Cos'è successo a Newt Scamander

di Montana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** Epilogo - 11 anni dopo ***



Capitolo 1
*** I ***


I
Dove vengono presentati i nostri eroi


1 Settembre 1914
Hogwarts Express, ultima fermata
Sera


Faceva freddo, ma non pioveva. Il che era piuttosto singolare, per l'Inghilterra di fine estate, ma forse era un piccolo regalo agli studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts perché iniziassero al meglio il loro anno scolastico. Perché dopotutto arrivare a scuola su carrozze trainate da creature invisibili era più comodo se non pioveva e non dovevi ripararti dagli schizzi di fango fin troppo visibili che quelle provocavano.
Comunque il giorno dopo sarebbe ritornata la pioggia, se lo sentiva nelle ossa. E non era un modo di dire, la caviglia destra gli faceva sempre male quando doveva cambiare il tempo. Merito di un morso di Dugbog mal curato.
«Mi scusi signor Prefetto, dove dobbiamo andare?»
La voce di un bambino, probabilmente del primo anno, lo fece sobbalzare.
«Dipende, quanti anni hai?»
«Undici signore, ci hanno detto di andare dai Prefetti delle nostre Case ma io non ho ancora una Casa, signore.»
Non era per niente a suo agio a sentirsi chiamare così tante volte signore, ma siccome il piccoletto gli ricordava lui alla sua età gli rispose sorridendo «Allora devi andare con il guardiacaccia, il signor McKenzie che è laggiù, lo vedi?»
Un sorriso sollevato si dipinse sul volto del piccolo «Grazie signore!» Squittì, prima di fiondarsi verso i suoi coetanei.
Anche lui stava per fare lo stesso, quando una risata e un piccolo applauso alle sue spalle lo inchiodarono sul colpo.
«Però, signor Salamander, come siamo diventati formali ed estroversi!» Esclamò la voce che aveva riso.
Newton Artemis Fido Scamander, per i pochi amici Newt, Salamander solo per lei, si girò con uno sguardo seccato e un malcelato sorriso sulle labbra «Prewett, come ti ripeto ormai ogni anno, sarai la mia rovina.»
Amelia Prewett, per gli amici Amy, continuò a guardarlo sorridendo, felice di rivedere finalmente il suo migliore amico.

Newt Scamander aveva pochi amici, anzi, quasi nessuno.
Non piaceva molto alla gente, aveva quel qualcosa di un po' troppo eccentrico che gli faceva sempre dire o fare qualcosa di sbagliato al momento sbagliato, guadagnandosi quelle occhiate perplesse e con un po' di compassione che detestava. Quindi aveva imparato a stare bene da solo.
Amy però era tutta un'altra storia. Era l'unica persona con cui avesse mai sentito una connessione istantanea, come un click.
Si erano incontrati per la prima volta nella sala comune Hufflepuff, la mattina del secondo giorno del loro primo anno. Newt era sceso presto, era ancora un po' eccitato dalle emozioni della sera prima e aveva bisogno di stare un po' da solo. Ma aveva trovato qualcun altro che aveva avuto la sua stessa idea.
Al centro della Sala Comune c'era una ragazzina piccola e con lunghi capelli scuri, che accarezzava la sciarpa giallo-nera che aveva al collo mentre si guardava attorno con aria dubbiosa e quasi infastidita.
Resosi conto di essere nel punto cieco della ragazza, Newt aveva cercato di tornare su senza fare rumore per non farsi notare, ma nella sua innata goffaggine era inciampato in uno scalino ed era caduto rovinosamente al suolo. E lì era rimasto, cercando di mimetizzarsi col tappeto.
«Credo che ti abbia sentito tutta la Casa, non so quanto senso abbia rimanere steso lì.» Aveva detto lei dopo qualche minuto.
Lui si era alzato di scatto, rischiando di inciampare in una sedia «Scusa, non ti volevo disturbare. Cercavo solo un posto per stare da solo, ma a quanto pare hai avuto la mia stessa idea. Torno su, scusami.»
«No, no, resta pure. Mi stavo solo ponendo delle domande filosofiche alle quali non so dare risposta.»
«Ah... T-tipo?»
«Cosa ci faccio qui? Io sono Ravenclaw. Ho studiato tutta l'estate, mi sono portata avanti in tutto, ho imparato a memoria centinaia di indovinelli, e ieri sera sono stata smistata qui. Perché?!»
Newt aveva sentito un sorriso allargarglisi sul volto, mentre si avvicinava a lei «Beh, è un sacco di lavoro, ti devi essere impegnata un bel po'... Cosa pensi di fare?»
Lei si era finalmente mossa dalla sua posizione, scrollando le spalle e girandosi verso di lui «Niente, solo essere un'ottima Hufflepuff. Sono qui, sarò fedele alla mia Casa. Ah, comunque io sono Amelia Prewett, mi puoi chiamare Amy.» Aveva aggiunto, rendendogli la mano con un sorriso.
«Newton Scamander, ma puoi chiamarmi Newt.»
Gli anni erano passati, e Amy si era rivelata la migliore Hufflepuff della storia (anche se Newt non avrebbe mai osato dirglielo), leale fino alla morte, paziente e una gran lavoratrice. Era cresciuta moltissimo, diventando alta quasi quando lui, e aveva tagliato i capelli corti com'era la moda dell'epoca. Era rimasta al suo fianco a prescindere dalle stranezze, e i due erano ormai diventati inseparabili.
Amy sapeva perfettamente come la pensava il suo amico sul contatto fisico non richiesto, quindi si limitò ad avvicinarsi sorridendogli, aspettando che fosse lui a prendere l'iniziativa. Newt non amava abbracciare, quindi si limitò a darle un buffetto amichevole sul naso «Devi smetterla di prendermi in giro, stavo solo aiutando un povero bambino indifeso. Il che non rientra nelle mie mansioni, sono solo un Prefetto, non un Caposcuola. A proposito, sai chi è stato nominato quest'anno?»
«Mh sì direi di sì. Un certo Collins di Gryffindor e una certa Prewett di Hufflepuff...»
Newt sgranò gli occhi «Sul serio? Oh Amy, sono così felice per te!» Le disse, sporgendosi in avanti come per abbracciarla, salvo poi bloccarsi a metà strada con le braccia sollevate in una pozione imbarazzante, perché per quanto si ripetesse che era una procedura standard del codice di comportamento umano proprio non riusciva ad abbracciare la gente. Amy lo guardò intenerita per un secondo, poi riprese il suo solito cipiglio «Hai capito bene Salamander, quindi ti conviene stare ai miei ordini se non vuoi che ti tolga punti.»
«Non lo faresti mai, sei troppo Hufflepuff.»
«Salamander, ribadisco, non ci siamo proprio. Ora carica il mio baule su quella carrozza e inizia un po' a raccontarmi le tue avventure estive, che saranno sicuramente più interessanti delle mie!»



Sala Grande
Ora di cena


A tavola, davanti a un buon pasticcio caldo, i due parlavano delle loro vacanze.
Newt era stato in Polonia alla ricerca dei Berretti Rossi, Amy avrebbe dovuto raggiungerlo ma si era fatta male a una spalla quindi era stata costretta a passare l'estate a casa in Scozia.
«E dimmi, Pastry come sta?» Gli chiese, servendosi il purè.
Lui emise uno sbuffo frustrato «Per la milionesima volta, si chiama Lungo Artiglio. Non Pastry.»
«È il mio ippogrifo, decido io come si chiama!»
«Non è che perché ha deciso che gli stai simpatica allora è diventato il tuo ippogrifo.»
«Lo dici solo perché a te si rifiuta di inchinarsi. Gli hai detto che mi mancava e che ero tremendamente dispiaciuta di non poterlo venire a salutare?»
«Sì, l'ho fatto. Mi sembrava di avertelo scritto in ogni lettera in cui me lo ricordavi. E sì, prima che tu me lo chieda, l'ho detto anche a mia madre. E mi è sembrata più dispiaciuta lei di Lungo Artiglio.»
«Pastry.»
«Va bene, Pastry. Ah, sei invitata da noi per le vacanze di Natale, nel caso avessi qualche dubbio. Le passi da noi da quattro anni, ma mia madre ci teneva a ribadire il concetto con largo anticipo questa volta.»
«Penso non ci siano problemi, non vedo l'ora di salutare lei e Pastry!»
Newt stava per affondare il viso nel purè, vinto dall'inesorabile testardaggine dell'amica, quando l'attenzione dell'intera sala fu catalizzata dal Preside Dippet, alzatosi in piedi in quel momento per il classico discorso inaugurale.
«Signori e Signore, buonasera. Sono spiacente di aver interrotto il nostro splendido banchetto proprio sul più bello ma non temete, devo solo dirvi poche cose poi potrete tornare al dessert. Come credo tutti voi sappiate, notizie funeste ci arrivano dal mondo babbano. Venti di guerra hanno cominciato a soffiare nel continente da quest'estate, e la situazione pare poter solo peggiorare. Non dobbiamo pensare che questa cosa ci lasci indifferenti, anzi; qualche mago sta già purtroppo sfruttando la situazione in suo favore, sono sicuro che tutti sappiate a chi mi sto riferendo. Voi siete al sicuro dentro alle mura di Hogwarts, ma molti di voi si diplomeranno quest'anno e noi vogliamo essere sicuri di sapervi protetti a dovere, una volta usciti da qui. Per questo motivo abbiamo stabilito, per gli studenti dell'ultimo triennio, dei corsi aggiuntivi di duello, DADA e Incantesimi. Sono sicuro che capiate l'importanza di questa cosa. Bene, dopo queste spiacevoli notizie credo sia giunto il momento di raddolcirvi con i nostri imperdibili dessert. Mi raccomando, dopo cena recatevi tutti nei vostri dormitori; da domani iniziano le lezioni, non vorrete essere stanchi!»
Gli studenti ricominciarono a mangiare, anche se meno allegri di prima.
Newt guardò con la coda dell'occhio Amy togliere con una foga mia vista la granella di zucchero da un bignè. Conosceva perfettamente i sentimenti dell'amica, suo fratello maggiore era un Auror e lavorava in incognito in Germania da mesi, sulle tracce di Grindelwald. Da quanto sapeva, la famiglia non aveva sue notizie da prima dell'estate.
«Come sta Ignatius?» Le chiese sottovoce.
Amy tremò leggermente «Silenzio stampa, come sempre. Ci è giunta voce che fosse a Berlino a giugno, ma non abbiamo certezze.»
Newt le sfiorò la mano sporca di zucchero con la sua, in un gesto di conforto che usava spesso con lei. Stava per dirle qualcosa quando una voce alle loro spalle s'intromise.
«Newton! Sei scomparso appena sceso dall'Espresso, temevo ti avesse mangiato la Piovra Gigante!»
Newt si girò immediatamente, incapace di trattenere un sorriso imbarazzato «Sono stato ehm, preso dai miei doveri di ehm, Prefetto.»
Una risata cristallina sfuggì alla ragazza «Oh Newton, continuo a dimenticarmi di questa strana decisione del Preside. Sono sempre dell'idea che abbia ascoltato troppo a lungo il canto di un Fwooper. Non ti avrà fatto anche Caposcuola, mi auguro?»
«Ehm no, quello è toccato alla mia collega degli anni scorsi... Amy, te la ricordi?» Rispose Newt, introducendo così nella conversazione anche l'amica.
L'altra ragazza le rivolse un sorriso falso come l'ottone «Ma certamente! Buonasera Prewett, come stai?»
«Lestrange. Stavo bene fino a un secondo fa, adesso mi è venuta un po' di nausea. Troppo pasticcio, suppongo.» Rispose Amy, senza nemmeno fingere cordialità.
Leta Lestrange, Slytherin, "l'altra amica di Newt", si esibì di nuovo nella sua risata cordiale, scuotendo i lunghi capelli scuri «La prima sera a Hogwarts dopo le vacanze è impossibile non esagerare, ti capisco!»
Amy sussurrò tra i denti qualcosa come "non ci crede nessuno pazza anoressica" poi si alzò di scatto «Accompagno i bambini nel dormitorio, credo rientri nei miei compiti di Caposcuola. Ricordati della riunione dei Prefetti, Newton.» Aggiunse, calcando particolarmente sull'ultima parola. Lui la guardò smarrito «Non ci sarai anche tu?»
«Sono diventata Caposcuola. Buonanotte a tutti. Bene, Hufflepuff del primo anno? Sono il vostro Caposcuola e ora vi accompagnerò nel nostro dormitorio.»
Newt fissò la schiena dell'amica che si allontanava, perplesso. Non riusciva proprio a capire perché Amelia e Leda non riuscissero ad andare d'accordo.
Leta gli si sedette accanto, nel posto lasciato vuoto dall'altra «È sempre più pazza, quella ragazzina.» Commentò freddamente, senza un minimo accenno della cordialità precedente.
«È solo molto ehm, ligia al dovere. Ecco perché è diventata lei Caposcuola e non io.»
«Meglio, così potremo fare le ronde insieme senza che lei si metta in mezzo! Allora, cosa mi racconti di quest'estate? Sei riuscito a trovarli?» Gli chiese, con quella sua strana luce negli occhi. A volte Newt la trovava quasi inquietante.
Leta aveva la sua stessa passione per le creature magiche, era quella che li aveva uniti al terzo anno. Lei però pareva avere anche una bizzarra passione per gli esperimenti, che Newt non condivideva affatto.
«C-certo che li ho trovati! Ho anche preso qualche appunto; avevi ragione tu, sono particolarmente violenti con i babbani.»
Un sorriso inquietante si dipinse sul volto della ragazza, ma Newt si impose di ignorarlo «P-purtroppo però non sono riuscito a portarne a casa n-nessuno. Sai, con la guerra che si avvicina i b-babbani sono molto più... Sospettosi, ecco.»
Leta sbuffò «Newton, ti ho già detto mille volte come devi fare con i babbani!»
«Lo so, lo so. Ma obliviarli mi sembra così cattivo, preferisco restare nell'ombra.»
«Certo, certo, obliviarli... Vorrà dire che ci concentreremo su qualcos'altro! Le lezioni di Cura delle Creature le abbiamo insieme quest'anno? O siete ancora con i Corvi?»
«Non lo so, l'orario arriva solo domani mattina. Spero che s-saremo insieme però.»
«Oh, anch'io! Altrimenti da chi potrei copiare gli appunti delle noiosissime lezioni di teoria? Comunque dobbiamo andare, ci vediamo dopo alla riunione dei Prefetti! Ciao Newton.» Lo salutò lei, vedendo che il resto degli Slytherin Purosangue stava lasciando la Sala Grande.
Newt prese un altro biscotto al miele, la sua personale droga, e si avviò con calma alla sua Sala Comune.



Sala Comune Hufflepuff
Stanza della Caposcuola Prewett
Notte


Amy si era trovata ad avere una stanza nuova al settimo anno, ed era una sensazione strana. Da una parte era più comoda, aveva una sua scrivania e non correva il rischio di essere disturbata dalle sue compagne di stanza. Dall'altra però era una gran sentimentale (perfetta Hufflepuff, avrebbe detto Newt) e le era dispiaciuto molto abbandonare quello che per sei anni era stato il suo letto.
In più non aveva ancora avuto modo di mettere a posto la sua roba, subissata dagli impegni com'era. Aveva dovuto accompagnare i bambini al dormitorio, spiegargli il ritmo che dovevano suonare sui barili (sapeva già che nei prossimi giorni molti di loro sarebbero andati da lei spaventati e sporchi di qualunque cosa ci fosse in quella trappola, com'era successo a lei il primo anno) e poi fare una breve riunione con Collins, il Caposcuola Gryffindor che Dippet le aveva affiancato. Un bravo ragazzo, senza alcun dubbio, ma un po' troppo verboso. La riunione non sarebbe dovuta durare che pochi minuti, invece erano rimasti a chiacchierare per quasi un'ora, finché i Prefetti non erano giunti a reclamare la stanza per programmare le loro ronde.
Era stata quindi costretta a rincontrare Newt e la Lestrange, e se la cosa a cena le aveva dato abbastanza fastidio, ora rendendosi oltretutto conto che senza di lei i due avrebbero sicuramente fatto tutte le ronde assieme aveva avuto il medesimo effetto di un pugno nello stomaco.
Siccome riteneva l'odio un sentimento esagerato, preferiva definire ciò che provava per Leta Lestrange come "una profonda antipatia giustificata dagli atteggiamenti bizzarri e poco condivisibili della ragazza, e anche dal fatto che si approfittasse bassamente del suo migliore amico che di lei era inconsapevolmente innamorato."
Lei e Newt avevano conosciuto la Lestrange al terzo anno, durante una lezione di Cura delle Creature Magiche. Aveva fatto un'intervento interessante sulla muta degli Schiopodi Sparacoda che era stato accolto con ammirazione da tutti, soprattutto da Newt, che si era preso una cotta fulminante per lei.
Quando per la prima volta gli aveva chiesto se gli piaceva, lui era diventato dello stesso colore dei suoi capelli e si era limitato a balbettare un "non ho idea di cosa tu stia dicendo". Amy aveva riso.
Quando aveva continuato a chiederglielo, e lui aveva continuato a risponderle così, Amy si era offesa: era la sua migliore amica, perché non confidarsi almeno con lei? Poi aveva capito: Newt non si era davvero reso conto di essersi preso una cotta. Era così innocente e goffo da non capire nemmeno i sentimenti che provava.
Quel che era certo però era che Leta Lestrange l'aveva capito perfettamente, e non faceva che sfruttare la cosa a suo vantaggio. Si approfittava di Newt per ogni cosa, dagli appunti alla sua passione per le creature magiche. Era soprattutto questo suo interesse a preoccupare Amy, perché dai discorsi che le aveva sentito fare quando Newt non era nei paraggi aveva intuito che a lei le creature non interessassero per quello che erano ma per quello a cui potevano servire. Che intendesse usarle per le pozioni o come armi, erano discorsi inquietanti comunque.
Ovviamente però Newt non aveva voluto saperne nulla. "Sei prevenuta solo perché è una Slytherin", aveva addirittura osato dirle una volta, beccandosi il trattamento del silenzio di punizione per una settimana.
Amy sbuffò, finendo di mettere a posto le sue cose con un ultimo colpo di bacchetta. La sua irreprensibile lealtà Hufflepuff le impediva di disinteressarsi dei problemi sentimentali dell'amico, anche se a volte avrebbe voluto farlo.
Si mise il pigiama e si infilò finalmente sotto le coperte. Lanciò un'occhiata sorridente alla foto incorniciata sul suo comodino, lei è Newt che ridevano in una landa desolata irlandese. Sperava solo che la Lestrange non combinasse qualcosa di estremo, perché per quanto morisse dalla voglia di picchiarla o affatturarla (molto poco Hufflepuff, avrebbe detto Newt) non voleva vedere il suo amico stare male.

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Capitolo 2
*** II ***


II
Dove Newt si dimostra il solito imbranato, ma Amy cerca di non prendersela


2 Settembre 1914
Sala Grande
Mattina


La Sala Grande era pressoché vuota, come sempre a quell'ora del mattino. Raramente vi si trovava prima delle otto qualcuno che non fosse un Hufflepuff o un Ravenclaw; le Serpi salivano dai loro lugubri dormitori solo quando il sole era già alto, e ancor più tardi arrivavano i Grifoni. Il che era un bene, perché appena arrivavano loro iniziava il frastuono che poi durava per tutta la giornata, finché anche l'ultimo di loro non si era ritirato nella torre.
Amy amava la Sala Grande la mattina presto. Poteva leggere il Profeta in tutta tranquillità, e bere il suo tè senza rischiare che venisse rovesciato da un esuberante Gryffindor. Le piaceva mangiare pane che il coltello incantato le imburrava, lasciandole le mani libere per sfogliare il giornale e concentrarsi sulla politica estera, alla ricerca di informazioni su Ignatius, ascoltando il rumore del temporale che il soffitto incantato le riportava.
Qualcuno si sedette accanto a lei e Amy fu tentata di ignorarlo, ma poi abbassò il Profeta e fu contenta di averlo fatto. Davanti a lei stava Newt, con il suo sorriso timido e i capelli rossi sempre più ingovernabili.
«Buongiorno Newt! Mattiniero come sempre, vedo.» Gli disse, avvicinandogli il piatto di biscotti al miele di cui andava pazzo.
Newt la guardò qualche secondo con aria leggermente imbarazzata poi le diede qualcosa che stava nascondendo dietro alla schiena: era un cupcake al cioccolato, con una guarnizione di glassa gialla e nera. Amy passò lo sguardo dal dolce al ragazzo e viceversa qualche volta prima di posarlo su di lui, molto perplessa.
«New, il mio compleanno è tra dieci giorni...» Sussurrò, mortificata.
Lui arrossì «Ma no! So perfettamente q-quando è il tuo compleanno! È per oggi, sai. L'a-anniversario di quando ci siamo ehm, conosciuti.»
Amy desiderò ardentemente che si aprisse una botola sotto ai suoi piedi per poterci sprofondare senza mai più ritornare in superficie: come aveva fatto a dimenticarselo?! Era dal secondo anno che facevano così, ogni 2 settembre, in occasione del giorno in cui si erano conosciuti ed erano diventati amici, si trovavano la mattina in Sala Comune per scambiarsi un pensierino, niente di che. Solo che quella mattina, ancora scombussolata dal ritorno a scuola e dalla sua nuova camera da Caposcuola, non aveva minimamente considerato il pacchetto avvolto in carta oro con fiocco nero che la sera prima aveva appoggiato sulla scrivania.
Il suo io interiore smise di urlare improperi a gran voce solo quando lei si accorse che Newt la stava guardando molto preoccupato. A quel punto non poté fare a meno di arrossire, e sul viso di Newt comparve un'erronea consapevolezza.
«Non te lo ricordavi?» Disse piano, e Amy ebbe una gran voglia di abbracciarlo per la tristezza che gli lesse nella voce.
«No! Cioè sì, ovvio che me lo ricordo. È solo che è mattina presto e io ho dormito poco e l'ho lasciato in camera. Perché anch'io ho qualcosa per te ovviamente. Sei il mio migliore amico non posso dimenticarmi il giorno in cui sei diventato parte della mia vita. Perché tu sei parte della mia vita Salamander, tu sei una grandissima parte della mia vita, quindi non devi pensare neanche per scherzo che mi dimentichi di te. Ma è bellissimo questo cupcake! L'hai fatto tu?»
Per quanto travolto dall'uragano di parole dell'amica, Newt parve sollevato «No, sono andato ieri sera a chiedere un favore agli Elfi delle cucine. La ricetta è quella che ami di mia madre, e la glassa ovviamente è perché dopo sei anni sei ufficialmente una Hufflepuff modello!» Le rispose con un gran sorriso.
Lei, che aveva lasciato perdere il suo pane imburrato alla frase quando aveva scoperto che il dolcetto era fatto con la ricetta della madre di Newt, quella che lei preferiva in assoluto, lo tacitò con un gesto della mano affondando i denti nel dolce regalo.
«È buoniffimo.» Biascicò a bocca piena, facendo ridere l'amico.
«Temevo che non te lo saresti potuto godere appieno, visto che ieri sera avevi mal di stomaco.»
«Ma no, figurati! Sai com'è il ritorno ad Hogwarts, il banchetto, il pasticcio, Leta...»
«Leta?»
«L'età, Salamander, l'età. I diciassette si avvicinano anche per me, ormai sono vecchia, i banchetti luculliani di questo posto mi riempiono in fretta.»
«Buongiorno ragazzi!» Esclamò una voce alle loro spalle, facendoli girare di scatto. Ai loro occhi si palesò un ragazzo biondo e allampanato, con un paio di spessi occhiali da vista e tre pesanti tomi in mano: era Doug Boot, Ravenclaw, terza parte del loro gruppetto.
Amy gli rivolse un sorriso sporco di glassa «Buongiorno Doug! Prego, siediti con noi, è una vita che non ci vediamo! Come stai?»
Doug si accomodò all'altro fianco di Amy, dopo aver risposto la cordiale cenno di saluto di Newt (sapevano tutti del problema di Newt con il contatto fisico, e facevano in modo che fosse più di tanto un problema). «Sto bene, grazie! Ho passato una gran bella estate in Provenza a studiare le essenze, ho visitato anche un laboratorio babbano e credo di essere a buon punto con la mia ricerca.»
Se Amy e Newt erano appassionati di animali, l'amore di Doug era tutto per le piante. Era uno dei pochi in tutta Hogwarts a puntare ad un Eccezionale nei MAGO in Erbologia, e stava scrivendo un trattato sui diversi usi che si potevano fare delle piante magiche e di quelle babbane. Una noia mortale, secondo i due Hufflepuff, ma era sempre piacevole parlare con qualcuno di così entusiasta.
«Voi invece? Siete poi andati in Polonia alla ricerca dei Berretti Rossi?»
«Io sì, Amy purtroppo ha deciso di tentare una carriera nel Quidditch amatoriale e si è ferita ad una spalla pochi giorni prima della partenza.»
«E mia madre, che già non approvava del tutto il fatto che facessi un viaggio fuori dal Regno Unito con un ragazzo, ha pensato bene di steccarmi il braccio per quasi un mese, nonostante con una pozione il male fosse già passato tutto.»
Doug rise «Scusa, non avevi detto a tua madre che saresti partita con Newt?»
«Oh sì che glielo avevo detto, e so che lo conosce benissimo, però temeva comunque che lui decidesse di attentare alla mia virtù tra uno squallido ostello e l'altro.»
A quelle parole Newt arrossì violentemente, provocando l'ilarità degli amici «A-avremmo dormito in stanze s-separate...» Balbettò.
«Salamander, so per certo che non attenteresti alla mia virtù nemmeno se dovessimo dormire nudi nella stessa branda. Sei un gentiluomo Purosangue, tu, mica un bruto stupratore.»
«Oh guardate, gli orari!» Esclamò Newt, ben contento di poter cambiare argomento. La contentezza sparì appena vide che Hufflepuff e Ravenclaw avrebbero fatto lezione di Cura delle Creature Magiche insieme. Così di classi da passare con Leta gli rimanevano solo Incantesimi e Pozioni, visto che aveva abbandonato Antiche Rune l'anno prima.
«Ehi Newt guarda, c'è anche il calendario del Quidditch! Hufflepuff-Ravenclaw è la seconda partita del campionato, come sempre. Chi è rimasto nella vostra squadra?»
«Il capitano Fraser, Hobbler, i Cartwork e io, se il Capitano mi vuole ancora.»
La vena sportiva di Newt aveva stupito tutti, quando al terzo anno si era presentato alle selezioni per diventare Cacciatore e le aveva passate. Non era l'asso della squadra, ma se la cavava e aveva sempre mantenuto il suo posto nella squadra.
«Ah, da noi invece non manca quasi nessuno, il problema sarà per quelli dell'anno prossimo quando ce ne andremo!»
Amy finì il suo tè «Uomini, vi lascio a parlare di sport e vado a trovare un'altra donna con cui parlare di uncinetto e bambini.» Annunciò alzandosi. Anche a lei sarebbe piaciuto giocare a Quidditch, ma la società aveva idee ben precise sul ruolo delle donne e dello sport.
«Ci vediamo a Trasfigurazione. Mi ricorderò il regalo Salamander, lo giuro!»



Classe di Trasfigurazione, Settimo Anno

Newt guardava afflitto la bizzarra creatura che i suoi scarsi tentativi di trasfigurazione animale avevano creato: un topolino grigio con orecchie da gatto e una coda decisamente troppo lunga, che sembrava quasi ricambiare il suo sguardo, anzi, sembrava addirittura compatirlo un po'.
Trasfigurazione non era esattamente quello che avrebbe definito il suo cavallo di battaglia. Lo affascinava molto, e quindi l'aveva mantenuta anche dopo i GUFO come materia opzionale senza MAGO, ma i suoi risultati nella pratica si rivelavano sempre piuttosto deludenti.
Indeciso se tentare o meno un'ultima volta (chissà che arto di chissà quale animale avrebbe aggiunto alla povera bestiola con un'ulteriore tentativo), spostò lo sguardo sul banco di Amy, dove la ragazza trasfigurava un animale in un altro con una semplicità impressionante e un'espressione tremendamente annoiata sul volto. Effettivamente la trasfigurazione animale era un argomento semplice dell'anno passato, e Amy frequentava addirittura la classe speciale di Trasfigurazione avanzata, quindi era una reazione più che normale. Accortasi che Newt la stava fissando, mosse un'ultima volta la bacchetta trasformando la gallina sul suo banco nel topolino bianco iniziale poi si girò verso il suo amico «È carino. Di cosa si tratta?» Gli chiese, sforzandosi di non ridere.
«Non sei divertente, Prewett.»
«Oh scusa Salamander, ricordavo fossi tu l'esperto di creature magiche! È la coda che mi lascia un po' perplessa, è troppo lunga per un animale così piccolo. Forse così andrebbe meglio.» Aggiunse, muovendo la bacchetta verso il banco dell'amico e riportando l'animale al suo stato iniziale. Newt e il topo la guardarono pieni di gratitudine. Il professor Dumbledore, dalla cattedra, li guardò sorridendo.
La lezione finì pochi minuti dopo e i ragazzi uscirono.
«Che lezione hai adesso?»
«Pozioni, con gli Slytherin. Tu?»
«Aritmanzia con i Ravenclaw. Devo darti il tuo regalo! Ci vediamo a pranzo o preferisci che te lo dia ora?»
«A pranzo così abbiamo più tempo. A dopo!» la salutò Newt, e si avviò nei sotterranei.
Il corridoio dell'aula di Pozioni, così come quello del dormitorio Slytherin, si trovavano più in basso di quello delle cucine e del dormitorio Hufflepuff, il che implicava molto freddo e molto buio. Newt li trovava estremamente inquietanti.
«Newton!»
Sorrise; ecco la sua personale guida in quei gelidi sotterranei.
«Buongiorno Leta. Come stai?»
«Come ieri, un po' più riposata! L'orario mi è andato benissimo quest'anno, non ho mai lezione la mattina presto.»
«Sono molto contento per te. Purtroppo non seguiremo insieme Cura delle Creature Magiche...»
Leta fece spallucce «Abbiamo comunque Pozioni, Incantesimi e le ronde da Prefetti per discutere dei nostri progetti!»
Newt non sapeva che avessero dei "loro progetti" di cui discutere, ma si sentì molto felice al pensiero.
L'insegnante di Pozioni gli diede da preparare il Distillato della Morte Vivente, e gli studenti si misero all'opera. Leta era molto meticolosa, pesava gli ingredienti al millesimo e ricontrollava le indicazioni più e più volte. Newt era molto più creativo, provava cose alternative e annotava i risultati delle sue variazioni su un consunto taccuino verde.
«Newton metti giù quelle uova di ragno se non vuoi che te le faccia mangiare.»
«Non le potremmo ehm, usare al posto dell'asfodelo?»
«Mettile giù se non vuoi che ti faccia mangiare tutti i ragni dei sotterranei e le loro uova.»
«Leta...»
«Cosa vuoi?»
«Hai già messo la v-valeriana?»
«Sì Newton, stai attento.»
«La stai per mettere di nuovo.»
La lezione finì anche quel giorno senza spargimento di sangue del povero, creativo Hufflepuff, e con la loro pozione elogiata come la migliore della classe.
«Newton, devi smetterla di essere così creativo e cominciare a seguire le indicazioni. Come pensi di fare ai MAGO?»
«P-prometto che farò i miei esperimenti in separata sede.»
Lo sguardo di Leta si illuminò di quella sua luce strana, a quelle parole «A proposito di esperimenti, cosa sai dirmi degli unicorni?»
«Ehm, sono animali molto schivi, il loro corno ha proprietà altamente magiche così come il suo sangue e il suo pelo, ma sono molto difficili da catturare. P-perché?»
«Oh, niente, niente.» Rispose lei elusiva, velocizzando il passo verso il suo dormitorio. Newt la prese per una spalla «Inoltre è illegale catturarne e ucciderne uno. Cosa vuoi fare, Leta?»
«Niente, Newton. Non voglio fare niente, di male a nessun unicorno. Voglio solo fare degli studi, ma non coinvolgerò creature vive nella cosa. Se vuoi controllarmi, puoi venire con me in biblioteca a darmi una mano.»
«Adesso? Non pranzi?»
«Il cibo è sopravvalutato, Newt Scamander.»
Newt ci rifletté qualche secondo: la sua Sala Comune era accanto alle cucine e gli Elfi avevano l'abitudine di lasciare sempre qualche manicaretto in caldo sul tavolo davanti al camino, poteva passare a prendere qualcosa prima di andare a DADA.
Solo dopo mezz'ora in biblioteca, quando quella di posticipare il pranzo gli sembrava ormai una pessima idea, si ricordò dell'appuntamento con Amy.
«Merlino!» Gridò alzandosi di scatto, terrorizzando Leta e guadagnandosi un'occhiataccia dalla bibliotecaria.
«Newton, non farlo mai più. Sei impazzito?!»
«Avevo un a-appuntamento con Amy!» Farfugliò lui, cominciando a rimettere i libri alla rinfusa nella borsa. Leta sollevò un sopracciglio, perplessa «Un appuntamento con Prewett? Newton, puoi avere di meglio...»
«Non quel tipo di appuntamento!» Sibilò lui «Mi deve d-dare una cosa, le avevo detto che ci saremmo visti a p-pranzo!»
«Beh ormai avrà finito di pranzare, puoi anche rimanere qui.»
«S-stai scherzando. Non conosci Amy. Devo andare. Ci vediamo.»
Si scapicollò verso la Sala Grande così velocemente da non avere nemmeno il tempo di pensare a una scusa valida per il suo ritardo. Arrivò giusto in tempo per vedere un fiume di gente uscire dalla sala, e temette di averla persa; poi però la individuò, appoggiata al muro accanto alla porta, che si guardava attorno preoccupata.
«Amy!»
Arrivò di corsa davanti a lei «Eccomi, scusa, io...»
«Newt! Mi hai fatta spaventare, pensavo stessi poco bene! Ero già pronta ad andare in Infermeria.»
«No io ehm, ero in biblioteca.»
Un'espressione perplessa si dipinse sul viso della giovane «In biblioteca? Non avevi Pozioni?»
«S-sì, ma vedi, Leta aveva bisogno ehm, di una mano e-e io...»
Un'ombra passò nello sguardo di Amy «Oh. Leta. Ti eri dimenticato del nostro appuntamento perché Leta aveva bisogno di una mano.»
Il tono usato dalla ragazza fece provare a Newt uno strano senso di colpa.
«Scusami. Ha cominciato a parlare di unicorni e cose strane, volevo solo essere sicuro che non avesse strane idee.» Mormorò, guardandosi i piedi «Capisco perfettamente se vuoi tenerti il regalo.» Aggiunse.
Amy sbuffò «Non fare lo Snaso bastonato, Salamander. Il regalo te lo do, ma tu vedi di non dimenticarti più un nostro appuntamento per nessun motivo, altrimenti trasfigurerò tutte le tue cose e sappiamo entrambi che non sapresti rimetterle a posto.»
Newt stava per dirle che certe frasi erano più da serpe che da Hufflepuff, ma qualcosa gli disse che avrebbe fatto meglio a tacere, e prese il pacchetto giallo-oro che Amy gli stava porgendo.
Era un taccuino con la copertina in pelle, gli spigoli rinforzati e una chiusura magica che si sarebbe aperta solo al tocco della sua bacchetta. «Amy, non dovevi. È bellissimo! E io ti ho solo preparato un dolce...»
«Smettila di fare la donzelletta. Aprilo dai!»
Sulla prima pagina del taccuino, con l'elegante e impeccabile calligrafia di Amy, c'era scritto "Gli Animali Fantastici di Newt Scamander".
«Ho visto che il tuo taccuino è distrutto e quasi finito, e poi gli appunti lì sono in disordine, qui potresti raccoglierli meglio! Ti piace?»
Newt pensò che avrebbe anche potuto abbracciare l'amica.
Amy si trovò quindi avvolta da qualcosa di morbido ma tremendamente rigido, e impiegò qualche secondo a capire che si trattava di Newt. Dopotutto, l'unico altro abbraccio nella loro storia risaliva a quando si erano rivisti al secondo anno, ed era stata lei a lanciarglisi addosso lasciandolo traumatizzato. Sentendosi arrossire in maniera imbarazzante, ricambiò l'abbraccio.
«A sapere che bastava un taccuino te l'avrei regalato prima...» Borbottò quando l'abbraccio si sciolse. Newt le sorrise, facendo quasi sciogliere anche lei.
«Dai su, andiamo a DADA. Vuoi che passiamo dalla Sala Comune per vedere se c'è qualcosa da mangiare?»
«Mi leggi nel pensiero, Prewett!»

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Capitolo 3
*** III ***


III
Dove le due amiche di Newt non fanno nulla per andare d’accordo
 
 
15 Ottobre 1914
Classe di Cura delle Creature Magiche, Settimo Anno
Parco di Hogwarts, pomeriggio

Il tempo passava, scandito dalle lezioni, dai pomeriggi di studio, dalle ronde notturne, ed era ormai metà ottobre quando finalmente la pioggia diede tregua agli studenti per una lezione pratica di Cura delle Creature Magiche.
Inutile a dirlo, Newt era in fibrillazione. Aveva ricopiato tutti i suoi appunti sul quaderno nuovo e li aveva ampliati con quelli delle nuove lezioni, aveva discusso con il professore della sua spedizione alla ricerca dei Berretti Rossi, ma voleva vedere qualche creatura con i suoi occhi per carpirne il più possibile.
Lui e Amy se ne stavano in piedi in trepidante attesa, sprofondati in cinque centimetri di fango fresco, lei con la calda sciarpa Hufflepuff tirata su fin quasi agli occhi per ripararsi dal vento. Poco lontano da loro, seduto sulla staccionata ancora umida, stava uno sconsolato Doug, che ancora si chiedeva perché avesse continuato quel corso.
«Buongiorno ragazzi! Finalmente una lezione all'aperto, non siete contenti?» Esclamò il professor Cline, arrivato in quel momento con una gabbietta in mano. Newt si sporse immediatamente per cercare di capire cosa fosse la creatura di quel giorno, ma il professore se la nascose prontamente dietro la schiena, ridendo. «Scamander, insomma, un attimo di pazienza!»
Newt arrossì, ma sapeva che non doveva prendersela. Cline era il suo professore preferito, era lui che l'aveva spinto ad approfondire la sua passione per le creature, che gli consigliava sempre luoghi nuovi dove andare in esplorazione durante l'estate, e spesso si ritrovavano nello studio del professore per un tè e una chiacchierata istruttiva.
«Ci siamo tutti? Perfetto, buongiorno, signori e signore! Dunque, qualche indizio sull'animale di oggi: mangia le ortiche, vive nelle grotte e le api non
vanno d'accordo con lui. Qualche idea?»
Amy guardò Newt «È quello con il nome strano che abbiamo trovato a Belfast?» Gli sussurrò. Lui annuì ed entrambi alzarono la mano, accompagnati da un gemito di sconforto di Doug.
Cline aspettò ancora un attimo per vedere se qualcun altro avrebbe risposto, poi con un sospiro diede la parola al ragazzo.
«È un Glumbumble, signore. Infesta gli alveari, fa il favo in zone buie come le grotte e si nutre di ortiche.»
«Eccellente, Scamander. Cinque punti ad Hufflepuff. Ora, guardate questa meraviglia...» Aggiunse, aprendo finalmente la gabbietta.
La classe, soprattutto la parte femminile, emise versi di disgusto. Persino Amy, che ne aveva catturati alcuni con Newt, lo guardò con aria schifata «Me lo
ricordavo brutto, ma non così tanto.»
Il Glumbumble era un grosso insetto peloso, con ali grandi ed emetteva un verso piuttosto fastidioso, come se volesse rendere partecipe la classe di quanto poco amasse essere lì in quel momento. Newt lo guardava con aria adorante.
«Ragazze, insomma! Non offendete il povero Bob! Chi mi sa dire, ora che sapete cos'è, qualche altra caratteristica del caro Bob? Sì, Prewett?»
«Produce una sostanza simile alla melassa che provoca malinconia.»
«Ottimo, altri cinque punti ad Hufflepuff. Qualcos'altro?»
Una Ravenclaw bionda nelle ultime file alzò la mano.
«Sì, Steeval?»
«La suddetta melassa può essere utilizzata come rimedio all'isteria, ad esempio in caso di ingestione di foglie di Alioto.»
«Perfetto, avete studiato allora! Cinque punti anche a Ravenclaw. Ora, chi vuole toccare questo tesorino?»
Amy si fece immediatamente da parte: aveva preso in mano una di quelle cose orribili già quando era andata in missione con Newt e ricordava perfettamente la sensazione più che sgradevole. Newt invece fu ovviamente il primo a farsi avanti, come aveva sempre fatto; alla sua prima lezione aveva insistito per prendere in braccio uno Kneazle, portava ancora le cicatrici dei suoi graffi micidiali.
«Guarda il bimbo come si diverte.» Sussurrò Amy a Doug, che continuava a guardarli perplesso e schifato.
«Ehi, Amy? Vedi questa macchia bluastra qui?» Le chiese Newt attirando la sua attenzione. La ragazza si avvicinò alla bruttissima bestia.
«Lì sotto l'ala? Sì, è strana?»
«Nessuno degli esemplari che avevamo trovato in Irlanda ne aveva una simile!»
«Mh, non ricordo così nel dettaglio...»
«Professor Cline! Bob ha qualcosa di strano!»
«Strano? Sia più specifico, Scamander!»
Newt fece esaminare la macchia al professore, che lo guardò piacevolmente stupito «Complimenti Scamander, potresti aver scoperto qualcosa di importante. Ti saprò dire appena scoprirò qualcosa in più. Potete andare ragazzi, io e Bob dobbiamo fare un salto al laboratorio.»
Gli studenti sciamarono di nuovo verso il castello.
«Cosa pensi che avesse la creatura?»
«Si chiama Bob. Non saprei, dovrei riesaminare i miei appunti, lo farò stasera
prima della ronda. Andiamo al corso intensivo di DADA?»
«Oh sì, non vedevo l'ora di essere usata come sacco da boxe dagli Slytherin...»

Mezz'ora dopo, le aspettative di Amy non erano state disattese. Anzi.
«Maledizione, basta! Basta!» Gridò con voce piena di collera, tentando di rialzarsi dopo l'ennesimo Schiantesimo dello Slytherin con cui stava duellando.
Questi la guardò sogghignando «Il duello non finisce finché non ti disarmo, Prewett, e mi sembra che nonostante tutto tu abbia ancora la bacchetta in mano.»
«Allora disarmami e facciamola finita, Avery.» Sibilò lei, di nuovo in posizione eretta per quanto barcollante.
«Non penso proprio. Obscuro!»
Una benda magica coprì gli occhi di Amy, che si limitò ad un sospiro affranto «Molto originale, Avery. Non lo fai proprio mai.» Disse, creandosi uno scudo attorno mentre si toglieva la benda, evitando così un altro Schiantesimo.
Avery era molto bravo, a differenza di Amy, ma era anche molto ripetitivo. E per Amy, che era il suo bersaglio preferito durante i duelli, era diventato facile capire alcuni dei suoi schemi, come bendarla e lanciarle uno Schiantesimo mentre si liberava dalla benda. Purtroppo però il ragazzo rimaneva molto più forte di lei, quindi l'incantesimo che le scagliò dopo distrusse il debole scudo e la spedì contro il muro opposto.
«Expelliarmus.» Disse a quel punto, ritenendosi soddisfatto. La bacchetta di Amy gli volò in mano, e aspettò svogliatamente che lei si rimettesse in piedi per ridargliela.
«Ottimo lavoro, Avery. Prewett, dovresti almeno provare a difenderti...» Le disse il professore, accompagnandola giù dalla pedana. Lei mugugnò qualcosa e si sedette pesantemente accanto a Newt, che la guardò affranto. L'ultimo colpo ricevuto, oltre alla botta alla schiena, le aveva procurato un taglio sulla guancia, quindi le diede il fazzoletto che teneva sempre pronto dopo i suoi duelli.
La sua compagna di duello era ovviamente Leta, e i due duellavano con calma e precisione, disarmandosi una volta per uno, quindi nessuno dei due riportava mai ferite. Amy invece veniva presa di mira da tutti gli Slytherin, probabilmente a causa della volta in cui aveva difeso Newt dai loro attacchi al secondo anno. Una ragazzina Hufflepuff che gli si opponeva non era vista di
buon occhio dai gradassi Slytherin.
«Giornata no, Prewett?» Infierì la Lestrange, seduta all'altro fianco di Newt. Amy desiderò schiantarla.
«Sarebbe bello duellare in maniera corretta e rispettosa, per una volta. Aspettare che l'avversario sia tornato in piedi prima di colpirlo di nuovo, per esempio.»
«Credi che in guerra siano tutti lì ad aspettare i comodi di una ragazzina? Mi meraviglio di te, Prewett; tuo fratello non ti ha raccontato niente?»
Amy alzò di scatto la testa, fulminando l'altra con lo sguardo «Non parlare di cose che non conosci, Lestrange.» La ammonì fredda. Newt cercò di diventare il più possibile parte della sedia.
Leta rise «Oh Prewett, ne so molto più di te! Non basta avere un fratello informato sui fatti per capire come gira il mondo. Anzi, posso dire di avere idee mie, anziché precetti inculcatimi dalla mia famiglia.»
«Come se nessuno sapesse cosa fa la tua famiglia, Lestrange.» Concluse Amy, lapidaria, e si alzò in piedi. Era mortalmente pallida e dovette aggrapparsi allo schienale della sedia per non cadere a terra, ma Newt sapeva che era rabbia, non conseguenze del duello.
«Professore, mi scusi, temo di dover andare in Infermeria. L'ultimo colpo non mi ha fatto per nulla bene.»
«D'accordo Prewett. Vuoi che qualcuno ti accompagni o pensi di farcela da sola?»
Newt sentì distintamente lo sguardo dell'amica puntato su di lui per qualche secondo, poi Amy rispose «Dovrei farcela. Se quando uscite mi trovate
agonizzante in un corridoio, per favore, portatemi in Infermeria.»
 

