Dolce & Diabolico

di Poetessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inferno ***
Capitolo 2: *** Tentazioni ***
Capitolo 3: *** Orgoglio ***
Capitolo 4: *** Sogni ***
Capitolo 5: *** Negli occhi e nel cuore ***
Capitolo 6: *** Dolce e diabolico ***



Capitolo 1
*** Inferno ***


~ Inferno ~

 

Il bicchiere in una mano, fisso il liquido denso che oscilla. Un solo sorso e scende pesante nel mio stomaco. La gola in fiamme, una botta al cervello che annulla i pensieri, l’odore dell’alcol che esce dalla mia bocca. E’ questo quello che sono diventato. O quello che sono sempre stato: la giacca firmata e il mocassino lucido, un abbigliamento impeccabile fatto a pezzi durante la scopata della notte. Un’altra donna, lì, distesa nuda su un letto che non ha mai visto l’amore. Non riesco nemmeno ad avvicinarmi. E’ solo un gioco. Un gioco che si fa ogni giorno più noioso e ripetitivo.

Dov’è il segreto della felicità?

In un mazzo di carte mai usato? In una donna mai violata? In un bicchiere ancora pieno?

Dov’è?

La pioggia cade rigando il vetro della finestra, distorcendo i fari delle macchine che sfrecciano sulla strada. Non credevo facesse così male. Stringo la mano attorno al collo della bottiglia, più forte, sempre più forte. Così forte che se non fosse così spesso lo spezzerei. Immagino il sangue scorrere tra le mie dita macchiando il polsino della camicia, un sangue che non ha sapore, che contiene l’anima nera del diavolo e non ne ha paura: il mio sangue. Nemmeno quel dolore annullerebbe quello che mi sta torturando. Quello che ha il colore delle sue labbra e la dolcezza della sua carezza. Un dolore che non avevo mai provato, che non riesco a contrastare.

Mi alzo e lascio che il mio sguardo si perda nel buio della notte mentre la mano si abbassa sulla maniglia della portafinestra. Un vento gelido penetra dallo spiffero invadendo quella stanza lussuosa che è la mia prigione e il mio paradiso. Gli spruzzi d’acqua sfiorano il mio viso raggelandomi. Fuori da questa stanza non sono nessuno. Solo un nome, un nome e un volto, un volto senza cuore. E qui dentro? Qui dentro sono un’anima peccatrice, con una pena da scontare. Ma io non ho paura, io l’inferno lo conosco. Il mio inferno ha un nome, una voce angelica e un corpo divino. Un vestito perfetto e un sentimento travolgente. Il mio inferno si chiama Blair Waldorf.

Lascio scivolare il bicchiere sul comò, apro la finestra e mi immergo nell’oscurità della notte. La pioggia macchia il mio completo firmato, scende pungente sul mio viso, mi avvolge, distruggendo l’immagine impeccabile che il mondo ha di me. Chiudo gli occhi e per la prima volta dichiaro la mia sconfitta. Lì, sotto quella pioggia, schiacciato da un dolore troppo grande, mi affaccio al parapetto, stringo le labbra attorno alla bocca della bottiglia e lascio che l’alcol mi inebri con il suo calore dimenticandomi di tutto il resto.

 

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Capitolo 2
*** Tentazioni ***


~ Tentazioni ~

 

Le scarpe esposte nella vetrina, nuove, brillanti. Lei oltre il vetro le guarda ammaliata, le prova. La sua caviglia ruota leggermente per apprezzarne la perfezione. Non serve tutto questo rituale. Entrambi sappiamo che sei semplicemente divina. Con o senza quelle scarpe. Ma entrambi non possiamo fare a meno di fissare quella fibbia che si incrocia sulle tue dita, quel tacco che oscilla sostenuto dal tuo peso, quella suola rossa che si nasconde ad ogni passo. Ruoti, la gonna del vestito svolazza lasciando intravedere l’elastico dell’autoreggente. Istintivamente controllo che nessun altro oltre a me l’abbia notato. Guardano altrove, fissano ciechi la realtà di quel negozio senza rendersi conto di quello che si stanno perdendo. Eppure sei lì, ad un passo da loro. Bella come sei sempre stata. Semplicemente incantevole. Tu, la regina dell’Upper East Side. Blair Waldorf.

