Amor Vincit Omnia

di Mary Evans
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Smistamento nel 1944 ***
Capitolo 3: *** Prime Lezioni ***
Capitolo 4: *** Il Club dei Duellanti ***
Capitolo 5: *** Lezioni Private Inaspettate ***
Capitolo 6: *** Inviti a sorpresa ***
Capitolo 7: *** Primi appuntamenti ***
Capitolo 8: *** Allenamento nella Foresta ***
Capitolo 9: *** I Ricordi di Dorea Black ***
Capitolo 10: *** Coalizioni e Rituali ***
Capitolo 11: *** Oscura Metà ***
Capitolo 12: *** Strani Amori ***
Capitolo 13: *** Le Idee di Evanna Lovegood ***
Capitolo 14: *** Gelosia, Gelosia, Gelosia ***
Capitolo 15: *** Sorprese di Natale e CSDIA ***
Capitolo 16: *** Horcrux ed Elfi Domestici ***
Capitolo 17: *** Tanto Amore e Nuovi Arrivi ***
Capitolo 18: *** Teddy Lupin e Sogni Strani ***
Capitolo 19: *** Preoccupazioni e Piani Segreti ***
Capitolo 20: *** Rivelazioni e Ballo di Natale ***
Capitolo 21: *** La Battaglia di Hogwarts ***
Capitolo 22: *** Veloce verso la felicità ***
Capitolo 23: *** Aria di matrimonio ***
Capitolo 24: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 25: *** 19 anni dopo... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




20 luglio 1998. Riddle Manor

 

«Mio Signore, abbiamo portato la ragazza.»

Lucius Malfoy si annunciò in questo modo entrando nella stanza padronale di quell’abitazione adibita a Quartier Generale. Si fermò sulla porta, e fissò quasi vittorioso la figura serpentina davanti a lui.

Lord Voldemort non si mosse di un millimetro dalla sua posizione di spalle. Non fece neanche segno di aver sentito l’entrata di uno dei suoi mangiamorte, e Lucius, d’altra parte, fece di tutto per non disturbarlo oltre: era a conoscenza delle terribili punizioni che infliggeva a chi lo irritava, e non aveva alcuna intenzione di essere sottoposto alla maledizione cruciatus come l’ultima volta.

In silenzio fece entrare altri due mangiamorte, che trascinavano di peso il corpo inerme di una ragazza.

La buttarono malamente al centro della stanza, e dopo essersi inchinati al loro Signore si richiusero la porta alle spalle abbandonandola al suo destino.

Ella indossava abiti babbani e riportava ferite in più parti del corpo: era una combattente, ma questo non era servito a salvarla quando si erano presentati in dieci per rapirla.

Quando fu sicuro che i mangiamorte si fossero allontanati a sufficienza, Lord Voldemort finalmente si mosse avvicinandosi alla ragazza e puntando contro di lei la sua bacchetta.

«Innerva» mormorò, facendola risvegliare all’istante.

Ella ci mise un po’ per capire dove si trovava e cosa era successo, ma quando ci riuscì si portò in piedi allontanandosi dal mago che l’aveva risvegliata. Cercò la sua bacchetta nella tasca posteriore dei jeans, anche se non si aspettava davvero di trovarla, e rimase a fissarlo con un’espressione fiera in volto nonostante la paura la stesse ormai consumando.

Lord Voldemort la fissò come farebbe un predatore con la sua preda.

«Hermione Granger.» sussurrò il mago «Sai, dovresti essere onorata di essere al mio cospetto. Probabilmente questa è il più grande onore che potrebbe avere una sporca mezzosangue come te.»

Hermione non reagì. Aveva mandato un patronus ad Harry prima di perdere i sensi. Lui sarebbe riuscito a trovarla. Era solo questione di attimi.

Decise di prendere un po’ di tempo, sperando solo che Voldemort non decidesse di ucciderla subito.

«Perché sono qui?» ebbe il coraggio di esordire Hermione, ma Voldemort agitò la bacchetta e lei iniziò ad urlare, nonostante avrebbe preferito fare altrimenti.

«Qui le domande le faccio io, ragazzina.»

Hermione si rimise in piedi annaspando.

«Perché sono qui?»

Se proprio doveva morire preferiva farlo dando prova del suo coraggio Grifondoro.

Voldemort le inflisse un altro cruciatus, ma quando lei si rimise in piedi di nuovo la fissò con un po’ di ammirazione negli occhi.

Probabilmente non si aspettava che riuscisse ancora a resistere dopo due maledizioni inferte da lui in persona.

Si avvicinò lentamente a lei, puntandole la bacchetta sotto il mento. La vide continuare a fissarlo impassibile, e si scoprì sorprendentemente ad ammirare il coraggio di quella diciassettenne.

Alcuni dei suoi mangiamorte avrebbero ceduto per molto meno.

«Sei qui perché sei amica di Harry Potter, e il suo affetto per te mi permetterà di arrivare a lui, consentendomi, quindi, di ucciderlo. L’amore rende deboli. Dovresti saperlo, Hermione Granger.»

Hermione scoppiò a ridere con quel poco fiato che le era rimasto dopo la tortura.

«Allora sei più stupido di quanto pensassi. L’amore fortifica, ci permette di dare senso alle nostre azioni. Il motivo per cui non sei riuscito ancora ad avere la meglio su di noi e su Harry è perché, a differenza tua, noi abbiamo qualcosa da difendere e qualcuno da proteggere. Sarai tu a morire.»

Fu il tono tranquillo con cui disse quelle parole che trattenne Voldemort dall’ucciderla all’istante.

Immediatamente il suo volto venne attraversato da un’ombra di incertezza.

Si allontanò di scatto e prese a camminare freneticamente avanti e indietro per la stanza. Poi si bloccò, e volse nuovamente il suo volto serpentino verso la sua prigioniera.

Sembrava pazzo, più di quanto Hermione stessa avesse mai immaginato.

«C’era un tempo in cui uccidere babbani e mezzosangue non mi interessava.» le confidò inaspettatamente.

«Se le cose fossero state diverse… forse io non mi sarei tramutato in questo essere che disprezzo io stesso e tu non saresti qui. D’altra parte però, non sarei diventato nemmeno il mago più potente del secolo quindi, dopotutto, non mi è andata male non credi?»

Hermione aggrottò le sopracciglia di fronte a quella specie di confessione. A parlare non sembrava nemmeno quel Lord Voldemort che aveva causato così tante morti.

Vedendo che ormai non le prestava più attenzione e che si era allontanato abbastanza da lei, decise di avvicinarsi all’unica scrivania presente nella stanza, abbastanza da poter arrivare a leggere alcuni dei fogli sparsi lì sopra.

Parlavano di incantesimi, incantesimi di cui lei non aveva mai sentito parlare: ce n’erano per infliggere dolore, altri addirittura di guarigione, ma quello che la sorprese di più fu quello che, secondo gli appunti, serviva ad estorcere la verità. Probabilmente, riflettè, l’Oscuro Signore doveva aver provato quest’ultimo su di sé, senza sapere che la sua prigioniera sarebbe arrivata prima del previsto.

Grazie alla sua memoria fotografica, Hermione riuscì a memorizzare la maggior parte di quegli appunti prima che Voldemort si accorgesse del suo ficcanasare.

«Stupida mezzosangue!»

Alzò la bacchetta verso di lei, ed Hermione capì che era finita.

Vide il fascio di luce verde avvicinarsi, e chiuse gli occhi nello stesso istante in cui Harry e altri membri dell’Ordine della Fenice irruppero nella stanza.

Non vide la preoccupazione negli occhi del suo amico, né la sua bacchetta muoversi da sola contro l’Avada Kedavra di Lord Voldemort, sprigionando un fascio dorato.

Quando i due incantesimi si toccarono, Hermione provò la stessa sensazione che ricordava avere avuto solo con la giratempo al terzo anno.

Dopo qualche secondo fu silenzio, e finalmente trovò il coraggio di aprire gli occhi.

Si trovava nello studio che era appartenuto ad Albus Silente, lo riconobbe subito. Tuttavia era privo di tutti quei gingilli che lo avevano sempre caratterizzato.

Vide che i presidi nei quadri stavano dormendo, per cui decise di svegliare l’unico con cui aveva avuto rapporti in passato.

«Signor Nigellus? Phineas?»

Il vecchio preside borbottò nel sonno e aprì gli occhi.

«Salve, potrebbe dirmi cosa sta succedendo? Dove sono tutte le cose di Silente?» esclamò, anche se la domanda che avrebbe voluto fargli era un’altra, tipo come fosse riuscita ad arrivare in quello studio mentre si trovava a Riddle Manor, ad esempio, ma decise che forse lui non era la persona più indicata.

«Ma nel suo studio mi sembra ovvio! E si può sapere chi è lei, signorina? Chi le ha dato il permesso di entrare nell’ufficio del preside Dippet?! E con quegli abiti poi!»

Hermione iniziò a sudare freddo e trattene il respiro.

«Mi scusi, potrebbe dirmi in che anno siamo?»

La sua mente iniziò a lavorare veloce in attesa di una spiegazione logica. Non era possibile che fosse davvero,,,

«Siamo nel 1944. Oggi è il primo Settembre per l’esattezza.»

Hermione sentì le forze mancarle e dovette sedersi su una delle sedie davanti la scrivania per non cadere.

Se i suoi calcoli erano esatti si trovava nel tempo in cui Voldemort aveva ancora diciassette anni e stava per iniziare il suo settimo anno. Era ancora Tom Riddle.

 

 

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Salve a tutti! Mi è venuta questa idea un po’ balzana ed ho deciso di scrivere per la prima volta una fanfic su Tom Riddle. Penso proprio che mi divertirò perché probabilmente sarà il personaggio più complicato da strutturare ma spero che il risultato soddisfi sia me che voi quando inizieranno i capitoli su di lui. Buon 2014! Mary Evans

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Capitolo 2
*** Smistamento nel 1944 ***


1 Settembre 1944. Hogwarts

 

Osservai con un sorrisetto tutti i primini che mi circondavano venire smistati dal cappello parlante e fissai la mia divisa nuova. Dopo aver parlato con un più giovane Albus Silente della mia situazione, avevamo convenuto entrambi che la cosa migliore da fare per me fosse seguire le lezioni con gli studenti del settimo anno, per non dare adito a domande scomode.

Nessuno all’infuori di noi due doveva sapere che provenivo dal futuro.

Silente mi aveva presentata al preside Dippet come la figlia di alcuni suoi amici uccisi recentemente da maghi oscuri.

Aveva spiegato che non avevo altri parenti in vita, e che i miei genitori prima di morire mi avevano affidata a lui anche se ero già maggiorenne.

Era bastato davvero poco per convincerlo ad accettare la mia iscrizione all’ ultimo anno.

Avevo parlato molto con Silente: di Harry, della guerra, di Voldemort…

Ero rimasta sorpresa nel vederlo quasi impassibile di fronte a quelle rivelazioni: forse già sospettava che un giorno Tom Riddle sarebbe stata la rovina del mondo magico.

Tuttavia, ero stata avvisata: non era Lord Voldemort che avrei incontrato, ma Tom Riddle. Non era ancora il mago oscuro che avevo imparato a temere, ma solo un diciassettenne.

“Cattivi non si è ma si diventa.” mi aveva ammonita, e per quanto le sue parole continuassero a ronzarmi nella testa non avevo alcuna aspettativa di trovarmi davanti un Lord Voldemort diverso da come lo avevo conosciuto.

Riportai la mia attenzione al preside Dippet che stava annunciando alla scuola il mio arrivo.

«… e quest’anno Hogwarts avrà anche una nuova alunna che si unirà direttamente a quelli del settimo anno: Hermione Evans.»

Sorrisi nel sentire il mio nuovo cognome: Evans era comune anche tra i maghi, e inoltre mi ricordava tanto Harry. Avevo deciso di cambiare il mio per fare in modo di essere meno rintracciabile possibile nel caso qualcuno avesse deciso di fare qualche ricerca su di me.

Granger, purtroppo, era un cognome unicamente babbano.

Mi avvicinai allo sgabello e mi sentii di nuovo undicenne quando posarono il cappello parlante sulla mia testa.

«Molto bene, vedo che abbiamo una viaggiatrice nel tempo qui!»

«Ma come…»

«Sono uno strumento magico, signorina Granger, creato da Godric Grifondoro in persona. Il tempo non esiste per me.» mi spiegò il cappello

«Vedo nella tua mente il progetto che hai intenzione di mettere in atto. Hai intenzione di cambiare questo passato, e il tuo futuro addirittura!»

«Devo farlo.» gli dissi risoluta, «Non posso permettere che tante persone vengano uccise da Voldemort. Almeno, non adesso che posso fare qualcosa per modificare il corso della storia!»

«Non riuscirai mai ad ucciderlo.» ribattè il cappello «Sei una Grifondoro fin dentro l’anima.»

«Cambierò il futuro.» sentenziai. Ripensai a tutte le morti che c’erano state: Lily e James Potter, Sirius Black, Cedric Diggory… sarei riuscita a salvarli tutti. Sentii il cappello emettere un sospiro, e capii che stava per emettere la sua sentenza.

«Non tutto andrà come credi.» mi avvertì, ed io incrociai le dita sperando che avrebbe esaudito il mio desiderio.

«SERPEVERDE!» urlò a tutta la Sala Grande, e mentre il tavolo verde-argento applaudiva, stranamente ghignai.

Una ragazza dai lunghi capelli rossi mi sorrise facendomi spazio accanto a lei, ed io mi sedetti ricambiando il suo sguardo cordiale. Non sembrava proprio una serpeverde! O, almeno, non si comportava affatto come quelli che io avevo conosciuto nel mio tempo.

«Ciao, io sono Dorea Black. Piacere di conoscerti!» mi disse, poco prima che apparisse la cena sui tavoli ed iniziasse a servirsi.

«Il piacere è tutto mio, Dorea.» esclamai sorridendo, prima di volgere la mia attenzione altrove.

Iniziai a dare un’occhiata agli altri occupanti del tavolo alla ricerca dell’Erede di Serpeverde, ma riuscii solo a riconoscere quello che dai capelli platinati aveva tutta l’aria di essere un Malfoy. Probabilmente Dorea doveva essersi accorta che lo stavo fissando perché mi diede una gomitata nel fianco ed io la fissai con un sopracciglio inarcato.

«Lascialo perdere Herm!» mi consigliò «Quello è Abraxas Malfoy. È solo un pallone gonfiato fissato con le arti oscure, anche se è davvero un bel ragazzo, questo devo ammetterlo…»

Iniziai a boccheggiare. Ci mancava solo che pensassero avessi una cotta per Malfoy!

«Nono ti sbagli!» la rassicurai in fretta «A me non piace assolutamente quel tizio!»

Dorea mi guardò scettica.

«E allora perché lo stavi guardando?»

Perché stavo cercando colui che tra circa quarant’anni ucciderà i genitori del mio migliore amico!

Ma questo non potevo davvero dirglielo.

«Perché stavo cercando uno dei caposcuola.» mentii sul momento «Il preside Dippet mi ha detto che è di serpeverde, e che avrei potuto chiedere aiuto a lui nel caso mi servisse qualcosa.»

Pensavo di essere riuscita a cavarmela con quella risposta improvvisata, infatti Dorea sbuffò.

«Fossi in te non ci farei tanto affidamento. Tom Riddle non è il tipo di ragazzo a cui piace essere disturbato per certe cose. Comunque puoi contare su di me per qualunque cosa e, a proposito, questo è mio fratello, Cignus Black.»

Mi indicò un ragazzo dai capelli rossi che le si era appena seduto di fronte, e questi mi fece un cenno che io ricambiai. Si somigliavano molto, avevano entrambi i tratti tipici dei Black, ma c’era una cosa che non mi quadrava.

«Scusa Dorea, ma i Black non hanno tutti i capelli neri?»

La mia curiosità venne ripagata dalla sua risata quando con gli occhi spalancati le vidi i capelli colorarsi immediatamente di nero. Mi voltai stupita verso Cignus e vidi che anche lui adesso esibiva dei capelli neri oltre ad un sorrisetto divertito.

«M-ma… siete Metamorfomagus!» esclamai stupita, mentre vedevo i loro capelli ritornare al consueto rosso.

Non pensavo che esistessero Metamorfomagus anche nel ramo dei Black!

«Esatto miss Evans, sono colpita dalla sua arguzia! Però il rosso è il nostro colore naturale, e siamo i primi da secoli ad averlo ereditato!» disse orgogliosa, usando però con un tono da presa in giro, come se a dire quella frase fosse uno con la puzza sotto il naso. 

Scoppiammo entrambe a ridere ma prima che potessi dire altro una voce ci interruppe.

«Black, non starai mica assillando di nuovo qualcuno con quella patetica imitazione del tuo precettore, vero?»

Mi impietrii sul posto, e lentamente mi voltai verso il ragazzo che aveva parlato. Prima ancora di vederlo, sapevo che era lui.

«Non sono affari tuoi, Riddle!» disse acida Dorea.

Dallo sguardo che aveva probabilmente il ragazzo non le era simpatico, anche se appartenevano alla stessa casa.

«Lo diventano nel momento stesso in cui sono costretto ad ascoltare le tue stupidaggini.» rispose tagliente Tom, e Dorea si zittì.

Probabilmente lui doveva aver vissuto conversazioni del genere molte volte per riuscire a zittire così facilmente il suo interlocutore.

Il suo sguardo si posò su di me, e finalmente potei guardarlo bene in faccia rimanendo alquanto sorpresa. Era alto, Tom Riddle, e bello di una bellezza carismatica che ti impediva di togliergli gli occhi di dosso. Aveva gli occhi grigi, e lisci capelli neri con un ciuffo che gli ricadeva sulla fronte.

Sembrava a prima vista un ragazzo attraente perfettamente normale, tuttavia sprigionava un’aura di pericolo impossibile da nascondere, e d’istinto portai una mano alla bacchetta.

Mi aspettavo che si sarebbe presentato dal momento che ero nuova, ma non lo fece. Tuttavia, sentii una leggera pressione nella mente, come se qualcuno stesse cercando di leggerla.

Chiusi gli occhi in un attimo, riportando alla memoria tutti gli insegnamenti che avevo letto su di un libro per imparare l’Occlumanzia, e riuscii a bloccare l’intruso e a spingerlo via prima che potesse vedere qualcosa di interessante.

Ero diventata piuttosto brava nell’ultimo anno in quest’arte, oltre che nella Legilimanzia ovviamente.

Quando aprii di nuovo gli occhi, Tom Riddle si era seduto accanto a Cignus Black con la sua solita aria impassibile, anche se si poteva leggere distintamente un’ombra di stupore in quelle iridi argento.

Mi sentii tirare la manica, e voltandomi capii che era Dorea che mi chiamava. Sembrava avere l’aria spaventata.

«Herm! Ti senti bene?»

«Sto benissimo Dorea, stai tranquilla!» cercai di tranquillizzarla e la vidi emettere un sospiro di sollievo.

«Pensavo che Riddle ti avesse fatto qualche incantesimo. Non la smettevi più di fissarlo! Comunque non è l’uomo giusto per te, quindi ti consiglio di rinunciare in partenza.»

Dorea Black sembrava avere una vera passione nel combinare accoppiamenti, ma, sinceramente, l’idea di me innamorata di Riddle mi sembrava davvero ridicola.

Oh, Dorea, se sapessi! pensai divertita, mentre la cena scompariva dal tavolo e tutti ci alzavamo per andare nelle Sale Comuni.

Era la prima volta che mi avventuravo nella Sala Comune dei Serpeverde, e Dorea mi fece da guida spiegandomi le strade più veloci per andare alle lezioni e raccontandomi aneddoti dei suoi anni ad Hogwarts.

Era molto simpatica, mi ricordava tanto Ginny, e pensai che saremmo diventate buone amiche nel periodo che avrei trascorso nel 1944.

Qualcuno gentile con me era proprio quello che mi serviva, anche se avrei potuto solo mentirle se mi avesse fatto domande scomode.

Arrivammo davanti ad un muro di pietra e Dorea esclamò:

«Drago sputaguai.» e la parete di pietra si spostò lasciando il posto ad un ingresso.

Guardai Dorea con un sopracciglio inarcato.

«Drago sputaguai?»

Ma che razza di parola d’ordine era?!

Dorea mi fissò imbarazzata.

«Le parole d’ordine le scelgono i prefetti e quello di quest’anno è piuttosto… eccentrico, se vogliamo chiamarlo così!»

Scrollai le spalle divertita ed entrai nella Sala Comune di Serpeverde.

Dovevo ammettere che l’ambiente non era così male, considerato che ci trovavamo sotto il Lago Nero.

Certo, era tutto verde-argento, ma c’erano delle poltroncine ed un fuoco che erano piuttosto invitanti.

Dorea mi mostrò dove avrei dormito, e fui felice di vedere che saremmo state nella stessa camera.

Mentre lei sistemava le sue cose, io vidi ai piedi del mio letto un baule, dei libri ed una busta indirizzata a me.

Era una lettera del professor Silente.

 

Cara Hermione,

spero che non ti dispiaccia, ma ho provveduto a farti recapitare libri e abiti adeguati che credo potranno servirti.

Mi sono anche permesso di stilare il tuo orario delle lezioni che, come noterai, sono tutte con il signor Riddle.

Ho pensato che così sarebbe stato più facile per te conoscerlo.

Oltre ai libri di scuola, non ho potuto fare a meno di notare come ti si sia incantata nell’osservare la mia libreria personale, per cui ho pensato di prestarti alcuni dei libri che la compongono, sperando che tu possa trovarli istruttivi oltre che piacevoli.

Spero che tu stia riuscendo ad integrarti bene tra i tuoi nuovi compagni di casa, e non dimenticare che la mia porta è sempre aperta se ti servisse qualcosa.

                              Albus Silente

Ps. Questa lettera brucerà dopo la lettura.

 

Posai la lettera per terra mentre iniziava a bruciare per poi scomparire senza lasciare traccia e, curiosa, aprii il baule.

C’erano molti abiti casual ed alcuni eleganti.

Li trovai di mio gusto, anche se erano stile anni ’40.

Dei libri lessi alcuni titoli, e fui felice di trovare tra quelli ‘Orgoglio e Pregiudizio’.

Lo presi in mano accarezzando la copertina, e mi tornarono in mente tutti i pomeriggi ad Hogwarts e a casa mia passati a leggerlo immaginando di essere Elizabeth Bennet.

«Buona notte, Hermione.» mi disse Dorea, ma prima che potessi ricambiare il saluto si era già addormentata.

Non avevo sonno, probabilmente a causa dell’adrenalina provata nelle ultime ore, e d’impulso presi una decisione che ci si sarebbe aspettata più da Harry Potter che da Hermione Granger.

Con il libro ‘Orgoglio e Pregiudizio’ in mano, dopo aver lanciato un sorriso a Dorea, uscii dalla mia camera ed iniziai ad avviarmi verso l’uscita. Non c’era nessuno in giro per i corridoi, e guardando il mio orologio capii il perché: erano le undici e mezzo ed il coprifuoco era scattato da un pezzo, però quella sera avevo voglia di infrangere le regole oltre che di uno spuntino di mezzanotte. Sapevo come trovare le cucine e come entrarci, quindi non ci sarebbero stati ostacoli. O almeno così pensavo.

Con un sorriso stavo per uscire dalla Sala Comune quando mi ritrovai faccia a faccia niente di meno che con Tom Riddle, che stava rientrando.

Ci fissammo per qualche secondo con aria stupita, poi lui riprese il controllo di sé ed assunse la sua solita facciata indifferente.

«Evans, dove credi di andare? C’è il coprifuoco nel caso tu non lo sappia.» il suo tono autoritario mi fece andare in bestia e subito mi preparai a rispondergli per le rime. Dopotutto, anche lui aveva appena violato il coprifuoco!

«E che mi dici di te, allora? Si dia il caso che mentre io lo stessi per infrangere tu lo avevi fatto già da qualche ora, quindi non credo che ti trovi nella posizione di farmi la predica. Inoltre,» aggiunse, «anche se tu sai il mio nome, io non so il tuo e sarebbe educazione che ti presentassi!» ribattei piccata, venendo ripagata dalla sua espressione smarrita.

Probabilmente non si aspettava che riuscissi a tenergli testa, e ringraziai mentalmente la mia capacità oratoria che mi aveva salvata in più di un’occasione.

Quello che non mi aspettavo io, tuttavia, era che lui invece di rispondere mi afferrasse per un braccio e mi costringesse a rientrare in Sala Comune iniziando a trascinarmi fino alla mia camera con espressione impassibile.

«Ehi! Lasciami andare immediatamente!» esclamai, iniziando a dibattermi, ma quando vidi che non sarebbe servito a niente lasciai cadere il libro che avevo ancora in mano e prendendo la bacchetta pronunciai un incantesimo non verbale contro di lui.

«Elektron!»

Una scarica elettrica si irradiò in tutto il mio corpo, e Tom Riddle si trovò costretto ad interrompere la sua corsa e a lasciarmi andare all’istante.

Strano. Adesso dovrebbe stare per terra a contorcersi dal dolore! Quella scarica era potente, e nessuno era mai riuscito a resistervi prima d’ora.

Come prima, io e Riddle iniziammo a squadrarci in silenzio, poi lui sorrise cordiale e mi porse la sua mano destra.

«Hai ragione, sono stato sgarbato. Mi chiamo Tom Riddle e sono uno dei caposcuola.»

Spalancai gli occhi di fronte al suo improvviso cambio di atteggiamento, e fui riluttante nello stringergli la mano.

Lui però continuò a tenderla verso di me riprendendo a parlare.

«Mi scuso per averti trascinata, ma l’osservanza delle regole è una delle cose che ha sempre caratterizzato questa casa e tu, in quanto nuovo membro, ti ci devi attenere. Per oggi chiuderò un occhio, ma vedi di non farlo ripetere.»

Gli strinsi la mano con un sorriso falso quanto la mia identità.

«È davvero un piacere conoscerti, Tom Riddle. Ho recepito il tuo avvertimento, ma permettimi di farti una domanda: come caposcuola, non dovresti attenerti tu stesso alla regola che mi hai appena esposto?» dissi melliflua.

«Stavo facendo il mio turno di ronda.» replicò lui, ma io non mi feci abbindolare.

Mi avvicinai a lui fino a che non fui ad un palmo dal suo viso.

«Scommettiamo che non è così?» lo sfidai.

Aspettai un po’ prima di sorridere vittoriosa e tornare indietro a prendere il mio libro. Avevo appena fatto due passi, quando la voce di Riddle mi richiamò indietro.

«Non ti conviene sfidarmi, Evans. Potresti uscirne male.»

Mi voltai quel po’ che mi permetteva di guardarlo in volto.

«Ah che paura sto tremando!» lo schernii io senza pensarci due volte. «Facciamo così, io non dico che tu hai infranto le regole se tu non dici che lo sto appena facendo anch’io. Ci stai?»

Stavo giocando con il fuoco e lo sapevo, ma non riuscivo farne a meno. Avevo davanti a me colui che era responsabile di centinaia di morti e dovevo essere educata? Tuttavia mi resi presto conto che questo atteggiamento non mi avrebbe fatto ottenere la sua fiducia. Il mio piano si basava soprattutto su questo. Mi ero appena decisa a chiedergli scusa per la mia arroganza quando lo vidi sorridere feroce ed alzare la bacchetta.

Non feci in tempo a fare altrettanto prima che una forza invisibile mi spinse indietro verso di lui alzandomi da terra e trattenendomi per la gola.

«Io non cedo ai ricatti, Evans, faresti meglio a ricordarlo.» mi sibilò sul volto.

Io annaspai in cerca d’aria, e finalmente lui, dopo qualche secondo, ruppe il contatto.

Dopo un’ultima occhiata verso il mio corpo che tossiva ancora sul pavimento, mi voltò le spalle ed entrò nella sua stanza.

Io fissai la porta dove era scomparso ancora per qualche attimo, prima di alzarmi con il mio libro in mano.

 Il vero Tom Riddle si era appena rivelato a me per quello che veramente era: spietato e calcolatore.

Lanciai un ultimo sguardo all’uscita della Sala Comune, e d’un tratto quella passeggiata alle cucine non fu poi tanto invitante.

Rientrai nella mia camera facendo attenzione nel fare meno rumore possibile, e dopo essermi cambiata mi stesi sul letto abbandonando la bacchetta ed il libro sul comodino.

Mi era passata addirittura la voglia di leggere, ed iniziavo finalmente a sentire la stanchezza di tutte le ore passate.

Mi tornarono in mente i miei genitori obliviati, che adesso non sapevano neanche di avere una figlia, il mio duello con i mangiamorte, la mia cattura, le mie torture. Ma soprattutto mi tornò in mente Voldemort, al cui viso inaspettatamente si sovrappose quello di Tom Riddle.

Il mio passato, presente e futuro. Mentre cadevo tra le braccia di Morfeo, piansi.

 

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Eccomi tornata con un nuovo capitolo! La nostra Hermione ha finalmente incontrato Tom Riddle e si può dire che non è stato proprio un’ incontro cordiale. Ci vediamo al prossimo capitolo per sapere cosa succederà durante il primo giorno di scuola! Un abbraccio, Mary Evans.

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Capitolo 3
*** Prime Lezioni ***




2 Settembre 1944. Hogwarts

Primo giorno del mio settimo anno ad Hogwarts.

Pensavo non sarei mai arrivata a questo traguardo da quando avevo accettato di partire con Harry alla ricerca degli Horcrux, e invece eccomi qui.

L’unica pecca? Stavo per affrontarlo senza i miei amici di sempre, con una nuova identità e, dettaglio non trascurabile, nel 1944!

Ero stata svegliata presto da una Dorea elettrizzata per l’inizio del nuovo anno, e costretta a scendere in Sala Grande ad un’ora in cui nessuno era presente a parte noi. E Tom Riddle.

Assurdo, quel ragazzo mi perseguita! Pensai, irritata dalla sua sola presenza, sedendomi il più lontano possibile da lui.

Feci un’abbondante colazione, annuendo di tanto in tanto a quello che diceva Dorea. Parlava di Quidditch, professori, lezioni ed altro, ma io avevo tutt’altro per la testa per prestarle attenzione.

Continuava a tornarmi in mente la sera appena passata e Tom Riddle che mi aveva minacciata come se fossi una matricola del primo anno! Nessuno mi aveva mai minacciata senza conseguenze.

Certo, se volevo conquistarmi la sua fiducia dovevo prima ottenere il suo rispetto, e comportarmi come una ragazzina non mi avrebbe aiutata, ma prima dovevo fargli abbassare la cresta a quel ragazzino troppo cresciuto!

La Sala Grande era ancora mezza vuota, ed io puntai la bacchetta verso Riddle, in un gesto stupido e avventato.

«Herm, che vuoi fare?» sussurrò Dorea al mio fianco, cercando di abbassarmi il braccio con la bacchetta.

Io le feci l’occhiolino e le indicai Tom.

«Sta’ a vedere.»

Mormorai un incantesimo a mezza voce, ed aspettai i suoi effetti iniziando ad osservare il bel Riddle.

Di mattina sembrava meno pericoloso, con gli occhi gonfi dal sonno, i capelli spettinati e la cravatta allentata, però non mi feci muovere dalla pietà dopo quello che mi aveva fatto.

Stava ancora giocherellando con il suo porridge quando questo gli scoppiò in faccia sporcandogli tutti i capelli, la faccia stupita e la parte superiore della divisa.

Per qualche secondo nessuno si mosse, nessuno nemmeno fiatava.

Poi iniziarono le risatine da parte di alcuni dei presenti, che però Tom Riddle fece smettere con un’ unica occhiata dopo essersi ripulito con un Gratta e Netta.

Si vedeva che era infuriato, e fui soddisfatta di me dal momento che mi aveva rovinato la nottata.

Ci mise pochi secondi ad individuare il mio sorrisetto vittorioso, e capendo che ero io la responsabile mi fulminò con lo sguardo prima di uscire dalla Sala Grande sotto gli occhi di tutti.

«Non-puoi-averlo-fatto!» sillabò Dorea ad alta voce nel più totale stupore. Poi partì un applauso da uno al tavolo dei Grifondoro che ben presto coinvolse anche gli altri presenti.

Arrossii un poco quando iniziarono ad alzarsi voci come: «Bravissima Evans, Riddle aveva proprio bisogno di una lezione!» oppure «Sei mitica Hermione!» e quando a queste si aggiunsero molte occhiate ammirate non riuscii più a sopportare quell’attenzione ed afferrai Dorea per un braccio uscendo anch’io dalla Sala Grande.

Si erano fatte le otto, per cui iniziammo ad avviarci verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure, ma d’improvviso Dorea mi bloccò in mezzo al corridoio mettendomi le mani sulle spalle e fissandomi con un’espressione ancora totalmente sbalordita.

«Tu non hai idea del guaio in cui ti sei cacciata! Hai fatto uno scherzo a Tom Riddle! Tom Riddle! Si può sapere che ti è preso?»

Decisi di dirle parte della verità.

«Ieri sera ci siamo incontrati nella Sala Comune e dopo un… sottile diverbio… mi ha minacciata dicendo che non mi conveniva sfidarlo, che dovevo rispettare le regole e quant’altro… che ne sarei uscita male insomma! Io non prendo ordini e non ho paura di nessuno. Ho voluto solo dimostrarglielo.» feci spallucce come se quello che avevo fatto fosse cosa da nulla. Come se non avessi appena fatto uno scherzo a quello che sarebbe diventato il più grande mago oscuro di tutti i tempi.

Fred e George sarebbero davvero fieri di me.

«Wow!» esclamò Dorea ancora ammirata, prendendomi a braccetto e riprendendo a camminare.

«Comunque aveva ragione, devi stare attenta a lui. Ma visto che ti sei così velocemente manifestata al mondo immagino che adesso tu debba solo preoccuparti della sua sfida al Club dei Duellanti!»

La guardai stranita.

«Il cosa?»

 

Come scoprii più tardi, durante la lezione di Difesa, il Club dei Duellanti era stata una trovata del preside Dippet per gli alunni dal quinto anno in su. Venivano divisi a seconda della bravura, e ognuno poteva sfidare solo qualcuno del proprio anno. C’era un’insegnante per ogni gruppo che insegnava incantesimi di difficoltà variabile in base al livello di abilità, e tutto questo avveniva nella Sala Grande una volta ogni settimana alle quattro. Il giorno era scelto a sorte e, guarda caso, proprio il 2 Settembre era uscito come primo giorno!

Dorea mi aveva spiegato che per sfidare qualcuno dovevi solo macchiarlo con il colore della tua casa di appartenenza. Tuttavia, ci tenne a precisare, quella era stata un’idea balzana del professore di trasfigurazione e non del preside.

Solo Silente poteva avere un’idea così strana! Pensai divertita, mentre venivo presentata a Lyra Nott e Christian Zabini, che si stavano lamentando di quante volte erano stati costretti a far lavare le loro divise a causa dei più svariati modi che altri studenti avevano trovato per sfidarli.

Da quel che capii, in mezzo a queste sfide c’erano anche scommesse per appuntamenti o favori, quindi bisognava stare attenti.

Scoprii anche che Tom Riddle non aveva né era stato mai sfidato, e che a quegli incontri ci andava solo per osservare.

«Fino ad oggi almeno.» precisò Lyra con un sorrisetto

«Non credo che gli sia piaciuto molto il tuo scherzetto di stamattina, Hermione. Anche se sei stata grande e ti sei conquistata la stima di tutti con quel gesto: sono molti quelli che hanno dei conti in sospeso con lui e non hanno il coraggio di affrontarlo! Non per niente è l’alunno più brillante che Hogwarts abbia mai avuto, come ci tengono sempre a precisare gli insegnanti.»

«Ti sei scavata la fossa da sola se vuoi il mio parere.» si intromise Zabini «Riddle non è uno che puoi fare arrabbiare senza conseguenze, se capisci cosa intendo.»

«Beh, comunque io non ho paura, e vedremo se avrà davvero intenzione di affrontarmi davanti mezza scuola. Ci sarà da divertirsi, in ogni caso!»

Questo è poco ma sicuro.

Scossero tutti le spalle, dubbioso, e mi decisi a cambiare argomento prima che continuassero ad assillarmi ancora su Riddle.

«Scusate, ma adesso abbiamo Pozioni, vero?»

Vidi Lyra, Christian e Cignus sbuffare mentre Dorea squittiva eccitata.

«Già! Finalmente Pozioni!»

Sembrava le piacesse proprio quella materia.

«Sinceramente ‘Rea non so davvero cosa ci trovi di esaltante nel vecchio Luma. Io lo trovo alquanto noioso, se permetti.» disse Cignus con tono seccato.

Dorea lo guardò divertita.

«Questo solo perché tu non fai parte del Lumaclub, fratellino! E, Hermione, cerca di impegnarti in pozioni mi raccomando! Se sarai fortunata, prenderà pure te.»

 

«Oggi prepareremo una pozioncina alquanto utile, anche se illegale al di fuori del ministero. Il Veritasserum.»

Un mormorio eccitato si diffuse per la stanza ed io sorrisi. Avevo imparato a prepararlo alla perfezione in vista del viaggio alla ricerca degli Horcrux, e adesso ero felice di averlo fatto.

«Per chi non lo sapesse,» continuò Lumacorno «Il Veritasserum è un siero della verità che costringe chi ne assume anche poche gocce a rivelare i suoi segreti più inconfessabili. È inodore e insapore, quindi bisogna stare attenti a cosa si beve, anche se basta un semplice incanto di Rivelazione per capire se una bevanda è contaminata da questo siero oppure no.»

Sentii un ghigno alla mia sinistra, e mi voltai sospettosa verso il mio compagno di banco. L’unico disponibile.

«Posso sapere cos’hai da ghignare tanto, Riddle?»

Lui mise su quello che nel suo repertorio doveva essere un sorriso gentile, ma che a me fece solo rabbrividire.

«Non sono affari tuoi, Evans. Te lo avrei detto, ma dopo il tuo scherzetto di stamattina mi è passata la voglia di farlo. Hai rifiutato la mia offerta di pace e adesso tieniti pronta a guardarti le spalle.»

Sbuffai, esasperata dalla sua poca originalità.

«Sei monotono, Riddle. E privo di senso dell’humor. La mia azione di stamattina è stata piuttosto giustificata dal tuo comportamento di ieri sera! Se tu consideri un’offerta di pace minacciare qualcuno soffocandolo allora hai davvero una visione distorta delle cose. Ho fatto quello che ho fatto solo per dimostrarti che non mi spaventi e che non prendo ordini da nessuno, tanto meno da te. E, credimi, se avessi saputo prima del Club dei Duellanti, probabilmente ti avrei sfidato per mostrarti il mio punto di vista senza ricorrere ad uno scherzo puerile come quello! Adesso che siamo pari, dunque, ti andrebbe di accettare la mia offerta di pace e di ricominciare dall’inizio?»

Ero piuttosto fiera di me stessa per quel discorso, ma Riddle, dopo un’occhiata alla mia mano tesa, si girò davanti iniziando a guardare la cattedra impassibile, pur trattenendo un ghigno.

Ma questo ragazzo non sa sorridere normalmente?!

Pensavo avesse deciso di accettare la mia proposta a modo suo, ma quando sentii un colpo di tosse provenire esattamente davanti a me chiusi gli occhi in una smorfia, e mi girai per affrontare un professor Lumacorno che non sembrava molto felice.

«Signorina Evans, anche se è nuova, dovrebbe sapere che durante le lezioni non si parla!»

Mi feci piccola piccola, mentre incrociavo gli occhi divertiti di Tom al mio fianco.

«Mi scusi professore.» mormorai imbarazzata, mentre lui ritornava alla cattedra annuendo.

«Il professor Silente mi ha assicurato che lei è perfettamente preparata, quindi non ho intenzione di fare favoritismi, va bene?

Le istruzioni per il Veritasserum le trovate a pagina 20 del vostro libro di testo. Cominciate!»

Mi scrollai di dosso l’imbarazzo di poco prima, ed iniziai a prendere gli ingredienti della pozione uno alla volta portandoli vicino al mio calderone.

Lumacorno mi aveva stupita: non pensavo fosse così severo rispetto ai miei tempi.

Comunque quella pozione l’avrei potuta preparare anche senza istruzioni, e così feci.

Arrivata quasi alla fine, era proprio del colore rosa pallido che doveva avere, e mi voltai verso Riddle per vedere il suo operato.

La sua pozione era di un rosa troppo acceso, doveva aver aggiunto troppe code di topo.

Il professor Lumacorno si stava avvicinando a noi per supervisionare il nostro lavoro e, anche se avrei potuto anche non farlo, strattonai Riddle per un braccio.

Si girò verso di me guardandomi male, ma non me ne curai spingendo verso di lui alcuni dei miei peli di unicorno.

«Aggiusteranno il colore della pozione.» spiegai veloce, ma lui sembrava riluttante a credermi.

Beh, problemi suoi! Pensai scrollando le spalle.

Almeno ci avevo provato!

Quando il vecchio Luma arrivò al nostro tavolo, dopo aver visto pozioni più o meno decenti (esclusa quella quasi perfetta di Dorea), rimase sbalordito.

Fissò prima la mia pozione, poi quella di Tom (che era di un tenue rosa pallido) senza poter credere ai suoi occhi.

«Per la barba di merlino! Sono perfette!» esclamò sorpreso

«Complimenti miss Evans, non pensavo avesse così talento nella mia materia! E anche tu Tom: vedo che hai fatto quelle ripetizioni che ti avevo consigliato vero?»

Ripetizioni? Pensai divertita guardando l’Erede di Serpeverde, che in questo momento sembrava piuttosto irritato.

Il professor Lumacorno forse avrebbe voluto dire altro, ma la campanella suonò in quel momento e tutti ci affrettammo a disperderci.

Ero appena uscita dall’aula quando venni raggiunta da Dorea, Lyra e da un altro ragazzo di Grifondoro che non conoscevo ma che aveva un’aria piuttosto familiare.

«Sta arrivando Charlus, sta arrivando Charlus!» mi sussurrò veloce all’orecchio costringendomi ad affrettare il passo.

Guardai stranita la sua faccia diventare quasi verde vomito.

«Chi è Charlus?!»

«Evans! Evans aspetta!» urlò un ragazzo alle mie spalle, ma prima che potessi voltarmi mi si era già parato davanti tutto sorridente.

Aveva il fisico da cercatore, capelli castani e occhi marroni cerchiati da una montatura rotonda.

Per un attimo mi mancò il fiato. Quel ragazzo assomigliava in maniera incredibile ad Harry.

Mi porse la mano che io afferrai.

«Ciao, io sono Charlus Potter. Grifondoro. Volevo solo complimentarmi con te per lo scherzo a Riddle, sei stata davvero formidabile!»

O mio Dio, questo è il nonno di Harry!

Cercai di mantenermi neutra mentre rispondevo al sorriso.

«Sembra che ormai tutta la scuola non parli d’altro!» scherzai, ma la sua attenzione era già rivolta altrove.

Seguendo la direzione del suo sguardo, vidi che fissava Dorea al mio fianco che ormai era diventata bianchissima in volto e che con i capelli rossi sembrava quasi un cadavere.

Prima che potessi allarmarmi, però, Charlus parlò di nuovo.

«Ti spiace se ti porto via la Black per qualche minuto?»

Fissai stranita prima Dorea, che sembrava stesse per svenire da un momento all’altro, e poi Lyra che mi faceva segno di dire di sì, ma Charlus non aspettò una mia risposta, e si portò via la mia amica prendendola per mano. Lei, remissiva, lo lasciò fare, ed io rimasi a guardarli allontanarsi con la bocca spalancata.