Terzo piano, corridoio
Notte

Newt era esausto. Dopo il duello e gli allenamenti di Quidditch (era stato confermato nella squadra, e quella domenica si sarebbe disputata la partita contro Ravenclaw), eccolo a girare senza meta per i corridoi fino a tarda notte per la ronda da Prefetto. Alla stanchezza fisica si aggiungeva la preoccupazione per Amy, che non era andata a cena e quindi forse era ancora in infermeria.
«Newton, questa sera i quadri sono più di compagnia di te.»
La voce di Leta lo distolse dalle sue preoccupazioni «Scusa, ehm, l'allenamento.»
«Tanto la finale sarà anche quest'anno tra Gryffindor e Slytherin. Davvero, mi chiedo perché voialtri vi ostiniate a fare le squadre.»
Newt si sentì punto nel vivo da quell'affermazione «Se voi Gryffindor e Slytherin non andaste in giro a vantarvi in questo modo delle vostre capacità atletiche, probabilmente molti più Hufflepuff e Ravenclaw si interesserebbero alle proprie squadre e potremmo competere tutti equamente. Ma siete voi gli sportivi, dopotutto; i Ravenclaw sono studiosi e gli Hufflepuff sostanzialmente inutili, no?»
Un silenzio sorpreso seguì le sue parole, durando qualche minuto. Persino Newt era stupito di se stesso, aveva dato voce ai suoi pensieri su un argomento di cui fingeva di non curarsi troppo, e in più l'aveva detto a Leta
senza balbettare nemmeno una volta.
«Non siete inutili, siete solo buoni. Troppo buoni, disgustosamente buoni! Anche la tua amica, la Prewett, quando duella non attacca, si limita a difendersi. Può andar bene quando hai undici anni, ma noi siamo maggiorenni, e i ragazzi della mia Casa sono aggressivi. Non può prendersela con me se non sa difendersi.»
«Amy sa difendersi. Ma tu non dovevi p-parlarle del fratello. È una situazione difficile, è il suo ehm, punto di riferimento ed è in pericolo, a casa non hanno sue n-notizie da quest'estate. A proposito, tu cosa sai della g-guerra?»
«So quello che sappiamo tutti, che l'Inghilterra babbana probabilmente si unirà presto al conflitto, e che al Ministero si sta discutendo se appoggiare la manovra o meno. Personalmente non penso che dovremmo aiutare i babbani, dopotutto noi non c'entriamo nulla con loro.»
«E di ciò che succede in Germania, tu cosa sai?»
«Te l'ho appena detto, Newton. Lo sai che la guerra è contro la Germania, no?»
«Intendo cosa sai di Grindelwald.»
Leta perse per un istante la sua abituale espressione impenetrabile, ma si riprese subito «Mi dispiace deluderti, ma ne so quanto te. Ha dei progetti bellicosi contro i babbani ed è probabile che cerchi di sfruttare la Guerra a suo favore. Questo è tutto quello che so, se non mi credi puoi sempre darmi del Veritaserum.»
Seguirono altri lunghi minuti di un silenzio teso e imbarazzato. Newt si guardava le punte delle scarpe con estrema attenzione, Leta ondeggiava nervosamente la bacchetta.
«S-scusami, sono solo stanco.» Mormorò lui dopo un po'.
Lei gli rivolse un sorriso storto «So che non pensi davvero che io sia una fanatica di quel genere. Te l'ho detto, Newton, sei buono. Sei un Hufflepuff. E domenica vincerete voi la partita. Ora vai a riposarti, finisco io qui. Tanto, è l'ultimo piano che dobbiamo fare.»
«Grazie. Ci vediamo d-domani, buonanotte!»

Amy era appena tornata in Sala Comune. Era rimasta in Infermeria nonostante la sua condizione non fosse grave, era stanca e molto nervosa a causa della Lestrange quindi si era fatta dare un po' di Distillato della Pace per cercare di rilassarsi. Aveva anche saltato la cena per evitare di incontrare qualcuno che potesse vanificare gli effetti del Distillato, ed era rimasta a chiacchierare con l'infermiera fino a tardi.
Uscita dall'Infermeria aveva incontrato Collins, il Caposcuola Gryffindor, che era parso molto sollevato dal vederla.
«Prewett, cercavo proprio te! Mi hanno detto che Avery ti ha spedita in Infermeria dopo un duello, è vero quindi?»
«No, Avery mi ha tartassata per bene ma non ero qui solo per lui. Diciamo che persino l'innata bontà degli Hufflepuff può essere messa alla prova da quelle serpi.»
Lui le aveva sorriso, comprensivo «Non dirlo a me. Ero preoccupato, temevo di
dover fare la ronda di domani da solo!»
«Non avevo dubbi... Appurato che sto bene, buonanotte Collins.»
«Ehi aspetta! Sono un bravo cavaliere, lascia che ti riaccompagni alla tua Sala Comune. Non vorrei che qualche altro Slytherin danneggiasse la mia collega Caposcuola, senza di lei le ronde sarebbero troppo noiose!»
Si era fatta accompagnare fino alla pila di barili, ma si era rifiutata di insegnargli la combinazione di suoni. Era un bravo ragazzo, Collins, era quasi divertente fare le ronde con lui.
Aveva appena preso in mano una fetta di torta lasciata su un tavolino dagli Elfi, quando sentì la porta della Sala Comune aprirsi di nuovo. Istintivamente portò la mano alla bacchetta, ma si rilassò quando vide che era solo Newt. Poi si irrigidì di nuovo, ricordandosi di come lui l'aveva abbandonata dopo il duello.
Lui le sorrise, ignaro «Ehi! Eccoti finalmente, mi sono preoccupato a non vederti a cena!»
«Non mi sembrava ti preoccupasse molto la mia salute, dopo il duello.»
Newt indietreggiò «C-cosa significa?»
«Beh per quanto ne sapevi potevo essermi accasciata da qualche parte mentre andavo in Infermeria.»
Sul viso del ragazzo si dipinse un'espressione colpevole talmente triste che Amy dovette quasi farsi violenza per non perdonarlo all'istante «Scusami Amy, non mi ero reso conto che stessi tanto male, pensavo fossi solo arrabbiata con Leta. Sei rimasta in Infermeria fino adesso? Perché non mi hai fatto chiamare?»
«Sì, sono uscita adesso, ma ho passato la mia serata a chiacchierare con l'infermiera. Mi ha medicato il taglio sulla guancia e mi ha dato del Distillato della Pace, non sono stata male, ero solo furiosa.» Ammise lei.
Newt parve sollevato «Oh Amy, mi ero spaventato! Comunque ho parlato con Leta, le ho detto che non deve parlarti di tuo fratello. Dice che non ti sai difendere...»
«Non parlarmi della Lestrange.»
Le era uscito troppo brusco, se ne rese conto allo sguardo stupito di Newt. Per evitare di tornare in Infermeria a elemosinare altro Distillato, prese un respiro profondo e alzò le mani in segno di resa «Sono stanca e dolorante, è meglio se vado a dormire. Notte Salamander.»
«Amy?»
«Dimmi.»
«Sei tornata in dormitorio da sola a quest'ora di notte?»
«No, mi ha accompagnata Collins. Il Caposcuola Gryffindor.»
«Oh bene. Ah, Amy...»
«Newt.»
«Ci vieni comunque alla partita domenica?»
Amy dovette mordersi le labbra per non sorridere «Probabilmente sì.»


18 Ottobre 1914
Campo da Quidditch
Mattina

«Ecco Hobbler che lancia un altro bolide contro Butler! Sono agguerriti questi Hufflepuff oggi, eh ragazzi? Butler schiva ma gli cade la pluffa ed ecco Scamander che la prende al volo! Bravo Scamander, non pensare solo alle tue strane bestie!»
Le risatine del pubblico furono subito coperte dal boato dei tifosi Hufflepuff, capitanati da un'Amelia Prewett col viso dipinto dei colori della casa e coperta di stendardi.
«E Scamander segna! 110-90 per Hufflepuff. Ehi, e il boccino? Qualcuno sa dov'è il boccino? Fraser, Randall, voi lo vedete? Oggi i cercatori sembrano in difficoltà! Nel frattempo la pluffa è di nuovo in mano a Scamander che oh! Scamander schiva un bolide di Carter e mantiene la pluffa! Va verso gli anelli ma è marcato a vista e passa la pluffa a Cartwork che segna! 120-90 per Hufflepuff! Ragazzi, quanta Potenza questi tassi! Ma cosa c'è là? È il boccino! Fraser e Randall si lanciano all'inseguimento, è un testa a testa, eccoli, ci sono quasi... E Fraser prende il boccino! Hufflepuff vince, 250 a 90! Complimenti tassi, complimenti! Qui Jordan, il vostro cronista preferito, che vi dà l'arrivederci al prossimo match della stagione, Ravenclaw-Gryffindor!»
Le squadre tornarono a terra tra i boati del pubblico, i corvi si complimentarono con gli avversari per la vittoria e i tassi si strinsero in un gigantesco abbraccio di gruppo (l'unico tipo di contatto fisico che Newt non aveva il coraggio di rifiutare).

Uscito dagli spogliatoi, con i capelli rossi ancora umidi, Newt si trovò davanti Doug e Amy, ancora col viso truccato e uno stendardo per mantello. Si sorrisero.
«Complimenti per la partita, è stata una vittoria ben meritata.» Gli disse lo sconfitto Doug, stringendogli la mano.
«Grazie Doug, voi vedete di battere i Gryffindor tra due settimane.» Gli rispose il rosso. Poi si girò verso Amy «Grazie per essere venuta.»
Lei arrossì leggermente e sbuffò «Oh insomma, figuriamoci se potevo lasciare gli Hufflepuff senza il capo coro! Dai andiamo a pranzo, ho fame io, mi figuro tu!»


***
Angolo autrice: buonasera! Spunto così, senza un vero perché, dopo due capitoli di silenzio stampa da parte mia, per rispondere ad alcune domande che mi sono state poste e per darvi alcune specificazioni.
Non metterò prestavolto per gli OC, perché non mi sono ispirata a nessuno di particolare per crearli e preferisco che siate voi lettori a pensarli come più preferite. Ovviamente non detengo i diritti sui personaggi creati da JK Rowling, ma nel remoto caso che a qualcuno di voi venisse voglia di usare qualche mio OC per i vostri scopi siete pregati di avvertirmi!
Tutte le nozioni sulle Creature Fantastiche vengono dalla mia copia di "Animali Fantastici e Dove Trovarli", e non ne inventerò altre.
Spero di avervi detto tutto; mi raccomando, se la storia vi piace (o non vi piace) non esitate a lasciare una recensione!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** IV ***


IV
Dove uno Slytherin resta uno Slytherin
 
31 Ottobre 1914
Sala Grande
Mattina
 
Newt era stato fuori tutta la notte a caccia di creature. Grazie alla sua amicizia con il professor Cline otteneva il permesso di visitare la Foresta Proibita una notte al mese per ampliare le sue ricerche. Quella notte aveva trovato moltissimo Vermicoli, qualche Asticello e uno strano animale che non conosceva, molto simile ad un bruco. 
Era sabato, non c'era lezione, e lui non voleva far altro che entrare in Sala Grande, prendere un quintale di biscotti al miele e poi andare finalmente a dormire nella sua stanza.
Entrato il Sala Grande, per qualche secondo temette di essere già entrato nel mondo dei sogni.
Centinaia di zucche intagliate volteggiavano in giro per la sala, illuminate da candele perpetue, cantando antiche musiche che gli parvero celtiche. I fantasmi si aggiravano tronfi per la sala, alcuni stavano seduti a tavola con gli studenti delle loro case. Sulle tavole, assieme alle pietanze della colazione, c'erano teschi e candele di un rosso inquietante. 
Non avendo nemmeno la forza di darsi un pizzicotto, Newt si limitò a fissare la sala con aria rassegnata.
«Buongiorno Salamander, felice Halloween anche a te!» Esclamò Amy, comparsa improvvisamente davanti a lui, spaventandolo a morte.
«Tu sei pazza... Cos'è questa roba?»
«È Halloween, Newt. La festa delle streghe. Stasera si festeggia, te ne parlo da settimane, lo facciamo ogni anno. Ma da dove vieni? Non ti ho visto in Sala Comune stamattina!»
Newt si fece accompagnare dall'amica fino al tavolo giallo nero «Foresta Proibita. Vermicoli. Asticelli. Uno strano bruco. Biscotti. Letto. Sonno.» Biascicò, mettendo una decina di biscotti in un piattino.
«Me lo racconterai nei dettagli più tardi, ho capito. Adesso vai a dormire, ti voglio bello fresco e riposato per la festa di stasera.»
 
A Leta piaceva molto Halloween. Non la versione babbana della festa, dove i babbani osavano vestirsi da streghe o creature oscure. Le piaceva la versione originale, incentrata sul macabro tema della morte.
Amava molto anche la festa che si teneva ogni anno ad Hogwarts, anche se qualche Nato Babbano o Mezzosangue aveva cominciato a portare nella scuola la moda dei travestimenti. Lei si limitava a vestirsi interamente di nero, distribuire fuochi fatui in giro per tutta la scuola e gironzolare nella foresta di notte alla ricerca del cimitero dei centauri. In sei anni non l'aveva ancora trovato, ma confidava che il suo ultimo Halloween nella scuola sarebbe stato quello giusto.
Cercava Newton per chiedergli di accompagnarla, ma non lo trovava da nessuna parte. Avvicinandosi al corridoio delle cucine, dove sapeva che c'era anche la Sala Comune Hufflepuff, incontrò Amelia Prewett con una zucca incantata sottobraccio.
«Prewett, sai dov'è Newton?» La interpellò con poca grazia.
L'altra non perse il sorriso «È appena andato a dormire, ha passato la notte nella Foresta Proibita a caccia di creature. Quando si sveglia gli dico che lo cercavi, se me ne ricordo.»
Leta era visibilmente sorpresa «Nella Foresta Proibita? E non ti ha voluta con lui?»
Il sorriso dell'altra si allargò «Non mi pare che abbia voluto nemmeno te.»
«A questo posso rimediare, volevo invitarlo a cercare il cimitero dei centauri stanotte.»
Amelia la guardò allibita «Il cimitero dei centauri?! Lestrange, sei uscita definitivamente di senno? I centauri sono pericolosi!»
«Sono sei anni che cerco il loro cimitero e non mi hanno mai fatto niente. E poi è la meta perfetta per la notte di Halloween, meglio che travestirsi come sudici babbani. Quindi appena Newton si sveglia comunicagli il mio programma, sono sicura che accetterà. Buona giornata Prewett.»
«Ferma lì.» La bloccò Amelia, intercettando il suo movimento.
«Vuoi che ti schianti?»
«No, Lestrange, ma ti ricordo una cosa: sono Caposcuola, ed entrare nella
Foresta Proibita di notte è, giustamente, proibito. Figuriamoci cercare il
cimitero dei centauri, chissà quanti punti potrei togliere alla tua casa di
puristi.»
«Non puoi togliermi punti solo perché ti ho raccontato un mio progetto!»
«No, ma posso assicurarti che stasera farò personalmente la guardia al  portone del castello e se ti vedrò uscire con o senza Newt vi toglierò un bel po' di punti. A meno che non mi lasciate venire con voi.»
«Mi stai davvero ricattando? Dopo sette anni mi fai venire il dubbio che potessi essere un'ottima serpe?»
«Non esagerare, Lestrange, se mi offendi dopo mi tocca toglierti dei punti. Quindi ci stai?»
Leta avrebbe preferito piantarsi degli aghi negli occhi, ma fu costretta a fare buon viso a cattivo gioco. «Avverti tu Newton, ci vediamo questa sera in Sala Grande.»
 
Newt si svegliò a metà pomeriggio, piuttosto affamato. Scese in Sala Comune e oltre a molti loro compagni di casa ci trovò Amy, che leggeva un libro sorseggiando una cioccolata calda.
Si accomodò accanto a lei, servendosi dei dolcetti lasciati dagli Elfi.
«Salamander! Ben svegliato, ti sei riposato a sufficienza? Per stasera ho un progetto molto affascinante.»
Immaginando che si trattasse di un qualche strano travestimento per la festa, Newt annuì entusiasta «Da cosa vogliamo vestirci quest'anno?»
«Oh, per il costume pensavo a semplici canini allungati con la Trasfigurazione umana. Non preoccuparti, lo farò io. Ma non staremo tanto alla festa, andremo nella Foresta Proibita!»
Il ragazzo rischiò di soffocarsi con il dolcetto «Perché?! Ci sono stato stanotte, non credo ci saranno molte differenze!»
Amy arrossì un poco «Andiamo a cercare il cimitero dei centauri...»
Newt sapeva benissimo da chi arrivava quel progetto «Vuoi cogliere Leta in flagrante e togliere punti a Slytherin così?» La rimproverò.
«In realtà volevo andare con lei. Mi ha detto che voleva invitarti, io ho pensato di toglierle dei punti però non volevo sembrare troppo cattiva nei suoi confronti così ho deciso di venire anch'io. Non fare quella faccia, Newt!»
«Ma tu non sopporti Leta.»
«E Leta non sopporta me, infatti non le faccio veramente un favore unendomi a voi. Allora, ci stai?»
Newt emise un verso di sconforto e annuì. Dopotutto, quanto sarebbe potuta andare male?
 
Malissimo.
Col fiato mozzo e le gambe che bruciavano da quanto stava correndo, Newt si maledì mentalmente per aver anche solo pensato che una serata a tre nella Foresta Proibita potesse non andare troppo male.
«Temo che anche per quest'anno dovrò rinunciare al cimitero dei centauri.» Disse Leta, che correva alla sua destra.
«Leftrange, fono tuoi amici, digli di fmetterla!» Le rispose Amy, che correva all'altro fianco del ragazzo. Aveva sbattuto contro un ramo e si era tagliata un labbro con i canini trasfigurati.
«Oppugno!» Gridò qualcuno alle loro spalle, e i tre deviarono bruscamente a destra per evitare una pioggia di pietre.
«Nel caso non te ne fossi accorta in questi anni, Prewett, non sono l'idolo dei miei compagni di Casa! Exulcero!» Le ringhiò contro Leta, girandosi all'ultimo per lanciare l'incantesimo.
«Non mi intereffa Leftrange, voglio folo ufire da qui ed è colpa tua fe fiamo qui!»
Newt avrebbe voluto dirgli di non sprecare il fiato che gli serviva per correre.
Si erano inoltrati nella Foresta poco prima delle dieci, decidendo che ne sarebbero usciti entro mezzanotte, cimitero dei centauri o meno. Leta aveva circoscritto una zona molto interna, ed erano quasi arrivati quando si erano resi conto di non essere soli: un gruppo di Slytherin aveva deciso di festeggiare Halloween con un qualche macabro rituale di Magia Oscura, e non erano stati per nulla contenti della visita inaspettata. Avevano così iniziato una rocambolesca fuga tra gli alberi, cercando disperatamente di ritornare fuori dalla Foresta.
«Dobbiamo fermarci e affrontarli. Prewett, tu corri fino al Castello e cerca aiuto.»
«Non ci penfo nemmeno!»
«Non ti sai difendere, sei un peso morto per noi!»
«Fcommettiamo? Confringo!» Gridò la ragazza, scagliando l'incantesimo contro una roccia vicina, che esplose in mille pezzi che si schiantarono sugli inseguitori.
«Li affrontiamo tutti insieme. Non si lascia indietro nessuno.» Sibilò Newt con quel poco di fiato che gli era rimasto, nascondendosi dietro un albero.
«Stupidi Hufflepuff.»
Amy lo imitò, puntandosi rapidamente la bacchetta alle labbra «Ferula.» Mormorò, e il taglio si rimarginò immediatamente.
Gli Slytherin sbucarono nella piccola radura dove si erano fermati «Venite fuori e non vi faremo nulla!» Disse uno di loro. 
"Oh Avery," pensò Amy con un sorriso, riconoscendo la voce "temo ti pentirai dei nostri duelli".
«Silencio! Oppugno!» Gridò, sporgendosi un poco dal suo nascondiglio. Il ragazzo fece un gran volo all'indietro.
«Impedimenta!» Le fece eco Newt.
Leta, accucciata dietro un cespuglio, li guardava costernata «Così non li attaccate sul serio!»
Un lampo giallo raggiunse il braccio di Newt, ferendolo. Un altro colpo quasi distrusse l'albero che lo proteggeva, costringendolo a spostarsi in fretta per evitare di rimanerci sotto. Si ritrovò quindi al centro della radura, circondato dagli avversari.
«Expelliarmus!» Gridò qualcuno, e la bacchetta gli sfuggì tra le dita. Newt sentì il panico, fino a quel momento confinato in un angolo dalla fatica e dall'adrenalina, invadergli il petto.
Uno Slytherin dai denti storti, McNair, lo guardò con un sorriso perfido «Scamander, cosa ci fai qui? Non dovresti essere con le tue creature, strambo?»
Prima che potesse alzare di nuovo la bacchetta contro di lui, un lampo invase la radura.
«Protego Maxima!» 
Un muro argenteo comparve tra lui e l'avversario.
«Expelliarmus! Pietrificus Totalus!»
La bacchetta di McNair volò via, lo Slytherin accanto a lui fu pietrificato.
Avery, riavutosi dal colpo, si lanciò in difesa degli altri due, ma fu disarmato all'istante.
Newt si rese conto solo in quel momento di aver chiuso gli occhi; riaprendoli, si trovò accanto Amy, con un'espressione furente e le bacchette degli Slytherin nella mano che non reggeva la sua, puntata contro i ragazzi.
«Avery, di' al tuo amico che lo libero solo se ti dà la sua bacchetta e tu ti fai disarmare.» Ringhiò. Il ragazzo, abituato a lanciarla qua e là a colpi di incantesimo durante le esercitazioni, era così stupefatto e quasi spaventato che tolse a forza la bacchetta dalle mani dell'amico è praticamente la lanciò ad Amy, che liberò il ragazzo senza però togliere lo scudo.
«Veniamo al lato pratico della situazione. Nessuno di noi dovrebbe essere qui stanotte, non mi interessa cosa stavate facendo anche perché mi mettete i brividi, e a voi non interessa quello che stavamo facendo noi. Ora torneremo tutti quanti al Castello cercando di non farci notare, e nel caso qualcuno dovesse farlo prometto di ridare a tutti i punti che ci toglieranno. Provate a dire o fare qualcosa di sbagliato e vi prometto che ve ne pentirete fino alla fine dei vostri giorni. Sono stata chiara?»
Tutti annuirono e Amy tolse lo scudo. Leta uscì solo allora da dietro al cespuglio, guadagnandosi dall'altra ragazza un'occhiata piena di disprezzo. Finse di ignorarla, concentrandosi sull'incantesimo di puntamento per tornare al Castello.
Amy si avvicinò a Newt «Fammi vedere come sta quel braccio.»
Lui scrollò le spalle «N-niente di che, lo medico quando torniamo al Castello. Tu stai bene?»
«Sono solo stanca.»
«Mi dispiace che tu sia stata coinvolta.»
«Scherzi, spero. Senza di me saresti ridotto a un colabrodo, visto il coraggio della Lestrange. Meno male che ho deciso di venire con voi. Dai, andiamo.»
S'incamminarono in silenzio, Leta davanti e gli altri due a chiudere la fila per evitare possibili strane mosse degli Slytherin, che però parevano troppo spaventati da Amy per poter anche solo pronunciare un Lumos.
«Non capisco, agli allenamenti non fa così, la vedete anche voi...» Sentirono sussurrare Avery.
«Mio fratello è un cazzo di Auror, Avery, credi che non mi abbia insegnato a difendermi decentemente? Non mi piace combattere, però so fare.» Lo zittì Amy, gelida.
Arrivati al Castello, si separarono con più nonchalance possibile. Gli Slytherin si infilarono immediatamente nei sotterranei, Leta compresa, che non si fermò neanche un secondo a ringraziare i due Hufflepuff.
«Cosa vuoi fare? Vuoi tornare alla festa?»
Newt guardò l'amica: era pallida come la morte, con una traccia di sangue rappreso sotto il labbro e tremava leggermente.
Scosse la testa «È meglio se per stasera finiamo qui i festeggiamenti. Che ne dici di una bella cioccolata in tazza davanti al camino?»
Dall'altro capo della sala, nascosto da una delle pesanti porte d'ingresso della Sala Grande, una figura li osservò scendere nei loro sotterranei. Aveva un'espressione dubbiosa e una spilla con la C appuntata al petto.

 

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Capitolo 5
*** V ***


V
Dove la Storia comincia a pesare sulla storia
 
5 Novembre 1914
Sala Grande
Mattina
 
Nell'aria c'era qualcosa che non andava, se ne resero conto più o meno tutti quella mattina.
A colazione, Newt sbocconcellò qualche biscotto senza particolare gusto, e Amy fissò la sua tazza di tè per dieci minuti prima di allontanarla senza berne nemmeno un sorso.
«Va tutto bene?» le chiese Newt.
Lei scosse la testa «Forse mi sto ammalando, mi sono svegliata stamattina con un peso sul petto. Adesso vado in Infermeria.»
«Vuoi che ti accompagni? Ho un'ora di buco prima di Pozioni.»
Sulla soglia della Sala Grande i due incrociarono Leta. Dall'incidente nella Foresta le due ragazze avevano smesso di rivolgersi anche i convenevoli di rito, e anche Newt faticava a mandar giù il fatto che Leta si fosse nascosta lasciando che fosse Amy a salvarlo. Si scambiarono perciò solo un cenno di saluto, proseguendo ognuno per la sua strada.
In Infermeria Madama Waterston fece spogliare Amy per visitarla, facendo arrossire brutalmente Newt quando gli chiese se per caso voleva assistere. Le previsioni della Hufflepuff però si rivelarono errate, non aveva un principio di influenza, quindi fu rispedita fuori senza pozioni di sorta.
«Forse sei solo stanca, stai già studiando un sacco e in più hai un sacco di oneri a causa della tua carica di Caposcuola.» Le disse Newt, mentre passeggiavano senza meta per i corridoi del terzo piano.
Lei fece per rispondere ma qualcosa attirò la sua attenzione «A proposito di Caposcuola, Newt, nascondimi!» Sussurrò, e si mise alle spalle del ragazzo.
Purtroppo però i tempi in cui gli arrivava a malapena alle spalle erano passati, e Newt non era di sicuro un armadio, quindi il tentativo della ragazza di scomparire fu vano.
«Scamander, Caposcuola Prewett, buongiorno!» Li salutò infatti con voce squillante Graham Collins, il Caposcuola Gryffindor.
Amy spuntò da dietro l'amico, che imbarazzato cercava un modo per allontanarsi da lì il più in fretta possibile. L'occasione gliela offrì lo stesso Collins, dicendo «Caposcuola Prewett, cercavo proprio te, dobbiamo parlare delle ronde di questo mese. Scamander, ti dispiace lasciarci soli?»
«A-assolutamente, non vorrei m-mai interferire coi vostri ehm, importantissimi c-compiti. Ci vediamo a pranzo.» Tartagliò velocemente, e si dileguò.
 
La sera dopo Halloween, quando si erano incontrati per la ronda di routine, Collins aveva cominciato a torchiare Amy perché gli raccontasse cos'era successo mentre tutti erano alla festa. L'aveva vista rientrare con Scamander, la Lestrange e altri tre Slytherin, e la presenza di questi ultimi individui bastava a rendere il tutto una cosa estremamente sospetta.
«Collins, mi dispiace deluderti ma abbiamo concordato le ronde già l'altra sera.»
Lui finse uno sbuffo esasperato «Lavoriamo insieme da due mesi, non sarebbe il momento giusto per iniziare a chiamarci per nome, Amy?»
«Caposcuola Prewett, per te. Sono in questa scuola da sette anni insieme ad un sacco di gente, ma non per questo chiamo tutti per nome, Collins.»
«Ti do il permesso di iniziare con me! Sai almeno qual è il mio nome?»
«Sì, Collins, me l'hai ripetuto almeno un centinaio di volte, ti chiami Graham. Ora, se non hai altro da dirmi, devo andare in Sala Comune a prendere gli appunti di Aritmanzia.»
«Oppure potresti cogliere l'opportunità per dirmi cosa stavate facendo fuori dal Castello ad Halloween.»
"Perché quando mi sono svegliata questa mattina non sono rimasta a letto come avevo progettato? Stupida Amelia, questo tuo essere così diligente ti porterà sul letto di morte a vent'anni" pensò lei, stampandosi in volto il suo miglior sorriso Hufflepuff.
«Te l'ho già detto e ripetuto, Collins. Avevo bisogno d'aria e Newt era il mio cavaliere quindi mi ha accompagnata fuori, e siamo rimasti un po' a chiacchierare.»
«Tu e Scamander con la Lestrange e altri tre Slytherin? Non pare un po' inverosimile anche a te come storia, Amy?»
«Gli Slytherin erano già fuori a fare chissà quale orribile cosa da Slytherin, li abbiamo incontrati e li abbiamo rispediti dentro. Poi siamo rientrati anche noi per evitare le loro rimostranze. Mi pareva di averti già spiegato tutto almeno una decina di volte. Ora, per favore, posso tornare nel mio dormitorio?»
«A proposito, cosa ci fai qui? Non hai lezione?»
«Alla prima ora no, sono venuta in Infermeria. Ho il vaiolo di drago, è altamente contagioso, ti conviene starmi lontano prima che decida di starnutirti addosso.»
Collins rise «Vuoi dirmi che devo proporre al Preside un nuovo Caposcuola dopo soli due mesi? Sei una palla al piede. Parlando seriamente, stai poco bene? Hai bisogno di qualcosa, vuoi che spostiamo i turni delle ronde?»
«Questa mattina mi sono svegliata con un gran peso sul petto, pensavo fosse un principio di influenza ma Madama Waterston ha detto che non ho niente. Probabilmente studio troppo.»
«Studi troppo? Non sei mica una secchiona Ravenclaw!»
Lei si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
«Però forse non è niente, è solo una giornata storta. Anch'io oggi non sono al pieno delle forze, mi sento un po' strano. Forse è il cambio di stagione!»
«Forse. Comunque, ora vado nella mia Sala Comune. Ciao Collins, ci rincontriamo a lezione.»
«Conterò i minuti che ci separano!»
 
 
Classe di Pozioni, settimo anno
 
La pozione da preparare quel giorno era la Pozione Restringente. Non era difficile, avevano imparato a prepararla al terzo anno, ma Newt non riusciva proprio a concentrarsi.
Lanciò un'occhiata sconsolata alla milza di ratto che stava sminuzzando svogliatamente, poi spostò lo sguardo sul suo calderone, dove il liquido che ribolliva non aveva il classico color giallo intermedio, ma tendeva più al rosa.
Era inutile precisare che da quando lui e Leta non si parlavano non condividevano più il calderone, e forse era anche per questo che la sua pozione non rispettava i suoi soliti standard piuttosto elevati. Non che la Slytherin fosse messa tanto meglio, aveva già sbagliato tre volte il senso in cui mescolare e ora stava cercando di rimediare al suo errore, che aveva donato all'intruglio un color rosso rubino.
C'era qualcosa di strano nell'aria, quel giorno. Persino i suoi Asticelli, di solito estremamente pacifici, erano agitati quella mattina. Aveva fatto finta di nulla, ma quando Amy (che vantava un sistema immunitario imbattibile) aveva detto di sentirsi poco bene, per poi essere smentita dall'infermiera, l'inquietudine aveva cominciato a farsi silenziosamente strada in lui.
«Scamander, quegli ingredienti non si aggiungeranno da soli! Bones, il manuale dice chiaramente senso orario, gli orologi a casa tua come funzionano? Insomma ragazzi, cos'avete tutti oggi?! Pronto? Siete al settimo anno, avete i MAGO!» Abbaiò il professore di Pozioni, innervosito dall'indolenza dei suoi alunni ma anche dalla tensione che percepiva nell'aria.
Newt si riscosse e gettò nel calderone la milza di ratto, senza la minima cura. La pozione ribollì qualche secondo poi il colore virò finalmente verso il giallo.
Decise allora di fare ciò che la compagnia di Leta gli aveva sempre impedito: sperimentare.
Un pallido sorriso gli si dipinse sulle labbra quando prese il Grinzafico, lo sbucciò anziché gettarlo nel calderone intatto, e aggiunse alla mistura anche una manciata di aculei di porcospino. Leta, dal posto accanto al suo, gli rivolse un'occhiata in tralice, la prima da giorni, ma lui continuò a ignorarla.
Continuò ad apportare modifiche, sostituendo alcuni ingredienti con altri che avevano usi simili, mescolando in senso antiorario e facendo bollire la pozione per dieci minuti anziché per cinque. Tutta la classe, escluso il professore che si era rimesso a leggere il Profeta, lo stava fissando, chi ammirato, chi preoccupato che il povero calderone potesse esplodere da un momento all'altro.
Alla fine del trattamento, la pozione aveva effettivamente raggiunto il colore verde acido previsto. Il che poteva essere un caso, dopotutto non era il colore finale che provava la validità della pozione.
Newt ne raccolse una fiala e la portò al professore.
Lui alzò lo sguardo dal quotidiano «Finito, Scamander? È la tua scelta definitiva?»
Newt si limitò ad annuire. Il professore, che non sopportava che un Hufflepuff potesse essere bravo come i suoi protetti Slytherin, gli prese sgarbatamente la boccetta di mano e rovesciò qualche goccia di pozione sulla piantina di Asfodelo che aveva sulla cattedra. La classe trattenne il respiro per qualche secondo, poi la piantina si restrinse perfettamente.
«Bene Scamander, l'hai scampata anche questa volta. Voialtri sbrigatevi, mancano cinque minuti alla fine della lezione.»
 
«Forse non sarebbe stata così una cattiva idea lasciarti improvvisare.»
La voce lo gelò sul posto sulla strada per il pranzo.
«Insomma, per la prima volta nella storia hai preparato una pozione migliore della mia. Che cosa ci hai messo, a proposito? Non sono riuscita a capire.»
Leta gli si era avvicinata e gli stava parlando come se nulla fosse. Come se non l'avesse guardato mentre veniva colpito e disarmato da dei suoi compagni di Casa, nel bel mezzo di un combattimento nella Foresta Proibita dove lei stessa lo aveva fatto finire.
Newt ricominciò a camminare, senza darle corda.
«Ah quindi adesso mi ignori? Non mi chiedi nemmeno come sto?»
Lui accelerò, sperando di arrivare in Sala Grande il prima possibile, perché sapeva che Leta non avrebbe avuto il coraggio di affrontarlo davanti ad Amy.
«Ce l'hai ancora con me per quella sera? Ti avrei aiutato, lo sai...»
"Ho visto" pensò lui, senza però darle la soddisfazione di risponderle.
«Non pensavo che la tua amica fosse in grado di fare delle cose simili. Mi sembravi in ottime mani, non volevo intromettermi.»
Newt salì velocemente gli ultimi scalini, spuntando nell'ingresso. Tra la varia gente che si avviava chiacchierando a pranzo, purtroppo, non trovò Amy. Riconobbe però Doug, con un gruppo di compagni di Casa, e si fiondò da lui sperando che Leta non lo seguisse.
Speranza vana.
«Newt, ciao! Lestrange, tu cosa...»
«Devo parlare con Newton, Boot.»
I due ragazzi si guardarono, Newt disperato e Doug cercando una scusa per trattenerlo, quando una voce gelida alle spalle di Leta li fermò tutti «Non mi sembra che lui abbia voglia di parlare con te.»
Ancora più pallida di quella mattina, con un pesante tomo di Aritmanzia in una mano e la bacchetta stretta nell'altra, alle spalle di Leta stava Amy. Se uno sguardo potesse uccidere, pensò Newt, il custode avrebbe dovuto raccogliere il cadavere di Leta dal pavimento.
«E tu chi sei, il suo MagiAvvocato?»
«Lestrange, ascoltami bene: non è giornata.»
La bacchetta di Amy sprizzava scintille rosse. Newt era sicuro che avrebbe affatturato la compagna, se improvvisamente un braccio non fosse comparso dal nulla ad avvolgerle le spalle.
«Ragazzi, cercavo proprio voi! Ho un certo languorino, andiamo a pranzo? Gli Slytherin non sono invitati, ovviamente.» 
Tre paia d'occhi si girarono esterrefatti verso Graham Collins, che con il suo immancabile sorriso a trentadue denti stava abbracciando Amy e aveva appena sbloccato la situazione senza spargimenti di sangue.
Leta si dileguò all'istante, facendo ridacchiare il Gryffindor. 
«Scusate se mi sono intromesso, ma mi sembravate un po' in difficoltà. Vi lascio andare a pranzo, chiamatemi se avete ancora bisogno di me. Caposcuola Prewett, ci vediamo!»
«Grazie Collins, a presto.» Rispose lei in un soffio.
«Chi era quello?!» Chiese Doug quando il Gryffindor fu sufficientemente lontano.
«È l'altro Caposcuola, Graham Collins, Gryffindor. Vi prego, andiamo a mangiare prima che mi venga un calo di zuccheri.»
 
 
Campo da Quidditch
Allenamenti Hufflepuff 
Pomeriggio
 
Hufflepuff avrebbe giocato quella domenica contro Gryffindor, la rinomata squadra campione degli ultimi cinque anni, eppure la strana sensazione che era nell'aria aveva colpito anche i giocatori, che sembravano essere saliti per la prima volta su una scopa.
Newt deviò all'ultimo secondo per evitare un bolide lasciato libero da uno dei battitori, lasciando cadere la pluffa. Il portiere aveva fatto entrare negli anelli tutti i pochi tiri che erano giunti fino a lui, e il cercatore girava attorno al campo come un'anima in pena, senza notare il boccino nemmeno quando era ad un palmo dal suo naso.
Il capitano Fraser era una furia «Ragazzi, cosa state facendo?! Sembra che non abbiate mai visto una scopa in vita vostra! Domenica giochiamo contro i campioni in carica, quegli arroganti Gryffindor che non siamo mai riusciti a battere, e a quattro giorni dalla partita voi vi rincretinite in questa maniera?! Hobbler, i bolidi li devi colpire con quella maledetta mazza, altrimenti la userò contro la tua testa! E Fraser, santo cielo, quella pallina dorata è il boccino, e tu farai meglio a catturarlo se non vuoi portare un lutto in famiglia!»
«Ma sono tuo fratello...» 
«Papà capirebbe perfettamente! Dovete darvi una svegliata, ragazzi, non siamo qui a raccogliere margherite! Dobbiamo essere aggressivi anche noi, altrimenti continueremo ad essere considerati i noiosi, bravi ragazzi Hufflepuff che non vinceranno mai la Coppa!»
La squadra rispose con dei mugugni colpevoli.
«Basta, se dobbiamo andare avanti così facciamo prima a fermarci qui. Andate negli spogliatoi, prima che arrivino i Gryffindor e pensino di averla già vinta!»
Newt pensò che in realtà non sarebbe stata una pessima strategia, farsi vedere scarsi dagli avversari in modo da farli adagiare sugli allori per poi fregarli sul campo, ma era sicuro che se si fosse azzardato ad aprire bocca Fraser lo avrebbe ridotto in polvere quindi rimase zitto ed entrò assieme agli altri nello spogliatoio.
Non amava molto fare la doccia assieme agli altri, era troppo poco disinvolto per partecipare alle conversazioni dai toni triviali che si svolgevano di solito nello spogliatoio, ma non poteva andare sempre a fare la doccia nel bagno dei Prefetti se non voleva essere tacciato per strambo (più di quanto già non avvenisse). Quel giorno però la squadra era giù di morale, quindi si fecero tutti la doccia in fretta senza battute o racconti strani.
Sulla strada per il Castello incontrò il Caposcuola Gryffindor.
«Ehm, C-Caposcuola C-Collins?»
Lui gli sorrise caloroso «Newt Scamander! Non dovreste essere ad allenarvi? Manca ancora quasi mezz'ora al nostro turno, o il nostro capitano si è confuso?»
«N-no, ehm, ci siamo fermati prima. Io volevo r-ringraziarti per oggi.»
«Ma figurati, evitare che la gente venga affatturata nell'ingresso fa parte dei miei doveri di Caposcuola. Soprattutto se l'affatturante è il mio collega Caposcuola. Se non sono indiscreto, qual era il problema?»
Newt deglutì nervosamente «A-Amy e Leta non vanno ehm, molto d'accordo. Hanno d-discusso di recente e Amy è molto s-stressata in questo p-periodo, quindi le stava per ehm, scappare la mano.»
«Ho notato. E tu come rientri nel quadro?»
«I-io? B-beh, ho l-litigato anch'io con L-Leta e l-lei voleva ehm, parlarmi. Amy fa t-tutto questo per me. È una brava Hufflepuff, p-per lei gli amici sono p-prima di tutto.»
Sul viso di Graham si aprì un sorriso intenerito «Avevo notato anche questo. Senti Scamander, tienila d'occhio, non farla stancare troppo a sgobbare sui libri. Non le fa bene. E convincila a chiamarmi per nome, penso che a te darebbe retta!»
Newt lo guardò perplesso, ma annuì «C-certo, farò il p-possibile.»
«Grazie Scamander! Ci vediamo domenica alla partita, vinca il migliore!»
 
 
Sala Grande
Sera
 
Nell'aria c'era qualcosa che non andava, se n'erano resi conto più o meno tutti nell'arco della giornata. 
A cena, Newt mangiava il pesce senza nemmeno sentirne il sapore, e Amy che era riuscita a farsi portare una tazza di tè dagli Elfi continuava a mescolarlo all'infinito senza mai portare la tazza alle labbra.
Sembrava che nell'aria ci fosse come un'impercettibile onda sonora, che risuonava facendo vibrare sempre più forte i bicchieri fino a raggiungere il punto di rottura.
D'un tratto dalle finestre della Sala cominciarono ad entrare i gufi. Il che era bizzarro è piuttosto inquietante, visto e considerato che non sarebbe dovuto succedere fino alla mattina seguente.
Erano meno gufi di quanti ce ne fossero la mattina, e fu presto chiaro che erano solo quelli che portavano il Profeta agli abbonati. Il che poteva voler dire solo edizione straordinaria, e quelle raramente portavano buone notizie.
Newt sentì Amy irrigidirsi al suo fianco quando vide Cindy, la sua civetta, avvicinarsi col giornale nel becco.
Poi, l'onda sonora raggiunse finalmente il punto di rottura e il bicchiere esplose, travolgendo tutti con i suoi cocci affilati.
«Ragazzi!» Gridò qualcuno dal tavolo Gryffindor, tenendo il Profeta in mano con aria esterrefatta. «Ragazzi! L'Inghilterra è entrata in guerra!»
 

