Il gioco dello Scorpione

di Lhea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXV ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXVI ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVII ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVIII ***
Capitolo 29: *** Capitolo XXIX ***
Capitolo 30: *** Capitolo XXX ***
Capitolo 31: *** Capitolo XXXI ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXII ***
Capitolo 33: *** Capitolo XXXIII ***
Capitolo 34: *** Capitolo XXXIV ***
Capitolo 35: *** Capitolo XXXV ***
Capitolo 36: *** Capitolo XXXVI ***
Capitolo 37: *** Capitolo XXXVII ***
Capitolo 38: *** Capitolo XXXVIII ***
Capitolo 39: *** Epilogo ***
Capitolo 40: *** Sorpresa ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


AVVISO

AVVISO

 

Se qualcuno di voi era stato precedentemente interessato a questa storia, ma non aveva potuto leggere per via del rating rosso, sono lieta di annunciare che ho preso la decisione di abbassarlo. Non vi preoccupate, perché la storia è sempre la stessa, ma alla fine ho ritenuto che per qualche parolaccia fosse eccessivo. Ci sono fic molto più violente e spinte che non hanno rating più bassi.

Per il resto, anche se la storia è già finita, se avete voglia di lasciarmi comunque un commento, magari in un capitolo che vi è piaciuto particolarmente oppure alla fine, è molto gradito e ben accetto. Anche perché sto provvedendo alla correzione degli errori che mi sono sfuggiti e all’aggiunta di qualche canzone, quindi riposterò tutti i capitoli (scriverò quali di volta in volta nella presentazione della storia).

Per il resto, l’unico avvertimento che posso darvi è che il tema trattato a un certo punto non sarà particolarmente allegro, ma credo di aver affrontato la cosa in modo da non urtare i sentimenti di nessuno.

Non mi resta che augurarvi buona lettura, e sperare che gradiate.

Lhea

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 7,00 – Casa

 

La sveglia iniziò a trillare forte nel buio della stanza. Solo uno spiraglio di luce filtrava tra le imposte della finestra, disegnando lame luminose sul pavimento della camera. I numeri rossi sul display lampeggiavano insistentemente, segnando l’inizio di una nuova giornata.

 

Irina, sdraiata supina nel letto, alzò un braccio e a tentoni spense la sveglia, lasciandosi scappare un grugnito scocciato, le mani che stropicciavano il volto. Trasse un sospiro prima di aprire gli occhi: i numeri sul display della sveglia segnavano le 7,01. Si girò a pancia in su, scostando bruscamente il lenzuolo, poi scese dal letto. Ancora intontita accese la lampada che aveva sul comodino e tirò su le persiane, lasciando entrare la luce di aprile nella camera da letto.

 

Nella stanza regnava il caos più totale, perché la sera prima non aveva avuto il tempo di rimettere tutto in ordine. Non aveva nemmeno guardato l’ora, quando era rientrata in casa, ma dovevano essere state più o meno le quattro del mattino…

 

Moriva dal sonno, ma come ogni volta che faceva tardi avrebbe resistito. Ormai era abituata a quel tipo di vita. Si stiracchiò, sbadigliando, poi gettò un’occhiata al lettino che era incastrato in un angolo della stanza: suo nipote dormiva ancora.

 

Infilatasi le ciabatte, Irina scese nella cucina disordinata: nel lavandino c’erano ancora i piatti della sera prima da lavare. Preparò la caffettiera e la mise sul fuoco, poi accese il televisore dopo aver trovato il telecomando dentro il cassetto delle posate. Stavano trasmettendo il telegiornale del mattino.

 

<< Anche questa volta il gruppo di pirati della strada è riuscito a sfuggire alla polizia >> stava dicendo il mezzo busto sullo schermo, un certo P.J. Friedman << Le autorità però assicurano che stanno facendo tutto il possibile per sgominare la banda, il cui numero di componenti sembra vari da zona a zona… Fortunatamente, la gara clandestina non ha causato incidenti sull’autostrada, ma ha gettato nel panico gli ignari automobilisti, che si sono visti sfrecciare di fianco diverse auto a velocità inaudite >>

 

Irina sbuffò: non avrebbero mai preso nessuno di quei piloti clandestini, semplicemente perché la polizia stessa li copriva. La gente di Los Angeles credeva che quei pazzi criminali avessero ormai i giorni contati, ma si sbagliava di grosso. Lei, che era nel giro, lo sapeva bene.

 

Intanto, sullo schermo trasmettevano le immagini, riprese da un elicottero della polizia, di cinque auto che correvano a una velocità folle sull’autostrada: tutte macchine di grossa cilindrata, tra cui una Porsche gialla in testa alla gara. Notò subito un’auto bianca che superò a destra un lungo Tir che trasportava bestiame, e che sfrecciò via nel giro di dieci secondi. “, sono stata brava” pensò con un mezzo sorriso sul volto.

 

Mentre il mezzo busto annunciava un altro servizio, si voltò e cercò in un cassetto un biberon e lo riempì di latte caldo, lasciandolo raffreddare sotto l’acqua corrente.

 

Andò a vestirsi in camera, infilandosi un paio di jeans e una maglia scura. Poi si mise le scarpe, un paio di mocassini beige, e si chinò sul lettino di suo nipote. Dentro, dormiva un bimbo di circa due anni, dal viso tondo e i capelli chiari. Era Thomas, il figlio di suo fratello.

 

Prese il bambino in braccio, svegliandolo dolcemente. Lui appoggiò la testa sulla sua spalla, stringendole con una manina una ciocca di capelli, senza l’intenzione di svegliarsi. Con Tommy tra le braccia scese di nuovo in cucina, gettando prima un’occhiata alla porta chiusa della camera di suo padre, e preparò la borsa con il cambio del bimbo per la giornata.

 

<< Ciao piccolo >> disse, vedendo Tommy che si svegliava << Vuoi fare colazione? >>.

 

Gli porse il biberon che lui prese con le manine e che portò subito alla bocca. Irina lo fece sedere sul seggiolone, bevve in fretta il caffè e aggiunse la tazza alla pila di piatti da lavare.

 

Sul bancone strapieno di stoviglie gettate alla rinfusa, vide i due cellulari con cui andava sempre in giro: il Nokia per le comunicazioni personali, e il Motorola ultimo modello per farsi trovare quando era ora di gareggiare. Due oggetti che rappresentavano il suo modo di essere.

 

Il display a colori del Motorola lampeggiava, con la dicitura “Nuovo messaggio”. Irina lo prese e lesse.

 

Consegna la posta a Gulliver. Il pacco è già nella tua auto”

 

Il mittente era William, che le dava il lavoro per quella giornata. Doveva averle lasciato il pacco nel bagagliaio la sera precedente, prima di fare la gara.

 

“Consegnare la posta” aveva un significato ben preciso, e lei sapeva quale. E anche cosa si intendeva per “pacco”.

 

Dando un ultimo sguardo al televisore, accese il Nokia e lo mise nella borsa, poi vestì Tommy, controllando ogni tanto l’orologio.

 

In quel momento, entrò in cucina suo padre, un uomo dalla calvizie incipiente e dalle mani grandi come badili. Si passò una mano sulla faccia e aprì il frigo, facendo un grugnito, i piedi che strisciavano per terra dando il nervoso a Irina.

 

<< Devi andare a fare la spesa >> disse lui.

 

Irina non lo degnò nemmeno di uno sguardo: “Devi andare a fare la spesa”, “E’ finita la birra” e “Ho fame” erano le uniche frasi coerenti che Todd era in grado di pronunciare. Per il resto, passava la giornata a bere seduto in soggiorno.

 

Di lavorare suo padre non ci pensava proprio. Disoccupato cronico, sbandato, praticamente sempre arrabbiato, trascorreva le sue giornate in giro per la città a condurre loschi affari, o semisdraiato davanti alla TV. Irina non lo odiava, ma non poteva nascondere di sopportarlo a stento, certe volte. Era il prezzo da pagare per salvare la vita a lui e ai suoi fratelli.

 

Dieci minuti dopo, Irina chiudeva a chiave la porta di casa con Tommy in braccio e raggiungeva il garage.

 

Ad attenderla, affiancate l’una vicino all’altra, c’erano le sue due auto, le uniche cose che al momento rappresentavano la sua vita. Una era un’Audi TT nero lucido, cerchi in lega ribassati e tettuccio in vetro apribile.

 

L’altra, nascosta sotto un telo scuro, era “la Belva”, come la chiamavano tutti quelli che erano del suo stesso giro. Una Grande Punto bianco lucido, cerchi da 21’ a sei razze, pneumatici ribassati Pirelli. Paraurti sportivi e minigonne laterali. Assetto ribassato e sospensioni specifiche. Spoiler posteriore e scanalature sul cofano per far respirare il potente motore. Fari allo xeno con luci di posizione azzurre. Scarico cromato e specchietti retrovisori con calotta nera. Sulla fiancata, l’aerografia nera di una fenice stilizzata.

 

E sotto il cofano, un motore che non conservava nulla dell’originale. Un 2.8 litri da 255 cavalli, capace di spingere quella vettura a 250 km/h e oltre.

 

Irina fissò un attimo la macchina nascosta sotto la stoffa scura, poi aprì la porta della TT e fece sedere Tommy nel seggiolino con un po’ di difficoltà. Quell’Audi non era proprio il genere di macchina che si addice a una ragazza con un bambino.

 

<< Arrivo subito >> disse dolcemente a Tommy. Lui la guardò sparire in silenzio, come faceva sempre.

 

Tolse il telo alla Grande Punto, e aprì il bagagliaio. Dentro c’era un pacco quadrato, ricoperto da carta marrone, senza alcuna scritta. Era droga, la droga che lei doveva consegnare.

 

Afferrò la scatola e richiuse il baule con uno scatto, poi ricoprì l’auto con il lenzuolo. Nascose “la posta” sotto il sedile anteriore della TT, e uscì dal garage, diretta da “Gulliver”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con una silenziosa frenata, l’Audi TT si fermò davanti al cancello in ferro battuto di una grande villa con vista sul mare, a nel quartiere di Play del Rey. Il sole del mattino faceva brillare le vetrate della casa, e anche da fuori si sentiva lo scrosciare dell’acqua della piscina.

 

Un inserviente fece aprire il cancello appena la vide, e Irina entrò nella tenuta a passo d’uomo. Le pietre del selciato scricchiolavano sotto le gomme ribassate della TT.

 

Tommy non c’era: lo aveva già lasciato all’asilo nido. Guardò l’orologio: era in perfetto orario. Normalmente non era lei a recarsi da Gulliver, ma evidentemente Patrick aveva altro da fare, quella mattina.

 

Un uomo di circa cinquant’anni uscì dalla porta vetrata della villa, vestito in un completo di lino bianco e occhiali da sole vecchio tipo. I corti baffetti a spazzola sembravano tagliati con la squadra, e gli davano l’aria di un perfetto uomo d’affari.

 

<< Buongiorno, Fenice >> la salutò cordialmente, mentre Irina scendeva dall’auto.

 

<< Buongiorno a lei, signor Woodhook >> rispose la ragazza.

 

Gulliver era un soprannome. Per evitare di svelare qualche informazione riservata nel caso i messaggi di William venissero intercettati, tutti i clienti dello Scorpione erano conosciuti con un soprannome. E lo stesso valeva per i piloti della Black List, oltre che per un altro alto numero di persone che voleva far parte del giro di William.

 

<< Ecco la posta di oggi >> disse Irina, consegnando il pacco all’uomo, << Ha già pagato, vero? >>.

 

<< Come sempre >> ribatté l’altro, << Come mai Patrick non è venuto, oggi? >>.

 

<< Non ne ho idea >> rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle, << Immagino avesse qualcosa di urgente da fare… >>

 

<< Oh… Posso offriti un caffè, allora? >> domandò Woodhook, facendole cenno di entrare in casa.

 

<< No, la ringrazio >> disse Irina, << Devo andare a lezione. Arrivederci >>

 

Senza aggiungere altro, la ragazza risalì sulla TT e uscì dal cancello, lasciandosi in pochi minuti alle spalle la villa.

 

Oltre che fare la pilota clandestina, Irina era anche uno dei “corrieri” di William Challagher, che si occupavano di consegnare la droga che lui trattava. Era sorprendente scoprire quante persone insospettabili avessero vizi del genere. Woodhook era uno di quelli.

 

Mezz’ora dopo, Irina parcheggiava l’Audi davanti all’università, incastrandola con un abile manovra tra due pick-up dopo aver cercato per venti minuti buoni un parcheggio. Per fortuna non ci andava quasi mai in macchina, visto che non distava molto da casa sua.

 

Scese dall’auto con la borsa dei libri in spalla e guardò l’orologio. Erano le 9.30, giusto in tempo per la lezione di marketing.

 

A passo veloce entrò nella University of South California, dalla bella facciata in mattoni chiari. I corridoi erano gremiti di studenti che si spostavano per cambiare aula, parlando animatamente tra loro. Incrociò un paio di ragazzi che conosceva di vista e li salutò con un cenno del capo, ignorando le occhiate che qualcuno le aveva lanciato: anche lì c’era gente che sapeva chi era.

 

Raggiunse l’aula 12 con il fiato corto. Entrò, cercando con lo sguardo le sue tre amiche, sedute a metà della stanza. Una, Jenny, era una ragazza minuta, dai capelli neri e il viso affilato; Katy aveva i capelli biondo scuro, un fisico molto robusto e un paio di occhiali dalla montatura viola; e poi c’era Angie, la “secchiona” del gruppo, magra magra e dai capelli castani perennemente legati.

 

<< Eccomi! >> disse Irina, sedendosi vicino a Jenny e gettando la borsa dei libri sotto la sedia.

 

<< Ciao >> la salutò la ragazza, << Appena in tempo, il professore sta per iniziare >>.

 

Irina si voltò verso la cattedra dell’insegnante, per vedere che l’uomo stava afferrando il microfono intimando il silenzio all’aula gremita da almeno duecentocinquanta studenti. Si sedette di scatto, tirando fuori il quaderno per gli appunti.

 

Era una fortuna che il lunedì le lezioni iniziassero alle 9.30: per lei era sempre un giorno critico. Normalmente aveva un fine settimana di notti brave da smaltire.

 

Jenny, Katy ed Angie erano le sue migliori amiche, e come tali sapevano che era una pilota clandestina e il giro che frequentava. Si conoscevano da molto prima che lei fosse costretta a iniziare la sua vita da criminale, ma aveva rivelato loro il meno possibile su quello che faceva. Sapevano che gareggiava con auto potenziate, che partecipava alle feste della gente più potente della città, ma non sapevano altro sulla sua doppia vita. Per loro era sempre l’Irina che avevano conosciuto al College, la ragazza dalla famiglia scapestrata e il sorriso perennemente sul viso. , si sbagliavano di grosso. Erano cambiate tante cose da allora.

 

Mezz’ora dopo l’inizio della lezione, Irina ascoltava distrattamente il professore, la testa appoggiata sulla mano sinistra, mentre con l’altra cercava di prendere appunti. Nonostante il caffè, aveva sonno.

 

Jenny le diede una gomitata, e lei si riscosse.

 

<< Ragazze, ho bisogno di un altro caffè >> disse reprimendo uno sbadiglio << Che ne dite se nella pausa facciamo un salto al bar? >>

 

Jenny annuì.

 

Nell’aula il brusio aumentava, segno che ormai gli studenti iniziavano a cedere alla stanchezza e alla noia. Alla fine, il professore decise di lasciargli fare una pausa, sperando si dessero una calmata. Molto probabilmente il lunedì non era un giorno critico solo per Irina.

 

Le quattro ragazze si alzarono, lasciando penne e quaderni sui banchi. Un attimo dopo camminavano lungo il corridoio che portava al bar dell’università, insieme a un altro bel gruppo di studenti.

 

<< A che ora sei tornata ieri sera? >> chiese Katy.

 

<< Alle quattro >> rispose Irina, infilandosi nel bar affollato e mettendosi in coda alla cassa << Sai che mi piace la vita movimentata >>.

 

Jenny ridacchiò.

 

“Movimentata non era proprio il termine giusto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14,30 – Autostrada

 

Alexander Went sfrecciava sull’autostrada in direzione Sud, a bordo della sua BMW M3 bianca. Con la radio che trasmetteva una canzone dei Linkin Park a tutto volume, si piazzò lungo la corsia di sorpasso sapendo di star infrangendo tutti i limiti di velocità consentiti. Era uno dei privilegi di essere un agente speciale.

 

La sua destinazione era Los Angeles, la più grande città della California e centro di una delle più pericolose organizzazioni criminali degli Stati Uniti, che controllava praticamente tutta la regione. Un luogo conosciuto per i tanti divertimenti, ma anche per i fiumi di droga che scorrevano nei locali più famosi ed esclusivi… E per le innumerevoli gare clandestine di auto.

 

Xander appoggiò il gomito del braccio sinistro vicino al finestrino, poi cercò gli occhiali da sole Ray Ban nel portaoggetti. Li inforcò rapidamente, e guardò l’orologio. Ancora un po’ e sarebbe arrivato alla sua nuova casa.

 

Essere uno dei più giovani agenti dell’F.B.I. aveva i suoi pregi: per uno come lui, cresciuto in una famiglia più che benestante, non si trattava di denaro, bensì di regole che poteva infrangere senza troppi problemi. Non aveva mai amato le imposizioni, e per entrare nell’F.B.I. aveva dovuto abbassare un po’ la cresta, ma aveva guadagnato il privilegio di far parte di una missione come quella, che comprendeva gare clandestine di automobili per cui lui aveva un certo talento.

 

Inserì l’indicatore di posizione e superò a destra una grossa utilitaria argentata. Arrivava da San Francisco, e aveva una certa fretta. Guardò il navigatore satellitare attaccato al parabrezza, che indicava 50 chilometri alla meta.

 

Era curioso di vedere la casa che il suo capo gli aveva affittato. Sperava fosse un bel posto, visto che a Los Angeles ci era già stato diverse volte e amava quella città soleggiata solcata dal mare: da giovane vi aveva frequentato il College, prima di seguire il padre a New York.

 

La missione era stata affidata solamente a lui, ma poteva contare sull’aiuto di un amico che faceva l’informatico per l’F.B.I., e che molto probabilmente si sarebbe fatto vedere spesso a casa sua. O molto più verosimilmente ci si sarebbe direttamente trasferito.

 

Fermandosi in coda al casello, Xander frugò dentro il portaoggetti, estraendo un fascicolo senza nessuna intestazione. Lo sfogliò velocemente: erano tutte le poche informazioni di cui disponeva per portare a termine la sua missione.

 

Il suo compito era uno solo: infiltrarsi tra i piloti clandestini, diventare uno di loro e far arrestare lo “Scorpione”, il loro boss. Preso lui, avrebbero avuto in pugno tutti gli altri.

 

Non sarebbe stato poi così difficile, se le informazioni che aveva  non fossero state così poche. Non si sapeva praticamente niente di loro, se non i soprannomi dei piloti più famosi e qualche foto fatta di sfuggita. Oltretutto, il fatto che la polizia di Los Angeles stesse dalla loro parte non aiutava.

 

Era stupito. William Challagher, lo Scorpione, aveva messo su un’organizzazione perfetta: solo chi passava una serie di controlli da parte dei suoi scagnozzi entrava nel gruppo, e praticamente mai nessuno era riuscito a conoscere lui di persona. Ecco perché non erano mai riusciti a catturarlo.

 

Tra i vari fogli del fascicolo, trovò una foto che quando aveva visto la prima volta lo aveva lasciato a bocca aperta: era una ragazza dai bei lineamenti e i capelli castani, che veniva chiamata “Fenice”. Era Irina, e anche se erano passati tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista, non poteva non riconoscerla.

 

Era stata fotografata mentre scendeva da un’auto italiana, una Fiat Grande Punto bianca, molto probabilmente importata. I capelli scuri le ricadevano in onde morbide sulle spalle, il corpo magro e scattante delineato dai jeans aderenti. Doveva essere dimagrita, in tutti quegli anni.

 

Non avrei mai pensato di incontrarti di nuovopensò, “Soprattutto in una situazione del genere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Garage di Max

 

Maximilian passò una mano sulla fiancata della Fiat Punto, sopra il graffio che sfregiava la portiera.

 

<< Non è niente >> disse, << Verrà via in un minuto >>.

 

Lui e Irina erano nel suo garage, che durante gli anni era diventata una vera e propria officina specializzata in elaborazioni di auto. In fondo c’era un ampio bancone pieno di attrezzi, e sotto una mezza dozzina di pneumatici usurati Bridgestone. La saracinesca era chiusa, per evitare che occhi indiscreti vedessero la Grande Punto nota alla polizia di Los Angeles.

 

Il ragazzo si alzò. Aveva ventitre anni, ma nel mondo delle corse clandestine era considerato poco più che un ragazzino, anche se non era certo il più giovane. Aveva i capelli castani, gli occhi scuri e un viso dai tratti dolci dall’espressione perennemente incuriosita.

 

Max era entrato nel mondo delle auto da corsa a quindici anni, quando aveva iniziato a lavorare come meccanico nell’officina dello zio. A diciotto aveva comprato la sua prima auto, una Volkswagen Golf blu, e aveva tentato di entrare nel giro delle gare clandestine. Purtroppo per lui non aveva dimostrato grande bravura nelle corse, ma non era passato inosservato: tutti avevano notato la sua attitudine all’elaborazione delle auto.

 

Nel giro di qualche mese, complice qualche amicizia giusta, era entrato nel giro ed era diventato uno dei meccanici più bravi e famosi in tutta Los Angeles. E poi, quello di Irina.

 

Al momento si guadagnava da vivere lavorando come meccanico specializzato nell’officina che aveva aperto insieme a un amico, e il tempo libero lo passava nel suo garage facendo elaborazioni alla sua attuale Golf rossa.

 

Irina fissò il graffio sulla portiera della Punto, e sbuffò: << Quanto ci vorrà per riparalo? >>.

 

<< Due ore al massimo e torna come nuova. Non devo nemmeno portarla da me: ho già tutto il necessario qui >> rispose Max, appoggiando una mano sull’auto e guardando lei.

 

<< In soldi, intendo >> disse Irina.

 

<< , considerando che passerò sopra solo la vernice e gli darò una spazzolata, non più di 200 dollari >>. Max la guardò di sottecchi, e aggiunse: << Stai bene, Irina? >>.

 

La ragazza si sedette su uno sgabello lì vicino, sbuffando. Era uscita dall’università e poi era scappata a casa per prendere la Punto e portarla da lui: non aveva nemmeno mangiato.

 

<< Si, sto bene. Sono solo un po’ stanca >> rispose, << Hai sentito il notiziario, no? >>.

 

<< Per poco non vi facevate prendere… >> disse Max, << Come hai fatto a scappare? >>.

 

Irina giochicchiò con le chiavi che aveva in mano. << C’erano anche gli altri, e nel casino sono riuscita a dileguarmi sull’autostrada. William mi ha dato una mano, perché voleva i poliziotti per sé. Aveva voglia di divertirsi >>.

 

Max prese una bomboletta dal bancone in fondo al garage, e iniziò a spruzzare il contenuto sulla fiancata della Punto. << A che ora sei tornata? >> domandò.

 

<< Alle quattro >> rispose Irina.

 

<< Mentre ti rimetto a nuovo la macchina puoi andare in camera mia a dormire, se vuoi >> propose Max, guardandola. << Quando ho finito ti vengo a chiamare >>.

 

Irina sorrise. << No, grazie Max, ma dormire non mi rimetterà a nuovo… Non è il sonno che mi manca, nonostante tutto >>.

 

<< William che ha detto? >> chiese il ragazzo.

 

<< Niente, come al solito >> rispose Irina, << Si è preso i suoi soldi, poi è arrivata la polizia e siamo scappati tutti >>.

 

Nell’ora che seguì Irina osservò l’amico rimettere a posto la fiancata della Punto, poi gli diede i 200 dollari che si meritava e prese la macchina, diretta a casa. Sperava di non incontrare poliziotti, perché la sua auto non sarebbe passata certo inosservata: di solito si muoveva di notte, ma questa volta aveva voluto sbrigarsela in fretta e riportare la Punto subito a casa.

 

Arrivata in garage, coprì la Punto con il suo telo scuro e tornò in casa a recuperare le chiavi della TT per andare a prendere Tommy all’asilo.

 

Trovò Harry e Dennis, i suoi due fratelli maggiori, in soggiorno a guardare la tv mangiando un pacchetto di patatine. Harry, ventiquattro anni, capelli neri e naso spaccato più volte, faceva lo scaricatore al porto di Los Angeles, e quel poco che guadagnava lo spendeva in sigarette. Denis, ventidue anni, al momento stava cercando un impiego dopo essere stato licenziato dieci volte in dieci posti diversi: la parola “lavoro” aveva un particolare significato, nel suo dizionario.

 

Vedendola passare per il corridoio, Harry gridò: << Ci serve la macchina stasera. Lascia le chiavi a portata di mano >>.

 

Sbuffando, Irina uscì di casa e attraversò il vialetto. Odiava prestare la TT ai suoi fratelli, perché di solito gliela riportavano sempre con una riga o un’ammaccatura. Ma piuttosto che averli in casa spaparanzati sul divano con i piedi sul tavolino, era disposta ad accettare quel rischio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa di Xander

 

<< Allora? Che ne pensi? >> domandò Jess, allargando le braccia nel grande soggiorno della villa con piscina che il loro capo aveva avuto la fantastica idea di affittargli. Era un ragazzo dai capelli rossi e il naso a punta, più basso di lui ma anche più magro: decisamente una corporatura da informatico fuori di testa quale era.

 

Xander guardò la sala, soffermando gli occhi azzurri sul televisore ultrapiatto Sony, i divani di pelle blu e il tavolino in cristallo che da soli dovevano costare almeno 15.000 dollari. Le porta-finestra davano sul giardino ben tenuto in cui era incassata una grande piscina, al momento vuota. In fondo al soggiorno c’era una larga scala che portava al piano di sopra.

 

<< Direi che non è per niente male >> disse Xander, guardandosi intorno soddisfatto. << A proposito… Che ci fai già qui? Non dovevi venire domani? >>.

 

Jess si strinse nelle spalle, facendo un cenno verso le scale. << Ero curioso di vedere dove ti avevano piazzato. Tra parentesi, la stanza che da sulla piscina è la mia >> rispose.

 

Jess era una di delle nuove leve dell’F.B.I.: ventiquattro anni come lui, e uno spiccato talento per mettersi nei guai. A differenza di Xander, però, era un informatico, e sapeva praticamente tutto di computer. L’avevano reclutato quando era quasi riuscito a entrare nel database della CIA, e piuttosto che farselo nemico lo avevano arruolato tra loro. Condividevano lo stesso ufficio al Quartier Generale di San Francisco.

 

Xander salì le scale, ed esplorò la casa da cima a fondo, prendendosi la stanza che dava sul vialetto. Vedeva la BMW bianca parcheggiata davanti al garage, scintillante nel sole di aprile.

 

Posò a terra i due borsoni in cui aveva infilato a forza tutte le sue cose ed esaminò la camera. Armadi dalle imposte nero lucido, letto matrimoniale e comodini con lampade bianche. Vicino alla finestra c’era una poltrona di cuoio nero con tanto di pouf coordinato.

 

<< Tra un po’ dovrebbe arrivare Nichole >> disse Jess, di sotto.

 

Nichole era la loro domestica, che provvidenzialmente il capo gli aveva assunto: due come loro nella stessa casa avrebbero fatto decisamente casino. Oltretutto, Jess non sembrava conoscere il vocabolo “ordine”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Casa

 

Il telefono cellulare Motorola squillò prepotente, e Irina lo afferrò pulendosi le mani sulla maglietta ormai sporca di omogeneizzato. Posò la forchetta sul bancone, mentre sentiva Tommy lamentarsi seduto sul seggiolone. Suo padre Todd, e i suoi fratelli Harry e Denis, erano seduti a tavola a mangiare le sue frittelle belle calde. Era assurdo come il telefono squillasse nei momenti meno opportuni.

 

<< Pronto >> disse, controllando di non bruciare nulla.

 

<< Sono William >> disse una voce dall’altra parte della linea. Anche se l’interlocutore non si fosse identificato, lo avrebbe riconosciuto lo stesso: aveva una voce che le faceva gelare in sangue nelle vene, certe volte.

 

<< Ciao >> disse lei porgendo a Tommy un succo di frutta.

 

Harry gridò qualcosa riguardo al bere, ma Irina gli diede le spalle e si tappò un orecchio per riuscire a sentire meglio. Il volume alto della televisione certo non aiutava.

 

<< Cosa c’è? >> domandò.

 

<< Stasera c’è una gara a coppie, aperta, e tu devi venire >> spiegò William, << Andiamo a dare uno sguardo a qualche pivellino >>.

 

<< Senti, io non so se ce la faccio. Sono stanca, non puoi gareggiare con Hanck? Non dovrebbe essere difficile… >>. Gara aperta significava gara facile, per lei. Era riservata agli “aspiranti piloti” che volevano diventare qualcuno.

 

<< No >> la interruppe William, << Io voglio che sia tu a gareggiare… E dopo si va al Gold Bunny >>.

 

Irina sentì lo stomaco stringersi, ma non perse la calma. I suoi ordini non si discutevano, lei lo sapeva bene, ma a volte dimenticava quella regola fondamentale nella speranza di potergli stare alla larga.

 

<< Ho appena fatto mettere a posto la macchina >> disse, << E sinceramente non ho voglia di gareggiare. Mi è bastato l’inseguimento di ieri sera >>

 

Sentì William ridacchiare dall’altra parte del telefono. << Irina, non discutere. Stasera vieni, perché ci divertiremo. Voglio la mia pilota preferita, con me. Mi sembra una richiesta legittima, non credi? >>.

 

La ragazza sospirò. Ci aveva provato, almeno.

 

<< D’accordo >> disse, << A che ora? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Capitolo II

 

 

 

 

 

 

 

 

Left broken empty in despair
Wanna breath can't find air
Thought you were sent from up above
But you and me never had love
So much more I have to say
Help me find a way

And I wonder if you know
How it really feels
To be left outside alone
When it's cold out here
Well maybe you should know
Just how it feels
To be left outside alone

 

[ Left Outside Alone – Anastacia ]

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa di Xander

 

<< Allora, c’è una gara questa sera a mezzanotte, spiaggia di Dalton Beach >> disse Jess, davanti al pc acceso che mostrava l’home page di un sito di auto modificate, << Ho scoperto dove si trova solo perché si tratta di una gara “aperta”, vuol dire che tutti possono parteciparvi… Altrimenti avremmo faticato a scoprire qualcosa >>

 

Xander fissò il monitor senza vederlo. Non credeva fosse così difficile entrare in quel maledetto giro di corse clandestine. Era tutto sempre sotto lo stretto controllo dello Scorpione: ecco perché non erano ancora riusciti a incastrarlo.

 

<< Devo andarci >> disse Xander, << E’ l’unico modo per entrare senza dare troppo nell’occhio. Il piano prevedeva che contattassi subito la ragazza, ma forse… Chiamo White >>.

 

Prese il cellulare e cercò nella rubrica il numero del suo capo.

 

<< Agente Went, come va da quelle parti? >> rispose subito l’uomo dall’altra parte della cornetta.

 

<< Bene, signor White >> disse Xander, << Devo dire che non poteva scegliermi una casa migliore… >>.

 

<< Sono contento che le piaccia >> disse White, << Ma si ricordi che non è lì per divertimento >>.

 

<< Infatti >> Xander fece una smorfia: quell’uomo non gli era mai stato particolarmente simpatico, << Il piano iniziale prevedeva che contattassi subito Fenice… , questa sera c’è una gara a Dalton Beach, una cosa facile per principianti. Penso che ci farò un salto, giusto per farmi un’idea. Dopo chiamerò la ragazza >>.

 

White tacque un momento, per pensare. Xander reputava valida l’idea: gli permetteva di dare uno sguardo in giro prima di iniziare a correre. Niente di troppo pericoloso, nessuno si sarebbe accorto di lui.

 

<< D’accordo, agente Went, è autorizzato ad andare >> rispose il capo, << Niente gare, però. Rischia di dare troppo nell’occhio, e non è consigliabile. Veda un po’ come stanno le cose, poi se ne torni a casa e segua il piano originale. Niente colpi di testa, intesi? >>.

 

<< Bene, arrivederci >>.

 

Xander chiuse la telefonata; Jess lo stava guardando.

 

<< Ha detto che sono “autorizzato ad andare” >> spiegò, appoggiando il cellulare sul tavolino, << E che devo evitare i colpi di testa >>.

 

Jess ridacchiò, e Xander fece altrettanto.

 

Frank White era il capo della loro divisione, un uomo in grado di inquadrare chiunque al primo sguardo. Era lui a seguire la missione di Xander, dall’ufficio di San Francisco.

 

Xander trovava quell’uomo insopportabile, forse per il fatto che aveva capito già che tipo era: aveva sempre odiato le regole, e di solito seguiva l’istinto più che gli ordini che gli venivano dettati. Il fatto che nelle missioni precedenti avesse avuto successo, lo facevano sentire nel giusto, certe volte. Riconosceva di essere imprevedibile, ma non era avventato. Sapeva perfettamente fin dove poteva spingersi, e quando doveva fermarsi. Forse per quel motivo White non gli piaceva: era bravo nel suo lavoro, ma era il suo capo. E lui non aveva mai affinità con i capi e le loro regole.

 

<< Quindi andrai >> disse Jess, digitando qualcosa sulla tastiera del pc, << Credi ci sarà anche Fenice? >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Non lo so. Potrebbe essere, visto che penso sia lei a tenere d’occhio i “nuovi entrati”… Non mi farò notare, comunque. Non posso rischiare di far vedere in giro che ci conosciamo >>.

 

Jess gli rivolse un’occhiata maliziosa. << Pensi si ricorderà ancora di te? >> domandò, divertito.

 

Xander sorrise. << Dubiti, forse? >> ribatté.

 

<< Bé, una così ne avrà visti di ragazzi, in tutti questi anni… >> disse Jess, assumendo un’aria angelica.

 

Xander guardò la foto di Irina nel fascicolo che si era portato dietro. Fisicamente era cambiata molto, in cinque anni, e non era di sicuro più una bambina… Aveva perfettamente capito cosa intendeva Jess. Tuttavia, dubitava che non si ricordasse di lui: da adolescente era stato davvero un grandioso casinista, ed era difficile per lui passare inosservato in quel periodo. Era famoso in tutta la sua scuola, per le cose che combinava.

 

<< Cosa ne pensi? >> chiese Jess all’improvviso, serio << Del fatto che ci sia in mezzo anche lei, intendo. Hai detto che la conoscevi pochissimo, ma non ti sembrava la tipa da corse clandestine >>.

 

Xander afferrò la bottiglia di birra Heineken davanti a lui e ne bevve un sorso, prima di rispondere. << Sinceramente non so cosa possa averla spinta a invischiarsi in qualcosa del genere… Soprattutto perché tanta gente ci ha rimesso la pelle. Spero solo che se riuscirò a incontrarla, non si insospettisca troppo… >>.

 

Era davvero curioso di sapere perché lei fosse lì. E voleva anche scoprire quale sarebbe stata la sua reazione quando se lo sarebbe visto comparire davanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.00 – Dalton Beach

 

Irina parcheggiò la Punto bianca dietro la linea di partenza segnata da una ragazza in abiti a dir poco succinti, in piedi a bordo della strada, e spense il motore. Di fianco alla sua auto c’era la Porsche Boxster gialla di William: le ci volle un attimo per capire che si trattava di una gara facile, e molto probabilmente segnata da incidenti. Di solito alle gare “aperte”, quelle a cui tutti potevano partecipare, lei non prendeva mai parte. Si limitava a guardare.

 

Si chiese perché mai William volesse partecipare a una corsa del genere: non si abbassava mai a scontrarsi con i pivellini. Molto probabilmente non aveva di meglio da fare, quella sera.

 

Dalton Beach era una lunga strada che costeggiava la spiaggia, e che terminava in una piazzola con un parcheggio che di giorno era usato dai bagnanti, ma che di notte si trasformava nel punto di ritrovo di piloti e auto modificate.

 

Con un leggero vento salmastro che le scompigliava i capelli, Irina chiuse la portiera della macchina e si diresse verso William, in piedi appoggiato allo steccato che divideva il marciapiede dalla spiaggia.

 

Il parcheggio era quasi tutto pieno, e un sacco di ragazzi gironzolavano ammirando le auto e parlando animatamente sotto la luce dei lampioni. Dalle casse montate su un’Audi A3 grigia proveniva musica house sparata a tutto volume, che copriva lo scrosciare del mare a pochi metri da loro. Qualcuno le gettò un’occhiata, ma lei fece finta di niente e continuò per la sua strada.

 

William l’aspettava con le braccia incrociate e gli occhi fissi su di lei. Intorno a lui c’erano Hanck, Josh e Dimitri, i suoi tre amici, e poco lontano Sebastian, il suo meccanico. Erano tutti più grandi di lui, ma gli portavano rispetto perché nonostante avesse solo venticinque anni era lui che comandava, da quelle parti.

 

Suo padre era il multimilionario George Challagher, proprietario di mezza Las Vegas e di tutti i casinò nei dintorni di Los Angeles. Come fosse riuscito ad arrivare in così poco tempo così in alto non era un mistero per coloro che facevano parte del giro di William: Challagher era stato per anni il boss di un’organizzazione criminale che spacciava droga e organizzava gare di auto clandestine. Adesso a controllare il giro erano lui e suo figlio William.

 

William era alto e con un fisico asciutto e muscoloso. Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri, e il sorriso beffardo che gli solcava perennemente il viso. Sul collo abbronzato si vedeva benissimo la W tatuata in nero, e la maglia Emporio Armani scura e aderente delineava le spalle larghe allenate tutti i giorni in palestra.

 

L’aspetto di William rispecchiava perfettamente ciò che era in realtà: bello, ricco e soprattutto un gran bastardo. Irina lo sapeva meglio di tutti.

 

<< Ecco la mia pilota >> disse William vedendola arrivare.

 

La squadrò da capo a piedi, incrociando le braccia sul petto. Lo faceva sempre, come se controllasse che ogni parte del corpo di Irina fosse al suo posto. Sorrise.

 

Irina, con una smorfia, gli si fermò davanti. << Cosa devo fare? >> domandò, secca. Odiava quando la guardava in quel modo.

 

William continuò a sorridere e gettò un’occhiata ai suoi amici. << Vai di fretta, eh? >> disse, << Sai cosa devi fare: vincere. Stammi dietro e non mi intralciare, e fai attenzione a non farti sbattere fuori… >>.

 

Ricevute le dovute istruzioni, Irina si voltò per andarsene, ma William l’afferrò per un braccio e la fece girare. Se lo ritrovò appiccicato alla faccia prima che potesse ritrarsi.

 

<< E non scappare come hai fatto ieri… >> le soffiò sul viso, << Perché non mi seminerai facilmente come hai fatto con la polizia >>.

 

Le diede un bacio a fior di labbra e tornò dai suoi amici, che ridacchiarono.

 

Irina tornò alla sua macchina, furiosa. Detestava quando faceva così, perché si sentiva usata, e anche presa in giro. Appoggiò la mano sul tetto di vetro della Punto e cercò di calmarsi.

 

Cercando di distrarsi, vagò con lo sguardo sulla strada, e vide un’auto nuova, che non aveva mai visto da quelle parti. Non poteva certo passare inosservata, anche in quel marasma. Almeno per lei.

 

Era una BMW M3 bianca, dai cerchi super ribassati e il tetto in vetro nero. La vernice iridescente brillava sotto la luce dei lampioni, e i finestrini oscurati nascondevano il suo proprietario alla vista.

 

Decisa a scoprire di chi fosse, si avvicinò, ma notò che era vuota. C’erano solo tre ragazzi che stavano commentando le performance dell’auto. Irina passò delicatamente un dito sulla carrozzeria, notando i particolari cromati degli specchietti e delle fiancate.

 

Amava la sua Grande Punto, ma doveva ammettere che quell’auto esercitava su di lei un certo fascino. Le piaceva molto, bassa e sinuosa com’era. E la forma dei fari le ricordavano gli occhi di un felino.

 

<< Bell’auto, eh? >> domandò una voce alle sue spalle.

 

Era Max.

 

<< Che ci fai qui? >> chiese Irina.

 

<< Sapevo della gara >> rispose lui con una scrollata di spalle << E poi, non posso perdermi una corsa della mia pilota preferita >>.

 

Irina sorrise divertita, e si guardò intorno in cerca del proprietario della BMW. Nessuno sembrava aver notato che si era pericolosamente avvicinata alla delicatissima vernice bianca dell’auto. Attese qualche minuto, poi si voltò per vedere William farle un cenno con la mano.

 

<< Vado >> disse rivolta a Max, << Non aspettarmi, dopo la gara. Torna a casa >>.

 

Max le rivolse un’occhiata preoccupata, ma non disse nulla. La seguì con lo sguardo mentre si allontanava diretta alla macchina, gli occhi a terra. Molti la guardarono passare: non si vedevano spesso William Challagher alias lo Scorpione, numero uno della Lista Nera, e Irina Dwight, la Fenice, numero tre, gareggiare insieme, anche se tutti sapevano che erano in rapporti abbastanza “stretti”. E pochi osavano correre contro lo Scorpione.

 

Irina montò nell’auto e inserì la chiave. Alla sua destra, William le fece un cenno con la testa e sorrise malizioso. Con un rombo, il motore della Punto si avviò, pronto a scattare. Schiacciò l’acceleratore con la lancetta del contagiri che si muoveva nervosa. Trasse un respiro per calmarsi, inserì la prima e attese.

 

A gareggiare c’erano altre tre coppie di auto. Vide un ragazzo molto giovane alla sua sinistra, alla guida di una Ford Focus argentata. Stringeva convulsamente il volante, e sembrava nervoso. Girò la testa verso di lei, e le rivolse un sorriso che voleva essere minaccioso, ma agli occhi di Irina appariva solo tirato. Aveva paura, perché chiunque ne aveva quando a gareggiare c’era anche lo Scorpione.

 

La ragazza abbassò il finestrino destro della Punto e fece un cenno a William. Il vetro della Porsche calò silenziosamente, e lui la guardò. Il braccialetto che aveva al polso scintillò sotto la luce dei lampioni.

 

<< Vacci piano, William >> disse Irina, << Sono terrorizzati. Non c’è bisogno che tu gli distrugga l’auto… >>.

 

Lo Scorpione sorrise malignamente. << Tu pensa ad arrivare al traguardo insieme a me >> ribatté soave, << Quello che ho intenzione di fare sono affari miei >>.

 

Irina strinse il volante di pelle, spostando lo sguardo davanti a lei. Non poteva permettersi di dare ordini a William, ma non voleva che qualcuno di quei ragazzi finisse ammazzato per colpa loro. Non amava le manie distruttive dello Scorpione, nonostante per se stessa non avesse nulla da temere.

 

<< Non fare lo stronzo >> disse, << Hanno paura, e lo sai meglio di me che non hanno speranza di vincere… >>.

 

<< Appunto >> disse William, << Rendiamo la gara un po’ più movimentata >>.

 

Irina stava per rispondere, ma il finestrino della Porsche si era richiuso silenziosamente. Fissò arrabbiata lo Scorpione, poi tornò a guardare davanti a lei.

 

La stessa ragazza che lei aveva visto delineare la linea di partenza andò al centro della strada, con in mano un fazzoletto rosso. I motori delle auto rombarono, e la gente si posizionò sul marciapiede per assistere alla partenza.

 

Irina controllò che tutto fosse a posto: serbatoio pieno, olio alla giusta temperatura, marcia ingranata. Spense la radio che era rimasta accesa fino a quel momento, e attese.

 

La ragazza alzò il braccio, e Irina contò mentalmente.

 

1…

 

2…

 

…3

 

La ragazza calò la mano con il fazzoletto rosso, e Irina scattò avanti come un felino. La Porsche gialla schizzò davanti a lei, tagliando la strada a una Mitsubishi Eclipse rossa. L’auto frenò di colpo, mentre la Grande Punto schivava una vecchia Ford Fiesta nera.

 

Irina sterzò a destra, imboccando la strada che portava in centro. Nello specchietto retrovisore vide William fianco a fianco alla Fiesta. Distolse lo sguardo e tornò a fissare davanti a sé.

 

Con uno stridio, la Fiesta sbandò e finì in testacoda, andando a sbattere contro un palo della luce. La Porsche deviò a sinistra e si diresse verso la Eclipse rossa, pronta a sbatterla fuori.

 

Irina frenò, girò a destra lungo la 5° strada e rallentò l’andatura. Era in testa, ma sapeva che William voleva vederla combattere un po’…

 

La Focus argentata le si affiancò a sinistra, e lei accelerò. La Ford cercò di schiacciarla contro il marciapiede, ma Irina frenò di colpo, lasciandosi superare. Gettò un’occhiata allo specchietto, per vedere anche l’Eclipse finire fuori gara. William si stava divertendo da matti.

 

La Focus, guadagnata la prima posizione, accelerò per ottenere un po’ di distacco. Irina gli si mise dietro, sfruttando la scia e tallonandolo per renderlo nervoso. Non c’è n’era bisogno, lo sapeva, ma era quello che William si aspettava facesse.

 

Il tachimetro segnava i 170 km/h quando con una brusca frenata la Focus rallentò per girare a sinistra. Irina inchiodò e sterzò, infilandosi tra lo spazio tra l’auto e l’angolo della strada. Superò la Ford e accelerò.

 

Dallo specchietto, vide William superare la Focus e tentare di speronarla. Dietro di lui c’era anche una Volvo blu scuro, che cercava di farsi strada senza riuscirci.

 

Due avversari erano andati, e Irina credeva che William si fosse divertito abbastanza, per quella sera. Non poteva distruggere tutte le auto, nemmeno lui che dettava le regole in quel posto.

 

Frenò, costringendo la Focus e la Porsche a dividersi per non andarle addosso. La Volvo ne approfittò per superare tutti e passare in testa. Voleva costringere William a passare avanti ed evitare al ragazzo che guidava la Ford un brutto incidente.

 

Vide William lanciare un’occhiata alla Focus, poi gettarsi all’inseguimento della Volvo. Irina attese qualche secondo prima di seguirlo, assicurandosi che la Ford verde fosse dietro di lei. Non la vide.

 

Con uno scatto, il ragazzo le si era affiancato e ora la stava superando. Irina schiacciò a fondo l’acceleratore, schizzando avanti a velocità inaudita. Vedeva i fari posteriori rossi della Porsche di William a qualche decina di metri da lei sparire dietro una curva.

 

Scalò marcia e svoltò a sinistra, sapendo che il traguardo non era molto lontano. Schivò per un pelo la Volvo ferma a bordo strada con il paraurti posteriore sfondato, e seguì William, piazzandosi di fianco a lui. Dietro di loro, troppo distanti per raggiungerli, c’erano la Focus verde e un’altra auto.

 

La Punto e la Porsche procedettero lungo il rettilineo illuminato dai lampioni fianco a fianco, e William la guardò, incitandola a fare di più. Voleva dimostrarle ancora una volta che era più forte di lei.

 

Irina accelerò ancora, sentendo il rombo del motore che invadeva l’abitacolo. La Porsche le rimase a destra, finché entrambi non videro il traguardo. William schizzò avanti e lei gli si mise dietro, tagliando il traguardo uno dopo l’altro.

 

La Grande Punto inchiodò con un sibilo, mentre le ultime due auto superstiti superavano la linea di partenza proprio in quel momento. Irina spense il motore e scese dalla macchina come una furia. Raggiunse la Porsche gialla prima ancora che William uscisse.

 

<< Cosa ti avevo chiesto?! >> lo aggredì, << Sei un bastardo! Non c’era bisogno di sbatterli tutti fuori! Potevi ammazzarli! >>.

 

Lo Scorpione la guardò con i suoi occhi freddi, ora palesemente arrabbiati. << Ti ricordo che qui comando io, bambolina >> sibilò gelido, << E tieni a freno la lingua, se non vuoi guai, chiaro? I soldi della gara di stasera vanno a me… Per come hai corso, non te li meriti. E adesso, seguimi al Gold Bunny >>.

 

Irina ammutolì, sapendo che non poteva rivolgersi in quel modo allo Scorpione: lei più di tutti doveva portargli rispetto.

 

<< Ah, non parlarmi mai più in quel modo, chiaro? >> aggiunse William prima di tirare su il finestrino dell’auto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.37 – Dalton Beach

 

Dalla sua postazione, appoggiato alla staccionata di legno della spiaggia, Xander Went vide la Porsche gialla tagliare il traguardo a tutta velocità e fermarsi con una sgommata. A pochi metri da lui fece lo stesso una Punto Bianca con l’areografia di una fenice sulla carrozzeria, che gli si affiancò. Parecchi secondi dopo, arrivarono altre due macchine, le uniche superstiti della gara. Le altre erano state buttate fuori una dopo l’altra.

 

“Allora sei davvero brava, Irina” pensò Xander, osservando la Fiat bianca.

 

La ragazza fu la prima a scendere dall’auto, e si diresse rapidamente verso la Porsche gialla. Disse qualcosa al suo pilota, e da come parlava sembrava arrabbiata. La risposta di William Challagher la zittì subito, e rimase un momento immobile davanti all’auto. Poi, girò sui tacchi e tornò alla Grande Punto, accendendo il motore.

 

Un ragazzo bruno si avvicinò alla Porsche con una mazzetta in mano, che William afferrò senza tanti complimenti e gettò sul sedile anteriore della sua auto. Un altro ragazzo, dai capelli castani, salì al posto del passeggero, mentre altre due auto, una Audi A3 grigia e una Lamborghini Murcielago arancione, si affiancarono alla Punto.

 

Con una sgommata, la Porsche partì diretta verso la periferia, seguita da Irina e dagli altri due. La gente li guardò andare via, per poi lasciare lentamente la spiaggia.

 

Xander tirò fuori dalla tasca dei jeans le chiavi della BMW e si diresse verso la macchina, circondato da altri ragazzi che commentavano la gara. Vide la Volvo andare via lentamente, mentre una decina di persone si dirigeva verso la Fiesta nera, che era riuscita a tornare indietro, per vedere se il pilota stava bene.

 

Non si era più di tanto impressionato: più che bella, la gara era stata “distruttiva”. Challagher sembrava divertirsi un mondo a mostrare la sua superiorità, e da boss quale era, non si preoccupava di fare danni.

 

Lo sorprendeva molto di più l’abilità della ragazza. Non credeva che potesse essere così brava. Gli aveva dato l’idea di non essersi impegnata più di tanto, per vincere.

 

Xander montò sulla M3 e accese il motore. Aveva visto abbastanza: poteva iniziare a entrare in azione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 01.30 – Gold Bunny

 

Irina parcheggiò l’auto nel piazzale davanti al Gold Bunny, il locale di proprietà di William e di suo padre. Scese dalla macchina mentre Hanck, con l’Audi A3, e Dimitri, con la Lamborghini, si fermavano uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. William aveva lasciato la Porsche davanti all’ingresso.

 

Una grande insegna luminosa che mostrava un coniglio in stile giapponese indicava l’entrata del locale, da cui proveniva musica ad alto volume. Diverse persone stavano entrando, ridacchiando tra loro. Irina vide Hanck e Dimitri chiudere le auto e avvicinarsi all’entrata. Li seguì a breve distanza, sapendo già che la aspettava la solita serata di bagordi e alcool.

 

<< Allora? >>.

 

Irina si voltò di scatto. William la sovrastava con lo sguardo furente puntato su di lei. La medaglietta con il suo soprannome che portava al collo brillò per attimo sotto la luce dell’insegna al neon.

 

Lungo la schiena della ragazza passò un brivido: era arrabbiato, lo sapeva.

 

<< Non puoi distruggere tutte quelle auto, quando gareggi >> disse lei, cercando di essere il meno minacciosa possibile, << Tutte le volte rischiamo di farci beccare dalla polizia… >>.

 

Era una stupida scusa, perché in realtà a lei non importava nulla che la polizia li arrestasse. Solo non voleva che William rischiasse di ammazzare qualcuno provocando qualche incidente a catena. Lo aveva già fatto, si sapeva.

 

Lo Scorpione sorrise. Alzò una mano e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sarebbe stato un gesto affettuoso, se a farlo non fosse stato lui.

 

<< Bambolina >> disse, << Lo sai che la polizia sta dalla nostra parte… I loro sono solo inseguimenti di facciata: li pago troppo bene, e non si azzarderanno a farmi un torto. Dì piuttosto che ti stanno a cuore quegli idioti pivellini… >>.

 

<< Non mi piace il tuo comportamento, lo sai >> ribatté Irina, << Sai che la gente ti porta rispetto, non c’è bisogno che li terrorizzi ancora di più >>.

 

William la prese per un braccio e la spinse in modo da allontanarli dall’entrata, per non far sentire a nessuno che discutevano.

 

<< La gente mi rispetta proprio perché li terrorizzo >> disse gelido, << E se continui a fare di testa tua, potrei anche incazzarmi. Continua a parlarmi come hai fatto prima, e sarò costretto a punirti. Non approfittare del fatto che lavori per me, perché non sono disposto a tollerare ancora i tuoi comportamenti. Chiaro? >>.

 

Irina abbassò lo sguardo come faceva ogni volta che lui la minacciava. Era vero, essendo la sua pilota godeva di un sacco di privilegi da quelle parti, ma era costretta anche a seguire tante regole. La prima era proprio quella di non contraddire mai William Challagher.

 

<< Ti sto solo dicendo che non era necessario >> disse piano, << Non puoi rischiare di far fuori qualcun altro… Il capo del distretto sarà anche tuo amico, ma non può coprirti sempre >>.

 

<< Hai paura? >> domandò William, fissandola dall’alto.

 

Irina distolse lo sguardo. Si sentiva piccola, minuscola, davanti a lui.

 

<< Non ho paura >> rispose, << Ma almeno io una coscienza c’è l’ho >>.

 

William ridacchiò. << Non è morto nessuno >> disse, << Se li voglio fare veramente fuori, sai che non fallisco… Mi limito a rifargli la carrozzeria >>.

 

Irina si allontanò di qualche passo, incrociando le braccia.

 

<< Posso andare a casa? >> domandò.

 

<< No >> rispose William, accendendosi una sigaretta.

 

Irina sospirò. << Domani ho lezione… >> disse, << Non posso tornare a casa tardi… >>.

 

Stava cercando di fuggire, perché voleva stare il più lontana possibile da William. Era stanca, e aveva bisogno di dormire.

 

<< Nessuno ti ha obbligato a iscriverti all’università >> disse lo Scorpione, << E ancora non capisco perché tu ci tenga tanto… Comunque, salterai la lezione, se necessario. Abbiamo un paio di affari da trattare, stasera >>.

 

Lui non capiva perché lei avesse voluto proseguire con gli studi, ma lei lo sapeva benissimo: era l’unica cosa che dava una parvenza di normalità alla sua sgangherata vita. L’unica cosa che le permetteva di dimenticare quale fosse la sua vera esistenza.

 

<< Ah, tra l’altro… >> aggiunse il ragazzo, fissandola, << Domani devi andare da Nichols… E’ indietro con i pagamenti. Fagli una visitina di cortesia >>.

 

Irina annuì stancamente, passandosi una mano tra i capelli.

 

William si avvicinò e le mise un braccio dietro la schiena, il fumo della Marlboro che le arrivava alle narici. La attirò a sé, conscio che diverse persone all’entrata del Gold Bunny li stavano guardando.

 

<< E adesso baciami >> sussurrò. << Fatti perdonare l’insulto di prima >>.

 

La ragazza abbassò lo sguardo, appoggiando le mani sul suo petto per mettere distanza tra loro. Non voleva farlo, non le andava proprio per niente.

 

<< Avanti >> sibilò William, << Baciami >>.

 

Irina esitò. Odiava sentirsi usata in quel modo: William lo stava facendo apposta. Voleva che gli altri vedessero che quella ragazza gli apparteneva, esattamente come un’auto, un oggetto qualsiasi.

 

Deglutì, poi avvicinò la bocca a quella dello Scorpione e lo baciò sulle labbra, sentendo il gusto amaro del fumo della sigaretta. Un attimo dopo si staccò, guardando da un'altra parte.

 

<< Mettici un po’ più d’impegno, bambolina >> disse William.

 

Irina si divincolò e lo spinse via, allontanandosi da lui come se si fosse scottata. Già per lei era insopportabile stargli così vicina, e per di più lui la riprendeva pure.

 

<< Non chiamarmi bambolina >> sibilò, avvicinandosi alla porta finestra.

 

William sorrise sardonico. << Posso chiamarti come mi pare, bambolina… E adesso entra >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiataccia ben sapendo che ribattendo qualcosa non avrebbe fatto altro che mettersi nei guai. Come ogni volta, in silenzio, seguì gli ordini dello Scorpione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Traduzione:

“Lasciata spezzata, vuota, disperata

Vorrei respirare ma non trovo l’aria

Pensavo tu fossi mandato dal cielo, ma tra noi non c’è mai stato amore

Avrei molto di più da dire, aiutami a trovare il modo

E mi chiedo se tu sai davvero come ci si sente ad essere lasciati fuori da soli, quando qui fuori da freddo

Beh, almeno dovresti saperlo

Almeno come ci si sente a essere lasciati fuori da soli

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III

Capitolo III

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Casa

 

Irina aprì la porta di casa sua e gettò le chiavi sulla mensola dell’entrata. Il silenzio che regnava le diceva che non doveva esserci nessuno, e che suo padre e i suo fratelli erano usciti.

 

Posò la borsa a terra ed entrò in soggiorno: il tavolino davanti al televisore era invaso da cartacce e bottiglie vuote. Molto probabilmente i resti della colazione di suo padre.

 

Si sedette sul divano, il volto tra le mani. Era esausta, e aveva un cerchio alla testa. Per fortuna Sandra, la signora che le faceva da baby-sitter, le aveva tenuto Tommy per la notte e poi lo aveva portato all’asilo, perché lei era davvero troppo stanca per occuparsi di lui. Erano due giorni che non riusciva a dormire nemmeno il minimo indispensabile.

 

Intanto, un’altra lezione era andata. Non le piaceva fare assenze all’università, più che altro perché le scombinava tutta la giornata… Non che i suoi giorni fossero normali, ma almeno riusciva ad avere una sorta routine.

 

Con un sospiro si alzò e raggiunse il bagno al piano di sopra. Accese la luce della specchiera e si guardò.

 

I capelli castani, leggermente mossi, le ricadevano spettinati sulle spalle, e il viso era palesemente affaticato. Sotto gli occhi scuri c’erano ombre nere, a testimoniare il fatto che nelle ultime notti non avesse dormito molto.

 

Scostò una ciocca di capelli, e con fastidio notò un segno rosso sul collo sottile, un segno che le aveva lasciato William. Passò una mano sopra, come sperando di poterlo cancellare, e aprì il rubinetto del lavandino.

 

Un’altra notte se n’era andata, l’ennesima notte a fare la parte della ragazza dello Scorpione, a indossare la maschera che in quanto numero 3 della Black List doveva portare. Nella lista delle regole che doveva rispettare c’era anche quella: fare esattamente tutto quello che lo Scorpione voleva, e lui voleva che lei fosse la sua ragazza. Gli apparteneva, lo sapeva, e non poteva tirarsi indietro. In gioco non c’era solo la sua vita…

 

Il cellulare squillò, rompendo il silenzio e i pensieri di Irina. Per un momento pensò di non rispondere, poi andò in camera sua e lo afferrò senza nemmeno guardare chi fosse.

 

<< Cosa c’è? >> disse, seccata.

 

<< Ma dove cazzo sei finita, Irina?! >> gridò Max dall’altra parte del telefono, << Perché non rispondevi?! >>.

 

<< Stavo dormendo >> mentì lei, << Non ho sentito il telefono. E comunque ti avevo detto di non aspettarmi, dopo la gara >>.

 

Max sembrava furioso e preoccupato al tempo stesso. La ragazza si accorse che si tratteneva a stento.

 

<< Dove eri? >>.

 

<< Sono rimasta al Gold Bunny fino alle cinque, poi sono tornata a casa >> mentì Irina, << Mi sono addormentata e mi sono svegliata poco fa >>.

 

Era solo una piccola parte della verità. Erano rimasti al Gold Bunny fino alle quattro, poi erano andati a casa di William…

 

<< Mi hai fatto preoccupare da morire >> disse Max, << Stai bene? >>.

 

<< Si, sto bene… Ma smettila di chiedermi se sto bene, non ho due anni >> rispose Irina, cercando di apparire dura. << Perché mi chiami adesso? >>.

 

Max non rispose subito. << , stamattina mi ha telefonato un tipo… Diceva che ti ha visto ieri sera alla gara, e che vuole parlarti… >>.

 

<< Sei sicuro? >> ribatté Irina, perplessa, << Chi era? >>.

 

<< Non lo so, e sinceramente non so nemmeno come ha fatto ad avere il mio numero di telefono >> disse Max, seccato, << Mi ha detto che ti conosce, e che ha bisogno di vederti >>.

 

<< Tu cosa gli hai detto? >> chiese Irina, curiosa.

 

<< Gli ho detto che se aveva tutta questa fretta di incontrarti doveva venire questo pomeriggio alla mia officina, ma che non sapevo se saresti venuta o no >>.

 

Irina tacque un attimo, poi disse: << A che ora? >>.

 

<< Alle tre >>.

 

<< Aspettami, ci sarò. Sono curiosa di vedere chi è >>.

 

Irina chiuse la telefonata, e lasciò il cellulare sul letto di camera sua. In realtà non le importava molto di sapere chi fosse il ragazzo che diceva di conoscerla: più o meno tutti quelli che stavano nel giro delle corse clandestine sapevano chi era. Lei, invece, voleva solo chiudere quella conversazione con Max, perché non stava affatto bene. Aveva voglia di andarsene a dormire veramente, per scoprire che quello che stava vivendo era solo un brutto sogno.

 

Andò in bagno e aprì il rubinetto della doccia, e senza nemmeno aspettare che l’acqua si scaldasse si infilò sotto il getto.

 

C’erano due fissazioni, nella vita di Irina: una erano le mani, che curava in modo maniacale, con le unghie sempre perfettamente limate a smaltate di rosa perlato, e l’altra era quella di lavarsi.

 

Era fissata con la doccia: la faceva almeno una volta al giorno, anche se non ne aveva bisogno. E a volte passava ore dentro l’acqua, lo sguardo perso e la mente spenta, cercando di sentirsi più pulita di quanto in realtà non fosse. Forse pensava che le gocce gelide che scivolavano sulla sua pelle potessero cancellare il tatuaggio a forma di fenice che aveva sulla schiena, poco sotto il collo, con il quale si era inflitta da sola e consapevolmente la sua condanna; o quello sul fianco, minuscolo e visibile solo quando era completamente svestita, a forma di fiore nero, che la marchiava come proprietà dello Scorpione. Oppure… Oppure pensava solo che l’acqua potesse lavare la sua anima e farla tornare quella di una volta.

 

Ma in quel momento, l’unica cosa che le veniva in mente era che il suo era un mondo fatto di bugie e segreti, tenuti stretti dentro la sua anima perché troppi per poter essere rivelati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due ore dopo, Irina si alzava dal letto, diretta al ristorante di Larry Nichols, nella periferia est della città.

 

L’Audi TT nera sfrecciava sul lungomare, i finestrini aperti e la radio accesa che trasmetteva una canzone di Anastacia, la sua cantante preferita. Il sole splendeva sulla spiaggia e l’odore salmastro del mare arrivava alle narici di Irina come un balsamo tentatore. Ancora qualche settimana e il tempo sarebbe stato perfetto per fare il bagno.

 

Lasciò l’auto parcheggiata sotto una palma, sapendo che le ci sarebbe voluto poco tempo per sbrigare la faccenda. Attraversò la strada e raggiunse il ristorante “La Lanterna sul mare”, un locale piccolino ma ben tenuto. L’insegna diceva “chiuso”, ma lei bussò comunque alla porta.

 

Un attimo dopo, un uomo anziano comparve sulla soglia, il grembiule bianco sporco e l’espressione spaventata.

 

<< Ehm… Buongiorno Fenice >> disse a bassa voce.

 

<< Buongiorno >> salutò Irina, << Posso entrare? >>.

 

L’anziano annuì e la fece entrare nel locale. Subito dopo chiuse in fretta la porta, controllando che nessuno li avesse visti.

 

Irina guardò la sala del ristorante, con l’arredamento nuovo e perfettamente pulito. Non c’era nessuno a parte loro due, ma sentiva il rumore di stoviglie lavate provenire dalla cucina.

 

<< Ehm… >> cominciò Nichols, stringendosi le mani preoccupato, << Lo so che sono indietro, ma… >>.

 

Irina guardò quell’uomo in là con gli anni, che tentava disperatamente di mandare avanti la propria vita, quando lei vi aveva rinunciato tanto tempo prima. Sospirò.

 

William aveva prestato del denaro a Nichols, per permettergli di aprirsi quel piccolo ristorante insieme alla moglie. Il problema era che il tasso che lui applicava era quello dello strozzino. La somma iniziale era di 25.000 dollari; ora gliene doveva 100.000.

 

<< Lo Scorpione vuole i suoi soldi >> disse, << Avrebbe dovuto pagare due settimane fa, giusto? >>.

 

Non c’era minaccia nella sua voce, ma il vecchio sembrò comunque terrorizzato. Si strinse ancora di più le mani, balbettando.

 

<< Lo so, ma… Ma non ci riesco a pagare tutto… Il ristorante non fa molti affari… Pagherò, ho solo bisogno di tempo… >>.

 

A Irina fece pena quell’uomo: aveva creduto di rifarsi una vita con quel ristorante, ma aveva sbagliato già dall’inizio. Chiedere un prestito allo Scorpione era l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare.

 

<< Si calmi, per favore >> disse Irina, << Non sono qui per farle del male… Le sto solo dicendo che deve sbrigarsi a pagare, altrimenti rischia di trovarsi molto presto faccia a faccia con lo Scorpione >>.

 

Odiava fare la parte della strozzina, e William lo sapeva. L’aveva mandata lì per punirla del fatto di avergli risposto male la sera prima.

 

Nichols sembrava sull’orlo delle lacrime. << Io… Io… Non farà del male alla mia famiglia… >> mormorò, << Non ho i soldi, in questo momento, ma pagherò! Lo giuro >>.

 

Irina sospirò. Sapeva cosa voleva dire avere problemi di denaro: lei stessa ogni mese doveva fare i conti con le spese che a mala pena riusciva a coprire con gli introiti delle gare. E sapeva anche cosa voleva dire avere un debito da pagare…

 

<< Senta, il massimo che posso fare è ritardare ancora un po’ il pagamento >> disse, << Posso darle altre due settimane, ma non di più. Trovi i soldi, in qualche modo. Per quindici giorni può ancora tirare un sospiro di sollievo, ma la prossima volta potrei non essere io a venire a trovarla >>

 

L’uomo annuì vigorosamente, mostrando un sorriso tirato. Era terrorizzato dalla sua presenza, perché chi era in affari con lo Scorpione sapeva che lei era una delle persone più vicine a lui. Ma diversamente da William, lei non era nata per fare la criminale: davanti a quell’uomo spaventato non era in grado di infierire. Lo avrebbe aiutato, se solo lei stessa non avesse rischiato la pelle.

 

Irina sorrise timidamente, cercando di apparire dolce. << Non si preoccupi. Per due settimane le prometto che non nessuno verrà a trovarla >> disse, << Lei cerchi di trovare i soldi, intanto io farò tutto il possibile per evitare che la prossima volta venga lo Scorpione stesso… Se riesco tornerò io, va bene? >>.

 

<< Grazie… >> balbettò l’uomo, << Io… Grazie, Fenice… >>.

 

Irina si schernì. << Non mi ringrazi >> mormorò, avviandosi verso l’uscita dal locale, << Non ha proprio nulla di cui essermi grato. Piuttosto, cerchi di trovare quei soldi… Ah, mi chiami per nome, per favore >>.

 

Senza aggiungere altro, uscì dal ristorante, tornando sul marciapiede sgombro. Raggiunse l’auto a passo rapido e salì.

 

Un’altra faccenda era stata sbrigata. Ora poteva tornarsene a casa e dormire ancora qualche ora.

 

Si ricordò all’improvviso di una cosa, e prese il cellulare che aveva lasciato sul sedile in bella vista.

 

Sono tornata tardi ieri sera. Ci vediamo domani a lezione” scrisse, poi inviò il messaggio a Jenny. Molto probabilmente avevano immaginato perché non fosse andata all’università, ma era sempre meglio avvisarle. Potevano anche pensare che avesse avuto qualche incidente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Officina

 

Irina aspettava davanti alla saracinesca aperta del garage dell’officina di Max, mentre lui era chino sul cofano aperto di un pick-up rosso scolorito, cercando di capire perché continuasse a fermarsi ogni tre chilometri. Antony, il suo amico e socio, si era infilato sotto una Chrysler 300c, e al momento di lui si vedevano solo i piedi e la cassetta degli attrezzi.

 

Dopo aver sbrigato la faccenda di Nichols aveva dormito ancora qualche ora, e poi si era recata all’officina dell’amico, lasciando la Punto ben nascosta nel garage di casa.

 

<< Cosa avete fatto ieri sera? >> chiese Max, gettandole una rapida occhiata prima di tornare a esaminare il motore del pick-up. Si era guardata allo specchio, quella mattina, e sapeva di non avere un bell’aspetto.

 

<< Siamo andati al Gold Bunny, come al solito >> rispose Irina, << Alla fine si sono ubriacati tutti, e me ne sono andata prima che crollassero addormentati sui divanetti… >>.

 

Guardava l’albero del vialetto senza vederlo. Odiava mentire, ma non voleva che Max sapesse tutto quello che faceva…

 

<< Almeno ti sei divertita? >> chiese Max.

 

Irina si rabbuiò. L’ultima volta in cui si era divertita non la ricordava nemmeno. << Un po’ >> rispose, evasiva.

 

Antony sbucò da sotto l’auto, la faccia nera e le mani unte di olio. Aveva i capelli lunghi e come sempre spettinati, di uno strano color castagna; la carnagione scura e gli occhi come due pozzi bui, e il naso schiacciato che lo faceva assomigliare a un peruviano. In realtà era messicano.

 

<< Dannata macchina >> borbottò, cercando di pulirsi la faccia, << Quello spende cinquantamila dollari di auto, e poi non gli fa cambiare le pastiglie dei freni… >>

 

Irina ridacchiò davanti all’espressione scocciata di Antony, ma soprattutto davanti alla sua faccia tutta nera. Il ragazzo si ripulì le mani e salì sulla Chrysler.

 

<< Vado a fare un giro di prova >> disse, << Ci vediamo tra poco >>.

 

Proprio mentre la 300c spariva dietro un angolo, Irina sentì il rumore di un motore provenire alle sue spalle. Si voltò, e fu piacevolmente stupita di vedere che l’auto che sopraggiungeva sinuosa come un felino era la BMW M3 bianca che aveva avuto l’onore di sfiorare la sera prima.

 

Si stampò in faccia un sorriso beffardo e aspettò che l’auto si fermasse nel vialetto davanti all’officina di Max, assaporando il lieve rombo del motore da 420 cavalli, in quel momento tenuto al minimo. I vetri neri le nascondevano il pilota, e non poté fare a meno di provare un po’ di curiosità.

 

La portiera si aprì senza un rumore, e il misterioso ragazzo uscì dalla BMW. E lei non poté fare a meno di spalancare gli occhi.

 

Alexander Went chiuse la porta della macchina con un movimento fluido, uguale e al tempo stesso diverso da come lei lo ricordava. Alto, capelli neri spettinati e occhi di un azzurro ghiaccio, era bello come lo era stato al College. Era cresciuto ancora di qualche centimetro, ma aveva sempre il suo solito bel fisico muscoloso e asciutto. Sorrise, mostrando i denti perfetti e bianchissimi, nel suo intramontabile ghigno lupesco.

 

<< Tu?! >> esclamò la ragazza, sorpresa.

 

Xander la guardò divertito, poi rispose: << Avevo detto di conoscerti >>.

 

Irina aveva conosciuto Xander al College, e lui era più grande di lei di quattro anni. Il ragazzo era sempre stato il più bello dell’istituto, oltre che un incredibile combina guai, ma complice l’avvenenza e la simpatia, riusciva sempre a cavarsela nelle situazioni più assurde. Si conoscevano poco, e solo perché lei era diventata complice per qualche minuto di uno scherzo del suo gruppo ai danni di un loro compagno veramente rompiscatole. Da quella volta si salutavano per i corridoi, con enorme invidia delle sue amiche. Quando poi lui aveva finito il College, non lo aveva più rivisto da quelle parti. Dovevano essere passati almeno cinque anni.

 

<< Cosa ci fai qui? >> chiese Irina. Si sarebbe aspettata di tutto, ma non di certo lui.

 

<< Mi sembra evidente che non sono il bravo ragazzo che sembravo a scuola >> rispose Xander, senza abbandonare il suo sorriso divertito.

 

Max scrutava Xander come se fosse un intruso venuto da Marte. Era evidente che non fosse felice di vederlo, anche se non sapeva di chi fosse.

 

<< Vi conoscete? >> domandò, rivolto a Irina.

 

Lei annuì. << Non dirmi che ti sei dato alle corse clandestine! >> aggiunse poi, guardando il nuovo arrivato.

 

<< Bé, nemmeno tu mi sembravi il genere di ragazza che si diverte a fare scorribande notturne per la città >> ribatté Xander, strappandole un sorriso.

 

Irina abbassò un attimo la testa, riconoscendo nelle sue parole un fondo di verità, poi disse: << Credevo fossi andato a lavorare con tuo padre in qualche multinazionale automobilistica, o una cosa del genere… Non mi aspettavo di vederti ancora qui in mezzo a noi comuni mortali, dopo il College >>.

 

Xander rise. << In un certo senso, ho molto a che fare con le auto >> rispose, dando una manata alla BMW, << Ti ho visto ieri sera. Sei davvero brava >>.

 

<< Lo sono abbastanza da non farmi ammazzare >> disse lei, incrociando le braccia, << Ma non sono nulla in confronto ad alcuni piloti di qui >>.

 

Era la verità: veniva considerata molto brava, nel suo giro, ma c’era gente contro cui lei non si sarebbe mai messa. Se lei si faceva degli scrupoli, quando gareggiava, altri non facevano altrettanto.

 

Max sembrava morire dalla voglia di inserirsi nella conversazione, e disse rivolto alla ragazza: << Vuoi entrare dentro? >>.

 

<< Sì, è meglio… >> disse Irina, << Ti dispiace se parliamo all’interno? >>.

 

Xander annuì e la seguì dentro l’officina, nella parte dove prima c’era la Chrysler: sul pavimento campeggiava ancora una grossa chiazza d’olio. Irina afferrò uno sgabello e ci si sedette, mentre Max chiudeva il cofano del pick-up e abbassava la saracinesca.

 

<< Come mai tutta questa segretezza? >> chiese Xander, più divertito che preoccupato.

 

<< La persona per cui lavoro potrebbe passare di qui e vederti. E potrebbe pensare che ti stia aiutando, visto che intuisco che vuoi gareggiare >> rispose secca Irina.

 

Xander sembrò non capire, ma lei lo zittì prima che potesse chiedere spiegazioni. << E’ così, vero? >>.

 

<< Sì >> rispose lui, mentre Max tirava fuori da un piccolo frigorifero incastrato in un angolo alcune birre << Voglio entrare nel giro >>.

 

Irina afferrò la bottiglia di Corona che il meccanico le porse, poi disse: << Qui non si scherza. Se vuoi veramente entrare “nel giro devi darti da fare. E soprattutto ti servono parecchi soldi >>.

 

<< Quelli non mi mancano >>.

 

Irina fece una smorfia: era sempre stato particolarmente benestante. L’auto da ottantamila e passa dollari lo dimostrava. << Lo sapevo già. Il punto è che hai due possibilità: o rimani tra le file dei piloti da quattro soldi oppure, se sei veramente bravo, puoi entrare del giro dei “big”, e farti una reputazione. Ma sei vuoi diventare qualcuno devi mettere in conto che qui comanda lo Scorpione… >>.

 

<< E sarebbe? >> chiese Xander, interessato e per niente intimorito.

 

<< William Challager. E’ il numero 1 della lista dei ricercati, ed è lui che fa le regole. Tra noi piloti ci chiamiamo tutti con soprannomi, per evitare di farci riconoscere dalla polizia. Lui è lo Scorpione. Finché non lo conoscerai di persona dovrai chiamarlo così. Non credo di svelarti una novità dicendoti che è il figlio di George Challagher, il proprietario di mezza Las Vegas e di tutti i casinò di queste parti >>.

 

<< Lo so già. Prima di venire qui mi sono informato un po’ in giro. Non è certo la prima volta che gareggio >>.

 

Irina accavallò le gambe, incrociando le braccia dietro la testa. << Qui non è come dalle altre parti. I piloti più forti che ci sono fuori dallo Stato non durerebbero nemmeno un giorno. Qui non si fanno problemi a sbatterti giù da un burrone mentre gareggi… Qui anche la polizia ha paura di loro >>.

 

<< Non mi spaventano >> ribatté Xander, << Non sono un novellino. Sono anni che corro >>.

 

Irina guardò l’espressione sicura del ragazzo, in piedi davanti a lei. Ritrovarselo davanti era già di per sé una sorpresa; sapere che voleva anche gareggiare era ancora più insolito.

 

<< Qual è il tuo obiettivo? >> domandò Irina, cercando di capire cosa volesse da lei. << Di preciso, perché vuoi correre da queste parti? >>. Gli sembrava assurdamente sicuro di sé, e la cosa quasi la divertiva. Prese il suo bicchiere in attesa della risposta.

 

<< Voglio spodestare Challagher dal primo posto della Black List >>.

 

Irina si soffocò con un sorso di birra. << E’ impossibile! >> disse. << Potrai anche essere bravo, ma non puoi sperare di battere William. Nessuno ci riesce da anni >>.

 

<< Perché non dovrei riuscirci? >> domandò Xander, beffardo.

 

<< Perché lui è spietato! Tu non hai idea di cosa sia capace di fare, quando corre. Se non ti batte per bravura, ti batte in astuzia. Per lui non esistono regole, quando gareggia: non si fa problemi a farti fuori, se vuole >>. Irina lo guardò, sperando che lui scherzasse, ma Xander non diede segno di spaventarsi.

 

Era la verità, quello che aveva appena detto. Da quando era entrata a far parte del giro dello Scorpione, William non aveva mai perso una gara. Già arrivare a lui era difficile; batterlo diventava quasi impossibile.

 

<< Sembri conoscerlo bene >> ribatté Xander, provocatorio.

 

<< Qui lo conoscono tutti, almeno di fama >> disse lei, piccata, << Questo semplicemente perché è lui che decide se puoi o non puoi fare parte del suo gruppo. Controlla tutte le gare clandestine dello Stato, oltre ad avere una rete di affari da far impallidire chiunque. Tra lui e suo padre controllano tutta la regione >>.

 

Attese che Xander mostrasse qualche sorta di sorpresa, ma lui rimase impassibile.

 

<< Sei sicuro di quello che vuoi fare? >> chiese, guardandolo di sottecchi.

 

<< Non sarei qui, altrimenti >>.

 

La ragazza lo fissò per un momento, cercando di capire se Xander in quegli anni avesse per caso perso il senno della ragione. Le sembrava lucido, e anche troppo sicuro: poteva essere anche bravo, ma nessuno, nemmeno lei, avrebbe mai osato sperare di battere William Challagher. Non così presto.

 

C’erano diverse cose che non le tornavano: possibile che uno come lui si divertisse a fare gare clandestine rischiando il carcere? Oltretutto, perché tornare proprio a Los Angeles, quando faceva la bella vita a New York?

 

<< D’accordo >> disse alla fine Irina, << Se è quello che vuoi, non sarò io a fermarti. Ma non dirmi che non ti avevo avvertito >>.

 

Xander sorrise.

 

<< Non capisco però perché hai voluto vedere me >> continuò Irina, << E non credo sia solo una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola >>.

 

<< Ho bisogno che tu mi dia qualche dritta >> rispose Xander, << Sono nuovo del posto, e devo sapere come funzionano le cose da queste parti. Oltretutto, mi sembra di capire che qui siete, diciamo, un po’ “chiusi” >>.

 

Irina capì a cosa si riferiva: per poter sfidare i piloti più forti della regione bisognava avere una certa reputazione. E anche solo per correre nelle gare organizzate dallo Scorpione bisognava avere le conoscenze giuste. Tutto per evitare la polizia, ed eventuali infiltrati.

 

<< Di regola non dovresti essere già davanti a me, infatti >> disse Irina, << Io incontro solo quelli che arrivano abbastanza in alto… Non certo i nuovi arrivati come te >>. Sorrise, sapendo che aveva capito che non stava dicendo sul serio. In realtà era una bugia: se poteva, cercava di incontrare e far desistere da propositi impossibili tutti i piloti che arrivavano lì e decidevano di entrare nel gioco. Ma questo William non lo sapeva.

 

<< Quindi stai ai piani alti? >> chiese Xander, divertito.

 

<< In un certo senso… >>

 

Max ricomparve all’improvviso, mentre fuori si sentiva il motore acceso di un’auto: doveva essere Antony: << Sono le quattro passate… >> disse rivolto a Irina.

 

Lei guardò l’orologio: doveva andare a prendere Tommy all’asilo. << Mi ha fatto piacere rivederti, ma in questo momento ho un impegno che non posso rimandare >> disse alzandosi, << Se vuoi veramente gareggiare, ci sono un paio di regole che devi conoscere, e che posso spiegarti. Domani a casa mia, alle due e mezza di pomeriggio. Max ti darà l’indirizzo e il mio numero di telefono >>.

 

Raggiunse Max che apriva la saracinesca, inondando di luce l’officina.

 

<< Dagli il numero del Nokia, non l’altro, per favore >> gli disse.

 

Max annuì ed entrambi la seguirono fino alla TT, parcheggiata dall’altro lato della strada.

 

<< Ci vediamo domani, allora >> disse Irina, rivolta a Xander << Puntuale, per favore >>.

 

Stava per chiudere la portiera dell’auto, ma la voce di Xander la fermò. << Ehi, un’ultima domanda >>, disse serio, << E tu cosa ci fai qui? >>.

 

Irina non lo guardò mentre rispondeva, ma fissò il contagiri della macchina. << Sicuramente non sono qui per il tuo stesso motivo >> rispose, e chiuse la porta.

 

Senza aspettare altro, infilò la prima e partì diretta a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.12 – 5° strada

 

Xander percorreva la 5° strada ben al di sopra del limite di velocità imposto dai segnali. Era diretto a casa sua, e teneva il cellulare ancora in mano. Aveva appena comunicato alla centrale che era riuscito a entrare in contatto con la ragazza e che era andato tutto come previsto.

 

Il piano originale prevedeva che lui si facesse strada tra i piloti a suon di gare, facendosi notare ed entrando nel giro giusto di conoscenze, fino ad arrivare allo Scorpione. Quando però aveva scoperto che Irina, alias Fenice, era tra i piloti clandestini, lui e White avevano deciso di provare a entrare in contatto con lei, sperando di velocizzare la cosa, visto che lei sembrava avere una certa influenza, da quelle parti.

 

Doveva ammettere però che era rimasto colpito. Prima di qualche settimana non avrebbe mai immaginato di trovare Irina invischiata in qualcosa del genere. Non la conosceva alla perfezione, ma sapeva che non era il tipo da diventare una criminale. E la frase che gli aveva detto poco prima di andarsene confermava il suo sospetto che lei non fosse lì per piacere.

 

La ricordava come una ragazza allegra e forse un po’ timida, e con un carattere abbastanza forte. Sapeva che aveva alle spalle una situazione familiare non facile, ma non era mai stata una ribelle. A scuola si era sempre comportata bene, senza mai catalizzare l’attenzione su di sé.

 

Adesso sembrava tutto il contrario.

 

Aveva un’auto italiana bianca, che già di per sé attirava l’attenzione. Disputava gare clandestine con un’abilità al volante inusuale per una donna. Ed era invischiata in un giro di droga e affari loschi come una delle peggiori criminali.

 

“Dì anche che è diventata davvero bella” pensò.

 

Sorrise, ritrovandosi a pensare una cosa del genere. Non aveva mai notato quella cosa, all’epoca del College, forse perché in quel periodo era attirato da ragazze più stupide e decisamente più “facili”. Era stato un adolescente cretino anche lui.

 

E molto probabilmente non era l’unico a pensarlo. L’espressione del suo amico Max mentre si sforzava di dargli il numero di telefono e l’indirizzo di Irina, era stata molto eloquente.

 

Svoltò a destra, ripensando alla faccia che aveva fatto Irina quando lui sembrava voler chiedere spiegazioni riguardo alla sua sicurezza. Sembrava stanca, ed era evidente che non volesse svelare molto di sé. Forse si stava sbagliando, ma quella ragazza nascondeva qualcosa, e di sicuro non era più quella che ricordava lui all’epoca della scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.12 – High Street

 

Irina guidava diretta a casa, il cellulare nella mano sinistra e la destra che stringeva il volante. Seduto nel suo seggiolino, Tommy mangiucchiava la sua merenda con il biberon pieno di succo di frutta nella manina.

 

<< Perché lo hai invitato a casa tua? >> chiese Max al telefono, << Rischi di farti beccare da tuo padre >>.

 

<< Mio padre e i miei fratelli domani non ci sono, vanno via tutta la giornata. Non mi interessa cosa fanno, basta che non ci sono in casa. E poi è l’unico posto sicuro che conosco, dopo casa tua >>.

 

<< Appunto, perché non a casa mia? >> ribatté Max. << Non lo conosci nemmeno. Potrebbe essere pericoloso… >>.

 

<< Non dire scemenze, Max >> sbottò Irina, << Lo conosco. Andavamo a scuola insieme, ed è uno a posto. Almeno, lo era. Comunque, non ha importanza. Voglio capire perché è qui, e perché vuole cercare di spodestare William >>.

 

<< E’ solo un riccone senza cervello >> disse Max, << Non ci sono altre motivazioni. E’ esattamente come tutti quelli del nostro giro: vuole solo farsi vedere. Probabilmente spera che tu lo aiuterai a scalare la lista. Non è il primo e non sarà di certo l’ultimo >>.

 

<< Non credo. Sono sicura che c’è qualcosa sotto… nessuno con un po’ di cervello si getterebbe a capofitto in una serie di gare qui a Los Angeles senza essere più che preparato >> Irina controllò Tommy nel suo seggiolino. << O è diventato uno sventato, oppure ha in mente qualcos’altro >>.

 

In effetti, Xander era sempre stato particolarmente spericolato, ma non era certo stupido. Non poteva non sapere di stare rischiando della grossa.

 

<< Vuoi che venga da te, domani? >> chiese Max.

 

<< No, se ci sei anche tu sicuramente non mi dirà nulla di più di quanto non abbia detto oggi >> rispose Irina, << E comunque ho un idea. Ci sentiamo >>.

 

Mezz’ora dopo, parcheggiava la TT davanti a un negozio di informatica dimesso e trascurato. Prese Tommy in braccio ed entrò dentro, richiudendosi pesantemente la porta alle spalle.

 

<< Ehila, bambina >> disse con voce strafottente l’hacker Greg Thile, vedendola entrare. Era chino sul lungo tavolo che occupava quasi tutto il negozio, sopra quello che poco prima doveva essere un pc fisso ma di cui rimaneva solo lo scheletro vuoto.

 

Quando sentì come l’aveva chiamata, Irina fece una smorfia. Aveva tanti di quei soprannomi, in giro, che ormai aveva perso il conto: li odiava tutti, dal primo all’ultimo, e avrebbe tanto preferito che la chiamassero per nome, una buona volta. Tuttavia, quello era quello che detestava di più: la chiamavano bambina, quando bambina non lo era mai stata.

 

<< Ciao Greg >> lo salutò lei, di malavoglia.

 

Greg Thile era un informatico di trentacinque anni, e viveva con gli introiti che quel negozio di computer gli dava. Tanti anni prima aveva allargato il suo business a qualcosa di più lucroso e decisamente fuori legge: la ricerca di informazioni su chiunque e su qualunque cosa.

 

Thile si alzò e tirò fuori un portatile Sony di ultima generazione da una borsa nera nascosta in un angolo, adagiandolo sul tavolo.

 

<< Chi cerchiamo questa volta? >> chiese, sardonico.

 

Tommy guardava meravigliato i vari componenti informatici che c’erano sugli scaffali, mettendosi le mani in bocca. Molto probabilmente avrebbe tanto voluto toccarli, se Irina non lo avesse tenuto in braccio.

 

<< Alexander Went >> disse lei, tirando fuori il portafogli.

 

<< Alexander Went… Bene, bene >> borbottò Thile, pigiando sulla tastiera, << Nuovo di queste parti? >>.

 

<< Forse >> rispose evasiva Irina, << Voglio sapere da dove arriva, se ha gareggiato da altre parti, e se è noto alla polizia. Le solite cose >>.

 

Thile porse la mano aperta, e la ragazza vi appoggiò un fascio di banconote.

 

<< Come al solito non ti ho mai vista da queste parti, ne ho mai sentito parlare di Alexander Went >> recitò, intascando i soldi, << Ti telefono quando ho trovato qualcosa >>.

 

Annuendo, Irina uscì dal negozio e tornò in macchina.

 

Il perché di tutta quella segretezza era solo uno: William.

 

Irina lavorava per lo Scorpione, ma lo faceva per necessità. E lui sapeva che nonostante l’avesse in pugno, non poteva fidarsi completamente di lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Casa

 

Il telefono squillò crudele mentre Irina tentava di aprire la porta di casa con Tommy in braccio e le buste della spesa tra le mani. Adagiò velocemente le borse in cucina e prese il telefono.

 

<< Pronto >>.

 

<< Sono Greg, Irina >>.

 

<< Hai già fatto? >> chiese lei, stupita.

 

<< Sì, e ho scoperto delle cose interessanti >> rispose Thile. << Sembra che questo Alexander abbia un parco macchine più vasto di un autosalone >>.

 

<< Cosa intendi? >>.

 

<< Mi sono infilato nei siti di gare clandestine estere, e sembra abbia disputato un numero incredibile di corse: è stato a New York, a Boston… >> spiegò Thile, << E, cosa ancora più importante, le ha vinte tutte. Da quello che però risulta, ha usato almeno una decina di macchine diverse >>.

 

Irina rimase colpita, ma non si preoccupò più di tanto. Non era poi molto strano che avesse soldi a palate e che fosse un talento. Le premeva sapere altro.

 

<< E negli archivi della polizia hai guardato? >> chiese.

 

<< Non c’è alcun dato su di lui >> rispose Hacker, << Sembra che non sia mai stato segnalato da nessuno. Ho controllato bene, ma nemmeno un’auto che ha usato è stata registrata. Deve essere veramente bravo a dileguarsi, perché negli ultimi tempi ci sono stati diversi arresti dalle parti in cui è stato >>.

 

Irina non ci mise molto a giungere alla conclusione più ovvia, la stessa che aveva fatto qualche ora prima.

 

<< E’ un poliziotto >> disse, più che altro a se stessa.

 

<< No, bambina, non lo è >> ribatté Thile, << Ho guardato la lista dei membri del corpo di polizia, e lui non c’è. Quello che ti ha dato potrebbe essere un nome falso >>.

 

<< No, ci conoscevamo già anni fa. Il nome è giusto >> Irina appoggiò sul ripiano della cucina una scatola di biscotti, sovrappensiero. << Sei sicuro che non ci siano segnalazioni da parte della polizia locale? Nemmeno William potrebbe essere in grado di eludere così bene gli sbirri… >>.

 

<< Bé, a essere sincero, una segnalazione c’è >> disse Thile, con una strana voce, << Sul sito della polizia federale gli pende una taglia di 1.000.000 di dollari >>.

 

Irina si immobilizzò. “Non è possibile” pensò, “Solo William ha una taglia del genere”.

 

<< Stai scherzando, vero? >>.

 

<< No, non scherzo. Quel tipo potrebbe essere più forte dello Scorpione, ma è come un fantasma. Sembra pulito. Non ci sono sue tracce da nessuna parte. Dove passa non rimane nulla su di lui >>.

 

Irina guardò fuori dalla finestra, scioccata. Xander stava nascondendo qualcosa, e lei voleva capire cosa. C’erano già stati poliziotti infiltrati tra di loro, ma erano tutti iscritti nella lista che aveva controllato Thile

 

<< Grazie >> disse, << Se scopri qualcos’altro di interessante, telefonami >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

Capitolo IV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.30 – Università

 

<< Che hai oggi, Irina? Mi sembri un po’ sovrappensiero >> disse Jenny, sottolineando di rosso la parola “strategia” che aveva appena copiato dalla lavagna luminosa che campeggiava appesa al muso.

 

Irina si riscosse e guardò l’amica. Appoggiò la penna sul banco e si stiracchiò: nell’aula semivuota regnava il silenzio, e gli unici suoni a romperlo erano il ronzio del proiettore e la voce dell’insegnante. Il professore di Business Administration stava spiegando qualcosa riguardo alle strategie d’impresa.

 

<< Uhm… >> mugugnò la ragazza, << In effetti stavo pensando… >>. Tornò a fissare il testo proiettato sulla parete bianca, cercando di fare in modo di non attirare troppo l’attenzione delle amiche sul suo strano comportamento.

 

<< A cosa? >> domandò Katy, curiosa, minando la sua “strategia” già dall’inizio.

 

Stava pensando a cosa ci facesse Xander da quelle parti, e come mai c’erano tante cose strane sul suo conto.

 

<< Al nuovo arrivato… >> rispose Irina, riprendendo in mano la penna e mettendosi a scrivere sul suo quaderno quasi vuoto.

 

<< Al nuovo arrivato?! >> disse Jenny ad alta voce. Angie, seduta di fianco a lei, la guardò malissimo, e metà della gente intorno fece altrettanto, attirata dalla sua voce squillante.

 

<< Opsss! >> aggiunse poi abbassando la voce, la mano davanti alla bocca, << Al nuovo arrivato?! >>.

 

Irina capì subito la reazione di Jenny: molto probabilmente aveva inteso le sue parole in un modo sbagliato, come faceva sempre quando si parlava di ragazzi.

 

<< Ma cosa hai capito?! >> sussurrò sottovoce, << Mi sembra strano che sia qui… E’ quello, che stavo pensando… >>.

 

Jenny assunse un’aria da so-tutto-io. << Uhm, già, e io ci credo pure… >> disse, la matita in mano come una bacchetta pronta a punirla di fronte a una bugia, << Comunque, parliamo di cose serie… E’ carino? >>.

 

Angie la guardò di nuovo male, mentre Irina sorrise. Jenny era fatta così: passava la sua vita alla perenne ricerca del ragazzo ideale, e nel frattempo valutava tutti gli altri perché sapeva benissimo che l’uomo perfetto non esisteva.

 

<< Sì, è carino >> rispose Irina, con un mezzo ghigno, << Molto carino >>.

 

Sapeva di aver appena sganciato una bomba. Jenny la fissò a occhi spalancati, e molto probabilmente si stava trattenendo dal gridare.

 

<< Carino??? >> disse, << Ma allora deve essere un gran figo, perché tu hai i gusti più difficili del mondo! >>.

 

A quel punto persino il professore smise di parlare e guardò dalla loro parte. Jenny arrossì di colpo e si zittì subito. Metà dell’aula la stava fissando in cagnesco. Fece finta di tornare a guardare sul suo foglio, ma appena il professore riprese a parlare, disse: << Allora? Come si chiama? >>.

 

Irina sorrise e tornò a scrivere sul quaderno degli appunti. << Alexander >> rispose.

 

<< Uhm… Bel nome >> commentò Jenny, guardando Katy, << Dicci altro, dai >>.

 

Irina cercò di assumere un’aria distaccata. << Jenny… >> disse, << Smettila di prendermi in giro. Non è il primo novellino di cui ti parlo. E comunque sai che non te lo presenterò mai: non è gente per te >>.

 

<< , ma è il primo che dici che è carino >> ribatté Jenny, maliziosa << Quindi sono curiosa >>.

 

<< Smettila di stressarla >> intervenne Katy, << Tanto non ti dice nulla, lo sai >>.

 

Angie si voltò verso di loro, l’aria preoccupata. << Ragazze, se continuate così il proff vi sbatte fuori >> le ammonì seriamente. I suoi appunti erano due volte più lunghi delle altre: lei era una di quelle che voleva seguire la lezione.

 

Jenny sbuffò. << D’accordo… Ma tanto mi ricordo. Non mi scappi, lo sai >>.

 

Irina ridacchiò. Era abituata agli interrogatori dell’amica: tutte le volte che incontrava un ragazzo nuovo, voleva sapere tutto. Lei rispondeva alle sue domande, anche perché era divertente vederla fantasticare e cercare di immaginare come fossero le persone con cui aveva a che fare, ma sapeva bene che non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi al suo giro nemmeno per scherzo. Troppo pericoloso per brave ragazze come loro, anche se le tre la pensavano diversamente, soprattutto Jenny.

 

Scrisse rapidamente gli ultimi appunti sul quaderno, poi tornò a perdersi nei suoi pensieri.

 

Era preoccupata, e la sua apprensione derivava da ciò che aveva scoperto di Xander. C’erano troppe cose strane, per i suoi gusti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Casa

 

Irina aspettava l’arrivo di Xander affacciata alla finestra del soggiorno, tesa. Teneva la mano sulla tenda scostata, fissando la strada davanti a casa sua, deserta e silenziosa.

 

Suo padre, Harry e Denis non c’erano. Non sapeva dove fossero, e a dir la verità non le interessava nemmeno. Le avevano detto che non ci sarebbero stati, il giorno dopo, e a lei bastava. Finché erano fuori casa, poteva stare tranquilla e in pace.

 

Thile non aveva chiamato, e ciò voleva dire che non aveva scoperto altro. Aveva rimuginato tutto il giorno sulle informazioni che le aveva dato l’informatico, ed era giunta alla solita conclusione: Xander collaborava con la polizia. Il fatto che non avesse segnalazioni lo rendeva evidente, ma non si riusciva a spiegare il fatto che fosse iscritto nella lista dei ricercati della polizia federale.

 

La polizia aveva cercato già altre volte di infiltrare uno dei loro agenti tra le file dei piloti clandestini, ma tutti erano stati scoperti ed eliminati prima di creare danni. La polizia locale, in seguito alle morti del personale in “strani incidenti stradali”, aveva deciso di lasciar stare William e la sua banda, perché si erano dimostrati più forti del previsto. L’ultimo capo del distretto era addirittura diventato amico dello Scorpione, e ora il 1° della Black List poteva contare sull’appoggio della polizia di Los Angeles.

 

Se Xander era un poliziotto sarebbe sicuramente venuto fuori, ma lei non voleva aspettare. Era finita in quella gabbia di matti per necessità, e non avrebbe fatto ammazzare persone innocenti. Se poteva avrebbe cercato di salvargli la pelle, come aveva fatto già con due altri poliziotti sprovveduti che avevano cercato di infiltrarsi tra di loro.

 

Vide la BMW bianca fermarsi nel vialetto di casa sua e spegnere il motore. Xander scese dall’auto guardando la casa incuriosito, come per farsi un’idea di che genere di vita conducesse, poi si avviò alla porta di ingresso.

 

Irina scese nell’entrata ancora prima che Xander alzasse la mano per suonare il campanello. Aprì la porta e lo salutò con un sorriso.

 

<< Ciao >>.

 

<< Ciao Irina >> disse lui.

 

<< Potresti parcheggiare l’auto del garage, per favore? >> domandò Irina, indicando la saracinesca lasciata aperta.  

 

<< D’accordo >> rispose sorridendo Xander. << Siamo in incognito? >>.

 

La ragazza ridacchiò e guardò la M3 infilarsi dentro il garage, vicino alla TT. Xander gettò una rapida occhiata dentro l’Audi mentre scendeva dalla BMW, poi la guardò, in attesa.

 

<< Vieni in casa? >> chiese lei, imbarazzata. Doveva ammettere che era in grado, stranamente, di metterla in soggezione. Era abituata a trattare con gente di altro genere, e lui sembrava assurdamente “normale”.

 

Irina lo condusse in soggiorno, dove lo fece sedere sul divano, poi sparì in cucina e tornò con un vassoio con due birre Corona, la preferita di ogni pilota clandestino e che per precauzione teneva sempre ben nascosta a suo padre. Il ragazzo si guardò intorno, prima di chiedere: << Non vivi da sola qui dentro, immagino >>.

 

La ragazza ringraziò di aver avuto l’idea di dare una riordinata prima che arrivasse, perché Xander sembrava uno che non si faceva sfuggire niente.

 

<< No >> rispose lei, stappando una bottiglia, << Sto con mio padre e i miei fratelli >>.

 

Xander non chiese dove fosse sua madre, che era morta qualche anno prima, però le rivolse un’occhiata incuriosita. Prese la bottiglia e bevve un sorso, poi sorrise complice.

 

<< E loro sanno cosa fai? >> chiese, alludendo al passato burrascoso di suo padre.

 

<< Certo >> disse Irina, divertita, << Diciamo che mi hanno addirittura incoraggiato >>.

 

Rise, anche se forse non c’era nulla da ridere. Prese la birra e bevve anche lei, lasciando che per qualche istante nel salotto non ci fu altro che silenzio.

 

<< Allora sei proprio convinto di quello che fai? >> chiese, appoggiando la bottiglia ancora quasi tutta piena sul tavolino.

 

<< Sì, e non cambierò idea >> rispose Xander, << E ho anche intenzione di gettare un po’ di scompiglio da queste parti >>.

 

Sembrava sicuro di sé, e Irina decise di aspettare prima di arrivare al punto.

 

<< Cosa vuoi sapere? >> domandò.

 

<< Tutto >>.

 

<< Bene >> Irina si alzò e prese una piantina della città da un cassetto del mobile vicino all’ingresso, << Come sai qui i migliori piloti sono riuniti in un’unica lista, la Black List, appunto. Sono dieci, e sono uno più forte dell’altro. Devi batterli tutti per arrivare allo Scorpione. Se vuoi sfidarli devi prima fare un po’ di gare in giro e farti una “reputazione”: così si dice da queste parti. Se ti dimostri bravo potrebbero essere addirittura loro a chiamarti per una sfida, ma è successo poche volte >>.

 

<< Chi sono? >>.

 

<< I piloti della Black List vogliono essere conosciuti con i loro soprannomi, e io ti dirò proprio quelli. Dovrebbe essere una questione di sicurezza, e i nuovi arrivati non possono conoscere i loro veri nomi. In realtà, che si sappiano o meno non ha importanza: la polizia ha rinunciato a catturarli >> dispiegò la cartina e indicando i vari quartieri della città li elencò << Allora… Al decimo posto c’è il Toro, poi Aquila Bianca, Cavallo Pazzo, Vipera, Lupo Grigio, Dragone, Cobra, Fenice, Mastino, e al primo posto, lo Scorpione >>.

 

<< Bella fantasia >> sghignazzò Xander, sporgendosi per guardare la mappa, << Quanto ci hanno messo a inventarsi dei nomi del genere? >>.

 

Irina lo guardò, per un istante perplessa, ed effettivamente gli diede ragione. Alcuni erano nomi veramente stupidi. Si mise a ridere, poi continuò: << Ti conviene fare qualche gara prima di sfidare il Toro, giusto per capire come sono qui le corse. Non è molto forte: si trova nella lista solo perché è amico dello Scorpione. E preparati a scappare dalla polizia. Hai mai fatto inseguimenti? >>.

 

Era la prova che serviva per capire il suo gioco.

 

<< Sì, e non sono mai stato preso >> rispose Xander. Non c’era nessuna nota compiaciuta nella sua voce, né nel suo sguardo.

 

“Sta con la polizia” pensò Irina, “Ma ho bisogno di qualche altra conferma… Non può avere una taglia così alta e non aver mai visto uno sbirro…”.

 

<< Bene >>. Assunse un’espressione distaccata e continuò: << Qui esistono vari tipi di gara. C’è il circuito, due o tre giri, e lo sprint di un solo giro; di solito sono disputati in città. La corsa tra i caselli, invece, si basa sul tempo. Vince chi percorre il tracciato nel minor tempo possibile, e si controllano i foglietti lasciati dai caselli autostradali. L’ultima, ma anche la più pericolosa, è il canyon: vince chi arriva primo senza cadere in un dirupo >>.

 

Guardò la faccia di Xander, cercando qualche emozione. Lui sembrò impassibile come una statua di pietra.

 

<< Il canyon non l’ho mai fatto… Deve essere bello >> commentò solo.

 

Irina strabuzzò gli occhi. << Hai una strana concezione del pericolo. Un sacco di gente ha rischiato di cadere giù, per questo non le facciamo quasi mai… >>.

 

<< Tu hai mai partecipato? >> domandò lui.

 

<< Sì, tre volte. E fortunatamente non mi sono ammazzata >> rispose secca Irina, << E per evitare che lo faccia tu, vorrei vedere una tua gara prima di poterti dare l’ok. Non voglio averti sulla coscienza >>.

 

Lui la guardò malizioso. << E dovrei avere il tuo permesso per gareggiare? >> domandò.

 

<< No, ma ti conviene. Se sei bravo come dici posso portarti subito dal Toro, senza inutili corse facili >> Irina posò il bicchiere che aveva in mano, << Vedremo se la tua taglia da 1.000.000 di dollari dice la verità >>.

 

Xander la guardò negli occhi, serio. Non sembrava particolarmente stupito dalla sua scoperta, e rimase un attimo in silenzio prima di dire la sua.

 

<< Allora hai scoperto da dove arrivo >> disse, quasi divertito, << Non sapevo fossi anche brava in questo genere di cose >>.

 

<< Non so da dove arrivi, ma so che non hai alcuna segnalazione della polizia locale >> disse Irina, << E non capisco perché dovresti avere una taglia di 1.000.000 di dollari sulla tua testa se la polizia non ti ha mai visto >>.

 

<< Tu cosa pensi? >> domandò Xander, incrociando le braccia, quasi volesse testare la sua intelligenza.

 

<< Che non sei un poliziotto, ma che potresti essere dalla loro parte. Non saresti certamente il primo >>.

 

Forse era stato catturato, e la polizia aveva stretto un patto con lui: se li aiutava a catturare lo Scorpione, loro avrebbero eliminato il suo fascicolo, facendolo risultare pulito come un agnellino.

 

Xander giochicchiò con qualcosa che aveva in tasca, poi disse: << Infatti non sono un poliziotto, e non collaboro con loro. So benissimo che la polizia di qui è corrotta… Perché hai fatto ricerche su di me? >>. La guardò con i suoi occhi di ghiaccio, curioso ma non minaccioso.

 

<< Perché lo faccio con chiunque viene qui. Se posso, cerco di evitare che degli sciocchi si caccino nei guai per nulla. Non hai idea di quanti poliziotti sono stati fatti fuori nelle gare, facendo sembrare tutto un incidente. Se sei un poliziotto lo sapranno di certo, e non ci metteranno molto a sbatterti fuori… >>.

 

Irina si alzò, cercando di rimanere calma. Misurò a grandi passi il soggiorno, guardando il pavimento.

 

Non poteva rivelare altro di lei senza fargli capire che aveva sperato mille volte che qualcuno riuscisse a minare le fondamenta dell’organizzazione di William, che riuscisse a catturarlo, liberandola della condanna che si era inflitta da sola. Ma quando tutti avevano fallito, aveva smesso di sperare che qualcuno riuscisse ad aprire le porte della sua prigione.

 

<< Sto cercando di aiutarti >> disse, << Ho smascherato altri poliziotti prima che loro stessi se ne accorgessero, e sono riuscita a buttarli fuori prima che fosse troppo tardi. Se sei uno di loro dimmelo… >>.

 

<< Non sono un poliziotto >> la interruppe lui, << E ho più esperienza di quanto tu possa immaginare. Ne ho visti a bizzeffe di piloti come voi >>.

 

Irina lo guardò, cercando di cogliere qualche sfumatura nella voce del ragazzo. Doveva assolutamente cavargli la verità, ma lui non sembrava disposto a cedere.

 

<< Potrai essere il più grande pilota di questo mondo >> disse, << Ma qui essere bravi con le auto non è l’unica cosa che conta. William e suo padre controllano un giro di affari sporchi che fa impallidire la mafia russa. Se hai intenzione di mescolarti con loro, sei un pazzo. Non ne usciresti vivo >>.

 

Xander fece un sorriso mesto. << Come mai ti interessi tanto alla mia incolumità? >> chiese, << Non ci conosciamo così bene da giustificare il fatto che tu stia insistendo tanto nel salvarmi la pelle >>.

 

Irina si voltò, dandogli le spalle. Già, perché doveva darsi tanto da fare? Lei stessa non era mai stata salvata da nessuno, anche se ci aveva sperato per tanto tempo. Troppe volte si era illusa di poter avere la speranza di tornare a vivere una vita normale, smettendo di essere Fenice. Nessuno l’aveva mai aiutata… Perché non lasciare stare le cose com’erano?

 

Perché non riusciva a darsi pace, ad accettare la sua esistenza per quello che era… una criminale.

 

“Perché tu continui a sperare” si disse.

 

Si girò verso Xander e lo guardò, incerta. Forse era il fatto di conoscerlo che le dava quella strana sensazione di fiducia… Forse lo sguardo azzurro, per niente freddo, posato sul suo viso combattuto. Forse l’atteggiamento sfrontato che aveva in quel momento, che lo faceva sembrare molto più navigato di quanto lei si aspettasse…

 

Poteva sbilanciarsi e rivelargli qualcosa in grado di fargli dire che cosa aveva in mente? Non l’aveva mai fatto, con nessuno. Poteva rischiare?

 

<< Sarò sincera con te >> disse, sospirando, << Io non sono entrata nel giro per mia volontà. Ho dovuto farlo perché era l’unico modo per salvare qualcosa a cui tenevo. Mio malgrado ho scoperto che mi piaceva, ma ho anche capito che se voglio uscirne non posso farlo, se non da morta. Ci sono persone che non vogliono rischiare che i loro affari vengano a galla >>.

 

Xander appoggiò i gomiti alle ginocchia, e guardò in terra per un momento. << Lo sospettavo >> disse, << Ha a che fare con la tua famiglia? >>.

 

Irina esitò, poi annuì. << So benissimo come funzionano le cose da queste parti, e so che un semplice infiltrato non può sperare di catturare lo Scorpione e smontare la sua organizzazione. E’ inutile sprecare tempo prezioso per qualcosa che non ha speranze di riuscire >>.

 

<< E se ti dicessi che io faccio parte di qualcosa di molto più grosso della polizia? >> disse Xander, fissandola.

 

Lei rimase zitta, incrociando le braccia. << Qualcosa di quanto grande? >>.

 

<< Abbastanza da giustificare il fatto che abbia potuto usare più di una dozzina di auto… Immagino saprai anche questo >> disse il ragazzo.

 

“Allora deve essere qualcosa di veramente grosso” pensò Irina. E nella sua mente si accese una speranza: forse Xander poteva farcela. Se era veramente venuto per catturare William, e aveva a disposizione fondi illimitati e un appoggio al momento invisibile, aveva qualche possibilità. Forse questa volta le forze in gioco si eguagliavano.

 

<< E se avessi qualcuno all’interno, potrei avere meno difficoltà >> aggiunse lui. << Qualcuno che mi aiuti ad avvicinarmi allo Scorpione e a entrare nelle sue grazie… >>

 

Lei. Lei era la persona che poteva aiutarlo, perché era una delle persone più vicine al capo.

 

<< Vuoi il mio aiuto, vero? >> domandò, in piedi e con le braccia incrociate.

 

<< Se vorrai darmelo >> ribatté lui.

 

Irina rimase in silenzio. Sarebbe stata una pazza a farlo: se William l’avesse scoperto, avrebbe ammazzato prima lei e poi tutto il resto della sua famiglia. Ma se Xander non falliva, poteva chiudere con quel giro, farsi qualche anno di galera e poi tornare a fare la sua vita. Aveva ancora speranza, oppure no?

 

<< Ti posso aiutare, Xander >> disse lentamente, << Farò tutto il possibile per farti arrivare allo Scorpione, ma nemmeno io so cosa passa per la sua testa. Io non so di preciso cosa tu voglia fare, se limitarti a batterlo o tentare di arrestarlo… Se inizia a sospettare qualcosa, siamo finiti, sia tu che io. Devi promettermi che cercherai di non fallire, perché ci stiamo giocando la pelle… >>.

 

<< Hai la mia parola >> promise Xander, poi sorrise. << Non ho intenzione di fallire, in ogni caso >>.

 

<< Quando vedrai come vanno le cose da queste parti, capirai che non è così facile come sembra >> ribatté Irina, guardando fuori dalla finestra.

 

Lo aveva fatto, aveva accettato di aiutarlo. Era una pazzia, ne era conscia, soprattutto perché sapeva che William la controllava. Ma cosa aveva da perdere? Nulla.

 

<< Quando si comincia, allora? >> domandò Xander.

 

Irina si voltò di scatto. << Devi partecipare alla prossima gara aperta che ci sarà >> rispose, << Non posso portarti subito dal Toro senza che nessuno ti abbia mai visto: desterebbe troppi sospetti >>.

 

<< E quando sarebbe la prossima gara aperta? >> chiese Xander.

 

<< Non lo so… >> rispose la ragazza, << Aspetta un momento… >>.

 

Salì in camera sua e prese la borsa con il computer portatile HP, poi tornò in salotto. Appoggiò il pc sul tavolino e lo accese.

 

Davanti allo sguardo incuriosito di Xander, disse: << I piloti di queste parti hanno accesso a un blog su Internet, che ci consente di far sapere in giro quando ci sono delle gare… Anche questo è sotto stretto controllo dello Scorpione, naturalmente. Per entrare è necessaria una password segreta, che divulghiamo solo a chi vuole veramente gareggiare… Ah, ecco. Sei fortunato. Domani sera, alle 23.00, a Hyde Park… Fatti trovare lì in orario, e vedremo quanto sei bravo >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Casa di Xander

 

<< E’ superfluo che io ti dica che hai fatto una delle più grandi cazzate della tua vita, vero? >> disse Jess, seduto in soggiorno fissando Xander, << Cioè, ok, è una bella ragazza, ma non puoi aver ceduto così presto… Cosa ha fatto per meritarsi tutta questa fiducia? >>.

 

<< Sospettava qualcosa >> rispose Xander, fissando il monitor del pc portatile che aveva davanti, << E’ stata furba. Ha fatto ricerche su di me… Credeva fossi un poliziotto >>.

 

<< E le hai chiesto di aiutarti perché pensava fossi uno sbirro? >> fese Jess, perplesso, << Scusa, ma non ha tanto senso. Se pensava veramente che fossi un poliziotto, avrebbe dovuto sbatterti fuori subito, no? >>.

 

Xander si lasciò scappare un sospiro esasperato. Il ragionamento di Jess era più che logico, se non avesse intuito che Irina non sembrava proprio fedele al suo capo. Lei stessa lo aveva detto: era lì per necessità.

 

Stava guardando la Lista Nera, pubblicata sul blog che aveva usato Irina per gli aggiornamenti sulle corse, con le relative gare vinte e la taglia che “orgogliosamente” ogni pilota poteva vantare. Al primo posto, naturalmente, c’era lui, lo Scorpione, con la taglia record di 1.000.000 di dollari e 378 gare vinte.

 

Irina, alias Fenice, era al terzo posto, ma la sua taglia non era molto elevata: 150.000 dollari, una delle più basse della lista. Le gare che aveva vinto però erano notevoli: 183. Utilizzava una sola auto, una Fiat Grande Punto d’importazione, diversamente dagli altri piloti che avevano almeno due macchine.

 

Il fatto che avesse una taglia così bassa gli suggeriva che molto probabilmente non aveva preso parte a molti inseguimenti, o che comunque stava nel giro da poco tempo. Oppure doveva essere molto brava a eludere la polizia.

 

Però era strano. Se era forte come aveva dimostrato nella gara dell’altra sera, e se stava veramente ai “piani alti non poteva avere una taglia così bassa…

 

In effetti, aveva notato che c’era qualcosa di strano, in Irina. Qualcosa che aveva colto pochi minuti dopo essere entrato in casa sua, e che non poteva sfuggirgli: quella ragazza non era felice di stare dove stava. Non era lì per piacere, lo aveva ammesso. Ma c’era qualcos’altro che non aveva voluto dire, che teneva nascosto.

 

Ecco perché le aveva chiesto di aiutarlo. Era stata una mossa avventata, ne era consapevole: si era sbilanciato veramente troppo, con lei. Ma non aveva potuto fare a meno di non fidarsi: c’era qualcosa, nella sua espressione, che lo assicurava che Irina lo avrebbe aiutato.

 

Il rischio che stava correndo era enorme: poteva benissimo aver preso un abbaglio. Irina poteva anche aver finto, per cercare di capire se era un poliziotto o meno e riferire tutto a Challagher. Poteva aver fatto la parte della vittima, quando in realtà non lo era.

 

“Non stava fingendo. Si vedeva” si disse.

 

<< Era lei che sbatteva fuori gli infiltrati della polizia prima che riuscissero ad arrivare da qualche parte >> disse Xander, << Per quello ci avevano detto che sarebbe stato difficile entrare. Il loro sistema è chiuso, è vero, ma lei sta agendo autonomamente. Ritiene che un semplice poliziotto non possa sperare di far arrestare Challagher… Era lei che li teneva fuori dal gioco >>.

 

<< E perché dovrebbe prendersi questo disturbo? >> domandò Jess.

 

<< Perché non è entrata nel giro per sua volontà >> rispose Xander, << Ha dovuto farlo, a causa della sua famiglia… Non mi ha detto altro >>.

 

Jess rimase un momento in silenzio, poi disse: << Con White, che farai? Glielo dirai? >>.

 

<< No >> rispose Xander, risoluto, << Gli dirò che la ragazza non sospetta nulla >>.

 

<< Stai rischiando, lo sai, vero? >>.

 

Lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ma rischiare era sempre stato il suo mestiere: un po’ dell’incoscienza adolescenziale era rimasta, in lui. L’istinto gli diceva di aver fatto la cosa giusta.

 

<< Bé, speriamo che tu non ti stia sbagliando >> continuò l’informatico, << Come di solito succede sempre, tra l’altro… Me la presenterai, un giorno? >>.

 

Xander fissò Jess, poi scoppiò a ridere. << Forse >> rispose, << Ma credo tu sia troppo insignificante, per i suoi standard >>.

 

<< Ah ah ah, spiritoso. Tu sei meglio, vero? >>.

 

<< Non ho questa pretesa >>.

 

<< Adesso fai anche il finto modesto? >>.

 

<< Tu mi stai provocando… >>.

 

<< D’accordo, vedremo >>.

 

E scoppiarono tutti e due a ridere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – 5° strada

 

Irina percorreva la strada sopraelevata a velocità sostenuta, la radio accesa con il suo cd preferito e Tommy seduto nel seggiolino posteriore. Il guard-rail sfrecciava alla sua sinistra, il cielo azzurro a fargli da sfondo.

 

Il dito della mano destra picchiettava continuamente sul pomello del cambio, segno che era nervosa. Guardò nello specchietto retrovisore per vedere se qualcuno sopraggiungeva alle sue spalle, poi superò con uno scatto l’auto che le stava davanti. Il suo stato d’animo si rifletteva anche nella sua guida.

 

Non riusciva a toglierselo dalla testa.

 

Alexander.

 

Non poteva credere che si fosse presentato lì con l’idea di infiltrarsi tra loro per sfidare William… E lei lo avrebbe pure aiutato.

 

Si stupiva di se stessa. Non aveva mai permesso a nessuno di inculcarle la speranza nella testa. Lui ci aveva messo un attimo a farlo. Era riuscita a convincerla a dargli una mano, qualunque cosa volesse fare.

 

Presto si rese conto che forse aveva commesso un errore, un errore madornale che rischiava di peggiorare in modo esponenziale la situazione già scomoda in cui si trovava. Se William l’avesse beccata, era finita.

 

Parcheggiò l’Audi e spense il motore. Uscì dall’auto e fece scendere Tommy, tenendolo per mano.

 

<< Andiamo a trovare la nonna? >> disse sorridendogli.

 

Il bambino la guardò con i suoi occhietti vispi, e guardò dietro di loro.

 

L’entrata dell’immenso cimitero di Los Angeles si apriva davanti a loro, i cancelli in ferro battuto spalancati nella luce di aprile. Lunghe file di croci si susseguivano nel camposanto, fiori di mille colori punteggiavano quel paesaggio altrimenti spoglio e tetro.

 

Con un sospiro, Irina si avviò verso l’entrata, sempre tenendo per mano Tommy. Varcò i cancelli e con passo svelto si diresse a destra, proseguendo dritto per un paio di minuti, finché non la trovò.

 

Elisabeth McChinnon, diceva la scritta in rilievo sulla lapide di marmo scuro e lucidissimo. La data di morte risaliva al giugno di quasi cinque anni prima.

 

<< Ciao, mamma >> mormorò Irina, guardando la foto. Ritraeva una donna grassottella, dal viso dai tratti dolcissimi e i capelli scuri a caschetto. Indossava un bell’abito a fiori, e si trovava su una delle spiagge di Los Angeles, il mare piatto come una tavola alle sue spalle.

 

<< Nonna? >> disse Tommy, guardando prima la foto, poi lei.

 

<< Sì, è la nonna >> rispose Irina, abbassandosi e abbracciando il bambino.

 

Come era bella, la sua mamma. Lo aveva sempre pensato, e ora che non c’era più le sembrava ancora più bella.

 

Erano passati più di quattro anni dalla sua morte, ma la sua assenza rimaneva ancora una ferita aperta, nel cuore di Irina. Credeva che il tempo avrebbe diminuito il dolore di quella perdita, ma si era sbagliata. Ora più che mai sentiva la sua mancanza.

 

Ricordava tutto come se fosse stato ieri.

 

Ricordava di come sua madre si alzasse prestissimo la mattina per andare a lavorare, di come fosse sempre disposta a fare qualsiasi cosa per il bene della sua famiglia. Di come tornava a casa la sera, esausta ma soddisfatta, pronta a chiederle come era andata la giornata e la scuola. Ricordava con quanto amore accudisse lei e la sua famiglia, nonostante Todd fosse un emerito buono a nulla.

 

Tante volte si era chiesta perché una come sua madre si fosse innamorata di uno come lui. E non riusciva a trovare alcuna risposta, soprattutto quando vedeva Elisabeth ubbidire agli ordini di suo padre con un sorriso triste e sopportare in silenzio le sue scenate scatenate dal continuo bere. Avrebbe potuto abbandonarlo, andarsene con Irina e i suoi tre fratelli, e lasciarlo marcire nella povertà e nell’alcool. Non lo aveva fatto, mai.

 

Eppure, Irina ricordava con quanta difficoltà arrivassero alla fine del mese, con i pochi soldi che sua madre guadagnava. Di quando, un giorno, vennero sfrattati dalla misera casa in cui avevano vissuto fino a quel momento, nella periferia della città. A quel punto, i genitori anziani di Elisabeth, li avevano ospitati a casa loro, finché anche loro non erano morti, lasciando tutto alla loro unica figlia.

 

Sua madre aveva deciso che non avevano altra scelta se non rimanere a vivere lì, perché di soldi non c’è n’erano. E lei continuava a lavorare, a spaccarsi la schiena per loro, per vedere la sua famiglia che ogni giorno che passava andava sempre più in pezzi.

 

Todd non lavorava, dipendeva dall’alcool e dormiva tutto il giorno; Harry e Denis avevano smesso di andare a scuola e si erano fatti una brutta cerchia di amici; Dominic, il fratello maggiore, non c’era mai a casa, e nessuno sapeva quello che faceva; e poi c’era lei, la piccola di casa, Irina, che guardava di nascosto la mamma versare lacrime vedendo i suoi figli imboccare le strade sbagliate, e che si chiedeva cosa avesse di così sbagliato per avere un padre così idiota.

 

Ricordava ancora quanto sua madre le volesse bene, quante piccole gentilezze riservasse solo a lei, e di quando metteva i soldi da parte e la portava al parco a mangiare un gelato, solo loro due.

 

<< Devi studiare, bambina mia >> le diceva sempre, << Sei intelligente, puoi fare molta strada. Non voglio che tu ti riduca come me, capito? Devi studiare e diventare qualcuno >>.

 

Elisabeth contava tanto sulla sua bambina, e Irina non la deludeva mai. Studiava, portando a casa sempre bei voti, che a suo padre non interessavano ma che a sua mamma aprivano un sorriso luminoso sul viso. E l’aiutava, quando poteva: teneva in ordine la casa, preparava da mangiare per i suoi fratelli, faceva la spesa. Era brava, e sua madre glielo diceva sempre.

 

Proprio perché la riteneva speciale, le aveva dato quel nome così inusuale dalle loro parti: Irina. Un nome misterioso, affascinante, adatto alla sua bambina più di qualunque altro.

 

Poi, all’improvviso, Elisabeth se n’era andata. Come un fulmine a ciel sereno, una malattia l’aveva portata via.

 

Irina aveva quindici anni quando si rese conto che in sua madre c’era qualcosa che non andava. Era dimagrita, aveva ombre scure sotto gli occhi e ogni minimo gesto la affaticava. Diverse volte era rimasta a casa da lavoro, sdraiata sul letto con la scusa di una piccola influenza.

 

Non era vero. Era malata, ma aveva tenuto nascosta a tutti la verità. Quando Irina si rese conto di quello che aveva, ormai era troppo tardi: nel giro di due mesi, Elisabeth era morta.