Lyra accanto a me sospirò.

«Doveva saperlo che prima o poi ci sarebbe stata la resa dei conti!»

La guardai interrogativa e si affrettò a spiegarsi.

«Dorea l’anno scorso ha baciato Charlus Potter ad una festa, lui ha da sempre avuto una cotta per lei anche se frequentava altre ragazze, sai?, e poi ha fatto in modo di evitarlo per il resto del tempo qui a scuola. Entrambi erano lucidi, quindi si ricordano quello che è successo, ma lei si rifiuta categoricamente di parlarne.»

«Ma è stato solo un bacio!» esclamai «E poi è impossibile riuscire ad evitare qualcuno per così tanto tempo!»

Specie se questo qualcuno è un Potter!

«Credimi, ci riesci se sei un Metamorfomagus! Non ha fatto altro che trasformarsi in un nostro compagno di casa non appena vedeva Charlus da lontano. E comunque,» aggiunse divertita «Hanno anche fatto sesso.»

Si allontanò da me per andare alla lezione successiva che non avevamo in comune, ridendo della mia espressione.

Sapeva che le avrei chiesto altri dettagli dopo, ma capii che avrei dovuto chiederlo alla diretta interessata se davvero volevo sapere.

Ero in ritardo per la lezione di Artimanzia, ed iniziai a correre per i corridoi al fine di raggiungere quell’aula che si trovava vicino la torre di Astronomia.

Salendo le scale, tuttavia, mi ricordai troppo tardi che a loro piaceva cambiare.

Mi girai per cambiare strada, trovando Tom Riddle dietro di me, ma non feci in tempo ad afferrare lo scorrimano che persi l’equilibrio e gli caddi addosso.

Vidi appena la sua espressione stupita prima di volare quasi letteralmente già dalle scale.

Mi sentii abbracciare, e serrai gli occhi dalla paura anche dopo che atterrammo entrambi sul pavimento, con Riddle sotto di me.

Per qualche secondo nessuno dei due fiatò, poi mi decisi ad aprire gli occhi alzando la testa e lo vidi fissarmi impassibile.

Mi teneva ancora stretta a lui e, nella caduta, io gli avevo afferrato il maglione affondandoci la testa.

Con mio grande stupore, sentii sotto le mani dei muscoli ben sviluppati che non gli avrei mai attribuito vista la sua magrezza.

Arrossii per la vicinanza che si era venuta a creare (se mi fossi alzata un altro po’ sarei arrivata addirittura a sfiorargli le labbra), ma mi pentii di questo attimo di debolezza quando lo  vidi indirizzarmi un sorrisetto divertito.

«Hai intenzione di continuare a starmi stesa sopra, Evans? Non pensavo che tu pensassi a questo, quando parlavi di offerta di pace!»

«Mi alzerei molto volentieri se tu la smettessi di abbracciarmi, Riddle!» ribattei tagliente.

Immediatamente fui libera dalla sua presa e mi alzai, iniziando ad aggiustarmi con le mani la divisa che si era stropicciata.

Gettai un’occhiata a Tom, e vidi che stava ancora per terra massaggiandosi la spalla sinistra.

Iniziai a sentirmi in colpa.

Era a causa mia se si era fatto male cadendo dalla scala, perché mi aveva salvata da una brutta botta facendomi da cuscinetto.

Il mio sguardo si addolcì, e mi inginocchiai verso di lui.

«Dove ti fa male?»

«Vattene, Evans! So cavarmela da solo anche senza la tua pietà.» mi rispose acido. Alzai un sopracciglio, e lo vidi tentare di alzarsi con qualche smorfia di dolore, ma io lo spinsi di nuovo a terra, costringendolo a fissarmi.

«Punto primo: io non provo pietà per te, semplicemente mi sento in colpa perché ti sei fatto male per aiutarmi, e mi sembrava carino aiutarti a questo punto.»

«Non che avessi molta scelta, mi sei caduta addosso!»

«Punto secondo.» continuai, facendo finta di non averlo sentito «Non mi sembra proprio che adesso tu riesca a cavartela da solo, quindi basta repliche e dimmi dove ti fa male!» dissi in tono autoritario.

Ci sfidammo con lo sguardo per qualche istante prima che lui cedesse.

«Spalla sinistra e schiena.» mormorò infine, ed io puntai la bacchetta sui punti da lui indicati mormorando incantesimi a mezza voce.

«Spero davvero che tu sappia cosa stai facendo.» mi disse minaccioso, ed io roteai gli occhi.

«Fidati.»

Con due amici che si fanno male un giorno sì e l’altro pure era d’obbligo imparare come curarli.

«Io non mi fido di nessuno, Evans.»

Ma va’! Questo proprio non me lo aspettavo! Pensai sarcastica,  mentre completavo gli incantesimi di guarigione.

Mi alzai, e lo aiutai a farlo a sua volta tendendogli una mano che lui afferrò, pur esitando.

Gli sorrisi, ma lui continuò a fissarmi impassibile muovendo la spalla per vedere se gli dava ancora problemi.

«Ti fa male ancora da qualche parte?»

«No.» mi rispose secco voltandomi le spalle. Mi irritai di nuovo.

Mi aspettavo almeno un grazie dopo averlo curato!

«Sei uno stupido, Tom Riddle!» esclamai facendolo bloccare.

Non aspettai un’altra sua reazione ed iniziai a camminare verso l’aula di Artimanzia a passo veloce, anche se ormai ero davvero in ritardo.

Avevo fatto appena qualche metro, quando mi sentii afferrare per una mano.

Era Tom.

Aveva un po’ il fiatone e, contrariamente a come lo avevo visto a lezione con la divisa impeccabile, adesso aveva i capelli leggermente scarmigliati e la camicia fuori dai pantaloni con la cravatta allentata.

Vedendolo così, sembrava davvero solo un ragazzo.

«Dopo questo, accetterò la tua offerta di pace.» disse solo, e si diresse nella direzione opposta alla mia.

Stavo per richiamarlo indietro, dopotutto anche lui aveva lezione di Artimanzia, ma il mio sguardo venne immediatamente catturato dalla mano che mi aveva afferrato prima per fermarmi.

Una macchia verde smeraldo faceva bella mostra di sé.

Ero stata sfidata.

 

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Allooooora… che ne pensate? Questo capitolo non mi convince tanto, per farla breve non credo che Hermione Granger si sarebbe mai comportata così nel suo tempo, ma mi ha sempre fatto fantasticare credere che lei avesse una vena umoristica e leggermente vendicativa. Certo, è sempre la ragazza intelligente che conosciamo noi e credo che dopo il duello non farà più scherzi del genere (non è come i malandrini o i gemelli Weasley, per intenderci), cercherà di cambiarsi diventando più seria e di tenere bene in mente il suo obbiettivo, anche se si sta lasciando trascinare fin troppo dalla routine del 1944, nonostante sia passato solo un giorno dal suo arrivo. Lei vuole uccidere Voldemort, ma sta imparando anche a conoscere Tom Riddle e, chissà come mai, sta iniziando a vederlo più come ragazzo che come mago oscuro. Ma poi, parlandoci chiaro, Tom Riddle sarà davvero così cattivo?

Fatemi sapere, se avete voglia e tempo, che ne pensate di questa storia! Al prossimo capitolo!


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Capitolo 4
*** Il Club dei Duellanti ***



2 Settembre 1944. Sala Grande

Confortata da pacche sulle spalle provenienti da Christian e Cignus, mi preparai ad entrare nella Sala Grande.

Per l’occasione era stata abbellita quasi come al mio secondo anno, quando venne proclamato l’omonimo club al fine di istruire gli alunni alla difesa.

Quel pensiero mi portò alla mente Harry e Ron, insieme a tutto quello che avevamo passato quell’anno, dalla polisucco alla scoperta del saper parlare serpentese di Harry, e mi intristii nel pensare che forse non li avrei mai più rivisti, e con loro Ginny, la McGranitt e tanti altri.

«Herm, tutto ok?» mi domandò Dorea apprensiva «Ti sei estraniata per un attimo. Ricorda che non potrai permettertene di questi errori, quando combatterai con Riddle.»

Come se non lo sapessi… pensai leggermente irritata.

Da quando Dorea era tornata dall’incontro con Charlus, con una faccia che lasciava presagire un funerale tra l’altro, non faceva che scaricare sugli altri la sua agitazione.

«Piuttosto che per me dovresti preoccuparti per te stessa.» replicai «Non devi affrontare a duello Potter? Mi sembra ci sia un appuntamento in palio.»

Dorea fece una smorfia, e mi scappò da ridere.

Non conoscevo Charlus ma, da quello che sapevo, i Potter avevano una predilezione per le rosse, e quando si fissavano su qualcosa era davvero la fine.

Mi tornò alla mente di quando Harry mi aveva raccontato la storia dei suoi genitori: di come Lily Evans all’inizio odiasse James Potter, che la assillava per un appuntamento, e di come alla fine aveva ceduto al suo fascino; per non parlare poi di Harry, che aveva baciato Ginny davanti all’intera sala comune di Grifondoro, e a suo fratello stesso, fregandosene delle conseguenze!

Solo in quel momento mi balenò in testa che forse, e dico forse, Dorea Black sarebbe stata la futura signora Potter.

«Dài, Charlus non sembra così male!» buttai lì di proposito, ma la Black mi lanciò un’ occhiataccia, allontanandosi poi per salutare alcune amiche Corvonero.

Scossi la testa sorridendo, prima che la mia attenzione venisse richiamata dal professor Silente che era salito su una delle quattro pedane utilizzate per gli scontri.

Mi voltai verso di lui, e quasi non lo riconobbi senza l’abituale barba bianca. Ovviamente, essendo più giovane, i suoi capelli erano ancora rossi.

Vidi Lyra mettersi alla mia sinistra e farmi l’occhiolino mentre mi indicava Tom Riddle sull’altro lato della pedana, riservata agli studenti del settimo anno.

Stava conversando con Christian Zabini, e per un attimo li guardai con le sopracciglia aggrottate.

«Che diamine sta facendo Christian?» le bisbigliai a mezza voce, senza interrompere il contatto. Vidi Riddle fare quella che era una pessima imitazione di un sorriso, e di tanto in tanto annuire a quello che diceva Chris che, come al solito, gesticolava e rideva quasi senza sosta.

Vicini, quei due facevano quasi impressione tanto erano opposti.

«Per quanto ancora in molti fatichino a crederci, Christian e Tom sono amici. Ad essere sincera, credo che Chris sia l’unico che riesca a sopportarlo in tutta la scuola, e che sia riuscito nell’ardua impresa di ottenere la sua fiducia.

Probabilmente gli starà dicendo di andarci piano con te, durante il duello.»

Come se io avessi bisogno di qualcosa del genere!

«Studenti, benvenuti al primo incontro del Club dei Duellanti di quest’anno. Per quelli del quinto anno che vi prendono parte per la prima volta, vorrei spiegare nuovamente le regole di questo club, affinchè nessuno si faccia male: è vietato l’utilizzo delle maledizioni senza perdono, senza eccezioni; se l’avversario cade a terra, è vietato infierire con gli incantesimi o in alcun modo che possa recargli danno; se uno studente si arrende, l’incontro è finito; ognuno dovrà gareggiare unicamente sulla pedana riservata al proprio anno, e se è interessato ad avere lezioni sui differenti incantesimi, può recarsi senza problemi vicino la pedana situata al posto del tavolo degli insegnanti per chiedere chiarimenti. Immagino che le regole per sfidare qualcuno le conosciate, quindi, se è tutto chiaro: che inizino gli scontri!»

Un applauso entusiasta partì da tutti, e anch’io, ridendo, presi a battere forte le mani. A quanto sembrava il primo incontro del club era atteso da molti.

Mi voltai verso la pedana riservata a quelli del settimo, curiosa di vedere chi vi sarebbe salito per primo.

Vidi, con mio sommo stupore, che a farlo fu una diciassettenne con i capelli legati in una stretta crocchia e lo stemma Grifondoro sul petto.

«Salve a tutti, sono Minerva Mcgranitt una dei Caposcuola. Poiché l’altro» e qui scoccò un’occhiata infastidita a Riddle «non ha voluto prendersi questa responsabilità, quest’anno toccherà a me coordinare i duelli. Chi è il primo?»

La non ancora professoressa si guardò intorno, mentre io iniziai a captare diversi sussurri.

«Scommettete che adesso Riddle la sfida? Scommetto dieci galeoni che Evans finirà in Infermeria, ve lo dico io!»

«Ma no, non avrà mai il coraggio di sfidarla! Il periodo in cui Tom Riddle regnava sovrano in questa scuola è finito, credi a me!»

Ed altre frasi così.

Vidi da lontano Charlus Potter che, facendosi largo tra gli altri studenti, stava per annunciare la sua candidatura, quando si sentì risuonare una sola parola che ebbe il potere di gelare sul posto in molti. E non proveniva da Charlus.

«Io.»

Sotto lo sguardo sbalordito di tutti, un Tom Riddle dall’espressione impassibile salì sulla pedana, andando a sostituire una Minerva Mcgranitt ancora sotto shock.

Lo guardai con la bocca semi aperta per qualche secondo mentre lo videvo indirizzarmi un ghigno divertito.

«Ti consiglio di salire con le tue gambe, Evans, altrimenti ti vengo a prendere io.» mi canzonò, ed io arrossii quando partirono dei fischi da Christian Zabini.

Lyra mi diede una gomitata, sussurrandomi un ‘buona fortuna’, e anticipata dall’applauso fragoroso degli altri, finalmente salii su quella maledettissima pedana.

Estrassi la bacchetta lentamente, e mi avvicinai a Tom Riddle.

I suoi occhi brillarono divertiti. Si vedeva che era pronto a qualunque cosa pur di battermi.

Ne valeva del suo onore, e lo sapeva.

Da parte mia, invece, recuperai in fretta il mio coraggio Grifondoro e mi preparai al duello.

Non potevo permettermi di perdere miseramente contro di lui, anche se probabilmente in abilità era superiore a me.

Il mio orgoglio non me lo permetteva.

«Bacchette in posizione!» esclamò la Mcgranitt, ed io e Tom eseguimmo l’ordine in un attimo.

«Paura Evans?» mi schernì, vedendomi agitata.

Gli restituii uno sguardo privo di qualsiasi timore.

«Ti piacerebbe.» sussurrai di rimando.

Ci girammo e facemmo quattro passi prima di voltarci di nuovo l’uno verso l’altra, in posizione d’attacco.

Intorno a noi era sceso un silenzio di tomba, tutti in attesa di assistere al duello del secolo, ma io a malapena me ne accorsi. Probabilmente, anche Silente si era attardato ad osservarci, ma davanti a me io vedevo solo Tom Riddle.

«Iniziate!»               

Prima di poter pensare anche solo ad un incantesimo, Riddle scagliò su di me uno Stupeficium che evitai con un balzo laterale. Feci appena in tempo a spostarmi, prima di essere bombardata da incantesimi di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza, e per i quali fui costretta ad evocare un protego di potenza media.

Era bravo, dovevo ammetterlo, ma anche io non ero da meno.

Non per niente ero la studentessa più brillante del mio anno.

Iniziai con un Rictusempra, poi con un Sectumsempra, e alla fine iniziammo a combattere con degli animali creati dall’incanto degli elementi: il mio era una grifona di fuoco, il suo un serpente di terra.

Era magia davvero avanzata per due studenti del settimo anno.

Tutti ci guardavano con gli occhi fuori dalle orbite.

Non avevano mai visto Riddle duellare, quindi non sapevano realmente quanto fosse potente. Quanto a me, invece, erano sorpresi e basta.

Per come si erano messe le cose, chiunque dei due avesse perso avrebbe comunque conservato la sua dignità.

Non passò molto tempo prima che Riddle iniziasse i suoi tentativi per entrare nella mia mente. Ero preparata a questo, tuttavia non alla forza dell’attacco.

Pensa a qualcosa. Qualsiasi cosa! 

Lo sentii scavare nelle mie memorie, e cercai di pensare a cose che non mi avrebbero compromessa. In particolar modo, sapevo che non avrei dovuto mostrargli in nessun caso immagini della Hogwarts del mio tempo, per continuare a nascondere la mia identità.

Mi ricordai appena in tempo di un incantesimo che avevo letto nella sezione proibita al quinto anno, quando Voldemort stava iniziando ad entrare nella mente di Harry.

Serviva per creare memorie fasulle, e sperai vivamente che avesse effetto anche con Tom che mi scavava nella testa.

Creo recordationem

Iniziai ad immaginare un passato in cui ero stata allevata da due genitori maghi.

Un passato in cui vivevo reclusa nella mia casa e mi veniva insegnata la magia, anche quella proibita.

Mi ispirai poi a quella che era stata la vita di Harry, con i miei genitori che venivano uccisi davanti ai miei occhi.

Mi figurai tredicenne, e con una voglia di riscatto verso il mondo. L’ultima immagine che gli permisi di vedere della mia vita, e involontariamente anche, fu quella di poco prima che venissi trasportata in questo mondo.

Quando i mangiamorte e poi Voldemort stesso si erano divertiti a torturarmi.

Vidi me stessa ridotta in condizioni pietose, e dopo un po’ non riuscii più a sopportare quella vista.

«Basta!» urlai, e gli lanciai un’ Everte Statim che lo sbalzò dall’altra parte della pedana.

Ripresi il controllo, ed aspettai che lui si alzasse prima di ripuntare la bacchetta verso di lui.

Si vedeva che era irritato per essere stato messo al tappeto, ma anche scosso da quello che aveva visto nei miei ricordi.

«Expelliarmus!» dicemmo insieme, e quando i due incantesimi si scontrarono iniziò una guerra di volontà, che costrinse il nostro pubblico ad allontanarsi dalla pedana per ripararsi dalle scintille che i nostri incanti di uguale potenza stavano causando.

«Arrenditi Evans!» mi urlò Riddle, e mi scappò una risata amara.

«Mai.»

Quello che successe dopo dovettero raccontarmelo, perché non riuscii a vederlo.

I due incantesimi esplosero, e sbalzarono me e Riddle ai due estremi della Sala Grande facendoci perdere i sensi a causa della botta contro il pavimento.

Quando mi svegliai, mi avevano già portata in infermeria.

  

«Ouch.» mi alzai di scatto dal letto con una smorfia di dolore.

Mi guardai intorno, e riconobbi l’infermeria.

Non sentivo alcun rumore, e dal buio supposi fosse notte.

«Ma quante ore ho dormito? E cosa è successo?» sussurrai a me stessa, mettendomi le mani davanti agli occhi.

La testa mi girava, e non riuscivo affatto a ricordare come ci fossi arrivata su quel letto.

Gli eventi delle ultime ore erano un buco nero per me, probabilmente a causa della botta che dovevo aver preso, per non parlare poi del fatto che la mano con cui impugnavo la bacchetta mi bruciava alla grande.

Fantastico.

Mi alzai per dare un’occhiata in giro e, con mio grande imbarazzo, notai che mentre ero svenuta mi avevano fatto indossare un camice molto corto di un bianco quasi trasparente, che faceva vedere senza problemi la mia biancheria rosso Grifondoro.

Si può sapere chi diamine ha avuto l’idea di mettermi addosso questo coso? Beh, per fortuna sono sola.

Mi infilai delle ciabatte che avevano lasciato lì vicino al mio letto, e presi a camminare nell’Infermeria, notando dopo un po’ che due posti dopo il mio vi era steso un altro studente.

Lo avevano messo in fondo a tutto, e ci misi un po’ ad inquadrare la sua figura sotto le coperte. Con il buio, poi, era ancora più difficile, ma troppo curiosa di scoprire chi fosse, ciabattai fino al suo letto.

Chissà chi può essere… pensai tra me.

Mi abbassai di più, e mi sporsi per riuscire a riconoscere quel volto nascosto parzialmente dalle lenzuola.

Probabilmente Ron aveva ragione, quando diceva che lui ed Harry avevano avuto una cattiva influenza su di me.

Con il trascorrere degli anni, avevo sviluppato una vena ribelle che non avrebbero mai attribuito alla prefetta-perfetta quale ero.

Adesso riuscivo a vedere la faccia di chi dormiva in quel letto, era sicuramente un ragazzo, ma c’era ancora quel dannatissimo ciuffo che non mi permetteva di capire chi fosse.

Feci una smorfia indispettita e, pur sapendo che me ne sarei pentita, alzai una mano per scostarglielo dalla fronte.

Tanto a questo punto cosa ho da perdere?!

Lo scoprii pochi secondi dopo aver formulato questa frase, quando il bell’addormentato si rivelò essere niente di meno che Tom Riddle.

Spalancò gli occhi di scatto al mio tocco, mentre con una mossa fulminea afferrava con una mano la bacchetta e con l’altra il mio braccio.

Come fece non lo so, ma comunque mi ritrovai, prima di rendermene conto, e senza avere nemmeno il tempo di urlare, stesa sul suo letto con la vestaglia che si era alzata quasi fino alla gola (come se non fosse abbastanza trasparente e la situazione abbastanza imbarazzante), le braccia bloccate sopra la testa dalla mano sinistra di Riddle e lui stesso a cavalcioni su di me che mi puntava la bacchetta contro la gola con la mano destra.

Oh Santissimo Merlino! E meno male che ti sei data tante arie prima, Hermione! Sono una ribelle, la migliore del mio corso, Riddle non ha idea di con chi ha a che fare, cambierò il futuro del mondo magico… Non sei affatto al livello di Riddle, e ti stai facendo più comandare dall’istinto e dagli ormoni piuttosto che dalla razionalità! Siano Santi Morgana e Circe, è Voldemort quello che ti sta davanti! Non devi dimenticarlo! Anche se ha diciassette anni, è un figo da paura e non ti sembra poi così cattivo! Hermione Granger, controllati!

Più facile a dirsi che a farsi, naturalmente, poichè la grifoncina, ora serpeverde, non era affatto pratica su tutto ciò che riguardava l’amore e derivati dal momento che non aveva mai vissuto una vera storia romantica (se si esclude il bacio a Viktor Krum al suo quarto anno). E, anche se aveva letto molti libri sull’argomento, e credeva di essere innamorata di Ron Weasley, aveva sempre pensato che cose così potessero sì capitare, ma magari, se non la prima notte di nozze, almeno con il suo fidanzato e dopo parecchi mesi da che uscivano insieme! Per cui, come si può ben capire, non era affatto preparata ad una situazione del genere e, più che preoccuparsi di essere sotto mano di bacchetta del futuro Lord Voldemort, era più impegnata ad arrossire di brutto e a non poter fare a meno di pensare che si trovava mezza nuda alla merce di un ragazzo davvero stupendo, anche se con le manie di grandezza.

Tom Riddle, d’altro canto, non faceva nulla per risparmiarle un imbarazzo tale, anche perché anche lui non era pratico di queste faccende (quando si è impegnati a vendicarsi della propria famiglia e a modellare su di sé l’immagine di studente perfetto non si ha proprio tempo di pensare ad altro!), e il trovarsi all’improvviso una ragazza, mezza nuda oltretutto, sotto di lui lo aveva leggermente sconvolto.

Lui era un uomo tutto d’un pezzo, diamine, e nessuna mai aveva avuto il coraggio di farsi avanti con lui, troppo impaurita dall’aura di potere che emanava costantemente.

Così, ritornando al presente, i due ragazzi rimasero per buoni un paio di minuti senza saper bene cosa fare.

Hermione nel frattempo aveva addirittura chiuso gli occhi, pronta a qualunque gesto da parte del bel Riddle e senza avere nemmeno più il coraggio per reagire.

Tuttavia, all’improvviso, iniziò a sentire qualcosa sulla sua pancia e ritenne opportuno aprire gli occhi.

Mossa sbagliata, naturalmente, perché quando capì bene cosa si stava strusciando sulla sua pancia, e dopo aver visto l’espressione di Riddle, che ormai aveva la bocca semiaperta nel guardarla e continuava a muoversi su e giù inconsciamente facendole sentire la sua prepotente erezione, pur di uscirsene da quella situazione decise di buttarsi letteralmente a terra, facendo non solo cadere lui (che assolutamente non si aspettava una cosa del genere) ma anche gonfiare la vestaglia leggera che, come se non fosse già abbastanza, andò a sgonfiarsi proprio sulla testa di Riddle che, ancora mezzo intontito, si ritrovò ad avere un contatto molto più ravvicinato con la serpeverde, ancora di più di quello che c’era stato prima.

Maledicendo tutto e tutti, Hermione finalmente riacquistò la grinta e l’orgoglio.

«Adesso basta!» sibilò inviperita, e prese a rotolarsi e a dibattersi per terra nel tentativo di levarsi quel depravato da dosso.

«Esci dalla mia vestaglia!» esclamò, in un tono che nel silenzio dell’infermeria risuonò quasi come un urlo.

Tom Riddle, che per fortuna riuscì a recuperare un po’ della sua rinomata facciata di ghiaccio, per riuscire a venire a capo di quella stramba situazione posò le mani sui fianchi della ragazza e la bloccò per terra facendo appello a tutto il suo autocontrollo e chiedendosi tra l’ altro che fine aveva fatto la sua bacchetta.

«Evans! Per l’amor del cielo, se non vuoi che ti scopi qui e adesso sta’ ferma!» le ordinò trattenendo un gemito. Infatti la ragazza, se pur involontariamente, lo stava eccitando ancora di più e i suoi pantaloni erano diventati davvero troppo stretti. Se le cose fossero peggiorate, avrebbe fatto sesso con quella ragazza pur di provare sollievo fanculo la morale.

Hermione a quella minaccia si immobilizzò, conscia che per mettere fine a tutta quella storia, per una volta, avrebbe dovuto fare quello che le diceva lui.

Riddle, dopo essersi assicurato di non ricevere una ginocchiata dalla ragazza immobilizzandole le gambe, iniziò ad uscire dalla sua vestaglia e, conscio di essere rosso in volto come mai in vita sua, fece scorrere le mani sul corpo di lei nel processo, bloccandola fermamente a terra.

Quando riuscì ad alzarsi in piedi, distolse lo sguardo per permetterle di riacquisire quel po’ di dignità che aveva perso (concessione che non aveva mai avuto per nessuno, ma solo perché anche lui doveva lavorare su un certo problemino ai paesi bassi)

Hermione si affrettò a rassettarsi la camicia da notte, e ad alzarsi a sua volta, tuttavia nessuno dei due ragazzi a quel punto sapeva bene cosa dire o fare.

Fu Riddle a spezzare il silenzio che si era venuto a creare, dandole sempre le spalle.

«Che ci facevi vicino al mio letto?» chiese con voce incerta, nemmeno più tanto sicuro lui stesso di voler aprire l’argomento, e cercando di nascondere alla ragazza la reazione che il suo corpo aveva avuto solo al ricordare la scena.

Hermione si schiarì la gola.

«Con la botta in testa mi ero dimenticata perché fossi qui, e stavo dando solo un’occhiata in giro. Non avevo idea che potessi essere tu lo studente nel letto.»

Altrimenti sarei rimasta dov’ero.

Riddle annuì piano.

…Silenzio di dieci secondi…

«Riguardo a quello che è successo prima…» e qui arrossirono entrambi.

«Non una parola.» disse subito Hermione, e Riddle annuì.

«Assolutamente.»

Si voltò per tornarsene a letto, pur essendo sicuro che senza una bella doccia fredda prendere sonno quella notte sarebbe stato impossibile e, in silenzio, attese i fruscii che avrebbero indicato lo spostamento di Hermione verso il suo letto.

Quando questo non avvenne, Tom Riddle aggrottò le sopracciglia. Stava quasi per voltarsi e controllare che la ragazza non fosse morta, quando sentì una frase che gli tolse ogni dubbio.

«Voglio morire!» urlò Hermione, con la faccia premuta contro il cuscino per attutire l’urlo.

L’imbarazzo, alla fine, aveva avuto il sopravvento, e la ragazza non era riuscita a trattenersi dal fare una cosa che da molti sarebbe stata considerata sintomo di pazzia.

Da molti, ma non da Tom Riddle che, avvolto dalle tenebre, sorrise.

 

 

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Che dite è un po’…..troppo? Delle volte mi diverto ad immaginare scene imbarazzanti con me o mie amiche come protagoniste. Scene che il più delle volte hanno risvolti amorosi per intenderci! Forse questa volta ho un tantino esagerato ma, andiamo! non è mica impossibile che succeda una cosa del genere! La nostra Herm non sa ancora bene come comportarsi (prima serpeverde, poi ribelle grifondoro, poi santarellina, ecc...) e il nostro Tom me lo sono sempre immaginato come un fighetto di ghiaccio. E come ogni fighetto che si rispetti ha dalla sua anche un po’ di malizia, che però non esce quasi mai fuori quando davvero servirebbe!

Poi c’è quel pezzo preso da Harry Potter 2 che personalmente adoro! La parte tra Harry e Draco: Paura Potter? Ti piacerebbe! Davvero grandiosa e non vedevo l’ora di usarla!

Per chi non lo avesse già capito è mia intenzione fare una Tom/Hermione (sempre che non cambio idea scrivendo). Sarà un po’ un casino ma vedremo cosa ne esce fuori… dopotutto Lumacorno non disse ad Harry che Voldemort da giovane non era poi tanto diverso da lui? Io ho sempre immaginato che fosse dopo Hogwarts che aveva iniziato a covare tutto quell’odio verso il mondo. Ma adesso basta con le chiacchiere! Non so quando potrò postare ancora perché con la scuola sto avendo un po’ di difficoltà a tenere il passo con le pagine da studiare però vedrò di riuscirci il prima possibile. Alla prossima, Mary Evans.



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Capitolo 5
*** Lezioni Private Inaspettate ***






21 luglio 1998. Tana

«Professoressa Mcgranitt, secondo lei cosa è successo ad Hermione?» chiese un Harry Potter piuttosto agitato. Ron Weasley, al suo fianco, alzò la testa, anche lui ansioso di ascoltare la risposta.

Minerva Mcgranitt scosse la testa, impotente, e si rivolse al quadro di Albus Silente che aveva portato con sè.

Il vecchio preside aveva detto, dopo essere venuto a conoscenza della causa che aveva portato alla scomparsa di Hermione Granger, che doveva comunicare a tutti i membri dell’Ordine una cosa importantissima, e che doveva farlo lui stesso.

«Harry, ragazzo mio, è successa una cosa eccezionale. Devi sapere, che noi quadri magici portiamo con noi tutta la conoscenza che avevamo quando eravamo in vita, e che quando essa cambia, per qualche ragione, noi possiamo avvertire questi cambiamenti. Miss Granger in questo momento si trova nel settembre del 1944: sta frequentando il suo settimo anno, con Tom Riddle come compagno di scuola.»

Harry Potter fissò prima il suo vecchio preside e poi il suo migliore amico con occhi spalancati, prima di prendere la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans.

Se la rigirò tra le mani e pensò intensamente alla sua migliore amica, sperando che il messaggio le arrivasse.

Solo una cosa Hermione: Vigilanza Costante.

 

3 Settembre 1944. Aula di Incantesimi

«Tom Riddle ti sta guardando.» sussurrò Dorea Black, ma Hermione Evans la ignorò, continuando testardamente a prendere appunti.

 

5 Settembre 1944. Aula di Trasfigurazione

«Tom Riddle ti sta guardando.» esclamò Lyra Nott, fregandosene che il diretto interessato potesse sentirla. Hermione Evans corse da Cignus Black ed iniziò ad aiutarlo nell’incanto che stavano studiando, ignorando di essere stata interpellata dall’amica.

 

6 Settembre 1944. Aula di Artimanzia

«Tom Riddle ti sta guardando.» le disse Cignus Black, ma Hermione Evans aveva già intrapreso una fitta conversazione con la professoressa Vector, che si protrasse per tutta l’ora.

 

10 Settembre 1944. Aula di Pozioni

«Tom Riddle ti sta guardando.» ghignò Christian al mio indirizzo, ma prima che potessi fare qualcosa la campanella suonò e venni fermata dal professor Lumacorno.

Ignorai l’occhiata divertita che mi lanciò Tom Riddle, che avevo così abilmente evitato dopo quella cosa in Infermeria, e mi avvicinai alla cattedra del professore mentre l’aula si svuotava velocemente.

«Signorina Evans, vorrei porgerle una richiesta, se non le è di troppo disturbo. Non ho potuto fare a meno di notare che quanto lei sia particolarmente versatile nella mia materia, quindi mi chiedevo se le andrebbe di dare ripetizioni a chi, invece, se la cava con meno facilità. Ovviamente,» aggiunse subito «tale attività extra verrà presa in considerazione nel giudizio finale dei M.A.G.O., e si dia il caso che io abbia già uno studente che necessita del suo aiuto. Che ne pensa della mia offerta?»

Rimasi a rifletterci per qualche secondo, anche se alla fine avevo già preso la mia decisione: era bastato l’accenno ai crediti extra per convincermi.

«Per me va benissimo, professore.» risposi con un sorriso, mentre Lumacorno andava in brodo di giuggiole.

Mi aveva già invitata ad una delle sue cene private, includendomi nel Lumaclub, ed una richiesta del genere me l’aspettavo.

«Potrei sapere chi è lo studente?»

Lumacorno iniziò a ridere, lisciandosi il panciotto, ed io lo guardai con un sopracciglio inarcato.

«Non ci crederà mai! È stato lui stesso a venire da me, e devo ammettere che io stesso sono rimasto allibito dalla sua richiesta, considerato che è tra i migliori della scuola.»

La mia mente iniziò a lavorare veloce.

Ti prego fa che non sia lui, fa che non sia lui, fai che non sia lui… pensai disperatamente, ma ormai avrei dovuto saperlo che raramente quello che si spera si ottiene.

«Il signor Riddle mi ha davvero stupito.»

Iniziai a boccheggiare, incapace di metabolizzare le parole del professore.

«M-ma è stato lui a chiederle di me?» balbettai sconclusionatamente, iniziando ad agitare le braccia come facevo sempre quando ero nervosa.

«Certamente! Dopotutto, considerato che con Dorea Black non scorre buon sangue, lei era la scelta più ovvia.»

Ormai non sapevo più cosa dire, e il professore mi congedò. Mormorando appena un arrivederci, mi diressi spedita verso l’uscita dell’aula promettendo vendetta contro Riddle: insomma, non solo mi aveva fatto vivere una delle esperienze più imbarazzanti della mia vita, ma adesso si metteva anche a perseguitarmi?

Avevo appena formulato questo pensiero, quando d’improvviso mi venne tappata la bocca da una mano e fui trascinata in un ripostiglio vuoto vicino l’aula di pozioni.

Non pensai nemmeno a difendermi con la magia, tanto la sorpresa era grande, ma iniziai a scalciare e a dibattermi come avrebbe fatto una qualunque babbana nella stessa condizione.

Sentii una risata trattenuta, e prima che la porta del ripostiglio si richiudesse e venisse accesa la luce avevo già capito chi fosse il mio aggressore.

«Tom Orvoloson Riddle! Si può sapere cosa diamine credi di fare!» gli sbraitai contro, dopo averlo visto applicare incantesimi di chiusura e di silenzio allo spazio in cui eravamo.

Mi rivolse un ghignetto compiaciuto, e questo non fece che irritarmi ancora di più.

«Finalmente ti sei decisa a parlarmi. Ormai non ci speravo quasi più…»

Lo guardai interdetta, mentre lo vedevo avvicinarsi a me con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.

Fu con un po’ di ritardi che mi resi conto di una cosa: io e il futuro Lord Voldemort eravamo chiusi in uno stanzino imperturbato.

Oh, merda!

In preda al panico mi misi a cercare la mia bacchetta, ma prima che potessi fare alcun che lo vidi inginocchiarsi davanti a me. Nemmeno a dirlo, lo guardai con occhi spalancati.

«Io non posso vivere senza di te.» mormorò serio, prendendomi una mano e fissandomi con i suoi incredibili occhi grigi.

Doppia merda!

Ero troppo scioccata per dire qualcosa, o anche solo per muovermi di un millimetro.

Probabilmente sulla mia faccia iniziarono a susseguirsi una serie di colori che andavano dal giallo al rosso al fucsia fino al blu.

Proprio quando stavo iniziando a credere che avrei avuto un infarto prima del tempo, l’inginocchiato davanti a me iniziò a ridere di gusto.

«Ahhahahaah... mio dio Evans!... aahahahahah… non credevo sarebbe stato così facile prenderti in giro… ahahahahah… ma davvero credevi… ahahaha!»

Avrei dovuto arrabbiarmi, o quanto meno picchiarlo a morte, ma non potei evitare di rimanere ammaliata da quella risata.

Prima che fosse troppo tardi, obbligai me stessa ad imbronciarmi e mettere in volto un’espressione di disappunto che ben si adattava alla situazione mentre, con le braccia incrociate al petto, mi sedetti su una mensola aspettando che Tom Riddle smettesse di ridere.

Lo vidi riacquisire un po’ di controllo, almeno prima che la mensola sulla quale ero seduta crollasse sotto il mio peso ed io mi ritrovassi con il sedere per terra.

Con le guance rosse d’imbarazzo, lo sentii ridere più forte di prima.

Dopo aver aspettato un tempo sufficiente, ed aver concluso una volta per tutte che Tom Riddle al momento era solo un semplice diciassettenne attratto dalla magia oscura, sbottai: «Piantala di ridere e aiutami, idiota!»

Lo vidi alzare un sopracciglio per aver utilizzato un tono autoritario che mai nessuno si permetteva di usare con lui ma, contrariamente alle mie aspettative, mi porse una mano che io afferrai prontamente.

«Adesso ti decidi a dirmi cosa vuoi da me?» borbottai, distogliendo lo sguardo dal suo e rassettandomi la divisa.

Quando rialzai gli occhi, lo vidi appoggiato alla porta chiusa che mi stava fissando.

«Beh? Si può sapere cosa hai da fissare?»

Sembrava quasi che stessi parlando ad un muro.

Quando decisi di averne abbastanza, sfilai la bacchetta dalla divisa e gliela puntai al collo.

«Spostati e fammi uscire. Adesso.» gli sibilai ad un palmo dal naso, dimenticando l’imbarazzo che quel contatto ravvicinato mi avrebbe procurato. Ma lui sorrise, con mio grande stupore, ed annuì come in risposta ad una sua domanda mai pronunciata.

«Sì, credo proprio che farò così.» esclamò all’improvviso. Quel cambio di umore mi fece distrarre un secondo di troppo, e lui ne approfittò per disarmarmi e per bloccarmi le braccia dietro la schiena tenendomi ferma.

«Voglio farti una proposta, e voglio che tu ci rifletta attentamente prima di rispondermi, ok?»

«Va bene, ma gradirei che mi lasciassi libere le braccia!»

Lo sentii sorridere, e qualche secondo dopo avvertii la sua erezione sulla mia schiena e il suo respiro sul collo.

Non riuscii a reprimere un brivido.

«Credevo ti piacesse questa posizione, Evans.» sussurrò malizioso, ed io immediatamente mi liberai dalla sua presa mollandogli un ceffone.

«Sei un pervertito!» gli urlai contro, allontanandomi il più possibile.

Lo vidi massaggiarsi la guancia offesa, infastidito, mentre mi fulminava con lo sguardo.

«Se fossi in te, Evans, eviterei di farlo una seconda volta.» sibilò al mio indirizzo.

«Se fossi in te, Riddle, terrei quell’erezione lontana dalla sottoscritta se non vuoi ritrovarti evirato!» esclamai irritata, portando le braccia ai fianchi, e non riuscendo ancora a credere di essere riuscita a dire una frase del genere senza arrossire.

Lo vidi alzare gli occhi al cielo sospirando pesantemente, decidere probabilmente di ignorare la mia ultima affermazione e ritornare al discorso principale.

«Qui ad Hogwarts c’è un gruppo di studenti che si fanno chiamare mangiamorte, e che si allenano al fine di fare la differenza nel mondo magico: per sconfiggere coloro che uccidono i deboli per il gusto di farlo, mezzosangue, babbani, e per combattere la corruzione al ministero.

Io sono a capo di questo gruppo.

Il nostro scopo principale, al momento, è sconfiggere Grindelwald e ripristinare l’equilibrio ma, per riuscirci, oltre alla magia ordinaria abbiamo bisogno anche di magie extracurriculari, e sono queste magie che io insegno: insegno ad essere ben altro, rispetto a semplici studenti, e ad avere il potere che, dopotutto, è l’unica cosa che conta davvero in questo mondo.

Quello che voglio chiederti adesso è: vuoi essere una di noi?»

Sapevo che adesso toccava a me dire qualcosa, ma la mia bocca a momenti toccava terra per lo stupore.

Era tutto diverso, come se fossi capitata in un mondo parallelo. O forse, semplicemente, le cose erano andate in tutt’altro modo rispetto a come avevo sempre creduto.

«Perché vuoi me nel tuo gruppo?» mi ritrovai a chiedere, e lo vidi distogliere infastidito lo sguardo prima di rispondere.

Sapeva che doveva farlo per convincermi del tutto, e che doveva essere sincero.

«Perché hai talento e sei forte, ma non abbastanza.

Perché anche tu potresti fare la differenza, ed avere finalmente vendetta nei confronti di chi ti ha ucciso i genitori.

È abbastanza?»

Prima che potessi rendermene conto, risposi.

«Accetto.» esclamai «Voglio essere una mangiamorte.»

Riddle sorrise.

«Benissimo. Ci vediamo questa notte alla mezza per la prima lezione privata.»

Stava per uscire dallo sgabuzzino, ma io lo trattenni per un braccio guadagnandomi un’occhiataccia.

«Lezione privata?»

Prese a guardarmi come se mi sfuggisse qualcosa.

«Certo! È questo il motivo per cui ho chiesto al vecchio Luma di avere ripetizioni da te, così gli altri non si insospettiranno se ci vedranno insieme. Ma mentre loro crederanno che studiamo pozioni, noi ci alleneremo per farti diventare più forte: al momento non riusciresti a tenere testa nemmeno al più debole dei miei mangiamorte!»

Gli rivolsi un’occhiata irritata.

«Intanto, però, ho quasi battuto te!» replicai stizzita.

«Solo perché non ho potuto usare nemmeno la metà degli incantesimi di cui sono a conoscenza, altrimenti il duello non sarebbe stato nemmeno così lungo.» mi disse con sufficienza.

«Ci vediamo alla mezza all’ingresso della nostra Sala Comune. Puntuale. E indossa una tuta comoda, perchè suderai parecchio. Ci si vede, Evans.»

E così se ne andò, dandomi finalmente il tempo di rendermi conto in che diamine di guaio mi fossi appena cacciata.

Merda!

 

«… e poi Lyra ti ha accompagnata in Infermeria, ti ha messo addosso una delle sue camice da notte, ed è tornata giusto in tempo per vedermi battuta da Mister quanto-sono-figo-Potter!

Adesso alla prossima uscita per Hogsmeade dovrò andarci con lui! E questo solo perché in un momento di follia ci ho fatto sesso: ridicolo vero?»

Dorea Black stava parlando ininterrottamente da più di due ore, senza accorgersi che la sua compagna di stanza non la stava minimamente ascoltando.

Dopo aver giurato vendetta contro Lyra Nott, colpevole indiretta della situazione imbarazzante con la camicia da notte, Hermione Evans era indecisa se far presente o meno all’amica che sì, dopo aver fatto sesso con un ragazzo è più che lecito che lui voglia spiegazioni e che, nel caso fosse già innamorato, è impensabile anche solo pensare che lui possa arrendersi all’essere ignorato.

