due padri di troppo

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l’ennesima maledizione ***
Capitolo 2: *** passo falso ***
Capitolo 3: *** l’educatamente dannato ***
Capitolo 4: *** Mathias Wust ***
Capitolo 5: *** incontri ad alta tensione ***
Capitolo 6: *** quarantotto ore ***
Capitolo 7: *** i morti non parlano ***
Capitolo 8: *** irruzione…con sorpresa ***
Capitolo 9: *** un piccolo indizio ***
Capitolo 10: *** complici ***
Capitolo 11: *** ora o mai più ***
Capitolo 12: *** Fine dei giochi ***



Capitolo 1
*** l’ennesima maledizione ***


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L’ennesima maledizione
 
“Senti Milly pensi davvero che sia il caso di avvisarlo ora? Magari aspettiamo un po’, stiamo parlando di Livyana. Ben ha già perso la moglie, se dovesse perdere anche lei…” 
Semir mentre scendeva dalla sua BMW in compagnia della dottoressa Brenner aveva l’aria decisamente preoccupata.
“Purtroppo la collaborazione di Ben in questo caso mi sembra sia indispensabile, a meno che tu non voglia agire alle sue spalle, ma sai meglio di me che se venisse a saperlo…” Semir interruppe la patologa facendo scattare la chiusura a distanza dell’auto.
“Sarebbe peggio, hai ragione tu, meglio informarlo subito…speriamo che Livyana sia fuori con le amiche…la sua presenza sarebbe un problema”
“Semir pensi davvero che possa essere in pericolo?” chiese con tono preoccupato la donna.
“Potrebbero esserlo entrambi…ti ricordo che all’ospedale i servizi segreti volevano uccidere Livyana e Ben è vivo per miracolo…” ribadì Semir salendo la scalinata del palazzo dove abitava Ben.
“Ma è passato tanto tempo, se avessero voluto ucciderla l’avrebbero già fatto” confutò la patologa.
“Sì è vero, ma la tua teoria ha innescato in me un sacco di strampalate teorie e io purtroppo quando si tratta di Ben…divento peggio di una chioccia”
“Comunque resta il fatto che per quanto strampalata ti possa sembrare questa mia ipotesi, credo sia meglio togliere ogni dubbio e per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto di Ben”
 
Era una fresca serata di fine estate Ben stava sorseggiando una birra, mangiando popcorn, in pace e tranquillità guardando la televisione che trasmetteva un’amichevole di calcio tra il Bayern Monaco e il Colonia. Era seduto sul divano del soggiorno in posizione decisamente scomposta con i piedi sopra ad un tavolino.
La sua squadra stava perdendo uno a zero, tra l’altro con un gol in evidente fuorigioco.
“Arbitro venduto!!! Tra il difensore e l’attaccante ci passava un treno…” inveì Ben “Se ci fosse stata qui Livyana…l’avrebbe visto anche lei che di calcio non capisce quasi niente” sbottò alla fine.
La ragazzina quella sera non era in casa, ma in uscita con gli scout, gruppo a cui si era unita dopo aver conosciuto un ragazzo di nome Demis.
Entrambi frequentavano la stessa scuola e si erano conosciuti alla fermata dell’autobus che prendevano ogni giorno.
Demis Schön aveva un paio d’anni in più rispetto alla ragazzina e si era trasferito da poco a Colonia con la madre rimasta vedova da alcuni mesi. In città abitavano i genitori della donna prezioso aiuto per una madre che spesso era fuori città per lavoro.
All’inizio Livyana era stata indecisa se frequentare o no gli scout, il solo pensiero di essere costretta a dormire all’aperto, sotto una tenda o dentro un sacco a pelo le metteva paura. Spesso era andata in campeggio, le piaceva molto, ma era sempre stata in compagnia di Ben per lei un’ottima assicurazione contro attacchi di panico, belve o altro.
Con gli scout invece sarebbe stato decisamente diverso, ma dopo vari tentennamenti Livyana accettò l’invito di Demis e Ben assecondò questo suo desiderio. Conoscere nuovi amici, andare un po’ fuori dal suo seminato le avrebbe fatto sicuramente bene. In fondo era un altro buon motivo per dimenticare i tristi avvenimenti che stavano costellando la sua giovanissima vita.
Ben però era sicuro che la ragazzina avesse accettato l’invito del ragazzo perché con il passare delle settimane Livyana aveva preso la classica ‘cotta’, e un indizio per lui quasi schiacciante era che non sentiva più di tanto nominare Tom Beck.
Un’altra prova a questa sua teoria la ebbe quando passando davanti alla porta della sua cameretta l’aveva vista seduta alla scrivania mentre scriveva sul diario il nome Demis circondato da una miriade di cuoricini.

“Da quando in qua Tom Beck lo chiami Demis? E’ l’acronimo di qualcosa?” la stuzzicò Ben con sguardo malandrino.
“Perché non sto scrivendo Tom Beck, ma Demis è basta spione!” rispose lei diventando rossa in volto e coprendo con una mano la scritta.
“A parte che lo stai scrivendo a lettere cubitali… solo un cieco non noterebbe la scritta…” la incalzò, ma fu interrotto dalla ragazzina.
“Dai Ben smettila, per favore” e con un gesto brusco chiuse il diario.
“Ah adesso mi ricordo…è la Giovane Marmotta” rimarcò lui.
“Ben per favore la pianti?” lo supplicò diventando sempre più rossa in viso.
“Dai era solo per scherzare, ma dimmi questo Demis è bello e affascinante come me? Sai potrei esserne geloso…e poi è gentile, premuroso? Ti ricordo che io ho il porto d’armi” scherzò ancora Ben sedendole accanto.
“Con lui non servirebbe il porto d’armi perché è…” sospirò Livyana lasciando il discorso in sospeso.
“E’ cosa?” chiese il giovane ispettore.
“Beh ecco…” Livyana aveva una voglia matta di parlare con qualcuno di Demis, ma Ben avrebbe capito le classiche frasi che si fanno tra ‘donne’?
“Di solito certe cose si dicono tra ‘femmine’” replicò seria Livyana.
“Potresti fare un’eccezione per me?” replicò Ben sbattendo le palpebre in maniera decisamente civettuola.
“Vabbè visto che me lo chiedi”
La ragazzina trasse un profondo respiro.
“Dunque Demis mi ha fatto la stessa impressione, anzi mi ha fatto battere il cuore nello stesso modo in cui vidi per la prima volta Tom Beck, e anche te” cominciò a raccontare con aria sognante.
“Wow” esclamò Ben, tenendosi per sé le frasi ‘Cominciamo bene’ e ‘sei cotta a puntino’.
“E com’è?” incalzò Ben sempre più curioso.
“Mi stai facendo un interrogatorio ‘Ispettore capo Jager’?” Livyana lo guardò con aria di sfida.
“No, è che sono interessato, voglio sapere chi frequenti, in fondo sono il tuo tutore”
“Vuoi sapere anche se ha la fedina penale immacolata? Come sia chiama suo padre o sua madre?” si accigliò la ragazzina “Che poi anche se non te lo dicessi so già che appena saresti lontano da occhi indiscreti, cioè i miei, andresti subito a vedere se esiste un fascicolo a suo carico” replicò secca aggrottando la fronte.
“Certamente, cara la mia saputella, questo è lo scotto per esserti ‘accasata’ con uno sbirro” replicò Ben sfoderando un magnifico sorriso “Dai Livy, sotterriamo l’ascia di guerra che dici?”
Livyana sospirò ancora.
 “Va bene, dunque” continuò sempre con aria sognante “E’ più alto di me, ha 17 anni, capelli scuri e con due smeraldi al posto degl’occhi, sono verdi come i laghi delle montagne. Bellissimo con un fisico da urlo”
“Fisico da urlo?” sogghignò il poliziotto “Come il mio?”
“Ben sei impossibile!” ribatté la ragazzina “Comunque sì, come il tuo tra noi ragazze si dice così… e con il classico aspetto da ragazzo educatamente dannato
Educatamente dannato?” chiese Ben cercando di restare serio “E che vuol dire?”
“Licenza poetica!” rispose lei.
“Certo che uno che ha un appellativo del genere…” Ben aveva lo sguardo perplesso.
“Okay, ma nel mio gergo uno così è…come te. Bello da togliere il fiato, come il vampiro di Twilight, ecco sì direi che un po’ assomiglia ad Edward Cullen” poi si accigliò e a Ben la cosa non sfuggì.
“C’è altro?” Ben divenne serio.
“Suo padre è morto alcuni mesi fa si chiamava John, che è anche il suo secondo nome, mentre la madre si chiama Sarah, caso mai ti interessasse…sai per risalire al suo DNA, fedina penale…” rimarcò con fare saccente la ragazzina.
“Mi manca il cognome, ma non preoccuparti mi fido di te e se vorrai dirmelo bene, altrimenti me ne farò una ragione” Ben alzò la mano destra mettendo l’altra sul cuore “Non preoccuparti non indagherò su di lui, promesso”
“Grazie, ti prometto che se tra me e Demis” il viso di Livyana divenne nuovamente rosso “Sì insomma sai che voglio dire”
Ben annuì con la testa.
“Sarai il primo a saperlo” continuò Livyana “Niente segreti, ovviamente la cosa riguarda anche te”
“Certamente” rispose Ben.
Livyana grazie anche a questa nuova amicizia stava uscendo piano piano dall’incubo in cui era ‘caduto’ anche Ben alcuni mesi prima. Si era sposato con la donna più fantastica e bella che avesse potuto desiderare, ma quel sogno, il suo matrimonio era durato solo una manciata d’ore. Un proiettile aveva messo la parola fine a quell’idillio.

A riportarlo alla realtà fu il suono del campanello, istintivamente Ben guardò l’orologio: erano le nove e fuori era già buio.
“Chi sarà a quest’ora?”
Il giovane si alzò dal divano, andò alla porta e attraverso il videocitofono vide due volti familiari, aprì e quando il socio e la patologa si presentarono sulla soglia andò ad accoglierli.
“Dottoressa Brenner, Semir che sorpresa prego accomodatevi” li salutò Ben facendo gli onori di casa e facendo strada verso il divano della sala “A cosa devo la vostra visita? E’ accaduto qualcosa di grave?”
A Ben le domande vennero spontanee, l’ora, Semir e la presenza della patologa contribuirono a preoccuparlo.
 “Ben siamo qui perché…Livyana è in casa?” chiese Semir guardandosi attorno e parlando quasi sottovoce.
“No è in uscita con gli scout, ma perché questa domanda?” Ben era al contempo perplesso e preoccupato. Dal tavolino prese il telecomando della televisore spegnendola.
“Ecco Ben” esordì la dottoressa Brenner “Ieri a cena…ecco io non avevo mai visto la ragazzina, ho fatto però l’autopsia sui corpi dei suoi genitori…ricordi?”
Semir apprezzò molto la delicatezza di Milly, aveva usato il termine corpi non cadaveri.
“Lo so che ti potrà sembrare strano, ma sono molto fisionomista, insomma nel mio campo mi considero un’esperta” continuò la donna.
Mentre la dottoressa parlava Ben si chiese cosa stava tentando di dirgli la patologa, poi dopo quest’ultima frase la sua attenzione e soprattutto il suo sguardo cambiò dalla modalità molto interessato a seriamente preoccupato.
“Cosa sta cercando di dirmi di preciso dottoressa?” chiese quasi spazientito “Senta per favore non vorrei mancarle di rispetto, ma arrivi al punto, non ci giri intorno…”
“Ecco ritengo che Livyana non fosse la figlia naturale dei coniugi Karpov” replicò quasi in apnea la donna.
“Come scusi?” rispose Ben strabuzzando gli occhi e lasciandosi cadere sul divano.
“Ecco per essere sicuri al cento per cento ci vorrebbe un riscontro del DNA, ma fisicamente, i tratti del viso, insomma converrai con me nel dire che la piccola non assomigliava minimamente ai genitori” concluse la dottoressa.
“Ben se ti chiedessimo di darci qualcosa che…” l’anticipò Semir.
“Mi stai chiedendo un capello? Lo spazzolino da denti? La spazzola?” chiese con voce dura Ben rivolgendosi al socio, poi rendendosi conto del tono usato “Scusa Semir, non volevo essere sgarbato, però sarai d’accordo con me la notizia è qualcosa di terrificante”
“Sì” rispose comprensivo il socio.

Ben si alzò dal divano si mise davanti all’enorme porta finestra che dava sulla terrazza, davanti a lui la città illuminata da centinaia di luci.
“Che coincidenze” cominciò il ragazzo sempre guardando fuori “Giorni fa io e Livy siamo andati a Norimberga, lì si trova una fontana con una cancellata attorno, appeso ad essa un grosso anello color oro. E’ tradizione farlo girare e al contempo si esprime un desiderio. Lei non volle farlo, mi confidò che il suo desiderio più grande era quello di poter rivedere i genitori, ma perché si avverasse quel sogno lei sarebbe dovuta morire e quindi…” Ben fece un profondo respiro “Se penso che i suoi genitori potrebbero essere ancora vivi, magari se non proprio loro potrebbe avere dei parenti”
“Ben, sai che se fosse così…” disse quasi sottovoce Semir guardando furtivamente anche la patologa.
“Dovremmo separarci, certo. Per lei…chissà come reagirebbe, conoscendola sarebbe felice e triste contemporaneamente” rispose Ben con un filo di voce.
“E tu?” chiese Semir.
“Io?” Ben non rispose, si girò dando le spalle ad entrambi spostando il suo sguardo sull’imponente sagoma del duomo di Colonia che si ergeva all’orizzonte.
“Per me sarebbe come la fine del mondo” pensò tra sé e sé “L’ennesima maledizione”

Il giorno dopo Ben e Semir erano di pattuglia per le autostrade limitrofe alla città. L’ispettore più giovane era decisamente muto quella mattina, al solito bar dove si fermava con il socio non aveva nemmeno fatto colazione  limitandosi a prendere solo un caffè.
Semir aveva capito al volo che le ipotesi formulate dalla dottoressa Brenner avevano sicuramente tenuto Ben sveglio tutta la notte.
“Ben ti va di parlare?” chiese comprensivo.
“Del fatto che sono destinato a rimanere solo?” fu la laconica risposta del ragazzo.
“Livyana non ti lascerà se è quello che stai cercando di dirmi, sei importante per lei” cercò di rincuorarlo.
“Sai Semir spero solo che se scoprissimo che i suoi genitori sono vivi…insomma mi auguro che siano da queste parti, oltre a me perderebbe anche Demis, il suo nuovo amico…quello educatamente dannato”
Educatamente dannato? E cosa vuol dire?” chiese Semir cercando di stemperare un po’ l’aria e riportare un po’ di serenità nell’abitacolo.
“Livyana mi ha risposto ‘licenza poetica’” e sul volto di Ben apparve un leggero sorriso.
“Ho capito, ma il senso?” insistette Semir, anche per portare il ragazzo verso un argomento un po’ più leggero.
“E che ne so, so solo che quando me lo ha detto aveva le pupille a forma di cuore” replicò il ragazzo, ma il suo volto era tornato serio, Ben guardava un punto indefinito fuori dal finestrino.
“Le è che?” ribatté il socio che alla guida della sua BMW stava effettuando un sorpasso.
“Lascia stare Semir, era così tanto per dire…”
“Comunque io e la Brenner faremo dei controlli, faremo una sorta di indagine” continuò Semir, ma fu interrotto da Ben.
“Ti servirà una mano io…” propose il giovane ispettore.
“No Ben è meglio che tu ne stia fuori, sei troppo coinvolto  e poi la ragazzina ormai ha 15 anni, non riusciresti a nasconderle la verità, quindi meno sai meglio è. Appena avremo qualcosa di concreto in mano ti aggiorneremo, promesso”
Ben non osò replicare, era troppo deluso per farlo.
Il destino era veramente ingiusto con lui quando si relazionava con il gentil sesso. La madre morta quando era piccolo, le fidanzate uccise, la moglie Elise ed ora avrebbe potuto perdere anche Livyana colei che ormai considerava sua figlia.

Angolino musicale…eccomi di nuovo a tormentare i sogni e sonni già abbastanza tormentati dei miei ispettori. Colonna sonora forse un po’ inusuale, ma quella mi è balenata per la testa, sarà il periodo mah…
Fedez e Francesca Michelin ‘Magnifico’
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=RELQXv8m_cc
E gli anni passano e non ci cambiano Davvero trovi che sia diverso? Guardami in faccia I miei occhi parlano E tu dovresti ascoltarli un po' più spesso Anche se poi tutto è magnifico Non lo prenderò come un rimprovero E' possibile abbia sogni sbagliati, un po' illusi al momento Mi appartengono Ognuno coi suoi pensieri e I suoi segreti Lo so siamo divisi dallo spazio senza essere pianeti Anche se poi tutto è realistico Non lo prenderò come un rammarico E' possibile abbia sogni sbagliati, un po' illusi al momento Mi appartengono…

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Capitolo 2
*** passo falso ***


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Passo falso

Erano passate diverse settimane dal giorno in cui Semir e la dottoressa Brenner avevano riferito a Ben che Livyana poteva non essere la figlia naturale dei coniugi Karpov.
Anche Ben, dopo l’iniziale turbamento non aveva più pensato ad una possibile separazione da Livyana, oltretutto Semir lo aveva assicurato che nel caso fossero emerse novità o prove concrete lo avrebbe tempestivamente informato, in caso contrario l’intera faccenda sarebbe stata da considerarsi archiviata.
“Ciao socio” esordì Semir che di buon mattino era andato a prendere il giovane sotto casa per il turno mattutino.
“Ciao socio” replicò lui salendo e sbadigliando vistosamente “Colazione al solito bar? Stamattina Livyana mi ha letteralmente buttato giù dal letto”
“Fatto tardi?” domandò curioso Semir.
“Ho accompagnato lei e Demis ad un concerto”
“Il tuo amico?” rispose quasi ironico Semir.
“No” asserì compiaciuto Ben “Musica molto diversa da quella che ascolta Livyana, ho fatto il terzo incomodo, ma i biglietti li ho pagati io. Demis è un patito dei Brushes come me”
“Vabbè dai andiamo a prenderci un bel caffè né abbiamo bisogno, soprattutto oggi” replicò Semir.
“Certamente, la nostra routine non si cambia cascasse il mondo”

Fatta colazione i due ispettori risalirono di nuovo in auto per cominciare una nuova giornata lavorativa.
“Ho delle novità…” cominciò a parlare Semir con un tono abbastanza serio.
“Livyana?” Ben capì subito al volo, ormai anche lui aveva cominciato ad affinare quel sesto senso tipico del collega.
“Sì, ma io al posto tuo andrei cauto, anzi coi piedi di piombo” replicò Semir.
“In che senso?” Ben si accigliò.
“Ecco la faccenda ha dei risvolti abbastanza complicati”
“Spiegati, ti prego”
“Io e la dottoressa Brenner abbiamo raccolto un bel po’ di materiale” cominciò a delucidare l’amico.
“E tutto questo alle mie spalle?” replicò Ben abbozzando un mezzo sorriso.
“Sì” confermò Semir che continuò il discorso interrotto “Dunque Milly aveva visto giusto i coniugi Karpov non erano i genitori biologici di Livyana. L’esame del DNA lo ha confermato”
“Miseria ladra, quando lo verrà a sapere Livyana…” disse Ben passandosi le mani tra i capelli.
“Comunque ti ho fatto delle fotocopie di tutte le informazioni che abbiamo raccolto, nel cassetto del cruscotto c’è una cartellina, se vuoi puoi prenderla”
“Ti va di anticiparmi quello che avete scoperto? In questo momento non ho molta voglia di leggere” propose Ben “Ma la storia mi incuriosisce e parecchio”
“Certo, vorrà dire che invece della radio, ascolterai me”
“Sono d’accordo” ribadì l’altro.
“Dunque Livyana è nata il primo di agosto di 15 anni fa” cominciò Semir.
“Sì, ho anche il certificato dell’anagrafe che lo attesta…” confermò Ben.
“E fin qua ci siamo…Livyana esiste anche per la nostra anagrafe”
“Okay, non capisco, ma mi adeguo. Poi che altro hai scoperto che io non so?” chiese aggrottando la fronte Ben.
“Dunque il vero padre di Livyana sembra sia ancora vivo, e se è veramente chi pensiamo che sia, in questo momento è latitante” disse asciutto Semir aspettando la reazione del socio.
“Latitante?” Ben sgranò gli occhi “Porca miseria la faccenda si fa sempre più complicata”
“La cosa positiva è che almeno i servizi segreti tedeschi o di qualsiasi altro paese non sembrano essere immischiati in questa storia” lo rassicurò Semir memore di quante era successo in passato.
“Oddio se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno la cosa è positiva, cosa che non posso dire per l’altra metà, Livyana ha un padre, ma mi sembra di capire che non è uno stinco di santo”
“Purtroppo è così, è stato arrestato per omicidio e qualche mese fa durante un trasferimento da un carcere all’altro è riuscito a scappare”
“Sento che sto per sclerare” Ben trasse un profondo respiro “Già sarà duro per lei scoprire di non essere la figlia naturale dei Karpov, figuriamoci avere un padre assassino, non vorrei essere nei suoi panni” Ben si mise due dita sul collo “Ecco fra un po’ il cuore mi scoppierà…”
“Ben è meglio se ti calmi, il peggio deve ancora arrivare.  La faccenda si fa sempre più spinosa” replicò Semir “In ogni caso direi di proseguire giusto?”
“Sì Semir, prosegui” consigliò Ben.
“Stavo dicendo che il padre è latitante” ricominciò il piccolo ispettore.
“Ma come si fa a scappare durante un trasferimento…” domandò alquanto perplesso Ben interrompendo di nuovo l’amico.
“Semplice, nello stesso modo in cui ci sei riuscito tu e se non ricordo male sei evaso per ben quattro volte da quando ti conosco”
“Fammi pensare…la prima volta siamo evasi insieme dal carcere utilizzando un furgone della lavanderia, la seconda mi hanno consegnato la chiave per aprire le manette, in quell’occasione mi arrestassi tu, ricordi?”
“Certo la finta spia doppiogiochista, come dimenticarlo” rammentò Semir.
“Già” ribadì Ben sentendo correre un brivido lungo la schiena “Infine due in poco tempo; fuggii subito dopo essere stato caricato su una volante della polizia, ma la più spettacolare è stata quella volta in cui sono evaso da un carcere di massima sicurezza dopo aver fatto esplodere mezzo penitenziario, fortuna che non mi hanno mai chiesto i danni…” replicò con un mezzo sogghigno Ben.
“Già e il trucco di come liberarti dalle manette senza chiavi te l’ho insegnato io” sentenziò tutto soddisfatto Semir.
“Quando l’allievo supera il maestro” sorrise compiaciuto Ben.
“Non me lo ricordare, se penso che potevo ‘perderti’ per sempre” rammentò Semir “Comunque adesso basta divagare. Tornando a noi questo tizio è evaso ed ora sta cercando vendetta”
“Ma la madre di Livyana che fine ha fatto?” incalzò Ben di fatto interrompendolo di nuovo.
“Aspetta poi ci arrivo, stavo comunque dicendo che il padre starà sicuramente cercando vendetta”
“Scusa, e questo come lo sai?” Ben guardò il socio aggrottando nuovamente la fronte.
“Ho parlato con l’ avvocato che lo difese durante il processo, mi ha detto che Mathias Wust questo il nome dell’uomo si è sempre dichiarato innocente, malgrado le prove fossero tutte contro di lui. Alla fine del processo Wust è stato condannato all’ergastolo”
“L’accusa?” chiese Ben.
“L’omicidio della moglie e del suo amante, avvenuto circa 15 anni fa. All’epoca Livyana aveva all’incirca tre mesi e con questo ho risposto anche alla domanda su dove sia la madre di Livyana”
“Sembra la trama di un film” Ben era sempre più sconvolto “Scusa, ma la piccola come arrivò ai Karpov?” domandò sempre più curioso.
“Tutto ciò è accaduto a Cottbus” replicò Semir.
“Cottbus? Che strano mi sembra di aver sentito recentemente il nome di quella città, ma non ne ricordo il motivo”
“Sai mi piacerebbe vederti scervellare, ma la storia è ancora lunga, quindi ti darò subito la risposta” continuò Semir “Ti ricordi di D’javol e  di quell’incidente in  autostrada avvenuto circa cinque anni fa?”
“Sì certo, D’javol sabotò i freni dell’auto della vittima, non riuscimmo a salvarla, mi sembra si chiamasse Rafail Popov”
“Esatto” schioccò le dita Semir “E sai chi era?”
Ben scosse la testa.
“Era il cognato di Mathias Wust, la piccola fu affidata a lui in quanto unico parente in vita, per Livyana era lo zio. Purtroppo lui non era in grado di badare alla piccola, quindi l’affidò ai Karpov, i quali non potendo avere figli accettarono di buon grado di prendersi cura della piccola. Ti ricordo che Livyana a quel tempo aveva solo tre mesi e i Karpov la registrarono all’anagrafe come fosse loro”
“Sì, ma a Popov…insomma la piccola era stata affidata a lui, qualcuno si sarà chiesto che fine aveva fatto la bambina”
“In teoria la piccola affidata a Popov, fu data in adozione a dei cittadini svedesi che tornarono in patria. Popov aveva molti contatti e aggirare le anagrafi o altre istituzioni per lui era cosa semplice”
“Caspita, ma tutte queste informazioni…” Ben era davvero preoccupato, ne aveva abbastanza di spie e servizi segreti “Semir non è che adesso…”
“No tranquillo niente servizi segreti” assicurò il piccolo ispettore “Comunque le informazioni le ho avute dall’avvocato di Wust. Mi ha inviato tutta la documentazione in suo possesso e da lì sono risalito ad un amico di Popov, era tra i testimoni della difesa, ma purtroppo per Wust non poté fare molto. L’ho rintracciato e ho scoperto che vive a Bochum mi ha dato diverse spiegazioni”
“Certo che posso capire l’amico di Wust, ma l’avvocato…insomma tutte quelle informazioni…” Ben era basito.
“Il processo è finito da più di un decennio, gli atti sono pubblici” replicò Semir.
 “Ma almeno l’avvocato ti avrà chiesto il perché di tante domande?”
“Sì, ma l’ho fatto convinto, su di lui circolano strane chiacchere, sembra sia alle dipendenze di un personaggio poco limpido. Al telefono quando l’ho chiamato ho bluffato gli ho detto che ho conoscenze che potrebbero rovinargli la piazza, questo avvocato ha cominciato ad agitarsi, ad aggredirmi verbalmente, ma poi ha ceduto”
“Lo hai ricattato?” Ben era sconvolto.
“Ecco in un certo senso sì. Gli ho detto che ho amici giornalisti che scrivono su giornali scandalistici” sogghignò sornione Semir “L’avvocato ha creduto fosse così, ma in mano non avevo niente, in ogni caso ho avuto ciò che volevo”
“A parte te, la Brenner e me quanti sanno di questa storia?” chiese ancora Ben.
“Susanne, ma le ho imposto il silenzio ha fatto le ricerche per me, ovviamente fuori dall’orario di lavoro”
“Santa donna…” replicò quasi sottovoce Ben.

