La ragazza di Berlino

di Bankotsu90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio kafkiano. ***
Capitolo 2: *** Fuori dall'incubo. ***
Capitolo 3: *** Il disco. ***
Capitolo 4: *** Prendere coscienza. ***
Capitolo 5: *** Asfissia. ***
Capitolo 6: *** Una giornata come tante. ***



Capitolo 1
*** Risveglio kafkiano. ***


Berlino, Germania
 
Leila Breisgau stava dormendo beata nel suo letto. Improvvisamente si svegliò, rivelando due iridi viola chiaro. Allungò una mano verso la sveglia e guardandola vide che era ferma.
 
Come è possibile? Avevo cambiato le batterie solo ieri…
 
Pensò, sorpresa.
 
Guardandola meglio vide che segnava le 12:12.
 
Accidenti, questo è il primo giorno di scuola che salto… Perché nessuno mi ha svegliata?
 
Si chiese, seccata.
 
Ammettendo ovviamente che sia davvero mezzogiorno… Visto che la sveglia è scarica potrebbero essere tanto le 6 del mattino quanto le 16 di pomeriggio.
 
Sbuffò, si alzò in piedi, indossò l’uniforme scolastica (composta da giacca blu, camicetta bianca, cravatta nera, gonna blu e scarpe bianche) e guardò fuori dalla finestra; quel giorno il cielo era nuvoloso.  Provò a specchiarsi ma vide con stupore che lo specchio appeso sul comò era impolverato.
 
Ok, questo è bizzarro… Ieri era lucido, da dove spunta fuori questa polvere?
 
Guardando meglio si accorse che anche gli altri mobili della stanza erano impolverati.
 
Ma quanto tempo ho dormito, una settimana? Ah, che importa… Meglio andare in cucina a prepararmi la colazione.
 
Si disse, lisciandosi i lunghi capelli biondi.
 
Uscita in corridoio entrò nella camera dei suoi genitori, trovandola vuota e impolverata come la sua.
 
Potevano almeno avvertirmi che sarebbero usciti!
 
Entrò nel bagno e provò a lavarsi la faccia ma dal rubinetto del lavandino non usciva acqua.
 
E adesso che gli prende? Eppure paghiamo regolarmente la bolletta…
 
Uscita dal bagno raggiunse la cucina, aprì il frigo e si accorse che era spento.
 
Evidentemente deve esserci qualche black-out…
 
Prese una bottiglia di latte, la appoggio sulla cucina, prese un bricco, aprì la bottiglia e cominciò a riempirlo ma si accorse con disgusto che il latte era avariato.
 
Eh, no per la miseria! L’ho comprato solo ieri e non doveva scadere prima del 2013! Stavolta Klara mi sente! Non può propinarmi del latte guasto e passarla liscia!
 
Irritata, prese un pacco di biscotti e lo aprì ma vide con sgomento che erano immangiabili ed emanavano un fetore abominevole.
 
Ma che scherzi sono? Possibile che tutto il cibo in casa sia avariato?
 
Sempre più frustrata prese una decisione.
 
Ho capito, dovrò farmi una scarpinata fino al negozio… Sperando che i miei genitori abbiano lasciato qualche soldo e che stavolta il cibo sia buono e non marcio.
 
Si reco così nella sala da pranzo,  anch'essa in stato di abbandono come le altre stanze. Quella casa non sembrava essere stata pulita a dovere da mesi, se non da anni. Leila era sempre più confusa da quella situazione, ma il suo stomaco brontolava e quindi non aveva tempo per porsi domande, così cominciò a perlustrare la stanza in cerca di qualche banconota, ma non c’era nulla.
 
Non ho altra scelta che telefonare a mia madre e chiederle dove ha messo il portafoglio, ammesso che non l’abbia con sé.
 
Mise mano al cellulare, ma era scarico di batteria.
 
Ma porc…
 
Imprecò mentalmente, irritata come non mai.
 
La sveglia non va, non c’è acqua né elettricità, il cibo è andato a male,  il cellulare è scarico… Cominciamo bene la mattinata, per la miseria! Manca solo che arrivi Godzilla e siamo a posto! Non resta che sperare che al negozio mi facciano credito…
 
*******
Uscita all'aperto la bionda scese le scale e, ritrovandosi in cortile, si guardò intorno. Apparentemente era tutto normale, se non fosse per alcuni particolari: il pino che sorgeva accanto alla casa, piantato lì da suo padre 30 anni prima, non c’era più; il prato era seccato, lasciando solo un terreno spoglio; il cancello era stato abbattuto e giaceva inerte al suolo; solo il garage e la porta dell’appartamento al piano terra (che lei e i suoi occupavano solo l’estate e solo di giorno, mentre di notte dormivano al primo piano) sembravano a posto. Ma non era l’unica stranezza: nella zona regnava un silenzio spettrale, interrotto solo dal soffio del vento; neanche gli uccellini cinguettavano.
 
O è mattina presto oppure c’è qualcosa che decisamente non va… E poi chi ha buttato giù il cancello? È scoppiata qualche sommossa? Eppure questo è sempre stato un quartiere tranquillo… Non è una banlieu francese.
 
Il suo stomaco brontolò ancora.
 
Basta porsi domande inutili… Devo raggiungere al più presto il negozio alimentari!
 
Si incamminò così lungo Potsdamer Chausee, la via in cui abitava e durante il tragitto non vide anima viva: la strada era deserta, e c’erano segni di una evacuazione di massa; vetrine e finestre sfondate, veicoli carbonizzati o comunque abbandonati, ossa umane rosicchiate sparse qua e là. Quella situazione le piaceva sempre meno, così raccolse un fucile a pompa da un’auto della polizia abbandonata su un marciapiede e riprese ad avanzare con circospezione. Giunta in Pariser Platz vide che la porta di Brandeburgo era crollata.
 
Sarei curiosa di sapere che diavolo è successo a questa città… C’è stato un attacco terroristico? È dal 2005 che non se ne verificano in Europa e comunque mai di tale portata. Neanche gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e Washington DC erano stati così devastanti.
 
Si chiese Leila, preoccupata.
 
********
Giunta nell’Unter den Linden notò che anche i tigli che ornavano il viale non c’erano più e non se non bastasse in mezzo ad esso stava un carro armato Leopard, evidentemente abbandonato.
 
 Scheiße… Questa situazione mi deprime! Sono sola in una città abbandonata, per giunta a stomaco vuoto! Ci fosse almeno la mia famiglia, o qualche amico…
 
Neanche a farlo apposta da dietro il tank spuntò una ragazza con capelli vere scuro tagliati corti e occhi indaco, che indossava un paio di occhiali tondi e abiti laceri e insanguinati. Camminava lentamente. Osservandola attentamente, Leila la riconobbe: era Nina Einstein, sua amica e compagna di classe, la studentessa più colta ed educata del liceo Wallenstein.
 
“Nina!” La chiamò.
 
L’occhialuta si fermò di colpo, barcollando.
 
“Che è successo in città? Dove sono finiti tutti?”
 
Nina si voltò verso di lei, guardandola con sguardo vacuo.
 
“Rispondi!”
 
Per tutta risposta Nina emise un ruggito e si scagliò contro di lei; spaventata, Leila imbracciò il fucile e le sparò al ventre, facendola indietreggiare; dopo qualche istante però ripartì all'attacco e la bionda la colpì al volto col calcio del fucile facendola stramazzare a terra.
 
“Dannazione, Nina! Che ti prende?”
 
Nina ruggì di nuovo e scattò in piedi tentando nuovamente di aggredirla ma la bionda la ributtò a terra, le mie un piede sul petto e le puntò il fucile alla testa.
 
“Non costringermi a farlo, Nina! Torna in te, altrimenti tirerò il grilletto!” La avvertì.
 
La corvina però continuava a ruggire e a dimenarsi.
 
“Lo hai voluto tu!” Detto prestò sparò.
 
La testa di Nina scomparve in uno sbuffo di segatura rossa, mente lo sparo risuonò nell'aria. Dopo pochi istanti il corpo della ragazza si afflosciò priva di vita. Leila, sconvolta e col volto macchiato di sangue, cadde in ginocchio e si portò le mani al volto per poi scoppiare in lacrime.
 
“Porca puttana, Nina! PORCA PUTTANA!”
 
Esclamò, disperata. Quella era la prima volta che uccideva qualcuno, e a rendere la cosa ancora più tragica era che la vittima era una sua cara amica.
 
Ma perché si comportava in quel modo? Sembrava una zombie uscita fuori da The Walking Dead!
 
Si chiese.
 
A interrompere i suoi pensieri furono alcuni versi gutturali attorno a lei. Allarmata, scattò in piedi e si guardò intorno: alcune persone dall'aspetto cadaverico e con gli abiti insanguinati stavano correndo nella sua direzione, attirati dallo sparo e dalle urla.
 
