In vacanza con Isabel: sopravvivere, collaborare, cambiare

di Prue786
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sempre le cose vanno come vogliamo ***
Capitolo 2: *** L'imprevisto ***
Capitolo 3: *** In acqua ***
Capitolo 4: *** In balia dell'oceano ***
Capitolo 5: *** Approdo dolce-amaro ***
Capitolo 6: *** Alla disperata ricerca della civiltà ***
Capitolo 7: *** Un novello Tarzan? ***
Capitolo 8: *** Il buongiorno si vede dal mattino… ?! ***
Capitolo 9: *** False speranze ***
Capitolo 10: *** Se il destino è contro di noi… peggio per lui! ***
Capitolo 11: *** Qui non ci sono boyscout ***
Capitolo 12: *** La fine della nostra avventura? ***
Capitolo 13: *** Non siamo in un flm ***
Capitolo 14: *** Capolinea ***



Capitolo 1
*** Non sempre le cose vanno come vogliamo ***


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In vacanza con Isabel:

sopravvivere, collaborare, cambiare

 

 

CAPITOLO 1- Non sempre le cose vanno come vogliamo

 

“Nathan?... Nathan, sei qui?”

“Sì, mamma!” Risponde una voce annoiata: “Dove potrei essere?” Sussurra la stessa voce, questa volta stizzita.

Un giovane molto abbronzato è seduto di lato su una poltroncina gialla; le gambe su un bracciolo e la schiena appoggiata all’altro. Pigia svogliatamente sui tasti del cellulare che ha in mano e sbuffa regolarmente. Si ferma qualche attimo e fissa lo schermo come in attesa di qualcosa.

“Nathan! Che fai seduto lì sopra! Dai, vai fuori,c’è l’animazione!”

Il giovane alza di poco la testa e lancia una veloce occhiata alla madre: “Non mi va!”

La donna alza le spalle e si avvicina al figlio con un sorriso: “Avanti, Nat, è estate, siamo in vacanza! Smettila di giocare con quel telefono e prendi un po’ d’aria!” Afferra il braccio del ragazzo e tira poco convinta.

“Se ti ho detto che non mi va evidentemente non ne ho voglia!”

Un suono e il display del cellulare si illumina.

Nathan si divincola dalla presa della madre e concentra la sua attenzione sull’oggetto: nuovo messaggio, vi è scritto. Proprio quello che stava aspettando.

La donna rimane a fissarlo ancora per un po’, mentre il ragazzo segue con lo sguardo il testo, e si allontana di poco: “La prossima volta te ne rimani a casa!” Sbotta imbronciandosi: “Non è possibile pagare per qualcuno che si annoia e non apprezza nulla! E pensare che ci sono tutti i divertimenti qui!”

Il ragazzo sbuffa pigiando i tasti: “Non l’ho chiesto io di essere trascinato in crociera! Avrei preferito restare a casa e voi lo sapete!”

La donna fissa il figlio con aria innervosita e respira a fondo più volte prima di rispondere: “Non ti meriti nulla, e questa è l’ultima volta che vieni in vacanza con noi! L’anno prossimo resterai a casa e ti troverai un lavoro… non pensare che te ne starai ad oziare! Vedremo se ti divertirai di più!” Si volta afferrando con foga la borsa da sopra un tavolino ed apre la porta sostando sull’uscio qualche secondo prima di voltarsi; Nathan è ancora impegnato a scrivere messaggi con il cellulare e non sembra esser stato toccato dalla sue parole. Sospira e esce chiudendosi la porta alle spalle.

Il giovane  alza lo sguardo e sbuffa chiudendo gli occhi e alzando le braccia, stiracchiandosi: “Che pizza!”

Il suono del telefonino lo fa riprendere subito e raddrizza la schiena cominciando a leggere. Si ferma e apre leggermente la bocca con la mano che regge l’oggetto a mezz’aria: “Non puoi…” Sussurra incredulo: “Ma…” Rilegge per la seconda volta il messaggio: “Maledizione!” Sbotta alzandosi di scatto dalla poltrona e lanciandovi contro l’oggetto, con rabbia. Comincia ad  andare avanti e indietro con le mani sui fianchi e l’aria torva: “Non può farlo, non così, non ora… non… non può!” Sibila aumentando il passo.

“È finita!” Pensa all’improvviso, fermandosi.

A dispetto del suo umore, un lieve sorriso gli increspa le labbra: “Mi ha lascito… mi ha lasciato!” Sghignazza  senza allegria e si lascia cadere pesantemente sulla poltrona, nascondendosi il viso con le mani.

Rimane in silenzio, in quella posizione, per una manciata di secondi allontanando, poi, le mani dal volto.

Porta una mano dietro la schiena e cerca di prendere il cellulare, sospirando nel sentire l’oggetto sotto i polpastrelli. Se lo porta davanti gli occhi e lo fissa con sguardo vuoto prima di premere qualche tasto. Rilegge il messaggio di poco prima e al nervosismo si sostituisce la rassegnazione: “È davvero finita!” Sussurra muovendo appena le labbra come se il sentirlo potesse far sembrare meno assurda la cosa.

 

Un anno. Stavano insieme da un anno, lui ed Helen, e non se l’erano passata male, affatto. Nonostante gli ultimi due mesi non fossero stati propriamente idilliaci. Lei era diventata stranamente possessiva e lui, doveva ammetterlo, si divertiva a rendersi irreperibile uscendo con gli amici senza avvisare nessuno.

Non che non volesse bene ad Helen, però… beh, gli dava fastidio quel suo attaccamento quasi morboso. E che diamine! Non erano ancora sposati!

Convinto che il suo metodo le avrebbe fatto, prima o poi, capire la situazione, si era limitato a continuare a sparire ogni tanto senza provare a parlarle, a spiegarle che quella sua gelosia immotivata gli dava immensamente fastidio.

Sì, litigavano, ma poi finivano sempre per far pace.

Gli ultimi due mesi erano passati in questo modo, fra continui tira e molla.

Nathan era sicuro al cento per cento che avrebbero continuato in quel modo fin quando lei non si fosse stancata, lasciandolo respirare un po’. In effetti non aveva sbagliato di molto; Helen si era effettivamente stancata e l’avevo lasciato libero di respirare… ma senza di lei.

Non pensava che sarebbe andata così, ma da quando aveva iniziato quella dannata crociera, la sua ragazza non aveva smesso di chiedere cosa facesse e con chi fosse: ossessiva!

Poi ci era messa anche sua madre a dar fastidio e, non ne era sicuro, ma doveva aver risposto male ad entrambe. Per quanto riguarda una della due, l’aveva fatto senza volerlo, ma oramai era troppo tardi!

 

“Potrei provare a chiederle scusa…” Pensa Nathan guardando il soffitto bianco della cabina con aria imbronciata.

Stringe le labbra e lancia un’occhiata al cellulare, socchiudendo gli occhi, prima di spegnerlo: “Al diavolo!” Sussurra poggiando la testa alla poltrona.

Chiude completamente gli occhi: “Semmai proverò domani a farla ragionare… mi sta venendo mal di testa!” Si porta le mani alle tempie massaggiandole lievemente e finendo per alzarsi e puntare verso la porta.

Lancia un’occhiata indietro mentre una curiosa sensazione di nostalgia si impossessa di lui. Scuote la testa come per cacciarla via, ed esce dalla cabina chiudendosi violentemente la porta alle spalle.

 

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Capitolo 2
*** L'imprevisto ***


CAPITOLO 2- L’imprevisto

 

Nathan esce nel corridoio e con aria imbronciata e cammina guardando il pavimento borbottando qualcosa fra sé quando un rumore gli fa alzare di scatto la testa ed è costretto ad appiattirsi contro il muro con un balzo per evitare di essere investito dal porta carichi che arriva in tutta velocità: “Ehi!” Protesta con stizza.

L’uomo si ferma, voltandosi a guardarlo: “Ah… pensavo non ci fosse nessuno dentro, a quest’ora!” Esclama a mo’ di scusa, ma Nathan non è d’accordo: “E questo cosa centra? Non posso neanche rimanere in cabina?” Domanda il ragazzo accigliandosi e mettendo le mani sui fianchi.

L’altro sembra riflettere sulla risposta da dargli finendo per abbassate di poco lo sguardo: “Sì, ha ragione… mi scusi!”

Nathan non sembra soddisfatto e rimane fermo a guardare prima lui e poi il carico poco più avanti: si tratta di una mezza dozzina di casse di legno prive di qualsiasi scritta.

L’uomo sospira e muove un passo verso il porta carichi: “Mi scusi ancora, le assicuro che non accadrà più!” Borbotta prima di girarsi e proseguire lungo il corridoio nella direzione opposta rispetto al giovane.

Nathan rimane a guardarlo per qualche secondo e si gira scuotendo la testa e sussurrando: “Ma guarda un po’ che tipo!” Riprendendo a camminare.

 

“Ah, sei arrivato! Dove sei stato fino ad ora? Ti abbiamo cercato ovunque!”  

Nathan si siede senza guardare il padre, concentrandosi, invece, sul piatto davanti a sé e borbottando: “Ho preso un po’ d’aria!”

In quel momento arriva al tavolo anche la madre che si accomoda senza dire nulla.

Il ristorante della nave è pieno a metà, ma le voci dei presenti non fanno sentire la mancanza del resto dei commensali.

“Vedo con piacere che hai smesso di giocare con quel cellulare!”

Il giovane alza lo sguardo sulla madre: “Sì, ho smesso, ora sei contenta?”

“Nathan, non rispondere in questo modo!”

“Ma papà…!”

L’uomo sbatte una mano sul tavolo fulminando il figlio con gli occhi senza aggiungere altro e Nathan riesce solo ad aprire la bocca, con l’intenzione di ribattere, finendo però per  abbassare lo sguardo sul tavolo.

“No! Lasciami!”

L’urlo cattura l’attenzione del giovane che si volta di scatto.

“Vieni qui!”

“No!”

“Ti ho detto di venire qui! Ferma!” Una ragazza cammina velocemente con aria trafelata e sembra parlare da sola fin quando da dietro una sedia non spunta una bambina con due codini biondi che sembra divertirsi un mondo a farsi rincorrere dalla giovane.

“Non mi prendi! Non mi prendi!” Urla la piccola facendo la linguaccia e cominciando a correre arrivando vicino la sedia di Nathan che la guarda, mentre si allontana, spostando in automatico lo sguardo sulla sua inseguitrice che ha il volto rosso, un po’ per la corsa, un po’ per il caldo e un po’ per l’imbarazzo.

Il giovane sorride lievemente e quando le due sono lontane, ritorna a girarsi.

 

Le pietanze della cena cominciano a essere portate una dopo l’altra, ma, nonostante la grande varietà del cibo, Nathan si limita a sbocconcellare qualcosa senza entusiasmo prima di alzarsi dal tavolo: “Vado a fare un giro!” Esclama allontanandosi. Senza distogliere lo sguardo dalla porta, percorre l’intera sala ed esce fuori.

Un lieve venticello gli scompiglia i capelli portandoglieli davanti agli occhi. Con un rapido gesto della mano li allontana dalla fronte e con passi rapidi arriva sul ponte della nave che in quel momento è quasi vuoto.

Guarda il cielo colorato di blu e sta per avvicinarsi alla balaustra quando si scontra improvvisamente con qualcuno. Sorpreso, abbassa lo sguardo e vede davanti a sé una cassa di legno. Inarca le sopracciglia quando una voce esclama: “Mi scusi!”

Nathan si sposta leggermente e vede un giovane uomo che spunta da dietro il grande oggetto. Sembra stia facendo un grande sforzo per reggerlo.

“Ehm… mi- mi scusi lei… non l’avevo vista!” Borbotta il ragazzo guardando il volto rosso.

L’altro fa una smorfia: “Mi scusi ancora!” Fa un live cenno del capo e si allontana.

Nathan rimane e guardarlo ancor per qualche secondo: “Chissà cosa c’è in quella cassa…!” Alza le spalle e si volta per raggiungere la fine del ponte, ma la sua attenzione viene attirata da delle voci.

Alla sua sinistra, ad una cinquantina di metri, vi sono tre persone che sembrano discutere animatamente. Uno di loro si volta e fissa Nat per qualche secondo prima di fare segno agli altri di far silenzio. I tre parlottano ancora per qualche istante per poi allontanarsi.

Nathan si massaggia il collo: “Ma che ha l’equipaggio, oggi?” Scuote la testa e raggiunge la balaustra poggiandogli le mani sopra e respirando l’aria salmastra socchiudendo gli occhi e assaporandola a fondo.

Quando riapre completamente gli occhi si ritrova a scrutare la superficie nera del mare.

Lievi schizzi biancastri si alzano dalla parete della nave, ma a parte quelli, l’acqua dell’oceano è calma e le luci della nave si riflettono sulla sua superficie, riempiendola di luccichii.

Nathan si appoggia con entrambe le braccia rimanendo a fissare l’orizzonte per diversi minuti prima che il chiacchiericcio degli altri partecipanti alla crociera non lo distragga facendolo voltare e rimanere a fissare le persone che lentamente vanno ad occupare il ponte.

Il suo sguardo vaga con rapidità da una persona all’altra e gli viene spontaneo sorridere nel vedere la bambina di poco prima che viene tenuta per mano da un giovane uomo.

La sua attenzione, però, viene catturata da un gruppo di ragazze che parlano allegramente ridendo con aria spensierata. Le osserva per un po’ prima di pensare: “Potrebbe essere un buon diversivo…” Si allontana di qualche passo dalla balaustra e si ferma sospirando: “Forse è meglio di no… dopotutto ho rotto con Helen da neanche un giorno!” Inarca le sopracciglia e incrocia le braccia al petto: “Ma, in fondo, è stata lei a lasciarmi! Sono in vacanza… sono qui per divertirmi, quindi non c’è niente di male se cerco una distrazione!” Annuisce con aria soddisfatta e punta verso il gruppo di giovani con passo sicuro.

“Sì, certo! Avete visto la sua faccia?”

“Povera me credevo volesse cominciare ad urlare!”

“Ma ci pensate! Che figura!”

“Ehm-ehm!” Nathan guarda le ragazze con aria allegra e le quattro si girano contemporaneamente al sentire la sua voce.

“Ciao!” Esclama il ragazzo sorridendo con tutta l’aria di essere a proprio agio.

Le giovani lo squadrano per qualche istante con aria perplessa prima di accennare qualche sorriso incerto: “Ciao…” Dicono insieme ancora poco convinte.

“Non vi sembra che sia un po’ noioso qui?” Chiede l’altro con fare sicuro.

Una di loro alza le spalle: “Qui un po’, ma ogni tanto fa bene un po’ di tranquillità, no?”

Nathan la guarda con interesse: “Vuoi dire che da quando siete qui vi siete sempre divertite?”

Le ragazze si lanciano un’occhiata e annuiscono.

“È strano!” Il giovane incrocia le braccia al petto, inarcando un sopracciglio: “Allora come mai sono tre giorni di seguito che mi annoio?”

“Si vede che non hai la compagnia giusta!” Esclama la ragazza di prima.

Nathan sorride leggermente: “Mi stai dicendo che con voi mi divertirei?” Il sorriso si allarga.

L’altra si raddrizza in tutta la sua altezza: “Dammi due ore e conoscerai tutti i pub e le discoteche presenti su questa nave!”

“Sembra interessante…” Nathan sembra riflettere sull’offerta.

“Cos’è, mamma e papà  non ti fanno fare tardi?” Domanda l’altra, con aria di sfida, beccandosi un’occhiataccia dal giovane.

“Questo è l’ultimo dei miei problemi!” Risponde piccato.

“Quindi verrai con noi?” Chiede la ragazza con un lieve sorriso.

Nathan la guarda: i capelli castani tagliati corti le incorniciano il viso dandole l’aria da ragazzina, ma lo sguardo deciso sembra pronto a sfidarlo. Il ragazzo accenna un sorriso: “Puoi scommet…”

Uno scoppio improvviso interrompe la frase e il giovane si volta di scatto verso la fonte del rumore imitato dagli altri passeggeri.

Si sente qualche urlo in lontananza e poi più nulla.

Ricomincia a sentirsi un leggero mormorio dopo l’improvviso silenzio seguito al rumore.

Q

 

 

 

 

Qualche secondo e il brusio aumenta e anche Nathan è in procinto di parlare quando si sente un secondo scoppio, più forte del precedente.

Il ponte esplode subito dopo gettando nel panico i presenti.

Questa volta sono più persone ad urlare e la gente comincia a correre in tutte le direzioni mentre le fiamme fuoriescono dallo squarcio lambendo il ponte.

Nathan rimane immobile per qualche istante prima di sussultare insieme all’intera imbarcazione rischiando di perdere l’equilibrio. È costretto ad indietreggiare e a mantenersi al parapetto mentre gli occhi fissano le fiamme che si alzano illuminando lo spazio circostante.

Si avvertono altre esplosioni e le luci sulla nave si spengono facendo aumentare le urla dei passeggeri che non hanno smesso di correre da una parte all’altra alla disperata ricerca di familiari e amici.

È sul punto di precipitarsi anche lui alla ricerca dei genitori quando l’ennesimo scoppio fa tremare la nave e il giovane non sente più un appoggio sotto i piedi.

All’improvviso il mondo va sottosopra e Nat ha solo il tempo di urlare prima di essere scaraventato in acqua.

  

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Capitolo 3
*** In acqua ***


Nuova pagina 1

CAPITOLO 3-  In acqua

 

L’impatto con la superficie liquida non è dei migliori.

Nathan entra nell’oceano di testa e impiega qualche secondo per riuscire ad aprire gli occhi. Scuote la testa e una miriade di bollicine cominciano ad uscirgli dalla bocca.

Intorno a lui è tutto scuro e ovattato e, nonostante non veda nulla, cerca subito di guadagnare la superficie cominciando a nuotare verso quella che spera sia la direzione giusta.

La distanza che lo separa dal pelo dell’acqua sembra aumentare ad ogni bracciata e quando finalmente riesce ad intravedere un chiarore più forte, il suo corpo è già in debito d’ossigeno.

Aumenta la velocità e finalmente riesce ad uscire urtando violentemente con la testa contro qualcosa, ma ignora il dolore e comincia a respirare avidamente, senza curarsi di nient’altro all’infuori della pressante richiesta d’ossigeno.

Quando il respiro ritorna regolare, Nathan si guarda intorno con più attenzione e vede le fiamme che si innalzano dalla nave da crociera che si riflettono sull’acqua illuminando i detriti scaraventati in mare insieme alla persone.

Il ragazzo fissa lo spettacolo devastante e fa qualche bracciata come se un po’ di movimento riuscisse a fargli capire quale comportamento mettere in atto.

Si sente stordito ed avverte un dolore lancinante alla testa: “Sono sbattuto prima!” Si limita a constatare toccandosi con cautela e voltandosi indietro per cercare di capire contro cosa sia andato a sbattere, senza successo. Prende a massaggiarsi la testa con una mano mentre il suo sguardo cade sui pezzi di legno che lo circondano: “Sono le travi del ponte…” Sussurra mentre il dolore alla testa non accenna a diminuire.

Si gira di scatto verso la nave a sentire un nuovo scoppio ed è costretto a chiudere gli occhi dal dolore mentre gli si riempiono automaticamente di lacrime: “Maledizione!” Sibila massaggiandosi furiosamente la testa. Un urlo lo fa bloccare: sembra provenire da qualcuno vicino a lui.

Si sente urlare di nuovo e Nathan comincia a guardarsi intorno esitando qualche istante prima di nuotare verso degli spruzzi d’acqua che si alzano in modo innaturale.

“Mamma!” Urla di nuovo la voce infantile mentre il ragazzo avverte un vuoto allo stomaco e cerca di nuotare più velocemente.

