Walking around Konoha

di usotsuki_pierrot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***



Capitolo 1
*** I. ***


PREMESSA
Salve gente~ Dunque, questa era una fic alla quale stavo pensando da un po' a dire la verità, e che volevo proprio scrivere. In particolare è incentrata sui rapporti di Yami con gli abitanti di Konoha e i vari team prima dell'esame da Chuunin, al seguito del quale ha abbandonato il Villaggio. Sono presenti anche Kaguya (oc di Heartspowl) e Lizzy (oc di un'altra cara amica)!
Sarà composta di due capitoli, e sto lavorando sul secondo, perciò... spero vi piacerà! :3


«Io davvero non capisco».
La voce di Yami riecheggiò tra le pareti del piccolo negozio di fiori della famiglia Yamanaka.
«Cosa ci trovate in uno come Sasuke?».
Era proprio con Ino, infatti, che l'azzurrina aveva intavolato il discorso, ma non era la sua unica interlocutrice. Anche Sakura si era unita alla conversazione, dopo essersi intrufolata nell'edificio qualche istante prima e successivamente aggregata alle due ragazze; forse per la pura e semplice curiosità che era sorta nella sua mente nel vederle chiacchierare, passando davanti al negozio.
E sebbene le due si fossero lanciate tutto il tempo le solite occhiate minacciose l'un l'altra, a quella domanda da parte della marionettista i loro sguardi si mossero in contemporanea nella sua direzione, fissandola con occhi increduli e sorpresi.
«Yami, non sei mai stata innamorata?», chiese la rosa, senza distogliere nemmeno un secondo l'attenzione dal suo viso.
L'interpellata si portò la mano sul mento, osservando prima il terreno, poi il soffitto, con aria riflessiva. L'espressione di Sakura si fece ancora più confusa nel momento in cui l'amica rispose con un cenno negativo del capo.
«Ma come?!», intervenne la biondina. «E in ogni caso, non dirmi che non lo trovi bello!». La sua voce si fece improvvisamente più acuta, quasi a rimarcare il senso di quella richiesta.
Yami alzò le spalle, guardandola di rimando, con un sopracciglio sollevato.
«Sì, voglio dire, è carino ma...».
«CARINO?? Sasuke ti sembra "carino"?! È il ragazzo più affascinante di Konoha!!».
"Ecco che ricomincia...", si disse tra sé e sé l'azzurrina, concedendosi un'espressione tra il confuso e l'evidente desiderio di tapparle la bocca.
«Insomma, non si può negare che ha quel fascino misterioso che lo rende ancora più bello e irraggiungibile!! E poi quel suo atteggiamento, quei suoi modi da lupo solitario, non credi che lo faccia quasi apposta per attirare le ragazze?? Dopotutto ha così tante ammiratrici che-».
Proprio nel momento in cui Yami sentì di essere sul punto di esplodere, Sakura iniziò a parlare, costringendo sia lei, sia la bionda a volgere lo sguardo nella sua direzione.
«Sasuke non lo fa per quel motivo, e lo sai benissimo!».
La Yamanaka aggrottò la fronte lasciando che un lieve broncio comparisse sul suo viso.
«Credi di sapere tutto di lui, Sakura?».
La rivale le scoccò un'ulteriore occhiata di sfida, bofonchiando un "almeno io ci provo, a differenza tua"; e Yami avrebbe giurato di aver visto, in quell'attimo, le orecchie della bionda fumare dalla rabbia o dalla vergogna. Ci avrebbe messo le mani sul fuoco.
Sapendo perfettamente dove la conversazione sarebbe andata a parare, e non avendo la minima intenzione di rischiare la vita in una possibile zuffa tra le due, l'azzurrina scese dallo sgabello che le era stato offerto dall'amica nel momento in cui era entrata nel negozio, e sgattaiolò fuori.
Cominciò a camminare, senza però distogliere lo sguardo dall'entrata dell'edificio, e non fece nemmeno in tempo a tirare un profondo sospiro di sollievo che la sua fuga venne interrotta da uno strano ostacolo sulla via.
La marionettista si bloccò, arretrando di qualche piccolo passo e chiudendo per una manciata di secondi gli occhi verdi.
«Oh!». Una voce le fece intuire ben presto che ciò che si era presentato davanti a lei era una semplice persona, probabilmente un uomo, più alto di lei. La sua ipotesi venne confermata quando, riaprendo le palpebre e rivolgendo finalmente lo sguardo di fronte a lei, si ritrovò a pochi passi da Kakashi Hatake.
«Kakashi-sensei!».
L'uomo sorrise lievemente sotto la maschera, chiudendo l'occhio scoperto, con le mani nelle tasche. In quel momento una seconda voce fece la sua apparizione dietro al ninja, una voce femminile, che Yami riconobbe subito.
«Tutto bene, Kakashi-sensei?». Una testa ricoperta da lunghi capelli arancioni comparve improvvisamente, uscendo dal suo “nascondiglio”.
«Kaguya-san!». Yami rivolse un grande sorriso alla ragazza che nel frattempo si era affiancata alla figura del grigio; sorriso che venne presto ricambiato dall'espressione gentile e dagli occhi chiari della più alta.
«Yami-san, buongiorno!».
«Mi stavo preoccupando nel non vederti con Kakashi-sensei!». Il tono della marionettista, la sua espressione, il suo sguardo, si fecero quasi maliziosi, mentre con le pupille osservava divertita il viso della coetanea divenire sempre più imbarazzato.
Kaguya rimase immobile per qualche istante, per poi distogliere lo sguardo, decorato da un piccolo broncio.
Nessuna delle due si accorse, tuttavia, che persino il volto del ninja si stava facendo man mano sempre più rosso sotto la maschera scura. Cosciente di ciò, Kakashi si affrettò a portare una mano vicino alla guancia semi-scoperta, grattandosi con un dito la pelle e chiudendo l'occhio libero, lasciandosi sfuggire una lieve risatina imbarazzata per smorzare l'atmosfera sempre più pesante del momento.
«Immagino che tu sia appena stata da Ino, dico bene?», riuscì a dire qualche istante più tardi, riportando la mano a riposare nella tasca e sollevando nuovamente la palpebra.
L'azzurrina alzò lo sguardo e man mano i due poterono osservare l'espressione maliziosa e furbetta che regnava sul suo volto scivolare rapidamente per lasciare il posto ad una decisamente più naturale e quasi confusa. La giovane annuì, voltandosi verso il negozio e indicandolo con un piccolo cenno del capo.
«Era arrivata anche Sakura, ma hanno cominciato a litigare come al solito e me ne sono andata».
«Sasuke?». Chiese Kaguya con un tono a metà tra l'interrogativo e la domanda retorica.
«Sasuke», rispose lei con tono fermo, senza nemmeno pensarci.
«Ci toccherà andare a recuperarla, prima che distruggano tutto...», intervenne l'uomo, rilasciando un lieve sospiro sotto il tessuto bluastro, chiudendo l'occhio e abbassando le spalle in segno di rassegnazione. A quel gesto, la kunoichi dagli occhi cristallini ridacchiò portandosi una mano sulle labbra.
«Andiamo allora, Kakashi-sensei!», lo incitò poi, rivolgendogli un ampio sorriso divertito che rilassò il giovane.