Oh, cazzo…
 
Consapevole di essere in pericolo iniziò a correre più veloce che poteva, per mettere più distanza possibile tra lei e loro. Non tentò di sparare, primo perché temeva di sbagliare mira sprecando munizioni e secondo perché gli spari avrebbero attirato altri non-morti. Ad un certo punto si imbatté in una bicicletta abbandonata in mezzo alla strada. Senza esitare la prese e cominciò a pedalare veloce, distanziando i suoi inseguitori e notando altri non morti.  Corse più veloce che poteva, fino a raggiungere Werderscher Markt, che ospitava la sede della KRIPO (KriminalPolizei), o almeno così era prima della catastrofe che si era abbattuta su Berlino.
 
Qui potrò procurarmi qualche arma, visto che ho dovuto abbandonare il fucile per poter prendere la bicicletta. Inoltre c’è il rischio che all'interno incontri altri… Zombi. So che è assurdo, ma non trovo altra parola per descriverli.
 
*****
Varcate le porte d’ingresso si ritrovò nell'atrio dell’edificio, ovviamente in disordine e chiazzato di sangue. Oltre a lei non c’era anima viva.
 
Via libera.
 
Imboccato un corridoio a destra si ritrovò in un corridoio dove si affacciavano 20 porte. Alcune erano chiuse, altre semplicemente sfondate.
 
Ho paura ad aprirne solo una… Qualche non morto potrebbe saltarmi addosso e sbranarmi. Almeno sapessi dove tenevano le armi.
 
Guardando davanti a sé vide da lontano una donna delle pulizie che camminava a passo lento nella sua direzione.
 
Oh, Cristo!
 
Senza esitare si infilò in uno degli uffici, chiuse la porta e si nascose dietro a una scrivania. Pregò con tutto il cuore che la donna non l’avesse vista.
 
Dannazione! Come si è potuto arrivare a questo in sole 24 ore? E perché io non sono stata contagiata dal virus Z come gli altri?
 
Ad un certo punto ebbe come una illuminazione.
 
È un sogno! Che stupida sono stata! Solo un ridicolo incubo! È naturale visto che ieri mi sono mangiata due piatti di crauti e due uova fritte con Wurstel! Devo solo riaddormentarmi e mi risveglierò nel mio letto!
 
Così si sdraiò sul pavimento impolverato e dopo pochi minuti si addormentò. 

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Capitolo 2
*** Fuori dall'incubo. ***


Aprendo gli occhi si ritrovò nel suo letto, sotto le coperte.
 
“Leila, svegliati… Sono le 8, e la colazione è pronta.” La avvisò una dolce voce femminile.
 
Girandosi verso destra vide sua madre Claudia che stava in piedi vicino al letto e la fissava sorridente. Era una donna bellissima, con lunghi capelli biondi che le arrivavano alla schiena e occhi viola chiaro, come i suoi.
 
“Un attimo… Ora mi alzo.”
 
“Fai con comodo… Io ti aspetto in cucina.”
 
Una volta che la donna fu uscita dalla stanza Leila sbadigliò, si alzò, si vestì e andò in cucina dove trovò i suoi genitori e suo fratello Ioan seduti al tavolo.
 
“Buongiorno, sorellina! Dormito bene?” Le chiese quest’ultimo.
 
“Se sognare di ritrovarsi in una Berlino post-apocalittica equivale a dormire bene allora no.” Rispose lei, sbuffando.
 
“Ecco cosa succede a guardare l’alba dei morti viventi prima di andare a letto!”
 
“Non sono più una bambina, Ioan… Potrei guardarmi tutta la saga di Alien senza avere incubi.”
 
Detto questo la ragazza si sedette al tavolo.
 
“Ehi, e a me non dici nulla?” Le chiese suo padre Bradow, un uomo con capelli castani corti e occhi celesti che era deputato della CDU al Reichstag.
 
“Buongiorno anche a te papà.” Lo salutò, baciandolo su una guancia.
 
L’uomo arrossì e bevete un sorso di caffellatte.
 
Mentre facevano colazione Claudia si rivolse a sua figlia:
 
“Poco fa è passata una tua amica, Nina Einstein. Mi ha detto di riferirti che ti aspetta alla fermata dell’autobus.”
 
“Appena finito di mangiare la raggiungerò.”
 
“Quella secchiona… Sta sempre china a studiare sui libri! È un miracolo che non sia diventata gobba.” Commentò Ioan.
 
“Pensa a te, che passi il tempo tra birra e ragazze!” Lo rimproverò la sorella.
 
“Non rompere, sorellina… Il fatto che ami birra e donne non significa che trascuri lo studio.”
 
“Su, ora non discutete e finite di mangiare. Se arrivate tardi al liceo il professor Hammel vi farà una lavata di capo coi fiocchi.” Intervenne la loro madre.
 
I due ragazzi annuirono e ripresero a mangiare.
 
********
Ore 8:15
 
Ioan e Leila, con in mano le loro cartelle, stavano camminando su un marciapiede. Giunti nei pressi della fermata dell’autobus videro Nina in compagnia di  Anna Clément, studentessa francese figlia di un diplomatico che lavorava all'ambasciata di Francia a Berlino. Aveva i capelli lunghi viola chiaro e gli occhi verde acceso.
 
“Anna! Nina!” Le chiamò la bionda.
 
Le due ragazze si voltarono e, vedendo i suoi due compagni di scuola, li salutarono.
 
“Bonjour, Leila!” La salutò la francese, allegra.
 
“Salve, ragazzi!” Li salutò a sua volta l’occhialuta.
 
“L’autobus non è ancora arrivato?” Domandò loro il ragazzo.
 
“Ancora no, ma dovrebbe arrivare a momenti.” Gli rispose Nina.
 
Infatti dopo pochi minuti arrivò un autobus giallo su cui il quartetto salì. Quando il quartetto si posizionò in posti vicini il mezzo pubblico partì.
 
“Avete fatto appena in tempo. Ancora qualche minuto e saremmo dovute partire senza di voi.”
 
“Già…”
 
“A proposito, Leila. Prima tua madre mi ha detto che stavi ancora dormendo. Questo è strano, perché di solito sei già sveglia alle 6 del mattino.”
 
“Beh, Nina… Ieri sono andata a letto alle 22, ma non riuscivo a chiudere occhio, così mi sono messa al PC e ci sono rimasta fino alle tre di notte.”
 
Anna fece un fischio.
 
“Une nuit sans sommeil!”
 
“Oui, Anna.  E come se non bastasse ho avuto un incubo.”
 
“Quale incubo?”
 
“Mi ritrovavo in uno scenario da incubo… Berlino era preda di un’apocalisse zombie ed io ero l’unica persona sana rimasta.”
 
“Oh, mon dieu… Un incubo tremendo.”
 
“Tremendo ma irrealistico.” Intervenne Nina.
 
“Sarà anche irrealistico, ma la paura che provavo era reale.”
 
“È il futuro che dovrebbe farti paura. Ogni giorno dal mondo arrivano solo notizie deprimenti e sarà sempre peggio.”
 
“Complimenti, fraulein Einstein… Il tuo ottimismo è incoraggiante.” Affermò Ioan, chiaramente ironico.
 
“Sono semplicemente realista… Vedo il mondo per quello che è, non per il mondo delle fiabe.”
 
Il ragazzo preferì non replicare, sapendo che non sarebbe servito a niente.
 
*******
Ore 9:00
 
L’autobus si fermò davanti ai cancelli d’ingresso del liceo Wallenstein, dove stavano già entrando i primi studenti. Scesa dall'autobus, Leila entrò nel cortile insieme a Ioan e alle sue due amiche, per poi dirigersi verso la porta di ingresso. Davanti ad essa stava un uomo con capelli corti castani e occhi celesti; era Claus Warwick, il loro insegnante di geografia.
 
“Cominciavo a temere che non sareste venuti.” Affermò, sarcastico.
 
“Scusi il ritardo, herr professor.” Disse Leila, compiendo un inchino.
 
“Tranquilla, signorina… Non è nulla di grave. Ora andate in classe, il professor Hamel vi attende per iniziare la lezione di storia.”
 
“Subito!”
 
******
“Verso la metà del XIV secolo sull'Europa si abbatté il flagello della Peste Nera, una delle epidemie più letali e devastanti della storia. Stando alle stime più recenti essa causò dai 25 ai 50 milioni di morti, cioè un terzo della popolazione del continente. Epidemie identiche scoppiarono contemporaneamente in Asia e nel Vicino Oriente, il che fa supporre che l'epidemia europea fosse parte di una più ampia pandemia. L'area di origine della pandemia sembra esser stata quella regione dell'Asia centrale a cavallo del Pamir, dell'Altaj e del Tuva. La causa scatenante parrebbe esser stata la moria di roditori, in quelle regioni, dovuta alla scarsità di cibo conseguente all'irrigidimento delle condizioni climatiche. In assenza di roditori le pulci affamate e vettori del bacillo della peste attaccarono anche l'uomo e gli altri mammiferi. Il tutto venne aggravato dal fatto che i rifiuti, abbondanti e a cielo aperto nelle città medioevali, attrassero i roditori affamati, sia selvatici sia domestici. Infine l'efficiente sistema di comunicazioni dell'Impero mongolo propagò il contagio in poco tempo da un capo all'altro del continente asiatico, fino all'Europa che – geograficamente – altro non è che una propaggine dell'Asia.”
 