Raggiunge il corpo, che tenta disperatamente di rimanere a galla, e lo afferra, attirandolo a sé: “B-bene!” Dice con la voce rotta nello sforzo di respirare.

Si sente stringere da due manine e abbassa di poco lo sguardo solo per notare due codini biondi appiattiti a causa dell’acqua. Suo malgrado gli viene da sorridere: “Allora sei tu!” Sussurra cingendo la bambina con un braccio mentre con l’altro cerca di spostarsi. 

Tira un sospiro di sollievo quando con la mano afferra un pezzo si legno che galleggia sull’acqua e che sembra abbastanza grande da poter ospitare la piccola.

“Adesso ti metto qui sopra così non rimani più nell’acqua, va bene?” Chiede dolcemente alla bambina  inclinano un po’ la testa per cercare di guardarla, ma l’altra non sembra essere d’accordo perché si stringe ancora di più a lui nascondendo il viso sulla sua spalla.

Nathan sospira alzando gli occhi al cielo: “Ascolta… vuoi trovare la tua mamma, vero?”

L’altra alza di poco la testa e lo fissa con gli occhi lucidi, annuendo: “Bene, e allora sali là sopra! Fra poco non ce la farò più a nuotare con te in braccio!” Allontana il corpicino da sé e con qualche sforzo riesce ad issarlo sulla tavola di legno.

La bambina vi si accovaccia sopra e rimane ferma a guardare Nathan mentre quest’ultimo si porta una mano alla tempia massaggiandola con una smorfia di dolore.

“Ti sei fatto male?” Chiede la piccola sussurrando.

Il giovane si gira e la guarda per qualche istante prima di sorridere: “Un po’, ma ora mi passa!” Si gira verso la nave in fiamme ed esclama: “Ora vado a cercare qualcuno! Va bene?” Comincia ad allontanarsi, ma non è riuscito a fare neppure un paio di bracciate che sente la bambina piangere.

“Non voglio stare da sola! Voglio la mia mamma!”

Il giovane sbuffa, imbronciandosi: “Cosa vuole adesso, accidenti!” Sferra un pugno all’acqua e si gira ritornando dov’era prima: “Devo anche trovare i miei… chissà dove saranno…” Pensa mentre comincia ad avvertire una brutta sensazione. Cerca di cacciare dalla mente quei pensieri e guarda la bambina: “Che c’è?” Chiede in modo brusco.

“Non voglio stare da sola!”

“Sei una noia!” Il ragazzo afferra l’oggetto sul quale vi è la piccola e comincia a trascinarlo con estrema lentezza. Scuote la testa e impreca mentalmente quando il dolore aumenta vertiginosamente.  Sembra che la testa voglia scoppiargli.

Continua a borbottare maledizioni fra sé prima di venir distratto dalla voce della bambina: “Guarda! Ci sono i fuochi!”

Nathan alza istintivamente gli occhi al cielo e apre la bocca con stupore nel vedere degli oggetti in fiamme sopra di loro: “Merda!” Urla sbattendo velocemente le gambe sott’acqua per allontanarsi in fretta, ma non ha l’effetto sperato.

Lancia una rapida occhiata in aria e poi alla figura a mezzo metro da lui che guarda fisso in aria più con meraviglia che con paura.

Il mal di testa sembra raggiungere l’apice, vede la bambina oscillare davanti ai suoi occhi ed avverte il bisogno impellente di vomitare. Chiude gli occhi e si impone di non lasciarsi andare, o almeno non ancora, mentre poggia entrambe le mani sul pezzo di legno e si getta sulla bambina poco prima che i detriti comincino a cadere nell’acqua.

“Mi sento male!” Pensa mentre circonda il corpicino con un braccio, stringendo convulsamente gli occhi.

Avverte un forte colpo all’altezza della spalla sinistra e poi più nulla.

 

Il rumore dell’acqua che sbatte contro il mezzo di salvataggio improvvisato, gli fa capire di essere sveglio. Socchiude gli occhi quel tanto che gli permette di vedere l’ambiente circostante, ma continua a rimanere con il viso appoggiato al legno ruvido e lievemente bagnato.

Ha le gambe immerse nell’oceano e avverte dolori ovunque ad ogni respiro.

Lascia vagare lo sguardo fin dove può; il cielo è meno scuro di quanto lo ricordasse e sembra che l’alba sia in arrivo. Sposta gli occhi dall’orizzonte e si concentra sul suo braccio che si alza e si abbassa regolarmente senza che lui faccia nulla. Alza un po’ di più le palpebre e mette a fuoco il corpo vicino al suo: la bambina è placidamente addormentata e le sue mani stringono il cotone leggero del suo vestitino.

Le labbra di Nathan accennano un sorriso prima che il giovane richiuda gli occhi perdendo nuovamente i sensi.

 

 

 

 

per Araluna: grazie! Mi fa piacere che la storia ti piaccia^^… ehm… sì, in effetti il dubbio che il telefono potesse non prendere mi aveva sfiorata… ma ho accantonato il pensiero in un angolo recondito della mia memoria^^; Spero che la storia continui a piacerti^^ Baci!

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Capitolo 4
*** In balia dell'oceano ***


CAPITOLO 4- In balia dell’oceano

 

Si avvicina lentamente al bordo della piscina e guarda l’acqua chiara che emana un forte odore di cloro.

“Nat!”

Si sente chiamare e si volta. Vede Helen che lo saluta dalla sedia sdraio. Le sorride e alza una mano: “Ora vedrai un tuffo spettacolare!” Le urla prima di voltarsi nuovamente e fare qualche passo indietro.

Corre velocemente e quando i piedi arrivano sul bordo della piscina si lancia in aria con un salto per poi ricadere in acqua con le braccia allungate in avanti.

Viene colpito violentemente dall’acqua, ma sorride per il bel tuffo effettuato.

Fa una mezza capriola e comincia a risalire. Più si avvicina al pelo dell’acqua però, e più questo si allontana.

Nuota più velocemente sbattendo i piedi freneticamente e allungando le mani, ma la luce si fa sempre più flebile.

Muove la bocca lanciando un grido di aiuto silenzioso con il solo risultato di cacciare bollicine dalla bocca e di rimanere senz’aria dai polmoni.

Avverte le palpebre farsi pesanti. Non riesce più a mantenere gli occhi aperti; i polmoni gli bruciano, cercano aria. Si porta una mano alla gola e con un ultimo sforzo spalanca gli occhi.

L’acqua intorno a sé diventa di colpo meno scura. Muove la testa e avverte un dolore diffuso su tutto il corpo. Qualcosa scatta nella sua testa  e prende e sbattere furiosamente le gambe aiutandosi con le braccia per raggiungere la superficie il più velocemente possibile.

Inspira rumorosamente appena la testa è fuori dall’acqua e spalanca gli occhi a causa dello sforzo per immettere nei polmoni quanta più aria è possibile. Ogni respiro gli procura una lieve fitta alla spalla sinistra, ma ignora il dolore e continua ad ingurgitare aria. Quando sembra che il suo organismo si sia un po’ ripreso, si guarda intorno e raggiunge la sua scialuppa di salvataggio improvvisata poggiando entrambe le mani sul legno e rimanendo a fissare la bambina che dorme ancora senza alcun problema.

Con il respiro ancora un po’ affannato alza gli occhi e nota che il cielo è diventato azzurro: “È mattina…” Con una mano allontana i capelli davanti agli occhi e istintivamente lancia un’occhiata all’orologio che ha al polso: “Strano che nessuno si venuto ancora a …” Si guarda intorno e non riesce a finire la frase. Deglutisce involontariamente davanti a nient’altro che acqua: “Non è possibile!” Esclama incredulo: “Non abbiamo potuto allontanarci così tanto! Io…” Scuote la testa: “Io ero… non ero cosciente e… c’era altra gente in acqua e… oh, dannazione!” Si copre il viso con una mano e chiude gli occhi.

Qualcosa gli fa allontanare l’arto dal viso: “Prima stavo sognando! Stavo… stavo facendo un sogno e… stavo per annegare! Di nuovo!” Sospira e si massaggia gli occhi che bruciano a causa dell’acqua salmastra.

“Beh, prima o poi si accorgeranno della nostra scomparsa e verranno a cercarci! Sempre se non lo stanno già facendo in questo momento.” Ritorna a guardare la piccola ancora addormentata e sorride: “La tua mamma e il tuo papà saranno molto preoccupati, sai?” Sussurra cominciando a nuotare aggrappato al pezzo del ponte della nave: “Se mandano un elicottero a cercarci… se gli occupanti vedranno un oggetto in movimento, forse scenderanno a controllare!” Pensa Nathan con poca convinzione, ma continua a battere i piedi nell’acqua.

Il sole è alto nel cielo quando il giovane, esausto, decide di fermarsi: “Accidenti, ma quando arrivano i soccorsi?” Si domanda ad alta voce sospirando: “Ma è normale che una bambina dormi tanto?” A rispondergli  vi è solo lo sciabordio dell’acqua.

Si massaggia le tempie: il mal di testa non ha ancora accennato ad andarsene nonostante si sia attenuato rispetto a qualche ora prima. Chiude per qualche secondo gli occhi desiderando che qual dolore fastidioso sparisca, ma non ottiene alcun effetto. Sospira per l’ennesima volta mentre guarda la piccola addormentata. Le accarezza lievemente la testa e le sente mormorare qualcosa di incomprensibile prima che si muova un po’ nel sonno. Nota la sua carnagione chiara e alza gli occhi al cielo: “Spero che tutto questo sole non le faccia male…” Riprende lentamente a nuotare più per fare qualcosa che per altro.

Comincia ad avere sete e si impone di non pensaci. Ha l’impressione di essere in acqua da un’eternità; la pelle delle mani si è raggrinzita in modo impressionante ed è stanco di nuotare circondato da nient’altro che acqua: “E se questa volta mi lasciassi annegare?” Si ritrova a domandarsi pochi minuti dopo, quasi in preda allo sconforto: “Forse anche questa mocciosetta l’ha capito che non c’è speranza e preferisce dormire piuttosto che assistere a questo spettacolo pietoso!” Chiude gli occhi e poggia la testa sul legno smettendo di muovere le gambe: “Che diavolo sto facendo? Nuoto ma non so neanche dove sto andando!... forse avrei dovuto mangiare di più a cena… e bere anche!” Deglutisce con la gola asciutta mentre il dolore alla testa aumenta con l’aumentare della rassegnazione.

Nathan avverte un nodo alla bocca dello stomaco. Si ritrova a sorridere suo malgrado: “Se comincio a piangere avrò toccato davvero il fondo!” Ma non sembra che quella prospettiva lo infastidisca molto. Rimane fermo e lascia che la corrente trascini entrambi dove vuole, sbattendo di tanto in tanto le gambe: “Perché non sono rimasto seduto al tavolo del ristorante…” Mormora muovendo appena le labbra aride: “Perché sono andato sul ponte?... perché sono uscito dalla cabina?” In lontananza si sente il cinguettio degli uccelli: “Gli avvoltoi stanno arrivando per mangiarci!” Sussurra senza riflettere: “Chissà se farà tanto male… non vorrei rischiare di farli andare via…” 

“Mamma…”

“Sì, mamma! Anch’io voglio la mamma!” Continua a mormorare con la testa sul legno.

“Mamma!”

Un singhiozzo e la zattera improvvisata ha un sussulto.

Nathan socchiude gli occhi e alza di poco la testa fissando per qualche secondo davanti a sé prima di rendersi conto che il suo sguardo è ricambiato da un paio di occhi castani pieni di lacrime.

“Ah, sei tu! Ti sei svegliata!” Esclama con voce stanca.

“Dov’è la mia mamma… voglio la ma mamma!” La bambina riprende a singhiozzare e il giovane socchiude gli occhi, sibilando: “Non piangere, ho un mal di testa tremendo!” Riuscendo solo a far singhiozzare ancora di più la piccola.

Il cinguettio degli uccelli si fa sempre più forte e si confonde con il pianto.

Nathan si afferra la testa con una mano imponendosi di stare calmo, ma dubita di poter resistere ancora a lungo. Alza di scatto la testa sbarrando gli occhi e inspirando velocemente: “Ora ba…!” La fine della parola gli rimane in gola.

Sbatte le palpebre mentre le pulsazioni aumentano: “Sabbia!” Riesce a pensare prima di ricominciare a nuotare spasmodicamente spingendo in avanti l’oggetto con sopra la bambina, che non ha ancora smesso di piangere e chiamare la madre, ma Nathan non ci fa più caso. Tutta la sua attenzione è concentrata sul fazzoletto di spiaggia che vede in lontananza e che si avvicina sempre di più: “Siamo salvi… siamo salvi…” Continua a ripetersi senza smettere di nuotare: “Potrò telefonare… potrò mettermi in contatto con in miei… potrò tornare a casa!”

 

 

 

 

per Araluna: beh, mi rende davvero felice sapere di riuscire a descrivere al meglio la situazione ^^ La piccola, per ora, si limita a cercare la madre, giustamente, poi si vedrà^^ Grazie per aver inserito la storia fra i preferiti! Baci!

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Capitolo 5
*** Approdo dolce-amaro ***


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CAPITOLO 5- Approdo dolce-amaro

 

La terraferma si avvicina sempre più velocemente e Nathan sembra dimenticare completamente tutti i dolori riuscendo solo a sorridere e a nuotare con tutte le forze. Quando è a un centinaio di metri dalla spiaggia prova a toccare, ma il fondo è ancora lontano. Senza per questo demoralizzarsi, si avvicina ancora di più e ci riprova. Questa volta riesce a poggiare i piedi su qualcosa di solido.

La bambina, d’altra parte, alla vista del nuovo scenario, ha smesso di piangere cominciando a fissare la sabbia con interesse.

Nathan continua a camminare finché l’acqua non gli arriva alla cintola. Si ferma e prende in braccio la bambina e puntando verso la riva con passi veloci, rischiando più volte di cadere. Non riesce a trattenere un’esclamazione di gioia quando è ormai giunto al bagno-asciuga e, senza andare più avanti, si lascia cadere in ginocchio socchiudendo gli occhi.

La piccola lo guarda per qualche istante prima di allentare la sua presa e scendere sulla sabbia.

Come se non aspettasse altro, Nathan si lascia andare sdraiandosi e chiudendo completamente gli occhi mentre rimane ad ascoltare il suo respiro affannato e il cuore che gli rimbomba nelle orecchie.

Con le braccia stese lungo il corpo, assapora il calore della sabbia e lascia che gli passi fra le dita delle mani, come se solo quel gesto riuscisse a assicurargli di non essere più in acqua.

“Dove siamo?” Cinguetta la bimba camminando in tondo intorno a Nathan, momentaneamente dimentica del problema che l’assillava fino a pochi istanti prima.

Il giovane apre gli occhi, con una smorfia di fastidio, e fissa il cielo azzurro: “Non lo so ancora!”

“E dove sono le persone?” 

“Non ne ho idea!” Risponde con voce piatta richiudendo gli occhi.

“E quando chiamiamo la mia mamma?” La piccola si ferma e fissa il ragazzo disteso a terra.

“Appena trovo un telefono!”

“Quando andiamo a prenderlo?”

“Non lo so!”

“Come si chiama questa spiaggia?”

“Non lo so!”

“Perché non ci sono gli ombrelloni?”

“Non lo so!”

“Perché stai così?”

“Non lo so!”

“Perché sei andato nell’acqua con le scarpe?”

“Piantala!” Urla Nathan spalancando di scatto gli occhi e mettendosi seduto per poi fissare con aria furiosa la bambina che ha cominciato a guardarlo con aria imbronciata arricciando le labbra: “Perché ti sei arrabbiato?” Domanda con un sussurro.

“Non sono arrabbiato!” Urla ancora di più il ragazzo alzandosi ed allontanandosi mentre porta le dita sulle tempie.

“Finalmente si è zittita!” Pensa tra sé non sentendo più la voce della bambina. Si volta e socchiude le labbra.

“Voglio la mamma!” Piagnucola l’altra mentre due goccioloni prendono a scenderle lungo le guance.

“Oh no! Non di nuovo!” Geme Nathan alzando gli occhi al cielo: “Perché deve capitarmi questo…” Pensa nel sentire dei singhiozzi. Respira a fondo più di una volta e si passa una mano sul viso prima di costringersi a sorridere: “Su, ora non piangere!” Sia avvicina di malavoglia alla bimba accoccolandosi vicino a lei e guardandola in viso: “Le bambine grandi non piangono! O tu sei una bambina piccola?”

L’altra si porta i pugni sugli occhi asciugandosi le lacrime e tra i singhiozzi risponde: “N-no… io… io sono grande!”

Nat sorride sforzandosi di essere gentile: “Ecco, hai visto, sei grande, quindi ora smettila di piangere, va bene?”

L’altra annuisce tirando su con il naso: “Ma io voglio la mia mamma!”

“Sì, certo, non ti preoccupare! Ora troviamo qualcuno e la chiamiamo, va bene?” Annuisce imitato dalla bambina e si alza: “Perfetto!” Pensa tra sé guardandosi intorno: “Ed ora da che parte vado…?” Nathan si guarda intorno mettendo le mani sui fianchi: non c’è alcun dubbio sul fatto che quella dove si trova è una spiaggia… c’è sabbia a perdita d’occhio sia a destra che a sinistra. Già, ce la sabbia, ma solo quella! Non un ombrellone, non una sedia a sdraio e neppure qualcuno steso al sole.

Il giovane sospira: “Perché l’unica spiaggia bistrattata dai turisti doveva toccare a me? Ora mi tocca andare a cercare qualcuno!” Sbuffa e continua a guardarsi intorno un altro po’ .

“E va bene, prima mi muovo prima questa storia finirà!” Sussurra gettando un’occhiata alla bambina che ricambia il suo sguardo con aria fiduciosa.

“Andiamo!” Esclama cominciando a camminar, ma è subito costretto a fermarsi a causa dei piedi che nuotano letteralmente nelle scarpe da tennis piene d’acqua.

Alza gli occhi al cielo prima di toglierle e sbatterle un po’ mentre pensa: “Non so come abbia fatto a non perderle nell’oceano!” Scuote la testa e riprende a camminare con i piedi che affondano leggermente nella sabbia calda.

Più va avanti e più affretta il passo desiderando di arrivare il prima possibile sull’asfalto ed ha quasi iniziato a correre quando qualcuno alle sue spalle urla: “Aspetta! Vai veloce!”

Nathan si ferma e rimane a guardare davanti a sé mentre si massaggia la tempia.

Quando avverte la piccola farsi più vicina, prende a camminare. In lontananza vede degli alberi e automaticamente sorride, affrettandosi: “È finita!” Pensa con sollievo: “È finalmente finita!” Il sorriso si allarga ancora di più sul volto di Nathan quando le sagome degli alberi diventano più nitide, ma qualcosa gli frena l’entusiasmo.

“Palme” Registra il suo cervello, ma c’è qualcosa che non gli torna.

“Un bosco!” Urla la bambina come se quello che ha appena visto fosse un parco divertimenti.

Nathan si ferma e la guarda: “Un bosco…?” Chiede contrariato: “Quello non è un bosco, è… è una tragedia… una maledettissima tragedia!” Urla spalancando gli occhi e cominciando a  correre verso gli alberi. Si avvicina senza perdere velocità al primo arbusto e lo colpisce con la mano: “Bastardo!” Strilla colpendolo ripetutamente fin quando la mano comincia a fargli male: “Stupido, stupido! Quanto devo camminare ancora per trovare una città?” Domanda al vegetale posandogli la mano sopra: “Eh? Quanto tempo dovrà passare?” Prende una delle scarpe che ha nella mano sinistra e colpisce la palma con violenza come per costringerla a rispondergli: “Accidenti! Accidenti!” Colpisce nuovamente, e poi ancora… con sempre meno forza. Scuote la testa e si lascia cadere a terra in ginocchio per poi sedersi. Lascia andare le scarpe a terra e porta entrambe le mani sul viso: “È un incubo…” Sussurra rimanendo fermo.

