarmi a stendermi sul letto.
Armeggia con il vestito e la vedo prendere una piccola agenda con una matita.
 
Sa scrivere.
Curioso visto l’elevato analfabetismo.
 
Cerco di sporgermi per vedere cosa scrive, senza riuscirci.
Dopo qualche secondo mi porge il quadernetto.
 
Aaah.
Le parole si muovono.
Stringo gli occhi e li riapro.
 
Si calmi, respiri lentamente.
Andrà tutto bene.
Deve recuperare le forze e poi potrà uscire di qui.
 
Ricado con la testa nel cuscino e mi metto a guardare il soffitto, rassegnato.
 
A quanto pare dovrò rimandare la mia fuga.
 
Lei ripone il tutto dentro le tasche della divisa.
Timidamente si avvicina.
Dopo aver indugiato qualche secondo, stringe la mia mano comprensiva per poi ricominciare a lavorare.
 
Mi volto lievemente su un lato per osservarla meglio.
 
I suoi movimenti sono decisi ma silenziosi e timorosi.
Conosce il suo mestiere, deduco lavori da tempo in questo settore.
Tuttavia la postura è curva, evita lo sguardo e tenta di nascondersi.
In tutto questo tempo non si è mai tolta la mascherina dal viso.
Segno di bassa autostima.
 
-Hai già deciso come passare le vacanze?-
-Non ancora!-
 
Non deve avere molte conoscenze all’interno dell’ospedale.
Né tra le sue colleghe né tra le infermiere.
Infermiere.
Scommessa.
 
Mmmh…
 
Chissà…
 
-Perdonatemi, signorina.-
Lei si volta e sobbalza; rimane per qualche secondo ferma per poi abbassare lo sguardo imbarazzata.
Forse non si era accorta che mi ero avvicinato così tanto a lei.
O probabilmente lo è perché sono praticamente nudo, coperto solo da un lenzuolo e da una fasciatura che stringe la mia spalla destra e il torace.
 
-Lei, per caso, non ha sentito quanto hanno puntato le infermiere sul colore dei miei occhi?- le chiedo inclinando la testa.
 
Solleva lo sguardo confusa e sorpresa, si volta verso al porta indicandola e per poi tornare su di me scuotendo negativamente la testa.
 
-Immaginavo non ne fosse a conoscenza.- inspiro tra i denti -Che peccato, mi sarebbe piaciuto sapere il valore della posta!- Si volta nuovamente verso l’entrata per poi scuotere la testa rassegnata; per la prima volta vedo i suoi occhi sorridere.
 
-Le sono davvero riconoscente signorina, mi avete salvato la vita.- continuo tornando a sdraiarmi.
Ahi! Incenerisco con  lo sguardo il tubicino.
Maledetta flebo.
Mi guarda di nuovo confusa.
-Avete strappato i miei occhi dalla crudele tortura della luce. E vi siete presa cura della mia persona anche se non è di vostra competenza.-
 
Annuisce ma tenta di allontanarsi.
-Non dovete sentirvi a disagio. È la verità.- dico cercando il suo sguardo, mentre ricomincia a torturarsi le mani.
-Lei è stata molto gentile e professionale!-
Solleva lo sguardo, i suoi occhi brillano felici.
-Signorina lei è un angel-
 
-Che sta facendo?-
 
___
 
 
-Che sta facendo?-
 
Vedo la ragazza irrigidirsi sul posto, stringere le mani sul davanti e raddrizzare la schiena.
 
Mi volto verso l’entrata.
 
Camice bianco.
Bene.
 
-Occupatevene voi del paziente della stanza 1. Ci sono casi molto più urgenti che richiedono il mio intervento.- si rivolge ad un altro medico, con tono superbo, per poi entrare dentro la camera.
 
Inspiro rumorosamente dal naso e assottiglio gli occhi.
Vedo ancora molto sfocato.
 
Uomo sui 40 anni.
Capelli corti castani, quasi rossicci.*
Una leggera stempiatura sulla fronte.*
Portamento altezzoso.
Schiena dritta.
Sguardo severo, scrutatore e schizzinoso.
Passo sicuro.
Troppo sicuro per un semplice medico.
 
-Lei non dovrebbe essere qui. Non è compito suo occuparsi dei pazienti. Torni  al lavoro. Finisca qui e poi vada ad occuparsi delle sue mansioni.-
Anche il tono della voce è intimidatorio, accusatorio.
 
La ragazza, sempre con i muscoli tesi, annuisce.
Si volta verso di me chinando la testa prima di ritirarsi.
 
-Siamo davvero felici che abbia ripreso conoscenza.- esordisce chiudendo la porta. -Sono il Dottor Bianchi e ora le farò qualche piccola domanda di routine e controllerò che i suoi parametri siano apposto.-
Non gli do molta importanza, continuo a seguire con lo sguardo la giovane che, con passo felpato, torna alla sua posizione iniziale, nel carrello a sinistra della stanza.
 
Cerca di stare il più lontano possibile dal dottore.
 
-Perdonate l’attesa, sono stato trattenuto per un’emergenza.- dice avvicinandosi -Spero che durante la mia assenza la signorina non l’abbia importunata. In caso contrario provvederò a-
-Assolutamente.- lo interrompo voltandomi verso di lui.
Il suo sguardo è fisso e insistente sulla giovane.
È irritato, duro… un pizzico di vendetta?
 
-La signorina ha tenuto una condotta assolutamente professionale.- continuo tornando anche io a guardare la cameriera.
 
-Eccellente.- esclama stringendo i denti.
Sta aspettando un suo passo falso.
Perché tutto questo astio verso di le-
 
-Chi ha chiuso le tende?-
 
Oh no.
Non aprire quelle tende, non aprir-
 
Ah!
 
Emetto un grugnito di disappunto, stringo gli occhi infastidito dalla luce.
 
Sento due schiocchi. Si sta mettendo i guanti.
Dopo qualche secondo tento di riaprirli, sentendo dei passi avvicinarsi alla mia destra.
 
-Bene. Sa dirmi che giorno è oggi?-
 
Non faccio in tempo a rispondere che mi ritrovo con una luce puntata sul viso e il dottore che mi apre forzatamente prima un occhio e poi l’altro.
 
Ma è una congiura contro la mia persona?
 
Sono ancora troppo debole per opporre resistenza e lo lascio fare.
Concentriamoci su altro nel mentre che lui continua a torturarmi.
 
Sento una striscia metallica fredda a contatto con la fronte.
Sta nella sua mano sinistra.
 
-Fine novembre… forse inizio dicembre.- rispondo grugnendo infastidito.
 
Sposato.
 
Inspiro.
 
Colonia maschile.
Molto costosa.
Troppo per un semplice dottore.
 
-Mmmh. Ora diamo un’occhiata alla ferita alla testa. Sa dove ci troviamo?-
 
Sento la morsa delle bende allentarsi e il dolore attenuarsi lievemente. Sospiro.
 
-Da qualche parte nel nord del Regno d’Italia.-
 
Qualcosa di semirigido mi pizzica il braccio destro.
Oltre alla flebo.
Apro gli occhi.
 
È ancora tutto bianco e sfocato.
Davanti a me la tasca superiore sinistra del camice; all’interno una matita.*
Un lungo e riccio capello nero incastrato in una spilla raffigurante la bandiera del Regno d’Italia.*
Con gli inserti d’oro.*
Scendo con lo sguardo fino a vedere l’origine del fastidio.
Un biglietto rosa custodito dentro la tasca inferiore del camice.
 
Il dottore tasta la ferita.
 
Mugolo.
 
Una fitta si propaga lungo la testa, costringendomi a serrare gli occhi.
Inspiro con forza col naso.
E un profumo mi arriva alle narici, familiare.
 
-Qual è l’ultima cosa che ricorda?-
 
Uno spaventapasseri con la testa a forma di fungo e il grembiule?
 
Scuoto la testa. -Cosa mi è successo?-
 
-È stato trovato sotto la pioggia in stato di incoscienza e con un principio di ipotermia circa una settimana fa.
Ha un trauma cranico, oltre a delle ferite, meno recenti e in via di guarigione, alla spalla destra e alla gamba sinistra.-
 
Bussano alla porta.
-Avanti.-
-Mi scusi dottore, è permesso?-
Accento svizzero.
L’infermiera di prima.
-Signorina Ginevra! Tempismo perfetto, entrate pure. Necessito della vostra assistenza per medicare questa ferita. Procuratemi pinze, disinfettante e bende pulite, per favore.-
 
Un rumore di tacchi.
Riapro gli occhi, sbattendoli un paio di volte.
L’infermiera torna con tutto l’occorrente in un vassoio di acciaio; chiude la porta.
 
Il dottore tasta di nuovo la ferita.
Comincio a credere che si diletta nel vedermi soffrire!
 
Socchiudo le palpebre a causa del dolore.
La signorina si ferma al mio fianco sulla sinistra.
Inspiro.
Bergamotto.
 
 
Medicano la mia ferita.
-Ancora qualche giorno e potremo togliere i punti-
E io posso confermare che sia il dottore che l’infermiera sono sadici.
Ne sono certo!
Gioiscono nel vedermi soffrire!
 
 
-Signore, la mia diagnosi è complessivamente positiva. Soffre di una leggera forma di amnesia retrograda ma è normale visto il colpo alla testa.- dice chiudendo la fasciatura intorno alla mia testa -Comunque non deve preoccuparsi: un paio di giorni e recupererà la memoria.- conclude togliendosi i guanti.
 
-Noto che vi rivolgete a me usando la parola “Signore”; mai con il nome di battesimo o cognome. Deduco che non li sappiate. Quindi… non avevo documenti con me quando mi hanno portato qui, è corretto?-
-Esattamente!- risponde stupito -Speravo ce lo potesse dire lei, signor…-
-Bene.- mi volto verso il dottore -Il mio nome è…-
 
Nero.
 
Io sono…
 
Sgrano gli occhi.
A, B, C…
Mmmh…
 
-In verità io…- aggrotto le sopraciglia -Non lo so… -
 
 
 
____________________________
Spazio dell’Autrice
 
Ciao a tutti!! =D
Scusate il ritardo!
Ieri era il mio compleanno e volevo farvi un regalo: un capitolo che ne vale 2 messi insieme… ma alla fine tra una cosa e l’altra non ho trovato un minuto per postarlo!
Dopo aver scoperto cosa aveva visto il nostro Holmes (lo spaventapasseri col grembiule! Povera ragazza delle pulizie!) ecco che arriva la brutta notizia per il nostro amato detective: non si ricorda chi è!
Nella prossima puntata salterà fuori qualcosa riguardante l’ospedale… Avete capito cosa? ;)
 
Grazie ancora a chi legge e/o recensisce!! =D
Alla prossima settimana (o al massimo tra 2 settimane).
Baci baci Djaly!! :*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***





CAPITOLO 5                                   VISITE MEDICHE PRIVATE

 
POV HOLMES
 
 
Sussulto.
Un rumore assordante; metallo che si infrange sul pavimento.
Un’altra fitta alla testa.
 
Tutto l’occorrente e le bende sporche, usate per medicarmi la ferita, ora giacciono a terra.
 
Mugugno infastidito portandomi la mano destra a massaggiarmi le tempie.
Tiro nuovamente il tubo della flebo.
Inspiro l’aria tra i denti.
Mi volto verso l’ago scoccandogli un’occhiataccia.
 
Ora me lo strappo!
 
Uhm.
Interessante questa prospettiva della parte inferiore di camice bianco.
Abbasso la mano.
 
Scarpe nere lucide, costose.
La sinistra è leggermente rovinata come se l’avessero schiacciata.
Pantaloni di un tessuto pesante, stirati di tutto punto, cadono in modo perfetto lungo le gambe.
Fatti su misura.
L’orlo del calzone sinistro è lievemente stropicciato, con qualche traccia di polvere.
 
-Lei è un’incompetente. Guardi cosa ha combinato!-
Sollevo lo sguardo.
Il dottore la guarda con aria di sufficienza.
L’inserviente abbassa il capo in segno di scusa, mettendosi in ginocchio a raccogliere le cose.
Il tutto sotto gli occhi divertiti dell’infermiera a ore 9.
 
Donna.
Età: sui 35 anni.
Stato: nubile.
Altezza: quanto il medico.
Aspetto: curato, truccata; anche le unghie sono smaltate.
Mmmh.
Le punte di queste ultime sono mangiucchiate.
Nervosismo.
Passatempi preferiti: compere, pettegolezzi e scommesse.
 
Scommesse… scuoto la testa.
 
Profumo: bergamotto.
Capelli: lunghi lisci, biondo cenere. Ora raccolti.
Occhi: azzurri.
 
Li osservo meglio.
 
Sono belli, ma non come-
 
-Prima si occupa del paziente senza autorizzazione, tralasciando il proprio lavoro per il quale viene rimunerata, poi questo, interrompendo una delicatissima visita.-
La voce del dottore mi strappa alle mie riflessioni.
È falsamente stizzita e trapela una leggera soddisfazione.
 
Aspettava questo passo falso.
 
-Beh non si scusa neanche? L’educazione non gliel’hanno insegnata?-
La giovane continua il suo lavoro tenendo la testa bassa.
 
-Perdonate se mi interpongo. Vorrei informarla che la signorina non può parl- tento di dire.
 
-Si, ne sono al corrente.- mi interrompe moderando il tono -Ma la signorina è un’inetta e una sfaticata. Dovrebbe esserci grata: molte persone vorrebbero essere al suo posto, lo sa?-
La ragazza si alza portando con se tutti gli oggetti raccolti dal pavimento.
Ha la postura ancora più curva di prima.
 
-Ora si sbrighi e dopo aver finito qui si occupi del mio ufficio, dei panni del reparto 5 e dei servizi igienici.- esordisce con un ghigno soddisfatto -E voglio che sia tutto terminato entro le 13, altrimenti le darò altri incarichi. Ovviamente visto i compiti assegnati le suggerisco di scordarsi della pausa.-
 
L’infermiera emette un risolino sommesso e poco nascosto.
Il dottore guarda l’inserviente soddisfatto.
Petto all’infuori, sguardo compiaciuto verso se stesso.
 
Inspiro rumorosamente guardando alternativamente il medico e l’inserviente.
Qual è il motivo di tanto astio?
 
 
Vedo la ragazza irrigidirsi sul posto, stringere le mani sul davanti e raddrizzare la schiena.
Cerca di stare il più lontano possibile dal dottore.
 
Il suo sguardo è fisso e insistente sulla giovane.
 
È irritato, duro… un pizzico di vendetta?
 
La sinistra è leggermente rovinata come se l’avessero schiacciata.
L’orlo del calzone sinistro è lievemente stropicciato con qualche traccia di polvere.
La voce del dottore… È falsamente stizzita e trapela una leggera soddisfazione.
 
Aspettava questo passo falso.
 
 
A meno che…
 
Noto il suo sguardo posarsi insistentemente sulla giovane; lei rabbrividisce e si irrigidisce nuovamente.
 
 
Bingo!
 
 
-Se io fossi già...- mormora con una punta di risentimento quando ormai è tornato al mio fianco, mettendosi i guanti.
Prende la matita dal taschino sinistro del camice e torna ad esaminarmi.
 
L’infermiera si sposta ai piedi del letto e prende la mia cartella clinica.
 
-Per favore segua la matita.- esordisce il medico addolcendo il tono -A quanto sembra la sua amnesia è più grave di quanto ci era parso di capire dalle risposte alle nostre domande.-
Sposta l’oggetto davanti ai miei occhi.
 
Destra.
Sinistra.
Su.
Giù.
Avanti.
Indietro.
 
Divertente!
Ma mi fa male la testa.
 
La crocerossina, tornata al mio fianco, porge il fascicolo al dottore.
 
-Il mal di testa e la sensibilità alla luce persisteranno ancora per qualche giorno.- spiega mentre scrive sul documento -Purtroppo le devo comunicare che potrebbero passare settimane prima che lei recuperi totalmente la memoria. In rari casi, ciò potrebbe non avvenire.- consegna il tutto alla ragazza che si sposta nuovamente per rimetterli al suo posto. -Ora può andare signorina Ginevra. La ringrazio, il suo aiuto è stato provvidenziale.-
 
Scorgo l’inserviente voltarsi per osservarmi dispiaciuta per poi tornare subito a lavorare.
 
E non sono l’unico.
 
-E lei che fa ancora qui? Conta le farfalle? Non è concepibile che in questo ospedale lavorino persone così poco qualificate.- sbotta il medico.
L’infermiera non si è ancora allontanata; la diverte assistere a tali situazioni.
 
Schiarisco la voce.
 
 
Diamo inizio allo spettacolo.
 
 
-Suvvia, non scarichi tutta la sua frustrazione sulla signorina. Non ha colpa.- mi sistemo meglio nel letto -So che avrebbe voluto darmi notizie migliori, ma lei, che è un medico così dedito al suo lavoro e attento alla salute dei suoi pazienti, ha fatto tutto ciò che poteva. E io non posso fare altro che ringraziarla.-
 
Il dottore nel sentire le mie parole, s’impettisce ancora di più.
-Oh beh… ho fatto solo il mio dovere.-
 
-Oh non sia così modesto. Da quel che ho potuto vedere, tutti in questo ospedale si affidano a lei e la rispettano per la sua grande esperienza e la sua passione...- guardo con la coda dell’occhio l’infermiera che, nel sentire quella parola, punta lo sguardo sul dottore, rabbrividendo -…per il suo lavoro. Si, deve essere assolutamente questa la motivazione di tanta riverenza nei suoi confronti.-
 
-Lei è davvero molto gent-
 
-Oh, è molto fortunato sa? È un uomo colto, ha una moglie, una famiglia…-
-È ver-aspetti come-
-… un impiego di rilevata importanza, …-
- Ha ragion-
-… che le fornisce una posizione di prestigio.-
-Si, ma-
-La prego non mi interrompa. Sto solo asserendo la verità.-
-È molto gent- prova di nuovo a parlare.
 
-Sono certo che la sua dedizione, …- lo blocco portando lo sguardo altrove.
-Ehm…-
-… le sue prestazioni …- continuo con gli elogi; lo emozionano.
-Beh…- si gratta la nuca.
-… e tutti i sacrifici che ha fatto…- muovo teatralmente la mano.
-Eh già…- sospira.
-… verranno ricompensati.- innalzo la voce entusiasmandomi.
-Si…- lo vedo, finalmente, lasciarsi trascinare dalla foga.
-Lei farà carriera: …-
-Oh…-
-… il suo superiore sarà così entusiasta di lei…- continuo con fervore sotto le occhiate scettiche dell’infermiera e dell’inserviente.
-Si…-
-… che un giorno gli cederà il suo posto…-
-Si…-
-…e lei sarà un grande Direttore!- concludo; ha raggiunto l’apice.
-Si! Sarò un grande Direttore!!- ripete a voce alta ormai al massimo della convinzione.
 
Silenzio.
 
-Un grande Direttore senza alcuna integrità professionale e morale.-
-Esattam-eh?- un’espressione di incredulità si dipinge sul suo volto.
-Presuntuoso, egoista, avaro e che allunga le mani dove non deve.-
-Come scusi?-
-Ha sentito benissimo.- esclamo inchiodandolo con lo sguardo.
 
Silenzio.
 
Mi guardo intorno.
 
L’infermiera ha un sorriso di circostanza, ghiacciata, non osa respirare.
L’inserviente mi fissa con occhi strabuzzati; incredula.
 
-Come si permette di rivolgersi a me con questo tono?-  sbotta con voce ferma.
Torno di nuovo su di lui.
Gli occhi neri sono duri e furiosi.
 
-Ha perfettamente ragione… ma come dovrei rivolgermi ad un arrampicatore sociale, in piena crisi di mezza età, che ha sposato la figlia del Direttore di questo ospedale solamente con l’obiettivo di aspirare alla sua carica?!-
 
-Come fa a sapere che sono-
 
-Sposato? In primis la fede all’anulare sinistro.- indico la mano in questione -Poi… la postura, gli abiti cuciti su misura, la spilla* e la colonia costosa.- dico puntando gli occhi vero il soffitto -Effettivamente troppo cari per un semplice dottore. Inoltre la tradisce l’atteggiamento di superiorità verso i suoi colleghi e il personale. Si sta già pregustando la promozione facendo finta di giocare al capo.-
 
-Io non-
 
-E visto che il suo matrimonio non la appaga sessualmente in maniera completa,- ritorno con lo sguardo su di lui: lo vedo sbiancare -intrattiene relazioni personali e intime con il personale ospedaliero. Come la qui presente signorina.- indico l’infermiera che arrossisce violentemente.
 
-Io-io forse è meglio che torni alle mie mansioni.- tenta di dirigersi verso la porta.
 
-No, la prego non se ne vada, lei che è un’amante dei pettegolezzi non può perdersi queste rivelazioni. A proposito ha un ottimo profumo.-
 
-Sono tutte congetture, teorie infondate!- esclama con voce stridula camice bianco.
 
-Dice?- inclino la testa -Allora non è della signorina Ginevra il biglietto che lei tiene conservato dentro la tasca del camice.- porta istintivamente una mano nel punto menzionato; doppio bingo! -E non è stato lei a regalarle il costosissimo profumo all’essenza di bergamotto, troppo costoso per una semplice infermiera, con il quale ha impregnato il suddetto foglio, con su scritto probabilmente i dettagli del vostro… prossimo “consulto medico”.-
 
-Lei … lei…- balbetta in difficoltà il dottore per poi rivolgersi alla ragazza. -Hai raccontato dei nostri incontri a qualcuno?-
Ha usato il tu.
Bingo, bingo, bingo!
-No, no!- scuote energicamente la testa la donna -Io-
 
-La signorina Ginevra non ha detto niente. È perdutamente innamorata di lei; non potrebbe mai tradirla.- dico facendo sprofondare la giovane nel più completo imbarazzo -E poi in questi giorni la sua principale priorità era un’altra: era a conoscenza del fatto che ha scommesso con le altre colleghe il colore dei miei occhi? Oh, a proposito, complimenti per la vittoria.-
L’infermiera strabuzza gli occhi -Come fa a-
-Cosa? Ancora con queste scommesse durante l’orario di lavoro?- la rimprovera il dottore.
-Una curiosità: potrei sapere quanto valeva la puntata?- entrambi mi scoccano un’occhiata contrariata -Come non detto.-
 
-Lo so avevo promesso niente più scommesse, almeno in ospedale ma… non ci riesco!-
 
-Posso dedurre che ama le scommesse.-
 
Stringo gli occhi.
 
-È acqua passata.-
-Appena passata!-
 
Mi massaggio la testa, mentre i due amanti continuano a discutere.
 
-Perdonate l’intrusione.- dico attirando l’attenzione dei due litiganti -Potreste abbassare il tono della voce. Sapete l’emicrania…-
 
-Ma si può sapere chi è lei?- domanda il medico stizzito.
-Mi sembrava di averle già risposto a questa domanda; lo ignoro.-
 
-Comunque, chiunque lei sia- inizia l’infermiera rivolgendosi a me -non le permetto di calunniare il dottor Bianchi! La sua affermazione di prima “Allunga le mani dove non deve” è assolutamente falsa!-
Vedo il medico irrigidirsi e sbiancare.
Nuovamente.
-Lei… dice?- chiedo fingendo indifferenza mentre mi volto il dottore.
L’uomo nota il mio sguardo.
 
Ha capito.
 
-Ginevra…- tenta di interrompere l’uomo visibilmente a disagio.
-Lui è un gentiluomo, non importunerebbe mai-
-Ginevra.- riprova.
-Per favore fammi finire. Non oserebbe mai importunare una signorina!-
-Ne è certa?- domando.
-Assolutamente! Ci può scommettere quello che vuole!-
Il dottore ansima, a corto di fiato.
Ha paura.
-Si sente bene dottore? La vedo pallido!- chiedo sarcastico inclinando la testa.
-A-assolutamente!- balbetta.
-Forse dovrebbe sedersi. Vuole un bicchiere d’acqua?- chiedo fintamente preoccupato.
-N-non è n-necessario. S-sto perfettamente bene!- si volta verso la donna -Ginevra o-ora è più opportuno se torni alle t-tue mansioni.-
-No. Il signore ha ragione: non hai una bella cera. E perché stai balbettando?-
 
Inspiro tra i denti -Perché lei non sa…-
-Sapere cosa?-
-N-nulla!- esclama isterico il medico.
-Degli altri “consulti medici”…-
-Che cosa insinuate?- chiede la ragazza.
-Glielo dite voi o lo faccio io?-
-Dirmi cosa?-
-Io, io- scorgo una gocciolina di sudore scivolare lungo la tempia dell’uomo.
-Forse è meglio un’altra volta.- dichiaro.
-Voglio saperlo!- sbotta la donna.
-Ha sentito vuole saperlo!-
-N-no…- tenta di nuovo l’uomo.
-Adesso!-
 
-I-io.- è sull’orlo di una crisi di panico.
 
-La vedo in difficoltà, è meglio se lo faccio io.- mi volto verso l’infermiera -Mia cara, dolce e innamorata signorina, mi duole dirvi che il qui presente dottor Bianchi non la ama affatto.-
-F-fandonie!- tenta di interrompermi il medico.
-Lei non è l’unica con cui il qui presente medico intrattiene delle visite... “private”. Capisce cosa intendo?-
L’infermiera comincia a ridere sguaiatamente -Impossibile! Lui ama solo me!-
-Mmmh… Per caso in questo ospedale vi lavora una donna con i capelli lunghi ricci, neri? Un’infermiera?- l’ilarità è ancora presente sul volto della ragazza -Un’inserviente?-
-La smetta con le sue calunnie!- esclama la donna.
-Potrebbe essere anche una sua paziente… O la sua segretaria.-
Il sorriso scompare e si volta verso il medico, cercando una spiegazione.
-N-non è assolutamente vero. Lei è un mendace.- esclama il dottore con poca sicurezza nella voce.
-Allora saprà dare una spiegazione al fatto che ha un suo capello incastrato nella spilla.-
 
Il dottore porta istintivamente la mano sull’oggetto.
 
Silenzio.
 
-Io- dice voltandosi verso Ginevra.
-Voi… Voi mi avete detto che sono l’unica! Che mi amate!- comincia l’infermiera mormorando. -Quante altre donne avete abbindolato?-
-Tesoro…- tenta di avvicinarsi.
-NIENTE TESORO!- urla la donna -STATE LONTANO DA ME! SIETE UN PORCO!-
 
Ahio la testa!
Mi massaggio nuovamente le tempie, stringendo le palpebre.
-Mia cara, non avrei saputo definirlo in maniera più corretta!- esclamo sorridendo -E ha ragione!- riapro gli occhi -Non è tutto-oh! Signorina, sono felice che sia ancora quì!-
L’inserviente si blocca di colpo mentre cercava, silenziosamente, di uscire dalla stanza.
Tutti gli sguardi si concentrano su di lei.
 
