Non mentire.

di Midori Haruka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lei non ti merita. ***
Capitolo 2: *** Why ***



Capitolo 1
*** Lei non ti merita. ***


« Lei non ti merita. »
Affermò il moro, leccandosi via il sangue dalle labbra. 
Quelle belle, rosee e carnose labbra che avevo appena morso con forza, in risposta al suo bacio.
« Perché, tu sì? »
Gli domandai sprezzante; pian piano il dubbio iniziava ad insinuarsi tra i miei pensieri. Il mio sarebbe stato per sempre un cieco amore non corrisposto? 
Un sorriso si allargò sulle sue labbra, quasi fosse conscio di quel mio tormento interiore. 
« Io ti voglio. Che tu lo capisca o meno. »

 
Tornai all’accampamento di pessimo umore, con le sue parole che ancora mi rimbalzavano in testa; non salutai nessuno, schermando la mia mente a chiunque non fosse Saphira. Avevo una non so quale remora nel voler riservare quell’incontro /e quei tocchi/ per me. Eppure Nasuada avrebbe dovuto essere informata almeno sul fatto che delle truppe nemiche fossero vicine ai Varden.
Truppe.
Non avevo visto ne avvertito la presenza di altri uomini, solo Murtagh e Castigo. Possibile che il fratello fosse venuto solo per lui?
« Piccolo mio? »
La voce della dragonessa risuonò limpida nella mia mente e sobbalzai per la sorpresa.
« Cosa c’è? »
Le chiesi, vagamente seccato per esser stato distolto dal flusso dei miei pensieri.
« Arya sta venendo da te. Non è per nulla contenta del fatto che siamo usciti senza la scorta degli elfi. »
Un suono di disappunto mi sfuggì dalle labbra: non ero mica un bambino da affidare ad una balia!
Pochi minuti dopo un lembo della tenda si alzò e l’elfa fece capolino in quel mio piccolo rifugio; l’accolsi con un sorriso stanco, forse nella speranza di scongiurare le sue lamentele e le porsi i miei saluti.
« Saluti a te, Cavaliere. »
Si portò la mano al petto, rispondendomi, ma nessun sorriso giunse ad addolcirle il viso e a scaldarmi il cuore.
« Sei stato uno sconsiderato ad uscire da solo. »
Mi attaccò subito con un tono di voce duro, sferzante.
« Non ero da solo. »
Replicai pungente, deciso a non lasciarmi sfiorare da quel suo modo di fare. In tutta risposta Arya inarcò un sopracciglio e continuò con le sue parole:
« Intendevo senza Blodhgarm o uno degli elfi della tua scorta. »
Affondai lo sguardo nel suo, come per scavare oltre quelle sue parole; vidi solo il gelo, null’altro.
« Sono un Cavaliere. Un Cavaliere può accompagnare il suo drago a caccia o non è consentito? »
Ero spazientito da quel suo modo di fare. Il viso dell’elfa si contrasse per un secondo, disegnando profondi solchi sulla piana della sua fronte.
« Sei giovane, Eragon. »
Una frase, una sentenza che mi colpì in profondità. Quindi è questo ciò che pensava di me?
« Mi credi troppo giovane anche per amarti!? »
Le afferrai una spalla avvicinando il suo viso al mio e scrutai nei suoi occhi.
Ghiaccio. Vuoto, non la minima reazione in risposta ai sentimenti che nutrivo per lei, che fosse imbarazzo o disgusto. Strinsi la mano in un pugno, mentre lei si scostava velocemente e portava lo sguardo tra i miei occhi, con una sorta di esasperazione.