 

Nonostante il dolore, nonostante la perdita, Irina era riuscita ad andare avanti. Con difficoltà, troppo giovane per essere abbandonata a sé stessa, aveva voltato pagina e aveva cercato di tornare a vivere.

 

Ma non c’era solo lei, c’era anche ciò che rimaneva della sua famiglia. Per qualche mese riuscirono a campare con i risparmi che sua madre aveva messo da parte di nascosto, che sarebbero serviti a permetterle di continuare a studiare. Poi anche quelli erano finiti, e i suoi fratelli erano stati costretti a cercarsi un lavoro.

 

Fu Dominic, il maggiore tra loro, a sbrogliare un po’ la situazione, trovando un lavoro fisso in una fabbrica da quelle parti. I soldi che guadagnava erano pochi, ma bastavano a fare la spesa e pagare le spese ordinarie.

 

E poi…

 

Bé, e poi Dominic era scappato. Ma quella era un’altra storia.

 

Tommy le strattonò un braccio, e Irina tornò finalmente alla realtà. Gli sorrise e lo prese in braccio, guardando la foto di sua madre.

 

<< Sarebbe stata una nonna fantastica, lo sai? >> gli disse.

 

<< Nonna? >> disse il bambino, indicando la lapide.

 

“Nonna” era una di quelle poche parole che suo nipote aveva imparato a pronunciare, nonostante avesse già due anni. Lo aveva portato da un medico, che le aveva detto di non preoccuparsi troppo: a volte, quando la situazione familiare di un bambino non era proprio serena, poteva capitare che ci mettesse un po’ di più a imparare a parlare.

 

Fissò la lapide di marmo, e con un sospiro guardò l’orologio: erano quasi le sette, e avrebbe fatto meglio a tornarsene a casa. Prese Tommy in braccio e si avviò verso l’uscita del cimitero, senza sentirsi più tranquilla di quando era arrivata.

 

Non ci riusciva, sentiva di aver fatto un errore enorme: aiutare Xander era una follia. Soprattutto per la situazione in cui si trovava lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Dove sei stata? >> domandò Todd quando Irina mise piede in casa.

 

<< Dalla mamma >> rispose lei, entrando in cucina e iniziando ad apparecchiare la tavola. << Voi dove siete stati? >>.

 

<< Non sono affari tuoi >> ribatté suo padre.

 

Irina incassò la risposta senza nemmeno guardarlo, abituata com’era ai suoi comportamenti. Attraversò il corridoio e fece sedere Tommy sul seggiolone in cucina, cercando con gli occhi la tovaglia.

 

<< Ha telefonato William >> continuò suo padre.

 

<< Davvero? Perché non mi ha cercato sul cellulare? >> disse Irina, poco interessata, mettendo la pentola sul fuoco.

 

<< Non rispondevi >>.

 

Irina si bloccò. A essere sincera, non aveva sentito squillare il Motorola. Andò a prendere la borsa e tirò fuori il cellulare: cinque chiamate senza risposta, tutte di William. Era talmente sovrappensiero che non se n’era nemmeno accorta.

 

<< Cosa voleva? >> chiese.

 

<< Voleva che andassi da lui per sistemare alcune faccende >> rispose Todd.

 

Irina tornò a preparare la cena. Si era risparmiata una di quelle riunioni di William e dei suoi “fedelissimi”, come li definiva lei, in cui discutevano gli ultimi affari riguardo alla droga e alle auto rubate. Non avevano avuto modo di appiopparle nessun compito ingrato, questa volta.

 

Con un grugnito, suo padre lasciò la cucina e si mise a parlare con Harry e Denis.

 

Si era sempre chiesta perché suo padre la disprezzasse tanto. Non ricordava di aver mai fatto qualcosa che avesse potuto offenderlo. Forse non aveva accettato che fosse una femmina, o che fosse completamente diversa da loro. Aveva smesso di chiederselo quando aveva capito che alla fine non le importava più di tanto, e aveva imparato a ignorarlo.

 

Terminò di preparare la tavola, e avvicinò il seggiolone di Tommy al tavolo. Della sua famiglia, lui era l’unico a cui tenesse veramente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V

Capitolo V

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Vernon Avenue

 

Irina aspettava la partenza della gara seduta su una panchina a bordo strada, le strisce argentate delle Nike che portava ai piedi che riflettevano la luce dei lampioni, la Punto parcheggiata non molto lontano da lì vicino alle altre auto dei ragazzi che erano venuti ad assistere alla gara.

 

Davanti a lei, una fila di sette macchine schierate una di fianco all’altra, con la scintillante BMW M3 di Xander al centro. Sprint, cinque chilometri di tracciato e sei avversari agguerriti. “Vediamo se sei veramente bravo” pensò la ragazza.

 

Con il piede che si muoveva a tempo della musica che qualcuno teneva a tutto volume, Irina guardava la gente che si muoveva lì intorno. Tutti ragazzi giovani e poco esperti, che aspiravano a entrare nel giro dello Scorpione, ma che alla fine si sarebbero dovuti accontentare di rimanere a guardare da lontano. Individuò un’Audi A5 rossa che lei conosceva bene, seminascosta dal suv scuro da cui proveniva la musica. Il suo proprietario, Robert O’Correll, numero 6 della Black List, era appoggiato all’auto, pronto ad assistere alla corsa.

 

A tutte le gare aperte c’era sempre un membro della lista a tenere d’occhio i nuovi arrivati e a comunicare allo Scorpione se c’era qualcuno che meritava di entrare nel suo giro o che poteva risultare interessante per qualche incarico poco pulito. E farsi notare in quelle dispute era l’unico modo per avvicinarsi a William.

 

O’Correll la vide e le rivolse un cenno con il capo, senza però dare segno di volersi avvicinare. Meglio così: non avrebbe dovuto spiegare il motivo per cui si trovava lì.

 

Tra i piloti della Black List, Irina non era ben vista. Il mondo delle corse clandestine era prettamente maschile, e lei era l’unica donna ad essere arrivata così in alto. Si mormorava che fosse riuscita a piazzarsi al terzo posto utilizzando metodi poco puliti, e che “l’intima amicizia” con lo Scorpione l’avesse aiutata. In realtà, Irina era brava davvero, e alla maggior parte della gente non andava giù che una ragazza così giovane fosse anche così forte, soprattutto agli uomini. O’Correll era uno di quelli che non era ancora riuscito ad accettare il fatto di essere stato sconfitto da una ragazzina come Fenice.

 

Senza ulteriori sguardi, Irina concentrò la sua attenzione sulla strada. Vide Clark, l’uomo che lavorava per William, che raccoglieva le scommesse poco lontano. Notò Xander appoggiato alla BMW, le braccia conserte e lo sguardo serio.

 

Per un momento, a Irina ricordò William. Xander aveva un certo fascino, doveva riconoscerlo; lo stesso fascino che aveva lo Scorpione: tenebroso, risoluto, e decisamente virile. L’espressione del suo sguardo, a volte beffarda a volte di sfida, gli conferiva un’aria che aveva qualcosa fuori dal comune.

 

Le venne da sorridere. Aveva pensato la stessa cosa di William, la prima volta che lo aveva visto. Salvo poi scoprire che era tutto il contrario di ciò che era apparso…

 

Xander le rivolse un’occhiata, impassibile, ma lei riuscì a notare un barlume di divertimento, nei suoi occhi azzurri. Voleva dimostrarle quanto si stava sbagliando, sul suo conto.

 

“Se non vuoi destare sospetti, è meglio che tu faccia finta di non conoscermi” gli aveva detto.

 

Clark diede il segnale dell’inizio, e Xander salì sulla BMW. Anche gli altri piloti fecero altrettanto.

 

Il motore della M3 si avviò senza esitazioni, pronto a sprigionare tutta la sua potenza. Salì velocemente di giri per un paio di volte, mentre anche le altre auto si avviavano. Un tipo su una Ford Focus arancione lo guardò minaccioso, premendo sull’acceleratore. Xander non lo degnò di uno sguardo e ne approfittò per gettare un’ultima occhiata a Irina.

 

Clark si parò davanti alla linea di partenza, la mano alzata. Abbassò una a una le dita, poi quando chiuse il pugno calò la mano, e le macchine partirono a tutta velocità.

 

La BMW passò subito in testa, portata avanti dai 420 cavalli del suo motore. La Focus gli si mise dietro, cercando lo spazio per sorpassarlo. Poi le macchine svoltarono a destra, oltre la vetrina di un negozio, e sparirono alla vista, lasciandosi dietro solo il sibilo degli pneumatici sull’asfalto.

 

Irina dovette aspettare circa cinque minuti prima di vedere in lontananza, sul ponte di St. Carrile, l’auto di Xander inchiodare violentemente e rimanere ferma, il motore sempre acceso. Allarmata, si alzò in piedi, sentendo qualcuno commentare il fatto, poi vide la Focus arancione sorpassare la BMW bianca a sinistra; a quel punto la M3 schizzò di nuovo avanti e si gettò all’inseguimento.

 

Irina tirò un sospiro di sollievo, e continuò a guardare Xander inseguire l’avversario. Si era fermato di proposito, lo aveva capito.

 

Due minuti e trentasette secondi dopo, la BMW tagliò il traguardo compiendo a tutta velocità una mezza derapata e inchiodando proprio davanti a lei. Ci volle un’altro minuto prima di vedere la Focus e le altre macchine giungere al traguardo, inesorabilmente perdenti.

 

Xander abbassò il finestrino, mentre Clark si avvicinò porgendogli una mazzetta di denaro. Il proprietario della Focus scese dalla macchina e sbatté violentemente la portiera, infuriato.

 

“Non una rissa, per favore” pensò Irina, preoccupata, “Tutto ma non una rissa”.

 

Il tipo fissò arcigno Xander per qualche minuto, poi si voltò e si allontanò.

 

Decisa a evitare problemi, Irina si avviò verso la Punto, gettando una rapida occhiata a Xander. Lui la vide e scese dalla macchina, mettendosi a parlare con un ragazzo. La Punto si allontanò nella notte, i fari azzurri accesi e il motore al minimo.

 

Come avevano pianificato, Irina aspettò Xander a Dalton Beach, ferma nel parcheggio deserto. Era giovedì, e le corse in quel posto di solito si tenevano solo la domenica. Aspettò mezz’ora, chiusa in macchina e con la radio accesa, fissando ls spiaggia buia e deserta oltre lo steccato.

 

Finalmente vide nello specchietto retrovisore i fari accesi della BMW, che si piazzò di fianco alla Punto, sinuosa come un felino. Gettando una rapida occhiata dei dintorni, Irina scese dalla sua auto, poi salì sulla M3.

 

<< Esibizionista >> fu la prima cosa che disse.

 

Xander sembrava divertito, e girò la chiave per spegnere il motore. La strada davanti a loro cadde nel buio. << Ti avevo detto che non sono un novellino >> ribatté. << E non mi sono neanche impegnato >>.

 

Irina era colpita: aveva conosciuto poche persone in grado di guidare in quel modo, e una di quelle poche era William. Riconosceva il talento, quando lo vedeva. Appoggiò il braccio sulla portiera, e disse: << D’accordo, sei bravo. Forse hai qualche speranza di arrivare allo Scorpione >>.

 

<< Voglio sfidare subito il Toro >> disse Xander, << Non voglio perdere altro tempo con gare inutili >>.

 

Irina lo guardò, pensierosa. In effetti il Toro non era così forte: lei stessa non aveva fatto fatica a batterlo. << Va bene >> disse, << Farò in modo che vi incontriate. Lasciami il tuo numero di telefono, e ti chiamerò per dirti giorno e ora >>.

 

Xander avvicinò la mano al cassetto portaoggetti della macchina, e Irina spostò le gambe per permettergli di aprirlo. Lui la guardò con la coda dell’occhio, poi tirò fuori un cellulare Nokia e glielo diede.

 

<< Tieni questo >> disse, << La linea è sicura, e non verrai intercettata da nessuno. Il mio numero è nella lista >>.

 

<< Grazie >> Irina prese il telefono e lo mise in tasca. << Credo di averti sottovalutato, sai? >> aggiunse.

 

<< Non è la prima volta che lo fai >> disse lui, divertito.

 

<< Perché dici questo? >>.

 

<< Quando andavamo a scuola, non mi consideravi altro che un figlio di papà, o sbaglio? >> Xander sembrava divertirsi da morire facendole ammettere di essersi sbagliata.

 

Lei sorrise e rispose: << Sì, hai ragione. Però devi ammettere che la tua auto è proprio quella di un figlio di papà >>.

 

Xander scoppiò a ridere. << E a te piace >>.

 

<< D’accordo, hai ragione anche su questo >> ribatté Irina, divertita. Guardò l’orologio e poi sbadigliò. << Credo che sia ora di tornarmene a casa… Molto probabilmente gli altri si saranno infilati in qualche locale… Magari puoi andare con loro >>.

 

<< Uhm… Forse >> rispose Xander, << Ah, il tipo dell’Audi rossa chi era? >>.

 

<< Il Lupo >> rispose Irina, << Il numero 6 della Lista. Credo ti abbia notato: non stupirti se ti chiederanno di gareggiare ancora, o se cercheranno di contattarti. E’ così che lo Scorpione recluta i suoi piloti >>.

 

<< Tu sei una di loro, vero? >> domandò Xander. Era serio.

 

Irina annuì. << Lavoro per lui, ma ci sono molte cose che non mi piacciono >> disse, << E non sono l’unica a pensarla in questo modo. William lo sa, per questo devo fare attenzione a quello che faccio >>.

 

Aprì la portiera dell’auto, sicura di aver detto troppo. Rivolse un ultimo sorriso a Xander, per dargli l’idea di non dare troppa importanza alle sue parole, e lo salutò.

 

<< Ti chiamo per farti sapere qualcosa sulla gara >> disse, poi salì sulla Punto e un attimo dopo era già lontana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 00.59 – Green Boulevard

 

Xander stava tornando a casa, solo. Era abbastanza soddisfatto per la vittoria, ma sperava si trattasse di una cosa un po’ più combattuta. Se i piloti da quelle parti erano tutti così, non sarebbe stato più difficile che nel resto degli Stati Uniti.

 

<< Oh, Fenice, la bambina… Non farti strane idee, su di lei. E’ roba riservata, non si tocca >>.

 

Non riusciva a togliersi dalla testa la frase che il tipo delle scommesse gli aveva detto quando aveva guardato Irina allontanarsi a testa bassa. Non era stato l’unico a seguire i suoi movimenti sinuosi con lo sguardo. Altri cinque ragazzi le avevano gettato occhiate languide, ma nessuno aveva osato apostrofarla.

 

<< La bambina? >> aveva chiesto lui, perplesso.

 

<< Qui la chiamiamo così >> aveva risposto l’uomo, e non sembrava stesse scherzando, << Quando è arrivata, era poco più che una bambina… E lo rimane ancora adesso: è la pilota più giovane dello Stato. Se ci tieni alle palle ti conviene stargli lontano >>.

 

<< Perché? >> aveva domandato, incuriosito.

 

<< Lavora per lo Scorpione >> aveva risposto l’uomo, con un mezzo sorriso, << E lui non si limita a farle fare delle gare, se capisci quello che intendo >>.

 

“Allora sei finita tra i pezzi grossi, Irina” pensò Xander, “Ecco perché sembra che tu abbia tanta influenza da queste parti”.

 

Xander inserì la quinta con impeto, schiacciando la frizione. Ok, lui era in missione e aveva dei segreti che doveva tenere nascosti, ma voleva scoprire cosa ci faceva Irina in mezzo a quel casino, e soprattutto fin dove era arrivata.

 

“Forse per questo che non vuole essere vista con qualcun altro” pensò, “Qualcuno potrebbe pensare che stia tradendo il suo… capo? Ragazzo? Fidanzato?”.

 

Non capiva: la gente parlava di Irina come se fosse proprietà esclusiva di Challagher, come se tra loro ci fosse un rapporto molto stretto, molto più di quello tra un capo e il suo pilota… Eppure Irina gli aveva fatto capire che detestava lo Scorpione, che avrebbe fatto a meno di lavorare per lui.

 

C’era qualcosa di molto strano. O Irina stava facendo il doppio gioco, oppure Challagher aveva un certo controllo su di lei. Le possibilità erano quelle.

 

Forse si era lasciato ingannare dalla sua faccia pulita e angelica, e non poteva fidarsi di lei come aveva creduto. Magari voleva incastrarlo in qualche modo…

 

Non ci voleva pensare, e non perché avrebbe compromesso la missione. Non voleva pensarci perché si fidava veramente di lei. Perché la sua espressione aveva detto molto più di tante parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 7,30 – San Pedro Street

 

Irina suonò il campanello di casa Greenn, aspettando sotto il minuscolo porticato. Un attimo dopo, la porta venne aperta da una donna di circa cinquant’anni, molto robusta e dai capelli rosso scuro, a boccoli. Sandra, la baby-sitter, le sorrise con benevolenza.

 

<< Vieni, vieni, entra, cara >> disse, scostandosi e facendo entrare la ragazza in casa.

 

Sandra Greenn era stata, molti anni prima, un’amica di sua madre, e si conoscevano da diverso tempo. Da piccola, quando sua madre faceva i turni di notte e non voleva lasciarla a casa sola con suo padre i suoi fratelli, la mandava a dormire da Sandra, in modo che potesse passare del tempo con i suoi due figli, un maschio e una femmina, che avevano qualche anno più di lei. Aveva passato dei bei momenti con loro, e aveva goduto di qualche ora di stabilità familiare di cui normalmente non disponeva. Alla morte di Elisabeth erano rimaste amiche, e molte volte la donna si era offerta di aiutarli: Irina aveva rifiutato gentilmente, perché sapeva che le sue condizioni economiche non erano poi molto migliori delle loro. Aveva però accettato di affidarle Tommy, quando aveva bisogno, soprattutto perché, ora che i due figli erano andati a vivere per i fatti loro, aveva poco da fare.

 

Per il resto, Sandra non sapeva di quello che lei faceva in realtà: credeva che Irina la sera e la notte lavorasse per guadagnarsi da vivere, e non che fosse una pilota clandestina. Non le era mai passato per la testa che la figlia della sua vecchi amica fosse una criminale.

 

<< Vuoi un caffè? >> domandò Sandra, facendola entrare nel suo piccolo e dimesso soggiorno. Tommy era seduto sul divano, davanti alla tv accesa che trasmetteva i cartoni animati.

 

<< No, grazie, l’ho già preso >> rispose Irina, poi si avvicinò al nipote, << Ciao, piccolo. Andiamo all’asilo? >>.

 

Tommy rise e alzò le manine, segno che voleva essere preso in braccio. La ragazza lo accontentò, facendogli una carezza sulla guancia. Odiava lasciarlo sempre solo, sbattendolo di qua e di là, ma non poteva fare altrimenti.

 

<< Vuoi lasciarlo ancora qui, per oggi? >> chiese Sandra, guardandola preoccupata, << Lo sai che mi fa piacere tenerlo, sono sempre da sola… >>.

 

<< No >> rispose Irina con un sorriso, << Ti ringrazio, ma ti ho già disturbata abbastanza, in questi giorni >>.

 

<< Sei sicura? >> insistette la donna, << Mi sembri stanca… Dovresti trovare un altro lavoro: questo ti sta sfiancando. Farti fare i turni di notte, e senza neanche qualche giorno di avviso… >>.

 

“Lo farei, se potessi”, pensò la ragazza.

 

<< Non sono stanca, mi manca qualche ora di sonno, tutto qui >> disse, << Ci vediamo la prossima volta, e grazie ancora >>.

 

Prese la borsa di Tommy e uscì, diretta alla TT. Fece sedere il bambino del seggiolino, guardandolo poi dallo specchietto retrovisore. Gli dispiaceva da morire abbandonarlo ogni volta come un pacco, perché gli voleva troppo bene. Non era suo figlio, ma avrebbe voluto crescerlo come se lo fosse.

 

Un’ora dopo, Irina era di nuovo seduta al solito posto nell’aula dell’Università, il professore che spiegava senza notare che metà dei suoi allievi stava facendo altro.

 

<< Ragazze, oggi proprio non ho voglia di seguire… >> borbottò Jenny, sfogliando il giornale che si era procurata, << Con questo bel sole… Ci vorrebbe una giornata al mare. Ah, leggiamo l’oroscopo! >>.

 

Irina la guardò divertita, mentre Katy si sporse per osservare la pagina del quotidiano. Commentarono il loro oroscopo sotto le occhiate perplesse di Angie, che non smetteva un momento di prendere appunti, poi passarono a quello di Irina: << Allora, Acquario… Uhm, oggi sarà una buona giornata. Incontri inaspettati dopo pranzo… Devi vedere qualcuno? >>.

 

<< No >>.

 

Jenny osservò il foglio con aria critica. Nessuna delle tre credeva negli oroscopi, ma leggere le assurdità che a volte venivano scritte era una delle loro occupazioni preferite, durante le lezioni noiose. << Qui dice che devi fare attenzione alla salute… Mangiare rape… Mangiare rape?! Ma che razza di consiglio è? >>.

 

Irina scoppiò a ridere, e Jenny e Katy fecero lo stesso. Persino Angie ridacchiò.

 

<< Bah… >>. Ripiegando il giornale, Jenny le guardò pensierosa, << Che ne dite se ci facciamo una capatina in spiaggia, oggi pomeriggio? Mangiamo un panino al volo uscite da qui, e poi andiamo >>.

 

<< Io sono in macchina, oggi >> disse Irina, << Possiamo andare a Dalton Beach, se vi va >>.

 

Forse qualche ora seduta sulla spiaggia le avrebbe fatto bene, levandole quella strada sensazione che aveva dalla sera prima. Era una cosa che non riusciva a spiegarsi, e nemmeno a capirne la fonte.

 

Terminate le lezioni, Irina e le tre amiche uscirono dall’Università, e raggiunsero l’Audi TT parcheggiata dall’altro lato della strada.

 

<< Io sto davanti! >> gridò Jenny, con un sorriso da un orecchio all’altro, aggredendo la maniglia dell’auto.

 

<< Lo sappiamo già… >> borbottò Katy.

 

Irina sorrise. A Jenny piaceva un sacco la TT che aveva, e tutte le volte che saliva in macchina con lei c’era da morire da ridere: si sentiva chissà chi, su quell’auto.

 

<< Quanto mi piace… >> esalò Jenny, gli occhi che brillavano, << E’ così… così… >>.

 

<< Sappiamo anche questo, Jenny >> disse Katy, stancamente, << Lo avrai detto un centinaio di volte, almeno >>.

 

Katy e Angie salirono dietro, mentre Irina richiudeva il baule dove avevano lasciato le borse. Era proprio la giornata perfetta per andare a fare una passeggiata sulla spiaggia: l’aria era calda e il cielo limpidissimo.

 

<< Allora, che mi dici del nuovo arrivato? >> chiese Jenny, guardando la costa sfrecciare oltre il finestrino dell’auto.

 

<< Non ho proprio niente da dirti >> ribatté Irina, con un lievissimo sorriso che le si disegnava sulle labbra, << Dovrei, forse? >>.

 

Si fermò al semaforo e guardò l’amica. Jenny però stava rivolgendo la sua attenzione a qualcos’altro, oltre il vetro.

 

<< Che fai? >>

 

La ragazza salutò qualcuno, sorridendo a trentadue denti. Irina si spostò e vide che affiancata a loro c’era una Mercedes cabrio, con due ragazzi che guardavano chiaramente nella loro direzione, gli occhi nascosti dietro gli occhiali da sole all’ultima moda.

 

Irina scoppiò a ridere.

 

<< Vuoi smetterla di fare la scema? >> chiese, controllando il semaforo.

 

<< E dai, fammela tirare un po’… >> protestò Jenny. << Questi due ragazzi, in giro tutti soli… >>.

 

I due sembravano disposti ad attaccare bottone, e Jenny lo era altrettanto. Katy, seduta dietro, alzò gli occhi al cielo.

 

<< Jenny, sei sempre la solita >> disse Angie, << Guarda che tipi sono… >>.

 

Irina li aveva già catalogati: figli di papà, auto potente e intelligenza zero. Uno sguardo e aveva capito di che pasta erano fatti.

 

“Adesso mi tolgo uno sfizio” pensò.

 

<< Se ci tengono tanto, dovranno raggiungerci >> disse.

 

Ingranò la marcia e quando scattò il verde partì a razzo con tanto di sgommata, proprio mentre Jenny iniziava ad abbassare il finestrino. Dallo specchietto retrovisore vide le facce allibite dei due ragazzi, ancora fermi al semaforo.

 

<< Ma no! >> protestò Jenny, << Ma tu li spaventi, i ragazzi! >>.

 

<< Ah, perché non so guidare come te… >> sospirò Katy.

 

Ridacchiando, Irina raggiunse in un batter d’occhio Dalton Beach. Parcheggiò l’auto e scesero.

 

La spiaggia era quasi deserta, a parte un paio di signori anziani che camminavano sulla battigia, mano nella mano. Più lontano scorsero un ragazzo che giocava con il suo cane, il suono del mare che si infrangeva sulla riva che si mescolava alle grida e alle risate.

 

Irina si tolse le scarpe e camminò sulla sabbia tiepida, assaporando la sensazione straordinaria che le dava. Gettò in terra la coperta che aveva recuperato dal baule della TT e lasciò sedere le amiche.

 

<< Ancora qualche settimana, e possiamo fare il bagno >> disse Angie, inforcando gli occhiali da sole, << Non vedo l’ora >>.

 

<< Stavamo dicendo? >> disse all’improvviso Jenny, gettando a Irina un’occhiata eloquente. Non si era dimenticata del discorso di prima.

 

<< Oohh, la smetti? >> ribatté lei, << Perché dovrei raccontarti qualcosa se non c’è niente da raccontare? >>.

 

<< Non mi sembra proprio… >> disse Jenny, << Sono un paio di giorni che sei pensierosa… Proprio da quando ci hai detto di lui >>. Fece la faccia di una che la sa molto lunga.

 

<< Non è vero >> protestò Irina.

 

<< Invece sì >>.

 

<< Non è a lui che pensavo >>.

 

<< Già, dicono tutti così >>.

 

Irina si voltò e guardò l’orizzonte, il mare piatto come una tavola. Aveva pensato a Xander? Sì, ci aveva pensato, ma non nel modo in cui credeva Jenny. Era preoccupata per quello che voleva fare…

 

Solo che sapeva che l’unico modo per far smettere Jenny di punzecchiarla era toglierle la curiosità.

 

<< Cosa vuoi che ti dica? >> chiese, esasperata.

 

<< Lo hai visto di nuovo? >> domandò Jenny.

 

<< Sì >>.

 

<< E’ carino? >>.

 

<< Me lo hai già chiesto… >>

 

<< Jenny, la pianti di stressarla? >> si intromise Katy, << Fai sempre così che ti parla di qualcuno. Sembra che tu voglia piazzarla a tutti i costi >>.

 

<< Non voglio piazzarla >> ribatté Jenny, << Sono solo curiosa. Non capita spesso che definisca qualcuno “carino”, non ti pare? >>.

 

Irina scosse il capo, divertita. Voleva cambiare argomento, perché parlare di Xander le metteva ansia.

 

<< Non ho voglia di parlarne >> disse, risoluta, << Cambiamo discorso >>.

 

Le tre la fissarono preoccupate, ma Jenny non insistette.

 

Tra loro c’era un accordo, un accordo che sapevano di dover rispettare: niente domande inopportune. Quando Irina era entrata nel mondo delle corse, aveva troncato i rapporti con quasi tutte le persone che conosceva, per evitare di mettere in pericolo qualcuno. Aveva provato a farlo anche con loro, ma Jenny era stata più caparbia di lei: era disposta a frenare la lingua, piuttosto che perdere la sua amicizia. Irina gli aveva detto solamente che intendeva diventare una pilota di gare clandestine, e che non lo faceva per piacere. Non sapevano altro di lei, e qualunque altra domanda era bandita. Meno sapevano, meno rischiavano. Loro tre avevano accettato il loro accordo, e lei gli era profondamente grata: era riuscita a conservare almeno qualche amica.

 

<< Dobbiamo venire in spiaggia, una domenica >> disse Katy, guardandosi intorno.

 

Irina annuì, poi si abbassò per arrotolare l’orlo dei pantaloni. << Vado a bagnarmi i piedi. Qualcuno viene con me? >>.

 

<< Io >> si offrì Angie.

 

Le due raggiunsero la battigia, osservando le onde che si infrangevano sulla sabbia lasciando una scia di schiuma bianca. L’odore della salsedine le pungeva le narici.

 

<< Pronta? >> chiese Angie.

 

<< Quando vuoi >>.

 

Irina infilò i piedi in acqua, scoprendo che non era fredda quanto si aspettava. Le lambì le caviglie, dandole subito una sensazione di refrigerio e sollievo. Si voltò verso le amiche rimaste sedute, e fu allora che lo vide, appoggiato alla staccionata di legno.

 

Xander la stava guardando. Le sembrò di vederlo sorridere, poi la salutò con la mano e se ne andò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander aveva guardato Irina per mezz’ora, indeciso se farsi vedere o meno. Per puro caso aveva riconosciuto la sua auto mentre passava da Dalton Beach, e si era fermato per curiosare.

 

Quando l’aveva vista insieme alle amiche sulla spiaggia, si era chiesto cosa ci facesse lì. Per un attimo aveva pensato di avvicinarsi, poi aveva cambiato idea. Magari non le andava incontrarlo, visto che non era sola.

 

La cosa migliore sarebbe stata andarsene, ma non ci era riuscito. Irina lo incuriosiva troppo: voleva vedere come si comportava con gli altri, quando stava in mezzo alla gente normale.

 

Come aveva scoperto in quei giorni, era una ragazza che sorrideva molto. Sembrava una di quelle persone perennemente allegre, che non si lasciavano scalfire da nessuna disgrazia.

 

Sembrava, appunto.

 

Se tutti i sorrisi che gli aveva rivolto fossero stati veri, avrebbe potuto anche pensarlo, ma non era così. C’era una nota di stanchezza nella sua voce, quando parlava. E non guardava mai nessuno negli occhi, se poteva farne a meno.

 

Vorrei tanto sapere cosa nascondi”.

 

Continuava a porsi quella domanda, mentre ritornava a casa a bordo della BMW. Ma soprattutto, iniziava a preoccuparsi per se stesso.

 

La sua missione era quella di catturare lo Scorpione, e non poteva permettersi distrazioni di altro genere. Ogni minuto in più che passava a Los Angeles aumentava il rischio che la copertura saltasse.

 

La curiosità verso Irina era proprio una di quelle distrazioni che non poteva permettersi. Per quanto volesse sapere cosa ci faceva lì, qual’era il rapporto che la legava allo Scorpione, perché sembrava far parte dei pezzi grossi, non poteva perdere tempo con lei.

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI

Capitolo VI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Casa Challagher

 

Irina si appoggiò al tavolo di legno lucido, guardando Sebastian, il meccanico di William, che si era infilato nel cofano di una Mercedes SLK McLaren argentata e stava trafficando con un paio di chiavi inglesi. L’enorme garage sotterraneo di Casa Challagher era illuminato dalle lampade al neon, il pavimento bianco lucido che brillava. Una decina di auto erano parcheggiate l’una di fianco all’altra, tutte macchine di una certa potenza e di un certo calibro: tra loro, una Porsche Boxter, una Audi R8, due Lamborghini, una Aston Martin. Solo una era coperta da un telo nero. Alle pareti, poster di macchine da corsa o modificate.

 

William, appoggiato alla R8, passò in rassegna i volti di Hank, Josh e Dimitri, l’ultimo bottone della camicia azzurra slacciato, che lasciava intravedere la medaglietta argentata.

 

<< Allora, il prossimo carico di auto dall’Europa arriverà lunedì notte >> disse, << A Terminal Island. Tutte BMW e Mercedes, versioni M e AMG. La metà sappiamo già a chi venderle, le altre possiamo usarle per il mercato dei pezzi di ricambio… Chi si occupa della cosa? >>.

 

<< Io >> si propose Hanck, << Non dovrebbe essere un problema rubarle, se sono poco controllate come l’altra volta. Mi serve qualcun altro, però, che mi faccia da palo >>.

 

<< D’accordo, sbrigatela tu, questa volta. Se fila tutto liscio, puoi anche tenerti una macchina >> disse William, estraendo una Marlboro dalle tasche dei jeans, << Rimane solo Arthur, a cui bisogna fare una visitina di cortesia… >>.

 

Si voltò verso Irina, e la ragazza lo guardò truce. Non aveva alcuna intenzione di andarci, se era quello che aveva in mente lo Scorpione: non voleva maltrattare ne minacciare nessuno solo per qualche soldo.

 

<< Non guardare me >> sibilò, secca.

 

William ridacchiò. << Non ci penso neanche, visto che non sei riuscita a farti pagare nemmeno da un vecchio bacucco come Nichols >> ribatté serafico.

 

<< Ci vado io, allora >> si propose Dimitri.

 

William ridacchiò divertito. << Sì, forse tu hai un po’ più di… come dire? Di influenza, sulla gente >>. Lanciò uno sguardo alla ragazza, senza aggiungere altro.

 

Dimitri Goryalef, il russo numero 2 della Black List soprannominato il “Mastino”, era conosciuto in città per la sua spiccata propensione a fare a pezzi auto e a farsi pochi scrupoli quando era ora di minacciare qualcuno. Irina lo sapeva bene, perché stava quasi sempre con lo Scorpione, e aveva imparato a temere il russo e a stargli più lontana possibile.

 

Hank, Josh e Dimitri lasciarono il garage, e Sebastian li seguì poco dopo. Nella stanza, nel più completo silenzio, rimasero solo Irina e William, lei seduta sul tavolo, lui ancora appoggiato sulla R8.

 

La ragazza aspettava quel momento per introdurre l’argomento che le premeva: far sfidare il Toro a Xander. Fu lui però a cominciare il discorso.

 

<< Robert O’Correll mi ha detto che c’è un tipo nuovo, da queste parti >> disse, apparentemente disinteressato, << Dice che è impressionante, quando guida… >>.

 

<< Sì, l’ho visto gareggiare anche io >> ne approfittò Irina, << E’ davvero molto bravo: si è lasciato dietro gli altri come niente >>.

 

<< Come mai eri alla gara aperta dell’altra sera? >> chiese William, il tono di voce perfettamente calmo. Lei però capì al volo che stava indagando su i suoi comportamenti.

 

<< Avevo intenzione di gareggiare >> mentì prontamente, << Ma poi ho cambiato idea. Troppa gente in giro, per i miei gusti. E comunque non sapevo che ci sarebbe stato O’Correll >>.

 

William sembrò credere alle sue parole. Si staccò dalla R8 e raggiunse l’auto coperta dal telo nero.

 

<< Da quello che mi hanno raccontato, sembra davvero molto bravo >> disse, << Con una sola gara, è riuscito a catalizzare l’attenzione su di sé… Non capita spesso, vero? >>.

 

<< No, ma posso garantirti che potrebbe dare del filo da torcere a molti membri della Lista >> disse Irina, dosando la voce per cercare di apparire neutra, << Anche a me, forse >>.

 

Lo Scorpione puntò i suoi occhi verdi su di lei, sorridendo. << Lo credi davvero? >> domandò, divertito, << Mi stai dicendo che potrebbe essere un degno avversario anche per Dimitri? >>.

 

<< Anche per te, se è per questo >>.

 

Gli occhi di William si ridussero a due fessure. << Non toccare questo tasto >> disse, ma non era arrabbiato, << Sai quanto desidero trovare qualcuno che sia veramente alla mia altezza… Potrei anche crederti, sai? >>.

 

Irina capì di aver centrato l’argomento giusto: da quando lo conosceva, lo aveva sentito lamentarsi spesso che ci fosse poca gente in grado di correre contro di lui. Amava mettere alla prova il suo talento, e amava altrettanto sapere di essere il migliore.

 

Con un colpo secco, William tolse il telo nero dall’auto e la scoprì. Era una Pagani Zonda R, una delle auto più potenti del mondo. Ne esistevano solo altri diciannove esemplari tutti numerati, e quello che possedeva lui era il numero 1. Rubato, naturalmente.

 

La Zonda era bassissima, con i paraurti che distavano pochissimi centimetri dal suolo. Le ruote enormi dai cerchi in lega lasciavano intravedere i giganteschi freni a disco in ceramica, in grado di fermare quell’auto dalla stratosferica velocità di 350 km/h. Non aveva nemmeno la targa, perché non era omologata per circolare su strada.

 

Irina aveva paura di quell’auto, una paura che forse non aveva senso, ma non riusciva a fare a meno di provare. Non trovava altro modo per definire quella macchina se non “cattiva”. Le dava l’impressione di essere un’auto creata per cacciare e distruggere altre auto, dalla potenza esorbitante e quasi inconcepibile. Era l’unica macchina che non avrebbe mai voluto guidare.

 

<< Ti ricordi l’ultima volta in cui l’ho usata? >> domandò William, girando intorno alla Zonda con aria soddisfatta. La stessa aria che aveva quando guardava lei.

 

Irina annuì. Era stato più di un anno prima, contro un ragazzo di cui lei ricordava ancora nome e cognome: Larry Foreman.

 

Lo ricordava perché ci aveva deliberatamente e spudoratamente provato con lei, nonostante la ragazza gli avesse fatto capire che non era il suo tipo e che comunque non le interessava proprio. Qualcuno lo aveva messo in guardia sul fatto che girare intorno alla numero 3 della Black List non fosse una buona idea, ma lui era stato così idiota da continuare per la sua strada.

 

Quando Larry, una sera, aveva toccato Irina in modo poco educato, e William lo aveva beccato, lo Scorpione aveva deciso di dargli una lezione. Lo aveva sfidato, con la Zonda.

 

Irina si ricordava quella gara: era stata spaventosa. William aveva giocato fino all’ultimo, finché Larry non si era schiantato contro un muro, morendo sul colpo. Lo Scorpione aveva ritenuto che l’occasione fosse abbastanza importante per usare la sua auto preferita.

 

<< Se è forte come dici, non sarà per lui un problema sfidare il Toro, non credi? >> disse William, guardandola mentre passava una mano sulla carrozzeria nera nella Zonda.

 

<< Stando a quello che ho visto, non dovrebbe >> rispose Irina, cauta. Non voleva dare l’impressione a William che sapeva molto di più di quello che dava a vedere. Per fortuna Xander era riuscito a destare la sua curiosità, altrimenti sarebbe stato impossibile introdurre l’argomento senza fargli capire che si erano già incontrati.

 

<< Questo tipo mi incuriosisce >> ammise William, divertito, << E’ comparso una sola volta e ha già fatto parlare di sé. Potrebbe essere un buon pilota… Che auto guida? >>.

 

<< Una BMW M3 bianca >>.

 

William aprì la portiera della Zonda. << Uhm, bella macchina… Facciamo così: dirò a Horne di trovarlo e sfidarlo. Andrò alla loro gara e mi farò un’idea… Vediamo se è davvero bravo quanto dicono >>.

 

Irina si sarebbe profusa in un grido di trionfo: lo Scorpione aveva appena fatto quello che lei voleva. Non si era dovuta scoprire, ammettendo di aver già visto Xander, e lui avrebbe sfidato il Toro. A stento represse un sorriso.

 

William salì sulla Zonda e chiuse la porta. << Vado a fare un giro sul circuito… Ci vediamo alla “grande sfida” >>.

 

Un rombo assordante invase il garage quando la Zonda si avviò senza esitazione, e con la sinuosità di un felino si diresse verso la rampa che portava fuori. La ragazza la seguì con lo sguardo, poi raggiunse le scale e tornò di sopra.

 

Casa Challagher si trovava sulla costa, e aveva una splendida vista sul mare. William ci abitava da solo: suo padre stava a Las Vegas, ad amministrare i suoi affari loschi e non, e la moglie lo aveva seguito. Aveva però una schiera di domestici tutti a sua disposizione, senza contare la possibilità di fare quello che gli pareva in casa senza doverne dare conto a nessuno.

 

Con passo rapido, Irina guadagnò il corridoio principale e uscì nel cortile dov’era parcheggiata la TT. Sentiva il rumore della Zonda provenire dal circuito privato che William aveva fatto costruire sul suo terreno.

 

Un po’ più rilassata di quando era arrivata, uscì da Casa Challagher e appena fu a una distanza che reputava di sicurezza, prese il Nokia che Xander le aveva lasciato. Cercò il suo numero nella rubrica e attese.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Xander, sono Irina >>

 

<< Ciao. Sai qualcosa sulla gara? >> domandò il ragazzo.

 

<< Sì. Ho parlato con lo Scorpione >> rispose Irina, << E’ venuto a sapere di te, e vuole vederti gareggiare. Sarà lui a organizzare la corsa. A breve dovrebbe chiamarti lo stesso Toro per chiederti di sfidarlo… >>.

 

<< Allora ho attirato l’attenzione del capo >> scherzò Xander, << Immagino sia un bene >>.

 

<< Per dove vuoi arrivare tu, è proprio quello che ci voleva >> disse Irina, << William sembra interessato. Fagli una buona impressione è sei in barca >>.

 

<< D’accordo. Quindi ci vediamo alla gara? >>.

 

<< Sì, a presto, allora >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Jefferson Park

 

Irina guardò la Lotus Europa blu metallizzato accendere il motore sulla linea di partenza. Gregory Horne, il Toro, un omone tutto muscoli e niente cervello, premette un paio di volte sull’acceleratore, in attesa. La BMW M3 bianca, al suo fianco, fece lo stesso. Tutto intorno a loro, il parco scarsamente illuminato dai lampioni si stagliava deserto, a parte gli spettatori venuti ad assistere alla gara. Le chiome degli alberi si muovevano nella leggera brezza, il suono del vento coperto dal rumore dei motori e dal vociare della gente.

 

<< Qualcuno ha scommesso che non arriverà a fine gara >> disse William, alla sua destra, la maglietta firmata che gli fasciava le spalle.

 

Come promesso, era venuto a vedere la gara. Xander doveva incuriosirlo davvero molto, se si era fatto vedere.

 

Irina sentì una vaga inquietudine impossessarsi di lei. Ora che era lì a gareggiare con il Toro, si rese conto che forse lo aveva sopravvalutato. Era stata troppo sbrigativa: sarebbe stato meglio fargli fare qualche altra corsa. Magari non era davvero in gamba come le era parso, poteva essere stato tutto un caso…

 

<< Horne non è bravo come pensa la gente >> disse la ragazza, sentendo la mano di William insinuarsi attorno ai suoi fianchi.

 

<< Ma non è nemmeno un pivello >> ribatté lo Scorpione, << Ma tu tifi sempre per i nuovi arrivati, vero? >>.

 

Succedeva spesso che William la prendesse in giro in quel modo, ma lei non gli dava ascolto. Era abituata alle sue provocazioni: era il suo passatempo preferito punzecchiarla su tutto ciò su cui lei non era d’accordo. Sapeva benissimo che non si sarebbe ribellata.

 

Clark raggiunse il centro della strada, facendo un cenno ai due partecipanti. Horne rispose dando un colpo di acceleratore, e gettando uno sguardo a Xander. Gli disse qualcosa, ma l’altro non rispose.

 

<< Quanto è idiota… >> disse William, divertito, << Ogni giorno che passa, mi chiedo come abbia potuto permettere a Horne di stare al decimo posto… >>.

 

Ogni istante che passava Irina si sentiva sempre più agitata. L’attesa la stava snervando, perché credeva di aver commesso un errore, portando Xander davanti al Toro. Vide che William aveva notato un vago nervosismo in lei, così cercò di darsi una calmata. Trasse un respiro profondo, poi vide le due auto partire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander schiacciò sull’acceleratore, portando subito la BMW in testa. La Lotus non fu in grado di competere contro la sua progressione bruciante, ma gli rimase comunque attaccata, il muso alla sinistra del suo posteriore.

 

Se doveva farsi notare, non ci avrebbe pensato due volte a farlo. Voleva dare spettacolo e far capire allo Scorpione che aveva trovato un degno avversario.

 

Svoltò a destra, chiudendo il Toro in modo da tagliargli la strada, e con un rapido colpo al freno a mano riguadagnò la traiettoria desiderata. Accelerò di nuovo, distaccando Horne di parecchi metri, i fari che risplendevano nel suo specchietto retrovisore…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.27 – Jefferson Park

 

La M3 inchiodò oltre la linea di partenza con uno stridore di pneumatici, proprio nella direzione di Irina e William. Anche da quella distanza la ragazza poté notare l’espressione divertita e soddisfatta di Xander, diretta proprio a lei.

 

Quarantacinque secondi dopo, la Lotus si fermò di fianco alla BMW, una delle fiancate rigate dove la vernice blu si era scrostata.

 

<< Davvero notevole >> disse William, osservando Xander parcheggiare l’auto a bordo strada, << Ha vinto con un distacco impressionante… Avevi ragione >>.

 

Irina tirò mentalmente un sospiro di sollievo, maledicendosi per essere stata così sciocca da credere che Xander non potesse farcela. Guardò la BMW bianca ferma davanti a lei, mentre il ragazzo scendeva dall’auto avvicinandosi alla Lotus del Toro.

 

<< Non credo che il nostro amico accetterà la sconfitta tanto facilmente >> disse William, divertito, spingendo Irina avanti. << Vai a calmare gli animi, bambolina >>.

 

Il Toro, intanto, era uscito dalla macchina e puntava Xander minaccioso, la faccia larga e squadrata contratta dalla rabbia. Era un tipo piuttosto rissoso, e avrebbe sicuramente pestato Xander appena ne avesse avuto l’occasione.

 

L’uomo alzò un pugno, ma Irina lo fermò. << Fermo, Horne! >> gridò, << Scatena una rissa e finisci a raccogliere scarti di auto per tutto il resto della tua vita! >>.

 

Il Toro le rivolse un’occhiata sprezzante, pronto a rispondere per le rime, ma si trattenne. Era meglio non provocarla, se c’era lo Scorpione nei dintorni. Si voltò e raggiunse la sua macchina, mentre William si avvicinava a Xander.

 

<< Hai talento. Non si vedono spesso gare di questo genere… >> disse lo Scorpione, affabile, << Da dove arrivi? >>.

 

<< New York >> rispose Xander, avvicinandosi.

 

<< Come ti chiami? >> William sembrava molto interessato al nuovo arrivato, diversamente dalle altre volte.

 

<< Alexander Went >> rispose il ragazzo, porgendogli la mano.

 

William la prese, stringendola con vigore. << Piacere di conoscerti, Alexander. Io sono William Challager, lo Scorpione e il numero 1 della Black List >>.

 

Irina guardò William, stupita. Non si era mai presentato così in fretta ad un nuovo arrivato: probabilmente reputava Xander davvero forte. Guardò la BMW bianca compiaciuto, passando una mano sulla carrozzeria.

 

<< Bella macchina >> sentenziò, << E nemmeno un graffio. Immagino che a te piaccia >> Si voltò verso Irina, guardandola.

 

Lei annuì, sperando che lui non facesse altri commenti.

 

<< Lei è Irina, Alexander >> disse William, << La mia pilota di fiducia >>.

 

I due si strinsero la mano, facendo finta di non conoscersi. Lo Scorpione non perse un attimo di vista lo sguardo del nuovo arrivato, per decifrare la sua espressione mentre le veniva presentata la ragazza.

 

<< Non si trovano molti piloti come te, in giro >> continuò William, << Hai intenzione di continuare la tua scalata, vero? >>.

 

<< Certo, sono qui per questo >> Xander sembrò comprendere lo Scorpione, << Tempo di fare qualche gara e sfiderò il nono pilota >>.

 

William sorrise. << Mi piaci, sei ambizioso. Domani sera ci sarà una festa al Gold Bunny, sulla spiaggia. Una cosa per piloti come noi. Vieni se vuoi. Ci faremo quattro chiacchere insieme>>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.30 – Garage di Max

 

<< Allora William lo ha preso in simpatia >> disse Max, seduto vicino al bancone degli attrezzi, << Non capita spesso che faccia “amicizia” così facilmente, no? >>.

 

Irina lo guardò leggermente perplessa. Contro ogni previsione, William aveva davvero preso in considerazione Xander come un degno avversario. Non lo aveva mai visto presentarsi così in fretta e con così tanto piacere. Lo aveva addirittura invitato alla sua festa…

 

Tommy ridacchiava seduto sul sedile anteriore della Golf di Max, facendo finta di guidare. Era domenica, e lei se lo era portato dietro per non doverlo lasciare sempre da Sandra.

 

Aveva raccontato brevemente a Max che Xander aveva intenzione di scalare la Lista, ma aveva tralasciato il fatto che lui volesse farlo per tentare, o almeno così aveva capito lei, di farlo arrestare. Meno gente coinvolgeva, meglio era. Il meccanico non aveva sospettato nulla: erano abituati a vedere piloti che dichiaravano di voler battere lo Scorpione, e che poi non arrivavano nemmeno a metà lista.

 

<< Però devi ammettere che è strano >> disse Irina, camminando per il garage, << Non capisco cosa abbia in testa William… >>.

 

<< Sei preoccupata? >> chiese Max, intuendo subito il suo problema. << Capisco che tu conosca quell’Alexander già da prima, ma non credo che se si limiterà a correre e magari a battere qualche membro della Lista corra qualche pericolo. Mi sembra che tu la stia facendo più grossa di quello che in realtà è… >>.

 

“Perché in realtà la cosa è veramente grossa” pensò la ragazza, fermandosi un momento.

 

Preoccupata era preoccupata, su quello era sicura. Se per lei o per Xander, non lo aveva ancora capito; molto probabilmente lo era per entrambi.

 

<< Andrai alla festa di stasera? >> chiese Max, cambiando argomento. Non era in pensiero quanto lei, almeno.

 

Irina annuì. << Voglio vedere come si comporterà Xander… >> disse.

 

Max alzò gli occhi al cielo. << Lascialo perdere >> disse, << Farà qualche gara e poi sono sicuro che se la darà a gambe… E’ solo un figlio di papà. E sai meglio di me quanto durano quelli come lui… >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Casa di Xander

 

Con un ultimo sguardo allo specchio, Xander uscì dal bagno e scese in soggiorno. Jess stava guardando la Tv spaparanzato sul divano. Raccolse le chiavi dell’auto dal tavolino e salutò l’amico.

 

<< Quanto ti invidio >> disse l’informatico, << Peccato che non possa venire… >>.

 

<< Avanti, ti rifarai la prossima volta >> disse Xander, dandogli una pacca sulla spalla, << Ti lascio qualche ragazza per te, ok? >>.

 

Jess fece una smorfia e Xander si mise a ridere: naturalmente scherzava, ma l’informatico lo prendeva sempre sul serio, quando si trattava di donne.

 

Raggiunse la BMW e mezz’ora dopo era davanti al Gold Bunny.

 

Entrò nel locale guardandosi attorno per farsi un’idea di che gente ci fosse. La maggior parte erano piloti, perché il parcheggio era pieno di auto da corsa modificate, ma c’era anche un buon numero di ragazze. Vide in fondo il bancone dove servivano da bere, e più in là la pista da ballo, dove la musica era sparata a tutto volume.

 

A uno dei divanetti poco lontani da lì vide William Challager con un paio di amici, uno dei quali sembrava russo. Gli fece un cenno con la mano e lo raggiunse.

 

<< Siediti, Alexander >> gli disse, indicandogli il posto vuoto davanti a lui, << Alexander Went, ragazzi. La nostra giovane promessa >>, continuò lo Scorpione, rivolto ai due amici. Il suo tono era chiaramente canzonatorio, e Xander lo trovò odioso.

 

<< Giovane promessa? >> disse con un finto sorriso.

 

<< Mi hai stupito, l’altra volta >> ammise William, << Ne ho visti pochi che guidano come te. Arriverai in alto, te lo garantisco. Hai trovato difficili le gare, da queste parti? >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << No, per il momento >> rispose.

 

<< Lo immaginavo >> sorrise lo Scorpione, << Usi solo la BMW? >>.

 

Stava per rispondere, quando notò una ragazza venire verso di loro. Indossava un paio di pantaloni bianchi aderentissimi che lasciavano intravedere le sue belle gambe lunghe e snelle, rese ancora più seducenti dalle scarpe nere con tacchi a spillo vertiginosi. Gli ci volle un attimo per capire chi era.

 

Irina.

 

Era irriconoscibile, sotto tutto quel trucco. Gli occhi scuri erano resi felini dalla matita nera e dal mascara, le labbra delineate dal rossetto rosso. I capelli legati in una stretta coda alta, che doveva ammettere, le donava molto; dimostrava dieci anni in più di quelli che in realtà aveva. Era assolutamente e innegabilmente sexy.

 

William notò la sua espressione e seguì il suo sguardo. Sorrise quando capì di cosa si trattava.

 

<< Non male la ragazza, vero? >> disse maliziosamente.

 

Xander sorrise, cercando di apparire distaccato. Era davvero bella, ma forse per lui era stato più uno shock, che un piacere. Il cambiamento era così radicale che si rese conto che forse ci avrebbe messo un po’ per poterla giudicare in modo lucido.

 

<< Forse non è esattamente il mio tipo… >> rispose, sapendo che era quello che lo Scorpione voleva sentirsi dire.

 

William si produsse in un ghigno, proprio mentre Irina raggiungeva il loro tavolo e si fermava lì, in piedi.

 

<< Tanto meglio >> disse lo Scorpione. Afferrò la ragazza per il top e la baciò sulle labbra, tornando poi a guardare Xander con aria soddisfatta.

 

Senza scomporsi, Xander sorrise, ma riuscì a notare l’espressione disgustata di Irina. Senza dire una parola, la ragazza si sedette di fianco a William, e non lo guardò.

 

Uno dei camerieri arrivò con un vassoio e servì a tutti da bere: un Martini per Xander, un Bacardi a William e delle birre per i suoi amici. Solo Irina non prese niente.

 

<< Dicevamo… Solo BMW? >> domandò di nuovo William, mettendo un braccio intorno alle spalle di Irina. La ragazza continuava a evitare il suo sguardo.

 

<< Al momento ho solo quella >> rispose Xander, << Ma ho intenzione di prendere qualcos’altro… >>.

 

<< Cosa? >>

 

<< Una Maserati, forse >>.

 

<< Roba di lusso, allora >> sorrise lo Scorpione, << Oltretutto italiana… Se ne vedono poche, da queste parti. La mia ragazza ha un’auto italiana, ma niente a che fare con quelle >>.

 

Dicendo questo, William fece un cenno per indicare Irina, ma lei non disse nulla. Sembrava imbarazzata, come se trovarsi lì fosse l’ultimo posto in cui avrebbe voluto stare.

 

<< E’ il pilota che fa l’auto >> disse Xander, guardando deliberatamente Irina, << Almeno, è quello che penso io >>.

 

Finalmente la ragazza le rivolse un’occhiata, così rapida che forse solo lui la colse. Sorrise impercettibilmente, poi tornò a fissare il bicchiere dello Scorpione.

 

William ridacchiò. << Ottima teoria >> disse, << Se il pilota è valido, allora hai ragione >>. Tirò fuori il suo palmare e poi guardò l’ora. Tolse il braccio dalle spalle di Irina, poi le disse: << C’è Hanck, fuori. Vai a vedere cosa vuole >>.

 

Senza farselo ripetere due volte, la ragazza si alzò e sparì tra la gente, seguita da diversi sguardi. Anche questa volta nessuno osò apostrofarla.

 

Xander rimase ancora mezz’ora a parlare con William, e riuscì a percepire l’interesse che aveva lo Scorpione per lui. Sembrava che stesse cercando di capire quanto fosse bravo, chiedendogli quante gare aveva vinto in precedenza e contro chi aveva corso. Solo quando fu soddisfatto si alzò, dicendogli di servirsi di tutto quello che desiderava perché era tutto a spese sue.

 

Una decina di minuti più tardi, quando andò a prendersi qualcos’altro da bere, vide di nuovo Irina. Era seduta al bancone, e parlava con il barman. Aveva l’aria stanca, e sorseggiava qualcosa che sembrava un succo di frutta.

 

Stando a quello che aveva capito, non era saggio avvicinarsi a lei quando nei dintorni c’era William. Troppa confidenza tra loro avrebbe destato qualche sospetto, e non era il caso.

 

Scoprì però che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Dopo lo shock iniziale, ora cominciava a capire alla perfezione perché i ragazzi la fissassero in quel modo a dir poco lascivo. Aveva due gambe davvero notevoli, che si notavano nonostante indossasse i pantaloni, e il fisico non era da meno. Troppo sensuale per passare inosservata. E molto probabilmente era quello che voleva lo Scorpione.

 

Si capiva che William la stava esibendo come un trofeo, pronto a metterla in mostra a tutti e altrettanto pronto a fare in modo che nessun’altro potesse toccarla. E immediatamente l’aveva definita “la sua ragazza”.

 

Su quello Xander aveva qualche dubbio. La faccia scocciata di Irina quando l’aveva baciata non gli era sfuggita, e nemmeno con quanto sollievo si era alzata ed era uscita, quando lui glielo aveva chiesto. Era chiaro che c’era qualcosa di strano.

 

Rimase a guardarla seduta per altri dieci minuti buoni, senza che lei nemmeno se ne accorgesse. La vide portarsi una mano alla testa e sospirare. Disse qualcosa al barman che le porse un bicchiere e lei lo mandò giù tutto d’un sorso. Poi, finalmente, notò che la stava guardando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina fissò Xander seduto dall’altra parte del bancone, troppo distante per potergli parlare. Rimase un momento interdetta: si aspettava fosse ancora con William.

 

Distolse lo sguardo, puntandolo sul suo bicchiere vuoto. Aveva mal di testa, e non vedeva l’ora di andarsene a casa. La serata però si prospettava ancora lunga.

 

<< Va un po’ meglio? >> chiese Mark, il barman trentenne, disponendo dei bicchieri vuoti sul bancone.

 

Irina fece una smorfia. << Più o meno… >> rispose. Il rimedio che le aveva dato cinque minuti prima consisteva nel bere tutto d’un fiato mezzo bicchiere di vodka mescolato con succo di limone: una cosa da dare il voltastomaco, e sul cui funzionamento Irina aveva qualche dubbio.

 

<< Forse è il caso che esci a prendere una boccata d’aria >> disse Mark, riempiendo in bicchieri di rum.

 

<< No, tanto fra un po’ mi passa >> disse Irina.

 

Gettò una rapida occhiata a Xander, per scoprire che la stava ancora guardando. Cercò di fare finta di niente, ma il suo sguardo la imbarazzava. Era consapevole che era quasi impossibile riconoscerla, quando usciva con William e i suoi amici, e non si sentiva mai a suo agio. Chissà cosa stava pensando di lei, in quel momento…

 

Non era abituata a vestirsi in quel modo, e nonostante cercasse di essere spontanea, odiava attirare gli sguardi su di sé. Sapeva che in lei non c’era niente di bello: la guardavano solo per la scollatura e i pantaloni aderenti. Con altri abiti nessuno l’avrebbe filata.

 

Controllò di nuovo Xander: continuava a tenere i suoi occhi azzurri puntati su di lei.

 

Avanti, girati da un’altra parte… E’ già abbastanza imbarazzante così”.

 

<< Dammi una vodka al melone >> disse una voce femminile al suo fianco, rivolta al barman.

 

Irina si riscosse guardò la ragazza che si era appena seduta di fianco a lei: ventisei anni, la carnagione abbronzata e i capelli scurissimi che ricadevano sulle spalle in perfetti boccoli morbidi e setosi. 

 

<< Toh, guarda che si vede >> disse, rivolta a Irina, il tono canzonatorio, << La nostra troietta di fiducia… Ops, scusa, intendevo pilota… >>.

 

Perfettamente impassibile, Irina tornò a guardare di fronte a sé. Tra lei e Vera Gonzalez, numero sette della Black List, non correva buon sangue, lo sapevano tutti.

 

<< Ciao, Vera >> la salutò Irina. << Anche tu da queste parti, guarda caso >>.

 

<< Sono libera di andare dove mi pare >> ribatté l’altra.

 

<< Non lo metto in dubbio >>.

 

Tutte le volte che si incrociavano, Vera cercava in ogni modo di provocarla: credeva fosse arrivava al terzo posto della Lista dopo essere andata a letto con tutti i suoi membri, e forse non era nemmeno l’unica a pensarlo. Irina lo aveva capito, ma non ci teneva ad abbassarsi al suo livello e scatenare ogni volta che si vedevano una rissa. I suoi insulti le risultavano così stupidi che le scivolavano addosso.

 

<< Come mai qui seduta tutta sola? >> domandò Vera, ingurgitando la sua vodka e chiedendone un altro bicchiere. << Nessuno da accalappiare? >>.

 

<< Non ho voglia di stare a sentire le tue stronzate, Vera >> disse Irina, secca, già nervosa per via del mal di testa, << Se vuoi William, è laggiù. Vai pure a prendertelo. Sinceramente non me ne frega nulla >>.

 

La spagnola la guardò con occhi di fuoco, poi ribatté: << Immagino quanto possa importartene… Chissà quante volte ci sei andata a letto, ma continui a rimanere al terzo posto. Almeno lui ha capito cosa sei… >>.

 

Punta sul vivo, Irina appoggiò violentemente il bicchiere sul bancone. Vera non sapeva niente del rapporto che c’era tra lei e William, come chiunque altro. Tutti pensavano, tutti immaginavano, tutti credevano… Ma nessuno, nessuno tranne loro due sapeva la verità. Perché lei stava zitta: l’umiliazione era troppo grande per essere rivelata. Ma soprattutto, era inutile parlare quando la causa era già persa dall’inizio…

 

<< Non è colpa mia se non sei nessuno, da queste parti >> disse gelida, cercando di controllare la voce, << E se credi che andare a letto con tutti i piloti ti possa far avanzare, fallo tu. Io non ne ho bisogno… E, tra parentesi, non sono lesbica >>.

 

Detto questo, si alzò e lasciò il bancone, diretta all’uscita del locale. Avrebbe dovuto ascoltare prima il consiglio di Mark.

 

Il Gold Bunny aveva un’apertura che dava su una grande terrazza sul mare, con tavoli e sedie per chi voleva lasciarsi per qualche minuto la musica alle spalle. Si sedette su una poltroncina, passandosi una mano sul viso.

 

Non erano gli insulti, a farle male. Era ciò che pensavano gli altri di lei a ferirla. L’immagine che avevano di Fenice era totalmente distorta, perché vista attraverso la gelosia e la rabbia. Lavorava per lo Scorpione, faceva la parte della sua ragazza, trattava i suoi affari, e tutto per salvare se stessa e ciò che rimaneva della sua famiglia. Ma quello lo aveva scelto lei, di fare. C’erano cose che non avrebbe mai accettato volontariamente… Cose a cui non si sarebbe mai abbassata, nemmeno sotto minaccia…

 

Rimase seduta per dieci minuti buoni, ascoltando il suono del mare che si infrangeva sui piloni della terrazza. C’erano stati problemi con il furto delle auto al porto, e molto probabilmente William se ne sarebbe andato. Appena fosse sparito, se ne sarebbe andata anche lei.

 

Quando le sembrò che il mal di testa le fosse passato almeno un po’, si alzò e tornò dentro. Per fortuna non incrociò più Vera, che doveva essersi scelta un’altra parte del locale. Vide lo Scorpione una decina di metri più in là farle un cenno. Lo raggiunse.

 

<< Me ne vado, bambolina >> disse, << Problemi al porto >>.

 

La spinse contro il muro, appoggiando una mano sopra la sua testa e la baciò sulle labbra, con passione. Lei rimase assolutamente immobile, poi gli mise una mano sul petto cercando inutilmente di allontanarlo. Si staccò sentendo ancora il sapore amaro del rum che lui aveva bevuto in bocca.

 

William ghignò. << Hai bevuto vodka e limone? >> domandò.

 

Irina fece una smorfia e non rispose. Si spostò di scatto, infastidita.

 

Senza aggiungere altro, lo Scorpione si voltò e guadagnò l’uscita del locale, portandosi dietro Dimitri e Josh. Finalmente se ne poteva andare anche lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander vide Irina infilarsi il maglioncino nero e tirare fuori il cellulare. Aveva visto che William se n’era andato, e decise che poteva avvicinarsi.

 

<< Ehi, vai via? >> domandò, attirando la sua attenzione.

 

La ragazza si voltò di scatto. << Ehm… ciao >> disse, imbarazzata, << Sì, me ne vado… Sono un po’ stanca >>.

 

In effetti, si vedeva. << Non pensavo ci fossi >> disse, << Non ho visto la tua auto, nel piazzale >>.

 

<< Sono venuta con William >> rispose Irina, cercando un numero sulla rubrica del telefono, << Adesso chiamo un taxi e me torno a casa >>.

 

L’occasione fa l’uomo ladro, e Xander voleva approfittarne. Sorrise. << Posso accompagnarti? >>.

 

Irina puntò i suoi occhi da gatta su di lui, e per un momento sembrò tentata dall’offerta. Rimase un attimo in silenzio, come a valutare la richiesta.

 

<< Posso tornare in taxi, non è un problema… >> disse.

 

<< Non è un problema per me accompagnarti >> ribatté Xander, sorridendo davanti alla sua ritrosia. Non aveva alcuna “strana idea”: voleva avere solo qualche minuto per fare due chiacchere con lei e capire perché sembrava avere qualcosa di strano. << Avevo intenzione di andarmene anche io, tanto >>.

 

<< Se non ti disturba… >> disse Irina, esitante.

 

<< Nessun ragazzo sano di mente ti lascerebbe andare in giro da sola di notte >> disse, studiando la sua espressione per vedere come reagiva al complimento. Lei rimase assolutamente impassibile, ma poi abbassò per un momento lo sguardo, imbarazzata.

 

<< D’accordo… grazie >> disse alla fine.

 

Uscirono nel piazzale, avendo prima controllato che William o qualche suo amico non fossero nei paraggi, poi raggiunsero la BMW parcheggiata non molto lontano. Xander la vide zoppicare sopra i tacchi vertiginosi.

 

<< Male ai piedi? >> domandò, aprendole la porta.

 

<< Non hai nemmeno idea di quanto >> rispose Irina, sedendosi nel lato del passeggero e guardandolo entrare in auto.

 

<< Nessuno ti costringe a metterle >> disse Xander, divertito, accennando alle sue scarpe.

 

<< No, ma William vuole che mi vesta in “un certo modo” quando esco con lui… >> rispose lei, massaggiandosi le caviglie, << E lui è un maniaco dei tacchi… Per non parlare delle gonne corte >>.

 

Xander mise in moto la macchina e fece retromarcia, uscendo dal parcheggio ancora quasi tutto pieno. Nel tono di voce della ragazza c’era qualcosa che gli sembrò stranamente timore: stava tentando di sdrammatizzare qualcosa che rivelava quanto fosse vicina al pilota più pericoloso della Black List, e Xander se ne accorse.

 

<< L’avevo notato >> disse, inserendo la quarta e superando un’auto blu, << Sei la sua ragazza? >>.

 

Era l’ultimo dubbio che voleva togliersi.

 

Con la coda dell’occhio vide passare sul volto di Irina un lampo di dolore. Ci mise un momento a rispondere, e farlo sembrò costarle molto. << Sì >> disse solo, in tono piatto.

 

Notando che sembrava non parlarne volentieri, lasciò l’argomento in sospeso, anche se era chiaro che anche lì c’era qualcosa di strano. Fece un cenno verso le sue scarpe.

 

<< Toglile, se vuoi >> disse.

 

<< Posso? >> disse lei, stupita.

 

<< Non credo che mi rovinerai la macchina, se stai scalza >> scherzò Xander.

 

<< Grazie >>.

 

Irina si tolse le scarpe, rimanendo a piedi nudi. Xander ridacchiò divertito, poi svoltò a destra. Le sembrava un po’ meno imbarazzata di prima: al Gold Bunny non aveva spiccicato parola; adesso almeno rispondeva alle sue domande.

 

Aveva l’insana tentazione di capire cosa pensava Irina di William, visto che le sue parole erano incoerenti con i suoi comportamenti.

 

<< Un tipo particolare, lo Scorpione… >> buttò lì, con aria noncurante.

 

<< Non sai quanto >> ribatté lei, guardando fuori dal finestrino.

 

<< Soldi, auto di lusso, feste… Ha tutto quello che vuole. Deve fare affari, con le gare >> continuò Xander.

 

<< Tra lui e suo padre hanno tanto di quel denaro che non oso nemmeno immaginare >> disse Irina, << E i soldi aiutano… Comunque mi sembra tu gli abbia fatto una buona impressione >>.

 

Aveva cambiato argomento, quindi non voleva parlare del “suo ragazzo”. Altra cosa strana.

 

<< Posso sperare di passare già al nono della Lista? >> domandò Xander, capendo che non era il caso di insistere.

 

<< Penso di sì. Lasciamo che sia lui a vagliare l’ipotesi >> disse Irina, mentre la BMW si fermava davanti a casa sua. << Grazie mille, Xander… Ci vediamo a qualche gara >>.

 

Senza infilarsi le scarpe scese dall’auto, e in punta di piedi percorse il vialetto di casa. Con un mezzo sorriso, Xander la guardò raggiungere la porta scalza e tirare fuori le chiavi. Lo salutò con la mano e poi sparì dietro la porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina varcò la soglia di casa con la testa bassa, pentendosi di aver risposto in quel modo alla domanda di Xander riguardo a lei e William. “Non potevi dirgli altro” si disse, “Era la risposta che gli avrebbero dato tutti gli altri”.

 

Sì, in effetti, lei per Los Angeles era la ragazza dello Scorpione, la più giovane pilota della città e l’unica donna ad essere arrivata così in alto nella Black List. Ma per se stessa cos’era?

 

Una stupida sciocca che non era in grado di guadagnarsi la libertà da sola. Lei apparteneva a William, non era la sua fidanzata. Finché non avesse saldato il suo debito, o finché lui non si fosse stancato di lei, era di sua proprietà.

 

Si accorse solo in quel momento che suo padre la stava fissando appoggiato al muro dell’ingresso, gli occhi due fessure nere.

 

<< Chi cazzo era quello? >> chiese, furioso. Dal tono alterato capì che aveva bevuto.

 

Irina sentì un moto di panico invaderla: l’aveva vista con Xander. Cercò una scusa plausibile, sperando di fregarlo.

 

<< Era un amico di William >> rispose, << Mi ha accompagnato perché lui è dovuto andare via per qualche affare… >>.

 

Senza preavviso, suo padre la afferrò per il collo della maglia, con violenza. << William continua a lamentarsi dei tuoi comportamenti >> disse, arrabbiato << Smettila di fare la furba, chiaro? >>.

 

<< Non sto facendo la furba >> ribatté lei, sapendo che al momento Todd non era molto in sé.

 

<< No? Bé fai in modo che smetta di lamentarsi, hai capito? >> disse suo padre, << Visto che sei la sua troia personale, cerca di farla bene. Fatti scopare da tutti i suoi amici, se necessario, ma fai in modo di non deluderlo >>.

 

La lasciò andare di botto, sparendo in cucina e borbottando qualcosa che assomigliò tanto a: << … puttana come sua madre… >>.

 

Imbambolata, Irina salì lentamente le scale diretta in camera sua. Sperava solo che non sarebbe trapelato nulla, e che Todd si dimenticasse tutto in fretta.

 

Nel giro di una sola serata, due persone l’avevano definita una “troia”. Quante volte l’avevano chiamata con quell’epiteto?

 

Scoppiò in lacrime, ferita nel profondo.

 

Nessuno sapeva quanto di ci stava male, soprattutto se quell’insulto veniva dal suo stesso padre. Era troppo incosciente per capire la verità, troppo sbandato per chiedersi quanto sua figlia stesse perdendo in quella situazione, quanto pagasse per tutti loro. Quanto ormai sopravviveva della sua anima sempre più martoriata, schiacciata, piegata.

 

Forse era un’ingenua, una sciocca, una senza scrupoli, una venduta, ma non era una puttana. Avrebbe accettato qualsiasi insulto, ma non quello. Semplicemente perché la verità era tutta un’altra, ma nessuno l’avrebbe mai saputo, perché lei stessa non aveva il coraggio di rivelarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

Capitolo VII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Autostrada

 

Irina sorpassò a destra una macchina grigia, schiacciando sull’acceleratore. Si posizionò nella corsia di sorpasso e guardò nello specchietto retrovisore: la BMW la seguiva a ruota, senza perdere terreno, la striscia bianca sull’asfalto che scorreva velocissima sotto di loro.

 

Il tachimetro segnava i 190 km/h e non accennava a fermarsi. Con una manovra secca schivò un furgoncino passandogli vicinissimo, e la M3 fece lo stesso. Finalmente vide il segnale che preannunciava il casello autostradale, e schiacciò a fondo l’acceleratore, continuando a notare con la coda dell’occhio la vernice scintillante della BMW di Xander nello specchietto.

 

Lo aveva portato a provare una gara a tempo, sull’autostrada che portava a Nord, verso San Francisco. Visto che la sfida con il numero 9 della Blak List si preannunciava vicina, aveva pensato di fargli vedere tutti i tipi di gare che poteva disputare, per cercare di dargli un piccolo vantaggio.

 

Presto si era accorta che molto probabilmente era inutile: Xander era davvero bravo. Nonostante fosse partito dietro di lei, non era mai riuscito a distaccarlo di molto. Le era rimasto appiccicato tutto il tempo, sorpassandola diverse volte.

 

A duecento metri dal casello, Irina premette vigorosamente il freno, rallentando e mettendosi in coda. Vide la BMW dietro di lei, l’espressione di Xander rilassata mentre aspettava di avanzare. Ritirò il foglietto e prese l’uscita dell’autostrada, procedendo lentamente per aspettarlo. Quando lo vide comparire nello specchietto, accelerò e raggiunse uno spiazzo lì vicino. Parcheggiò e lesse rapidamente i suoi orari di entrata e di uscita.

 

<< Vediamo quanto abbiamo fatto >> disse Irina. Xander controllò la sua ricevuta, poi gliela passò.

 

Entrata: ore 14.39,27

 

Uscita: ore 15.03,18

 

La ragazza fissò il foglietto, stupita. Facendo un rapido calcolo, capì immediatamente che lui ci aveva messo meno di lei: un distacco di pochi secondi, ma pur sempre un distacco. << D’accordo, hai vinto >> disse con un sorriso, restituendogli la ricevuta, << Non me lo aspettavo, devo essere sincera… >>.

 

Xander sorrise. << Continui a sottovalutarmi >> commentò.

 

<< Meglio sottovalutarti e poi scoprire che sei bravo, che il contrario, non credi? >> ribatté Irina, controllando l’ora. << Ammetto anche che non mi sono impegnata, però >>.

 

<< D’accordo… >> convenne Xander, ridacchiando, << Quando lo farai, allora? >>.

 

<< Quando ne varrà la pena >> rispose Irina, poi aggiunse: << Abbiamo tempo per andare a vedere un canyon… Ti va? >>.

 

<< Non mi lasci fare nemmeno una pausa? >> chiese Xander, canzonatorio.

 

<< Spiritoso >> ribatté Irina, punta sul vivo, << Avanti, seguimi >>.

 

Risalì sulla Punto e aspettò che lui facesse lo stesso con la BMW. Ripresero l’autostrada e si diressero fuori città, verso le montagne. Il luogo in cui voleva portarlo non distava molto da lì: sarebbe riuscita a tornare in tempo per andare a prendere Tommy all’asilo.

 

Continuava a guardare il cellulare sperando che William non telefonasse e chiedesse dove si trovava. Fortunatamente, forse proprio per merito dell’alcool, suo padre sembrava aver dimenticato l’episodio di due sere prima, dopo averla vista tornare con qualcuno che non era lo Scorpione. L’apprensione rimaneva comunque, perché William poteva venirlo a sapere da qualcun altro, ma le possibilità erano piuttosto remote: aveva fatto attenzione, prima di seguire Xander.

 

Si stava mettendo nei guai, ne era consapevole. Aveva sbagliato quella sera a farsi riaccompagnare, ma l’errore non le era servito: aveva avuto la folle idea di rincontrarlo per fargli vedere delle gare. Però, ogni cosa che poteva fare per aiutarlo lo avrebbe portato sempre più vicino allo Scorpione…

 

Mise la freccia a destra e prese l’uscita per lo Sky Canyon, l’unico usato per le gare. Era una strada di circa sette chilometri, con curve a gomito e vari strapiombi decisamente profondi. Ci vollero circa venti minuti per arrivare in cima.

 

Irina parcheggiò l’auto in uno spiazzo sotto un costone di roccia e smontò, avvicinandosi alla M3. Xander scese dalla macchina guardandosi intorno, lo sguardo nascosto da un paio di occhiali da sole Ray-Ban.

 

<< Cosa ti sembra? >> chiese lei, guardando la strada che proseguiva tutta curve fino a valle.

 

<< Il problema principale è la strada stretta >> rispose Xander, << Se passi dietro è difficile poi sorpassare… Tu hai gareggiato qui? >>.

 

<< Sì, tutte e tre le volte che ho fatto un canyon >> disse Irina, << E’ l’unico che viene usato per fare delle gare: gli altri sono troppo pericolosi. Ti ricordi la terza curva a gomito, salendo? Ho rischiato di cadere giù, la prima volta >>.

 

<< Mi hai detto che i canyon si fanno raramente >> disse Xander, guardandola da dietro gli occhiali, << Perché mi hai già portato qui? >>.

 

Irina aggirò la macchina a braccia incrociate, come per mettere una certa distanza tra di loro, e rispose: << Ti ho portato perché penso che quando arriverai a sfidare William lui ti chiederà di gareggiare qui. Se non addirittura il Mastino >>.

 

Era stata chiara e sincera, e lo sapeva. Credeva veramente che lui fosse in grado di arrivare allo Scorpione. Xander era bravo, sicuramente più bravo di lei. Non poteva negarlo. Si era accorta con quanta facilità l’aveva battuta poco prima.

 

<< Lo credi davvero? >> disse lui, prendendola in giro. << Non mi sembra che la pensassi così, fino a poco fa >>.

 

Irina sorrise, sapendo che aveva ragione. << E’ vero, ma lo faccio per non illuderti. E comunque, hai ancora un po’ di strada da fare >>.

 

E me che non voglio illudere, in realtà”.

 

<< Allora posso avere l’onore di una gara contro di te? >> domandò Xander, abbassando il capo in segno di finto rispetto e mettendosi a ridere.

 

<< Sì, ma solo quando avrai battuto tutti gli altri membri della Black List >> rispose lei, << Io sono Fenice, e ti mancano ancora diversi piloti, per arrivare a me >>.

 

<< Agli ordini, Fenice >> disse Xander, ridacchiando.

 

Irina guardò di nuovo l’orologio.

 

<< Devo scappare >> disse, aprendo la porta della Punto, << Ci vediamo per la prossima gara >>.

 

<< Scappi sempre >> ribatté Xander, << Dove corri tutte le volte? >>.

 

Irina sorrise. << Ho una vita piena di impegni, io >> rispose, << Non ho mica sempre tempo da perdere con voi novellini >>. Accese il motore dell’auto, lo salutò un’ultima volta e iniziò la discesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Officina

 

Irina scese dalla TT e prese Tommy in braccio. Entrò nell’officina, dove Max stava lavorando a uno scarico cromato insieme a Antony. Il meccanico sembrò non notarla, così lei lo salutò.

 

<< Ah, finalmente ci facciamo rivedere >> disse Max, acido.

 

Irina si bloccò, fissandolo. Capì che era arrabbiato per qualcosa, ma non sapeva per cosa. Rimase in silenzio, aspettando che lui dicesse altro. Antony gli gettò un’occhiata, perplesso anche lui.

 

In silenzio, il meccanico le fece cenno di seguirlo fuori, a debita distanza da orecchie indiscrete.

 

<< Hai finito di andartene in giro con Alexander e fargli da guida? >> domandò, ora un po’ meno arrabbiato.

 

Ecco cosa non gli andava giù: lo aveva trascurato per diversi giorni. Cercò di non sembrare divertita, e disse: << Non gli sto facendo da guida. E’ bravo, può battere William. Gli sto solo dando una mano >>.

 

Max appoggiò la sua al muro e ringhiò: << Allora è per questo che è qui. E’ un poliziotto >>.

 

<< Lui mi ha detto di non esserlo >> disse Irina, << E io gli credo. Ha a disposizione troppe auto per essere un infiltrato qualsiasi… >>.

 

<< E allora da dove arriva? >> chiese Max, scocciato.

 

<< Non lo so, ma credo che sia qualcosa di grosso >>.

 

Max la guardò, perplesso. << Lo sai che se è veramente un poliziotto e riesce nel suo intento, tu finirai dietro le sbarre, con me e tutti gli altri? Lo stai aiutando per farti arrestare? >>.

 

Irina abbassò lo sguardo, sapendo a cosa lui si riferiva. << Anche tu mi hai detto che odi il sistema di William. Tutti lo odiano, ma nessuno ha il coraggio di opporsi… Io per prima. Ha troppi soldi, troppo potere per sperare di potercisi mettere contro. Non ho paura di finire in prigione, e sinceramente certe volte penso che sia meglio stare dietro le sbarre, che continuare a fare la vita di adesso. Mi basta che lui la finisca di ammazzare gente e di dettare le regole in questo posto. Se ci finisco in mezzo anche io, me ne importa poco. Non ho niente da perdere, lo sai >>.

 

Il meccanico la guardò, e il suo sguardo si addolcì. << Non ti illudere, Irina >> disse, << Ti farai di nuovo del male, lo so. Anche se ci sei tu ad aiutarlo, ci sono pochissime possibilità che riesca a battere William. Deve prima arrivare a lui, e se rappresenterà una minaccia, sai che ha i suoi metodi per togliersi i problemi di torno… Finirai per rimanerci male, quando ti renderai conto che non può farcela >>.

 

La ragazza si girò, scuotendo leggermente il capo. Max era come un fratello maggiore per lei, e si fidava dei suoi giudizi. Come ogni volta, aveva ragione: si stava illudendo che qualcuno riuscisse a togliere di mezzo William al posto suo. Tutte le volte che si era permessa quella speranza, era sempre rimasta profondamente delusa. Non poteva essere diverso dalle altre volte.

 

<< Ci spero meno di quanto credi >> mentì, mettendo Tommy a terra, << Mi ha solo convinto più degli altri. E’ l’ultima volta che ci provo: se fallisce anche lui, lascerò perdere >>.

 

Max sospirò. << Non voglio toglierti ogni speranza, sono solo preoccupato per te >> disse, << Se non sapessi che poi ci starai male, non mi importerebbe nemmeno poi tanto >>.

 

Irina sorrise tristemente: perché i suoi veri fratelli non erano come lui?

 

<< Non ti preoccupare, ci ho fatto il callo >> disse.

 

Il cellulare squillò all’improvviso. Cercò rapidamente nella borsa, per scoprire che era il Nokia di Xander.

 

<< Xander >> disse Irina, gettando un’occhiata a Max. Rispose.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Ciao, sono io >>

 

<< Ciao. Novità? >> chiese la ragazza.

 

<< Ho incontrato William oggi pomeriggio >> spiegò Xander, << E mi ha chiesto se voglio sfidare il Dragone, tra qualche giorno >>.

 

Irina strabuzzò gli occhi. <Ma è il quinto… E gli altri?>>.

 

<< Pensa che sia inutile sfidarli, dato che ha visto che ci so fare >> disse Xander, << Sono le sue testuali parole >>.

 

<< E tu cosa gli hai detto? >> Irina controllò Tommy per cercare di capire perché le stesse tirando un braccio.

 

<< Gli ho risposto che andava bene, se per lui non era un problema >>.

 

Irina fece una smorfia. << Bé, bene >> disse, << Sei appena entrato nel Club di William… Devi essergli simpatico. Ehi, no! >>.

 

Tommy le era appena sfuggito di mano e correva diretto verso la strada. Riuscì ad afferrarlo prima che fosse troppo tardi.

 

<< Che succede? >> domandò Xander allarmato.

 

<< Niente >> rispose Irina, afferrando il bambino con un solo braccio, << Mi stava sfuggendo la situazione di mano… >>

 

Xander non commentò la sua strana frase.

 

<< Allora ci vediamo… Quando? >> continuò la ragazza.

 

<< Sabato >> rispose Xander.

 

<< Farai qualche altra gara, nel frattempo? >>

 

<< Non credo. Vado fuori città per un paio di giorni >>

 

<< Oh, d’accordo. Quindi a sabato. Ciao >>.

 

Chiuse la telefonata, con Max che la guardava curioso.

 

<< Ha detto che William vuole fargli sfidare il Dragone >> disse.

 

Il meccanico venne colto di sorpresa. << Stai scherzando? >>.

 

<< No >>

 

<< Non durerà ancora molto, allora, questa storia. O piace veramente a William, oppure ha intenzione di farlo uscire dal gioco il più in fretta possibile >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Xander tirò su il bilanciere con un colpo solo, sentendo una goccia di sudore colargli sulla fronte. I muscoli allenati delle braccia si gonfiarono sollevando il peso di quaranta chili. La luce del neon risplendeva sopra la sua testa, nella palestra semideserta, la musica tenuta a basso volume diffusa nell’ambiente.

 

<< Devo togliermi il dubbio >> disse, rivolto a Jess, in piedi di fianco a lui, nella grande palestra del quartier generale dell’F.B.I. di San Francisco. << Devo capire se Irina sta mentendo oppure se posso fidarmi veramente di lei >>.

 

<< Trentaquattro… >> contò Jess, che non ci pensava proprio a fare ginnastica, << Sei stato tu a chiederle di aiutarti… Trentacinque… Ora ti fai venire i dubbi? >>.

 

<< L’istinto mi dice una cosa >> disse Xander, << Ma devo capire se mi dice la cosa giusta >>.

 

<< Trentotto… Cosa intendi fare? >>

 

<< Cercare informazioni su di lei. Voglio scoprire perché è invischiata in questa storia. Quanto siamo? >>.

 

<< Quaranta… >> rispose Jess, controllando l’orologio, << E se non ne esce niente? >>

 

<< La affronto >>

 

Jess continuò a contare in silenzio, poi disse: << Posso fare una prova. Dalla mia postazione ho accesso a tutto: posso trovare qualsiasi cosa su Irina, ma non ti garantisco che sia quello che vuoi sapere tu >>.

 

<< Non importa. Magari ne esce comunque qualcosa di utile >>. Xander appoggiò il bilanciere al suo posto e si mise a sedere. << Ho appuntamento con White, fra mezz’ora. Magari dopo cena ci troviamo in ufficio e vediamo cosa riusciamo a fare >>.

 

<< D’accordo. Ah, mi è parso di vedere tuo padre, da queste parti >> disse Jess.

 

<< Davvero? Non sapevo fosse qui… >> disse Xander, raccattando il suo asciugamano e asciugandosi il collo, << E’ un po’ che non lo vedo… >>.

 

Mezz’ora dopo Xander varcava l’ufficio di Frank White, il suo capo. L’uomo, i capelli brizzolati perfettamente curati, vestito con una camicia azzurra e la cravatta mezza slacciata, lo aspettava dietro l’enorme scrivania di legno di mogano, con alle spalle una grande vetrata che dava sui parcheggi interni dell’edificio.

 

<< Agente Went >> lo salutò White, digitando qualcosa sulla tastiera del computer dal monitor ultrapiatto che aveva davanti agli occhi. << Facciamo un po’ il punto della situazione… >>.

 

Xander si sedette sulla sedia davanti alla scrivania. Sapeva che a White ogni tanto piaceva mettere in soggezione i suoi sottoposti, e l’arredamento ricco e supermoderno aveva proprio quell’intento. Peccato che a lui non facesse nessun effetto.

 

<< Per il momento procede tutto bene >> disse, << Sono riuscito a entrare nel giro abbastanza facilmente… Ho sfidato il Toro, e Challagher sembra avermi preso in simpatia: vuole che sfidi il numero cinque, saltando tutti gli altri >>.

 

White gli gettò un’occhiata, pestando sulla tastiera del computer. << Bene… Quindi il suo contatto le sta dando una mano, immagino >> disse.

 

<< Più di quanto mi aspettassi >> ammise Xander, attendendo la reazione del suo superiore.

 

<< Sospetta qualcosa? >> domandò White, raccogliendo un foglio dal cassetto della stampante e firmandolo rapidamente.

 

<< No. Mi sta aiutando, ma non immagina nemmeno che io sia dell’F.B.I. Sembra non approvi molto le idee di Challagher >>.

 

White poggiò la penna sul tavolo, lanciandogli un’occhiata perplessa.

 

<< Cosa glielo fa credere? >> chiese l’uomo.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Il fatto che anche lei sembra temerlo >> rispose, << Per questo è propensa ad aiutare chiunque voglia spodestare Challagher >>.

 

<< Quindi sta facendo il doppiogioco… >> commentò White, << Lavora per lui, ma non gli è fedele… D’altronde, una ragazza così… >>.

 

Xander lo scrutò, serio. Il tono di voce che aveva usato per parlare di Irina non gli piaceva.

 

<< Cosa intende dire? >> chiese.

 

White gli mostrò una foto della ragazza, la stessa che aveva nel suo fascicolo. Sorrise con aria complice. << Voglio solo dire che si è scelto un bel contatto, davvero… Immagino che una così non conosca bene il significato della parola fedeltà… >>.

 

Il significato recondito di quella frase lasciò il ragazzo un momento spiazzato. Per caso aveva capito male?

 

<< Mi sta dicendo che la definisce una puttana? >> domandò Xander, gelido.

 

White rise. << Non si offenda così, Went. Ma deve riconoscere che della gente di quel giro non ci si può fidare… >>.

 

D’accordo, era il suo capo e doveva portargli rispetto, ma in quel momento Xander avrebbe voluto insultarlo. Come si permetteva di giudicare Irina senza conoscerla? Gli aveva appena detto che c’erano ampie possibilità che facesse la doppiogiochista e che andasse a letto con tutti i membri della Black List

 

<< Per il momento io mi fido di lei >> disse, la voce di ghiaccio, << Non ha dimostrato nessuna ostilità nei miei confronti… >>.

 

White stava ridendo sotto i baffi, e molto probabilmente aveva intuito che forse teneva a Irina più di quanto avrebbe dovuto. << Immagino… Non mi resta che dirle che deve fare attenzione a non farsi ammaliare. Piuttosto se la porti a letto una volta, e poi chiuda lì la storia >>.

 

Xander lo guardò basito: non aveva mai sentito il suo capo parlare in quei termini. “Se la porti a letto una volta, e poi chiuda lì la storia?”.

 

All’improvviso scoprì che quello che stava pensando White non gli piaceva… La sua reazione poteva assomigliare a una sorta di crisi di gelosia? Sentire parlare così di Irina gli dava molto fastidio…

 

<< Dovrei togliermi lo sfizio? >> chiese, una smorfia disgustata sul volto.

 

<< Avanti, non faccia così… >> White sembrava divertito, << Siamo uomini, e non ragioniamo sempre con il cervello, se capisce cosa intendo. Non mi dica che si scandalizza per così poco. Non mi sembra il tipo da storie serie, o no? >>.

 

Xander avrebbe potuto accettare quel ragionamento per qualsiasi altra ragazza, ma trovò difficile collegarlo a Irina. Lui era stato il primo ad adottare, in passato, quella sorta di “stile di vita”: niente di serio, solo avventure. Poi era cresciuto, e aveva sviluppato almeno un po’ di cervello.

 

Conosceva poco Irina, ma non ci stava a pensarla così.

 

Si morse la lingua per evitare di farsi scappare qualche frase poco adatta da rivolgere a un superiore, e cercò di darsi una calmata. << Seguirò il suo consiglio, se lo riterrò necessario >> sibilò, poi si alzò, << Ci sentiamo per eventuali aggiornamenti >>.

 

Uscì dall’ufficio, la testa basta cercando di riguadagnare un minimo di lucidità. Il discorso con White gli aveva fatto venire il sangue alla testa… Ed era un po’ che non succedeva, parlando di ragazze…

 

<< Xander! >> lo chiamò qualcuno.

 

Ebbe l’irresistibile tentazione di ignorare la voce, ma quanto si rese conto che era quella di suo padre, si voltò.

 

<< Papà? >>

 

Steve Went, vestito in un bel completo blu, i folti capelli leggermente brizzolati che gli conferivano un certo fascino, lo guardava dall’altra parte del corridoio, gli occhi azzurri come i suoi illuminati da un largo sorriso.

 

Xander gli andò incontro. << Che fai da queste parti? >> domandò, abbracciandolo.

 

<< Sapevo che saresti passato di qui, così ho pensato di vedere come procedevano le cose… >> rispose Steve.

 

Anche lui, come il figlio, faceva parte dell’F.B.I., ma aveva abbandonato le missioni per lavorare in un ufficio, forse più noioso ma molto più comodo, e aveva lasciato il compito di sfidare “l’ebbrezza del pericolo”, come la definiva lui, alle giovani leve come suo figlio.

 

<< Allora, come va? >> domandò, dandogli una pacca sulla spalla.

 

<< Bene >> rispose Xander, << Mi sto facendo strada… La mamma, come sta? >>.

 

<< Oh, benissimo >> disse suo padre, mentre camminavano fianco a fianco lungo il corridoio, diretti alla mensa, << Continua a preoccuparsi del fatto che forse non mangi abbastanza, o che ancora non hai una ragazza fissa… I soliti pensieri di una madre >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo, mentre suo padre ridacchiava divertito. Pure lui con quella storia?

 

<< Lo sa che non ho più quindici anni, vero? >> domandò.

 

<< Sì, ma lo sai come è fatta… >> disse suo padre, e forse notò la leggera durezza nel tono della sua voce, perché cambiò argomento. << Quindi procede tutto liscio? >>.

 

Andarono a cena insieme, parlando del più o del meno, finché Xander non si ricordò che aveva appuntamento con Jess nel suo ufficio. Salutò suo padre e raggiunse l’informatico, già seduto davanti al suo pc di ultima generazione.

 

<< Allora, siamo pronti? >> domandò Xander, sedendosi a cavalcioni sulla sedia davanti alla scrivania dell’amico. Gli ritornarono subito alla mente le parole di White, e un po’ del nervosismo di prima si fece risentire…

 

Jess lo guardò. << Cosa cerchiamo? >> domandò.

 

<< Partiamo da chi è… >> rispose Xander.

 

Jess iniziò a digitare sulla tastiera, gettandogli ogni tanto un’occhiata. Si schiarì la voce, poi disse: << Che hai? >>.

 

<< Niente >>.

 

Xander non disse altro, ma più ci pensava più le allusioni di White gli facevano venire il nervoso. Jess doveva aver notato che era un po’ più rigido del solito.

 

<< Posso essere sincero con te? >> domandò l’informatico, continuando a fissare il monitor, << Il fatto che tu ti stia interessando così tanto a quella ragazza non è… come dire… un buon segno >>.

 

Xander alzò gli occhi su di lui. Non era la sua giornata, allora.

 

<< Ti ci metti anche tu? >> chiese, gelido.

 

<< Perché? >>.

 

<< White mi ha detto proprio di diffidare di lei >> spiegò Xander, giocando con una penna, << Ritiene che possa trarmi in inganno… >>.

 

Jess gli gettò un’altra occhiata, questa volta divertita. << E’ per questo che sei arrabbiato? >> domandò.

 

<< Non sono arrabbiato… >> borbottò Xander, portandosi le braccia dietro la testa e poggiando i piedi sull’altra sedia.

 

<< Cosa ti ha detto White, di preciso? >> domandò Jess.

 

Dopo un attimo di silenzio, Xander gli riferì rapidamente le parole poco lusinghiere del suo capo. Sul viso di Jess spuntò un sorrisetto.

 

<< Allora ho capito… >> mormorò, << E’ un altro brutto segno, lo sai, vero? >>.

 

Xander non rispose. Cercare di negare non aveva senso: Jess aveva ragione, ma ammetterlo era un altro problema. Irina lo incuriosiva e basta, oppure la sua curiosità derivava da qualcos’altro?

 

<< Hai trovato qualcosa? >> chiese, per cambiare argomento.

 

<< Certo… >> rispose Jess, gettandogli un’altra occhiata saccente, << Allora… Irina Dwight, nata a Los Angeles, il 23 gennaio 19…, attualmente iscritta alla University of South California, vive con il padre e i fratelli. La madre è morta quattro anni fa, di malattia… >>.

 

<< E’ iscritta all’Università? >> domandò Xander, stupito.

 

<< Sì… Poco usuale tra i piloti clandestini, ma è così >> disse Jess, << E risulta anche frequentante… Forse avrà molto tempo libero… >>

 

Tempo libero? Ma se tutte le volte che la incontrava scappava da qualche parte…

 

<< Controlla se per caso, e dico per caso, abbia un figlio >> disse Xander.

 

L’informatico lo fissò. << Ma se ha vent’anni, come fa ad avere già un figlio? E poi, che razza di domanda è? >>.

 

<< Fammi questo favore e guarda >> ribatté Xander, << Mi serve per capire a cosa gli serve un seggiolino per bambini in un’Audi TT… >>.

 

Lo aveva visto, la prima volta che era andato a casa sua, e la cosa lo aveva incuriosito non poco. Oltretutto, lei spariva sempre negli orari in cui i bambini uscivano dalle scuole… Non era così stupido da fare quel collegamento.

 

Jess lavorò per qualche minuto, poi disse: << Ho guardato negli archivi dell’anagrafe e nei registri degli ospedali. Non ha nessun figlio. Però, e non so se ti può interessare, l’ultima volta che è stata all’ospedale è per percosse… Anzi, ci è stata più di una volta >>.

 

Xander si voltò a guardarlo. << Dici davvero? >>.

 

<< Sì. Sembra si sia presa a pugni con qualcuno, perché le hanno dato dei punti e le hanno fatto una fasciatura al braccio… Però poteva trattarsi anche di un incidente d’auto, e ha fatto passare tutto come una rissa per evitare che venisse scoperta. E’ una prassi usuale tra i piloti >>.

 

Xander dubitò dell’ipotesi di Jess. Irina non gli era sembrata una tipa da venire alle mani, e comunque era come un agnellino in mezzo a un branco di lupi: ci avrebbero messo un attimo a farla a pezzi. L’incidente era plausibile, ma se non era grave difficilmente un pilota avrebbe rischiato di farsi scoprire così facilmente. Qualche punto e una fasciatura non erano abbastanza per far valere il rischio.

 

<< Non puoi cercare da qualche altra parte? >> chiese, << Non mi torna, la cosa… >>.

 

Jess lo guardò di sottecchi, poi tornò a digitare sulla tastiera. << Non credo che se ha veramente un figlio non sia stato iscritto all’anagrafe… Però forse non è suo… Ha dei fratelli, giusto? Magari c’entrano loro… Uhm… >>.

 

Impaziente, Xander continuava a giocare con la penna che aveva in mano, cercando di capire perché voleva sapere tutto di Irina. La scusa del potersi fidare di lei reggeva?

 

All’improvviso, sperò di scoprire qualcosa che potesse fargli dubitare fortemente del suo aiuto, che gliela facesse apparire come White gliela aveva descritta: una doppiogiochista. Sarebbe stato un incentivo in meno a pensare a lei…

 

<< Xander? >>

 

<< Uhm? >>

 

<< Smettila di agitarti… >>

 

Xander si bloccò: forse stava esagerando con la penna… Gettò un’occhiata a Jess, poi si ricompose.

 

<< Allora? >> disse.

 

<< Niente… Forse potrebbe essere di uno dei suoi fratelli. Qui non risulta nessun bambino… Magari è un fratellastro… Il padre potrebbe averlo avuto da una relazione… >>.

 

Xander sospirò: su un eventuale bambino non c’era nient’altro da scoprire. << D’accordo. Lasciamo perdere. I suoi parenti cosa hanno fatto negli ultimi anni? >>.

 

Jess continuò la sua ricerca. << Allora… Il padre, Todd Dwight, è disoccupato… Ha precedenti penali per furto, guida in stato di ebbrezza… I fratelli non sono meglio: uno fa lo scaricatore di porto, l’altro ha lavorato saltuariamente in qualche locale e si è fatto una notte in cella per rissa. Il maggiore sembra avere qualche collegamento con le corse clandestine, però >>.

 

Xander drizzò le orecchie. << Continua >>

 

<< Ha preso diverse multe per eccesso di velocità… >> lesse Jess, fissando il monitor, << E guida pericolosa… Qualche segnalazione alla polizia… Però risalgono a più di un paio di anni fa >>.

 

<< E poi? >>.

 

<< Sembra sparito da Los Angeles… Nessun’altra segnalazione, da quelle parti. Però l’ultima multa che ha preso è stata emessa a Denver, in Colorado… Potrebbe essersi trasferito >>.

 

Xander posò lo sguardo sul portamatite della scrivania. Il fratello maggiore poteva centrare qualcosa… Era ancora troppo poco, però.

 

<< Ok, quindi questo è quello che si sa di Irina… >> mormorò, << Tre fratelli, un padre disoccupato, studentessa modello, forse un bambino di accudire… Non ci resta che cercare qualcosa su Fenice >>.

 

<< D’accordo >>

 

Jess ricominciò a battere sulla tastiera, mentre Xander cercava di riordinare le idee. Il fratello maggiore sembrava aver lasciato Los Angeles, e poteva anche essere stato un pilota clandestino. Forse tramite lui Irina era entrata nel giro…

 

<< Cosa vuoi sapere di preciso? >> domandò Jess, << La maggior parte delle informazioni su di lei le hai… >>

 

<< Voglio sapere che genere di rapporti ha con gli altri piloti >> rispose Xander.

 

Jess lo guardò inarcando un sopracciglio, ma non fece commenti.

 

<< Devo guardare sui blog di corse clandestine >> disse, << E’ l’unica fonte che posso utilizzare, e non è detto che riesca a trovare qualcosa… Cosa intendi “per rapporti”, se non sono indiscreto? >>

 

<< Se esiste qualche legame, che non sia affettivo, tra lei e lo Scorpione >> spiegò Xander, << Se si conosce il motivo per cui lei sia entrata nel suo giro >>.

 

<< Uhm, non credo troveremo qualcosa >> disse Jess, dubbioso, << Non avrà sbandierato ai quattro venti perché lavora per lo Scorpione… Se esiste veramente un motivo >>.

 

Xander lo fulminò con lo sguardo. Un motivo c’era, se lo sentiva.

 

<< Allora… Ci sono un sacco di cose da andarsi a leggere… Ci vorrà un po’ >>.

 

<< Hai qualcosa da fare? >>.

 

<< No >>.

 

Xander si sistemò, i piedi sempre appoggiati all’altra sedia vuota. Rimase in silenzio per mezz’ora, fissando il soffitto dell’ufficio, inquieto e pensieroso. Dopo un po’ arrivò alla conclusione che la sua non era solo curiosità, era interesse. Inconsciamente, Irina lo aveva affascinato, aveva attirato la sua attenzione. E al momento non era un bene.

 

Fu Jess, lanciandogli un’occhiata disinteressata, a rompere il silenzio tirando di nuovo in ballo l’argomento.

 

<< Com’è di persona, questa Irina? >> domandò, continuando a guardare lo schermo del pc.

 

<< Carina… >> borbottò Xander, non volendosi scoprire troppo, anche se lo aveva appena fatto.

 

<< Daì, sii sincero >> sorrise Jess, << Dimmi un po’ che genere di ragazza è… Giusto per togliermi la curiosità, no? >>.

 

Xander sapeva che Jess aveva intuito il suo problema, e cioè che c’erano ampie possibilità che Irina iniziasse a piacergli veramente. Il fatto che lo stesse velatamente prendendo in giro non gli dava fastidio: il suo unico pensiero era che la cosa poteva “degenerare”, e non poteva accadere.

 

<< Non la conosco ancora abbastanza >> rispose, << Per quello che ho visto, però, mi sembra una ragazza normale… >>.

 

<< Bé, normale non tanto >> obiettò Jess, semiserio, << Trova un’altra ragazza che faccia corse clandestine di auto e sia anche pure brava… >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo, esasperato. << Mi fai finire, o no? >>.

 

<< Scusa… Però sono curioso… >>.

 

<< A volte ti comporti come una ragazza, lo sai? >> disse Xander.

 

Jess si strinse nelle spalle. << Forse… Però serve, in qualche caso, o no? >>. Ammiccò, sorridendo complice. In effetti, l’informatico era perfetto se si aveva un problema: non si stancava mai di ascoltarti, e nel caso ti dava una mano a risolverlo. Caratteristica tipica di una ragazza.

 

<< Vabbé, non sarà tanto normale, secondo i tuoi canoni, però a me è sembrata una persona abbastanza semplice >> continuò Xander, << E poi… Boh, in questo momento non saprei dirti altro >>.

 

Jess ridacchiò. << D’accordo… Mi farai sapere più avanti >> disse, << A cosa pensavi, quando ti ho visto sospirare? >>.

 

Xander gli lanciò una matita, che l’informatico schivò prontamente. << Di sicuro non a te >> rispose, mettendosi a ridere. Jess, riemerso da dietro il monitor, fece altrettanto.

 

<< Vado a prendere due caffè, va >> si offrì Xander, uscendo dall’ufficio.

 

Tornò dieci minuti dopo, con due bicchieri di caffè fumante e anche leggermente più rilassato. Fare una passeggiata per i corridoi gli aveva evitato di parlare per un po’ del suo attuale “problema”.

 

<< Allora, hai trovato qualcosa? >> domandò a Jess, porgendogli la tazza.

 

<< No… E non credo troveremo nulla >> rispose l’informatico, << Ci sono informazioni sulle sue gare, video, foto, ma niente che parli del perché si trovi lì in mezzo… >>

 

<< Allora non mi rimane che affrontarla e farle dire la verità >> disse Xander, serio, << E’ l’unico modo per scoprire se posso fidarmi di lei o meno >>

 

C’erano due possibilità: o Irina stava dalla sua parte, oppure faceva finta. Se veramente quella ragazza era disposta ad aiutarlo, allora poteva pensare di ottenere altre informazioni sui piloti e sui traffici dello Scorpione; in più, la missione poteva procedere più rapidamente del previsto. Se invece Irina si rivelava veramente quello che White aveva anticipato, allora doveva allontanarla e fare a meno di lei.

 

E non sapeva quale delle due ipotesi preferiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII

Capitolo VIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Dalton Beach

 

Irina attese che Xander si mettesse in posizione sulla linea di partenza, prima di gettare uno sguardo verso di lui. Hiro Kawashima, alias il Dragone, fermò la sua Honda RX7 argentata di fianco alla BMW M3, entrambi i motori accesi.

 

La ragazza soffermò il suo sguardo su Xander, sicura che nessuno la stesse guardando. Non sembrava nervoso, ma non degnò il Dragone nemmeno di un’occhiata. Rimase perfettamente impassibile, il braccio appoggiato al volante della M3, gli occhi puntati davanti a sé, sulla strada. Solo una volta lo vide guardare con la coda dell’occhio dalla sua parte.

 

William girava tra le auto, parlando con i vari piloti. C’era molta gente in giro, perché la fama di Xander sembrava aver raggiunto molte persone. Era il primo a essere autorizzato a correre contro un pilota della Black List senza aver battuto quelli prima di lui: non era mai successo, e la cosa era degna di una certa curiosità.

 

Irina, a braccia incrociate a bordo strada, fece qualche passo per avvicinarsi alle due auto, in modo da riuscire a sentire quello che William diceva a Xander.

 

<< …Allora Alexander, con questa gara vedremo quanto sei dotato. Se vinci entri nella cerchia giusta. Non deludermi >>.

 

Xander sorrise. << Nessun problema. Ci vediamo all’arrivo >>

 

Lo Scorpione diede una pacca sul tetto di vetro della BMW e si allontanò, poi fece un cenno a Irina, indicandole le due auto in attesa.

 

<< Da’ il via tu, stasera >> ordinò.

 

Annuendo, Irina raggiunse il centro della strada, guardando a terra. Sì, a William Xander piaceva. Evidentemente non lo riteneva ancora abbastanza pericoloso, perché altrimenti avrebbe certamente cercato di sbarazzarsi di lui. A dir la verità, però, non c’era ancora stato nessuno in grado di preoccuparlo seriamente, e non sapeva come si sarebbe comportato, in un caso del genere.

 

Si piazzò in mezzo alle due auto, guardando entrambi i piloti: Hiro, il giapponese venuto da Tokio, i capelli tirati in alto da una cresta scurissima, le fece un cenno di saluto con la mano, confermandole che era pronto; Xander, ancora molto simile a una statua di pietra, rimase zitto, ma l’ultima occhiata che le gettò le apparve strana. Era arrabbiato?

 

Senza dire niente, lo guardò un’ultima volta, poi si preparò per dare il via. “Avanti, Xander, so che puoi farcela”, pensò, più che altro per tranquillizzare se stessa.

 

Alzò il braccio, contando con le dita: 5… 4… 3… 2… 1…

 

La BMW e la RX7 partirono a razzo con uno scatto impressionante, lasciandosi dietro una scia di fumo e strisce nere sull’asfalto. Sparirono dietro l’angolo in un attimo, ma il rumore dei motori arrivava ancora fino a loro, nitido nella notte.

 

Irina si voltò per tornare sul marciapiede, quando vide, dall’altra parte della strada, Vera Gonzalez: dove essere venuta a seguire la gara. Le rivolse un’occhiata di fuoco, mischiata alla folla che stava da quella parte. Cercando di ignorarla, Irina tornò vicino a William, in silenzio.

 

<< Secondo te chi vincerà? >> domandò lo Scorpione, accendendo una sigaretta.

 

<< Non lo so. Non lo conosco abbastanza >> rispose lei. Davanti alla sua stringata risposta, William le gettò una strana occhiata, poi inspirò una boccata di fumo.

 

<< Io credo che vincerà il nuovo arrivato >> disse William, apparentemente disinteressato.

 

Irina tacque. Stava tenendo d’occhio Vera, dall’altra parte della strada, che continuava a fissarla in cagnesco. Se aveva voglia di litigare, non era serata.

 

Un una cinquantina di metri da loro, Hanck stava seduto sulla sua Audi A3, lavorando a un pc portatile. William si staccò dalla staccionata di legno e lo raggiunse, scambiandosi un paio di parole.

 

Vera decise che era il momento di attaccare, così attraversò la strada e con aria noncurante si appoggiò a cancello.

 

<< Ciao puttanella >> disse, senza guardarla.

 

Cercando di mantenere la calma, Irina rimase in completo silenzio, fissando la spiaggia buia oltre la staccionata. Sapeva che Vera era il membro della Lista che molto probabilmente la odiava di più, e il fatto che l’avesse battuta non gli era mai andato a genio. Si era sempre vantata di essere l’unica donna della Lista, e poi era arrivata una ragazzina molto più forte di lei.

 

<< Come mai da queste parti? >> chiese la spagnola, ora guardandola con aria strafottente.

 

<< Sto cercando di seguire la gara… >> borbottò Irina.

 

Vera fece una smorfia. << Sono curiosa di sapere se stai già progettando di finire nel letto di Alexander >> disse la ragazza.

 

Irina le gettò un’occhiata, divertita. Trovò la situazione ridicola: a Vera molto probabilmente piaceva Xander… Riteneva avesse puntato gli occhi su di lui?

 

<< Oh, non preoccuparti >> ribatté, con un mezzo sorriso << Non ti toglierò questo privilegio. Ma se devo essere sincera, non credo che una stronza come te possa piacere a uno come lui >>.

 

La gente che stava lì intorno iniziò girarsi, e la maggior parte sorrise nel vedere che si trattava di loro due. La loro inimicizia era proverbiale. Anche William si voltò e sulla sua faccia si dipinse un ghigno: probabilmente pensava stessero parlando di lui.

 

Vera la guardò furiosa, poi disse: << Meglio stronza che troia >>.

 

Irina voltò la testa e la guardò in faccia. Non era un’attacca brighe, ma la cosa iniziava a darle sui nervi. E gli insulti gratuiti erano una di quelle cose che sopportava poco.

 

<< Senti, dimmi chiaramente cosa vuoi, e facciamola finita >> sibilò. << Da quando sono qui non hai fatto altro che provocarmi… Cosa vuoi che faccia? >>

 

Vera sorrise. << Voglio che tu te ne vada >> disse, << Sei arrivata dove sei ora perché ti sei fatta scopare da tutti i membri della Black List… Levati dai coglioni una volta per tutte, e smettila di fare la principessina di William >>.

 

Irina si spostò dal muretto e la guardò, squadrandola da capo a piedi. << Non ho intenzione di farlo >> disse, gelida.

 

Qualcuno rise lì intorno. William si voltò di nuovo a guardare cosa facevano, poi tornò a parlare con Hanck. Davano sempre spettacolo, ma questa volta Irina era decisa a chiudere quella storia che durava ormai da troppo tempo. Sapeva che Vera invidiava tutto di lei, dalla sua macchina alla sua reputazione, e che insultarla era l’unico modo che aveva per sentirsi più forte.

 

Sentì il rumore di un’auto che si avvicinava al traguardo, ma non la guardò. Fissò la spagnola, e disse, secca: << Se è il mio posto che vuoi, Vera, hai solo da prendertelo >>

 

<< Stai tranquilla che lo me lo prendo, ragazzina >> ribatté Vera, facendo un passo verso di lei, alzando un pugno.

 

Irina si voltò verso il traguardo, per notare con sollievo che Xander aveva vinto. Stava tranquillamente parlando con William, mentre Hiro era fermo a bordo strada, zitto.

 

<< Ehi! >> gridò qualcuno.

 

Irina si voltò di scatto, e vide Vera trattenuta da due ragazzi. Evidentemente aveva aspettato che si girasse per prenderla alle spalle. La guardò scettica, e disse: << Lo sai che non è bello per una ragazza fare a botte? >>.

 

Sapeva che con il suo comportamento la stava facendo imbestialire, ma all’improvviso quella divenne la sua intenzione. Per chiudere la storia doveva sfidarla di nuovo, e doveva essere lei a chiederlo. E per farlo, doveva farla incazzare.

 

<< Vaffanculo, troia >> gridò Vera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A qualche metro di distanza, Xander si girò a guardare cosa stava accadendo vicino alla spiaggia, e rimase di sasso vendendo Irina rimanere in silenzio davanti all’eclatante insulto che la ragazza spagnola le aveva appena gridato.

 

Anche William stava guardando, e sembrava profondamente divertito. E non era l’unico. Ormai tutta la strada seguiva la scena con un misto di risa e timore. Nessuno aveva intenzione di intervenire, tranne i due che tenevano ferma la spagnola, che molto probabilmente se non fosse stato per loro sarebbe saltata addosso ad Irina.

 

<< Adesso scoprirai perché non è saggio far arrabbiare Fenice >> gli spiegò William, guardandolo, << Sta a vedere… Vedrai perché la chiamiamo la Belva, certe volte >>.

 

Senza capire le sue parole, Xander guardò Irina avvicinarsi a Vera senza timore.

 

<< Se vuoi che me ne vada, sfidami >> sibilò.

 

L’asiatica rimase zitta per un momento, come sbigottita da quella frase. Alla fine sorrise e disse: << Allora io ti sfido adesso >>.

 

William scoppiò a ridere, mentre Irina tirava fuori le chiavi della macchina e faceva cenno alla ragazza di fare lo stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina accese il motore della Punto, e si portò dietro la linea del traguardo. Finalmente avrebbe chiuso i conti con quella pazza di Vera. Attese che la ragazza si affiancasse a lei, poi abbassò il finestrino destro. Si girò, mentre William le bussava al vetro sinistro.

 

<< Ti lascio scegliere la gara >> disse a Vera.

 

<< Sprint >> rispose secca la spagnola, << Stesso loro percorso. Chi vince si prende l’auto >>.

 

Irina si voltò verso William, e lo guardò. << Lasciami fare questa gara >> sibilò.

 

<< Con piacere, bambolina >> ribatté lo Scorpione, sorridendo, << Vedi di farla a pezzi >>.

 

La ragazza rialzò il finestrino e fissò William, che avrebbe dato il via. Attese che la sua mano si abbassasse, prima di partire di scatto.

 

Inserì la seconda talmente in fretta che fu come se non l’avesse fatto. Era talmente arrabbiata che se la sua coscienza non glielo avesse proibito di sicuro avrebbe ridotto a un rottame la Mercedes Clk di Vera.

 

Guardò nello specchietto retrovisore, e non vide nessuno. Un attimo dopo il muso della Clk comparì alla sua destra. Accelerò e compì una curva stretta a destra, per impedirle di superarla. Scalò e tornò in terza, poi girò di nuovo a sinistra.

 

Vera stava tirando, e Irina decise di fare altrettanto. Si portò a destra e proseguì dritto arrivando a 170 km/h, poi inchiodò e girò a destra. Questa volta la spagnola spuntò a sinistra, così vicina che per poco non si toccarono.

 

“Va al diavolo, cretina” pensò.

 

C’era un lungo rettilineo dopo la curva, e Irina decise di usarlo per prendere vantaggio. Scalò di nuovo, girò e premette la frizione per guadagnare velocità, poi mise la quarta e si lanciò a tutta velocità lungo la strada.

 

Se era arrivata al terzo posto della Black List, un motivo c’era. Distaccò la spagnola in breve tempo, e guardò Vera affannarsi dietro di lei dallo specchietto retrovisore. Il resto della gara fu poco combattuta, perché la spagnola non fu in grado di recuperare il distacco accumulato e dovette accettare la superiorità di Fenice.

 

Irina tagliò il traguardo a 150 km/h, poi inchiodò per vedere l’arrivo di Vera. La vide fermarsi a pochi metri dalla sua auto, furiosa come una iena, e scendere sbattendo la porta della Clk con violenza.

 

Irina scese uscì dalla Punto senza degnare nessuno di uno sguardo, fissando solo Vera, gelida. Aveva vinto, e adesso non aveva più motivo di sfotterla. La spagnola aveva il viso contratto dalla rabbia, ma rimase in silenzio.

 

<< Sei soddisfatta, adesso? >> gli chiese Fenice.

 

Vera non rispose, ma gettò a terra le chiavi della Mercedes e si girò, andandosene a piedi. Qualcuno fischiò e molti applaudirono. Irina si chinò e raccolse le chiavi e guardò la Clk.

 

Non le serviva un’altra auto, ma poteva comunque venderla e racimolare qualche soldo… Alzò lo sguardo, guardando le spalle della spagnola. Forse la lezione le era bastata…

 

Se le rigirò tra le mani, poi gridò: << Ehi Vera! >> e lanciò il mazzo in aria.

 

La spagnola si voltò appena in tempo per prenderle al volo, e la guardò stupita, senza capire.

 

<< Tieniti pure la macchina >> disse Irina, ed entrò in auto, senza dare il tempo alla ragazza di ribattere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.50 – Brodway Street

 

<< Sei stata grande, Irina! >> aveva detto Max al telefono, << Finalmente hai fatto mangiare la polvere a quella pazza! >>.

 

Camminando diretta a casa, appena uscita dall’università, Irina ripensava alla soddisfazione che si era presa con Vera: dopo un’umiliazione del genere, di sicuro non l’avrebbe più infastidita. Max l’aveva riempita di elogi, dopo averlo saputo, e si pentiva di non esserci stato alla gara.

 

Arrivata davanti a casa, notò una BMW M3 bianca molto familiare. Allarmata, si avvicinò di corsa, mentre Xander usciva dall’auto e la aspettava.

 

<< Ciao >> disse, titubante << Cosa ci fai qui? >>.

 

<< Ciao >> Xander era serio, << Sapevo che non c’eri, così ti ho aspettato >>.

 

Irina scrutò il suo viso, cercando di capire cosa non andava. Pensò di farlo entrare in casa, ma si ricordò che c’era suo padre, e che non sarebbe stata una buona idea.

 

<< Perché sei venuto? >> chiese.

 

<< Sali in macchina, per favore >> ribatté lui.

 

Irina lo guardò preoccupata, senza avvicinarsi alla M3.

 

<< Dobbiamo parlare… C’è tuo padre in casa, no? >> disse lui, addolcendo di poco la voce.

 

La ragazza salì, anche se con qualche esitazione. Si sedette sul sedile di pelle dell’auto, e Xander fece lo stesso. Accese il motore e si spostò di qualche isolato, fermando la macchina in una strada deserta.

 

Irina iniziò a sentirsi inquieta. Xander era serio e sembrava arrabbiato. Rimasero in silenzio finché lui non fermò la macchina, mentre la ragazza cercava di capire dalle sue movenze cosa volesse da lei.

 

<< Devo sapere perché mi stai aiutando >> disse Xander, secco.

 

<< Te l’ho detto >> rispose piano lei, intimorita, << Ci sono in mezzo per via della mia famiglia >>.

 

<< Non mi basta >> ribatté Xander, << Devo sapere qual è il motivo. Se mi devo fidare di te, non posso avere dubbi >>.

 

<< Lo stesso vale per me, allora >> disse Irina, << Tu perché sei qui? >>.

 

Xander la guardò in faccia, ancora più serio. << Non sto scherzando. Mi stai nascondendo troppe cose… Il bambino di chi è, per esempio? >>.

 

Colta di sorpresa, Irina trattenne il fiato per un attimo, poi sospirò. << Hai fatto ricerche su di me? >> domandò, seria.

 

<< Lo hai fatto anche tu >> ribatté Xander.

 

La ragazza tacque. Voleva aiutarlo, perché sperava con tutta stessa che lui fosse in grado di battere veramente William, ma se non era sicuro di potersi fidare di lei, non avrebbe mai accettato l’aiuto che poteva dargli… E per guadagnare la sua fiducia doveva essere sincera, raccontargli la verità…

 

<< Devi promettermi che nessun altro saprà quanto ti sto per dire, Xander >> disse, guardandolo negli occhi azzurri per un momento, << Non voglio che si sappia in giro. Ho già abbastanza problemi così >>.

 

<< D’accordo >>.

 

Irina si fece coraggio e parlò.

 

<< Circa quattro anni fa mio fratello Dominic ha conosciuto William, ed è entrato nel suo giro. Giocava d’azzardo, faceva scommesse, poi ha iniziato a frequentare i casinò dei dintorni, che sono tutti controllati da William. Alla fine si è fatto un sacco di debiti, perché perdeva in continuazione… Doveva un sacco di soldi allo Scorpione >>

 

<< Quanto, di preciso? >> chiese Xander.

 

Irina deglutì, prima di rispondere. << Un milione di dollari… >>

 

<< Un milione di dollari?! >> sbottò Xander, stupito.

 

<< Senti, non lo so come abbia fatto >> continuò la ragazza, << So solo che è stato stupido… Forse aveva chiesto dei soldi in prestito a William… Non lo so… A noi non ha mai detto nulla, anche quando tornava a casa con il denaro che noi credevamo provenisse dal suo lavoro in fabbrica… Avevamo bisogno di quei soldi, all’epoca, e non ci siamo chiesti da dove arrivassero. Comunque, per cercare di racimolare qualcosa e ripagare tutto ha iniziato a correre per William; peccato che fosse negato. E’ solo riuscito a peggiorare le cose. William gli aveva dato un ultimatum: o pagava, oppure lo faceva fuori >>

 

Irina tacque di nuovo, poi continuò: << Bé, Dominic è scappato. Non l’abbiamo visto né sentito per settimane, aveva lasciato solo un biglietto dove diceva che lasciava la città e che non sarebbe tornato. Noi non sapevamo niente, di tutto ciò che aveva combinato… Poi è venuto William a trovarci, ed era la prima volta che lo vedevamo. Ci ha chiesto dov’era Dominic, e quando ha saputo che se n’era andato, se l’è presa con noi… Voleva i suoi soldi, il più presto possibile… Avevamo due settimane, altrimenti ci ammazzava a tutti… >>

 

Irina guardò l’albero mosso dal vento, accorgendosi che Xander la stava guardando. Cercando di fare finta di niente continuò: << Ti giuro, non sapevamo cosa fare. Mio padre era fuori di sé dalla rabbia, perché aveva paura di rimetterci la pelle… Non è mai stato in grado nemmeno di guardare se stesso, figurati di risolvere un problema del genere…

 

<< Bé, non chiedermi cosa mi sia passato per la testa, quel giorno, perché non lo so nemmeno io. Sono andata in garage e ho preso la macchina di Dominic, e ho guidato. La sera stessa mi sono presentata a una delle gare e ho chiesto di poter correre… Non lo avrei mai immaginato, e penso sia stato lo stesso per gli altri, ma ho vinto. Il giorno dopo William è tornato da noi, e mi ha chiesto cosa mi passasse per la testa… >>

 

Se lo ricordava bene, quel giorno. Si era vista lo Scorpione presentarsi in casa sua, e chiedere di lei; e non le era sfuggito lo stupore che aveva letto nei suoi occhi verdi, dei quali era rimasta affascinata… La situazione era tragica, ma da stupida che era si era lasciata ammaliare da William: si era fidata, ed era forse l’unico vero errore che aveva commesso.

 

<< Siamo scesi a un compromesso >> continuò, << Mi sono offerta di fargli da pilota e ripagare il debito di mio fratello con una parte dei soldi che avrei guadagnato con le gare, mentre lui avrebbe lasciato in pace la mia famiglia. E’ per questo che lavoro per lui: o lo faccio, o lui fa fuori me, mio padre e i miei fratelli >>

 

Finalmente Irina trovò il coraggio di voltarsi verso Xander: aveva una mano appoggiata al volante, e fissava la strada davanti a sé. Non avrebbe saputo dire se era arrabbiato o deluso.

 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, con Irina che si sentiva strana. Non aveva mai confidato a nessuno quella storia, e ora che lo aveva fatto temeva il giudizio di Xander. Era una venduta, in poche parole.

 

Scosse la testa, per tentare di cancellare il ricordo di quella giornata in cui, da sola e consensualmente, aveva fissato la sua condanna. Finché il debito non sarebbe stato pagato, lei era dello Scorpione. Niente, da quel momento, era stato più come prima. Soprattutto lei…

 

<< E il bambino? Chi è? >> domandò Xander, all’improvviso, rigido come una statua.