-Lei?- si riprende il dottore, il tono è sorpreso, si sente in trappola.
-La prego.- lo sovrasto usando un tono dolce -Si avvicini.-
Cammina lentamente verso di me, sempre con gli occhi bassi.
 
-Credo che lei- mi volto verso il medico -debba delle scuse alla signorina qui presente- dico indicando l’inserviente, ormai ferma al mio fianco sinistro -per essere stato irrispettoso e-
-Irrispettoso io?-
-Ha proprio delle pessime maniere.- lo ammonisco -Un uomo colto come lei dovrebbe sapere che non è cortese interrompere una persona mentre sta parlando.-
Egli ammutolisce rosso dalla vergogna.
-Per questo, visto che lei è un uomo beneducato, dovrebbe davvero vergognarsi per averla importunata.-
-Cosa?- si gela l’infermiera -Anche lei?-
Il dottore sbianca.
Ancora.
 
-Esattamente! Infatti questo spiega il suo eccessivo astio verso di lei.- dico voltandomi verso la ragazza -In questi giorni le ha inviato regali, fiori, lettere d’amore; la solita tiritera che usa con tutte le sue conquiste.- vedo l’infermiera stringere i denti -Tutti doni che la ragazza ha gentilmente rifiutato. Ma lei non è un uomo che si arrende facilmente, non si ferma al primo no. Quindi stamane, appena si è trovato da solo con lei, le ha dichiarato nuovamente il suo amore e, al suo ennesimo rifiuto, ha provato a baciarla. La ragazza è troppo educata e cortese per schiaffeggiarla, quindi le ha pestato il piede sinistro- indico la scarpa -ed è scappata via. E visto che lei odia essere rifiutato, ha deciso di vendicarsi e quindi ecco spiegata l’eccessiva reazione ad ogni sua piccola mancanza.-
 
-M-menzogne!- grida istericamente -Lei!- punta alla ragazza - È stata lei a dire tutt-
-Lei- lo interrompo con voce ferma -non ha… detto… niente.- scandisco ogni parola -Siete stato voi.-
 
-Ginevra, tesoro, non cred-
 
CIAFF!
 
Uh!
Un sonoro schiaffo arriva dritto, dritto, sulla guancia destra del medico.
 
-Brutto, schifoso MAIALE!- ogni parola un colpo al petto. All’improvviso prende la mia cartella clinica. -VISCIDO!- urla lanciandogliela contro -Tra noi è finita! Non voglio più vederti!-
 
Che caratterino!
 
-Tesoro! Aspetta…-
 
Escono dalla stanza sbattendo la porta.
 
Ahia la testa!
 
Fuori dalla stanza urla e rumore di oggetti che si schiantano a terra.
 
Mi lascio andare sul lettino, dolorante ma con un sorrisino divertito.
Che soddisfazione!
Ridacchio ad occhi chiusi.
 
Un momento.
Mi sento osservato.
Apro una palpebra e vedo l’inserviente, a ore nove, fissarmi a braccia incrociate, scuotendo la testa, scioccata.
 
-Che ho detto?-
 
 
____________________________
Angolino dell’autrice
 
AVVISO!
 
Il capitolo 4 ha subito delle leggere modifiche segnalate con un * .
Questo perché ho notato delle inesattezze, colpa mia!
Le biro nel 1891 ancora non esistevano, quindi ho dovuto cambiare qualcosina!
Vi consiglio quindi di andare nel capitolo precedente per rileggere le frasi con il simbolo! =)
 
Ciao a tutti e buon lunedì!! =D
Lo so, lo so. Sono terribilmente in ritardo; perdonatemi!
Ma la revisione di questo capitolo è stato un parto!
Avevo sempre l’impressione che Holmes mi sfuggisse dalle mani e forse un po’ l’ho perso.
E poi cambiavo l’impostazione della storia ogni due secondi e mi sono stra divertita nell'usare un linguaggio un po' ricercato! XD
 
Avevate capito, tramite gli indizi, tutta la situazione all’interno dell’ospedale prima che saltasse fuori?
 
Con questo capitolo volevo creare una situazione comica (lo so non sono molto brava xD ) e grottesca. Spero di non avervi annoiato e di avervi fatto sorridere.
 
Nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa!
Volete sapere qual è?
Dovrete aspettare alla settimana prossima (o nel caso tra due settimane)!
 
Ma nel mentre provate ad indovinare di cosa si tratta! ;)
 
Grazie grazie a tutti voi che leggete e recensite!
Baci baci Djaly! :*

Ps. mi scuso per eventuali errori presenti nel testo!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***






CAPITOLO 6                                    7 GIORNI

 
 
 
LA MANICA  
 
MATTINA
 
POV WATSON
 
 
Una settimana.
 
È passata una settimana da quella notte…
La notte in cui avete deciso di buttarvi nel vuoto, dal quel balcone, trascinando con voi il Professor Moriarty.
 
Le ricerche sono terminate qualche giorno fa: i corpi non sono stati trovati.
 
La polizia locale è convinta che ormai non ci sia più nessuna possibilità di recuperarli, per questo siete stati entrambi dichiarati morti.
 
Ora sono in viaggio per tornare a Londra.
 
Mi trovo nella coda del traghetto che mi sta portando in Inghilterra, appoggiato alla ringhiera.
L’aria fredda e frizzante del mattino mi accarezza il viso.
Sa di sale.
Osservo le onde che la barca crea al suo passaggio.
La schiuma bianca che brulica e si disperde nell’acqua.
Ipnotica.
 
-Sta bene Dottor Watson?-
 
Mi volto verso la voce.
Mycroft Holmes mi si affianca, stretto tra le sue mani il suo inseparabile bastone in legno pregiato.
Qualche passo dietro di lui Carruthers e più in là, seduto a guardarsi intorno, Stanley.
Lo guardo negli occhi scuri e annuisco. -Certamente.-
Lo vedo osservarmi, scettico, analizzarmi.
Distolgo subito lo sguardo, quasi infastidito.
Raddrizzo la schiena e mi volto sul mare -Sto bene. Non si preoccupi.- rinsaldo con voce ferma.
 
Sento ancora il suo sguardo e quello di Carruthers su di me.
Non sono tanto convinti della mia risposta.
 
Sinceramente non lo sono neanche io.
 
Nella mia carriera da militare ho visto tante persone spegnersi sotto i miei occhi e, in quei momenti, ho sempre provato tristezza; non ci si fa mai l’abitudine.
 
Ma con lui…
Ho vissuto anni in sua compagnia; abbiamo avuto mille avventure, risolto casi, abbiamo passato mille pomeriggi a conversare o avuto dei diverbi, a volte anche piuttosto accesi, abbiamo condiviso alloggi e, anche se contro la mia volontà, perfino indumenti.
Dovrei provare qualcosa per la sua perdita.
Invece…
 
Vuoto.
 
Ecco cosa sento.
 
Vuoto.
 
Nero.
 
 
 
 
LONDRA
 
NOTTE
 
POV MYCROFT
 
 
Finalmente a casa.
Posso camminare in libertà, senza veli.
 
È stata una giornata stressante.
 
È una stata una settimana stressante.
 
La conferenza di pace tra la Germania e la Francia.
Il tentato assassinio del primo ministro.
La morte di mio fratello.
 
Sherly.
 
Ho sempre pensato che tu avessi delle idee così bislacche, che ti avrebbero portato a rischiare la vita un giorno o l’altro.
Eri un uomo d’azione.
 
Non come me, che preferisco stare nell’ombra.
Tranquillo, senza preoccupazioni, senza agire in prima persona.
Io sono più da trattative pacifiche, che non implichino un dispendio di forze inutili.
 
Mi mancheranno le nostre chiacchierate che partivano da un punto e finivano in un altro, che non aveva nulla a che fare con quello di partenza.
 
Il notare i particolari l’uno dell’altro.
 
Una lacrima solitaria bagna il mio viso.
Sospiro.
Porto una mano sulla guancia, cancellando il suo passaggio.
 
Non serviva raccontarci ciò che ci turbava o le novità della nostra vita.
Bastava uno sguardo.
 
Ed è così che ho intuito la tua stima per il Dottore.
Anche se nei tuoi racconti cercavi di farlo apparire di strette vedute rispetto a te, ottuso.
Ma quella luce di soddisfazione e di orgoglio quando parlavi di lui, quando mi raccontavi di come apprendeva e applicava il tuo modo di lavorare, di pensare, di agire.
 
La stessa luce che ho letto nei suoi quando lo incontrai la prima volta, il giorno del suo addio al celibato.
 
Una luce che da una settimana non ho più visto e che, sinceramente, mi preoccupa.
È sempre taciturno, spento.
Come questa mattina, anche se ha tentato di dissimularlo.
 
So quanto tenevi a lui Sherly e per questo cercherò di tenerlo d’occhio, per quanto mi è possibile.
Adesso, comunque, può contare sul supporto di sua moglie.
 
La Signora Watson è una donna raffinata, dal carattere dolce ma dal forte temperamento ed è, inoltre, una gradevole compagnia; lei riuscirà sicuramente ad aiutarlo in questo-
 
-Signore?-
Una voce familiare mi chiama sulla soglia della porta del mio studio, interrompendo i miei pensieri.
-Si, Carruthers?-
-La sua posta, Signore.-
-La ringrazio.-
 
Sospiro mentre prendo la corrispondenza e comincio a smistarla.
Condoglianze, condoglianze, ancora.
Che tedio!
 
-Le serve altro?-
-No, Carruthers, può ritirarsi.-
-Buonanotte Signore.-
-Buonanotte.- dico ritornando a guardare le missive.
Uhm, una lettera dal 221B di Baker Street.
 
La apro.
 
La manda la signora Hudson che, appreso la triste notizia dalla Signora Watson che avevamo informato tramite telegramma, esprime il suo dolore  e le sue sentite condoglianze. Mi chiede inoltre, senza urgenza, se e come desidero ricevere i tuoi effetti personali.
 
Sicuramente ci sarà da saldare il conto dell’affitto anche se, nella missiva, non lo menziona.
 
Leggere queste righe mi duole.
Da un senso di definitivo.
 
Mi siedo nella scrivania.
Prendo carta e penna svogliato.
Non so neanche io cosa fare.
 
Oh Sherly.
Di sicuro odieresti che toccassero le tue cose.
Ma non ho altra scelta.
 
Intingo la penna nel calamaio, deciso a rispondere a quella lettera.
Prima di tutto ringrazierò per le condoglianze e comunicherò la mia intenzione di passare, alla fine della settimana prossima, con dei fattorini per ritirare tutti gli effetti personali e, nel caso, salderò anche il debito.
 
Che triste fine.
Una vita racchiusa in poche scatole.
 
Poggio la punta nella carta ma mi accorgo che non scrive.
Che succede?
Eppure l’ho intinta!
 
Riprovo.
Ora dovrebbe scrivere.
 
Gentilissima Signora Hudson,
 
Oh bene, funziona.
 
In risposta alla vostra lettera, la ringrazio sentitamente per le sue condoglianze, ha avuto un pensiero davvero molto gentile.
In merito agli effetti personali di mio fratell
 
Oh accidenti, devo aver preso troppo inchiostro.
Strano non mi era mai capitato!
 
Devo ricominciare tutto da capo.
 
Prendo un altro foglio.
 
 
3 MINUTI DOPO…
 
 
Basta ora ci rinuncio!
È la quinta volta che riscrivo la missiva!
Prima la carta si è lacerata, poi ho formato altre macchie d’inchiostro.
 
Che sia un segno… Ah sciocchezze!
 
Chiederò a Carruthers di scriverla per conto mio.
Ora servirebbe qualcosa per conciliarmi il sonno… domanderò a Stanley.
 
A proposito…
 
-Stanley! … Stanley! Avete visto la mia riserva di ossigeno? Stanley? Ma cosa state facendo?-
 
 
 
POV ???
 
Oh!
Finalmente si è arreso!
Anche se a quanto pare non ha ancora cambiato idea sul saldare definitivamente i conti per le stanze di Baker Street.
Uff.
 
Comunque spero la prossima volta di non avere a che fare con lui.
Almeno non così.
Santo cielo!
Ho passato tutto il tempo a coprirmi gli occhi!
Potrebbe mettersi qualcosa.
Un accappatoio, che ne so!
 
Santo cielo è imbarazzante!
Come fanno Carruthers e Stanley a servirlo quando è…
Santo cielo!
Mi copro nuovamente gli occhi.
 
Se mi capita un’altra volta una cosa del genere, mi rifiuto!
Incrocio le braccia.
 
E voi, non ridete di me!
 
 
 
_________________
 
Angolino dell’autrice
 
Ciao a tuttiiiii! =D
Questa volta sono riuscita a postare dopo una settimana! =D
Ta daaaan sorpresa!!! Un capitolo, anche se cortino, su Watson e Mycroft! =D
Sono passati 7 giorni e troviamo un Watson un po’ strano… vuoto…
Mycroft invece cerca di affrontare la morte del fratello, a modo suo.
E, si, è tornato il nostro amico misterioso che cerca di mettere le mani in pasta…
 
Il prossimo capitolo sarà di nuovo POV Holmes non preoccupatevi! ;)
Abbiate un po’ di pazienza: pian piano si entrerà nel vivo della storia! :)
 
Vi avverto che non so quando posterò perché questa settimana tra impegni vari, il corso e la comunione di 3 miei cugini sono pienaaaa!
Comunque o posto entro il 13 o entro il 20 giugno! =D
 
Ringrazio tutti voi che leggete e, se avete piacere, fatemi sapere cosa ne pensate!
Mi basta anche solo un voto da 1 a 10 o un piccolo commento! =)
 
Buona settimana a tutti!
Baci baci Djaly!! :*
 
Ps. Ieri sono andata a vedere King Arthur e ho visto Jude Law in versione gigante per la prima volta!! =D Che bellooooo!!!
Vi consiglio di andare a vederlo! Mi sono venuti i brividi perché alcune riprese erano uguali a Sherlock Holmes-Gioco di Ombre…
Se lo guarderete, o se lo avete già fatto, capirete cosa intendo! :*

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***







CAPITOLO 7                                     INCUBO IN BIANCO
 
 
POV HOLMES
 
 
 
Bianco.
Bianco ovunque.
Accecante.
 
Porto le mani dietro la schiena, guardandomi attorno: non vedo né un inizio, né una fine.
Inspiro forte dal naso.
Dove sono capitato?
Comincio a camminare, verso una meta non definita, per andarmene via da qui, ma il paesaggio non cambia.
 
In sottofondo il fastidioso ticchettio di un orologio.
 
Ad un certo punto il bianco attorno a me acquista una sua consistenza.
Quattro pareti mi circondano, come se fossi in una grande stanza.
 
Bizzarro.
 
Continuo a marciare.
Mi sento pedinato.
Guardo indietro: il muro alle mie spalle mi sta seguendo.
 
Aumento il passo ma questo non accenna ad allontanarsi.
Mi volto a destra e a sinistra: ora anche le pareti laterali avanzano.
 
Eh no!
Così non vale!
 
Mi blocco.
Guardo in alto e sospiro.
Ho capito: devo correre!
 
Comincio a scappare puntando la parete davanti a me, l’unica che non avanza verso il sottoscritto.
Vedo una porta nera posta al centro del muro.
Una via d’uscita!
Strano.
Prima non c’era, ne sono certo!
 
Continuo a correre.
 
Un momento.
Qualcosa non va!
 
Le mie gambe sono pesanti, non riesco a muoverle come vorrei.
 
Panico!
Avanti, avanti!
Cerco di mettere più forza, inutilmente; non collaborano.
 
Mi volto indietro.
Le pareti avanzano imperterrite.
 
Il mio piede urta qualcosa.
Inciampo e cado.
 
Ma che?!
 
Sotto le mie mani non il duro pavimento, ma lenzuola e bende.
Bianche.
Bagnate.
Inspiro.
Un odore forte arriva alle mie narici.
 
Disinfettante.
 
Faccio leva sulla braccia, mi rialzo e ricomincio a correre.
Ma quel groviglio di stoffa ai miei piedi impedisce i miei movimenti.
Inciampo più volte; cerco di non cadere nuovamente.
 
Ad ogni passo il livello di questo mare aumenta, arrivandomi in poco tempo alle ginocchia.
 
L’odore è nauseante, diventa sempre più forte.
 
Pochi secondi e mi ritrovo a nuotare tra lenzuola e bende.
 
Muovo le braccia per rimanere a galla.
Il fiato è corto.
I muscoli doloranti per lo sforzo.
 
Il ticchettio sempre più forte.
 
La porta, davanti a me, ancora troppo distante.
 
Ad un certo punto in lontananza sento le ruote di un carrello che si avvicina.
 
-Signore dove va?-
 
Mi blocco.
                          Tic.
Oh no.
                          Tac.
Quella voce.
                          Tic.
Mi volto.
 
-Non può andarsene. È ora dell’iniezione!- esclama il dottor Bianchi con un ghigno sul volto.
Un’enorme siringa appare davanti alla mia visuale.
L’ago è lungo quanto il mio braccio.
 
Se lo può scordare!
 
Ricomincio ad agitarmi e a nuotare.
 
-Aspetti! Deve mangiare la sua minestra!- esclama una voce femminile.
Un’infermiera.
 
Minestra?
Quell’intruglio insipido, incolore e limoso, con la pasta che galleggia in modo sinistro e dall’odore rivoltante, lo chiama minestra?
 
Che non osi avvicinarsi a me con quella cosa!
 
L’aria è irrespirabile.
Le gambe e le braccia non collaborano e le pareti si fanno sempre più strette.
 
Le bende e le lenzuola si legano intorno al mio corpo intrappolandolo e trascinandolo verso il basso.
 
Mi volto.
Annaspo.
Ormai sono vicini.
 
Mi agito ancora di più.
Respiro con la bocca per lo sforzo e, senza volerlo, ingerisco del disinfettante.
Il suo gusto amaro esplode in gola.
Brucia e mi affoga.
Comincio a tossire e sono costretto a rallentare l’andatura.
 
Vengo afferrato per una gamba e trascinato indietro.
Cerco di dimenarmi, inutilmente.
Delle braccia mi sollevano di peso.
Vengo posto a pancia in su, su una brandina, mentre pian piano i colpi di tosse si fanno più lievi.
 
Stringo gli occhi e li riapro.
Com’è possibile?
Non c’è solo un Dottor Bianchi.
È raddoppiato, triplicato; sono circondato!
 
Le siringhe pure.
Il dottore torreggia su di me, dietro di lui l’infermiera.
 
Le mani delle altre copie dell’uomo mi immobilizzano braccia e gambe.
Li guardo impotente.
Sono in trappola.
Prendo un profondo respiro.
 
-Sentite ne possiamo parlare con calma- comincio cercando di sorridere -non è necessaria tutta questa veemenza e, soprattutto,- lo sguardo mi cade sugli aghi delle siringhe che mi occhieggiano in modo sinistro -l’uso di oggetti così… appuntiti.-
-Shhh. Si calmi.-
 
Guardo in viso il medico.
C’è qualcosa di diverso in lui.
Gli occhi non sono i suoi, non sono scuri come ricordo.
Sono azzurri, tendenti al grigio.
Sono in contrasto col ghigno divertito presente sul suo volto.
Non esprimono ilarità, anzi mi accusano, sono delusi.
 
Quegli occhi…
 
-Non si preoccupi.- sobbalzo e vengo riportato bruscamente alla realtà guardandomi attorno -Non sentirà nulla!- dicono i medici all’unisono con un riso sarcastico sul volto, avvicinandosi ulteriormente con le siringhe.
-Faccia il bravo. Apra la bocca… aaaahm.- esclama l’infermiera.
-No, vi prego.- tento di dire.
 
Stanno per pungermi.
 
Le pareti per travolgermi.
 
Il disinfettante e anche la minestra per affogarmi.
 
Urlo.
 
 
-NO!-
Apro di scatto gli occhi.
Il cuore che batte furioso nelle tempie.
 
Tic. Plic. Tac. Plic.
Odore di disinfettante.
Lenzuola bianche.
Pareti bianche.
Sembra che si stiano stringendo.
 
PANICO!
 
Mi sollevo di scatto.
 
Ahi!
Tiro l’ago della flebo.
Lo guardo.
 
L’hai voluto tu!
 
Con un gesto secco me lo strappo dal braccio.
 
Mugugno infastidito.
 
Strappo un lembo del lenzuolo e me lo lego intorno all’arto per fermare la fuoriuscita di sangue.
 
Non rimarrò qui dentro un secondo di più.
Guardo fuori dalle finestre.
Fuori è buio, un’ottima occasione.
 
Provo a muovermi, mi sento ancora debole.
Sposto le gambe in modo che cadano penzoloni dal letto.
Raddrizzo la schiena.
 
Uhm.
Gira tutto.
Sembra di strare su una barca.
 
Barca…
 
-È sicuro che non esiste un mezzo di trasporto acquatico alternativo a questo?-
 
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo.
 
Con fatica scendo dal letto.
Inspiro tra i denti, il pavimento sotto i miei piedi nudi è freddo.
Le gambe cedono.
Mi aggrappo al materasso.
Per poco non crollo a terra.
Mugugno.
Un forte senso di nausea si fa strada nel mio stomaco.
Stringo le palpebre e inspiro profondamente un paio di volte.
Dopo qualche secondo mi sento meglio.
 
Bene, facciamo il punto della situazione.
 
Primo: non fare rumore.
 
Secondo: creare una copertura.
 
Prendo il cuscino mettendolo sotto le coperte.
Afferro il tubicino dell’ago e lo metto affianco al guanciale.
Inclino la testa osservando il risultato.
Perfetto!
 
Terzo: cercare dei vestiti.
 
Non posso andare in giro a torso nudo e in mutande.
Con queste temperature congelerei in pochi minuti.
E poi non passerei inosservato e sicuramente verrei arrestato per offesa alla pubblica decenza.
 
Noto davanti a me, sotto la finestra, una sedia con degli abiti.
Probabilmente quelli che indossavo quando venni portato qua.
Sono molto eleganti.
Adatti per un evento di grande rilevanza.
 
Che io sia una persona agiata?
Ma come sono arrivato qui?
 
La mia curiosità preme per cercare più informazioni, ma non c’è tempo.
 
Devo uscire di qui prima che mi scoprano.
 
Non posso indossare quegli indumenti, indubbiamente troppo vistosi.
 
Mi serve un’idea.
Mi guardo intorno.
Stringo il materasso sotto le mie dita.
 
Usare un lenzuolo e far finta di essere un fantasma?
No.
 
Con calma mi stacco dal letto, le gambe fortunatamente reggono il peso.
 
Mi avvicino alla sedia, prendo i vestiti e mi dirigo verso la porta socchiusa.
 
Mi affaccio cauto in corridoio: è buio ma non del tutto, nessuno in vista.
Tutti dormono.
 
Esco dalla stanza, camminando all’indietro, e mi guardo intorno, sempre in allerta.
Sento il battito frenetico del cuore nelle orecchie.
Assordante nel silenzio della notte.
 
Vedo in lontananza delle scale, illuminate dalla luce della luna che entra dalle finestre.
Quatto, quatto, mi avvicino in quella direzione, i piedi nudi sul pavimento freddo.
 
Ad un certo punto un rumore di passi.
Si sta avvicinando qualcuno.
 
Mi guardo attorno valutando la situazione.
 
Tornare in camera?
No.
Troppo lontana.
 
Entrare in una delle stanze di degenza circostanti?
Urla, panico generale.
No.
 
I passi sono sempre più vicini.
 
Poco distante da me, sulla destra, noto una lieve luce ambrata che si proietta sul pavimento del corridoio.
Frettolosamente ma in silenzio entro nella suddetta stanza, la schiena appoggiata al muro freddo, vicino all’uscio.
L’ombra proiettata sul lastricato passa davanti alla camera e si ferma.
 
Trattengo il respiro.
 
Vedo la sagoma sul pavimento che alza il braccio destro verso la testa, sul petto, poi si tocca le spalle e poi le riporta sul torace.
Terminato il gesto torna a camminare.
Mi affaccio: era un’infermiera.
Non si è accorta della mia presenza.
 
Inclino la testa confuso.
Perché quel gesto?
Testa, petto, spalla sinistra, spalla destra…
Oh!
A meno che…
Mi volto.
Davanti a me la conferma alle mie conclusioni.
 
Una cappella.
 
È piccola, ora illuminata solamente da qualche cero e dalla luce argentea che entra dalle finestre.
Un altare di fronte all’entrata.
Sopra di esso una grande croce di legno appesa al muro.
Due banchi a destra e a sinistra.
Al mio fianco un confessionale.
Noto sulla destra vicino all’altare una rientranza occupata da un armadio.
 
Le campane della chiesa iniziano a suonare.
 
Inchino il capo in segno di rispetto.
 
Silenziosamente mi avvicino al guardaroba.
Lo apro.
 
Nove rintocchi.
 
Sorrido.
Bingo!
 
 
______________________________
 
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO         22 GIUGNO
TERMINE MASSIMO      29 GIUGNO
 
 
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!!! =D
Questa volta non sono molto in ritardo! =)
Nonostante gli impegni e le comunioni dei miei cugini (con cui ho parlato di film della Marvel, Sherlock Holmes e King Arthur -SUPER FELICEEEE!!! Amo i miei cugini!!!-) ho trovato un pochino di tempo per revisionare il capitolo.
Non posso promettere nulla per il n°8 : le prossime due settimane sarò impegnata con i preparativi per le feste del Santo Patrono e di San Pietro…
Vediamo un po’ cosa posso fare!
Comunque siamo tornati ad Holmes che è alle prese con i suoi incubi! XD
Poverino.
Ma una cosa è comparsa nei suoi sogni…
Esatto: gli occhi di Watson.
Comunque che dite Holmes riuscirà a fuggire?
Che cosa avrà visto?
 
Ringrazio tutti voi che state leggendo e grazie a chi lascia e lascerà una recensione!
Mi scuso per eventuali errori presenti nel capitolo.
 
Alla prossima!
Baci baci Djaly! :*
 
Ps. Lo so. Pensate che le 9 siano un po’ presto per dormire. Ma contando che è inverno e che in ospedale si cena prestissimo… 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***




AVVISO
 
La cittadina che verrà descritta, Cormolino, non esiste.
Essa è situata nei pressi del Lago Maggiore vicino a Cannobio (saluto calorosamente chiunque abiti in quella città -che guardando su internet deve essere bellissima- e stia leggendo questa ff!).
Nella mia immaginazione è una piccola cittadina di 2500-3000 abitanti, bagnata a est dal lago Maggiore e il cui perimetro è delimitato da un muro in pietra diroccato alto 2 metri.
Ha un ospedale, un orfanotrofio, tre piazze, bar, ristoranti, banche, negozi e fabbriche.
 
