Love as soft as silk

di Rosette_Carillon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                           

 

 

 

 

                                                 

 

                                                                                                      Capitolo 1

  

 

 

 

 

 


 

 

Si era recato al castello con la semplice, innocua intenzione di portare a Stanley una scatola di biscotti appena sfornati.

Madame de Garderobe si era presa in gran simpatia il giovane uomo, non era trascorso molto tempo prima che gli avesse proposto di diventare suo apprendista, e Stanley aveva accetto, e si era trasferito nel castello.

Lefou era contento per lui.

Le poche volte che si incontravano, e lui gli parlava del suo apprendistato con Madame, gli occhi brillavano di gioia, e la voce tremava d’eccitazione al pensiero dei tessuti che avrebbe avuto sotto mano, e dei nuovi abiti che avrebbe creato.

Era contento per lui, ma non poteva non sentire la mancanza.

Gli sembrava che il tempo che trascorrevano assieme scorresse troppo veloce, che non bastasse mai per tutto quelle che avrebbe voluto dire e fare. In fondo, era anche colpa sua, della sua indecisione che ogni volta gli impediva di avvicinarsi all’uomo quanto avrebbe voluto.

Spesso gli portava dei biscotti, una fetta di torta, o del pane caldo, qualcosa di semplice, ma almeno poteva stare con lui, e assicurarsi che mangiasse: spesso Stanley si immergeva talmente tanto nel suo lavoro che dimenticava completamente il mondo esterno, poteva andare avanti per ore senza mangiare, per poi rendersene conto a notte fonda.

Lefou amava quei momenti di intimità, che restavano sempre confinati nell’atelier, lontano da sguardi indiscreti e malelingue. Amava guardare Stanley muoversi con agilità fra manichini, rotoli di stoffe colorate, lunghi nastri e schizzi di abiti caduti per terra.

Qualche volta era geloso delle attenzioni che quelle stoffe ricevevano.

<< Sei davvero innamorato di questo posto. >>

<< Oh, sì. Finalmente sono nel posto giusto, finalmente posso fare qualcosa che mi piace davvero >> sospirò lui, trasognante, mentre arrotolava una stoffa rosso cupo << c’è solo un altro posto in cui riesco a sentirmi così bene. >>

<< Ah, sì? >> Lefou chiese distrattamente, non osando sperare di poter essere incluso nella risposta.

<< Sì. >> Stanley mise via la stoffa accuratamente piegata << con te, mon amour >> rispose in un sussurrò, chinandosi sulle sue labbra.

<< Aspetta, aspetta >> lo fermò prendendogli il volto fra le mani << non hai paura che qualcuno ci possa vedere? >>

Stanley sorrise lasciandosi accarezzare il labbro inferiore << è quasi ora di cena, a nessuno verrà in mente di venire qui. >>

<< B-bè, se è quasi ora di cena. . . >> deglutì a vuoto mentre la dita dell’altro scioglievano lentamene il nastro che portava al collo << f-forse dovresti andare. >>

<< Perché? Sto bene qui >> premette le labbra contro il suo collo, sfregò il naso contro la pelle tiepida, mentre una mano giocava col primo bottone del panciotto.

<< S-Stanley >> chiamò con voce tremolante.               

La mano dell’uomo si fermò, le labbra si avvicinarono al suo orecchio << tranquillo, mon amour, non farò nulla che possa darti fastidio >> gli accarezzò una guancia col dorso della mano.

Lefou arrossì, si lasciò baciare, e si pentì di aver fermato Stanley poco prima ma, dopotutto, che altro avrebbe dovuto fare?

Probabilmente non avrebbe mai avuto il coraggio di farsi vedere nudo dall’uomo ma, in quel momento, aveva preferito illudersi, dirsi che, semplicemente, quello non era il momento né il luogo adatto.

E intanto, si era chiesto se davvero il sentimento che provava l’avrebbe condotto alla dannazione eterna. Di amore si trattava, lo stesso che c’era fra Belle e il principe, eppure qualcosa di diverso c’era, doveva esserci, solo non capiva cosa fosse.