Finito il turno Ben fece ritorno a casa.
Fortunatamente la giornata era stata tutto sommato tranquilla, visto e considerato che la sua testa era stata decisamente impegnata sulla storia passata di Livyana che sul lavoro.
Entrando nel suo lussuoso appartamento fu accolto come al solito dallo stereo che stranamente non stava sparando a tutto volume le canzoni di Tom Beck.
“Sono a casa Livy” urlò Ben appoggiando la cartellina coi documenti inerenti al caso di Livyana e la giacca sopra al divano vicino all’ingresso.
“Ben vai a farti la doccia” replicò la ragazzina uscendo dalla cucina e abbassando lo stereo “Stasera si mangia come se fossimo al ristorante…ho preparato una delle tante delizie che zia Helga è solita prepararci quando andiamo dal tuo papà”
“Papà???” pensò tra se e se Ben “Io avrei detto Konrad, ormai lo considera un nonno. Livy ci considera la sua famiglia, lo siamo a tutti gli effetti”
Poi rispondendo alla ragazzina “Ok faccio in cinque minuti, anche perché il profumino che sento sembra davvero delizioso”
“Sì e mi raccomando asciugati i capelli che poi ti viene la cervicale”
“Sì mammina” ribatté divertito il ragazzo “Ma ti faccio presente che adesso li porto corti…”
“Helga mi ha detto di raccomandartelo sempre…” replicò imperterrita la ragazzina.
Livyana rientrò in cucina per uscirne alcuni minuti dopo con le stoviglie in mano.
Il suo sguardo cadde sulla giacca che Ben aveva lasciata vicino all’ingresso sopra il piccolo divano.
“Ma guarda, deve sempre buttare la giacca in quel modo? Che lo ha comprato a fare un appendiabiti dico io se…e questa cartellina cos’è?”
Nell’alzare la giacca subito la sua attenzione venne letteralmente rapita dalla cartellina con il logo della polizia autostradale “Ma che…mica si porterà il lavoro a casa? Da quando in qua poi…”
Livyana prese il fascicolo in mano la stava per aprire…
“Livy non aprirla” gli urlò Ben uscendo dal bagno e vedendola con la cartellina in mano.
Livyana quasi sobbalzò dallo spavento.
“Scusa non volevo è che…”
“Non ti preoccupare, ma dammela” e andandole incontro quasi gliela strappò dalle mani per riporla nel cassetto di una scrivania lì vicino.
“Dentro ci sono delle foto che una bambina non dovrebbe vedere” disse con tono severo.
“Ho 15 anni non sono più una bambina…” replicò lei aggrottando la fronte.
“Allora mettiamola così, ‘signorina so tutto io’, ci sono foto che all’ora di cena è meglio non vedere ok?”
“Va bene, scusa…”
La serata trascorse serena e venne l’ora di andare a letto.

La mattina dopo Ben si alzò, stava per recarsi in bagno quando passando davanti alla camera di Livyana, la vide vuota.
Subito lo assalì un senso di panico. Veloce si precipitò verso il cassetto dove aveva posto il fascicolo.
Vuoto.
“Stai forse cercando questa?” la voce della ragazzina alle sue spalle era dura.
Ben si girò verso di lei nel momento in cui la ragazzina compariva da dietro il divano, da quel posto sicuro che lei tempo addietro aveva battezzato come il ‘tranquillometroquadrato’ .
Livyana gli puntò addosso i suoi profondi occhi scuri, dandogli l’impressione che più che arrabbiata la ragazzina fosse delusa.
“Perché non me lo hai detto ieri sera?”
Il tono usato dalla ragazzina voleva essere quasi minaccioso, ma nonostante si fosse già precedentemente preparata la domanda la sua voce tremò.
Ben dal canto suo non le diede nessuna risposta.
“Da quanto lo sai?” lo incalzò di nuovo.
Silenzio.
“Hai fatto il voto del silenzio, da quanto lo sai? Ti decidi a rispondermi sì o no?”
Il ragazzo fece un profondo respiro “Lo so da…” ma Ben non riuscì ad andare avanti col discorso.
“Da?” la ragazzina si avvicinò, lui era decisamente più alto di lei, ma in quel momento l’ispettore si sentiva piccolo piccolo.
“Quando pensavi di dirmelo?” insistette la ragazzina “Quando mio padre si fosse presentato alla porta di casa? Salve ispettore Jager mi riprendo Livyana. E tu…prego faccia pure…” disse con fare teatrale.
“Livyana smettila…per favore” cercò di risponderle, ma che altro poteva dirle.
“Smetterla??? E’ tutto quello che sai dire? Per te sarà o potrà essere una sciocchezza, ma per me è la fine del mondo, se non te ne sei accorto stiamo parlando della mia vita”
“Livy…” cercò di risponderle, non sapendo cosa effettivamente dirle.
“Sono quattro anni che piango la scomparsa di quelli che credevo fossero i miei genitori e adesso scopro che neanche lo erano…”
“Livyana, loro lo erano, ti hanno cresciuta, amata, sono stati come Helga per me, i legami di sangue non contano”
“Che delusione” continuò la ragazzina “Eri il mio punto di riferimento, il mio eroe. Avevi giurato…fiducia reciproca, niente segreti e invece…tu te ne sei fregato…di cosa avevi paura, eh? Che scappassi di casa? Che andassi alla loro ricerca?”
Ben in quel momento avrebbe voluto essere ovunque, ma non lì.
“Ti posso assicurare che non me ne sono fregato, volevo solo essere sicuro…te ne avrei parlato appena avessi avuto la certezza, in questa storia ci sono alcuni punti oscuri…” cercò di giustificarsi Ben, ma Livyana non gli lasciò proseguire con il discorso.
“No, tu non volevi dirmelo, te lo leggo negli occhi…”
“Non è vero…” ma fu interrotto nuovamente dalla ragazzina, che andò in camera sua sbattendo violentemente la porta.
Livyana uscì dalla stanza dieci minuti dopo, aveva indossato la giacca e le scarpe, sulla spalla lo zaino, pronta per uscire e recarsi a scuola.
Ben invece non si era mosso un solo centimetro.
Livyana gli passò vicino e lui delicatamente la prese per un braccio.
“Ti giuro che te lo avrei detto…” le disse guardandola dritto negli occhi. Occhi sicuramente tristi e delusi, ma asciutti.
“Ne riparliamo stasera, ora devo andare a scuola, non voglio arrivare tardi ho l’interrogazione di chimica ” e detto questo si sistemò meglio lo zaino sulla spalla guardando in malo modo la mano di Ben che le teneva il braccio e a Ben non restò altro da fare che lasciarla andare.
L’ultima cosa che vide fu Livyana che usciva dall’appartamento senza girarsi più, senza nemmeno degnarlo di un saluto, di uno sguardo.
La paura e uno strano presentimento si impossessarono di lui, cercò di respirare piano, ma sentiva dentro di se crescere il panico.
Forse quell’ultima frase detta da Livyana era una specie di addio.
Forse invece di proteggerla, l’aveva persa per sempre.

Angolino musicale: La coppia d’oro resiste, ma la ‘coppietta ribelle e disubbidiente’?
The Chainsmokers & Coldplay Something Just Like This (qualcosa proprio come questo)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=awEXmGyUbaA
Ho letto libri antichi Di leggende e miti Achille e il suo oro Ercole e le sue doti il controllo di Spiderman E Batman con i suoi pugni E chiaramente non vedo me stesso su quella lista Lei ha detto “Dove vuoi andare? Quanto vuoi rischiare? Non sto cercando qualcuno Con poteri sovrumani Qualche supereroe La felicità delle favole Solo qualcosa a cui posso rivolgermi Qualcuno che io possa baciare Voglio qualcosa proprio come questo









 

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Capitolo 3
*** l’educatamente dannato ***


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l’educatamente dannato

Erano appena le otto del mattino quando Semir parcheggiò la sua auto sotto le finestre della sede della CID.
Scendendo quasi si meravigliò,  notando accanto alla sua BMW la Mercedes del socio.
“Che strano Ben è già arrivato…” pensò tra sé e sé “Non vorrei ci fossero guai…di solito è così quando arriva presto”
Entrando nell’edificio salutò cordialmente Susanne e Dieter, seduti alle loro scrivanie, poi quasi a passo di carica si diresse verso l’ufficio che condivideva con Ben.
Per qualche istante il piccolo ispettore restò sulla soglia della porta ad osservare il suo socio.
Ben stava strimpellando la chitarra seduto sulla poltroncina, con i piedi sopra la scrivania.
“Non mi sembra una posizione molto consona per un ispettore di polizia” esordì Semir, ma il ragazzo non lo degnò né di uno sguardo, né di una risposta.
A passi lenti Semir si avvicinò a Ben, con l’intenzione di levargli senza tanti complimenti i piedi dalla scrivania.
Voleva riportarlo all’ordine e lo avrebbe fatto aggiungendo una personale ramanzina sulle norme comportamentali da tenere in ufficio.
Era sul punto di attuare il tutto, quando i suoi buoni propositi svanirono di colpo.
Fisicamente Ben era lì, davanti a lui, ma con la mente era da tutt’altra parte.
“Nottataccia? Dormito poco…male…per niente? Troppi pensieri? Che hai Ben? Sono qui se vuoi parlare…” chiese Semir ritornando sui suoi passi, poi sedutosi alla scrivania, cominciò ad osservarlo a fondo.
Passarono interminabili attimi di silenzio poi Ben forse sentendosi osservato o svegliandosi da quel momentaneo torpore, stancamente tolse i piedi dalla scrivania, si alzò, poggiò al muro lo strumento e andò alla finestra guardando un punto indefinito oltre la siepe che abbelliva il parcheggio antistante la sede della CID.
Fece tutto come fosse al rallentatore sotto lo sguardo attento e curioso di Semir, che nel frattempo cercava di capire cosa avesse il collega per essere così apatico.
Il piccolo ispettore stava per dire qualcosa quando fu anticipato dall’amico.
“L’ho persa Semir, l’ho persa per sempre” la voce era quasi un sussurro.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro, Semir capì subito che Ben stava parlando di Livyana.
“Non le avrai mica detto di Wust? Insomma spero…” il piccolo ispettore alzò un sopracciglio.
“No” rispose Ben scrollando la testa “Le avrei raccontato di Wust solo dopo aver saputo chi sia veramente”
“Ma allora??? Che è quella faccia??? E come sarebbe a dire che l’hai persa?” Semir appoggiò i gomiti sulla scrivania in attesa di una risposta.
“Ha letto il contenuto della cartellina che avevo lasciata sopra il divano, poi non l’ho nascosta a dovere, lei l’ha trovata…che idiota…se potessi mi prenderei a pugni”
“Ma porca miseria, Ben…come hai potuto essere così sprovveduto…” poi rendendosi conto di quello che gli aveva appena detto Semir ritornò sui suoi passi “Scusa non volevo infierire”
“No, purtroppo hai ragione sono stato davvero uno sprovveduto, dovevo mettere la cartellina in cassaforte” rispose mogio.
“E adesso? Dov’è Livyana?” chiese preoccupato Semir.
“E’ andata a scuola, spero” replicò atono Ben.
“Quindi hai parecchio tempo per pensare a come rimediare, devi solo trovare il modo” consigliò Semir guardando l’orologio che stava sopra la scrivania.
“Come sempre hai ragione tu, socio, il punto è che non so davvero come rimediare” rispose Ben tornando a guardare l’amico “Ho tradito la sua fiducia e ho paura che niente tornerà come prima”
“Dai non essere così drastico, vedrai che tutto si sistemerà…”
“Non questa volta, stamattina quando è uscita di casa non mi ha nemmeno guardato in faccia, nemmeno mi ha salutato…niente di niente. E quello che mi ha fatto stare più male è che non era arrabbiata, era delusa e questo secondo me è peggio, credimi. Avrei preferito una delle sue sfuriate adolescenziali” mentre parlava Ben aveva un tono piatto, malinconico.
Semir non osò replicare, temeva anche lui che quel legame simile ad un incantesimo che univa Livyana e Ben potesse questa volta essersi spezzato per sempre.

Livyana aspettava impaziente l’autobus che l’avrebbe portata a scuola.
Picchiettava con fare scocciato il piede sull’asfalto continuando a fissare la lancetta dei secondi dell’orologio che aveva al polso.
Il mezzo era in ritardo di cinque minuti.
Detestava arrivare tardi a scuola, ma aveva deciso che mai e poi mai sarebbe ritornata a casa per chiedere a Ben di accompagnarla.
Sicuramente il ragazzo sarebbe stato molto felice di darle un passaggio considerando la sua richiesta un primo passo verso una reciproca rappacificazione.
Decise quindi di attendere ancora, certa che a bordo dell’autobus avrebbe incontrato Demis, colui che le avrebbe fatto riassaporare un minimo di serenità in quella giornata iniziata nei peggiori dei modi.
Nell’attesa si mise a leggere i cartelloni pubblicitari che aveva attorno, ma nonostante ciò non riusciva a scacciare dalla mente l’acceso scontro verbale che aveva avuto con Ben, la persona che fino a poche ore prima considerava molto più di un  amico.
Fino a quel momento Ben per lei era molto più.
Ma più si riprometteva di non pensarci, più ci pensava e per qualche secondo la vista le si annebbiò.
Temette di mettersi a piangere lì in mezzo alla strada, ripensando al giorno in cui si erano conosciuti alla sala prove, Ben che le prometteva che le avrebbe aggiustato la chitarra e prestato una delle sue, la sera in cui gli presentò i suoi genitori o almeno quelli che lei considerava tali.
Con un gesto quasi brusco si asciugò le lacrime “Traditori” sussurrò tra i denti.
Ora la ragazzina sentiva di essere stata tradita anche da loro.
Finalmente arrivò l’autobus, Livyana salì velocemente, ad aspettarla seduto al solito posto c’era Demis che appena la vide le sorrise.
Demis Schön era davvero un bel ragazzo, da mozzare il fiato, era gentile, premuroso, intelligente, a scuola era considerato dai professori uno studente modello; non era solo bello, era anche il classico bravo ragazzo.
Ciliegina sulla torta Demis era il cantante e il chitarrista di un gruppo rock formato da studenti della stessa età.
Da tempo i due ragazzi avevano cominciato a frequentarsi assiduamente scatenando le gelosie di parecchie ragazze della scuola e non solo.
Ma a Livyana non importava, non era gelosa anche perché il ragazzo aveva occhi solo per lei.
Amava vestirsi in modo semplice, una maglietta e un paio di jeans per lui erano il massimo dell’eleganza e della comodità. E in questo aveva notato Livyana era molto simile a Ben.
“Semplicemente irresistibile e che fisico da urlo”  pensò la ragazzina notando la maglietta nera aderente.
La ragazzina si sedette vicino a lui, sospirò, poi poggiò la testa sulla sua spalla.
“Che hai bambolina?” chiese preoccupato accarezzandole il viso “Sei preoccupata per l’interrogazione di chimica? Sei preparata, ieri abbiamo ripassato insieme…a meno che…”
Demis le parlò con calma, aveva una voce profonda, decisa, la voce più bella e rassicurante che Livyana avesse mai udito, solo una persona aveva un timbro di voce così, ma quella persona ora apparteneva, forse, al suo passato.
“Aspetta un attimo” continuò Demis aggrottando la fronte “Mica avrai litigato con l’ispettore Jager? Di solito hai quell’espressione abbacchiata quando…” il ragazzo fece finta di pensarci un po’ “Sì è così hai avuto un 'acceso scambio di vedute opposte' con lui quel genere di cose che io traduco con 'apocalittiche discussioni tra adolescenti e adulti ' ”

Demis sapeva che Ben non era il vero padre di Livyana, ma si rendeva conto che il poliziotto per lei era molto più di un semplice ‘genitore affidatario’.
Non se la sentiva di chiamarlo Ben o tuo padre, accompagnando le parole con il classico gesto delle virgolette, né tanto meno sbirro o nomignoli simili.
Aveva quindi optato per un semplice, ma secondo lui molto efficace ispettore Jager.
“Ben mi ha tradita, mi ha mentito…” sussurrò la ragazzina con tono triste.
“Come sarebbe a dire” e delicatamente le alzò il viso, incrociando i suoi bellissimi occhi scuri “Scusa, ma trovo la cosa un po’ assurda…nel senso…quando parli di lui…”
“Mi ha tenuto nascosto che …insomma mamma e papà…i Karpov non erano i miei genitori naturali, e forse il mio vero padre è ancora vivo…ed è un ricercato, un assassino…stanotte ho letto l’intero fascicolo che lo riguarda”
“Cavolo” imprecò Demis, non sapendo che altro dire “E chi avrebbe ucciso?”
“Mia madre” rispose laconica lei.
“Doppio cavolo” rispose lui stringendola a sé.
“Lo odio…Ben doveva dirmelo”
“Suvvia Livy, lo avrà fatto per proteggerti, la notizia non è di quelle che….sì insomma…mettiti anche nei suoi panni, pensa in che situazione si è trovato…”
“Che fai lo difendi? Cosa è solidarietà maschile?” sbottò lei.
“Quello che ti sto dicendo è che… vabbè lasciamo perdere, non voglio litigare con te. Solo che mi preoccupi, cosa pensi di fare ora?”
“Andrò a Cottbus, lì c’è l’avvocato che ha difeso Mathias Wust, quello che in teoria potrebbe essere mio padre. Gli chiederò di dirmi tutto quello che sa su di lui, magari lo ha contattato e l’avvocato potrebbe sapere dove si trova”
“Ma scusa a parte che Cottbus non è proprio dietro l’angolo, cosa speri di scoprire che il fascicolo non ti abbia già detto? E poi se è un evaso dubito che si trovi ancora in quella città” confutò il ragazzo “E l’avvocato potrebbe non esserti d’aiuto inoltre non per essere maleducato, ma ai suoi occhi tu sei una ragazzina e…” Demis cercava di farla ragionare e allo stesso tempo di farla desistere nel recarsi a Cottbus.
“Capisco cosa intendi, però ho letto negli atti del processo che Mathias Wust si è sempre dichiarato innocente e…” la ragazzina venne interrotta.
“Forse lo è, non sarebbe la prima volta che un innocente finisce in prigione” continuò con fare accigliato Demis.
“E se fosse tutta una messa in scena? Un complotto ai suoi danni?” a Livyana l’ipotesi sembrava plausibile.
“Oddio stiamo solo facendo delle supposizioni, ma la realtà…forse guardiamo troppi film di spionaggio” ribatté con un piccolo sorriso Demis.
“Non voglio nemmeno pensarci, con le spie e i servizi segreti non vado molto d’accordo” la ragazzina al solo ricordo si rabbuiò.
“Comunque cosa pensi di fare?” chiese ancora il ragazzo visibilmente preoccupato.
“Non lo so, ma ti ripeto che voglio parlare faccia a faccia con questo avvocato e se c'è la possibilità che Mathias Wust sia ancora in quella città voglio trovarlo, chiedergli se davvero ha ucciso la mia madre naturale e perché”
“La verità potrebbe non piacerti” sentenziò Demis.
“In questo caso farò di tutto per consegnarlo alla polizia, merita di marcire in galera se mi confesserà di aver ucciso mia madre” replicò decisa Livyana.
“Capisco la tua sete di giustizia o forse dovrei dire di vendetta, ma chiedere aiuto all’ispettore Jager non sarebbe una cattiva idea”
“Con lui ho chiuso” fu la laconica risposta della ragazzina.
Demis stava per dirle che la riteneva esagerata, il suo amico poliziotto probabilmente era l'unico che poteva aiutarla, ma conosceva anche la caparbietà di Livyana.
“So che non posso farti cambiare idea, ma almeno permettimi di venire con te, non ti lascio da sola in una città che nemmeno conosci…”
“Demis così ti metterai nei guai”
“Lo so, ma se ti accadesse qualcosa non me lo perdonerei, a meno che non riesca a farti cambiare idea…”
“Non ci provare nemmeno” ribatté lei fiera.
“Appunto, almeno spero tu abbia un piano” domandò Demis.
“Sì certo e anche tutti i miei risparmi, ma tu che dirai a tua madre?”
“Per il momento niente, lei per quattro giorni è a Berlino per lavoro e con i nonni mi inventerò qualcosa, dirò loro che sono ospite da un amico”
Livyana e Demis quel giorno non si presentarono a scuola.
Non ci fu nessuna interrogazione di chimica o altro, ma una frettolosa partenza da Colonia.

Angolino musicale:Capitolo in cui non accadde molto, ma segna l'inizio...dei guai.

Ringraziamento speciale a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, ai recensori Furia, Summer e…‘Miss Argenti’.
Super mega grazie alla mia Beta Reader Maty (ti ho fatto fare gli straordinari…sorry)
Alla prossima.
CBJ.
Guns'N'Roses 'Don't Cry'  (Non Piangere)
Per ascoltarla:
https://www.youtube.com/watch?v=zRIbf6JqkNc

Parlami dolcemente C'è qualcosa nei tuoi occhi Non buttarti nella tristezza E per favore non piangere Lo so come ti senti dentro Ci sono stato in precedenza Qualcosa sta cambiando in te E tu non lo sai Non piangere stanotte C'è un paradiso sopra di te piccola Dammi un sussurro E dammi un sospiro Dammi un bacio prima di dirmi addio Non prenderla cosi duramente adesso E ti prego non prenderla cosi male Starò ancora pensando a te E al tempo passato assieme... piccola e per favore ricorda che non ho mai mentito e per favore ricorda come mi sento dentro adesso



 

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Capitolo 4
*** Mathias Wust ***


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Mathias Wust

Mathias Wust aspettava impaziente.
Seduto su di un muretto che delimitava un piccolo giardino ripercorreva gli anni vissuti a Cottbus prima di finire in carcere.
“La vita è solo una questione di attimi, di errori” pensava tra sé “Entrambi ti possono cambiare la vita, per sempre, nel bene e nel male”
Rifletteva su questo ed altro continuando a tamburellare le dita sul parapetto e dondolando avanti e indietro le gambe a penzoloni, come se fosse un bambino sull’altalena, senza scollare gli occhi dal portone del palazzo che aveva di fronte.
Lì abitavano Livyana Karpov e l’ispettore Ben Jagger.

Rimasto orfano all’età di dieci anni Mathias Wust, era stato affidato a svariate famiglie, non avendo alcun parente al mondo che potesse prendersi cura di lui.
Era un ragazzino molto intelligente, acuto e scaltro, la vita gli aveva insegnato a cavarsela da solo e forse anche per questo amava la solitudine.
I servizi sociali tentarono più volte di inserirlo in qualche famiglia, ma con scarsissimo successo.
Nessuna di esse riusciva a instaurare un legame con lui tanto che, appena se ne presentava l’occasione, Mathias scappava dalla custodia dei genitori affidatari per far ritorno alla casa famiglia.
All’età di quindici anni la svolta; nonostante avesse un carattere decisamente solitario, Mathias si unì ad un gruppo di ragazzi più grandi di lui diventando come loro un delinquente.
La banda era dedita a furti e borseggi ai danni di piccoli negozi o ignari passanti.
Arrestato dalla polizia poco prima di compiere i sedici anni fu rinchiuso in un carcere minorile.
Fu allora che gli venne concessa l’occasione della vita, l’occasione di redimersi.
Gli venne data la possibilità di accedere ad una scuola superiore con l’obbligo di frequentarla con il minor numero di assenze possibili per non finire in riformatorio o peggio ancora in prigione.
Mathias Wust era il classico ragazzo bello e dannato, quel genere di persona che le ragazze tendono a notare subito ed invaghirsi.
Ed effettivamente tutte le ragazze della scuola  notarono subito il nuovo studente che si aggirava per i corridoi con quell’aria da ‘bel tenebroso’.
Parlava poco, e quel suo essere schivo e solitario alimentava ancora di più quell’alone di mistero che lo rendeva ancora più affascinante.
Tutte cercarono un approccio con lui, cosa che lui non voleva assolutamente, oltretutto il ragazzo era fermamente intenzionato a prendere il diploma e cambiare decisamente vita.
Alle ragazze avrebbe, forse, pensato più avanti.
Ma tutti i suoi propositi vennero meno quando conobbe Sophie Reich, l’unica ragazza della classe e dell’intero istituto che riuscì a scalfire la sua corazza, la sola che conquistò la sua fiducia.
A poco a poco Mathias si innamorò di lei, affascinato non solo dalla sua bellezza, ma anche dalla sua simpatia, dolcezza e intelligenza.
Sophie come Mathias era rimasta senza genitori in tenera età, ma fortunatamente lei da alcuni anni abitava presso un’anziana amica di famiglia, Amanda Lemper, che l’aveva accolta in casa come fosse una figlia.
Forse anche per questo tra i due si formò subito un legame speciale, erano accomunati dalla stessa triste sorte.
Mathias durante il periodo in cui frequentò la scuola superiore più volte giurò a se stesso che un giorno avrebbe chiesto a Sophie di uscire con lui. Alla sera faceva consegne per una pizzeria d’asporto, così avrebbe racimolato qualche soldo per portarla in un localino romantico.
“Dovrò trovare anche il coraggio e il momento giusto” soleva ripetersi.
Purtroppo quando si decise a compiere il ‘fatidico’ passo scoprì con profondo rammarico che la ragazza si era appena fidanzata con il figlio di un ricco uomo d’affari.
Passarono alcuni anni, Mathias continuò gli studi, conseguendo con il massimo dei voti il diploma di infermiere professionale.
Ogni tanto sentiva per telefono Sophie, raramente la incontrava per le vie della città; tra loro a parte una profonda amicizia non c’era altro, fino al giorno in cui la ragazza si presentò sulla soglia di casa sua.
“Sophie che è successo…” balbettò Mathias aprendo la porta.
La ragazza visibilmente sconvolta aveva il volto rigato dalle lacrime.
“Karl mi ha lasciato” singhiozzò Sophie “Non sapevo cosa fare, a chi chiedere aiuto”
“Aiuto? Ma cosa è successo?” chiese Mathias aggrottando la fronte anche se un piccolo sospetto lo aveva.
Il ragazzo la fece accomodare nel piccolo salottino.
“Aspetto un bambino…Karl non lo vuole, ha detto che mai lo riconoscerà …poi ha cominciato a fare strani discorsi, quelli che di solito fanno i ragazzi ricchi e viziati…speravo fosse cambiato, che fosse diverso…invece…”
Sophie si soffiò il naso, riprese fiato per continuare il discorso “Karl per ora non lavora, sta facendo quei corsi di specializzazione post laurea, poi entrerà nell’azienda di famiglia. Non vuole deludere la sua famiglia dice che sarebbe uno scandalo se si venisse a sapere che ha messo incinta una ragazza” Sophie soffiò nuovamente il naso, cercando di calmarsi, ma con scarso successo “Karl…credevo mi amasse, ma è lampante che mi sbagliavo…mi ha detto che al massimo mi aiuterà ad ab…” la ragazza non ebbe nemmeno il coraggio di finire la parola.
“Coraggio Sophie non disperarti, in città ci sono associazioni…strutture che aiutano le ragazze che...” Sophie interruppe Mathias.
“Sì può darsi, ma se non fosse così? E poi che ne sarà di me? Del bambino? Ho appena trovato un lavoro, ma sono ancora in prova, non mi vorranno più…”
“Puoi sempre chiedere aiuto alla signora Lemper” propose Mathias.
“La signora Lemper ha una certa età, certe cose per lei sono impensabili… avere figli fuori dal matrimonio…si sentirebbe tradita e io non voglio deluderla, ha fatto così tanto per me, ma allo stesso tempo non voglio uccidere questa creatura”
A Mathias non sfuggì il gesto di Sophie mentre si sfiorava il ventre.
“Va bene Sophie ti aiuterò, sistemeremo tutto…in qualche maniera” e delicatamente l’abbracciò.