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Capitolo 6
*** VI ***


VI
Dove qualcuno perde la calma, ma per fortuna ci sono gli amici
 
 
5 Novembre 1914
Sala Grande
Sera
 
«L'Inghilterra è entrata in guerra!»
Sembrò come se il tempo si fosse fermato. Per secondi che parvero ore, tutti rimasero immobili, come congelati sul posto.
Nel silenzio assordante che si era creato, il rumore della tazza che si infrangeva al suolo accanto a lui fu come un colpo di cannone. E il tempo ricominciò a scorrere.
Newt si girò di scatto verso Amy, che lo fissava senza vederlo, la bocca spalancata in un urlo muto, il viso pallido come la morte. Tremava e respirava sempre più affannosamente.
Newt era un esperto di attacchi di panico, quando era piccolo ne soffriva e a volte gli capitava anche adesso. La prese saldamente per le spalle e la scosse.
«Amy. Amelia guardami. Guardami.» Le disse con la voce più ferma possibile, cercando di sovrastare il rumore che tutti attorno stavano facendo.
«Guardami. Non fare così. Devi respirare più lentamente, altrimenti starai peggio. Amy. Ti prego rispondimi. Non farmelo fare.»
Siccome la ragazza continuava a iperventilare, Newt non ebbe alternative. Si morse un labbro e poi le diede uno schiaffo, non troppo forte ma abbastanza per farla tornare in sé. Il respiro le si mozzò e lo guardò come se si fosse accorta di lui solo in quel momento. Poi gli occhi le si riempirono di lacrime e cominciò a tremare sempre più forte, balbettando frasi sconnesse.
«Ti porto in Infermeria.»
«No!» Gridò lei, la voce spezzata dai singulti, gli occhi da pazza «Devo tornare a casa! Devi lasciarmi tornare a casa!»
«Non in questo stato, Amy, hai bisogno...»
«Tu non lo sai di cosa ho bisogno!» Rispose lei gridando ancora più forte e tirando un pugno al piattino che era rimasto sul tavolo, integro fino a quel momento.
«Ora avrai bisogno di punti, di sicuro. Vieni.»
Lei si dimenava urlando e cercando di colpirlo con la mano sporca di sangue, ma lui era nettamente più forte di lei quindi riuscì a sollevarla dalla sedia senza il minimo sforzo. Temette di doverla schiantare per portarla in Infermeria, ma fortunatamente si ritrovò affianco Doug, che aveva seguito la scena dal tavolo di Ravenclaw, e la presero ognuno per un braccio.
La trascinarono fino in Infermeria, dove trovarono Madama Waterston già allertata dalle grida della ragazza, che probabilmente si sentivano in tutto il Castello.
«Cos'è successo?» Chiese, mentre i due ragazzi adagiavano Amy su un letto.
«Ha avuto un attacco di panico e suppongo una crisi isterica. L'Inghilterra è entrata in guerra, non so se conosce la sua situazione familiare...»
L'infermiera annuì, triste «Capisco. La mano?»
«Ha dato un pugno ad un piatto. Non sono riuscito a fermarla, mi scusi.»
«Hai fatto fin troppo, Scamander. Lasciatemela pure, adesso, tornate nei vostri dormitori.»
Usciti dall'Infermeria, i due ragazzi si sedettero in una rientranza del muro, non ebbero nemmeno bisogno di chiederselo. Le urla di Amy si spensero dopo qualche minuto, e quel silenzio assordante ripiombò nel corridoio.
«Le ho dato uno schiaffo.» Mormorò Newt dopo un po'.
«Era l'unica soluzione, lo sai anche tu.»
«Non mi perdonerà mai.»
«Probabilmente si sarebbe arrabbiata molto di più se non l'avessi fatto e l'avessi lasciata svenire davanti a tutti.»
«Ho pensato anche di schiantarla per portarla in Infermeria.»
Doug fece un risolino «Ecco, quello no che non te l'avrebbe mai perdonato.»
«Hai sentito come urlava? Voleva tornare a casa, forse avrei dovuto...»
«Cosa? Farla scappare dalla scuola? Di notte? E come poi? Hai fatto tutto perfettamente, l'hai fatta tornare in sé e quando la situazione è peggiorata l'hai portata in Infermeria, dove l'avranno sedata e domani mattina ti ringrazierà. Smetti di torturati, Newt.»
Ancora silenzio.
«Anche se avrei voluto immortalare il momento in cui le hai dato lo schiaffo, non pensavo ne fossi in grado.»
«Così non aiuti i miei sensi di colpa.»
 
Newt non poté dirsi sorpreso, quando qualche ora dopo furono raggiunti da Graham Collins. 
La sua prima reazione, quando lo vide comparire a passo di carica nel corridoio, fu di alzarsi di scatto in piedi ricordandosi solo in quell'istante del suo turno di ronda quella sera.
«Caposcuola Collins io...»
«Lascia stare, Scamander, ho già dato il tuo turno di ronda a un Prefetto di Ravenclaw. Al momento è Amelia la nostra priorità. Chi mi spiega cos'è successo?»
«L'Inghilterra è entrata in guerra.» Rispose laconico Doug.
«Avevo capito che era quella la causa della crisi, ma mi chiedevo come mai.»
«Amy ha un fratello maggiore, Ignatius, che fa l'Auror. Gli è estremamente affezionata. Lui lavora in incognito in Germania da qualche mese, non hanno sue notizie da prima dell'estate, sanno che non è morto solo per una traccia magica che hanno gli Auror. È sempre stata consapevole della pericolosità del lavoro del fratello, ma adesso è in incognito in un paese nemico a tutti gli effetti.» Rispose Newt.
Collins lo guardò sorpreso dal fatto che avesse pronunciato una frase così lunga e complessa senza balbettare nemmeno una volta, poi si riscosse «Ora è tutto più chiaro. Vi dispiace se rimango qui con voi ad aspettare notizie?»
«F-figurati, gli amici di Amy sono nostri amici.»
 
I tre ragazzi furono risvegliati la mattina seguente dal professor Dumbledore.
«Professore! Ci scusi, volevamo essere informati subito sulle condizioni della signorina Prewett.» Disse Collins, alzandosi subito, fresco come una rosa. Newt percepiva come tutta l'umidità dell'antico castello gli fosse entrata nelle ossa, Doug avrebbe avuto un livido a forma di spigolo nella schiena per almeno due settimane, ma anche loro si alzarono di scatto.
Il professore sorrise, affabile «Immaginavo fosse questo il motivo del vostro pernottamento in un luogo così scomodo. La prossima volta, sempre che ce ne sia una, provate ad Evocare almeno una brandina; sono sicuro che vi sentirete meglio. La signorina Prewett si è svegliata poco fa, sta meglio e ha chiesto di voi. In realtà non credo di averle sentito dire il suo nome, signor Collins, ma penso le farebbe comunque piacere vederla. Potete entrare, ma non fate troppa confusione, altrimenti Madama Waterston potrebbe affatturarvi.»
I tre ringraziarono ed entrarono, in religioso e compito silenzio, persino Collins che sembrava esserne fisicamente incapace.
Amy era stesa nel lettino dove l'avevano lasciata la sera prima, aveva la mano fasciata ed era mortalmente pallida, ma meno di prima. Quando li vide gli rivolse un sorriso timido e stanco, e parve anche arrossire un poco quando si accorse che oltre agli amici c'era anche Collins.
«Ciao ragazzi.» Li salutò con voce flebile e roca, come sempre quando urlava tanto.
«Come ti senti?» Le chiese Doug, mentre Newt si fissava le punte delle scarpe con aria colpevole e Graham guardava la mano fasciata della ragazza.
«Meglio. Ho preso una pozione sedativa e ho dormito tutta la notte. Grazie per esservi presi cura di me ieri sera.»
«Come se avessimo potuto fare altrimenti. La mano?»
«Fa un po' male ma credo sia normale, l'infermiera mi ha dato qualche punto. Come mi sono ferita? Temo di non ricordarlo.»
«Hai d-dato un pugno ad un piatto e l-l'hai rotto.» 
«Sul serio? Non ti facevo così forte, Prewett!»
Lei alzò gli occhi al cielo «Collins, per Morgana, tu cosa ci fai qui?» Gli chiese, ma non c'era vero fastidio nella sua voce.
«Non potevo certo rischiare di perdere la mia collega per una crisi di nervi. Anche se temo che dovrò fare a meno di lei per qualche giorno...»
Prima che Amy potesse rispondere, s'intromise l'infermiera «Bene, avete avuto già fin troppo tempo, la signorina Prewett deve riposare e voi dovete andare a lezione. Potete tornare a trovarla oggi pomeriggio nell'orario di visita. Via, forza.»
Dumbledore era ancora fuori dall'Infermeria «Come avete trovato la vostra compagna?»
«Provata. Professore, che ore sono?»
«Circa le sei di mattina, signor Boot.»
«Crede che potremmo essere esonerati dalle lezioni della mattina, almeno? Per dormire un poco...»
«Sono sicuro che nessuno avrebbe nulla da obiettare. Soprattutto considerando che il signor Scamander e il signor Collins avrebbero lezione con me, se non erro?»
I tre ringraziarono poi si separarono per tornare ognuno nel suo dormitorio.
 
 
6 Novembre 1914
Infermeria
Tardo pomeriggio
 
Newt stava davanti alla porta dell'Infermeria e la fissava come se fosse l'ingresso degli inferi. Voleva entrare a salutare Amy e a chiederle come stava, ma aveva la paura tremenda che a mente lucida l'amica si ricordasse dei metodi drastici che aveva usato la sera prima e non volesse parlargli.
Dopo essersi ripetuto almeno un centinaio di volte che se fosse stato coraggioso sarebbe stato smistato a Gryffindor e non nella casa dei timidi e impacciati Hufflepuff, si decise finalmente a varcare la soglia.
Amy era sempre lì nello stesso letto, intenta a sfogliare il manuale di Trasfigurazione Avanzata. Quando sentì il rumore dei suoi passi alzò gli occhi e gli sorrise «Newt! Finalmente, credevo non saresti venuto!»
I sensi di colpa di Newt aumentarono, ma si sforzò di farle un sorriso «S-scusa, d-dovevo fare un tema di P-pozioni.»
Lei gli fece cenno di sedersi sul letto al suo fianco.
«T-ti porti avanti a-anche in Infermeria?» Le chiese, indicando il pesante tomo di Trasfigurazione.
«Oh, me l'ha portato Collins per essere sicuro che avessi qualcosa con cui passarmi il tempo.»
«V-vorrebbe che tu lo chiamassi ehm, per nome. Me l'ha ehm, chiesto p-proprio ieri.»
«Lo so, mi tartassa da settimane con questa storia. Prima o poi probabilmente lo farò. Ora però dimmi qual è il problema.»
Newt avvampò involontariamente «P-problema? Q-quale problema? N-nessun problema.»
«Newt. Hai smesso di balbettare quando parli con me a metà del primo anno. Le uniche volte in cui lo fai ancora, è perché è successo qualcosa che ti preoccupa ma non vuoi parlarmene. Quindi ti prego, dimmi cos'è successo.»
Lui rimase in silenzio ancora qualche secondo, fissando attentamente le piastrelle sotto ai suoi piedi, poi mormorò «Ti ho dato uno schiaffo.»
Silenzio.
«Come scusa?»
Lui alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi sbarrati e l'espressione confusa che lo fecero arrossire ancora di più «Ieri sera. Quando hai avuto l'attacco di panico, per risvegliarti ti ho dato uno schiaffo.»
«Sul serio?»
«Sì e poi ho lasciato che ti ferissi alla mano dando un pugno al piattino. Quindi se sei arrabbiata con me lo capisco.»
Lei lo fissò stralunata ancora per qualche secondo poi scoppiò a ridere.
«Così non mi aiuti.»
«Scusa Newt, ma la situazione è comica. Sei preoccupato che sia arrabbiata con te perché ieri sera per farmi rinsavire da un attacco di panico mi hai dato uno schiaffo? Ma per quale strano motivo dovrebbe succedere una cosa simile?! Newt, guardami. Qual era l'alternativa? Schiantarmi? Ecco, quello non te l'avrei perdonato. Ma questo sì! Anzi, dovrei essere io a scusarmi per quello che ti ho urlato contro e per i pugni che ti ho dato mentre mi portavi in Infermeria!»
«In realtà non me n'è arrivato nemmeno uno, non sei brava nel combattimento corpo a corpo... Forse un calcio o due a Doug però li hai tirati.»
«Sì, lo so, è venuto prima a lamentarsene.»
«Quindi siamo a posto?»
Lei gli sorrise intenerita e gli sfiorò una mano «Siamo a posto. E la prossima volta che dovrai fare male a qualcuno per il suo bene, ricordati di questo giorno.»
Newt rispose al sorriso e le allungò un buffetto sul naso «Adesso cosa farai?»
«Devo stare qui ancora per stanotte, poi credo andrò a casa per qualche giorno. Il preside Dippett ha già mandato un gufo a mia madre, ha detto che appena avrà notizie me le comunicherà. Povera mamma, non riesco a immaginare come stia...»
«Le farà sicuramente bene averti attorno per un po', e farà bene anche a te. E poi così vedrai anche Charlie!»
Gli occhi della ragazza si illuminarono al pensiero del fratellino che, troppo piccolo per frequentare Hogwarts, era rimasto a casa con la madre. «Te lo saluterò! Tu cerca di star fuori da guai mentre non ci sono, non vorrei trovare la nostra clessidra vuota al mio ritorno, ciò farebbe di me una pessima Caposcuola.»
«A questo proposito... Ieri ho incontrato Collins mentre tornavo dall'allenamento. Mi ha chiesto di chiederti se puoi chiamarlo per nome.»
«Lo chiede fin troppo spesso anche a me, non dev'essere abituato a ricevere un no come risposta.»
«Però secondo me dovresti. I-insomma, è rimasto qui fuori con noi tutta la notte, e ti ha portato il libro di Trasfigurazione Avanzata. È un buon amico, non puoi negarlo.»
«Siete stati qui fuori tutta la notte? Pensavo che Doug volesse fare il drammatico!»
«Tutta la notte. Te lo può confermare l'artrite che mi è venuta con tutta l'umidità e il freddo che ho preso.»
«Siete pazzi.»
«No, siamo leali. Io sono un Hufflepuff come te, ricordi? Doug è intelligente e sa sempre qual è la cosa giusta da fare, e Collins valuta le amicizie da bravo Gryffindor. È un buon amico.»
«Credo di aver afferrato il concetto. Siete tutti e tre buoni amici, è innegabile.»
«Ah, io ti ho portato i tuoi biscotti preferiti, li ho presi direttamente dalle cucine, ancora caldi. Sai, nel caso ti fossi arrabbiata con me...»
«Ed ecco perché tu sei il mio migliore amico, Salamander!»

 

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Capitolo 7
*** VII ***


VII
Dove Newton, per una volta, non balbetta
 
 
10 Novembre 1914
Biblioteca
Pomeriggio
 
Amy era tornata a casa da tre giorni e non sarebbe ritornata ad Hogwarts prima di due settimane, stando a quanto gli aveva scritto appena arrivata. La madre era contentissima di poter condividere le sue angosce con qualcuno (non avevano avvertito il piccolo Charles per evitare di angustiarlo) quindi le aveva chiesto di rimanere il più possibile, e inoltre avevano un incontro con il Capo Auror per discutere della situazione di Ignatius.
Amy era tornata a casa da tre giorni e Newt si sentiva braccato come uno gnomo nel giorno della disinfestazione. Sapeva che la presenza di Amy era l'unica cosa che frenava Leta dal cercare di rivolgergli la parola, e quindi sapeva anche che la Slytherin avrebbe approfittato dell'assenza della sua guardia del corpo per incastrarlo in qualche modo e parlare con lui.
Era in Biblioteca per cercare di terminare un tema di Trasfigurazione e si era seduto nel tavolo più distante dalla porta ma dal quale la poteva controllare perfettamente, così da vedere subito l'eventuale entrata di Leta nella stanza e riuscire a nascondersi in tempo. Aveva già scritto 35 centimetri di pergamena e gliene mancavano altrettanti, ma non sapeva come fare perché lui di Trasfigurazione non capiva nulla e quei compiti li faceva sempre con Amy che riusciva a dipanare sempre i suoi dubbi.
Si allungò sulla sedia con uno sbuffo che si trasformò in un gemito sommesso di dolore: era ancora indolenzito dalla partita di domenica, che era durata un'eternità e aveva visto vincitori i Gryffindor seppure di pochi punti. Il Capitano Fraser era una belva e aveva annullato tutti gli allenamenti di quella settimana, e probabilmente in quel momento stava cercando un posto dove nascondere il cadavere del fratellino Cercatore che si era lasciato sfuggire il boccino.
Un colpo di tosse di fronte a lui lo fece trasalire, temendo di essersi perso l'entrata di Leta e di non aver avuto il tempo di nascondersi. Invece davanti a lui stava un ragazzino, forse del terzo o quarto anno, con gli occhi plumbei e lo stemma di Slytherin sul petto.
«S-sì?»
«Newton Scamander?» Chiese il ragazzino, con tono quasi infastidito.
«S-sì?»
«Leta Lestrange desidera vederti.»
«E-e tu saresti?»
«Arcturus Black. La signorina Lestrange richiede la tua presenza questa sera nell'aula di ritrovo dei Prefetti.»
«Puoi dire alla s-signorina Lestrange che so p-perfettamente quando è il mio turno da Prefetto, e non mi risulta sia stasera. Ho c-cambiato turno da due settimane.»
Il ragazzino gli scoccò un'occhiata così piena di disgusto che Newt dovette usare tutto il suo autocontrollo per non arrossire, perché non sarebbe stato dignitoso «La signorina Lestrange vuole discutere con te qualcosa che va oltre i vostri stupidi turni da Caposcuola.»
Newt sbottò «E allora di' alla signorina Lestrange che se lo può scordare. Buona giornata.»
 
«Ha detto, cito testualmente, che te lo puoi scordare. Non capisco come possa esistere gente così maleducata persino tra i Purosangue.»
Leta sospirò «Immaginavo che avrebbe detto qualcosa di simile. Grazie Art, sei stato molto gentile comunque.»
Black fece una smorfia «Il compito di Pozioni è in camera mia come d'accordo?»
Lei annuì e fece per allontanarsi, ma lui la prese per un braccio «Forse se smettessi di frequentare gente inutile come quello Scamander saresti vista più di buon occhio dai tuoi compagni di Casa, Lestrange. E di questi tempi ogni alleato in più può fare la differenza.»
«Grazie del consiglio, Black. Ora toglimi le mani di dosso se non vuoi che tolga cento punti alla nostra Casa per aggressione ad un Prefetto.» Sibilò lei, liberandosi con uno strattone e uscendo a passo di carica nei sotterranei.
Odiava chiedere favori in giro, ma voleva essere sicura che Newton la stesse evitando volontariamente. Non che non l'avesse già abbondantemente capito, soprattutto dopo quella misera figura fatta col Caposcuola Gryffindor nell'atrio della scuola, ma voleva averne la certezza assoluta prima di attuare il suo piano.
Aveva sperato che con la precipitosa partenza della Prewett l'astio di Newton si sarebbe stemperato, anche solo di poco. Aveva sperato che il ragazzo, preoccupato per l'amica, avrebbe abbassato la guardia abbastanza da permetterle di crearsi un varco per rientrare nelle sue grazie. Invece, questa volta doveva proprio ammetterlo, lo aveva sottovalutato. Sembrava proprio che il suo ignorarla e, forse, disprezzarla venisse da lui, non dall'influenza inopportuna della Prewett.
Se fosse stata una stupida Gryffindor si sarebbe piazzata davanti all'ingresso della sua Sala Comune rifiutandosi di andarsene finché lui non le avesse parlato. Per fortuna non era una stupida Gryffindor, perché ci teneva alla sua dignità. E poi aveva un piano.
Aveva trovato la Stanza Che Compare qualche anno prima, cercando un luogo dove nascondersi per evitare un asfissiante corteggiatore. Da allora l'aveva usata per gli scopi più disparati, ed era sicura che come sempre avrebbe trovato lì ciò di cui aveva bisogno.
 
 
Corridoio del settimo piano
Sera
 
Turbato dal messaggero di Leta, Newt aveva rinunciato poco dopo a cercare di capire qualcosa di Trasfigurazione e si era recato alla Torre di Ravenclaw per elemosinare l'aiuto di Doug. Dopo esserne rimasto chiuso fuori per quasi un'ora (era Amy quella esperta di indovinelli, per Merlino) finalmente una caritatevole Ravenclaw l'aveva fatto entrare, lui aveva trovato Doug e insieme avevano fatto il compito di Trasfigurazione.
Si era rivelata un'impresa più lunga e ostica del previsto, quindi i due avevano saltato la cena preferendo mangiare Cioccorane in quantità industriale dalla scorta di Doug, e adesso Newt stava tornando al suo dormitorio sperando di non incontrare i Prefetti di ronda quella sera.
Un rumore improvviso alle sue spalle lo fece girare di scatto, bacchetta alla mano.
«Chi è là?» Chiese, sforzandosi per mantenere la voce ferma.
Il rumore, come di monetine che cadono sul pavimento, continuò.
"Perché a me?" Si chiese il ragazzo, prima di avvicinarsi con cautela. Girò l'angolo di scatto, già pronto a disarmare chiunque si fosse trovato davanti, ma non vide nessuno. Poi abbassò lo sguardo e vide una strana creatura, con il pelo scuro e uno strano becco da papera, che ricambiava il suo sguardo con aria forse ancor più perplessa. Poi notò la pila di monete lì affianco, e anche quella che la creatura si stava infilando nel marsupio sul ventre, e non ebbe più dubbi.
«Ehi, ma tu sei...»
«Uno Snaso, sì.» Completò una voce alle sue spalle, facendolo trasalire e puntare la bacchetta verso l'angolo buio da cui era venuta la voce.
Leta entrò nella scena illuminata, silenziosa come un serpente e con un ghigno soddisfatto sul volto «Sapevo che una creatura ti avrebbe attirato.» Aggiunse.
«L-l'hai portato tu? D-dove l'hai preso?»
«L'ho rubato a Cline l'anno scorso quando ce li ha portati perché li studiassimo. Oh, non fare quella faccia, non tutti abbiamo un'autorizzazione speciale per le uscite notturne nella Foresta Proibita per trovare nuovi animaletti da compagnia.»
«S-scommetto che ti dispiace p-proprio tanto, v-visto quanto ti piace g-girarci.» Le rispose lui con un sorrisetto sarcastico.
Lei sbuffò «Ce l'hai ancora con me per quella storia? Senti, nessuno vi ha obbligati a venire. Anzi, se il problema è questo allora dovresti arrabbiarti proprio con la tua amica Prewett, perché è stata lei ad insistere!»
«Non provare a parlare male di Amy.»
Era incredibile come Newton riuscisse a non balbettare in sua presenza solo quando si arrabbiava.
«Sei tu che le hai detto cos'avevi intenzione di fare, è colpa tua.»
«Ma lei ha insistito per venire!»
«Ed è stata la nostra salvezza, cazzo!» Gridò lui, facendo spaventare sia la ragazza che il piccolo Snaso. Leta lo guardò stralunata, non ricordava di averlo mai sentito urlare, né tantomeno imprecare.
«Sai qual è la cosa che mi fa arrabbiare di più? Che tu abbia proposto una cosa stupida e pericolosa, fingendo di essere in grado di difenderci se qualcosa fosse andato storto, e nel momento del bisogno tu ti sia nascosta come un serpente sotto le rocce! E non ti è bastato mettere in pericolo te stessa e me, hai dovuto vantarti delle tue mirabili idee con Amy, che ha capito che stavi facendo una cazzata ed è venuta con noi per aiutarci, si è fatta infamare da te e alla fine ci ha salvato il culo e tu non ti sei neanche sognata di ringraziarla!» 
Leta fece per dire qualcosa ma lo sguardo che lui le rivolse la convinse a tacere.
«In tutti questi anni non ho fatto altro che difenderti con tutti, dicendo che non sei come gli altri Slytherin, che tu sei un'amica leale, che non abbandoneresti mai gli amici nel momento del bisogno, e tu in una sola sera hai rovinato tutto quello che pensavo di te! Ti sei mostrata per quella che sei, una serpe codarda che striscia e si nasconde! Merlino, ero disarmato! E loro erano in tre, armati e belligeranti! Ti sei chiesta cosa sarebbe successo se il fratello di Amy non fosse un fottuto Auror e non le avesse insegnato a difendersi? O se lei fosse rimasta al Castello a godersi la festa? Ci saresti stata tu a difendermi o mi avresti guardato diventare il loro fantoccio da duello, ben nascosta dietro a quel cespuglio? Oh, forse saresti strisciata fino al Castello e avresti fatto finta di niente?»
«Se permetti quelli stavano inseguendo anche me, ed erano miei compagni di Casa!»
«Oh, quindi se fossero stati dei pazzi anonimi non appartenenti alla tua fantastica Casa saresti uscita a difendermi? Non l'hai fatto per paura di una qualche ritorsione?»
«No Newton, non hai capito...»
«Ferma. Non lo voglio sapere.» Sbottò lui, chinandosi per raccogliere lo Snaso e cominciando a scrollarlo per far cadere tutte le monete «E non voglio nemmeno sapere dove tu abbia tenuto questo povero animale per un anno intero. Dieci punti in meno a Slytherin per detenzione illecita di creatura fantastica. E adesso b-buonanotte.» Le disse, girò sui tacchi e se ne andò.
«Venti punti in mento ad Hufflepuff perché il Prefetto se ne va in giro dopo il coprifuoco! Vai al diavolo, Scamander!» Gridò lei in risposta, mentre una risata isterica cominciava a comparirle in gola.
 
Newt arrivò al dormitorio quasi di corsa, col respiro affannato e le mani che gli tremavano in maniera insopportabile. Non era sua intenzione reagire in quel modo, ma la strafottenza di Leta aveva fatto esplodere quel piccolo fuoco indignato che aveva nel petto e le aveva riversato addosso tutta la sua delusione e la sua rabbia. Mai come prima di allora desiderò trovare Amy ad aspettarlo oltre la porta, magari con una tazza di cioccolata calda in mano, ma ovviamente si trovò davanti la Sala Comune deserta. I suoi compagni di stanza dormivano già, quindi cercò di fare meno rumore possibile quando entrò per cercare un posto allo Snaso. Aprì la sua vecchia sacca di pelle a cui aveva fatto un Incantesimo di Estensione, e che nonostante quello era quasi piena, e ci depose con cura il nuovo piccolo amico, dopo avergli fatto qualche carezza per tranquillizzarlo.
"Dovrei trovare un nuovo posto dove metterli." Si disse, chiudendo la sacca.
 
 
Due settimane dopo
Sala Grande
Ora di cena
 
Amy era appena tornata da quelle che le erano sembrate le due settimane più lunghe e stressanti della sua vita, e aveva una lista di obiettivi piuttosto corta e precisa, con al primo posto cenare con i suoi amici, poi scrivere a sua madre che il viaggio era andato bene e infine ritirarsi nella sua stanza da Caposcuola e dormire dodici ore.
Vedere Leta Lestrange entrare in Sala Grande e non dirigersi verso il suo tavolo, ma bensì puntarla e procedere a passo di carica verso di lei non era affatto in quella lista, anzi, era esattamente l'ultima cosa che avrebbe desiderato al mondo.
Pensò anche di schiantarla prima che riuscisse a raggiungerla, ma poi sarebbe stata messa in punizione e ciò avrebbe irrimediabilmente ritardato il suo arrivo a letto, quindi si limitò ad ignorarla concentrandosi sul suo piatto di zuppa.
«Prewett?»
Sentì Newt irrigidirsi tremendamente e gli mise una mano sul ginocchio, delicatamente. Poi si girò verso la ragazza «Sì, Lestrange? Qual buon vento ti porta qui?»
Lei la fissò impassibile (troppo impassibile, Amy riconobbe i segni di una buona Occlumanzia) e disse «Volevo ringraziarti per quello che hai fatto la notte di Halloween.»
Amy percepì anche senza vederlo un sorriso compiaciuto farsi strada sul viso di Graham, che per l'occasione del suo ritorno si era seduto a mangiare con loro e Doug.
«Mi è stato fatto notare che il mio comportamento è stato tutt'altro che corretto con te in quel frangente, e quindi ci tenevo a ringraziarti per quello che hai fatto.»
«Meglio tardi che mai. Figurati, Lestrange. Dovere.» Le rispose con il suo miglior Sorriso Hufflepuff, mentre sentiva il ginocchio di Newt tremare sempre di più sotto la sua mano.
Quando la Slytherin fu tornata al suo tavolo, Amy sbuffò «Ipocrisia Slytherin. Un classico. Allora, raccontatemi cos'altro mi sono persa.»
Ma Newt non stava più ascoltando, fissava la schiena di Leta e sentiva uno strano calore nel petto, qualcosa che non aveva mai provato prima.

 

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII
Dove tutti commettono errori di cui prima o poi pagheranno le conseguenze
 
 
30 Novembre 1914
Parco di Hogwarts
Mattina
 
«La creatura magica del giorno, ragazzi, è un Horklump!»
Versi disgustati si alzarono da diverse zone della classe, Amy compresa.
«Perché quest'anno studiamo solo cose brutte e pelose? Non potremmo parlare, che so, di Fenici o di Snasi?» Chiese sottovoce a Newt, guadagnandosi un'occhiataccia.
«Probabilmente nemmeno loro ti considerano uno splendore, per i loro standard.»
«Tu sì che sai come si conquista una donna, Salamander...»
Un'altra occhiataccia, questa volta però era riuscita anche a fare arrossire l'amico.
«Chi mi sa dire qualcosa su questa meraviglia? Qualcuno che non sia Scamander, per favore, non faccio lezione solo a lui.»
Silenzio.
«Va bene, Scamander, dimmi.»
«Gli Hurklump vengono dalla Scandinavia, fanno parte della famiglia dei funghi e hanno la peculiarità di riuscire a riprodursi estremamente in fretta. Si suppone siano il cibo preferito degli Gnomi.»
«Ottimo! Ne hai mai incontrati, o questo è il primo che vedi dal vivo?»
«Non ho ancora avuto modo di andare in Scandinavia, quindi è il primo che incontro.»
«Che peccato...» Sussurrò Amy, ridacchiando. 
Il resto della lezione proseguì con un lungo monologo del professor Cline sull'importanza di conoscere anche le creature magiche meno famose e importanti, e si concluse con la promessa che se tutta la classe gli avesse portato un tema sulle creature prese in esame in quei mesi il professore si sarebbe impegnato a portare creature "più piacevoli" dopo le vacanze di Natale.
«Ah, Scamander, fermati un secondo che devo dirti una cosa!» Gli disse Cline quando la classe stava iniziando ad allontanarsi. Lui guardò Amy che si strinse nelle spalle «Ho Trasfigurazione Avanzata, ci vediamo dopo!» gli disse, e se ne andò anche lei.
«M-mi dica.»
«Ti ricordi di Bob, Scamander?»
«I-il Gumbumble? S-sì, certo che m-me lo ricordo. Gli è ehm, successo qualcosa?»
«Avevi trovato una strana macchia su di lui, te ne ricordi? Ho scoperto cosa gli è successo. Non è una cosa naturale, qualcuno deve avergli succhiato via la sostanza immalinconente.»
Newt era esterrefatto «E p-perché qualcuno d-dovrebbe fare una c-cosa simile?»
Il professore scosse gravemente le spalle «Non lo so, è l'unico esemplare della mia collezione che abbia subito un tale danno, e la quantità di sostanza contenuta in un Gumbumble non ha effetti gravi su un essere umano, al massimo può peggiorargli l'umore per una giornata. Forse uno scherzo mal progettato.»
«M-ma Bob sta bene?»
«Grazie a te sono riuscito a salvarlo, se non mi avessi fatto notare quella macchia probabilmente sarebbe morto in poco tempo: quella sostanza è anche la loro principale fonte di sostentamento. Hai già delle idee su cosa fare dopo la scuola, Scamander?»
«Ehm, in verità no, n-nulla di p-preciso. P-perché?»
«Potrebbe servirmi un aiutante, in futuro. Potresti studiare Magizoologia e poi tornare qui ad aiutarmi. Sempre che tu lo voglia, ovviamente.»
Newt era senza parole: cresciuto con una madre che allevava Ippogrifi, il suo sogno sin da quando era bambino era di lavorare con le creature magiche, ma non aveva mai pensato che proprio il suo professore preferito potesse aiutarlo a realizzare il suo sogno. Annuì, la gola secca per l'emozione «M-mi piacerebbe molto, g-grazie per l'of-ferta. Q-quali MAGO mi s-servono per la c-carriera di M-Magizoologo?»
«Beh, una E nella mia materia, ma quella penso non sarà un problema. Poi una E, minimo una O in Pozioni, per Incantesimi basta una O e anche per DADA. Segui tutte queste materie, no? Allora non dovresti avere problemi.»
«P-perfetto, g-grazie mille. O-ora se vuole scusarmi d-dovrei andare a Pozioni.»
 
Quel giorno la pozione da preparare era la Pozione Obliviosa. Sembrava che il professore avesse deciso di far fare ai suoi studenti un ripasso dei primi anni, tutte le pozioni da preparare erano semplici ed erano già state fatte nel corso degli anni. 
Per variare un po' quella monotona routine, Newt decise di nuovo di sperimentare. 
Seguì alla lettera dal manuale le prime tre indicazioni, aggiunse due gocce d'acqua del fiume Lete, riscaldò a fuoco lento per 20 secondi e aggiunse due radici di valeriana. Poi però cominciò a mescolare in senso antiorario, incurante del borbottio sinistro che proveniva dal suo calderone. Leta gli rivolse uno sguardo perplesso, quello era diventato il loro unico contatto da quando lei aveva pubblicamente ringraziato Amy, e per la prima volta lui riuscì a sostenerlo per qualche secondo prima che fosse lei a spezzare il contatto. 
Lasciò a fermentare più a lungo del previsto, finché la pozione non divenne di un bellissimo blu oltremare che aveva pochissimo a che fare con il giallo chiaro che avrebbe dovuto avere a quel punto. Noncurante, aggiunse tre misurini di ingrediente base anziché due, e lasciò l'intruglio a bollire ancora un po'.
«Scamander, vuoi farci morire tutti? Segui le istruzioni, imbecille.» Gli sibilò Avery, seduto dietro di lui. Newt si limitò a sorridergli, aggiungendo un ingrediente a caso che fece sfrigolare la sua pozione.
«Scamander, se il tuo fottuto calderone esplode e una sola goccia di quella cosa mi tocca, sei un tasso morto.»
«Lascialo fare, se gli esplode la pozione toglie solo punti alla sua Casa.» S'intromise Leta, senza alzare gli occhi dal suo calderone.
La pozione di Newt intanto aveva miracolosamente raggiunto il colore previsto, lui vi aggiunse il vischio tritato fino e mescolò un paio di volte, poi agitò la bacchetta e rimase fermo qualche secondo a guardare la sua creazione, che era rosa pallido anziché trasparente.
«Non ti è venuto molto bene il trucchetto oggi, Scamander.» Sentì Avery dire con tono cattivo.
«Manca una cosa.» Rispose lui sottovoce, e aggiunse un goccio d'acqua potabile, che lui teneva sempre in un bicchiere sul piano di lavoro per spegnere eventuali incendi o per berne un po' quando il lavoro gli seccava la gola. Imbottigliò la sua pozione diventata trasparente e la portò al professore.
«Scamander, cos'hai messo lì dentro?» Gli chiese lui, brusco.
«Q-quello che dice il m-manuale, S-Signore.»
«Io qui sento odore di radici di mimosa, e non mi risulta che siano fra gli ingredienti. Cosa stai cercando di fare, Scamander? Vuoi far esplodere tutto? Non ti serve Pozioni ai MAGO?»
«N-no Signore, c-certo che mi s-serve.»
«Allora smettila di sperimentare e portami una Pozione Obliviante fatta come si deve! La aspetto sulla mia scrivania entro domani sera, altrimenti puoi scordarti una sufficienza nei MAGO, Scamander. Adesso vattene.»
Mortificato, Newt tornò al suo banco, raccolse la sua roba e uscì. 
Non fece in tempo ad arrivare in fondo al corridoio che sentì la porta dell'aula riaprirsi di scatto e dei passi dirigersi di corsa nella sua direzione. Si girò e arrossì tremendamente nel trovarsi davanti Leta, con un'espressione frustrata sul viso e i capelli arricciati dal vapore «La tua pozione poteva funzionare. Le radici di mimosa unite al vischio hanno un effetto obliviante, se lasciate a bollire abbastanza a lungo. Sostanzialmente hai solo aggiunto degli ingredienti che avevano qualcosa a che fare con lo scopo della pozione, quindi dovrebbe funzionare. Perché l'hai fatto? Te l'avevo detto che non ti conveniva sperimentare, non in vista dei MAGO!»
«L-lo so ma io q-quando sono nervoso n-non penso molto a q-quello che faccio.»
«Ho notato. Vuoi che ti dia una mano a fare la pozione per domani?»
Lui cercò di mantenere un certo contegno «N-no grazie, p-penso di potercela ehm, fare da solo.»
Leta lo fissò qualche secondo poi si appoggiò pesantemente al muro lì accanto con un gemito frustrato.
«C-cosa c'è?»
«Mi spieghi cosa devo fare? Ti ho chiesto scusa, ho ringraziato la tua amica di fronte a tutti, sto facendo da un mese le ronde assieme al più noioso dei Ravenclaw e tu ce l'hai ancora con me?! Cos'altro devo fare? Dimmelo, per Salazar!»
«N-no, non c'è p-problema, cioè e-ero arrabbiato con te p-però quando hai r-ringraziato Amy io cioè a me è p-passata ma n-non sapevo come d-dirtelo e q-quindi ho s-sbagliato la pozione però s-se vuoi darmi una m-mano io insomma volentieri.» Balbettò lui, agitando freneticamente le mani e arrossendo sempre di più.
«Cosa?»
«N-non mi piace litigare con te.» Rispose lui, in poco più di un sussurro.
«Nemmeno a me. Ma questa volta avevi ragione, ti ho messo in pericolo e non sono stata in grado di aiutarti. Prometto che mi comporterò meglio, in futuro, ma per favore, ricomincia a trattarmi come prima. Nessuno nella mia Casa mi tratta con lo stesso tuo affetto, anzi, nessuno in generale. Per favore.»
Newt sentì l'impulso di abbracciarla, ma si trattenne. Le accarezzò una guancia con un sorriso dolce «V-va bene. M-mi sei mancata. E se l'offerta v-vale ancora, v-vorrei una mano per q-questa pozione.»
 
 
Classe di Trasfigurazione Avanzata
Tarda mattinata
 
In tutta la scuola, a seguire il corso di Trasfigurazione Avanzata erano solo in sette. Amy e un'altra Hufflepuff del Settimo Anno, una Slytherin del Sesto, due Ravenclaw, uno del Settimo e uno del Sesto, e due Gryffindor. E ovviamente, per somma gioia della Caposcuola Hufflepuff, uno dei due era Collins.
Da quando aveva scoperto che il ragazzo aveva rischiato la salute della sua spina dorsale rimanendo una notte intera fuori dall'Infermeria quando lei era stata male, Amy si era sforzata di avere nei suoi confronti un atteggiamento più accomodante. Ogni tanto lo chiamava per nome, chiacchieravano di più durante le ronde e accettava spesso che la riaccompagnasse al dormitorio, continuando a non svelargli la combinazione di suoni che serviva ad entrare. Però si stava rendendo conto che la loro frequentazione andava bene solo quando era separata dalle attività scolastiche. Perché il ragazzo, durante le lezioni, era una piaga inimmaginabile.
Quel giorno si stavano esercitando sulla Trasfigurazione Riconoscitiva; avevano cioè davanti una serie di oggetti, alcuni dei quali erano stati trasfigurati, e dovevano riconoscerli e riportarli al loro stato iniziale.
Era un esercizio piuttosto complesso già di suo, se poi come ulteriore complicazione si aggiungeva il Gryffindor che interrogava sottovoce gli oggetti per farsi svelare se erano stati trasfigurati o meno, il risultato era un mal di testa feroce per Amy, accompagnato dal desiderio di trasfigurare lui in un attaccapanni, o qualsiasi altra cosa che stesse zitta.
«Professore, mi scusi, non basterebbe lanciare un Revelio per scoprire quali oggetti sono stati incantati?» Chiese l'altra ragazza Hufflepuff, facendo vergognare Amy di appartenere alla sua stessa casa.
Dumbledore sorrise, pacato «Signorina Jones, alcune trasfigurazioni sono troppo elaborare per essere risolte da un semplice Revelio. Altrimenti non saremmo qui a fare questo corso, giusto? Signorina Prewett, prego, è il suo turno.»
Amy sospirò, cercando di concentrarsi il più possibile sugli oggetti che aveva davanti: una vecchia scarpa, uno specchio in una cornice scrostata, un libro e un bicchiere da vino. Non poteva, ovviamente, tentare gli incantesimi su tutti gli oggetti, quindi vi passò vicino la bacchetta cercando di captare le differenze nelle onde magiche. I due più reattivi sembravano essere la scarpa e il bicchiere, quindi si dedicò alla prima.
Cominciò a mormorare gli incantesimi accompagnandoli con movimenti di bacchetta fluidi e precisi, e pian piano la scarpa prese a mutare. Il tessuto divenne rigido, i lacci si ritrassero, e dopo poco ecco che al posto della scarpa c'era una spazzola.
Tutti applaudirono «Ottimo lavoro, signorina Prewett! Finito qui?» Chiese il professore.
Amy scosse la testa e passò al bicchiere, che si rivelò più complicato ma alla fine ritornò al suo stato iniziale di tagliacarte.
«Perfetto! Venti punti ad Hufflepuff per la performance della signorina Prewett! Bene signor Collins, ora tocca a lei.»
Gli oggetti di Graham erano una sacca di pelle, un cucchiaio di legno, un calzino e una spazzola. Lui tentò prima col cucchiaio, che però rimase fermo immobile, poi con il calzino che diventò un pennello. La sciarpa, dopo qualche tentativo, divenne una via di mezzo con una piuma, ma Collins si fermò lì, conscio che non sarebbe riuscito ad ottenere nulla di meglio. Dumbledore lo premiò comunque con dieci punti a Gryffindor e proseguì con il resto della classe.
Uno dei due Ravenclaw riuscì a riportare i suoi oggetti allo stato iniziale, gli altri studenti si ritrovarono con strani ibridi. Al termine della lezione il professore si congratulò con tutti e diede loro appuntamento alla settimana seguente, suggerendo di scrivere un tema sugli incantesimi usati, che avessero funzionato o meno.
«Gli oggetti mi hanno mentito.» Si lamentò Collins, mentre con Amy si recava in Sala Grande.
Lei rise «Non faresti prima ad ammettere che sono più brava di te?»
«Non è che sei più brava, è che gli oggetti ti preferiscono!»
«Prima ho pensato di trasfigurarti in un attaccapanni, sai? Non ne potevo più dei tuoi deliri. E non ne posso più nemmeno adesso quindi sbrighiamoci ad andare a pranzo se non vuoi diventare parte dell'arredamento di Hogwarts.»
«Ehi, la Trasfigurazione Umana è troppo complicata persino per te!»
In tutta risposta lei gli mise in mano la sua pesante borsa e continuò a scendere velocemente le scale: aveva fame e non vedeva l'ora di raccontare a Newt i suoi successi in Trasfigurazione, in più voleva sapere cosa gli aveva detto Cline.
Arrivata in Sala Grande riconobbe il ciuffo rosso dell'amico e gli si sedette accanto «Newt! Grandi notizie!» Esordì, versandosi del succo di zucca.
«Anche io! Il professor Cline mi ha chiesto se dopo Hogwarts pensavo di puntare alla carriera di Magizoologo per poi tornare qui a fargli da aiutante.»
«Fantastico! Io invece ho guadagnato venti punti per la nostra Casa riuscendo al primo colpo con la Trasfigurazione Riconoscitiva! Siamo stati in due a riuscirci perfettamente, neanche Collins ce l'ha fatta.»
«E poi ho fatto pace con Leta.»
Un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male «Come?» Chiese, sperando di aver capito male.
Newt arrossì «Sì insomma, abbiamo chiarito i nostri problemi e abbiamo fatto pace. Stasera mi aiuta a fare una pozione che ho sbagliato. P-perché, è un problema?»
Amy scosse la testa servendosi delle patate «No no, anzi mi sembrava ci stessi mettendo fin troppo a perdonarla, dopo quella fantastica scenetta qui al tavolo qualche settimana fa.»
«Cosa vuol dire?»
«Che le sue scuse non erano sincere, voleva solo rientrare nelle tue grazie e ci è riuscita.»
Newt la guardò irritato «Non dovresti sempre darle contro! È una brava persona anche lei, checché tu ne dica!»
Amy alzò le mani in segno di resa «Va bene, va bene, scusa. Solo, cercate di non andare più in esplorazione nella Foresta Proibita, non posso sempre essere lì a salvarvi. Dai, raccontami meglio quello che ti ha detto Cline.»
 