Dopo averli salutati con un cenno della mano, Yami riprese a camminare per le vie di Konoha, con le labbra curvate all'insù, le dita intrecciate dietro la schiena e lo sguardo rivolto avanti a sé.
«Konohamaru!!».
«Mh?». L'azzurrina si fermò non appena quella voce così familiare le giunse alle orecchie, volgendo lo sguardo verso un piccolo vicolo tra due case dipinte di giallo.
All'improvviso, una figura molto più bassa di lei sbucò dalla stradina, passandole davanti per poi iniziare a correre nella direzione dalla quale era arrivata. Con un rapido gesto, Yami riuscì a voltarsi quel poco che le bastò per far partire i fili di chakra dalle dita di entrambe le mani; raggiunse in pochi attimi il corpo del fuggitivo, afferrandogli un braccio e bloccandolo sul posto.
«Non vale!!». La figura misteriosa si rivelò essere Konohamaru, il nipote dell'Hokage, e non appena l'azzurrina posò lo sguardo su di lui, notò che il motivo per il quale stava scappando era legato probabilmente a ciò che teneva in mano.
«Un coprifronte..?». Ma la marionettista fu interrotta non appena tentò di chiedere proprio al bambino cosa stesse accadendo dalle urla infuriate di Naruto, che era appena uscito da quello stesso vicolo, seguito da Udon e Moegi.
«Non mi scappe-». Il biondo fermò immediatamente la sua corsa, realizzando che il piccolo non era riuscito ad andare poi così lontano. «-rai?».
Non appena gli occhi verdi della ragazza si posarono sul più giovane, quest'ultimo ricambiò lo sguardo, estremamente confuso, per poi raddrizzare la schiena e portarsi una mano tra i capelli.
«Grazie mille, Yami!! Se non ci fossi stata tu sarebbe di sicuro fuggito chissà dove!».
La marionettista realizzò che effettivamente il coprifronte che Konohamaru reggeva tra le dita apparteneva proprio a Naruto, e si lasciò sfuggire una breve risata. Il biondo lanciò un'occhiata e un broncio evidente dipinto sul volto al più piccolo, che ricambiò lo sguardo gonfiando le guance.
«Konohamaru, ci volevi mettere nei guai?!», intervenne la bambina, portandosi le mani sui fianchi in segno di disappunto, come per rimarcare che non era stata una loro idea.
«In effetti ha ragione..!». Udon tirò su col naso, intromettendosi nella discussione e sistemandosi timidamente gli occhiali.
Yami guardò i due bimbi alle sue spalle, abbandonandosi ad un sorriso intenerito, per poi venir attirata dai passi quasi infuriati del ninja più grande.
«Konohamaru, vieni qui!». In quel momento l'azzurrina, concentrandosi al massimo, riuscì ad usare alcuni dei fili di chakra per fermare sul posto Naruto, che non sembrava per nulla intenzionato a dare una semplice lezione al nipote dell'Hokage.
Dopotutto, pensò la marionettista, si trattava pur sempre del coprifronte di Konoha, a cui lo shinobi teneva più di qualsiasi altra cosa, ed era plausibile nonché scontato che si fosse innervosito così tanto, sebbene fosse una piccola bravata; una delle tante, alla fine, da parte dei tre ragazzini.
Dopo un “Naruto, ci penso io” pronunciato con un tono tranquillo che fu in grado di rilassare i due amici, la maggiore si avvicinò al castano, che mantenne il broncio e non osò guardarla negli occhi.
Non appena fu ad una distanza abbastanza ravvicinata, Yami liberò entrambi dai fili, inginocchiandosi di fronte al bambino e incrociando le braccia.
«Beh? Perché l'hai fatto, Konohamaru?», chiese con voce apprensiva.
Il più piccolo strinse i pugni e distolse lo sguardo, incapace di mantenere un contatto visivo con la marionettista, in quell'occasione.
«Volevo solo giocare!», rispose, con un tono ben più alto di quello dell'azzurrina. «E poi...». Il castano gonfiò maggiormente le guance, fissando gli occhi scuri al terreno e spostando alcuni sassolini con i piedi. «Non è giusto! Anch'io voglio avere il coprifronte di Konoha, così un giorno potrò diventare come il nonno!!».
Il biondo, che aveva ascoltato le parole del ragazzino, si raddolcì almeno in parte, senza però lasciarsi scivolare dal viso l'espressione imbronciata. Si portò le mani sui fianchi, allargando le gambe e impiantando per bene i piedi a terra.
«Non è sicuramente questo il modo!», esordì, rischiando di spaventare non solo il castano, ma anche i due amici.
Yami si voltò di poco verso lo shinobi, sorridendo lievemente. Annuì, tornando a guardare negli occhi il piccolo.
«Se vuoi diventare come tuo nonno devi impegnarti seriamente! Non è mica qualcosa che può succedere da un giorno all'altro!», continuò il dodicenne. «Tra l'altro, dovrai prima essere in grado di superare me, altrimenti non puoi nemmeno sperare di arrivare ad essere Hokage!».
Una risata orgogliosa da parte del ninja riempì l'aria, e attirò l'attenzione di alcuni passanti.
«Naruto ha ragione, Konohamaru...», riprese Yami, per poi avvicinare il viso al suo orecchio e sussurrare un “tranne per l'ultima parte”, che fece ridacchiare di gusto il ragazzino.
«Ehi, cosa borbottate voi due?!».
«Oh, nulla!». L'azzurrina sorrise e posò la mano sulla testa del castano. «Ora, che ne dici di ridare il coprifronte a Naruto e guadagnarti il tuo onestamente e lavorando sodo?».
«Mmmh...». Konohamaru si portò le dita al mento, abbassando le palpebre e fingendo di riflettere seriamente di fronte a quella proposta. Dopodiché riaprì un occhio, guardando con aria sbarazzina e sorriso furbetto prima Yami e poi Naruto. «Per questa volta si può fare!».
Udon e Moegi tirarono un profondo sospiro di sollievo, sotto lo sguardo contento della marionettista e quello imbronciato e lievemente innervosito del biondino.
Qualche minuto più tardi il coprifronte ritornò al proprio posto e Konohamaru ricevette un buffetto dallo shinobi e una carezza ai capelli dalla giovane, nonché qualche rimprovero da parte dei due amici.