 
CAPITOLO 8                                 L’OSPEDALE DI CORMOLINO
 
 
CORMOLINO
 
1 DICEMBRE 1891
 
 
 
NARRATORE
 
 
Sono le 6:30 del mattino.
Il cielo, che veste ancora i colori della notte, è coperto da poche nubi.
L’aria è tipicamente fredda e un leggero strato di ghiaccio copre tutto ciò che incontra.
 
Situato nella parte nord della città di Cormolino, l’ospedale, lentamente, si sveglia.
A breve arriveranno le donne delle pulizie per iniziare il primo giro di lavoro del giorno, sia nelle stanze di degenza che negli uffici; le cuoche, invece, andranno nelle cucine e cominceranno a preparare le colazioni.
Nel mentre i fattorini stanno parcheggiando le carrozze, o le auto, nel piazzale di fronte all’ospedale, per scaricare medicinali e tutto il necessario per le medicazioni e le cure.
 
Sono ormai le 7:00 e le nubi cominciano a tingersi di arancio, segno che presto il sole si ergerà in tutto il suo splendore; si prospetta una bella giornata.
I dottori e le infermiere del turno di notte si preparano per cedere il cambio a quelli del mattino.
 
Queste ultime si trovano in una stanza a parte, riservata al personale: si stanno mettendo, o togliendo, la divisa, aggiornandosi sulla variazione della situazione clinica dei pazienti e/o dei fatti accaduti durante la notte.
 
-Buongiorno Ginevra!- esclama una ragazza di 27 anni, dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi
-Buongiorno!-
-Come stai? Ho saputo di ieri. Ma cosa è successo con il Dottor Bianchi?-
-Beatrice, non ne voglio parlare.- risponde stizzita la ragazza bionda preparandosi per incominciare il turno.
-Mi dispiace non volevo-
-No scusami tu. Non dovevo attaccarti in questo modo. Tu non c’entri nulla.- mormora Ginevra, abbassando lo sguardo sentendosi in colpa verso la collega.
-Non preoccuparti.- la rincuora Beatrice sorridendole -Se hai bisogno di sfogarti, puoi contare su di me.-
-Ti ringrazio.- dice Ginevra abbracciando la ragazza -Allora dimmi tutto tranquillo stanotte?-
-Si, tutto tranquillo. Anche se…-
-Anche se?-
-Beh… Ieri verso le 10 mentre facevo il mio giro di controllo, temevo di trovare un deceduto…-
-E perché mai?- chiede curiosa la bionda.
-Perché ho incrociato un frate nel corridoio…-
-E allora?-
-Non credi che sia inusuale? Li vedi anche tu che vengono a far visita ai pazienti durante la mattina o il pomeriggio… mai a quell’ora. Infatti gliel’ho domandato…-
-E lui?-
-Mi ha risposto che un malato lo aveva mandato a chiamare per chiedere conforto spirituale.-
-Alle 10 di notte?-
-Si… per questo ho pensato ci fosse qualcuno in fin di vita. Ma facendo il giro… nulla, tutto tranquillo.-
-Forse era un paziente che aveva bisogno di parlare con qualcuno. Nient’altro?-
-No.-
-Allora non c’è nulla di cui preoccuparsi.-
 
-Buongiorno ragazze!- irrompe nella stanza una ragazza di 30 anni, dai capelli castani e occhi chiari.
-Ciao Francesca!- rispondono in coro le due infermiere.
-Come è andata la tua giornata di riposo?- chiede Beatrice.
-Benissimo, grazie! Ho passato la giornata a finire il ricamo che avevo iniziato la settimana scorsa! Ma ditemi: ho saputo che il paziente senza nome trovato una settimana fa si è svegliato!- esclama felice la nuova arrivata.
-Si..- risponde tra i denti Ginevra.
 
-E lei ha vinto la scommessa: ha gli occhi castani! Buongiorno ragazze!- s’intromette un’infermiera del turno di notte, anch’essa dai capelli biondi come Ginevra, ma dagli occhi scuri.
Sul cartellino, appuntato sull’uniforme, spicca il suo nome: Sonia.
-Che fortuna!- esclama la mora.
 
-Io non l’ho ancora visto da quando si è svegliato.- dice Beatrice con una punta di tristezza -Ieri ho lavorato tutta la sera e, di notte, quando sono passata davanti alla sua camera stava già dormendo.-
-Ha un fascino… particolare. E adesso che non è più il bello addormentato… ma avete visto che corporatura virile? -
-Sonia, ma che dici!?- la rimprovera Beatrice.
-E poi tutte quelle cicatrici, le ferite e la barbetta di pochi giorni che spunta sul viso… lo rendono così misterioso e… sensuale!-
-Sonia!- esclama nuovamente la ventisettenne arrossendo fin sopra ai capelli.
-Un po’ di contegno.- dice ridendo Francesca.
-E poi non è cortese fissare nel minimo dettaglio i pazienti.- conclude Beatrice.
-E allora? Ho solo asserito la verità! E poi cosa c’è di sbagliato? Sto solo guardando.- dice sicura sciogliendo i capelli ricci, dopo essersi tolta la divisa.
-Mmmh a me non dice nulla.- sbotta Ginevra.
-Cooosa??? Scherzi?- esclama esterrefatta Sonia.
-Ho visto di meglio.-
-Non ci posso credere!- afferma sbigottita la ragazza guardando la sua collega come se fosse un alieno.
-Questione di gusti.- dichiara Francesca.
-Bene!- esclama Sonia, scuotendo la testa e prendendo i suoi effetti personali -Allora io vado! A domani ragazze!- termina uscendo dalla stanza.
-Ciao Sonia!- rispondono in coro le infermiere.
 
-Su, su! Al lavoro. Facciamo così: anche se il mio turno è finito, comincio a svegliare i pazienti per il cambio delle lenzuola, così riesco a vederlo prima di andarmene.- dice Beatrice dirigendosi anche lei verso la porta dello spogliatoio.
-Sono troppo curiosa di vederlo.- esclama Francesca prendendo i soldi dal porta monete e dandoli a Ginevra -Ecco la tua vincita!-
-Grazie!-
-E dal punto di vista clinico, invece, come sta?-
Le ragazze escono dalla stanza.
-Fisicamente bene. Anche troppo.- risponde tra i denti Ginevra -Ma a causa del trauma cranico riportato, purtroppo, ha perso la memoria. Non ricorda nemmeno il suo nome di battesimo.-
-Cosa?- esclama la trentenne -Oh poverino. Si sentirà perso e non saprà cosa fare.- dice mentre la bionda, ricordandosi degli eventi accaduti il giorno prima, contrae il viso in una smorfia -Magari poss-
 
-Ragazze! Ragazze!- accorre trafelata Beatrice verso di loro, rischiando quasi di travolgerle.
-Calmati! Che è successo?- chiede Ginevra.
-Non c’è! È sparito!- esclama la ragazza senza fiato.
-Sparito chi?- domanda Francesca.
-Il signore senza nome.-
-Cosaaa?- urlano quasi le due infermiere.
-Ne sei sicura?- chiede Ginevra.
-Non è nella sua stanza. È fuggito!-
 
Un tonfo, all’improvviso, riecheggia nel corridoio facendo sobbalzare le tre donne, seguito da un rumore di passi di una persona che corre.
 
-Cos’era quello?- chiede Ginevra.
 
 
POV ???
 
-Ragazze! Ragazze!-
-Calmati!Che è successo?-
-Non c’è! È sparito!-
-Sparito chi?-
-Il signore senza nome.-
-Cosaaa?-
-Ne sei sicura?-
-Non è nella sua stanza. È fuggito!-
 
La scatola che avevo in mano mi sfugge dalle dita, cadendo a terra con un tonfo assordante che riecheggia per tutto il corridoio.
 
Non. È. Possibile.
 
Comincio a correre dirigendomi verso l’uscita.
 
Non c’è dubbio: è un incosciente!
 
Nelle sue condizioni e senza memoria cosa fa?
Fugge dall’ospedale.
 
Perfetto!
 
Esco fuori: l’aria frizzante del mattino invernale solletica il mio viso.
Stringo di più la sciarpa intorno al collo.
 
Me lo dovevo aspettare da lui.
Non dovevo lasciarlo solo un attimo.
 
Uff.
L’ho perso di vista solo per poche ore.
 
E se fosse nei guai?
 
Non potrei perdonarmelo!
 
 
______________________
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO         6 LUGLIO
TERMINE MASSIMO      13 LUGLIO
 
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti e auguri a tutti coloro che si chiamano Pietro e/o Paolo/a.
Perdonate se pubblico così tardi e soprattutto se il capitolo è corto e poco interessante ma queste due settimane il mio paese era in festa e, se aggiungiamo impegni e imprevisti, non ho avuto un minuto libero.
Per farmi perdonare vi metto dei disegni, fatti da me (lo so non sono molto brava! XD ), rappresentanti alcuni personaggi incontrati nel corso dei capitoli: la ragazza delle pulizie (del 3°, 4° e 5° capitolo), il Dottor Bianchi (nel 4° e 5° capitolo;  spero di essere riuscita a dargli un aria da saccente antipatico), l’infermiera Ginevra (capitolo 3, 4, 5 e 8) e il POV ??? .


 
Il prossimo capitolo saremo nella mente di Holmes che... dove sarà finito?
Riuscirà a trovare qualche indizio sulla sua identità?
 
Vi informo che questa storia la troverete anche su Wattpad!
 
Ringrazio chiunque legge e/o recensisce la storia! =)
Perdonate anche gli evntuali errori presenti.
 
Baci baci e alla prossima Djaly! :*
 
Ps. Chi sta facendo il conto alla rovescia per Spiderman Homecoming? 
  Per caso avete problemi nel visualizzare i capitoli? Se si fatemi sapere!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***




CAPITOLO 9                               PRIMI INDIZI

 
CORMOLINO
 
MARTEDì 1 DICEMBRE 1891
 
ORE 7:59
 
POV HOLMES
 
Bianco.
Pareti che si restringono.
Dottori.
Bende.
Disinfettante.
Dottore.
Occhi chiari.
Siringhe.
Carrelli.
Occhi chiari.
Barche.
Aghi.
Occhi chiari.
Flebo.
Occhi chiari.
Dottore.
Occhi chiari.
Minestre.
Occhi chiari.
 
DON.
 
-NO! La minestra no!-
 
Mi sveglio di soprassalto.
Ahi, la schiena.
Il cuore batte furioso nel petto.
 
Che cos’era quel suono?
Ci stanno attaccando?
 
DON.
 
Una campana.
Volevo dormire ancora.
 
Che cosa è successo?
Chiudo gli occhi.
 
-FLASHBACK-
 
Apro le ante dell’armadio.
Sorrido.
 
Un abito da frate.
 
Perfetto.
 
Mi guardo attorno e lo prendo.
 
Lo indosso: la taglia è abbondante ma va bene.
Prendo gli abiti che avevo quando sono stato portato qui e li nascondo sotto la tonaca.
Lego stretta la cinta intorno alla vita, in modo da tenerli su.
Sollevo il cappuccio.
 
Esco fuori dalla cappella.
Mi volto e faccio un inchino.
 
Il corridoio è buio.
Mi dirigo verso le scale.
 
Le ferite e la testa mi fanno un po’ male.
 
Passo davanti all’infermeria.
Mi guardo attorno.
Nessuno in vista.
Entro.
 
Vedo la vetrina dove tengono i medicinali.
La apro.
Prendo bende, disinfettante e tutto il necessario per medicarmi.
Metto anche questi sotto l’abito talare.
 
Chiudo l’anta.
Sollevo lo sguardo.
Il vetro riflette la mia figura.
Abbasso il cappuccio e mi osservo, inclinando la testa.
 
Altezza: nella media.
Occhi: grandi, castano scuro.
Capelli: medio corti, castano scuro anche essi, ribelli.
Viso: barba incolta di qualche giorno, segno di un livido nell’occhio destro ormai quasi scomparso, vari graffi; una fasciatura sulla testa che copre la recente ferita, la causa della mia amnesia.
Mani: grandi e non curate; presentano macchie, graffi; contusioni recenti e passate. Calli sulle punte delle dita, più evidenti nella mano destra.
Età: sui 40 anni a giudicare dalle piccole rughe di espressione e dai primi capelli bianchi.
 
Mi avvicino, guardandomi negli occhi.
 
Niente.
 
Niente di tutti questi particolari raccolti in questa rapida occhiata mi dice qualcosa.
Nessun ricordo.
Nessuna informazione.
 
Un perfetto sconosciuto.
 
Abbasso lo sguardo.



Sospiro e sollevo il capo.
Tolgo la benda intorno alla testa e la getto via, mentre ispeziono il mio riflesso.
 
Ho una pancia enorme.
Adesso non sembra che l’abito mi stia grande.
 
Tiro su il cappuccio e do le spalle a quel volto senza nome.
 
Esco dalla stanza.
 
Sento dei passi.
 
L’infermiera del turno di notte.
 
Congiungo le braccia nascondendole sotto le maniche.
Abbasso la testa.
 
Mi vede e sobbalza -Oh siete voi.-
Schiarisco la voce -Buonasera, spero di non avervi spaventato.-
-No, si figuri. Buonasera a voi.- risponde la donna, il suo tono di voce ora è più tranquillo.
-Le auguro un buon lavoro signorina.- faccio per andarmene.
-Mi scusi,- mi blocco -come mai si trova qui a quest’ora della notte?-
 
Mi volto nuovamente verso di lei, il suo sguardo e la sua voce sono sospettosi.
La osservo.
Nonostante l’atteggiamento diffidente la ragazza è una persona sensibile, che si preoccupa per tutti.
Usare una spiegazione che faccia leva su questa sua debolezza.
Prendo un profondo respiro -Vedete… uno dei vostri pazienti ha richiesto la mia presenza per ricevere conforto spirituale. Mi rendo conto che è tardi ma… comprendetemi: come potevo negare il mio aiuto davanti alla preghiera di una persona che si trova in un momento di difficoltà e che riversa in gravi condizioni di salute?Quindi sono accorso subito qui.- la guardo: ogni traccia di sospetto nei miei confronti è scomparsa, sostituita da un velo di preoccupazione -Spero di non aver agito in modo sconveniente.-
-No, no assolutamente. Avrei fatto la stessa cosa al suo posto.- mi risponde comprensiva.
Noto che non mi chiede il nome del paziente, probabilmente sa che non glielo potrei rivelare per il segreto professionale.
-Ora è più opportuno che torni al convento. Che la pace sia con voi, signorina.-
-La ringrazio, Padre. Altrettanto a voi.- dice voltandosi e continuando il giro.
 
-FINE FLASHBACK-
 
Apro gli occhi.



Ora ricordo.
 
Mi guardo intorno.
Dove mi trovo?
 
Panche di legno scuro messe in fila.
Statue di Santi.
Grandi finestre alle pareti.
Affreschi e decorazioni.
Pavimenti lucidi e scomodi per dormire.
Un altare in fondo alla stanza.
Una campana che scandisce le ore.
 
-FLASHBACK-
 
Freddo.
Tanto freddo.
Stringo di più le braccia davanti al petto.
Devo trovare un rifugio per dormire stanotte e nascondermi.
 
Opzioni.
 
Prima.
Chiedere ospitalità nel convento poco distante dall’ospedale.
 
No.
 
Anche se indosso un abito da frate, capirebbero subito che non appartengo al loro ordine e darebbero l’allarme.
 
Seconda.
Introdurmi furtivamente nel convento.
Le ferite non me lo permettono, i cancelli sono troppo alti e se mi scoprissero, darebbero l’allarme.
 
No.
 
Terza.
Recarmi in una locanda.
Non ho denaro.
 
Mi guardo intorno.
Le strade sono deserte.
I pochi lampioni rischiarano le vie divorate dal buio.
 
Continuo a camminare per minuti, forse ore.
La testa ricomincia a pulsare.
Inspiro ma l’aria gelida non fa che aumentare il dolore.
 
Inciampo e cado.
Le ginocchia sfregano il terreno.
Il tessuto dell’abito talare è grosso, protegge la pelle.
Nessuna ferita.
Ma fa male comunque!
 
Sollevo lo sguardo.
 
-INTERRUZIONE FLASHBACK-
 
Una Chiesa.
 
-CONTINUO FLASHBACK-
 
Mi avvicino cauto all’entrata secondaria, nascosta a sinistra della costruzione.
-Speriamo che sia aperta. Speriamo che sia aperta. Speriamo che sia aperta.- mormoro sottovoce mettendo una mano sulla maniglia e una sulla superficie di legno.
Spingo.
Si apre.
-Si!- esclamo contento.
La porta emette un cigolio sinistro.
Mi guardo intorno: nessuno in vista.
Entro.
 
-FINE FLASHBACK-
 
Dopo aver medicato le ferite, mi sono appisolato sul pavimento in un angolo nascosto della Chiesa, dietro ad un pilastro.
Le campane hanno smesso di suonare.
Otto rintocchi.
 
Fuori il sole non è ancora alto ma la luce entra dalle finestre rendendo l’ambiente intimo e accogliente.
 
La testa pulsa ancora, meno di ieri.
 
Tiro fuori i miei vestiti da sotto l’abito talare.
 
Eleganti.
Buona fattura.
Ci sono perfino dei guanti bianchi.
Rovisto nelle tasche.
 
Cenere e tabacco.
 
Guardo all’interno della giacca.
 
Orologio da tasca.


 
Mhh.
 
Lo apro.
 
Il vetro è rotto.
Le lancette sono ferme e storte.
Una caduta considerevole o un forte colpo.
Ci sono incise delle iniziali.
 
S.H.
 
Il mio nome.
Sollevo il capo.
Ci sono decine di possibilità.
 
Escludo nomi italiani.
Ho l’accento inglese.
 
Continuo a rigirare la giacca tra le mie mani.
Un momento.
 
Una tasca interna.
Ma non è cucita come l’altra dove ho trovato l’orologio.
Non ha rifiniture, è strappata.
È stata creata all’ultimo momento.
Per nascondere qualcosa.
 
Ma cosa?
 
Sento dei rumori.
Qualcuno sta entrando in chiesa.
Prendo tutti gli effetti personali e i medicinali mettendoli sotto l’abito.
Stringo la cinta per tenerli su.
Alzo il cappuccio.
Mi dirigo silenziosamente verso l’uscita secondaria da cui sono entrato.
 
Apro la porta ed esco.
Il freddo mattutino mi accoglie.
Il sole non è ancora arrivato ad illuminare questa zona, che resta nella penombra.
Un crampo allo stomaco mi costringe a piegarmi in due dal dolore.
La testa gira e pulsa.
Faccio qualche passo.
Un’altra fitta mi costringe a terra.
Mi porto le mani al ventre, che comincia a brontolare.
Fame.
Sospiro.
Non mangio da ieri a pranzo.
Mi sono rifiutato di mangiare quella sottospecie di brodaglia che loro chiamano minestra.
Appena ho potuto ho aperto la finestra e l’ho dato agli uccellini.
Hanno apprezzato più di me.
Mi stendo su un fianco nella ghiaia.
La vista si annebbia.
Le orecchie fischiano.
Mi sento debole.
Stringo gli occhi.
 
Sento dei passi, si stanno avvicinando.
Tento di alzarmi e di andarmene, inutilmente.
Un’altra fitta.
Mugugno in segno di lamento.
 
-Mi scusi, sta bene?- dice lo sconosciuto.
 
Apro gli occhi.
È tutto molto sfocato.
Vedo solo degli stivali neri.
 
-Padre, mi sente? Vi sentite male?-
 
A quanto pare mi ha scambiato per un frate.
Sento che si inginocchia.
Mi tira su e mi fa poggiare la schiena al muro.
Posa una mano sulla fronte.
È fresca, da sollievo.
 
-Non avete la febbre.- dice mentre io continuo a tenermi il ventre. -Scusatemi… Avete fatto colazione?- chiede notando sicuramente il mio gesto.
Scuoto la testa.
 
-Ora capisco.- lo sento rovistare qualcosa. -Tenete, vi farà bene.-
Apro lievemente gli occhi.
La sua voce è camuffata dalla sciarpa a quadri marrone e nera che gli copre la bocca.
Una nuova fitta mi costringe a serrare le palpebre.
 
Sento qualcosa posarsi sulle mie mani, il vapore caldo e un odore dolce e invitante solleticano il mio viso e il mio olfatto.
Bevo: cioccolata calda.
Buona!
Dopo qualche sorso mi sento subito meglio.
 
-Vi ringrazio.- dico in un sussurro.
 
Sento che lascia un sacchetto accanto a me.
-Questo è per voi.- resta in silenzio qualche secondo e poi riprende -Devo andare, mi aspettano al lavoro. Serve che chiami qualcuno per aiutarvi?-
 
-No, vi ringrazio. Sto bene.- prendo un profondo respiro -Siete stato molto gentile. Che la pace sia con voi.- concludo.
 
-Vi ringrazio, Padre. Abbiate cura di voi.- dice alzandosi.
Apro gli occhi, ancora appannati.
Lo vedo allontanarsi di tutta fretta.
 
Cappello nero.
Sciarpa a quadri nera e marrone.
Cappotto pesante nero.
Pantaloni marron scuro.
Stivali neri.
 
Gira l’angolo.
 
Prendo il sacchetto adagiato accanto a me.
Emana un odore di zucchero, semi di girasole, latte, fritto.
Lo apro.
Sollevo lo sguardo verso il punto in cui è scomparso lo sconosciuto.
Non ci credo.
Ciambelle!
 
 
 
POV ???
 
È stato un po’ difficile trovarlo.
Per fortuna non si è messo nei guai.
Dovevo aspettarmelo che non aveva toccato cibo.
Mi stringo nel cappotto.
E adesso al lavoro.
 
 
ORE 13:00
 
POV HOLMES
 
Mi sono dovuto nascondere in un vicolo abbandonato.
 
Se restavo seduto sul ciglio della strada a riflettere, ogni tanto qualcuno si fermava per donarmi qualcosa: cibo, acqua, soldi.
Che situazione imbarazzante.
Cercavo di rifiutare gentilmente, invano.
 
Alcuni poi mi hanno chiesto di dargli una benedizione.
Sospiro alzando gli occhi al cielo.
 
Mi siedo.
Prendo un panino, donatomi da un’anziana signora dall’atteggiamento piuttosto insistente.
Mi ha persino pizzicato la guancia!
Mi porto la mano sulla parte lesa.
La sento ancora dolorante.
Mordo la pagnotta.
Bene.
 
Punto della situazione.
 
Conosco le iniziali del mio nome S. H.
Sono inglese.
Un fumatore.
Una persona agiata.
Ma ho combattuto a mani nude, varie volte.
Ho nascosto un oggetto in una tasca interna creata all’ultimo momento.
Sono caduto o sono stato colpito.
Ma non derubato.
Ho a che fare con agenti chimici e lavori manuali.
 
Do un altro morso al panino e bevo un sorso di acqua.
 
Chi sono?
Dove lavoro?
Sono un uomo facoltoso?
Un chimico?
Un malfattore?
Un pugile?
Un carpentiere?
Un suonatore?
Perché mi trovo in Italia?
Cosa mi è successo?
 
Finisco il panino.
 
E di chi sono quegli occhi azzurri che ho sognato anche stanotte?
 
Ho più domante che risposte.
 
Partiamo dal nome.
Quale potrebbe essere?
 
Scott?
Troppo comune.
 
Steve?
Non mi piace.
 
Sebastian?
Sembra il nome di un maggiordomo dei romanzi gialli.
 
E se iniziasse con la H?
 
Harry?
Troppo sofisticato.
 
Henderson?
Nooo.
 
Sbuffo e mi alzo in piedi.
Spazzolo l’abito, tiro su il cappuccio.
Porto le mani dietro la schiena e ricomincio a camminare.
Vediamo un po’ che cosa offre questa cittadina.
 
Nel mentre… inspiro dal naso… continuiamo a pensare ai nomi.
Anzi… Passiamo ai cognomi!
 
Smith?
Naaah… Troppo da spia.
 
 
___________________________
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO                   19 LUGLIO
TERMINE MASSIMO                26 LUGLIO
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!! =D
Come va?
Qui c’è un caaaaaldo boia!
Come vi avevo anticipato il POV Holmes è tornato.
Avevate capito come era riuscito a fuggire?
Come potete vedere il nostro amato Sherlock sta raccogliendo indizi.
Riuscirà a ritrovare la sua identità?
Ricordo che questa storia potete trovarla anche su Wattpad! =)
 
Grazie a tutti voi che leggete questa storia (il primo capitolo ha 115 visualizzazioni! Grazieee!!! <3 ), grazie anche a chi lascia una recensione!
Fatemi sapere cosa ne pensate! =)
 
Nel prossimo capitolo Holmes ci sarà un po’ di azione (speriamo bene)… ma non vi dico altro! :P
 
Alla prossima!! :*
Baci baci Djaly! :*


PS. Chi ha trovato Spiderman Homecoming STREPITOSO alzi la manooooo!!! <3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***




CAPITOLO 10                                  MATRIMONI E PRIMI GUAI (parte 1)
 
CORMOLINO
MARTEDì 1 DICEMBRE 1891
 
ORE 23:59
 
POV ???
 
È stata una giornata faticosa.
Il lavoro e stare dietro a Holmes.
Il suo travestimento gli ha permesso di ricevere in dono cibo e denaro.
Ho contribuito anche io.
Per oggi ha viveri a sufficienza.
Ma non posso sempre intervenire.
Non posso sempre intromettermi.
A volte, purtroppo, devo lasciare che il destino faccia il suo corso.
Ma cercherò comunque di dare una mano se mi è possibile.
 
Mi sdraio sul tetto di una casa e osservo il cielo stellato.
Pace a tranquillità mi avvolgono, oltre al freddo.
Un ricordo della giornata attraversa la mia mente.
Scoppio a ridere.
La signora che pizzicava la guancia di Holmes.
 
Memorabile!
 
 
MERCOLEDì 2 DICEMBRE 1891
 
ORE7:59
 
POV HOLMES
 
Bianco.
Sono nuovamente in ospedale.
Sbuffo.
E basta!
Attraverso il corridoio.
Varie porte mi circondano.
Ognuna di loro ha un’iscrizione sopra, una targhetta.
 
Nome.
Lavoro.
Famiglia.
Amici.
Ricordi.
 
Tento di aprire ogni porta, inutilmente.
Sono chiuse.
Non c’è nemmeno la serratura.
 
-È inutile che ci provi.- dice una voce.
 
Mi volto.
Uno specchio si staglia davanti a me.
Riflette la mia figura.
Mi avvicino.
 