<< Stanley? >>

<< Sì? >>

<< Promettimi che farai attenzione >> pregò << che farai in modo che nessuno scopra di noi due. >>

<< Mon amour,- >>
<< Ti prego, non-non voglio che ti succeda nulla. Rischiamo l’impiccagione, lo sai, e io, bè, non sono una gran perdita, ma- >>

<< Mon amour! >> 

<< Oh, andiamo: lo sai che ho ragione. Non sono mai riuscito a combinare nulla di buono, ma tu sì. E rischi di perdere tutto a causa mia: non potrei sopportarlo, non valgo così tanto. >>

<< Questo lascialo decidere a me >> ribatté, stampandogli poi un bacio sulla guancia << ops >> ridacchiò passandogli il pollice dove poco prima aveva posato le labbra << scusa >> mormorò cancellando la traccia di rossetto.

Lefou arrossí pensando che, infondo, non gli sarebbe dispiaciuto poter andare in giro a vantarsi di quel segno.

Ma non poteva.

<< Vorrei che tu potessi restare con me, questa notte e tutte le altre. >>

Oh, sí: anche lui avrebbe voluto, avrebbe tanto voluto che ciò fosse possibile.

<< Sarebbe bello... ma-ma forse è il caso che io vada. >>

<< Sí, hai ragione. Fai attenzione. >>

Si salutarono, concedendosi un altro bacio, non accorgendosi di essere stati visti.

 

<< Principe, permettete una parola? >>

<< È davvero urgente? Sono piuttosto impegnato >> strinse Belle fra le braccia.

<< Temo di sí, un grave crimine è stato compiuto nel vostro castello: ritengo che ne dobbiate essere informato. >>

Adam si fece attento, strinse maggiormente la moglie << vai nella nostra stanza, io arriverò subito >> fece per allontanarsi seguendo Leloup*, ma Belle lo trattenne per un polso.

<< Adam, non mi fido di>>

L'uomo le rivolse uno sguardo interdetto, poi le sue labbra si piegarono in un sorriso.

<< Mi sentirei più tranquilla se tu non fossi solo. >>

<< In tal caso >> intervenne Lumière alle loro spalle << mi prendo la libertà di accompagnare il principe. >>

Belle sorrise rincuorata prima di allontanarsi nel corridoio fiocamente illuminato.

<< Sai Lumière, avrei preferito avessi accompagnato lei. >>

<< Forse. Devo ammettere di condividere la sfiducia della principessa nei confronti di Leloup. >>

 

Adam entrò nella stanza e rischiuse la porta con rabbia, poi si sedette pensieroso alla scrivania.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno, del consiglio di una persona saggia, che fosse capace di ragionare anche col cuore.

<< Belle >> sospirò il nome dell’amata appena sentì le mani di lei posarsi sulle sue spalle << Belle, ho bisogno di un tuo consiglio. >>

<< Di che si tratta? >>

Adam si alzò e si voltò verso la donna le parole gli morirono in gola << quest’abito è nuovo >> constatò.

<< Oh, sì. Che ne pensi? Madame de Garderobe l’ha cucito con l’aiuto di Stanley, il modello è suo. È davvero molto comodo, e largo, così nei prossimi mesi potrò respirare in libertà >> ridacchiò.

L’uomo allargò una mano sul ventre della donna << è un abito davvero semplice. >>

<< Lo sai, io non sono abituata a vivere in un castello. >>

Lui scosse la testa e sorrise << è bellissimo. Tu sei bellissima. E sembra che Stanley sia in grado di accontentarti. >>

<< Oh, sì: è davvero bravo. Ma tu volevi dirmi qualcosa, o sbaglio? >>

<< Pensi che due uomini possano amarsi? >>

Belle strinse le labbra interdetta << perché non potrebbero? >>

<< Nella Bibbia- >>
<< Ci sono scritte tante cose. >>

<< … mi ha riferito di aver visto Stanley e Lefou ‘scambiarsi effusioni’. >>
<< Io lo trovo molto dolce. E sono contenta per Lefou: ne ha passate tante. >>