“Ti fa tanto male la testa?” Si sente chiedere da una vocina lì vicino.

Allontana le mani dal volto e guarda la bambina che lo osserva e circa un metro di distanza. Ha un’aria seria che la rende stranamente buffa. Nat si sforza di sorridere nonostante in quel momento avrebbe solo voglia di piangere e sbattere la testa contro un albero: “Sì…” Sussurra con voce roca: “Sì, mi fa tanto male la testa…” Guarda la sabbia che in quel punto si mischia al terreno.

“La mia mamma dice che non devo gridare quando al mio papà gli fa male la testa!”” Esclama con aria grave.

“Sì, è vero, non devi gridare!” Ripete Nathan spostandosi lentamente e appoggiando la schiena all’albero.

“Dormi?”
“No… mi riposo un po’!” Sussurra il giovane chiudendo gli occhi.

“Pure io mi voglio riposare!” Dice allegramente la bambina andando a sedersi vicina a Nat che socchiude gli occhi e la guarda prima di tornare nella posizione precedente.

Passano una manciata di minuti durante i quali gli unici rumori che si sentono sono lo sciabordio delle onde, il canto degli uccelli e il fruscio delle fronde degli alberi mosse dal vento… Nathan si sente tirare per la manica della maglia. Inarca le sopracciglia senza aprire gli occhi e si limita ad un mormorio lugubre.

“Come ti chiami?”  Si sente chiedere da una voce squillante.

“Ma la tua mamma non aveva detto di far silenzio quando a qualcuno fa male la testa?” Sibila il ragazzo inspirando a fondo: “Nathan! Mi chiamo Nathan!” Borbotta ripiombando nel silenzio.

Seguono alcuni attimi di calma e sembra si sia tornati alla tranquillità di poco prima, ma la bambina non sembra essere di questo avviso.

“Quanti anni hai?”

“Ventuno, ora stai zitta!”

“Anche Désirée ne ha ventuno! Mi diverto molto con lei, però grida sempre, perché io scappo e non mi faccio acchiappare!” Sorride con aria soddisfatta: “Tu sai giocare ad acchiapparello? Io gioco sempre ad acchiapparello con Désirée e vinco sempre, però la mamma a casa non mi fa…”

“Taci!” Nat si allontana di scatto dall’albero e fissa la bambina, che si è subito zittita, con aria innervosita: “Come accidenti te lo devo dire che non voglio sentirti parlare? Accidenti!”  Si alza e afferra le scarpe da terra inoltrandosi di poco tra di gli alberi prima di sedersi vicino ad un altro albero.

L’altra scatta in piedi e lo raggiunge quasi subito.

“Che vuoi? Rimani là!” Esclama il ragazzo, stizzito. Chiude gli occhi: “Voglio tornare a casa, voglio tornare a casa! Perché sono salito su quella maledetta nave, perché?” Mormora scuotendo la testa.

“Da sola ho paura!” Sente lamentarsi la piccola e muove più velocemente la testa: “Dovevo restare a casa! Nella mia stanza!  A dormire nel mio letto!”

“Nathan!”

Il ragazzo si ferma e alza gli occhi sulla bambina: “Che vuoi?”

“Devo fare pipì!”

L’altro apre la bocca, ma la richiudere dopo, senza dire nulla e si appoggia con la schiena al tronco, chiudendo gli occhi: “E falla!” Esclama con noncuranza.

Seguono alcuni istanti di silenzio.

Nathan apre un occhio e vede la bambina, ferma, che lo fissa con aria seria: “Che c’è?” Chiede inarcando un sopracciglio, poi, come se la cosa fosse diventata chiara, alza le mani con un sorriso tirato: “Va bene, ok! Ti prometto che non guardo! Ecco, ora mi giro! Va bene così?” Domanda voltandosi da un lato e sospirando.

“Nathan… non c’è il vasino!”

“Eh?” Il giovane spalanca gli occhi e si gira di scatto verso la piccola, che ripete: “Non c’è il vasino!”

“E allora?” Chiede spazientito l’altro: “Hai tutto questo spazio!” Con un gesto indica gli alberi. L’altra, però non sembra d’accordo. Stringe i pugni e pesta un piede a terra: “Ma io non la so fare, da sola, senza il vasino!”

Nat apre di nuovo la bocca senza fiatare e mette in avanti le mani scuotendo la testa: “Eh no! Questo no! Non ci provare neanche! No! Assolutamente no!” Esclama capendo il significato della parole della piccola: “O la fai da sola o… o la fai da sola!” Incrocia le braccia la petto e sbuffa: “Se proprio vuoi, vai nell’oceano…!” Chiude gli occhi e borbotta qualcosa di incomprensibile scuotendo nuovamente la testa.

La bambina lo fissa in silenzio mettendo il broncio per poi abbassare un po’ la testa ed incamminarsi verso la spiaggia.

Nathan trae un sospiro di sollievo nel sentirla allontanarsi e si rilassa completamente.

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Capitolo 6
*** Alla disperata ricerca della civiltà ***


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CAPITOLO 6- Alla disperata ricerca della civiltà

 

Passano i minuti e il giovane rimane immobile, il respiro e il battito cardiaco regolare e la mente che si svuota completamente.

Nathan comincia  a sentirsi piacevolmente intorpidito.

“È passato un po’… dove sarà andata quella piccola mocciosa?” Si chiede al ridosso del dormiveglia. Avverte in lontananza lo sciabordio delle onde e un cinguettio acuto.

“Spero che non sia andata al largo…” Quel pensiero gli attraversa la mente per qualche secondo prima che apra di scatto gli occhi: “Accidenti!” Esclama alzandosi e cominciando a camminare verso la spiaggia: “Che diamine, non penso che si sia lanciata in acqua come se niente fosse…” Fa un sorriso, ma aumenta il passo: “È una bambina, accidenti! Come pretendo che capisca cos’è pericoloso e cosa non lo è!” Nathan inizia a correre: “Idiota! Sono stato io che le ho detto di andare in acqua… idiota!” Si batte ripetutamente la mano sulla testa, gesto che gli fa ricordare di avere l’emicrania: “Accidenti!” Aumenta ancora di più la sua velocità, ma tira un sospiro di sollievo quando scorge una sagoma sulla sabbia: “È lei!?” Ansima un po’ e deglutisce: “Sì, è lei, è lei!” Raggiunge la bambina e la vede accoccolata sulla spiaggia, intenta ad ammucchiare della sabbia davanti a sé.

Sorride con un sospiro di sollievo e fa ancora qualche passo prima di sedersi a terra.

L’altra si volta a guardarlo: “Sto facendo un castello!” Esclama con un sorriso prima di tornare al suo lavoro.

“Davvero?!” Nathan guarda la gonna gocciolante del vestitino che indossa e stringe le labbra abbassando lo sguardo.

“Sì, è un castello, però non ho il mio secchiello e non viene tanto bene!”

Il ragazzo torna a guardarla in silenzio.

La bambina prende la sabbia e l’ammonticchia.

“Hm… senti…” Comincia Nathan cercando di sorridere: “Come ti chiami?”

“Isabel!” Esclama l’altra non smettendo di lavorare.

“E dimmi, Isabel, quanti anni hai?”

L’altra si gira ed alza una mano guardandola e abbassando il pollice: “Uno… due… tre… quattro… quattro!” Esclama dopo aver contato le dita e guarda Nat sorridendo. Riprende ad ammonticchiare sabbia finché non si ferma e guardando fisso davanti a sé domanda: “Andiamo dalla mia mamma?”

Nathan sospira e dopo qualche istante si mette in piedi e pensa tra sé: “ Prima ci muoviamo e prima finirà quest’assurda faccenda!” Per poi esclamare: “Va bene, andiamo!”

Isabel guarda il ragazzo e sorride, alzandosi di scatto e raggiungendolo.

I due si incamminano verso la foresta e una volta all’interno il giovane si ferma vicino ad un albero ed infila le scarpe prima di proseguire.

Più i minuti passano e più gli alberi aumentano, infittendosi.

Il terreno spoglio viene ricoperto da erba e foglie che attutiscono il rumore dei passi.

Il canto degli uccelli si fa più rumoroso ed è piacevole ascoltarlo in quel luogo, che altrimenti sarebbe decisamente silenzioso.

“Troppo silenzioso!” Pensa Nathan inarcando le sopracciglia e guardandosi intorno alla ricerca della più piccola traccia di civiltà.

I due continuano a zigzagare per evitare i grandi alberi che riempiono il loro cammino e che non sembrano diradarsi, al contrario, diventano sempre più fitti e maestosi.

Il giovane si guarda intorno con aria contrariata, ma allo stesso tempo ammirata per quello spettacolo naturale ed è così concentrato a meravigliarsi che quasi sobbalza quando la bambina a mezzo metro da lui lo chiama.

“Nathan!” Quasi piagnucola.

“Che c’è?” L’altro si ferma e trae un lungo respiro.

“Sono stanca, mi fanno male i piedi!”

Il giovane si passa una mano sul viso chiudendo gli occhi: “Vuoi riposarti?” Chiede senza guardare la piccola.

L’altra annuisce e va a sedersi vicino il tronco di un albero mentre Nathan rimane lì dov’è con lo sguardo perso nel vuoto.

Trascorrono una manciata di minuti e il giovane esclama: “Ora andiamo, o no arriveremo mai!”

Isabel lo guarda e sposta lo sguardo verso il terreno prima d alzarsi. Muove qualche passo e si avvicina al ragazzo alzando le braccia verso di lui.

L’altro la fissa e inarca un sopracciglio: “Che c’è?”

“Mi prendi in braccio?”

“Eh?” Nat fa un passo indietro con espressione meravigliata: “Non se ne parla!”

“Mi fanno male i piedi! Sono stanca!” Si lamenta la bambina avvicinando le braccia tese verso il giovane.

“E allora… ?” Sussurra Nathan gettando un’occhiata alle scarpine rosa della bambina. Sta per dire qualcosa, ma richiude la bocca. Dai sandali bucherellati nota i piedi di Isabel che hanno assunto un colorito tendente al nero a causa dalla terra.

Sospira mestamente e alza lo sguardo sul viso supplichevole della bambina: “E va bene!” Esclama con aria sconfitta prendendola in braccio e riprendendo a camminare: “Almeno così arriveremo prima… non dovrò più andare a passo di lumaca!” Pensa tra sé con un mezzo sorriso.

 

“Ho fame!”

È da un po’ che cammina con Isabel in braccio quando quest’ultima rompe il silenzio.

“Non ci posso fare nulla!” Sussurra Nathan con aria stanca. Le sue braccia cominciano a chiedere pietà.

“Ma io ho fame!” Ripete la bambina .

Il giovane non risponde e fa una smorfia quando avverte il suo stomaco che brontola.

“Nathan, quando arriviamo?”

“Vorrei tanto saperlo anch’io!” Aumenta il passo e rischia di inciampare in una radice: “Maledizione!” Borbotta senza fermarsi.

“Ho fame… voglio mangiare!” Piagnucola Isabel appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo che chiude per un instante gli occhi mentre deglutisce con la bocca arida.

Un rumore diverso dal canto degli uccelli e le fronde degli alberi gli fa allungare il passo mentre Isabel ha cominciato a singhiozzare: “Voglio la mia mamma…”

“Sì, anch’io la voglio!” Risponde seccato Nathan, ma la sua attenzione è rivolta al rumore: “Sembra  acqua che zampilla… potrebbe essere una fontana… se c’è una fontana qui vicino ce l’abbiamo fatta!” Pensa sorridendo.

Comincia quasi a correre mentre ha l’impressione che gli alberi stiamo diminuendo.

Il rumore si fa più vicino: è proprio acqua quella che sente. Il mare è ormai lontano.

Nathan si sente meglio al solo pensiero di essere ritornato alla civiltà e, quando si ritrova davanti ad un fiume in piena, si blocca rimanendo senza fiato.

La delusione sembra troppo grande perché possa dire qualsiasi cosa.

Un fiume… acqua di un fiume, non una fontana, ma un corso d’acqua.

Sente le forze venirgli meno e si abbassa per mettere a terra Isabel che a quel gesto lo guarda prima di voltarsi.

“Un fiume…” Sussurra il ragazzo con il sorriso che gli muore sulle labbra. Abbassa lo sguardo e stringe i pugni prima di avvicinarsi.

Isabel lo guarda e comincia a seguirlo.

Il giovane piega un ginocchio poggiandolo a terra e osserva la figura dal contorno frastagliato che si riflette nell’acqua.

Immerge le mani dentro e il liquido freddo sembra allontanare per qualche momento la delusione ancora cocente. Fa una smorfia e mette le mani a coppa per raccogliere un po’ d’acqua ricordandosi improvvisamente di avere una gran sete. Senza porsi troppe domande comincia a bere e smette solo quando si sente ormai dissetato.

Inspira profondamente e riesce nuovamente a sorridere: “Almeno non morirò di sete!” Quel pensiero lo fa voltare; accanto a sé vede la bambina che lo fissa con aria leggermente imbronciata. Prima che possa dire qualcosa, Nathan domanda: “Hai sete?”

Isabel annuisce e fa per mettere le mani nell’acqua quando l’altro le immerge a sua volta e, trattenendo il liquido all’interno, le avvicina al viso della bambina.

Isabel gli lancia un’occhiata e poi comincia a bere.

Nathan deve ripetere l’operazione più di una volta prima che la bambina esclami: “Non ne voglio più!”

“Era ora!” Sussurra a mezza voce e si sdraia con un profondo sospiro.

Rimane fermo con le braccia lungo il corpo respirando regolarmente e rimanendo ad ascoltare l’incessante canto degli uccelli: “Forse dovrei arrendermi…” Pensa chiudendo gli occhi: “Ma in questo modo ammetterei definitivamente di essere solo in un posto sconosciuto…” Apre gli occhi e guarda di lato: Isabel ha le mani nell’acqua a si diverte a farla saltare.

Sorride con aria tragicomica: “Non solo… peggio! Bloccato chissà dove con una mocciosetta di quattro anni!” Sospira e guarda il cielo prima di richiudere gli occhi: “Forse sarebbe stato meglio rimanere sulla spiaggia. Se a qualcuno verrà in mente di cercarci, lì ci vedrebbe di sicuro… già… però qui almeno siamo vicini all’acqua potabile! Ma sì, torneremo in spiaggia più tardi… o domani… ! Ora sono troppo stanco, senza contare che mi fa ancora male la testa!” Sospira nuovamente coprendo gli occhi con un braccio. Avverte dei passi che si avvicinano e istintivamente inarca un sopracciglio.

“Nathan, ho fame!”  Esclama Isabel.

“E che devo fare?” Domanda laconicamente l’altro.

“Ma io ho fame!” Sbotta la bambina piccata.

“Tanti auguri!”

“Ho fame! Ho fame!” Comincia a sbattere un piede a terra.

Nathan stringe i pugni e cerca di ignorare quella vocina fastidiosa, senza successo, e la piccola sta ancora protestando quando con uno scatto si mette a sedere e urla: “Smettila con questa lagna! Hai fame, ho capito, ma la vuoi sapere una cosa? Non sei l’unica! E adesso basta, mi hai proprio stufato!” Si alza e fulmina Isabel con lo sguardo: “Dovevo lasciarti da sola in mezzo all’oceano…” Si blocca avvertendo un leggero tremito nella sua voce e respira profondamente prima di girarsi a guardare il fiume.

Anche se non la sente, immagina il viso della piccola e i suoi occhi pieni di lacrime.

“Voglio la mamma…” Sente sussurrare.

“Ecco, ora ricomincia!” Pensa il giovane rassegnato.

Un rumoroso singhiozzo: “Voglio papà…”

“Almeno comincia a cambiare repertorio!” Nathan sorride sarcasticamente restando fermo.

“Mamma! Papà!” Isabel, in preda al pianto, chiama i genitori fra un singhiozzo e l’altro senza provare neanche ad asciugare le lacrime. Con gli occhi socchiusi si allontana.

Nathan si volta  e la vede seduta ai piedi di un albero con la testa nascosta dalle braccia.

“Povero me!” Sussurra coprendosi il viso con  entrambe le mani. Torna a sedersi con un sospiro e comincia a guardarsi intorno con il pianto soffocato in sottofondo: “Perfino gli uccelli si sono spaventati…” Scuote la testa e il suo sguardo vaga fin quando un albero in lontananza non cattura la sua attenzione. È molto alto e spicca tra gli altri, ma non è il solo di quel tipo.

Nathan si alza con un gemito e lancia un’occhiata alla bambina ancora intenta a singhiozzare, prima di inoltrarsi fra gli alberi per qualche decina di metri.

 

 

 

 

per Emily Doyle: ciao! Mi fa davvero piacere sapere che la storia ti piace! Spero che il seguito non ti deluda^^ Baci!

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Capitolo 7
*** Un novello Tarzan? ***


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CAPITOLO 7- Un novello Tarzan?

 

Respira a pieni polmoni l’aria lievemente profumata e socchiude gli occhi continuando a camminare.

Quando alza la sguardo per vedere cos’ha intorno, nota diversi alberi carichi di frutti verdi: “Frutti verdi… frutti verdi…” Pensa tra sé non staccando gli occhi dall’albero: “Quelle non sono mele…” Si massaggia freneticamente la testa e riprende a camminare: “Non voglio rischiare di morire avvelenato…”

Il cinguettio degli uccelli torna a farsi sentire.

Nathan si ferma e guarda indietro, verso gli alberi dalle foglie color verde intenso per poi scuotere la testa: “Meglio lasciar perdere!” Esclama continuando a camminare.

La luce diventa di colpo più forte e costringe il giovane a socchiudere per un attimo gli occhi. Quando la vista si fa più chiara, si ritrova davanti il gruppo di alberi slanciati che aveva notato in precedenza.

Si avvicina con circospezione e guarda fisso verso le chiome dalle quali spuntano dei frutti: “Noci di cocco!” Esclama con un sorriso vittorioso: “Queste sono commestibili!” Poggia la mano sulla palma più piccola e continua a guardare in su, verso i frutti scuri.

“Non è tanto alto! Devo solo arrampicarmi qui su…” Così dicendo si allontana di qualche passo fissando attentamente il tronco dall’albero prima di avvicinarsi e saltare aggrappandosi con le braccia e, subito dopo, anche con le gambe.

Nathan rimane appiccicato alla palma simile ad un grande koala prima di scivolare mestamente ritrovandosi con i piedi a terra: “Pensavo fosse più semplice!” Sussurra con aria sconsolata massaggiandosi la base del collo: “Beh, non mi do per vinto!” Afferra con entrambe le mani il tronco ed usando i piedi si dà la spinta riuscendo a sollevarsi da terra.

Rimane aggrappato e con i piedi cerca un appoggio sulla corteccia riuscendo a salire ancora un po’. Allunga una mano ed afferra il tronco stringendo i denti per costringersi a non fare movimenti bruschi mentre già avverte le gocce di sudore scendergli lungo il viso. Alza gli occhi quanto basta per vedere il frutto scuro e facendo appello alle sue ultime forze si mantiene con un braccio ed allunga l’altra mano con un grugnito. Le dita si muovono frenetiche verso la noce di cocco e riescono già a sentire la peluria che ricopre il frutto quando un piede scivola lungo il tronco.

“Accidenti!” Pensa Nathan mentre si rende conto di non riuscire più a resistere in quella posizione.

Sta per ritornare ad avvinghiarsi all’albero con entrambe le braccia quando anche l’altro piede scivola e si sente trascinare inesorabilmente verso il terreno.

Con le unghie tenta di aggrapparsi alla corteccia per rallentare la caduta, ma l’unica cosa che riesce a fermarlo è il duro terreno.

Il ragazzo si ritrova disteso a faccia in giù sull’erba.