Ed io sono qui oltre una vetrina che non riesco a varcare, sospirando per un lembo di pelle che vorrei semplicemente sfiorare. Credevo che sarebbe finita, che l’alcol che scorre nelle mie vene avrebbe assopito questo fuoco che mi consuma. Invece ogni sguardo, ogni gesto, ogni minimo frammento di te mi penetra nell’anima e mi tortura. Ti vedo e non riesco a distogliere lo sguardo, ti penso e non riesco a dimenticarti. Ti seguo, ti sogno, ti desidero. Qui, ora. Sul divanetto della boutique, catturati dallo sguardo di tutti, ti farei mia. Perché è quello il tuo posto, perché non riesco a resistere.

Mi appoggio al muro prima che tu apra la porta. Scivoli decisa davanti a me, senza accorgerti.

“Credevo ti servisse un cavaliere per il ballo, non un paio di scarpe.” La mia voce esce decisa dalle mie labbra prima che la possa controllare.

Ti  volti.

Chuck.” Pronunci il mio nome con disprezzo,  con  quell’arroganza che sa di odio e di amore, che solo tu puoi liberare. “Credevo avessi impegni più importanti che pedinarmi.” affermi sfidandomi.

“Mai tentazione è più dolce che progettare il proprio futuro seguendo gli sviluppi di quello altrui.”

Un sorriso acido si dipinge sul tuo volto perfetto. I capelli ti cadono in dolci boccoli sulle spalle in contrasto con il rossetto porpora che ti lucida le labbra. Aggressiva e tenera. Forte e insicura. Questo sei.

“Un giorno capirai che per ottenere qualcosa bisogna inseguirla, non limitarsi ad osservarla.” controbatti pronta e innervosita.

Adoro il tuo modo di tenermi testa, anche quando non ce n’è bisogno. Come ora che hai la vittoria tra le mani, che qualsiasi cosa faccia sei già un passo più avanti di me. Mi hai in pugno. E non lo capisci, o fingi semplicemente, per ingannarmi, per spingermi a dare sempre di più. Ma in fondo sappiamo entrambi come finirà. Questa sera il vestito che desideravi ti aspetterà in camera, una limousine scura passerà a prenderti e quando arriverai al ballo un rampollo dell’alta società ti porgerà la mano. E io dove sarò?

Un passo indietro. Come sono ora.

Mi allontano. Senza dire niente. Tu resti lì, immobile, spiazzata. Non sento il tuo passo a inseguirmi, non sento le tue parole a richiamarmi. Non sento niente. Allora mi volto preoccupato, pensando che te ne sia andata. I miei occhi incontrano i tuoi carichi di rabbia e un sospiro di sollievo mi alleggerisce il cuore nello stesso istante in cui giro l’angolo e il contatto si spezza.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Orgoglio ***


Note dell’autrice:

Mi presento solo ora. Gentili lettori, mi chiamo Laura. E adoro giocare con le parole e con i sentimenti. Questa ff nasce con l’intento di entrare dentro i protagonisti, per capire cosa li avvicina e cosa li tormenta. Spero sia di vostro gradimento. Qualsiasi commento è felicemente gradito.

Ringrazio chi a questo racconto si è già appassionato, spero continuerete a seguirmi. Anche nelle altre storie.

XOXO Poetessa ;)

 

~ Orgoglio ~

 

La sala è sfarzosa come sempre. Candelabri, bicchieri e gioielli luccicano al debole bagliore delle fiammelle. Il resto è immenso nel buio. Un gioco di luci e ombre. Tra ciò che è visibile e ciò che si può solo immaginare. E la musica, soave, accompagna il lento muoversi dei ballerini sulla pista.

Resto al mio posto, al buio. La mia mano si stringe sul braccialetto al polso di Giselle, mentre la mia mente la spoglia del sensuale vestito che la avvolge. Le sposto i capelli dal collo e la bacio delicatamente, quando in realtà vorrei spingerla contro il muro. Ma è questo ciò che si aspetta da me. E io voglio giocare. Voglio incantarla. Voglio che lei si ricordi di me. E’ una bella ragazza, è francese. Il suo accento mi fa impazzire. Sa dare il giusto peso a ciò che è importante e sa sfruttare le opportunità, sempre con un briciolo di ironia. I convenevoli non sono stati necessari. E’ bastata un’occhiata per capire che eravamo perfetti per questa serata.