A dare queste spiegazioni era il professor Oscar Hammel, insegnante di storia al liceo Wallenstein. Era un uomo sulla trentina, con corti capelli grigi e occhi verdi, che indossava un paio di occhiali, giacca e pantaloni blu, camicia bianca, cravatta e scarpe nere.
 
“Nel 1338 o '39 raggiunse le comunità afferenti alle Chiese orientali cristiane assire presso il lago Issyk-Kul, nell'odierno Kirghizistan. Le prime testimonianze scritte circa l'epidemia sono state rinvenute proprio presso questo lago, che costituiva una tappa obbligata sul cammino della Via della Seta. Nel '45 si segnalarono i primi casi a Sarai sul Volga meridionale e in Crimea. L'anno successivo la peste fece le prime vittime ad Astrakhan. Nel 1347 il morbo raggiunse i confini dell'Europa di allora. L'Orda d'Oro, guidata da Ganī Bek, assediava Caffa, nella penisola di Crimea, capoluogo della ricca colonia genovese della Gazaria e scalo sulla Via dell'Oriente. La peste raggiunse la città al seguito dell'Orda: le cronache dell'epoca riportano  che gli assedianti gettavano con le catapulte i cadaveri degli appestati entro le mura della città. Gli abitanti di Caffa avrebbero immediatamente gettato in mare i corpi, ma la peste comunque entrò in città in questo modo.”
 
Leila ascoltava con interesse la lezione (era una appassionata di storia), e ogni tanto dava una occhiata ai suoi compagni di classe, tutti assorti nel seguire le parole del loro insegnante, l’unico con una faccia svogliata era Ioan, che infatti emise un sonoro sbadiglio.
 
“Ioan Breisgau, la mia lezione non è di tuo gradimento?” Domandò Oscar, severo.
 
“La trovo noiosa.” Rispose il ragazzo.
 
“Bene, allora può uscire dall'aula. Qui non c’è posto per gli svogliati e i pigri.”
 
Per tutta risposta Ioan si alzò in piedi e uscì in corridoio sotto lo sguardo degli altri alunni.
 
Flegel…  Che ci viene a fare al liceo se poi se ne frega delle lezioni?
 
Pensò Nina irritata, aggiustandosi gli occhiali.
 
“Ora possiamo proseguire… Un cronista svedese dell’epoca scriveva: Le campane non suonavano più e nessuno piangeva. L'unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: È la fine del mondo! Da questa breve testimonianza scritta potete immaginare quanto la situazione fosse drammatica, al tempo della Peste Nera. Un altro cronista, l’italiano Agnolo di Tura, lamentava di non trovare più nessuno che seppellisse i morti e di aver dovuto seppellire con le proprie mani i suoi cinque figli. Le città avevano un aspetto agghiacciante: per le strade potevate trovare mucchi di cadaveri, qua e là si muovevano i medici (che indossavano abiti inquietanti) e gruppi di flagellanti, fanatici religiosi convinti che l’epidemia fosse una punizione divina scagliata da Dio contro gli uomini per la loro condotta immorale, e che erano soliti fustigarsi per espiare i peccati dell’umanità. Ovunque regnava un sentore di morte e paura, che generò isteria. I cittadini infatti usarono prima le streghe e poi gli ebrei come capri espiatori. Questi ultimi infatti erano malvisti dal popolo poiché praticavano l’usura. In varie città gli ebrei vennero uccisi dalla folla in tumulto o addirittura bruciati sul rogo. A difesa degli ebrei intervenne persino il Papa Clemente VI.”
 
********
Ore 14:00
 
Leila, Ioan, Anna e Nina avevano appena lasciato il liceo e ora camminavano lungo un marciapiede affollato.
 
“Per fortuna oggi non ci sono state interrogazioni a sorpresa, altrimenti avrei rimediato una figuraccia facendo scena muta.” Affermò la bionda.
 
“Come mai? Studiato poco?” Le chiese l’occhialuta.
 
“Beh, volevo rilassarmi un po’… Ho letto qualche romanzo, chattato un po’ su Facebook… Cose così.”
 
“Hai fatto bene… Tutto studio e niente svago, il morale scende in basso.” Commentò Anna.
 
“Qualcuno invece ha il problema contrario… Si svaga sempre e non studia mai.” Intervenne Nina.
 
“Ah, non rompere Nina! Oggi non ho proprio voglia di fare niente…” Gli rispose Ioan, scocciato.
 
“E che è, una novità? È la prima volta che non hai voglia di fare niente?”
 
“Ogni tanto mi succede, ok? Perfino una secchiona come te a volte si sente svuotata di ogni energia.”
 
“Non chiamarmi secchiona, è un termine dispregiativo! Sono una studiosa, una intellettuale! Tutti al liceo riconoscono le mie doti intellettive!”
 
“Ok, non ti arrabbiare…”
 
Nina gli lanciò una occhiataccia, poi tornò a guardare davanti a sé.
 
Quei due sono come cane e gatto.
 
Pensò Leila, sorridente.
 
********
Giunto davanti a casa Breisgau il quartetto si divise: Anna e Nina proseguirono il cammino, Leila e Ioan rientrarono in casa, accolti dalla loro madre.
 
“Bentornati, il pranzo è pronto.”
 
Li accompagnò nella sala da pranzo, dove si sedettero attorno al tavolo davanti a un televisore a schermo piatto acceso. Stava trasmettendo il notiziario sul canale ARD-1. A condurlo era una ragazza con capelli rossi corti e occhi viola chiaro.
 
“Buon pomeriggio, amici ascoltatori. Apriamo questa edizione straordinaria per darvi la notizia di un terribile attentato avvenuto a Tokyo qualche ora fa. Un’autobomba è esplosa nel quartiere di Minato, a pochi passi dalla torre-simbolo della capitale del Giappone, mietendo più di 100 vittime civili. Come se non bastasse subito dopo la deflagrazione ha avuto luogo un violento scontro a fuoco tra le forze di polizia nipponiche e gli attentatori (stranamente tutti di nazionalità statunitense), che ha mietuto numerose vittime da ambo le parti. Questo è il primo attentato che si verifica in Giappone da circa un ventennio, cioè dall'attentato alla metropolitana di Tokyo del 20 marzo 1995. Ancora ignoti restano i mandanti di questo sanguinoso atto terroristico, anche se non mancano le ipotesi: c’è chi accusa l’ISIS, chi l’Armata Rossa Giapponese (gruppo terrorista comunista attivo negli anni ’70), chi la Corea del Nord, ma contro queste teorie cozza la nazionalità americana degli attentatori, che di fatto non è spiegabile.”
 
ISIS? E che accidenti sarebbe? Un nuovo modo di chiamare Al Qaeda? E poi perché dovrebbe colpire il Giappone?
 
Si chiese Leila, confusa.
 
“Tu guarda in che razza di mondo viviamo…” Commentò sua madre.
 
“Ah, chi se ne frega! Ormai notizie del genere non mi fanno né caldo né freddo, ci ho fatto il callo ormai.” Affermò Ioan, con tono menefreghista.
 
“Ioan! Abbi almeno un po’ di rispetto per le vittime!” Lo rimproverò suo padre.
 
“Non è colpa mia se ormai sono abituato ad attentati e disastri vari… Per me sono una cosa naturale, non mi attirano più.”
 
Bradow sbuffò, poi riprese a mangiare i tortellini, imitato dai suoi famigliari.
 
******
Dopo pranzo Leila si recò nella sua stanza e si sdraiò sul letto. Si stiracchiò e sbadigliò.
 
“Sei sazia, sorellina?” Le chiese Ioan, fermo sulla soglia.
 
“Ovvio… Due piatti di tortellini sono sufficienti a saziarti per tutto il pomeriggio.”
 
“Sai, sembra che l’apocalisse sia imminente.”
 
“Ma che vai blaterando?”
 
“Lo ha scritto un tizio sul  Berliner Morgenpost. Secondo lui le catastrofi degli ultimi anni (attentati, guerre, epidemie) presagiscono la fine del mondo e l’estinzione del genere umano.”
 
“Ma quelle avvengono dalla notte dei tempi… Non dare credito a uno svitato.”
 
“Sarà... Comunque vado a scrivere un diario, così da lasciare ai posteri un segno della mia esistenza, se mai dovesse avvenire il peggio.”
 
“Se l’umanità si estinguerà non ci saranno i posteri. Comunque fa come credi e lasciami dormire in pace.”
 
“Ok, e scusa il disturbo.”
 
Rimasta sola la ragazza si girò su un fianco.
 
