Once Upon a Dream

di MegamindArianna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ATTENZIONE!
La storia è ispirata ad un video di Youtube.
Story & Art: Mary Katherine Ngai
Music: “Once Upon a December” (Piano Arranged) by Kyle Landry
Link del video: https://www.youtube.com/watch?v=T9Ay8j_fkgk
 
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~ Capitolo 1 ~
 
Mentre mi guardavo i piedi che avanzavano a ritmo del mio passo stanco mi chiesi:

Perché esisto? 

Erano anni ormai che mi ponevo questa domanda. E nessuno che mi avesse risposto.

Infondo non era una domanda facile.

Ma io non volevo una risposta. Non l’ho mai voluta davvero. Volevo qualcuno che, almeno, mi avesse ascoltato.

Era chiedere troppo in quel mondo così ostile e tremendamente triste. Era una lotta continua in cui non vi era alcun vincitore, ma solo vinti inconsci della loro situazione, che con le unghie e con i denti tentavano di raggiungere quel podio immaginario fatto di nuvole cedevoli.

Non riuscivo mai a trovare qualcosa a cui aggrapparmi per sopportare tutto quel dolore.

A cosa serviva lottare? A cosa serviva soffrire per una cosa così stupida e contraffatta chiamata vita?

Niente di tutto ciò è giusto.

Varcai il cancello della scuola per dare il buongiorno ad una nuova e nuvolosa giornata. Lo attraversai tenendo lo sguardo basso per non incrociare quello degli altri.

Ormai ero abituata a quegli occhi che mi fissavano. Ero abituata a quelle voci.

Ehi… C’è la tipa strana.
Che occhi… mette i brividi.
Bleah… dove trova quei vestiti? Nella spazzatura?
Ma hai visto la sua casa? Quella è spazzatura!

Già. La mattina a scuola, per me, era come accendere un vecchio giradischi che si inceppava sulla solita traccia… e da lì non si muoveva.

Perché esisto?

Per vivere questo scempio? Quella non era vita; era respirare per non morire.

Mi trascinai tra il vociare delle persone fino alla classe e fino al mio posto. Mi accasciai sul banco e ci passai tutte e 6 le ore consecutive senza alzarmi mai.

Fino a qualche anno prima non mi sarei mai immaginata in quel modo. Ero così solare, allegra e piena di energia.

Ora sono solo un guscio vuoto.

Non avevo fatto niente di male. Meritavo quella vita?

Il suono della campanella fece irruzione nel mio cervello. Era il segnale che un altro giorno era finito e che uno nuovo sarebbe arrivato l’indomani. E ogni volta che mi alzavo dal banco speravo che l’indomani non arrivasse mai.

Come ogni giorno mi incamminai verso casa.

Cercai di immaginarmi una vita migliore.

Ma era un desidero così lontano, così irraggiungibile che non ci avrei creduto nemmeno se mi si fosse parato davanti.

Mi bloccai di fronte al portone di casa scrostato e rovinato.

Vivevo davvero in una pattumiera. Triste e cupa. Ma che avessi un tetto sopra la testa, forse, era l‘unica cosa positiva della mia vita.

Non feci in tempo ad attraversare la soglia che l’odore di fumo e alcool mi entrò violentemente nelle narici.

Mi affacciai in cucina.

Si brindava sempre in quella stanza. Come ci fosse qualcosa per cui brindare.

Anche io avrei voluto avere l’incoscienza dei miei genitori. Fregarmene di tutto e di tutti e divertirmi alla faccia di tutti i problemi della vita. E tra questi, per loro, vi era quello della figlia, abbandonata a se stessa.

Sentii le guance rigate da lacrime calde e dolorose. Sapevo che prima o poi sarei crollata. Mi sarei spezzata come un ramoscello in una tempesta. Anche quel poco che era rimasto di me sarebbe andato distrutto.

A quel punto non mi sarei più domandata sul perché della mia esistenza. Sarei stata il nulla.

Mi infilai nella stanza e chiusi la porta per non sentire, con scarso successo, le urla e le risate dei miei genitori.

Mi infilai sotto le coperte indossando un vecchio pigiama. Strinsi il cuscino con la federa scolorita e piansi così tanto che mi addormentai poco dopo.

Sarebbe mai arrivato qualcuno a salvarmi?
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



~ Capitolo 2 ~


Mi sentii toccare la spalla. Era così delicato quel tocco che desiderai tanto di risentirlo.

Alzai gli occhi pieni di lacrime verso quella mano. Era così bianca e candida ma allo stesso tempo così robusta e sicura.

Alzai ancora un po’ lo sguardo ed incontrai due occhi neri e profondi ma che, nella confusione, mi parvero sinceri.