 Gli ci voglio alcuni istanti prima che riesca a sollevarsi facendo leva sulle braccia: “Ma porc…” Sibila a denti stretti prima di poggiare la fronte a terra picchiando con un pugno sul terreno. Stringe gli occhi e tenta di mettersi in ginocchio, sussultando e imprecando, ad ogni fitta proveniente dal suo corpo.

Alza la testa e fissa le noci di cocco raggruppate in alto sulle palme. Gira lentamente la testa e guarda verso la direzione dalla quale è arrivato, sospirando.

Si alza in silenzio e si avvicina nuovamente all’albero inarcando le sopracciglia: “A noi due!” Sibila con aria tetra, ma deciso a non darsi per vinto tanto facilmente.

Svariati tentativi e numerose cadute a terra dopo, Nathan si alza dal terreno ansimando.

Si passa una mano sulla fronte e con una smorfia di dolore raddrizza la schiena prima di guardarsi le gambe; il pantalone che indossa gli arriva di poco sotto il ginocchio e non è riuscito ad evitargli dei graffi superficiali. Anche le braccia non sono messe bene, ma in fin dei conti non è nulla di serio.

“Non ne posso più!” Sussurra gettando un’ultima occhiata all’albero prima di cominciare a tornare sui suoi passi: “Per oggi ho preso colpi a sufficienza!” Scuote la testa e guarda gli alberi che ha intorno cercando di individuare quello dai frutti verdi visto in precedenza.

Il sole è quasi tramontato e il cielo ha assunto tonalità amaranto.

“Ma dove sarà finito?” Si chiede guardandosi intorno.

Si ferma e riflette un attimo prima di deviare a sinistra, gli occhi fissi sulle chiome degli alberi. Qualcosa di giallo attira la sua attenzione: “Che albero sarà?” Si chiede vedendo a qualche decina di metri di distanza un arbusto non troppo alto con foglie larghe e molto lunghe che arrivano quasi a toccare il terreno. Inclina la testa da un lato e si avvicina ancora un po’ zoppicando lievemente, prima di sorridere: “Ma quelle…” Arriva vicino all’albero e senza aspettare oltre allunga entrambe le mani afferrando un casco di banane e staccandolo con forza: “Così Isabel la smetterà di frignare!” Quel pensiero lo fa sorridere ancora di più.

“Bene!” Sospira mentre comincia a tornare indietro con un paio di caschi in mano.

La testa continua a fargli male e il resto del corpo non è messo meglio dopo le cadute dall’albero, ma il pensiero di poter almeno mettere qualcosa nello stomaco e non morire di sete rincuora molto Nathan e riesce a fargli dimenticare per qualche istante il fatto che è ancora solo e senza nessuno strumento per contattare qualcuno che possa portarlo via da quel posto, per il momento ancora sconosciuto.

“Almeno, però, non mi è sembrato molto inospitale!” Pensa sorridendo mentre intravede la sponda del fiume e si affretta a raggiungerla.

Nathan si guarda intorno prima di riuscire ad individuare Isabel seduta dove l’aveva lasciata più di mezz’ora prima. Ha il viso sulle ginocchia, nascosto dalle braccia, e sembra che abbia smesso di piangere.

Il ragazzo le arriva a poca distanza, ma la bambina non accenna a muoversi. Rimane a fissarla per qualche secondo prima di sospirare e sedersi accanto a lei: “Ehi!” Esclama nel tentativo di attirare la sua attenzione e sorridendo lievemente nel vedere la testa della piccola che si alza di poco.

Gli occhi castani sono ancora arrossati e un po’ lucidi, ma sembra che non pianga più: “Dove sei andato?” Chiede guardandolo.

“Avevi detto di aver fame, no? Beh, sono andato a trovare da mangiare!” Esclama Nathan staccando una banana dal casco e porgendola ad Isabel.

La bambina guarda per un attimo il giovane prima di prendere il frutto e rimanere a fissarlo senza fare nulla.

“Che c’è? Devo sbucciarla?”

L’altra annuisce e il ragazzo apre il frutto per poi porgerlo alla bambina con un lieve sorriso, rimanendo a guardala mentre addenta la polpa pallida con voracità.

Si sposta vicino all’albero e poggiandoci la schiena contro con un sospiro di sollievo, alza gli occhi al cielo che si è fatto sempre più scuro. Rimane in quella posizione fin quando un movimento vicino a lui non lo fa voltare.

Isabel ha finito di mangiare la banana e si è sistemata affianco a lui.

“Ne vuoi un’altra?”

“Sì!” Risponde la piccola con la bocca ancora piena.

L’altro annuisce e sbuccia un altro frutto prima di servire anche se stesso. Addenta lentamente la polpa dolce e mastica guardando il terreno mentre comincia a sentirsi improvvisamente stanco: “Anche se non ho fatto granché…” Dice fra sé inspirando profondamente prima di posare a terra la buccia vuota: “Mi è anche passa la fame…” Sbuffa e chiude gli occhi rimanendo fermo senza pensare a nulla.

Il canto degli uccelli è ormai cessato, sostituito da quello dei grilli e dal verso di qualche rapace notturno.

Nonostante ciò i rumori che provengono dalla foresta sono piacevoli e conciliano la calma.

Il giovane socchiude gli occhi perlustrando con lo sguardo il paesaggio nelle immediate vicinanze prima di richiuderli: “Sono passate quasi ventiquattro ore da quando sono finito fuori dalla nave!” Pensa sollevando un sopracciglio: “Chissà cosa staranno facendo adesso i miei… spero che non ci abbiano dati per dispersi nell’oceano altrimenti è la fine… non verrà mai nessuno a cercarci e saremo costretti a proseguire alla ricerca di una città… un paese o un villaggio!” Sospira mestamente: “Chissà su quale dannata isola tropicale siamo arrivati…” Si massaggia con foga la testa prima di ritornare immobile: “Non mi ricordo di aver sentito parlare della presenza di qualche isola nelle vicinanze… se non mi sbaglio erano previste delle fermate, però… chissà in quale isola del Pacifico siamo finiti!” Inspira profondamente e si muove lentamente per sistemarsi meglio contro l’albero. Avverte i muscoli intorpiditi e il suo volto si contorce in una smorfia di dolore ad ogni movimento.

Quando finalmente si ritiene soddisfatto, si rilassa e sorride con aria stanca: “Comunque, è inutile preoccuparsi di questo, ora… domani mattina ritorneremo alla spiaggia e poi si vedrà…” Nathan avverte qualcosa contro il suo braccio e si acciglia prima di aprire lentamente gli occhi.

Gira la testa alla sua destra ed abbassa lo sguardo non riuscendo a reprimere un ghigno divertito alla vista di Isabel addormentata.

La bambina è seduta vicino a lui e la testa, nel piegarsi su un lato, è andata a d appoggiarsi al suo braccio.

“Alla fine il sonno ti ha stesa!” Sussurra alla testa bionda alzando una mano per spostare dal viso della bambina alcuni ciuffi sfuggiti dai codini.

Rimane a guardare per un po’ il viso chiaro e rilassato: “Se fosse sempre così silenziosa potrei anche adottarla!” Sorride a quell’idea stramba e ritorna a poggiare la testa al tronco, chiudendo gli occhi: “Non credo di essere tagliato per fare il padre… almeno per ora… sembra proprio che i bambini mi diano sui nervi!” Annuisce: “Ma credo che a chiunque nella situazione in cui sono io salterebbero i nervi… Isabel, poi, sa essere molto irritante! Forse domani riuscirò ad essere più paziente con lei…” Nathan continua a parlare fra sé fin quando, senza accorgersene, si addormenta con la testa leggermente inclinata da un lato, cullato dal rumore del fiume e dal frinire dei grilli.

 

 

 

 

per Araluna: oh, beh, mi piace avere i fans^^ Nathan ha cominciato a snocciolare qualcosa sul posto in cui potrebbero essere… a dire il vero vorrei sapere anch’io dove sono capitati^^ Li raggiungerei all’istante! Baci!

 

 

per Emily Doyle: beh, aveva solo intravisto una possibile fonte di cibo, ma non gli è andata bene XD. Però non sono stata troppo cattiva^^ Baci!

 

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Capitolo 8
*** Il buongiorno si vede dal mattino… ?! ***


Nuova pagina 1

CAPITOLO 8- Il buongiorno si vede dal mattino… ?!

 

“Nathan! Nathan!”

Il ragazzo muove lentamente la testa e la gira dall’altro lato. È ancora nel dormiveglia e si sente rilassato e magnificamente bene. Continua a respirare lentamente con la mente annebbiata e immagini oniriche che si fanno strada: è su una barca a vela, sta gareggiando…

“Nathan!” I tifosi urlano forte il suo nome… con un cenno della mano li saluta. Il vento gli scompiglia i capelli schiaffeggiandogli piacevolmente il viso.

Un’altra imbarcazione si sta avvicinando.

L’occupante si alza in piedi e gli sorride: “È inutile che resto qui, sei troppo forte, vado a pescare!”

Nathan lo guarda confuso mentre fa un salto e si tuffa in acqua.

Gli spruzzi lo raggiungono e cielo e barca svaniscono velocemente lasciando il posto al buio.

Il giovane si rende conto di essere sveglio. Avverte il canto degli uccelli e socchiude gli occhi sbattendo le palpebre per abituarli alla luce. Intorno vi è calma e Nathan si trova a pensare: “Anche se avrei preferito essere svegliato dal suono di un martello pneumatico, non è male!” Si gira istintivamente alla sua destra e si stupisce di non trovarvi nessuno. Il suo sguardo si muove automaticamente verso il fiume. Sta per chiamare Isabel quando nota un movimento sulla sponda, a qualche decina di metri: “È lei… I…” Il nome gli muore in gola quando vede l’acqua che si alza in modo innaturale. L’urlo che segue lo fa alzare di scatto: “Isabel!” Senza aspettare risposta si precipita sul punto più vicino agli schizzi e si strofina gli occhi assonnati, ma non vede nulla.

Socchiude le labbra ed è pronto ad allontanarsi per cercare la bambina altrove. 

“Ah!”

Di nuovo la voce di Isabel, di nuovo vicino al fiume.

Il ragazzo guarda l’acqua e ha come l’impressione di aver ricevuto un pugno allo stomaco quando scorge una testa bionda che viene trascinata dalla corrente del fiume: “Isabel!” Urla prima di gettarsi scompostamente in acqua.

L’impatto con la fredda superficie liquida ha la capacità di mandar via gli ultimi residui di sonno e il ragazzo si ritrova a guardare sott’acqua, trascinato dalla corrente.

Muove le braccia e in breve è con la testa fuori dall’acqua: “Isabel!” Urla respirando affannosamente e nuotando velocemente nella direzione in cui ha visto scomparire la bambina, ma, nonostante si guardi intorno, non riesce a vedere nulla. Ispira profondamente e trattiene il fiato prima di immergersi nel fiume. Il mondo diviene di colpo ovattato. Il ragazzo nuota nell’acqua chiara rilasciando gradatamente l’aria che ha nei polmoni. Socchiude leggermente gli occhi nel vedere del movimento e ricomincia a sbattere furiosamente i piedi quando nota la stoffa rosa del vestitino di Isabel.

La piccola si muove ancora freneticamente quando la raggiunge, per poi smettere lentamente quando Nathan l’afferra per il braccio. Istintivamente avvicina il corpicino inerme al suo e lo circonda con un braccio, risalendo in superficie.

Senza neanche riprendere fiato allunga la mano in cerca della sponda del fiume e quando avverte l’erba sotto le dita, avvicina Isabel al terreno. Deglutisce respirando velocemente e spinge la bambina all’asciutto prima di uscire anche lui dall’acqua.

L’altra rimane pochi secondi immobile, stesa sull’erba prima che l’aria le ritorni nei polmoni facendola sussultare.

Isabel tossisce convulsamente, sputacchiando l’acqua ingoiata e chiudendo gli occhi per lo sforzo.

Nathan la guarda a poco distanza mentre, ancora carponi a terra, respira affannosamente, e inarca le sopracciglia con aria innervosita: “Sei contenta?” Urla appena il suo organismo glielo consente: “Ti sei divertita, eh?” Camminando a quattro zampe si avvicina lentamente alla bambina che si è messa seduta riprendendo a respirare normalmente ed ora lo guarda con gli occhi gonfi.

“Hai visto cos’è successo? Hai visto che stavi annegando? Che accidenti stavi facendo?” Nathan muove avanti e indietro un braccio senza togliere gli occhi da Isabel che davanti alle sue urla ha arricciato le labbra.

“Io volevo solo… volevo solo… i… i pesciolini…” Sussurra con voce rotta, abbassando lo sguardo.

“Che cosa?” Domanda di rimando il ragazzo fermandosi a una manciata di centimetri da lei e mettendosi in ginocchio, con i pugni sui fianchi: “Che volevi fare?” Vede la bambina che è ormai sull’orlo del pianto, ma riesce solo a sentirsi più nervoso.

“Volevo vedere i pesciolini…” Sussurra Isabel, grondante acqua; con le mani stringe la vestina mentre i capelli le si sono appiccicati scompostamente sul viso. Sussulta ad ogni singhiozzo ed ha il viso piegato fin sul petto: “C’è… c’erano tanti pesc… di tutti i color… io li volev…”

“Sì, ho capito! Non sono scemo, ho capito!” Sbotta Nathan chiudendo gli occhi con aria esasperata. Torna a posare lo sguardo sulla bambina che sta continuando a ripetere le poche parole dette in precedenza e si sente stringere una nodo alla gola nel vedere il corpicino scosso dai singhiozzi e il viso arrossato e rigato dalla lacrime. Scuote la testa e sussurra: “Non farlo più… capito? Non farlo più!”

L’altro comincia ad annuire freneticamente tirando su col naso: “No… non lo fac… non lo faccio più…” 

Nathan respira a fondo e si avvicina ancora di più alla bambina. Le posa una mano sulla testa per attirarla a sé e la stringe con l’altro braccio: “Ti sei spaventata?” Chiede con più calma, mentre avverte il lieve tremore del corpicino.

Isabel annuisce.

“Hai fatto spaventare anche me, sai… davvero tanto...” Il giovane sussurra socchiudendo gi occhi e finendo per sedersi a terra, sospirando.

I due rimangono in silenzio finché il giovane non si scosta un po’, guardando la bambina: “Vogliamo tornare indietro?”

Isabel alza lo sguardo su di lui: “Perché?”

“Ehm… dobbiamo prendere le banane così facciamo colazione e poi andiamo sulla spiaggia!”
“ E posso fare una montagna?” Il viso della bambina si illumina di colpo.

“Certo!” Esclama Nathan con un sorriso, allontanandole i capelli dal viso con una mano e asciugandole le lacrime. Si ferma di colpo nel vedere gli occhi sorridenti di Isabel: “Che c’è?” Domanda bruscamente.

“Non sei più arrabbiato?”

L’altro socchiude le labbra e sposta lo sguardo alzandosi in silenzio: “Su, andiamo… dammi la mano o ti perderai!” Nathan afferra la bambina e la fa alzare, incamminandosi lungo la sponda del fiume.

Impiegano un po’ per riuscire a ritrovare il punto in cui hanno trascorso la notte perché il paesaggio sembra sempre uguale e la corrente del fiume ha fatto percorrere ai due diverse centinaia di metri, ma alla fine ritrovano il punto e recuperano i due caschi di banane per poi riprendere la strada per la spiaggia.

Con un sospiro di sollievo Nathan toglie le scarpe, imitato da Isabel, e percorre a piedi scaldi i metri che lo separano dal mare.

La bambina si avvicina subito all’acqua lasciando che questa le bagni i piedi.

“Non ne hai avuto abbastanza?” Domanda Nathan accigliandosi: “Vieni qui e siediti sulla sabbia così ti asciughi meglio!”

Isabel si volta a guardarlo e il ragazzo sospira: “Avanti, fai una bella montagna, e poi me la fai vedere!” Accenna un sorriso un po’ forzato e guarda l’altra che annuisce e si allontana dal bagnasciuga per inginocchiarsi sulla sabbia.

Ispira a fondo e mette le mani sui fianchi: “Bene!” Sussurra guardandosi intorno: “Vediamo di dare un senso a questa giornata!” Rimane per qualche momento a fissare l’orizzonte e fa qualche passo indietro: “Isabel, tu resta qui… vado a prendere delle cose!” Si allontana e ritorna verso gli alberi inoltrandosi un po’ e cominciando a raccogliere i rami a terra. Poco alla volta comincia a portarli sulla sabbia, ammucchiandoli in un punto.

Isabel, intanto, è impegnata a costruire la sua montagna, ma viene incuriosita dall’andirivieni del ragazzo e si ferma a metà dell’opera. Pulisce la mani piene di sabbia vicino al vestito e raggiunge Nathan, impegnato a posare a terra la legna.

“Che stai facendo?” Chiede osservando il mucchio sulla sabbia. 

L’altro si ferma e la guarda: “Cerco di trovare un hobby!” Lancia un pezzo di legno lontano da sé e guarda Isabel che non sembra soddisfatta della risposta. Prima che quest’ultima possa fare un’altra domanda, sospira ed esclama: Voglio scrivere SOS sulla sabbia!”

“Perché?” La bambina gli punta gli occhi addosso.

“Perché, così, se passa un elicottero, lo legge e capisce che siamo qua!” Esclama Nathan senza riuscire a reprimere un sorriso.

“E anche la mia mamma e il mio papà lo possono vedere?”

“Sì, certo, anche loro possono vederlo!” Annuisce il giovane.

Isabel guarda il mucchio di legna per poi tornare a fissare Nathan:  “Anche io voglio scrivere… così mamma e papà vengono a prendermi e poi torniamo a casa!”

“Certo!” Esclama il ragazzo sorridendo.

La bambina si avvicina ai rami e ne prende uno: “Come si fa a scrivere con questi?”

“Li mettiamo tutti sulla sabbia e facciamo una scritta grande grande così lo possono leggere anche dal cielo!” Nathan si inginocchia e comincia a disporre la legna in modo ordinato: “Mi vuoi aiutare?” Chiede continuando il suo lavoro.

“Sì!”

“Allora portami quei rami, va bene?”
Isabel annuisce e comincia ad aiutare il ragazzo.

I due lavorano insieme in un relativo silenzio rotto di tanto in tanto dalle domanda di Isabel e dalle pacate risposte di Nathan che sembra essersi rassegnato alla presenza della bambina.

Manca poco per finire la O quando la legna raccolta da Nathan termina.

Il giovane passa un braccio sulla fronte, asciugando il sudore, e lancia un’occhiata agli alberi che si vedono più in là: “Vado a prendere dell’altra legna, tu aspettami qui e… e raccogli le pietre che ci sono sulla spiaggia, va bene?”

“Ci servono anche le pietre per fare questa cosa?” Chiede la bambina.

“Sì, certo, vai!”

Isabel si allontana di corsa e il giovane si avvia verso le palme, fermato quasi subito dalle urla di Isabel.

“Nathan! Nathan! Una balena! C’è una balena!”

“Cosa?” Pensa tra sé il ragazzo storcendo il naso e sbuffando: “Che avrà visto ora…?” Si gira e raggiunge la piccola di malavoglia: “Che hai visto?”

“Una balena?” Continua a ripetere la bambina indicando con un dito un punto nell’oceano.

“Dove?” Sussurra Nathan guardando nella stessa direzione e scuotendo la testa per poi bloccarsi di colpo nel vedere qualcosa di azzurro muoversi sulla superficie dell’acqua: “Una barca?...” Si chiede incredulo, muovendo qualche passo in avanti: “Ma sì… sì, è proprio una barca… una barca!” Esclama scoppiando a ridere: “Una barca!”

 

 

 

 

per Araluna: ciao!!! Scusa l’enorme attesa per questo aggiornamento^^; Beh, sì, Nathan non è molto agile… anzi, direi per niente… non so, ho i miei dubbi sul fatto che potrebbe essere un buon padre… però mai dire mai XD Sono contenta che la storia continui a piacerti! Baci!

