Ti odio perchè ti amo anche se non dovrei

di missjendy99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio dell'inferno ***
Capitolo 3: *** Lui ***
Capitolo 4: *** Attenzione! ***
Capitolo 5: *** La prima volta ***
Capitolo 6: *** Presa o persa ***
Capitolo 7: *** Nuovo inizio ***
Capitolo 8: *** La svolta ***
Capitolo 9: *** La verità ***



Capitolo 1
*** prologo ***


 

Non ho mai capito cosa ci trovasse il resto del popolo femminile nel cattivo ragazzo.
Insomma, perché non desiderare avere al proprio fianco, un ragazzo dolce, gentile e premuroso invece del solito spocchioso, insulso ragazzino a volte violento che vuole apparire figo solo per “accalappiare tipe”, manco fossimo dei cani?
La risposta è semplice, ogni ragazza, anche se inconsapevolmente, vuole che il cattivo ragazzo le spezzi il cuore, per poi trovare dopo la terribile “ delusione d’amore”, il ragazzo giusto, quello che ci starà al fianco fino a quando un giorno non ci chiederà di sposarlo per poi vivere per sempre felici e contenti e tante altre stronzate del genere.
Peccato che la vita reale non sia una fiaba dove il principe azzurro va a salvare la povera ragazza sfortunata dalla matrigna crudele per poi innamorarsene e avere una vita felice insieme. Nella vita reale se hai una matrigna/ patrigno che ti picchia a sangue, indipendentemente dal fatto che tu gli faccia un torto o meno, nessuno verrà a salvarti ; puoi solo sperare che gli abusi finiscano più in fretta.
Inevitabilmente poi quando sfuggi da una situazione del genere ne cadi in una peggiore, avere un fidanzato o un marito violento.
Io sono Rosaly e questo è ciò che ha subito mia madre per ben 25 anni prima di dare alla luce me, per poi morire uccisa dall' uomo che amava, che ai suoi tempi era stato il cattivo ragazzo, che le aveva promesso di cambiare ma che alla fine l’aveva portata al suicidio, o almeno così credevo.
Quella donna così forte che ha subito tutto ciò pensavo fosse morta 17 anni fa, ovvero quando la mia storia ebbe inizio.


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Capitolo 2
*** L'inizio dell'inferno ***


CAPITOLO 1 – L’INIZIO DELL’ INFERNO –

Ogni bambina all' età di 7 anni sogna ad occhi aperti il principe azzurro; alcune pensano che si celi dietro al proprio padre altre ancora dietro al compagno di giochi preferito. Io all’ età di 7 anni ero preoccupata di nascondermi dal lupo cattivo, l’uomo che mi aveva dato la luce, mio padre.
Tutti i miei sogni di ragazzina, di trovare il principe azzurro, di vivere in un castello incantato e vivere per sempre FELICI e CONTENTI furono sfumati alla tenera età di 5 anni.
Ero una bambina così socievole ed estroversa all’ epoca, me lo ricordo come se fosse ieri, ero la bambina spensierata che potevi incontrare nel parco giochi a dondolarsi sull’ altalena con un sorriso stampato in faccia e una voglia di vivere incredibile; ero la ragazzina che trovavi nascosta, mentre giocava a nascondino, nei luoghi più improbabili; ero quella ragazzina che sognava da grande di viaggiare per difendere i bambini di tutto il mondo dai bambini cattivi che rubavano le merendine; ero semplicemente la bambina, di cui il padre ha avuto il coraggio di picchiare fino a rompere le costole, solo per essere tornata a casa con una macchia sul vestito ormai vecchio di un anno; ero la bambina che poi si è chiusa in se stessa perché il padre non sopportava che avesse amici; ed ero la bambina che a 7 anni è scappata per la prima volta di casa.
A 10 anni non pensi a come sarà una volta la tua vita a 18, io invece lo facevo spesso.
Immaginavo come sarebbe stata una vita tranquilla, in un appartamento tutto mio, al sicuro dal mostro in cui mio padre inesorabilmente si era trasformato, magari con un cane che mi avrebbe protetto.
Pregavo che a scuola andasse tutto bene per non ritornare a casa ed essere picchiata più forte, con più accanimento da colui che in teoria dovrebbe proteggermi e insegnarmi ad affrontare la vita.
Con il compiere dei 14 anni, tagliai un traguardo importante; la fine delle medie. Con gli esami ormai giunti al termine e la felicità di non avere più un livido da 1 anno, il giorno in cui tornai a casa reduce dall’ ultimo esame era il più felice della mia vita. Felicità che sfumò in un solo istante non appena apri la porta di casa.
Niente bottiglie sparse in giro, solo un silenzio inquietante che aleggiava nell’ aria. E poi il sollievo, dato da una lettera che era sul tavolo della cucina.
 
 
Cara Rosy,
mi dispiace averti lasciata sola appena nata, lo so sono stata egoista, ma sono dovuta fuggire amore mio, tuo padre voleva uccidermi; non potevo restare.
Tuo padre è stato arrestato questa mattina grazie alle mie ricerche.
Mi dispiace così tanto; ora però posso portarti con me.
Vivremo felici e contente. Le valige le ho fatte io verrò a prenderti domani mattina.
A presto amore mio.
Tua,
                                                                    Mamma
 
 
Fino a quel fatidico giorno pensavo che mia madre si fosse uccisa. Ma, proprio grazie a lei ricominciai a vivere, almeno per i primi anni.
Compiuti i 16 anni, mia madre trovò un nuovo compagno, da quel momento passai dalla padella nella brace.
Quel giorno incontrai il
mio carnefice, il ragazzo che prese il posto di mio padre, il bastardo che da un anno mi fa sputare sangue.
 

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Capitolo 3
*** Lui ***


CAPITOLO 2 – LUI –
Quando lo incontrai per la prima volta pensavo fosse un angelo.
Eliah il suo nome.
Occhi di ghiaccio, capelli neri e un sorriso mozzafiato.
In poche parole il ragazzo perfetto.
Per le prime settimane tutto fu come un sogno, lui era gentile e si preoccupava per me, a scuola non mi prendeva in giro anzi mi trattava come una principessa.
Poi mia madre e suo padre si sposarono e tutto cambiò; divenne freddo, come i suoi occhi; riusciva a congelarmi il sangue con lo sguardo ma non mi toccava e io pensavo di essere al sicuro.
Poi scoprì la sua vera natura e le cose peggiorarono; dall’ indifferenza passò alla violenza, prima mi tirava solamente i capelli poi iniziò a tirarmi calci, schiaffi e pugni.
Il mio corpo era la testimonianza del suo odio per me.
A scuola però era popolare tra le ragazze per la sua gentilezza, che poi era inesistente.
Minacciava i secchioni per avere i compiti fatti e i professori per avere voti alti.
Era temuto da tutti e aveva tanti amici che per lo più avevano paura di lui.
La verità è che era un delinquente; uno stronzo di prima categoria che si prendeva gioco di tutto e di tutti senza eccezioni.
Tutto venne a galla quando i nostri genitori ormai sposati decisero di andare in luna di miele.
Era stato deciso che avrebbero passato una settimana a Cancun e noi saremo rimasti a casa perché avevamo una settimana piena di compiti in classe.
E così partirono, felici come non mai per aver finalmente formato una famiglia felice.
Peccato che fosse solo un illusione; il primo giorno che passammo da soli iniziò l’incubo.
Appena i nostri genitori uscirono di casa lui con uno sguardo agghiacciante mi si avvicinò, io indietreggiai impaurita ma lui mi prese per i capelli e mi avvicinò al suo corpo.
Guardandomi negli occhi sibilò: “ Senti stupida ragazzina, da oggi in poi comando io e non provare a disobbedirmi altrimenti te ne pentirai amaramente”.
Diventai di pietra. Non mi aveva mai parlato così.
Con un sorriso malizioso mi diede un bacio all’ angolo della bocca e mi lasciò i capelli andandosene in salotto per chiamare i suoi amici.
Quella notte casa nostra fu invasa da alcol e droga oltre che da un gruppo di ragazze ubriache fradice.
Io cercai di andarmene ma tutto fu inutile perché il cretino del suo migliore amico, Lucas, mi beccò mentre me ne stavo uscendo dalla finestra e chiamò quel decerebrato del mio fratellastro.
Naturalmente era mezzo fatto e l’unica cosa che fece fu impormi di scendere e di stare con i suoi amici cosicché mi potesse tenere d’occhio.
Io però non volevo stare con quegli idioti così, appena ne ebbi l’occasione, li chiusi fuori dalla camera e mi ci barricai.
La festa finì alle 3 del mattino e lui, ripresosi, irruppe nella mia camera e non mancò di prendermi per il collo e di sbattermi contro muro, mi tirò uno schiaffo talmente potente da farmi cadere.
“ Puttanella del cazzo perché non mi hai obbedito eh? ”
Poi mi tirò un calcio nelle costole e se ne andò.
Le lacrime scesero incontrollate, il dolore era insopportabile ma perché mi stava facendo questo? Cosa avevo di così sbagliato da attirare le persone più orribili al mio fianco?
Con questi pensieri mi addormentai.
Poche ore dopo mi alzai dal letto, mi vestì e mi truccai mettendo molto correttore sopra le occhiaie violacee. Uscì di casa il più in fretta possibile e, fortunatamente, non lo incontrai.
Una volta arrivata a scuola un ragazzo, passandomi accanto, mi scaraventò a terra.
Dopo essere stata umiliata e derisa da tutti quelli che erano difronte al cancello mi diressi in classe dove aspettai che quella giornata finisse al più presto.
Il resto della settimana lo passai tra biblioteca e casa dove Eliah non fece altro che insultarmi e deridermi.
 

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Capitolo 4
*** Attenzione! ***


NOTE AUTRICE

Premetto che avevo abbandonato "Ti odio perchè ti amo anche se non dovrei" perchè avevo un blocco, non avevo idea di che risvolto dare alla storia. Non riuscivo a capire fino a dove spigermi in quanto è una storia di violenze e abusi. All'inizio pensavo di lasciarla incompiuta ma ora ho le idee chiare e vorrei continuarla.

Perciò per chi la seguiva o per chi ha intenzione di leggerla vorrei dire che il prossimo capitolo di "Ti odio perchè ti amo anche se non dovrei" uscirà domenica.

Buone feste,

Missjendy99

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Capitolo 5
*** La prima volta ***


LA PRIMA VOLTA


L'ultimo giorno passato da soli mi minacciò, mi disse di tenere la bocca chiusa e non spifferare nulla a nessuno altrimenti quello che mi avrebbe fatto non me lo sarei mai scordato.

