Il piccolo

di j_j_joker90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passo 1 ***
Capitolo 3: *** Passo 2 ***
Capitolo 4: *** passo 3 ***
Capitolo 5: *** passo 4 ***
Capitolo 6: *** passo 5 ***
Capitolo 7: *** passo 6 ***
Capitolo 8: *** passo 7 ***



Capitolo 1
*** Passo 1 ***


 “Istinto, tendenza innata, immutabile, ereditaria che spinge gli esseri viventi a comportamenti volti alla conservazione dell’individuo e della specie.
L’azione istintiva avviene anche in mancanza di basi derivanti da esperienze passate, sembra essere un comportamento innato ed è come se derivasse da una caratteristica insita nel suo patrimonio genetic.
L’istinto è una cosa meravigliosa. Esso non può essere né spiegato né ignorato.
(Agatha Christie)

 
 
 
 
La campanella della scuola era suonata e tutti i bambini erano oramai usciti dall’edificio; c’è chi di solito è aspettato dai genitori, chi dai nonni o da amici e c’è chi non ha bisogno dei parenti che li vengano a prendere e non ha amici con cui tornare a casa..
I Fratelli Addams erano tra questi.
I bambini avevano terminato le lezioni e come tutti i giorni si avviarono verso la loro “dolce” casa, quel meraviglioso pomeriggio si presentò addirittura piovoso, il primo giorno di autunno metteva sempre di buon umore Pugsley e Mercoledì.
Pugsley 11 anni e Mercoledì 9, erano due ragazzini poco vivaci e inclini ai giochi all’aperto, ma quella giornata era troppo triste per non tormentarsi con qualche marachella tra di loro.
Una giornata pessima li aveva accompagnati: la maestra di mercoledì si era indispettita del tema perfetto della bambina ma dagli sviluppi come al solito macabri; infatti, doveva raccontare delle sue vacanze, la gioia della famiglia e tutto il resto, ma finì per scrivere una tesi sul cancro della pelle per via dei raggi solari elevati dall’effetto serra e che, ovviamente, terminò con una previsione cataclimatica del mondo.
Pugsley come al solito fu bullizzato, durante l’ora di educazione fisica dai ragazzi della sua classe per via del suo aspetto, ma poco importava a lui, perché da lì a poco un terribile scherzo si proiettava su quegli stessi ragazzi, uno di quelli che non avrebbero dimenticato tanto facilmente, Pugsley è convinto che domani quei compagni non ci saranno a lezione, ma è una scommessa ancora aperta.
Insomma una giornata tristemente fantastica.
Avevano deciso di vedere chi dei due sarebbe resistito più allungo senza grattarsi dopo aver camminato in mezzo all’ortica e sotto quella pioggia torrenziale, il pomeriggio non poteva essere più terribile.
Lo stesso pensavano i genitori dei ragazzi che li attendevano tranquilli a casa.
Ricordano ancora con tristezza il primo giorno di scuola: la dolce afflizione che li pervase quando li videro allontanarsi con lo scuolabus, l’idea dell’ansia da prestazione che potevano provare e i compagni con cui avrebbero litigato.
Alla fine le gioie arrivarono alla prima convocazione dei genitori per il comportamento violento dei figli, erano così fieri di loro e così, sebbene le loro preoccupazioni non cessassero di deliziare il loro corpo, lasciarono che Pugsley e Mercoledì continuassero a seguire le lezioni nella scuola pubblica invece di studiare da privatisti a casa con Mammà Addams.
Nonostante tutto, i piccoli Addams avevano la testa sulle spalle e Morticia e Gomez lo sapevano.
Li avevano fatti vivere circondati nel pericolo e nella paura controllata per abituarli a tutto, sapendo che finché erano a casa erano al sicuro; la vera minaccia stava fuori quelle mura ed era la cosa che più di tutte preoccupava i due genitori.
Gli Addams sapevano, in fondo, di essere una famiglia “particolare”; le persone che non li conoscevano avevano paura di loro e tutti sanno che l’ignoranza che genera paura fa nascere a sua volta rifiuto e violenza.
Avevano cercato di proteggere i propri bambini, per quanto potevano, li avevano abituati alle cose più orribili e sinistre senza mai sconvolgerli troppo e metterli mai veramente in pericolo ma nulla li avrebbe preparati a ciò che sarebbe accaduto in quella grigia giornata.
Morticia si stava dedicando a uno dei suoi hobbies preferiti: la botanica.
Mentre la sua bella si accingeva a tagliare quell’orribile ammasso di petali dai suoi steli di rose pieni di spine (quelli vecchi erano rinsecchiti per la poca cura e sarebbero stati perfetti per ornare la stanza da letto). Gomez passava il tempo a montare un meraviglioso percorso per i suoi trenini.
Il tempo passava spaventosamente noioso quando all’improvviso al rintocco delle 15:00 a Gomez venne un terribile dolore al petto, che lo fece piegare in due sulle giostrine.
Normalmente avrebbe gioito insieme alla sua consorte per un male che poteva ritenersi, se fortunati, incurabile, ma ciò lo spaventò in una maniera … indescrivibile.
Era raro che un Addams provasse paura o terrore per qualcosa e quando accadeva c’era quindi da preoccuparsi; ma quando il dolore parve diminuire un senso incombente di preoccupazione tocco le corde del cuore rinsecchito di Gomez.
Qualcosa d’indescrivibile stava per accadere.
Informò subito la moglie di quella brutta sensazione che non lo voleva lasciare, “Morticia, sono preoccupato”.
La stessa donna rimase sbigottita di fronte a quella dichiarazione; è consuetudine sia lei quella a predire una funesta catastrofe che di solito lascia il marito e il resto della famiglia beati nella loro sfortuna.
Invece il suo uomo sembrava soffrire come quando incontra il commercialista che lo informa che va tutto bene, o peggio quando gli esami del sangue danno esito negativo.
Staccandosi mal volentieri dalle sue amate cesoie, Morticia si si avvicinò, “Gomez non starai esagerando, capisco il bisogno di animare questa giornata tanto noiosa con qualche cattiva notizia ma...” .
Fu subito interrotta quando il consorte le si avvinghio con fare felino e la prese tra le sue braccia.
Normalmente quando la prendeva con tanta violenza si dirigevano immediatamente in camera da letto, così da non dover consumare l’atto del matrimonio in qualsiasi stanza si trovassero, ma Morticia percepì subito che quell’attacco non era avvenuto per via quel profondo senso di fame sessuale che provava sempre il marito.
Immediatamente Gomez, come se fossero collegati da un filo emozionale invisibile, riuscì a trasmettere quella stessa pena a Morticia e quando poté riaprire gli occhi una lacrima cadde da essi e tutto fu chiaro.
Una sensazione di disperazione che bruciava dall’interno, iniziava dallo sterno e si dissipava dappertutto fino alle punte dei capelli; ricordava un bruciore di stomaco particolarmente forte che li lasciava svuotati di tutto a parte un’eterna mestizia.
I due coniugi avevano sperato da sempre di provare un’ emozione di sofferenza e tortura  tanto potente e angosciante da tutta la vita, ma fino a ora, nonostante tutte le tragedie, sapevano che tutto si sarebbe risolto a loro favore in modo o nell’altro; ma la sensazione opprimete che provavano nel petto era devastante e senza rimedio.
Qualche attimo più tardi si ripresero, ma l’ inquietudine oramai stanziava in quella stanza e quando si sedettero sul divano ad aspettare i bambini non poterono, per una volta, che attenderli con molto ansia.