Alla fine, aveva optato per il silenzio, iniziando a prepararsi per la lezione privata con Tom Riddle.

Aveva trasfigurato un completo che le aveva mandato Silente in una comoda tuta, si era legata i capelli, e preparata una borsa con bottigline d’acqua ed asciugamani per il sudore.

Ormai era tutto pronto, e stava aspettando con ansia che la sua amica andasse a dormire per indossare il suo completo da allenamento ed evitare spiegazioni.

Era mezzanotte e venti quando Dorea prese sonno, ed era mezzanotte e trentacinque quando Hermione Evans si incontrò con Tom Riddle all’ingresso della loro Sala Comune.

Lui era irritato, si vedeva, e non mancò di farglielo notare appena lei si avvicinò abbastanza.

«Sei in ritardo.» la accusò, ma Hermione si strinse nelle spalle. «Dorea.» disse semplicemente, e lo vide alzare gli occhi al cielo.

«Andiamo.»

In silenzio, attraversarono molti corridoi fino ad arrivare al settimo piano, per poi fermarsi di fronte ad una parete che la ragazza conosceva bene.

Tom Riddle iniziò a camminare  avanti e indietro per tre volte, fermandosi poi solo per aspettare la comparsa dell’ingresso della Stanza delle Necessità.

«Prima le signore.» scherzò lui, tenendole la porta aperta.

Questa volta, fu Hermione ad alzare gli occhi al cielo, ma ogni divertimento sparì quando vide l’enorme palestra con tanto di percorso ad ostacoli che la stanza aveva preparato per loro.

Si voltò di scatto verso il suo compagno, e vide che era proprio dietro di lei.

La porta della stanza era scomparsa, ed Hermione, deglutendo, capì di non avere alcuna via d’uscita quando Riddle le rivolse un sogghigno.

«Si comincia.»

 

Quando avevo accettato di diventare una mangiamorte, non avrei mai creduto che sarei stata sottoposta ad un allenamento intensivo alla babbana!

Ero stata costretta a trenta giri di corsa sul percorso ad ostacoli (cosa che mi aveva già distrutta al quindicesimo giro), e questo poco prima di tre serie da venti di addominali e piegamenti!

Poi c’era stato il sollevamento pesi con due chili a braccio, e dopo le tre serie da quindici adesso era venuto il momento delle flessioni. In teoria, doveva riuscire a farne almeno cinquanta.

«Basta! Non ce la farò mai!» ansimai sfinita.

Ero arrivata appena alla venticinquesima flessione e mi stavano cedendo i nervi, e non solo per lo sforzo fisico: avere un ragazzo che ti fissa il culo o nella scollatura nel mentre degli allenamenti era piuttosto irritante, e se quel ragazzo si chiamava Tom Riddle, l’irritazione raddoppiava senza dubbio.

Diamine, mi ha già vista mezza nuda! Deve proprio fissarmi il culo mentre mi alleno per lui?

Sentii una risata mal trattenuta, e mi bloccai a metà flessione.

«Ah, e così ti alleni per me, eh?» il tono derisorio di Riddle mi fece incazzare di brutto e, anche se non mi sentivo più un muscolo, mi alzai per fronteggiarlo.

Vederlo senza neanche una macchia di sudore, in quel pantalone nero e in quella T-shirt grigia, con i capelli scombinati ad arte, ed ogni muscolo del suo volto che sprigionava malizia e divertimento, mi fece venire una voglia impellente di prenderlo a pugni.

«Non leggermi nella mente!» gli urlai contro, e prima di rendermene conto ero già lì nel cercare di colpirlo con azioni che lui evitava abilmente, con un sorrisetto irritante in volto. All’improvviso, però, la stanchezza iniziò a farsi sentire, e prima che me ne rendessi conto stavo perdendo i sensi.

Sarei caduta sicuramente sul pavimento, se Tom non mi avesse afferrata in tempo.

«Ehi! Ehi Evans, non fare scherzi!» mi disse ansioso, ma io non ero così debole da svenire per degli esercizi. Ero solo stanca.

Gli rivolsi un sorriso tirato, per quanto mi permettevano le mie forze.

«Preoccupato, Riddle?» buttai lì, ma invece di replicare qualcosa, Tom si limitò solo a distendere la sua espressione e ad abbassarsi per prendermi in braccio.

Doveva aver concluso che se avevo abbastanza forza per replicare, allora dovevo star bene.

Puzzavo, ed ero bagnatissima di sudore, ma lui sembrò non accorgersene mentre mi stringeva a sé.

Immediatamente arrossii.

Diamine, Hermione! È mai possibile che non puoi fare a meno di restare ammaliata da lui? Anche se è un bel ragazzo, datti un po’ di contegno e ricorda chi sei!

Alzando lo sguardo, vidi che Riddle stava sorridendo leggermente.

Con molta probabilità aveva di nuovo letto i miei pensieri, ma apprezzai che non commentasse in alcun modo.

Mi depositò su un letto matrimoniale che aveva fatto apparire nella stanza, e prima che me ne rendessi conto ero tra le braccia di Morfeo.

 

Ero stato costretto a spogliarla, pulirla con un gratta e netta, e a cambiarla di abito dal momento che si era addormentata quasi subito.

Avevo cercato di darle quanta più privacy possibile cercando di non guardarla o toccarla troppo, ma la tentazione di rivedere quello che avevo già visto era davvero forte.

Adesso capivo Christian quando mi diceva che “la carne è debole”.

Mi ero sempre ritenuto superiore ai miei compagni, ma alla fine non ero poi tanto diverso da loro.

Mi fermai un attimo ad osservarla mentre, ancora addormentata, muoveva leggermente le gambe e sorrideva.

Chissà a cosa sta pensando, non potei fare a meno di chiedermi, poco prima di sbadigliare, assonnato.

Eravamo rimasti svegli quasi tutta la notte, e stavo iniziando anch’io ad avvertire i primi cedimenti.

Dopo avere esitato qualche istante sul dove dormire, alla fine feci comparire nella stanza un altro lettino, proprio di fianco a quello in cui dormiva Hermione.

No, mi corressi, Evans non Hermione.

Mi addormentai così, osservando il suo volto, e quando alla fine mi svegliai alle sette e mezzo per prepararmi per le lezioni, fu la sua faccia quella che vidi per prima.

Nonostante i capelli arruffati, con quell’espressione angelica che aveva nel sonno non potei fare altro che reputarla bella.

È davvero un peccato che non ce l’abbia anche da sveglia, mi ritrovai a pensare.

Per la prima volta nella sua vita, Tom Riddle decise di seguire l’istinto. Invece di andare a lezione, come ci si sarebbe aspettato da uno studente modello come lui, dopo essersi vestito, evocò una poltroncina comoda al posto del suo letto e si sistemò lì, nella posizione perfetta dalla quale osservare la sua nuova allieva.

Gli venne da ridere nel considerarla tale, ma si zittì subito quando la vide mugugnare nel sonno.

Iniziò ad organizzare un programma di allenamento che le avrebbe consentito in breve tempo di diventare forte almeno quanto lui, e già pregustò quel momento.

Rimase ad osservarla per ore, ponendosi delle domande su di lei, su di lui, ma quando Hermione Evans finalmente si svegliò, la stanza era vuota.

 

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Salve gente! Spero che questo capitolo non vi abbia deluso e devo purtroppo informarvi che nelle prossime due settimane non so se potrò aggiornare causa scuola: ho la simulazione dell’esame di stato non che due compiti in classe e più di quaranta pagine di arretrati in storia (ancora…).

Beh, che ne pensate dell’idea iniziale di Riddle sul progetto dei mangiamorte? Quanto meno è originale no? Non sapevo se metterli o meno ma per adattarli al mio Riddle qual cosina ho dovuto cambiarla. Man mano sto iniziando a figurarmi Riddle non so perché con alcuni degli atteggiamenti dei Potter. Ma in lui c’è anche la facciata del cattivo a sangue freddo comunque, una facciata che abbandonerà solo con Hermione ma che sarà persistente a scuola e, soprattutto, nelle riunioni di magia oscura con i mangiucchia morte. Al prossimo capitolo! Mary Evans

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Capitolo 6
*** Inviti a sorpresa ***



1 Ottobre 1944, Sala Grande

Arrancai quasi senza forze al tavolo dei Serpeverde, buttandomi sulla panca quasi di peso tanto ero stremata.

Questa storia ormai si ripeteva da settimane, e tutti si erano abituati nel vedermi in quelle condizioni, così pure alle bugie che propinavo per giustificarle.

Come tutte le volte, poco dopo di me fece il suo ingresso Tom Riddle, impeccabile e bellissimo come sempre, che con un’eleganza che non sarei mai riuscita ad emulare si sedette di fianco all’inseparabile Christian Zabini.

Mi rivolse il solito ghignetto divertito prima di iniziare la sua colazione, composta da così poche cose da farmi dubitare che potesse resistere fino a metà giornata, ma io feci del mio meglio per ignorare la sua presenza.

Sentii qualcuno sedersi alla mia destra, con la stessa grazia di elefante di cui io avevo dato prova prima, e senza nemmeno voltarmi capii che si trattava di Dorea.

Mi ero affezionata molto a lei negli ultimi mesi, era diventata la mia ancora di salvezza in quel tempo, e più la conoscevo, più non potevo fare a meno di rivedere in lei la figura di Ginny.

Alzai gli occhi giusto per vedere se la scelta sul colore dei suoi capelli fosse cambiata, ma il grigio topo e la faccia da funerale che esibiva ormai da giorni fecero crollare per l’ennesima volta le mie speranze.

Domani ci sarebbe stata la prima uscita per Hogsmeade, e lei doveva andarci con Charlus Potter: la giusta punizione, come continuava a ripetere, per aver perso un duello per la prima volta nella sua vita.

Da parte mia, invece, oltre ad essere sinceramente contenta di poter assistere alla nascita della storia d’amore dei nonni di Harry, ero sollevata di avere almeno un giorno di tregua dalla costante presenza di Tom Riddle e dai suoi impossibili allenamenti.

Grugnii infastidita, addentando un muffin al cioccolato.

A me sembrava esagerato tutto l’allenamento al quale mi stava sottoponendo il serpeverde, ma appena avevo accennato a qualche protesta lui mi aveva zittita dicendo che le avrebbe accettate solo quando sarei riuscita a sconfiggerlo in duello.

Conseguenza? Mi stavo impegnando il doppio per mettere fine alle prese di posizione di quel despota, il che comportava doppio sforzo, e visite occasionali nelle cucine per spuntini extra.

Ormai perdevo peso a vista d’occhio, non avevo più nemmeno la forza per trascinarmi a lezione, e i fine settimana per me erano diventati momenti che sfruttavo per dormire piuttosto che per divertirmi.

Infatti avevo rifiutato la proposta di Lyra riguardo una visita guidata del villaggio, ritrovandomi tuttavia a promettere, davanti alla sua faccia delusa, che l’avrei accompagnata la volta successiva.

Era quasi impossibile dire di no a quella ragazza, quindi me l’ero cavata davvero con poco.

L’ultima lezione del pomeriggio, Trasfigurazione, la passai quasi in stato di trance, in attesa quasi morbosa del giorno di assoluto riposo che mi attendeva.

Appena la campanella suonò sospirai di sollievo, e quasi di corsa raccattai le mie cose dirigendomi verso l’uscita dell’aula.

Ero quasi fuori, quando fui costretta a voltarmi.

«Ehi ‘Mione, aspetta!»

Christian, di fianco ad un Tom Riddle piuttosto irritato, dopo aver dato una pacca sulla spalla all’amico si diresse tutto sorridente verso di me.

«Ciao, Christian, vuoi qualcosa?» gli chiesi impaziente.

Ero troppo stanca persino per poter anche solo tentare di essere educata.

Lui, invece di rispondere, mi circondò le spalle con un braccio costringendomi a camminare con lui avanti e indietro per tutta l’aula.

Ormai ero abituata a queste sue eccessive prese di confidenza, quindi aspettai solo che iniziasse a parlare.

«Sai, Lyra mi ha detto che forse ad Hogsmeade ci va con un tizio di Corvonero e quindi, adesso che sono libero dall’impegno che avevo preso con lei, volevo solo chiederti se ti andrebbe di venirci con me, al villaggio.»

Mi bloccai di scatto, e spalancai gli occhi oltre l’inverosimile.

Pensai di aver capito male, ma il suo sorriso era inequivocabile.

Cosa?

Cosa?!

Per qualche secondo la mia faccia dovette somigliare a quella dell’urlo di Munk.

Christian stava aspettando impaziente una mia risposta ma, a dirla tutta, io non sapevo proprio cosa dirgli!

Stavo quasi iniziando a farmi prendere dal panico, quando un’ancora di salvezza arrivò alle mie spalle con le sembianze di un bellissimo angelo nero.

«Spiacente Zabini, ma Evans è già impegnata per domani. Con me.»

Mi impietrii nel sentire quelle parole mentre, con la coda dell’occhio, vedevo Christian ghignare soddisfatto.

«Ah, davvero Tom?»

Lui rimase impassibile, mentre io continuavo a far saettare lo sguardo dall’uno all’altro, completamente sbalordita dalla piega incredibile che stava prendendo quella conversazione. E completamente assorta dalla mano di Riddle posata sulla mia spalla.

«Allora non vi dispiacerà unirvi a me, Lyra ed Hamish ai Tre Manici di Scopa, vero? Credo che, dopotutto, potrei anche chiedere a Cignus di venire con me ed unirmi ai due piccioncini. Ci si vede, ragazzi!»

Christian se ne andò così, fischiettando, e con le mani nelle tasche della divisa.

Guardandolo uscire dall’aula di Trasfigurazione, inevitabilmente i miei occhi si spostarono su Tom, notando che anche lui mi stava fissando.

Nelle nostre menti un unico pensiero: Merda!

 

2 Ottobre 1944, Dormitori femminili della Sala Comune di Serpeverde

 

«Sai, non  riesco ancora a credere che tu uscirai niente di meno che con Tom Riddle.» commentò Dorea per l’ennesima volta.

Alzai gli occhi al cielo.

«Christian ci ha incastrati.» borbottai infastidita.

«Lui non è mai uscito con nessuna. Forse gli piaci davvero.» continuò senza darmi retta.

«Guarda che siamo stati costretti entrambi!» replicai ancora.

«Diventerete la coppia d’oro di Hogwarts, questo è sicuro. Non vedo l’ora di vedervi al ballo di Natale!»

Dorea ormai era partita in quarta con la fantasia, ed io decisi di contrattaccare prima che si spingesse, sbagliando, troppo oltre. La guardai con un sorrisetto malizioso.

«Piuttosto, sono io a non vedere l’ora di vederti con Charlus. Non sei emozionata per il vostro primo appuntamento?»

Bastò quella semplice frase per ammutolirla. Finalmente.

In silenzio finimmo di prepararci, con abiti poco consoni ad un appuntamento tra l’altro, e allo scoccare delle dieci uscimmo insieme dalla Sala Comune, notando stupita che i nostri due cavalieri ci stavano aspettando entrambi davanti all’ingresso, litigando, come ci si aspettava da un serpeverde e un grifondoro tipici.

Dovetti ammetterlo, comunque: conoscendoli, già il fatto che non si fossero uccisi a vicenda e si limitassero solo a scontri verbali era un traguardo.

Non si erano ancora accorti di noi, quindi io e Dorea ci scambiammo un’occhiata prima di deciderci al silenzio e ascoltare il battibecco che stavano avendo.

«Sei ridicolo, Potter.» stava commentando Tom, appoggiato a braccia conserte al muro. «Tutto questo per una ragazza? Ma non hai un po’ d’orgoglio?»

«Sta’ zitto, Riddle!» lo rimbrottò Charlus «Non sono certo io che ho distrutto al mio passaggio tutte le armature del quarto piano per scaricare l’agitazione, quindi non puoi proprio parlare!»

Riddle si zittì a questo, voltando la testa di lato ed alzando gli occhi al cielo, ed io lo fissai curiosa, stupita da quella rivelazione.

Anche lui si era limitato ad indossare dei semplici jeans e una maglietta ma, a differenza mia, sembrava uscito da uno spot pubblicitario.

Guardandolo, mi irritai tantissimo, e decisi finalmente di dichiarare la mia presenza schiarendomi la voce.

A quel punto si ebbero due reazioni differenti: Tom mi fissò impassibile alzando semplicemente un sopracciglio, mentre Charlus, dopo avermi rivolto una breve occhiata, spalancò la bocca alla vista di Dorea e non si mosse più.

Dopo qualche secondo mi voltai anche io verso la mia amica, giusto per capire che strano incantesimo gli avesse fatto, ma quando incontrai gli occhi di Dorea e capii il motivo dello shock dello spavaldo Grifondoro mi accasciai miseramente a terra in preda ad una serie di risa convulse.

Da quel momento, non vidi e non sentii più nulla oltre quello.

Non mi accorsi nemmeno che Riddle mi aveva caricata sulle spalle a mò di uomo delle caverne e mi aveva trascinata fuori dal castello, sotto gli occhi allibiti di tutti gli studenti e con un ghignetto divertito in volto.

Fu solo quando sentii qualcosa schiaffeggiarmi il sedere che presi contatto con la realtà.

«Tom Orvoloson Riddle, che cavolo stai facendo!» sbraitai inviperita, cominciando a dimenarmi come una biscia.

I miei sforzi sembrarono vani però, e Tom Riddle continuò a trascinarmi senza allentare mai la sua presa su di me.

Quando decisi che il livello del mio imbarazzo era diventato eccessivo, in seguito alle occhiate maliziose e alle risatine di alcune quattordicenni tassorosso, Tom Riddle poteva ormai considerarsi un uomo morto.

Prima che potessi fare qualcosa, tuttavia, fu lui a mettermi giù su una sedia.

Allibita, mi guardai intorno, mentre lui si svestiva della sua giacca e si sedeva a sua volta.

Una ragazza molto bella di circa diciannove anni si avvicinò al nostro tavolo, chiedendoci cosa volessimo ordinare.

Aveva un’aria familiare, così come il posto in cui Riddle mi aveva portata.

«Una burrobirra con lo zenzero e una bottiglia di firewhisky, perfavore.» esclamò Tom con un sorriso affascinante, che ebbe il potere di incantare sia lei che le streghe sedute al tavolo di fianco al nostro.

Allungò alla cameriera anche dei soldi, che lei si affrettò a prendere prima di allontanarsi veloce verso il bancone.

Intorno a noi c’era una confusione assurda, talmente tanta che non riuscivo a sentire nemmeno i miei pensieri, però la voce di Tom Riddle la sentii forte e chiara quando, dopo avermi rivolto un sorriso talmente bello da poter essere considerato illegale, in un misto di malizia, arroganza, seccatura e divertimento, mi disse: «Benvenuta ai Tre Manici di Scopa.»

 

 

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Sono tornata! Mi scuso per il capitolo a metà così come per il lungo tempo trascorso dall’ultimo aggiornamento ma, dopo tanti sforzi, sono riuscita a concludere tutte le interrogazioni per il pagellino solo ieri per cui mi sono subito affrettata a scrivere il capitolo. Non l’ho ancora finito di scrivere ma non vedevo l’ora di postare! Come finirà l’uscita tra Tom e Mione??

Un bacio a tutti! Mary Evans


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Capitolo 7
*** Primi appuntamenti ***





2 Ottobre 1944. Hogsmeade.

«… e così le ho detto: prof, non sia ingiusta, dopotutto stavamo solo cercando di favorire l’interazione tra le case!» esclamò Christian Zabini, e tutti quelli intorno al suo tavolo iniziarono a ridere rumorosamente.

Era sempre così, aveva carisma quel ragazzo.

Certo, mai come Tom Riddle, ma il carisma è sempre carisma. Riusciva ad affascinare e intrattenere le persone anche con le cose più banali. Naturalmente, però, c’erano sempre le eccezioni, e queste eccezioni si chiamavano Tom Riddle ed Hermione Evans.

La gente intorno a loro si divertiva, eppure dalle loro espressioni non traspariva alcuna emozione se non puro e semplice tedio.

La cosa, d’altra parte, era anche ben motivata.

Erano stati costretti ad uscire insieme, quando entrambi avrebbero preferito di gran lunga fare altro, ma fin lì la cosa poteva anche essere sopportata… il vero guaio era il dover sopportare il resto del gruppo! Doveva essere una specie di appuntamento a sei in principio, ma da quando quelle ochette del fan club di Christian lo avevano avvistato, si erano autoinvitate al loro tavolo e non c’era più stata pace!

C’era anche qualche membro del fanclub di Tom Riddle ai Tre Manici di Scopa, ma appena quelle avevano accennato ad avvicinarsi lui le aveva gelate con uno sguardo talmente minaccioso da risultare quasi comico nel contesto.

Hermione aveva aggrottato le sopracciglia alla vista delle fan di Riddle: erano strane, inquietanti al punto da far rabbrividire chiunque al loro passaggio.

Si chiamavano Kara, Kelly e Kyra Kramp, sorelle gemelle smistate nella casa Tassorosso. Potenzialmente innocue dunque, eppure il loro aspetto tendeva a scoraggiare chiunque le guardasse da lontano, persino i loro compagni di casa.

Il primo colore che saltava all’occhio nell’osservarle era il nero: abiti neri, scarpe nere, capelli neri, smalto nero e trucco nero. Ad Hermione fecero tornare in mente un mito che aveva letto da bambina, quello delle tre Parche, fanciulle oscure che stabilivano il destino degli uomini… eppure subito dopo pensò di essere davvero fuori di testa. Dopotutto, quelle tre avevano solo quindici anni, quanto potevano essere pericolose?

Fu Cignus a rispondere alla sua domanda mostrandole, sotto lo sguardo indispettito di Tom, un ricordo di quando per caso era entrato nell’aula che il preside aveva riservato al loro “fanclub”, trovandole seminude nel bel mezzo di un orgia, con una gigantografia di Tom Riddle al centro della stanza circondata dalle fiamme, unica luce nell’oscurità di quella stanza.

Hermione era scoppiata a ridere senza ritegno, soprattutto dopo che Cignus le aveva confidato che, per evitare che quella scena gli si ripresentasse continuamente in sognp, aveva dovuto ricorrere ad una pozione rubata dalla dispensa dell’Infermeria…

Poi nella discussione era subentrato Christian, al quale non piaceva affatto di essere ignorato, Lyra ed Hamish se l’erano filata chissà dove a pomiciare, Cignus aveva avviato una fitta conversazione con una di Corvonero, e Tom ed Hermione si erano ritrovati incastrati ai Tre Manici di Scopa senza via d’uscita, con Christian che li bloccava ogni volta che accennavano anche solo ad alzarsi.

Hermione lanciò uno sguardo distratto al suo compagno di sventure, seduto immobile di fianco a lei: e pensare che stavano anche avendo una conversazione interessante, prima che arrivassero Christian, Cignus, Lyra ed Hamish!

Interpretando il suo desiderio di uscire al più presto da quella situazione, il suo sguardo venne catturato inevitabilmente dalla porta d’ingresso dei Tre Manici di Scopa attraverso il cui vetro vide passare Charlus e Dorea.

Un ghignetto malefico le deformò le labbra, e prima che la sua mente decidesse altro si era già alzata afferrando la giacca, costringendo uno stupito Riddle a fare altrettanto.

«Dove state andando?» la voce di Christian Zabini non tardò ad arrivare, ma questa volta Hermione era pronta.

Prese Tom sottobraccio, e si stampò in volto un sorrisetto tanto civettuolo quanto falso.

«Tom mi ha invitata a fare una passeggiata. Non ci sono problemi, vero?»

Il silenzio che seguì questa affermazione, insieme al sorrisetto di Christian, fecero supporre ad Hermione che finalmente era riuscita a crearsi una via d’uscita, quindi con un ultimo sorriso si mise a correre trascinandosi Tom, prima che si creassero altri impedimenti.

L’aria fredda li investì entrambi, dandogli quel po’ di quel sollievo che il pub, e i suoi occupanti, avevano tolto loro.

Prima che potessero rilassarsi troppo però, Hermione si mise a cercare tra la folla Charlus e Dorea, individuandoli poco lontano, seduti su una panchina.

Nella posizione che riuscì a conquistare trascinandosi dietro Riddle, poteva vederli e sentirli perfettamente senza che loro si accorgessero della loro presenza.

«… quindi mia madre iniziò ad urlare contro mio padre, e lui riuscì appena in tempo a lanciare un incantesimo per evitare di farmi cadere per terra! Lei ha sempre detto che è stato per tutti i suoi giochi pericolosi che sono diventato così incurante delle regole.» stava raccontando Charlus, e Dorea iniziò a ridere di gusto. Il loro appuntamento stava andando a gonfie vele, a quanto sembrava, ed Hermione non era stata mai così emozionata in vita sua.

Stava davvero andando in brodo di giuggiole nel vedere quella scena tanto romantica: Charlus imbarazzato, Dorea divertita, entrambi innamorati… e non sapevano nemmeno che in futuro, grazie alla loro unione, sarebbe nato prima un figlio e poi un nipote che avrebbero segnato la storia del mondo magico!

A mano a mano le risate si spensero e scese il silenzio.

Charlus iniziò ad avvicinarsi a Dorea, lei iniziò a chiudere gli occhi e…

«Tom Orvoloson Riddle, ma che cavolo fai!» mi ritrovai a sibilare al suo indirizzo.

Eh già, Tom Riddle aveva dato prova di un tatto che alla nostra serpeverde era mancato in quel frangente. Le aveva posto una mano sugli occhi e, dopo essersela caricata nuovamente in spalla, si era diretto verso i boschi lontano da Hogsmeade.

Quando rimise giù Hermione, però, non ebbe i riflessi pronti ed uno schiaffo lo centrò in pieno volto.

«Adesso basta! Si può sapere chi ti credi di essere, Tom Orvoloson Riddle? Non puoi prendermi e trascinarmi dove ti pare! Sei il più stupido, arrogante, presuntuoso imbecille che io abbia…» Hermione si bloccò a metà frase.

Tom, durante le sue urla, si era avvicinato maggiormente a lei. Adesso erano talmente vicini che lui riusciva persino a contarle le poche lentiggini sul volto.

Hermione boccheggiò, senza sapere bene cosa fare o dire, imbarazzata dall’improvvisa vicinanza, e le labbra di lui si curvarono leggermente.

«Si?»

Ma lei non parlava più, così fu Tom a prendere in mano la situazione.

«Sai, Hermione, potrei anche offendermi. Considerare Charlus Potter e Dorea Black più interessanti di me… è quasi un affronto.»

Hermione in quell’istante si sentì in trappola, smettendo persino di respirare. Si sentì solo una ragazza, vulnerabile, quando i suoi occhi incontrarono quelli di lui. Occhi di tempesta.

Tremò leggermente quando le labbra di Riddle sfiorarono le sue, ed inconsciamente i suoi occhi si chiusero.

Quel gesto fu preso quasi come un invito, e lui iniziò a baciarla sempre più voracemente.

Come se da questo dipendesse la sua vita, la sua intera esistenza.

La spinse contro il tronco di un albero facendo aderire perfettamente i loro corpi, senza lasciare nemmeno un centimetro a dividerli.

Voleva sentirla vicina, molto più di quanto lo fosse mai stata.

Aveva sempre desiderato, da quando l’aveva conosciuta, di mettere le mani nei suoi capelli, per verificare se erano davvero tanto morbidi come sembravano dall’esterno, annusarli, e questa volta lo fece.

Aveva sempre desiderato toccare il suo corpo, fin dal primo giorno di allenamento, soprattutto dopo l’episodio in Infermeria, e questa volta nulla glielo impedì.

Continuando a baciarla, fece scivolare le sue mani sotto la maglia di lei, gemendo quando la sentì allacciarsi alla sua vita con le gambe.

La sentì afferrarlo per la nuca per far aderire maggiormente i loro volti.

Alzando la maglia, accarezzandole il ventre, lui risalì con la mano fino al reggiseno di pizzo nero, quando il rumore di un ramo spezzato li fece bloccare entrambi e spalancare gli occhi.

Non era niente, era solo una volpe, ma ormai l’atmosfera era cambiata.

Hermione scostò Riddle da sé, e si rassettò velocemente i vestiti con occhi spalancati, come se non riuscisse ancora a capacitarsi di quanto successo.

«Io… scusami!» esclamò arretrando, prima di scappare veloce in direzione del castello.

Tom rimase ad osservarla allontanarsi senza fare niente, poi alzò lo sguardo al cielo scurito. Stava facendosi sera.

Era sempre stato convinto che di notte potessero capitare solo avvenimenti in grado di cambiarti la vita.

Era notte quando sua madre lo mise alla luce prima di spirare. Era notte quando fece la sua prima magia.

Era notte quando incontrò Hermione Evans.

Era notte quando litigarono per la prima volta.

Eppure, quella sera, mentre tornava verso la sua Sala Comune da solo, Tom Riddle non era per niente soddisfatto di quanto quel cambiamento avesse portato.

E quando questo succedeva, Hogwarts doveva essere pronta.

Perché quando Tom Riddle voleva qualcosa la otteneva, qualunque fossero le conseguenze.

 

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Lo so che vorreste linciarmi ma il quinto anno è una vera piaga… sto già iniziando a prepararmi per gli esami con la tesina e tutto il resto e non ho il tempo quasi di fare nulla con le altre interrogazioni! Coooomunque… fine dell’appuntamento tra Herm e Tom: secondo voi cosa succederà?

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Capitolo 8
*** Allenamento nella Foresta ***


3 Ottobre 1944. Hogwarts.

Tom Riddle camminava pensieroso per i corridoi di Hogwarts.

La sua ronda era iniziata da poco e già si era annoiato, tuttavia doveva mantenere la facciata di alunno modello per non  dare adito a sospetti scomodi, quindi non poteva marinare gli obblighi che la carica di caposcuola aveva portato.

Già bastava Silente con i suoi sguardi inquisitori a dargli fastidio senza che si aggiungesse qualcun altro.

Tom aveva avanzato l’ipotesi che Silente fosse onnisciente, una volta, durante il suo primo anno; prima di capire che quel vecchio volpone altro non faceva che leggere la mente e l’aura magica delle persone, ovviamente.

Con il tempo aveva imparato a farlo anche lui, e quest’arte si era rivelata molto utile per capire se vi fosse qualcun altro in un certo luogo… durante le ronde, comunque, era utilissima: risparmiava un’infinità di tempo.

Aveva anche imparato a distinguere le aure magiche delle persone, e adesso riusciva a capire senza problemi chi fosse chi semplicemente da quelle. Fu grazie a questo trucchetto che percepì l’aura di Abraxas Malfoy avvicinarsi pericolosamente al luogo dove si erano appartati Christian e la Mcgranitt.

Nel suo ruolo di prefetto avrebbe potuto benissimo scoprirli e metterli entrambi nei guai, e questo non poteva permetterlo.

Maledì il fato per avergli appioppato un migliore amico tanto irresponsabile, e fece una corsa per arrivare davanti l’aula incriminata prima di Malfoy,  riuscendoci per fortuna con un anticipo di cinque secondi.

Tom si ricompose velocemente, e quando Abraxas arrivò lo vide fargli un cenno del capo.

«Ho già controllato io questo corridoio, Malfoy, puoi tornare nella tua Sala Comune.» lo informò Riddle, dopo aver ricambiato il cenno del capo.

Abraxas sembrò esitare per un momento.

«Non era compito tuo, Tom. Come mai ti sei disturbato così tanto?» domandò sospettoso, avvicinandosi pericolosamente alla porta dell’aula.

Tom lo gelò sul posto.

«Quel che faccio o meno non è affar tuo, Abraxas. Ti ho già detto di ritornare nella tua Sala Comune. In quanto prefetto hai l’obbligo di ubbidire agli ordini dei caposcuola, sbaglio?» disse canzonandolo e avvicinandosi pericolosamente a lui.

«O forse hai bisogno di ricordare chi comanda, qui?»

Tom disse sibilando quelle parole, e anche se per qualche secondo Abraxas sembrò voler metter mano alla bacchetta, alla fine desistette e si allontanò con una smorfia infastidita, diretto verso la Sala Comune dei Serpeverde.

Tom sospirò. Questa volta se l’era cavato senza dover stregare nessuno, era stato fortunato.

Gettò un ultimo sguardo irritato a quell’aula che costudiva un segreto decisamente più grande di lei, prima di dirigersi a sua volta verso i sotterranei.

Per quanto volesse bene al suo migliore amico, non ci teneva affatto a diventare il guardiano della sua alcova… per quella sera aveva fatto abbastanza. Meglio concentrarsi sul prossimo incontro privato con una certa Serpeverde... era decisamente un pensiero più piacevole!


12 Ottobre 1944. Foresta Proibita.

Circondata dagli alberi della foresta proibita, mi resi conto che in quel momento erano molte le cose che avrebbero potuto spaventarmi, tuttavia non vi feci affatto caso.

Camminavo sicura al fianco di Tom Riddle quasi fossi la sua ombra.

Mi abbassai ancora di più il cappuccio del mantello nero che avevo indosso, senza avere il coraggio di rivolgere anche solo uno sguardo al mio accompagnatore.

Ancora non riuscivo a credere che stavo per prendere parte alla mia prima riunione di mangiamorte… Io, la Grifondoro per eccellenza!

Mi scappò un ghigno che non aveva niente a che fare con il modo in cui avevo raggiunto quel traguardo, o alle reazioni che avrei potuto scatenare nel mio tempo, perchè vedere Tom Riddle sconfitto da un mio schiantesimo era stato dannatamente appagante, inutile negarlo.

Incespicai varie volte ma non osai mai lamentarmi, sapendo che non sarebbe servito a nulla in ogni caso.

Camminammo fino ad una radura, e lì non potei credere ai miei occhi. L’oscurità che mi aveva avvolta fino a quel momento era completamente scomparsa, sostituita da uno spiazzo finemente illuminato da una ventina di fiaccole che emanavano una luce molto intensa, probabilmente dovuta ad un incantesimo.

Ma ancor maggiore fu la sorpresa nel vedere molte più persone di quelle che mi ero immaginata. Erano una ventina, calcolai, e tutti con indosso mantelli che ne oscuravano l’identità.

Iniziai a trattenere il fiato, d’improvviso molto meno sicura di me stessa.

“Stai zitta, lascia parlare me. E calmati Porco Merlino! Non puoi mostrarti debole altrimenti gli altri ti sbraneranno come cani! Coraggio, Evans. Occlumanzia.”

Mi scappò un ringhio.

Già. Tom Riddle mi aveva appena parlato mentalmente (cosa che stava diventando quasi un’abitudine) varcando per l’ennesima volta le mie barriere da occlumante.

Era davvero un bizzarro scherzo del destino che l’unica persona che probabilmente non sarebbe mai dovuta venire a conoscenza di quello che sapevo, fosse anche l’unica ad essere in grado di scoprirlo senza grossi problemi.

Alla vista di Riddle, il chiacchiericcio che c’era stato fino a quel momento si interruppe di colpo e tutti si disposero ordinatamente davanti a lui. Io avanzai in silenzio al suo fianco, cosciente di essere squadrata dalla gran parte di loro, anche se non potevano vedere ancora il mio volto.

Mi fermai quando Tom mi disse di farlo, e lo vidi fare qualche passo prima di rivolgersi agli altri. Non era su un piedistallo, eppure non avrebbe potuto ottenere tanta attenzione nemmeno se avesse avuto un microfono in mano.

«Benvenuti, mangiamorte.» esordì «Come potete vedere, stasera ho qui con me un nuovo membro che entrerà a far parte della nostra cerchia: Hermione Evans.»

Appena disse il mio nome feci scivolare il cappuccio che mi copriva il volto e fissai tutti con espressione impassibile, o quanto meno non spaventata.

La mia vista non aveva scatenato, come invece mi ero aspettata, un brusio di sottofondo, ma Riddle rimase soddisfatto da tale reazione. Probabilmente gli studenti di Hogwarts dovevano essersi abituati alla mia presenza al suo fianco abbastanza da non sorprendersene più.

«Quindi adesso scoprite i vostri volti e datele il benvenuto: la riunione è aper...»

«Sei sicuro che è all’altezza per entrare nei mangiamorte?» lo interruppe una voce in mezzo del gruppo. Anche se non vedevo il volto di chi le apparteneva, l’avrei riconosciuta fra mille la voce di Abraxas Malfoy.  

Lanciai uno sguardo verso Riddle e vidi che si era leggermente irritato. Trattenni un sorrisetto. Abraxas era stato davvero un idiota ad interromperlo… chiunque lo conoscesse un minimo sapeva quanto detestasse essere interrotto, ma d’altronde lui era un Malfoy, l’idiozia era ereditaria.

Anche gli altri mangiamorte si erano irrigiditi, ma Abraxas sembrò non farci caso avanzando con passo baldanzoso per poi fermarsi proprio davanti a Tom, che già emanava una pericolosa aura oscura.

«Stai forse mettendo in dubbio il mio giudizio, Malfoy?» sibilò Riddle, e Abraxas questa volta tentennò.

«No, ma…»

«L’hai vista duellare, dovrebbe essere sufficiente per toglierti ogni dubbio riguardo la sua competenza.»

«E invece no.» replicò seccamente Malfoy «Gli incantesimi che ha usato li abbiamo imparati noi due anni fa. Il suo livello è troppo basso, lei è troppo debole! Il duello fra voi due si è concluso in parità solo perché ti sei lasciato distrarre dal suo bel faccino!»

Inconsciamente trattenni il respiro, notando poi che non fui l’unica ad avere avuto tale reazione.

Malfoy sarebbe andato incontro ad una morte lenta e dolorosa se non si fosse zittito all’istante.

«Che cosa stai insinuando?»

Ok. Se volevo evitare un duello, o peggio, sarei dovuta intervenire subito.

«Cambieresti idea se combattessi contro di te e vincessi?» esclamai ad alta voce. Gli sguardi di tutti, che prima era puntati sul duo senza sapere bene da che parte schierarsi, vennero indirizzati sulla mia figura. Anche Riddle e Malfoy mi fissarono, il primo con sguardo contrariato perché avevo disubbidito al suo ordine di silenzio e il secondo con un ghigno divertito.

«Ma certo, mademoiselle. Se riuscirai a sconfiggermi in un duello, avrai la mia approvazione per il tuo ingresso fra i mangiamorte.»

«Non me ne faccio niente solo della tua approvazione.» lo interruppi sprezzante, rivolgendomi poi anche agli altri presenti.

«Voglio l’approvazione di tutti. In futuro non vorrei sentire altre rimostranze quindi si risolve tutto ora. Sono pronta anche a battermi in duello con ognuno di voi, quindi parlate adesso se avete ancora da ridire qualcosa.»

Aspettai il tempo che ritenni sufficiente, ma nessuno si fece avanti. A quel punto ghignai da vera Serpeverde rivolgendomi nuovamente a Malfoy.

«E così, caro Abraxas, a quanto sembra ce la vedremo solo io e te...»

«Non mi fai paura, ragazzina. Ecco le regole: se vinco io, ti lascerai obliviare e perderai per sempre il diritto di entrare fra i mangiamorte. Se vinci tu, verrai accettata nel gruppo senza ripercussioni. Nel duello, invece, non ci sono regole. Ci stai?» Lo vidi allungare la mano verso di me e, pur sapendo che sarebbe stato rischioso, capii di non avere scelta.

«Ci sto.»

La mia dichiarazione scatenò un boato tra i mangiamorte, ma io non vi feci caso. La mia attenzione era tutta per Tom Riddle. Forse avevo osato troppo, avevo paura della sua reazione, ma lui esibiva uno sguardo soddisfatto come se mi fossi comportata esattamente come si aspettava. Sapeva che ero in grado di battere Malfoy (dopotutto mi aveva allenata lui stesso), ma la verità era che io non avevo tutta la sua sicurezza: io non conoscevo il modo di combattere del mio avversario e lui non conosceva il mio. Era un duello alla pari, almeno finchè non si fossero svelate le carte in tavola.

Comunque, adesso era troppo tardi per avere ripensamenti, e prima di rendermene conto i mangiamorte si erano disposti ai lati della radura lasciando un ampio spazio libero al centro. Solo Tom Riddle si era posizionato più vicino, precisamente alle mie spalle.

Sapevo che non avrei dovuto nemmeno pensarlo, ma mi sentii più tranquilla nel saperlo dietro di me, nonostante sapessi benissimo che quello sarebbe stato il mio battesimo del fuoco, e che quindi lui non sarebbe potuto intervenire in nessun caso.

Avrei dovuto cavarmela da sola.

«Bacchette in posizione.» esclamò Riddle, ed io e Malfoy eseguimmo l’ordine.

«Al mio 3. 1, 2…»

«Everte Statim!»

Evitai per un pelo la maledizione. Guardai furiosa il mio avversario tra le risatine degli altri e il suo sorrisetto ironico. Riddle era impassibile. Che bastardo!  Pensai furiosa, e non sapevo se riferimi a Malfoy o a Riddle stesso che, volente o nolente, era stato la causa di tutto. Poi però mi ricordai che in quel duello non c’erano regole, ed iniziai mio malgrado a ragionare come una mangiamorte.

Da quel momento in poi, lo scontro si fece maledettamente eccitante, ed avere un pubblico non fece altro che accrescere la mia euforia. Quando Malfoy perse la bacchetta poi, anche io riposi la mia nella tasca del mantello, e il duello si tramutò in uno scontro di lotta bruta tra gli schiamazzi di tutti e il sorriso divertito di Tom.

Il finale a quel punto risultò quasi un clichè perché, come il suo pronipote prima (o dopo?) di lui, Abraxas Malfoy venne steso da un pugno di Hermione Grang-, pardon, Evans decretando così la fine dello scontro, sotto gli occhi orgogliosi di Voldemort e le odi da parte degli altri mangiamorte.

 

Allenarsi con Nathaniel Rosier non si stava rivelando tanto male.

Era un ragazzo carino, Nath, come mi aveva chiesto di chiamarlo.

Aveva profondi occhi azzurri e capelli tendenti al biondo miele… nel complesso era molto affascinante, e anche simpatico, come avevo potuto appurare nelle due ore in cui Riddle ci aveva divisi in coppie per esercitarci su incantesimi nuovi.

Era divertente stare in sua compagnia, e quando avevamo improvvisato un duello e lo avevo battuto aveva incassato la sconfitta con sorprende tranquillità.

In realtà ci avevamo pure riso sopra, dopo!

Quando Riddle ci congedò, mi trattenni più a lungo del necessario con Nath, sia perché mi faceva piacere conversare con lui, sia perché volevo dare fastidio a Tom.

Il mio piano funzionò, come potei notare dal suo contrarre le labbra in modo quasi comico, e ci presi gusto al punto di acconsentire alla richiesta di Nath di accompagnarmi in dormitorio. Lui era di Corvonero, per cui apprezzai veramente quel gesto galante.

Giunti quasi vicino la parete di marmo bianco decisi che era venuto il momento di salutarlo, però stranamente quando cercai di baciarlo su entrambe le guance lui si ritrasse.

Lo guardai stranita, lui non mi sembrava un tipo così poco espansivo, eppure in quel momento aveva l’aria a dir poco terrorizzata.

«Bè… allora ci vediamo domani Herm… ci incontriamo in biblioteca come d’accordo… buona notte…»

Se ne scappò via senza che io avessi nemmeno il tempo di augurargliela a mia volta.

Bah, i maschi!

Avanzai a passo felpato fino alla Sala Comune (dopotutto erano le due di notte), e mi immisi nel corridoio che mi avrebbe condotta alla mia stanza. Prima che potessi entrarvici, però, venni bloccata al muro da qualcuno con una forza tale che nemmeno tutti gli allenamenti con Riddle mi aiutarono a respingerlo.

