Through Time

di Eeureka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flusso Continuo ***
Capitolo 2: *** Mutamento ***
Capitolo 3: *** Leggi Infrante ***
Capitolo 4: *** Fiducia ***



Capitolo 1
*** Flusso Continuo ***


note iniziali: la fanfiction che vi apprestate a leggere tratta dei personaggi di Tokyo ghoul in un universo creato per metà da me e per metà (ma anche di più) ispirato al famoso anime/manga Death note. Non so se sia effettivamente un crossover, ma l'ho segnato come avvertimento.
Per chi non conosce Death note mi sento in dovere di fare qualche appunto prima che proseguiate con la lettura: gli shinigami sono dei della morte. Sono loro i responsabili della morte delle persone e agiscono grazie a dei quaderni, chiamati death note, in cui scrivono il nome dell'individuo destinato a morire.
Non credo di avere altre precisazioni in merito, vi auguro buona lettura e ci si rivede nelle note di sotto. ♥








.:Chapter one;




Tutti quelli che aspirano all'infinito tendono a dimenticare le principali caratteristiche di esso: non ha un inizio né una fine.
La vita di Ken era un infinito, e, proprio per questo, non si sapeva quando fosse cominciata né quanto ancora sarebbe durata. La sua esistenza andava avanti da così tanto tempo che la sua limitata memoria eliminava i vecchi ricordi per far spazio a quelli nuovi. E così era accaduto che Ken aveva perso ogni cognizione del tempo: perché l'inizio di tutto era sfocato, la fine era troppo distante, irraggiungibile o inesistente.
Questa era dunque la prima caratteristica del suo essere uno shinigami: vivere per sempre. Con neanche un segno, una traccia, o qualsiasi altra cosa che potesse collocare quel che stava trascorrendo in un tempo preciso. Solamente il quaderno che Ken portava sempre con sé recava un piccolo indizio, perché la prima pagina recitava la frase "5^ generazione di umani". Il che rappresentava la sua prima certezza: la dea Terra era morta quattro volte e rinata cinque, facendo alternare sul suo pianeta ben cinque razze di esseri umani.
Terra era la madre di tutti gli uomini, era lei a far nascere ognuno di loro, era invece compito degli shinigami ucciderli.
Terra amava i suoi figli, ma loro non ricambiavano; lei si donava loro, loro la trattavano male, la sfruttavano, la distruggevano. E gli umani non ce l'avevano solo con lei, odiavano pure se stessi: erano tutti simili, quasi identici, ma quel che li accomunava più di qualsiasi altra cosa era il desiderio di primeggiare sugli altri. Era così che passavano la loro effimera vita: distruggendo, distruggendosi.
Ognuna delle generazioni che si era alternata seguiva sempre un filo cronologico ben preciso: Antichità, Medioevo, Età moderna, Età contemporanea, Età futuristica.
Per le quattro volte in cui ci si era arrivati l'età futuristica si era rivelata un fallimento: gli umani arrivavano a un punto in cui si facevano guerra per tutto, perdevano di vista qualsiasi morale e si interessavano solo a ottenere grandezza e potere. Il motivo per cui si erano alternate cinque generazioni era proprio questo: giungeva il momento in cui Terra di stancava, e annullava se stessa per porre fine a tutto quel caos. Moriva, e con lei morivano i suoi figli.
Ma Terra non imparava mai dai suoi sbagli, provava un amore sconfinato e anche un po' masochista per quella bizzarra specie, così dopo un arco di tempo più o meno lungo di inattività si rigenerava e dava la vita a una nuova razza umana. E così ricominciava quel ciclo infinito.
Ora come ora, con la quinta generazione in corso erano fermi al periodo dell'Antichità, pronti ad affacciarsi al Medioevo.
E già Ken riusciva a contare tre certezze sulla propria esistenza: 1) era infinita, 2) era strettamente collegata a Terra e ai suoi figli, 3) il suo compito, in quanto shinigami, era quello di porre fine alla vita degli umani, segnandoli sul proprio quaderno della morte, cosicché sul pianeta Terra potessero continuare a nascere nuovi umani che si alternassero di anno in anno, di periodo in periodo, senza creare sovraffollamento.
Il suo problema era... Da quanto tempo andava avanti così ormai? Più trascorreva il tempo più dimenticava il passato. Si ricordava a stento di come brutale fosse stata la fine della quarta generazione di umani, e di quanto tempo senza far nulla fosse passato prima che Terra si rigenerasse. Ora Ken poteva di nuovo adempire al suo lavoro assieme ai suoi colleghi, ma... Prima che esistessero gli umani lui dov'era, cosa faceva, di che lavoro si occupava? E che fine facevano gli umani che uccideva? Quando ancora neanche una generazione di umani era arrivata, lui esisteva? O gli shinigami e gli umani erano stati generati assieme all'inizio di tutto? Era Terra che comandava quel ciclo infinito e apparentemente immotivato? E lui non aveva alternativa per sfuggire a quell'eterno e indefinito limbo dalle estremità sfocate?
Altra certezza: noia. Ken non conosceva neanche del tutto il significato di questa parola, ma le sembrava perfetta per descrivesi. Ormai ne era certo: quei millenni passati a osservare gli umani, per quanto poco si ricordasse, lo avevano senza dubbio mutato. Dall'alto del suo piccolo e oscuro mondo, dove quelli come lui trascorrevano le giornate con un quaderno in mano a vedere cosa facevano gli uomini e a ucciderli quando ne avevano voglia, sentiva di esser diventato anche lui un po' come le sue vittime.
Prima il suo modo di agire era meccanico: sapeva di dover segnare un nome sul suo death note, lo faceva e aspettava che il malcapitato morisse. Ma ora non era più così. Con la 4^ generazione aveva scoperto l'esistenza dei libri: centinaia di pagine rilegate assieme che contenevo i pensieri e le fantasie umane. Così si era innamorato della specie umana e della loro libertà, dei loro pensieri, dei loro modi irrazionali di agire. Aveva cominciato a trascorrere più tempo sulla terra che sul suo pianeta, restando invisibile agli umani e osservandoli silenziosamente o prendendo forma di umano lui stesso e interagendo con loro per qualche sporadico minuto. All'inizio gli sembrava tutto nella norma, non era di certo il primo shinigami a cui piaceva girovagare per la Terra, ma poi i libri aveva cominciato a rubarli e a nasconderli a casa sua nel suo pianeta.
E già ecco il suo primo segreto reato: portare oggetti umani nel mondo degli shinigami. E non si era fermato lì, poi aveva iniziato anche a leggerli tutti quei libri e ad apprezzarli. Era da quel momento che tutti quei vorticosi pensieri avevano iniziato a girargli per la testa, anche se suonavano sbagliati e anormali per uno della sua specie. Non poteva di certo sapere se tra i suoi colleghi qualcuno si fosse posto domande simili, perché le conversazioni tra shinigami erano minime, gli scambi di pensieri inesistenti. Quindi la noia allagava il suo mondo: era una vita triste, monotona, grigia e orribilmente infinita.
Da quando era nata la quinta generazione non c'era ancora stata una volta in cui fosse sceso su quel pianeta per parecchi motivi. Gli altri shinigami non avevano perso tempo ad accorgersi dell'interesse bizzarro e fuori luogo che Ken provava per le persone. Veniva in particolar modo preso di mira perché era considerato il pupillo del re degli shinigami, Arima. E qualcuno di tanto rinomato veniva tenuto d'occhio. Per fortuna le voci che giravano su di lui si erano esaurite in fretta, e nessuno aveva mai ispezionato casa sua, con il rischio di far venire fuori la sua collezione proibita.
I libri erano il più grande e pericoloso tesoro di Ken, perché contenevano i sentimenti degli uomini. Ciononostante erano diventati l'unico motivo per cui riusciva ad andare avanti: sfogliava le pagine bianche, passava i polpastrelli sull'inchiostro nero e si sentiva parte, per quanto paradossale potesse essere per uno shinigami, della vita. Ormai era così influenzato dalle stupide congetture degli umani, dai loro bizzarri sentimenti, che si era trovato ad esitare al momento in cui ne doveva uccidere uno, o aveva selezionato e direzionato alla morte solo quelli considerabili malvagi.
Ed era da lì che si era accorto che c'era decisamente qualcosa di anomalo in lui, perché uno shinigami incapace di uccidere non può di certo considerarsi uno shinigami.
« Ken » l'interpellato si bloccò di colpo, rendendosi conto che, assuefatto dai pensieri, stava camminando avanti e indietro da un bel po'. Incrociò lo sguardo di Touka, shinigami con la quale aveva un rapporto che gli umani avrebbero potuto definire amicizia. Sembrava che a tratti ci tenesse a lui, e Ken si domandava spesso se fra due shinigami qualcosa del genere fosse possibile. Passavano molto spesso tempo assieme a parlare (non erano chiacchierate vivaci come quelle che potevano avere due persone, ma era pur sempre un inizio) quindi a lui non dispiaceva pensarla così.
« Ciao Touka, » abbozzò un sorriso sorpreso « come va? »
La shinigami inarcò un sopracciglio mantenendo un'espressione piuttosto fredda. Incrociò le braccia al petto e sbuffò.
« Non sei ancora sceso sulla terra, come mai? » chiese diretta, con tono vacuo e distaccato, ignorando la domanda del compagno.
Ken deglutì.
« È strano da parte tua, ho sempre creduto che ti piacesse stare a contatto con... » Fece qualche attimo di silenzio come se stesse ponderando le parole, « la morte » concluse.
Ken abbassò lo sguardo. Era da un po' che non si vedevano e quindi non era proprio quella la prima domanda che si aspettava di ricevere. Inoltre era raro che fosse lei a cercare lui, in genere era sempre il contrario. Per essere lì a chiedergli di cose del genere, Touka doveva aver sentito dei guai in cui si era cacciato.
« Touka, » iniziò, consapevole dei rischi che correva « lo sai bene che non è la morte a piacermi, ma le persone »
Lo schiaffò che gli arrivò sulla guancia fu così repentino che Ken si rese conto di cos'era accaduto solo grazie al sonoro rumore. Si passò i polpastrelli sulla guancia dolorante e incrociò lo sguardo furioso di Touka. Era forse un'emozione quella che le leggeva in viso? Un'emozione rivolta a lui?
« Non dire stupidaggini! » irruppe, « sai bene che parere hanno gli altri su di te, come puoi permetterti di scherzare in questo modo?! »
« Non stavo scher- » questa volta Touka gli sferro un pugno, ma Ken riuscì a evitarlo. Touka restò ferma a guardarlo con gli occhi infuocati dalla rabbia, ansimando. Con le sopracciglia corrugate e i fili di capelli sul viso, gli occhi rossi dalla sclera nera, Ken la considerò assurdamente bella e si chiese come fosse possibile che si trattasse di una dea della morte.
Possibile che stesse reagendo così perché ci teneva a lui?
« Scusa, hai ragione, stavo scherzando; ho sbagliato. »
Touka lo guardò in cagnesco. « Non ci tieni affatto alla tua esistenza, eh, Ken? » domandò.
Rifletté per qualche secondo con occhi vuoti. Quella di Touka era una domanda retorica, Ken non aveva nulla da perdere da un'esistenza come la sua.
« Io... »
« Non rispondere » lo bloccò, « non voglio saperlo... » Abbassò lo sguardo, rilassò le spalle e i pugni. Lanciò un ultimo sguardo al ragazzo dopodiché di allontanò senza voltarsi.
Ken rimase solo.
« Mi dispiace Touka » sussurrò. Si accorse della desolazione che lo circondava di nuovo.
Non era colpa sua, non poteva mentire. Anche se ogni giorno rischiava di ottenere le occhiatacce dei suoi colleghi e di finire in guai più seri non poteva nascondere all'infinito l'intolleranza che provava per un'esistenza così vuota come la sua. Poteva a stento fingere per non ferire Touka, o per non deludere Arima. Ma fingere per sempre, per quante altre generazioni ancora? Impossibile.
Ken sospirò. Voleva solo una via d'uscita.




note: buonsalve fandom di Tokyo ghoul! questo è il primo capitolo di una long che credo arriverà più o meno sui dieci capitoli. La principale coppia sarà l'hidekane, ma voglio dare spazio anche a Touka: primo, perché la TouKen è pure cosa bella e sono felice *spoileeer*[ dei risvolti che ha preso il manga; ]e secondo, perché sì.
Spero che questo inizio sia piaciuto a qualcuno, e che vi abbia incuriosito sui futuri dettagli che si veranno a scoprire andando avanti. Questo capitolo era solo una sorta di introduzione per un universo su cui ho ancora tanto da dire. Le critiche o i commenti di qualsiasi genere sono ben accette.
Saluti,
Eeureka.