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Capitolo 3
*** Passo 2 ***


“La paura: emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”.
 
La paura è un sentimento che ti apre le porta sul futuro, con la chiave di un ricordo passato.
È sempre stato così per Morticia.
Si dice che studiare la storia serva a non commettere gli stessi errori e cosi ogni qual volta un immagine del futuro le veniva alla mente ripensava a un evento già avvenuto, per trovare una soluzione al problema.
In quei momenti, un pensiero incompreso le sussurrava, ma non riusciva a capire il racconto.
A vuoto furono i tentativi della donna di vedere uno scorcio di futuro.
E così rimase insieme al marito a formulare ipotesi.
“Possibile che Zio Caronte ci abbia lasciati? Sai è da un po' che non stava bene” disse Morticia.
Gomez storse il naso e scosse la testa.
“Se così fosse avremmo già ricevuto in tempo lampo un messaggio da quei simpatici sciacalli per la grande festa, lo sai quanto ci tengano a queste cose e poi Zio Caronte è sul filo del rasoio da oramai 50 anni, sempre tra la vita e la morte, quell’ uomo è davvero troppo fortunato”
Morticia non voleva darsi pace, ma fu costretta quando costatarono che tutto andava fin troppo bene e che il tempo passava senza che niente fosse accaduto.
Dall’angolo opposto Gomez aveva smesso di pensare molto tempo prima e aveva ricominciato a costruire il modellino del percorso.
Non stava venendo benissimo, era troppo distratto.
Al contrario della moglie, la cui ansia la stava uccidendo, lui si era arreso agli eventi e aspettava l’inevitabile, se qualcosa di brutto stava per accadere lo avrebbero affrontato a viso aperto, come sempre.
Ora l’unica cosa a cui dava importanza era quel maledetto circuito con cui lui e Pugsley si sarebbero divertiti.
Improvvisamente un nuovo rintocco attirò la sua attenzione e rivolgendo gli occhi verso l’ orologio uno sguardo perplesso si dipinse sul suo viso.
“Scusa, cara mia, a che ora tornano di solito i bambini da scuola?” Chiese con tono esitante Gomez.
“Sempre allo stesso orario, le 15:30, perché mi chiedi questo?”
Rivolgendosi di nuovo alla donna in nero mostrò le sue perplessità e con un cenno del capo anche lei  guardò l’orologio che aveva appena finito il concertino.
“Perché sono le 15:45 appena suonate e dei ragazzi nemmeno l’ombra” aggiunse Gomez.
Il mondo gira su se stesso e intorno al sole; il cielo è azzurro di giorno e nero di notte; tutti nascono e tutti muoiono (in teoria ): queste leggi regolano da sempre il mondo, come per il fatto che la progenie Addams sia sempre rientrata da scuola massimo alle 15:30 in punto, mai un minuto dopo.
I coniugi erano così occupati a pensare e ad aspettare, da non accorgersi che, appunto il mondo continuava a girare.
Delle volte alcuni Addams avevano come la sensazione che le regole che vengono imposte agli umani, da un Dio, da loro stessi o dalla natura delle cose, non li toccasse.
La superbia era una malattia che colpiva molti in famiglia e molti dittatori, serial killer e “umani” della peggior specie adornavano fieramente l’albero genealogico della famiglia.
Il fatto stesso che a molti la morta non faceva mai visita li rendeva troppo coraggiosi, sicuri che la loro incolumità, e quella dei loro cari, non fosse mai in pericolo.
Per questo Morticia e Gomez rimasero un attimo esterrefatti nel notare che i ragazzi mancassero.
Non sapevano bene cosa provare in quel momento; è come se al telegiornale annunciassero l’arrivo di un tremendo tornado e tutti si preparassero a esso e poi improvvisamente un uomo con una pistola entrasse in casa e uccidesse tutti, la dolce famiglia mentre si preparava al peggio non  si aspettava questo e non ha nemmeno il tempo di reagire che è già successo.
Lo stupore era l’unica cosa che crebbero di provare.
Quando la porta con un botto si apri; Morticia e Gomez, quasi spaventati si girano per trovarsi davanti un zio molto eccitato.
“Mercoledì non immaginerai mai cosa ho trovato in soffitta, una vecchia batteria in disuso, sporca, radioattiva e sicuramente carica!” Annunciò zio Fester con uno sguardo allucinante e poco rassicurante, orrende intenzioni si nascondevano dietro quelle parole.
Mercoledì avrebbe, con il suo solito malato entusiasmo, accettato di elettrificare  a morte lo zio, sperando che per una volta funzionasse, ma nessuna risposta arrivò dalla sala.
Fester si grattò la testa mentre chiedeva dove fossero i ragazzi “ li ho cercati in tutta la casa, sono ancora a scuola?”
A quella domanda a Gomez si gelò il cuore e da subito, la stessa sensazione di una mezz'oretta fa si presentò di nuovo.
Non era solo paura, era puro terrore.
Morticia che sembrava ancora stordita rispose che alle 15:30 i ragazzi di solito sono a casa, “non hanno mai tardato da che ricordo, sei sicuro di averli cercati dappertutto?”
“Sicurissimo, se fossero stati in giro per casa li avrei visti o quanto meno sentiti, qualche urlo straziante o vagito, ma nulla” il tono dello zio era quasi offeso, ma una nota decisamente più negativa colpiva il volto dell’uomo: rabbia.
Dove si trovavano i ragazzi se non erano a casa?
Non sarebbero mai spariti così senza dire nulla.
Pugsley era un ragazzo che si affacciava all’ adolescenza ma Mercoledì era poco più di una bambina.
Il fratellone ha sempre avuto un senso di protezione nei confronti della piccola diavola molto forte, i professori lo definivano "malato".
Così i genitori sono sempre stati sicuri che qualsiasi cosa avvenisse, loro si sarebbero coperti le spalle a vicenda.
La rabbia dello zio, come una malattia contagiosa, infettò subito Gomez che preso da uno spasmo si alzo improvvisamente.
“Morticia riunisci tutti immediatamente, non voglio sentire discussioni da nessuno” e con lo sguardo truce si allontanò.



Buongiorno utenti del web.
Per quei pochi che leggono questa storia, volevo informare che ho leggermente modificato il primo capitolo.
Mi dispiace che questo capitolo sia tanto breve, ma il prossimo sarà più lungo.
Inserirò il prossimo solo quando avrò ultimato il quarto, così da non rimanere mai indietro.

Saluti,
J-J.Joker 
p.s. Se qualcuno volesse visitare anche la mia pagina di Deviantart : http://j-j-joker90.deviantart.com/ 

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Capitolo 4
*** passo 3 ***


Con il termine ira (spesso sostituito da "furia", "collera" o, impropriamente, "rabbia") si indica uno stato psichico alterato, in genere suscitato da elementi di provocazione capaci di rimuovere i freni inibitori che normalmente stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L'iracondo prova una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno, ma in alcuni casi anche verso se stesso.
 