Da quel giorno passarono alcune settimane e inevitabilmente l’affetto e l’amicizia che univa i due ragazzi si trasformò in amore.
Fu così che Mathias prese la decisione più importante della sua vita, sposò Sophie accettando la creatura che lei portava in grembo come fosse sua.
Solo loro due avrebbero saputo chi era il vero padre.
Livyana nacque alcuni mesi dopo il loro matrimonio, purtroppo tre mesi dopo il lieto evento Mathias Wust venne arrestato e accusato dell’omicidio della moglie e del suo amante.

Erano passati cinque anni dall’ultima volta che Rafail Popov aveva fatto recapitare in carcere a Mathias Wust una foto di Livyana.
L’uomo sapeva che Livyana dopo la morte dei coniugi Karpov era stata affidata ad un giovane ispettore della polizia autostradale di Colonia che le aveva salvato la vita rischiando la sua.
Tutto questo lo aveva appreso leggendo attraverso internet le pagine dei giornali locali di Colonia, che all’intera faccenda avevano dato molto risalto.
E alla fine aveva scoperto anche il nome dell’ispettore affidatario della piccola.
Il suo nome era Ben Jager.
Ora Wust doveva solo sperare di ottenere un permesso premio per poter uscire dal carcere, lo avrebbe utilizzato andando alla ricerca di Livyana, l’unica ragione che lo aveva fatto desistere dal pensiero di farla finita per sempre.
Passarono alcuni anni, ma purtroppo a Wust non fu mai concessa l’occasione di uscire di prigione, se non per essere trasferito da un carcere di massima sicurezza ad uno con meno restrizioni.
E fu proprio in quell’occasione che approfittato di un malore della guardia che lo scortava Wust fuggì per darsi alla macchia.
Ora la sua priorità era scoprire chi era e che volto avesse l’ispettore Ben Jager e dove abitasse, una volta trovato lui Mathias avrebbe sicuramente anche rivisto Livyana.

Erano trascorsi quindici anni dall’ultima volta che Wust aveva visto Livyana in carne ed ossa ed ora la ragazzina eri lì ad una decina di metri da lui.
La foto più recente che aveva di lei risaliva a cinque anni prima, ma Wust era sicuro che la ragazzina che scendeva frettolosamente la grande scalinata del palazzo per dirigersi alla fermata dell’autobus era proprio lei.
Il cuore cominciò a battergli furiosamente nel petto, finalmente l’aveva trovata.
Senza dare troppo nell’occhio anche Wust salì sul mezzo, notando che la ragazzina si era seduta accanto ad un ragazzo.
L’uomo si ritrovò a guardarla con affetto e tenerezza, erano passati tanti anni, ma le movenze, l’aspetto, il modo di gesticolare, di aggrottare la fronte, tutto gli ricordava la moglie Sophie.
Mezz’ora dopo Livyana, Demis e Mathias Wust scesero dall’autobus.

Livyana e Demis mano nella mano attraversarono la strada prendendo un altro autobus e altrettanto fece Wust.
La destinazione, si leggeva nell’insegna del mezzo era la stazione ferroviaria di Colonia.
“Ora non ci resta che trovare un treno che ci porti a Cottbus, possibilmente veloce, ma compatibile con il nostro budget” sentenziò Demis.
“Già e se riuscissimo a risparmiare qualche soldo per prenderci qualcosa da mangiare…non sarebbe male” concluse Livyana, poi rivolgendosi di nuovo a Demis “Sei sicuro di voler venire con me?”
“E tu sei sicura di voler andare?” incalzò il giovane.
Un’ora dopo i due ragazzi salirono su un treno con destinazione Cottbus, e lo stesso fece Wust.
Durante il viaggio l’uomo avrebbe escogitato qualcosa per avvicinare Livyana e dirle chi era.

Era quasi sera.
Semir e Ben stavano percorrendo l’autostrada avviandosi verso il comando per concludere un’altra giornata di lavoro.
“Come ti comporterai con Livyana quando te la ritroverai davanti?” chiese comprensivo Semir.
“Sinceramente non lo so, non riesco a levarmi dalla mente la sua faccia delusa, spero vivamente di trovarla a casa”
“Via Ben, non dirlo nemmeno per scherzo, Livyana a quest’ora sarà già a casa, troverai anche la cena pronta. Farete pace, magari non subito, ma…” Ben fermò il socio.
“Semir sai meglio di me che non sarebbe la prima volta che se ne va di casa o dalla custodia di qualcuno”  replicò memore di quanto era accaduto in passato.
“Credi a me vedrai ti starà aspettando per avere dei chiarimenti” Semir cercò di rassicurare il socio, ma sapeva anche lui che poteva non essere così.
 “Certo come no, sicuramente mi accoglierà con una faccia accusatoria, o forse neanche mi degnerà di uno sguardo, o sarà così incazzata che appena aprirò la porta mi dirà tutto quello che ha rimuginato per tutta la giornata. Purtroppo non posso nemmeno biasimarla, dovevo stare attento…” Ben mentre delucidava le varie ipotesi scrollava la testa.
Semir ascoltava l’ennesimo sfogo del suo amico, da una parte pensava che Livyana aveva aiutato molto Ben a crescere, a diventare più responsabile e che se non ci fosse stata lei forse Ben non avrebbe riacquistato la memoria e lui ora avrebbe un altro partner.
Ma allo stesso tempo non poteva non ricordare che il ragazzo pur di proteggerla aveva più volte rischiato di morire e ora si trovava a dover fare i conti con l’ennesima crisi di coscienza e rimorsi per non averle detto nulla di Mathias Wust.
“Forse avrei dovuto dirle subito di…”
“Non credo che sarebbe stato meglio, Livyana sarebbe subito andata a cercarlo” ribatté prontamente Semir “Con o senza di te”
“Vedi che è come dico io? Sarà un miracolo se la trovo a casa, anzi è meglio se mi ci porti subito così…”
Ben stava per aggiungere qualcos’altro quando il suo cellulare suonò.
Nel display la scritta ‘numero privato’ ciò nonostante il giovane ispettore decise di rispondere.
“Pronto”
“Ben sono Livyana” la voce della ragazzina era piatta senza emozione.
“Santo cielo, mi hai fatto prendere un colpo, da dove telefoni? E come mai sul display c’è la scritta ‘numero privato’?” Ben era un fiume di domande.
L’ispettore si mise in attesa di eventuali rimostranze da parte della ragazzina.
Restò stupito nel non sentire nessuna frase del tipo ‘che domande fai, si vede che sei un poliziotto o sono Livyana non una ricercata’.
“Livyana mi ha detto che può aiutarmi e io le credo…” a rispondergli al posto della ragazzina una voce maschile.
“Scusi con chi parlo?” e immediatamente con uno sguardo terrorizzato Ben si voltò verso Semir mettendo subito il cellulare in vivavoce.
“Ispettore Jager, sono Mathias Wust, immagino lei sappia chi sono”
Al solo sentir nominare quel nome ad entrambi gli ispettori vennero i brividi.
“Senta se solo osa torcerle un capello…” la voce di Ben si fece dura.
“Ispettore forse lei penserà che tengo in ostaggio la ragazzina e il suo amico, ma le assicuro che non è così” fu la laconica risposta dell’uomo.
“Senta non me ne frega un accidente di lei, ma dei ragazzi sì, quindi le faccio una proposta li lasci andare subito altrimenti farò in modo di metterle alle calcagna tutta la polizia tedesca…” ma Ben venne interrotto da Wust.
“Ispettore Livyana mi ha detto che lei sa benissimo chi sono, possiede un fascicolo che mi riguarda, mi ha assicurato che lei può aiutarmi” il tono usato dell’uomo era l’esatto opposto di quello di Ben Wust in quel momento parlava con calma soppesando ogni singola parola.
“Ispettore le giuro che sono innocente, sono stato incastrato, ho trascorso quindici anni in carcere al posto di qualcun altro e adesso sono alla ricerca della verità, purtroppo non ho né i mezzi, né le prove. Sono scappato questo è vero, ma nessuno mi ha mai dato ascolto, Livyana mi ha assicurato che lei lo farà. Posso giurarle che nel frattempo ai ragazzi non succederà nulla con me sono al sicuro”
“Senta io di lei non so proprio niente” Ben si stava sempre più scaldando “Le ripeto è meglio che lasci andare i ragazzi, so essere molto pericoloso…ed avermi come nemico non le conviene”
“Forse ispettore non mi sono spiegato molto bene” incalzò l’uomo “Le ripeto che Livyana non è un mio ostaggio e nemmeno il suo amico. Se lei non vuole aiutarmi lo farà Livyana. Insieme troveremo il vero assassino di sua madre, poi se vorrà tornerà a Colonia. Inoltre le ho detto chi sono per lei”
“Mi passi Livyana, per favore…” quasi supplicò Ben.
“Ben” la voce di Livyana.
“Maledizione in che casino ti sei cacciata? E poi se non ho capito male lì con te c’è pure Demis” Ben trasse un profondo respiro, voleva cercare di calmarsi, era così agitato che gli sembrava che il cuore potesse scoppiargli nel petto da un momento all’altro “Livy, ti scongiuro tornate a casa risolveremo la questione in un altro modo…te lo prometto”
“No Ben, resterò qui fino a che tu e zio Semir, che sono sicura vorrà aiutarti,  non scagionerete mio padre” disse sicura di sé la ragazzina “Altrimenti faremo da soli”
“Livyana, quello potrebbe non essere tuo padre, non c’è nulla che lo attesti, magari ti sta usando…” Ben cercava in ogni modo di farla ragionare “Senti ho letto attentamente il fascicolo che lo riguarda, i rapporti…tutte le prove sono contro di lui e non c’è nulla che attesti che sia tuo padre”
“Ha detto che amava la mamma…” confutò decisa la ragazzina.
“In ogni caso questo non significa che sia tuo padre, bisognerebbe fare un esame del DNA…”
“Ben non cominciare a fare lo sbirro…nemmeno tu lo sei, ciò non vuol dire che non l’aiuterò, lui ha sposato la mia vera mamma…”
“Livyana…” ma Ben non poté aggiungere altro al telefono ritornò Wust.
“Ispettore la ragazzina ha deciso, sa lei non lo può sapere, ma è testarda come lo era sua madre. Si faccia trovare domani mattina sotto il grande orologio della stazione dei treni di Cottbus, alle otto precise. Io l’aspetterò lì, non sarò armato, non lo sono mai stato, lei porti pure l’artiglieria, ma tenga presente che se mi accadrà qualcosa lei non rivedrà più la ragazzina, Livyana vuole arrivare alla verità, con o senza il suo aiuto e io voglio la stessa cosa”
“Wust mi ascolti l’aiuterò, glielo prometto, ma la prego liberi subito i ragazzi li lasci tornare qui a Colonia” negoziò ancora una volta Ben, ma la comunicazione si interruppe, Semir notò con apprensione che il socio aveva tutta la fronte imperlata di sudore.

“Non ci posso credere” Ben era semplicemente sconvolto “Livyana si è messa con un criminale, decisa a scoprire chi veramente ha ucciso sua madre, quando l’assassino potrebbe essere accanto a lei” poi il tono da piatto, calmo, quasi sussurrato diventò quasi furioso “Ma porca miseria….giuro che  quando me la ritroverò davanti…” Ben minò il gesto di chi vuole strangolare qualcuno.
Semir mise una mano sulla spalla a Ben.
“Dai Ben calmati”
“Calmarmi??? E’…è…complice di un fuggitivo, di un assassino, e ciliegina sulla torta si è portata appresso ‘l’educatamente dannato’, la madre mi ammazzerà…e ha ragione!” sbottò Ben.
“Ben in questo caso ci vuole calma se continui così rischi di perderla davvero”
“Ho paura di averla già persa, che rabbia se ci penso mi sale il sangue alla testa”
“Dai almeno è scappata…in compagnia. Sono sicuro che quel Demis in qualche maniera la sta scortando, denota un minimo di intelligenza, insomma almeno non l’ha lasciata sola” sentenziò Semir cercando di smorzare un po’ la tensione che si era creata.
“Certo il ragazzo ha dimostrato di avere la testa sulle spalle! Che discorso è Semir? Se Demis avesse avuto un minimo di cervello l’avrebbe trattenuta per i capelli!” Ben si stava decisamente alterando.
“Sarà, ma io non la penso così, e comunque se Wust fosse davvero l’assassino di sua moglie non ci avrebbe contattati, né avrebbe lasciato che Livyana si mettesse in contatto con noi. Forse l’avrebbe rapita, lasciato la Germania o si sarebbe nascosto e basta, invece ci ha detto pure dove trovarlo”
“Partirò subito per Cottbus faccio arrestare quel farabutto e mi riporto a casa Livyana. E’ lampante, l’ha plagiata, chissà che le ha messo in testa quel criminale…Livy non è una ragazzina che si fa tanto abbindolare mi chiedo cosa può avergli detto da convincerla a chiamarmi e obbligarmi ad aiutarlo. Mi prenderò delle ferie, tanto sono in arretrato. Semir per favore accompagnami a casa partirò stasera, non prima di aver prelevato qualche caricatore, non si sa mai” Ben pronunciò quelle parole tutte d’un fiato.
“Verrò con te” replicò sicuro il socio. 
Ben era determinato forse anche troppo e proprio per questo la sua impulsività avrebbe potuto metterlo nei guai.
“No Semir non mi sembra il caso” tentennò Ben.
“E invece sì, sei troppo coinvolto potresti fare delle sciocchezze, non sei lucido e hai bisogno di qualcuno che lo sia per te,  che ti copra le spalle, che si prenda cura di te”
Ben guardò con affetto il suo socio.
“Non avrei mai avuto il coraggio di chiedertelo, ma sappi che apprezzo il tuo aiuto, la situazione …sento che mi è già sfuggita di mano”

I due quindi partirono alla volta di Cottbus.
“Semir sono quasi 660 kilometri, a occhio e croce ci impiegheremo dalle sei alle sette ore, conforme il traffico”
“Basta essere a Cottbus per le otto, caso mai ci daremo il cambio”
E detto questo i due ispettori si avviarono, avrebbero avvisato il comando il giorno seguente, una scusa plausibile l’avrebbero trovata.

Angolino musicale: i nostri eroi stanno arrivando…
Aerosmith ‘Amazing’ (Stupefacente)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=3LKD-XQjEHs
Stupefacente
Ho lasciato fuori le cose giuste E lasciato entrare quelle cattive Avevo un angelo della misericordia che mi vedeva aldilà i miei peccati Ci sono stati periodi della mia vita Nei quali stavo diventando pazzo Cercando di superare il dolore Ero così sofferente e stanco Di vivere in una menzogna Desideravo di morire…La vita è un viaggio, non ha una meta E non posso sapere cosa porterà il domani...
 

 
 
 
 

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Capitolo 5
*** incontri ad alta tensione ***


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Incontri ad alta tensione

I due ispettori erano quasi a metà del tragitto quando Semir accettò l’offerta di Ben di guidare al posto suo.
Semir mal tollerava che qualcuno guidasse la sua BMW, ma sapeva che guidare era anche uno dei tanti modi che aveva Ben per rilassarsi.
Durante il viaggio i due avevano ascoltato musica alla radio e parlato molto poco.
“Sei preoccupato, lo vedo dagli occhi e da come stai mordicchiando quel povero dito. Ti va di parlare un po’?” alla fine Semir decise di affrontare l’argomento.
“Che vuoi che ti dica, che sono tranquillo?” rispose ironico.
“Senti lo vedo che non lo sei” replicò l’amico “Era solo per intavolare un discorso, mantenerci vigili. Siamo a metà strada, è notte fonda…”
“Sì scusami Semir, non volevo essere scortese. Questa storia mi sta facendo impazzire”
“Starei così anche io se al posto di Livyana ci fosse una delle mie figlie” sentenziò il piccolo ispettore.
“Sono molto preoccupato, e immaginare Livyana e Demis a zonzo per una città che nemmeno conoscono in balia di un individuo che potrebbe essere uno spietato assassino…” Ben scrollò la testa sbuffando “In ogni caso penso di riuscire a capire Livyana. Se fossi al suo posto forse avrei fatto lo stesso. E’ cresciuta con persone che credeva fossero i suoi veri genitori, e dopo anni scopre che non lo erano. La notizia è a dir poco scioccante, se poi aggiungiamo che la madre potrebbe essere stata assassinata da suo padre…”
“Livyana però non la pensa così” continuò il piccolo ispettore “Crede che Wust sia innocente”
“Mi chiedo cosa abbia in mente quell’uomo” Ben pronunciò la frase quasi sottovoce.
“In che senso scusa?” chiese Semir aggrottando la fronte “Wust è stato chiaro, vuole che lo aiutiamo a provare la sua innocenza, dire a sua figlia che non ha ucciso la madre”
“Livyana non è sua figlia” sbottò Ben.
“Adesso stai parlando senza riflettere, posso capirti, ma ragiona se lo fosse?” confutò Semir.
“Okay mettiamo per ipotesi che Livyana sia davvero sua figlia, che succederà dopo?” Ben sotto sotto aveva paura di una possibile separazione.
“Sai bene che se Wust risultasse sia innocente che il padre di Livyana molto probabilmente la ragazzina andrebbe a vivere con lui” sentenziò Semir.
“Non penso di avere molta scelta” continuò Ben “Farò come vuole Livyana, in fondo aiutiamo un innocente, sempre ammesso che lo sia, poi si vedrà, al momento non vedo alternative, e se questo è l’unico
 modo per…” Ben lasciò in sospeso la frase.
“Per?” nel fare quella domanda Semir scrutò attentamente il partner.
“Per riportarla a casa, spero” concluse Ben “E poi con lei c’è pure Demis, forse dovremmo avvisare la madre, povera donna, sarà preoccupata”
“Io direi di aspettare domani” propose Semir “Dobbiamo parlare con i ragazzi. Magari la madre di Demis è stata già rassicurata in qualche modo, se la chiamiamo…corriamo il rischio di farla preoccupare”
“Okay faremo come dici tu”
 
Puntuali alle otto i due ispettori si piazzarono sotto il grande orologio della stazione dei treni di Cottbus.
Mathias Wust era a pochi metri da loro, li stava osservando con sguardo severo, pochi istanti dopo il cellulare di Ben squillò.
“Pronto”
“Dalla descrizione che mi ha fatto Livyana direi che lei è quello con la giacca in pelle color senape, ma gradirei sapere chi è il piccoletto che le è a fianco”
Ben cominciò a guardarsi attorno, non riuscendo a capire dove e chi fosse Mathias Wust.
“E’ il mio socio, lavoriamo sempre in coppia, Livyana avrebbe dovuto dirglielo” replicò asciutto Ben.
“Noto una punta di acidità nella sua voce ispettore Jager, le secca che in questo momento Livyana stia più dalla mia parte che dalla sua?” replicò con tono altrettanto duro Wust.
“Senta il mio solo scopo è quello di riportare a Colonia sani e salvi i due ragazzi, quindi mi dica cosa vuole e dov’è” ribatté Ben.
“Sono seduto ad un tavolo del bar che sta di fronte a voi, al di là della strada…sono quello con la giacca scura e il cappello da baseball nero…mi vedete?”
Ben e Semir attraversarono la strada avvicinandosi al tavolo dove era seduto l’uomo.
“Prego accomodatevi” e porse la mano a Ben, ma il ragazzo si rifiutò di stringergliela.
“Vedo che iniziamo col piede sbagliato ispettore Jager” la mano sempre protesa verso Ben.
“Semir Gerkhan” si presentò il piccolo ispettore stringendogli la mano “Il mio collega è un po’…come dire incazzato, ma lo deve capire…” anche il tono di Semir era abbastanza duro.
“Certo, ma sedetevi, vi darò tutte le informazioni che volete, ma prima ordinate qualcosa, daremo meno nell’occhio”

Mentre aspettavano le ordinazioni Ben scrutò a fondo Mathias Wust e altrettanto fece Semir.
Entrambi cercarono qualcosa nel suo viso o nelle sue movenze che potesse in qualche modo essere riconducibile a Livyana.
L’uomo era alto, di bell’aspetto, una folta chioma di capelli ricci e scuri, la barba lunga. Il colore degli occhi e dei capelli avrebbero potuto rammentare quelli della ragazzina, ma associarla a lui come figlia ai due poliziotti sembrava alquanto improbabile.
 
“Dunque direi subito di arrivare al sodo” cominciò l’uomo.
“Sì” lo anticipò Ben “Lei è il padre di Livyana?”
“Mi spiace, ma non risponderò a questa domanda, almeno non ora”
“E perché?” Semir prese la parola.
“Perché da come ha potuto capire dalle parole della piccola e dai suoi atteggiamenti” e indicò Ben “Lei è geloso”
“Senta perché non la pianta con questi giochetti?” Ben si stava inalberando.
“Ascolti se riuscirà a provare la mia innocenza lascerò decidere a Livyana con chi stare, questo mi sento di poterglielo promettere, so cosa siete l’uno per l’altra…” rimbeccò Wust.
Semir decise di porre subito fine alla piccola diatriba, temendo che tra i due potesse finire a pugni.
“Signori direi di proseguire, questo non è né il momento né il luogo per contendersi la ragazzina…” e mentre diceva questo con una mano strinse un braccio di Ben, come per invitarlo alla calma.
“Sappiamo di cosa è accusato e quali sono le prove a suo carico, ma vorremmo la sua versione dei fatti”
 
L’uomo trasse un profondo respiro quindi cominciò il racconto.
“Quindici anni fa stavo rincasando dopo una giornata di lavoro, ero un infermiere e smontavo dal turno notturno. Erano circa le nove di mattina, di solito rincasavo molto prima, ma quella mattina la macchina ebbe un improvviso guasto meccanico. Cercai di riavviarla, ma alla fine decisi di proseguire a piedi”
“Perché non ha chiamato un carro attrezzi?” domandò Semir.
“Non avevo con me un cellulare e poi ero in mezzo alla campagna, quella strada non è molto frequentata, soprattutto il sabato mattina”
“Continui” lo invitò Semir.
“Finalmente arrivai a casa. Aprii la porta e subito sentii la piccola piangere. Era un pianto disperato, non lo scorderò mai. Chiamai mia moglie nel medesimo istante in cui entrai nel salotto. Sophie era distesa a terra in un lago di sangue, vicino al suo corpo c’era una statuetta di gesso. A pochi metri da lei sulla carrozzina c’era Livyana. Subito mi inginocchiai accanto a mia moglie, ero disperato e malgrado sapessi che per lei non potevo più fare nulla cercai di rianimarla. All’improvviso qualcuno mi afferrò al collo. Mi ritrovai disteso sul pavimento l’uomo si avventò sopra di me cercando di strangolarmi. Afferrai la prima cosa che trovai a portata di mano per difendermi e lo colpii al volto con la stessa statuetta di gesso che aveva ucciso Sophie. Ebbi solo il tempo di vedere che l’uomo si portava le mani all’altezza della guancia. La statua deve avergli provocato una profonda ferita, sicuramente quell’uomo se è ancora vivo porterà ancora addosso i segni. Purtroppo svenni pochi istanti dopo averlo colpito, e quando mi svegliai ero ammanettato ad un letto d’ospedale. Pochi minuti dopo formalizzarono il mio arresto. E non è tutto al piano di sopra la polizia trovò il cadavere di un altro uomo, ucciso sempre con la stessa statuetta. Secondo l’accusa avevo ucciso anche lui, colui che molto probabilmente era l’amante di mia moglie”
“Quindi le sue impronte sono sull’arma del delitto perché ha cercato di difendersi giusto?” asserì Semir.
“Certo ispettore, purtroppo nessuno mi credette, io non avevo un alibi nessuno mi vide per la strada, oltretutto sulla statuetta hanno trovato solo il sangue di mia moglie e dell’uomo trovato morto al piano di sopra”
“E l’uomo che l’ha aggredita com’era?” chiese Semir.
“Glielo ho detto…alto, robusto, occhi marroni, ma aveva un passamontagna”
“Forse questo può spiegare l’assenza del suo sangue sulla statuetta” ragionò Semir “E l’altro cadavere? Era davvero l’amante di sua moglie?”
“Mia moglie non aveva amanti” confutò Wust con tono seccato.
“Allora chi era l’uomo che hanno trovato a casa sua?” incalzò Semir.
“Era un collega di lavoro di Sophie, ma non l’amante”
“Scusi, ma lei come fa ad esserne sicuro?” obiettò ancora Semir.
“Perché a lui non piacevano le donne. Purtroppo a parte me e mia moglie nessuno lo sapeva e quindi tutti credettero alla storia del marito che uccide la moglie e il suo amante”
 
Ben ascoltava quel botta e risposta in rigoroso silenzio, aver accettato l’aiuto di Semir era stata la cosa più saggia e sensata che avesse potuto fare.
Dentro di lui sentiva ribollire il sangue, quanto avrebbe voluto prendere per il bavero quel ‘criminale’ sbatterlo di nuovo in galera e riportare a casa Livyana.
 
“Che lavoro faceva sua moglie?” chiese ancora Semir.
“Era una delle segretarie personali di Josef Junker”
“Junker? E chi è?” domandò Semir.
“Tutti qui a Cottbus conoscono Josef Junker. E’ un magnate dell’edilizia si mormora che tutto in questa città in un modo o nell’altro faccia capo a lui, conosce molti politici influenti e questo gioca molto a suo favore se capite cosa intendo. Le sue imprese hanno eretto tre quarti degli immobili presenti in città…alberghi, negozi, supermercati anche scuole e parchi giochi questi ultimi costruiti forse per mettersi in buona luce visto che alcuni pensano che i suoi affari ed interessi non siano del tutto puliti”
“Comunque tornando a noi, l’assassinio di sua moglie potrebbe essere stata una rapina finita male? O qualche balordo che si è intrufolato in casa e poi ha inscenato tutto? La polizia non ha provato a formulare altre ipotesi?” incalzò Semir.
“No…dissero che le prove erano tutte contro di me, in casa non era stato portato via nulla, addirittura quando trovarono la mia macchina, questa ripartì subito, dissero che la storia dell’auto in panne era una menzogna. Non avevo un alibi, nessuno che attesti di avermi visto camminare per strada”
“Direi che è ora di mettersi al lavoro” propose alla fine Semir.
“Prima però vorrei parlare coi ragazzi se non vi dispiace” Ben parlò per la prima volta “Poi io e il mio socio vedremo se aiutarla o no, questo come minimo ce lo deve”
“Ho preso una stanza in una piccola pensione, se vorrete sarà il nostro quartiere generale. Là troverete anche i ragazzi” replicò Wust.