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Capitolo 2
*** Mutamento ***










.:Chapter two;




Il loro mondo era monotono non solo per come funzionava, ma anche per il suo aspetto. Non era altro che un'enorme distesa di sabbia grigia, con rocce e crateri qua e là sul terreno. Uniformità interrotta di tanto in tanto dalle abitazioni degli shinigami, tutte uguali e distanti l'una dall'altra parecchi chilometri, in modo che ognuno potesse godersi la propria solitudine indisturbato.
Era un mondo anche piuttosto piccolo, il numero degli shinigami non avrebbe mai potuto eguagliare quello degli umani. Era un pianeta per lo più vuoto.
Touka non poteva aver fatto molta strada, in genere gli shinigami preferivano restare in zona vicino alla propria abitazione. E Ken non si sbagliava, la trovò quasi subito: era seduta davanti a uno di quei portali che mostrava quel che accadeva sulla terra, aveva le ginocchia al petto e le braccia incrociate, lo sguardo poco interessato per quel che aveva dinnanzi.
« Ehi. » La shinigami sussultò, colta di sorpresa. Ken le si sedette vicino, elargendole un sorriso gentile. Touka non si voltò verso di lui, voleva che la sua rabbia trapelasse.
« Ehi » ripeté Ken.
Touka sospirò. « Che vuoi? »
« Senti » esordì lo shinigami, cercando lo sguardo della collega « mi dispiace per prima. »
Touka esitò un po' prima di incrociare gli occhi dell'altro - o meglio, l'unico occhio, dato che Ken indossava sempre una benda su quello destro.
« Lo sai bene che non dovresti dire cose del genere » lo riprese, « non so che farmene delle tue scuse. Non so se stessi mentendo o no e, onestamente, credo che sia meglio per tutti non saperlo... Solo... Non cacciarti nei guai, okay? »
Annuì poco convinto, lei se ne accorse.
« Non vorrai mica fare la fine di Shuu... Almeno spero. »
Ken sussultò. Shuu era uno shinigami che si era invaghito degli umani e che per questo era stato punito a dovere. Aveva cominciato ad assentarsi al lavoro per trascorrere il tempo sulla Terra e in ben poco tempo gli shinigami maggiori se ne erano accorti e avevano informato il re Arima sulla situazione. Quest'ultimo aveva mandato Shuu sotto processo, dandogli l'opportunità di difendersi, ma per il filantropo non c'era stata salvezza. Nell'esprimersi a parole le sue frasi erano arzigogolate, ricche di fronzoli e con termini assurdi. Gesticolava, plateale, con un entusiasmo inconcepibile: era diventato folle.
Ormai anche questa memoria per Ken era quasi svanita, ma riusciva ancora a ricordarsi di Shuu che per convincere della sua innocenza narrava di arte, dipinti, teatro, poesia e anche di libri.
Essendo che gli shinigami ottengono gli anni di vita dagli umani che uccidono, non c'è modo di uccidere un dio della morte se non che sottraendogli per sempre il proprio death note. E questa era stata la condanna per Shuu.
Per un certo periodo era andato in giro cercando di inculcare le sue idee anche agli altri, ma veniva evitato come se potesse contagiare con qualche grave malattia. Ormai da circa qualche secolo non si era più visto in giro: forse si era rinchiuso nella propria abitazione (dalla quale tutti giravano alla larga) o forse era morto. La verità era che a nessuno interessava davvero la sua sorte, Shuu serviva solo come esempio di quel a cui potevano andare incontro in base alle scelte sbagliate.
« Ken? Rispondi! »
L'interpellato sobbalzò.
« Ah, scusa... Stavo pensando... »
Touka inarcò un sopracciglio, poi sospirò.
« Non voglio che ti finisca così, okay? Lo sai bene che tempo fa hai avuto comportamenti sospetti. Ora le acque si sono calmate... Non le agitare di nuovo. »
Ken ripensò a Shuu e a come forse avrebbe davvero dovuto tenersi alla larga dal mondo degli umani.
« Non accadrà » affermò, quasi convinto « non mi finirà come lui. »
Si mise in piedi e spolverò via dalle gambe la sabbia che gli era finita addosso.
« Penso che andrò a dare un'occhiata più da vicino ai nuovi abitanti della Terra. Vieni con me? »
Touka accennò un sorriso. « D'accordo » acconsentì, « ma solo per tenerti d'occhio. »