E così impaurita, quando i nostri genitori tornarono dalla luna di miele, finsi di essermi divertita con lui e raccontai un sacco di balle ai nostri genitori.

Questi viaggi si susseguirono frequentemente nel corso degli anni e perciò ad un certo punto avevo deciso di intraprendere un corso di autodifesa. Non volevo finire come una povera deficiente sfruttata e malmenata dal fratello.

Per i miei 18 anni mia madre aveva incaricato Eliah di organizzarmi una festa a sorpresa e lui scocciato lo fece.


Il giorno prima del mio compleanno feci in modo di non trovarmi a casa. Semplicemente organizzai la mia fuga da casa. Lasciai una lettera a mia madre dove le spiegavo tutto: le botte, gli insulti e il perché me ne stavo andando.

Le scrissi di non cercarmi perché non le avrei risposto e le dissi che le volevo bene ma la situazione era invivibile.

Le lasciai la lettera sul letto e prese le mie cose, uscì dalla sua stanza per dirigermi verso il salotto dove sapevo ci sarebbero state le chiavi dell'auto.


" Dove stai andando?".

Al suono di quella voce mi si gelò il sangue nelle vene.

NO! Stava andado tutto liscio perchè proprio ora? Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?

" Ti ho fatto una domanda. Rispondi" il suo tono gelido mi bloccò il respiro.

Un attacco di panico stava per impossessarsi di me.

" Rispondi, puttana! Dopo tutto quello che sto facendo per te TU TE NE VAI!" disse prendendomi per un braccio e trascinandomi verso di lui.

Io impaurita non sapevo cosa rispondere. Ero paralizzata, non sapevo cosa dire per non farlo incazzare.

" Non parli? Ok, ti farò parlare io. E visto che con le buone non mi rispondi direi che non mi resta che usare le cattive maniere."

Detto ciò mi strattonò verso le scale mentre io cercavo di ribellarmi come un cane al guinzaglio.

Non volevo che mi facesse del male. Volevo solo andarmene e vivere una vita migliore lontano da lui, dalla fonte di tutti i miei problemi.

Perchè non voleva lasciarmi andare? Perché si ostinava a farmi del male?

Ancora oggi me lo chiedo e ancora oggi non l'ho capito.

Quella notte eravamo soli, poteva farmi di tutto.


Mi scaraventò sul letto e chiuse la porta a chiave precludendomi ogni via d'uscita. Ero spacciata.

Mi alzai subito dal letto e tentai di rifugiarmi nel suo bagno personale ma prima di entrarvi mi afferrò per la maglietta che indossavo e mi scaraventò nuovamente sul letto.

Chiuse anche quella porta a chiave e dopo iniziò a spogliarsi con finta calma. Quella notte riuscì a leggere nei suoi occhi una furia repressa incontenibile, furia che voleva riversare su di me.


"Cosa c'è troietta: la dai a tutti e non vuoi darla al tuo fratellino?" disse freddo. I suoi occhi erano scuri di rabbia e la mascella era serrata.

"Te ne volevi andare eh? Mi volevi portare via il mio giocattolino?".

Io scossi la testa con veemenza. A quel punto la rabbia lo vinse, tanto che fece saltare gli ultimi bottoni della sua camicia.

E io? Io ero terrorizzata. Voleva stuprarmi. Il mio fratellastro voleva stuprarmi. Cercai con lo sguardo un'altra via di fuga ma non ne trovai. Ero spacciata.

Mi alzai dal letto e mi allontanai il più possibile da lui.

"Vuoi giocare al gatto col topo!? Non ti conviene sfidarmi. Vieni qui" disse imperativo "non farmi incazzare".

"Ti prego, non farmi del male" dissi con voce rotta restando il più possibile lontana da lui.

Lui nervoso con uno scatto mi prese e mi spinse nuovamente sul letto con violenza.

Finì di spogliarsi e rimasto in boxer, si avvicinò al letto. Io mi mossi, cercai nuovamente di sfuggirgli e in un atto di completa disperazione gli tirai un pugno riuscendo a sfuggirgli per pochi istanti, il tempo di sfiorare la maniglia della porta della cabina armadio ed ero nuovamente sul letto, sotto di lui.

Dopo avermi intrappolato tra lui e il letto mi legò le mani alla testata di questo e iniziò a spogliarmi.

Iniziai a piangere, a scalciare e ribellarmi. Perché mi stava facendo questo? Perché mi odiava a tal punto?

Tentai di tirargli un calcio nelle palle ma lui riuscì a bloccarmi le gambe in una morsa ferrea, tentai di urlare ma fu tutto inutile. Nulla riuscì ad impedire a quel mostro di profanare il mio corpo.

Morse la mia pelle e lasciò le sue luride impronte sul mio corpo.

Cercai di serrare le gambe così da impedirgli di prendere quello che avevo di più prezioso: la mia verginità. Volevo aspettare il matrimonio per concedere me stessa alla persona che amavo e non al primo che capitava.

Ma ciò non mi fu concesso.


Mi dava della troia, della puttana ma ero tutto tranne che quello.

La prima spinta mi lasciò senza fiato, il dolore era lancinante, come una coltellata.

Ma più di quello il mio cuore stava sanguinando. Gli volevo bene, al di là degli insulti e dei calci e dei pugni, io gli volevo bene.

Lo capivo: aveva avuto un'infanzia infelice come se non più della mia. Sua madre era morta dandolo alla luce e suo padre aveva deciso di riallacciare i rapporti con lui solo recentemente, dopo averlo abbandonato. Capivo che fosse incazzato con il mondo, Dio solo sa cosa gli sia successo prima di rivedere suo padre.

Dio, sembra che io lo stia difendendo ma è l'ultima cosa che vorrei fare.

Nulla può giustificare il suo gesto. Io AVEVO tentato di legare con lui, avevo tentato di aiutarlo ma era stato tutto inutile.


E poi venne dentro di me mordendomi una spalla a sangue. Non sapevo se aveva usato un preservativo, potevo essermi presa una malattia o peggio, rischiare di rimanere incinta di quel mostro.

Si accasciò su di me e iniziò a lasciarmi scie bagnate dal collo ai capezzoli e poi da lì all'ombelico. Cosa voleva fare: convincermi a non denunciarlo? O stuprarmi di nuovo?

"Com'è stato puttanella? Ti senti soddisfatta?".

Non dissi nulla. Non piangevo più, sentivo solo le orecchie fischiare.

Non so come spiegarlo ma ad un certo punto mi sembrò di vedere tutto al rallentatore: lui che usciva da me e che mi smuoveva e io che smisi di respirare, gli occhi appannati e poi svenni.

E sognai.


Sognai un prato fiorito e un venticello primaverile accarezzarmi il volto. Il sole che scaldava la mia pelle. Il cielo limpido era attraversato da nuvole passeggere che sembravano zucchero filato.

Sentì una voce dolce, sottile come quella di un bambino chiamarmi. Mi alzai e girai su me stessa ma non riuscivo a vederlo. La voce era vicina ma io non riuscivo a vederne la fonte. All'inizio erano parole indistinte ma poi sentì "Mamma! Mamma! Vieni a giocare con me! Mamma, dai c'è anche papà qui. Mamma perché non vuoi giocare con me? Non mi vuoi bene?" .

Io cercai di capire dove fosse questo bambino ma non riuscivo a vederlo.

Poi mi toccai la pancia in un moto involontario e sentì un rigonfiamento. Abbassai lo sguardo e mi vidi incinta.

Poi tutto svanì e davanti a me apparì un bambino triste, vestito di stracci e con il viso rigato dalle lacrime.

"Mamma perché non mi vuoi bene?". Cercai di raggiungerlo ma invano. Poi caddi nel vuoto.


Mi svegliai poco dopo, i polsi liberi da ogni costrizione e lui accanto a me mentre dormiva beato.

Mi alzai e mi rivestì il più velocemente possibile.

Mi facevo schifo e provavo un dolore lancinante tra le gambe. Ma più di tutto questo lui mi faceva schifo.

Presi la mia roba, le chiavi dell'auto e sparì da quella casa e dalla vita di quella che per pochissimo avevo ritenuto una famiglia ma che si era rivelata solo una gabbia.

Mi rifugiai in casa di un ex amica di mamma. Le raccontai che non potevo più restare in casa e le chiesi aiuto.

Lei mi tenne con se qualche giorno ma poi una sera la sentì chiamare mia madre. Le disse che ero a casa sua e che doveva venire a riprendermi.

La odiai. Mi aveva promesso asilo ma poi mi aveva lanciato nella gabbia dei leoni.

Capì perchè mia madre la odiava tanto.

Dormì qualche notte in auto e poi me ne andai da quella città.

Sapevo di avere una zia a Denver, a circa 2 ore di viaggio da lì.

Ma a Dever non ci sarei mai arrivata.


Note Autrice

Ciao a te che stai leggendo.

Se la mia storia ha catturato la tua attenzione, ti invito a lasciare una recensione e a dare un'occhiata alle altre mie storie.

Per quanto riguarda "Ti odio perché ti amo anche se non dovrei" voglio informarti che momentaneamente aggiornerò ogni domenica.

Buone feste!

Missjendy99


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Capitolo 6
*** Presa o persa ***


-PRESA O PERSA-

Quando partii per Denver ero inguardabile: avevo passato gli ultimi giorni in un parcheggio abbandonato al limitare della città. Avevo passato il mio tempo rannicchiata sul sedile posteriore dell'auto a piangere e maledire quel mostro che era Eliah.

Mi faceva male tutto e mi facevo schifo. Avevo smesso di mangiare e avevo tagliato ogni ponte con la mia vita. Non rispondevo alle incessanti chiamate di mamma nè a quelle di John, il suo compagno. Erano preoccupati per me ma io ero ancora troppo sconvolta per preoccuparmi anche di loro.

Volevo andarmene e così tentai di fare.


Partì di notte, non mi ricordo esattamente bene il perché ma al momento mi era sembrata una buona idea.

Percorsi qualcosa come 50 km e poi una volante della polizia mi fece accostare.

Mi arrestarono e mi ritirarono la patente. A quanto pare il mio fratellastro aveva denunciato il furto dell'auto e dopo averla cercata a lungo mi avevano ritrovata grazie alle riprese di alcune telecamere autostradali.

Dopo aver spiegato loro che l'auto era mia e non essendo stata creduta li pregai di portarmi a casa dove sperai ci fossero i miei genitori.

Ma non fu così.


La casa la vidi da lontano.

E per un dannato secondo fui.. contenta in un certo senso.

Pensavo: mi stanno cercando, magari mamma ha letto la mia lettera e lo avrà cacciato via.