 

<< E’ il figlio di Dominic >> rispose Irina, << Me lo sono trovato davanti alla porta di casa due anni fa… Lo ha avuto da una ragazza… >>

 

<< E tu lo hai tenuto >> disse Xander.

 

<< E’ mio nipote >> rispose secca Irina, << Cosa dovevo fare? Lasciarlo in qualche orfanotrofio? >>

 

<< La madre? >>

 

Irina spostò lo sguardo verso l’orizzonte. << E’ una prostituta, Xander >> disse, gelida, << Credi che potesse crescerlo in modo decente? Credo che lei e mio fratello si siano frequentati per un po’; forse pensava che Dominic potesse toglierla dalla strada, per questo ha voluto tenere il bambino… Quando se n’è andato, molto probabilmente ha capito che non c’erano speranze… Lo ha lasciato a noi, sperando in non so cosa… >>

 

Irina tacque, in preda alla tristezza. Ricordava bene quel giorno: le era sembrato che il mondo le crollasse addosso. Era appena diventata “la pupilla” di William, aveva appena scoperto che dietro i suoi sorrisi non si celava il ragazzo che lei credeva, e ora le capitava anche un bambino da accudire… Aveva creduto di impazzire, di non essere in grado di gestire quell’assurda situazione, ma alla fine, con sforzi enormi, ci era riuscita. Perdendo tutta se stessa, ma ci era riuscita.

 

Nell’auto calò il silenzio. Irina si abbandonò completamente contro il sedile, troppo depressa per aggiungere altro. Dire la verità le era costato tantissimo, ma una volta iniziato, si era resa conto che provava un po’ di sollievo. Si chiedeva solo cosa pensasse Xander di lei… Ma il ragazzo continuava a rimanere imperscrutabile, immobile e assolutamente impassibile.

 

<< E tuo padre? Non ha fatto nulla? >> chiese lui, la voce neutra.

 

<< A mio padre non importa niente di questa storia >> rispose Irina, << E’ sempre stato uno sbandato, e lo sono anche i miei fratelli. Quando William gli ha detto cosa aveva fatto Dominic, lui si è preoccupato solo di se stesso… E’ sempre stato così, non è mai stato in grado di costruirsi una vita normale, figurati risolvere un problema del genere. Si è girato verso di me e gli altri miei due fratelli e ha detto: “Trovate una soluzione”. Non si è mai preso le sue responsabilità, e così ha fatto quella volta. Io la soluzione l’ho trovata, ma faccio quello che faccio solo per non avere le loro vite sulla coscienza >>.

 

<< E sei diventata la ragazza di William… >> disse Xander. La sua non era una domanda, più una constatazione.

 

Irina si voltò a guardarlo, e disse: << La prima cosa che ho imparato in questo posto è che devi essere quello che non sei, per non farti calpestare. Ho dovuto fare e dire cose che non avrei mai fatto se non fossi stata costretta dalle circostanze. Io non sono la ragazza di William, ma lavoro per lui, e questo lo autorizza a far credere che io lo sia. E’ lui che detta le regole qui, e non posso certo farmelo nemico >>.

 

Xander abbassò lo sguardo per un attimo, poi lo puntò sul volto di Irina. La ragazza non riuscì a leggere niente dei suoi occhi di ghiaccio.

 

<< Il tuo amico Max cosa sa? >> domandò.

 

<< Tutto ciò che ti ho appena detto >> rispose Irina, << Era il meccanico di Dominic, ed è stato lui a prepararmi l’auto. Sa i fatti perché c’era di mezzo anche lui, altrimenti non gli avrei detto nulla >>.

 

Irina scrutò il volto del ragazzo per capire se era soddisfatto, ma non ci riuscì. Sembrava portasse una maschera.

 

<< Questa storia è talmente assurda che ci sono ampie possibilità che sia vera >> disse, serio, << Se non avessi già sospettato qualcosa, forse non ti avrei creduto… Ma penso tu sia stata sincera, con me >>

 

Irina rimase in silenzio, intimorita dal tono di Xander. Aveva paura che non le credesse, perché significava rischiare di non poterlo più aiutare. E lei non voleva.

 

<< Ti giuro, ti ho detto tutta la verità >> disse lei, guardandolo negli occhi.

 

Lui la fissò per un momento, poi sorrise e disse: << Lo so. E siccome sei stata sincera con me, e capisco quanto ti sia costato, lo sarò anche io con te… Sono dell’F.B.I. >>

 

La ragazza lo guardò senza capire, poi registrò le sue parole e spalancò gli occhi.

 

<< Stai scherzando? >> domandò.

 

<< No. Ecco perché ho così tante auto a disposizione, e tanto aiuto >>.

 

Irina sorrise e guardò fuori dal finestrino. << Ora capisco sì, Xander >> disse, << Allora hai qualche possibilità in più di arrivare dove vuoi >>.

 

Anche Xander sorrise, e riaccese il motore. Fece retromarcia e tornò verso casa di Irina. Si fermò, lasciando l’auto in folle. La ragazza si accinse a scendere, ma lui la fermò.

 

<< Hai già mangiato? >> chiese, mentre lei metteva piede fuori dall’auto.

 

Irina si voltò. << Veramente no. Quando ti ho visto ero appena tornata dall’Università >> rispose.

 

<< Allora ti va se andiamo a mangiare qualcosa insieme? >> disse Xander, ghignando come un lupo.

 

Irina lo fissò per un attimo, guardò verso casa e pensò: “Come faccio a dirti di no se mi sorridi in quel modo?”. In un attimo, la situazione era cambiata: prima c’era un velo di sospetto, tra loro; ora erano tutti e due nettamente più rilassati.

 

<< Sicuro di non aver altro di meglio da fare? >> disse, piano.

 

<< No >>.

 

<< Alle quattro e mezza devo andare a prendere mio nipote all’asilo… >> Irina non voleva fare la guastafeste, ma era la verità.

 

<< Ti riporto a casa in tempo, promesso >> disse Xander, sempre sorridendo.

 

Irina tornò in macchina e guardò di nuovo verso casa: alle finestre non c’era nessuno. Xander ripartì con una sgommata, diretto chi sa dove.

 

<< Dove andiamo? >> chiese Irina, chiedendosi se aveva preso la decisione migliore.

 

<< A casa mia >> rispose Xander.

 

Irina si voltò a guardarlo, stupita.

 

<< Sicuro? >> domandò.

 

<< Ti faccio vedere dove abito, così se vuoi passare a trovarmi sai dove sono >> rispose Xander.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.25 – Casa di Xander

 

<< Tu vivi qui? >> domandò Irina, sbalordita.

 

Xander la guardò divertito, aprendo la porta della casa con le chiavi. La BMW era parcheggiata nel vialetto circondato dal prato curatissimo.

 

Lasciò entrare per prima la ragazza, tenendole la porta aperta. Lei si guardò intorno ammirata, quasi intimorita. Qualcuno si mosse in cucina.

 

<< Xandèr? Jess? Siete voi? >> domandò una voce femminile, dallo spiccato accento francese.

 

Dalla porta della cucina sbucò una donna grassottella, dai corti capelli boccolosi e l’espressione gentile. Indossava un grembiule per cucinare, e sembrava vagamente arrabbiata.

 

<<Giorno, Nichole >> disse Xander.

 

<< Alla buona ora >> disse la donna, << Mi hai fato rafredare tute le lasagne! >>.

 

Poi si accorse di Irina, che intimorita aspettava in piedi. La guardò con gli occhi spalancati, poi esclamò: << Ma me lo potevi dire che abiamo un ospite! >> disse, fingendosi arrabbiata, << Sopratuto se è una fansciulla! >>.

 

Xander sorrise, facendo un cenno con la mano ad Irina di avvicinarsi. << Lei è Nichole, la mia domestica >> disse.

 

<< Irina >> si presentò lei, stringendo la mano della donna, che le sorrise radiosa.

 

<< Cosa vi preparo, miei cari? >> domandò Nichole.

 

Xander guardò Irina, ma lei al momento non sembrava in grado di decidere: era visibilmente imbarazzata. Cercando di non ridere, rispose: << E’ tardi. Qualcosa di leggero, per favore >>.

 

Il ragazzo fece strada in cucina, e Irina lo seguì. Forse aveva ritrovato il dono della parola.

 

<< Allora, cosa ti sembra? >> chiese.

 

<< La prossima volta avvertimi, per favore >> rispose Irina, quasi seria, << Questo posto è una reggia… Cioè, rispetto a casa mia… >>.

 

Si sedettero a tavola, uno davanti all’altro, mentre Nichole si affaccendava davanti ai fornelli. Sembrava sprizzare gioia di ogni poro, nonostante Xander sapesse quanto le dava fastidio quando arrivava in ritardo per il pranzo. “Dovrei invitare più spesso a casa Irina” pensò, “Eviterei qualche tirata d’orecchi”.

 

<< Vuole che le dia una mano, signora? >> chiese Irina, alzandosi in piedi.

 

La francese di voltò e mostrò un sorriso a trentadue denti.

 

<< Oh no no no! >> rispose, << Rimani pure seduta, mon chery, che ci penso io. E’ il mio lavoro, in fondo >>.

 

Xander la guardò sedersi di nuovo, sorridendo. La conosceva ancora poco, ma Irina gli piaceva. Aveva capito quanto le era costato raccontargli la verità su suo fratello, e non poteva ignorare quanto dovesse aver sofferto. Nonostante tutto però era rimasta una ragazza gentile, al di là di chi era quando gareggiava.

 

<< Non mi hai detto nulla della mia gara di ieri sera >> disse, aprendo una bottiglia di acqua e versandola nel suo bicchiere.

 

Irina fece una faccia buffa e rispose: << Che dire: semplicemente fantastica, per quel che sono riuscita a vedere >>.

 

<< Perché vi siete sfidate? >> chiese Xander, curioso di capire cosa avesse fatto arrabbiare così tanto la ragazza.

 

<< Vera è la numero sette della Black List, ma non gli è mai andato giù che io l’abbia superata >> spiegò Irina, considerando la cosa come una normalità, << Ha sempre creduto che avessi guadagnato la mia posizione usando metodi poco puliti >> si interruppe guardandolo, per vedere se aveva capito il significato delle sue parole: lui annuì. << E mi ha sempre provocato sotto questo punto di vista. Le piaceva William, e credo fosse gelosa >>.

 

<< E vi siete sfidate per lui? >> chiese Xander, scoppiando a ridere. Irina fece altrettanto, divertita.

 

<< No, figurati >> disse, << Mi voleva fuori dalla lista, così le ho detto che se lo voleva veramente doveva sfidarmi. Lo ha fatto, ma ha perso. E penso che per un po’ mi lascerà in pace >>.

 

Due piatti colmi di cibo vennero poggiati davanti ai due ragazzi.

 

<< Et voilà, mon chery >> disse Nichole, << Buon apetito >>.

 

Xander prese coltello e forchetta iniziò a mangiare. Irina fece altrettanto, ringraziando la francese. Al ragazzo sembrò evidente quanto Irina fosse fuoriposto in quel posto: era troppo beneducata per essere una criminale. Si domandò come mai fosse diventata così, vista la famiglia che aveva alle spalle.

 

<< Quante altre ragazze pilota ci sono? >> domandò, versandole un po’ di aranciata nel bicchiere.

 

<< Grazie… Sono molte poche >> rispose Irina, << Io e Vera siamo le uniche della Black List. A occhio e croce dovrebbero essere cinque o sei, non di più >>.

 

<< Non le conosci? >>.

 

Irina scosse la testa. << No >> disse, << Frequentano in giro diverso dal mio, e comunque sono tutte più grandi di me. Poi sai come sono fatte le ragazze: odiano se qualcuna è più forte di loro… Non siamo molto solidali tra noi, in queste situazioni >>.

 

Irina stava sorridendo, e lui non poté fare a meno di fare altrettanto. Se lo diceva lei, che era una ragazza…

 

<< Come hai fatto ad arrivare al terzo posto? >> chiese, << Quando hai capito che eri portata a correre? >>.

 

<< Bé, a essere sincera ho sempre avuto una certa passione per le macchine >> rispose Irina, << Ma non mi era mai venuto in mente di fare la pilota. Appena ho potuto ho preso la patente, ma non avrei mai immaginato di finire a fare la pilota clandestina.

 

<< Quando Dominic è scappato, ha lasciato la macchina qui e io ho avuto l’idea di provare a correre. Ero portata, alla fine >>.

 

<< E la Punto, da dove arriva? >> chiese Xander.

 

<< Diciamo che la macchina di Dominic non mi piaceva >> rispose Irina con un sorriso, << Aveva una di quelle Mustang anni ’70 modificate, con un’accelerazione strabiliante ma totalmente inguidabile, almeno per me. L’ho venduta, solo che non ci ho ricavato poi gran che. Mi serviva un’auto non troppo grande, facile da guidare e che costasse poco, perché il mio budget era limitato. Il meccanico di William mi ha fatto vedere tutte le auto che corrispondevano a queste caratteristiche, e quando l’ho vista ho voluto quella. Le auto italiane sono le mie preferite, e non potendo comprarmi una Ferrari, mi sono accontentata di quella. Me la solo fatta importare, ma ho dovuto modificarla parecchio, perché in Italia non le producono con motori potenti >>.

 

<< E tu, invece? Guidi per questioni di lavoro o per passione? >> domandò infine Irina.

 

<< Entrambe >> rispose Xander, << Sono entrato nell’F.B.I. proprio perché ho un certo talento >> sorrise per quel suo finto moto d’orgoglio, << E mi hanno scelto per occuparmi di corse clandestine >>.

 

<< Mon chery >> disse Nichole, sbucando dal corridoio con la borsa in mano, << Io vado a fare un po’ di spesa. Xandèr, tratta bene la nostra ospite >>. Sparì dietro la porta e la sentirono uscire di casa.

 

Xander sorrise sotto i baffi: aveva capito benissimo perché Nichole era uscita, altro che spesa. Il frigo era ancora pieno. Evidentemente pensava che lui avesse portato Irina a casa per provarci spudoratamente, ma non era il tipo. Almeno, non per il momento.

 

<< E’ una signora molto distinta >> disse la ragazza, guardando verso la porta ora chiusa.

 

<< Oh, sì >> convenne Xander, << Meno male che c’è lei qui, altrimenti tra me e Jess questo posto sarebbe tutt’altro che una reggia>>.

 

Irina lo guardò con sguardo interrogativo, e lui spiegò: << Jess lavora con me, ma lui fa l’informatico. E’ rimasto a San Francisco ancora un paio di giorni per stare in mezzo ai computer… Ci andrebbe anche a dormire, se potesse >>.

 

Irina controllò l’orologio: erano le tre e mezza.

 

<< A che ora devi andare a prendere tuo nipote? >> domandò Xander.

 

<< Alle quattro e mezza devo essere all’asilo >> rispose Irina, alzandosi e iniziando a sparecchiare. << Posso almeno lavarti i piatti? >>.

 

<< Certo che no. La lavastoviglie cosa l’hanno inventata a fare? >>.

 

Mezz’ora dopo Xander si offrì di accompagnarla davanti all’asilo, visto che tanto doveva riportarla a casa. Era curioso di vedere il nipote di Irina.

 

Attese in macchina, mentre lei tornava con un bambino di circa due anni in braccio. Aveva i capelli chiari e il viso simpatico. La ragazza aprì la portiera ed entrò, facendo sedere il bambino sulle sue ginocchia.

 

<< Allora è questo il tuo misterioso ragazzo… >> scherzò Xander, arruffando i capelli del bambino. Quello lo guardò interrogativo, poco contento di essere trattato in quel modo, evidentemente.

 

<< Lui è Tommy >> disse Irina, ridendo, << Avanti, dì come ti chiami >>.

 

Il bambino non diede segni di voler rispondere, e iniziò a lamentarsi. Si girò verso Irina e cercò di cingerle il collo con le manine.

 

<< Uhm, mi sa che oggi non abbiamo la luna buona >> disse la ragazza, facendogli una carezza sulla testa.

 

Xander aprì uno sportello vicino a posacenere e prese una manciata di caramelle alla frutta. Le mise davanti agli occhi del bambino e disse: << Vediamo se con queste cambia qualcosa >>.

 

Tommy smise di lamentarsi e prese una caramella con la manina. <> disse Irina, divertita, << Lo stai comprando! >>.

 

Xander rise e accese il motore della macchina, avviandosi lungo la strada. Dieci minuti dopo, si fermava davanti a casa di Irina. Lei scese e mise a terra il bambino.

 

<< Grazie per la giornata >> disse, << Adesso ti sei fatto anche un amico in più >>. E fece un cenno verso Tommy, sorridendo.

 

<< Già. Allora ci vediamo presto, immagino >> Xander la guardava dal finestrino, un’espressione complice negli occhi. << Magari per una garetta >>.

 

<< D’accordo >> disse Irina, << Ma tanto lo sai meglio di me che ti batto >>. Sorrise maliziosa e prese per mano Tommy. Il bambino lo guardò con gli occhi sgranati e poi, inaspettatamente, alzò la manina e disse: << Tao >>.

 

Irina scoppiò a ridere, e Xander fece altrettanto. Salutò il bambino e ripartì con una sgommata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: visto? In questo capitolo Irina gli ha rivelato tutto, e Xander ha finalmente scoperto perché lavora per Challagher. Sarà proprio tutto, però? O rimane ancora qualcosa da dire? E’ chiaro perché Irina fa la parte della ragazza dello Scorpione: lui vuole che sia così, e lui è il capo. Ma lei cosa vuole? Rimane il dubbio… Quanto a Max: sì, le fa da fratello maggiore, ed è un po’ geloso. La conosce abbastanza da sapere che è troppo sensibile per sopportare una nuova delusione. Anche lui sa, ma non tutto. Irina non è stata sincera fino in fondo con nessuno, forse nemmeno con stessa. E White… , fa solo il suo lavoro: sa con che gente ha a che fare Xander, e lo ha messo in guardia come farebbe chiunque… Magari è stato un po’ troppo esplicito, però è servito per capire a Xander qualcosina… Non tutto il male viene per nuocere, no? Grazie per i complimenti! Un bacio!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

Capitolo IX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Casa di Xander

 

<< Quindi vuoi dire che tu l’hai portata qui e non avete fatto niente? >> sbottò Jess, esasperato, guardando Xander bellamente spaparanzato sul divano.

 

<< Hai colto in pieno >> disse il ragazzo, gettando il telecomando sul tavolino.

 

<< Cioè, l’hai portata qui mentre io non c’ero… >> Jess girò intorno al divano, << Casa libera… e niente? >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo e appoggiò i piedi al tavolino. << Non fare l’idiota… >> disse, << Non avevo in mente quello che pensi tu >>.

 

“Che potrebbe anche essere strano, ma è così”.

 

L’informatico si portò una mano alla fronte, come in preda a un mal di testa. << E allora perché l’hai portata qui? >>

 

<< Perché mi andava >> rispose Xander. Davanti all’espressione scettica di Jess, sorrise divertito. L’amico evidentemente non si capacitava della cosa, ma per lui non c’era nulla di strano: non gli era dispiaciuto stare con Irina, e aveva avuto modo di conoscerla meglio.

 

Jess smise all’improvviso di camminare intorno al tavolo e si lasciò cadere sul divano. Lo guardò per qualche istante, poi scosse la testa.

 

<< Ok, ammettilo, ti ha dato buca >> disse.

 

Xander scoppiò a ridere. << No, non mi ha dato buca. Non ci ho proprio provato, che è diverso >>

 

<< Non ci credo… >> mormorò Jess, << Non è nel tuo stile… >>.

 

<< Lo stile a cui ti riferisci tu è quello di quando mi hai conosciuto >> disse Xander, << Quindi più o meno cinque anni fa… Sai che sono cambiato, da quel punto di vista >>.

 

<< Uhm, dubito… Il lupo perde il pelo ma non il vizio >> disse Jess dubbioso.

 

Xander ghignò, ma non disse niente. Era vero, era sempre stato uno propenso alle avventure, ma da quando era entrato nell’F.B.I. aveva cambiato registro. Quando aveva lasciato Los Angeles per trasferirsi a New York la sua era una vita fatta di molto divertimento e poco lavoro, finché non aveva iniziato il corso da agente, “spronato” da suo padre. Da quel giorno tante cose erano cambiate, e aveva smesso di essere un bambino viziato e scavezzacollo che era stato al College. .

 

Jess lo aveva conosciuto proprio cinque anni prima, e avevano condiviso la stanza per diverso tempo. L’informatico, diversamente da lui, era rimasto sempre lo stesso e si ricordava ancora di com’era Xander prima di mettere la testa a posto: i primi tempi aveva faticato a tenere la testa bassa e a fare delle rinunce. Ogni tanto lo prendeva ancora in giro, come in quel momento.

 

<< Come mai “ti andava” di portarla qui? >> domandò Jess.

 

<< Mi ha raccontato di come è entrata nel giro delle corse, e mi sono accorto che farlo le è costato parecchio >> rispose Xander, << Siccome non sono stato gentilissimo, ho pensato di farmi perdonare e alleggerire l’atmosfera portandola a mangiare a casa nostra >>.

 

<< Ok… Quindi? >>

 

<< Quindi cosa? >>

 

<< Avevi detto che la conosci poco… Adesso la conosci un po’ di più. Cosa ti sembra? >>

 

Mi sembra una ragazza fuori dal comune” pensò Xander.

 

<< Forse avevi ragione… Non è tanto normale >> disse, << Cioè, si sta sbattendo per salvare la sua famiglia, si è tenuta il figlio di suo fratello, e mi vuole anche dare una mano. E’ una brava ragazza, forse troppo per essere dove sta >>.

 

Per quello che aveva visto, Irina era proprio fuori posto, lì in mezzo. Oltretutto aveva notato qualche strano comportamento, da parte sua, per quello che ci andava cauto, con i giudizi. Quando stava con William, o comunque in mezzo ai piloti dello Scorpione, gli sembrava distante, quasi fredda. Era rimasto colpito con quale tranquillità aveva incassato l’insulto di Vera e con altrettanta tranquillità aveva accettato la sfida della spagnola. Quel pomeriggio, invece, lontana dalle auto modificate e dalla gentaglia con cui aveva a che fare, era parsa più rilassata, addirittura timida.

 

“La prima cosa che ho imparato in questo posto è che devi essere quello che non sei, per non farti calpestare.” Quindi la vera Irina doveva essere quella che lui aveva visto poche ore prima, quella che sorrideva sempre e che si imbarazzava per nulla. Quella che con dolcezza infinita sapeva prendere un bambino di due anni per il verso giusto, e non quella che era in grado di correre a 250 all’ora in autostrada.

 

Jess tirò un sospiro e si alzò, diretto in cucina per vedere cosa stava preparando Nichole. Aveva capito che c’era poco da indagare al momento, o che non gli avrebbe cavato null’altro di bocca.

 

Xander cambiò posizione, fissando il mezzobusto del telegiornale che parlava di maltempo nel sud degli Stati Uniti, sbuffando.

 

Si stava auto analizzando. C’erano delle possibilità che Irina potesse piacergli veramente, o era solo una sbandata? Se era lì seduto a pensarci, significava che un minimo gli interessava…

 

Facciamo anche abbastanza…”

 

Normalmente non era molto razionale: usava più l’istinto, che la testa. In quel momento, però, le due cose si stavano scontrando l’una con l’altra: una parte gli diceva di andare avanti, di cercare di conoscerla meglio perché in fondo gli piaceva già un po’; l’altra, gli intimava di prendere le distanze, perché rischiava di infrangere una delle regole principali della missione: non affezionarsi a nessuno per evitare di mettere a rischio la copertura.

 

E lui era sulla buona strada per infrangere l’unica regola che fino a quel momento era riuscito a rispettare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Università

 

Irina giocava con la penna che aveva in mano, fissando il professore che camminava avanti e indietro spiegando qualcosa di cui lei aveva già perso il filo dall’inizio. In quella giornata di sole avrebbe tanto voluto starsene in spiaggia, invece che seduta in un’aula affollata. Era stanca già di lunedì, e lo sarebbe rimasta per tutta la settimana.

 

Uno dei cellulari che si portava sempre dietro vibrò all’improvviso, e lei lo tirò fuori. Era il Motorola, e il messaggio appena arrivato di William. “Raggiungimi al magazzino di Brentwood il prima possibile: consegniamo le auto”.

 

Sbuffando, Irina guardò l’orologio e rimise il telefono a posto. Mancava ancora un’ora alla fine della lezione, poi avrebbe saltato le due ore di Marketing per raggiungere William. Si voltò verso le amiche, cogliendo Jenny nel bel mezzo di un colossale sbadiglio.

 

<< Ragazze, quando finisce quest’ora me ne vado >> disse, << Mi lasciate gli appunti, poi? >>

 

Angie annuì. << Non ti preoccupare. Ti faccio le fotocopie dei miei >>

 

<< Come mai vai via? >> domandò Katy.

 

<< Ho un impegno >> rispose Irina, evasiva. Le tre compresero al volo e non fecero altre domande.

 

Un’ora dopo, Irina raggiungeva a passo veloce casa e senza nemmeno entrare montò sulla TT, dirigendosi verso Brentwood, a ovest. Lungo la superstrada non c’era traffico, così ne approfittò per forzare un po’ il passo, canticchiando la canzone Sick and Tired che trasmetteva in quel momento la radio. Arrivò a destinazione in meno di mezz’ora.

 

Il magazzino di Brentwood era un grande capannone che risultava di proprietà di un’azienda locale, ma che lo Scorpione usava come deposito per le auto che rubava e poi rivendeva. Situato nel centro dell’area industriale, si confondeva con le costruzioni nei dintorni e gli altri capannoni.

 

Irina parcheggiò l’Audi nel parcheggio interno, di fianco alla Aston Martin DB9 blu di William, nel posto che era riservato a lei. Vide poco lontano un paio di auto modificate, molto probabilmente dei clienti dello Scorpione.

 

Entrò nel capannone, ritrovandosi in un grande spazio dal soffitto alto, illuminato dalle lampade al neon. Parcheggiate l’una di fianco all’altra, brillanti sotto la luce artificiale, c’erano una ventina di auto, tutte BMW e Mercedes, serie M e AMG, le più potenti in circolazione. Vide due ragazzi girare intorno a una M6 nera cabrio, controllando che tutto fosse a posto. Un altro stava parlando con William, in fondo al magazzino.

 

Irina vide una M3 bianca, molto simile a quella di Xander, parcheggiata proprio vicino al muro, ancora senza proprietario. Rimase a guardarla per un momento, poi si diresse verso William.

 

<< Ciao… Prendi i documenti della SL rossa… Sono nel cruscotto >> disse solo lui.

 

Irina cercò l’auto con lo sguardo, poi raggiunse la Mercedes ed entrò nell’abitacolo, afferrando un plico di documenti falsi appoggiato nel portaoggetti. Nel prezzo pagato per l’auto, lo Scorpione comprendeva anche i finti certificati di immatricolazione e acquisto, perché gli piacevano i lavori fatti bene.

 

Diede i documenti al ragazzo che parlava con William e le chiavi dell’auto, poi attese che lo Scorpione intascasse i soldi e il cliente se ne andasse.

 

William le mise un braccio intorno alle spalle, e disse con un sorriso: << Visto quante belle auto? >>

 

Irina annuì, vagando con lo sguardo su tutte quelle macchine da centinaia di migliaia di dollari, che prodigiosamente avevano rubato. Strano che Hanck, l’autore del furto, non c’era.

 

<< Perché hai voluto che venissi? >> domandò.

 

<< Volevo che dessi uno sguardo prima che i pezzi migliori se ne andassero… >> rispose William, << Avanti, prendine una… >>

 

Irina tacque. Non era la prima volta che William le voleva regalare un’auto, o un oggetto di elevato valore. Lei aveva sempre rifiutato, però: aveva abbastanza debiti, nei suoi confronti.

 

Non è così che riuscirai a comprarmi” pensò, “O a farti perdonare…

 

Il suo sguardo però si soffermò sulla M3 bianca, in bella vista al lato del capannone. Le piaceva, era tentata…

 

Alla fine sospirò e disse: << No, grazie, non mi serve a niente >>.

 

William l’afferrò per una spalla, guardandola in viso. << Avanti… Lo so che ti piace la M3 bianca >> disse, << L’ho tenuta apposta per fartela vedere… Non credi che sia ora di cambiare quel catorcio della tua Fiat? >>

 

L’insulto gratuito alla sua macchina la irritò. << La Punto non è un catorcio >> sibilò, allontanandosi, << E comunque non la voglio >>

 

William sembrò arrabbiarsi, davanti al suo rifiuto. Le gettò un’occhiataccia e lasciò le chiavi della BMW sul tetto di vetro nero, come a dirle che non avrebbe resistito alla tentazione di prenderle.

 

In quel momento entrò un uomo sui quarantacinque anni, vestito in divisa da poliziotto. Era Edward Barrow, il capo del distretto di polizia di Los Angeles. Aveva il fisico robusto ma cadente, e l’espressione idiota. Un ciccione demente, lo chiama William.

 

<< Ottimo bottino, vedo >> disse il poliziotto, guardandosi intorno.

 

<< Visto? >> disse lo Scorpione, avvicinandosi a lui con le braccia aperte, per mostrare la refurtiva.

 

Era stato Barrow a dire dell’arrivo del carico di auto al porto a William, e lo Scorpione lo ripagava dandogli una delle macchine che avevano rubato. Era il loro patto, e a Barrow conveniva troppo per infrangerlo.

 

Irina si appoggiò al cofano di una Mercedes SLK argentata, guardando i due che passeggiavano in mezzo alle auto.

 

<< Scegli quella che vuoi >> disse William, << Tranne Mercedes SL nera che è di Hanck >>.

 

Barrow gironzolò per un po’ tra le auto, sotto lo sguardo irritato di Irina. Non era il primo poliziotto corrotto che vedeva, ma lui proprio non lo sopportava. Era un venduto, peggio di lei.

 

Quando passò vicino a lei, ancora appoggiata alla Mercedes, le gettò una rapida occhiata pensando di non essere visto. Lo ignorò deliberatamente, continuando a guardare dritto e pensando all’ennesima lezione che si era persa.

 

<< Quella >> disse infine Barrow, indicando la BMW M3 bianca, con ancora le chiavi appoggiate sul tetto.

 

William gettò un’occhiata strafottente a Irina, poi disse: << La M3? >>

 

<< Sì >>

 

Irina guardò il ciccione salire sulla BMW, chiedendosi come facesse a non rimanere incastrato. Xander faceva tutta un’altra figura, su quell’auto.

 

Stizzita dal fatto che quell’idiota di Barrow avesse scelto una delle sue macchine preferite, incrociò le braccia e lo guardò in cagnesco. L’aveva rifiutata, ma ciò non voleva dire che il primo cretino che arrivasse dovesse prenderla.

 

William la guardò per qualche istante, immaginando quello che stava pensando. Sorrise e diede le chiavi al poliziotto: << E’ tua, allora >>.

 

L’aveva fatto apposta, per vendicarsi del suo ennesimo rifiuto. Lo sapeva che gli dava fastidio vedere quell’auto in mano a uno come Barrow, e molto probabilmente lui la pensava come lei. Non perdeva mai occasione di farle capire chi comandava, come al solito.

 

Rigida come una statua, Irina guardò la M3 uscire dal capannone a passo d’uomo, intravedendo la testa mezza pelata di Barrow dal vetro posteriore.

 

Non sarà neanche capace di guidarla” pensò, arrabbiata.

 

<< Avevi detto che non la volevi >> disse William, avvicinandosi.

 

<< Infatti >> ribatté lei, gelida.

 

William la squadrò da capo a piedi, e rimasero immobili, l’uno davanti all’altro. Nel capannone deserto regnava il silenzio.

 

All’improvviso, Irina ebbe paura. Detestava William, ma tante volte ubbidiva ai suoi ordini perché lo temeva. Era lui il più forte tra loro due, e non solo fisicamente. Qualunque cosa volesse, riusciva a ottenerla, anche da lei. E quando la guardava in quel modo, voleva solo una cosa…

 

Irina si spostò di scatto, aggirando l’auto sulla quale era appoggiata, mettendo una certa distanza tra loro. Rimase a fissarlo, spaventata e arrabbiata al tempo stesso.

 

<< Stammi lontano >> disse.

 

<< Perché? >> ribatté lui, ma rimase fermo, << Non posso avvicinarmi alla mia ragazza? >>

 

Irina fece una smorfia, ma non ebbe il coraggio di contraddirlo. Tra loro due, era lui quello che credeva di avere qualche legame con lei.

 

<< Ti tratto da regina, bambolina >> disse William, << Ti lascio fare sempre quello che vuoi, nessuno osa toccarti o contraddirti. Con te sono stato clemente molto di più rispetto a chiunque altro… >>

 

Tutte stronzate” pensò Irina, “E’ proprio il soprannome che mi dai a descrivere ciò che sono: la tua bambola. Hai voluto me solo perché io non volevo te… E alla fine sei riuscito comunque a ottenere quello che volevi…

 

Non ebbe il coraggio di dire quello che pensava, però. Aveva troppa paura di lui, e sapeva che si sarebbe arrabbiato.

 

Per fortuna, Hanck entrò nel capannone proprio in quel momento. Li guardò stranito per un attimo, poi disse, rivolto a William: << Glielo hai detto? >>

 

<< No >> William tornò a guardarla, poi spiegò: << Voglio una macchina nuova, e mi è giunta voce che stasera passerà dalle nostre parti una bisarca che trasporta una Lamborghini Revènton… Voglio rubarla. Dimitri si occuperà di tenere a bada la polizia, Hanck rallenterà la bisarca. Io e te li seguiremo, e al momento giusto io salirò sulla Revènton… >>

 

<< D’accordo >> disse stancamente Irina, abbassando lo sguardo sul pavimento.

 

Un altro incarico ingrato. Rubare una macchina da un milione di euro, un mostro di potenza da cinquecento cavalli, tutto per togliere uno sfizio allo Scorpione.

 

<< Ci troviamo stasera alle nove a casa mia >> disse William, poi le fece cenno di andarsene.

 

Senza aggiungere altro, Irina uscì dal capannone e raggiunse l’Audi, arrabbiata con se stessa e con il mondo. Era così stupida che non faceva nulla per opporsi allo Scorpione: era proprio la sua bambola.

 

Salì sull’auto, poi fece retromarcia e si avviò verso casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Club Red

 

Xander entrò nel pub poco affollato, guardandosi intorno incuriosito. Il Club Red era diverso dal Gold Bunny: più piccolo, più nascosto e anche più losco. Un paio di tipi poco raccomandabili stavano seduti a un tavolo a sniffare quella che era cocaina.

 

Cercò con lo sguardo lo Scorpione, che mezz’ora prima lo aveva chiamato per dirgli di raggiungerlo al Club Red per parlare di cose “importanti”. Non lo vide da nessuna parte, così avanzò fino al bancone, dove un cameriere dall’aria gay gli gettò un’occhiata illuminata e mise da parte il bicchiere che stava lavando.

 

<< Sono qui per vedere lo Scorpione >> disse Xander.

 

Il cameriere lo guardò da capo a piedi, sorrise e disse: << Il tavolo in fondo >> e fece un cenno con la testa alle sue spalle. William lo aspettava, solo, seduto a un tavolo appartato, che beveva da un bicchiere quasi vuoto.

 

Xander ringraziò il cameriere e raggiunse il numero 1 della Black List, sedendosi di fronte a lui.

 

<< Ciao Alexander >> lo salutò William con un sorriso, facendo un segno con la mano al cameriere di portare altro da bere, << E’ un piacere rivederti. Bellissima vittoria, la tua >>.

 

<< Tutto sommato è stato abbastanza facile >> disse Xander.

 

William ridacchiò. << Me ne sono accorto >> ribatté, << Il tuo vantaggio ne era la prova >>.

 

<< Come mai hai voluto vedermi qui? >> chiese Xander, gettando uno sguardo al locale.

 

<< Anche questo posto è mio >> rispose William, << E sapevo che a quest’ora non ci sarebbe stato nessuno di nostra conoscenza… A me piaci molto, Alexander, ma non è altrettanto per i miei amici >>.

 

Xander lo guardò negli occhi, e scoprì che non stava scherzando. Lui aspettò qualche momento prima di continuare, serio: << Sei davvero bravo con le macchine. Maledettamente bravo. Tutti si sono accorti che gli unici che possono darti davvero del filo da torcere sono i primi tre della Black List, e questo capita assai di rado. Normalmente chi arriva a sfidare Fenice, o il Mastino, oppure me, ci impiega diversi mesi. Tu in tre settimane sei già al sesto posto >>.

 

<< Ma ho saltato tutti gli altri >> obiettò Xander, con un finto sorriso.

 

William sventolò una mano con aria noncurante. << Sì, ma anche se io non ti avessi fatto sfidare subito il Dragone, saresti arrivato a lui nel giro di poche settimane >> rispose, << Hai talento, e mi interessi. Quando si è bravi come me è difficile trovare avversari alla tua stessa altezza. Non nego che sono impaziente di poter gareggiare con te, ma i miei amici non sono d’accordo: pensano tu sia un pericolo per loro. Si sono abituati troppo a stare dove sono, e hanno paura di perdere il loro posto… >>.

 

<< Quindi? >>.

 

<< Quindi, io voglio farti arrivare il prima possibile a sfidare me. Ma prima voglio che tu sconfigga gli altri tre rimanenti: Cobra, Fenice e Mastino >>.

 

William sembrava molto divertito. Mise le braccia dietro la testa e continuò, sorridendo: << Avranno paura, e faranno di tutto per batterti. Sarà bello vederli finalmente darsi da fare, e siccome mi piaci, ti metto in guardia: saranno pronti a tutto pur di non farti vincere >>.

 

Xander agitò il contenuto del suo bicchiere, pensieroso. Irina aveva ragione: stava entrando nelle grazie dello Scorpione, e in più sembrava reputarlo molto forte. Poteva sperare di avvicinarsi a lui abbastanza da raccogliere informazioni schiaccianti e poi farlo mettere dietro le sbarre.

 

<< Posso già sfidarli, allora >> disse, bevendo il suo drink.

 

<< Quando vuoi >> ribatté lo Scorpione, << Hai il mio numero di telefono. Quando ti senti pronto, chiamami >>.

 

Xander annuì, pensando che la conversazione fosse finita. William però ridacchiò e disse: << Devo dire che anche la corsa dopo la tua non è stata male >>.

 

<< Ti riferisci alle due ragazze? >> domandò Xander, anche se sapeva già la risposta.

 

<< Sì. Una era Vera, “la pazza” come la chiamo io >> spiegò William, << Per quanto riguarda l’altra… Hai avuto modo di conoscere Fenice, la ragazza più forte che io conosca >>.

 

Il tono usato dallo Scorpione per parlare della sua “pilota di fiducia” non era di rispetto o di orgoglio, ma era di divertimento, quasi di derisione. Non sembrava stimarla poi tanto, riferendosi così a lei.

 

<< Per quale motivo si sono sfidate? >> chiese Xander, curioso di vedere cosa gli avrebbe risposto il ragazzo.

 

Lui sorrise. << Dovevano chiudere una faccenda tra loro… Si sono sempre detestate. Cosa ne pensi di Irina, Alexander? >>.

 

William lo stava scrutando, pronto a soppesare ogni parola che lui avrebbe detto. Già la volta precedente aveva capito che la mostrava come il suo trofeo personale, ma che non autorizzava nessuno a toccarla. Stava sondando il terreno per fargli capire che non doveva azzardarsi ad avvicinarsi troppo a lei, ma Xander voleva rischiare.

 

<< E’ molto bella >> rispose, << E anche molto forte, stando a quello che ho visto… Ma non credo che sfidarla sarà un problema >>.

 

Lo Scorpione ghignò, divertito. << Forse per te >> disse, << Ma qui la gente la pensa diversamente. Se si incazza è in grado di farti capire perché qualcuno la chiama “la belva”… >>

 

Xander non capì dove volesse andare a parare, con quel discorso. La stava dipingendo per quella che forse non era. Sorrise, poi disse: << In fondo è solo una ragazza >>.

 

William sorrise a sua volta. << Lo pensavo anche io, prima di conoscerla >> disse, << Poi mi sono ricreduto. Lo sai perché nessuno osa apostrofarla? Perché nessuno le manca di rispetto? >>

 

Perché tu hai fatto capire chiaramente che faresti fuori chiunque ci provi”.

 

Xander si strinse nelle spalle.

 

<< Perché la temono… Non puoi domarla se non sei più forte di lei >> disse William, teatrale.

 

Domarla? pensò Xander. Non gli piacque il vocabolo che William aveva usato per Irina, e la sensazione che ebbe fu la stessa di quando aveva parlato con White…

 

<< E comunque >> continuò lo Scorpione, << Irina non si tocca… Non si tocca perché è mia >>

 

Ecco dove voleva arrivare. Stava mettendo in chiaro che se voleva stare nel gioco, c’era una regola da rispettare: tenersi lontano da Fenice.

 

Assumendo un’aria distaccata, Xander buttò già l’ultimo sorso del suo bicchiere. << Quindi tu sei riuscito a… “domarla”? >> domandò, indifferente.

 

William gli lanciò un’occhiata penetrante, poi sorrise. << Sono l’unico che è in grado di farlo… Per questo mi appartiene >>

 

Il discorso stava prendendo una strana piega, e Xander iniziava a innervosirsi. Che lo Scorpione parlasse di Irina in quel modo ossessivamente possessivo gli dava fastidio, soprattutto ora che sapeva che la ragazza non era della stessa opinione. William voleva dare l’idea che il rapporto tra lui è Fenice fosse basato sulla vera fiducia, quando era tutto il contrario e lo Scorpione era il primo a saperlo…

 

Si morse la lingua per evitare di dire qualcosa di eccessivamente provocatorio, posò il bicchiere e poi ghignò: << Ho compreso il problema… >>

 

Ma rimango comunque libero di fare quello che voglio… E lo stesso vale per lei”.

 

<< Bene, Alexander >> disse lo Scorpione, alzandosi, ora più amichevole, << Ci vediamo presto per la tua prossima gara >>.

 

E lasciò il locale, facendogli un cenno di saluto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Autostrada

 

<< Andiamo >>.

 

William chiuse la porta del lato passeggero della Grande Punto, facendo a Irina un cenno della testa. Lei accese il motore e i fari allo xeno, poi lasciò l’Autogrill immettendosi nella corsia di accelerazione dell’autostrada. Dietro di lei, l’Audi A3 con Hanck e la Eclipse verde guidata da Dimitri.

 

Premendo sul pedale, Irina si piazzò sulla corsia di sorpasso e guardò nello specchietto retrovisore, tenendo d’occhio le due auto dietro di lei.

 

Lo Scorpione, perfettamente rilassato, guardò fuori dal finestrino e disse: << E’ passato poco fa… Ci vorrà poco per raggiungerlo >>

 

<< Ci sono auto della polizia a scortarlo? >> domandò lei, superando rapidamente un furgoncino.

 

<< Due, forse tre >> rispose William, << Ho incontrato Alexander Went, un’ora fa >>.

 

Irina lo guardò con la coda dell’occhio, e cercò di rimanere impassibile quando gli chiese: << Come mai? >>

 

<< Gli ho detto che può sfidare gli altri membri della Lista quando vuole >> disse il ragazzo, << Ha un certo talento... Sono ansioso di sfidarlo >>

 

<< Fallo subito, allora >> buttò lì Irina.

 

<< No, voglio tenerlo d’occhio prima >> ribatté William, poi accennò a qualcosa davanti a loro, << Eccola. Vai bambolina, raggiungiamolo >>.

 

A un centinaio di metri da loro, sulla corsia di destra, c’era una bisarca che procedeva a bassa velocità, e che trasportava un’unica auto coperta da uno spesso telo nero. Due auto della polizia la seguivano a breve distanza, le sirene che lampeggiavano nella notte buia.

 

Irina rallentò e si spostò nella corsia centrale, aspettando gli ordini di William. Lui prese la ricetrasmittente che teneva alla cintura insieme a una pistola, e disse nel microfono: << Hack, passa davanti. Devi rallentarli >>.

 

L’Audi li superò e andò a piazzarsi davanti al camion, mentre i poliziotti sembravano allarmarsi. La ragazza vide uno di loro parlare al telefono.

 

<< Chiamano i rinforzi >> disse, preoccupata.

 

<< Dimitri, guardaci le spalle… Preparati a toglierceli di torno >> William guardò Irina, << Affiancati, dobbiamo fare in fretta >>.

 

La bisarca stava rallentando, ormai sotto la soglia dei 50 km/h: Hanck stava frenando proprio davanti a lei. La ragazza si portò a sinistra del rimorchio, mentre la Eclipse iniziava a infastidire le auto della polizia. Furono costrette a spostarsi nella corsia centrale, lasciando il camion in balia dei nuovi arrivati. Gli altri automobilisti suonavano il clacson, arrabbiati per l’ingorgo che si stava formando.

 

Improvvisamente, l’Audi inchiodò e la bisarca fece lo stesso. Irina fermò l’auto, scatenando una serie di frenate a catena, mentre la polizia accendeva la sirena, bloccata da Dimitri. William scese dall’auto con un guizzo e si arrampicò sul rimorchio. Un secondo dopo, Irina ripartiva di scatto, sgomberando la strada.

 

La bisarca tornò a muoversi, con William che strappava il telo nero e scopriva la Lamborghini Revènton grigio titanio, infilandosi dentro l’abitacolo. Hanck andò a dare man forte a Dimitri, bloccando la polizia lungo la corsia di sorpasso. Le sirene suonavano incessantemente.

 

Sempre seguendo il camion a poca distanza, Irina vide William seduto nell’auto, che riuscì miracolosamente ad accendere il motore. Abbassò il finestrino, poi tirò fuori la pistola e mirò al meccanismo che teneva ancorata la Lamborghini, impedendole di scivolare giù. Sparò un solo colpo, poi Irina vide accendersi la luce bianca posteriore della retromarcia.

 

<< Sta lontana >> gracchiò la ricetrasmittente appoggiata sul cruscotto della Punto.

 

La ragazza rallentò lasciando spazio allo Scorpione. Con il fiato sospeso, guardò la Lamborghini arretrare e poi scivolare giù dalla bisarca in corsa tra una miriade di scintille, ma perfettamente integra. Il bassissimo paraurti posteriore strisciò sull’asfalto con uno stridio, facendo venire via la vernice metallizzata. Rallentò per un momento, poi accelerò di colpo.

 

<< Perfetto, possiamo andare >> disse William, dal microfono.

 

In quel momento Irina notò un puntino luminoso nello specchietto, e con orrore si rese conto che stavano arrivando altre auto della polizia.

 

<< Ne arrivano altri! >> gridò nella ricetrasmittente.

 

La Lamborghini superò in un attimo la bisarca che si stava fermando nella corsia di emergenza; le due auto della polizia si gettarono al suo inseguimento, le sirene spiegate.

 

<< Levatemeli di torno >> sentì dire William nel trasmettitore, << Finiranno per rovinarmi l’auto… >>.

 

Irina raggiunse la Lamborghini, costringendo uno degli sbirri a una brusca sterzata a destra. Dimitri si occupò dell’altro, speronandolo così forte da farlo andare in testa coda. Hanck superò William, aprendogli la strada tra le auto degli ignari automobilisti, sbalorditi dalla scena a cui stavano assistendo.

 

All’improvviso, nello specchietto retrovisore della ragazza comparvero una decina di auto della polizia a sirene spiegate, con i lampeggianti blu e rossi che illuminavano l’autostrada sempre più affollata.

 

<< Cazzo! >> sbottò Irina, accelerando.

 

<< Irina… >> gracchiò la trasmittente: era Dimitri, << Sbarriamogli la strada… >>

 

La Eclipse e la A3 si affiancarono ai suoi lati, occupando completamente la carreggiata dell’autostrada e impedendo alla polizia di seguire la Lamborghini. Con uno scatto impressionante, la Revènton sparì in un attimo, i fari a led che brillavano nella notte.

 

Irina controllò dietro di lei: un poliziotto le stava appiccicato al retrotreno. Guardò Dimitri alla sua sinistra e lui le fece un cenno: “ognuno per sé”, stava dicendo. Era ora di tagliare la corda.

 

Procedettero fianco a fianco per un paio di chilometri, aspettando di raggiungere la prima uscita dell’autostrada. William doveva essere riuscito a scappare, perché non c’era più traccia di lui. I poliziotti continuavano a tallonarli, ma c’erano troppe auto di civili per fargli tentare una manovra azzardata.

 

La Eclipse svoltò bruscamente a destra, imboccando l’uscita. Un paio di volanti la inseguirono, ma il resto rimase dietro la Punto e la A3.

 

La ragazza premette a fondo l’acceleratore, in ansia. Doveva togliersi di torno in fretta, prima che i poliziotti riuscissero a organizzarsi meglio. Vide Hanck alla sua sinistra, che con uno scatto le passò davanti e poi imboccò la corsia di emergenza. Aveva adocchiato una via di fuga, molto probabilmente.

 

L’autostrada si stava svuotando, e gli sbirri iniziavano a diventare più aggressivi. L’Audi A3 sparì all’improvviso, portandosi dietro altre tre volanti, ma le cinque rimaste le rimasero alle calcagna: tra loro tre era lei quella che aveva la taglia più alta.

 

E adesso che faccio?! pensò Irina, esasperata.

 

Spense i fari per rendersi meno visibile, affidandosi solo alla luce delle poche auto che erano rimaste sulla strada. Doveva trovare il modo di uscire il prima possibile, ma tre volanti le bloccavano ogni via di fuga a destra. Accelerò ancora, sfiorando i 190 km/h, pronta a fargli mangiare la polvere: non potevano competere in velocità.

 

All’improvviso, un furgone nero le si parò davanti, e lei fu costretta a una brusca sterzata a sinistra. Sentì qualcosa cozzare contro il suo posteriore, poi un centinaio di metri più avanti vide due altre auto della polizia, sbucate da chissà dove.

 

Ma quanti sono?!

 

Colta dal panico, tagliò la strada a una Ford bianca, imboccando la corsia di emergenza nella speranza di superarle. Ci riuscì, ma all’ultimo una volante la chiuse a destra. La portiera della Punto strusciò contro il guard-rail, così accelerò per togliersi dall’impiccio.

 

Un attimo dopo, due volanti avevano stretto il posteriore della Punto con i musi anteriori delle auto, nel disperato tentativo di fermarla. Irina digrignò i denti quando sentì la vernice bianca venire via e i pezzi di vetro dei fari cadere sull’asfalto…

 

Sperando di riuscire a liberarsi dalla morsa, inchiodò di colpo poi accelerò di nuovo. Superò a destra un’auto bianca e cercò di trovare una via di fuga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander vide una Grande Punto bianca superarlo a elevata velocità, seguita da setto o otto macchine della polizia a sirene spiegate. Non gli ci volle che un secondo per rendersi conto che era l’auto di Irina.

 

Che diavolo fa?” pensò.

 

Una dopo l’altra, le volanti lo superarono, inseguendo la Punto che stava perdendo una parte del paraurti posteriore.

 

Xander scalò una marcia e poi si gettò dietro al gruppo di auto, deciso a intervenire. Stava tornando a casa da San Francisco, dov’era andato a ordinare l’auto nuova…

 

Irruppe tra le auto della polizia all’improvviso, disperdendole. La Punto procedeva a pochi metri da lui. Afferrò il cellulare e chiamò quello che aveva dato a Irina.

 

<< Xander! >> gridò lei, dall’altra parte del telefono.

 

<< Irina, scappa adesso. Alla polizia ci penso io. Vai a casa. Troviamoci lì >> ordinò Xander, costringendo una volante a spostarsi a sinistra, chiudendole la strada.

 

<< Ma… >>.

 

<< Muoviti! >>

 

Chiuse la telefonata e gettò il telefono sul cruscotto. Controllò che non ci fossero civili a poca distanza da lui, poi tirò il freno a mano con decisione.

 

La BMW si girò tutta da una parte con uno stridore di pneumatici assordante, mettendosi in diagonale sulla carreggiata. Le volanti inchiodarono e alcune sterzarono, andando a sbattere l’una addosso all’altra. Sbalorditi dalla sua manovra, i poliziotti premettero a fondo il freno, cercando di non andargli addosso. Qualcuno suonò il clacson, tra il caos generale.

 

Rimase per trenta secondi fermo in diagonale lungo l’autostrada, giusto il tempo per permettere a Irina di dileguarsi, poi accelerò di colpo, facendo pattinare le ruote posteriori e ritornò nella giusta direzione. Fumo bianco si alzò dagli pneumatici quando schiacciò a fondo l’acceleratore, ripartendo a tutto gas, pronto a darsi alla fuga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.30 – Casa

 

Irina camminava avanti e indietro sul vialetto di casa, inquieta. La Grande Punto era parcheggiata nel garage, le fiancate rigate e i fari scheggiati. Il posteriore era stranamente deformato, la dove le auto della polizia l’avevano stretta cercando di fermarla.

 

Quando finalmente la M3 bianca comparve sulla strada, perfettamente integra, gettò un sospiro di sollievo. Xander parcheggiò l’auto vicino al marciapiede, uscì e gettò uno sguardo verso di lei e poi verso la Punto.

 

<< Stai bene? >> le domandò, serio.

 

<< Sì >> rispose la ragazza, << Sì… Tu? >>.

 

Non poteva negare a se stessa che trovarselo lì davanti sano e salvo le dava un certo sollievo. Con la coda dell’occhio vide la tenda del soggiorno scostarsi, e suo padre guardare fuori.

 

<< Cosa ci facevi lì? >> chiese Xander, con una nota di minaccia nella voce.

 

<< Stavamo… William voleva… >> Irina non riuscì a finire la frase, perché lo sguardo gelido di Xander la spaventò. Forse si era giocata la sua fiducia.

 

<< Allora anche i furti di auto sono opera vostra >> disse lui, secco, << Dovevo immaginarlo >>.

 

Irina rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.

 

<< Gli altri? >> chiese Xander.

 

<< Sono tutti scappati… >> rispose la ragazza, intimorita, << I poliziotti hanno seguito quasi tutti me… >>

 

<< Cosa avete rubato? >>

 

<< Una Lamborghini Revènton >>

 

Xander la guardò, e una strana scintilla passò nei suoi occhi. << Perché non me ne hai parlato? >>

 

Irina deglutì, sperando che le credesse. << Non pensavo che potesse interessarti… >> rispose lentamente, << Non mi è passato per la testa di dirtelo… Di norma non vado mai con loro a fare queste cose… Non sono auto per me… >>.

 

Vedendola in difficoltà, Xander alzò le mani. << D’accordo, non fa niente >> disse, << Non c’è nessun problema, non importa. Meno male che passavo di lì, altrimenti a quest’ora ti trovavi dietro le sbarre >>.

 

Il ragazzo sorrise, segno che non era arrabbiato.

 

<< Già… >> disse lei, << Grazie per l’aiuto. Non mi era mai capitato un inseguimento del genere… Di solito non sono così aggressivi >>

 

<< Non erano di Los Angeles >> spiegò Xander, << Erano della polizia federale, e avevano auto potenziate. Sapevano che c’era il rischio di incorrere in Challagher >>, posò lo sguardo sulla Punto con il paraurti cadente, poi tornò a guardare lei, << Sicura di stare bene? >>

 

<< Sì, sì, non mi sono fatta nulla. Forse la macchina non la pensa come me, ma la farò rimettere a posto… Posso chiederti cosa ci facevi sull’autostrada? >>.

 

Xander ghignò. << Non potresti chiedermelo, ma ti rispondo lo stesso. Sono andato a “cercare” una nuova auto >>.

 

<< Ehi! >> gridò qualcuno.

 

I due si girarono di scatto, e videro Todd marciare sul vialetto, minaccioso, con una bottiglia di birra in mano.

 

<< Cosa ci fai tu qui? >> chiese.

 

Irina non capì a chi di loro due si riferisse. Guardò per un secondo Xander, che ricambiò il suo sguardo, poi rispose: << Cosa c’è? >>.

 

<< Non dovresti essere da William? >> chiese l’uomo.

 

<< C’è stato un contrattempo >> rispose Irina.

 

Suo padre squadrò da capo a piedi Xander, con un’espressione di disgusto sul viso. << E tu levati dai piedi >>.

 

Irina spalancò gli occhi, colta alla sprovvista dalla frase di suo padre. Xander, però, reagì in modo del tutto inaspettato. Sorrise, indulgente, e disse: << Piacere di conoscerla, signor…? >>.

 

L’uomo lo guardò come se lo avesse insultato, e non rispose subito. << Tu chi sei? >>.

 

<< Alexander Went >> rispose il ragazzo, senza dare segno di non gradire il comportamento nei suoi confronti.

 

<< Bene, Alexander Went >> disse l’uomo, << Vattene >>.

 

<< Papà! >> gridò Irina, << Torna in casa, per favore. Ora tornerò da William, ma torna in casa >>.

 

Era arrabbiata con suo padre, ma non osava dirgli niente di più. Non voleva peggiorare la situazione, perché sapeva che lui avrebbe reagito malissimo. La guardò livido di rabbia per l’affronto che pensava di aver appena subito, quindi si voltò e tornò in casa.

 

Xander seguì con lo sguardo l’uomo finché lui non sparì dietro la porta. Poi tornò a guardare Irina, con un’espressione indecifrabile.

 

<< Scusami >> disse lei, << Mi dispiace, ma l’educazione non è una cosa che mio padre ha imparato. Ti chiedo scusa per il suo comportamento >>.

 

Xander la guardò e sorrise, come se quello che era appena accaduto fosse qualcosa di pochissima importanza. << Non fa niente, Irina >> disse, << Non è un problema. Sono abituato a trattare con persone del genere. Sono tutti così, a casa tua? >>.

 

Irina annuì, imbarazzata. << Ora capisci perché non voglio che nessuno venga a casa mia quando ci sono loro >>.

 

Guardò l’orologio, e aggiunse: << Credo di dover andare, ora. William mi starà aspettando per contemplare la sua macchina nuova >>.

 

<< D’accordo. Allora ci sentiamo. Devo farti vedere anche io la mia macchina nuova >>. Xander ghignò, poi si voltò e salì sulla BMW.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: ciao cara! Certo, ci sono ancora un sacco di cose da scoprire su Irina, non è mica finita qui… Ha detto solo parte della verità, e il resto continua a tenerlo per sé. Xander lo ha capito, o almeno lo sospetta. Sul fatto che insieme siano carini… Bé, è il minimo che possa succedere… (E qui ridacchio come una scema…). Non dico nient’altro, tanto si è già capito! Grazie ancora per i complimenti! Un bacio enorme!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X

Capitolo X

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.00 – Università

 

Il professore salutò gli studenti e uscì dalla classe, mentre Irina riponeva dentro la tracolla il quaderno e le penne. Katy, di fianco a lei, tirò un sospiro di sollievo, stremata.

 

<< Questa lezione è stata interminabile >> disse, abbandonandosi contro lo schienale della sedia, << Vi prego, la prossima volta sparatemi >>.

 

<< Tranquilla, ci pensiamo noi >> ribatté Angie, chiudendo lo zaino e gettandoselo in spalla.

 

Irina e le tre ragazze uscirono dall’aula, mischiandosi alla folla di studenti. Una dietro l’altra uscirono dal palazzo, sotto il sole caldo di maggio. Diversi ragazzi si avviarono verso il parcheggio del campus, mentre lei e le tre amiche si fermavano vicino al marciapiede.

 

<< Ragazze, domenica prossima andiamo in spiaggia? >> domandò Jenny, precedendole lungo la strada.

 

<< D’accordo >> disse Irina, poi si accorse di qualcosa, o meglio, di qualcuno.

 

Parcheggiata a una cinquantina di metri da loro, vide un’auto che non poteva passare inosservata a un’esperta come lei: una Maserati Granturismo S, nero lucido e cerchi in lega diamantati. E, appoggiato alla macchina con aria strafottente, c’era Xander. Sorrise e la salutò con la mano.

 

<< Irina, chi è quello??? >> chiese Jenny, gli occhi che fra un po’ le uscivano dalle orbite. << Giurami che non ti ha appena salutato! >>.

 

Ma è scemo?” fu la prima cosa che pensò Irina, poi sorrise nel vedere la reazione delle tre amiche. Fissavano Xander come se fosse un angelo sceso dal cielo, e in fondo non poteva biasimarle. A vederlo lì, con lo sguardo divertito e l’aria da furbo, era davvero carino.

 

“D’accordo, non è solo carino…”

 

La ragazza si riscosse, guardò Jenny per un momento e spiegò: << E’ il nostro novellino >>.

 

Jenny strabuzzò gli occhi, e Irina si trattenne dal ridere. << Quello un novellino? >> disse, senza fiato, << Sarà anche un novellino, ma è un gran… >>.

 

Angie la interruppe prima che potesse finire. << Jenny, falla finita. Asciugati la bava e andiamo, che Irina ha di meglio da fare che ascoltare le tue cavolate >>.

 

La ragazza la guardò con sguardo di fuoco, ma le tre la salutarono con la mano e sparirono in mezzo agli altri studenti. Con un sospiro esasperato, Irina si avviò verso Xander, che aveva attirato lo sguardo di diverse ragazze, e non solo. Un gruppo di studenti del terzo anno ammirava da lontano la Maserati nera.

 

<< Cosa fai qui? >> chiese Irina, cercando di apparire arrabbiata: in realtà le faceva piacere che lui fosse venuto.

 

<< Allora, cosa ne dici? >> domandò, il ghigno lupesco che scintillava nel sole di maggio. Allargò le braccia, mostrando la Granturismo.

 

<< Dico che sei uno scemo >> rispose Irina, con un sorriso, << Rischi di mettere entrambi nei guai, venendo qui. E se qualcuno ci vedesse? >>.

 

<< Allora affrettati a salire >> ribatté Xander, ghignando << Così non ci vedrà nessuno >>.

 

Irina scosse la testa, indecisa se arrabbiarsi o mettersi a ridere. Aprì la porta dell’auto ed entrò nell’abitacolo, seguita dal ragazzo. Vide qualche studente guardarli mentre partivano, il motore che rombava fluido e corposo.

 

Xander sembrava divertito, e Irina lo guardò, cercando di trattenersi dal sgridarlo. Aveva fatto una cosa avventata, ma nessuno era mai venuto a prenderla all’uscita da lezione, ed era una novità che le fece piacere.

 

<< Perché sei venuto? >> chiese.

 

<< Ti avevo detto che avrei dovuto farti vedere la mia nuova auto >> rispose lui.

 

<< Come facevi a sapere dove ero, e a che ora uscivo? >> domandò Irina, curiosa.

 

<< Posso scoprire qualunque cosa, se voglio >> ghignò Xander, divertendosi un mondo a dare risposte enigmatiche. << Cosa avevano da ridere le tue amiche? >>.

 

<< Non si vede tutti i giorni uno con una macchina del genere >> rispose Irina, guardando fuori dal finestrino. << Mi hanno chiesto se ti conoscevo >>.

 

<< E tu cosa gli hai detto? >>.

 

Fu il turno di Irina di ghignare. << Gli ho detto che eri il novellino >> rispose.

 

<< Ah sì? >> disse lui, << Hanno mai visto un novellino fare un testacoda a cento all’ora? >>.

 

Irina si allarmò, credendo che lui stesse per fare una manovra del genere, ma poi si accorse che stava scherzando. Xander girò a destra, diretto a casa sua.

 

<< Vuoi venire a mangiare da me? >> domandò.

 

<< E’ meglio che vada a casa >> rispose Irina, << C’è mio padre, e hai visto come è fatto. Forse è anche meglio che mi lasci all’angolo, così non ti vede >>.

 

<< D’accordo >> Xander si fermò sotto un albero, mettendo l’auto in folle, << Ma uno di questi pomeriggi devi venire a darmi qualche dritta sulle prossime gare, perché ho l’impressione che non saranno facili >>.

 

Irina sorrise. << Va bene. Ma questa volta vengo con la mia macchina, chiaro? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Garage di Max

 

Irina guardò la Punto rimessa a nuovo, dopo il disastroso inseguimento di pochi giorni prima. Max stava passando un panno morbido sulla fiancata, esaminando attentamente la vernice in cerca di graffi.

 

<< Bé, ti è andata abbastanza bene >> stava dicendo il meccanico, << Nonostante ti abbiano pinzato il posteriore, il paraurti non si è staccato del tutto. Però ho dovuto cambiarlo lo stesso >>.

 

Irina sospirò: quelli erano altri soldi che volavano via dal suo portafoglio, spesi per una sua disattenzione e che l’allontanavano dall’azzerare il suo debito.

 

<< In tutto quanto c’è da pagare? >> chiese.

 

<< 2.500 dollari >> rispose Max, << Ma possiamo pagare con calma >>.

 

Irina tirò fuori il portafoglio, e prese un fascio di banconote: l’importo era esattamente quello che aveva quantificato, e si era preparata. Porse i soldi a Max, ma lui non li prese subito.

 

<< Davvero, ho anticipato io >> disse, << Puoi ridarmeli senza fretta >>.

 

<< Non fare lo stupito >> ribatté secca Irina, << Prendi i soldi e non fare storie. Non mi piace avere debiti, e poi la macchina è la mia, quindi sono io che devo pagare >>.

 

Il ragazzo prese i soldi, ancora riluttante. La guardò si sottecchi, mentre lei apriva la porta della Punto e si sedeva sul sedile, i piedi a penzoloni.

 

<< Allora il tuo amico ha fatto carriera >> disse improvvisamente Max, rimettendo in ordine il bancone.

 

Irina lo guardò, girato di spalle.

 

<< Sì. Evidentemente sta piuttosto simpatico a William >> rispose Irina, cercando di sembrare neutra.

 

Le parve che Max facesse una strana smorfia, ma non indagò.

 

<< Dì pure che gli stai dando una mano >> disse.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Ancora questa storia. Ne abbiamo parlato l’altra volta: se hai qualcosa in contrario, non posso farci nulla >>.

 

Il meccanico si voltò, quasi stizzito. << Non è questo. Ti stai fidando troppo di lui >>.

 

Irina lo guardò, stupita. << Che stai dicendo? >>.

 

<< Ti conosco da anni, e non è mai successo che ti facessi portare in giro da uno che conosci da così poco tempo >> rispose secco Max, offeso, << Ti è addirittura venuto a prendere all’uscita dall’università, o sbaglio? >>.

 

<< Come lo sai? >> chiese Irina, arrabbiata.

 

<< Perché guarda caso c’ero pure io, ma non mi hai nemmeno visto >> rispose il ragazzo, << Avrà anche una Maserati Granturismo, ma io rimango sempre tuo amico >>.

 

Irina fece mente locale, cercando di ricordare se avesse visto una Golf rossa di sua conoscenza all’uscita dalle lezioni. No, non lo aveva proprio visto.

 

<< Dov’eri? >> chiese.

 

<< Sulla strada dove di solito passi a piedi >> rispose Max, le braccia incrociate.

 

<< E grazie che non ti ho visto! >> sbottò Irina, << Ti sei messo in un posto dove ti avrei visto solo se ti fossi passata di fianco. Avevi solo da venire più vicino… Non ho due anni Max, e non c’è bisogno che mi controlli come se fossi una bambina >>.

 

<< Non ti sto controllando >> ribatté Max. << E comunque non avevi detto che non ti piace che qualcuno ti venga a prendere all’uscita da lezione? >>

 

<< E invece sì che mi controlli>> disse Irina, sempre più arrabbiata e ignorando la sua ultima domanda, << Sai cosa faccio, sai chi vedo e sai pure quando esco e torno a casa. Questo non è controllarmi? Perché lo fai? >>.

 

Il meccanico si voltò e guardò il soffitto, sbuffando. << Perché tu sei un’ingenua, Irina >> rispose, << Ti farai fregare. Xander non è qui in vacanza: è venuto per farci arrestare tutti, e non gli interessa minimamente di te, e di nessun altro. Ha solo bisogno del tuo aiuto, ma al momento opportuno ti volterà le spalle e tu finirai dietro le sbarre proprio grazie a lui >>.

 

Irina rimase in silenzio, ferita da quelle parole. Non voleva credere a ciò che diceva Max, ma sapeva che in quello che aveva detto c’era un fondo di verità: Xander era lì per lavorare, e non per lei. Per quanto fosse gentile, per quanto fosse disponibile, era venuto a Los Angeles per conto dell’F.B.I., per arrestare più piloti clandestini possibile. Come sempre, si era dimostrata la solita sciocca.

 

<< Più si avvicina a te, più si avvicinerà ad William >> disse il meccanico.

 

Irina alzò lo sguardo su Max, gli occhi scuri che scrutavano il viso del ragazzo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma le stava facendo male. Le piaceva Xander, inspiegabilmente riusciva a fidarsi di lui. Non le era mai successo prima.

 

<< Torno a casa >> disse, chiudendo la porta dell’auto.

 

Max si avvicinò, e dal finestrino aperto disse: << Scusami Irina, ti farà male sentirtelo dire, ma è la verità >>.

 

Accese il motore, e senza una parola uscì dal garage, diretta a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Casa di Xander

 

Irina parcheggiò la TT nera davanti a casa di Xander, scese e suonò alla porta.

 

Come Xander le aveva chiesto, era venuta per dargli qualche dritta prima della gara contro il numero quattro della Black List, Jim Whitman. Aveva lasciato Tommy da Sandra e poi si era diretta a casa sua, stranamente rilassata.

 

Xander le aprì la porta, conducendola in soggiorno, mentre Nichole, la domestica, si affacciò dalla cucina per salutarla.

 

<< Bonjour, mia cara >> le disse.

 

<< Salve signora >> la salutò Irina, << Tutto bene? >>

 

<< Certamente, mia cara… Accomodati in soggiorno, che vi porto qualcosa da bere >>

 

Irina si voltò verso Xander con un sorriso. << Pronto? >> domandò.

 

<< Prontissimo >> rispose lui, sedendosi sul divano di pelle scura.

 

<< Bene. Il prossimo che dovrai sfidare è Jim Whitman, il Cobra >> spiegò Irina, << E sarà allora che inizieranno le grane. Fin qui i piloti giocano, ma quanto inizi ad arrivare ai vertici della lista le cose si fanno pericolose. Non c’è nessuna regola, a parte una: vincere.

 

<< Le auto che useranno sono tutte fuoriserie, macchine dalla potenza spropositata. E non si faranno alcun problema a sfasciarti la tua. Soprattutto se hanno paura, come in questo caso. Giocheranno sporco, e dovrai stare attento: o li ripaghi con la stessa moneta, oppure finisci fuori >>.

 

<< Vuol dire che mi devo preparare ad un bel po’ di danni? >> domandò Xander, neanche lontanamente preoccupato.

 

<< Sì, e non solo. Il rischio di farti del male sul serio è altissimo >>.

 

<< Anche tu sei così cattiva? >> chiese Xander, un sorriso complice che gli increspava le labbra.

 

Irina fece un ghigno. << Lo vedrai quando mi sfiderai >> rispose, << Ma no, io non ammazzo nessuno >>.

 

In quel momento nella stanza entrò un ragazzo dai capelli rossi, magro e dinoccolato. Teneva tra le mani un computer portatile, e sembrava totalmente immerso nella lettura di qualcosa. Alzò lo sguardo, e finalmente li vide. Sembrò rimanere un attimo spiazzato, poi disse: << Scusate, me ne vado >>.

 

<< No, no, dove vai? Vieni qui >> Xander si alzò le lo raggiunse, divertito. Afferrò il ragazzo per un braccio e lo costrinse ad avvicinarsi. Il nuovo arrivato posò il pc sul tavolino con aria imbarazzata, e disse: << Ciao >>

 

Irina sorrise, divertita dalla timidezza del ragazzo, e gli porse la mano: << Ciao. Piacere, Irina >>.

 

<< Jess >> disse lui. Si sedette sul divano, e adocchiò un sacchetto di patatine nel mobile. << Se sono d’impiccio, me ne vado di là >>.

 

Xander lo guardò di sbieco, e rispose: << Rimani. Sei d’accordo, Irina? >>.

 

Se lui non aveva nulla in contrario, significava che Jess sapeva che cosa stava facendo, e molto probabilmente lo stava aiutando.

 

La ragazza guardò entrambi, poi disse: << Non c’è nessun problema >>.

 

<< Lui è il nostro informatico >> spiegò Xander, << La sua aspirazione è sposarsi con un processore >>.

 

<< E la tua con un motore da 500 cavalli >> ribatté Jess.

 

Irina sorrise divertita. Le sembrò un tipo simpatico. Xander gli diede una pacca sulla schiena, scherzoso.

 

<< Allora tu sei la pilota più forte in circolazione >> disse Jess, perdendo d’un tratto tutta la sua timidezza.

 

<< Sono abbastanza forte da non farmi ammazzare in una gara >> rispose Irina, << Ma c’è molta gente più forte di me >>.

 

Jess guardò Xander, poi insistette: << Avanti, lui mi ha detto che sei brava >>.

 

La ragazza guardò Xander, indecisa se essere lusingata o imbarazzata. << D’accordo, sono bravina. Però anche lui non è da meno >>.

 

<< Stavamo dicendo? >> li interruppe Xander, con aria professionale.

 

Irina lo guardò, poi disse: << Stavamo dicendo che d’ora in avanti i piloti saranno sempre più cattivi, e che saranno pronti a tutto pur di non farti vincere >>.

 

<< Hai detto che devo sfidare il Cobra >> disse Xander, << Dimmi quello che c’è da sapere >>.

 

Jess si sporse verso il computer e iniziò a digitare qualcosa sulla tastiera.

 

<< , il Cobra è un tipo piuttosto viscido…Con un nome del genere, si capisce già. Ha una Dodge Viper verde ramarro, ed è uno che ti corre addosso. Durante la gara ti sta appiccicato, pronto a sbatterti fuori al primo errore. Può contare su una buona ripresa, ma la sua macchina tende a sbandare molto, quindi ti converrebbe costringerlo a rallentare in curva e stargli lontano, per evitare che ti venga addosso… Anche perché se può cerca di stringerti mentre giri >>.

 

Jess girò il computer verso di loro. Lo schermo visualizzava una pagina di Youtube, con un video che mostrava una Punto bianca e una Viper correre fianco a fianco.

 

<< Può essere utile? >> chiese, conoscendo già la risposta.

 

<< E’ la mia gara >> disse Irina, sorpresa di trovarsi su Internet, << Non sapevo fosse su Youtube… >>.

 

<< A dir la verità, ci sono un sacco di tue gare >> disse Jess.

 

<< Davvero? >> Irina inarcò un sopracciglio e si avvicinò al monitor, << Bé, guarda cosa fa ora >>.

 

La Viper costrinse la Punto ad avvicinarsi al muro, tanto da sfiorare le vetrine di un negozio con lo specchietto. Accelerò, si strinse accora più a destra, finché lo specchietto della Fiat non volò via con un clangore metallico. Poco più avanti c’era una curva, e se avessero continuato in quel modo si sarebbero schiantati.

 

Poi la Punto accelerò, portando il muso avanti. La Viper fece altrettanto, finché entrambe non inchiodarono. La Fiat però accelerò di nuovo, e con una sterzata brusca riuscì a girare a destra, facendo quasi schiantare la Viper.

 

<< Wow >> sussurrò Jess, colpito, << Come hai fatto? >>.

 

<< Freno a mano >> rispose Irina, sorridendo davanti alla sua faccia. Guardò Xander e continuò: << Visto di cosa è capace? >>.

 

Lui bevve un sorso di Martini e disse: << Ok, ho capito. E’ un tipo piuttosto appiccicoso, ma spero di levarmelo subito dai piedi >>.

 

Irina guardò l’orologio. Erano le sei e mezza. Tirò fuori le chiavi della macchina, poi disse: << E’ ora che me ne vada. Ci vediamo domani? >>.

 

<< Se puoi >> disse Xander.

 

<< Credo di sì >> rispose lei, sorridendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander guardò la ragazza uscire di casa e salire sulla TT, poi si girò e vide che Jess lo stava guardando. Si sedette di fronte a lui sul divano, mentre l’informatico faceva una strana faccia.

 

<< Cosa c’è? >> chiese Xander.

 

<< Niente >> rispose Jess, evasivo.

 

<< Smettila di fare il santo è dimmi cosa stai pensando >> insistette Xander.

 

L’informatico rimase in silenzio, poi rispose: << Quella ragazza è incredibile, Xander. Hai visto come guida? E soprattutto, hai visto, come direste voi piloti, che “carrozzeria”? >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo, con un sorriso. Non era difficile notarlo, a dir la verità. << D’accordo, devo darti ragione >>.

 

<< E finalmente! >> gridò Jess, << Allora almeno fisicamente ti piace! >>.

 

Xander rise, sapendo che non si stava sbagliando. Prese il computer e se lo mise sulle ginocchia, mentre Jess apriva la credenza in cerca come al solito di cibo. Aprì la pagina di Youtube, e cercò tutti i video che riguardavano Fenice. Ce n’erano centinaia, e tutti commentati. Molto probabilmente qualcuno si divertiva a filmare le gare e a metterle su Internet.

 

Vide tra i titoli uno che poteva interessargli. “Scorpione vs Fenice”, diceva. “Allora lo ha sfidato, una volta” pensò, incuriosito.

 

Cliccò sopra e attese che il video venisse caricato. Notò che lo avevano visto parecchie persone.

 

Era notte, e la gara sembrava uno sprint. La Punto bianca, senza l’aerografia della fenice, era ferma in mezzo alla strada, e le si affiancò una Mercedes Slk McLaren argentata Un William leggermente più giovane scese dall’auto e altrettanto fece Irina.

 

<< Cosa ci giochiamo, bambolina? >> chiese il giovane.

 

<< Soldi >> rispose Irina.

 

<< Soldi? >> disse lui, poco convinto, << Di soldi ne ho già tanti… Facciamo così: se vinci ti prendi i miei soldi, ma se perdi mi darai un bacio >>.

 

Irina lo guardò con un misto di disgusto e rabbia, e non rispose. Rientrò in macchina, accese il motore e attese.

 

Come Xander si aspettò, la gara finì con la vittoria di William. Il video però non si fermò subito, e in lontananza si vide William afferrare la ragazza per un braccio e trarla a sé con poco garbo. Le sussurrò qualcosa, poi si girò verso il cameraman e gridò: << Spegni la telecamera, idiota! >>.

 

Xander rimase lì, con l’amaro in bocca e una sgradevole sensazione allo stomaco. Forse vedere William che baciava Irina non gli sarebbe piaciuto, ma non sapere come andava a finire gli diede fastidio. Scorse la pagina, e lesse i commenti:

 

“Grande Scorpione”, “Quella ragazza è uno schianto!”, “Ma quella è davvero una Grande Punto???”.

 

Poi c’era un ultimo commento, che diceva: “Ma alla fine come è andata a finire?”. E poco dopo una risposta: “Io c’ero. La baciata e se le portata a casa… Che cazzo di fortuna”.

 

Xander chiuse la pagina, arrabbiato per aver avuto la grandiosa idea di indagare su Irina e William. Sì, gli dava fastidio che la ragazza stesse con lo Scorpione, ma sapeva anche se lui aveva altro da fare invece che distrarsi in quel modo.

 

Jess gli mise una mano sulla spalla, all’improvviso. Stava mangiando qualcosa, e aveva l’aria di chi la sa lunga.

 

<< Lo so, Xander, l’amore è una brutta cosa >> disse, << Sei cotto come una pera >>.

 

<< Eh? >> Xander lo guardò con l’aria stranita, senza però ammettere che forse c’erano ampie possibilità che lui avesse nuovamente ragione. << Che stai dicendo? >>.

 

<< Stavi guardando i suoi video >> spiegò Jess, << E hai spento appena hai visto che lei baciava un altro… Questo dice tutto. Sai, mi dispiace per te, ma penso che sarà una cosa difficile… Quel tipo con cui sta è uno tosto, e lei non è da meno >>.

 

Xander sorrise divertito dalle parole dell’amico. Si appoggiò allo schienale del divano e incrociò le braccia.

 

<< Come fai a saperlo? >> chiese.

 

<< Ho visto tutti i suoi video, così almeno quando l’avrei incontrata sarei stato preparato >> rispose Jess con sussiego.

 

<< Ah sì? E poi hai fatto il timidone? >> ribatté Xander, incredulo.

 

<< Era la tecnica migliore, secondo me. Ma stai tranquillo amico, c’eri prima tu. Io non te la tocco >>.

 

<< Lo sai che sei completamente fuori? >>.

 

Xander gli diede una pacca sulla schiena così forte che il cibo che aveva in bocca quasi lo soffocò. Jess sembrava un tipo timido e introverso, ma nella realtà era tutto il contrario: era un furbo nelle vesti di un ingenuo.

 

<< Spiegami la storia della tecnica >> continuò, << Sono proprio curioso >>.

 

Jess assunse un’aria da esperto professionista. << Bé, è risaputo che alle ragazze toste piacciono i tipi dolci e teneri. Bisogna fare i timidi e gli impacciati e ti cadono ai piedi dopo cinque minuti. Da vero esperto quale sono, ho capito subito qual’era la tecnica giusta da usare con Irina >>.

 

Xander inarcò le sopracciglia, indeciso se dargli del pazzo o prenderlo sul serio. Alla fine, non si trattenne più e scoppiò a ridere.

 

<< Ma tu non sei tanto normale! >> disse.

 

<< Parla per te… >> ribatté Jess, << Hai intenzione di continuare a guardarla da lontano con la bava alla bocca, oppure ti vuoi dare da fare? >>

 

Xander sospirò. Se anche il suo amico si era accorto che iniziava ad avere un debole per Irina, la cosa era grave. Non poteva rischiare che si capisse…

 

<< Non posso, Jess >> disse piano, << Sono qui per Challagher. Devo concentrarmi su di lui… E poi comunque stando a quello che dicono, è fidanzata proprio con lui >>.

 

<< Cazzate >> sbottò Jess, << Lo hai detto tu che non sta veramente con lui, e che ti è sembrato che la questa storia le dia fastidio… >>

 

L’informatico aveva ragione: non gli interessava minimamente di Challagher. Il suo problema era che non poteva mettere a rischio tutta la missione per una ragazza… Magari alla fine era solo una sbandata, niente di più. Doveva togliersi lo sfizio come aveva detto White?

 

No, non voglio usarla…”

 

<< Lasciamo perdere… >> borbottò, << Non è il caso di parlarne… >>

 

Jess lo fissò. << Sei tu che non vuole parlarne >> ribatté.

 

<< No, non ne voglio parlare. Non serve. Ho intenzione di ascoltare la mia testa, questa volta >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Casa di Xander

 

Il telefono cellulare di Xander squillò nel buio della stanza. Lo afferrò al volo e rispose: << Pronto? >>.

 

<< Alexander, sono William >> disse la voce dall’altra parte della linea.

 

<< Ciao, dimmi >>.

 

<< Vorrei che facessi una cosa per me, prima di darti la possibilità di sfidare il Cobra. Ma è più sicuro parlarne al Gold Bunny, fra mezz’ora. Trovati lì >>.

 

<< D’accordo >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.30 – Gold Bunny

 

Xander entrò nel locale diretto al tavolo che aveva occupato le altre volte con William. Vide il ragazzo, vestito in pantaloni neri e camicia bianca, seduto di fianco ad Irina, completamente trasformata dal trucco e dagli abiti. Anche questa volta, bella e sensuale come sempre.

 

<< Alexander, siediti pure >> disse William.

 

Xander si sedette e si fece servire il solito Martini con ghiaccio, e gettò una rapida occhiata alla ragazza, salutandola con un cenno silenzioso e disinteressato. Lei rispose nello stesso modo, poi tornò a guardare da un’altra parte.

 

<< Bene, passiamo subito al dunque >> cominciò William, << C’è un carico di droga che arriverà al porto giovedì, e vorrei che tu lo portassi in un posto che ti indicherò più avanti, naturalmente in auto. La mia faccia è troppo conosciuta da quelle parti e non posso più andare senza rischiare di finire in un covo di sbirri >>.

 

William bevve un sorso di Baylis e sorrise. << Consideralo come una piccola prova della tua fiducia prima di lasciarti scalare la Black List. Accetti? >>.

 

Xander gettò una rapida occhiata ad Irina, per cogliere una sua eventuale reazione. Lei però continuò a fissare apparentemente disinteressata il suo bicchiere.

 

<< D’accordo >> disse alla fine.

 

<< Sapevo che avresti accettato >> disse William, tirando fuori un foglietto ripiegato, << Qui ci sono le istruzioni… Mi raccomando, è una cosa importante. Non sono solito dare un’altra possibilità >>.

 

Xander passò il resto della serata a chiacchierare con lo Scorpione, finché lui non si alzò per andare a parlare con alcuni ragazzi all’uscita dal locale. Nel frattempo Irina si era alzata, ed era sparita tra la folla.

 

Si alzò, indeciso se rimanere o no, e alla fine decise di andare al bancone a prendere qualcos’altro da bere. Improvvisamente si ritrovò Irina seduta di fianco, con lo sguardo basso.

 

<< Ho fatto bene? >> domandò subito sottovoce lui, riferendosi alla conversazione di prima.

 

<< Sì , Xander >> disse lei, facendo finta di osservare il bicchiere, << Se fila tutto liscio sei a posto >>.

 

Il ragazzo guardò l’orologio: erano le tre. << Io credo che me ne andrò a casa. Vuoi che ti accompagni? >>.

 

Irina sorrise triste. << Grazie Xander, ma devo rimanere qui. William si insospettirà, e non possiamo rischiare che si accorga di qualcosa >>.

 

<< Sicura? >>.

 

Irina sembrò faticare a rispondere: << Non insistere. Rimango >>.

 

Poco convinto dalla sua risposta Xander si alzò e pagò, poi gettò un’ultima occhiata alla ragazza. Gli dispiaceva lasciarla lì, ed era convinto che lei sarebbe venuta via volentieri, se qualcuno non l’avesse trattenuta. Voleva insistere, ma la risposta di Irina lo convinse a non continuare. Percorse con lo sguardo il locale, e vide William a pochi metri di distanza, avvinghiato a una ragazza bionda che sembrava molto più grande di Irina. La stava baciando con tanto trasporto che lei non si era nemmeno accora di stare sfiorando pericolosamente un bicchiere di vetro. Rimase sconcertato per un secondo, ma si rese subito conto che doveva aspettarselo da uno come lui.

 

Guardò nuovamente Irina, e capì che anche lei aveva visto quello che stava facendo lo Scorpione. Teneva gli occhi bassi per non incontrare quelli della bionda, che era evidentemente orgogliosa di dove era riuscita ad arrivare. Doveva sentirsi umiliata, e usata, visto che William non si faceva problemi a farsela con un’altra ragazza.

 

Xander si girò di nuovo e si risedette di fianco ad Irina. Scrutò il suo viso per un attimo, poi disse: << E tu saresti la sua ragazza? >>.

 

Irina si passò una mano sugli occhi, e rispose: << Lascia perdere, Xander. Non è una novità >>.

 

Xander guardò di nuovo verso William: stava palpando la bionda senza un minimo di contegno. << Voglio fare una cosa >> sibilò, << Seguimi senza fare storie >>.

 

Afferrò la ragazza per un braccio, facendola alzare e mettendole un braccio intorno alla vita la condusse lontano dal bancone. Irina, dopo un attimo di sorpresa, lo seguì fuori dal locale, nel dehor per fumatori.

 

<< Perché? >> domandò.

 

<< Visto che dovresti essere la sua ragazza, non sopporterà vederti con un altro >> rispose Xander, tirando fuori un pacchetto di sigarette. << Fumi? >>.

 

Irina lo guardò senza capire, poi scosse la testa.

 

<< Bé, nemmeno io >> ribatté lui, porgendole il pacchetto e prendendo lui stesso una sigaretta, << Ma per stasera fai un’eccezione >>.

 

Xander guardò Irina fissarlo, confusa. Accese la sigaretta e la portò alla bocca: non sembrava la prima volta, quindi doveva aver già provato prima. Lui fece altrettanto, poi appoggiò una mano sul bancone, mentre il barista chiedeva loro cosa volevano.

 

La ragazza si sedette su uno degli sgabelli, preoccupata. << Finiremo nei guai, Xander >> disse, << Soprattutto io >>.

 

Il giovane bevve un sorso dal suo bicchiere, e la guardò. Con tutto quel trucco Irina era bellissima, e difficilmente in quel locale poteva trovarsi una che attirava gli sguardi come lei.

 

<< Tranquilla >> disse e sorrise, << Non passerai nessun guaio. Al massimo se la prenderà con me, ma non è un problema >>.

 

Lei non sembrò convinta, e volse lo sguardo alla porta. Come si era aspettato, William uscì nel dehor con una strana espressione, guardando a destra e sinistra. Irina distolse subito lo sguardo e fece finta di nulla. Xander le si avvicinò di un passo e disse: << Lascia parlare me >>.

 

Lo Scorpione li vide, e li raggiunse con passo marziale. Li fissò per un attimo, gli occhi ridotti a fessure, poi chiese, rivolto alla ragazza: << Da quand’è che fumi? >>.

 

Xander avvicinò un posacenere con aria distratta, e rispose: << Era da sola, e le ho chiesto se voleva accompagnarmi a fumare una sigaretta. E’ un problema? >>.

 

William lo guardò e mostrò i denti in un sorriso poco amichevole. << Davvero? Oh no, non è un problema… >>. Guardò Irina e continuò: << Tanto ho sempre tutto sotto controllo >>.

 

William sottolineò con enfasi le ultime sue parole, facendo un cenno verso il barista. Sorrise, ma il suo era un sorriso gelido. Si girò gettando un’occhiata rabbiosa alla ragazza e se ne andò.

 

“Lo so io cosa devi fare” pensò Xander, guardandolo uscire dal dehor, “Ti devi scopare una delle tue troie… Stronzo”.

 

Irina non sembrò sollevata, e tornò a guardarlo. << Hai fatto una mossa sbagliata >> disse.

 

Xander si stupì vedendola abbattuta. << Fa sempre così? >> chiese.

 

La ragazza bevve distrattamente, e guardò il barista avvicinarsi. << Qui tutte sono la sua ragazza. Non ne esiste una che non sia felice di farsi trascinare a letto da lui >>.

 

Il barista, un tipo dai capelli biondi ricci, le diede un altro bicchiere. << Che figlio di puttana >> sibilò.

 

Xander lo guardò sorpreso, e Irina fece una smorfia che voleva essere un sorriso. << Questa volta ti è andata bene >> disse, << Lui è Robert, e per fortuna non farà la spia >>.

 

Il barista gli fece un cenno, poi disse: << Sedetevi a un tavolo se volete. Nessuno vi darà fastidio >>.

 

I due scelsero un tavolo in un angolo, poco affollato.

 

<< Come fai a sopportarlo? >> chiese Xander.

 

<< Semplicemente perché non mi interessa nulla di lui >> rispose Irina, senza guardarlo. << Voglio solo ridargli i suoi soldi e chiudere la storia, se mai ci riuscirò >>.

 

Era triste. Triste e abbattuta. Xander non riusciva a vederla così senza cercare di fare qualcosa.

 

<< Quando verrà arrestato non gli dovrai più nulla >> disse, cercando di rincuorarla, << Chiuderai anche con le corse >>.

 

Lei sbuffò. << Tu credi? >> disse, << Vorrei avere la tua stessa fiducia, ma non ci riesco… >>.

 

<< Dimmi la verità >> esordì Xander, deciso a capire il suo strano rapporto con lo Scorpione, << Sei veramente la ragazza di William? >>.

 

Irina deglutì, e non rispose subito.

 

<< No >> disse alla fine.

 

<< E allora perché ti lasci usare come una bambola? >> domandò, ripensando al soprannome con cui lo Scorpione la chiamava.

 

<< Perché non posso fare altrimenti >> rispose la ragazza, << Non è abituato a sentirsi dire “no”. Non posso disubbidire alle sue regole senza rischiare di cacciarmi ancora di più nei guai. Minaccia di raddoppiarmi il debito >>.

 

Xander sentì la rabbia montargli addosso. La ricattava? Oltre a essere uno strozzino, era anche un bastardo di prima categoria.

 

<< Stai scherzando… >> disse.

 

Irina sorrise mesta. << No. E’ la verità. Ma non posso fare altro se non gareggiare, e sperare che presto si stufi di me >>.

 

<< Avanti, ti riporto a casa >> disse Xander. Non voleva sentire altro, perché lo avrebbe fatto incazzare veramente troppo.

 

<< E William? >> chiese lei, preoccupata.

 

<< Da quello che ho capito ne avrà per un po’ >> rispose secco, << E se ti chiede qualcosa, digli che ti ho rapito >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – 5° Strada

 

Irina fermò la TT al semaforo rosso, picchiettando con il dito sul pomello del cambio, diretta a casa di William. L’aveva chiamata durante l’ora di lezione, ordinandole di raggiungerlo immediatamente. Non aveva nemmeno mangiato, per fare più in fretta.

 

Era preoccupata. Il tono con cui lo Scorpione le aveva parlato l’aveva allarmata: sembrava arrabbiato. Forse aveva scoperto qualcosa su Xander e su di lei…

 

Ripartì rapidamente, maledicendosi per essere stata così stupida. Perché non aveva insistito con Xander, invece di farsi portare a casa? Molto probabilmente William si stava accorgendo di qualcosa di strano, nei suoi comportamenti.

 

Entrò nel cortile di casa Challagher, lasciando l’auto nel parcheggio. Percorse a passo rapido il vialetto e varcò la porta tenuta aperta da uno dei domestici.

 

<< Nello studio >> disse solo quello, facendole un cenno con la testa.

 

Irina attraversò tutto il corridoio e salì la scalinata che portava al piano di sopra. La casa sembrava deserta, a parte il personale di servizio.

 

La porta dello studio era aperta, e lei entrò titubante. William, seduto dietro una scrivania di legno d’ebano lucidissimo, aspettava con le braccia dietro la testa e i piedi appoggiati al ripiano sgombero. Le finestre alle sue spalle davano sulla piscina rischiarata dal sole, e lo stereo di ultima generazione diffondeva una musica soffusa nell’ambiente.

 

William la squadrò da capo a piedi con gli occhi ridotti a fessure. Le fece cenno di avvicinarsi e poi chiese, gelido: << Dov’eri l’altro pomeriggio? >>

 

<< A studiare a casa di un’amica >> rispose Irina. Era stata da Xander.

 

<< Davvero? >> fece lui, << Da quando in qua vai a studiare dalle tue amiche? Tuo padre mi ha detto che non ci vai mai… E all’improvviso ci vai per ben due volte in una sola settimana? >>.

 

Alla ragazza si gelò il sangue nelle vene: William sospettava qualcosa. Si diede dell’idiota per essere stata così imprudente.

 

<< Fra poco iniziano gli esami, così ho pensato che sarebbe stato carino rivedere le cose insieme >> mentì, sperando che lui ci cascasse, << E comunque penso di essere abbastanza grande da decidere quando posso uscire di casa >>

 

William sorrise divertito. << Già, è proprio questo il problema >> disse, << La tua testa funziona troppo bene… Come mai l’altra sera sei sparita? >>.

 

Irina capì che doveva essere il più convincente possibile, perché altrimenti lo Scorpione avrebbe mangiato la foglia. Sospirò, abbassando per un momento lo sguardo.

 

<< William, io sono stanca, ultimamente >> disse, << Te l’ho detto diverse volte, in questo periodo. Ho bisogno di un po’ di riposo… Sono andata via perché volevo andarmene a casa a dormire. Non credo di aver fatto nulla di male >>

 

Il ragazzo la scrutò, soppesando ogni sua parola. Tirò giù i piedi dalla scrivania e disse: << D’accordo, forse hai ragione. Ho preteso un po’ troppo da te, ultimamente… Questo non toglie però che stai facendo la furba, con me. Mi va bene che ti piace togliermi dai piedi qualche sbirro, che ti stanno a cuore i novellini, e che non rispetti tutte le mie regole. Lo accetto. Ma ricordati che qui sono io che comando, chiaro? >>

 

William si alzò in piedi, e la guardò negli occhi. Lei rimase in assoluto silenzio, riuscendo persino a sentire il respiro del ragazzo. Aveva paura, e lui lo sapeva.

 

<< E credo di doverti ricordare anche un’altra cosa >> aggiunse lui, gelido, << Tu sei mia, non te lo dimenticare… Se ho anche solo il minimo sospetto che tu stia facendo qualcosa che potrebbe non piacermi, potrei dimenticare all’improvviso quanti soldi mi hai restituito >>

 

Irina fissava il ripiano della scrivania, senza il coraggio di alzare lo sguardo. Se William l’avesse guardata negli occhi, si sarebbe certamente accorto che i suoi sospetti erano fondati.

 

<< Guardami in faccia, quando ti parlo >> sibilò lui.

 

Deglutendo, Irina alzò il volto, cercando di sembrare impassibile. Si guardarono negli occhi per qualche momento, poi lui sorrise davanti al suo timore.

 

<< Ma stai tranquilla, bambolina >> disse, addolcendo la voce, << Era solo un avvertimento, il mio. Sai quanto ti voglio bene >>.

 

Aggirò la scrivania e la raggiunse, stringendola da dietro. Le scostò i capelli dalla spalla destra, poi la baciò sul collo.

 

Lungo la schiena di Irina passò un brivido gelido, come se un cubetto di ghiaccio le fosse stato passato sulla pelle. La mano del ragazzo si poggiò sul suo ventre, poi sentì il suo respiro caldo sotto l’orecchio.

 

<< Devi farti perdonare per l’altra sera… >> disse, sensuale.

 

Irina si scostò di colpo, liberandosi da quell’abbraccio non voluto. Si voltò e guardò William, il fiato corto e il cuore che batteva all’impazzata.

 

Odiava quando la toccava, quando la sfiorava con quelle mani molto più forti delle sue. Odiava quando le faceva capire che lei era troppo piccola, troppo giovane, troppo debole per potersi ribellare. Odiava quando lui si prendeva esattamente quello che desiderava, senza darle alcuna via di fuga…

 

Gli occhi dello Scorpione si ridussero a due fessure, e la sua espressione mutò. Detestava quando qualcuno non faceva quello che lui voleva.

 

La afferrò per un braccio e la tirò verso di lui, imprigionandola in un bacio prepotente e passionale. Spingendola verso il muro, le infilò una mano dietro la schiena, stringendosela addosso.

 

Con un gesto brusco, Irina si staccò, il fiato corto e la paura che le attanagliava le viscere. Alla fine sarebbe successo, lo sapeva.

 

<< Mi devi tutto, bambolina >> le soffiò William, sulla bocca, << Tu sei mia e basta. Non puoi rifiutarti… Lo sai che voglio te e basta >>

 

<< Vaffanculo, William >> sibilò lei, << Ti sei già preso tutto, da me. Ti avrei amato, se non fossi stato ciò che sei >>

 

Avrai anche il mio corpo, ma il cuore rimane ancora mio. Ed è l’unica cosa che da me non avrai mai”.

 

L’affronto fu tale per lo Scorpione che le sferrò uno schiaffo così forte da lasciarla senza respiro. La prese per il mento e la costrinse a baciarlo di nuovo, senza successo. Era così incazzato che per un momento non si accorse nemmeno che il cellulare sulla sua scrivania stava squillando.

 

William la lasciò di colpo, e rispose al telefono. Irina rimase appoggiata al muro, spaventata e tramortita. Non riusciva a muoversi, come succedeva sempre. Gettò un’occhiata al ragazzo, che la fissava maligno.

 

<< Ho capito >> stava dicendo, << Cazzo, ma non siete in grado nemmeno di risolvere una situazione così idiota? D’accordo, vengo io… Ma fate in modo che quando arrivi non ci sia traccia di lui, chiaro? >>

 

Gettò malamente il cellulare sulla scrivania, poi si avvicinò di nuovo a lei.

 

<< Per oggi ti è andata bene >> minacciò, << E ricorda cosa ti ho detto >>

 

Uscì sbattendosi la porta alle spalle, e lasciando la ragazza sola nello studio.

 

Irina scivolò a terra, rimanendo seduta sul pavimento. Scoppiò in lacrime ancora prima di pensare di poter trattenersi.

 

Era sua, era sua e non riusciva a farci nulla. Anche se il suo tocco gelido e possessivo la disgustava, non riusciva a ritrarsi. Anche se odiava le sue mani addosso a lei, rimaneva paralizzata. Anche se non voleva averlo vicino, era troppo debole per allontanarsi.

 

Si asciugò rapidamente le lacrime dalle guancie e si alzò di scatto. Per risolvere la situazione, non le rimaneva che una cosa da fare: smettere di vedere Xander.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: eh sì, William vorrebbe davvero Irina… O meglio, vorrebbe che lei ricambiasse ciò che prova per lei, ma ha sbagliato fin dall’inizio: comprarla non è il modo migliore per conquistarla. L’unico modo per tenersela stretta è continuare a rinfacciarle il suo debito, che di sicuro non è meglio. No, non la lascerà andare via volentieri. Anzi, non la lascerà andare proprio. Hai ragione, meno male che c’è Xander. Vedrai, ci penserà lui a Irina. Baci!

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Capitolo XI

Capitolo XI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.45 – Casa di Xander

 

Il cellulare trillò all’improvviso, mentre Xander era seduto davanti alla scrivania della sua stanza. Sentì Nichole passare davanti alla porta, dicendo qualcosa a Jess.

 

Afferrò il telefono e guardò chi fosse: Irina.

 

<< Pronto? >> rispose.

 

<< Xander? Dobbiamo parlare. Passo da casa tua, fra poco >> disse lei, senza nemmeno un saluto iniziale.

 

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, perplesso. << D’accordo… Come mai? >>.

 

<< Te lo spiegherò quando ci vedremo >> rispose lei, poi mise giù.

 

Allarmato, Xander posò il telefono sulla scrivania e guardò fuori dalla finestra. C’era qualcosa che non andava…

 

Scese in soggiorno, incrociando Nichole che stava spazzando il corridoio e con aria truce gli intimò di non sporcare in giro. Uscì nel giardino, deciso ad aspettare Irina in un posto tranquillo.

 

Una ventina di minuti dopo vide la ragazza parcheggiare la TT davanti a casa sua, e le andò in contro per aprirle il cancello. Era seria, troppo seria rispetto alle altre volte. Varcò il giardino con passo rapido, guardandosi intorno.

 

<< Sei solo? >> domandò, secca.

 

<< No >>

 

<< Conosci un posto dove nessuno verrà a ficcare il naso? >> chiese Irina.

 

Lui ci pensò un momento. << Se ci spostiamo in fondo al giardino, non ci sentirà nessuno. E comunque in casa ci sono solo Nichole e Jess… >>

 

La ragazza annuì e lo seguì in un angolo più appartato, in silenzio. Xander cercò di capire cosa non andasse, ma lei teneva lo sguardo basso. Sembrava vagamente scossa.

 

Irina si fermò di scatto e lo guardò, seria. << Xander, non possiamo più vederci >> disse.

 

Il ragazzo rimase zitto, fissando il viso di Irina per cogliere qualsiasi segno che potesse giustificargli quella novità. Aveva gli occhi leggermente arrossati… Possibile che avesse pianto?

 

<< Perché? >> domandò, calmo.

 

<< William mi ha beccato. Sospetta che stia combinando qualcosa… >> rispose lei, tutto d’un fiato.

 

<< Cosa ti ha detto? >>

 

Irina incrociò le braccia, chiuse un momento gli occhi e inspirò, quasi a volersi calmare. << Che se ha anche il minimo sentore che stia tramando contro di lui è pronto a riportare il debito di mio fratello alla cifra originaria… >>

 

Xander colse una nota di panico nella voce di lei. Preoccupato, fece un passo avanti, credendo che fosse sull’orlo delle lacrime. Che cazzo le aveva detto quel figlio di puttana?

 

<< Ha fatto il mio nome? >> chiese.

 

Irina scosse la testa. << Non so se sospetta anche di te, ma mio padre potrebbe avergli detto che mi hai accompagnato a casa un paio di volte… >>

 

Aveva incontrato il padre della ragazza una sola volta, e gli era bastata per capire che era un’idiota tanto quanto William. Che facesse anche la spia della figlia lo mandava in bestia.

 

Guardò Irina, e non poté non notare che era spaventata. Lo Scorpione poteva averle anche detto che avrebbe dovuto ripagare tutto da capo, ma quello non giustificava quella strana paura che aveva negli occhi… C’era qualcos’altro, sotto.

 

<< Stai bene, Irina? >> chiese.

 

Lei alzò lo sguardo da cerbiatta su di lui, e rimase zitta. << Sì >> rispose alla fine, con la voce flebile.

 

“Ok, ha pianto e decisamente non sta bene… E non vuole parlare”.

 

<< Credi che William possa accorgersi che mi stai aiutando? >> chiese Xander, cercando di capire cosa fosse successo.

 

<< Non lo so… >> rispose Irina, << Io… Xander, non possiamo più incontrarci… Io non posso rischiare così tanto >>.

 

<< Dobbiamo solo fare più attenzione >> ribatté lui.

 

Irina lo fissò a occhi spalancati. << No, se non ci vediamo più nessuno dei due corre alcun rischio… E comunque mi sembra che tu non abbia bisogno di aiuto: sei abbastanza bravo per cavartela da solo >>.

 

Xander non ci stava. Forse non aveva bisogno di aiuto, ma voleva continuare a vedere lei. Perché qualsiasi cose le stesse capitando, voleva darle una mano. Inutile negarlo: gli piaceva, con tutti i rischi che quello comportava…

 

<< Irina >> iniziò, guardandola in viso, << Credi davvero che se riuscirai a pagare tutto il debito di tuo fratello, Challagher ti lascerà libera di tornartene alla tua vita? >>

 

“Non sono i soldi che vuole… Lui vuole te”.

 

La ragazza abbassò la testa. << No, non ci credo >> rispose, << Ma continuo a sperare… E’ l’unica cosa che mi rimane da fare >>

 

Il suo tono era quello di una persona sconfitta, piegata dagli eventi, che aveva smesso di lottare. L’altra faccia di Irina stava venendo fuori, la faccia che copriva con la maschera dei sorrisi.

 

<< Allora rischiare non dovrebbe essere un problema >> disse lui, << Sai meglio di me che non ti lascerà in pace. L’unico modo che hai per liberarti è quello di darmi una mano. Non voglio costringerti, ma più arriverò vicino a lui, più possibilità avrò di farlo arrestare >>.

 

Attese che la ragazza pensasse con calma.

 

In tutta franchezza, era disposto a fare qualsiasi cosa per tirarla fuori dai guai. Avrebbe potuto prenderla e portarla via, in un posto sicuro, se non avesse comportato la totale compromissione del suo incarico. Poteva farla uscire completamente pulita, da quella storia. Se lo meritava.

 

Avanti, dimmi di sì… Non è per questa dannata missione, che te lo chiedo. Dammi la possibilità di aiutarti…”

 

Alla fine, Irina alzò lo sguardo su di lui, e all’improvviso se le sembrò ancora più bella. Si morse il labbro con aria pensierosa, poi disse lentamente: << Posso… Posso provarci… >>.

 

Xander sorrise, ma lei rimase seria.

 

<< Da oggi in poi faremo molta più attenzione >> disse, << Non ti caccerai nei guai per colpa mia >>.

 

Irina rimase ancora in silenzio, forse non sapendo cosa dire, o forse per non dire troppo. Lui rimase a guardarla, con la fortissima tentazione di avvicinarsi e sfiorarla… Si trattenne: non sembrava dell’animo giusto per una cosa del genere.

 

<< Che hai? >> le chiese.

 

<< Niente >> rispose prontamente Irina, << Sono solo stanca… >>

 

Quante volte lo aveva detto? Troppe, per i suoi gusti. Era veramente solo stanca, o tentava di mascherare qualcos’altro?

 

<< Quand’è l’ultima volta che hai dormito tutta una notte di fila? >> domandò, scherzoso.

 

Finalmente Irina tornò a sorridere. << Non me lo ricordo >> rispose, << E’ una vita un po’ movimentata, la nostra >>.

 

<< Avanti, un caffè lo accetti ancora, no? >>

 

Lei annuì.

 

Tornarono indietro, poi Xander decise che forse sarebbero stati più tranquilli seduti vicino alla piscina, lontano da Nichole e dagli sguardi indagatori e saccenti che Jess avrebbe rivolto a lui.

 

La piscina era piena, e l’acqua immobile riluceva sotto il sole forte di maggio. C’era un tavolino con delle sedie, all’ombra di un basso albero, in un angolo. Le sdraio giacevano abbandonate qualche metro più in là, dove Jess le aveva lasciate perché non aveva voglia di rimetterle a posto.

 

<< Siediti lì, che arrivo subito >> disse Xander, facendo un cenno alla ragazza verso i tavolini. Lei annuì.

 

Il ragazzo corse in cucina, accese la macchina del caffè e si procurò un vassoio. Dispose un paio di dolcetti e qualche biscotto, poi preparò le tazzine e attese che il caffè fosse pronto.

 

Jess entrò nella stanza e indicò fuori. << C’è la macchina di Irina o sbaglio? >> domandò.

 

<< E’ in giardino >> rispose Xander, senza aggiungere altro.

 

Jess guardò prima lui e poi il vassoio con sole due tazzine. << Non posso unirmi, vero? >>

 

<< Ehm… No >>

 

<< Ok >>

 

<< Nichole mi ha detto di dirti che, se per caso dovessero servirti, ci sono dei pasticcini nel frigo… >> disse l’informatico, prima di lasciare la stanza.

 

“Quella non è una domestica, è una spia in incognito…

 

Xander spalancò il frigorifero, afferrò il cabaret dei pasticcini e scelse i migliori. Versò il caffè nelle tazzine e tornò in giardino.

 

Irina passeggiava vicino al bordo della piscina, guardando l’acqua limpida. Non si accorse del suo ritorno, così ne approfittò per ammirarsela in tutta tranquillità per qualche secondo.

 

<< Giornata perfetta per un tuffo >> disse alla fine, appoggiando il vassoio sul tavolino.

 

Irina alzò la testa e sorrise. << Già… Credo che domenica andrò al mare, a Redondo Beach, se continua a esserci questo sole >> disse lei, raggiungendolo.

 

Questo me lo devo segnare…”

 

Era più tranquilla, finalmente. Guardò il vassoio pieno di pasticcini e disse: << Avevi detto solo un caffè >>

 

Xander ghignò. << Avevo fame >> disse lui.

 

Si sedettero al tavolino, all’ombra dell’albero, contemplando l’acqua invitante della piscina. Faceva caldo, e Xander si chiese come la ragazza facesse a resistere con i jeans lunghi e scuri…

 

Si domandò cosa fosse successo, per agitarla tanto. C’era ancora un po’ di paura nei suoi occhi, e voleva capire cosa gli aveva detto lo Scorpione…

 

All’improvviso, gli passò per la testa che molto probabilmente Irina doveva essere andata a letto con Challagher… Come si permetteva di trattarla così, quando la spacciava per la sua ragazza? Quel pensiero glielo rese ancora più insopportabile.

 

Guardò la ragazza e le porse la tazzina del caffè.

 

<< Grazie >>

 

Irina guardò la bevanda fumante per un momento, poi scosse la testa, pensierosa.

 

<< Cosa c’è? >> domandò Xander.

 

Lei lo guardò e sorrise. << Fino a qualche mese fa non pensavo che mi sarei ritrovata in una situazione del genere… >> disse, << Ti sto aiutando a far arrestare William, quando non avrei mai sperato che qualcuno ci riuscisse >>.

 

<< Lo so quanto stai rischiando >> disse Xander.

 

Lei scosse di nuovo la testa. << No, non è quello. Io rischio tutti i giorni, da quando mi sveglio fino a quando vado a dormire. Ormai non ci faccio nemmeno più caso. E’ solo che… Bé, non so come tu ci sia riuscito, ma mi hai convinto >>.

 

Xander la fissò, mentre lei gli rivolgeva un sorriso leggermente imbarazzato. Gli aveva appena detto che si era permesso di farle credere che c’erano delle possibilità che lui riuscisse nel suo intento, e ciò comportava anche il rischio di illuderla. Si stava fidando, nonostante alla fine lui non fosse nessuno.

 

Non sapeva che dirle, se non che quella era l’unica cosa che al momento desiderava: che si fidasse pienamente di lui. Forse non era lì per lei, ma poterla tirare fuori dai guai lo spronava a fare di più.

 

<< Ah >> aggiunse all’improvviso lei, ricordandosi di qualcosa, << William sta organizzando un raduno a Las Vegas, tra due settimane… >>.

 

<< Un raduno? >>

 

<< Sì. Un raduno di auto di lusso, in uno degli alberghi di suo padre a Las Vegas >> spiegò Irina, appoggiando la tazzina sul vassoio, << Lo fa ogni anno. Sono ammessi solo coloro che hanno macchine costose e potenti: Ferrari, Lamborghini, Bugatti, Aston Martin, Porsche, cose del genere. Al di fuori appare solo come un raduno di appassionati, in realtà si tratta di gare clandestine. Vengono da tutto il Nord America per partecipare, e lo Scorpione detta le regole come al solito. Credo ti inviterà, ora che hai una Maserati… >>

 

<< Tu verrai? >>

 

Lei si strinse nelle spalle. << Credo di sì, anche se avrò problemi a organizzarmi. Di solito è una cosa che dura tre o quattro giorni, quindi devo trovare qualcuno che mi tenga Tommy. Non ho un’auto di lusso, ma William vuole che venga per organizzare le gare… L’ultima volta però mi ha fatto gareggiare con una delle sue auto… L’Audi TT l’ho vinta quella volta >>.

 

<< Ci sono dei premi? >> chiese Xander, più curioso che interessato.

 

<< Dipende… >> rispose Irina, << A volte mettono in palio dei soldi, altre volte una macchina. Comunque le gare non sono per niente facili >>.

 

<< Come mai? >>

 

<< Bé, sono gare un po’ distruttive… >>

 

Xander fece un cenno con la testa e cercò di pensare a come dovesse essere un raduno a Las Vegas… Al momento gli veniva difficile, però, perché la presenza di Irina lo distraeva abbastanza. Aveva appena notato che persino le sue manine perfettamente curate erano le più belle che avesse mai visto…

 

Cazzo, la situazione si sta facendo grave…

 

<< Credi che William mi inviterà, quindi? >> chiese Xander, cercando di tornare perfettamente lucido.

 

<< Penso di sì. Se gli piaci così tanto, ti vorrà tra i suoi piloti >> rispose lei, << La organizza proprio perché la ritiene stimolante >>.

 

Xander fece una smorfia, dubbioso. Chissà cosa intendeva William, con “stimolante”. Guardò la ragazza, e notò che non aveva toccato cibo.

 

<< Assaggia questo >> disse, indicandogli un pasticcino con la panna e la frutta.

 

Lei scosse la testa. << No, grazie. Non mi va proprio di mangiare >>.

 

Evidentemente non stava ancora abbastanza bene; doveva essere ancora scossa. Decise di non insistere più di tanto per non infastidirla.

 

<< Ogni tanto mangi, vero? >> domandò scherzoso, << Non sarai a dieta? Perché più magra di così non ti resta che scomparire… >>

 

Irina rise. << No, non sono a dieta. In realtà sono una gran mangiona, se mi metto >> disse.

 

<< Non ci credo proprio >> ribatté Xander con un sorriso.

 

Lei guardò l’orologio e sobbalzò. << Cavolo! Sono già le quattro e mezza! >> Si alzò di scatto e tirò fuori le chiavi della macchina, << Devo correre a prendere Tommy, mi dispiace >>

 

In effetti, un’ora e mezza era passata anche troppo in fretta. Il suo “mi dispiace” gli fece digerire un po’ meglio il fatto che lei se ne andasse proprio adesso.

 

<< Ti accompagno >> si offrì, portandola fino al cancello.

 

Usciti fuori sul marciapiede, lei si voltò verso di lui e lo guardò dal basso con aria imbarazzata. Esitò, poi disse: << Bé, grazie per il caffè… >>

 

<< Di niente, è stato un piacere >> ribatté lui, << Quindi? >>.

 

Si aspettava una risposta da lei, e Irina capì qual’era.

 

<< Quindi… Ci vediamo >> disse.

 

L’aveva detto, e Xander tirò mentalmente un sospiro di sollievo. << Ci conto, eh? >>

 

Irina annuì. << Fammi sapere se William ti ha chiesto di venire >>.

 

Poi lo salutò e corse verso la TT, salendo al posto di guida. Ci mise un attimo a sparire all’orizzonte, e Xander rimase un momento immobile con l’amaro in bocca. Per un attimo aveva temuto che lei troncasse con lui ogni rapporto, ma alla fine era riuscita a convincerla a non farlo. Era un’egoista, in fondo: la stava mettendo in pericolo solo perché voleva continuare a vederla…

 

Rientrò in casa, molto meno felice di prima. Incrociò Jess per le scale, e l’informatico gli gettò un’occhiata, senza dire nulla. Doveva aver capito che non era il momento per battutine sarcastiche.

 

Xander tornò in camera sua, e accese lo stereo. Si lasciò cadere sulla sedia con aria stanca, e guardò il soffitto, preoccupato.

 

Quindi lo Scorpione sospettava che Irina stesse tramando qualcosa… Evidentemente non si fidava completamente di lei, nonostante sbandierasse ai quattro venti che fosse la sua ragazza. L’aveva minacciata, ma non sapeva se William fosse uno che facesse sul serio o meno.

 

Voleva ammazzare tutta la sua famiglia perché suo fratello è scappato… Se lui non è un tipo che fa sul serio…”.

 

Doveva fare più attenzione, era stato avventato. Non aveva pensato che avvicinarsi così tanto a Irina avrebbe potuto scombinare i suoi piani, in tutti i sensi.

 

L’avvertimento di White era fondato: si era cacciato nei guai da solo. Irina gli piaceva sempre di più ogni giorno che passava, e per lei stava mettendo a rischio la copertura. Ma non avrebbe rinunciato ad aiutarla. Non avrebbe dimenticato la paura che aveva letto nei suoi occhi, la paura che quel bastardo di Challagher le faceva provare…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Porto di Los Angeles

 

Xander percorse lentamente il largo pontile di pietra illuminato fiocamente da un paio di lampioni cadenti, fermandosi davanti a una piccola costruzione di cemento grigio. La luce all’interno gli diceva che doveva esserci qualcuno.

 

Spense i fari e attese qualche minuto, ascoltando una canzone degli Evanescence che veniva trasmessa alla radio. Poi la porta della costruzione si aprì e uscì un uomo barbuto, con un cappello tutto stropicciato sulla testa calva. Gli fece cenno di aprire il finestrino dell’auto e poi gli porse un pacchetto in carta marrone, non molto grande. Senza dire nulla, tornò dentro la sua casupola, e Xander accese di nuovo i fari.

 

Il compito che lo Scorpione gli aveva affidato era quello: prendere in consegna un “prezioso pacchetto” e portarglielo, nel più breve tempo possibile. Avevano appuntamento a casa sua, un onore per un novellino come lui.

 

La BMW uscì dal porto senza intoppi, e raggiunse l’autostrada. Piazzandosi tranquillamente sulla corsia di sorpasso, Xander si chiese cosa contenesse il pacco. Molto probabilmente doveva essere droga, o qualche oggetto rubato a chissà chi.

 

Tirò fuori il navigatore satellitare e impostò l’indirizzo di casa Challagher: non essendoci mai stato, non sapeva dove si trovasse. C’erano una ventina di chilometri, quindi ci avrebbe messo poco.

 

Un quarto d’ora dopo usciva dall’autostrada, e seguendo le indicazioni del navigatore, in pochi minuti arrivò a destinazione.

 

Come si era immaginato, casa Challagher era una enorme villa a due piani, immersa in un magnifico giardino verde. Il cancello d’entrata era controllato da un guardiano vestito in divisa, che controllò la sua targa e lo fece entrare, dicendogli di parcheggiare nel cortile apposito.

 

Xander scese dall’auto guardandosi intorno: il giardino era veramente grande, illuminato da centinaia di faretti che delineavano anche il vialetto che portava all’ingresso. Lo percorse fino a raggiungere la porta, che venne aperta ancora prima di avere il tempo di suonare.

 

William lo guardò con un sorriso e lo salutò. << Hai fatto più in fretta di quanto mi aspettassi >> disse, facendolo entrare in casa, << Ma immaginavo che sarebbe stato così >>.

 

Anche dentro, casa Challagher rispecchiava la ricchezza del suo proprietario: mobili di pregio, domestici a tutte le ore del giorno, quadri d’arte moderna alle pareti. Lo Scorpione aveva gusti raffinati, in fatto di arredamento.

 

Xander lo seguì fino all’enorme soggiorno, ma William lo fece sedere fuori, sotto il porticato di legno che dava sulla piscina. Si accomodarono a un tavolo di legno scuro, soli.

 

<< Allora, il mio caro pacchetto? >> domandò lo Scorpione, tirando fuori una Marlboro e offrendone una anche a lui.

 

Xander gli porse la scatola, che William prese e mise da parte: non la voleva aprire davanti a lui, era chiaro. Inspirò una boccata dalla sigaretta, poi disse: << Bene, Alexander, da questo momento in poi sei autorizzato a sfidare il Cobra e tutti coloro che seguiranno. Complimenti, stai per entrare nel giro dei grandi >>.

 

<< Immagino sia un onore >> ribatté Xander, leggermente rigido. Gli era appena venuto in mente che quello che aveva davanti aveva minacciato Irina…

 

William sorrise. << Un onore… Bé, dipende dai punti di vista >> disse, picchiettando la sigaretta sul posacenere, << Quando si è come noi, rappresenta solo un fastidio >>.

 

“Quando si è come noi”. Lo stava paragonando a lui, quindi lo credeva al suo livello. Avrebbe iniziato a temerlo?

 

<< Voglio fartelo un onore, però >> continuò lo Scorpione, << Fra un paio di settimane ci sarà un raduno, a Las Vegas. Ci saranno piloti da altri Stati, tutti molto forti e motivati. Staremo in uno degli alberghi di mio padre, quindi è tutto a spese mie. Per le gare lo stesso: useremo il circuito che è di mia proprietà. C’è solo un problema: essendo una cosa riservata, ammetto solo chi possiede un’auto di lusso e intende partecipare con quella, alle corse… >>.

 

Lo guardò, come se gli dispiacesse quello che aveva appena detto. << Sbaglio, o tu hai solo la BMW? >>.

 

Xander sorrise. << Ho ritirato la Maserati, qualche giorno fa >> rispose.

 

<< Allora va bene >> disse William, ma non sembrava molto contento, in realtà, << Che Maserati, tra parentesi? >>.

 

<< Granturismo S >>

 

<< Nel tuo stile >> commentò lo Scorpione, << Io avrei preso una Audi R8, al posto tuo, ma sono gusti >>.

 

Xander capì che la conversazione stava volgendo al termine. Challagher aveva fatto il suo invito, quindi poteva andarsene.

 

<< Chi ci sarà? >> domandò, per togliersi una piccola curiosità.

 

William lo scrutò prima di rispondere. << Un po’ di gente. Dimitri, Hanck, e poi vecchie mie conoscenze… Sarà un bel raduno, vedrai. Auto, feste, donne… Puoi chiedere di meglio? >>.

 

Sì, che tu te ne vada a fanculo”.

 

<< Immagino di no… Niente ragazza al seguito, quindi? >> disse, sarcastico.

 

William capì al volo a chi si riferiva. Fece un mezzo sorriso per niente amichevole e sibilò: << Irina? Ci sarà anche lei. E la terrò d’occhio… Molto d’occhio >>.

 

Xander sorrise, anche se avrebbe preferito prenderlo a botte, in quel momento. << Non è difficile tenerla d’occhio, in effetti >> disse, e senza aggiungere altro si alzò e se ne andò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.30 – Redondo Beach

 

<< Aaahh, finalmente: mare >> sospirò Jenny, buttandosi a peso morto sull’asciugamano verde disteso sulla sabbia bianca e sottile della spiaggia di Redondo Beach. Si mise le braccia dietro la testa e sospirò di nuovo. << Sole, sole e soltanto sole, oggi >>.

 

Irina sorrise e guardò la spiaggia affollata di bagnanti, tutti venuti a prendere il primo sole della stagione. L’acqua limpidissima riluceva invitante, e il cielo era sgombro da nuvole. Il bar trasmetteva musica a tutto volume, e il campo da pallavolo era occupato da un gruppone di ragazzi che giocava.

 

Tommy scoppiò a ridere all’improvviso, e Irina abbassò la testa per guardare cosa stava facendo: si era appena lanciato una palettata di sabbia addosso, e trovava la cosa piuttosto divertente. Anche Katy si mise a ridacchiare, quando lo vide impanato come una crocchetta.

 

<< Ma che fai? >> disse Irina, sorridendo. Lo mise in piedi e poi lo prese per mano. << Andiamo a farci il bagno? >>.

 

Angie alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo. << Vai, ti raggiungiamo dopo… >> disse.

 

Irina e Tommy camminarono fino alla riva, con il bambino che ridacchiava quando con i piedi sollevava la sabbia. Arrivato davanti all’acqua, però, esitò.

 

<< Avanti, fifone >> scherzò Irina, << E’ solo un po’ di acqua. Non ti mangia mica >>.

 

Il bambino non diede segno di voler entrare, così lo prese in braccio e se lo portò dentro con lei. Dopo un primo brivido iniziale, Tommy ci prese gusto e iniziò a schizzarla con le manine.

 

<< Arrivooooo!!! >> gridò qualcuno.