Si tocca le labbra con la lingua con fare sensuale, mentre gli occhi azzurri sono lontani, catturati dagli accessori delle altre donne della sala. Finge di non essere qui per me, quando in realtà non aspetta altro che stare in mia compagnia. La festa non è altro che una copertura. Ci siamo piaciuti da subito.

Ogni dieci minuti facciamo un passo verso la porta di servizio, i miei baci si fanno più intensi e le mie dita fanno scivolare la spallina di strass per lasciarle scoperta la spalla. La accarezzo e lei mi spinge ancora più indietro ondeggiando sui tacchi a spillo. La mia schiena urta contro la maniglia ed io lascio il suo braccio per abbassarla mentre con l’altra mano le accarezzo il fianco. I ricami di velluto mi solleticano le dita e le sue forme invitanti fanno aumentare il mio desiderio.

La musica cambia e la stanza appare ancora più buia. Dietro di me un corridoio si snoda fino alle camere da letto dell’hotel. E’ un percorso che conosco fin troppo bene. La scalinata di marmo, il tappeto di velluto, la chiave che fa scattare la serratura, le lenzuola di seta…

Forse questa volta è il caso di cambiare.

Giselle improvvisamente si gira verso di me. Le sue labbra sfiorano il mio naso e le sue dita ingioiellate slacciano il primo bottone della mia giacca. La serata si fa intrigante ma non ho ancora voglia di andare via. Richiudo la porta.

“Ti prendo qualcosa da bere.” le sussurro nell’orecchio senza lasciarle il tempo di controbattere.

Mi allontano. Mi guardo intorno. So che è qui, so che mi sta evitando. So che ha apprezzato la mia sorpresa. So che io sono l’unico alla sua altezza qui dentro. Ma lei non c’è. Ha imparato i miei trucchi, e ha imparato a sfuggirmi. E questo mi fa male. Mi ferisce nell’orgoglio e forse anche nel cuore.

Un cameriere mi passa accanto ed io prendo al volo due calici di vino. Ho cambiato idea, se lei non c’è è inutile rimanere.

Giselle è incantevole. Stringe la pochette contro il petto nell’attesa, i boccoli dorati le cadono sui seni e mi pento di averla lasciata sola. Ha venticinque anni e una laurea in economia. Un passato da modella e un futuro da manager. Non potevo chiedere di meglio.

Potrebbe essere la donna di una vita, invece per me sarà solo quella di una notte. Ma questa notte sarà diversa dalle altre. Sarà una notte che non si dimenticherà facilmente. Nessuno si dimentica di Chuck Bass.

Mi mangia con gli occhi mentre si morde le labbra. Chi le passa accanto non riesce a non fissarla. E’ incantevole. Si, in fondo, Giselle si merita molto di più.

“Mi chiedevo perché tu fossi ancora qui.”

Il cuore che sobbalza nel petto, la musica che si affievolisce, la sua voce. Dolce, melodica e sfrontata. I nostri sguardi si incontrano prima delle nostre mani. Ci sfioriamo. No, lei mi trascina verso un angolo. Al buio.

“E’ questo quello che vuoi?”

Non capisco.

La fisso. Fisso i suoi occhi scuri che mi accusano, fisso le sue labbra rosse che si muovono. Fisso il vestito che le ho regalato. E la vedo, perfetta.

“Vuoi lei?”

Parole che fluiscono veloci, aggressive. Me le sputa in faccia. Così da quei dieci centimetri di distanza che ci separano. Rabbiosa, gelosa.

“Chi è per te? Chi è?”

Non lo so. Non lo so.

In questo momento non so più niente. Mi perdo. Nelle tue urla, nelle tue accuse. Mi perdo, sconfitto. Il cuore mi batte forte. Vorrei prendere la tua mano e posarla sul mio petto, vorrei farti sentire che effetto mi fai. Vorrei che tu lo provassi insieme a me. Ma ho paura. E mi tiro indietro.

“Lei è la mia preda, lei è…

Poi le parole mi muoiono in gola, mentre sbianchi.

“Lei è solo una delle tante. Non ti darà niente. N-i-e-n-t-e.”

E’ così. Lei è un gioco, lei è un passatempo di cui mi sono già stufato.

Ma non lo capisci?

Dimmelo. Dimmelo, che mi vuoi. Dimmelo e sarò tuo. Che aspetti? Dimmelo. Urlami contro quello che ti esplode dentro, quello che provi quando mi vedi, quello che ti tortura. Siamo fatti della stessa pasta. Io e te. Non puoi fingere.