La popolazione sulla Terra si stava ancora sviluppando. Erano nel periodo dell'Antichità, dove non esistevano veri e propri stati, ma solo territori che venivano conquistati, rinominati e frazionati in continuazione da diversi popoli.
In genere gli shinigami venivano divisi in gruppi di quattro (in base alla vicinanza delle proprie abitazioni) e ogni gruppo riceveva una zona sulla Terra di cui occuparsi. Quella in cui erano appena apparsi Ken e Touka, attraversando il portale che li collegava al mondo umano, doveva essere la loro area. Ken era rimasto all'oscuro delle vicende umane per svariato tempo per fingere indifferenza, e ora non sapeva se si trovassero in un regno, in un impero o in chissà cos'altro. Quel che era certo era che erano apparsi nel bel mezzo di un villaggio di campagna circondato da mura.
Era da così tanto tempo che non scendeva sulla Terra che dovette socchiudere gli occhi, ferito dall'abbagliante luce del sole. Si sentiva - se gli era concesso utilizzare i vocaboli umani - emozionato, trepidante. Gli shinigami non respiravano, eppure lui ebbe l'impressione di essere investito da una forte ondata di aria fresca. Il buio non lo circondava più, ora attorno a lui c'erano solo colori: prevaleva il verde delle piante, il marrone della terra, il beige, l'ocra, il grigio delle pietre incastonate nei sentieri, il celeste dell'ampio cielo e la luce diffusa ovunque che filtrava tra le foglie degli alberi.
Non lo fece apposta, ma le sue labbra si piegarono in un sorriso.
Touka lo notò, ma mantenne il silenzio.
« Diamo un'occhiata in giro? » propose e lo shinigami annuì con un po' troppo entusiasmo.
Si addentrarono nel villaggio, e i sentieri cominciarono ad essere perimetrati da tante modeste case in mattoni l'una accanto all'altra. La gente passeggiava frenetica, alcuni presi dal lavoro, altri semplicemente chiacchieravano. I bambini giocavano a chiapparello, correndo a zig zag tra gli adulti. Indossavano tutti semplici stoffe raffazzonate l'una sull'altra, per lo più tuniche strette in vita con un filo di un altro tessuto che fungeva da cintura. Dall'erba, di tanto in tanto, sbucavano fiori fatti di gemme luminose di colore rosso. Ken non aveva mai visto fiori così nelle generazioni precedenti, era di certo una novità apportata da Terra. Ebbe l'impulso di coglierlo, poi si ricordò di non essere solo e soprattutto di essere nella sua forma di shinigami, il che comportava il non poter interagire direttamente con nulla di quel pianeta. Era come uno spirito che galleggiava nell'aria.
I due giunsero in quella che era di sicuro la principale piazza del villaggio. C'erano gruppi di anziani che discutevano su chissà cosa, bambini che giocavano anche lì, donne che trasportavano vasi colmi d'acqua e botteghe differenti al di sotto di un colonnato, dove gli artigiani lavoravano in bella vista, mostrando di cosa erano capaci.
Quel che attirava più di ogni altra cosa l'attenzione era la fontana che si stagliava al centro. Era di base circolare, fatta in marmo bianco e purissimo ed era ricca di elementi floreali. La parte al centro imitava il movimento dell'acqua stessa, come quando vi si lascia cadere un sassolino e le gocce schizzano tutto intorno. Era come se da fiori di marmo nascesse acqua di marmo e da questa scorresse l'acqua vera che andava a congiungersi all'interno della fontana.
« Wow » soffiò Ken non riuscendo a trattenersi. Gli umani trovavano sempre modi alternativi di esternare i propri sentimenti. Uno di quei modi era l'arte.
Ken voleva sentirsi parte di tutto quello e non osservarlo solo da dietro una teca di vetro. Così prese sembianze umane.
« Cosa fai?! » domandò Touka allarmata.
« Faccio un giro. »
Prendere sembianze umane per uno shinigami voleva dire rendersi visibili agli abitanti della Terra. Era una pratica non rara, apprezzata da alcuni, disprezzata da altri.
La forma umana di Ken era decisamente ridicola a parer suo. Assumeva il corpo di un ragazzino sui vent'anni che pareva anche più giovane. Era esile, i capelli gli diventavano neri e la benda che portava sempre con sé svaniva, dando mostra di due grandi occhi incolori.
Il contro di trasformarsi momentaneamente in umani era che il death note si poteva solo portare in mano, senza nessun posto dove poterlo trasportare, e quindi diventava di estrema importanza fare attenzione a non lasciarlo da nessuna parte.
Era già accaduto in passato che uno shinigami perdesse il proprio death note, e il peggio avveniva se era un umano a trovarlo. Se un uomo ne entra in possesso e scopre come utilizzarlo allora il dio proprietario è condannato a stare a fianco di costui finché vive. E, non potendo utilizzare il proprio death note poiché in mano dell'umano, non si può far nulla per accelerare il processo.
Ken si avvicinò alla fontana e si sedette sul bordo. Piccoli spruzzi di acqua gli solleticarono la schiena, e lui prese a guardare il cielo con aria rilassata. Touka si mise accanto a lui, restando però incorporea a tutto di quel mondo.
A un certo punto un uomo dall'aria piuttosto entusiasta raggiunse la piazza con il fiatone. Ansimò un po', poi riprese fiato ed urlò: « Sono tornati vittoriosi! »
La gente si voltò verso di lui, subito dopo si sentì il suono di trombe. Tutti gli umani lì a quel punto abbandonarono le loro attività per stringersi davanti all'ingresso della piazza in attesa di chissà cosa, febbricitanti. I bambini smisero di correre l'uno dietro l'altro e si intrufolarono tra quel corteo di adulti, anche loro con il medesimo entusiasmo.
Ken si ritrovò incuriosito. Ebbe l'impulso di alzarsi per andare a vedere cosa stava succedendo, ma poi decise che era meglio restare lì con Touka, il più lontano possibile dalla folla.
A un certo punto tutta quella gente chiassosa si zittì. Il loro vociare fu sostituito da un altro rumore, simile a quello di oggetti pesanti che vengono continuamente poggiati sul terreno e accompagnati dallo stridio di pezzi di metallo che si urtano l'uno con l'altro. Sempre più forte, sempre più vicino.
La gente continuò a lanciarsi occhiate entusiaste, e Ken comprese che qualsiasi cosa stessero aspettando stava per arrivare. Tese l'orecchio, cercando di captare di cosa si trattasse.
Quando dalla scalinata che portava alla piazza cominciarono a vedersi svariati visi, la folla urlò in preda all'emozione. Ken vide man mano profilarsi dinnanzi a sé (per quel poco che riusciva a vedere dal suo posto) i volti di diversi uomini, vestiti di pesanti armature e che sottobraccio portavano un elmetto. Dovevano sicuramente essere l'esercito. Avanzavano fieri, coordinati, marciando a testa alta. I loro volti erano stanchi, ma vittoriosi.
Si fecero spazio tra la folla verso un imponente edificio. Passarono pure davanti alla fontana, alcuni mantennero il capo alto, altri incrociarono i suoi occhi confusi come se si stessero chiedendo chi potesse essere.
Ken restò immobile a fissarli, accorgendosi che fossero un numero più grande di quanto avrebbe creduto.
Giunsero davanti all'edificio, dove vi era una nicchia contenente la statua di una donna. Fecero una sorta di saluto militare dopodiché ruppero le righe. Avevano smesso di camminare diritti e composti e ora parevano più persone tornate stanche dal lavoro, che si concedevano fra loro qualche chiacchiera e sospiravano sfiniti.
Era evidente che la battaglia non avesse portato feriti o morti. Ken sfruttò uno dei suoi poteri da shinigami e lesse sulle loro teste la loro durata vitale, ossia quanto tempo ancora restava loro da vivere. Scoprì che la maggior parte se ne sarebbe andata all'aldilà molto presto.
« Ehi, mi senti? » Ken sobbalzò. Non si era accorto che qualcuno lo stesse chiamando. Si guardò intorno e scoprì che i soldati si erano sparsi per la piazza per conto loro. Alcuni stavano riabbracciando la propria moglie e i propri figli, altri i propri genitori, altri ancora discutevano tra amici.
« Mh, ci senti? » Ken si accorse solo in quel momento che davanti a sé c'era proprio uno di quei soldati. L'armatura scintillante avvolgeva il suo corpo, e Ken poté notare quanto fosse rifinita con cura: con striature e solchi che creavano un motivo artistico, come se la bellezza di un armatura potesse essere in qualche modo funzionale in guerra.
La cosa che però lo colpì di più fu il viso dell'umano. Era un ragazzo sui vent'anni, aveva i capelli biondi e spettinati, più scuri sulla cute più chiari sulle punte, e due grandi occhi caldi che lo fissavano con curiosità.
Era raro, anche quando prendeva forma umana, che qualcuno gli si avvicinasse per parlare. In genere con quello sguardo da sempliciotto non attirava facilmente l'attenzione.
Ken se ne diede una colpa, ma non poté evitare di considerare il ragazzo davanti a sé molto bello. Forse erano i lineamenti giovani a colpirlo, oppure l'energia che emanava nonostante i suoi occhi fossero piegati dalla stanchezza. Sprigionava una grinta e una voglia di vivere talmente elevate che, quando Ken incrociò la sua durata vitale, si sentì un po' triste per lui per quanto poco tempo gli rimanesse sulla Terra.
« Sai parlare? » fece interrogativo. Ken si accorse in quel momento di essere rimasto a fissarlo con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse.
« Oh, scusa... » mormorò.
« Allora sai parlare! » fece entusiasta, dandogli una pacca sulla schiena e sedendoglisi accanto. Touka si scostò, fissando l'uomo con aria scocciata.
« Sì, certo... » Ken era immensamente confuso e in imbarazzo. Era vero che lo affascinavano gli umani, ma di rado aveva parlato con uno di loro. Percepì un forte disagio per questo.
« Non sarai mica qui per arruolarti, vero? »
Ken strabuzzò gli occhi. « N-No! » urlò fin troppo repentino.
« Ah, okay, menomale! »
« Menomale? »
« Beh insomma, sei un po' gracilino. Se hai bisogno di soldi ci sarebbero lavori più adatti per te. Questo sarebbe un po' rischioso. »
Ken non comprese il motivo, ma quel commento lo offese, soprattutto perché Touka ridacchiò.
Era vero, non era molto imponente, però nella sua versione da shinigami di certo aveva qualche muscolo in più.
Il ragazzo lo afferrò per un braccio così velocemente che Ken non ebbe il tempo per opporsi. Tastò i lembi di pelle e carne umana che non appartenevano realmente allo shinigami con aria indagatrice. Touka, da dietro, non poté evitarsi di sussultare preoccupata.
« Oltre a essere gracile sei anche freddissimo, oddio. »
Ken prese a osservare il proprio braccio con curiosità, pose una mano su di esso e constatò che la sua massa muscolare era pari a zero, così come anche la sua temperatura corporea.
« Che fai? Controlli anche tu? » ridacchiò e Ken ritrasse la mano, riconoscendo che quel che aveva fatto dovesse senza dubbio risultare stupido.
Si sentì imbarazzato e infastidito, gonfiò le guance e si voltò dal lato opposto per rendere la cosa visibile (quel gesto per lui era atipico, ma forse agiva così perché era nella sua sembianza umana.)
L'umano se ne accorse e il sorriso di scherno che aveva sulle labbra scomparve.
« Scusa, stavo solo scherzando, non volevo offenderti » disse « non prendertela. » Gli rivolse un sorriso genuino.
« È che il tuo viso mi è nuovo, ti ho visto tutto solo e spaesato e non sono riuscito a non avvicinarmi. » Ken provò ad allontanarsi un po', ma non fece in tempo che si ritrovò il braccio dell'altro attorno alle spalle. Sussultò.
« Ricominciamo da capo, okay? » L'umano continuò a sorridere radioso e rassicurante.
« Il mio nome è Hideyoshi, ma in genere i miei amici mi chiamano Hide. Puoi farlo anche tu se vuoi. »
Ken riuscì solo a pensare che non era mai stato così pericolosamente vicino ad un umano prima d'ora. E che lo sguardo con cui Touka lo ammoniva rendeva la situazione anche peggiore di quanto già non fosse.
« Il tuo nome invece è? »
Non aveva alcun obbligo di rispondere, eppure lo fece: « Mi chiamo Ken. »
« Ken? Mi piace Ken! È semplice e non difficile da ricordare » ridacchiò. « E dimmi, Ken... »
« Scusa, ma devo andare » e scostò il braccio di Hideyoshi.
« Ehi, solo una domanda. » Ken deglutì e si arrestò mentre si allontanava. Era come se ci fosse una calamita che lo obbligasse a rimanere, e di certo quella forza di attrazione era dovuta a quanto lo incuriosisse la vita degli uomini.
Deglutì. Sentì una strana scossa passargli per il corpo.
« Dimmi. » Si voltò di nuovo verso l'altro.
« Prima, oltre che per l'averti visto solo e spaesato, c'era un altro motivo per cui mi sono avvicinato. Perdonami se sono indiscreto, ma in parte mi hanno attirato i tuoi occhi tristi. »
Occhi tristi? si chiese Ken. Era così che appariva agli umani?
« Scusami, ma devo proprio andare. » Si sforzò di non voltarsi mentre andava via, ma Hideyoshi lo prese per il polso.
Ken non riuscì a comprendere se fosse infastidito o spaventato da quella situazione. Si voltò di scatto.
« Che c'è ancora? » chiese con le sopracciglia corrugate.
« Scusa, capisco che tu non voglia rispondermi e non voglio impedirti di andare, né tantomeno voglio infastidirti. Ma ti è caduto questo; è tuo, no? » Hide, con il viso più ingenuo e dispiaciuto mai visto, si stava rigirando tra le mani un oggetto di forma rettangolare di colore nero. Ken sbiancò.
Hide osservò il quaderno, ebbe giusto il tempo di passare i polpastrelli sulla scritta "death note" quando Ken glielo strappò di mano.
Sul volto dello shinigami si profilò la disperazione, si diede dello stupido. Come poteva aver fatto una cretinata del genere? Ma soprattutto... Hideyoshi l'aveva toccato, aveva preso fra le mani il suo death note. Cosa sarebbe accaduto adesso?
« Ehi, Ken... Tutto bene? Amico, vuoi che chiami qualcuno? Ti stai sentendo male? »
Aveva sempre sentito dire che se un death note viene toccato da un umano questo diventa automaticamente sua proprietà. O forse questo accadeva se un umano il death note lo usava? Non riusciva a ricordare.
« Ken? »
« Perdonami. » disse e, senza alcun preavviso, corse via.
Hide resto lì fermo in mezzo alla piazza ad osservarlo, confuso più che mai.

« Ken! » urlò Touka, ma lui non si fermò, almeno finché non fu certo che con loro ci fossero solo alberi e vegetazione. Aprì in fretta un varco per il suo mondo e, solo quando ebbe messo piede su quel terreno arido e familiare si sentì in salvo.
« Ken! » da un portale accanto apparì Touka. Non credeva di averla mai vista tanto arrabbiata.
« Ma che ti salta in mente? »
Non c'era molto contatto fisico tra shinigami, ma questo non le impedì di saltargli letteralmente al collo per scuoterlo con foga.
« Ha toccato il mio death note! »
« Sì, ho visto! Ma datti una calmata! »
Ken cercò di seguire il suggerimento. Aveva ancora la mente troppo in subbuglio per pensare logicamente.
« È colpa tua, » sentenziò Touka « non dovevi parlargli e, soprattutto, non dovevi prendere sembianze umane in un luogo così fittamente pieno di umani! »
Ken sospirò, abbassò lo sguardo.
« Hai ragione » disse, « ma ora, ora che facciamo? »
Touka si schiarì la voce e rimase per qualche secondo a pensare. Quella situazione le metteva addosso più agitazione del previsto, soprattutto nel vedere Ken in quello stato, così confuso e preoccupato.
« Ha visto il death note, è vero, ma non l'ha usato. Quindi è ancora ufficialmente di tua proprietà. »
Ken sospirò di sollievo.
« Ciononostante, ora c'è sicuramente qualche vincolo che ti lega a quell'umano, e lui sarà capace di vederti anche nella tua forma di shinigami se scendi sulla terra. »
« È davvero tutto qui? » domandò Ken. « Non ci saranno conseguenze più gravi? »
Touka deglutì. « Non lo so, spero di no. L'importante è che il death note sia ancora tuo » affermò, lieta di vedere l'altro tranquillizzarsi. Era davvero arrabbiata con Ken, non riusciva a credere che fosse andato incontro a un rischio così grande.
« Senti... » esordì « fingiamo che nulla di tutto ciò sia accaduto, okay? Tu non lo dirai in giro, io non lo dirò in giro. Resterai al di fuori dei guai, lontano dalla Terra, e tutto sarà apposto. Aspetteremo che quell'umano muoia, o, anzi, guarda: lo uccido io ora! »
« No! » la risposta fu così repentina che Touka rimase sconvolta.
« Perché no? »
« Mi va bene il tuo piano. Davvero, starò lontano dai guai e dalla Terra. Ma non vale la pena di ucciderlo, tanto quel ragazzo non ha molti anni di vita davanti a sé. »
Touka rilassò le spalle, gli lanciò un'occhiata sospetta. « Prometti che starai lontano dai guai. Promettimelo. » disse.
Ken deglutì. « Prometto. »
Eppure, improvvisamente, il gusto del proibito era più invitante di prima e nei suoi pensieri si materializzò l'immagine dei caldi occhi di Hideyoshi.








note: Oh, dunque. Ecco il secondo capitolo~
Mentre il primo era quasi un prologo, questa è la lunghezza standard di ogni capitolo che seguirà. Come potete capire la generazione che c'è ora sulla Terra non coincide con la nostra, non ha a che vedere con il nostro mondo. Ci troviamo semplicemente in un'Antichità/inizio medioevo. Non è la nostra Grecia, non è la nostra Roma. Ci sono cavalieri che sembrano quasi quelli delle fiabe, fiori fatti di gemme... Insomma, pian piano vi svelerò questo mondo (anzi, i due mondi, visto che anche sugli shinigami c'è altro da dire.)
E finalmente abbiamo la comparsa del n0stro caro Hide.
Per qualsiasi dubbio comunque non esitate a farmi sapere!
ringrazio chi sta seguendo la storia♥
Saluti,
Eeureka