Prima che avessi il tempo di urlare, l’aggressore parlò.

«Cosa diavolo credevi di fare?» le sibilò la voce di Tom Riddle ad un palmo dalla mia faccia.

Nonostante sapessi che lo avrebbe fatto irritare, misi su un sorrisetto arrogante.

«A cosa ti riferisci di preciso? Al fatto che abbia appena sconfitto a duello uno dei tuoi mangiamorte o che mi sia dimostrata all’altezza delle tue aspettative?»

La presa sulle mie braccia si strinse e a stento trattenni un gemito di dolore.

«Non osare mai più avvicinarti a Nathaniel Rosier.»

Lo guardai con occhi spalancati senza credere davvero che avesse detto una cosa del genere. Ma chi si credeva di essere, il mio padrone?

«Stammi bene a sentire, Tom Orvoloson Riddle, perché non mi ripeterò: tu non hai alcun diritto su di me. Io sono la mia propria padrona, e faresti bene a ricordartelo. Anche se ho acconsentito a continuare gli allenamenti, e nonostante sia entrata a far parte dei mangiamorte, dopo quella cosa, non vuol dire assolutamente niente! Quindi evita di comportarti come un fidanzatino geloso, perché non sei il mio fidanzato e non lo sarai mai. Quindi farai meglio ad abituarti nel vedermi con altri ragazzi d’ora in poi, perché non ho alcuna intenzione di assistere ad altre scene come quelle di oggi. Sei avvisato. Dammi ancora fastidio in tal senso, e ti stacco le palle. Ci vediamo domani.»

Riddle non mi fermò questa volta, ed io entrai furibonda nella mia stanza buttandomi sul letto.

Come osava azzardare atteggiamenti del genere dopo quello che mi aveva detto? Con chi cazzo credeva di avere a che fare quell’idiota?

 

Flashback

«Dobbiamo parlare di quello che è successo ad Hogsmeade, Evans.» mi disse Tom dopo un allenamento.

Io non avevo alcuna intenzione di affrontare il discorso.

«Non credo ci sia nulla di cui parlare.» replicai seccamente.

«Ah, davvero?» il suo tono ironico era perfettamente percepibile anche se non lo guardavo in faccia. «Io non sono d’accordo, quindi adesso starai zitta e buona e mi farai parlare.»

Mio malgrado incrociai le braccia al petto e mi fermai ad ascoltarlo. Lui si avvicinò maggiormente a me ed io lo lasciai fare.

«Fra noi due c’è un’incredibile attrazione sessuale, inutile negarlo…» iniziò col dire Riddle, ma io spalancai gli occhi e mi allontanai di scatto da lui.

Attrazione sessuale? Di che cavolo stava parlando?

«Non sarò la tua ragazza, Riddle, meglio metterlo in chiaro questo.» dissi subito, sconvolta dalla piega che stava prendendo quella conversazione.

«Non era mia intenzione chiedertelo.» replicò Tom «Ma la mia concentrazione ne sta risentendo a causa di questa cosa e non mi piace affatto. Secondo Christian, la situazione dovrebbe migliorare se, ehm, diamo sfogo a questa passione, quindi è questo che ti sto proponendo.»

Battei più volte le palpebre, ancora non sicura se quello che stavo vivendo fosse la realtà o un sogno. O addirittura un incubo, se proprio si voleva essere precisi.

Tom Orvoloson Riddle mi aveva davvero chiesto di fare sesso con lui senza coinvolgimenti emotivi?

Mi obbligai a restare calma, e decisi di chiarire a voce i miei pensieri prima di schiantarlo. Perché lo avrei fatto davvero, se continuava a parlare in quel modo.

«Quindi quello che tu mi stai chiedendo è di fare sesso con te per poi salutarci come se nulla fosse successo, vero? Nella speranza che i tuoi pensieri, in seguito, ritornino tuoi, e tuoi soltanto?» scandii le parole lentamente, cercando di trattenere la rabbia che fuoriusciva da ogni sillaba.

Tom Riddle, incurante del pericolo cui stava andando incontro, annuì impassibile, avendo persino il coraggio di sorridermi compiaciuto per la mia comprensione.

Io sorrisi a mia volta.

«Ma con chi cazzo credi di avere a che fare, ragazzino? Con la tua puttana personale? Non avvicinarti mai più a me o quanto è vero che mi chiamo Hermione Evans ti farò spuntare tre teste in più così forse lo imparerei ad usare, il cervello, invece di sparare solo stronzate!»

Feci per andarmene ma lui mi bloccò per un braccio.

«Hermio…»

«Sono solo Evans per te, Riddle! Stupeficium!»

Vedere il suo corpo privo di sensi sbattuto contro la parete opposta mi trasmise una soddisfazione incredibile.

Non provai il benchè minimo rimorso nel lasciarlo lì per terra, eppure, senza riuscire a spiegarmene il motivo, mi catapultai nella mia stanza del dormitorio e scoppiai a piangere.

Il giorno dopo, tuttavia, mi ero perfettamente ripresa. Non fui sorpresa nemmeno dalla lettera che trovai quella sera stessa sul mio letto.

 
Mi hai sconfitto. Il 12 ottobre avverrà la tua prima riunione come mangiamorte. Ti aspetto fuori la nostra Sala Comune alle 11. Sii puntuale.   

                     T.

Ps. Scusami.
 

Quelle scuse mi avevano sorpresa, ovviamente, ma questo non avrebbe cambiato lo stato delle cose. Tom Riddle era, e sarebbe sempre stato, un fottutissimo stronzo, e questo sarebbe bastato per tenermi lontana da lui.

 

Fine Flashback

 
E ora si permetteva anche di darmi degli ordini, volendo decidere chi dovevo frequentare e chi no! Tom Riddle non aveva proprio idea di chi aveva davanti, ma presto l’avrebbe scoperto. E nel modo peggiore. Parola di Hermione Evans.

 
4 Settembre 1998. Hogwarts.

«Credi che funzionerà, Albus?» sussurrò Minerva McGranitt al ritratto del vecchio preside. Albus Silente sospirò.

«Possiamo solo sperare, Minerva. Miss Granger è intelligente e astuta, ma credo che un po’ d’aiuto non possa farle male da chi conosce tutta la storia. Fanny è un animale per cui il tempo non esiste, è a conoscenza del passato e del futuro di tutti noi. È una fenice saggia, riuscirà a proteggere Hermione, ne sono sicuro, ma credo che adesso tu debba andare: Severus sta arrivando.»

Silente vide la McGranitt borbottare e sorrise. Non le andava proprio a genio che Piton fosse diventato preside, né che i Carrow, fratello e sorella, avessero preso il controllo di Hogwarts.

La sua scuola era cambiata, e Silente sperò solo che i suoi studenti non ne risentissero troppo. Il tempo della rivolta era arrivato, il regime di Voldemort stava per cadere, e adesso non dovevano fare altro che aspettare che le profezie si avverassero entrambe. Sì, perché le profezie di Sibilla Cooman aveva pronunciato erano due, e se la prima riguardava certamente Harry, la seconda solo in quel momento Albus capì che era riferita ad Hermionie.

Quando Minerva uscì dall’ufficio del preside, Albus Silente sorrise nuovamente.

Solo l’amore avrebbe potuto cambiare le sorti del mondo magico. 

Lo aveva sempre saputo.

 
4 settembre 1998. Grimmuld Place numero 12.

Harry Potter e Ron Weasley erano partiti alla ricerca degli Horcrux perché andava fatto, ma senza Hermione, il cervello del trio. Già, perché la grifoncina era stata catapultata da qualche parte nel passato e loro non sapevano come aiutarla.

Avrebbe dovuto cavarsela da sola, così come loro.

Aiutati dall’elfo Kreacher, che si era affezionato incredibilmente ad Harry dopo che lui gli aveva regalato il falso medaglione di Regulus Black, e da Dobby, loro amico da anni, erano riusciti a carpire da Mundungus Fletcher le informazioni riguardo l’ubicazione del vero medaglione di Serpeverde. Sfortuna volle che fosse nelle mani di una certa Dolores Umbridge, una loro vecchia conoscenza, ma il duo aveva a disposizione, in mancanza del brillante cervello di Hermione, quello di quei due elfi domestici particolarmente intelligenti, che riservarono loro notevoli sorprese.

Fu così che vennero a conoscenza di alcuni fra i cimeli più importanti dei Black, quelli inventati da Alphard Black in persona. Li avevano trovati in una stanza segreta nella camera di Sirius ed era stato Kreacher a mostrarglieli.

Sirius era sempre stato il nipote preferito, e per questo le invenzioni dello zio erano state lasciate a lui che le aveva nascoste in modo da non farle distruggere da quella pazzoide della madre, dopo essere scappato di casa.

Tra quei cimeli vi era un aggeggio simile al deluminatore di Silente che permetteva di ottenere una disillusione completa del corpo. Poi c’erano anche molte scorte di pozione polisucco, e furono questi elementi a dare ad Harry un’idea: si sarebbero infiltrati nel Ministero della Magia assumendo con la polisucco l’aspetto di due impiegati, avrebbero preso il medaglione e se ne sarebbero andati via.

La disillusione sarebbe stato il piano d’emergenza nel caso qualcosa fosse andato storto, perché non erano abbastanza abili nell’incanto di disillusione e quindi quell’aggeggio era essenziale.

Gli Horcrux andavano trovati, con o senza Hermione, perché il destino del mondo magico dipendeva da loro, anche se ne avrebbero volentieri fatto a meno.

 
12 Ottobre 1944. Notte fonda nel Dormitorio femminile di Serpeverde.

Il sonno di Hermione Evans venne interrotto da una melodia armoniosa, come il canto di una fenice. In sogno le apparve Fanny, in un luogo circondato da fiamme, che grazie alle illustrazioni presenti nei libri che aveva letto potè riconoscere come la terra delle fenici.

La vide davanti a lei, bella e maestosa come era sempre stata.

«Ciao, Hermione.» le disse Fanny, con voce quasi arcana.

Hermione non riusciva ancora a credere di vedere finalmente qualcuno di familiare.

«F-fanny?» sussurrò piano. L’ultima volta che l’aveva vista era stato al funerale di Silente…

«Sì, sono proprio io. Il ritratto di Albus mi ha chiesto di raggiungerti, visto che, in quanto animale senza tempo, sono l’unica a poterlo fare.»

«Non credo di essere in pericolo, Fanny, almeno non nell’immediato futuro, quindi non riesco ancora a capire il motivo della tua presenza, anche se il poter parlare liberamente con qualcuno mi tranquillizza non poco… immagino saprai del mio piano, quello di infiltrarmi nelle schiere di Voldemort per sconfiggerlo dall’interno, ma la verità è che le cose mi stanno sfuggendo di mano. Tom Riddle non è propriamente come me l’ero immaginato, non è ancora Lord Voldemort, ed io mi sto lasciando coinvolgere dagli eventi, più di quanto mi sarei mai aspettata…»

La fenice trillò, simulando una risata.

«Le cose non vanno mai come ce lo aspettiamo, Hermione, dovresti saperlo… comunque io credo che fino ad adesso tu abbia fatto un ottimo lavoro. Non tutti sarebbero stati in grado di cavarsela egregiamente come stai facendo tu.»

Hermione non ne era tanto sicura, ma preferì non ribattere.

«Fanny, posso farti una domanda?» domandò incerta.

«Certo, anche se non ne assicuro la risposta.»

Enigmatica come il suo padrone, ecco com’era Fanny.

«Ho letto su un libro che le fenici conoscono il passato e il futuro di tutti gli uomini… questo mio viaggio nel tempo era già stato programmato, vero?»

«Certamente.»

«Quindi tu sai anche cosa mi succederà, vero?»

«È ovvio, ma non posso dirti nulla mi spiace. La conoscenza del futuro ha fatto impazzire anche i maghi più saggi, perché conoscerlo non ci dà anche le capacità per modificarlo.

È meglio restare nell’ignoranza finchè gli eventi non si manifesteranno, perché non conoscerli ci permette di vivere appieno ogni attimo delle nostre vite. Adesso però devo andare… purtroppo il mio tempo sta per finire, tu stai per svegliarti, ma ricorda che se mai ti dovesse servire il mio aiuto non dovrai fare altro che chiamarmi ad alta voce ed io comparirò. Al prossimo incontro, Hermione.»

«Heeeeerm! Alzati che dobbiamo scendere in Sala Grande per la colazione!» urlò Dorea Black svegliando l’amica dal suo sonno profondo. Hermione la sentì blaterare qualcosa riguardo un certo tema di Artimanzia che non aveva ancora ultimato, e sorrise al pensiero che nell’ultimo mese questi bruschi risvegli erano diventati quasi una routine.

Poi le ritornò in mente Riddle ed il suo sorriso si incrinò, senza però spegnersi del tutto.

Adesso che aveva qualcuno a cui non dover mentire in continuazione, aveva un buon motivo per sorridere.

 

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Ciao a tutti, gente! Lo so che vi ho fatti penare con questi mesi di attesa, ma l’esame di stato è pur sempre l’esame di stato… sono orgogliosa di dirvi, tuttavia, che tutto quel tempo sprecato appresso ai libri non è stato del tutto sprecato visto che, a mio parere soprattutto grazie alla mia tesina su Sherlock Holmes, ho preso un voto di 80 su 100! Adesso che ho finito tutto e sono finalmente diplomata non potevo non aggiornare, quindi basta parlare di me e torniamo alla storia…

Che birichino il nostro Tom, vero? Però un po’ si sapeva che odiando la maggior parte delle cose in relazione a quelli che comunemente si chiamano sentimenti, e non avendo alcuna esperienza con le ragazze, se ne sarebbe uscito con una stupidaggine da linciaggio, ma con Christian Zabini come consigliere, il gigolò per eccellenza, cos’altro potevate aspettarvi?

E la nostra ‘Mione di sentimenti ne ha fin troppi, e ci sta prendendo gusto a stare nel passato… nei prossimi capitoli le darò un po’ di tregua a vantaggio della coppia Charlus-Dorea, ma mi concentrerò anche su Zabini e sul motivo per cui non è un mangiamorte, quindi tranquilli non ci saranno capitoli eccessivamente mielosi, perchè francamente non riuscirei io stessa a sopportare di scriverne di questo genere...

Beh, l’ingresso di Fanny deve avervi stupiti, immagino, ma Hermione ultimamente è troppo trasportata dagli ormoni e sta perdendo di vista il suo reale obbiettivo… ma, alla fine, qual è il vero obbiettivo di Hermione? È cambiato dall’inizio della storia, così come è cambiata lei, quindi ci voleva qualcuno che la riportasse sulla retta via, sempre che lei capisca quale sia e dove porti.

La trovata delle invenzioni di Alphard Black mi è venuta quasi per caso, ma d’altro canto Harry e Ron dovevano pur continuare con i loro progetti per liberare il mondo dalla minaccia di Voldemort, con o senza Hermione, e quindi quella dei due elfi a sostituirla mi è sembrata un’idea carina.

Va bene, ora la smetto di blaterare, e spero di non avervi delusi dopo tanta attesa con questo capitolo! 

Ci vediamo al prossimo aggiornamento (che sarà a più breve scadenza rispetto a quest’ultimo), un abbraccio, Mary Evans.

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Capitolo 9
*** I Ricordi di Dorea Black ***


3 Ottobre 1944. Aula di Artimanzia.

Dorea Black non aveva scampo, e questo lo sapeva.

Lyra ed Hermione avrebbero voluto sapere ogni singolo dettaglio, e sapeva anche questo.

Ma saperlo, ovviamente, non comportava l’essere pronta a raccontare  ad entrambe cosa fosse successo con Charlus durante quell’uscita ad Hogsmeade.

Sorrise, pensando a lui. Non riusciva ancora a credere quel ragazzo per cui aveva avuto una cotta per più di due anni (anche se non lo avrebbe ammesso neppure a se stessa) fosse finalmente diventato il suo ragazzo.

Avevano passato uno splendido primo appuntamento, ma non sapeva se era ancora pronta a rivelarlo agli altri. 

Era per questo che aveva chiesto anche a Charlus di mantenere il segreto.

Tuttavia sapeva di non avere scampo, e almeno a Lyra ed Hermione doveva dire la verità.

Artimanzia era una delle poche lezioni che le tre condividevano e, poiché era anche la prima in comune, la Black si era già preparata all’assalto da parte delle due Serpeverdi.

Iniziò appena le due entrarono in aula. Il tempo di un incanto che Hermione diceva avrebbe impedito agli altri di origliare, e Dorea venne messa alle strette.

«Vogliamo sapere ogni singolo dettaglio!» esclamarono in coro Lyra e Mione che, avvicinandosi alla rossa, si sorrisero complici.

Rassegnatasi, appena la professoressa Vector iniziò la sua lezione sulle sequenze logaritmiche, Dorea cominciò a parlare.

O, almeno, tentò.

«Allora? Com’è stato?» chiese impaziente Lyra. «Lo avete fatto di nuovo?»

«Lo hai spaventato ancora con quello scherzo dei tentacoli dagli occhi?» la rimbrottò invece Hermione.

Le due ragazze assillarono la Black al punto che lei fu costretta a raccontare del suo appuntamento a monosillabi per rispondere alle loro domande, e il risultato fu un discorso piuttosto confuso.

«No! È ovvio che non lo abbiamo fatto… Potter è un idiota… e poi no, non ho ricorso ancora a quello scherzetto da metamorfomagus… anche se Charlus era così dolce con quell’espressione… è stato davvero carino… e sì, adesso stiamo insieme, anche se di nascosto, quindi non ditelo a nessuno mi raccomando!»

Le due serpeverde non riuscivano a fare a meno di sorridere, tanto che alla fine persino Dorea venne trascinata dal loro entusiasmo.

Era bello, sentirsi felici. E la felicità che provava in quel momento Dorea Black era immensa, quasi uguale a quella di quando aveva fatto l’amore con Charlus l’anno precedente.

La sua prima volta.

Le venne da sorridere ripensandoci. Dopo tutti i capelli bianchi che le aveva fatto spuntare (letteralmente) Charlus Potter era riuscito a vincere il torneo Tremaghi, e oltre la coppa aveva vinto anche il suo cuore.

 

Flashback

Charlus Potter era stato appena dichiarato campione del torneo Tremaghi e la coppa gli era stata consegnata dal ministro in persona, ma lui si sentiva a disagio nel completo da sera che era stato costretto ad indossare, così come in quella cravatta nera così diversa da quella rosso-oro che indossava tutti i giorni, ma l’occasione richiedeva un certo abbigliamento e lui aveva dovuto acconsentire alle richieste del preside Dippet.

Al suo braccio vi era attaccata una bionda di Beauxbatons di cui non ricordava nemmeno il nome, e tutti lo osannavano, ma ostinato lui continuava a scrutare tra la folla sperando di vedere tra quella massa di studenti anche la sua inconfondibile testa rossa.

Avevano scommesso, come tante volte capitava loro di fare, e lui aveva vinto. Era raro che capitasse, ma era successo.

E adesso lui voleva assolutamente riscuotere il suo premio.

La vide seduta lontano parlare con Lyra Nott, e con un ghigno le raggiunse velocemente prima che lei potesse scappare.

Alla vista del cercatore, Lyra si dileguò all'istante (subito incenerita da un’occhiata da vera Black), mentre Dorea si irrigidì evitando il suo sguardo.

Era stata impulsiva nel fare quella scommessa, e adesso doveva pagarne le conseguenze.

Si pentì quando incontrò gli occhi nocciola del suo campione, perché guardandoli si perse in essi non riuscendo nemmeno ad iniziare il discorso che si era preparata sul fatto che quel bacio fra di loro non avrebbe cambiato assolutamente nulla.

Charlus sorrise leggermente davanti alla sua espressione, e in quel momento fu come se nella stanza gremita esistessero solo loro due.

La prese per mano, e lei si lasciò condurre inerme fino al settimo piano dove si fermarono davanti ad una parete sulla quale poco dopo comparì una porta con ricami in oro.

Sapevano entrambi cos’era quindi vi entrarono senza dirsi una parola, tuttavia la stanza che si presentò a loro ebbe il potere di fare arrossire anche il grande Casanova grifondoro.

Era una stanza rossa e argento, un tributo alle loro case, illuminata solo da luci soffuse e nella quale era presente solo un letto a baldacchino con lenzuola bianche.

L’atmosfera era molto romantica e sensuale, al punto che la rossa serpeverde trovò il coraggio di guardare inviperita il suo accompagnatore.

«Cosa diamine credi di fare?» gli domandò alterata, ma la rabbia scemò quando il grifondoro le si avvicinò con il tipico sorriso del gatto che sa di avere il topo in trappola costringendola ad abbassare lo sguardo.

«Voglio solo riscuotere il mio premio, Dorea.» sussurrò ad un palmo dal suo volto calcando volutamente il nome della ragazza, prima di baciarla.

Fu un bacio lieve, all’inizio, quasi a chiederle il permesso, ma ben presto fu chiaro che quel bacio non sarebbe bastato ad entrambi.

Fu lei ad approfondirlo, in balia di emozioni che credeva non avrebbe mai provato.

La bocca di Charlus, e le sue mani, sembravano ovunque. E ben presto i vestiti divennero un fastidio.

Prima di perdere totalmente il controllo, tuttavia, e anche se la sua mano era già sul punto di sfilarle gli slip, lui la guardò incerto.

«Sei sicura?» le chiese, e Dorea sorrise, perchè quel ragazzo si preoccupava per lei più di quanto lo facesse lei stessa.

Si scostò da lui solo per finire di spogliarsi da sola, arrossendo davanti al suo sguardo inebetito. Per l'occasione aveva indossato un completino di pizzo nero completo di autoreggenti, e lui la fissava come se non avesse visto niente di più bello in vita sua.

«Di te sono sicura al cento per cento, Charlus.» sussurrò la giovane, che gli si avvicinò nuovamente afferrandolo per la cravatta e alzandosi sulle punte per arrivare al suo orecchio.

«Prenditi il tuo premio, Potter.»

 Fine Flashback


Dorea arrossì. Anche se il giorno dopo era scappata e in seguito aveva finto non fosse successo nulla, quella era stata senza dubbio la serata migliore della sua vita.

Era felice che lui non si fosse arreso di fronte ai suoi continui rifiuti, perché era solo grazie alla famosa testardaggine dei Potter se adesso stavano insieme, anche se in segreto.

Finita la lezione, se lo vide passare davanti con il fiatone e rivolgerle un’occhiata intensa che valeva più di mille parole.

E Dorea nascose un sorriso, perché sapeva che lui aveva lezione dall’altra parte del castello e che aveva corso fin lì solo per vederla.

Lo sorpassò fingendosi indifferente, perché gli occhi degli altri non dovevano notare nulla più di questo.

Erano fidanzati in segreto, e anche se avrebbe dovuto essere arrabbiata per il comportamento di Charlus, svoltato l’angolo Dorea sorrise.

Si affacciò nuovamente sul corridoio che aveva appena attraversato, vedendo compiaciuta che il suo ragazzo era ancora lì a fissare l’angolo dietro il quale era sparita.

Quando i loro occhi si incontrarono, non poterono fare a meno di sorridere entrambi, e continuarono a farlo per il resto della giornata.

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Capitolo 10
*** Coalizioni e Rituali ***



30 Ottobre 1944. Corridoi di Hogwarts.

Christian Zabini aveva visto molte cose durante la sua permanenza ad Hogwarts, così come fuori, e ormai credeva non ci fosse più nulla in grado di stupirlo.

Tuttavia, sapeva che nei giorni che precedevano Halloween succedeva di tutto, e la sua abituale sicurezza veniva soppiantata da una diffidenza quasi maniacale nei confronti di ogni essere vivente.

Era stata l’esperienza a metterlo in allerta.

Al primo anno era stato calpestato da una mandria di zucche malefiche (esperimento di un Tassorosso del secondo anno), al secondo anno si era ritrovato in punizione nella foresta proibita ed era stato inseguito da una mandria di centauri furiosi per solo loro sapevano cosa, al terzo anno durante la festa in maschera si era trovato a baciare una donzella vestita da Maria Antonietta che poi si era scoperto essere un lui con la passione per i travestimenti femminili…

Insomma, Christian Zabini era giunto alla consapevolezza che durante il mese di ottobre non poteva succedere assolutamente niente di buono, ed era per questo che aveva maledetto in cento lingue diverse il suo cosiddetto migliore amico Tom Riddle, colpevole di averlo costretto a seguire la sua non fidanzata Hermione Evans nell’arco di tempo nel quale lei non si sarebbe trovata sotto i suoi occhi.

Christian sapeva che poteva succedergli qualunque cosa camminando per i corridoi, eppure, in nome dell’amicizia, si era ritrovato a dover compiere quello sforzo abnorme.

Sì, perché la Serpeverde non l’aveva affatto presa bene quando aveva scoperto il piano di Riddle di farla seguire ovunque dall’amico e, poiché non poteva fare nulla per fargli cambiare idea, aveva scelto di rendere la vita del povero Christian impossibile scappando da lui ogni qual volta se ne presentava l’occasione.

Era scappata nuovamente poco dopo la fine delle lezioni, e Christian non sapeva più che pesci prendere avendo girato ormai mezzo castello.

Imprecò sottovoce quando si rese conto di non riconoscere il corridoio che stava percorrendo e che non c’era nessuno nei paraggi, nemmeno un fantasma.

Dovrebbero fare una mappa del castello… si ritrovò a pensare, consapevole che in quel momento una mappa gli sarebbe tornata davvero utile.

Le fiaccole iniziarono ad accendersi al suo passaggio, e lui potè guardarsi meglio intorno.

Adesso che era illuminato, gli sembrava finalmente di riconoscere quel corridoio, e quella consapevolezza gli giunse quasi con un brivido a causa dei racconti di Cignus Black.

Per sicurezza, cacciò la bacchetta dalla divisa e la puntò davanti a sé prima di continuare a camminare.

L’unica cosa che voleva fare in quel momento era andarsene via di lì, ma sapeva che Tom lo avrebbe ucciso se non avesse trovato Hermione.

Gli scappò un sorriso divertito, nonostante la situazione in cui si trovava.

Prima quel ragazzo avrebbe ammesso a se stesso di provare qualcosa per quella ragazza, prima entrambi si sarebbero dedicati ad attività ben più piacevoli del rincorrersi a vicenda.

Perché Tom poteva dire quello che voleva, ma lui amava la caccia, ed Hermione Evans, per quanto lei stessa non se ne rendesse conto, amava essere cacciata.

E, dopotutto, non è poi tanto difficile trovare una persona che in realtà non vedeva l’ora di essere trovata!

Però lui non era Tom, quindi la ricerca della ragazza si stava rivelando più complicata del previsto.

Quando l’amico gli aveva affidato quel compito Christian gli era miseramente scoppiato a ridere in faccia, credendolo uno scherzo, ma davanti alla sua serietà alla fine aveva dovuto cedere. 

Come ad ogni altra richiesta di Tom Riddle d’altro canto.

E, per quanto assurdo potesse sembrare, Christian lo capiva pure l’amico, perché anche lui avrebbe reagito allo stesso modo quattro anni prima!

La differenza tra lui e Riddle era che quest’ultimo gli ormoni in subbuglio li aveva avuti in ritardo, e se a questo si aggiungeva il suo carattere particolarmente irritabile ben si capiva il perché della sua decisione.

Vedere la ragazza per cui si prova una forte attrazione flirtare con un altro non era piacevole per nessuno, ma se quel qualcuno era Tom Riddle l’unica cosa che ci si poteva aspettare erano ripercussioni estreme.

Quel Corvonero era stato fortunato a cavarsela solo con due notti in infermeria per le ferite riportate: anche se era un mangiamorte, Riddle non avrebbe avuto pietà per chiunque si fosse messo tra lui e la Evans.

Il vecchio Abraxas ci aveva visto giusto alla riunione, ma dopo quel pugno in faccia non avrebbe avuto più da replicare per parecchio tempo.

Christian non faceva parte dei mangiamorte, ma partecipava di nascosto alle riunioni disobbedendo al volere dell’amico.

Riddle non lo aveva voluto nel suo gruppo perché diceva che era troppo pericoloso per un “figlio di papà”, ma Christian sapeva che tale decisione era stata presa per non metterlo in pericolo piuttosto che per una mediocre valutazione sulle sue abilità da combattente. Aveva accettato la scelta dell’amico perché aveva capito che proteggerlo dai guai in cui si stava invischiando era il suo modo di dimostrargli affetto, ma anche Christian voleva proteggerlo, ed era per questo che apprendeva di nascosto gli incanti che lui insegnava alle riunioni dei mangiamorte.

Non avrebbe mai potuto rifiutargli un favore, in special modo dopo che Tom lo aveva scoperto e gli aveva permesso di continuare ad apprendere dalle sue lezioni, se pur sempre lontano dagli occhi degli altri mangiamorte.

Quindi adesso doveva trovare assolutamente quella ragazza, e non solo perché ormai la considerava sua amica.

Tom Riddle l’aveva scelta, e Christian Zabini non poteva fare altro che proteggere lei allo stesso modo in cui aveva deciso di proteggere lui tempo prima.

Ma si sa che le cose non vanno mai come uno si aspetta, e tutti questi buoni propositi da macho andarono a farsi friggere quando una mano gli si posò sulla sua spalla e lui, lasciando cadere la bacchetta, iniziò a strillare come una donnicciola prima di rendersi conto che la mano non apparteneva ad altri che a Dorea Black.

«Ma che vuoi farmi avere un infarto?» le sbraitò contro, mettendosi una mano sul petto come a controllare che il cuore non gli fosse uscito del tutto.

Ma Dorea non rise a quella frase, e Christan Zabini capì che c’era in ballo qualcosa di serio.

In silenzio recuperò la sue bacchetta e seguì l’amica che intanto l’aveva preceduto.

«Che cosa ci fai qui?» sussurrò il ragazzo, e Dorea gli rispose continuando a dargli le spalle.

«Cerco Hermione, come credo stia facendo anche tu secondo le direttive di Riddle. Ho saputo che le tre K avevano qualcosa in mente che la riguardava, qualcosa di pericoloso, e da quel che ho sentito dobbiamo sbrigarci se non vogliamo trovarla morta. O peggio. Ho parlato con alcuni studenti, e le tracce di Hermione mi hanno portata qui.»

Christan si irrigidì al nome delle tre K, così come nel sapere che la sua amica era nei guai a causa loro, ma quell’indicazione bastò per fargli capire quale direzione prendere e condusse Dorea esattamente fuori il loro antro. Perché in nessun altro modo poteva ormai definirsi quell’aula dopo tutte le cose che quelle tre avevano fatto lì dentro.

Sentirono delle voci che parlavano in una cantilena latina piuttosto macabra, nella quale però riuscirono a distinguere chiaramente il nome di Hermione.

Dopo essersi scambiati uno sguardo d’intesa, irruppero nella stanza con le bacchette alzate bloccandosi però quasi subito all’ingresso a causa della scena che si presentò loro davanti.

Nessuno si mosse. Nessuno disse nulla. Ma fu Christian a rompere il silenzio dopo qualche minuto, emettendo un verso schifato.

«Per le mutande stracciate di Merlino, un’altra volta?! Ma non ce li avete dei vestiti voi?»

In seguito le quindicenni non riuscirono a sfuggire agli schiantesimi di Dorea Black, e ben presto si ritrovarono incatenate al muro con tre coperte addosso.

Christian e Dorea raggiunsero l’amica al rogo sul quale era stata posizionata, e sciolsero in fretta le corde che la tenevano legata adagiandola poi sul pavimento.

Hermione Evans era priva di conoscenza, e nemmeno i continui innerva dei suoi salvatori riuscirono a svegliarla.

Christan, sapendo era la loro unica possibilità, ordinò a Dorea di andare immediatamente a cercare Tom.

«È l’unico che può riuscire a fare qualcosa.» replicò seccamente alle sue repliche. «Io nel frattempo la porto in infermeria da Madama Blythe, raggiungeteci lì.»

Christian la vide annuire e correre fuori come se avesse il diavolo ad inseguirla.

Non metteva in dubbio che sarebbe riuscita a trovare Riddle molto più in fretta di quando ci sarebbe mai riuscito lui.

Prese Hermione in braccio cercando di essere il più delicato possibile e, per quanto il suo peso glielo consentisse, iniziò a correre a sua volta dirigendosi verso l’infermeria.

Avrebbe potuto usare un incanto di levitazione, ma non sapeva quali sarebbero state le ripercussioni su quel corpo già debole, quindi preferì non rischiare e utilizzare i vecchi metodi.

Molti gli lanciarono occhiate curiose ma lui non se ne curò spalancando la porta dell’infermeria con un calcio.

«Madama Blythe! Madama Blythe!» urlò guardandosi intorno.

L’infermiera accorse subito e alla vista della studentessa ricoperta di sangue e ferite lanciò un piccolo grido prima di riprendere il controllo di sè. Ordinò al ragazzo di metterla su uno dei lettini e lo cacciò immediatamente fuori dall’infermeria dopo aver appreso ciò che lui sapeva riguardo le cause delle condizioni della giovane.

Christian Zabini si accasciò sul pavimento fuori la porta e si prese la testa fra le mani iniziando a dondolarsi avanti e indietro, senza capacitarsi davvero di quanto era successo.

Come avevano potuto quelle tre mocciose ridurre in quelle condizioni la sua amica, il braccio destro di Lord Voldemort? Come potevano essersi dimostrate migliore di una che aveva tenuto testa a Tom Orvoloson Riddle, il più grande mago di tutti i tempi?

Christian Zabini non riusciva a capacitarsi di tutto ciò, ma quando sentì dei passi e vide Dorea arrivare insieme a Lyra, Charlus, Cignus e Tom Riddle in testa, si rassicurò, certo che con il loro arrivo tutto si sarebbe sistemato.

Però capì di essersi sbagliato nel momento stesso in cui Tom gli rivolse un occhiata disperata e si sedette sulla sedia di fronte a lui.

Christian credette di avergli visto gli occhi lucidi, ma poi si disse era pazzo. Sì, era stata sicuramente una sua impressione.

Tom Riddle non poteva piangere.

 
30 Ottobre 1944. Biblioteca.

Cercavo di concentrarmi sul libro che avevo davanti senza riuscirvi.

Dovevo cercare di memorizzare quegli incantesimi per la prossima lezione, eppure nella mia testa non c’era posto per altro se non Hermione Evans. Quella ragazza era diventata la mia droga ormai, e il solo pensiero che qualcuno potesse sfiorarla mi aveva irritato al punto da costringere Christian a seguirla.

Tuttavia, quella fastidiosa sensazione che ci fosse del pericolo in agguato non accennava ad andarsene, e il pensiero che tale cosa potesse essere legata ad Hermione mi spaventava più di quanto io stesso avrei mai ammesso.

Il mio cervello mi inviava segnali che non riuscivo a collegare, ma che ebbero spiegazione quando sentii la voce di Dorea Black che entrava in biblioteca chiamando il mio nome a gran voce, seguita da Lyra Nott, Charlus Potter e Cignus Black.

Alzai un sopracciglio alla vista di quel quartetto male assortito, però capii che doveva essere successo qualcosa di serio se erano così in preda al panico.

Cercai di leggere i pensieri di Dorea ma erano così confusi che non riuscii a distinguere nulla, quindi mi mostrai al gruppo e mi irrigidii quando la rossa mi afferrò per il maglione della divisa iniziando a trascinarmi fuori di lì.

«Hermione… Infermeria… le tre K…» annaspò nel tentativo di farmi capire qualcosa, ed io gelai, perché il mio istinto aveva avuto ragione ancora una  volta e mai come prima avrei voluto non fosse così.

Corsi, distanziandoli di qualche metro, con in mente solo il nome e il volto della ragazza che ormai occupava costantemente i miei pensieri.

Arrivato vicino l’infermeria, vidi Christian in preda ad una crisi di panico e venni inondato anch’io da tali emozioni negative, perché se Christian le provava, allora, le condizioni di Hermione erano davvero gravi.

Non riuscii più a reggermi in piedi e mi trascinai appena in tempo su una sedia di fronte al mio amico.

I miei occhi si inumidirono senza che potessi fare nulla per impedirlo, e maledii mentalmente la mia allergia alla polvere.

Perché Tom Riddle non piangeva mai, e quello era il momento meno opportuno per iniziare a farlo.

 

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Ehilà bella gente! Ho concluso di aggiornare almeno una volta alla settimana quindi non aspettatevi più aggiornamenti in ritardo fino a settembre.

Beh, non credo ci sia molto da dire sul capitolo, anzi sui capitoli, se non che spero vi siano piaciuti.

Riguardo il torneo Tremaghi mi piace immaginare che vi abbiano partecipato tutte le generazioni di Potter e che l’abbiano vinto, quindi non potevo assolutamente non metterlo.

Alla prossima settimana, allora, con la speranza di riuscire a proporvi ancora una volta due capitoli anziché uno. Mary Evans.

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Capitolo 11
*** Oscura Metà ***


31 ottobre 1944. Infermeria.

La notizia che Hermione Evans era stata attaccata dalle tre K aveva presto fatto il giro del castello.

Nessuno riusciva ancora a capire come una studentessa brillante come lei fosse stata messa al tappeto da tre quindicenni.

Le dichiarazioni di Dorea Black e Christian Zabini erano state sufficienti per sospendere le tre colpevoli, che solo dopo la minaccia dell’espulsione avevano ammesso di aver drogato la studentessa nuova aggiungendo del veleno nel suo succo di zucca mattutino, per riuscire a trascinarla nella sede del loro club ed eseguire un antico rituale su di lei per ottenere l’attenzione che Tom Riddle le riservava.

Tutta la scuola, insegnanti inclusi, concordò sulla pazzia di quelle tre ragazzine, restavano solo i dubbi sul coinvolgere le autorità.

Sì, perché quella che le tre avevano usato era magia oscura, ma la loro giovane età generava sensi di colpa tali da evitare azioni giudiziarie.

Erano state rispedite a casa poche ore dopo l’aggressione ad Hermione ma, secondo il pensiero molti, la loro espulsione sarebbe stata preferibile. E non per l’atto in sé.

Tom Riddle era una furia dall’aggressione della Evans, e questo aveva causato non poche vittime.

L’unica ragione per la quale quelle tre erano ancora vive, era perché lui non le aveva ancora incrociate sulla sua strada.

L’attenzione che il giovane Riddle riservava alla nuova allieva avevano sorpreso non pochi, dal momento che non aveva mai mostrato interesse particolare per nessuna nel corso degli anni.

La preferenza che mostrava per lei sarebbe dovuta bastare come monito per evitarle scocciature, e tutti erano stati molto accorti nell’eludere quella linea di confine che la circondava, avendo troppo a cuore la propria vita per metterla a rischio in quel modo.

Le tre K avevano giocato col fuoco, e adesso dovevano pagarne le conseguenze.

Tom non si era mosso dal fianco di Hermione da quando era riuscito ad entrare nell’infermeria.

A nulla erano valse le proteste di Madama Blythe.

Gli amici non avevano nemmeno provato a cercare di fargli cambiare idea, si erano limitati ad osservare la ragazza in un silenzio carico di preoccupazione.

Al mattino erano stati tutti costretti a recarsi a lezione, ma Tom non aveva proprio voluto saperne.

Non riusciva a fare a meno di pensare che era tutta colpa sua, se adesso lei era in quelle condizioni.

Se lui non fosse stato tanto stupido, forse avrebbe potuto controllarla da vicino.

Se lui non avesse avuto quel carattere, forse non avrebbe avuto un fan club e quelle tre non le avrebbero fatto del male.

A nulla erano valsi i tentativi di consolazione di Christian.

Tom Riddle stava provando per la prima volta in vita sua molti di quei sentimenti che non si erano manifestati nemmeno durante l’assassinio dei suoi parenti.

Quella ragazza era completamente diversa da chiunque altro lui avesse mai incontrato.

Il mondo magico, i mangiamorte e il suo desiderio di rivalsa andavano in secondo piano quando c’era lei.

Sì, forse ormai avrebbe potuto ammetterlo almeno a se stesso che Hermione Evans era diventata importante per lui.

Quel giorno era il 31 ottobre, e Tom Riddle aveva sempre amato Halloween.

L’atmosfera in sé e tutto il resto gli trasmettevano emozioni che non riusciva a provare in altre notti.

Eppure, quell’Halloween, Tom non era a festeggiare con gli altri.

Non aveva niente da festeggiare quell’anno.

Mentre sentiva l’orologio della torre scoccare le undici e le urla dei suoi compagni nella sala grande, non gli importò che quello fosse l’ultimo Halloween che avrebbe passato in quel castello. Sentiva di essere al posto giusto nel momento giusto, anche se non era riuscito a concludere niente nemmeno con la sua magia.

L’infermeria era silenziosa, ma Tom continuò imperterrito a tendere l’orecchio in attesa di un segnale che presagisse il risveglio della Serpeverde.

Sentiva solo il suo respiro leggero, e almeno quello era un buon segno. I lineamenti sul suo viso erano rilassati, i capelli sparsi sul cuscino, il corpo immobile…

Riddle cercò di imprimersi ogni dettaglio di quella visione per lui così angelica.

Tu non hai il diritto di essere felice.

Immediatamente il volto del ragazzo si contrasse a quelle parole.

Tu non la meriti.

Tom si alzò di scatto dalla sedia e si prese la testa fra le mani.

Quelle parole, in quella lingua che capiva solo lui, ripetevano sempre le stesse cose, come una litania.

Sì, lo sapeva anche lui che Hermione era troppo pura per lui, sapeva di non meritarla, eppure la voleva.

È solo un giocattolo che ti distrae. Uccidila e falla finita.

No.

Non avrebbe mai più rivisto quegli occhi, se l’avesse uccisa.

Non l’avrebbe mai più vista arrossire davanti a lui, se avesse pronunciato l’incanto.

Non voleva farlo.

Non opporti al tuo destino, Lord Voldemort.

«Io mi chiamo Tom Riddle!» urlò d’improvviso Tom, e le sue parole rimbombarono nel vuoto.

Ti ostini ancora a portare quello sporco nome da babbano di tuo padre, vero? Lord Voldemort è il nome che tutti avranno il timore di pronunciare, una volta divenuto il più grande mago di tutti i tempi e portato a termine la nobile opera di Salazar Serpeverde. Usalo!
«No! È già morta una ragazza, non voglio accada di nuovo!»

E da quando il grande Tom Riddle si fa degli scrupoli?

 Lo sguardo di Tom saettò inevitabilmente su Hermione.

Ah, e così tieni tanto a questa mocciosa, abbastanza da rinunciare a tutto per lei… mi hai deluso profondamente, però possiamo sempre rimediare ed eliminare quella cosa abbietta che sono i sentimenti una volta per tutte.

La mano del Serpeverde si mosse contro la sua volontà fino a prendere la bacchetta ed alzarla contro la ragazza.

Dillo. Sono solo due parole.

La voce continuava a sussurrargli cose, e Tom era davvero stanco. Continuava ripetergli che aveva già ucciso, che non ci sarebbero stati problemi. Che lo avrebbero mascherato come un’incidente, che nessuno ci avrebbe più pensato.

Avada Kedavra. Avada Kedavra. Avada Kedavra.

Sempre le stesse parole.

Nel frattempo il ragazzo si era avvicinato al corpo di Hermione continuando a tenere la bacchetta ben salda fra le mani.

La vide lì, come la bella addormentata, e gli venne una voglia irrefrenabile di baciarla.

Magari si sarebbe svegliata, magari il suo tormento sarebbe svanito.