 

Jenny si lanciò in acqua con un perfetto tuffo, sollevando una marea di schizzi che investirono Irina e Tommy in pieno, lavandoli da capo a piedi. Il bambino strizzò gli occhi per via del sale, e la ragazza si aspettò che scoppiasse in lacrime da un momento all’altro. Invece, incredibilmente, si mise a ridere.

 

Un attimo dopo si tuffarono anche Katy, con la leggiadria di un ippopotamo, e Angie, decisamente meno casinista.

 

L’acqua era fredda, ma dato il caldo che faceva starci dentro risultava molto piacevole. Irina mise giù Tommy, tenendolo per mano e camminando con lui sulla sabbia vellutata.

 

Sceglieva di andare a Redondo Beach perché era l’unica spiaggia della costa dove non ci fosse gente che conosceva. I bagni di Santa Monica erano addirittura di proprietà dello Scorpione, e nonostante avesse ingresso libero e ogni comodità possibile, preferiva non andarci: si sentiva controllata. Almeno quando andava al mare con le amiche voleva fare la ragazza qualunque.

 

Tornò all’ombrellone, facendo sedere Tommy sull’asciugamano e gli infilò in testa il capellino per evitare che si beccasse un’insolazione, poi si sdraiò di fianco a lui per prendere il sole.

 

<< Dai, costruisci un bel castello di sabbia >> disse, guardando le tre amiche che stavano ancora facendo il bagno.

 

Ora che si trovava al mare, si rese conto che giugno era vicinissimo. Troppo vicino, per i suoi gusti. Gli esami erano alle porte, e sapeva di essere tremendamente indietro con lo studio, diversamente da Angie, Katy e persino Jenny, che era la più pigrona del gruppo. Loro potevano contare su una vita decisamente più tranquilla della sua.

 

Ci aveva pensato diverse volte, e in quel momento le sembrò la cosa più saggia da fare: forse era il caso che abbandonasse l’università. Non poteva sperare di passare tutti gli esami continuando a tornare a casa tardi, dormendo poco e perdendo ore di lezione. Già alla fine del primo semestre, a gennaio, aveva faticato a passare tutti gli esami, e questa volta sarebbe stato decisamente peggio.

 

In fondo, ci aveva almeno provato. Le dispiaceva moltissimo, perché era qualcosa che aveva sempre voluto fare, per se stessa e per sua madre, ma era troppo stanca per riuscire a superare due mesi di intenso studio in piena estate. Le sue amiche non sarebbero state d’accordo, lo sapeva, ma al momento le sembrava l’alternativa migliore.

 

Con un sospiro, decise che ci avrebbe pensato al momento opportuno, fra un paio di settimane. Era un modo per rimandare l’ennesima delusione.

 

Si alzò in piedi, proprio mentre Katy tornava indietro.

 

<< Vado a sedermi sulla battigia, ok? >> disse Irina.

 

<< Tranquilla, guardo io la roba >> ribatté Katy, sdraiandosi al sole.

 

Irina prese l’asciugamano e Tommy e andò a sedersi vicino alla riva, lasciando che il bambino andasse a riempire il secchiello con l’acqua e si mettesse a fare pasticci con la sabbia. Si stava divertendo proprio, forse molto più di lei.

 

Jenny comparve all’improvviso di fianco a lei e si sedette sul telo, con l’aria soddisfatta.

 

<< Sai, pensavo di farmi un tatuaggio anche io >> disse.

 

<< Che cosa? >> domandò Irina, interessata.

 

<< Mah, mi piacerebbe un tribale… >> rispose pensierosa Jenny, << Una cosa così, insomma… Fa male? >>.

 

Irina si strinse nelle spalle: fare la fenice era stato abbastanza sopportabile, ma poi era una cosa soggettiva. << Dipende da te >> rispose, << Io non ho sofferto tanto, anche perché il mio non è tanto grande. Certo che sei hai intenzione di farti una cosa enorme, sarà doloroso di sicuro >>.

 

<< Uhm… >> Jenny sembrò pensarci su, << Devi dirmi dove sei andata tu, così ci faccio un salto >>

 

<< Un giorno ti ci porto, allora >> si offrì Irina.

 

A quel punto vennero investite da un’ondata di sabbia: Tommy era diventato pericoloso, con quella paletta. Se la rideva di gusto mentre ricopriva l’asciugamano a suon di secchiate, pestando tutto con i piedini.

 

<< Ma che combini?! >> gridò Jenny, ridacchiando, << Vieni qua, adesso ti faccio vedere io, pulce! >>

 

Acchiappò il bambino e lo trascinò in acqua, ingaggiando una “furiosa” lotta a suon di schizzi, con Irina che li guardava ridendo. Scrollò l’asciugamano dalla sabbia e poi lo raggiunse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Non negare che la stai seguendo >> disse Jess, camminando sulla battigia a piedi scalzi e guardando la gente accampata sulla spiaggia di Redondo Beach.

 

Xander cercò con lo sguardo una persona che al momento occupava abbastanza stabilmente i suoi pensieri, poi rispose: << Non lo nego, infatti >>

 

<< Allora io cosa centro? >> domandò l’informatico, << Se ci vuoi provare, perché ti sei portato dietro pure me? >>.

 

<< Non ho detto che ci voglio provare >>

 

<< No, ma lo pensi >>

 

Xander sorrise sotto i baffi. << Mi servi… Da solo sembrerei sospetto, no? >>

 

A dir la verità, avrebbe potuto anche andarci da solo, ma aveva voluto far staccare un po’ Jess da quei dannati computer, e farsi magari anche quattro risate. Molto probabilmente Irina, se c’era, era in compagnia delle sue amiche, e in gruppo le cose erano sempre un po’ più facili.

 

Finalmente, dopo un’ora di camminata lungo la battigia, la vide: stava uscendo dall’acqua con il nipote per mano, e indossava un bel costumino blu che le donava molto. Con lei, come aveva immaginato, l’amica piccolina dai capelli neri.

 

<< Eccola lì >> disse Jess, gettandogli un’occhiata, << L’oggetto dei tuoi desideri… >>.

 

Avvicinandosi alla ragazza di spalle, Xander disse: << Bel tatuaggio, Fenice >>.

 

Irina si voltò di scatto, gli occhi spalancati. Poi lo riconobbe e sorrise: << Xander, anche tu qui? >>.

 

Lui si strinse nelle spalle. << Il mondo è piccolo >>

 

L’amica di Irina lo stava guardando, e sembrava lo stesse esaminando al microscopio. Poi venne distratta dall’arrivo di Jess, che pareva appena caduto dalle nuvole.

 

<< Ciao Irina >> disse, << Oggi tutti al mare, eh? >>

 

Lei sorrise, poi si ricordò di dover fare le presentazioni. << Jenny… Loro sono Alexander e Jess… Ragazzi, lei è Jenny, una mia compagna di università >>

 

I tre si strinsero la mano, poi si avvicinarono anche Angie e Katy, che fecero altrettanto. Chiacchierarono per qualche minuto, finché Jenny non gli chiese se volessero rimanere con loro…

 

Quella Jenny doveva essere una furbetta, Xander lo aveva capito al primo sguardo. Aveva scrutato la reazione di Irina quando lo aveva visto, e poi aveva esaminato lui e Jess come per sottoporli a un esame accurato. Forse il suo intuito femminile gli aveva fatto capire qualcosa, per questo gli aveva chiesto di rimanere.

 

Poi si rese conto che Jess aveva qualcosa di strano: fissava Jenny con aria stralunata. Xander si trattenne dal ridere, perché non era una cosa molto educata.

 

Ok, ora so che esiste il colpo di fulmine” pensò, divertito.

 

Angie e Katy tornarono all’ombrellone, lasciando loro quattro e Tommy sulla riva. Il bambino lo aveva salutato con aria festosa, molto probabilmente perché si ricordava delle caramelle della volta prima.

 

<< Quindi tu fai l’informatico… >> stava dicendo Jenny, interessata, guardando Jess, << Wow, anche a me piacciono i computer, peccato sia negata… >>

 

<< Non è poi così complicato >> disse lui con aria professionale, << Basta solo capire i meccanismi, poi ci va la passione per l’argomento… >>.

 

Xander gettò un’occhiata a Irina, e lei sembrò sorridere sotto i baffi. Forse aveva intuito anche lei, perché non aggiunse nulla e li guardò con la coda dell’occhio. Lo invitò a sedersi di fianco a lei, sull’asciugamano, mentre il nipote giocava con paletta e secchiello.

 

<< Allora, come va? >> domandò lui, riferendosi alla situazione dell’ultima volta: da quando era venuta a casa sua per dirgli che non si potevano più vedere, non l’aveva più incontrata. Ecco perché aveva pensato di andarla a cercare in spiaggia.

 

Irina si strinse nelle spalle. << Bene… >> rispose, << Non l’ho più visto, da quella volta. Penso sia preso dall’organizzazione di quella cosa di cui ti ho parlato… >>.

 

Sembrava più rilassata, e forse era quello a farla apparire ancora più bella dell’ultima volta. Pensare che avrebbe anche potuto non rivederla gli sembrava inconcepibile.

 

<< Infatti mi ha chiesto di andare >> disse lui, << Ma non mi sembrava così contento di avermi fra voi… >>.

 

Irina si voltò a guardarlo con aria stranita. << Davvero? >> disse, << , però ti ha chiesto di venire, quindi è già molto… >>

 

Io credo di sapere perché non mi vuole più tanto vicino… “ pensò Xander, ghignando, “Sono troppo interessato alla sua bambolina, per i suoi gusti…”.

 

<< E questo bel tatuaggio, da dove arriva? >> domandò Xander, accennando alla sua schiena. Non lo aveva visto le altre volte, forse perché era coperto dalle magliette.

 

Irina si strinse nelle spalle. << E’ una cosa normale, tra noi piloti della Black List… >> disse, << Oltre a fare la teppista con le auto, mi faccio i tatuaggi come i carcerati >> aggiunse scherzando.

 

Xander sorrise. << Non sei la brava ragazza che sembravi, allora… Come mai una fenice? >>.

 

Irina gettò uno sguardo a Tommy, che camminava sulla sabbia a poca distanza da loro, poi rispose, senza guardarlo: << Perché la fenice è un essere che rinasce sempre dalle sue ceneri… Muore, ma poi ha sempre la forza di tornare a vivere >>.

 

Xander la guardò, sorpreso. Irina alzò gli occhi su di lui e sorrise, continuando: << Mi piaceva l’idea… Per questo ho scelto quel soprannome >>.

 

C’era uno strano silenzio, intorno a loro. La ragazza si voltò, per scoprire che l’amica e Jess erano spariti, e Angie e Katy erano sdraiate vicino all’ombrellone, troppo lontane per ascoltare quello che stavano dicendo.

 

<< Dov’è finita Jenny? >> chiese Irina, guardandosi intorno.

 

Xander gettò un’occhiata lungo la battigia, ma non li vide. Si strinse nelle spalle, noncurante. << Saranno andati a pretendere qualcosa al bar… >> disse.

 

Irina rinunciò a sapere dove fossero, e tornò a guardare l’orizzonte. Xander rimase incantato davanti al profilo perfetto di quel viso dai tratti morbidi, gli occhi scuri e la bocca che sembrava disegnata. Senza un filo di trucco era ancora più bella di quando l’aveva incontrata al Gold Bunny.

 

<< Cosa hai fatto lì? >> domandò all’improvviso lei, accennando al suo petto.

 

Xander abbassò lo sguardo e lo posò sulla cicatrice che aveva sul torace, lunga più o meno sette centimetri, che solcava il muscolo del pettorale destro. Ormai faceva così parte di lui, che dimenticava sempre di averla. Era il ricordo che gli aveva lasciato la sua vecchia vita.

 

<< Sono finito in una rissa >> rispose, tranquillo.

 

Irina girò la testa verso di lui, fissandolo stupefatta. << Una rissa? >> domandò.

 

Xander annuì divertito davanti alla sua espressione sconvolta. << Sei anni fa >> disse, << Non sono mai stato un tipo particolarmente tranquillo… Io e un paio di amici abbiamo avuto una discussione con un gruppo di ragazzi, e siamo arrivati alle mani. Loro erano molti più di noi, e hanno tirato fuori dei coltelli. Alla fine sono stato colpito… Niente di che, perché il taglio non era molto profondo, ha solo lasciato una cicatrice >>.

 

Davanti al silenzio della ragazza, continuò: << Per quello sono entrato nell’F.B.I. Dopo quell’episodio mio padre mi ha letteralmente preso per le orecchie e mi ha spedito in un posto dove mi avrebbero certamente messo la testa a posto… >>.

 

Sorrise, e Irina fece altrettanto. << Ci sono riusciti? >> domandò.

 

<< Più o meno… >>.

 

<< Quindi anche tu non sei il bravo ragazzo che sembri >> commentò Irina, scherzosa.

 

<< Credo proprio di no… >>.

 

Tommy si era avvicinato con la paletta in mano e aveva deciso che doveva scavare un fossato intorno a loro. Iniziò a spalare energicamente la sabbia, inondando l’asciugamano dove erano seduti.

 

Xander aveva voglia di scoprire qualche cosa in più su di lei, visto che ne aveva l’occasione, così cercò un argomento di discussione che potesse andare bene.

 

<< Vai all’Università, giusto? >> domandò, alla fine.

 

Irina si rabbuiò impercettibilmente. << Sì… >> rispose, << Per il momento >>.

 

<< Come mai così scettica? >>

 

<< Penso di aver preso la cosa un po’ sottogamba >> rispose lei, << Mi piace, ma non riesco tanto a conciliare tutti i miei impegni… Tra le gare e Tommy, perdo tantissimo tempo e me ne rimane troppo poco per studiare… Ahi! >>.

 

Tommy l’aveva appena inavvertitamente colpita sul naso con la paletta. La ragazza si portò una mano al volto, mentre il bambino la guardava spaventato.

 

Xander si sporse, preoccupato. << Ti sei fatta male? >>

 

Irina scosse la testa, senza però scoprire il naso. << Non è niente… >> rispose, << E’ di plastica, non fa tanto male >>.

 

Fece una strana smorfia e poi scoprì il naso, perfettamente intero. Xander lo esaminò con aria critica, ma non sembrava essersi fatta nulla.

 

<< Sei sicura che non ti faccia male? >> chiese.

 

Lei incrociò gli occhi con un’espressione buffissima e si guardò il naso. << Al massimo mi verrà un livido… >>.

 

Xander alzò una mano e le tastò il naso, ma lei si ritrasse come scottata.

 

<< Avanti, fammi controllare se è rotto… >> disse.

 

Era una scusa stupidissima, perché se si fosse veramente rotta il naso avrebbe dovuto perdere sangue e gridare di dolore, ma voleva almeno togliersi lo sfizio di toccarla, una volta.

 

Irina sbuffò e si lasciò tastare il naso con aria imbarazzata. Xander sorrise.

 

<< No, non è rotto >> disse, poi guardò Tommy che fino a quel momento era rimasto in silenzio, << Però mi sa che ti verrà un livido, sì >>.

 

Irina si scostò rapidamente, come se non volesse essere toccata. Xander si stupì di quella reazione, ma non fece commenti.

 

<< Vuoi del ghiaccio? >>

 

Irina lo guardò e scoppiò a ridere. << No, non mi sto mica dissanguando! >> disse, << E’ solo una botta con una paletta, mica un pugno in piena faccia! >>.

 

<< Che succede? >> domandò Katy, comparendo alle loro spalle.

 

<< Niente… >> rispose Xander, << Abbiamo solo uno scavatore un po’ maldestro… >>.

 

Katy li guardò interrogativi, poi prese Tommy per mano e se lo portò via prima che Irina potesse protestare. Si alzò in piedi e si scrollò la sabbia di dosso, poi gli gettò un’occhiata.

 

<< “Fammi controllare se è rotto”… >> gli fece il verso, divertita, << Sei anche un medico, per caso? >>.

 

<< No, ma ho fatto un corso di pronto soccorso >> rispose Xander, << Insieme a uno di psicologia, chimica e un sacco di altre cose… Era previsto per entrare nell’F.B.I. >>.

 

<< Psicologia? >> domandò lei.

 

<< Sì, serve per imparare a interagire con le persone nelle situazioni estreme >> spiegò lui.

 

Oltre che per capire dalle loro azioni cosa prova la gente… E’ per quello che ho capito che mi stai nascondendo ancora qualcosa”.

 

Irina annuì e si bagnò i piedi tra le piccole onde della riva. << Quindi dovrò stare attenta anche a quello che dico… >> scherzò, << Per caso sai anche leggere nel pensiero? >>.

 

Xander rise e scosse la testa. << No, ma sto imparando… Andiamo a fare il bagno? >>.

 

Irina guardò l’orologio. << Veramente volevo iniziare ad avviarmi a casa… Devo dare da mangiare a Tommy… >>

 

Per quanto simpatico, questo bambino inizia a fare il guastafeste…

 

<< Avanti, è ancora presto… E comunque, la tua amica s’e l’è appena portato via… >> disse Xander.

 

Irina si voltò verso l’ombrellone, dove non c’erano né Katy, né Angie, né tantomeno Tommy. Guardò intorno, ma non li vide.

 

Adesso ti faccio vedere io…”.

 

Prima che avesse modo di protestare, Xander la prese in braccio e la lanciò in acqua senza sforzo. Poi si tuffò a sua volta.

 

Irina riemerse bagnata fino alla testa, i capelli scuri incollati al viso. Lo guardò in silenzio per un momento, poi scoppiò a ridere.

 

<< Ah, mi tratti così? >> disse, << Non fare troppo il furbo, sai? >>.

 

Gli mise le manine sul petto e lo spinse, facendolo cadere in acqua, solo che lui se la trascinò dietro senza tanti complimenti. Il contatto con la sua pelle liscia e delicata gli fece uno strano effetto: aveva un profumo irresistibile, che gli rimase nelle narici come una sorta di droga.

 

Stava per acchiapparla di nuovo, quando la vide portarsi un braccio sul seno.

 

<< Aspetta! Fermo un attimo! >>.

 

Xander si immobilizzò di colpo e la guardò, poi notò che le si era appena slacciato il costume. Forse si era impigliato da qualche parte mentre giocavano. Ridacchiò davanti al suo palese imbarazzo, e la guardò cercare di tenere tutta la “carrozzeria” al suo posto.

 

<< Stupido costume >> commentò, << Mi succede sempre… >>.

 

Chissà perché a me piace un sacco, invece…

 

<< Posso? >> domandò Xander, indicando i laccetti penzolanti.

 

Lei rimase un attimo in silenzio, poi annuì si voltò di spalle. Scostò i capelli con l’altra mano e gli permise di allacciarle il costume. Le sfiorò la pelle e la vide irrigidirsi stranamente, e non poteva essere un brivido di freddo, visto che era quasi mezzogiorno e il sole particolarmente caldo…

 

Mentre con deliberata lentezza annodava il costume, guardò il tatuaggio della ragazza: una fenice tribale nera, dalla lunga coda piumata che formava un cerchio intorno alle ali spiegate. Molto bella, secondo lui.

 

<< Fatto >>

 

Irina si voltò e lo guardò di sottecchi, arrossendo. << Grazie >> mormorò.

 

Fece un passo indietro, come se si pentisse di avergli appena permesso di toccarla. Rimase un momento immobile, poi sorrise cercando di dissimulare il suo imbarazzo. << Andiamo? >> disse, accennando all’ombrellone.

 

A malincuore, Xander accettò e la seguì fuori dall’acqua, mentre lei strizzava i capelli fradici con le mani.

 

<< Adesso sembrerà che ho messo le dita nella corrente… >> commentò, sorridendo.

 

<< Vieni qua… >> disse Xander, afferrandola gentilmente per un braccio e avvicinandola di nuovo. Le passò una mano tra i capelli umidi pettinandoli tutti all’indietro e scoprendo il suo bel visino arrossato dal sole. Irina rimase in silenzio, lo sguardo che non voleva incontrare il suo.

 

<< Così sei bellissima >> commentò Xander, lasciandola libera di allontanarsi.

 

<< Grazie… Di nuovo >> disse Irina, rossa come un peperone.

 

Xander sorrise. Era una delle poche ragazze che arrossiva ancora davanti a un complimento.

 

<< Irina! >> chiamò qualcuno.

 

Lei voltò di scatto la testa: Katy e Jenny la stavano chiamando, Jess vicino a loro. Li raggiunsero, e Tommy corse loro incontro con la paletta in mano.

 

<< Stammi lontano con quell’affare, per favore >> disse Irina, prendendolo in braccio, << Dai, che andiamo a casa >>.

 

Xander si rese conto di quanto fosse strana e inusuale una situazione del genere: una ragazza di soli vent’anni costretta a crescere un bambino, invece di vivere la sua giovane età come tutti. Si era sobbarcata così tante responsabilità che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di prendere.

 

Irina si infilò il vestitino, i capelli bagnati ancora come glieli aveva pettinati lui, e lo guardò. Le amiche stavano guardando lei, invece.

 

<< Allora ci vediamo, Xander… >> disse, dondolandosi sulle punte dei piedi.

 

<< Benissimo >> disse lui, << Non vedo l’ora >>

 

Non gli interessava minimamente che le sue tre amiche intuissero che gli piaceva, tantomeno Jess, che sapeva tutto, ormai. Jenny sorrise sorniona e si girò dall’altra parte. Irina invece gli rivolse un’occhiata a cui non riuscì a dare un significato, e non disse niente. Raccolse le sue cose e quelle di Tommy, salutò lui e Jess e andò via insieme alle amiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Allora??????? >> Sbottò Jenny, quando furono lontano da orecchie indiscrete.

 

Irina gli rivolse un’occhiata poco amichevole. << Cosa c’è? >> chiese, sapendo a cosa si riferiva l’amica.

 

<< Sbaglio o ti stava mangiando con gli occhi? >> disse Jenny, divertita.

 

Irina sbuffò. Xander era stato solo un po’ più gentile del solito, niente di più.

 

<< Non saltare alle conclusioni sbagliate >> disse, caricando la borsa nel baule della TT.

 

Jenny aprì la Ford Fiesta azzurra di sua madre, con cui era venuta insieme a Angie e Katy, e ribatté: << Non sono conclusioni sbagliate, lei mie >>.

 

<< Invece sì, siamo amici e basta >> disse Irina, quasi innervosita.

 

<< Non si guardano così le amiche… >> commentò Jenny, << Vero ragazze? >>.

 

Angie si astenne dai commenti, ma Katy ridacchiò. << Dovevi vedere quando le si è slacciato il costume… >>.

 

Jenny spalancò gli occhi. << Cosa?! Nooo, me lo sono perso! >>.

 

<< Perché, dov’eri? >> chiese Irina, irritata per il fatto che l’avessero spiata.

 

Jenny assunse un’aria noncurante. << In giro… >> rispose, evasiva.

 

Irina la scrutò, poi collegò la sua sparizione con quella di Jess. << Non mi dire che… >> sbottò, sbalordita, << Jess? >>.

 

Jenny arrossì leggermente. << Abbiamo chiacchierato… >> disse, << Niente di che… E’ molto simpatico… >>.

 

Katy la fissava con tanto d’occhi, e si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. Anche Angie sembrava sorpresa.

 

<< Non ci posso credere >> disse Irina, << Non pensavo proprio che fosse il tuo genere… >>.

 

Jenny guardò in alto, con aria sognante. << Invece è… Non lo so… Perfetto >>.

 

E’ assurdo…” pensò Irina, “Il colpo di fulmine esiste, allora”.

 

<< Vi siete scambiati i numeri di telefono? >> chiese Katy.

 

Jenny annuì.

 

<< Ok, perfetto… >> disse Katy, << Spero non abbiate fatto altro, quando vi siete imboscati chissà dove… >>.

 

<< No no >> assicurò Jenny, ma Irina si accorse che forse non era proprio la verità, << Non è successo niente… >>.

 

Katy e Irina si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi entrarono nelle rispettive auto.

 

<< Ci vediamo domani a lezione >> disse Irina, allacciando le cinture di Tommy. Si sedette al posto di guida e accese il motore.

 

Jenny si avvicinò e le bisbigliò, sorniona: << E ricordati… “Non vedo l’ora” >>

 

Irina sbuffò, le rivolse un ultimo saluto e partì, diretta a casa.

 

Era leggermente stupita del suo comportamento: Xander era riuscito a toccarla… Incredibile, di solito non amava il contatto fisico con nessuno che non fosse Tommy, o le sue amiche. Persino Max non la sfiorava quasi mai.

 

Xander assomigliava troppo a William: nei modi di fare, nel tono della voce, nel modo di porsi con la gente… E la cosa la spaventò un po’. Proprio grazie al suo fascino magnetico, lo Scorpione era riuscito a guadagnarsi la sua fiducia per poi togliersi la maschera e rivelarsi per ciò che era. Lei ci era caduta, a suo tempo, ed era l’unico errore che non era ancora riuscita a perdonarsi.

 

Non sapeva se Xander stesse solo giocando o meno, ma il comportamento di quella mattina l’aveva lasciata senza parole…

 

Sorrise, ferma al semaforo, mentre ripensava alle poche parole che si erano scambiati sulla spiaggia, e si era sentita stranamente bene, tranquilla, anche se molto imbarazzata. Da quanto tempo non succedeva?

 

Due anni… Due anni, da quando aveva incrociato per la prima volta William Challagher… Da quando credeva di essersi innamorata di lui. Da quando aveva capito che aveva commesso il più grande errore della sua vita, e che non poteva tornare più indietro. Da quando quella specie di sogno si era trasformato in un incubo…

 

William e Xander erano uguali: belli, ricchi, intelligenti, affascinanti… Forse addirittura perfetti, ai suoi occhi. Entrambi in grado di ottenere sempre quello che volevano, in grado di farsi piacere dalla gente.

 

Aveva già sbagliato una volta, e non voleva commettere lo stesso stupido errore. Doveva stare lontana da Xander, perché sapeva che, se solo avesse voluto, sarebbe riuscito a farla innamorare di lui. Non voleva scoprire che alla fine aveva sbagliato ancora, come sempre nella sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: sì, povera Irina. Soffre in silenzio solo perché ritiene di essere lei stessa la causa dei suoi guai. Nessuno sa tutto di lei, all’infuori di lei stessa. E Max… Sì, Max le vuole bene, ma la considera solo come una sorella, e questo lo rende molto più affidabile. Come vedi, Xander è riuscito a convincere Irina a continuare a vedersi, nonostante lei abbia comunque paura. E il motivo è più che chiaro, soprattutto in questo capitolo. Tuttavia, non è così superficiale da continuare a metterla in pericolo a cuor leggero: si è accorto che c’è ancora qualcosa che Irina non ha detto, qualcosa che non è ancora venuto fuori. Ed è disposto ad attendere, ad aspettare. Irina ha tanti segreti, e lui li vuole scoprire tutti. Quando a William… Bé, lei “gli appartiene”, come non smette mai di ricordare, e questo comporta molte e troppe cose… Più avanti sarà tutto più chiaro, come sempre. Un bacio enorme, a te e alla tua fedeltà alla storia!

 

EmilyDoyle: bentornata! Non ti preoccupare per non aver recensito, ti capisco. Comunque, Xander la salverà, questo è sicuro! E dopo questo capitolo ci metterà molto più impegno, vedrai! Un bacio!

 

Kicici: benvenuta! Sono molto contenta che ti piaccia la mia storia, e lo sono altrettanto per il fatto che hai speso un pomeriggio intero per leggerla tutta! In effetti, come argomento è abbastanza inusuale, ma mi piaceva troppo l’idea per non provare. Ogni tanto bisogna anche osare. Lo schema, come dici tu, è già visto e rivisto, ma ho cercato di renderlo un po’ meno scontato con un’ambientazione fuori dal comune, cercando di coniugare azione e sentimento in un’unica storia. Fammi sapere se continua a piacerti! Un bacio!

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII

Capitolo XII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Casa di Xander

 

Jess camminava avanti e indietro nel soggiorno, il cellulare in mano e l’espressione persa. Xander, spaparanzato sul divano di pelle, lo guardava perplesso e divertito.

 

<< Cioè… Io non capisco >> stava dicendo l’informatico, << Ti giuro, non mi è mai capitata una cosa del genere… Mi sono imbambolato appena l’ho vista! >>.

 

Si stava riferendo a Jenny, l’amica dai capelli neri di Irina. Da quando erano tornati dalla spiaggia, gli era sembrato leggermente irrequieto, e aveva capito subito qual’era il motivo.

 

<< Quindi vi siete allontanati per poter parlare in santa pace? >> domandò Xander, il sopracciglio inarcato.

 

<< Veramente all’inizio pensavo che lei avesse intuito la storia fra te e Irina… >> rispose Jess, << Infatti io pensavo che mi avesse chiesto di seguirla per potervi lasciare da soli… Invece era tutt’altro motivo >>.

 

<< Quindi? >> chiese Xander.

 

<< Quindi ci siamo baciati >> disse Jess.

 

Xander lo fissò sbalordito. << Stai scherzando, vero? >>.

 

<< No >> ribatté Jess, << Non sono mai stato così sincero in vita mia >>.

 

“Cazzo, questi due corrono davvero… Non si sono mai visti in tutta la loro vita e si baciano, e io l’unica cosa che sono riuscito a fare è sfiorare Irina un paio di volte, in un mese che sono qui… Inizio a preoccuparmi”.

 

<< Cosa ti è preso? >> domandò Xander, ancora sotto shock.

 

<< Non lo so >> rispose l’informatico, << Ho perso la ragione… >>.

 

Xander si portò le braccia dietro la testa e sospirò. Almeno Jess non doveva farsi tutti i problemi che si faceva lui… Lui era “normale”, e Jenny era una ragazza “normale”. Irina era tutto tranne che una qualsiasi, invece.

 

<< Vabbè, i numeri di telefono ve li siete scambiati… >> disse, << Quindi siete interessati… Telefonale e uscite insieme >>.

 

Era leggermente irritato per il fatto che Jess fosse stato molto più rapido di lui. In quattro e quattrotto aveva fatto molto più di quello che aveva fatto lui in un mese. Di solito i ruoli erano invertiti.

 

Jess si voltò verso di lui. << E voi? Avete flirtato abbastanza? >> chiese.

 

Xander sbuffò. << Non abbastanza… O forse non tanto quanto voi >> rispose, secco.

 

Per fortuna il cellulare squillò, impedendogli di sentire i commenti sarcastici dell’informatico. Sperò fosse Irina, invece sul display c’era scritto “William Challagher”.

 

<< Pronto? >>

 

<< Alexander, sono lo Scorpione >>

 

<< Dimmi >>

 

<< Ho pensato che questa sera potresti sfidare il Cobra… Ti senti pronto? >> domandò William.

 

<< Certo. Dove? >>

 

<< Dalton Beach, alle 23.00 >>

 

<< Perfetto, A stasera, allora >>

 

Chiuse la telefonata e guardò l’informatico.

 

<< Era Challagher… >> disse Xander, << Stasera sfido il quarto >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Dalton Beach

 

Irina attendeva la tanto sospirata gara tra Xander e Jim Whitman appoggiata alla Punto bianca, parcheggiata a bordo strada. William, di fianco a lei, parlava con Dimitri e Hanck. In mezzo alla strada, parcheggiata sulla linea di partenza, la Dodge Viper verde ramarro, sola. Xander non era ancora arrivato.

 

C’era molta gente, in giro. Ormai Xander era diventato un fenomeno, e le scommesse si moltiplicavano a dismisura: qualcuno credeva che ormai il gioco stesse terminando anche per lui. Il novellino era dato per spacciato.

 

Il rumore di un motore giunse alle sue orecchie, e vide comparire in fondo alla strada la Maserati Graturismo nera di Xander, i fari accesi nella notte. Si fermò di fianco alla Viper e il ragazzo scese dalla macchina.

 

<< Scusate il ritardo >> disse, << Sono stato fermato dalla polizia per un controllo >>.

 

<< Figurati >> ribatté William, << Nessun problema… Hanck, chiama Jim >>.

 

Hanck sparì un momento, poi tornò insieme a un uomo di circa trent’anni, pelato e dallo sguardo viscido.

 

<< Scorpione, Fenice, Mastino >> salutò rispettosamente, con un cenno del capo, poi si rivolse a Xander: << Sei tu il novellino? >>.

 

Irina guardò Xander rimanere impassibile davanti al Cobra. Provò la forte tentazione di dire qualcosa, ma rimase in silenzio.

 

<< Se pensi che io sia un novellino… Sì, sono io >> rispose lui.

 

<< Che gara volete? >> domandò William.

 

<< Circuito, due giri >> rispose Whitman.

 

<< Alexander, sei d’accordo? >>

 

<< Mi va benissimo >>

 

Le gettò un’occhiata come se volesse dirle qualcosa, e lei sorrise impercettibilmente. Non riusciva a togliersi dalla testa la mattinata passata sulla spiaggia…

 

Xander e Whitman raggiunsero le auto, mentre William decise di dare il via. Irina rimase appoggiata alla Punto, vicino a Dimitri.

 

Il russo la guardò con la coda dell’occhio, le braccia incrociate.

 

<< Chi credi che vincerà? >> domandò con il suo solito tono di voce basso e roco.

 

<< Tu cosa pensi, invece? >> ribatté lei.

 

<< Che molto probabilmente me lo ritroverò in gara >> rispose secco Dimitri.

 

<< Pensi che batterà anche me, allora? >> domandò Irina.

 

In quel momento, le due auto partirono a razzo, lasciandosi dietro strisce nere sull’asfalto. Sparirono dietro l’angolo, seguite con gli occhi dallo Scorpione.

 

<< Sì, ti batterà >> rispose il russo, << Anche perché tu mi sembri propensa a farlo vincere… >>.

 

Irina si voltò a guardare Dimitri, gelido come un cubetto di ghiaccio. Che sospettasse qualcosa?

 

<< Non lo lascerò vincere >> ribatté secca, << Ma so riconoscere quando qualcuno è più forte di me… >>.

 

Dimitri fece una smorfia. << Anche io, se per questo >> disse, << E credo che William gli stia lasciando un po’ troppo spazio libero… >>.

 

Irina sorrise mentalmente: il russo iniziava a temere Xander. << Paura, Mastino? >> chiese, sarcastica.

 

<< Non ho nulla da temere da quel novellino >> rispose Dimitri, << Potrà battere te, ma non me >>.

 

Le dava fastidio sentire Xander chiamato in quel modo. << Penso tu possa smettere di definirlo novellino. Ormai sta sfidando il quarto, e ha dato prova di cosa è capace >>.

 

Dimitri le gettò un’occhiata insospettita, e Irina si pentì di quello che aveva detto.

 

<< Sta attenta a quello che dici, Fenice >> sibilò, << Perché potrei pensare che tu stia sperando che Alexander riesca ad arrivare allo Scorpione… >>.

 

Cazzo, perché non sono stata zitta?” pensò la ragazza, preoccupata.

 

Di tutti coloro che facevano parte del giro di William Challagher, Dimitri era l’unico che si poteva dire che fosse veramente fedele allo Scorpione, al di là dei soldi. Erano amici da tanto tempo, e avevano scalato la lista insieme. Il russo non l’aveva mai voluta tra loro, fin dall’inizio. Era una delle poche questioni su cui aveva avuto da ridire con William: la riteneva solo una ragazzina con un bel fisico e nient’altro, e secondo lui ridicolizzava loro, i piloti uomini. Alla fine aveva dovuto cedere, ma Irina sapeva che aspettava l’occasione di metterla in cattiva luce davanti a Challagher e farla sbattere fuori. Era uno dei pochi che non rispettava Fenice come avrebbe dovuto, perché William gli aveva mai detto nulla.

 

Ora che rischiava di scoprirsi, Irina decise di soppesare attentamente le parole. << Penso solo che sia stupido chiamarlo con quel soprannome >> spiegò, neutra, << Serve solo a provocarlo, no? Dategli un vero soprannome, visto che lo ritenete così forte >>.

 

Dimitri gli lanciò un’ultima occhiata, e rimase in silenzio. In quel momento la Maserati e la Viper passarono davanti a loro, fianco a fianco, dopo aver terminato il primo giro. William stava seguendo la gara dall’altra parte della strada, discutendo con Clarck, l’uomo delle scommesse.

 

Ancora appoggiata alla Grande Punto, Irina attese spasmodicamente la fine della gara.

 

Avanti Xander, ce la fai…”.

 

Sentì il rumore di un motore, in lontananza. Guardò verso l’angolo della strada, vedendo baluginare i fari a led di un’auto. Era ancora troppo lontana, per capire chi fosse, ma con il cuore in gola vide i riflessi verdi sulla carrozzeria…

 

Si sporse per vedere meglio, sentendo tutte le speranze che aveva accumulato fino a quel momento svanire… Era la Viper di Whitman, con il muso schiacciato e il parabrezza crepato, ma era lei.

 

Ha perso…” pensò Irina.

 

Poi si aggiunse un altro rumore, un suono che le sembrò musica. Dall’angolo, con una derapata, comparve la Maserati nera a tutta velocità. Uscita dalla curva, accelerò e raggiunse in un attimo la Viper, superandola a destra…

 

L’auto di Whitman, ridotta a un rottame, non riuscì a fermarlo. Xander superò il traguardo sotto lo sguardo allibito di Irina, inchiodando davanti a lei. Si sporse dal finestrino e disse, tranquillo: << Scusate, avevo sbagliato strada >>.

 

Persino William sembrò sorpreso, poi scoppiò a ridere. Raggiunse Xander mentre Whitman fermava l’auto vicino alla Maserati.

 

<< Come hai fatto a sbagliare strada? >> chiese, divertito.

 

<< Mi ha chiuso in curva, ho dovuto fare una deviazione per evitare di schiantarmi… >> rispose Xander, scendendo dall’auto, << Ho allungato un po’, ma sono arrivato lo stesso >>.

 

Si avvicinò alla Viper e guardò Whitman uscire con aria dolorante. << Tutto bene? >> chiese.

 

Jim grugnì qualcosa, poi sventolò la mano e girò intorno alla sua macchina per valutare i danni.

 

Irina rimase immobile a bordo strada a guardare Xander e William che parlavano tra loro, ridacchiando. Gli avrebbe buttato le braccia al collo, se non ci fosse stato nessuno nei paraggi. Per un attimo aveva creduto che fosse finito tutto, e poi lui esordiva con un “Scusate, avevo sbagliato strada” come se niente fosse? Le aveva fatto venire un infarto!

 

Mentre Xander tornava alla sua auto, le rivolse una strana occhiata, e lei arrossì di colpo. Imprecando mentalmente si chiese cosa le fosse preso e si voltò di spalle per evitare di farsi vedere. Dimitri, però, sembrò notare qualcosa di strano: la guardò con la coda dell’occhio, ma non disse nulla e raggiunse William.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander gettò un’occhiata a Irina, ma la vide voltarsi di spalle di scatto. Rimase interdetto per un momento, poi si accorse che era arrossita. Sorrise e salì in macchina, continuando a guardare la ragazza.

 

Ti faccio questo effetto?” si chiese, divertito.

 

Era appoggiata alla Punto bianca, e guardava dall’altra parte con l’aria di non avere nessuna intenzione si voltarsi dalla sua parte. Forse era imbarazzata per quello che era successo la mattina…

 

Quindi non gli era proprio insensibile. Una reazione del genere non l’avrebbe avuta se non gliene fosse fregato un fico secco, no?

 

Challagher e il russo le si avvicinarono, e lei fu costretta a voltarsi. Evitò deliberatamente di guardare dalla sua parte e scambiò un paio di parole con lo Scorpione.

 

Avanti, digli che vieni… Ti rapisco di nuovo, e stavolta non ti rilascio per un bel po’…

 

Nascosto dietro i vetri oscurati della Maserati, poteva starla a guardare senza aver paura di essere beccato da qualcuno. Challagher aveva detto che sarebbero andati tutti al Gold Bunny a bere qualcosa, e molto probabilmente stava dicendo a Irina del loro programma.

 

In mezzo a quei due, Irina sembrava piccola, troppo piccola per essere una pilota clandestina. Capì perché la chiamavano “bambina”: tra Challagher, Dimitri e tutti quei mezzi criminali da strapazzo i suoi vent’anni non erano niente. Era troppo giovane per fare quella vita, così come lo era per badare a un bambino piccolo… Ed era troppo bella per passare inosservata.

 

La condanna di Irina era anche la sua fonte di salvezza: tutti la scrutavano, la mangiavano con gli occhi, perché lei sortiva l’effetto che hanno gli oggetti proibiti per coloro a cui è vietato prenderli… E più una cosa viene proibita, più viene desiderata. Se non fosse stato per il terrore che incuteva Challagher, tanti non ci avrebbero pensato due volte a portarsela a letto senza tante cerimonie.

 

Questo è l’ultimo posto in cui dovresti stare

 

Xander vide Irina scuotere la testa, e dire qualcosa a William. Lui rimase un momento in silenzio, poi le rispose. La ragazza aggiunse qualcosa, poi lo Scorpione la tirò a sé e le diede un bacio a fior di labbra, voltandosi poi proprio verso di lui.

 

Xander si irrigidì di colpo, ricordando all’improvviso che Irina “stava” con William… E sapere che lui l’aveva baciata, ci era andato a letto e aveva il pieno accesso alla sua vita lo mandò in bestia. Cazzo, era un maledetto figlio di puttana e non si meritava una come lei.

 

Distolse lo sguardo, poi vide passare la Punto bianca vicino a lui. Irina lo salutò con la mano e sparì nel buio.

 

Non viene…” pensò, sconfortato.

 

Scoprire che Irina non sarebbe venuta al Gold Bunny gli tolse la voglia di andarci. Sbuffò, infastidito, e attese che William si avvicinasse a lui.

 

<< Niente Fenice, stasera >> disse, secco, << Troviamoci lì… Ah, devi offrirmi da bere: ero l’unico che ha scommesso sulla tua vittoria >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.00 – Università

 

<< Quindi ieri sera siete usciti insieme? >> domandò Irina stancamente, guardando Jenny seduta di fianco a lei.

 

<< Sì >> rispose l’amica, euforica, << Siamo andati a mangiare qualcosa… E’ stato molto carino, sai? >>.

 

<< Immagino… >> borbottò Irina.

 

Jenny e Jess erano usciti insieme, alla fine. Avevano fatto tutto un po’ troppo in fretta, per i suoi gusti, ma l’amica sembrava così felice che non poteva darle torto. Era contenta per lei, ma non riusciva a darlo a vedere. Per la testa aveva altro.

 

Io sono la prossima…” le venne da pensare.

 

Xander aveva battuto Whitman, e ora sarebbe toccato a lei gareggiare contro di lui. Non era la sconfitta, a preoccuparla… Era il fatto che doveva vederlo di nuovo.

 

Non era andata al Gold Bunny proprio per quello. Il comportamento tenuto da Xander in spiaggia l’aveva spaventata: perché l’aveva trattata così? Era stato gentile, carino, dolce…

 

Picchiettò la matita sul banco con aria triste.

 

<< Che hai? >> domandò Jenny, a bassa voce.

 

<< Niente >> rispose lei.

 

<< Avanti… Jess mi ha detto che ieri sera hai visto Xander… >> incalzò Jenny.

 

<< Non ci siamo parlati >> tagliò corto Irina, << Ha fatto la sua gara e poi me ne sono andata >>.

 

Jenny sembrò stupita. << Perché? >>

 

<< Perché ho deciso così e basta >> ribatté Irina, secca.

 

Jenny diventò seria. << E’ successo qualcosa? >> domandò, preoccupata.

 

<< No >>

 

<< Allora perché cerchi di evitarlo? >>

 

<< Perché non ho capito cosa vuole da me >> rispose Irina, << Prima mi aveva chiesto di aiutarlo… E non ne aveva bisogno. Adesso si comporta così… Non capisco >>.

 

Jenny sorrise impercettibilmente. << L’ho visto solo una volta, ma Xander mi sembra un bravo ragazzo >> disse, << Forse vuole solo… Bé, Irina, non hai pensato che potrebbe essere interessato a te? >>.

 

Irina scosse la testa, ma in realtà lo aveva capito. No, non voleva accettare quella ipotesi, perché Xander rischiava troppo.

 

Rimase in silenzio, fissando il foglio vuoto. Ormai gli aveva detto che a Las Vegas ci sarebbe andata, e non poteva rimangiarsi la parola. Oltretutto, William la voleva lì. Però, avrebbe preferito non andarci: sarebbe stata in stretto contatto con Xander per diversi giorni…

 

Jenny la lasciò in pace a rimuginare sui suoi problemi fino alla fine della giornata. Non disse praticamente nulla, e quando tornò a casa fu felice di essere completamente sola. Si sedette sul divano, il telefono cellulare buttato malamente sul tavolino.

 

Doveva evitare Xander, era la cosa migliore da fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Casa di Xander

 

Mi sta evitando” pensò Xander, seduto sul divano, solo.

 

Era da domenica sera, quattro giorni prima, che non aveva né visto né sentito Irina. Non si era presentata a nessuna gara, e non l’aveva vista nemmeno con William. Si era quasi volatilizzata.

 

Forse aveva sbagliato, quella mattina in spiaggia. Era stato troppo esplicito? No, non aveva fatto nulla di particolare, se non qualche complimento. Non aveva gradito la sua attenzione?

 

Ok, adesso prendo la situazione in mano e la chiamo… Vediamo cosa fa se le chiedo di uscire…

 

Afferrò il telefono e chiamò.

 

<< Pronto? >> rispose la ragazza dall’altra parte della linea.

 

<< Ciao Irina, sono Xander >>

 

<< Ciao Xander… >> disse lei, << Di cosa hai bisogno? >>.

 

<< Di nulla. Volevo fare quattro chiacchere con te, dopo domenica. Non abbiamo avuto modo di parlare della gara… Ti va se usciamo a mangiare qualcosa insieme? >>.

 

Irina rimase in silenzio per un momento, poi rispose: << Ti ringrazio per l’invito, ma non ho nessuno che mi tiene Tommy… E comunque è meglio così, perché ho paura che qualcuno sospetti qualcosa >>.

 

“Perfetto, non vuole vedermi”.

 

<< D’accordo… Allora faremo per un'altra volta… >>

 

<< Va bene. Ti saluto Xander, ho una cosa da fare >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina chiuse la telefonata e guardò fuori dalla finestra di camera sua, amareggiata. Xander l’aveva chiamata e le aveva chiesto di uscire…

 

Si voltò e rimase pietrificata: suo padre era in piedi sulla soglia, e la fissava. Aveva sentito tutto.

 

<< Che fai qui? >> domandò, con un filo di voce.

 

Todd grugnì, le rivolse un’occhiataccia e se ne andò.

 

Sono finita” pensò, “Se lo va a dire a William sono finita”.

 

Chiuse la porta e appoggiò l’orecchio sul legno, per sentire se suo padre stava telefonando a qualcuno. Nel corridoio regnava il silenzio.

 

Tommy non c’era: lo aveva lasciato da Sandra, perché aveva intenzione di andare a fare una gara, quella sera. La motivazione che aveva dato a Xander era solo una scusa per non vederlo. Meno lo incontrava, meglio era.

 

Seduta a tavola, Irina osservava di sottecchi suo padre che mangiava in silenzio guardando la televisione. Aveva paura che si fosse accorto che si vedeva con Xander, e che potesse dirlo a William…

 

La bottiglia di birra che Todd aveva davanti al piatto era vuota, ed era la quarta che beveva. Voleva cercare di fare conversazione, ma sapeva che quando suo padre si imbottiva di alcool era intrattabile.

 

Tornò a guardare nel suo piatto, ascoltando le notizie del telegiornale.

 

<< Dammi un’altra birra >> grugnì Todd.

 

<< Ne hai bevute già quattro… >> mormorò Irina, << Ti fanno male… >>.

 

<< Sta zitta è prendila >> ribatté suo padre.

 

Irina si alzò e raggiunse il frigorifero, prese la bottiglia e tornò a tavola. Suo padre la stappò gettandole uno sguardo di sbieco, senza dire nulla.

 

Mezz’ora dopo, Denis rientrò a casa. Irina gli preparò da mangiare poi salì in camera a vestirsi per la gara. Controllò il cellulare, e scese di sotto senza che nessuno si accorgesse di nulla.

 

Todd era seduto in soggiorno, spaparanzato sul divano. Guardava ancora la Tv, così Irina non lo disturbò e uscì senza salutarlo. Denis doveva essere in camera sua.

 

Raggiunse la Punto parcheggiata in garage, accese il motore e la tirò fuori, fermandosi sul vialetto. Poi scese per andare a chiudere la saracinesca, ma sentì qualcuno chiamarla.

 

<< Ehi! Dove stai andando? >>.

 

Irina si voltò. Suo padre la raggiunse a grandi passi, visibilmente alterato.

 

<< Cosa c’è? >> chiese lei.

 

Senza preavviso, Todd le rifilò una sberla in faccia, prendendola alla sprovvista. Indietreggiò, senza parole, finendo seduta sul cofano della Punto.

 

<< Dove cazzo stai andando, eh? >> chiese suo padre, sotto l’effetto dell’alcool, << Con chi ti devi vedere, eh? >>.

 

Irina cercò di rimanere calma, ricordandosi di come doveva gestire la situazione. Non era la prima volta che suo padre aveva una reazione del genere, dopo aver bevuto.

 

<< Sto solo andando a fare una gara… >> balbettò.

 

Todd le diede un altro schiaffo, infuriato. Irina cercò di evitarlo, ma era talmente spaventata che rimase bloccata. Finché non sentì lo stridore di gomme sull’asfalto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander inchiodò la Maserati di colpo.

 

Vide la Grande Punto bianca di Irina ferma vicino al ciglio della strada, i fari e il motore accesi. E la ragazza, seduta sul cofano dell’auto, sovrastata da suo padre. E proprio suo padre la colpì in pieno viso con uno schiaffo che avrebbe fatto girare la testa a un uomo adulto.

 

Senza pensarci due volte, scese dall’auto e lo raggiunse. Afferrò l’uomo per le spalle e lo spinse via, mettendosi tra lui e la ragazza.

 

<< Mettile di nuovo le mani addosso e te le ritrovi da tutta un’altra parte >> sibilò, incazzato.

 

L’uomo lo guardò sorpreso, facendo fatica a metterlo a fuoco. Doveva aver bevuto, perché aveva il volto arrossato.

 

<< Xander! >> gridò Irina, mettendosi davanti a lui, << Togliti, per favore >>.

 

Xander la guardò: sembrava stare bene, ma aveva un leggero rivolo di sangue che le colava dal naso. Lo fissava risoluta, quasi arrabbiata. La scostò delicatamente e fronteggiò suo padre.

 

<< Levati dai coglioni >> disse quello, << Fatti i cazzi tuoi. Nessuno ti ha autorizzato a venire di nuovo qui >>.

 

<< E’ troppo facile prendersela con una ragazza >> ribatté Xander, << Prenditela con me, figlio di puttana >>.

 

Irina si mise di nuovo in mezzo. Gli mise le mani sul petto e lo spinse delicatamente indietro. << Va’ via, per favore >> mormorò, << Non fare lo stupido >>.

 

In quel momento uscì di casa anche un altro ragazzo, molto probabilmente uno dei fratelli di Irina. Si diresse verso di loro, confuso.

 

Xander prese la ragazza per un gomito e le disse: << Sali in macchina >>

 

<< Xander… >>

 

<< Sali in macchina e basta >> ordinò lui secco.

 

Irina gli rivolse un’occhiata spaventata, poi fece per allontanarsi, ma suo padre l’afferrò per un braccio. Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, Xander gli sferrò un pugno in piena faccia, facendolo cadere a terra.

 

<< Xander! >> gridò Irina.

 

Era incazzato come una belva. Non poteva sopportare che qualcuno mettesse le mani addosso a Irina, soprattutto se quel qualcuno era suo padre. Il fratello soccorse Todd, terrorizzato.

 

<< Quando tuo padre si sveglierà, digli che non ho finito con lui >> disse minaccioso, << E se prova a toccarla di nuovo, il naso sarà il minimo che potrò rompergli, chiaro? >>.

 

Girò sui tacchi e tornò indietro, lasciando i due sul selciato con aria sconvolta. Raggiunse Irina, in piedi vicino alla Maserati, e la afferrò per un braccio.

 

<< Sali in macchina >>.

 

La ragazza ubbidì, e lui fece lo stesso. Mise in moto l’auto e partì.

 

Irina non lo guardava, continuando a rimanere in silenzio. Aveva il viso rivolto verso il finestrino, e cercava di nascondere i suoi occhi alla vista.

 

Xander era talmente fuori di sé che non riusciva a parlare. Stringeva così forte il volante che aveva le nocche bianche.

 

“Calmati si disse, “Calmati. Sta bene… Sta bene, ti sei sfogato abbastanza…”.

 

Inspirò un paio di volte, cercando di tornare perfettamente impassibile. Quando ci riuscì gettò un’occhiata a Irina, seduta di fianco a lui, in silenzio.

 

<< Cosa è successo? >> chiese.

 

<< Non dovevi intrometterti >> fu la risposta di Irina.

 

<< Dovevo aspettare che ti spaccassero la faccia?! >> sbottò Xander, ancora livido di rabbia.

 

<< Adesso tutti sapranno che ci conosciamo! >> ribatté Irina, << Salterà tutto, visto che non la pianti di intrometterti nei fatti degli altri! >>.

 

Xander afferrò con una mano il volante, nervoso. Sapeva che Irina aveva ragione, ma non voleva ammettere che al momento gli interessava più la sua incolumità che la missione che gli avevano affidato. Cercò di cambiare discorso.

 

<< Non è la prima volta che succede, immagino >> disse.

 

La ragazza girò di nuovo il viso verso il finestrino, senza rispondere. Sembrava che capitassero tutte a lei: una famiglia scapestrata, un pilota clandestino che la ricattava e un padre che la riempiva di botte. Voleva arrabbiarsi perché non gli aveva detto nulla, ma non ci riuscì: in fondo, chi la obbligava a confessarsi con uno che non conosceva nemmeno da due mesi?

 

<< Senti, riportami indietro >> disse Irina, piano.

 

<< No >>

 

<< Allora fammi scendere >>

 

<< Neanche per sogno >>.

 

La ragazza si voltò a guardarlo, con gli occhi spalancati. Sembrava arrabbiata anche lei. Solo in quel momento si accorse che perdeva ancora sangue dal naso, anche se in modo lieve. Aprì lo sportello del portaoggetti e prese un pacchetto di fazzoletti.

 

<< Tieni >> disse, porgendoglielo.

 

Irina lo non prese, e si voltò di nuovo. Questa volta sembrava si fosse cucita la bocca.

 

<< Vuoi sporcarmi la macchina? >> chiese Xander, con un mezzo sorriso.

 

<< Allora ti conviene farmi scendere >> ribatté lei, secca.

 

Per risposta, Xander accelerò ancora, ma lei non fiatò. Svoltò a destra, diretto a casa. Quando fu davanti alla villetta, si fermò e disse: << Adesso puoi scendere >>.

 

Irina aprì la porta dell’auto, nervosa, e scese. Guardò la casa, dove c’era solo una luce del piano superiore accesa.

 

Xander la prese per un gomito e la tirò dentro casa, impedendole ogni via di fuga. Spalancò la porta della cucina e accese la luce.

 

<< Xander, sei tu?! >> gridò qualcuno di sopra.

 

<< Sì, Jess, sono io! >> rispose Xander, << Continua pure a fare quello che stai facendo, che sono ancora capace di muovermi per casa da solo! >>.

 

Tirò fuori del ghiaccio dal frigorifero e lo diede a Irina e disse, minaccioso: << Se ti muovi da qui, giuro che ti tengo chiusa qua finché la polizia non viene a sfondare la porta, chiaro? >>.

 

Si fiondò in bagno e prese disinfettante e un po’ di cotone, e tornò in cucina, dove la ragazza era ancora immobile nel punto in cui l’aveva lasciata, vicino al tavolo. Senza darle modo di protestare, la prese per i fianchi e la mise seduta sul ripiano di legno. Lei non fiatò, ma abbassò lo sguardo sul pavimento.

 

Xander le prese il mento con una mano, costringendola a tirare su la testa.

 

<< Guarda qui >> disse, << Se fossi arrivato cinque minuti dopo, ti avrebbero spaccato veramente la faccia >>.

 

<< Sono sempre sopravvissuta >> mormorò la ragazza.

 

Xander tornò serio e la guardò negli occhi, ma lei abbassò ancora lo sguardo. La costrinse di nuovo ad alzare la testa, fino a farle guardare il soffitto.

 

<< Il tuo naso non è molto fortunato, o sbaglio? >> disse, cercando di stemperare un po’ la tensione. Poi notò una piccola cicatrice bianca che aveva sotto il mento. << E questa? >> domandò.

 

<< Sono caduta, da piccola >> rispose Irina, e davanti alla sua occhiata perplessa aggiunse: << Sto dicendo la verità. Mio padre non mi tocca quasi mai, non so cosa gli sia preso stasera >>.

 

In quel momento, entrò Jess che guardava per terra, grattandosi la testa pensieroso. Andò dritto dritto verso il frigorifero, senza accorgersi che c’era anche Irina.

 

<< Ma secondo te dovrei invitarla a cena al ristorante, oppure in qualche locale… >> stava dicendo.

 

Poi, alzò la testa e li guardò uno a uno, sorpreso, e biascicò: << Ok, ho scelto il momento sbagliato >>.

 

<< Ecco, appunto >> ribatté Xander, anche se sapeva che l’amico non si era accorto veramente di nulla. Aspettò che uscisse, prima di dire alla ragazza: << Ti fa male? >>.

 

Lei fece di no con la testa, e accettò senza fiatare il ghiaccio che lui le posò sul naso.

 

<< Adesso cosa facciamo? >> chiese lei dopo un po’, con una strana voce nasale.

 

<< Per una volta rilassati, Irina >> ribatté Xander, gettando nel cestino un fazzoletto sporco di sangue. << Alla soluzione ci penseremo più tardi. E, soprattutto, ci penserò io >>.

 

<< Ci sono in mezzo anche io >> sbottò la ragazza, << E siamo stati entrambi due stupidi >>.

 

Xander aprì il frigorifero, e prese una bottiglia di acqua. Ne versò un po’ in un bicchiere e lo porse ad Irina.

 

<< Perché tuo padre ti ha picchiata? >> chiese.

 

<< Mi ha sentito mentre parlavo al telefono >> rispose lei, << E credeva uscissi con te, immagino >>.

 

<< E sarebbe un pretesto per riempirti di botte, questo? >> sbottò, irato.

 

<< Mio padre mi odia, Xander, e beve in continuazione… >> ribatté Irina, come se fosse qualcosa di scarso interesse. << Quelle poche volte in cui è completamente lucido, mi tiene d’occhio per conto di William >>.

 

Xander non si capacitava di come potesse un padre odiare sua figlia, soprattutto se era una come Irina. O era pazzo, oppure, molto probabilmente, un gran bastardo.

 

<< Perché ti odia? >> chiese, sapendo che forse lei non avrebbe risposto.

 

La ragazza infatti scese dal tavolo e gli diede le spalle. Sospirò, poi disse: << Me lo sono sempre chiesto. Non ho mai fatto nulla per farmi detestare. Poi forse ho capito… >>. Tacque, cercando il coraggio di proseguire, << Credo… Credo che sospetti che io non sia sua figlia >>.

 

Xander la guardò, chiedendosi perché le cose peggiori capitano sempre a chi non le merita.

 

<< Perché dovrebbe sospettarlo? >> chiese.

 

Irina sospirò di nuovo. << Non so quasi niente di questa storia, solo quello che hanno voluto dirmi i miei fratelli. Forse mia madre ha avuto una storia poco prima di rimanere incinta di me… Poi però ha troncato tutto, e non chiedermi perché. Può essere che mio padre non sia Todd >>.

 

<< Esiste il test del DNA >> disse Xander, << Potreste farlo… >>.

 

“E se lui non fosse tuo padre, potresti benissimo andartene senza rimorsi… Anzi, potresti benissimo venire con me”.

 

<< No >> rispose subito secca Irina, << Non lo voglio fare… >>.

 

<< Perché? >>

 

<< Perché io lo considero mio padre >> spiegò, << Che lo sia o meno. Se anche non lo fosse, io rimarrei comunque qui. Preferisco non saperlo >>.

 

A Xander sarebbe scappato un sospiro di esasperazione, ma si trattenne. Irina era troppo straordinaria, per essere lasciata al suo destino.

 

Rimasero a guardarsi per qualche secondo, poi lei disse: << Riportami a casa, per favore >>.

 

<< Per lasciare che ti riempiano di nuovo di botte? Nemmeno per scherzo >> ribatté, secco.

 

<< Non posso rimanere qui >> disse lei, << Peggioreremo ancora di più la situazione >>.

 

<< Ti riporto domani mattina >> disse, sperando di convincerla.

 

<< No, riportami adesso. Se rimanessi qui anche di notte, lo sai cosa penserebbero, vero? >>. Sorrise.

 

Lo so cosa penserebbero… Ma non me ne frega proprio un cazzo. A te invece importerebbe”.

 

Sospirò, poi disse: << D’accordo >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.00 – Casa

 

Irina varcò la porta di casa timorosa, sperando che suo padre non sbucasse da qualche parte e saltasse addosso a uno di loro due. Xander era dietro di lei, e chiuse la porta con un colpo secco.

 

Con sollievo, nessuno sembrava aver voglia di accoglierli, ma notò la luce del soggiorno accesa. Xander le diede una leggera spinta, invitandola a guardare nella stanza. Mise la testa oltre la porta, e vide il padre seduto sul divano con una borsa del ghiaccio sul naso, circondato dai fratelli. Quando la videro, Harry si alzò di scatto, ma si immobilizzò di colpo appena vide Xander dietro di lei. Nessuno osò dire una parola, e suo padre si levò il ghiaccio dalla faccia per guardarla.

 

<< Cosa ci fai qui? >> domandò, ogni parola intrisa di odio.

 

<< Senti, papà, facciamo finta che non sia successo niente… >> esordì Irina, cercando di evitare una litigata.

 

<< Esci da casa mia >> la interruppe lui. << Esci da casa mia immediatamente >>.

 

<< Sei tu che devi uscire da casa sua >> si intromise Xander, la voce minacciosa, << Tu e quelli che dovrebbero essere i suoi fratelli >>.

 

Irina si voltò di scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. Non conosceva suo padre, e non sapeva cosa stava rischiando. Lo costrinse ad arretrare di qualche passo, poi disse: << Xander, non intrometterti. Lascia fare a me >>.

 

Lui tacque, ma sembrò costargli molto. Abbassò la testa, tirando un profondo respiro e attese. Irina si voltò di nuovo, e guardò il padre, con il viso ancora sporco di sangue. Voleva sapere se aveva chiamato William per raccontargli cosa era successo, ma non poteva sperare di chiederglielo senza farlo infuriare, o peggiorare ancora di più la situazione.

 

<< Vattene in camera tua >> disse suo padre, senza guardarla.

 

Irina sospirò. Non sembrava avere intenzione di intavolare una discussione, e forse era meglio così. Si voltò lentamente, trovandosi faccia a faccia con Xander, che la scrutava con gli occhi blu. Non si aspettava una vicinanza simile, e la cosa la imbarazzò. Gli mise le mani sul petto e lo spinse nel corridoio, un po’ per farlo uscire, un po’ per allontanarlo da sé.

 

<< Adesso puoi andare >> gli disse.

 

<< Questo lo chiami risolvere la situazione? >> ribatté lui.

 

<< L’ha presa meglio del previsto >> rispose Irina, ignorando la sua frecciata, << Spero solo che non abbia chiamato William… Ma non credo lo abbia fatto, altrimenti sarebbe stato già qui >>.

 

<< D’accordo, me ne vado >> disse infine Xander, << Ma tieni il cellulare acceso, e chiamami in qualunque momento e per qualsiasi cosa, chiaro? >>.

 

<< Chiaro >> disse Irina con un sorriso, divertita e lusingata da quanto fosse preoccupato per lei.

 

Xander si girò, ma prima che lei potesse fermarlo, si infilò in soggiorno e disse, con una voce così minacciosa che lei stessa si spaventò: << Mettetele le mani addosso, e giuro che vi ammazzo >>.

 

Poi uscì dalla stanza e infilò la porta, senza aggiungere altro.

 

Irina, ancora sconcertata, sbirciò nel soggiorno per vedere la reazione di suo padre e dei suoi fratelli: stavano ancora fissando la porta, ed era chiaro che provavano un po’ di paura.

 

Decise che era meglio defilarsi, e salì in camera sua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: a Las Vegas ne succederanno delle belle. Vedrai, ci sarà da ridere! Per il resto, Xander è Xander: troppo furbo per non rendersi conto che c’è ancora qualcosa che non va. Gli servirà tempo per capire, anche perché Irina non ha alcuna intenzione di sbottonarsi. Ritiene di aver sbagliato troppe volte per rischiare ancora. William è stato l’ultimo sbaglio che si è concessa, un errore che non è ancora riuscita a rimediare. Grazie per i complimenti! Un bacio!

 

EmilyDoyle: eh sì, Irina scappa e Xander la insegue, però per il momento lei rimane la più veloce! Per quanto ancora resisterà? Abbastanza per aspettare che Xander se ne vada, oppure cadrà prima? Eh eh, Las Vegas riserverà molte sorprese! E poi, senza la nuova coppia Jess/Jenny nei dintorni… Cosa succederà? Baci!

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Capitolo XIII

Capitolo XIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

'Cause I'm not that kind of girl.
And it's not my kind of world,
no it's not for me
not where I wanna be.

 

[ Not a kind - Anastacia ]

 

 

Perchè io non sono quel tipo di ragazza
e questo non è il mio genere di mondo
No, non fa per me
non è il posto in cui voglio stare

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Casa Challagher

 

William chiuse il bagagliaio della Mercedes SL McLaren argentata, dopo aver caricato l’ultima valigia. Irina attendeva vicino alla portiera, osservando Sebastian, il meccanico dello Scorpione, chiudere il grosso camion che trasportava la Lamborghini Revènton che aveva intenzione di usare per le gare. Dimitri aspettava insieme a Hanck al volante della Lamborghini Murcielago arancione, a pochi metri da loro.

 

Era giovedì, il giorno previsto per la partenza verso Las Vegas, e come promesso, Irina ci sarebbe andata. Sandra le avrebbe tenuto Tommy, e aveva informato le amiche che per qualche giorno sarebbe stata fuori città. William aveva ritenuto che non fosse necessario che venisse con la sua auto, visto che per lei non ci sarebbero state gare.

 

<< Possiamo andare >> disse William, montando in macchina. Irina salì nel lato passeggero e partirono.

 

Raggiunsero l’autostrada, imboccandola rapidamente, uno dietro l’altro. La Mercedes si piazzò sulla corsia di sorpasso, seguita dalla Murcielago, accelerando ben oltre il limite di velocità. Il camion con la Lamborghini rimase subito indietro, e come da accordo li avrebbe raggiunti con più calma.

 

Irina sedeva in silenzio, ascoltando la radio che lo Scorpione teneva a medio volume. La guardò con la coda dell’occhio e disse: << Alexander ti ha già chiesto di sfidarlo? >>.

 

<< No >> rispose Irina, << Pensavo lo facesse, ma non mi ha ancora chiamato… >>.

 

<< Bene >> disse William, << Avrai ancora un po’ di tempo per allenarti >>.

 

Irina sospirò. Da una settimana lo Scorpione l’aveva costretta a correre nel suo circuito privato, dicendole che doveva prepararsi per la sfida con Alexander. Non si era mai comportato in quel modo, e forse iniziava a rendersi conto che il nuovo arrivato aveva le capacità per batterlo. Non le era sembrato preoccupato, ma poteva anche nasconderlo.

 

<< A che ora è il ritrovo? >> chiese lei, per cambiare discorso.

 

<< Alle cinque, al Paradise Hotel >> rispose William, << Stesso posto dell’anno scorso >>.

 

Irina guardò fuori dal finestrino, vedendo sfrecciare via le auto che lo Scorpione superava senza difficoltà. Si mise comoda nell’avvolgente sedile di pelle rosso scuro della Mercedes SL e distese le gambe. Tutto sommato, sarebbero stati quattro giorni abbastanza riposanti, per lei. Niente gare, niente lezioni, niente bambini o familiari a cui badare… Avrebbe dovuto solo prendere parte a qualche festa, ma la mattina avrebbe avuto tutto il tempo di recuperare il sonno perduto. Era una sorta di piccola vacanza.

 

<< C’è anche Boris? >> chiese Irina, appoggiando il braccio sulla portiera.

 

<< Sì >> rispose William.

 

Irina alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Boris era uno dei tanti parenti di Dimitri che vivevano ancora in Russia, uno zio di secondo grado che spacciava droga nei dintorni di Mosca. Lei lo detestava: era una delle persone più viscide, più rozze e volgari che avesse mai conosciuto.

 

William le mise una mano sulla coscia e sorrise.

 

<< Lo so, lo odio anche io >> disse, stranamente comprensivo, << Ma in fondo è lo zio di Dimitri… Facciamo buon viso a cattivo gioco >>.

 

<< Tienimelo lontano >> disse Irina, << Altrimenti non mi faccio problemi a mandarlo a quel paese… >>.

 

William ridacchiò. << D’accordo… Ma sai meglio di me che ha un debole per te… Gli piace provocarti >>.

 

<< Allora digli di non farlo >>.

 

Tutte le volte che qualcuno le dava fastidio, lo Scorpione prontamente lo faceva tacere. Era uno dei pochi vantaggi di “essere la sua ragazza”: se gli chiedeva di tenergli lontano qualcuno, soprattutto se sembrava dimostrare un po’ troppa simpatia nei suoi confronti, William lo rimetteva subito al suo posto.

 

<< Chi cazzo è questo? >> borbottò all’improvviso William, guardando nello specchietto retrovisore.

 

Irina si girò e guardò oltre il lunotto posteriore: una Maserati Granturismo nera li seguiva a ruota, i fari abbaglianti che lampeggiavano. Sorrise, vedendo Xander farle un cenno divertito.

 

<< E’ Alexander >> disse la ragazza, tornando a guardare davanti, ancora sorridendo.

 

William ridacchiò. << Poteva essere solo lui… >> commentò.

 

Rallentò leggermente, mentre la Maserati si affiancava alla loro destra. Irina salutò Xander con la mano e lui rispose nello stesso modo.

 

Diversamente da Boris, era contenta che ci fosse anche Xander. Anche se era lì solo per lavoro, le faceva piacere averlo vicino, perché le dava una stranissima sensazione di sicurezza. Dopo la vicenda di suo padre, una settimana prima, aveva conquistato un posto particolare tra i suoi affetti, inutile negarlo. E poi era troppo bello quando le sorrideva in quel modo tutto suo.

 

William fece qualche gesto silenzioso verso la Maserati, poi sorrise.

 

<< Adesso ci divertiamo un po’… Rendiamo questo viaggio un po’ più movimentato >> disse, sghignazzando.

 

Premette a fondo sull’acceleratore, sfiorando i 240 km/h. La Maserati li seguì a ruota, mettendosi dietro di loro. Irina alzò leggermente il volume della radio, appoggiò la testa sul sedile e si rilassò completamente. La capacità di guidare era l’unica cosa su cui poteva contare, in William.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Las Vegas, Paradise Hotel

 

La Mercedes SL si fermò davanti all’Hotel Paradise, dietro di lei la Maserati nera e la Murcielago. Una mezza dozzina di inservienti in uniforme li attendevano sulla gradinata dell’enorme albergo dalla facciata bianca e dalle ampie finestre a specchio, che riflettevano la luce intensa del sole.

 

Irina scese dall’auto, guardandosi intorno come faceva ogni anno. Non era cambiato niente, dall’ultima volta in cui ci era stata. Las Vegas rimaneva sempre la stessa: la città dei divertimenti, dello svago e degli eccessi. I casinò, i colorati locali alla moda e gli alberghi di lusso si stagliavano all’orizzonte, incorniciati dal cielo azzurrissimo.

 

Tre degli inservienti dell’albergo si occuparono delle valigie, mentre gli altri tre portarono via le auto. William andò incontro a Xander con aria divertita.

 

<< Siamo arrivati con largo anticipo >> disse, << Che fai già qui? L’appuntamento era alle cinque >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Ho imparato che chi arriva si prende la stanza migliore >>.

 

Irina gli sorrise senza farsi vedere, mentre William rise. << Già, hai ragione. Entriamo >>

 

La ragazza raccolse la sua borsa e li seguì dentro, insieme a Dimitri ed Hanck. Senza farsi notare da nessuno, Xander le fece l’occhiolino.

 

Appena misero piede nella hall dell’albergo, tirata a lucido e piena di poltroncine accoglienti, venne loro incontro un uomo di circa cinquantacinque anni, con radi capelli scuri e gli occhi verdi. Indossava un impeccabile completo giacca e cravatta blu scuro, con la camicia azzurra e i gemelli che tenevano i polsini delle maniche d’oro scintillante.

 

<< William! >> gridò, abbracciando il figlio con calore.

 

Irina guardò George Challagher scrutare lo Scorpione con aria allegra, poi posare il suo sguardo molto simile a quello del figlio su di lei. Le baciò la mano con gesto galante e la salutò: << Bentornata, Irina. Sono felice di vederti >>.

 

Lei fece un cenno con la testa, poi si fece da parte e attese che William presentasse Xander, guardando come reagiva davanti alla finta gentilezza di Challagher senior. Lui fu altrettanto affabile, ma le gettò un’occhiata per dirle che aveva capito che quell’uomo era tale e quale a suo figlio.

 

<< Prego, prego >> disse George, facendoli avvicinare al grande bancone degli arrivi, dove un altro inserviente in uniforme li accolse cordialmente, << Fatevi dare i badge per le stanze… Poi scendete a prendere un caffè >>.

 

Irina attese che l’uomo le consegnasse la sua tessera magnetica: camera 245, la stessa dell’anno prima. William gli diede la sua, della stanza 246, e il suo cellulare con il portafoglio e le disse: << Portameli su in camera. Vado a fare due chiacchere con mio padre >>.

 

Irina annuì e prese in consegna gli oggetti, mettendoci più tempo del previsto per aspettare Xander, che stava ritirando la sua chiave. Dimitri e Hanck li precedettero a uno degli ascensori, e sparirono dentro.

 

<< Stanza 211 >> lesse Xander sul badge, affiancandosi a lei, << Piuttosto lontani, eh? >>.

 

<< Sei al piano di sotto >> disse Irina, divertita, << William ti tiene d’occhio >>.

 

<< Già… Chissà perché >> ribatté Xander, soave.

 

Irina premette il tasto dell’ascensore ed entrarono dentro.

 

<< Ti ha dato una suite, sai? >> disse Irina, ricordandosi solo in quel momento che la stanza 211 era esattamente sotto quella di William.

 

Xander le gettò un’occhiata. << Davvero? Come mi tratta bene… In che camera sei tu? >>.

 

<< 245, di fianco a William >> rispose Irina, poi aggiunse maliziosa, << Perché lo vuoi sapere? >>.

 

<< Nel caso soffrissi di insonnia… >> ribatté Xander, ridacchiando.

 

Irina scoppiò a ridere, sapendo che entrambi stavano scherzando. << Sarà il caso di farti portare una camomilla, allora >> disse.

 

L’ascensore si fermò, e Xander le disse: << Ti aspetto sotto tra dieci minuti… >>.

 

Senza neanche pensarci lei annuì, poi pigiò il tasto del piano superiore. Raggiunse la stanza numero 245, aprì la porta ed entrò.

 

La camera era grande, dalle pareti color crema e l’arredamento moderno. Un grande letto matrimoniale campeggiava al centro, con sopra un pacco avvolto in carta rossa e un biglietto. La porta di vetro si apriva su un terrazzino che dava sulla piscina.

 

Incuriosita dalla scatola, Irina prese il bigliettino e lo aprì.

 

“Per la mia bambolina… Indossalo domenica sera per la festa

 

Irina aprì il pacco: era un vestito, blu oceano, dalle spalline sottili e il corpetto aderente, con piccoli brillantini sullo scollo diritto. Bellissimo, ma forse troppo provocante per lei.

 

Sospirò. Tutti le dicevano che con il blu stava benissimo, perché faceva un bel contrasto con la sua pelle chiara, ma lei non si piaceva. Né con il blu, né con nessun’altro colore. Né quando indossava abiti normali, né quando si agghindava per andare alle feste. Rifiutava qualsiasi parte del suo corpo, e metterlo in mostra per lei era solo fonte di imbarazzo e irritazione. Ma William questo non lo aveva mai capito, come troppe altre cose.

 

Ripiegò l’abito e lo rimise nella scatola, riponendola nell’armadio insieme ai suoi vestiti, tirati fuori dalle valigie che aveva trovato già in camera. Si ricordò di dover lasciare il telefono e il portafogli di William nella sua stanza, così uscì ed entrò nella camera 246.

 

La suite di William era grande il doppio della sua camera, e il bagno ne occupava almeno un terzo. Era dotata di ogni confort possibile, e in un angolo era incassato un grosso frigobar sempre a sua disposizione.

 

Irina lasciò il telefono e il portafogli sul letto, uscì e si richiuse la porta alle spalle. Guardò l’orologio e raggiunse l’ascensore, sapendo che sotto la stava aspettando Xander.

 

Lo trovò nella hall, solo, che parlava al telefono con qualcuno, forse con Jess. Le fece un cenno e le disse di aspettare un momento, così lei attese in silenzio appoggiata al muro.

 

<< Sì, ci sentiamo stasera >> disse Xander, << Stai tranquilla… Va bene, ciao >>.

 

Sentire che stava parlando con una donna le fece venire in mente una cosa: magari aveva una ragazza, nascosta da qualche parte. Un tipo come lui difficilmente si sarebbe ritrovato da solo.

 

<< Scusami >> disse Xander, << Ho finito >>.

 

Irina sorrise. << Figurati… La fidanzata è preoccupata? >> domandò, divertita e un po’ curiosa.

 

Xander la guardò, sorpreso. << Oh… No. Veramente era mia madre… >> spiegò, come se la cosa lo infastidisse, << A volte è un po’ invadente… E comunque, se avessi una ragazza sarebbe molto meno preoccupata… >>.

 

Irina sorrise e raggiunsero il grande bar della piscina, dove William e suo padre stavano parlando seduti a un tavolino di metallo, sorseggiando un drink con ghiaccio sotto un ombrellone.

 

<< Vieni, mia cara >> disse George, cedendole galantemente la sua sedia, << Siediti. Cosa gradisci? Qualcosa di fresco? >>.

 

<< Sono a posto così, signor Challagher >> rispose Irina, infastidita dalla finta cortesia che quell’uomo ostentava sempre con lei, << La ringrazio comunque >>.

 

Xander si sedette di fianco a loro, mentre William domandava a lei: << Ti è piaciuto il mio regalino? >>.

 

Irina annuì stancamente, e notò che Xander la stava guardando.

 

<< Quindi tu sei l’ultimo arrivato >> disse George, guardando Xander ammirato, << Maserati Granturismo, auto di classe… Arrivi da New York, vero? >>

 

Xander annuì, senza aggiungere altro.

 

<< Come mai da queste parti? >> chiese George.

 

Irina gettò un’occhiata a Challagher senior, poi guardò Xander per vedere cosa avrebbe risposto. Lui sorrise con aria noncurante, poi rispose: << Mi sono fatto le ossa a New York, e sono stato anche a Boston… Le gare non erano abbastanza combattute, per i miei gusti >>.

 

George ridacchiò. << Capisco… Bé, qui di certo hai trovato pane per i tuoi denti >>. Guardò l’orologio e poi aggiunse: << Vi devo lasciare… Ho un paio di cose da sbrigare >>.

 

L’uomo si alzò, salutò tutti quanti e sparì nella hall dell’albergo. Anche William sembrò volersene andare.

 

<< Vado a vedere se è arrivato Sebastian >> disse, << Così scarichiamo l’auto… Ci pensi tu, se arriva qualcuno? >>.

 

Irina annuì, poi lo Scoprione gettò un’occhiata eloquente a Xander e se ne andò. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, e bevve dal bicchiere che le era stato posato davanti. Appena William fu sparito dalla circolazione, sorrise.

 

<< Allora, come ti sembra questo posto? >> chiese.

 

<< Non posso lamentarmi di certo >> rispose Xander, appoggiandosi allo schienale della sedia, << Ci sarà da divertirsi >>.

 

<< Vedrai… Non a caso William ha scelto Las Vegas >> disse Irina.

 

Vide qualcuno muoversi oltre la vetrata della hall, e riconobbe la testa nera e la barba altrettanto scura di Boris Goryalef, l’enorme anello d’oro con uno smeraldo incastonato infilato nel dito della mano destra che scintillava alla luce del sole.

 

<< Oh no, ma è già qui? >> borbottò Irina, alzandosi in piedi.

 

<< Chi? >> domandò Xander, seguendo il suo sguardo.

 

Irina sbuffò. << Oh, lascia perdere… Arrivo subito >>.

 

Si diresse verso la hall a passo rapido, entrò e trovò Boris insieme ad altri due ragazzi, forse cugini di Dominic, alle prese con una dozzina di valigie. L’uomo la vide e sorrise, e si intravide uno dei suoi molari d’oro.

 

<< Fenice, eccoti di nuovo qui! >> esclamò, senza tentare di nascondere il suo fortissimo accento russo.

 

<< Stessa stanza dell’anno scorso >> lo interruppe Irina, senza nemmeno salutarlo, << Fatti dare le chiavi all’ingresso >>.

 

Si voltò e fece per andarsene, ma sentì Boris ridacchiare. Si girò di scatto per vedere che aveva da sghignazzare tanto, e si rese conto che ne aveva approfittato per dare una sbirciata al suo fondoschiena. Lo fulminò con gli occhi.

 

<< Pervertito… >> borbottò, poi tornò fuori, dove Xander la aspettava ancora seduto al tavolino.

 

<< Che succede? >> domandò il ragazzo, vedendola tornare arrabbiata.

 

<< Niente… >> rispose lei, sedendosi, << E’ quello stupido di Boris… Lo zio di Dimitri. Te lo presenterà William stasera: cena di ingresso, tutti i piloti allo stesso tavolo >>. Lo guardò, poi si ricordò di una cosa. << Come mai sei venuto prima dell’orario stabilito? >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Così. Ero a casa senza fare niente, e Jess era uscito con Jenny… Ormai fanno coppia fissa >> rispose, << Ho fatto male? >>.

 

<< No >> rispose sorridendo Irina, << Hai fatto bene. Chi mi avrebbe tenuto compagnia, mentre aspetto che arrivino tutti? >>.

 

<< Di sicuro qualcuno lo trovavi >> ribatté sornione Xander.

 

Irina rise. << Meno facilmente di quanto pensi >> disse, << Non mi si avvicina nessuno, quando sanno che c’è William nei dintorni >>.

 

Era una verità di cui si era resa conto, ma la trovava quasi buffa. In fondo non aveva nulla di così particolare da attirare l’attenzione della gente, niente di così attraente da giustificare la gelosia che provava lo Scorpione. Secondo lei non aveva molto di cui preoccuparsi.

 

Sorrise, guardando Xander che la scrutava con quegli occhi così azzurri da lasciarla senza fiato, i più belli che avesse mai visto, così profondi e mai freddi. Era contenta che ci fosse anche lui, così contenta da capire che le piaceva. Le piaceva proprio.

 

<< Perché stai sorridendo? >> chiese all’improvviso lui.

 

Irina si riscosse, arrossì leggermente e distolse lo sguardo. Aveva perso per un attimo la testa.

 

<< Oh, scusa… Stavo pensando a una cosa >> rispose, << Niente di importante >>.

 

Invece è importante… E anche tanto”.

 

<< L’altra volta non te l’ho chiesto… La situazione non era proprio tranquilla >> continuò Irina, << Come mai passavi da casa mia? >>.

 

<< Come mai stavi uscendo? >> ribatté Xander, sorridendo. Non se l’era presa, per la sua piccola bugia…

 

<< Volevo andare a fare una gara >> rispose Irina, sapendo che doveva essere lei a dare per prima le spiegazioni, << L’avevo programmata già da un po’… Sai, volevo approfittarne per pagare ancora qual cosina a William… >>.

 

Xander la guardò. << Uhm… D’accordo, ti credo >>.

 

<< E tu perché eri lì? >> incalzò Irina, vedendo che lui non sembrava intenzionato a continuare.

 

<< Andavo a fare una gara anche io >> rispose alla fine.

 

Irina annuì, ma non gli credette. Proprio per niente. Per la prima volta, non le sembrò sincero. Forse la stava controllando? Forse non si fidava ancora completamente di lei?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Paradise Hotel

 

Xander sedeva poco lontano da Irina, al lungo tavolo della sala da pranzo dell’albergo, vicino a Hanck e Dimitri. Di fianco alla ragazza, William da una parte, e un russo dalla barba scura dall’altra, un tipo che gli era stato presentato con il nome di Boris. L’espressione della ragazza era piuttosto scocciata, segno che avrebbe preferito essere da un’altra parte, in quel momento. Anche perché era l’unica donna del tavolo, e tutti se n’erano accorti.

 

Erano una cinquantina di persone in tutto, e occupavano praticamente per intero la sala da pranzo. Come aveva detto Irina, si trattava di una cena di entrata, per conoscere tutti i piloti che avrebbero preso parte alle gare. Il parcheggio interno dell’albergo infatti era pieno di auto di lusso.

 

Alla fine dell’ultima portata, lo Scorpione tirò fuori un plico di fogli e li porse a Irina. La ragazza li prese gettandogli una rapida occhiata, poi si alzò e iniziò a distribuirli. Arrivata vicino al russo dalla barba scura, gli porse il volantino e l’uomo afferrò il foglio direttamente dalle sue mani; ma appena lei si fu girata, le rifilò una sonora pacca sul sedere, scoppiando a ridere.

 

Xander lo fulminò con lo sguardo. Se solo avesse potuto, quella fottutissima mano se la sarebbe ritrovata da tutt’altra parte… Guardò lo Scorpione per vedere cosa avrebbe fatto, ma lui rimase impassibile. Sorrise con aria divertita, mentre Irina passava in tutta fretta dietro di lui senza dire nulla.

 

Lo Scorpione però girò la testa dalla sua parte, e i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi verdi di William erano accesi da una scintilla di pura gelosia, e Xander si rese conto che molto probabilmente quella era l’unica cosa in cui si sarebbero trovati d’accordo: riempire di botte quell’idiota di un russo.

 

Irina arrivò a lui e gli posò delicatamente il foglio davanti, mettendoci più tempo del dovuto.

 

<< Tutto bene? >> sussurrò Xander

 

<< Tranquillo >> mormorò lei, senza farsi vedere, << Non è la prima volta che lo fa >>.

 

“Figlio di…”

 

Irina sorrise e continuò la sua distribuzione, mentre Xander leggeva il foglio. Era un programma. Il programma delle gare dei giorni seguenti, stilato nei minimi dettagli. Lo mise da parte quando si accorse che William aveva tirato su il bicchiere pieno di champagne, con l’intenzione di fare un brindisi. Irina era tornata al suo posto, e ora lo guardava con una strana espressione.

 

<< A quattro giorni di puro divertimento e prolifici affari per tutti >> disse lo Scorpione, poi bevve tutto d’un sorso. Gli altri commensali fecero altrettanto.

 

William posò il bicchiere e poi sorrise. << Bene, ci aspetta una bella serata… Se avete voglia, avete libero accesso alla piscina. Penso ci sia qualcosa che sarà di vostro gradimento >>. Ridacchiò, poi lasciò il tavolo parlando fitto fitto con Boris, mentre gli altri si dirigevano fuori.

 

La grande e profonda piscina dell’albergo era illuminata in modo davvero suggestivo da lampade colorate, e una decina di ragazze in costume da bagno era sparsa qua e là sui bordi, tutte pronte a mostrare i corpi snelli e provocanti con aria seducente. La musica proveniente dal bar faceva da sottofondo alla scena.

 

Ecco cos’era la sorpresa” pensò Xander, divertito.

 

<< Gradisci? >> domandò qualcuno alle sue spalle.

 

Xander si voltò. Era William. Fece un cenno verso la piscina, dove un paio di ragazze avevano già puntato le loro prede e stavano passando all’attacco.

 

<< Abbastanza >> rispose Xander, cercando con lo sguardo dove fosse Irina. Al momento era lei che cercava…

 

<< Io ti consiglio quelle due >> disse William, accennando a due ragazze identiche, dai lunghi capelli rosso scuro, sedute sul bordo della piscina che li fissavano, << Le gemelle… Due al prezzo di una. Sapranno dove prenderti >>.

 

Ammiccò, poi sparì diretto al bancone del bar.

 

Forse un’altra volta” pensò Xander, guardando le due che lo fissavano fameliche, “Ne preferisco una sola, ma decisamente migliore…”.

 

Si guardò in giro, poi finalmente la vide. Irina era seduta a un tavolo insieme a Boris, e teneva in mano un bicchiere mezzo vuoto. Il russo stava dicendo qualcosa, e lei rispose senza nemmeno guardarlo, evidentemente scocciata.

 

Irritato dalla presenza del russo, Xander andò a sedersi al bancone e ordinò qualcosa da bere. Con la coda dell’occhio guardava Irina e Boris parlare, senza lasciarsi sfuggire le occhiate vogliose che l’uomo le lanciava addosso. Ci sarebbe mancato poco che avesse la bava alla bocca.

 

Dopo venti minuti, Xander iniziò a preoccuparsi: Irina era al quarto bicchiere, e molto probabilmente stava bevendo per cercare di ignorare le chissà quali proposte del russo; lui però continuava a offrirle drink su drink, ridacchiando.

 

Forse era il caso che qualcuno la fermasse, prima che si ubriacasse e finisse veramente nel letto di quel pervertito. Ci impiegò un attimo a trovare una scusa sufficientemente credibile, ma in quel momento sopraggiunse Hanck. La ragazza si alzò un momento, dando le spalle al russo, scambiò un paio di parole con Hanck, e Xander li guardò per capire di cosa stavano parlando. All’improvviso si accorse che Boris stava armeggiando con i bicchieri poggiati sul tavolo, e appena notò il suo sguardo di ghiaccio posato su di lui, ritrasse rapidamente la mano.

 

Irina tornò a sedersi e prima che potesse provare a fermarla, afferrò il bicchiere e bevve un lungo sorso.

 

“Cazzo… Cos’era quell’affare?”

 

Xander si alzò di scatto, li raggiunse e guardò il russo con occhi di fuoco. Poi domandò a lei: << Irina? William vuole vederti… Seguimi >>.

 

Irina si alzò poco convinta, portandosi dietro il bicchiere. Appena furono abbastanza lontani, Xander si voltò a guardarla con aria scettica e disse: << Per stasera hai bevuto abbastanza, mi sembra >>. Le tolse il drink dalle mani e lo posò sul bancone. La ragazza lo guardò senza capire.

 

<< Forse hai ragione… >> disse alla fine, << Grazie per avermi liberato di quello lì… E’ insopportabile… >>.

 

<< Figurati >> ribatté lui, << Cosa voleva? >>.

 

Irina scosse la testa. << Niente… Lascia perdere… Dov’è William? >>.

 

<< Non lo so >> Xander si guardò intorno, poi lo vide seduto insieme ad altre due persone a un tavolo, in disparte. Lo Scorpione fumava una sigaretta con aria annoiata, e gli fece cenno di avvicinarsi. << E’ lì… Credo voglia vada da lui >>.

 

<< Allora non farlo aspettare >> disse Irina, << Io vado a farmi un giretto nei dintorni, per schiarirmi le idee… Ha bisogno di un po’ di silenzio >>. Sorrise e sparì sotto lo sguardo dubbioso di Xander, poco propenso a lasciarla andare in giro da sola. Non aveva voglia di parlare con lo Scorpione, né di allontanarsi da lei.

 

Come ebbe modo di scoprire, William non aveva nulla di importante da dirgli: lo tenne seduto di fianco a lui, parlando di argomenti del tutto futili e a tratti snervanti. Xander ebbe l’impressione che stesse cercando di tenerlo sott’occhio, ma soprattutto lontano da Irina.

 

Dopo un’ora di discussioni che non portarono a niente, Xander riuscì a trovare una scusa e ad alzarsi. Girò per mezz’ora in cerca di Irina, deciso a non farsela scappare più per l’intera serata.

 

Quando ritrovò la ragazza, capì di aver fatto un errore a lasciarla da sola. Stava camminando sul bordo della piscina, e barcollava vistosamente. Tutto quello che si era bevuta iniziava a dare i suoi effetti, ma almeno la nota positiva era che era riuscita a sfuggire alle grinfie di Boris.

 

Senza dare nell’occhio, si avvicinò e la prese per un braccio, tirandola lontana dall’acqua.

 

<< Cosa ti sei bevuta, ancora? >> le sussurrò nell’orecchio.

 

Irina lo guardò, e lui si accorse che forse quella roba che le aveva versato il russo nel bicchiere aveva fatto effetto più di quanto si aspettasse. La ragazza ridacchiò, poi gli cinse le spalle con un braccio. Gli avvicinò la bocca all’orecchio e mormorò: << Non lo so… Non mi ricordo… >>.

 

Ridacchiò ancora, rimanendogli aggrappata addosso perché barcollava decisamente un po’ troppo. Il contatto con quel corpo perfetto risvegliò in lui qualche istinto non proprio irreprensibile.

 

Mi sa che è meglio che ti porti via di qui…”.

 

Le cinse la vita sottile con un braccio e la spinse dentro la hall dell’albergo, cercando di non farsi vedere da nessuno. Irina protestava che voleva rimanere fuori, ma lui la costrinse a sedersi su una delle poltrone dell’ingresso. La ragazza appoggiò la testa sullo schienale, ridacchiando.

 

<< Hai la chiave della tua stanza? >> domandò Xander, deciso a riportarla in camera sua.

 

Irina sorrise, con gli occhi chiusi, e si frugò nella tasca dei jeans. << Non so dove l’ho lasciata… >> biascicò, << Ma io non ci voglio andare, in camera… Vieni a fare il bagno con me? >>

 

Xander la guardò, divertito: aveva le guancie rosse. Gli veniva da ridere, pensando in che stato si trovava la ragazza, sempre piuttosto “tenuta”. Questa volta aveva fatto male i suoi calcoli, e aveva bevuto più di quanto credesse di essere in grado di sopportare.

 

<< Te ne devi andare a dormire >> disse lui.

 

Irina si alzò, forse diretta alla piscina. Xander l’acchiappò prima che potesse andarsene.

 

<< No, non voglio andare a dormire… >> protestò Irina, abbracciandolo, << Non ci voglio andare… Dai, poi c’è William… >>.

 

La ragazza gli stava aggrappata al collo, il viso a pochi centimetri dal suo, con l’aria di chi sta per crollare da un momento all’altro. Aveva bisogno di andarsene a dormire, o almeno di starsene in un posto tranquillo per un po’. Qualunque cosa fosse quella che Boris le aveva versato nel bicchiere, era qualcosa di potente.

 

Rimanere nell’ingresso non era una buona idea, così la spinse verso l’ascensore, sentendola protestare debolmente. Ancora un paio di minuti e si sarebbe addormentata in piedi. Con un movimento rapido la prese in braccio, schiacciando con il gomito il pulsante del piano della sua camera. Era l’unico posto dove poteva portarla, al momento…

 

<< No… Andiamo giù… Non ci voglio andare in camera mia… >> borbottò Irina, agitando i piedini nelle scarpe con il tacco, << Non ci voglio andare… C’è William, vicino… >>.

 

<< Non verrà >> la assicurò Xander, preoccupato per quelle strane frasi, << Adesso te ne vai a dormire e nessuno ti darà fastidio >>.

 

Anche perché come ci entro nella tua stanza, se non ho le chiavi?”.

 

Irina grugnì qualcosa, abbandonata tra le sue braccia, con un mezzo sorriso disegnato sul volto. Xander raggiunse la camera senza intoppi, entrò dentro e lasciò Irina sul letto.

 

La situazione era ridicola. La ragazza aveva fatto di tutto fino a quel momento per non rimanere da sola con lui, e ora si era lasciata portare in camera sua, e per di più nel suo letto.

 

Irina riaprì gli occhi, lo guardò e sorrise. Sembrava essersi risvegliata. << Sei bello, Xander, lo sai? >> disse.

 

Xander sorrise. Leggermente fuori controllo era irresistibile, per lui. << Anche tu >> disse.

 

Irina ridacchiò, e appoggiò la testa sul cuscino, continuando a guardarlo. << Sei più bello di William >> disse, << Lui è cattivo… Invece tu sembri un principe azzurro… >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo. Era proprio andata, stava perdendo ogni freno.

 

<< Dai, mettiti a dormire >> disse, esasperato dalla situazione.

 

<< Vieni anche tu >> disse, accoccolandosi tra le lenzuola, gli occhi semichiusi.

 

Se vengo anche io, non penso proprio che dormiremo…”.

 

Aprì la porta del balcone per far entrare aria, ma soprattutto per raffreddare se stesso. Sperava si addormentasse in fretta, perché iniziava a sentire gli ormoni che chiamavano…

 

Irina si rigirò nel letto e scalciò via le scarpe. Stava litigando con le lenzuola, e stava anche comicamente perdendo.

 

<< Ho caldo… >> borbottò.

 

Xander andò in suo soccorso e la districò dalle lenzuola. La ragazza ridacchiò e lo afferrò per il colletto della camicia, tirandolo verso di sé. Aveva i primi due bottoni della camicetta aperti, che lasciavano intravedere il reggiseno bianco…

 

Irina lo guardò negli occhi, poi gli diede un bacio su una guancia con tanto di schiocco. Gli mise un braccio dietro il collo e lo trattenne, impedendogli di scappare. Xander rimase immobile, sentendo le gambe di lei sfiorare le sue.

 

<< Hai un buon profumo… >> biascicò lei, il suo fiato leggero che gli solleticava il collo.

 

Irina, datti una calmata… Mi stai istigando, eh”.

 

Si lasciò scivolare di fianco a lei, mentre Irina continua a strusciarglisi addosso mezza addormentata. Era talmente andata che non si accorgeva nemmeno dell’effetto che gli stava facendo…

 

<< Xander… >> lo chiamò la ragazza, << Io ho sempre caldo… >>.

 

<< Eh, pure io… >> ribatté Xander.

 

Irina lo afferrò di nuovo per la camicia e gliela sbottonò. Miseria, aveva perso qualsiasi freno!

 

All’improvviso, la ragazza si sporse verso di lui, gli mise un braccio dietro il collo e lo baciò sulle labbra.

 

Xander fu totalmente preso alla sprovvista, ma si riprese abbastanza in fretta da rispondere con tutta quella passione che aveva trattenuto fino a quel momento. Era stata lei a cominciare, dopo averlo provocato fino all’inverosimile…

 

La prese per i fianchi e ribaltò le posizioni, imprigionandole le gambe tra le proprie, mentre lei continuava a rimanergli aggrappata al collo, il corpo snello e formoso premuto contro il suo. Le baciò il collo, sentendo il suo profumo leggero e delicato penetrargli nelle narici, mentre lei mormorava qualcosa di incomprensibile.

 

Ci impiegò un attimo a sfilarle la camicetta, senza che lei protestasse, e altrettanto fece con la propria. Si abbassò di nuovo e la baciò sulla bocca, mentre sentiva la sua mano piccolina sfiorargli la cicatrice sul petto, così delicatamente da dargli i brividi. La sentiva muoversi sotto di lui, tanto desiderata da fargli credere di stare sognando…

 

Il contatto con quella pelle calda e liscia lo mandò in estasi. Il seno di Irina premeva contro il suo petto, la manina appoggiata sulla sua schiena muscolosa, tanto leggera da sembrargli quella di una bambina.

 

Xander cercò disperatamente il gancio del reggiseno, mentre Irina continuava a rimanergli aggrappata al collo, quasi fosse la sua unica ancora di salvezza… Completamente abbandonata a lui.

 

Sfiorò la sua schiena liscia, il tatuaggio della fenice tra le sue spalle, sentendo brividi percorrere il suo corpo così minuto rispetto al suo. Le loro labbra si sfiorarono ancora, il respiro leggero e profumato di Irina che gli soffiava sulla bocca, mandandogli il cuore a mille. Sentiva la sua mano appoggiata sul suo petto, sopra la cicatrice, fare una leggera pressione… L’afferrò con la propria.

 

<< No… William, no >> sussurrò lei.

 

Xander si bloccò di colpo, mettendole una mano dietro la schiena e sentendo un brivido gelido percorrerla. La ragazza aveva il fiato corto, e continuava a rimanergli aggrappata addosso. Aveva detto “William?”.

 

Adagiò Irina sul letto, accorgendosi che si era quasi addormentata, e rimase a guardarla. Mormorava qualcosa, il bel viso distorto in una smorfia. Era talmente ubriaca che forse non lo aveva nemmeno riconosciuto…

 

No, sapeva chi era… Prima lo aveva chiamato per nome, lo aveva riconosciuto…

 

Cazzo, è ubriaca… Non ha capito quello che sta facendo… E non mi sarebbe saltata addosso in quel modo, se fosse stata in sé”.

 

Rimase immobile, fissando il ciondolo che Irina portava al collo, che si alzava e si abbassava piano quando lei respirava, invitante e tentatore.

 

Non si sarebbe ricordata nulla, il giorno dopo… Poteva approfittarne, no? Quando gli sarebbe capitata un’altra situazione del genere? Aveva cominciato lei, in fondo. Lui non aveva fatto niente. La tentazione di svegliarla e finire quello che avevano cominciato era troppo forte…

 

Sospirò e guardò Irina, sdraiata sotto di lui, ormai bella che addormentata. Continuava a mormorare, come se stesse sognando qualcosa di spiacevole. Forse non voleva venire a letto con lui… Forse lo considerava solo un amico, ed era veramente innamorata di Challagher… Aveva pronunciato il suo nome, in fondo. Ma allora perché baciarlo?

 

Cazzo, cazzo, cazzo”.

 

Le era andata bene, questa volta. La sua coscienza si stava rifiutando di continuare la cosa perché lei non era completamente in sé. Maledetto autocontrollo… Un’altra delle cose che aveva imparato nell’F.B.I.

 

Però le faceva davvero un bell’effetto. Ci volle tutta la sua forza di volontà per scavalcarla e scendere dal letto senza svegliarla apposta, o almeno evitando di toccarla. Rimase in piedi a guardarla, passandosi una mano dove lei lo aveva sfiorato con le sue manine curatissime.

 

Non se l’era aspettato. Per quanto ubriaca a “leggermente” fuori di sé, non aveva pensato che Irina potesse… Bé, saltargli addosso come aveva fatto in quel momento.

 

Perché lo aveva fatto?

 

Forse l’alcool le aveva tolto qualche freno, le aveva fatto fare quello che voleva da tempo ma per cui le mancava il coraggio… Poteva illudersi di piacergli, o no?

 

Il suo sguardo percorse il collo sottile della ragazza, il seno abbondante ma della giusta misura, il ventre piatto e i fianchi morbidi e sinuosi. Era perfetta, l’unica parola che gli passava per la testa.

 

“Smettila di guardarla… “

 

Xander si voltò, appoggiando la mano sulla parete e guardando per terra. Era assurdo… Sarebbe bastato un attimo di più e avrebbe perso la testa, e anche tutto il resto.

 

Cercò di darsi una calmata, poi tornò a girarsi. Finché ce l’aveva lì, dentro il suo letto e mezza spogliata, non sarebbe mai riuscito a stare tranquillo. Tanto valeva approfittare della situazione…

 

Si sedette sulla poltrona e appoggiò i piedi sul tavolino, spegnendo la luce a lasciando solo la lampada sul comodino accesa. Rimase nella penombra, nel silenzio rotto solo dalla musica che proveniva dalla piscina, a guardare la ragazza dormire beatamente nel suo letto.

 

In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa perché Irina fosse lì per sua spontanea volontà, sveglia, e soprattutto che l’avesse baciato sapendo pienamente quello che stava facendo. Invece era tutto il contrario. E molto probabilmente il giorno dopo non si sarebbe ricordata più nulla, sarebbe tornato tutto come prima. 

 

Imprecò. Non riusciva a staccare gli occhi dal ciondolo poggiato sul suo petto, che si muoveva leggero quando lei respirava. E più lo guardava, più si rendeva conto di quanto desiderava poter sfiorare quella pelle chiara e morbida, quel collo sottile, quel corpo così minuto rispetto al suo, così giovane eppure così femminile… Quanto voleva ancora quelle labbra rosee, quanto voleva sentirle di nuovo sue…

 

Lo sguardo cadde ancora sui suoi fianchi sinuosi, lasciati scoperti dal jeans appena appena abbassato. Notò qualcosa che catturò la sua attenzione: un tratto di pelle era più scuro del normale, proprio dove il pantalone lo copriva. Preoccupato, si alzò e si avvicinò alla ragazza che dormiva.

 

Era da sadici, ma aveva paura che quello che aveva appena visto fosse un livido. Se suo padre le aveva di nuovo messo le mani addosso, questa volta lo ammazzava.

 

Con tutta la delicatezza possibile, scostò un lembo del pantalone scoprendo il fianco snello di Irina, dove c’era lo slip bianco…

 

La ragazza si mosse nel sonno e grugnì qualcosa. Xander alzò lo sguardo.

 

<< Ti prego, non ti svegliare proprio adesso se no mi scambi per un maniaco… >> sussurrò.

 

Lei tornò a dormire beata, e Xander posò di nuovo lo sguardo sul suo fianco.

 

Sì, era un livido bluastro abbastanza recente, e decisamente troppo grosso per i suoi gusti. Gli tremò la mano dalla rabbia mentre la passava sulla pelle delicata della ragazza, dicendosi che appena avrebbe rivisto suo padre gliene avrebbe fatto uno uguale in faccia… Ma c’era anche un’altra cosa: un piccolo tatuaggio, un fiore nero simile a un giglio, seminascosto dallo slip.

 

“Allora sono due…” pensò, “Quanti altri ne nascondi?”

 

Sorrise, gettandole un’occhiata. Irina era piena di sorprese. Forse i suoi tanti soprannomi erano dovuti a quello: aveva tante facce, che nascondeva abilmente dietro il suo visetto dagli occhi da cerbiatta capaci di trasformarsi in un quelli di una gatta sinuosa e provocante.

 

Richiuse l’unico bottone aperto dei pantaloni della ragazza e la coprì con il lenzuolo, poi tornò a sedersi sulla poltrona. In quel momento il cellulare che teneva in tasca squillò, lo tirò fuori e guardò chi era. Jess.

 

Ci mancava solo lui…”

 

Uscì in balcone e rispose.

 

<< Pronto >>

 

<< Ciao Xander, allora come procede? >> domandò allegro Jess, dall’altra parte della linea.

 

<< Lascia stare… >> borbottò lui, << Non ti immagini nemmeno la situazione in cui mi trovo… >>

 

<< E sarebbe? >>

 

Xander gli raccontò brevemente quello che era successo con Irina, e che al momento stava dormendo nel suo letto…

 

L’informatico scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi.

 

<< Non ci credo… >> biascicò tra le risate, << Xander, sei incredibile! Mi sa che hai perso un po’ lo smalto… Cioè, dai, non puoi dirmi che ci siete arrivati vicinissimi e tu hai mollato! >>.

 

<< Non ho mollato >> protestò Xander, << Jess, è ubriaca, che faccio? Devo approfittare della situazione come un mezzo pervertito? Tu che avresti fatto? >>.

 

<< Ah, non lo so… Sei fortunato che hai avuto abbastanza autocontrollo da tenere a bada… , hai capito. Adesso che fai? Aspetti che si sveglia e le dici che ti è saltata addosso? >>.

 

<< Immagino che se volessi metterla in imbarazzo lo farei… Ma siccome non lo voglio, anche perché secondo me poi farà attenzione a starmi lontana, starò zitto, molto probabilmente… >>.

 

<< Seeee, vedremo… Comunque, adesso è meglio che te ne vai a dormire, prima di saltarle addosso tu… >>

 

<< Già, e dove dormo? >> chiese Xander, alzando gli occhi al cielo.

 

<< Nel letto >> rispose tranquillo Jess.

 

<< Ma se c’è lei… >>

 

<< E allora? Il letto è tuo. E’ lei l’intrusa, no? >>

 

<< Il mio autocontrollo ha un limite, Jess >> disse Xander, << Tanto vale che la sveglio >>.

 

<< Appunto >> disse Jess, << Bé, io me ne vado a dormire davvero. Buona notte. Se hai qualcosa da raccontare domani, fatti sentire, eh? >>

 

L’informatico chiuse la telefonata e lasciò Xander senza parole. Tornò dentro e si sedette di nuovo nella poltrona, sorridendo al pensiero di quello che aveva detto Jess.

 

Forse se Irina non fosse stata Irina, di problemi non se ne sarebbe fatti, ci sarebbe andato molto più tranquillo. Se fosse stata una ragazza qualsiasi, anche se una pilota clandestina, lo “sfizio”, come lo avrebbe definito White, se lo sarebbe tolto. Ma non con lei.

 

L’aveva mandato in palla, era riuscita a fargli perdere il controllo della situazione. All’improvviso arrestare Challagher non era più la sua missione principale; la sua missione era diventata aiutare lei. Ed era sbagliato. Profondamente sbagliato. Per il resto del mondo, ma non per lui.

 

Il problema se lo era creato da solo. Quando aveva scoperto che Irina faceva parte del giro di Challagher, non aveva immaginato che rivederla lo avrebbe portato a quella situazione… Non aveva immaginato che fosse in grado di fargli perdere di vista il suo compito.

 

Ma Irina era speciale, non poteva negarlo. Era fuori dal comune, era nata per stupire. Perché lo lasciava senza parole, a volte, quando nonostante la situazione drammatica in cui si trovasse, riuscisse a scherzarci su; quando viveva con un padre alcolista e dei fratelli inesistenti, e continuava ad amarli; quando, facendogli un sorriso, gli mostrava che in fondo aveva solo vent’anni e troppo dolore alle spalle.

 

Meriti troppe cose che non hai… E qui, tutti hanno troppe cose che non meritano”.

 

Appoggiò i piedi sul pouf, sospirando. Non poteva iniziare niente, con lei, lo diceva il regolamento. E lui il regolamento non lo seguiva mai. Questa volta sarebbe stato come sempre. Ma prima, avrebbe rimosso tutti gli ostacoli che c’erano tra loro, gli ostacoli che impedivano a lei di essere una normale ragazza di vent’anni. L’avrebbe liberata dei suoi pesi, e poi l’avrebbe lasciata libera di scegliere. Se cominciare qualcosa con lui, oppure no.

 

Era un rischio, un rischio enorme che lui avrebbe corso. Un rischio che voleva correre.

 

E poi, per ultimo, c’era Challagher. Lo Scorpione, la causa di ogni dolore di Irina. Il motivo per cui entrambi erano lì.

 

Sorrise, guardando la ragazza dormire silenziosa nel suo letto, il respiro sottile sottile.

 

Tanto non mi scappi, piccola”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Smemo92: ciao, mia cara! Allora, hai visto cosa è successo a Las Vegas? Ed è solo il primo giorno! E’ vero, Irina è fuori dal comune, e Xander se n’è accorto… E’ inizia a perdere la testa. Oltretutto, ci si mette pure Jess che in quattro e quattrotto si trova la ragazza e va al dunque a una velocità inaudita: è normale che si senta un po’ geloso. Solo che lui deve mettere in conto che la sua missione gli impedisce di affezionarsi a qualcuno, mentre Irina ha paura di sbagliare ancora. Nel prossimo capitolo capirai il perché, e non sarà piacevole. Ti ringrazio come sempre per la recensione! Baci!

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Capitolo XIV

Capitolo XIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Somebody bring up the lights I want you to see
My life turned around
But I'm still living my dreams
I've been through it all
Hit about a million walls
Welcome to my truth.. I still love
Welcome to my truth.. I still love

 

[ Welcome to my truth – Anastacia ]

 

 

 

*Qualcuno accenda le luci che voglio farti vedere
la mia vita è cambiata
ma sto ancora vivendo nei miei sogni
attraverso tutto
ho sbattuto contro un milione di muri
benvenuto nella mia verità
Io amo ancora
benvenuto nella mia verità
Io amo ancora*

 

 

 

 

 

 

 

Due anni prima – Dalton Beach

 

Irina ferma la Punto sulla linea del traguardo, guardando nello specchietto retrovisore l’Audi A5 di Robert O’Correll inchiodare dietro di lei. L’uomo rimane immobile all’interno dell’auto, stringendo il volante con aria infuriata, e non accenna a scendere.

 

In tutta tranquillità, Irina apre la portiera e scende, guardando verso l’Audi: gli sguardi di tutta la gente sono puntati su di lei, sbalorditi e ammirati. La bambina si sta facendo strada più in fretta di quanto chiunque avesse immaginato.

 

Dopo aver gettato uno sguardo a O’Correll, Irina si volta verso la spiaggia: William Challagher la fissa appoggiato alla staccionata di legno, un sorriso sornione dipinto sul bel volto. Le fa cenno di avvicinarsi, e lei lo raggiunge a passi rapidi.

 

<< Bravissima >> dice lo Scorpione, << Hai vinto… di nuovo. Ho fatto bene ha farti entrare tra i miei piloti >>.

 

<< Grazie >> ribatte Irina, incassando il complimento con una punta di orgoglio.

 

Dimitri e Hanck li raggiungono, parlando tra loro. Il tono del russo è sempre basso e roco.

 

<< Bé, non credevo vincessi >> disse Hanck, rivolto a lei << E’ stata una sorpresa >>.

 

William sorride, continuando a guardare Irina. << Non insultare la mia pilota. E’ molto più dotata di molti altri che sono passati da queste parti >>

 

I tre ridacchiano, come se nelle sue parole ci fosse un significato che lei non aveva afferrato. Irina attende in silenzio il responso dello Scorpione, pronta ad andarsene.

 

<< Tieni pure tutti i soldi della gara >> dice William, << Usali per fare qualche altra modifica all’auto, e con il resto comprati qualcosa per te. Domani sera a casa mia, c’è una festa, e programmiamo la sfida con il numero cinque, che ne dici? >>

 

Irina annuisce, anche se sa che è l’unica alternativa che ha. L’accordo tra lei e lo Scorpione prevede quello: lei deve seguire i suoi ordini, e lui lascia in pace la sua famiglia. Finché si tratta di prendere parte a qualche festa, sfidare qualche pilota troppo invadente e consegnare qualche pacco, le va tutto bene. Però non può negare di essere quasi contenta, di avere quell’onore riservato a pochi.

 

Ventiquattro ore dopo, Irina varca la soglia di casa Challagher, attraversando il vialetto illuminato dai faretti incassati nel pavimento, diretta alla piscina. Ci è già stata, non ha bisogno di qualcuno che le indichi la strada.

 

<< Come siamo belli, questa sera >>

 

Qualcuno le sbuca all’improvviso alle spalle e la prende per i fianchi, imprigionandola in un abbraccio muscoloso. Il mento di William si poggia sulla sua spalla lasciata scoperta dal top scuro.

 

<< Ciao >> dice lei, colta alla sprovvista.

 

Non è la prima volta che la tocca, anche se non ha mai fatto niente per incoraggiarlo. Per quanto ne sa, fa così con qualsiasi ragazza. Però non le da fastidio: il suo tocco è troppo sensuale per poter essere rifiutato.

 

William la prende per mano e la fa girare, squadrandola da capo a piedi, sorridente.

 

<< Stai lontana dai miei amici, stasera sei tutta per me >> dice, sfiorandole di nuovo i fianchi.

 

Insieme raggiungono la piscina, illuminata a giorno dalle lampade sparse qua e là. C’è tanta gente in giro, tutti amici di William, ma di Hiro Kawashima, il numero cinque, nemmeno l’ombra.

 

Lo Scorpione le porge un bicchiere, che lei prende. Si guarda intorno stupita, come fa ogni volta: lui ha talmente tanti soldi che ogni volta si chiede come faccia a gestirli tutti senza impazzire.

 

<< Ti piace? >> domanda William, sorseggiando il suo drink con aria divertita. Nemmeno per un attimo i suoi si scollano dal suo volto, ora leggermente imbarazzato.

 

<< Molto >>

 

Il ragazzo la afferra per un gomito e la conduce dall’altra parte della piscina, dove non c’è nessun altro a parte Dimitri, solo e con l’aria scontrosa di sempre. Le getta un’occhiata eloquente, come a dirle che per lui non è la benvenuta, e si allontana.

 

Irina e William si siedono sul muretto bianco, mentre lui beve da una bottiglia.

 

<< Sei brava con le auto, Irina >> dice lo Scorpione, << Sei la prima ragazza che vedo arrivare così in alto… E immagino non ti fermerai, almeno per un po’. Ti chiamano bambina perché hai solo diciotto anni, ma bambina non lo sei… Per niente >>. E il suo sguardo indugia di nuovo su di lei, senza nemmeno che se accorga.

 

<< No, non lo sono >> ribatte Irina, sorseggiando dal suo bicchiere, << Mi sono sempre presa le mie responsabilità >>.

 

William la guarda, e lei sostiene il suo sguardo. Deve ammettere che ha dei begli occhi verdi, e che non sono l’unica cosa che sembra perfetta, in lui.

 

<< Sono solo due mesi che sono qui, è ho collezionato più nemici che gare vinte >> dice Irina, per rompere quel silenzio leggermente imbarazzante, << Sarà più facile che qualcuno tenti di farmi fuori, che arrivare in alto, come dici tu >>.

 

William ridacchia. << Su quello avresti ragione… Ma nessuno ti ha toccata, fino ad adesso, no? >>.

 

Questa volta è Irina a guardarlo. << No, per il momento no >>.

 

<< E sai perché? >> domanda William.

 

<< No >>

 

<< Perché sono io che ho ordinato di non toccarti. E nessuno disubbidirà al mio ordine >>.

 

Irina lo fissa, stupita. E’ vero, non l’ha mai trattata male, nonostante avesse un debito con lui, ma questo…

 

<< Perché? >> domanda solo, un po’ confusa.

 

<< Perché hai attirato la mia attenzione >> risponde lo Scorpione, << Perché qui sono io che comando, e dalla prima volta che ti ho vista, ho capito che sei quello che cercavo >>.

 

Irina è basita, senza parole. Non capisce il comportamento di quel ragazzo, ma nelle sue parole c’è qualcosa che non le piace. Qualcosa di strano.

 

<< Dimmi la verità, Irina, tu hai paura di me? >> chiede lo Scorpione.

 

Paura di lui? No, almeno non come persona. Ha paura di quello che può fare alla sua famiglia, ma non di lui. In fondo, è solo un ragazzo, nemmeno molto più grande di lei.

 

<< No >> risponde secca.

 

<< Lo immaginavo >> ribatte William, << Hai rifiutato tutti i regali che volevo farti, hai rifiutato i favori che volevo offrirti… Nessuno lo avrebbe mai fatto. Invece tu sì. Mi hai colpito, sai? >>.

 

William si avvicina, scostandole una ciocca di capelli dal viso, e lei rimane ferma. Non vuole muoversi, perché il fascino che sortisce su di lei è irresistibile. In fondo, non le ha mai fatto del male, l’ha sempre trattata con riguardo…

 

Un attimo dopo, lo Scorpione si sporge e la bacia sulla bocca, e lei risponde. Risponde, prendendogli il viso tra le mani, completamente abbandonata a quelle labbra che sanno bene dove andare a cercare, senza pensare che forse tutta la gente presente può vederli. Senza pensare che forse sta sbagliando, che ha spento il cervello per un momento. Senza pensare che si è condannata da sola.

 

Sente la mano di William percorrerle la schiena nuda, e un brivido le corre sulla spina dorsale. Il brivido di chi crede di stare facendo la cosa giusta, di chi crede di aver ottenuto quello che vuole.

 

Irina si stacca, sorridendo. William le porge la bottiglia e lei beve, in silenzio. Qualcuno li guarda. Dimitri, dall’altra parte della piscina, li fissa apparentemente indifferente, bevendo il suo drink. Il suo sguardo è così strano che Irina non riesce a trattenersi.

 

<< Perché continua a guardarmi? >> domanda, accennando verso il russo.

 

<< Non ti vuole da queste parti >> risponde William, << Ma non ti farà niente. E’ scontroso, ma non ti toccherà >>.

 

E’ rassicurante sapere che c’è lui a “proteggerla”: nessuno osa mettersi contro di lei perché lo Scorpione non vuole. Sorride, appoggiando la bottiglia vuota sul muretto.

 

Forse si è sempre sbagliata, su William. In fondo, rivuole solo indietro i suoi soldi, non le ha mai torto un capello. La sta riempiendo di attenzioni, ed è lui a proteggerla… Lo ha detto lui stesso: l’ha colpito. Lei, Irina, diciotto anni appena, mai vistosa né appariscente, ha colpito lui, lo Scorpione. Ha attirato la sua attenzione.

 

Il suo orgoglio, sempre tenuto a freno, per un momento prende il sopravvento. Allora non è poi così tanto insignificante come ha sempre pensato, non può esserlo, se William l’ha appena baciata. Lui è “qualcuno”, lui ha le redini in mano, ha il potere… Uno come lui sa cosa fa, sa cosa sceglie… E uno come lui non può sbagliare scelta. Ha visto in lei qualcosa che non ha visto in nessun altro…

 

William si alza all’improvviso, guardando un uomo a pochi metri da loro. Lo stesso fa Dimitri, dall’altra parte della piscina. Si fanno un cenno a vicenda, poi lui si volta e le dice: << Torno subito, bambolina. Ho una cosa da risolvere >>.

 

Lo Scorpione raggiunge l’uomo, e Dimitri lo blocca dall’altra parte. Entrambi lo afferrano per le braccia, e quello si guarda intorno spaventato, tentando di divincolarsi. La gente inizia a guardarli, incuriosita dal loro strano comportamento.

 

<< Ed ecco il nostro sbirro >> dice William, immobilizzando l’uomo a terra, << Non pensavo avessi la faccia tosta di presentarti anche qui >>.

 

Dimitri tira fuori una pistola, sotto lo sguardo allibito di Irina. La punta verso l’uomo, togliendo la sicura.

 

<< No, aspetta! >> grida il poliziotto, << Aspetta! >>

 

<< Aspetto cosa? >> dice lo Scorpione, << Penso tu abbia già spifferato abbastanza in giro, per i miei gusti. E’ il caso di chiuderti la bocca >>.

 

William lo tira in piedi e lo tiene stretto per un braccio, con Dimitri a dargli man forte. Insieme lo trascinano malamente verso il garage sotterraneo, e mentre lo fanno passano vicino a lei. William le getta una strana occhiata, e dice, a bassa voce: << Questo è quello che succede quando qualcuno mi tradisce >>.

 

I tre spariscono, e la gente torna tranquillamente a bere e ridacchiare, come se non fosse mai successo nulla. Solo Irina rimane zitta, immobile, seduta sul muretto, fissando il punto in cui l’uomo è stato gettato a terra.

 

In un attimo, William si era trasformato: aveva pensato che le sue minacce fossero solo dettate dalla rabbia, che in realtà non avesse intenzione di uccidere nessuno. Si era sbagliata. Lo Scorpione comandava proprio perché era veramente pericoloso.

 

Irina scatta in piedi, come scottata. Qualunque cosa voglia fare William a quell’uomo, deve impedirlo; deve esserci un’altra soluzione. In fondo, quel poliziotto sta solo facendo il suo lavoro…

 

Senza essere notata da nessuno, percorre la stessa strada che ha fatto William, raggiungendo l’entrata del garage sotterraneo. L’ha vista diverse volte, ma non ci è mai stata. Non è arrivata ancora così in alto.

 

Scende le scale di fretta, sperando di riuscire a fermarlo. Raggiunge una porta nera, appoggia la mano sulla maniglia… Ed entra.

 

E’ un locale grandissimo, dalle pareti bianche e dal soffitto alto, pieno di auto parcheggiate. Tutte macchine di lusso, nuovissime e tirate a lucido. C’è silenzio, non si sente nessuno. Sembra deserto. Poi due voci giungono alle sue orecchie.

 

<< Stasera me la porto a letto >> dice una delle due, che lei riconosce all’istante, << Ci starà, vedrai. Ho capito come prenderla… >>.

 

Irina si blocca di colpo: sente parlare, ma non sa da dove arrivino le voci.

 

<< Spero che dopo che la sarai fatta, la sbatterai fuori di qui >> dice Dimitri, il tono duro e roco che arriva nitido alle sue orecchie, << Non la vogliamo da queste parti, e comincia a dare fastidio >>.

 

William ridacchia. << Non ho intenzione di mandarla via. E’ il mio giocattolino, nessuno me lo toglierà. E poi, non so tu, ma una cos’ì non me la lascio scappare… Il fatto che sia piuttosto ribelle mi eccita parecchio >>.

 

<< Io rimango della mia idea >> continua Dimitri, << Prima sparisce, meglio è per tutti… Ho l’impressione che ci darà dei problemi >>.

 

<< Correrò il rischio >>

 

Irina si volta di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con William e Dimitri. Gli occhi del russo si riducono a due fessure, ma lo Scorpione sembra solo sorpreso.

 

<< Cosa fai qui? >> domanda, tranquillo.

 

<< Cosa gli hai fatto? >> chiede Irina, il tono di voce duro e tagliente.

 

<< A chi? >>

 

<< A quell’uomo >>

 

William fa una smorfia. << Gli ho chiuso la bocca >> risponde secco.

 

“L’ha ucciso… L’ha ucciso!” pensa Irina, sconvolta.

 

E in un attimo è disgustata da se stessa. Si è lasciata baciare e toccare da quell’assassino dagli occhi verdi, si è lasciata affascinare dai suoi modi e dalle sue parole… Quanto è stata stupida! Per un momento ha creduto di averlo giudicato male…

 

William sembra accorgersi che c’è qualcosa che non va. Fa un cenno a Dimitri. << Vai su >>

 

Il russo sparisce per le scale, gettando un’ultima occhiata a Irina, senza aggiungere nulla.