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Capitolo 3
*** Leggi Infrante ***









.:Chapter three;




Nel mondo degli shinigami non esisteva un modo per misurare il tempo, non c'era nessuna stella attorno a cui girare per alternare periodi di luce a periodi di buio; era atemporale, quasi un'astrazione per la mente umana.
Gli dei della morte solevano utilizzare espressioni quali "ieri, oggi, domani, tra un anno" e così via, riferendosi però al pezzo di Terra a loro assegnato. Era così che Ken poteva affermare con sicurezza che da quando aveva combinato quel guaio erano trascorse dieci notti e dieci giorni.
Da quando era successo Ken aveva vissuto nell'ansia, aveva atteso che accadesse qualcosa, pur non sapendo neanche lui che cosa... Ma nulla era accaduto, tutto nella sua routine era rimasto immutato.
Era vero che uno shinigami viene vincolato solo se un umano utilizza il suo death note, ma lui sembrava quasi ossessionato dall'idea che dovesse comunque succedere qualcosa, come se non gli andasse giù di aver corso un rischio senza ottenere conseguenze considerabili negative. Pareva così disperato che si sarebbe accontentato di tutto pur di dare una svolta a quella monotonia che da sempre lo accompagnava.
Una parte di lui bramava la novità con tutti i pericoli che essa comportava; dall'altra parte, però, Ken scuoteva la testa non convinto, accorgendosi di quanto imprudenti quei pensieri potessero essere.
Era bloccato in un limbo, malamente in equilibrio su un piede sulla punta di un precipizio, con il martellante dubbio: mi butto o no?
Durante quel tempo aveva svolto con apparente tranquillità il suo lavoro, aveva chiacchierato con gli altri shinigami e, in special modo, con Touka, con la quale aveva il tacito accordo del far finta che nulla fosse mai accaduto. Insomma, un dubbio di qua, un dubbio di là, e alla fine Ken non si era spostato dalla punta di quel precipizio neanche un po'. Due forze eguali si erano scontrare e annullate a vicenda, facendo sì che rimanesse fermo, immobile, senza alcuna novità apportata nella sua esistenza. O meglio, in realtà un cambiamento c'era stato: oltre che le solite attività, ora passava molto tempo in più a osservare, attraverso un portale, gli abitanti della Terra e, per essere precisi, un abitante della Terra in particolare.
Il guerriero dai capelli di luce – così l'aveva ribattezzato – gli era rimasto così impresso che possibilmente neanche dopo altre cinque generazioni si sarebbe scordato di lui. Ogni tipo di umano era interessante ai suoi occhi, ma Hideyoshi pareva esserlo più di tutti.
Era straordinario, sembrava uscito da uno di quei libri di avventura che Ken apprezzava tanto. Non era il classico eroe, dalle abilità fisiche insuperabili da chiunque altro, ma aveva il suo modo di essere speciale: incoraggiava sempre tutti, anche quando l'esito della battaglia sembrava negativo e in quanto guerriero, non essendo molto poderoso, si occupava per lo più dell'aspetto strategico. E non era solo dotato di una grande logica, era pure molto gentile. Non era privo di paure, ma se doveva salvare qualcuno non si tirava indietro facilmente.
Una delle scene più belle a cui Ken aveva assistito era di Hide che trovava un suo compagno a terra che ancora respirava, se lo caricava sulla spalla e lo accompagnava fino al villaggio nonostante le proteste prive di speranza dell'altro. Alla fine quell'uomo era morto, e Hide si era scusato con tutti per non essere riuscito a tenerlo in vita, come se fosse stata colpa sua.
Ken non poteva comprendere che significasse rischiare la propria vita per salvare quella altrui, eppure Hideyoshi lo faceva per professione. Proprio il contrario del suo lavoro.
Ken voleva rivederlo, al di là delle promesse che aveva fatto a Touka. Sapeva che rischiava, ma aveva avuto modo di assaggiare la novità, il pericolo e ora non poteva di colpo tornare indietro.
Si mise in piedi e osservò il portale davanti a sé con intensità. Era solo, nessuno del suo gruppo di shinigami quel giorno era a fargli compagnia in quello spiazzo in cui lavoravano. Nessuno avrebbe potuto testimoniare che Ken era andato nell'altro pianeta.
Si avvicinò al portale, sfiorò prudente l'altra dimensione con la punta delle dita, chiuse gli occhi e iniziò ad assaporare nella sua mente i caldi colori della Terra.
Qualcuno lo chiamò.
« Ken » ripeté la voce e lui si voltò di scatto, colto in flagrante. Rabbrividì, il suo interlocutore non era nientepopodimeno che Arima.
Il re esaurì i pochi metri che li separavano e lo guardò dall’alto in basso con i suoi occhi glaciali e inespressivi.
I pensieri di Ken si annullarono del tutto, e come di riflesso si inchinò.
« Sire » disse. Perché mai Arima era lì da lui? Quando era arrivato poi?
« È da un po' che non ci si vede » esordì il re. Ken giurò quasi di aver scorto l'ombra di un sorriso al di là di quello sguardo austero che lo pietrificava ogni volta.
Arima incuteva timore in molti di loro, ma non perché fosse un re cattivo o malvagio, tutt'altro, semplicemente perché tutti erano a conoscenza di quanto fosse potente. C'erano stati altri re in passato, ma nessuno si era mai guadagnato tanto rispetto quanto lui. Era capitato che gli shinigami abusassero del loro potere sugli umani, creando forti squilibri, o che addirittura si mischiassero all'altra specie al puro scopo di divertirsi creando piccoli o grandi casini. Sotto il regno di Arima nulla di tutto di ciò era mai successo e mai sarebbe accaduto. Da quando era il re, fra gli shinigami scorreva ordine e disciplina, anche se lui non aveva mai fatto nulla in particolare per guadagnarsi tutto ciò.
Ken pensava che forse era bastato il suo sguardo, così vuoto, tremendo e desolato che magari era l'inferno stesso in cui precipitavano gli umani dopo la vita. Forse era il suo essere totalmente bianco, come il colore della morte, dai capelli alle vesti. Era un'anima in bianco che vagava solitaria in quel mondo grigio di abitanti in nero.
Eppure Ken oltre che con Touka aveva flebili legami anche con lui. Si poteva dire che fossero in ottimi rapporti, dato che Arima nutriva in lui tutta la fiducia che non gli davano gli altri shinigami.
« Purtroppo il lavoro mi ha tenuto molto occupato, così come immagino sia stato per te. » Ken si limitò ad annuire. Forse era passato un secolo dall'ultima volta che si erano visti.
Arima si mise a suo fianco, e iniziò ad osservare un orizzonte che non esisteva.
« Ricordi quello che è successo nell'ultima generazione, no? Ecco, sono felice che tu abbia messo a tacere le voci che circolavano su di te. »
Ken non aveva idea di cosa dire, così continuò ad annuire silenziosamente. Arima proseguì il suo monologo: « Voglio che tu lo sappia, Ken. Non sono riuscito a dirtelo prima, quindi, anche se ora le acque si sono calmate, te lo riferisco adesso: non ho mai dubitato di te. » Lo disse e nella sua espressione apatica non mutò nulla. Anzi, intensificò lo sguardo con Ken, come se cercasse nei suoi occhi un guizzo che smentisse quel che aveva appena rivelato.
« So che sei spesso il soggetto del cortile tra shinigami a causa del tuo difetto, ciononostante sei sempre stato uno dei migliori lavoratori qui, e so che ciò resterà invariato. Il caos non è inevitabile e arriverà, ma so che non sarai tu a portarlo. Dico bene? »
Ken rimase in silenzio per qualche secondo. Tutti quei discorsi così all'improvviso dopo quel che era accaduto dieci giorni prima erano piuttosto sospetti, ma Arima non poteva mica controllare e sapere tutto e di certo Touka non aveva rotto il patto prima che lo potesse fare Ken. Forse che il re degli shinigami venisse a parlargli proprio ora era semplicemente un caso, oppure qualcuno di anche superiore a loro gli aveva mandato un segno, una sorta di coscienza che gli ricordasse cosa fosse giusto fare e cosa no.
« Sì, sire » disse infine, non credendo a quell'affermazione neanche un po'.
« Il tuo difetto Ken, te l'ho già detto, ma lo ribadisco, non si ripercuote in alcun modo sulla tua natura. È solo un futile dettaglio, non farti condizionare. Senza dubbio tu sei un ottimo shinigami, uno dei migliori. Gli altri vogliono solo metterti in ombra, ma tu non lasciarglielo fare. Continua a svolgere il tuo lavoro e, soprattutto, non farti coinvolgere da cose più grandi di te. »
L'ultima frase suonava quasi come un avvertimento. Come se davvero Arima già sapesse e fosse venuto lì per fargli da sapiente coscienza.
« Ora devo andare, arrivederci. »
« Arrivederci. »
Ken restò fermo sul posto mentre guardava Arima che si allontanava. Non poteva essere un caso che fosse venuto a dirgli tutto quello proprio ora.
Si voltò verso il portale alle sue spalle e sospirò. Era vero che aveva promesso il contrario, e ora anche a più di una persona, ma necessitava ardentemente di scendere sulla Terra. Come se le parole di Arima lo avessero trapassato senza colpirlo.
La verità era che sì, voleva rischiare, ma nel peggiore dei casi i danni si sarebbero ripercossi su di lui, non sulla sua popolazione. E questo era facilmente accettabile.
Sapeva contro cosa andava, sapeva cosa voleva fare e cosa non doveva fare. Aveva già deciso del suo destino, e neanche l'amicizia con Touka, le parole di Arima, né la leggenda dello shinigami Shuu l'avrebbero fatto desistere.
Non combinerò nulla, si disse, lasciando scivolare il suo corpo all'interno del portale. Non sapendo però se anche quest'ultima promessa con se stesso sarebbe stata infranta.