 
Sotterranei
Notte
 
«Vedi che sei perfettamente in grado di preparare una pozione in maniera corretta? Ti giuro, Newton, che proprio non capisco perché ti ostini ad improvvisare!»
Lui sorrise, imbottigliando una dose di pozione e pulendo il resto dal calderone «S-sono un uomo dai m-mille talenti.» Le rispose con un sorrisetto.
Lei lo guardò male, poi ricambiò il sorriso «Oh Newton, quanto mi mancavano queste serate insieme!» Gli disse.
Lui si sentì arrossire in maniera imbarazzante e nascose velocemente il viso alla vista di lei cominciando a trafficare con gli alambicchi «A-anche a me m-mancavano. S-soprattutto le ronde, i-il prefetto G-Gryffindor con cui ero c-capitato era p-proprio noioso.»
«Non dirlo a me, quel Ravenclaw era l’essenza stessa della noia! Ma a parte le ronde, mi mancava proprio passare del tempo con te. Non scherzavo stamattina quando ho detto che i miei compagni di Casa non mi apprezzano come te, anzi, non mi apprezzano proprio. Qualcuno pensa che io sia pazza solo per la famosa storia dei Purosangue che si sposano fra cugini, qualcun altro pensa che non sia all’altezza della mia Casa perché non lancio maledizioni a caso su chiunque passi, oppure perché non frequento le amicizie giuste. Ma ti dirò, mi basta abbondantemente frequentare “i Purosangue bene” per le feste comandate, e stare con chi voglio mentre sono a scuola.»
«M-mi dispiace Leta, s-sapevo che non ti trovavi ehm, molto b-bene con i tuoi compagni ma non p-pensavo che le c-cose stessero così. Q-questa volta Amy ha p-proprio torto.»
«Amy? Cosa c’entra la Prewett?»
«N-niente ehm, credo che n-non ti abbia ancora p-perdonata del tutto per q-quella storia.»
Leta scrollò le spalle «Beh, io le ho chiesto scusa e l’ho ringraziata. La mia parte l’ho fatta. Che dici, andiamo a dormire?»
Newt era così indaffarato a non far notare alla Slytherin il rossore che si faceva sempre più evidente sul suo viso da non accorgersi di rimando dello strano sorriso che aleggiava invece sulle labbra di lei.
«C-certo, aspetta un secondo poi ti a-accompagno.»
In quello stesso momento, a qualche piano di distanza, Amy e Graham Collins stavano facendo la loro ronda da Capiscuola.
«Io non ci posso credere. Ho dovuto togliere venti punti alla mia Casa perché quell’oca di Sandy Olsson ha deciso che non le bastava farsi mangiare la faccia dal suo fidanzato durante le ore buche, doveva farlo anche di notte, fuori dalle loro Sale Comuni. Io non ho parole.» Borbottò Amy, procedendo a passo di carica per il corridoio, Graham che le arrancava dietro.
«Beh, avresti potuto evitare…»
«Assolutamente no! Sono la Caposcuola, e sono della sua stessa Casa. Dove l’avrei messa la mia credibilità?»
«Va bene. Adesso però rallenta, ti prego, e spiegami qual è il problema.»
Amy inchiodò bruscamente e si girò verso il ragazzo con un’aria assassina «Non c’è nessun problema. Mi danno fastidio le persone che non si curano della propria Casa.»
«Tanto la Coppa la vincerà Gryffindor anche quest’anno.»
«Così non mi aiuti, e non aiuti nemmeno te stesso.»
Graham alzò le mani in segno di resa «Va bene, scusa, la vincerete voi. Però mi dispiace vederti così, pensavo che stasera avresti passato il tempo a vantarti delle tue mirabili capacità trasfigurative, invece stai zitta, togli punti a chiunque incontri e mi tratti male.»
«Smettila di lodarmi in questo modo solo per rientrare nelle mie grazie! Le mie capacità trasfigurative sono indubbiamente mirabili, non volevo farti sentire una nullità al mio confronto.»
«E…? Dai, siamo solo noi due in tutto il Castello, nessuno sentirà l’integerrima Caposcuola Amelia Prewett parlare dei suoi problemi.»
«Il mio problema è uno solo e ha un nome e un cognome: Leta Lestrange»
«Oh, intendi forse quella che ti ha ringraziata qualche settimana fa per qualunque cosa sia successa la notte di Halloween, che non è sicuramente stata un’innocente passeggiata come tu mi avevi raccontato?»
«Proprio lei, quella che ha messo stupidamente in pericolo me e Newt e quando è stato il momento di aiutarci si è nascosta, poi qualche settimana fa ha fatto quella scenetta patetica in cui mi ha ringraziata solo per farsi perdonare da Newt, e siccome lui è tanto carino e innocente c’è ovviamente cascato e ora ritorneranno ad essere pappa e ciccia.»
Dopo quest’ultima frase cadde il silenzio per qualche minuto.
«Provi dei sentimenti per Newton?»
«Cosa?»
«Ti ho chiesto se provi dei sentimenti per Newton.»
«Sei impazzito? Ovviamente ne provo, è il mio migliore amico! È quasi un altro fratello per me.»
«E sei per caso favorevole all’incesto?»
«Oh. Sentimenti in quel senso. Credi che sia gelosa di Leta? Perché non è così, è solo che non voglio che Newt soffra e sono sicura che lei lo farebbe soffrire. Ma no, non provo quel genere di sentimenti per Newt.»
«Bene, perché preferisco battermi ad armi pari.»
Amy rivolse al Gryffindor uno sguardo stralunato «Eh?»
Graham le sorrise «Niente Prewett, niente. Oh guarda, è già l’una! Ti riaccompagno al tuo dormitorio, vieni.»

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Capitolo 9
*** IX ***


IX
 
Dove conosciamo le famiglie dei nostri eroi
 
15 Dicembre 1914
Parco di Hogwarts
Mattina
 
Newt Scamander non si riteneva affatto un esperto di relazioni interpersonali. Capiva sempre al primo colpo di cosa avevano bisogno le sue amate creature, mentre con gli altri esseri umani la cosa gli costava un enorme sacrificio.
Ultimamente però, due cose le aveva capite fin troppo bene: la prima era che il Caposcuola Gryffindor non girava costantemente intorno ad Amy per disturbarla, come diceva lei, ma perché era interessato alla ragazza, e non capiva perché lei non se ne curasse; la seconda era che la domanda che Amy gli aveva posto parecchie volte molti anni prima pareva avere ora una risposta diversa.
“Ti piace Leta Lestrange?” “No, Amy, quante volte devo dirtelo?”
Invece sì, per Merlino. Gli piaceva eccome. All’inizio non ne era convinto, ma quando si era ritrovato a sommare il calore che sentiva e il netto aumento del suo balbettio quando era con lei all’inequivocabile gioia che provava anche solo pensando ad un loro incontro futuro, il risultato gli era parso più che chiaro.
Erano giorni che cercava il coraggio, non di dichiararsi a Leta ma di confidarsi con Amy. Nel corso della loro amicizia non aveva mai avuto difficoltà a parlarle di nulla, ma quella volta era diversa, sapeva cosa pensava Amy di Leta e non era certo che avrebbe capito. Temeva che una volta scoperti i suoi sentimenti l’amica potesse pensare di lui ciò che pensava di Leta, e sapeva che non avrebbe potuto sopportare una cosa simile.
Sbuffò, infreddolito. Già da qualche giorno la neve aveva cominciato ad imbiancare i tetti del castello, e nel parco e nella Foresta Proibita era ormai alta fino a mezza gamba. Newt aveva dovuto rinunciare alla sua ultima escursione notturna prima delle vacanze, le lezioni pratiche all’aperto e le partite di Quiddith erano sospese fino all’anno nuovo, e in quell’ultima settimana prima delle vacanze gli studenti avevano molto più tempo libero. Newt in cuor suo sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi studiando, ma il desiderio d stare un poco all’aria aperta era più forte.
«Oh, sei ancora qui! Temevo che ti avrei trovato mutato in una statua di ghiaccio!» Lo salutò Amy, arrivata in quel momento imbacuccata come per una spedizione artica.
Newt le sorrise «Il rischio c’è stato, devo ammetterlo.»
«Hai ragione, scusami. Ho incontrato Collins mentre stavo uscendo e lui non si è curato dei miei possibili impegni, tempestandomi di chiacchiere inutili.»
«Quando ti deciderai a chiamare per nome quel povero ragazzo?»
Lei sbuffò una risatina «Quando è presente devo farlo, o non mi lascerebbe più in pace. Quando non c’è, mi ritengo libera da vincoli. E comunque, a star fera qui temo mi verrà un malanno: che dici, passeggiamo?»
 
«Sei proprio sicuro di non poter restare più a lungo? Farebbe molto piacere a tutti noi.»
«No, non posso proprio passare il giorno di Natale lontano da casa. Sai com’è fatta mia madre, io e Theo non ci vediamo mai, scrivo poche lettere a casa, per Natale ci vuole tutti insieme.»
Era dal quarto anno, cioè da quando Ignatius aveva cominciato a lavorare all’estero, che Amy passava le vacanze di Natale dagli Scamander.
Il rapporto non troppo idilliaco con la madre, ansiogena e iperprotettiva con la sua unica figlia femmina, unita all’assenza di Ignatius che fino all’anno prima aveva sopperito a quella mai veramente accettata del padre, aveva forzato la ragazza a cercare rifugio altrove. Bathilda Scamander, madre di due figli maschi che non erano mai andati d’accordo, dal canto suo adorava l’idea di una presenza femminile nella sua casa, quindi Amy era stata subito accolta con affetto.
Quell’anno però sua madre, vista la situazione critica di Ignatius ancora disperso sul campo, aveva esplicitamente richiesto la presenza della figlia il giorno di Natale.
Amy diede un calcio ad un mucchietto di neve «Va bene, allora facciamo come avevamo detto, il 23 appena arrivati a Londra andiamo a casa tua, stiamo lì fino al pomeriggio del 24 e poi andiamo a casa mia fino a mezzanotte. Però dovrai tornare a trovarmi durante le vacanze, se non vuoi che uccida mia madre in una crisi di nervi.»
«Sono sicuro che sopravvivrete. Che dici, rientriamo? Comincio ad avere un po’ freddo.»
I due entrarono nell’ingresso proprio nel momento in cui Leta Lestrange riemergeva dai sotterranei Slytherin. «Newton!» Gridò la ragazza, correndogli incontro. Amy si limitò a scoccarle un’occhiata infastidita.
«Ti stavo proprio venendo a cercare! Ho bisogno delle tue conoscenze per una ricerca che sto facendo, verresti con me in biblioteca?»
«Ehm, c-certo che sì, i-insomma non ho ehm, n-niente da fare.»
«Neanche mangiare?» S’intromise Amy, tra il divertito e il polemico.
«Oh beh ecco al m-momento non ho m-molta f-fame, p-penso di poter r-resistere. V-vuoi venire a-anche tu, Amy?»
Entrambe le ragazze lo guardarono come se avesse proposto una scampagnata in un nido di Manticore, poi Amy scosse la testa «No, grazie, preferisco studiare con calma nella mia camera. Buona giornata.»
 
Leta aveva delle conoscenze e delle capacità piuttosto strane.
A livello accademico era abile in tutte le materie, eccelleva in Pozioni e nei duelli e aveva una passione per le creature fantastiche, ma non solo. Si interessava di processi alchemici, di anatomia comparata, materie che avevano profonde radici nel mondo babbano e che quindi non erano solitamente viste di buon occhio dai Purosangue come lei.
Newton la ammirava anche per questo, per la sua sete di conoscenza che andava ben oltre le distinzioni di classe. Avrebbe potuto ascoltarla per ore mentre disquisiva delle differenze e delle similitudini fra gli organismi viventi, o mentre cercava di associare le creature magiche alle classi animali stabilite dai babbani.
Quel giorno la ragazza parlava concitata di trasmissioni nervose, o qualcosa di simile. «Secondo te, con la giusta sostanza sarebbe possibile modificare radicalmente l’indole di un animale? Che ne so, rendere mite un animale feroce?»
«Sì, penso che sarebbe possibile ed anche estremamente utile! Pensa, rendendo mansueto un drago lo si potrebbe studiare senza pericolo! È un’idea geniale, peccato che una simile sostanza, almeno per adesso, non esista.»
Leta, sempre più piacevolmente stupita dall’ingenuità dell’amico, si lasciò sfuggire una risatina soddisfatta. Newt alzò immediatamente lo sguardo dal sui bestiario per posarlo su di lei, incredulo «S-sei riuscita a c-creare una s-sostanza simile?»
Era quasi tenero come il balbettio e i tic scomparissero completamente quando parlava delle sue creature, nonostante l’effetto palese che aveva su di lui la compagnia della Slytherin.
Leta si affrettò a negare «No, no, nulla del genere! Sono solo pienamente d’accordo con te, e molto felice che tu capisca quello di cui parlo. Mi sento davvero… connessa con te, Newton.» Aggiunse, posando una mano sulla sua. Lui dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non scostarsi subito, ma nulla poté impedirgli di arrossire furiosamente.
Dopo qualche secondo, Leta riprese in mano la penna e tornò ai suoi appunti «Come passerai le vacanze? Con la Prewett, come sempre?»
«Oh, n-no, Amy p-passerà il Natale in f-famiglia. P-probabilmente ci v-vedremo comunque u-un paio di volte. T-tu?»
«Oh, io farò il solito pranzo di Natale Purosangue, troppi parenti e quasi nessun regalo, molta noia e moltissimo disprezzo. Niente di nuovo, insomma!»
Lasciò passare qualche secondo, poi riprese con finta noncuranza «Potremmo vederci durante le vacanze, se ti va. Andare in cerca di creature, o qualcosa di simile.»
Newt era allucinato «C-certo ehm v-volentieri io t-ti scriverò una lettera a-appena dopo N-Natale.»
«Perfetto! Oh, sono sicura che ci divertiremo moltissimo!»
Newt si limitò a sorridere e annuire, il cuore in subbuglio, la testa leggera come non mai.
 
 
23 Dicembre 1914
Stazione di King’s Cross, binario 9¾
Tardo pomeriggio
 
Newt, appoggiato ad un muro, due valigie ai suoi piedi, aspettava con pazienza e con un sorriso divertito che il Caposcuola Collins finisse di salutare Amy.
«Mi scriverai?»
«Chiedimelo ancora e giuro che ti mando del veleno insieme alla lettera.»
«Se tua madre è troppo insopportabile ti posso ospitare io!»
«Grazie, ci penso. Ora, se non ti dispiace, Newton mi sta aspettando. Buon Natale, buon anno, ciao.»
Riuscita finalmente a liberarsi del Gryffindor, Amy raggiunse in fretta l’amico.
«Può venire anche lui, se volete.» Le disse lui, allungandole la sua valigia.
«Non ci provare, Salamander. Allontaniamoci da qui, e molto in fretta.»
Solitamente, tornare a Londra per le vacanze di Natale voleva dire trovare gente ovunque, profumo di dolci e caldarroste, luci colorate nelle vetrine dei negozi, e soprattutto in stazione grandi ricongiungimenti familiari.
Quel giorno però la gente a King’s Cross era poca, soprattutto donne e bambini con espressioni schive e spaventate, molti dei negozi nella stazione erano chiusi, non c’erano luminarie e nell’aria aleggiava un odore di fumo molto diverso da quello delle caldarroste.
Newt si guardava attorno senza capire, Amy invece aveva un’espressione cupa e tesa in volto. Una volta usciti dalla stazione, fu ben chiaro anche a Newt cosa stava succedendo: la guerra.
L’edificio di fronte alla stazione era stato raso al suolo, molte colonne di fumo si perdevano nell’aria spiegando quel puzzo di bruciato.
Stando ad Hogwarts, quasi ci si dimenticava della guerra. Certo, sul Profeta continuavano ad esserci delle notizie e il bollettino settimanale dei morti e dei dispersi (molti Mezzosangue e nati babbani scoppiavano a piangere a colazione e poi sparivano per qualche giorno per andare ai funerali), ma da quando il Ministro della Magia aveva deciso che i maghi non sarebbero entrati in guerra al fianco dei loro concittadini babbani la cosa era vissuta più da lontano. Ovviamente c’erano gruppi contrati a questa decisione, un certo Henry Potter aveva pubblicamente condannato la decisione del Ministro, e Newt si trovava d’accordo con questa linea di pensiero.
Amy era rimasta immobile a fissare il palazzo distrutto, così pallida da sembrare quasi trasparente. Newt la tirò delicatamente per un braccio, per scuoterla; non potevano certo smaterializzarsi lì, davanti a quei pochi babbani già sufficientemente spaventati. Arrivati su Euston Road, trovarono un angolino isolato e si smaterializzarono.
Come sempre, una volta arrivati sul prato davanti a Casa Scamander, Newt dovette reggere Amy per evitare che cadesse a terra; lei odiava smaterializzarsi, soprattutto perché non aveva il pieno controllo della cosa non avendo mai fatto l’esame. Newt, che compiva gli anni in gennaio, l’aveva sostenuto l’anno prima, lei chissà quando ne avrebbe avuto il tempo.
«Ci sei? Bene, dai, andiamo dentro.»
 
Casa Scamander era bella. Una bella villa in stile vittoriano, non gigantesca e opulenta come i Manor di altre famiglie Purosangue, con un enorme parco che comprendeva l’allevamento di ippogrifi della signora Scamander.
La signora Scamander che in quel momento stava scendendo le scale, concitata, dopo che un Elfo le aveva riferito che suo figlio e la signorina Prewett erano finalmente arrivati.
«Newton! Amelia! Eccovi finalmente, ben arrivati!»
Era una bella donna, Bathilda Scamander, ex Ravenclaw. Aveva gli stessi capelli rossicci e gli stessi occhi verdi del figlio minore, e anche lo stesso sorriso dolce. Era molto più bassa degli altri membri della famigli, e anche molto minuta, ma era anche abbastanza energica da allevare ippogrifi. Era lei che aveva fatto nascere in Newt la passione per le creature magiche.
Andò incontro ai due ragazzi e li abbracciò con uguale entusiasmo, cosa che fece come sempre arrossire un po’ Amy.
«Ero un po’ in ansia, temevo che avreste avuto difficoltà a viaggiare per via della guerra. Avete visto Londra com’è ridotta? Theo ci va spesso per lavoro, racconta certe cose… Oh, ma questo non è il tempo né il luogo per affrontare questi argomenti! Forza, andate di sopra a cambiarvi e rinfrescarvi, intanto dirò agli Elfi di portare qualcosa da mangiare in salotto prima di cena.»
Un quarto d’ora dopo erano in salotto, vestiti di tutto punto. Amy stava chiacchierando con la signora Scamander, quando un Elfo entrò di corsa «Signora, è arrivato il signorino.»
«Oh, perfetto! Digli di raggiungerci qui.»
Pochi secondi dopo, una voce impostata disse «Vedo che sono già arrivati i bambini! Che bravi.», e così Theseus fece il suo ingresso nella stanza.
Theseus Lorcan Fido Scamander, il fratello di Newt, ex Ravenclaw come la madre, studente migliore del suo anno, sempre pronto a ricordare a tutti la sua superiorità. Amy non lo poteva sopportare, per la sua supponenza, per com’era sempre stato viscido con lei e per l’atteggiamento di superiorità con cui si rivolgeva al fratello. Però lavorava al Ministero, anzi, coordinava le missioni di Ignatius e del resto del gruppo, quindi doveva sforzarsi di farselo andare a genio.
La salutò con un baciamano, viscido «Amelia, sei sempre più incantevole.»
Poi rivolse un’occhiata fredda al fratello «Tu invece non cambi di una virgola, sempre con la stessa espressione da cerbiattino spaventato.»
Newt incassò il colpo senza smettere di sorridere e strinse la mano al fratello «Ciao Theo, è sempre un piacere vederti. Papà sta tornando, l’hai incontrato?»
«Aveva una riunione, arriverà per cena. Allora Amelia, come stai? Hai saputo nulla?»
Lei impallidì «Di cosa? È successo qualcosa?»
Lui rise «Ma no, o almeno non che io sappia. E io coordino le operazioni, quindi so tutto!»
Amy provò l’ardente desidero di schiantarlo, ma si trattenne per amore dei padroni di casa «Quindi le notizie rimangono le stesse dell’ultima volta, cioè niente notizie?»
«Esatto. Ma potrebbe esserci una svolta a breve, ti terrò informata. Certo, non c’è nulla di sicuro, ma finché non scompare la traccia magica possiamo stare relativamente tranquilli!» Aggiunse, servendosi qualcosa da bere.
Amy era quasi verde, Newt se ne accorse subito e provò a cambiare discorso, parlando dei MAGO che si avvicinavano e di Trasfigurazione.
La signora Scamander sorrise, vedendo i due figli litigarsi l’attenzione di Amy come al solito. Le piaceva molto quella ragazza, le piaceva dalla prima volta che l’aveva incontrata al binario 9¾ quando era andata a prendere Newt alla fine del primo anno e lui gliel’aveva presentata. Era una persona retta e altruista, molto intelligente e soprattutto non si era mai arresa con Newt, e di questo Bathilda le era estremamente grata. In cuor suo sperava che uno dei suoi figli decidesse di sposarla, ma per Newton era solo amicizia, mentre Theseus era concentrato solo sul lavoro e su se stesso. Sospirò: c’era tempo per pensare a certe cose, ora l’importante era godersi il Natale in famiglia.
 
Diverse ore, una lunghissima cena, innumerevoli interventi fastidiosi di Theseus, qualche risata e un accenno di balbettio dopo, i due giovani Hufflepuff si erano finalmente ritirati nelle loro camere. Amy stava nella stanza degli ospiti, che era collegata a quella di Newt tramite un passaggio non troppo segreto.
Lei aveva liberato i corti capelli scuri dal fitto groviglio di forcine con cui li teneva a bada e si era cambiata, sostituendo all’abito da sera un pigiama dal taglio maschile che era stato di Ignatius (normalmente avrebbe indossato una semplice camicia da notte, ma non osava traumatizzare l’amico mostrandogli le gambe nude), e se ne stava seduta a gambe incrociate sul letto d Newt, aspettando che l’amico finisse di lavarsi i denti.
«Davvero, non so più cosa dire su Theseus. Pensavo che essendo dentro alla faccenda capisse quand’era il momento di stare zitto, e invece…»
«Oh, non ti preoccupare, ormai ho imparato a conoscerlo. Più che altro mi ha stupita tuo padre, per la storia degli Spezzaincantesimi! Davvero, non credevo che mi avrebbe dato retta.»
Il signor Scamander era un funzionario della Gringott, uno dei pochi non folletti, molto conservatore, sosteneva che l’unico lavoro adatto ad una donna Purosangue fosse fare la madre. Tuttavia, quando quella sera Amy aveva detto di voler intraprendere la carriera di Spezzaincantesimi si era mostrato entusiasta, facendole molti complimenti e dicendole che alla Gringott servivano proprio streghe in gamba come lei.
Newt sorrise, sedendosi sul letto accanto all’amica «Te l’ho detto, mio padre in realtà ti stima molto. In più vorrebbe che uno tra me e Theseus ti sposasse, ma questa è un’altra storia…»
«Sì, bene. Dunque, hai sonno?»
«Un po’, è stata una giornata abbastanza faticosa. Tu no?»
«Sì, però volevo darti il mio regalo di Natale. Ormai è la Vigilia, e domani sera sono sicura che non avremo il tempo.»
«Hai ragione! E poi, lo so che non stai nella pelle quando si tratta di regali.»
La ragazza appellò dalla sua stanza un grosso pacco marrone con un fiocco dorato. Newt lo prese al volo: era morbido e compatto.
«Prima che tu lo apra, ci tengo a specificare che è un regalo sia di Natale che di compleanno. No, non ti dirò il perché: aprilo!»
Incuriosito, Newt sciolse il fiocco e strappò la carta: rimase fra le sue mani qualcosa di colorato, un cappotto blu chiaro morbido e dall’aria molto calda. Lui, stupefatto, mormorò «Ma questo è…»
«Il cappotto che hai visto l’ultima volta che siamo stati ad Hogsmade, proprio lui. Era l’ultimo di quella che speso sia la tua misura, non ti dico che magheggi ho dovuto fare per tornare a prenderlo.»
Newt si ricordava perfettamente il cappotto, e si ricordava anche il negozio in cui era esposto, una delle boutique più care del villaggio. Non aveva avuto modo di guardare il prezzo ma era più che sicuro che fosse ben al disopra delle capacità economiche di Amy.
«È stupendo, Amy, ma non posso accettare.»
 Lei sbuffò «E io cosa potrei farmene di un cappotto da uomo?! E poi non si rifiutano i regali, non fare il cattivo Purosangue.»
«Insomma, Amy! Io…»
«Tu ti metterai quel bellissimo cappotto e farai un figurone. Punto. È di compleanno e Natale per un motivo ben preciso che nessuno dei due nominerà, se ci tieni alla nostra amicizia. Ora, posso avere il mio regalo?»
Newt sapeva che Amy non gli avrebbe mai perdonato un’ulteriore insistenza su quell’argomento, quindi mise da parte il cappotto e le porse il suo regalo, che gli era sembrato tanto bello e ora gli pareva sfigurasse.
«Il mio regalo è più…. Normale.» Bofonchiò.
Era una collana, un semplice filo di cuoio nero con una gemma d’ambra, ma non una gemma qualsiasi. Era una gemma che avevano trovato durante una delle loro esplorazioni, una goccia di resina grezza con al suo interno un’ala di una creatura che non era riuscito ad identificare.
«Più normale? Newt, questa l’abbiamo trovata in Galles, era la notra prima missione esplorativa, una vita fa! L’hai conservata per tutto questo tempo?»
«Volevo cercare di capire cosa fosse la creatura intrappolata, ma mi sono reso conto che non potevo farcela senza romperla. Ed è troppo bella per romperla, quindi ho pensato che donarla a te fosse più giusto. E poi è giallo Hufflepuff, è perfetta per te!»
«Posso abbracciarti?» Chiese Amy di slancio, pentendosene immediatamente. Lui però sorrise «Con il regalo che mi hai fatto, hai diritto ad almeno dieci abbracci senza chiedere il permesso. Magari, ecco, prima avvisami.»
 
 
24 Dicembre 1914
Casa Prewett
Sera
 
Casa Prewett era molto più modesta di casa Scamander, un semplice cottage nella campagna inglese, circondato dai campi, con uno spazio erboso grande a sufficienza per improvvisare piccoli match di Quidditch e poco distante da un villaggio abitato da maghi e babbani. Phineas Prewett, padre di Ignatius, Amelia e Charles, era morto da ormai nove anni in seguito ad un incidente nel suo laboratorio di pozioni, e da allora la famiglia viveva grazie alla pensione della vedova, dignitosamente ma non negli agi.
Ginevra Prewett era una buona madre, solo molto ansiosa, soprattutto nei confronti dell’unica figlia femmina. Apprezzava il giovane Scamander perché era educato, gentile, voleva bene ai suoi figli e non aveva l’aria d volersi approfittare di Amelia, ma allo stesso tempo non sopportava che la coinvolgesse in attività potenzialmente pericolose come la ricerca di creature magiche o il Quidditch.
Quando i due ragazzi erano arrivati quel pomeriggio, dopo un brevissimo scambio di convenevoli avevano preso il piccolo Charles ed erano andati a giocare sulle scope, nonostante le vive proteste della signora Prewett che voleva ricordare alla figlia la spalla ferita di quell’estate.
Ora, finita la partita e consumata la cena, i due se ne stavano seduti su una panchina in giardino, sotto un piccolo porticato, ad aspettare la mezzanotte per farsi gli auguri prima che Newt tornasse a casa. Iniziava a nevicare.
«Capisci cosa voglio dire? Non mi lascia respirare, Newt, è un incubo!»
«È una madre, vedova e con un figlio disperso in azione, e tu sei la sua unica figlia. Mi sembra un comportamento quantomeno comprensibile.»
«Dici così perché non la vivi sulla tua pelle. Non vedo l’ora di finire la scuola e di andarmene da qui, giuro che mi farei ospitare da chiunque.»
«Prova a chiedere a Collins, secondo me ne sarebbe più che lieto.»
Il silenzio che seguì quell’affermazione non era affatto rassicurante, ma Newt decise di proseguire comunque «Lo sai che non ti sta sempre appiccicato per darti fastidio ma perché prova qualcosa per te, vero?»
«Sì che lo so. Me l’ha detto, anche se l’avevo già intuito. E io gli ho detto che non sono interessata, ma lui ha deciso di continuare la sua inutile crociata.»
«Perché non sei interessata? Mi sembra un bravo ragazzo, e a quanto ho potuto capire a scuola ha un alto gradimento tra le ragazze.»
«È un Gryffindor.»
«Andiamo, Amy! Non mi riterrai così stupido da credere ad una scusa del genere! Dai, a me puoi dirlo. Ti piace qualcun altro?»
Amy lo guardò con occhi freddi e duri «No, Newton, non mi piace nessuno. Non credi che te lo direi se mi piacesse qualcuno, visto che sei il mio migliore amico? Tu non me lo diresti?»
Newt fu grato all’oscurità perché lei non potesse vederlo arrossire «Certo che te lo direi. Però ecco, Collins non mi sembra il tipo che si arrende facilmente, quindi secondo me potresti dargli una possibilità. Cerca quantomeno di lasciarlo diventare tuo amico.»
L’improvviso risuonare delle campane della chiesa li distolse dai loro discorsi: era mezzanotte, Natale era arrivato.
Amy fece un sorriso stanco «Buon Natale, Newt.» Disse, appoggiandogli una mano sul ginocchio. Lui posò una mano sulla sua «Buon Natale, Amy.»
Rimasero così qualche secondo, poi lei chiese «Devi andare, vero?»
«Purtroppo sì, mia madre vuole aprire i pacchi il prima possibile.»
«Certo, me lo ricordo. Ringraziala ancora per l’ospitalità, mi raccomando.»
Newt, che aveva indossato subito il nuovo cappotto blu, si alzò annuendo dalla panchina «Posso smaterializzarmi da qui senza problemi?»
«Newt, potresti smaterializzarti anche al mezzo del salotto, non abbiamo incantesimi di protezione. Adesso vai, dai. Non voglio rubare tempo alla tua famglia.»
«Prometto che ti scriverò e ti porterò via da tua madre per un giorno o due.» Disse lui, chinandosi per darle un leggero bacio sulla fronte «Buonanotte Amy, e di nuovo buon Natale.»
Quando lo schiocco della smaterializzazione finì di rimbombarle nelle orecchie, Amy si lasciò sfuggire un sospiro sconfortato che si mutò in gemito, mentre affondava affranta il viso fra le mani.

 

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Capitolo 10
*** X ***


X
 
Dove un problema si risolve e se ne creano altri mille
 
4 Gennaio 1915
Da qualche parte nel Sussex
Pomeriggio
 
Newt e Leta correvano fra gli alberi, ridendo, cercando di ricordare da che parte andare per tornare a Casa Scamander.
Newt era felice come non gli capitava da settimane, aveva scritto a Leta per chiederle di incontrarsi pochi giorni dopo Natale, ma lei era riuscita a liberarsi dai suoi impegni Purosangue solo quel giorno.
Erano partiti prima di pranzo, all’esplorazione di un bosco poco lontano dalla villa, dove Newt trovava sempre qualcosa d’interessante e che, infatti, non l’aveva deluso. I due ragazzi si erano imbattuti in un nido di Occamy nascosto dentro un tronco cavo.
Leta non aveva lo stesso approccio di Amy, non guardava le creature con stupore e dolcezza, non ascoltava ammirata le spiegazioni che Newt aveva da darle. Aveva uno sguardo più soddisfatto, come se avesse concluso una vera e propria caccia, e più che interessarsi alle caratteristiche fisiche degli animali chiedeva come facevano a difendersi e quale “scopo” potevano avere. Era un approccio strano, ma Newt cercava di non badarci troppo, concentrandosi invece sulla gioia di avere Leta lì.
Giunsero ai cancelli di Casa Scamander e si appoggiarono ansanti alle mura, ancora scossi dalle risate.
«Devo ammettere che è stato proprio divertente! E tu sai un sacco di cose, Newton, sei quasi un’enciclopedia vivente! Hai mai pensato di farlo per mestiere?»
Il balbettio accentuato dal fiatone, Newt rispose «I-in verità s-sì, il pro-professor Cline mi ha s-suggerito di fare m-magizo-ologia. Ha d-detto che po-potrei lavorare con l-lui.»
«Bello! Ma con le tue conoscenze ci sono molte altre professioni che farebbero al caso tuo… Oh Salazar, è tardissimo! Devo tornare a casa, vengono i Black stasera, è meglio non farli aspettare.»
«Oh, q-quindi sei s-sicura di non voler entrare?»
«Sarà per la prossima volta! Devo proprio scappare, ciao Newton, ci vediamo sull’Espresso fra due giorni.» Si accomiatò così, e si smaterializzò.
Newt varcò le barriere della casa e s’incamminò dentro, col core a mille e la testa leggera per quelle poche parole, “la prossima volta”.
Non fece in tempo ad entrare in casa che fu quasi travolto da sua madre, che aveva sul viso un’espressione estremamente preoccupata che lo mandò in panico «Newton! Eccoti finalmente!»
«Madre! Va t-tutto bene?»
«Non lo so, è da stamattina, subito dopo che te ne sei andato, che una civetta continua a portare lettere per te.»
«Una civetta? Da parte di chi?» Chiese, ma appena entrato nel salone riconobbe l’uccello e si rispose da solo: quella era Cindy, la fidata civetta di Amy.
«È Amelia che scrive, chiede di raggiungerla a casa sua il più in fretta possibile. Mi dispiace Newton ma non sapevo dov’eri, non potevo dirtelo prima!» Gli disse la madre, contrita, mentre lui prendeva la lettera dal becco di Cindy, che sembrava guardarlo con astio apposta per aumentare i suoi sensi di colpa. La missiva era breve, forse anche troppo: vieni qui. Adesso. Ti prego. A.
Si smaterializzò con tale foga da atterrare bruscamente in ginocchio al centro del salotto di casa Prewett, tra le urla spaventate degli astanti che non si aspettavano nulla di così improvviso. Si alzò di scatto, nonostante gli girasse la testa e cominciasse a sentire il sangue bagnargli una narice, probabilmente a causa di un capillare esploso nella foga della materializzazione.
«Newt, per Merlino, ci hai fatto spaventare!» Esclamò una voce conosciuta alla sua destra, facendolo voltare. Riconobbe Doug, che aveva parlato, il piccolo Charile e, assieme ad altre persone che doveva aver già visto in foto, suo fratello Theseus.
Prima che potesse chiedere a qualcuno delucidazioni su quel gruppo così eterogeneo, preceduti da un rumore di passi concitati fecero il loro ingresso nella stanza Amy e Graham Collins «Cos’è successo? Perché avete urlato?» Chiese lei, poi notò il ragazzo in piedi «Newt! Sei arrivato, finalmente! Dov’eri finito? E perché sanguini?»
«Materializzazione. Cos’è successo? E cosa ci fa qui Theseus?»
Amy, passata la paura per le grida che aveva sentito, assunse un’espressione diversa, stravolta ma felice «Vieni, te lo faccio vedere!»
Lo guidò lungo uno stretto corridoio fino alla stanza degli ospiti dove Newton aveva soggiornato qualche volta. «Aspetta qui un secondo.» Gli disse prima di entrare.
«Ehi, è arrivato Newt! Te lo ricordi, vero?»
«È il tuo amico Hufflepuff di cui hai parlato tutto il giorno, certo che me lo ricordo. Fallo entrare, dai.»
«Va bene, grazie. Newt, entra pure!»
Lui obbedì, titubante. Nella stanza oltre ad Amy c’era sua madre, seduta accanto al letto. Newt sbarrò gli occhi, esterrefatto: seduto sul letto, un braccio al collo e una cicatrice sul viso, ma con un sorriso gioviale e la familiare zazzera di capelli rossi, stava Ignatius Prewett, vivo e vegeto.
 
Quella mattina, dopo aver aspettato invano notizie di Newt per tutte le vacanze, Amy era uscita di casa per allontanarsi dalle grinfie della madre. Si era fatta smaterializzare ad Hogsmade da un Elfo e aveva fatto una passeggiata, dando disposizione allo stesso Elfo di tornare a prenderla nel pomeriggio ai Tre Manici.
Aveva passeggiato senza una meta precisa, aveva comprato delle Cioccorane e delle Piume di Zucchero per sé e per Charlie, era entrata in tutti i negozi anche se non aveva bisogno di piume nuove né di ingredienti per pozioni, era arrivata addirittura fino alla casa abbandonata al limitare del villaggio. E proprio lì, mentre camminava svogliatamente mangiucchiando cioccolata, qualcuno le si era smaterializzato davanti.
Aveva urlato, e istintivamente aveva lasciato cadere i dolci per sfoderare la bacchetta in posizione di attacco. Davanti a lei c’era un uomo alto e massiccio, col viso coperto dal cappuccio di un mantello scuro «Vedo che le nostre lezioni sono servite a qualcosa, dopotutto.» Aveva detto l’uomo, con una voce che aveva letteralmente fermato il cuore di Amy, poi si era tolto il cappuccio e il viso malandato ma sorridente di Ignatius era apparso alla sorella.
«Che si è lasciata andare ad un commento non proprio adatto ad una giovane, educata fanciulla Purosangue, ma questi sono dettagli!» Finì di raccontare Ignatius, ridendo.
Newton continuava a guardarlo esterrefatto, seduto accanto ad Amy su una poltroncina «M-ma quindi d-da quanto sei t-tornato in I-Inghilterra?»
«Sono arrivato a Brighton stanotte e stamattina ero già al Ministero, con tuo fratello e gli altri che sono di là. Mi hanno proposto di usare la Metropolvere per arrivare direttamente qui, ma io volevo fosse Lia la prima a vedermi, quindi l’ho fatta rintracciare e sono andato da lei.»
«E non sai quanto mi ha fatto piacere, ma chiamami ancora cosi e Grindelwald ti sembrerà un maghetto qualunque.» Lo rimbeccò la sorella, che non riusciva a smettere di sorridere.
«L’ha-hai visto d-davvero?»
«Purtroppo sì. Ma non è il momento di parlarne, e poi non sono sicuro di avere il permesso di farlo.»
«Hai ragione, è meglio se ti riposi un po’. Dai Salamander, torniamo di là.»
«C-certo, sì. A-arrivederci, Ignatius.»
Ad aspettarli nel salotto c’erano ancora Doug, Collins e Theseus; i colleghi di quest’ultimo dovevano essere già tornati al Ministero, mentre la signora Prewett e Charlie erano andati al villaggio.
«Perché non mi hai detto niente stamattina?» Chiese Newt al fratello, brusco.
Lui scrollò le spalle «Non sapevo perfettamente quale fosse la situazione, ed era comunque una cosa di lavoro. E poi stamattina mi sembravi troppo su di giri per la tua scampagnata per accorgerti del mondo circostante.» Aggiunse, velenoso.
«Scampagnata? Quale scampagnata?»
In quel momento bussarono alla porta ed Amy andò ad aprire, dimenticandosi la domanda appena fatta a Newt.
Si trovò davanti una donna dai capelli chiari e con grandi occhi grigi, che la guardava un po’ impacciata ma sorridente.
«Mi scusi, lei…»
«Ciao Amelia. Non ti ricordi di me? Sono Lucrezia, la fidanzata di Ignatius. Lucrezia Black.»
«Ma certo, Lucrezia! Scusami, ho la testa su un altro pianeta. Prego, entra, Ignatius è in camera sua. Vuoi che ti accompagni?»
«Molto gentile, grazie. Come sta? Scusate se sono arrivata solo ora, non sono riuscita a liberarmi prima….»
Amy non nascondeva per nulla la sua antipatia verso i Black e le altre potenti famiglie Slytherin (quelle la cui progenie si dilettava ad usarla come sacco da boxe ormai da qualche anno, per intenderci), ma Lucrezia era sempre stata un’eccezione. Stava con Ignatius da quando erano entrambi ancora ad Hogwarts, nonostante la famiglia di lei non apprezzasse la babbanofilia del compagno, e quindi Amelia l’aveva sempre vista in casa fin da quando era bambina. Forse era per quello che si era affezionata.
Dopo aver lasciato la coppia a commuoversi e salutarsi, Amy ritornò nel salotto.
«Beh, direi che adesso sono venuti tutti. Pensate, Lucrezia è arrivata solo adesso perché il suo capo non le ha dato il permesso di uscire prima, e la sua famiglia non voleva neanche che venisse perché dovevano fare una stupida riunione di famiglia, o qualcosa di simile!»
«Cena.» Si lasciò sfuggire distrattamente Newt.
«Giusto, la cena. Se volete fermarvi qui, mia madre e Charlie sono andati al villaggio e… aspetta, cena? Quale cena?» Domandò improvvisamente sospettosa, girandosi verso Newt.
«Eh? Oh, ehm, la c-cena a cui d-doveva andare L-Lucrezia. N-no?»
«E tu come fai a saperlo, se l’ha detto quando eravamo già di là?»
Il silenzio di Newt fu una risposta più che esauriente, almeno per Amy. Doug e Graham si scambiarono un’occhiata perplessa, e Theseus dopo un profondo respiro rassegnato si alzò in piedi «Mi dispiace Amelia ma devo proprio tornare a casa. Posso usare il camino come abbiamo fatto stamattina? Grazie mille. Newton, vieni con me?»
«N-no, c-credo che r-resterò qui, a-avverti la mamma.»
Anche Doug dovette a malincuore declinare l’invito, doveva assolutamente controllare un innesto che aveva fatto e che poteva rivelarsi qualcosa di estremamente utile. Collins invece rimase, ma avendo capito che Amy e Newt avevano qualcosa da chiarire si mostrò interessatissimo a una vecchia copia delle Fiabe di Beda il Bardo e al caminetto scoppiettante.
Appuntandosi mentalmente che dopo avrebbe dovuto ringraziare il buon Gryffindor, Amy fece segno a Newt di seguirla in cucina.
«Fammi capire, eri stato invitato anche tu alla “cena di famiglia” dei Black?»
«N-no, c-certo che n-no. I-io ho s-sentito L-Leta e me l’ha detto l-lei.»
«Sentita?»
«S-sì, perché?»
Lei lo guardò furente «Il balbettio ti tradisce, Scamander. O vuoi forse che creda che stamattina eri così contento di andare a fare una scampagnata tutto solo? E non dire che non potevi che andare da solo, visto che mi avevi promesso che mi avresti tirata fuori da qui durante le vacanze, e invece non ho ricevuto un solo maledettissimo gufo!»
«Non mi devo giustificare con te se esco con Leta Lestrange!»
«Non sto dicendo questo!» Gridò lei, facendolo sobbalzare. Dal salotto si udì un libro cadere a terra, segno che Newt non era l’unico a essersi spaventato.
«Sto dicendo che da quello che dovrebbe essere il mio migliore amico mi aspetterei un po’ più di sincerità, considerato che mi avevi promesso che mi avresti scritto durante le vacanze e invece non ti sei fatto vivo nemmeno una volta per aspettare la risposta di Leta Lestrange!»
«Mi sono dimenticato…»
«Oh, grandioso! Quindi non sei un bugiardo, ti sei solo dimenticato della tua migliore amica, grazie tante! E poi, mi avrebbe fatto piacere se tu fossi stato qui il giorno in cui mio fratello è miracolosamente tornato a casa sano e salvo!»
«Ma io sono venuto, non è colpa mia se Leta poteva solo oggi e ho visto le lettere nel pomeriggio! E poi non eri di certo da sola, insomma…»
Il colorito ormai purpureo raggiunto dal viso di Amy lo convinse a zittirsi.
«Oh, giusto, non ero sola. Cosa me ne faccio di te quando ho qualcun altro? È la domanda del giorno, immagino. E non è neanche una cattiva domanda.» Disse, gelida.
Il cuore di Newt sprofondò in un abisso ghiacciato «N-no Amy n-non dire c-così!»
Lei alzò le braccia in segno di resa «Lascia stare, Newt. Scusami, per aver pensato che la nostra amicizia significasse qualcosa.» Mormorò, e uscì dalla cucina. Passò davanti a Collins ignorandolo e fece ciò che aveva desiderato fare molte volte in quei mesi precedenti: si infilò nella stanza di suo fratello, sicura che le sue urla lo avessero raggiunto, e scoppiò a piangere, incurante di Lucrezia.
«Credo sia tornata tua madre, vado a darle una mano in cucina.» Disse quest’ultima, per lasciare soli i due fratelli.
Ignatius non fece nulla di che per confortare la sorella, se non abbracciarla col braccio buono e mormorarle «Sai, piccola Lia, a volte penso che tu sia proprio una Gryffindor mancata.»
 