 
“Ok il piano per ora è andare a scuola a controllare se sono ancora li” Gomez era fermo mentre dava le direttive alla famiglia.
Morticia lo guardava con il cuore in gola e gli occhi lucidi, e non bastava tutta la fiducia e la forza che trasudava per calmarla.
“Seguiremo lo stesso percorso che fanno i ragazzi per tornare a casa, se siamo fortunati si sono semplicemente fermati da...da…” Ma Gomez non seppe mai come continuare.
I suoi bambini erano ragazzini responsabili e, sia per paura che per rispetto non avrebbero mai fatto preoccupare i loro genitori; c’erano poche regole in casa, ma quelle andavano rispettate.
A quel silenzio tanto duro del marito, Morticia scoppio nell’ennesima crisi di pianto, Mammà la prese di nuovo tra le sue braccia cercando di confortare se stessa e la povera donna, inutilmente.
Gomez la guardò con disprezzo, cosa serviva piangere come una bambina?
Loro erano Addams, non hanno paura di nulla, loro sono paura e sconfitta per il resto del genere umano.
Stufo di quei piagnistei, le si avvicino, le prese il viso con una mano e con l’altra la schiaffeggiò.
“Smettila di piangere, sei la capostipite di questa famiglia, sei mia moglie, ma soprattutto sei la loro madre” nonostante il colpo, la riproverò con dolcezza, voleva rivedere il freddo in quegli occhi glaciali e il fuoco in quella sua voce tagliente.
“Non sai come mi sento, tu non sei come me” Gomez sembrava aver sortito l’effetto desiderato, perché Mortizia si disarcionò dalla presa del marito con una rigidità degna di lei.
“Lo so io e lo sai anche tu”, con quelle parole volle comunicare qualcosa all’uomo davanti a lei, ma lui non si scompose, facendo finta di non capire.
Entrambi, dopo aver dato istruzioni al resto della famiglia, entrarono in macchina pronti per andare, ma una persona mancava all’appello.
“Fester!” Urlò Gomez, e non sentendo risposta uscì velocemente dall'automobile, mormorando maledizioni e minacce di morte.
“Perché ogni volta che abbiamo bisogno di te, non ti palesi!”, a Gomez sembrava che il fratello lo stesse prendendo in giro come suo solito.
Morticia impaziente si affaccio al finestrino per chiamare il marito, quando improvvisamente il fastidioso rumore del cancello che si apriva la interruppe.
Era una vecchia cancellata funebre, un rudere appartenente alla famiglia Addams da molte generazioni.
Stava li a raccontare la storia della famiglia, bisbigliandola nei cuori della gente che veniva a visitarli; un oggetto assai caro a tutti, ma in quel momento sembrava urlasse le cose più spettrali alla povera coppia, facendo saltare Gomez e mettendo in allarme Morticia.
Fester era al centro di esso, con il sole dell’autunno dietro di se, che aspettava.
Gomez non si fece ulteriori domande, mentre risaliva in macchina e l’accese.
Raggiunse velocemente il cancello, e una volta che, anche l’ultimo della comitiva fu dentro, riparti.
Neanche Morticia, in un primo momento, diede molta importanza al comportamento strano del cognato, troppi pensieri le galleggiavano nella testa.
E molti si scortavano tra loro.
Cosa farò ai ragazzi quando li troverò?  
Quante persone perderanno la testa?
Come ho fatto a non accorgermene prima?
Perché ho accettato di mandarli a una scuola pubblica?
 
A seguire aveva altri pensieri, ma cercava di cacciarli per non arrivare a una risposta.
Cosa gli sarà successo?
Staranno bene?
E se qualcuno gli avesse fatto del male?
Come madre preferiva pensare a un metodo per punire i propri figli con amore, piuttosto a cosa o chi avesse impedito loro di tornare a casa.
La strada era silenziosa, il che la fece sembrare più lunga di quanto fosse.
Nell’abitacolo l’aria era stagnante e viziata e ogni metro sembrava stringer il cuore di tutti, soffocandoli.
Gomez sentiva come una massa sul petto, e quella portava il peso dello schiaffo dato alla moglie, del silenzio di suo fratello e di quella strada quieta e vuota.
La scuola segnalava il traguardo di quel viaggio, ma non la vittoria.
Scesi dalla macchina diedero subito uno sguardo in giro; Mortizia chiese ad alcuni ragazzi casuali se avessero visto i loro figli.
Il tentativo era inutile, i ragazzi intorno all’edificio erano tutti molto più grandi, infatti a quell’ora di potevano trovare solo pochi ragazzi del liceo, che avevano appena finito le classi superiori o chi partecipava ai club scolastici.
Gomez inizio a urlare i nomi dei figli, con la speranza di trovarli li intorno, ma ogni qual volta che i nomi di Pugsley o Mercoledì uscivano dalla sua bocca senza ricevere risposta,  la sua voce lo abbandonava sempre di più, quel peso diventava sempre più opprimente fino a quando non riuscì più a respirare e dovette accasciarsi a terra per lo sforzo.
Non capiva cosa gli accadesse, non si era mai sentito così fiacco, si sentiva come se la mente volesse abbandonarlo e i polmoni si stessero chiudendo in se stessi.
Solo più avanti capirà di avere appena avuto il suo primo attacco di panico.
Quasi tutti i ragazzi si avvicinarono e bisbigliarono dell’uomo oramai accasciato a terra, davanti all’edificio.
Mortizia e pochi ragazzi dell’ultimo anno lo aiutarono a rialzarsi, nonostante le sue proteste, comunque quella scena attirò l’attenzione di tutti, o quasi.
Solo una persona dava l’impressione di non essersi interessata, solo una sembrava fuori luogo.
Una figura ricurva su se stessa, con pochi capelli grigi che gli circondavano la testa, le mani raggrinzite e le dita lunghe e sottili.
A primo sguardo sembrava aver superato la mezza età, il volto era infossato e gli occhi bassi sul suo lavoro.
I ragazzi lo vedevano tutti i giorni ma nessuno si accorgeva di lui, nessuno lo conosceva.
Era il signor Wilson, uno dei bidelli più anziani della scuola, prossimo alla pensione.
Suo figlio fu un insegnate nella scuola, e quando morì la scuola non se la sentì di licenziare il sig. Wilson, nonostante la perdita accentuo le sue multiple stranezze.
Lavorava in quella scuola da tanto di quel tempo, che nessuno ci faceva caso ormai, solo Fester in quella situazione lo vide, per la prima volta.
Il sig. Wilson per tutto quel breve lasso di tempo non aveva dato attenzione allo spettacolo che si presentava davanti alla scuola; ma nemmeno Fester, che era impegnato a guardarlo.
Il fatto era che, per quell’uomo e ciò che faceva aveva provato un brivido nella sua schiena e non come quando veniva sistemato sulla tavola e gli arti tirati, fino alla quasi dislocazione delle articolazioni da Mercoledì o come quando riceveva dolci  avvelenati in regalo, da ammiratrici segrete finte alle festività, per poi scoprire che era stato Pugsley.
Era un tipo diverso di brivido, uno che non aveva mai provato e così si era fermato a guardarlo lavorare; con una scopa in mano stava stranamente “spazzando” il prato.
“Fester vieni a darmi una pano per piacere, aiutami a portarlo dentro” Morticia lo veglio chiamandolo a se.
Alla donna, questa volta, non sfuggi il comportamento strano del cognato e voltò lo sguardo verso il soggetto dell’attenzione di Fester.
Dalla sua posizione poteva vedere il volto del Sig. Wilson e per un attimo i loro sguardi si incrociarono.
I suoi occhi azzurri la guardarono con disprezzo, dopo di che si girò con una smorfia e continuo a spazzare inutilmente il prato.
Entrati nell’edificio Gomez non volle aspettare di riprendere quel poco colore che normalmente aveva e si diresse direttamente all’ufficio del preside.
Un unico baluardo si prestava tra loro e il suddetto preside: la segretaria, una donna grassottella, con le gote rosse di norma, nulla di eccezionale ma particolarmente imporporate in quel momento per via delle continue insistenze da parte della famiglia di entrare nell’ufficio, nonostante le sue gentili opposizioni.
“Il preside in questo momento non c’è, posso lasciare un messaggio per…?”
“GLI ADDAMS! Noi siamo la famiglia Addams, coloro che l’anno scorso hanno donato una grossa somma di denaro alla scuola per rimettere in piedi il palco per il corso di teatro. Ora si ricorda di noi?”
Gomez era furioso, come osava trattarlo in questa maniera, loro erano una delle famiglie più importanti della città e quel miserabile, inutile del preside non voleva vederlo?
 E proprio mentre Gomez stava per sfogare tutta la rabbia sulla povera donna…
“Cose sta succedendo qui?”.