Arrivò sulla terra e la prima cosa che fece fu assumere forma umana. Era apparso nello stesso punto dell'ultima volta, ma gli ci volle un po' per capirlo, dato che adesso i colori erano variati: era sera, non c'era luce che filtrava tra i rami degli alberi, non c'era quel verde acceso che primeggiava su tutto, ma un tenue bluastro che abbracciava ogni cosa. I ciottoli del sentiero parevano splendere sotto la pallida luce della luna, e Ken camminò osservando tutto rapito quello scintillio.
La notte non era ancora calata, ma la sentiva gravare su di sé, la sentiva sussurrargli all'orecchio di sbrigarsi ad arrivare al villaggio prima che il buio lo inghiottisse.
Il suo camminare era così incerto improvvisamente, eppure stava seguendo lo stesso percorso dell'altra volta. Forse le parole di Arima lo avevano colpito in ritardo, e solo ora stava dubitando delle sue azioni. Eppure non gli passava per la mente neanche per un secondo di girarsi e tornare indietro. E anzi, più cominciava a intravedere le luci del villaggio più qualche misteriosa forza lo spingeva in avanti, dibattendosi con la sua riluttanza. Aveva paura, ma era esaltato. Gli pareva che le fantasie che aveva fatto in quei giorni stessero germogliando tutto in un colpo, e sentiva nel petto una sensazione che forse un libro avrebbe definito "adrenalina".
Arrivò al villaggio e constatò che questa volta il via vai di gente era diminuito. Tra le stradine in cui si affacciavano le case c'erano torce che illuminavano la via e di tanto in tanto qualche adulto o ragazzo, ma nessun bambino e nessuna donna in giro.
La gente lo squadrava come fosse un fantasma, un intruso, e in effetti non li si poteva biasimare, ma Ken non si fece intimorire – correva meno rischi lui con loro, che loro con la sua presenza. Era uno shinigami, d'altronde. Piuttosto si gustò con gli occhi la colorazione che assumeva il villaggio a quell'ora, come il fuoco delle torce tinteggiava i muri in mattoni con schizzi di giallo, o come quei misteriosi fiori di gemme brillassero ancor di più, creando giochi di luce sul terreno. Tutto era cambiato simultaneamente, tutto era diverso, ma lo era nello stesso modo di prima.
Ken arrivò nella piazza principale. Anche se era sera rimaneva l'ambiente più vivace. Certo, non si poteva paragonare a com'era fitto di gente la mattina, ma comunque la maggior parte delle persone del villaggio si concentravano là.
C'erano vari gruppetti di adulti che chiacchieravano, e le torce erano appese per il colonnato circolare. C'era una quiete generale che avvolgeva tutto, forse dovuta all'assenza delle urla dei bambini e dei mercanti.
Ken guardò la fontana che torreggiava al centro e vi si avvicinò. Osservò il flusso continuo dell'acqua e ripensò a quando aveva conosciuto quell'umano, Hideyoshi. Ammetteva che una delle sue più grandi speranze era quella di rivederlo, anche se neanche lui sapeva il perché – del resto non si erano lasciati in un bel modo l'ultima volta, ma rincontrarlo era una delle fantasie più vivide e frequenti che aveva abitato nella sua mente.
Fece un mezzo sorriso e si diede dello stupido. Non c'erano poi così tante probabilità che lo incontrasse, anzi, forse proprio nessuna – considerando l'orario soprattutto. E anche se avesse incrociato il suo sguardo caldo non avrebbe avuto il coraggio di avvicinarglisi, né sicuramente il guerriero dai capelli di luce l'avrebbe fatto. All'improvviso capì che tutto quel gran guaio, tutte quelle situazioni assurde, tutto quel pericolo, erano per lo più nella sua mente e da nessun altra parte. E lui era lì, come uno sciocco ad aspettare ancora una volta il nulla.
Si sedette avvilito sul bordo del monumento e sospirò, l'entusiasmo di prima era stato preso a pugni dalla realtà. Ecco, la verità dunque era solo quella: era malato, era uno shinigami anomalo che si era fatto intrappolare dalle stupide e dolorose congetture umane, dai loro pensieri fini solo all'autodistruzione.
Ken si sentì svuotato, non com'era abituato a provare, ma molto peggio. Il vuoto di prima era qualcosa che aveva sempre avuto e che attendeva di venire riempito; quello di ora era il vuoto dopo essersi sentito completo e pieno per una volta, e questo lasciava un buco in lui anche più profondo. Prima di concreto non aveva nulla su cui disperarsi, ora sì.
Guardò la gente che passeggiava davanti a lui trattenendo numerosi sospiri, osservò i loro volti per lui anonimi, i loro sorrisi, il divertimento, la rabbia, la tristezza. Li invidiò per quel che potevano possedere.
A un certo punto accadde l'impensabile: di uno di quei gruppetti che gli passavano davanti faceva parte proprio Hideyoshi. Ken lo guardò intensamente, come se sperasse di essere notato o fosse solo rimasto rapito dalla sua visione, sentì ogni muscolo immobilizzarsi, la gola diventare secca.
Hideyoshi chiacchierava con altri ragazzi della sua età, amici o colleghi, con un sorriso stampato sul volto. Ken avrebbe voluto chiamarlo, gridare un "ehi!", ma sarebbe stato stupido farlo. Di certo Hide non si ricordava di lui, non aveva motivo di farlo, così Ken si limitò a fare quel che faceva sempre anche nel suo mondo: lo osservò in silenzio, da una vetrina, da una teca di vetro che li avrebbe separati per sempre. A un certo punto l'umano incrociò il suo sguardo, e Ken in un barlume di desiderio si chiese se l'avesse riconosciuto. Purtroppo passarono pochi secondi prima che Hide distogliesse gli occhi e riprendesse la sua attività. Ken ancora una volta si rimproverò mentalmente per le speranze che aveva nutrito con follia. Non riusciva più a ricordarsi per quale motivo fosse sceso sulla Terra, e aveva una voglia matta di tornare nel suo pianeta, come se lì la situazione avesse potuto migliorare. Si mise in piedi sentendo le gambe intorpidite e deboli, e iniziò ad allontanarsi dalla fontana pur non avendo una meta. Ci aveva provato, non c'era riuscito... Fine.
« Keeeen! » quell'urlò squarciò la quiete e Ken si voltò di scatto, senza avere neanche il tempo materiale di comprendere cosa fosse accaduto. Si ritrovò di colpo con la schiena a terra, dolorante, e un peso non trascurabile addosso che gli impediva di rialzarsi.
Durante l'impatto per istinto aveva chiuso gli occhi, e dovette superare un po' di paura prima di aprirli.
« Ken! » su di lui troneggiava Hideyoshi, con uno dei sorrisi più esaltati che gli aveva mai visto in viso – o forse era il vederlo dal vivo che lo faceva sembrare tale.
Ken era ancora troppo confuso per aprire bocca, e metabolizzò l'accaduto solo qualche secondo dopo. Aveva così tanti e vorticosi pensieri in quel momento che guizzavano via dalla sua presa come pesciolini; quel che più lo disturbava, al di là del violento impatto con il terreno, era il contatto fisico. Gli umani possedevano una temperatura corporea molto, molto più alta di quella degli shinigami, e percepire quel calore contro di sé non sapeva dire se gli facesse senso o paura.
« Ma dove diamine sei sparito in questi giorni? Io ti aspettavo, e tu sei scomparso nel nulla! » quella rivelazione lo stupì, ma gli fece piacere in fondo. Hide aveva corrugato le sopracciglia fingendo un'espressione offesa, premendo le mani contro le sue spalle. Ken tuttavia non aprì bocca, ancora confuso e inconsapevole di quali fossero le intenzioni dell'altro.
« Amico, oddio, stai tremando! » Hide si alzò di colpo da lui. « Scusa, ti ho fatto male? È per questo che tremi? »
Ken deglutì. « N-No... » mormorò.
L'altro si prese il mento tra pollice e indice assumendo un'espressione pensosa. « Ah! » fece all'improvviso, sorridendo come se fosse giunto a una soluzione. « Ti ho per caso spaventato? »
La verità era che sì, Ken si era spaventato per numerosi fattori: primo, all'inizio non aveva capito che era successo; secondo, era accaduto tutto troppo in fretta; terzo, sì, lo affascinavano gli umani, ma preferiva tenersi da loro a debita distanza. Ciononostante non sapeva il perché ma non voleva rivelare di aver provato paura.
« No... Non ho avuto paura, ma... fai sempre così? » chiese invece.
Hide rise. « Eh già! All'inizio sconvolgo un po', ma vedrai, i miei amici ci hanno fatto l'abitudine, e ce la farai anche tu! »
Il tutto suonava come un "ci vedremo altre volte" e Ken si chiese se fosse davvero finita così.
« Scusami amico, comunque, ho esagerato. Cercherò di andarci piano. » Gli tese la mano per aiutarlo a mettersi in piedi.
« Sto bene » ribadì Ken, rifiutando l'aiuto e facendo forza sulle braccia per alzarsi.
Ci fu qualche attimo di silenzio imbarazzante, poi Hide aprì bocca.
« Ho così tante cose da chiederti, sono così curioso, e vorrei raccontarti tanto anche io. Ma ho davvero paura che fuggirai come l'ultima volta; sarà così? » chiese con gli occhi che brillavano di aspettativa.
Ken era lì proprio per continuare quel da cui era scappato la scorsa volta, ma doveva ammettere che ora tutto sembrava più spaventoso di quanto avesse immaginato. Cosa gli avrebbe chiesto Hide? Di cosa potevano parlare un umano e uno shinigami che si fingeva tale?
« Cercherò di non scappare » promise.
Hideyoshi gli sorrise ancora, rassicurante. Vederlo senza armatura, con una semplice maglia leggera addosso faceva risaltare il suo fisico, non possente, ma di certo più allenato di quello di Ken da umano.
« Se provi ad abbandonarmi di nuovo sarò molto offeso la prossima volta! » fece una sorta di broncio. Si comportava così con naturalezza, quasi fosse un bambino e come se conoscesse Ken da più tempo di quel fugace scambio di parole dell'altra volta.
« Okay, beh, allora cominciamo... Seguimi! » Hide gli diede una pacca sulla schiena per invitarlo a seguirlo. Ken fece come gli era stato richiesto tenendosi però a debita distanza.
« Primo di tutto, come mai non ti avevo mai notato prima? È davvero solo la seconda volta che vieni in questa piazza? »
Ken annuì.
« Ma sei di qui, no? Sei di Anteiku? O vieni da un altro villaggio? »
Ken deglutì, e cercò di non rimanere in silenzio per troppo, ma non voleva dire cavolate.
« Ecco, vengo da un villaggio accanto, ma adesso vivo qui con mio... con mio zio » improvvisò.
« Vero? Come si chiama? Forse lo conosco. »
Ken iniziò a guardarsi intorno a disagio. « Non penso che tu lo conosca. Viviamo lontani dal centro del villaggio, lui si occupa di pesca e commerci marittimi. » Lo shinigami ringraziò la conoscenza appresa dai libri.
« Oh capisco, quindi tu imparerai il suo mestiere? Ma, aspetta, prima ancora, quanti anni hai? »
Ken rimase in silenzio per qualche attimo. « Tu? » chiese.
Hideyoshi rimase un po' sorpreso quando la domanda gli venne rigirata senza ottenere risposta, ma non insistette. « Io ne ho venti. »
« Anche io » disse all'improvviso.
« Oh, ti facevo più piccolo, anche se di poco. Quindi davvero non hai ancora un lavoro? » Hide sembrava molto sorpreso, e negativamente.
Ken non sapeva cosa dire, poi improvvisò ancora: « È per questo che gironzolo in città di recente... »