La mia immagine è nuda, senza nessuna ferita.
Mi guarda ghignando.
 
-Chi siete?-
 
-Nessuno. Proprio come te.-
 
-Non è vero.-
 
-Si… Sei nessuno. Non esisti.-
 
-Vi sbagliate. Scoprirò chi sono.-
 
Ride di me.
 
-Illuso. Lo hai visto anche tu. Nessuno ti sta cercando. Nessuno si sta preoccupando per la tua assenza.-
 
Lo guardo negli occhi.
Sono azzurri.
 
Quegli occhi.
 
-Voi non siete me! Ditemi il vostro nome!-
 
La figura sparisce.
Tutto si fa nero.
Rimangono solo quegli occhi azzurri che mi guardano.
 
-Tu sei niente per me!-
 
 
DON
 
Apro gli occhi.
Di nuovo quello sguardo.
Ma a chi appartiene?
Sento un peso all’altezza del petto che mi opprime.
 
-Tu sei niente per me!-
 
Cosa significa?
 
Strofino gli occhi e sbadiglio rumorosamente.
Allungo i muscoli doloranti, guardando le panche della chiesa alla mia sinistra.
 
Ieri sera un gruppo di donne ha lustrato da cima a fondo la Chiesa.
Erano coordinate, precise.
La divisa uguale per tutte, perfetta.
 
Un’agenzia di pulizie.
 
Troppo per una normale routine.
A meno che non sia in programma una funzione importante… un matrimonio!
Piuttosto inusuale in questo periodo dell’anno sempre che… non si debba nascondere una gravidanza.
E la coppia in questione è anche molto benestante.
 
Ne ho approfittato per dare un’occhiata più approfondita su questa cittadina.
 
Cormolino.
2500 abitanti circa.
Circondata da un muro in pietra, con varchi a Nord, Sud ed Est.
Bagnata dal Lago Maggiore ad Ovest.
Strade larghe ma polverose.
Popolazione: soprattutto allevatori, bottegai e locandieri.
Popolazione benestante: inferiore al 10%.
Questo spiega la presenza di pochissime automobili.
Mezzo di trasporto usato: soprattutto cavalli.
 
Ho scoperto una certa repulsione verso quegli esseri a quattro zampe.
 
Una Chiesa.
Una banca.
Un ospedale.
Un orfanotrofio.
Una stazione dei carabinieri.
E tanti altri mille dettagli che non ho voglia di elencare e che non mi riguardano.
 
In tutto questo nessun annuncio o notizia di scomparsa che possa ricollegarsi al sottoscritto.
 
Nessuno ti sta cercando. Nessuno si sta preoccupando per la tua assenza.
 
Una nuova fitta al petto.
Perchè?
 
Un rumore interrompe i miei pensieri.
Hanno bussato al portone della Chiesa.
 
L’anziana perpetua va ad aprire.
-Oh, buongiorno.-
 
Mi nascondo meglio tra le panche.
 
-Prego entrate.-
 
Osservo l’uomo sulla cinquantina fare il suo ingresso, seguito da una ragazza e due garzoni.
 
Il fioraio della via principale: frequentatore di bar soprattutto la notte, ottimo intenditore di vino, pessimo giocatore a carte, sguardo attento, mani forti ma delicate nei modi solo con i fiori, è capace nel suo lavoro… ma il dolore che porta lo acceca da 25/30 anni.
Vedovo ma porta ancora la fede.
 
La ragazza al suo fianco, ha il suo stesso modo di camminare, sbilenco a destra, stesso modo di fare dolce, stesso naso a patata, gli occhi, tristi, dolci e scuri, li ha presi dalla madre.
Sua figlia.
La moglie è morta di parto.
Lui la incolpa di questo.
 
-Come saprete la cerimonia inizierà alle 10.- informa la signora precedendoli con passo lento.
-Non si preoccupi, faremo in tempo. Forza al lavoro.- esclama l’uomo.
 
Mi nascondo nuovamente.
Meglio andarsene e tornare una volta finito.
 
 
ORE 10:15
 
Osservo, sbuffando, la scena nascosto dietro ad una colonna, sempre con l’abito da frate.
Non ho nient’altro da fare.
La Chiesa è gremita di gente, ovviamente, elegante e composta.
Parenti, amici, banchieri, avvocati, dottori.
Il 70% degli gentiluomini è annoiata, si guarda attorno senza nessun interesse o scambia quattro chiacchiere, su politica, lavoro o altro, con il proprio vicino per passarci il tempo.
L’argomento del cicaleccio delle signore invece è solo uno: l’abito della sposa.
Le donne, con i loro cappelli dalle forme e colori più svariati, sono emozionate e impazienti, sedute nelle panche, scalpitano sul pavimento agitate e irrequiete.
 
Serpeggia lievemente tra la folla, il sospetto che la giovane signorina sia in dolce attesa, come avevo già supposto.
 
Lo sposo si mangia le unghie e sorride, sotto lo guardo contrariato della madre.
È agitato.
È l’unico l’uomo nella sala ad essere contento.
 
L’organo inizia a suonare la marcia nuziale, interrompendo il brusio all’interno della sala.
 
Finalmente la sposa, vestita di bianco, accompagnata a braccetto dal padre, fa la sua comparsa all’ingresso della Chiesa, illuminata alle spalle dal sole invernale che riscalda la giornata.
 
Vengono anticipati da sei damigelle d’onore e da due coppie di paggetti.
Subito dietro quattro bambine, vestite di bianco e con una coroncina di fiori in testa, spargono petali di rose per tutta la navata.
 
Una fitta alla testa.
 
Tutti si alzano e si voltano ad ammirarla.


 
La ragazza emozionata avanza lentamente verso il suo amato.
Stringo gli occhi.
 
Qualcuno mi tocca la spalla e mi sveglio.
Di già?


 
Spalanco le palpebre.
Ricordo un matrimonio.
 
Non era il mio.
 
Non riesco a focalizzare bene i volti.
Sono sfocati.
Le immagini troppo veloci.
 
La sposa, il cui viso è coperto dal candido velo, e il padre si fermano davanti allo sposo.
Il signore cede la mano della figlia al giovane, scoccandogli un’occhiataccia.
 
Mascella contratta.
Muscoli tesi.
La mano che stringe dolorosamente quella del ragazzo, a giudicare dalla sua espressione.
 
Vorrebbe ucciderlo.
 
Trattengo a stento una risata.
 
La sposa è felice.
I suoi occhi brillano, il sorriso sul suo volto si fa ampio.



Di riflesso anche il suo amato sorride, sincero e rapito dalla sua bellezza.
 
Lei, a giudicare dalla lucentezza della pelle, il seno più prosperoso e il leggero rigonfiamento al ventre che però passa inosservato grazie al vestito, è in dolce attesa ma i due sposi si amano veramente.
 
30 minuti dopo
 
Sbuffo.
Che tedio!
Il parroco non finisce più il suo monologo!
Neanche fossimo a teatro.
Avessi saputo avrei fatto un pisolino.
 
10 minuti dopo
 
Mi sveglio di soprassalto.
Mi sono addormentato in piedi contro la colonna.
Inspiro rumorosamente, trattenendo un rumoroso sbadiglio, e guardo davanti a me.
Oh finalmente lo scambio degli anelli.
 
Il giovane recita la sua promessa e fa scorrere il cerchio d’oro sull’anulare sinistro della sua amata.


 
Distolgo lo sguardo.
Un peso si forma all’altezza del petto.
Scuoto la testa confuso.
 
Cosa sono questi ricordi?
E perché mi sento strano, infastidito?
Di chi era quel matrimonio?
 
20 minuti dopo
 
Mi riscuoto dai miei pensieri che la cerimonia è quasi terminata.
 
Il sacerdote benedice la folla e gli sposi.
 
-… Vi dichiaro marito e moglie. Ora può baciare la sposa.-
 
Lui solleva il velo della sua amata, la guarda innamorato, lei gli sorride con gli occhi lucidi.



Si avvicinano lentamente.
Lui si china e chiude gli occhi.


 
Mi volto, ancora appoggiato alla colonna.
Il petto dolorante.
La gola stretta in una morsa.
Sistemo il cappuccio e me ne vado, uscendo dalla porta secondaria.
Alle mie spalle lo scrosciare degli applausi.


 
Perchè mi sento solo?
 
 
_____________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO                  2   AGOSTO
TERMINE MASSIMO               10 AGOSTO
 
Angolino dell’Autrice
 
Eccomiiiii!!!! =D
Oddiooooo!! Siamo già al decimo capitolooooo!!
Questa è la prima parte di un capitolo abbastanza lungo…
Il nostro Holmes si ricorda di un matrimonio… e noi sappiamo benissimo di chi.
Spero di riuscire a terminare la seconda parte il più presto possibile.
Buone vacanze a tutti!
Grazie a tutti voi che siete arrivati fino a quì, che leggete e recensite.
Se avete qualche consiglio o se secondo voi c’è qualcosa da migliorare fatemi sapere!
 
Baci baci Djaly! :*
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***





CAPITOLO 11    MATRIMONI E PRIMI GUAI (PARTE2)

 
POV HOLMES
CORMOLINO
 
Ore 19:00
 
Mi sento costretto in questi abiti eleganti.
Mi trovo nell’unico ristorante, che si possa definire di lusso, a nord del paese.
Al ricevimento del matrimonio dei due neo-sposini.
Ancora in corso.
Dalle 12 di questa mattina.
 
Farmi passare per uno dei tanti cugini di secondo grado, della moglie dello zio dello sposo, è stato semplice e sufficiente per imbucarmi e passare inosservato.
 
Tutto per cercare di ricordare altri particolari della mia vita.
Ma niente.
Sono tra 150 invitati, gentiluomini e nobildonne ipocriti, da ore, senza aver ricavato nulla di importante se non mille dettagli inutili.
 
C’è chi percuote la propria moglie ogni giorno e oggi la sfoggia come se fosse il suo cimelio più prezioso.
Chi pensa solo al suo tornaconto.
Chi ostenta ricchezza ma è sull’orlo del fallimento e ha dovuto vendere la collana di rubini della moglie per pagare i debiti alla banca.
Chi predica principi di grande moralità ma la getta alle ortiche alla prima occasione.
Chi si vanta di partecipare ad eventi di beneficienza, per poi voltare la faccia al sangue del proprio sangue che chiede aiuto.
Chi elogia il proprio commensale ma in fondo lo detesta con tutto se stesso.
Chi lancia sguardi languidi al/alla proprio /a amante posto all’altro lato della sala.
Chi si sta mangiando le unghie dalla rabbia perché ancora innamorata dello sposo.
Chi propone affari vantaggiosi, sicuri quanto un bicchiere di vetro posato nell’angolo di un tavolo durante un terremoto e falsi quanto la collana di rubini, sopracitata, che la signora ad ore undici, senza saperlo, sfoggia con fierezza.
Menzogne su menzogne.
 
Peccato non sia presente camice bianco.
Mi sarei divertito un po’.
 
Tempo dopo
 
Sbuffo.
Chiudo gli occhi e inspiro dal naso.
I secondi, i minuti e le ore passano lente.
Voci e chiacchiere assordanti, ripetitive e noiose.
 
Invidia per il vestito.
Politica.
Commozione per la cerimonia.
Chi elogia il proprio figlio, esclamando che è “tale e quale al padre”. Ancora.
Lamentele per il cibo.
Lavoro.
Elogi per la pettinatura della sposa.
Lamentele per la data scelta.
Elogi sul vestito e/o accessori degli invitati.
Pettegolezzi.
Confronto con altri matrimoni.
Spiegazione su pro e contro sull’essere sposati.
 
Spalanco gli occhi.
Un momento.
Questo suscita il mio interesse.
Sorseggio il mio bicchiere di vino.
 
Un gruppo di sei gentiluomini alla mia destra discute amichevolmente con il neo-sposo.
 
-Amico avete commesso una scelta terribile. Pensateci: niente donne, niente uscite…-
-Nessuno svago!- interviene un altro.
-Parlate così perché non avete ancora incontrato lei…- li interrompe il protagonista di questo ricevimento -Lei, che con la sua presenza, riempie quella parte vuota della vostra esistenza e del vostro cuore… che fino ad allora non sapevate di aver bisogno.-
-Ooooooh!- esclamano in coro i suoi amici.
 
Li osservo.
 
-Avete sentito?- ride il ragazzo biondo e appena maggiorenne, ha sempre lo sguardo, concentrato e professionale, su ogni pietra preziosa presente nella sala; figlio di un gioielliere.
-Signori, l’abbiamo perso!- Neo-dottore. Pessima battuta.
-Che fine ha fatto il Paolo che correva dietro a tutto ciò che indossava una gonnella?- unghie curate ma sporche di nero; un banchiere.
-Che una relazione non durava più di un mese?- sguardo altezzoso, valigetta nera al suo fianco; un avvocato.
-Che scommetteva in quanti giorni o ore riusciva a strappare un bacio ad una fanciulla?- figlio di un imprenditore.
-E vinceva sempre…- mormora un ragazzo dai capelli scuri con stizza, alla mia destra. I suoi occhi fiammeggiano. Nessuno se ne accorge. Il, geloso, migliore amico dello sposo.
-E a cui chiedevamo consigli per far capitolare tutte le dame?- finisce il più giovane del gruppo, che aveva dato il via a questa serie di domande.
Paolo scuote la testa -È cambiato amici miei. Lei mi ha cambiato, in meglio.- Si volta per guardare la sua amata, dall’altra parte della stanza, intenta a chiacchierare con le damigelle -Gioia è la mia luce, la mia ancora, le mie fondamenta.-
Tutti lo guardano stranito.
-Mi state preoccupando.- scuote la testa il banchiere.
-Non siete in voi.- commenta l’azzeccagarbugli guardandolo con… inquietudine. -Non potrete più svagarvi. Vi comanderà a bacchetta. Guardate noi! Liberi come l’aria.-
 
Un flash.
 
-Perché mi sta fissando con tanta inquietudine?-
-Sono così preoccupato… la sua vitalità è stata prosciugata. Il matrimonio è la fine mi creda.-
-Io la vedo come un inizio.-
 
La testa pulsa.
Stringo gli occhi.
 
-Armageddon.-
-Rinascita.-
-Limitazione.-
 
-Non potrete andare avanti così per sempre.- sbatto gli occhi e rialzo lo sguardo verso lo sposo -Per cosa? Arrivare, soli, ad un certo punto della propria esistenza e scoprire di non aver fatto nulla. Di non aver lasciato un’impronta. E scoprirsi insoddisfatti, irrealizzati. Bisogna maturare. Cercare quella metà della mela che ti completi, che ti capisca. Creare una stabilità.
 
-Struttura.-
-Sottostare ad una donna.-
 
Una famiglia.
 
-Essere in una relazione stabile. La vita matrimoniale. La possibilità di una famiglia.-
 
E io non riesco ad immaginare una’altra persona con il quale passare il resto della mia vita, realizzare i miei sogni, godere dei successi, superare le difficoltà di ogni giorno ed invecchiare, se non lei.- dice lo sposo.
Tutti ammutoliscono.
 
-Chi vuole morire da solo?-
 
-Ma questo non vuol dire che ogni tanto una sbronza non ci stia.- esclama con un sorriso -Se si arrabbierà… Saprò farmi perdonare.- termina con un’occhiata maliziosa.
Tutti esultano in coro felici.
-Ecco il nostro Paolo!- esclama il dottore.
Il ragazzo accanto a me si alza e si avvicina allo sposo -Amico mio, è bizzarro sentirti parlare con così tanto trasporto di una donna. Ma mi fa piacere vederti felice. Ti auguro il meglio.- conclude abbracciandolo.
-Grazie amico! Spero che anche tu, un giorno, possa provare la mia stessa felicità Fabio.-
A queste parole sul viso del ragazzo, non visto, compare una smorfia. Rabbia repressa.
-Continuo ad essere del parere che essere scapoli sia la cosa migliore.- borbotta l’avvocato.
 
Stringo il naso con il pollice e l’indice.
-E voi? Cosa ne pensate?-
Si girano verso di me.
Attendono in silenzio mentre intorno a noi regna ancora il caos.
 
-Nessuno vuole morire da solo.- dico fermo.
 
Mi guardo intorno.
Sbuffo dal naso.
Sono stato ad un matrimonio.
Cosa potrei fare per ricordare ancora?
Un discorso?
Non mi entusiasma molto l’idea ma a mali estremi.
Mi alzo in piedi, mentre il gruppo continua ad osservarmi senza dire una parola.
 
Prendo una posata facendola tintinnare leggermente al bicchiere di vino ancora mezzo pieno.
Tutti ammutoliscono.
Tutta l’attenzione è su di me.
Sorrido sbattendo le palpebre.
 
-Scusate l’interruzione vi ruberò solamente pochi minuti per fare le mie più… sincere congratulazioni ai bellissimi sposi. Non sono bravo con i discorsi ma credo che in questi casi si dica: vi auguro una vita piena di felicità e tanti figli maschi.-
Gli invitati sorridono divertiti.
Niente ricordi.
Quindi non ho fatto nessun discorso.
Sospiro e sollevo il calice -Agli spos-
-Ehi amico… Tutto qui?- mi interrompe un signore in fondo alla sala, provato dall’alcool -Vogliamo un beeeeel discorso… pieno di auguri e… indimenticabile!-
 
Sbatto le palpebre.
Un discorso indimenticabile, eh?!
 
-Bene.- schiarisco la gola –Allora… io vi auguro che possiate realizzare i vostri sogni e lasciare l’impronta che tanto desiderate. E vi auguro di non diventare mai delle persone ipocrite, come i presenti in questa stanza.-
-Come scusi?-
-Auguro alle sei ex dello sposo di mettersi l’animo in pace e rassegnarsi, tipo lei, lei- indico varie ragazze sparse per la sala -lei, oh pardon sette! Si anche lei signorina, è inutile che si nasconda.
Al signore lì in fondo alla stanza, si lei, le consiglio di non accettare l’offerta dell’imprenditore alla sua destra, la porterà solo alla rovina.-
 
-Scusi- mi interrompe un uomo di quarant’anni con gli occhiali, alzandosi dalla sedia. La moglie tiene il capo chino, le mani tengono strette le maniche del vestito -come si permette di-
-Come si permette lei.- lo sovrasto con un tono di voce fermo e duro, posando il bicchiere -Dovrebbe vergognarsi e non sfiorare sua moglie neanche con un dito.-
Strabuzza gli occhi, rosso in viso -Non so di cosa-
-Taccia! Sa bene di cosa parlo.-
Si volta verso la consorte. -Tu- sibila furente.
-Guardi me, non la signora.- dico avanzando verso quest’ultima, aggirando diverse tavolate -Lei non ha detto niente; e come potrebbe? La osservi: è terrorizzata. E alla famiglia della ragazza in questione: ammiro il vostro coraggio di guardarvi ancora allo specchio nonostante siate a conoscenza della situazione.-
Un mormorio indignato si leva nella sala.
Mi volto verso la donna, le prendo la mano e porto il dorso alle labbra, senza toccarlo. -Spero che trovi un po’ di pace e qualcuno che la rispetti. Veramente.- Lei mi sorride per poi riabbassare lo sguardo. Le lascio la mano e i allontano continuando il giro tra i presenti.
 
-All’imprenditore la in fondo dovrebbe dire a sua moglie la verità, non solo sulla collana che attualmente porta addosso, ma anche del fatto che siete sull’orlo del fallimento. Si signora mi duole dirlo che tale gioiello è falso quanto il diamante che porta al dito la signorina alle mie spalle. Si proprio lei!-
-Impossibile! Quello è l’anello di famiglia, tramandata da madre a figlio o figlia da generazioni.- esclama la nuora della ragazza.
-Mi spiace contraddirla ma vostro figlio ha venduto il prezioso gioiello per pagare i debiti di gioco. Quello che avete sotto gli occhi è un eccellente falso del gioielliere di fronte a voi. Ottimo lavoro devo riconoscerglielo: solo un occhio molto esperto avrebbe potuto smascherarlo.-
-Non è possibile…- mormora la nonna del ragazzo, il viso pallido e il fiato corto.
 
-Dottore.- indico un uomo alla mia sinistra con gli occhiali e il papillon nero -Credo ci sia bisogno del suo intervento… penso stia andando in iperventilazione… o che stia avendo un infarto.- faccio per voltarmi ma torno indietro -Oh dottore, le consiglio di decidersi tra la signora con il cappello beige e quella con il fermaglio di zaffiri, non può continuare a tenere il piede in due scarpe.-
-Che cosa?- urlano le due donne in questione.
-Ops… non sapevano nulla? Mi perdoni.-
 
Mi allontano dal gruppo, in agitazione, tornando alla mia postazione -Quindi- riprendo in mano il calice di vino e voltandomi verso gli sposi poco distanti alla mia destra -vi auguro davvero di distinguervi da queste persone, di essere sempre sinceri con la persona che amate e di rispettarla, di non avere relazioni extra-coniugali- poso lo sguardo su alcuni dei presenti che si irrigidiscono sul posto; i loro compagni se ne accorgono e cominciano a chiedere spiegazioni, creando ulteriore caos -e di trovare la vera felicità… che siate di esempio!- concludo portandomi il bicchiere alle labbra -Oh! Paolo… se fossi in voi farei attenzione al suo migliore amico: è ancora risentito dal fatto che le abbiate portato via la ragazza che amava… -
-Cosa?- domanda lo sposo, sinceramente confuso.
Il ragazzo seduto accanto a me si irrigidisce e si volta verso di me, emettendo una risata, palesemente falsa -Ma che sta dicendo? Io innamorato?! È ridicolo!- continua sghignazzando; si volta verso lo sposo -Paolo. Non dargli ascolto…- le sue mani stringono la tovaglia.
 
-Voi eravate innamorato di lei, perdutamente, da anni. Non lo sapeva nessuno, eravate troppo orgoglioso e avevate paura di essere preso in giro dai vostri amici. Ma poi un giorno avevate preso il coraggio, avevate deciso di andare da lei e di dichiararvi. E lui invece ve l’ha portata via da sotto gli occhi. Lei è diventata solo un’altra delle sue conquiste. Anzi quella più importante visto che l’ha sposata.- Le nocche delle mani sono diventate bianche. -E dopo… quanto… tre? Cinque? Sette! Sette anni… siete ancora innamorato di lei…-
 
-È vero quello che dice?- chiede la sposa.
-Fabio, perché non mi hai detto niente?- dice Paolo -Amico… io…-
 
-NIENTE AMICO!- urla il ragazzo furente, sbattendo le mani sul tavolo -Non lo sei più da quel maledetto giorno! Me l’hai portata via. Hai portato via quella persona speciale di cui hai parlato tanto, la MIA luce, la MIA ancora… l’amore della MIA vita!- dice rovesciando la sedia e uscendo dalla sala, sotto gli occhi sbigottiti dei presenti.
 
-Lei è un impostore!- esclama un ragazzo in una tavolata di fronte a me. Molto giovane, sguardo fiero. Un tic alla gamba destra, nervosismo. -Come si permette di offendere con le sue dichiarazioni i rispettabili presenti in questa sala e di rovinare il ricevimento degli sposi?-
-Oh figlio mio, sono così orgogliosa di te.- lo elogia la madre alla sua sinistra. Ha gli occhi azzurri come lui. Nonostante il giovane non abbia ancora raggiunto la maggiore età, lei è molto avanti con gli anni, come il marito, seduto accanto a lei.
Il miracolo. Il figlio tanto atteso, dopo anni e anni di speranza infranta.
Guardo gli altri componenti della famiglia attorno a loro: cugini, cugine, sorelle di lei, fratello di lui. -Coraggioso tale e quale il padre.- continua la donna.
Sospiro. Ancora quella frase.
Nell’udirla la gamba destra, dell’ultimo menzionato della lista di parenti, sobbalza lievemente e china la testa, serrando la mascella.
-Suo marito non è il padre del ragazzo.- affermo sollevando gli occhi al cielo.
-Questo è troppo!- esclama il consorte in questione, alzandosi in piedi.
-Il ragazzo ha i lineamenti tipici del ramo della sua famiglia: il naso all’insù, le orecchie sporgenti e i quattro nei nella parte sinistra del collo. Ma voi avete gli occhi scuri. Il ragazzo invece li ha azzurri e-
-E allora? È un tratto che ha ereditato dal mio bis nonno. Non significa nulla!- ribatte nuovamente.
-Ha ragione ma vogliamo parlare di quella leggera malformazione al piede destro, come il vero padre, che gli conferisce quel passo leggermente incerto, o di quel tic nervoso alla gamba che ha quando è agitato. E non è un gesto che ha imitato perché, il signore in questione, non lo vede molto spesso a causa del suo lavoro, una volta ogni paio di anni. Anzi fate sempre in modo che lo incontri il meno possibile, è corretto signora?-
La donna abbassa lo sguardo.
-Ammetta che il padre del ragazzo è il fratello di suo marito.-
 
Un mormorio stupito di leva nella sala.
 
-Anna…- dice il vero padre del ragazzo -… allora è davvero mio figlio?-
La signora scoppia a piangere, portandosi le mani al ventre.
-Non è possibile.- mormora il consorte -MI HAI TRADITO?- urla paonazzo.
Sospiro -Non l’ha tradita…-
-STIA ZITTO!-
-È stata solo una notte…- racconta Anna tra i singhiozzi -Desideravamo tanto un figlio… Quella sera avevamo litigato per l’ennesima volta perché non riuscivo rimanere incinta, dicevi che era colpa mia e…-
-Signora non si deve sentire in colpa… è logico che non riuscisse ad avere un figlio visto che suo marito non è… prolifico.-
 
Un silenzio di tomba cala nella stanza.
 
L’uomo rosso in volto, salta sopra il tavolo, facendo cadere tutte le stoviglie per terra e dirigendosi furioso verso di me. Un gruppo di persone si para davanti a lui, placcandolo appena in tempo ad evitarmi un pugno in volto.
-LASCIATEMI ANDARE! L-LASCIATEMIIII!!!!!- sbraita furioso dimenandosi e cercando di avanzare verso di me.
 
Alzo il calice, voltandomi verso la mia sinistra -Agli sposi!- dico ingurgitando frettolosamente il vino e sotto gli occhi dei suddetti che mi guardano sconvolti.
 
Poggio il bicchiere sul tavolo e aggiro il gruppo di uomini che tentano di tenere l’uomo, ancora furioso, lontano dal sottoscritto.
Arrivo all’uscita della sala ed esclamo -Vi auguro un buon proseguiment- abbasso la testa di scatto per schivare un bicchiere, lanciatomi contro. -Come non detto!- affermo evitando un altro calice e varie posate.
 
Comincio a camminare nella notte, lasciandomi alle spalle urla e caos.
 
Sorrido.
 
