The secret between you and me

di usotsuki_pierrot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***



Capitolo 1
*** I. ***


PREMESSA
Dopo un'eternità e mezza, eccomi qui con una nuova storia! Una storia ben più lunga di quanto avessi previsto, e che quindi dividerò in due capitoli. I protagonisti questa volta sono Yami, Deidara e Tobi, durante il loro viaggio per recuperare il trecode.
Questo capitolo è più una "premessa", se la si può chiamare così, a ciò che avverrà più avanti, ma essendo le informazioni contenute nel secondo troppo importanti per essere trattate in maniera superficiale a causa della stanchezza, ho deciso (sotto consiglio di Lizzy) di spezzare la storia.
Non ho altre cose da dire se non che spero vivamente di aver reso bene i pg e di non averli fatti troppo fuori dal loro carattere, che vi piaccia ovviamente il capitolo e che siate almeno un po' curiosi di sapere cosa si celi dietro il misterioso comportamento di Yami!
Alla prossima e grazie per la lettura :3



«Non pensate che oggi sia una giornata stupenda, Deidara-san, Yami-san??». La voce allegra di Tobi ruppe il rigido silenzio che era da qualche decina di minuti calato sui tre.
Camminavano da ore ormai, e i discorsi più lunghi che erano riusciti a spezzare quell'imbarazzante quanto ricercata calma erano stati fatti proprio dal mascherato, nel vano tentativo di risollevare l'atmosfera a dir poco pesante che sentiva addosso.
Per Deidara e Yami, dopotutto, non era un problema non dire nemmeno una parola, abituati com'erano a viaggiare insieme; per di più con Sasori, che al contrario del corvino sembrava non aver mai conosciuto cosa volesse dire la parola 'comunicare', se non per proferire qualche piccola frase di necessità o litigare con il biondo.
I due avevano instaurato insomma un rapporto basato sul silenzio, che veniva rotto solo a tratti, ma che non impediva loro di capirsi a vicenda, anzi. Tobi però non riusciva e mai sarebbe riuscito a tenere la bocca chiusa per un lasso di tempo superiore ai cinque minuti (al massimo). E questa sua difficoltà si rifletteva, moltiplicandosi, sul suo tono di voce, sui motivetti che canticchiava "nella sua mente" - così sosteneva ogniqualvolta Yami ripetesse di far attenzione al volume - e in particolar modo sull'umore di Deidara.
"Ma senpai!" diceva. "Se stiamo così in silenzio riesco quasi a sentire i vostri pensieri!!".
In qualche modo, lo sguardo apprensivo di Yami puntato negli occhi chiari di Deidara era sempre stato sufficiente a calmarlo, almeno in parte, e a farlo resistere al desiderio impellente di tentare alla vita del corvino. Tuttavia, come entrambi avrebbero dovuto sapere ormai fin troppo bene, Tobi non era esattamente il tipo da cogliere determinati segnali, soprattutto se questi ultimi non erano indirizzati a lui o erano particolarmente difficili da notare.
«Non è che... state pensando l'uno all'altra??».
Il viso dell'azzurrina si fece paonazzo, gli occhi verdi si aprirono maggiormente e si fissarono a terra, mentre il passo man mano rallentava.
«OHI, TOBI!». Anche Deidara dal canto suo era diventato rosso come un peperone, il che rendeva il suo tono irritato e l'espressione corrucciata quasi teneri e buffi agli occhi del più alto.
«Ooooh... Ora ho capito tutto!».
«Tu non hai capito nulla, mh!!».
«Si si, invece~ Deidara-san, tu la vuoi baciare di nuovo, non è così??».
Ci furono attimi in cui regnò il silenzio più totale. Persino la natura circostante sembrò zittirsi, la lieve brezza che accarezzava le foglie degli alberi provocando un piacevole suono rilassante, il cinguettio degli uccelli, tutto sembrò fermarsi improvvisamente. Per qualche secondo, all'azzurrina parve quasi che il tempo si fosse bloccato come avevano fatto loro.
Anche il ragazzo dagli occhi cristallini aveva arrestato il passo, qualche metro più avanti, così come Tobi che però era rimasto accanto alla più bassa. I pugni del biondo si chiusero nelle lunghe maniche della divisa e il viso sembrava essere quasi sul punto di esplodere (visto il personaggio non sarebbe stato poi così strano); gli occhi erano fissi avanti a lui e i denti mordevano il labbro inferiore in un futile tentativo di ritrovare da solo la calma per non fare una strage.
Tobi non riusciva a vederlo in faccia, voltato di spalle com'era verso di loro, ma era consapevole (e piuttosto compiaciuto) del fatto che il rossore sulle sue guance non fosse causato dalla rabbia quanto piuttosto dall'imbarazzo. Ci aveva azzeccato.
Con un lievissimo ghigno malizioso nascosto sotto la maschera, il corvino riprese a parlare, alzando le mani, piegando i gomiti e scuotendo lentamente la testa.
«Deidara-san, non c'è nulla di male, sai~?».
Il biondo proferì un "Tobi, ti conviene stare zitto, mh" a denti stretti, incutendo quel briciolo di puro terrore nella mente del ragazzo che lo fece indietreggiare di pochi passi e nascondere dietro la figura ancora presa dall'imbarazzo dell'azzurrina.
Quest'ultima, con un lieve sorriso stampato sul viso che stava pian piano perdendo il rossore evidente a livello delle guance, rivolse lo sguardo per quanto poté sul mascherato, che aveva posato le mani sulle sue spalle e si era piegato sulle ginocchia per poter nascondersi meglio.
«Tobi, non ti conviene farlo arrabbiare tanto...».