Il cammino dell'azzurrina riprese poco dopo, seguito dagli occhi contenti e inteneriti degli abitanti, che tornarono presto alle loro vite. Yami poteva sentire chiaramente l'odore dell'ottimo pane della locanda vicina, il dolce aroma dei dango che si mischiava a quello intenso del ramen preparato qualche metro più avanti da Ichiraku; era da parecchio che non si concedeva un buon pasto proprio lì, ma era ancora presto per darsi al pranzo, e si era prefissata di guadagnare del denaro in più prima di spendere quello già in suo possesso.
Ma, quasi attirata dallo squisito profumo del piatto principale della locanda, la marionettista giunse comunque davanti al bancone, spostando lievemente le “tende” che facevano da barriera.
«Yami! Da quanto tempo non ci si vede!». La voce allegra del proprietario fece sorridere la ragazza, che ricambiò il saluto con un “già, fin troppo!” e un cenno della mano.
«Resti qui a mangiare qualcosa? Offre la casa!». Con un ampio sorriso, l'uomo accolse la giovane che tuttavia si vide costretta a rifiutare, senza nascondere un certo disappunto nel tono e un broncetto deluso sul viso.
«Mi piacerebbe, ma ho poco tempo a dire la verità!».
«Immagino che la causa sia Kou-kun?».
«Esatto...», borbottò lei. «Dice che “sto troppo in giro” e che “non dovrei gironzolare per Konoha in questo modo”, non capisco proprio cosa intenda!».
Una calorosa risata da parte del cuoco riempì il piccolo locale.
«Faccio fatica a crederci!», continuò poi, con tono scherzoso. «Sarà per la prossima volta, allora», concluse gentilmente.
L'azzurrina annuì sorridendo di rimando, e salutò energicamente l'uomo e la figlia, tornando a camminare.
Un odore di carne molto familiare giunse alle sue narici, e Yami non riuscì a non lasciarsi guidare dall'olfatto sviluppato per ricercare la fonte di quell'aroma conosciuto. Ben presto poté notare il suddetto profumo unirsi e mescolarsi a quello di due persone in particolare: Choji e Lizzy.
Un ghigno sbarazzino spuntò sulle sue labbra, e dopo aver percorso qualche metro e svoltato in una delle strade che partivano dalla principale, vide in lontananza proprio i suddetti, che parlavano animatamente; dietro di loro, la figura dall'espressione perennemente annoiata di Shikamaru e quella più alta di Asuma, con la solita sigaretta in bocca e le mani tenute nelle tasche.
Yami si lasciò sfuggire una piccola risatina maliziosa e si nascose dietro uno dei barili posizionati poco lontano, al margine della strada.
«Ti dico che era più buona la carne che ho mangiato io, nii-chan!!».
«Non ci credo, scommetto che era più buona quella che ho scelto io, nee-san! Possiamo chiedere a Shikamar-».
«Non provate neanche a pensare di mettermi in mezzo...».
L'azzurrina attese il momento propizio, aspettò che i quattro fossero abbastanza vicini, che le voci dei due fossero chiaramente udibili, per saltare (letteralmente) fuori dal nascondiglio con un versaccio e osservare divertita la reazione spaventata di Lizzy e Choji, che si rifugiarono dietro la schiena dello stratega.
Yami scoppiò a ridere a quella vista, che mai si sarebbe aspettata essere così bella e soddisfacente. E mentre l'azzurrina si piegava in avanti, con un braccio intorno alla pancia e una mano posata su un ginocchio, l'espressione impaurita della castana si tramutò in un broncio; Choji, invece, si limitò a gonfiare le guance e ad uscire allo scoperto sotto lo sguardo sorridente del sensei.
«Yami-chan!!», sbottò Lizzy, che poco dopo portò le mani ai fianchi osservando con aria di rimprovero la giovane. Quest'ultima fece davvero fatica a smettere di ridere, e quando ci riuscì la prima cosa che fece fu asciugarsi le lacrime che le avevano inumidito gli occhi, per poi guardare l'espressione "arrabbiata" della compagna di squadra e rischiare di scoppiare ancora una volta.
Con uno sforzo quasi disumano, la marionettista fu in grado di riottenere il controllo, e dopo un lungo sospiro si lasciò abbandonare allo stesso sorriso furbetto che l'aveva accompagnata fino a prima dello scherzo.
«Lizzy-chan, sbaglio o hai appena detto che hai mangiato con Choji?».
Il viso della castana si fece improvvisamente pallido e piccole gocce di sudore freddo precipitarono dalla sua fronte.
«Strano, sai? Perché io ero convinta che ti saresti dovuta allenare con Lee!», continuò imperterrita la giovane, con il solito tono sbarazzino.
«Così avevi detto a me e a Kocchan, giusto??».
La kunoichi si abbandonò ad un sospiro, prima di tornare al precedente broncio in direzione dell'amica.
«Se tu non spiffererai niente a Kou-kun, io non gli dirò che l'hai chiamato ancora Kocchan, che stai andando - di nuovo - a zonzo per Konoha anziché allenarti e-».
«Ehi!! Chi ti dice che non ci sto andando or-».
«- e che molto probabilmente adesso andrai a nasconderti nel solito posto in cui vai sempre quando non vuoi farti trovare».
La compagna di squadra si immobilizzò per qualche istante, indecisa su come rispondere a tono a quell'affermazione fin troppo vera, ma si limitò a ridacchiare per mascherare l'imbarazzo, a rimettersi in piedi e a giocherellare con le dita tra i ciuffi di capelli.
«Direi che questa volta l'hai vinta tu...».
Un sospiro sconsolato da parte del corvino attirò l'attenzione dei presenti.
«Credevi davvero di farla franca, Yami?». Poco dopo, il ninja mise un piccolo broncio distogliendo lo sguardo dalle due ragazze e sussurrando un "non puoi ingannare Lizzy, è troppo intelligente".
Dopo attimi di silenzio che parvero infiniti a tutti, ma specialmente al diretto interessato, Yami e Choji si lasciarono sfuggire un piccolo ghigno. Il castano prese a scompigliare i capelli del compagno di squadra e Yami iniziò a tirargli le guance, entrambi tra mille "che carino", "che bravo fratellino" e "vedi che ci puoi riuscire anche tu?".
Gli occhi di Lizzy, che avevano cominciato a brillare, si chiusero per lasciar posto ad una lieve risata, e Asuma si avvicinò ai tre posando le mani sulle teste della marionettista e dell'Akimichi.
«Avanti, lasciate in pace Shikamaru, altrimenti il nostro stratega esploderà prima del tempo!», disse con una punta di soddisfazione nella voce, con uno sguardo divertito e la sigaretta ancora ferma tra le labbra.
Dopo una risata generale, a cui ovviamente Shikamaru non si unì, limitandosi bensì ad incrociare le braccia e a ripetere un “non è affatto divertente!”, con un broncio perenne dipinto sul viso, l'azzurrina si congedò; il Jonin le scompigliò i capelli, Lizzy le raccomandò di non tornare tardi a casa e di non addormentarsi come accadeva la maggior parte delle volte che si ritrovava ad andare a spasso a quel modo, Choji le rivolse un grande sorriso e Shikamaru un rapido saluto ancora imbarazzato, con le mani nelle tasche.