Adam tacque pensieroso << immagino senta la mancanza del suo amico. >>

<< Per lui Gaston era tutto, non aveva nessun altro. Gaston lo difendeva, e credo che, in una qualche contorta maniera, lo facesse sentire importante, utile. >>

<< Stanley mi sembra una persona decisamente migliore, ma è comunque un uomo. >>

<< Amore guarda non con gli occhi, ma coll’anima. >>

Adam roteò gli occhi << touché. >>

<< Pensavano che fossi pazza, sai, quando sono tornata per salvare mio padre e ho detto che eri buono. Mi avrebbero rinchiusa in una manicomio perché ti amavo >> continuò la donna. << Stanley e Lefou non fanno male a nessuno, vogliono solo essere felici. Perché vietarglielo? >>

<< Hai ragione >> annuì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Avevo bisogno di un cattivo, e l’ho inventato, vagamente ispirato al personaggio di Maestro Forte.

 

 

 

 

 

 


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***










 
                                                                                                                           Capitolo 2
 
 
 
 
 
 
 
 




 
La notizia era arrivata al villaggio a mezzogiorno, quando la piazza principale era gremita di persone.
Leloup aveva attirato l’attenzione della folla e aveva cominciato a raccontare quanto aveva visto, la notizia era circolata di bocca in bocca mentre alcune madri si affrettavano a tappare le orecchie dei propri figli affinché non udissero.
Lefou in un primo momento era rimasto paralizzato dall’orrore, poi la preoccupazione si era rivolta Stanley, al castello, vicino al principe che avrebbe potuto farlo impiccare, e che, forse, l’aveva già rinchiuso in una prigione in attesa della morte.
Aveva lasciato cadere della strada fangosa il cesto con la spesa, ed era corso via, facendosi largo fra la folla che si era accalcata anche nelle stradine più stretta, incuriosita dalla voce che aveva cominciato a spargersi.
Si sarebbe preso tutta la colpa, era certo che il principe non avrebbe fatto fatica a credergli, dopotutto aveva aiutato l’uomo che l’aveva quasi ucciso, e Stanley sarebbe stato salvo.
Aveva un vago ricordo del bosco, si era visto attraversarlo, ma poi era arrivato al castello senza capire come. Il ricordo delle sue pietose scuse e preghiere al principe era ancora più vago, ma ricordava bene di essergli caduto ai piedi come un sacco di patate.
E l’impotenza, il senso di colpa per non essere riuscito a fare, nemmeno quella volta, qualcosa di buono: quelli invece li ricordava fin troppo bene.
<< Allora, io vado a preparare del thè. >>
Dei passi si allontanarono, una porta venne aperte e richiusa.
<< Forse è il caso di avvisare- >> cominciò una voce maschile.
<< No. >>       
<< Io vorrei essere informato di un tuo malore, Belle. >>
<< E io vorrei riposare, Adam. >>
Silenzio.
<< Va bene, in fondo hai ragione. È meglio che prima si sia calmato >> convenne il principe guardando l’uomo ancora incosciente, sdraiato sul letto. Strinse fra le mani quelle di Belle << ci pensi tu? >>
<< Sì. >>
Dei passi che si allontanavano, poi nuovamente il silenzio.
Lentamente, Lefou aprì gli occhi e si guardò attorno spaesato. La stanza in cui si trovava era immersa nella penombra, fiocamente illuminata da una luce di cui non scorgeva la fonte.
<< Lefou? >>
<< Mh- B-Belle? >>
La donna china, su di lui, sorrise.
<< Belle. . . >> fece per sollevarsi, ma una giramento di testa lo fece ricadere sulla letto. Chiuse gli occhi con forza, cercando di ignorare la stanza che gli vorticava attorno e la nausea.
<< Resta giù, hai bisogno di riposare >> gli posò una mano sulla spalla << mi hai fatto prendere un bello spavento, sai? >>
<< Che è successo? >>
<< Sei svenuto. . . mentre pregavi Adam. Ti sei svegliato mentre il medico ti stava visitando. E poi ti sei addormentato, dovevi essere molto stanco. >>
Lefou tacque, pensando alle parole della donna, cercando di ricordare cosa l’avesse portato al castello. Ricordava di aver corso come un matto per fare più in fretta possibile, ma perché? Cosa doveva fare di tanto urgente?
STANLEY!
<< Stanley!!! >>