Deidara riprese in fretta a camminare, tenendo le braccia distese lungo i fianchi, gli occhi puntati avanti a sé. La kunoichi lo guardò per qualche istante, con un'espressione che aveva un non so che di triste dipinta sul viso; si voltò quasi completamente verso il corvino, che nonostante si trovasse all'incirca alla sua stessa altezza dovette abbassare un poco la testa per poter incrociare il suo sguardo. Pochi secondi più tardi tuttavia il mascherato si rialzò per evitare che la ragazza potesse accorgersi anche solo del più piccolo dettaglio dietro a quella sorta di barriera arancione.
L'espressione della più bassa si fece in pochi istanti confusa, e le pupille cercarono di fissarsi per quanto possibile sulla superficie colorata e irregolare. Dopodiché, una piccola ma rassicurante risata sfuggì alle sue labbra, e il corvino non riuscì a non lasciarsi andare ad un lieve sorriso nascosto nell'ombra.
La mano coperta dal tessuto scuro del guanto andrò a posarsi sulla testa della più bassa, che si rintanò nell'alto collo della divisa chiudendo gli occhi verdi.
«Yami-san, facciamo una gara per raggiungere Deidara-san!».
Le palpebre della ragazza si riaprirono non appena le dita del più alto si furono completamente allontanate, e le pupille ripresero a guardare la figura accanto a lei.
«Una gar-?!».
Quella stessa mano che poco prima aveva accarezzato i lunghi capelli azzurri, in pochi secondi aveva afferrato il polso della kunoichi, che non fece nemmeno in tempo a realizzare cosa stesse accadendo. Tobi iniziò a correre senza lasciare la presa al braccio della più piccola, fingendo di non sentire la sua risata mista alle grida che lo imploravano con poca convinzione di fermarsi.
Deidara intanto si era voltato verso di loro, con il viso in parte nascosto nel collo della divisa e gli occhi azzurri pieni di confusione e rabbia.
«Tobi, che stai facendo, mh?!». Non appena il ninja ebbe finito la frase, l'interpellato lo raggiunse, fermandosi pochi passi lontano da lui e lasciando il polso alla compagna; quest'ultima, con un lieve fiatone aggravato dalla risata che ancora non l'aveva abbandonata, fece lo stesso ma con più tranquillità, afferrando senza nemmeno accorgersene la lunga manica della divisa del biondo.
Deidara rivolse di poco lo sguardo alla figura della kunoichi e alla presa lieve ma solida delle dita al tessuto nero e si soffermò poi a guardare il suo viso coperto da qualche lunga ciocca di capelli che le finiva davanti agli occhi; i suoi muscoli si rilassarono a quella vista, le spalle si abbassarono leggermente, l'espressione si fece più pacata.
Pochi istanti più tardi, la marionettista si rialzò completamente, portando la mano libera ad asciugare le poche lacrime che si erano formate alla base degli occhi a causa delle risate, separando successivamente le dita dalla manica scura del ragazzo. Le labbra erano ancora curvate all'insù, una palpebra era semiaperta e l'altra si era serrata per permettere alle falangi di rimuovere quelle piccole gocce.
Fu in quell'istante che Tobi, spezzando il silenzio del momento, alzò lo sguardo all'orizzonte e urlò un “oh!!” portando poi una mano sulla fronte per potersi “proteggere dal sole” e vedere meglio (nonostante in fondo non gli fosse necessario).
«Deidara-san, guarda laggiù!!».
«Mmh..?». Il biondo aveva alzato lo sguardo nella stessa direzione indicata dal corvino, e i suoi occhi cristallini intercettarono l'obbiettivo di quest'ultimo. Una locanda.
«Vendono i dango!! E poi è tutto il giorno che stiamo camminando, possiamo fare una pausa, eh?? Sono esausto!! DOBBIAMO andarci!!». E con movimenti che potevano far pensare a tutto fuorché alla stanchezza tanto lamentata dal mascherato, dopo aver dondolato le braccia, fatto un paio di giravolte, pregato ancora il biondino sotto lo sguardo divertito di Yami, Tobi cominciò a correre verso la locanda.
Deidara proferì un "non sembri poi così esausto", frase cui seguì una nuova piccola risata da parte dell'azzurrina. Il ninja la guardò, incuriosito e confuso, ma bastò quello sguardo per far capire alla kunoichi cosa gli frullasse per la testa.
Rivolse al biondino un sorriso che per poco non lo stupì, e prese a parlare, rispondendo alle domande che gli si affollavano nella mente.
«Mi ha ricordato Itachi... Immaginarlo muoversi in quel modo mi fa un po' ridere!».
Anche Deidara si lasciò sfuggire un lieve sorriso a quell'affermazione che dopotutto non era tanto campata per aria.
«Deidara-senpai...».
«Mh? Che c'è?». Non appena le pupille del più alto si posarono sullo sguardo divenuto improvvisamente serio della ragazza, al ninja bastarono pochi istanti per intuire cosa l'azzurrina avrebbe voluto dire. Nascondendo il mento e la bocca nella divisa, si voltò verso la locanda lontana in cui Tobi si era probabilmente già rifugiato e iniziò a parlare.
«Va bene... Ma fai in fretta, mh!».
Yami fece per rispondere, dischiuse le labbra, ma si limitò ad annuire tenendo lo sguardo rivolto in parte a terra, e con un salto si allontanò in fretta. Deidara tirò un sospiro a metà tra il nervoso e il preoccupato, e iniziò lentamente a camminare verso il luogo tanto desiderato dal corvino.
«Che bel posto, non trovi, Deidara-san?? Mh? E Yami-san dov'è?».
«È andata a recuperarne altre, mh».
«Intendi proprio quello che penso io??».
Il biondo, una volta messosi seduto accanto a lui sulla panchina, alzò lo sguardo e aprì gli occhi puntandoli sulla maschera del corvino. I due rimasero a fissarsi per minuti interminabili, tanto che Deidara, dopo qualche istante, iniziò ad irritarsi.