Ma poi lo vidi fuori in veranda; spiccava come uno spaventapasseri in un campo di grano.

Era imponente e spaventoso.

L'auto si fermò e mi fecero scendere. Gli chiesero se ero sua sorella ed Eliah confermò che ero la sua sorellastra e disse che non tornavo a casa da un paio di giorni e che era preoccupato per me. Disse che aveva denunciato il furto dell'auto perché così mi avrebbero trovato più velocemente.

Ero terrorizzata, aveva lo sguardo vuoto e sembrava piuttosto incazzato.

I poliziotti, reticenti, mi restituirono la patente e si scusarono con me per poi rimproverare il mio fratellastro.


Rimasi a debita distanza da lui. Mi ero sbagliata: mamma e John non erano a casa. Eravamo soli, di nuovo.

"Entra in casa" disse minaccioso, levandosi la cintura "ora".

Scossi la testa, gli occhi lucidi.

"Come ho fatto ad essere così stupida" mormorai tra me e me abbassando il capo.

"Ti senti forte ora?" dissi, presa da un moto di totale follia trattenendo le lacrime.

Ora basta piangere

Mi asciugai gli occhi con un gesto di stizza.

"Pensi di avermi in pugno?" dissi avvicinandomi a lui minacciosa "pensi che mamma non si accorgerà mai di quello che mi stai facendo?" iniziai a spintonarlo"Eh?! lurido pezzo di merda? Rispondimi cazzo!"

"Hai avuto le palle di stuprarmi ma non hai le palle per rispondermi?" dissi continuando a spintonarlo.

Lui era sconvolto. "Cosa c'è? Adesso ti impressioni se dico stupro?".

Lui fece per avvicinarsi e toccarmi ma io mi scansai "non ci pensare neanche. Mi fai schifo" dissi con tutto il disprezzo possibile.

Molte emozioni attraversarono il suo viso: confusione, tristezza, rabbia, pentimento e.... dolore? Possibile che provasse dolore per ciò che gli avevo detto?

È possibile che il mostro che mi aveva stuprata, picchiata e che aveva goduto nel fare ciò potesse provare dolore?


"Io.." tentò di dire "mi dispiace" sussurrò.

Ero sconvolta "ti dispiace? TI..DISPIACE?" ero furiosa " mi hai rovinato la vita fottuto bastardo! Almeno lo hai usato un preservativo?"

"Io.. io non me lo ricordo" disse, ancora più sconvolto di prima.

" Sai che c'è?" dissi al mio limite "ti ho sopportato per anni, ho sopportato gli abusi e non ho mai detto niente e ora sono al mio limite. Non puoi avermi fatto questo e uscirtene con mi dispiace. Se rimarrò incinta abortirò; non posso crescere il frutto di uno stupro"

"SMETTILA! Smettila di dirlo" disse accovacciandosi a terra e coprendosi le orecchie come un bambino piccolo. Iniziò a tremare. "Tu lo volevi" disse alzando il viso, lo sguardo da pazzo "mi provocavi con l'abbigliamento e.. quella volta che mi hai aperto la porta di casa in asciugamano?" .

"Eliah... tu non mi hai mai visto in asciugamano.." dissi spaventata.

È fuori di testa. Lo guardai negli occhi "Ah..ecco cos'è. Sei fatto!".

Ma ormai cosa mi stupisco a fare? O è fatto o è ubriaco. Prima o poi finirà in comunità. Spero il prima possibile.


Sbuffai. Si stava facendo buio e noi eravamo ancora in veranda.

"Eliah, alzati. Non puoi restare qui" dissi stringendomi nelle spalle.

"Mi hai sentito?" gli chiesi impaziente di andarmene a dormire.

"Sono un mostro" disse guardando a terra.

"Almeno siamo d'accordo su qualcosa" distolsi lo sguardo da quella scena patetica.

Era fatto e in uno stato pietoso. E pretendeva comprensione. Lui, capisci? Lui, lo stupratore pretendeva comprensione dalla sua vittima.

Non penso ci sia qualcosa di più assurdo di questo.

Ero stanca, avevo mal di testa.

" Se tu vuoi restare qui ad autocommiserarti, bene. Fallo. Io me ne vado a dormire. " dissi e cercai di andarmene ma fui bloccata.

Mi arpionò un piede "ti prego" mi guardò, gli occhi lucidi e lo sguardo smarrito "aiutami".

Lo scrutai a fondo. Era ancora strafatto, non poteva farmi del male. Giusto?

Sospirai. "Ok" lo presi per un braccio e provai a tirarlo su ma risultò più difficile del previsto.

"El non posso farlo da sola. Pesi. Su, alzati" lo incoraggiai.

Ma come mi ero ridotta.. stavo aiutando il mio aguzzino.


Venti minuti e una rampa di scale dopo lo appoggiai sul letto e gli levai le scarpe.

Poi lo coprì con un lenzuolo.

"Cosa hai preso? E, soprattutto quanto ne hai preso?" gli chiedo sedendomi sul bordo del letto.

Ma che sto facendo? Perché mi sto preoccupando per lui?

" Sai che sei bellissima?" delirava...perfetto "l'ho sempre pensato. Hai gli occhi più belli che io abbia mai visto: non sono dei banali occhi azzurri, hanno delle venature verdi e oro. Semplicemente stupendi. E poi il tuo viso a cuore mi ispira sesso" ride "Dio, le tue labbra carnose sono perfette, una visione".

"Sta zitto" dico innervosendomi "non sei divertente".

"Sono serio invece. Adoro, anzi no... amo il tuo corpo. Così dolce.. così... morbido, si adatta al mio alla perfezione. Siamo con due pezzi di un puzzle, perfettamente combacianti, due facce della stessa medaglia" inizia ad accarezzarmi il braccio. I suoi occhi sono due calamite mi attraggono ma allo stesso tempo mi urtano.

Vorrei fargli male, tanto quanto lui ne ha fatto a me.

Vorrei che soffrisse, che capisse quanto male mi abbia fatto.


Mi perdo tra i miei pensieri e cerco di ragionare. Uno di noi deve farlo.

E poi mi bacia"fai l'amore con me" sussurra allontanandosi e fissandomi, gli occhi liquidi. Cerca di avvicinarsi ancora una vola ma mi scanso.

Ribrezzo, sento solo questo.

"Ti prego Rose. Piccola" cerca di riavvicinarsi ma io mi scanso incazzata.

"Come puoi chiedermi questo? Dopo tutto quello che mi hai fatto! " mi alzo e cerco di liberarmi dalla sua presa.

Ma non ci riesco, mi ha arpionato il braccio.

All'improvviso sono sotto di lui come quella notte. Si mette sopra di me, premendosi contro di me come quella notte.

Il panico si impossessa di me " NO!" urlo ma non riesco a levarmelo di dosso.

È troppo pesante.

"Se lo fai ancora" lo minaccio "ti denuncerò".

Ma lui non si muove.

"Non voglio fare nulla. Voglio solo restare così, uniti come fusi insieme. Come se fossimo una persona unica, un unico pezzo del puzzle" mi abbraccia stretto e strofina il suo naso sul mio collo.


Cercai di levarmelo di dosso ma non ci riuscì in nessun modo. Era pazzo e io me ne dovevo andare.

" Ferma altrimenti..ah" poi lo sentì e smisi di muovermi, mi irrigidì.

"Ora mi passa. Non ti muovere ok? Lasciami fare una cosa...mi fa male" disse baciandomi il collo e strusciandosi su di me per trovare sollievo.

Lo sentivo ovunque ma allo stesso tempo da nessuna parte. Mi era completamente addosso ma non mi stava toccando.

Sentì un calore al basso ventre inspiegabile.

Un gemito involontario lasciò la mia bocca e lui si bloccò.

"Così mi uccidi" disse appoggiando la fronte al mio seno per qualche secondo.

Secondi che diventarono minuti.

Poi mi addormentai profondamente.




La mattina quando mi svegliai me lo trovai ancora addosso: il suo viso era nell'incavo del mio collo, la mano sinistra tra i miei capelli e la destra intrecciata alla mia mano sinistra.

Mi veniva difficile respirare, il suo bacino era a diretto contatto con il mio.

A quanto pare durante la notte avevo aperto le gambe. Avevo ancora i jeans almeno.

Solo dopo me ne accorsi, la mano tra i miei capelli si stava muovendo.

"Ehi.." dissi in imbarazzo.

"Ehi" disse sorridendo "è così che vorrei svegliarmi ogni mattina" disse lasciandomi un bacio a stampo che io cercai di sviare sulla guancia, riuscendoci.

"Potresti toglierti?" dissi infastidita.

"Niente sveltina mattutina?" disse mantenendosi su un gomito e osservandomi maliziosamente.

"Niente sesso punto. E ora togliti" dissi glaciale "dobbiamo discutere di una cosa" si alzò da me e io con lui.

Uscì in corridoio per andare in camera mia e cambiarmi.

"Aspetta, non.." entrai "entrare".

Era tutto distrutto: una delle ante dell'armadio era scardinata, lo specchio era in mille pezzi. La sedia si era volatilizzata e la scrivania era ammaccata.

I vestiti che erano rimasti erano stati squarciati e gettati un po' a terra e un po' alla rinfusa sul letto.

Anche le pareti erano distrutte; la carta da parati era stata strappata in vari punti e vicino alla finestra vi era il solco di un pugno. Ma la cosa peggiore non era questa.

Sulle pareti, in rosso vi era scritto "puttana".

Solo il letto sembrava intatto.

"Esci" dissi gelida.

"Rose, non fare così" cercò di avvicinarsi ma tesi il braccio davanti a me.

"Non voglio sentirti, esci" gli intimai.

"Come vuoi. Tanto non hai significato nulla, volevo solo essere gentile".

" Aspettami in cucina, dobbiamo parlare".

"Si, signor caporale" disse acido.


Cercai di salvare il salvabile e il resto lo gettai con stizza in un sacco nero.

In quindici minuti sistemai tutto alla bell' e meglio e feci una telefonata che avrebbe segnato il futuro della nostra famiglia.


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Capitolo 7
*** Nuovo inizio ***


– NUOVO INIZIO -

Scesi in cucina per parlare con Eliah e spiegargli quello che avevo fatto.

Lo trovai seduto sull'isola mentre si fumava una canna.

"Dovresti smettere di fumare qua dentro. Mamma prima o poi se ne accorgerà" gli dissi aprendo il frigo alla ricerca del latte: avevo fame, non avrei smesso di mangiare per colpa sua. Comunque sarebbe finito tutto al più presto.

"Non è un mio problema" disse .


