Arcanorum

di il truzzo
(/viewuser.php?uid=884423)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arcanorum ***
Capitolo 2: *** Astragahat ***



Capitolo 1
*** Arcanorum ***


Il viaggio non era stato dei migliori, ma almeno questa volta era andato tutto bene. Nessun problema, nemici o quant’altro aveva turbato il suo cammino. Il che era strano visto quanto stava portando con sé, ma forse Dio lo aveva protetto evitandogli di incappare in qualsivoglia problema.
Non mancava molto al monastero di V., dove avrebbe consegnato il libro alle cure dei monaci affinché nessuno potesse ritrovarlo e scatenare l’inferno sulla Terra. Per tutti era solo un luogo di pace spirituale, mentre nella realtà era il posto dove venivano nascosti tutti quei manufatti e libri più o meno magici che potevano mettere in pericolo le anime della umanità. Il monastero di per sé era un vecchio castello medievale sperso nelle campagne pavesi, abbandonato per secoli e poi donato ad un eremita verso la fine del XVIII secolo. Quest’ultimo era famoso per i suoi studi sulle materie magiche ed oscure aventi lo scopo ultimo di poterle combatterle. Visto il successo che ottenne, la chiesa decise di fornirgli aiuto economico per sistemare il vecchio castello e renderlo funzionale ai suoi studi e alla vita di un gruppo di monaci. In poco tempo l’edificio venne restaurato ed ampliato con l’aggiunta di una serie di stanze sotterranee segrete realizzate per conservare i materiali dei suoi studi. Fu affiancato da una cinquantina di confratelli le cui conoscenze furono utilizzate sul campo nella lotta alle forze del male.
Un giorno l’eremita fu trovato fatto a pezzi nella biblioteca, senza che nessuno riuscisse a scoprire cose era avvenuto. Si pensa che qualche demone lo abbia attaccato a causa dei risultati che aveva ottenuto. Altri pensavano che durante i suoi studi avesse per sbaglio evocato qualcosa che lo aveva attaccato. Altri ancora temevano che uno dei monaci per ottenere il potere conservato in quei testi e manufatti lo avesse massacrato. Nonostante la sua dipartita, il monastero ne continuò le ricerche, diventando uno dei centri più importanti nella lotta al male.
Di tutto questo in pochi erano a conoscenza. Oltre ai monaci solo una parte delle alte sfere della gerarchia ecclesiastica sapevano cosa realmente era quel luogo e a nessuno era permesso di avere contatti diretti sia con i monaci che con quel posto.  Lui era tra i pochi che potevano andare e venire a proprio piacimento da quel luogo, dato che il suo compito era quello di portare la  materia prima per il lavoro di quei servi fedeli di Dio.
Spesso aveva trasportato oggetti e testi il cui potere occulto poteva corrompere qualsiasi anima, e per questo quasi sempre aveva dovuto superare ostacoli di vario genere. Le forze del male cercavano da secoli di impossessarsi di quei materiali ma tutti coloro che erano in contatto con il monastero di V. erano scelti tra i migliori e più fidati tra le fila della chiesa, molto spesso uomini in aria di santità.
Questa volta però il libro che portava con sé era qualcosa che non apparteneva a quel male che la chiesa combatteva. Nessuno riusciva a spiegarsi quando o come era arrivato nel nostro mondo. Era composto da dieci pagine in pergamena con una copertina in cuoio rigido e scurito dal tempo. Era stato studiato con il c14 ed altre tecniche per cercare di darne una datazione, ma tutti i risultati si erano rivelati assurdi. Si parlava di quasi un miliardo di anni. Anche il materiale di cui era composto non apparteneva ad alcun animale che mai avesse camminato sul nostro pianeta. Fu trovato in casa di uno psicopatico che aveva massacrato una copia di giovani qualche mese prima. Tra i vari farfugliamenti lo aveva chiamato “Arcanorum”, il libro della fine. Diceva che in esso era il potere di sacrificare la vita di un mondo intero per evocare esseri il cui potere era superiore addirittura a quello di Dio e che, con quel libro, si potevano controllare.
Nel suo delirio aveva raccontato di aver ucciso i due giovani perché era l’unico modo per evocare il libro e farlo materializzare nel nostro mondo. In un sogno una voce gli aveva spiegato cosa doveva fare e dove andare affinché l’evocazione andasse a buon fine, e lì aveva trovato la copia. Li aveva uccisi seguendo il rituale che aveva sognato e dai corpi straziati era fuori uscito il libro. Secondo lui era l’unico in grado di leggerlo. Per evocare le creature bisognava leggere i dieci incantesimi scritti sulle pagine e, finito di leggere il decimo, gli esseri extradimensionali avrebbero avuto libero accesso alla nostra realtà, dando il via al massacro di ogni forma di vita. Era una spiegazione pazzesca alla quale nessuno aveva dato peso. Il folle peraltro non era spaventato dalle sue affermazioni, quanto piuttisto dalla possibilità che il rituale potesse essere interrotto dagli incantesimi della sua controparte, il “Nimrael”, il libro del primo giorno, che poteva conferire il potere di sconfiggere quei mostri.