« Smettila con queste bambinate, Cavaliere. »
Pronunciò quel titolo con distacco, come se volesse porre ancor più distanza tra di noi.
« Hai già la risposta a quella domanda, ed io non ho la benché minima intenzione di ripetermi. »
Una risposta? Quale, quella in cui affermava che l’unione tra un uomo e un elfo porta solo immane dolore?
Del resto delle parole che mi rivolse in seguito non me ne rimase impressa nemmeno una. Affilai lo sguardo cercando in ogni possibile modo di occultare le mie emozioni. Congedai Arya cordialmente e mi sforzai di ignorare la mano che mi pose sulla spalla prima di andarsene.
Sapeva troppo di pietà.
Mi buttai di peso sul mio giaciglio e mi strinsi il capo tra le mani, tirandomi alcune ciocche di capelli. Nemmeno Saphira riusciva ad essermi di conforto in quel momento.
« … Esco a schiarirmi le idee. »
Le trasmisi con un sospiro quel pensiero, mentre uscivo nuovamente dalla tenda, alla fresca aria della sera. Avevo bisogno di calma per pensare, cancellare quel dolore e in quell’accampamento c’erano troppe presenze pronte ad infastidirmi.
Saphira posò i suoi immensi occhi azzurri su di me, e una leggera preoccupazione trasparì dai suoi pensieri. Le accarezzai lievemente le squame del muso con un pesante sospiro, cercando così di rassicurarla.
« Non preoccuparti, torno tra poco. »
Mi allontanai furtivo da quel luogo protetto, nella speranza di evitare chiunque avesse voglia di scambiare qualche parola con me. In poco tempo giunsi al limitare della vegetazione e mi ci tuffai con gli occhi che bruciavano.
Ripensavo a lei e ogni battito del mio cuore assomigliava ad una fitta.
Ricordavo il suo sorriso, lasciando che venisse sfumato e distrutto dal mio dolore.
Non so per quanto né per dove corsi, non volevo fermarmi e ammettere che il mio cieco amore era appena andato a sbattere contro un muro, senza la possibilità di tornare indietro sui propri passi.
Mi lasciai guidare dal flusso distruttivo dei miei pensieri e solo all’ultimo secondo mi accorsi dello strapiombo dentro cui mi stavo inconsciamente gettando. Volsi la schiena all’ultimo momento, aggrappandomi con disperazione alla radice sporgente di un albero; mi evitai un volo in caduta libera ma non un doloroso colpo di frusta alla schiena.
Dannazione, un’altra delle mie stupidate. Probabilmente ero davvero un bambino.
Alzai un braccio cercando d’issarmi sul terreno morbido, ma la radice scricchiolò, dando segni di cedimento sotto il mio non troppo leggero peso. Sospirai, vedendomi costretto a usare la magia e iniziai a formulare le parole nell’antica lingua per comporre l’incantesimo, ma un paio di forti braccia mi sorpresero, afferrandomi per i fianchi ancor prima che potessi vedere in faccia il loro proprietario.
Nemico? Amico? Chi poteva dirlo?
La sua mente pareva insondabile, un muro d’acciaio inscalfibile.
Che cosa mi attendeva tra quelle braccia, la cattura o la salvezza?
Avrei dovuto ringraziare nuovamente la mia stupidità per quella situazione.