Proprio un discorso indimenticabile.
 
 
_______________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO     1 SETTEMBRE
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti! =)
Come stanno andando le vacanze?
Io sono stra-piena!!
Perdonatemi per il ritardo e per questo capitolo un po’… ni…
In realtà doveva finire in un altro modo ma, per mancanza di tempo ho dovuto tagliare e quindi ci sarà una piccola terza parte che, se riesco, pubblicherò entro agosto, altrimenti ci rivediamo a settembre!
 
Ovviamente grazie a tutti voi lettori/lettrici e recensori!
Scusate eventuali errori o incomprensioni.
Baci baci Djaly! :*

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



CAPITOLO 12                  MATRIMONI E PRIMI GUAI (3 PARTE)

 
CORMOLINO
 
POV???
 
Spalanco le braccia.
Mi butto all’indietro sopra il tetto, senza fare rumore.
Le tegole, fredde, premono lungo la schiena dolorante nonostante il lungo e grosso cappotto.
Sospiro.
Che giornata.
Avanti e indietro, avanti e indietro.
 
E domani si ricomincia.
Sbuffo e incrocio le braccia dietro la testa, osservando il cielo.
Le stelle splendono regine del firmamento, non disturbate eccessivamente dalla presenza della luna, non ancora piena.
In lontananza il Lago Maggiore.
 
Chiudo gli occhi e rilasso i muscoli stanchi.
Holmes ha dato spettacolo ad un ricevimento nuziale.
Mi passo una mano sopra il viso, stringendo il naso tra pollice e medio.
Avrà anche perso la memoria ma… per quanto riguarda i guai, non li attira, li crea!
Calco di più il cappello sulla testa.
 
Sospiro.
Ma cosa mi è passato per la testa quel giorno quando ho-
 
Dolore.
Improvviso.
Alla testa.
Lancinante.
 
Nero.
 
Trattengo a stento un urlo.
Stringo gli occhi.
Scatto a sedere.
 
Un altro colpo.
Porto le mani al ventre.
Il fiato si fa corto.
 
Spalanco le palpebre.
Altro dolore.
Al petto.
Attraversa il corpo come una scossa.
Stramazzo al suolo.
Porto una mano alla bocca, mordendola per non gridare.
Ancora dolore.
 
Qualcosa scivola lungo il mio viso per andare ad infrangersi contro la sciarpa.
 
Mi tocco la guancia con le dita e poi le guardo.
Lacrime.
 
A fatica, e con una mano stretta al cappotto all’altezza del petto, mi rialzo.
Poso lo sguardo verso un punto ben definito del paese.
 
Inspiro l’aria tra i denti.
Stringo i pugni.
 
Che sta succedendo?
 
 
 
5 MINUTI PRIMA…
 
CORMOLINO (zona nord)
MARTEDÌ 1 DICEMBRE 1891
 
ORE 23:55
 
POV HOLMES
 
Informazioni raccolte:
Iniziali del mio nome: S. H.
Età: circa 40 anni.
Inglese.
Fumatore.
Persona agiata.
Combatto a mani nude.
Impiego: ignoto.
Lavoro con agenti chimici ed eseguo attività manuali.
Oggetti personali: orologio da taschino con le iniziali del nome, rotto durante l’impatto.
Causa del trauma subito: ignoto.
Oggetto nascosto dentro la tasca strappata del panciotto: ignoto.
Motivo del mio soggiorno in Italia: ignoto.
Ricordi: occhi azzurro intenso, un matrimonio (che mi provoca un certo fastidio), frammenti di conversazioni sull’accasarsi (anche questo è motivo di fastidio).
Identità della persona con gli occhi azzurri: ignota.
 


Giornata non proprio fruttuosa.
Sono ancora troppo lontano dalla soluzione.
Terribilmente frustrante.
 
Cammino.
Le mani unite dietro la schiena.
Passo regolare.
La terra sotto le scarpe che si solleva lievemente.
 
Mi guardo intorno.
Pochi i lampioni che illuminano le vie.
La luna non è abbastanza piena per rischiarare l’oscurità.
Cammino per le strade deserte di Cormolino, immerso nel buio della notte, come un’ombra.
 
Solo.
 
Nessuno vuole morire da solo.
 
Rabbrividisco.
L’effetto del vino rosso sta scomparendo.
Avverto l’aria fredda della notte che sfiora il mio volto e congela lentamente il mio corpo.
Accelero il passo.
Non vedo l’ora di tornare in Chiesa e togliermi questi abiti.
Porto una mano sul papillon sciogliendolo stizzito.
Apro i primi due bottoni della camicia.
La brezza gelida sbatte sul petto.
Tremo nuovamente ma sospiro.
Che sollievo!
Mi sento un pinguino.
Ma come fanno gli altolocati a sopportare tutte queste costrizioni?
E come facevo io a sopportarlo?
 
Imbocco un vicolo isolato alla mia sinistra.
Scorciatoia.
Tempo di arrivo ridotto di 5 minuti.
 
-Ehi damerino!-
Mi volto.
Una figura si staglia nell’ombra.
-Bel vestito damerino. Eri ad una festa, eh!?- continua lo sconosciuto.
 
Uomo.
Alto.
Scarno.
Età: dai 30 ai 35 anni.
Capelli lunghi, castani, lisci.
Viso affilato, senza barba.
Occhi scuri dal taglio allungato.
Mani fini, tremanti dall’impazienza e sporche.
Una cicatrice che parte dalla fronte e arriva all’orecchio sinistro attraversando la palpebra.
Parziale cecità all’occhio sinistro, leggermente spento rispetto all’altro.
Abiti logori con buchi da taglio.
La mano destra sfiora la rispettiva tasca dei pantaloni.
Sotto la stoffa un oggetto corto e lungo: un coltello a serramanico.
Destrorso.
Uno stuzzicadenti tra i denti gialli, per sostituire la sigaretta mancante.
 
Non proprio un tipo raccomandabile.
-Immagino fosse divertente.- continua l’uomo.
 
Sorrido -Movimentata. Ora se mi scusate…-
 
-Ehi, ehi, ehi amico! Perché non rimani con me a farmi compagnia?- mi chiede avvicinandosi.
 
Sogghigno sornione -In realtà farmi compagnia è l’ultimo dei vostri progetti su di me, visto che volete derubarmi. La devo deludere: non posseggo né soldi, né gioielli. Quindi…- tento di sorpassarlo.
 
Uno scatto metallico.
Un bagliore arancio, come la luce dei lampioni, mi acceca momentaneamente.
Il riflesso del mio mento sotto al naso.
Ha tirato fuori il coltello.
-Niente in contrario se controllo personalmente, vero?- mi sorride, facendo passare lo stuzzicadenti da una parte all’altra della bocca.
Spalanco le braccia -Prego.-
 
L’uomo comincia la sua ispezione con la mano sinistra.
Parte dalla tasche dei pantaloni.
Prima una e poi l’altra.
Passa alla giacca.
È meticoloso.
Sorrido -Non siate timido.-
-Siete spiritoso eh?- continua il balordo con la lama stretta in pugno.
Ridacchio, inclinando la testa -A quanto pare.-
 
Lo vedo accigliarsi e innervosirsi per non aver ancora trovato denaro o oggetti di valore.
-Anche qui non c’è niente…- mormora irritato.
Arriva alle tasche del panciotto.
Si illumina.
 
-Oh… che abbiamo qua?- esamina l’oggetto puntandomi il pugnale al petto -Un orologio da taschino…- lo apre e alza un sopracciglio -Rotto! Beh sempre meglio di niente. Bene amico, questo- lo sventola davanti al mio naso -se non ti dispiace, lo prendo io.-
 
Dare l’unico oggetto in mio possesso che possa, forse, dirmi ancora qualcosa sulla mia vita?
Assolutamente no.
 
Combatto a mani nude.
 
Assottiglio gli occhi.
 
Capacità fisiche del nemico: 90%
Capacità fisiche del sottoscritto: 40%
 
Resistenza del nemico: 85%
Resistenza del sottoscritto: 35%
 
Probabilità di uscirne intero da uno scontro fisico: abbastanza basse.
Idee da sfruttare: effetto sorpresa e velocità.
 
-Si amico, mi dispiace.- Con il braccio sinistro do un colpo veloce, dall’interno verso l’esterno, alla mano del balordo.
Il coltello vola dall’altra parte del vicolo, lontano da lui.
Carico e sferro un pugno sul naso, con la mano destra.
Crac.
Il ladro si porta una mano sul viso imprecando dal dolore.
Strappo l’orologio dalle mani dell’uomo e comincio a correre fuori dal vicolo, mettendo l’oggetto dentro la tasca del panciotto.
 
Dopo qualche secondo i muscoli cominciano a dolermi.
Le ferite si fanno sentire.
La testa pulsa.
Tutto comincia a girare.
Rallento.
Stringo gli occhi.
Mi do lo slancio con le braccia per mantenere l’equilibrio e la velocità.
Inspiro.
Riapro le palpebre.
Il mondo ha smesso di ruotare.
Bene.
Aumento la velocità.
 
Corro ancora per qualche secondo lungo la strada per poi imbucare un vicolo alla mia destra.
Arrivo in Chiesa a questa andatura previsto tra 7 minuti.
 
Nella mia mente appare un pensiero, che si stava concretizzando prima, ma che ho volutamente bloccato e ignorato.
Una variabile.
 
Il balordo non è tipo da lavorare da solo.
Ha una spalla.
Un aiutante che potrebbe essere nei paragg-
 
Nero.
Il mondo per qualche attimo si fa confuso.
Dolore.
Mi sbilancio all’indietro per la potenza dell’urto.
Mi appoggio al muro per non cadere.
La parte destra del mio viso prude.
 
Guardo davanti a me.
 
Uomo.
Abbastanza alto.
Robusto.
Capelli corti, biondi. Stempiato sul davanti.
Barba folta.
Tosse rauca. Fumatore e bevitore.
Indice mancante alla mano sinistra.
Ambidestro.
Sorriso inquietante, sdentato per lo più.
Un bastone di legno tra le mani.
 
Sorrido.
 
Ecco il compare.
 
-Mi stavo proprio chiedendo quando sareste arrivato.- mormoro portando una mano sul viso a tastare l’entità del danno.
Ahia.
Meglio non toccare.
 
Lo spilungone ci raggiunge.
Una linea rossa che cola dal naso.
Il coltello in mano.
 
Che coppia.
 
-Ti sei ferbato, bastardo.- dice sputando sangue e lo stecchino -Guarda cosa bi hai fatto!-
-Hai provato a scappare eh? Cosa avevi da nascondere eh?-
-Daaaah! Questo bastardo dod ha diedte, soltadto ud orologio rotdo.-
-Vuol dire che ci divertiremo un po’.- dice il compare facendo battere il bastone contro la sua mano ed avvicinandosi.
 
La testa gira.
La nausea sale lungo lo stomaco.
Stringo gli occhi.
Respira.
Lucido, devi rimanere lucido.
 
Combatto a mani nude.
 
Spalanco gli occhi.
 
Mi stacco dal muro e mi metto davanti a loro.
 
L’uomo basso carica il bastone cercando di colpirmi la testa.
Mi abbasso.
Colpisce il muro.
Mi alzo velocemente.
Calcio allo stomaco.
Va all’indietro.
Molla il bastone.
Si porta le mani al ventre.
 
 
Il più alto si scaglia contro di me, coltello in mano.
Mi scanso all’ultimo momento.
Allungo la gamba.
Gli faccio lo sgambetto.
Cade in avanti.
 
Mi volto.
Non riesco ad evitarlo.
Il barbuto corre a testa bassa verso di me.
Sbatte la testa contro il mio addome.
Mi prende di peso.
Mi scaraventa nel muro.
Batto la nuca.
Nero.
Nausea.
Dolore.
 
Porta le mani sul mio collo.
Mi aggrappo ai suoi polsi.
Digrigno i denti.
Annaspo in cerca di aria.
Ghigna.
I suoi occhi verde scuro a 30 centimetri dal mio volto.
Mi fa sbattere nuovamente la testa al muro.
Stringo le palpebre.
Nausea.
Nero.
 
Sempre tenendomi per la carotide mi scaraventa a terra.
Dolore.
Nausea.
 
Apro gli occhi.
 
Lo spilungone avanza con il coltello in mano.
 
Stringo i denti.
 
Sfiora la carotide con la lama.
Lo osservo.
 
-Dod breoccubarti daberido.- dice facendo scorrere la lama graffiandomi la pelle senza ferirla -Dod abbiabo iddenziode di sgozzardi.- stacca la lama dal collo e la osserva per qualche secondo. Brilla sotto la luce lontana dei lampioni. Lancia il coltello in aria per poi prenderlo al volo dal manico. Lo chiude con un movimento del polso e lo ritira -Sarebbe troppo facile e poco esilarante.- sferra un primo calcio facendomi rotolare -Vogliamo divertirci un po’ con te.-
 
Il compare prende il bastone.
Lo fa roteare tra le mani.
 
Calcio allo stomaco.
Gemo.
-Prendi questo.-
Colpo al petto.
L’aria mi esce dai polmoni.
Ridono.
Faccio leva sulle braccia.
Tento di rialzarmi.
-Ehi dove credi di andare?-
Colpo alle gambe.
Stramazzo a terra.
Porto le mani sul volto.
Calcio in faccia.
 
Dolore.
 
Bastonate.
Percosse.
 
Serro gli occhi.
Gemo ad ogni urto.
Un colpo di tosse mi spezza il respiro.
Sapore dolce e ferroso in bocca.
Sangue.
 
Probabilità di uscirne intero: quasi 0.
 
Combatto a mani nude.
 
Ma non so come fare.


I due balordi disegnati da me (perdonate gli orrori) XD
 
____________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO          
TERMINE MINIMO       10 SETTEMBRE
TERMINE MASSIMO    15 SETTEMBRE
 
Angolino dell’Autrice
 
Saaaalve a tuttiiiiii!!! =D
Eccomi sono tornata dopo un agosto veramente pieno e un leggero blocco!
Ogni parola che scrivevo non andava bene.
Quindi spero di non avervi deluso e non deludervi nei prossimi capitoli!
E a voi? Come sono andate le vacanze?
Passiamo alla storia!
Ecco l’aspetto che mi faceva abbastanza paura: i combattimenti!
Per adesso nulla di complicato solo un piccolo assaggio.
Spero di aver reso l’idea e di non avervi confuso le idee.
 
Prima di proseguire vorrei farvi la lista dei capitoli pubblicati. Vi consiglio di controllare se li avete letti tutti altrimenti potreste perdervi qualcosa e non capire più nulla.
 
CAPITOLO 1______________________________Game Over
CAPITOLO 2______________________________Respira
CAPITOLO 3______________________________Risveglio
CAPITOLO 4______________________________Nausee e accertamenti
CAPITOLO 5______________________________Visite Mediche Private
CAPITOLO 6______________________________7 Giorni
CAPITOLO 7______________________________Incubo In Bianco
CAPITOLO 8______________________________L’Ospedale Di Cormolino
CAPITOLO 9______________________________Primi Indizi
CAPITOLO 10_____________________________Matrimoni E Primi Guai (Parte 1)
CAPITOLO 11_____________________________Matrimoni E Primi Guai (Parte 2)
CAPITOLO 12_____________________________Matrimoni E Primi Guai (Parte 3)
 
 
Continuiamo con i Ringraziamenti.
 
Prima di tutto ringrazio i lettori (201 letture il primo capitolo) grazieeeee!!
Ringrazio anche
  • @book_addicted
  • @evuzzola
  • @Haibara Stark
  • @Kelian
  • @sonia1977
  • @LordPando
 
che hanno messo la storia tra le seguite.
 
Grazie a
  • @Newdark
  • LordPando
 
per aver messo la storia tra le preferite.
 
Mille grazie a
  • Kelian
  • Haibara Stark
  • sonia1977
  • LordPando a cui do il benvenuto in questa mia pazza avventura e lo ringrazio per aver notato un mio piccolo errore (scrivere 1981 invece 1891). Ho rimediato subito!
 
Che recensiscono sempre i capitoli.
 
 
Che dire: buona lettura e al prossimo capitolo!
Baci baci Djaly!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


AVVISO: PRESENZA DI LINGUAGGIO VOLGARE.


 
CAPITOLO 13                          PROTEGGERTI
 
CORMOLINO (ZONA NORD)
MERCOLEDì 3 DICEMBRE 1891
ORE 00:00
 
POV ???
 
Sono in piedi sul tetto, nell’ombra.
L’aria invernale che sfiora il mio viso.
 
La situazione è più grave di quello che pensavo.
 
Vittorio, detto Vic, lo sfregiato e Dario il dentista.
Due furfanti, residenti in Cormolino, la cui occupazione preferita è scontrarsi con ubriachi o altri malfattori, del paese e dintorni, e derubare i malcapitati, che si aggirano per le strade della cittadina di notte, quando perdono giocando a carte o scommettendo.
Holmes li avrebbe messi K.O. in pochi secondi.
 
Eppure ora è steso a terra.
I due torreggiano su di lui a suon di colpi di bastone e pugni.
 
Non reagisce, non si difende.
Sento ogni percossa che gli viene inferta; si propaga nel mio corpo come una scossa.
Sento il sangue.
La confusione.
La rassegnazione.
 
Stringo i denti.
I pugni così stretti da sentire la circolazione fermarsi.
Non dovrei intromettermi, sto già facendo troppo.
 
Ma lui è Sherlock Holmes.
L’ho protetto tante volte.
Ho promesso di proteggerlo.
Perché non dovrei farlo adesso?
 
Serro gli occhi.
Inspiro bruscamente dal naso.
L’aria fredda della notte entra, rovente, nei polmoni.
 
Altri colpi, altro sangue.
Un urlo strozzato.
 
Spalanco gli occhi.
 
No.
Basta!
Non posso stare ancora a guardare.
Mi avvicino al bordo del tetto.
Piego le ginocchia e faccio un paio di balzi verso il basso.
Tocco terra senza fare rumore, evitando pattume, assi di legno e bastoni posati al muro.
 
Una goccia di sudore scende lungo la schiena.
Le mani tremano per la tensione.
Schiena dritta.
Un passo dopo l’altro.
Lento, deciso.
 
Un altro urlo.
 
Mi fermo.
Un respiro profondo.
Schiarisco la voce.
 
-Adesso basta.-
 
 
POV HOLMES
 
Respiro corto.
L’aria si è ridotta dopo l’urlo.
 
La terra sfrega contro la mia guancia ad ogni colpo.
Ruvida, fredda.
Dei granelli si attaccano alla mia pelle sudata.
Sangue, saliva e polvere si mischiano dentro la mia bocca.
Sputo per liberarmi del sapore ferroso e amaro che ho nel palato.
 
Un altro colpo.
La testa pulsa.
Conati di vomito risalgono lungo lo stomaco.
 
Sollevo le braccia per proteggermi.
La spalla destra ha ricominciato a dolermi.
 
Le percosse non cessano.
Apro gli occhi.
Cercare qualcosa.
Qualsiasi cosa per difendermi.
 
Niente.
 
Un’ombra improvvisa.
Fulminea.
Cosa è stato?
Me lo sarò immaginato.
 
Un altro colpo di bastone, da dietro.
Alla spalla destra.
 
Dolore improvviso. [1]
 


Dolore lancinante.
 
Il vuoto sotto ai piedi.
Aggrappati. [1]


 
Stringo gli occhi.
 
Non devo mollare la presa. Devo resistere.
Il mondo gira. [1]


 
Urlo.
 
Il mio grido rimbomba.
Musica in sottofondo. Die Forelle. Franz Schubert. [1]


 
Un altro colpo.
 
La Trota.
Una voce maschile che racconta la storia. La canta. [1]
[1] DA Sherlock Holmes – Gioco di Ombre
 
Mi rannicchio ancora di più.
 
Un biglietto.


 
Venga subito quando le è più comodo.
Anche se non è comodo venga comunque. [1]


 
Apro gli occhi e una luce gialla li ferisce.
 
Luce. Bianca. Accecante. Un’alta costruzione. Un faro. [1]


 
Un altro colpo alla schiena che arriva anche alla testa. Serro le palpebre dal dolore.
 
Verrà.

Chi deve venire?
 
Deve venire.
 
Aiuto.
 
Dove siete? [1]
 
-Adesso basta.-
 
I colpi cessano.
Le orecchie fischiano.
Il suono mi arriva ovattato.
 
Una voce lontana.
 
Apro lentamente gli occhi.
Sfocato.
Grugnisco stringendo le palpebre.
Riprovo.
 
Una lunga ombra si staglia sul terreno.
La debole luce del lampione illumina la sua sagoma.
 
Cappotto lungo fino ai piedi nero.
Cappello nero.
Sciarpa e stivali.
 
-Vi ringrazio, Padre. Abbiate cura di voi.-[2]
[2] Dal Capitolo 9 – Primi Indizi
 
 
POV ???
 
-Adesso basta.-
 
Smettono di infierire su di lui e la loro attenzione si sposta su di me.
Bene.
 
-Che vuoi? Levati dalle palle.- dice Dario.
 
Alzo gli occhi al cielo.
Che linguaggio scurrile.
 
-Lasciatelo.- ordino con voce ferma, avanzando ancora.



-Ehi, dod sodo cazzi tuoi. Levati se dod de vuoi preddere adche tu.- mi ringhia Vic, ancora col naso rotto, ruotando il corpo verso di me.
 
Mi fermo e sorrido -Altrimenti?-
Scoppiano a ridere e procedono verso di me.
-Oh, ooooh! Abbiamo un tipo coraggioso qui.- esclama Dario sogghignando.
-O stupido. Cosa vorresti fare stecchido? Divedtare udo dei biei stuzzicadedti?- continua Vic, il cappotto blu scuro aperto, che svolazza ad ogni passo, lungo fino alle ginocchia.
 
Respira.
Concentrati.
 
Apro i bottoni del cappotto per agevolarmi nei movimenti.
Sistemo i guanti in pelle nelle mani.
Calco il cappello in testa.
Vedo Holmes guardarmi.
Respira affannosamente.
Coperto di lividi e sangue.
 
Distolgo lo sguardo e lo fisso sui due malfattori, ribadendo silenziosamente la mia posizione.
 
-Bede, lo hai voluto tu.- dice Vittorio.
 
Prende la rincorsa per sferrarmi un pugno frontale.
Con uno scatto piego, all’ultimo momento, le ginocchia.
Afferro le sue gambe, faccio leva con testa e schiena, e le sollevo verso l’alto, portandole dietro di me.
Prendo un profondo respiro: do una spinta e mi alzo in piedi.
Puff! Magro ma pesante!
Fa una capriola e finisce schiena a terra.
Lo sento rilasciare uno sbuffo strozzato a causa dell’impatto.
 
Velocemente, mi giro verso di lui per averlo di fronte e faccio qualche passo indietro.
 
-Ehi!- Dario tenta di afferrarmi, ma nella foga, prende la manica destra del cappotto.
Buona idea!
Tiro il braccio, ruotando di 360°, e mi spoglio dell’indumento lasciandoglielo tra le mani.
Il freddo della notte mi avvolge.
Lego meglio la sciarpa intorno al collo e porto le estremità dentro la giacca, in modo da non lasciarle penzolanti.
L’uomo, irritato, sbatte a terra il cappotto e prende il bastone.
Tenta di colpirmi una volta alla testa. Mi abbasso nuovamente.
Poi prova a colpirmi le gambe. Faccio un piccolo salto atterrando sul bastone, sbilanciandolo verso il basso, per poi, con un altro balzo, salirgli sopra la schiena, poggiando i piedi sul soprabito marrone.
 
Perde l’equilibrio e si ritrova con la faccia in terra.
Scendo dal suo dorso, guardandomi attorno.
 
-Attento!- grida con voce strozzata Holmes.
 
Mi volto di scatto, dietro di me, e vedo Vic avanzare rabbioso con un coltello.
Da un primo fendente, in orizzontale, e faccio appena in tempo ad indietreggiare: riesce a prendere la giacca facendo un taglio trasversale nella stoffa, sfiorando la sciarpa sottostante.
 
Lo guardo strabuzzando gli occhi e la bocca semi spalancata dallo stupore.
Prova un altro colpo e io balzo nuovamente all’indietro; questa volta non riesce a prendermi.
Lo vedo ritrarsi per attaccarmi frontalmente.
Mi sposto di lato e gli prendo il polso destro armato; tiro verso di me e, poi ruotando, glielo porto dietro la schiena. Stringo il suo braccio portandolo verso l’alto; dopo qualche secondo, gemendo, molla la presa sul coltello.
Prova a voltarsi e ad aggredirmi; lo prendo per il polso e, girando, lo lancio tra i rifiuti, facendo un fracasso infernale.
 
Vedo la lama a terra e gli do un calcio, allontanandola il più possibile dalla sua presa.
 
-Ora mi hai stancato!- Un colpo secco, dolore alla schiena.
Stramazzo al suolo, il mio corpo sfrega contro la terra, sporcandomi di polvere dalla testa ai piedi.
 
Alzo lo sguardo.
Di fronte a me, a distanza di una decina di metri, c’è Holmes: sta cercando di rialzarsi ma stramazza al suolo, ogni volta, con un gemito.
 
Mi volto verso il mio aggressore, che ora si trova al mio fianco destro.
Dario. Vigliacco.
Lo vedo torreggiare su di me brandendo un altro bastone, di metallo stavolta.
Ha il volto contratto dallo sforzo; deve essere molto pesante.
 
Carica la mazzata.
Strabuzzo gli occhi.
Ruoto velocemente di 360° a sinistra due volte.
Sento il suono metallico sul terreno, andare a vuoto dietro di me. Il suolo vibra per qualche secondo.
Che colpo!
 
Mi stendo pancia in terra, i palmi al lato del torace.
Mi sollevo leggermente da terra con le braccia e piego di scatto le ginocchia verso l’interno, fino a trovarmi, in posizione fetale, con i piedi per terra.
 
Alzo lo sguardo.
Lo vedo avvicinarsi.
 
Mi alzo e indietreggio di qualche passo, ma con la mano tocco qualcosa dietro di me.
Muro.
Fine della corsa.
Deglutisco.
 
Sta caricando il colpo.
Guardo in basso.
Nella colluttazione di prima, una bretella si è staccata dalle braghe e le pinze delle altre tre rimanenti, a malapena tengono la stoffa.
 
Idea!
 
Quando lo vedo con le braccia completamente alzate, pronto a sferrare l’attacco, scatto in avanti.
Tiro giù con forza i pantaloni lasciandolo con i mutandoni.
Sul suo volto compare un’espressione sorpresa, per poi diventare furente.
Mi sposto dietro di lui.
Tenta di fare un passo ma, a causa dei calzoni aggrovigliati alle caviglie, non ci riesce e il peso del bastone lo sbilancia in avanti.
Inciampa e cade contro il muro.
 