Hide bloccò di colpo la sua camminata tra le stradine del villaggio. Ken si accorse solo a quel punto d’essersi lasciato guidare senza prestare attenzione a quel che li circondava, dato che erano in un’area della città mai vista prima.
« Ken, davvero, non ti arruolare. Non lo dico per offenderti, ma- »
Lo shinigami sospirò. « Nessuna offesa, ma non voglio arruolarmi, te l'ho già detto. »
Hide sorrise rassicurato. « Lo dico per il tuo bene, non farebbe per te un lavoro del genere. Pensa, anche io sono totalmente fuori luogo in quel settore, immagina te! Ehm, senza offesa di nuovo.
« Ecco, avrei preferito fare il mercante magari, credo che avrei convinto con facilità chiunque a comprare i miei prodotti. E invece eccomi qua, il destino ha scelto altro per me. Ma tu, fintanto che puoi scegliere, fallo con coscienza. »
A Ken parve di vedere un barlume di tristezza negli occhi del suo interlocutore, ma non indagò oltre. Continuò a farsi guidare e continuarono a parlare del più e del meno. Più personali erano le domande, più Ken le evitava. Naturalmente la conversazione andava avanti solo grazie a Hideyoshi, che sembrava non esaurire mai la sua curiosità né la parlantina. Gli raccontò di alcuni aneddoti della sua vita, di come da più di tre anni era rimasto senza genitori, e di come per sopravvivere era entrato a far parte dell'esercito ereditando l'armatura che gli aveva lasciato il padre. Gli narrò dei nemici che minacciavano Anteiku in quel periodo e del tempo di pace che pareva essersi stabilito da poco che gli avrebbe permesso di riposarsi un po'.
Ken lo ascoltava rapito, sperando che il suo turno di parlare non dovesse mai arrivare.
Hideyoshi lo portò un po' in giro, gli indicò qualche locanda qua è la, gli fece vedere da lontano la sua abitazione, gli mostrò dove a fine settimana di tanto in tanto andava a bere con i suoi colleghi per rilassarsi.
Infine avevano preso un sentiero che si allontana mano a mano dalla citta, e ora camminavano in mezzo ad alberi e vegetazione. Ken non sapeva dove Hideyoshi lo stesse portando, e il buio crescente non faceva che peggiorare le cose. Eppure continuava a farsi guidare da lui, nonostante il timore che custodiva dentro.
« Siamo quasi arrivati! » annunciò Hideyoshi, scostando dei cespugli che gli impedivano il passaggio. Tese la mano a Ken.
« Vieni, su » lo sollecitò. Ken titubante questa volta afferrò quella mano molto più calda della sua.
Si ritrovarono in uno spiazzo senza più alberi né cespugli, solo terra. Era un po' piccolino e terminava con un dirupo. Tuttavia era magnifico, perché quel che c'era in basso, qualche metro sotto, era sabbia e, un po' più avanti, il mare. Il mare di cui aveva letto tanto nei libri, magnifico ancor più di come veniva descritto.
« Oggi siamo fortunati, la luna è piena e più luminosa del solito e non è ancora notte fonda, ma presto potrebbe anche sembrare un anonima distesa nera. » Disse Hide, ma Ken non lo stava più ad ascoltare. Osservava i delicati raggi della luna che si increspavano con l'acqua. Quel flebile riflesso diradato e la luce crescente delle stelle al di sopra.
« È stupendo » soffiò, incantato da quello spettacolo. L'aria sembrava più fresca di prima e gli accarezzava la pelle con gentilezza. Lo scroscio delle onde era quanto di più rilassante potesse esistere.
Hideyoshi sorrise soddisfatto. « Lo dici come se non avessi mai visto il mare prima, pur vivendo con un mercante » ridacchiò. « Devo ammettere che non sono mai stato al porto io, ma immagino che una visione così bella del mare ci sia qui e da nessun altra parte. »
Ken si risvegliò da quella intensa contemplazione.
« Lo penso anche io » disse.
« Se lo dici tu che abiti accanto al mare, non posso che esserne felice. »
« Già. » disse Ken. Già.
Di colpo però si voltò verso Hide. « Come mai mi hai portato qui? » anche se la domanda più corretta sarebbe stata "come mai mi parli anche se il nostro primo incontro è stato un disastro e io sto palesemente inventando tutto quel che ti dico e tu l'hai forse anche capito?"
Hide si voltò verso di lui e sorrise. Sembrava quasi che quella fosse la piega naturale delle sue labbra, come se non si stancasse mai di tenerle tirate verso l’alto.
« Perché ho trascorso una bella oretta a chiacchierare con te. Sei un po' timido e un po' misterioso, ma sono stato bene con te. E a dire la verità mi ispiri simpatia sin dal primo istante. Perché? mi dirai, e io ti risponderò semplicemente: istinto. Mi fido molto del mio istinto, e in genere non sbaglio a farlo.
« Ma più di tutto, il perché ti ho portato qui e che volevo vedere sul tuo viso la sfumatura di un'emozione vera. Speravo di strappartela io, ma non ci sono riuscito. Sono un po' geloso delle doti del mare adesso, ma almeno ho ottenuto quel che volevo. »
Ken lo guardò confuso, tuttavia non disse nulla. “Simpatia” non sapeva che fosse, “istinto” non conosceva neanche quello. C'erano tante cose che non capiva ancora di Hideyoshi, ma il tutto lo affascinava anche di più.
"Perché quegli occhi tristi?" si ricordò di quando si erano conosciuti. Era stato l'istinto di Hide a suggerirgli che Ken fosse triste?
« Parli sempre così...? »
« In un modo così assurdo e strano con frasi che apparentemente non significano nulla? Eh sì, proprio così, ti dovrai abituare anche a questo. » ridacchiò. « Credo di starti spaventando con i miei modi, è così? »
Mi piacciono i tuoi modi, avrebbe voluto dire Ken, ma si limitò a negare con un gesto del capo.
« Meglio così. » sospirò Hide.
Ci fu qualche attimo di silenzio, ma lo ruppe in fretta.
« Ken, non prendertela, ma io penso che tu mi nascondi qualcosa. Ricordi dieci giorni fa? Ti chiesi perché fossi triste, ma non ottenni risposta. Tuttavia ne sono ancora convinto: tu sei triste, per un motivo o per un altro. Non voglio che tu me lo dica, anche se magari un giorno avrai voglia di rivelarmelo di tua volontà, ma voglio aiutarti almeno un po' a superare il tutto. »
Il ragazzo si sedette a terra e fece cenno all'altro di imitarlo. Ken lo raggiunse titubante.
« Ammesso che io sia triste, » cominciò Ken, insicuro (come se uno shinigami potesse essere triste!) « perché vuoi aiutarmi? »
Hide guardò verso l'alto come si aspettasse che la risposta cadesse dal cielo.
« Istinto » rispose infine.
« È quello che dici quando non hai una vera giustificazione? » lo schernì Ken.
« Molte delle mie azioni sembrano immotivate e senza giustificazione. Così pensavo all'inizio, ma ora so che non è proprio così. L'istinto è quel grido interiore che ti obbliga a fare le cose senza pensarci troppo. Non che io non sia saggio, ma a volte lo sento e basta che devo fare qualcosa. »
Ken annuì. Istinto. Forse anche gli shinigami avevano un istinto, ed era quello che aveva portato Ken a riscendere sulla Terra nonostante tutto.
« E come mi aiuterai? » chiese curioso.
« Ah, questa è una bella domanda! Perché sai, non ne ho idea. Però mi sembrava un buon modo per iniziare questo qua. È il posto in cui mi rifugio quando ho bisogno di quiete e silenzio, in cui posso affrontare i miei pensieri. »
« Io odio il silenzio » rivelò di colpo Ken, e l'altro strabuzzò gli occhi.
« Cosa? Non l'avrei mai detto. »
« Io non avrei mai detto che a te potesse piacere. »
Hide inarcò un sopracciglio. « Okay, sì, sono un tipo rumoroso, ma anche io ho bisogno di calma ogni tanto! Ed è sempre più arduo per me trovarla. »
Ken ridacchiò. Gli venne spontaneo, e forse era il primo sorriso che rivolgeva a Hideyoshi.
« Ehi, ce l'ho fatta! » esclamò entusiasta l'altro nel giro di pochi secondi. Si mise di scatto in piedi incurante della manciata di terra che sollevò. «Ah, prendi questo mare! Anche io suscito emozioni belle! » urlò indicando la distesa di acqua.
Questo non fece che far persistere il sorriso di Ken.
Hide si sedette di nuovo sospirando.
« Di’ la verità Ken, c'è qualche questione amorosa dietro la tua ricerca del lavoro, eh? Cos'è un amore proibito che tuo zio non è disposto ad accettare ma che tu vuoi coronare a tutti i costi? Su non fare il timido, chi è la ragazza in questione? » ammiccò.
« Eh? » Ken avvampò anche se non aveva motivo per farlo. « No » sbottò mentre Hideyoshi rideva. In realtà quel che lo fece imbarazzare più di tutto era il viso di Touka che gli comparve per la mente per qualche breve secondo.
« E io che credevo che fossi un tipo romantico. Peccato, ti avrei chiesto di invitarmi al tuo matrimonio e, anzi, ti avrei aiutato a realizzarlo! » Hide pareva esaltato all'idea, come se già si stesse immaginando l'intera scena.
Ken mantenne lo sguardo verso il basso. Doveva ammettere che l'amore l'aveva sempre incuriosito, ma era qualcosa che per come era fatta la sua natura non avrebbe mai potuto conoscere al di fuori delle pagine di un libro.
« E tu? » chiese al suo compagno « sei sposato?»
Hide fece una sorta di smorfia e un sorriso rammaricato.
« No, e non penso lo sarò mai » asserì e calò il silenzio, ma Ken non riuscì a trattenere la curiosità.
« Come mai? »
« Tante cose. Primo di tutto sono troppo vecchio per trovare moglie e non mi va di chiedere la mano di qualche figlia di un mio collega. Poi, non ho voglia di avere figli, anche se così la stirpe della mia famiglia si estinguerà. Sarà strano, ma se dovessi avere una famiglia vorrei godermela e non sono nelle condizioni di poterlo fare. Certo, non che disprezzi la compagnia delle ragazze, anzi, ma... »
« Come mai? » chiese di colpo Ken. « Come mai non sei nelle condizioni di poterlo fare? »
Hide prese un sospiro profondo e soppesò a lungo le parole. Pareva essersi perso dentro qualche profondo universo di pensieri.
« La morte. » disse all'improvviso e Ken sbiancò, come se fosse appena stato accusato di qualcosa. « Questa signora incombe su di me ogni giorno, mi affianca sul campo di battaglia. Io cerco di evitarla, ma lei aspetta l'occasione propizia per prendermi tra le sue gelide braccia. E, ahimè, sono abbastanza convinto che ci riuscirà ben presto, dato finora me la sono cavata troppo facilmente. »
Calò un pesante silenzio. Ken non avrebbe mai giurato che il guerriero dai capelli di luce potesse essere triste o spaventato. Vederlo così cupo all'improvviso lo allarmò. Avrebbe voluto regalargli parole di consolazione, ma lui, proprio lui, che poteva dirgli?
Hideyoshi rise come per scacciare lontano brutti presagi e pensieri. Si voltò versò Ken e forzò un sorriso per rassicurarlo, come se si vergognasse di aver lasciato cadere quell'aura di coraggio e perfezione che lo avvolgeva sempre, come se lui fosse un umano a cui le emozioni negative non fossero concesse.
« Scusa » mormorò e Ken avrebbe voluto dirgli che non aveva motivo di scusarsi. Il silenzio cadde su di loro come una pesante pietra, poi Hide prese parola, con la voce tremante per la prima volta.
« E tu, Ken, hai paura della morte? »
Ken deglutì, ma non rispose mai a quella domanda.