 

 

per Emily Doyle: uhm… sì, in effetti hai ragione… potrebbe essere la controfigura di Jane… altro che Tarzan!XD Per ora gli vanno più che bene i caschi di banane… per le noci di cocco si vedrà… se farà il bravo posso farci un pensierino^^ Alla prossima! Baci!

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Capitolo 9
*** False speranze ***


CAPITOLO 9- False speranze

 

La piccola imbarcazione si muove rapidamente sull’acqua.

“Ehi! Qua! Siamo qua!” Urla Nathan non riuscendo a non ridere. Si sbraccia e più avverte il rumore del motore farsi vicino, più non riesce ad aspettare. Cammina nell’acqua fin quando questa non gli arriva ai fianchi.

L’imbarcazione sembra puntare proprio nella loro direzione.

“Sono i soccorsi… sì, sono venuti a prendere noi!” Sussurra il giovane continuando ad agitare le braccia in aria.

“È la mia mamma?” Chiede Isabel con aria impaziente, ma il ragazzo non le risponde, impegnato a tener d’occhio l’oggetto azzurro che ogni minuto si fa sempre più vicino.

Riesce quasi a distinguere le persone a bordo… riesce quasi a contarle quando l’imbarcazione vira leggermente.

“Ehi!” Esclama indignato il giovane: “Dove diavolo vanno? Siamo qui!... Ehi, siamo qui! Da questa parte!” Urla Nathan muovendo qualche altro passo nell’acqua.

“Nathan…” Sussurra la bambina dietro di lui: “La mia mamma viene a prendermi, vero?”

“Ehi! Aiuto! Aiutateci! Siamo qui!” Il ragazzo avverte il panico farsi strada quando l’imbarcazione continua per la sua direzione e le persone a bordo non danno alcun segno di averli visti.

“Dannazione!” Strilla il giovane picchiando con i pugni sull’acqua e facendola sollevare e schizzare ovunque.

“Quando arrivano?” Isabel cerca di avvicinarsi all’altro, ma l’acqua le arriva subito alle ginocchia e la bambina si ferma, rimanendo a guardare Nathan che ha ormai smesso di urlare. 

Il ragazzo stringe forte i pugni senza riuscire a smettere di guardare l’imbarcazione che li ha palesemente ignorati e che ora è diventata un puntino che a malapena si distingue dall’oceano circostante.

Digrigna i denti e cerca di ricacciare indietro le lacrime di rabbia che oscurano leggermente la vista: “Maledetti…” Sibila abbassando lo sguardo sull’acqua.

“Nathan, quando arrivano mamma e papà?”

Il giovane chiude gli occhi ed inspira profondamente l’aria salmastra prima di girarsi e tornare lentamente sulla spiaggia, senza guardare la bambina.

In silenzio si lascia cadere sulla sabbia, rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto.

“Voglio andare a casa mia…” Pigola Isabel avvicinandosi al giovane e sedendosi accanto a lui. La bambina piega le ginocchia le circonda con le braccia guardando le onde che si infrangono a riva: “Perché non sono venuti qui? La mia mamma e il mio papà dovevano venire a prendermi… dove sono andati ora?” La piccola si zittisce per qualche secondo e con una mano muove la sabbia vicino a lei: “Nathan…” Chiama il ragazzo e si volta a guardarlo.

L’altro continua ad ignorarla, con gli occhi rivolti al cielo cristallino: “Erano qui! Erano arrivati fin qui! Perché non sono venuti a prenderci? Perché hanno girato? Se avessero proseguito… forse non ci hanno visti… forse il motore faceva troppo rumore e non hanno sentito la mia voce… se solo… se solo…” Nathan si copre gli occhi con un braccio, sbuffando.

“Non era la mia mamma…” Piagnucola Isabel.

L’altro stringe forte le palpebre.

“La mia mamma mi vede sempre… quando sono sulle giostrine e lei è lontana, lei mi vede sempre e mi chiama... “Isabel” e io non voglio scendere dall’altalena, ma poi vado da lei…”

Nathan fa una smorfia a quella frase e toglie il braccio dal viso per poter guardare la bambina. Isabel ha l’aria imbronciata e guarda la sabbia che ha in mano.

Un lieve sorriso increspa le labbra del giovane che si tira su a sedere: “Hai ragione!” Esclama rivolto alla bambina: “Sì, la tua mamma e il tuo papà non ti lascerebbero qui!... non ti lascerebbero qui… “ Abbassa un po’ la voce e accarezza la testa di Isabel.

Nathan si lascia sfuggire un sospiro tutt’altro che allegro e sposta lo sguardo sull’oceano: “Sì, forse non ci hanno visti… anzi, sicuramente non si sono accorti di noi… se sono venuti qui a cercare noi faranno sicuramente il giro dell’isola e noi saremo qui ad aspettarli…” Il giovane sospira nuovamente mentre sente sciogliersi il nodo alla gola che lo aveva infastidito fino ad allora: “Dobbiamo solo aspettare un altro po’… sì, solo un altro po’…” Nathan si volta a guardare la spiaggia; la scritta SOS lasciata a metà: “Forse a questo punto è anche inutile, però…” Respira a fondo e si alza quasi di malavoglia, muovendo qualche passo incerto. 

“Dove vai?”

“Uhm… mi sgranchisco le gambe…” Sussurra accigliandosi. 

“Che significa?” 

Nathan apre la bocca e si volta a guardare Isabel: “Vuoi aiutarmi a finire la scritta che stavamo facendo prima?” Domanda con un lieve sorriso.

L’altra annuisce con la testa e si alza cominciando a correre in direzione del mucchio di tronchi e sassi.

“E va bene!” Esclama Nathan: “Mettiamoci al lavoro!”

 

Il sole ha passato il punto più alto del cielo da un bel po’, e ormai è sul punto di tramontare quando Isabel si accascia pesantemente sulla sabbia: “Sono stanca!” Si lamenta.

“E riposati!” Nathan sbuffa rumorosamente e si allontana per osservare meglio le lettere in rilievo sulla sabbia.

“Nathan, ho sete… voglio l’acqua!” La bambina si alza, avvicinandosi al giovane che continua a guardare il lavoro con aria critica.

“Nathan…” Isabel strattona il giovane per la maglia : “Ho sete! Dammi l’acqua!”

“Hai sete…” Ripete l’altro fra sé, come riflettendo su quelle parole. 

“Sì, ho sete! Tanta…” La bambina continua a stringere la maglia del giovane tirandola con forza.

“E va bene! Torniamo indietro… ritorniamo al fiume!” Sospira massaggiandosi distrattamente un braccio e lanciando un’ultima occhiata alle tre lettere. Afferra Isabel per una mano e punta verso gli alberi: “Andiamo!” Sussurra guardando la sabbia ai suoi piedi. Il verso di un uccello lo fa fermare di nuovo. Si gira lentamente verso l’oceano, cercando con lo sguardo qualcosa sulla superficie calma per poi riprendere a camminare scuotendo la testa.

Quando raggiungono il fiume è quasi buio. La bambina al vedere il corso d’acqua si libera dalla presa del ragazzo e comincia a correre.

“Isabel, ferma!” Urla più del dovuto Nathan, con un’espressione improvvisamente dura in volto.

Le sue parole hanno l’effetto di far bloccare la bambina che rimane lì dov’è.

Il giovane annuisce: “Vuoi cadere di nuovo in acqua?”

Solo un movimento di testa risponde alla sua domanda.

Il ragazzo raggiunge Isabel e la prende per un braccio : “Vieni!”

Si avvicinano lentamente all’acqua che scorre velocemente producendo un piacevole rumore.

“Ho sete! Posso bere, Nathan, per piacere?” Chiede la bambina con voce lamentosa voltandosi a guardare il ragazzo che le lancia solo un’occhiata un po’ imbarazzata prima di rispondere: “E… si, certo, bevi, ma fai piano!” Lascia andare il piccolo braccio e si siede sull’erba rimanendo a guardare l’altra mentre immerge le mani nell’acqua  e si disseta.

“Hai fame?” Chiede quasi senza volerlo, guardando un punto imprecisato fra gli alberi.

“Sì! … vai a prendere le banane?”

Nathan inspira profondamente e sorride: “Certo! Vuoi venire con me?”

“Sì!” Quasi urla la bambina.

“Va bene!” Esclama l’altro sempre evitando di guardarla: “Però dobbiamo camminare un po’… non ti stancherai, vero?”

Un breve silenzio precede la risposta dell’altra: “Ma se poi mi fanno male i piedi… io sono piccola e mi fanno subito male i piedi e pure le gambe… il mio papà mi prende in braccio quando sono stanca! Se mi stanco mi prendi in braccio?”

Nathan socchiude le labbra chiudendo gli occhi e sospirando rassegnato: “Va bene…”
Isabel si alza  e ridacchia: “Così facciamo che tu sei il papà e io sono la figlia piccola!”

Il giovane si volta di scatto a quelle parole e sorride: “Figlia piccola? Perché, ho anche altri figli?”

L’altra lo fissa per qualche istante e poi alza le spalle: “Sì, facciamo che hai anche una figlia grande!”

“E come si chiama?”   

“Si chiama Desirèe e lei mi fa giocare sempre, però certe volte mi fa piangere perché si prende i miei giocattoli!”

“Davvero?” Nathan si alza  e prende per mano la bambina.

“Sì, però poi me li dà di nuovo!”

“Allora è brava!”

“Sì, è brava!” Isabel cammina in silenzio per un po’ prima di aggiungere: “Ma tu poi devi venire a casa mia!”

“Perché?” Nathan sorride, guardando fra gli alberi.

“Perché tu non la conosci…”

“Chi è che non conosco?”

“Desirèe!”

“Ah…”Il giovane scuote la testa: “E chi è?”

“La mamma dice che è la mia babysitter… io mi diverto con lei!”

“Ah, è la tua babysitter! Va bene, allora dovrò sicuramente venire a casa tua!” Il giovane sospira  e aumenta leggermente il passo prima di fermarsi di fronte ad una mezza dozzina di alberi di banane.

 

I due ritornano nei pressi del fiume con un casco per uno e si siedono vicino ad un albero prima di cominciare a mangiare in silenzio.

“Domani mangiamo ancora banane?” Isabel mastica velocemente il frutto che ha fra le mani.

Nathan guarda la bambina e stringe le labbra abbassando lo sguardo: “Io… non lo so…” Sussurra con aria improvvisamente tetra.

“Ma tanto non fa niente… le banane mi piacciono!” Esclama la bambina guardando attentamente il frutto che ha in mano.

Nathan alza nuovamente lo sguardo su di lei e con un sorriso le accarezza la testa: “Sì, sono buone!” Sussurra prima di poggiare la schiena contro l’albero alle sue spalle, sospirando. Chiude gli occhi e rimane fermo, cercando di svuotare la mente da qualsiasi pensiero.

“Nathan, voglio dormire!” La voce gli fa aprire lentamente gli occhi e quasi con sorpresa si accorge dell’oscurità che li circonda.

“Se hai sonno, dormi!” Si limita ad esclamare guardando la bambina che sbadiglia e si sfrega gli occhi.

Isabel si alza, avvicinandosi al ragazzo, e si siede accanto a lui.

Il giovane le lancia una rapida occhiata per poi girarsi da un’altra parte: “Verranno a cercarci qui?” Si domanda all’improvviso socchiudendo gli occhi: “E se ci avessero dati per dispersi in mare o… o per morti?” I battiti del cuore aumentano d’intensità. Scuote la testa aprendo gli occhi. Si guarda intorno; l’acqua del fiume riflette la luce della luna spandendo intorno deboli luccichii. Al di là del corso d’acqua vi sono solo alberi immersi nel buio e più nulla. Un brivido corre lungo la schiena del ragazzo che deglutisce e sposta lo sguardo sulla bambina al suo fianco: “Isabel…” Sussurra piano, ma l’altra non dà segno di averlo sentito. “Isabel?” Prova di nuovo, senza alcun risultato: “Stai già dormendo?” Nathan  abbassa di poco la testa verso la bambina che, con la bocca leggermente aperta, dorme placidamente, gli occhi chiusi e il respiro regolare.

Il giovane si lascia sfuggire un sospiro e muove lentamente il braccio destro a circondare le spalle di Isabel: “Così è quasi sicuro che mi accorgerò se si allontanerà di nuovo… non ho intenzione di tuffarmi di nuovo nel fiume…” Nathan sorride suo malgrado e poggia a testa all’albero chiudendo gli occhi.

 

 

 

 

per Araluna: ciao… chiedo umilmente scusa… non ho mai aggiornato con tanto ritardo… la tesi mi sta davvero prosciugando le energie-_-;;; ma per farmi perdonare in questi giorni mi sono messa d’impegno^^ per il prossimo capitolo non ci sarà molto da aspettare^^

Forse il nostro Nat sta cominciando davvero a rassegnarsi alla presenza di Isabel… non so chi dei due mi faccia più tenerezza XD Poveri!!!

Ti ringrazio per la pazienza e la costanza con la quale segui la mia storia^^ Alla prossima! Baci!

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Capitolo 10
*** Se il destino è contro di noi… peggio per lui! ***


Nuova pagina 1

CAPITOLO 10- Se il destino è contro di noi… peggio per lui!

 

“Uffa!”

L’urlo stizzito di Isabel attira l’attenzione di un Nathan annoiato che stacca gli occhi dall’orizzonte.

Sono tornati sulla spiaggia subito dopo il risveglio e il giovane si è seduto sulla sabbia rimanendo a fissare l’oceano con la segreta speranza di vedere apparire l’imbarcazione del giorno precedente. Ma la sua attenzione ora è stata catturata dalla bambina che con rapidi gesti cerca di allontanare i capelli che le ricadono sugli occhi.

“Isabel, cosa c’è?”

La bambina si avvicina al giovane: “Questi capelli mi danno fastidio! I codini si sono rotti!”

Nathan alza le spalle e sospira mettendo un pugno sotto il mento: “Che vuoi farci, si rompono…” Mugugna ritornando a fissare l’oceano.

“Io li tolgo… me li fai di nuovo?!” Isabel afferra gli elastici rosa che mantengono legati i capelli in due code.

“Ehi… aspetta!” Il giovane si riscuote e alza la testa: “Io non li so fare i codi…”

La bambina tira con forza e i capelli ormai sciolti le ricadono liberamente sulla schiena.

Nathan la guarda mentre, con aria soddisfatta, si avvicina a lui, e scuote mestamente la testa.

“Tieni!” Isabel consegna gli elastici al giovane che li prende in una mano e chiede: “Cosa dovrei farci io, con questi?”

“Devi farmi le code!” L’altra inclina la testa da un lato e fissa il ragazzo in attesa che faccia il suo dovere.

“Ehm...” Nathan si rigira fra le mani i due oggettini rosa guardandoli con aria perplessa e si morde il labbro inferiore: “Ehm… ascolta, Isabel… io non so fare le code!” Alza gli occhi sulla bambina con aria dispiaciuta e la vede accigliarsi.

“Ma mi danno fastidio!” Esclama afferrandosi i capelli e tirandoli indietro.

“Ho capito, però…”

“Dai! Fammele!”  

Nathan scuote la testa e avvicina i due elastici alla bambina come a volersene liberare al più presto: “Ti ho spiegato che…”

“E dai!” Isabel sembra non ascoltarlo; si siede di spalle vicino a lui e rimane ferma: “Fammi le code!”

Il giovane guarda la testa bionda e chiude gli occhi mormorando imprecazioni varie prima di stringere i denti e afferrare i capelli biondi con tutta la delicatezza in suo possesso. Li raccoglie in una grande coda, guardandoli con aria torva, e ispira profondamente: “E ora?” Si chiede con aria esasperata: “Isabel, passami uno di quei cosi!” Nathan si rigira fra le dita uno degli elastici mentre tiene ferma la coda e comincia a legare i capelli: “Ecco…” Sussurra facendo una smorfia: “Ho fatto!” Esclama alzando la voce e scostandosi dalla bambina.

Quest’ultima si alza e muove la testa facendo ondeggiare la coda: “E questo?” Chiede, poi, mostrando l’oggetto rosa che ha in mano.

Nathan guarda prima la coda che pende leggermente a sinistra e poi il piccolo elastico: “Mettilo al braccio… come un braccialetto!”

Isabel guarda il ragazzo e dopo un attimo di indecisione sorride.

Nathan rimane a fissarla mentre guarda l’oggetto che ha messo al polso, ma la sua mente è già altrove:”Che ci facciamo qui?” Si chiede in un misto di stupore e rabbia; “Come ci siamo finiti in questa situazione? E quanto dovremo resistere qui? Per quanto dovremo restare qui ad aspettare?” Sposta lo sguardo sull’oceano e rimane fermo mentre la sua mentre disegna sull’acqua calma la sagoma di una grande nave da crociera. “Una vacanza noiosa…” Sussurra. Il ricordo dei suoi genitori seduti al tavolo del ristorante gli ritorna prepotentemente in mente. Scuote la testa e un rumore assordante gli invade la testa: il ponte viene squarciato all’improvviso… delle ragazze che parlano tranquillamente tra loro… un giovane membro dell’equipaggio gli va a sbattere contro, ha fra le braccia delle casse dall’aria pesante… “Mi scusi…” Mormora Nathan con gli occhi chiudi. Un altro ricordo… altra casse che per poco non lo travolgono nel corridoio della nave… “Tutti i tizi con le casse li ho incontrati io quella sera… certo che i membri dell’equipaggio erano più bizzarri del solito quella sera…  e quel gruppo che era sul ponte…” Un debole sorriso che si spegne di colpo: “E se non fossimo gli unici ad esser finiti qui?” Nathan apre di colpo gli occhi: “L’esplosione ha fatto saltare in aria mezzo ponte della nave… sono cadute altre persone in acqua!” Si alza con uno scatto improvviso. “È possibile! Potrebbe esserci qualcun altro qui!”

“Perché ti sei alzo?” Chiude Isabel intenta a bagnarsi i piedi a riva.

Nathan la fissa per qualche istante e le si avvicina: “Vogliamo fare una passeggiata?” Chiede con un sorriso tirato.

La bambina lo guarda e poi si guarda i piedi: “Sì, va bene!” Facendo leva sulle mani si metti in piedi e pulisce la vestina dalla sabbia prima di allungare automaticamente una mano verso il ragazzo.

Nathan scuote la testa: “No, non ti preoccupare, non dobbiamo andare nel bosco! Passeggiamo solo sulla sabbia!”

La piccola annuisce e comincia a correre davanti al ragazzo che è sul punto di sospirare, ma poi sorride: “Vediamo quanto resiste!”

 

“Nathan!” Isabel si ferma e torna indietro, raggiungendo il giovane che cammina con tutta calma.

Sono in cammino da un paio di ore e non hanno ancora  incrociato nessun essere vivente fatta eccezione per qualche granchio prontamente ributtato in acqua da Isabel.

“Nathan… ho caldo!” Esclama avvicinandosi al giovane e afferrandogli un braccio.

“Se hai caldo smettila di correre avanti e indietro!”

“Ma ho sete! Quando finisce questa passeggiata?”

“Quando troviamo un bipede!” Sbuffa il giovane.

“Che cos’è?” Chiede la bambina con aria incuriosita.

“E…” Nathan la guarda per metà spazientito e per metà divertito. Si asciuga il sudore che gli imperla la fronte: “È una persona!”

“Una persona normale?”

L’altra sgrana gli occhi: “Certo! È una persona normale come te e me!”

“E mi porta da mamma e da papà?”

Il giovane apre la bocca mentre pensa: “Perché mi dimentico sempre che ha solo quattro anni…?” Scuote la testa e lancia un’occhiata all’oceano: “Sì, spero di sì!” Esclama muovendosi verso le riva e immergendo i piedi in acqua: “Se hai caldo puoi fare un bagno… che dici?”