 
6 Gennaio 1915
Dormitorio maschile Hufflepuff, Settimo anno
Sera
 
Newton aveva compiuto diciotto anni quel giorno, e raramente si era sentito così triste. Non solo Leta pareva aver completamente dimenticato che era il suo compleanno (non era una novità, non se n’era mai ricordata nonostante coincidesse sempre con il rientro dalle vacanze di Natale), ma oltretutto Amy non gli parlava più da quel disastroso pomeriggio a casa sua. Gli aveva fatto gli auguri, ovviamente, perché era Amy e i compleanni per lei erano sacri, ma poi era stata completamente assorbita dai suoi compiti da Caposcuola e non l’aveva più vista. La cosa gli faceva ancora più male perché la ragazza era solita organizzare sempre qualcosa in suo onore la sera del suo compleanno (l’anno prima, per la sua maggiore età magica, aveva coinvolto l’intero dormitorio Hufflepuff in un party all’ultimo alcolico di contrabbando nelle cucine, che sarebbe di sicuro rimasta negli annali della casa giallonera, alla faccia di chi diceva che i tassi erano solo noiosi bravi ragazzi), ma quella sera era tutto solo.
«Scamander, c’è il tuo amico Ravenclaw fuori dalla porta che chiede di te. A proposito, auguri!» Gli disse un suo compagno di stanza entrato in quel momento. Newt ringraziò e andò incontro a Doug.
«Ehi! Mi chiedo come facciate a vivere qui, fa un freddo insostenibile…»
«Dentro c’è un enorme caminetto, è molto più caldo. Allora, vogliamo andare? Non ci rimane molto prima del coprifuoco, e non vorrei beccare una punizione.»
Doug aveva chiesto all’amico di fargli da guida nella Foresta per cercare delle piante e Newt era stato contento che almeno uno dei suoi amici volesse passare del tempo con lui il giorno del suo compleanno.
Appena varcato il portone d’ingresso però si mise quasi a piangere: ad aspettarlo con piccoli fuochi d’artificio magici in mano e una torta c’erano un sorridente Graham Collins e un’indecifrabile Amelia Prewett.
Gli cantarono “tanti auguri a te” mentre lui cercava di non piangere e di dissimulare l’emozione balbettando ringraziamenti, poi tagliarono la torta e la mangiarono chiacchierando del più e del meno.
«C-credevo fossi a-ancora arrabbiata con me.» Sussurrò Newt ad Amy mentre tornavano al loro dormitorio.
«Lo sono, ma non ho mai pensato che le cose si risolvano stando in silenzio. Senti, davvero, a me non importa se vuoi uscire con la Lestrange. Non la sopporto, questo è vero, ma non sono nessuno per impedirti di vederla. Però Newt, non si dimenticano gli amici. Non gli si dice che li andrai a salvare dal Natale in famiglia per poi scomparire senza neanche un messaggio. Volevi uscire con Leta? Bene, bastava dirlo; magari anch’io avrei trovato qualcosa di più interessante da fare di giocare a Gobbiglie con Charlie. Quindi ti chiedo solo queste due cose: non dirmi bugie, e non dimenticarti della mia esistenza. Puoi farlo?»
Newt, a metà tra il sollievo e i sensi di colpa, si limitò ad annuire.
«Perfetto. Beh, direi che è ora di andare a dormire! Hai lezione domattina?»
«No, ho Pozioni dopo pranzo, perché?»
«Io ho Trasfigurazione Avanzata prima di pranzo, se sali a fare colazione con me ti racconto cosa mi ha riferito Ignatius della guerra.»
«Oh, certo! A domattina, allora.»
«Perfetto. Buonanotte, Salamander. Ti voglio bene.»
«Anch’io. Buonanotte, Prewett.»

 

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Capitolo 11
*** XI ***


XI
 
Dove Newton trova una cosa interessante
 
8 Gennaio 1915
Parco di Hogwarts
Pomeriggio
 
La neve si stava pian piano sciogliendo, lasciando al suo posto pozze d’erba bagnata che avrebbero gelato durante la notte, rendendo il parco pericoloso come un campo di battaglia.
Newt scosse la testa, cercando di distogliersi da quei pensieri; era dalla mattina precedente, da quando Amy gli aveva riferito quanto le aveva detto Ignatius della guerra, che la sua mente paeva capace di elaborare solo immagini simili.
Quell’uomo, soprattutto, quel Grindelwald lo inquietava profondamente. Stando ai racconti di Ignatius non doveva avere più di una ventina d’anni in più di loro, eppure aveva già un nutrito esercito di assassini sociopatici quanto lui che lo assecondavano nei suoi deliri di onnipotenza; credeva nella supremazia dei maghi, ed era convinto che l’unico modo per far girare il mondo nel verso giusto fosse operare fuori dalla legge. Stava mettendo a ferro e fuoco la Germania ma per qualche motivo, probabilmente a causa della guerra che stava distruggendo il mondo babbano, nessuno pareva essersene reso conto.
«Ciao Newton! Cosa ci fai qui?»
La voce di Leta alle sue spalle lo fece sobbalzare, ma quando si girò sorrise, felice di avere finalmente una distrazione. «C-ciao Leta. S-stavo per fare una p-passeggiata, v-vuoi venire con me?» Chiese, omettendo la parte in cui la stava aspettando al freddo da mezz’ora perché sapeva che avrebbe finito Erbologia.
«Molto volentieri! Mi potresti tenere la borsa? Sembra un macigno.»
Non era poi così pesante, ma Newt sospettava che le piacesse semplicemente l’idea di avere un cavalier servente. Sorrise a Doug, che avanzava a fatica nella neve mezza sciolta, anche lui di ritorno da Erbologia, e ricevette in risposta un’occhiata in tralice che non sfuggì a Leta. Non disse nulla sul momento, non amava dare spettacolo, ma appena lei e Newton si furono allontanati chiese «Cos’era quell’occhiata del tuo amico Ravenclaw?»
«Oh, n-niente. I-immagino fosse solo s-stupito di vedermi, s-sapendo che non a-avevo lezione.» Rispose lui con nonchalance.
Era bello come Mr-balbettio-perenne riuscisse a mentire, o meglio a negare l’evidenza, con tanta naturalezza. Ma Leta non aveva intenzione di desistere.
«Quindi non c’entro io?» Insistette.
«No, direi di no. D-Doug non ha m-motivo per a-avercela con te.»
Un cambio d’inflessione, una nota risentita nel pronunciare il nome dell’amico; Newton non stava mentendo, stava omettendo qualcosa. E non era difficile capire cosa.
Il sorriso di Leta si allargò involontariamente «Perché, qualcun altro sì?»
Silenzio, vittorioso silenzio. «La Prewett?»
«N-non ce l’ha con te. C-ce l’ha con me. È t-tornato suo f-fratello, lo s-sapevi?»
Certo che lo sapeva, quell’idiota di sua cugina Lucrezia aveva rischiato un incidente diplomatico e rovinato la cena insistendo per andare a salutare il suo amato eroe tornato dalla guerra.
«Sì, lo so, è fidanzato con una mia cugina. Ma cosa c’entra?»
«È t-tornato il g-giorno che siamo u-usciti io e te, e lei mi a-aveva m-mandato delle l-lettere che non ho v-visto perché ero c-con te.»
«E quindi? Non hai il diritto di uscire con chi ti pare?»
«N-non era p-proprio quello il p-problema, non le a-avevo detto che s-sarei uscito con te e…»
«Scusami, ma continuo a non capire il problema: devi forse riferirle tutto quello che fai? Chi è, la tua bambinaia?»
«N-no, ecco, i-io mi sono d-dimenticato d-di lei.»
Dopo qualche minuto di silenzio, Leta riprese la parola «Sai invece cosa penso io? Che voglia solo il suo animaletto tutto per sé. Pensaci, lei oltre a te ha molti altri amici, un fratello che le vuole bene e breve avrà anche un fidanzato, quel Gryffindor. Tu invece chi hai oltre a lei? Soltanto me. E lei ha paura di perdere la sua creaturina in difficoltà.»
Newt la guardava esterrefatto «C-creaturina? N-no, t-ti sbagli, io ho a-altri amici…»
«Chi, il Ravenclaw di prima? Lo sappiamo tutti che sta con voi solo perché gli piaceva la Prewett, fammi il piacere. Vedi, non sono amici tuoi, sono amici suoi! E ti dirò di più, tutte queste storie sul fatto che sei il suo migliore amico sono una stronzata, non ti vede come un amico ma come un animaletto da salvare. O vuoi dirmi che la Prewett non ha la sindrome da crocerossina? Vedrai, adesso che ha il fratello miracolato e il nuovo spasimante si dimenticherà di te.»
«Non parlare di cose che non conosci, Leta.» Sibilò lui, fermandosi di scatto. Non aveva balbettato, questo era il segno che Leta cercava.
«Sono cose che conosco benissimo, Newton, perché sono come te. Ma non sono una tenera Hufflepuff che manipoli con due paroline dolci, ecco perché capisco queste cose molto meglio di te!» Gli rispose lei, fronteggiandolo a muso duro.
Lui era arrossito per la collera, ma negli occhi verdi la Slytherin lesse qualcos’altro: dubbio.
«Fa freddo, è meglio se rientro.» Disse lui, ridandole la borsa, poi girò sui tacchi e si allontanò.
 
Tutta Hogwarts lo sapeva: Amelia Prewett era l’incarnazione degli ideali Hufflepuff. E gli Hufflepuff, lo diceva anche il Cappello, erano leali.
Per questo Newt non riusciva a capacitarsi della sicurezza con cui Leta gli aveva detto che in realtà Amy non lo considerava un amico ma un animale da salvare. Insomma, lui si occupava di animali e pensava che fossero meglio di alcune persone, ma quello era un altro discorso.
Incamminandosi verso la sua Sala Comune incontrò l’oggetto dei suoi ragionamenti, Amy. Era pallida più del solito e i cerchi bluastri attorno ai suoi occhi si facevano sempre più evidenti ogni giorno: tra lo studio, i doveri da Caposcuola e la preoccupazione per la sua famiglia non aveva un attimo di pace.
«Ehi, Amy! Sto andando in Sala Comune, vieni anche tu? Partita a scacchi?»
Lei gli rivolse un sorriso stanco «Grazie Newt ma devo andare alla Guferia per spedire una lettera a casa. Povera Cindy, sta facendo gli straordinari in questo periodo.»
«Anche tu hai la faccia di una che fa gli straordinari, dovresti riposarti un po’. Vuoi che ti accompagni in Guferia?»
«Ora che ci penso è meglio se vai in Sala Comune, dei tuoi compagni di stanza ti stavano cercando e parevano piuttosto irritati. Però possiamo giocare a scacchi dopo cena, se non hai la ronda! Ci vediamo dopo, scappo finché c’è ancora luce.»
Newt valutò l’ipotesi di rimanere un altro po’ in corridoio a tergiversare, poi con un sospiro rassegnato tornò a dirigersi verso i suoi sotterranei.
Non fece in tempo a metter piede nel salotto rotondo che venne richiamato da un potente “Scamander!” detto da un Capitano Fraser piuttosto alterato. Fu pervaso dal gelo per qualche secondo al pensiero di aver dimenticato un allenamento, ma poi si rese conto che in quel caso Fraser l’avrebbe già ammazzato.
«Vieni qui, ti dobbiamo fa vedere una cosa.» Continuò il Capitano, facendogli segno di entrare nella loro stanza. Appena Newt si fu chiuso la porta alle spalle, gli lanciarono addosso qualcosa di nero e peloso che riuscì a prendere al volo solo grazie ai riflessi da Cacciatore.
«Ehi ma questo è il mio Snaso!»
«Non mi interessa cosa sia, basta che lo fai sparire da qui immediatamente! Si è mangiato i miei gemelli buoni, e anche buona parte dei risparmi di Carter.»
«Non li ha mangiati, li ha solo rubati… ecco, guarda, si fa così.» Disse Newt, capovolgendo la creatura e cominciando a farle il solletico sulla pancia: al contorcersi dello Snaso cominciarono a cadere monete, bottoni, i gemelli di Fraser, qualunque cosa luccicante fosse mai stata in quella stanza.
Una volta che tutti si furono riappropriati dei loro averi, il Capitano gli si avvicinò e molto più amichevolmente gli disse «Senti, Scamander, non ci siamo mai lamentati delle creature che hai portato in camera, però quel coso ha cercato di mangiarsi le nostre cose, e non ha fatto ulteriori danni in giro per la scuola solo perché lo abbiamo bloccato in tempo! Noi non diremo nulla né a Cline né al Preside, ma tu fallo sparire, per favore. Altrimenti ti useremo come bersaglio per i bolidi al prossimo allenamento!»
«Certo, avete ragione. Si vede che la borsa dove l’avevo messo è piena. Vedrò di trovare una soluzione in fretta, scusate ancora.»
 
Qualche giorno dopo
Corridoio del settimo piano
Pomeriggio
 
Sembrava quasi che tutti gli insegnanti di Hogwarts si fossero resi conto solo in quel momento che gli alunni del Settimo avrebbero dovuto sostenere i MAGO a fine anno: appena tornati dalle vacanze di Natale li avevano caricati di compiti ed esercitazioni, avevano iniziato a fare terrorismo sulla difficoltà e l’importanza degli esami, insomma, si dilettavano a torturarli in ogni modo.
Amy era distrutta, trasfigurava ossessivamente tutto ciò che aveva a portata di mano, si dimenticava qualunque cosa non fosse strettamente legata allo studio e si addormentava su ogni superficie piana (la sera della partita a scacchi era crollata a metà, e Newt l’aveva riportata a letto in braccio).
Newt dal canto suo non se la cavava meglio, tra l’insegnante di Pozioni che gli stava col fiato sul collo per coglierlo in flagrante ad improvvisare di nuovo, le altre materie, il Quidditch e le parole di Leta che continuavano a risuonargli fastidiosamente in testa. Ah, e doveva ancora trovare un altro posto dove tenere lo Snaso e le altre creature, prima che persino i suoi leali e pazienti compagni di stanza si stancassero.
“Potrei tenere gli altri e ridare lo Snaso a Cline, non sarebbe una brutta idea. Ma dovrei denunciare Leta, e questo non le farebbe sicuramente piacere. E poi mi sono affezionato a questo piccoletto… oh, se solo ci fosse un modo per tenerli tutti insieme al sicuro!” pensò, facendo avanti e indietro per il corridoio per l’ennesima volta. Uno scricchiolio al suo fiano lo fece sobbalzare: dove prima c’era un solido muro di mattoni, ora c’era una porta.
“Merlino, che ho combinato stavolta?” si chiese intimorito, avvicinandosi alla porta. Sembrava innocua, ma ad Hogwarts non si poteva mai sapere.
Si decise ad entrare, bacchetta alla mano, e si ritrovò in una stanza spoglia e immersa nella penombra. Al centro, illuminato dall’unica finestra magica della stanza, c’era un banco, e sopra al banco qualcosa che avvicinandosi scoprì essere una valigia. Si guardò attorno, perplesso: perché in una stanza magica che non ricordava di aver mai visto c’era una valigia? E perché non sembrava affatto abbandonata lì per caso, anzi, era messa ad arte? Provò ad aprirla, per cercare qualcosa di simile ad una risposta, ma era una semplice valigia vuota. Si accorse però che sulla chiusura c’era una levetta con su scritto “babbano”, e la tirò: la scritta mutò in “magico” e il fondo della valigia scomparve.
«Helga benedetta, perché faccio queste cose?» mormorò allungando però una mano: la valigia pareva essere diventata l’ingresso di un tunnel senza fondo. Vinto dalla curiosità, accese la punta della bacchetta e cercò di capire con cosa aveva a che fare; la tenue luce biancastra illuminò qualcosa che gli parve uno scalino, anzi, una serie di scalini che scendevano in quella magica oscurità. Si issò sul banco e, ripetendosi mentalmente che ad Hogwarts non poteva succedergli nulla di male, cominciò a scendere.
Arrivato in fondo, pronunciò un lumos maxima e ciò che vide lo lasciò senza parole. Là sotto (o là dentro, non sapeva ancora bene come dire) c’era un vero e proprio appartamento, con un piccolo studio e attorno metri e metri di spazio vuoto. Spazio dove avrebbe potuto mettere le sue creature, anzi, avrebbe comodamente potuto creare la sua collezione privata con tutte le creature esistenti al mondo perché Merlino, lo spazio si allargava a perdita d’occhio! Chissà di che tipo di Incantesimo di Estensione si trattava… e chissà chi l’aveva fatto, soprattutto. Si avvicinò alla scrivania per cercare qualche effetto personale del proprietario della valigia, ma non ce n’erano. Finalmente si concesse un sorriso soddisfatto.
Risalì la scaletta e uscì dalla stanza con la valigia in mano: doveva assolutamente proporre ad Amy di studiare Incantesimi assieme, forse in due avrebbero capito quali erano serviti a creare quella piccola oasi portatile.

 

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Capitolo 12
*** XII ***


XII
 
Dove tutto si rompe
 
16 Gennaio 1915
Hogwarts, scale
Sera
 
Newt era senza parole: Amy si stava davvero dimenticando di lui.
Era passata una settimana da quando aveva trovato la valigia magica, una settimana in cui le aveva chiesto ripetutamente di studiare insieme Incantesimi per cercare di capire come la valigia funzionasse, ma lei continuava a chiedergli di rimandare. C’era sempre qualcos’altro da fare, un altro compito da preparare, un incontro con i professori cui partecipare, una lettera da spedire a casa e perché no, un Graham Collins con cui chiacchierare, passeggiare, mangiare, studiare. Per carità, Newt era felicissimo che l’amica stesse dando una possibilità al Gryffindor, e lui gli stava davvero molto simpatico, ma trovava scorretto e incredibile che improvvisamente nella vita di Amy non ci fosse più spazio per lui.
Insomma, era così condizionato dalle parole di Leta da non ricordarsi che sotto stress Amy dava il meglio di sé dal punto di vista accademico, ma il peggio da quello personale. Quando avevano sostenuto i GUFO due anni prima non aveva parlato con nessuno per quasi un mese, e Newt l’aveva dovuta seguire passo per passo perché mangiasse qualcosa e non diventasse parte integrante dei tavoli della biblioteca.
Quel pomeriggio le aveva chiesto di raggiungerlo nel dormitorio dopo le lezioni, quando tutti sarebbero stati in Sala Comune, per farle finalmente vedere la valigia. L’aveva aspettata per più di un’ora, ma lei ovviamente non era mai arrivata; se n’era dimenticata, certamente.
Così, per sublimare l’irritazione (non gli andava di chiamarla “rabbia”, non gli piacevano i sentimenti così forti) che provava, era andato a fare una passeggiata per il castello, forse sperando di incontrarla per ricordarle garbatamente l’impegno che avevano.
Stava camminando da ore e non l’aveva ancora incontrata. Proprio quando cominciava a valutare l’idea di dar retta al suo stomaco brontolante e scendere per cena, s’imbatté in Leta che scendeva dal settimo piano.
«Ciao Newton!» Lo salutò, un po’ stupita di trovarlo lì.
«Ehi.» Rispose lui, atono.
«Cosa ci fai qui a quest’ora? Non dovresti essere a cena?»
«S-stavo giusto p-pensando di a-andarci. Tu vieni?»
Lei scrollò le spalle «Mangiare è sopravvalutato, andrò in Sala Comune a fare il tema di Pozioni.»
«A-allora ti a-accompagno.»
Non avevano sceso neanche una rampa di scale che Newt si fermò, con un sospiro affranto «I-in effetti non ho m-molta voglia di ehm, andare a c-cena. P-puoi stare u-un po’ qui c-con me?»
Lei annuì, sempre più perplessa, e si sedettero sugli scalini di pietra.
«È successo qualcosa?» chiese lei dopo qualche minuto di silenzio.
«Ho t-trovato una c-cosa f-fantastica dove m-mettere le mie c-creature» iniziò lui, prendendola molto alla lontana «E v-volevo farla vedere ad A-Amy, ma lei si è d-dimenticata. È g-già un po’ che s-si dimentica di m-me.»
«In che senso?»
«L-lei è s-sempre assente, s-si dimentica le c-cose che d-dobbiamo fare c-come se ci f-fosse q-qualcuno di più importante, s-sempre. E n-non dire che m-me l’avevi detto, p-perché s-sono sicuro che una s-spiegazione l-logica debba esserci.» aggiunse, vedendola aprire bocca.
«Non volevo dire questo, Newton. Anzi, non sai quanto sono dispiaciuta nel vedere che il mio aver ragione ti causa tanto dolore. Mi dispiace vedere che sei davvero come me, dopotutto.»
«C-come te?»
«Sì. Vedi Newton, nessuno dei due si è ambientato veramente a scuola. Ti trovi spesso da solo, no? Come se nessuno ti ascoltasse? Beh, è quello che succede a me da sette anni; il tuo problema è che sei finito nella Casa dei buoni e caritatevoli, quindi era ovvio che avresti trovato qualcuno che cercasse di prendersi cura di te. Ma Amelia non ti ha mai veramente capito, non è così?»
Newt si trovò ad annuire, perplesso, come se qualcuno stesse muovendo la testa al posto suo.
«L’unica capace di capirti davvero in questa scuola… sono io.» concluse lei, in poco più di un soffio.
Per qualche secondo, loro e tutto quanto c’era attorno rimasero immobile, senza un filo d’aria, senza un rumore, senza un respiro. Poi, tutto precipitò.
 
La verità era che Amelia Prewett aveva sempre provato qualcosa per Newt Scamander. Platonico, ovviamente, ma qualcosa c’era sempre stato.
Probabilmente c’era dalla prima volta che l’aveva visto, piccolo goffo e balbettante nella Sala Comune di Hufflepuff, anche se se n’era resa conto solo l’anno seguente, quando si era spontaneamente messa fra lui e un gruppo di Slytherin che lo maltrattavano, salvandolo ma diventando il nuovo bersaglio di quei bulli; si era fatto ancora più evidente al terzo anno, con l’arrivo di Leta Lestrange nelle loro vite, la Slytherin che aveva ammaliato Newt con la sua lingua biforcuta; quando poi al quarto anno Amy si era perdutamente innamorata di un Gryffindor di tre anni più grande che in realtà voleva solo usarla per farsi un nome e vendicarsi di Ignatius (che era stato nella stessa Casa e l’aveva a suo parere ingiustamente escluso dalla squadra di Quidditch) e Newt l’aveva salvata all’ultimo secondo dal rimetterci la faccia e anche qualcos’altro, aveva stabilito che per lei non ci sarebbe mai stato nessuno come Newt. E, forse in maniera infantile, pensava che anche per lui fosse lo stesso.
Fu per questo motivo che quando salendo le scale per il settimo piano se lo trovò davanti impegnato a baciare Leta Lestrange si sentì come se tutta Hogwarts le fosse crollata addosso.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime mentre cercava disperatamente di capire cosa fare: non poteva salire, né farsi trovare lì come una stupida. Non poteva nemmeno scendere e andare a cena come se nulla fosse, anche perché le si era completamente chiuso lo stomaco. Non poteva nemmeno andare nella sua Sala Comune, perché prima o poi anche Newt ci sarebbe tornato e lei non voleva vederlo.
Come in trance, a viso basso perché nessuno vedesse le lacrime nei suoi occhi, seguì i suoi piedi potarla fino all’ultimo posto che a mente lucida avrebbe scelto: la torre di Gryffindor.
«Signorina Prewett, che piacere averla qui! Parola d’ordine?» le chiese gioviale la Signora Grassa, che si ricordava di lei dal quarto anno.
Amy rimase zitta, perché non conosceva la parola d’ordine, ma fortunatamente proprio in quel momento dal ritratto uscirono due ragazzini del Terzo.
«Caposcuola Prewett! Cosa ci fa qui?»
«Io, ehm, cerco il vostro Caposcuola per discutere di faccende da Caposcuola. Sapete dove posso trovarlo?»
«Sì, è nella sua stanza, è rientrato poco fa dalla cena. Salga quelle scale e poi in fondo al corridoio.»
«Grazie mille.»
La porta della camera da Caposcuola di Collins era uguale alla sua, di legno massiccio con una piccola targa dorata con scritto il suo nome. Amy passò qualche minuto ad osservarla, intimorita perché non sapeva cosa fare né perché i suoi piedi l’avessero condotta fin lì, poi prese un bel respiro e bussò.
«Te l’ho già detto, Weasley, non puoi sostituire… Amy?» Collins s’interruppe e la guardò preoccupato «Cosa ci fai qui? Va tutto bene?»
Per tutta risposta, lei scoppiò a piangere.
 
Newt era assurdamente felice. Felice come quando aveva addomesticato il suo primo ippogrifo, come quando aveva ricevuto la lettera di Hogwarts, come alla festa per la sua maggiore età, come quando Cline gli aveva dato il permesso di andare nella Foresta Proibita. Leta l’aveva baciato, ed era stato bellissimo. Ora doveva solo dirlo ad Amy e gioire insieme a lei.
Per prima cosa la andò a cercare in Sala Grande, ma era tardi, ai lunghi tavoli non erano rimasti che pochi studenti ritardatari e lei non era tra questi. Corse allora fino alla Sala Comune, ed era talmente euforico che quasi sbagliò la sequenza di suoni sul coperchio del barile, ma nonostante la maggior parte degli Hufflepuff dal primo al settimo anno fosse lì lei non c’era.
Si avvicinò al primo gruppetto che vide «S-scusate, a-avete visto A-Amelia?»
«La Caposcuola Prewett? Non credo sia scesa a cena, l’ultima volta che l’ho vista era in Biblioteca, oggi pomeriggio.»
«Oh, g-grazie mille.»
Fermamente deciso ad aspettarla, dovunque si fosse cacciata, si sedette su una poltrona vicino al camino e si servì di qualche biscotto al miele.
La aspettò per ore, mentre la Sala Comune si faceva sempre più vuota e solitaria, ma lei non arrivò. Quando rimase da solo nella stanza semibuia, con nel cuore un senso di frustrazione mai provato prima si alzò e andò in camera sua, pur sapendo che non avrebbe probabilmente chiuso occhio.
 
17 Gennaio 1915
Torre di Gryffindor
Stanza del Caposcuola Collins
Mattina

Quando Amy si svegliò si sentì perplessa, perché non ricordava affatto di essersi addormentata. Aveva la testa pesante come un macigno e lo stomaco dolorosamente vuoto; c’era qualcosa che non andava.
Il letto, forse era quello. Era il suo solito letto, ma sembrava avere un profumo diverso, buono e familiare, ma non il solito. Se solo si fosse ricordata dove lo aveva già sentito…
La realizzazione le trafisse il cervello come un colpo di pugnale, facendole sbarrare di colpo gli occhi, che si mossero rapidi per la stanza alla ricerca di un segno che le dicesse che stava sbagliando, ma attorno a sé vide solo i colori della sua disfatta: rosso e oro al posto del solito giallo e nero. Le sfuggì un gemito affranto.
«Buongiorno.» disse una voce dal fondo del letto. Si alzò sui gomiti e vide Collins, seduto sulla poltrona, che la guardava con un po’ di apprensione. Con un altro gemito ricadde sul cuscino e strinse gli occhi, sperando che tutto attorno a lei scomparisse, o che il letto la inghiottisse.
«Come va?» continuò imperterrito il Gryffindor.
Cercava di dissimulare il più possibile, ma era davvero preoccupato per lei; la sera prima era scoppiata a piangere sulla soglia della sua camera, aveva balbettato qualcosa su Scamander e la Lestrange tra i singhiozzi e poi gli era crollata addormentata tra le braccia. Non aveva avuto il cuore, né il desiderio, di svegliarla per mandarla via, quindi l’aveva lasciata a dormire nel suo letto e si era accomodato sulla poltrona. Sentendo che non gli rispondeva, si alzò dolorosamente dal suo scomodo giaciglio per andare a sedersi sul bordo del letto. Sorrise, vedendola nel più profondo stadio di negazione mai visto.
«Non credo che chiudere gli occhi possa funzionare.»
«Voglio scomparire.» rispose lei, facendolo ridere.
«Me ne andrei, se potessi, ma è la mia camera nel caso ti fosse sfuggito.»
«Non mi è sfuggito. Hai dormito con me? Dimmi di no, ti prego.»
«No, sono un gentiluomo. Ho dormito su quella scomodissima poltrona tutta la notte, quindi ora puoi farmi un po’ di spazio così mi siedo sul letto?»
«Va bene. Cos’è successo?» chiese lei, mettendosi a sedere.
«In realtà dovresti dirmelo tu: sei arrivata qui, ti sei messa a piangere dicendo qualcosa su Newton e Leta Lestrange e poi ti sei addormentata.»
«Si sono baciati. Li ho visti.» disse lei, atona.
«Avevi detto di non provare nulla per lui.» rispose Graham, non riuscendo ad evitare una nota di disappunto nella voce.
Lei affondò il viso fra le mani «È una cosa complicata, va bene? E ho avuto una reazione esagerata perché sono sotto stress, ma non è questo il problema nell’immediato. Il problema…»
«Forse per me anche questo è un problema!» sbottò Graham.
«Allora prometto che ti spiegherò tutto dopo… maledizione, le lezioni! Che ore sono? Devo andare!»
«Prewett, è domenica.»
«Oh. Beh, ancora meglio. Prometto che ti spiegherò tutto dopo aver parlato con Newt.» disse lei scostando le coperte per alzarsi.
«Di cosa gli vuoi parlare esattamente?»
«Di Leta. È il mio migliore amico e devo metterlo in guardia, anche se dopo quello che è successo dovrebbe sapere bene anche lui che Leta non è una buona scelta.»
«Questo mi ricorda che mi devi raccontare anche quella cosa. Sei sicura che sia una buona idea, comunque?»
«Ogni cosa a suo tempo e sì, ne sono sicura. Secondo te posso uscire senza che nessuno mi veda?»
«Direi di sì, non ho mai visto nessun Gryffindor scendere a colazione prima delle 11 di domenica mattina. A questo proposito, credo che tornerò a dormire. Quando hai risolto con Newton, mandami pure a chiamare.»
Lei annuì, una mano già sulla maniglia, poi si fermò «E, Collins… grazie.»
«Sempre a vostro servizio, madamigella.» rispose lui con un sorriso.
 
Hogwarts, sotterranei di Hufflepuff
Mattina
 
Quando aprì la porta della Sala Comune e si trovò davanti Amy, Newt pensò che forse alla fine sarebbe andato tutto bene.
«Amy! È da ieri che ti cerco!» disse abbracciandola di slancio. Cercò di non pensare alla debolezza con cui ricambiò la stretta, né alla strana espressione che aveva sul viso «Devo dirti una cosa.» aggiunse poi, gli occhi brillanti per l’emozione.
«Va bene, ma prima possiamo mangiare qualcosa? Non ho cenato e comincio a sentire il vuoto allo stomaco.»
«Certo, in effetti neanch’io ho cenato ieri. Cucine o Sala Grande?»
«Meglio le cucine.»
Dopo una buona colazione, mentre l’amica finiva il suo the Newton sganciò la bomba «Ho baciato leta.»
L’esplosione parve però rivoltarglisi contro quando Amy prontamente rispose «Lo so, vi ho visti.»
«C-come ci hai visti?»
«Stavo salendo le scale per il settimo piano e voi eravate in mezzo alla rampa, sarebbe stato difficile non vedervi.»
Newton sentì le guance prendere fuoco ma cercò di far finta di niente «E perché non hai detto niente?» chiese, rendendosi conto solo dopo della stupidità della domanda.
Amy infatti lo guardò perplessa «Non… non me la sono sentita, direi. Però, Newt, adesso devo dirti qualcosa.»
«Cosa?»
«Non credo sia una buona idea.»
La temperatura parve scendere di dieci gradi.
«Beh, o-ovviamente c-cercherò di farlo in luoghi meno pubblici, d’ora in poi.» cercò di scherzare lui.
«Intendo la cosa in sé, Newt. Anzi, la persona in sé.»
«Cos’hai contro Leta?»
«A parte che è pazza e ci ha quasi lasciati morire?»
«Ti ha chiesto scusa!»
«Oh, scusami se non l’ho presa molto sul serio! Ma davvero non capisci?»
«No, sei tu che non capisci me!»
Amy era esterrefatta «Come scusa? Stai insinuando che lei ti conosce meglio di me?»
«Sì!»
«Sei il mio migliore amico! Da sette anni!»
«Non è vero, sono un poveretto che hai deciso di prendere sotto la tua ala per proteggermi, ma appena c’è qualcosa di più interessante da fare mi lasci solo!»
«Ma cosa stai dicendo?! Te le ha dette lei…»
«Dov’eri ieri sera? Dove sei stata in tutti questi giorni, quando ti chiedevo di incontrarci perché dovevo dirti delle cose?»
«Sto studiando, Newt! Passo le giornate in classe o in biblioteca, pensavo lo sapessi! Mi dimentico del mondo quando studio!»
Nella mente di Newt quelle parole fecero scattare una sirena d’allarme, come una voce che gli diceva di smetterla finché, che tutto poteva ancora risolversi per il meglio. Ma fu la collera, per la prima volta, a prendere il sopravvento «Dov’eri ieri sera?» gridò.
«Da Collins. Ero da Collins, va bene? Avevo bisogno di parlare con qualcuno.»
«Non ero io il tuo migliore amico?»
«Non potevo parlarne con te, Newt. Ma adesso ascoltami, per favore…»
«No.» disse lui lapidario, alzandosi «Visto che non mi parli, ho smesso di ascoltarti. Cercati un altro animaletto da salvare.» aggiunse, senza guardarla, e uscì dalla cucina.
Amy rimase qualche minuto a fissare la porta, raggelata, poi appoggiò il viso sul tavolo e rimase lì, troppo distrutta persino per piangere.

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Capitolo 13
*** XIII ***


XIII
 
Dove Leta sperimenta
 
4 Marzo 1915
Hogwarts, biblioteca
Pomeriggio
 
Erano passati due mesi, ormai non ne parlava più nessuno, ma la notizia a suo tempo aveva fatto molto scalpore.
Non capitava spesso di vedere due Hufflepuff litigare, men che meno smettere di parlarsi di punto in bianco dopo anni di amicizia; quando Newt Scamander aveva smesso di parlare ad Amy Prewett e aveva iniziato una sorprendente relazione con Leta Lestrange, e dal canto suo la Caposcuola giallonera aveva cominciato a farsi vedere sempre più spesso in compagnia del suo collega Gryffindor, tutta Hogwarts era stata scossa da una tempesta di pettegolezzi.
A Gryffindor si sosteneva che la Lestrange avesse drogato il povero Hufflepuff con una potentissima Amortentia; a Ravenclaw avevano capito da anni che Newton era innamorato di Leta e Amy di Newton, e che quindi stava con Collins per farlo ingelosire; a Slytherin nessuno approvava la scelta della loro compagna di Casa ma tutti erano contentissimi che la Caposcuola Prewett fosse rimasta senza amico del cuore.
Gli Hufflepuff, leali come sempre, non stavano né dalla parte di Newton né da quella di Amy e non davano ascolto ai pettegolezzi. Si erano limitati a soffrire con un unicum quando alla prima partita di Quidditch dell’anno nuovo si erano trovati senza capo coro, e Scamander si era fatto rubare la Pluffa una decina di volte.
Newt non stava bene, sentendosi così al centro dell’attenzione. Aveva ricominciato ad avere piccoli attacchi di panico e mangiava sempre nelle cucine, da solo come al primo anno perché Leta continuava a considerare il cibo sopravvalutato. Sedeva da solo nelle lezioni che non avevano in comune, e a parte quei momenti e gli allenamenti di Quidditch stava sempre solo con lei. Studiavano insieme, stavano insieme durante le pause e ogni sera fino al coprifuoco se non erano di turno per le ronde.
Parlavano principalmente di creature magiche, come se Leta volesse assorbire tutte le conoscenze di Newton. Si era fatta descrivere l’allevamento di sua madre, la sua prima esperienza con gli ippogrifi, aveva insistito perché le raccontasse le sue escursioni in Scozia, Galles e Irlanda, voleva sapere ogni dettaglio sulle creature che aveva incontrato.
Newt era stato più volte tentato di raccontarle della valigia, ma qualcosa di molto simile all’istinto di autoconservazione l’aveva sempre fatto desistere.
Quel pomeriggio, finito il tema di Pozioni, se ne stavano in un tavolo isolato della biblioteca a discutere delle possibili conseguenze di uno shock nei vari animali.
«Quindi secondo te un rumore particolarmente forte e improvviso potrebbe scatenare un comportamento aggressivo oppure no?»
«No, non c-credo. Non di lunga durata, almeno. Si tratta di indole, non basta uno s-spavento per modificarla così r-radicalmente.»
Newt aveva scoperto che se parlava lentamente concentrandosi bene su tutto quello che doveva dire riusciva a diminuire considerevolmente il balbettio anche con lei.
«Quindi sarebbe meglio un incantesimo?»
«Beh con un Imperius si può controllare q-qualunque creatura, in maniera teorica. Ma è una delle maledizioni senza perdono, in primis, e poi probabilmente dipende dal tipo di creatura, dalle dimensioni…»
«Cioè?»
«Suppongo che una creatura grande o feroce sia più difficile da gestire di una piccola. Tenere sotto Imperio un Asticello dovrebbe essere semplice, un basilisco invece…»
«Secondo te ci sono basilischi in Inghilterra?»
«N-no, non se ne vede uno da anni, forse addirittura secoli.»
Leta mordicchiò la punta della piuma con aria assorta «Una pozione potrebbe funzionare meglio, invece?»
«Direi di sì, ma dovresti chiedere all’insegnante di Pozioni, o forse a Cline.»
«Cline è un incapace, ed è meglio che non gli faccia questo genere di domande o chissà cosa penserebbe.»
«In che s-senso?»
Leta scrollò le spalle, gli occhi fissi sul cielo plumbeo fuori dalla finestra.
Rimasero in silenzio qualche minuto. Capitava spesso quando erano soli che Leta si estraniasse completamente, e a Newt piaceva guardarla pensare, gli occhi scuri estremamente luminosi, le ciocche di capelli sfuggite all’acconciatura che le cadevano sugli occhi. Gli veniva voglia di spostargliele, ma non si sentiva ancora abbastanza sicuro di sé da farlo.
Non erano una coppia molto fisica, dopo il primo bacio sulle scale ce n’erano stati pochi altri, nessun abbraccio, nessun tenersi la mano in corridoio. La parte di Newt che si era sempre sentita a disagio con il contatto fisico ne era felice, ma quella che amava Leta e avrebbe voluto comportarsi come una coppia normale stava esplodendo.
In quei momenti gli mancava Amy. Avrebbe voluto potersi confidare con lei, chiederle dei consigli; se la immaginava ridere delle sue preoccupazioni e sminuirle per farlo sentire meglio. Ma Amy aveva Collins e ormai era troppo tardi per provare a chiederle scusa, non dopo due mesi, non dopo aver ignorato i suoi tentativi di riappacificazione.
«Newton, mi stai ascoltando?»
L’improvvisa voce seccata di Leta lo riportò alla realtà.
«Eh? Oh s-scusa, mi e-ero distratto. D-dicevi?»
«Dicevo che devo tornare a Slytherin, mi accompagni?»
«Non posso, devo f-finire il tema di Trasfigurazione.»
Un’altra cosa che senza Amy si era rivelata ostica, ma non aveva ancora voluto mollare.
«Giusto. Ci vediamo dopo cena, va bene? Mi raccomando fai un buon lavoro, non vorrei che Dumbledore ti trasformasse in un soprammobile.»
 
Howgarts, corridoio del settimo piano
Stanza che Scompare
 
Leta era sollevata che Newton avesse da fare in biblioteca, perché così poteva dedicarsi ai suoi studi in tutta tranquillità.
Arrivò davanti al muro che nascondeva il suo rifugio magico, vi camminò davanti tre volte e appena comparve la porta di legno si sbrigò ad entrare e chiudersela alle spalle.
Fu accolta dal solito concerto cacofonico di stridii, mugolii e versi vari. Con un colpo di bacchetta accese le torce alle pareti, disturbando ulteriormente le creature che affollavano le gabbie e i contenitori sparpagliati per la stanza.
Newton poteva avere una buona collezione di creature raccattate nei suoi innumerevoli viaggi, ma non era nulla in confronto a quella di Leta. La quale oltretutto non aveva mai nemmeno dovuto muoversi dalla sua calda villa nel Kent, grazie ai soldi e al contrabbando. Leta amava le creature come Newt, ma per un motivo ben diverso: Leta amava sperimentare sulle creature. Incantesimi esistenti o inventati, mezze trasfigurazioni, pozioni; fin da piccola aveva provato di tutto prima con gli animali comuni e poi, una volta capito che reagivano meglio alla magia, solo con le creature magiche.
Prese in mano una gabbietta piena di Imp che aveva acquistato qualche mese prima, le cavie designate per quel pomeriggio.
«Imperio.» sussurrò, come se abbassando il volume diminuisse anche la gravità dell’incantesimo. L’Imp la fissava con occhi vuoti, immobile, pareva morto. Lo fece girare per la stanza, saltellando prima su una gamba poi sull’altra per prendere confidenza con l’incantesimo. Poi prese un altro Imp, l’immobilizzò e disse al primo di fargli del male.
L’Imp obbedì ma con scarsissima convinzione, dando qualche spinta allo sventurato compare.
«Più male.» disse lei, sforzandosi di rimanere concentrata sull’incantesimo. L’Imp aggiunse qualche pedata, ma sembrava sempre meno convinto, gli occhi non più vuoti ma pieni di paura, come se stesse cercando di capire cosa gli stava succedendo.
«Maledizione!» gridò Leta spezzando l’incantesimo; non importava quali fossero le circostanze, non riusciva a mantenere il controllo su una creatura abbastanza a lungo da modificarne l’indole. La sua abilità in Incantesimi non era probabilmente all’altezza della situazione, dopotutto aveva preso A nei GUFO ed era brava solo nei duelli.
Infastidita, appellò di nuovo i malcapitati Imp e li rimise nella loro gabbietta. Riprese in mano gli appunti che aveva preso in quei mesi grazie a Newton e alla biblioteca (niente dal Reparto Proibito, non volva di certo attirare l’attenzione su di sé) e cominciò a leggerli per l’ennesima vola cercando di capire dove aveva sbagliato.
L’idea che aveva era bizzarra e complicata, non sapeva bene perché continuasse a provarci né se ci sarebbe mai riuscita. Forse aveva ragione sua madre, era solo una ragazzina annoiata. Le era venuta l’estate precedente, durante uno dei suoi innumerevoli momenti di noia: si poteva trasformare una creatura di natura docile in una feroce e aggressiva? Certo, tutti gli animali reagiscono quando si sentono minacciati, ma lei intendeva proprio modificarne la chimica del cervello in maniera permanente o quasi. Chissà, magari un giorno avrebbe avuto un esercito personale di animali a prima vista innocui ma tremendamente pericolosi.
Tutti i tentativi fatti fino a quel momento erano stati fallimentari, ma era sicura che con l’aiuto involontario dell’ingenuo Newton presto sarebbe riuscita a concludere qualcosa. Ammetteva di aver usato la sua evidente influenza su di lui (aveva sempre saputo di piacergli) per farsi dare certe informazioni senza dare nell’occhio, anche se aveva dovuto farlo litigare con i suoi altri amici. Certo, non aveva previsto di rimanere così tanto coinvolta nella cosa, ma Newton era un bravo ragazzo, era un prezzo adeguato da pagare.
Rimase a leggere e schematizzare nuove ipotesi fino a tardi, quando le cadde l’occhio sull’orologio si accorse che era già passata da un bel po’ l’ora di cena, anzi, probabilmente erano già iniziate le ronde dei Prefetti. Imprecando fra i denti mise a posto le ultime cose e si affrettò ad uscire; i Prefetti provavano un piacere perverso nel togliere punti agli altri Prefetti, e lei non voleva un motivo in più per suscitare l’astio dei suoi compagni di Casa.
Stava valutando quale strada fare per avere più chance di evitare la ronda quando una voce alle sue spalle la fece sobbalzare «Leta! Dov’eri finita?»
Anche nella penombra riconobbe i ciuffi di fuoco e gli occhi verdi di Newton.
«Newton? Cosa ci fai qui?»
«A-avevi detto che ci saremmo visti dopo cena, ma non arrivavi quindi sono venuto a cercarti.»
«Ma ci sono le ronde! Hai visto qualcuno mentre venivi qua?»
«No, di solito non partono mai dai piani alti…»
Con un eccesso d’ironia drammatica, dall’altro capo del corridoio arrivò un rumore di passi. E la probabilità che fosse qualcun altro in fuga dalla ronda era inverosimile. Leta afferrò Newt per un braccio e se lo trascinò dietro, il più velocemente e silenziosamente possibile, fino all’ingresso della Stanza che Scompare.
“Ho bisogno di un posto dove nascondermi, ma non il solito posto. Ti prego, non il solito posto” pensò disperatamente continuando a camminare avanti e indietro. Quando finalmente comparve la porta non guardò nemmeno se era diversa dal solito, girò la maniglia e spinse Newton nella stanza prima di chiudersi la porta alle spalle.
Dopo qualche secondo di silenzio e respiri affannosi Newton sussurrò «C-cos’ è questo posto?»
«Una stanza magica. Lumos.» rispose lei alzando la bacchetta per guardarsi intorno. Aveva chiesto un luogo dove nascondersi che non fosse il suo solito serraglio magico, e a giudicare dal silenzio questo desiderio era stato esaudito. Nella penombra però intravide una forma famigliare e accese la luce sperando di essersi sbagliata, ma a quanto pareva la Stanza aveva frainteso i suoi scopi, perché davanti a lei c’era proprio un grande letto matrimoniale. Si sentì arrossire violentemente.
Si girò verso Newton per spiegargli che lei non c’entrava, che era la Stanza a fare tutto, ma quando gli vide negli occhi uno sguardo imbarazzato ma compiaciuto intuì che forse la Stanza non aveva percepito solo i suoi desideri.
Quando Newton si accorse che lei aveva capito divenne quasi del colore dei suoi stessi capelli e le rivolse un sorrisetto quasi spavaldo. Lei ridacchiò, e bloccò la serratura con un colpo di bacchetta.
 