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Capitolo 5
*** passo 4 ***


La preoccupazione si riferisce ai pensieri, alle immagini, alle emozioni e alle azioni di natura negativa ripetute e incontrollabili che derivano da un'analisi proattiva del rischio cognitivo fatta per evitare o risolvere potenziali minacce previste e le loro potenziali conseguenze.


 


 

Una voce dolce ma ferma colpì le orecchie dei tre, che, sorpresi, si girarono di scatto.

La voce proveniva da un’esile ragazza di media statura. A un primo sguardo pareva avere intorno ai 27 anni e non aveva nessun particolare che la facesse risaltare.

“Non sono affari suoi” rispose subito brusco Gomez.

Ma Morticia che sentiva una qualche affinità le si avvicino. “Abbiamo bisogno di parlare urgentemente con il preside, riguarda I nostri figli”.

La donna che non aspettava tanta gentilezza e tenerezza da un volto così accingo e spigoloso le strinse le mani, che nel frattempo Morticia aveva legato alle sue.

“Voi dovete essere gli Addams” disse la misteriosa fanciulla.

Questa consapevolezza colpì Fester che per la prima volta si sveglio da quel torpore che lo aveva accompagnato dalla scomparsa dei ragazzi e risposte flebilmente con un si appena udibile.

Morticia non perse altro tempo e, leggendolo come un segno del destino, chiese subito se ella sapesse dove si trovassero I suoi bambini.

Perfino Gomez, lasciando la presa che aveva suggellato sulla povera segretaria, si volto del tutto verso la ragazza.

“Siamo noi, ci conosciamo?” La risposta di Gomez fece pensare alla segretaria quanto fosse beffardo che un attimo prima il padre irruento si lamentasse del fatto che nessuno li conoscesse e ora si stupisse del contrario.

“Ancora non ho avuto il piacere, ma sono la nuova insegnante di storia della vostra bambina, sapete dopo l’incidente con l’ultima...”disse con un leggero sorriso la nuova conoscenza.

“Mercoledì mi ha riempito la testa sulla propria famiglia a tal punto che potrei dire di conoscervi prima di avervi incontrato.” Il riso spontaneo era dolce ma anche gracchiante, come se qualcosa le ostruisse la gola. La donna emanava un’area gentile che calmò tutti i presenti, a eccezione di Gomez.

“Dobbiamo parlare immediatamente con il preside, signora…”

“Signorina Robin Bianconi” l’ammonizione della maestra lo innervosì ancora di più. Che stava per rispondere quanto ella lo interruppe nuovamente.

“Il preside non si trova nell’edificio, è partito prima per questioni familiari. Quindi è inutile che tormentiate la povera segretaria” indicando la donna in questione, che intimidita ma anche incoraggiata li saluto con un mezzo sorriso e una manina paffuta.

“Allora a chi dobbiamo rivolgerci? Abbiamo delle urgenze.” Chiese Morticia, solo per essere presa per un braccio e strattonata dal marito bruscamente.

“Andiamocene mon cheri, qui non troveremo nessun aiuto, dobbiamo rivolgerci alla polizia!”.

“I miei nipotini sono scomparsi” una voce soffiata e flebile riarse l’attenzione su tutti sul fratello più giovane dei fratelli Addams.

“Non so cosa fare” Fester lo disse con il viso scuro, gli occhi meditabondi e le mani tremanti.

“Mi sento tutto caldo fuori e freddo dentro, non so cosa stia succedendo”.

“Non ho mai provato una cosa del genere, sento di dover distruggere tutto, ma ho anche voglia di scappare”.

Le sensazioni che provava Fester erano sicuramente nuove, qualcosa che in vita non aveva mai dovuto provare.

Da sempre circordato dall’amore (perverso e insolito) della sua famiglia e protetto dal nome che portava, mai in tutta la sua esistenza si era trovatoin questa situazione.

“Non credo siano giuste queste sensazioni, non capisco…” un lacrima fuggi dagli occhi innocenti dello zio preferito di Pugsley.

“È paura, è quello che provi per I tuoi nipotini.” Robin si avvicinava all’uomo bambino, sotto lo sguardo vigile di quest' ultimo.

Sondava ogni movimento, sembrava un animale ferito pronto a scattare a ogni segno di pericolo.

Gomez e Morticia guardavano la scena da lontano, almeno metaforicamente, non si trovavano li ma dall’altra parte di un vetro.

Gomez era scioccato dal fratello e pensava che quell’uomo non potesse essere il suo Fester. Mentre Morticia era stupefatta e leggermente impressionata.

Da sempre era terrorizzatamene innamorata del marito, per il suo esuberante disprezzo del pericolo, l’aria di morte che scaturiva nello stare insieme la eccitava, ma in qualche maniera si sentiva sempre al sicuro.

Invece con Fester, molto diverso da Gomez secondo lei, si preoccupava di più. Se Gomez era sempre sul filo del rasoio, spesso per colpa di se stesso, Fester era anch’esso sullo stesso filo ma appeso con un solo dito e un peso di 100 kg su ambe le caviglie. Dove Gomez non metteva mai realmente in pericolo la famiglia, Fester ti trascinava nel foro profondo di qualche bestia selvatica.

Era una differenza enorme, per questo vederlo in quello stato di tensione e p-p-paura la metteva terribilmente a disagio.