“Davvero?” Senza aspettare la risposta, Isabel entra in acqua bagnandosi fino alle ginocchia incurante del vestito che ancora indossa: “È fredda!” Urla ridacchiando.

“Eh già, è bella fredda… ora però sarà meglio andare verso il bosco…” Sussurra Nathan quasi a se stesso guardando verso gli alberi: “Se vogliano trovare acqua potabile è meglio andare di là!”  Fa qualche passo indietro e infila le scarpe nonostante abbia i piedi ancora bagnati: “Vieni Isabel, andiamo a bere!”

 

“Le ultime parole famose!” Sibila Nathan con aria truce.

Gli sembra di star camminando fra gli alberi da secoli, o almeno è quello che gli suggeriscono le sue gambe, ma anche Isabel dà loro una mano lamentandosi ad intervalli regolari, con le braccia intorno al collo del giovane. Ha preso la decisione di caricarsela sulle spalle all’ennesimo tentativo della bambina di sedersi a terra: “Ci manca solo che me la perda in questa stramaledetta foresta!” Ha pensato il ragazzo senza, però, evitare di aggiungere: “Certo, senza questa mocciosa fra i piedi sarebbe tutto più facile… però ormai ci ho fatto l’abitudine alle sue lamentele stridule!”

“Ho sete…” Piagnucola Isabel poggiando la fronte contro la nuca del giovane e agitando le gambe lungo i fianchi di Nathan.

“Ti prego, smettila!” Si lamenta a sua volta il ragazzo mentre avverte il sudore scendergli lungo la schiena e sul viso. Comincia ad aver sete anche lui: “A dirla tutta ho anche fame!” Pensa tra sé evitando di suggerire alla piccola un altro motivo per lamentarsi. Deglutisce con difficoltà e la gola secca gli fa desiderare di più dell’acqua potabile. Si guarda intorno ansimando debolmente, ma non vede altro che alberi. “Dannazione!” Il ragazzo avverte la stanchezza, ma ha paura di fermarsi temendo di non riuscire più a riprendere la ricerca dell’acqua: “Come mi è saltato in mente di andare su quella maledetta spiaggia… se avessi seguito il fiume ora non saremmo qui in mezzo! E non ho neanche idea di dove stia andando! Porca miseria!” Si blocca all’improvviso guardandosi furiosamente intorno. “E se tornassi indietro?” Si chiede mordendosi un labbro. Si volta indietro ed inspira profondamente. Un alito di vento gli scompiglia lievemente i capelli bruni dandogli un attimo di refrigerio. “No, non posso tornare indietro! La strada è troppa…” Riprende a camminare.

“Sto morendo di sete…”

“Lo so, Isa… lo so…” Sussurra lievemente.

“La mia mamma mi chiama così!” Ridacchia la bambina agitandosi sulle spalle di Nathan.

“Che cosa?” Chiede quest’ultimo facendo una smorfia.

“Mi chiama anche lei Isa!”

“Ah… ho capito!” Nathan annuisce senza entusiasmo con un sorriso poco convinto e continua a camminare a casaccio fra gli alberi: “Acqua…” Pensa: “Devo trovare dell’acqua… dov’è finito quel maledetto fiume? Vorrei tanto saperlo, io…”

“Nathan, senti?”

“Che c’è?” Sbotta irritato fermandosi di colpo.

Per una manciata di secondi l’unico rumore che si sente è il cinguettio degli uccelli, poi la voce di Isabel esclama: “Senti?!”

Nathan apre la bocca: “Cosa?” Sibila per evitare di urlare.

“Il rumore!”

“Quale rumore?… Mamma mia… stai diventando pensante…” Sibila scuotendo la testa.

“Nathan, ma non senti? È l’acqua!” Esclama Isabel agitandosi sulle sue spalle.

“Uffa…” Il ragazzo si accoccola e fa scendere Isabel: “Dov’è che senti l’acqua? Si può sapere?”

“Qua!” La bambina fa qualche passo e torna indietro afferrando Nathan per la mano: “Vieni!”

Il giovane, stremato, si lascia trascinare fra gli alberi, ma dopo pochi metri si ferma ed apre la bocca: “Sì…” Sussurra trasognato: “È vero… ora lo sento anch’io il rumore!” Il cuore prende a battere più velocemente e il giovane comincia a camminare in preda ad un’ansia crescente, ma non deve attendere molto per vedere una piccola sorgente dalla quale sgorga acqua limpida e potabile.

“Non ci posso credere!” Sussurra ridacchiando: “Non ci posso credere!” Si avvicina lentamente e urla: “Isabel, vieni! Vieni e bere!”

La bambina non se lo fa ripetere due volte e si precipita sulla sorgente allungando le mani per raccogliere l’acqua.

“Hai visto, c’era l’acqua!” Esclama fra un sorso e l’altro.

Il ragazzo, inginocchiato vicino a lei, annuisce e sorride: “Già, avevi proprio ragione!” Con una mano scompiglia i capelli alla bambina e rimane a guardarla mentre lei continua a bere: “Vatti a fidare del mio udito!” pensa tra sé sospirando e alzando la testa per fissare il cielo. Con un po’ di sorpresa nota che si è colorato di un azzurro più intenso. Lancia un’occhiata all’orologio e fa una smorfia: “Accidenti… devo trovare qualcosa da…”

“Nathan, quando mangiamo?”

Il ragazzo apre la bocca, ma la chiude subito in un sorriso tirato: “Ma come siamo puntuali!” Si tira su un po’ a fatica: “Quando tornerò a casa giuro che almeno una volta a settimana andrò in palestra!” Si massaggia le gambe e si raddrizza con una smorfia: “Allora, Isabel, io ora vado a vedere se qui intorno c’è qualche frutto da man…”

“Vai a prendere le banane?” 

“Ehm… vedi, qui non ci sono supermercati quindi se trovo le banane le prendo altrimenti prenderò qualche altra cosa, va bene?”

La bambina annuisce.

“Perfetto! Tu ora te ne resti qui senza muoverti, capito?”

“Sì!”

“Ho detto senza muoverti!” Ripete Nathan alzando un dito a mo’ di minaccia: “Io torno subito! Tu non muoverti!” Lancia un’occhiata ad Isabel e si volta, inoltrandosi fra gli alberi.   

 

 

 

 

per Araluna: ed eccoci qua… stavolta ce l’ho messa tutta per aggiornare prima… è un po’ frustrante non riuscire a scrivere i capitoli velocemente, ma deve passare questo periodo^^ Comunque, ormai non faccio che ripetermi ^^; ,sono contenta che la storia continui a piacerti e ti ringrazio per avermi avvertita dell’errore (questi maledetti, ne scappa sempre qualcuno^^;) Io non ci posso fare nulla… ormai sono affezionata ad Isabel^^ anche se a volte la trasformo in una “lagna” XD. Spero che per il prossimo capitolo non ci vogliano mesi^^ Alla prossima! Baci! ( ps consolati per la tesi… credo di essere più grande di te^^ io 23 anni li ho già compiuti)

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Capitolo 11
*** Qui non ci sono boyscout ***


Nuova pagina 1

CAPITOLO 11- Qui non ci sono boyscout

 

Nathan girovaga un po’ alla cieca guardando gli alberi intorno a sé senza, però, riuscire a notare nulla che assomigli ad un frutto o ad un frutto commestibile.

“Qui è pieno di questa specie di meloni verdi!” Sospira sconsolato guardando gli alberi dalle lunghe foglie lucide e dai frutti tondi, di un colore tendente al verde chiaro: “Non ho idea se siano commestibili o no… e dopo tutta la fatica fatta non ho intenzione di crepare per dei frutti velenosi!” Continua a camminare, nonostante la protesta delle sue gambe, fin quando, esasperato, si poggia contro un albero e si lascia scivolare a terra: “Accidenti! Ho una fame terribile…” Si massaggia lo stomaco con una mano e guarda il cielo: “E si è anche fatto buio…” Respira a fondo e torna ad alzarsi, poggiando una mano sull’albero: “E va bene! Vuol dire che prenderò voi!” Sussurra in direzione dei frutti verdi, guardandoli con aria irritata: “Spero che non succeda nulla!” Si alza sulle punte e con le braccia tese raccoglie due frutti; la scorza è ruvida, ma non hanno un aspetto molto pericoloso. “E ora sarà meglio tornare da Isabel. Credo che non farà problemi a mangiare uno di questi!” Sorride e ritorna sui suoi passi, camminando velocemente nonostante l’aria stanca che ha in viso.

“Isa, guarda cos’ho tro…” Alza gli occhi appena sente il rumore della sorgente, ma rimane interdetto nel non vedere la bambina. Inarca le sopracciglia: “Hm… avrò sbagliato posto?” Nathan percorre qualche metro girando intorno alla fonte d’acqua, con aria sempre più perplessa: “No, il posto è questo!” Alza gli occhi e guarda gli alberi intorno: “Quando trovo quella peste… questa volta mi sente!” Scuote la testa e, con ancora i frutti in mano, comincia a cercare nei dintorni: “Isabel?! Vieni fuori!... Isabel dove ti sei cacciata?” Il giovane aumenta il passo nel sentire le sue urla perdersi nel nulla: “Accidenti… ma dove è andata! Non ce la faccio più a fare il babysitter! Non ne posso proprio più!... cacchio! Isabel dove diavolo ti sei cacciata, impiastro di una bambina?!” Sibila il giovane tirando un calcio all’albero più vicino. Rimane in silenzio respirando affannosamente prima di camminare fra gli alberi scuotendo la testa e mugugnando imprecazioni, ma qualcosa lo fa zittire all’improvviso. Stringe istintivamente i frutti che ha fra le mani e tende l’orecchio: “Un animale?” Si chiede al sentire un rumore simile ad un bisbiglio.

Cammina velocemente e, più il rumore si fa forte, più sente crescere l’agitazione: “Sono voci… sono…”

Sta praticamente correndo quando vede un chiarore in lontananza. Un sorriso gli compare sul viso. Le voci sono sempre più forti e fra loro riconosce anche quella di Isabel. Non osa dire nulla né tanto meno pensare a quello che le voci potrebbero significare. Il buio della notte viene squarciato dalla luce artificiale: intorno a tre grandi torce elettriche sono radunati una manciata di uomini che guardano la bambina a qualche metro da loro. Nathan non riesce a veder bene i loro visi, ma non gli importa. Rallenta un po’ il passo e cerca di respirare con più calma.

Lancia un’occhiata ai frutti che stringe ancora in grembo e alza le spalle: “Questi non serviranno più, per fortuna!” Si abbassa lievemente per posarli a terra, ma rimane accoccolato a terra senza far nulla quando nota, alle spalle degli uomini, delle casse di legno. “Di nuovo?!” Pensa alla vista degli oggetti: “Si saranno salvati aggrappandosi a quelle casse…” Il giovane fa una smorfia e sposta la sua attenzione su Isabel.  

La bambina sta rispondendo tranquillamente alle domande degli uomini, che, invece, sembrano tesi.

Lo sguardo di Nathan si sposta su tutte le persone presenti; sono seduti a terra e indossano tutti gli stessi abiti: camicie bianche a mezze maniche e pantaloni neri.

“Saranno membri dell’equipaggio…?” Nathan si acciglia mentre il suo sguardo corre ancora dall’uno all’altro.

Il più giovane del gruppo sembra essere anche il più nervoso; con una mano continua a tirare i capelli lunghi, legati in una cosa mentre scuote la testa con aria contrariata. L’uomo accanto a lui, al contrario, non sembra manifestare alcuna emozione. Rimane fermo, con le spalle larghe ben dritte a fissare Isabel che chiacchiera con tranquillità. Solo le sopracciglia stranamente inarcate testimoniano che la situazione non gli va del tutto bene. Sposta lentamente lo sguardo quando il tipo più vicino alla bambina le rivolge un’altra domanda. Passa distrattamente una mano sulla testa rasata per poi sfiorar la tasca dei pantaloni con la stessa naturalezza, prima di rimanere con lo sguardo fisso sulla schiena dell’uomo  robusto seduto a terra, poco più avanti rispetto a lui. Quest’ultimo ha lo sguardo fisso su Isabel, ma sembra tutto furchè un uomo con cattive intenzioni.  

Il tipo più vicino alla bambina continua a farle domande con un sorriso tirato in volto. Ha la barba incolta, ma sembra avere un’aria pacata.

Inspiegabilmente la mente di Nathan comincia febbrilmente a lavorare. Si guarda intorno e si alza: “Perché sono solo uomini?” Si chiede mordicchiandosi il labbro inferiore: “Dove hanno preso quelle torce... e perché ci sono…” Conta mentalmente gli oggetti e si acciglia: “Ci sono dieci casse e lo sono in quattro… e quelle camicie mi sembrano piuttosto pulite.” Un ghigno gli compare in volto: “Già… come se non avessero mosso un passo in questo posto desolato!” Istintivamente fa un passo indietro e rimane a scrutare il gruppo che ora sembra divertito dalla presenza della bambina. Nella sua testa si rincorrono gli interrogativi e i dubbi, ma, inspiegabilmente a rispondergli è l’improvviso vuoto allo stomaco che lo fa gemere e allo stesso tempo stempera la tensione accumulata in quei pochi istanti: “Ho un’accidenti di fame!” Pensa il giovane che torna a guardare Isabel e viene colpito da una fitta di vergogna: “Sono proprio uno scemo! Se quei tipi avessero avuto cattive intenzioni Isabel non se ne starebbe lì in mezzo a parlare liberamente dei granchi che ha trovato sulla spiaggia… e se avessero avuto cattive intenzioni io sarei stato un grande codardo senza spina dorsale ad aspettare qui al buio lasciando una bambina di quattro anni in balia di sconosciuti.

Sospira e ridacchia sommessamente: “Sono loro i tipi che ho visto sulla barca!” Esclama fra sé annuendo con la testa: “È per questo motivo che non hanno un graffio né una macchia sui vestiti! Loro, evidentemente, non sono caduti in acqua e sono venuti qui di proposito per… ma che diavolo faccio ancora qui? Che idiota che sono!” Fa una smorfia e muove un passo: “E ancora non ho capito perché continuo a portarmi dietro questi!” Mugugna lasciando cadere uno dei frutti a terra che produce un rumore sordo spaccandosi in più parti.

Con uno scatto improvviso il più giovane del gruppo e l’uomo rasato balzano in piedi portando contemporaneamente una mano alla cintola dei pantaloni per tirar fuori qualcosa.

Nathan si immobilizza e rimane a fissare davanti a sé.

“Ehi, voi due, che vi prende?” Domanda l’uomo più vicino ad Isabel, con aria calma, ma allo stesso tempo un po’ sorpresa. Con un gesto fluidi mette una mano in tasca e ne estrae un pacco di sigarette.

“Mi è sembrato di sentire un rumore… l’avevo detto che era meglio spegnere tutto… pensavate che una mocciosa potesse arrivare qui da sola?” Il giovane si guarda intorno con aria circospetta abbassando di poco la pistola che ha in mano.

“Probabilmente è stato solo un uccello!” Continua serafico l’altro prendendo una sigaretta e portandola alle labbra prima di accenderla.

L’altro uomo che è scattato in piedi si limita a mettere via l’arma e torna a sedersi non smettendo, però di guardare fra gli alberi.

“Se c’è qualcuno con lei non è lontano e ben presto si accorgerà che si è allontanata.” Quasi sussurra l’uomo robusto che è rimasto seduto e che rivolge ad Isabel un sorriso sornione.

La bambina sta fissando con aria un po’ spaventata l’uomo che è ancora in piedi.

“E allora? Dobbiamo spostarci?” Chiede il tipo con la sigaretta.

“Ho paura di sì…” Sospira l’altro prima di sbottare: “Prendi la bambina… leviamo le tende!”

Un brivido percorre la spina dorsale del giovane ancora nascosto fra gli alberi.

“Che ce ne facciamo della mocciosa?” Tuona il giovane, è ancora in piedi.

“Io voglio tornare da Nathan…” 

Le parole di Isabel attirano l’attenzione dei quattro.

“E ora chi diavolo…”

“Isabel vieni qui!”

Gli uomini si voltano da una parte all’altra nel sentire la voce di Nathan.

Il giovane lascia cadere anche l’altro frutto a terra: “Isabel, dove ti sei cacciata?” Urla stringendo forte i pugni nel tentativo di non far tremare la voce.

“Nathan!” Esclama la bambina girandosi intorno.

I quattro uomini ora sono tutti in piedi,ma quello più vicino ad Isabel toglie la sigaretta di bocca e si  volta di scatto verso gli altri che, intercettato il suo sguardo, annuiscono e tornano a sedersi.

Nathan deglutisce a fatica. Il cuore gli martella nel petto e comincia a sudar freddo. Apre la bocca, ma non riesce a far uscire nessun suono. Respira un paio di volte e muove pochi passi. Gli occhi dei quattro ora sono puntati su di lui che spalanca gli occhi nel goffo tentativo di fingere incredulità: “Isabel!” Esclama con voce stridula: “Vieni qui!” Allarga le braccia con un sorriso forzato in volto.

“Questi signori mi portano dalla mamma!” La bambina non accenna a muoversi e indica le persone poco distanti.

Nathan deglutisce di nuovo e, senza guardare gli uomini, insiste: “Isabel, vieni qui, dai!”

“Ma…”

“Ti ho detto di venire qui!” Quasi urla il giovane che trattiene il fiato fin quando non vede che la bambina gli si avvicina.

“Ma cosa…”

Il giovane sente sussurrare uno dei presenti e scatta come una molla verso Isabel prendendola in braccio e cominciando a correre come impazzito fra gli alberi.

“Non sparate!” Sente urlare mentre cerca di correre il più velocemente possibile.

“Nathan, perché stai correndo?” Chiede Isabel, ma il giovane è troppo impegnato a fuggire per risponderle.

Non sente più le voci dei tipi, ma è sicurissimo che siano lì, dietro di loro, e la cosa non gli piace per niente.   

Cerca di correre ancora più velocemente tenendo gli occhi bene aperti, nel tentativo di evitare gli alberi che sembrano spuntargli avanti all’improvviso.

Il buio che si fa più fitto non lo aiuta, ma il giovane pensa solo ad allontanarsi il più possibile da quegli uomini, la mente svuotata e il fiato corto. Non riesce ad evitare del tutto un albero che ha visto solo all’ultimo secondo e va a sbattere contro con il braccio. Si ritrova leggermente sbilanciato, ma riesce a tenersi in piedi e continua ad andare avanti.

L’ansia di fuggire è così forte che quasi non avverte il dolore per il colpo preso. Incespica di nuovo sul terreno e il cuore perde un battito. Con una mano si mantiene ad un albero: solo pochi secondi per riprendere fiato e riprende a correre.

Gli alberi sfrecciano veloci di fianco a lui e il respiro affannoso è l’unico rumore che riesce a sentire; stringe più forte Isabel e guarda il buio davanti a sé.

Incespica di nuovo; stringe gli occhi e mette un piede in avanti per cercare di non cadere. Senza riuscire ad evitarlo, sbatte contro un albero e viene spinto indietro, sul terreno.

“Merda!” Sibila, disteso con la schiena a terra. Respira velocemente e rimane fermo per pochi secondi.

“Sei caduto!” Esclama Isabel con il viso premuto contro il suo petto.

Nathan riesce solo ad annuire per poi mettersi seduto e provare a rialzarsi.

“Perché stai scappando?” Chiede la bambina mentre l’altro si tira su a fatica mantenendosi con una mano contro un albero.

“Già, perché stai scappando?”

 

 

 

 

per Araluna: bene… spero che questo capitolo abbia fatto un po’ di chiarezza… oddio… lascia più interrogativi che altro, però, è comunque un passo in avanti^^ Ormai Nathan stava sclerando di brutto… dovevo far qualcosa XD Ed ora cosa faranno i “nostri” eroi???^___^ Baci!