L’apocalisse… L’umanità si estinguerà… Com'è che saltano fuori tutte frasi di questo genere? Dopo il sogno di stanotte mi rendono inquieta…
 
Dopo pochi minuti chiuse gli occhi e si assopì.

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Capitolo 3
*** Il disco. ***


Al risveglio ebbe un’amara sorpresa: si ritrovava a Werderscher Markt, nella stessa stanza in cui si era nascosta per sfuggire a una zombie.
 
“No! Ancora!” Esclamò.
 
Lo sapevo! Me lo sentivo! Le cose che più mi fanno paura: gli incubi ricorrenti! Sono i peggiori… Ti riducono ad aver paura di addormentarti, per non ricaderci… E poi sono i più subdoli… Ti insinuano il sospetto che non siano loro i sogni, ma quello che accade quando ti svegli…
 
Un dubbio le balzò in mente.
 
E se fosse vero? Se il sogno fosse stato il mio risveglio a casa mia e il resto? Se fosse questa la realtà? Ma se lo è perché non mi ricordo come ci sono finita? Mentre nell'altra realtà so benissimo il perché e il percome sono lì.
 
Si passò le mani sul volto, scossa, poi si alzò in piedi.
 
Devo… Devo tornare a casa mia. Devo riaddormentarmi. Solo così ritornerò nel mondo reale.
 
*******
Uscita all'aperto risalì sulla bici e partì verso la sua abitazione, stando attenta a non farsi notare dagli zombi che vagavano per le strade e cambiando più volte percorso quando si imbatteva in branchi di infetti.
 
In momenti come questi, nella realtà, sarei andata a fare visita ad Anna…
 
Neanche a farlo apposta si ritrovò a passare davanti all'ambasciata francese, che come ogni altro edificio era diroccata.
 
È uno dei sogni più tristi che ho mai fatto.
 
Riprese il cammino, fino a giungere davanti a un HiFi center. Nel vederlo le balenò in mente un’idea.  Entrò attraverso una vetrina sfasciata e si sedette ad una postazione radio.
 
Forse riuscirò a contattare qualcuno…
 
Purtroppo la sua speranza si rivelò vana, non ottenne risposta.
 
Niente da fare… Ho provato tutte le stazioni e non c’è anima viva.
 
Sbuffò sconsolata per poi alzarsi in piedi.
 
Meglio andarsene.
 
Tornata in strada alzò lo sguardo al cielo, ancora ammantato di nubi.
 
Uffa… In questo modo non posso neanche capire che ora è! Ed ad essere sinceri…
 
Si guardò intorno, spaesata.
 
Non mi ricordo nemmeno qual è la strada giusta per tornare a casa. Per sfuggire a quegli schifosi ho pedalato più veloce che potevo, senza badare a dove andavo. E dulcis in fundo…
 
Sbuffò.
 
Mi sono dimenticata di prendere un’arma. Avrei dovuto esplorare l’edificio prima di andarmene. Potrei tornare indietro a prendere una…
 
Si guardò indietro e allora incrociò lo sguardo con una ragazza dai lunghi capelli verdi, gli occhi dorati e la bocca sporca di sangue rappreso, che indossava degli abiti insanguinati.
 
Magnifico, ci mancava anche questa!
 
Se avesse tentato di scappare lei l’avrebbe inseguita; se l’avesse affrontata avrebbe corso il rischio di essere morsa. La non morta la fissò per qualche secondo, ma prima che potesse attaccarla si beccò un pugno sul volto che la fece barcollare. A quel punto la bionda risalì sulla bicicletta e corse via più veloce che poteva. La zombie si lanciò al suo inseguimento gridando, ma ormai era stata distanziata.
 
********
Scheiße… Mi sembra di essere al Deutschland Tour, però con gli zombi!
 
Pensò la bionda, non appena si fermò. Improvvisamente senti un forte dolore alle gambe; erano anni che non usava una bici, ed era fuori allenamento.
 
Devo riposarmi per un po’… Anche se sarà difficile, visti i morsi della fame che non mi danno tregua.
 
Scesa dalla bicicletta  e, lentamente, raggiunse un edificio alto 21 piani, che un tempo aveva ospitato la sede della Sat.1, una emittente televisiva. Varcato l’ingresso si ritrovò al piano terra, apparentemente deserto.
 
Devo fare molta attenzione… A ogni piano possono esserci non morti pronti a banchettare con me.
 
Pensò.
 
Iniziò così ad esplorare l’edificio di piano in piano, visitando ogni stanza e stando attenta a non farsi vedere dagli appestati.  Giunta al settimo piano, in uno degli studi TV,  notò su uno scaffale un DVD che recava la scritta:
 
25 maggio ’17
 
Chissà cosa conterrà?
 
Si chiese.
 
Purtroppo manca l’elettricità ma di solito edifici come questo ospitano un generatore di emergenza, situato nei sotterranei. E ad essere sincere ho paura ad andarci… Potrebbe esserci un plotone di non morti ad aspettarmi. Non che qui non ce ne siano, comunque.  
 
Se lo mise in tasca e raggiunse il posto riservato ai conduttori, dove si sedette.
 
Leila Breisgau, l’ultima ragazza sulla Terra…  Per servirvi.
 
Spinse indietro la poltrona girevole, facendola urtare contro una parete. Improvvisamente avvertì un dolore lancinante alla testa, poi tutto divenne buio.

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Capitolo 4
*** Prendere coscienza. ***


“Leila? Leila, svegliati!” La chiamò una voce femminile.
 
Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi davanti la sua amica Anna.
 
“Anna… Che ci fai in camera mia?” Le chiese, stranita.
 
“Camera tua? Siamo su un autobus!”
 
Sorpresa, la bionda si guardò intorno e si accorse di essere veramente seduta sul sedile di un mezzo pubblico.
 
“Dai, dobbiamo scendere!”
 
“Ma per andare dove? Che ci faccio qui?”
 
“Cos'è, hai un’amnesia? Dobbiamo raggiungere l’ambasciata francese per aggiornarci sulla crisi in Giappone! Forse mio padre ne sa qualcosa…”
 
“Crisi? Quale crisi?”
 
“Non lo so con precisione… Regna ancora l’incertezza. L’unico modo per saperne di più è recarci all'ambasciata di Francia!”
 
Io non capisco… Quando mi sono addormentata ero a casa mia nel mio letto! Come ci sono finita qui?
 
Anche se confusa Leila si alzò in piedi e scese insieme ad Anna dall'autobus.
 
“È qui vicino… Dieci minuti e arriviamo!”
 
Le due ragazze si avviarono lungo il marciapiede ma ad un certo punto la bionda fu colpita alla testa da un vaso caduto dal balcone soprastante, perdendo i sensi.
 
*******
Quando riprese i sensi scoprì con orrore di essere nello studio televisivo.
 
“NO!” Gridò, sconvolta.
 
No… Dio mio, no!
 
Pensò.
 
Voltandosi verso destra vide un riflettore  a poca distanza da lei. Doveva essersi staccato dal soffitto e le era caduto in testa, facendola svenire.
 
Sono svenuta… E ho sognato! Ormai non ci sono più dubbi… La mia realtà è questa!
 
Ripresasi dallo shock si alzò in piedi.
 
Devo cercare di mantenere la calma, di considerare razionalmente la situazione analizzandola per gradi. Punto primo: perché il mondo è finito? Una guerra nucleare? Non ho visto segni di esplosioni ma potrebbero essere state le radiazioni a far impazzire tutti (tutti? In qualche parte della Terra non ci saranno sopravvissuti sani? Domanda da esaminare in un secondo tempo). Altra probabilità: una epidemia, più probabile.  In ogni caso, per tutte le ipotesi, consultare l’emeroteca della biblioteca di stato di Berlino, se esiste ancora.  Terza (e ultima per ora) possibilità: il mondo non è affatto finito, sono io che sono finita in una realtà alternativa. La teoria delle dimensioni parallele mi ha sempre affascinato, ma purtroppo non ci sono prove della sua concretezza.
 
Sbuffò seccata.
 
La biblioteca si trova nel distretto di Tiergarten, lungo la Potsdamer Straße. Se tutto va bene, dovrei raggiungerla in mezz'ora, in bici. A meno che non vada a sbattere contro qualche branco di appestati, ovviamente…
 
*********
Uscita all'aperto risalì in sella alla bici e partì. Adesso il cielo era sgombro dalle nubi, il sole splendeva alto sulle rovine di Berlino e Leila si chiese per quanto tempo era rimasta svenuta. Sicuramente ore.  Attorno a lei c’era una città in sfacelo, che non si sarebbe ripresa mai più.  Le sembrava di ritrovarsi nel film Dawn of the Dead. Ogni tanto passava accanto a qualche infetto che tentava invano di afferrarla. Giunta a poca distanza dalla biblioteca si trovò di fronte a un ostacolo imprevisto: un autobus giaceva rovesciato su un fianco e bloccava la strada. Come se non bastasse davanti ad esso stava una ragazza zombie; era girata di spalle e barcollava.
 