 

<< Che hai? >> chiede lo Scorpione.

 

Irina lo guarda, sapendo che dai suoi occhi traspare tutto il suo disgusto. << L’hai ucciso… >> mormora.

 

William sembra quasi divertito. << Non è il primo poliziotto a cui vedrai tappata la bocca, bambolina >> dice, << Qui funziona così: o stai con me, o stai contro di me >>.

 

Irina lo fissa, troppo sconvolta per dire qualcosa. Lavora per un criminale, lavora per un assassino…

 

William si avvicina, le poggia una mano sulla guancia e sorride. In quel momento Irina ricorda cosa lo ha sentito dire, pochi minuti prima…

 

Lo Scorpione cerca di baciarla, ma lei si scosta bruscamente. In un attimo, si ritrova appiccicata al muro gelido, le mani del ragazzo che la tengono per i fianchi sottili.

 

Si fissano un istante, in silenzio.

 

Non vuole avere più niente a che fare, con lui. La testa è tornata al suo posto, ha capito di aver fatto uno sbaglio, di non essere innamorata di quel pazzo criminale. Si è lasciata per un attimo prendere dall’orgoglio, dall’incoscienza che pensava di non avere.

 

Lo sguardo di William cade sul suo corpo, e una scintilla passa per i suoi occhi verdi. Le afferra il mento e la costringe a baciarlo, mordendole il labbro inferiore. Irina si stacca di colpo, e gli rifila uno schiaffo in faccia, così sonoro che nel garage deserto si sente forte e chiaro lo schiocco.

 

Lo Scorpione rimane immobile, il capo rivolto a terra. Forse si è reso conto di aver esagerato. Irina aspetta che alzi lo sguardo, che le chieda scusa.

 

<< Credo che tu non abbia capito una cosa, bambolina >> dice invece, gelido.

 

<< Non chiamarmi bambolina >> sibila Irina, infuriata.

 

<< Ti chiamo come mi pare e piace, bambolina >> ribatte William, poi alza lo sguardo, << Perché tu sei mia, lo sai >>.

 

Continuano a fissarsi, e Irina capisce di aver paura di lui. Ora che sa cosa è in grado di fare, ha paura, lo teme… E’ stata stupida.

 

<< Io non sono tua >> dice.

 

<< Abbiamo stretto un patto >> dice William, << Tu fai quello che voglio io, e io lascio in pace la tua famiglia… >>

 

<< Riavrai i tuoi soldi, se è questo che ti preoccupa >>

 

Irina finge, il suo tono di voce è duro, ma dentro se stessa prova una profonda paura. Ma è una brava attrice, ha imparato a esserlo, tra loro.

 

William ridacchia. << I soldi che mi deve tuo fratello non sono niente in confronto a quelli che già possiedo >> dice, << Non sono quelli che mi interessano >>

 

<< E allora cosa vuoi? >>

 

<< Te >>

 

La risposta lascia Irina sconvolta, ma abbastanza lucida da rispondere. << Non mi avrai mai… Ho sbagliato, un momento fa, ma non ripeterò lo stesso errore >>.

 

<< Non mi conosci ancora abbastanza. Ottengo sempre quello che voglio >>

 

William la prende per i fianchi e la costringe a sedersi sul cofano di un’auto parcheggiata vicino a loro, nascosta da un telo nero. Poi le afferra di nuovo il mento, e tenta ancora di baciarla.

 

Anche questa volta, lo schiaffo raggiunge la sua guancia, così rapido da non poter essere evitato. Lo Scorpione, però, le afferra la mano violentemente e gliela immobilizza.

 

<< Sei mia, bambolina, che tu lo voglia o meno >> sibila, arrabbiato, << Sei una ribelle, e mi piacciono le ribelli. So domarle, lo sai? >>.

 

La spinge sul cofano dell’auto, infilando un ginocchio la tra le sue gambe. Irina tenta di ribellarsi, ma ha le mani immobilizzate da quelle del ragazzo. Vorrebbe gridare, ma ha gola bloccata, come se fosse diventata muta all’improvviso. Non vuole essere toccata da quelle mani che hanno ucciso, e tutte le volte che la sfiorano sente un brivido gelido correrle lungo la schiena.

 

Il telo nero si scosta, rivelando il cofano di un’auto nera, bassa, dai fari piccoli e rotondi, un’auto che lei non avrebbe mai dimenticato. L’unica auto che non avrebbe mai voluto guidare.

 

Si scosta di colpo, riuscendo a divincolarsi, procurandosi un graffio sul fianco con una delle prese d’aria. Non si sarebbe abbassata così tanto, non si sarebbe data a quell’essere solo perché un patto la costringeva a seguire i suoi ordini. Non si sarebbe donata a lui, quando non si era donata a nessun’altro.

 

William l’afferra per un gomito, tirandola verso di lei e imprigionandola tra le sue braccia. Il suo sguardo ha perso ogni fascino, i suoi modi non sono più quelli affascinanti che lei ha conosciuto. Le sfiora il collo con la bocca, il fiato caldo ed eccitato che le solletica la pelle.

 

<< Sei di mia proprietà, Irina, e lo rimarrai finché lo vorrò. E questa notte, sarai mia… Che tu sia d’accordo o meno >>.

 

La spinge di nuovo sul cofano della Zonda, con violenza, e le sue mani prendono possesso del corpo di Irina in un attimo, mani gelide e possessive, mani di cui lei non si sarebbe mai liberata. Mani a cui non riesce a sottrarsi, perché troppo forti rispetto alle sue, in tutti i sensi.

 

E’ ora di pagare il conto, Irina lo sa. Ha fatto troppi errori, nella sua vita, e il peggiore è stato l’ultimo. Si è fidata, si è lasciata convincere, si è lasciata ingannare. Da sola, ha firmato la sua condanna.

 

<< Vaffanculo, Challagher >> mormora, prima di sprofondare nell’apatia.

 

E questa volta è lei a dover incassare lo schiaffo, violento, forte, tanto da lasciarla senza fiato. Il primo di una lunga serie, il primo della sua nuova esistenza fatta di dolore e silenzio, di odio e violenza.

 

Fenice è sempre riuscita a risorgere, ma non questa volta. Non questa volta che ha visto stessa piegata con la forza, a cui è stata strappata l’unica cosa su cui aveva ancora il controllo. Il suo corpo. L’unica cosa che le rimane ancora è il suo cuore, e quello se lo sarebbe tenuta stretta. Per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.00 – Las Vegas

 

Irina si svegliò lentamente, con una forte nausea e la testa che doleva in modo insopportabile. Si rigirò nel letto, cercando di dare sollievo allo stomaco in subbuglio, ma non ci riuscì. Aveva sognato di nuovo, e il suo sonno era stato tutt’altro che riposante.

 

Scostò il lenzuolo, poi all’improvviso scattò in piedi e corse verso il bagno a vomitare.

 

Senza nemmeno guardare dove si trovasse, tornò indietro e si lasciò cadere nel letto, gemendo e chiudendo gli occhi. Ora che aveva buttato fuori quel poco che c’era nel suo stomaco, si sentiva leggermente meglio.

 

<< Da quant’è che non dormivi così tanto? >> chiese qualcuno.

 

Irina aprì di scatto gli occhi, vedendo galleggiare sopra di lei la testa di Xander, serio. Si mise a sedere rapidamente, rendendosi conto che non aveva la camicia addosso…

 

<< Cosa ci fai qui? >> chiese, frastornata.

 

<< Veramente è la mia stanza >> rispose Xander, ridacchiando.

 

Irina spalancò gli occhi e si guardò intorno… Quella non era la sua camera…

 

Oddio… cosa ho fatto?”

 

Saltò in piedi, spaventata, guardandosi attorno con aria sperduta. Era la suite di Xander, e non la sua camera…

 

<< Ehi, ehi! Rimettiti giù, che non sei completamente in quadro >> disse Xander, spingendola sul letto con delicatezza. Irina si sedette, portandosi le mani alla testa dolorante.

 

Fece uno sforzo, ma non riusciva proprio a ricordarsi come fosse arrivata lì… Né che cosa fosse successo di preciso…

 

Trattenne il respiro, ricordandosi all’improvviso che era semivestita. Guardò Xander che rise e le porse la sua felpa con aria profondamente divertita. Lei l’afferrò e se la mise addosso, imbarazza.

 

Rimasero a guardarsi per qualche secondo, lei rossa come un peperone, lui tranquillo come al solito. Si ricordava che aveva bevuto, e si chiese cosa l’alcool le avesse fatto fare

 

<< Xander… >> mormorò, << Cosa è successo? >>.

 

Aveva paura di sentire la sua risposta, ma chiedere era il modo migliore per togliersi il dubbio. Lui sorrise.

 

<< Hai bevuto un po’ troppo, ma non è colpa tua >> rispose, << Quell’idiota di Boris ti ha messo qualcosa nel bicchiere e non sono riuscito a fermarti prima che ne bevessi un po’… >>.

 

Irina imprecò. Doveva aspettarselo da uno come lui: per tutto il tempo le aveva offerto soldi e gioielli nella speranza che andasse almeno una volta a letto con lui.

 

<< E poi? >> continuò.

 

<< Avevi perso la chiave della tua stanza >> spiegò Xander, calmo, << Così ti ho portato a dormire qui, visto che mi sei crollata addosso >>.

 

Irina arrossì. << Ti… Ti sono crollata addosso? >> domandò, imbarazzata.

 

<< Sì, ma sei leggerissima >> ribatté lui, sornione.

 

Se le era crollata addosso, molto probabilmente aveva anche detto qualcosa di troppo… O fatto qualcosa che non doveva fare…

 

Si era svegliata mezza svestita, e fare due più due non era difficile… In più, Xander le piaceva… Attanagliata dalla paura e dalla vergogna, si decise a fare la domanda che le premeva.

 

<< Xander… Abbiamo… Abbiamo fatto qualcosa? >>.

 

Il ragazzo la guardò e diventò serio all’improvviso, gli splendidi occhi azzurri che la scrutavano senza ombra di malizia.

 

<< No >> rispose solo, e si voltò di spalle.

 

Irina rimase a guardarlo, chiedendosi perché fosse diventato serio. Forse aveva fatto qualcosa di sbagliato…

 

<< Ho… Ho detto qualcosa di strano? >> chiese.

 

Lui fece di no con la testa, poi si girò di nuovo e sorrise. << Tranquilla, non è successo niente di strano. Ti sei addormentata e avevi caldo, per questo ti sei spogliata… >>.

 

Il suo tono era talmente convincente che Irina gli credette subito, anche se la scusa del caldo reggeva poco. Perché levarsi tutta la camicia?

 

Abbassò lo sguardo, sentendo la testa che pulsava sonoramente, come se avesse preso una forte botta. Aveva bisogno di dormire ancora, di tornarsene in camera sua per pensare con calma…

 

<< Sai dove sono le mie chiavi? >> chiese, passandosi una mano sulla fronte.

 

<< No, stavo andando a cercarle, infatti >> rispose lui. La guardò e aggiunse: << Non stai tanto bene, vero? >>.

 

Irina scosse la testa. La nausea era tornata, e lo stomaco vuoto borbottava. << Cos’era quella roba che mi ha messo Boris? >> chiese, inspirando ed espirando lentamente per evitare di farsi venire di nuovo da vomitare.

 

<< Penso fosse una di quelle pastiglie che danno alle ragazze per lasciarsi portare a letto… Una droga leggera, in pratica >>

 

Irina spalancò gli occhi, spaventata. Se lo sentiva, aveva fatto qualcosa di strano, e il minimo cambiamento nella voce di Xander le fece capire che non era stato completamente sincero. Perché diavolo non riusciva a ricordarsi?

 

<< Rimettiti a dormire >> disse lui, << Vado a vedere se trovo le tue chiavi da qualche parte… >>.

 

Qualcuno bussò alla porta, e si zittirono entrambi. Irina si ricordò di William…

 

Xander le fece cenno di nascondersi dentro il bagno, e lei corse rapida chiudendosi la porta alle spalle. Appoggiò l’orecchio sul legno per sentire chi fosse.

 

<< Alexander >> Era William, << Stavi dormendo? >>.

 

<< Ho avuto una nottata piuttosto movimentata >> rispose Xander, ridendo.

 

<< Bene… Hai per caso visto Irina da qualche parte? E’ da ieri sera che non la vedo… >>.

 

Alla ragazza andò il cuore in gola. Se era venuto a cercarla lì, allora sospettava qualcosa. Era stata una stupida: ma doveva combinare un danno del genere già la prima sera?

 

<< No, l’ultima volta che l’ho vista stava con Boris… >> rispose Xander, << Che, tra parentesi, stava cercando di comprarla >>.

 

<< Ah sì? >> disse William, << Bé, chiederò a lui… Ci si vede oggi pomeriggio >>.

 

La porta venne chiusa e Irina uscì dal bagno, preoccupata. << Ho sentito tutto >> disse, << Devo tornarmene in camera >>.

 

Xander annuì. << Rimettiti a letto. Vado a cercare le tue chiavi >> disse, mettendo una mano sulla maniglia della porta per uscire.

 

<< Xander >> lo chiamò lei, sedendosi nel suo letto sfatto, << Scusami… >>.

 

<< Di cosa? >>

 

<< Di questa situazione… Non volevo disturbarti… Devo averti fatto perdere un po’ di ore di sonno >>.

 

Xander sorrise, regalandole un’occhiata così dolce che per un attimo ebbe la tentazione di abbracciarlo. << Tranquilla, piccola. Non è successo niente di grave… Hai avuto modo di provare il letto di una suite, no? >>.

 

Uscì senza darle il tempo di dire qualcosa, e Irina rimase a guardare la porta, sorpresa. “Piccola”. L’aveva chiamata “piccola”. Odiava i soprannomi, ma quello che le aveva dato lui era esattamente quello che la rispecchiava di più. Aveva pronunciato quella parola con un tono così diverso da tutti gli altri…

 

Sospirò, rendendosi conto che bastava una parolina a mandarla in confusione. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, di chiarire un attimino le idee.

 

Xander tornò dieci minuti dopo, e la trovò ancora lì seduta con l’aria un po’ confusa. Le diede il badge della sua stanza, e disse: << Rimani, se vuoi. Non mi dai fastidio >>.

 

Lei scosse la testa. << No, meglio che torni nella mia camera >> si alzò, leggermente barcollante.

 

<< Ti accompagno, allora >> si offrì lui. La prese per un braccio e la portò fuori, lasciandola solo quando furono davanti alla porta della sua stanza.

 

Irina entrò, ma lui rimase fuori.

 

<< Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. Ripasso fra un’oretta per vedere come stai, va bene? >> disse.

 

<< D’accordo. Grazie mille Xander >>.

 

Lui sorrise e se ne andò. Appena la porta venne chiusa Irina si buttò nel letto e afferrò il cellulare che aveva abbandonato sul comodino. Doveva parlare con qualcuno, e quel qualcuno era Jenny.

 

<< Pronto? >> fece l’amica, dall’altra parte della linea.

 

<< Jenny, ho combinato un guaio >> disse Irina, troppo sconvolta per pensare di doverla prima salutare.

 

<< Un guaio?! >> gridò Jenny, << Che hai fatto di così grave? >>.

 

Con un paio di frasi, Irina gli raccontò di come si era svegliata nel letto di Xander, senza ricordarsi minimamente come ci era finita.

 

<< E questo sarebbe un guaio? >> chiese Jenny, esasperata.

 

<< Cavolo, non so cosa ho fatto… >> ribatté Irina, << Ho un buco di ore, e mi risveglio nel suo letto… >>.

 

<< Non mi sembra così grave… >> disse Jenny, tranquilla.

 

<< Si, ma… Chissà cosa ho fatto… O meglio, cosa potremmo aver fatto… >> mormorò Irina.

 

Jenny scoppiò a ridere. << Ma scusa, ti piace o no? >>.

 

Irina rimase interdetta, sospirò e poi rispose: << Ehm… Sì, credo di sì >>.

 

<< E allora dove sta il problema? >> chiese Jenny, << Qualunque cosa sia successa, la cosa peggiore che ti è capitata è che non lo ricordi. E poi comunque lui ti ha detto che non avete fatto nulla, no? >>.

 

<< Sì, però l’ha detto in un modo strano… >> ribatté Irina, << E poi mi ha chiamata “piccola”… >>.

 

<< Questo non me lo avevi detto prima >> disse Jenny, interessata.

 

Irina arrossì, e ringraziò che c’era il telefono a dividerle. Non se lo sarebbe mai dimenticata con quale voce l’aveva chiamata Xander, poco prima.

 

<< Se ti chiama con un soprannome vuol dire che c’è intimità >> continuò Jenny, << Quindi… Potrebbe essere veramente successo qualcosa… >>.

 

<< Cosa?! >> gridò Irina, allarmata.

 

Jenny ridacchiava a sue spese dall’altra parte della linea. << Dai, sto scherzando… Penso te ne saresti accorta se aveste fatto qualcosa, no? Ti sei controllata addosso? >>.

 

<< Sì, non ho nessun segno… >> rispose Irina, dubbiosa, << Però… Mi sembra un po’ esagerato, a dir la verità >>.

 

<< Uhm… Io ho l’impressione che quell’Alexander sia capace di lasciarti addosso qualche segnuccio… >>.

 

<< Ma Jenny! >>

 

<< Scusa, scherzo. Prendila così: se è successo qualcosa, non hai più il problema di rompere il ghiaccio >>.

 

<< E adesso che faccio? >> chiese Irina.

 

<< In che senso? >>

 

<< Non credo riuscirò a guardarlo di nuovo in faccia… Non hai idea di come mi sono vergognata… Dovevo essere in uno stato pietoso… >>.

 

<< Invece lo so benissimo come ti sentivi, ti conosco troppo bene >> ribatté Jenny, << E come al solito ti fai problemi inutili. Smettila di tormentarti, e continua a comportarti come sempre. No, aspetta, non come sempre… Non continuare a scappargli da sotto il naso, se no come fa a provarci con te? >>.

 

<< Jenny, non mi stai aiutando… >> disse Irina, esasperata, << Se mi dici così, poi non riesco nemmeno più a parlarci perché quando ce l’ho davanti mi viene da pensare a quello che mi hai detto tu >>.

 

<< Allora preferisci sentirti dire che è tutto un caso? Che è solo un’impressione, quella che tu possa interessargli? >>.

 

<< Forse >> mormorò Irina.

 

<< Bé, non ho intenzione di dirtelo, perché sarebbe una bugia. Vedila come vuoi, ma a me Alexander sembra un tipo a posto. Forse fa il pilota clandestino, ma non mi sembra un criminale. Non so cosa ti spaventa, ma io ti consiglio di pensarci >>.

 

Irina rimase in silenzio. Jenny non sapeva della storia di William, non sapeva cosa li legava, e non sapeva nemmeno delle mille paure che aveva. Forse, se si fosse trovata in un’altra situazione, sarebbe stata più tranquilla, ma non così.

 

<< Dici? >> fece, a bassa voce.

 

<< Dico… Avanti, hai vent’anni, puoi permetterti qualche divertimento. Tu giocaci un po’, con Alexander, e vedi che fa… Se ne approfitta, allora vuol dire che gli piaci. Fammi sapere come procede, perché devo andare a prepararmi… Esco con Jess, mi porta fuori a pranzo >>.

 

Irina sorrise. Jenny di problemi non se ne faceva. << D’accordo. Allora buon pranzo, eh? >>.

 

<< Grazie mille. Ti mando un bacio >>.

 

Chiuse la telefonata, ricordandosi all’improvviso che erano giorni che non sentiva Max. Forse non stava completamente in quadro, ma aveva voglia di sentirlo.

 

<< Ciao Max >> lo salutò, appena lui rispose.

 

<< Ehi, ci facciamo sentire, finalmente! >> disse lui, ma non era arrabbiato. Meno male. << Come stai? >>.

 

<< Più o meno >> rispose Irina, spaparanzata sul letto, << Notte di bagordi… Come al solito >>. Meglio non accennare alla storia di Xander… Forse non avrebbe gradito.

 

<< Allora stai smaltendo la serata >> disse Max, << Per il resto? >>.

 

<< Tutto normale >>, cercò di controllare la leggera inflessione della sua voce, << Oggi giornata di gare… Credo che mi annoierò, né approfitterò per addormentarmi sugli spalti, magari >>.

 

<< Sì, e io ci credo anche >> ribatté Max, << Conoscendoti, sarai lì a fare il tifo per… Alexander gareggia? >>.

 

Aveva toccato l’unico argomento di cui non voleva parlare. << Sì >> rispose soltanto, monocorde.

 

<< E’ tutto a posto? >> chiese Max, << Intendo, continui ad aiutarlo? >>.

 

<< Ehm… Sì, cerco di fare quel che posso… >> rispose Irina, stringendo il lenzuolo con aria leggermente preoccupata, << Ma se la cava bene da solo… >>.

 

<< E’ successo qualcosa? >> domandò Max, preoccupato.

 

<< No, no, figurati >> rispose prontamente Irina, << Sono solo un po’ stanca, scusami >>.

 

Max rimase in silenzio un momento, poi disse: << D’accordo. Allora vai a dormire, dai. Ti aspetto al ritorno >>.

 

Irina appoggiò il cellulare sul comodino e si rigirò nel letto, inquieta. Stava un po’ meglio, adesso. Decise di andare a farsi una doccia, così lasciò le scarpe nell’armadio e si tolse la maglia. Era quella di Xander… Avrebbe dovuto riportargliela…

 

Sotto il getto caldo della doccia, le rivenne in mente la conversazione con Jenny. Addosso segni non ne aveva, a parte i due lividi che le aveva lasciato William… E comunque, quando si era svegliata, non era completamente spogliata. I pantaloni e tutto il resto li aveva, le mancava solo la camicetta…

 

Non poteva pensare così male di Xander. Si fidava di lui, e se lui aveva detto che non era successo niente, era di sicuro così. Era lei che si faceva mille problemi per niente.

 

Però… L’idea di Jenny la attirava… Era tentata… Poteva giocare con Xander?

 

Sì, poteva… E forse, voleva anche. Però c’erano tante cose che la spaventavano. La prima, era quella di accorgersi che fosse tutto un abbaglio, e rimanere delusa. La seconda, era quella di rendersi conto che si era lasciata trasportare troppo dalla situazione, che magari Xander non fosse quello che sembrava: non era il primo errore di valutazione che faceva. E la terza cosa, forse la più importante, era che c’era William, tra loro. Non era per lei, che aveva paura, ma per Xander. Non era solo la sua missione, a essere messa in pericolo, ma anche la sua stessa vita. Lo Scorpione non avrebbe sopportato un affronto del genere.

 

Qualcuno bussò alla porta, e Irina si rivestì in fretta, convinta che fosse Xander. Aprì la porta con un sorriso, ma era William. La guardò serio e chiese: << Dov’eri? >>.

 

<< Dormivo… >> rispose Irina, pensando subito a cercare una bugia.

 

<< Sono passato più di un’ora fa >> ribatté secco William, << E non mi hai aperto… >>.

 

<< Sono stata male >> spiegò Irina, << Ieri sera Boris mi ha messo qualcosa nel bicchiere… Non so cosa fosse, ma mi ha fatto uno strano effetto, così sono tornata in camera… Sono stata male tutta la notte, e quando mi sono riaddormentata ero talmente stanca che non ho sentito niente >>.

 

William la squadrò, come a valutare le sue condizioni. << Potevi dirmelo, che stavi male… >> disse.

 

<< Non ti ho trovato >> rispose Irina.

 

William si avvicinò e le baciò la fronte con quella che per qualcuno sarebbe stata dolcezza. << D’accordo, bambolina, ti faccio portare il pranzo in camera, così non devi muoverti. Oggi pomeriggio te la senti di venire a vedere le gare? >>.

 

<< Sì >> rispose Irina, << Ora sto meglio, tanto >>.

 

William la salutò e ne andò, lasciandola sola. Venti minuti più tardi venne un cameriere a portarle il pranzo, che lei non toccò e non degnò nemmeno di uno sguardo. Era troppo presa da stessa per avere fame.

 

Uscì in terrazza, cercando di tranquillizzarsi. La testa le faceva ancora un po’ male, ma non era quello a renderla inquieta. Forse la telefonata a Jenny non era stata una buona idea…

 

Passeggiò su e giù per il balcone, mordendosi ogni tanto il labbro, agitata. Avrebbe voluto picchiarsi da sola: perché diamine si era ubriacata come una cretina?

 

Bussarono alla porta, e le venne il cuore in gola. Questa volta era lui, di sicuro.

 

Rimase paralizzata per un momento, poi si riscosse e andò ad aprire.

 

<< Come ti senti? >> domandò Xander, entrando nella stanza senza farsi vedere da nessuno.

 

<< Meglio >> rispose solo Irina, e come aveva immaginato le venne in mente quello che aveva detto Jenny…

 

Xander la scrutò con aria critica, poi guardò il vassoio con il pranzo, appoggiato sul comodino.

 

<< Devi mangiare >> le disse, accennando al cibo.

 

<< No, non ho fame >> ribatté lei.

 

Non le veniva nient’altro da dire. Aveva la lingua incollata al palato, e continuava a evitare lo sguardo di Xander, terrorizzata che potesse accorgersi del suo turbamento. Però riuscì a notare che la guardava, e sembrava serio.

 

<< Sei sicura di stare bene? >> chiese.

 

<< Sto benissimo >> rispose Irina, << Non ho fame, davvero >>.

 

Xander non insistette ulteriormente, si sistemò la maglia con aria indifferente e disse: << Oggi pomeriggio ci sarà la prima gara… Verrai? >>.

 

Irina annuì, senza dire nulla. Aveva lo stomaco pesante come un macigno.

 

Xander la scrutò, poi disse, perfettamente tranquillo: << Non ho potuto fare a meno di notare una cosa… Spero non mi giudicherai male… Sbaglio o hai un livido piuttosto grosso? >>.

 

Irina sussultò, colta alla sprovvista. Come aveva fatto a vederlo? I jeans li aveva

 

Arrossì di colpo, fissando Xander con aria stralunata. Si portò una mano al fianco, chiedendosi cos’altro avesse visto di lei…

 

Il ragazzo sembrò cogliere i suoi pensieri. Sorrise. << Ti ho detto che non è successo niente >> disse, << Tranquilla >>.

 

<< Sì, sì, scusami >> balbettò Irina, << Mi… Stavo solo pensando a quanto dovessi essere ridicola… >>. Sospirò.

 

Xander ridacchiò. << Forse un po’ ridicola lo eri >> disse, soave, << Ma non importa. Voglio solo sapere se tuo padre ti ha di nuovo messo le mani addosso >>.

 

<< Oh… No, non mi ha toccata >> rispose Irina, << Non mi ha fatto niente… >>.

 

Xander la guardò sospettoso. << E allora come hai fatto a farti un livido del genere? >>

 

<< Tommy >> mentì prontamente Irina, << Stavamo giocando… Mi ha accidentalmente tirato un calcio >>.

 

Xander la guardò per un momento, in silenzio. Borbottò qualcosa, si passò una mano sulla fronte e alla fine sorrise di nuovo. << E’ un po’ manesco, il bambino, eh? D’accordo, ci vediamo dopo, allora >>.

 

Fece per uscire dalla stanza ma Irina lo fermò. << Xander? >>.

 

<< Cosa c’è? >>.

 

<< Ehm… Cos’altro… Hai “notato”? >> domandò, imbarazzata.

 

Lui finse di pensarci, poi ridacchiò. << Niente, a parte un altro tatuaggio >> rispose alla fine.

 

Irina trattenne il respiro. Quello era meglio che non lo vedesse. << Ehm… Ti… Ti dispiacerebbe non farne parola con nessuno? >> chiese.

 

Xander sorrise. << Va bene… >> annuì, poi uscì dalla stanza, lasciandola più confusa di prima.

 

Irina rimase seduta sul letto, fissando la porta. Non ci capiva più niente…

 

Sospirò e si gettò all’indietro, atterrando sul soffice materasso. Si sentiva strana… E lo sapeva il perché.

 

“Da quanto tempo non accadeva? Pensavo di riuscire a tenerlo ancora a bada, il cuore. Almeno quello”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

CriCri88: ciao! Sono contentissima che la storia ti piaccia! Ci sto mettendo tutta me stessa (e intendo proprio “me stessa” ^.^) perché, anche se può apparire un genere strano, ci credo veramente! Naturalmente i due personaggi principali, Irina e Xander, sono i miei preferiti, ma devo dirti che maltratterò Xander ancora per un po’… Cercherò di farlo impazzire! Grazie mille per i complimenti! Ti mando un bacio!

 

Mark 90: uh, ti ringrazio infinitamente! E poi, detto da un ragazzo, è ancora meglio: le auto e le gare clandestine dovrebbero essere più il tuo “pane” che il mio! ^.^ E grazie anche di aver inserito la storia tra i preferiti! Comunque, sono una che ha la passione sfrenata per le macchine (oltre che di Need For Speed, dal quale ammetto ho preso l’ispirazione), per questo mi dilungo sulle descrizioni di modelli e gare. E se mi dici che ti sembra di vedere un film, è il più bel complimento che potevi farmi: il mio obiettivo era proprio quello! Fammi sapere se la storia continua a piacerti, se ti va! Un bacio e grazie ancora!

 

Smemo92: visto? Las Vegas può essere un posto molto pericoloso… Ma anche decisamente divertente! E la cosa continuerà anche nel prossimo cap… Come avrai visto, invece, questo è stato il capitolo forse più duro da “digerire”: si era già intuito, credo, ciò che ci fosse tra Irina e William, ma finalmente è tutto chiaro… E molto triste. In ogni caso, non ci si poteva aspettare che questo ed altro dallo Scorpione: si prende ciò che vuole, sempre e comunque. E Irina è quello che voleva e che continua a volere, semplicemente perché lei non vuole lui. Perché è l’unica ragazza che gli abbia detto no, che ha fatto l’errore di tirarsi indietro nel momento sbagliato. E lui non lo accetta. Per il resto… Prepara tutte le armi che hai, conceremo William & Co. per le feste, al momento opportuno! Bacio grande!

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Capitolo XV

Capitolo XV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Las Vegas

 

Irina era seduta sugli spalti del grande circuito privato di George Challagher, immerso in un enorme parco verde che lo rendeva invisibile dall’esterno. Fissava la linea di partenza e le auto ferme, con i motori accesi. La Maserati Granturismo di Xander era ferma a destra della carreggiata, il nero lucido della carrozzeria che brillava sotto il sole cocente, il posto vuoto alla sua sinistra ancora libero.

 

William stava in piedi a poca distanza da lei, insieme a Dimitri, Hanck e ad alcuni ragazzi che lei non conosceva. George Challagher era appoggiato alla balaustra, e come lei guardava le auto pronte alla gara.

 

Questa volta lo Scorpione non avrebbe gareggiato. Avrebbe aspettato la sera, e avrebbe corso contro i vincitori delle tre gare che si disputavano quel pomeriggio. Si trattava di una sorta di “qualificazione”, come soleva chiamarla lui.

 

Una Ferrari F430 giallo canarino arrivò proprio in quel momento, l’inconfondibile suono del motore che arrivava nitido fino alla platea, fermandosi vicino alla Maserati nera, occupando lo spazio libero. Era Boris.

 

Irina si alzò in piedi di scatto. Boris alla guida era un pazzo tanto quanto Dimitri, ed era forse ancora più pericoloso di lui, perché non possedeva il senso del rischio. Xander non poteva correre già contro di lui…

 

<< Come mai Boris si è già fatto vivo? >> domandò George, << Di solito non gareggia nell’ultima batteria? >>

 

William si strinse nelle spalle. << Gli sta sul culo Went >> rispose ridacchiando, << Penso voglia sfasciargli la macchina >>.

 

Irina rimase pietrificata. Dell’auto non le importava nulla, ma di Xander sì. Guardò le macchine sulla linea di partenza, fissando la Maserati. Se Boris voleva veramente distruggere l’auto a Xander, non si sarebbe fatto problemi a fare del male anche a lui… Doveva fare qualcosa…

 

Un attimo dopo schizzò via sotto lo sguardo allibito di William, scese gli spalti e raggiunse i cancelli del circuito. Attraversò di corsa lo spazio riservato ai box, ora vuoti, tenendo lo sguardo puntato sui semafori appesi in alto. Le tre luci rosse brillavano, segnando pochi secondi alla partenza. I motori delle auto ruggivano, pronti allo scatto.

 

Prima che qualcuno ebbe il tempo di fermarla, uscì sulla pista, individuò la Maserati nera e spalancò la portiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La porta dell’auto si aprì all’improvviso, e Xander fu costretto a distogliere lo sguardo dai semafori per vedere chi era. Irina era appena montata sulla macchina, il fiato corto come se avesse corso.

 

<< Ehi, che fai qui? >> domandò, sorpreso.

 

<< Pensa a guardare la strada >> ribatté Irina, girandosi a guardare Boris dentro la Ferrari gialla.

 

Xander vide scattare il verde e schiacciò l’acceleratore, spingendo avanti la Maserati. Un rumore assordante si levò sulla pista e fumate bianche invasero l’aria quando gli pneumatici delle auto pattinarono sull’asfalto.

 

<< Stai attento a Boris >> disse Irina, armeggiando con la cintura di sicurezza.

 

La Ferrari in quel momento si spostò bruscamente a destra, incollata al suo fianco, cercando di speronare la Maserati. Con una sterzata brusca Xander la evitò, ma dovette frenare per non finire contro una Aston Martin che la precedeva.

 

<< Perché sei venuta? >> domandò Xander, seguendo il tracciato che svoltava a sinistra. Nello specchietto retrovisore vide lo scontro tra una Porsche e una Lamborghini.

 

<< Boris vuole distruggerti la macchina >> rispose Irina, << Se ci sono io dentro non lo farà… O almeno lo spero >>.

 

Sorpreso per la preoccupazione che Irina aveva appena dimostrato per lui, accelerò per raggiungere la Ferrari, al momento era in terza posizione. La superò a sinistra, poi inchiodò per girare a destra.

 

<< Sei impazzita? >> chiese lui, << Rischi di farti male anche tu… Che ti è saltato in mente? >>.

 

Sterzò bruscamente, superò un’altra Aston Martin bianca passando sul cordolo bianco e rosso che delimitava la carreggiata. La Ferrari gialla di Boris gli stava attaccata.

 

<< Non mi interessa se mi faccio male >> rispose Irina. << Pensa a guidare >>.

 

Xander le gettò un’occhiata, e gli venne da sorridere. Con lei in macchina, nessuno si sarebbe arrischiato a sbatterli fuori pista, perché William non avrebbe gradito se qualcuno avesse messo a rischio la sua incolumità. Quella era priorità solo sua.

 

La Ferrari gialla sbucò all’improvviso alla sua destra, e Xander non poté evitarla. Le fiancate sbatterono violentemente l’una contro l’altra con uno stridore, e il vetro del finestrino della Maserati si crepò. Irina lanciò un grido, portandosi la mano sulla testa.

 

<< Cazzo, stai bene?! >> gridò Xander, rallentando.

 

<< Sì, sì >> rispose Irina, fissando la Ferrari che li precedeva << Vai che ti ha superato… Figlio di puttana… >>.

 

Xander accelerò, superò a sinistra una Porsche, e raggiunse la Ferrari. Gli rimase dietro, incerto se tentare il sorpasso o meno: non voleva rischiare un altro scontro. Boris non sembrava farsi problemi per la presenza di Irina. Molto probabilmente la sua era un vendetta per la sera prima.

 

La F430 gli sbarrava la strada, zigzagando a forte velocità davanti al suo muso, quasi a provocarlo. Vedeva Boris sghignazzare dallo specchietto retrovisore.

 

<< Cosa stai aspettando? >> chiese Irina, gettando un’occhiata indietro.

 

<< Non… E se ci viene di nuovo addosso? >> ribatté lui, colto alla sprovvista. Averla seduta lì di fianco non lo rendeva proprio propenso al rischio.

 

<< E allora? Vuoi vincere questa gara o no? >> sbottò lei.

 

<< E va bene >> disse Xander, << Allora tieniti. E non dirmi che non ti avevo avvertito >>.

 

Xander si piazzò dietro la Ferrari, vicinissimo al suo paraurti giallo. Attese la prima curva, gettando ogni tanto un’occhiata a Irina: sembrava tranquilla, si stava fidando. Sapere che non aveva paura di affidarsi a lui in quella situazione lo rese felice come non avrebbe immaginato. Pigiò l’acceleratore, sterzò a destra e tirò il freno a mano.

 

Come aveva previsto, la Maserati sbandò verso destra, ma lui riuscì a tenerla. Si infilò tra la Ferrari e il cordolo a terra e superò Boris in un attimo. Sentì Irina riprendere a respirare.

 

<< Vorrei darti del pazzo >> disse la ragazza, << Ma non ci riesco… Ti prego, battilo >>.

 

Xander sorrise, premette l’acceleratore e cercò di staccare la Ferrari. Boris però poteva contare su qualche cavallo in più, e anche su un peso minore dell’auto. Gli rimase appiccicato, tanto da riuscire a vedere il dente d’oro che scintillava tra la sua barba nera nello specchietto.

 

<< Curva a sinistra >> mormorò Irina.

 

Xander guardò la strada, pensando a un modo per sbarrargli ogni possibile spazio di sorpasso. Non voleva correre altri rischi, con Irina in auto di fianco a lui.

 

All’improvviso la Maserati sbandò di colpo: Boris l’aveva appena speronata. Xander strinse il volante, cercando di non far andare l’auto in testacoda. Il muso della Ferrari comparve alla sua destra…

 

<< Attento! >> gridò Irina.

 

Si ritrovò stretto tra la Ferrari e il guard-rail di metallo. Sentì il vetro del finestrino destro andare in pezzi, e Irina lanciare un grido, coprendosi la testa con le braccia.

 

Xander inchiodò di colpo, lasciando passare avanti Boris. Dal finestrino spaccato sentiva il motore dell’auto vicinissimo, ma era l’ultima delle sue preoccupazioni. I pezzi di vetro sparsi sul cruscotto gli caddero sulle gambe mentre svoltava rapidamente a destra, gli pneumatici che fischiavano.

 

Irina si scoprì il volto, ancora perfettamente integro, e guardò la strada, continuando a tenersi il braccio destro. Qualcosa di rosso le macchiò il pantaloncino chiaro.

 

<< Irina… >> iniziò Xander. Era pronto a fermarsi, se solo lei glielo avesse chiesto.

 

<< Schiaccia quel pedale, Xander! >> ribatté lei, imperiosa, << E’ solo un graffio… Raggiungilo e datti una mossa! >>.

 

Il tono perfettamente lucido della ragazza lo convinse a fare come gli aveva chiesto. Accelerò, arrivando a tutta velocità alla curva successiva, tanto da incollarsi al posteriore della Ferrari gialla. Girò, rimandendogli addosso.

 

Boris iniziava a farlo incazzare… Aveva visto che in auto c’era anche Irina, poteva stare più attento… Evidentemente non gliene fregava un gran che.

 

Accelerò ancora, sentendo Irina che borbottava qualcosa di fianco a lui. Fece una smorfia tastandosi il braccio, poi la vide gettare qualcosa dal finestrino.

 

<< La prossima è una curva stretta a sinistra >> disse, << Molto stretta >>.

 

<< Perfetto >> ribatté Xander. Aveva un’idea.

 

Si mise dietro la Ferrari, sfruttando la sua scia, finché in lontananza non vide la curva del circuito. Come aveva detto la ragazza, era molto stretta, a gomito. Poi i fanali posteriori della F430 si accesero di rosso, segno che Boris iniziava a frenare. La Maserati no.

 

<< Xander… Ho detto a sinistra… Stretta >> mormorò Irina, preoccupata.

 

<< Lo so, l’ho capito >> ribadì lui.

 

Al posto di rallentare, accelerò ancora di più, tanto da sfiorare pericolosamente il paraurti della Ferrari. Vide Irina afferrare la maniglia della porta, nel panico.

 

<< Xander! >> gridò.

 

Vicinissimi alla curva, Xander sterzò bruscamente, evitando per un pelo la F340 affiancandola. Frenò, girando il volante, sapendo che andava troppo forte per sperare che le gomme tenessero la Maserati in traiettoria, ma sapeva perfettamente cosa fare.

 

Con la Ferrari alla sua destra, lasciò che la Granturismo si appoggiasse completamente all’auto di Boris, spingendola all’esterno della curva. Stava sfruttando la perfetta tenuta della F430 per affrontare la svolta, costringendola a rallentare. Vide il russo fare una smorfia terrorizzata, ma continuare a tenere stretto il volante mentre uno dei suoi specchietti gialli saltava via.

 

Usciti dalla curva, Xander premette l’acceleratore e si piazzò in testa, guadagnando velocità. In un attimo, merito anche dell’effetto sorpresa, riuscì a distaccare la Ferrari.

 

<< Non fare mai più una cosa del genere… >> mormorò Irina, appoggiando la testa allo schienale e tornando a respirare << Mi hai fatto morire… >>.

 

Xander ghignò e si apprestò a tagliare il traguardo, fermandosi poi proprio sotto gli spalti. Vide Challagher, Dimitri e un’altra decina di persone a bordo pista, tutte con l’aria un po’ stranita. Aveva appena vinto, ma qualcuno non sembrava affatto contento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appena Irina vide la faccia di William le si gelò il sangue nelle vene. Si rese improvvisamente conto della portata di quello che aveva appena fatto: si era infilata nella macchina di Xander, mentre lui faceva una gara…

 

Il dolore al braccio sparì all’improvviso, sopraffatto dall’enorme senso di colpa che le cadde addosso. Era stata idiota.

 

Appena la Maserati si fermò oltre la linea del traguardo, scese dalla macchina così velocemente che Xander non ebbe nemmeno il tempo di chiederle dove andasse. Ignorò bellamente tutti quanti, correndo fuori dal circuito, tenendosi stretta il braccio sanguinante.

 

Doveva trovare un posto tranquillo in modo da poter cercare una scusa plausibile da rifilare a William. Questa volta avrebbe fatto domande, e tante, anche.

 

Non poteva andare in infermeria, era il primo posto in cui sarebbero venuti a cercarla. Voleva starsene qualche momento da sola e mettere a posto le idee… Perché le saltato in mente di fare una cosa tanto stupida?

 

Raggiunse l’albergo sotto gli occhi allibiti di un paio di ragazzi e degli inservienti e salì in camera, fermandosi solo quando la porta della sua stanza si fu richiusa alle sue spalle. Rimase un momento appoggiata al muro, il fiato corto e il braccio che pulsava.

 

Sperava che nessuno la trovasse, almeno per un po’. Non poteva certo dire a William che era salita sull’auto di Xander solo per mostrargli il circuito…

 

Corse in bagno e infilò il braccio sotto il rubinetto, lasciando scorrere l’acqua gelida sulla ferita che si era procurata. Uno dei pezzi di vetro del finestrino della Maserati le si era conficcato nella pelle, ma almeno quel pezzo era riuscito a toglierlo… Vedeva ancora qualche piccola scheggia brillare sotto il getto freddo.

 

Non era poi così grave: con una bella fasciatura e magari qualche punto sarebbe passato tutto senza lasciare cicatrici. Ma avrebbe rimandato a dopo: ora doveva trovare una scusa.

 

Rimase con il braccio sotto l’acqua, fissando senza vederlo il suo riflesso nello specchio. Lo aveva fatto per Xander, per evitare che si facesse male… Non era servito a molto, in realtà, ma essere presente l’aveva tranquillizzata. Non sarebbe riuscita a rimanere impassibile, guardando la gara da lontano…

 

Poteva dire che voleva prendersi una rivincita con Boris… Che voleva far vincere Xander per dar fastidio al russo… No, William non l’avrebbe bevuta. Se veramente voleva farla pagare a Boris gli avrebbe chiesto in prestito l’auto e lo avrebbe stracciato lei.

 

<< Merda… >> borbottò.

 

Preferiva essersi squarciata tutte e due le braccia, piuttosto che trovarsi in quella situazione.

 

Qualcuno bussò alla porta, e il cuore le si fermò nel petto. Sperava fosse Xander, Dimitri, chiunque altro, ma non William.

 

Il sangue continuava a colare, il lavandino era striato di rosso, e doveva per forza andare in infermeria. Prese un asciugamano e vi avvolse il braccio dentro, facendo pressione, e raggiunse la porta.

 

Ti prego, fa che sia Xander… Solo lui poteva pensare di trovarmi qui”.

 

Aprì lentamente la porta, ma gli occhi che incontrò non erano quelli azzurri e gentili di Xander: erano quelli verdi, gelidi e minacciosi di William.

 

Rimase immobile, in attesa che lui dicesse qualcosa, o che la spingesse violentemente dentro la sua stanza. Per un lunghissimo momento non accadde nulla, poi lo Scorpione ordinò, in tono basso: << Andiamo in infermeria >>.

 

La prese per il braccio sano e la trascinò fuori, fino all’ascensore, senza dire una sola parola. Era furioso, Irina lo aveva capito, ma stranamente si stava tenendo. Ed era ancora più allarmante.

 

Raggiunsero l’infermeria, dove ad attenderli c’era un medico, anch’esso reclutato e pagato da William, dall’aria professionale e distaccata. Fece sedere la ragazza su un lettino, si sistemò gli occhiali sul naso e disse, esaminando la ferita: << Ci sono ancora delle schegge. Devo rimuoverle >>.

 

Mentre William si sedeva su una sedia, sempre in assoluto silenzio, il dottore recuperò una pinzetta da un cassetto e si mise all’opera, estraendo una a una le schegge dalla carne viva. Era una cosa dolorosa, ma Irina rimase zitta, per non dare a vedere allo Scorpione che in realtà stava soffrendo.

 

Per dieci minuti buoni nessuno disse niente, e il silenzio veniva rotto soltanto dai pezzettini di vetro che venivano gettati in un contenitore metallico, appoggiato sul lettino. Irina continuava a lanciare occhiate di sottecchi a William, seduto con le braccia incrociate, che continuava a fissarla con aria beffarda, come a godere del suo dolore. Perché stava zitto? Avrebbe preferito che le urlasse addosso, addirittura che le tirasse uno schiaffo, perché non voleva vedere un attimo in più quegli occhi verdi dall’espressione furiosa, talmente gelidi da toglierle il fiato per la paura.

 

<< Senti… >> cominciò lei. Non aveva ancora trovato una scusa valida, ma forse parlando le sarebbe venuto qualcosa in mente…

 

<< Sta zitta >> ribatté secco lui, << Ne riparleremo dopo >>.

 

Il dottore esaminò nuovamente la ferita ora pulita e sentenziò: << Ci vuole qualche punto di sutura, in modo da non lasciare cicatrici >>.

 

Irina annuì stancamente, e sorbì anche quella tortura in silenzio. Avrebbe voluto che ci fosse Xander lì con lei, non William. Con lui sarebbe stata in grado di sdrammatizzare un po’ la situazione.

 

<< Può andare >> disse infine il dottore, stringendo la fasciatura e lasciandola scendere dalla barella.

 

William la prese di nuovo per il braccio integro e la portò di sopra, in camera sua. La fece sedere sul letto, rimanendo in piedi, sovrastandola con lo sguardo infuriato.

 

<< Mi ha detto che avete scommesso >> disse, gelido.

 

Irina lo guardò interrogativa, senza capire.

 

<< Chi? >> chiese, confusa.

 

<< Alexander… Mi ha detto che avevate scommesso che non avresti mai avuto il coraggio di salire in macchina con lui, se avesse gareggiato contro Boris >> rispose William, tutto d’un fiato.

 

Irina lo fissò, sorpresa. Cosa era saltato in mente, a Xander?

 

Non le rimase che sfruttare quella misera occasione per farla bere allo Scorpione. Sorrise con aria indulgente e disse: << Oh, sì, scusa, non te lo avevo detto… Mi ha provocato, ieri sera, così abbiamo scommesso… Una cosa stupida >>.

 

<< E come mai sei scappata così all’improvviso dalla trinuna? >> domandò William.

 

<< A dir la verità me n’ero dimenticata, per questo non te ne ho parlato… Solo quando ho sentito che c’era anche Boris mi è tornato in mente >> rispose Irina, incrociando le dita.

 

Forse era una scusa talmente stupida che ci avrebbe creduto. William la fissò in silenzio per un momento, poi disse, lentamente: << Piantala di fare scommesse idiote, chiaro? Non mi piacciono… E vedi di tenerti lontana da Alexander… Niente scommesse, né con lui né con nessun’altro. Soprattutto se io non ne so niente >>.

 

<< Va bene, scusa. E’ l’ultima volta che succede >> disse, alzandosi, << Posso andare? >>.

 

Lo sguardo di William rimase comunque freddo. Aveva accettato la scusa che gli avevano propinato, ma di sicuro non ci credeva. Non era così idiota. Forse voleva aspettare un altro momento, per ricordarle che era lui che comandava.

 

Fece un cenno con la testa verso la porta e lei gli rivolse un’occhiata, sperando di addolcirlo. Lui rimase una statua di ghiaccio.

 

Doveva dargli l’impressione che si fosse fatto un’idea sbagliata, che lei e Xander non fossero così in confidenza come poteva sembrare. Doveva dargli l’idea che non esisteva nemmeno una possibilità che a lei potesse piacere, quando era tutto il contrario. Doveva fargli pensare che non si sarebbe mai azzardata a tradirlo.

 

Si avvicinò a William, e gli prese delicatamente un braccio con la mano sana. Lui non si mosse, ma la guardò dall’alto in basso, e nei suoi occhi verdi brillò una scintilla di sorpresa.

 

Era disgustata da se stessa, ma forse era l’unico modo per fargli passare l’arrabbiatura e distrarlo da quello che era appena successo. Si alzò in punta di piedi, e lo baciò sulle labbra con delicatezza, mettendoci tutta la forza di volontà che possedeva. Era un gesto che non aveva mai fatto di sua spontanea volontà, e riuscì a coglierlo alla sprovvista.

 

William le mise una mano dietro la schiena e se la strinse addosso, scostandole una ciocca di capelli dal volto. Le mordicchiò il labbro superiore, in preda all’eccitazione, spingendola contro il muro.

 

Il solito brivido gelido percorse la schiena di Irina, quando sentì la sua mano venire a contatto con la sua pelle. Ed era peggio delle altre volte, perché era stata lei a cominciare, a cercarsela.

 

La bocca dello Scorpione si spinse possessiva sulla sua, la lingua a tracciarne i contorni delicati. Per lei era disgustoso, ma ci stava mettendo tutto l’impegno possibile. Alla fine si staccò, chiuse gli occhi per dargli l’impressione che fosse stato piacevole e sussurrò, sorridendo: << Posso andare, ora? >>.

 

<< Vai, bambolina, prima che mi riprenda completamente e mi incazzi sul serio >> rispose lui, e sulle sue labbra sottili si disegnò un sorriso simile a una smorfia. Le aprì la porta e la lasciò uscire, richiudendola alle sue spalle velocemente.

 

Irina voleva vomitare. Aveva appena fatto una cosa così disgustosa da farsi schifo da sola. Odiava tutto di William, eppure lo aveva baciato solo per fargli bere una stupida bugia e impedirgli altre domande. La solita venduta.

 

Tornò in camera sua con l’aria abbattuta, chiedendosi cosa stavano pensando gli altri. William l’aveva presa meglio del previsto, e quello era l’importante. Degli altri non doveva fregargliene nulla, no?

 

Degli altri… E di Xander? Le aveva appena salvato la faccia, e non sapeva nemmeno dov’era in quel momento. Non era venuto a cercarla…

 

Si sdraiò sul letto fissando il soffitto, sentendo i punti sul braccio tirare. Si aspettava di sentire qualcuno bussare alla porta, ma attese invano. Rimase da sola per più di un’ora, pensando a quante cose stupide stesse facendo ultimamente. Voleva tornarsene a casa, abbracciare il suo piccolo Tommy e portarlo un pomeriggio in spiaggia, lontana da tutti quei casini.

 

Decise di alzarsi e scendere di sotto, nella sala da pranzo. Le era venuta un po’ di fame, e in ogni caso non rischiava di incrociare nessuno, visto che la maggior parte della gente era andata ad assistere alle gare.

 

Raggiunta la hall, si accorse di una sagoma gigantesca che aspettava seduta su una delle poltroncine dell’ingresso con aria snervata. Era un uomo dalla carnagione nera, la testa rasata e due spalle così larghe da non essere contenute dalla poltrona.

 

<< Simon? >> chiamò Irina, guardandolo da lontano.

 

L’uomo si alzò: era un gigante. Doveva essere alto almeno due metri. La guardò per un momento, poi sorrise. << Irina! Che piacere rivederti! >>.

 

La ragazza gli corse incontro e lo abbracciò fin dove il suo metro e sessantacinque le permise, sorridendo. << Pensavo non saresti venuto >> disse, << Sei arrivato adesso? >>.

 

Simon le scompigliò i capelli con una delle sue enormi mani, e rispose: << Sì, sono arrivato ora. Meglio tardi che mai. Avevo un po’ di cosucce da sistemare, già in Arizona >>.

 

Simon Cohen, quarantacinque anni portati benissimo, era un pilota clandestino anche lui, ed era uno dei pochi che Irina apprezzava. Nonostante la mole ciclopica e l’aria non certo da agnellino, era una brava persona. Una volta viveva a Los Angeles, ma siccome i metodi dello Scorpione non gli piacevano gran che, si era trasferito in Arizona con qualche amico. Non mancava mai ai raduni, però, perché era una delle poche volte che potevano incontrarsi. E poi lui diceva di divertirsi a battere i figli di papà con le loro auto di lusso tirare a lucido.

 

<< Sempre a fare la spericolata, eh? >> domandò Simon, accennando al suo braccio fasciato. << Quando metterai la testa a posto? >>.

 

Irina sorrise. << Questa volta non è colpa mia >> rispose, << Non guidavo io, almeno >>.

 

<< Ah sì? >> fece Simon, interessato, << E chi sarebbe il pazzo che ti ha portato in macchina con lui? >>.

 

<< Un amico >> rispose Irina, << Con una Maserati, tra l’altro >>.

 

Simon ridacchiò. << Sempre gente di classe, eh? Come l’albergo, mi pare. Allora, tu sai per caso dove sia la mia stanza? Perché è mezzora che aspetto che qualcuno mi dia le chiavi, ma non mi attendevano tra gli invitati, sembra >>.

 

<< Ci penso io >> Irina raggiunse il bancone dell’ingresso e suonò il campanellino per chiamare un’inserviente. Dal nulla apparve lo stesso uomo che aveva consegnato le chiavi a tutti gli ospiti, e con aria tranquilla le rivolse un cenno rispettoso. Ignorò del tutto Simon.

 

<< In cosa posso aiutarla? >> disse, con sussiego.

 

<< Aggiunga una stanza alle spese del signor Challagher >> disse Irina, << Il signore qui presente gradirebbe una camera, possibilmente con un letto spazioso >>. La ragazza sorrise, mentre l’inserviente squadrava con aria critica il nero alto due metri.

 

<< Bene… Stanza 299 >> disse l’uomo, porgendo un badge con aria stizzita. Simon lo afferrò.

 

<< , vado a sistemarmi… Le gare sono già iniziate? >> chiese, dirigendosi verso l’ascensore.

 

<< Sì, ma tanto puoi correre nell’ultima batteria… C’è un posto libero >> rispose Irina, pensando a Boris.

 

In quel momento vide Xander entrare nella hall. Le gettò una rapida occhiata, poi il suo sguardo azzurro si soffermò su Simon, e ci rimase per un bel po’, sorpreso. Lo stesso fu per il nero, ma nessuno dei due disse nulla. Con passo rapido, Xander imboccò le scale, per evitarli.

 

Irina rimase in silenzio, e guardò con la coda dell’occhio Simon. Il gigante aveva gli occhi ridotti a fessure, e iniziava a sembrare minaccioso.

 

<< Cosa c’è? >> chiese lei, preoccupata dalle loro strane reazioni.

 

Il volto di Simon si distese, poi rispose: << Niente. Pensavo di conoscerlo, ma mi sbagliavo… Grazie per la stanza. Ci vediamo stasera >>.

 

E sparì dentro l’ascensore, lasciando Irina nell’ingresso, sempre più confusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Las Vegas

 

Xander richiuse bruscamente la porta della camera alle sue spalle, fissando la vetrata che dava sul terrazzo.

 

Che diavolo ci faceva lì?

 

Lo aveva riconosciuto, non poteva dimenticarlo. Simon Cohen era stato un grande amico di suo padre, e come lui agente dell’F.B.I. Un giorno però aveva mollato tutto ed era entrato nel mondo delle corse clandestine, senza un motivo apparente. O forse c’era, ma lo aveva tenuto ben nascosto.

 

Non era quello il problema, però. Il problema era che sicuramente lo aveva riconosciuto, e ci avrebbe impiegato un attimo ad andare da William e dirgli esattamente chi era. E in meno di un secondo sarebbe saltato tutto.

 

Porca puttana… e adesso?”.

 

Respirò a fondo per qualche minuto, cercando di tornare lucido. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.

 

Afferrò il cellulare e chiamò il primo numero che gli saltò in mente. Irina.

 

<< Dobbiamo parlare, adesso >> la aggredì, senza darle nemmeno il tempo di chiedere perché. << Vieni giù… Subito >>.

 

<< Va bene, Xander. Vengo >> disse lei, con voce flebile. L’aveva appena spaventata, ma era talmente preoccupato che al momento l’educazione l’aveva lasciata in disparte.

 

Irina varcò la soglia di camera sua con aria intimorita, il braccio fasciato lasciato inerte lungo il fianco. Non si era dimenticato che si era fatta male, un po’ anche per colpa sua, ma la vista di Cohen lo aveva mandato per un attimo in palla. Si diede dell’idiota e la guardò richiudere delicatamente la porta alle sue spalle.

 

<< Cosa succede? >> chiese, a bassa voce.

 

<< L’uomo con cui stavi parlando poco fa >> disse Xander, << E’ un ex agente dell’F.B.I., lo sai? >>.

 

Irina lo guardò confusa e stupita. << No… >> mormorò.

 

<< Bé, il problema è che mi conosce. O meglio, conosceva mio padre. Ci siamo visti solo un paio di volte, ma sa benissimo chi sono >>.

 

Irina rimase a fissarlo, e dalla sua espressione capì che aveva colto le implicazioni. Afferrò la maniglia della porta come se volesse fuggire di corsa, ma non si mosse. << Non lo farà… >> esalò, << Non… >>.

 

<< Devo parlare con lui. Adesso. Subito >> disse Xander.

 

<< Va bene… Ti ci porto >> disse Irina. Sembrava ancora più sconvolta di lui.

 

Un attimo dopo erano davanti alla stanza di Simon. L’uomo aprì immediatamente la porta, e quando lui e Xander si ritrovarono faccia a faccia, rimase impassibile.

 

<< Went >> disse, a bassa voce.

 

<< Cohen… Devo parlarti. Fammi entrare >> disse Xander, secco. << Irina è con me >>.

 

Il gigante si fece da parte e li lasciò entrare. Poi, appena la porta si fu chiusa, Cohen disse, sarcastico: << Questa volta hanno anche smosso l’F.B.I. per cercare di prendere Challagher? >>.

 

Xander fece una smorfia. << Cosa fai qui? >> chiese.

 

<< Corro >> fu la risposta secca di Cohen.

 

Irina spostava lo sguardo dall’uno all’altro, con l’aria di capirci poco e niente. Rimase in silenzio, senza intromettersi nemmeno una volta, forse troppo spaventata per voler dire qualcosa.

 

<< Corri? >> ribatté Xander, << Non mi interessa perché tu lo faccia. Voglio solo capire se hai intenzione di dire chi sono a Challagher >>.

 

Il nero lo guardò, truce. << No, Went, non ho intenzione di farlo. Non va a genio nemmeno a me, quindi puoi stare tranquillo… Non farò la spia, se questo intendi >>. Sottolineò la parola “spia” con una inflessione nella voce.

 

Xander fissò Irina, ancora in piedi in disparte. Era per lei che si preoccupava, non per lui.

 

<< Non sapevo facessi parte del giro di Challagher >> disse, gelido.

 

<< Non sapevo che l’F.B.I. credesse ancora di poter prendere lo Scorpione >> ribatté Simon.

 

Non gli interessava particolarmente parlare con Cohen, ma voleva essere sicuro che non andasse a spifferare in giro chi fosse.

 

<< Come mai sai chi è? >> domandò il nero, questa volta rivolto a Irina. Non era minaccioso, solo curioso.

 

La ragazza deglutì e gli gettò una rapida occhiata, come a chiedere se aveva il permesso di parlare. Lui annuì.

 

<< Lo sto aiutando >> rispose Irina, << Ci conoscevamo a scuola… >>.

 

Cohen si lasciò sfuggire un fischio. << Ora ho capito… Una talpa >> borbottò, << Ecco perché ti hanno mandato. Bé, bel piano, davvero >>.

 

C’era una nota di derisione, nella sua voce, e Xander non la gradì.

 

<< Se non ti piace, non è affar mio >> ribatté.

 

<< Ah, no, non è questo >> disse il nero, aprendo distrattamente la finestra della camera, come se la situazione fosse perfettamente rilassata. << Sai vero i rischi che corre chi ti aiuta? >>. I suoi occhi guizzarono verso Irina, ancora in disparte e in silenzio.

 

A Xander venne improvvisamente un vago senso di colpa: certo che sapeva cosa rischiava.

 

<< Cosa stai dicendo? >> disse freddamente.

 

<< Dico solo che Challagher è meno stupido di quanto pensi >> rispose Cohen, gettando un’altra occhiata alla ragazza, << Dovete fare attenzione, tutti e due. Soprattutto tu, Irina >>.

 

<< So quello che sto facendo >> disse lei, calmissima, << Conosco William molto più di voi, lo tengo d’occhio >>.

 

<< Spero sia così >> disse Cohen, << Mi dispiacerebbe molto se ti succedesse qualcosa >>.

 

Il tono era sincero, Xander lo capì. Gli stava a cuore Irina, ma mai quanto a lui. L’avrebbe tenuta lontano dai guai, di quello era certo.

 

<< Bene. Credo ci siamo detti quello che ci interessava >> disse, << Irina, vieni con me >>.

 

Uscì dalla camera e la ragazza lo seguì, sempre in silenzio. Forse l’aveva scombussolata un po’ troppo.

 

Tornarono nella sua stanza, e lì Xander cercò per l’ennesima volta di tornare calmo. Gettò una rapida occhiata alla benda sul suo braccio, poi chiese: << Come stai? >>.

 

<< Oh >> Irina sembrò colta alla sprovvista, << Bene… Sono solo un paio di punti >>.

 

Xander sospirò, tentato di dare un’occhiata di persona. No, forse ne aveva date troppe la sera prima, lei non avrebbe gradito.

 

<< Come mai sei salita in macchina? >> domandò.

 

Irina arrossì lievemente. << Ehm… William ha detto che Boris voleva distruggerti la macchina… Con te dentro, naturalmente… Bé, dovevo fare qualcosa, no? >>.

 

Xander guardò quegli occhi scuri da cerbiatta fissarlo imbarazzati, e l’unica cosa che gli venne da pensare era che aveva voglia di sentire di nuovo quelle labbra sulle sue…

 

Cazzo. Non adesso, eh… Non adesso… Mi ero ripromesso niente finché non miglioriamo la situazione… Dannato testosterone”.

 

Sorrise. << Bé, allora grazie per il pensiero… Ma non dovevo farmi male io? >> disse.

 

Irina agitò il braccio, come a dimostrare di poterlo ancora usare, sorridendo. << Non è niente… Non mi fa nemmeno male, a essere sincera >> disse, << E poi sono io che me la sono cercata… L’importante è che hai vinto >>.

 

Xander continuò a guardarla, intuendo che forse la cosa la imbarazzava. Decise di cambiare argomento. Era chiaro che era preoccupata per lui, e la cosa gli fece nuovamente piacere.

 

<< Come mai credevi che Cohen non facesse la spia? >> chiese.

 

<< Non sapevo che Simon fosse un ex agente, ma è sempre stato un tipo a posto >> rispose Irina, << E’ una delle poche persone che apprezzo, da queste parti >>.

 

Detto da lei, era un’ulteriore conferma. Lo conosceva meglio di lui.

 

<< Posso farti una domanda, Irina? >> domandò Xander. Non c’entrava nulla con quello di cui avevano appena parlato, ma sentiva che era il momento giusto per affrontare l’argomento.

 

<< Sì >> rispose solo lei.

 

<< Come si chiama la madre di Tommy? >>.

 

La domanda sembrò prenderla alla sprovvista, però rispose: << Sally McGragor… Perché lo vuoi sapere? >>.

 

<< Voglio rintracciarla >> rispose Xander.

 

Ci aveva pensato tutta la notte, fissando Irina addormentata nel suo letto. Per quanto Tommy fosse adorabile, non poteva continuare a prendersi cura di lui. Non era suo dovere farlo, non quando aveva altri problemi a cui pensare. Ed era il primo “ostacolo” che voleva rimuovere tra loro due.

 

<< Perché? >> domandò Irina, stupita.

 

<< Riporteremo Tommy da sua madre >>.

 

Irina sembrava sconvolta. << Xander, ti ho detto cos’è… Una prostituta >> esalò, << Se lo ha lasciato sulla soglia di casa mia, un motivo c’era. Non era in grado di prendersi cura di lui. Credi che ora lo sia? >>.

 

<< Lo sarà >> ribatté Xander.

 

Irina sembrò confusa.

 

<< Il suo problema sono i soldi, immagino. Posso fare in modo di fargliene avere abbastanza per prendere una casa in affitto >> spiegò lui, serio, << Le troverò un lavoro serio, e magari una nuova identità, se le servirà. Sarà in grado di badare a stessa e a suo figlio >>.

 

Come soluzione gli sembrava perfetta. Ci avrebbe impiegato un attimo a chiamare l’F.B.I. e a ottenere quello che voleva: non era nemmeno molto, a dir la verità.

 

Irina non sembrò pensarla come lui, però. Strinse il braccio fasciato con aria triste, poi disse: << Io… Io non ce la faccio a lasciarlo, Xander. Ho bisogno di lui… E’ una delle poche cose buone che ho nella vita… >>.

 

<< Ha il diritto di stare con sua madre… Come tu hai il diritto di vivere la tua vita >> disse calmo Xander.

 

<< Perché vuoi riportarlo da sua madre? >> chiese Irina.

 

Perché sono egoista. Perché voglio eliminare tutti gli ostacoli che esistono tra me e te, e lui, per quanto simpatico, è uno di quelli. Perché voglio darti la possibilità di pensare solo a te stessa. Perché voglio… Voglio lasciarti libera di pensare a qualcun altro… ”.

 

<< Perché non puoi andare avanti così >> rispose Xander, << Ti ho sentito dire decine di volte quanto sei stanca. Non dormi, non mangi e non stai un attimo ferma. Ti stai sfiancando. Finirai come tua madre >>.

 

Irina sorrise impercettibilmente. << Mia madre aveva cinquant’anni, e quattro figli alle spalle. Io sono giovane. Cosa vuoi che mi succeda, se perdo qualche ora di sonno? >>.

 

<< Che finisci come ieri sera >> ribatté lui.

 

Il sorriso appena nato sulle sue labbra morì all’istante.

 

Mossa sbagliata”.

 

<< Sto scherzando, Irina >> disse Xander, << Per favore, pensaci. Oltretutto, pensi che tuo nipote sia più al sicuro tra una banda di piloti clandestini, o con sua madre? >>.

 

Irina sospirò. << Ci… Ci penserò… La macchina com’è ridotta? >>. Cambiava argomento.

 

<< Un vetro rotto e un po’ di righe. Niente che non si possa aggiustare… Solo che non potrò gareggiare contro William, stasera. Devo portarla a riparare >>.

 

La ragazza lo guardò un momento, dubbiosa.

 

Avanti, rimani… Oppure, no, forse è meglio di no”.

 

<< Ci vediamo a cena, Xander >> disse lei, aprendo la porta, << Grazie >>.

 

Uscì, lasciandolo solo a fissare la maniglia con aria ebete. Grazie di cosa? Le voleva portare via una delle poche ragioni che la spronavano ad andare avanti… Se lo avesse insultato, forse si sarebbe sentito meno in colpa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora… Torno a fare i miei commenti a fine cap… Le poche recensioni mi hanno leggermente demoralizzata, ma fa niente… Spero qualcuno colga il mio appello, però.

Comunque, cosa dire… In questi ultimi cap finalmente è stato svelato il mistero del “rapporto” tra Irina e William, che non è affatto quello che appare. E Xander finalmente ha capito cosa prova e cosa vuole. Peccato che ci siano un po’ di “problemini” fa risolvere… Non rimane a Irina di capire cosa vuole lei.

Il prossimo cap sarà piuttosto lungo, e denso di azione, e sarà anche l’ultimo ambientato a Las Vegas… Vediamo cosa ci combina Irina.

 

Mark 90: aaahhh, sono contentissima che continua a piacerti!!! E mi fa piacere che apprezzi così tanto i personaggi di Irina e Xander: credo siano quelli che mi sono venuti meglio fino ad adesso, anche perché “un’Irina” esiste veramente… Rinnovo il mio invito a farmi sapere se la storia è di tuo gradimento! Baci!

 

CriCri88: eh sì, come storia è proprio inusuale. Infatti prima di pubblicarla ci ho pensato un sacco di tempo! Dici che credi di essere l’unica a cui “ispira” William? Non è detto: magari a qualcun altro piace, anche perché, come l’ho immaginato io, fisicamente non è proprio da buttare! Caratterialmente, invece… Uhm, no, non ci siamo proprio. In effetti, lui è veramente innamorato di Irina, ma in modo malato. Se lei avesse ricambiato, probabilmente l’avrebbe ricoperta di affetto, di regali, di ogni cosa lei avesse desiderato. Il suo problema però è la possessività e l’abitudine ad avere sempre tutto quello che vuole, oltre a non saper rinunciare. Tolto questo, magari si salverebbe: in fondo, come vedi, ha “protetto” Irina dal mondo, salvo farle del male lui stesso. Crede di poter essere l’unico che può farlo. Tra qualche cap però dimmi come la pensi su di lui… Succederanno un sacco di cose su cui pensare! Baci!

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Capitolo XVI

Capitolo XVI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Las Vegas

 

Irina era seduta sul bordo della piscina, dondolando lentamente i piedi nell’acqua limpida e fredda, sentendo il sole battere sulle spalle nude. La musica del bar era tenuta molto bassa, appena udibile, per non disturbare chi stava ancora dormendo. Praticamente tutto l’albergo, visto che la sera prima, sabato, era stata la notte del giro nei casinò dei dintorni.

 

Non c’era nessuno a parte lei, in quel momento. Aveva preferito rimanere in camera, inventa dosi la scusa che non fosse ancora perfettamente in forma, e William le aveva permesso di rimanere in albergo. Era riuscita a evitarlo, almeno per un po’.

 

In realtà, lei voleva evitare un po’ tutti, anche Xander. Anzi, soprattutto lui. Il giorno prima non era nemmeno andata a vedere la sua gara, naturalmente vincente, e aveva preferito fare una passeggiata tra le vie di Las Vegas, con tanto di carta di credito di William in tasca. Evidentemente, anche lui voleva tenerla a debita distanza da Xander, e pensava che un po’ di shopping sfrenato le facesse dimenticare il moro dagli occhi blu, o qualsiasi altra cosa avesse in testa.

 

Niente di più sbagliato. Già era confusa dal comportamento di Xander, e in più le diceva che aveva intenzione di riportare Tommy da sua madre: impossibile non pensarci.

 

Con un sospiro, agitò i piedi muovendo l’acqua della piscina, fissando la cavigliera d’argento illuminata dai raggi del sole. Era la soluzione migliore e anche la più logica, ma lei non riusciva a separasi da quel bambino. Quando se lo era trovata davanti alla porta di casa credeva di impazzire, ma alla fine aveva capito che sarebbe diventato la sua unica ragione di vivere, l’unica cosa per cui lottare. Dopo, cosa avrebbe fatto?

 

Doveva trovare qualcos’altro, o qualcuno… Qualcuno per cui valeva la pena rischiare…

 

<< Già qui, bambolina? >>.

 

Irina alzò la testa, per vedere William avanzare nel suo costume da bagno nero e rosso, il tatuaggio di uno scorpione bene in vista sul petto muscoloso. Posò l’asciugamano su una sdraio e si tuffò in acqua, abbastanza lontano da non inondarla di schizzi. La raggiunse in un attimo e le poggiò le mani bagnate sulle gambe, facendole venire la pelle d’oca.

 

<< Niente bagno, vero? >> disse, guardando la fasciatura del braccio destro.

 

<< No >>.

 

William si issò sul bordo con le braccia muscolose, e si sedette di fianco a lei. Passò una mano gelida sulla sua schiena, facendola rabbrividire di nuovo.

 

<< Cosa hai fatto ieri sera? >> chiese lo Scorpione.

 

<< Niente… Ho dormicchiato… Voi? >>.

 

<< Un paio di partite a poker >> rispose William, << Poi li ho persi di vista un po’ tutti. Credo ammirassero le bellezze del luogo >>. Ridacchiò.

 

Irina fece una smorfia. Chiaro cosa intendeva.

 

Poi si ritrovò a pensare una cosa inaspettata: anche Xander “ammirava” le bellezze del luogo?

 

Che pensiero idiota… E’ libero di fare quello che vuole. E immagino lui sia l’uomo che non deve chiedere mai”.

 

<< Sentivo la tua mancanza, ieri sera >> disse William, avvicinandola, << Sai? >>.

 

Sì, come no… E io ci credo pure. Tu non le ammiri le bellezze del luogo, vero?”.

 

<< Cerca almeno di fingerti sincero >> disse, a bassa voce.

 

William ridacchiò, ma non disse nulla. Si rituffò in acqua, nuotando nel suo impeccabile stile libero, e raggiunse l’altra parte della piscina. Irina non lo degnò di uno sguardo, quando lui uscì: il suo bel fisico non sortiva più nessun interesse in lei, da tanto tempo. Lo Scorpione si sdraiò sul lettino a prendere il sole.

 

Irina sbuffò, guardandosi intorno per vedere se c’era qualcun altro nei dintorni. Nessuno. Avrebbe tanto voluto farsi il bagno, ma per via della fasciatura non poteva. Risistemò i capelli con la pinza e agitò un po’ i piedi.

 

All’improvviso, sentì qualcuno spingerla alle spalle, per poi infilarle un braccio intorno alla vita e tenerla ben stretta, per non farla cadere in acqua. Trattenne il respiro, e guardò verso la sdraio. William era ancora lì, e non si era accorto di niente.

 

<< Paura? >> le sussurrò una voce nell’orecchio.

 

Proprio chi si aspettava.

 

<< Non farlo mai più, Xander >> mormorò, << Odio essere presa alle spalle >>.

 

Il ragazzo non la lasciò andare, e ridacchiò. << Niente bagno, per oggi. Peccato, l’ultima volta mi era piaciuto >>.

 

Irina arrossì di colpo, e gli afferrò la mano che teneva attorno ai suoi fianchi. Chissà perché, era sempre più calda di quella di William…

 

Prese il braccio di Xander e lo tirò di colpo, lo costrinse a sporgersi dal bordo, e con un’abile “mossa finale” lo lasciò cadere in piscina. Per fortuna, questa volta non si tirò dietro anche lei.

 

Xander riemerse con l’aria divertita, mentre Irina rideva di fronte ai suoi capelli completamente sparacchiati in testa. Si aggrappò al bordo e la guardò, sornione.

 

<< Te ne approfitti perché sai che non ti trascinerò giù, vero? >> domandò.

 

<< Sì >> rispose Irina, vedendo con la coda dell’occhio che William li stava guardando, ora. Si abbassò e sussurrò, in modo che solo lui potesse sentirla: << E comunque, ho rinforzato il costume, questa volta >>.

 

Xander ridacchiò davanti alla sua battuta, poi lo vide puntare lo sguardo sulla sua caviglia. D’istinto, alzò i piedi e li tirò fuori dall’acqua, per evitare qualsiasi rischio. Saltò via dal bordo, neanche si fosse bruciata.

 

<< Tanto mi vendico, lo sai >> disse lui. << E non ti servirà rinforzare il costume >>.

 

Irina arrossì ma rimase al gioco. Jenny aveva detto di giocare? Allora lei avrebbe giocato.

 

<< Pensa al tuo, di costume >> ribatté.

 

Sentiva lo sguardo di William trapassarla da parte a parte, e dovette per forza guardare verso di lui. Lo Scorpione la stava fissando seduto sulla sdraio, in mano un flacone trasparente. Le fece un cenno con il capo, agitando la bottiglia.

 

Irina sbuffò: era ora del solito massaggio, reso indispensabile dalla vanità dello Scorpione. Gettò una rapida occhiata a Xander, che nuotava diretto alla scaletta, e raggiunse William in punta di piedi.

 

<< Riesci a farmi un massaggio? >> domandò lui.

 

La fasciatura non era un problema: non sentiva dolore, serviva solo a mantenere pulita la ferita. Annuì, afferrando il flacone di olio e aspettando che William si sdraiasse a pancia in giù, con la testa rivolta verso la piscina.

 

Le era venuta un’idea, forse addirittura un po’ perversa. Si sentiva abbastanza coraggiosa da osare, visto che come aveva detto Jenny doveva “giocare”. Due ore dopo si sarebbe pentita della sua sfacciataggine, lo sapeva.

 

Attese che Xander andasse a sedersi esattamente dall’altra parte della piscina, e lo guardò dritto in faccia con l’aria strafottente. Scavalcò William e gli si sedette sulla schiena muscolosa, senza distogliere gli occhi da Xander.

 

<< Avanti, usa le tue belle manine d’oro >> mormorò William, senza accorgersi quello che stava succedendo. Doveva averlo preso alla sprovvista, normalmente non gli si sedeva addosso, ma lui non disse niente in proposito. Ovvio che non gli dava fastidio.

 

Irina prese l’olio, aprì il tappo e se lo versò sulle mani, il tutto senza distogliere lo sguardo dagli occhi azzurri di Xander, seduto immobile sulla sua sdraio. Sembrava vagamente sorpreso, davanti alla sua faccia.

 

“Vediamo che fa… Jenny vorrebbe essere qui, adesso… E se lo sa mi prenderà in giro per un mese”.

 

Si sistemò meglio addosso a William, sapendo che lui era sorpreso tanto quanto lei per il suo comportamento, e poggiò le mani sulle sue spalle calde e muscolose.

 

La reazione di Xander fu perfettamente controllata, ma qualcosa passò nei suoi occhi blu oceano. Rimase a fissarla, mentre lei massaggiava energicamente le spalle di William, sempre all’oscuro di tutto. Lo Scorpione si accorse che ci metteva un po’ più impegno del solito, ridacchiò e borbottò: << Oggi ci siamo alzate con il piede giusto, eh? >>.

 

Irina sorrise, ma continuò imperterrita a guardare Xander, e lui faceva lo stesso. Sembrava perfettamente impassibile, ma la mascella era più rigida del solito. Cosa si aspettava che facesse? Non lo sapeva nemmeno lei, a dir la verità.

 

Mentre passava le mani sulla pelle abbronzata di William, sentiva le spalle di lui sciogliersi sotto l’olio che sapeva di cocco. Si abbassò leggermente, mettendoci tutta la forza che aveva a disposizione. William si lasciò scappare un gemito di piacere.

 

<< Cazzo, Irina… Che ti è preso oggi? >> borbottò, solleticandole una gamba con la mano, << Dovresti farlo più spesso, sai? >>.

 

Irina si mosse appena e gli strappò un altro mugugno soddisfatto, puntando lo sguardo su Xander. Finalmente si era smosso: per un momento aveva abbassato i suoi occhi sulle sue mani premute sulla schiena di William, poi era tornato a guardarla. Forse non voleva dire niente, ma almeno non faceva finta di non vedere.

 

Se doveva essere sincera, provocarlo iniziava a piacerle. Le faceva anche dimenticare che sotto di lei c’era lo Scorpione, e che lui la stava palpando la coscia, sospirando ogni tanto sotto il suo tocco deciso e quasi esperto.

 

Dove voleva arrivare? Si aspettava che Xander si alzasse e venisse a reclamare la sua parte di massaggio? No, non lo avrebbe fatto di sicuro, non se c’era anche William nei paraggi. Forse voleva solo attirare la sua attenzione, vedere se gli fosse completamente indifferente oppure se, magari, come aveva detto Jenny, aveva qualcosa per la testa…

 

Forse passò mezz’ora, non lo seppe esattamente, ma continuarono a guardarsi in faccia senza che nessuno dei due accennasse qualcosa, senza che Xander avesse anche solo un fremito. Niente, ma non le staccò per un momento gli occhi di dosso.

 

Poi all’improvviso Irina ebbe una strana sensazione allo stomaco, mai provata prima. Una sorta di brivido, di farfalle libere di volarle nella pancia, tanto che si bloccò, e cambiò colore. Abbassò lo sguardo, ma sentiva ancora gli occhi azzurri di Xander puntati su di lei.

 

Forse aveva esagerato. Era stata troppo… Troppo… Non trovava le parole giuste. Trattenne il respiro per cercare di capire cosa le era preso, e lentamente, molto lentamente, alzò la testa. Xander la guardava ancora, e mimò qualcosa, in silenzio: “Sto aspettando il mio turno” diceva.

 

Irina molto probabilmente diventò viola. Deglutì in fretta e afferrò il flacone dell’olio di cocco e lo agitò, mostrando che era vuoto.

 

“Purtroppo è finito” mimò, sorridendo.

 

Si alzò di scatto e sparì portandosi dietro la bottiglia, dandosi dell’idiota e lasciando William sulla sdraio, sorpreso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander fissò il punto esatto dove Irina era seduta fino a pochi secondi prima, cioè esattamente sopra la schiena dello Scorpione. Finalmente si concesse un respiro, e sciolse tutti i muscoli che fino a quel momento erano rimasti in tensione.

 

Se questo non è provocarmi…”.

 

Assurdo. Era l’unica parola che aveva trovato per descrivere la situazione. Assurda.

 

Assurda ma decisamente fantastica.

 

L’effetto dello sguardo di Irina mentre massaggiava le spalle di Challagher era stato peggiore di quello che gli aveva fatto due sere prima, quando lo aveva baciato sdraiati sul suo letto. Perché c’era qualcosa di assolutamente sensuale nei suoi occhi da cerbiatta, in quel momento molto più simili a quelli di una gatta.

 

All’inizio aveva pensato a una sorta di errore. Forse stava guardando da qualche altra parte, poi aveva notato che guardava proprio lui, anche perché in giro non c’era nessun’altro. Quando l’aveva vista salire sulla schiena di Challagher e accomodarsi tranquillamente neanche fosse una poltrona, gli era venuta una crisi di gelosia. Avrebbe distolto lo sguardo, se non avesse notato che Irina lo fissava insistentemente.

 

Se William vuole fare cambio, mi offro volontario senza problemi” aveva pensato.

 

Rigido come una statua l’aveva guardata versarsi l’olio sulle mani e massaggiare le spalle di Challagher, senza staccare neanche per un momento gli occhi da lui. Quando aveva sentito lo Scorpione lasciarsi andare a un gemito di soddisfazione, si era chiesto cosa fosse disposto a dare per trovarsi nella sua stessa situazione. Cinque secondi dopo si era domandato come facesse a resistere e non saltarle addosso.

 

Perché non c’era niente di innocente, nello sguardo di Irina in quel momento. O perlomeno a lui era parso così. Niente che dicesse che lo stava guardando solo per non dover fissare Challagher.

 

Era rimasto immobile tutto il tempo, sapendo che dall’esterno appariva perfettamente impassibile, ma all’interno stava avendo una crisi ormonale in piena regola.

 

Alla fine anche a lui era scappato uno sguardo piuttosto eloquente, e a quel punto Irina doveva essersi resa conto di quello che stava combinando. Aveva cambiato colore e aveva smesso di guardarlo, puntando lo sguardo imbarazzato sulla schiena di Challagher.

 

Quando l’aveva vista rialzare la testa, aveva pensato di farle capire chiaramente quello che stava pensando, e il “Sto aspettando il mio turno” gli era uscito del tutto spontaneo. Peccato che lei avesse deciso di tornare a fare la brava ragazza.

 

E’ facile che me la sognerò di notte,sta cosa… E’ stata piacevolmente traumatica”.

 

William si alzò all’improvviso, infastidito dall’interruzione a sorpresa del suo massaggio, guardando il punto in cui era sparita Irina. Solo allora Xander si accorse che era talmente unto di olio che la pelle abbronzata brillava. Era bello pronto per essere impanato. Ecco perché la ragazza gli aveva mostrato il flacone vuoto: ci era andata pesante.

 

Ridacchiando, Xander guardò lo Scorpione allargare le braccia appiccicaticce con aria infastidita, borbottando qualcosa. Irina si era tolta due sfizi: aveva provocato lui, e aveva umiliato William. E non era stato lui, a rimetterci.

 

<< Credo ti serva una doccia >> disse Xander, rivolto allo Scorpione, mettendo le braccia dietro la testa e sdraiandosi sul lettino.

 

William fece una smorfia, afferrò il suo asciugamano e se ne andò, con Xander che continuava a ridacchiare sotto i baffi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Las Vegas

 

Irina attendeva l’inizio dell’ultima gara in piedi a bordo pista, le braccia incrociate e lo sguardo perso. Di fianco a lei, Simon Cohen parlava con qualcuno al cellulare: niente finale per lui, non si era “qualificato”.

 

Ferme in perfetto ordine davanti alla linea di partenza c’erano quattro auto: la Maserati Granturismo nera di Xander, la Ferrari F430 gialla di Boris, una Aston Martin Vanquish grigio metallizzato, e la Lamborghini Revènton color carbonio di William. Tutte a motori spenti.

 

Simon chiuse la telefonata e le mise una mano sulla spalla. Non gli aveva ancora chiesto spiegazioni sul suo passato da ex agente, perché sembrava non avesse voglia di parlarne. Lui e Xander però si erano ritrovati a discutere insieme, e molto probabilmente dovevano aver chiarito i motivi del loro astio. In fondo, lei non centrava niente con loro, non doveva impicciarsi.

 

<< E’ già domenica? >> disse, << Sono passati in fretta, questi tre giorni… Ci rivediamo il prossimo anno, sempre qui a Las Vegas? >>.

 

Irina si ritrovò a sperare di no, che un anno dopo lo Scorpione sarebbe stato dietro le sbarre, e forse anche lei. Ma vedere la Revènton sulla linea di partenza, pronta a partire, le fece venire una stretta allo stomaco. William era forte, più forte di loro. Ed era la prima volta che Xander gareggiava contro di lui.

 

<< Non so se dirti che lo spero o meno >> rispose, e Simon le gettò un’occhiata comprensiva, << Vai via adesso? >>.

 

<< Sì, il viaggio è lungo, e comunque intuisco già il risultato della gara >> rispose il nero, << Spero di rivederti presto. Puoi passare dalle mie parti, un giorno >>.

 

Irina annuì e lo abbracciò. << Fai buon viaggio, e non correre troppo >> disse.

 

Il gigante nero sorrise e la salutò, poi sparì oltre i cancelli del circuito. Irina si voltò e vide Xander avanzare tranquillo verso di lei, le chiavi dell’auto in mano.

 

Le venne in mente due giorni prima, quando si era infilata nella sua auto per impedire che gli venisse fatto del male. Non era servito a molto, ma… Non poteva farlo di nuovo.

 

All’improvviso ebbe paura, paura per lui.

 

<< Xander? >> lo chiamò, cercando di non farsi vedere da nessuno. William era troppo lontano perché la sentisse.

 

Il ragazzo la raggiunse con un sorriso stampato in faccia. << Cosa c’è? >>.

 

Al pensiero di quello che aveva fatto quella mattina in piscina, Irina arrossì. << Lascialo vincere >> esalò.

 

Xander rimase tranquillo. << Perché dovrei? >>.

 

<< Qualunque cosa succeda, comunque vada la gara, lascialo vincere >> disse lei, seria, << Ti prego. Rischierai troppo se dimostri di essere più bravo di lui… >>.

 

Fallo per me… Ho bisogno che tu rimanga qui, ancora un po’”.

 

Xander la guardò dubbioso. << Non c’è motivo di preoccuparsi. Se veramente vincessi io, sarebbe più contento di avermi come avversario… Rappresenterebbe uno stimolo, per come la vede lui, no? >>.

 

Irina si morse il labbro. Come dirglielo senza sbilanciarsi?

 

<< Dammi ascolto, per favore. Sento che è meglio che tu non lo infastidisca, almeno per il momento >>.

 

Con la coda dell’occhio, vide William avvicinarsi a loro, molto probabilmente per dire che la gara sarebbe iniziata da lì a qualche minuto. Xander rimase in silenzio, senza annuire ma nemmeno senza negare. La lasciò nel dubbio.

 

<< Siamo pronti a partire >> disse lo Scorpione, e sembrava eccitato << E’ ora di salire in macchina. Irina, monta in auto >>.

 

La ragazza lo guardò, stupita, e altrettanto fece Xander. Non era previsto che lei fosse in auto con lui.

 

<< Avanti >> la incalzò lo Scorpione.

 

Con un cenno, Irina seguì William fino alla Lamborghini e aprì la porta del passeggero, sedendosi dentro.

 

Forse William la voleva con lei per evitare che facesse di infilasse di nuovo nell’auto di Xander… Oppure credeva di preservare dai danni “accidentali” la sua nuova Revènton. O semplicemente voleva tenerla sotto controllo.

 

Irina si allacciò rapidamente la cintura del sedile avvolgente in pelle scamosciata, mentre il motore si avviava e sul cruscotto simile a quello di un aereo si accendevano le luci a led bianche. L’indicatore dei giri del motore si mosse un paio di volte, nervoso, poi rimase immobile. William afferrò il pomello del cambio, inserì la prima e attese.

 

Voleva chiedergli perché l’avesse voluta in auto con lui, ma qualcosa nella sua espressione concentrata le suggerì di tacere. Sarebbe sembrata sospetta. Guardò oltre il vetro della Revènton, senza riuscire a vedere Xander: la Ferrari di Boris gli copriva la visuale. Il russo sorrise mostrando il suo disgustoso dente d’oro e le dita poggiate sul volante si mossero impercettibilmente.

 

<< Chi c’è nella Vanquish? >> domandò Irina, guardando alla loro sinistra. I finestrini erano oscurati, e non si riusciva a distinguere il conducente.

 

<< C’è Richard >> rispose William

 

Richard Bravery, detto il Lord per i suoi modi tipicamente inglesi e le abitudini quasi d’altri tempi. Venuto dritto dritto dall’Inghilterra per correre contro il suo amichetto Scorpione.

 

<< Ma non aveva la DB9? >> chiese Irina.

 

<< Si è portato l’auto di scorta, quest’anno >> ridacchiò William.

 

La situazione non poteva essere peggiore: Boris, lo Scorpione e il Lord tutti insieme. Xander aveva scelto il peggior giorno, per correre. Oltretutto, sembrava avere l’auto meno potente: solo una Bugatti o la Zonda potevano dare del filo da torcere alla Revènton; la F430 era una Ferrari, e bastava solo il nome a far capire che genere di auto fosse; e la Vanquish era sicuramente modificata. Xander doveva contare solo sulle sue capacità di guida.

 

William sembrava impaziente di iniziare la gara: il suo piede premeva ritmicamente sull’acceleratore, facendo muovere nervosamente la lancetta del contagiri. Le dita tamburellavano sul volante mentre fissava i semafori finalmente diventati rossi.

 

Ti prego Xander, non fare cazzate. Pensa a uscirne vivo, che è già molto” pensò Irina.

 

All’improvviso scattò il verde, e la Revènton si fiondò in avanti con una potenza tale da incollarla al sedile. Sentì il rombo degli altri motori ai loro fianchi, ma nessuno era impressionante come quello della Lamborghini. Un misto tra il ruggito di un puma e il grido di un falco.

 

William superò la prima curva già in testa, gli occhi che scattavano rapidi dalla strada allo specchietto. Scalò di una marcia e svoltò a destra, gli pneumatici che fischiavano sull’asfalto asciutto.

 

Irina non riusciva a vedere cosa stava accadendo alle loro spalle, ed era anche l’unica cosa che le importava. La guida di William non la preoccupava finché non decideva di far ammazzare entrambi.

 

Cercò di sbirciare dallo specchietto destro, ma vide solo il bagliore della vernice argentata della Aston Martin.

 

<< Come procede, dietro? >> domandò, con una nota di panico nella voce.

 

<< Benissimo >> rispose solo William.

 

A quel punto la Ferrari gialla sbucò chissà da dove, mentre la Aston Martin tagliava di netto la curva guadagnando la prima posizione. La Maserati li superò a destra con un guizzo.

 

<< Era ora >> mormorò lo Scorpione, ridacchiando.

 

Come gli altri, tagliò la curva passando sul prato. Aveva atteso che qualcuno desse il segnale che la gara era cominciata: niente regole, niente scrupoli.

 

<< William… Fa’ attenzione, per favore >> sussurrò Irina, afferrando la maniglia della portiera.

 

<< Certo che farò attenzione >> ribatté lui, mettendosi dietro la Maserati, << Paura, bambolina? >>.

 

<< Abbastanza >> mentì Irina. O meglio, non era per lei stessa che aveva paura. Forse dandogli l’idea di non essere proprio tranquilla si sarebbe comportato meglio.

 

William accelerò, tallonando la Maserati. Xander superò la Ferrari di fronte a lui con uno scatto a sinistra, mentre Boris tentava di nuovo si speronarlo, senza riuscirci. Sia lui che lo Scorpione si misero alle calcagna della Granturismo, decisa a superare anche il Lord.

 

L’Aston Martin approfittò di una lingua di cemento che conduceva ai box per tagliare ancora un po’ di strada, guadagnando vantaggio. La Maserati invece prese la via del prato, sollevando zolle d’erba verde con le ruote larghe.

 

William sterzò di colpo e con il muso speronò la Ferrari davanti a loro. La F430 andò in testacoda e finì sul prato, senza subire danni.

 

<< Scusa, Boris >> mormorò William ridendo, mentre lo superava facendogli un cenno con la mano.

 

Davanti a loro, Irina vide Xander duellare con l’Aston Martin, tentando di superarla. Zigzagò per un centinaio di metri, proprio mentre terminavano il primo giro di tre, poi cercò il sorpasso a sinistra. Con una manovra secca la Vanquish gli andò addosso, spingendolo sull’erba. Xander sembrò perdere il controllo mentre le ruote dell’auto pattinavano sui cordoli, ma poi rallentò e lasciò Richard passare di nuovo in testa.

 

Irina aveva il cuore in gola. Per un attimo aveva creduto di vederlo finire contro il guard-rail, ma Xander era stato abbastanza intelligente da interrompere la manovra.

 

<< Voglio vedere se ci riprova >> disse William, rallentando leggermente.

 

Irina avrebbe preferito che lo superasse, in modo da potergli impedire di stuzzicare Richard. Rimase in attesa della prossima mossa, con lo Scorpione che sembrava stesse solo guardando un film interessante.

 

L’Aston Martin tagliò un’altra curva: ormai procedeva solo in avanti, senza curarsi di sfasciare il bel prato e le aiuole che contornavano il circuito. Xander seguì la sua scia, deciso a non mollare. William, intanto, procedeva tranquillo conscio che la Lamborghini era in grado di riprenderli in un attimo.

 

Arrivarono alla curva dove Xander aveva fatto quella manovra che Irina non poteva certo dimenticare, e tentò il sorpasso un’altra volta. Forse Richard intuì la sua mossa e lo bloccò, stringendo la curva.

 

Con uno scatto impercettibile, il muso della Maserati toccò il posteriore della Aston Martin, ma bastò a farla andare in testacoda. La Vanquish finì sul prato, di traverso, lasciando spazio libero a Xander.

 

<< Bene, si è liberato per l’ultimo giro >> disse William, e ingranò la marcia superiore. << Finalmente un testa a testa >>.

 

Irina sentì il sangue gelarsi nelle vene all’idea di uno scontro diretto. Strinse la maniglia della porta, pregando che tutto andasse a finire bene.

 

William raggiunse la Maserati in un attimo, tallonandola. Zigzagarono l’uno davanti all’altro, per confondersi a vicenda, poi Xander prese la curva a tutta velocità, il posteriore che vibrava sulla potenza sprigionata dalle ruote motrici.

 

Lo Scorpione si piazzò a destra e attese la curva seguente, ridacchiando. Si stava divertendo.

 

“Lascialo vincere… Lascialo vincere…” pregava Irina, nella sua testa, senza staccare gli occhi dalla Granturismo, come a sperare che Xander sentisse le sue parole. Non dava segno di voler gettare la spugna.

 

Alla curva seguente, William approfittò dello scatto bruciante della Revènton e si affiancò alla Maserati. Insieme, come se fossero perfettamente coordinate, le due auto svoltarono fianco a fianco, senza toccarsi. Si sentivano i sibili degli pneumatici sull’asfalto nonostante l’insonorizzazione dell’abitacolo.

 

Una curva, poi un’altra e un’altra ancora. La Lamborghini e la Maserati sembravano divertirsi un mondo a procedere fianco a fianco lungo la pista, tanto vicine da riuscire a vedere i numeri sul cruscotto brillare, ma mai troppo da sfiorarsi. Una perfetta danza sincronizzata.

 

<< Bé, è bravo, il ragazzo >> commentò William, stringendo il volante.

 

Irina non commentò. Continuava a pregare in silenzio, sperando che William non si decidesse a mettere fine alla gara. Ancora qualche minuto e sarebbe terminato il supplizio.

 

William schiacciò l’acceleratore così a fondo che la Lamborghini schizzò avanti come un missile. Xander gli rimase a fianco, senza l’intenzione di demordere.

 

Si superarono a vicenda un paio di volte, e la soddisfazione sul viso di William era crescente. Si stava divertendo da pazzi, cosa che non succedeva da un po’.

 

“Lascialo vincere… Lascialo vincere…”.

 

Del tutto inaspettato, Xander li superò a destra gli tagliò la strada. William frenò, e la sua espressione cambiò in un attimo. Non era stato in grado di prevederlo, non se l’era aspettato. Altra cosa che non succedeva da tempo.

 

Ok, gara chiusa. Xander aveva appena provocato lo Scorpione.

 

Penultima curva. William sfidò ogni regola della fisica e superò Xander a sinistra, tagliando sul prato, così vicino che gli specchietti si sfiorarono pericolosamente.

 

Irina si aspettava l’ultima manovra di Xander, quella che lo avrebbe fatto sbattere fuori. Ma non lo vide. William superò il traguardo, con la Maserati dietro.

 

L’aveva ascoltata, alla fine. Aveva lasciato vincere lo Scorpione.

 

Irina scese dall’auto, reprimendo l’istinto di correre incontro a Xander e ringraziarlo. Si limitò a guardarlo smontare dalla Maserati, e gli rivolse il sorriso più grato che fu in grado di fare. Davanti alla sua espressione raggiante, anche lui si lasciò scappare un ghigno.

 

Una piccola folla si stava radunando intorno alle quattro auto: Boris era arrivato quarto e Richard terzo. Il russo stava commentando nella sua lingua d’origine qualcosa fissando la Ferrari insieme a Dimitri, molto probabilmente i danni. Il Lord, con il suo solito aplomb inglese girava intorno alla Aston Martin perfettamente tranquillo di fronte alle righe sulle fiancate.

 

Irina notò che William guardava Xander, e anche se lo aveva battuto, nei suoi occhi non c’era compiacimento, ma un vago fastidio. Richiuse la porta della Revènton e lo raggiunse, con la ragazza che lo seguì senza farsi notare.

 

<< Bella gara >> disse lo Scorpione, sfoderando il suo sorriso trionfante, << Mi sono divertito davvero, questa volta… Peccato non avessi un’auto all’altezza della mia. Sarebbe stata tutta un’altra cosa >>.

 

Xander si strinse nelle spalle con aria noncurante. << Vorrà dire che per la nostra sfida prenderò un’altra auto >> ribatté, << Magari… Una Ferrari >>.

 

Irina sorrise da dietro le spalle di William, rivolgendogli un’occhiata divertita.

 

<< Come avevo promesso, stasera festa di chiusura nel più bel locale di Los Angeles >> disse lo Scorpione, << Ti devo qualche ora di divertimento >> aggiunse misterioso, con un’occhiata eloquente a Xander.

 

Poi, prese Irina per un braccio e se ne andò, lasciando tutti quanti a commentare la gara senza di lui. Evitando di protestare, Irina lo seguì fino agli spalti, accorgendosi che William aveva cambiato di nuovo espressione, e sembrava profondamente irritato. La strattonò per farla voltare e disse, gelido: << Quando torniamo a Los Angeles dovrai darti da fare, chiaro? >>.

 

<< Perché? >> ribatté Irina, alterata.

 

<< Perché te lo dico io e basta >> rispose William, << E dovremo posticipare il più tardi possibile la tua sfida con lui >>.

 

<< Tanto lo sai che è più forte di me >> disse Irina, tranquilla, << Si vede. E poi non avevi detto che non vedevi l’ora di correre contro di lui? >>.

 

William digrignò i denti, ma il suo cellulare squillò all’improvviso. Lo afferrò e rispose: << Cosa vuoi? >>.

 

La sua espressione continuava a essere arrabbiata, così Irina decise che forse era meglio andarsene. Stava per girarsi quando la sua risposta la incuriosì.

 

<< Certo che ho vinto >>.

 

Qualcuno dubitava che lo Scorpione potesse trionfare?

 

<< Dove sei adesso? >> continuò, << Comunque avevi ragione… No, voglio aspettare ancora un po’… Vediamoci stasera, alle 8.00, lo stesso posto dell’altra volta… Che ore sono adesso? Le 7.00… Ce la fai? D’accordo, a dopo >>.

 

Chiuse la telefonata e guardò Irina. << Cos’hai da fissare? >>.

 

<< Con chi ti devi vedere? >> chiese lei, innocente.

 

<< Devo chiudere un piccolo affare >> rispose William, mettendosi il cellulare in tasca, << Niente di importante. Fatti trovare pronta per le 9 e mezza, che andiamo al Royal… Sai come ti voglio >>.

 

Si voltò e se ne andò, diretto alla pista per riprendersi la sua auto. Irina riuscì a sentire la sgommata sull’asfalto mentre William lasciava il circuito, diretto al suo appuntamento segreto.

 

Non era la prima volta che la teneva all’oscuro di qualche suo affare, primo perché non si fidava completamente di lei, secondo perché non riteneva dovesse prenderne parte più del dovuto, e terzo, lei stessa ammetteva che non voleva averci a che fare. Però questa volta c’era qualcosa di strano.

 

Doveva essere qualcuno che non aveva mai visto, perché tra la cerchia degli amici e conoscenti di William, che lei aveva “l’onore” di conoscere, non c’era nessuno che avrebbe mai dubitato delle capacità dello Scorpione. Nessuno avrebbe osato dirgli in faccia che non lo riteneva abbastanza forte.

 

Oltretutto, quel qualcuno non aveva assistito alla gara, nonostante fosse a Las Vegas. Chissà cosa stava tramando William… Forse il furto di qualche altra auto super lusso.

 

Sbuffando, si diresse in camera sua, sapendo che la aspettavano due ore di “preparazione” per la tanto attesa festa al Casinò Royal… Avrebbe dovuto indossare quel dannatissimo abito blu che William le aveva rifilato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Las Vegas

 

Irina fissava dubbiosa il riflesso nello specchio del bagno, studiando con aria critica l’acconciatura dei capelli castani. Li aveva tirati su con un paio di forcine lasciando un ciuffo a coprirle una parte della fronte, mentre il resto ricadeva in morbide onde su una spalla. Molto scenografico, ma decisamente troppo esagerato per lei. Avrebbe passato tutta la sera a litigare con la frangia.

 

L’abito, che infilando aveva scoperto essere di Dior, le calzava a pennello, a dimostrare quanto William avesse preso bene le misure del suo corpo. Forse le fasciava un po’ troppo il petto, ma lì non era una questione di taglia: serviva a mettere in mostra la “carrozzeria”. E la gonna non era poi troppo corta, per gli standard di William: sopra il ginocchio, meno provocante ma più chic.

 

Si sentiva decisamente fuori posto, e avrebbe tanto preferito rimanersene in albergo. Afferrò il telefono cellulare lasciato malamente sul comodino e chiamò uno dei suoi numeri preferiti.

 

<< Jenny, mi sta venendo una crisi di panico >> disse, esasperata.

 

<< Che stai facendo? >> domandò l’amica, incuriosita.

 

<< Mi sto fissando da mezz’ora nello specchio… Tra poco devo andare a una festa a un casinò con tanto di russi ricconi e inglesi vecchio stile… E non mi sento a posto >>.

 

Jenny ridacchiò. << Ok… Calma e sangue freddo. Analizziamo tutto… Allora: vestito >>.

 

<< Blu, gonna al ginocchio, scollatura ornata di brillantini. Dior, oltretutto >> descrisse Irina, neanche stesse facendo la lista della spesa. Non era la prima volta che Jenny le faceva da consulente di immagine a distanza.

 

<< Cavolo… Dior. Peccato che rispetto a me tu sia una stangona, se no me lo dovevi prestare >> disse l’amica, << Vabbè, sono sicura che è perfetto, con quello che sarà costato. Poi… Scarpe >>.

 

<< Decolleté bianco perla, tacco otto… Oddio, sembrano quelle da sposa… >> borbottò Irina, guardandosi i piedi.

 

<< No no, vanno bene. Bianco e blu è perfetto >> ribatté Jenny, << Borsa? Ricorda, abbinata alle scarpe >>.

 

<< Sì, pochette bianco perla… Quello me lo ricordavo >> disse Irina, gettando uno sguardo alla borsetta adagiata sul letto.

 

<< Bene… Adesso, capelli >> proseguì Jenny, imperterrita.

 

<< Stessa acconciatura che avevo al tuo compleanno, ti ricordi? Forse i capelli sono leggermente più mossi… >>.

 

<< Wow, certo che me la ricordo! >> disse Jenny, entusiasta, << Hai intenzione di far svenire qualcuno, stasera? >>.

 

Irina sorrise impercettibilmente… Sempre la solita.

 

<< Tra l’altro, devi dirmi come sta procedendo… >> continuò la ragazza, sorniona.

 

<< Jenny, dai che ho poco tempo… Ti prometto che quando torno ti racconto tutto quello che vuoi >>.

 

<< D’accordo… Adesso, accessori. Collana? >>.

 

<< Sempre la solita. Sai che non la tolgo >> rispose Irina, fissando il ciondolo a forma di quadrifoglio che portava al collo da sempre: regalo della sua mamma.

 

<< Ok, te lo concedo… Però ci starebbe molto meglio un bel collier… >>.

 

<< Anche volendo non ne ho uno a disposizione >>.

 

<< Bene… Cioè, male, ma non importa. Orecchini? >>

 

Irina fissò il suo volto riflesso, poi si fiondò a cercare il piccolo beauty che usava per tenere i gioielli.

 

<< Cavolo, me li ero dimenticati… >> borbottò, scaraventando sul letto un paio di jeans, << E dire che sono anche la mia fissazione… >>.

 

<< Testa fra le nuvole, eh? >> commentò Jenny, << C’è Alexander, vero? >>.

 

<< Non me lo ricordare, per favore >> disse Irina, trovando finalmente il beauty sotto una montagna di magliette.

 

<< Perché? >> Jenny ridacchiò.

 

<< Oh, lascia stare… Ricordami di non comprare più olio abbronzante al cocco perché mi fa strani effetti >> disse Irina, aprendo il beauty.

 

<< Davvero? Che hai fatto? >> domandò curiosa Jenny, << Va , anche questo tienitelo per quando ci vediamo… Allora, cosa hai a disposizione? >>.

 

Irina guardò le dieci paia di orecchini appoggiati sulla cassettiera davanti allo specchio, tutti lunghi e con pendagli come piacevano a lei.

 

<< Due paia neri, due argento, due blu, due bianchi e due rossi >> disse, << Immagino quelli bianchi, vero? >>.

 

<< Giusto >>.

 

<< Allora… Cuori o farfalle? >>.

 

<< Cuori >> rispose prontamente Jenny, << Tanti bei cuori >>. E ridacchiò.

 

Irina infilò rapidamente gli orecchini, controllando che ore fossero. Ancora dieci minuti.

 

<< Vorrei proprio vederti >> sospirò Jenny, << Sarai bellissima… >>.

 

<< Non credo proprio >> ribatté Irina, guardando ancora dubbiosa il proprio riflesso, << Ti giuro, non mi sento proprio a mio agio… Sarà una serata traumatica >>.

 

<< Altro da dire? >>.

 

<< Sì, ho una bella fasciatura al braccio da coprire… >> disse Irina, rabbuiandosi.

 

<< Una fasciatura? Che hai combinato? >> chiese Jenny, preoccupata.

 

<< Niente, un piccolo incidente in auto… Solo un paio di punti… Come lo posso coprire? >>.

 

<< Un copri spalle >> rispose Jenny, << A maniche lunghe… Però farà caldo… Aspetta… Dimmi che ti sei portata quello che ti ho regalato io >>.

 

Irina fece mente locale. Aprì il guardaroba e frugò dentro. << Sì, c’è l’ho. Però è rosso >>.

 

Tirò fuori un copri spalle leggero di cotone, fatto all’uncinetto. Le maglie erano abbastanza piccole da coprire il bianco della fasciatura, ma non troppo fitte da farla scoppiare di caldo.

 

<< Non importa se è rosso >> disse Jenny, << Anzi, meglio. Staccherà un po’… Mettilo. Com’è l’effetto? >>.

 

Irina si guardò nello specchio, mordendosi il labbro coperto dal lucidalabbra rosa.

 

<< Oddio, Jenny… Non mi ci vedo proprio >>.

 

<< Benissimo. Se mi rispondi in questo modo vuol dire che sei perfetta >> disse l’amica, tranquilla, << E adesso, riversami addosso tutti i dubbi psicologici. Quelli di vestiti li abbiamo risolti >>.

 

Irina tacque per un attimo.

 

<< Non so che fare… Stamattina ho fatto un massaggio a William con l’olio, in piscina, e… Bé, mentre lo facevo ho fissato Xander tutto il tempo. Tutto il tempo, capisci? E lui non mi ha staccato gli occhi di dosso… Molto probabilmente pensava fossi uscita di testa… Non posso dargli torto >>.

 

<< Ehi, frena! Cioè, tu facevi un massaggio a un altro e lo fissavi? Guarda che io ti avevo detto di giocare, non di provocarlo così! >>.

 

<< Eh? Ma scusa, tu mi avevi detto di osare… >> ribatté Irina, basita e colta alla sprovvista, << Lo sapevo che non dovevo ascoltare il tuo consiglio. Dopo ho cambiato colore tipo venti volte… >>.

 

Jenny ridacchiò. << Lo farai impazzire. Se la sognerà di notte, quella scena… >>.

 

Irina avvampò. No, era impossibile. Non era in grado di sortire quell’effetto su nessuno, meno che mai Xander.

 

Bussarono alla porta. Doveva essere William.

 

<< Cavolo, devo andare… Prega che stasera non faccia cazzate, Jenny, o mi avrai sulla coscienza >>.

 

<< Perfetto. Bacia Xander, e non da parte mia, eh? >>. L’amica chiuse la telefonata senza lasciarle il tempo di ribattere.

 

Bussarono ancora. << Arrivo, arrivo! >> gridò Irina. Recuperò la borsa e aprì la porta.

 

William la squadrò da capo a piedi, indugiò sulla sua scollatura e rimase di ghiaccio. Indossava uno smoking nero con camicia bianca e cravatta blu. Perfetto anche lui.

 

<< , la misura era giusta >> commentò.

 

Irina si voltò per chiudere la porta, e William le diede una pacca sul sedere.

 

<< Ahi! >>.

 

<< Non ho resistito >> disse William, sorridendo, << Ti fa un bel culo, questo vestito >>.

 

<< Tienimi lontano Boris, allora. Almeno stasera >>.

 

<< D’accordo, stasera lo tengo a bada io >>.

 

Scesero in auto, tenuta pronta davanti all’entrata dell’albergo da uno degli inservienti. La Mercedes Slk McLaren era stata tirata a lucido, e la vernice metallizzata brillava sotto le luci artificiali. Non c’era traccia di Xander, in giro.

 

Raggiunsero il Royal Casinò per primi; il parcheggio esterno era ancora vuoto. Un intero piano era riservato a loro, sale da gioco, bar e ristorante compresi.

 

Entrarono dentro e vennero accolti da un paio di camerieri, a cui William rivolse un cenno. Arrivò un uomo vestito con un perfetto doppiopetto nero, dall’aria molto distinta e gli porse un grosso menù in carta filigranata. Irina intanto si guardava intorno.

 

Avevano cambiato arredamento, dall’anno scorso. L’ingresso era un trionfo di legno pregiato e tappeti soffici, ornati da piante rigogliose e poltrone di pelle bianca. Tutto molto… Extra-lusso.

 

<< Questo è il menù della cena di stasera >> disse l’uomo in doppiopetto, << Tutto come lei aveva richiesto… Ci siamo permessi l’aggiunta di un dessert a sorpresa >>.

 

William sorrise leggendo il foglio. << Perfetto. Mio padre? >>.

 

<< E’ già di sopra, signore >> rispose l’uomo, << Vi accompagno >>.

 

Irina e William seguirono l’uomo fino a un grande ascensore a specchio, dove lei ebbe modo di guardarsi di nuovo. Le venne un altro attacco di panico, ma rimase zitta.

 

L’ascensore si aprì su di una grande sala, dove tavoli rotondi e perfettamente apparecchiati erano disposti a intervalli regolari. Al centro c’era un bancone dove venivano preparati i cocktail, e un ragazzo era già all’opera, preparando una sangria a opera d’arte.

 

<< Di là ci sono i tavoli da gioco >> spiegò il maitre, << Più la sua aggiunta >>.

 

Irina gettò un’occhiata a William, il viso compiaciuto. L’aggiunta era, come al solito, un certo numero di belle ragazze pronte a finire nel letto di qualcuno pur di guadagnare un’entrata extra.

 

<< Scegli il tavolo che vuoi, bambolina >> disse William, << Vado a dare un’occhiata >>.

 

William sparì nella sala da gioco, e Irina si guardò intorno, cercando il tavolo migliore. Optò per quello vicino alla vetrata che dava sul giardino: se si fosse annoiata, almeno poteva guardare fuori.

 

Si sedette al tavolo con aria stanca, e il ragazzo dei cocktail la raggiunse con in mano un vassoio.

 

<< Alcolico o analcolico? >> domandò con un sorriso.

 

<< Oh… Ehm, analcolico >> rispose Irina, memore dell’ultima esperienza con il troppo alcool.

 

Il ragazzo sorrise ancora e le indicò tre bicchieri. << Pesca, fragola e melone. Io consiglio melone >>.

 

Le porse gentilmente il bicchiere e lei lo prese. << Grazie >> mormorò.

 

Il ragazzo ammiccò e tornò al suo lavoro. In effetti, era molto buono, pensò Irina bevendo il cocktail. Nel giro di dieci minuti arrivarono un dozzina di persone, tra cui Boris, che per l’occasione aveva smesso i tipici abiti da magnate russo e indossava lo smoking scuro che non contribuiva minimamente a slanciare la sua figura.

 

Finalmente William riemerse dalla sala dei tavoli da gioco insieme a suo padre, che evidente aveva dato “un’occhiata” anche lui, ma aveva iniziato molto prima.

 

Lo Scorpione si mise a parlare con gli ospiti già arrivati, mentre Irina guardava nervosa l’orologio appeso sopra all’entrata. Sarebbe arrivato, prima o poi. Xander.

 

Infatti, si materializzò sulla soglia dieci minuti dopo, da solo, e Irina rimase senza fiato. Indossava anche lui uno smoking nero, probabilmente opera di Armani, e una bella camicia grigio chiaro, intonata al grigio scuro della cravatta. Il suo sguardo vagò incuriosito lungo la sala, poi si puntò su di lei.

 

Irina trasalì. Sentirsi quelle iridi color oceano addosso le dava una strana sensazione. Strana, ma piacevole. Non c’era niente di strafottente, di provocatorio, di famelico, nei suoi occhi: era solo uno sguardo amichevole, affettuoso, forse. Tuttavia non poté fare a meno di arrossire, ripensando a quello che Jenny le aveva detto poco prima, al telefono. Abbassò gli occhi, imbarazzata, e maltrattò il tovagliolo che aveva tra le mani.

 

Lo sapeva, sarebbe venuto al suo tavolo prima o poi, e quello comportava che avessero dovuto guardarsi e parlarsi per forza. Ma le sembrava tutto così difficile, in quel momento, per niente spontaneo. Perché lui era qualcosa di così vicino alla perfezione da renderla nervosa: sempre educato, sempre gentile, sempre troppo bello per essere vero. E lei non poteva esserne all’altezza.

 

Un attimo dopo, gli altri otto occupanti del suo tavolo vennero a sedersi ai loro posti: William, Dimitri, Hanck, Sebastian, Boris, George Challagher, Richard il Lord, e Xander.

 

Questa volta, William si sedette alla sua sinistra, e Dimitri venne invitato a prendere il posto di Boris, alla sua destra. Niente pacche sul sedere per lei, quella sera. Xander, invece, finì vicino a Richard, proprio davanti allo Scoprione. E a lei.

 

<< Signori, vi invito a dare uno sguardo al menù >> disse George, afferrando il suo con aria compiaciuta, << Quest’anno è tutto a scelta nostra… Uh, questo mi piace >>.

 

Xander diede un rapido sguardo poco interessato ai piatti proposti, poi tornò a guardare lei, rivolgendole un enorme sorriso brillante. Irina ricambiò, poi finse di essere particolarmente presa dai dolci.

 

Già dopo la prima portata, Irina era sazia. Aveva lo stomaco chiuso per l’agitazione e le mani che le sudavano. Xander non aveva smesso di guardarla per un attimo, nemmeno mentre parlava con William. Forse la trovava ridicola?

 

Poco prima dell’arrivo dei secondi, William notò che stava lasciando tutto nel piatto e si voltò a guardarla.

 

<< Che hai? >> chiese.

 

<< Niente… Non ho fame >> rispose Irina.

 

<< Stai male? >> domandò lo Scorpione, anche se il suo tono appariva scocciato.

 

<< No, sto bene… Posso alzarmi un momento per andare in bagno? >> disse Irina, speranzosa.

 

William la squadrò un momento. << Vai. Tra dieci minuti portano i secondi >>.

 

Irina si alzò in tutta fretta e chiese al ragazzo dei cocktail dove fosse il bagno. Lui glielo indicò con gentilezza e lei uscì dalla sala.

 

Solo davanti allo specchio ovale che rifletteva la sua immagine si concesse di respirare di nuovo. Si appoggiò al lavandino di marmo bianco, cercando di riguadagnare la calma.

 

Perché Xander le stava facendo quello stranissimo effetto? Non riusciva nemmeno a parlare! Era rimasta in silenzio come un’ebete fino a quel momento, neanche fosse nata muta.

 

Jenny, aveva bisogno di Jenny… Cercò il cellulare, ricordandosi solo in quel momento di aver lasciato la borsa appesa alla sedia, in sala da pranzo. Avrebbe dovuto vedersela da sola.

 

<< Ok, tranquilla >> mormorò a stessa, sperando che nessuno entrasse in quel momento, << Tranquilla… Non è successo niente di grave. Niente. Mi sta solo guardando… Non c’è nulla di strano >>.

 

Non c’era nulla di strano? Non la smetteva di fissarla, era perfettamente normale, come cosa?

 

No.

 

“Si sta vendicando per stamattina. Lo fa apposta: vuole che provi la stessa cosa che ha provato lui…”.

 

Possibile? Possibile che anche lui si fosse sentito come si sentiva lei in quel momento? No, decisamente no.

 

<< Ecco, allora basta >> borbottò.

 

Sarebbe tornata di là come niente fosse e avrebbe finalmente aperto bocca. Perfettamente tranquilla. Se la gente voleva fissarla, che facesse pure. Se aveva qualcosa di strano non erano affari loro.

 

Risoluta, uscì dal bagno e tornò al suo posto. Il cameriere stava servendo abbondanti porzioni di gamberi a tutti, e la guardò aspettandosi l’ennesimo rifiuto da parte sua. Irina sorrise e disse: << Sì, grazie >>.

 

E adesso, era ora di affrontare Xander.

 

Alzò lo sguardo su di lui, e sorrise accennando al modo buffo con cui il suo vicino di posto inglese stava aprendo i gamberi: con forchetta e coltello, neanche fossero al cospetto della Regina. Lui ammiccò e indicò il suo bicchiere di vino bianco, ancora perfettamente pieno.

 

<< Per stasera niente alcool >> disse Irina, << Ne ho bevuto abbastanza l’altra sera >>.

 

Xander ridacchiò, ma William le rivolse un’occhiataccia. Prese il bicchiere pieno e lo scambiò con il suo, vuoto.

 

Irina si strinse nelle spalle con aria noncurante a iniziò a sgusciare il suo gambero.

 

Era stata brava. Si era calmata e aveva sostenuto una brevissima conversazione senza impappinarsi. Se andava avanti così, poteva anche pensare di passare una bella serata.

 

Davanti all’enorme torta servita come dolce, Irina immaginò l’ago della bilancia di casa sua spostarsi verso destra… Bé, era un po’ che non mangiava dolci: poteva anche fare uno strappo alla regola.

 

Mangiata la sua piccola fetta, osservò gli occupanti del tavolo alzarsi diretti al bancone dei cocktail, molto probabilmente per servirsi di un digestivo, dopo la cena a dir poco abbondante. Rimase seduta, aspettandosi l’invito ad alzarsi di William, che però non venne.

 

Senza esserne troppo dispiaciuta, volse lo sguardo alla finestra per osservare il cielo buio e sereno.

 

Qualcuno le posò davanti un bicchierino con un liquido chiaro all’interno, ornato da una bella ciliegina.

 

<< La signorina gradisce un digestivo? >>.

 

Non era il simpatico cameriere di prima, come si aspettava, ma Xander. Irina lo guardò, poi spostò gli occhi sul bicchiere.

 

<< E’ alcolico, vero? >> domandò.

 

<< Sì >>.

 

<< Allora forse è meglio che evito… >>.

 

Xander si esibì in un fantastico ghigno. << Avanti, ti controllerò io, stasera >> disse, << E’ stato piuttosto divertente, l’altra sera >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiata dubbiosa, poi sorrise. << D’accordo. Se ci pensi tu a contare i bicchieri che svuoterò stasera… >>. Mandò giù tutto d’un fiato il “digestivo”. << Ma chi controllerà te? >>.

 

<< Tu, naturalmente >> ribatté lui, sornione.

 

<< Ah, , allora siamo messi bene… >> mormorò Irina, << Non vai a farti una partita a… che ne so… Poker, roulette? >>.

 

Lui fece un cenno di diniego con la testa. << Non mi piacciono >> rispose, tranquillo.

 

Irina gettò un’occhiata alla porta che nascondeva la stanza dei “divertimenti”: erano già quasi tutti dentro, tranne un paio di ragazzi.

 

<< William vi ha preparato un regalino >> disse lei, pensando al gruppone ragazze in costume da coniglietta pronte a far da assistenti a chiunque. << Ti conviene approfittarne >>.

 

<< In effetti, ha detto che potevamo scegliere la ragazza che preferivamo >> ribatté Xander, una scintilla divertita negli occhi. << Immagino tu sia compresa, no? >>.

 

<< Uhm… Potrei dire che tu mi stia importunando >> disse lei, stando al gioco, << Ma non lo farò… Ti perdono solo perché mi hai fornito quel bel digestivo che funziona, sai? >>.

 

Xander ridacchiò. << Bene… Ti andrebbe di svignarcela per un po’? Prima che torni il pinguino… >>.

 

Irina inarcò un sopracciglio. << Il pinguino? >>.

 

<< William >> spiegò Xander, << Non ti sembra tanto un pinguino, con quella camicia bianca e lo smoking nero? Altro che Scorpione… Manca solo che cammini saltellando e inclinandosi a destra e sinistra, e poi è perfetto >>.

 

Irina scoppiò a ridere. << Oh, , sarebbe molto meno… minaccioso >>.

 

<< Allora? Ce la squagliamo? >> domandò di nuovo Xander.

 

<< Dove vuoi andare? >> chiese lei.

 

<< Di sotto. C’è un bel giardino… Credo di aver bisogno di fumare una sigaretta >> rispose Xander.

 

Veramente aveva detto di non fumare… Comunque, senza fare commenti, Irina acconsentì, sapendo che non voleva passare il resto della serata in disparte e da sola. Ma forse non era proprio una buona idea…

 

Si alzò, mentre Xander appoggiò il suo bicchiere sul tavolo. Si voltò a guardare il ragazzo dei cocktail, che mescolava la sangria con aria annoiata. Però aveva appena smesso di guardarli.

 

<< Dammi solo un momento >> disse Xander, dirigendosi verso il barman e frugandosi nella tasca interna della giacca. Fronteggiò il ragazzo con aria tranquilla e disse, porgendogli quella che era inequivocabilmente una mazzetta di denaro: << Non ci hai visti né sentiti uscire, intesi? >>.

 

Stupita, Irina guardò il ragazzo spostare lo sguardo prima dai soldi poi a Xander. Sorrise tristemente e fece di no con la testa: << Farò finta di niente, ma non li voglio. Grazie lo stesso >>.