Ben entrò nella stanza della piccola pensione.
Aveva chiesto a Semir e Wust di poter parlare con Livyana da solo per qualche minuto.
La stanza era piccola e spoglia, arredata con il minimo indispensabile, un letto matrimoniale, un piccolo tavolo con una sedia e un armadio. Dal soffitto pendeva un piccolo lampadario. Il bagno era piccolissimo, ma almeno per andarci non bisognava uscire dalla stanza. Ai piedi del letto un tappeto con un cuscino e una coperta ripiegata su un angolo, molto probabilmente il giaciglio di Wust.
Livyana stava seduta ai piedi del letto, accanto a lei Demis che appena vide Ben prese subito la mano di lei tra le sue.
Il giovane ispettore si avvicinò al letto, ma si rivolse solo al ragazzo “Ciao Demis” salutò Ben guardandolo dritto negl’occhi.
Il ragazzo si alzò in piedi era alto quasi quanto Ben e sicuramente lo sarebbe diventato ancora di più.
“Sissignore, mi chiamo Demis…Demis Schön“ si presentò educatamente porgendogli la mano.
Il ragazzino aveva il volto tirato, era consapevole di aver fatto una cosa stupida, ma era altrettanto sicuro di non aver avuto altra scelta se non quella di seguire Livyana.
“Io sono l’ispettore Ben Jager, ma penso tu lo sappia già”
“Sissignore” rispose prontamente Demis.
“Ascolta vorrei innanzitutto sapere se stai bene e se i tuoi sanno che sei qui” chiese sempre guardandolo dritto negli occhi.
“Mia madre è fuori Colonia per lavoro, ritornerà fra qualche giorno, di solito sto con i nonni, ma anche con loro mi sono creato un…alibi”
Nel dire quell’ultima parola Demis abbassò gli occhi, poi li rialzò “Comunque se dovesse telefonarmi ho con me un cellulare e prima che me lo chieda…non ho più un padre” rispose serio il ragazzo.
“Mi dispiace…” ma ciononostante Ben mantenne lo sguardo severo.
“Tua madre quando saprà di questa storia ti scorticherà vivo, spero tu te ne renda conto” ribadì Ben.
“Sì ispettore, ma se accadesse qualcosa a Livy, so che sarebbe venuta qui con o senza di me… non volevo lasciarla sola” fu la pronta risposta del ragazzo.
“Senti in fondo al corridoio c’è il mio collega e Mathias, vorrei parlare qualche minuto da solo con Livyana” e quella di Ben non era una richiesta.
“Certo” asserì il ragazzo, che dopo aver salutato la ragazzina uscì dalla stanza.

Intanto Semir stava cercando di ingannare l’attesa guardando fuori dalla finestra quando Wust cercò di intavolare con lui un minimo di conversazione.
“Non penso di essere molto simpatico al suo collega” esordì l’uomo.
Semir si voltò guardandolo dritto negli occhi, avrebbe voluto dirgli che nemmeno a lui stava simpatico, ma fece appello a tutta la sua diplomazia e buon senso.
“Ben ha conosciuto Livyana quattro anni fa, per lei farebbe i salti mortali, non so se mi spiego” rispose laconico.
“Conosco la storia” asserì Mathias.
“Non penso conosca tutti i particolari…Ben l’ha trovata quando è stata rapita, nessuno al suo posto l’avrebbe fatto, Livyana è stata ritrovata sana e salva solo grazie alla sua caparbietà. Sì è beccato ben due pallottole per salvarle la vita e più di una volta ha rischiato di morire per lei. Adesso prima di qualsiasi altra cosa c’è lei…e dopo la morte della moglie…solo Livyana è riuscita a riportarlo alla vita. Ben la considera ormai come una figlia”
“Posso capire, ma lo stesso è per me, se non sono morto è perché mi ha tenuto in vita il suo ricordo e ora ho la possibilità di averla anche io una famiglia…una figlia”
“Spero solo che lei e Ben non arriviate a considerarla come un trofeo…” pensò tra sé il piccolo ispettore, aveva paura che la cosa potesse diventare una sfida tra i due ‘padri’.
Pensò anche alla ragazzina, ora Livyana correva il rischio di trovarsi nella spiacevole situazione di chi prima non ha un padre a quella attuale di sceglierne uno.
“Posso chiederle una cosa?” chiese Semir dopo aver rimuginato un po’ la domanda.
“Mi dica” rispose Wust.
“Quando questa storia sarà finita…” ma Semir fu interrotto dall’uomo.
“So cosa vuole chiedermi e le dico già che per il momento non so. Vedremo come finirà questa storia, se sarò di nuovo un uomo libero potrei anche far scegliere a Livyana con chi dei due stare, anche se le ricordo che io sono stato il primo padre per lei”
“Però la vita di Livyana è a Colonia e non parlo solo di Ben…” sentenziò il piccolo ispettore.
“Come le ho già detto decideremo alla fine, insieme io e Livyana, potrei anche trasferirmi a Colonia per lei”
Il discorso non proseguì Demis stava uscendo dalla stanza dirigendosi a testa bassa verso i due.
“Tutto bene ragazzo?” chiese Semir vedendolo arrivare.
"Sissignore, penso di sì, anche se prevedo…fuochi artificiali là dentro, l’ispettore Jager è incazzato e di brutto” sentenziò Demis.
“Ehi cos’è questo linguaggio…” lo rimproverò Semir.
“Ispettore, penso che questo sia il termine che si addice di più all’ispettore Jager e detta tra noi non penso abbia tutti i torti”
Semir lasciò perdere il discorso, anche lui riteneva Demis un ragazzo abbastanza con la testa sulle spalle.

Ben e Livyana erano uno di fronte all’altra, l’ispettore attese qualche secondo, voleva che fosse la ragazzina ad iniziare a parlare, magari scusandosi per la bravata. Ma ciò non avvenne quindi iniziò a parlare lui.
“Quel ragazzo dimostra un po’ di buon senso quello che tu mi sembra non abbia proprio, con la tua fuga, se vogliamo chiamarla così, lo hai messo in pericolo quell’uomo…”
“Non siamo in pericolo, Mathias è mio padre e non è un assassino” ribatté secca lei.
“Ne sei sicura? E il fatto che sia tuo padre da cosa lo deduci? Gli hai forse chiesto cose che solo e soltanto voi due potete sapere?” replicò sarcastico Ben alzando un sopracciglio.
“Capisco che tu sia arrabbiato…” rispose Livyana cercando di essere accomodante.
“Arrabbiato penso sia limitativo, un eufemismo, diciamo pure incazzato nero” Ben si stava decisamente scaldando. Per un attimo pensò di prenderla senza tanti complimenti per un braccio e riportarla a Colonia.
“Ben se tu fossi al posto mio…avresti fatto lo stesso” replicò lei.
“Può essere, ma io ho passato da un bel po’ l’adolescenza, mentre tu sei ancora una minorenne e Demis pure”
“Demis compirà diciotto anni a fine mese” obiettò lei.
Ben non voleva sbroccare anche se ne avrebbe avuto tutte le ragioni, in quel momento si sentiva le mani prudere, voleva riportare a casa Livyana con le buone, non con le cattive maniere.
“Senti, torniamo a casa, prima che le cose si complichino di più…” propose Ben cercando di ammorbidire i toni.
“No Ben non verrò…e se riuscirai a portarmi a casa…sai benissimo che scapperò di nuovo”
“Livyana, non farmi fare o dire cose di cui potrei pentirmi…”
“Ben, lo sai che ti voglio bene, ma nemmeno io vorrei fare o dirti cose che potrebbero separarci per sempre, quindi o mi aiuti o puoi uscire da questa stanza e dirmi addio per sempre”
 
Dopo quelle parole nella stanza per qualche secondo ci fu un silenzio quasi irreale.
 
“Cosa hai detto?” domandò Ben quasi scioccato.
Il giovane ispettore si sentì come se gli avessero strappato il cuore dal petto senza anestesia.
Alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa e mentre lo faceva gli sembrò di vedere Elise che gli sorrideva, trattenne a stento le lacrime, quanto gli mancava, lei sicuramente avrebbe saputo gestire una situazione del genere, dargli preziosi consigli.
“Come vuoi” disse alla fine “Ti aiuterò, non ho mai negato aiuto a nessuno, tantomeno lo negherò a te, sappi però che lo faccio per te, non per lui e se alla fine di tutta questa storia deciderai di restare con Wust…tu per me sarai come morta” detto questo si voltò avviandosi verso l’uscita.
“Cosa??? Stai scherzando vero?” ora era Livyana ad essere scioccata.
Ben, il suo eroe, quello che si era preso le pallottole al posto suo, l’unico che l’aveva amata e protetta come fosse una figlia gli stava voltando le spalle per uscire dalla porta e forse dalla sua vita.
“Ben stai scherzando vero?” ripeté la ragazzina non sentendo risposta.
“Non mi sembra di avere la faccia di uno che scherza…” rispose Ben, voltandosi verso la ragazzina, poi si girò di nuovo e uscì dalla stanza sbattendo volutamente e violentemente la porta.

Angolino musicale: l’incantesimo si è spezzato? Forse.
A presto e …buone vacanze!
P.S. e come sempre un ringraziamento speciale a Maty, Furia, Summer e ‘Miss Argenti’.
Passenger ‘Let her go’ (la lasci andare)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=RBumgq5yVrA
Beh, hai bisogno della luce solo quando si sta spegnendo Ti manca il sole solo quando inizia a nevicare Ti rendi conto di amarla solo quando la lasci andare La riesci a vedere quando chiudi gli occhi Forse un giorno capirai perché Tutto ciò che tocchi muore sempre Fissi il soffitto nell’oscurità Hai sempre la solita sensazione di vuoto nel cuore Perché l’amore giunge lentamente ma sparisce in fretta La vedi quando ti addormenti Ma non riesci mai a toccarla o tenerla stretta Perché l’hai amata troppo e sei affondato troppo in profondità…
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 6
*** quarantotto ore ***


Quarantotto ore

Un forte rumore fece letteralmente sobbalzare Semir, Demis e Mathias Wust.
“Ma che …” esclamò il primo, voltandosi e vedendo il collega che quasi a passo di carica si avvicinava a loro.
Semir notò subito la strana espressione del ragazzo, in volto vi si leggeva rabbia, delusione, tristezza, ma anche tanta preoccupazione e paura.
“Demis” chiamò Ben usando un tono che non ammetteva repliche “Rientra in stanza, chiudetevi dentro e non aprite a nessuno e soprattutto non uscite per nessuna ragione a meno che non sia di vitale importanza”
“D’accordo ispettore” rispose prontamente il ragazzo che poi aggiunse “Ma nel caso foste voi a voler entrare?”
“Innanzitutto vi avviseremo, se non sbaglio prima mi hai detto che hai un cellulare”
“Sì, le do il numero” replicò Demis.
“Bene, comunque per ogni evenienza prima di aprire dovrete sentire quattro colpi secchi alla porta e adesso vai, voglio vederti entrare e sentire la serratura scattare”
Il ragazzo dopo aver salutato fece come gli aveva detto Ben.
Il giovane ispettore dopo aver visto entrare nella stanza Demis incrociò lo sguardo di Semir “Dai socio, è meglio che ci muoviamo, prima risolviamo questa faccenda, prima faremo ritorno a Colonia”
Poi con passo svelto si diresse verso l’uscita della piccola pensione, a Semir e a Wust non restò altro da fare che seguirlo.
“Wust salga in macchina, devo un attimo parlare col mio socio” ordinò Semir senza tanti convenevoli.
“Certo” rispose l’uomo accomodandosi sui sedili posteriori.
“E’ troppo chiederti cosa è successo tra te e Livyana? Che vi siete detti?”
“Niente!” fu la laconica risposta.
Ben tentò di aprire la portiera dell’auto, ma Semir si mise davanti.
“Senti puoi prendere in giro chi vuoi, anche te stesso, ma non me” replicò secco Semir “Ho bisogno di sapere se posso contare sulla tua perfetta lucidità o…”
“Abbiamo litigato, sono volate parole grosse e francamente in questo momento non mi va di parlarne. Va bene?” lo incalzò Ben.
“Sei sicuro di potercela fare? Insomma ormai ti conosco…”
“Semir apprezzo il tuo interessamento, posso solo dirti che voglio che tutta questa storia finisca e al più presto. Se ti raccontassi cosa è successo in quella stanza credo che oltre a star già male di mio, dovrei anche sorbirmi la tua ramanzina, quindi prima ce ne andiamo da questa città meglio è”
“Come vuoi, comunque se vorrai parlarmi io sono qui” e detto questo Semir lasciò salire Ben sull’auto e altrettanto fece lui.
 
“Avrei una domanda per lei” chiese Semir guardando Wust attraverso lo specchietto retrovisore, e allo stesso tempo volendo stemperare l’aria decisamente elettrica “In questi anni ha mai pensato a chi può aver ucciso sua moglie?”
“Me lo sono chiesto ogni singolo giorno, alla fine la cosa più logica è stata quella di credere che sia stata vittima di una rapina o qualcosa del genere.  Ho cercato un’altra possibile soluzione, ma non sono mai venuto a capo di niente. Sophie era ben voluta da tutti, aveva ottimi rapporti col vicinato, con i colleghi di lavoro”
“E del processo cosa può dirmi?”
“Che si svolse nell’arco di poche settimane, fui condannato all’ergastolo e tutto fu archiviato, a mio avviso, in maniera troppo veloce. Provai anche a dirlo al mio avvocato, ma lui mi assicurò che aveva fatto l’impossibile. Purtroppo come vi ho già detto le prove erano tutte contro di me” ribadì Wust.
“E il movente?” chiese Semir.
“Tradimento, gelosia, l’uomo morto che trovarono in casa. Secondo l’accusa ho sorpreso mia moglie con l’amante e li ho uccisi in un impeto di rabbia. Inoltre la scientifica non trovò tracce dell’uomo che mi aggredì”
“Come arrivò la polizia a casa sua quel giorno?” domandò Semir.
“Al processo ci fu un testimone che dichiarò che passando accanto alla casa udì il pianto disperato di Livyana, notò la porta spalancata e così pure il cancelletto, lo varcò e attraverso le finestre scorse il corpo di Sophie, quindi chiamò subito la polizia”
“Lei conosceva il testimone?” incalzò ancora il piccolo ispettore.
“No, ma ho saputo in seguito che l’uomo è morto in un incidente stradale, curioso vero?” sentenziò Wust.
“Niente testimone e quindi nessuno che possa confermare se fu un piano ben architettato ai suoi danni” concluse Semir.
Per un attimo il piccolo ispettore guardò fuori dal finestrino della sua auto poi ritornò a guardare Wust attraverso lo specchietto retrovisore.
“Quindi mi par di capire che lei pensa che tutto sia stato archiviato in maniera troppo frettolosa” ragionò Semir “Come se qualcuno avesse voluto insabbiare tutto”
“Beh parlare di complotto ai miei danni mi sembra abbastanza calzante come similitudine, ma non saprei dire chi possa aver voluto questo” asserì Wust.
“Qualche nemico? Non so a lavoro tutto andava bene? Magari qualcuno che in passato…”
“Mi creda ispettore, nessuno che io sappia avrebbe potuto…”
“Scusami Semir, ma la cosa mi sembra alquanto strana” si intromise Ben “Può darsi che io stia giudicando Wust colpevole senza appello e vista la situazione, i fatti, le prove, ma mi sembra che tu lo stia giudicando innocente a priori. E poi in base a cosa? Alle sue parole? Cerchiamo di essere obiettivi, non ci sono prove che attestino che lui possa essere innocente, forse stiamo solo facendo una caccia alle streghe e lui sta approfittando della situazione…”
“Ispettore Jager” tentò di discolparsi Wust interrompendo di fatto Ben “Capisco che lei tenga molto a Livyana, e posso capire che lei sia prevenuto nei miei confronti, ma le posso assicurare che…”
“Lei ha avuto un regolare processo” incalzò Ben “E’ stato giudicato colpevole e il fatto che abbia rapito o comunque costretto una ragazzina a seguirla in questa ricerca di un altro colpevole…”
“Livyana si fida di lei ispettore e anche io, la prego, provi almeno un pochino a fidarsi di me…se fossi davvero colpevole non crede che sarei scappato?” replicò duro Wust.
“Senta può essere che sia prevenuto, ma parlare di un complotto ai suoi danni mi sembra un tantino esagerato. Sa cosa penso? Ritengo che lei stia usando Livyana, ha saputo che come tutore ha un ispettore di polizia e avere due poliziotti dalla propria parte, che oltretutto possono in qualche modo riaprire il suo caso…”
“Concediamogli una possibilità” intervenne Semir anche per sedare un po’ gli animi.
“Cosa?” Ben guardò il socio sbigottito.
“Facciamo così, indagheremo per lui per…” Semir alzò lo sguardo al cielo per un secondo “Concediamogli quarantotto ore. Se scopriamo qualcosa che possa servire alla sua causa lo aiuteremo, in caso contrario lo consegneremo alla giustizia”
“Chi mi dice che farete tutto per aiutarmi e non mi state prendendo in giro…” obiettò Wust.
“Non ha molta scelta, ma le posso assicurare che siamo persone oneste. Quarantotto ore” rimarcò Semir “Prendere o ritornare in prigione”
“Ci sto, in fondo cosa ho da perdere?” Wust porse la mano a Semir che gliela strinse, ma non la porse a Ben che nemmeno si scompose.
“Senta lei prima parlava di un possibile complotto ai suoi danni” Semir decise di proseguire il suo interrogatorio.
“Beh ecco quando sono evaso la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in quella che era stata per alcuni anni casa mia. Volevo vedere se esisteva ancora dopo quindici anni. Sapevo che quella zona interessava a parecchi imprenditori primo fra tutti Josef Junker. Quando abitavo là c’erano molte villette, casette a schiera, una piccola risorgiva, un parco giochi. Adesso ci sono condomini, un centro commerciale, uffici. Prima c’era un bosco vicino alle abitazioni, ora un mare di cemento. Sicuramente Junker o chi per esso avrà convinto in qualche maniera tutti i proprietari a vendere, se ci fosse stata Sophie…ci sarebbe ancora molto verde, non cemento”
“Dunque non volevate vendere” ragionò Semir.
“Per quanto ne so io nemmeno i nostri vicini” replicò Wust.
“Prima ci diceva che sua moglie era la segretaria di Junker, immagino che si sarà opposta all’espropriazione parlando direttamente con il suo datore di lavoro” espose Semir.
“Sì, infatti Junker ci promise molti soldi, ma Sophie amava quel posto. Non eravamo gli unici anche i nostri vicini non volevano lasciare quel piccolo paradiso. Volevamo creare un comitato, purtroppo mia moglie morì, io finii in prigione. A meno che…che idiota come ho fatto a non pensarci in questi quindici anni” Wust si rabbuiò di colpo.
“Continui” lo spronò Semir.
“Ecco poche settimane prima che nascesse Livyana all’ospedale dove prestavo servizio ci furono tre casi di avvelenamento. Ne parlai con Sophie due delle tre persone erano nostri vicini di casa”
“Avvelenati da cosa?” chiese Semir.
“Acido perfluoroottansolfonico” sentenziò Wust.
“In parole povere?”
“E’ un acido di origine sintetica, difficile e costosissimo da smaltire” delucidò Wust “Credo sia ancora usato nelle industrie, forse è tutt’ora presente in alcuni detergenti di uso comune. Dove abitavamo c’era un piccola roggia, scorreva vicino a delle fabbriche. Sophie mi disse che voleva contattare dei tecnici per verificare che il torrente e le falde non fossero inquinate, noi e il vicinato usavamo l’acqua per annaffiare orti, prati, giardini”
“Penso di sapere dove vuole arrivare” ragionò Semir “Sua moglie potrebbe aver voluto approfondire la questione”
“Se vogliamo fare i complottisti” delucidò Ben “Sua moglie avrebbe potuto scoprire qualcosa di scottante, ma cosa?”
Semir apprezzò l’intervento di Ben abbozzando un mezzo sorriso.
“Senta lei sa chi è il proprietario del nuovo complesso nato dalle ceneri della sua casa?” chiese ancora Ben.
“Ipotizzerei Junker ” rispose Wust “Possiede svariati immobili, oserei dire che gran parte della città di Cottbus è in un modo o nell’altro in mano sua”
“E guarda caso era il datore di lavoro di sua moglie” affermò Ben.
“Sì era una delle sue segretarie personali…” detto questo Wust sbiancò “Pensate davvero che Junker possa averla uccisa per metterla a tacere? E io sono finito in carcere…” Wust che fino al quel momento era dritto sui sedili posteriori della BMW si accosciò letteralmente su di essi.
“Sono spacciato” la voce di Wust era un sussurro “Sono un idiota, come posso solo pensare di mettermi contro lo strapotere di Junker. Nemmeno voi potete fare nulla contro di lui, mettervi contro Junker è come darsi in pasto a un branco di squali…”
Wust stava per aprire la porta della BMW, quando Semir lo bloccò.
“Le abbiamo concesso quarantotto  ore e noi i patti li manteniamo, vero Ben?”
Il ragazzo non rispose fece solo un piccolo cenno con la testa.
“Voi siete matti…Junker vi farà a pezzi. Ho fatto di tutto per avere il vostro aiuto, lo ammetto, ma non farò in modo che Junker vi aggiunga alla lista. Quel bastardo ha architettato tutto perché finissi in prigione, per far tacere tutto, forse per questo ha ucciso due persone, magari anche il testimone del processo, ripeto non voglio che vi aggiunga alla lista”
 
Nell’abitacolo ci fu qualche secondo di silenzio, poi Semir avviò il motore della BMW.
“Dunque la prima tappa è lo studio dell’avvocato Porfidier, si trova in Berliner Straße 47” delucidò Semir “Voglio vederlo di persona, lo torchieremo un po’ vediamo se ha qualche scheletro nell’armadio, chissà vederci in carne ed ossa…potrebbe dirci qualcosa che al telefono ….”
“Voi due siete matti, ma sappiate che apprezzo lo sforzo” intervenne dai sedili posteriori Wust “Comunque se gira subito a destra e prosegue per un paio di chilometri…”
“Abbiamo il navigatore, non c’è bisogno che c’è lo dica lei” rispose acido Ben.
“Via Ben, Wust voleva solo essere cortese…” lo rimproverò Semir.
“Non si preoccupi ispettore Gerkhan” replicò l’uomo.
Ben non rispose nemmeno, impostando il navigatore, poi i tre partirono.
“Scusate, ma perché andare dall’avvocato che mi ha difeso?” chiese Wust dopo un paio di minuti.
“Quando ero a Colonia io e una collega del distretto abbiamo preso alcune informazioni sull’avvocato Porfidier. Lei non poteva permettersi un difensore del genere, insomma poteva richiedere uno d’ufficio o comunque qualcuno con una parcella decisamente meno cara, invece si trova ad essere difeso da un principe del foro. A lei non le è sembrata strana la cosa? Oltretutto sua moglie era la segretaria di uno dei clienti dell’avvocato stesso”
“L’avvocato Porfidier mi disse che Junker mi considerava innocente” delucidò Wust “Ero sconvolto, forse anche troppo e la lucidità in quei frangenti viene meno. Pensai che avere Junker e il suo avvocato dalla mia parte poteva essere una buona cosa”
“Ciò nonostante è stato incriminato” sentenziò Ben tamburellando le dita sulle ginocchia.
“Ben per favore…” lo rimproverò nuovamente Semir.
“La mia non era una frase sarcastica Semir, quello che voglio dire è che avendo un principe del foro è stato condannato ugualmente” rimbeccò Ben.
“Ispettore sta forse cercando di dirmi che mi assegnarono apposta quell’avvocato per essere sicuri di condannarmi? Sì la sua faccia è una conferma. Sono stato proprio un idiota. Ci sono cascato come un pivello”
Ben non rispose, ma notò lo sguardo compiaciuto del suo socio.
Semir conosceva bene il suo collega e soprattutto il suo buon cuore, malgrado stesse usando modi e parole poco gentili stava aiutando Wust a scagionarsi, anche se la cosa non gli piaceva affatto.
Il piccolo ispettore si ritrovò a pensare che sicuramente Livyana aveva strappato a Ben la promessa di aiutare Wust e per quella ragazzina il giovane ispettore avrebbe fatto di tutto nel limite più o meno del legale.
 