 

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Capitolo 12
*** La fine della nostra avventura? ***


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CAPITOLO 12- La fine della nostra avventura?

 

“Perché stai scappando?” Chiede una voce affannata alle spalle del ragazzo.

Nathan si sente gelare, si morde un labbro e mette una mano sulla testa di Isabel.

“Nathan…” sussurra la bambina cercando di alzare lo sguardo sul giovane, che rimane immobile.

“Tu! Girati… lentamente!” Esclama una seconda voce, con aria autoritaria.

Il ragazzo rimane fermo; con i piedi che sembrano esser diventati una cosa sola con il terreno.

“Ehi, hai sentito o sei diventato improvvisamente sordo?” La voce ancora lievemente affannata ritorna a farsi sentire.

“Nathan…” La voce di Isabel si abbassa ancora un po’.

Il ragazzo respira a fondo e muove un passo indietro prima di voltarsi, lentamente. Deglutisce e fissa i due uomini davanti a lui, i corpi che si stagliano come due macchie scure nella semioscurità della foresta. Lo sguardo saetta velocemente dai volti agli oggetti puntati contro di loro che mandano deboli luccichii alla luce della luna.

“Dove credevi di andare, tu?” Urla il tipo con la coda, avvicinandosi di scatto ai due e afferrando Nathan per un braccio; con un violento strattone lo fa cadere contro un albero.

Il giovane si limita a raddrizzarsi, poggiando la schiena contro il tronco e lanciandogli un’occhiata poco amichevole.

“Perché ti ha buttato per terra?” Chiede Isabel alzando di poco la testa: “Sono cattivi?... Loro hanno detto che mi portano da mamma…” Si allontana ancora di più da Nathan per cercare di guardare i due uomini: “È vero che mi portate da mam…”

“Basta…” Sibila il giovane con i capelli lunghi afferrando Isabel per i capelli: “La devi piantare, hai capito?”

Nathan reagisce senza pensare: si sposta in avanti e afferra di scatto il polso dell’altro: “Lasciala!” Urla fissando l’uomo che risponde stringendo ancora di più la presa mentre al bambina comincia a lamentarsi e gli occhi le si riempiono di lacrime.

“Ti ho detto di lasciarla!” Nathan serra ancora di più le dita; avverte le unghie entrare nella pelle dell’altro che, con una smorfia, lascia Isabel. Di rimando il ragazzo allenta la presa sul polso riuscendo a notare i segni rossi lasciati sulla pelle chiara.

“Idiota!” Urla l’uomo prima di colpirlo in pieno volto.

Il giovane, preso alla sprovvista, incassa il colpo senza riuscire a far nulla e sbatte con la testa contro il tronco.

“Cattivo!” Isabel nasconde il viso contro la maglia di Nathan e prende a singhiozzare mentre l’uomo le lancia un’occhiata avvelenata: “Piccola moccio…”

“Ehi, piantala!” L’altro uomo, che fino a quel momento ha assistito alla scena in silenzio, fa qualche passo in avanti e guarda il gruppo facendo oscillare distrattamente la pistola che ha in mano.

“Che cosa?” Ringhia il più giovane alzandosi e fissandolo con rabbia. 

“Ma non lo vedi che sono due sfigati?!” Alza le spalle ed indica Nathan ed Isabel con un cenno del capo.

L’altro si imbroncia e mugugna qualcosa spostando lo sguardo sulla sua arma.

“Eccovi!”

I due si voltano e l’uomo rasato esclama, in direzione dei due compagni che stanno arrivando: “Ce ne avete messo di tempo!”

“Già…” Ansima il tipo che ha ancora la sigaretta in bocca: “Ma…” si ferma, fa due tiri e poi riprende: “Non siamo giovani come voi…” Si volta a guardare il compagno dietro di lui che si limita ad annuire, con una mano poggiata ad un albero.

Nathan guarda i quattro e avverte un brivido lungo la schiena. Ha una voglia matta di piangere e non per il ceffone ricevuto, ma si limita a tenere più stretta a sé la bambina. Vede i quattro che si scambiano ancora qualche battuta; il tipo rasato ha cominciato improvvisamente  a parlare dei danni del fumo mentre i nuovi arrivati si sono poggiati a degli alberi a riprendere fiato. Il più giovane fra loro, invece, ascolta a braccia incrociate, apparentemente interessato alla vegetazione. Nathan si guarda intorno prima di ritornare a fissare i quattro che in quel momento guardano altrove.

“Forse potrei farcela…” Il pensiero folle gli attraversa la mente mentre un singhiozzo di Isabel gli fa abbassare lo sguardo su di lei. Nathan si morde il labbro inferiore e cerca di sistemarsi meglio contro l’albero; prova ad alzare leggermente una gamba dal terreno, lo sguardo che passa velocemente dai quattro uomini alla via di fuga fra gli alberi. “E se non riuscissi a correre abbastanza velocemente?” Si chiede con una nota di panico alla quale il corpo risponde immediatamente con un tremito.

I suoi occhi corrono automaticamente a cercare le pistole in mano agli uomini: “Ma se non faccio qualcosa…” Abbassa nuovamente lo sguardo sulla bambina che ha in braccio.

“Allora, cos’abbiamo qui?”

Le parole lo fanno sobbalzare e irrigidire di colpo. Continua a tenere lo sguardo basso mentre sente il rumore di passi che si avvicinano.

“Ehi, ragazzo, sto parlando con te!”

Nathan alza gli occhi e sbatte le palpebre mentre il fumo della sigaretta gli oscura per un attimo la vista. Trattiene il fiato fin quando l’uomo non si allontana.

L’altro mette le mani sui fianchi e lo fissa con un mezzo sorriso: “Perché sei scappato, ragazzo? Non volevamo fare niente a te e alla tua sorellina!”

Nathan rimane in silenzio a fissare l’uomo che giocherella distrattamente con la pistola, tenendola con entrambe le mani.

“Avanti, finiamolo!” Esclama di botto il giovane col codino, camminando nervosamente avanti e  indietro.

“Se c’è qualcuno che deve smetterla, quello sei tu!” Sbotta l’uomo rasato lanciando un’occhiataccia a tutti i presenti e incrociando le braccia al petto.

Nathan deglutisce stringendo un pugno.

“E va bene…” Sbuffa il tipo più vicino a lui, togliendo la sigaretta dalla bocca e lanciandola a terra. Porta una mano sulla tasca posteriore e ne estrae un oggetto cilindrico e nero non più grande di dieci centimetri.

Un nodo alla gola ferma il respiro di Nathan che spalanca gli occhi spostandosi in avanti: “No!... a-aspettate...” La sua voce è allarmata e leggermente stridula.

L’uomo inarca le sopracciglia.

“Aspettate!” Ripete il giovane respirando velocemente con un peso sempre più opprimente sul petto. Gli occhi non riescono a spostarsi dall’oggetto nero che il tipo sta avvitando alla bocca della pistola.

“Sì, certo!” è la laconica risposta dell’uomo che annuisce con un sorriso ironico in volto.

“No, vi prego, io...” Nathan guarda disperatamente gli altri tre uomini, in cerca di aiuto. La voglia di alzarsi e scappare è tanta, ma sembra che le forze lo abbiano abbandonato. Le gambe gli tramano e anche volendo non riuscirebbe ad alzarsi. Avverte Isabel che si stinge più forte a lui e istintivamente abbassa lo sguardo su di lei: “Vi prego…” Ritorna a parlare alzando nuovamente lo sguardo sull’uomo davanti a sé: “Lasciatela stare! Vi prego, è… è solo una bambina…” La voce si fa ad ogni parola più flebile: “È innocua…” Sussurra non riuscendo più a parlare con voce ferma: “Siamo tutti e due innocui…” Bisbiglia con voce impercettibile.

Lo scoppio di risa che segue alla sue parole gli fa accapponare la pelle. Fissa l’uomo davanti a sé senza riuscire a fare altro. Lo vede alzare l’arma contro di lui e non riesce più a tenere gli occhi aperti. Abbassa la testa e stringe ancora di più gli occhi le palpebre sente una voce calma esclamare: “Addio!”

Uno scoppio… un attimo di silenzio e poi un secondo scoppio e un terzo.

Nathan avverte il cuor battere all’impazzata; premere contro il petto quasi a fargli male. Avverte Isabel avvinghiata alla sua maglia; le sue braccia la circondano completamente. Ha gli occhi serrati e avverte qualcosa di umido farsi lago fra le palpebre abbassate. Rimane immobile, ma gli istanti passano e non avverte dolore; niente di niente.

“È… è già finita?” Pensa, incredulo, ma qualcosa gli dice che non è così. Sente qualcuno che mugugna vicino a lui, molto vicino, e la guancia sinistra è ancora indolenzita, là dov’è stata colpita. Avverte il respiro della bambina vicino a sé e si decide a socchiudere gli occhi. Prima di potersi rendere conto di quello che sta succedendo, viene afferrato per un braccio.

“Muoviti, alzati!” Una voce che sembra essere lontanissima.

Qualcuno lo tira su di peso e Nathan si ritrova a barcollare un attimo prima di poggiare la schiena all’albero; ha ancora le gambe che gli tremano e non capisce cosa stia succedendo. 

“Muoviti, avanti!”

Una mano lo afferra e lo strascina fra gli alberi.

Il giovane si gira indietro, ma non riesce a vedere nulla. Torna subito a guardare in avanti: un senso di nausea lo colpisce all’improvviso, non sa se per lo spavento, il sollievo o altro.

Un nuovo colpo di pistola, alle sue spalle, lo fa sussultare; l’unica cosa che vuole, ora è allontanarsi da quel posto. Ordina alle sue gambe di muoversi più velocemente, ma qualcosa non va per il verso giusto. Il giovane rallenta, incespica sul terreno ed è costretto quasi a fermarsi, respirando a fatica: “Merda!” Sibila stringendo i denti. La mano che l’ha trascinato via torna a serrarsi intorno al suo braccio. Nathan alza lo sguardo sul proprietario respirando affannosamente, con il sudore che, impietoso, gli imperla il viso. I suoi occhi incrociano per un attimo quelli scuri dell’uomo che ora gli è davanti. Socchiude le labbra, ma prima che possa fare altro, il tipo lo lascia andare e muove qualche passo tornando indietro.

Un nuovo colpo di pistola, più vicino.

Nathan rimane immobile a fissare le spalle larghe dell’uomo mentre quest’ultimo solleva la pistola e fa fuoco.

 

 

 

 

per Araluna: ciao!!! E dopo più di un mese rieccomi qui ^^ ritardo dovuto in parte alla laurea e in parte all’apatia che è sopraggiunta dopo ^___^

 Ehhh le cose non si mettono affatto bene, ma ho quasi finito di trattar male il povero Nathan (Isabel non la maltratto troppo…^^)... infatti mancano solo due capitoli alla fine (o almeno credo^^). Alla prossima! Baci baci!

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Capitolo 13
*** Non siamo in un flm ***


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CAPITOLO 13- Non siamo in un film

 

Nathan sobbalza al rumore della pistola, ma rimane fermo dov’è, confuso e spaventato. Continua a fissare l’uomo di spalle a pochi metri da lui: la testa rasata e il fisico d’atleta. La sua camicia bianca spicca nella semioscurità della foresta, e i lampi di luce che fuoriescono dall’arma che ha in mano illuminano per pochi istanti gli alberi che li circondano. L’ennesimo colpo è seguito da un urlo e da una serie di imprecazioni.

“Via!” Esclama l’uomo voltandosi di scatto e spingendo Nathan in avanti.

Il giovane scuote la testa e cerca di camminare velocemente, senza grandi risultati.

“Dannazione!”  sibila Nathan.

L’altro afferra una spalla del ragazzo e si guarda per un attimo intorno: “Per di qua!” Esclama trascinandolo dietro un’ albero tozzo, dalle foglie lunghe e larghe: “Avanti, riprendi fiato!” Quasi spinge Nathan a terra, prima di sedersi anche lui.

Il giovane si accascia lungo il tronco e chiude gli occhi: “Mi sento male…” Sussurra mentre rilassa i muscoli.

“Fa’ con comodo!”

L’esclamazione dell’uomo gli fa riaprire gli occhi. Gli lancia un’occhiata obliqua e rimane in silenzio a guardarlo mentre lo vede trafficare con la pistola.

“Merda, è scarica!” Con un gesto di stizza lancia a terra l’arma e si passa una mano sul viso: “Siamo fregati…” Sbuffa e guarda Nathan: “Perché non sento la bambina?” Chiede indicando con un cenno del capo il fagotto raggomitolato fra le braccia del giovane.

“Eh… Isabel… stai bene?” Nathan abbassa lo sguardo per vedere il viso della bambina che però è nascosto contro il suo petto: “Isabel?” Sussurra all’orecchio della piccola, che si allontana di poco, e lo guarda con aria spaesata: ha il volto arrossato e gli occhi ancora lucidi.

Il giovane avverte una morsa alla bocca dello stomaco, ma sorride: “Ehi, va tutto bene? Stai bene?” Chiede con voce dolce.

L’altra annuisce, ma continua a tenersi avvinghiata alla sua maglia.

Il ragazzo le passa una mano sul viso: “Non ti preoccupare, adesso è tutto a posto!”

Isabel annuisce di nuovo e torna a poggiare la testa contro il giovane che socchiude le labbra riuscendo, però, solo ad abbracciare nuovamente la bambina. 

“Eravate in crociera, vero?” Chiede in un sussurro l’uomo, attirando l’attenzione del ragazzo.

“Sì… eravamo sulla nave…” Nathan fissa l’altro che ora è intento a guardare la strada dalla quale sono venuti; lancia rapide occhiate oltre l’albero e più di un a volta sbircia nervosamente l’orologio al suo polso.

Il giovane si acciglia e si schiarisce leggermente la voce prima di bisbigliare, fissando l’uomo: “Perché ci stai aiutando?”

“Vuoi sapere perché vi sto salvando la vita?”

Nathan si irrigidisce e accenna appena di sì con la testa.

L’altro si gira e lo guarda, sospirando; la sua espressione si fa meno dura: “Sono un infiltrato!” Esclama in un soffio.

“Cosa?” Nathan lo guarda incredulo: “Sei un poliziotto?”

L’altro alza le spalle: “Più o meno!”

“Ma… come… perché…?” Il giovane scuote la testa: “Che ci fai qui?”

L’altro accenna un sorriso e guarda Nathan come indeciso sul da farsi. Inarca le sopracciglia e dopo aver respirato a fondo abbassa un attimo gli occhi e poi ritorna a fissarlo: “Quello che è successo sulla nave non è stato un incidente!” L’uomo alza una mano per zittire il giovane che alle sue parole si è sporto in avanti con un’esclamazione di sorpresa: “Fai silenzio! Non siamo al sicuro!” Sibila avvicinandosi al giovane: “Perché pensi che quelle casse siano su quest’isola?”

“Ca… le casse?” Balbetta Nathan un po’ spiazzato.

“Esatto, le casse!” L’agente si allontana e torna a sbirciare oltre l’albero mentre il ragazzo guarda nel vuoto cercando di trovare un filo logico che possa collegare le informazioni in suo possesso e quelle appena ricevute. La sua mente comincia a lavorare furiosamente cercando di far combaciare i tanti pezzi di un puzzle ancora lacunoso.

Una nuova esplosione e un gemito.

“Merda!” Impreca l’uomo vicino Nathan.

Il giovane si volta di scatto: “Cos’è succ…” Le parole gli muoiono in gola quando vede la camicia bianca dell’altro macchiata di rosso all’altezza della spalla.

L’agente preme con la mano sulla ferita e si gira verso Nathan: “Via! Corri, corri!” Esclama alzandosi con qualche difficoltà.

Il giovane lo fissa per qualche istante rimanendo immobile.

“Avanti!” L’altro lo afferra per un braccio, tirandolo: “Allora, vuoi lasciarci le penne, ragazzo?”

Le parole scuotono Nathan che, coprendo la testa di Isabel con una mano, comincia a correre seguito dall’uomo e dall’eco dei colpi delle pistole.

“Eccoli!” Sente gridare il giovane mentre i colpi si fanno più vicini.

“Dannazione!” Urla l’agente quando un albero vicino a loro viene colpito.

“Non ti fermare, continua a correre!”

Nathan non ha bisogno di farselo ripetere e sfreccia velocemente fra gli alberi fin quando qualcosa non gli spezza il respiro.

Il rumore dello sparo gli riecheggia nelle orecchie, lo sente esplodere nella testa e nell’intero corpo prima di cadere a terra, lungo disteso sull’erba.

“Ragazzo!”

Si sente chiamare e cerca di aprire gli occhi, ma il bruciore che avverte su tutto il lato destro del corpo è troppo forte. Sente la testa scoppiare, non riesce a muoversi, non riesce a pensare.

Si sente afferrare per un braccio e spostare di lato; Isabel gli viene tolta dalle braccia. La sente lamentarsi un po’, ma poi si zittisce.

“Avanti… un ultimo sforzo!”

L’uomo vicino a lui lo tira su di peso.

Socchiude gli occhi ma è tutto troppo confuso perché possa capire qualcosa.

Sente rumore di scoppi ovunque, vede tronchi d’alberi e lampi, e poi avverte di nuovo dei rumori… qualcuno che piange…

“Chi piange?” Si chiede Nathan sballottando qua e la senza un motivo preciso. È tutto confuso, tutto sembra vorticare intorno a lui, come se fosse in un’enorme lavatrice. Un ronzio continuo nelle orecchie e poi di nuovo quel pianto. “Isabel!” Pensa come in un sogno. Stringe gli occhi e scuote la testa. Quando li riapre vede il terreno davanti a sé. Alza la testa e la foresta ritorna davanti al suo sguardo. Nathan si riscuote dal torpore e si accorge con meraviglia di star muovendo le gambe, di star camminando velocemente nella foresta sorretto dall’agente che gli sta salvando al vita.

Sente il respiro affannoso dell’uomo. Si volta un istante a guardarlo e nota che Isabel è in braccio a lui e singhiozza con veemenza.

“Isa…” Sussurra con un filo di voce, ma l’ennesimo colpo lo fa tornare a concentrare sulla corsa.

Un’altra decina di metri e l’uomo gira bruscamente, facendolo sussultare.

“Sei tra noi?” Si sente chiedere da una voce leggermente sarcastica.

Non riesce a trattenere una smorfia: “Lo sono sempre stato!” Esclama in un soffio.

“Come no!... Un altro piccolo sforzo, su!”  L’agente aumenta il passo e Nathan si sforza di rimanere abbastanza lucido da riuscire a tenere il passo senza farsi trascinare troppo.

La vista improvvisa della spiaggia fa sentire meglio il giovane: “Siamo arrivati!” Sussurra con un sorriso.

“Già, speriamo di sì!”  Si sente rispondere mentre l’altro lo spinge a camminare sulla sabbia.

Il rumore dall’acqua sotto i piedi fa alzare la testa a Nathan: “Dove andiamo?” Chiede con voce impastata.

“Qui!” È  la secca risposta dell’agente che si ferma e lo accompagna fino a farlo sedere in trenta centimetri d’acqua, appoggiato scontro uno scoglio.

Il giovane sospira sollevato e chiude gli occhi.

“Dietro gli scogli dovremo star sicuri per uno o due minuti… spero che i ragazzi siano qui per allora…” 

Nathan apre un occhio e guarda l’uomo: “Di chi stai parlando?”

L’altro sorride: “Chiamo i rinforzi…” e dalla tasca dei pantaloni estrae una torcia. La punta verso l’oceano e l’accende. Pochi secondi di luce prima di ripiombare nel buio. Il ragazzo accenna un sorriso e torna a chiudere entrambi gli occhi poggiando la testa allo scoglio. Si sente afferrare il braccio da due piccole mani e con un po’ di fatica alza lo sguardo su Isabel.