Il colpo stacca qualche pezzo dalla parete. Il suono quasi assordante nel silenzio della notte
 
Prendo le bretelle e le lego intorno al groviglio di stoffa tra le gambe di Dario, in modo da non liberarsi facilmente.
 
Mi alzo in piedi e indietreggio.
-Oh!- esclamo.
Qualcuno si butta a forza su di me facendomi cadere a terra.
Porto le mani avanti e attutisco l’atterraggio, ma un peso cala su di me, facendomi gemere e spiaccicare la guancia al suolo.
La polvere graffia lievemente la mia faccia e si attacca, fastidiosamente, alla pelle.
Un pugno al fianco, un altro e poi due braccia mi tirano su.
Gemo dolorante.
Vic mi prende per le spalle, bloccandomi.-Preso!-
Mi dimeno ma ho le mani dietro la schiena, il corpo pressato contro il suo.
 
Dario si rialza in piedi e, incespicando, tenta di avanzare verso di noi.
La tempia destra sanguinante e il volto pieno di graffi.
 
Vic, porta il braccio destro intorno al mio collo e con l’altra mano mi tiene immobile. -Ora te la facciabo pagare, bastardo!- ringhia nel mio orecchio.
 
Respiro affannosamente.
Pensa, pensa.
Le mie dita sfiorano della stoffa: il cappotto di Vittorio.
 
Movimenti decisi e veloci.
 
Inspiro e rilasso i muscoli.
 
Mordo forte il braccio attorno al mio collo e gli pesto un piede. Molla la presa.
Gli do un colpo di nuca nel naso. Urla.
Stringo i bordi del cappotto, ruoto le braccia verso l’esterno e tiro forte portando le mani verso l’alto, per poi riabbassarle tra me e lui, coprendogli il viso.
Mollo un lembo e mi porto dietro Vittorio, per poi riafferrarlo; faccio passare le due estremità del capotto sotto le sue braccia e le lego dietro la sua schiena. [3]
[3] Se non sono stata abbastanza chiara,
proverò a farvi una dimostrazione pratica
nel prossimo capitolo.
 
Dario, ancora impedito nei movimenti, cerca di avvicinarsi più velocemente.
-Ehi, amico, penso che questo sia tuo!- gli dico spingendogli il compare con un calcio.
Vittorio fa qualche passo alla cieca, tentando di tenersi in piedi, per poi crollare addosso a Dario; entrambi stramazzano a terra.
 
Raccolgo il cappotto nero da terra e, sbattendoci sopra le mani, lo spolvero.
Infilandomelo mi avvicino, calcando, poi, bene il cappello ancora sulla testa.
-Ne avete avuto abbastanza?- chiedo arrivando ad un passo da loro.
 
Dario si alza, ancora con i calzoni alle caviglie -Ce ne andiamo! Ce ne andiamo!-  esclama incespicando mentre prende Vittorio per un braccio, portandolo via.
Spariscono dietro l’angolo del vicolo, nel buio della notte.
 
Sospiro e chino la schiena, chiudendo gli occhi e posando le mani sulle ginocchia.
È andata.
Riapro le palpebre e vedo, a testa in giù, lo squarcio sulla giacca.
Accidenti, c’è mancato poco che-
Sento un gemito alle mie spalle.
Raddrizzo la schiena.
Holmes!
Mi volto e mi dirigo verso di lui; in pochi secondi sono al suo fianco.
Poso le ginocchia a terra.
Inspiro tra i denti: sono un po’ doloranti dopo che quel malfattore mi si è gettato sopra.
Vi guardo.
Respirate pesantemente.
Avete vari lividi lungo il corpo e chissà quali altre contusioni, ora coperte dai vestiti.
Alcuni punti di sutura hanno ceduto e la ferita alla testa si è riaperta.
Il sangue, per fortuna non copioso, vi imbratta i capelli.
Cerco il fazzoletto nella tasca del cappotto.
 
Sbatto gli occhi un paio di volte.
 
Aumento la velocità della mia corsa e in pochi secondi sono al vostro fianco.
Sento la terra e le pietre pizzicarmi la pelle, anche attraverso gli abiti.
Avete una ferita alla testa, il sangue scende lungo la tempia.
Prendo il mio fazzoletto e ve lo poggio con cura sulla ferita, tamponandola. [4]
[4] Dal Capitolo 2 - Respira
 
Scuoto la testa.
Deja-vu.
 
Sherlock Holmes… Ma io dico… una giornata ordinaria, no?
Dovete sempre cacciarvi nei guai?
E se l’amnesia fosse peggiorata?
Sospiro.
 
Prendo la pezza e la poso sul taglio.
Trattenete il respiro e aprite di scatto gli occhi.



Vi tendete come una corda di violino, cercando quasi di alzarvi e afferrate di scatto il mio polso stringendolo con forza, da sopra il guanto.
Sussulto dalla sorpresa.
Ahio!
Ferito si ma ha ancora energie a sufficienza per rompermi il braccio.
-Shhhh. Va tutto bene.- sussurro muovendo con calma l’arto, per sciogliere la vostra presa ferrea -State giù.- continuo spingendovi con attenzione a terra con la mano libera.
I vostri muscoli si rilassano piano, piano e il respiro ritorna regolare; anche la stretta si allenta.
Chiudete gli occhi mentre tornate giù, emettendo dei lamenti di dolore.
Tentate di riaprire le palpebre ma non ci riuscite.
La vostra mano è ancora attorno al mio polso mentre continuo a tamponare la ferita. Ad un certo punto stringete lievemente la presa.
Mi volto a guardarvi.
 
-V-venga subito… quando le è più comodo.- incominciate a dire con un sussurro -Anche se non è comodo… venga comunque.- La vostra voce è rauca, affaticata. Vi portate la mano libera alla spalla destra e aprite leggermente gli occhi, sorridendo stancamente.



-Siete venuto.- mormorate prima di addormentarvi. La stretta sul mio polso si affievolisce definitivamente.
 
Quindi i ricordi stanno riaffiorando.
Bene, ma… era necessario farsi prendere a bastonate?
Lo guardo scuotendo la testa -Non vi ho neanche ringraziato per avermi avvertito, prima.- libero il polso e gli stringo la mano. -E dovrei essere io a proteggervi.- sospiro.
 
Gli lascio la mano e facendo leva sulle ginocchia, mi alzo guardandomi attorno.
Rabbrividisco. Che freddo!
-E adesso?- dico strofinandomi le mani.
Devo portarlo al riparo; ha bisogno di cure e di riprendere le forze.
Comincio a camminare avanti e indietro.
Vediamo…
In ospedale? Sbuffo. Non se ne parla! Scapperebbe nuovamente alla prima occasione.
In Chiesa? Se rimane privo di sensi per molte ore potrebbero scoprirlo e io non posso sempre vegliare su di lui.
 
Stringo il ponte del naso tra il pollice e il medio.
Incrocio le braccia al petto e lo guardo.
Allora dove vi porto?
 
 
 
________________________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO                25 SETTEMBRE
TERMINE MASSIMO             30 SETTEMBRE
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao ragazziiiii!!!! =D
Perdonate il ritardo di 24 ore ma ho avuto problemi con il computer.
Non vi dico questo capitolo… un parto! Praticamente ho finito di scriverlo ieri sera!
La parte sul combattimento è stata la più difficile ma mi ha divertito un casino scriverla!
Spero vi piaccia!
Solo una cosa… Die Forelle… mamma mia i brividi riascoltando quella canzone… ansia!!
 
Io ringrazio ognuno di voi che leggete, seguite e votate la mia storia!
Se avete qualche consiglio o qualche domanda lasciate pure un commento!
 
Alla prossima! La vostra Djaly!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14                         SPECCHI D’ACQUA
 


CORMOLINO

MERCOLEDì 3 DICEMBRE 1891
ORE 17:30
 
 
POV HOLMES
 
 
Bianco.
Di nuovo il corridoio dell’ospedale.
Inspiro e incrocio le mani dietro le spalle.
Mi guardo intorno circospetto.
Dottori: assenti.
Barelle: assenti.
Siringhe: assenti.
Infermiere imperterrite con una scodella di minestra in mano: meravigliosamente assenti.
 
Avanzo lungo l’andito, le porte che avevo visto precedentemente sfilano accanto a me.



Nome. Amici. Famiglia. Lavoro. Ricordi.
Non le sfioro nemmeno, le sento: sono chiuse.
 
-Chi si rivede!- Davanti a me lo specchio che riflette la mia immagine, senza indumenti. -Me stesso! Che piacere!-
 
Bene.
Obiettivo: carpire informazioni.
Tattica: atteggiamento scostante ma confidenziale.
 
Avanzo fino a trovarmelo davanti.
Le iridi stavolta sono completamente nere.
-Spero di non offendervi se vi dico che per me non è lo stesso… E permettetemi di dissentire la vostra affermazione. Voi. Non siete. Me.-
La figura sorride -Voi dite?-
-Io sono molto più avvenente.- affermo facendo spallucce -E il vostro sguardo è… inquietante.-
-Oh, ma mi da un aspetto tenebroso… affascinante.- dichiara orgoglioso.
Annuisco perplesso, sollevando un sopracciglio.
-Allora?- continua -Come vanno le ricerche?Ancora niente, vero?Niente nome, niente famiglia. Tutte quelle belle porte ancora chiuse. Soltanto qualche ricorduccio senza valore.-
-Non sono senza valore. Ogni piccolo dettaglio è importante.- una fitta alla testa mi fa stringere gli occhi. Una figura femminile. Scuoto la testa. [1]
[1] Sherlock Holmes : scena della cena con Mary Morstan.
-E poi che delusione: farvi percuotere come un ragazzino da due borsaioli da quattro soldi. Forse la vostra deduzione di saper combattere era sbagliata… come tutte le altre.-
-Le mie deduzioni non sono sbagliate. Non ho abbastanza informazioni.- sbotto infastidito.
-Povero Signor Nessuno.- canzona il mio riflesso -Tutto solo e abbandonato. Siete niente. Un niente che si affanna dietro ai ricordi, come un bambino che rincorre ostinatamente i pesci a mani nude, pur sapendo che senza retino gli sfuggiranno ogni volta.-
-Invece di sprecare fiato in espressioni figurate senza senso, perché non mi dite chi sono…-
-E rovinarmi tutto il divertimento? Giammai!- esclama teatralmente.
 
Prima tattica fallita.
Proviamo a schernirlo un po’…
 
-Sa cosa credo? Io credo che neanche voi sappiate nulla. In fondo è chiaro che siete solamente una creazione del mio sogno. Quindi quello che so io, lo sapete anche voi; quello che io ignoro, anche voi ne siete all’oscuro.-
-Non è vero.- sibila la figura.
-Ed essendo tale, non esistete. Praticamente siete… niente anche voi come me. Anzi meno di niente.-
-Tacete!- mi urla in faccia. Gli occhi neri fiammeggianti.
-Però potreste essere una proiezione del mio inconscio. E se siete qui è perchè dovete dirmi qualcosa.-
Il suo ghigno sul folto si fa più ampio -Si, potrebbe essere.-
-Allora parlate.-
-Non vi dirò proprio niente.- sogghigna beffardo.
-Parlate.- dichiaro con voce fredda.
-Tz, tz, tz. Oh ma che brutto carattere. Non si addice ad una persona altolocata come voi… come sostenete in una delle tante conclusioni… errate.-
-Le mie deduzioni non sono sbagliate!- esclamo alzando la voce -Se davvero sapete qualcosa come sostenete, allora parlate!-
La figura sbatte il pugno sulla superficie incrinandola leggermente.
Sobbalzo ma non mi tiro indietro.
Il corridoio trema, le porte cigolano.
-Come osate usare questo tono con me.- sibila il suo volto a qualche centimetro dal mio, solo il vetro ci separa.
Il tremolio aumenta, un terremoto.
Mi volto: grosse crepe nere solcano le pareti bianche.



Qualche calcinaccio comincia cadere dal soffitto.
Forse ho esagerato?
Beh c’è solo una cosa da fare in questi momenti: scappare!
Guardo davanti a me -Dovete essere più gentile con il sottoscritto.- dice il mio riflesso.
Poi lo specchio sparisce; al suo posto il candido muro.
Sbatto le palpebre.
Mi ritrovo steso a terra. Cerco di muovermi senza riuscirci.
Il corridoio attorno a me cade a pezzi, polvere e massi dappertutto, le porte rimangono in piedi, chiuse.
Sollevo lo sguardo. Un pezzo di muro, grande e frastagliato, si sta formando sopra di me, pronto a staccarsi dalla parete.



Mi dimeno ma niente da fare non riesco a muovermi, anzi provo dolore.
Il calcinaccio si stacca.
Urlo.
Nero.
 
-Shhhh.-
 
Nero.
Una pressione leggera tra i capelli.
Freddo.
Sudore.
Battito accelerato.
Dolore. Presente ma sopportabile. Un po’ ovunque.
Gola secca, arida.
Terreno irregolare.
Odore pungente, intenso.
Rumori confusi.
 
Non riesco ad aprire gli occhi.
Qualcuno mi solleva delicatamente la testa.
Un profumo. Cibo.
Vapore caldo sul viso.
Qualcosa sfiora la mia bocca, sembra il bordo di un recipiente.
Schiudo le labbra e del liquido caldo arriva alla mia lingua.
Brodo.
Bevo piano.
Provo a muovermi ma ogni muscolo mi duole.
La testa sembra schiacciata in una pressa.
Dopo un po’ vengo accompagnato a terra.
Il pavimento non è duro, crocchia sotto il mio peso.
Muovo le palpebre ma è troppa la stanchezza e non riesco ad aprirle.
Mi viene posato qualcosa sopra al corpo.
Il freddo scompare.
Il torpore sta tornando a prendermi.
 
Inspiro. L’odore pungente è tornato.
Sa di animali, erba.
 
Cedo al buio.
Fieno!
 
 
CORMOLINO
GIOVEDì 4 DICEMBRE 1891
ORE 2:55
 
POV HOLMES
 
Apro gli occhi.
Bianco.
Attorno a me solo rovine.
Il corridoio non esiste più.
Calcinacci e polvere coprono il pavimento.
 
Le porte però sono in piedi. Non una scalfittura, non una crepa. Intatte. Chiuse.
 
I miei passi riecheggiano nel silenzio che regna in questa desolazione.
Cammino guardandomi attorno.
 
-Oh… siete tornato a farmi visita!-
Mi guardo attorno. Non riesco a vederlo, lo specchio non c’è. Ma la sua voce, che è la mia, risuona per l’andito -Speravo vi foste infranto in mille pezzi come uno di questi muri.- esclamo.
-Oh avanti non roviniamo questo bel momento con la vostra vena comica. Anche se sono ancora adirato con voi per avermi urlato contro, sono così felice della vostra presenza che voglio raccontarvi una storia.-
-Non per essere scortese ma vorrei occupare il mio tempo cercando di capire chi siete, cosa state cercando di nascondermi e come aprire queste porte.-
-Oh, beh, potete fare entrambe le cose. Seguite la mia voce.-
 
Continuo a camminare -Ha dimestichezza con la musica di Schubert? [2] - chiede il mio riflesso.
[2] Sherlock Holmes – Gioco di Ombre Scena con Moriarty
Mi blocco.
La voce non è la mia, pian piano è cambiata. È canzonatoria, bassa e graffiante.
Ho già sentito questa voce, ma non so di chi sia. Mi mette i brividi e fa scattare un allarme nella mia testa.
-Chi siete?- chiedo.
Ad un certo punto sento i piedi bagnati.
Sollevo una gamba e guardo in terra. Acqua.
-La trota forse è il mio pezzo preferito. [2] - continua ignorando la mia domanda.
Faccio un giro su me stesso.
Vedo che entra da sotto le porte.
-Un pescatore si affanna nel cercare di prendere un pesce inafferrabile. [2] -
-Conosco la stor-
-Non interrompetemi!-
-Dove siete?-
Continuo ad avanzare.
Il corridoio si riempie pian piano. Il livello si alza fino alle caviglie.

Sollevo lo sguardo e mi ritrovo davanti lo specchio con la mia immagine.
-Mi avete trovato! Ora posso continuare a raccontare la storia.-
Ora la voce mi arriva chiara, profonda, sibilante.
È la stessa che ho sentito nei miei ricordi, quando sono stato ferito alla spalla.
-Chi siete?- mi avvicino allo specchio. Gli occhi non sono più neri. Sono grigi con sfumature blu scuro.
-Dicevo... Un pescatore si affanna nel cercare di prendere un pesce inafferrabile. Allora intorbidisce le acque per confondere il pesce. [2]-
Un rumore assordante alle mie spalle.
Mi volto: le porte ad una stanno cadendo a terra.
Le raggiungo e cerco di sollevarle.
Ugh…  troppo pesanti!
Sollevo lo sguardo.
Al posto delle porte solo un muro bianco.
Mi volto verso la superficie riflettente, la figura mi guarda beffarda.
-Che capisce solo troppo tardi di essersi infilato in una trappola. [2]-

Sbatto le palpebre.
Le porte sono sparite. Sono circondato da specchi.
Sono al centro di questo cerchio.
Un tonfo.
Un altro.
Gli specchi cominciano a vibrare sotto la forza dell’acqua.
-Sei in trappola!- ghigna soddisfatto.
Poi… il boato.



Gli specchi esplodono in mille frantumi.
Il tempo di ferma.
Vedo le schegge volare sospese per qualche secondo. Brillano.


 
Porto le mani a coprire la testa e stringo i denti.
Il tempo ricomincia a correre normalmente.
Le scaglie si conficcano con un sibilo nella carne.
Nella schiena. Nel torace. Nelle gambe.
Urlo. Sento dolore dappertutto.
Il sangue comincia a scendere copioso dalle ferite.
Crollo a terra.
Sento il vetro conficcarsi nelle ginocchia.
L’acqua ora mi arriva al torace e si tinge di rosso.
Mi sento afferrare per la gola.
Sollevo lo sguardo, il rumore dell’acqua che mi arriva alle orecchie.
Il mio riflesso, ora libero, stringe la presa attorno al mio collo e mi solleva da terra. Mi aggrappo con entrambe le mani al suo polso.
Comincia a camminare per poi fermarsi. -Non ti arrendi facilmente eh?-
Mi stende con poca grazia, su qualcosa, un muretto. Mi dimeno, ma ogni mio movimento non fa altro che aumentare il bruciore alle ferite.
Con la mano libera prende un gancio e me lo conficca nella spalla destra.
Urlo dal dolore.
Sorride e gira la lama nella carne.
Gemo. Sento il sangue caldo sgorgare e inzupparmi i vestiti.
Devo fare qualcosa.
Guardo giù e vedo il solo il vuoto. Acqua e altre schegge di vetro.
-No…- cerco di liberarmi dalla sua stretta ma è tutto inutile.
-Addio Signor Nessuno.-
Mi spinge e molla la presa.
Il nero mi inghiottisce.
Urlo.
 
Mi sveglio di soprassalto.
Il cuore batte furioso nel petto e nelle tempie.
Mugolo. La testa mi scoppia.
Solo un incubo…
Mi muovo, sento frusciare sotto di me.
Rumori strani. Scalpitii.
L’odore pungente di prima.
Fieno.
Un fiato caldo mi accarezza il viso, ad intervallo regolare.
Un respiro.
Troppa aria calda per essere di una-
Stringo di scatto gli occhi.
Qualcosa di bagnato è caduto sul mio volto.
Sollevo la mano destra per pulirmi la guancia e sibilo dal dolore.
Sostanza vischiosa.
Ora mi stanno tirando i capelli.
Qualcuno che mastica rumorosamente.
Un momento…
 
Apro lentamente gli occhi.


 
Li richiudo. Si come pensavo… un cavallo.
Cosa?
Spalanco di scatto le palpebre.


 
Oddio. -Iiiiih!- sobbalzo.
La coperta di lana rossa a quadri vola.
Mi giro di lato, mettendomi a pancia in giù.
Cavallo. Bianco.
Alto.
Piccolissima macchia nera sulla fronte.
Nitrisce agitando su e giù la testa.
No, no.
-Stai lontano dai miei capelli!- dico puntandogli un dito contro e trascinandomi velocemente indietro verso il lato opposto del box.
Mi appoggio alla parete di legno e sospiro.
Sento tutti i muscoli in fiamme.
Grugnisco.
Il cavallo mi guarda curioso.
 
Fieno.
Cavalli.
Box di legno.
Mi alzo lievemente in piedi e faccio qualche passo malfermo.
Guardo fuori. L’aria fredda colpisce il mio viso. È piena notte.
Faccio un giro su me stesso.
Mi trovo in una stalla.
 
____________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
TERMINE MINIMO                     10 OTTOBRE
TERMINE MASSIMO                  16 OTTOBRE
 
Angolino dell’Autrice
 
Salve a tutti! =)
Lo so, può sembrare noioso… ma a me piace troppo giocare con i sogni del povero Holmes… Tra ricordi e finzione.
Nel prossimo capitolo altre deduzioni e cambio di dimora. Poi… si vedrà! Devo ancora scrivere il capitolo!
Grazie davvero a tutti voi che seguite, recensite e votate!
Ricordo che questa storia è presente su Efp fan fiction e su Wattpad.
Baci, baci Djaly.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


AVVISO!
Ho fatto un po’ di confusione temporale e cercherò di correggere gli eventuali errori.
Quindi la sequenza temporale esatta è:
 
Mercoledì 2 Dicembre
  • Matrimonio
  • Ricevimento
  • Aggressione (ore 23:55)
Giovedì 3 Dicembre
  • Aggressione
  • Intervento POV???
  • Primo sogno e risveglio
Venerdì 4 Dicembre
  • Secondo sogno e risveglio
 
 
CAPITOLO 15           INDIZI, STALLE E DIMORE.


 
CORMOLINO
VENERDì 4 DICEMBRE 1891
ORE 3:05
 
POV HOLMES
 
Percentuale di adrenalina nel corpo: in calo.
Conseguenze: debolezza e muscoli dolenti.
 
Le gambe cedono, crollo a terra.
Inspiro tra i denti appoggiandomi all’uscio di legno.
Mugolo.
Il dolore si manifesta prepotentemente, propagandosi per tutto il corpo.
La tensione accumulata durante il sonno e per la presenza del cavallo, svanisce.
Respiro un paio di volte.
Mi guardo gli abiti e le mani.
 
Indumenti eleganti.
Impolverati e strappati in più punti.
Squarci e terriccio in quantità maggiore nel fianco sinistro.
Presenza di leggere abrasioni sul dorso della mano destra, all’altezza delle nocche.
Un leggero bruciore all’altezza della carotide, zigomo destro.
Dolore alla spalla destra, schiena, nuca, addome, torace, guancia sinistra, polpacci, braccio sinistro, tempia destra.
 
Segni evidenti di lotta.
Chiudo gli occhi.
 
Flashback.
 
Un matrimonio.
Ricevimento.
Discorso agli sposi. Il mio.
Invitati furiosi.
Calici e posate lanciati contro la mia persona.
 
Strade di Cormolino, notte.
Meta: la Chiesa.
Vicolo, per accorciare il tempo di arrivo.
 
-Ehi damerino!-
Uomo. Viso affilato, senza barba. Una cicatrice che parte dalla fronte e arriva all’orecchio sinistro attraversando la palpebra. Uno stuzzicadenti tra i denti gialli.
 
Un coltello.
Una perquisizione.
 
-Oh… che abbiamo qua?Un orologio da taschino…- lo apre -Rotto! Beh sempre meglio di niente. Bene amico, questo se non ti dispiace, lo prendo io.-
 
No. Non uno dei pochi indizi certi sulla mia vita.
 
Combatto a mani nude.
 
Primo scontro.
Colpo al naso al malfattore.
 
Fuga.
Ipotesi sull’esistenza di un complice.
 
Un colpo alla guancia destra.
Ipotesi confermata.
Uomo. Robusto. Barba folta. Indice mancante alla mano sinistra. Sorriso inquietante e sdentato.
 
Secondo scontro.
Vengo sopraffatto.
 
Colpo alla nuca.
Calcio allo stomaco.
Colpo al petto.
Colpo alle gambe.
Calcio in faccia.
Dolore. Terra. Sangue.
 
Aiuto.
 
-Adesso basta.-
Una figura familiare.
Una voce camuffata familiare.
 
-Vi ringrazio, Padre. Abbiate cura di voi.-
 
Cappotto, lungo fino ai piedi, nero.
Cappello nero.
Sciarpa a quadri e stivali neri.
 
Sento che gli dicono di andarsene via. Lui risponde, parla poco, ma non riesco a sentirlo.
Poi lo vedo prepararsi e per un secondo mi guarda.
Inizia a combattere.
 
Nero.
 
Il mondo torna a farsi chiaro.
Sta per essere accoltellato.
Urlo.
Si volta e lo schiva all’ultimo momento.
La lotta continua.
I contorni sono sfocati.
 
Nero.
 
Riprendo i sensi e vedo che è in trappola.
Cerco di alzarmi.
Dolore. Dappertutto.
Il mondo si fa sfocato.
 
Urla. Tonfi. Voci. Passi affrettati.
 
Silenzio. Nero.
È finita.
 
Poi un tocco alla testa.
Morbido, delicato. Stoffa.
Dolore.
Paura.
Apro gli occhi. Troppo sfocato.
Afferro chi mi sta toccando.
Il diametro che stringo è stretto, gli ho preso il polso.
Tessuto. Una buona parte pesante, ruvido, caldo. Cappotto.
L’altro liscio, freddo. Guanti in pelle.
Il diametro del polso: non molto grande, troppa stoffa per una misura esatta.
 
Una voce inizia a parlare.
Mi giunge lontana ma è camuffata.
 
La figura in nero.
 
Mi rilasso.
Dolore in tutto il corpo. Ma non mollo la presa.
 
Voglio aprire gli occhi. Voglio vedere chi siete.
Troppa stanchezza, troppo dolore. Lo detesto.
 
Poi i ricordi.
 
La speranza. Un biglietto.
 
Verrà.
Deve venire.
Luce. Bianca. Accecante. Un’alta costruzione. Un faro.
Dove siete?
Stringo la presa.
-V-venga subito… quando le è più comodo. Anche se non è comodo… venga comunque.-
Stringo i denti e apro leggermente gli occhi. Qualcosa come un leggero riflesso bronzeo colpisce i miei occhi ma senza ferirli.
Una figura sfocata, il volto nell’oscurità coperto dal cappello nero e la sciarpa a quadri. Sollievo.
-Siete venuto.-
Nero.
Una voce lontana.
Fine Flashback.
 
Apro gli occhi.
 