Si mise a sedere con un movimento troppo veloce. Sentì il suo corpo fluttuare senza peso, la testa leggera e, per un lungo, terrificante momento vide tutto nero.
Stanley! Stanley! Stanley!
Come aveva potuto essere così debole? Come aveva potuto permettersi di svenire? Perché non riusciva mai a farne una giusta, almeno una; essere utile per un’unica volta nella sua misera vita sembrava davvero un’impresa impossibile.
<< Belle, Belle: ti prego >> balbettò mentre la donna cercava di impedirgli di alzarsi nuovamente, e di convincerlo a stare calmo << i-io non merito la tua comprensione, non ho nemmeno mai meritato il tuo perdono- >>
<< Lefou, per favore,- >>
<< Ti prego, ti prego: Stanley non merita di morire, lui no, è stato tutta colpa mia, tutta colpa mia. Sono io quello che deve essere punito. >>
<< No, Lefou. >>
<< Sì, sì. Tu lo sai, lo sai che sono una persona orribile, stavo sempre con Gaston, cercavo di imitarlo, volevo essere come lui. >>
Belle scosse la testa, le labbra si piegarono in un dolce sorriso << tu volevi essere con lui. Tu lo amavi, non è vero? >>
<< Sì, sì. >>
<< E ora ti sei innamorato di Stanley, qualcuno che ti meriti, qualcuno capace di amarti. >>
<< S- no, no: non mi ama, lui non mi ama >> cercò di sollevarsi, il volto pallido e la fronte sudata, ma Belle lo trattenne per le spalle << sono io l’unico colpevole, lui non ha mai ricambiato i miei sentimenti. >>
Un leggero bussare interruppe il discorso dei due. La porta della stanza si aprì, ed entrò Mrs. Potts con un vassoio in mano << ho portato una tazza di camomilla. Poggiò qui il vassoio >> ai avvicinò al tavolino accompagnata dal fruscio del suo abito.
Camomilla? Perché era così gentile con lui? Forse non sapeva? Lefou distolse lo sguardo. Certo, non c’era altra spiegazione, altrimenti gli avrebbe servito una tazza di veleno. Tenne lo sguardo verso il soffitto e sentì gli occhi diventare fastidiosamente umidi mentre un nodo gli serrava la gola: quella donna era stata così gentile con lui, quasi come una madre, non voleva neanche immaginare lo sguardo che gli avrebbe potuto rivolgere se. . .
<< Lefou? >>
La voce di Belle attivò la sua attenzione.
<< Lefou. . .? >>
<< Oh, povero caro: dev’essere davvero distrutto >> Mrs. Potts gli rivolse uno sguardo di materna preoccupazione, e lui si accorse delle lacrime che rigavano le sue guance. Lacrime di rabbia e di sofferenza, senso di colpa, inadeguatezza.
Avrebbe tanto voluto un lieto fine tutto per se, essere finalmente importante per qualcuno, amare ed essere amato: tutto ciò si era illuso di poter avere con Gaston. Forse, infondo, dopo quanto aveva fatto, si sarebbe dovuto accontentare di pagare la colpa commessa anche per il suo amante.
Eppure lui aveva davvero sperato che. . .che stupido.
 << Belle, forse è il caso di chiamare chi può calmarlo. >>
<< Sì >> la giovane padrona del castello si alzò << sì: me ne occupo subito. >>
Di chi parlava? Guardò Mrs. Potts che sorrideva cercando di nascondere un sorriso più largo, di chi la sapeva lunga << coraggio, alzatevi piano e bevete la vostra camomilla: vi farà bene. >>
<< Mrs-? >>
<< Ecco >> la donna gli porse la tazza tiepida con un sorriso.
<< Mrs. Potts, io non- non capisco, >> scosse la testa stordito << perché siete così gentili con me? E chi è che dovrebbe calmarmi? >>
<< Non è ovvio? Stanley. >>
Lefou strinse con forza la tazza sgranando gli occhi, sentì il sangue defluire. Mrs. Potts disse qualcosa, ma non riuscì a distinguere la parole.
Quando riuscì a distinguere nuovamente figure e suoni, si rese conto di essere nuovamente sdraiato. Chiuse gli occhi mentre la donna gli stringevano una mano fra le sue.
<< Oh, cielo. Forse è il caso di chiamare nuovamente il medico. Sarà pur vero che la vostra folle corsa per arrivare al castello vi ha stremato, ma qui stiamo esagerando. >>
La porta si aprì << Mrs. Potts ho- >> Belle era tornata << che succede? >>
<< Era sul punto di svenire nuovamente. >>
Se solo fosse riuscito ad addormentarsi nuovamente. . . eppure era stanco. Non abbastanza, evidentemente.
Sentì Mrs, Potts lasciargli la mano dopo avergli sussurrato di stare tranquillo, lui tenne gli occhi chiusi.
 