«Oh!! Deidara-san, mi puoi ripetere quale bijuu stiamo cercando??».
«Il trecode!!».
«Ooooh, è vero~!». Tobi non riuscì a trattenere una delle sue solite battute; ma fortunatamente, proprio nel momento in cui il ninja sembrava sul punto di perdere le staffe, le ordinazioni del mascherato furono pronte e servite ai due ragazzi. Il corvino fu il primo a distogliere l'attenzione dallo sguardo quasi furioso del biondo e a concentrarsi sui piccoli bastoncini riempiti di dango poste sul piatto a loro offerto.
«Aaaaah!! Sembrano così buoni!!». Prese il piatto dalle mani dell'anziana signora, se lo pose sulle gambe e afferrò l'estremità più bassa di uno dei sottili bastoncini.
L'espressione corrucciata del biondo si trasformò in una decisamente più curiosa. Da quanto aspettava quel momento? Da quanto tempo si chiedeva cosa si celasse dietro alla maschera del compagno?
Ma non fece in tempo nemmeno a pensare ai possibili scenari e alle possibili alternative in risposta a quella domanda che lo assillava da quando lo aveva conosciuto: il corvino si voltò alzandola, e portandosi così facilmente il cibo alla bocca indisturbata.
Il viso di Deidara si imbronciò ancora una volta, mentre iniziava a mangiare quasi svogliatamente i dango ordinati dal più alto.
«Ehi, ehi, Deidara-san!». Tobi finì in fretta di mangiare, e dopo aver sistemato la maschera al suo solito posto, si voltò verso il ninja, indicando con il dito l'interno della locanda.
«Quella sembra opera tua, non è vero~?». Lo sguardo di Deidara si posò su un angolo non molto lontano dell'edificio, in cui era stato posizionato un animale non ben identificato interamente costruito di quella che sembrava la stessa argilla da lui utilizzata, e coperta qua e là di una sporcizia che fece rabbrividire immediatamente il biondo.
«Che sia... un'imitazione??».
Ci furono secondi di silenzio. Quel silenzio che precede la tempesta e che comincia già a preannunciarla.
«Tu...». La voce del biondo costrinse Tobi a riportare l'attenzione su di lui, ma la testa era abbassata, gli occhi erano nascosti da lunghi capelli e il tono era decisamente arrabbiato.
«Ti ammazzo!!».
Le urla di Tobi si diffusero nell'aria, mentre veniva scaraventato lontano da una delle esplosioni del compagno. Proprio quelle grida avevano attirato l'attenzione di Yami, che stava per giungere alla locanda e che dovette fermarsi qualche secondo per alzare lo sguardo; gli occhi verdi incrociarono la figura del corvino, che pareva quasi volare (e a dire la verità lo avrebbe anche pensato se non avesse conosciuto bene il biondo e la sua mania di far esplodere il mascherato ogni venti minuti).
Quando la ragazza raggiunse la sua destinazione, il ninja era già in piedi, e sembrava solo attendere il suo arrivo. Tanto che non appena la notò, fu proprio lui ad avvicinarsi di qualche passo. Le porse i dango rimasti, gesto che sorprese genuinamente la più piccola.
Allungò le mani ricoperte di legno e afferrò con delicatezza i bastoncini, facendo sì che per qualche secondo le dita sfiorassero la pelle morbida di lui.
Arrossì di colpo, allontanando i dango e affondando gran parte del viso nel colletto nero, nonostante ormai il rossore fosse impercettibile sulle guance ricoperte quasi interamente da quel materiale ruvido.
Deidara non sembrò reagire allo stesso modo, come invece l'azzurrina si sarebbe aspettata: rimase a guardare con un'espressione quasi preoccupata il suo viso; gli occhi cristallini parevano ispezionarne ogni centimetro.
«Sei sporca di sangue, mh...».
La più piccola sobbalzò leggermente a quell'affermazione, e per poco non fece cadere il cibo appena ricevuto. Il ninja non proferì parola. Si limitò a tirare fuori un fazzoletto ottenuto insieme ai dango alla locanda e si avvicinò maggiormente a lei alzandole di poco il mento. Iniziò a pulire le parti del viso impregnate di sangue, seguendo il lento movimento della mano con gli occhi.
«Quante, questa volta?».
«Non c'era molta gente nei paraggi, solo tre».
La punta di amara delusione nella voce di Yami tradiva la tranquillità e la calma che avrebbe tanto voluto dimostrare.
«Ti hanno fatto qualcosa, mh?».
L'azzurrina lo guardò, aprendo entrambi gli occhi e fissandoli nei suoi. Man mano che i secondi passavano, il rossore sulle guance del biondo aumentava sempre più, e l'espressione che dipingeva il suo volto divenne d'un tratto corrucciata. Distolse lo sguardo quasi immediatamente, correggendosi con un "volevo dire, hai trovato quello che cercavi, mh?" troppo poco convincente per essere credibile.
Yami ridacchiò leggermente, passandosi la mano sul viso per poter controllare se fosse ancora sporca. Dopo aver appurato che no, il sangue non c'era più, le labbra si curvarono nuovamente all'ingiù, e le pupille presero ad osservare il terreno senza prestarvi davvero attenzione. Scosse la testa, chiudendoli un poco, sotto lo sguardo di Deidara, che aveva incrociato le braccia come per dimostrare il suo falso distacco.
Gli occhi cristallini studiarono con prudenza la figura della ragazza, non riuscendo a cogliere e giustificare il disappunto che le oscurava il viso a quel modo. Le sue braccia tornarono a stendersi lungo i fianchi, mentre le pupille analizzavano il piccolo sacco che la kunoichi portava sempre con sé. Sembrava pieno anche quel giorno. Aveva raccolto teste a sufficienza. Chissà a quante persone aveva sottratto la vita per poter recuperare quella parte del corpo che pareva amare in modo ossessivo, anzi, che sembrava cercare disperatamente.