“Bene, e ora dritti verso il bosco...”, pensò, con un'espressione compiaciuta, mentre camminava a passo deciso verso le ultime case che circondavano il Villaggio.

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Capitolo 2
*** II. ***


PREMESSA
Sono finalmente tornata con il secondo e ultimo capitolo di questa fic praticamente infinita! In verità avrei potuto anche finirla prima, ma due libri che ho letto questi tre giorni mi hanno tenuta impegnata tutto il tempo- Quindi chiedo venia se mi ci è voluto di più per finire questa fic ;; Bene, non ho nulla da dire se non che ringrazio come sempre Heartspowl's Art per avermi permesso di utilizzare un suo OC, in questo caso Kuji, sorella di Kaguya! Se volete vederla disegnata e saperne di più su di lei, vi consiglio di leggere questo suo FunFacts creato dalla stessa autrice (e vi invito pure a leggere gli altri)!.
Mi auguro che vi piaccia e, come al solito, buona lettura!



“Bene, e ora dritti verso il bosco...”.


Yami si trovava ormai quasi all'uscita di Konoha, e ai lati della stradina che stava percorrendo si stagliavano le ultime case che circondavano il Villaggio. Un breve sentiero, accompagnato dai primi piccoli arbusti, portava ad un boschetto ai suoi confini: luogo ampiamente frequentato dall'azzurrina, per allenamenti, passeggiate o pisolini pomeridiani lontani dal caos della vita quotidiana di Konoha.
Tuttavia, quel giorno, la marionettista sapeva benissimo che non sarebbe stata la sola, in mezzo agli altissimi alberi e alla natura intatta e rigogliosa del posto. E infatti, le bastarono pochi passi all'interno di quella zona che pareva distaccarsi completamente dal resto del mondo, per notare rumori e voci poco lontani.
Con un balzo, la giovane si ritrovò su uno dei numerosi rami che la sovrastavano, e dopo una breve ma accurata ispezione del territorio sottostante, poté scorgere senza difficoltà la figura di Kiba e quella di Akamaru. L'azzurrina sorrise lievemente, decisa a non intervenire per non disturbare l'allenamento al quale – ne era certa – stavano di sicuro partecipando anche Hinata e Shino, sorvegliati da Kurenai.
Perciò si decise a rimettere i piedi per terra cercando di fare il minimo rumore possibile, e si allontanò buttando di tanto in tanto l'occhio dietro di sé per essere sicura che non si fossero accorti di lei.
Quando fu abbastanza lontana, tirò un profondo sospiro, esternando un certo sollievo che ebbe vita breve. Non appena la marionettista posò le mani sui fianchi, alzando lo sguardo per cercare un ramo sufficientemente robusto da permetterle di "accamparvisi", le pupille entrarono subito in contatto con una capigliatura disordinata e di colore scuro, il coprifronte della Foglia e un paio di occhi neri che la fissarono di rimando; il tutto contornato da un'espressione fredda, distaccata e quasi scocciata di averla di fronte.
«Sasuke», cominciò lei come per salutarlo, con tono palesemente irritato e un broncio dipinto sul volto.
«Yami», annunciò il più piccolo in un borbottio sommesso, assottigliando gli occhi e lanciandole uno sguardo tagliente come pochi, a braccia incrociate.
«Goditi il tuo ramo», riprese l'azzurrina, ormai in procinto di tornare da dov'era venuta; quasi rischiò di saltare avanti a lui per mettergli le mani addosso alla risposta secca e pungente del blu.
«Almeno io mi impegno, anziché dormire».
«"Almeno io mi impegno anziché dormire, gne gne"», ribatté lei, senza voltarsi a guardarlo, facendogli il verso. Dopodiché, si incamminò nuovamente in direzione del punto in cui il team 8 si stava allenando.
«Molto matura», sussurrò lo shinobi con un piccolo ghigno carico di superiorità.
«Marmocchio...», disse Yami tra sé e sé, in un tono di voce così sottile che dubitò esser a tutti gli effetti giunto alle orecchie del blu.
Proseguendo lungo il proprio cammino a testa bassa e con le guance ancora gonfie da quello spiacevole incontro, la marionettista si rilassò progressivamente nel momento in cui poté sentire di nuovo la potente voce di Kiba, quella più sottile di Hinata e i guaiti di Akamaru.
Alzò lentamente lo sguardo, tornando ad un'espressione quantomeno naturale, e si fermò quando avanti a lei vide stagliarsi la figura di Kuji, la sorella minore di Kaguya.
«Kuji!», esclamò l'azzurrina, avvicinandosi alla ragazza e agitando allegramente la mano nella sua direzione in segno di saluto.
La castana, che le stava fino a quel momento dando le spalle, sussultò un poco alla voce della marionettista, non avendola notata in precedenza.
«Yami-san..!», rispose lei, portandosi una mano al petto e rilasciando un ampio e profondo sospiro carico di tensione. La giovane inclinò la testa, confusa dalla reazione inaspettata della più piccola.
«Kuji, stai bene?», chiese, genuinamente preoccupata; la kunoichi annuì, rivolgendole un piccolo sorriso quasi imbarazzato.
«Sì, Yami-san! Scusa, mi sono spaventata un po' troppo...».
«In effetti sembravi proprio persa in un altro mondo! A cosa stavi pensando?».
L'azzurrina non ebbe tempo di ricevere risposta: non appena proferì quelle parole, infatti, la voce di Kiba la costrinse ad abbassare lo sguardo sulla figura dello shinobi e del suo cagnolino, che correvano poco lontani, abbaiando quest'ultimo e ridendo il padrone, sovrastando i rimproveri di Kurenai.
Le labbra della marionettista si curvarono un poco all'insù, mentre a piccoli passi si avvicinava ancora alla castana. Affiancatasi a lei, portò la mano destra ad appoggiarsi gentilmente sulla spalla sinistra della ragazza, i cui occhi azzurri si posarono sul viso compiaciuto della più grande.
«Ora ho capito... Stavi pensando a Kiba, non è così?».
Le guancia della minore cominciarono a colorarsi di un rosso acceso (minacciando di andare letteralmente a fuoco man mano che il tempo passava), le pupille si dilatarono in preda all'imbarazzo, le labbra si schiusero in un “c-cosa?” sussurrato.