I tre arrivarono nei pressi di un grande grattacielo.
“Eccoci arrivati” esordì Semir, parcheggiando l’auto.
“Io vi aspetto in macchina giusto?” domandò Wust.
“Esatto” rispose Semir “Però si chiuda dentro, le lascio pure le chiavi, ma l’avverto non si azzardi a…”
“Non si preoccupi, sposterò solo la macchina se dovessero esserci problemi, sarò qui al vostro ritorno”
I due ispettori quindi entrarono nel palazzo avviandosi verso il banco delle informazioni.
“Salve, polizia autostradale, sono l’ispettore Gerkhan e questo è il mio collega Jager” ed entrambi esibirono il tesserino di riconoscimento.
“In cosa posso esservi utile ispettori” chiese l’avvenente segretaria alla reception.
“ Vorremmo parlare con l’avvocato Porfidier” sciolinò Semir.
“Avete un appuntamento?” replicò la donna.
“No, ma…” tentò di ribattere Semir, ma venne interrotta dalla segretaria.
“Mi spiace, ma senza appuntamento non può ricevervi”
 
In quello stesso istante da una stanza situata dietro il bancone della reception uscì un uomo alto, con una vistosa cicatrice all’altezza della guancia destra. Accanto ad uno stipite della porta una targa recava la scritta “Studio Legale Avvocato Meinhard Porfidier
Ben e l’uomo si guardarono dritti negli occhi, i loro sguardi erano duri, avrebbero incenerito chiunque.
Semir però era troppo impegnato con la segretaria per vedere l’uomo.
“Senta non mi pare ci sia nessuno all’interno, quindi se non le dispiace entreremo anche senza appuntamento, vieni Ben”  e prendendolo per un braccio entrarono nello studio.
“Salve sono l’ispettore Gerkhan e questo è il mio collega Jager” esordì Semir alla vista dell’avvocato.
“Avvocato Porfidier, mi dispiace, non sono riuscita a trattenerli…” dietro di loro la segretaria visibilmente imbarazzata.
“Non si preoccupi signorina Barwon, vada pure, ho già avuto il piacere, se vogliamo metterla così di conoscere l’ispettore Gerkhan. Vada pure”
Appena la segretaria chiuse la porta l’avvocato incalzò i due ispettori.
“Che cosa vuole ancora ispettore Gerkhan? Le ho già detto tutto e le ho mandato tutta la documentazione…” sbottò alquanto adirato l’avvocato che si alzò dalla poltrona sbattendo platealmente i pugni sopra la scrivania “Come si permette di piombare qui nel mio studio? Farò giungere  ai suoi superiori le mie rimostranze”
Sia Ben che Semir notarono come l’avvocato appena li avesse visti avesse cominciato a sudare visibilmente.
“Siamo qui perché vogliamo capire perché un avvocato come lei, la cui parcella è decisamente fuori dalla portata dei comuni mortali, abbia difeso Mathias Wust”
“Senta ha mai sentito parlare di consulenze pro bono publico?” sentenziò l’avvocato.
“Mi scusi la franchezza, ma lei non mi sembra il tipo che si fa carico di consulenze senza ricevere alcun compenso”
“Me lo aveva chiesto un amico…” replicò l’avvocato asciugandosi la fronte con un fazzoletto.
“Un amico? Sarà mica Josef Junker?” chiese Semir.
“Scusate, ma non so dove volete andare a parare…”
“Se le dicessimo che abbiamo prove per far riaprire il caso e scagionare Mathias Wust cosa risponderebbe?” chiese Semir, mentre Ben leggermente in disparte assisteva alla conversazione.
“Direi che avete tanto tempo da perdere, eppure anche Colonia pullula di criminali” replicò con fare sarcastico l’avvocato “Lo sa anche lei che purtroppo tutte le prove erano schiaccianti e nemmeno il più bravo degli avvocati avrebbe potuto scagionare Mathias Wust dall’accusa di aver ucciso la moglie, nemmeno io. Potevo al massimo fargli ridurre la pena, cercare delle attenuanti”
“E se le dicessimo che pensiamo che Wust sia stato incastrato? Che abbiamo contattato alcuni ex abitanti della zona dove adesso sorge un enorme quartiere dove una volta c’era tra le altre la casa di Wust. Sa niente di casi da avvelenamento da acido…Ben tu che eri bravo in chimica come si chiama…” Semir schioccò le dita.
“Acido perfluoroottansolfonico” rispose saccente Ben.
“Non capisco dove voglia andare a parare, ispettore. E comunque furono vagliate altre ipotesi, purtroppo nessuna che potesse scagionare Wust”
“Sicuro? E se invece non fosse stato così?” chiese Semir.
“Senta lo so che Wust dichiarò di essere stato aggredito da un uomo, ma di lui non fu trovata nessuna traccia” l’avvocato si deterse di nuovo la fronte imperlata di sudore “Comunque a Wust la latitanza non gioverà a meno che voi non sappiate qualcosa che io non so…magari lo state nascondendo” questa volta fu Porfidier a far schioccare le dita “Aspettate un po’ mica vorrete farmi intendere che Wust dopo essere evaso vi ha contattato??? Ma voi come lo conoscete? E perché avrebbe dovuto scomodarsi e venire proprio da voi che siete di Colonia…sì adesso ne sono sicuro, lo state nascondendo, voi sapete dov’è ” l’avvocato puntò il dito con fare accusatorio verso i due ispettori.
“Che idea astrusa, poliziotti che coprono un assassino, potremmo indagare benissimo con lui in galera” sentenziò impassibile Semir.
“Però tenuto conto che sono stato il suo difensore, vorrei sapere che prove avete che io non avevo a suo tempo. Posso aiutarvi a riaprire il caso” propose ora con fare accomodante l’avvocato.
“No grazie” rispose Semir “Per il momento è tutto, grazie della collaborazione se ci saranno sviluppi o altro la contatteremo o ritorneremo a trovarla. Arrivederci” poi rivolgendosi al socio “Andiamo Ben, direi che per il momento abbiamo finito”

I due ispettori uscirono dallo studio, passando davanti alla segretaria che li squadrò da cima a fondo.
Ben le fece un mezzo sorriso, ma lei si girò dall’altra parte indispettita.
“Penso che ce l’abbia con noi” sogghignò Ben “E comunque hai visto quell’avvocato? A me non piace, si è messo subito sulla difensiva”
“Già quel avvocato nasconde qualcosa, dobbiamo solo capire cosa e sai cosa penso Ben?”
“So già cosa stai pensando Mathias Wust è stato incastrato, uomo sbagliato nel luogo sbagliato o forse il classico capro espiatorio”
“Sai comincio a pensare che tutta questa storia sia davvero un complotto ai danni di Wust. E pensaci Ben,  Livyana si è rivelata la sua unica possibilità per essere ascoltato da qualcuno” ribadì Semir.
“Quindi convieni con me nel pensare che Wust stia usando Livyana per far si che noi indaghiamo al posto suo” replicò Ben.
“Potrebbe anche essere, ma anche io al posto suo avrei agito così. Insomma le avrei tentate tutte per riaprire il caso, per scagionarmi da ogni accusa”
“Dobbiamo arrivare a capo di qualcosa, ci servono prove” propose risolto Ben.
“Sono d’accordo” sentenziò Semir “Torniamo alla macchina ci serve un piano”
 
L’avvocato attese che i due poliziotti uscissero dal suo studio,  si passò la mano tra i capelli, asciugandosi nuovamente la fronte madida di sudore. Attese qualche secondo poi compose subito un numero di telefono.
“Sì, sono io, ci sono due sbirri che stanno uscendo in questo momento dal palazzo, uno alto e uno decisamente più piccolo. Seguili potrebbero portarci da Wust. Se lo trovi fallo fuori”
“Sì avvocato, li ho visti, ora li seguo” rispose l’uomo dall’altro capo del telefono.
“Stai attento però a non farti scoprire, quei due sbirri hanno l’aria di non essere dei pivelli, stanno cercando prove per poter riaprire il caso di Mathias Wust. Se arrivano alla donna siamo fregati. Messa alle strette potrebbe parlare, non possiamo permetterci errori, caso mai elimineremo in maniera definitiva anche lei. Avvertirò anche il capo, meglio che sappia che sta rischiando molto. L’evasione di Wust non ci voleva, l’ho sempre detto io che andava eliminato anche lui”
Detto questo l’avvocato concluse la telefonata, componendo subito dopo un altro numero.
“Che vuoi Porfidier?” domandò un uomo con tono decisamente seccato.
“Due sbirri dell’autostradale di Colonia sono stati da me, volevano informazioni su Mathias Wust”
“Sai cosa devi fare” rispose laconico l’uomo.
“Ho già preso provvedimenti” ribadì l’avvocato.
“Se non ricordo male, le mie imprese stanno costruendo un nuovo polo industriale nei pressi della cava” replicò mellifluo l’altro interlocutore.
“Sì lo rammento” convenne Porfidier "Avviso subito chi di dovere”
“Conto in un lavoro pulito questa volta, meno persone sanno meglio è” concluse l’uomo.
Poi entrambi gli uomini riagganciarono i rispettivi telefoni.
 
Angolino musicale: guai in vista…che novità! Ringrazio come sempre tutti…lettori, recensori...Alla prossima!
Coldplay ‘Trouble’(Guaio)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=FPzI4dpEcF8
Oh no, ora capisco La ragnatela si è aggrovigliata su di me E ho perso la testa E ho pensato a tutte le cose stupide che avrei detto Oh no, cos’è questa? È una ragnatela e io sono ci sono finito in pieno Allora io faccio per scappare E penso a tutte le cose stupide che avrei fatto E non avrei mai voluto causarti dei guai E non avrei mai voluto farti del male Beh, se mai ti avessi causato dei guai Oh no, non avrei mai voluto ferirti…Loro filavano una ragnatela per me



 
 

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Capitolo 7
*** i morti non parlano ***




I morti non parlano

Semir e Ben uscirono dallo stabile subito dopo aver concluso il colloquio con l’avvocato che quindici anni prima aveva difeso Mathias Wust; unarapida occhiata in strada poi entrambi si diressero verso la loro auto parcheggiata una decina di metri più in là.
“Allora che vi ha detto l’avvocato Porfidier?” esordì Wust appena i due ispettori salirono sull’auto.
“Beh direi che forse aveva ragione. Per l’avvocato è stata un’autentica sorpresa vedermi qui a Cottbus. Al telefono quando lo chiamai da Colonia non fu contento di sentirmi, figuriamoci presentarmi davanti a lui in carne ed ossa” delucidò Semir avviando la macchina.
“Adesso che pensate di fare?” chiese ancora Wust.
“Forse dobbiamo solo aspettare che qualcuno faccia una mossa falsa, abbiamo smosso un po’ le acque andando direttamente da lui, il suo avvocato non mi è sembrato molto collaborativo, anzi sembrava a disagio in nostra presenza” rimarcò Semir “Senta, vorrei vedere di persona la zona dove sorgeva la sua casa e cosa c’è al suo posto, se per lei va bene”
“Certo, segua la strada che porta all’autostrada” rispose Wust, poi dopo un profondo respiro continuò “Tutto quello che c’era all’interno di quella casa è andato perso, venduto o buttato; mobili, monili, arredi, foto, ricordi. Sono stato condannato all’ergastolo, quell’abitazione non mi sarebbe servita più. E quello che mi fa più male è che della vita passata, prima che mi mettessero in prigione, non ho nulla, nemmeno una foto di mia moglie. Gli unici ricordi che ho della mia famiglia sono le foto di Livyana che mi mandava per posta Popov”

Ben si morse le labbra, in fondo quell’uomo gli faceva un po’ pena, un terzo della sua vita trascorsa in carcere forse da innocente, era abbastanza logico che ora volesse scoprire la verità e riavere parte della sua famiglia.
Il ragazzo stava per cominciare un nuovo discorso col socio, ma quando si voltò dalla sua parte qualcosa in Semir gli fece esclamare:
“Ehi socio, sbaglio o hai il sospetto che qualcuno ci stia seguendo? Continui a guardare lo specchietto retrovisore”
“Cosa???” Wust stava per voltarsi, quando Ben gli intimò di non voltarsi e di sdraiarsi sui sedili.
“Faccia come le ha detto Ben” ribadì Semir, poi rivolgendosi a Ben “La vedi quell’Audi grigia, due auto dietro di noi. Tieniti pronto, faccio un’inversione a U appena la strada me lo consente, cerca di vedere chi sono gli occupanti”
“Faccio anche una foto se vuoi, magari possiamo identificarli in qualche maniera” replicò Ben estraendo dalla tasca del giubbotto il cellulare.
Appena la strada glielo permise Semir rallentò, poi velocemente fece un’inversione di marcia. Questo permise ai due ispettori e in particolare a Ben di vedere in volto l’uomo che era alla guida, quello però che non si aspettavano era che l’uomo estraesse una pistola nel tentativo di sparare ai due poliziotti.
“State giù” urlò Ben e Semir capendo la situazione al volo diede gas cercando di allontanarsi il più velocemente dalla linea di tiro.
“Ma ci stanno sparando!” urlò Wust con un tono a dir poco terrorizzato.
“Sa che novità, a noi capita sempre” sentenziò Semir.
“Ma chi sono e cosa vogliono da noi” urlò Wust disteso sui sedili, pochi istanti dopo fu letteralmente investito dalle schegge dei vetri dei finestrini andati in frantumi.
“Semir” urlò Ben “Uno dei due, sono sicuro di averlo visto quando siamo andati da Porfidier, stava uscendo dallo stabile, tu stavi parlando con la segretaria della reception”
“Strano con tu non ti sia fatto distrarre dal decolté della segretaria” sogghignò Semir.
“Spiritoso” ribatté con tono seccato Ben.
“Scusate” intervenne Wust “Ma non mi sembra il caso di discutere di queste cose vista la situazione...”
“Non si preoccupi è il nostro modo di sdrammatizzare” ribadì Semir.
“Cerchiamo di condurli in un posto isolato, magari se li acciuffiamo potremmo estorcergli qualche informazione” suggerì Ben.
“Buona idea” asserì Semir “Wust lei che conosce la città…un suggerimento in questo momento sarebbe gradito”
“C’è una cava a circa tre chilometri da qui, potrebbe fare al caso vostro?” urlò ancora stando sempre sdraiato sui sedile.
“Ci dica da che parte dobbiamo andare” replicò Semir.

I due ispettori seguirono le indicazioni di Wust, portandosi dietro l’auto di quello che sembrava a detta loro un scagnozzo dell’avvocato Porfidier.
Arrivati alla cava Semir percorse una strada a strapiombo.
“Adesso vedo se sporgendomi riesco a sparagli alle ruote” propose Ben che estraendo la pistola dopo una rapida occhiata al caricatore tolse la sicura. Stava per sporgersi dal finestrino e sparare quando lo scoppio di un pneumatico fece bruscamente sbandare la loro auto.
La BMW capottò un paio di volte, fermandosi con due ruote sulla strada e le altre due sospese nel vuoto.
“Non respirate e guai a voi se solo osate muovervi” ordinò Ben senza nemmeno sincerarsi se gli occupanti della BMW fossero ancora tutti interi.
L’auto dondolava pericolosamente, e strani cigoli metallici rendevano la situazione ancora più drammatica.
“Come scendiamo?” chiese Mathias da dietro i sedili.
“Abbiamo quattro porte ognuno dovrà pensare alla propria pelle, non vedo altre soluzioni” replicò Semir.

Per i loro inseguitori si presentò quindi una ghiotta occasione per eliminarli definitivamente.
“Avvicinati all’auto, basterà solo toccare appena il paraurti, cadranno nel vuoto” propose uno dei due malviventi “Se troveranno i corpi penseranno ad un incidente, se gli spariamo…l’autopsia sui loro corpi svelerà che li abbiamo assassinati e si potrebbero complicare le cose, simulare un incidente mi sembra la cosa più logica”
L’auto si avvicinò pericolosamente alla BMW.
“E’ finita ci spareranno e cadremo giù” pensò Ben, ma non ci fu nessun colpo di pistola, bastò un tocco quasi impercettibile e l’auto di Semir sparì come inghiottita dal baratro.
Pochi secondi dopo una forte esplosione e della BMW non rimase nulla se non un ammasso di rottami.

Nessuno scese dall’Audi grigia, gli occupanti erano più che certi di aver eliminato una volta per tutte gli ispettori dell’autostradale di Colonia e Mathias Wust.
“Avvisa il capo” ordinò l’uomo che era al volante inserendo la marcia e percorrendo la strada verso l’uscita della cava, informalo dell’accaduto e digli che nell’esplosione è morto sicuramente anche Wust. Sono certo di averlo visto seduto nei sedili posteriori dell’auto. Sarà contento del nostro operato, adesso possiamo considerare la faccenda chiusa per sempre”
 
Un Ben dolorante, ma ancora vivo, si rizzò faticosamente in piedi.
Era finito dietro ad un grosso masso e questo gli permise di controllare che nessuno fosse restato sul ciglio del dirupo per assicurarsi di aver eliminato lui , Semir e Wust.
Aveva male dappertutto e gli ronzavano le orecchie, ma tastandosi un po’ ovunque gli parve di essere tutto sommato abbastanza integro.
La BMW ora ridotta ad una carcassa ancora fumante era scivolata per alcuni metri lungo la scarpata prima di compiere un salto di una ventina di metri ed esplodere.
“Semir?” urlò Ben tenendosi una spalla “Mathias?”
Ma alle orecchie del giovane ispettore non giunse alcuna risposta.
“Semir?” urlò di nuovo Ben e il panico sì impadronì di lui.
“Ben…sono qui!” il richiamo del socio giunse come una benedizione.
Il ragazzo fece qualche passo verso la voce, dietro ad uno spuntone un dolorante Semir stava risalendo la scarpata.
Ben tese la mano riportandolo in un luogo decisamente meno pericoloso.
“Wust?” chiese Semir.
“L’ho chiamato, ma non ho ricevuto risposta…tu lo hai visto?”
“No…non vorrei che…” ed entrambi diedero un’occhiata a ciò che restava della BMW.
“Wust?” chiamò ancora Ben, ma alle orecchie dei due ispettori arrivò solo l’eco della chiamata.
“Che facciamo ora?” chiese decisamente preoccupato Semir “Se Wust…se fosse saltato, se si fosse salvato…sarebbe qui o perlomeno risponderebbe. E nei paraggi non si vede…Ben ho il timore che…” il piccolo ispettore non concluse la frase.
Ben per qualche secondo restò a guardare la carcassa della BMW in fiamme.
“Questa non ci voleva” sussurrò “Non sono riuscito a salvare i genitori adottivi di Livyana e forse nemmeno il vero padre”
“Dai socio” propose Semir prendendolo per un braccio “In ogni caso dobbiamo arrivare alla verità. Livyana non si accontenterà delle nostre supposizioni, vorrà sapere se realmente Mathias ha ucciso o no sua madre e dopo questo episodio penso che potremmo considerare l’idea che Mathias Wust fosse davvero innocente”

I due ispettori decisero di incamminarsi verso l’uscita della cava.
“Non ci resta che tornare in città” propose Semir “L’unica pista che abbiamo è l’avvocato Porfidier, e secondo me è stato lui a mandarci quei due simpaticoni. E’ l’unico che sapeva del nostro arrivo in città. Molto probabilmente dopo la nostra visita ha ritenuto opportuno metterci a tacere. Noleggeremo un’auto e lo sorveglieremo…prima o poi farà una mossa falsa, spero”
“Semir lo sai che potremmo non scoprire mai niente” replicò Ben “Forse è davvero una caccia alle streghe”
“Ma abbiamo fatto una promessa a Wust ricordi?” sentenziò Semir.
“Hai ragione, ma abbiamo anche detto che gli concedevamo quarantotto ore non di più, poi con le buone o le cattive porterò a casa Livyana, se poi lei vorrà andarsene…non sarò io a impedirglielo”
“Ben, sono parole dure lo sai, quello che hai fatto per lei…” replicò Semir “Livyana ha la testa dura, è cocciuta, ma anche disperata, ha bisogno che qualcuno la protegga…soprattutto da se stessa”
“Forse quel qualcuno non sono io, forse non sono la persona giusta per svolgere questo compito” replicò secco Ben “Forse il fatto che Elise non ci sia più…ha complicato ancora di più le cose…”
“Sarà, ma io penso il contrario…” Semir lasciò poi cadere il discorso. Sapeva quanto tenesse Ben alla ragazzina, forse quel discorso era più dettato dai sensi di colpa che dalla ragione.
 
Angolino musicale: Per i due ispettori c’è mancato poco…
Linkin Park ‘Waiting for the end’ (aspettando la fine)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=5qF_qbaWt3Q
Questa non è la fine Questo non è l’inizio, Solo una voce, come una rivolta Che scuote ogni revisione ma tu ascolti la tonalità Ed il ritmo violento… stiamo vivendo in balia Del dolore e della paura…Lasciamo che spariscano tutti Aspettando che arrivi la fine Vorrei avere la forza di esserci Questo non è quello che avevo programmato non riesco a controllarlo...So quanto ci vuole per andare avanti So cosa si prova a mentire Tutto quel che voglio fare E’ cambiare questa vita con qualcosa di nuovo Aggrappandomi a qualcosa che non ho…raccogliendo i pezzi, adesso da dove posso ricominciare? La parte più difficile della fine è ricominciare

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Capitolo 8
*** irruzione…con sorpresa ***


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Irruzione…con sorpresa

“Guarda il cartello stradale Semir” esordì Ben sbuffando “Siamo quasi arrivati…”
“Quasi arrivati?” rispose con una faccia stralunata l’amico “C’è scritto che a Cottbus mancano ancora tre chilometri…sono due ore che camminiamo”
“Non è colpa mia se ti hanno distrutto l’auto e se da queste parti non passa nemmeno un cane” rimbeccò l’altro “Dai muoviamoci e nel frattempo studiamo un piano”
“Direi che per prima cosa dobbiamo procurarci un mezzo, possibilmente che non dia nell’occhio, ma al contempo veloce e affidabile in caso d’inseguimento o fuga” propose Semir “Tu che sei il socio ricco metterai i soldi…spero tu non abbia lasciato a casa il portafoglio come sempre”
“Non ti preoccupare, dispongo di una discreta somma e se occorresse ho pure la carta di credito. Caso mai sfrutterò il mio cognome e le mie conoscenze come garanzia. Se questo Junker è un magnate dell’edilizia conoscerà sicuramente mio padre…”
“Sarebbe un’ottima alternativa” sentenziò Semir “Ma io lascerei stare Junker…quell’uomo non mi piace”
“Come vuoi, di solito il tuo istinto raramente sbaglia…” confermò Ben.

I due ispettori giunsero finalmente in città appostandosi davanti allo stabile dove aveva sede l’ufficio dell’avvocato Porfidier dopo aver preso a noleggio un’auto.
Avevano anche acquistato una macchina fotografica con un discreto obiettivo; sarebbe servita per scattare qualche foto in caso di necessità.
Durante l’appostamento Semir cercò di intavolare con Ben un minimo di discorso, ma con scarso successo. Il socio non sembrava incline al dialogo rendendo l’attesa snervante.
Solitamente le ore passate ad aspettare erano abbastanza divertenti. Spesso nell’abitacolo scoppiavano grasse risate nel rammentare le loro passate avventure o gli anni prima di diventare amici; la radio era un piacevole sottofondo, a volte sovrastata dal loro incessante sgranocchiare di pistacchi, patatine o altro.
Ma questa volta nemmeno la radio rompeva quell’innaturale silenzio che c’era tra i due.
“Vado a prendere qualcosa da mangiare e da bere, ho le gambe indolenzite, vuoi qualcosa in particolare?” alla fine Semir decise di abbandonare momentaneamente quel posto in cui aleggiava un’atmosfera decisamente pesante.
“Prendi quello che vuoi per me è lo stesso” fu la laconica risposta di Ben.
“Senti se Wust è…” Semir tralasciò volutamente la parola morto “Non è colpa nostra”
“Forse non abbiamo cercato abbastanza” rimbeccò Ben.
“C’erano crepacci ovunque, il terreno era franoso, rischiavamo di morire anche noi nel cercarlo…e poi potrebbe essere morto nell’esplosione dell’auto o finito in qualche crepaccio nel saltare dal mezzo” Semir attese per qualche secondo un’ulteriore risposta, poi decise di andare.

Il piccolo ispettore fece ritorno dopo pochi minuti, in mano aveva due panini, qualche bottiglietta d’acqua e due caffè fumanti.
“Senti, direi che se entro la mezzanotte non succede nulla” suggerì Ben addentando il suo panino “Ce ne torniamo a Colonia”
Semir non osò replicare, il tono usato dal ragazzo non ammetteva dinieghi, tantomeno repliche.
Ma verso l’imbrunire accadde qualcosa.
Porfidier uscì dallo stabile.
“Ehi Ben” indicò Semir “Ci siamo, sta uscendo teniamoci pronti”
L’avvocato appena uscito dalle porte scorrevoli del palazzo diede una rapida occhiata in giro, senza allontanarsi molto dall’entrata dello stabile.
“Dà l’impressione di essere alquanto spaventato” fece notare Ben al socio “Si guarda continuamente attorno, come se avesse paura di qualcuno o di qualcosa, e sta usando ancora quell’enorme fazzoletto per asciugarsi la fronte”
“Già…” replicò l’altro “Sembra stia aspettando qualcuno è impaziente, continua a fare avanti e indietro per il marciapiede”
Qualche minuto dopo arrivò un’Audi grigia con i finestrini oscurati e l’avvocato dopo una rapida occhiata all’autista salì.
“Sembra la stessa auto che ci ha speronato alla cava, purtroppo i vetri ci impediscono di vedere chi c'è a bordo” delucidò Semir annotando la targa su un piccolo taccuino.
Ben non rispose nemmeno limitandosi a scattare qualche foto, mentre il socio senza dare troppo nell’occhio si accodò all’auto.
Nell’abitacolo dei due ispettori regnava sempre il silenzio più assoluto, mentre l’auto li stava portando nuovamente fuori città.

Venti minuti dopo l’Audi con a bordo l’avvocato si fermò nei pressi di un enorme cantiere, in attesa che i pesanti cancelli che ne delimitavano il perimetro si aprissero.
Qualche minuto d’attesa poi si aprì un varco e l’auto entrò nell’immenso piazzale.
Ben e Semir, per non farsi scoprire decisero di fermarsi prima proseguendo a piedi.
“Sembra che l’avvocato debba incontrarsi con qualcuno in gran segreto” il tono usato da Semir era un lieve sussurro.
“Speriamo che questo sia il luogo dell’appuntamento e non un passaggio per accorciare la strada altrimenti ci sarà difficile seguirlo” replicò Ben.
“Un po’ di ottimismo non guasterebbe” sbottò Semir “Stai diventando acido, socio”
L’auto che trasportava Porfidier non percorse molta strada fermandosi in una piccola piazzola dove ad attenderlo c’era un’altra auto.
Da una Maserati nera anche questa con i vetri oscurati scese l’autista che con fare quasi reverenziale aprì la portiera posteriore.
“Guarda Semir…” additò Ben “Quello sembra il suo capo, chissà chi è”
“Quello è Junker, ne sono sicuro…durante l’appostamento ho fatto alcune ricerche su internet”
“Col cellulare?” Ben era basito “Ero così assorto nei miei pensieri che manco mi sono accorto. Inoltre tu che fai ricerche con un smartphone. Wow, e io che pensavo che tu fossi quello dell’era del telefono a disco”
“Spiritosone, mi sono evoluto, comunque quello è un pezzo grosso qui in città, aveva ragione Wust”
Ben seguiva tutta la scena attraverso il teleobiettivo, scattando ogni tanto delle foto.
Junker sembrava il classico uomo nero.
Portava un lungo cappotto nero e un cappello a tesa larga. Si reggeva ad un bastone, ma secondo Ben era più per difesa che per altro.
Stava per dire chi gli rammentava quando Semir lo anticipò.
“Sembra Seytan, scommetto che quel bastone nasconde un bel pugnale” ricordò Semir.
“lo penso anch’io” confermò Ben “Sta a vedere che ci tocca intervenire per salvare quel viscido avvocato…”
 
“Avvocato sbaglio o la faccenda le sta sfuggendo di mano? Sa che chi lavora per me viene pagato molto profumatamente, ma se sbaglia paga altrettanto” Junker si avvicinò con aria minacciosa al piccolo avvocato.
“La colpa non è mia” l’avvocato quasi balbettava “Wust…non so come è evaso e ha contattato due sbirri della polizia autostradale di Colonia, ma qui non hanno agganci e…”
“Fortunatamente i miei uomini che lavorano per lei sono riusciti ad eliminarli, ma la sparizione dei due sbirri potrebbe insospettire qualcuno, potrebbero aver avvisato qualcuno, ora lei deve sparire per un po’…” e quella di Junker alle orecchie dell’avvocato non suonò come una proposta.
“E come? Al momento non dispongo di tanto denaro da potermi volatilizzare…” chiosò l’avvocato.
“Di questo non si deve preoccupare, fortunatamente ho pensato a tutto io, basta solo che lei si procuri il passaporto, dovrà sparire per un po’…dicono che le Maldive in questo periodo siano poco frequentate” poi rivolgendosi al suo autista “Amber, prendi la valigetta”
L’autista si avvicinò al bagagliaio dell’auto, l’aprì estraendovi una ventiquattro ore, poi la porse all’avvocato.
“Dica al suo autista di aprirla per favore” ordinò l’avvocato, ma la sua voce tremava.
“Non occorre che la apra qui, lo farà in auto” Junker aveva un tono quasi minaccioso.
“Mi spiace, ma le precauzioni non sono mai troppe, voglio che sia il suo autista ad aprirla” replicò con tutto il coraggio che disponeva in quel momento l’avvocato, Junker in quel momento gli faceva davvero paura.
“Avvocato” chiese con tono mellifluo Junker consapevole dell’effetto che aveva sull’uomo “Mi sta forse minacciando? Non si fida più di me?”
“Diciamo che la faccenda scotta e le precauzioni non sono mai troppe. Ho imparato a conoscerla in questi anni, so che non si farebbe tanti scrupoli ad eliminarmi”
“Come vuole” rispose accomodante Junker abbozzando un mezzo sorriso “Amber apri la valigetta”
Porfidier diede una rapida occhiata all’interno poi senza nemmeno tanti convenevoli la richiuse, la prelevò dalle mani dell’autista e risalì sull’auto.
“Riportami allo studio” ordinò l’avvocato al suo autista “Devo prendere alcune cose”
 
Anche Junker si diresse verso la sua auto “Amber sai cosa devi fare” ordinò al suo autista mentre gli apriva la portiera.
“Non si preoccupi signore. È tutto sotto controllo, ho già predisposto tutto” replicò Amber aprendo la portiera della Maserati.