E ora come me la levo dal culo?
 
Si guardò intorno fino a quando non vide, a poca distanza da lei, un punteruolo.  Lentamente, per non fare rumore, appoggiò la bici sull'asfalto, raccolse l’arma affilata, si avvicinò di soppiatto alla non-morta poi con un movimento rapido le conficcò il punteruolo nel cranio, causandone la morte istantanea e stavolta definitiva. La zombie si accasciò a terra, esanime. Osservandola meglio vide che aveva lunghi capelli viola chiaro.
 
Oh, mein gott…
 
Le girò il viso verso di lei e allora la riconobbe: era Anna Clément, la sua migliore amica.
 
Perdonami, amica mia…
 
Pensò, mentre una lacrima le rigava il volto.
 
Rimase lì per qualche minuto, poi si fece forza e, spiccando un salto, si aggrappò al veicolo e ci si arrampicò sopra. Fece qualche passo poi saltò dalla parte opposta.  Dopo una breve corsa, raggiunse l’ingresso dell’edificio, che varcò senza esitare. Si ritrovò così in un salone che ospitava scaffali colmi di libri, e alcuni tavoli. Tra di essi si muovevano tre zombie.
 
Siete fastidiosi, cadaveri ambulanti.
 
Si acquattò sul pavimento e, stando attenta a non farsi notare, raggiunse gli scaffali di fondo, dove c’erano le raccolte del giornali.
 
2012… 2013… 2014… 2015… 2016… 2017… E la raccolta si ferma al 2018!
 
Prese la raccolta del 2018, la poggiò su un tavolo, si sedette e cominciò a sfogliarla:
 
18 gennaio: Sempre più virulenta l’epidemia di non-morte che sta colpendo praticamente il mondo intero.
 
12 febbraio: La morte apparente (così denominata dagli esperti) sembra inarrestabile. Le vittime si contano ormai a miliardi e gli scienziati di tutto il mondo lavorano disperatamente giorno e notte alla disperata ricerca di una cura.
 
3 marzo: Questo è l’ultimo numero del Bild. Che il signore abbia pietà di questo piccolo pianeta e delle nostre anime.
 
Leila, sconvolta da quelle rivelazioni, si passò una mano sul volto.
 
Sono rimasta sola… La mia famiglia, i miei amici, non ci sono più. La civiltà umana è caduta. Ma com'è che io non sono stata contagiata? E quanto tempo è passato? La fine è stata nel 2018, e quindi oggi in che anno siamo? Beh, non lo scoprirò restando qui.
 
*******
Uscita all'aperto fece per tornare alla sua bici ma si imbatté in un orologio a pannelli solari che funzionava ancora. Osservandolo meglio esclamò:
 
“È il 24 febbraio 2020!”
 
Non che questo faccia la differenza, comunque… Meglio allontanarsi, prima che salti fuori qualche infetto. Se non trovo qualche comunità di sopravvissuti rischio la morte per fame o qualcosa di peggio.
 
Mentre si arrampicava le cadde qualcosa dalla tasca, lei lo raccolse e osservandolo disse:
 
“Ma questo è il DVD che ho trovato alla Sat.1!”
 
Lo rigirò tra le mani.
 
Devo scoprire cosa contiene, magari ci sono informazioni utili… E l’unico modo è tornare all'emittente televisiva ed attivare il generatore d’emergenza, se non è andato distrutto.
 
Pensò, decisa.

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Capitolo 5
*** Asfissia. ***


Leila si trovava davanti ad una porta blu spalancata.
 
Questo è l’ingresso ai sotterranei del palazzo… Lì sotto troverò il generatore di emergenza, e forse anche qualche zombie. Ma per fortuna mi sono premunita…
 
Pensò, mentre brandiva una Luger P08 carica, che aveva trovato in una armeria. Una scala di cemento scendeva in cantina. Impugnò la pistola e, con cautela, cominciò a scendere, trovandosi in un lungo corridoio fiancheggiato da porte. Leila le aprì una dopo l’altra. Un gabinetto. Un magazzino. Un rifugio antiaereo, sicuramente risalente agli anni della Guerra Fredda. Un locale con due generatori, uno principale l’altro ausiliario.
 
Bingo!
 
Si avvicinò al generatore ausiliario (quello centrale infatti era inutilizzabile) e lo attivò.
 
Ora torniamo ai piani superiori e cerchiamo qualche televisore dove poter vedere il DVD del mistero.
 
********
Uscita dalla cantina Leila si diresse verso le scale che portavano di sopra; usare l’ascensore era infatti troppo rischioso: c’era il rischio che ci fossero degli infetti intrappolati all'interno, inoltre non subiva opera di manutenzione da ben due anni e quindi c’era il rischio che la corda si spezzasse e lei morisse sfracellata.  Giunta al settimo piano, lo stesso dove aveva perso i sensi poco prima, trovò in uno degli studi un televisore con DVD integrato. Lo accese e poi inserì il DVD. Dopo qualche istante sullo schermo apparvero una donna con capelli corti marroni e occhi indaco chiari (identificata come Sophie Randall da una scritta in sovrimpressione) e un uomo dai capelli color sabbia legati in una coda e occhi indaco che riconobbe come Diethard Ried, celebre reporter. Erano seduti uno davanti all'altra.
 
“Buonasera, gentili telespettatori. Qui è Diethard Ried, in compagnia della dottoressa Sophie Randall, dell’Università libera di Berlino. Tema della trasmissione di oggi è la pandemia di morte apparente, un virus di origini sconosciute apparso in Giappone 2 anni fa che trasforma le persone in cannibali feroci affamati di carne umana. I primi casi si verificarono a Tokyo nel maggio 2015. Inizialmente nessuno ci fece caso, ritenendoli semplici casi di follia omicida e quando le autorità nipponiche si resero conto della gravità della situazione era troppo tardi. Tokyo crollò nel giro di 24 ore, e l’intero arcipelago in soli tre mesi. Prese dal panico, Russia e Cina sferrarono un massiccio attacco nucleare contro le città infette, ma ciò non servi a nulla e il virus infettò l’intera Asia, il Pacifico, le Americhe, il Nord Africa e parte dell’Europa, almeno fino ai fiumi Oder e Danubio. Il numero degli infetti è di circa 5 miliardi sui 7 che costituiscono la popolazione terrestre. Come se non bastasse esso, senza una apparente ragione, ha iniziato ad annientare la vita vegetale, oltre che quella umana e animale. Sappiamo di regioni desertificate nel giro di pochi giorni. E non è tutto: anche i fiumi (come l’Edo in Giappone e il Fiume Giallo in Cina) e i laghi (come il Kawaguchi in Giappone e il Texcoco in Messico) hanno iniziato a prosciugarsi. Come avrete capito gli effetti dell’epidemia sono apocalittici e stanno mutando volto al pianeta. Nonostante ciò sono ancora molte le domande insolute su questa malattia. Dottoressa Randall, il pubblico vuole delle risposte: cosa può dirci?”
 
“In base alle informazioni raccolte posso affermare che esistono due ceppi del virus: quello che si trasmette tramite il morso (di cui purtroppo ignoro le origini) e il ceppo aereo, che è stato creato in laboratorio.”
 
“In laboratorio?”
 
“Esatto. E questo non deve stupire, un virus come la Morte Apparente faceva gola a molte nazioni, che avranno sicuramente deciso di sfruttarlo come arma. E come ben sappiamo ogni nuova arma (la bomba atomica, i carri armati, i gas venefici) si diffonde a macchia d’olio.”
 
“Quando è comparso il ceppo aereo del virus?”
 
“Giugno 2015, in tre città diverse: Osaka, Sapporo e Nagasaki. Il fatto che si sia manifestato in tre città così distanti nello stesso momento mi induce a pensare che sia stato diffuso intenzionalmente.”
 
“Diffuso da chi? L’organizzazione Nera? L’Ordine del santuario di Ise? Qualche potenza straniera?”
 
“In mancanza di prove certe preferisco non puntare il dito contro nessuno.”
 
“E a quale scopo?”
 
“Non ne ho idea.”
 
“Come mai il virus ha iniziato ad estinguere la vegetazione?”
 
“Il ceppo aereo del virus è mutato a causa delle radiazioni in Giappone e in altri territori infetti. È diventato più contagioso, più letale, più aggressivo. Sotto questo punto di vista i bombardamenti atomici russo-cinesi del 2015 hanno solo aggravato la crisi.”
 
“È vero che è stata messa a caso di un team di ricerca formato da scienziati provenienti da tutto il mondo per creare una cura al virus?”
 
“Sì. Ne fanno parte scienziati di varie nazionalità. Tuttavia i nostri sforzi finora  si sono rivelati vani. Gli infetti si stanno moltiplicando troppo rapidamente, già ora superano in numero le persone sane.”
 
“Siamo spacciati, allora.”
 