Bastarono pochi attimi affinché la castana percepisse l'ardente calore scaturito dall'agitazione del momento, che la costrinse a distogliere quasi subito lo sguardo, fissando gli occhi chiari al terreno.
Una limpida risata da parte dell'azzurrina si librò nell'aria dopo qualche secondo di silenzio, e la mano che si era posata poco prima sulla spalla estranea della più piccola si allontanò dal morbido tessuto della maglia, tornando al suo posto, sul fianco della marionettista.
«Assomigli proprio a tua sorella ogni tanto, sai?».
Kuji tirò un piccolo sospiro, chiudendo le palpebre e lasciando che la forte sensazione di imbarazzo che l'aveva pervasa la abbandonasse a seguito di quell'affermazione.
«Tu dici..?».
«Certo che si! Dovresti vederla, quando, ehm... “qualcuno” fa allusioni al suo rapporto con Kakashi-sensei!».
La più giovane alzò un sopracciglio, guardandola con un sorriso a metà tra il divertito e il complice.
«Quel qualcuno immagino non sia tu, giusto Yami-san?».
L'interpellata si portò la mano dietro la testa, chiudendo un occhio.
«Cosa potrebbe farti pensare a me, Kuji? Potrei ritenermi addirittura offesa!».
In quel momento la castana si lasciò andare ad una risata piccola ma cristallina, portandosi una mano a coprire le labbra, chiudendo le palpebre; sembrò quasi dimenticarsi della presenza di Kiba, poco più in là.
Lo shinobi, non appena sentì la voce leggera della ragazza, si fermò, voltandosi poi verso le due kunoichi; lo stesso fece Akamaru, ma semplicemente per seguire il padrone. Kuji portò il polso ad asciugare gli occhi inumiditisi a causa della risata, dopodiché le palpebre si riaprirono lentamente.
Gli sguardi dei due si incontrarono, e per qualche attimo il tempo parve fermarsi. L'unico suono udibile divenne quello della leggera brezza che accarezzava le chiome degli alberi che li circondavano, creando una piacevole armonia grazie al pacato movimento delle foglie.
Gli occhi azzurri della ragazza si fissarono su quelli più scuri di lui, mentre con le dita si affrettava a spostare le ciocche di capelli castani dietro l'orecchio. Kiba rimase qualche istante a seguire con le pupille il gesto lento ed aggraziato della kunoichi, senza far caso al cagnolino dal pelo bianco che lo guardava insistentemente, con la testolina un po' inclinata e un'espressione confusa sul muso.
Un ampio sorriso prese piede sul volto contento della più grande che, con una mano ancora posata sul fianco, rimase ad osservare i loro visi assorti per qualche minuto; dopodiché, si vide costretta a rompere la magia del momento con un paio di colpi di tosse che attirarono l'attenzione di Kuji e scossero improvvisamente l'Inuzuka.
Akamaru iniziò ad abbaiare e scodinzolare contento alla vista dell'azzurrina, e nell'istante in cui il padrone abbassò lo sguardo su di lui e gli rivolse un breve cenno del capo, il cagnolino prese a correre nella direzione delle due ragazze. Si avvicinò alla più grande, posando le zampe anteriori sulla sua gamba, e dopo una piccola risata la marionettista si inginocchiò, arruffandogli il pelo chiaro.
Kiba rivolse ancora qualche più timida occhiata alla castana, che si era nel frattempo concentrata maggiormente sui gesti di Akamaru. Scosse la testa, e raccogliendo quanto più fiato possibile pronunciò un "ohi, voi due!!".
«Mh? Kiba, perché urli adesso?!».
«Sei tutta presa con Akamaru, come al solito!», rispose lui, con un evidente broncio dipinto sul viso.
«Beh, scusa se Akamaru è molto meglio di te!», esclamò Yami, con un tono sarcastico ma pungente. Dopotutto qualsiasi occasione era più che ottima per irritare il castano.
«Resta il MIO cane!», riprese il ninja, evidenziando l'aggettivo possessivo.
«Pensa che tra i due avrei dato del cane a te piuttosto che a lui!».
«Yami-san...», la voce colma di rimprovero, aggravata dall'occhiata amara da parte della più piccola, zittì l'azzurrina, che si imbronciò quasi subito.
L'Inuzuka incrociò le braccia in segno di offesa, ma dopo qualche secondo prese nuovamente a parlare.
«Volete venire con noi?».
Yami non esitò ad annuire, contenta; ma la risposta di Kuji tardò ad arrivare, tanto che la marionettista si voltò nella sua direzione con un'espressione perplessa.
«Kuji, non vuoi?».
La castana scosse piano la testa e rivolse un sorriso lieve e visibilmente triste, che fece intuire alla maggiore il motivo per cui aveva preferito rifiutare l'offerta: non voleva essere d'intralcio, né avrebbe mai costretto Kiba ad averla sempre attorno. Sicuramente, pensò la giovane, aveva considerato la proposta del ninja più come una richiesta nata per cortesia, che una domanda spontanea e genuina.
Al contrario, Yami sapeva benissimo che lo shinobi non l'avrebbe mai fatto semplicemente "per essere gentile", tuttavia non si sarebbe mai arrogata il diritto di decidere per conto dell'amica. Perciò si limitò a ricambiare il sorriso, a scompigliarle i capelli e a salutarla con la mano, una volta che si fu allontanata abbastanza.
«Era ora!», disse Kiba fingendosi arrabbiato. Ma nel momento in cui l'azzurrina fu sufficientemente vicina a lui, un grande sorriso sbarazzino si fece spazio sul suo volto, e con le dita prese a scompigliare i lunghi capelli chiari della ragazza; quest'ultima tenne il broncio per un poco, decisa a non darla vinta allo shinobi, ma non riuscì con il tempo a trattenere una lieve risata e a tirare sebbene senza forza la guancia del castano, tra i guaiti di Akamaru che continuava contento a scodinzolare accanto a loro e la voce di Kurenai che dava il benvenuto alla kunoichi. Tutto sotto lo sguardo sorridente ma malinconico della più piccola, che osservava la scena da lontano.
«Yami!», intervenne la sensei, con le labbra curvate gentilmente all'insù, le mani posate sui fianchi e gli occhi rossi socchiusi.