L'aveva fatto sin da quando l'avevano trovata, da quando Sasori l'aveva condotta da loro. Aveva tappezzato la sua stanza, tanto da renderla invivibile e dal trasformare il concetto di "inquietante" portandolo all'estremo.
Eppure - ed era proprio questo che Deidara continuava a domandarsi - sembrava una ragazza così normale... che quasi si dimenticava quanto fosse disturbante in quei momenti. Come se fosse obbligata a farlo, in un certo senso.
Dopo aver rialzato lo sguardo avanti a lui e aver pronunciato un "andiamo a riprendere quell'idiota", Deidara cominciò a camminare, rassegnandosi al fatto che gli unici che avrebbero mai potuto rispondere alle sue domande erano morti o non avrebbero mai accettato di far trapelare nulla (in particolare, un certo Uchiha di loro conoscenza).
In pochi attimi, anche la più piccola iniziò a camminare tenendosi poco lontana dal compagno, con gli occhi verdi che sembravano osservare il terreno, ma che in realtà aspiravano a tutt'altro. La mano rivestita di legno si allungò quel poco che le bastò per raggiungere quella del ninja. La sfiorò gentilmente con due dita, prima di essere catturata nella presa di lui. I palmi si incontrarono, l'azzurrina poté distintamente sentire la presenza della bocca chiusa contro il legno; il viso cominciò a divenire sempre più rosso mentre le dita si stringevano intorno alle sue.
Yami affondò gran parte del volto all'interno del collo della divisa, rimanendo ad osservare pacatamente quella stretta piacevole in cui si era ritrovata, il dondolio leggero delle braccia e la schiena completamente rivolta verso di lei del ragazzo.


 

«Eccovi qui, Deidara-san, Yami-san!!».
Non appena, qualche decina di minuti più tardi, i due poterono sentire la voce del mascherato provenire da uno degli alberi che li circondavano, il viso di entrambi sembrò esplodere nel tessuto nero della divisa. Le mani si separarono velocemente, rompendo il contatto che avevano inconsciamente mantenuto per tutto quel tempo.
L'azzurrina abbassò lo sguardo in un lampo, al contrario del biondo che scoccò subito un'occhiata omicida al compagno. Quest'ultimo sentì brividi di terrore percorrergli la schiena, e posò istintivamente le mani sul tronco quasi come per proteggersi. Deidara ritornò a guardare avanti a sé senza nemmeno proferire una parola.
«Yami-san!!».
Non fece in tempo a muovere un solo passo. Il suo corpo sembrò paralizzarsi non appena udì l'urlo spiazzante e il tono preoccupato di Tobi. Lo sguardo si volse istantaneamente verso la figura della compagna; le pupille si dilatarono nel momento in cui riuscirono a realizzare cosa stesse succedendo. Yami stava... cadendo.
In una manciata di secondi, il ninja riuscì a voltarsi completamente verso di lei e ad abbassarsi fino a raggiungere le spalle della ragazza con le mani.
«Ohi, Yami!!».
Solo allora gli occhi cristallini poterono finalmente notare quanto quelli verdi della compagna fossero spenti; le palpebre erano semichiuse e i muscoli del viso decisamente troppo rilassati, ma respirava ancora. Un respiro irregolare, forzato, rumoroso.
«Deidara-san, che succede?!». Il corvino raggiunse in pochi attimi il più basso, che ancora reggeva la kunoichi per le spalle e non aveva distaccato di un centimetro lo sguardo dal suo volto.
Il ninja amante delle esplosioni si morse lievemente il labbro, facendo sì che un braccio della compagna gli circondasse il collo. Dopodiché la sollevò, tenendole le mani saldamente ancorate alla spalla sinistra e alle gambe.
Il petto dell'azzurrina si alzava e abbassava ad un ritmo anormale e le poche parti di pelle rimastele sul viso erano diventate pallide.
«Tobi», disse Deidara, infrangendo quel rigido silenzio che si era ripromesso di mantenere nei confronti del mascherato. Quest'ultimo quasi sussultò, preso alla sprovvista, e si drizzò in piedi come se fosse stato appena chiamato da un suo superiore.
«Fermiamoci per un po'».
«Certo, Deidara-san!». Il biondo tuttavia non attese nemmeno la risposta, che sarebbe sicuramente stata positiva in ogni caso, del ninja. Si limitò a tenere gli occhi chiari sulla figura della ragazza che aveva tra le braccia, mentre a piccoli e lenti passi si avvicinava ad uno degli alberi più vicini.
La posò a terra, con la schiena appoggiata al tronco, le scostò i capelli dal viso e rimase ad osservare per qualche istante il volto che man mano tornava al suo colorito originale. Nel momento in cui gli occhi verdi sembrarono riprendere vita tra i respiri sempre più lenti e regolari, e le pupille si mossero per posarsi sul suo viso, il ninja tirò un piccolo sospiro; le posò la mano sulla testa rialzandosi, e si allontanò quel tanto che permise anche al più alto di avvicinarsi.
«Yami-san!!». La voce scossa del mascherato parve essere un impulso sufficiente per far tornare in sé - almeno in parte - la kunoichi. Quest'ultima infatti non appena realizzò che la figura scura che le si era parata davanti agli occhi era proprio quella del compagno, mosse le braccia nel tentativo di trovare una posizione più comoda. Tobi le posò in fretta la mano sulla spalla, rassicurandola e aiutandola per quanto poté.
«Grazie, Tobi...».
«Cosa ti è successo, Yami-san?!».
«Tobi, lasciala stare e fatti in là!». Con uno sguardo che valeva ben più di mille parole, colmo di preoccupazione, domande senza risposta e un pizzico di rabbia, Deidara lo invitò ad allontanarsi dalla ragazza che aveva evidente bisogno di aria e riposo.