Nonostante lo sproloquio restava il fatto che il libro era lì e che nessuno lo aveva mai visto prima. Per sicurezza gli era stato affidato e a breve lo avrebbe consegnato ai monaci. Da sua esperienza tutta quella storia gli sembrava pura follia. Di norma oggetti del genere emanavano un senso di malvagità che quelli come lui erano capaci di avvertire, ma da quel libro non proveniva nulla. Temeva che il suo viaggio fosse stato inutile e che presto si sarebbe rivelato tutto una bufala.
Una volta arrivato, consegnò il libro al monaco bibliotecario che lo aveva assicurato del fatto che l’oggetto sarebbe stato riposto al sicuro.
Non si accorse, o forse non poteva accorgersi, della risata di disprezzo nella quella proruppe l’uomo davanti a lui appena ebbe in mano il libro, mentre il mondo attorno a lui riprendeva il suo vero aspetto.
“Ne manca solo uno!” continuava a ripetere con voce folle.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Astragahat ***


Era stata una vera fortuna che le terre di Idian fossero state conquistate. In questa maniera si erano spopolate ed il viaggio era diventato più sicuro. Non che le stregone supremo del regno di Ghaar temesse le creature mortali dei deserti di Idian, e a dir la verità neppure quelle immortali ed immateriali, ma ogni ostacolo avrebbe potuto farlo arrivare in ritardo. Mesi fa il suo “aiutante”, aveva avuto una visione del futuro. Aveva visto un potere giungere in questo universo evocato da uno sconosciuto stregone usando un incantesimo antico nascosto nelle biblioteche nel desertico nord di Idian. Un potere distruttivo immenso che quello stolto voleva usare per sconfiggere Ghar e ridare la libertà al suo popolo.
Povero stupido, un potere simile non poteva essere usato per dare libertà. ma per ottenere dominio. Ed era questo che Astragahat voleva.
Con una piccola carovana, Astragahat era partito dalla capitale di Ghaar, pochi soldati ed il suo aiutante. Quest’ultimo era un ragazzo, il figlio del precedente stregone di corte che aveva ucciso con le sue stesse mani. Lo aveva salvato solo perché aveva un potere di visione come pochi, superiore anche al suo. Per il resto era un semplice sguattero tutto fare, sul quale riversare la sua malignità. Tanto contava che non ne ricordava il nome. Per lui era semplicemente “aiutante”.
Il luogo dove la visione aveva condotto la carovana era un antica biblioteca, persa nel deserto e ormai in disuso. L’esterno, consumato dai venti, lasciava ancora trasparire un passato di grandezza. Era uno degli edifici più grandi che Astragahat aveva mai visto ed immaginava quali ricchezze di sapienza essa poteva conservare. Ma al momento tutto questo non era importante.
Seguito dal suo aiutante e da un gruppo di soldati entrò nel edificio, attraversando un portale mezzo spalancato. Una sala enorme con soffitti alti più di sei metri ed illuminata da un enorme numero di fiaccole magiche era riuscita a rallentare il passo dello stregone e dei suoi compagni, persi nell’osservare la grandiosità di quella costruzione.
Pochi secondi bastarono, e con una pedata lo stregone gettò a terra l’aiutante, comandandogli di portarlo dove stava avvenendo il rito.  Il poveraccio si alzo lentamente farfugliando qualcosa, che come sempre lo stregone non aveva ascoltato.  Fece segno di seguirlo ed iniziò a camminare verso il lato opposto della sala.
Il silenzio regnava padrone, anche quando davanti ai loro occhi si apri un corridoio largo una decina di metri, sempre illuminato da quelle strane lampade magiche. Lo stregone le aveva osservate mentre camminavano, e se ne era compiaciuto. Non aveva mai pensato a creare un tipo simile di magia, ma ne avrebbe sfruttato l’idea per il suo futuro palazzo.
Già pregustava il potere che l’aiutante gli aveva descritto. Immaginava di crearsi una reggia come mai nessuno aveva potuto costruire. Immaginava di poter controllare tutti i popoli del mondo. Immaginava di ergersi al di sopra degli Dei. Eppure non capiva cosa fosse e da dove arrivava quel potere. Nella visione aveva visto uno stregone che alzava le mani al celo ed in mano aveva un oggetto che emanava una luce, se così si poteva chiamare, composta da tenebre. Sicuramente non doveva essere un potere legato al bene, ma per lui non era un problema. Per il potere era ben disposto a vedere la propria anima a qualsiasi demone.
Intanto continuavano a camminare lungo quel corridoio che non mutava mai direzione. Semplicemente aveva iniziato ad inclinarsi verso il basso. Sui lati si vedevano porte, alcune cadute a terra altre chiuse, che si dovevano aprire su stanze zeppe di libri. Sulle pareti ogni tanto comparivano bassorilievi, altre volte scritte fatte con del lapis, altre volte strani disegni che doveva aver avuto senso per chi aveva frequentato quel luogo molto tempo prima.