«Kurenai-sensei! Mi dispiace, ho interrotto l'allenamento?», chiese la marionettista, sfoggiando l'espressione più innocua che era in grado di stampare sul viso. Kiba, ancora accanto a lei, si coprì la bocca per evitare di scoppiare a ridere di fronte a quella scena che aveva, per lui, del surreale.
Anche la corvina si lasciò scappare un risolino divertito, abbassando le palpebre; una volta concluso, le pupille si posarono nuovamente sulla figura quasi imbronciata della giovane, che fissava indispettita il più piccolo.
«Ti accogliamo volentieri, se vuoi unirti a noi!», propose la Jonin con tono dolce.
Gli occhi verdi della kunoichi presero a brillare mentre si indirizzavano verso la maggiore, le labbra si schiusero a causa della sorpresa di fronte a quella frase che, tuttavia, non era del tutto inaspettata.
«Posso davvero??».
«Ma certo!», rispose lei, cordiale, senza che il sorriso abbandonasse la sua espressione raddolcita.
Yami aprì la bocca, in procinto di affermare l'effettiva volontà di accettare l'offerta della Jonin; tuttavia la voce le si bloccò in gola nell'istante in cui la sua mente elaborò l'immagine di Kou e della reazione sicuramente negativa che avrebbe avuto nello scoprire che aveva deciso di bighellonare con il team 8 piuttosto che allenarsi per conto suo. Dopotutto, già avevano fatto fatica, lui ed Elizabeth, a credere davvero al fatto Yami si fosse voluta prendere un giorno di pausa dagli allenamenti con la sensei per poter migliorare le marionette da sola; se per sbaglio le voci fossero giunte alle orecchie sbagliate (specialmente a quelle del rosso), l'avrebbero costretta ad esercizi extra o a punizioni ancora più pesanti.
Fu dunque in quel momento che, con un sospiro carico di sconforto, l'azzurrina chiuse gli occhi verdi borbottando un "non posso, ho promesso a Kocchan e Lizzy-chan che mi sarei allenata per conto mio oggi...".
Kurenai sorrise intenerita di fronte a quell'affermazione, ma Kiba, che al contrario non la prese così bene, mise il broncio incrociando le braccia e lasciando che Akamaru si arrampicasse sulla sua testa.
«Non è giusto però!!», esclamò, attirando l'attenzione di Hinata e Shino, che si erano avvicinati solo in quel momento.
«Kiba-kun, Kurenai-sensei, tutto bene..?», si intromise timidamente lei, in un sussurro, e la sua espressione si illuminò parzialmente alla vista dell'azzurrina.
«Yami-san..!», disse, alzando un poco la voce.
«Hinata! Shino!», rispose l'interpellata, rivolgendo una rapida occhiata ai due ragazzi appena giunti. Rivolse un ampio sorriso alla più piccola, e un cenno del capo all'incappucciato.
«Resti con noi..?», sussurrò ancora la kunoichi dai capelli scuri, torturandosi le mani e posando a fatica, di tanto in tanto, gli occhi sulla figura della maggiore. Quest'ultima portò la mano alla testa, abbassando le palpebre e donandole un sorriso colmo di rammarico.
«Purtroppo oggi non posso, Hinata...».
«Non puoi solo perché quel Kou e Lizzy te lo impediscono!», farfugliò ancora arrabbiato Kiba, con le guance perennemente gonfie.
«Kiba, non è che "me lo impediscono"...», l'azzurrina ripose la mano lungo il fianco. «Semplicemente capisco anch'io che l'esame da Chuunin si avvicina, e devo fare la mia parte così come i miei compagni di squadra stanno facendo la loro!».
Il castano bofonchiò qualche inudibile parola, con le pupille fisse altrove.
«Kiba, dovresti seguire il suo esempio, invece di borbottare in questo modo..». La voce di Kurenai accompagnò il movimento del braccio, e il successivo gesto con cui posò la mano sulla sua spalla.
Con un sospiro misto ad un ulteriore mugugno di lamentela, l'interpellato si lasciò sfuggire un "e va bene..." tra i denti.
«Sistemi le marionette..?», chiese in preda alla timidezza la più piccola, attirando l'attenzione dell'azzurrina, che annuì.
«Esatto!».
«Sono curiosa di vederle...».
«Giusto! Perché non le hai ancora mostrate a nessuno?», domandò il castano, quasi risvegliandosi. «Per me nascondi qualcosa! Sono sicuro che le userai per tradire Konoha!».
«Kiba!». Kurenai rivolse uno sguardo di rimprovero al ninja, assottigliando gli occhi rossi e arricciando leggermente il naso, con le mani sui fianchi.
Seguirono attimi di silenzio, in cui nessuno disse più nemmeno una parola. La Jonin rimase in quella posa, in attesa di una risposta da parte dello shinobi, Hinata aveva unito le mani e rivolgeva rapide e fuggevoli occhiate prima all'uno, poi all'altra, Shino stette immobile, con le braccia incrociate, le pupille nascoste dietro alle lenti scure, e Akamaru si limitò ad abbassare la coda.
La marionettista posò gli occhi sul viso imbronciato del castano, che sollevò una palpebra e la guardò di sfuggita, prima di scoppiare in una fragorosa risata divertita.
«Ma figuriamoci! Come potrebbe attaccare la Foglia con un paio di burattini?!». La giovane lo guardò male, incrociando a sua volta le braccia al petto. «Per di più», aggiunse lui, noncurante della reazione della ragazza, «caso mai accadesse basterebbe chiedere a Shino di mostrarle uno dei suoi insetti, e sfido chiunque a non riuscire ad acchiapparla in quel caso!».
Shino tirò un sospiro all'interno del collo della giacca, Hinata si lasciò sfuggire un piccolo risolino che raddolcì la diretta interessata e le permise di non mettere le mani addosso allo shinobi, e Kurenai si portò la mano sulla fronte, chiudendo gli occhi e scuotendo di poco la testa.
«Ovviamente sto scherzando, Yami! So benissimo che non faresti mai nulla del genere, sei nostra amica!!», esclamò poi Kiba, avvicinandosi all'azzurrina e posandole la mano sulla spalla sinistra, mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più ampi. Non appena anche Akamaru lanciò un guaito contento, la marionettista si rilassò, sorridendo genuinamente di rimando e annuendo.
«Niente insetti?».
«Niente insetti!».