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Capitolo 2
*** II. ***


PREMESSA
Ecco il secondo ed ultimo capitolo di questa piccola storia incentrata su Yami, Deidara e Tobi! In particolare questo vi fornirà dettagli molto importanti sull'azzurrina, sui motivi per cui si comporta in un certo modo e quali sono le sue "preoccupazioni attuali".
Non ho nient'altro da dire se non che questo capitolo è stato una fatica immane, non tanto per la trama in sé, ma perché sono stata costretta a rivedermi chissà quante volte le parti dell'anime di questi due e, credetemi, non è per niente una passeggiata!
Comunque! Spero che vi piaccia anche questo capitolo e che vi abbia aiutati ad avvicinarvi di più a questo mio oc! Alla prossima e grazie per la lettura :3



Era passata all'incirca mezz'ora se non di più nell'istante in cui Yami riaprì gli occhi. Si era davvero addormentata alla fine, pensò, mentre si portava una mano all'occhio destro per stropicciarlo. Si accorse fin da subito che qualcosa non andava: il legno era pericolosamente vicino.
Sospirò. Da quando Sasori era morto tempo prima non era più riuscita a controllare quel rapido espandersi del ruvido materiale sul suo corpo, ma solo da poco aveva iniziato a prendere il posto della pelle addirittura mentre dormiva.
Perlomeno, si disse, riusciva a muoversi, a respirare, a vedere. Era evidente - e non avrebbe più avuto nemmeno il coraggio di negarlo - che persino gli organi interni non potevano più considerarsi estranei a quel pericoloso processo.
Riuscì sorprendentemente senza alcuna fatica a stiracchiarsi e ad allungare le braccia che parevano fatte di cemento fino a qualche istante prima.
«Ti sei svegliata, Yami-san!». La voce del corvino seduto poco lontano da lei la risvegliò dai suoi pensieri, costringendola a voltarsi verso di lui.
In quel momento si accorse che pur non essendo stata, quella, la prima crisi che aveva subito, mai le era successo di fronte a Tobi. Si chiese cosa mai avrebbe potuto pensare di quanto accaduto, di quante domande l'avrebbero sommersa di lì a poco e alle quali non sarebbe stata in grado di rispondere. Non riuscì nemmeno ad osservare la maschera arancione per più di un minuto.
«Va tutto bene ora?». Il tono del compagno era talmente calmo e fuori dall'ordinario, che per poco Yami non si domandò se quello fosse un impostore. Se proprio lui non avesse ripreso il discorso con un "Yami-san, dovresti smetterla di farmi preoccupare così!!" ad alta voce dopo la manciata di secondi di silenzio che seguì, l'azzurrina si sarebbe quasi spaventata.
Si lasciò al contrario sfuggire un piccolo sorriso, nonostante trovasse eseguire quel minimo gesto quasi faticoso.
«Dov'è Deidara..?».
«Oh!!». Tobi si portò l'indice davanti alla maschera, presumibilmente dove si trovava la bocca, e con l'altra mano indicò un punto alle spalle della ragazza. Yami si voltò seguendo la traiettoria con gli occhi verdi, che trovarono improvvisamente la figura del biondino: seduto qualche albero più lontano con la schiena contro il tronco e le braccia incrociate al petto, era caduto anch'egli in un sonno profondo. Le palpebre erano chiuse, il viso era affondato dal naso in giù nel collo nella divisa.
L'azzurrina sorrise più genuinamente a quella vista. Raramente aveva potuto osservare Deidara così tranquillo.
Tornò a guardare Tobi, imitandolo e portandosi l'indice davanti alla bocca i cui angoli erano ancora curvati all'insù.
Qualche istante più tardi, la ragazza si abbandonò ad un lieve sospiro, mentre con la mano cercava il sacco che portava sempre con sé. Lo aprì, sbirciandovi all'interno, sollevata nel constatare che le teste raccolte tempo prima erano ancora presenti, ma delusa dal fatto che ancora non le erano state di alcuna utilità.
«Yami-san». Il corvino rimase a guardarla silenziosamente per qualche attimo, ma, non riuscendo a calmare la curiosità che lo divorava, si avvicinò lentamente alla più piccola.
«Posso chiederti una cosa?».
«Mh?». La kunoichi rivolse lo sguardo confuso verso la maschera (in quel momento più vicina) del ragazzo.
«A cosa ti servono quelle?». Tobi alzò una mano, e sollevò l'indice a specificare quale fosse il soggetto della sua domanda.
Yami restò qualche istante immobile, quasi come se quella richiesta l'avesse messa in difficoltà. Abbassò nuovamente gli occhi verdi sul contenuto del sacco che aveva tra le mani, e si morse lievemente il labbro, indecisa sul da farsi.
Optò infine per un discorso più ampio, che esordì con un:
«Tobi, sai mantenere un segreto? È una cosa che non ho mai detto a nessuno».
«Nemmeno a Sasori-san e Itachi-san??»
La maschera arancione sembrò illuminarsi non appena ottenne una risposta negativa, tanto sperata, da parte della kunoichi. Il pensiero di essere il primo ad ascoltare ciò che la ragazza aveva da dire accompagnò con allegria e convinzione il cenno affermativo del capo.
La più piccola prese fiato chiudendo gli occhi e si portò la sacca tra le gambe richiudendola.
«Io ho... ho ucciso mio padre».
Lo sguardo della marionettista era basso e fisso sulle dita strette al tessuto del contenitore. Prese il rigido silenzio del suo interlocutore come un segno per poter proseguire con il racconto, e riprese a parlare poco dopo, agitandosi e senza nemmeno alzare lo sguardo.