"Ho chiamato il centro di disintossicazione della città: ti vengono a prendere domani." dissi atona. Volevo che si curasse, che stesse meglio e che riprendesse in mano la sua vita e non se la rovinasse in questo modo.

"Tu hai fatto cosa?" disse tra l'allibito e l'incazzato.

"Hai capito" dissi fredda "mi hai stuprato ma non ti denuncerò, non ancora almeno. Devo rifletterci, non so se ho voglia di dare questo dispiacere ai nostri genitori." continuai scaldando il latte, dandogli le spalle "Se non ti farai ricoverare.. se non ti farai curare.. io ti rovinerò. Lo giuro." conclusi gelida voltandomi verso di lui.


Sbiancò. Sembrava un topolino in gabbia.

Misi il latte in una tazza e feci per salire in camera ma mi fermai e dissi "o puoi andartene e non farti rivedere mai più". Lo guardai un'ultima volta e mi recai in camera.

Poco dopo sentì bussare alla mia porta, ma ero pronta ad una sua sfuriata e quindi l'avevo chiusa a chiave.

" Perché mi hai fatto questo..io... ah lascia stare. Non potresti capire. Ho capito l'antifona: me ne andrò. Io.. mi dispiace per quello che ho fatto. Spero che tu mi possa perdonare. Addio".


Nell'ora successiva lo sentì trafficare in camera con una valigia e poi sentì la porta d'ingresso sbattere.

Quella fu l'ultima volta che lo vidi.




Qualche tempo dopo


Era un martedì d'aprile e io ero a casa con la febbre.

Da qualche giorno stavo male ed ero ingrassata nell'ultimo periodo.

All'inizio preferì ignorare quei sintomi e mi auto convinsi che quello che mi stava accadendo altro non poteva essere che frutto di una banale influenza.

Ma diciamo che me lo sentivo; era ovvio che fossi incinta.

Non ero così stupida e ne avevo visti di programmi televisivi con ragazze madri e gravidanze che non mostravano i sintomi, ma io li avevo.

Non ero pronta ad affrontare la situazione, non ero pronta nemmeno a confermare il mio stato.


Ricordo ancora il momento in cui feci il test, quel martedì d'aprile; ero a casa da sola e così, senza pensarci, mi vestì in fretta e furia e, presa la borsa e un po' di soldi, uscì di casa. Destinazione farmacia. Lì comprai 4 test e, tornata a casa ne feci due.

Aspettai qualche minuto ma, presa dal panico, non guardai nemmeno il risultato e li buttai tutti nel cestino.

Mi sdraiai in posizione fetale e iniziai a piangere, non poteva essere. Non potevo essere incinta. Giusto? Cosa ne sarebbe stato del mio futuro? E del futuro di quell'esserino?

Mezzora dopo, preso coraggio, feci gli altri due test che risultarono entrambi positivi.

Quella volta non mi feci prendere dal panico e decisi che avrei fatto un' ecografia perchè i test non sempre sono affidabili.


Decisi di non dirlo a mamma e me lo tenni per me. Sarebbe stato sciocco da parte mia farla preoccupare inutilmente. Aveva altre preoccupazioni per la testa. Così presi appuntamento e qualche tempo dopo mi presentai nello studio del dottor Monroe.

Un uomo comune, nella media che spiccava per gentilezza e umorismo.

Seppe mettermi a mio agio in poco tempo mi confermò l'esistenza dell'esserino che stava crescendo dentro di me.

A quel punto mi resi conto di due cose:

  1. avevo una vita a cui pensare;

  2. non lo avrei mai detto a mia madre.


A distanza di una settimana da quel giorno mamma lo scoprì e reagì malissimo, non mi parlò per due settimane ma poi John in qualche modo la convinse a perdonarmi.

In realtà lei non sapeva ancora nulla su come fossi rimasta incinta e io non volevo dirglielo, non volevo separare la famiglia più di quanto non lo fosse già.


Alla fine Eliah se ne era andato senza dire nulla a nessuno.

Tornò pochi giorni dopo per spiegare la situazione al padre. Disse che non riusciva a vivere con noi e che aveva bisogno di spazio. Detto questo se ne andò e io non ne sentì più parlare.

Jhon ne soffrì moltissimo, aveva da poco ritrovato il figlio e in un istante lo aveva nuovamente perso; e tutto questo era accaduto a causa mia.

Solo in seguito scoprì che il mio fratellastro rimase in contatto con mia madre e ancora non ne so il perché.


All'inizio la gravidanza sembrò procedere bene, iniziai a mangiare più sano e a lavorare in un piccolo negozietto di musica in centro.

Qualcosa per passare il tempo e racimolare qualche soldo per il bambino.

Avrei usato molte di quelle cose che mia madre aveva comprato quando era incinta di me come ad esempio la culla, il passeggino e il lettino ma per il resto volevo provvedere da me a mio figlio.

E comunque a lei non andava ancora giù la storia che volessi tenerlo; non le avevo voluto dire chi fosse il padre del bambino (per ovvi motivi ) e volevo tenerlo.. perché lo amavo già. Ma lei non riusciva a comprenderlo, diceva che non potevo permettermi un bambino e che mi avrebbe rovinato la vita.

A me non importava, era già una parte di me.


Al sesto mese il dottor Monroe mi disse che non avrei più potuto lavorare perché il bambino aveva bisogno che io mi riposassi di più e io non lo stavo per nulla facendo. Mi disse che se non lo avessi fatto avrei rischiato di perdere il bambino.


Così smisi di lavorare e stetti a letto prendendomi cura di lui a tempo pieno; gli leggevo le storie o gli parlavo accarezzandomi la pancia ormai enorme, a volte gli facevo sentire qualche canzone o cercavo di sentirlo muoversi in qualche modo. E seppur in quei momenti fossi davvero felice in realtà ero triste, mio figlio avrebbe avuto solo me, solo una mamma e nessun padre.

Eliah non lo avrebbe mai dovuto scoprire; fui chiara con i miei, nessuno doveva essere informato della mia gravidanza e loro mi diedero ascolto.



A metà dell'ottavo mese fui ricoverata d'urgenza in ospedale per delle complicazioni.

Fecero nascere mio figlio prematuramente a causa di un distacco di placenta e lo misero in incubatrice.

Non me lo fecero vedere per due giorni, giorni in cui mia madre cercò di convincermi di dar via Lukas ad una coppia con cui aveva parlato e che non poteva avere figli.

Rimasi spiazzata dalla sua sfacciataggine e le dissi che ci avrei pensato. In realtà non ci avrei pensato affatto. La sua razione mi schifò alquanto, sorrise felice e mi abbracciò dicendomi che stavo risolvendo il problema alla perfezione.


Vedeva il mio bambino come un problema da risolvere, un errore da eliminare mentre io soffrivo le pene dell'inferno perché il mio piccolo aveva rischiato grosso.


In quel momento decisi che io con lei non avrei più potuto viverci.

Ma non potevo ancora andarmene di casa. Non avevo abbastanza soldi o qualcuno che mi potesse ospitare.

Iniziai a prendere così in considerazione l'opzione dell' adozione, forse avrebbe avuto una vita migliore, forse avrebbe avuto il sostegno e il denaro di cui avrebbe avuto bisogno per crescere nel modo migliore possibile.


Quando lo vidi però tutte le congetture, tutte le riflessioni svanirono.

Lui era così piccolo e fragile e il suo corpicino era attaccato a un sacco di tubicini.

L'infermiera mi spiegò che eravamo stati fortunati e che il mio bambino sarebbe uscito tra qualche settimana, il tempo di prendere un po' di peso.

"Tua madre è passata poco fa e ha detto che la coppia a cui vuoi dare il bambino in adozione passerà domani a vederlo" disse l'infermiera.

"Cosa? Io.. io non voglio dare il mio bimbo in adozione"

"Oh.. beh, dovrai dirlo anche a lei" disse comprensiva.

"Ci ho provato ma lei sente solo quello che vuole sentire"mormorai " io voglio tenerlo, è il mio bambino. Non riuscirei a vivere serena sapendo che lui non è con me".


"Allora, come lo vuoi chiamare?" chiese cercando di alleggerire l'atmosfera.

"Lukas" dissi sorridendo "ci ho pensato a lungo, avevo molte opzioni ma in realtà è l'unico che mi sembrava adatto"

"E il padre, se posso permettermi di chiedere?" disse mentre mi accompagnava a prendere un tè caldo.

"È complicato" iniziai tremante "lui si droga ed è violento, o almeno era così prima. Ora se ne è andato, non so dove sia. La cosa peggiore è che lui .." mi fermai qualche secondo. Potevo davvero dire ad una sconosciuta che, quel bimbo là dentro era frutto di uno stupro? E che suo padre era il mio fratellastro?

"lui se n'è andato perché gliel'ho chiesto io e ora Lukas non avrà un padre" conclusi in lacrime. No che non gliel'avrei detto.

"Oh, tesoro" disse lei cercando di consolarmi "vedrai che tutto si sistemerà".

"Domani sei di turno qui?" le chiesi.

" Si perchè?"

"Visto che domani arriverà la coppia che vuole vedere Lukas, potresti chiamarmi quando arriveranno? Voglio spiegar loro la situazione. Io sarò nella stanza 202 per alcuni controlli" le chiesi speranzosa.

"Certo tesoro. Ora sei più tranquilla?" chiese apprensiva.

Annuì.


Chiaccherammo ancora per qualche minuto e poi mi recai in stanza per aspettare John che voleva vedere Lukas e che era stato in ufficio fino ad allora.

Entrò in stanza tutto trafelato e trasandato " come stai tesoro? Ho provato a liberarmi prima ma non ci sono riuscito. Dov'è Lukas?" disse avvicinandosi per abbracciarmi.

Lo abbracciai a mia volta "è in incubatrice " dissi triste.

"Sta bene?" chiese preoccupato.

Durante tutta la gravidanza John mi fu accanto e instaurammo un bellissimo rapporto. Mi resi conto del perché mia madre se ne innamorò. Era ed è davvero un uomo fantastico e un perfetto ascoltatore. E sicuramente fu quello che mi aiutò di più.

A lui confidai tutti i miei timori e tutte le mie paure sulla gravidanza e lui mi aiutò moltissimo facendomi riflettere sulle conseguenze delle mie azioni in modo costruttivo.

Iniziai a considerarlo come un secondo padre. Ad un certo punto gli stavo per confessare chi fosse il padre di Lukas ma poi ebbi timore che iniziasse a odiarmi e così rinunciai.

"Lui sta bene"


"Ma tu no" capì lui.

"Mamma ha provato a convincermi nuovamente a dare Lukas in adozione"

"E tu?" chiese .