“E adesso che facciamo? Chi seguiamo?” domandò Semir.
“Io direi di seguire l’avvocato” propose Ben “Nella valigetta mi sembra di aver scorto non solo un discreto quantitativo di denaro, ma anche alcune cartelline, potrebbero essere documenti scottanti. Per adesso l’unico che possiamo interrogare è l’avvocato, prove contro Junker al momento non ne abbiamo”
“Sempre che sia implicato anche lui nell’assassinio della madre di Livyana, di Wust e del nostro tentato omicidio” ribadì Semir “Torniamo velocemente all’auto, non sappiamo di preciso dove ora sia diretto Porfidier, anche se una mezza idea ce l’ho”
 
L’auto riportò Porfidier allo studio legale, lo fece scendere poi ripartì lasciandolo solo.
Tenendo la valigetta stretta al petto l’avvocato si avvicinò alle porte dell’edificio, si guardò attorno, poi furtivamente, come fosse quasi un ladro entrò nello stabile.
 
“Semir hai notato?” chiese Ben.
“Se ti riferisci al fatto che ho notato che l’avvocato ha paura anche della sua stessa ombra, sì. Quando esce lo sequestriamo…” propose Semir.
“Cosa? Ma sei matto?” replicò Ben.
“Hai altre soluzioni?” rimbeccò Semir “Senti abbiamo foto compromettenti…Junker lo ha comprato…”
“Ma che ne sappiamo? Potrebbe essere tutt’altra cosa” incalzò Ben.
“Ascolta Wust è morto per colpa sua e noi siamo vivi per miracolo. Solo lui sapeva che eravamo qui a Cottbus” sentenziò Semir “Aspettiamo che esca, vediamo dove va poi entreremo in azione”
 
Passarono un paio d’ore, i due ispettori erano di nuovo appostati davanti all’edificio.
“Ma che starà facendo l’avvocato? È quasi mezzanotte…dorme in ufficio?” sbuffò Ben “A meno che non abbia deciso di uscire da un’uscita secondaria”
“Ho paura che ci abbia gabbato alla grande” proferì Semir “Scendiamo e andiamo da lui, a questo punto non vedo altra soluzione”
Ben non disse nulla, assecondando il socio, forse Porfidier era davvero uscito dallo stabile usando un’altra porta.
“Caso mai se l’ufficio fosse vuoto, potremmo sempre perquisirlo, dare un’occhiata al suo computer, magari troviamo qualche legame che ci sfugge, sai ho preso lezioni da Hartmut su come aggirare le password” sogghignò Ben.
“Va bene genietto appena avrai il suo computer tra le mani ti lascerò fare, ma nello stabile come pensi di entrare?” chiese Semir “Le porte a quest’ora saranno tutte allarmate e l’entrata principale è sorvegliata. Ti ricordi? Vicino all’entrata c’era una guardiola ci sarà un portinaio, sicuramente armato”
“Siamo del parere che ci sia una entrata secondaria giusto?” domandò Ben.
“Tutti gli edifici devono averla, anche per la sicurezza, ma sarà sorvegliata da telecamere”
“Troviamola” disse con fare compito Ben “Poi tu penserai ad oscurare le telecamere per una decina di secondi quando te lo dirò io”
“E tu?” chiese Semir aggrottando le sopracciglia.
“Io aprirò la porta trovando la combinazione”
“E se la porta non avesse combinazione?” lo incalzò Semir.
“E poi il pessimista acido sarei io?” rimbrottò Ben.
“Scusa, ma come farai?” domandò ancora Semir.
“Fidati il mio cellulare è passato sotto le sapienti mani di Hartmut”

Passarono una decina di minuti, poi una piccola porta secondaria si aprì.
“Cavoli Ben, sei davvero bravo, pure gli allarmi hai disattivato…” si complimentò Semir.
“Quando torniamo a Colonia ti do lezioni private” propose Ben.
Furtivamente i due ispettori si addentrarono nell’edificio, arrivando davanti alla porta dell’ufficio dell’avvocato Porfidier.
“Ben …” sussurrò Semir; non dovette aggiungere altro entrambi silenziosamente sfoderarono le loro pistole togliendo la sicura.
 
La porta dello studio del legale era semiaperta, con cautela e cercando di non attirare l’attenzione dell’agente di guardia Semir la spalancò del tutto ed entrò. Ben seguì l’amico chiudendosi la porta alle spalle.
Entrambi accesero le loro piccole torce, pochi secondi per abituarsi a quella semioscurità poi la sgradita sorpresa.
“Maledizione, siamo arrivati tardi” esclamò Semir “Qualcuno ha deciso di mettere a tacere per sempre il principe del foro. Ora non potrà più dirci nulla”
Il corpo senza vita di Porfidier giaceva a terra davanti a loro, un foro all’altezza della tempia.
“L’agente di guardia è ancora al suo posto…credo non si sia ancora accorto di nulla” replicò Ben avvicinandosi anche lui al corpo di Porfidier.
“Forse non ha l’obbligo di girare per lo stabile” sentenziò Semir “Però uno che si suicida non mette il silenziatore, che motivo avrebbe? E poi guarda come impugna la pistola”
“Porfidier era mancino, ma la pistola è retta dalla mano destra, qualcuno vuol farci credere che si sia suicidato” fece notare Ben “Ma chi?”
“Perché non lo chiediamo a lui?” chiese Semir.
“Ma se è morto!” esclamò scocciato Ben.
Semir con cautela e con la pistola spianata davanti a lui si avvicinò alla scrivania.
“Dovrebbe essere più accorto, ha pestato delle gocce di sangue prima di nascondersi qui sotto” spiegò Semir mentre riponeva la pistola nella fondina.
“Lei?” esclamò stupito Ben anche lui riponendo l’arma.
 
Angolino musicale: Chi è ‘lei?’… direi che è abbastanza scontato…
U2I Still Haven't Found What I'm Looking For’ (Non Ho Ancora Trovato Quel Che Sto Cercando)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=e3-5YC_oHjE
Ho scalato la montagna più alta Ho corso attraverso i campi Solo per stare con te Ho corso, ho strisciato Ho scalato questi muri della città Solo per stare con te Ma non ho ancora trovato quel che sto cercando…Ho parlato la lingua degli angeli Ho tenuto per mano un diavolo Era calda nella notte Io ero freddo come una pietra Ma non ho ancora trovato quel che sto cercando…




 

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Capitolo 9
*** un piccolo indizio ***


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Un piccolo indizio

“Vi giuro che non sono stato io…quando sono arrivato era già morto. Quest’uomo era l’unico che poteva in qualche modo scagionarmi, lui sapeva la verità”
Mathias Wust istintivamente alzò le mani in segno di resa, parlava a voce bassa, mentre usciva da sotto la scrivania.
“Alla luce dei fatti ritengo che non sia stato lei ad uccidere Porfidier, sei d’accordo con me Ben?” domandò Semir voltandosi verso il socio, Ben però non rispose.
“Inoltre non crediamo che l’avvocato si sia suicidato” continuò Semir “Ci sono troppe incongruenze in questa scena del delitto. Forse chi ha ucciso l’avvocato non ha avuto il tempo di mascherare bene l’omicidio”
“Si sarà spaventato sentendo bussare alla porta, dopo l’incidente alla cava sono ritornato in città, volevo parlare con lui…” spiegò Wust additando il cadavere.
“A proposito” Ben si avvicinò a Wust quasi a passo di carica; era a dir poco infuriato, ma allo stesso tempo doveva parlare sottovoce per non attirare l’attenzione di una possibile guardia di ronda nello stabile “A proposito...alla cava…dannazione l’abbiamo chiamata e cercata…”
“Quando mi sono buttato dall’auto sono finito dentro un crepaccio, ho sbattuto la testa e sono svenuto” confessò l’uomo interrompendo Ben.
Ben squadrò Wust da cima a fondo, effettivamente le escoriazioni presenti sul suo corpo confermavano la sua versione dei fatti.
“Se sta insinuando che mi sia finto morto per venire qui è uccidere l’avvocato…” e con fare decisamente scocciato Wust mostrò ai due ispettori un taglio dietro la testa avvicinandosi ancora di più a Ben.
La distanza tra il giovane ispettore e Wust era di pochi centimetri, entrambi si guardarono dritto negl’occhi per qualche secondo; Semir nell’assistere a quella scena pensò ai cartoni animati, tra i contendenti gli parve di vedere lampi che uscivano dalle pupille di uno per entrare in quelle dell’altro.
“Ben non sta insinuando niente, cerchiamo di calmarci ora” suggerì Semir, piazzandosi tra i due.
“Comunque stavo dicendo” continuò Wust senza distogliere lo sguardo da Ben “Sono finito in un crepaccio e sono svenuto. Non so quanto tempo sia passato, ma quando mi sono svegliato sono riuscito a risalire sul ciglio della strada. Ho tentato di chiamarvi, vi ho cercato. Ho pensato che foste morti, la macchina era ridotta ad un ammasso di rottami fumanti e non ho avuto il coraggio di avvicinarmi. Alla fine ho ritenuto che l’unica soluzione per tentare di scagionarmi fosse quella di provare a parlare con Porfidier”
“Ma lei come è entrato nello stabile?” chiese sospettoso Ben.
“L’agente che sta di guardia al palazzo è uscito con una donna, forse una segretaria di qualche ufficio che si è attardata oltre l’orario d’ufficio o una donna addetta alle pulizie. La guardia si è intrattenuta con lei, ha lasciato la porta aperta per qualche secondo dandomi la possibilità di entrare senza essere visto. Mi sono diretto verso l’ufficio dell’avvocato e ho bussato, ma non sentendo risposta ho aperto la porta per controllare se effettivamente all’interno non ci fosse nessuno. Porfidier stava a terra…vi giuro che era già morto quando sono entrato nel suo ufficio “
“L’orario era insolito per chiunque: l’avvocato, la donna delle pulizie. Solo la presenza di una guardia è plausibile” suggerì Ben “Ma mi dica come mai non è ritornato dai ragazzi?” domandò alzando un sopracciglio.
“Non potevo ritornare alla pensione” Wust abbassò gli occhi “Livyana mi avrebbe sicuramente chiesto di voi” poi rivolgendosi direttamente a Ben “Non potevo certo dirle a bruciapelo che voi eravate morti” per un attimo l’uomo stette zitto.
“Continui” lo incalzò Ben.
“Vi ripeto non sapevo dove andare, quindi decisi di venire qui, se non fossi riuscito ad entrare nello stabile lo avrei aspettato fuori, ma poi la guardia è uscita dallo stabile lasciando incustodita per qualche secondo l’entrata” spiegò Wust.
“Potrebbe essere stata la donna che ha visto uscire con la guardia ad uccidere Porfidier” ragionò Semir “Junker potrebbe averla assoldata come killer per eliminare l’avvocato divenuto uno scomodissimo testimone”
“Sì, ma chi può dirlo…” constatò Wust.
“Comunque spero che nessuna telecamera l’abbia ripresa, rischia di essere accusato di un altro omicidio” rimarcò Semir.
“Dovete aiutarmi, vi prego devo scagionarmi…voglio che Livyana sappia la verità…non sono l’assassino di sua madre” supplicò ancora Wust.
“Va bene le ramanzine le lasciamo perdere per ora” sbuffò Ben “Semir dai un’occhiata al cadavere, guarda se addosso ha qualcosa che ci può essere utile. Guarda se trovi anche quella ventiquattr’ore che Junker ha consegnato all’avvocato. Io intanto darò un’occhiata al computer, vediamo se troviamo qualcosa per scagionare Mathias. Ah, e mettiamoci tutti i guanti, meno tracce lasciamo meglio è”
Sia a Semir che a Wust non sfuggì il fatto che Ben avesse chiamato per la prima volta Wust con il nome di battesimo, forse quello era un buon segno, forse Ben aveva sotterrato momentaneamente l’ascia di guerra o forse come riteneva più plausibile Semir, prima avesse risolto il caso prima lo spinoso contenzioso, ovvero l’affidamento di Livyana, avrebbe avuto una fine.

Passò qualche minuto poi il giovane ispettore attirò l’attenzione degli altri due.
“Venite a vedere cosa ho trovato”
“Cavoli che velocità Ben, sei un hacker…” sentenziò Semir.
“Potrei dirti di sì e fare bella figura alla faccia tua, ma Porfidier doveva essere un gran smemorato” sciolinò Ben facendo notare a Semir che la password del pc era in bella mostra scritta su un post-it attaccato allo schermo.
“Il nome Sabine Kupfer vi dice qualcosa?” chiese Ben.
“A me no” rispose Semir.
“Mathias?” Ben si rivolse a Wust che si era bloccato per un momento.
“Il nome mi rammenta qualcosa, mi sembra che Sophie avesse un’amica con quel nome, ma sono passati quindici anni, potrei sbagliarmi, Sabine è un nome molto comune in Germania”
“Cerchi di far mente locale” lo incalzò Ben.
Mathias cominciò a gironzolare per l’ufficio e tanto era assorto nel cercare di ricordare qualcosa che quasi inciampò sul corpo di Porfidier.
“Stia attento” lo rimproverò Ben “Siamo fortunati che per il momento nessuno si sia accorto di nulla, cerchiamo di non sfidare ulteriormente la sorte”
Ma Wust sembrava non fare caso alla ramanzina di Ben.
“Che stupido!” Wust si batté una mano in fronte “Sono passati tanti anni, ma ora ricordo Sabine Kupfer depose a favore dell’accusa” confermò Wust.
“È vero negli atti del processo che ho letto figurava quel nome” ribatté Semir, poi rivolgendosi a Ben “Perché ti interessa?”
“Guarda questa mail” fece notare Ben “L’avvocato l’ha spedita a questa Sabine Kupfer e nota bene la data è poco dopo l’evasione di Mathias” Ben picchiettò il dito sullo schermo come a voler sottolineare la cosa.
“Fammi dare un’occhiata…” Semir si avvicinò alla scrivania dove stava Ben.

‘È meglio che decida da che parte stare, ne va della sua vita’

“Ah però, i toni sembrerebbero quelli di una lettera di minaccia” confermò Semir.
“Pensate che questa Sabine Kupfer abbia ucciso l’avvocato per farlo tacere?” domandò Wust.
“Volendo azzardare un’ipotesi potremmo supporre che questa Sabine Kupfer potrebbe sapere qualcosa, potrebbe riaccendere le nostre speranze per trovare l’assassino di sua moglie” ragionò Semir rivolgendosi a Wust “Ma se ha o no ucciso Porfidier questo non possiamo saperlo”
“Io direi che dovremmo rintracciare questa donna” propose Wust.
“Ben” si rivolse serio Semir “A questo punto non ci rimane che chiamare il nostro distretto e informare il commissario Kruger. Susanne dovrà aiutarci con le sue ricerche e forse avremo bisogno di qualche aiuto da parte della polizia locale”
“Sempre che non incappiamo in qualche tirapiedi corrotto di Junker, perché a questo punto credo che dietro a tutto questo ci sia lui, dobbiamo solo scoprire il movente di queste morti” replicò Ben.
“Continuate a cercare, io intanto chiamo il distretto e informo la Kruger” consigliò Semir “Porfidier era spaventato, ma non uno sprovveduto, avrà conservato documenti o altro da usare in caso di necessità”
“Visto la fine che ha fatto, dubito” replicò Wust additando il cadavere “Ma se voi lo ritenete utile vi darò una mano a cercare”
“Iniziate senza di me” consigliò Semir estraendo dalla tasca il cellulare “Chiamo il distretto, il commissario andrà su tutte le furie, ma non vedo alternative. Le dirò quello che abbiamo scoperto”
“Ricordale di dirle che la BMW è andata, e quindi l’unico modo per contattarci è il tuo cellulare” sciolinò Ben.
“Perché il tuo è rotto? Hai la batteria scarica?” chiese Semir alzando un sopracciglio.
“Sei tu il collega anziano” replicò serio Ben.
“Ti costa tanto dire che non vuoi sentire tu le ramanzine del capo?” ribatté l’altro scuotendo la testa e abbozzando un mezzo sorriso.

Un’ora dopo Ben, Semir e Mathias Wust decisero di abbandonare la scena del delitto.
“Fra qualche ora qualcuno troverà il corpo di Porfidier, Wust lei è sicuro di non aver lasciato nessuna traccia?” domandò Semir.
“Quando sono entrato nello stabile ho fatto in modo che nessuna telecamera mi riprendesse in volto e ho toccato tutto con un fazzoletto” confermò Wust.
“Ottimo ora non ci resta che andarcene senza essere visti, rintracceremo con l’aiuto di Susanne Sabine Kupfer e appena sorgerà il sole andremo a parlarle”
“Sempre che sia viva e che abiti da queste parti” sentenziò Ben.
“Ovviamente” rimbeccò Semir “Ma ripeto un po’ di ottimismo da parte tua sarebbe l’ideale”

Angolino musicale: Nick Lachey ‘What's Left Of Me’ (ciò che resta di me)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=899a8WlVpNk
Guardo la mia vita Passarmi davanti nello specchio retrovisore le foto congelate nel tempo sono diventate più chiare Non voglio sprecare un altro giorno bloccato nell'ombra dei miei errori…ora sono a pezzi e sto svanendo sono la metà dell'uomo che pensavo di essere ma tu puoi avere ciò che resta di me sto morendo dentro poco per volta nessun posto dove andare ma sto andando fuori di testa in cerchi infiniti scappando da me stesso finché tu mi hai dato una ragione per stare

 
 

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Capitolo 10
*** complici ***


Complici

Verso le otto di mattina Ben, Semir e Mathias Wust scesero dall’auto parcheggiata a pochi metri dalla casa di Sabine Kupfer.
Avevano rintracciato la donna con l’aiuto di Susanne che durante la notte, invece di smontare dal servizio, aveva collaborato con i due ispettori per restringere la lista di tutte le persone con quel nome presenti sul suolo tedesco.
La casa di Sabine Kupfer era una graziosa villetta circondata da un piccolo giardino delimitato da una staccionata in legno.
Semir si avvicinò al cancello una rapida occhiata attorno poi suonò il campanello.
“Chi è?” domandò una voce femminile dopo pochi secondi.
“Gerkhan, polizia autostradale, cerco la signora Sabine Kupfer”
“Sono io” confermò la voce.
“Devo farle alcune domande” ribatté Semir.
“A che proposito?” chiese con voce sospettosa la donna.
“Per favore signora apra, è nel suo interesse” replicò Semir.
Uno scatto e il cancelletto della villetta si aprì, così pure la porta d’entrata.
Sulla soglia apparve una donna molto bella, alta e longilinea, aveva le mani sui fianchi e la fronte decisamente corrugata.
Il suo sguardo si posò subito su Mathias Wust.
“E voi sareste la polizia???” domandò allarmata la donna, rientrando frettolosamente in casa per prendere un cellulare.
Mathias Wust a differenza dei due ispettori non si fece prendere alla sprovvista e prima che la donna potesse chiudersi la porta alle spalle e prendere il telefono la bloccò.
“Mi lasci” urlò la donna al suo indirizzo “Lei è un assassino! Aiuto polizia!”
“Signora Kupfer” esordì Semir “Non è come crede”
Ma la donna, come era logico aspettarsi, non dava segno di voler ascoltare, tanto meno collaborare.
“Per favore signora Kupfer” supplicò Wust non mollando la presa “Lei sa … sa che non sono stato io … non si renda complice di …” ma fu interrotto dalla donna.
“Per favore Wust … sappiamo tutti come è andata. Lei ha ucciso sua moglie, le prove, il processo, lei ha avuto ciò che meritava” quasi urlò la donna “Cosa ha detto a questi due poliziotti? Non possono credere che lei sia innocente”
Fu allora che Ben si sentì in dovere di prendere la parola.
“Abbiamo trovato una mail, se è minacciata da qualcuno per aver testimoniato al processo…”
“Nessuno mi ha minacciato” confutò rabbiosa la donna interrompendo Ben puntandogli addosso gli occhi.
“Le ripeto che abbiamo una prova…” il giovane poliziotto tentò di risponderle con calma.
“Non ci credo!” sbottò ancora la donna “E poi da dove proviene questa prova? Come ne siete venuti a conoscenza?”
“Questo non ha importanza” replicò secco Ben “Ma vede il fatto che lei mi abbia appena risposto così significa che lei sa di cosa stiamo parlando”
“Se anche fosse, le ricordo che in un processo prove raccolte così non possono essere utilizzate” ribadì sicura la donna.
“Ascolti signora Kupfer” supplicò nuovamente Wust “Se Junker o il suo avvocato Porfidier la stanno in qualche modo minacciando o ricattando… se il caso venisse riaperto, se volesse ritrattare la sua deposizione, posso assicurarle che i due ispettori qui presenti la proteggeranno, Sophia avrà giustizia e…”
“Prima della sua evasione Sophia aveva avuto giustizia” sbottò nuovamente la donna e con uno strattone si liberò della presa di Wust.
“È inutile continuare” Semir prese la sua decisione “Se la signora non vuol collaborare…”
“Adesso chiamo la polizia” urlò di nuovo la donna, poi additando Wust “Il suo posto è in cella”
“Andiamo, troveremo un’altra soluzione” Ben si avviò verso l’uscita, seguito da Semir.
Dietro di lui Wust.
“Resterò colpevole a vita pur non essendolo” Mathias rivolse queste ultime parole alla donna prima di uscire.
Sabine Kupfer incrociò le braccia stizzita, nel suo volto comparve un’espressione accusatoria.

I tre stavano uscendo dalla porta principale quando davanti a loro a una decina di metri videro due uomini col passamontagna.
“Tutti dentro!” urlò Ben spingendo Semir e Wust all’interno della casa.
Appena in tempo per chiudere la porta, poi un attimo dopo si scatenò l’inferno.
La porta fu letteralmente crivellata da decina di colpi.
“Ci stanno sparando!” urlò Semir.
“Sai che novità” replicò Ben “Socio, cerchiamo di rispondere al fuoco…”
“Direi anche nel limite del possibile di prenderli vivi, secondo me quelli sono sicari di Junker” replicò tra gli spari Semir.
“Voleva le prove dell’innocenza di Wust?” urlò Ben all’indirizzo della donna che urlava dalla paura dopo che ebbe trovato riparo sotto ad una finestra “Secondo lei questi signori cosa vogliono?”
“Non lo so” urlò tra gli spari la donna.
“Secondo me queste brave persone vogliono lei morta che dice???”
“Ben” ribatté Semir rispondendo al fuoco “Non mi sembra il momento”
“Forse questo è il momento ideale per parlare” urlò Mathias all’indirizzo di Sabine Kupfer.
Semir e Ben si sporsero dalle finestre continuando a rispondendo al fuoco, altrettanto fecero i due sicari riparandosi dietro l’auto con cui erano arrivati.
“Ne ho colpito uno” quasi esultò Semir “Che dici se tentiamo di uscire?”
“Okay socio ti copro” confermò Ben,
I due malviventi vedendoli uscire risalirono velocemente nella loro auto sgommando via a tutta velocità.
“Wust lei si chiuda dentro, non apra a nessuno, leghi la Kupfer se serve a non farla scappare, è l’unica che la può scagionare” consigliò Semir.
“Ma voi che farete?” chiese Wust.
“Li inseguiamo, sperando di prenderli vivi, se ci dicono chi è il loro mandante possiamo considerare la faccenda chiusa…o quasi”
Ben e Semir salirono quindi nella loro auto lanciandosi al loro inseguimento, mentre Mathias Wust chiuse la porta d’ingresso.
“Adesso che vuole fare” chiese con voce terrorizzata la donna guardando dritto negli occhi Wust.
“Non le farò nulla, voglio solo la verità e adesso lei mi dirà come sono realmente andate le cose”
Wust aveva appena chiuso la porta quando da una stanza della casa sbucò un uomo armato.
“Direi che siamo arrivati tutti al capolinea” Sabine Kupfer e Mathias Wust si voltarono, davanti a loro un uomo, in mano brandiva una pistola provvista di silenziatore.