«C-Cioè, a dir la verità non ne sono sicura, insomma, questo è quello che mi ha sempre detto mia madre dopo che è morto, io non..!». La mano del ragazzo di fronte a lei si pose d'istinto sulla sua spalla, e il fiume di parole che aveva colto di sorpresa la kunoichi e che sembrava impedirle di prendere anche solo un attimo di respiro si fermò improvvisamente. L'azzurrina alzò lo sguardo fino ad incrociare quello coperto dalla maschera; il corvino la invitò a proseguire con un lieve cenno del capo.
La ragazza fece un respiro profondo prima di abbassare una seconda volta la testa e aprire la bocca.
«Il fatto è che io... io non ho ricordi di quella sera... Quella donna, quella che ho sempre considerato mia madre, non ha mai smesso di ripetermi che l'unica colpevole della sua morte fossi io...». Il tono di voce di lei si fece man mano più alto.
«"Sei un'assassina!", continuava a dirmi... "Sei stata tu!"».
Gli occhi verdi si chiusero lievemente, cominciando ad inumidirsi.
«Io non...». Si prese una piccola pausa, come se facesse fatica a trovare le parole. «Come... Come potrei essere stata io ad uccidere il mio stesso padre?! Io gli volevo così bene!!». La più piccola portò le mani davanti a sé, i palmi coperti di legno aperti, le lacrime che iniziavano a scendere a piccole gocce sui polsi.
Un sorriso amaro e poco convinto comparve sul suo viso, mentre le labbra sussurravano un "del resto, ho persino ammazzato Gaara...".
Le dita del corvino erano ancorate alla spalla della più bassa, che dopo qualche singhiozzo silenzioso si portò la manica della divisa sugli occhi per poter asciugare e bloccare per tempo quei rivoli che di lì a poco sarebbero inesorabilmente scesi sulle sue guance. Passarono minuti interminabili di silenzio, prima che la ragazza riuscì finalmente a parlare di nuovo.
Deidara intanto aveva aperto di poco gli occhi, e dopo essersi parzialmente ripreso dal sonno improvviso che l'aveva colto, riuscì a sentire frasi sconnesse del discorso della compagna.
«Ma non è questo che volevi sapere, non è così?».
Senza lasciare al ragazzo nemmeno il tempo di aprire bocca, l'azzurrina infilò un braccio nel sacco, estraendo una delle teste raccolte. Le pupille umide presero ad osservare distrattamente il viso cadaverico, gli occhi e la bocca spalancati, e per qualche istante la marionettista sembrò - incredibile ma vero - ritrovare la calma.
«C'è un'altra cosa... che riguarda quella notte». La mano della ragazza prese ad accarezzare senza troppa delicatezza i capelli del malcapitato, mentre il petto le si alzava a seguito di un lungo sospiro. Nessuno dei due si accorse della presenza del biondo, che si era nascosto dietro uno degli alberi poco lontani. Il silenzio più completo precedette la successiva frase di lei.
«Non ricordo com'era fatto mio padre».
Tobi rimase ad ascoltarla, in silenzio, senza dire nemmeno una parola, constatando che le braccia e le dita della più piccola avevano iniziato a tremare.
«Non riesco a ricordare che aspetto avesse, la sua voce, le sue espressioni... È come se il suo viso fosse stato cancellato dalla mia mente...».
Yami osservò la testa che aveva tra le mani così a lungo che parve quasi esser stata risucchiata da una strana forza.
«Quando uccido, ho come l'impressione che raccogliere queste teste mi dia lo stimolo giusto per riottenere quei ricordi...».
Il suo tono dapprima serio, deciso, fermo, in quel momento cominciò a traballare, a perdere di fiducia.
«Ma più ne prendo, più sento di essere lontana dal sapere come fosse fatto...».
Il mascherato ebbe l'impressione che non fosse più lui, il suo interlocutore. Che fosse stato sostituito da quella testa senza vita.

Tentò di abbassare lo sguardo sul contenitore dalle apparenze così normali e tranquille che riposava sulle gambe della kunoichi, ma fu preceduto da un rapido gesto proprio da parte di quest'ultima, che alzò gli occhi fissandoli sulla maschera arancione. Fu allora, che Tobi le vide. Piccole lacrime avevano ricominciato proprio in quell'istante a scendere sulle guance della ragazza, percorrendo i pochi frammenti di pelle che separavano i suoi occhi umidi e socchiusi dal legno, scorrendo sul materiale scuro, e finendo quasi per accarezzarle le labbra forzatamente curvate all'insù.
«Sai, Tobi... Non vivrò ancora a lungo». La voce rotta a tratti dal pianto dell'azzurrina giunse dritta alle orecchie ben protratte e all'ascolto di Deidara, che, dal suo "nascondiglio" riusciva ormai a sentire tutto. Ma non si mosse. Si limitò a rimanere immobile, con le braccia lungo i fianchi.
Non che ne fosse all'oscuro, era diventato piuttosto evidente, tuttavia sentire quelle stesse labbra che aveva tempo prima baciato per la prima volta e che parevano sempre così innocenti e genuine proferire delle parole così dure e difficili da comprendere appieno aveva sortito un potente effetto dentro di lui.
Il corvino, dal canto suo, aveva in quel momento allentato la presa delle dita alla sua spalla, riportando la mano a terra, come per lasciarle lo spazio e la libertà per poter proseguire.
«Mi ero illusa», riprese lei tra i singhiozzi, senza più prestare veramente attenzione alla maschera. Le labbra si curvarono di nuovo verso il basso. «Mi ero illusa di poter ricordare almeno qualcosa, quando ho visto Pain per la prima volta. Giuro, giuro su tutto ciò che mi è rimasto, che avevo sentito qualcosa! Avevo iniziato a sperare di avere una possibilità!!».
La marionettista afferrò la testa per una ciocca di capelli e la gettò con violenza lontano da sé, facendola finire contro il tronco di un albero distante. Caduto a terra, il capo iniziò a rotolare finché non si fermò, lievemente inclinato e rivolto verso i rami.