note: Sono in ritardissimo, sorry! A quanto pare ci ho messo più del dovuto e spero non ricapiti in futuro (ma non voglio fare promesse che non sono in grado di mantenere).
Non ho nulla da dire su questo capitolo se non che mi farebbe piacere sapere cosa ne state pensando.
ringrazio chi sta seguendo la storia♥
Saluti,
Eeureka

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Capitolo 4
*** Fiducia ***










.:Chapter four;




Erano trascorsi quasi tre mesi e l'esistenza di Ken aveva preso una piega che mai si sarebbe aspettato. Aveva come rimosso tutti gli avvertimenti e i consigli ricevuti dagli altri shinigami ed era sceso di continuo sulla Terra: prima due volte alla settimana, poi un giorno in più, poi quasi sempre. Il tempo che avrebbe dovuto dedicare al suo lavoro era stato speso passeggiando tra le vivaci stradine di un villaggio su cui splendeva sempre il sole, e con la compagnia di un ragazzo dagli occhi caldi e la voce tonante.
Il vuoto che covava dentro da un'eternità era svanito, sostituito da una curiosità crescente di apprendere sempre di più dal mondo umano. Provava ancora un certo disagio a contatto con l'altra specie, ma a tratti gli pareva di aver superato un confine; quello che gli impediva di assaporare a pieno la vita mentre leggeva i suoi libri. Non si sentiva parte di quell'ambiente – quello possibilmente non sarebbe mai accaduto –, ma era riuscito a rimpiazzare la noia che lo perseguitava con molteplici colori.
Non aveva interagito con altre persone all'infuori di Hideyoshi né ne aveva sentito il bisogno. Stare con lui gli bastava e, anzi, forse nessun altro sarebbe stato capace di farlo sentire tanto a suo agio. Del resto, non doveva essere da tutti amicarsi uno shinigami.
Ken sedeva sul bordo della fontana, era diventato il loro punto d'incontro quella piazza. Attendeva Hideyoshi da qualche minuto ormai, ma non dubitava che questi sarebbe presto arrivato. Non si erano visti per qualche giorno a causa del lavoro del biondo (che si era pure premurato di avvertirlo che non ci sarebbe stato) e secondo quel che gli era stato riferito l'esercito sarebbe tornato proprio quel giorno.
Udì il suono delle trombe della prima volta – non aveva mai scoperto da dove provenisse – e si voltò con occhi inquieti verso una delle gradinate a cui si accedeva alla piazza. Passò qualche secondo prima che i rintocchi del metallo, dallo stridore crescente, toccassero le sue orecchie. Ancora una volta tutta la gente in piazza si riunì in un grande gruppo in attesa della venuta dei cavalieri. Ken visse di nuovo il primo giorno in cui era sceso sulla Terra della quinta generazione, rimembrò quanto si fosse trovato confuso e sconcertato in quel momento, e si accorse di come invece adesso comprendesse l'entusiasmo e il fervore delle persone che lo circondavano.
I soldati fecero la loro solita sfilata, fermandosi davanti alla nicchia del municipio in cui era custodita la statua della dea protettrice del villaggio; poi ruppero le righe.
Ken prese a muovere freneticamente i piedi e a guardarsi intorno. Un pianto squarciò l'aria – qualcuno doveva aver perso una persona cara. Per un attimo l'ansia gli formò un groppo alla gola, plasmando l'idea che Hide avesse perito in campo di battaglia. Poi si ricordò di conoscere la durata vitale dell'umano e che quindi non era ancora giunta la sua ora.
« Ehi. » Si voltò verso il ragazzo che portava l'elmetto dell'armatura sotto braccio. « Mi aspettavi? » fece Hideyoshi con aria compiaciuta. Ken sorrise.

Trascorsero l'intera giornata assieme e l'imbrunire giunse prima del previsto. Per lo più chiacchierarono passeggiando – o meglio, Hide parlava e Ken si limitava nella maggior parte dei casi ad ascoltare e annuire (il loro rapporto si basava su quello). Il soldato gli raccontò che temeva che quelle piccole battaglie per difendere i confini della città si sarebbero presto tramutate in una sanguinolenta guerra, e di come uno dei loro compagni fosse stato trovato morto senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
« Dubito che se la giocheranno con l'astuzia » aveva sussurrato Hide assorto. « Useranno i loro soliti metodi barbari e brutali, e sento davvero che il peggio sta per arrivare. »
Ken non disse nulla in particolare, ma in cuor suo sperò che il "peggio" non coincidesse con la data scritta sopra la testa di Hideyoshi.
Dopo l'immensa camminata giunsero di nuovo nella piazza, come se la giornata fosse stata nient’altro che un enorme girotondo. Si sedettero sul monumento e l'umano sospirò per la stanchezza.
« Forse avresti dovuto rifiutare la mia proposta di fare una passeggiata » disse Ken. « Sei fuori città da giorni e non hai avuto modo di riposarti. »
Hide gli rivolse uno sguardo offeso. « Mi hai preso per un vecchietto? »
« A dire il vero » sorrise Ken, « sei stato proprio tu a dirmi d'esser vecchio ormai, durante uno dei nostri primi incontri. »
L'altro rimase senza risposta per qualche secondo, boccheggiando. « Va beh » sospirò infine. « Dettagli. »
Stettero per qualche secondo in silenzio e poi, come avveniva quasi sempre, Hide ruppe la quiete nel modo più brusco possibile scattando in piedi e iniziando ad urlare.
« Ehi! » ripeté, in direzione di un uomo che camminava indisturbato per la piazza. Lo sconosciuto parve accorgersi della presenza del biondino e a quel punto si avvicinò a loro.
« È necessario urlare? » sbottò appena arrivato in direzione del ragazzo, lanciando una fugace occhiata a Ken.
« Se non mi senti sì. »
« Stupidaggini, è nella tua natura urlare. »
« Beh, forse. »
L'uomo che stava dialogando con Hideyoshi era molto più alto di lui. Aveva le spalle ampie e il contorno dei muscoli ben marcati si intravedeva attraverso il tessuto della maglietta leggera. I capelli erano neri e lucidi, gli occhi su un tono del verde, le sopracciglia perennemente corrugate e i lineamenti duri. A vista si poteva affermare che fosse un soldato (cosa che invece veniva più difficile da fare vedendo Hide per la prima volta).
« Ken, lui è Amon! È un mio collega. »
Ken fu colto di sorpresa e borbottò un "piacere" balbettante – perché è quel che si dice conoscendo una persona, giusto?
« Amon, lui è Ken! È nuovo in città, non conosce nessuno a parte me, si può dire. Mi raccomando trattamelo bene. »
Amon non proferì parola, fece un semplice cenno del capo, scrutando l'esile shinigami con aria sospetta.
« Mai visto prima » constatò infine. « Da dove viene? »
« Viveva in un villaggio contiguo. »
« Sì, ma quale? »
Hide sconosceva la risposta e la cercò sulle labbra di Ken (che naturalmente non ce l'aveva). Parve notare il panico nei suoi occhi e rispose: « Che importa? Tanto sono tutti nostri alleati quelli accanto ».
Amon inarcò un sopracciglio non convinto.
« Comunque Amon, fammi indovinare. » Hide gli si avvicinò di qualche passo con aria ammiccante. « Stai forse andando dalla tua bella? »
Il più alto levò gli occhi al cielo. Aveva l'aria di qualcuno che sperava che quella domanda non arrivasse mai.
« Ti ho già detto che non c'è niente tra me e lei. »
« Suvvia Amon, sono certo che dietro quello sguardo di pietra che hai si nasconde un cuore! E poi perché mai negare? Okay, sì, suo padre è fuori di testa e abbiamo modo di notarlo ogni volta che lo mandano in spedizione con noi, ma lei sembra apposto. »
« Suo padre è un ottimo comandante » sbottò Amon, stufato. « E ora devo andare. Ci vediamo. » Salutò con un cenno della mano e sparì nella crescente oscurità.
« E va bene » fece Hide arrendevole allungando le vocali.
Ken era rimasto in silenzio a osservare la scena. Non credeva che comunicare con un altro essere umano lo potesse mettere così a disagio. Hide si voltò verso di lui sorridente.
« Non temere per i suoi modi bruschi, Amon è un bravo ragazzo. Nel caso non mi vedessi nei paraggi o avessi bisogno di qualcosa potrai sempre chiedere a lui » lo informò con voce rassicurante. Ken sperava di non dover mai incrociare di nuovo quello sguardo serio, né tantomeno di doversi mai rivolgere a qualcuno che non fosse Hide.
« Va bene » disse però.
Hide gli si avvicinò e posò una mano sulla sua guancia per qualche secondo, facendolo prima sussultare e poi immobilizzare per la sorpresa. Poi la mise a pugno su un fianco assumendo uu'espressione meditabonda.
« Mh » sospirò pensoso. « Sta calando la sera e inizia a far freddo. E tu, soprattutto, sei più congelato del solito » appurò.
« Forse... potresti venire a casa mia; ho un camino. Che ne dici, ti va? »
« Dove? » chiese istintivamente Ken. Non sapeva perché, ma gli sembrava strano essere invitato a casa di Hide. Forse era dovuto all'idea che avevano delle abitazioni gli shinigami: quelle che c'erano nel loro mondo servivano solo per avere privacy e solitudine, e nessuno di loro sarebbe mai entrato in una casa non sua.
« A casa mia. Che c'è? Perché quella faccia sconvolta? »
Ken si mise in piedi e fece qualche passo indietro, poi mimò un no con la testa.
« E dai, mica ti mangio per cena. »
« Non ho paura che tu mi possa mangiare » ribatté.
« Mh... Forse sembro troppo invadente? »
Ken rise, rimembrando tutte le domande intime che gli aveva fatto Hide sulla sua falsa vita. Non seppe dove gli venne il coraggio per le parole seguenti. « Tu, invadente? » lo schernì. « Da quando in qua? » Quella era una sfacciataggine che non gli apparteneva e gli fece arrossare un po' le gote.
« Ehi! » si lamentò Hide, fintamente offeso. « Va bene, okay, forse lo sono un po', ma non vorrei che fosse così. Cioè... sto solo provando a stringere amicizia con te. » A quella parola Ken sbarrò gli occhi. Aveva letto spesso dell'amicizia, aveva immaginato di averla instaurata con shinigami come Touka o Arima, ma non ne aveva mai conosciuto le sfumature di significato sul serio.
« In genere mi riesce dannatamente bene farmi amici, ma tu... Stai resistendo davvero bene, cavolo! »
Quel dialogo gli dava l'idea d'esser dentro uno dei libri che tanto amava. La cosa lo emozionò e senza riuscire ad evitarselo sorrise con tristezza.
« Non so quante probabilità tu abbia di fare amicizia con me » rivelò a malincuore.
« Credi davvero che mi possa arrendere? » Ken trovò quella domanda esagerata, tipico di Hide. « Io non mi arrendo mai. »
Avrebbe voluto mettergli davanti agli occhi tutti i validi motivi per cui la loro amicizia non avrebbe mai potuto funzionare, ma mormorò solo un "capisco" stringendosi nelle spalle per chiudere il discorso. Hide parve deluso da quella mera reazione, ma non si fece scoraggiare.
« E quindi? Vieni con me? Casa mia è vicina, potrai scaldarti e stare tranquillo. Sappi che non accetto no come risposta. »
Ken rise e constatando che aveva deciso già tutto Hideyoshi non gli restò che seguirlo.