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Capitolo 2
*** Why ***


La schiena mi lanciava fitte ad ogni passo che l’essere –elfo? Uomo?- compiva sul terreno irregolare del bosco, portando una smorfia a comparire sul mio volto.
« Lasciami. »
« Altrimenti? »
Mi irrigidì per la sorpresa, cercando nell’immediato di liberarmi dalla sua presa. Era stato fin troppo semplice riconoscere il suo tono di voce, diventato più sbruffone e sicuro da quando l’uovo rosso si era schiuso fra le sue mani, da quando era diventato un Cavaliere. Un nemico. Murtagh.
Recuperai aria ed in un sussurro cominciai a formulare un semplice incantesimo nell’antica lingua, per fermare il mio rapitore.
« E’ inutile. »
Traspariva un’immensa sicurezza dalla sua voce, mentre due mani giungevano a serrarsi sui miei fianchi, gettandomi sulla superficie terrosa della foresta. Per un secondo i miei occhi videro unicamente bianco. Un gemito mi sfuggì dalle labbra, tra dolore e sorpresa, e le parole del mio incantesimo andarono perse.
« Sei un folle a correre disarmato per la foresta. »
Serrai i denti per il nervoso, sapendo quanto fossi stato sciocco a lasciarmi condurre dalle emozioni. Affondai lo sguardo gelido nel suo, ironicamente imitando l’atteggiamento che Arya poco prima aveva assunto nei miei confronti ed espansi la mia mente in cerca del sostegno e dell’aiuto di Saphira, ma immediatamente mi ritrovai a cozzare contro quella dell’altro Cavaliere, pronta ad impedirmi ogni altro contatto.
Distolsi lo sguardo infastidito da quel blocco, cercando di trovare una via di fuga che sicuramente Murtagh non mi avrebbe mai concesso.
« Allora? »
Tacqui a quella domanda per metà inespressa, comprendendo fin troppo bene che cosa cercasse in risposta. Feci pressione sul terreno con il palmo della mano, cercando di rialzarmi nonostante le mie spalle protestassero ancora di dolore.
Volevo abbandonare quel luogo, schiarirmi le idee, e sicuramente non mi sarebbe stata d’aiuto la presenza di quello che un tempo era un amico.
Un piede arrivò a spingermi nuovamente verso il terreno, un’imposizione che portò i miei occhi a immergersi nuovamente nei suoi, neri come il carbone. Serrai le mani attorno alla sua caviglia, cercando di liberarmi da quel peso, ma Murtagh si chinò su di me, rendendomi impossibile rialzarmi.
« Perché la speranza dei Varden girava sul confine del campo di battaglia disarmata? »
Lo sentii insistere e vidi nuove ombre sul suo viso, iniziai a borbottare un nuovo incantesimo per scrollarmi Murtagh di dosso, più che deciso a non dargli nessuna soddisfazione.
Possibile che alla fine Murtagh avesse ragione?
Che per Arya il mio amore alla fine non era altro che il capriccio di un bambino?
Sarei mai riuscito a farle cambiare idea? A renderla consapevole di quanto in realtà ci tenessi a lei?
La formula magica mi si strozzò in gola, quando le dita del Cavaliere rosso si infilarono tra le mie labbra, impedendomi di pronunciare correttamente le parole dell’antica lingua e la mia magia rimase sospesa nell’aria, assieme alla sua domanda.
« Smettila di essere così cocciuto. Non ti porterà da nessuna parte. »
Sentii una nota nella sua voce che non riuscii a decifrare e mi lasciò ancora più confuso, a ricordami come mi aveva guardato il giorno prima. Il suo pollice prese a tracciare la linea delle mie labbra con una delicatezza che non gli avrei mai attribuito e quando alzai lo sguardo in muta domanda, lo vidi semplicemente chinarsi.
Un respiro e la pressione sulla mia spalla sparì del tutto, i suoi capelli scuri che arrivarono a solleticarmi la pelle del volto e nuovamente, la sua bocca si impossessò della mia.
Le mie mani premettero contro il suo busto, ma non riuscii a negargli il mio fiato ed il bacio si fece più coinvolgente. Chiusi gli occhi e cercai un po’ d’aria, la sua lingua sfiorò la mia ed un brivido attraversò la mia schiena, annebbiandomi la mente.
Riuscii a spingerlo via solo quando sentii i suoi denti sulle mie labbra e la sua mano sui miei fianchi ad accarezzarmi, la confusione che regnava nella mia testa e le guance che mi pizzicavano per l’imbarazzo.
« Perché…? »
Fu l’unica cosa che riuscii a chiedere in quel momento, consapevole del motivo per cui non ero riuscito a respingerlo nell’immediato.
Vidi Murtagh accennare ad un sorriso, ma non darmi alcuna risposta.
Mi alzai e presi nuovamente a correre, verso l’accampamento dei Varden, verso Saphira, lontano da quel vecchio amico che ora non sembrava nemmeno più un nemico.

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