“Ben arrivata.” Disse dolcemente.

Non risposi.

Dove mi trovavo? Ero sveglia? Oppure stavo sognando?

“Avanti… Vieni con me.”

La sua voce era così calda che mi scaldò fin dentro l’anima.

Mi porse la mano e, tremante, accolsi l’invito.

In quel momento una brezza primaverile alzò dal pavimento una miriade di petali bianchi.

Mi guardai intorno.

Il luogo in cui mi trovavo era simile all’interno di una chiesa. Delle grandi finestre lasciavano entrare una luce abbagliante e, tra l’una e l’altra, vi erano dei rosoni tutti uguali che raffiguravano dei fiori colorati di bianco.
 
Il pavimento era totalmente ricoperto da petali bianchi, una distesa infinita.

Guardai l’ingresso dell’edificio e ne colsi i particolari come ammaliata. Era così bello quel luogo, così magico.

Guardai quel ragazzo così affascinante. Cercai di abbozzare un sorriso imbarazzato. Mi sentivo così stupida.

Rimasi attratta dal suo stile. Il suo smoking così elegante contrastava con il mio pigiama. Inutilmente cercavo di incrociare le braccia per nascondere il mio abbigliamento.

Mi sorrise e si mise al mio fianco.

“Questi abiti non ti donano per niente, mia cara” e schioccò le dita.

Un fascio scintillante di luce mi avvolse e mi ritrovai ad indossare dei bellissimi abiti eleganti: una camicia bianca con le maniche a palloncino, una gonna nera lunga a vita alta e un fiocchetto rosso sul colletto. Un abito che non si addiceva alla mia epoca ma che in quel luogo risuonava adatto persino alla mia anima infelice. Tutto in quella stanza risultava perfetto.

I capelli, prima disordinati e sporchi, li ritrovai raccolti in uno crocchia ordinatissima.

“Così stai molto meglio” esclamò prendendomi la mano. Mi fece roteare su me stessa e si inchinò come un principe.

Quanto tempo era passato dall’inizio di quel sogno? Non ero in grado di capirlo. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
Ma per la prima volta ero felice.

Frastornata e confusa, ma felice.

“Vieni con me…” Mi strinse più forte la mano e iniziò a correre.

I petali che volteggiavano nell’aria mi sfioravano il viso. I capelli ribelli del ragazzo avanti a me sembravano così morbidi. Avrei tanto voluto toccarli.

“Voglio mostrarti il mio mondo! Tutto il mio mondo!” disse voltandosi e mostrandomi un sorriso raggiante.

La nostra folle e insensata corsa sembrava infinita. I petali che ricoprivano il pavimento mi solleticavano le caviglie e il vento che li trasportava sembrava seguirci per correre insieme a noi.

Quando passammo accanto al portone principale tentai di guardare fuori, ma non riuscii a vedere niente. Solo luce. Tutto era avvolto in quel bagliore che donava a quel luogo un’aria ancora più misteriosa.

“Qui non c’è né oscurità né paura; solo luce!” aggiunse mentre passavo in rassegna ogni rosone sopra le finestre.

Iniziò a rallentare e poco dopo si fermò. Davanti a noi si stagliava una grande porta illuminata con un rosone identico a quello sopra le finestre del salone.

“È stato davvero piacevole passare del tempo con te ma ora è tempo di ritornare a casa.”

Non volevo tornare a casa. Mi sentivo così bene. Non volevo lasciare quel sogno.

Mi indicò la porta che si aprì magicamente mostrando uno sfondo nero. Non volevo tornare nel buio.

“Ci rivedremo. Te lo prometto” e agitò la mano per salutarmi.

Ancora confusa, attraversai la porta. Prima che essa si chiudesse, mi voltai un’ultima volta; e lui era ancora lì a salutarmi, ad aspettare che la porta si chiudesse.

Lo avrei rivisto una seconda volta? Ci speravo tanto.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


~ Capitolo 3 ~


Aprii gli occhi e scattai seduta sul letto.

Cos’era successo? Lo stress iniziava ad avere strani effetti sul mio cervello.

Il tutto, però, mi risultò così bello e magico.

Per la prima volta dopo tanto tempo la mia mente non era più così vuota, così assillata da pensieri negativi e cupi. Pensai costantemente a quel ragazzo così misterioso, affascinante e irreale.

Pensai ai miei sentimenti, a cosa stavo provando, a quella magia che quel luogo incantato emanava.

La mia testa era così era affollata da pensieri che non riuscii a sentire le voci e gli scherni degli altri. Ignorai persino l’aereoplanino di carta che si impigliò tra i miei capelli durante la lezione di Filosofia. Lo tolsi con indifferenza senza degnare di uno sguardo i mittenti.