“Adesso questo signore ci porta a casa!” Sussurra annuendo con la testa.

La bambina continua a fissarlo senza dire una parola. 

“Che c’è?” Chiede l’altro alzando una mano a carezzarle la testa.

Isabel rimane in silenzio per alcuni istanti prima di domandare, con voce flebile: “Ti fa tanto male?”

Nathan apre la bocca, sorpreso per quella domanda, e istintivamente va a guardare il fianco destro: la ferita non si vede, ma la maglia ha una vistosa macchia scura che si allarga lentamente. Il giovane respira a fondo, cercando di dimenticare il dolore, e si volta verso bambina: “Sì, un po’ mi fa male… ma ora mi passa…” Cerca di sorridere con aria convincente.

“Ecco il segnale, stanno ar…” la frase dell’agente viene bloccata da un nuovo colpo di postola: “Ma questi non finiscono mai le munizioni?” Sibila a denti stretti avvicinandosi di più a Nathan ed Isabel: “Ragazzo, tutto ok?” Chiede guardando il fianco del giovane.

“Sì… credo di sì…” Nathan  fa una smorfia e si volta verso la bambina che al rumore si è avvinghiata al suo braccio.

“Cos’è successo?” Chiede una voce dall’oceano.

“La copertura è saltata!” Esclama l’uomo: “Qui ho un ragazzo ferito e una bambina!”

Nathan cerca di vedere qualcosa, ma sembra che a parlare sia stata l’acqua. La vista comincia ad annebbiarsi. Apre la bocca, ma non ha la forza di dire nulla. Senza provare a far nulla per resistere chiude gli occhi e si rilassa, mentre intorno a sé comincia ad avvertire voci e rumori. La stretta di Isabel sul suo braccio si allenta. Nathan vorrebbe aprire gli occhi, ma le palpebre sono troppo pesanti. Si sente sollevare fuori dall’acqua; qualcuno bisbiglia al suo fianco prima che perda i sensi, non avvertendo più nulla.

 

 

 

 

per Araluna: ciao!!!^^ Oddio… stavo morendo quando ho letto “Gruppo cosplay violento di Chuck Norris” XDD davvero, questa mi mancava! Comunque pian piano si scopre tutto e con l’ultimo capito verranno chiariti gli ultimi “misteri”…  si spera XD Sarò anche una “doc” ma certe brutte abitudini rimangono XD Grazie ancora per il prezioso supporto!^^ Baci!

 

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Capitolo 14
*** Capolinea ***


Nuova pagina 1

CAPITOLO 14- Capolinea

 

Il silenzio quasi innaturale lo fa rabbrividire lievemente. Teme di dover sentire il rumore di uno sparo da un momento all’altro, ma gli istanti passano e non succede nulla.

Sono passati diversi minuti da quando si è reso conto di essere di nuovo cosciente, ma non ha ancora avuto il coraggio di aprire gli occhi.

Un lieve scricchiolio alla sua sinistra fa rizzare le orecchie a Nathan, ma non succede nulla. Fa una smorfia e socchiude lentamente gli occhi che è costretto subito a chiudere a causa della luce che lo infastidisce.

“Nathan…?”

Una voce a poca distanza da lui lo chiama.

Apre la bocca e per qualche secondo non riesca a parlare.

Prova di nuovo a socchiudere gli occhi e nota la persona seduta accanto a sé: “Mamma…” Sussurra con un sorriso.

La donna si abbassa verso di lui e gli accarezza il viso: “Nat, come ti senti?”

Ha il viso un  po’ più magro di quanto ricordasse e sembra avere gli occhi lucidi.

“Ma quanto tempo è passato?” Pensa il ragazzo prima di rispondere: “Sto bene… credo…” Solo in quel momento prova a muovesi, avvertendo una fitta al fianco destro. Fa una smorfia: “Che mi hanno fatto?”

“I medici ti hanno ricucito la ferita… dopo aver tolto il proiettile…”

Nathan alza lo sguardo sulla madre che lo fissa con espressione radiosa nonostante non ci siano niente di divertente nella parole che ha appena pronunciato, e non riesce a dire nulla. Guarda altrove e rimane in silenzio mentre l’altra gli accarezza lentamente i capelli. Socchiude gli occhi mentre si lascia sfuggire un sospiro.

“Va tutto bene, Nat?”

Il giovane sorride: “Sì, mamma, non ti preoccupare… sono solo felice di essere qui… già…” Sussurra inspirando con una smorfia a causa del dolore al fianco: “Sono davvero tornato, sono lontano da quell’isola maledetta…” Pensa godendo del fresco delle lenzuola sulla pelle lasciata scoperta dall’indumento che gli è stato messo.

Il caldo, la sete, la stanchezza… la paura… ora gli sembrano solo dei brutti ricordi, come se tutto fosse stato solo un brutto incubo spazzato via dall’arrivo dell’alba. Tutto lontano, quasi incredibile..

“Mamma?”

“Si?”

“Da quanto tempo sono qui?”

“Sono passati quasi due giorni da quando ti hanno portato qui!”

Nathan socchiude gli occhi e annuisce.

La porta della stanza si apre e si chiude.

Il giovane gira lentamente la testa e un sorriso gli si dipinge in volto: “Ciao!” Sussurra.

“Nat… ti senti bene?” Chiede il padre che si affretta a raggiungere il letto.

Ride sommessamente mentre sussurra: “Pensavate di esservi liberai d me?”

I due adulti rimangono in silenzio e Nathan alza lo guardo su di loro: “Stavo… solo scherzando!” Bisbiglia con un sorriso tirato.

“Lo sappiamo, Nathan, non ti preoccupare!” Esclama la donna mentre il padre si siede sul bordo del letto.

La porta si apre attirando l’attenzione dei tre.

Una donna di mezza età in camice bianco entra nella stanza: “Buongiorno!” Esclama con voce nasale e senza aspettare una risposta si avvicina al letto e mette una mano sulla fronte di Nathan che le lancia un’occhiata confusa. Poi gli afferra il polso e lo tiene fra due dita controllando l’orologio. Passano gli istanti e il ragazzo comincia a  guardare l’infermiera con aria un po’ preoccupata finché questa non gli lascia il polso accennando un sorriso: “Sano come un pesce!” Esclama gettando un’occhiata alla flebo e alla bottiglia capovolta vicino al letto.

Nathan sospira con sollievo e si rilassa, abbandonando ancora di più la testa sul cuscino.

Chiude gli occhi e rimane ad ascoltare i genitori che parlano con l’infermiera senza dar peso alle loro parole. Si sente bene, in forma, nonostante abbia un lato del corpo ancora mezzo addormentato e dolorante. Sospira profondamente con qualche smorfia a causa delle fitte che derivano dalla sua azione e rimane fermo nel letto: “Pensavo che non sarei più riuscito a dormire su un materasso…” Sorride lievemente: “Che esagerato, dopotutto non ho dormito a terra neanche una settimana…” Nathan apre gli occhi di scatto e gira velocemente la testa di lato: “Dannaz…” Urla attirando l’attenzione dei tre adulti “No, niente, mi sono dimenticato che ho dolori su tutto il corpo!”

La madre gli si avvicina: “Hai bisogno di qualcosa?”

Il giovane annuisce lievemente: “Isabel…” Sussurra.

La donna lo guarda con aria interrogativa.

“Vuoi il cellulare? Devi chiamare qualcuno?” Si intromette il padre.

“No… quando… insieme a me c’era una bambina… Isabel….” Nathan sposta lo sguardo sui genitori: “Non so neanche se sta bene o no… anche se non credo che fosse ferita o roba del genere…”

“Nathan…” La donna lancia un’occhiata al marito.“Sei sicuro che ci sia…”

“Mamma, sono arrivato con Isabel su quella maledetta isola e sono rimasto con lei fino alla fine… no, non me lo sono immaginato!” Nathan si acciglia.

“E quanto anni ha questa bambina?” Chiede l’infermiera attirando l’attenzione dei tre.

“Eh… ha… ha quattro anni ed è bionda!”” Si affretta ad aggiungere il ragazzo.

“Nat, non è sicuro che…”

“Non vorrei sbagliarmi… quando sei arrivato qui ho visto un poliziotto… o cos’era lui, con una bambina in braccio… non mi ricordo se fosse bionda ma ti assicuro che piangeva come una forsennata!” La donna scuote la testa e sospira.

Nathan sorride di rimando: “Sa se è ancora qui?”

L’altra scuote la testa: “Non ti so dire, l’ho vista solo di sfuggita, ma non doveva aver nulla se è rimasta nell’atrio.

“Ah…” Il giovane si incupisce “Grazie…”

Nessuno parla per qualche secondo. Il silenzio viene rotto dalla voce dell’infermiera: “Se non avete altre domande, vado via…”

La donna lancia un’occhiata ai presenti e si avvicina al letto: “Tornerò tra un paio d’ore per un controllo!”

Nathan a stento la guarda mentre accenna di sì con la testa e l’altra si allontana uscendo dalla stanza.

“Uff…” Il giovane chiude gli occhi. La porta si apre nuovamente, ma stavolta non le presta attenzione.

“Salve!” Esclama una voce profonda.

Il ragazzo solleva leggermente le palpebre.

“Potrei parlare con vostro figlio… in privato?”

Nathan spalanca gli occhi e fissa la persona che sta parlando. “Sei…” comincia incrociando lo sguardo con quello dell’agente poco distante.

Quest’ultimo sorride: “Ti vedo in forma rispetto all’ultima volta…”

“Ma lei chi…?”

“Mamma, papà, posso parlare con lui da solo?” Chiede Nathan cercando di alzare la testa dal cuscino e riuscendo solo a fare una smorfia di dolore.

“Nat, sei sicuro? Possiamo anche…”

“No, papà! Non ti preoccupare, lo conosco!” Il giovane annuisce e i genitori lo guardano con aria perplessa.

“Noi rimaniamo qui fuori!” Si affretta a precisare il padre prima di uscire, preceduto dalla consorte.

“Vi ringrazio!” Esclama l’agente prima che chiudano la porta.

“Perché sei qui?” Chiede subito Nathan con aria sorpresa.

L’altro lo guarda e prende posto: “Come stai ragazzo?”

“Bene, credo… ma, perché…?”

“Dritto al punto, eh? Volevo vedere se te l’eri cavata!”

La risposta fa zittire il giovane che sposta lo sguardo e si sente vagamente stupido.

“Non pensavo ti avessero fatto un bel buco!” Esclama l’uomo accennando alla ferita del giovane: “Sei stato fortunato… non sai quanto dovrai restare qui?”

L’altro scuote la testa.

“Beh, il tempo di riprenderti, immagino…”

Nathan annuisce solo con la testa guardando il soffitto della stanza.

L’agente gli lancia un’occhiata indagatoria: “Ehi, ragazzo, tutto bene?”

Il giovane si volta a guardarlo con aria interrogativa.

“Perché?”

“Niente… lascia stare!” Sospira l’uomo prima di aggiungere, di fronte allo sguardo assente di Nathan “Pensavo che volessi sapere perché ti sei beccato quella pallottola…”

“Cosa?” Il giovane fa per sollevare la testa, ma l’altro alza una mano sghignazzando: “Fermo… ancora non sei in grado di alzarti!”

“Ma… prima mi hai detto… e poi…” Nathan respira profondamente per poi sorridere: “Ok, ok… cos’è successo, allora?”

L’altro incrocia le braccia al petto e chiude per qualche secondo gli occhi per aprirli di scatto: “Droga!” Dice in un sussurro.

“Che cosa?” Urla il giovane zittendosi di colpo. “Da… davvero?” Bisbiglia subito dopo con gli occhi puntati sull’uomo che si limita ad annuire.

“Sì, c’era un carico di droga sulla nave… fra poco sarà di dominio pubblico! Hai visto quelle cosse, sull’isola?”

Nathan annuisce: “Sì, certo… anche la sera dell’esplosione le ho viste più di una volta!”

“È con quelle che trasportavano il loro carico… stavo seguendo il caso da un paio di mesi… volevamo incastrare i pezzi grossi dell’organizzazione…”  L’uomo fissa il vuoto prima di voltarsi a guardare Nathan.

“E poi qualcuno ha mandato a monte la copertura!” Un sorriso tirato gli compare in viso ma lo sguardo di fa improvvisamente freddo.

Il giovane distoglie lo sguardo: “Mi dispiace…” Sussurra pieno di rammarico.

“Io non so come si può lasciare una bambina di quell’età da sola!”

Nathan rimane in silenzio mentre pensa tra sé: “Ero andato a cercare qualcosa da mangiare…” Deglutisce forzatamente all’ennesimo sospiro dell’uomo, ma poi gli viene in mante qualcosa. Alza lo sguardo e domanda: “Come sta Isabel?” 

L’altro fa spallucce: “Pensavo fosse tua sorella!”

Nathan sorride di rimando mentre l’agente si massaggia il collo guardando il soffitto con aria perplessa. “Ho continuato a dire a quella donna che anche suo figlio se la sarebbe cavata finché non sono arrivati i tuoi genitori!” Scuote la testa mentre il ragazzo scoppia in una risata.

“Sanno che ti sei preso cura della bambina…”

Nathan socchiude gli occhi, non capendo: “Chi?”

“Come chi? I suoi genitori!”

“Ah…” Il giovane sorride leggermente: “Già…” Sussurra a mezza voce: “Anche se in pochi giorni ho avuto più di un istinto omicida!” Pensa chiudendo gli occhi.

“Beh, ti lascio riposare prima che i tuoi genitori vengano a cacciarmi fuori!”

L’altro spalanca gli occhi: “Oh… sì… no, non è un problema, se…” Guarda l’agente che però si è già alzato.

“Stammi bene… e non ficcarti più nei guai!” Alza una mano in segno di saluto e fa un mezzo ghigno.

“Eh… oh, sì, certo… grazie!” Riesce a dire Nathan prima che l’uomo esca dalla stanza socchiudendo la porta,

Lo sente salutare i suoi genitori e sospira, guardando il soffitto. Passano i minuti e la vista diventa sempre meno chiara. Cerca di restare lucido, ma si rende conto che è una partita persa. Chiude gli occhi rilassando i muscoli e si lascia invade dal torpore e dal sonno.

 

“Sì, ha detto proprio così!” Sussurra una voce maschile.

Una risata soffocata e la voce di sua madre ribatte: “Dev’essere un amore!”

Nathan si muove leggermente nel letto, con gli occhi ancora chiusi.

“È a casa ora?” Chiede ancora la voce della madre.

“No, è con mia moglie, nell’ingresso dell’ospedale!”

Il giovane cerca di aprire gli occhi e questa volta nessuna luce li colpisce. Sbatte un po’ le palpebre mentre sente ancora sussurrare e si guarda intorno: la stanza è nella semioscurità e dalla finestra la luce entra fioca.

“Mamma!” chiama con voce impastata ma abbastanza forte da farsi sentire.

“Nat? Sei sveglio?”

Si sente chiede in un bisbiglio e percepisce una figura che gli si avvicina carezzandogli la fronte.

Annuisce e alza lentamente un braccio strofinandosi gli occhi.

Gira di poco la testa e vede vicino a sé la madre che gli sorride e poco distante il padre e un uomo sconosciuto che gli si avvicina di qualche passo.

“Ciao Nathan, come stai?” Gli chiede con voce gentile.

“Bene… ma…” Il ragazzo socchiude gli occhi cercando freneticamente nella sua memoria per riuscire ad associare quel volto stranamente familiare ad un nome.

“Sono il padre di Isabel!” Gli viene in aiuto l’altro allungando una mano verso di lui.

Nathan apre la bocca mentre gli stringe la mano: “Come mai è qui? È successo qualcosa? Isa sta bene, vero?” Chiede d’un fiato sollevando la testa dal cuscino.

L’altro si lascia sfuggire un sorriso: “Sta benone! Volevo ringraziarti per esserti preso cura di quella peste!”
Nathan arrossisce senza volerlo e borbotta un: “Si figuri!” Distogliendo lo sguardo.

Di colpo la camera viene illuminata dalla luce elettrica.

“Così va meglio!” Esclama il padre avvicinandosi poi al letto.

“Nathan, vuoi salutare Isabel?” Chiede la donna sedendosi sul letto.

“Ma non so se sia il caso, è ancora convalescente…”

“No!” Esclama il ragazzo: “Cioè, volevo dire sì! Può venire!”

“Ma…” Cerca ancora di ribattere il padre della bambina, ma Nathan continua: “Io sto bene… vorrei salutarla!” Aggiunge con un sorriso.

L’uomo si volta a guardare i genitori del ragazzo: “Allora vado a chiamare mia moglie…” Fa qualche passo indietro prima di voltarsi e lasciare la stanza.

I tre rimangono in silenzio e Nathan socchiude leggermente gli occhi prima che dal corridoio si cominci a sentire una voce squillante. Il ragazzo ridacchia e scuote la testa prima che la porta si apra attirando l’attenzione dei presenti.

L’uomo entra nella stanza e fa un cenno con la mano a qualcuno che non è ancora visibile: “Dai, vieni… cos’è ora non hai più la lingua?”

“Avanti, Isa, entra…” Dice una voce femminile.

Sulla soglia si vede una bambina bionda con i capelli legati in due codini.

Nathan sorride nel vedere Isabel che, ferma vicino alla porta, gli lancia occhiate furtive, dondolandosi sul posto.

“Ciao Isabel… ti ricordi di me?”  Domanda il giovane guardandola con aria divertita.

La bambina si acciglia, ma annuisce con la testa mentre la madre le si accoccola vicino: “Isa, perché non vai a salutare quel bel giovanotto? Chiedigli come si chiama!”

Isabel arriccia le labbra e borbotta: “Si chiama Nathan!”

“Allora lo conosci! Vai a salutarlo…” La donna la spinge dolcemente in avanti e la piccola si avvicina lentamente al letto continuando a fissare il giovane con aria contrariata.

“Ciao!” Esclama nuovamente Nathan quando gli è di fronte.

“Sei malato?” Chiede l’altra posando una mano sul lenzuolo bianco.

“Un po’, ma guarisco presto!”

“E ti fa tanto male?”

Il ragazzo esita qualche istante prima di rispondere: “No, non mi fa tanto male…” Sussurra abbassando per un attimo lo sguardo.

“Quando guarisci vieni a giocare con me e Desirée ?”

La domanda fa sorridere Nathan: “Tu non dimentichi nulla, eh?”

Isabel lo fissa e scuote la testa poi, facendo un respiro: “Hai detto che vieni a giocare che tu eri il papà e io la figlia piccola e Desirèe quella grande!” Sputa fuori tutto d’un fiato.

Il giovane sgrana gli occhi cominciando a ridacchiare.

Isabel lo fissa e sorride anche lei mentre il ragazzo continua a ridere e alza una mano a scompigliarle leggermente i capelli. “Verrò sicuramente a giocare con te! Basta che mi avvisi la prossima volta che vai in crociera!”

 

Fine

 

 

 

Note: ehhh sì, siamo arrivati alla fine di questa avventura^^ (“Era ora!” direbbe Nathan XD) spero che la storia sia stata di vostro gradimento e nel salutarvi ringrazio di cuore chi ha letto e chi mi ha supportata (e sopportata XD)  durante la stesura!!!

Alla prossima!!!

Prue

 

 

 

 

per Araluna: ed eccoci qui!!! Ehhh già, purtroppo il nostro Texas ranger non ha voluto fare da comparsa XD (“O protagonista o niente!” mi ha detto XD) Comunque, alla fine, i nostri piccoli “eroi” sono riusciti a tornare a casa… con un aiutino^^ ma l’importante è il risultato! (non credo che Nathan si azzarderà più a fare un crociera^^;;;) Con questo è davvero tutto! Ti ringrazio nuovamente per il supporto^^ Baci baci!

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