La kunoichi si portò le mani sul viso, bloccando le orecchie con i palmi e serrando le palpebre.
«Io devo ricordare!! Devo sapere cos'è successo, devo sapere che aspetto avesse, voglio vederlo ancora una volta prima che sia troppo tardi..!!». Fiumi di lacrime scorrevano senza fine, cambiavano traiettoria a causa dei rapidi e improvvisi movimenti della ragazza, inumidivano le guance alle quali piccole ciocche di capelli avevano iniziato ad attaccarsi, e bagnavano il terreno sotto forma di gocce sempre più grandi e frequenti.
L'azzurrina non sembrava tener più conto della presenza del mascherato, che dal canto suo non sapeva nemmeno come reagire. Il biondo non aveva il coraggio di voltarsi a guardarla, e continuava a rimanere nella medesima posizione, mordendosi il labbro e socchiudendo gli occhi posati a terra.
Per due minuti buoni l'unico rumore che riempì il silenzio e colmò il vuoto dell'aria fu quello prodotto dai singhiozzi decisamente più forti e incontrollati di Yami. Finché le mani guantate del più grande non raggiunsero i suoi polsi, raccogliendoli in una morsa delicata e gentile, che bloccò all'istante i singhiozzi della marionettista. Quest'ultima alzò lentamente lo sguardo, e gli occhi verdi si posarono ancora una volta sulla figura del corvino.
«Yami-san, il tuo segreto con me è al sicuro!».
La più piccola si prese alcuni secondi per poter analizzare nel modo più completo quella frase così semplice eppure così attesa.
«Davvero..?».
Prima ci fu un cenno deciso del capo da parte del ninja, al quale seguì un'affermazione che fu in grado di illuminare parzialmente il viso – fattosi fin troppo buio - di lei.
«Puoi fidarti di Tobi, Tobi è un bravo ragazzo!».
Le labbra della compagna iniziarono a tremare leggermente, prese alla sprovvista; gli occhi ancora umidi si socchiusero, arrendendosi al fatto che si sarebbero appannati sempre più. Un nuovo potente pianto liberatorio si librò nell'aria, e l'azzurrina si spostò quel tanto che le permise di avvicinarsi maggiormente al mascherato e di affondare il viso nel tessuto della divisa nera.
Le mani del più alto si posarono sulla sua testa, e presero a muoversi lentamente, accarezzando le lunghe ciocche chiare della kunoichi.
Solo in quel momento, il corvino notò la figura del ninja amante delle esplosioni dietro lo stesso albero che aveva utilizzato come nascondiglio per tutto il tempo, in quanto proprio il biondo si era sporto quel tanto che gli sarebbe bastato per poter osservare cosa stesse effettivamente accadendo.
Il più grande non disse nulla, si limitò a posare il palmo della mano sul capo della ragazza, portandosi l'indice alzato dell'altra di fronte alla maschera in direzione del compagno. Quest'ultimo annuì lievemente, un cenno estremamente piccolo ma che fu sufficiente per far intuire al corvino che non avrebbe interrotto quel momento.



«Le tue informazioni erano errate, mh».
Nonostante tutto, i tre erano riusciti ben presto a riprendere il cammino, e sebbene Deidara avesse ascoltato il racconto dell'azzurrina, non ne fece parola e finse di non sapere cosa fosse successo poco prima tra lei e il corvino. Yami si sentì estremamente sollevata, ma non capiva come mai il biondo fosse così tranquillo rispetto a prima nei confronti del mascherato, e – dettaglio ancora più insolito -, come mai si scambiassero addirittura delle occhiate quasi complici.
Il ninja aveva appena fatto saltare in aria due anbu che si erano appostati da poco su uno dei rami di un albero nelle vicinanze del lago in cui avrebbero dovuto poter trovare il tre-code. Non appena si accertò che i due fossero morti, il biondo era sceso a terra accanto al compagno e a Yami, che aveva bloccato i due malcapitati con i fili di chakra prima che esplodessero, per facilitare il compito a Deidara.
«Ma in effetti era così... Che strano!». Tobi intanto aveva risposto in modo piuttosto vago all'affermazione del ninja, portandosi una mano dietro la testa e agitandola arruffando i capelli neri. «Però è un bene che ci siamo sbarazzati di quelli che si sono messi sulla nostra strada! Prepariamo la nostra strategia finché siamo in tempo!!».
L'azzurrina, che era rimasta di fianco al mascherato, aveva iniziato ad esplorare con gli occhi chiari la superficie nebbiosa del grande lago a pochi passi da loro.
«Sei cent'anni troppo giovane per potermi dare degli ordini! Mh».
Il biondo frugò nella borsa contenente la sua preziosa argilla, la modellò fino a formare la creatura alata che utilizzava qualora ne avesse bisogno, e con il solito gesto delle dita la rese grande abbastanza da poterlo trasportare.
«Yami». Deidara si voltò di poco verso la ragazza che distolse solo in quel momento lo sguardo dall'acqua. «Sali, mh».
L'azzurrina sospirò lievemente nel colletto della divisa. Odiava l'acqua, non la poteva sopportare, soprattutto se si trattava di laghi, fiumi o mari. E in particolar modo, quando questi ultimi erano immensi, come in quel caso.
A malincuore accettò l'invito – che in realtà aveva tutto l'aspetto di essere più un ordine – di Deidara, e in un batter d'occhio i due furono ad un'altezza sufficiente che la nebbia non fu più un problema.
«Questo lago è troppo grande per metterci a cercare il tre-code», proferì il ninja, mentre già estraeva dalle borse una manciata piuttosto grande dei suoi insetti di argilla. «Sarà molto più veloce se salterà fuori di suo».
Aprì le mani, lasciando cadere le decine di animaletti bianchi nel lago, e in quello stesso momento Yami si aggrappò istintivamente alla divisa scura del ragazzo.