Era tardi, molto tardi, e la mattina dopo lo aspettavano due ore di Trasfigurazione, ma a Newt non importava.
La sua giornata aveva preso una piega a dir poco imprevista, considerato che quello stesso pomeriggio si era lambiccato sul perché Leta non fosse un tipo da contatto fisico e ora… beh, sicuramente di contatto fisico ce n’era stato, e anche molto.
Era tardi, molto tardi. I Prefetti avevano finito le ronde già da un pezzo e a Newt piaceva essere l’unica persona viva in giro per la scuola. Con tutta l’adrenalina che aveva ancora in corpo aveva valutato di girarla tutta, ma aveva pur sempre Trasfigurazione la mattina dopo.
Era tardi, molto tardi quando arrivò all’ingresso della sua Sala Comune. Ma quando una volta dentro vide una sagoma familiare in piedi nella stanza si rese conto dell’errore madornale che aveva fatto: era troppo tardi per la ronda dei Prefetti, ma quella dei Caposcuola era appena terminata.
Amy lo fissava con aria interrogativa dal centro della stanza, una tazza di cioccolata ancora fumante in mano. Gli sorrise impacciata, ma prima che potesse aprire bocca Newton uscì dall’ombra per anticiparla, per chiederle scusa.
Il volto di lei si indurì all’istante, il sorriso gelato sulle labbra alla vista della cravatta slacciata, dei capelli stravolti e della camicia spiegazzata e trasandata. Vederlo arrossire nel realizzare che lei aveva capito fu la prova decisiva.
Distolse lo sguardo, fissandolo sulla sua tazza di cioccolata, trattenendosi dal lanciargliela addosso alla babbana, e lì lo tenne finché non lo sentì muoversi in direzione dei dormitori. Una parte di lei però non voleva lasciar perdere.
“Non c’è bisogno di essere sempre stereotipi: un Gryffindor può avere paura, un Hufflepuff può essere egoista”
Le parole che Graham le aveva detto qualche giorno prima le risuonavano in testa. Sospirò.
«Cinquanta punti in meno» disse, e lo sentì fermarsi «per attività illecite ben oltre lo scadere del coprifuoco.»
Voleva che reagisse, che le dicesse qualcosa, che la insultasse se proprio doveva. Ma lui si limitò a ricominciare a camminare fino al dormitorio e chiudere la porta, lasciando Amy sola e a pezzi.

 

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Capitolo 14
*** XIV ***


XIV
 
Dove Amy e Newt si affrontano
 
8 Marzo 1915
Studio del professor Dumbledore
Dopo pranzo
 
Dopo il disastroso incontro notturno della settimana prima, Newt aveva evitato Amy come la peste. Non era arrabbiato con lei per i punti che gli aveva tolto, era consapevole di esserselo meritato e che in una situazione normale non gliene avrebbe tolti così tanti; era tremendamente in imbarazzo.
Per non incontrarla non era andato alla lezione di Trasfigurazione di venerdì né a quella di quella mattina, ma il professor Dumbledore l’aveva mandato a chiamare per un incontro nel suo ufficio.
Non amava essere convocato dagli insegnanti, doveva concentrarsi molto di più per non balbettare e loro finivano sempre per paragonarlo in un qualche modo a Theseus. Con un sospiro rassegnato quindi bussò alla porta.
«Avanti.» disse la voce profonda dell’insegnante.
L’ufficio di Dumbledore era pieno zeppo di cianfrusaglie di ogni tipo, libri, alambicchi, pergamene, fotografie e carte di caramelle, cosa che stupì non poco Newt.
«Signor Scamander, prego, si accomodi!» lo riscosse il professore indicandogli la sedia «Ho notato che non è venuto alle ultime due lezioni di Trasfigurazione. È successo qualcosa?»
«N-no, mi scusi, ho avuto dei… contrattempi.»
«Ho notato anche che da un po’ di tempo non si avvale più della collaborazione della signorina Prewett, mi sbaglio?»
Newt sapeva benissimo che da quando Amy non lo aiutava più i suoi risultati erano peggiorati, ma si stava impegnando fin troppo per una materia in cui non aveva intenzione di sostenere i MAGO.
«Sì, è vero, e so che non essendo Trasfigurazione nel mio elenco per i MAGO forse potrei anche s-smettere di frequentare il corso…»
«Veramente volevo suggerirle di prendere i MAGO anche in Trasfigurazione.»
Newton lo guardò a bocca aperta «C-come s-scusi?»
«Non mi fraintenda, so che ai GUFO non ha preso un voto alto e che negli ultimi due anni ha continuato a frequentare i corsi senza impegno, e so che le sue prove pratiche erano quasi completamente opera della signorina Prewett. Ma nei temi ha sempre preso buoni voti, e negli ultimi due mesi senza aiuti le sue prove pratiche non si sono rivelate disastrose come temevo. Che cosa vorrebbe fare dopo Hogwarts, signor Scamander?»
«Vorrei, ehm, diventare magizoologo. Il professor Cline mi ha proposto di lavorare per lui, in futuro.»
Il professore gli sorrise «Beh, in questo caso Trasfigurazione non è necessaria, ma se vuole è sempre il benvenuto nella mia classe. A patto di mantenere una certa continuità nelle presenze, non so se mi spiego.» Newt annuì «Perfetto, allora spero di vederla venerdì. Ora la lascio andare, non vorrei toglierle tempo prezioso anche nelle altre materie. Arrivederci signor Scamander. E mi raccomando, non si dimentichi mai di sé stesso.»
Su questa enigmatica frase Newt si accomiatò. Una volta in corridoio fece mente locale su cosa doveva fare quel pomeriggio e gli sfuggì un verso sconfortati: aveva due ore per fare quello che voleva, poi gli sarebbe toccato incontrare Amy a Duello.
 
Parco di Hogwarts, campo da Quidditch
Allenamenti di Gryffindor
Pomeriggio
 
Graham Collins, battitore e capitano della squadra di Quidditch di Gryffindor, era un ragazzo appagato. Oltre al suo ruolo rilevante nella squadra più forte della scuola aveva molte richieste di squadre importanti per il futuro, il badge da Caposcuola, un’ottima media e una fantastica ragazza al suo fianco. Per quest’ultima aveva dovuto faticare più che per tutte le altre cose messe insieme, ma alla fine pareva proprio ce l’avesse fatta.
Gli piaceva stare con Amelia, sentirla parlare della sua famiglia, dei suoi progetti per il futuro, di tutte le cose che la rendevano lei. Gli piaceva persino badarla nei momenti in cui veniva colta da un bisogno estremo di studiare e si dimenticava di bere, mangiare e dormire. L’unica cosa che non gli piaceva era la tristezza che le velava gli occhi ogni volta che vedeva o parlava di Newton.
Da quel che sapeva lui, dopo la mattina in cui aveva cercato di convincerlo che Leta Lestrange non era la persona giusta per lui e per tutta risposta lui l’aveva accusata di non volergli davvero bene, Amy aveva cercato di scusarsi per molte settimane prima di arrendersi.
Fino a quel momento, Graham era stato molto geloso del rapporto che Amy aveva con Newt, supponendo che tra i due ci fosse qualcosa, e vedere Amy così distrutta dalla storia dell’amico con la Slytherin l’aveva solo convinto di più. Poi Amy gli aveva raccontato tutto, e aveva capito.
Gli aveva raccontato la storia di un bambino fragile e di una bambina protettiva persino nei confronti del fratello maggiore, che scopriva il bambino a mangiare da solo nelle Cucine, che riusciva a farlo smettere di balbettare almeno con lei, che si faceva insegnare a combattere dal fratello maggiore per difendere sé stessa e l’amico dai bulli. La storia di una ragazzina oppressa dalla madre che trovava una seconda famiglia a casa del suo amico, che andava in giro per il Regno Unito alla ricerca di creature fantastiche insieme a lui, che si innamorava della persona più sbagliata e veniva salvata dal suo migliore amico. La storia di un amico che diventa un eroe e di un’anima romantica che vede in tutto questo un segno del destino. La storia di un’amicizia finita e di almeno un cuore spezzato.
Quindi no, non era più geloso. Anche perché Amy era a suo fianco persino in quel momento, prima degli allenamenti di Quidditch.
«Sei sicura di poter stare qui, Caposcuola Prewett? Non vorrai mica spiare la mia squadra per aiutare la tua, vero?» le chiese ridendo, dandole la scatola delle palle da portare in campo.
Lei alzò gli occhi al cielo «Collins, la mia esperienza da tifosa del Quidditch di questa scuola è terminata. E poi non rimango per gli allenamenti, devo andare a farmi lanciare maledizioni dagli Slytherin a Duello.»
Lui le rivolse uno sguardo preoccupato «Non capisco perché tu continui ad andarci senza poi duellare. Insomma, Avery ormai ha capito che sei micidiale, no?»
«Rimane il fatto che non amo usare la violenza. E poi sto drammatizzando per abitudine, dal nostro incontro nella Foresta ci vanno tutti molto più piano con me. Penso che abbiano un po’ paura di me.»
«Paura di te? Con quel faccino angelico?»
«Posso schiantarti adesso o aspettare che cominciate ad allenarvi e trasfigurare la tua scopa in un blocco di marmo, a te la scelta.»
Lui ridacchiò per tutta risposta, scompigliandole i corti capelli scuri «Tranquilla, Prewett, da quando hai trasformato il mio letto in una balla di fieno ho imparato a temerti. Però promettimi che se diventano violenti ti difenderai. Promettimelo.»
«Va bene, te lo prometto. Tu promettimi che non sfiancherai i tuoi poveri giocatori; anche perché sarebbe inutile, questa domenica giocate contro di noi, non avete possibilità di vincere.»
Collins le rivolse uno sguardo esageratamente offeso «Vorrei ricordarti che siamo la squadra più forte della stagione!»
«E noi siamo al secondo posto; i giochi non sono ancora chiusi, Collins. Affatto.» gli rispose, dandogli un bacio sulla guancia prima di tornare al Castello.
Il vero motivo per cui voleva così tanto andare a duellare era ovviamente Newt: dal loro disastroso incontro notturno della settimana prima il giovane non aveva fatto altro che evitarla. Non l’aveva incrociato in Sala Comune, né in Sala Grande né a lezione, e questa cosa l’aveva fatta arrabbiare ancora di più. Si era ripromessa, se non l’avesse incontrato nemmeno a Duello, di fargliela pagare in un qualche modo, facendogli spuntare pustole o trasfigurando ogni singolo oggetto della sua stanza, doveva ancora decidere.
Non dovette pensarci troppo, per fortuna, perché appena entrata nell’aula le saltò all’occhio la chioma infuocata del ragazzo, che com’era prevedibile arrossì tremendamente vedendola e cominciò a parlare freneticamente con la sua algida consorte.
«Ehi Prewett, ieri hai tolto venti punti alla mia Casa senza un motivo apparente. Vuoi chiedere scusa o preferisci che sia io a fartene pentire?»
«Sta’ zitto, Avery. E poi, incantare un ritratto perché gridi insulti e sconcezze mi sembra un valido motivo per perdere venti punti, come minimo.»
«Oh dai Prewett, perché non ammeti che hai dei problemi personali con noi Slytherin? Troppo poco Hufflepuff come pensiero?»
Prima che lei potesse rispondergli, il professor Finningham entrò nell’aula e chiese il silenzio. Tutti si disposero in riga, Amy stretta tra Avery e un altro Slytherin in quanto unica Hufflepuff a parte Newt.
«Dopo ti distruggo.» le sussurrò Avery, facendola rabbrividire.
«Buon pomeriggio ragazzi!» disse Finningham, con il solito tono fin troppo esaltato per uno che insegnava ai ragazzini a combattere «Oggi voglio rendere le cose più interessanti cambiando le coppie. Insomma, sono anni che duellate con le stesse persone, rimescolare un po’ le coppie non può che farvi bene! Dunque, iniziamo con… Avery e Nott, sulla pedana.»
«Ti è andata bene, per oggi.» le disse lo Slytherin, prima di salire sulla pedana ed essere sconfitto in tempo da record dal compagno di Casa. Amy si limitò a nascondere non troppo bene una risatina.
Dopo di loro si sfidarono due Gryffindor, spacconi ed esagerati come al solito, poi Leta che batté in poche mosse una ragazza Ravenclaw, poi Finningham chiamò sulla pedana gli unici due Hufflepuff della sala.
I due ex amici s’inchinarono compitamente, sguainarono le bacchette e si fronteggiarono per qualche secondo. Newt sapeva perfettamente che non l’avrebbe scampata, non quella volta. Ma poteva sempre provarci.
«Everte Statim!» disse lei, con un colpo chirurgico di bacchetta. Newt riuscì a parare il colpo ma fu comunque spostato di quasi un metro; come previsto, l’ira di Amy non era da sottovalutare.
«Avis!» rispose, lui mandandole addosso uno stormo di uccellini che lei distrusse grazie ad un incantesimo scudo che non le aveva nemmeno visto erigere.
Tra fatture tartaglianti e gambemolli, incantesimi di ostacolo e di congelamento, i due continuarono a lottare per un bel po’, tra lo stupore generale di chi non aveva mai visto Amy resistere ad un avversario, figuriamoci attaccarlo con tale ferocia e precisione. Andavano avanti così, Amy attaccava con veemenza, Newt si difendeva e contrattaccava con molta meno convinzione. Almeno finché lei con un Diffindo non gli tagliò la cravatta. Quel gesto lo fece arrabbiare e le lanciò contro uno schiantesimo, ma così facendo abbassò la guardia per un secondo che gli fu fatale. Le vide la soddisfazione negli occhi prima ancora che aprisse la bocca e gli lanciasse uno schiantesimo tanto forte da scagliarlo contro il muro opposto. Rimase frastornato per qualche secondo prima che lei lo reinnervasse e delicatamente lo disarmasse, segnando finalmente il termine del duello. Lo aiutò a rialzarsi e gli riconsegnò la bacchetta, senza un sorriso, senza una parola, poi scese dalla pedana e ritornò in riga tra gli sguardi esterrefatti di tutti.
Leta non era affatto contenta della débâcle del compagno «Ti sei fatto battere dalla tua amichetta, sei felice? Non potevi impegnarti di più?»
Newt sospirò, aggiustandosi la cravatta «Non ho possibilità di batterla in un duello, si allena con s-suo fratello. L’unico modo per o-ostacolarla un poco sarebbe silenziarla: l’ultima volta che ho controllato, non era un asso negli incantesimi non verbali.»

 

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Capitolo 15
*** XV ***


XV

Dove Leta risolve i suoi problemi e Amy è al posto giusto al momento giusto
 
14 Marzo 1915
Guferia
Mattina
 
 
Da quando aveva litigato con Newt, Amy non era più andata a vedere le partite di Quidditch della sua Casa. Non si era più avvolta in uno stendardo giallonero per gridare a squarciagola sugli spalti, non aveva più esulato insieme agli altri tassi ogni volta che la pluffa entrava negli anelli.
Non era più andata allo stadio, ma non aveva mai perso una partita.
Quella domenica mattina, come ogni domenica di campionato, aveva fatto colazione con calma al tavolo della sua Casa in mezzo ai compagni vocianti e agitati, aveva salutato Collins (da lontano, quel giorno, perché la lealtà alla sua Casa valeva molto di più del suo caro Gryffindor), aveva preso il libro di Aritmanzia a aveva detto a Doug che l’avrebbe aspettato al solito posto per studiare insieme dopo la partita. Doug, il suo unico complice, le aveva rivolto il solito sorriso un po’ mesto e le aveva assicurato che sarebbe arrivato subito dopo la partita. Poi lei si era alzata, era uscita dalla Sala Grande e aveva camminato su, su fino alla Guferia.
«È per la squadra, Amy. Per la squadra.» si ripeté, posizionandosi nel solito angolo e tirando fuori dalla borsa un binocolo magico, attrezzatura ministeriale che si era fatta spedire da Ignatius per poter essere al fianco dei suoi compagni Hufflepuff anche da molti metri di distanza.
Il match era molto importante, Gryffindor era più forte ma Hufflepuff quell’anno era riuscito ad arrivare al secondo posto, e la stagione non era ancora finita. Il cercatore di Gryffindor era veloce e preciso, ma il loro portiere si era infortunato ad ua spalla e non era ancora tornato perfettamente in forma, quindi se fossero riusciti a segnare molti gol avrebbero avuto qualche speranza. Se solo Collins non fosse stato così bravo come battitore…
La partita iniziò, e dopo un po’ lei si accorse di star tenendo gli occhi puntati su Newt, come sempre. Notò con piacere che si stava riprendendo dal periodo di crisi che aveva avuto dopo le vacanze di Natale, non lasciava cadere la pluffa e mirava deciso agli anelli. Purtroppo il binocolo non era la versione più aggiornata, quindi non riusciva a sentire la telecronaca, ma rimediava sussurrandosela fra i denti.
«Scamander prende la pluffa! Scarta Johnson e un bolide di Collins ma è intrappolato! Passa la pluffa a Fraser grande, che deve averli proprio torchiati per bene agli allenamenti, tira la pluffa e sì! Gol! Hufflepuff torna in vantaggio, 100 a 90! Ma non basta ragazzi, non prenderemo mai il boccino quindi dobbiamo segnare! Segnare!»
«Magari fosse così semplice, signorina Prewett.»
La voce alle sue spalle la fece sobbalzare al punto che rischiò di far cadere il prezioso binocolo dalla torre. Si voltò e vide dietro di sé il professor Dumbledore, con una pergamena arrotolata in mano e il suo solito sorriso serafico sul volto.
«Buongiorno professore. Mi scusi, non l’avevo sentita arrivare.»
«Avevo notato. Pensavo che il suo entusiasmo per il Quidditch fosse scemato, non l’ho più vista allo stadio. Preferisce vedere le cose… da un’altra prospettiva?»
Lei fece una smorfia «Sì, ho pensato che fosse meglio stare lontana per un po’.»
«Hufflepuff sente molto la mancanza del suo capo coro, sa?»
«Oh, se la cavano benissimo anche senza di me.»
Il professore annuì, consegnò la lettera ad un gufo e lo guardò allontanarsi, poi si girò di nuovo verso Amy con un sorriso «La lascio alla sua partita allora, signorina Prewett. Non dovrebbe mancare molto, ormai.» le disse, avviandosi verso le scale.
«Ah, signorina Prewett? A volte, solo perché le cose vanno bene anche senza di noi non significa che non potrebbero andare meglio se noi ci fossimo. Buona giornata.»
Con un sospiro rassegnato (Dumbedore era un ottimo insegnante e le aveva fatto scoprire e amare la Trasfigurazione, ma aveva una bizzarra e fastidiosa tendenza ad immischiarsi negli affari dei suoi studenti) Amy riportò l’attenzione sul match, giusto in tempo per vedere Newt segnare un gol; l’esultanza giallonera durò poco però, perché il cercatore di Gryffindor prese subito il boccino segnando la vittoria della casa rosso-oro, seppur per pochi punti. Amy imprecò fra i denti: sopportare Collins sarebbe stato complicato, per la prossima settimana.
 
Corridoio del settimo piano, Stanza che Scompare
Nel frattempo
 
Amy non era l’unica ad aver evitato il campo da Quidditch quella mattina.
Nella Stanza che Scompare, assordata dagli stridii spaventati delle creature del suo serraglio, Leta era sull’orlo di una crisi di nervi.
Mercoledì le sarebbe arrivata una consegna dal Nord Europa, aveva finalmente trovato il modo di procurarsi la creatura perfetta per il suo esperimento, ma le mancavano ancora l’incantesimo o la pozione giusti.
In dieci giorni non aveva fatto passi avanti, nonostante i numerosi tentativi, e l’improvviso attaccamento di Newton non aiutava affatto. Per carità, era piacevole passare del tempo insieme nella Stanza arredata a dovere, ma il terrore che un giorno quella si aprisse rivelando al ragazzo il suo serraglio si univa al fastidio che le provocava trovarselo sempre attorno, distraendola dal suo lavoro. Doveva fare qualcosa il prima possibile, non poteva andare avanti così per sempre.
Cercò di concentrarsi sull’esperimento: era passata ad animali più grandi degli Imp, per provare l’efficacia del suo Imperius, ma il Mooncalf davanti a lei continuava a fissarla con i suoi grandi occhi spaventati senza obbedirle.
«Dai, stupida creatura, fai quel che ti dico, calpesta quegli Imp maledetti e giuro che ti do da mangiare.» sibilò fra i denti, il braccio che teneva la bacchetta teso fino a tremare. Il tenero quadrupede continuò a fissarla preoccupato.
Leta emise un ringhio frustrato e alle sue spalle esplose una boccetta di vetro, facendola sobbalzare «Fantastico! Adesso sono tornata alla magia accidentale! Perché non fai esplodere tutto, Stanza senziente? Tanto non servi a nulla, e non servo a nulla nemmeno io!» gridò, lanciano scintille contro una pergamena sul tavolo facendole prendere fuoco. Sussurrò un Aguamenti per evitare di morire in un rogo poi si lasciò cadere pesantemente sulla sedia, distrutta.
Aveva davvero bisogno che il suo esperimento funzionasse. Era iniziato come un gioco, ma era diventato un’ossessione, doveva riuscirci per dimostrare che non era solo una ragazzina ricca e annoiata, anche a costo di passare per pazza agli occhi di chi non avrebbe capito. Non voleva fare del male a nessuno, avrebbe testato tutto su di sé, ma doveva riuscirci, altrimenti…
Qualcosa tintinnò alla sua sinistra. Leta si girò lentamente, temendo che qualcuno fosse entrato, ma vide solo un cassetto della scrivania che pareva essersi aperto da solo. Vi frugò dentro ed estrasse una fialetta piena di un liquido blu luminescente, che a prima vista quasi non riconobbe: era la melassa che aveva preso dal Gumbumble di Cline all’inizio dell’anno. Da quel che ricordava, quella strana sostanza provocava malinconia negli esseri umani, mentre le conseguenze della somministrazione agli animali erano sconosciute.
Leta la fissò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo sul cassetto ancora aperto e chiese «Sul serio? Mi stai dicendo che questa era la soluzione fin dall’inizio?»
Si sentiva un po’ stupida, a parlare ad una stanza, soprattutto perché quella non le rispose. Ma era chiaramente quello che la Stanza intendeva, quindi si mise all’opera. Ne distillò poche gocce, perché nel caso funzionasse gliene rimanesse abbastanza per l’esperimento vero e proprio; Cline si era sicuramente accorto che era successo qualcosa al suo branco di Gumbumble, non era sicuro tornare a rubargliene altri. Con la boccetta in mano si avvicinò titubante al Mooncalf e lo forzò a berne qualche goccia. L’animale rimase immobile, facendola quasi imprecare dalla collera, poi però le sue pupille si dilatarono improvvisamente e il mansueto quadrupede le si scagliò addosso. Leta scartò con un grido spaventato e cominciò a correre per la stanza inseguita dalla creatura, prima di ricordarsi di avere una bacchetta magica.
«Pietrificus Totalus!» disse, e l’animale bloccato le rivolse uno sguardo ancora più cattivo e inquietante. Lo mise sotto Imperio e lo liberò dalle pastoie; era difficile mantenere l’incantesimo, ma probabilmente sarebbe bastato istigarlo alla violenza perché ubbidisse senza problemi.
Per evitare di rimanere vittima del suo stesso successo, Leta chiuse il Mooncalf in una gabbia, sperando che l’effetto della pozione non durasse in eterno, e uscì dalla Stanza.
Era euforica come mai lo era stata prima in tutta la sua vita: c’era riuscita! Aveva finalmente trovato il modo di modificare l’indole pacifica di una creatura per renderla feroce, aveva creato un’arma!
Ora doveva solo elaborare la seconda parte del piano, ovvero come far fruttare questa sua nuova scoperta senza uccidere nessuno e soprattutto senza essere scoperta. Ma prima doveva liberarsi dei pesi superflui.
 
Sala Comune Hufflepuff
Dormitorio maschile Settimo Anno
Sera
 
Per Newt, quella era stata proprio una bella giornata.
Quella mattina alla partita aveva segnato diversi gol, e anche se alla fine non avevano vinto si erano battuti con onore quindi il capitano Fraser non li aveva insultati negli spogliatoi. Anche i loro tifosi erano stati contenti del risultato, avevano esultato allo stadio e li avevano acclamati quando erano tornati in Sala Comune. Il pomeriggio lo aveva passato un po’ nella sua valigia magica a sistemare le creature e un po’ in Biblioteca a fare un tema di Trasfigurazione di cui era molto orgoglioso, e sperava che anche Dumbledore condividesse questo suo parere. E ora, dopo che non l’aveva vista per tutto il giorno, Leta gli aveva mandato una lettera chiedendogli di incontrarsi nel parco dopo il coprifuoco. Certo, non lo faceva impazzire l’idea di aggirarsi per la scuola dopo il coprifuoco, soprattutto alla luce degli ultimi eventi, ma era convinto che nulla di male potesse succedergli quel giorno.
Sedette in Sala Comune a leggere aspettando che tutti si fossero ritirati nei dormitori; non aveva visto Amy ma quella volta era sicuro che non avesse la ronda da Caposcuola, quindi immaginava fosse con Collins da qualche parte. Sorrise malinconico al pensiero, ma poi scosse la testa e si avviò fuori dalla Sala Comune.
Uscito dai sotterranei si accorse che fuori stava piovendo, un acquazzone tempestoso con tanto di tuoni e fulmini. Rimproverandosi per non aver messo il cappotto creò un piccolo scudo magico per proteggersi dall’acqua e uscì a cercare Leta. Non ci mise molto a trovarla, illuminata in maniera quasi inquietante dai lampi che squarciavano il cielo buio, il cappuccio del mantello tirato su e lo sguardo perso nel vuoto verso la Foresta. Era così concentrata che Newt non sapeva come attirare la sua attenzione per paura di spaventarla e beccarsi una maledizione; chiunque altro, con chiunque altra, probabilmente l’avrebbe abbracciata ma loro non erano così. Non si toccavano quasi mai, salvo in determinate circostanze.
Quindi optò per un più semplice «Ehi!»
Lei si girò, mostrando la cappa del mantello fradicia, le gocce che le cadevano suk viso; aveva un che di vampiresco e inquietante che lo fece rabbrividire.
«Ehi» ripeté dondolandosi da un piede all’altro «È un po’ umido per una passeggiata, perché non torniamo dentro?»
«Non voglio fare una passeggiata. E se è l’umidità che ti preoccupa stai tranquillo, non ci vorrà molto.»
«A fare cosa?»
«A chiudere questa farsa. Newton, qualunque cosa pensavi ci fosse fra noi puoi considerarla finita.»
Il gelo cominciò a farsi strada in Newt «C-cosa? M-ma è s-successo q-qualcosa?»
«Fammi capire, pensavi davvero che tutto questo significasse qualcosa? Pensavi di piacermi?» disse, scoppiando in una risata cattiva «Newton, lascia che te lo spieghi: tu eri così tenero e così palesemente innamorato di me che mi sono detta, perché non sfruttare questa cosa a mio favore? Sei visto di buon occhio da tutte le altre Case qui a scuola, pensavo che stare con te avrebbe migliorato la mia immagine. Invece non solo mi sono messa contro le altre Case per aver traviato un povero Hufflepuff, persino la mia ha cominciato a disprezzarmi! Con le tue conoscenze sulle creature fantastiche pensavo che potessi essermi utile ma anche lì ti sei rivelato una delusione. E poi, vogliamo parlare di duello? Ti sei fatto battere da una ragazzina solo perché sei troppo buono! Non ne vale la pena, non sei quello che stavo cercando.»
«M-m-ma i-io…»
«Sentiti! Non sai nemmeno parlare! E non reagisci!» gli urlò contro lei.
«I-io p-pensavo che… che t-tu mi a-a-amassi.»
Lei si fermò per qualche secondo poi gli sorrise, e Newt notò per la prima volta quanto era ferino il suo sorriso.
«Newton, una cosa vera te l’ho detta: sei troppo buono, e quindi troppo manipolabile. E finché sarai così, la gente continuerà a mentirti, a sfruttarti e a raccontarti che ti vuole bene e che ti ama. Ma non sarà così, fidati. Nessuno ti ama, Newton.» concluse, poi senza degnarlo neanche di un ultimo sguardo lo sorpassò e tornò verso il castello.
Newt rimase fermo lì, gelido, per quello che gli parve un tempo infinito, senza sentire più nulla. Non si rese nemmeno conto di aver lasciato cadere lo scudo antipioggia e di essere bagnato fino all’osso finché non smise di sentire le gocce fredde infilarglisi nel colletto della camicia, segno che qualcuno aveva rimesso una protezione.
Si girò, non sapendo cosa sperare o aspettarsi, e incontrò degli occhi castani preoccupati e tristi, e l’espressione inconfondibile di Amy.
 
Amy stava tornando alla sua Sala Comune pochi minuti dopo lo scadere del coprifuoco.
Era stata a Gryffindor tutta la sera con Collins e Doug, a parlare di Quidditch e delle proposte di lavoro che il suo grifone avrebbe sicuramente ricevuto dopo il successo odierno.
Era arrivata nell’ingresso giusto in tempo per vedere la chioma rossa di Newt scomparire verso il parco. Non era stata sicura sul da farsi, perché dopotutto neanche lei sarebbe dovuta essere fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco, ma una sorta di sesto senso e la voglia di togliere di nuovo dei punti a Newt e magari anche a Leta l’avevano convinta a seguire il ragazzo nella pioggia. Si rese invisibile e si protesse dalla pioggia, poi camminò il più silenziosamente possibile tra l’erba fradicia e le pozze di fango.
Arrivò sul più bello. «Fammi capire, pensavi davvero che tutto questo significasse qualcosa? Pensavi di piacermi?»
Rimase lì, paralizzata dalla rabbia, ad ascoltare il cuore del suo migliore amico che veniva fatto a pezzi nel più crudele e meschino dei modi. Una parte di lei gridava e scalpitava per fare qualcosa, per mandare Leta all’altro mondo con una maledizione o prendendola a pugni nel modo più babbano possibile, ma l’altra parte, quella razionale, le disse di star ferma e aspettare.
Quando Leta ebbe terminato il suo discorso e se ne fu andata lasciando Newt inerte sotto la pioggia battente, Amy si avvicinò piano e mise lo scudo antipioggia anche sopra la testa del ragazzo. Lui continuò a non reagire per qualche minuto poi si girò lentamente e Amy incontrò gli occhi verdi e spenti dell’amico. Le venne quasi da piangere ma si contenne per lui.
Si fissarono in silenzio per un po’, poi lei senza toccarlo gli fece segno di tornare verso il castello; lui obbedì, ma sembrava un Infero, privo di forze e di volontà.
Lo riportò fino al loro dormitori, l’unico rumore quello delle gocce d’acqua che dai vestiti di Newt cadevano sul pavimento di pietra. Entrati nella Sala Comune Amy fece per andare in camera pensando che Newt avrebbe fatto lo stesso, ma quando si girò per controllare lo vide fermo in mezzo alla stanza, lo sguardo basso, i vestiti fradici; sembrava un animale abbandonato.
Non poteva lasciarlo lì ma non poteva nemmeno portarlo nella sua stanza, avrebbe svegliato tutti e sarebbe stato complicato giustificare il tutto. Con un sospiro rassegnato tornò dal ragazzo e gli fece segno di precederla nella sua stanza.
Sarebbe stata una lunga notte.

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Capitolo 16
*** XVI ***


XVI
Dove tutto torna alla normalità
 
Sala Comune Hufflepuff
Stanza privata della Caposcuola Prewett
Notte
 
Newton non crollò subito, come aveva pensato Amy.
Rimase fermo immobile al centro della sua stanza da letto, sgocciolando sul pavimento di legno per almeno una decina di minuti che Amy passò a camminare freneticamente qua e là per la stanza cercando di capire cosa fare, prima di crollare.
Fu un crollo graduale, da bravo Purosangue. Theseus sarebbe stato fiero di lui.
Per prima cosa cominciarono a tremargli le spalle.
Piano, inizialmente, tanto che Amy quasi non se ne rese conto, poi sempre più forte, come se lo stesse scuotendo un terremoto interiore.
Poi, con una lentezza spasmodica, si portò le mani al viso e fece un profondo respiro, spezzato alla fine da un singhiozzo. E come se quel semplice singhiozzo fosse bastato a far saltare tutto quello che lo teneva insieme, Newton cadde rovinosamente in ginocchio, scoppiando in lacrime.
Amy riconobbe quel pianto, era peggio di quando l’ippogrifo preferito di Newt era morto, era come il suo quella notte al quarto anno quando Newt l’aveva salvata dalla torre di Gryffindor. Si precipitò accanto all’amico, senza sapere se poteva toccarlo o meno, e cominciò a parlargli delicatamente nell’orecchio per cercare di tranquillizzarlo.
«Newt, ehi Newt stai calmo, non piangere, è finita. Andrà tutto bene, ti passerà e starai di nuovo bene.»
Lui non riusciva a parlare, tanto era scosso dai singhiozzi.
«Ascoltami, ascolta il mio respiro. Devi calmarti e ascoltare il mio respiro, se continui così dovrò portarti in Infermeria e so che non vorresti. Bravo, così, fai dei bei respiri.»
Newt alzò la testa e la fissò con gli occhi verdi pieni di lacrime, che continuavano a solcargli le guance «P-perché f-fai c-così?» le chiese.
«Perché? Perché è così che si fa tra amici, Newt!» rispose lei, cercando di sdrammatizzare il più possibile.
Lui scosse la testa e abbassò di nuovo lo sguardo «N-no tu… tu lo fai p-perché sei fatta c-così m-ma non devi f-fare così c-con me o p-penserò di n-nuovo che m-mi vuoi bene, ma n-nessuno mi vuole b-bene, io… io s-sono troppo b-buono.» cominciò a cantilenare lui, continuando a piangere.
Fregandosene del problema di Newton con il contatto fisico, Amy lo prese per le spalle e lo costrinse a guardarla, cercando di rimanere calma nonostante la furia omicida che sentiva montarle dentro «Newt, guardami. Non devi dire queste cose neanche per scherzo, non le devi nemmeno pensare. Non devi credere a quello che ti ha detto quella, quella megera, va bene? Lei non ti ama perché è stupida ma tu sei amato, Newt. La tua famiglia ti ama, soprattutto tuo fratello, anche se ti tratta con sufficienza. Qui a scuola ti amano tutti, i tuoi compagni di squadra, gli altri Hufflepuff ma non solo, anche quelli di tutte le altre case. Noi ti amiamo, Newt! I tuoi amici, io, Doug, noi ti amiamo. Non credere mai che tu possa fare qualcosa di così orribile da farci smettere di volerti bene, hai capito?»
Newt la fissò per qualche secondo poi le crollò addosso, stringendola tra i singhiozzi e continuando a ripeterle “scusa” nell’orecchio. La stava infradiciando fino al midollo ma Amy rimase lì ad abbracciarlo in silenzio, aspettando che smettesse quel pianto disperato.
Quando il ragazzo si fu calmato, Amy asciugò entrambi con un incantesimo e dopo un breve esame delle condizioni di Newt lo fece stendere sul suo letto, dove esausto si addormentò all’istante. Per sé trasfigurò la poltrona in una brandina dall’aspetto poco invitante, ma la stanchezza e il sonno la vinsero in pochi minuti.
 
Si risvegliò dopo quelli che le parvero pochissimi secondi, indolenzita come se avesse dormito su un mucchio di pietre. Si guardò attorno per raccapezzarsi su cosa fosse successo, e nel vedere Newt raggomitolato sul suo letto una morsa di tenerezza e tristezza le strinse il cuore. La stanza era già illuminata, seppur poco, e un’occhiata all’orologio confermò i suoi sospetti: era da poco passata l’alba, e probabilmente lei era l’unica anima viva sveglia in tutto il Castello.
Non ebbe il cuore di svegliare Newt, decise di aspettare che tornasse nel mondo dei vivi di sua scelta e che sarebbe rimasta con lui.
Scrisse un biglietto per Collins, per avvertirlo che probabilmente non l’avrebbe vista a lezione e per spiegarli il perché, glielo spedì con un incantesimo poi uscì silenziosamente dalla Sala Comune per un veloce raid nelle cucine. Si prese una tazza di the e dei toast, e qualche biscotto al miele per Newt.
Tornò in camera, dove l’amico continuava a dormire, e si mise alla scrivania per ripassare Incantesimi, fece il tema di compito e poi passò ad Aritmanzia. Lì la pesantezza della materia unita alle poche ore di sonno ebbero la meglio su di lei e si appisolò, in una posizione poco favorevole alla sua schiena già dolorante, ma era troppo stanca per badarci.
Questo finché qualcuno non le appoggiò una mano sulla spalla, svegliandola di soprassalto. Emise un verso inconsulto e brandì la prima arma a sua disposizione, che si rivelò essere una piuma, contro il misterioso aggressore, che si rivelò essere Newt.
«Oh. Scusa.» gli disse, vedendo le macchie d’inchiostro che gli aveva schizzato sul viso «Ti ho portato dei biscotti al miele, se hai fame. Sono lì.»
Lui continuò a fissarla poi chiese «Perché l’hai fatto?»
«Cosa, prenderti i biscotti? So che sono quelli che ti piacciono e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere mangiarli. O intendi perché ti ho lasciato dormire? Perché in quel caso direi che l’ho fatto perché con una nottata del genere avevi bisogno di riposo.»
«Intendo tutto, Amy. Da ieri sera fino ai biscotti.»
«Beh, se devo ammetterlo ieri sera ti ho seguito nella speranza di togliervi dei punti, ma meno male che l’ho fatto. Il resto te l’ho già spiegato. Dai, mangia sennò mi offendo!»
Newt obbedì prendendo il piatto di biscotti, ma l’espressione contrita non dava segno di voler scomparire dal suo viso «Ma noi avevamo litigato, per colpa mia!» mormorò infatti dopo un po’.
«E quindi? Ricordati che siamo Hufflepuff, leali alla causa fino alla morte, anche se è una causa persa. E poi la colpa non è stata solo tua, io non mi sono fatta gli affari miei, ti ho tolto dei punti…»
«Ma avevi ragione.»
«Quello perché io ho sempre ragione!» rise lei «Ad esempio, non ti ha fatto bene dormire un po’ e mangiare i biscotti? Vedi, io so tutto. Smettila con quella faccia da Snaso bastonato, ti prego. Mi viene voglia di regalarti le mie monetine.»
Finalmente anche Newt sorrise e parve rilassarsi, cominciando a mangiare i biscotti con più gusto. Finito il piattino, fece un respiro profondo e si rivolse di nuovo alla ragazza con aria molto seria «Grazie mille, Amy. Non sono ancora convinto di meritarla, ma se vorrai accettare la mia rinnovata amicizia mi farai molto felice.»
Lei sbuffò «Stai due mesi con gli Slytherin e diventi così formale? Male, amico mio, male! Continua così e diventerai un damerino ministeriale come Theseus!»
«Tu invece stai diventando una selvaggia, a forza di stare con i Gryffindor. A proposito, non pensi sia ora di rimetterci un po’ in pari? Avrai qualcosa di interessante da raccontarmi, o no?»
Amy arrossì «Qualcosa, forse niente di eclatante. Ma che ore sono?»
«Quasi ora di pranzo.»
«Vuoi andare in Sala Grande? Se preferisci restare qui per me non è un problema, possiamo andare nelle cucine a cercare qualcosa. Se ti conosco ancora bene, non hai voglia di farti vedere in giro, giusto?»
«Preferirei aspettare stasera, se non addirittura domani. Ma tu hai lezione oggi pomeriggio, e Collins si chiederà che fine hai fatto…»
«Collins è già stato avvisato, e una giornata di pausa posso permettermela. Non dirlo a nessuno, ma penso ci sia qualcosa di più importante dei MAGO…»
 
Passarono il pomeriggio nelle cucine, per la gioia degli Elfi che ogni due per tre si avvicinavano per offrirgli qualcosa da mangiare. Chiacchierarono e risero, recuperando il tempo perduto; Amy gli raccontò di Collins, della preparazione per l’esame da Spezzaincantesimi e della sua famiglia. Newt le disse che aveva trovato una cosa fantastica che presto le avrebbe mostrato e le raccontò le partite di Quidditch che pensava si fosse persa. Il nome di Leta non venne fuori neanche una volta, per la gioia di entrambi.
Quando gli Elfi cominciarono ad apparecchiare i quattro tavoli per la cena, Amy domandò a Newt cosa volesse fare, se cenare lì o arrischiarsi ad arrivare fino in Sala Grande.
«Forse è meglio andare in Sala Grande, dopotutto stanotte dovrò tornare nella mia stanza quindi prima esco allo scoperto e meglio è.»
«Sei sicuro? Guarda che a me non cambia nulla, ho mangiato per tutto il pomeriggio!»
«Non preoccuparti. Dai, andiamo; non vorrei che poi Collins mi accusasse gli avergli rapito la ragazza.»
Nessuno sapeva cos’era successo quella notte, ma tutti avevano notato la bizzarra e coincidente assenza di Amy Prewett e di Newt Scamander. Quando i due Hufflepuff comparvero sulla soglia della sala da pranzo già gremita, furono accolti da occhiate e bisbigli che fecero pentire Newt della sua spavalderia. Amy però veniva da una famiglia di Gryffindor e avanzò a testa alta, come se nulla fosse successo, verso Collins e Doug seduti al tavolo di Gryffindor, il più lontano possibile dagli Slytherin.
«Buonasera ragazzi!» li salutò gioviale, intuendo dall’espressione di Doug che Graham doveva avergli raccontato del biglietto «Guardate chi ho trovato nelle cucine!» aggiunse, spingendo avanti Newt.
I tre ragazzi si fissarono, Newt impacciato, Doug sollevato e Graham pensieroso, poi il Ravenclaw si aprì in un sorriso e disse «Beh, chi non muore si rivede! Dai, mettiti qui a farmi compagnia, così non dovrò più fare da terzo incomodo.»
Newt stava per commuoversi ma si trattenne, e si sedette accanto agli amici ritrovati prima che cambiassero idea.
Nessuno dei quattro si accorse che dall’altro capo della sala qualcuno li stava guardando con un furore misto a incredulità.
Orion Black guardò la Lestrange, quella pazza seduta accanto a lui, stringere convulsamente le posate in mano mentre fissava il suo ex amante Hufflepuff ritornare dagli amici. Sorrise.
«Qualunque cosa tu volessi fargli, Lestrange, non ha funzionato.» le disse.
Leta non lo degnò di una risposta, ma nella mente già disegnava un piano per distruggere quel patetico gruppetto nel più terribile dei modi.
 