“Ma…ma…lei è…” balbettò Wust alla vista dell’uomo.
“Vedo che mi conosce” rispose l’uomo sulla soglia del salotto “Molto bene e ora che i suoi guardaspalle se ne sono andati, direi che è giunto il momento di chiudere i conti con il passato, una volta per tutte, porrò fine io stesso a tutta questa storia”
Josef Junker fece qualche passo all’interno della stanza, aveva approfittato del trambusto creatosi durante la sparatoria per intrufolarsi nella casa della donna e ora tenendo ben salda la pistola davanti a sé teneva sotto tiro sia Wust che Sabine Kupfer.
“Sabine che gli hai detto?” domandò Junker rivolgendosi alla donna, la sua voce però non sembrava minacciosa e questo insospettì Wust.
“Niente” ribadì secca la donna avvicinandosi all’uomo, ma la voce della donna aveva un timbro piuttosto inviperito “C’è mancato poco che i tuoi uomini mi uccidessero” continuò Sabine puntandogli un dito contro “Che ti è saltato in mente, eh? Non potevano aspettare che gli sbirri e lui uscissero?”
“Junker, maledetto bastardo, adesso ne sono sicuro, dietro a tutto questo ci sei tu” esordì Wust interrompendo la conversazione tra l’uomo e Sabine Kupfer.
“Già, purtroppo la tua mogliettina ha ficcato il naso dove non doveva, così pure il suo amico” rispose ironico Junker.
“Quindi li hai uccisi tu?” chiese conferma Wust.
“Beh non proprio io” replicò l’uomo guardandolo con un sorriso beffardo “All’epoca non avevo voglia di sporcarmi le mani e quindi assoldai un killer, ma tu avrai l’onore di essere eliminato da me, purtroppo i miei uomini sono tutti impegnati, ma posso assicurarti che come te anche quei due sbirri a cui hai chiesto aiuto non torneranno a casa loro con le proprie gambe”
“Brutto bastardo maledetto, hai fatto uccidere Sophia!” Wust avrebbe voluto saltargli al collo e ucciderlo con le sue stesse mani, ma Junker esplose un colpo che si piantò a pochi centimetri dai suoi piedi.
“Adesso verrai con me, ho una bella cascata di cemento che ti aspetta, sai sto costruendo un nuovo centro commerciale fuori città, in un certo senso tu ne diventerai una colonna portante”
“Maledetto” replicò quasi con le lacrime agli occhi Wust “Cosa aveva scoperto Sophia? Mi devi almeno la verità, per colpa tua ho passato quindici anni in prigione”
“Sophia era una delle mie migliori segretarie, ligia al dovere, mai e poi mai avrebbe infranto le regole e le leggi troppo rigide di questo paese” cominciò il racconto Junker “Un giorno casualmente assistette ad una mia conversazione con un mio collaboratore. Volevo comprare il terreno dove tra l’altro sorgeva la sua abitazione, avrei avuto a disposizione svariati ettari. Ovviamente lei si oppose, cercai di farla ragionare proporle un avanzamento di carriera, una nuova casa”
“Sophia amava quel luogo, mai e poi mai avrebbe acconsentito che al posto del verde di quel piccolo paradiso ci fosse il grigio dei suoi interessi…” incalzò Wust.
“Già era una donna molto cocciuta” continuò Junker “Cominciò a raccogliere materiale per portare avanti la sua causa ambientalista, povera illusa. Portò dei campioni del terreno in un laboratorio fuori città”
“Forse voleva qualcuno che non le sembrasse…compromesso” ribatté pronto Wust.
“Sicuramente, i miei tecnici avrebbero confermato che il terreno era…in ottima salute, e quindi voi da quel posto non ve ne sareste mai andati. Sophia voleva far capire all’intera cittadinanza che quello era più di un verde quartiere di periferia, era uno dei pochi polmoni verdi della città. Purtroppo i risultati delle analisi le confermarono che il terreno e le falde acquifere sottostanti alle case erano contaminate da sostanze tossiche. Sophia prese a cuore ancora di più l’intera faccenda, aveva paura delle conseguenze, timore di quello che sarebbe potuto accadere a lei o agli abitanti del quartiere, aveva paura per sua figlia. Se anche se ne fosse andata da quel posto…avrebbe voluto che il terreno fosse bonificato. E sapeva che non lontano dalla zona sorgeva una mia azienda farmaceutica”
“E Sophia ipotizzò che lei avrebbe messo davanti a tutto e a tutti i suoi interessi” Wust aveva le lacrime agli occhi.
“Anche lei non si fermò davanti a nulla” continuò Wust “Ormai aveva avviato, se vogliamo dirla in maniera teatrale, la sua macchina distruttiva. Contattò alcuni tecnici di Norimberga che trovarono anche l’aria contaminata. Lei mi disse che ero ancora in tempo per rimediare, ma avrei dovuto subito avviare una bonifica, in caso contrario mi avrebbe denunciato alle autorità competenti”
“Quindi l’ha uccisa e con lei tutti quelli che potevano sapere” constatò Wust “Anche il suo avvocato ha fatto uccidere, molto probabilmente aveva paura che potesse parlare con i poliziotti di Colonia. E il collega di Sophia trovato morto in casa nostra…immagino che fosse al corrente di tutto, aiutava Sophia e questo lo ha portato alla tomba”
“Lo sa anche lei che i costi di una bonifica sarebbero stati un salasso per le mie finanze, meno costoso corrompere funzionari e tecnici di laboratorio” replicò Junker.
“Ma sono pronto a scommettere che Sophia non si lasciò intimorire, forse anche per questo mi tenne all’oscuro di tutto, sapeva che avrei potuto dissuaderla da…” Wust non riuscì a finire la frase, un groppo alla gola gli impedì di continuare a parlare”
“Sì una lotta contro i mulini a vento” rise ironico Junker.
“Fece un fatale errore cercò l’aiuto di una persona che teneva più a me che a lei” Junker strizzò maliziosamente l’occhio a Sabine Kupfer.
Mathias ebbe una folgorazione. “Maledetta … tu non eri solo una sua collega, eri sua amica … tu l’hai tradita … lei si era confidata con te”

Nel frattempo Ben e Semir per le strade di Cottbus stava inseguendo i due killer che avevano cercato di ucciderli a casa di Sabine Kupfer.
“Questa volta non ci scapperanno” incalzò Semir inserendo la marcia “Anche se abbiamo questa carretta. Cavoli cosa darei per avere la mia auto, mi accontenterei anche del tuo ammasso di ferraglia”
“Ehi” sbottò Ben “Come ti permetti…dai accelera che li perdiamo”
“Ci provo, ma quelli corrono, hanno sotto il sedere un discreto mezzo e noi non siamo sull’Enterprise, socio” sbottò Semir schivando per un pelo un uomo in bicicletta.
“Tutte scuse, hai sempre detto che guidi meglio di molti piloti di Formula Uno, dai socio, fammi vedere il Vettel Turco che è in te!”
“Spiritoso” replicò Semir “Tu intanto cerca di sparare alle gomme, fermiamoli in qualche modo, quei due ci servono vivi potremmo convincerli a collaborare in cambio di uno sconto di pena”
“Tu speri in una confessione contro Junker…hai sentito cosa ha detto Wust, o no? Sai comincio a credere anche io che qui sono tutti corrotti”
“Via troveremo una mosca bianca, tutte le città le hanno…non puoi credere che qui tutti siano così in questa città ci sarà pure del buono…la città che ha visto nascere Livyana”
“Molto poetico!” rimbeccò Ben “Ma la verità mi sembra un’altra”
“Senti chiamiamo Susanne, chiediamo l’ausilio dei colleghi di Cottbus. Se la polizia locale ci vede sfrecciare per la loro città rischiamo che arrestino noi e ci scappino i veri cattivi”

Intanto a casa di Sabine Kupfer Junker teneva ancora sotto scacco Mathias Wust.
La donna si avvicinò a Junker abbracciandolo “Josef mi pagò molto profumatamente per questa mia informazione e tra noi come vede c’è più di una semplice collaborazione in ambito professionale” e i due si baciarono appassionatamente sotto lo sguardo allibito e al contempo disgustato di Wust.
“Sophia era una sentimentale da pochi mesi aveva appena dato alla luce una bambina, diceva che non voleva che vivesse in una città ‘sporca’ dove tutto e tutti sono corrotti, Sophia amava questa città…e in questa città è morta” replicò maligna.
Wust avrebbe voluto saltare al collo anche a lei.
“E il suo collega? Perché uccidere anche lui? Non poteva corromperlo…” incalzò Wust.
“Dovevamo eliminare tutti i testimoni, anche lei Wust, solo che non sapevamo come quindi escogitammo un piano” incalzò ancora Junker.
“Sapevo che il suo collega sarebbe andata da lei, Sophia gli avrebbe consegnato dei documenti da portare in procura a Norimberga. Lei non poteva muoversi da casa per via della bambina” proseguì Sabine Kupfer “Io ovviamente avvisai Josef, mi disse che avrebbe risolto tutto lui e così fu”
“Certo la polizia ha scoperto il cadavere del collega di Sophia al piano superiore, disteso sul letto matrimoniale. In questo modo si sarebbe subito pensato ad un marito geloso che uccide la moglie e il suo amante in un raptus di follia. Poi mi ha affibbiato un avvocato corrotto…e il resto lo posso immaginare” Wust non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Adesso basta chiacchiere” e senza preavviso Junker sparò un colpo di pistola.

Angolino musicale: meglio tardi che mai…
Grazie come sempre alla mia Beta Maty!!!
Buon 2018!!!
A presto.
CBJ.
Demons (Demoni) Imagine dragons
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=mWRsgZuwf_8
Quando i giorni sono freddi E le carte sono piegate E i santi che vediamo Sono tutti fatti d'oro...Quando tutti i tuoi sogni falliscono e le persone che salutiamo sono le peggiori fra tutti e scorre vecchio sangue…Voglio nascondere la verità Voglio proteggerti…Dicono sia ciò che fai Io dico che dipende dal destino È intrecciato con la mia anima Non posso fuggire da tutto questo ora…

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Capitolo 11
*** ora o mai più ***


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Ora o mai più

Nel salotto di casa di Sonia Kupfer si udì un suono sordo, poi un tonfo.
Junker aveva appena freddato la donna.
Mathias Wust per un attimo restò come paralizzato sul posto.
“Ma…ma…l’hai uccisa…tu sei…sei…” balbettò l’uomo confuso e stordito da tanta crudeltà.
“Scusa, ma nei miei ambienti i sentimenti sono pericolosi. Sono sicuro che prima o poi avrebbe ceduto, ha mantenuto il silenzio per quindici anni, ma ora” Junker cominciò a gironzolare per la stanza tenendo sempre sotto tiro Wust “Povera Sabine, cominciava ad avere qualche ripensamento, percepivo queste sue inquietudini nelle telefonate, dai nostri incontri sempre più sporadici, era questione di poco e avrebbe vuotato il sacco…come Porfidier”
“Maledetto bastardo” ringhiò Wust” Quindi lo hai ucciso tu!!! Ne ero sicuro”
“Non proprio io” confutò Junker “Ma uno dei miei uomini, che ha anche provveduto a far sparire ogni traccia del mio coinvolgimento nell’assassinio della tua mogliettina, del suo collega e naturalmente di Porfidier…nel in caso ci fosse stato qualcuno che avesse voluto cercare prove contro di me”
“Quindi dopo la mia evasione ti sei sentito minacciato e così hai pensato bene di eliminare tutti i possibili testimoni” replicò Wust.
“Esatto, e ora toccherà anche a te e anche a quei due sbirri dell’autostradale, non so dove tu li abbia pescati, ma poverini non credo che torneranno a casa vivi”
“Sai posso capire l’uccisione dell’avvocato, di mia moglie, del suo collega, ma la Kupfer” lo sfidò Wust, cercando al contempo una soluzione per uscire sano e salvo da quella disperata situazione “A meno che non abbia cominciato a ricattarti vedendosi in pericolo dopo la mia evasione”
“Tzè, quella era una delle mie amanti, mi faceva comodo, tua moglie si fidava di lei, che madornale errore” replicò mellifluo Junker.
“Una??? Dovresti saperlo che una donna tradita cerca solo vendetta” lo sfidò Wust.
“Esattamente, è per questo che l’ho eliminata, poi farò sparire tutte le eventuali prove che ha in casa questo però dopo aver fatto fuori anche te”

Nel tentativo estremo di salvarsi la vita, Wust cercò di disarmare in qualche modo Junker, tentò di prenderlo in contropiede prima che potesse esplodere un colpo. Prese la prima cosa a portata di mano, un grosso vaso di cristallo rimasto miracolosamente intatto dopo la violenta sparatoria e lo scagliò contro Junker che, nel tentativo di schivarlo finì contro una credenza finendo a terra.
Poi velocemente, Wust uscì di casa dileguandosi per le strade di Cottbus.

“Maledizione!!!” sbraitò in mezzo la strada Junker dopo essersi rialzato da terra ed essersi letteralmente catapultato fuori dalla casa “Comunque non ha importanza, resta sempre la tua parola contro la mia, prove non c’è ne sono e tu sei un assassino, in fuga tra l’altro, e se non ti ucciderò io…ci penseranno gli sbirri nel tentativo di riacciuffarti” ma prima di lasciare la casa di Sonia Kupfer Junker fece una telefonata.
“Capo?” rispose una voce dall’altro capo della linea.
“Amber sono io, vieni immediatamente a prendermi” ordinò Junker “Porta con te anche Derrik, terrà d’occhio la casa della Kupfer”
“Sì capo” replicò Amber.
“Un’altra cosa” continuò Junker “Derrik dovrà stare attento a non dare troppo nell’occhio, presto arriverà la polizia, richiamata da qualcuno che avrà sicuramente sentito qualche sparo. Purtroppo Wust è ancora vivo e se non riuscirà ad avvisare gli sbirri di Colonia, presto anche loro torneranno qui. Non vedendolo saranno loro ad andare da lui, quindi Derrik dovrà pedinarli. Così prenderemo due, anzi tre piccioni con una fava. Metteremo a tacere una volta per tutte tutti i testimoni”
“Agli ordini capo, fra pochi minuti saremo lì”

Mathias Wust sfuggì alla furia omicida di Junker nel medesimo istante in cui Ben e Semir riuscirono a fermare l’auto con a bordo i sicari che avevano cercato di ucciderli poco prima a casa di Sonia Kupfer.
Il loro arresto fu abbastanza semplice.
Nel tentativo di schivare un camion che stava facendo manovra i due sicari erano andati a impattare violentemente contro un muretto di cinta di un palazzo.
I due ne erano usciti malconci, ma miracolosamente vivi.
“Che ne facciamo di loro, nei sedili posteriori potrebbero causarci non poche grane…” delucidò Ben dopo aver ammanettato uno dei due.
“Non ti preoccupare socio, nel bagagliaio c’è posto a sufficienza” replicò sarcastico Semir, poi ragionandoci su ebbe una folgorante pensata.
“Avrei una mezza idea” propose Semir arricciando un po’ il naso “Ti ricordi quella volta che estorcemmo in maniera non proprio da manuale quella confessione... consegnammo alla polizia quel malvivente…io avevo chiesto il trasferimento all’LKA…”
“Come dimenticarlo socio…” replicò Ben con un smagliante sorriso.
Sarebbe stato impossibile dimenticare il fatto.
Ben e Semir in uno scantinato di un ristorante avevano arrestarono un individuo. L’uomo avvalendosi della facoltà di non rispondere fu ammanettato alla portiera della macchina di servizio di Semir e costretto per alcuni chilometri a correre accanto all’auto. Certo la velocità non era ovviamente sostenuta, ma sufficiente a sfiancare il malvivente e farlo confessare.
“Ecco io direi di portarli in una strada in cui nessuno possa disturbarci” propose Semir “Una volta che uno dei due nostri amici capirà che potrebbe finire a pezzettini sotto le ruote dell’auto registreremo la loro confessione, sai quel tipo di confessioni che esistono solo nei telefilm america”
“Con frasi del tipo ‘metteremo una buona parola con il giudice’ o ‘vi proteggeremo dagli uomini di Junker’? Secondo me non canteranno mai. Junker è una piovra, se solo immagina che possano aver spifferato qualcosa li fa secchi” lo interruppe Ben.
“Sì, ma vale la pena tentare, altro non possiamo fare” rispose Semir che continuò “E nel caso il nostro piano abbia successo, una volta vuotato il sacco li ammanettiamo al classico palo e ce ne sbarazziamo. Infine andremo da Sonia Kupfer faremo testimoniare anche lei e così Wust verrà scagionato da ogni accusa” concluse Semir esibendo un smagliante sorriso “E tu riporterai a casa Livyana e il suo dannatamente educato”
“Questo è da vedere, comunque è il contrario…” chiosò Ben.
“Cosa?” replicò accigliandosi Semir.
“Demis è educatamente dannato…non il contrario” confutò Ben.
“Sottigliezze” ribadì Semir proseguendo il discorso “C’è solo un però nella confessione potrebbero esserci frasi che ad un giudice potrebbero sembrare estorte con la forza, cosa che effettivamente è....non so se mi spiego”
“Ti sei spiegato benissimo Semir” ribatté Ben “Ed è per questo che penso che il nostro genietto dai capelli rossi potrà esserci utile. Manderemo tutta la registrazione ad Hartmut che la…addolcirà un po’. Alla faccia della legalità…” soggiunse poi mordicchiandosi un dito di una mano “La cosa non mi piace, agire in questo modo…”
“Senti questa storia di poco legale ha già troppo…noi abbiamo agito di conseguenza” confutò Semir piantandosi le mani sui fianchi.
Una volta sistemati i due delinquenti ed estorto loro una esaustiva confessione i due ispettori fecero ritorno alla villetta dove abitava Sonia Kupfer.
Davanti a loro qualcosa che non si sarebbero aspettati.

“Che ci fanno tutte quelle volanti davanti alla casa della Kupfer” chiese sorpreso Semir.
“Sicuramente i vicini avranno sentito gli spari, si saranno allarmati e avranno chiamato la polizia” ragionò Ben.
“Può essere, ma guarda c’è pure un’ambulanza…oh porca miseria” esclamò poi Semir “C’è anche un carro funebre”
Poco dopo alcuni uomini con delle tute bianche uscirono dalla casa trasportando una bara di metallo.
I due ispettori scesero dalla loro auto avvicinandosi al capannello di persone che si erano raggruppate attorno alla casa.
“Scusi, ma cosa è successo?” chiese Semir avvicinandosi alla piccola folla di curiosi.
“Povera donna” esordì una vecchietta “Una così giovane vita spezzata…” stava per aggiungere qualcosa, ma scoppiò a piangere.
Ben e Semir si guardarono attoniti, decidendo di far ritorno alla loro auto.
“Credi che Wust si sia fatto giustizia da solo?” chiese Semir guardando l’espressione decisamente accigliata del socio.
“Non lo so Semir” rispose Ben scrollando la testa “Ma sicuramente la cosa mi suona strana. Wust passa quindici anni in carcere da innocente e poi decise di farsi giustizia da solo uccidendo l’unica persona che potrebbe scagionarlo?”
“Sì anche io la penso come te” continuò Semir “Quindi ci restano due ipotesi. Mathias è innocente e mai e poi mai avrebbe ucciso la Kupfer in quanto unica testimone della sua innocenza e quindi ci resta solo un’altra ipotesi”
“Stai pensando a qualche sicario di Junker?” replicò Ben.
“Non vedo una terza ipotesi” confutò Semir.
“In questa città dopo il nostro arrivo le morti più o meno sospette sono aumentate, noi a momenti ci rimettevamo la pelle” ragionò Ben “Penso sia arrivato il momento di andare alla piccola pensione dove stanno i ragazzi. Junker ha le mani immischiate dappertutto, comincio ad essere seriamente preoccupato per la loro incolumità, con le buone o le cattive dobbiamo riportare i ragazzi a Colonia. Tutti i testimoni che potevano scagionare Wust sono morti e i delinquenti a cui abbiamo estorto la confessione rischiano di non arrivare vivi al processo. Oltretutto Mathias è scomparso un’altra volta, chi ci dice che Junker non lo abbia già ucciso è adesso è un bel pilastro di qualche fabbricato in costruzione?”
“Ben sai che Livyana non si accontenterà di supposizioni di…” replicò Semir.
“Ormai ho deciso Semir. Riporterò Livyana e Demis a Colonia, poi se lei vorrà ritornare qui, cercare suo padre. In questo caso rinuncerò al suo affidamento”
“Cosa???” Semir era sconcertato “Ben non stai pensando veramente a ciò che stai dicendo”
“Semir, Livyana l’ho persa il giorno stesso che ha scoperto quel maledetto fascicolo su Wust, da allora non mi ha più guardato in faccia, tra noi è calato il gelo, niente tornerà come prima”
Semir non osò replicare.

I due poliziotti fecero quindi ritorno alla pensione, non sapendo di essere nel mirino del binocolo di uno degli uomini di Junker.
L’uomo dopo qualche chilometro fece una telefonata.
“Amber” esordì Derrik “Sto inseguendo i poliziotti di Colonia, il capo aveva ragione”
“Bene restiamo in contatto voglio sapere ogni loro spostamento, non perderli mai di vista per nessuna ragione, ci condurranno da Wust e se non fosse così prima di eliminarli li faremo confessare”
“Ma se…” ribatté perplesso Amber.
“So che vuoi dire, potrebbero non saperlo, ma sanno troppo. Quei due alla fine devono essere eliminati”
“Ricevuto” e detto questo Derrik continuò a seguirli mantenendosi a debita distanza.

Mathias Wust si sedette sulla panchina di un piccolo parco.
Era sfuggito alla follia omicida di Junker per un puro caso e ora si trovava in una situazione disperata e senza via d’uscita.
Junker aveva ucciso gli unici due testimoni che avrebbero potuto in qualche maniera scagionarlo e sicuramente con loro erano morte le sue speranze di poter vivere il resto della sua vita fuori dal carcere, da innocente, magari in compagnia di Livyana.
Wust si asciugò le lacrime col dorso della mano, poi dalla tasca prese qualche moneta, avrebbe telefonato a Livyana dandole appuntamento da qualche parte della città.
Le avrebbe spiegato l’evolversi della situazione, l’avrebbe messa di fronte ad una scelta che difficilmente avrebbe potuto essere diversa, doveva vederla e forse dirle addio…l’unica incognita era trovare una cabina telefonica ancora attiva compito abbastanza arduo in un’era in cui anche i bambini di dieci anni posseggono un cellulare.
 “Vado a darmi una rinfrescata questa attesa mi sta uccidendo”
Livyana si alzò dal letto, mentre Demis seduto su una sedia leggeva un quotidiano di due giorni prima.
“La prossima volta che scappi mi porto un libro e comunque questo è sempre meglio di niente” sogghignò Demis quando la ragazzina gli fece notare che stava leggendo notizie ‘vecchie’.
Passò qualche minuto quando il cellulare della ragazzina suonò.
“Rispondi tu Demis, arrivo subito” chiosò attraverso la porta.
“Pronto chi parla?” chiese il ragazzo non riconoscendo il numero.
“Sono Mathias, Demis mi passi Livyana per favore?”
“Livyana è in bagno...” ma venne interrotto da Mathias.
“No devo parlare con lei, subito…”
Demis stava per ribattere qualcosa, quando dal bagno uscì la ragazzina.
“Chi è?” chiese subito Livyana, poi vedendo la faccia contrariata di Demis domandò “È Mathias?”
“Sì è lui” rispose mettendo una mano davanti al microfono del cellulare “Però secondo me dovresti aspettare che l’ispettore Jager…” ma Livyana interruppe bruscamente il ragazzo.
“Passamelo per favore” quasi ordinò la ragazzina stendendo la mano.
Seguirono alcuni minuti in cui Livyana chiusa in bagno e lontana da qualsiasi orecchio indiscreto chiedeva spiegazioni a colui che considerava il suo vero padre.
Demis cercò di origliare attraverso la porta, ma l’unica cosa che poté capire fu che la ragazzina non ricevette alcuna risposta alle sue molteplici domande.
Alla fine sconsolata Livyana chiuse la comunicazione uscendo dal bagno con le lacrime agli occhi.
Demis si avvicinò a lei.
“Bambolina sono qui, se vuoi parlare…”
“Adesso non è tempo di parlare” replicò Livyana tirando su col naso e asciugandosi gli occhi col dorso della mano “Dobbiamo muoverci”
“E dove pensi di andare” Demis cercò di assumere un tono severo “E poi l’ispettore Jager si fida di me, gli ho promesso che in sua assenza ti avrei protetto e mi ha fatto giurare che…”
“Senti non mi interessa un fico secco di quello che ha detto Ben, devo andare e se tu verrai con me bene, altrimenti tu puoi restare e aspettarlo qui”
“Livyana per favore” supplicò Demis.
“Senti l’ultima volta che io e Ben ci siamo parlati…ecco per lui in questo momento non esisto”
“Non penso proprio che l’ispettore Jager la pensi così se fosse come dici tu non sarebbe venuto qui a Cottbus” replicò Demis.
“Mi ha detto che se deciderò di restare con Mathias per lui io sarò come se fossi morta, secondo te che voleva dire?” rimbeccò lei mettendosi le mani sui fianchi.
Demis non osò ribattere.
Nella stanza ci fu qualche secondo di silenzio, a porvi fine fu proprio Demis
“Sai che puoi sempre contare su di me e mai e poi mai ti lascerei girare da sola in questa città” il ragazzo ispirò a fondo, poi continuò “Prendiamo le nostre cose così non dovremmo tornare qui a riprenderle”
“Grazie Demis e scusa se sono stata sgarbata è che questa faccenda mi sta…” Livyana non riuscì a trovare le parole, un groppo alla gola le impedì di continuare il discorso.
Demis dal canto suo capiva benissimo lo stato d’animo della ragazzina, piano le accarezzò una guancia.
“Andiamo?” chiese lei.
“Certo”
Cercando di non attirare gli sguardi di nessuno i due ragazzi uscirono dalla pensione, chiamarono un taxi e con quello si diressero verso un posto dove avrebbero trovato ad aspettarli Mathias.
“Hai paura?” chiese Demis.
“Sì” rispose lei stringendo la mano di lui “Ho paura che questo sia un addio, al telefono…sono quasi sicura che con lui non c’era né Ben, né zio Semir”
“Pensi che abbiano mollato?” domandò Demis.
“Ben e Semir mi avrebbero avvisato, non sono tipi da mollare a meno che…” Livyana strinse forte la mano del ragazzo.
“A meno che non siano di fronte a un caso disperato?” continuò Demis per lei.
“Forse potrebbe essere così e non hanno trovato nulla per scagionare mio padre”
“A proposito…sei sicura che lo sia?” era tanto che Demis voleva farle quella domanda.
“Non ha importanza ora” e con questo Livyana troncò ogni discorso.

Angolino musicale: il titolo del capitolo sembra scritto apposta per me…Grazie a chi continua a seguirmi…e naturalmente un grazie enorme alla mia ‘Beta’ Maty.
Vi auguro una serena e felice Pasqua…e a presto (spero).
ChiaraBJ.
Leave The Memories
Changed forever (cambiare per sempre)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=SQdoELWpaVQ
Mantengo le distanze per staccare la spina Così posso respirare di nuovo Ho già̀ visto tutto questo Un giorno i rimorsi svaniranno Non tornerò̀ indietro Ma non siamo destinati a finire Non impazzirò̀ per te A volte vorrei potermelo permettere Per le cose che hai fatto Dovrei essermene già̀ andato da un pezzo Non è mai stato abbastanza Ora è il momento di credere di nuovo Basta preoccupazioni Niente più̀ brutte giornate Voglio vivere la mia vita facendo ciò̀ che amo Voglio poter dire di essere felice, è il mio turno…
 

 

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Capitolo 12
*** Fine dei giochi ***


Fine dei giochi

Ben e Semir parcheggiarono davanti alla porta principale della vecchia pensione dove avevano trovato rifugio Mathias Wust, Livyana e Demis.
“Sei sicuro…non vuoi che prima troviamo Mathias?” domandò Semir mentre scendeva dall’auto “Dobbiamo assolutamente sapere cosa è successo a casa della Kupfer”
“No” rispose deciso Ben “Comincio ad averne davvero le scatole piene di questa storia, eravamo ad un passo dal risolvere tutto e…puff! La Kupfer è morta e Wust è scomparso. Credo che Livyana alla fine deciderà di voler restare qui…dovrò portarla a Colonia con la forza” ribadì sconsolato Ben mentre salivano le rampe delle scale che portavano alla piccola stanza della pensione.
Ben diede quattro colpi secchi alla porta, ma all’interno nessuno rispose.
“Livy, Demis siamo noi…aprite” quasi urlò il giovane ispettore.
Semir non aspettò oltre, dalla tasca posteriore dei jeans estrasse i piccoli attrezzi e dopo pochi semplici movimenti aprì la porta.
Vuota.
La piccola stanza era inesorabilmente vuota.
Mentre Ben per alcuni attimi restò come imbambolato sulla soglia, Semir si precipitò verso il bagno.
“Maledizione dove saranno andati???” esclamò Ben sentendo che il panico si stava impadronendo di lui.
Semir fortunatamente a differenza del socio non perse il suo sangue freddo.
“Ben Demis ti disse che aveva con sé un cellulare” lo rincuorò.
“Sì…sì adesso che ci penso sì…” rispose il ragazzo quasi balbettando.
“Inoltra il numero al distretto, Susanne lo rintraccerà, forse ci impiegheremo un po’ a trovarli, Cottbus non è Colonia, ma con un po’ di fortuna e l’applicazione giusta li rintracceremo”
“Sì certo…di questi tempi c’è un’applicazione per tutto” convenne Ben cercando di smorzare un po’ la tensione “Livyana sicuramente è con lui, lo avrà costretto a seguirla come ha fatto a Colonia” replicò mentre telefonava al distretto.
Pochi squilli dopo.
“Polizia autostradale” rispose l’efficiente segretaria.
“Susanne devi rintracciarmi un numero qui a Cottbus…” chiese Semir.
“E magari vuoi pure che ti faccia da navigatore???” ribadì la ragazza.
“Oddio sarebbe una pacchia…si può fare???” replicò il poliziotto.
“Smettila di fare il ruffiano, Semir e dammi il numero, poi vedrò che posso fare…”
“Grazie sei…” Semir fu interrotto dalla segretaria.
“Efficiente, utile, intraprendente, eccetera, eccetera, eccetera. Cercate di risolvere le vostre grane e tornate a Colonia sani e salvi…a smontarvi pezzo per pezzo ci penserà la Kruger!”
“Ricevuto” e senza dire altro Semir concluse la telefonata.