Quest'ultimo, qualche secondo dopo, fece saltare in aria tutti gli esplosivi contemporaneamente, provocando forti getti d'acqua. Il sorriso compiaciuto sul volto del più alto preannunciò l'arrivo del tre-code, proprio al centro del lago.
«Ooh! Da vicino sembra più un'enorme tartaruga! Una molto potente!». La voce di Tobi giunse alle orecchie dei due, che abbassarono lo sguardo trovandolo in piedi sull'acqua poco distante dall'immensa creatura.
«Quindi questo è il tre-code», proferì Deidara, osservandola nuovamente.
«Credo che lo lascerò a voi, Deidara-senpai, Yami-senpai!».
«Eeeh?! Tobi, non osare svignartela!». L'azzurrina mise il broncio guardando il mascherato.
«Tobi, sei diventato ufficialmente un membro dell'Akatsuki, giusto? Occupatene tu, mh!», si limitò a dire Deidara, per poi aumentare la distanza dal tre-code insieme a Yami, rimanendo sulla creatura fatta di argilla.
«Cos-». Tobi non riuscì nemmeno a finire la frase. Con un gesto lento ma molto potente, il tre-code tentò di colpirlo, senza tuttavia riuscirci. Il corvino si allontanò rapidamente iniziando ad urlare, sotto lo sguardo colmo di disappunto di Deidara e quello divertito di Yami.
«Se è una creatura acquatica, non avremmo dovuto lasciarla a Kisame-san?! Direi che hanno scelto la persona sbagliata per la missione!!».
Non appena pronunciò quelle parole, Tobi venne raggiunto dalla bestia codata, che riuscì a portarlo al di sotto della superficie del lago.
Deidara intanto lo seguiva insieme all'azzurrina, che tentava di scovare la figura del ragazzo sfruttando l'ombra lasciata dal bijuu.
«Patetico...».
In pochi secondi, il biondo lanciò un altro animale simile ad un pesce, che iniziò a nuotare non appena si trovò in acqua e che esplose nel momento in cui fu abbastanza vicino al tre-code.
«Yami! Mh». L'azzurrina annuì, facendo immediatamente partire i fili di chakra dalle dita per afferrare il corpo del corvino che a seguito dell'esplosione si era ritrovato in un batter d'occhio a mezz'aria.


«Ce l'ho fatta! Banzai!! Banzai!!». Il mascherato era da poco salito sull'immensa pancia della bestia codata ormai morta, e aveva cominciato ad esultare agitando le braccia e alzandole al cielo.
«Deidara-san, Yami-san, avete visto il mio jutsu?? È bastato un colpo e BAM!!».
Lo sguardo del biondo si fece sempre più buio e colmo di rabbia ad ogni parola proferita dal compagno.
«Ora capirai perché mi hanno affidato questo compito importante poco dopo essere diventato un membro dell'Akatsuki, vero Deidara-san??».
«No, probabilmente è stata la mia bomba d'argilla a fare quel capolavoro. Devi ringraziare la mia arte, mh».
Yami tirò un lieve sospiro sconfortato di fronte alla solita lite tra i due, ma ciò non poté fermare Deidara dal continuare quel suo discorso.
«Se sei un membro dell'Akatsuki, taci e sii più cool. In altre parole, cool è uguale ad arte».
Un rigido silenzio seguì l'affermazione del biondo, che tuttavia non colse l'imbarazzo generale che era calato da poco.
«Ascolta, l'arte è un momento di passione, che arriva da emozioni fantastic-».
«Senpai, certo che parli un sacco».
A quel punto, una grossa risata da parte dell'azzurrina ruppe la pesante calma che aleggiava intorno a loro; calma che non sarebbe in ogni caso durata, dato che pochi istanti più tardi il ninja lanciò una delle sue solite occhiate indirizzate al corvino (che cominciò a ripetere un “stavo scherzando!!”), e con un'ulteriore esplosione lo fece saltare nuovamente in aria.


«Ascolta, Tobi».
Era arrivato il tramonto ormai, e i tre avevano appena iniziato il viaggio di ritorno, dopo aver legato il bijuu con delle corde sufficientemente resistenti annodate all'altra estremità alle code delle due creazioni alate del biondo.
«Non bisogna sfidare la sorte».
Deidara aveva iniziato a parlare, seduto a gambe incrociate sul grande animale bianco. Yami intanto aveva iniziato a sbadigliare, seduta sull'altro volatile d'argilla, mentre Tobi era rimasto steso sulla pancia del tre-code, stranamente calmo.
«Il tre-code era indebolito perché non aveva un Jinchuuriki ad ospitarlo, mh. Non aveva una mente che controllasse il suo potere».
Ci furono attimi di silenzio che portarono l'azzurrina e il biondo a guardarsi per qualche istante, per poi osservare la figura del mascherato. Dopo un piccolo sospiro, il ninja ricominciò a parlare.
«Ohi, Tobi! Cool non significa smettere completamente di parlare! Almeno rispondimi».
«Senpai..?». La voce di Yami attirò l'attenzione del più alto, che riprese a guardarla. «Credo si sia... Ahem, addormentato...».
Un leggero borbottio da parte del corvino giunse alle orecchie di entrambi, e fece sorridere quasi teneramente la ragazza. Al contrario del compagno, che non appena realizzò la situazione scoccò un'altra feroce e potente occhiata al più grande, urlando un “questo è il risveglio perfetto per te, idiota!!», tra le mille esplosioni che seguirono e le conseguenti grida del mascherato.
L'azzurrina sospirò, tornando ad aggrapparsi alla creatura d'argilla su cui stavano viaggiando, e posando lo sguardo avanti a lei, fissandolo all'orizzonte.
Una giornata quasi normale per quel gruppo che di ordinario non aveva praticamente nulla.

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