18 Marzo 1915
Biblioteca
Pomeriggio
 
Amy e Newt evitavano gli Slytherin come la peste, e Amy era abbastanza sicura che quello fosse il modo più giusto di agire. Così facendo, Newt evitava le prese in giro e le umiliazioni che avrebbe sicuramente subito, e lei non doveva perdere tempo a schiantare i suoi aguzzini. Cercava di stare con lui il più possibile, ma c’erano momenti in cui era inevitabile che fossero divisi: quando lei si ritirava in Biblioteca per studiare, Newt declinava sempre il suo invito a unirsi a lei e svaniva chissà dove. Sembrava stare meglio, però, ed era quello l’importante.
Amy pensava a questo, prendendosi una pausa dal tema di Trasfigurazione. Non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, ma studiare la stava annoiando. Forse perché era da sola, tra Newt disperso, Doug a lezione e Graham partito per un provino di una squadra di Quidditch professionista. O forse avevano ragione gli amici, e stava davvero studiando troppo…
Un rumore la distolse dai suoi pensieri; sulla sua pergamena c’era un uccellino di carta, che agitava le ali per farsi notare. Perplessa, Amy lo prese e delicatamente lo aprì per rivelare il messaggio scritto all’interno.
“Amy, vieni alla Foresta dopo cena, devo farti vedere una cosa. Non dirlo a nessuno, è una sorpresa. S.”
La ragazza sorrise: finalmente Newt aveva deciso di mostrarle la sua scoperta magica! Questo le diede la giusta spinta per ricominciare a studiare.
 
Quella sera Amy fu tra le prime a sedere al tavolo di Hufflepuff per la cena, e fu la prima in assoluto ad alzarsi dopo una cena consumata in fretta. Solitamente si godeva quei momenti di pace, ma Newt non si era fatto vedere e lei era impaziente di scoprire quale meraviglia magica l’amico dovesse farle vedere.
Cercando di non farsi notare da nessuno, soprattutto non da Doug (si sarebbe tremendamente offeso se avesse saputo che i suoi amici condividevano un segreto alle sue spalle), uscì velocemente dalla Sala Grande e si incamminò nel parco. Rabbrividì al contatto con l’aria frizzante, dopotutto era solo metà marzo, e si complimentò mentalmente con se stessa per aver preso su il mantello prima di uscire.
Passò il tragitto verso la Foresta a domandarsi cosa mai Newt volesse farle vedere, supponendo che fosse una qualche creatura, visto il bizzarro luogo del loro incontro serale. Arrivata al limitare della zona proibita, però, di Newton non c’erano tracce.
«Newt! Ehi Newt, sono io!» lo chiamò.
Un frusciare di rami e un fiotto di scintille bianche sparate a mezz’aria le risposero e le indicarono la via da seguire nel fitto sottobosco.
«Una creatura infastidita dalla voce ma non dalla luce? Chissà che diavolo ha tirato fuori…» si disse, seguendo la scia luminosa.
Gli alberi attorno a lei si facevano sempre più fitti, tanto che le chiome oscuravano la luce della luna costringendola a procedere tentoni, finché le scintille improvvisamente non scomparvero.
Amy deglutì a vuoto, nervosa «Ehi, Newt, ti ricordi quell’estate in Scozia? Non vorrei essere petulante, ma ho una certa paura del buio. Ehi? Newton ma dove diavolo…»
Prima che potesse finire la domanda, un incantesimo la colpì forte in pieno petto scaraventandola a parecchi metri di distanza. Atterrò sulla schiena, così violentemente che le si mozzò il fiato, e fu raggiunta da un altro colpo mentre cercava di prendere la bacchetta. Questa volta cadde su un fianco e rotolò giù da un piccolo pendio, graffiandosi dolorosamente il viso e strappandosi il mantello.
Si rialzò barcollando, bacchetta alla mano per difendersi, ma anche questa volta il suo aggressore fu più rapido e astuto di lei.
«Silencio!» gridò una voce alle sue spalle, una voce che le fece accapponare la pelle. Si girò di scatto per contrattaccare, ma non uscì nulla né dalla sua bocca né dalla sua bacchetta. Leta, in piedi davanti a lei, la guardava con un sorriso terrificante sul volto.
«Non fai più tanto la coraggiosa, eh Prewett?» le sibilò, prima di voltarsi e correre via nella Foresta. Amy la seguì, sperando di bloccarla e affrontarla alla babbana, visto che con gli incantesimi non avrebbe più potuto far nulla; ma Leta conosceva la Foresta molto meglio di lei, e in poco tempo la Hufflepuff si ritrovò sola nel buio senza punti di riferimento.
“Niente panico” si disse, guardandosi attorno.
Un verso disumano in lontananza alla sua sinistra la fece sobbalzare.
“Ok, forse un po’ di panico sì, ma non troppo”
Sentì un rumore di zoccoli in avvicinamento, e si ritrovò a sperare che fosse un centauro allertato da tutto quel trambusto nella sua casa che l’avrebbe aiutata e possibilmente punito Leta nel peggiore dei modi. Nella peggiore delle ipotesi, invece, il centauro incazzato avrebbe ucciso sia lei sia Leta, ma dopotutto lei era un’ottimista.
Quando dagli alberi vicino a lei spuntò un enorme cavallo bianco con gli occhi iniettati di sangue e un pericoloso corno sulla fronte, l’unico pensiero che le attraversò la mente fu: corri.
 
Amy non era atletica, le piaceva il Quidditch perché sapeva fare e non doveva muoversi molto, giocando sulla scopa, ma non sapeva correre. Le veniva il fiatone dopo pochi metri, e se si ostinava a continuare finiva per inciampare nei suoi stessi piedi facendosi del male.
L’istinto di sopravvivenza però pareva avere la meglio su di lei, visto che stava correndo da Morgana solo sapeva quanto ed era ancora in piedi. Le bruciava la gola e non si sentiva più le gambe, senza contare gli innumerevoli graffi sul viso e sulle braccia che si procurava sbattendo contro gli alberi, ma il rumore degli zoccoli della bestia inferocita alle sue spalle bastava a farla andare avanti il più velocemente possibile.
Si impegnava così tanto a correre e a pensare ad un modo per uscire da lì incolume il suo cervello non pensava più a come mai ci fosse un unicorno imbizzarrito nella Foresta Proibita, come facesse Leta a saperlo e soprattutto dove come facesse a sapere che non era in grado di fare incantesimi non verbali.
D’un tratto sentì un brusco, poco rassicurante spostamento d’aria alle sue spalle, poi uno strattone al mantello e si ritrovò sollevata a mezz’aria e scagliata via con forza; l’animale doveva averle incornato il mantello nel tentativo di fermarla. D’un tratto, mentre vedeva il mondo attorno a lei girarsi sottosopra più e più volte, quella del mantello non le parve più una buona idea.
Nel ricadere a terra sbatté contro un albero e sentì chiaramente il braccio sinistro spezzarsi con uno schiocco agghiacciante. Ci cadde sopra, rotolando al suolo, e un fiotto di bile calda le risalì la gola per il dolore. Con la mano rimasta buona armeggiò con la chiusura del mantello per cercare di toglierselo, mentre a fatica si rimetteva in piedi. Prima che potesse liberarsi del peso e rimettersi a correre però l’animale arrivò nella radura dove l’aveva lanciata, e in un istante Amy si rese conto che non sarebbe mai riuscita a scappare.
Abbassò le mani in segno di resa, senza guardare l’animale negli occhi come le aveva insegnato Newt sperando che rinunciasse alla caccia come un qualunque animale normale o fantastico. Ma qualunque cosa fosse successa a quell’unicorno, di sicuro non era naturale. La fissò, caricò e le corse contro con un nitrito selvaggio.
Il corno la colpì al ventre, trapassando i sottili strati di vestiti e infilandosi in profondità nella sua carne. Era freddo, ruvido e tremendamente affilato, si sorprese a pensare Amy. E fece ancora più male quando uscì.
La ragazza cadde all’indietro, sbilanciata dalla potenza del colpo, la divisa già intrisa di sangue.
Attorno a lei, solo silenzio e freddo. Sopra di lei, la luna già alta la fissava tristemente.
“Non è il posto peggiore per morire”, pensò fissandola di rimando.

 

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Capitolo 17
*** XVII ***


XVII

Dove forse non tutto è perduto
 
18 Marzo 1915
Aula di Pozioni
Pomeriggio
 
Newton aveva saltato tutte le lezioni quel lunedì, ma mentre gli altri professori erano stati accomodanti e non gli avevano detto nulla, l’insegnante di Pozioni lo aveva richiamato nel suo studio per urlargli addosso che così facendo non sarebbe mai andato lontano nella vita e che se voleva avere almeno una D nei MAGO di Pozioni gli conveniva stare molto attento a quel che faceva. Newton si era prodotto in numerose scuse, balbettando il meno possibile, e aveva ottenuto il permesso di consegnare la pozione che gli altri avevano preparato a lezione quel pomeriggio, dopo averla preparata in autonomia.
Era dunque sfuggito all’ala protettiva di Amy per andare in territorio quasi nemico a preparare in solitudine la Pozione della Memoria. Non era una pozione difficile, per sua fortuna, ed era giunto quasi alla fine della preparazione con un’ora di anticipo rispetto a quanto stabilito dall’insegnante. Ma proprio quando stava iniziando a rilassarsi, mettendo i grani di caffè nel calderone, quello cominciò a sfrigolare in maniera sinistra, la pozione cambiò drasticamente colore e Newt fece appena in tempo ad abbassarsi sotto al banco prima che il calderone scoppiasse in mille pezzi, spargendo liquido rossastro e appiccicoso per tutta la stanza.
Il clamore richiamò l’insegnante, che era nel suo ufficio nella stanza accanto.
«Scamander! Cosa diavolo hai combinato?!» gli chiese, incredulo.
Newt alzò le mani in segno di resa «Non ne ho idea, professore. Ho seguito le istruzioni alla lettera, glielo giuro.»
«Ti avevo detto di preparare la Pozione della Memoria, Scamander, non un potente esplosivo non ancora sul mercato! Hai ricominciato a sperimentare, vero?»
«No signore, glielo posso assicurare, stavo mettendo il caffè…»
«Zitto Scamander, non m’interessano le tue bugie! Questa è una S, Scamander, e ti becchi anche una punizione! Pulisci questo macello immediatamente, e stasera ti voglio nel mio ufficio a riordinare gli ingredienti per le pozioni! Così forse imparerai quali sono e a cosa servono!» gridò l’insegnante, furioso, sbattendo la porta.
Newt sospirò e si accinse a pulire a colpi di Gratta e Netta la pozione dalle pareti. Scoprì così che una pozione malfatta solidificata non è la cosa più semplice da pulire, anzi, ci mise molto più tempo del previsto e arrivò a cena che la Sala Grande era già quasi vuota. Non vide Amy, probabilmente era da qualche parte a studiare con Doug. Non lo aveva cercato per tutto il pomeriggio, il che era un buon segno, probabilmente cominciava ad essere meno preoccupata per lui.
Quando ebbe finito di cenare tornò nei sotterranei, ben attento a non incrociare lo sguardo di nessuno Slytherin, e si recò nello studio del professore per scontare la sua punizione.
Rimettendo a posto quel che restava degli ingredienti che aveva usato quel pomeriggio, riprese in mano i grani di caffè che tanto avevano nuociuto alla sua pozione. Sovrappensiero li portò al naso, l’odore del caffè gli ricordava casa sua e lo aiutava a rilassarsi; ma quello non era odore di caffè.
Rimase a fissare interdetto i chicchi nerastri che aveva in mano: quello non era caffè. Quel pomeriggio non ci aveva fatto caso, preso com’era dal resto della pozione, ma ora era tutto più chiaro: qualcuno aveva sabotato il suo lavoro.
Bussò alla porta dello studio del professore.
«Avanti. Ah Scamander, hai già finito?»
«Quasi, professore, ma volevo farle vedere una cosa. Oggi nella pozione non ho messo i grani di caffè come indicato sul libro, ma questi. E no, non volevo sperimentare, qualcuno ha messo questi al posto del caffè apposta per farmi sbagliare la pozione.»
«Ne dubito, Scamander. Avrai sbagliato a prenderli dall’armadietto degli ingredienti.»
«No, signore, gli ingredienti erano già sul tavolo. Sospetto che qualcuno sia entrato prima che arrivassi e abbia messo gli ingredienti sbagliati per far esplodere il mio calderone.»
«E perché mai qualcuno dovrebbe farti una cosa simile, Scamander?»
«Beh, non vado molto d’accordo con gli studenti della sua Casa, signore.»
L’insegnante gli rivolse uno sguardo gelido «Piano con le accuse, Scamander. Non hai prove per accusare i miei ragazzi, né nessun altro. Ora torna a mettere a posto gli ingredienti, e spera che non capiti a nessun altro un incidente come il tuo di oggi, altrimenti la colpa ricadrà su di te.»
Newt obbedì a testa bassa, maledicendo mentalmente ogni singolo Slytherin dalla notte dei tempi, e tornò a scontare la sua punizione. Finì che era quasi mezzanotte, si fece firmare dal professore il permesso per essere fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco e tornò alla Sala Comune.
Si aspettava di trovarci Amy, magari seduta in poltrona con una bella tazza di cioccolata fumante, ad attenderlo un po’ preoccupata, ma tra i gruppi di Hufflepuff ancora svegli in giro per la stanza non c’era traccia della Caposcuola.
Stupito, si avvicinò a una delle sue ex compagne di stanza, Ramona Pilgrim.
«Scusa se ti disturbo, hai per caso visto Amy?»
«L’ho vista questa sera a cena, ha mangiato di fretta poi è uscita! Sembrava stesse aspettando qualcosa, ho pensato ad un appuntamento.»
«Quindi è uscita dopo cena e non l’hai più vista tornare?»
«No, sono stata qui in Sala Comune tutta la sera, l’avrei notata!»
«Oh, grazie mille Ramona. Penso che andrò a cercarla, se dovesse tornare prima di me le potresti dire di aspettarmi? Grazie mille di nuovo.»
 
La situazione non quadrava affatto: per quale motivo Amy sarebbe dovuta uscire dal Castello dopo cena, senza dirgli niente? Non poteva trattarsi di un appuntamento con Collins, il Gryffindor era partito il pomeriggio precedente, e Newt escludeva a priori l’ipotesi che Amy potesse avere un amante.
Il parco di Hogwarts di notte era una trappola mortale, con tutte quelle buche, le pozze di fango più o meno liquido e l’erba scivolosa, e Amy non era un’amante dell’oscurità, quindi la sua presenza lì fuori si spiegava sempre meno. Guidato solo dalla luce della luna e di un flebile Lumos, Newt arrivò quasi fino al limitare della Foresta Proibita senza aver trovato tracce dell’amica. Stava iniziando a preoccuparsi seriamente, quando notò del movimento tra gli alberi e sollevato vi corse incontro, solo per ritrovarsi faccia a faccia con Leta.
Il cuore gli sprofondò nello stomaco e rimase a fissarla boccheggiante per qualche secondo prima che anche lei si accorgesse di lui. Sul viso aveva un’espressione tremendamente soddisfatta, che mutò in una terrorizzata quando lo vide.
«Cosa ci fai tu qui?» gli chiese, cercando di mascherare un tremito nella voce «Hai già finito con la tua punizione?» aggiunse.
Newt la guardò stupito «Come fai a sapere della punizione?»
«Io, ehm… le urla del professore si sentivano fino a Slytherin. Cosa ci fai qui?»
«Sto cercando Amy. L’hai vista?»
«La Prewett? Se permetti, non tengo conto di tutti i suoi spostamenti.»
«Mi hanno detto di averla vista uscire, e… perché fai quella faccia?»
Leta cercò di ricomporsi, ma la sua espressione sempre più atterrita non era sfuggita a Newt.
«Che cos’hai fatto? Leta dimmi cosa diavolo ci fai nella Foresta di notte.»
«Cercavo il cimitero dei centauri.»
«Leta piantala di prenderti gioco di me e dimmi cosa diavolo hai fatto se non vuoi che entri nella stramaledetta Foresta per scoprirlo!» urlò Newt, agitandole contro la bacchetta.
Sul viso della ragazza si aprì un fievole sorriso «Oh, Newton, puoi anche entrare nella Foresta se vuoi, ma è troppo tardi. Ormai, è già morta.»
 
Amy aveva freddo, tanto freddo. Sentiva la camicia gelida e fradicia di sangue appiccicata al suo corpo, il sangue sotto la schiena, il sudore freddo sul viso e si chiedeva se davvero valesse la pena di rimanere sveglia ancora un po’, a fissare quella luna malinconica e così tremendamente luminosa. Le facevano male gli occhi a forza di tenerli aperti, e aveva così tanto sonno…
“No, non devi addormentarti. È la prima lezione, te l’ha detto Ignatius una vita fa. Mai addormentarsi quando si è feriti così gravemente.” Si ripeté, ma anche i pensieri erano sempre più lenti e assonnati.
Il ricordo di Ignatius le provocò un muto singhiozzo: che delusione, passare cinque anni ad allenarsi con un fratello Auror per finire uccisi da un unicorno imbizzarrito nella Foresta Proibita, e solo perché non aveva mai imparato a fare gli incantesimi non verbali. Chissà cos’avrebbe pensato di lei in quel momento, il suo fratellone sempre così fiero di lei…
Si rese conto di star piangendo solo quando cominciò a sentire qualcosa di caldo e bagnato colarle sul viso. A quel punto, per quanto sapeva potesse essere controproducente, si abbandonò alla disperazione.
Pensò alla sua famiglia, a Ignatius e Lucrezia che non l’avrebbero mai vista commuoversi al loro matrimonio, al piccolo Charlie che l’anno seguente avrebbe iniziato Hogwarts senza i suoi consigli, a sua madre che aveva sempre cercato di tenerla al sicuro quando era fuori da Hogwarts, e chissà come avrebbe preso la morte della figlia in quel luogo che considerava tanto protetto.
Pensò al suo futuro, che qualche giorno prima le era sembrato così roseo e luminoso, al suo esame da Spezzaincantesimi che non avrebbe potuto sostenere, alla sua eventuale carriera secondaria nel campo della Trasfigurazione che non avrebbe mai potuto seguire, alla famiglia che non avrebbe mai potuto avere.
Pensò a Collins, che in quel momento probabilmente stava cercando di mitigare l’ansia per l’imminente provino; l’avrebbe passato sicuramente, e sarebbe tornato ad Hogwarts pieno di gioia e buone speranze e si sarebbe ritrovato in lutto. Avrebbe voluto potergli almeno lasciare scritto di vivere la sua vita come si meritava, anche senza di lei, invece non l’avrebbe mai più rivisto. Non avrebbe mai più rivisto nessuno di quelli a cui voleva bene, per l’esattezza.
Non si sarebbe mai più svegliata nella sua stanza privata da Caposcuola, non avrebbe mai più consigliato gli studenti più piccoli, orgogliosa di quella spilla che la consacrava in un qualche modo migliore degli altri anche se era l’unica Prewett non a Gryffindor da generazioni. Non avrebbe mai più fatto visita agli Elfi di notte quando non riusciva a dormire, non avrebbe mai più mangiato al suo tavolo giallonero.
Non avrebbe mai più rivisto il sorriso gentile e gli occhiali di Doug, non avrebbe mai più avuto l’occasione di chiedergli perché l’avesse invitata ad andare ad Hogsmade con lui al terzo anno, né quella di ripassare insieme a lui per gli esami.
E Newt, oh Newt. Avrebbe scoperto che Leta, perché ormai era chiaro che qualunque cosa fosse successa in quella foresta era opera di Leta, le aveva mandato una lettera spacciandosi per lui e questa cosa l’avrebbe distrutto. Si sarebbe ritenuto la causa della sua morte e non si sarebbe ripreso mai più, si sarebbe rovinato la vita, e lei non avrebbe più potuto aiutarlo. Non avrebbe mai più potuto ridere con lui, viaggiare con lui in cerca di creature fantastiche, non avrebbe potuto vederlo costruirsi il futuro che lei sapeva gli spettava, un futuro ancor più roseo e luminoso del suo. Per Merlino, sarebbe morta senza avergli mai detto neanche una volta che era stata innamorata di lui, prima e dopo il quarto anno.
Più si lasciava andare alla disperazione, più le lacrime scorrevano copiose, più si allontanava lentamente dalla realtà. Cominciava a sentire delle voci nella testa, c’era sua madre che la richiamava, la risata di Ignatius, i sussurri di Collins nelle notti di ronde, Newt che gridava il suo nome…
«Amy! Amy! Dove sei? Amy!»
Amy sbarrò gli occhi, che non si era resa conto di aver chiuso: quella non era la sua mente in preda all’agonia, quella era davvero la voce di Newton che si avvicinava!
Fece per gridare in risposta, ma aveva ancora la voce bloccata dal Silencio di Leta. Scoppiò in un pianto ancor più disperato, facendosi male alla gola a forza di urla mute, mentre sentiva la voce di Newt allontanarsi. Non poteva finire così, doveva esserci un modo. Forse, se si fosse concentrata abbastanza…
Non si sentiva più la maggior parte del corpo ma cercò di riprendere il controllo della sua mano destra, quella che ancora impugnava la bacchetta. La rivolse con la punta verso l’alto e strinse gli occhi per concentrarsi; un semplicissimo incantesimo, bastava un semplicissimo incantesimo di segnalazione, niente di che…
La mano le tremava per lo sforzo ma non si diede per vinta finché dalla punta della bacchetta non uscì un fiotto di scintille rosso fuoco, che si librarono alte nel cielo sopra di lei fino ad illuminare di rosso la luna. Esausta, sorrise.
 
Newton girava come un pazzo per la foresta, gridando a gran voce il nome dell’amica. Non poteva essere morta, non era possibile che Leta fosse riuscita a distruggerlo così un’altra volta. Non aveva perso tempo a chiederle di nuovo cos’avesse fatto, appena gli aveva detto che Amy era probabilmente già morta era corso tra gli alberi per salvarla.
«Amy! Amy! Dove sei?» gridava disperato, aggirandosi tra quelli che per lui erano sempre stati luoghi familiari e piacevoli, e che ora gli sembravano mortiferi e spaventosi.
«Dove sei, Amy? Amy!»
Non poteva morire così, non da sola, al buio, nel cuore della Foresta Proibita.
«Amy! Amy! Dove sei? Amy!»
D’un tratto, come un miraggio, un fiotto di scintille rosse apparve nel buio cielo notturno: Amy! Allora non era disarmata, c’era ancora speranza!
Corse verso il punto indicato dall’incantesimo, spezzando rami e graffiandosi nel tragitto, fino ad arrivare a una piccola radura illuminata dalla luna. Vicino a un albero, stesa sull’erba, c’era Amy.
Le si avvicinò di corsa e trattenne a stento un grido quando vide in che condizioni era: la parte bassa della camicia era completamente intrisa di sangue, che sembrava uscire da una grossa ferita al ventre. Il braccio sinistro della ragazza era piegato in maniera innaturale, probabilmente rotto. Il viso era pallido come mai prima d’ora, bagnato di sudore e lacrime, e negli occhi vitrei si rifletteva la luna.
«Amy, dimmi che sei ancora viva, ti prego.» mormorò Newt, mettendole un dito sul collo per sentire se il cuore batteva ancora. Lei spostò lo sguardo dal cielo verso di lui, e quando lo riconobbe nuove lacrime cominciarono a scorrerle sulle guance, forse di gioia.
«Amy parlami, ti prego!»
Lei aprì la bocca ma dalla sua gola non uscì nessun suono.
Newt sentì un peso improvviso sul petto e puntò la bacchetta contro la gola dell’amica «Finitem Incantatem.» mormorò.
La voce le tornò in gola quasi dolorosamente, strappandole un suono a metà tra un sospiro spezzato e un gemito.
«N-Newt...» gracchiò.
«Sì, sono io. Sei al sicuro adesso, ti porto in Infermeria, si prenderanno cura di te.» le rispose lui cercando di non piangere, puntandole la bacchetta al ventre per sanare un po’ le sue ferite.
«Non c’è tempo per questo, Newt…» continuò lei.
«Sst, non parlare, pensa solo a rimanere sveglia. Fallo per me, va bene? Come quando fai la guardia alla tenda quando siamo in viaggio.» la zittì lui, passando ad aggiustarle alla meglio il braccio sinistro. Lei gemette di dolore e chiuse gli occhi.
«No, non devi chiudere gli occhi, lo sai che poi ti addormenti! Non dormire, resta con me. Adesso ti prendo in braccio, come una principessa, ma tu devi rimanere sveglia. Va bene?»
La prese su, sentendo immediatamente il sangue bagnargli il maglione, ma cercò di sorriderle e far buon viso a cattivo gioco.
«Che cos’hai fatto di bello oggi? Scommetto che hai studiato un sacco.»
«N-Newt non sono queste le cose importanti.» mormorò lei.
«Oh ma le cose importanti me le dirai in un altro momento, quando starai di nuovo bene. Vedrai, le infermiere si prenderanno cura di te e domani sarai come nuova!» le disse, cercando di reprimere un singhiozzo. Stava perdendo troppo sangue, le bende magiche che aveva applicato non avrebbero retto a lungo e non sapeva quanto fosse distante dalla fine della foresta. Non sapeva se Amy avrebbe retto fino al Castello, per Morgana.
«Di’ a Ignatius che avrei voluto imparare meglio.»
«Imparerai tutto e diventerai una duellante spaventosa, la migliore di sempre.»
«E di’ a Collins di… rifarsi una vita.»
«Non sarebbe per nulla contento di sapere che pensi questo di lui.»
«E di’…»
«Smettila di parlare, Amy, e potrai dire tu tutto quello che vuoi a tutti quelli che vuoi.»
Dopo qualche minuto di preoccupante silenzio, Newt si sentì tirare per il maglione. Abbassò gli occhi e incontrò quelli pieni di lacrime ma sereni di Amy.
«Amy…»
«Senti, Newt… credo di essere stata un po’ innamorata di te.»
E prima che lui potesse dire qualunque cosa, lei chiuse gli occhi.

 

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Capitolo 18
*** XVIII ***


La prima volta si risvegliò per pochi secondi, subito dopo essere arrivata in Infermeria. Aprì gli occhi e la luce accecante sopra di lei non era più quella della luna, c’erano voci attorno a lei anziché il silenzio della foresta e le ferite le facevano un male da pazzi. Emise un verso di dolore e qualcuno si precipitò nella sua direzione, le fece bere qualcosa e sprofondò di nuovo nell’oblio.
 
La seconda volta si risvegliò la mattina seguente. Il dolore si era attenuato e non aveva più freddo. Tutto attorno a lei era bianco, confortante e silenzioso. Si riaddormentò prima che chiunque potesse vederla.
 
La terza volta si risvegliò quella notte stessa, in preda a una strana e fastidiosa sensazione. Sentì del peso sul letto accanto e lei, e girando appena la testa vide Newton e Doug seduti accanto a lei che dormivano col capo sul materasso. Sorrise e girò di nuovo lo sguardo verso l’alto, ma al posto dell’alto soffitto a volta dell’Infermeria vide i capelli scuri e il viso pensieroso di Leta. Cominciò a urlare, in preda al terrore, svegliando i ragazzi e tutti gli altri in Infermeria con lei. Newton trascinò via la Slytherin, e un’infermiera si occupò di lei facendola riaddormentare.
 
La quarta volta si svegliò di mattina, la seconda da quando era stata ricoverata. Non c’era nessuno accanto a lei, ma sentiva da fuori le voci di due o tre persone che litigavano. Sforzandosi un poco le parve di riconoscere Newt, Doug e Collins, avrebbe voluto richiamarli perché tornassero da lei, ma la stanchezza ebbe la meglio anche questa volta.
 
La quinta volta che si svegliò era pomeriggio, e qualcuno le stava stringendo la mano sinistra, quella appena risanata. Non le faceva male, anzi, era piacevole un po’ di contatto fisico dopo giorni di oblio. Aprì piano gli occhi e vide accanto a lei Newt, con un’espressione indecifrabile sul volto, che le stringeva la mano sussurrando parole che non riusciva a capire. Provò ad attirare la sua attenzione, ma improvvisamente fu come se la stanza avesse cominciato a girarle attorno, un gelo terribile s’impossessò di lei e cadde in una profonda oscurità.
 
La sesta volta si svegliò quella notte, con l’impressione di essere stata agli Inferi e di esserne tornata per pura fortuna. Qualcuno le teneva di nuovo la mano, la destra però; si girò quel che bastava per vedere Graham addormentato su una brandina accanto al suo letto. Una gioia calda le riempì il cuore a vederlo lì accanto a lei, a tenerle la mano in attesa che si svegliasse. Ricambiò la sua stretta, non troppo forte perché non si svegliasse, e si riaddormentò serena.
 
La settima volta, dopo tre notti e due giorni in bilico tra la coscienza e l’oblio, finalmente Amy riaprì gli occhi e restò sveglia.
 
 
 
 
XVII
Dove Newt decide il suo destino
 
21 Marzo 1915
Infermeria
Mattina
 
Amy si sentiva come se le fosse passata sopra una mandria di Erumpent, e man mano che i ricordi le tornavano alla mente, si rese conto che non era una sensazione poi così esagerata. Era tutta indolenzita, il braccio sinistro era ancora fasciato e in bocca sentiva un fastidioso sapore amaro e metallico.
Era sveglia da pochi minuti quando l’infermiera passò a controllare, e la salutò con un sorriso sollevato «Signorina Prewett! È tornata fra noi, finalmente?»
«Perché, dov’ero andata?» chiese lei con voce graffiata. L’infermiera le andò accanto e le versò un bicchier d’acqua, puntandole la bacchetta alla fronte per un rapido esame.
«Ci ha fatto prendere un bello spavento ieri pomeriggio, signorina Prewett. Era da quando era stata portata qui che continuava a svegliarsi e riaddormentarsi, e ieri pomeriggio ha avuto una terribile crisi, temevamo di averla persa. Ha fatto spaventare tutti, il signor Scamander stava per raggiungerla nell’aldilà, e il signor Collins ha insistito per ore perché lo lasciassimo dormire qui con lei stanotte.»
«Lo so, l’ho visto. Mi scusi, potrebbe raccontarmi cos’è successo?»
«Ma certo, povera cara. Prenda questa, prima; scommetto che sente un sapore orribile in bocca, vero? È colpa di tutta la Pozione Rimpolpasangue che le abbiamo dovuto somministrare, per fortuna che la classe di Pozioni ne aveva preparati diversi litri pochi giorni fa! Sembra che ora però sia guarita del tutto, ne sono lieta. Dunque, mi chiedeva di raccontarle cos’è successo, giusto? Lei cosa ricorda?»
«Beh ricordo la Foresta Proibita, l’unicorno impazzito e il suo corno che si infilava nelle mie viscere. E Newton che veniva a salvarmi. Poi più nulla, se non vaghi ricordi delle volte in cui mi sono risvegliata qui in Infermeria.»
«Oh beh, signorina Prewett, allora non ho molto da raccontarle. Il signor Scamander l’ha portata qui nel cuore della notte gridando che non dovevamo lasciarla morire. Era ridotta molto male, una frattura esposta al braccio sinistro e la ferita all’addome era la peggiore di tutta la mia carriera. Abbiamo fatto tutto il possibile e il più in fretta possibile, ma come credo lei saprà le ferite da artefatti magici sono molto pericolose e difficili da trattare. Questo spiega la ricaduta che ha avuto ieri pomeriggio, la ferita si era misteriosamente riaperta e ha rischiato seriamente la vita. Abbiamo avvisato la sua famiglia, suo fratello Ignatius è venuto a trovarla la prima mattina ma lei stava dormendo, sua madre e l’altro suo fratello non sono riusciti a venire. Per il resto ha ricevuto visite da parte dei signori Scamander, Boot e Collins, come le ho già detto, qualche altro suo compagno di Casa e purtroppo una notte si è introdotta qui quella ragazza, come si chiama…»
«Leta. Leta Lestrange.» mormorò Amy, ricordando il terrore che aveva provato nel trovarsela di nuovo di fronte.
«Esatto, la signorina Lestrange. Non capisco perché sia venuta a trovarla fuori dall’orario di visita, così facendo l’ha solo spaventata a morte e ha rischiato di compromettere la sua guarigione…»
«Non credo che fosse molto interessata alla mia guarigione, visto che è stata proprio lei a ridurmi così.»
L’infermiera le rivolse uno strano sguardo, poi tornò a sorriderle «Bene cara, se la sente di mangiare qualcosa? Ho del succo di zucca, qui, e dei biscotti.»
«Un po’ di succo di zucca, grazie mille. Mi scusi, potrebbe dire ai miei amici che sono sveglia e vorrei vederli?»
«Certo! Anzi, ora che mi ci fa pensare hanno lasciato tutti disposizione di essere contattati immediatamente al suo risveglio definitivo. Manderò la mia assistente a cercarli, lei beva e resti a letto.»
Con sua sorpresa, il primo a varcare la soglia dell’Infermeria fu Doug, gli occhiali storti, i capelli scarmigliati e gli occhi segnati come se avesse dormito pochissimo negli ultimi giorni. Appena la vide fece un sorriso sollevato e le corse incontro.
«Amy! Merlino benedetto, ci hai fatto prendere un accidente! Come stai?» le chiese, abbracciandola.
«Sto meglio, grazie, ma non uccidermi.»
«Oh hai ragione, scusa.» le disse staccandosi, e impacciato le porse di nuovo il bicchiere di succo di zucca che lei aveva appoggiato sul comodino.
«Il resto della banda dov’è? L’infermiera mi ha detto che siete venuti sempre in questi giorni, credo di avervi visti un paio di volte, e forse anche sentiti.»
«Oh, Collins è tornato a Manchester questa mattina all’alba per il provino. È venuto qui appena l’abbiamo informato ed è rimasto per un’intera giornata, ma non poteva perdere un’occasione simile.»
«Ha fatto bene. E Newt? Mi hanno detto che c’era lui quando ho avuto quella brutta ricaduta ieri pomeriggio, è così traumatizzato da non riuscire più ad entrare in Infermeria?»
Doug fece una risatina, ma l’espressione sul suo viso era poco rassicurante.
«Doug? Non dirmi che ha di nuovo uno dei suoi momenti in cui crede che sia tutta colpa sua.»
«Non è del tutto scorretto quello che stai dicendo, in effetti.»
«Doug mi stai facendo preoccupare. Dove si è cacciato?»
Doug sospirò «È in camera sua, suppongo.»
«Non ha lezione stamattina?»
«Non più. Sta facendo i bagagli, Amy.»
«I bagagli? E per cosa?»
«Si è fatto espellere.»
 
19 Marzo 1915
Ufficio del Preside Dippett
Notte
 
Il consiglio dei professori al gran completo era stato convocato nel cuore della notte per una questione terribile: uno studente rischiava di perdere la vita, e sembrava ci fossero altri due studenti implicati nella faccenda.
«È inaudito! In tutti questi secoli, non si era mai sentito di uno studente che attentasse alla vita di un altro, figuriamoci un’associazione per delinquere! Non c’è altro da dire, i due vanno espulsi immediatamente, sia che la vittima sopravviva sia che muoia!» strepitò la professoressa di incantesimi, la signora Barnes.
«Ma si può sapere di cosa state parlando? Io sono appena stato tirato giù dal letto e nessuno mi ha spiegato nulla!» rispose l’insegnante di Pozioni.
Il Preside si passò le mani sul viso, già esausto «Signori, vi prego, fate un attimo di silenzio e tutto sarà chiarito. L’assistente dell’infermiera è arrivata? Fatela entrare, prego.»
La ragazza entrò, leggermente intimorita e con la divisa ancora sporca di sangue. Un brivido percorse l’adunata di professori.
«Buonasera, signorina Pomfrey. Grazie mille per averci raggiunto in quest’orario così disumano. Potrebbe farci un breve riassunto di quanto è accaduto stanotte?» le chiese il Preside.
Lei annuì «Certamente. Dunque, il signor Scamander ha portato la signorina Prewett in Infermeria circa mezz’ora fa. Aveva un braccio spezzato e una profonda ferita all’addome, che il signor Scamander ha supposto esser stata causata dal corno di un unicorno.»
«Ma è impossibile, gli unicorni sono tra le creature magiche più mansuete!» s’intromise Cline, ma fu zittito dal resto dei presenti.
«Dai primi esami effettuati sulla ferita, sembrerebbe invece che sia stato proprio quello a causarla. Le condizioni della signorina Prewett erano critiche, aveva perso molto sangue e non siamo riusciti a stabilire per quanto sia rimasta nella Foresta prima che il signor Scamander la trovasse. Ora la capo Infermiera la sta operando insieme alle altre sue assistenti, le abbiamo dato della Pozione Rimpolpasangue ma ne servirà molta altra, e domattina forse sapremo qualcosa in più.»
«Potete prenderne dalla mia scorta, l’ho fatta preparare dagli studenti del Quinto e ne ho tenuto qualche litro. Ecco, queste sono le chiavi del mio studio e dell’armadio.»
«Grazie mille, signore, gliele farò riavere al più presto. Se non c’è altro, signor Preside, tornerei in Infermeria.»
«Prego, signorina Pomfrey. Teneteci informati sulle condizioni della Caposcuola Prewett.»
Appena l’infermiera fu uscita, gli insegnanti si scambiarono delle occhiate preoccupate.
«Cline, cosa ci faceva un unicorno imbizzarrito nella Foresta Proibita?»
L’insegnante di Cura delle Creature Magiche scosse la testa «Prima di stasera non c’era nessun unicorno, né tantomeno uno imbizzarrito. Glielo assicuro, signore, non sarebbe potuto sfuggirmi.»
«E allora come ha fatto la signorina Prewett a essere ferita da un corno di unicorno? Vuole dirmi che qualcuno è entrato nella foresta armato di un’arma così rara e ha aspettato che il primo studente ignaro gli capitasse a tiro?»
«La vera domanda secondo me è: cosa ci faceva la signorina Prewett nella Foresta di notte?»
«A questa domanda credo possano rispondere gli studenti fuori da questa porta, signor Preside.» rispose Dumbledore.
Il Preside sospirò «Ma sì, certo. Fate entrare Scamander e Lestrange.»
I due ragazzi fecero il loro ingresso nella stanza. Newton, con il maglione intriso di sangue e l’aria allucinata, fece rabbrividire i professori. Leta aveva un’espressione assente, come se non fosse stata veramente lì.
«Signori, buonasera. Uno di voi può raccontarci la vostra versione dei fatti?»
«Signor Preside, non sarebbe meglio interrogarli separatamente?»
«Certo, certo. Signorina Lestrange, lei torni fuori. Signor Scamander, ci racconti cos’è successo.»
Newton tremava appena, fissando il consiglio riunito.
Prese un profondo respiro e cominciò «Amy si trovava nella Foresta perché aveva visto Leta entrarci e, da brava Caposcuola, era intenzionata a toglierle dei punti. Quello che non sapeva era che Leta stava andando nella Foresta per mio conto, per controllare che la creatura stesse bene. Purtroppo ero stato trattenuto a scuola per una punizione e le avevo chiesto di occuparsi della creatura in vece mia. Inspiegabilmente qualcosa è andato storto e la creatura si è ribellata, è scappata e nella sua fuga ha trovato Amy, che probabilmente si era persa nella Foresta non conoscendola bene. Leta si era accorta di essere stata seguita ma non è riuscita a ritrovare Amy, quindi appena sono arrivato dopo la mia punizione mi ha detto cos’era successo e sono corso a cercarla. L’ho trovata ma era ridotta piuttosto male, come vi ha già detto la  signorina Pomfrey.»
«Aspetti un secondo, signor Scamander: sta dicendo che è stato lei a portare l’unicorno nella Foresta Proibita?»
«Sì, signor Preside.»
«Non è possibile!» gridò Cline alzandosi in piedi, ma fu tacitato da un’occhiata del Preside.
«E puoi spiegarci perché l’ha fatto, signor Scamander? Da quel che mi risulta, anni fa le ho firmato un permesso speciale per dedicarsi alla ricerca di creature magiche nella Foresta una volta al mese senza la supervisione di un insegnante; non le bastava più?»
«No, signor Preside. Vede, avevo bisogno di un animale più grande per fare i miei esperimenti, quindi ho chiesto a Leta se poteva mettermi in contatto con qualcuno che potesse farmi avere un unicorno o qualcosa di simile. Questo è l’unico coinvolgimento di Leta in questa storia.» sottolineò lui.
«Che genere di esperimenti, signor Scamander?»
«Mi interessava sapere se determinate sostanze o incantesimi possono cambiare l’indole di una creatura.»
«Tutto questo è incredibile…» continuava a mormorare Cline, sperando che anche i colleghi si rendessero conto dell’inverosimiglianza della situazione: Newton non avrebbe mai fatto del male ad un Asticello, figuriamoci sperimentare pozioni o incantesimi su una creatura rara come un unicorno.
«E lei è assolutamente sicuro, signor Scamander, che la signorina Lestrange non abbia fatto nulla alla creatura ieri notte mentre lei era in punizione?»
«Ne sono certo, signore. È quel che mi ha detto ed era troppo sconvolta per mentire.»
«Vedremo cosa avrà da dirci. Può uscire, signor Scamander.»
Newton annuì e uscì dall’ufficio del Preside.
«Sappiamo tutti che nulla di quello che ha detto è vero, giusto?» sbottò a quel punto Cline.
«Sentiamo cos’ha da dire la signorina Lestrange, prima di trarre conclusioni. Prego signorina Lestrange, si accomodi.»
 
Leta non disse una parola. Rimase ferma immobile in mezzo alla stanza, limitandosi ad annuire leggermente in risposta alle domande del Preside. Negli occhi ora aveva un’espressione di pura angoscia, sembrava sotto shock, cosa perfettamente comprensibile visto cos’era successo. Il suo interrogatorio durò pochi minuti, poi fu gentilmente congedata con la richiesta di tornare la mattina seguente, nella speranza che lo shock fosse diminuito un poco e riuscisse a dire qualcosa.
Quando la Slytherin si fu chiusa la porta alle spalle, i professori si scambiarono delle occhiate preoccupate.
«Signori, spero ci rendiamo tutti conto che la situazione è preoccupante.»
«Signor Preside, la prego di ascoltarmi: conosco Newton, il signor Scamander, da sette anni, è uno studente della mia casa e soprattutto il migliore del mio corso. È un amante delle creature magiche e sono sicurissimo che non ne avrebbe mai usata una per un qualche esperimento, soprattutto non una creatura rara come un unicorno!»
«Ti capisco, Harry, ma il ragazzo ha confessato. E da quel poco che la signorina lestrange ha fatto capire nel suo interrogatorio, confermava la sua versione.»
«Avrà mentito per proteggerla.» s’intromise Dumbledore.
L’insegnante di Pozioni sbuffò sarcastico «Un ragazzo di un’altra casa che protegge uno Slytherin? Non succederebbe mai, anzi, le avrebbe dato la colpa di tutto.»
«Oh, Vincent, non tirare fuori la rivalità fra Case, in questo momento non c’entra!»
«Scusate se mi intrometto, ma Albus potrebbe avere ragione: dopotutto mi pare di aver capito da certe voci di corridoio che il signor Scamander e la signorina Lestrange abbiano una relazione, no?»
«Mi risulta che ci sia stata una relazione, sì, ma che sia finita recentemente e non nel migliore dei modi.»
«Signori! Non siamo qui a parlare degli affari privati dei nostri studenti!»
«Mi permetto di dissentire, signor Preside: credo che ci siano proprio gli affari privati dei nostri studenti alla base di tutto. Ad esempio, perché il signor Scamander si sarebbe dovuto affidare alla signorina Lestrange per la ricerca di una creatura, se la loro relazione era finita?» domandò Dumbledore
«Può darsi che i due ragazzi si fossero accordati prima che la loro relazione finisse, e dopotutto gli affari sono affari. Il ragazzo potrebbe aver comunque portato a termine la consegna avvalendosi dell’aiuto della signorina Lestrange. Nessuno dei due poteva conoscere le conseguenze delle loro azioni.»
«Se il problema fosse stato solo l’unicorno sarebbe stato un conto, certo lo sfruttamento e il commercio illegale di creature rare è molto grave, ma qui abbiamo una studentessa che sta lottando per sopravvivere.»
Queste gravi parole del Preside zittirono immediatamente l’intero consiglio.
«Cosa pensa di fare quindi, signor Preside?»
«Questo dipende tutto dall’abilità delle nostre infermiere e dal tempo: se la signorina Prewett sopravvivrà, mi limiterò all’espulsione del colpevole, nel malaugurato caso contrario dovrò convocare il Ministro e procedere all’arresto.»
«E come farà a determinare il colpevole?»
«Se la signorina Lestrange dovesse confermare la versione di Scamander, non ci saranno dubbi. Altrimenti saranno considerati ugualmente colpevoli e quindi verranno ugualmente puniti.»
«Non potremmo usare del Veritaserum?»
«Albus! Mi meraviglio di te! Sai perfettamente quanto è pericoloso l’uso del Veritaserum, non intendo rischiare per un caso già praticamente risolto. Ora potete andare, signori. Ritroviamoci qui domani mattina, e speriamo che la situazione si risolva al meglio.»
 