“Non ancora. Io e i miei colleghi stiamo facendo del nostro meglio ma la situazione è disperata. Abbiamo a che fare con un virus scoperto solo di recente, e le informazioni su di esso sono scarse. Vi assicuro che lavoriamo alacremente alla creazione di un antidoto, ma in queste condizioni è difficile.”
 
“Non ritiene sia più sicuro trasferirsi nel perimetro difensivo Liberty in America, o in analoghi perimetri sparsi qua e la nel globo, come il perimetro difensivo Cook in Australia, Rivadavia in Argentina e il perimetro Lumumba nella Repubblica Democratica del Congo?”
 
“Ci stiamo pensando… Almeno lì saremo al sicuro e potremo lavorare indisturbati alle nostre ricerche.”
 
A quanto pare le loro ricerche si sono rivelate un buco nell'acqua…
 
Pensò Leila, sorridendo amaramente.
 
“Tra i cittadini regnano paura e incertezza, e ci sono persone convinte che l’epidemia sia un castigo divino, che Dio abbia voluto punire l’umanità per i suoi peccati. Lei cosa ne pensa?”
 
“Non credo più alle favole da un po’, signor Dietard.”
 
“Capisco… Se dovesse rivolgere un appello ai cittadini cosa direbbe?”
 
“Di lasciare immediatamente Berlino, prima che la piaga varchi l’Oder.”
 
“Ma per andare dove? Il virus ha colpito tutto il globo terracqueo! Non esistono luoghi sicuri!”
 
“Più andranno ad Ovest più saranno al sicuro:  il Belgio, la Francia… L’Inghilterra sarebbe meglio, almeno per ora.”
 
“Non c’è modo di contrastare il dilagare del virus?”
 
“Il governo ha fatto ciò che poteva per contenere l’infezione: ha schierato truppe e mezzi ai confini con Polonia e Repubblica Ceca, ha innalzato un muro difensivo (la famosa linea Kohl) lungo il suo confine orientale e la nostra aviazione compie quotidianamente raid sulle città infette. Ma il vero problema non sono gli infetti, è il virus. Finché non si troverà una cura o almeno un vaccino ciò che resta dell’umanità sarà sempre in pericolo.”
 
Ad un certo punto Leila, annoiata, si sdraiò sul pavimento e, dopo 10 minuti, si addormentò.
 
*******
Riaprendo gli occhi si ritrovò nella sua stanza, seduta davanti al suo PC acceso.
 
Cosa?
 
Si chiese, confusa.
 
“Leila…” La chiamò una voce.
 
Si voltò e vide sua madre che la fissava, sorridente.
 
“Scusa il disturbo, ma una tua amica vuole vederti.”
 
“Mamma…”
 
“Dimmi, tesoro.”
 
“…Falla entrare.”
 
“Subito.” Detto questo la donna si allontanò.
 
Non posso continuare così… Rischio di impazzire! O forse sono già pazza. Che cosa è vero e cosa è falso?
 
Si chiese la ragazza, disperata.
 
Dopo poco Claudia fece ritorno in compagnia di Anna.
 
“Ciao, Leila!” La salutò la francese.
 
La bionda, istintivamente, si alzò in piedi e la abbracciò.
 
“Amica mia…”
 
“Ti senti bene, Leila?” Le chiese Anna, sorpresa.
 
“Mai stata meglio.”
 
“Disturbo, per caso?”
 
“Nessun disturbo. Ma che ci fai qui?”
 
“Dobbiamo portare a Nina i suoi occhiali… Li ha dimenticati in classe durante la lezione, non ricordi?”
 
“Già… È vero.”
 
“Su, andiamo.”
 
********
Uscite all'aperto le due ragazze si incamminarono verso la loro meta, e durante il tragitto chiacchierarono un po’.
 
“Ora che ci penso… Potevi andarci da sola a ridare gli occhiali a Nina. Perché hai voluto portare anche me?”
 
Anna esitò prima di risponderle:
 
“Volevo parlare un po’ con te… Riguardo la scuola.”
 
“Intendi gli esami di giugno?”
 
“Proprio quelli.”
 
“Ti senti nervosa?”
 
“Sì, come ben saprai sono molto importanti. Se non riesco a superarli dovrò ripetere l’anno.”
 
“Vale per tutti noi.”
 
“Ne sono consapevole, ma ciò non mi rende meno nervosa.”
 
“Capisco…”
 
Anna sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
 
 
“Scusa se ti sto angustiando con certi problemi, ma…”
 
“Non devi… Siamo amiche, è naturale confidarsi tanto i propri timori che le proprie speranze.”
 
Anna sorrise a quelle parole.
 
“Su, ora andiamo. Prima riportiamo gli occhiali a Nina meglio è.”
 
*********
Giunte a destinazione (una casa a due piani di colore giallo) le due studentesse esitarono.
 
“Chissà se è in casa…” Si chiese Leila.
 
“C’è solo un modo per scoprirlo: provare.”
 
Detto questo Anna suonò il campanello.
 
Dopo pochi istanti la porta si aprì ed apparve Nina.
 
“Salve, ragazze!” Le salutò, cordiale.
 
“Ciao, Nina.” Rispose la bionda.
 
“Come mai da queste parti?”
 
“Ti abbiamo riportato gli occhiali.” E dicendo questo la francese glieli porse.
 
“Mi stavo giusto chiedendo dove li avessi lasciati… Grazie!”
 
“Di nulla, miss maldestra.”
 
La ragazza li prese e li indossò.
 
“Su, accomodatevi. Gradite qualcosa per merenda?”
 
“Per me va bene. Tu che dici, Leila?”
 
“Ci sto, Anna.”
 
L’occhialuta le condusse nel salotto e le fece accomodare sul divano.
 
“Aspettate qui, torno subito.”
 
Mentre Nina era in cucina Anna si guardò intorno, poi disse:
 
“Strano, non vedo i genitori di Nina…”
 
“Saranno usciti.”
 
“Sai, non vedo l’ora che inizino le olimpiadi di Rio. Sono certa che la rappresentativa francese farà faville, stavolta!”
 
Leila la guardò stranita.
 
“Vuoi dire di Londra.”
 
“No… Rio. Le olimpiadi di Londra si sono volte 3 anni fa.”
 
Leila era ancora più confusa.
 
“Ma si può sapere in che anno siamo?”
 
Anna la guardò stranita a sua volta, prima di risponderle:
 
“Certo che la tua è una domanda strana… Siamo nel 2015, ovviamente.”
 
A quella risposta la bionda sgranò gli occhi, sconvolta.
 
Dopo poco Nina tornò in salotto con un vassoio, su cui stavano due tazze di caffè fumanti e una treccia con scaglie di cioccolato.
 
“A voi!” Disse, poggiandolo sul tavolino.
 
“Merci, mon ami.” La ringraziò Anna.
 
Leila invece si alzò in piedi e disse:
 
“Io… Io devo andare.”
 
“Dove?” Le chiese l’occhialuta.
 
La bionda non rispose e corse via.
 
“Ma… Che le è preso?”
 
“Ne so quanto te, Anna.”
 
******
Leila corse più veloce che poteva, spintonando vari passanti (che la apostrofavano con termini poco lusinghieri) e rischiando persino di venire investita, fino a quando non giunse a casa sua. Una volta lì si mise a chiamare:
 
“Mamma!”
 
“Che succede, tesoro?” Le chiese la donna, spuntata dalla cucina.
 
Per tutta risposta lei la afferrò per le spalle e le chiese:
 
“Che anno è? Dimmi la data di oggi!”
 
Claudia la guardò come se fosse impazzita.
 
“Non scherzare, Leila.” Disse.
 
“Rispondimi!”
 
Sua madre sbuffò, poi disse:
 
“6 agosto 2015, ovviamente.”
 
Leila si coprì il volto con le mani, poi cadde in ginocchio.
 
“Mi dici che cos'hai?” Le chiese la madre.
 
“No… Non è possibile! Ieri era il 10 maggio 2012!”
 
“Leila, lo scherzo è bello quando dura poco! Ora smettila!”
 
Ho perso tre anni…
 
Quando si risvegliò era ancora nello studio televisivo, col DVD che continuava a trasmettere l’intervista alla dottoressa Randall.
 
Il virus della morte apparente iniziò nel 2015, ora ricordo… Ormai è chiaro che la realtà è questa, e l’altra dimensione è un mix di sogno e memoria. Memoria che avrei voluto perdere, dimenticare che mia madre rimase vittima di quella peste maledetta… E che morì per mia stessa mano…
 
Inizio flashback
 
2 marzo 2018
 
Berlino era stata messa a ferro e fuoco dalle orde di non morti, così come l’intera Germania. Da più parti si levavano esplosioni, colonne di fumo, grida e rantoli. Branchi di non morti aggredivano le persone sbranandole senza pietà. In mezzo a questo caos si muovevano Leila e Anna. Entrambe erano armate: la prima brandiva una Luger P08, la seconda una Walther P38.
 
“Mi spieghi dove stiamo andando, Lei? L’aeroporto di Tempelhof è dalla parte opposta!” Domandò la francese.
 