"Volevo schiaffeggiarla. È assurda, non la capisco. Dovevi sentirla, lo ha definito un problema. Ma sai che per me lui non lo è. So che sarà dura, ma è mio figlio. Non ho intenzione di abbandonarlo papà".


"Lo sai che sarà dura per lei accettarlo, ci vorrà del tempo e tanta pazienza ma vedrai che alla fine si innamorerà di lui e non vorrà più convincerti a darlo via. Ma aspetta: come mi hai chiamato?" chiese emozionato.

"Papà. Se ti da fastidio.. posso chiamarti solo John" sorrisi imbarazzata giocando con le mie dita.

"Ma no che non mi da fastidio anzi ne sono felicissimo" disse abbracciandomi.

"Posso vederlo?" chiese gli occhi chiari lucidi d'emozione.

"Certo" mi alzai dal lettino e lo accompagnai nella stanza di Lukas.

Mi avvicinai al mio bimbo con John e glielo mostrai.

"È bellissimo. Quando lo potrai portare a casa?" chiese lui infilando una mano dentro per accarezzargli un piedino.

"Tra qualche settimana. Fai piano. Ho paura anche di toccarlo, sembra che possa rompersi da un momento all'altro".

"Crescerà sano e forte, vedrai. Anche Eliah è nato prematuro e mi ricordo che la prima volta che gli ho toccato il piedino lui ha mosso il braccino" disse malinconico.

"Sai in famiglia tutti i maschi tendono a ereditare una voglia quì sulla caviglia " disse mostrandomi il punto dove Lukas aveva una strana macchia a forma di chicco di caffè "che strano, anche Lukas ce l'ha" e poi si bloccò.


"È mio nipote Rosaly?" chiese lui staccandosi dal bimbo e guardandomi dritto negli occhi.

"Si. È Eliah il padre." dissi abbracciandomi. Provai un freddo glaciale " E, prima che tu dica qualsiasi cosa, abbiamo avuto un solo rapporto e... non..non è stato consensuale." abbassai lo sguardo, piena di vergogna "Ora so che mi odierai e che non vorrai più vedermi, quindi me ne andrò. Tempo qualche giorno e..".ma non conclusi il mio discorso perché mi abbracciò e quando alzai lo sguardo lo vidi piangere.

"Non. Azzardarti. Io non ti odio, io ti voglio un bene dell'anima e mi dispiace così tanto per quello che ti è successo. Ti ammiro, non hai abortito. Ma, almeno lo hai denunciato?" chiese staccandosi dall'abbraccio.

"Non volevo distruggere la nostra famiglia così ho chiamato il centro di disintossicazione per farlo venire a prendere e gli ho dato un ultimatum: o si faceva curare o se ne andava. E lui ha scelto di andarsene."


"Farsi curare da cosa?" chiese confuso.

"Lui..lui si drogava e.. ed era violento. Molto violento" dissi allontanandomi da lui e invitandolo a spostarci in un altro posto.

"O. Mio. Dio. E perché non ce l'hai mai detto?" chiese confuso.

"Perché mi minacciava e perché tu e mamma eravate così felici insieme. Non volevo rovinare tutto" poi continuai "è successo la notte prima del mio diciottesimo. Volevo andarmene di casa e lui... si è infuriato. Ha detto che gli volevo portare via il suo giocattolino e ..poi ha fatto quello. Voi non c'eravate e io me ne sono andata via da casa per qualche giorno. Per essere al sicuro."

"Tesoro non sai quanto mi dispiace. Ma tua madre lo sa?"

"Dio no. Se lo avesse saputo probabilmente mi avrebbe fatto abortire. E io Lukas lo amo già. Non lo voglio dare a nessuno papà, ti prego mi devi aiutare a trovare un posto in cui mamma non possa intervenire e portarmelo via." dissi gli occhi lucidi "Stamattina mi ha detto di pensare all' adozione ma lei in realtà ha già chiamato una coppia che verrà domani a vedere il mio bambino. Senza il mio permesso." conclusi.


"Stai tranquilla tesoro, risolverò tutto io." disse abbracciandomi e portandomi in stanza "Ora riposati. Ci vediamo domani".

"A domani".




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Capitolo 8
*** La svolta ***


La mattina mi svegliai grazie ad un'infermiera che mi scuoteva dicendomi che dovevo recarmi nella stanza del mio bambino.

Mi alzai velocemente dal lettino e mi recai in reparto.

Giunta davanti alla stanza dell'incubatrice vidi una coppia che si teneva per mano e che attendeva senza entrare, complice l'infermiera che conobbi il giorno prima che faceva da barriera.

"Eccola" disse lei guardandomi.


La coppia si voltò verso di me, la speranza negli occhi.

Mi avvicinai con cautela e mi posizionai davanti a loro.

"Salve, io sono Rosy"

"Ciao, noi siamo i signori O'Connel siamo qui per Luke, tua madre ci ha parlato molto di te" mi sorrisero.

"Mi dispiace informarvi che mia madre vi ha parlato di Luke senza il mio permesso. Mio figlio non verrà dato in adozione" dissi decisa.

Loro mi guardarono spaesati "noi pensavamo che.. " iniziò la signora.

"Mi dispiace darvi questo dispiacere. Da quanto siete in contatto con mia madre?" volli capire fino a dove si potesse spingere mia madre.

"Dal quinto mese. Abbiamo anche già fatto la cameretta" rimasi scioccata. Come aveva potuto...

"Mi dispiace davvero tanto. Ma non posso darvi mio figlio" li guardai mortificata. Mi sembrarono molto tristi e infelici.

"Conosco una ragazza più giovane di me che vorrebbe dare in adozione sua figlia. Se volete posso mettervi in contatto con lei".

"Non so se sia il caso" disse il signor O'Connel.

"Sarah, questa ragazza, non ha trovato nessuna coppia che le andasse a genio. Ma voi sembrate persone per bene, potreste piacerle. Tra l'altro oggi è in ospedale per dei controlli".

Si guardarono per qualche secondo poi annuirono.


Mandai un messaggio veloce a Sarah, una ragazza che conobbi ad un corso preparto che avevo frequentato, dicendole che avevo trovato una coppia che forse le sarebbe piaciuta e che eravamo in ospedale.

Mi rispose subito e mi disse in che stanza fosse e di raggiungerla lì.

"Ha detto che vuole incontrarvi" annuirono, un sorriso mesto dipingeva le loro labbra.

"Un secondo" dissi. Entrai nella stanza di Luke e gli toccai un piedino. Avrei voluto prenderlo in braccio ma non potevo, era ancora debole e io non abbastanza pronta.


Uscì dalla stanza e accompagnai i due dalla mia amica.

Sarah, alla loro vista, si mostrò subito entusiasta e li salutò calorosamente.

"Questi sono i signori O'Connel" glieli presentai.

Discussero per qualche minuto e più il tempo passava più la vedevo entusiasta.

Così decisi di lasciarli da soli a discutere.


Ritornai dal mio bambino e lì vi trovai mia madre che lo osservava a distanza.

"Delusa?" le chiesi facendola girare verso di me.

"Di cosa tesoro?" chiese, un sorriso tirato.

"Che Luke sia ancora qui" le dissi acida "So cosa hai fatto mamma, ho incontrato la coppia".

Sbiancò, pensava di farmela sotto al naso per caso? Non le avevo nemmeno dato il permesso di parlare di mio figlio nei termini di adozione.

Eppure dovrebbe capirmi. Non ci siamo viste per anni.


"Ti posso spiegare io.."

"Tu cosa? Vuoi dirmi che dovevi farlo? Che sono troppo piccola? Che non capisco? Spiegamelo perché davvero non ti capisco... Perché l'hai fatto? Tu per prima dovresti capire perché non voglio dare via Luke" dissi.

"Hai ragione, dovrei capirti. Ma non ci riesco, io ti volevo tu invece non volevi un figlio".

La interruppi subito "è vero non lo volevo all'inizio ma ora lo amo questo bambino. È stata una parte di me per nove mesi e ora è qui"

"Ma sei ancora troppo giovane.. come farai con la scuola? Ti troverai un lavoro per mantenere questo figlio?" volle apparire ragionevole ma non lo fu per nulla.


"Smettila mamma, se solo tu fossi stata più attenta... lascia stare" era inutile discutere con lei. Vivevamo insieme ma non mi conosceva per niente.

Faceva finta di nulla quando vedeva qualche livido e non parlavamo praticamente più; era sempre occupata con il lavoro.

Non poteva sapere che Eliah mi picchiava o che avevo un lavoro.

Avevo messo dei soldi da parte. E avevo ancora quelli che volevo usare per andare via quel giorno. Mi sarebbero bastati per un paio di mesi o giù di lì.


Mi allontanai da lei quel giorno. Andai a parlare con l'infermiera e le dissi di non far vedere a mia madre il bimbo, non ne aveva il diritto.

Poi incontrai John che mi disse che sapeva che avevo litigato con mia madre e che potevo stare nell'appartamento in cui viveva lui prima e che ora era diventato una specie di magazzino in cui teneva delle sculture e dei dipinti.


Così mi trasferì lì. All'improvviso mi ero ritrovata a vivere da sola e con un bimbo "in arrivo".

Non avevo le preoccupazioni per l'affitto ma dovevo preoccuparmi comunque per le spese del bambino.

Le cose per lui non sarebbero state mai abbastanza.

Iniziai a lavorare part-time come cameriera di giorno e come barista di notte in un locale vicino a casa. Questo almeno fino a quando fui sola.


All'arrivo di Lukas a casa era tutto pronto, avevo sistemato i dipinti e le sculture di John in una delle stanze e l'avevo chiusa a chiave. Erano belli ma ingombranti.

Poi avevo dato una sistemata al salotto rendendolo a prova di bambino, avevo sistemato la culla nella stanza padronale dove dormivo e poi avevo iniziato a dipingere le pareti della nuova stanzetta di Luke, stanza in cui avrebbe dormito quando sarebbe stato più grande.


Per i primi tempi fu difficile tenere il ritmo, gestire un bimbo con l'asma e le coliche non era semplice e nemmeno mantenere entrambi i lavori lo fu.

Dopo qualche settimana fui costretta a chiamare un'infermiera che potesse stare con il piccolo mentre ero fuori la sera. Era ancora troppo piccolo per una baby sitter e poi aveva attacchi d'asma frequenti, avevo bisogno di qualcuno di qualificato e il più possibile affidabile.Per il resto la mattina me lo portavo al lavoro.