La voce continuava a sussurrargli di ucciderla, ma lui aveva già abbassato la bacchetta.

Quando le sue labbra incontrarono quelle di lei chiuse gli occhi, godendo di quel contatto.

Improvvisamente fu come essere catapultato in un’altra dimensione, in un luogo dove quella maledettissima voce non era riuscito a raggiungerlo. C’erano solo lui ed Hermione.

Quando si staccò da lei ed aprì gli occhi, la ragazza fece altrettanto.

 

31 ottobre. ??.

Hermione era al buio. Non c’era niente nel posto dove si era svegliata. Sentiva solo delle voci lontane che parlavano fra di loro, e le sembrava persino di riconoscerle.

Iniziò a correre da un lato, e sentì distintamente prima la voce di Harry e poi la voce di Ron.

Sorrise di riflesso. Le mancavano i suoi amici, e sentirli in quel momento, anche se loro non potevano fare altrettanto, le aveva fatto piacere.

Parlavano di rapinare la Gringott, ma Hermione si disse subito che forse stavano scherzando. Sarebbe stato da pazzi cercare di violare quella banca, e dubitava che i suoi amici lo fossero abbastanza per quell’impresa suicidio. Poi si ricordò delle loro avventure passate, e preferì allontanarsi da quelle voci prima di impazzire anche lei dalla preoccupazione.

Andando verso destra iniziò a sentire la voce di Dorea e Charlus.

Erano preoccupati per lei, e la sua amica piangeva cercando conforto nel ragazzo.

Poco lontano sentì Ginny, quell’uragano rosso della sua amica, e rimase sconvolta nel sentire che piangeva anche lei, sussurrando di continuo i nomi di Harry ed Hermione.

Con un groppo in gola, la ragazza andò avanti, sentendo sorpresa le voci di Christian Zabini e Minerva McGranitt nello stesso posto. Lui gemeva, dicendo che aveva bisogno di lei, e poi ci furono solo ansiti che fecero scappare di corsa Hermione, se pur con un sorriso.

Non avrebbe mai creduto che la sua prof fosse stata una così cattiva ragazza che se la faceva con i Serpeverde, ai suoi tempi…

Hermione cercò di chiamare il nome di Fanny, ma le parole sembravano non voler uscire dalla sua bocca.

Poi eccola, la luce.

Si presentava con le sembianze di un ragazzo, che lei riconobbe come Tom Riddle.

Lui le porse una mano, che lei afferrò prontamente, e come per incanto tutto divenne più chiaro.

Le voci erano lontane, c’erano solo lui e lei, e quando Hermione finalmente riuscì ad aprire gli occhi, la prima cosa che vide furono gli occhi di lui. Quel grigio tempesta che ebbe il potere di trasmetterle una sensazione di pace, come di essere finalmente a casa.

In quel momento non importava più nulla, se doveva essere arrabbiata, offesa o altro.

Hermione sorrise nel vederlo, ancor di più quando lo sentì sussurrare il suo nome.

«Hermione.» disse solo, eppure a lei sembrò il più bel suono del mondo, perché l’unico che non contenesse tutte le bugie di cui si era circondata.

Poi non ci fu più spazio per le parole, perché entrambi avevano la necessità di sentirsi vivi, di sentire la presenza dell’altro.

L’orologio della torre suonò mezzanotte, e mentre nella Sala Grande gli alunni della scuola festeggiavano Halloween, Tom Riddle baciò Hermione Evans con la consapevolezza che tutto sarebbe stato diverso, ma con la sicurezza che niente sarebbe cambiato.

Era il 31 ottobre, e Tom Riddle aveva sempre amato Halloween.

Quell’anno, tuttavia, pensò di non averlo mai trascorso in modo migliore.

Sulle labbra di Hermione Evans, sorrise.

 

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Scusate il ritardo… lo so che avrei dovuto aggiornare ieri ma si sono presentati a casa mio fratello con mia nuora e ci siamo messi a vedere il filmino del matrimonio ( mi ha fatto piacere vedere che la parte in cui gli lancio il contenitore di foglie anzichè il riso sia stata ripresa XD), poi oggi dovevo vedere la mia migliore amica che domani parte per le vacanze ma non si è fatto più niente e quindi per consolarmi di questo, e del fatto che nel filmino sembra che abbia il doppio mento e che la mia voce faccia spavento nelle interviste L, mi sono dedicata ad un trattamento fatto di maschera all’argilla, yogurt e limone, e mi sono preparata un’insalatona con mais e pezzi di tacchino impanati nel semolino. Proposito per settembre? Perdere peso, anche se a detta di molti non ne avrei bisogno. Bah, comunque è tutta una cosa soggettiva il fatto del peso…

Cooomunque, finalmente sono riuscita a finire anche questo capitolo e ringrazio tutti quelli che mi fanno presente gli errori grammaticali e quant’altro. Prometto che rivedrò tutti i capitoli, ma è una cosa davvero tediosa quindi dovrò esserne in vena per farlo.

Si accettano commenti, suggerimenti e critiche.

Alla prossima :D

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Capitolo 12
*** Strani Amori ***


22 novembre 1944. Hogwarts.

Amare è non dire mai “mi devi”, questo avevano insegnato ad Hermione. Era uno di quei precetti che l’avevano seguita fin da bambina, insieme a quell’assurdo concetto per il quale se un uomo ti tratta male, in realtà sta solo mascherando la sua attrazione per te. Erano tutte stronzate, ovviamente, ma questo non aveva certo impedito ad una piccola Mione di pensare di essere attraente per molti, almeno fino al suo ingresso ad Hogwarts. Lì aveva dovuto cambiare il suo punto di vista sul fatto che “chi disprezza vuol comprare”, ma il suo modo di vedere l’amore non cambiò di una virgola, anzi, le sue ipotesi non fecero altro che avvalorarsi con l’esperienza.

Amare è non dire mai “mi devi”, e di questo ne era sempre più convinta.

Non era amore quello fra Pansy Parkinson e Draco Malfoy, perché lei voleva sempre qualcosa da lui.

Non era amore quello fra Harry e Cho Chang, perché lei pretendeva sempre la sua totale attenzione, stesso dicasi per quello fra Ron e Lavanda Brown.

Aveva creduto fosse amore quello con Viktor Krum, e lo aveva creduto davvero, almeno fino a quando non arrivò a comprendere che lei, da un uomo, pretendeva almeno che sapesse usare un minimo di cervello, e non solo per cavalcare una scopa.

In sostanza, Hermione Granger aveva sempre visto in quel modo l’amore. Sempre. Almeno finchè non aveva conosciuto Tom Riddle a diciassette anni. Da quel momento era iniziato un circolo vizioso di “devi” e “voglio” che, tuttavia, invece di scoraggiare la ragazza l’aveva solo fatta riflettere.

Lei non amava Tom, ma lui le piaceva.

Tom non amava Hermione, però la voleva.

Ma qualunque cosa si dicessero i due, comunque, agli occhi di tutta Hogwarts erano innamorati e, non facendo niente per contraddire le voci se non esibire smorfie irritate quando si affrontava l’argomento, per tutti loro erano fidanzati. Punto.

A niente erano valse le proteste di Hermione, perché per lei loro due si potevano definire in tutti i modi, ma non fidanzati.

La mattina lui l’aspettava in sala grande ad un orario in cui non c’era nessuno, e lì si davano il buongiorno baciandosi finchè non iniziavano ad entrare i primi studenti.

A quel punto lui diventava più freddo e distaccato del primo giorno in cui si erano conosciuti, iniziando ad ignorarla per tutto il corso delle lezioni. Solo a pozioni si azzardava a sfiorarle la mano e a guardarla di tanto in tanto con sorrisetti maliziosi, ma questo solo perché erano compagni di banco e avevano preso l’abitudine di posizionarsi tra gli ultimi posti, dove non correvano il rischio di essere visti da qualcuno.

La sera, dopo cena, se ne andavano dalla sala grande senza rivolgersi nemmeno la parola. Insieme si ritrovavano nella stanza delle necessità, e lì ricominciavano quegli allenamenti che Hermione aveva trascurato per qualche tempo.

Qualche mezz’ora di corsa, qualche interruzione maliziosa che si protraeva anche per un’ora o più caratterizzata da baci molto focosi e palpatine osè, e poi si salutavano per ritirarsi ognuno nelle proprie stanze.

Dorea, ormai felicemente fidanzata con Charlus da quasi un mese, diceva che quella era una relazione da pazzi, e anche se non si sarebbe aspettata niente di meno da Tom Riddle, era molto preoccupata per Hermione.

La vedeva confusa, disorientata, e non riusciva a capire se era per il comportamento di Riddle o per la mancanza di sesso.

Una volta gliel’aveva persino chiesto, ma tutto quello che aveva avuto in risposta era stato uno sguardo arrossito e un balbettio che diceva: «Tom non è affatto per queste cose…»

Dorea era del parere inverso, ovviamente.

Conosceva molti più uomini di quanto le facesse piacere ammettere, e tutti, in un modo o nell’altro, chi più chi meno, avevano la mente predisposta al sesso appena una settimana dopo essere usciti con una ragazza.

Tom Riddle era un tipo strano, ma era pur sempre un ragazzo, quindi Dorea dubitava che la cosa per lui fosse differente.

Voleva solo capire perché, da settembre, non avesse ancora cercato di portarsi a letto la sua amica.

Il pensiero iniziò a tormentarla al punto da diventare quasi un ossessione, tuttavia non poteva certo andare da Riddle e dirgli: «Ciao Riddle! Senti, in confidenza, perché non mi dici perché non ti sei ancora scopato Hermione?»

Non avevano tutta quella familiarità lei e il ragazzo, chiedere a Charlus di fargli la domanda al posto suo neanche a pensarci, quindi l’unica alternativa altri non era che Christian Zabini, il migliore, nonché unico, amico di Tom Riddle.

Glielo chiese come favore personale, e lui accettò ghignando come un pazzo.

Dorea sapeva che se ne sarebbe pentita prima o poi, ma quando la curiosità Black premeva c’era poco da fare se non soddisfarla.

Fu così che la notte del 22 novembre, Christian Zabini aspettò il ritorno del suo amico in camera steso sul suo letto, in modo da costringerlo a svegliarlo nel caso si fosse addormentato.

Perché sì, poteva avere tutti i buoni propositi di questo mondo, ma Christian Zabini era Christian Zabini, e di restare alzato fino a tardi senza che ci fosse una festa di mezzo non era proprio capace.

Fu così che Tom Riddle si ritrovò a scuotere malamente la spalla dell’amico, irritato oltre l’inverosimile che fossero stati invasi in quel modo i suoi spazi. Di nuovo.

«…Ehi…Tom… che ci fai qui?» chiese Christian sbadigliando rumorosamente.

«Stavo per chiedertelo io, cerebroleso, dal momento che questo è il mio letto.» disse secco Tom incrociando le braccia e guardando l’amico in modo eloquente alzando un sopracciglio quando lo vide in un secondo alzarsi di scatto, scendere dal letto e agguantarlo per costringerlo a sedersi insieme a lui.

Improvvisamente, tutto il sonno era sparito.

«Allooora Tom, noi siamo amici, giusto?»

Tom alzò anche l’altro sopracciglio.

«E mi diresti una cosa se te la chiedessi, giusto?»

Tom sorrise divertito, non capendo ancora dove avrebbe portato tutta quella sceneggiata. Prima che potesse rispondere, tuttavia, il suo amico lo interruppe ancora.

«Sei andato a letto con Hermione?» chiese Christian a bruciapelo, facendo quasi cadere dal letto l’amico per l’imbarazzo, come in una scena dei cartoni animati.

Quando si rialzò, Christian rimase sorpreso di vedere del rossore sul volto niveo di quel serpeverde normalmente impassibile.

«Cosa??» esclamò Riddle un po’ troppo ad alta voce. L’altro gli fece segno di fare silenzio per non disturbare gli altri che dormivano, quindi Riddle ripetè più sottovoce: «Cosa??»

«Sei andato a letto con Hermione?» ripetè a sua volta Christian sorridendo leggermente. Vedere Tom Riddle manifestare le sue emozioni dopo sette anni lo divertiva immensamente, ma lo faceva anche felice, perché per la prima volta da quando l’aveva conosciuto per la prima volta lo sentiva più vicino a lui. Più umano.

«Perché me lo chiedi?» disse Tom con voce strozzata.

Chris fece finta di pensarci su.

«In realtà non lo so, dal momento che ho la certezza che la risposta sia negativa. La domanda che volevo farti davvero era: Perché non sei andato ancora a letto con Hermione? Semplicemente mi sembrava scortese centrare subito il punto. Allora? Posso sapere perché non lo avete ancora fatto?» domandò curioso, e Tom emise un sospiro che per metà era un gemito.

«Hermione non è affatto per certe cose…»

Al che Christian scoppiò a ridere.

«Siete proprio identici voi due!» sentenziò ancora sorridente «Oddio, non proprio, Mione è molto più simpatica di te, senza offesa, eh? Giusto per sapere, comunque, come fai a sapere che lei non è il tipo per “certe cose”, come le hai tanto eloquentemente definite? Te lo ha detto lei?»

«No, ma un uomo certe cose le capisce…»

Christian si trattenne nuovamente dallo scoppiargli a ridere davanti alla sua espressione afflitta.

«E da cosa lo avresti capito, sentiamo!»

«Lei è così… e poi… lei fa sempre… insomma Chris: non è cosa. Credimi.»

Christian lo guardò con un sopracciglio inarcato.

«Davvero illuminante la tua spiegazione, Tom. Ti meriteresti una E anche solo per non aver balbettato!»

Riddle lo fulminò con un’occhiata prima di rabbuiarsi nuovamente.

«E poi lo sai, c’è quella parte di me che potrebbe farle del male. Ha già cercato di sopraffarmi in Infermeria. Io non voglio causarle altro dolore. Non voglio essere la causa primaria della sua dipartita.»

Christian si fece subito serio.

«Pensavo avessi imparato a controllarla. Dopo la morte dei tuoi parenti, credevo che ormai fosse tutto risolto.»

«Lo credevo anche io, Chris, ma poi è arrivata lei e tutto il mio autocontrollo è andato a farsi benedire. Non l’ho fatto di proposito, ma ormai ogni volta che Hermione si trova a pochi passi da me non riesco più a far finta di niente. La mia maschera si è sbriciolata a poco a poco e adesso non so più che fare. Quella cosa mi sta facendo impazzire, e delle volte ho davvero il timore che possa prendere totalmente il controllo di me.»

«Quindi la ami davvero?» sussurrò Christian con una strana luce negli occhi. L’amico non rispose e distolse lo sguardo, ma al Zabini bastò.  Non sapeva ancora come affrontare l’altro problema dell’amico, ma con Hermione poteva aiutarlo.

Si alzò lentamente dal letto dandogli una pacca sulla spalla.

«Credimi, tutti i problemi che ti stai facendo su di lei sono inutili. Desidera stare con te tanto quanto tu desideri stare con lei. Non preoccuparti molto, e comportati come senti di fare. Hai pensato che, forse, anche lei desidera avere un contatto maggiore con te? Se poi ti sbagli, pazienza! Però almeno potrai dire di aver messo le cose in chiaro e crogiolarti nel bagno tutto il tempo che vorrai.»

Tom sorrise a quell’ultima frase. Chris sapeva sempre come consigliarlo.

Prima che si allontanasse, tuttavia, lo trattenne per un braccio.

«Stai attento con la Mac. L’ultima volta Abraxas stava per scoprirvi e mi ci è voluto non poco per allontanarlo da dove eravate.»

Chris annuì sorridendo leggermente.

«Lo sai che sarebbe più facile se vi frequentaste alla luce del sole, vero?» continuò Tom, e l’amico fece una smorfia impercettibile.

«La metterei in pericolo, lo sai. Per quanto Minerva sia la donna più importante per me, la amo abbastanza da non costringerla in una relazione che potrebbe costarle la vita.

Almeno così potremmo sempre negare tutto.

Il vero problema è che la amo troppo e che non posso stare senza di lei nemmeno un secondo. L’egoismo serpeverde mi costringe a voler prendere quello che voglio senza preoccuparmi troppo delle conseguenze, ma il mio amore grifondoro è troppo profondo per non rendersi conto che stando con lei la condannerei, per via di mio padre.»

Ci fu qualche attimo di silenzio, poi un sussurro.

«Sei come tua madre, Christian.» disse solo Tom, e lo seguì con lo sguardo mentre andava verso il suo letto tirando poi le tende.

Fece un sospiro, prima di fare lo stesso.

Quella notte aveva portato fin troppe cose a cui pensare.

 

23 novembre 1944. Aula di Trasfugurazione.

«Professor Silente, desiderava vedermi?»

Erano passati mesi dall’ultima volta che ero stata ricevuta nel suo studio, e la cosa un po’ mi intimoriva visto che non ne conoscevo il motivo.

«Certamente signorina Evans. Si accomodi prego.»

Mi sedetti davanti a lui ed attesi che iniziasse a dire qualcosa.

«Allora, come sta andando il suo ultimo anno? Progressi con il signor Riddle?» chiese gioviale il professor Silente intrecciando le mani sulla scrivania.

Esitai qualche istante prima di rispondere.

«Beh, sul mio rendimento a scuola credo ne sappia più lei di me.» commentai con un sorriso «Comunque tutto ok. Con Tom invece…»

Sinceramente non sapevo come continuare, ma per fortuna ci pensò Silente a togliermi dall’impiccio.

«Ho saputo che vi siete fidanzati.» buttò lì il professore, ed io arrossii senza poterne fare a meno abbassando lo sguardo.

«Immagino che ormai lo sappia tutta Hogwarts, quindi non mi sorprende che anche lei ne sia venuto a conoscenza…»

«Ad Hogwarts ci sono pochi segreti, signorina Evans, e nessuno di cui io non sia a conoscenza.»

Aspettai qualche minuto ma vidi che il professore non aveva alcuna intenzione di continuare il suo discorso.

Esitante, alzai lo sguardo.

«Non mi critica? Non dice niente? Non mi costringe a lasciarlo?» esclamai all’improvviso, ma Silente assunse solo un’espressione sorpresa.

«E perché dovrei?»

Sembrava così stupito che mi ritrovai a spalancare la bocca senza nemmeno accorgermene.

Mi alzai di scatto dalla sedia sbattendo le mani sulla scrivania.

«Perché è una storia impossibile, e lo sappiamo entrambi! Perché prima o poi dovrò ucciderlo, ma al solo pensiero mi sento di morire dentro. Perché questa non è l’epoca in cui sono nata, eppure sento di appartenervi. Perché l’amore che provo per lui è un amore sbagliato che va contro i miei amici e la mia famiglia, eppure per la prima volta in vita mia questa è l’ultima cosa che mi interessa. Perchè so che appena lui saprà chi sono realmente, mi distruggerà, distruggendo così anche se stesso, e tutti gli sforzi che ho fatto finora saranno stati inutili, e la storia si ripeterà di nuovo.»

Le lacrime premevano di uscire, ma quando sentii due mani poggiarsi sulle mie spalle e incontrai i limpidi occhi di Silente mi calmai un poco.

«Non essere così dura con te stessa, Hermione. L’amore cambia le persone. Non hai pensato che, forse, già con il tuo arrivo la storia sia cambiata? Io non ho mai visto Tom Riddle comportarsi come si comporta con te in sette anni che lo conosco, e sospetto che sia stato il tuo arrivo a scatenare in lui questo cambiamento. Non preoccuparti troppo di quali erano state le tue intenzioni iniziali: anche senza diventare un’assassina, sei riuscita lo stesso a cambiare il futuro. O almeno ci riuscirai presto le cose continueranno ad andare secondo questa linea temporale.»

«Professore, ma se anche cambiassi questo passato, il mio futuro rimarrà lo stesso giusto? Quindi quando tornerò nel mio tempo Voldemort non sarà cambiato di una virgola, suppongo.» Il pensiero di un mio possibile, ma inevitabile, ritorno ebbe il potere di stringermi lo stomaco in una morsa.

Avevo studiato abbastanza per sapere che quello che avevo detto corrispondeva a verità, però Silente invece di rispondere alla mia domanda mi guardò con il suo tipico scintillio negli occhi.

«La vera domanda è: lei vuole davvero tornarsene nel suo tempo?»

Uscii da quello studio leggermente intontita dalle parole del professore, nonché dal loro significato.

Il mio pensiero corse subito ad Harry, Ron, la famiglia Weasley e ai miei genitori, poi però scossi la testa.

Quella notte aveva portato fin troppe cose a cui pensare, era meglio se andavo a dormire.

 

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Eccoci qui al mio solito aggiornamento! Mi sto annoiando a fare tutto ultimamente, quindi finire il capitolo è stata davvero un’impresa! Non sono andata da nessuna parte in vacanza quest’anno, e ho dovuto accantonare persino il pensiero che mio padre mi portasse a Londra. Le mie amiche sono tutte partite, e quelle rimaste passano tutto il loro tempo nei locali. Neanche a dirlo, mi annoierei più a stare con loro che stare a casa, quindi passo i miei pomeriggi a scrivere, leggere, guardare la tv, cercare di imparare la stenografia e mangiare frutta a volontà.

Non è proprio il massimo come estate, ma uno si deve accontentare di quello che ha.

Tornando al capitolo: ecco a voi i due piccioncini! Che volete farci, gli ormoni si fanno sentire, e per due diciassettenni innamorati è quasi naturale non riuscire a tenere a freno le mani.

La storia sulla parte oscura di Tom mi è uscita di getto. A dirvela tutta, non avrei saputo come continuare altrimenti.

Beh, al prossimo martedì allora, o comunque alla prossima settimana. Devo fare l’iscrizione all’università ed è un po’ un casino il bando per la borsa di studio e quant’altro. Forse dovrò persino recarmi a Narni per vedere le cose da vicino… sarà una vacanza come un’altra almeno!

Un abbraccio forte, come al solito, Mary Evans.

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Capitolo 13
*** Le Idee di Evanna Lovegood ***


10 dicembre 1944. Sala Grande.

«Studenti! Ecco a voi l’annuncio che aspettavate tanto: Il Ballo di Natale! »

Un applauso partì spontaneo da tutti e quattro i tavoli, ed Hermione guardò di sottecchi Tom Riddle seduto di fronte a lei, senza prestare attenzione al discorso del preside.

Aveva un’espressione impassibile in volto e ciò la fece rattristare.

Aveva sperato di andare con lui al ballo di Natale nel momento stesso in cui Dorea aveva iniziato a tesserne le lodi. Lei ci sarebbe andata con Charlus, e già era andata in iperventilazione perché non aveva un vestito adatto da mettersi. L’aveva consolata dicendo che alla prossima uscita avrebbero girato tutti i negozi finchè non avesse trovato quello giusto, ma mai proposta fu più sbagliata dal momento che Dorea aveva preteso di trovare un abito pure per l’amica. Tra le altre cose.

«Riddle ti inviterà, non preoccuparti.» aveva detto, ma Hermione a quel punto non ne era più tanto sicura, e a quelle insicurezze si aggiungeva anche la nostalgia di tutte le cose e le persone che non erano con lei: Harry, Ron, Ginny, i suoi genitori, i signori Weasley... Hermione aveva sempre amato il Natale e l’aria che portava con sé, eppure in quel momento la prospettiva di festeggiarlo non le parve tanto allettante.

Si alzò dalla panca e uscì dalla Sala Grande sotto gli occhi inquisitori di Dorea e Tom.

Corse, corse veloce, fino a trovarsi davanti ad una parete del settimo piano.

Voglio stare sola. Voglio stare sola. Voglio stare sola.

Immediatamente comparve una porta e si intrufolò veloce all’interno.

La stanza era piena di foto dei suoi amici. Erano di Hogwarts e non. C’erano anche i suoi genitori in foto non magiche che le sorridevano. Vide il suo corpo cambiare da bimba a donna, fino all’ultima foto scattata il giorno prima della morte di Silente.

Si buttò sul letto rosso grifondoro che era comparso per l’occasione e urlò.

«Bastaaaaaa! Sto impazzendooooo!»

«Lo sei davvero, pazza, se urli in questo modo e da sola, per giunta.»

La ragazza maledisse tutti i fondatori di Hogwarts per l’abilità di Tom Riddle di riuscire ad entrare in tutti i luoghi eludendo anche le regole della stanza delle necessità.

«Cos’è successo?» chiese ancora il serpeverde avvicinandosi cautamente al letto, quasi come ci si avvicina ad un leone selvatico, senza prestare attenzione alle foto che lo circondavano.

«Vattene.» mugugnò Hermione tra i cuscini.

«Cosa?»

«Vattene!» urlò a quel punto la serpeverde.

Tom rimase impassibile.

«Hai il ciclo?» domandò seccato, e mezz’ora dopo, quando si risvegliò in infermeria a causa di una scarpa lanciata con potenza inaudita contro la sua faccia, capì che quella era una delle poche domande da non fare mai ad una ragazza.

 

Christian Zabini aveva sempre saputo che il suo migliore amico era un idiota. Certo, era un genio, ma allo stesso non c’era aggettivo migliore per descriverlo che idiota.

Quando la voce che era stato ricoverato in infermeria lo aveva raggiunto si era precipitato subito da lui, ma quando lo aveva visto seduto a gambe incrociate sul lettino e di un umore tetro aveva subito domandato cosa diamine aveva combinato ad Hermione, alzando teatralmente gli occhi.

Tom gli aveva spiegato più o meno quello che era successo e Christian, da bravo migliore amico, cosa poteva fare se non mandarlo a quel paese tornandosene in dormitorio?

Iniziò a borbottare fra sé una parole che sembravano a chi si attardava in corridoio per ascoltarlo “tensione sessuale. Tensione sessuale”, e tali parole furono ascoltate persino da Dorea, che in quel momento passava di lì per caso a braccetto con Charlus.

Capendo subito a chi si riferiva, mentre Christian si allontanava, mollò lei stessa il fidanzato in mezzo al corridoio menzionando qualcosa a proposito di solidarietà femminile.

Iniziò a correre come una dannata prendendo per il braccio quelle che sembravano persone a caso ma, quando chiuse tutti in un’aula vuota, loro si rivelarono essere Lyra Nott, Cignus Black e Christian Zabini stesso.

Abituati al comportamento strano della Black, i tre si limitarono a mettersi comodi in attesa che parlasse.

«Qui ci vuole un piano.» esordì Dorea, con un cipiglio scuro in volto.

Non ci fu alcun bisogno di mettere i soggetti nella frase dal momento che, nell’ultimo periodo, non si parlava altro che di Tom ed Hermione.

«Hai qualche idea?» disse Lyra seccata. «Quei due sono degli idioti patentati! Non sanno nemmeno come ci si comporta in una coppia, e secondo me non si saranno scambiati niente di più di quanto non si possa trovare in un comune film romantico babbano.»

Si sentì in sottofondo la domanda di Cignus su che cos’era un film, ma tutti la ignorarono.

«Io l’ho detto e lo ripeto: tensione sessuale, raga.»

Alzarono tutti gli occhi al cielo, pur senza contraddirlo. Avevano quasi diciotto anni per uno, Tom ed Hermione, ed avevano entrambi gli ormoni a palla con scarsa esperienza sul campo.

Per quanto quel discorso li facesse assomigliare ad una setta satanica che stava per immolare una giovane vergine, si rendevano conto che, considerati i soggetti, probabilmente il sesso era l’unica alternativa per una convivenza pacifica.

Però serviva un piano, e chi altri se non Minerva McGranitt poteva aiutarli?

Quella notte, ignari dei folli piani che albergavano nelle menti ancora più folli dei loro amici, Hermione Evans e Tom Riddle si dirigevano a passi felpati verso la foresta proibita, nei loro mantelli da mangiamorte.

Non parlavano, entrambi offesi per i recenti avvenimenti, ma erano mangiamorte e non potevano lasciarsi sopraffare da qualcosa di così futile come i sentimenti.

Le riunioni erano state interrotte in seguito all’incidente di Hermione con le tre K, ma adesso che si era ripresa al meglio non vi era ragione per non riprendere con la solita routine.

Dopo i soliti convenevoli, Hermione si ritrovò a combattere con una ragazza bionda che le ricordava molto la sua amica Luna per i lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri. Era brava, ma non abbastanza, così dopo che l’ebbe sconfitta qualcosa tipo cinque volte interruppe il duello iniziando a consigliarle incantesimi offensivi e difensivi.

«Mi chiamo Evanna, a proposito.» disse la bionda ad Hermione, porgendole la mano con un sorriso. Dopo l’incontro avevano deciso di tornarsene insieme al castello, nonostante lo sguardo irritato di Tom.

«Evanna Lovegood. Prefetto Serpeverde.»

Hermione si stupì di non averla mai incontrata prima, si sarebbe sicuramente ricordata dalla nonna di Luna alle riunioni, e quando glielo fece presente la ragazza scoppiò a ridere.

«Passo il mio tempo più negli altri dormitori che nel mio,» confessò arrossendo «e alle riunioni non vengo mai, ci pensa l’altro mio collega a ragguagliarmi sulle novità. Non apprezzo molto la vita laggiù nei sotterranei.»

Quella ragazza era sempre più strana ma, dopotutto, cos’altro ci si poteva aspettare da un’antenata di Luna? Tuttavia la curiosità dopo un po’ ebbe la meglio, e dopo aver convinto Evanna a prendere con lei una tazza di cioccolata nelle cucine prima di rientrare in dormitorio (o in qualunque altro luogo lei amasse dormire), riuscì a farsi spiattellare il perché e il per come lei fosse entrata in serpeverde, in particolare fra i mangiamorte, se mal sopportava persino la vita nei sotterranei.

Aveva la parlantina facile, quindi non fu molto difficile.

Scoprì che era stata costretta ad entrare in Serpeverde a causa della sorella maggiore Xena, nonché dalla sua famiglia, appertenente a quella casata da intere generazioni. Era sempre stata troppo debole per opporsi al volere altrui, e quando la sorella morì a causa di alcuni babbani davanti ai suoi occhi tale debolezza fu palese anche a lei.

Aveva deciso di entrare nel club esclusivo di Riddle per imparare a non esserlo più, ma la vita serpeverde non faceva proprio per lei, e quindi passava le notti alternandosi fra la torre di astronomia e i dormitori delle ragazze con cui aveva fatto amicizia, nettamente più gentili rispetto a molte serpeverdi.

Hermione era stupita da quella ragazza soprattutto perché, nonostante le suo spiegazioni, proprio non riusciva a ricordarsela nemmeno nei corridoi della scuola o a lezione!

Poiché sembrava troppo maleducato dirlo, preferì cambiare argomento. Fu Evanna a farlo, con una domanda che la fece arrossire come non le capitava da tempo.

«Congratulazioni per la grande conquista, a proposito! Non ti ho fatto ancora i miei complimenti per esserti accaparrata lo scapolo ghiaccio di Hogwarts. Sono anni che alcune tra le più belle ragazze di ogni età ci provano con lui, eppure lui non le ha mai degnate di uno sguardo. Se posso chiederlo, com’è essere la sua ragazza?»

Hermione poteva optare per bugia o verità. Optò per la verità, visto tutte le cose personali che Evanna le aveva raccontato.

«È IMPOSSIBILE!» potè sbottare finalmente, alzandosi dalla sedia sulla quale era seduta e facendo sobbalzare qualche elfo lì intorno ancora sveglio.

Iniziò ad elencare tutte quelle cose che si era tenuta dentro in quei giorni, cose che non aveva detto nemmeno a Dorea, insieme ai suoi dubbi sul fatto che forse lui non la trovasse minimamente attraente.

«Cioè, stiamo insieme, ma non stiamo insieme.» cercò di spiegarsi Hermione muovendo freneticamente le mani.

«Lui vuole che sia sua, ma non sono sua, e si comporta come se lo fossi ma non lo sono, capisci! E adesso che c’è il ballo di Natale lui non mi inviterà nemmeno perché non è il tipo per certe cose, e non vorrà nemmeno che ci vada con altri perché per lui sono sua, ma io non sono sua anche se tutti lo credono e voglio andare a quello stramaledetto ballo!»

Ed Evanna, davanti alla sua espressione stravolta, fece quello che avrebbe fatto Ginny Weasley in quella circostanza. Fissò impassibile l’amica e domandò: «hai il ciclo?» ed Hermione, invece di lanciarle una scarpa appresso come aveva fatto quella mattina con Tom urlò con tutto il fiato che aveva in gola: «Sììììììììì!»

Scoppiarono a ridere quasi in contemporanea, e quando riuscirono a calmarsi abbastanza da poter parlare senza singhiozzare, Evanna fece una proposta che Hermione non potè rifiutare, dal momento che voleva delle risposte.

E quando Hermione Granger voleva delle risposte le otteneva, qualunque fosse il suo cognome.

Mentre le due ragazze si organizzarono di chiedere asilo per quella notte a Minerva McGranitt, davanti l’ingresso della Sala Comune di Serpeverde Tom Riddle si mosse irrequieto, ancora sveglio nonostante l’orologio segnasse ormai le quattro del mattino. Stava aspettando Hermione, e continuò a farlo fino a quando il sonno non ebbe la meglio su di lui facendolo addormentare sul divano.

Fece sogni strani su un uomo amorfo e su una luce che si allontanava. Quando si svegliò, era così distrutto che sperò la giornata finisse in fretta, ma quando si diresse in Sala Grande non aveva la più pallida idea di quello che la giornata gli avrebbe riservato.

Se l’avesse avuta, sicuramente se ne sarebbe ritornato a letto.

 

24 dicembre 1997. Godric’s Hollow.

Davanti alla tomba dei suoi genitori, Harry Potter, l’indesiderabile numero 1,  si inginocchiò facendo comparire con un colpo di bacchetta una ghirlanda di fiori. La posizionò in modo da toccare le foto dei due giovani ritratti sulle lapidi.

Era così bella la sua mamma, pensò Harry trattenendo a stento le lacrime. Chissà come sarebbe stata la sua vita se i suoi genitori non fossero morti. Con Sirius che gli dava consigli su come comportarsi con Ginny, suo padre che cercava di metterlo in imbarazzo costringendolo a portarla a casa, e sua madre e Remus che li ammonivano di smetterla sorridendo.

Come gli sarebbe piaciuto avere una sorella. Magari come Hermione, ma identica a Lily. E magari anche un fratellino pestifero identico a James che gli rubava la scopa da corsa.

Sirius avrebbe potuto sposarsi, avere dei figli, e rifarsi la vita che aveva perso ad Azkaban per un reato che non aveva mai commesso…

Ron Weasley, il suo migliore amico, gli posò una mano sulla spalla.

«Harry, dobbiamo andare.»

Già, avevano altri horcrux da trovare.

Dopo un’ultima occhiata alle due lapidi i due si smaterializzarono, senza accorgersi di essere stati osservati per tutto quel tempo da tre figure nascoste dietro un albero.

Si avvicinarono anche loro alle lapidi, come aveva fatto prima Harry, e la figura più minuta si abbassò a sfiorare la ghirlanda di fiori di giglio, i suoi preferiti.

Sorrise, prima di rivolgere un sorriso dolce agli altri due incappucciati.

Era ora di fare visita ad un certo lupacchiotto…

 

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

Sono viva e scusatemi, davvero. È passato quasi un anno dall’ultima volta che ho aggiornato e la spiegazione è semplice: ho iniziato a frequentare l’università in un’altra regione!

Beh, non vi annoierò con i dettagli della mia noiosa vita in Umbria, quindi torniamo al capitolo.

Alloooooora, mi è venuto in mente di chiamare l’antenata di Luna come l’attrice che la interpreta perché, francamente, mi sembrava carino. Spero davvero che non siate rimasti delusi. Tom ed Hermione sono due imbranati cronici incapaci a relazionarsi con l’altro sesso e combinano solo guai ma, credetemi, l’arrivo della Lovegood era necessario per triplicarli nel prossimo capitolo, nel quale, fra l’altro, si ritornerà anche a parlare dell’anima nera di Tom.

Quanto al resto… sovrapposizione temporale! Spero davvero di non aver esagerato, ma cose terribili accadono ai maghi che giocano con il tempo. Non devono essere visti!

Vabè non c’è bisogno di spolierare altro, nel prossimo capitolo, tuttavia, ci sarà da ridere ve lo assicuro!

Baci e abbracci, Mary Evans.

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Capitolo 14
*** Gelosia, Gelosia, Gelosia ***


11 dicembre 1944. Sala Grande.

Quando Tom Riddle vide Hermione Evans entrare in Sala Grande quella mattina, era già pronto a farle una lavata di capo.

Dire che era arrabbiato era un eufemismo. L’aveva aspettata fino a tarda ora, contravvenendo alle sue abitudini, e lei aveva avuto anche il coraggio di non presentarsi!

Non vi erano molti studenti seduti ai tavoli, ma una scenata sarebbe stata decisamente fuori luogo. Soprattutto per lui.

Quando Hermione Evans vide Tom Riddle quella mattina, capì subito che era incazzato nero! Si irrigidì pur sostenendo il suo sguardo, iniziando però a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga. Sapeva che allontanandosi non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, ma allo stesso tempo sperava che il piano di Evanna fosse già entrato in atto. Erano stati esclusi dall’incanto, ovviamente, i ragazzini dei primi cinque anni e i suoi amici.

Appena vide Louis Garret, un Grifondoro del sesto anno, avvicinarsi a lei quasi esitante, tenne le dita incrociate.

Era carino Louis, quindi si ritenne fortunata ed esibì il suo migliore sorriso a trentadue denti.

«Ciao Hermione, come va?» le chiese Louis. Lo sguardo quasi adorante.

«Tutto bene Louis. Alla fine sei riuscito a passare il compito di pozioni?» La ragazza ricordò infatti di averlo aiutato negli ultimi ripassi prima della prova decisiva di fine semestre.

Mai domanda fu meno azzeccata, dal momento che Louis, esaltato dalla sua benevolenza, le posò una mano sul braccio.

«Tutto bene… AHI!»

Il ragazzo ritirò di scatto la mano dal braccio, colpito d’improvviso da una forte scossa.

Hermione lanciò un’occhiataccia a Riddle che si era adombrato in volto, e poi riprese a prestare attenzione al povero Louis.

«Scusami, ti sei fatto male?»

«Ma no, ma no, non è nulla!» la rassicurò Louis, nascondendo però le vesciche che si stavano già formando sulla mano.

«Volevo solo chiederti se…» ma non riuscì mai a completare la frase perché iniziò improvvisamente a boccheggiare, ed il suo posto venne preso da uno studente del settimo anno Tassorosso.

«Ciao Hermione, mi chiamo Hernest Millerman, Caposcuola Tassorosso, volevo chiederti se…» ma ancora una volta la ragazza non riuscì a sentire il seguito della frase.

La Sala Grande nel frattempo si era popolata, e tutti i nuovi arrivati iniziarono a mandare occhiate alterne colme di sorpresa da Tom Riddle ad Hermione Evans con i suoi pretendenti. Nessuno aveva mai messo in dubbio la bellezza della Serpeverde, ma il marchio che Tom Riddle le aveva impresso aveva scoraggiato tutti, troppo impauriti dal Serpeverde per tentare una missione suicida solo per una ragazza.

Invece adesso sembrava che quella paura fosse scomparsa dalla mente di tutti, e persino le amiche di Hermione erano sorprese da questo fatto. E, come tutti, avevano anche una paura fottuta della reazione di Riddle, la cui mano sinistra impugnava saldamente la bacchetta pur avendo un rossore che iniziava dal collo espandendosi fino a metà guancia.

Sarebbero anche scoppiati a ridere se non fosse stato per il timore di un omicidio… e conoscendo Riddle, tutto era possibile!

Solo Christian Zabini trovava la cosa estremamente divertente, ma lui era un caso a parte.

Ormai intorno ad Hermione si erano radunati circa una decina di ragazzi, fra il mormorio diffuso degli altri studenti.

Aspettavano tutti la bomba, che si presentò con il nome di Albert Meclaggen.

Si alzò tutto baldanzoso dal tavolo dei Grifondoro e, dopo essere riuscito ad arrivare fino ad Hermione, semplicemente, le afferrò il volto e la baciò.

Hermione aveva gli occhi spalancati, ma come nei migliori film romantici l’intera sala si esibì in un ‘Oooohhhhhh’ pieno di sorpresa.

D’improvviso ci fu un’esplosione che sbalzò lontano tutti gli studenti intorno ad Hermione, tranne Meclaggen, che tuttavia venne voltato da Tom Riddle in persona, e prima che potesse dire alcun che fu colpito da un pugno intriso di magia talmente forte da sbalzarlo oltre l’ingresso.

Ci furono solo tre secondi di silenzio dopo quest’azione da parte del Serpeverde, durante i quali egli non fece altro che fissare la sua ragazza con sguardo furioso.

Poi, come ogni uomo che si rispetti, con un balzo fu nuovamente su Meclaggen iniziando a colpirlo con calci e pugni dimenticando completamente la bacchetta.

E, in seguito all’urlo battagliero di Christian Zabini, l’intero corpo studentesco maschile si ritrovò coinvolto in quella che sarebbe passata alla storia come la migliore rissa del secolo.

Solo per una ragazza.

Halleluja!

 

Le lezioni di quella mattina furono annullate, per la gioia di tutti.

Quelli che avevano bisogno di cure mediche furono spediti in infermeria, ma dopo che Madama Blythe ebbe curato quel che c’era da curare, Tom Riddle, Hermione Evans, Albert Meclaggen e Christian Zabini vennero convocati nell’ufficio del preside Dippet.

Christian Zabini non la smetteva di sghignazzare a quella scena, Tom Riddle che viene convocato dal preside per una punizione non era cosa da tutti i giorni!, ed il fatto che stesse continuando a bisticciare con quell’idiota di Albert che stava provandoci ancora con Hermione non faceva che dare un po’ di brio alla loro situazione… nonché all’evento che si era appena verificato: Tom Riddle, l’uomo di ghiaccio, si era appena sciolto, dichiarando il suo amore alla nuova allieva, Hermione Evans, attraverso un raptus di gelosia!

Probabilmente nessuno avrebbe mai creduto a quella scena se non l’avesse vista con i propri occhi: chi se lo sarebbe mai aspettato che il glaciale Riddle avesse un destro tanto formidabile?

Hermione era imbarazzatissima per l’accaduto. Lei, che non si era mai messa in mezzo a questi scandali di coppia, si era lasciata fregare da un incantesimo solo per ottenere delle risposte.

E adesso Riddle gliele avrebbe fatte scontare una ad una, poco ma sicuro.

Armando Dippet li aspettava con un cipiglio scuro in volto.

Quando li fece accomodare, iniziò il suo discorso.

«Sono molto deluso. Davvero, davvero deluso. Voi siete due Caposcuola e un prefetto! Dovreste essere un modello di comportamento, non eccedere in simili nefandezze!»

Zabini tossicchiò.

«Signor preside, tecnicamente, io non sono né un prefetto né un caposcuola quindi andrei…»

«Fermò lì, Zabini!» tuonò Dippet. «C’ero anch’io quando hai urlato alla rissa in Sala Grande non trattarmi da stupido. 50 punti verranno sottratti a Serpeverde per la tua grave mancanza di giudizio, e pulirai i bagni del secondo, terzo e quarto piano senza magia!»

Christian fece per ribattere ma un’occhiata del preside lo fece desistere, fu quindi con aria afflitta che uscì dallo studio, maledicendo tutti i maghi e streghe del mondo magico per la sua sfortuna.