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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                          Capitolo 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un fruscio d’abito, il rumore di una porta.

Silenzio.

Sentì un peso sul materasso, e qualcosa di morbido e tiepido premere contro la sua fronte: un panno.

<< Lefou? Lefou. >>

<< S-Stanley? >> chiese incerto.

L’altro annuì << ora penso io a te, mon amour. >>

<< Stanley >> il sorriso svanì dalle sue labbra << no, tu non- >>

<< No, no, no: non devi alzarti, hai bisogno di riposo >> la sua presa era decisamente più forte di quella delle due donne, eppure delicata.

<< No-non devi occuparti di me, non devi. De-devi starmi lontano >> balbettò scuotendo la testa freneticamente << l’impiccagione, rischi l’impiccagione. >>

<< Non rischio nulla, mon amour, non rischiamo nulla >> sorrise imbarazzato << in realtà, Belle e il principe sono felici per noi >> poggiò il panno sulle sue ginocchia.

<< M-ma-ma- >> il suo balbettio fu interrotto dal leggero tocco della mano di Stanley che si era poggiata contro la sua fronte fredda, per poi scostarsi e accarezzargli lentamente una guancia.

<< Non hanno avuto tempo di spiegare. Ora, però, cerca di dormire. >>

No, non voleva dormire. Aveva bisogno di spiegazioni, di capire cosa stesse succedendo ma, soprattutto, aveva bisogno di vedere Stanley, di stare con lui e assicurarsi che nulla gli sarebbe capitato. << Mh. Va bene >> si costrinse a rispondere.

Sapeva che, appena sarebbe rimasto solo in quella stanza troppo vasta, vuota e silenziosa, le sue paure l’avrebbero tenuto sveglio ma, d’altra parte, non poteva certo far perder altro tempo a Stanley. Non sapeva che ore fossero, ma di sicuro l’altro aveva da fare, fosse anche solo la cena.

<< Allora, io vado, ti lascio riposare. Vengo più tardi a portarti qualcosa da mangiare, va bene? >>

<< Bene >> cercò di sembrare naturale mentre annuiva.

<< O, magari, vuoi che resti a farti compagnia >> propose.

‘Sì! ’ << No! No. Voglio dire, non sei obbligato a restare, non- >>

Tacquero entrambi, scambiandosi sguardi imbarazzati, poi Stanley, senza dire una parola si sdraiò accanto all’altro << sarebbe davvero irresponsabile, da parte mia, lasciarti solo. Quindi resterò con te fino all’ora di cena. >>

<< Ho avuto paura, pensavo che- che- >> scosse la testa.

<< Sono qui, sto bene. Stiamo bene entrambi >> cercò la mano dell’altro sotto le coperte e la strinse dolcemente << ti amo. >>

Lefou sollevò la testa, colto di sorpresa, e incontrò il sorriso dell’altro; boccheggiò interdetto, poi si limitò a premere la fronte contro il suo petto << ti-ti- amo >> mormorò inspirando il delicato profumo dell’atelier che l’altro aveva sempre addosso.

 

 

 

 

 

 

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