Esistevo solo io e l’immagine di quel principe così bello. Così affascinante da sembrare finto; e purtroppo lo era.

Le ore passarono veloci.

Ero stranamente felice di ritornare a casa; sapevo che non appena potevo chiudere gli occhi, avrei avuto la possibilità di rivederlo.
Il mio passo verso casa non era più stanco, ma veloce e trasportato. Entrai in casa e mi lasciai la porta chiudersi alle spalle da sola.

Ignorai del tutto i rumori provenienti dalla cucina e salii le scale velocemente.

Spalancai la porta ma mi fermai.

E se non lo avessi rivisto? Se non mi fosse apparso in sogno? Cosa avrei fatto? Sarei ripiombata in quel buio agghiacciante senza via d’uscita?

Strinsi i pugni e mi feci coraggio.

Non avevo mai tenuto così tanto a qualcosa. Soprattutto ad una cosa come questa, che fino a poco tempo prima avrei ritenuto quasi stupida e demenziale.

Come si poteva sperare di rivivere un sogno due o più volte di seguito?

Ma dovevo provarci.

Tremante, mi misi di nuovo quel pigiama e mi infilai nel letto.

I miei occhi si chiusero subito mentre un sorriso si dipingeva sulle mie labbra.
 
Sì. Ci speravo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


~ Capitolo 4 ~

Quando aprii gli occhi ero seduta su una panchina di legno. Di fronte a me vidi la porta da cui la notte prima ero uscita.

Indossavo gli stessi abiti eleganti. Mi stropicciai la gonna e il fiocchetto al collo mentre le mie guance andavano a fuoco.

Dietro di me sentii un fruscio.

Lui era lì. Lo sentivo. La sua ombra si stagliava su di me; ma avevo paura di sbagliarmi. Temevo non fosse lui ma qualcuno pronto a riportarmi indietro per impedirmi di essere felice.

Mi voltai di scatto per togliere ogni dubbio.

E i suoi occhi erano lì. Le sue mani erano tra i miei capelli per intrecciarci un grande fiore bianco. Il suo sorriso mi rassicurava.

“Te lo avevo promesso. Un gentiluomo mantiene sempre le sue promesse.”

Le mie labbra si distesero in un grande sorriso.

Guardai come l’interno dell’edificio era magicamente cambiato.

Non c’erano più i petali sul pavimento ma una distesa di alghe marine. Intorno si agitavano lunghe foglie, come fossero trasportate dall’acqua. Effettivamente sembrava di trovarsi infondo al mare. Un mare racchiuso tra le mura. Alcuni pesciolini bianchi e neri mi nuotavano attorno. Sembravano guardarmi e sorridermi.

Guardai quel ragazzo avvicinarsi a me. Mi prese per mano.

“Ti piace?”

Annuii nervosamente.

Ammirai di nuovo il paesaggio che mi si parava davanti poi tornai ad osservare lui.

La bocca iniziò a muoversi da sola “Sei magico?” chiesi senza pensare.

Lui spalancò gli occhi e di seguito sorrise amorevolmente. “Beh… diciamo di sì. Sono magico. Qui, in questo luogo, tutto lo è. Quella porta, quelle finestre, quei pesci, i fiori.” Mi guardò e mi sfiorò la guancia. “Tu sei magica.”

Abbassai lo sguardo cercando di trattenere il sorriso demente e le lacrime di gioia.

“Basta solo volerlo, mia cara.” Aggiunse continuando ad accarezzarmi la guancia.

Alzò lo sguardo verso la porta. “Purtroppo è già ora di svegliarsi” e mi cinse le spalle.

Il mio sorriso si spense. “Quindi… questo è davvero un sogno? Non è reale?”

A voce bassa, quasi impercettibile, disse “Purtroppo no. Ma non è importante questo, vero? L’importante è rivederci di nuovo.” E questa volta il suo sorriso ritornò radioso.

Con un po’ di coraggio afferrai la mano che teneva poggiata sulla mia spalla e la strinsi forte tra le mie. “Promettimi che ci rivedremo. Ti prego. Promettimelo”

“Te lo prometto” e lasciò la mia presa.

Di nuovo, agitando la mano e con un sorriso, mi accompagnò verso l’uscita.

Quella volta la porta che si chiudeva mi fece meno paura.
 
Sì. Ci credevo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


~ Capitolo 5 ~

Mi svegliai sorridendo come non mai.

E per giorni così. Tutte le mattine e tutte le sere.