Poco dopo, Yami decise di allontanarsi e di lasciare il team 8 ai suoi allenamenti, salutando Kurenai e tutti e tre i componenti; in particolare, qualche attimo prima di addentrarsi maggiormente nel bosco, esclamò un "Kiba, ricorda che se mai attaccassi Konoha, il primo che verrei a cercare saresti tu!", con un tono scherzoso che fece ghignare un po' il castano. Quest'ultimo rispose prontamente con un "non aspetto altro!", lasciando così che un ampio sorriso si dipingesse sulle labbra dell'azzurrina.
Bastò qualche passo immersa dalle folti chiome verdi degli alberi per far si che la marionettista potesse sentire nuove voci poco distanti. Voci che conosceva, e anche bene. La prima, che esplose in un potente grido di battaglia, apparteneva sicuramente a Lee. La seconda, più adulta, era senza ombra di dubbio quella di Gai; non solo per la natura, il timbro e il tono della stessa, ma per le parole di puro incitamento rivolte - come al solito - all'alunno prediletto.
«Continua così, Lee! Esterna la tua gioventù, fa' vedere a quel tronco chi comanda!!».
Yami non riusciva a vedere dove i due si trovassero di preciso. Troppi cespugli a coprire la visuale. Ma un balzo sul ramo sovrastante la sua testa fu sufficiente per avere una panoramica più ampia di ciò che la circondava.
Scoprì più di quanto avesse pensato. I prorietari delle voci erano effettivamente Lee e Gai. Il più piccolo si stava allenando colpendo ripetutamente con calci mirati il tronco di un albero. E, cosa difficile da notare a primo impatto, non erano soli: Neji e Tenten si trovavano non molto lontano, il primo con le braccia incrociate e la seconda con le mani ancorate sui fianchi.
L'azzurrina pensò subito a quanto erano silenziosi, ma dalle espressioni dipinte sui loro visi traspariva la stanchezza data non tanto dell'allenamento, quanto piuttosto dal compagno di squadra e dallo stesso sensei.
"Dev'essere dura con loro...", si disse la giovane, appollaiata com'era sul ramo dell'albero che aveva scelto.
Ad un tratto, un urlo esausto e soddisfatto giunse alle orecchie di Yami, la quale si voltò verso la sua origine. Lee aveva appena finito di colpire il tronco, aveva cacciato quel rumoroso verso carico di tutta la tensione accumulata per poi cominciare a stiracchiarsi.
«Ottimo lavoro, Lee!», disse Gai solenne, alzato il braccio e il pollice nella direzione del suo prediletto e chiudendo un occhio con un sorriso smagliante.
Nell'istante in cui il ragazzo dai capelli a scodella ebbe inarcato di poco la schiena, i suoi occhi scuri entrarono in contatto con la figura ancora accucciata della marionettista. Dopo un "Yami-san!!", gridato ai quattro venti, accompagnato dal dito indice allungato ad indicarla, i due compagni di squadra alzarono lo sguardo su di lei, e Gai incrociò le braccia intercettandola a sua volta.
«Ooooh, Yami!», esclamò il sensei, spostando le mani sui fianchi.
L'azzurrina portò il palmo dietro la nuca, chiudendo gli occhi verdi e forzando una risata sorpresa.
«Lee, mi hai trovata..!».
«Certo che ti ho trovata Yami-san!!». Il corvino si avvicinò all'albero, con il naso rivolto all'insù e un sorriso compiaciuto. «Dopotutto con i capelli che hai è difficile non notarti!».
«I miei... capelli?». La marionettista infilò le dita nella lunga chioma azzurra, separando una ciocca dalle altre e osservandola con un piccolo broncio. "Cos'hanno di male..?", pensò.
«Anche Neji-san dovrebbe tagliarli!», continuò lo shinobi indisturbato, indicando al contempo la figura del compagno, che lo fulminò con lo sguardo.
Tenten si lasciò andare ad una risatina forzata e quasi imbarazzata, per poi osservare la nuova arrivata.
«Yami-san, perché non scendi??», esclamò.
«Esatto, Yami! Andiamo, alleniamoci tutti insieme!», si intromise Gai, con un sorriso a trentadue denti.
«Sono sicura che sarebbe divertente, ma...».
«Lee! Sensei!». La voce di Neji la interruppe e gli sguardi di tutti finirono sul ragazzo.
«Non vi sembra scorretto chiedere a qualcuno di un'altra squadra di allenarsi con noi? Di certo Elizabeth e Kou non la prenderebbero bene, non trovate?».
«Mmmh... Quello è vero, Neji! Ottima osservazione, bravo!». A quella frase di Gai, e al cenno affermativo di Lee, la marionettista tirò un profondo sospiro, sollevata di non esser costretta a spiegare di nuovo la situazione.
«Magari un'altra volta!».