Mi vuoi?

Sono qui, prendimi.

“E tu?”

“Io?” chiedi con aria innocente.

“Tu cosa puoi darmi?”

La domanda arriva troppo a bruciapelo, troppo forzata. Troppo, troppo, troppo.

Non rispondi.

Ti sfiori il collo con una mano, giri la testa, mi eviti.

Chuck…

Le parole ti escono a fatica, non sei più la donna di prima, sei una bambina impaurita.

Io… io…

Lo pensi ma non lo dici. Dentro, dentro di me, dentro di te. I sentimenti non sono fatti per noi. Siamo troppo orgogliosi. Ed io sono stufo di aspettare la tua risposta. Ti sei giocata la tua possibilità.

Avvicino la mia bocca al tuo viso. Così vicini, così lontani. Le labbra che assaporano la stessa aria. L’istante è passato. Mi ritraggo. La mano che lascia la tua, la musica che riacquista forza, la mente che recupera il controllo.

Ti lascio, con il desiderio di quello che potremmo essere. E mi allontano. Ancora. Scappo.

Giselle mi accoglie sorridendo. Le porgo il calice di vino.

“Alla tua bellezza.”

Al suo coraggio.

Brindiamo.

A quello che perdo ogni volta che ti vedo, a quello che anelo. Orgoglio, stupido orgoglio.

 

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Capitolo 4
*** Sogni ***


Note dell’autrice:

Volevo ringraziare chi ha recensito i capitoli precedenti, in particolare Stars_Danghter per farmi notare sempre dove si focalizza il racconto.

Questa storia si sviluppa di volta in volta, senza uno schema preciso, perciò ogni parere potrebbe farne cambiare gli eventi.

Grazie comunque anche a tutti gli altri che hanno iniziato a seguirla. Spero di continuare ad appassionarvi.

XOXO Poetessa;)

 

~ Sogni ~

 

Dormi. Al mio fianco. Con le lenzuola aggrovigliate tra le gambe, il viso imbronciato, la sottoveste di seta che si ripiega sulla tua pelle. Una spallina ti è scivolata dalla spalla, il trucco si è sciolto, le labbra sono leggermente socchiuse. Piccola e indifesa.

Sei qui. Con me.

Finalmente.

Perché lo vuoi. Perché lo hai scelto. Perché mi ami.

Semplicemente. Senza paura.

Non riesco a chiudere gli occhi. Non posso. Perdere un singolo istante di questa notte sarebbe come perdere una parte della mia vita. La più importante. Ed io mi sono già fatto abbastanza male, non voglio farmene ancora.

Sei qui. Ed io ti amo.

Cinque lettere, due parole. E il terrore di pronunciarle.

Cinque lettere, due parole. E il terrore di perderti.

Ti amo.

Ti amo quando dormi, ti amo quando mi eviti, ti amo quando mi urli a due centimetri di distanza che sono uno stronzo.

Ti amo. Solo questo.

Blair è questo che stiamo cercando di dirci?

E’ questo che ci portiamo dentro?

E’ solo amore?

 

Domande. Domande. Domande.

E una sola ovvia risposta.

Io non sono in grado di amare.

 

Apro gli occhi. La luce del mattino Newyorkese filtra dalla tenda socchiusa e mi colpisce in pieno viso. Non mi ricordo dove sono. Non è la mia camera, non è il mio letto. C’è un profumo delizioso nell’aria che non sa di me. Di vaniglia e cornetti caldi.

C’è una teiera sul comodino, marmellata, brioche. Una tazza, una zuccheriera. Oggetti che danno un’idea di calore, di affetto, di cura. Oggetti che nessuno mai ha messo insieme per me. Un biglietto poi appoggiato sul tovagliolo, una spiegazione per quel gesto inaspettato.

 

Chuck Bass.

Sei il sogno proibito di ciascuna donna.

Ma stanotte sei stato il mio.

Un bacio.

Giselle

 

E tutto si fa chiaro. La camera, la corsa in limousine, la fuga dal ballo. La ripicca e lo scherzo del destino. Giselle che si fa più vicina, Giselle che è dolce e sensuale. Giselle che mi sorprende, che smette di seguire le mie regole, che mi obbliga a giocare. Che si fa inseguire, che mi fa impazzire. E poi. Sparisce.

Un biglietto e la colazione.