«Quanto a voi tre, non sono a conoscenza dei motivi che vi hanno spinto ad agire in quel modo, anche se posso immaginarlo.» e qui lanciò un’occhiata adorante e divertita ad Hermione, che arrossì ancor di più «All’amor non si comanda, quindi non riceverete punizioni, anche se verranno tolti 60 punti a testa ai vostri dormitori. Potete andare adesso.»

Albert, Tom ed Hermione si alzarono in contemporanea e si affrettarono ad uscire prima che il preside cambiasse idea riguardo una loro punizione. Tutto sommato, se l’erano cavata bene.

Appena fuori l’ufficio, però Albert tornò all’attacco.

«Senti Hermione, allora per il mio invito qual è la risposta?»

Hermione pensò che quell’incantesimo annullava del tutto lo spirito di sopravvivenza, perché nessuno avrebbe mai osato fare una domanda del genere con Tom davanti, in particolar modo dopo la scenata in Sala Grande.

Vide di sottecchi che il bel Riddle aveva già in mano la bacchetta, ed abbozzò una risposta costringendo Albert ad andarsene prima che fosse troppo tardi.

«Ehm… sì, beh… poi ne parliamo, eh…» riuscì a balbettare,

Spalancò gli occhi quando lui la salutò con un bacio sulla guancia, fissando spaventata la tempia pulsante di Tom, e quando finalmente Albert si fu allontanato Hermione sospirò di sollievo. Tuttavia, un attimo dopo si ritrovò schiacciata contro il muro con le labbra di Tom che premevano prepotenti sulle sue, come a dirle che la questione non era affatto conclusa.

Il ragazzo era arrabbiato, ma Hermione egoisticamente pensò che se per essere baciata in quel modo avrebbe dovuto rischiare la vita provocandolo, allora sarebbe morta pur di vivere di nuovo quell’oblio.

«Tu non parlerai mai più a quella feccia, sono stato chiaro?» sibilò Tom Riddle al suo orecchio. Non le diede nemmeno il tempo di rispondere che la trascinò in un’aula vuota lì vicino, che insonorizzò e sigillò con un incantesimo.

Hermione non aveva mai visto qualcuno tanto arrabbiato, e per la prima volta ebbe davvero paura di Tom Riddle.

Gli occhi che la fissavano erano diventati rossi, e un alone nero stava iniziando ad espandersi intorno a lui.

Adesso sembrava davvero Lord Voldemort.

Uccidila!

Una voce serpentesca si sentì d’improvviso nella stanza, e Tom si accasciò urlando. Quando Hermione tentò di avvicinarsi, tuttavia, lui la respinse con la magia.

«Lui vuole ucciderti! Stai indietro!» le urlò contro, con un tono così disperato che ad Hermione si strinse il cuore nel vederlo combattere contro qualcosa più forte di lui.

È un’insulsa ragazzina! Uccidila, Lord Voldemort! È un ordine!

La Serpeverde era preoccupata. Tom non ce la faceva più a resistere, e in gioco c’era ormai la vita di entrambi.

Fu allora che si ricordò di un incanto che aveva letto fra le carte del Lord nel suo tempo.

Era rischioso, ma a quel punto non aveva molta scelta .

Prese la bacchetta in mano e si avvicinò al ragazzo, afferrandogli il volto e puntando la bacchetta contro il suo cuore.

«Tom, pensa a me.» sussurrò piano, e in quel momento nel rosso dei suoi occhi riuscì a scorgere quel grigio che l’aveva fatta tanto innamorare.

«Amor Mortis!» urlò, e a quelle parole si sentì un urlo agghiacciato, seguito da quello di Riddle e dal suo stesso.

Dopo qualche secondo, l’alone che aveva avvolto Tom fino a quel momento era scomparso, e lui giaceva svenuto sul pavimento.

Prima di perdere i sensi, Hermione si guardò il petto, nel punto in cui doveva esservi il cuore.

Il simbolo che raffigurava morte e amore, uniti in una spirale, fece bella mostra di sé per qualche secondo prima di sparire, assorbito dalla pelle.

Hermione sospirò.

Amor Mortis. Amore fino alla morte.

Alzando lo sguardo su Tom, sorrise.

Amore fino alla morte.

 

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Capitolo 15
*** Sorprese di Natale e CSDIA ***


25 dicembre 1997. Casa di Remus Lupin.

Quel 25 dicembre 1997, Remus Lupin era solo. Aveva perso tutta quell’allegria che aveva acquisito negli anni da quando aveva rincontrato Harry.

Harry.

Bevve un sorso di quello che doveva essere vodka e fece una smorfia disgustata.

Ricordava ancora la sua espressione, mentre gli diceva che i genitori non dovevano abbandonare i propri figli, a meno che non ne siano costretti.

Era stato come rivedere James, quando al terzo anno dopo aver scoperto che era un lupo mannaro gli urlò contro che gli amici non si abbandonano mai nel momento nel bisogno, e che se si fosse nuovamente autocommiserato per una cosa del genere nei rapporti con le altre persone lo avrebbe preso a pugni.

Harry assomigliava a lui più di quanto pensasse…

Il rumore del campanello lo riscosse, e cauto si avvicinò alla porta. Sperò solo che non fosse di nuovo Tonks, anche se il pensiero che fosse lei lo fece affrettare.

Come si permetteva di correre da lui nelle sue condizioni?

Dallo spioncino vide tre figure incappucciate e alzò la bacchetta.

«Chi siete?» esclamò. Nessuno che non fosse dell’Ordine avrebbe potuto superare le protezioni che aveva messo, ma non si poteva mai sapere.

Quando le figure abbassarono i cappucci rischiò di svenire all’istante.

«Andiamo, Rem, aprici!» disse quello che doveva essere James Potter, e gli altri due sorrisero.

«È tutto vero, Rem.» sussurrò Lily Potter, mentre Sirius Black annuiva energicamente.

«Come definivano James Potter e Sirius Black la mia licantropia?

Quando ha scoperto Lily Evans che ero un lupo mannaro?» disse con voce isterica al di là della porta, e quando i tre risposero correttamente, cautamente la aprì rimanendo però senza parole.

Non poteva essere vero. Era sicuramente uno scherzetto dei mangiamorte. Eppure le loro risposte solo Lily Evans, James Potter e Sirius Black avrebbero potuto darle.

Sì. Perchè, Lily Evans Potter, James Potter e Sirius Black erano lì di fronte a lui, esattamente come se li ricordava in vita.

D’improvviso, però, vide tutto nero. E davanti alle espressioni preoccupate dei tre, semplicemente, Remus John Lupin svenne per la prima e ultima volta nella sua vita.

 

Lily Evans in Potter sospirò mentre posava una pezza umida sulla fronte del suo migliore amico, steso sul divano ancora svenuto.

Dietro di lei, suo marito e il padrino di suo figlio stavano ancora ridendo.

«Diamine, James! Siamo tornati in vita noi e stavamo per far morire lui!» disse Sirius Black con la sua tipica risata canina.

James Potter annuì.

«Non era mai svenuto prima, credo. Nemmeno quando al sesto anno ti trasformasti con la polisucco in Emmeline Vance e ti spogliasti davanti a lui… gli venne una ciocca grigia quel giorno… ah, eccola, è ancora qui!» disse entusiasta illuminando i capelli del compare e scovando la famosa ciocca grigia.

«Siete due idioti.» sbottò a quel punto Lily Potter alzandosi per fronteggiarli. «Potevamo procurargli un infarto!»

«Sarebbe stata la prima volta…»

Una voce roca fece voltare verso il divano tre paia di occhi, e Lily si affrettò subito ad aiutare l’amico nel tentativo di alzarsi.

«Cosa… come… voi… »

«Forse è meglio che lasci parlare noi.» propose la ragazza in seguito ai balbettii dell’amico, che annuì.

«Si è aperto un varco spazio-temporale qualche mese fa. Non sappiamo come sia avvenuto, però. Sirius, da oltre il velo, è riuscito ad uscirne, e noi, dall’aldilà, siamo riusciti a tornare in vita.»

«Ma come…»

«Non siamo mai andati via.» spiegò questa volta James.

«Non potevamo lasciare Harry da solo, né te, né  Sirius. Ci è stato proposto di andare avanti ma non abbiamo voluto. Vi abbiamo osservati per tutto questo tempo da una specie di limbo, e quando il varco si è aperto, semplicemente, lo abbiamo attraversato. Ci siamo trovati nel cimitero di Gordric’s Hollow davanti alle nostre tombe, e poco dopo abbiamo visto Sirius, riapparso davanti alla tomba vuota allestita per il suo funerale da Harry. Ed ecco tutto.»

Remus sembrava sul punto di svenire di nuovo, ma quando comprese che ciò che stava vivendo era reale calde lacrime iniziarono a scorrergli sul volto. Si alzò di scatto e abbracciò Lily, poi James e Sirius, mentre continuava a mormorare senza senso frasi come “mi dispiace” “è colpa mia” “siete qui, siete vivi”.

Dopo che si fu calmato (grazie soprattutto ad una camomilla preparata in fretta e furia da Lily), si sedettero tutti e tre intorno ad un tavolo per decidere il da farsi.

«Dio mio, non posso credere che siate davvero qui.» esalò nuovamente il lupo mannaro.

Sirius, nel frattempo, aveva iniziato a guardarsi intorno.

«Remus, scusa se te lo chiedo, ma la mia adorabile cuginetta Ninfadora, nonché tua moglie, dov’è?»

Lupin sembrò imbarazzato dalla domanda, ma decise di sganciare subito la bomba.

«Dora è incinta e ci siamo lasciati.»

Le facce die tre passarono dalla felicità assoluta alla rabbia repressa in meno di un secondo.

Sirius sembrava voler prendere a pugni Remus e si stesse a malapena trattenendo. James lo fece.

Con calma flemmatica si alzò dalla sedia e menò un gancio destro così forte da far cadere il mannaro per terra.

«Sei un idiota, Remus Lupin!» gli urlò in faccia. «So benissimo cosa ti passa in quella testa bacata e hai fatto una stronzata lasciando Tonks e tuo figlio non ancora nato al loro destino! I genitori non dovrebbero mai abbandonare i propri figli, a meno che non ne siano costretti!»

«Nessuno potrebbe mai vergognarsi di te, Remus.» mormorò Lily più calma affiancandosi al marito.

Remus sospirò. Poi, inaspettatamente, sorrise.

«Harry mi ha detto la stessa cosa.» confidò, ed un sorriso andò ad aprirsi sul volto di tutti al nome del prescelto.

«Certamente!» disse Sirius con orgoglio «Perché il mio figlioccio ha preso il buon senso del padrino!»

Scoppiarono tutti a ridere, e a Remus sembrò di essere ritornato felice come un tempo, con i suoi malandrini riuniti.

Aveva ragione James e aveva ragione Harry.

Doveva tornare da Dora e da quel bambino non ancora nato che avrebbe amato con tutto se stesso. E se avesse avuto la sua maledizione, lo avrebbe amato ancora di più, perché era il frutto del suo amore e di quello di Ninfadora.

«Buon Natale, ragazzi.» sussurrò sottovoce senza farsi sentire.

Fuori, un orologio battè la mezzanotte.

Era stato il Natale migliore di sempre.

 

12 dicembre 1944. Stanza delle Necessità.

Tom Riddle dormiva da 12 ore. 12 ore e 14 minuti. 12 ore, 14 minuti e 35, 36, 37 secondi.

Era solo questo che stava tormentando la testa di Hermione Evans in quel momento. Alternava lo sguardo dal Serpeverde all’orologio a muro sopra di lui quasi come se facendo in quel modo il risveglio si potesse affrettare.

Sospirò ancora quando i minuti divennero 15.

Aveva mandato un patronus ai suoi amici per rassicurarli, e chiedergli di inventare una qualche scusa con gli insegnanti per la loro assenza alle lezioni. Aveva promesso che avrebbe spiegato tutto più tardi, ma dubitava che avrebbe rivelato a qualcuno dell’incanto Amor Mortis.

Lei e Riddle sarebbero stati legati, d’ora in avanti.

“La vita di uno è la vita dell’altro, e la morte uccide entrambi, ma l’amore li salverà dall’Inferno,” recitava la spiegazione dell’incanto.

Silente aveva ragione quando diceva che l’amore è la forza più grande di tutte.

Secondo l’incanto, se l’amore dei soggetti sui quali viene effettuato l’incantesimo è forte, può sconfiggere tutti i tipi di magia; se invece i due erano animati dall’odio, allora avrebbero finito per uccidersi a vicenda, perché nessuno dei due poteva vivere se l’altro sopravviveva.

Beh, almeno con quello aveva ottenuto le risposte che voleva, si disse con un sorriso, e nello stesso istante un gemito la fece precipitare al capezzale del bel Riddle.

Stava già cercando di alzarsi, com’era prevedibile, quindi lo spinse giù dolcemente.

«Devi riposare.» sussurrò dolcemente, ma Tom la fulminò con lo sguardo sforzandosi di nuovo di mettersi a sedere.

«Io non devo proprio niente, Hermione Evans, se non chiederti di venire a quel maledetto ballo di Natale con me.»

Sembrava si stesse davvero sforzando per dire quelle parole senza mandarla a quel paese dopo la scenata del giorno prima, eppure sembrò arrossire leggermente quando, dopo qualche secondo, la ragazza spalancò la bocca per lo stupore in una perfetta O.

«Beh potresti anche rispondere a questo punto!» sbottò irritato Riddle, alzandosi di scatto per doversi poi appoggiare alla ragazza per non cadere.

Hermione lo afferrò in tempo e gli riservò un’ occhiata seccata.

«Avrei preferito una richiesta più romantica ma sì, la mia risposta è sì.»

Tom fece un mezzo sorriso prima di tornare cupo come prima.

«Immagino tu voglia delle risposte per quella cosa che stava per attaccarci…»

«Era magia oscura.» disse sicura Hermione «E no, non voglio delle risposte se non sei pronto a darmele.»

«Non so nemmeno io cos’è, a dire il vero.» cercò di spiegarle il ragazzo «So solo che è sempre stata lì, fin da quando ho memoria. Mi costringe a fare cose cattive a chi si comporta male con me. Mi costringe a farli soffrire. Con il tempo sono riuscito controllarlo, ma da quando sei venuta tu sembra essersi risvegliato. E vuole che ti uccida.»

Aspettò che la ragazza scappasse via a gambe levate, ma quando questo non avvenne alzò un sopracciglio.

«Hai un istinto di sopravvivenza quasi inesistente, Evans, te l’hanno mai detto?» commentò poco dopo, e ad entrambi scappò un sorriso prima che lui facesse la domanda successiva.

«Che incantesimo hai usato per fermarlo?»

Hermione esitò per un momento, indecisa sul cosa dirgli, poi però optò per la verità. Tanto prima o poi lo avrebbe scoperto comunque.

«L’incanto si chiama Amor Mortis. L’ho letto su dei fogli tempo fa. Serve ad arginare qualunque maleficio, ma funziona solo se» e qui arrossì «le due persone si amano. Questo significa che d’ora in avanti noi due siamo collegati: se muoio io, muori tu, e viceversa, ma insieme saremo imbattibili.»

Hermione temette di aver troppo romanzato la frase quando vide il volto impassibile di Riddle, che si coricò nuovamente nel letto.

«Dormi un po’.» le disse dopo qualche secondo. «Dovremo essere in forze quando saremo assediati dagli altri con le domande.»

Hermione annuì, e fece comparire un letto poco distante da quello di Riddle per poterlo tenere sotto controllo, cercando di nascondere la delusione che la mancata reazione a quelle parole aveva provocato.

«Hermione,» la richiamò Riddle dopo un po’.

«Uhm…» mugugnò la ragazza con gli occhi chiusi, facendogli intendere di stare ascoltando.

«Prova ancora a farmi ingelosire con un incantesimo della Lovegood e giuro che ti ammazzo, ma, beh, grazie per il resto.»

Hermione arrossì per la figura di merda che sapeva di aver fatto, ma preferì godersi quel ‘grazie’ che raramente sentiva pronunciare dal bel caposcuola.

Grazie per avermi salvato da me stesso, ipotizzò significasse, ma non sapeva che il significato attribuitogli da Riddle era un altro: grazie di esserci.

 

Poco lontano dalla Stanza delle Necessità, due ragazze e due ragazzi dopo mezz’ora di suppliche erano finalmente riusciti a convincere una riluttante Minerva Mcgranitt ad aiutarli nel piano “Come Sverginare Due Idioti che si Amano”, o più semplicemente CSDIA.

Lontano dagli occhi degli altri, Christian Zabini chiese a Minerva di essere la sua accompagnatrice per il ballo.

Lei accettò.

 

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Scusate per il capitolo breve ma non vedevo l’ora di aggiornare! Ringrazio tantissimo Chimera_Jackson, Haileen e TomMalfoyandEmmaGranger per le recensioni del capitolo precedente e tutti quelli che hanno recensito gli altri capitoli o hanno messo la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate! Mi ha dato davvero una gran gioia vedere che la storia vi sta appassionando! Spero solo che la venuta di James, Lily e Sirius non vi faccia cambiare idea! Non ho mai tollerato la morte dei malandrini (escluso Minus), e anche se la vita molte volte è ingiusta e sono le persone migliori a rimetterci, ho pensato che dare loro una possibilità di rivalsa sul fato in questa fic non poteva esser tanto male… cioè, ce l’ha avuta Voldemort la seconda possibilità e loro no?

A proposito ho scoperto che la Mcgranitt è di un anno più grande di Riddle, però mi perdonerete le svista se li ho messi entrambi al settimo anno. E poi non ricordavo quando di preciso Remus torna da Dora dopo la strigliata di Harry quindi ho pensato di far coincidere il periodo con quello di Natale. Se qualcuno vede altre sviste di questo genere gli sarei grata se me le facesse presente, grazie, perchè dovrò fare una bella revisione appena sarò in vena ma potrebbe sfuggirmi qualcosa, in particolare mi riferisco alle sviste temporali.

Beh, al prossimo capitolo e grazie ancora a tutti! Mary Evans.

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Capitolo 16
*** Horcrux ed Elfi Domestici ***


15 dicembre 1944. Dormitori di Serpeverde.

Quel 15 dicembre 1944 mandò in estasi parte della popolazione femminile di Hogwarts e in pieno sconforto quella maschile. Il motivo? Il professor Lumacone, come era soprannominato dagli studenti, aveva avuto un’idea, brillante a suo parere: in seguito agli avvenimenti che avevano creato tanto scompiglio tra gli studenti, e che avevano coinvolto in particolar modo due suoi pupilli, Hermione e Tom, aveva deciso di indire una cena del Lumaclub esattamente cinque giorni prima del ballo di Natale, con la speranza di risollevare gli animi.

Era da quando si era sparsa per la scuola la voce che Tom Riddle era stato portato in Infermeria in seguito ad uno svenimento durante l’ora di Trasfigurazione che ci pensava, e in seguito alla concessione del preside l’annuncio venne dato, scatenando il caos fra gli appartenenti al Luma Club.

Come previsto, Dorea quella mattina aveva costretto Hermione a svegliarsi presto per andare in cerca dei vestiti perfetti.

Solo loro due erano state invitate alla cena di Lumacorno, ma poiché dovevano trovare anche gli abiti per il ballo avevano deciso di invitare anche Lyra e Minerva, con la quale ormai avevano fatto amicizia.

Senza contare che pareri in più su scarpe e accessori erano sempre graditi.

Quello che preoccupava Hermione, però, era il budget di cui disponeva (non aveva un proprio conto alla Gringott di quell’epoca),  che per due vestiti sicuramente non sarebbe bastato. Ricordandosi tuttavia vestiti che le aveva procurato Silente a inizio anno, trovò quello che faceva al caso suo, che per una cena del Lumaclub andava benissimo in quanto molto simile a quello che aveva indossato durante un’altra cena del professore durante il suo sesto anno, solo di colore rosso e molto più lungo, quasi con lo strascico.

Ma per il ballo di Natale doveva per forza andare a fare shopping, e per di più anche per il primo vestito le servivano le scarpe e gli accessori. La cosa iniziò a preoccuparla davvero, ma mattina del 15 tutti i suoi problemi con i soldi svanirono quando trovò un sacchetto pieno di galeoni sul suo letto.

Ringraziando mentalmente Albus Silente per il suo essere così previdente, si preparò per una giornata interamente dedicata al divertimento ignara che nel dormitorio maschile, nel quale Tom Riddle aveva fatto ritorno da appena un giorno, si stesse svolgendo una scena pressappoco identica al caos del dormitorio femminile.

«Non ho alcuna intenzione di vestirmi da pinguino.» sbottò per l’ennesima volta il sopra citato ragazzo, incrociando le braccia davanti ai suoi compagni di dormitorio che, in quel momento, sembravano avere un’aria quasi più esasperata della sua.

«Hai invitato Hermione al ballo… e lei sarà bellissima… vuoi forse sfigurare o farla vergognare?» cercò di farlo ragionare il paziente Christian.

«No, ma…»

«E alla cena di Lumacorno vuoi che ci vada con qualcun altro?» incalzò a sua volta Cignus, conscio della gelosia del Serpeverde, anche se avrebbe pagato per il ripetersi della scazzottata in Sala Grande che, purtroppo, non era arrivato a filmare.

«Assolutamente no, ma…» tentò di nuovo Riddle, per essere poi interrotto nuovamente da Christian.

«E allora muovi quel culo e vestiti che sennò tra dieci minuti ti ci portiamo con la magia ad Hogsmeade… anche in pigiama, se necessario! Charlus ci sta aspettando fuori.»

Tom Riddle avrebbe voluto inventare qualche scusa, davvero.

Che era troppo povero, che quelle cose non facevano per lui… ma poi il volto di Hermione gli comparve davanti e pur di farla felice avrebbe sopportato anche una cena con quel noioso professore e tutti i suoi leccapiedi; e per di più il preside Dippett si era anche premurato di fargli avere un sacchetto pieno di galeoni, come piccolo contributo alla sua borsa di studio per merito, quindi non aveva nemmeno la scusa della mancanza di denaro.

Con un sospiro, iniziò a vestirsi per poi recarsi dai suoi amici (sì, perché ormai anche quel rompipluffe di Charlus Potter e Cignus Black potevano considerarsi tali), con il sacchetto di galeoni ben nascosto in tasca, senza sapere che quel giorno, né Armando Dippett né Albus Silente avevano mandato alcun che ai loro ragazzi.

 

La giornata si svolse tranquilla ad Hogsmeade, crisi isteriche a parte.

Tutti le ragazze erano riuscite nel compito di rimediare in tempo il necessario per fare bella figura, e adesso aspettavano con ansia il giorno in cui avrebbero potuto sfoggiare il tutto davanti ai loro accompagnatori, per potersi vantare con le altre delle scelte migliori (soprattutto di ragazzi).

Quello che i due gruppi di nostra conoscenza ignoravano, tuttavia, erano le due figure che li pedinavano fin da quando avevano lasciato Hogwarts.

Erano ragazzi della loro età, che si fermavano alle vetrine e si strattonavano di tanto in tanto. Perfettamente normali, dunque. Nessuno li notò, nemmeno il paranoico Tom Riddle.

Eppure una particolarità quei due ce l’avevano: erano mangiamorte.

 

20 dicembre 1944. Sala Comune di Serpeverde.

Quando Hermione finì di vestirsi per la cena del Lumaclub, quella sera, sorrise triste al suo riflesso allo specchio.

Lo scorso anno andare a quelle cene era stato fantastico, c’erano Ginny e Harry a farle compagnia, e inoltre lo svilupparsi della relazione tra i due rendeva le cene decisamente più interessanti…

E poi c’era Ron… credeva di essere innamorata di lui a quel tempo, e le pene d’amore che aveva sofferto nel vederlo con Lavanda Brown le avevano fatto vedere l’amico con occhi diversi, ma adesso aveva capito: Ronald Weasley era solo un fratellino minore un po’ imbranato su cui fare affidamento, non avrebbe mai potuto essere il suo compagno nella vita.

Le mancava Harry, certo, ma lui era il suo migliore amico, suo fratello, la comprendeva in tutto, quindi era ovvio che le mancasse.

Eppure, nonostante questo, aveva abbandonato le ricerche per tornare nel suo tempo.

Sapeva di sbagliare, in quanto non era quello il posto a cui apparteneva, ma sapeva che avrebbe potuto rinunciare persino alla sua anima se questo le avrebbe permesso di rimanere al fianco di Tom Riddle.

Cosa che con l’incanto Amor Mortis ormai aveva già fatto.

Quanto a lui, era molto cambiato ultimamente. Dedicava più attenzione a lei che ai suoi mangiamorte e questo non poteva farle più piacere, ma aveva notato che ciò aveva scatenato un po’ di disappunto nei suoi compagni Serpeverde e questo la preoccupava non poco.

Inoltre, lei non veniva trattata più da Tom come una mangiamorte ma come una ragazza, e questo l’aveva irritata non poco in quanto delle volte si rifiutava persino di allenarla nella Stanza delle Necessità.

Sfruttava quei momenti per saltarle quasi letteralmente addosso, pur non arrivando mai al dunque.

Non era riuscita ancora a parlargliene, in quanto in quei momenti anche a lei passava la voglia dell’allenamento (Tom Riddle ci sapeva davvero fare con la lingua…), ma sapendo di doversi ancora migliorare aveva iniziato a farsi dare lezioni di scherma da Cignus Black.

Ogni purosangue, secondo la tradizione, veniva addestrato fin da piccolo nelle arti più disparate, dalla scherma al piano allo studio dell’intera genealogia del mondo magico.

Ovviamente, quando Tom l’aveva scoperto si era infuriato e aveva preteso di assistere alle lezioni, limitandosi ad osservare tutto e tutti con sguardo critico, assottigliando gli occhi di tanto in tanto quando secondo lui Cignus si avvicinava o sfiorava anche per sbaglio Hermione.

Come se Cignus avesse mai voluto provarci poi!

Lyra le aveva raccontato, in via confidenziale dopo l’accenno alle lezioni, che lei e il bel Black erano promessi sposi.

Non si amavano ma erano migliori amici, e questo sarebbe bastato per un buon matrimonio.

Non ci si poteva opporre ai matrimoni combinati purosangue.

Il bussare alla porta fece ridestare Hermione dai suoi pensieri, e la testolina rossa di Dorea spuntò d’improvviso nella stanza.

«Herm, spero davvero che tu sia pronta, perché Riddle, qui fuori, sta andando in iperventilazione.» disse divertita, scoppiando poi a ridere insieme all’amica.

«Dammi ancora un minuto, digli che sto arrivando.»

«Va bene, io inizio ad avviarmi con Charlus. Non tardate!»

Quindi chiuse la porta dietro di sé, lasciando una Hermione stupita.

Davvero Tom era messo così male?

Per non sfidare ulteriormente la sua pazienza decise di sbrigarsi, e afferrando borsetta e scialle uscì dalla stanza.

Quando giunse all’ingresso della sua Sala Comune vi erano molti studenti vestiti eleganti che, appena la videro, fischiarono ammirati.

Riddle, ovviamente, fece pentir loro questo gesto con un riuscito ‘languelingua’, ma i suoi occhi erano solo per Hermione.

La prese sotto braccio senza una parola, conducendola poi fuori dal ritratto.

Hermione pensò che anche senza che lui si fosse messo a lanciare incantesimi in giro, lo avrebbe riconosciuto anche in mezzo ad una folla: Tom Riddle era bello, e la sua aura di carismatica disinvoltura avrebbe fatto voltare chiunque.

Ancora non riusciva a credere che adesso fosse suo.

Aveva indossato un’elegante veste da mago nera come la pece, che con la camicia grigia satinata lo facevano sembrare ancora più figo di quanto già fosse, eppure non aveva ancora detto una parola da quando erano usciti dalla Sala Comune Serpeverde.

Hermione stava iniziando a dubitare seriamente della scelta del vestito (forse con quello non era abbastanza bella per stare al suo fianco?), ma avrebbe dovuto sapere che Tom Riddle preferiva le azioni alle parole, infatti non appena svoltarono un corridoio lui non ci pensò due volte ad inchiodarla contro il muro e baciarla.

Da quando aveva attivato l’incanto Amor Mortis i loro baci erano diventati molto più intensi di prima… sembrava quasi che l’incanto stesso non vedesse l’ora di vederli uniti, e questo non aveva fatto altro che peggiorare una situazione che già prima era diventata insostenibile.

Il bacio durò qualche secondo, e dopo un «sei bellissima» da parte di Tom, come niente fosse si rassettarono i vestiti e il trucco nel caso di Hermione, e si fermarono davanti all’ingresso dello studio di Lumacorno.

«Sei pronta?» le chiese Tom guardandola di sbieco.

«Solo se lo sei anche tu.»

 

Hermione Evans aveva i piedi distrutti.

Aveva indossato delle scarpe col tacco pentendosene dopo poco, in quanto il professor Lumacorno aveva voluto presentare lei e Tom a tutti i presenti e li aveva scorrazzati avanti e indietro per tutto il tempo.

Inoltre come se non bastasse, aveva voluto raccontare della loro relazione persino ad alcuni giornalisti lì presenti, ed Hermione non dubitava che se quelle interviste fossero uscite sulla Gazzetta del Profeta il giornalista in questione si sarebbe trovato in un brutto guaio.

Ormai la serata era quasi finita, e uno dopo l'altro i ragazzi uscirono, compreso Tom, mentre lei si era attardata per andare in bagno. Lumacorno si alzò dalla poltrona e mise il bicchiere vuoto sulla scrivania. Un movimento alle sue spalle lo fece voltare: Abraxas Malfoy era ancora lì.

«Attento, Malfoy» lo ammonì. «Non vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore proibite...»

Hermione si nascose dietro ad una tenda per ascoltare meglio la conversazione. Aveva cercato di evitare Abraxas tutta la serata, ma le era sempre sembrato di sentire il suo sguardo viscido addosso. Era entrato nel Lumaclub grazie alla sua famiglia di grandi pozionisti, fama che aveva attratto il vecchio Luma, ma prima di quel giorno non si era mai presentato alle cene del Lumaclub in quanto, come aveva sentito una giorno, le trovava prive di finalità pratiche.

Secondo lei, per aver contravvenuto in modo così plateale alla sua regola presentandosi per di più non accompagnato, doveva avere qualcosa in mente. E quindi, anche se sapeva che era sbagliato origliare, si nascose meglio per osservare i due.

«Signore, volevo chiederle una cosa».

«Chiedi, ragazzo mio, chiedi...»

Anche se Malfoy non era Tom, Lumacorno non era tanto stupido da rifiutare un piacere al discendente di una famiglia tanto influente come i Malfoy.

«Signore, mi chiedevo che cosa sa degli... degli Horcrux».

Lumacorno lo fissò, mentre le grosse dita accarezzavano distrattamente lo stelo del bicchiere.

«È una ricerca per Difesa contro le Arti Oscure?»

Ma Hermione capì che Lumacorno sapeva benissimo che non si trattava di un compito.

«Non proprio, signore» rispose Malfoy. «Mi sono imbattuto in questa parola leggendo e non l'ho capita bene».

«No... insomma... è molto difficile trovare a Hogwarts un libro che parli degli Horcrux, Abraxas. È roba molto Oscura, molto Oscura davvero» ribatté Lumacorno.

«Ma ovviamente lei sa tutto di loro, signore. Voglio dire, un mago come lei... Mi scusi, insomma, se non me lo può dire, è chiaro... ma vede, se c'è qualcuno che può, questo è lei... così ho pensato di chiederle...»

Hermione non poteva davvero credere a quello che stava sentendo. Si era preoccupata di non far cadere Riddle nel lato oscuro, ma non aveva affatto tenuto il conto degli altri mangiamorte!

Era stata davvero una stupida.

Avrebbe potuto interromperli, avrebbe dovuto, ma sapeva che Abraxas ci avrebbe riprovato quindi le venne un’idea migliore in mente.

«Be'» continuò Lumacorno, giocherellando con il nastro della scatola di ananas che Tom aveva fatto comparire all’ultimo come omaggio al professore, senza guardare Malfoy, «be', non può esserci niente di male a darti un'idea. Solo perché tu capisca il termine. Si definisce Horcrux un oggetto nel quale una persona ha nascosto parte della sua anima».

«Però, signore, non riesco a comprendere come funzioni» insistette Malfoy.

La sua voce era attentamente controllata, ma Hermione ne avvertì l'emozione.

«Be', si spacca l'anima, capisci» rispose Lumacorno, «e se ne nasconde una parte in un oggetto al di fuori del corpo. Quindi, anche se il corpo viene colpito o distrutto, non si può morire, perché parte dell'anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente l'esistenza in una simile forma...»

Il volto di Lumacorno si accartocciò e Hermione si ricordò le parole che aveva udito da Harry quasi due anni prima: 'Fui strappato via dal mio corpo, diventai meno che spirito, meno del più miserabile fantasma... eppure ero vivo'.

«Pochi la vorrebbero, Abraxas, davvero pochi. La morte sarebbe preferibile».

Ma la bramosia di Malfoy ormai era evidente; aveva un'espressione avida, incapace di nascondere il suo desiderio.

«Come si fa a spaccare l'anima?»

«Ecco» fece Lumacorno, a disagio, «tieni a mente che l'anima deve restare integra e indivisa. Spaccarla è un atto di violenza, è contro natura».

«Ma come si fa?»

«Con un'azione malvagia... L'azione malvagia suprema. Commettendo un omicidio. Uccidere lacera l'anima. Il mago che intende creare un Horcrux usa il danno a suo vantaggio: rinchiude la parte strappata...»

«Rinchiude? Ma come?»

«Esiste una formula, non chiedermela, non la so!» sbottò Lumacorno, scuotendo la testa come un vecchio elefante irritato dalle zanzare. «Ti sembra che l'abbia provata... Ti sembro un assassino?»

«No, signore, certo che no...» replicò subito Malfoy. «Mi dispiace... non volevo offenderla...»

«Ma no, ma no, non mi sono offeso» borbottò Lumacorno. «È naturale provare un po' di curiosità per queste cose... I maghi di un certo calibro sono sempre stati attratti da questo aspetto della magia...»

«Sì, signore» convenne Malfoy. «Quello che non capisco, però... è solo una curiosità... voglio dire, un solo Horcrux sarebbe utile? Si può strappare l'anima solo una volta? Non sarebbe meglio, per rendersi più forti, dividere l'anima in più parti? Per esempio, sette non è il numero magico più potente, e sette non...?»

«Per la barba di Merlino, Abraxas!» guaì Lumacorno. «Sette! Non è già abbastanza orribile pensare di uccidere una persona? E in ogni caso... dividere l'anima è orribile... ma strapparla in sette pezzi...»

Lumacorno era profondamente turbato: fissava Malfoy come se non l'avesse mai davvero visto e Hermione capì che rimpiangeva di essersi avventurato in quella conversazione.

«Comunque» borbottò, «sono tutte ipotesi, no? Tutta accademia...»

«Sì, signore, certo» si affrettò a rispondere Malfoy.

«E in ogni caso, Abraxas... tieni per te quello che ti ho detto... cioè, quello che abbiamo discusso. Alla gente non piacerebbe sapere che parliamo di Horcrux. È un argomento bandito a Hogwarts... Silente è severissimo a questo proposito...»

«Non dirò una parola, signore» assicurò Malfoy.

Quando si voltò, tuttavia, Hermione potè coglierne l’espressione: la stessa gioia selvaggia di quando aveva scoperto di essere un strega, una gioia che non donava ai suoi bei lineamenti, ma in qualche modo li rendeva meno umani...

Fu a quel punto che decise di agire. Puntò la bacchetta contro Abraxas e il professor Lumacorno pronunciando l’incanto ‘Aresto Momentum’.

Si avvicinò velocemente ad Abraxas e gli modificò i ricordi, facendogli credere di aver parlato con il professore ma di non aver ottenuto le informazioni che desiderava; modificò poi anche la memoria di Lumacorno, facendogli credere di non aver mai avuto quella conversazione con il Serpeverde.

Poi andò nuovamente a nascondersi e annullò l’incanto che arrestava il tempo.

L’espressione di Malfoy divenne stizzita, lui se ne andò a passo di marcia dallo studio, menando una spallata a Tom che gli lanciò un’occhiataccia prima di entrare dalla porta.

Sicura che cercasse lei, Hermione uscì allo scoperto.

Riddle alzò un sopracciglio alla vista del suo nascondiglio, ma non commentò sul momento.

Salutarono rispettosamente il professor Lumacorno e si diressero verso il loro Dormitorio.

«Perché hai modificato la memoria di Abraxas Malfoy?» domandò piano Riddle scrutandola con sguardo indagatore.

Hermione si irritò, rendendosi conto che non era riuscita ad evitare neanche questa volta che lui le leggesse la mente, ma non poteva assolutamente rivelargli le motivazioni che l’avevano spinta a farlo, perché altrimenti Riddle avrebbe voluto sapere il motivo per il quale quelle informazioni la preoccupavano tanto, e lei non era ancora pronta a dirgli la verità.

Così fece quello che le veniva meglio, lo distrasse: perché se per chiunque altro quella sarebbe stata un’impresa, questo non includeva lei.

«Smettila di leggermi i pensieri…» sussurrò, prima di iniziare a baciarlo con una furia e una passione mai sperimentate prima.

E Tom Riddle non parlò più.

Poco lontano da loro due, nascosti nell’ombra, Dorea e Charlus sorrisero. Forse a quei due non serviva così tanto il loro aiuto…

 

30 dicembre 1997. Casa di Remus Lupin.

«Allora cosa dobbiamo fare adesso?» chiese James agli altri.

Fu Ninfadora a rispondere, tenendosi una mano sulla pancia.

«Beh, non potete di certo camminare per strada come se nulla fosse, visto che siete morti. A maggior ragione con il nuovo regime introdotto da Tu-sai-chi: vi ritrovereste morti ancor prima di rendervene conto, o farete concorrenza ai manifesti di Harry come l’Indesiderabile numero 1 da latitanti.»

«Ma qualcosa dobbiamo fare!» sbottò Sirius alzandosi in piedi.

«Non ho alcuna intenzione di starmene con le mani in mano mentre il mio figlioccio rischia la vita. Mi è bastato il periodo a Grimmuld Place!»

«Ragazzi, spiacente di fare la guastafeste, ma secondo me Tonks ha ragione.» mormorò Lily

«Harry sta svolgendo una missione per conto di Silente e non sappiamo dove sia, quindi non abbiamo indizi per raggiungerlo; per di più non possiamo andarcene in giro come se niente fosse in quanto Voldemort ha conquistato il Ministero e l’Ordine si è dimezzato. Per quanto non mi piaccia ammetterlo, l’unica cosa che possiamo fare è credere in Harry e aspettare di intervenire nella battaglia finale che sicuramente ci sarà.»

Un silenzio sconfortato scese su tutti, quando a Sirius venne un lampo di genio.

«Ma certo! Lo specchietto! Remus, sai se Harry se l’ è portato appresso?»

Remus, preso in contropiede, ci mise un po’ a rispondere.

«Alla Tana non era rimasto più nulla di suo, quindi suppongo di sì. Credo.»

«Gli hai dato il mio specchietto?» chiese invece James con voce emozionata.

«Kreacher!» Urlò tuttavia Sirius, e un elfo con vesti tutte rattoppate e un grosso medaglione al collo apparì al suo cospetto con un crack.

Quando vide Sirius iniziò a piangere, scioccando i presenti.

«Il padron Sirius è vivo, Kreacher è felice per il padroncino Harry, ma Kreacher vuole rimanere al servizio del padroncino Harry e non di padron Sirius! Kreacher vuole sapere come ha fatto il padron Sirius a ritornare perché lui era morto, Kreacher lo sa, ha visto piangere tanto il padroncino Harry. E anche se Kreacher non vuole tornare con padron Sirius, Kreacher è felice per il padroncino Harry.»

Il monologo di Kreacher fece rimanere tutti senza parole, soprattutto Sirius: come aveva fatto il suo figlioccio ad ottenere la fedeltà dell’elfo domestico che aveva odiato fin da bambino?

Comunque si riscosse in fretta, e cercando di essere il più gentile possibile, più perché in quell’occasione gli serviva l’aiuto dell’elfo e non voleva che facesse la spia a Bellatrix che per altro, gli chiese: «Kreacher, voglio che mi porti il mio specchietto, quello che usavo per comunicare con James a Grimmuld Place quando ero ancora ad Hogwarts… mi serve per trovare Harry.»

Kreacher a quel punto si guardò intorno e riconobbe chi lo circondava. Manco a dirlo, scoppiò di nuovo in lacrime imbarazzando persino Sirius, che non sapeva come comportarsi.

«Ma anche i genitori del padroncino Harry sono tornati in vita! Kreacher era preoccupato per il padroncino che si mette sempre nei guai, ma adesso Kreacher trova lo specchietto di padron Sirius per aiutare il padroncino Harry.»

E sparì con un pop.

«Sai, James…» disse un Sirius ancora sconvolto «credo che regalerò di nuovo Kreacher ad Harry invece di tenermelo…»

Prima che James Potter potesse rispondere, tuttavia, ecco che Kreacher riapparve. Ma questa volta non era solo: c’erano Aberforth Silente e l’elfo Dobby con lui.

In tre, si litigavano un quadro con dei frammenti di specchio al suo interno.

Quando Aberforth vide chi altro c’era in quella stanza, rimase per un attimo senza parole prima di sbottare.

«Potter e Black! Allora è vero che siete come la gramigna!»

 

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Alooooooooora chiedo scusa per il ritardo come al solito ma ormai credo ci dovete essere abituati.

Che ne pensate? Uno schifo? L’idea di Abraxas mi è venuta perché in qualche modo un cattivo ci doveva essere e mi sarebbe dispiaciuto che fosse Tom a questo punto, ma soprattutto per  Hermione.

Perdonate la foto, ma non ne ho trovate di migliori con Abraxas e non sono un asso nel modificare le immagini aggiungendo Tom e Hermione.

Mi è piaciuto molto l’intervento di Kreacher e Dobby, perché ve lo dico, le morti che ho sempre detestato sono quelle di Dobby, Fred, Tonks e Lupin quindi assolutamente non vi aspettate di vederli morire.

E ringrazio davvero tutti quelli che supportano la mia storia!

Al prossimo capitolo! Mary Evans.

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Capitolo 17
*** Tanto Amore e Nuovi Arrivi ***




22 Dicembre 1944. Aula in disuso nel corridoio del terzo piano.

«Ragazzi, secondo me non dovremmo più forzare troppo le cose tra Tom e Hermione… noi possiamo anche pensare che per stare meglio dovrebbero fare sesso, ma la scelta sta a loro. Non dovremmo intrometterci più di tanto nel loro rapporto secondo me.» esclamò Dorea Black, seduta comodamente su un banco spostato contro la parete.

Suo fratello Cignus scoppiò a ridere.

«Facile dirlo adesso, ‘Rea, dopo averli visti praticamente saltarsi addosso! Ormai lo sappiamo tutti che è solo questione di tempo prima che quei due facciano sesso… sembra quasi che da quando Tom è stato male non aspettino altro…»

Ci fu qualche minuto di silenzio, poi Christian battè forte le mani facendo saltare tutti.

«Beh, ragazzuoli, a questo punto direi che la riunione per il piano CSDIA può considerarsi sciolta. Ringrazio ancora tutti per il contributo all’acquisto dei vestiti per quei due testoni, e vi saluto, adesso, perché oltre alla vita sessuale di Tom devo preoccuparmi pure della mia!»

Quindi afferrò Minerva per mano, nonostante i suoi rimproveri, e la trascinò fuori dall’aula esclamando un ‘au revoir’ a voce fin troppo alta per uno che si è incontrato con altri ragazzi nel cuore della notte in un’aula in disuso rischiando una punizione.