“A casa mia! Non posso abbandonare la mia famiglia!”
 
“Ma non puoi essere sicura che i tuoi siano rimasti a casa! Potrebbero aver lasciato Berlino alle prime avvisaglie dell’infezione!”
 
“Non l’avrebbero mai fatto, non senza di me!”
 
“Per quanto ne sappiamo a quest’ora potrebbero essere tutti morti o mutati! Ne vale la pena?”
 
“Sì!”
 
Improvvisamente Anna la afferrò per una spalla facendola voltare verso di lei.
 
“Dammi retta, è una causa persa! Dobbiamo raggiungere Tempelhof e prendere il primo volo per l’Islanda!”
 
“Io non me ne vado senza i miei!”
 
“In questo modo ci condannerai a morte!”
 
“Questa è la fiducia che hai in me?”
 
“Io non rischio la pelle per salvare delle persone spacciate!”
 
“Quelle persone sono la mia famiglia!”
 
“Allora salvale da sola!” Detto questo le voltò le spalle e corse via.
 
Stupida!
 
Pensò Leila, per poi riprendere la corsa.
 
Dopo pochi minuti alcuni spari seguiti da un grido femminile lacerarono  l’aria. Leila si voltò e subito comprese: Anna era stata aggredita da un infetto. Ma non tornò indietro. La sua priorità era raggiungere la sua famiglia. Riprese così la corsa.
 
******
Giunta a casa sua, Leila si accorse che il cancello della sua abitazione era stato abbattuto e gli infetti erano ovunque.
 
Dannazione, ho solo 8 colpi… E adesso come faccio?
 
Si chiese.
 
Se ne avesse sparato uno li avrebbe messi tutti in allarme, e questo non poteva permetterlo. Sfoderò allora dalla tasca una Tanto che aveva rubato dal museo di storia e, in silenzio, eliminò gli appestati nel cortile uno ad uno. Una volta fatto questo entrò nell'appartamento al piano di sotto, con la pistola in pugno. La prima cosa in cui si imbatté fu il cadavere di suo padre, smembrato dai non-morti. Per poco non vomitò.
 
 Oh, mein Gott ... Gli altri staranno bene?
 
Si chiese, inorridita e angosciata.
 
Entrata in cantina ebbe la risposta alla sua domanda: suo fratello Ioan infatti giaceva sul pavimento in una pozza di sangue e sua madre ne stava divorando le interiora.
 
“MAMMA! NOOOOOO!” Gridò, addolorata.
 
Attirata dal grido della figlia, Claudia alzò lo sguardo verso di lei, per poi alzarsi in piedi.
 
“Mamma… Ti prego…”
 
La donna ruggì e si scagliò contro di lei, ma Leila la spinse indietro.
 
“Torna in te!”
 
Sua madre ruggì nuovamente, guardandola con ferocia.
 
“Ti prego… Non voglio ucciderti…”Le disse, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
 
Tentò nuovamente di aggredirla, ma Leila ma spinse via nuovamente.
 
“TI PREGO!” Gridò, puntandole contro la pistola.
 
Claudia però non l’ascoltava, ormai aveva perso completamente la razionalità. Ruggì ancora e fece per attaccarla di nuovo, ma stavolta la ragazza le sparò in testa, uccidendola all'istante. Si accasciò al suolo, e non si mosse più. Leila cadde in ginocchio, mentre le lacrime le rigavano le guance. Dopo alcuni istanti cacciò un urlo fortissimo e straziante, che risuonò in tutta la casa.
 
Fine flashback
 
Era ancora assorta nei suoi pensieri quando una voce femminile la chiamò:
 
“Leila!”
 
Sbalordita, la bionda si voltò, incrociando lo sguardo con una ragazza asiatica con i capelli neri corti e gli occhi rosa che indossava una camicetta bianca attillata che lasciava intravedere il reggiseno rosso, una gonna scarlatta e sandali dello stesso colore. Era Ayano Kosaka, una ragazza giapponese che aveva conosciuto dopo la perdita della sua famiglia.
 
“Ayano…”
 
“Sapevo che ti avrei trovata qui… Su, andiamo. Al rifugio sono tutti preoccupati per te.”
 
“D’accordo…”
 
*******
Una volta all'aperto le due ragazze si incamminarono, chiacchierando tra loro.
 
“Mi fa piacere rivederti, Ayano.”
 
“Anche a me… Cominci a ricordare?”
 
“Sì… Dopo la morte di mia madre ero convinta di essere spacciata, ma dopo qualche giorno venni tratta in salvo da un commando inviato dall'Ordine del santuario di Ise, a guidarlo era una certa Vermouth.”
 
“Esatto… Ti portarono, insieme ad altri sopravvissuti, nella base di Amburgo, dove ti sei stabilita. Un giorno venni a farti visita, ma non c’eri. Ho capito che dovevi aver avuto un’amnesia, e che eri scappata dal rifugio. L’istinto ti ha portata a Berlino, a casa. Ti sei svegliata nel tuo letto, come se niente fosse accaduto.”
 
“Già…”
 
Improvvisamente la bionda si sentì soffocare. Cadde a terra portandosi le mani alla gola, seguita a ruota dalla sua amica. Non riusciva più a respirare.
 
Che mi sta succedendo?
 
Si chiese, spaventata.
 
Dopo pochi minuti erano entrambe morte asfissiate.

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Capitolo 6
*** Una giornata come tante. ***


Berlino, 25 febbraio 2020, ore 7:30
 
Leila stava dormendo beata nel suo letto, quando improvvisamente la sveglia iniziò a trillare insistentemente. Svegliata dal quel suono molesto, allungò una mano verso la sveglia la spense. Aprì lentamente gli occhi, emise un sonoro sbadiglio e si sedette.
 
 Scheiße... Sono ancora intontita.
 
Pensò.
 
“Buongiorno, sorellina!” La salutò una voce maschile.
 
Alzò lo sguardo e vide suo fratello Ioan che la guardava cordiale.
 
“Buongiorno a te, Ioan… La colazione è pronta?”
 
“Manchi solo tu.”
 
“Un attimo…. Ora vi raggiungo.”
 
“Sbrigati, però.” Detto questo il ragazzo si congedò.
 
La bionda si stiracchiò, scese dal letto e, a passo lento, si diresse in cucina. Ad attenderla trovò, oltre al fratello, anche i suoi genitori. Tutti e tre erano seduti al tavolo e facevano colazione.
 
“Leila! Sembri una zombie!” Esclamò sua madre, vedendola.
 
“Buongiorno anche a te, mamma…” Rispose lei, ironica.
 
Si sedette al tavolo, prese la tazza di latte e iniziò a bere.
 
******
Dopo colazione Leila andò nella sala da pranzo e accese la TV, che stava trasmettendo un notiziario.
 
“Si sta svolgendo a Tokyo il matrimonio tra Cornelia Britannia, figlia del presidente degli Stati Uniti Charles e Tony Moretta, fidanzato della suddetta. Alla cerimonia sono presenti le famiglie dei due sposi (in primis la first lady Marianne) e vari vip tra cui il liceale detective Shinichi Kudo, l’attrice Chris Vineyard, la donna d’affari Yuriko Takagi, la proprietaria della Mitsubishi Seiya Yudaina e Kaguya Sumeragi, la giovane nipote del primo ministro Genbu, il quale non ha potuto presenziare all'evento poiché si trova a New York per l’assemblea generale delle Nazioni Unite.”
 
Improvvisamente udì il citofono trillare.
 
Chi sarà mai?
 
Si chiese.
 
Dopo pochi istanti udì la voce di sua madre, che rispondeva.
 
“Chi è? Ah, buongiorno a te Anna. Ora te la chiamo.”
 
Detto questo Claudia entrò nella sala, e disse a sua figlia:
 
“Anna ti sta aspettando al cancello, dice che dovete prendere l’autobus.”
 
“Dille di aspettare, mi preparo e scendo.”
 
“Ok.”
 
Leila si alzò in piedi, uscì in corridoio, raggiunse il bagno, si lavò la faccia, andò in camera, indossò l’uniforme scolastica e si diresse verso il portone dove l’attendeva Ioan.
 
“Che sorpresa… Di solito sei tu quella che finisce di prepararsi per prima, invece oggi ti ho battuta! Stai rammollendo, sorellina.”
 
“Non fare il buffone, Ioan… Ora scendiamo.”
 
“Come vuoi…”
 
*******
Usciti all'aperto i due varcarono il cancello, trovandosi faccia a faccia con la loro comune amica.
 
“Bonjour, mon amis!” Li salutò la francese.
 
“Buongiorno  a te, Anna. Dove sono Nina e Ayano?” Le chiese la bionda.
 
“Ci aspettano alla fermata, sono state loro a mandami qui.”
 
“Capisco… Beh, raggiungiamole.”
 
“Certamente.”
 
Così il terzetto si incamminò.
 