Un bacio e il sogno di una donna. Che lo è davvero. Non bambina, non ragazza, Donna.

Donna che gioca, donna che provoca, donna che ti toglie il fiato. Donna che improvvisamente si prende cura di te.

Chi sei?

Non sono pronto. Sono io che mi chiudo le porte alle spalle, che esco in silenzio, lasciandoti nel letto a riposare, con il ricordo delle lenzuola sfatte, dei vestiti sparsi sul pavimento. Sono io che mi lascio alle spalle l’amore. Sono io, non tu.

Mi fai paura.

Mi vesto, esco, scappo. Il portiere mi saluta all’ingresso. Prendo il telefono e istintivamente compongo il numero del mio autista. Poi ci ripenso. Chiudo la chiamata, spengo il cellulare. Cammino sull’asfalto fino all’incrocio.

Dove sto andando?

Ho paura. Paura dell’amore, perché l’amore non è piacere, l’amore è non svegliarsi da solo in un letto, è vedere il suo sorriso la mattina e non desiderare altro, è lasciarsi cullare e curare.

Salgo su un taxi. Diretto verso casa. Appoggio la testa contro il finestrino, mentre la città scorre veloce e frenetica intorno a me. Vedo solo il mio riflesso, il resto è una macchia di colori. Le parole di Giselle impresse nella mente. I desideri di una donna che si è lasciata andare, che ha creduto per un istante che avrei potuto darle qualcosa di più. Una donna che si è illusa. Stupida.

Non sono fatto per amare.

Chuck Bass, non sa amare.

Poi quel sogno, improvviso, riaffiora. Lei. Lei, bambina che dorme, vicino a me. Senza scappare, senza darmi un motivo per farlo.

Lei, donna che ama. Senza paura.

Ed io, catturato, che non riesco a staccarmi. Il mio sguardo che si perde sul suo corpo.

Un sogno confuso, niente più.

Così finto, così reale.

Un tonfo al cuore.

Il pensiero che vola veloce a lei. La regina del ballo. Era splendida, con quel vestito di velluto verde, con i guanti neri che le avvolgevano le braccia fino al gomito, con gli orecchini di smeraldi. Poteva essere mia. Bastava un istante in più. Un altro sospiro. La mia mano che stringeva la sua. Un’esitazione e…

Io lo so cosa puoi darmi Blair. Ho solo paura di prenderlo. E se dopo tutto svanisse? Se noi vivessimo del nostro inseguirci? Se provare significasse mettere la parola fine?

E se non fosse così?

Fisso la strada. So dove siamo, riconosco quel palazzo, la caffetteria all’angolo. C’è un giardino dietro sulla destra, davanti al tuo portone. Il taxi prosegue dritto, fila davanti al semaforo verde. Supera quello scorcio, lasciandoti indietro, lasciando il mio cuore indietro.

E se non fosse così?

“Ferma.” urlo al taxista.

Il taxi accosta al marciapiede. Cosa sto facendo? L’autista mi fissa in attesa di una spiegazione. Prendo cinquanta dollari dal borsellino e lascio il resto, così senza pensarci. Esco. Seguo i miei passi fino al portone. Joseph, il portiere mi saluta, rispondo automaticamente e lo supero. L’ascensore è già fermo al piano. Salgo, premo quel tasto che conosco troppo bene, le porte automatiche si chiudono alle mie spalle. Bloccato, rapito. Salgo, verso l’alto, verso lei. Verso quello che accadrà. Il cuore mi sta esplodendo nel petto. Ho paura, paura di sbagliare, paura di perderti. Come in quel sogno. Eppure è reale. Dalla realtà non ci si sveglia. Nella realtà le porte si aprono e non si può tornare indietro. Mai. Neanche quando quello che desideri con tutto te stesso ti compare davanti e diventa un incubo.

 

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Capitolo 5
*** Negli occhi e nel cuore ***


Note dell’autrice:

Quanto può essere inaspettata e inappropriata la vita? Un momento di coraggio, una porta che si apre e…

XOXO Poetessa;)

 

~ Negli occhi e nel cuore ~

 

E’ un bel ragazzo. Castano, occhi chiari. Tirato, affascinante. Ti sussurra qualcosa nell’orecchio scostandoti delicatamente i capelli. Arrossisci impercettibilmente, poi le sue labbra si avvicinano alle tue. Senti il suo profumo, il suo desiderio che diventa tuo e così, libera, ti lasci andare.