Ho una mano sulla spalla destra, dove ho provato dolore nei miei ricordi.
La porto alla tasca interna della giacca.
È ancora lì.
Lo tiro fuori e lo apro.
 
Le iniziali S.H., incise sullo sportellino, mi si pongono davanti, il vetro presenta delle crepature in più, ma è sopravvissuto ai colpi.
L’orologio. L’unico oggetto che mi è rimasto e che mi collega alla mia vita. Ai miei ricordi.
 
Combatto a mani nude.
 
Ma non me lo ricordo.
 
O forse è una delle tue deduzioni errate.
 
Scaccio via la mia voce del sogno dalla mente.
 
No.
 
Freddo. L’aria della notte arriva prepotentemente al mio corpo.
Mi alzo in piedi e mi allontano dall’entrata tornando verso il punto in cui mi sono svegliato. Con l’adrenalina sembrava più vicino.



Passi lenti e misurati, per evitare il dolore.
Mi lascio cadere lungo la parete di legno, opposta al portone di entrata.
 
Da quanto tempo sono qui?
 
Guardo alla mia sinistra: il fosso creato dal mio peso sul fieno non è profondo, è notte inoltrata, ricrescita della barba millimetrica, bende presenti nel mio corpo ancora candide. Vicino al mio giaciglio spunta qualcosa. Sposto l’erba secca: una borraccia di acqua e un fagotto con pane, una fetta di frittata alle verdure e brodo, ormai quasi freddo.
 
Conclusione: ventiquattro ore.
 
L’unica persona che può avermi portato qui è chi mi ha difeso dai malfattori.
Niente segni di trascinamento sul pavimento, né di ruote.
Mi ha portato in spalla?
Troppo pesante per la sua apparente costituzione.
Si è avvalso dell’aiuto di un complice? A quell’ora?
 
Si è preoccupato di portarmi nel punto più nascosto della stalla, nel deposito più grande del fieno, lontano dall’entrata dove vi è l’altro, assieme alla selleria; mi ha medicato e portato del cibo; mi ha avvolto in una coperta e coperto con del fieno, a giudicare dai fili sparsi nel mio corpo, sui capelli e sulla coltre di lana. Per nascondermi.
 
Un nitrito.
 
Il cavallo che stava mangiando i miei capelli, un incrocio tra uno Shire e un purosangue inglese [1], mi guarda incuriosito. Non mi ha staccato gli occhi di dosso da quando mi sono svegliato.
[1] Razze di cavalli. Shire: robusto e altissimo, adatto per trainare carri.
Purosangue inglese: eccellente per la corsa.
 
Mi guardo intorno. La costruzione è enorme, divisa in due sezioni, scuderia e stalla, ma cadente, sbuffi d’aria entrano ovunque tra le assi cadute.
È quella che ho visto due giorni fa, abbandonata nel sud-ovest del paese ed è stata riparata solo per lo stretto necessario. Ci sono solo tre cavalli, e dai rumori all’esterno, nell’altro scompartimento, una mucca, due galline e un gallo.
Sono stati provvisoriamente spostati, probabilmente per attuare riparazioni in quella d’origine.
 
Il cavallo bianco è quello che ha più raggio di azione, avendo buttato giù tutti gli scompartimenti in legno, ormai non più resistenti, a colpi di zoccolo e può circolare lungo tutto la zona destra della scuderia.
Gli altri due, non di razza e anch’essi molto interessati al sottoscritto, sono nell’altro lato dell’edificio, vicino all’entrata, in due scompartimenti separati, ancora in buone condizioni. Uno ha il manto nero a macchie grigie e criniera dello stesso colore ed ha tratti Anglo Arabi; l’altro, completamente marrone, di un Percheron [2],
[2] Anglo Arabo: ottimo per la corsa.
Percheron: razza equina di origine francese, usato nell’agricoltura.
 
Un momento… questo vorrebbe dire che anche io so andare a cavallo?
Impossibile… io e quei… cosi dotati di una mente tutta loro non-
 
Fitta alla testa.
 
-Perché avere una cosa con una mente tutta sua che mi ballonzola tra le gambe.- [3]
[3] Dal Film Sherlock Holmes – Giochi di Ombre
 
Ecco.
 
Un brontolio spezza il silenzio. Il mio stomaco.
 
Prendo il fagotto, lo apro e inizio a sbocconcellare qualcosa.
 
Quindi era lui; di nuovo.
Ma chi è?
 
Chiudo gli occhi.
 
Informazioni sullo sconosciuto.
 
Altezza: ignota, ma di almeno 10-15 centimetri in meno di me, anche se il vestirsi di nero slancia la sua figura.
Età: ignota. La voce non aiuta nel definirla in maniera precisa. Le mani sempre coperte dai guanti. Dall’agilità con cui si muove, tra i 28 e i 35 anni.
Occhi: non identificati.
Capelli: non identificati.
Mani: non identificate; sempre sotto guanti in pelle. Di grandezza media.
Abiti: cappotto lungo, scuro, dal tessuto pesante, taglio elegante; completo tre pezzi, anch’esso scuro con camicia bianca, niente cravatta; stivali neri, opachi; sciarpa di lana; berretto a coppola nero molto grande. Tutti di buona fattura. Quindi benestante.
Lavoro: ignoto. Niente profumi particolari, tranne l’impercettibile odore di nuovo degli indumenti, niente segni sugli abiti, a parte quelli della lotta.
Hobby: a quanto pare procurarmi cibo.
Modo di combattere: veloce, agile. Non attacca, punta sulla difesa. Cerca sempre il modo di non ferire gli avversari se non strettamente necessario.
 
E cos’era quel leggero riflesso proveniente dal risvolto del cappotto nero?
Una spilla, non molto grande, in bronzo, non proprio tonda e con qualcosa di rilievo disegnato.
L’immagine è confusa, non ricordo altro.
Perché era lì a quell’ora della notte? Lavora nei dintorni?
Non c’è niente in quella zona del paese.
-Devo andare, mi aspettano al lavoro. Serve che chiami qualcuno per aiutarvi?- [3]
 
[3]Dal Capitolo 9 – Primi Indizi
 
E inizia la mattina presto.
Non è un esecutore della legge: niente divisa, niente manganello, non ha il loro modo di muoversi, avrebbe arrestato i due malfattori e mi avrebbe portato in ospedale.
 
Brividi.
 
Ma non è un fuorilegge… allora perché comportarsi così? Forse un giustiziere pacifico del paese?
In questi giorni nessuno ne in paese ne ha parlato.
 
Solo una coincidenza?
No, dal tono di voce e dai modi, sembrava che sapesse ciò che stava succedendo e chi fossi.
 
Mi ha riconosciuto nonostante non avessi più le vesti del frate? Perché mi ha aiutato? E perché ho provato sollievo quando è arrivato?
Non può essere la stessa persona che stavo aspettando quel giorno, nei miei ricordi. No, si sarebbe fatto avanti.
 
Cosa più importante: quanto ci si può fidare di una figura che sta sempre nell’ombra ed evita di farsi vedere?
 
 
Mordo la frittata. Mmmh buona!
 
Su di me ancora poco o nulla.
 
Porte che cadono, specchi rotti, acqua, occhi grigi con sfumature blu scuro.
 
Continuo a sognare l’acqua. Probabilmente ha a che fare con il giorno in cui ho perso la memoria.
 
-È stato trovato sotto la pioggia in stato di incoscienza e con un principio di ipotermia circa una settimana fa.-[4]
[4] Dottor Bianchi Dal capitolo 4-Nausee ed Accertamenti
 
No. Non ha senso.
La portata di acqua nel sogno è molto più grande. Come un fiume-
 
Fitta alla testa.
 
-Ha un trauma cranico, oltre a delle ferite, meno recenti e in via di guarigione, alla spalla destra e alla caviglia destra.- [4]
 
Ma qui non ve ne sono.
E poi fare congetture e basarsi su un sogno non è razionale.
 
Fatti. Solo quelli contano.
 
Finito di mangiare, mi stendo faticosamente sul fieno, lontano ma sotto lo sguardo attento dei cavalli, e prendo la coperta di lana poggiandomela sopra.
 
Inspiro rumorosamente dal naso.
Passiamo al prossimo passo, più importante.
 
Trovare una nuova sistemazione.
 
Il resto della mia roba e i pochi soldi che possiedo sono ancora in chiesa, ben nascosti.
Ma non posso continuare a stare lì e, soprattutto, qui.
La temperatura è scesa notevolmente; presto inizierà a nevicare e poi potrei venire scoperto da un momento all’altro.
 
E poi quei quadrupedi mi fissano in modo inquietante.
 
Chiudo gli occhi.
 
Una mappa di Cormolino mi si presenta davanti agli occhi.
Un paese di 2500-3000 abitanti.
Ma con il potenziale di ospitarne il doppio, se non il triplo.
Il 40% delle case è disabitato e molte di esse, soprattutto al sud, lo sono da anni.
 
Posizione ottimale: non troppo vicina al centro; troppo caotica.
 
Zona.
 
Nord o sud?
 
Nord: troppo vicina all’ospedale, al ristorante e territorio dei due malfattori.
No. Meglio sud.
 
Est o Ovest?
 
Caratteristiche ottimali.
 
Appartamento preferibilmente al primo piano, meno possibilità di venire scoperti che al piano terra.
Con almeno una via di fuga, tramite scala o intervalli. E lontano dalle stalle.
 
Case disponibili con queste caratteristiche.
 
Viale delle lavandaie. Zona Sud-Est. Due case.
Via del panettiere. Zona Sud-Est. Una casa.
Via Regina Margherita. Zona Sud-Ovest. Quattro case.
Via dei campi.  Zona Sud-Ovest. Tre case
Via dei boschi. Zona Sud-Ovest. Due case.
 
Difetti delle case.
 
Coppia anziana dirimpettaia indiscreta.
Mancanza di camino.
La via di fuga visibilmente non tanto sicura.
Vicini padroni di un cane grande e grosso che ostacolerebbe la fuga.
Ancora troppo vicina alla stalla in questione.
Covo di qualche fuorilegge.
Signora vedova dirimpettaia molto curiosa e dotata di binocolo.
Pericolante.
Presenza di neonato di due mesi nella casa vicina.
Porta d’entrata rumorosa.
Entra acqua dal tetto.
Vicino che canta a tutte le ore del giorno. E non è intonato.
 
Riapro gli occhi.



Ho deciso. Andrò lì.
 
 
NARRATORE (POV???)
 
Il silenzio regna sulla cittadina di Cormolino, che dorme sotto il firmamento scuro e stellato.
Nel bel mezzo della notte, una finestra si spalanca all’improvviso.
Si sveglia di soprassalto, e con il cuore in gola, scende dal letto e si affaccia alla vetrata, i muscoli in tensione in caso debba intervenire.
Il freddo pungente, segno di una nevicata imminente, sfiora la sua figura.
Chiude gli occhi e ascolta il silenzio, che parla e racconta del suo protetto.
Alza lo sguardo al cielo scuro, alla luna e sorride.
 
-Bene. Ottima scelta. Sherlock Holmes!-
 
 
DOMANDA
Qual è la casa che ha scelto Sherlock Holmes secondo voi?
 
 
__________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
 
TERMINE MINIMO            30 OTTOBRE            
TERMINE MASSIMO         3 NOVEMBRE    
__________________________________
 
Angolino dell’Autrice
 
Salve a tutti!!! =D
A quanto pare qualcuno sta cercando casa… e continuano ad esserci poche informazioni sul nostro caro POV???.
Prossimamente ci sarà una piccola sorpresina per voi… non vi anticipo cosa. Eh eh eh. Lo so. Sono cattiva!
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e, secondo voi, quale casa ha scelto Holmes!
Scoprirete nel prossimo capitolo, oppure attraverso la risposta al vostro commento, se avete indovinato! =)
Che dire alla prossima! =D
Grazie davvero a tutti voi che leggete, recensite e votate la mia storia.
Baci baci Djaly! =)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16     LETTERA A BAKER STREET


 
LONDRA
SABATO 5 DICEMBRE 1891
ORE 7:43 P.M.
 
POV MYCROFT

 
Tutto questo non ha senso.
Non possono essere solo coincidenze, perché non esistono.
È il quarto tentativo di consegna che non va a buon fine.
Dopo essere riuscito a scrivere la lettera per la signora Hudson, in principio ho fatto spedire la missiva affidandola alle cure della posta ordinaria di Londra.
 
Prima essa viene persa, volata via a causa del forte vento; poi rispedita indietro per indirizzo inesistente; infine bruciata.
 
Perfino Carruthers non è riuscito a portare a termine l’incarico.
 
Quando ieri gli ho chiesto di consegnare personalmente la missiva alla Signora Hudson, il calesse ha slittato nel ghiaccio, sbattendo nel muro e perdendo una ruota, di fronte ai lavori in corso del ponte mobile. Tale ruota, in piena velocità ha urtato delle barre di acciaio che hanno colpito una delle gru su cui era appeso un container. Sotto il peso della neve dei giorni scorsi il cassone, contenente granito, pietre e cemento, è caduto a terra azionando il prototipo di sistema idraulico, da applicare al ponte, cominciando a sparare acqua a pressione e ad annaffiare tutto ciò che aveva nel raggio di 20 metri.
 
Nessun ferito. Ma il mio uomo più fidato e il cocchiere avevano bisogno di un bel bagno e di una lavanderia.
La lettera… illeggibile.
 
È possibile che ci sia qualcuno, dietro a tutto questo. Ormai ne sono certo.
Ci sarebbe solo una persona che… no. Impossibile.
 
Sospiro adagiandomi sulla poltrona.
Domani andrò personalmente dalla signora Hudson prima della commemorazione.
 
 
LONDRA
DOMENICA 6 DICEMBRE 1891
ORE 8:47 A.M.
 
POV ???
 
Sherlock si è trasferito nella casa che ha scelto la notte stessa, portandosi dietro la coperta.
Nelle sue condizioni ha arrancato faticosamente nella notte fino alla meta, mettendoci circa un’ora.
Sotto mia stretta sorveglianza ovviamente.
 
Mi godo la vista di una bianca Londra dall’alto del ponte ancora in costruzione [1].
[1] Tower Bridge dal film Sherlock Holmes
Rabbrividisco.
Il vento freddo fa svolazzare il lungo cappotto nero.
Guardo giù…
 
Irene Adler che scappa, Holmes che la insegue, lei che si arrende, arriva Blackwood, una lotta, il suo sguardo disperato, la Donna che viene spinta giù ma si salva, una seconda lotta, momenti di tensione, spari, una corda agganciata alla caviglia del Lord in cui è appesa una barra di acciaio, le spiegazioni e Holmes lo libera, poi una trave d’acciaio e la gru che crollano facendo cadere Blackwood sopra delle catene sospese, i ganci delle suddette non reggono il peso della trave e del carrello mobile… così precipita e si aggroviglia con le catene...[2]
[2] Battaglia finale da Sherlock Holmes
 
Qui è dove è deceduto Lord Blackwood. Per la legge condannato all’impiccagione (sventata con un trucco) e poi… Che ironia della sorte.
 
Scuoto la testa.
Pensiamo alle cose importanti.
Se vi state chiedendo se ci sono io dietro il sabotaggio delle consegne della missiva di Mycroft Holmes… mi dichiaro colpevole!
 
Sghignazzo.
 
Vedere Carruthers bagnato come un pulcino dalla testa ai piedi è stato veramente divertente, anche se mi è dispiaciuto ricorrere a questi mezzi.
 
A quanto pare il fratello maggiore Holmes non si è comunque arreso.
 
Gli è sorto un mezzo dubbio che ci fosse suo fratello dietro.
Dubbio scartato alla velocità della luce visto che lo crede morto.
Tutti lo credono. Ed è meglio così.
 
Torturo la spilla di bronzo attaccata al cappotto.
 
Vedo in lontananza la carrozza che si dirige verso Baker Street.
Non posso permettere che gli alloggi del 221B vengano affittati a qualcun altro.
Non vorrei farlo… non per mancanza di fiducia verso di lui, ma per tenere al sicuro Sherlock… e tutti gli altri.
 
Sospiro.
Ho deciso. L’unica soluzione è dire la verità a Mycroft Holmes. Solo a lui.
 
Ma come posso fare in modo che lui ci creda?
 
Idea, idea… mi serve un’idea…
Mi serve…
Spalanco gli occhi.
UN’IDEA!
 
Schiocco le dita, sorridendo trionfante.
 
 
 
POV MYCROFT
 
-Eeeeh-
La carrozza si ferma.
Mi volto verso la finestra, davanti a me l’uscio del 221B di Baker Street.
 
Avrei evitato questa tappa ma a quanto pare è l’unico modo.
Scendo dal calesse, con Carruthers al seguito.
Stanley cerca di alzarsi. -No!- lo fermo alzando il bastone -O rischiamo di trovarti a camminare sul bordo del Tamigi come l’ultima volta.- lui si risiede, sconsolato.
-Dai le disposizioni e attendete il mio ritorno.-
-Si, Signore.- risponde Carruthers.
 
Mi avvio verso l’ingresso e busso con il bastone. Dopo qualche secondo la Signora Hudson apre la porta, un’espressione di sorpresa sul volto.
 
Vestito nero.
Apparentemente mai usato, in realtà solo poche volte a giudicare dai bordi della gonna e dei polsi lievemente consumati, e dalla perdita della lucentezza e dell’odore di nuovo.
Una buona parte dei capelli è acconciata, solo qualche ciocca è ancora da sistemare.
La mano sinistra è lievemente arrossata, una scottatura.
Le dita di quella destra presentano un leggero solco all’interno.
 
Aveva quasi finito di prepararsi per la funzione e ha deciso di mettere su l’acqua per il the, in grandi quantità. Ospiti.
Il mio arrivo deve averla distratta, ecco il motivo della bruciatura.
 
-Si?- chiede la donna.
-Buongiorno Mrs. Hudson.- dico togliendomi il cappello -Sono Mycroft Holmes.-
-Oh… Mr. Holmes…-
-Mi scusi se l’ho spaventata e se mi presento a casa sua senza sufficiente preavviso, ma recentemente ho avuto qualche… inconveniente con i servizi postali.-
-Oh, no, non si preoccupi. Ma prego, si accomodi. Perdoni il disordine, mi stavo preparando per andare alla funzione. Gradisce una tazza di the? Sarà pronto tra qualche minuto.-
Un the non si rifiuta mai -Volentieri. La ringrazio.-
Mi tolgo il pesante mantello appendendolo nel trespolo, per poi dirigermi, preceduto dalla padrona di casa, nel salottino al pianterreno dove ci accomodiamo.
-Le serve un passaggio per andare alla commemorazione?- chiedo.
-Oh, no Mr. Holmes. I coniugi Watson si sono offerti di passare a prendermi; dovrebbero essere qui tra poco, ma la ringrazio del pensiero.-
 
Silenzio. Per 10 secondi.
 
Accarezzo il pomello del bastone, mentre guardo le fiamme del camino acceso -Ho ricevuto la sua missiva, Mrs. Hudson. Per questo mi sono permesso di recarmi qui personalmente.-
-Oh, non è necessario affrontare la questione adesso.-
-Preferisco occuparmene il prima possibile, se non le dispiace, per questo vorrei discutere-
Qualcuno bussa alla porta.
-Oh. Mi scusi.-
 
La signora Hudson va ad aprire la porta dove, un apparentemente composto Carruthers, dopo aver salutato educatamente la padrona di casa, entra nel salottino con in mano una lettera. Il suo viso però tradisce agitazione.
-Signore, mi dispiace disturbarla. Un fattorino mi ha lasciato questa lettera per lei, insistendo che è estremamente importante.- dice consegnandomi la missiva; Mrs. Hudson resta silenziosa alle sue spalle.
La prendo, facendo per metterla all’interno della giacca -Grazie. Me ne occuperò più tardi.-
-Signore, ho motivo di pensare che sia urgente. Il postino sembrava veramente provato.-
Osservo la busta.
L’indirizzo indicato è quello della tenuta dove abito e un’enorme scritta rossa “URGENTE” svetta accanto al mio nome.
Lo guardo sospettoso. Come faceva a sapere che mi trovavo qui?
 
Un boato proveniente da fuori ci fa sobbalzare, seguito da imprecazioni e nitriti.
-Oh mio Dio! Cosa è stato?- chiede la donna.
-Vado a vedere che è successo.- esclama Carruthers.
Il fischio del bollitore proveniente dalla cucina, fa trasalire nuovamente la Signora Hudson.
-Oh! Il the! Torno subito.-
 
Rimango da solo, con la missiva in mano.
Decido di aprirla.
Alla vista della prima frase, quasi sbianco.
 
 
 
 
 
 
 
5 minuti e 43 secondi dopo
 
NARRATORE
 
La signora Hudson rientra nel salottino con il vassoio in mano: due tazze, una teiera e un piattino di biscotti spiccano su di esso.
-Ecco il the. Tutto bene Mr. Holmes?-
 
Mycroft Holmes seduto affianco al camino, si volta verso la donna  e stira le labbra, per poi tornare a fissare le fiamme.
-Perfettamente Mrs. Hudson.-
 
Un lieve bussare alla porta. Carruthers rientra in casa, un po’ trafelato ma composto.
-Mr. Carruthers che è successo?- chiede la padrona di casa cominciando a versare la bevanda calda.
-I cavalli di una carrozza si sono spaventati a causa di un rumore improvviso, uno scoppio a quanto hanno dichiarato i presenti, proprio mentre stavano passando qui davanti, Mrs. Hudson. Il cocchiere non è riuscito a controllarli e hanno travolto parzialmente il nostro calesse.-
-Oh Signore, stanno tutti bene?-
-Si, si, solo un grande spavento. Anche i cavalli e le carrozze non hanno subito danni.-
La donna tira un sospiro di sollievo -Desidera una tazza di the?-
-La ringrazio Mrs. Hudson.-
La donna sparisce in cucina per andare a prendere un’altra tazza.
 
L’uomo fidato del fratello maggiore Holmes, si avvicina al camino -Signore?-
-Si, Carruthers?- risponde Mycroft Holmes.
-La vedo pensieroso, Signore. Se posso chiederglielo… ci sono brutte notizie, Signore? Riguarda la lettera?-
 
Una figura vestita di nero, osserva gli interni del 221B, in piedi sul tetto della casa di fronte.
Tiene il fiato sospeso. Una prova l’ha già avuta qualche minuto fa ma ha paura che Holmes cambi idea e pensi che sia tutto uno scherno di cattivo gusto.
 
-No Carruthers. La lettera riguardava solamente la famosa questione politica che stiamo trattando. Dobbiamo accelerare i tempi.-
-Sarà fatto, Signore. Posso fare qualcos’altro per lei?-
-No, la ringrazio.-
 
La signora Hudson rientra in stanza e serve il the agli ospiti presenti.
-Bene. Tornando a quello che stavamo dicendo, Mrs. Hudson, volevo parlare con lei della mia decisione.-
-Ribadisco che non è necessario discuterne adesso se non se la sente. Non c’è nessuna fretta.-
-Preferisco non lasciare mai questioni in sospeso.-
-Capisco… come desidera procedere?-
 
Secondi di silenzio riecheggiano nel salotto, ma anche fuori dall’altra parte della strada.
La figura si stringe nel cappotto nero, trattenendo il respiro.
 
-Io… continuerò a pagare l’affitto.-
Carruthers si volta verso di lui stupito.
 
2 minuti e 56 secondi prima. POV MYCROFT
 
Rimango da solo, con la missiva in mano.
Decido di aprirla.
Alla vista della prima frase, quasi sbianco.
 
 
Mio odiatissimo Mycky,
le scrivo questa lettera per dirle che non ho bisogno del suo aiuto, visto che è la persona più inaffidabile del pianeta.
Solo un favore. Le chiedo di saldare definitivamente il debito degli alloggi del 221B di Baker Street e di fare quel che vuole con gli oggetti personali: li venda o li riponga in delle scatole e se ne dimentichi.
Esatto. Sono la persona a cui sta pensando.
Voglio anche informarla che sta abbastanza bene e non necessita di assistenza.
Noi non abbiamo bisogno del vostro sostegno.
 
Un’ultima cosa: divulghi pure il contenuto di questa lettera, la conservi e lo dica a tutti.
Alla Signora Hudson, all’ispettore Lestrade, a Carruthers, a Stanley, a Madame Simza, a Mary Morstan e soprattutto al Dottor John Watson.
 
Le ribadisco il mio disprezzo: lei è l’unica persona in cui non riporrei neanche le mie ultime speranze.
Non comprendo che lei si fida di me… ma io non mi fido di lei.
 
Ci cerchi, tanto non torneremo mai più. Ormai il pericolo è passato per tutti.
 
Avrà presto mie notizie.
 
Un arcinemico.
 
Ps. Mi dispiace ma neanche io so dove si trova la sua riserva di ossigeno personale.
 
 
Raddrizzo la schiena e guardo davanti a me.
Qualcosa di umido bagna il mio viso una seconda volta.
 
 
ADESSO
 
 
-Usufruirò io, saltuariamente, dell’appartamento. E gli effetti personali di mio fratello rimarranno dove sono; non voglio chiuderli in nelle asettiche scatole per poi gettarle nel dimenticatoio. Rimarrà tutto così com’è. Per il disturbo le verserò una somma supplementare.-
-Non è necessario.- dice la donna.
-Insisto.- dice guardando le fiamme del camino.
Il silenzio torna a regnare nel salotto. Mycroft guarda il piano superiore accarezzando il bastone, un’espressione seria e malinconica sul viso.
-La capisco sa…- mormora la signora.
-Mi scusi?- chiede l’uomo voltandosi verso di lei.
-Sente molto la mancanza di suo fratello, vero?-
 
L’uomo osserva nuovamente in alto per poi fissare le fiamme.
Tace. Non risponde.
 
Bussano nuovamente alla porta.
-Oh… devono essere Mary e il dottore. Vado ad accoglierli.- dice la donna alzandosi.
-Carruthers.- esclama Mycroft.
-Si,Signore.-
-Di al cocchiere di prepararsi.-
-Certo Signore.-
 
L’uomo rimane solo.
Ha notato la perplessità di Carruthers riguardo il cambio della sua decisione.
 
Non visto, stira le labbra in un sorriso chiuso.
 
Non si affligga. È una doppia crittografia, mia cara, che Sherly e io usiamo sin da bambini. Se la prima lettera del messaggio è una consonante, allora quello che segue è lo specchio della verità.[3]
[3] Cit. Mycroft Holmes a Mary in Sherlock Holmes-Gioco di Ombre
 
-Mio odiatissimo arcinemico. Chiunque tu sia, sappi che non mi fido di te.- mormora.
 
La figura sorride e inchina il capo. Ha funzionato, pensa.
-Lo so.- sussurra.
 
La lettera esala il suo ultimo sbuffo di fumo tra le fiamme del camino.