********
Dopo un quarto d’ora di cammino raggiunsero la fermata, accolti calorosamente da Nina e Ayano.
 
“Era ora che arrivaste! Pensavamo aveste deciso di non venire!” Affermò l’occhialuta.
 
“Figurati se salto un giorno di scuola!” Le rispose Leila.
 
“Vale lo stesso per me.” Aggiunse Ioan.
 
“E pensare che una volta eri un donnaiolo… Ora invece sembri aver messo la testa a posto.”
 
“Sono semplicemente maturato, Ayano-chan.”
 
“Vero… Ah, ecco l’autobus!”
 
Quando esso si fu fermato il quintetto salì a bordo e si sistemò sui sedili. Dopo pochi secondi il bus ripartì.
 
“Chi abbiamo alla prima ora?” Domandò Anna.
 
“Il professor Hammel.” Le rispose Leila.
 
“Sai già quale sarà l’argomento di oggi?”
 
“Le crociate.”
 
“Allora sono a cavallo, sono ferrata su quella vicenda!”
 
“Ci credo, sei una maniaca di storia.”
 
“Come te del resto.” Affermò la francese, facendole la linguaccia.
 
Le due risero.
 
Ma quanto sono allegre… Neanche stessero andando ad un party! Non sanno che la scuola è una cosa seria?
 
Si chiese Nina, aggiustandosi gli occhiali.
 
Ayano invece guardava fuori dal finestrino, osservando il paesaggio intorno a sé: la strada piena di auto e pedoni che andavano e venivano, gli edifici anonimi, tutto era come sempre.
 
********
Ore 9:00
 
L’autobus si fermò davanti al liceo Wallenstein, e da esso scesero Leila e i suoi amici. Il quintetto fu accolto dal professor Warwick.
 
“Buongiorno, ragazzi.” Li salutò.
 
“Buongiorno, professore.” Risposero i 5, quasi all’unisono.
 
“Il professor Hammel vi sta aspettando in classe, farete meglio a raggiungerlo subito.”
 
“È già in classe?”
 
“Esatto.”
 
“Allora muoviamoci, prima che si spazientisca!” Affermò Nina per poi avviarsi, seguita a ruota dai suoi amici.
 
*******
Ore 9:15
 
“Il termine crociate è attribuito primariamente a una serie di guerre combattute tra l'XI e il XIII secolo fra eserciti di regni e principati cristiani cattolici e musulmani, principalmente sul terreno dell'Anatolia e del Levante nel Mediterraneo orientale ma anche in Egitto e in Tunisia; vari storici hanno attribuito la definizione di crociata anche alle campagne militari condotte dai principi cristiani nei territori baltici, finnici e slavi che ancora praticavano una varietà di culti pagani (le cosiddette crociate del Nord, ad altri fatti bellici interni al mondo cristiano (quali, nel XIII secolo, la cosiddetta crociata albigese contro i catari o la cosiddetta crociata contro il Principato russo di Vladimir-Suzdal' e la Repubblica di Novgorod) ma anche a confronti armati che hanno coinvolto in Europa forze cristiane di differenti Stati e le forze islamiche ottomane, tra cui la cosiddetta crociata di Varna.” Spiegò il professor Hamel.
 
I suoi allievi ascoltavano con attenzione, imprimendosi ogni parola nella mente.
 
“Per quanto riguarda i musulmani tali conflitti si pongono nell'ambito della rapida espansione politico-religiosa dei Selgiuchidi che nell'XI secolo si proposero di invadere l'impero bizantino. I Turchi selgiuchidi, a partire da Toghrul Beg, avevano occupato la Persia, la Georgia, l'Armenia e alcuni territori bizantini in Anatolia; dopo l'invasione dell'Armenia e la costituzione del sultanato di Rum, arrivarono a progettare l'invasione di tutto l'impero bizantino e quindi la penisola balcanica. Il progetto di invasione dei territori europei continuò anche dopo l'estinzione della dinastia selgiuchide e il sopravvento della dinastia ottomana.”
 
Leila ascoltava attentamente e intanto con lo sguardo sondava l’intera classe. Ad un certo punto si fissò su un ragazzo di origine asiatica, e nel vederlo sorrise. Egli non era altro che Akito Hyuga, un giapponese dai capelli corti blu e occhi dello stesso colore, con cui era fidanzata da circa 3 anni. Il ragazzo aveva una espressione concentrata in volto.
 
“Signorina Breisgau! Mi sta ascoltando?” Le chiese Hammel.
 
“Ja, herr professor!” Rispose lei.
 
“Provamelo… Ripeti ciò che stavo spiegando.”
 
“Il termine crociate è attribuito primariamente a una serie di guerre combattute tra l'XI e il XIII secolo fra eserciti di regni e principati cristiani cattolici e musulmani, principalmente sul terreno dell'Anatolia e del Levante nel Mediterraneo orientale ma anche in Egitto e in Tunisia; vari storici hanno attribuito la definizione di crociata anche alle campagne militari condotte dai principi cristiani nei territori baltici, finnici e slavi che ancora praticavano una varietà di culti pagani (le cosiddette crociate del Nord, ad altri fatti bellici interni al mondo cristiano (quali, nel XIII secolo, la cosiddetta crociata albigese contro i catari o la cosiddetta crociata contro il Principato russo di Vladimir-Suzdal' e la Repubblica di Novgorod) ma anche a confronti armati che hanno coinvolto in Europa forze cristiane di differenti Stati e le forze islamiche ottomane, tra cui la cosiddetta crociata di Varna.”
 
“Bene.” Annuì l’insegnante.
 
“Molto bene, signorina Breisgau. Allora posso riprendere a spiegare:  Il termine crociata è stato usato per la prima volta all'inizio del Settecento, ben oltre quindi il periodo in cui esse si svolsero: la sua origine deriva dall'incrocio della parola croisade (1570 circa) del francese medio e della parola spagnola cruzada del XVI secolo, entrambe derivate dalla parola cruciata del latino medievale, participio passato di cruciare (segnare con la croce), a sua volta derivata dal latino crux (croce).”
 
Leila tirò un sospiro di sollievo, pensando:
 
Temevo mi avrebbe fatto una lavata di capo, ma per fortuna tutto si è risolto in bene.
 
*********
Ore 13:47
 
Finite le lezioni Leila e i suoi amici si incamminarono verso le rispettive abitazioni.
 
“E anche oggi siamo sopravvissuti.” Affermò Ioan, stiracchiandosi.
 
“Parli come se fossimo appena sfuggiti alla morte.” Affermò sua sorella.
 
“Quando si studia si combatte con la morte.”
 
“Ma che razza di proverbio è?” Gli chiese Nina, stranita.
 
“Che se non ci impegniamo negli studi rischiamo di rovinare il nostro futuro.”
 
“Beh, io non corro un tale rischio, capitan ovvio.”
 
“Neanche noi, fraulein Einstein.” Ribatté il giovane, facendole la linguaccia.
 
“Ora non cominciate, voi due!” Intervenne Anna.
 
Leila sorrise nel vedere quella scenetta comica. Improvvisamente il suo cellulare vibrò. Lo prese e vide che era un messaggio FB di Chiara, una sua amica italiana.
 
Ciao, Leila!
 
Ciao, Chiara.
 
Come stai?
 
Bene. Tu?
 
Anche io. Che stai facendo?
 
Sto tornando a casa dal liceo, in compagnia di alcuni amici.
 
Ah, capisco. Io sono appena rientrata.
 
Tuo fratello sta bene? È da tempo che non lo vedo su Facebook.
 
Sì, sta benone.
 
Cambiando discorso… Quanto manca agli europei 2020? Quelli che si svolgeranno in Russia.
 
Circa un mese, più o meno… La presidentessa Vladilena Balalaika si è impegnata molto negli ultimi anni a tirare a lustro il suo paese per fare bella figura con i turisti, i media e le squadre di calcio.
 
Sono certa che l’Italia farà faville!
 
Frena il tuo entusiasmo, fraulein… Sarà la Germania a vincere gli europei.
 
Non è ancora detto, biondina. :P
 
La Germania ha vinto 4 titoli mondiali e 3 europei, in pratica ha la vittoria in tasca.
 
E l’Italia ha vinto 4 titoli mondiali e uno europeo, non montarti la testa. :P
 
Antipatica. xD
 
Come te. :P
 
Ora devo salutarti, ci sentiamo dopo.
 
A dopo. ;)
 
Quella ragazza…
 
Pensò la bionda, sorridente.
 
Alzando lo sguardo si accorse di essere davanti a casa sua.
 
“Beh, ragazze, ora dobbiamo salutarci. Andiamo, Ioan!”
 
“Subito, Schwester*!”
 
“Ciao, Leila!” La salutò Ayano.
 
“Demain, mon ami**!” La salutò a sua volta Anna.
 
“Arrivederci!” Aggiunse Nina.
 
Leila e suo fratello risposero al saluto, poi entrarono nella loro abitazione.
 
FINE
 
*Sorellina.
 
**A domani, amica mia!

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