Robin al contrario aveva sempre molta paura, ma aveva imparato da tempo essere solo un sistema della mente per metterci in allerta di un potenziale pericolo, e che ciò che temiamo nel più profondo è il dolore, cosa che gli Addams raramente avevano provato senza quel senso di goduria soddisfazione masochistica.

Alla donna, abituata a queste situazioni, bastò posare una mono sulla spalla di Fester per farlo sobbalzare e poche altre lacrime caddero dal volto dell’uomo.

Anche Morticia si avvicino per consolare il cognato, mandando sguardi di disapprovazione al marito, che rimase impassibile con lo sguardo basso e crucciato.

“Signorina Bianconi siamo molto preoccupati perché non li troviamo in nessun luogo che di solito frequentano, cioè la scuola, la strada prefissata per tornare a casa e, per l’appunto, casa nostra.” l’insegnante sembrò iniziare a preoccuparsi, ma prima di agitare ulteriormente la famiglia chiese da quanto tempo non aveva contatti con i ragazzi.

“Da stamattina, quando usciti per venire a scuola. Lei forse non lo sa ma siamo contrari all’uso degli smatphone, sono troppo giovani e quindi non abbiamo loro notizie da allora.” Rispose con apparente calma Morticia.

“Forse hanno fatto una strada più lunga o si sono fermati da qualche parte” cercò di spiegare la giovane maestra.

“Di solito tornano entro 20 minuti massimo 30, non un minuto di più, dopo la scuola” intervenne Gomez che nel discutere sembrava essersi ripreso un poco.

Ma a quell’ affermazione Robin rimase un po interdetta, pensando fossero passate nemmeno due ore dalla fine delle lezioni palesando gentilmente questo suo pensiero.

Gomez e Morticia si guardarono negli occhi, dovevano far capire la situazione alla donna spiegandole che non si trovava di fronte alla solita famiglia iperprotettiva e allarmista.

“Vede Pugsley,, l’anno scorso, ha insistito molto per venire a studiare in questa scuola, nonostante fino a quel momento gli studi privati fossero di gran lunga più redditizi e funzionali di quelli pubblici, senza offesa ovviamente, ma per un maestro concentrarsi su due alunni invece che su trenta cambia il modo d'insegnare e noi eravamo contenti di far captare ai nostri bambini ciò che noi ritenevamo importante, seguendo una linea d'istruzione più Europea.“ Gomez sembrava molo fiero di ciò che disse, voleva colpire con un fendente gentile la scuola e la professoressa, visto che lui si è sempre sentito contrariato dalla decisione di mandarli in una scuola pubblica.

“Ma dopo molte insistenza da parte di Pugsley e poi da Mercoledì capitolammo, ponendo però delle condizioni. Una di queste era che lui, il maggiore, tornasse sempre a casa in tempo con la sorellina al seguito, sempre, senza nessuna eccezione.” Spiegò Morticia.

La signorina Bianconi la guardava un po perplessa. Non conosceva così bene Pugley, solo per sentito dire da Mercoledì, e non metteva in dubbio la diligenza del fratellone, ma sapeva che anche I ragazzi più responsabili delle volte prendono decisioni irresponsabili e istintive, senza pensarci troppo, solo per un pò di divertimento in più.

“C’è qualcuno a casa ad aspettarli? Magari a quest’ora sono già ìi ad aspettarvi” insistette la maestra.

“Ve l’ho detto che era inutile parlare con queste persone, non ci capiscono, non lo fanno mai, non ci provano nemmeno”. La rabbia era tornata nella voce di Gomez mentre diceva quelle parole, ma nascondeva anche un senso d'Incomprensione, delusione e sfiducia nei confronti del mondo.

Uscì immediatamente dall’edificio seguito con una coda da Fester.

Gomez sentiva dei passi veloci dietro di lui, insieme a dei latrati che riconobbe appartenere al fratello, ma non si fermò o rallento fino a quando fuori dall’edificio non si scontrò leggermente con qualcuno, che cadde teatralmente per terra.

Morticia dopo averci pensato per un po decise di seguire il marito, ma una mano si intrecciò alla sua nuovamente.

“Vi prego, lasciate che vi aiuti, avete frainteso le mie intenzioni, volevo solo calmare I nervi e non mettere in dubbio la vostra ragione.” Disse Robin.

“Su questo devo dissentire, lei intendeva esattamente ciò che noi abbiamo percepito” rispose Mortica,“ e cioè che siamo strani a preoccuparci così tanto, scommetto che nonostante tutti I racconti di Mercoledì su di noi non si aspettava di certo una famiglia così." Strinse comunque la mano alla giovane donna.

“Ma non la biasimo per questo, sono cosciente da molto tempo di ciò che sono e ciò che le persone pensano di noi, e alla società non ne faccio una colpa, tanto meno a lei.”

La signorina Bianconi strinse immediatamente labbra e sopracciglia rimanendo con un misto di aria confusa e imbarazzata, non sapendo bene cosa rispondere a quella confessione così sincera.

Morticia sorrise a quella buffa espressione, capendo perché alla figlia piacesse così tanto quella piccola donna tanto da parlare con lei. Ma prima che potesse continuare un urlo ghiacciato attirò la loro attenzione.

Proveniva dall’esterno dell’edificio e così le due dopo un momentaneo incrocio di sguardi corsero fuori.

 

 

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Capitolo 6
*** passo 5 ***


Mortificazione 
Umiliazione dell'amor proprio, con un senso accentuato di confusione e di vergogna.
Ridurre un organismo, animale o vegetale, in uno stato simile alla morte; togliere il vigore vitale.

Le due donne si recarono fuori dall’edificio; Morticia ebbe un breve sussulto che però nessuno ebbe il tempo di notare.

La scena che si palesò era quello di un Gomez fuori di se mentre tentava di strangolare il signor Wilson.

“Ripeti quello che hai detto poco fa ora se ne hai il coraggio, o forse ti manca il fiato?” Fester stava calmo, con impassibile quiete.

La signorina Bianconi inorridita dalla scena si lanciò sulla coppia urlando e chiedendo aiuto a chiunque stesse guardando, ma i ragazzi, che erano rimasti nel cortile della scuola, erano troppo impauriti per fare qualcosa.

Qualche professore, allarmato dal chiasso, uscì fuori e dopo qualche secondo di sgomento intervennero e infine riuscirono, in tre, a dividere le mani di Gomez dal collo del vecchio bidello.

Gomez si ritrovò così a terra a fissare con astio il signor Wilson in piedi dietro ai professori.

Robin era esterrefatta; non si definiva una pacifista, ma quella violenza non la capacitava ne la faceva stare serena, non immaginava dai racconti di Mercoledì che il padre fosse un tipo aggressivo. Inoltre il signor Wilson era solo un vecchio, strano ma anche molto sfortunato, ed era facile dispiacersi per lui.

“Siete forse impazzito!” Gomez non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua vittima; respirava forte a denti stretti buttava fuori aria come un animale.

Era fuori di se dalla rabbia, ma aveva provato tanta collera per qualcuno come per quel vecchio. Morticia nel frattempo si avvicinò al marito riuscendo infine a calmarlo guardandolo intensamente negli occhi dopo aver attirato la sua attenzione ponendo semplicemente una mano sulla sua spalla.