La loro meta si stava avvicinando. Lo sentivano. Qualcosa stava cambiando nell’aria e un senso di oppressione iniziava a premere sugli animi di tutti. L’aiutante aveva rallentato il passo, guardandosi attorno con sguardo preoccupato. Lo stregone sentiva meglio di tutti l’avvicinarsi di un forza blasfema e della morte.
Ci vollero più di tre ore di cammino per arrivare ad una nuova sala, che si apriva ai nostri più oscura di quella che avevano trovato all’inizio. L’unica illuminazione era in corrispondenza di una porta dal quale proveniva un suono ovattato, simile per cadenza ad una preghiera. Lo stregone intimò il silenzio a tutti. Con passo spedito ma leggero si avvicino alla porta, seguito dal suo aiutante.
Fece un passo ed entrò. Il suo corpo fu colpito dal potere che aveva intasato l’intera stanza, tanto che vacillò. L’aiutante lo sorresse, temendo che stesse cadendo. Come ringraziamento, lo stregone lo colpi al volto con uno schiaffo, facendolo cadere per terra. Il poveraccio cercò di rialzarsi quasi subito ma la mano che aveva appoggiato sul pavimento perse aderenza e ricadde rumorosamente. Si guardò un attimo attorno e vide che tutto il pavimento era lordo di sangue, budella e parti di corpi. Urlò e nuovamente lo stregone lo colpi alla faccia.
Lo stregone non era turbato da quell’ orrore. Aveva capito che quel potere poteva essere richiamato solo con dei sacrifici. E in quei casi era meglio abbondare. In fondo alla stanza vedeva un altare illuminato e su di esso una figura stava in ginocchio, dandogli le spalle. Non sembrava essersi accorto di loro. Pronunciò poche parole, puntando verso la figura l’indice, dal quale partì una specie di fulmine azzurro. La figura colpita alla schiena saltò, urlando e ricadde prima sull’altare e poi inerte sul pavimento.
Sogghignando Astragahat si avvicino all’altare, senza interessarsi minimamente del cadavere.  Davanti a lui stava un libro, di piccole dimensioni e piuttosto antico da vedersi. Era attorniato da uno strano alone di tenebra che rendeva difficile vedere il piano sottostante dell’altare. Incurante di tutto quello che aveva attorno, allungò le mani e lo prese. portandolo entro il suo campo visivo.
Girò dieci pagine in pergamena, vuote, senza alcuna scritta. Iniziò a spazientirsi e per più di un’ora continuò a rovistare nel libro in cerca di una soluzione. La pazienza non era mai stato il suo punto forte, e alla fine non riuscendo a risolvere l’enigma, si avvicino al suo aiutante e lo colpì con il libro, tanto forte da mandarlo a sbattere contro una colonna vicina. In preda alla furia più cieca inizio a colpirlo con tanta forza da fracassargli il cranio. Tutto quel viaggio per niente. Quell’idiota lo aveva illuso e si meritava di morire, avrebbe fatto a meno delle sue visioni. Gettò il libro in un angolo e sputo sul cadavere, girandosi verso l’uscita.
Il potere che aveva sentito vibrò e Astragahat lo senti agitarsi. Sembrava roteare nella stanza per poi andare a raggrumarsi nell’angolo dove aveva gettato il libro.
Un sospiro rantolante ed il rumore di qualcosa che strisciava sul pavimento lo fecero voltare verso quello che un tempo era stato il suo aiutante. Con il cranio sfondato e la materia cerebrale sparsa per il pavimento nessuno poteva muoversi, ma quel corpo stava lentamente strisciando verso il libro. Non capiva cosa stava succedendo, ma il suo corpo aveva iniziato a tremare. Insicuro sulle gambe il cadavere si alzò stringendo il mano il libro. Lentamente e con movimenti innaturali si volto verso lo stregone.
L’aiutante inizio a ridere emettendo un rumore orribile che colpi come una frusta il cervello di Astragahat. Resistete a quel colpo, ma sapeva che si trovava davanti qualcosa con cui non poteva pensare di combattere od opporsi.
Aprì il libro lentamente, ma a differenza di prima sulle pagine erano comparse delle scritte. Antiche parole di potere illeggibili a chiunque non fosse stato scelto per usarne il potere stavano comparendo coprendo tutte lo spazio delle pagine. La forza che aveva rianimato il cadavere lo stava usando. Dalla bocca della creatura aveva iniziato a fuoriuscire il suono di quelle parole.
Lo stregone cadde in ginocchio comprendendo la forza che si stava per scatenare. Capiva che andava molto oltre le sue possibilità a che niente sarebbe sopravvissuto. Non solo lui ma tutta la vita del suo mondo sarebbe stata cancellata.
La sua mente si aprì a quell’oscurità e sentì, lontana, una voce che conosceva schernirlo.
“Io sono l’Arcanorum e solo io decido chi può godere del mio potere. Per tutti gli altri esseri  c’è solo la morte.”
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3665488