In quei momenti era tranquillo ma la sera impazziva letteralmente, iniziava a piangere per le coliche e voleva sempre stare in braccio a me,perciò dopo poco tempo l'infermiera non potette più occuparsene e io fui costretta a mollare il lavoro da barista.


In quel periodo conclusi gli studi online, stavo finendo il college quando tornò a casa.

E non la nostra vecchia casa ma bensì la mia e quella di Luke.


Non mi sarei mai aspettata di vederlo a casa mia e nemmeno che Luke avrebbe incontrato suo padre.

Entrò in casa senza che me ne accorgessi, di notte.

Io e il bimbo stavamo dormendo nel lettone. All'epoca Luke doveva compiere cinque anni.

Era intelligente il mio bimbo, aveva iniziato a camminare prestissimo mentre aveva iniziato a parlare un po' più tardi, cosa che all'epoca mi fece preoccupare.


Entrò in stanza e accese la luce, cosa che mi fece svegliare.

Si fermò sull'uscio e ci squadrammo per qualche secondo.

Poi vide Lukas e rimase impassibile.

Mi infilai una vestaglia e uscì dalla stanza inseguendolo.

"Cosa ci fai qui?" mi chiese una volta giunta in salotto, le braccia incrociate e un cipiglio in volto.

"Questa è casa mia. Cosa ci fai tu piuttosto?" gli chiesi stanca strofinandomi il viso.

"No, questa è la casa di mio padre, e da oggi mia" disse sciogliendo le braccia "l'ho rilevata ieri pomeriggio".

Lo guardai allibita.

"John lo sa?" chiesi dubbiosa.

"Si" disse strofinandosi anche lui il viso stanco "possiamo parlarne domani? Sono stanco e vorrei dormire almeno qualche ora"

"Mamma?" mi sentì chiamare. Lo guardai per qualche secondo poi mi recai da mio figlio.


"Luke tesoro, cosa c'è?" chiesi. Ero una mamma apprensiva, soprattutto perché aveva l'asma e la notte faceva fatica a respirare.

"Male" disse toccandosi il petto. Poco dopo iniziò a respirare in modo affannato così gli diedi l'inalatore e lo aiutai a sedersi in modo tale che stesse meglio più in fretta.

"È tutto ok, la mamma è qui" gli dissi cullandolo dopo aver visto uscire dai suoi occhietti qualche lacrima.

Si spaventava sempre dopo questi dolori.


Lo cullai fino a quando non si riaddormentò. Mi dimenticai di Eliah fino a quando non lo vidi sull'uscio.

"Dove dormo?" sussurrò.

"Divano" mimai con le labbra.

Annuì e dopo qualche secondo passato a fissare Luke se ne andò in salotto.


La mattina dopo era il mio giorno libero perciò mi svegliai verso le 9 e sgattaiolai in cucina per preparare al mio ometto la colazione: pancake e succo di frutta.

"Buongiorno" mi salutò Eliah. Era già vestito, l'accenno di barba che avevo intravisto la notte precedente svanito e aveva messo un po' di colonia.

"Buongiorno" replicai "fatto colazione?" chiesi.

"No, quelli sono per me?" chiese, un sorriso tirato.

"No, questi sono per Luke che dovrebbe.." iniziai ma fui interrotta dalla voce di mio figlio " mammmmaaa". Un terremoto si stava avvicinando.

"Appunto" dissi sorridendo. Misi il piatto a tavola e il succo in un bicchiere.

Luke mi corse in braccio e io me lo sbaciucchiai per qualche minuto.

"La mamma ti ha fatto i pancake e il succo che ti piace tanto" gli dissi

"Siiii" disse avvolgendomi le braccine al collo e abbracciandomi.

Poi scese giù e si fermò vedendo Eliah.

"Chi sei?" gli chiese.

"Lui è lo zio Eliah. È tornato ieri sera da un viaggio, saluta." risposi io.


"Ciao" disse Eliah.

"Ciao" disse Luke avvicinandosi e stringendogli la mano. Lo aveva imparato da John che veniva spesso a farci visita.

Poi mio figlio si sedette a tavola e iniziò a mangiare.

"Buoni?" gli chiesi.

Luke annuì e sorrise mostrando il vuoto lasciato da un dente caduto qualche giorno prima e da cui si vedevano i pancake che stava mangiando. Io scoppiai a ridere " chiudi la bocca" dissi e gli scompigliai i capelli.


Eliah ci guardava in silenzio. Gli diedi anche i suoi pancake e per me presi del latte e un frutto.

Finita la colazione Luke corse in bagno a lavarsi i denti, quel giorno doveva andare dal nonno in ufficio e io lo dovevo accompagnare.

Io invece feci per andare in camera a vestirmi ma lui mi prese per un polso."Dove vai?" mi chiese.

Io mi ritrassi immediatamente, memore ancora di quello che mi aveva fatto. Erano passati anni ma mi faceva ancora ribrezzo.

"Dobbiamo parlare" continuò quasi ferito dalla mia reazione.

"Vado a cambiarmi, devo portare Luke da John poi possiamo parlare" gli dissi.

"Vengo con te" disse.

Io lo guardai dubbiosa ma poi annuì.

Mi recai in camera e mi vestì in maniera semplice; un paio di jeans e un maglioncino. Faceva abbastanza freddo per essere a Settembre.


Poi vestì mio figlio e uscimmo tutti di casa.

Prendemmo la mia macchina che aveva il seggiolino e in dieci minuti giungemmo in ufficio da John.


"Ciao campione" disse il custode del palazzo appena vide Luke. Quest ultimo corse verso il custode e gli abbracciò le gambe "Ciao Sam" strillò il piccolo.

"Giochi con me più tardi?" chiese Luke.

"Certo" gli sorrise Sam "se la mamma è d'accordo possiamo andare al parco con il nonno. Che dici mamma?" mi chiese.

Guardai mio figlio che aveva messo su una faccia adorabile, stava facendo gli occhioni e faceva sporgere il labbro inferiore. Così ridacchiando un po' restia gli dissi di si.

"Ora andiamo su dal nonno" lo presi per mano e salimmo al quarto piano.

Lì ci accolse la segretaria che avvisò papà che eravamo lì.

Subito dopo si aprì la porta e Luke corse ad abbracciare il nonno.

Forse dovrei dargli meno zucchero la mattina, è fin troppo agitato. Rischia di farsi venire un attacco d'asma.

"Ciao papà" dissi in contemporanea a Eliah che mi guardò stranito.


Salutai John con due baci sulle guance e poi gli spiegai brevemente il programma di oggi.

"Luke perchè non vai giù ad aspettarmi? " disse papà. Luke mi guardò e gli feci cenno di si.

Mio figlio si fece accompagnare dalla segretaria giù da Sam.


"Perchè non me l'hai detto? E soprattutto lui lo sa?" chiesi a John indicando con un cenno del capo Eliah.

"Era ora che Luke lo incontrasse non pensi?" chiese.

"Sai cos'è successo e perché non volevo succedesse!" gli dissi dura.

"Io sono qui" disse Eliah ironico.

"Lo vedo" dissi accusandolo con lo sguardo "e sai cosa ti avevo detto al riguardo".


"Sono cambiato" disse "e poi cos'è che dovrei sapere?" chiede confuso.

"Nulla" dissi intimando a John di stare zitto.

"Ok" disse John ponendo le mani in segno di resa "Dovrebbe saperlo però" disse poi guardandomi.

"Ma si può sapere di cosa state parlando? Cosa centro io?" chiese spostando lo sguardo da me a John.

"È una faccenda privata" dissi a Eliah, lo sguardo duro. Non sopportavo l'idea che fosse tornato. E poi per cosa? Per stravolgermi di nuovo la vita?

"No" iniziò John "non lo è. Da oggi vivrete insieme" concluse lapidario.

"Perfetto, perfetto davvero John" ce l'avevo a morte con lui. In certi momenti capivo anche perché Eliah avesse certi comportamenti prepotenti.

"E non potevi chiedermelo magari? Tenendo conto che mio figlio abita in quella casa?" chiesi sottolineando che Luke fosse mio figlio e basta. Non di Eliah, solo mio. Lui non lo merita un figlio.


"È proprio perché Luke abita in quella casa solo con te che lo faccio. Ha bisogno di una figura maschile più presente di me" disse addolcendo lo sguardo.

Da quando avevo avuto Luke non avevo avuto tempo per trovarmi un uomo.

"Cos'è un crimine non volere un uomo nella mia vita?" dissi amara. Me n'è bastato uno per una vita intera "E poi pensi davvero che lui sia adatto? Come faccio a sapere che non gli farà del male?" come ne ha fatto a me, aggiunsi mentalmente.

"Sono cambiato Rosy" disse il diretto interessato.

"Ah si? Adesso non fumi canne ma sai passato a qualcosa di più forte? Magari l'eroina o la cocaina?" chiesi ironica.

"Sono davvero cambiato. Rose l'ho fatto dopo quella notte" disse mortificato.

"Lo sa" gli dissi facendo accenno a John "è l'unico che sa tutta la storia" dissi.

Eliah sbiancò "l-lo sai?" chiese balbettando.

"Si, so tutto. E non sto qui a dirti che il tuo comportamento è stato deplorevole perché lo sai già" disse la delusione negli occhi.

Una volta me lo aveva raccontato. Era deluso da Eliah, ma più di tutto era deluso da se stesso; non c'era stato e suo figlio si era trasformato in uno stupratore.

"So che sei cambiato Eliah. Ho visto i tuoi progressi. Sono stato lì con te ogni istante della terapia. Ti ho sostenuto e ho visto i miglioramenti" disse rivolto al figlio "li ho visti davvero Rosy" disse guardandomi intensamente. Voleva convincermi.

"Sono pulito da quattro anni Rose, niente droga e niente alcol. Amicizie migliori e un ottimo lavoro. Non voglio che tu e..e Luke abbiate paura di me" disse esitante "non gli farò del male. Non vi farò del male".

"Per ora dovrete comunque vivere insieme" disse John.

Lo guardai allibita "NO!" dissi categorica.

"Non puoi scegliere" disse papà "non ti puoi permettere un'altra casa e lui ha appena rilevato l'appartamento".

"Avevate già programmato tutto, non è vero?" dissi spostando il mio sguardo tra l'uno e l'altro ormai rassegnata.


"Tesoro voglio solo che Luke abbia una famiglia" disse John una volta che Eliah era uscito un attimo.

Lo fissai e mi costrinsi ad annuire "vivremo insieme. Ma se succede qualcosa a Luke ti riterrò direttamente responsabile".

Discutemmo ancora per qualche istante e una volta tornato Eliah ce ne andammo.

Tornammo a casa, e stabilimmo che lui avrebbe dormito nella stanza dei quadri.