 

Xander intascò di nuovo il denaro, lo ringraziò e raggiunse Irina, ancora basita. La prese sottobraccio come se niente fosse e raggiunsero l’ascensore.

 

<< Non sapevo che andassi in giro con delle mazzette così consistenti… >> disse Irina.

 

<< A volte possono tornare utili >> ribatté Xander, ammiccando divertito.

 

Raggiunsero il bel giardino situato vicino alla piscina, deserta. Una fontana suggestiva sgorgava acqua in una vasca a idromassaggio ora spenta, illuminata da una luce azzurra. Un paio di panchine di legno pregiato si trovavano sotto il cono di luce di alcuni lampioni in ferro battuto. La foglie delle alte palme si muovevano leggere nel vento caldo della sera.

 

Xander tirò fuori una sigaretta e la accese, portandosela tranquillamente alla bocca. Le porse il pacchetto in una muta offerta, ma lei fece un segno di diniego.

 

<< Non avevi detto che non fumavi? >> chiese Irina, divertita.

 

Lui si strinse nelle spalle. << Sono un po’ nervoso, stasera >> rispose lui, sorridendo.

 

Nervoso lui? E quando mai? Era sempre perfettamente impassibile, controllato… Semmai, quella nervosa era lei.

 

<< E come mai? >> domandò.

 

<< Mi metti in soggezione >> rispose Xander, ridacchiando.

 

<< Scemo… >> mormorò lei, chiedendosi che quella fosse la sua risposta, o se fosse un modo per sviarla. Lo guardò, perfetto nel suo completo giacca e cravatta, la sigaretta in mano e lo sguardo divertito.

 

<< Aaahh, e dammene una anche a me >> sbottò alla fine, porgendo la mano.

 

Xander le posò una sigaretta in mano e gliela accese, sempre ridacchiando sotto i baffi.

 

<< Non avevi detto che non fumavi? >> le fece il verso.

 

<< Sono un po’ nervosa, stasera >> ribatté lei, soffiando una nuvoletta di fumo, sentendosi piccata.

 

Con un gesto rapido, Xander si levò la giacca e la lanciò sulla panchina più vicina, allentando la cravatta. Sbuffò, evidentemente infastidito da tutte quelle formalità, e le sorrise.

 

<< Perché mi guardavi, prima? >> chiese Irina, in uno slancio di coraggio.

 

<< Notavo che il blu ti dona molto >> rispose, spegnendo la sigaretta.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Questa sera sei in vena di bugie, vero? >> disse, esasperata.

 

Lui ridacchiò. << No, sono sincero… Tu è da stamattina invece che sei in vena di provocarmi >> disse, << Non lo sai che il cocco mi fa impazzire, e che il blu è il mio colore preferito? >>.

 

<< Adesso lo so >> ribatté lei, colta alla sprovvista. Lo guardò di sottecchi, con il suo bel sorriso in mostra. Per togliersi dall’impiccio spense la sigaretta e si tolse il copri spalle, perché aveva un po’ caldo, e non era solo la serata.

 

Un brivido le corse lungo la schiena, quando sentì la mano di Xander sfiorare il suo tatuaggio tra le spalle coperte. << Credi che sia ora che me ne faccia uno anche io? >> lo sentì domandare.

 

Irina si voltò, e si ritrovò faccia a faccia con Xander. Sentì il cuore andare a mille quando si rese conto che la stava tenendo per i fianchi, delicatamente. Abbassò lo sguardo sul suo petto, sulla camicia grigia di stoffa pregiata, sulla cravatta allentata… Poi lo alzò di nuovo gli occhi e incontrò i suoi, di quell’azzurro ghiaccio che non aveva mai visto in nessun’altro…

 

<< Mi chiedevo se sarebbe possibile usufruire di uno dei tuoi massaggi, un giorno >> disse lui, lo sguardo divertito di chi sta giocando, << A meno che tu non sia brava anche in altre cose… >>.

 

Irina arrossì di colpo, ma non fece niente per allontanarsi. Stava troppo bene lì, vicino al suo corpo possente e al suo fiato profumato che le solleticava il viso. Ma qualcosa di lei rimaneva comunque tesa, qualcosa che non sarebbe cambiata mai: la paura di fare di nuovo lo stesso stupido e ingenuo errore di due anni prima. La stessa paura di sbagliare ancora, di farsi di nuovo del male.

 

“Se devi provarci, Xander, fallo stasera, fallo adesso… Oppure non lo fare mai più”.

 

Lei non si sarebbe mossa, non avrebbe fatto il primo passo. Era l’unica difesa che le era rimasta: la volontà di non sbagliare. Ma se fosse stato lui a cominciare, non si sarebbe opposta, perché in quel momento era la cosa che il suo cuore bramava di più. Stava abbattendo tutti i muri che si era costruita attorno per proteggere ciò che rimaneva di lei. Uno per volta, lentamente, ma ci stava riuscendo. Forse perché era la persona che aspettava da una vita.

 

<< Dimmi una cosa, Irina >> soffiò Xander, ora quasi serio, << Quante cose ancora mi stai nascondendo? >>.

 

Lei lo guardò: cosa le rimaneva ancora da nascondere? Il dolore immenso che provava? La paura con cui conviveva da due anni, da vigliacca qual’era? La consapevolezza di non avere niente sotto controllo, nella sua vita, nemmeno lei stessa?

 

<< Che importanza ha? >> rispose, abbassando la testa, << Tanto le scoprirai, no? Esattamente come hai fatto fino ad adesso >>.

 

No, non avrebbe scoperto più niente di lei, perché sapeva tutto, ormai. Solo una cosa rimaneva chiusa nel suo cuore, una cosa che non avrebbe mai scoperto perché lei non gliene avrebbe mai dato la possibilità. Mai.

 

Xander la prese per il mento e la costrinse a guardarlo in faccia, delicatamente come ogni volta che la toccava. La guardò per un momento negli occhi, poi disse: << Irina, qualunque problema tu abbia, me ne puoi parlare. Qualunque cosa sia, capito? Mi hai aiutato fino ad adesso, e non ti lascio nei guai da sola. E’ una promessa, capito? >>.

 

Irina sorrise, senza comprendere quella sua uscita. Perché Xander era in grado di farla sempre sentire spogliata? Sapeva sempre se le stava nascondendo qualcosa o meno… Era proprio un libro aperto?

 

<< Xander… L’unica cosa che ti ho chiesto di promettermi è che non fallirai >> disse, << E’ l’unica cosa che ti chiedo. Di me ormai sai tutto… Non ti sto nascondendo niente. Sei tu, quello di cui non so quasi nulla >>.

 

Sorrise, sapendo di essere andata a segno. Se aveva architettato tutto per provarci con lei, lo aveva smascherato. Doveva scoprirsi, chiarire esattamente cosa voleva.

 

Xander rimase in silenzio, forse preso in contropiede, ma non la lasciò andare. Abbassò lo sguardo per un attimo, poi tornò a puntare i suoi occhi azzurri su di lei.

 

<< Irina, anche io ho smesso di nasconderti chi sono e cosa voglio >> disse, << Ci siamo scoperti a vicenda. Non ci rimane che capire se vogliamo la stessa cosa >>.

 

<< E tu cosa vuoi? >>.

 

<< Qualcosa che non posso avere >>.

 

Irina rimase zitta, incerta su come interpretare le sue parole. Le stava dicendo che, per caso… Jenny poteva avere ragione?

 

<< E tu cosa vuoi, Irina? >>.

 

<< Che tu non fallisca. Perché se non fallisci, posso avere tutto il resto >>.

 

E lo abbracciò, troppo presa da se stessa per capire cosa stava facendo. Xander era la sua unica speranza, l’unica possibilità che le veniva data per riguadagnare la libertà. L’unica persona in grado di tirarla fuori da quel gioco perverso e senza uscita in cui si era infilata per necessità. Se lui portava a termine la sua missione, lei avrebbe chiuso.

 

E non voleva distrarlo, né poteva. Qualunque cosa volesse lui, non doveva essere lei.

 

<< Ti giuro che farò tutto il possibile >> mormorò Xander, stringendole le spalle in quell’abbraccio disperato, la sua unica ancora di salvezza.

 

<< Grazie, Xander. E io farò il possibile per aiutarti >> disse lei.

 

Si staccò e si guardarono in faccia, sorridendo.

 

“Se vuoi baciarmi, non farlo, Xander… Non farlo, perché io non sarò in grado di tirarmi indietro, adesso”.

 

Ma non successe niente. Continuarono a guardarsi, in silenzio, senza che lui accennasse ad avvicinare il volto al suo…

 

Il cellulare nella borsa di Irina squillò, e lei si scostò rapida.

 

<< Questo è William >> disse, a bassa voce, << Mi starà cercando >>.

 

Recuperò il copri spalle e la borsa, e si voltò per guardarlo un’ultima volta.

 

<< Scusami >> disse.

Xander la guardò, un sorriso triste sul volto bellissimo.

 

<< Scusami tu, Irina… Per tutto quello che sto facendo >> disse.

 

Lei sorrise. << Stiamo sbagliando tutti e due, Xander >>.

 

E si voltò per tornare di sopra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Uhm, posso dirmi soddisfatta: il mio appello pro- recensioni sembra funzionare… Mi hanno decisamente risollevato il morale!

Allora, che dire di questo capitolo… Non particolarmente movimentato, ma decisamente “sentimentale”: della serie qui si va per le lunghe. E in effetti, chi si aspetta una bella nottata Irina/Xander dovrà aspettare ancora un bel po’: ci sono un sacco di cose che devono ancora accadere… Ma non disperate! Tutto a tempo debito (risata malefica…).

 

 

 

 

 

Fairy29: ooooh, ma grazie grazie grazie!!! Quindi te l’ha consigliata la mia cara Manu!!! Sono veramente contentissima che l’abbia fatto, se la storia ti piace così tanto! Alla fine ho scoperto a chi stava pensando l’altra volta, che faceva l’enigmatica… Ihih. Comunque, non sei l’unica innamorata di Xander… C’è la coda, per incontrarlo! E non ti preoccupare, ormai siamo a settembre, e ricomincerò ad aggiornare a raffica come facevo all’inizio! Un bacio enorme!

 

EmilyDoyle: ehila!!! Beata te che ti sei fatta un po’ di vacanze… Io sono rimasta qui a scrivere e aggiornare! ^.^ Visto? Sembrava che i due piccioncini arrivassero “al punto”, invece… Ci sarà da aspettare ancora un bel po’, eh eh… Quanto a Simon, in realtà è un personaggio che ho aggiunto così, in un momento di pazzia, quindi non so che ruolo avrà in futuro… Vedremo… Baci!

 

CriCri88: Visto che ci combina Irina? E non sarà l’ultima ne la prima cavolata che farà! Xander vuole “scaricare” Tommy per il semplice fatto che crede che Irina non abbia il dovere di prendersi cura di lui… E anche perché, diciamolo, lo distrae da lui… Furbetto, eh? William invece lo odierai, vedrai… Non aggiungo altro. Baci!

 

Kicici: certo, hai ragione. Il fatto che uno non recensisca non significa che non legga. Però lasciare un commentino anche piccolo piccolo fa molto piacere a chi scrive: da l’idea che la storia piaccia veramente. Comunque, a parte questo, Simon è un personaggio che ho inventato sul momento, e sinceramente non so se avrà un ruolo importante in futuro… Devo vedere come si sviluppa la storia… ^.^ Grazie per la recensione e per i complimenti! Baci!

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Capitolo XVII

Capitolo XVII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Bé, agente Went, procede meglio del previsto >> disse Frank White, prendendo dalle mani di Xander il plico che conteneva tutte le prove che era riuscito a procurarsi contro Challagher: foto, conversazioni registrate e telefonate. << La missione va a gonfie vele, sembra >>.

 

Xander incrociò le braccia, con aria di scherno. << Va tutto bene, ma non l’ho ancora portata a termine >> disse secco, << Credo che sia meglio che si risparmi i complimenti per quando William Challager sarà rinchiuso in cella >>.

 

White stirò le labbra in un sorriso tutt’altro che amichevole, infastidito dal suo tono pratico.

 

<< Da quello che dice, Went, sembra che lei abbia qualche dubbio sull’esito della missione >> disse, << Non ha la sua infiltrata a darle una mano? >>. E ammiccò con aria furba.

 

<< Appunto >> disse Xander, << E’ proprio questo quello di cui volevo parlare >>.

 

<< Ha paura che stia facendo il doppio gioco? Non dica che non lo avevo avvertito >> ribatté White, aprendo la busta per esaminare le foto contenute.

 

<< No, non è questo… Voglio che venga garantita l’immunità alla ragazza >> disse Xander, << Se riuscirò ad arrestare Challagher, voglio che lei ne esca pulita. E se è necessario, anche una nuova identità >>.

 

<< E perché? >> domandò White, interessato.

 

<< Challagher la sta ricattando >>spiegò Xander, asciutto, << Il fratello ha un debito enorme con lui, e lei è costretta a ripagarlo. In cambio del suo aiuto, voglio che Irina risulti incensurata >>.

 

<< Ce ne occuperemo quando Challagher sarà dietro le sbarre >> ribatté White, << Al momento opportuno, quindi. Come ha detto lei, quando avrà portato a termine la missione >>.

 

<< Voglio che me lo garantisca adesso >> disse gelido Xander, sapendo di apparire minaccioso. << Qualunque cosa succeda, voglio garantirle una via di uscita >>.

 

White rimise le foto che aveva guardato, richiuse il fascicolo e lo infilò in un cassetto della scrivania. << Non capisco la sua insistenza, ma si può fare. Chiederò a McDonall, e nel caso le faremo sapere. Ho un appunto da farle, però, agente Went. Io mi fido di lei, ma si ricordi di una cosa: non può anteporre nessuno alla sua missione >>.

 

<< Non lo sto facendo >> rispose Xander, anche se non era totalmente sincero.

 

White fece una smorfia. << Ho l’impressione che lo farà, però, e mi sento in dovere di ricordargli quali sono le regole. Se avrò anche il minimo sospetto che rischia di mettere a repentaglio la missione per quella ragazza, sarò costretta a deporla dall’incarico. Non possiamo rischiare così tanto, non quando nessuno è mai riuscito ad arrivare così vicino allo Scorpione >>.

 

<< E’ merito di Irina se ci sono riuscito >> ribatté Xander.

 

<< Di chi sia il merito non mi importa. Challagher deve essere arrestato, punto e basta. Si ricordi ciò che le ho detto, chiaro? >>.

 

Xander lo fissò, per niente intimorito dalla sua minaccia, e disse: << Chiaro >>.

 

Si alzò e uscì dall’ufficio, diretto da Jess.

 

Era martedì, e il giorno prima era tornato da Las Vegas. Era venuto a portare a White le prove  che era riuscito a racimolare indossando cimici e microcamere nascoste mentre si trovava nelle vicinanze dello Scorpione… E grazie a Jess era riuscito a tagliare le parti che riguardavano i due “incontri ravvicinati” tra lui e Irina.

 

Innervosito dalla discussione avuta con White, raggiunse l’amico informatico, che come sempre era al computer. Entrò nell’ufficio con aria scontrosa e in silenzio, e si sedette malamente sulla sedia.

 

<< Deduco che hai avuto da ridire con White >> disse Jess.

 

<< Ha minacciato di depormi dall’incarico se “antepongo qualcuno alla missione” >> rispose Xander, il tono disgustato.

 

<< Gli hai accennato la tua idea? >> chiese Jess.

 

<< Certo… Che bastardo, però. “Chiederò a McDonall, e nel caso le faremo sapere” >> fece Xander, << Non gli costa niente escludere Irina dagli indagati… Vuole solo riuscire a non darmela vinta >>. Poi gli venne un’idea. << McDonall è qui al quartier generale? >>.

 

Jess scosse la testa. << No. Lo sai, non è quasi mai qui… Vuoi chiederglielo personalmente? >>.

 

<< Forse faccio prima >>.

 

<< White non gradirà che tu lo abbia scavalcato >> disse Jess, razionalmente, << Rischi di peggiorare la situazione >>.

 

Xander sospirò. Aveva ragione l’informatico, forse. Meglio aspettare.

 

<< Hai trovato qualcosa su Sally McGragor? >> domandò.

 

<< Sì, sta nella periferia di Los Angeles >> rispose Jess, porgendogli un foglio con l’indirizzo scritto sopra, << Un piccolo appartamento che divide che altre due ragazze… Andrai a trovarla? >>.

 

<< Sì, le farò la proposta che ho fatto a Irina. Non mi ha ancora dato una risposta, ma sa meglio di me che se continua ad aiutarmi il bambino è a rischio quanto lei >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Università

 

<< Oddio Irina, cosa ti eri bevuta? >> domandò Jenny, un sorriso a trentadue denti che le solcava il viso, << Deve essere stata una scena da film! >>.

 

Irina sbuffò e posò il bicchiere vuoto del succo d’arancia sul tavolino del bar dell’università, sentendo addosso gli sguardi delle tre amiche. Aveva appena finito di raccontare la scena del massaggio, evitando di dire che “ufficialmente” lei era la ragazza di William: non ne sapevano niente, ed era meglio così.

 

<< E poi? >> incalzò Jenny.

 

<< E poi niente. L’olio era finito e me ne sono andata >> concluse semplicemente Irina.

 

Jenny sembrava scandalizzata. << Lo hai fatto apposta, vero? >>.

 

<< Certo >> ribatté Irina, << Mica volevo farglielo, il massaggio >>.

 

Angie e Katy, rimaste in religioso silenzio fino a quel momento, scoppiarono a ridere, mentre Jenny sembrava aver appena assistito allo sbarco degli alieni sulla terra.

 

<< Cosa c’è? >> chiese Irina davanti al suo sguardo sbalordito, sentendosi presa in giro.

 

<< Sei senza speranze >> esalò Jenny con le ultime forze che le rimanevano. << Te lo doveva scrivere a caratteri cubitali su un manifesto? >>.

 

Comprendendo a cosa si riferiva, Irina le descrisse brevemente la scena del Casinò, loro due da soli, appiccicati l’uno all’altra, evitando di raccontare però quello che si erano detti. Anche quello era tabù.

 

<< Ma… Eravate veramente soli? >> chiese Jenny, ancora più stupita.

 

<< Non c’era nessuno nel raggio di chilometri >> ribadì Irina, calma, << Non potevamo essere visti da nessuno. L’ho addirittura abbracciato, ed è lui che ha cominciato. Niente. Non si è mosso. Non ha accennato ad avvicinarsi. Credi che se fosse come pensi tu, non ne avrebbe approfittato? >>.

 

Ci aveva pensato tutta la notte che aveva passato, insonne, chiusa nella sua stanza dell’albergo, a fissare il suo riflesso nello specchio. Xander non l’aveva baciata, nonostante ne avesse avuto la possibilità. Non aveva voluto farlo, anche se l’aveva trascinata con una scusa nel giardino per rimanere da soli. E lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso, ci era rimasta male.

 

L’amica fissò pensierosa il suo caffè, mentre Angie e Katy fissavano a sua volta lei. Probabilmente stava elaborando qualche sua teoria sul comportamento maschile.

 

<< In effetti… Che strano, però >> borbottò, << Dovrei chiedere a Jess… >>.

 

<< No! >> la interruppe Irina, << Non chiedergli niente! Non voglio passare per stupida, ok? >>.

 

Jenny la guardò, seria. << Va bene. Rimani nel dubbio >>.

 

Irina sbuffò e guardò l’orologio. << Vado a trovare Max >> disse, << Ci vediamo domani, ok? >>.

 

<< Va bene >> dissero Katy ad Angie, insieme, << A domani >>.

 

<< Ciao ciao >> la salutò Jenny, pensierosa.

 

Lasciato il bar alle spalle, e le congetture delle tre amiche, Irina si rabbuiò. Aveva rimuginato troppo a lungo su quella storia, e non aveva ancora rivisto Xander, da quella sera. Doveva piantarla di pensarci, anche perché quando si sarebbero rincontrati, non doveva certo dargli l’idea che, durante quello strano scambio di promesse avvenuto al Casinò, lei avesse sperato in qualcosa che non era accaduto.

 

“Ci ho sperato solo quella sera. Non è successo niente, e va bene così. Non succederà mai più… Ho altre cose a cui pensare”.

 

Raggiunse rapidamente la TT parcheggiata a un centinaio di metri dall’università e mezz’ora dopo si fermò davanti all’officina di Max e Antony. Il messicano stava disperatamente tentando di rimuovere una macchia d’olio dal pavimento, mentre Max era infilato nel cofano di una Ford scura. Presi com’erano dal loro lavoro, non si accorsero nemmeno del suo arrivo.

 

<< Ciao ragazzi! >> li salutò Irina.

 

<< Ehi, bentornata tra noi >> disse Max, sorridendo, << Allora? Com’è andata? >>.

 

Irina si strinse nelle spalle. << Bene >> rispose, << Sono arrivata ieri pomeriggio… Un sacco di emozioni, quest’anno >>.

 

<< Sì? >> disse Max, interessato, << Cosa è successo? >>.

 

Irina gli raccontò della gara di William contro Xander, omettendo anche questa volta qualche informazione. Per esempio, che durante la prima corsa, si era infilata nell’auto di Xander.

 

<< Wow >> disse Max, << Allora ti sarai divertita un sacco… Xander come ha preso la sua sconfitta? >>.

 

Sorpresa dalla domanda, Irina gli rivolse una strana occhiata.

 

<< Veramente glielo avevo chiesto io, di lasciar vincere William >> ammise a bassa voce.

 

Il meccanico la guardò, senza parole. << Glielo hai chiesto tu? E perché? >>.

 

<< William non deve considerarlo pericoloso >> rispose Irina. << Inizio a pensare che si stia rendendo conto che può veramente dargli filo da torcere. Se gli dimostrava di essere più forte di lui, rischiava di rendersi, per così dire… sgradito >>.

 

Max rimase in silenzio. Non era un argomento che lo rendeva propriamente amichevole, a dimostrazione che non apprezzava Xander quanto lei. Era stato lui a tirare in ballo il discorso, però.

 

<< Ne abbiamo già parlato, Max >> disse Irina, prima che lui avesse modo di dire la sua, << Non continuiamo a discuterne. Ognuno ha la sua idea. Va bene così >>.

 

Max sembrò poco convinto, ma non insistette più di tanto. << Oggi sei uscita prima, o sbaglio? >> domandò.

 

<< Sì, non c’erano le ultime due ore di lezione >> rispose Irina, << Ho pensato che potevamo mangiare qualcosa insieme, se ti va… E’ un po’ che trascuro il mio fratellone acquisito >>.

 

Max sorrise. << D’accordo, sorellina. Dove si va? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Casa Challager

 

Irina sedeva nello splendido soggiorno di casa Challager, illuminato dal sole di giugno. Lo stereo Harman Kardon era acceso e trasmetteva una musica soffusa nell’ambiente moderno e lussuoso. Davanti a lei, spaparanzato comodamente e con l’aria annoiata, c’era Hanck, lo sguardo fisso sulla ciotola di patatine poggiata sul tavolino. William e Dimitri, in piedi davanti al camino spento, sorseggiavano un drink con aria seria.

 

<< Ti ha chiesto di correre? >> domandò William, agitando stancamente il bicchiere nella sua direzione. Il cubetto di ghiaccio si mosse da una parte all’altra, tintinnando contro il cristallo.

 

Irina alzò le spalle, e rispose: << No. Forse aspetta che sia tu a fargli la proposta >>.

 

<< Uhm… >> mormorò lo Scorpione, voltandosi. << Sfrutteremo il tempo che rimane per allenarti… Non deve vincere, questa volta >>.

 

La ragazza lo scrutò, preoccupata. Fino a poco tempo non vedeva l’ora che Xander arrivasse a sfidarlo, e ora voleva fermarlo. Molto probabilmente iniziava a rendersi conto che aveva tutte le carte in regola per batterlo, oppure sospettava qualcosa. Quell’improvviso cambio di opinione non era da lui.

 

<< Non eri tu che lo avevi preso sotto la tua ala? >> domandò, cercando di apparire disinteressata. Voleva provare a provocarlo per vedere se riusciva a scoprire come mai temesse tanto Xander.

 

<< Già… >> mormorò William, guardandola in faccia, << Ma non voglio facilitargli il percorso per arrivare a me >>.

 

Irina decise di giocarsi il tutto e per tutto, conscia di quanto stesse per rischiare. << Hai paura? >> chiese.

 

William puntò i suoi occhi gelidi nei suoi, e sorrise. << No, non ho paura, bambolina >> rispose, la voce modulata e inespressiva, << Perché dovrei averne? >>.

 

<< Perché è bravo >> ribatté Irina, cercando di mantenersi distaccata. << E’ più bravo di quanto molti di noi pensassero. Di quanto tu stesso pensassi. Te lo ha dimostrato a Las Vegas >>.

 

Il ragazzo bevve un altro sorso, e ghignò. Sembrava sicuro di sé, ma le sembrò di cogliere un vaga nota di insicurezza nella sua voce. << E’ bravo, è vero >> convenne, << A Las Vegas ha dimostrato di non avere paura, di essere in grado di correre come facciamo noi. Ma non sa fino a che punto possiamo spingerci… Non sa quali saranno le gare da adesso in poi… Cobra non era che un assaggino, non credi? >>.

 

Dimitri lo stava guardando, gli occhi scuri stranamente distaccati. Poi guardò lei, con il suo solito misto di disprezzo e insofferenza. << Ti ha lasciato vincere, te ne sei reso conto, vero? >> disse, rivolto allo Scorpione.

 

William si voltò a guardare lui. << Certo che me ne sono reso conto >> ribatté, << Poteva lottare fino all’ultima curva, ma non lo ha fatto. Ha preferito provocarmi una volta e poi tirarsi indietro. Il perché non mi è ancora chiaro, però >>.

 

<< Forse non voleva scoprirsi >> ipotizzò Hanck, riempiendosi il bicchiere di birra, << Magari non vuole permetterci di vedere come guida veramente >>.

 

Irina fissò il ragazzo davanti a lei: lo aveva sempre considerato un po’ idiota, ma la sua ultima uscita gli confermava in pieno quello che pensava di lui.

 

<< Abbiamo visto tutti come guida >> ribatté Irina, << Non ha senso quello che dici >>.

 

Dimitri fece una smorfia divertita, poi disse, sempre rivolto a William: << Il novellino ha capito che non deve darti fastidio, se vuole rimanere nel gioco >>.

 

Irina si sentì gelare. Il russo non era stupido, e stava intuendo che Xander voleva arrivare vicino a William. Forse aveva anche capito chi gli aveva dato quel suggerimento.

 

<< Fino ad adesso mi ha dato fin troppo fastidio >> disse William, << E’ ora di farlo uscire. Irina, datti da fare, chiaro? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.30 – Casa di Xander

 

<< Devi sfidarmi >> disse Irina, seduta nel giardino della casa di Xander, guardando il ragazzo con aria seria. << Devi chiedere a William di correre contro di me >>.

 

Xander la guardò. Era preoccupata, e forse anche spaventata. Era venuta da lui appena aveva potuto, decisa a parlargli.

 

<< Perché? Possiamo aspettare ancora un po’ >> rispose lui.

 

Sapeva che la sfida con “Fenice” era inevitabile, ma non era così sicuro di voler correre contro di lei. Aveva paura che durante la gara potesse succedere qualcosa: era pur sempre una corsa clandestina.

 

E poi, l’ormai chiaro e innegabile sentimento che provava per Irina gli impediva di mettersi contro di lei, anche se solo per una stupida gara. L’avrebbe fatta solo perché era lui stesso a guidare, e non le avrebbe mai fatto del male.

 

<< No >> disse secca Irina, << Dobbiamo sfidarci. Devi arrivare a William il prima possibile >>. Alzò gli occhi su di lui e continuò: << Sono tre giorni che mi costringe ad allenarmi nel suo circuito privato. Penso inizi ad avere paura >>.

 

<< Dici davvero? >> disse Xander, stupito.

 

<< Sì. Ha cambiato idea sul tuo conto. Se prima non vedeva l’ora di correre contro di te, ora vuole solo sbatterti fuori il prima possibile. E’ preoccupato: forse crede che tu possa batterlo >>.

 

Xander rimase in silenzio. Sì, poteva battere Challagher; erano uguali, in quanto a talento nella guida. Se la sarebbero giocata alla pari…

 

<< Cosa credi abbia in mente? >> domandò.

 

<< Non lo so >> rispose tristemente Irina, << So solo che non vuole che tu vinca la tua prossima gara. Ha paura: dovrai stare attento, perché se ti teme veramente, potrebbe essere scorretto, e non solo in pista >>.

 

Irina sembrava profondamente preoccupata: in fondo, di mezzo c’era anche lei. Challagher aveva cambiato idea solo perché si era conto che era forte tanto quanto lui? Dov’era andato a finire tutto il suo orgoglio?

 

Nella mente di Xander iniziò a prendere forma un’idea, a cui forse avrebbe dovuto pensare prima. Perché Challagher sembrava imprendibile? Perché sapeva esattamente quali posti evitare, e quali invece frequentare? Perché sapeva cose di cui solo la polizia era al corrente?

 

<< Irina… Credi che possa esserci una talpa? >> domandò.

 

La ragazza spalancò gli occhi. << Una talpa? >> ripeté.

 

<< Il furto della Revènton… E quello del carico delle BMW e delle Mercedes… Da chi ha ricevuto le informazioni? >>.

 

<< Da Edward Barrow, il capo del distretto di polizia di Los Angeles >> rispose Irina, sicura, << Lo so per certo. Una delle auto rubate è andata a lui come ricompensa per la soffiata… >>.

 

Sapeva che Barrow collaborava con lo Scorpione, ma non giustificava alcune cose. Forse il capo del distretto di polizia non era l’unico alleato che aveva…

 

<< Irina… Barrow non poteva sapere della Revènton >> disse lui.

 

<< Perché? >>

 

<< Perché solo i federali lo sapevano >> rispose Xander, cercando di mettere a posti i pezzi del puzzle che aveva nella testa. << La polizia non era stata informata del trasporto. Solo noi dell’F.B.I. e dei federali sapevamo che tratto avrebbe percorso la bisarca… >>.

 

<< Vuoi dire che William ha una talpa tra gli agenti dell’F.B.I.? >> domandò Irina, senza fiato.

 

Se William avesse veramente avuto un infiltrato tra loro, avrebbe saputo fin dall’inizio chi era e quello che voleva fare. Non lo avrebbe mai preso in simpatia come aveva fatto… Non gli avrebbe permesso di avvicinarsi così tanto a lui…

 

<< Non lo so >> disse Xander, frustrato, << Potrebbe essere, però. Giustificherebbe il fatto che per anni è riuscito a sfuggirci da sotto il naso… Non ha senso, però. Perché mi ha lasciato entrare, allora? Ti ha mai dato l’impressione di sapere che sono dell’F.B.I.? >>.

 

<< No >> rispose Irina, << Mai una volta. Non ha mai accennato nemmeno al fatto che potessi essere un poliziotto… Ti riteneva solo un pilota di talento. E non mi ha mai nemmeno detto che ha una talpa… In due anni che sono qui, non è mai venuto fuori… E non sarebbe riuscito a nascondermelo per tanto tempo >>.

 

<< Potrebbe essere qualcuno che gli fornisce le informazioni a sua insaputa >> ipotizzò Xander, << Magari non una vera e propria talpa… Avrebbe saputo molte altre cose… >>.

 

<< Forse ha solo paura, Xander >> disse Irina, << Non credo abbia un infiltrato… L’unico alleato che ha è Barrow, e credo che lui abbia accesso a più informazioni di quanto pensi. In fondo è il capo del distretto, sarà in contatto con i piani alti… Ti garantisco che William non sospetta niente. E’ solo preoccupato che tu possa soffiargli il posto di numero uno della Lista >>. Sorrise, cercando di rassicurarlo.

 

Xander la guardò dubbioso. Irina era vicinissima allo Scorpione: era intelligente, e avrebbe capito se lui avesse intuito qualcosa. Oltretutto, William le avrebbe impedito di avvicinarsi a lui anche solo una volta, se avesse sospettato fosse della polizia. A parte un leggero fastidio quando le girava intorno, non aveva fatto niente.

 

O no?

 

O forse, il problema era proprio lei. O meglio, il problema riguardava lei.

 

William ostentava Irina come il suo trofeo, ma non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Anzi, nessuno osava farlo. Xander, invece, lo aveva fatto… E lo Scorpione non gradiva, molto probabilmente.

 

Possibile che William lo volesse fuori perché si era avvicinato troppo al suo “giocattolino”?

 

Non poteva chiederlo a Irina, però, perché farlo lo avrebbe scoperto troppo. Finché la storia non sarebbe finita, non si sarebbe permesso nulla: il pericolo per lei era troppo.

 

<< Spero tu abbia ragione… >> mormorò, << Ma dobbiamo comunque fare attenzione… Più passano i giorni, più rischio di farmi scoprire. Hai pensato a quello che ti ho proposto? >>.

 

Irina si rabbuiò. << Tommy? >>.

 

Xander annuì.

 

Irina si lasciò scappare un sospiro. << Ammetto che riportarlo da sua madre sarebbe la cosa migliore… Non voglio che gli succeda qualcosa >> disse senza guardarlo. << Però mi costa tantissimo. Gli voglio troppo bene… >>.

 

<< Lo sai come la penso… >>.

 

<< Lo so, Xander. Va bene, riportiamo da sua mamma. Però devi promettermi che potrò andarlo a trovare quando voglio, e che se mi rendo conto che non sta bene, me lo farai riportare a casa. Subito >>.

 

Xander sorrise. << Hai la mia parola. Potrai andare da lui quando vorrai >> disse, << Posso contattare sua madre, allora? >>.

 

Irina annuì, in silenzio.

 

“Scusami se ti chiedo così tanto, piccola, ma è l’unico modo che ho per ridarti un po’ di libertà”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Circuito

 

<< Avanti Irina, tira ‘sta macchina! >> gridò William dal bordo pista, mentre lei passava a tutta velocità sulla linea del traguardo per cominciare un altro giro. La lancetta del tachimetro sfiorava i 230.

 

La ragazza accelerò ancora, chiedendosi per quanto sarebbe riuscita ad andare avanti, e infilò la curva a velocità inaudita. Lo Scorpione sembrava seriamente preoccupato: la sera prima Xander aveva vinto una serie di gare con una facilità sorprendente, dimostrando un controllo dell’auto che faceva impallidire persino lui. La stava spremendo come un limone, e l’aveva costretta a saltare le lezioni per farla allenare.

 

Al termine del giro Irina inchiodò a pochi metri da William, che controllava il cronometro con aria poco soddisfatta. Esaminò l’auto, e notò che le gomme si stavano rapidamente consumando. Il cofano era bollente, e la ventola di raffreddamento lavorava a pieno regime. Per quanto fosse modificata, la Punto iniziava a sentire i segni della fatica, e rischiava di fondere il motore. Ormai erano tre ore che andava avanti, senza nemmeno un minuto di pausa.

 

<< Basta >> protestò Irina, << Sono stanca e finirò per rovinare la macchina se continuo così >>.

 

William si voltò verso Sebastian, il suo meccanico, e chiese: << Non si può fare qualcosa per far andare di più quella Punto? >>.

 

L’uomo scosse la testa. << Al momento, è potenziata al massimo >> rispose, << Non è nata sportiva come una Lamborghini o una Porsche: se la modifichiamo ancora, rischiamo che si disintegri alla prima accelerata. Per farla andare di più dovremmo alleggerire la scocca e le lamiere, mettere un motore più grosso, e modificare la parte anteriore per farcelo stare. E’ fattibile, ma ci vorrà almeno un mese per fare tutto, e verrebbe a costare uno sproposito. Conviene cambiare auto >>.

 

William si voltò verso di lei e disse secco: << Cambia auto >>.

 

<< No >> rispose Irina, << Non cambio auto. O la Punto, o lo lascio vincere a tavolino >>.

 

<< Dannazione >> imprecò William.

 

Era la prima volta che vedeva lo Scorpione così preoccupato. Se doveva essere sincera, vederlo in quello stato le procurava un certo piacere: finalmente, aveva trovato pane per i suoi denti. Per anni aveva ostentato la sua superiorità, e adesso si trovava davanti qualcuno che poteva dargli filo da torcere.

 

<< Datti da fare, Irina >> le disse, puntando un dito contro di lei, << Non puoi farti battere da Went, chiaro? >>.

 

<< Non avevi detto che non avevi paura di lui? >> chiese lei, provocandolo.

 

William si avvicinò minaccioso, abbassando lo sguardo su di lei e puntando gli occhi di ghiaccio nei suoi. << Non mi provocare >> sibilò, << Rimango sempre io il numero uno della Black List. Ricordati che finché ci sono io qui, tu devi fare quello che ti dico >>.

 

Irina rimase in silenzio, troppo arrabbiata per ribattere. In quel momento arrivò Dimitri al volante della sua Ford GT rossa, seguito dalla Revènton, guidata da Hanck.

 

William l’aveva portata nel circuito di proprietà per allenarla per una gara, e non era mai successo prima. Era stata lì solo all’inizio della sua “carriera”, quando aveva ancora bisogno di imparare qualche trucco. Prima non l’aveva mai costretta a una cosa simile.

 

Davanti alla Revènton, comprese che William voleva solo una cosa: che vincesse, a tutti i costi. Non gli interessava a quale prezzo.

 

Lo Scorpione salì sulla Lamborghini, richiuse la porta e le parlò dal finestrino aperto.

 

<< Stammi dietro >> disse, << Vediamo quanto ci impieghi a fare il giro contro di me >>.

 

Hanck stava a bordo pista, cronometro in mano, pronto a registrare i tempi. Con un cenno del capo diede il via, e Irina partì.

 

Non aveva ancora avuto modo di scoprire come andasse la Lamborghini, a parte nella gara contro Xander a Las Vegas, ma capì all’istante che quell’auto era un razzo. Ci impiegò meno di un secondo a distanziarla in modo considerevole, e fu costretta a tirare le marce della Punto fino al massimo possibile. Si piazzò dietro la Reventòn grigio carbonio, per sfruttare la scia, e attese la prima curva per cercare il sorpasso.

 

Con uno stridore di gomme, William curvò a destra, in derapata. Irina gli tenne dietro, ma all’uscita della curva venne distanziata ancora. Accelerò cercando di rimontare.

 

Alla svolta seguente arrivò a tutta velocità, e mentre la Reventòn rallentava la superò a destra, girando a sinistra scalando in quarta. Uscita dalla curva, pigiò l’acceleratore, e guardò nello specchietto retrovisore. William non c’era.

 

La Lamborghini spuntò a sinistra del suo campo visivo, e con uno scatto mozzafiato ripassò in testa. Forse con la stessa auto poteva sperare di riuscire a batterlo, ma non la Punto non aveva speranze.

 

Tagliò il traguardo dietro ad William, distaccata di parecchi metri.

 

<< 4 minuti, 18 secondi e 27 decimi per te William >> disse Hanck, << 4 minuti, 20 secondi e 56 decimi, Irina >>.

 

Non era neanche lontanamente vicina al record dello Scorpione, 3 minuti e 58 secondi e 13 decimi, ma era già un buon risultato. Non poteva sperare di competere contro un’auto come la sua, ma aveva comunque battuto il suo record personale di un secondo.

 

Dimitri fece ruggire il motore della Ford, in attesa sulla linea di partenza. William gli si affiancò a sinistra, e Irina si piazzò vicino a lui. Lo Scorpione abbassò il finestrino e le disse:  << Tu contro noi due. Non mi aspetto che tu vinca, ma voglio che tu faccia di tutto per ostacolarci. Sbattici fuori, se ci riesci >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Woodbury Road

 

Xander bussò alla porta di legno chiaro dell’appartamento al quinto piano di una vecchia palazzina alla periferia di Los Angeles, quella di cui Jess gli aveva dato l’indirizzo. Attese per qualche momento, poi qualcuno venne ad aprirgli.

 

Chissà per quale motivo, l’aveva immaginata totalmente diversa. Sally McGragor era una ragazza minuta, dai capelli castano chiarissimo e gli occhi scuri, leggermente a mandorla. Dimostrava molti meno anni dei ventisei che aveva, e sembrava una ragazza qualunque, dai tratti abbastanza comuni. Struccata, in abiti di tutti i giorni, non gli diceva proprio niente. Si chiedeva come apparisse quando si trovava “al lavoro”.

 

<< Alexander Went, dell’F.B.I. >> si presentò lui cercando di non apparire minaccioso, << Sally McGragor? >>.

 

<< Sì, sono io >> rispose lei, il tono strafottente della voce che non combaciava con il suo fisico minuto.

 

<< Le avevano detto che sarei venuto >> disse Xander.

 

<< Sì, prego, entri >>.

 

La ragazza lo fece entrare nel minuscolo appartamento disordinato e spoglio. La tappezzeria dell’ingresso era macchiata e la cucina piccola e fredda. Sembrava sola in casa, ma la presenza di un altro letto nel soggiorno indicava che lo divideva con qualcun’altra ragazza.

 

<< Perché è qui? >> domandò Sally, la voce dura, << Se sperate che vi faccia qualche nome di gente che passa da queste parti, vi sbagliate di grosso… >>.

 

Era sulla difensiva, quindi probabilmente non sospettava il perché della sua visita.

 

<< Sono qui per suo figlio >> la interruppe Xander, trovando ridicolo il fatto di darle del “lei”: erano coetanei.

 

In un attimo, l’espressione aggressiva della ragazza mutò: gli occhi a mandorla vennero attraversati da quello che a lui parve dolore, dolore profondo, e abbassò il volto, guardando il pavimento.

 

<< Cosa è successo? >> chiese, apparentemente preoccupata.

 

<< Niente >> rispose Xander, << Al momento sta benissimo. Sono venuto per chiederle di riprenderlo con lei >>.

 

La ragazza lo guardò come se si aspettasse una brutta notizia. << Conosce Irina? >> chiese.

 

<< Sì, la conosco. Da quanto tempo non la vede? >> domandò Xander.

 

<< Più di un anno… >> rispose Sally, abbassando la testa. << Sta bene? >>.

 

<< Potrebbe stare meglio, se non avesse un bambino a cui badare >> disse Xander. Forse era stato troppo diretto, ma era la verità.

 

<< Non posso riprenderlo >> disse Sally, ma nel suo tono ora triste c’era una nota di amarezza, << Non posso crescerlo… Non con i soldi che ho e con la vita che faccio ora. Non avevo altra scelta… >>.

 

Si interuppe, come se parlare le costasse molto.

 

<< Perché lo ha lasciato a lei? Non c’era nessun altro che potesse darle una mano? >> chiese Xander. Voleva capire perché quella ragazza avesse scelto proprio Irina, come madre adottiva di suo figlio.

 

Sally scosse la testa. << No… Sapevo che era entrata nel giro dello Scorpione, che stava facendo un sacco di soldi… Il mio ragazzo era scappato… Era l’unica ragazza a posto che conoscevo >>.

 

Xander si rese conto che, nonostante il mestiere ingrato che facesse Sally, era comunque dotata di sentimenti. Forse abbandonare quel bambino le era costato più di quando lui aveva creduto. E sul perché avesse affidato Tommy a Irina era pienamente d’accordo con lei.

 

<< Sono venuto a farle una proposta >> spiegò Xander, << Il governo le fornirà una casa, un lavoro decente e anche una nuova identità, se lo vorrà. In cambio le chiedo di riprendere suo figlio con lei. Le forniremo un adeguato supporto economico per i primi tempi… Mi sembra una richiesta equa >>.

 

Gli occhi della ragazza si illuminarono. Lo fissò per un lungo momento, in silenzio, poi mormorò: << Davvero? >>.

 

<< Sì >>. Xander tirò fuori dalla tasca una decina di foto di Tommy, che aveva chiesto in prestito a Irina. La ragazza le afferrò al volo e le guardò una a una, lentamente. Una lacrima cadde sul ripiano di legno del tavolo, mentre seduta si portava una mano alla bocca, reprimendo un singhiozzo.

 

<< Quanto tempo ci vuole? >> chiese, la voce che tremava.

 

<< E’ un sì, il suo? >> ribatté Xander.

 

La ragazza annuì.

 

<< Massimo due settimane >> rispose Xander, << Due settimane e cambierà vita >>.

 

Sally trattenne il respiro, e per un attimo credette si fosse pentita. Lo fissò con gli occhi inondati di lacrime, stringendo le foto con una mano.

 

<< Grazie >> mormorò, << Grazie >>.

 

Poi scoppiò a piangere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Casa

 

<< Quindi ha detto di sì? >> disse Irina, seduta al tavolo della cucina, sentendo il rumore della tv accesa che proveniva dal soggiorno. << Solo due settimane? >>.

 

Tommy se ne andava, e con lui una parte del suo cuore. Ma era giusto così. Aveva una madre, e aveva il diritto di stare con lei.

 

Guardò il bambino seduto nel seggiolone, pensando che tra due settimane non lo avrebbe più rivisto sorridere, tirarle addosso la minestra che odiava, non lo avrebbe più consolato quando aveva mal di pancia, non si sarebbe più beccata i suoi colpi sul naso… Le venne da piangere, ma si trattenne.

 

Sospirò sotto lo sguardo serio di Xander, cercando di immaginare cosa avrebbero detto suo padre e i suoi fratelli. Molto probabilmente non avrebbero fatto una piega. Esattamente come facevano adesso quando vedevano Xander entrare in casa loro.

 

<< Irina… >> cominciò Xander, << Lo so che… >>.

 

<< No >> lo interruppe lei, << No, sto bene. Solo che… E’ strano. Ormai fa parte di me… Sono troppo abituata alla sua presenza >>.

 

Sorrise, ma rimaneva comunque triste. Lo sapeva che era giusto così, ma non riusciva a farsene una ragione. Aveva bisogno di Tommy, ora che iniziava a rendersi conto che i suoi sentimenti stavano radicalmente mutando: e il fautore di quel cambiamento era proprio seduto davanti a lei, colui che gli portava via una delle poche cose belle che aveva nella vita.

 

Xander la guardò. << Avrai un po’ più di tempo libero, allora. Vorrà dire che ti organizzerò la giornata >>. Sorrise.

 

Irina si lasciò scappare un sospiro, e scosse la testa. Non odiava Xander, in quel momento, tutt’altro. A partire da quella fatidica domenica sera, ogni giorno lo aveva passato a cercare di capire perché lui fosse riuscito a far vacillare il muro di difesa che proteggeva il suo cuore, un muro costruito con la forza della disperazione che si era sbriciolato come creta quando Xander l’aveva abbracciata. Un muro che non era più riuscita a ricostruire. E oltre alla consapevolezza che adesso aveva perso il controllo anche di quella parte di sé che si era ripromessa di non liberare mai più, c’era il dubbio del comportamento di Xander. La delusione di quel bacio che lei aveva sperato, quasi agognato, ma che non c’era stato. Forse, era stato proprio quello a mandarla in tilt, a farle perdere la testa… Se fosse accaduto quello che era successo con William, magari sarebbe finita lì.

 

Decise di cambiare argomento, perché c’era un’altra cosa che la preoccupava e che riusciva a distrarla da quei pensieri.

 

<< Xander, dobbiamo sfidarci >> disse, improvvisamente calma, << Entro la fine di questa settimana. Chiama William e diglielo: il suo orgoglio gli impedirà di dirti di no, se sei tu a chiederglielo. Non l’ho mai visto così preoccupato… Ha paura >>.

 

Il ragazzo sembrò quasi divertito. << Ha paura? Il grande Scorpione, il pilota più forte dello Stato, pieno di soldi e auto potenti, ha paura? >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo, esasperata. << Xander, non sto scherzando. William ti crede forte, e tu lo sei. Mi sta costringendo ad allenarmi, e se continuo così la mia macchina finirà alla discarica. Facciamo questa gara, così potrai occuparti di Dimitri e di William >>.

 

E io di me stessa e dei miei sentimenti”.

 

<< D’accordo >> disse Xander davanti alla sua preoccupazione. << Che gara vuoi fare? >>.

 

<< William vuole che io sia in vantaggio, quindi faremo uno sprint. Sa che è la gara in cui vado meglio >> disse Irina, << Tanto non credo per te sia un problema, vero? >>. Sorrise.

 

<< Spero non mi farai vincere così facilmente >> ribatté lui, ghignando.

 

<< Infatti non lo farò >> promise Irina, << Ho intenzione di farti sudare sette camicie. Non sarà una vittoria regalata, la tua. Correrò al massimo, e nessuno sospetterà niente >>. Sorrise con falsa aria falsamente altezzosa. << Preparati a conoscere Fenice >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, miei cari signori, purtroppo il mio pc mi ha lasciato qualche giorno fa, quindi aggiorno da un computer di fortuna… Per questo per un po’ non risponderò alle recensioni, ma continuerò comunque a leggerle e ad apprezzarle (anche se negative). Gli aggiornamenti però dovrebbero procedere abbastanza spediti, perché molti capitoli sono già pronti e poi perché ho intenzione di concludere la storia il più in fretta possibile (mi rincresce, ma purtroppo devo studiare anche io…): ancora non so di preciso quanti saranno i capitoli, ma credo arriverò con sicurezza ad almeno 30, quindi ne avrete ancora per un po’.

Vi ringrazio per l’attenzione.

Un bacio

 

Lhea

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


Capitolo XVIII

Capitolo XVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Dalton Beach

 

Irina arrestò la Grande Punto lungo la linea di partenza, e guardò alla sua destra. La Maserati Granturismo nera era ferma, il motore spento, i finestrini alzati e la carrozzeria che brillava sotto la luce dei lampioni. Xander non era dentro.

 

Lasciò il motore acceso e scese dall’auto. C’era tantissima gente: erano tutti venuti a vedere la sfida tra il “novellino”, ormai era il nomignolo che identificava Xander, e la Fenice. Individuò William a qualche metro di distanza, ma ignorò la sua presenza. Non aveva voglia di sentirsi ripetere che doveva darsi da fare, se non voleva che il suo bel debito tornasse alla cifra originaria. Perché le condizioni erano quelle.

 

Vide Max in mezzo a un gruppo di ragazzi, e c’era anche Antony. Parlavano tra loro, presi da chissà quale argomento, con il messicano che stava mimando qualcosa riguardo a un motore.

 

Notò subito che nello sguardo del meccanico c’era qualcosa di strano. Con le braccia incrociate le fece un cenno di saluto, serio. Poi lasciò il gruppo e la raggiunse.

 

<< Ciao >> mormorò Irina.

 

<< Ciao >> disse Max, ma non sembrava molto amichevole, << Sei pronta a lasciarlo vincere? >>.

 

Irina lo scrutò, preoccupata. << Non lo lascerò vincere. Dovrà battermi >> ribatté, leggermente irritata.

 

<< La gente mormora, Irina >> sussurrò Max, << Vi hanno visto insieme… Tanti sospettano che tu lo stia aiutando, e sei fortunata che quelli che lo sanno non sono amici di William, altrimenti lo avrebbe già scoperto >>.

 

La ragazza lo guardò. Max sembrava in qualche modo felice di darle quella notizia, anche se non era per niente buona. Aveva capito che Xander non gli era particolarmente simpatico, ma non pensava che potesse odiarlo a quel modo.

 

Non sapeva che dire. In fondo, non avrebbe dovuto essere molto sorpresa: qualcuno si sarebbe sicuramente accorto che il loro rapporto era abbastanza stretto.

 

<< Hai intenzione di fare la spia, visto che lo odi così tanto? >> chiese Irina, e le parole le uscirono così in fretta che non si rese nemmeno conto di quello che aveva detto.

 

Max fece una smorfia. << No, non faccio la spia, io >> ribatté, << Ti sto solo mettendo in guardia, ma sei troppo cocciuta per seguire i miei consigli. Fai pure quello che vuoi… Non mi intrometterò di certo nella tua vita >>.

 

Era quanto di più vicino a un litigio c’era stato tra loro, in due anni. Non era mai capitato che la pensassero in modi diametralmente opposti, né che si parlassero in quel modo. Max era proprio arrabbiato, ma lo era anche lei. Perché poi? Per caso era geloso?

 

<< Va bene, faccio come mi pare >> ribatté lei, perché non voleva dargliela vinta: si sbagliava, su Xander, << Sono abbastanza grande per decidere da sola >>.

 

Si voltò, e si diresse alla macchina, scossa. Finalmente, tra la folla, vide Xander avviarsi verso la Maserati. Si scambiarono un’impercettibile segno di intesa, poi salirono in auto.

 

Irina strinse spasmodicamente il volante, cercando di calmarsi dopo la breve discussione con Max. Non era finita lì, lo sapeva, però ora doveva concentrarsi sulla gara.

 

<< Sai cosa devi fare >> disse William, minaccioso, comparendo all’improvviso, << Non fare la dolce con lui, chiaro? Ricordati che sei la mia ragazza >>.

 

Si allontanò in fretta dall’auto, lasciando Irina spaventata. Era una sua impressione, o tutti sembravano sapere che stava aiutando Xander?

 

Strinse il volante con una mano, e guardò Xander nella Maserati: almeno lui appariva tranquillo. Le rivolse un fugace sorriso e tornò a guardare Dimitri, che avrebbe dato il via. “Tranquilla, non ho intenzione di farti del male” le aveva detto al telefono, mezz’ora prima, “Dai il meglio di te”.

 

Ed era quello che voleva fare: non poteva far pensare che lo avesse aiutato. Accelerò, scaldando il motore, e attese. Dimitri richiamò con un fischio la loro attenzione, e Irina puntò lo sguardo su di lui. Aveva le mani sudate: la tensione immotivata che provava si faceva sentire. Perché aveva quello strano timore?

 

“Avanti Fenice, fagli vedere chi sei”.

 

Non era la prima gara che faceva, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Non c’era bisogno di sentirsi nervosi… Non si era mai lasciata prendere dal panico, in quelle situazioni…

 

… 1

 

… 2

 

… 3

 

Irina partì a razzo, fianco a fianco alla Granturismo. La lancetta del contagiri schizzò in avanti, dritta dritta alla zona rossa. Il rombo del motore invase l’abitacolo, coprendo i fischi d’incitamento della gente. La Maserati portò il muso in avanti, e lei tentò una rimonta.

 

Alla prima curva si tenne stretta, cercando di non farlo passare, ma Xander inchiodò di colpo e cambiò traiettoria in meno di un secondo. Se lo ritrovò a sinistra, e decise di provare a bloccarlo per costringerlo a rallentare. Funzionò.

 

Premendo sull’acceleratore, Irina cercò di portarsi in vantaggio, sapendo che quello era solo l’inizio. Qualcosa brillò nello specchietto destro, e vide la Granturismo affiancarsi a lei. Xander le fece un cenno, poi scattò in avanti con una ripresa fulminea. Rimase sconcertata dalla sua mossa e si gettò all’inseguimento.

 

Xander accelerò ancora, e lei fece altrettanto. Si mise nella sua scia, e alla prima curva provò a superarlo a sinistra. Forse la lasciò passare, perché dopo lui la risuperò a destra, costringendola a rallentare.

 

Nonostante tutto, Irina iniziava a divertirsi. Forse era la consapevolezza che nessuno dei due aveva intenzione di fare del male all’altro, ma ora, a gara iniziata, si sentiva abbastanza tranquilla per trovare il tutto molto stimolante.

 

Decise di provare una mossa di sicuro effetto. Arrivò alla svolta successiva veloce come un missile, piazzandosi di fianco a Xander, e al centro della curva tirò il freno a mano. La Punto strattonò verso sinistra, e con uno stridore di gomme si girò di lato, in una curva perfetta.

 

“Ti ho fregato” pensò divertita.

 

Ma aveva cantato vittoria troppo presto. Alla curva seguente, Xander copiò alla perfezione la sua mossa, superandola di nuovo. Si ritrovarono fianco a fianco, con un lungo rettilineo davanti. Irina inserì la quinta e schiacciò l’acceleratore, ma Xander le rimase incollato. Fu in quel momento che una volante della polizia tagliò loro la strada di netto, costringendoli a inchiodare.

 

La ragazza rimase sconcertata: non le era mai capitato di incontrare la polizia in quella zona, e soprattutto a quell’ora. Guardò nello specchietto retrovisore, e vide l’auto inseguirli a sirene spiegate.

 

<< Ci mancava solo questo! >> sibilò.

 

Xander la superò a sinistra, gettandole uno sguardo preoccupato. Poi rallentò impercettibilmente e la fece passare in testa. Frenò, cercando di ostacolare il poliziotto, poi accelerò e la raggiunse.

 

Irina vide il traguardo, illuminato dai lampioni di Dalton Beach. Probabilmente avevano sentito le sirene, perché molti ragazzi stavano correndo verso le macchine e si davano alla fuga. Accelerarono, ma la Maserati la superò a velocità stratosferica, tagliando il traguardo. Irina lo seguì, senza né volersi né potersi fermare.

 

Al momento, l’unica idea che le venne in mente per seminare gli sbirri era quella di andare in autostrada, e provare a staccarli in velocità. Probabilmente anche Xander ebbe la stessa idea, perché lo vide girare diretto a nord.

 

Ma il loro fu un errore: al casello li stavano aspettando quattro Ford Mustang della polizia, in livrea azzurra e bianca. Irina seguì Xander attraverso il casello, sfondando la barra di stop, e si gettarono a tutta velocità in autostrada.

 

Le Mustang li seguivano a ruota, e Irina decise che era meglio separarsi. Vide l’uscita per il lungo mare, così si spostò a destra, pronta a defilarsi. Una Ford però le bloccò la strada, impedendole di imboccare l’uscita.

 

Xander era un centinaio di metri davanti a lei, tallonato da due auto della polizia. Stavano cercando di stringerlo in una morsa per farlo rallentare, ma lui schizzò in avanti e si liberò. Aveva molte più possibilità di fuggire, ma stava stranamente rallentando.

 

Irina superò un furgoncino, poi accelerò, affiancata da una Mustang. Non aveva mai fatto un inseguimento con quelle auto, e ora capì che non avrebbe mai voluto farlo. Gli stavano addosso senza preoccuparsi di farla schiantare, e cercavano in qualsiasi modo di fermarla.

 

L’autostrada si stava svuotando, e non era un bene. I poliziotti sarebbero stati più aggressivi, senza la preoccupazione di coinvolgere civili innocenti. Il suo cellulare trillò e lei rispose, sterzando bruscamente con una mano per evitare un’auto.

 

<< Usciamo dall’autostrada! >> disse Xander, << In città forse abbiamo qualche possibilità di seminarli >>.

 

<< D’accordo >>. Irina chiuse la telefonata e si mise dietro la Maserati, pronta a sfruttare la sua scia.

 

Xander accelerò e lei gli rimase incollata, poi imboccarono la prima uscita ed entrarono in città.

 

Lì si divisero. Irina a destra e lui a sinistra. La ragazza guardò nello specchietto: due Mustang la seguivano con le sirene accese, ma rallentarono quando videro il semaforo lampeggiante. La Granturismo di Xander le tagliò improvvisamente la strada, e lei perse per un attimo il controllo dell’auto. Strinse il volante e rallentò, ma una Mustang ne approfittò per piazzarsi davanti a lei e inchiodare.

 

Irina sterzò a sinistra, riuscendo a evitare la volante, ma si ritrovò bloccata tra un grosso camion e l’altra Mustang. La Punto si fermò, senza via d’uscita. Incredula, si portò una mano alla fronte, rendendosi conto di essere appena stata catturata. Uno dei poliziotti stava per scendere per venirla ad arrestare…

 

Poi vide la Maserati dirigersi verso di lei a tutta velocità, i fari accesi che la abbagliavano. Rallentò a pochi metri da loro e con il muso spinse la Mustang che le bloccava la strada fino a portarla in mezzo all’incrocio. Pezzi di vetro e metallo di sparsero sull’asfalto, quando l’avantreno della Granturismo speronò la fiancata della Ford, prendendo alla sprovvista gli sbirri.

 

Approfittando della nuova via di fuga, Irina ripartì senza pensarci due volte, sgommando. Riguadagnò la strada e seguì Xander, cercando un modo che fuggire.

 

Le tre Ford continuarono a seguirli, tentando di superarli ma senza riuscirci. Una di loro sparì dal suo specchietto, girando a destra. Pochi secondi sbucò davanti al loro dal nulla, tagliandogli la strada per bloccarli. Irina sterzò abbastanza in fretta per riuscire a evitarla, ma si ritrovò con il cuore in gola.

 

Continuarono a procedere diritti, fianco a fianco, decisi a dividersi di nuovo appena ne avessero avuto la possibilità.

 

Poi lo videro all’ultimo momento: un posto di blocco in piena città, con quattro volanti che occupavano tutta la carreggiata, i lampeggianti accesi nella notte. Irina cercò disperatamente una via di fuga, ma Xander sembrò rendersi conto che non ce n’erano. Accelerò di colpo, mettendosi davanti a lei, e puntò dritto dritto al posteriore di una delle auto della polizia. Voleva sfondare il posto di blocco.

 

La Maserati spinse la volante e aprì un varco, riuscendo a passare. Il muso dell’auto si accartocciò ancora di più, e sul vetro anteriore si formò una crepa profonda. Gli agenti rimasti a bordo strada andarono in soccorso dei due sbirri presi in pieno dalla Granturismo.

 

Irina seguì Xander, e vide che solo una delle Mustang li tallonava ancora. Sarebbe bastato dividersi per fuggire facilmente. Con apprensione però notò che la Maserati era ridotta malissimo, molto peggio che a Las Vegas, e decise che forse era il caso che se occupasse lei.

 

Stava per decelerare per infastidire la Mustang, quando udì un’esplosione. La Granturismo sbandò e andò in testa coda, gli pneumatici che sibilavano sull’asfalto. Una delle ruote dietro era scoppiata.

 

Irina guardò nello specchietto. Dal lato passeggero della Mustang, un poliziotto mirava con la pistola alle gomme delle auto. In preda alla rabbia e alla paura, inchiodò, e quasi la Mustang la prese in pieno. Diede il tempo a Xander di girare la macchina e cercare una via di fuga, poi ripartì cambiando strada.

 

La Mustang la seguiva, e tentò di farla sbandare colpendola nella fiancata, ma lei si scostò rapidamente. Accelerò, spaventata dallo sparo che sentì dietro di lei, e svoltò a destra.

 

Superò una via laterale, e la Maserati di Xander sbucò all’improvviso appena lei la ebbe superata, colpendo in pieno la Mustang. La volante perse il controllo, salì sul marciapiede e si ribaltò, finendo la sua corsa capovolta contro una pensilina dell’autobus.

 

Irina osservò la scena ad occhi spalancati, poi vide Xander avvicinarsi lentamente: la Maserati era ridotta malissimo, con i vetri spaccati, il muso schiacciato e il paraurti posteriore che penzolava tristemente. La gomma bucata faceva uno strano rumore mentre rotolava sull’asfalto.

 

La Granturismo si fermò, e lei corse verso l’auto semidistrutta, incurante del fatto che altri poliziotti potessero piombarle addosso da un momento all’altro. Non gliene importava niente che la arrestassero…

 

<< Xander! >> gridò, afferrando la porta semidistrutta della Maserati << Stai bene? >>.

 

Il ragazzo la guardò spalancare la portiera con aria sorpresa, e uscì dall’abitacolo con le proprie gambe. Irina lo squadrò da capo a piedi, mentre lui scrocchiava il collo con un gemito infastidito.

 

Aveva le braccia piene di graffi e un taglio poco profondo sul sopracciglio destro, ma sembrava stare abbastanza bene. Era perfettamente intero e pienamente cosciente, ed era quello che le importava di più.

 

A sua volta Xander la guardò, in silenzio. Il suo sguardo azzurro la percorse con occhio critico, e lei non poté fare a meno di arrossire. Poi, troppo felice di vederlo ancora vivo, gli saltò al collo.

 

<< Tranquilla, tranquilla! >> disse lui, divertito, << Sto bene! Non mi sono fatto niente! >>.

 

<< Non sfondare mai più un posto di blocco in quel modo senza avvertirmi prima >> mormorò lei sulla sua spalla.

 

<< D’accordo >> promise Xander, mettendole una mano sulla schiena, << Non mi stritolare, però. Risparmiatelo per dopo… Dobbiamo parlare in un posto tranquillo >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 00.50 – Casa di Xander

 

Irina attese che Xander parcheggiasse la Maserati nel garage, mentre lei sistemava la Punto in un angolo nascosto del giardino. La Granturismo era veramente un disastro, e per un attimo si sentì piangere il cuore. Era ridotta a un rottame.

 

Il ragazzo scese con un gemito dall’auto, e richiuse delicatamente la portiera che cigolò sinistramente. Mise una mano sul tetto della Maserati, con fare gentile.

 

<< Stai bene? >> domandò di nuovo Irina, preoccupata.

 

Lui si voltò a guardarla, e riuscì anche a sorridere. << Sì, a parte qualche doloretto qua e la… >> disse, << Però mi dispiace per l’auto… Mi piaceva >>.

 

Diede un ultimo sguardo al cofano accartocciato, poi si voltò e chiuse il garage, nascondendo alla vista ciò che rimaneva della povera Granturismo. Condusse Irina in casa, e si sedettero entrambi in cucina. Jess non c’era, doveva essere uscito con Jenny come al solito.

 

Seduta al tavolo, Irina guardò Xander prendere uno strofinaccio dal cassetto e bagnarlo sotto l’acqua del fredda del rubinetto. Si tamponò il sopracciglio tagliato, e nel frattempo esaminò i graffi sul braccio.

 

La ragazza rimase immobile, mordendosi un labbro, combattuta. Non erano ferite gravi, ma provava l’impellente istinto di alzarsi e occuparsi lei della medicazione. Però aveva paura che, una volta di nuovo così vicini, potesse farsi prendere dal panico e arrossire come una bambina. E poi, non l’aiutava certo a fare in modo che la sua incasinata situazione sentimentale migliorasse.

 

Alla fine sbuffò, si alzò e disse: << Lascia stare, ci penso io >>.

 

Xander sorrise e la guardò porgere la mano per farsi dare lo strofinaccio. Sembrava divertito, e il suo sguardo si soffermò più del dovuto sul suo volto.

 

<< Non hai del disinfettante? >> chiese lei, cercando di dissimulare il suo imbarazzo.

 

<< Nel cassetto >> rispose Xander, facendo un cenno con la testa verso la cucina.

 

Irina recuperò il disinfettante e anche del cotone, e si avvicinò a Xander. Ora che doveva toccarlo, aveva di nuovo le farfalle nello stomaco.

 

Vedendola titubante, il ragazzo sorrise. << Cosa c’è? Paura del sangue? >> domandò.

 

<< No >> rispose lei, << Ti puoi sedere? Se un po’ alto per me >>.

 

Era una scusa proprio scema. Non era certo alto da risultare irraggiungibile, ma da seduto almeno non avrebbe rischiato di sfiorare inavvertitamente altre parti del suo corpo con il conseguente mutamento di colore della sua stupida faccia..

 

<< D’accordo >> disse lui, e si sedette sulla sedia che lei aveva lasciato libera.

 

Senza una smorfia, Xander si lasciò medicare il sopracciglio e non disse niente. Irina evitava disperatamente i suoi occhi azzurri, nel tentativo di rimanere concentrata. Inutile dire che, anche se in modo impercettibile, la mano le tremava leggermente.

 

Vide Xander sorridere e rivolgerle un’occhiata divertita. << Sei brava come infermiera, non te lo ha mai detto nessuno? >>.

 

Irina arrossì. << No. Normalmente io le ferite le procuro, non le medico >> rispose, cercando di essere distaccata.

 

Xander ridacchiò, poi le mise una mano dietro la schiena e la tirò a sé, costringendola a sedersi sopra le sue gambe. Irina fu presa troppo alla sprovvista per avere il tempo di reagire.

 

<< Allora ti dovevano chiamare Pantera, non Fenice >> disse, tenendola stretta per impedirle la fuga.

 

Irina capì di aver appena raggiunto una tonalità di rosso che non credeva esistesse, ma riguadagnò un minimo di contegno. Allora lo faceva proprio apposta, a metterla alle strette… Però non riusciva proprio ad arrabbiarsi con lui. Il suo viso era così vicino al suo da annullare qualsiasi istinto poco amichevole nei suoi confronti.

 

<< Ho tanti di quei soprannomi che molto probabilmente “Pantera” sarà tra quelli >> disse, << Posso alzarmi? Le altre sedie sono libere >>.

 

Tranquilla, controllata e per niente minacciosa. Era riuscita a controllare il tumulto che aveva dentro con una maestria di cui non si credeva capace. Xander però sembrava aver capito che stava bluffando.

 

<< Io sto comodo anche così >> ribatté, sorridendo.

 

“Se per questo, non sto male nemmeno io…” pensò Irina, “Però è meglio che mi alzi, se non vuoi che mi venga un mezzo infarto”.

 

<< Dai, devo lottare anche per potermi alzare? >> disse, sorridendo.

 

<< E va bene… >> sospirò Xander, lasciandola libera.

 

Di nuovo in piedi, e a una distanza “di sicurezza”, Irina ritornò a essere perfettamente lucida. E comprese che anche questa volta si erano fermati prima che succedesse qualcosa… Un bene o un male?

 

<< Mi è sembrato che la polizia ce l’avesse in modo particolare con te >> disse Irina, per rompere il silenzio.

 

Xander diventò improvvisamente serio. << Lo so… Ed erano lì apposta, credo. Pensi che William li abbia chiamati per ostacolarci? >>.

 

A quell’ipotesi Irina non aveva pensato. In effetti, era plausibile.

 

<< Può essere >> disse, << Barrow sta dalla parte di William, e gli deve un sacco di favori… >>.

 

Xander scosse il capo con aria preoccupata. << Challagher ha più potere di quanto pensassi >> mormorò.

 

Irina lo guardò: non l’aveva mai visto così serio. Forse lui stesso iniziava a credere che ci fossero poche speranze di catturare lo Scorpione.

 

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. << Cosa gli dirai, ora che non hai vinto? >>.

 

Irina si strinse nelle spalle: non le sembrava un problema grave, in quel momento. << Lo sapeva che non avrei vinto. Voleva solo prendere tempo, secondo me >> Sorrise, un po’ più rilassata, << Bella gara, comunque, non credi? Molto stimolante >>.

 

Xander ridacchiò, si alzò e si avvicinò pericolosamente. Lei fece un passo indietro.

 

<< Allora mi devi qualcosa, immagino, visto che ho vinto… >> sussurrò.

 

<< E cosa vorresti? >> domandò Irina, con fare provocatore.

 

<< Ah, che so… Le chiavi della tua macchina, magari >> disse lui, con il suo ghigno lupesco, << Ma mi accontento anche di quelle di casa tua, se non ti dispiace >>.

 

Irina scoppiò a ridere. << Casa mia è sempre aperta, non avrai bisogno di chiavi >> ribatté, e con un cenno della mano lo salutò, diretta a casa. Consapevole di aver appena detto una grande verità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Casa Challager

 

<< Dannazione, ti sei fatta battere come una principiante >> sibilò William, << Ti avevo detto di darti da fare >>.

 

Irina stava in piedi, guardando lo Scorpione muoversi avanti e indietro per il soggiorno della sua grande casa, nervoso.

 

<< Hai chiamato tu la polizia, allora >> disse, arrabbiata.

 

William si fermò e si voltò a guardarla, gli occhi freddi come il ghiaccio. Si avvicinò, e prese Irina per il collo della maglia. << Quello che faccio io non ti riguarda, chiaro? Avevi sono un ordine: vincere. E tu non lo hai rispettato. Sta zitta, e non osare mai più rivolgerti a me in questo modo >>.

 

La lasciò andare, e la ragazza capì che la situazione stava degenerando: se William si comportava in quel modo, allora aveva davvero paura. E iniziava ad averne anche lei, per se stessa ma soprattutto per Xander. Doveva metterlo di nuovo in guardia, perché Dimitri non sarebbe stato certo come Fenice.

 

Si voltò, guardando fuori dalla finestra. Faceva caldo, e ormai erano a metà giugno. Ascoltò William e Dimitri che parlavano, uno in piedi, l’altro seduto sul divano di pelle.

 

<< Ti sfiderà presto >> disse lo Scorpione, << Quindi devi darti una mossa a prepararti. Penso che nel giro di una settimana vi ritroverete l’uno davanti all’altro >>.

 

<< L’ho visto gareggiare: non è così forte come credi >> ribatté Dimitri, << Lo batterò, e sarò spietato. Oltretutto, sarà costretto a utilizzare la BMW, ora che gli hanno distrutto l’altra. E io non sono certo come Irina >>.

 

La ragazza si voltò a guardarlo. Il russo la scrutava con aria di superiorità, come per prenderla in giro. Qualcosa brillò nei suoi occhi, e William lo guardò sospettoso. Dimitri era più furbo di quando avesse sospettato: forse lo Scorpione non aveva ancora capito, ma il russo sembrava stranamente consapevole di quello che stava accadendo alle spalle del suo capo. Strano che non gli avesse detto ancora niente. Sentì lo stomaco stringersi in una morsa, ma tenne strette le labbra per non farsi scappare nemmeno una parola. Continuò a guardarlo negli occhi, cercando di capire cosa stesse pensando, finché non lo vide diventare improvvisamente serio.

 

<< Ho intenzione di farlo fuori, se sarà necessario >> continuò, fissandola inespressivo.

 

<< Cosa che Irina non era disposta a fare >> ribatté William, << Ma questo lo sapevo già… Credo abbia un debole per Went >>.

 

Lo Scorpione si voltò, facendo un passo verso di lei, il sorriso gelato che mostrava i denti bianchissimi. Piantò i suoi occhi in quelli della ragazza e disse: << Mi sto sbagliando, forse? Ma ti perdono, bambolina, in fondo sei solo una ragazza >>.

 

Sottolineò le ultime parole con un inflessione della voce, e Irina si sentì sperduta. Era vero, era solo una ragazza, troppo giovane e troppo sciocca per fregare uno come lui. Stava rischiando tutto inseguendo una speranza che correva con un’auto di lusso.

 

Cercò di apparire inespressiva quando rispose: << Ho fatto del mio meglio… Se non avessi chiamato la polizia forse avrei vinto >>.

 

William fece una smorfia. << Ti avrebbe doppiato, cretina, se non avessi chiamato gli sbirri >> disse, << Ma da gentil’uomo qual è ti ha anche dato una mano e sbarazzarti di loro… Idiota. Non ha ancora capito cosa siamo in grado di fare… Come credo non la abbia capito nemmeno tu >>.

 

Irina sussultò, incassando la frase senza ribattere. Non poteva farlo, visto che avrebbe perso, come tutte le volte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Casa di Xander

 

<< Sono sicura che sospettano qualcosa >> disse Irina guardandolo con occhi spaventati, << Dimitri è pronto a farti fuori, se non riuscirà a batterti >>.

 

Xander guardò la ragazza seduta sul divano, Tommy in braccio che mangiucchiava i biscotti che gli aveva offerto Nichole, ora chiusa in cucina. Gli sembrava quasi presa dal panico.

 

<< Non spaventarti >> disse, << Tranquilla. Mi aspettavo una reazione del genere, da parte loro. Sono perfettamente in grado di guardarmi le spalle >>. La sua mente corse involontariamente alla pistola che si portava sempre dietro, ben nascosta addosso.

 

<< Tu non capisci! >> sbottò Irina, e Tommy la guardò perplesso, << Perché credi che Dimitri sia soprannominato il Mastino? Ha fatto fuori più gente lui che tutte le gare di canyon messe insieme! >>.

 

Xander si trattenne dal ridere: la ragazza era seriamente preoccupata per lui, ma non si sentiva in pericolo al momento. Guardò fuori dalla finestra del soggiorno, nel giardino assolato.

 

<< Vi siete incontrati? >> domandò.

 

<< Sì, ieri >> rispose Irina, << Era furioso. Si sono messi a parlare della vostra gara… E Dimitri ha fatto una strana allusione… Ha detto che lui non è come me. Sapevano che non ti avrei fatto del male >>.

 

Xander ebbe per un attimo il sospetto che William le avesse fatto qualcosa, ma poi pensò che stava diventando iperprotettivo.

 

<< Ha detto altro? >>.

 

<< Si è accorto che mi hai aiutato con la polizia >> rispose Irina, tirando a sedere accanto a lei Tommy, che nel frattempo si era alzato << Ti ha dato dell’idiota, dicendo che hai fatto il gentiluomo >>.

 

Xander inarcò un sopracciglio, perplesso. Forse William sospettava qualcosa, ma non quello che Irina credeva. Molto probabilmente lo Scorpione pensava che stesse cercando di portarle via la ragazza, e non si sbagliava tanto a pensarlo.

 

<< D’accordo >> disse, guardando il bambino scendere dal divano e indicare qualcosa in giardino, << Ma non è che è solo geloso? >>.

 

Irina rimase interdetta: lo guardò senza capire, poi soffiò: << Cosa intendi? >>.

 

Xander sorrise. << Magari pensa che io ti abbia aiutata perché crede che stia cercando di farmi bello ai tuoi occhi >> spiegò.

 

Irina lo fissò e sembrò trattenersi dallo scoppiare a ridere. << E perché dovresti farlo? >>.

 

Sbuffò e lasciò il discorso in sospeso: non era in vena di provocazioni. Guardò Tommy e disse: << Tra un paio di giorni è tutto pronto per farlo tornare da sua madre >>.

 

Irina si rabbuiò. << Lo porterò io >> disse solo.

 

<< No, lo porto io >> ribatté Xander, << E’ meglio, credimi >>.

 

Irina sospirò. << Va bene >> convenne, << Faremo come dici tu… >>.

 

In quel momento sentì la porta di casa aprirsi, e comparire sulla soglia Jess accompagnato nientemeno che da Jenny. L’informatico non era sorpreso della sua presenza, ma la ragazza sì. Fissò Irina per un momento, poi lui.

 

Xander gli rivolse un sorriso. Jenny gli era simpatica, e ormai la conosceva abbastanza da poterla definire la versione femminile di Jess. L’informatico l’aveva portata a casa diverse volte, e per lui non rappresentava una novità: coppia fissa, la loro. Era stato strano all’inizio, e anche un po’ irritante, ma ora non ci faceva più caso.

 

<< Ciao Irina >> salutò Jenny, << Ciao Xander >>.

 

Li raggiunse in un attimo e si sedette sul divano, spostando lo sguardo da Irina a lui. Jess stava parlando con Nichole, in cucina, molto probabilmente per chiedergli di portare qualcosa da bere.

 

Irina sembrava imbarazzata, anche perché l’amica la stava praticamente sottoponendo ai raggi x. E molto probabilmente Jenny si stava dannando perché non possedeva la facoltà di leggere nel pensiero, in modo da capire che cosa avessero fatto loro due fino ad adesso.

 

<< Ragazzi >> disse alla fine Jenny, come se dovesse rivelargli qualcosa di importantissimo, << Ho deciso di organizzare una cosuccia per la fine delle lezioni, vi va? >>.

 

Irina annuì e sorrise impercettibilmente.

 

<< Una sera di queste vorrei che andassimo a mangiarci una pizza tutti assieme… >> continuò, rivolgendo a Xander uno sguardo piuttosto eloquente, << E poi potremmo andare da qualche parte… Che ne so, sul lungo mare… >>.

 

“Tu dovresti lavorare in un’agenzia matrimoniale” pensò Xander, ridendo sotto i baffi. Aveva capito benissimo dove Jenny voleva andare a parare…

 

<< Oh, va bene >> fece Irina, poco convinta, << Si può fare… Ne hai parlato con le altre? >>.

 

<< Certo, mancavi solo tu >> rispose Jenny, << Xander, verresti? >>.

 

Lo fulminò con un’occhiata, perché la sua domanda era retorica: se avesse solo osato titubare, lo avrebbe azzannato. << Mi farebbe molto piacere >> rispose con un sorriso.

 

Guardò Irina con la coda dell’occhio, e le sembrò preoccupata. Poi venne distratto da qualcosa che disse Jenny.

 

<< Chiedi anche a Max al suo amico Antony >> stava dicendo, << Più siamo, meglio è >>.

 

Xander ebbe un moto di stizza. Pure Max? A essere sincero, non gli stava proprio simpatico… E doveva essere altrettanto per lui, perché quelle poche volte che si erano incrociati non gli era parso molto bendisposto nei suoi confronti.

 

Irina, invece, sembrò rilassarsi. << Va bene, glielo chiederò. Chi si occupa di organizzare? >> domandò.

 

<< Io, naturalmente >> rispose Jenny, zuccherosa. << Voi pensate solo a un modo per venire… Magari organizzatevi per le macchine… >>.

 

Xander alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente. Irina fissò Jenny divertita e si alzò.

 

<< Io… Bé, vado >> disse, prendendo Tommy per mano, << Ci sentiamo >>.

 

Salutò tutti e uscì, lasciando Xander in balia dei due piccioncini. Jess apparve all’improvviso e si sedette di fronte a lui.

 

<< Jenny… >> cominciò Xander, divertito, << Guarda che non è necessario che mi minacci… La vado a prendere io, Irina, se è questo che ti preoccupa >>.

 

La ragazza fece un sorriso poco convinto. << Mah, volevo esserne sicura >> disse, << Non mi risulti molto prevedibile… Poi lo so come è fatta, dovrai letteralmente prenderla di peso, perché odia dipendere da qualcuno… Anche se sei tu, senza offesa naturalmente >>.

 

Xander ridacchiò. Jenny era proprio assurda.

 

<< Spiegami perché devono venire anche Max e l’altro suo amico, che tra l’altro non ho mai visto >> domandò lui.

 

Jenny si strinse nelle spalle. << Saranno di compagnia… E poi ci sono anche Katy e Angie>> rispose, << Più siamo, più ci divertiremo >>.

 

<< Jenny, lo stai terrorizzando >> si intromise Jess, << Xander penserà che tu voglia piazzare chiunque conosci >>.

 

<< Non voglio piazzare nessuno >> ribatté Jenny, offesa, << Cerco solo di aiutare le giovani anime sole in cerca di un cuore da abitare >>.

 

Xander la fissò per un momento, e Jess fece altrettanto, sbalordito. Poi scoppiarono entrambi a ridere.

 

<< E io sarei una giovane anima da aiutare? >> chiese Xander, continuando a sbellicarsi.

 

<< Esattamente >> disse Jenny, seria. << Anche perché se continui così, la farai impazzire >>.

 

<< Perché? >>.

 

<< Ti rendi conto, vero, che Irina non sa che pesci prendere? >> disse Jenny, << Esattamente come te. Tu fai tanto il furbo, però non concludi mai niente… >>.

 

Preso in contropiede, Xander diventò serio.

 

<< Ho i miei motivi >> disse, calmo, << E Jess li conosce. Non ti sto dicendo che Irina non piace, anzi, ma per il momento preferisco fare di testa mia. Non penso sia un problema, no? >>.

 

<< Ancora non ho capito questa storia dei “motivi” >> disse Jenny, piccata, << Quando vi deciderete a dirmi esattamente cosa fate? >>.

 

Argomento top-secret. Jenny non sapeva che erano dell’F.B.I., perché Jess non glielo aveva detto. Si fidavano di quella ragazza, ma non potevano svelarle niente finché non fosse tutto finito.

 

<< Quando arriverà il momento, giuro che te lo diremo >> promise Jess, prendendole una mano.

 

Prima che iniziassero a sbaciucchiarsi, Xander si alzò e lasciò la strana coppia alle sue effusioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Garage

 

Irina bussò delicatamente alla porta del garage di Max, e attese. Di solito a quell’ora lui si trovava sempre lì, a occuparsi di qualche modifica alla sua auto. Teneva Tommy per mano, cercando di rimanere tranquilla.

 

Gli era dispiaciuto avere quella discussione con Max. Lo considerava come un fratello, e non sopportava di sapere che lui ce l’avesse con lei. Sperava di poter chiarire e far tornare le cose come prima. In fondo, era uno dei suoi pochi veri amici.

 

Il ragazzo aprì la porta e la guardò dall’alto in basso, come se la vedesse per la prima volta. Rimase immobile, bloccandole l’entrata con aria seria.

 

<< Posso entrare? >> domandò Irina timidamente. Tommy rivolse un flebile “tao” a cui Max non rispose.

 

Grugnì e si spostò, lasciandola entrare nel garage illuminato dal neon sul soffitto. La Golf rossa era tirata a lucido, brillante sotto la luce artificiale. Il meccanico si sedette su uno sgabello e incrociò le braccia.

 

<< A cosa devo la tua presenza? >> chiese sarcastico, gettando uno straccio sul piano di lavoro.

 

Irina sorrise, sapendo di avere almeno un po’ di torto.

 

<< Scusami, mi sono comportata male con te >> disse, cercando di guardarlo in faccia, nonostante lui continuasse a evitare il suo sguardo. << Non avrei dovuto risponderti così… Ma sono stata presa da un po’ di cose >>.

 

<< Già, soprattutto dal tuo amico >> ribatté Max, senza guardarla.

 

Ancora quella storia. Irina sbuffò: non capiva cosa avesse contro Xander. In fondo non gli aveva chiesto nulla, non lo aveva scocciato, non si era fatto vedere. Si erano solo incontrati un paio di volte, e Max aveva sempre fatto capire di non poterlo sopportare.

 

<< Dimmi chiaramente cosa ti da fastidio >> disse Irina, tranquilla, << Così cerco di trovare una soluzione >>.

 

Max si voltò, e la guardò con gli occhi ridotti a fessure. << Vuoi sapere cosa mi da fastidio? >> sibilò, << Te lo dico subito. Appena è arrivato lo hai trattato come un principino, lo hai aiutato e sei corsa subito da lui quando ti ha chiesto di fargli da appoggio. E perché? Lo so io il perché. Perché ti piace! >>.

 

Irina sussultò, e scosse la testa. << Ma cosa stai dicendo? >> disse arrabbiata, << E anche se fosse? Non sei mio padre, e credo di essere abbastanza grande da decidere cosa fare! >>.

 

<< Certo, ma ti fai ancora fregare come una bambina di due anni! Non hai capito che non gli interessa altro che il tuo aiuto? >> sbottò Max, << Ti sta addosso solo perché non vede l’ora di portarti a letto un paio di volte, e poi lasciare che tu finisca in prigione >>.

 

Irina era sconcertata: non aveva mai visto Max comportarsi in quel modo. Le stava facendo una scenata di gelosia in piena regola, ma non ne capiva il motivo. Si era fatto idee assurde riguardo a Xander, che lei non condivideva minimamente.

 

<< Non mi ha mai nemmeno sfiorata! >> disse tra i denti, anche se non era proprio la verità.

 

<< Nooo, ha fatto il bravo ragazzo tutto il tempo, eh? >> ribatté Max, << Te l’ho già detto: la gente in giro vede, e parla. Credi che nessuno si sia accorto che ti sta praticamente addosso? E’ come William, Irina, non l’hai capito?>>.

 

Irina era basita. Max ce l’aveva proprio con Xander.

 

<< Ti sbagli >> ribatté, furiosa, << Tu non lo conosci. Lui è William sono lontani anni luce >>.

 

La sua voce tremò per un attimo: quella era una bugia, che tentava di propinare a Max e anche a stessa. Xander e William erano più simili di quanto lei volesse ammettere. Per questo entrambi era riusciti a sfondare il muro che la circondava.

 

<< Certo >> fece Max, sarcastico, << Lontani anni luce… Dimmi, sei forse diventata cieca? Non lo vedi che si somigliano? Xander è come William: fa tanto il perfettino, pieno di soldi, ma poi è un bastardo di prima categoria … Dimmi se non sto dicendo la verità >>.

 

Irina rimase in silenzio. Tommy li guardava spaventato, e sembrava avere le lacrime agli occhi. Gli strinse la manina e gli rivolse un sorriso per rassicurarlo. Falso.

 

Come sempre quando parlava con Max, si accorgeva che lui aveva sempre ragione. Xander non si era mai sbilanciato con lei: gentile, premuroso, ma non ci aveva mai veramente “provato”. Però poco dopo la loro gara, quando erano a casa sua, l’aveva costretta a sedersi sopra di lui… E poi, rimaneva quel vuoto nero dovuto all’alcool di Las Vegas… Cos’era successo veramente? Perché di sicuro qualcosa era successo.

 

Frustrata, si voltò di scatto. Tommy la seguì, barcollando.

 

Perché Xander si comportava in quel modo? Perché arrivava sempre a un certo punto, e poi si tirava indietro?

 

<< Allora? >> la incalzò Max, << Perché non rispondi? Perché non lo difendi a spada tratta? >>.

 

<< Va bene, Max, hai ragione >> disse Irina, << Diciamo che alla fine non gliene importi nulla di me, che come dici tu ha solo voglia di togliersi qualche sfizio e approfittare della mia stupidità… Hai ragione, è vero, sono un’illusa. Lo sai meglio di me, no? Ma se ti aspetti che dopo quello che mi hai detto smetta di aiutarlo, ti sbagli di grosso >> il suo sguardo divenne duro, << Se hai qualche problema con Xander, risolvilo con lui e non prendertela con me, chiaro? Se pensi veramente che mi stia usando, vai da lui e diglielo >>.

 

Max la guardò sorpreso, poi ribatté: << Pensi che non abbia il coraggio di farlo? >>.

 

<< Sei tu il duro della situazione. Se pensi di avere ragione, fallo >>.

 

Tutti i suoi propositi di fare pace con Max erano andati all’aria. In un attimo, toccando l’unico tasto debole, si erano di nuovo ritrovati l’uno contro l’altra. Era troppo arrabbiata per cercare di trovare un punto di incontro, ma sapeva che forse Max aveva ragione. Stava diventando una stupida cocciuta, ma lei non riusciva proprio a pensare male di Xander. Nemmeno per un attimo.

 

Max si alzò in piedi, tirò fuori il cellulare dalla tasca e la guardò con l’aria di sfida.

 

<< Va bene >> disse, premendo i tasti del telefono con impeto, << Farò a modo tuo >>.

 

Confusa, Irina lo guardò portarsi il cellulare all’orecchio.

 

<< Alexander? Sono Max >> disse con la voce che sembrava un cubetto di ghiaccio, << Ci dobbiamo vedere. Dobbiamo parlare. Adesso. D’accordo, ci vediamo alla mia officina >>.

 

Chiuse la telefonata e fissò Irina con un sorriso per niente amichevole. Irina lo fulminò con lo sguardo, prese Tommy in braccio e se ne andò, sbattendo la porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Poche righe per dire che continuo ad avere problemi con il pc… Non so nemmeno quando me lo ridaranno. Quindi, ringrazio tutti per le recensioni, e continuate a lasciarmele che io le leggo e le apprezzo moltissimo. Un bacio grande!

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Capitolo XIX

Capitolo XIX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Officina

 

Xander parcheggiò la BMW davanti all’officina aperta di Maximilian, e spense il motore. Scese dall’auto e si guardò intorno, incuriosito. Sembrava tutto abbastanza tranquillo. Sembrava, appunto.

 

La telefonata del meccanico lo aveva colto di sorpresa: non si sarebbe mai aspettato che volesse parlargli, e con così urgenza. Il tono della sua voce gli era sembrato decisamente freddo e irritato. Odiava sentirsi dare degli ordini, soprattutto da uno che conosceva a malapena, ma si era trattenuto dal ribattergli malamente… Preferiva un faccia a faccia.

 

Max lo aspettava davanti alla porta, le braccia incrociate con aria minacciosa, l’espressione gelida. Gli fece un cenno con il capo e lui lo seguì dentro, in silenzio, notando che l’insegna appesa alla porta diceva “Chiuso”. Nell’officina non c’era nessuno, il suo amico messicano doveva essersene andato.

 

Il meccanico si voltò verso di lui e, senza nemmeno un saluto preliminare, esordì: << Credo tu abbia capito che voglio parlare di Irina >>.

 

Xander annuì. Poteva dirsi che Irina era l’unica cosa che al momento li collegasse: era chiaro che l’argomento sarebbe stato lei.

 

<< Ci sono problemi? >> chiese, tranquillo.

 

<< No… Anzi, sì, ci sono problemi. Ti sta aiutando perché crede che tu possa far arrestare William, ma sta rischiando molto più di quanto tu immagini >> disse Max, aggressivo, << E non mi va che tu la illuda solo per riuscire a portartela a letto >>.

 

Xander inarcò un sopracciglio, leggermente perplesso dall’accusa. Irina gli piaceva, non l’avrebbe mai negato, e non avrebbe neanche negato che, in effetti, qualche fantasia poco innocente l’avesse avuta, ma non era certo il motivo per cui aveva chiesto il suo aiuto.

 

<< Non sto cercando di portarmela a letto >> rispose con calma, << Non sono quel tipo di persona… Essere gentili con una ragazza non significa avere secondi fini. Poi mi pare sia “fidanzata”, e questo dice tutto >>.

 

Max incrociò le braccia. << Non è fidanzata >> ribatté, << Lo sai benissimo. Te lo avrà sicuramente detto. Lei e lo Scorpione non stanno veramente insieme: lavora per lui, e William vuole che la gente pensi che sia la sua ragazza. Non puoi negare che ci stai provando >>.

 

In effetti è vero” pensò, divertito. << Avresti qualcosa in contrario? >> domandò, sapendo di non dargli una risposta. Iniziava a intuire quale fosse il vero problema.

 

<< Sì >> ribatté Max, << Non voglio che uno sbirro come te le giri intorno >>.

 

Quindi il meccanico pensava che fosse un poliziotto… Irina si fidava abbastanza di lui da avergli accennato qualcosa.

 

<< Ti ha detto perché sono qui? >> chiese.

 

<< Mi ha solo detto che hai intenzione di sbattere giù lo Scorpione dal primo posto della Lista >> rispose secco Max, << Quindi presumo su sia uno sbirro >>.

 

Il meccanico continuava a girare intorno alla questione, senza mai arrivare al punto, e Xander iniziò a innervosirsi. Voleva arrivare al sodo, e chiudere quella discussione che non gli risultava piacevole.

 

<< Se sei geloso che tu lo dica >> sbottò, irritato.

 

Lo disse più che altro per provocarlo, ma vide sul volto del meccanico una strana espressione. Un misto di tristezza e fastidio.

 

<< Non dirmi che sei innamorato di lei >> aggiunse Xander, trattenendosi dal ridacchiargli in faccia.

 

Max gli lanciò un’occhiataccia. << No >> rispose secco, << Almeno, adesso non più… E’ come una sorella, per me >>.

 

Xander scrutò il meccanico. Ci mancava solo questo: una crisi di gelosia da uno che si era preso una cotta per Irina, e che ora pensava di dargliela a bere dicendo che la considerava solo come una sorella.

 

<< E allora perché non glielo hai mai detto? >> domandò. Non lo faceva certo per dargli conforto: voleva solo capire se dovesse preoccuparsi o meno di lui. E anche perché era stranamente interessato alla questione.

 

<< Perché ho capito che lei non mi voleva >> rispose arrabbiato Max, come se ammetterlo davanti a lui gli costasse tutta la sua pazienza, << Mi vedeva solo come un fratello e basta. E poi, lei non è per me. Non sarei in grado di darle quello che si merita >>.

 

Xander fissò il meccanico, incerto su cosa dire. Le parole di Max erano intrise di una grande tristezza, dovuta anche al fatto che aveva appena rivelato una parte di sé a un perfetto estraneo. Però non riuscì proprio a smorzare la rabbia che provava in quel momento.

 

<< E adesso? Continui ad amarla senza dire niente? >> chiese, << Sei così codardo da lasciare che William la usi come la sua bambolina? >>.

 

Max sembrò infuriarsi. << Non sono codardo. Per me è e rimane solo una sorella. Le voglio bene, ma non la amo come all’inizio. Contento? >>.

 

<< No >> ribatté Xander, << Se le vuoi così bene, smettila di trattarla male. E soprattutto, smettila di ostacolarla. Non so di preciso cosa ti abbia detto di me, ma sa che con il suo aiuto posso sbattere fuori di qui Challagher. Sto solo cercando di aiutarla, non voglio certo portamela a letto >>.

 

<< Ci andrà di mezzo >> ribatté lui, << Ci crede, Alexander. Crede veramente che tu possa aiutarla… Se non ci riuscirai, sarà l’ennesima batosta che dovrà sopportare. E credimi, fino ad adesso ne ha prese veramente troppe >>.

 

<< Dimmi una cosa, Maximilian >> disse Xander, << Tu cosa stai facendo, per aiutarla? La metti in guardia, la controlli? Visto che tieni così tanto a lei, come mai non ti stai facendo in quattro per darle una mano? >>.

 

Max lo fissò, e per un momento credette che gli sarebbe saltato addosso per prenderlo a pugni.

 

<< Non vuole che mi intrometta >> disse, frustrato, << Non mi ha mai permesso di capire quello di cui ha bisogno… Non ha mai voluto che l’aiutassi, fin dal primo giorno. E so che non è stata del tutto sincera, con me >>.

 

Allora Irina nascondeva il suo ultimo segreto anche a Max, che doveva essere uno dei suoi migliori amici. Continuava a voler fare tutto da sola, a rimanere chiusa nella sua prigione per cercare da sola la sua uscita.

 

<< Se non ti ha permesso di farlo, è perché non vuole metterti nei guai >> disse, neutro, << Io non sono venuto qui per lei, ma non ci penso proprio ad abbandonarla lì dov’è. Rischio comunque. Quindi, mettiti il cuore in pace: non la lascerò da sola >>.

 

Max lo guardò. << Io… >> cominciò.

 

Xander lo interruppe di nuovo. << Lasciala in pace. Ha già troppi problemi, e non mi sembra il caso di litigare per una stronzata come questa. Ci starà male, se continui a incolparla di qualcosa che non sta facendo >>.

 

Era deciso ad andarsene. Quella discussione lo irritava parecchio, soprattutto per via della novità sui sentimenti di Max. Forse era la verità, però lo infastidiva sapere che qualcun altro aveva messo gli occhi su Irina, anche se in passato.

 

Comprese cosa stesse cercando di fare il meccanico: voleva proteggere Irina fin dove lei gli permetteva di intromettersi. Ed era chiaro che lei continuava a nascondere troppe cose, persino ai suoi amici.

 

<< E comunque, tra noi non è successo nulla >> concluse Xander, guardandolo negli occhi << Niente di quello che stai pensando. Ha troppi problemi per la testa, per pensare a me >>.

 

Però le ho rubato un bacio… E’ non sarò in pace con me stesso finché non glielo avrò detto”.

 

Fece per andarsene, quando si ricordò di una cosa. Guardò Max, in piedi di fronte al bancone, lo sguardo imperscrutabile.

 

<< Ah… Sei invitato a una serata in pizzeria. Vedi di esserci. Non lo dico per me, ma per Irina >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Università

 

<< Allora >> bisbigliò Jenny, annotando le date degli esami sulla sua agenda, << Ho fissato tutto. Sabato sera, alle 9.30, da “O sole mio”… Devo solo prenotare. Quanti siamo, alla fine? >>.

 

<< Io ci sono >> disse Katy.

 

<< Io anche >> disse Angie, senza staccare gli occhi dal suo quaderno coperto di appunti.

 

<< Idem per me >> aggiunse Irina, << E conta anche Max. Ha detto che viene >>.

 

Irina, seduta a fissare con occhi funerei le date vicinissime degli esami, ripensò al pomeriggio seguente. Max si era presentato a casa sua con la coda tra le gambe e le aveva chiesto scusa per come l’aveva trattata, dicendo di essere stato un po’ superficiale. Scuse accettate, naturalmente, ma Irina non potè fare a meno di chiedersi cosa gli avesse detto Xander per fargli cambiare idea. Doveva avergli dato una bella strigliata.

 

<< Bene >> fece Jenny, << Perfetto, ci siamo tutti… >>.

 

Si mise a parlare di come organizzare le auto, ma Irina non l’ascoltava. Stava pensando che quel pomeriggio Xander sarebbe passato da casa sua per prendere Tommy e portarlo da Sally. La sera prima aveva preparato due borsoni con tutte le cose del suo nipote, che poi aveva abbandonato nell’ingresso di casa con aria afflitta. Suo padre le aveva chiesto cosa stesse facendo, e quando aveva appreso la notizia, come aveva previsto, non aveva fatto una piega.

 

<< Irina? >> qualcuno la chiamò, << Mi stai ascoltando? >>.

 

La ragazza si voltò: a distoglierla dai suoi pensieri era stata, come al solito, Jenny.

 

<< Cosa c’è? >> chiese stancamente.

 

<< Che hai? >> domandò Katy, preoccupata.

 

<< Nulla >> rispose Irina, << Perché mi chiamavate? >>.

 

<< Stavamo pensando che sei l’unica che viene da sola, sabato >> spiegò Jenny, << Io vengo con Jess, Angie e Katy vengono insieme… >>.

 

<< Credo di essere in grado di guidare da sola fino in pizzeria >> borbottò Irina, << Sono piuttosto brava, al volante, sai? >>.

 

Jenny alzò gli occhi al cielo. << Non era quello che intendevo >> disse, << Stavo dicendo che per una volta potresti scroccare un passaggio a qualcuno… >>.

 

Irina capì subito a chi si riferiva. Jenny voleva che Xander la passasse a prendere a casa, e di conseguenza la riaccompagnasse anche.

 

<< Non vedo perché debba scomodare qualcuno, quando sono perfettamente in grado di andare e tornare in tutta autonomia >> disse.

 

Non aveva voglia di affrontare il “discorso Xander”: non era dell’umore giusto per sopportare i tentativi di Jenny di farle ammettere che era innamorata cotta.

 

Il professore finì in quel momento di augurare a tutti gli studenti buone vacanze con tono ironico, e la gente nell’aula iniziò ad alzarsi. Irina fece altrettanto, e disse: << Vado a prendere un caffè >>.

 

<< Aspetta! >> la fermarono le tre amiche, << Che hai? >>.

 

Irina sbuffò. << Non ho niente, sto bene >> rispose, anche se non era vero.

 

Qual’era il suo problema? Era solo e semplicemente uno: Xander.

 

Max ci aveva visto giusto: le piaceva da morire, ma rendersi conto che forse lui non ricambiava la deprimeva. Le occasioni che avevano avuto erano state tante, ma non era mai successo niente.

 

Eppure, in ogni momento libero, la sua mente vagava sempre nella stessa identica direzione, con lo testo pensiero fisso. Xander, Xander e ancora Xander. E poi sentiva lo stomaco stranamente leggero, il sorriso le affiorava sulle labbra senza un motivo apparente, era più distratta del solito. Pensava a come era stata bene, tra le sue braccia, quella sera a Las Vegas…

 

E poi, da quella sorta di felicità virtuale, passava alla depressione. Perché si rendeva conto, che in fondo, non era successo niente, e che molto probabilmente sarebbe continuato così. La prospettiva della pizza non la rendeva euforica come Jenny: a cosa sarebbe servita una serata insieme, se sapeva già come sarebbe andata a finire?

 

Mandò giù tutto d’un fiato la sua tazzina di caffè, sapendo che le tre amiche l’avevano seguita in silenzio. Non aveva voglia di parlare, e per fortuna lo avevano capito.

 

Il resto delle ultime due ore di lezione dell’anno, Irina le passò muta come un pesce a pensare che non era minimamente preparata per affrontare gli esami troppo vicini. All’uscita salutò rapidamente tutti i ragazzi conosceva augurando loro in bocca al lupo e sparì diretta all’asilo per prendere Tommy.

 

Rientrata a casa con il bambino in braccio, Irina guardò con apprensione i borsoni adagiati nell’ingresso. Preparò qualcosa da mangiare solo per Tommy, perché lei non aveva fame, e poi lo vestì.

 

Solo in quel momento si accorse di quante cose avrebbe faticato a rinunciare, di quel bambino. Quando se lo era trovato davanti alla porta di casa non aveva che pochi mesi, e adesso stava in piedi davanti a lei e iniziava a parlare. Lo aveva cresciuto con tutto l’impegno di cui era stata capace, cercando di garantirgli il minimo indispensabile. Lo aveva visto crescere, lo aveva quasi considerato suo figlio.

 

Gli abbottonò i pantaloncini e il bimbo le mise le manine sul volto, ridendo.

 

Un lacrima le rigò il viso: lo avrebbe rivisto, ma le sembrava tanto un addio. Lo abbracciò forte e lo cullò per l’ultima volta.

 

<< Andrai dalla tua mamma >> mormorò, << Vedrai, starai benissimo… Verrò a trovarti un sacco di volte >>.

 

Forse anche Tommy si rese conto che c’era qualcosa che non andava, perché le strinse il collo con le braccine e appoggiò la testa sulla sua spalla.

 

Rimasero così finché non suonò il campanello, e Irina andò ad aprire. Era Xander.

 

<< Ciao >> la salutò, serio.

 

<< Ciao >> rispose lei, la voce atona.

 

Xander entrò in casa, le rivolse un’occhiata preoccupata e chiese: << Stai bene? >>.

 

Irina annuì. << Lì ci sono le sue cose >> disse indicando i borsoni.

 

Xander li afferrò e uscì per portarli in auto. Poi tornò indietro e attese che Irina gli desse il bambino.

 

<< Ciao, piccolo >> lo salutò, dandogli un bacio sulla fronte, << Ci vediamo presto >>.

 

Senza aggiungere altro, perché non aveva la forza di parlare, lo passò a Xander, che lo prese in braccio. Tommy la guardò stranito, ma non si mise a piangere. La stava prendendo meglio di lei.

 

Irina rimase a guardarlo, dicendosi che poteva andarlo a trovare quando voleva, ma non riuscì a trattenere un’altra lacrima. Xander la guardò, serio, poi con il braccio libero le cinse le spalle e la strinse a sé.

 

La ragazza rimase in silenzio, cercando di controllarsi, perché non voleva scoppiare a piangere proprio davanti a lui. Trasse un paio di respiri profondi, poi si staccò e sorrise. Tutto sommato, aveva ragione lui: era meglio che lei non andasse.

 

<< Vuoi che torni qui, dopo? >> domandò Xander.

 

Lei fece di no con la testa. Si avvicinò a Tommy e gli diede un altro bacio sulla fronte; poi, si alzò sulla punta dei piedi e ne diede uno anche a Xander, sulla guancia.

 

Il ragazzo la fissò quasi stupito, poi sorrise e disse: << Ci vediamo presto, piccola >>.

 

E uscì, portandosi dietro la luce che aveva illuminato la vita di Irina per due anni a quella parte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – San Francisco, F.B.I.

 

<< E queste sono le chiavi >> disse Franck White, porgendo a Xander una busta di carta gialla, << Tre come mi ha chiesto >>.

 

Xander afferrò il pacchetto. << Bene >> disse, << Grazie >>.

 

<< Agente Went, veda di non ridurre quest’auto come la precedente >> disse White, con aria stanca, << Anche perché questa ci è costata più del doppio, con tutte le modifiche che ha voluto. Non metto in dubbio che le serva per arrestare Challagher, ma mi chiedo se fosse proprio necessario scegliere un modello non ancora in produzione >>.

 

Xander sorrise. << E’ uno sfizio che posso togliermi solo qui >> ribatté, tranquillo, << E di sicuro la preserverò come se fosse mia >>.

 

White grugnì qualcosa, ma Xander si chiuse la porta dell’ufficio alle spalle, e percorse il lungo corridoio bianco diretto all’ascensore. Sulla strada incrociò un volto a lui noto.

 

<< Ciao Michael >> salutò.

 

<< Ciao Alexander! >> ricambiò l’altro ragazzo, un paio di anni più di lui, << Ho saputo che sei riuscito a farti dare una bella macchina, eh? L’ho vista di sotto >>.

 

Xander sorrise. Michael, i capelli castano scurissimo e l’espressione intelligente, era un bravo agente, e a lui stava simpatico. Lo reputava molto in gamba.

 

<< Sai che le auto sono la mia passione >> ribatté lui, << Dove stai andando? >>.

 

<< Da White >> rispose Michael, con un’alzata di spalle, << Devo parlargli un attimo… Sai com’è, vuole sempre sapere tutto… >>.

 

<< Non dirlo a me >> disse Xander, << Adesso vado di fretta, ma magari la prossima volta facciamo due chiacchere con più calma. Su cosa stai lavorando, adesso? >>.

 

Michael alzò le spalle. << Mah, una cosa di poca importanza >> rispose, << Qualche strano furto di gioielli… Tu come sei messo, a Los Angeles? >>.

 

<< Abbastanza bene >> disse Xander, << Se vado avanti così, dovrebbe filare tutto liscio come l’olio >>.

 

Forse appariva troppo sicuro, ma era meglio non aggiungere altro. Non voleva dare l’impressione che esistessero delle possibilità che potesse fallire.

 

<< Buon per te >> disse Michael, << Ci vediamo in giro, allora. Buon lavoro, Alexander >>.

 

Si salutarono, e Xander corse nel garage sotterraneo. Aveva fretta di tornare a Los Angeles, perché voleva sapere come stava Irina e soprattutto doveva convincerla a farsi portare da lui, a mangiare la pizza.

 

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, la sua nuova auto gli saltò subito all’occhio, parcheggiata nel posto sempre riservato a lui.

 

La Ferrari 458 Italia rossa spiccava nitida tra le pareti bianche del garage, un bolide che sembrava in movimento anche da fermo. Fari allungati e dal taglio spigoloso, grande presa d’aria frontale e linea sinuosa la rendevano felina e aggressiva; il cavallino rampante su fondo giallo spiccava sul cofano brillante sotto la luce dei neon, nascondendo il motore potenziato.

 

Xander raggiunse l’auto e salì nell’abitacolo, dicendosi che ne era valsa la pena. Quell’auto era fantastica. Infilò la chiave nel nottolino e il motore si avviò, inondando il garage dell’inconfondibile rumore Ferrari.

 

Con una sgommata, partì diretto a Los Angeles, deciso a provare sull’autostrada la sua nuova macchina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Casa

 

Irina era seduta sul divano di casa, sola. Era un po’ depressa per via del silenzio che regnava nella stanza, segno della mancanza di Tommy. Non aveva nemmeno voglia di uscire, nonostante quella stessa sera dovesse andare a mangiare la pizza organizzata da Jenny.

 

Sentì suonare alla porta, e si chiese chi potesse essere. Non aspettava nessuno.

 

Mentre con aria afflitta percorreva il corridoio, una minuscola parte del suo cuore sperò si trattasse di Xander. Quando però aprì la porta, non rimase comunque delusa.

 

Jenny, praticamente in tuta da ginnastica, stava in piedi sulla soglia con aria seria, in mano un borsone scuro più grande di lei. Inarcando un sopracciglio, Irina la salutò. << Che fai qui? >> domandò.

 

<< Ho pensato che avresti avuto bisogno di una mano >> rispose tranquilla, mentre Irina la lasciava entrare in casa.

 

<< E per cosa? >> chiese lei, guardandola poggiare il borsone sul pavimento con aria stanca.

 

<< Per prepararti >> rispose con ovvietà Jenny.

 

<< Ah… >> fece Irina, senza sapere cosa dire. L’amica era sempre in grado di lasciarla senza parole. << Ma… A cosa ti serve quel borsone? >>.

 

<< Ci sono dentro delle cosucce che potranno esserci utili >> spiegò Jenny, << E quello che mi devo mettere io stasera… Posso prepararmi qui, vero? >>.

 

<< Certo… >> borbottò Irina, confusa, << Però… >>.

 

<< Niente “ma” e nemmeno “però” >> la interruppe Jenny, portandosi le mani ai fianchi, minacciosa, << Tu farai quello che ti dico io. Stasera lo stenderai come nessun’altra ragazza ha mai fatto >>.

 

Irina arrossì, comprendendo al volo le intenzioni dell’amica. Jenny sembrava aver preso la cosa come un affronto personale ed era pronta a “scendere in guerra”. Sarebbero state ore di durissime, per lei.

 

<< Jenny, credo tu la stia prendendo nel modo sbagliato… >> cominciò, mentre l’amica apriva il borsone e tirava fuori un beautycase grande come un casa, << Non penso che la situazione sia quella che credi tu… >>.

 

<< E no, mia cara. Io non mi sbaglio mai, su queste cose >> disse Jenny, porgendole un flacone che Irina non degnò nemmeno di uno sguardo, << Quindi può fare il duro quanto vuole, ma lo faremo sciogliere come un cioccolatino al sole… Questa è una sfida >>.

 

Ci mancava solo che si facesse dei segni neri sulle guancie, poi Jenny sarebbe stata pronta per dichiarare guerra a Xander. Sarebbe scoppiata a ridere, se non avesse saputo che i folli piani dell’amica purtroppo erano rivolti su di lei.

 

<< E adesso >> aggiunse Jenny, << Vai a farti una doccia e mettiti quella >>.

 

Irina abbassò lo sguardo sulla confezione che le aveva dato: crema corpo al cioccolato. Irina inarcò un sopracciglio, ma non disse niente e si diresse verso il bagno.

 

<< Posso frugare nel tuo armadio?! >> gridò Jenny, che chissà come si era già fiondata di sopra.

 

<< Sì, fai come se fossi a casa tua >> rispose Irina.

 

Mezz’ora dopo, emergeva dal bagno permeata dal profumo di cioccolata, neanche si fosse immersa in una vasca di cacao. Trovò Jenny davanti al suo letto, mentre guardava con aria critica alcuni vestiti.

 

<< Uhm… Qui ci vuole qualcos’altro >> disse, si voltò verso di lei e disse: << Pronta per i capelli? >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Sì >> mormorò, sconfitta. Jenny sapeva essere molto “convincente”, e lei la conosceva bene. Non aveva la forza morale per intavolare una discussione.

 

<< Cosa facciamo… >> mormorò Jenny, a sé stessa, << Vediamo un po’… >>.

 

<< Ti ricordo che stiamo andando a mangiare una pizza >> disse Irina, seduta al tavolo e l’amica in piedi dietro di lei.

 

<< Lo so… Immagino tu non voglia niente di vistoso, vero? >>.

 

<< Sì >> rispose Irina, stupita che Jenny non insistesse più di tanto, << Non posso farmi semplicemente una coda? >>.

 

<< E sia per la coda >> disse Jenny, << Però i capelli li lisciamo, così viene proprio bene >>.

 

Strano che fosse così arrendevole. Rimase in silenzio mentre Jenny si occupava dei suoi capelli, sicura che dopo si sarebbe scatenata. Le aveva dato l’idea di essere pronta a scatenare il finimondo, e tutte le sue conoscente nel campo dell’estetica, pur raggiungere il suo scopo.

 

<< Bene, adesso passiamo ai vestiti >> disse Jenny, trascinandola in camera sua e spalancando gli armadi.

 

Irina osservò l’amica frugare tra gli abiti, tirando fuori ogni tanto qualcosa e gettandolo sul letto. Metà della roba erano vestiti che le aveva regalato William ma che, per quanto costosi e belli, preferiva non indossare: non rispecchiavano per nulla quello che era lei.

 

<< Uh, questo è il famoso Dior? >> chiese Jenny, ammirando il vestito blu che aveva messo a Las Vegas, << Mamma mia… E’ veramente bellissimo. Chi è che ti ha regalato una cosa del genere? Costerà almeno diecimila dollari >>.

 

<< Il mio capo >> rispose neutra Irina, distogliendo lo sguardo.

 

Jenny rimise l’abito nell’armadio, e quando fu soddisfatta di ciò che aveva preso, la guardò e disse: << Passiamo alla prova >>. Le mostrò una gonnellina di jeans e un top rosso fuoco, << Mettiti questi, intanto io mi vesto >>.

 

Irina si infilò la roba che le aveva dato Jenny, mentre lei tirava fuori dal suo borsone un paio di short neri e una camicetta bianca leggermente trasparente. In un attimo era vestita, e guardava Irina allacciare il top dietro il collo.

 

<< Uhm… >> fece dubbiosa Jenny, << Forse… >>.

 

<< Ma devo per forza mettere la gonna? >> chiese Irina, guardandosi le gambe scoperte con aria perplessa.

 

<< Sì >> rispose Jenny, senza permetterle vie di fuga, << Ai ragazzi piace vedere le gambe delle ragazze, se non lo hai ancora capito… E tu le hai pure belle lunghe, quindi meglio di così >>.

 

<< Ma scusa, perché non la metti tu, la gonna? >> chiese Irina, indicando gli short dell’amica, << Te ne presto una io, no? >>.

 

<< No, perché sono alta un metro e un tappo, e quindi meglio un paio di pantaloncini, in quest’occasione >> rispose tranquillissima Jenny, come se fosse una cosa ovvia, << Slanciano di più e fanno meno nana incazzata… Me lo dice sempre, Jess >>.

 

Irina la fissò per un momento, poi si mise a ridere.

 

<< Non sei nana >> disse.

 

<< Forse no, ma comunque stasera sei tu quella che non deve passare inosservata >> ribatté Jenny, << E non passerai inosservata >>.

 

<< Dai Jenny, tutto questo è inutile. Lo sai meglio di me che non si arriverà a nulla >> disse Irina, una leggera nota di tristezza nella voce, << Si è capito, no? E’ stato solo un errore di valutazione… Magari si comporta così perché ci conosciamo da prima… >>.

 

<< Perché mi sembra che tu sia tanto dispiaciuta di quello che stai dicendo? >> fece Jenny, un sorriso che le si allargava sul volto, << Sarebbe la prima volta che ti esprimi così a favore di un ragazzo >>.

 

Irina sospirò. << D’accordo, hai vinto, mi piace >> disse, << Però questo non toglie che, nonostante ci siano state diverse occasioni, non è mai successo niente… >>.

 

<< E allora? Devi essere tu a fare in modo che “succeda qualcosa” >> ribatté Jenny, infervorata, << Non puoi stare lì e soffrire nel dubbio… Al massimo ti dice “no, guarda, al momento sono preso da altro…”. Ma non te lo dirà, posso scommetterci tutto quello che vuoi >>.

 

<< Sai che non lo farò >> disse Irina, << Non sono quel genere di ragazza… Ma lasciamo perdere, tanto lo so che non ti convinco… Cosa devo mettermi? >>.

 

<< Questo >> rispose subito Jenny, mostrandole un abitino nero sbucato da chissà dove, << Lo avevamo comprato insieme, ti ricordi? >>.

 

Irina annuì. Fare shopping con lei era sempre indimenticabile. Prese il vestito e se lo mise addosso, poi si girò lentamente verso lo specchio, timorosa di quello che vi avrebbe visto.

 

Tutto sommato, non era male. Forse per quello si era lasciata convincere a comprarlo. Le cadeva addosso non troppo aderente, la scollatura non era eccessiva e la gonna corta il giusto. Molto semplice, nel suo stile, e nemmeno troppo elegante. Doveva ammettere che si sentiva a suo agio, anche se era davvero strano.

 

<< Allora? Come ti sembri? >> chiese Jenny.

 

<< Ehm… Abbastanza bene. Meglio di quanto pensassi, a dirti la verità >> rispose Irina, << Non vuoi niente di più provocante? Non è da te scegliere cose così semplici… >>.

 

Jenny sorrise. << Se piaci a Xander, gli piaci per quello che sei veramente. Quindi è giusto che tu ti senta a tuo agio vestita come ti piaci tu… Non ci metterò più di tanto lo zampino. Ti farò solo da consigliere, questa volta >>.

 

Irina la fissò inarcando un sopracciglio.

 

<< Hai bevuto, per caso? >>.

 

Jenny ridacchiò. << No. Avanti, scegli le scarpe >>.

 

Irina aprì la scarpiera e passò in rassegna tutto il suo repertorio con aria critica. Optò per un paio di sandali bianchi e dorati con il tatto non troppo alto, sicura di non avere male ai piedi, e li mostrò a Jenny.

 

<< Perfetto >> disse, << Vanno benissimo… >>.

 

Irina si voltò e tirò fuori un altro paio di scarpe, questa volta nere e con un tacco vertiginoso, e le porse a Jenny. << Queste provale tu >> disse. << Sono Prada… Che ne dici? >>.

 

<< Uh! >> gridò Jenny, << Veramente? Sono bellissime! Veramente me le presti? >>.

 

<< Per me puoi anche tenerle >> disse Irina, contenta di averla appena fatta felice, << Le ho messe una sola volta e non le metterò mai più >>.

 

Jenny la guardò sconvolta per ben un minuto, senza sapere che dire. Poi l’abbracciò lanciando gridolini di ringraziamento.

 

<< Ok, ok, non mi stritolare >> disse Irina, << Che ore sono? >>.

 

<< Le otto >> rispose l’amica guardando l’orologio, << Siamo in anticipo, strano… >>.

 

Alle nove, erano tutte e due belle che pronte, in attesa dei loro “cavalieri”. Jenny era ancora euforica per le scarpe. Irina stranamente tranquilla.

 

Suonarono alla porta, e Jenny corse ad aprire. << Questo è Jess! >> gridò nel corridoio, << Gli ho detto di venirmi a prendere qui da te un po’ prima… Ci vediamo direttamente in pizzeria! >>. Si affacciò in soggiorno e aggiunse, minacciosa: << E non aspettarlo alla finestra, chiaro? Rimani seduta li finché Xander non arriva >>.

 

Senza capire il perché di quella strana richiesta, Irina rimase ferma dov’era, adesso in ansia. Ogni tre secondi guardava l’orologio, chiedendosi cosa avrebbe fatto quando Xander sarebbe arrivato. Cambiare cinque o sei volte colore non era una buona idea…

 

Finalmente il campanello di casa suonò di nuovo, e Irina schizzò in piedi. Trasse un paio di respiri profondi e si diresse verso l’ingresso, lentamente.

 

Quando aprì la porta, ammutolì. Non si ricordava che Xander fosse così bello… O forse era perché era qualche giorno che non lo vedeva. Se ne stava lì con il suo sorriso luminoso, i capelli scuri e gli occhi azzurri, jeans neri e camicia azzurrina, perfettamente perfetto nella sua perfezione.

 

<< Chiudi gli occhi >> disse Xander, senza nemmeno darle in tempo di riprendere l’uso della lingua.

 

<< Oh… Perché? >> chiese lei.

 

<< Chiudili. Ho una sorpresina per te >> disse lui, il ghigno lupesco in azione.

 

Irina sospirò ancora e poi seguì la sua richiesta, incapace di formulare un pensiero coerente.

 

<< Apri la mano >> mormorò Xander.

 

Le posò qualcosa di leggero sul palmo, e lei aprì nuovamente gli occhi.

 

Era un pacchetto quadrato, non molto grande, in carta rossa e con un fiocco giallo. Lo fissò per un attimo senza capire, chiedendosi cosa ci fosse dentro. Alzò lo guardo su Xander, che sembrava molto divertito.

 

<< Aprilo >> disse.

 

Irina scartò lentamente il pacchetto, le mani che tremavano leggermente. Aveva paura di quello che ci avrebbe trovato dentro… Sperava non fosse nulla di impegnativo, perché le sarebbe venuto un attacco di panico.

 

Aprì finalmente la scatolina, e scoprì che dentro c’era una chiave. Una chiave con l’insegna di un cavallino rampante nero su fondo giallo, e che lei riconobbe subito. Però non riuscì a capire dove volesse arrivare.

 

Xander la prese per una mano e la tirò fuori di casa, e allora la vide. Parcheggiata a pochi metri da loro, di un rosso inconfondibile, c’era una Ferrari. Un Ferrari vera, che lei non aveva mai visto dal vivo, ma che riconobbe all’istante.

 

Ferrari 458 Italia, un’auto che non era nemmeno ancora uscita sul mercato, e che forse non era stata nemmeno presentata ad alcun salone dell’automobile. Bassa, larga e inconfondibilmente “made in Italy”, sembrava muoversi anche da ferma. E lo sguardo dei fari allungati le ricordavano quelli di un felino pronto a scattare per aprire la caccia.

 

In un attimo, collegò le chiavi con la macchina. Si girò verso Xander, gli occhi spalancati.

 

<< Credo di aver capito male >> mormorò, senza fiato. << Per caso sei impazzito? >>.

 

Xander ridacchiò. << No… Lo sapevo che mi avresti dato del matto. Ti sto solo regalando un mazzo di chiavi, non è poi così tanto >> disse.

 

Irina guardò il pacchetto, poi lui. << Lo sai vero che macchina è quella? >> chiese.

 

<< Certo. L’ho scelta apposta >> rispose Xander, << Sbaglio, o le Ferrari ti piacciono da morire? >>.

 

<< Sì che mi piacciono, ma… Costerà… Non lo so nemmeno quanto, neanche la vendono! >>.

 

Xander gettò una rapida occhiata all’orologio che aveva al polso.

 

<< Andiamo? >> disse, ignorando le sue proteste.

 

<< Non mi puoi regalare niente, nemmeno le chiavi >> disse Irina, facendo finta di non averlo sentito, << Non le voglio. La macchina è tua, e di sicuro non ti hanno autorizzato a regale le chiavi in giro >>.

 

<< D’accordo, rimane mia, ma sei tu sei “autorizzata” a prenderla, quando ti va >> ribatté sornione, << E poi non seguo mai gli ordini… E… Lo sai che stasera sei molto carina? >>.

 

Perfetto, l’aveva zittita in un attimo. Lo fissò arrossendo, lo precedette verso la macchina e disse: << Tanto non le prendo >>.

 

<< Vedremo chi l’avrà vinta >> disse Xander, aprendole la porta ridacchiando.

 

Quando il motore si accese, Irina rimase in religioso silenzio per godersi quel momento. Uno dei suoi sogni, salire su una vera Ferrari, si era appena avverato.

 

<< Sai dove dobbiamo andare? >> chiese Irina, una volta per strada.

 

<< Sì, Jenny ha provveduto a spiegarmi tutto per bene >> rispose Xander, << Anche troppo >>.

 

Irina si sentì in imbarazzo: cosa gli aveva detto Jenny?

 

<< Scusala, Xander >> disse, << Ma è un po’… Fissata >>.

 

Xander non sembrava essersela presa, e appariva solo divertito. << E’ un po’ buffa, ma è una brava ragazza >> disse, << Ci tiene parecchio a te… Pensava che non ti sarei mai venuto a prendere >>.