Gomez dopo aver ripreso a respirare come un essere umano, si girò verso I presenti: corpo studentesco, professori e collaboratori scolastici e con le mani tremanti si liberò dalla presa di coloro che lo stavano trattenendo.

Nello sguardo c’era un misto di orgoglio e pentimento, senza dire una parola se ne andò solo per chiudersi in macchina

Morticia si dispiacque dell’evento, ma ancora di più provò tristezza per il marito perché sapeva non essere nella sua natura essere così rabbioso e violento.

Dopo queste considerazioni brevi si rivolse agli spettatori di quella scena con aria sconsolata chiedendo scusa.

“E mi rivolgo sopratutto a lei signor Wilson, sono mortificata spero possa perdonarci, so che un atto di tale portata è indicibile e ingiustificabile ma di solito Gomez non si comporta così, non so cosa lo abbia spinto a tanto.” Morticia era confusa e desolata.

“È stato lui, e il suo veleno a spingere Gomez in quello stato” Rispose Fester alle domande che incombevano nella mente della cognata.

“Lui ha detto che i ragazzi sono figli di Satana e che meritano tutto ciò di più brutto a questo mondo” alcuni rimasero scioccati, pochi invece non ebbero reazioni perché sapevano che il signor Wilson non era uno stinco di santo, ma la maggior parte non credette alle parole di Fester, com’era possibile per un uomo che lavora da anni in mezzo ai bambini potesse pensare o addirittura dire parole tanto dure e maligne, sopratutto in un momento come questo, ma sopratutto cosa ne sapeva lui della scomparsa dei ragazzi?

Queste era quello che pensava Fester, ma anche la Signorina Bianconi che inizio a vedere il signor Wilson con sospetto.

Fester si avvicino con calma glaciale al vecchio bidello, tutti si allontanarono impauriti dalla figura dell’uomo che emetteva un’aura di terrore da solo, senza dover usare la forza, molto più del fratello.

“Se dovessi scoprire che hai fatto qualcosa ai miei nipotini, nemmeno con la più grottesca immaginazione potrai pensare a quello che ti farò una volta che ti avrò tra le mani.” Fu un sussurro che solo il signor Wilson potè sentire, più che una minaccia era una promessa.

Fester lo guardò un’ultima volta con gli occhi che traboccavano di spaventosa sincerità e se ne andò anche lui in macchina lasciando tutti con il fiato sospeso e l’angoscia che raffreddava il cortile.

Mancava solo Morticia all’appello in macchina, dopo aver preso un respiro profondo di quell’aria di terrore a lei tanto familiare e calmante, si girò verso la signorina Bianconi le sorrise e si girò anche lei per andare verso la macchina che la attendeva fuori dalla scuola.

Robin non poté evitare di ricambiare troppo tardi il sorriso con uno sguardo disorientato e colpito nello stesso tempo. Sentiva come se dovesse seguire quella strana famiglia ovunque l’avessero portata.

Ma una cosa era certa, la ricerca di questi ragazzi sperduti era appena incominciata e la famiglia Addams non si sarebbe fermata fino a quando non li avessero trovati, così decise di seguire l’istinto e correre verso quella macchina bizzarra.

Nel frattempo appena Morticia entrò in macchina, al posto del guidatore visto che Gomez si era messo al fianco destro come passeggero, Fester chiede subito “Cosa facciamo ora?”.

Entrambi si girarono verso Gomez in attesa di una risposta che non arrivò mai. aveva lo sguardo perso fuori dal finestrino, anche lui in attesa di vedere qualcosa, o meglio qualcuno.

Morticia e Fester si guardarono per un attimo come a chiedersi spiegazioni per quello strano comportamento, ma proprio nel momento in cui stavano per ripartire senza una meta precisa una mano sul finestrino di Morticia colpì tutti. Era Robin.

“Dovete andare alla stazione dello sceriffo di Westfield, si chiama Colin Wright, è un po testardo ma saprà aiutarvi se gliene date la possibilità” l’insegnante di Mercoledì era senza fiato per la corsa, ma anche soddisfatta delle informazioni che aveva dato, sapeva di dover fare di tutto per aiutarli e avrebbe continuato a farlo.

Gomez si girò verso di lei, aveva gli occhi stanchi e rossi come di chi non dormiva da giorni, sembrava depresso ed esaurito, ma ebbe la forza di accennare a una conferma, che la famiglia captò.

Allora ciò che dovevano fare era deciso, e si avviarono verso la stazione dello sceriffo, ma non prima di aver chiesto alla signorina Bianconi se volesse unirsi a loro.

Lei inizialmente non sembrava convinta e di fatto pensò che sarebbe stata più utile in diversi modi, ma vedendo lo stato in cui era caduto Gomez si convinse a salire e insieme partirono alla volta della prossima meta.

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Capitolo 7
*** passo 6 ***


Incomprensione:
Assenza di partecipazione nei di esigenze di ordine pratico o affettivo, ovvero mancanza di comprensione, incapacità di comprendere i sentimenti, il carattere, o le necessità, le esigenze di un'altra persona o anche di una categoria di persone.

 

“Dovete andare alla stazione dello sceriffo di Westfield, si chiama Colin Wright, è un po testardo ma saprà aiutarvi se gliene date la possibilità”

Le parole di Robin risuonavano ancora nella testa di tutti, la stessa fautrice non poteva smettere di pensarci. Perché, chissà se lo sceriffo li avrebbe aiutati davvero.

Morticina invece non faceva altro che sperare che fossero scappati di casa, oppure di trovarli in giro, infatti continuava a guardarsi in torno con fare nervoso per intravedere una treccia nera, e ogni volta che una maglietta a righe si palesava davanti ai suoi occhi frenava di botto spaventando tutti quanti. Ma non le importava di ciò, voleva solo trovare i suoi bambini.

Gomez e Fester erano irriconoscibili, entrambi sedevano come un peso morto sul sedile guardando fuori dal finestrino, Gomez sembrava perso a guardare il panorama, con lo sguardo assente osservava la strada e le persone che la percorrevano, non si riusciva a intuire cosa pensasse. Mentre Fester guardava anch'esso il panorama ma ogni tanto senza farsi vedere volgeva lo sguardo verso quella silenziosa e giovane figura all'altro lato del sedile. Era affascinato, colpito e un po stranito dall' insegnante di Mercoledì; non era la tipica persona con cui andrebbe d'accordo, modesta, estremamente buona, dal carattere malleabile e sopratutto rosa fino al midollo, almeno quella era la prima impressione a cui chiunque sarebbe arrivato, ma Fester l'aveva vista dentro in quel piccolo momento di tenerezza e vide qualcosa di oscuro e profondo, come un bel pozzo imbellettato, ma cupo e cavernoso.

La tensione saliva sempre di più mentre si avvicinavano alla stazione, nessuno voleva parlare ed esprimere uno solo di quei pensieri tormentosi.

Girato l'angolo Robin riconobbe la strada e si protrasse in avanti per indicare la strada alla loro destra.

"Dobbiamo fermarci, lì c'è la stazione dello sceriffo." Morticia parcheggiò allora la macchina e tutti scesero di corsa.