Nel frattempo Mathias Wust miracolosamente, sfuggito all’ennesimo attentato alla sua vita, telefonò a Livyana. Le diede appuntamento sopra una piccola collinetta, un luogo abbastanza elevato dove si poteva ammirare l’intera città di Cottbus.
Per telefono, l’uomo le aveva dato tutte le indicazioni per raggiungere quel stupendo belvedere ed ora la ragazzina assieme a Demis si stava dirigendo verso quel luogo.
“Ciao Livyana” esordì Mathias alla vista della ragazzina, qualche passo dietro di lei c’era Demis.
Il ragazzo aveva preferito restare in disparte, gesto molto apprezzato da Livyana e soprattutto da Mathias.
“È un addio questo?” esordì la ragazzina avvicinandosi a Wust.
“Dipende da te, purtroppo coloro che potevano provare la mia innocenza sono morti, tutti…”
“Ben…zio Semir…non saranno…” Livyana si portò una mano alla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime.
“No, piccola, non temere per loro” la rassicurò subito Mathias mettendole le mani sulle spalle “I tuoi amici poliziotti sono vivi, ma nemmeno loro potranno salvarmi…sicuramente si arrenderanno fra poche ore e l’ispettore Jager farà di tutto per riportarti a Colonia”
“Ben non mollerà, se sei innocente lo proverà” replicò decisa Livyana.
“Dubito che ora come ora voglia e possa aiutarmi” ribadì con un filo di amarezza l’uomo “Ma prima di andarmene da questa città, prima di far sparire ogni traccia di me voglio che tu sappia la verità, so chi è stato a uccidere tua madre e il motivo. Poi sarai tu a decidere cosa vuoi fare e con chi rimanere”
La ragazzina annuì con un leggero cenno del capo.
Mathias le raccontò tutto ciò che era successo negli ultimi quindici anni, della morte della madre, del suo arresto, del processo. Livyana ascoltava attenta, gli occhi divennero lucidi.
Proseguì il suo racconto parlandole della sua lunga detenzione in carcere da innocente, le poche foto che le aveva inviato Popov, la speranza di poterla un giorno rincontrare e riabbracciare l’avevano spinto a tenere duro, a sopravvivere a quindici anni di prigione.
Le raccontò dell’immensa gioia nel rivederla cresciuta dopo essere evaso dal carcere durante un trasferimento, l’incontro con i suoi amici poliziotti, dell’incidente alla cava in cui tutti e tre ne erano usciti miracolati, di Sonia Kupfer e del suo assassinio per mano di Junker.
La piccola alla fine del racconto aveva le guance rigate.
Demis vedendola singhiozzare si avvicinò mettendole delicatamente le mani sulle spalle.
“Papà…” sussurrò Livyana, stava per aggiungere qualcosa quando dietro di lei apparvero Ben e Semir.

“Che ci fate voi qui?” chiese Mathias.
“Abbiamo rintracciato il cellulare del ragazzo e…”
“Mani in alto e niente scherzi” dietro di loro risuonò il classico suono delle sicure che venivano tolte alle pistole.
Ben e Semir lentamente alzarono le mani poi con molta calma si voltarono, davanti a loro Junker e altri due uomini.
“A quanto vedo siamo alla resa dei conti” sentenziò ironico Semir.
“Sì direi di sì” rispose Junker “Ora se non vi dispiace gettate le armi, lentamente”
“Senta Junker, ha noi, Wust, lasci andare i ragazzi, loro non c’entrano nulla” negoziò Ben.
“Mi spiace, ma sanno troppe cose e poi sarebbero testimoni della vostra morte” ribatté beffardo Junker.
Ben stava per replicare qualcosa quando dalla pistola di Junker partì un colpo.
“Oddio no!” Livyana percepì un sibilo, sentì come un alito di vento passarle vicino alla testa, ma il proiettile non era indirizzato a lei.
Mathias si accasciò al suolo come fosse una bambola a cui avessero improvvisamente tagliato i fili, nello stesso istante Ben e Semir raccolsero le pistole sparando all’indirizzo dei tre criminali.
Ne seguì un violento scontro a fuoco.
Semir si mise a protezione di Demis arretrando mentre sparava, cercando di mettendolo al sicuro dietro ad un albero, mentre Ben buttò letteralmente a terra Livyana.
Lo scontro a fuoco fu breve.

Fondamentale e provvidenziale fu l’aiuto della polizia locale sopraggiunta grazie al tempestivo intervento del commissario Kruger messa al corrente da Susanne di tutto quello che stava accadendo a Cottbus.
“Con quei due farò i conti dopo” aveva tuonato Kim “Ora per favore Susanne rintracciali e cerchiamo di mandare loro dei rinforzi”

Fortuna volle che Kim Kruger conoscesse il capo della polizia di Cottbus, un certo Karl Folk amico di lunga data del commissario e da pochi giorni insediatosi al comando della polizia locale.
Folk allarmato dal commissario e desideroso di porre fine allo strapotere di Junker aveva dato il via libera ad un’operazione congiunta tra la polizia di Cottbus e i due poliziotti dell’autostradale di Colonia.

Finita la breve sparatoria i corpi dei scagnozzi di Junker giacevano a terra immobili, mentre quest’ultimo dolorante veniva ammanettato da un poliziotto della polizia di Cottbus.
“Tutto bene ragazzo?” si informò Semir notando lo sguardo a dir poco spaventato di Demis.
“Sì grazie” rispose abbastanza sicuro il ragazzo aggiungendo subito “Ispettore Gerkhan, ma lei sta sanguinando”
“Ah, è solo un graffio” fu la laconica risposta del piccolo poliziotto.
Anche Livyana si alzò, ma Ben non ebbe nemmeno il tempo di chiederle come stava.  La ragazzina si era avvicinata a Mathias che giaceva immobile a terra.
Sul petto un’enorme chiazza rossa.
“Papà, papà … parlami apri gli occhi” ma l’uomo non le rispose.
Ben si avvicinò, dietro di lui Semir e Demis assistevano alla scena.
“Tieni, comprimi la ferita, i soccorsi stanno arrivando, continua a parlargli” Ben si rivolse a Livyana con tono dolce e pieno di tenerezza, porgendole un fazzoletto di stoffa.
La ragazzina lo poggiò sopra la ferita.
Mathias a fatica aprì gli occhi, tese una mano accarezzandole la guancia.
“Ti prego non lasciarmi, non ora che ti ho trovato…”   singhiozzò la piccola.
L’uomo abbozzò un sorriso, il braccio ricadde sull’erba, poi spirò.
E nella radura risuonò il pianto disperato di Livyana.

Ben, Semir, Demis e Livyana restarono a Cottbus ancora qualche giorno, non prima di aver rassicurato la madre del ragazzo che il figlio stava bene.
Gli ispettori dovettero dare non poche spiegazioni alla polizia di Cottbus e una volta chiarite le cose per Junker si aprirono, finalmente, le porte del carcere.
Livyana con l’aiuto di Ben organizzò il funerale di Mathias, successivamente l’uomo fu seppellito accanto alla moglie Sophia.
Prima di ripartire Livyana e Ben vennero convocati da un giudice il quale si scusò pubblicamente per l’errore giudiziario e le false accuse che avevano portato in carcere Mathias Wust. Questo ovviamente non lo avrebbe riportato in vita, ma dai registri sarebbe emerso che l’uomo era stato assolto postumo da tutte le accuse a suo carico.

Ben e Livyana dopo aver concluso l’udienza davanti al giudice fecero ritorno a Colonia in treno. Per tutto il viaggio la piccola non aveva proferito parola. Aveva preso posto accanto al finestrino, lo sguardo perso, ogni tanto si asciugava una lacrima.
Ben dal canto suo non ebbe il coraggio di intavolare un discorso, anche perché stava già elaborando una specie di punizione.
Livyana gli aveva deliberatamente disubbidito, oltretutto coinvolgendo Demis che come lui e il suo socio aveva rischiato di finire ucciso per mano di Junker.
“Finalmente a casa” esordì triste Livyana entrando nel lussuoso appartamento di Ben “Mi è mancata…” stava per aggiungere qualcosa quando venne interrotta bruscamente da giovane ispettore.
“A casa??? Ti è mancata…sai che ti dico io invece??? Che dovrei prenderti a sberle ora seduta stante, anzi se te ne avessi data qualcuna in passato…se ci penso mi sale il sangue alla testa” sbottò Ben una volta chiusa la porta alle sue spalle. Il suo sguardo era a dir poco furioso e per un attimo Livyana pensò che quegli occhi avrebbero potuto incenerirla sul posto.
“Ben…ma che stai dicendo…cosa???” Livyana rimase di stucco nel sentire quelle parole.
“Non solo hai messo in serio pericolo la tua vita, ma anche quella di Demis, di Semir, la mia. Per tre mesi resterai reclusa in questo appartamento. Uscirai solo per andare a scuola e non vedrai nessuno, tanto meno Demis” concluse la frase Ben con un tono che non ammetteva repliche.
“Ma…ma…” balbettò Livyana sconvolta. Non aveva mai visto Ben così furioso nei suoi confronti.
“Niente ‘ma’ e guai a te se solo osi rimbeccare ancora!” sbroccò inviperito “Ringrazia il cielo se non ti sbatto in riformatorio”
Era la prima volta che Ben si arrabbiava così tanto con Livyana, ma la ragazzina questa volta l’aveva fatta davvero grossa.
“Non puoi farmi questo” sibilò Livyana assumendo quasi un’aria di sfida.
“Oh vedrai…posso eccome. Resterai anche senza cellulare, tablet e pc. Che ti serva di lezione, razza di incosciente che non sei altro…se ci penso…potevi farci ammazzare tutti” rispose duro il giovane poliziotto, ormai era un fiume in piena e niente e nessuno avrebbe potuto fermare quel suo sfogo.
“No, non puoi farlo” sbottò di nuovo lei quasi volendo sfidarlo ancora di più “Non hai il diritto di trattarmi così”
“Ah no? Tanto per cominciare il concerto di Tom Beck del prossimo mese te lo scordi”
“Cosa??? Ma sei fuori di testa??? Non puoi farmi questo, tutte le mie amiche ci vanno, il biglietto me lo sono guadagnato, non me lo hai comprato tu”
“Non mi provocare signorina e stai attenta a come parli” e avvicinandosi le puntò contro un dito come a voler confermare che in quella casa comandava lui “Posso eccome, ricorda che tu sei sotto la mia tutela…fino a che resterai qui farai quello che ti dico io, ci siamo capiti?”
“Ti odio quando fai così, tu non sei niente per me! Ti odio Ben” gli ripeté con rabbia “Tu non sei mio padre! Elise mi avrebbe capita…” ma non poté concludere la frase Ben la incalzò bruscamente.
“Non chiamare in causa Elise. Non penso proprio che ti avrebbe assecondata…” i suoi occhi quasi fiammeggiavano.
“Non è vero, mi avrebbe capita” sentenziò Livyana.
Ben era stanco di quel botta e risposta, alla fine sbroccò di nuovo cercando di troncare una volta per tutte quel discorso.
“Elise è morta, maledizione! Non c’è più, e purtroppo niente e nessuno potrà riportarla in vita” Ben aveva le lacrime agli occhi mentre pronunciava quella frase.
“Già e se è morta è stata per colpa tua!” fu la secca risposta della ragazzina.
Il ceffone che le arrivò sicuramente fece più male a Ben che a lei. Entrambi per qualche istante si guardarono.
Poi lei corse in camera sua, sbattendo volutamente e violentemente la porta, chiudendosi dentro.

Ben per un attimo si guardò la mano.
Mai aveva alzato le mani su qualcuno che non fosse un criminale.
Ora lo aveva fatto contro la ‘sua’ bambina.
Il giorno dopo Ben si svegliò di pessimo umore, aveva sentito il suono freddo della sveglia, si era alzato ed era andato a lavoro, senza fare colazione con Livyana e senza nemmeno salutarla.
La ragazzina dal canto suo era andata, subito dopo il litigio con Ben,  in camera sua per non uscirvi più se non dopo che lo aveva sentito uscire di casa.
Anche lei aveva dormito poco e male, ma nella sua testa credeva di aver ragione pure lei. Ben, secondo la sua logica non avrebbe dovuto impedirle di andare a cercare i suoi genitori, o presunti tali. Avrebbe dovuto assecondarla, aiutarla a trovarli, evitando così fughe e il rischio di rimetterci tutti le penne.
Anche lei comunque quella mattina non fece colazione, si alzò, si lavò e si vestì, quindi uscì di casa per andare a scuola. Avrebbe preso l’autobus e avrebbe visto Demis.
Ben intanto aveva preso l’autostrada e si stava dirigendo verso la sede della CID. Aveva i nervi a fior di pelle, era agitato e pieno di rabbia. Come aveva potuto quella ‘piccola peste’ incolparlo della morte di Elise?
Elise gli mancava come l’aria, l’unica donna che era riuscito a portare all’altare, l’unica che lo capiva con un semplice sguardo, con lei avrebbe costruito una famiglia e Livyana ne avrebbe fatto parte.
Già Livyana, per un attimo l’aveva odiata, le aveva dato una sberla secondo il suo punto di vista più che meritata, ma ora si sentiva male, a disagio. Chissà se passata la ‘tempesta’ del momento tutto sarebbe tornato come prima. Possibile che la ragazzina non si fosse ancora resa conto che con il suo sconsiderato comportamento aveva messo in pericolo delle persone?
Ben decise di fermarsi in una piazzola, doveva scendere, fare due passi, calmarsi. Arrivare in ufficio in quello stato non avrebbe giovato a nessuno, tanto meno a lui. Parcheggiò quindi in una piccola area di sosta, ma prima di scendere telefonò a Semir, per dirgli che quella mattina sarebbe arrivato con un paio d’ore di ritardo.
“Ciao socio” esordì Semir dall’altra parte del telefono e prima ancora di aggiungere qualcosa fu interrotto da Ben.
“Ciao socio, senti arriverò tardi al lavoro…”
“Dalla voce deduco che hai dormito poco, mica ti sentirai in colpa per la ramanzina che ti ha fatto Livyana…o la stai scortando al riformatorio?” scherzò il piccolo ispettore.
“Tranquillo questa volta la ramanzina l’ho fatta io a lei, solo che alla fine…”
“Non voleva ammettere di aver agito in maniera avventata?” il tono di Semir si fece serio percependo una nota di dolore nel tono della voce di Ben.
“Alla fine le ho dato un ceffone e credimi se ti dico che ne avevo tutte le ragioni, ma mi conosci, sai come sono fatto, alla fine mi sono sentito così male e…”
Improvvisamente la comunicazione si interruppe.
“Ben?” chiamò Semir, non ricevendo risposta “Sarà caduta la linea…”
Semir provò a richiamare l’amico, ma il telefono risultò occupato.
Aspettò qualche minuto poi riprovò e l’esito fu lo stesso.
Decise quindi di andare nella sala operativa e di chiamarlo attraverso la radio di servizio.
“Comando a Cobra 11, Ben mi senti?”
“Semir…sono…la testa…incidente…” farfugliò Ben.

Alcune ore dopo Semir si presentò all’uscita della scuola di Livyana, le lezioni erano finite e la ragazzina avrebbe preso l’autobus per rientrare a casa.
Alla vista dello ‘zio’ Livyana prese d’istinto la mano di Demis che stava scendendo le scale accanto a lei stringendola forte.
“Zio Semir, è successo qualcosa a Ben” disse piano sottovoce quando fu abbastanza vicina al piccolo ispettore, la sua presenza non era mai un buon segno se accanto non vi era Ben.
Semir non le diede risposta subito, ma si rivolse a Demis.
“Demis oggi Livyana viene a casa con me, ma se vuoi posso darti un passaggio”
“No ispettore, la ringrazio, prendo l’autobus” e rivolgendosi a Livyana “Ci sentiamo più tardi” poi la salutò avviandosi verso la fermata.
“Vieni, ti porto da Ben” la frase suonò alle orecchie della ragazzina gelida.
“Ben sta bene vero?” insistette Livyana.
“Dovresti dirmelo tu” rispose Semir facendola salire nei sedili posteriori della BMW.
“Scommetto che te lo ha detto, tra voi non ci sono segreti. È comunque la colpa è sua…”
“Sua? Santi numi Livyana, ma tu non ti rendi conto che…” Semir avrebbe voluto dirgliene quattro, ma venne interrotto dalla ragazzina.
“Io volevo solo sapere chi sono!” sbottò lei “E lui mi ha dato un ceffone”
“Chissà, ma penso che tu non ti sia solo limitata a dirgli quello, altrimenti non ti avrebbe dato un ceffone, lo conosco bene…e comunque Ben avrebbe dovuto sculacciarti tanto tempo fa” e prima che la ragazzina potesse aggiungere qualcosa continuò “Adesso ti sto portando da lui, stamattina ha avuto un incidente. Ora si trova all’ospedale”
“Cosa?” Livyana guardò incredula Semir.
Tutto il rancore che aveva verso il ragazzo si azzerò in un istante.
“Ma sta bene vero? Non è grave? Zio…”
“Non lo so, davvero…ho solo visto le condizioni della Mercedes, spero davvero che stia bene, non doveva nemmeno mettersi al volante in quelle condizioni…”
“Mio Dio…è colpa mia, non dovevo dirgli di Elise e Ben quando si arrabbia…si sarà sentito in colpa” farfugliò tra i singhiozzi e in quel momento le sembrò di rivivere la perdita dei genitori e il conseguente ferimento di Ben avvenuto qualche anno prima “Zio Semir, non voglio perdere anche lui…”
 
Livyana entrò piano nella stanza di Ben.
Il ragazzo dormiva pacifico e se non fosse stata per la benda che aveva sul capo la piccola lo avrebbe trovato, come al solito,  addormentato nel ‘posto sbagliato’.
Semir le aveva detto che Ben si era fermato con l’auto in una piazzola dell’autostrada ed era stato violentemente tamponato da un'altra vettura che aveva perso il controllo a causa dello scoppio di un pneumatico.
Entrambi i conducenti erano stati ricoverati all’ospedale, e delle loro condizioni nessuno aveva ancora saputo dirgli nulla. Semir quindi aveva chiesto ad un’infermiera se poteva parlare con un medico, mentre la piccola sarebbe andata di persona a sincerarsi delle condizioni di Ben.
“Ti hanno messo una maglietta, non sarà un pigiama, ma è già qualcosa, di solito qui non lo hai mai…” e avvicinandosi al letto prese la mano del ragazzo tra le sue. La ragazzina diede una rapida occhiata al corpo del ragazzo. Il torace si alzava e abbassava lentamente, un dito della mano era collegato ad un monitor attraverso un filo e a parte quello Ben non era ‘attaccato’ a nessun altro macchinariofatto che a Livyana sembrò molto positivo.
“Ben mi senti? Sei sveglio?” chiese speranzosa.
Nessuna risposta.
Livyana insistette, ma Ben nemmeno questa volta le rispose. Semir non aveva saputo dirle nulla o non aveva voluto, forse perché Ben…non si sarebbe più svegliato?
“Ben dimmi che ti sveglierai, Ben ti prego, parlami…” ma l’esito fu lo stesso: silenzio.
La ragazzina quindi si sedette ai piedi del letto, cominciando seriamente a preoccuparsi.
“Mi dispiace Ben, non volevo essere cattiva, ma ti prego svegliati. Un ceffone…non voglio che il mio ultimo saluto, il nostro addio sia stato un mega litigio. Non voglio vivere con il rimpianto di averti fatto star male, di averti quasi fatto uccidere, di non averti ascoltato e chiesto scusa”
Il ragazzo nemmeno si mosse, niente dava l’impressione che Ben si stesse svegliando.
“Ben ho paura, davvero…non voglio perdere di nuovo il papà…” e avvicinandosi si sdraiò accanto al ragazzo cingendogli un braccio.
“Me lo sono meritato il ceffone, adesso ho capito, so di averla combinata grossa, so che tu mi vuoi bene, mi dispiace Ben, non volevo dirti quelle brutte cose…Elise, non è morta per colpa tua, ma ora ti prego svegliati, non voglio perdere anche te” continuava a ripete tra i singhiozzi stringendo il braccio di Ben ancora più forte.
“Quando capirai che ti voglio bene e che per me sei importante?” le disse Ben aprendo gli occhi.
Livyana alzò il viso, davanti a lei il sorriso più bello che potesse desiderare di vedere.
“Lo so e so anche che le ramanzine vengono da coloro che ci vogliono bene…prometto che la prossima volta”
“Spererei che non ci fosse una prossima volta, altrimenti altro che tre mesi, ti metto in punizione per un anno intero…” replicò secco Ben.
“Quindi i tre mesi…restano, niente sconti”
“Sì, senza condizionale, mi dispiace, ma la punizione resta”
“Sempre meglio del riformatorio” cercò di scherzare la ragazzina.
“Attenta signorina…”
“Dovrò chiedere scusa anche a zio Semir, Demis mi ha già perdonata…”
“Certo…e comunque è logico che Demis ti ha già perdonata, ‘quello’ è cotto a puntino. Livy…” Ben abbassò per un attimo lo sguardo “Mi dispiace…a Cottbus, non volevo dirti quelle parole, erano dettate dalla rabbia, dalla paura di perderti…”
“Ti riferisci a quella volta che mi hai detto che piuttosto di vedermi andar via con Mathias avresti preferito vedermi morta?” anche Livyana abbassò lo sguardo visibilmente imbarazzata.
“Beh non era proprio così, ma non posso nasconderti che…” Ben non sapeva come proseguire.
“Tu eri geloso di Mathias vero?” la ragazzina quasi sussurrò la domanda mentre lo guardava dritto negli occhi.
“Sì…no…forse sì…” quasi balbettò Ben “Anzi sicuramente, ma non puoi farmene una colpa. Ci tengo a te e Mathias…non sapevo chi era, cosa volesse da te”
“Mi hai detto quelle cose per farmi ragionare…ma io…ero arrabbiata. Volevo il tuo aiuto senza darti spiegazioni, poi tu te ne sei andato senza darmi la possibilità di dirti come stavo in quel momento” tentò di giustificarsi Livyana.
“Sai Mathias in fondo aveva ragione dicendomi che ero geloso di te” convenne Ben.
“È il tuo modo di dirmi che mi vuoi bene, adesso lo so per certo. Spero che tu possa perdonarmi e anche Mathias” la ragazzina si rabbuiò e gli occhi divennero lucidi “Purtroppo lui è morto e forse per colpa mia”
“Non sei stata tu a premere quel grilletto” replicò Ben.
“Sì però…” una lacrima le rigò il volto.
“Ascolta una volta Mathias mi disse che in prigione è stato il tuo ricordo a tenerlo in vita e poi gli hai reso giustizia…” ricordò Ben.
“Siete stati tu e zio Semir a rendergli giustizia” confutò Livyana.
Ben stava per aggiungere qualcosa quando qualcuno bussò alla porta.
“Ciao socio” esordì Semir entrando, sul suo volto un sorriso compiaciuto “Il dottore ha detto che sei solo qui per precauzione, domani sarai dimesso, come l’altro conducente”
“Sì lo sapevo”
“Quindi da domani torna tutto come prima” esultò la piccola.
“Quasi, il ‘tutto come prima’ sarà fra tre mesi e comunque la signorina deve cominciare ad ascoltare chi ne sa più di lei” ribadì Ben.
“La vedo dura” scherzò Semir “La piccola a volte è un po’ testona…”
“Sì, ma io di più” ribatté Ben “E adesso filate tutti e due a casa, fra un po’ mi portano la cena e vorrei godermi le ultime ore di pace, quiete, serenità e soprattutto silenzio”
Livyana quindi strinse a sé Ben, dandogli un bacio sulla guancia.
“Ti voglio bene Ben, per me sei importante”
“Fila a casa, e la prossima volta…”
“Non ci sarà una prossima volta” assicurò la piccola.
“Allora ciao socio” salutò Semir che prendendo per mano Livyana si avviò verso l’uscita della stanza.

“Ah Livyana” la richiamò Ben “Me lo stavo dimenticando…” la voce del ragazzo era seria, troppo e per un attimo sia la ragazzina che Semir ne ebbero paura.
“Ho qui un referto…se vuoi puoi sapere se Mathias era davvero tuo padre”
“Non l’hai aperta…” replicò la ragazzina prendendola dalle mani del ragazzo e rigirandosela nelle sue.
“Questa cosa riguarda te, non me” rispose serio Ben, mentre notava che la ragazzina continuava a rigirare tra le mani la busta.
“Non vuoi aprirla? Non sei curiosa?” incalzò il giovane.
“Sai la voglia di aprirla…è enorme, ma non posso dimenticare quello che sono stati per me Andrey e Anastasiya Karpov. Quello che conta è che mi hanno voluto bene, mi hanno cresciuta, hanno dato la vita per me, avevi ragione tu Ben, come sempre”
“Anche Mathias ti voleva bene…” quasi sussurrò Ben.
Livyana si riavvicinò al letto di Ben porgendogli la busta.
“Se vuoi ti do il permesso di aprirla, ma sappi che io, almeno per ora, non vorrò sapere niente. Mio padre è morto, era Andrey Karpov e con lui è morta anche la mamma”
Ben le sorrise “Se un giorno vorrai saperlo…terrò la busta, ma mai e poi mai l’aprirò”
“Mi sta bene, comunque non penso che l’aprirò nemmeno io, se Mathias fosse stato mio padre…cosa cambierebbe? Purtroppo anche lui se ne è andato” la ragazzina trasse un profondo respiro, aveva di nuovo gli occhi lucidi “Sai in fondo credo che mio padre non sia morto”
Ben corrugò la fronte e lo stesso fece Semir che senza volerlo guardò di sottecchi Livyana.
“Mio padre non è morto…fino a che ci sarai tu io un padre accanto lo avrò sempre, ovviamente se mi vorrai ancora”
“Sai in casa ci sarebbe pace, tranquillità, serenità, silenzio, niente fughe adolescenziali…un’autentica noia” replicò con un mezzo sorriso Ben.
Semir assistette alla scena, ora aveva anche lui gli occhi lucidi, quella ragazzina era a volte una piccola peste, ma era la ‘cosa’ migliore che Ben potesse avere accanto.
Livyana abbracciò forte il suo ‘papà’ poi uscì dalla stanza.
“Ciao socio, ci vediamo domani e ti riporto a casa” lo salutò Semir strizzandogli l’occhio.
“Ci conto socio” replicò il ragazzo.
Quando tutti furono usciti dalla stanza Ben chiuse gli occhi.
Si addormentò pacifico pensando che se il destino gli aveva portato via troppo presto una madre e una moglie, quello stesso destino almeno gli aveva ‘regalato’ una figlia.
FINE.

NOTE FINALI
Desidero scusarmi con tutti per questa interminabile assenza, ma purtroppo la vita a volte riserva ‘strane sorprese’.
Forse con questo capitolo ho messo la parola fine alla mia ‘carriera’ di autrice…o forse no, sarà il tempo a dirlo…
Ringrazio come sempre chi mi ha seguito in questi anni, la mia Beta Maty, i miei recensori e tutti i lettori.
Un abbraccio a tutti.
ChiaraBJ
Vi lascio con il solito angolino musicale:
Green Day Good Riddance (Time of your life)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=mwnoNVOj1Fs
Un’altra svolta un bivio sulla strada il tempo ti afferra per il polso ti spinge dove vuole lui perciò dai il meglio in questa prova e non chiedere il perché non è una domanda ma una lezione che ho imparato con il tempo è qualcosa di imprevedibile ma alla fine è giusto spero che ti sia divertito per cui scatta fotografie e le istantanee che hai ancora nella tua testa mettile sullo scaffale della buona salute e dei bei tempi tatuaggi di ricordi e pelle morta in prova per quel che valeva ne è valsa la pena
 
 

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