Quel giorno lo aiutai a sgomberare la stanza.

Dopo un paio d'ore avevamo finito di sgomberare tutta la stanza. Mi recai così in cucina per prendere una bottiglia di vino e preparare il pranzo. Luke sarebbe tornato verso le quattro.

Mi versai un bicchiere di vino.

Iniziai a tagliare le verdure, ero immersa nei miei pensieri.

Forse la presenza di Eliah nella vita di Luke avrebbe fatto bene al bambino. Forse..o forse no. Solo il tempo me lo avrebbe detto.

"Sei sempre stata brava a cucinare" disse ad un certo punto Eliah spaventandomi.

"Cavoli" mi tagliai con il coltello a causa dello spavento "mi hai spaventata" dissi mettendo il dito in bocca e girandomi verso di lui.

"Cerca di non apparirmi più così alle spalle. Non sono abituata ad avere un uomo per casa" dissi.

Dopo qualche secondo il dito smise di sanguinare e io continuai a cucinare.


"Mi sei mancata" disse. Era più vicino di prima.

"Non ti avvicinare più di così. Non sopporto averti così vicino" dissi fredda.

Si allontanò sospirando e si sedette al tavolo. Rimase in silenzio per qualche minuto e poi ricominciò a parlare "quanti anni ha Luke?"

Fermai il mio lavoro per qualche secondo meditando se dirgli la verità o mentergli. Poteva capire che Luke fosse suo figlio? " deve farne cinque fra qualche settimana" dissi aprendo il frigo e prendendo della carne.

"Capisco" disse. Stava facendo sicuramente dei calcoli.

"E il padre dov'è?" chiese ad un certo punto quando mi voltai verso di lui per apparecchiare.

"Non voglio parlare di questo argomento con te" dissi fredda. Amavo il mio bambino ma il come l'avevo ottenuto non mi era piaciuto per niente.

"Ok" disse.


Mangiammo in completo silenzio e poi disse " quando ritornerà a casa?".

Guardai l'orologio "fra qualche minuto" dissi.

Ero stanca e domani sarei dovuta andare a lavorare.

Mi andai a sdraiare sul divano e accesi la tv in cerca dei cartoni; di solito Luke e John, dopo una giornata all'insegna del gioco amavano mettersi sul divano a vedere i cartoni. Qualche volta si addormentavano lì e a me non restava altro che coprirli, spegnere la tv e andare a dormire.

Erano davvero teneri insieme.

Appena chiusi gli occhi sentì il campanello suonare.

Eccoli. Andai ad aprire e me li ritrovai tutti e due sporchi di terra, "ma cosa avete fatto?" chiesi ridendo.


"Siamo andati al parchetto dove non c'è tanta erba e tuo figlio appena ha visto il fango ci si voleva buttare a capofitto. Ma poi l'ho fatto ragionare e ci siamo seduti sull'erba. Poi ci siamo messi a giocare a nascondino e questo è il risultato" disse ridendo.

Scoppiai a ridere "fila a lavarti ometto" dissi abbracciandolo e sporcandomi anche io. Ma chi se ne importa che si sia sporcato, basta che sia felice. I vestiti si lavano i sentimenti negativi sono più difficili da mandar via.

Lui corse via e lo sentì ridacchiare. Prima di sedermi gli avevo preparato la vasca con il mio bagnoschiuma al cocco e ci avevo infilato i giochi da bagno. Lo avrei lasciato giocare per un poco ancora e poi lo avrei dovuto tirare fuori a forza. Amava fare il bagno, o almeno amava l'acqua. Un po' meno la parte del lavaggio.


"Eliah da a John un cambio" dissi entrando in cucina dove lui stava lavando i piatti.

"Perchè?" chiese.

Ridacchiai "va a vedere tu stesso".

Lui perplesso andò in salotto dove papà era rimasto in piedi, in difficoltà. Anche lui sembrava stanco ma non voleva sporcare il divano e quindi sembrava indeciso tra il sedersi per terra o chiedere aiuto.

Eliah scoppiò a ridere "ma cos'hai fatto?" gli chiese.

"Lunga storia" disse imbarazzato al figlio. Quest ultimo si recò in camera sua e prese un cambio per John che lo ringraziò e andò a cambiarsi in camera mia.


Passati venti minuti andai a recuperare mio figlio che, stranamente non fece capricci quando iniziai a lavarlo per bene dallo sporco. Quando gli dissi che doveva uscire annuì accondiscendente.

"Quando se ne va lo zio?" chiese Luke.

"Amore lo zio vivrà con noi. Non ti sta simpatico?" chiesi a lui sorridendogli.

Fece no con la testa. Io risi "oh tesoro, vedrai che quando inizierai a giocare con lui ti starà più simpatico" cercai di convincerlo. Almeno mio figlio era dalla mia parte.

Lo asciugai per benino e poi lo mandai a vestirsi.

Feci una doccia veloce e poi andai anche io a cambiarmi.


Lungo il corridoio incontrai Eliah ma non lo degnai di uno sguardo e filai in camera "il bagno è libero se vuoi" dissi prima di chiudere la porta.


Quella sera papà se ne andò a casa perché Luke si addormentò subito dopo aver cenato mentre io rimasi sul divano a bere un bicchiere di vino.

Ero stressata dalla nuova presenza in casa, un bicchiere era d'obbligo.

Lui si sedette vicino a me, in mano una bottiglietta d'acqua.

"Allora è vero che non bevi più..." dissi fissandolo.

"Già" disse lui girandosi verso di me.


"Com'è stata la gravidanza?" se ne uscì all'improvviso facendomi quasi strozzare con il vino. Forse avremmo dovuto stabilire delle regole.

Sorrisi al ricordo "difficile, ho avuto alcune complicanze e Luke è nato prematuro. Per questo ha l'asma" dissi facendo riferimento all'episodio del giorno prima.

Rimasimo in silenzio per alcuni secondi.

"Dobbiamo stabilire delle regole" iniziai "così da poter vivere in modo civile senza darci fastidio più di tanto".

"Ok" disse.

"Ok, allora:

  1. niente donne o uomini per casa. Se vuoi farti qualcuna o la fidanzata non puoi farlo quì perchè c'è Luke;

  2. Luke ed io abbiamo degli orari prestabiliti quindi, se mi dici approssimativamente i tuoi vedremo di farli combaciare in qualche modo;

  3. Luke va alla scuola materna, quindi se chiamano a casa da lì ti pregherei di avvisarmi per telefono. Poi ti darò il mio numero.

  4. Visto che ora siamo in due qui dovremo dividerci le faccende di casa; poi ci metteremo d'accordo."

"Va bene" disse semplicemente.

"Io vado a dormire. Domani la sveglia è alle 8. Cercheremo di non fare troppo casino"

"Non importa, anche io mi sveglierò a quell'ora. Buonanotte"

"Buonanotte"

Una volta infilatami a letto, Luke si mosse e mi abbracciò. Io lo strinsi a me e ci addormentammo così.

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Capitolo 9
*** La verità ***


Il mattino dopo mi svegliai mezz ora prima della sveglia. Così la disattivai e scesi dal letto per preparare la colazione. Mi sentivo stanchissima, troppe novità in troppo poco tempo e quel giorno avrei avuto sia il turno di giorno che di notte al nuovo lavoro e dovevo trovare un modo per convincere John a tenere Luke. Non mi fidavo di Eliah, per nulla. Una passeggiata insomma.

Quella mattina preparai i plumcake salati e dopo averli infornati andai a svegliare Luke. In corridoio incontrai Eliah vestito di tutto punto con un abito grigio metallizzato "Buongiorno" mi disse a disagio.

"Buongiorno. Ti fermi a fare colazione con noi?Ho appena infornato i plumcake" lo informai. Guardai l'ora mancavano pochi minuti alle 8 e io dovevo svegliare Luke, la parte migliore della giornata.

"Certo" disse lui grattandosi il collo. Era palese il suo disagio.

"Se devi scappare te ne lascio qualcuno per domani" dissi indifferente.

"No, no va bene. Ho qualche minuto prima di andare al lavoro" disse passandomi accanto e dirigendosi in cucina.

Io andai in camera, mi vestì e svegliai Luke. Lui si impuntò per vestirsi da solo e lo lasciai fare. Dopo essermi spruzzata qualche goccia di profumo mi recai in cucina con Luke per fare colazione.

La scena che mi si parò davanti mi fece scoppiare a ridere: Eliah si era messo il mio grembiule rosa sopra l'abito elegante e con movimenti impacciati e senza scottarsi cercava di tirare fuori dagli stampi i plumcake.

Lui mi guardò imbarazzato e finì di togliere il plumcake scottandosi. Io mi avvicinai e gli presi la mano posandola sotto l'acqua.

Quella che all'inizio sembrava essere una situazione normale divenne imbarazzante: io ero davanti a lui che gli tenevo la mano protesa verso il rubinetto e lui era appiccicato alla mia schiena.


Subito dopo lui avvolse l'altro braccio intorno alla mia vita e mi attirò a se. Mi annusò i capelli e mi strinse più forte. Io incazzata mollaì bruscamente il suo braccio e lo spinsi via guardandolo con rabbia "non provarci più" gli intimai.

Lui abbassò lo sguardo e poi si levò il grembiule. Prese la valigetta, che non avevo notato avesse pochi istanti prima, prese le chiavi e se ne andò.

Spostai lo sguardo verso Luke che mi guardava incuriosito e gli feci un sorriso "facciamo colazione?" gli chiesi.

Lui sorrise e annuì. Mangiammo in tranquillità e poi lo accompagnai alla scuola materna per poi recarmi al ristorante.

La mattinata passò velocemente, e prima delle 14 avevo raccolto alcune mance consistenti.

Finito il turno andai a prendere Luke a scuola e lo portai a casa . Non si sentiva alcun rumore, segno che Eliah doveva essere sicuramente ancora al lavoro.

Avrei avuto qualche minuto per rinfrescarmi e per chiamare papà. Lui e mamma stavano ancora insieme ma io e lei non ci vedevamo da anni. Non accettò mai che avessi deciso di tenere Luke e quindi all'epoca decisi di troncare i rapporti. Non avevo bisogno di qualcuno che mi stressasse.


Lasciai il bimbo giocare in salotto e io andai a farmi una doccia veloce. Mi cambiai e chiamai John.

Ma non mi risopse lui bensì Eliah "Pronto Rose è tutto ok?" disse in apprensione.

"Ciao.. si è tutto ok. C'è papà?" chiesi .

"Ehm.. si. Aspetta, te lo passo" mi fece attendere qualche minuto e poi mi passò John.

"Tesoro è successo qualcosa?"