Non hai sentito l’ascensore aprirsi alle tue spalle, non immagini il mio sguardo fisso sulla tua schiena. Sei sola, ma io sono qui. E senza saperlo lo baci. Le tue labbra dolci e sensuali macchiano le sue di rossetto, le sue mani scivolano sui tuoi fianchi e ti trascinano indietro verso il muro. Il capelli ti cadono sul viso, la sottoveste di seta ti scende stropicciata sul corpo, le scarpe con il tacco inciampano nel tappeto. E la collana luccica tra le tue scapole, compare e scompare tra le vostre braccia. Un dettaglio dietro l’altro, un istante che sembra un secolo.

Non riesco a respirare. Non riesco a muovermi. Ti fisso e i pensieri vorticano, rapidi, frenetici, confusi.

Toglile le mani di dosso, lei è mia. Non puoi toccarla, non così.

Lasciala andare.

Smettila.

Smettila!!!

Lei è mia. Lei… lei…

Lei si solleva la sottoveste e resta in reggiseno e mutandine davanti a lui e io non posso resistere. Vorrei stringerla tra le mie braccia, vorrei trascinarla via, vorrei salvarla o forse imprigionarla. Io sono il diavolo e tu l’angelo. Io sono all’inferno e tu in paradiso. Così vicini e così lontani. Ti odio.

Lui ti massaggia i fianchi con foga.

Blair…

Io…

Io…

Non posso. Sarebbe sbagliato, sarebbe crudele, sarebbe indiscreto. Non posso. Questa è la tua vita, la tua serata, la tua scelta. Ed io non sono nessuno. Chiudo gli occhi e premo il pulsante per tornare nell’atrio del palazzo. E quando riapro gli occhi, prima che si chiudano le porte, uno scherzo del destino mi fa incontrare i tuoi. Un secondo, forse meno, non so quanto è passato, so solo che il tuo stupore mi accompagna per tutta la discesa.

Fermami. Blair, inseguimi e fermami.

Mi blocco nell’atrio e lasciandomi la cabina alle spalle mi aspetto che si richiuda e ti venga a prendere. Aspetto. Vorrei solo averti qui, vorrei prendere coraggio e dirti quello che provo. Ma l’ascensore resta aperto e le mie speranze si dissolvono.

Mi conosci abbastanza da sapere che non sarei rimasto ad aspettarti. Ti sbagli. Blair, per te posso cambiare, per te sono cambiato. Ma tu non lo saprai mai, perché tu non uscirai da quell’ascensore, non oggi e non per me.

Mi avvio verso l’uscita. In strada l’aria fredda mi raggela. Ma può un cuore gelato diventare più freddo o può solo spezzarsi?

Non lo so, so solo che a me sta succedendo.

 

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Capitolo 6
*** Dolce e diabolico ***


Note dell’autrice:

L’ultimo capitolo. Eccoci alla fine. Non volevo concludere questo anno lasciando questa ff senza il suo finale. Sperato o deludente? Scontato? Non lo so. Ditemelo voi.

Io lo vedo così. Ma potrei vederlo in mille altri modi.

Chuck e Blair e il loro infinito desiderio di confrontarsi per una volta di fronte all’evidenza. Si può finire ovunque. Potrebbe andare diversamente la prossima volta. Potrebbe non finire mai.

Infiniti modi di ritrovarsi, di conoscersi, di innamorarsi, come nella realtà. Quella realtà che ogni giorno ci stupisce e ci delude. Che ci rende inaspettatamente… dolci e diabolici.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito in questa fanfiction, chi ha commentato e chi semplicemente si è lasciato trasportare dalle mie parole.

Perché in fondo le parole, a volte, fanno stare bene (un grazie particolare a chi lo ha pensato).

Un saluto e alla prossima storia.

XOXO Poetessa;)

 

…sulle note di With me (Sum41)…

 

~ Dolce e diabolico ~

 

Quando entro nella mia suite vorrei solo prendere le mie cose, prenotare un volo e sparire. Sparire per sempre. Da New York, da questa vita, da te. Posso ricominciare, da capo. Una nuova città, nuove conoscenze, gli stessi soldi. Non serve molto. Posso farlo.