 

<< Te lo ha chiesto lei? >> domandò Irina, a bocca aperta.

 

<< Sì, ma in realtà ci avevo già pensato io >> rispose Xander, << L’idea delle chiavi è stata mia, non sua >>.

 

Irina richiuse la bocca e abbassò lo sguardo. Quindi era tutta un’idea di Xander… Allora un pochino pochino le voleva bene.

 

Sospirò a si lasciò andare sull’avvolgente sedile di pelle nera della Ferrari, svuotata.

 

<< Com’è andata in questi giorni? >> chiese Xander, serio, riferendosi all’assenza di Tommy.

 

<< Più o meno… Mi manca, quello sì. Ma ci farò l’abitudine >> rispose Irina, << E’ tutto un po’ strano… >>.

 

<< Come posso farmi perdonare? >> chiese Xander.

 

<< Non hai niente da farti perdonare >> ribatté Irina, << Sono io che ti devo ringraziare >>.

 

Parcheggiarono l’auto a cinquanta metri dalla pizzeria, sotto gli sguardi allibiti dei passanti che fissavano la Ferrari con occhi spalancati.

 

<< Avevi messo in conto che ci avrebbero guardato tutti? >> chiese Irina, chiudendo delicatamente la portiera e cercando di non arrossire.

 

Xander, invece, sembrava come al solito a suo agio. Ridacchiò, ammiccando a un passante che fissò entrambi leggermente perplesso.

 

<< Sì, avevo immaginato anche questo >> disse, chiudendo l’auto, << Però ne vale la pena, eh? >>.

 

<< Se lo dici tu… >> mormorò Irina, poi Xander le avvolse un braccio attorno ai fianchi e la spinse verso il marciapiede.

 

<< Veramente stanno guardando te >> le sussurrò nell’orecchio.

 

Irina sussultò e gli strinse la mano che aveva appoggiata sul fianco. Poteva avvertirla che si stava avvicinando!

 

Il cuore le batteva all’impazzata, e di sicuro se avesse fatto un’altra cosa del genere le sarebbe venuto un infarto.

 

<< Scemo >> mormorò, guardando fisso a terra.

 

Xander la strinse ancora di più. << Ti ho fatto un complimento >> disse divertito, << E mi insulti? >>.

 

<< Sei un ruffiano >> borbottò Irina, << Lo fai apposta per farmi stare zitta >>.

 

<< Mi piace farti cambiare colore >> ribatté Xander, << Lo prendo come un grazie, comunque. E ti va anche bene perché sono grande e grosso, se no ti avrebbero importunato tutta la serata, sai? >>.

 

Irina non sapeva più che pesci prendere. Il cervello si stava lentamente fondendo, e non riusciva a capire se la stesse prendendo in giro oppure no.

 

<< La vuoi smettere? >> disse, liberandosi di quella stretta, anche se un po’ a malincuore.

 

Xander la guardò ridacchiando. << D’accordo, scusa >> disse, << Però non sto facendo il ruffiano, e non dico le bugie. Sei carina, stasera, ti da fastidio sentirtelo dire? >>.

 

<< Sì >> rispose Irina.

 

<< Allora continuerò a dirti per tutta la serata che sei brutta come uno scorfano. Preferisci così? >> ribatté Xander.

 

<< Sì >>.

 

Apparentemente esasperato, Xander la riacciuffò prima che potesse fuggire e se la tenne stretta addosso. Irina lasciò perdere la ricerca di ogni via di fuga, perché tanto non voleva scappare. Proseguirono insieme fino alla pizzeria.

 

Jenny, Jess e tutti gli altri erano già arrivati. Stavano in piedi di fronte all’entrata, parlando tranquillamente tra di loro. Max per un attimo sembrò non vederla nemmeno.

 

<< Ciao ragazzi >> salutò Irina, ricordandosi solo in quel momento che era appiccicata a Xander. E agli amici quel dettaglio non era sfuggito.

 

<< Ciao! >> l’aggredì Jenny con un sorriso enorme, << Aspettavamo solo voi! Entriamo! >>.

 

Uno dopo l’altro, entrarono all’interno del locale, accolti da una gentile cameriera, che indicò loro un tavolo nel dehor esterno, in un angolo tranquillo. Siccome ci andavano sempre, conoscevano il proprietario, un italiano doc trapiantato in America, e gli veniva sempre riservato un trattamento di riguardo. Forse era anche un po’ merito di Irina, che conosceva un po’ tutti.

 

<< Irina? >> la chiamò Jenny.

 

“Oddio, adesso mi intimerà di sedermi vicino a Xander. Magari anche direttamente addosso” pensò disperata lei.

 

<< Ti siedi vicino a me? >> domandò Jenny, gli occhi luccicanti.

 

<< Oh… Ehm, va bene >> acconsentì Irina, totalmente presa alla sprovvista.

 

Gettò una rapida occhiata a Xander e si sedette a capotavola. Lui fece lo stesso, ma dall’altra parte.

 

Jenny si mise a parlare con Katy, piazzata vicino ad Antony, e Angie, di fronte a Max. Jess era finito alla sua sinistra, e sembrava leggermente spaesato.

 

La sua amica doveva aver bevuto qualcosa di strano, quel giorno. Faceva esattamente il contrario di quello che faceva normalmente.

 

<< Come mai non hai insistito perché mi sedessi vicino a lui? >> domandò Irina a voce bassissima, in modo che nessuno la sentisse.

 

<< Mi sembra che la tua tecnica funzioni meglio della mia >> bisbigliò Jenny, sporgendosi verso di lei, << Vedervi arrivare appiccicati è stata una bella sorpresa… Allora ci ho azzeccato: più scappi, più ti insegue >>.

 

<< Non è una tecnica! >> protestò Irina.

 

Jenny ammiccò. << Lo so. Per questo funziona… Tieni, il menù >>.

 

Irina prese il menù, e guardò istintivamente verso Xander. Stava parlando in modo abbastanza tranquillo con Max e Antony, cosa che le fece piacere. Rimase a guardare rapita, vedendolo sorridere di fronte a una battuta del messicano, poi lui alzò gli occhi su di lei.

 

Beccata in flagrante, Irina usò l’unica cosa che aveva a disposizione, il menù, per coprirsi la faccia ed evitare la figuraccia. Alzò il depliant fino davanti agli occhi facendo finta di scegliere la pizza.

 

Jenny la guardò con un sopracciglio alzato, perplessa.

 

<< Che stai facendo? >> chiese.

 

<< Ehm… >> fece Irina, << Scelgo la pizza? >>.

 

Jenny le tolse in menù dalle mani e lo consultò, decisamente più interessata di lei.

 

<< Non fare la scema >> disse, senza guardarla, << Non mi sembra il caso di nascondersi >>.

 

Irina sbuffò e fece finta di niente, anche se sentiva ancora addosso lo sguardo azzurro di Xander. Era talmente presa da stessa che non si accorse nemmeno che Marcello, il proprietario della pizzeria, era venuto personalmente a prendere le ordinazioni.

 

<< Buonasera, ragazze! >> disse Marcello, un uomo alto e pelato con inconfondibile accento italiano, << Come stiamo, eh? >>.

 

<< Oh, benissimo >> rispose Jenny, << Sempre gente, da queste parti >>.

 

<< Certo, modestamente abbiamo la pizza più buona della città >> disse Marcello, compiaciuto, << Basta pensare da dove mi faccio arrivare la mozzarella… Comunque, che vi porto, ragazzi? >>.

 

Passarono alle ordinazioni, con Irina che ogni tanto gettava un’occhiata a Xander cercando di non farsi vedere. Inutile, perché lui la beccava subito.

 

La pizza arrivò prima del previsto, accompagnata da una rosa bianca per ogni ragazza, molto probabilmente un’idea di Marcello per le sue affezionate clienti.

 

Con grande sollievo di Irina, notò che Xander e Max parlavano abbastanza amichevolmente tra loro, e si chiese cosa mai si fossero detti quando lei s’e n’era andata. Dovevano essersi chiariti, finalmente. Sorrise a entrambi quando le rivolsero un’occhiata fugace, e Xander ammiccò verso di lei con aria birichina. Non gli andava giù il fatto che fosse lontana dalle sue frecciatine.

 

Distolse lo sguardo per tornare a guardare Jenny, che stava litigando con Jess a proposito della tipologia di pizza che avevano preso.

 

<< E’ più buona prosciutto e funghi >> stava dicendo la ragazza, << Spiegami che razza di pizza viene fuori se ci metti sopra pure le patatine fritte… >>.

 

<< Guarda che non sai cosa ti perdi >> ribatté Jess, << Assaggia e vedrai >>.

 

Irina li guardò divertita, Jenny che continuava a ripetere che non ci pensava proprio a mangiare “quell’obrobrio di pizza pesante come un mattone”. Alla fine vinse lei e si rivolse a Irina con aria falsamente disinteressata.

 

<< Dove si va, dopo? >> chiese.

 

<< Non dovevi decidere tu? >> ribatté lei.

 

<< Infatti ho pensato di andare a fare una passeggiata sul lungo mare… >> rispose Jenny, << Poi magari se abbiamo voglia andiamo in uno di quei locali sulla spiaggia >>.

 

La prospettiva di infilarsi nell’ennesimo locale tra alcool e musica sparata a tutto volume non la rese più di tanto contenta: per lei iniziavano a perdere ogni attrattiva, visto che ci passava almeno tre sere la settimana. Però avrebbe fatto uno sforzo.

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< D’accordo… >> disse, << C’è un posto carino a Santa Monica… Potremmo farci un salto: ci faranno entrare gratis >>.

 

<< Uh, benissimo >> fece Jenny, estasiata, << Allora sarà un bel posto… A proposito… Perché Xander mi ha chiesto di dirti di non guardare dalla finestra quando sarebbe arrivato? >>.

 

<< Non te lo ha detto? >> chiese Irina, perplessa.

 

<< No, ha detto che era una sorpresa >> rispose Jenny, continuando a guardarla con insistenza, << Jess lo sapeva, ma non me lo ha voluto dire… >>.

 

<< Ehm… >> Irina si morse il labbro inferiore, chiedendosi cosa avrebbe fatto l’amica quando avrebbe sentito la risposta, << Mi è venuto a prendere in… Ferrari >>.

 

La bocca di Jenny si spalancò, e per qualche secondo non fu in grado di dire niente. La fissò con gli occhi fuori dalle orbite, deglutì e poi disse: << In Ferrari?! Ma quanti soldi ha? >>.

 

Gettò un’occhiata a Xander, impegnato a seguire la descrizione di Antony riguardo a qualche particolare di un’automobile, poi tornò a guardare lei.

 

<< Io non ci capisco niente di macchine >> disse, << Ma se mi dici Ferrari so che non costano due dollari… E lo so pure io che sono le tue preferite. Ha intenzione di regalarti un collier di diamanti, entro la fine della serata? >>.

 

<< Sempre esagerata… >> ribatté Irina, anche se iniziò seriamente a preoccuparsi, << E’ solo un caso… Prima aveva una Maserati, che non è che poi costasse molto di meno >>.

 

<< Vorrei tanto capire che razza di lavoro fa… Anzi, soprattutto se lavora >> disse Jenny, << E lo stesso vale per il mio caro informatico qui presente >>, diede una gomitata a Jess, << Perché di sicuro lui non lavora solo con i computer, e Xander non è solo un pilota clandestino… Non sono scema fino a questo punto: ho capito che c’è qualcosa sotto >>.

 

La guardò come a dire “sputa il rospo”, ma Irina si limitò a gettare una rapida occhiata a Jess, lo sguardo serio di chi vorrebbe ma non può parlare.

 

<< Se non te lo hanno detto loro, io non posso farlo >> rispose Irina, << Mi dispiace tanto, ma posso garantirti che non sono criminali come la gente che sono abituata a frequentare… Altrimenti non ti avrei mai permesso di continuare a vedervi >>. Sorrise, accennando a Jess.

 

Jenny sbuffò ma non sembrò offesa. << E va bene… In effetti, me lo hanno garantito anche loro che non sono dei “criminali” >> disse, << Però spero che presto si sbottoneranno… Sono molto curiosa >>.

 

<< Tanto io non verrò mai a prenderti in Ferrari >> disse Jess, ridacchiando, << Non saprei nemmeno guidarla >>.

 

<< Tanto io non ci salirei mai con te >> ribatté Jenny, << Già fai fatica a tenere la BMW di Xander… Guido meglio io di te, e non è un complimento >>.

 

Irina ridacchiò: evidentemente Jess era bravo con i computer, ma non con le auto.

 

<< Sarò bravo in altre cose… >> commentò leggermente sarcastico l’informatico.

 

Finirono lentamente la pizza, dopodiché si alzarono e Xander sparì per qualche momento, per poi tornare mettendo a posto il portafogli. Irina lo raggiunse.

 

<< Dove sei andato? >> gli chiese, sospettosa.

 

<< A pagare >> rispose lui, ghignando.

 

<< E hai pagato per tutti?! >> domandò Irina.

 

<< Certo >> Xander sorrise, << Non posso certo andarmene in giro in Ferrari e poi far dividere il conto per qualche pizza… Tanto la carta di credito non è nemmeno mia >>.

 

Irina lo fissò con sguardo arrabbiato per qualche momento, poi davanti al suo ghigno si sciolse come neve al sole. Era uno che faceva di testa sua, inutile discutere.

 

La prese per la vita e lei si lasciò trascinare fuori divertita e imbarazzata, aspettando che Jenny salutasse Marcello per ringraziarlo dei fiori. Lui sorrise ma non disse nulla.

 

<< Allora, dove si va? >> chiese Xander, tenendosi sempre Irina ben stretta addosso. Jenny stava cercando di non ridere, mentre Irina la fulminava con lo sguardo.

 

<< Sul lungo mare, a Santa Monica >> rispose Irina, << Andiamo alla Sirena Bianca, vi va? >>. Guardò Max e Antony, che conoscevano già il locale perché una volta ci erano andati insieme: era di William, ma lui non ci andava mai. La gente era troppo normale, per i suoi canoni.

 

<< Va bene >> disse Max, << Ci vediamo lì o andiamo tutti insieme? >>.

 

<< Tutti insieme >> rispose Jenny, gettando un’occhiata a Jess, << Andate piano, per favore >>.

 

Xander e Irina tornarono alla Ferrari, ancora parcheggiata lì dove l’avevano lasciata: nessuno aveva provato a rubarla, ed era già molto.

 

Salirono sopra, con Irina che si sentiva la lingua stranamente annodata. Xander accese il motore e aspettò di vedere comparire la sua BMW con Jess e la Golf di Max. Le gettò una rapida occhiata divertita, prima di dire: << Piaciuta la rosa bianca? >>.

 

<< Oh, si, molto gentile… >> rispose Irina, appoggiando il fiore sul cruscotto.

 

<< Pensavo la preferissi rossa >> disse Xander, << Come la Ferrari… >>.

 

Irina lo fissò. << E’ stata un’idea tua! >> sbottò.

 

Xander ridacchiò. << Spero ti piaccia lo stesso >>.

 

Irina arrossì leggermente. << Certo che mi piace lo stesso… >> mormorò, << Anzi, forse mi piace un pochino di più… >>.

 

Aveva confessato. Distolse lo sguardo da Xander per puntarlo sulla rosa bianca, e lo sentì stranamente sospirare.

 

<< Perché… Perché l’hai regalata a tutte quante, però? >> chiese lei.

 

<< Perché mi avresti ucciso >> rispose Xander, << E non l’avresti mai accettata. Mi sbaglio? >>. Sorrise.

 

<< No, non ti sbagli. Come sempre, d’altro canto… Ecco Max >>.

 

Una Golf rossa si avvicinava piano, alla ricerca dell’auto in cui stavano loro due. Xander fece brillare i fari abbaglianti della Ferrari per un paio di volte, e Irina riuscì a vedere l’espressione stupita del meccanico, oltre che di Antony, Angie e Katy.

 

Xander uscì dal parcheggio e si mise in testa alla fila di auto, con Irina che gli indicava la strada. Raggiunsero la Sirena Bianca poco dopo, e lasciarono le macchine nel grande parcheggio vicino all’entrata. Qualcuno guardò la Ferrari con interesse, ma nessuno si fece avanti quando videro smontare Fenice dall’auto.

 

La Sirena Bianca era un grande locale aperto sulla spiaggia, con un lunghissimo bancone nero lucido a cui venivano serviti i tanti tipi di drink preparati sul momento. Una musica ad alto volume, ma che non stordiva, veniva trasmessa dalle grandi casse appese al soffitto. Una moltitudine di ragazzi si muoveva per il locale con aria allegra, e dietro il bancone due barman facevano volare per aria bottiglie di vodka riacciuffandole al volo.

 

Irina si avvicinò alla ragazza che stava all’ingresso e si occupava della cassa. Appena la vide le fece un cenno di saluto, timbrando l’ingresso a un gruppo di nuovi arrivati. Irina si sporse verso di lei e disse, sovrastando la musica: << Dammi il posto più tranquillo che hai >>.

 

La ragazza annuì e le indicò il fondo della sala, che dava proprio sulla spiaggia. Le disse di attraversare la pensilina di legno che conduceva a un piccolo gazebo bianco con divanetto angolare e tavolo rotondo.

 

Irina la ringraziò, gli passò una banconota da cinquanta dollari e chiamò gli altri. La seguirono fino al percorso di legno e raggiunsero il gazebo, dove la musica arrivava più bassa ma faceva sempre da sottofondo. Avevano libero accesso alla spiaggia, dove alcuni ragazzi passeggiavano tranquilli sorseggiando drink.

 

<< Uh, ma che bel posto! >> disse Jenny, accomodandosi sul divanetto.

 

<< Davvero! Guarda, si può andare in spiaggia! >> disse Angie.

 

Jenny prese Jess per mano e lo trascinò a ballare, mentre Irina andava dal barman per chiedergli di portargli qualcosa da bere e da sgranocchiare. Poco dopo tornò al gazebo e si sedette di fianco a Xander, che ridacchiava guardando Jess che ballava con Jenny non tanto lontano da loro.

 

All’improvviso Irina si accorse di una cosa: Max non sembrava calcolarla più di tanto. Aveva pensato che quando l’avesse vista mezza abbracciata a Xander l’avrebbe fulminata con lo sguardo, invece sembrava stranamente preso da qualcos’altro. E quel qualcos’altro era nientemeno che Angie.

 

Per tutta la serata avevano parlato tra di loro, con Angie che sembrava a suo agio più del solito. Si erano visti altre volte, ma non tanto da giustificare quella strana confidenza che sembrava esserci tra loro.

 

Irina si sporse verso Katy, che stava assaggiando un particolare frutto esotico preso dal grande vassoio che il barman aveva portato per loro.

 

<< E’ stata un’idea di Jenny, vero? >> domandò sorridendo, con un cenno verso Max e Angie.

 

<< No >> rispose Katy, con la bocca piena. Deglutì poi continuò: << Questa volta non c’entra niente >>.

 

<< No? >> fece Irina, << Strano. Avrei scommesso ci fosse il suo zampino >>.

 

Katy ridacchiò. << Anche io >> disse, << Ma è troppo presa dal suo informatico… >>.

 

<< Di che state confabulando? >> si intromise Xander.

 

<< Del fatto che Jenny e Jess stanno proprio bene insieme >> rispose Irina voltandosi verso di lui, << E che qui c’è del cocco, lo hai visto? >>.

 

Afferrò un pezzetto di cocco dalla ciotola e lo lanciò verso di lui, che lo prese al volo e ridacchiò. Poi agguantò lei e se la mise a cavalcioni sulle gambe con aria maliziosa.

 

<< No, non l’avevo visto >> disse, << Però ho notato un’altra cosa… >>.

 

<< E cioè? >> soffiò Irina, troppo vicina al viso di lui per connettere con il cervello.

 

<< Te l’ho già detto che sei molto carina, stasera? >> ribatté Xander.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Me lo hai già detto >> sbuffò.

 

<< Ah, già, vero >> sorrise Xander, facendo finta di ricordarsi qualcosa all’improvviso << Sai che sei molto brutta, stasera? >>.

 

<< Spiritoso… >> disse Irina, ricordandosi in quel momento che molto probabilmente Katy non era l’unica spettatrice, << Anche tu sei piuttosto brutto, sai? Mangiati il cocco, che ti fa bene >>.

 

Si alzò di scatto, decisa a cambiare aria. Se dovevano giocare, che lo facessero lontano dagli sguardi di chi conoscevano. Si tolse i sandali e li lasciò nel gazebo, e iniziò a camminare nella sabbia calda, raggiungendo la battigia.

 

Forse era la serata buona per provare quanto Jenny avesse ragione. Se Xander era in vena di fare il furbo, poteva provarci anche lei.

 

Gli gettò un’occhiata invitandolo a raggiungerla sulla battigia, per non essere a portata di orecchio di nessuno, nemmeno di Jenny che al posto dell’udito era fornita di sonar. Xander si alzò portandosi dietro il cocco sotto lo sguardo divertito di Katy.

 

<< Tieni >> spezzò il frutto in due e ne porse una parte a lei.

 

<< Grazie >>.

 

Irina fece qualche passo allontanandosi dalla musica, poi si sedette sulla sabbia, incurante di poter rovinare il vestito. Sorrise a Xander che si sedette di fianco a lei.

 

Passò qualche minuto, in cui si udivano solo la musica che proveniva dal locale e il leggero sciabordio delle onde a pochi metri da loro. Le lanterne colorate rischiaravano la spiaggia di una luce soffusa.

 

<< Xander… Perché volevi regalarmi le chiavi della Ferrari? >> domandò Irina, guardando in lontananza le luci di una nave.

 

<< Per ringraziarti di quello che stai facendo >> rispose Xander, guardando verso il mare.

 

<< Non ho fatto molto, in realtà >> obiettò Irina, sincera, << E comunque, non così tanto da meritarmi le chiavi di una Ferrari >>. Sorrise all’indirizzo del ragazzo.

 

<< Questo lo dici tu >> ribatté lui, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi della 458 Italia e rigirandosele tra le mani. << Lo so quanto hai rischiato… E quando continui a rischiare >>.

 

<< Lo sto facendo consapevolmente e di mia spontanea volontà >> disse Irina, voltandosi verso Xander, << Non mi aspetto niente in cambio. L’unica cosa che vorrei sai già qual è >>.

 

Stavano di nuovo toccando quell’argomento, lo stesso dell’ultima sera a Las Vegas. Vide Xander fissare serio la schiuma che si formava sulla battigia, colorata di lilla dalle lanterne che illuminavano la spiaggia.

 

<< Sei sicura che sia veramente l’unica cosa che vuoi? >> domandò.

 

“No, non è l’unica cosa che voglio… Vorrei anche sapere perché ti comporti in questo modo… Vorrei sapere cosa ti passa per la testa”.

 

<< Ci sono tante cose che vorrei, ma che non posso avere >> rispose Irina, << Secondo te cosa potrei desiderare, oltre a riguadagnarmi la libertà? >>.

 

Xander tacque e giochicchiò con le chiavi.

 

<< La stessa cosa che vorrei io >> mormorò, piano.

 

C’era una nota di tristezza nella sua voce, e Irina la colse all’istante. Si riferiva a ciò che non poteva avere… Oppure no?

 

Gli sorrise. << Finché non mi dici cos’è, non posso dirti se è veramente la stessa cosa che desidero io >> disse, distendendo le gambe sulla sabbia calda, << Ma tu non me lo vuoi dire… >>. Non capiva cosa stesse passando per la testa di quel ragazzo dagli occhi azzurri, e continuare il discorso non le sembrava opportuno: era come camminare al buio. << Ma tanto le chiavi non le voglio >> aggiunse, per cambiare argomento.

 

<< Questo non mi impedisce di dartele, però >> ribatté Xander, ridacchiando. Con un gesto rapido si avvicinò e le infilò le chiavi della Ferrari nello scollo dell’abito.

 

Confusa e colta alla sprovvista, Irina sentì il metallo freddo scivolare sullo sterno e fermarsi nei pressi del suo reggiseno. Si portò una mano al petto e guardò Xander allibita.

 

<< Ehi! >> gridò, sentendo le chiavi incastrate nel suo abitino nero.

 

Xander la fissò con gli occhi che scintillavano divertiti.

 

<< Bé, se proprio non le vuoi, posso riprendermele >> disse, e si avvicinò di qualche centimetro.

 

Irina indietreggiò. << No! >> sbottò, inginocchiandosi sulla sabbia e guardandola totalmente senza parole.

 

<< Lo hai detto tu. Non vuoi che me le riprenda, quindi le tieni >> disse Xander.

 

Irina sbuffò. << Allora lo fai a posta >> borbottò, << Fai un po’ troppo il furbetto, per i miei gusti… >>. Si guardò nello scollo del vestito, e individuò le chiavi. Guardò Xander. << Non farlo più… Danno fastidio, sai? >>.

 

<< Hai bisogno di una mano per recuperarle? >> chiese Xander.

 

<< No, ce la faccio da sola, grazie >> ribatté Irina, facendogli il verso.

 

Tirò fuori il “corpo estraneo” dall’abito, e lo guardò. In fondo, era solo un mazzo di chiavi, poteva anche prenderlo… Qualcosa però la spingeva a insistere. Guardò Xander per provare a individuare un eventuale suo punto debole, ma era inutile cercarlo: era abbastanza grande e muscoloso che avrebbe potuto prenderla in braccio senza sforzo.

 

<< Non le voglio >> ripeté per l’ennesima volta, avvicinandosi.

 

<< Sei cocciuta, sai? Sono solo delle chiavi… >> ribatté Xander, << Non fare troppo la difficile, eh >>.

 

Irina si avvicinò sempre di più, decisa a provare il tutto e per tutto. Lo afferrò per il colletto della camicia, infilò le chiavi nel taschino e lo fissò, a pochi centimetri dal suo viso.

 

<< Non le voglio >> ripeté, scandendo per bene le parole.

 

Nella sua frase c’era un messaggio, un messaggio che Xander non poteva non cogliere: ti sto dando un’occasione, diceva, coglila fin che puoi.

 

Negli occhi azzurri del ragazzo passò qualcosa che Irina non riuscì a decifrare: prima ancora di avere il tempo di formulare un pensiero coerente, si ritrovò sdraiata sulla sabbia, Xander sopra di lei che le teneva entrambe le mani con aria divertita.

 

<< Invece le tieni >> disse, abbassandosi verso il suo viso.

 

Irina cambiò colore nel giro di qualche centesimo di secondo, conscia della posizione assurda in cui si trovavano. E anche che Jenny molto probabilmente aveva il radar puntato su di loro.

 

<< Se no cosa mi fai? >> chiese, per provocarlo.

 

Xander sembrò pensarci un attimo. Gettò un’occhiata verso il gazebo, poi si abbassò ancora un po’ verso di lei.

 

<< Se no ti bacio qui davanti a tutti >> rispose, ghignando da lupo.

 

La frase lasciò Irina senza parole per qualche secondo. Lo guardò, cercando di liberare le mani dalla sua stretta e senza riuscirci, e si diede della stupida. Era quello che voleva, no? Voleva provocarlo, e lui sembrava averlo capito. E forse si aspettava che negasse, che accettasse davanti a quel compromesso.

 

<< E allora fallo >> ribatté.

 

Xander la fissò per un momento, ed era evidente che quella non era la risposta che si era aspettato.

 

“Avanti Xander. Non ci vuole tutto questo coraggio, per baciare una ragazza. E tu sei uno che non si fa problemi, che fa sempre di testa sua. Se è quello che vuoi, ti sto dando la giusta occasione”.

 

Il ragazzo rimase in silenzio, poi sospirò. Le tenne i polsi con una sola mano, mentre con l’altra recuperava le chiavi dal taschino. Con un gesto lento e calcolato, gliele infilò di nuovo nello scollo dell’abito, sfiorando solo per un momento la sua pelle e provocandole un brivido.

 

<< Prendi quelle chiavi, Irina, fammi questo favore >> disse solo, poi la lasciò libera di alzarsi.

Irina si mise a sedere, con una consapevolezza nuova e amara: Jenny aveva sbagliato tutto, così come lei aveva sbagliato a illudersi. Erano tutti castelli costruiti in aria, supposizioni sbagliate, errori di valutazione: Xander non provava niente per lei, niente che non fosse un sentimento di amicizia dovuta anche alla loro conoscenza a scuola.

 

Rimase a fissarsi i piedi con aria stordita. Quanto era stata ingenua. Xander era venuto da lei perché aveva bisogno del suo aiuto, e di nient’altro. Max ci aveva visto giusto, almeno in parte: gli stava addosso solo perché aveva bisogno di lei…

 

Eppure, era chiaro che anche senza il suo aiuto sarebbe comunque riuscito a portare a termine la sua missione… Perché continuare a vedersi, perché insistere se rischiavano tantissimo?

 

Voleva forse prenderla in giro? Voleva provare a illuderla? Xander era veramente come William?

 

<< Che hai? >> domandò Xander, vedendola turbata.

 

Lei si stampò un finto sorriso in faccia. << Niente… Scusami, stavo pensando >> rispose, << Va bene, prenderò le chiavi, se è questo che vuoi >>.

 

Si alzò in piedi e si spazzolò la sabbia dall’abito. Guardò verso il gazebo e vide Jenny salutarla tutta felice. Voleva andarsene, e sapeva che l’amica l’avrebbe appoggiata quando avrebbe visto la sua espressione depressa. Senza dire niente la raggiunse, troppo arrabbiata e delusa da stessa per parlare con colui che l’aveva mandata in crisi e che si era divertito a giocare con i suoi sentimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Mi limito solamente a rispondere a Fairy29: non ti preoccupare, posterò molto spesso, e soprattutto in settimana! Non ti preoccupare per i papiri: più i commenti sono lunghi, più sono contenta! In questo momento sono piuttosto impegnata, ma appena mi libero risponderò alle tue recensioni in modo decisamente migliore! Un bacio!

 

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


Capitolo XX

Capitolo XX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – 5° Strada

 

<< Lascia perdere, Jenny. Non voglio continuare a parlarne >> disse Irina, appoggiando la tazzina del caffè sul tavolino del bar al quale lei e l’amica erano sedute. << E’ inutile che ne discutiamo ancora. Abbiamo fatto entrambe un errore, punto e basta >>.

 

<< Io invece non la penso così >> ribatté Jenny, seria, << Magari si è solo spaventato… Sei stata un po’ aggressiva, quando gli hai detto “E allora fallo”, non credi? >>.

 

Irina fece un sorriso mesto. << Tu mi hai detto di giocare, e io l’ho fatto. E’ evidente che le sue intenzioni non erano quelle che tu ti auguravi… Ha solo colto la palla al balzo e si è divertito anche lui, tutto qui >>.

 

Guardò i negozi aperti lungo la strada, dove la gente si divertiva a fare compere. Jenny l’aveva portata a fare shopping sperando di tirarla su di morale. Da quell’ultimo sabato, tre giorni prima, aveva perso completamente ogni visione ottimistica della vita.

 

Da quella sera, era passata dallo stato di delusione profonda a quello di indifferenza totale. Xander aveva giocato, e lei si era illusa di potergli piacere. In fondo, lei non era niente di speciale, a parte una pilota clandestina. Al mondo c’erano tante ragazze molto più belle e interessanti di lei. Ci aveva pensato tutta la notte, quando era tornata dalla Sirena Bianca, e alla fine si era ripromessa di chiudere quella storia e smettere di pensare a Xander. Non ne valeva la pena, quando a soffrire era solo lei.

 

Xander non era cattivo, era lì per fare il suo lavoro. La sua missione era arrestare Challagher, e doveva fare tutto il possibile per portarla a termine, anche prendere in giro la prima ragazzina che avrebbe trovato sul suo cammino. Perché lei in fondo era una ragazzina, Xander aveva venticinque anni belli e fatti, ed essendo un’agente dell’F.B.I. aveva visto e vissuto molte cose più di lei. A confronto, era una bambina, e come una bambina si era innamorata di lui credendo che anche da parte sua ci fosse qualcosa… Non era stata in grado di distinguere tra semplice gentilezza e interesse.

 

In fondo però non ce l’aveva con Xander. Tutto sommato, non aveva approfittato troppo della situazione: doveva essersi fatto solo qualche risata alle sue spalle. Era stato abbastanza corretto: era lei quella che aveva sbagliato in pieno. E quindi era lei che doveva mettersi il cuore in pace.

 

<< Irina >> disse Jenny, << Non credo che Xander ti stesse prendendo in giro, se è questo che pensi. Non sarebbe andato così per le lunghe, se le sue intenzioni non fossero state più che buone. Forse sta solo aspettando qualcosa… >>.

 

Irina fece una smorfia. << Cosa aspetta? Che sia io a saltargli addosso? >> disse stizzita, << Mi sembra di essere stata abbastanza esplicita, in spiaggia, non credi? >>.

 

<< Magari è… un po’ tonto >> disse Jenny, facendosi scappare un sorrisino.

 

<< Tonto? >> ribatté Irina, secca, << Xander non è tonto, e di sicuro non lo è da quel punto di vista. A lui le cose stanno bene così. E a me anche. Se si aspetta che sia io a corrergli dietro, si sbaglia di grosso. Ho chiuso con questa storia, voglio piantarla di sentirmi ridicola >>.

 

Il suo tono di voce era durissimo, molto più di quanto in realtà intendesse. Ma era determinata a non cadere più nel solito errore: innamorarsi delle persone sbagliate.

 

<< Non sei ridicola >> disse Jenny, << Sei solo… un po’ confusa >>.

 

Irina non rispose e guardò Katy ad Angie venirle incontro cariche di sacchetti. Mentre lei e Jenny si prendevano un caffè, le due amiche avevano ancora “visitato” qualche negozio.

 

Per un pomeriggio Angie sembrava aver dimenticato l’esistenza dei libri, nonostante gli esami imminenti. La novità di Max sembrava averla catapultata in un nuovo mondo, e per la prima volta la vedevano veramente e completamente felice. Irina era contenta per entrambi: Angie era una bravissima ragazza, e Max aveva bisogno di qualcuno come lei. Se la loro storia fosse decollata, come tutte si auguravano, sarebbero stati bene insieme. Almeno loro.

 

<< Credo che per oggi noi due abbiamo finito >> disse Katy, mostrando i sacchetti dei loro acquisti. << Dovrò tirare la cinghia per un po’ >>.

 

<< Voi dovete guardare ancora da qualche parte? >> chiese Angie, sorridente.

 

Irina fece segno di no con la testa, ma Jenny rispose: << Sì. Volevo andare a prendermi un costume nuovo… >>.

 

Si alzarono, mentre Irina tirava fuori il cellulare per controllare se fossero arrivati messaggi o telefonate. Nulla.

 

Stranamente William non si faceva sentire da più di una settimana. Non l’aveva chiamata, né si era fatto vedere. Sembrava essersi eclissato dopo la sua gara con Xander. Molto probabilmente era dovuto al fatto che lei avesse perso.

 

Quello però che la rese più tranquilla, era che nemmeno Xander si era fatto vivo, non dopo quello che lei aveva fatto la mattina prima, decisa ad andare avanti con il suo piano per risolvere il problema sentimenti.

 

Le chiavi della Ferrari erano state infilate nella buca delle lettere della casa di Xander, senza un foglietto di spiegazioni, ma con un chiaro messaggio non scritto che chiunque avrebbe colto.

 

“Smettila di giocare con me”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa di Xander

 

“Idiota. Cretino. Deficiente che non sei altro… Stupido”.

 

Xander fissava le chiavi della Ferrari che aveva trovato nella buca delle lettere il giorno prima, seduto sul divano con aria depressa. Non sentiva nemmeno il rumore della televisione accesa a pochi metri da lui, che trasmetteva notizie in quel momento poco interessanti per lui.

 

<< Che c’è, Xandèr? >> domandò Nichole, posandogli davanti un vassoio con una tazzina di caffè fumante, << Qualcosa non va? >>.

 

Il ragazzo scosse la testa in silenzio. Non gli andava di parlarne con lei, né con Jess. Era solo un problema suo.

 

Era stato un’idiota. Irina gli aveva dato una possibilità e lui, al posto di seguire l’istinto come aveva sempre fatto, aveva deciso di usare il cervello. Che aveva scoperto di non avere, visto che quando cercava di usarlo sbagliava sempre tutto.

 

Si era reso conto che Irina ci era rimasta male, e saperlo lo rendeva furioso. Si aspettava quel bacio che lui le aveva scherzosamente minacciato, e che poi aveva preferito non darle. Credeva fosse la scelta migliore, in quel momento, perché pensava che ci sarebbe stato un “dopo”… Ma ora capiva che forse non ci sarebbe stato: la delusione che aveva letto nello sguardo di Irina era un segnale. Gli aveva dato l’ultima possibilità, e lui non l’aveva colta.

 

<< Cazzo >> borbottò, e Nichole sussultò mentre tornava in cucina. Gli lanciò un’occhiataccia ma disse niente, e lo lasciò solo.

 

Il fatto che gli avesse ridato le chiavi, alla fine, gli confermava che Irina non aveva intenzione di intessere altri legami con lui. Aveva finto di accettarle solo per fare in modo che la lasciasse in pace, e poi gliele aveva ridate a forza. Se la sua intenzione era quella di fargli capire cosa si provasse a essere rifiutati, ci era riuscita benissimo.

 

Il telefono squillò e lui lo afferrò con malagrazia, scocciato. Rispose.

 

<< Alexander? Sono William >>.

 

Perfetto. Era la giornata buona che lo mandasse a quel paese.

 

<< Dimmi >>.

 

<< Se non hai da fare, ti dispiace venire al Black Cafè, sulla 5° strada? >> chiese William, ma la sua più che una domanda sembrava un ordine. Il tono non era per niente amichevole.

 

<< Sì. Come mai? >>.

 

<< Vorrei parlare con te di alcune cose >>.

 

Perplesso, Xander chiuse la telefonata e mezz’ora dopo era sulla 5° Strada, la BMW parcheggiata in un angolo a pochi metri dal locale. Raggiunse il bar che William gli aveva indicato e trovò lo Scorpione seduto a un tavolo appartato, lo sguardo posato sul bicchiere vuoto che aveva davanti. Dimitri gli sedeva a destra, e Hanck alla sinistra, tanto da sembrare le sue guardie del corpo. Gli fecero un cenno e lui si accomodò davanti a loro, con la strana impressione che lo stessero studiando.

 

<< Ciao Alexander >> lo salutò lo Scorpione. Il suo tono gli apparve improvvisamente strano, quasi formale. << Il solito Martini, vero? >>.

 

Xander annuì. Challagher fece un cenno verso il barman, l’unica altra persona presente in quel momento, e tornò a guardarlo.

 

<< Stavo pensando che dovremmo fissare la gara con Dimitri >> disse, << Cosa ne dici? Mi sembra che tu sia pronto >>.

 

<< Per me va bene >> disse Xander, sorseggiando il suo drink, e contemporaneamente cercando di capire cosa c’era sotto a quello strano atteggiamento distaccato.

 

<< Quando vuoi, Dimitri >> disse lo Scorpione, rivolgendosi al numero due della Black List, << Scegli la data >>.

 

<< Fra due settimane >> rispose il russo, gli occhi che brillavano << Canyon >>.

 

Irina aveva ragione. Il Mastino voleva un canyon, era deciso a farlo fuori.

 

<< D’accordo >> disse Xander, tranquillo. Non era preoccupato, e sapeva che la sua sicurezza avrebbe infastidito lo Scorpione.

 

William sorrise, poi gli piantò gli occhi addosso e Xander si rese conto che forse la sua intuizione era giusta. Stavano finalmente arrivando al punto di quella discussione stupida e senza senso.

 

<< Posso farti una domanda, Alexander? >> disse lo Scorpione, la voce perfettamente modulata. Hanck si mosse impercettibilmente al suo fianco, e gettò una rapidissima occhiata a Dimitri.

 

<< Sì >>.

 

<< Cosa ci facevi sabato sera alla Sirena Bianca con la mia ragazza e i suoi amici? >> domandò William, e il suo sguardo si fece gelido come il ghiaccio. In un attimo, la tensione salì alle stelle, rivelando il vero motivo per cui si trovavano uno di fronte all’altro.

 

Xander sentì il cuore saltare un battito. Li aveva visti, quel bastardo. Aveva occhi dappertutto.

 

<< Un mio amico sta con una sua amica >> rispose, facendo una smorfia per il gioco di parole e cercando di apparire tranquillo, << Mi hanno invitato con loro, visto che erano in pochi >>.

 

Sperava fosse la stessa cosa che gli avesse detto Irina, se William le aveva posto la stessa domanda. Perché di sicuro ne aveva parlato anche con lei, e questo lo faceva preoccupare ancora di più.

 

Il viso dello Scorpione si contrasse in una smorfia.

 

<< Ricordi il discorso che abbiamo fatto un po’ di tempo fa, riguardo alla mia ragazza? >> disse, sottolineando le ultime parole, << Bé, penso di non essere stato abbastanza chiaro. Irina è mia, e non hai avuto una buona idea decidendo di girarle intorno >>.

 

Hanck si mosse impercettibilmente, guardando William. Sia lui che il russo lo stavano tenendo d’occhio, segno che si stavano preparando a qualcosa.

 

Xander sorrise, cercando di apparire serio e divertito al tempo stesso. La sua mano destra corse alla cintura, dove teneva nascosta la pistola. << Davvero? Da quello che ho capito, sembra che lei non si consideri… Come la definisci tu? Ah… “La tua ragazza” >>.

 

William appoggiò il mento sulle dita, con l’aria di chi ha perfettamente la situazione sotto controllo. << Quello che dice lei non ha importanza. Lavora per me ed è mia ragazza, e quindi deve sottostare alle mie regole >>.

 

<< E’ libera di fare quello che vuole >> ribatté Xander, << Anche di frequentare altra gente che non sia tu o il tuo giro >>.

 

Aveva i nervi a fior di pelle, e altro non chiedeva che un pretesto per litigare. Forse era la volta buona che lo Scorpione se le prendesse da qualcuno, e quel qualcuno voleva essere lui. Credeva di essere abbastanza “motivato”.

 

William incrociò le braccia, si appoggiò sulla sedia e chiese: << Dimmi, Alexander… Quanti tatuaggi ha Irina? >>.

 

La domanda non aveva senso, ma Dimitri drizzò le orecchie. Sembrava allarmato quanto lui da quello strano argomento. Xander conosceva la risposta, ma per un attimo gli parve quasi pericoloso dirla.

 

<< Due >> rispose solo.

 

Qualcosa passò negli occhi dello Scorpione, qualcosa che era rabbia pura. Scattò in piedi pronto a saltargli addosso, ma il russo e Hanck si sporsero per trattenerlo.

 

<< Scopati la mia ragazza Went, e ti ammazzo >> sibilò, livido.

 

<< E allora provaci >> ribatté Xander, gelido.

 

William strattonò i due, ma Dimitri lo tenne stretto. Forse era l’unico del gruppo che in quel momento non voleva la rissa, perché sembrava serio e la situazione non doveva piacergli.

 

<< William… >> lo chiamò sottovoce, quasi per cercare di calmarlo.

 

Lo Scorpione gli gettò un’occhiata, poi tornò a fissare Xander. Si guardarono per un momento che sembrò infinito, occhi negli occhi, come due lupi che si studiano prima dell’attacco.

 

<< Tu non hai ancora capito con chi hai a che fare >> sibilò Challagher con aria assassina.

 

<< Invece so benissimo cosa sei >> ribatté Xander, << Sei solo un dannato figlio di puttana pieno di soldi che crede di poter avere tutto… Irina non è tua, non è di nessuno >>.

 

La faccia di William si distorse in un ghigno. << Irina è mia, Went. Solo ed esclusivamente mia. Mi deve la vita, oltre che tutto quello che ha avuto fino ad adesso >>.

 

<< Non ti deve un bel niente >> disse Xander, << Prenditela con uno della tua stazza, invece che con una ragazza >>.

 

Il braccio destro di William si mosse convulsamente, ma Dimitri continuò a tenerlo ben stretto.

 

<< Avanti, di cosa hai paura? >> continuò Xander, << Con me non fai il furbo? >>.

 

Voleva provocarlo per costringerlo a saltargli addosso: in quel momento stava andando solo ad istinto, e l’istinto gli diceva che voleva riempirlo di botte. Gli bastava solo un cenno, un movimento sbagliato, e Challagher si sarebbe ritrovato a terra con una pistola puntata alla testa. Chissà come si sarebbe comportato in quella situazione…

 

<< Ho un modo migliore per risolvere questa cosa, Went >> disse lo Scorpione, producendosi in un sorriso gelido, << Aspettati la gara più brutta della tua vita, quando arriverai a me… Sempre che ci arrivi >>.

 

Anche Xander sorrise, freddo tanto quanto lui. << Ci arriverò, Challager… >> ribatté, << E continua a minacciare Irina e sarai tu a ricordarla come la peggiore gara della tua vita… Se ne esci vivo >>.

 

William fece una smorfia a metà tra il divertito e l’arrabbiato. << Sapevo che avevi fegato >> disse, facendo cenno a Dimitri e a Hanck di lasciarlo andare, << Giochiamoci la ragazza, Went. Se vinco io la nostra gara, me la tengo e sarò libero di farci quello che voglio… Se vinci tu, te la puoi scopare quanto ti pare. Ma fino ad allora, stagli lontano >>.

 

Xander gli lanciò un’occhiata di fuoco e poi uscì dal locale, salendo velocemente in macchina. Diede un pugno sul volante, furioso.

 

Fosse stato per lui, sarebbe finito tutto in rissa. Per la prima volta da cinque anni a quella parte, desiderava seriamente fare a botte con qualcuno, perché riteneva che il motivo fosse abbastanza valido. Solo che non poteva.

 

Come ogni volta che William tirava in ballo Irina, gli veniva il sangue alla testa sentendo di come ne parlava lo Scorpione. Lui non poteva, e a malincuore, vantare alcuna pretesa su di lei, ma non avrebbe mai accettato che Challagher la definisse la sua ragazza, o che… o che ci potesse essere andato a letto…

 

Afferrò il volante e gli scappò un’imprecazione abbastanza violenta. Stava per venirgli una crisi di nervi. Aprì la porta dell’auto e fece per scendere: doveva andare da William e riempirlo di botte. Si fermò quando si rese conto che avrebbe fatto un casino, così risalì in macchina cercando di calmarsi.

 

Perfetto, Challagher aveva capito che lui e Irina si conoscevano più del dovuto. E ancora peggio, credeva che tra loro ci fosse qualcosa… L’unica cosa che non gli era molto chiara, era l’allusione al numero di tatuaggi…

 

Afferrò il cellulare e chiamò l’unica persona la cui voce sarebbe stata in grado di infondergli un minimo di calma. In quel momento non gli importava che gli avesse ridato le chiavi della Ferrari senza una spiegazione: aveva solo bisogno di sentirla, sana e tranquilla.

 

<< Pronto? >> rispose Irina, la voce stranamente distante

 

<< Ciao… Posso passare da casa tua un momento? >> chiese Xander, speranzoso.

 

Irina tacque per un momento, poi rispose: << Va bene… Ma c’è mio padre >>.

 

<< Non fa niente. Voglio solo chiederti una cosa >> disse lui.

 

<< D’accordo >>.

 

Mezz’ora dopo parcheggiava l’auto davanti a casa di Irina. Scese e la raggiunse velocemente sotto il portico d’entrata.

 

Adesso che la vedeva, bella come sempre e a debita distanza da Challagher, si sentiva meglio. La guardò per un momento, e lei sembrò perplessa. Non c’era il solito sorriso a illuminarle il volto, né lo sguardo dolce e curioso che la caratterizzava. Per la prima volta gli sembrò distante, molto più simile a Fenice, che a Irina.

 

<< Cosa volevi dirmi? >> chiese.

 

La sua voce sembrava stranamente distaccata, come se vederlo le desse quasi fastidio. Xander capì che doveva essere ancora “offesa” per quello che era successo sabato sera.

 

<< Possiamo sederci un momento? >> domandò lui con un sorriso.

 

Irina annuì e lo condusse in cucina. In salotto doveva esserci suo padre che guarda la tv.

 

<< Senti… >> iniziò Xander, guardandola di sottecchi, << Per quello che è successo sabato… >>.

 

<< Non c’è niente da dire >> lo interruppe Irina, calma, << Tieni le chiavi, per favore. Non le voglio. Te le ho lasciate nella buca delle lettere perché non avevo voglia di affrontare di nuovo la questione… Ti ringrazio comunque del pensiero >>.

 

Il tono della ragazza era freddo, ma non sgarbato. Stava cercando di fargli capire che non gradiva nessun regalo da lui, che forse era meglio mantenere le distanze. Però non gli sfuggì il vaso di cristallo appoggiato al davanzale della finestra aperta, con dentro la rosa bianca ancora fresca di sabato sera. Almeno quella la voleva tenere.

 

<< Non è per quello >> disse Xander, cauto, << D’accordo, se non le vuoi, non posso obbligarti a prenderle… Solo… Mi chiedevo se avessi visto William, in questi giorni >>.

 

<< No >> rispose Irina, perplessa << A dir la verità è un po’ che non lo sento… Perché lo vuoi sapere? >>.

 

Allora Challagher non l’aveva minacciata… Non si erano nemmeno visti… Meglio. Molto probabilmente aveva ritenuto di dover “avvertire” solo lui.

 

<< Solo curiosità… >> disse lui, << L’ho incontrato poco fa… Abbiamo fissato il giorno della gara con Dimitri >>.

 

Questa volta, a sentire nominare il russo, Irina non fece una piega. Niente avvertimenti, niente preoccupazioni per lui. Si sentì un po’ dispiaciuto per quel fatto: doveva essere davvero arrabbiata.

 

<< Quando? >> chiese solamente.

 

<< Fra due settimane >> rispose Xander, << Vuole farla nel canyon >>.

 

Irina si lasciò scappare un sospiro. << Lo immaginavo >> disse solo. Abbassò lo sguardo sul tavolo per un attimo, poi puntò gli occhi scuri su di lui. << C’è altro? >>.

 

<< Credo… Credo di non essere più il preferito di William >> disse Xander, studiando la sua espressione. << Mi hanno dato l’idea che vogliano farmi secco alla prima occasione >>.

 

Irina rimase immobile, una statua di pietra dall’espressione spaventata. Questa volta non era riuscita a tenersi, e lui sorrise. Personalmente era troppo incosciente per preoccuparsi di se stesso, ma sapere che invece lei la pensava diversamente era qualcosa di incoraggiante.

 

<< Cazzo Xander, che hai fatto? >> chiese solo Irina, sbuffando.

 

<< Come hai detto tu, mi ritiene pericoloso >> rispose lui, deciso a non allarmarla più del dovuto, << Si è stufato di avermi tra i piedi >>.

 

Irina si alzò e chiuse la porta della cucina, per evitare che suo padre riuscisse a sentire qualcosa.

 

<< Non credo di doverti dire che è un male >> disse, << Cosa farai adesso? >>.

 

<< Continuo per la mia strada >> rispose Xander, << Entro tre settimane voglio chiudere tutto >>.

 

Tre settimane. Erano poche, in fondo. Tre settimane e lei sarebbe stata libera di tornare a una vita normale, e lui avrebbe dovuto smettere di trattenersi davanti a lei. Ventuno giorni, e finalmente avrebbe potuto dimostrarle quello che ormai da tempo provava per lei. Sarebbero riusciti ad aspettare?

 

Irina gli rivolse un’occhiata, e una scintilla di speranza passò nei suoi occhi da cerbiatta. Anche per lei tre settimane dovevano essere poche.

 

<< Solo? >> domandò, a bassa voce.

 

<< Solo >> ribadì lui con un sorriso.

 

<< Posso… Posso chiederti una cosa? >> disse lei, titubante.

 

<< Tutto quello che vuoi >>.

 

<< Fino ad adesso mi hai sempre detto che sei qui per arrestare William… Però non mi hai mai detto “come” hai intenzione di prenderlo >>.

 

Domanda pertinente. In effetti, non le aveva mai spiegato il piano preciso.

 

<< Ho intenzione di arrestarlo durante una gara >> rispose, << La nostra gara. Credo sia l’unico modo per riunire più piloti clandestini possibile, fare una bella retata e prenderli con le mani nel sacco. Quando io e Challagher ci troveremo uno contro l’altro, la polizia e gli agenti dell’F.B.I. si occuperanno di acciuffare i membri della Black List presenti, e io bloccherò lo Scorpione. Ci sarà un elicottero a starci dietro, per evitare che fugga >>.

 

Irina annuì, poi sorrise stranamente. << Tutti i membri della Black List… Quindi anche me, vero? >>.

 

<< No >> si affrettò a rispondere Xander, << No, non verrai arrestata. Hai collaborato con noi. Ho chiesto che ti affidino al programma protezione testimoni… Ne uscirai pulita >>.

 

Irina lo guardò dubbiosa e incredula. << Protezione testimoni? >> disse, << Ho una taglia anche io, non me la faranno passare liscia… >>.

 

<< Ti aspettavi che ti lasciassi arrestare come una di loro? >> fece Xander con un sorriso.

 

<< Io sono una di loro >> ribatté Irina, perplessa.

 

<< Tu non sei una di loro. Non lo sarai mai >> disse Xander, << Non hai voluto le chiavi della Ferrari, almeno accetta questo >>.

 

Irina gli rivolse il sorriso più bello che le avesse mai visto fino a quel momento. Era gratitudine quella che vedeva brillare nei suoi occhi, gratitudine per lui e per quello che stava facendo.

 

<< Grazie, Xander >> disse solo.

 

<< E di cosa, piccola? >> disse lui, raggiante, << Grazie a te che mi hai aiutato >>.

 

Improvvisamente tutto gli sembrava assurdamente facile, persino arrestare uno come Challagher. Farlo per lei aveva tutto un altro sapore.

 

Si ricordò della promessa che si era fatto. Tommy, il primo ostacolo che c’era tra loro, era stato abilmente rimosso. Adesso doveva scoprire quale fosse il legame tra lei e quello che definiva suo “padre”.

 

Gli serviva qualcosa da cui ricavare il DNA di Todd; per quello di Irina gli bastava solo un capello, e se lo era già procurato. Lei gli aveva detto di non voler fare quel test, perciò doveva fare in modo che non si accorgesse di niente. In base al risultato, poteva decidere se rivelargli l’esito oppure no.

 

Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse servirgli allo scopo. Rubare un bicchiere da cui avesse bevuto Todd era un’idea, ma al momento non ce n’erano nei dintorni…

 

<< Dimmi… Come guida Dimitri? >> domandò, cercando di farsi venire in mente qualcosa.

 

<< Lui non guida. Lui distrugge >> rispose Irina, rabbuiandosi all’improvviso. << Ti sta addosso finché non ti ha distrutto l’auto… Devi fare attenzione: farà sul serio. Se ha scelto il canyon sicuramente ha brutte intenzioni >>.

 

<< Che macchina ha? Mi sembra di avergli visto una Murcielago… >>.

 

<< No, quella la usa per andare in giro. E’ un regalino di William… Ha una Ford GT, la stessa che ha usato per venire a Las Vegas >>.

 

Il telefono nell’ingresso squillò all’improvviso, e sentirono Todd alzarsi per andare a rispondere. Grugnì qualcosa, poi chiamò: << Irina! E’ per te! >>.

 

La ragazza si alzò di scatto, gli fece cenno di attendere un momento e sparì nel corridoio. Un attimo dopo, strisciando i piedi, in cucina entrò Todd, una bottiglia di birra vuota in mano. Gli rivolse un’occhiataccia, poi senza dire niente gettò la bottiglia nel lavandino e ne prese una nuova dal frigo. Senza degnarlo di ulteriori sguardi, forse memore del naso quasi rotto, tornò in soggiorno grugnendo.

 

Xander si precipitò fino al lavandino, prese la bottiglia e si avvicinò fino alla finestra aperta. Si sporse abbastanza per guardare fuori e posò il contenitore vuoto sul prato. Dopo lo avrebbe recuperato; era l’unico modo per far uscire quella bottiglia di birra dalla casa senza che Irina se ne accorgesse.

 

<< D’accordo, ci vediamo venerdì >> disse Irina, nel corridoio << Ciao >>.

 

Tornò in cucina con l’aria leggermente abbattuta e si sedette stancamente al tavolo con uno sbuffo.

 

<< Che c’è? >> domandò lui, preoccupato.

 

<< Era Jenny >> rispose Irina, << Dopodomani abbiamo un esame… E io non mi sento preparata >>.

 

Xander sorrise. << Tutto qui? Fenice si fa spaventare da un esamino? >>.

 

Irina lo fulminò con lo sguardo. << Spiritoso… Guarda che non è mica così facile >>.

 

<< Ok, scusa >> fece lui, fingendosi dispiaciuto, << Ci sentiamo dopodomani, così mi dici come è andato questo “esamone”? >>.

 

<< Non lo so… >> disse Irina. Alla fine sospirò e concluse: << Va bene… >>.

 

Xander la salutò, uscì velocemente da casa e si infilò nel giardino. Recuperò la bottiglia senza che nessuno si accorgesse di niente e poi saltò in macchina.

 

Aveva il capello di Irina e il DNA di suo padre. Ora non gli rimaneva che far fare il test.

 

Si diresse verso San Francisco, e telefonò a Jess per dirgli che non sarebbe tornato a casa, quella sera. Imboccò l’autostrada, la radio accesa, e mentre passava il casello a velocità decisamente sostenuta, drizzò le orecchie per prestare attenzione al notiziario trasmesso.

 

<< Rocambolesco furto d’auto, questa notte a sud di Los Angeles >> diceva il cronista, << Come è accaduto un mese fa, un’intera bisarca che trasportava auto è stata depredata nei pressi di una stazione di sosta lungo l’autostrada da una mezza dozzina di ladri a volto scoperto. Come per i precedenti, la polizia continua a sospettare si tratti della stessa banda, che non sono ancora riusciti a identificare… >>.

 

Xander sbuffò, strinse il volante e inserì il cd della sua musica preferita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Credi che si può avere il risultato per domani mattina? >> chiese Xander a suo padre, mentre l’uomo sigillava in una busta di plastica trasparente la bottiglia di birra che aveva recuperato a casa di Irina. La lampada al neon sul soffitto gettava strani riflessi sulla scrivania di legno chiaro, e il pc fisso perennemente accesso ronzava lievemente.

 

<< Uhm… Se c’è Julia posso chiederle di fare in fretta >> rispose Steve, alzandosi dalla scrivania e dirigendosi fuori, lungo il corridoio. << Come mai vuoi tutto subito? >>.

 

Xander seguì suo padre fino all’ascensore, salutando rapidamente un paio di conoscenti che facevano le ore piccole a lavoro. 

 

<< Voglio togliermi una curiosità >> rispose, << Prima che la missione volga al termine >>.

 

Steve ridacchiò. << Com’è questa Irina? >> domandò, pigiando un tasto dell’ascensore vuoto, a parte loro due.

 

Xander sorrise: visti i precedenti che aveva avuto, suo padre chissà cosa si aspettava. Per una volta però poteva dire che nella sua “straordinarietà” era abbastanza normale, a parte il fatto che era una pilota clandestina.

 

<< La devi conoscere per capire >> rispose, << Ti giuro, non ho mai incontrato una come lei >>.

 

<< Mi dispiace che sia finita in questa storia >> disse Steve, uscendo dall’ascensore, << Da come la definisci, sembra davvero una brava ragazza >>.

 

<< Lo è, infatti >> disse Xander, << Mi ha aiutato davvero tanto, fino ad adesso… A proposito… Ultimamente mi è venuta un’idea… >>.

 

Raggiunsero i laboratori scientifici, ed entrarono in una stanza bianca e asettica. Dietro un vetro c’era una donna di circa sessant’anni che sbadigliava vistosamente, i corti capelli grigi acconciati in boccoli vaporosi. Li salutò con un sorriso a trentadue denti, controllando l’orologio.

 

<< Cosa posso fare per voi, ragazzi? >> chiese << E’ un po’ tardi per invitarmi a prendere il caffè >>.

 

<< Ciao Julia >> disse Steve, << Ci serve un test del DNA… Possiamo avere i risultati per domani mattina? >>.

 

L’uomo le consegnò il contenitore con la bottiglia e una scatolina che conteneva il capello di Irina, e attese che la donna mettesse tutto dentro una busta di carta scura.

 

<< Domani mattina? >> disse, guardando il suo registro, << Lo sai che normalmente ci vuole una settimana… >>.

 

<< Ci serve per una ragazza >> ammiccò Steve, gettando un’occhiata verso Xander.

 

<< Oh, e va bene >> concluse Julia, ora tutta zucchero, << Se è per il nostro caro Alexander, questo e altro… Passa domani mattina. Mi devi dieci caffè, però >>.

 

Steve ridacchiò e annuì.

 

<< Grazie mille! >> ringraziò Xander con un sorriso.

 

<< Uhm… Non farlo sapere in giro, però >> borbottò Julia, lanciandogli un’occhiataccia. << Se no poi mi tocca lavorare tutte le notti… >>.

 

Lui e suo padre uscirono dalla sala per tornare nell’ufficio, dove Steve si accomodò sulla poltrona sorseggiando il suo caffè con aria stanca. Xander guardò fuori dalla finestra, ricordandosi di un argomento di cui voleva parlare con suo padre.

 

<< Ultimamente mi è venuto un sospetto >> disse, sedendosi davanti a Steve.

 

<< Su cosa? >>.

 

<< Sembra che Challagher e i suoi sappiano un po’ troppe cose… E non mi riferisco agli affari della polizia >> disse Xander.

 

Steve drizzò le orecchie. << Cioè? >>.

 

<< Sappiamo tutti che Challagher ha comprato anche Barrow, per questo siamo intervenuti noi >> spiegò Xander, << Gli passa tante informazioni, ed evita che la polizia di Los Angeles lo infastidisca. Fin qui, niente di nuovo. Ma Challagher sapeva del carico di auto di un mese fa, sapeva della Lamborghini e sapeva anche dell’arrivo di stanotte delle fuoriserie al porto della città… Teoricamente, solo noi avremmo dovuto saperlo, no? Faceva parte del piano tenere segrete delle informazioni del genere, per evitare che la polizia che Barrow ne venisse al corrente e dicesse tutto a Challagher >>.

 

Steve lo fissò, serio. << So dove vuoi arrivare >> disse, << Ma penso che ti stia sbagliando… >>.

 

<< Challagher ha una talpa nell’F.B.I. Non sarebbe poi troppo strano… Se ha comprato il capo del distretto di polizia di Los Angeles, potrebbe anche aver comprato uno di noi >>.

 

<< E’ grave quello che stai dicendo >> disse Steve, appoggiando il bicchiere del caffè vuoto sulla scrivania, << Non puoi accusare qualcuno senza averne le prove… >>.

 

<< Non sto accusando nessuno >> lo interruppe Xander, << Sto solo dicendo che dobbiamo fare attenzione. Se c’è una talpa, la missione rischia di andare a rotoli, e io non posso permetterlo >>.

 

<< Sospetti di qualcuno in particolare? >>.

 

Xander si portò le braccia dietro la testa. << No >> rispose, << Potrebbe essere chiunque. Posso restringere il campo a tutti quelli del nostro dipartimento, ma non posso individuarlo se non fa un passo falso >>.

 

Ogni ora che passava, si rendeva conto di quanto quell’intuizione fosse giusta. Challagher doveva avere per forza una spia tra loro: così si era procurato tutte le informazioni riservate di cui era a conoscenza, e così si era salvato dal carcere fino a quel momento. E poi, sembrava avere occhi ovunque… Come faceva a sapere che erano andati alla Sirena Bianca?

 

<< Allora devi chiudere in fretta, se non vuoi che tutto salti >> disse Steve, << Quanto tempo ti serve, ancora? >>.

 

<< Mi sono dato tre settimane >> rispose Xander, << Ma farò di tutto per sbrigarmi prima >>.

 

<< Terrò gli occhi aperti per vedere se c’è qualcuno che fa cose strane >> disse Steve, << Anche se dubito che Challagher possa essere arrivato così in alto >>.

 

Lo colse all’improvviso un sospetto, un sospetto che non era per niente piacevole. La talpa spiegava alcune cose, ma non tutte. Rimaneva il fatto che William era venuto a sapere della sua uscita con Irina, e lei aveva detto che la Sirena Bianca era un posto sicuro… Solo una persona molto vicina a lui poteva sapere di tutti i suoi incontri con la ragazza… Jess.

 

<< Papà… Jess sapeva dei carichi di auto? >> domandò a bassa voce.

 

Conosceva l’informatico da tanto tempo, e lo considerava il suo migliore amico, nonostante fossero molto diversi. Dubitare di lui lo faceva vergognare, ma al momento si rendeva conto che doveva sospettare di chiunque. Ne andava della missione e anche della vita sua e di Irina.

 

<< No, non ne sapeva niente >> rispose Steve, lo sguardo serio << Sai che non gli interessano queste cose… E comunque, lo conosciamo troppo bene. Io mi fido di lui, e anche tu. Lo sai meglio di me >>.

 

<< Già… Scusami, hai ragione >> disse Xander, sconfortato, << Ma non so cosa pensare… Vorrei parlarne con McDonall, ma forse è meglio non sollevare la questione… >>.

 

<< Infatti. Per il momento lasciamo le cose come stanno. Potrebbe anche essere un falso allarme… Siamo tanti, qui dentro, ed è facile che qualcuno parli troppo. Basta che sia venuto a saperlo anche un solo poliziotto e ne abbia parlato alle persone sbagliate… Pensa a portare a termine la missione… E a farti una dormita. Domani avrai i risultati di quel test, a cui pensare >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander fissava il responso del test del DNA con aria perplessa, seduto nell’ufficio vuoto di Jess, i piedi appoggiati alla scrivania.

 

Quindi è veramente suo padre”.

 

Aveva creduto il contrario, ed era stato pronto a giurare che Irina fosse figlia di un altro uomo… Invece no. Nonostante fossero completamente diversi, nonostante il disprezzo che Todd provava per lei, nonostante l’indifferenza dei suoi fratelli, era suo padre.

 

Avrebbe preferito che non fosse così, in realtà. Il legame affettivo che Irina provava per la sua famiglia era giustificato, e lui non avrebbe potuto interferire. Aveva sperato di poterla convincere a lasciar perdere quello che lei definiva “suo padre”, ma non poteva, visto che era la verità. Doveva continuare a lasciarla nel dubbio?

 

Forse era meglio così. Dirle che Todd era veramente suo padre non avrebbe fatto altro che rafforzare la sua convinzione di dover badare alla sua famiglia, e non era certo quello che lui voleva.

 

Posò il foglio sulla scrivania e guardò il soffitto. Aveva ancora un paio di ore per raccogliere qualche informazione per scoprire chi potesse essere la talpa, prima di ripartire per Los Angeles.

 

<< Soddisfatto del risultato? >> domandò suo padre, portandogli una brioche appena sfornata.

 

<< Uhm… No. Ma qualunque fosse stato, non mi sarei mai detto “soddisfatto” >> rispose Xander.

 

<< Ho parlato con White, poco fa >> disse Steve, << Gli ho detto che hai intenzione di chiudere entro tre settimane… Si è arrabbiato perché non lo hai detto prima a lui >>.

 

Xander inarcò un sopracciglio. << E’ proprio fissato… Deve sempre sapere tutto >>.

 

“ Vuole sempre sapere tutto… Cazzo… E se fosse lui, la talpa?”.

 

Rimase in silenzio, perché sapeva che suo padre sarebbe scoppiato a ridere, se gli avesse rivelato il suo sospetto. Era un’accusa ancora più grave: White era il suo capo, stava in alto e aveva alle spalle anni di onorato servizio nell’F.B.I…. Però tutto combaciava… White era al corrente di tutte le informazioni, sapeva che si vedeva con Irina… E sembrava stranamente augurarsi che lui fallisse… Quante volte lo aveva messo in guardia?

 

Rimaneva solo una cosa, che non capiva: se White era veramente una spia, Challagher doveva sapere che lui era dell’F.B.I…. Perché lo aveva fatto entrare nel giro, allora? Perché gli aveva permesso di avvicinarsi?

 

Si alzò di scatto, in silenzio. Suo padre gli rivolse un’occhiata stranita.

 

<< Che c’è? >>.

 

<< Torno a Los Angeles >>.

 

<< Ma non dovevi partire tra due ore? >>.

 

<< Voglio andare adesso… E d’ora in poi, quando vedi White, non dirgli quello che sto facendo >>.

 

Percorse il corridoio, prese l’ascensore e incrociò di nuovo Michael Cole, che stava andando dalla parte opposta.

 

<< Ciao Alexander >> lo salutò, ma lui non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

 

<< Scusami Michael, vado di fretta >> disse.

 

Se White era la spia, allora da quel momento in poi avrebbe dovuto essere imprevedibile. Doveva limitare i contatti con il suo capo, e fingere di non poter fare rapporto. Era l’unico modo per evitare che William venisse a conoscenza dei suoi piani.

 

Raggiunse il garage, diretto alla BMW. Poi vide, parcheggiata nel posto riservato a White, una Mercedes Sl rossa, nuovissima. Si avvicinò per guardare dentro, convinto che quell’auto fosse una di quelle rubate il mese scorso…

 

Sul sedile di pelle dell’auto c’era un telefonino, che squillò all’improvviso. I vetri attutirono il rumore della suoneria, ma il display era ben visibile. E c’era scritto “William Challagher”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.00 – Casa

 

Irina camminava avanti e indietro per camera sua, irrequieta. Ancora un paio d’ore, e sarebbe stata chiusa in una stanza dell’università insieme a un altro centinaio di studenti per sostenere il primo esame del semestre. Niente di nuovo, nemmeno il fatto di sentirsi per nulla preparata…

 

Il ripasso dell’ultimo minuto era inutile, e serviva solo a confonderle le idee. Aveva sentito Jenny e le altre, quella mattina. Angie, come al solito, preoccupata ma anche decisamente preparata, non aveva niente da temere. Katy la prendeva con filosofia, e Jenny era l’incosciente del gruppo, perfettamente tranquilla anche se non aveva studiato niente. Beata lei che se ne fregava.

 

Suo padre era in casa, ma dormicchiava sul divano davanti alla Tv accesa, e dei suoi fratelli aveva perso le tracce la sera prima. Poteva permettersi di ascoltare un po’ di musica in santa pace.

 

Da quando Tommy se n’era andato, era stata costretta a colmare i vuoti che le aveva lasciato. Avere più tempo per se stessa era molto strano per lei, ma anche piacevole. Aveva riscoperto il piacere di farsi un bagno in tutta tranquillità, e di ascoltare musica sdraiata sul letto senza pensare a niente.

 

Accese lo stereo e infilò il cd di Anastacia, l’ultimo uscito, e si lasciò cadere sul letto tra le note di “I call it love”. Respirò profondamente un paio di volte, e inconsciamente le venne da sorridere.

 

Che scema che era. Stava cercando in qualsiasi modo di farsi passare quella stupida cotta per Xander, ma più ci provava, più la situazione peggiorava. Si trovava comica, ma non poteva negare che non riusciva proprio a essere scortese con lui. Quando era venuto a trovarla, aveva resistito per i primi cinque minuti, poi era capitolata. Tutti i suoi propositi di allontanarlo erano svaniti davanti alla sua gentilezza.

 

Si stiracchiò, sbadigliando. In fondo, però, non era poi così male… Bastava non illudersi troppo, giocare se ne aveva voglia e prendere tutto con molta leggerezza. 

 

Dalla strada udì provenire il rumore di un motore potente, che si fermava proprio davanti a casa sua. Incuriosita, si alzò in piedi e andò a guardare fuori dalla finestra.

 

“Possibile che sia Xander? ” pensò, con un sorrisetto che le si disegnava sul volto.

 

Ma quando guardò fuori, si rese conto che non era Xander. Era William, insieme a Dimitri ed Hanck, che stavano scendendo dalla Mercedes Slk McLaren dello Scorpione.

 

Che ci faceva William lì, per di più con i suoi due migliori amici? Non si era mai abbassato a venire a casa sua, se non un paio di volte. Oltretutto, erano giorni che non si vedevano né sentivano…

 

Preoccupata, guardò i tre attraversare il vialetto, con l’ansia che cresceva. L’istinto le diceva che doveva essere successo qualcosa… Scese le scale in fretta, per vedere suo padre, di spalle, aprire la porta dell’ingresso.

 

<< Buon pomeriggio, Todd >> disse William, quasi invisibile dietro la mole di suo padre.

 

<< Ciao >> la voce di Todd tremò appena davanti all’uomo che aveva minacciato lui e i suoi figli. Anche lui era sorpreso di vederlo.

 

<< Dov’è tua figlia? >> domandò lo Scorpione.

 

Irina capì che c’era qualcosa che non andava. Il tono di William era controllato, ma gelido: non era lì per piacere, e doveva essere arrabbiato. Todd si scostò per lasciare entrare lui e i suoi due amici, senza rispondere.

 

<< Dobbiamo fare due chiacchere >> disse William, poi gettò un’occhiata di fuoco a Irina, ferma sulle scale. << Vattene in camera >>.

 

Irina rimase immobile, guardando i tre preoccupata. Il suo presentimento si stava avverando: era successo qualcosa di grave. Se non fosse stato importante, William non sarebbe mai venuto a casa sua.

 

<< Va in camera tua >> ribadì Dimitri, la voce bassa e roca, lo sguardo duro.

 

La ragazza si voltò lentamente, lasciando suo padre insieme ai tre. Risalì le scale e tornò nella sua stanza, sedendosi sul letto.

 

Se William voleva parlare anche con suo padre, poteva sperare che la cosa non riguardasse lei… Magari uno dei suoi fratelli si era cacciato nei guai a sua insaputa. Non sarebbe stata la prima volta, in fondo. Però c’era qualcosa che le diceva che non era così, che lei centrava sicuramente qualcosa.

 

Forse lo Scorpione aveva scoperto cosa stava succedendo alle sue spalle… Forse sapeva di Xander, o almeno sospettava qualcosa… Dimitri doveva avergli detto qualcosa, ecco perché c’era anche lui…

 

Se era veramente così, doveva preparare una scusa plausibile che la aiutasse a uscire da quella situazione. O almeno a salvare il salvabile.

 

Prese il cellulare, pronta a chiamare Xander e dirgli di fuggire, nel caso William sapesse veramente di lui.

 

Dalla cucina non proveniva alcun rumore, e poteva essere una buona notizia. Rimase in silenzio, in attesa di qualche movimento strano. Aveva paura di quello che sarebbe potuto accadere.

 

I suoi pensieri vennero interrotti dalla porta che si apriva. William entrò nella stanza senza distogliere gli occhi di ghiaccio da lei, e Irina rabbrividì. La sua espressione era talmente infuriata, che capì all’istante di poter perdere ogni speranza. Dimitri e Hanck erano dietro di lui; il russo era serio, e la fissava freddamente. Si alzò di scatto, pronta a sparare la prima scusa che le sarebbe venuta in mente.

 

<< E così hai dato una mano a Went >> disse William, la voce dura e controllata. Non era una domanda la sua, e Irina rimase in silenzio, senza la forza di mentire.

 

<< Dimmi, credevi veramente di fregarmi? >> continuò lo Scorpione, avvicinandosi di un passo. << Cosa pensavi di fare? >>.

 

Irina indietreggiò, cercando una scusa che ormai non l’avrebbe salvata. << Mi ha solo chiesto di dargli qualche dritta >> disse, la voce bassa, << Ha vinto per merito suo, non mio >>.

 

Strinse il cellulare che teneva in mano, chiedendosi che avesse anche scoperto che Xander era dell’F.B.I…. Poteva ancora fargli credere che fossero solo amici.

 

William gettò un’occhiata in basso, notando il telefonino. Dimitri, dietro di lui, stringeva qualcosa che aveva in tasca.

 

<< Pensavi che potesse battermi? >> domandò, afferrandole improvvisamente il polso e strappandole di mano il cellulare, << Che un novellino come lui potesse sperare di sbattermi fuori? >>.

 

Gettò il telefonino a Dimitri, che lo afferrò al volo.

 

<< Distruggilo >> ordinò William, gelido.

 

Il russo si mise il cellulare in tasca, ma non si mosse. In quel momento arrivò Hanck, che teneva Todd per un braccio e aveva una pistola in mano.

 

<< Lo sapeva che si vedevano >> disse Hanck, strattonando suo padre, << L’altro giorno era qui >>.

 

Irina spostò lo sguardo su quel ragazzo odioso, che non aveva mai sopportato. Gli rivolse un’occhiata di fuoco, ma riuscì a intuire che forse William non sapeva che Xander era dell’F.B.I…. Credeva che lo avesse solo aiutato a scalare la lista.

 

Lo Scorpione tornò a guardarla, gli occhi che si riducevano a fessure. La prese per il mento e la costrinse a guardarlo dritto in faccia.

 

<< Dimmi perché >> sibilò, << Dimmi perché lo hai aiutato a entrare nel giro… Speravi di liberarti di me, vero? >>.

 

Irina sentiva tutti gli sguardi puntati su di lei, e il respiro affannoso di suo padre a pochi metri da loro. Non aveva mai assistito a una scena del genere… Chissà cosa stava pensando… Chissà se si rendeva finalmente conto di quello che sua figlia stava facendo per loro…

 

Non aveva la forza di rispondere, perché aveva troppa paura dello Scorpione per poter sperare di rispondergli male e di non beccarsi una bella punizione per la sua insolenza. Abbassò lo sguardo, gli occhi che fuggivano quelli verdi e tanto odiati di William.

 

Lo Scorpione le strinse ancora di più il mento e le alzò la testa. Sul suo viso si disegnò un sorrisetto malvagio, il più orribile che Irina gli avesse mai visto.

 

<< Immagino ti sia fatta scopare come una cagna, dal tuo caro Alexander >> sibilò, << In fondo, fare la puttana è quello che ti viene meglio, o sbaglio? >>.

 

Irina spalancò gli occhi davanti a quell’accusa… Era solo quello che William credeva? Che fosse andata a letto con Xander?

 

<< Non è vero >> disse, la voce bassa, << Non è successo niente… Gli ho solo dato una mano a entrare nel giro giusto… >>.

 

Lo schiaffo arrivò così improvviso che Irina non si accorse nemmeno che William aveva alzato la mano. Sentì la guancia andare in fiamme, ma non fiatò.

 

<< Non mentirmi, troia! >> gli sputò addosso, e qualcuno nella stanza sussultò.

 

<< E’ la verità! >> gridò Irina, la voce tremante, << Non… >>.

 

E arrivò un altro schiaffo, ancora più forte del primo, che la lasciò senza la forza di parlare. Dimitri, Hanck, ma soprattutto suo padre, assistevano allo spettacolo in silenzio.

 

<< E allora come sapeva del tuo tatuaggio, eh? >> domandò William, ormai fuori di sé, << Puttana, ti sei fatta portare a letto dal primo idiota che è passato da queste parti! Che ci facevi con lui alla Sirena Bianca, eh? Tu sei mia Irina, e te lo devi ricordare, chiaro? >>.

 

Mentre indietreggiava ancora, Irina andò a sbattere contro il muro, ritrovandosi senza via di fuga. Xander era stato uno stupido, aveva rivelato l’esistenza del suo tatuaggio sul fianco all’unica persona al mondo che lo sapeva già. Era stato proprio lo Scorpione a farglielo fare, in modo che solo sui ne fosse a conoscenza…

 

Negare era inutile, in quel momento. William non le avrebbe mai creduto, lo sapeva. Almeno però non aveva scoperto che Xander era dell’F.B.I.

 

<< Da quanto va avanti? >> domandò William.

 

<< Will… >> lo chiamò Dimitri.

 

<< Sta’ zitto >> sibilò lo Scorpione, << Da quanto va avanti, eh? >>.

 

Irina non rispose. Rimase con il capo piegato verso il basso, in silenzio. Nemmeno l’ennesimo schiaffo le strappò anche solo una sillaba.

 

<< Da tre due mesi >> rispose qualcuno. Suo padre.

 

Irina guardò Todd, ancora trattenuto da Hanck con la pistola in mano. Le venne da piangere, perché l’uomo che doveva essere suo padre non faceva altro che peggiorare la situazione. L’uomo che avrebbe dovuto difenderla non stava facendo nulla per aiutarla.

 

William gli gettò un’occhiata, poi tornò a lei.

 

<< Due mesi… >> disse, << Dall’inizio, allora… Non avresti dovuto fare la furba con me, bambolina. Ho l’impressione che quando il tuo caro Xander gareggerà contro Dimitri avrà un brutto incidente >>.

 

Irina sentì la rabbia montarle addosso. Strattonò il braccio dalla presa di William e lo fissò. Doveva dirgli qualcosa, anche se sapeva che nel giro di qualche istante si sarebbe pentita.

 

<< Sarà lui a farlo fuori, stronzo >>.

 

William si girò verso il russo. << Prendi gli altri cellulari e distruggili. Hanck, va giù con lui e rimanici >>.

 

Dimitri attraversò la stanza, frugò nei cassetti e prese gli altri due telefonini di Irina, compreso il Nokia che le aveva dato Xander. Poi raggiunse la porta, e lì si fermò.

 

<< William… >> iniziò, come se non avesse il coraggio di parlare.

 

<< Avevi ragione, amico. E’ una troia >> disse William con un leggero sorrisino, << Ma dopo oggi non si azzarderà più a mettersi contro di me >>.

 

Lo sguardo di Todd si puntò su Irina, e lei guardò suo padre venir trascinato per il corridoio, senza opporre la minima resistenza. Dimitri gettò un’ultima occhiata allo Scorpione, e poi a lei.

 

<< Chiudi la porta >> disse William.

 

E dandogli le spalle, il russo se ne andò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

So che questo capitolo è piuttosto “pesante”… Era uno di quelli che temevo di più, a essere sincera, però era necessario alla trama. E’ arrivato il momento per Xander di scoprire proprio tutto di Irina, di fare i conti con la persona che si trova davanti, e soprattutto con se stesso. Il prossimo cap infatti sarà tutto dedicato a lui: per la prima volta si troverà veramente in crisi.

 

 

CriCri88: hai ragione, lo Scorpione ha proprio orecchie e occhi ovunque, e in questo cap lo ha dimostrato. Irina credeva di aver scelto un luogo tranquillo, proprio perché quello non era un posto che amava frequentare William, e tuttavia non può sapere esattamente fin dove possa arrivare lo Scorpione.

Xander, invece, ha voluto fare il bravo ragazzo, perché se non fosse stato in quella situazione, non avrebbe esitato. E’ uno istintivo, e il suo istinto il quel momento non gli diceva certo di… rifiutare. Sta semplicemente seguendo il cervello, e il cervello gli dice di aspettare. Sta a lui decidere, alla fine, se ha fatto bene o ha fatto male. In ogni caso, arriverà anche il loro momento! Baci!

 

Fairy29: mia cara, adoro i papiri! E soprattutto non ti credo pazza! Visto che macchina, che ho dato al nostro Xander? Spero che non mi faccia fuori anche questa, se no lo mando in giro a piedi… Per il bacio dovrai attendere, e Manu lo sa meglio di me: sai da quanto aspetta? Già quello di Las Vegas (un bel po’ di cap fa…) non era previsto: l’ho aggiunto per far contenti tutti (soprattutto Manu), altrimenti avresti dovuto aspettare veramente fino alla fine. Lo so, sono sadica, ma farli andare al sodo subito sarebbe stato troppo facile no? Ci vuole un po’ di questa “tensione”… Sarà tutto decisamente più bello, ti pare? Bacio!

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


Capitolo XXI

Capitolo XXI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Casa di Xander

 

Il cellulare, poggiato sul tavolino di vetro del soggiorno, si illuminò all’improvviso vicino al piede destro di Xander, iniziando a vibrare insistentemente. Jess cambiò pigramente canale con il telecomando, senza degnarlo di uno sguardo.

 

Xander si sporse e prese il telefono. Con enorme stupore vide che si trattava di Maximilian.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Alexander? >> disse l’altro, << Sei a casa? >>.

 

Leggermente perplesso, Xander inarcò un sopracciglio, guardando Jess che non sembrava molto interessato alla sua telefonata. Fissava con occhi vacui il televisore.

 

<< Sì, perché? >> rispose.

 

<< Irina è con te? >> domandò Max.

 

<< No >>.

 

C’era qualcosa nel tono del meccanico che lo fece preoccupare. << E’ successo qualcosa? >> aggiunse poi, abbassando impercettibilmente la voce.

 

Max tacque per un momento, poi rispose: << Mi ha telefonato Jenny… Oggi pomeriggio avevano un esame, e Irina non si è presentata. Si sono sentite stamattina, e dice che le aveva assicurato che ci sarebbe stata… >>.

 

Xander si allarmò.

 

<< Le ha telefonato almeno cinque volte, ma non ha risposto >> continuò Max, << Così mi ha chiesto se io l’avevo vista, per caso >>.

 

<< E tu non l’hai vista >> disse Xander, preoccupato.

 

<< No >>, Max sembrava in pena quanto lui, << Ho provato a chiamarla a casa, ma non risponde… Credevo fosse venuta da te, a questo punto >>.

 

<< Non la vedo dall’altro ieri >> disse Xander, << Mi aveva detto ci saremmo sentiti stasera… Sicuro che non sia a casa? >>.

 

<< No. Ho chiamato tre volte, l’ultima cinque minuti fa. Non risponde. Non è da lei non presentarsi a un appuntamento e non avvertire… >>.

 

<< Sei passato da casa sua? >> chiese Xander, cercando le chiavi della BMW nella tasca dei pantaloni.

 

<< Pensavo di andarci, se non riesco a trovarla… >> rispose Max.

 

<< Ci vado io >> disse Xander, gettando un’occhiata a Jess, che adesso sembrava più interessato. << Ti faccio sapere più tardi >>.

 

Chiuse la telefonata e guardò l’informatico, che lo fissava interrogativo.

 

<< Irina è sparita >> disse.

 

<< Sparita? >> domandò Jess, incuriosito e preoccupato al tempo stesso.

 

<< Non si trova. Vado a cercarla >>.

 

Xander salì in camera sua e recuperò l’altra pistola di cui era fornito, poi tornò di sotto. Doveva essere successo qualcosa… Gli venne in mente l’avvertimento di Challagher: forse se l’era presa anche con lei…

 

<< Rimani qui >> disse rivolto a Jess, << Ho un brutto presentimento >>.

 

Uscì di casa e saltò sulla BMW. Dieci minuti dopo era davanti a casa di Irina.

 

Tutte le luci erano spente, ma alcune delle finestre erano state lasciate aperte. Non sembrava esserci nessuno, come se la casa fosse stata abbandonata in tutta fretta. Il garage era chiuso, la tenda al primo piano svolazzava nel silenzio della sera.

 

Xander tolse la sicura alla pistola e guardò in alto, verso la finestra della camera di Irina. Era chiusa, le tende tirate. Arrivò fino alla porta d’ingresso e suonò il campanello.

 

Non sapeva cosa aspettarsi. Irina non sarebbe mai sparita in quel modo senza avvertire nessuno… Lo stomaco gli si contrasse per la paura, nel timore che le potesse essere successo qualcosa. Doveva trovarla il più presto possibile e togliersi quella sensazione a cui non era abituato.

 

Attese qualche minuto davanti alla porta, la pistola in pugno, ma era chiaro che nessuno sarebbe venuto ad aprire. Si guardò intorno, con l’idea di sfondare la porta e fare irruzione dentro. Poi gli venne un’idea migliore.

 

Fece il giro della casa, e raggiunse la porta sul retro. Era aperta, come si era aspettato… Quindi in casa forse qualcuno c’era.

 

Varcò l’ingresso con la pistola puntata davanti a sé, e accese la luce. Non udì nessun rumore; sembrava veramente tutto deserto. Camminando lentamente raggiunse la cucina e il soggiorno e sbirciò dentro, senza trovare nessuno. Sul tavolino però c’era una bottiglia di birra aperta e a metà, come se fosse stata lasciata lì all’improvviso.

 

<< Irina? >> chiamò.

 

Qualcosa scattò di sopra, come una serratura che si chiude, poi più niente. Il rumore rimbombò per qualche istante, poi si spense nel silenzio carico di tensione. Istintivamente guardò su per le scale, aspettandosi di scorgere un’ombra, ma non vide nessuno.

 

Sempre tenendo la pistola alzata, salì uno per uno i gradini, all’erta. In casa c’era qualcuno, ma non sapeva se fosse pericoloso o meno. Meglio essere prudenti.

 

Anche al piano superiore era tutto spento, e cercò a tentoni l’interruttore della luce. Quando si accese, notò la porta della camera di Irina aperta. Abbassò la pistola e guardò dentro.

 

Era vuota, ma il letto era sfatto, le lenzuola gettate malamente a terra. Le tende tirate non lasciavano intravedere l’esterno, ma qualcosa brillò per terra, a pochi metri da lui. Entrò nella stanza e si abbassò per raccoglierlo.

 

Era una collanina d’argento con un ciondolo a forma di quadrifoglio, lo stesso che aveva visto al collo di Irina molte volte, e che molto probabilmente non toglieva mai. Vederlo lì, gettato a terra, gli fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale.

 

Era successo qualcosa di grave, ma non gli interessava cosa. Voleva solo ritrovare Irina viva, subito. Aveva le viscere contratte, il cuore che batteva più forte del normale, le mani fredde. Era paura quella che stava provando, e non era abituato.

 

Si alzò di scatto, mettendosi in tasca la collanina, e i suoi occhi si posarono sul letto disfatto. C’era una macchia di sangue, sul lenzuolo candido.

 

<< Irina? >> chiamò di nuovo, il cuore che batteva all’impazzata per la paura.

 

La sua voce si spense nel silenzio più totale. Drizzò le orecchie alla ricerca del minimo rumore, ma non sentì nulla.

 

“Potrebbe non essere il suo sangue” si disse, cercando di non farsi prendere dal panico, “Forse è solo una coincidenza… Magari William l’ha chiamata per qualche gara, per un furto…”.

 

Xander tornò nel corridoio, cercando di pensare a cosa potesse essere successo, a dove potesse essere Irina. Stava per scendere di sotto, quando uno strano rumore arrivò alle sue orecchie. Durò una frazione di secondo, ma bastò a fargli capire che qualcuno c’era. E che era nel bagno vicino alla stanza di Irina.

 

La porta era chiusa, e appoggiò la mano sulla maniglia per aprirla. Però non ci riuscì. Era chiusa a chiave.

 

<< Irina? >> chiamò per la terza volta.

 

Ci fu un momento di completo silenzio, poi…

 

<< Vattene Xander >> rispose una voce soffocata, dall’altra parte della porta. Distante, lontana, ma la sua: Irina.

 

<< Aprimi, per favore >> disse Xander, appoggiando entrambe le mani sul legno e sentendo un’ondata di sollievo invaderlo. << Perché stai lì? >>.

 

<< Vattene Xander! >> ripeté la ragazza, questa volta con voce più forte.

 

Lui rimase immobile, sempre più preoccupato. Perché si comportava in quel modo? Perché aveva cercato di nascondersi per tutta la giornata?

 

<< Apri la porta >> disse, calmo, << Avanti… Cos’è successo? >>.

 

<< Te l’ho già detto, Went! >> gridò Irina dall’altra parte, e sentire che lo chiamava per cognome lo allarmò. << Torna da dove sei venuto, e lasciami in pace >>.

 

Xander batté la mano sul legno, frustrato. Non voleva perdere tempo in discussioni, voleva vedere come stava e basta.

 

<< Apri questa porta o giuro che la sfondo >> minacciò.

 

<< Va’ via, per favore >> disse Irina, poi piombò nel silenzio.

 

Xander continuò a fissare quella maledetta porta per mezzo minuto, cercando un modo per aprirla. Poteva usare la pistola, ma rischiava di fare del male a Irina. Si guardò intorno, e prese la chiave della stanza della ragazza: di solito, le serrature erano tutte uguali per poter essere aperte facilmente in caso di bisogno.

 

Aprì la porta lentamente, sentendo che qualcuno stava cercando debolmente di impedirglielo: forse Irina stava spingendo dall’altra parte per non farlo entrare. Durò pochissimo, però, perché poi non incontrò più nessun ostacolo.

 

Il bagno era pulito, la specchiera accesa, ma nessuna traccia di Irina. Mise la testa dietro la porta e la trovò lì, seduta per terra con la schiena appoggiata al muro di ricoperto di piastrelle. Aveva il volto rigato di lacrime, i capelli che ricadevano disordinati sulle spalle.

 

C’era qualcosa di tremendo nella sua espressione, e Xander si sentì salire il cuore in gola. Forse, avrebbe preferito ritrovarla morta, che in quello stato. Gli occhi di Irina erano quelli di chi ha smesso di lottare, di chi si è completamente abbandonato al destino, di chi è stato sconfitto troppe volte.

 

<< Cosa è successo, piccola? >> domandò a bassa voce.

 

Irina non lo guardò. Abbassò la testa e si strinse le ginocchia con le braccia, come spaventata dalla sua presenza. Rimase in silenzio, il respiro corto di chi ha pianto per tanto tempo.

 

<< Cosa ci fai qui? >> disse dopo un po’, la voce soffocata tra le sue gambe, << Ti ho detto di andare via… >>.

 

<< Sono venuto a cercarti >> rispose Xander, abbassandosi su di lei, << E’ tutto il pomeriggio che ti stiamo cercando… >>. Irina si allontanò di qualche centimetro.

 

<< Cosa è successo? >> aggiunse poi, guardandola in viso.

 

Lei fuggì i suoi occhi, il capo abbandonato sulla parete, e disse: << Non possiamo più vederci, Xander >>.

 

<< Perché? >>.

 

Irina aveva la voce rotta, e mormorò: << Perché deve essere così e basta. Va via e lasciami in pace >>.

 

<< William ci ha scoperto? >> chiese Xander, capendo che era così, << Lo sa? >>.

 

Irina si passò una mano sul viso, esausta, prima di rispondere: << Sì >>.

 

Ecco perché non voleva vederlo. La sua missione era in pericolo, ma al momento non gli interessava sapere se William aveva scoperto se era dell’F.B.I.: voleva solo capire cosa era successo ad Irina. E sapeva già che era qualcosa di grave.

 

<< Cosa ti ha fatto? >> chiese dolcemente, sperando che rispondesse alla sua domanda. Si avvicinò un po’, ma per tutta risposta lei si rannicchiò contro il muro e qualche lacrima tornò a rigarle il viso.

 

Xander si inginocchiò e le prese il viso fra le mani, guardandola negli occhi, e mormorò: << Ti ha messo le mani addosso, eh? Ti ha fatto del male? >>.

 

Irina si liberò dalla presa e scoppiò a piangere, senza però cercare conforto in un abbraccio. Appoggiò la testa contro il muro, lasciando che le lacrime silenziose cadessero sulla sua maglietta stropicciata.

 

Xander capì che il suo presentimento era fondato. Poi, finalmente si rese conto dell’errore madornale che aveva fatto, di quanto era stato stupido… Tutto, con orrore, andò al suo posto.

 

Irina aveva paura degli sguardi dei ragazzi, non amava farsi toccare… Era la ragazza di William, ma non voleva esserlo… Mai l’aveva vista avere un atteggiamento gentile verso di lui, e mai aveva visto lui trattarla per quello che era: una ragazza. Era il suo giocattolo, la sua bambolina… Era sua. Il letto sfatto, le macchie di sangue…

 

I lividi non era quelli che le aveva lasciato suo padre… I lividi erano quelli che le aveva lasciato lo Scorpione.

 

Il sangue gli si gelò nelle vene, il freddo si insinuò nel suo cuore come un veleno mortale. Per tutto quel tempo non aveva letto i segni, era stato cieco. Era stato idiota, stupido, superficiale.

 

Abbassò il viso all’altezza di quello di Irina, e cercò di avvicinarla lentamente. Lei gli mise una mano sul petto, bloccandolo, senza permettergli di avvicinarsi ancora di più.

 

<< Irina, ti prego, dimmi cosa è successo >> disse Xander.

 

La ragazza non rispose ancora, e il suo silenzio lo spaventò a morte. Lo sapeva, lo sapeva cosa era successo, e sperava solo che lei gli dicesse che si era sbagliato, che non era quello che pensava lui… Sperava che quello fosse solo un incubo, nient’altro.

 

<< Ti ha violentata, Irina? >>.

 

Le parole gli uscirono dalla bocca inespressive, eppure così pesanti. Qualcosa dentro di lui si spezzò, e Xander provò per la prima volta il panico, il panico vero di chi si trova in una situazione che non sa come gestire. Di chi non vuole credere, ma che si trova di fronte la pura e dolorosa realtà.

 

Irina finalmente lo guardò, gli occhi arrossati puntati nei suoi. Era terrore quello che leggeva nel suo sguardo da cerbiatta, paura e vergogna. E senza preavviso, scoppiò di nuovo a piangere.

 

Xander la tirò verso di sé, incurante se lei volesse o meno abbracciarlo. Si sentiva tremendamente in colpa, perché non aveva capito subito quello che le succedeva. Le aveva chiesto troppo, fino a quel momento, e lei non gli aveva voluto dire cosa stava pagando.

 

Perché? Perché non gli aveva detto nulla? Perché era stata zitta?

 

Irina stava smettendo di piangere, anche se il suo respiro rimaneva ancora irregolare. Lo spinse delicatamente via, e si asciugò una lacrima con il dito. Xander le prese il mento e la guardò, per scrutarle il volto. Aveva un segno rosso sul collo sottile.

 

<< Irina… Perché…? >> mormorò, sconvolto.

 

La ragazza chiuse gli occhi per un momento, poi trasse un respiro profondo, forse per non ettere alla sua voce di remare.

 

<< Xander, ti prego… Non dire niente >> sussurrò.

 

Lui rimase a guardarla per qualche secondo, ma gli sembrava di avere il cervello spento. Non riusciva a ragionare, a formulare un pensiero coerente.

 

“L’ha violentata… Quel figlio di puttana l’ha violentata fino ad adesso, e io non lo sapevo…”.

 

Era l’unica frase che gli rimbombava per la testa, che gli faceva capire di essere ancora cosciente. Non c’era rabbia in lui, in quel momento, perché il dolore era l’unica cosa che riusciva a provare. Dolore e vergogna per non essersene accorto da solo, per non averci mai pensato.

 

<< Puoi andartene >> disse Irina all’improvviso, riscuotendolo dai suoi pensieri.

 

Lo guardava, ancora seduta per terra, la schiena appoggiata al muro freddo, perfettamente in sé, o almeno molto più di lui.

 

<< Non me ne vado di qui senza di te >> ribatté Xander, inginocchiandosi sul pavimento per rimettersi in piedi.

 

Iniziava a riprendersi. Tornava a ragionare, a pensare coerentemente. Doveva farlo per lei, perché se c’era qualcuno che aveva bisogno di aiuto, in quel momento, era Irina, e lui doveva essere in grado di darglielo.

 

<< Xander… Vattene >>. La voce di Irina voleva essere controllata, ma apparve solo esausta. << Non ho bisogno di te >>.

 

Quell’ultima frase diede il colpo finale all’autostima di Xander: non aveva bisogno di lui… Non lo voleva più vedere… Come biasimarla? Era per colpa sua se si era cacciata nei guai, per la sua stupida insistenza…

 

<< Gli ha detto del tatuaggio, vero? >> domandò Irina, senza guardarlo.

 

<< Sì… >>.

 

Irina sospirò. << Perché lo hai fatto? Ti avevo chiesto di non dirlo a nessuno… >>. Sembrava solo molto delusa, ma non arrabbiata.

 

“L’ho fatto perché sono uno stupido… Perché volevo dimostrargli che ti conosco meglio di lui… Ma non era vero”.

 

Si era comportato come William: per poter dimostrare di essere legato a Irina in qualche modo non si era curato della sua volontà. Lei sapeva cosa significava quel tatuaggio nascosto che portava: era il marchio che lo Scorpione aveva impresso su di lei per poterla controllare fino in fondo, per fare in modo che solo lui possedesse Fenice, che nessun’altro usasse il suo giocattolino senza che lui lo sapesse. Per quello Irina gli aveva chiesto di non dirlo a nessuno…

 

<< Sono stato un’idiota >> disse Xander, << Non mi è passato per la testa che… >>.

 

<< Non importa >> lo interruppe Irina, continuando a tenere gli occhi inchiodati al pavimento, << Non mi interessa… Avrei dovuto dirti perché non volevo che nessuno sapesse… Va bene così… Va via, adesso >>.

 

<< Stai bene? >> domandò Xander, anche se era perfettamente inutile. Non se ne sarebbe andato nemmeno se lo avesse minacciato: non sarebbe stato stupido per due volte consecutive.

 

<< Sì, sto bene >> rispose Irina, muovendosi leggermente come per allontanarsi. Anche la sua era una frase fatta, una risposta automatica che la sua bocca era abituata a dare.

 

<< Vuoi uscire di qui, adesso? >> chiese Xander, dolcemente.

 

Irina non rispose, ma tra le labbra le scappò un sospiro. Non stava bene, lo sapeva, perché lei aveva la brutta abitudine di mentire, quando si trattava di stessa.

 

<< Ti porto in ospedale >> disse Xander, prendendola in braccio.

 

<< No, sto bene >> protestò Irina, ma non aveva la forza di opporsi. Si lasciò trasportare fuori dal bagno, e qualche lacrima tornò a rigarle il viso. Gli strinse la maglia con una mano, troppo esausta per tentare la fuga.

 

Xander scese le scale e attraversò l’ingresso, poi uscì fuori di casa e raggiunse la BMW. Aprì la portiera e adagiò Irina sul sedile dell’auto.

 

<< Xander… >>.

 

<< Andrà tutto bene, piccola >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander era seduto nella sala d’aspetto, solo, lo sguardo che correva ogni due secondi alla porta dell’ambulatorio. Sentiva l’infermiera a pochi metri da lui battere sulla tastiera del pc, che ronzava nel silenzio della stanza.

 

William era morto. Si stava scavando da solo la fossa. Poteva accettare tutto: che la ricattasse, che la spacciasse per la sua ragazza, che… anche che ci andasse a letto assieme, ma non poteva accettare quello. Non poteva accettare che lui la costringesse, che la usasse a proprio piacimento come una vera e propria bambola.

 

Ci aveva pensato centinaia di volte a quel particolare, roso dalla gelosia, ma mai aveva pensato che lei non fosse d’accordo. Mai. Aveva sempre e solo sperato che non le piacesse, per rendere il suo tormento meno doloroso, per potersi dire che non c’era niente tra lei e lo Scorpione, che egoisticamente Irina aspettasse solo lui. Non si era mai chiesto cosa ci fosse dietro quello strano rapporto, dietro quel modo possessivo con cui William trattava la sua Fenice. E ora che lo scopriva, ora che sapeva, si chiedeva perché Irina era stata zitta, perché non gli aveva detto niente.

 

L’istinto, quell’istinto da cui si era lasciato guidare per tutta la vita, gli diceva di alzarsi, raggiungere lo Scorpione e come minimo spezzargli entrambe le mani. A tenerlo inchiodato lì c’era solo lei, Irina, dietro quella porta bianca, l’unica cosa al mondo in grado di fargli perdere ogni certezza, di mandargli in crisi l’istinto.

 

Nella vita aveva visto tante cose, incontrato tante persone, ma mai qualcuno come lei. Nessuno lo aveva mai fatto sentire così stupido, così in colpa, così… umano. Perché lui era Alexander Went, agente dell’F.B.I., che non sbagliava mai, che non si lasciava prendere dalla situazione, che sapeva sempre cosa si doveva fare, che seguiva l’istinto che gli indicava sempre la strada giusta. Abituato ad avere tutto, ad avere il controllo della situazione. Abituato a non commettere errori. Mai.

 

Con Irina, invece, aveva sbagliato su tutti i fronti. Aveva fatto un errore all’inizio, quando aveva deciso di avvicinarla, sperando nel suo aiuto, senza pensare, senza immaginare, che cosa sarebbe diventata per lui. E poi, aveva sbagliato quando aveva deciso, per una volta, di usare la testa e non l’istinto, sicuro che aspettare fosse la cosa migliore. E ancora, aveva commesso l’errore di pensare di sapere tutto di lei, di aver imparato a conoscerla, a prevederla, ad amarla per quello che era: una semplice ragazza di vent’anni.

 

E adesso, mentre aspettava seduto in quella fredda sala d’ospedale, aveva paura. Aveva paura che quando Irina sarebbe uscita da quella porta bianca, lui non fosse in grado di reggere quella vista. Aveva paura che tutti i problemi che si trascinava dietro quella ragazza potessero in qualche modo spegnere la scintilla che fino a quel momento aveva arso dentro il suo cuore, che potessero spaventarlo a tal punto da fargli smettere di amarla.

 

Perché lei? Perché proprio Irina, tra tutte le ragazze che aveva incontrato nella sua vita? Perché non una qualsiasi, carina, semplice, normale? Perché non una che passava il suo tempo a ridere con le amiche, a fare shopping in centro, a vivere la sua perfetta e banale vita da ventenne? Perché proprio Irina, una pilota clandestina, bella, dolce, pericolosa in quanto legata allo Scorpione, gli aveva trafitto il cuore?

 

La risposta, per la prima volta, non la sapeva. Non sapeva, non capiva perché aveva scelto Irina. O forse la sapeva… Lo sapeva, ma aveva paura di dirlo.

 

Irina era unica… Così unica da aver fatto perdere la testa a lui, a Challagher, a Max e a chissà quanti altri. E lo era perché era umana, era fragile, era indifesa. Era una ragazza che nonostante tutto, nonostante l’odio, la paura, la tristezza, continuava ad amare, continuava a essere quello che era. E cioè qualcosa che lui non poteva meritare, dopo quell’errore madornale, dopo quella cazzata fatta per orgoglio.

 

Finalmente, dopo un’ora e mezza di attesa, vide la porta bianca aprirsi lentamente. Il dottore, un uomo di circa cinquantacinque anni, dai capelli neri brizzolati, gli fece cenno di avvicinarsi. Xander si alzò e lo raggiunse.

 

<< Lei è? >> domandò il medico, guardandolo da sopra gli occhiali cerchiati di metallo.

 

<< Un amico >> rispose Xander, evasivo.

 

Il dottore gli rivolse un’occhiata perplessa, poi continuò con tono professionale: << La ragazza ha subito una violenza sessuale, ma non le sto dicendo niente di nuovo, immagino >>.

 

Xander annuì, impaziente.

 

<< Come sta? >> domandò.

 

<< Fisicamente posso dire che si riprenderà in fretta >> rispose il dottore, << Ha qualche escoriazione, ma l’abbiamo medicata. Psicologicamente è abbastanza provata… Non è la prima volta che succede, a quanto pare. Dovrà stare solo un po’ a riposo >>.

 

Xander sentì la rabbia montare di nuovo, mentre il dottore lo fissava con aria minacciosa. Si schiarì la voce e poi continuò: << Personalmente avrei dovuto denunciare il fatto alla polizia, ma la ragazza mi ha pregato di non farlo. Se però tornerà qui per lo stesso motivo, non esiterò un momento a chiamare le autorità competenti >>.

 

Xander annuì. Aveva parlato con un tono minaccioso, quasi pensasse che l’autore del fatto fosse lui. Il medico lo salutò e tornò nell’ambulatorio. Un attimo dopo vide la porta bianca riaprirsi e rimase immobile, pronto ad affrontare quel momento che temeva tantissimo.

 

Irina fece capolino, lo sguardo che vagò incerto per la sala d’aspetto e che poi si posò su di lui. Gli occhi da cerbiatta scrutarono il suo volto, non più spenti, solo stanchi. Il viso era tornato del suo colore naturale, le labbra rosee e morbide come sempre. Si era aspettato di vederla diversa, invece era sempre uguale. Sempre lei.

 

Chiudendosi delicatamente la porta alle spalle, Irina fece un passo avanti e poi si fermò, forse senza sapere bene cosa dire. Alla fine, stringendosi le manine, gli sorrise timidamente.

 

In un secondo, tutte le paure che Xander aveva provato fino a quel momento crollarono. Crollarono davanti a quel sorriso semplice, vero, intimidito. Sì, era sempre Irina. I suoi occhi non avevano smesso di vederla come l’avevano sempre vista fino ad ora. Tutto andò al suo posto, e comprese perché il suo cuore avesse scelto lei.

 

L’aveva cercata per venticinque anni, l’aveva cercata nei volti delle ragazze che aveva incontrato, nei loro occhi, nei loro sorrisi, nelle loro parole. Era lei che voleva senza nemmeno sapere che la stava cercando. La sua metà, la parte che mancava alla sua mente, al suo cuore, alla sua anima. La ragazza che continuava a sorridergli, che era in grado di continuare a vivere dopo quello che gli era successo. La ragazza che aveva tanti volti, uno più bello dell’altro, e che lui aveva finalmente scoperto tutti. La ragazza che lo faceva sentire debole e invincibile al tempo stesso.

 

Gli si avvicinò e la strinse in un abbraccio, sentendo le sue manine poggiarsi sulla sua schiena. Sospirò, e lei si lasciò cullare tra le sue braccia senza dire niente. Con sorpresa Xander si accorse che sembrava fatta per combaciare con il suo petto, che il suo corpo sottile fosse fatto per sfiorare il suo.

 

<< Possiamo andare? >> chiese Irina da sopra la sua spalla.

 

<< Sì >>.

 

Xander si staccò e le mise un braccio intorno alle spalle, conducendola fuori dall’ospedale, fino all’auto, senza dire niente, in un silenzio carico di domande e di comprensione. Solo quando furono entrambi seduti dentro la BMW, Irina tornò a parlare.

 

<< Non mi porterai a casa mia, vero? >> domandò, e un piccolo sorriso le increspò le labbra.

 

<< No >>.

 

Irina trasse un sospiro e non aggiunse niente. Xander mise in moto l’auto e uscì lentamente dal parcheggio. Aveva mille domande da farle, mille cose da chiederle, ma qualcosa gli diceva che era meglio stare zitto, per una volta. Ogni dieci secondi le gettava un’occhiata furtiva, come se da un momento all’altro potesse sparire.

 

Sentì improvvisamente il cellulare nella sua tasca squillare, e lo tirò fuori rapidamente. Guardò il display: era Maximilian.

 

<< E’ il tuo amico meccanico >> disse, guardandola per un momento.

 

<< Non dirgli niente >> soffiò Irina, spaventata.

 

Xander rispose, tenendo l’altra mano sul volante.

 

<< L’hai trovata? >> chiese Max, preoccupato, << Ti ho chiamato quattro volte… >>.

 

<< Sì, scusami, stavamo parlando >> rispose Xander, cercando di sembrare tranquillo, << Non ho sentito il cellulare squillare >>.

 

<< Dov’era? >>.

 

Xander cercò una scusa. << In spiaggia >>.

 

<< Ah… Cos’è successo? Perché non rispondeva al telefono? >>.

 

Xander guardò con la coda dell’occhio Irina, che stava con il volto rivolto verso il finestrino chiuso.

 

<< Ha… Ha litigato con suo padre >> mentì Xander, << E’ uscita di casa senza portarsi via niente >>.

 

<< Ha litigato con suo padre? >> ripeté il meccanico, << Sta bene? >>.

 

Di fronte a quella domanda, Xander non se la sentiva di mentire di nuovo. E oltretutto, sapere che nemmeno il migliore amico di Irina era al corrente di che cosa le faceva Challagher lo imbestialiva.

 

<< Senti, è qui con me. Te la passo >>.

 

Diede il telefono a Irina e si concentrò sulla strada, cercando di controllare la rabbia. Max conosceva Irina da più di due anni, sapeva che fingeva di stare con lo Scorpione… Non gli era mai passato per la testa che potesse esserci qualcosa di strano? Non si era mai accorto di niente?

 

<< Sì, sto bene Max >> disse Irina, la voce stanca, << Scusa se non ho risposto… No, non ho voglia di parlarne adesso. Lascia perdere, ok? Sto bene, c’è Xander… D’accordo, ci vediamo >>.

 

Gli ripassò il cellulare, e lui parcheggiò l’auto davanti a casa. La luce del soggiorno era accesa, quindi Jess doveva essere ancora sveglio. Non era poi molto tardi, in effetti.

 

<< Xander… >> lo chiamò Irina, guardando le finestre illuminate, << Voglio andare a casa mia… Non serve che… >>.

 

<< Non serve tornare a casa tua, se non sei al sicuro >> ribatté Xander, << Dov’era tuo padre, a proposito? A ubriacarsi da qualche parte? >>.

 

Negli occhi di Irina passò un’ombra di dolore, abbassò la testa e rispose: << Non voglio parlarne, Xander. E comunque, non mi succederà niente >>.

 

<< Non vuoi parlarne?! >> sbottò Xander, << Non ti succederà niente?! Irina, non puoi fare finta che non sia successo niente! Quel figlio di puttana ti ha… ti ha… >>. Non riuscì a finire il resto della frase, le parole gli si impigliarono in gola.

 

<< Ho sempre fatto finta di niente >> replicò Irina, la voce ferma ma bassa, << Non serve piangermi addosso… E comunque, non voglio parlarne ora… >>.

 

Xander la fissò. Perché si ostinava a far finta di niente? Perché voleva tenersi tutto dentro?

 

<< Dov’era tuo padre, Irina? >> domandò di nuovo.

 

Lei si voltò. << Non chiedermelo… Non voglio parlarne, chiaro? >>.

 

<< Irina… Cristo Santo, ma perché ti chiudi sempre su te stessa? >>. Xander aggirò l’auto e la raggiunse, << Perché non me lo hai detto? Perché non lo hai detto a nessuno? >>.

 

A quel punto la ragazza si voltò, gli occhi velati di lacrime. Era provata, lo vedeva… Forse non era il momento adatto per tormentarla…

 

<< Ti prego, Xander, non adesso >> soffiò.

 

Lui sospirò, ma alla fine cedette. << Va bene, Irina, entra in casa, allora >>.

 

Jess li guardò entrare, e probabilmente intuì che qualcosa non andava, perché non fece domande. Li salutò entrambi e poi andò a dormire, stranamente silenzioso.

 

<< Ti lascio la stanza per gli ospiti >> disse Xander, conducendo Irina al piano di sopra, << Ti serve qualcosa? >>.

 

La ragazza fece cenno di no con la testa.

 

La camera era ampia, con un bel letto a due piazze e gli armadi di legno scuro. Irina guardò la stanza, poi raggiunse la finestra.

 

<< Mettiti a dormire >> disse lui, e fece per uscire.

 

<< Xander… Aspetta >> Irina lo guardò negli occhi, seria. << Per favore… Non fare niente. Non… Non andare da William >>.

 

Gli aveva letto nel pensiero.

 

<< Perché non dovrei? >> domandò lui.

 

<< Perché non serve. Metti solo a rischio la tua missione. Ti ricordi cosa ti ho chiesto, vero? >>.

 

Di arrestare Challagher… Ma lui non voleva più arrestarlo… Voleva ammazzarlo, fargli patire la stessa cosa che aveva patito lei…

 

<< Io… >>.

 

<< Per favore, Xander >> scandì lei, seria.

 

<< Va bene. Però adesso dormi, ok? >> disse lui, uscendo dalla stanza ma lasciando la porta aperta.

 

Scese in cucina, senza sapere bene il perché. Di sicuro non sarebbe riuscito a dormire, e nemmeno a sostenere una conversazione con Jess, che per fortuna se n’era andato a letto. Gli tremavano le mani al solo pensiero di quello che era successo.

 

<< Figlio di puttana… >> mormorò, << Bastardo… Se mi capiti tra le mani, ti uccido… >>.

 

Camminò avanti e indietro, il sangue alla testa, furioso. Doveva fare qualcosa, non poteva stare fermo lì. Non poteva lasciar correre tutto.

 

La pistola nella tasca era pesante, quasi per ricordargli che poteva e voleva usarla. L’ordine era arrestarlo… Forse non poteva ucciderlo, ma ridurlo a pezzi…

 

Chi lo avrebbe fermato? Nessuno. Jess dormiva; Irina forse ancora no, ma non avrebbe comunque avuto la forza per impedirgli di andare… Conosceva il luogo dove stava Challagher, bastava entrare a casa sua e regolare i conti, una volta per tutte…

 

Sapeva che lo Scorpione non era mai da solo, sapeva che rischiava la pelle, ma non gli interessava in quel momento. Trovava assurdo rimanere fermo lì, accettare la cosa in silenzio.

 

Allora perché non riusciva a muoversi? Perché rimaneva inchiodato lì?

 

“Non… Non andare da William”. Era stata Irina a chiederglielo, e non riusciva a non esaudire la sua richiesta.

 

<< D’accordo, non ci vado… >> sussurrò Xander, appoggiando le mani sul tavolo, il capo chino.

 

Però c’era un'altra cosa, che non era ancora riuscito a chiarire. Dov’era il padre di Irina? Dov’era quel bastardo che non faceva niente dalla mattina alla sera, che viveva alle spalle di sua figlia?

 

Afferrò le chiavi della BMW e uscì di casa. Venti minuti dopo era davanti a casa di Irina, credendo di trovarla vuota. Invece la finestra del soggiorno era accesa.

 

Bussò alla porta, e ad aprirgli venne uno dei fratelli di Irina, Harry. Lo guardò e sul volto gli si dipinse un’espressione di terrore.

 

<< Dov’è tuo padre? >> chiese Xander, gelido.

 

<< Perché… ? >> borbottò Harry.

 

<< Senti, non ho alcuna voglia di discutere >> disse Xander, minaccioso, << O mi dici dov’è, o avrai bisogno di una plastica >>.

 

<< Non lo so dov’è! >> rispose in fretta Harry, << Forse… Forse è al bar, quello sulla 5° strada… Non lo so, non lo vedo da ieri! >>.

 

Xander gli voltò le spalle e risalì in auto, diretto sulla 5° strada. Stringeva il volante tanto che le nocche gli erano diventate bianche, e fissava la strada deserta. Poi lo vide, seduto su una panchina, nel cono di luce di un lampione. Sembrava stranamente assente, perso nei suoi pensieri.

 

Fermò l’auto in mezzo alla strada sgombra, vicino al marciapiede, poi scese. Vide Todd adocchiarlo, sempre nel suo stato di trance. Molto probabilmente era ubriaco.

 

Con passo marziale Xander raggiunse il padre di Irina, senza sapere bene cosa volesse fare. Lo fissò dall’alto in basso, gli occhi che dardeggiavano. Fosse stato per lui, lo avrebbe sbattuto in prigione buttando via la chiave, dopo averlo riempito di botte senza tanti complimenti. Ma Irina non glielo avrebbe mai perdonato.

 

Todd rimaneva zitto, ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione. Qualcosa che non poteva essere dovuto all’alcool.

 

<< E’ tua figlia, cazzo >> disse Xander, << Irina è tua figlia… Sei suo padre, idiota >>.

 

Todd lo fissò, e un lampo di comprensione passò nei suoi occhi scuri e piccoli quanto il suo cervello bruciato dall’alcool.

 

<< Come…? >> biascicò, senza finire la frase.

 

<< Ho fatto il test del DNA >> rispose Xander, gelido, << Sei suo padre, figlio di puttana… >>.

 

Si voltò di scatto e tornò alla macchina, troppo infuriato per poter sperare di resistere ancora. Risalì in auto e vagò per mezz’ora lungo le strade buie e vuote di Los Angeles, senza sapere dove andare né cosa fare per calmarsi. Alla fine svoltò a destra e si diresse verso casa, preoccupato. Irina aveva bisogno di lui.

 

Parcheggiata l’auto nel vialetto, risalì di corsa le scale, ma la sua paura era infondata. Irina era ancora lì, sveglia, nella camera dove l’aveva lasciata.

 

<< Xander! >> gridò, e il suo tono era angosciato. << Dove sei andato? >>.

 

<< In giro… >> rispose evasivo lui, notando quanto fosse preoccupata. << Non dormi? >>.

 

<< Ti ho visto uscire… >> mormorò lei, << Avevo paura che… >>.

 

<< Non sono andato da Challagher >> disse Xander, << Mi avevi chiesto di non farlo. Non l’ho fatto, per quanto mi costi. Ti serve qualcosa? >>.

 

Irina scosse il capo e si sedette sul letto. << E’ tardi, dovresti andare a dormire anche tu >> disse dolcemente.

 

<< Non ci riesco >>.

 

La ragazza gli sorrise. C’era qualcosa che Xander voleva fare, che aveva bisogno di fare per poter riguadagnare un po’ di calma, ma che aveva paura di chiedere. Forse era infantile, stupido, ma era qualcosa che lo avrebbe reso un po’ più tranquillo.

 

<< Irina… Lasciami dormire con te >> disse tutto d’un fiato, sperando di non spaventarla.

 

La ragazza lo guardò, gli occhi da cerbiatta che vagarono sul suo viso in cerca di qualcosa. Alla fine sorrise timidamente.

 

<< Hai paura che scappi? >> domandò.

 

“Se questo è un incubo, voglio svegliarmi accanto a te… Non voglio provare di nuovo quell’orribile sensazione di averti perso…”.

 

Davanti al suo silenzio, Irina si scostò leggermente dal letto e disse a bassa voce: << Va bene, Xander… Rimani, se vuoi >>.

 

Aveva capito che era più sconvolto di lei. Xander sparì per qualche minuto e andò in camera sua per infilarsi la prima tuta da ginnastica che trovò nell’armadio, poi tornò da Irina. Era sdraiata a pancia in su sul letto, che guardava il soffitto, la luce della lampada sul comodino che le illuminava il volto. Era strano a dirlo, ma sembrava più calma di lui, come se non le fosse mai successo niente. Si era allenata bene a fare finta di niente.

 

<<Notte Xander >> disse solo, mentre lui occupava il posto alla sua sinistra.

 

<< Buonanotte, piccola >>.

 

Lei spense la luce, e piombarono nel buio. Xander udiva il respiro regolare di Irina al suo fianco, e si sentì stranamente meglio. Riuscì però a cogliere la stranezza di quella situazione.

 

Fino a poche ore prima, avrebbe pagato oro per ritrovarsi nello stesso letto insieme a Irina; adesso avrebbe preferito trovarsi a chilometri di distanza da lei, ma saperla al sicuro e tutta intera.

 

Sentì una mano muoversi vicino alla sua, le dita di Irina sfiorare delicatamente le sue.

 

<< Xander? >> sussurrò lei, senza muoversi.

 

<< Cosa c’è? >>.

 

<< Grazie… per stasera. Grazie per non essere andato da William, e per… avermi fatto compagnia >>.

 

Xander le strinse la mano, sentendo le sue dita sottili intrecciarsi con le sue. Era la cosa più bella che avesse mai provato fino ad allora, meglio di quel bacio che le aveva rubato a Las Vegas, di cui conservava ancora il sapore sulle labbra; meglio di quell’abbraccio nella sala d’aspetto dell’ospedale, quando aveva capito che finalmente l’aveva trovata e non l’avrebbe mai persa.

 

<< Dormi, piccola. Domani ci sarà tempo per parlare >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander si svegliò di soprassalto, la luce che filtrava tra le imposte delle finestre che illuminava la stanza. Guardò istintivamente a destra, ma il letto era vuoto. Irina non c’era.

 

L’orologio segnava le 13.00 quando lui scese in cucina, credendo di trovarla lì. Ma l’unica persona che trovò fu Jess, seduto in soggiorno davanti al pc.

 

<< Dov’è Irina? >> domandò Xander.

 

<< E’ andata via stamattina >> rispose Jess, tranquillo.

 

<< Come? >>.

 

<< Si è svegliata presto ed è andata via >> rispose Jess, << Ti ha lasciato una cosa, però. E’ sul tavolo della cucina >>.

 

Xander tornò in cucina, e sul tavolo trovò un piatto con una bella torta dall’aspetto squisito. C’era un foglietto ripiegato, che prese subito.

 

“Torta al cocco… Mi sembrava di aver capito che ti piacesse, vero? Grazie per ieri sera… Non preoccuparti per me, sto bene. Scusami se non ti ho svegliato per salutarti, ma mi sembravi stanco…

Un bacio.

Irina”.

 

Xander fissò il foglietto, poi guardò la torta con un sorriso triste. Era scappata di nuovo… Per non dover affrontare il discorso, per non dover rispondere alle sue domande, per continuare a fare finta che non fosse successo niente. Che fosse solo tutto un incubo che la perseguitava di notte, come lui aveva visto. Ma era tutto vero, e continuare a fuggire non serviva a niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Fiuuuhh… E anche questo è fatto. I capitoli più “deprimenti”, e quelli che temevo di più, sono andati… Da adesso in poi, niente più segreti tra i nostri due eroi, il che contribuirà ad avvicinarli decisamente di più. Come si è visto, Xander ha avuto una sorta di crisi mistica, che gli ha fatto capire che nemmeno lui è perfetto, che compie degli errori come tutte le persone normali. Ha peccato di orgoglio, volendo dimostrare quanto conosceva di Irina, e lei ci è andata di mezzo: il suo primo obiettivo era proprio di proteggerla, e invece ha contribuito a fargli del male. E’ la prima volta che commette un errore così madornale, e deve fare i conti con il senso di colpa.

Quanto a Irina, nel prossimo cap si capirà meglio cosa pensa lei, ma è chiaro che se Xander vuole indagare sulla faccenda, lei invece desidera sorvolare. Anche lei dovrà fare i conti con una crisi interiore abbastanza forte.

Bene, non mi resta che ringraziare tutti coloro che leggono e che commentano. Un bacio enorme a tutti quanti, e sappiate che se ci riesco magari domenica aggiorno già, se non lunedì!