"Vi devo avvisare di una cosa prima di entrare." Robin li ammonì fermando la loro corsa verso la stazione.

"Wright non è conosciuto per essere una persona ben disposta, anzi ha una brutta fama, ma se ve lo ingraziate vi aiuterà e vi assicuro che troverà i vostri bambini, o almeno ci proverà con tutto se stesso."

"Ci proverà? È questo tutto ciò che abbiamo? Non ci basta il pensiero, noi troveremo i nostri figli con o senza il suo aiuto." Sembrava più una sentenza, una dichiarazione di vita o di morte se preferite, quella detta da Morticia, e detto ciò i tre familiari si apprestarono a entrare.

"Non è quello che intendevo dire, volevo solo avvisarvi..." Cercò di urlare Robin ma venne ignorata a favore dell'entrata in stazione.

"...di non farlo arrabbiare, ecco cosa volevo dirvi." Finì di dire a se stessa, con uno sbuffo pensò all'ultima volta che vide Colin, forse era meglio se lei non fosse venuta in primo luogo, ma oramai si trovava lì e doveva affrontare l'inevitabile scontro.

Nel frattempo gli Addams entrati nella stazione si trovarono di fronte a uno spettacolo mortificante, c'erano agenti ovunque che correvano, urlavano, lanciavano fogli e articoli di cancelleria varia. Prostitute e ubriaconi adornavano le celle, gente di tutti i tipi invece sedeva su qualsiasi cosa potesse fungere da sedia, come mobili, scaffali, scatole e persino sopra le scrivanie. C'era chi era ammanettato a una sedia, chi alle sbarre della prigione, in pochi sembravano convinti della loro posizione in quel luogo dimenticato dall'ordine. In un angolo si poteva sentire una donna piangere mentre veniva consolata da un'agente e in concomitanza in quello opposto una rissa sembrava stesse per iniziare. Insomma era un macello di luogo, peggio di uno dei gironi dell'inferno dantesco, un paradiso per gli Addams.

Gomez trovatosi in quell'ambiente putrido e fetido, pieno di persone dalla peggiore reputazione, trasse un bel respiro profondo e si rianimò giusto in tempo per essere preso a spallate da un agente che inseguiva un uomo che scappava dalla stazione.

"Guarda dove vai!." Urlò l'agente.

"Guarda piuttosto tu dove vai!" Disse Gomez di rimando, ma con un sorriso sornione aggiunse "buona caccia all'uomo."

Sembrava improvvisamente rinsavito, quella confusione gli dava la vita, i mozziconi di sigaretta a terra, l'odore di piscio, gli schiamazzi e gli stridi gli ricordavano la sua adolescenza.

Robin entrò seguendoli subito dopo e vedendo quel luogo arricciò il naso pensando a quanto non gli mancasse quel circolo.

"Dobbiamo trovare prima il vice sceriffo Hower." Disse Robin agli Addams.

"Non avevi detto che dovevamo parlare con lo sceriffo?" Morticia iniziava a essere confusa.

"Non possiamo parlare direttamente con Colin, non ci ascolterebbe mai, ma darà retta al suo vice, se riuscissimo a trovarlo in questa specie di bordello poliziesco."

"Colin? È il nome dello sceriffo? Lo chiami per nome, significa che lo consoci personalmente, non puoi farci parlare direttamente con lui?." Gomez era speranzoso di poter tagliare un po la lunga strada che lo separava dallo sceriffo e iniziare subito le ricerche.

"Diciamo che non siamo in buoni rapporti, non voglio entrare nei dettagli, ma sappiate che ci aiuterà per certo...almeno lo spero"

"Insomma cos'è tutta questa incertezza, perché un attimo prima dici che ci aiuterà e un attimo dopo ne sembri dubitare, lo conosci tanto da chiamarlo per nome ma poi dici di non andarci d'accordo!" Gomez stava tornando a impazientirsi e questa volta con una ragionevole fetta di ragione.

"Perché abbiamo litigato su una cosa e non lo vedo da quasi un anno, ecco tutto, non volevo dirvelo perché non sarebbero affari vostri" confesso Robin sentendosi alle strette.

"Ma se non siete in buoni rapporti perché allora sei venuta?" Persino Morticia sembrava...non infuriata, ma quanto meno stizzita dalla situazione.

"Io voglio aiutarvi a trovare Mercoledì e il vostro Pugsley, non riuscirei a fare nient'altro se non li so al sicuro" Robin sembrava sul punto di piangere, ma una forza dentro di lei ardeva e si trattenne, una forza sconosciuta ai coniugi, un cuore nero come un carbone si celava in quel piccolo petto, ma si stava lentamente scaldando e accendendo di nuova forza.

Improvvisamente vennero interrotti da un colpo di pistola sparato un aria, Morticia e Gomez erano talmente abituati che non fecero una piega, mentre Robin si spaventò a tal punto da tapparsi le orecchie e stendersi a terra.

Un uomo tarchiato con due grossi baffi e un paio di occhiali da sole attaccati al naso si presentò in quella sala, aveva nella mano sinistra la pistola ancora fumante e in quella destra una ciambella con della glassa rosa che si portò alle labbra per dargli un morso. Il silenzio tombale che si era formato era surreale in confronto al casino che regnava fino a qualche secondo prima, tutti guardavano la nuova figura all'orizzonte con un' immobilità incredula. Tutti tranne gli Addams, gli unici ancora in piedi e per niente spaventati da quelle fattezze.

"TONYYYYYYY!" Un urlo squarcio di la stanza "Dove cazzo è il mio caffè?"

Quello che doveva essere il famigerato Tony uscì da un ufficio chiuso con una tazza in mano, era un ragazzo dalla pelle scura e di bell'aspetto con una postura dritta, perfettamente in contrasto con quella ricurva e storta del suo collega dal facile grilletto.

Tutti si voltarono verso il nuovo arrivato che con un sospiro si avvinava alla fonte di chiasso.

"Quante volte ti devo dire che non sono il tuo segretario? E poi non mi devi chiamare Tony a lavoro, ma vice sceriffo Hower." La sua voce era calda e setosa ed emanava tranquillità, lui stesso era calmo e tranquillo di fronte a quella scena, evidentemente ci era abituato visto la facilita con cui sorvolava la gente stesa a terra e schivava quelli accovacciati.

"Sceriffo Wright, vedi è così che ti chiamo per rispetto e pretendo lo stesso trattamento, visto la figura che mi ritrovo a coprire..." Discorse Tony mentre lo sceriffo gli faceva il verso con la mano destra, una volta messa via la pistola.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo, compresi gli Addams che ammiravano quei due uomini, i loro obbiettivi erano a due passi da loro.

Inserirò il prossimo solo quando avrò ultimato il quarto, così da non rimanere mai indietro.

Saluti,
JJ.Joker
Se qualcuno visita anche la mia pagina di Deviantart : http://j-joker90.deviantart.com/
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p.s Per lo sceriffo Wright mi sono spudoratamente ispirato un po allo sceriffo hopper di Strange Things, e un po a quest'uomo a me sconosciuto trovato su pinterest.