 
_____________________________________________
 
 
TRADUZIONE DELLA LETTERA
 
Mio odiatissimo carissimo Mycky,
le scrivo questa lettera per dirle che non ho bisogno del suo aiuto, visto che è la persona più inaffidabile del pianeta.
Solo un favore. Le chiedo di non saldare definitivamente il debito degli alloggi del 221B di Baker Street e di non fare quel che vuole con gli oggetti personali: non li venda o li riponga in delle scatole e non se ne dimentichi.
Esatto. Sbagliato. Non Sono la persona a cui sta pensando.
Voglio anche informarla che non sta abbastanza bene e non necessita di assistenza.
Noi non abbiamo bisogno del vostro sostegno.
 
Un’ultima cosa: non divulghi pure assolutamente il contenuto di questa lettera, non la conservi e non lo dica a tutti nessuno.
Alla Signora Hudson, all’ispettore Lestrade, a Carruthers, a Stanley, a Madame Simza, a Mary Morstan e soprattutto al Dottor John Watson.
 
Le ribadisco il mio disprezzo la mia stima: lei è l’unica persona in cui non riporrei mai nemmeno io ripongo le mie ultime speranze.
Non comprendo che lei non si fida di me… ma io non mi fido di lei
 
Non Ci cerchi tanto non torneremo mai più forse/un giorno. Ormai il pericolo non è passato per tutti.
 
Non Avrà presto mie notizie.
 
Un arcinemico. Un amico/alleato.
 
Ps. Mi dispiace ma neanche io so dove si trova la sua riserva di ossigeno personale.
 
_______________________________________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO
 
TERMINE MINIMO           10 NOVEMBRE
TERMINE MASSIMO        15 NOVEMBRE
_______________________________________________
 
Angolino dell’Autrice.
 
Salve a tuttiiiii!!!
E meno male che questo capitolo era stato già scritto all’80%.
Gli impegni di queste settimane mi hanno riempito ogni giorno.
Sinceramente mi piace tantissimo questo capitolo nonostante Mycroft mi sfugga sempre un po’ dalle mani… spero vi sia piaciuta la lettera.
Per quanto riguarda la sorpresa, perdonatemi non sono riuscita a farla.
Ma continuate pure a scrivere qual è secondo voi la casa dove si è trasferito Sherlock Holmes!
 
Grazie mille a tutti voi che leggete, recensite e votate.
È davvero importante per me!
 
Alla prossima Djaly! :*

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***




CAPITOLO 17       VUOTO

 
LONDRA
DOMENICA 6 DICEMBRE 1891
ORE 10:00


 
POV WATSON
 
 
Sono qui.
 
Ci sono tutti.
 
Mycroft.
Carruthers.
Stanley.
Mary.
La Signora Hudson.
Il commissario Lestrade.
Gli agenti di Scotland Yard.
Gente illustre.
Indiscreti.
 
Ma non mi importa nulla di loro.
 
Perfino Madame Simza è presente.
Si è seduta vicino a me e resta in silenzio. Lo apprezzo molto.
 
Non ho pianto.
Non ci sono riuscito.
 
Non è normale.
 
Sono passate due settimane ormai.
Da un punto di vista psicologico dovrei elaborare in qualche modo il… questo.
 
Dolore, tristezza, malinconia.
 
Eppure… nulla.
 
Vado avanti come se niente fosse.
Mi sono occupato del fratello di Madame Simza, del… di questo e dei conti del Professor Moriarty insieme a Mary e a Scotland Yard.
 
Ho ripreso a lavorare.
 
Eppure… vuoto.
 
Ancora questo sento.
 
 
POV???
 
Assisto alla commemorazione… molte persone hanno presenziato per omaggiare Sherlock.
Una targa nera con bordi in oro spicca in una delle colonne portanti dell’edificio.


 
In memoria di
Sherlock
Holmes.
1854-1891
Ha giocato
al gioco
per il puro piacere
del gioco.
 
 
Guardo la fila delle persone più vicine a lui. Ci sono tutti. Beh… quasi.



Sono tutti provati; Mrs. Hudson è commossa nonostante avesse un rapporto piuttosto turbolento con Sherlock.
Mr. Holmes non ha detto niente a nessuno, per adesso: appare addolorato ma, ad un occhiata più attenta, si può scorgere sul viso un’espressione impotente e guardinga, talvolta preoccupata. Si volta verso Mrs. Watson: le chiede dove si trova il suo consorte e se può essere di aiuto.
 
Volto lo sguardo verso sinistra.
Dietro gentiluomini di alto rango e prestigio, scorgo il dottor Watson… da una parte, lontano da tutti.



Percepisco il suo vuoto.
Mi preoccupa.
 
Madame Simza si avvicina lui, gli si accomoda affianco e, silenziosamente, lo conforta.


 
Sospiro.
Non mi è permesso fare nulla… ho le mani legate.
Sono ancora in pericolo; Sherlock Holmes, senza un briciolo di memoria, è in pericolo.
 
A proposito di Sherlock Holmes, meglio che torni a Cormolino prima di destare sospetti a lavoro e, soprattutto, per tenere sotto controllo quel crea guai!
 
Mi volto un’altra volta verso la folla.
 
Annuisco. Si sistemerà tutto. Almeno spero.
 
 
CORMOLINO
LUNEDì 7 DICEMBRE 1891
ORE 7:00
 
POV HOLMES
 
Inspiro.
Odore pungente e fastidioso. Muffa e fumo.
Silenzio.
Rumori lievemente lontani di trascinamento e scalpiccii…
Apro gli occhi.
Pareti bianche scrostate.
Il pulviscolo comincia a vedersi alla luce dell’alba che entra dalla finestra.
Freddo. Il fuoco si è spento.
 
Mi stiracchio e mi siedo… mugugno.
I dolori sparsi per il corpo si fanno sentire.
Il materasso duro e ormai inutilizzabile non ha di certo aiutato.
 
Stringo di più la coperta.
Mi sono trasferito nella casa della Via del panettiere.
Numero assente. Le case della stessa li hanno nuovi, di 4 o 5 anni, altre non hanno la cifra identificativa o sono mancanti. Ma è un numero compreso tra il 190 e 200 o anche più alto. Probabilmente a causa di un nuovo censimento da parte del comune.
 
Primo piano. In disuso da 10 anni. Soggiorno, cucina spaziosa e due camere da letto. Presenza di un camino, un materasso in disuso, mobili abitati dalle tarme che si reggono in piedi per miracolo, tende lunghe e pesanti alle finestre di color bordeaux con qualche strappo, un tavolo, una sedia senza una gamba, uno specchio rotto, qualche pentola, un mantello dimenticato e bucato che ho usato come cuscino, un orologio a pendolo fermo.
 
Entrare è stato abbastanza facile; la serratura era usurata, con una forchetta rotta e un fil di ferro, trovati in strada, sono riuscito a forzarla. Potrei essere uno scassinatore.
 
Abitato precedentemente da una famiglia di panettieri, vista l’esigua presenza di farina sparsa per la cucina, il piano terra adibito a laboratorio con tanto di forno e di un sacco semi aperto dentro uno scaffale; essa si è trasferita più in centro, vicina al mercato.
L’uscita secondaria è abbastanza precaria ma… la via è quasi disabitata.
 
Mi alzo e mi affaccio alla finestra. I vetri sono tutti interi.
 
Non so perché ho scelto questa casa tra quelle disponibili.
Ma ogni volta che penso al nome della via, vedo un’immagine sfocata di una targa ma non riesco a vedere cosa c’è scritto. E nonostante tutto, ciò rende il vuoto che sento meno opprimente.
 
Vuoto.
 
Strizzo gli occhi e mi passo una mano sul viso.
Osservo il livido sul viso riflesso nel vetro: estensione ridotta del 30% rispetto al primo giorno, colorazione verde tendente al giallo. In via di guarigione.
 
Un rumore gorgogliante e cupo spezza il silenzio. Si tratta nuovamente del mio stomaco.
 
Il cibo, che mi aveva lasciato lo sconosciuto che mi ha salvato e nascosto nelle stalle, è durato fino a sabato… ieri sono riuscito a racimolare poco date le mie condizioni… ho preso furtivamente qualcosa dagli orti vicini e dal magazzino di questa zona del paese.
 
Oggi andrò a prendere le mie cose nella Chiesa. Mi sento abbastanza in forze.
Se esco ora che non è ancora completamente sorto il sole, imbucando le vie periferiche, riesco a passare inosservato.
 
Prendo il mantello e lo indosso.
 
Scendo con calma al piano inferiore inspirando dal dolore ad ogni scalino, apro la porta e guardo fuori.
Destra: libero, sinistra: libero.
 
Esco e mi chiudo velocemente l’uscio alle spalle, senza fare rumore.
L’aria fredda del mattino sferza il mio viso rendendo fastidioso il livido.
 
Guardo il cielo: il blu scuro sta sparendo lasciando il posto all’arancio, ma è ancora presente al 70%. Ipotesi ora: tra le 7:05 e 7:10.  
 
Comincio a camminare.
 
Percorso.
 
Girare a destra e proseguire dritto.
Raggiungere la boscaglia che separa il paese dal lago.
Percorrere il bosco verso Nord.
Sbucare…
 
Un nitrito.
 
-Oh ooooh!-
 
Un colpo.
Ahio!
Nero.
 
________________________________
 
PROBABILE PROSSIMO AGGIORNAMENTO 
30 NOVEMBRE
________________________________
 
Angolino dell’Autrice
 
Salve a tutti!
Perdonate sono leggermente in ritardo.
 
ATTENZIONE
 
Il prossimo aggiornamento potrebbe non avvenire il 30 Novembre e con l’avvicinarsi delle feste natalizie potrei non aggiornare per niente. Quindi la storia potrebbe restare in sospeso fino a data da destinarsi. Ma non preoccupatevi: NON CADRà NEL DIMENTICATOIO.
 
Vi lascio qua sotto, purtroppo ancora incompleta (la finirò pian piano), la sorpresa.
Ecco a voi… Cormolino! =D



Zona rossa: zona dell'agguato del "Capitolo 12 - Matrimoni e Primi Guai 3 parte".
Zona gialla: zona della stalla dove si è svegliato Holmes.
Zona verde: zona della Via del panettiere.

Spero vi piaccia! =)
 
Grazie davvero a tutti voi che leggete, recensite, votate e mettete questa storia nel vostro “elenco di lettura” o tra le “preferite” e “ricordate”. Vi ringrazio con tutto il cuore!
 
A presto! :*
Un abbraccio abbraccioso Djaly! :*

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Riassunto dei capitoli precedenti.
 
Il 6 Dicembre 1891 si è tenuta la funzione per la morte di Sherlock Holmes.
 
Un’ora prima di tale evento Mycroft, che si trovava a casa di Mrs. Hudson per saldare i conti dell’affitto, riceve dal POV??? una missiva scritta con il codice che usava con il fratello.
 
In tale lettera si chiede di non vendere né gli alloggi del 221B di Baker Street né gli effetti personali di Sherlock; il mittente gli raccomanda di non informare dell’esistenza di tale scritto ad amici e conoscenti, anzi di disfarsene e di non intraprendere nessuna ricerca.
 
Seppur riluttante il fratello maggiore Holmes segue tutte le indicazioni, con la speranza di avere altre notizie un giorno.
 
Nel mentre a Cormolino Sherlock, dopo essere stato salvato dal POV??? ed essersi ripreso dall’assalto dei due ladri, si trasferisce in una casa al primo piano nella Via del Panettiere.
 
La mattina del 7 dicembre 1891 il detective, uscendo per andare a recuperare gli effetti personali lasciati in Chiesa, viene colpito e cade a terra.
 
 
 
CAPITOLO 18   GLI ABITANTI DI CORMOLINO (prima parte)
 
CORMOLINO (Sud-Est all’imbocco della Via del Panettiere)
LUNEDì 7 DICEMBRE 1891
ORE 7:15
 
POV HOLMES
 
Dolore.
In una scala da 1 a 10. 4,5.
 
-Oh mio Dio! L’ho ucciso! Oh Signore perdonami!-
 
Stringo gli occhi e poi li apro. Davanti a me le ruote di un carro e le zampe di un cavallo… ancora!
 
-Ehi togliti dai piedi. Non vedi, sei cieco?-
-Cocchiere bucaniere!-
-Levati dai piedi!- [1]
[1] da Sherlock Holmes
 


Chiudo le palpebre.
 
-E ora come faccio? Finirò all’inferno!- continua la voce maschile. Giovane. Nota preoccupata. -Forse posso provare a rianimarlo. Farò la respirazione bocca a bocca!-
 
Giammai! Grugnisco a causa della fitta alla testa.
 
-Oh è vivo! Dio ti ringrazio!- sollievo nella sua voce -Ehi amico! Tutto apposto? Forza ora ti tiro su!-
Vengo preso da sotto le braccia e messo in piedi in un battito di ciglia.
Barcollo e gemo di dolore a causa del movimento brusco.
-Quante dita sono?- chiede la voce sconosciuta.
Apro gli occhi.
 
Ragazzo.       Età:25/30 anni.        Capelli: castani corti.     Occhi: verdi.     Altezza: 1,64 metri.     Orecchie a sventola.     Forte accento locale. Nato e cresciuto qui.       Odore di polvere, di chiuso e di cibo. Professione: magazziniere. Lavoro di famiglia.       Abiti semplici. Non sgualciti eccessivamente; colletto ben stirato, tipico tocco femminile, materno. Sporchi a causa del lavoro.       Una sorella e un fratello.        Padre ormai troppo anziano per questa professione e madre casalinga.        Crocefisso al collo. Credente. Come la famiglia.        Istruzione: bassa.         Stazza nella media, muscolatura molto sviluppata.      Logorroico.     Amichevole con tutti, anche con il sottoscritto anche se non mi ha mai visto prima.
 
-Oh santo cielo non ci sente… o non ci vede…- esclama preoccupato della mia mancata risposta.
Alzo gli occhi al cielo -Sono tre.- rispondo.
-Bene amico! Stai benone! Oh perdonami. Bernardo- spiega dando una pacca al cavallo -si è spaventato e non sono riuscito a tenerlo fermo. Lui si spaventa per ogni cosa ma è forte come un toro. Oh caspita!- spalanca gli occhi vedendo il mio abbigliamento -Perbacco che abiti eleganti, siete un pezzo grosso! Oh no… si sono rovinati, anche il mantello! Aspettate una bella spolverata e torneranno come nuovi!- dice il ragazzo, dandomi del lei e cominciando a pulirmi i vestiti un po’ troppo energicamente -E guardate che livido!- dice cercando di avvicinarsi al mio viso.
 
-Sto bene.- dico allontanandomi infastidito. Tossisco. Che manate!
-Eh no, non sta bene! Ma cosa ci fa in questa via? Ah ho capito, non siete di qui vero?-
 
Qualunque cosa accada, tenere un profilo basso!
 
-No, i-
-Tipico dei forestieri: quando vengono qui si perdono! Ah ma non si preoccupi! Adesso ci sono io!-
-Ma io n-
-A proposito mi chiamo Carlo, ma per gli amici Carletto!- dice prendendomi alla sprovvista e stringendomi la mano. Rettifico: stritolandomi la mano. Poi mi da una pacca nella schiena. Butto fuori l’aria a causa del colpo. -Forza salga su! Per farmi perdonare le offro la colazione!-
-No, la ringr.-
-Per averla travolta è il minimo che possa fare!-
-Non è necess-
-Si, invece! Una bevanda calda con questo freddo ci vuole per iniziare bene la giornata! E poi non va bene mangiare da soli; come dice la mia mamma: chi mangia da solo si strozza di malinconia, soprattutto a colazione!- esclama dandomi altre pacche sulla schiena -Dove la porterò non è un posto di lusso, come sicuramente sarete abituato, ma fanno un caffè che resuscita i morti! Per non parlare delle paste della signora Maria! Sono la fine del mondo!-
 
Lo osservo.
 
Aspetti positivi: il ragazzo conosce tutto di questo paese; ricaverei informazioni su incidenti, fatti e/o sparizioni di queste due settimane; saprei se ha sentito parlare del sottoscritto nei giorni scorsi (sicuramente); saprei se si conosce l’esistenza del buon samaritano in nero, colazione.
 
Aspetti negativi: emicrania.
 
-Allora andiamo?- mi chiede.



Carlo (per gli amici Carletto!)
 
_____________________
 
PROSSIMO AGGIORNAMENTO   ENTRO FINE MESE!
________________________
 
 
Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!!! =)
Allora prima di tutto buone feste anche se in ritardo!
Come previsto non sono riuscita a scrivere molto durante le vacanze: l’auto si è rotta, i preparativi, l’influenza, notti in bianco per la tosse! Uno strazio!
In realtà il capitolo è molto più lungo ma se continuo a lavorarci sopra lo pubblico a fine mese e almeno questa prima, seppur piccola, parte era pronta già da un po’…
Il problema rimane Sherlock Holmes… sembra aria: mi sfugge dalle dita e ho sempre l’impressione di non rappresentarlo in maniera esaustiva! *sospira*
 
Quindi non preoccupatevi anche se in ritardo questa storia andrà avanti e se voi avete già ritirato gli addobbi natalizi e avete nostalgia delle feste.. beh a Cormolino il Natale sta per arrivare! =)
 
Che dire cominciamo a presentare uno dei personaggi che affiancheranno Holmes nella sua permanenza a Cormolino: il simpatico Carletto! =) Ce ne saranno tanti altri, importanti e meno per la storia! =)
E non preoccupatevi: anche POV??? si farà sentire! ;)
 
Perdonate i miei disegni, non sono molto brava! XD

Grazie a tutti voi che continuate a seguire e recensire e votare questa mia follia! xD
 
A presto Djaly! :*

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***





CAPITOLO 19   GLI ABITANTI DI CORMOLINO (PARTE 2)
 
CORMOLINO
7 DICEMBRE 1891
 
POV HOLMES
 
QUALCHE MINUTO DOPO…

 
 
Sono sul carro e ho un principio di emicrania.
 
Parla… parla troppo! Di qualsiasi argomento.
 
-Devo fare il giro lungo per una consegna. Se la signora Giuseppina non riceve il suo ordine entro le 7:45 sveglierà tutto il paese con le sue urla. Ha una voce davvero acuta!- dice indirizzando il cavallo verso la piazza centrale -Ah, come al solito sto parlando troppo! Me lo dice sempre la mia mamma! Allora amico, mi dica, dove era diretto?-
-Passeggiata mattutina e poi alla chiesa per assistere alla messa del mattino.- rispondo.
-Oh, si giusto! Bello!- inspira rumorosamente dal naso -Fa sempre bene prendere un po’ di aria fresca. Voi non siete di qui vero? Non vi ho mai visto. Oh, questo è il cuore del paese.- esclama indicandomi l’albero davanti a noi, a qualche metro di lontananza -Noi la chiamiamo la Quercia.-
 
Mi descrive la cittadina.
Come già sapevo la Quercia è il punto centrale del paese; attorno ad essa si estendono quattro vie principali nominate Mercato Nord, Mercato Est, Mercato Sud e Mercato Ovest: in esse si trovano tutte le attività commerciali e i negozi.
Lungo il Mercato Est c’è la Chiesa dedicata a Sant’Antonio Abate, patrono del paese, ricorrenza 17 gennaio.
 
-Per la festa del Santo si tiene la corsa di cavalli attorno al paese. Viene spalata via la neve, se presente e messa la terra dei nostri campi. Poi c’è la fiaccolata e la benedizione degli animali. Dovete vederla!- cala il silenzio: guarda le redini strette nelle sue dita, il cavallo e poi le mie mani, il tutto un paio di volte; sta ragionando -Ma certo, che idea!- sussurra all’improvviso illuminandosi.
 
Mi volto verso Carlo che sta gongolando raggiante: sta per chiedermi se cavalco, così da convincermi a partecipare alla corsa.
 
Un brivido mi percorre la schiena.
Devo sviare l’argomento facendo qualche domanda utile.
 
-Allora mi dica quanti siete a Cormolino?-
-Oh… ehm…- balbetta, voltandosi verso di me, preso alla sprovvista -Mah… ci aggiriamo sui 2500.-
Come avevo dedotto -Oh…Vi conoscete tutti praticamente.-
-Oh si amico! Ognuno di noi sa tutto di tutti! Vi ho dato del forestiero per quello! Si notano subito qui!-
-E ne vengono molti da queste parti?-
-Si! Ci sono molti viandanti che si fermano per riposare un giorno o due e poi riprendono il viaggio! Alcune persone vengono in questo periodo per godersi la neve; molte accorrono per la festa del patrono a Connubio, qui vicino, l’8 gennaio! La città per quella settimana è piena così!- esclama gesticolando con le mani; depistaggio perfettamente riuscito! -Quindi non ci sono alloggi liberi per tutti: allora i turisti vengono da noi o vanno nei paesi circostanti. Dovete assolutamente andare a vederla!- mi dice annuendo vigorosamente -Altri vengono d’estate per respirare aria pulita e fresca e ammirare la bellezza del lago. Si può anche pescare! Voi siete mai andato a pesca?-
-No.- non che ricordo…
-Oh non vi preoccupate, amico! Vi insegnerò io. È facile!-
 
-Quindi conoscete anche questi visitatori stagionali… saranno sempre gli stessi immagino…-
-No, no… non sono sempre gli stessi. Certo molti, quando anni fa arrivarono qui per la prima volta, si sono trovati così bene e da venire quì almeno una volta all’anno: sono ormai considerati dei nostri compaesani! Gente di casa!-
-Questo avvalora che siete molto ospitali, voi di Cormolino. Me ne state dando prova anche adesso.-
-Grazie amico! Siamo fatti così! Ma non solo con i forestieri ma anche tra di noi: ci aiutiamo sempre!-
-È bello vedere tanta solidarietà: delle persone così unite, che si coprono le spalle l’un l’altro. Quindi non accade mai qualcosa a qualcuno senza che nessuno lo sappia…- alludo.
-Oh no, amico. Ricordo quella volta che la Signora Ginetta, sola e vedova da 5 anni poveretta, non si era presentata alla messa della sera. Avevamo allertato tutto il paese! L’avevamo ritrovata dieci minuti dopo al pozzo vicino alla boscaglia: era inciampata e non riusciva più ad alzarsi, perché si era fatta male. Oh non si preoccupi, ora sta bene! Come vede se qualcuno non si fa vivo, ci allarmiamo subito, perché ci vogliamo bene!-
 
-Tu, insulso fannullone!- urla un’anziana signora alla nostra destra, interrompendo la parlantina del giovane.
 
Ottant’anni circa, capelli grigi raccolti in una treccia lunga, profonde rughe sul viso.        Non originaria di questa cittadina, ma comunque italiana.          Postura eretta nonostante l’età e una vecchia ferita al fianco destro, da come ci preme la mano sopra per abitudine, che la costringe a chinare la schiena ad ogni passo. Causata da un incidente.          Famiglia dall’educazione rigida e propensa alla violenza.          Per il suo animo ribelle e il suo desiderio di viaggiare, hanno cercato di maritarla contro la sua volontà. Senza successo. Si è opposta con tutte le sue forze.        Ripudiata, è stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico da cui, dopo pochi mesi, è fuggita.         Anni di vagabondaggio, nascondendosi da chi la cercava.        Accento italiano, ma con presenza di cadenza russa e decisione tedesca. Ha fatto il giro del mondo, a giudicare dai diversi souvenir che si intravedono dalla finestra.         Trent’anni fa, o poco più, si è rifugiata in questo paese per lei ritenuto sicuro.            Le suore di questo paese vengono a trovarla e le danno sostegno, a giudicare dal sacchetto dei viveri, deposto sul davanzale della finestra, con allegata un’immaginetta sacra.          Puro disprezzo verso le persone, specialmente i bambini.        Presenza di peli rossi e graffi sulle vesti all’altezza degli stinchi e sulle braccia. Ha un gatto.          Adora le lame; possiede una wakizashi [1] in casa.
 
[1] sciabola giapponese
 
-Smettila di circolare davanti a casa mia con quel ronzino!-
 
Oh presenza di r moscia francese!
 
-Buongiorno Signorina Rosetta!- saluta amichevolmente il ragazzo accanto a me.
-Buongiorno un corno! La prossima volta te lo brucio quel carretto!- sbraita la signora sbattendo furiosamente la porta.
 
Alzo un sopracciglio.
 
-Eh, la signorina Rosetta…- sospira il giovane -… da quanto so, si dice che non ha avuto una vita molto semplice ma che abbia girato il mondo. È arrivata qui che era ancora ferita a causa di un incidente in uno dei suoi viaggi… Un naufragio forse! Ma non ci ha mai raccontato nulla. Penso non le faccia tanto piacere ricordare quell’avvenimento. Abita da sola, le fa compagnia soltanto il suo gatto, Rodolfo. Povera signorina Rosetta.- sospira sconsolato -Sai amico, penso che cominci a volermi bene: questa volta mi ha chiamato solamente insulso fannullone. Solitamente mi lancia dietro qualcosa o dice delle strane frasi… in tedesco credo… ma io non lo capisco! Sono sicuro che diventeremo buoni amici! Non credete anche voi?- chiede sorridendo.
 
Mi volto indietro e vedo l’anziana signora, che ci guarda sorridente, rigirando la wakizashi tra le mani; la lunga lama getta i riflessi ocra dell’alba sul suo viso, dandole un aspetto sinistro.
 
-Innegabilmente!- rispondo.
 
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PROSSIMO AGGIORNAMENTO 15 FEBBRAIO
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Angolino dell’Autrice
 
Ciao a tutti!
Perdonatemi sto andando a rilento… ma sono stata male; mi sono beccata nuovamente l’influenza: febbre, perdita dell’udito. E ancora non ne sono uscita del tutto!
Ho pensato di pubblicare questa piccola parte visto che era già pronta.
 
Ho il timore che, con i miei ritardi e con questi aggiornamenti della storia, brevi e decisamente noiosi (nonostante io li modifichi ogni due minuti), vi sto deludendo.
 
Spero mi arrivi l’ispirazione.
 
Ringrazio tutti voi che continuate a seguire, leggere, recensire e votare la mia storia.
Se avete qualche suggerimento, non esitate a scrivermi! =)
 
Un bacio la vostra Djaly! <3 


 

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Capitolo 20
*** Tornerò presto... ***


Ciao a tutti! :) Perdonatemi... Purtroppo ho avuto dei problemi personali e molti impegni e non ho trovato più il tempo per scrivere "Un Nuovo Caso di Nome Sherlock Holmes"... ma spero di riprendere al più presto. Un abbraccio! :* Vi rcordo stasera su Italia 1 alle ore 21:10 SHERLOCK HOLMES con RDJ e Jude Law! :)

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