"No papà. Volevo chiederti se potevi tenere Luke sta sera. Ho il primo turno al nuovo lavoro" dissi mordicchiandomi un pollice. Fa che accetti, ti prego.

"Tesoro non posso tenere Luke sta sera, ho una cena di lavoro" disse dispiaciuto. Cavoli!

"Passamela" sentì Eliah in sottofondo "posso tenerlo io Luke" disse deciso.


"Non mi sembra il caso.." dissi dubbiosa. Perchè vorrebbe stare con lui? Non avrà mica scoperto che è suo figlio?

"Sarei comunque a casa. Per che ora dovresti tornare?"

"Non so se lasciarlo con te sta sera. Forse chiamerò una baby sitter". Non mi fido di lui.

"Non serve davvero. Dammi un po' di fiducia, non gli succederà nulla. Te lo prometto."

"Ok... Tornerò per mezzanotte circa. Tu per che ore arriverai a c.. qui?" non volevo chiamare casa quest appartamento. Non se c'era anche lui.

"Per le 18 sarò a casa. A dopo"

"Ciao" mormorai chiudendo la chiamata.


Passai il resto del tempo a giocare con Luke e poi aspettai l'arrivo di Eliah.

Prima di uscire di casa dissi a Luke di chiamarmi in caso di necessità e diedi il bacio della buonanotte a Luke "ti voglio bene" gli sussurrai sui capelli.

"Anche io mamma" disse lui sorridendo.

Lo abbracciai e poi mi avvicinai alla porta. Eliah mi seguì fino all'uscio. Gli feci le ultime raccomandazioni e poi uscì di casa.


Il mio nuovo lavoro era quello di cassiera in un negozio aperto 24/7. Era piccolo ma davvero accogliente e mi permetteva di avere un salario in più almeno fino a quando non avrei potuto ottenere un lavoro in ufficio, con un salario più alto. Ma fino ad allora avrei dovuto arrangiarmi, mi mancava poco alla laurea in economia. Dovevo dare solo l'ultimo esame e poi avrei potuto inviare un po' di curriculum in giro.


Finito il turno mi cambiai e salutai Jeremy, un omone grande e grosso che era il capo della security.

Uscì nel parcheggio e presi la macchina, il quartiere era tranquillo quindi non c'erano grossi pericoli di cui preoccuparsi.

Tornata a casa vidi le luci del salotto accese. Possibile che sia rimasto in piedi ad aspettarmi? Quella notte non mi aveva chiamata nemmeno una volta quindi dedussi che fosse tutto ok. Ma non ero lo stesso tranquilla.


Aprì la porta d' ingresso e mi levai il giubbotto e le scarpe per poi fiondarmi in camera. Volevo solo farmi una doccia e sprofondare nel mio letto. Luke non riusciva ancora a dormire nel suo; diceva che aveva paura del mostro sotto il letto e che con me si sentiva al sicuro.

Quindi quando vidi che Luke non era a letto mi prese un colpo. Corsi in salotto

"Dov'è mio figlio?" chiesi in preda al panico.

"Sta dormendo" mi guardò confuso.

"No, non è nella mia stanza. Dov'è?" chiesi rabbiosa.

"Non è nella tua stanza perchè è nel suo letto. Vieni a vedere" si alzò dal divano su cui si era seduto e mi precedette nel corridoio. Arrivati davanti alla porta socchiusa della camera di Luke lo vidi a letto.

Rilasciai un sospiro di sollievo e poi chiusi la porta.


Mi lasciai cadere a terra. L'adrenalina stava scemando. "Mio Dio" dissi mettendomi le mani tra i capelli.

Lui era ancora in piedi. Mi tese un braccio "dai, alzati" disse.

Io mi rannicchiai di più "Un secondo" gli dissi.

Lui si sedette vicino a me "sei troppo apprensiva. Finirai per sentirti male di questo passo"

Scossi la testa "come hai fatto?" gli chiesi. Nemmeno John era riuscito a farlo dormire nel suo letto.

"A fare cosa?" chiese curioso.

"È la prima volta che dorme nel suo letto" dico guardandolo negli occhi.

"Ah, la faccenda del mostro.. si l'ho aiutato a scacciarlo. Anche io da piccolo avevo paura del mostro sotto il letto. Quindi l'ho aiutato a mandare via la paura"

"Si ma come?" chesi.

"Segreto" disse sorridendo.

"Ok.. io mi vado a fare una doccia" dissi alzandomi e lui con me"buonanotte".

"Aspetta" disse lui avvicinandosi a me "Possiamo parlare?".

"Senti..sono stanca. Non ne possiamo parlare domani?" chiesi stropicciandomi gli occhi.

Lui sbuffò passandosi una mano sul viso "non so se riuscirò ad averne il coraggio domattina".

Poco dopo mi attirò a se e mi abbracciò "Mi dispiace molto per quella notte".

Io mi immobilizzai, avevo la nausea. Non mi doveva toccare. Cercai di divincolarmi e pochi secondi dopo lui mi lasciò andare.

Avevo le lacrime agli occhi, non ero ancora riuscita a superare quel giorno, a lasciarmelo alle spalle. Essere toccata da un uomo che non fosse John mi faceva sentire sporca.

Feci un passo indietro e scappai in camera. Lui mi inseguì ma io riuscì a chiudere la porta alle spalle prima che lui potesse fermarmi.


Dopo aver avuto Luke per me fu difficile rapportarmi con l'altro sesso. Gli uomini mi spaventavano, avevo paura che mi potesse succedere la stessa cosa che era successa con Eliah.

"Ti prego aprimi. Mi dispiace così tanto Rosy. Non sono più quel ragazzo. Voglio solo spiegarti perchè è successo e chiederti scusa"

Le lacrime scendevano copiose, il mio cuore batteva velocemente. Avevo paura.

"Ok, non importa. Non devi per forza aprirmi. Mi metterò qui, in ginocchio e ti spiegherò perchè ti ho fatto tutto quello" fece una breve pausa e poi riprese con voce roca " all'epoca io ti amavo profondamente e ti odiavo allo stesso tempo. Tu eri così bella e pura e.. non potevi essere mia. Eri e sei la mia sorellastra e il non poterti avere mi faceva uscire fuori di testa. All'inizio speravo che i nostri genitori si lasciassero così che potessi dirti quello che provavo ma quando si sono sposati volevo solo distruggerti. Poi ho saputo che tu ti eri fatta uno dei miei migliori amici e così mi sono ubriacato e quando ti ho visto io ho dato di matto. Non riuscivo ad accettarlo, volevo averti e così ho fatto. Mi dispiace così tanto, ero depresso e autolesionista all'epoca. Soffrivo e volevo che soffrissi anche tu. Ma ora mi sento così in colpa e vorrei cancellare tutto quello che ti ho fatto" poi mormorò qualcos altro e infine si appoggiò alla porta.


"Lui è tuo figlio" dissi appoggiando il viso alla porta ancora chiusa.

Poi la aprì, lui era in ginocchio, gli occhi spalancati.

"Davvero?" chiese ancora in ginocchio. Annuì. Mi strinsi nelle spalle e distolsi lo sguardo.

"Non..non sei costretto a stare con noi. Noi" tirai su con il naso e mi asciugai gli occhi "noi ci troveremo un'altra casa. Io ho due lavori, ce la possiamo permettere e tu potrai vivere la tua vita in pace".

Poi lo guardai, era sconvolto. Era ancora in ginocchio e mi guardava. Poi sorrise "o mio Dio. Dimmi che non stai scherzando" poi si alzò e cercò di avvicinarsi a me per abbracciarmi ma io stesi un braccio davanti a me "non sopporto di essere toccata" lui si fermò, un po' deluso " e comunque no, non sto scherzando. È tuo figlio".


"È un bambino bellissimo" disse "ed è nostro figlio" il suo viso si illuminò.

"Grazie" poi disse "grazie per averlo tenuto" i suoi occhi divennero lucidi.

"Non avrei mai abortito" sussurrai "era mio figlio, una creatura innocente. E non se lo meritava" sospirai " Senti...non sei costretto a fare da padre a Luke. Noi ce la siamo cavata fino ad ora. Lui non sa chi è suo padre quindi.."

"Io voglio esserci" mi interruppe.

"Cosa? Sul serio?" ero incredula. Davvero avrebbe voluto far parte della vita di Luke?

"Si voglio far parte della vostra vita e non voglio più perdermi nessun momento della vita di Luke e.. voglio passare con te e con Luke ogni istante. Io non ho mai smesso di amarti Rosaly. Probabilmente tu mi odi e non ti biasimo per questo. Ma vorrei stare con te e con nostro figlio".


"Vuoi dire che.. che vuoi formare una famiglia con me e Luke?" dissi allibita.

"Si" disse lui convinto.

"Ma...io non ti voglio. Luke non ha bisogno di te" dissi arrabbiata "noi non abbiamo bisogno di te, non ne abbiamo mai avuto bisogno".

"Rose, per favore. Ragiona, lui ha bisogno di un padre. Non lasciarti accecare dal tuo odio per me. Sicuramente non mi rivuoi nella tua vita ma non privare Luke di suo padre" mi implorò.

Io lo guardai arrabbiata. Come poteva chiedermelo? Luke però aveva bisogno di un padre quindi alla fine mi arresi.

"Noi non saremo mai una famiglia" dissi gelida "ma hai ragione non posso precludere a Luke la possibilità di conoscere suo padre quindi puoi fare parte della sua vita"

"Oh..ok, ok"

" Ora scusa ma sono distrutta, ne riparleremo in un altro momento"

Lui concordò e se ne andò a letto.

Quella notte la passai a sognare, più che sogni erano incubi spaventosi su Eliah che tornava a drogarsi e a bere e picchiava Luke.


Mi svegliai di soprassalto verso le 4 e solo verso le 5 decisi di alzarmi dal letto.

Mi recai nella stanza di Luke e controllai che stesse bene.

Tirai un sospiro di sollievo quando lo sentì russare un pochino. Doveva essere proprio stanco.

Così andai in cucina e lì vi trovai Eliah, vestito come il giorno precedente. Era pallido e provato e sembrava non esser riuscito a dormire come me.

"Ehi" mi disse vedendomi

"Buongiorno, non riesci a dormire?" gli chiesi.

"Sono stato sveglio tutta la notte. Stavo pensando a come potessimo dire a Luke che sono suo padre" si passo una mano sul viso e poi mi guardò "E tu? Problemi d'insonnia?"

"Già.."

La conversazione finì lì e io ritornai a letto. Avremmo dovuto trovare un modo per dirlo a Luke e non sarebbe stato semplice.

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