Apro il l’armadio. Una fila di camicie e giacche monotone e costose, questo sono. I risvolti perfettamente stirati e i gemelli nascosti in qualche cassetto. Dettagli, dettagli insignificanti che fanno parte di me. Di quello che appaio ogni giorno,  di quello che questa società anela. Un mare di inutili, infiniti, dettagli.

Ma non sono solo questo.

Sono un fuoco che brucia, che in silenzio si consuma. Sono parole non dette e sentimenti nascosti. Sono paure e indecisioni. Sono quello che la mia maschera nasconde, dietro i completi firmati e le conversazioni pesate. Sono quello che non ho mai mostrato a nessuno, che gelosamente nascondo al mondo. Era così facile, un drink offerto, un accordo preso, una stretta di mano. Così poco per essere un altro. Poi sei arrivata tu. Una bambina che giocava con le mie tentazioni, un gioco che tirava un altro, una provocazione che accendeva la mia attrazione. Così, lentamente e continuamente mi sei entrata dentro.

Forse era solo un gioco, ma ora non lo è più. Ho visto il riflesso della mia anima sul tuo viso, ho visto la mia paura nei tuoi occhi. E’ un sentimento che sappiamo di provare, ma non vogliamo rivelare. Sei dentro di me, eppure crediamo che due semplici parole possano annientarci. Che il nostro gioco finisca con quella frase, così come è cominciato, in un istante.

Ma ora so che non è più così, che se fossi qui ora non avrei più paura. E per una volta rischierei l’anima per averti.

Mi avvicino alla cassettiera, nascondo sempre una bottiglia di scotch nell’ultimo cassetto. L’alcol non spegnerà il mio dolore, non mi darà le risposte che sto cercando, semplicemente cancellerà la domanda che mi tormenta. Quella domanda che ogni mattina mi accompagna come una sveglia.

E se…

E se fossi me stesso? Se la smettessi di fingere? Se mi togliessi quella maschera che mi protegge?

Se semplicemente ti dicessi che ti amo?

Se solo avessi il coraggio…

Un sorso, un solo sorso per annullare ogni pensiero. La mia domanda, le tue labbra sulle sue, il mio infinito e incontrollabile desiderio. Il divano antico, la mente che si perde fuori da una finestra spenta. Leggero, un sorso dietro l’altro. Leggero, mi perdo.

Il suono dell’interfono mi rimbomba nelle orecchie. Quanto è passato? Un secondo o l’eternità, non saprei dirlo. So che ho un forte, penetrante, mal di testa. Mi avvicino alla porta con passo vacillante, non ho voglia di aprire, ma istintivamente controllo chi è.

Inciampo diverse volte prima di raggiungere lo schermo che proietta l’immagine della videocamera esterna. Dà sul corridoio, si vede l’anta verde dell’entrata e una figura scurita da un cappotto di lana. Mi sforzo di metterla a fuoco.

Quando capisco chi è sto già aprendo la porta.

Blair mi osserva con i suoi occhioni dolci. I capelli spettinati, la camicia slacciata, i pantaloni stropicciati, le calze rosse che poggiano sulla moquette. Questo sono, senza maschera, senza inganni. Indifeso, davanti a te.

Non voglio una scusa, non una giustificazione, dimmi perché sei venuta. Dimmi perché mi guardi in questo modo, dimmi perché mi lasci senza fiato…

Fallo, ora. Fallo. Smettiamola di prenderci in giro, smettiamola di giocare!

Vieni qui. Vieni da me.

La tua mano si posa sulla mia guancia. Una carezza, dolce, delicata. Chiudo gli occhi. Il tuo tocco sulla mia pelle, l’estasi di sentirti finalmente vicina. Un istante per sciogliermi. La mia mano si poggia sulla tua, l’altra scivola sul tuo fianco. La porta si trascina silenziosa sulla moquette chiudendosi alle nostre spalle. Quando riapro gli occhi le nostre labbra sono così vicine che il tuo rossetto sbavato sta per sciogliersi completamente sulle mie. Un istante e nessuna parola. Sensuale, dolce come non lo era mai stato. Questo è il nostro bacio. Un istante e quella frase, sussurrata tra le tue labbra. Senza paura, carica di desiderio.

“Cinque lettere, due parole, dille e sarò tua.”

Un istante. La maschera che cade e il coraggio di essere me stesso.

“Ti amo.” sussurro.

Solo questo.

Poi il diavolo cattura l’angelo e tutto diventa maledettamente dolce e diabolico.

 

THE END

 

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