Tutto ciò che apparteneva alla realtà non mi sfiorava nemmeno. Ignoravo totalmente la gente che mi stava attorno. Vivevo solo nell’attesa di addormentarmi.

Ero innamorata.

Ma si poteva essere innamorati di un sogno? Di qualcosa che esiste solo nella mia mente?

Ripensando a come mi sentivo, sì.

Ero felice. Dopo tanto tempo passato a deprimermi finalmente un raggio di sole con gli occhi scuri e i capelli ribelli aveva fatto breccia nel mio cuore, sciogliendo quella spessa lastra di ghiaccio che ricopriva la mia anima.

Ma per quanto sarebbe durato tutto ciò? Un giorno avrei smesso di sognarlo?

Forse sì. Ma pensarci mi faceva solo star male. Sapevo che sarei ritornata ad avere paura.

Pensai che dovevo godermi quei momenti e trarne tutto l’amore e la felicità possibile.

Ogni giorno, dopo la scuola, correvo a casa. Per giorni interi saltavo la cena pur di avere più tempo per stare con lui; non ne avevo granché bisogno.

Una sera abbiamo passeggiato nel parco e abbiamo mangiato il gelato. Sembrava di vivere un caldo pomeriggio estivo. E lui passeggiò senza la pesante giacca ma solo con il gilet grigio. Era così affascinante.

Mi divertii così tanto. Era così bello tornare a ridere.

Da quel momento, ogni volta che me ne andavo, non ero triste, perché sapevo che la notte seguente lo avrei rivisto.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


~ Capitolo 6 ~

“Sei pronta? Oggi ti porto in un luogo speciale” disse prendendomi per mano.

Mi accompagnò accanto ad una grande fontana da cui sgorgava così tanta acqua che aveva ricoperto il pavimento.

Ma quell’acqua non bagnava. Sembrava aria sui miei piedi. Era magia.

In sottofondo si sentiva una dolce musica. Mi scoprii a canticchiarla come se l’avessi conosciuta da sempre e a dondolare da un piede all’altro.

Lui, di colpo, si inginocchiò. Lo guardai sorpresa. Alzò lo sguardo su di me e disse “Mi concedi questo ballo, mia diletta?”

Prima di rispondere guardai di nuovo la fontana.

“È una serata speciale. Potresti cambiarmi l’abito?” chiesi un po’ imbarazzata.

Si alzò di nuovo in piedi e, giocando con una ciocca di capelli, mi disse “Ricorda che anche tu sei magica. Immagina ciò che vuoi. In questo luogo puoi farlo.”

Annuii, strinsi gli occhi e schioccai le dita.

Appena li aprii, vidi che a posto della gonna nera e della camicetta indossavo un abito bianco luminoso senza spalline. I fianchi erano ricoperti da una grande fascia rossa che si annodava in un fiocco ampio. I capelli, raccolti in una crocchia, erano abbelliti da un fiocco rosso come quello dietro la mia schiena.

Feci un giro su me stessa ammirandomi al magico specchio d’acqua ai miei piedi.

Il ragazzo mi prese per mano facendomi sussultare. Mi avvicinai a lui, appoggiai la mano libera sulla sua spalla e lui la sua sul mio fianco.

Iniziammo a danzare per tutta la sala, intorno alla fontana, senza mai fermarci. Senza mai stancarci.

Mi strinse di più a sé. Sentii il suo respiro tra i capelli.

Si fermò e mi diede un bacio sulla fronte. “Sei incantevole” disse prendendomi il viso tra le mani.

“Vorrei che questa serata non finisca mai.”

“Ma ne avremo delle altre, vero?” chiesi speranzosa.

Lui sorrise “Ogni volta che vorrai, mia cara.”

Mi baciò di nuovo sulla fronte e mi accompagnò vicino la porta magica.

Mentre si apriva mi voltai verso di lui.

“Sto davvero bene qui con te. Grazie.”

“Anche io sto bene con te. Davvero tanto.”

“Perché non esisti davvero?”

“Non lo so… Si vede che deve essere così.”

Abbassai lo sguardo. La porta si era del tutto aperta. Avevo poco tempo.

“Secondo te… perché esisto?” chiesi frettolosa. Finalmente c’era qualcuno che mi avrebbe ascoltato.

Il mio cuore iniziò a martellare nel petto. Stavolta volevo davvero una risposta.

Si mise un dito sul mento, pensieroso. Incrociò il mio sguardo e, sorridendo, mi mise apposto i capelli. Poi, abbracciandomi, disse “Per stare con me e vivere insieme la nostra magia.”

Finalmente avevo ricevuto una risposta.
 
E non me ne serviva nessun’altra. Mi bastava.
 

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