Fu strano entrare dentro quella casa. Principalmente perché Ken non era mai stato a casa di nessuno, e, tantomeno non di un umano. Era ben differente dalla sua abitazione nel mondo degli shinigami, avevano in comune poco e niente. Quella di Ken si poteva considerare vuota, non c'era nulla se non che una sorta di letto – per sdraiarsi, visto che loro non dormivano – e mucchi di libri rubati accatastati di qua e di là, nella sua unica e buia stanza.
Quella di Hide invece era più grande del dovuto per una sola persona, c'erano addirittura tre stanze. Era disordinata e piena di cianfrusaglie che solo un umano poteva trovare utili: panche, tavoli, vasi, un baule con dentro chissà cosa, attrezzi di legno, mensole, bocce di vetro contenenti strani ingredienti per cucinare, qualche buco nei muri per far trapelare la luce (che iniziava a scarseggiare) e, per, finire, il camino. Un ambiente piuttosto caotico, in cui tutti quegli oggetti finivano per oscurare le pareti rosso mattone.
« Vivi da solo? » fu la prima cosa che gli venne da chiedere, sebbene sapesse che Hide aveva perso la sua famiglia e non aveva intenzione di costruirsene una nuova. Si fece strada seguendo il compagno, prestando attenzione al pavimento per non inciampare su nulla.
« Eh già, solo soletto. Prima era casa dei miei genitori. Mio padre è morto da tempo, mia madre di recente, ma questo te l'ho già spiegato. »
Ken si limitò ad annuire continuandosi a guardare intorno incuriosito.
« Su, siediti, non restare lì impalato. » Esitò, poi prese posto su una delle panche accanto al tavolo. Hide si mise subito dopo davanti a lui.
« Comunque Ken, non ti ho mica portato qui per deprimerti! Quindi non cominciamo con queste conversazioni, suvvia. »
L'interpellato rimase in silenzio. Certe volte non sapeva davvero cosa dire, si sentiva il burattinaio di se stesso incapace di muovere i giusti fili per evitare che si attorcigliassero.
La tranquillità li avvolse e Hide si alzò per andare verso il camino, prendere della legna e accendere il fuoco.
« Come promesso! » gli sorrise, mentre lo shinigami osservava rapito le fiamme tremolanti.
Hide andò a trafficare su un ripiano con un ingrediente che aveva preso da una mensola, poi si riavvicinò al camino con una sorta di pentolino in mano.
« Che fai? » domandò l'altro, incuriosito da quei gesti per lui tanto atipici.
« Eh, vedrai! » ridacchiò Hide. Poggiò il pentolino su un ripiano e passò qualche minuto prima che riprendesse tra le mani l'oggetto – qualunque cosa fosse – e ne versasse il contenuto in due ciotole.
Soffocò a stento un urlo quando si scottò le mani, poi portò in tavola quel che aveva preparato. Mise una ciotola dinanzi a sé e l'altra davanti a Ken.
« Vuoi avvelenarmi? » fece Ken con quell'intraprendenza che gli giungeva a tratti, e con una diffidenza che a Hide non sarebbe di certo piaciuta.
« Oh bene, fiducia zero! » sospirò esasperato. « Ma che devo fare per piacerti? » e sorrise.
Ken ridacchiò. Gli avrebbe volentieri rivelato che gli piaceva già molto, ma si trattenne naturalmente dal farlo. Almeno così credeva, prima che notasse le labbra socchiuse di Hide e le sue gote rossastre. Si accorse purtroppo di aver pensato ad alta voce.
« Oddio, cioè... Io... » tentò di giustificarsi. Perché era così imbarazzante accettare di apprezzare le caratteristiche di un umano? Forse perché non era mai stato abituato ai complimenti e alle gentilezze.
Hide sorrise tra un misto di gratitudine e rassicurazione. « Oh che bello! Però, finalmente un po' di spontaneità » ammiccò e Ken si sentì sprofondare negli abissi della vergogna. Non gli piaceva molto essere stuzzicato in quel modo.
Hide rise divertito, irritando ancor di più lo shinigami.
« Non temere » lo rassicurò l'umano. « Anche tu mi piaci molto, è per questo che provo a socializzare disperatamente con te. »
Ken non seppe cosa dire, ma si tranquillizzò, anche se trovava che nel verbo "piacere" ci fosse una sfumatura ambigua che conosceva solo per sentito dire e che era la causa di tutto quell'imbarazzo apparentemente ingiustificato.
Sviò il discorso, portando lo sguardo al liquido marrone che gli aveva offerto l'altro.
« Quindi cosa è? » Studiò le nuvolette di vapore che fuoriuscivano in continuazione dalla bevanda.
« Mh, mai bevuto caffè prima d'ora? Strano, è una caratteristica del villaggio. Comunque, allora è il momento giusto per provare. »
Ken gli lanciò ancora una volta uno sguardo incerto. Non che gli shinigami non potessero mangiare il cibo degli umani, ciononostante non aveva voglia di provarci.
Hide sospirò stufato e mandò giù d'un colpo la sua parte. « Ta dan! Sono vivo, quindi puoi farcela anche tu. »
In realtà la prospettiva di morire era quella che meno lo preoccupava. Non riusciva a convincersi, tuttavia, sotto le insistenti occhiate dell'altro, decise di posare le labbra sulla ciotola e mandare giù un sorso del contenuto.
Sentì l'interno della sua bocca scaldarsi all'improvviso, prima che un amaro sapore gli pervadesse le papille gustative. Fu colto da una terribile nausea, e, senza riuscire a farne a meno, sputò tutto nella tazza.
« Oddio! » eruppe. « Ma che roba è? »
Hide incrociò le braccia al petto e sul suo volto si profilò un'espressione delusa.
« E io che credevo che questa volta mi fosse venuto bene. Hanno ragione i miei colleghi, il mio è il caffè peggiore di tutto il paese. » Sospirò affranto. Rassegnato fece spallucce e si buttò sul proprio letto, poggiando le spalle al muro. « Forse ci dovrei rinunciare. »
Le lacrime sotto gli occhi di Ken concordavano, ma lo shinigami si concesse il beneficio del silenzio.
Nessuno proferì parola per qualche minuto. Ken si stava riprendendo dall'orribile esperienza avuta, Hide sembrava riflettere su quel che aveva sbagliato questa volta.
« Sai, non mi hai mai spiegato perché non ti piace il silenzio alla fine. »
Lo shinigami si voltò verso la voce da cui proveniva la domanda.
« Beh » esordì, « mi sembra incredibilmente vuoto. »
Ci pensò a lungo, Ken. Tutta la sua esistenza non era stata fatta altro che da quello: silenzio. Se lo trascinava dietro come fosse la sua ombra, senza mai riuscire a liberarsene.
« A me non è mai parso fastidioso. Anzi, quando arriva mi sembra quasi un beneficio » disse Hide.
« Mi accompagna praticamente da una vita, per questo non lo sopporto e cerco di trovare i più disparati modi per riempirlo » rivelò Ken in un momento di poca lucidità.
L'altro inarcò un sopracciglio. « Riempire il silenzio? E come? »
Ken avrebbe voluto parlargli dei libri e delle storie scritte dagli umani che erano diventati la sua più preziosa compagnia. Di come le parole d'inchiostro, seppur mute, riuscissero a dilaniare il silenzio che lo circondava. Ma Hide non avrebbe mai potuto capire.
« No, cioè, niente » fece frettoloso.
« Dai! Ormai voglio saperlo. » Lo shinigami si pentì di aver acceso la curiosità del suo interlocutore. Quando si metteva un'idea in testa era difficile farlo desistere.
« Sul serio, lascia stare. » Ma anche lui non si sarebbe arreso.
Hide si piegò al volere dell'altro, ma la sua espressione mutò. Le sue sopracciglia si corrugarono, sembrava quasi arrabbiato ma, più di tutto, offeso.
« Da quanto tempo è che tralasci di dirmi cose? Forse stai cercando di allontanarmi, ma stai ottenendo l'effetto contrario. Più eviti le mie domande più mi rendi curioso. E so che non ci conosciamo da molto, ma pensavo che ti sentissi a tuo agio con me quanto io sto bene con te. » Tutto quello gli uscì fuori come se stesse cercando di trattenersi, con parole mozzicate e pause forzate tra una frase e l'altra.
« Se sto sbagliando qualcosa » guardò in basso, si umettò le labbra per non incespicare sulle parole, « ti prego di dirmelo. Non voglio forzarti a fare nulla Ken, scusa, né voglio farti sentire a disagio. Perdonami per tutte le volte in cui pretendo più di quel che sei disposto a darmi » rimediò così.
Ken si mise in piedi, abbassò lo sguardo e giocherellò con le dita senza rendersene conto.
« Credimi Hideyoshi- »
« Hide per te, prego. »
« Uhm... Hide. Ti assicuro che non c'è nulla di me che possa entusiasmarti. »
L'umano si alzò in piedi e camminò in direzione dell'altro.
« Da cosa viene tanta convinzione? Sempre da quel qualcosa che non vuoi - non puoi? - rivelarmi? »
« Esattamente » confessò, lasciando l'altro a bocca asciutta. « Mi dispiace. »
« Ti ho già detto che non mi arrendo mai? »
« Non hai motivo di essere tanto ostinato. Ti credo, sono sicuro che sei sempre molto determinato in tutto ciò che fai, quindi non hai niente da dimostrarmi. »
Hide sembrava ferito, ma lo sguardo di Ken era serio, chiaro e fermo, irremovibile dalle sue idee.
« Non si tratta di questo. È che mi strugge vederti rinchiuso nella tua insicurezza, e oltre questo poi sei così misterioso che davvero non so come aiutarti. »
« Pensi che io nasconda qualcosa di molto brutto? »
« Se ti riferisci a qualcosa di losco no – insomma, guarda il tuo faccino innocente. Se ti riferisci ad altro allora sì. »
Ken inarcò un sopracciglio, fece un mezzo sorriso ironico. « Cosa dovrei nascondere? »
Hide era sì intelligente, ma non avrebbe mai potuto conoscere la vera natura di Ken. Aveva visto e toccato con mano il suo death note, ma non poteva risalire all'idea che l’altro fosse uno shinigami.
« Te stesso, ad esempio. È come se tu voglia sopprimere parti di te, ma non capisco il motivo. Sto provando in tutti i modi a dirti che sono pronto ad accettarti. »
Ken sospirò. Una conversazione del genere non l'aveva mai intrapresa prima.
« Ognuno di noi ha i suoi segreti » disse, gli sembrava una frase presa da un libro. « Noi ci conosciamo da poco, quando sarà il momento ti dirò il mio. » Ovviamente quel momento non sarebbe mai arrivato.
Hide lo squadrò poco convinto. Del resto non aveva motivo di fidarsi di lui: era quello che non gli raccontava nulla sulla propria vita, evitava anche le domande più semplici e continuava a sostenere quanto la loro amicizia fosse impossibile. Ma un rapporto non può funzionare se non c'è il "dai e ricevi", e Ken aveva solo ricevuto da un compagno fin troppo generoso.
« Va bene » acconsentì. « Scusa se ti ho forzato, cercherò di non farlo più. » Era dispiaciuto, forse Hide non era abituato a perdere le battaglie, forse temeva di rompere quel legame fra loro neanche iniziato.
« Ora devo andare » annunciò Ken frettolosamente.
« Come? Ormai è tardi. È da pazzi uscire a quest'ora. Inoltre tu abiti lontano. Puoi trascorrere la notte qui, non è un problema. »
« Non preoccuparti, me la caverò. » Il suo comportamento continuava ad essere sempre più sospetto e Hide lo dimostrò esibendo un'espressione dubbiosa.
« Sicuro? È buio fuori. »
« Mio zio mi aspetta, sarà in pensiero a quest'ora. »
Hideyoshi questa volta sapeva di non avere possibilità di far cambiare idea all'altro e, seppur contrario, acconsentì. Prese una torcia, l'accese nel camino e la porse all'altro.
« Almeno prendi questa » disse prima di accompagnare Ken all'uscio della porta.
« Avremo modo di rivederci? » chiese. « O mi devo aspettare che dopo oggi non ti farai più vivo? Ti ricordo che la mia missione non si è ancora conclusa. »
« Ovvero stringere amicizia con me? »
« Esattamente. » Si scambiarono un sorriso e Ken non comprese perché nonostante fosse uno shinigami quelle attenzioni gli facessero piacere.
« Sei un umano strano » affermò senza riuscire a controllarsi. La definizione umano doveva senza dubbio aver stranito Hide. Invece il biondo lo sorprese con una risata.
« Senti chi parla, signor "umano strano". »
Dopo ultimi e più concreti saluti Ken uscì dalla casa richiudendosi la porta alle spalle. Fece qualche passo in avanti in compagnia di quel pezzo di legno che bruciava, poi lo spense, si guardò intorno e aprì un portale per il suo mondo immergendosi nell'altra dimensione.
Hide, in ansia, dopo neanche un minuto riaprì la porta. Il nome dell'altro gli morì in gola, e guardandosi tutto intorno incrociò solo oscurità e una torcia spenta abbandonata per terra.









note: capitolo piuttosto tranquillo, in cui il loro rapporto inizia a prender forma (siamo solo agli inizi). Un paio di "incomprensioni", un Hide che vuole in cambio un po' di fiducia - come biasimarlo, anche lui è umano -, ma che può anche rinunciarvi se questo mette a disagio Ken.
E poi i piccolo cameo di Amon, che spero di rendere più importante andando avanti con la storia. Nient'altro da dire, spero che vi stia piacendo!
Saluti,
Eeureka

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