Lyra, Cignus, Charlus e Dorea sorrisero rassegnati,  se pur felici per il loro amico.

Loro lo avevano già capito da un po’ che fra quei due c’era del tenero.

Lyra e Cignus si guardarono di sottecchi, cercando di non farsi vedere, ma le loro occhiate non sfuggirono certo a Charlus e Dorea, che sorrisero.

«Ah, l’amore sembra essere proprio nell’aria quest’anno!» esclamò la ragazza scendendo dal banco.

Prese per mano Charlus e insieme uscirono dalla stanza dopo aver salutato gli altri due, ma non prima di averli visti prendersi per mano e distogliere lo sguardo, imbarazzati.

Sorrisero di nuovo prima di baciarsi.

Sì, l’amore era decisamente nell’aria.


25 dicembre 1944. Sala Grande.

Hermione stava ballando tra le braccia del suo Tom.

Non lo avrebbe mai detto, ma era un bravo ballerino.

Le mancava il fiato mentre la faceva volteggiare nello spazio che di era venuto a creare al centro della Sala Grande. Solo per loro due.

I loro occhi erano incatenati al punto che non sentivano niente che non fosse la presenza dell’altro.

La mano di Riddle si strinse possessiva sui suoi fianchi, e lei trattenne il fiato quando lo vide abbassarsi per baciarla.

Sarebbe stata la prima volta davanti a tutta la scuola.

Tuttavia Tom cambiò direzione avvicinandosi al suo orecchio, sussurrandole qualcosa che somigliava a “Torre di Astronomia” con uno sguardo talmente serio e profondo da farla arrossire.

Aveva capito benissimo ciò che intendeva, ma nell’istante in cui si stava alzando sulle punte per baciarlo l’espressione di lui cambiò di colpo e le porte della Sala Grande vennero distrutte da un potente incantesimo.

Una ventina di uomini con le maschere fecero il loro ingresso e ad Hermione sembrò di essere tornata ai tempi della Coppa del Mondo di Quidditch al suo quarto anno.

Iniziarono tutti ad urlare e in un momento ci fu il caos.

Hermione riuscì a riunirsi con Dorea, Charlus, Christian, Cignus, Lyra e tutti gli altri suoi amici, trascinandosi dietro Tom che le copriva le spalle lanciando incantesimi a destra e a manca, mentre sia lei che gli insegnanti iniziavano a fare lo stesso.

Si ritrovarono tutti spalla contro spalla, mentre i mangiamorte li circondavano.

Uno si fece avanti.

«Ormai sei diventato troppo debole per guidarci, Tom.» disse Abraxas Malfoy. La sua voce sia Hermione che Tom l’avrebbero riconosciuta fra mille.

«Tu invece no, giusto Malfoy?» rispose Tom con un ghigno sarcastico dal quale tuttavia traspariva tutta la tensione di quel momento.

Fu un attimo. Un guizzo sulla guancia di Malfoy e un fascio di luce verde. L’urlo di Hermione che si mise davanti a colui al quale era stato indirizzato. L’urlo di Tom. Poi l’oblio.

 

Hermione Evans si svegliò di soprassalto urlando. Quando riuscì a calmarsi, capì che era ancora nel suo dormitorio Serpeverde, e il suo vestito per il ballo di Natale era ancora posato sulla sedia, esattamente dove lo aveva messo la sera prima.

Le ragazze dormivano tranquille e non se la sentì di svegliarle per un sogno, tuttavia l’inquietudine non accennava ad andarsene.

Decise quindi di rivolgersi all’unica persona che in tutto il castello, probabilmente, l’avrebbe ascolta senza crederla pazza: Albus Silente.

 

1 gennaio 1998. Casa di Remus Lupin.

Remus Lupin, con la mano intrecciata a quella di sua moglie, Ninfadora Tonks, guardava con un sorriso i suoi migliori amici. Vivi.

Era appena scoccata la mezzanotte, ed era la prima volta che lui non passava l’ultimo dell’anno al cimitero di Godric’s Hollow. Persino quando Sirius era ancora vivo era stata una tradizione.

Rimediavano quante più bottiglie di whisky incendiario possibile e si ubriacavano fino a perdere conoscenza davanti alle tombe dei loro amici… anche se, a dirla tutta, l’unico a cadere per terra svenuto era solo Sirius.

Ma adesso non erano soli. C’era James e c’era Lily.

Mancava solo Harry a completare il quadretto, ed era per questo che l’atmosfera era tesa.

In realtà non sarebbe sembrato nemmeno capodanno se non fosse stato per il sorriso di Sirius.

Un sorriso che Remus Lupin non gli aveva visto in volto dall’ultima volta che avevano visto James vivo, prima di quel maledetto 31 ottobre.

Continuava a fissare James come se ancora non si capacitasse di averlo lì, alternando di tanto in tanto lo sguardo anche su Lily.

I Potter da parte loro non fissavano nessuno, persi nei loro pensieri. Pensieri che, nemmeno a dirlo, riguardavano il loro unico figlio.

James si rigirava tra le mani lo specchietto che Kreacher aveva portato loro senza sapere bene cosa farci.

Anche se il desiderio di vedere e sentire suo figlio era forte, sapeva che le loro idee di mettersi in contatto con Harry si sarebbero rivelate infruttuose.

Se lo avessero chiamato dicendo chi erano, probabilmente lui avrebbe commesso una sciocchezza se gli avesse creduto, o avrebbe pensato semplicemente ad un trucco di Voldemort per farlo uscire allo scoperto.

D’altro canto, anche lui avrebbe pensato in quel modo: se d’improvviso avesse ricevuto una chiamata dai suoi defunti genitori Charlus e Dorea, avrebbe prima pensato ad uno scherzo di cattivo gusto e poi avrebbe creduto di essere pazzo.

E non necessariamente in quell’ordine.

Harry era in una situazione complicata, e pericolosa anche, senza che si aggiungesse il ritorno dei suoi genitori e del suo padrino dall’oltretomba.

L’unica soluzione, erano arrivati a concludere, era aspettare la battaglia finale.

Remus aveva detto loro che Silente aveva affidato una missione ad Harry prima di morire; una missione che avrebbe permesso la sconfitta definitiva di Lord Voldemort.

Era stata dura accettare la morte del vecchio preside per mano di Piton, Lily aveva pianto per mezz’ora, e anche se la voglia di uccidere Mocciosus era tanta, erano altre le priorità, anche se non potevano far nulla di concreto.

Lily, alzando lo sguardo verso Remus, sorrise intenerita.

Aveva una mano intrecciata a quella di sua moglie, che con l’altra si accarezzava teneramente il pancione.

Era felice che il suo migliore amico avesse avuto il coraggio di crearsi una famiglia sua alla fine, nonostante i suoi pensieri di dover rimanere da solo, vista la sua maledizione.

Non riusciva ancora a credere che erano di nuovo lì, tutti insieme, come in passato.

Anche se molte cose erano cambiate.

Peter li aveva traditi.

Sirius era andato ad Azkaban.

Remus era rimasto solo.

Ed Harry era cresciuto con i babbani.

E…

D’improvviso si accigliò.

«Remus, ma che fine hanno gli altri?»

Quando Remus alzò gli occhi capì perfettamente il senso della sua domanda. Esitò un attimo prima di rispondere.

«Vuoi saperlo davvero?»

Lily annuì incerta, attirando l’attenzione anche degli altri presenti.

«Alice e Frank sono ancora al San Mungo, nelle stesse condizioni in cui li avete visti l’ultima volta; Emmeline è diventata medimaga, ma attualmente è in latitanza per aver rifiutato di entrare tra i mangiamorte; Mary è in America da quando...»

«Non è vero.» lo interruppe Sirius a testa bassa.

Sentendosi osservato alzò lo sguardo, vedendo la domanda implicita negli occhi di tutti.

Prese un bel respiro.

«Poco dopo essere entrato in latitanza in seguito alla mia fuga da Hogwarts grazie all’aiuto di Harry ed Hermione, l’ho contattata. Ho seguito il suo odore. Forse sapeva che prima o poi sarei riuscito ad evadere per proteggere Harry, forse non ha mai veramente dubitato di me, non lo so. Sta di fatto che aveva lasciato tracce di sé prima di scappare dall’Inghilterra, quindi ho solo dovuto seguire gli indizi. Indizi che sicuramente non mi hanno portato in America.

L’ho trovata in un villaggio babbano, poco lontano da Godric’s Hollow. Viveva in una casetta modesta, e si manteneva con un negozio di Erboristeria. Mi sembra si chiami così. Ha sfruttato le sue conoscenze in pozioni per vivere nel mondo babbano, e quando l’ho trovata mi ha abbracciato come se non fosse passato che un giorno dall’ultima volta che ci eravamo visti. Nonostante io puzzassi ancora di Azkaban e lei fosse invecchiata.

Mi sono trattenuto da lei per un mese, stando sempre attento a non uscire mai se non sotto forma di cane per non dare nell’occhio, e dopo avermi rimesso a nuovo mi ha raccontato cosa aveva fatto negli ultimi anni.

Era stata in America per un mese, poi in Scozia. Aveva girato l’Europa, ma poi aveva capito che L’Inghilterra, nonostante tutto, era la sua casa, ed era tornata qui. Non ce la faceva più ad usare la magia, quindi aveva riposto la bacchetta e si era rifugiata nel mondo babbano.

Aveva sempre creduto alla mia innocenza, nonostante molte volte ammise di avermi incolpato della morte di James e Lily. Le ho raccontato dello scambio e lei mi ha creduto.

In quei giorni che eravamo insieme sembrò ringiovanire quasi quanto me grazie alle sue cure finchè poi non dovetti andarmene.»

«E poi?» insistette James con un sorrisetto in volto, malgrado tutto. «Se non erro avevi in programma di farle la proposta quel maledetto 31 ottobre. Hai detto che ti ha sempre creduto innocente, quindi non puoi averla lasciata così e basta.»

«Volevi sposarla?» urlarono insieme Lily, Remus e Tonks facendo arrossire Sirius. James scoppiò a ridere.

«Andiamo ragazzi, le va dietro da quando eravamo ad Hogwarts cosa vi aspettavate? Comunque non divaghiamo. Continua.»

Sirius si alzò di scatto iniziando a camminare e a gesticolare nervosamente, per il divertimento di tutti.

«Beh, e poi niente! L’ho baciata, abbiamo continuato a tenerci in contatto, l’ho sposata ed era incinta prima che io morissi. Fine.»

L’urlo di Munk era nulla al paragone con le facce dei due Malandrini e delle loro consorti.

Sirius fece un sorriso sbilenco, prima di estrarre la bacchetta ed evocare un patronus. Gli mormorò qualcosa, e il grosso cane nero scomparve oltre la porta dopo aver annuito al suo padrone.

Prima che qualcuno potesse aprir bocca, il crac di una materializzazione fece voltare tutti verso lo strano trio che era appena apparso nel salotto di casa Lupin.

Una donna, una neonata e un elfo domestico, che sembrava essere proprio Kreacher, con un pannolino sporco che pendeva da una delle orecchie.

Poi con un altro crac apparve anche Emmeline Vance. E dopo di lei Aberforth Silente, Molly, Arthur, Bill, Fleur, Charlie, Fred e George Weasley, Andromeda Black in Tonks, Elphias Doge, Dedalus Lus, Rubeus Hagrid, Olympe Maxime, Minerva McGranitt,  e Kingsley Shacklebolt.

Era il nuovo Ordine della Fenice, al completo.

Iniziarono tutti a guardare coloro che dovevano essere defunti con sguardo allucinato, tanto che James si trattenne a malapena dallo scoppiare a ridere di fronte alle loro facce.

Sirius, invece, aveva occhi solo per una persona.

Quando Mary MacDonald in Black gli si avvicinò con la loro bimba di pochi mesi in braccio, e lui venne investito dal suo profumo alle mandorle quando lo abbracciò, per la prima volta da quando era rinato Sirius Black si sentì davvero vivo.

«Bentornato a casa, Felpato.» sussurrò Mary Black al suo orecchio.

Accarezzando i capelli radi della figlia, Sirius Black sorrise.

Bentornato a casa.

 

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Scusate l’assenza. Ci sono stati diversi lutti in famiglia e la voglie di scrivere non c’era proprio. Comunque. Ho un’idea in mente per Hermione e Tom che sto ancora sviluppando quindi non anticipo niente. Finalmente l’Ordine ha scoperto della rinascita dei Potter. E Sirius ha una figlia di dieci mesi nata il 14 febbraio. Perché anche lui ha bisogno del suo lieto fine, diciamocelo.

Beh ecco, tutto. Se ci sono errori o volete farmi correggere qualcosa sono apprezzate le critiche grazie :)

Alla prossima, Mary Evans.

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Capitolo 18
*** Teddy Lupin e Sogni Strani ***


25 dicembre 1944. Ufficio del Professor Silente, ore 04:50

Quando Hermione bussò alla porta dello studio di Albus Silente, in vestaglia e quasi alle cinque del mattino, l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettata era di essere fatta accomodare all’interno da nientepopodimeno che da Tom Orvoloson Riddle, anche lui in vestaglia da notte.

L’espressione sbigottita della ragazza era evidente, ma Tom sembrava così stremato che finì per accomodarsi sulla sedia che Albus Silente le indicava da dietro la sua scrivania invece di iniziare subito con le domande. Il luccichio negli occhi del futuro preside più vivo che mai.

«Immagino che anche lei sia stata disturbata dagli incubi, miss Evans» esordì Silente.

Hermione annuì piano guardando Riddle.

«Non sarà sorpresa di scoprire che anche il nostro signor Riddle è qui per la stessa ragione. Oltre che per parlarmi del recente vincolo che vi unisce che ha portato rimedio ad un problema del quale, temo, non essermi mai accorto. Una grave mancanza che avrebbe potuto portare a conseguenze deplorevoli, per fortuna arginate appena in tempo. Ora, Hermione, saresti così gentile da raccontare ciò che ti ha spinta a cercarmi a quest’ora del mattino, per favore?»

«Certamente, professore.» disse Hermione e, dopo un’ultima occhiata verso Riddle, cercò di spiegare il più chiaramente possibile il suo sogno, che aveva il timore potesse rivelarsi premonitore di quella sera.

«Allora, professore?» chiese ansiosa, «Cosa ne pensa?»

Il professor Silente si alzò dalla sua sedia e diede le spalle ai due studenti borbottando qualcosa fra sé.

Tom, nel frattempo, si era seduto sulla sedia vicino quella di Hermione ed aveva posato una mano sulla sua gamba.

L’espressione turbata della serpe si spostò immediatamente sul suo fidanzato -le faceva ancora strano pensare a Tom in quei termini- e come di riflesso mise una mano sulla sua facendo intrecciare le loro dita.

Non potevano permettersi altro davanti a Silente (o davanti a chiunque altro, a dirla tutta), ed Hermione sapeva che per Tom quello era anche tanto, considerato che detestava simili manifestazioni di affetto, quindi fu sorpresa che lui non si fosse sottratto a quel contatto.

Quello a cui non era decisamente preparata era alla reazione del suo corpo, che al primo contatto con il bel Riddle si era decisamente surriscaldato.

Lo guardò meglio, e ancora una volta si ritrovò ad ammirarlo per come riuscisse a sembrare un fotomodello anche in vestaglia e babbucce.

Il ragazzo fece un sorrisetto che in realtà era più un ghigno ed Hermione sospettò che avesse letto i suoi pensieri, quindi, infastidita, pensò ad un’immagine che ebbe il potere di far arrossire leggermente il Serpeverde e costringerlo a portarsi entrambe le mani in grembo.

Nascondendo a fatica un ghignetto divertito, Hermione riportò la sua attenzione sul professor Silente che, notò, era rimasto a fissarli interrompendo il suo monologo.

Immediatamente delle maschere impassibili calarono sui volti dei due ragazzi, e Albus Silente iniziò a parlare, senza riuscire a nascondere del tutto il suo divertimento.

«Immagino non sarà sorpresa di sentire, miss Evans, che il signor Riddle qui presente è venuto a narrarmi un pressocchè analogo racconto riguardo il suo sogno, e le mie conclusioni in merito sono che, in seguito all’incanto Amor Mortis, oltre alle vostre vite avete vincolato anche i vostri pensieri, più o meno. Da quel che so, entrambi tenete sempre attiva una barriera mentale molto forte, tuttavia durante il sonno tale barriera tende a diminuire di intensità e voi due potete arrivare a condividere ciò che sognate. Non accade spesso, né può accadere volontariamente, ma ieri sera è successo.

Quella premonizione, perché di una premonizione si trattava, immagino sia stata scaturita dall’incanto Amor Mortis stesso, che oltre ad unirvi vi ha fornito una protezione contro ciò che potrebbe dividervi, mostrandovelo prima che inevitabilmente questo accada.»

«Qundi non c’è alcuna speranza?» domandò Hermione con voce roca. Tom le prese di nuovo la mano stringendogliela forte.

«Io non permetterò che accada.» disse con la voce di uno che avrebbe fatto di tutto per evitare l’inevitabile, ed Hermione sapeva che sarebbe stato capace anche di dannarsi l’anima pur di salvarla. Ironia della sorte, proprio quello che lei voleva evitare.

«Il futuro non è scritto, signorina Evans. Lei, più di tutti, dovrebbe saperlo.»

 

29 Maggio 1998. Casa di Remus Lupin.

Remus Lupin camminava avanti e indietro fuori dalla porta della stanza nella quale sua moglie stava partorendo.

Andare al San Mungo sarebbe stato troppo pericoloso, così quando Ninfadora aveva avvertito la rottura delle acque tutte le donne presenti in quel momento – ovvero Andromeda, Lily e Mary – l’avevano portata in una stanza da letto e con tanta pazienza si stavano dando da fare per far partorire la ragazza secondo le usanze babbane, ovvero con pezze e acqua calda.

Così, mentre dall’interno della stanza si sentivano urla degne della trasformazione in lupo mannaro di Remus, all’esterno vi erano James, Sirius con la piccola Cassiopea, e un povero Remus in piena crisi isterica per non poter fare nulla per alleviare il dolore della consorte.

«Rem, siediti che così scavi un fosso.» gli disse James con un sorriso teso cercando di far rilassare l’amico.

Remus lo guardò male.

«Devo forse ricordarti che dopo la nascita di Harry hai dovuto farti un incantesimo per far ricrescere i capelli che ti eri strappato?»

Sirius scoppiò nella sua grassa risata latrato.

«È vero James, quella volta sei stato proprio...»

Non si riuscì a capire come Sirius avrebbe definito James quando era nato Harry, perché in quel momento tutti e tre si zittirono, per udire meglio quel vagito che proveniva da oltre la porta.

James fece appena in tempo a sorreggere Remus e a metterlo su una sedia prima che il lupacchiotto svenisse, tra le risate dei suoi amici. Al suo risveglio, la prima cosa che vide fu la sua Ninfadora con il piccolo Teddy in braccio, i cui capelli cambiavano già colore ogni cinque secondi, e mai visione gli sembrò più bella.

Nella stanza c’erano tutti i loro amici, e Mary scattò una foto quando Remus si sporse per prendere suo figlio dalle braccia della moglie.

Era tutto perfetto, come sarebbe dovuto sempre essere.

I coniugi Lupin chiesero a Lily Evans Potter di essere la madrina del loro primogenito, e lei fece appena in tempo ad accettare con le lacrime agli occhi prima che un partronus li interrompesse.

«Sono Bill Weasley. Harry e Ron sono a villa conchiglia con me e mia moglie.»

 

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Scusate per il capitolo corto, a mia difesa posso solo dire che, adesso che ci stiamo avvicinando alla fine, è sempre più difficile scrivere capitoli lunghi senza arrampicarmi sugli specchi, considerato che, se notate nelle cronologie di Harry Potter, praticamente da dicembre ad aprile paradossalmente non succede granchè che non riguardi Harry.

Cioè, lui sta a caccia degli Horcrux e tutto ma, non parlando di lui, mi sembrava monotono scrivere dei mesi in cui i malandrini praticamente si sono rigirati i polli non potendo fare niente di attivo per aiutare Harry e senza fargli avere uno shock emotivo.

La nascita di Teddy mi sembrava molto significativa invece.

Cioè, i malandrini hanno assistito alla nascita di Harry, ed era doveroso che ci fossero anche per quella di Teddy.

Ho deciso di mettere come madrina Lily Potter perché ho pensato che Remus avesse scelto Harry in quanto unico legame con i suoi vecchi amici, mentre con la rinascita di tutti è sempre stata Lily la sua migliore amica, senza nulla togliere a James e Sirius. Nel senso che secondo me, poiché James e Sirius erano come fratelli, Sirius era il padrino di Harry e James sarebbe diventato il padrino di Cassiopea (ops… piccolo spoiler ;)), Lily sembrava la scelta più appropriata, ecco…

Inoltre, e ci tengo a specificarlo, anche se nel film non si capisce affatto se Peter Minus è morto o no, in questa fanfic lo è, e inoltre, poiché i due ragazzi non hanno dovuto salvare Hermione da Bellatrix, anche Dobby e vivo.

Piccola postilla: la scena con Hermione e Tom è stata breve perché avevo in mente di mettere la loro prima volta esattamente dopo il colloquio di Silente ma, poiché in quel caso avrei dovuto DECISAMENTE cambiare il rating ho deciso che scriverò una one shot a parte ROSSA che parte da quando loro due escono dallo studio del vecchio.

In questa fic, invece, si ripartirà quasi direttamente dalla scena col ballo.

A presto, si spera, Mary Evans

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Capitolo 19
*** Preoccupazioni e Piani Segreti ***



29 Aprile 1988. Casa di Remus Lupin.

 

Il patronus di Bill Weasley fece immobilizzare tutti sul posto.

Harry Potter era a villa Conchiglia.

Harry, il loro Harry, era sano e salvo.

Ed esattamente ad una smaterializzazione da loro.

Immediatamente gli sguardi di Remus, Tonks, Andromeda e Mary si fissarono su coloro che avrebbero dovuto essere morti.

Avevano delle espressioni indecifrabili in volto, in particolare Lily.

Sirius fu il primo a riprendersi, e afferrò Remus per un braccio con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

«Coraggio Lunastorta, portaci da Harry.» disse emozionato all’idea di rivedere il suo figlioccio.

Allungò l’altra mano verso James, e voltandosi il suo sorriso svanì nel vedere il suo migliore amico immobile.

«Forza, James! Andiamo ad incontrare tuo figlio!»

Ma James ancora non si mosse, anzi, abbassò lo sguardo.

Ci pensò Remus a parlare per lui.

«Sirius,» disse calmo «Non credo sia il caso che voi vi facciate vedere da Harry. Sarebbe troppo pericoloso.»

«È come per lo specchietto.» mormorò James, avvicinandosi ad una poltrona per sedersi.

«Se ci facessimo vedere adesso, e poi morissimo di nuovo nella battaglia finale, Harry probabilmente impazzirebbe.»

«Ma voi non morirete! Non permetterò a quel bastardo di uccidervi di nuovo!» urlò Sirius.

Speranzoso, si voltò verso Lily, che però aveva lo stesso sguardo basso del marito.

«Volete dire che non volete vedere vostro figlio un’ultima volta?» La sua espressione da incredula divenne rabbiosa.

 «E avete mai pensato all’eventualità che Harry possa morire contro Voldemort?» Tutti sussultarono. «Ha solo diciassette anni Porco Merlino! Come pensate vi sentireste se lui morisse e voi foste vivi? Senza aver avuto mai l’opportunità di incontrarlo da grande e senza averlo mai stretto in un abbraccio! Lui ha passato una vita da solo, prima di andare ad Hogwarts. Lì ha iniziato a farsi degli amici, ha iniziato a conoscervi attraverso i nostri racconti, ma se morisse, sarebbe di nuovo solo perché nemmeno nella morte avrebbe i suoi genitori a confortarlo! Come vi sentireste in quel caso? Con la certezza di averlo abbandonato ancora una volta!»

Lo schiaffo di Lily interruppe il suo monologo, e Sirius si ritrovò a fissare con occhi spalancati la sua espressione furiosa.

«Stiamo parlando di mio figlio credi che non mi renda conto di tutto questo!»

I suoi occhi verdi mandavano lampi, e Sirius si ritrovò ad indietreggiare, pur trovando ancora la forza di ribattere.

«E allora dovresti fare di tutto per ritornare da lui!»

«Non lo faccio proprio per questo! Tu non capisci, Sirius, non puoi comprendere nemmeno lontanamente il desiderio che io ho di rivedere mio figlio, ma devo pensare alla sua sicurezza. Già il fatto che l’Ordine sia a conoscenza di noi è un pericolo, ma se lo sapesse Harry sarebbe un guaio! Lo deconcentrerebbe! Se James fosse al posto di Harry e si ritrovasse davanti Charlus e Dorea non riuscirebbe a pensare a nient’altro. Silente ha dato una missione a nostro figlio, sconfiggere Voldemort una volta per tutte. E io non voglio in alcun modo che Harry si faccia uccidere perché troppo preoccupato di difendere noi!»

Si interruppe un attimo, mentre calde lacrime iniziarono a rigarle il volto. James nel frattempo si era avvicinato a lei e le aveva circondato le spalle in un abbraccio.

Nessuno parlò per tutto il tempo in cui Lily pianse sul maglione di James, e fu solo in seguito, quando Andromeda servì della camomilla per tranquillizzare tutti, che ripresero l’argomento.

«Cosa avete intenzione di fare allora?»

James esitò un attimo, poi rivolse un ultimo sguardo alla moglie.

«Combattiamo.»

 

 

25 dicembre 1944. Stanza delle Necessità.

 

«Vi abbiamo qui riuniti per far fronte ad un’emergenza che avrà luogo questa sera al ballo.» esordì Hermione.

Avevano riunito quelli che sicuramente non facevano parte del complotto, ovvero Charlus, Dorea, Cignus, Lyra, Christian e la McGranitt. Anche Tom si era convinto di quella scelta. Dopotutto, da soli avrebbero potuto fare ben poco contro un esercito.

«Abbiamo le prove che Abraxas Malfoy stia complottando per uccidere me e Tom, prendere il controllo dei mangiamorte e sterminare i nati babbani e i mezzosangue.»

Bastò quella frase per sconcertare tutti.

Minerva scoppiò a ridere ma fu la sola. Vedendo ciò si alzò in piedi gettando un’occhiata al resto del gruppo.

«State scherzando, vero?»

«Sarebbe davvero bello se tutto ciò fosse uno scherzo, McGranitt, ma sfortunatamente le nostre fonti sono piuttosto attendibili.» disse Tom impassibile.

Vedendo che anche le espressioni degli altri erano diventate serie si sedette nuovamente.

«Tom non scherzerebbe mai su una cosa del genere, e nemmeno Hermione, Minnie.» le sussurrò Christian prendendole una mano.

Poi sospirò, ben conoscendo l’amico.

«Cosa dobbiamo fare?»

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Capitolo 20
*** Rivelazioni e Ballo di Natale ***


29 Aprile 1988. Casa di Remus Lupin.

«E tu me lo dici adesso ?!» strepitò la dolce Lily Potter iniziando a prendere a cuscinate il marito, sotto lo sguardo divertito di Sirius, Mary e Remus (che erano abituati a quelle sue sfuriate), e quello sconcertato di Andromeda e Tonks, che nel frattempo stava allattando il piccolo Ted.

«Mi era passato di mente!» esclamò James, cercando invano di proteggersi dalle cuscinate della moglie tra le risate dei suoi amici.

«Ah, certo, uno crea incantesimi difensivi che potevano salvarci la pelle e quando è il momento di usarli se li scorda!»

«Non è così facile, diamine…» borbottò James incrociando le braccia al petto e imbronciandosi.

«Hanno a che fare con il sangue, e sono anche il motivo per cui Harry è sopravvissuto quel maledetto 31 ottobre.

Silente aveva ragione quando aveva detto che il sangue di Lily lo proteggeva, ma la verità era che la protezione era data dal sangue di entrambi. L’incanto si chiama Protectione Sanguinis Coniuctio. In pratica crea una protezione che respinge qualsiasi maledizione mortale, utilizzando i vincoli di sangue come mezzo per il passaggio di energia magica. In realtà,» si corresse James grattandosi la testa «non avevo la più pallida idea che questo incantesimo sarebbe riuscito a fermare persino un Avada Kedavra. In realtà non sapevo nemmeno che avrebbe funzionato. Mi sono limitato a modificare leggermente una formula che avevo trovato in un tomo di trasfigurazione nella biblioteca del maniero dei Potter, ma poiché la prima volta che l’ho provata è stata su Harry, sarebbe potuta benissimo essere un fiasco. Quindi perché dare false speranze?»

Vedendolo fare spallucce Lily si irritò ancora di più.

«E, di grazie, potrei sapere come ti è venuta in mente questa brillante idea di provare su mio figlio una formula potenzialmente instabile?»

«Andiamo, Lily, sai benissimo che non lo avrei mai fatto se non fossi stato sicuro che la formula non avrebbe avuto effetti negativi! Ma era inutile dare false speranze se poi si rivelava un fiasco e non aveva nemmeno effetti positivi! Eravamo disperati! L’ho fatto solo per dare ad Harry una chance in più di sopravvivere!» esclamò James, infastidito dalla mancanza di fiducia di sua moglie. 

Aveva fatto bene e questo lo sapevano entrambi. 

Soprattutto perché, considerato il genio di James in trasfigurazione, le possibilità di ripercussioni negative su Harry causate dall’incanto erano pari a zero.

«Quindi siete decisi a mostrarvi a Harry?» domandò esitante Remus.

«Non ancora.» disse James.  «Nessuno al di fuori dell’Ordine deve sapere che noi siamo ancora vivi. E i membri dell’Ordine sono vincolati da un Incanto Fidelius, quindi impossibilitati a divulgare la notizia se anche lo volessero. Harry deve ancora completare la sua missione non può davvero permettersi di pensare ad altro…

Qui non si parla solo di noi ma dell’intero mondo magico, ragazzi, non dobbiamo sbagliare.»

 

 
 

25 dicembre 1944. Sala Grande.

La Sala Grande era stata allestita magnificamente in occasione del Ballo di Natale.

Gli studenti si stavano divertendo molto,  nonostante i brani suonati fossero la maggior parte delle volte dei lenti.

Anche Hermione, nonostante l’ovvia agitazione, si stava divertendo tra le braccia del suo Tom.

Non lo avrebbe mai detto, ma era un bravo ballerino.

Le mancava il fiato mentre la faceva volteggiare nello spazio che di era venuto a creare al centro della Sala Grande.

Solo per loro due.

I loro occhi erano incatenati al punto che non sentivano niente che non fosse la presenza dell’altro.

La mano di Riddle si strinse possessiva sui suoi fianchi, e lei trattenne il fiato quando lo vide abbassarsi per baciarla.

Sarebbe stata la prima volta davanti a tutta la scuola.

Tuttavia Tom cambiò direzione avvicinandosi al suo orecchio, sussurrandole qualcosa che somigliava a “Torre di Astronomia” con uno sguardo talmente serio e profondo da farla arrossire.

Aveva capito benissimo ciò che intendeva, ma nell’istante in cui si stava alzando sulle punte per baciarlo l’espressione di lui cambiò di colpo e le porte della Sala Grande vennero distrutte da un potente incantesimo.

Una ventina di uomini con le maschere fecero il loro ingresso e ad Hermione sembrò di essere tornata ai tempi della Coppa del Mondo di Quidditch al suo quarto anno.

Ma questa volta loro erano pronti.

Riuscì a riunirsi velocemente con Dorea, Charlus, Christian, Cignus, Lyra e tutti gli altri suoi amici, trascinandosi dietro Tom che le copriva le spalle lanciando incantesimi a destra e a manca, mentre sia lei che gli insegnanti iniziavano a fare lo stesso.

Si ritrovarono tutti spalla contro spalla, mentre i mangiamorte li circondavano.

Uno si fece avanti.

«Ormai sei diventato troppo debole per guidarci, Tom.» disse Abraxas Malfoy. La sua voce sia Hermione che Tom l’avrebbero riconosciuta fra mille.

«Tu invece no, giusto Malfoy?» rispose Tom con un ghigno sarcastico dal quale tuttavia traspariva tutta la tensione di quel momento.

Fu un attimo. Un guizzo sulla guancia di Malfoy e un fascio di luce verde. L’urlo di Hermione che si mise davanti a colui al quale era stato indirizzato. L’urlo di Tom. Poi l’oblio.

 

XXXXXXXXXXXXXXXXXXX

 

Ciao ragazzi sono vivaaaa!!!! Premettendo che non ho riletto il capitolo per le correzioni ma non vedevo l’ora di aggiornare cosa ne pensate? Spero davvero che ci sia ancora qualcuno a seguirmi ma purtroppo la morte di mia madre è stata tosta da affrontare e quindi è stato un periodo un po’ così… cooomunque davvero cosa ne pensate? L’incanto in latino tradotto significa la protezione dell’unione di sangue. L’ho inventata io, ovviamente, ma non posso garantire per la traduzione in latino fatta con google traduttore perché sono sempre stata una chiavica in latino!
Un bacione in attesa dei capitoli finali, Mary Evans

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Capitolo 21
*** La Battaglia di Hogwarts ***


2 Maggio 1988. Battaglia di Hogwarts.

«Che si fa, Harry?» gridò George. «Cosa succede?»

«Stanno facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi» rispose Harry.

«Si combatte».

 

 

Tre uomini con i capelli rossi erano a terra, vicini, nel punto in cui la parete era esplosa.

Harry avanzò barcollando sopra cumuli di legno e pietra.

«No... no... no!» urlò qualcuno. «No! Fred! No!»

Percy scuoteva il fratello, Ron era inginocchiato accanto a loro, ma Fred non era morto, era soltanto svenuto.

Una donna dai lunghi capelli neri aveva evocato uno scudo su di loro, che era riuscito ad attenuare l’impatto della parete.

 

 

Un centinaio di Dissennatori planavano verso di loro, attirati dalla disperazione di Harry, che era come la promessa di un banchetto...

Vide il terrier argenteo di Ron comparire nell'aria, baluginare e spegnersi. La bacchetta gli tremava in mano, e accolse quasi con gioia l'oblio imminente, la promessa del nulla, dell'assenza di sensazioni...

Una lepre d'argento, un cinghiale e una volpe passarono a mezz'aria e li superarono: davanti alle tre creature i Dissennatori indietreggiarono.

Tre persone sbucarono dall'oscurità, con le bacchette tese, tenendo saldi i propri Patroni: Luna, Ernie e Seamus.

«Forza» lo incoraggiò Luna, come se fosse ancora nella Stanza delle Necessità e quello fosse solo un allenamento dell'Esercito di Silente. «Forza, Harry... pensa a qualcosa di allegro...»

«Qualcosa di allegro?» ripeté lui, la voce spezzata.

«Siamo ancora qui» sussurrò lei, «stiamo ancora combattendo. Su, dai...»

Una scintilla d'argento, una luce guizzante e poi, con lo sforzo più grande che gli fosse mai costato, il cervo sbucò dalla punta della sua bacchetta. E, sorprendentemente, un altro cervo identico al suo lo affiancò, subito seguito da un enorme cane nero e da una cerva.

Harry cercò di ricordare a chi appartenessero quei patroni, ma i Dissennatori si dispersero rapidi e il frastuono della battaglia riprese a echeggiare nelle sue orecchie.

 

 

D’un tratto si levò un grido terribile che distrasse Voldemort, ed Harry, voltandosi, vide che Ron aveva ucciso il serpente, infilzandolo con le zanne che aveva preso dalla Camera dei Segreti.

Zanne che, essendo intrise del veleno del basilisco, erano riuscite ad oltrepassare gli incantesimi di protezione di Voldemort.

A quel punto Harry agì d’istinto. Colpì Ron con un incantesimo Pietrificus e lanciò su di lui il mantello dell’invisibilità, poi afferrò il serpente con un incantesimo di appello ed uscì allo scoperto distruggendo la cassa davanti a lui.

Harry non disse niente. Non ebbe nemmeno la forza di alzare la bacchetta.

Almeno Ron doveva salvarsi. Gli dispiaceva solo di non essere riuscito a salvare anche Hermione…

«Harry Potter» mormorò Voldemort. La sua voce era così bassa che avrebbe potuto essere lo scoppiettio del fuoco.

«Il Ragazzo Che È Sopravvissuto».

Mentre lasciava cadere il serpente a terra, Harry pensò inspiegabilmente a Ginny, al suo sguardo luminoso, alle loro labbra che si toccavano...

Voldemort alzò la Bacchetta. Aveva ancora la testa piegata da un lato, come un bambino curioso che si chiede che cosa succederà. Harry guardò dentro quegli occhi rossi e sperò che accadesse subito, in fretta, quando ancora riusciva a stare in piedi, prima di perdere il controllo, prima di tradire la paura...

Vide la bocca muoversi e un lampo di luce verde, e tutto svanì.

 

 

«Rivedrò ancora Hermione?» domandò Harry con uno sguardo basso.

«Temo, Harry, di non poter rispondere a questa domanda. La signorina Granger si trova in questo momento in una situazione critica che la porterà a fare una scelta che cambierà sicuramente il passato, ma non questo presente, nonostante lei creda il contrario. Quindi quello che puoi fare è solo sperare, e volerle bene ovunque lei sia, perché è stato grazie al suo improvviso salto temporale che i tuoi genitori e il tuo padrino sono tornati in vita.»

Harry strabuzzò per un attimo gli occhi, prima che la sua espressione divenisse rabbiosa.

«Non si prenda gioco di me! Nessuna magia può resuscitare i morti…» disse con amarezza.

«Ma dimentichi le mie parole, Harry: tu e Lord Voldemort avete viaggiato insieme in regni della magia finora ignoti e mai sperimentati. In questo momento la moglie di Sirius sta portando il tuo amico Ronald al castello insieme, temo, alla notizia della tua morte. I tuoi genitori, Sirius, Remus, Ninfadora e i Weasley sono ancora in vita, e stanno combattendo fino allo stremo. Ma devi sbrigarti a tornare, perché nell’istante in cui Mary Black parlerà, prima che lo faccia Voldemort, le morti aumenteranno.»

A quel punto Harry si alzò, con il volto pieno di speranza e determinazione, e Silente fece lo stesso.

«Mi dica un'ultima cosa» chiese Harry. «È vero? O sta succedendo dentro la mia testa?»

Silente gli sorrise e la sua voce risuonò alta e forte nelle orecchie di Harry anche se la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua sagoma.

«Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?»

 

 

«Harry Potter è morto. È stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto.

«Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto è morto. La guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme».

Silenzio nel parco e dal castello. Voldemort era così vicino che Harry non osava aprire gli occhi. Sperò solo di aver fatto in tempo, prima che la moglie di Sirius (della quale ignorava l’esistenza) avesse dato l’annuncio della sua morte ai suoi genitori…

Attese. Da un momento all'altro le persone per le quali aveva cercato di morire l'avrebbero visto apparentemente morto.

«No!»

L'urlo fu ancora più terribile, perché non aveva mai immaginato che la professoressa McGranitt potesse emettere un simile suono.

Udì un'altra donna ridere vicino a lui e capì che Bellatrix si crogiolava nella disperazione della McGranitt.

Sbirciò di nuovo per un solo istante e vide la soglia affollarsi: i sopravvissuti alla battaglia uscivano sui gradini a fronteggiare i vincitori e a vedere con i loro occhi che era vero, che Harry era morto.

«No!»

«Harry! HARRY!»

Le voci di Ron e Ginny erano peggiori di quelle della McGranitt, Harry non voleva altro che potergli rispondere, ma si costrinse a restare fermo ed in silenzio.

Le loro grida di dolore innescarono una reazione nella massa di sopravvissuti, che incominciò ad urlare ed inveire contro i Mangiamorte, finché...

«SILENZIO!» urlò Voldemort, ed il silenzio venne ristabilito con la forza.

Harry si sentì volteggiare per qualche metro prima di essere appoggiato delicatamente sull'erba.

Suppose di essere stato messo al centro, tra i due schieramenti.

«Vedete?» disse Voldemort, ed Harry lo sentì camminare avanti e indietro a grandi passi proprio lì accanto. «Harry Potter è morto! Ve ne rendete conto adesso, illusi? Lui non era niente, non è mai stato niente, solo un ragazzo che faceva conto che gli altri si sacrificassero per lui! È stato ucciso, mentre tentava di sgattaiolare via dal castello di nascosto», disse Voldemort, e si poteva percepire una nota di piacere nella sua voce mentre mentiva. «Ucciso mentre cercava di salvarsi...»

Ma s'interruppe: Harry udì un rumore di passi e un urlo di donna che gli fu stranamente familiare. Lo aveva sentito anni prima, grazie ai dissennatori, eppure in quel momento la disperazione  che trasudava da quella voce era nettamente superiore.

Poi un colpo, un lampo di luce e un grugnito di dolore; aprì gli occhi di una frazione infinitesima.

Qualcuno si era allontanato dalla folla e si era scagliato su Voldemort: Harry vide la sagoma afflosciarsi a terra poco lontano da lui, e quando questa si alzò, ebbe un  colpo al cuore.

Così come, suppose, anche Voldemort.

Sì, perché Voldemort aveva paura dei morti, e quello davanti a lui era un morto vivente: il padre di Harry, James Potter.

Lo sguardo fiero, la mascella indurita dalla rabbia e la bacchetta sfoderata davanti a lui. Ad Harry sembrò di vedere il suo ritratto invecchiato di qualche anno.

Nessuno ebbe la forza di dire alcun che, soprattutto perché alla figura dell’uomo si affiancò quello di una donna dai lunghi capelli rossi e dai luminosi occhi verdi, che in quel momento mandavano scintille.

E Voldemort in qualche modo lo seppe, che quegli occhi sarebbero stati la sua condanna.

Sul suo volto serpentino si manifestò per la prima volta la paura, che accrebbe quando all’uomo si affiancò Sirius Black.

Il suo sorriso sbilenco non aveva niente del divertimento che lo aveva sempre caratterizzato, e Voldemort si ricordò delle parole di Orion Black, prima che lo uccidesse per averlo attaccato con un incantesimo offensivo dopo aver appreso della morte di Regulus.

La mia famiglia sarà la tua rovina.

Quando Bellatrix scoppiò a ridere, senza riuscire davvero a credere che quello che stava accadendo fosse vero, Harry seppe in anticipo che cosa stava per succedere.

Era la stessa risata esaltata di suo cugino Sirius, prima di cadere oltre il velo.

La maledizione del cugino la colpì in pieno petto, al cuore, e il sorriso maligno di Bellatrix si congelò, i suoi occhi si dilatarono: in una frazione di secondo capì che cos'era successo, poi cadde.

Fu a quel punto che Voldemort urlò.

Mentre la furia per la morte della sua migliore luogotenente esplodeva con la forza di una bomba, alzò la bacchetta e la puntò contro Sirius Black.

«Protego!» ruggì Harry, e il Sortilegio Scudo si allargò a difesa anche degli altri due.

Voldemort si guardò intorno cercandone l'origine, e fu allora che Harry decise di alzarsi.

L'urlo di sorpresa, le acclamazioni, le grida di «Harry!», «È vivo!» furono subito soffocati. La folla ebbe paura e il silenzio cadde improvviso e totale, quando Voldemort e Harry si guardarono e cominciarono a muoversi in cerchio uno di fronte all'altro.

«Non voglio aiuto» disse Harry, e nel silenzio assoluto la sua voce risuonò come uno squillo di tromba.