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Capitolo 8
*** passo 7 ***


Fiducia: Attribuzione di potenzialità conformi ai propri desideri, sostanzialmente motivata da una vera o presunta affinità elettiva o da uno sperimentato margine di garanzia



“Buon giorno signor Wright siamo qui perché…” Iniziò Gomez solo per essere interrotto da una mano alzata.
“Non so cosa vi abbia detto questa ragazzina ma per qualsiasi cosa dovete compilare una richiesta formale e parlare con uno dei miei agenti; vi darò un vantaggio in confronto a tutti questi altri stronzi qui e vi metto a disposizione Tony che vi ascolterà” Tony si sbatté una mano sulla fronte per l’ennesima mancanza di rispetto nei suoi confronti ma decise comunque di prendere in mano il caso, segnalando ai coniugi la sua scrivania.
“Ma non allargatevi troppo.” E con queste parole lo sceriffo abbasso la mano e si girò diretto verso il suo ufficio, mentre un leggero trambusto ricominciava come se niente fosse accaduto.
Sulla gola di Gomez iniziò a gonfiarsi una vena per la rabbia ma per fortuna Morticia era lì per calmarlo e co una mano gentile sulla spalla lo indirizzò verso una sedia adiacente alla scrivania.
Robin cercò di fermare Colin ma inutilmente, l’orgoglio e la ferita per essere chiamata ancora “una ragazzina”, quando invece era una oramai un’ adulta fatta e finita, le bruciava troppo e così rimase al centro di quel manicomio di pazzi insieme all’ultimo membro della famiglia rimasto: Fester.
“Quindi siamo rimasti noi due, vuoi rimanere qui o preferisci uscire all’esterno?” Ma a Fester non sembrava importante dare una risposta e si diresse direttamente verso la porta seguito da una estenuata Robin.


La maestra di scuola elementare lo trovò seduto tutto ricurvo sulle gradinate della stazione dello sceriffo, entrambi erano affranti in modi diversi.
Guardavano entrambi la sporcizia che negli anni si era accumulata su quei gradini, ma Robin non mai stata una persona a suo agio nei silenzi.
“Allora tu sei lo zio di Mercoledì? Mi ha parlato di te in un paio di occasioni.” Robin cercò di sorridere con la bocca ma non funziono molto bene con il resto del viso. Fester rimase immobile a fissare per terra, senza nemmeno degnarla di uno sguardo, sembrava perso nei suoi pensieri.
Ma Robin non era una che demordeva molto facilmente, essere cordiale era una seconda natura per la giovane, nonostante tutto.
“Sai da come mi ha raccontato Mercoledì della sua famiglia ne sono sempre stata affascinata e non vedevo l’ora di conoscervi ma non vi siete mai presentati a nessun incontro genitori insegnanti e nemmeno a nessun evento sportivo, insomma a nessun evento sociale in realtà.”
“Ho quasi creduto foste dei fantasmi fino a oggi, non che ci sia andata molto lontano heheheh. E poi un giorno Mercoledì ha portato a scuola questa mano e tutti si sono spaventati, ma io rimasi affascinata…” Robin era un treno in corsa che non sembrava volersi fermare a nessun costo, ma dovette alla prossima, e primissima parola pronunciata dallo zio preferito dei ragazzi.
“Perché?” Chiese Fester con un sussurro senza mai girarsi verso l’interlocutore.
“Beh perché il punch è dolce e armonioso, nonostante i suoi pochi ingredienti è molto diffuso e proprio per questo facile da preparare…”
“No, perché ti piace lo stupido punch, perché sei qui? Perché ci stai aiutando? Ma sopratutto, e questo dovrei chiederlo a Mercoledì quando la rivedrò (perché io la rivedrò), perché ti ha petulato della nostra famiglia proprio a te di tutte le persone!?” Sbottò Fester infastidito, quella donna sembrava irritarlo in una maniera a lui sconosciuta.
La signorina Bianconi non sembrò offesa da quelle parole, anzi era stupita che quell’uomo taciturno avesse finalmente espresso una frase completa e complessa, e non una frase semplice ma una domanda con cui poter interagire con il prossimo.
“Beh non saprei, io mi sono subito affezionata a tutti I miei piccoli alunni e Mercoledì, con I suoi modi bruschi e solitari, è stata difficile da decifrare fin dall’inizio, ma si è creato in fretta un legame particolare…” Robin non sapeva come rispondere a quella domanda, rendeva fosse normale per I bambini parlare della scuola e di conseguenza dei propri insegnanti.
“Perché si è fidata di lei tanto da parlare di noi e socializzare con lei, ma non abbastanza da non menzionarla mai casa? Non siamo mica degli sconosciuti…” Fester era pronto a parlare finalmente e proprio con quella strana maestra delle elementari. Era assurdo che si chiedesse come mai Mercoledì si fosse aperta così tanto con lei quando lui stesso lo stava facendo.
Robin capì quell’ostilità mal celata, era geloso e preoccupato.
Geloso perché probabilmente aveva paura che la maestra avesse preso un posto nel cuore della bambina che apparteneva a lui.
Preoccupato com’è normale che sia perché quella stessa bambina aveva un posto speciale nel SUO cuore; gli voleva bene.
“Mercoledì è una bambina particolare, e ho sempre creduto fosse unica, ma adesso da capisco tutto; ha preso il suo temperamento e la passione che ci mette nelle cose da suo padre, la classe e l’intelligenza da sua madre e la capacità di esprimere se stessa in modi inaspettati da te?”
Fester rimase in silenzio ma almeno ora era attento alle parole della maestra che si era aggiudicata la sua attenzione.
“So per certo che dentro tutti noi, lei compresa, c’è una profonda oscurità, un qualcosa che a suo modo ci rende unici ma anche partecipi della vita degli altri. Credo sia per questo che Mercoledì si sia confidata con me, perché io ho accettato quel suo lato.”
“Anche dentro di lei esiste quell’oscurità vero? È per questo che Mercoledì si è fidata di lei, ha rivisto se stessa in lei”
Robin era scioccata e perplessa dalle parole dell’uomo, ma anche affascinata, aveva un a capacità di analisi che poche volte aveva notato nelle persone “normali”, un spiccata sensibilità che lo portava a vedere le persone da dentro. Questa famiglia aveva molti assi nella manica.
La maestra voleva approfittare di quel momento e così glielo chiese:
“Cosa vedi nella mia oscurità?”
Per un attimo vide gli occhi dell’uomo sgranarsi leggermente. Lei non aveva mai avuto problemi a esporsi, a rendersi vulnerabile, perché quando non c’è niente da nascondere nel buio, nulla poteva farti paura, l’era dei lumi era arrivata già da un pezzo.
Fester sembrava sul punto di rispondere quando vennero interrotti da Morticia che usciva di fretta dalla stazione che li richiedeva dentro.
Ed è in quel momento che gli occhi di Robin e Colin, lo sceriffo, si incontrarono veramente, con una sguardo che spiegava tutto.
“Non mi avevi parlato di ragazzini scomparsi.”
A quanto pare la deposizione dei coniugi Addams aveva giustamente attirato l’attenzione dello sceriffo che aveva deciso in definitiva d'intervenire. E se lui era dentro era certa che avrebbe ritrovato Pugsley e Mercoledì.

 
 

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