La mattina seguente tutta la scuola scoprì cos’era successo. Tra il panico e lo stupore, presto cominciarono a circolare voci e teorie più o meno realistiche, e a formarsi degli schieramenti netti tra le Case.
L’interezza degli Hufflepuff, dei Gryffindor e buona parte dei Ravenclaw stavano dalla parte di Newt, mentre gli Slytherin ovviamente difendevano leta. Tutti, alunni e professoir, erano sollevati di sapere che Amy era sopravvissuta, seppur sempre in FInermeria.
Quella stessa mattina tutte le lezioni furono annullate per permettere al consiglio di riunirsi nell’ufficio del Preside. Nel frattempo, Cline aveva recuperato l’unicorno, col corno ancora sporco di sangue ma perfettamente sano, senza alcun segno evidente di cosa lo aveva portato a comportarsi così la sera prima. Il professore continuava ad essere convinto dell’innocenza di Newt, ma non aveva prove in suo favore.
Subito dopo colazione, impeccabile nella sua uniforme di Slytherin, gli occhi privi di quell’angoscia che li aveva contraddistinti la notte prima (privi di qualunque emozione, in realtà, probabilmente per l’Occlumanzia) leta lestrange si presentò alla porta dell’ufficio del preside. Davanti al consiglio riunito, con poche fredde parole confermò la versione del giovane Hufflepuff.
«Lui non voleva fare male a nessuno. Non era sua intenzione.» sottolineò, ma quasi nessuno capì cosa volesse realmente dire. Il Preside a quel punto aveva le mani legate, ma propose comunque al consiglio di votare: con tutti favorevoli e solo due contrari, Cline e Dumbledore, per Newton fu decisa l’espulsione.
«È inammissibile! Il signor Scamander è un ottimo studente, ha ricevuto pochissime punizioni nella sua carriera scolastica, è un Prefetto e oltretutto ha confessato un crimine che probabilmente non ha commesso!» s’inalberò l’insegnante di Trasfigurazione.
«Albus, ha confessato e la ragazza ha confermato. Capisco il tuo debole per le cause perse, ma così stai davvero esagerando. Chi difenderai la prossima volta, un aspirante genocida?» lo rimproverò il Preside.
«Signor Preside, mi rendo conto della gravità della situazione, ma è davvero necessaria l’espulsione? Il ragazzo è quasi alla fine dell’ultimo anno, mancano solo pochi mesi agli esami, non potrebbe punirlo in un altro modo?» cercò più diplomaticamente di intercedere Cline.
«Mi dispiace Harry ma è una cosa troppo grande. Lo sai che il Ministero si sta occupando anche delle nuovi leggi sul controllo delle creature magiche, non posso lasciar correre una cosa del genere.»
«Quindi preferisce compromettere il futuro di uno studente piuttosto che fare brutta figura con il Ministro!»
«Non sto compromettendo in alcun modo il futuro del signor Scamander, anzi! Ho già parlato con dei funzionari del Ministero, qualcuno all’interno deve aver messo una buona parola per lui perché anziché ritirargli la bacchetta come si fa in questi casi hanno deciso di farlo lavorare al reparto di cura delle creature. Adesso basta discutere, potete andare. Cline, tu va’ a prendere il ragazzo e portalo qui.»
 
Mentre nell’ufficio del Preside Newt riceveva la sua immeritata condanna, per la scuola cominciò inevitabilmente a diffondersi la notizia: era stato proprio Scamander, l’Hufflepuff strambo a cui piacevano gli animali, a mandare in infermeria la Caposcuola Prewett. E il fatto che quest’ultima continuasse a non svegliarsi aumentava il brivido della situazione.
La Casa giallonera continuava a professare l’innocenza di Newt, mentre nelle altre Case che prima lo avevano difeso cominciarono a serpeggiare dei dubbi. Quando poi, dopo l’improvviso collasso della Prewett che rischiò di mandare lei nella tomba a Newton ad Azkaban, Graham Collins spaccò il naso dell’altro con un pugno ben assestato, Newt perse definitivamente l’appoggio dei Gryffindor e quindi anche dei pochi Ravenclaw rimasti. Non che gli servisse molto, in effetti, con solo tre giorni rimasti da passare ad Hogwarts.

 

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Capitolo 19
*** XIX ***


XIX
 
21 Marzo 1915
Infermeria
Mattina
 
Amy era furibonda. Le sembrava letteralmente di poter esplodere da un momento all’altro: con tutto quello che gli aveva fatto, Newt aveva deciso di sacrificarsi per Leta? Dopo che aveva provato ad ucciderla?!
«Non ci posso credere!» gridò, facendo sobbalzare il mite Ravenclaw al suo fianco «Cosa diamine gli è successo? Tu eri con lui, dimmi che gli ha fatto qualcosa, dimmi che non l’ha difesa di sua spontanea volontà!»
«Io sono riuscito a parlargli solo dopo che il Preside aveva già deciso per l’espulsione, ma era perfettamente in sé. Mi ha detto che non avrei capito e di lasciar perdere. Mi dispiace Amy, non so davvero cosa dire.»
«Oh, lo so benissimo io cosa dire! Dov’è? Voglio che tu lo vada a prendere e me lo porti qui!»
«Dopo ieri pomeriggio non penso gli sia permesso di venirti a trovare…»
«Ieri pomeriggio?»
«Sì, quando hai rischiato di morire. Graham ha perso la testa, gli ha spaccato il naso e gli ha intimato di non tornare mai più a trovarti. Ha detto che la colpa di quel che era successo era solo sua, e le infermiere sono state d’accordo a quanto pare perché gli hanno vietato di tornare.»
«Ah è così? Fantastico! Vorrà dire che andrò io da lui, allora!» rispose l’agguerrita Amy scostando bruscamente le coperte e alzandosi a sedere.
«Oh, non ci pensare neanche! Sei convalescente, e non da una semplice influenza. Non so se te lo ricordi, ma un unicorno impazzito ha infilato il suo stramaledetto corno direttamente nelle tue viscere!» le gridò l’amico in risposta, mettendole le mani sulle spalle per tenerla giù.
«Già, per colpa di una pazza omicida che ne uscirà incolume perché il mio migliore amico si è costituito al suo posto!»
«Non penso che se tu uscissi di qui e ti sentissi male miglioreresti la posizione di Newt!»
«Non voglio migliorare la sua posizione, voglio capire perché l’ha fatto!»
«Cosa sta succedendo qui?»
La gara di urla fra i due amici aveva richiamato l’attenzione della capo infermiera.
«Signor Boot, vuole che il permesso di visita venga revocato anche a lei? E lei, signorina Prewett, cosa ci fa per metà fuori dal letto?»
«Vuole andarsene!» «E sta’ zitto una buona volta!»
«Signorina Prewett, questo è fuori discussione! Le ricordo che ha appena ripreso conoscenza in maniera stabile dopo un intervento molto pericoloso, deve stare a riposo per qualche giorno.»
«E io le ricordo che sono maggiorenne quindi decido io cosa posso o non posso fare!»
«Non funziona così, signorina Prewett per ferite come la sua, il protocollo è diverso e non si tiene conto dell’eventuale maggiore età del paziente.»
«Ma io sono maggiorenne! Non potete sequestrarmi qui!»
«Signorina Prewett, la smetta o sarò costretta a darle del Distillato della Pace per sedarla!»
Amy chiuse immediatamente la bocca, lanciò un’occhiata di fuoco all’infermiera e tornò a sprofondare nel cuscino.
«Bene, signorina Prewett. La lascio a lei, signor Boot. Non esiti a chiamarmi se dovessero esserci altri problemi.» disse l’infermiera congedandosi.
«Sai, a volte penso che tuo fratello abbia ragione, sei una Gryffindor mancata.» le disse Doug rimboccandole le coperte.
«Sparisci. Dov’è la mia bacchetta?»
«Lì sul comodino, non credo si sia danneggiata nell’incidente. La vuoi provare?»
«No, al momento voglio riposarmi un po’. Forse tutte quelle urla mi hanno davvero spossata.»
«Sei sicura? Ora che ti sei finalmente svegliata non so quanto sia sano riaddormentarsi…»
«Per Merlino, non posso più fare nulla? Nemmeno dormire? Dai, vai a lezione e cerca di trovare Newt. Io dormo un po’, così magari l’infermiera sarà più bendisposta nei miei confronti.»
«Va bene, ma resto finché non ti addormenti.»
Amy sorrise e chiuse gli occhi. Com’era fragile, così pallida e abbandonata sul cuscino.
Quando fu certo che l’amica si fosse addormentata, uscì dall’Infermeria per andare nella sua Sala Comune, in quanto non aveva lezioni prima di pranzo.
Sulla via della Torre si ritrovò a pensare a quello che aveva detto ad Amy: qualcosa dei geni Gryffindor che giravano nella sua famiglia doveva essere passato anche a lei, perché era capace di unire alla pazienza e alla lealtà della sua Casa un tratto fondamentale dei grifoni: la testardaggine.
Un pensiero gli attraversò la mente, bloccandolo sul posto. E in quel momento si disse che con lui il Cappello Parlante aveva sbagliato in pieno, perché nessun Ravenclaw degno di essere tale si sarebbe fatto fregare in quella maniera.
Tornò correndo in infermeria, sperando di essersi sbagliato, ma ad aspettarlo trovò solo un letto vuoto.
 
Paul Sharps era un piccolo undicenne nato babbano, Hufflepuff, che già nella sua prima sera ad Hogwarts era stato spaventato a morte dai fantasmi che si aggiravano fra le mura della scuola. La cosa lo sveva leggermente traumatizzato, riusciva a sopportare giusto il fantasma di Hufflepuff perché era bonario e gentile, ma gli altri proprio non li poteva vedere.
Quella mattina era uscito dalla classe di Trasfigurazione in anticipo con una zampa di leone al posto di una mano a causa di un incantesimo sbagliato, e stava andando in Infermeria a farsi sistemare, quando una figura vestita di bianco apparve in fondo al corridoio, gelandolo sul posto. La figura non si muoveva velocemente e silenziosamente come un fantasma, ma il povero ragazzino ne fu comunque terrorizzato, e la sua paura non fece che aumentare quando finalmente la figura lo raggiunse e lui riconobbe la Caposcuola Prewett, avvolta in una camicia da notte da ospedale, che avanzava trascinando leggermente una gamba e con un’espressione sul viso che indicava morte. La Caposcuola gli passò accanto senza considerarlo e lui si convinse di aver appena visto il fantasma di una persona appena morta. Inutile dire che il suo conseguente svenimento rallentò Doug, che si era lanciato all’inseguimento dell’amica e si vide costretto a portare il bambino in Infermeria.
 
Amy sapeva che non era stata l’idea più geniale della sua vita, ogni passo era una stilettata nella ferita, con le scarpe slacciate infilate in fretta e furia rischiava continuamente di inciampare e la camicia da notte che le avevano infilato non era adatta all’umidità delle pietre dei sotterranei. Ma quella che aveva avuto Newt era ancora peggio, e a lei importava solo questo.
Arrivò alla pila di barili, batté a stento il tempo giusto e si trascinò nella Sala Comune deserta. Arrivata alla porta del dormitorio maschile del settimo anno, la trovò chiusa a chiave.
«Oh no caro mio, adesso non mi scappi. Reducto!» gridò, facendo saltare la serratura. Poi entrò nella stanza a passo di carica e al grido di «Scamander!»
Newt, spaventato dal botto, era fermo davanti al suo letto, il baule semipieno ai suoi piedi. Aveva un occhio nero, e quando riconobbe Amy sul suo viso si dipinse un’espressione mista fra tristezza, senso di colpa e sollievo.
«Come ti sei permesso?» continuò ad urlare lei, avvicinandosi lentamente «Come ti è venuto in mente di fare una cosa simile? Come ti sei permesso di trattarmi in questo modo? Come ti sei permesso?»
La vista le si annebbiò per qualche secondo e vacillò pericolosamente. Newt, spaventato, le corse incontro e la sorresse.
«Non mi toccare» sussurrò lei, stringendo gli occhi perché il mondo attorno a lei smettesse di girare.
«Scusami» rispose lui, senza smettere di tenerla su.
Quando la visione tornò nitida e il mondo si fermò, Amy si scostò bruscamente dal ragazzo «Ora mi dici che diavolo di problemi hai prima che ti spedisca nell’oblio con un incantesimo»
«Che problemi hai tu! Cosa ci fai fuori dall’Infermeria? Mi hai fatto prendere un colpo, pensavo ti saresti sentita male»
«Oh, non pensavo che ti importasse così tanto. Dopotutto ti sei costituito al posto della persona che mi ha ridotta in questo stato.»
Lui abbassò la testa «È complicato, non capiresti. Lascia perdere»
«Questa frase potrà aver funzionato con Doug, e visto quanto appena successo non me ne stupisco, ma con me non attacca.»
Newt rimase zitto.
«L’hai vista la mia ferita? Lo sai che male ha fatto il corno che si infilava nella carne, puoi anche solo immaginare com’è stato aspettare la morte al chiaro di luna, da sola in una radura in mezzo alla Foresta Proibita?»
«Lo so!» esplose a quel punto Newt «Ti ho trovata io! Ho vagato per la Foresta pregando che tu fossi ancora viva, di poterti salvare, e quando ti ho trovata ho temuto che non saresti mai riuscita ad arrivare viva al Castello. Credi che non mi ricordi il sangue, le lacrime, il tuo braccio spezzato? Credevo mi fossi morta fra le braccia! Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia»
«E allora perché l’hai fatto?» gridò lei, sempre più forte.
«Per Leta. La sua famiglia non avrebbe mai accettato una cosa simile»
«Per Leta? Per la sua famiglia?»
«Amy, tu conosci bene Lucrezia Black, sai come sono fatte le famiglie di Purosangue come le loro: un’espulsione non sarebbe mai stata accettata. Men che meno per esperimenti sugli animali e tentato omicidio. Io sono già la pecora nera della mia famiglia, la mia condizione non poteva peggiorare»
Amy lo fissava con occhi carichi di rabbia «Non m’interessa se ritieni il futuro di Leta Lestrange più importante del tuo. Quello che non riesco ad accettare è che tu ritenga il futuro di Leta Lestrange più importante della mia vita»
«L’hai detto tu, siamo Hufflepuff, leali alla causa, anche se è una causa persa»
Lei annuì, improvvisamente fredda «Non posso certo obbligarti ad essere fedele ad una causa che non ritieni tua, ma dopo tutto questo posso dirti che mi pento di aver fatto di te la mia. Ciao Newton, grazie di avermi salvato la vita. Buona fortuna con la tua, che hai rovinato tu stesso.» disse, e girò sui tacchi per andarsene.
«Amy, ti prego, aspetta!»
«Mi pare di aver già aspettato abbastanza.»
«Per favore, lo so che sei arrabbiata ma ti prego di perdonarmi. Non farmi passare la mia ultima giornata ad Hogwarts da solo e distrutto dai sensi di colpa.»
Lei si voltò di scatto «La tua ultima giornata ad Hogwarts? Ma Doug ha detto che avevi tre giorni a tua disposizione.»
Lui fece un sorriso triste «Tre giorni dalla decisione del Preside. Theseus mi verrà a prendere dall’ufficio del Preside domani mattina. Credevo di dovermene andare senza rivederti mai più.»
Amy sentì gli occhi riempirsi di lacrime «Non capisco davvero perché tu l’abbia fatto.»
«Lo so. È difficile da spiegare persino per me. Forse perché è un po’ colpa anche mia, siete sempre state una contro l’altra perché c’ero io. Forse perché non volevo che nessuno di noi fosse vittima delle certe ripercussioni degli Slytherin.»
«Forse perché sei troppo buono e ti fai manipolare.»
«Forse per quello, sì. Ma per favore, sii troppo buona anche tu e perdonami.»
Amy lo guardò, gli occhi pieni di lacrime, e annuì.
«Ti posso abbracciare?»
«Sì, ma piano, la ferita mi fa ancora male.»
Si strinsero forte, Amy piangeva e Newt si tratteneva a stento, gli pareva impossibile che fosse davvero lì viva tra le sue bracca, dopo aver rischiato così tante volte di perderla negli ultimi giorni.
A quel pensiero gli venne in mente una cosa «Ora che ci penso, non dovresti essere ancora in Infermeria?»
«Mi hanno già dimessa.»
«E perché sei ancora in camicia da notte?»
Amy ridacchiò «Diciamo che mi sono dimessa da sola… oh Merlino, sono nel dormitorio maschile con te in camicia da notte!» esclamò, separandosi dall’amico. Con un colpo di bacchetta trasformò la veste in un’uniforme, poi tornò a guardare l’amico.
«Amelia Prewett. Torna immediatamente in Infermeria! Hai subito delle lesioni molto gravi e sei rimasta incosciente per due giorni!» la rimproverò lui.
«Oh, sentilo. Dici le stesse cose di Doug, vi hanno dato un copione per caso?»
«Hai visto Doug? E ti ha lasciata scappare dall’Infermeria?»
«Non è andata esattamente così, ma non importa. Non ci torno in Infermeria, è il tuo ultimo giorno ad Hogwarts, dobbiamo fare qualcosa di speciale! Come avevamo progettato, ricordi?»
L’anno precedente, l’ultimo giorno avevano deciso che avrebbero trascorso la notte del loro ultimissimo giorno ad Howgarts a girare per il castello, ripercorrendo i corridoi per un’ultima volta e con essi le storie e le avventure che avevano passato in quella scuola negli ultimi sette anni.
«Sì, mi ricordo, ma quello lo possiamo fare solo di notte. Non puoi tornare in Infermeria e farti dimettere stasera?»
«Non credo che le infermiere mi permetterebbero di andarmene di nuovo, se mai dovessi ricapitare tra le loro grinfie. Dunque, hai qualche idea su cosa potremmo fare?»
Lui rimuginò qualche secondo, poi il suo viso si illuminò «Oh, eccome! È giunto il momento di farti vedere una cosa davvero speciale.»
Corse al suo letto, ancora ingombro degli ultimi vestiti da mettere nel baule, e si inginocchiò per prendere qualcosa nascosto sotto al letto, una strana valigia marrone che Amy non ricordava di aver mai visto.
«Una valigia? È questa la cosa tanto speciale?»
«Non partire prevenuta, dai! Guarda, si fa così. È una valigia vuota, no? Ora la appoggio sul pavimento, tu vienimi dietro.» le disse, e ci infilò i piedi dentro. Quando cominciò a scendere una scala invisibile, Amy emise un verso di stupore.
«Non aver paura, dai! Non ti succederà niente, te lo prometto.»
Con un sospiro, Amy seguì l’amico all’interno della valigia.
 
Newt aspettò che Amy fosse sana e salva all’interno del suo magico nascondiglio poi accese la luce. La ragazza si guardò attorno, stupita di trovarsi in una specie di piccolo studio «Da dove salta fuori questa cosa? È forte!»
«Oh, aspetta di vedere la parte migliore! Di qua, vieni.»
Newt aprì la porta del piccolo studio e fece uscire l’amica. Amy ebbe quasi un tuffo al cuore, quando vide dov’era.
Attorno a lei, per metri e metri, si spandeva una radura piena di creature fantastiche. Riconobbe uno Snaso, una famiglia di Asticelli, qualche Gumbumble e altre creature che non aveva mai visto.
«Allora, cosa ne pensi?» le chiese Newt, sorridendo all’espressione estasiata dell’amica.
«Newt, è meraviglioso! Ma come hai fatto?»
«E non è finita qui! Guarda, sono riuscito a dividerla in più ambienti, così tutti gli animali avranno il loro habitat naturale in cui stare. Su quelle rocce là al chiaro di luna ci sono dei Mooncalf, da qualche parte tra quegli alberi c’è un Jobberknoll, e quei buchi là in fondo li ha scavati un Jarvey.»
«Sono senza parole. Come ti è venuta un’idea simile? E dove hai trovato tutte queste creature?»
«L’idea, se devo essere sincero, non so ancora se sia venuta a me oppure no. Vedi, avevo trovato lo Snaso da poco e continuava a uscire dalla sacca dove lo tenevo, disturbando i miei compagni di stanza. Mi hanno chiesto di farlo sparire, ma non sapevo dove metterlo! Così un pomeriggio passavo per il corridoio del settimo piano pensando che dovevo assolutamente trovare un modo per contenerlo, e improvvisamente nel muro si è aperta una porta. Dentro una stanza che non avevo mai visto c’era questa valigia, vuota. Si può persino mettere in modalità babbanabile per sembrare una semplicissima valigia! Le creature le ho trovate sempre lì, facevano parte del serraglio di Leta, me le sono fatte consegnare.»
«Leta aveva un serraglio magico?»
«Dove provava i suoi esperimenti. Sei sicura di volerne parlare?»
Amy scosse la testa, ancora un po’ spaventata al pensiero della Lestrange «No, meglio di no. Dai, fammi fare un bel giro turistico, voglio conoscere tutti questi begli esserini!»

 

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Capitolo 20
*** XX ***


XX
 
Dove Amy riflette sul Bene Superiore
 
21 Marzo 1915
Infermeria
Sera
 
Amy e Newt avevano passato tutta la giornata nella valigia ad occuparsi delle creature, lontani dal mondo reale dove Amy era scappata dall’Infermeria e Newt era stato espulso. Dopo diverse ore, Newt riuscì a convincere l’amica che era il momento di tornare in superficie; lui doveva finire di fare i bagagli e lei doveva tornare in Infermeria per farsi dare un’occhiata.
Per non farsi beccare dagli altri Hufflepuff insieme ad Amy, Newt la lasciò nella valigia per farla uscire solo vicino all’Infermeria.
«Allora, se riesco a farmi dare la notte libera ci vediamo fuori dalla Sala Comune appena scatta il coprifuoco. Se mi trattengono, aspettami.»
«Pensi davvero di poter sfuggire due volte alle infermiere?»
«Non sottovalutare mai un Prewett. A dopo!» gli disse, e sorridendo entrò nell’Infermeria. Fu accolta dalle grida di collera delle infermiere e di Doug, che aveva passato la giornata a cercarla.
«Signorina Prewett!» gridò la capo infermiera «Si rende conto della gravità di quello che ha fatto?»
«Beh, ho solo testato la gravità della mia ferita e l’efficienza delle vostre cure, e devo farvi i complimenti perché non sono stata male neanche una volta…»
«Venga immediatamente qui!»
Amy fu rimessa a letto, l’uniforme tornò ad essere una camicia da notte e l’infermiera Waterstone, dopo aver tirato le tende attorno al suo letto, cominciò a visitarla.
«Sembra che vada tutto bene. Vediamo la ferita come sta.»
Per la prima volta Amy vide le bende che le fasciavano il basso ventre, fortunatamente immacolate, e la cicatrice che stava sotto. Era ancora leggermente arrossata, dai bordi frastagliati e un poco in rilievo sotto le dita.
«Non si preoccupi, tra qualche tempo non la sentirà più. È stata molto fortunata, il corno non ha provocato danni irreversibili a nessun organo. Non dovrebbe avere problemi ad avere figli, in futuro.»
Amy sorrise «Beh, tutto sommato poteva andarmi peggio. Posso andare ora?»
«Assolutamente no, signorina Prewett.»
«La prego! È l’ultima notte di Newt ad Hogwarts, non posso lasciarlo da solo»
«Newt ovvero il signor Scamander?»
«Esatto. Lo so che può sembrarle strano, dopo quello che è successo, ma le assicuro che ho un buon motivo per voler stare con lui. Non è stato lui, io lo so perfettamente»
L’infermiera sorrise «Conosco bene il signor Scamander. Ha passato qui molti giorni durante il suo primo anno, per le lievi ferite che gli procuravano dei brutti incontri con ragazzi più grandi, e più avanti per quelle che si procurava andando a caccia di creature. So perfettamente che non farebbe male ad una mosca, e ho capito dalla sua espressione quando l’ha portata qui morente che lui non aveva avuto nulla a che fare con quello che le è successo.»
«Questo vuol dire che mi lascerà andare da lui?»
«Se mi promette che non farà nulla di pericoloso o stancante e che per le prossime settimane passera da qui ogni giorno per un controllo, potrei darle il permesso di essere dimessa legalmente. Ah, e deve chiedere scusa al suo amico Ravenclaw per averlo ingannato. Non so se fosse più spaventato o ferito nell’orgoglio…»
 
Sotterranei di Hufflepuff
Allo scattare del coprifuoco
 
Newt aveva consumato la sua ultima cena al tavolo degli Hufflepuff, ignorando le occhiate e le battute degli studenti delle altre case e ringraziando invece mentalmente i suoi compagni per come continuavano a difenderlo.
Nessuno gli fece un discorso di commiato, nemmeno i suoi compagni di stanza quando videro che aveva finito di fare i bagagli.
Allo scattare del coprifuoco uscì dalla Sala Comune e non dovette aspettare molto prima che Amy lo raggiungesse; era stata obbligata a cenare in Infermeria per far contente le infermiere, e le avevano dato una stampella.
«Ciao! Vado dentro a mettere a posto questa poi ci sono» gli disse, indicando la stampella.
«Perché te l’hanno data?»
«Perché avevano il sospetto che volessi fare qualcosa di faticoso»
«Camminare per tutta Hogwarts mi sembra abbastanza faticoso, quindi terrai la stampella altrimenti niente giro»
Amy sbuffò «Va bene, dottor Salamander. Da dove vogliamo cominciare?»
«Che ne dici delle cucine? Sono il punto più basso, poi possiamo risalire fino alle torri»
«Ottima idea! Avevo proprio voglia di uno spuntino di mezzanotte»
Nelle cucine si fecero servire i loro piatti preferiti, biscotti al miele, torta al cioccolato, uova con bacon, polpette e strudel. Ricordarono il loro primo anno, che Newt aveva passato a mangiare da solo lì dentro, prima che Amy lo scoprisse e lo trascinasse in Sala Grande con lei e gli altri Hufflepuff; ricordarono i banchetti dopo le vittorie a Quidditch, le feste top secret ma in grande stile dei tassi e persino la loro feroce litigata di qualche mese prima.
Risalirono al piano terra, in Sala Grande dove avevano condiviso i loro pasti con Doug, dove avevano vinto i due anni di seguito in cui Hufflepuff aveva vinto la Coppa delle case, dov’erano stati smistati e ricordarono l’emozione di essere finalmente ad Hogwarts, il timore per lo smistamento e la momentanea delusione di Amy quando non era stata assegnata a Ravenclaw.
«Con tutto il “duro lavoro” che avevi fatto per imparare quegli indovinelli, dev’essere stato davvero sconvolgente» la prese in giro l’amico, beccandosi una gomitata in risposta.
Al primo piano trovarono l’aula di Trasfigurazione, il bagno dove Newt aveva tenuto un Avvicino per qualche tempo al terzo anno, la bacheca dove ogni anno venivano esposti i risultati dei provini di Quidditch (com’era stato felice, e sorpreso, Newt quando aveva visto per la prima volta il suo nome in quella lista) e il corridoio dove i due avevano conosciuto Doug, quando Amy si era messa in mezzo fra Newt e i bulli e il Ravenclaw aveva chiamato un Prefetto per aiutarla.
Il secondo piano non portava molti ricordi, c’erano le aule di Incantesimi e di Storia della Magia, e lo sgabuzzino dove durante una ronda avevano trovato la loro prima coppia di studenti imboscati, uno dei quali si era rivelato essere un imbarazzatissimo Doug.
Al terno piano c’era l’Infermeria, e Newt non disse niente ma gli tornarono alla mente le ultime notti, l’odore del sangue che non andava via, le lunghe attese al capezzale di Amy, la collera di Collins e il dolore che aveva provato quando l’aveva cacciato dall’Infermeria dopo avergli spaccato il naso. Le lanciò un’occhiata per vedere come stava; Amy zoppicava un poco ma si era già adattata alla stampella, sembrava stare bene.
Al quarto piano c’era la Biblioteca, dove avevano passato pomeriggi interi a studiare per i GUFO, dove il famoso Gryffindor aveva invitato Amy ad Hogsmade al quarto anno, e l’aula di Duello dov’erano entrati per la prima volta al secondo anno e le cui pareti, a detta degli Slytherin, avevano dei solchi a forma di Amy.
«Non vedo l’ora di tornare a duellare!» disse Amy con un sorrisetto.
«Ti prego, non farti ammazzare mentre non ci sono»
Salirono ancora, al quinto piano dove c’erano i bagni dei Prefetti, al sesto dove c’erano altre aule, al settimo dove c’era la Stanza che Scompare ma non ci entrarono, non avevano voglia di vedere cosa desideravano. Risalirono la torre di Ravenclaw solo per farsi fare un indovinello, per vedere se Amy era davvero brava (e lo era!) e quella di Gryffindor per ricordare il memorabile momento in cui Newt quattordicenne era entrato nella Sala Comune rosso oro per un rocambolesco salvataggio dell’amica.
«Ripensandoci, è stata una scena surreale e quasi comica»
«Ho puntato tutto sull’effetto a sorpresa, nessuno avrebbe mai pensato che uno come me potesse entrare a Gryffindor senza parola d’ordine. Pensa, ho colto di sorpresa persino me stesso…»
Amy si mise a ridere, appoggiandosi al muro più vicino.
«Cos’hai fatto? Stai male?»
«No, Salamander, mi sto solo riposando un po’. Non mi ricordavo che ci fossero così tante scale in questo posto…»
Newt ridacchiò, poi offrì gentilmente il braccio all’amica per aiutarla a proseguire.
«Non so se ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi aiutata, quella volta»
«Con tutto quello che hai fatto per me in questi anni, direi proprio di sì»
 
L’alba li sorprese in cima alla torre di Astronomia. L’avevano scelta come punto di arrivo del loro pellegrinaggio perché era il punto più alto della scuola, dal qualche si potevano ammirare il parco, la Foresta e Hogsmade in lontananza.
Erano seduti uno di fronte all’altra sulla balaustra di pietra, le schiene poggiate alle colonne. Amy aveva gli occhi chiusi, forse si era appisolata, e una brezza leggera le muoveva i capelli davanti al viso; Newt invece fissava assorto il cielo colorarsi di rosa ma mano che il sole compariva alle spalle della Foresta. Quelle erano le sue ultime ore ad Hogwarts, e nonostante i rimpianti si disse che non avrebbe potuto passarle meglio di così.
«Amy?» la chiamò piano, per non rischiare di spaventarla e farla cadere di sotto.
«Sono sveglia» mormorò lei senza aprire gli occhi.
«Sta albeggiando. Vuoi andare a dormire?»
«No, guardiamo l’alba» disse, continuando a tenere gli occhi chiusi. Poi, rendendosi conto di quel che stava facendo, ridacchiò e li aprì per guardare il sole sorgere.
«Mi piace essere ancora sveglia a quest’ora. Se dovessi svegliarmi adesso credo che odierei tutti, ma essere ancora sveglia quando un nuovo giorno inizia è bello. Poetico, oserei dire»
«Ti ricordi quando ti ho riportata indietro dalla Foresta?»
«Mi ricordo di aver sparato le scintille rosse poi di averti visto accanto a me. Perché?»
«Non ti ricordi nulla di quello che hai detto?»
«No, perché? Ho detto qualcosa d’imbarazzante?»
«No, hai detto qualcosa che non sono riuscita a capire. Volevo sapere se te lo ricordavi. Dai, è meglio se andiamo.»
«Sì, è meglio. Vedi se riesci a dormire almeno un po’»
Newt le sorrise accondiscendente, la aiutò a scendere e silenziosamente ritornarono nella loro Sala Comune.
Erano circa le sei di mattina, e Newt aveva appuntamento con Theseus nell’ufficio del Preside alle nove e trenta. Consapevole che dormire a malapena tre ore sarebbe stato quasi peggio di non dormire affatto, si trascinò sul suo letto e chiuse gli occhi.
Si svegliò di soprassalto quando qualcuno bussò alla porta del dormitorio, tre ore dopo.
«Scamander, svegliati!» disse la voce del Capitano Fraser «Non vorrai perderti l’ultima colazione!»
«No, no. Arrivo» rispose sbadigliando. Raccattò le ultime cose, sciolse il nodo alla cravatta, prese la valigia magica (il baule glielo avrebbero portato gli Elfi fin dal Preside) e uscì. Giunto nella Sala Comune si trovò davanti all’intera Casa di Hufflepuff, dal primo al settimo anno. E nessuno aveva indosso l’uniforme.
C’era un’accozzaglia di maglioni fantasia, sciarpe e cravatte colorate, molte ragazze indossavano i pantaloni e i membri della squadra di Quidditch portavano un nastro nero al braccio. Alla sua espressione esterrefatta, tutti i tassi risposero con un sorriso.
«C-cos’è tutto questo?»
«Beh, mettiamola così: sappiamo che tu non c’entri nulla con quello che è successo, e qualunque sia stata la ragione che ti ha spinto a prenderti la colpa vogliamo far capire a tutti che siamo con te. Se fossimo stati di Gryffindor, avremmo messo a ferro e fuoco l’ufficio del Preside, ma dovremo accontentarci di questa protesta silenziosa. Non indosseremo l’uniforme per un po’, e noi della squadra giocheremo con il lutto al braccio fino alla fine della stagione. Abbiamo controllato il regolamento, sono tutte cose fattibili senza rischiare di incorrere in sanzioni pesanti. Forse qualcuno ci toglierà dei punti, ma sarà per un bene superiore. Siamo Hufflepuff, fedeli alla causa!»
Newt stava per mettersi a piangere, ma si sforzò di trattenersi «Grazie ragazzi, significa davvero molto per me. Capitano, è stato un onore giocare con lei. Conquistate la Coppa in mio onore, mi raccomando!»
L’intera Sala Comune esplose in un applauso, poi gli Hufflepuff scortarono Newt in Sala Grande. I professori e gli altri studenti li guardarono stupiti, ma loro fecero finta di niente.
Accanto a Newt si sedette Amy, con un maglione rosso e una gonna blu.
«Pensa, potrebbe essere la mia unica occasione per portare dei pantaloni in questa scuola e non riesco a metterli perché mi fanno male alla ferita. Il mondo è ingiusto.» gli disse, per sdrammatizzare.
«Pensa invece che questa è l’ultima volta che potrò mangiare questi biscotti.»
«Oh, no! Te ne porterò un sacchetto quando verrò a trovarti.»
Finita la colazione, era quasi ora di andare. Gli Hufflepuff salutarono il loro compagno e lasciarono ad Amy, Doug e Cline il compito di accompagnarlo.
«Professore, volevo dirle che mi dispiace avvero molto di non poter lavorare con lei in futuro.»
Cline sospirò seccato «Scamander, è stata una tua scelta. Sappi comunque che se una volta scontata la tua pena al Ministero vorrai tornare qui, avrò sempre bisogno di un aiutante.»
«La ringrazio ma non credo che riuscirò mai a studiare per diventare magizoologo.»
«Non ti servono certificazioni per quello, Newton. Sei già il magizoologo migliore che conosco.» rise Cline.
Theseus era già nell’ufficio del Preside, vestito di tutto punto. Quando Newt entrò nella stanza si limitò a lanciargli un’occhiata sconsolata, perché in cuor suo sapeva che il fratello non poteva essere colpevole e non capiva per quale motivo stesse mettendo così in imbarazzo la loro famiglia.
«Oh, bene signor Scamander, in perfetto orario! Signorina Prewett, cosa ci fa fuori dall’Infermeria?»
«Accompagno un amico, signore» rispose lei con un sorriso gelido.
«Amelia, sono contento di vedere che stai già meglio» s’intromise Theseus.
«Grazie mille, Theseus. Le infermiere hanno detto che dovrei riprendermi completamente in poco tempo, per fortuna.»
«Questa sì che è un’ottima notizia! Bene, signor Scamander, è giunto il momento di andare. Spero si renda conto dell’occasione che le è stata offerta con questo lavoro al Ministero, per casi come il suo generalmente viene ritirata la bacchetta e si rischia una condanna ad Azkaban. Ma non perdiamoci in chiacchiere, potete andare. Può salutare i suoi amici, se vuole.»
Newt strinse la mano a Doug e a Cline, Amy si avvicinò a Theseus.
«Tienilo d’occhio, ti prego.»
«Non è stato lui, vero?»
«Certo che no»
«Farò tutto quello che posso per aiutarlo.»
«Cos’hai detto a mio fratello?» domandò Newt abbracciandola.
«Niente di che. Non cacciarti in troppi guai, Salamander.»
«Lo stesso vale per te, Caposcuola Prewett. Ci vediamo ai diplomi.»
Si separarono. Newt prese la valigia e Theseus il baule, poi entrarono nel camino e con un ultimo cenno della mano scomparvero.
Amy e Doug si accomiatarono dal Preside e da Cline e tornarono nel corridoio.
«Ti prego, non metterti a piangere.»
«Sii uomo, Doug. Se non sai gestire una ragazza in lacrime dove pensi di andare nella vita?»
«Non è quello il problema; temo che piangerei anch’io.»
I due amici rimasti tornarono mogi nell’ingresso, affollato di studenti che stavano andando a lezione o che dovevano ancora fare colazione. Arrivarono proprio nel momento esatto in cui un gruppo di Slytherin stava risalendo dai sotterranei, sorridenti e immuni a tutto quello che era successo.
Amy capì che tra loro c’era Leta ancor prima di vederla, dal brivido gelido che le percorse la schiena. E si ritrovò a pensare alla protesta silenziosa che i suoi amici Hufflepuff avevano messo in piedi per ricordare Newt. Cari, buoni, leali Hufflepuff che non farebbero male ad una mosca, avevano trovato la giusta soluzione per mostrare appoggio ad un loro compagno senza compromettere la vittoria della Coppa delle Case, che la casa giallonera aveva praticamente in pugno.
Leta alzò lo sguardo e la vide, ai piedi della scalinata. Aveva la sua solita espressione di strafottente superiorità ma quella maschera s’incrinò quando le lesse qualcosa nello sguardo.
A volte, si disse Amy, bisogna fare qualcosa di controproducente per raggiungere un Bene Superiore, molto più importante di una Coppa.
Prima che chiunque potesse accorgersene, aveva già tirato fuori la bacchetta. Doug la guardò, stupito, poi quando si accorse dove puntava il suo sguardo provò a fermarla.
Leta impallidì e cercò di proteggersi, ma non ne ebbe il tempo.
Un lampo rosso illuminò l’ingresso della scuola, Leta fu scaraventata giù dalla rampa di scale.
Amy sorrise.
Qualcuno cominciò ad applaudire.









Cari Lettori, care Lettrici, la nostra storia è quasi giunta al termine.
L'ultimo capitolo, un breve epilogo che si svolgerà anni dopo gli eventi narrati in queste pagine, verrà pubblicato come di routine giovedì prossimo.
Ma non temete, non ho ancora finito di parlare di Newt e dei suoi compagni di (dis)avventure! Ho in programma qualche missing moment, e forse in futuro anche un seguito. Ma non voglio darvi false speranze, quindi vi lascio sperando che questo ventesimo capitolo vi sia piaciuto. Ci rincontreremo giovedì prossimo per ringraziamenti ed elenco delle citazioni (spero di ricordarmele tutte!).
Un abbraccio,

Montana

 

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Capitolo 21
*** Epilogo - 11 anni dopo ***


 
Epilogo
 
“15 Novembre 1926
New York
 
Mia cara Amy,
ti scrivo per riportarti mie notizie, come mi avevi chiesto.
Purtroppo non sono riuscito a liberare Frank in Arizona come avevo sperato, ma non temere, il caro Thunerbird è al sicuro. L’ho liberato qui a New York per risolvere un pasticcio che alcune delle mie creature tra cui Dougal e quel simpaticone dello Snaso avevano combinato.
A quanto pare la mia valigia non è più sicura e affidabile come una volta, gli ultimi viaggi tra Egitto e Sudan devono averla danneggiata in un qualche modo perché le creature sono riuscite a liberarsi, scatenando il panico; non serve che ti ricordi che bizzarre politiche hanno qui in America per i rapporti tra maghi e babbani, no? Ah, una cosa divertente: qui si chiamano no-maj. Che dire, sono pazzi questi coloni…
Non preoccuparti, sono riuscito a recuperarli tutti. Ho quasi dovuto vendere Pickett ad un folletto mafioso, ma alla fine anche lui è tornato a casa sano e salvo (e chiede di te, si è molto offeso per come l’ho trattato). Anche l’ultimo uovo di Occamy si è schiuso, l’Erumpent è di nuovo in calore e sono finalmente riuscito a distillare il veleno di Velenottero per far dimenticare i brutti ricordi. Ah, ho anche affrontato un Obscuriale adolescente e, come credo leggerai nei giornali anche a casa, posso considerarmi il primo mago al mondo ad aver arrestato Gellert Grindelwald. Dillo ad Ignatius, spero mi offrirà almeno una burrobirra!
Ho fatto anche amicizia, in questi pochi giorni passati oltreoceano. Con un babbano (non riesco proprio a chiamarli no-maj) di nome Jacob, che ho aiutato ad aprire una pasticceria ma che purtroppo è stato obliviato, e con due streghe. Una è una Legilimens! Non ne avevo mai incontrata una dal vivo.
Dell’altra, Tina, preferisco parlarti a voce.
Altre due belle notizie: ho finalmente terminato il libro, credo lo chiamerò “Gli animali fantastici: dove trovarli”, e appena tornato a Londra consegnerò il manoscritto al Ministero per farlo approvare e pubblicare. Il che mi porta alla seconda bella notizia: siccome non sono riuscito ad arrivare in Arizona, anzi, sono stato “gentilmente allontanato da New York”, sarò sicuramente a casa per Natale! Parto domani mattina, probabilmente questa lettera ti arriverà mentre sarò ancora in viaggio, mentre io dovrei attraccare a Londra all’inizio di dicembre. Se non siete già pieni, ti chiedo di tenere un posto anche per me per la cena della Vigilia e anche per il pranzo di Natale, se intendete farlo.
Continuo a leggere dei successi di Collins sul Profeta ogni settimana, salutamelo e digli che quando torno ci sono per quell’amichevole che mi aveva proposto. Salutami anche mio fratello, so che continuate a vedervi per il the ogni giovedì, e di’ a Doug di portare Margaret a Natale perché siamo tutti curiosi di vederla.
Porta i miei più cari saluti anche a tua madre, Charles, Ignatius e a Lucrezia.
E tu, vedi di non farti uccidere da un incantesimo fatto male prima del mio ritorno.
A presto,
 
Newt”
 
Amy ridacchiò felice, ripiegando la missiva dell’amico; finalmente, dopo tanti anni, riusciva di nuovo a festeggiare il Natale insieme a lui.
Aveva letto della cattura di Grindelwald e ne era stata molto felice, ma non aveva idea che il suo amico fosse coinvolto nelle operazioni. E chissà quelle povere creature come si erano spaventate a New York! E chissà quanto si era spaventato Newt ad averle perse a New York…
E poi quella Tina, doveva forse preoccuparsi? Una nuova Leta Lestrange pronta a cercare di ucciderla in un modo ancor più fantasioso?
Sospirò, appoggiandosi al muro. Una cosa era certa: avendo come amico Newt Scamander, non ci si annoiava proprio mai.


 
Fine

 
Varie ed eventuali:

1) Ogni informazione/descrizione sulle creature nominate in questa storia viene dalla mia edizione di "Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli";
2) Ogni informazione sugli ingredienti delle pozioni nominate in questa storia viene da
lla PotterPedia (http://www.potterpedia.it/), stessa cosa per gli incantesimi;
3) Amelia e Charles Prewett, Graham Collins, Doug Boot e tutti gli altri personaggi "sconosciuti" sono miei OC e non possono essere utilizzati in nessun'altra opera senza il mio permesso;
4) Nel capitolo 17, Newt chiede informazioni su Amy ad una Hufflepuff di nome Ramona Pilgrim: si tratta di un OC ispirato al personaggio di Ramona Flowers del fumetto Scott Pilgrim vs The World.
5) Sempre nel capitolo 17, le ultime parole di Amy a Newt prima di perdere conoscenza sono "Senti, Newt… credo di essere stata un po’ innamorata di te.": questa citazione viene dal romanzo I Miserabili, nella scena della morte di Eponine tra le braccia di Marius (interpretato nel film, guarda caso, proprio dal nostro Newt).
6) Credo che non ci siano altre citazioni, in caso contrario siete pregati di segnalarmele e verranno aggiunte alla lista!
7) Last but not least, i ringraziamenti: ringrazio le 7 persone che hanno messo questa storia tra i preferiti, la persona che l'ha ricordata e le 17 che l'hanno seguita. Ringrazio tutte le persone che l'hanno recensita e che mi hanno trasmesso gioia con ogni loro messaggio e carineria. Grazie mille davvero, sono cose che fanno sempre molto piacere! Alla prossima!

 

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