Sirius fermò James, che stava per avvicinarsi al figlio, e Lily si forzò per restare immobile, ad osservare il suo bambino che ormai era diventato un uomo.

«Deve andare così. Devo essere io».

Voldemort sibilò, gli occhi rossi spalancati.

«Potter non voleva dire questo. Non è così che si comporta, vero? Chi userai come scudo oggi, Potter?»

«Nessuno» rispose Harry semplicemente. «Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu e io. Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive, e uno di noi sta per andarsene per sempre...» «Uno di noi?» lo schernì Voldemort. Ogni suo muscolo era teso e i suoi occhi rossi erano immobili: un serpente pronto a colpire. «Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo Che È Sopravvissuto per caso, solo perché Silente tirava i fili?»

«È stato un caso quando mia madre morì per salvarmi?» chiese Harry. Continuavano a spostarsi di lato, tutti e due, disegnando un cerchio perfetto, mantenendo la stessa distanza l'uno dall'altro.

Per Harry esisteva solo il volto di Voldemort.

«Un caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero? Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia sopravvissuto, e tornato per combattere di nuovo?»

«Casi!» urlò Voldemort, ma ancora non colpì, e la folla era come pietrificata, delle centinaia di persone presenti sembrava che solo loro due respirassero. «Casi e fortuna, e il fatto che ti sei rannicchiato a frignare dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai lasciato che io li uccidessi al posto tuo!»

«Non ucciderai nessun altro questa notte» ribatté Harry. Ancora si muovevano in cerchio e si fissavano, occhi verdi dentro occhi rossi.

«Non potrai uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste persone...»

«Ma non l'hai fatto!»

«... era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?»

«Tu osi...»

«Sì, io oso» continuò Harry.

«Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso errore?»

Voldemort non parlò ma continuò a muoversi in cerchio, e Harry seppe di averlo ipnotizzato, per il momento pendeva dalle sue labbra, trattenuto dalla vaghissima possibilità che Harry conoscesse davvero un ultimo segreto.

«È di nuovo l'amore?» ringhiò Voldemort, il volto da serpente contorto in una smorfia di scherno. «La soluzione preferita di Silente, l'amore, che a sentir lui vince la morte. Ma l'amore non gli ha impedito di cadere dalla Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera, e pare che nessuno ti ami abbastanza da farsi avanti, questa volta, a prendersi la mia maledizione. Quindi che cosa ti impedirà di morire adesso, quando colpirò?»

«Una cosa sola» rispose Harry, e ancora si fronteggiavano, assorti l'uno nell'altro, separati soltanto dall'ultimo segreto. «Se non è l'amore che ti salverà, questa volta» insisté Voldemort, «devi credere di avere una magia che io non ho, o un'arma più potente della mia».

«Credo entrambe le cose» ribatté Harry, e vide la sorpresa balenare sul volto di serpe e dissiparsi all'istante; Voldemort scoppiò a ridere e il suono fu più spaventoso delle sue urla; folle e privo di gioia.

«Tu credi di conoscere più magie di me?» chiese. «Di me, di Lord Voldemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era nemmeno sognato?»

«Oh, se l'era sognato eccome» rispose Harry, «ma lui ne sapeva più di te, abbastanza da non fare quello che hai fatto tu».

«Vuoi dire che era un debole!» urlò Voldemort. «Troppo debole per osare, troppo debole per prendere ciò che avrebbe potuto essere suo e invece sarà mio!»

«No, era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo migliore ».

«Io ho provocato la morte di Albus Silente!»

«È quello che credi. Ma ti sbagli».

Per la prima volta, la folla che li attorniava si mosse e centinaia di persone respirarono come una sola.

«Silente è morto!» Voldemort sputò queste parole contro Harry come se gli potessero provocare un dolore insopportabile.

«Il suo corpo marcisce nella tomba di marmo vicino a questo castello, io l'ho visto, Potter, e non tornerà!»

«Certo, Silente è morto» rispose Harry tranquillo, «ma non l'hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con mesi di anticipo, ha programmato tutto con l'uomo che credevi fosse il tuo servo».

«Che sogno infantile è questo?» chiese Voldemort, ma ancora non colpì, e i suoi occhi rossi non si staccavano da Harry. «Severus Piton non era tuo» spiegò Harry. «Piton era di Silente, di Silente dal momento in cui hai cominciato a dare la caccia a mia madre. E non te ne sei mai accorto, per via della cosa che non puoi capire. Non hai mai visto Piton evocare un Patronus, vero, Riddle?» Voldemort non rispose. Continuavano a girare come lupi pronti a sbranarsi.

«Il Patronus di Piton era una cerva» continuò Harry, «come quello di mia madre, perché lui l'ha amata per tutta la vita, da quando erano bambini. Avresti dovuto capirlo» aggiunse, vedendo le narici di Voldemort vibrare. «È stato la spia di Silente dal momento in cui la minacciasti e da allora ha lavorato contro di te! Silente stava già morendo quando Piton l'ha finito!»

«Non ha importanza!» strillò Voldemort. Aveva seguito ogni parola con attenzione rapita, ma ora scoppiò in una risata stridula e folle.

«Non ha importanza se Piton fosse mio o di Silente, o quali insignificanti ostacoli abbiano cercato di mettere sul mio cammino! Io li ho schiacciati entrambi, e tutto torna, Potter, ma in modi che tu non comprendi!

«Silente stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta! Ma io sono arrivato prima di te, ragazzino... l'ho trovata prima di te, ho capito la verità prima di te. Ho ucciso Severus Piton un’ora fa, e la Bacchetta di Sambuco, la Stecca della Morte, la Bacchetta del Destino è davvero mia! L'ultimo piano di Silente è andato storto, Harry Potter!»

«Sì, è vero» concesse Harry. «Hai ragione. Ma prima che tu provi a uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto... pensaci, e cerca in te un po' di rimorso, Riddle...»

«Che cosa?»

Di tutte le cose che Harry gli aveva detto, più di ogni rivelazione o insulto, niente sorprese Voldemort come questa. Harry vide le sue pupille ridursi a fessure sottili, la pelle attorno agli occhi sbiancare.

«È la tua ultima possibilità» continuò Harry, «tutto ciò che ti resta... ho visto quello che sarai altrimenti... sii un uomo... cerca... cerca un po' di rimorso...»

«Tu osi...?» ripeté Voldemort.

«Sì, oso» rispose Harry, «perché l'ultimo piano di Silente non si è ritorto contro di me. Si è ritorto contro di te, Riddle».

La mano di Voldemort tremò sulla Bacchetta di Sambuco e Harry strinse forte la sua. Capì che era questione di secondi.

«Quella bacchetta non funziona ancora bene perché hai assassinato la persona sbagliata. Severus Piton non è mai stato il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente».

«L'ha ucciso...»

«Non mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere l'ultimo vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il potere della Bacchetta sarebbe morto con luì, perché non gli sarebbe mai stata vinta!»

«Ma allora, Potter, è come se Silente l'avesse consegnata a me!» La voce di Voldemort era intrisa di piacere malvagio.

«Io ho rubato la Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone! Io l'ho portata via contro il desiderio del suo ultimo padrone! Il suo potere è mio!»

«Ancora non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta! Tenerla, usarla non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? È la bacchetta che sceglie il mago... la Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l'ha mai nemmeno sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la sua volontà, senza mai capire cosa aveva fatto, o che la bacchetta più pericolosa del mondo gli aveva offerto la sua obbedienza...»

Il petto di Voldemort si alzò e si abbassò in fretta, e Harry avvertì la maledizione in arrivo, la sentì crescere dentro la bacchetta puntata contro il suo viso.

«Il vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy».

Una vacua sorpresa comparve per un attimo sul viso di Voldemort, poi sparì.

«Ma che importanza ha?» mormorò il Signore Oscuro. «Anche se tu avessi ragione, Potter, non farebbe alcuna differenza per te e per me. Non ho più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un duello di pura abilità... e dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Draco Malfoy...»

«È troppo tardi» osservò Harry. «Hai perso l'occasione. Sono arrivato prima io. Ho battuto Draco poche ore fa. Gli ho portato via questa». Harry agitò la bacchetta di biancospino estraendola dalle sue tasche e sentì gli sguardi di tutti i presenti su di essa. «Quindi è tutto qui, capisci?» sussurrò. «La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa... sono io il vero padrone della Bacchetta di Sambuco». Un bagliore d'oro rosso divampò all'improvviso nel soffitto incantato sopra di loro, e uno spicchio di sole accecante apparve sul davanzale della finestra più vicina.

La luce colpì i due volti nello stesso momento e quello di Voldemort divenne una macchia infuocata.

Harry udì la voce acuta strillare, e urlò anche lui la sua speranza estrema verso il cielo, puntando la sua bacchetta di fenice.

«Avada Kedavra!»

«Expelliarmus!»

Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato, segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono.

Harry vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro l'alba, roteare verso il padrone che non avrebbe ucciso, che finalmente ne entrava in pieno possesso. E Harry, con l'infallibile abilità del Cercatore, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all'indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l'alto.

Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio vuoto del suo nemico. Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il tumulto esplose attorno a Harry, le urla, l'esultanza e i ruggiti dei presenti lacerarono l'aria. L'ardente sole nuovo incendiò le finestre mentre tutti avanzavano verso di lui, e i primi a raggiungerlo furono i suoi genitori, le loro braccia ad avvolgerlo, le loro urla incomprensibili ad assordarlo. Poi Sirius, Ron, Ginny, Neville e Luna, e poi gli altri Weasley e Hagrid, e Kingsley e la McGranitt e Vitious e la Sprite; Harry non riusciva a capire una parola di quello che stavano urlando, né quali mani lo afferravano, lo tiravano, cercavano di abbracciarlo: erano in centinaia a premere contro di lui, tutti decisi a toccare il Ragazzo Che È Sopravvissuto, la ragione per cui era davvero finita...

 

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Ragazzuoliiiiiii nei prossimi capitoli avremo l’incontro tra Harry e i suoi genitori e finalmente scopriremo che fine a fatto Hermione!

Grazie mille per stare seguendo la mia storia sopportando i miei continui ritardi! Un bacione! Mary Evans.

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Capitolo 22
*** Veloce verso la felicità ***




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Hermione aprì gli occhi di scatto, urlando.

Era l’ultima cosa che aveva fatto prima di essere colpita dal fascio di luce, quindi fu normale come reazione.

La prima cosa che fece, fu guardarsi intorno e cercare di analizzare la situazione: sembrava di stare tra le nuvole, in quel posto, e quasi si spaventò nel constatare di riuscire a restare in piedi senza precipitare nel vuoto.

Ricordava perfettamente di essere stata colpita in pieno da un incantesimo rivolto contro Tom… sperava davvero che non avesse fatto sciocchezze uccidendo Malfoy! Non aveva certo perso la vita per vederlo portare ad Azkaban!

«A questo proposito, credo possiamo affermare con certezza, signorina Granger, che lei non è morta.» disse una voce alle sue spalle rispondendo ai suoi pensieri.

Immediatamente si voltò, riconoscendo davanti a lei la figura di un Albus Silente più vecchio di quello al quale era stata abituata in quei mesi. Il suo vecchio preside.

«Professor Silente, signore.» sussurrò la ragazza, «Ma lei non è…»

«Morto?» la anticipò lui, «Sì, lo sono, ma questo non vuol dire che lo sia anche lei!»

«Ma come…»

«Questo è un limbo, signorina Granger. Un posto al di fuori del tempo e dello spazio… ho incontrato il suo amico Harry allo stesso modo, poco fa.»

Alla ragazza vennero le lacrime agli occhi al ricordo del suo migliore amico. Che fosse…

«No, non è morto.» la rassicurò Silente. «Sono lieto di dirle che il signor Potter ha sconfitto definitivamente Lord Voldemort, e che adesso sta festeggiando il ritorno alla vita dei suoi genitori e di Sirius Black.»

Davanti alla faccia sbalordita di Hermione, il vecchio preside si spiegò meglio.

«Vede, nel momento in cui gli incantesimi di Harry e Voldemort si sono scontrati, grazie ai nuclei gemelli delle due bacchette, si è attivato un Prior Incantatio che non ha eguali nella storia… ma d’altro canto anche i proprietari delle due bacchette sono fuori dal comune, quindi non dovrei poi sorprendermi così tanto…

Comunque, l’incanto ha richiamato le anime delle persone alle quali loro stavano pensando in quel momento: presumibilmente, Harry stava pensando alla morte dei suoi genitori e del suo padrino, sperando di riuscire a salvare lei, miss Granger, prima che fosse troppo tardi; Lord Voldemort, d’altro canto, pur non indulgendo quanto Harry in quel sentimento chiamato amore, in quel momento stava pensando all’unico posto in cui si sia sentito davvero a casa, Hogwarts, senza pensare tuttavia al castello in sé, ma all’ultimo anno in cui si è sentito felice abitandolo.

L’incantesimo ha quindi richiamato dal passato le anime e i corpi di Lily Evans Potter, James Potter e Sirius Black, facendo tornare loro in vita, e trascinando invece lei indietro nel tempo.»

Silente si interruppe, per lasciare alla sua ex studentessa il tempo di metabolizzare quanto detto.

«Ok.» disse Hermione deglutendo sonoramente. «Quindi mi sta dicendo, in pratica, che se anche io trovassi il modo di tornare nel mio tempo, qualora lo facessi, il Prior Incantatio si romperebbe e quindi i genitori di Harry moriranno di nuovo, giusto?»

Non ne sapeva molto sul Prior Incantatio, ma a quanto sembrava ci aveva visto giusto vista l’occhiata che Silente le inviò da sopra gli occhiali a mezzaluna.

«Lei è e sarà sempre la strega più brillante della sua età, miss Granger. Nessun incantesimo può riportare indietro i morti, come lei ben sa, ma i trasferimenti di anime e corpi sono possibili. Si verificano in rare condizioni, ma sono possibili.» disse il vecchio preside.

Le porse il braccio, e insieme iniziarono a camminare fra le nuvole in silenzio, finchè non fu proprio Hermione a romperlo qualche minuto dopo, con parole tanto tremanti quanto risolute.

«Non sono così egoista da voler infrangere la felicità del mio migliore amico adesso che finalmente è finito tutto, e dopo tutto quello che ha passato. Ho cancellato la memoria ai miei genitori, e adesso loro non sanno nemmeno di avere una figlia, ma, se possibile, vorrei che il ricordo della mia nascita scomparisse dalla mente di tutti quelli che mi hanno conosciuta, affinchè non soffrano la mia mancanza e non cerchino di riportarmi nel mio tempo.»

Le venne da piangere al pensiero di essere dimenticata da tutti i suoi amici, ma era inevitabile per non far soffrire più del dovuto lei e loro.

Non avrebbe tollerato di farli star male causa sua.

«Come da suo desiderio, sarà fatto.» le disse Silente.

La riccia si prese ancora qualche minuto per riflettere.

«Quindi, assodato che rimarrò nel 1944, cosa devo fare adesso? L’incantesimo di Malfoy mi ha colpita, nonostante tutte le precauzioni che avevo preso con gli altri, e non ho la più pallida idea di quale incantesimo si tratti. Così come non so il motivo per il quale mi trovo qui… e nemmeno il motivo che avrebbe spinto Harry a venire in un posto come questo…»

Silente le sorrise, e in breve le spiegò tutto quello che era successo nel suo tempo, di Harry e degli Horcrux, ritornando presto alla questione principale, il suo futuro.

«Credo, miss Granger, che lei sia in una posizione più scomoda di quanto pensasse… Abraxas Malfoy voleva colpire Tom con un incanto oscuro che gli avrebbe tolto tutta l’umanità. Tom Riddle sarebbe diventato Lord Voldemort contro il suo volere, perché in lui era presente un male tale che era stato possibile arginare soltanto grazie all’incanto Amor Mortis. In Tom erano presenti due anime, e quindi solo con lui l’incantesimo avrebbe fatto effetto come avrebbe dovuto.

Ma lei si è fatta colpire al suo posto per amore, e l’incanto di protezione Amor Mortis ha reagito, salvaguardando le anime positive sulle quali aveva influenza. La sua e quella di Tom.

Ma poiché le anime in Tom erano due, l’altra è stata risucchiata definitivamente dall’incantesimo di Malfoy, che in questo caso ha avuto un effetto contrario a quello che tutti si immaginavano.»

In Hermione a quel punto iniziò a zampillare la speranza.

«Quindi adesso l’anima di Tom è sua, interamente sua?» chiese esitante, e al cenno affermativo del preside un sorriso le nacque spontaneo.

«Può dirmi cosa è successo, dopo che l’incantesimo mi ha colpita?»

«Tom Riddle, come lei, ha perso conoscenza. La battaglia si è conclusa velocemente grazie agli insegnanti, e voi due siete stati portati in Infermeria. Abraxas Malfoy e gli altri mangiamorte sono stati espulsi da Hogwarts, nonostante i soldi delle loro famiglie, e in questo momento tutti stanno solo aspettando che voi due vi riprendiate. I vostri amici sono molto in ansia, poichè» aggiunse «è quasi un mese che non vi risvegliate, e nessuno è riuscito a capirne la causa.»

Hermione strabuzzò gli occhi. Un mese?! Come era possibile? A lei sembravano passate poche ore, altro che settimane!

E Tom? Era in quel posto anche lui?

«Temo, miss Granger, che in questo momento Tom Riddle si trovi in un limbo inaccessibile a noi, e dal quale potrà uscire soltanto quando anche lei si risveglierà.»

«Allora devo sbrigarmi.» concluse Hermione, ponendosi davanti al suo vecchio preside e pronta a fare una scelta che, inevitabilmente, avrebbe condizionato la sua vita e quella di tanti altri.

Inaspettatamente, tuttavia, quella scelta non le trasmise tutto il dispiacere che credeva avrebbe provato.

«Arrivederci, miss Granger, e buona fortuna.» le disse Albus Silente, indicandole una strada appena creatasi davanti a lei.

Dopo un ultimo omaggio al suo vecchio preside, Hermione gli voltò le spalle e, per la prima volta in vita sua cedendo all’istinto, iniziò a correre veloce verso la sua felicità.

 

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Allora ragazzuoli eccomi tornata! Navigando in rete ho trovato tante immagini stupende di Tom e Hermione, quindi ecco motivata la sorpresa di inizio pagina! Ho intenzione di aggiungere immagini anche agli altri capitoli considerato che dovrò rivederli e correggerli quindi aspettatevi una bella sorpresa ;)  

Che ne dite del capitolo? Spero vi sia piaciuto anche se breve. Ecco spiegato tutto l’enigma del viaggio nel tempo e della resurrezione dei genitori di Harry e di Sirius! Spero davvero di non avervi delusi ma è stato l’unico modo che ho trovato per motivare un po’ tutto.

Quindi ricapitolando: Harry ha sconfitto Voldemort, Piton è morto, i genitori di Harry e Sirius sono vivi e anche Fred e Dobby. Sirius ha una moglie e una figlia, Remus si è sposato con Ninfadora e ha Teddy, Minus è morto. L’anima malvagia di Tom è distrutta e ora lui è un ragazzo normale, per quanto lo sia uno stronzo sexy da far paura, ovviamente. Hermione si è fatta molti amici nel 1944, si è innamorata di Tom (credo ormai sia ovvio), ed ha deciso di vivere il resto della sua vita in questo tempo, anche se la scusa ufficiale era quella di non voler far soffrire Harry.

Che dire, siamo quasi alla fine, quindi aspettatevi di tutto per il finale mi raccomando! Un bacione e un abbraccio forte come sempre per il vostro appoggio, Mary Evans.

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Capitolo 23
*** Aria di matrimonio ***


Quando mi risvegliai, spalancai gli occhi di scatto.

Vidi tutto bianco davanti a me, cercai di muovermi, di dibattermi, ma il mio corpo sembrava bloccato.

Entrai nel panico e cercai di urlare, quando vidi delle ombre scure avvicinarsi a me.

Le vidi calare inesorabilmente, e mentre cercavo di far sentire ancora la mia voce per chiedere aiuto, sprofondai di nuovo in un sonno profondo.

 

Il secondo risveglio fu migliore.

Dopo un attimo di smarrimento, riuscii a mettere a fuoco una delle stanze del San Mungo.

Provai ad alzarmi ma mi sentii tirare per un braccio, e voltandomi verso sinistra vidi che al mio fianco c’era Tom.

Avevano unito due lettini per permetterci di stare insieme, e quando tentai invano di staccarmi da lui ne capii la motivazione.

Tom mi stringeva la mano come se ne andasse della sua stessa vita.

Intrecciai le nostre dita, e lo vidi sorridere inconsciamente.

Sorrisi a mia volta nel vederlo così sereno, e non potei fare a meno di pensare alle parole di Silente: finalmente Tom era un ragazzo normale…

Guardandolo, mi venne una voglia matta di spostargli quel ciuffo ribelle che gli cadeva sulla fronte – cosa che lui non mi aveva mai permesso di fare -, e stavo giusto per farlo, quando Tom aprì gli occhi all’improvviso, cogliendomi in flagrante.

Rimasi con la mano in aria ad un palmo dal suo volto, incapace di fare alcun che.

Lo vidi spaesato per qualche secondo prima di riuscire a mettere a fuoco il mio viso, e allora afferrò in un attimo la mia mano ancora a mezz’aria trascinandomi su di lui.

Non potei trattenere un urlo divertito e imbarazzato al tempo stesso quando lo sentii abbracciarmi con tutta la forza di cui era capace, e  annusarmi per accertarsi che fossi davvero io.

Stemmo così fermi per qualche secondo, poi lo sentii mormorare una frase che dubitai sarei riuscita a risentire tanto presto.

«Non lasciarmi solo, ti prego. Senza di te non riuscirei a vivere.»

E abbracciandolo più forte che potei, segnai il mio destino con cinque parole.

«Non vado da nessuna parte.»

 

1 Febbraio 1944. Sala Grande.

Molte cose erano cambiate nei mesi successivi all’attacco dei mangiamorte, capeggiati da Abraxas Malfoy.

Gli studenti responsabili dell’attacco erano stati espulsi, ed Abraxas, dopo il processo, era stato ritenuto instabile mentalmente e rinchiuso nel reparto malattie mentali del San Mungo.

Albus Silente ci spiegò tutto molto dettagliatamente quando venne a farci visita, aggiungendo che i nostri amici stavano tutti bene, e che sarebbero venuti di persona a festeggiare il loro risveglio se non fosse stato proibito loro dal preside, il quale dopo gli ultimi avvenimenti aveva deciso di cedere la sua carica a Silente stesso.

Il pomeriggio del 1 febbraio finalmente fummo dimessi, e con la metropolvere arrivammo ad Hogwarts giusto in tempo per la cena.

Con le mani intrecciate attraversammo i corridoi vuoti fino all’entrata della Sala Grande, dove sentimmo delle urla che ci spinsero a sfoderare le bacchette con espressione risoluta, spalancando la porta d’ingresso.

La scena che si presentò davanti a noi, tuttavia, fu molto più strana di qualunque battaglia… o almeno lo fu abbastanza da far mostrare stupore anche al viso impassibile di Tom Riddle.

Non ci stupimmo affatto che il nostro ingresso fosse passato inosservato, e abbassammo le bacchette per goderci meglio lo spettacolo.

Un Charlus dall’espressione disperata, era inginocchiato davanti ad una Dorea totalmente stupefatta, porgendole un anello trasfigurato sicuramente al momento; intorno a loro c’erano quelli che sicuramente dovevano essere i loro familiari: i padri si urlavano contro, le madri intervenivano di tanto in tanto nella discussione, cercando nel frattempo di far ragionare i figli allontanando l’uno dall’altra, mentre Cignus ed un altro ragazzo più grande che assomigliava molto a Charlus guardavano i rispettivi fratelli con le mani nei capelli e l’espressione più stupita dei loro repertori.

Gli studenti si erano accalcati sotto le pareti senza perdersi la minima parola del gruppo, e gli insegnanti, probabilmente per disperazione, si erano rassegnati agli avvenimenti sperando solo che non si arrivasse alle bacchette.

Ovviamente, nel caos creatosi ci dovevano essere per forza delle eccezioni, e tali eccezioni facevano il nome di Albus Silente, che guardava la scena con un luccichio divertito negli occhi, e Christian Zabini, che aveva incantato quella che sembrava a tutti gli effetti una videocamera per riprendere la scena e faceva foto magiche un po’ a tutti per ricordo.

Io e Tom ci guardammo per qualche secondo con la bocca spalancata prima di avvicinarci al gruppo e cercare di capire cosa stesse succedendo, ma eravamo appena arrivati ad una distanza accettabile quando quello che presumemmo essere il fratello di Charlus lanciò un Silencio su tutti i presenti, lanciando un urlo degno di Albus Silente nei suoi momenti migliori.

Sciolse dall’incanto solo Charlus, Cignus, Dorea e le rispettiva madri, che sembravano quelli più inclini alla ragione.

«Riassumendo,» esordì con un sorrisetto, « I signori Black hanno stipulato un accordo prematrimoniale che unirà Dorea al maggiore dei Nott, ma il mio fratellino e la Black in questione si sono innamorati e non hanno intenzione di accettare la cosa. Inotre, anche i miei genitori hanno stipulato un accordo prematrimoniale, che in teoria dovrebbe unire il mio fratellino con la minore delle Grengrass. Detto questo,» aggiunse, «il problema è facilmente risolvibile, e mi sorprende tutta la confusione che si è venuta a creare.»

La madre di Cignus e Dorea lo guardò stranita per un secondo.

«Puoi spiegarti meglio, ragazzo?» chiese in tono cortese ma fermo.

Prima che il fratello di Charlus potesse rispondere, tuttavia, fu Cignus a prendere parola.

«Intende un cambio di nomi, mamma.» spiegò Cignus arrossendo.

«I contratti prematrimoniali magici prevedono l’unione di due famiglie purosangue, ma i nomi dei prescelti vengono scritti solamente il giorno del matrimonio. Il che significa che, anche se i contratti non si possono distruggere, è sempre possibile modificarli a seconda delle esigenze.»

«Giusto!» esclamò allegro il fratello di Charlus, battendo le mani e facendo sobbalzare un po’ tutti. «Come ha già detto Cignus, i contratti prematrimoniali magici si possono modificare all’occorrenza, e si dia il caso che io abbia tutte le intenzioni di chiedere in sposa la maggiore delle Grengrass, Euphemia...»

«…e che io abbia tutte le intenzioni di sposare Lyra, in futuro.» concluse Cignus con espressione risoluta.

Lyra, che nel frattempo si era avvicinata a lui dopo l’incanto di Silenzio per ascoltare meglio, spalancò gli occhi, senza riuscire a credere a quello che aveva appena sentito.

«Il contratto prematrimoniale che lega due famiglie purosangue è unico. Per legge, deve esserci minimo un matrimonio per adempiere al contratto, non ne sono necessari due. Dorea è innamorata di Charlus, che è un Potter, quindi l’unico cambiamento che ci sarà avverrà in meglio, in quanto la nostra famiglia sarà legata non ad una, ma a ben due famiglie purosangue.

Perché io non ho alcuna intenzione di venire meno al contratto, e non per obbligo.» e detto questo, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, si voltò verso Lyra e la baciò come se fosse la prima volta.

Quando si staccarono, erano entrambi rossi in viso, rossore che aumentò nel vedere come gli sguardi di tutti, compresi quelli dei loro padri, fossero puntati su di loro.

Fu a quel punto che il fratello di Charlus tolse l’incanto di Silenzio e, con uno schiarirsi di voci, i due capi famiglia si diedero la mano.

«Sarà un piacere averti come consuocero, Marius.» disse Henry Potter con un sorriso stentato, ricevendo in risposta un cenno del capo.

Quella fu la massima espressione di approvazione che Dorea avesse potuto sperare di ricevere, e l’ultima che vide d’altro canto, perché poco dopo Marius Black, dopo aver afferrato sua moglie che stava salutando la moglie di Henry, attraversò la Sala Grande, oltrepassò Tom e Hermione senza degnarli di uno sguardo, e si avviò verso l’uscita del castello per smaterializzarsi.

L’ultima cosa che sentirono da lui fu un «Sono figli tuoi!» rivolto alla moglie, prima che il rumore della chiusura del portone d’ingresso segnalasse la definitiva uscita di scena dei signori Black.

Nemmeno un secondo dopo il tonfo del portone, si sentì distintamente il rumore di uno schiaffo.

«Fleamont Potter! È così che si informano i genitori del proprio matrimonio? Dovresti vergognarti!» esclamò sua madre, tirandogli un orecchio e trascinandolo fuori dalla Sala Grande tra i suoi gemiti di dolore.

Henry li seguì ridendo poco dopo, ma non prima di aver dato il benvenuto in famiglia ad una Dorea rossa come i suoi capelli e con un anello all’anulare sinistro.

Con l’uscita di scena delle due famiglie, al centro della Sala Grande erano rimasti solo Cignus, Lyra, Charlus e Dorea che si guardavano amorevolmente, ma nessuno aveva il coraggio di rompere l’atmosfera che si era venuta a creare con qualcosa di inappropriato.

Nessuno, ovviamente, tranne Albus Silente, che alzatosi in piedi, raggiunse i due ragazzi poggiando le mani sulle loro spalle.

«Ah, l’amore!» esclamò sorridendo «Che cosa meravigliosa!»

Inevitabilmente scoppiarono tutti a ridere, e ben presto si ritornò alla cena continuando però a commentare quello che era appena successo.

Probabilmente, quella serata sarebbe passata ai posteri.

 

 

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Buon ritorno dalle vacanze!! Sì, non sono morta, e sì, ho davvero postato un capitolo… in realtà ero indecisa se continuare a rivedere i capitoli o postarne uno nuovo ma ho avuto l’ispirazione al momento giusto e, poiché questo non è l’ultimo capitolo e ve ne saranno altri, anche se non so ancora quanti, ecco a voi il ritorno di Hermione e Tom ad Hogwarts dopo la battaglia! Spero di non avervi delusi con questo capitolo, anche perché ho dovuto smanettare un bel po’ con internet per i nomi delle famiglie purosangue… Allora, devo ammettere che all’inizio avevo pensato di mettere Charlus e Dorea come genitori del padre di Harry, ma poi ho scoperto che i genitori di James si chiamavano Fleamont e Euphemia. Ora, poiché il secondo nome di James è Charlus, e poiché Charlus sull’albero genealogico dei Black fa Potter di cognome, ho supposto che fossero fratelli lui e Fleamont. E poiché il padre di Fleamont si chiama Henry e la moglie non si sa non ho messo il suo nome. Poi con la famiglia di Dorea ho fatto un po’ di casino che perdonerete come licenza creativa. Infatti Dorea era tipo la quarta figlia femmina di Cignus II ( o qualcosa di simile) e non so chi, però non mi piaceva far chiamare padre e figlio allo stesso modo così l’ho chiamato Marius e alla moglie non ho messo nome perché non sapevo che pesci pigliare.

Ci sono molti buchi al momento, come la storia fra Lyra e Cignus, che spero se ce la farò a finire questa fic di apparare con una one- shot. Mi manca ancora quella della prima volta fra Tom e Hermione a proposito…

Comunque spero che il capitolo non vi abbia delusi e che l’attesa sia stata ripagata. La revisione va un po’ a rilento però non ho intenzione di concludere la storia finchè non l’avrò rivisitata tutta! Beh, ora vado a nanna perché domani mi tocca una mattinata in biblioteca in vista di uno/due esami.

Un bacio e un abbraccio, come sempre, Mary Evans.

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Capitolo 24
*** La quiete dopo la tempesta ***




3 Maggio 1988. Hogwarts.

Il sole sorgeva su Hogwarts, e la Sala Grande ardeva di vita e di luce.

Harry era una parte indispensabile in quelle manifestazioni di giubilo e lutto, dolore ed esultanza mescolati. Volevano che fosse lì con loro, il loro capo e simbolo, il loro salvatore e la loro guida, e che non avesse dormito, che bramasse la compagnia di pochi intimi non passò per la mente a nessuno.

Doveva parlare con i famigliari delle vittime, stringere loro le mani, guardare le loro lacrime, ricevere i loro ringraziamenti, ascoltare le notizie che rimbalzavano da ogni dove col procedere del mattino: in tutto il paese quelli che erano stati colpiti da una Maledizione Imperius erano tornati in sé, i Mangiamorte fuggivano o venivano catturati, gli innocenti di Azkaban liberati, e Kinsgley Shacklebolt era stato nominato Ministro della Magia ad interim...

Ma niente di questo era importante per Harry, in quel momento, quanto lo stare seduto su delle poltrone trasfigurate da suo padre nella sala comune di Grifondoro semidistrutta, insieme a lui, sua madre, Sirius, Remus, Tonks, e quella che aveva capito essere la moglie di Sirius, Mary.

Non riusciva ancora a credere che fossero davvero vivi, ma l’abbraccio soffocante di sua madre non lasciava adito a dubbi.

Lily non riusciva ancora a credere che il suo bambino avesse appena sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi: se lo ricordava ancora piccolo quando tirava la coda al gatto, e adesso era un uomo…

James, invece, non poteva essere più orgoglioso di suo figlio.

Lui lo aveva sempre saputo che avrebbe fatto grandi cose…

«Allora… siamo vivi!»

La battuta di Sirius servì a smorzare la tensione e a strappare una risata a tutti.

«Sembra proprio di sì, Felpato, vecchio mio.» gli rispose James con un sorriso, avvolgendo le spalle di Harry con un braccio.

Dopo qualche secondo, fu proprio Harry a prendere parola.

«Adesso cosa succederà?» chiese sottovoce con sguardo basso.

Lily sorrise materna, e abbracciò anche lei il figlio lasciandogli un bacio sui capelli.

«Te lo dico io cosa succederà, tesoro: andremo a vivere tutti e tre nella casa dove è cresciuto tuo padre, per sua grande gioia, il Maniero dei Potter; conoscerai tutti i tuoi parenti, i tuoi nonni, il tuo prozio Charlus, la tua prozia Dorea, e cugini di cui non sospettavi nemmeno l’esistenza… come Teddy, il figlio di Remus e Tonks, e Cassiopea, la figlia di Sirius e Mary; poi l’anno prossimo concluderai i M.A.G.O., diventerai un Auror e…»

Il monologo di Lily venne interrotto bruscamente dall’entrata di un Ron estremamente euforico nella Sala Comune.

«Harry! Kingsley ci ha offerto di diventare Auror senza concludere gli studi!»

E vedendo gli occhi del figlio brillare Lily sospirò:

«Mi sa che ai M.A.G.O. ci devo rinunciare…»

Fu così che, tra le risate di tutti, si concluse finalmente la Seconda Guerra Magica.

 

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Non pensavo di arrivare al penultimo capitolo, davvero, in ogni caso dovrò modificare ancora qualcosa, aggiungere foto, ecc… però ci tenevo a concludere questa storia.

Pubblicherò tra qualche giorno l’ultimo capitolo.

Un bacione e buona notte, Mary Evans.

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Capitolo 25
*** 19 anni dopo... ***






19 anni dopo…

Cara Hermione,

se stai leggendo questa lettera, allora vuol dire che l’incantesimo dei miei genitori ha funzionato.

Sono proprio io, Harry James Potter, il tuo migliore amico.

So che lo riterrai assurdo, dal momento che avevi chiesto a Silente di cancellare la memoria a tutti quelli che ti conoscevano, ma il vecchio preside ha avuto il buon senso di informare me e Ron di questa tua trovata, così siamo riusciti a fare in modo di evitare di dimenticarci di te, insieme a Ginny.

Insieme a questa lettera ne troverai molte altre da parte di tutte le persone che ti vogliono bene, insieme a dei ricordi che sarà piacevole vedere, almeno spero.

Volevamo renderti partecipe dei momenti più importanti delle nostre vite, che si sono potute realizzare solo grazie al tuo sacrificio di rimanere in un’altra dimensione, rinunciando a tutti noi.

Ti mando questa lettera diciannove anni dopo la sconfitta di Voldemort, avvenuta il 2 maggio 1988, in quella che verrà poi chiamata “La Battaglia di Hogwarts”.

Dovevi esserci, ‘Mione, hanno partecipato studenti, professori, membri dell’ES, membri dell’Ordine della Fenice… e tutti insieme lo abbiamo sconfitto.

Quel giorno ho potuto riabbracciare anche i miei genitori e Sirius che, a sorpresa di tutti, ha rivelato di essere sposato e di avere una figlia, Cassiopea.

Anche Remus e Tonks hanno avuto un figlio, Teddy, che ha rivelato le stesse doti mutaforme della madre e non la licantropia del padre. Remus era molto preoccupato di questo, ma poi con l’arrivo inaspettato dei gemelli Andromeda e Lyall , anche loro metamorfomagus, è sembrato essersi calmato.

Pochi anni dopo la sconfitta di Voldemort Mary McDonald Black, la moglie di Sirius, e mia madre hanno partorito nuovamente.

Mary Black ha partorito un bel maschietto James Sirius Black, mentre mia madre ha avuto due gemelli, un maschio e una femmina: Sirius Fleamont Potter e Morgana Lily Potter.

Mio padre ha insistito nel dare come secondo nome a suo figlio il nome di suo padre, perché ha adottato Sirius come fosse figlio suo, anche se tutti hanno concordato che fosse un nome davvero strano.

Ma il nonno grazie a questo è diventato molto abile nei duelli, quindi tutti sperano porti bene!

Io e Ginny, sei anni dopo la sconfitta di Voldemort, ci siamo sposati,  e un anno dopo è nato il nostro primo figlio William Harry. Due anni dopo, è stato il turno delle gemelle Hermione Ginevra ed Evelyn Susan di venire alla luce.

Non potevamo non mettere il tuo nome ad una delle nostre figlie, su questo siamo stati d’accordo.

In realtà lo avrebbe fatto Ron, ma noi lo abbiamo anticipato.

Già, anche Ron si è sposato, e con sorpresa di tutti con la nostra amica Luna. Hanno avuto due maschietti prima di avere la femminuccia: Lysander Ronald ha la stessa età di William, Lorcan Harry ha la stessa età di Hermione ed Evelyn, e la piccola Pandora Luna ha due anni meno delle mie principesse.

Qui manchi a tutti, Hermione, ed è stato difficile riprendere le nostre vite senza di te.

Abbiamo sofferto nel vedere come gli altri ti abbiano dimenticata, dopo tutto quello che hai fatto per loro.

Quasi dimenticavo, la sai l’ultima? Quando mia madre ha rincontrato zia Petunia le due si sono riappacificate.

Lei ha lasciato zio Vernon, che non approvava la riappacificazione, ed è venuta ad abitare insieme ad un Dudley totalmente cambiato al Maniero dei Potter, incinta di cinque mesi.

Da principio doveva essere una cosa temporanea, ma quando si è scoperto che la bambina di zia Petunia, mia cugina Lily Petunia, era anche lei una strega, si sono trasferiti stabilmente visto che, come ha detto mio padre, il Manor era abbastanza grande per tutti.

È stato proprio mio padre a proporre la cosa, perché mia zia, come mio cugino, è molto cambiata e si è scusata con me in tutti i modi possibili per il suo comportamento durante la mia infanzia, e alla fine sono riuscito a perdonarla.

Siamo diventati una grande famiglia, Hermione, quella famiglia che io avevo sempre desiderato, e che mi sarebbe piaciuto potessi vedere e farne parte come sorella e a amica.

Alcuni ricordi che vedrai sono precedenti alla perdita di memoria di tutti, e sono saluti e ringraziamenti per il tuo sacrificio.

Poi ci sono il mio matrimonio con Ginny, il matrimonio di Ron con Luna, la nascita dei miei fratelli, dei nostri figli…

Kingsley Shakebolt è diventato il nuovo ministro della magia, e io e Ron siamo diventati Auror senza prendere i M.A.G.O. …

Non essere arrabbiata, ti prego, lo sai che io e Ron non siamo mai stati tanto dediti allo studio quanto te!

Ginny è diventata, invece, cacciatrice per le Holyday Harpies, prima di abbandonare la carriera sportiva per dedicarsi ai figli, intraprendendo il lavoro di giornalista sportiva presso la Gazzetta del Profeta.

Luna, invece, dirige il Cavillo con suo padre.

Sai, è strano avere come capo di lavoro mio padre e il mio padrino in seconda, almeno mia madre lavora come pozionista e non la vedo tanto spesso al Ministero.

I genitori di Neville, grazie ad una delle sue pozioni sperimentali, sono riusciti a guarire dalla pazzia causata dalle cruciatus di Bellatrix, e adesso anche Neville ha una sorellina più piccola a cui badare, Aurora Alice, e non l’ho mai visto più felice… forse solo al suo matrimonio con Susan Bones!

Non so cosa tu stia facendo nel 1944, ma so per certo che sarai riuscita ad avere la vita meravigliosa che ti meriti, perché sei una donna fantastica, e se sei riuscita a salvarmi la vita quando eravamo solo dei mocciosetti di undici anni, allora sarai riuscita anche a domare Tom Riddle.

Sì, il ritratto di Silente mi ha accennato qualcosa, ma non ti biasimo affatto, non preoccuparti. Dopotutto, l’amore è l’arma più forte che abbiamo, come ben sai.

Ma non ho detto niente a Ron per evitargli un trauma, in ogni caso.

Anche se non riusciremo mai ad avere tue notizie, volevamo renderti partecipe delle vite meravigliose che hai contribuito a creare.

Ti voglio bene, Hermione

Sorella mia, Amica mia.

Con affetto,

Harry James Potter

 

Una lacrima sfuggì ad Hermione andando a bagnare il foglio.

Guardò incredula le fiale di ricordi e il plico enorme di lettere davanti a lei, senza rendersi conto davvero di quello che era accaduto.

Accarezzò la firma di Harry con mano malferma, sorridendo.

Il suo migliore amico, a distanza di anni, aveva ancora il potere di sorprenderla.

«Hermione, tutto bene?» le chiese Tom, entrando in quel momento nella stanza.

Hermione non rispose.

Si alzò lentamente dal letto riponendo le fiale di ricordi e le lettere nel suo armadio, chiudendolo poi con un incantesimo.

«Coraggio Tom, andiamo a prendere Harry e Ginevra alla stazione. Se non ci sbrighiamo quei due, insieme a James e Sirius, distruggeranno il binario.»

Tom la guardò socchiudendo gli occhi per un attimo, prima di annuire.

Aveva imparato a sue spese a non contrariare sua moglie quando era incinta. Erano sposati ormai da diciotto anni, quella lezione l’aveva imparata bene.

Avrebbe dovuto aspettare la nascita del piccolino prima di iniziare una questione su quelle fiale di ricordi provenienti dalla dimensione in cui era nata.

«Speriamo solo che il piccolo Ronald non ci dia tutti questi grattacapi in futuro…»

 

FINE

 

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E dopo quasi tre anni, in onore dell'inizio della maratona di Harry Potter, è finitaaaaaaaa!!!!!!!!!!!

Oddio non proprio perché dovrò rivedere tutti i capitoli e aggiungere le foto… forse aggiungere qualche altro capitolo che ho in mente, ma in sostanza la storia è conclusa e spero che il finale non vi abbia delusi.

Ringrazio davvero tutti quelli che mi hanno seguita e supportata fino ad ora, chi ha messo la storia tra le seguite, tra le ricordate, tra le preferite e chi ha recensito. Senza il vostro supporto la storia non sarebbe andata davvero avanti, quindi grazie.
Non metterò ancora la storia come completa solo per le revisioni e le aggiunte che devo fare, quindi aggiungerò un capitolo di avviso quando avrò finito tutto.
Grazie ancora e un bacio a tutti.
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio,
Mary Evans

 

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