Un saluto veloce ai tre e al sensei, uno sguardo di ringraziamento rivolto al castano, e Yami riprese a balzare da un ramo all'altro alla ricerca di un punto il più silenzioso ed isolato possibile per continuare il suo lavoro con Haru e Fuyu.


«Kou, sei ancora alla finestra?».
Era sera tarda ormai. Mineko camminava per i corridoi della casa con un pigiama chiaro, leggero, i capelli rossi che le arrivavano alle spalle arruffati e un'espressione assonnata dipinta sul volto dalla pelle un po' più scura rispetto a quella del fratello.
L'interpellato si trovava sul letto, accanto alla finestra che dava sulla strada, le ginocchia affondate nelle coperte e le braccia incrociate sul cornicione. La luce della camera era spenta, ma quella del corridoio la illuminava in gran parte.
Il rosso ispezionava con cura i pochi passanti che a quell'ora tarda girovagavano per il Villaggio, per terminare le commissioni della giornata forse, o semplicemente per passeggiare. Con il mento posato sulle braccia, il ragazzo viaggiava con gli occhi arancioni per ogni angolo che si affacciava davanti all'abitazione. La sorella si appoggiò allo stipite della porta, posando una mano sul fianco e ancorando l'altra al braccio opposto, con un sorriso lieve ma intenerito.
«Kou?».
Nessuna risposta.
«Kocchan??».
Il viso del più piccolo si tinse all'improvviso dello stesso colore dei capelli, gli occhi si spalancarono dall'imbarazzo e dopo aver realizzato cosa fosse accaduto lo shinobi si voltò rapidamente verso la maggiore.
«M-Mineko!!».
Una risatina sfuggì dalle labbra della Jonin, che si avvicinò al letto.
«So che sono la vostra sensei, Kou, ma vorrei che fuori dagli allenamenti mi chiamassi "nee-san" almeno una volta!».
Con voce allegra, la rossa prese a scompigliare i capelli di lui, che si fece inaspettatamente accarezzare, seppur con un broncio imbarazzato dipinto sul viso.
«Stai aspettando Yami?», chiese poi lei, sedendosi con la schiena contro la parete e gli occhi viola fissi sul fratello.
Quest'ultimo sospirò, posando nuovamente le pupille sulla strada e annuendo.
«Lo sai che tornerà tardi come al solito...».
La sorella prese il silenzio che seguì quella frase con un sospiro, e continuò a parlare.
«Sai anche cosa le è successo... È normale che voglia stare da sola... E che abbia difficoltà a dormire e a rimanere qui tutta la notte...».
Kou abbassò lo sguardo rinunciando a quella sua pattuglia serrata.
«Nee-san?».
«Sì, Kocchan?».
Il dodicenne prese a borbottare imbarazzato.
«Posso aspettarla insieme a te?».
La rossa rimase qualche istante ad osservarlo, prima di lasciarsi andare ad una lieve risata sorpresa. Gli posò la mano tra i capelli dello stesso colore dei suoi, e annuì con un sorriso.
«Certo che puoi, Kocchan...».

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