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


Capitolo XXII

Capitolo XXII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Casa

 

Il telefono di casa squillò all’improvviso, mentre Irina rifaceva il letto di camera sua in silenzio. Rimase immobile, ascoltando i trilli che rimbombavano tra le pareti, insistenti, ma non andò a rispondere. Sapeva esattamente chi era.

 

Dopo cinque squilli, il telefono smise di suonare, e lei accatastò le lenzuola nella cesta della biancheria da lavare, con un sospiro. Raggiunse il bagno e buttò tutto in lavatrice, poi scese in cucina, e lì si sedette a tavola, sola.

 

Nessuno aveva mai saputo che cosa accadeva tra lei e William, perché lei non aveva mai voluto rivelarlo. Fingendo che non fosse mai successo niente, che i segni che le lasciava addosso lo Scorpione non fossero altro che illusioni, era sempre riuscita a nascondere a tutti la verità, una verità di cui si vergognava da sempre. Né Jenny, né Katy, né Angie, né suo padre e i suoi fratelli, e nemmeno Max, avevano mai sospettato nulla. Mai, perché lei preferiva stare zitta, vivere nel suo mondo fatto di illusioni e incubi, di speranza e dolore.

 

Se c’era una cosa di cui aveva paura, era la compassione degli altri. Non sarebbe mai stata in grado di vivere sotto lo sguardo del mondo, se il mondo avesse saputo. Come l’avrebbero guardata, se lei avesse parlato? Come l’avrebbero considerata se non avesse nascosto la verità? Per tutti sarebbe stata una povera ragazza vittima di stessa, dei suoi errori, delle sue debolezze, delle sue paure. Troppo stupida per tirarsi fuori da sola dai guai, troppo sciocca per difendersi da sé.

 

E adesso che Xander sapeva, non sarebbe riuscito a guardarlo in faccia. Non ci sarebbe riuscita, perché aveva paura di vedere pena, compassione negli occhi azzurri che aveva creduto di amare. E poi, avrebbe dovuto affrontare le decine di domande che le avrebbe fatto, rievocando ricordi che facevano male, che pesavano nel suo cuore come macigni di ghiaccio. E ricordare non l’avrebbe aiutata a dimenticare, quando dimenticare era l’unica cosa che voleva.

 

Guardò l’orologio. Non aveva fame, e si sentiva solo tutta indolenzita e dolorante. La testa le faceva male perché il suo sonno era stato piuttosto agitato, e poi perché ricordava bene il dialogo avuto con il dottore, poco prima che la lasciasse uscire dall’ospedale.

 

<< Dovrebbe smettere di prendere per un po’ la pillola anticoncezionale >> le aveva detto, << Per questo si sente spesso stanca… Deve sospendere almeno per qualche mese >>.

 

Irina lo aveva guardato, seria, prima di annuire tristemente.

 

Adesso, seduta in quella cucina, avvolta dal silenzio, fissava la confezione della pillola che l’aveva salvata tante volte.

 

Non poteva rischiare così tanto, sperando che non accadesse più… Non poteva e basta.

 

Però… Sapeva che non avrebbe rivisto William per un po’… Che dopo quella punizione esemplare, l’avrebbe lasciata stare. Era troppo infuriato per desiderarla ancora, e lo sarebbe stato almeno fino alla gara di Xander contro Dimitri.

 

Sospirò, prese la scatola e la ripose al sicuro nella mensola della cucina. In quel momento sentì la porta di casa aprirsi.

 

Suo padre entrò in cucina, e la guardò in modo strano. Soffermò i suoi occhi sul suo volto, come se la riconoscesse solo in quel momento, e Irina sentì una fitta al cuore al ricordo del giorno prima. Voleva ancora considerarlo suo padre?

 

<< Ciao >> disse lui, a bassa voce.

 

<< Ciao >> mormorò Irina.

 

Rimase seduta al tavolo, la testa appoggiata alla mano, lo sguardo perso. Non aveva voglia di vederlo, di parlare con lui, di averlo davanti agli occhi dopo quello che era successo. Chissà se si rendeva conto di quello che aveva fatto…

 

Todd continuava a stare fermo nell’ingresso, lo sguardo puntato su di lei, come se volesse dire qualcosa. Irina sbuffò e si alzò di scatto, decisa ad andarsene in camera sua. Aggirò suo padre e risalì le scale, senza dire una parola. In quel momento lo odiava come non lo aveva mai odiato in tutta la sua vita.

 

Stare ferma non la aiutava, ma non aveva voglia di uscire. Avrebbe dovuto andare a fare la spesa, ma voleva solo rimanere chiusa tra le mura di casa, da sola con il suo dolore. Chiudersi a riccio era la cosa che sapeva fare meglio, perché era troppo vigliacca per avere il coraggio di parlare con qualcuno. Lei i problemi li dimenticava, oppure… Li lavava via. Entrò in bagno e si gettò sotto la doccia, lasciandosi scorrere addosso l’acqua calda, desiderosa di sentirsi più pulita di quanto non fosse.

 

Perché era stata così stupida da permettere a Xander di entrare nella sua vita? Perché gli aveva permesso di aprire quella porta che aveva sprangato con tutta la determinazione di cui era capace? Perché gli permetteva di mettere in pericolo entrambi?

 

“Non si può… Non posso lasciare che si metta nei guai per colpa mia”.

 

Se c’era qualcosa di cui era sicura, era che William non voleva più Xander tra i piedi. Era pronto anche a ucciderlo, se fosse stato necessario, e lei non poteva lasciare che accadesse.

 

Un’ora dopo, sdraiata a fissare il soffitto della sua camera, continuava a pensare a come risolvere quella situazione, a cercare di decifrare i suoi sentimenti contrastanti. Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per poter essere una ragazza “normale” e potersi permettere di prendere una sbandata per qualcuno, di fare qualche errore, di non essere legata a niente. Se così fosse stato, si sarebbe lasciata andare, si sarebbe anche scoperta, con Xander. Perché negare che gli piacesse, se era vero?

 

Ma lei non era normale, e non poteva permettersi niente che una qualsiasi ragazza di vent’anni potesse fare. Nemmeno provare ad amare una persona, non quando c’è qualcuno che ti controlla. E che è molto più forte di te.

 

Sentì il telefono squillare di sotto, e udì suo padre rispondere. Sperava non si trattasse di Xander, perché non sarebbe stata in grado di sopportare una conversazione con lui.

 

Todd fece capolino dalla porta e disse, la voce stranamente bassa e stentorea: << E’ la tua amica Jenny… Vuole parlarti >>.

 

Irina si alzò stancamente e scese di sotto.

 

<< Ciao Jenny >> borbottò.

 

<< Irina, perché non rispondi al cellulare?! >> la aggredì l’amica, preoccupata, << Cosa è successo? Perché non sei venuta? E perché non ti facevi trovare? >>.

 

<< Jenny… Cosa ti ha detto Jess? >> disse Irina.

 

<< Che hai litigato con tuo padre >> rispose la ragazza, << Ma questo non toglie che ci hai fatto preoccupare da morire! Potevi avvisarci che non saresti venuta! E poi lo sai che se hai un problema puoi benissimo parlarne con me >>.

 

<< Lo so… Ma non mi andava, volevo stare da sola >> rispose Irina.

 

Jenny colse la nota amara della sua voce.

 

<< Cosa è successo? Voglio saperlo >> disse.

 

<< Non voglio parlarne, adesso >> rispose Irina, gettando un’occhiata verso la cucina. Suo padre poteva essere in ascolto.

 

<< Non possiamo vederci? >> domandò Jenny, << Così parliamo con calma >>.

 

Irina si morse il labbro. Non voleva vedere nessuno, perché sapeva che l’avrebbero subissata di domande.

 

<< Oggi no. Devo… devo andare a sbrigare una faccenda >> rispose.

 

<< Sei sicura? >>.

 

<< Sì >> sbuffò Irina, << Penso di sapere ancora se sono occupata o meno >>.

 

Davanti al suo tono infastidito, Jenny decise di non insistere. << D’accordo… Ci sentiamo, comunque. Se hai bisogno di qualcosa, sai che ci sono, eh >>.

 

Irina chiuse la telefonata e si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da fare per davvero. Adocchiò le chiavi della macchina, le afferrò al volo e uscì di casa. Le era venuto in mente qualcosa che voleva fare da un po’ di tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Pasadena

 

Irina parcheggiò la TT davanti a una piccola casetta con giardino, recintata da uno steccato bianco. Modeste villette si stagliavano lungo una strada diritta, sotto un cielo azzurro e sereno. Un paio di ragazzine giocavano in bicicletta poco lontano, e un signore con un cane passeggiava dall’altra parte della via.

 

Irina guardò la casa davanti a lei, le finestre spalancate e il piccolo cancello lasciato aperto che portava all’ingresso. Sentiva le risate di un bambino che provenivano dal retro, risate familiari che aveva udito tante volte. Bussò alla porta, e dopo poco venne ad aprirle una ragazza che non vedeva da tantissimo tempo.

 

Sally le sembrava praticamente uguale a due anni prima, tranne che appariva più smagrita. L’espressione dei suoi occhi, però, era totalmente diversa: ora erano più maturi, più consapevoli, e più felici. Indossava abiti normali, da persona qualunque, e teneva i capelli legati in alto sulla testa con una pinza. Era stupefacente vederla ora, e sapere che cosa aveva fatto per sopravvivere.

 

La ragazza la guardò per un momento, stranita, come se non la riconoscesse. Poi disse, stupita: << Irina! Co… Cosa fai qui? >>.

 

<< Sono venuta a trovare Tommy >> rispose Irina, con un lieve sorriso davanti alla sua faccia.

 

<< Oh… >> fece Sally, facendosi da parte per farla entrare. << Ehm… Vieni, entra >>.

 

Irina varcò l’ingresso, e trovò la casa, anche se non grande, molto accogliente. C’era un’atmosfera che da lei non aveva mai regnato: calma e serenità. Sally la fece sedere in soggiorno, l’aria leggermente imbarazzata di sa di aver fatto un danno e non sa come chiedere scusa.

 

<< Come… Come stai? >> domandò.

 

<< Bene >> rispose Irina, neutra. << Tu? Ti hanno dato un bel posto, in cui stare… >> aggiunse poi con un sorriso, accennando alla casa.

 

<< Oh, sì >> disse Sally, << Sono stati molto gentili… Mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno. Lavoro a qualche isolato da qui, in un piccolo negozio di alimentari >>.

 

Irina spostava lo sguardo in tutto il soggiorno, alla ricerca di suo nipote. Sally comprese ciò che voleva, e uscì un momento in giardino.

 

Tommy entrò in casa mano nella mano con sua mamma, in braccio un grosso orsacchiotto e l’espressione scocciata per essere stato interrotto nei suoi giochi. Quando però la vide, i suoi occhietti si illuminarono e corse verso di lei, gridando: << Irina!!! >>.

 

La ragazza lo prese in braccio sorridendo, sorpresa di sentirlo pronunciare il suo nome alla perfezione.

 

<< Ciao, piccolo >> disse, accarezzandogli la testa, << Come stai, eh? Mi sei mancato un sacco, lo sai? >>.

 

Tommy le strinse con il collo con le braccine, ridendo. Sally li guardava sorridendo.

 

<< Ha detto così tante volte il tuo nome che ha imparato a dirlo correttamente >> disse, << Non capivo cosa volesse, le prime volte >>.

 

<< E’ stato difficile, all’inizio? >> chiese Irina, tenendolo sempre in braccio e dondolandolo con aria divertita.

 

<< Sì… Ha pianto per tutta la giornata, quando è arrivato qui. Voleva te… Ci è voluto qualche giorno, ma poi si è abituato… Adesso ha capito che sono io la sua mamma >>.

 

Sally disse l’ultima frase con un po’ di orgoglio, come a ricordarle che solo lei poteva vantare l’affetto di quel bambino. Irina lo mise a terra, continuando a tenerlo per mano.

 

<< Però… >> continuò Sally, << Devo… Devo ringraziarti. Mi dispiace averti creato tutti quei problemi, con Tommy, ma… Veramente, non sapevo cosa fare… >>.

 

Irina sorrise e la guardò. << Non fa niente >> disse dolcemente, << Non sono qui per pretendere le tue scuse. Volevo solo vedere come stava il bambino. Sono sempre sua zia, no? >>.

 

Le due ragazze si guardarono per un momento in silenzio, poi entrambe sorrisero. Da quel momento in poi, nella casa regnò un’atmosfera molto più rilassata.

 

<< Chi era quell’agente dell’F.B.I. che si è presentato a casa mia? >> domandò Sally, offrendole da bere, << Si chiamava Alexander Went, e mi ha dato l’impressione di conoscerti molto bene… >>.

 

<< In realtà è un mio amico >> rispose Irina, anche se alla parola “amico” la sua voce ebbe un’inflessione, << Ha voluto sapere di Tommy, e l’idea di riportarlo da te è stata sua… Ha l’abitudine di intromettersi negli affari degli altri >>.

 

Sally sorrise. << Però è servito, questa volta… Hai sentito Dominic, per caso? >>.

 

Irina alzò gli occhi su di lei, perplessa. << No… Sono due anni che non lo sento più… Immagino che anche per te sia morto >>.

 

Sally sembrò leggermente imbarazzata. << Ehm… Sì, in effetti… >>. Decise di cambiare argomento, e Irina sospettò le nascondesse qualcosa. << Stai sempre con William? >>.

 

Irina annuì, e bevve dal bicchiere, gettando uno sguardo fuori dalla finestra. Tommy le si sedette in grembo, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

 

<< Quindi adesso sei a posto >> disse, << Hai un lavoro, una casa, una vita normale… >>.

 

Sally sorrise radiosa. << E’ stato il regalo più grande che potessi farmi >> disse, << Credevo che non sarei mai riuscita a uscirne… E’ stato come rinascere un’altra volta >>.

 

Irina guardò quella ragazza minuta, che sembrava addirittura più giovane di lei, e si ritrovò a pensare che in fondo si assomigliavano: anche lei era stata prigioniera di un mondo da cui credeva di non uscire mai più, ma alla fine un angelo era piombato sulla sua strada e l’aveva salvata. Lo stesso angelo che aveva incontrato lei.

 

Chissà perché, però, Irina sentiva la speranza che l’aveva posseduta all’inizio stava piano piano scemando. Sentiva che non sarebbe stata fortunata come Sally, che per lei la strada sarebbe stata molto più difficile.

 

Abbracciò Tommy un’ultima volta, poi decise che era ora di andarsene. Il suo umore era piuttosto mutevole, ultimamente.

 

<< Scusami per essere piombata qui senza preavviso >> disse alzandosi, << Però avevo proprio bisogno di vedervi >>.

 

Sally sorrise. << Non ti preoccupare. E’ stato un piacere per me vederti. Ho anche avuto modo di ringraziarti… Non osavo telefonarti, a dirti la verità >>.

 

<< E’ stato bello anche per me >> disse Irina, << Vieni a trovarmi se vuoi. Mi farebbe molto piacere >>.

 

Alla fine le due ragazze si abbracciarono, e Irina diede un ultimo bacio a Tommy, poi uscì e raggiunse l’auto. Si sedette al posto di guida e rimase immobile, le mani sul volante, lo sguardo perso.

 

Era stato bello rivedere Tommy e ritrovare Sally, ma non poteva fare a meno di sentirsi triste. Aveva paura che a lei non sarebbe mai toccato vivere quel cambiamento, tornare a condurre un’esistenza normale. Le sembrava impossibile, dopo quel pomeriggio da incubo passato con William…

 

Accese l’auto e ripartì verso casa. Sperava di non trovare nessuno, perché aveva il presentimento che Xander non l’avrebbe lasciata in pace. Era sicura che lui volesse affrontare il discorso che invece lei voleva evitare.

 

Parcheggiò la TT nel vialetto di casa e scese. Quando rientrò, si accorse che Harry e Denis stavano guardando la Tv in soggiorno, ma suo padre stranamente non era con loro. Infilò la testa in cucina, e la trovò incredibilmente… in ordine.

 

Incredula, Irina guardò il ripiano sgombro dai piatti, il lavandino vuoto e persino gli stracci appesi ai loro ganci. Quando era uscita, c’erano ancora i piatti da lavare… Si diresse verso il frigo e lo aprì: era pieno. Qualcuno che non era lei aveva fatto la spesa.

 

Uscì dalla cucina, in cerca dell’unica persona che forse non avrebbe voluto vedere. Trovò Todd sul retro, nel ripostiglio, che stava cercando qualcosa. Non si accorse nemmeno che lo stava guardando.

 

<< Papà? >> lo chiamò lei, incerta.

 

Todd si bloccò, ma non si voltò a guardarla. Rimase di spalle e borbottò: << Uhm… >>.

 

<< Hai… Hai fatto tu la spesa? >> chiese Irina.

 

<< Sì >> mormorò suo padre, poi tornò a cercare quello che non era ancora riuscito a trovare.

 

Irina guardò le spalle di suo padre, stupita, ma non aggiunse niente. In silenzio tornò in casa, diretta in camera sua.

 

Non si spiegava il fatto che suo padre si fosse sforzato di andare a fare la spesa. Forse aveva talmente fame che aveva deciso che ne valeva la pena. Ma i piatti… Suo padre aveva mai lavato i piatti, in tutta la sua vita? No, decisamente no.

 

Sentì il telefono di sotto squillare ancora, e si precipitò giù per le scale. Se era Xander, era intenzionata a non farsi trovare. Attese in piedi sugli ultimi gradini che Todd andasse a rispondere, e gli disse: << Se è Xander, non ci sono >>.

 

Guardò suo padre alzare la cornetta, sperando che seguisse la sua richiesta.

 

<< Pronto? >> rispose burbero, << No, non c’è adesso. Va bene, glielo dirò >>.

 

Mise giù il ricevitore e la guardò. << Era quel tuo amico, Went. Ti stava cercando, mi ha detto di chiamarlo appena puoi >>.

 

Irina annuì. << Grazie >> mormorò, poi risalì in camera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – Casa

 

Irina aprì cautamente la porta, lasciando entrare Jenny e controllando che non ci fosse nessun’altro nei dintorni. L’amica si fece largo nell’ingresso, poi si voltò a guardarla, seria.

 

<< Allora? Cosa sta succedendo? >> domandò.

 

<< Niente >> rispose Irina, conducendola in soggiorno e lasciandosi cadere stancamente sul divano.

 

<< Niente non mi sembra il termine giusto >> ribatté Jenny, sedendosi di fronte a lei, << Hai un bel po’ di cose da spiegarmi >>.

 

<< E cioè? >> disse Irina.

 

<< Cioè come mai non mi hai avvertito che non saresti venuta all’esame, facendomi preoccupare da morire >> cominciò Jenny, irritata, << Cioè cosa diavolo è successo e soprattutto perché non ti facevi trovare nemmeno al cellulare… Angie ha chiamato Max per sapere se lui ti aveva vista o sentita. Pensavamo avessi avuto un incidente! >>.

 

<< Ah, come è andato l’esame? >> domandò Irina, cercando di sviare il discorso.

 

<< Bene… >> rispose Jenny, << Ma non cercare di cambiare argomento >>.

 

<< Chi ti dice che sia successo qualcosa? >> ribatté Irina, tranquilla.

 

<< Lo vedo, e comunque Xander lo sa e non me lo vuole dire >> rispose Jenny, arrabbiata.

 

Irina fece una smorfia. << Hai parlato con Xander? >>.

 

<< Sì che ci ho parlato. Sono andata da loro, ieri sera. Dice che lo stai evitando, e mi sembrava parecchio scosso. Cosa è successo? >>.

 

<< Non erano affari suoi >> mormorò Irina, << Non si doveva impicciare >>.

 

<< Hai veramente litigato con tuo padre? >> chiese Jenny.

 

Irina la guardò per un momento. << No >>.

 

<< Allora cosa è successo? >>.

 

<< Questa è una di quelle domande a cui non posso rispondere >> ribatté Irina, << Sai qual’erano i patti, no? >>.

 

Jenny sbuffò, spazientita. << Allora perché eviti Xander? Avete litigato? >>.

 

<< Sono stufa che si impicci dei miei affari >> rispose Irina, incrociando le braccia, << Da quando è qui non fa altro che girarmi intorno, sempre pronto a farsi gli affari miei… Ci stiamo cacciando nei guai entrambi >>.

 

Jenny addolcì lo sguardo. << Irina, lo sai perché si comporta così… >>.

 

<< Lo so? No, non lo so perché si comporta così. Cosa diavolo vuole, eh? Gli ho persino detto “Baciami!”, e lui non si è mosso di un millimetro >>.

 

Stava parlando più con se stessa che con Jenny, e immaginava che l’amica non ci capisse molto. Si stava arrabbiando, perché odiava la gente che si impicciava dei suoi affari, per di più quando lei faceva di tutto per nasconderli. Era capace di stare zitta, perché lui voleva sapere sempre tutto? Non poteva lasciarla in pace, visto che l’aiuto che voleva glielo aveva dato? Si era anche resa ridicola, cosa voleva di più?

 

<< Non capisce cosa sta rischiando… >> continuò, << Non capisce che io non ho bisogno di lui… Me la cavo benissimo da sola… L’ho sempre fatto. Arriva lui e devo spiattellargli tutto come se fosse il mio diario personale… >>.

 

Jenny la guardava confusa. << Io… Non capisco, lo sai, vero? >> disse, titubante, << So che non vuoi mettermi nei guai, ma se vuoi che ti aiuti devi spiegarmi cos’è successo… >>.

 

Irina la guardò, desiderosa di condividere tutto con l’amica, ma sapendo di non poterlo fare. Scelse un compromesso.

 

<< Jenny, io sono una pilota clandestina >> disse, la voce perfettamente controllata, << Non faccio la commessa in un negozio. La gente con cui ho a che fare vive nella più completa illegalità. Lo sai perché non mi è mai successo niente, fino ad adesso? >> La voce tremò per un momento. << Perché sono ancora viva? Perché sto ai piani alti, perché quello che la gente chiama “lo Scorpione” è il mio capo, e devo rispondere solamente a lui. E lui detta le regole che vuole. Xander non può starmi vicino, perché rischia troppo. E quando dico rischia, significa che c’è di mezzo la sua vita… E anche la mia >>.

 

L’amica la fissò con gli occhi sgranati, immobile come una statua. Irina attese che si riprendesse, cercando di riguadagnare la calma. Senza un motivo le erano venute le lacrime agli occhi, e qualcosa le si era stretto nello stomaco.

 

<< Irina… >> mormorò Jenny, << Io… >>.

 

<< Non mi aspetto che tu mi capisca >> ribatté lei, << Ci sono dentro per necessità, lo sai. Ma non sono una qualsiasi, dentro il mio giro. Per certi versi mi è anche andata bene, ma non mi fa certo piacere stare dove sono >>.

 

<< Non capisco cosa centri con Xander… >>.

 

<< Xander è venuto qui per cacciarsi nei guai >> disse Irina, << Vuole arrivare il più vicino possibile allo Scorpione, e ha scelto di farlo attraverso me. Solo che non ha messo in conto che allo Scorpione questo non fa per niente piacere. Non lo vuole qui, e non bisogna scherzare con lui. Deve starmi lontano, se non vuole finire male >>.

 

Non era della sua vita, che si preoccupava. Era sapere di mettere in pericolo Xander che la terrorizzava. Ora che William credeva che fossero andati a letto insieme, che tra loro ci fosse qualcosa, era questione di tempo: lo Scorpione lo avrebbe fatto fuori il prima possibile. E lasciarlo avvicinare ancora lo metteva ancora di più nei guai.

 

Jenny la guardava, sconvolta. Non era mai stata così esplicita con lei, e forse non avrebbe mai dovuto esserlo.

 

<< Cosa ha fatto Xander? >> chiese.

 

<< Non posso né voglio più vederlo >> rispose solo Irina, << Ha giocato con me e ci ha messo entrambi nei casini. Più mi sta lontano meglio è per tutti >>.

 

Si alzò di scatto e raggiunse la finestra, agitata. Una parte di lei voleva negarlo, ma un’altra le stava dicendo che era colpa di Xander se era successo tutto quello che era accaduto. Se lui non avesse fatto lo stupido con lei, se non l’avesse illusa come aveva invece fatto, William non si sarebbe mai accorto di nulla. Nessuno dei due sarebbe stato in pericolo come lo era adesso.

 

Jenny rimase in silenzio, senza sapere cosa obiettare.

 

<< E’ per questo che ci hai sempre voluto tenere fuori? >> chiese a voce bassa.

 

<< Sì >> rispose Irina, << Purtroppo non è un gioco. Finché non ci sei dentro, non lo puoi capire. Devi stare attento a quello che fai, a quello che dici, con chi ti vedi. Soprattutto per una come me. Xander è bravo, inizia a dare fastidio alla gente che conta. Per lui è un bene, ma il rischio che corre è grandissimo. Io non posso stare vicina a lui perché mi metto in pericolo, e lui non può stare vicino a me perché mette in pericolo se stesso. E oltre a rischiare, mi fa anche male >>.

 

Lo aveva detto, era stata sincera. Stargli vicino e sapere che lui non provava niente se non l’affetto di una semplice amicizia la faceva soffrire. Forse in modo sciocco, ma soffriva. Se tra loro non era successo niente e non sarebbe mai successo niente, perché continuare a vederlo, a parlargli, e farsi così male?

 

<< Io non credo che stia giocando >> disse Jenny, << Forse ha solo paura… Se rischiate così tanto, magari teme che possa succederti qualcosa… >>.

 

<< Allora non avrebbe dovuto comportarsi come ha fatto fino ad adesso >> ribatté Irina, stizzita, << Non sarebbe dovuto venirmi a prendere a lezione, non avrebbe dovuto portarmi a casa sua… Non avrebbe dovuto dare l’idea che ci tenesse a me, no? >>.

 

Si stava arrabbiando, ma lo stava facendo con se stessa. Era stata così stupida da illudersi da sola, e ora ci stava anche male! Quando avrebbe imparato a smettere di essere una stupida bambina ingenua?

 

<< Se lui non fosse mai venuto a cercarmi, a quest’ora non sarei così incasinata >> continuò, la voce che ogni tanto si impigliava in gola, << A quest’ora… non ci starei così male, cazzo! A quest’ora non mi sarei innamorata di lui, e non sarei qui a soffrire come un’idiota che non sa che cosa vuole! >>.

 

Si sedette sul divano, sotto lo sguardo di Jenny, meno preoccupata di prima. Aveva capito almeno in parte il suo problema.

 

<< Perché dici di non sapere cosa vuoi? >> chiese dolcemente.

 

<< Perché io non lo voglio più vedere… >> rispose Irina, confusa << Tutte le volte che lo vedo non faccio altro che illudermi, e ci sto male. Ma quando ce l’ho davanti, mi sembra sempre tutto così perfetto… Credo di essere innamorata di lui, ma voglio dimenticarlo… Questo stupido gioco è andato avanti per troppo tempo. Non voglio continuare a farmi male >>.

 

Jenny sorrise e si avvicinò a lei. Irina aveva le lacrime agli occhi, le viscere attorcigliate e si sentiva profondamente triste: dire la verità non l’aveva aiutata.

 

<< Se credi sia meglio così, è giusto che tu faccia quello che vuoi >> disse, << So solo che mi dispiace vederti così >>.

 

<< Non lo voglio vedere, Jenny >> disse Irina, risoluta, << Se lo vedi, diglielo. Digli che non deve più mettere piede nella mia vita >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualche ora dopo, Irina era ancora seduta su quel divano, la televisione accesa e lo sguardo a terra, silenziosa. Aveva pianto mezz’ora dopo che Jenny se n’era andata, preda dello sconforto più totale e della confusione. Non sapeva se piangeva perché aveva paura, perché si sentiva una stupida o perché sapeva di essere prigioniera. Stava lì, chiedendosi se veramente non voleva vedere Xander perché era innamorata di lui, o perché voleva evitare le sue domande. O tutte e due.

 

Fosse stato per lei, non avrebbe nemmeno mangiato, ma suo padre era tornato poco prima e di sicuro aveva fame. Si alzò e raggiunse la cucina, tirando su con il naso.

 

Qualcosa le colpì le narici, e si trattava del profumo di uova in padella. Che lei non aveva preparato, su questo almeno era sicura. Varcò con circospezione la soglia della cucina, e si guardò intorno.

 

Todd era di spalle, davanti ai fornelli accesi, intento a guardare il contenuto di una padella che emanava un odore squisito. Prese un contenitore di plastica trasparente e salò quello che stava preparando con qualche incertezza. Irina rimase immobile, in completo silenzio, osservando suo padre che preparava la cena, da solo.

 

Il tavolo era apparecchiato per due, e sopra, incredibilmente, non c’era nessuna bottiglia di birra. Niente. Solo la caraffa dell’acqua, due bicchieri, due piatti e le posate, adagiati sulla tovaglia a righe.

 

Irina si schiarì la voce per avvertire della sua presenza. Todd si voltò di scatto, ma tornò subito a guardare le uova che cuocevano, emettendo solo un borbottio.

 

<< Credevo… Credevo fossi in giardino… >> disse Irina.

 

Suo padre grugnì qualcosa, poi aggiunse con voce più chiara: << E’ quasi pronto. Se hai fame, siediti >>.

 

Irina si avvicinò al tavolo, lentamente, come se si aspettasse che da un momento all’altro la padella volasse per aria dritta verso di lei. Il comportamento di suo padre era troppo strano per farla sentire tranquilla.

 

Si sedette, sempre senza staccare gli occhi dalla schiena di Todd. Cosa gli era preso? Per caso aveva battuto la testa da qualche parte?

 

Suo padre si voltò, la padella in mano, e le versò nel piatto l’uovo preparato con il sugo di pomodoro, poi fece altrettanto nel suo piatto e rimise la padella sui fornelli. Afferrò il telecomando, accese la tv e si sedette a tavola.

 

<< Grazie… >> mormorò Irina, guardandolo di sottecchi.

 

<< Buon appetito >> grugnì lui, e iniziò a mangiare.

 

Con sorpresa e nonostante il poco appetito, Irina scoprì che era buono. Un piccolo boccone dopo l’altro, gettava occhiate incuriosite e stupite verso suo padre, senza capire perché si comportasse in quel modo.

 

<< E’… E’ molto buono >> disse, per rompere il silenzio infranto solo dall’uomo del telegiornale.

 

<< Ce n’è ancora, se lo vuoi >> disse Todd, accennando verso la padella.

 

<< No, grazie, non ho molta fame >> replicò Irina, sperando di non offenderlo.

 

Rimasero in silenzio a guardare il telegiornale, finché Todd le gettò un’occhiata rapida e disse: << Li lavo io i piatti >>.

 

Irina lo guardò con tanto d’occhi, troppo stupida per riuscire a dire qualcosa. Annuì in silenzio e osservò suo padre sparecchiare e occuparsi dei piatti, senza dire una sola parola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo strano comportamento di Todd durò anche nei due giorni seguenti, senza che Irina ne riuscisse a capire il motivo. La mattina usciva e tornava l’ora di pranzo, lucido, e se non si occupava di preparare da mangiare, si offriva di lavare i piatti. Il pomeriggio stava nel retro, metteva a posto il ripostiglio o si occupava del giardino. Il tutto senza toccare nemmeno una volta una bottiglia di birra.

 

Il cambiamento risultava molto positivo, ma Irina non si sentiva troppo tranquilla. Aveva altro di cui preoccuparsi, che pensare a cosa faceva suo padre, e non capire perché si comportasse in quel modo non l’aiutava.

 

Jenny venne a trovarla un’altra volta, insieme a Katy ed Angie, ma evitarono di parlare dei suoi problemi. Le fecero passare un bel pomeriggio e riuscirono anche a farla uscire di casa, portandola a prendere un gelato sul lungomare. Chiacchierano allegramente e dimenticò per qualche ora il suo tumulto interiore.

 

Ritornata a casa, sbrigò un paio di faccende e poi incrociò suo padre che continuava a fare le pulizie nel retro.

 

<< Ha chiamato quel tuo amico… >> disse, riferendosi a Xander, << E poi… Sally >>.

 

Irina annuì e se ne andò in camera sua, chiedendosi perché Sally l’avesse chiamata… Forse voleva passare a trovarla.

 

Il telefono di casa squillò ancora, come faceva troppo spesso in quei giorni, e lasciò che suo padre andasse a rispondere. Ma questa volta non eraXander né Sally.

 

<< E’ William… >> disse Todd.

 

Irina afferrò il ricevitore con il cuore in gola, chiedendosi cosa volesse lo Scorpione. Era sicura che non lo avrebbe sentito ne visto almeno per una settimana…

 

<< Cosa c’è? >> chiese solo, la voce bassa e fioca.

 

<< Vieni a casa mia >> disse William, gelido, << Adesso. Devo darti una cosa >>.

 

<< Va… Va bene >> disse Irina.

 

Chiuse la telefonata, per un istante pensò di non andarci, ma poi cambiò idea. Fuggire non era la cosa migliore. Recuperò le chiavi della TT e mezz’ora dopo si fermava nel parcheggio interno di Casa Challagher.

 

Una di fianco all’altra, c’erano tre auto: una Lamborghini Murcielago, di Dimitri, una Mercedes SL rossa e… una BMW M3 bianca. Stupita, si chiese cosa ci facesse Xander a casa di William, e il cuore iniziò a battere insistentemente nel suo petto. Poi notò che la targa era diversa… Non era lui. Doveva essere l’auto di Barrow.

 

La Mercedes le risultava familiare, ed era sicura che l’avesse vista da qualche altra parte… Era la stessa che faceva parte di quel carico di auto che avevano rubato un mese e mezzo prima? Ricordava dovesse essere di Hanck

 

Si diresse rapidamente verso l’ingresso, dove uno dei domestici le disse di attendere un momento nell’ingresso. Anche da li riusciva a sentire le voci che provenivano dal soggiorno.

 

<< … devo portare la Zonda >> stava dicendo lo Scorpione, << E’ l’unica che non posso lasciare qui… Sì? E’ arrivata? Bene >>.

 

Dal soggiorno Irina vide sbucare William, l’espressione beffarda che aveva sempre dopo che le dimostrava di non essere nessuno. Le fece un cenno con il capo e la condusse in un’altra stanza, quella che usava per giocare a carte con gli amici. Lei non disse una parola, perché aveva ancora addosso la paura che aveva provato qualche giorno prima.

 

<< Lo hai visto? >> chiese lo Scorpione, riferendosi a Xander.

 

<< No >> rispose subito Irina.

 

Lui le gettò un’occhiata, poi prese da un mobile una scatola nera e la appoggiò sul tavolo. Da essa tirò fuori un cellulare Nokia ancora incartato, lucido. Tolse la pellicola e lo accese, rigirandoselo tra le mani.

 

<< Gli ho fatto fare una piccola modifica >> disse, guardandola, << Non puoi aggiungere né chiamare nessun numero che non abbia inserito io in rubrica… E con questo saprò sempre dove sei, chiaro? Tienilo acceso anche di notte, e portatelo dietro dappertutto >>.

 

Glielo diede in mano, e Irina lo fissò.

 

<< Credo che tu abbia capito che devi smetterla di fare la furba >> continuò William, rimettendo a posto la scatola, << Ho occhi dappertutto… >>. Il suo sguardo si fermò al suo collo, e aggiunse, addolcendo la voce: << Dov’è la tua collana? >>.

 

Irina si portò istintivamente la mano dove lui aveva indicato. Il quadrifoglio che portava addosso non c’era più, non lo trovava da quel pomeriggio…

 

William le afferrò il polso e lo avvicinò a lui, senza dire niente. Da una tasca tirò fuori una scatola di velluto blu. La aprì delicatamente, tirando fuori un braccialetto d’oro bianco, sottile, con un piccolo zaffiro incastonato. Le gettò un’occhiata prima di legarglielo al polso, con una strana delicatezza.

 

<< Non fare come con tutti gli altri regali che ti ho fatto >> disse, << Tienilo, questa volta >>.

 

<< Lo sai che non lo voglio >> ribatté Irina, secca.

 

William emise un sospiro esasperato: sembrava stesse cercando di non perdere la pazienza. << Perché fai così? Ti avevo chiesto una sola cosa, all’inizio: essermi fedele. Ti ho sempre lasciato libera di fare quello che volevi… Perché ti ostini a comportarti in questo modo? >>.

 

Irina lo guardò, disgustata. Voleva farle credere di sentirsi in colpa? Di essere dispiaciuto per averla trattata come un oggetto? Prima le metteva le mani addosso, e poi le faceva dei regali? Rimase in silenzio, come se non avesse nemmeno sentito quello che aveva detto. Non lo guardò nemmeno, tanto era arrabbiata e impaurita.

 

William le prese il mento e le alzò il volto.

 

<< Irina, io non ho mai trovato nessun’altra ragazza come te >> le soffiò sul viso, << Sei perfetta… Perché non vuoi capire che siamo fatti per stare insieme? Perché mi odi così tanto? Perché mi fai diventare così? >>.

 

“Diventare così” era l’espressione migliore che potesse usare. Irina rimase in silenzio, lo sguardo rivolto alla finestra, il volto imprigionato a pochi centimetri da quello dello Scorpione, ponendosi la stessa domanda. Perché era così fissato con lei?

 

<< Dimmi cosa ho sbagliato >> continuò William, << Spiegami perché mi disprezzi così tanto… Ho tutto quello che una ragazza possa desiderare: soldi, potere, locali… >>.

 

<< Lasciami in pace >> disse solo Irina, cercando di allontanarsi. Era così pieno di sé che non sapeva nemmeno dove aveva sbagliato…

 

<< Non posso sopportare di saperti tra le braccia di qualcun altro >> disse William, avvicinandole ancora di più il volto al suo, percorrendo con gli occhi verdi il profilo del suo viso, << Lo capisci? Sei l’unica che desidero veramente, l’unica che ogni volta che vedo mi piace sempre di più… Cosa posso darti per fartelo capire? Sono pronto a regalarti qualsiasi cosa… >>.

 

Questa volta lei lo guardò, sapendo che dai suoi occhi trapelava solo disprezzo.

 

<< Non voglio nessun regalo. E’ questo che non riesci a capire >> disse, << Non mi interessano i soldi, o il potere. Non li ho mai voluti >>.

 

<< E allora cosa vuoi? >> chiese William, gli occhi inchiodati ai suoi.

 

<< Voglio rispetto >> rispose Irina, gelida, << Voglio che mi lasci in pace. E’ questo che non capisci. Pensi che io voglia gioielli, auto, vestiti… Ma ti sbagli. Non mi interessano i soldi. Voglio che tu smetta di trattarmi come un oggetto, come la tua bambolina… Voglio che ti fermi, quando io ti dico “no” >>.

 

Lo Scorpione la fissò con gli occhi spalancati, e lei fu certa di aver commesso un errore. Era stata troppo diretta, troppo esplicita. William diminuì leggermente la pressione sul suo mento, gettò una rapida occhiata alle sue labbra e poi domandò, serio: << E’ questo quello che vuoi? >>.

 

Quella discussione le riportò alla mente quella fatta con Xander, a Las Vegas, una sera che sembrava ormai appartenere a un’altra vita. Una sera in cui aveva sperato, in cui aveva quasi pregato per un bacio che non era venuto… E che desiderava ancora.

 

Il volto di Irina sfiorò quello dello Scorpione, senza che lei dicesse niente. Annuire significava fargli intendere che poteva dargli un’altra possibilità; negare, invece, che non gliela voleva dare. Il silenzio era la migliore risposta che poteva dargli senza scatenare la sua ira.

 

La mano di William percorse la sua schiena, e inspirò a fondo quasi volesse catturare la sua essenza. Chiuse gli occhi per un momento, la bocca vicina alla sua, poi li riaprì e la guardò con dolcezza.

 

<< Ricominciamo tutti da capo, allora >> disse, << Da zero. Cercherò di darti quello che desideri. Ti renderò mia cercando di essere quello che tu vuoi che sia >>.

 

“Non puoi essere quello che non sei. Non puoi essere quello che non vuoi essere”.

 

Davanti al suo silenzio, William le passò un dito sul mento e sorrise. La sua mano si mosse leggera sulla sua schiena, attirandola più vicino.

 

<< Ti prego, riproviamoci. Sei la mia droga, non posso fare a meno di te >>.

 

<< Impara a farlo, allora >> ribatté Irina.

 

A quel punto, William la baciò con tanta delicatezza da lasciarla stordita. Per la prima volta, le lasciò la possibilità di ritrarsi, di sfuggire a quelle labbra che disgustava con tutta stessa. Ma Irina non lo fece, rimase incollata alla sua bocca, preda di qualcosa che era solo disperazione.

 

Aveva agognato tanto quel bacio, e ora che lo aveva veniva dalla persona sbagliata. Eppure non riusciva a sottrarsi, non riusciva a non pensare che William aveva appena fatto quello che Xander non aveva fatto. Quello che Xander non voleva fare.

 

Disperata, si aggrappò a quelle labbra che odiava e amava al tempo stesso, cercando di dirsi che non era William, quello che la teneva delicatamente per la vita, che la stava accarezzando con dolcezza… Cercando di immaginare che fossero di Xander, quelle labbra che stava assaggiando…

 

Una lacrima le rigò la guancia, e un singhiozzo la costrinse a staccarsi da William. Lui la guardò, e passò un pollice sulla striscia salata sulla sua pelle.

 

<< Cos’hai? >> chiese a bassa voce.

 

Irina scosse il capo, ritrovando il controllo.

 

<< Lo vedi? >> disse lui, sorridendo, << Sono stato quello che mi hai chiesto… Non sono il mostro che mi credi >>.

 

Irina si lasciò scappare un altro singhiozzo, e prima di scoppiare in lacrime prese il cellulare e si voltò, scappando fuori dalla stanza e guadagnando l’uscita con la vista offuscata, senza voltarsi indietro. Per paura di aver sbagliato ancora. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Irina arrivò a casa, aveva ancora gli occhi lucidi e il respiro corto, come se avesse fatto di corsa tutta la strada. Era troppo sconvolta per chiedersi di chi fosse l’auto parcheggiata a pochi metri dal vialetto, un’auto che non aveva mai visto.

 

Solo quando entrò in soggiorno e vide chi c’era seduto sul divano, tornò al mondo reale.

 

Todd, Harry e Denis parlavano con un ragazzo che Irina non vedeva da due anni… La causa di tutti i suoi problemi… La causa di tutto il suo dolore. Che aveva scelto di tornare adesso.

 

Dominic.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Voilà… E anche Dominic è tornato, per incasinare ancora di più il già troppo caotico mondo di Irina.

Che dire… la nostra povera Fenice inizia a crollare. Le sta sfuggendo tutto di mano, e non è mai stata confusa come lo è adesso. Vuole una cosa, ma ne può ottenere solo un’altra.

Xander e William. Le due parti in cui Irina è divisa, a cui è legata suo malgrado da sentimenti di amore e odio, di amicizia e paura. Perché in fondo, li ama e li odia entrambi, perché sono troppo simili, per certi versi.

Non mi dilungo troppo, oggi. Ho di nuovo problemi il pc, quindi non so quando riuscirò ad aggiornare… Ringrazio tutti quelli che recensiscono sempre e mi fanno sempre tantissimi complimenti, che mi riempiono di gioia! Un bacio grandissimo!

 

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


Capitolo XIII

Capitolo XXIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Casa

 

Irina guardò suo fratello Dominic, seduto sul divano, i capelli più lunghi di come li ricordava, l’espressione meno sbruffona di quella a cui era abituata. Rimase pietrificata, la lingua incollata al palato, il cuore che sembrava essersi fermato. In un attimo, le lacrime che le avevano offuscato la vista di asciugarono, permettendogli di vedere la scena in modo anche troppo nitido.

 

<< Cosa fai tu qui? >> chiese, la voce molto simile a un rantolo.

 

Dominic si alzò, rivelandosi anche più alto di Todd, e allargò le braccia come per invitarla ad avvicinarsi.

 

<< Ciao Irina >> disse con un mezzo sorriso.

 

La ragazza continuò a rimanere immobile, fissando il fratello con gli occhi spalancati. Aveva pregato di non rivederlo mai più, di non incrociarlo di nuovo sulla sua strada, e ora era lì davanti a lei. Di nuovo.

 

<< Cosa ci fai qui? >> domandò ancora, afferrando lo stipite della porta come per sorreggersi.

 

Dominic la scrutò in faccia per un momento. << E’ un po’ di tempo che non ci vediamo… >> mormorò.

 

<< Vattene >> disse Irina a voce bassa, sentendo che per quel giorno non poteva sopportare altro.

 

<< Irina… So cosa hai dovuto fare >> iniziò Dominic, << Mi sono giunte voci, giù in Messico… >>.

 

La ragazza lo guardò con occhi di fuoco. In quel momento, era la persona che odiava di più al mondo. Si permetteva di fare il pentito?

 

<< Tu non sai un cazzo >> sibilò, in preda alla rabbia << Non sai niente di quello che è successo quando te ne sei andato… Non ti sei fatto nessuno scrupolo a svignartela come un coniglio… Perché sei tornato? >>.

 

Dominic si avvicinò, quasi volesse abbracciarla, ma Irina fece un passo indietro. << Stammi lontano… Perché sei qui? >> ringhiò.

 

<< Volevo vedervi >> rispose lui.

 

<< Bugiardo >> ribatté Irina, << Non te ne è mai fregato niente di noi. Hai qualche altro debito da pagare? Ti sei ficcato di nuovo nei guai? >>.

 

<< No >> rispose Dominic, << Non ho altri debiti… >>.

 

<< Da quanti giorni sei qui? >> chiese Irina.

 

<< Due >>.

 

La ragazza ci mise un attimo a collegare il fatto che Sally le avesse chiesto se lo aveva visto o sentito. Lei sapeva già del suo ritorno.

 

<< Sei stato da Sally, vero? >> domandò, gelida.

 

Dominic non rispose, ma dalla sua espressione Irina capì che era così.

 

<< Sei andato da lei, vero? Hai saputo che si era sistemata >> disse, arrabbiata, << Cosa pensavi di fare? Di tornarci insieme, adesso che ha una casa e un lavoro serio? >>.

 

<< Irina… >> iniziò Dominic.

 

L’espressione di finto dispiacere che vedeva campeggiare sul volto di suo fratello la mandava ancora di più in bestia. Lo conosceva, e sapeva che non faceva mai niente per niente. Gettò un’occhiata a suo padre e a Harry e Denis, seduti impietriti sul divano, prima di gridare: << Sta zitto, Dominic! Non azzardarti a tornare nella loro vita! Stanno meglio senza di te, come lo sono stata io fino ad adesso! Tornatene nel tuo buco a nasconderti! >>.

 

Dominic sembrò arrabbiarsi. << Sono tuo fratello >> disse, << Non puoi trattarmi così… >>.

 

A quel punto Irina esplose. << Dominic, te ne sei andato lasciandoci tutti nei casini! >> gridò, << Non hai idea di cosa ho dovuto fare per pagare tutti i tuoi debiti! Dopo quello che hai fatto, ho giurato di non voler più rivederti! Hai persino abbandonato tuo figlio! >>.

 

Per un momento pensò di chiamare William e dirgli che Dominic era tornato: se gli avesse chiesto di mandarlo via, lo avrebbe certamente fatto. In fondo, niente poteva essere peggio di quello che era successo a lei.

 

<< Dominic, vattene immediatamente da qui o chiamo William >> disse, minacciosa. << Hai il coraggio di farti vedere da lui? >>.

 

Suo fratello fece un passo indietro, spaventato. << Non fare la stronza >> disse, << Non penso di meritarmi questo ricatto >>.

 

<< Non lo pensi? >> ribatté Irina, << Che cosa sai di me, eh? Che “voci” ti sono giunte fino al tuo buco? >>.

 

<< So che sei la terza della lista >> rispose Dominic, << Che sei la favorita dello Scorpione… Anche dalle nostre parti si sa che sei la pilota donna più forte in circolazione >>.

 

<< Ah, è questo che sai? >> disse Irina con una smorfia, << Chi te lo ha detto, eh? >>.

 

<< Simon Cohen >> rispose Dominic.

 

Irina lo fissò, sbigottita. << Lo conosci? >> boccheggiò.

 

<< Mi ha dato una mano a nascondermi, quando sono fuggito in Messico >> rispose Dominic.

 

Irina scosse il capo, incredula. Allora era stato in Arizona, e conosceva Simon…

 

<< Perfetto… Adesso vattene >> disse, sull’orlo di una crisi isterica.

 

<< Irina… >>.

 

<< Vattene o chiamo William >>.

 

Dominic le rivolse un’occhiata furiosa, poi indietreggiò e infilò la porta, senza salutare nessuno. Irina lo guardò sparire, sentendo sbollire la rabbia in un attimo. Volse la testa verso suo padre e i suoi due fratelli, che la guardavano con tanto d’occhi.

 

<< Spero non abbiate niente da dire >> disse minacciosa, poi entrò in cucina e si sbatté violentemente la porta alle spalle.

 

Quella non era la sua giornata. Prima William, ora Dominic. Cosa diavolo volevano da lei?

 

Suo fratello era un’idiota: era tornato perché era sicuro di non rischiare niente, ma non si era chiesto se lei voleva vederlo. In effetti, aveva sempre pensato che non sarebbe più tornato… E poi, Simon. Doveva essere stato lui a raccontare a Dominic quello che stava facendo… Perché non le aveva detto di conoscerlo?

 

E ora cosa doveva fare?

 

“Niente. Non devo fare niente. E’ tornato a suo rischio e pericolo, non posso stargli dietro come a un bambino… Ho fatto anche troppo, fino ad adesso. Se la deve cavare da solo, ora”.

 

Passeggiò avanti e indietro per la cucina, cercando di tranquillizzarsi. Non erano problemi suoi, in fondo. Non più. E poi Dominic doveva aver imparato la lezione: non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore, per di più sotto il naso dello Scorpione…

 

Già, lo Scorpione. Irina non lo avrebbe avvertito, anche se molti altri lo avrebbero fatto. Se Dominic riteneva di poter farsi vedere da lui, erano solo affari suoi.

 

In quel momento le tornò in mente quello che era accaduto poco prima, quello che l’aveva sconvolta a tal punto da farla tornare a casa in lacrime.

 

Stava impazzendo. Lo aveva baciato, cercando in lui Xander. Aveva praticamente accettato la sua proposta di ricominciare tutto da capo… Di dimenticare tutto e voltare pagina… Di lasciarsi ammaliare di nuovo, di perdonarlo per tutto il male che aveva fatto.

 

Una smorfia le deformò il volto, e si accasciò sulla sedia. Ormai stava crollando. Tutte le vicissitudini che aveva passato la stavano portando sull’orlo della follia. Quanto ancora poteva sopportare?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa di Xander

 

<< Cosa sta succedendo, eh? >> chiese Xander, minaccioso.

 

<< Jenny mi ha detto che sono due giorni che non esce di casa >> rispose Jess, in piedi nel soggiorno, teso, << Non lo so cos’abbia… Non lo sa nemmeno lei, a dir la verità. Dice che non vuole vedere nessuno… >>.

 

<< Devo parlare con lei >> ribatté Xander, arrabbiato, << Devo vederla. Cosa le ho fatto per meritarmi la minaccia di non entrare più nella sua vita? >>.

 

Jess sospirò. << Senti, Jenny mi ha pregato di convincerti a starle lontana >> disse, << Io non so cosa sia successo, ma mi sembra preoccupata… >>.

 

<< Non me ne frega niente >> ribatté Xander, << Mi avete tenuto lontano da quella casa per cinque giorni… Vi ho ascoltato, ma ora mi sono stufato >>.

 

Per i suoi standard, era stato più paziente del solito. Aveva accettato di aspettare solo perché c’era di mezzo Irina, altrimenti la sua pazienza sarebbe finita già da un pezzo.

 

Afferrò le chiavi dell’auto e infilò la pistola nella cintura dei pantaloni. Era infuriato oltre ogni dire, e ogni minuto che aveva passato lontano da Irina lo aveva reso sempre più nervoso. Doveva vederla assolutamente.

 

<< Xander… >> disse Jess.

 

<< Fermami >> lo aggredì, minaccioso, << Ho cercato di usare la testa, ma come vedo non è servito a niente… Torno a fare come mi dice l’istinto >>.

 

Girò sui tacchi e uscì di casa. Un quarto d’ora dopo fermava la BMW vicino ad una Golf rossa che sapeva essere di Max e una Fiesta che doveva essere di Jenny. Irina non era da sola.

 

Non scese dall’auto: sapeva che se fosse andato a suonare, Irina non sarebbe venuta ad aprirgli. Lo aveva già fatto una volta. Guardò le finestre, senza vedere nessuno in soggiorno. Dovevano essere in cucina.

 

Attese mezz’ora, aspettando che Max e Jenny uscissero di casa per andargli incontro e costringergli a dire come stava Irina e soprattutto perché lei non voleva vederlo.

 

Finalmente, vide la porta di casa aprirsi, e il meccanico uscire insieme a Jenny. Notarono subito la BMW bianca parcheggiata a poca distanza da loro, e rimasero inchiodati dov’erano.

 

Xander scese dall’auto e li raggiunse, ma sul volto di Max si dipinse un’espressione inferocita. Gli venne incontro, lasciando Jenny sulla porta d’ingresso, sorpresa.

 

<< Che cazzo le hai fatto, eh?! >> gli gridò, pronto a spingerlo. Non riuscì nemmeno a toccarlo, che Xander lo aveva preso per un braccio e glielo aveva torto dietro la schiena, immobilizzandolo.

 

<< Non saltarmi mai più addosso in questo modo, o la prossima volta il braccio te lo spezzo >> ringhiò Xander, infuriato, << E in ogni caso, io non le ho fatto proprio niente >>.

 

Max si liberò con uno strattone, e lui lo lasciò voltarsi verso di lui. << Cosa ci fai qui? >> domandò minaccioso.

 

<< Voglio incontrare Irina >> rispose Xander.

 

<< Sei l’unica persona che non vuole vedere, in questo momento >> ribatté Max.

 

<< Non mi interessa. Devo parlare con lei >>.

 

Jenny si avvicinò con aria triste, e gli gettò un’occhiata. << Xander, è meglio che tu te ne vada >> disse, << Davvero. Non serve discutere… >>.

 

<< Perché all’improvviso non mi vuole più vedere, eh? >> ringhiò lui, sempre più arrabbiato.

 

Jenny strinse le labbra, come per impedirsi di dire qualcosa. Guardò per un momento Max, poi tornò a fissare lui.

 

<< Senti, non è facendo così che migliorerai la situazione >> disse, << Lasciala stare per un po’ di tempo, e tutto si sistemerà >>.

 

<< Si sistemerà? Non è evitandomi che risolverà il suo problema, qualunque esso sia >> ribatté Xander, << Non posso stare qua senza sapere come sta e soprattutto che cos’ha… >>.

 

“Non posso stare qui dopo che so che cosa le ha fatto quel bastardo… Non la posso lasciare da sola”.

 

Sul viso di Jenny si dipinse un minuscolo sorrisetto, poi fece cenno a Max di andare via.

 

<< Vai pure, ci penso io a lui >> disse.

 

Era chiaro che voleva mandare via Max per potergli dire qualcosa a quattrocchi, perché se sperava di convincerlo ad andarsene si sbagliava di grosso. Con sguardo dubbioso, il meccanico si allontanò ma si voltò un paio di volte prima di risalire in macchina e poi partire diretto a casa. Solo a quel punto Jenny riprese a parlare.

 

<< Xander… Lo sai che il problema sei tu, vero? >> disse, quasi divertita.

 

<< Non era difficile da immaginare >> ribatté lui, serio.

 

<< Allora lo ammetti anche tu che ti stai comportando in maniera strana, con lei >> continuò Jenny.

 

Xander sbuffò. << Non è questo il problema >> disse, << E’ un altro. Non vuole che mi intrometta nella sua vita, nonostante abbia bisogno di aiuto >>.

 

<< E’ una scusa, questa >> disse Jenny, << Irina è solo enormemente confusa. Ed è colpa tua. Non ti vuole vedere perché la stai confondendo >>.

 

Xander non ci credeva molto. Secondo lui Irina voleva solamente evitare che si impicciasse nei suoi affari.

 

Jenny cambiò improvvisamente espressione, e diventò seria.

 

<< Senti, penso tu sia un bravo ragazzo, anche se non ho ancora capito che cosa ci fai qui >> disse, << Ma Irina è la mia migliore amica, e non mi va di vederla soffrire in questo modo. Quindi se stai solo giocando, ti prego di smetterla perché non è la ragazza da una notte e via, capito? >>.

 

Xander la fissò, sbalordito. Era tutto lì il suo problema?

 

<< Io non sto giocando >> ribatté, << E lei lo sa. Non sono qui per fare lo stupido, tanto meno con lei. Se la sto confondendo mi dispiace, ma non posso fare altrimenti: abbiamo già combinato troppi casini. Per questo devo parlare con lei >>.

 

<< Di cosa dovete parlare? >> domandò Jenny.

 

<< Di quello che è successo ultimamente >> rispose Xander, secco, << Di quello che vuole ignorare… >>.

 

<< E che a me non vuole dire >> concluse Jenny, << Lo so che è successo qualcosa, Xander, e so anche se nessuno dei due ha intenzione di parlarne con me… So che non faccio parte del suo giro, e che mi vuole tenere fuori per evitarmi dei guai… >>.

 

<< Non è per quello >> la interruppe Xander, << Solo che mi ha chiesto di non dirlo a nessuno, quindi non posso tradire la mia parola. Se lo facessi mi odierebbe davvero >>.

 

Jenny lo guardò per un momento, poi gettò uno sguardo alla casa.

 

<< Le ho promesso di aiutarla >> disse, << E mi ha chiesto di tenerti lontana da lei… Non posso farti entrare… >>.

 

<< Se le hai davvero promesso di aiutarla, allora il migliore aiuto che puoi darle è convincerla a incontrarmi >> ribatté Xander.

 

Jenny sospirò e si avviò verso la porta d’ingresso. Era stata troppo arrendevole, e lei non lo era mai: molto probabilmente pensava anche lei che Irina non dovesse rimanere da sola.

 

<< Non farmi pentire di quello che sto per fare >> disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Irina aprì la porta di casa e si ritrovò davanti Jenny, si disse che forse doveva aver dimenticato qualcosa. Poi vide Xander, e allora rimase paralizzata, lo sguardo che correva dall’amica al ragazzo.

 

<< Jenny… >> balbettò, sentendosi improvvisamente tradita.

 

Come se lo avesse programmato, nella sua testa riaffiorò il ricordo di quella sera, quando Xander l’aveva trovata seduta per terra, tra le lacrime, sola a piangere il suo dolore. Della sua faccia di quando aveva capito, dell’espressione che aveva avuto in ospedale… Sapeva che sarebbe accaduto, se lo avesse rivisto.

 

<< Cosa ci fai qui? >> gli domandò, la voce di ghiaccio. Stava tentando in tutti i modi di non apparire turbata, ma non ci stava riuscendo.

 

<< Perché mi eviti? >> ribatté Xander, stagliato sotto lo stipite della porta, sempre troppo alto e troppo perfetto per una come lei.

 

<< Ragazzi, per favore… >> si intromise Jenny, << Manteniamo la calma… >>.

 

Irina gli lanciò un’occhiata di fuoco, poi si fece da parte per lasciarla entrare in casa, anche se non avrebbe voluto farlo. Xander si autoinvitò e la seguì.

 

<< Perché mi stai evitando? >> la aggredì subito, arrabbiato, << Cosa ti ho fatto questa volta, eh? >>.

 

Irina si voltò a guardarlo, poi gettò una fugace occhiata a Jenny.

 

<< Non ti sto evitando >> ribatté. Era una bugia bella e buona, ma non era disposta a dirgli la verità, non in quel momento.

 

Xander fece una smorfia. << Certo… Allora come mai mi hai minacciato di non entrare più nella tua vita? >> disse.

 

<< Credo che dovresti capirlo da solo >> ribatté Irina.

 

<< Peccato che mi è impossibile >> rispose Xander, e gettò un’occhiata eloquente a Jenny. Voleva che se ne andasse, anche Irina lo capì.

 

L’amica spostò lo sguardo da una all’altro e poi disse, imbarazzata ma con un impercettibile sorrisetto: << Credo che sia meglio che vi lasci da soli >>.

 

Senza aggiungere altro, Jenny uscì dalla stanza, con Irina che iniziava a innervosirsi veramente. Se rimaneva, Xander non avrebbe mai fatto domande scomode…

 

Il ragazzo puntò gli occhi azzurri su di lei, trapassandola da parte a parte.

 

<< Allora? >> disse.

 

<< Allora cosa? >>.

 

<< Smettila di evitare il discorso >> disse Xander, arrabbiato, << Per una settimana non mi hai voluto vedere, non hai risposto alle mie telefonate, hai cercato di scappare per evitare tutte le mie domande… Perché non mi hai detto che cazzo stava succedendo, eh? >>.

 

Aveva centrato subito la domanda a cui Irina non voleva rispondere: come sempre, sapeva meglio di lei quali erano i suoi punti deboli.

 

<< Perché non era necessario >> disse solo.

 

<< Dovevo aspettarmelo >> fece Xander, con un sorriso triste, << Quando riguarda te stessa, niente è mai necessario, vero? >>.

 

<< Sì >> ribatté Irina, in tono di sfida, << Ti crea qualche problema il fatto che io non voglia creare problemi? >>.

 

<< Sì, mi da fastidio >> rispose Xander, << Mi da fastidio sapere che ti lasci usare solo perché pensi che non ti meriti la considerazione di qualcuno, chiaro? Mi da fastidio che quel dannato figlio di puttana di metta le mani addosso e io non lo sappia, ok? Mi da fastidio sapere che pensi che non me freghi niente di te, quando è tutto il contrario >>.

 

Irina rimase in silenzio, a fissarlo cercando di registrare il significato delle sue parole. Le sembrava sincero, ma… Ma rimaneva il fatto che tra loro non c’era mai stato niente, ed era stato lui a volerlo.

 

<< Sono comunque fatti miei >> disse, gelida.

 

<< Sono anche fatti miei, invece >> ribatté Xander, << Sono io che ti sto mettendo… >>.

 

<< Dimmi una cosa, Xander >> lo interruppe lei, << Chi credi di essere per poterti intromettere nella mia vita, eh? Non sei mio padre, non sei mio fratello… Forse non sei nemmeno un amico. Cosa ti fa credere che io ti debba venire a raccontare tutti i fatti miei, eh? Cosa ti fa pensare che io ti debba venire a confessare tutti i miei problemi? >>.

 

<< Allora perché non lo hai detto a Max, o a Jenny, o chiunque altro?! >>.

 

<< Perché tanto non sarebbe servito a niente >> ribatté Irina, abbassando il capo per non permettergli di vedere il dolore nei suoi occhi, << Mi avrebbero solo guardata come una povera stupida… E non è la commiserazione degli altri, che voglio >>.

 

Improvvisamente, si sentì stanca, svuotata. Come aveva fatto per tutti quei giorni, alternava stati di rabbia a fasi di apatia e depressione. Troppe cose stavano sfuggendo al suo controllo, troppi cambiamenti stavano sconvolgendo la sua vita. Si sentiva spaesata, sola, abbandonata in un mondo di problemi che avrebbe voluto risolvere da sola.

 

Sentì la mano di Xander afferrarle delicatamente il mento e tirarle su la testa.

 

<< Irina, tu non sei una povera stupida >> disse, << Ti avrebbero aiutato, lo sai >>.

 

<< Si sarebbero solo messi nei guai >> disse lei, a voce bassa, << William avrebbe fatto del male anche a loro >>.

 

La mano di Xander tremò impercettibilmente per un istante. << Allora perché non me lo hai detto a me? Io non ho paura di Challagher… E’ lui ad avere paura di me >>.

 

Irina si staccò bruscamente e gli diede le spalle. Doveva dirgli la verità? Che aveva paura di vedere la pena nei suoi occhi?

 

<< Lascia perdere… >> mormorò.

 

<< No, non lascio perdere >> ribatté lui, << Perché? >>.

 

Irina sentì la rabbia montare di nuovo. Insisteva. Insisteva nel voler sapere tutto di lei.

 

<< Non ha importanza >> disse.

 

<< Irina… >>.

 

La ragazza si voltò di scatto. << Come mi avresti guardato, eh?! >> sbottò, << Cosa avresti pensato di me? Faccio tanto la furba, e poi mi caccio nei guai come una sciocca bambina. Sono così stupida da cercarmele da sola… >>.

 

<< Non è colpa tua, Irina >> disse Xander, serio, << Non hai fatto niente per meritarti una cosa del genere… >>.

 

<< Invece sì, Xander! >> disse lei, e qualcosa le pizzicò agli angoli degli occhi, << Sono io che me la sono cercata! Se non fossi… Se non avessi… >>.

 

Se quella volta, quella sera in cui aveva creduto di essersi innamorata di William, avesse fatto finta di niente, se avesse accettato lo Scorpione per quello che era, non sarebbe mai successo nulla. Se non avesse fatto la difficile, molto probabilmente sarebbe stata questione di una sola notte, poi William si sarebbe stufato di lei…

 

Le lacrime iniziarono a colargli lungo le guance, mentre lei cercava invano di combatterle. Non poteva piangere davanti a lui, non poteva mostrarsi di nuovo così debole…

 

<< E’ tutta colpa mia, Xander… Sono solo una stupida. Me la sono meritata… Non dovevo innamorarmi di lui… Non avrei mai dovuto fare questo errore >>.

 

Si voltò di spalle per non vedere l’espressione che si sarebbe dipinta sul volto di Xander, cercando ancora di trattenere le lacrime, ma la voce ormai le tremava. Non riusciva a resistere, aveva bisogno di sfogare tutto quello che aveva provato nei giorni precedenti, tutta la rabbia, il dolore e la paura.

 

<< Irina… >> mormorò Xander, e la sua voce era strana. Chissà cosa pensava di lei, ora che gli aveva detto che una volta era stata così idiota da innamorarsi dello Scorpione. Si girò, anche se aveva paura di vedere la sua faccia.

 

Xander sembrava stupito. Stupito e in qualche modo addolorato. Sembrava volesse dire qualcosa, ma rimase in silenzio, gli occhi azzurri che scrutavano il suo viso.

 

<< Visto Xander? >> disse lei, << Sono una sciocca… Mi sono lasciata ammaliare da lui, e poi mi sono tirata indietro. E’ colpa mia. Sono stata io a provocarlo >>.

 

<< No >> sbottò Xander, afferrandola per le spalle, << No, Irina. Qualunque cosa tu hai fatto, non è colpa tua… Forse hai fatto un piccolo errore a fidarti di lui, ma questo non vuol dire che ti sei meritata la punizione. Voglio solo sapere perché non me lo hai detto >>.

 

Irina lo guardò negli occhi, cercando di controllare la voce.

 

<< Xander… Io mi vergognavo… Avevo paura di quello che avresti pensato… >> disse lentamente.

 

Il ragazzo le accarezzò una guancia. << Non ce n’era nessun motivo, lo sai… Posso pensare tutto di te, ma non che sei una stupida >>.

 

Irina deglutì, continuando a guardarlo. Vide il suo sguardo indugiare per un momento sulla sua gola, poi tornare ai suoi occhi.

 

<< Perché non mi volevi vedere? Solo perché ti vergognavi di quello che è successo? >> chiese dolcemente.

 

Irina annuì in silenzio, anche se era solo una parte della verità. Xander continuò a scrutarla.

 

<< C’è dell’altro >> disse, e non era una domanda.

 

Irina sospirò e si allontanò, diretta alla finestra.

 

<< Chi c’era l’altra volta, Irina >> domandò Xander.

 

Lei si voltò per guardare fuori.

 

<< Non me lo chiedere >> rispose.

 

<< Voglio sapere come è andata >>.

 

Non poteva chiederle di ripensare a quel giorno. Eppure le ritornò subito in mente la paura che aveva provato… Il terrore che aveva sentito scorrere nelle vene al pensiero che William, una volta finito con lei, andasse a cercare Xander

 

<< Perché? >>.

 

<< Perché quando me lo ritrovo davanti, lo ammazzo >> ribatté Xander, la voce così gelida da metterle paura.

 

<< No Xander, lascialo stare >> disse lei, << Stagli lontano, per favore >>.

 

<< Io non gli voglio stare lontano! Io lo ammazzo appena me lo ritrovo davanti… Rimpiangerà anche si averti solo sfiorato! >>.

 

Irina si voltò verso di lui. << Xander, sarà lui ad ammazzarti se gli darai fastidio! >> gridò, e poi scoppiò in lacrime, senza più riuscire a trattenersi.

 

Il ragazzo la abbracciò con forza, accarezzandole la testa.

 

<< Mi ha giurato che ti farà fuori >> continuò lei, tra i singhiozzi, << Xander, William è pericoloso… >>.

 

<< Non mi farà niente >> disse Xander, cercando di tranquillizzarla, << So essere pericoloso quanto lui… Avanti, come è andata? >>.

 

<< Credeva solo che fossimo andati a letto insieme… >> rispose Irina, la voce bassissima.

 

<< E poi? Chi c’era ancora? >>.

 

<< C’era Dimitri… Ma è rimasto di sotto, con mio padre… >>.

 

A quel punto, la voce di Irina venne meno. Un’enorme peso nel cuore le impediva di continuare, un peso con cui condivideva la vita da due anni, e che non riusciva a togliersi.

 

<< Non è colpa tua, piccola >> mormorò Xander.

 

A quelle parole, Irina singhiozzò più forte. Diceva che non era colpa sua… Allora perché non riusciva a togliersi quel peso che si portava nel cuore? Perché non riusciva mai a sentirsi a suo agio, in pace con se stessa? Perché non riusciva mai a stare ferma senza che qualcosa le tornasse a invadere la testa?

 

<< Irina… Raccontami come è successo la prima volta >>.

 

Improvvisamente, la lingua si sciolse di fronte a quella voce calda e dolce che riusciva sempre a farle fare quello che voleva… Nel suo petto, qualcosa iniziò a premere con forza, desideroso di uscire. Questa volta non sarebbe stata in grado di tenerlo a bada, di sbarrargli l’uscita come aveva sempre fatto.

 

Irina era crollata. Aveva resistito per due anni, tenendosi dentro tutta la paura e il dolore che aveva provato, ma ora, di fronte a tutto quello che stava succedendo, la sua anima non riusciva più a sostenersi da sola. E l’unico sostegno che voleva, era il suo, quello di Xander. Perché così come aveva abbattuto tutti i muri con cui si era circondata, era anche riuscito a sfondare la porta chiusa a chiave del suo cuore.

 

Lentamente, mangiandosi le parole, bagnando di lacrime la maglietta di Xander, raccontò per la prima volta quella notte di due anni prima, di quel garage pieno di auto di lusso che era diventato la tomba della sua anima. Di come aveva capito che alla fine lei non fosse nessuno, solo una stupida ragazza troppo giovane per stare in quel posto.

 

Poi tacque, continuando però a piangere, stordita per quella sensazione di vuoto che aveva addosso, di completa apatia. Forse non era nemmeno cosciente del fatto che Xander stesse stringendo convulsamente il bordo della sua maglia. Non si riscosse nemmeno quando lo sentì prenderla da sotto le ginocchia, issandola in braccio come una bambola di pezza, e si andò a sedere sul divano, con lei ancora seduta sopra di lui.

 

Irina rimase così, immobile, imbambolata, aggrappata al suo collo, il suo profumo che le arrivava potente alle narici, abbandonata sulle sue ginocchia come una bambina. Era esausta, e spaventata per aver perso così tanto il controllo… Però finalmente riusciva a sentirlo di nuovo. Il suo cuore. Il suo cuore adesso era libero da ogni peso, e riprendeva a battere, ferito, lacerato, ma tornava a vivere.

 

E l’unica sensazione che riusciva a provare era tranquillità. Finché fosse rimasta tra le braccia di Xander, non le sarebbe successo niente… Si sentiva protetta come mai prima di allora, e non voleva che cambiasse. Si era sempre chiesta cosa si provasse nel poter fare affidamento su qualcuno, nel poter credere che non si era completamente da soli… Aveva sempre avuto paura di mostrarsi debole, perché essere deboli significava essere indifesi… Ma davanti a Xander, non aveva più paura. Non l’avrebbe abbandonata.

 

Sentì Xander muoversi, ma non la lasciò andare. Continuò a tenersela stretta addosso, gettandole un’occhiata forse per vedere la sua espressione. Riusciva a sentire il suo cuore battere all’unisono con il suo, il petto che premeva contro quello muscoloso di lui.

 

<< Promettimi che aspetterai >> mormorò Xander, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

 

Irina non colse appieno il significato di quelle parole. Stava lentamente scivolando in un mondo fatto di oscurità e oblio… Non si chiese nemmeno cosa potesse fare suo padre, che stava rientrando in quel momento in casa, quando li avrebbe visti…

 

Sentì Xander dire qualcosa, ma il suono della sua voce era lontano… Non stava parlando con lei, comunque. Qualcun altro borbottò qualcosa che lei non riuscì ad afferrare, poi fu tutto silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Irina si svegliò, la prima cosa che si chiese fu quando si era addormentata, e soprattutto perché in quella strana posizione. Poi si ricordò, e si staccò di botto dal collo di Xander.

 

<< Ciao piccola. Dormito bene? >> chiese lui con un sorriso luminoso.

 

<< Oh… Scusami… Io… >> borbottò lei, in imbarazzo.

 

Xander le prese il viso tra le mani e le schioccò un bacio sulla fronte. << Niente scuse >> disse, << Anzi… Forse però potevi scegliere un posto più comodo >>.

 

Irina sorrise, stranamente tranquilla. In quel momento le andava bene tutto, persino quel misero bacio sulla fronte. Provava un po’ di vergogna nell’essersi mostrata così debole, ma ormai non poteva andare peggio di così: Xander l’aveva conosciuta per quello che era, e non l’aveva abbandonata. Quello era l’importante.

 

Si alzò e guardò l’orologio, sentendo gli occhi di Xander che la scrutavano. Lo vide frugarsi in tasca e tirare fuori un cellulare argentato.

 

<< Oh no, anche tu? >> chiese Irina, divertita.

 

<< Perché dici così? >> disse Xander, perplesso.

 

<< Me ne ha dato uno nuovo William >> rispose Irina con un sorriso, << Quelli che avevo me li ha distrutti tutti… >>.

 

<< Un motivo in più per regalartene un altro >> ribatté Xander, << Che terrai accesso, per favore >>.

 

Glielo porse e Irina lo prese, guardandolo. Anche quello ultimo modello e super accessoriato.

 

<< Immagino che dentro ci sia una microspia o una cosa del genere >> disse ridacchiando.

 

<< Può darsi >> rispose evasivo Xander, tirando fuori qualcos’altro. Era un involto bianco, che aprì e da cui uscì una pistola. << E questa… La sai usare? >>.

 

Irina diventò seria. << Ho provato qualche volta, ma non ho intenzione di usarla >> rispose, << E comunque, di quelle William se ha una stanza intera… Non credo che servirà molto, se vuole farmi fuori >>.

 

<< Non ti ucciderà, perché altrimenti non avrà più nessuno con cui giocare >> ribatté Xander, funereo, << Ma potrebbe sempre servirti. Sono più tranquillo se la tieni >>.

 

Irina scosse il capo, ma la prese comunque, lasciandola nel suo involto bianco. Davanti allo sguardo affettuoso di Xander, però, ritrovò subito il sorriso.

 

<< La torta che mi hai lasciato l’altra volta era davvero buona, te l’ho detto? >> chiese lui.

 

<< No, ma lo sapevo già >> disse Irina, << Mi piace cucinare, e sono anche brava >>. Lo guardò per un momento, poi aggiunse: << Xander… Posso dirti una cosa? >>.

 

<< Certo >>.

 

<< E’ tornato mio fratello Dominic >> disse Irina.

 

Xander le gettò un’occhiata, poi sbuffò.

 

<< Vedo che le cose vanno sempre peggio… >> borbottò, << Qualcos’altro? >>.

 

<< Mio padre si comporta in modo strano… >>.

 

<< In che senso? >>.

 

<< E’ un po’… Come dire… Servizievole >>. Irina trovò buffa quella parola associata a suo padre. << Pensavo fosse una cosa passeggera, invece va avanti da un po’… Si è messo a fare i lavori di casa… L’altra sera ha persino preparato la cena >>.

 

Sul volto di Xander si dipinse un’espressione di compiacimento. << Una spiegazione c’è >> disse, << L’altra sera mi hai promesso di non andare da Challagher, e non ci sono andato… Però ho trovato tuo padre, e gli ho sbattuto in faccia che sei veramente sua figlia >>.

 

<< Oh… Co-Come lo sai? >> fece Irina, sbigottita.

 

<< Test del DNA >> rispose semplicemente Xander, << L’ho fatto di nascosto… Mi dispiace di non avertelo detto, ma volevo scoprire la verità >>.

 

Irina non riuscì ad arrabbiarsi davanti alla sua espressione gentile, anche perché era troppo presa dalla consapevolezza che quello che aveva considerato suo padre per anni alla fine lo era davvero. E anche il dubbio che sua madre lo avesse tradito scompariva. Ecco perché Todd ora sembrava considerarla un essere vivente.

 

<< Sei preoccupata per tuo fratello, vero? >> domandò Xander.

 

<< Sì… Dovrei odiarlo, ed era quello che pensavo di provare fino a poco tempo fa… >> rispose Irina, << Ma non ci riesco. Ho paura che si cacci nei guai >>.

 

<< Ci hai parlato? >>.

 

<< Praticamente no. L’ho sbattuto fuori di casa appena me lo sono ritrovato davanti… >> rispose Irina, leggermente imbarazzata.

 

<< E’ comprensibile, ma forse è il caso che vi incontriate… E mettiate in chiaro un po’ di cose >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – 5° Strada

 

<< Ti sei nascosto in Messico >> disse Irina, seduta al tavolino rotondo del bar dove di solito andava con le amiche. Dominic, di fronte a lei, sorseggiava il suo drink con aria strafottente. << Come mai proprio lì? >>.

 

Alla fine Xander era riuscito a convincerla a incontrare suo fratello per metterlo in guardia, e per cercare di capire come mai avesse deciso di tornare proprio ora. Irina trovava la cosa un po’ fastidiosa, ma doveva ammettere che aveva ragione: era meglio controllarlo per evitare che si cacciasse nuovamente nei guai.

 

<< Non sei la ragazza di Challagher? >> domandò a sua volta Dominic, facendo un cenno con il capo verso la BMW M3 bianca parcheggiata poco lontano, con Xander dentro, nascosto dai vetri scuri. Aveva voluto accompagnarla, per “tenerla d’occhio”, come aveva detto lui. << Te la fai anche con quello lì? >>.

 

<< Tu cosa pensi? >> ribatté Irina, con aria di sfida.

 

<< Penso che sei abbastanza furba da farti passare come la ragazza di William, ma in realtà non lo sei >> rispose Dominic con un mezzo sorriso. << Sbaglio? >>.

 

<< Non sbagli. La gente pensa che io lo sia, ma non è così. Continuo a fare di testa mia… Allora, come mai in Messico? >>.

 

<< Non lo so >> rispose Dominic, scrollando le spalle, << Mi sono diretto da quelle parti, e ho trovato un paio di persone che erano disposte ad aiutarmi, se avessi lavorato per loro… Da quelle ci sono un sacco di corse clandestine. Ho fatto l’organizzatore e anche qualche gara, visto che lì non sono bravi come a Los Angeles >>.

 

<< E Simon? Quando lo hai incontrato? >> chiese Irina.

 

<< Qualche mese dopo >> rispose suo fratello, << E’ un tipo strano, ma si è interessato a me. Mi aveva chiesto come mai me ne fossi andato da Los Angeles, e io gli ho spiegato la situazione. Poi mi aveva raccontato che c’era una ragazza da queste parti che si faceva chiamare Fenice e che stava scalando la Lista ad una velocità sorprendente… >>.

 

<< Ero io >>.

 

<< Ma io non lo sapevo… E non lo immaginavo nemmeno, a dirti la verità >> continuò Dominic, << L’ho scoperto solo qualche tempo dopo. Simon è venuto da me e mi ha detto che Fenice era mia sorella. All’inizio non ci credevo, ma mi ha detto che ti aveva incontrato di persona e che eri veramente tu >>.

 

In effetti, chi lo avrebbe mai immaginato? Lei stessa era stupita per ciò che era diventata…

 

<< Mi hai detto che ti aveva aiutato >> riprese Irina, << Che ti aveva dato una mano a nasconderti >>.

 

<< Sì, all’inizio mi aveva trovato qualche lavoretto non troppo sporco da fare >> spiegò Dominic, << Secondo lui non dovevo dare troppo nell’occhio… Quando però ha scoperto che stavi ripagando i miei debiti, ha detto che non ce n’era più bisogno… Si è arrabbiato molto nel sapere che vi avevo lasciato da soli, però ha continuato a farmi lavorare per lui >>.

 

<< E’ un ex agente dell’F.B.I. >> disse Irina, << Lo sapevi? >>.

 

<< Sì, girano alcune voci sul suo conto >> rispose Dominic, sempre molto tranquillo << Anche se quasi nessuno crede siano vere. Dicono che una volta era un infiltrato, ma poi ha mollato tutto quando hanno ammazzato la sua donna… Lui però non me ne ha mai parlato, quindi non credo sia vero >>.

 

Irina annotò a mente tutto quello che suo fratello le stava dicendo: era piuttosto interessata alla faccenda di Simon, soprattutto perché lui a lei non aveva mai detto nulla.

 

<< E’ stato Simon a dirti di Sally, quindi? >>.

 

<< Sì. Mi aveva detto che aveva una casa e un lavoro… E che… Che Tommy era di nuovo con lei >>.

 

C’era stato un cambiamento nella voce di Dominic, un cambiamento che indicava che almeno si sentiva in colpa per come aveva trattato suo figlio.

 

<< Perché non ti sei portato anche Sally,quando sei scappato? >> chiese Irina, << Potevate andarvene insieme, rifarvi una vita da qualche altra parte… Sapevi che era incinta >>.

 

<< Certo che lo sapevo! >> sbottò Dominic, appoggiando bruscamente il bicchiere sul tavolo << Ma me lo aveva detto quando ormai non stavamo quasi più assieme… Oltretutto, non ero pronto ad avere un figlio, cazzo! Lei lo voleva tenere, e io ero pieno di debiti. Quando sono scappato non sono stato lì a pensare alle conseguenze >>.

 

“E hai fatto male” pensò Irina.

 

<< Spero solo che tu ti sia pentito di aver mollato Tommy qui >> disse.

 

Dominic abbassò lo sguardo, e Irina capì che anche lui era dotato di un istinto paterno che finalmente era venuto fuori.

 

<< Non immaginavo che Sally lo lasciasse a te >> disse, ma non sembrava sentirsi in colpa per quello.

 

<< Eravamo tutti nei guai >> disse Irina, << Ha fatto la scelta che le sembrava migliore… E forse lo è stata. Cosa hai intenzione di fare, adesso? Rimani o te ne vai di nuovo? >>.

 

<< Credo di poter rimanere >> rispose Dominic, << Se ci sei tu a proteggermi, William non dovrebbe farmi niente. Da quanto ho capito, sei un pezzo grosso… >>.

 

Irina fece una smorfia. << Non abbastanza da assicurarti che nessuno ti faccia niente >> ribatté, << E comunque, non ho ancora pagato tutti i tuoi debiti, quindi potrebbe benissimo prendersela ancora con te >>.

 

Cercò di spaventarlo, giusto per prendersi una piccola rivincita. Dominic aveva il vizio di dare sempre tutto per scontato, compreso il fatto che lo Scorpione avesse cambiato bersaglio: in realtà era così, ma era meglio che lui non lo sapesse. La frase ebbe il suo effetto, perché suo fratello abbandonò un po’ della sua spavalderia.

 

<< Stai diventando come loro… >> borbottò.

 

Irina cambiò posizione e fece un sorrisetto. << E’ il prezzo da pagare per averti salvato la pelle >> ribatté, << Tieniti fuori dai guai e il più lontano possibile dallo Scorpione. Se vuoi rimanere, metti in conto che non ti tirerò fuori dai casini un’altra volta >>.

 

<< Quindi non dirai a William che sono tornato? >> domandò Dominic.

 

<< No, non lo farò >> rispose Irina, << Ma te lo ripeto: non cacciarti nei guai. Cosa ha detto Sally quando ti ha visto? >>.

 

<< Era sorpresa, però… Mi è sembrata abbastanza contenta di vedermi… Forse… , potremmo ricominciare da capo… >>.

 

Irina guardò l’espressione di suo fratello, e comprese che, nonostante il suo comportamento, amava ancora Sally. Forse era tornato proprio per lei, ma non voleva ammetterlo.

 

<< Rimani da lei, allora >> disse, << Trovati un lavoro serio e ricominciate da capo… Al resto ci penso io >>.

 

“E a me, quando tocca ricominciare?”.

 

Gettò un’occhiata verso la BMW ferma, e si alzò. La conversazione era durata abbastanza, e aveva voglia di stare insieme a qualcun altro.

 

<< Ci vediamo, Dominic >> disse, << E ricordati cosa ti ho detto >>.

 

Fece per andarsene, ma suo fratello la chiamò.

 

<< Ehi, Irina, aspetta un attimo >>.

 

La ragazza si voltò.

 

<< Quel tipo chi è? >> domandò, accennando alla BMW.

 

<< Quello che potrebbe salvare la pelle a me, a te e a tutti quanti >> rispose Irina.

 

<< … >> fece suo fratello, chiaramente confuso, << Digli che tuo fratello lo tiene d’occhio. Non mi piace, quel tipo… >>.

 

Irina fece una smorfia. << E’ lui che tiene d’occhio te >>.

 

“Idiota…Non hai nemmeno idea di che cosa è in grado di fare…”.

 

Poi si voltò e raggiunse Xander, seduto in auto con la radio accesa. Si accomodò di fianco a lui, notando che Dominic stava ancora guardando dalla loro parte.

 

<< Allora? >> chiese Xander, accendendo il motore.

 

<< Rimane qui >> disse Irina, << Sapeva di Sally… Glielo ha detto Simon Cohen… A proposito, non mi hai mai spiegato bene come mai era un’agente dell’F.B.I…. >>.

 

Xander uscì dal parcheggio. << Dominic cosa sa? >>.

 

<< Mi ha detto che ha lasciato l’F.B.I. per via di una donna… >>.

 

Il ragazzo svoltò a destra, poi fermò l’auto in riva alla spiaggia. Guardò per un momento il mare calmo e azzurro stagliato sotto il sole che si andava via via abbassando, e poi si decise a parlare.

 

<< Cohen era stato mandato in Messico a fare l’infiltrato, circa otto anni fa >> disse, << Doveva occuparsi di una rete di trafficanti di droga che si procurava la droga dal Sudamerica e la esportava in tutti gli Stati Uniti. Purtroppo, nessuno sapeva che dietro c’era George Challagher, il padre di William >>.

 

Irina ascoltò in silenzio, senza stupirsi. Sapeva fin dove arrivava il potere della famiglia Challagher.

 

<< Era riuscito a racimolare un po’ di informazioni, e stava iniziando a entrare nel giro >> continuò Xander, << Andava a rilento, però la missione procedeva abbastanza bene… Aveva iniziato anche a correre nelle gare clandestine… Poi però ha incontrato una donna >>.

 

Xander si interruppe stranamente, fissando il volante con aria fin troppo seria.

 

<< Credo si chiamasse Magdalena… Era una ragazza del posto, che non centrava assolutamente niente con la gente con cui aveva a che fare. Non so nemmeno dove l’abbia incontrata. So solo che si era innamorato di lei, e che aveva iniziato a trascurare la missione… Mio padre all’epoca era suo amico, sa meglio di me come sono andare le cose. Comunque, pare che avesse fatto delle promesse che non era disposto a mantenere, e sai meglio di me quanto i Challagher possano essere bastardi. Gli intimarono di andarsene, se non voleva guai, ma lui rimase… Una mattina trovò Magdalena morta, uccisa con un colpo di pistola alla testa e il chiaro messaggio che il prossimo sarebbe stato lui >>.

 

Irina guardò l’espressione di Xander, turbata, fissa sull’orizzonte. Era la prima volta che lo vedeva così: non le stava nemmeno rivolgendo lo sguardo.

 

<< A quel punto ha mollato tutto e ha abbandonato l’F.B.I.: la sua intenzione era quella di ammazzare Challagher, appena lo avesse trovato >> concluse.

 

<< Quindi alla fine non vi ha traditi? >> domandò Irina.

 

<< No. Il suo intento era solo quello di uccidere Challagher… Non ci è mai riuscito, però. Mi ha detto che è troppo protetto… Continua a sperare, comunque >>.

 

<< E’ questo che vi siete detti a Las Vegas? Appena dopo che vi siete incontrati? >> chiese Irina, a voce bassa.

 

<< Sì… Per questo non mi intralcerà. Non gli interessa che vengano arrestati, lui vuole solo Challagher senior >>.

 

C’era qualcosa di assurdamente inquietante, in quella storia. Irina rimase turbata nello scoprire il passato di quel gigante alto due metri che lei aveva sempre trovato molto simpatico, e che era sempre stato gentile con lei. Anche Xander sembrava colpito, e molto preoccupato.

 

<< Stai bene? >> gli chiese, vedendolo troppo silenzioso.

 

<< Sì… Voglio solo fare quella maledetta gara con Dimitri >> rispose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Come avevo detto, aggiorno il più in fretta possibile. Aspettatevi gli altri capitoli in breve tempo, perché devo assolutamente avviarmi alla fine…

Ringrazio tutti coloro che commentano e leggono sempre! Un bacio grande!

 

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


Capitolo XXIV

Capitolo XXIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Canyon

 

Irina stava in piedi nella piazzola dove attendeva l’inizio della gara. Era nervosa, e continuava a passeggiare avanti e indietro, nel tentativo di darsi una calmata. Vicino alla Punto c’erano parcheggiate la Ford GT di Dimitri e la Mercedes di William. Più in là, sparsi un po’ ovunque, c’erano decine di ragazzi, venuti per assistere a una delle gare più pericolose per un pilota.

 

Era pieno pomeriggio, e il sole estivo rischiarava l’intera vallata sotto di loro. La strada del canyon si dipanava in strette curve a gomito e tornanti, muovendosi sinuosa lungo un paesaggio mozzafiato, con il mare blu all’orizzonte e l’azzurro del cielo terso a fare da cornice. Tutto molto bello e suggestivo, ma in quel momento Irina provava tutto tranne che meraviglia.

 

Non si era aspettata che la gara di Xander le mettesse così tanta agitazione. Aveva paura che gli succedesse qualcosa, e lo sguardo gelido di Dimitri la terrorizzava. Il russo sembrava determinato nel suo intento: far fuori Xander in un bell’incidente. E di solito raggiungeva sempre il suo obiettivo.

 

In quel momento stava parlottando con William, appoggiato alla Ford GT con le braccia incrociate. Erano entrambi seri, isolati dal resto del gruppo.

 

Irina guardò Dimitri, e lui ricambiò il suo sguardo. Sembrava distaccato, ma l’occhiata che le lanciò diceva tutto: considerava la faccenda solo una scocciatura, oltretutto dovuta a lei.

 

William volse lo sguardo dalla sua parte.

 

<< Non era necessario che venissi >> disse, serio.

 

<< Volevo vedere come sarebbe andata >> ribatté lei.

 

Si sentì il rombo di un motore provenire da sotto di loro, poi la Ferrari 458 Italia sbucò da dietro un costone di roccia, i fari a led accesi. Qualcuno fischiò con ammirazione mentre Xander si fermava vicino alla GT. Non scese nemmeno dall’auto, rimanendo nascosto dietro i vetri scuri della Ferrari. Irina stava cercando di immaginare l’espressione che doveva aver assunto alla vista dello Scorpione.

 

William si avvicinò e il finestrino della Ferrari si abbassò lentamente, mostrando il volto di Xander. Era una maschera di ghiaccio, gli occhi così freddi che trapassavano lo Scorpione da parte a parte. Sembrava totalmente impassibile, ma la vena sul suo collo pulsava fin troppo visibile. Vederlo perdere il controllo doveva essere spaventoso.

 

William gli disse qualcosa, e Xander rispose con un cenno. A quel punto Dimitri salì sulla Ford e si andarono entrambi a posizionare al centro della strada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che pensò Xander quando vide Challagher a pochi metri da lui, fu di scendere dall’auto, andargli incontro e tirargli un pugno in faccia. Avrebbe tanto voluto sfogare quella rabbia che aveva represso fino a quel momento, e il solo pensiero che avesse sfiorato Irina con le sue mani gli mandava il sangue alla testa. Con lei poteva approfittare della sua forza fisica, ma non con lui.

 

Come Irina gli aveva chiesto, si era tenuto lontano da lui, ma tra i due era lo Scorpione a dover temere il loro incontro. Ora che se lo vedeva li davanti, lo sguardo tronfio e l’espressione tranquilla, sentiva la rabbia montare come non mai. Con Irina a pochi metri si comportava come se non fosse mai successo niente, come se non le avesse mai fatto nulla. Come faceva a guardarla in faccia, dopo tutto il male che le aveva fatto?

 

Senza che lo volesse, il pensiero di quelle mani che scorrevano sulla pelle chiara e delicata di Irina senza che lei lo volesse gli invase la testa. Anche solo l’idea che quegli occhi gelidi percorressero il corpo della ragazza, che le loro labbra si sfiorassero gli fece accelerare i battiti del cuore. Non era solo gelosia, quella provava, ma anche furiosa rabbia per quello che ormai lui non poteva più cambiare.

 

Voltò la testa verso la Ford GT, dove Dimitri stringeva il volante e fissava la strada davanti a sé. Sembrava tranquillo, ma il dito che picchiettava sullo sterzo indicava che aveva fretta di cominciare.

 

Alla sua sinistra comparve un’ombra, e lui si voltò di nuovo. Irina si era abbassata sull’auto, e lo guardava seria e preoccupata.

 

<< Stai attento >> sussurrò, << Dimitri è spietato… Piuttosto lascialo vincere, ma escine vivo >>.

 

Xander sorrise. << Tranquilla, mi conosci >> disse, << Raggiungimi al traguardo appena puoi, piuttosto >>.

 

Irina annuì, poi guardò qualcosa che stava appeso allo specchietto retrovisore della Ferrari. Era la sua catenina con il ciondolo a forma di quadrifoglio, che Xander aveva trovato quella sera in casa sua e che aveva dimenticato di darle. Sapeva che non se ne separava mai.

 

<< Scusami, ma ero un po’ preso da… altro >> disse, << Mi sono scordato di ridartela >>.

 

<< Allora la avevi tu… >> mormorò Irina, poi sorrise, << Bé, meno male, credevo di averla persa… Tienila pure: ti servirà un po’ di fortuna >>.

 

Qualcuno la afferrò per un braccio e la scostò bruscamente di lato. William entrò nel suo campo visivo, lo sguardo di ghiaccio. Xander sentì il cuore accelerare di nuovo.

 

<< Allora, sei pronto? >> chiese freddamente lo Scorpione.

 

<< Quando vuoi >> ribatté Xander.

 

William guardò Irina. << Vai tu a dare il via >> disse, poi si allontanò, diretto al lato della strada.

 

La ragazza passò lentamente accanto alla Ferrari, e nel farlo sfiorò delicatamente la mano di Xander, appoggiata sul fianco dell’auto. Si voltò e gli rivolse un impercettibile sorriso, poi scappò al centro della strada per dare il via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina raggiunse la linea di partenza, e si mise di lato, pronta a dare inizio a quella gara che sapeva sarebbe stata spietata.

 

Avrebbe voluto fermare Xander, costringerlo ad andarsene di lì il più in fretta possibile. Dimitri non era come lei, e nemmeno come Jim Whitman, il Cobra: il Mastino era pronto a farti fuori, se solo lo voleva.

 

Irina non aveva mai gareggiato contro di lui, perché William le aveva concesso di arrivare solo fino al terzo posto, ma dubitava che se anche ci avesse provato, avrebbe avuto qualche speranza di vincere. Il russo era uno di poche parole e che amava fare fatti. Forse proprio per quello si era guadagnato l’amicizia dello Scorpione, ed era praticamente il suo braccio destro.

 

Per un momento esitò: finché non si fosse mossa, Xander era salvo. Sentì gli occhi di tutti addosso, il mormorio di chi commentava l’esito della gara, e lo sguardo impaziente dello Scorpione.

 

<< Muoviti >> disse freddamente, le braccia conserte, appoggiato al muretto di pietra che lo separava dallo strapiombo di sotto.

 

Irina guardò la Ferrari rossa ferma a pochi metri da lei. Il motore della Ford GT rombò impaziente.

 

“Ti prego Xander, non mi interessa che tu vinca… Voglio solo che arrivi alla fine”.

 

La sua mano si abbassò, e le due auto sfrecciarono ai suoi fianchi, facendola barcollare. Rimasero l’una accanto all’altra fino alla prima curva, poi svoltarono a sinistra iniziando la rapida discesa, sparendo alla vista.

 

Irina corse verso il parapetto, sporgendosi oltre per vedere di sotto. Sbiancò non appena vide la Ferrari sbandare sul ciglio della carreggiata che finiva sullo strapiombo di sotto. La GT la stringeva cercando di farla cadere, spingendola di lato.

 

Sentì il cuore fermarsi per un momento, poi però la Ferrari inchiodò lasciando passare Dimitri in testa. Si piazzò dietro di lui e poi cercò il sorpasso a destra.

 

<< Forse è meglio che non guardi >> disse qualcuno alle sue spalle, la voce leggermente divertita.

 

Irina si voltò, guardando William raggiungere il parapetto e appoggiarsi con aria tranquilla per guardare di sotto.

 

<< Hai chiesto a Dimitri di farlo fuori, vero? >> sibilò Irina, tra i denti.

 

<< Hai qualcosa in contrario? >> ribatté William.

 

<< Perché? >> chiese Irina, cercando di controllare la voce, anche se avrebbe tanto voluto urlargli addosso, << Lo vuoi ammazzare solo perché pensi che sia interessato a me? >>.

 

William continuò a guardare di sotto, e Irina non ebbe il coraggio di imitarlo. Aveva il terrore di sporgersi e vedere qualcosa che non sarebbe stata in grado di accettare. Forse era davvero meglio che non guardasse.

 

<< Non lo penso, lo so >> disse lo Scorpione, << E tu non terresti così tanto a lui, se non te ne importasse niente >>.

 

Si era tradita da sola, ma non le importava. Dimostrare che era preoccupata faceva capire che lo era davvero.

 

<< Dimmi perché non lo vuoi più tra i piedi >> disse Irina, << Solo perché credi che siamo andati a letto insieme? >>.

 

William questa volta la guardò, e nei suoi occhi passò una scintilla. << Avevamo detto di ricominciare tutto da capo, ricordi? Di dimenticare tutto quello che è successo. Io sto dimenticando… E se mi dici che non c’è stato niente tra te e Went, voglio crederti. Questo non toglie però che non lo voglia più tra i piedi >>.

 

<< Hai paura di lui >> concluse Irina, << Sei terrorizzato dal fatto che possa essere più forte di te… Che ti costringa a lasciare il tuo trono… >>.

 

La vena sul collo di William pulsò, ma questa volta non le tirò uno schiaffo, come faceva quando lei lo metteva alle strette. La sua mano però tremò, e sembrò faticare a rimanere immobile.

 

<< Smettila di provocarmi, Irina >> disse, << Stai facendo di tutto per farmi arrabbiare e per costringermi a essere cattivo con te… E lo so il perché. Non ti sono indifferente, l’ho capito. Non mi avresti baciato in quel modo, l’altra volta, se tu mi avessi veramente odiato. Stai facendo di tutto per costringerti a disprezzarmi, ma non ci riesci, vero? Tu mi vuoi quanto io voglio te, solo che non vuoi ammetterlo >>.

 

Irina rimase impalata, fissando con gli occhi spalancati lo Scorpione, un sorriso soddisfatto dipinto sul bel volto. Sentì qualcuno gridare mentre la gara continuava di sotto, ma arrivò tutto ovattato, alle sue orecchie.

 

William le aveva appena detto una verità che stentava a credere, che voleva rimuovere ma che in parte era esatta. Era vero, stava cercando di trovare ogni pretesto per odiare a morte lo Scorpione, eppure c’era qualcosa che al contempo la attirava, in lui. Qualcosa che le l’aveva spinta a baciarlo come mai aveva fatto prima di allora…

 

Stava definitivamente impazzendo. Possibile che il suo desiderio di poter essere ricambiata da Xander la spingesse a scegliere proprio la persona che avrebbe dovuto odiare di più al mondo? Possibile che, nonostante tutto, subisse ancora il fascino di William?

 

Aprì la bocca per qualcosa, ma non ci riuscì.

 

<< Avanti, ammettilo >> disse William, avvicinandosi, << So che non riesci a resistermi, se divento quello che vuoi tu… >>.

 

Le passò il pollice sul mento, senza che lei riuscisse a muoversi. Era terrorizzata di scoprire che le parole di William erano vere, che in fondo lo amava ancora… Però qualcosa scattò prima che il suo viso sfiorasse quello dello Scorpione.

 

L’unica cosa di cui aveva bisogno era amore. Semplice affetto. Aveva bisogno di sentirsi protetta, di sentirsi apprezzata, di sentirsi amata. E William era riuscito a dargli quell’illusione, comportandosi da gentile con lei. Ma era sempre e solo un’illusione… L’unico che era riuscito a darle quella vera sensazione era stato Xander

 

Si scostò di scatto e raggiunse di corsa la macchina, salendo sopra e chiudendo violentemente la porta.

 

“Sto uscendo fuori di testa…”.

 

Sentì delle grida provenire da poco lontano, e vide William correre verso l’auto. La gara doveva essere finita, oppure doveva essere successo qualcosa. La Mercedes partì sgommando sparendo oltre la curva, diretta di sotto.

 

Xander!”.

 

Senza pensarci due volte, accese il motore e poi seguì William a valle, il cuore che batteva all’impazzata. Molto probabilmente batté ogni suo record, perché quando arrivò al traguardo le sembrava fossero passati solo pochi secondi da quando era partita.

 

Vide la Mercedes di William ferma a bordo strada, mentre lui correva verso il ciglio del dirupo. Irina si catapultò giù dalla macchina, lasciando il motore acceso, pronta a gettarsi per vedere come stava Xander.

 

Però non fu necessario. La Ferrari 458 era ferma oltre il traguardo, la fiancata rovinata, ma apparentemente vincitrice. Xander, vivo e vegeto, scese dall’auto con aria arrabbiata, mentre tutti andavano a vedere oltre il dirupo.

 

La Ford GT era caduta nel fossato, fortunatamente non troppo profondo, ed era incastrata tra alcuni alberi. Il motore fumava, i vetri erano spaccati, ma Dimitri sembrava ancora essere cosciente.

 

<< Tiratelo fuori di li! >> gridò William.

 

La gente presente iniziò a darsi da fare per tirare su la macchina, mentre Hanck recuperava un cavo metallico per agganciare l’auto e trascinarla fuori. Lo Scorpione si voltò a fissare Xander con rabbia, poi tornò a guardare verso Dimitri.

 

Irina rimase immobile per un istante, anche se sapeva esattamente dove voleva andare. Girò sui tacchi e raggiunse Xander. Prima di dargli il tempo di dire qualcosa, gli saltò al collo stritolandolo in un abbraccio stritola-costole. 

 

<< Cosa è successo? >> domandò.

 

<< Per tutta la gara ha cercato di buttarmi giù… L’ultima volta però ha sbagliato le misure >> rispose Xander.

 

Irina si staccò e sorrise. Si girò per vedere come procedeva il recupero della Ford GT, in parte anche per nascondere il suo imbarazzo.

 

Quattro ragazzi erano riusciti a liberare il russo dalle lamiere, e ora era seduto per terra. Aveva un taglio profondo sulla fronte, il naso sanguinante e sembrava parecchio scosso, ma non era grave. Ebbe anche la forza di scostare bruscamente la mano di Hanck che gli chiedeva se stava bene. Guardò Xander e gli fece un gestaccio.

 

William rimase a guardare per qualche istante l’auto semidistrutta, poi si voltò e li raggiunse. Era furioso, e la vena sul collo pulsava vistosamente.

 

<< Hai vinto, Went >> ringhiò.

 

<< Il prossimo sei tu, Challagher >> disse Xander, gelido.

 

William si avvicinò ancora, l’espressione minacciosa.

 

<< Non fare troppo il furbo, Went. Non hai idea contro chi ti sei messo >>.

 

Xander fece un passo avanti. << Sei tu quello che se la prende con una ragazza >> disse, << Mettile di nuovo le mani addosso e ti farò pentire anche solo di averla sfiorata >>.

 

William alzò un pugno, pronto a saltargli addosso.

 

<< Lei è mia >> sibilò, << Togliti di mezzo >>.

 

<< Avanti, dimostramelo >> lo incitò Xander.

 

William fece per scagliarsi verso di lui, ma Irina si mise in mezzo. Cercò di spingerlo indietro, con l’unico risultato di riuscire solo ad abbracciarlo per tenerlo fermo.

 

<< No! Sta calmo! >> disse, poi gettò un’occhiataccia a Xander. Non la aiutava comportandosi in quel modo.

 

<< Levati >> disse William, prendendola per le braccia per spostarla.

 

Irina gli puntò le mani sul petto, cercando di tenerlo lontano da Xander. Lo Scorpione abbassò lo sguardo su di lei, le mise un braccio intorno alla vita e le stampò un bacio piuttosto violento in bocca.

 

La ragazza si scostò, disgustata, e cercò di allontanarsi senza riuscirci. Gettò un’occhiata supplice a Xander, che fissava William con due occhi da fare paura. Lo Scorpione sorrise malignamente.

 

<< Prova a fare la stessa cosa >> disse in tono di sfida.

 

Irina si liberò e guardò William, arrabbiata. << Vattene >> disse lei, gettandogli un’occhiataccia. Era piuttosto sfacciato da parte sua, ma non voleva che si scatenasse una rissa e che Xander ci andasse di mezzo. Valeva la pena di rispondergli male.

 

William si limitò a squadrarla, furioso, con la chiara intenzione di rifilarle una sonora sberla come al solito, ma si trattenne di nuovo. Stava davvero cercando di tenersi, di darle l’idea che voleva cambiare… Che bravo attore.

 

Si voltò verso Xander, puntando un dito minaccioso su di lui.

 

<< Non vedo l’ora di gareggiare contro di te >> disse, poi se ne andò, percorrendo la strada che lo separava dalla Ford GT a passo rapido e senza girarsi nemmeno. Xander lo fissò, gli occhi che mandavano lampi, la mano appoggiata alla Ferrari come a volersi trattenere.

 

<< La prossima volta non provare di nuovo a dividerci >> ringhiò, infuriato.

 

Irina sorrise. << Lui è superiorità numerica >> disse, decisa a non farne un dramma, << Ci sono tutti i suoi amici… Sarai anche palestrato, ma non credo che tu possa vedertela con una dozzina di persone assieme >>.

 

Xander si voltò a guardarla, e un sorrisetto gli affiorò sul volto. << Mi stai prendendo in giro, per caso? >>.

 

<< Scusa, non volevo ferire il tuo orgoglio >> disse Irina, ridacchiando, << Mi fai ridere quando fai tutto il duro… >>.

 

<< Spiritosa… >> ribatté Xander, << Tu però non sei in “superiorità numerica”… Potrei prendermela con te, sai? >>.

 

Irina gli sorrise e si diresse verso la Punto. << D’accordo. Allora ci vediamo più tardi >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Dalton Beach

 

<< Non farmi pentire di averti portato a gareggiare >> disse Irina, scendendo dalla Grande Punto e raggiungendo Dominic, seduto nella sua Mustang blu del ’75, parcheggiata a lato della strada. Le cromature argentate brillavano sotto la luce gialla dei lampioni, e riflettevano le sagome distorte delle persone che camminavano nei dintorni.

 

<< Tanto mi hai detto che William ormai sa che sono qui, quindi… >> disse suo fratello, spegnendo i fari dell’auto e smontando a sua volta.

 

<< Appunto… >> disse Irina, << Ti ricordi ancora come si guida, spero >>.

 

Alla fine, com’era prevedibile, William era venuto a sapere che Dominic era di nuovo in città, ma la cosa non lo aveva interessato più di tanto. Non aveva nemmeno voluto incontrarlo, e aveva solo chiesto a Irina il motivo del suo ritorno; dopodichè era tornato ai suoi affari, come se niente fosse mai accaduto. La spiegazione era semplice: era Fenice quella che gli interessava veramente, e il debito era una semplice scusa per tenerla legata. Che suo fratello fosse o meno nei dintorni, e soprattutto sempre senza denaro, non lo toccava minimamente.

 

Dominic le aveva detto che aveva bisogno di soldi, e le aveva chiesto di poter gareggiare per guadagnare facilmente qualche centinaio di dollari. Per evitare che si facesse altri debiti, Irina aveva deciso di gareggiare con lui per farlo vincere, visto che non era particolarmente dotato.

 

<< Certo che mi ricordo >> disse suo fratello, << E’ te che sono curioso di vedere… Non ti immagino proprio in testa a una gara… Oltretutto con quel ferro vecchio di auto che hai. Che modello hai detto che è? >>.

 

<< Una Fiat Grande Punto, e non è un ferro vecchio >> rispose Irina, infastidita, << Pensa a quella cosa decrepita che chiami Mustang… Durante la gara preoccupati di stare lontano dagli altri. Appena ti faccio passare davanti, mi occupo io di farti arrivare intero alla fine, ok? >>.

 

Stava guardando in giro per vedere se Xander era arrivato. Le aveva promesso che sarebbe venuto a vederla, quando gli aveva detto che aveva intenzione di gareggiare con suo fratello. Vide la BMW bianca non troppo distante da loro, e sorrise.

 

<< Di nuovo lui? >> fece Dominic, decisamente poco contento.

 

<< Fammi un favore, lo vedi quello lì? >> disse Irina ignorandolo, indicando un uomo che teneva in mano un foglio di carta, << Vai da lui e iscrivici alla gara… Ricordati che io sono Fenice >>.

 

Lasciò suo fratello senza un’altra parola e corse verso Xander, trovandolo come al solito appoggiato all’auto con aria tenebrosa.

 

<< Ciao >> disse.

 

<< Ciao >> sorrise Irina, e all’improvviso non seppe più cosa dire… Aveva una sorta di nodo in gola che non riusciva a spiegarsi… O sì?

 

<< Vuoi che corra io al posto tuo? >> domandò Xander, gettando un’occhiata alle sue spalle.

 

Irina scosse la testa. << Se continuate tutti a trattarmi come una bimbetta, rischio di perdere la mano >> rispose, divertita, << E poi devo solo far vincere mio fratello… Non credo sia troppo difficile >>.

 

Xander guardò di nuovo oltre le sue spalle. << Ci sta fissando… Sbaglio o penso di non piacergli? >>.

 

Irina si voltò e trovò Dominic che li scrutava da lontano.

 

<< Lascialo perdere… >> disse, << E’ solo un bambino. Fa tanto il gradasso ma poi appena può scappa con la coda tra le gambe… Grazie di essere venuto, comunque >>.

 

<< Lo sai che non mi perderei nessuna delle tue gare >> disse sorridendo Xander, << Avanti, aspettano solo te. Vai, che prima inizi e prima torni da me >>.

 

Irina ridacchiò e corse verso la Grande Punto, sedendosi al posto di guida con un sorrisetto che le campeggiava sul volto. Lo sapeva bene che quella strana sensazione di euforia dipendeva dal fatto che lui le avesse detto “e prima torni da me”… Si diede della sciocca, ma non volle negare che le piaceva sentirsi… coccolata.

 

Accese il motore e attese la partenza. Aveva un motivo in più per chiudere in fretta la gara.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander guardò la Grande Punto tagliare il traguardo, dietro alla Mustang blu che aveva lasciato deliberatamente passare all’ultimo minuto. Solo a quel punto tirò un sospiro di sollievo: nonostante Irina fosse brava, aveva sempre paura che le succedesse qualcosa.

 

Non le staccò gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, aspettando pazientemente che lei andasse a riscuotere il premio con il fratello. Ora che sapeva completamente tutto di lei, gli sembrava straordinario il modo con cui riusciva a relazionarsi con le persone, i gesti da cui non traspariva niente di quello che passava e che aveva passato. Non credeva potessero esistere persone del genere, eppure doveva ricredersi, anche perché si era innamorato proprio di una di quelle persone.

 

Irina lo raggiunse di nuovo, il sorriso sul volto perfetto, e disse, allegra: << Visto? Già fatto >>.

 

Forse colse qualcosa nella sua espressione, perché diventò seria e domandò: << Cosa succede? Sei preoccupato, o è solo una mia impressione? >>.

 

Inutile negarle il problema. Anzi, forse lei poteva darle una mano.

 

<< Credo di aver scoperto chi è la talpa che passa le informazioni a Challagher >> rispose Xander, facendo attenzione a tenere il tono di voce basso.

 

<< Chi è? >>.

 

<< Il mio capo, Franck White >> disse Xander.

 

Irina si morse il labbro inferiore. << Cavolo… Allora la faccenda è grave >>.

 

<< Più che grave… Soprattutto se si sono visti anche ultimamente >> disse Xander, << L’altra volta ero a San Francisco, e nel parcheggio del quartier generale ho visto una Mercedes Sl rossa… Dentro c’era un cellulare che squillava, e sul display c’era chiaramente scritto William Challagher >>.

 

<< Una Mercedes Sl rossa? Potrebbe essere la stessa che ho visto io l’altro giorno, a casa di William… >> disse Irina, preoccupata, << Cioè una di quelle che faceva parte del carico di auto rubate qualche mese fa. Io però credevo fosse di Hanck… >>.

 

<< Questo significa che Challagher e White si sono visti ultimamente >> disse Xander, << E che quindi lo Scorpione è preparato… Peccato che White non sappia più niente di me da un paio di settimane >>.

 

Irina lo guardò senza capire, ma la sua espressione era ancora più preoccupata.

 

<< E’ già da un po’ che sospetto di White >> spiegò Xander, << Quindi non gli ho più comunicato le mie mosse… Non sa di preciso cosa ho intenzione di fare, né di quando voglio catturare Challagher >>.

 

Irina lo guardò di sottecchi, gli occhi da cerbiatta stranamente umidi.

 

<< Cosa c’è? >> le chiese.

 

<< Xander… >> mormorò lei, << Ho paura… >>.

 

<< Di cosa? >>.

 

<< Per te. Stai rischiando troppo… >>.

 

Xander sorrise. Sapere che si preoccupava per lui lo rendeva felice. Le sfiorò delicatamente una guancia.

 

<< Ti ho già detto che devi stare tranquilla. Sono abituato a rischiare, fa parte del mio carattere >> disse.

 

<< Appunto >> ribatté Irina, sospirando. << Quanto tempo ci vuole ancora, prima che tu la finisca di rischiare la pelle? >>.

 

<< Il tempo di organizzare la cattura di Challagher >> rispose Xander, << Dopo avrò un sacco di tempo libero >>.

 

Irina sorrise. << Penso che sarò lo stesso per me… >> disse, << Sempre se riesco a non finire dietro le sbarre >>.

 

<< Non ci finirai >> ribadì Xander. Si guardò intorno per accertarsi che nessuno li vedesse. << Ah proposito… Serata libera, stasera? >>.

 

<< Penso che dovrò controllare che mio fratello non si cacci nei guai >> rispose Irina, facendo un cenno con il capo verso Dominic, << Però domani dovrei uscire con Jenny… E c’è anche Jess. Ti puoi aggregare, se vuoi >>.

 

Forse era solo una scusa, ma non se la prese: Irina doveva avere paura di farsi vedere in giro con lui, dopo che Challagher li aveva beccati. Non era da biasimare.

 

<< D’accordo… Anche se credo che farò più da conforto a Jess… Jenny ha intenzione di fare shopping, immagino >>.

 

Irina ridacchiò. << Sì >>.

 

Poi si alzò in punta di piedi e gli diede un lieve bacio sulla guancia. Xander non riuscì a trattenersi e le mise una mano dietro la schiena, trattenendola a pochi centimetri dal suo viso. Le guancie della ragazza si tinsero di rosso, e lui sorrise sornione.

 

<< Xander… >>.

 

Rimase a fissare le sue labbra, sentendo le mani di lei appoggiate sul suo petto. Non lo stava respingendo, e non sembrava averne l’intenzione…

 

Alla fine sospirò e la lasciò andare, anche se gli costò tutta la sua forza di volontà.

 

<< Scusami >> disse.

 

Irina lo guardò stranamente, senza sapere bene come comportarsi. Sapeva di averla di nuovo confusa, ma non poteva farne a meno: ogni ora che passava, il desiderio di sentire nuovamente le sue labbra sulle sue diventava sempre più insopportabile. Una sola volta gli era bastato a trasformarla nella sua droga personale.

 

<< Scusami piccola >> disse di nuovo, << E’ colpa mia >>.

 

Irina gli gettò un’occhiata ancora più confusa, le guancie leggermente arrossate che la rendevano sempre più bella. Forse iniziava a comprendere il perché dei suoi strani comportamenti, perché si avvicinava e poi si tirava indietro…

 

“Dimmi che hai capito… Che hai capito che lo sto facendo per te, che mi sto tenendo come non ho mai fatto prima d’ora… Dimmi che sei disposta ad aspettare ancora solo pochi giorni…”.

 

Lo sguardo di Irina cercava di trapassarlo da parte a parte, ma era chiaro che non ci stava riuscendo. Rimase in silenzio, gli occhi inchiodati ai suoi, che poi, improvvisamente, si illuminarono di una luce…

 

La ragazza si aprì in un timido sorriso, finché non voltò la testa indietro: suo fratello continuava a guardarla da lontano, come a controllare i suoi movimenti. Non c’era situazione peggiore per mostrarsi vicini.

 

<< Allora… a domani >> sussurrò, e scappò verso la Punto, sotto lo sguardo divertito di Xander.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.30 – Los Angeles

 

<< Allora? Vedo che hai ripreso a parlare con lui… >> mormorò Jenny, guardando distrattamente i vari abiti appesi all’interno del ventesimo negozio che stavano visitando, dentro il più grande centro commerciale della città.

 

Irina fece finta di nulla, ma lo sguardo le corse comunque verso la vetrina. Oltre il vetro riusciva a vedere Xander e Jess che parlavano tra loro, leggermente esasperati. Le avevano seguite, o meglio, avevano seguito Jenny, in ogni negozio che incontrava, anche se ne avrebbero fatto volentieri a meno.

 

<< Non fare finta di non sentirmi, eh >> continuò Jenny, << Come mai adesso non gli stai più alla larga, eh? >>.

 

<< E’ importante che tu lo sappia? >> ribatté Irina, esaminando con finto interesse una camicia.

 

<< Certo! >> fece Jenny, e una signora sussultò a pochi passi da loro, << Ti vedo molto più rilassata del solito, e questo vuol dire che… >>.

 

<< Vuol dire che sto bene >> concluse per lei Irina, << Non mi sembra una cosa strana >>.

 

In realtà, non era strano che dicesse di stare bene; lo faceva sempre, anche quando era tutto il contrario. Ma il quel momento era vero, ed era davvero inusuale. Si sentiva stramente leggera, svuotata di ogni preoccupazione…

 

<< Tutte le tue minacce del tipo “Non entrare mai più nella mia vita” dove le hai messe? >> domandò Jenny, divertita.

 

<< Spiritosa… Abbiamo parlato, va bene così? >> disse Irina, dandole le spalle.

 

<< Solo parlato? >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Sì >>.

 

<< E di cosa? >>.

 

<< Sei invadente, lo sai? >> disse Irina, lanciandogli un’occhiataccia.

 

<< E dai… Ti vedo così… Felice? Tranquilla? Sei diversa, si capisce >> disse Jenny, tutta contenta.

 

Irina sorrise, cercando di non farsi vedere.

 

<< Diciamo che ho chiarito un paio di cosette, ok? >> disse, << Per il resto, si vedrà >>.

 

Jenny ridacchiò. << D’accordo, non indago oltre >> disse, << E tuo padre? Si comporta ancora in modo strano? >>.

 

<< Sì… Forse si è addirittura trovato un lavoro, sai? >> rispose Irina.

 

In effetti, suo padre continuava a essere stranamente premuroso con lei, e ultimamente usciva e rientrava a casa a orari sempre uguali, il che voleva dire che aveva degli impegni piuttosto regolari. Oltretutto, non le chiedeva più i soldi per la spesa, quindi da qualche altra parte doveva prenderli…

 

<< Allora è proprio rinsavito >> fece Jenny, un po’ più seria. << Era ora >>.

 

Il ritorno di Dominic non aveva colpito molto Todd, che lo trattava abbastanza freddamente. Forse non era contento di rivederlo, dopo che li aveva abbandonati in mezzo a tutto quel casino… Per fortuna che Dominic stava da Sally.

 

<< Irina, pensi che possa starmi bene? >> domandò Jenny, tirando fuori da chissà dove un vestitino estivo da spiaggia a fiori.

 

<< Ehm… >>. Irina si voltò di scatto: stava guardando Xander, fuori dal negozio, che ridacchiava insieme a Jess. << Ehm, penso di sì… >>.

 

Jenny fece una strana faccia, poi disse: << Ok, lascia stare. Comunque anche lui ti guarda, lo sai vero? >>.

 

<< La smetti? >> disse Irina, spingendola verso i camerini prova, << Guarda che se continui a prendermi in giro non ti faccio più salire sulla TT >>.

 

<< Ma siete ridicoli! >> gridò Jenny da dietro la tenda dello spogliatoio, << Continuate a mangiarvi con gli occhi a vicenda come due bambini… Dovreste saltarvi addosso, invece! >>.

 

Irina alzò di nuovo gli occhi al cielo, sperando che nessuno le sentisse.

 

<< Non sono precipitosa come te, lo sai >> disse.

 

<< Tu no, ma lui… Credo abbia un carico di ormoni da sfogare… Se continua così scoppia >>.

 

<< Jenny! >>.

 

<< Scusa… A proposito, lo sto che stai guardando ancora dalla sua parte, eh >>.

 

Irina guardò la tenda rossa che la separava dall’amica. Ormai le riusciva a leggere anche nel pensiero… E forse non era proprio una bella cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed ecco finalmente la gara Xander vs. Dimitri, che si è conclusa ( sai che novità ) in favore del nostro bel moro dagli occhi azzurri. Adesso non rimane che vedere la gara contro lo Scorpione, e non pensate che sarà tutto così semplice. Il prossimo capitolo sconvolgerà tutta la storia, complicando ancora le cose, che già così non sono per niente semplici. Vi aspettavate una semplice sfida tra i nostri due fascinosi piloti? Troppo facile… Mi piace rendere tutto molto più combattuto e difficile. Anche perché manca ancora un po’ alla fine!

Ringrazio infinitamente tutti coloro che mi hanno voluto lasciare un commento, e che seguono la storia con molta trepidazione! Un bacio grandissimo a tutti!

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo XXV ***


Capitolo XXV

Capitolo XXV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.00 – Casa di Xander

 

Il telefono cellulare, appoggiato sul tavolino di vetro, squillò all’improvviso. C’era qualcosa di insistente nel suo modo di trillare, qualcosa che diede a Xander una strana sensazione. Jess era seduto di fianco a lui, sull’altro divano, con in grembo il pc portatile e l’aria annoiata.

 

Xander guardò il display del cellulare: sopra c’era scritto Franck White.

 

Jess lo guardò, serio. << Cosa aspetti? Rispondi >> disse, << Hai già evitato le sue telefonate per troppo tempo… Rischi che si incazzi ancora di più >>.

 

Xander prese il telefono in mano, indeciso. In effetti, nelle due ultime settimane non aveva più risposto alle telefonate di White, ignorandole completamente. Continuare a rendersi imprevedibile era il suo scopo principale, ma non poteva rischiare che White iniziasse a rendersi conto che forse sospettava qualcosa…

 

<< Pronto… >> rispose alla fine, sotto lo sguardo serio di Jess.

 

<< Agente Went >> disse solo White, la voce controllata, da cui però traspariva bene la nota di fastidio che provava, << Si è deciso a rispondere, finalmente >>.

 

<< Ho avuto da fare >> disse Xander, guardando l’informatico al suo fianco.

 

<< Bene… Ho solo una cosa da dirle: torni a San Francisco >> disse White.

 

Xander pensò di non aver compreso appieno le parole del suo superiore.

 

<< Come? >> fece, atono.

 

<< Torni a San Francisco, Went. Lei è sollevato dall’incarico >> ripeté White, tombale.

 

Xander saltò in piedi. << Come?! >> gridò, << Lei non può! Mi manca solo una settimana… Non ha senso… >>.

 

<< Invece sì che ha senso, agente Went >> lo interruppe White, << La sua copertura è saltata. Sanno che è dell’F.B.I., sono pronti a farla fuori appena la incontreranno >>.

 

Per forza che aveva senso: White era in contatto con Challagher. E proprio ora che era arrivato così vicino allo Scorpione lo sollevava dalla missione per mettere al sicuro quel criminale…

 

<< Come fa a sapere che la mia copertura è saltata? >> sibilò tra i denti.

 

<< Non è l’unico agente che abbiamo mandato, Went >> rispose White, << Michael Fowler la sostituirà da questo momento in poi >>.

 

Ecco perché aveva incontrato Michael diverse volte, nel suo dipartimento. Ecco spiegato cosa ci facesse da quelle parti…

 

Xander sentì il cuore fermarsi. Non poteva andarsene, non adesso che era praticamente arrivato alla fine. Non poteva andarsene e lasciare Irina da sola… Poteva accettare di lasciare libero Challagher, ma non poteva accettare di abbandonare lei.

 

<< Mi… spieghi cosa è successo >> disse.

 

Jess aveva capito, perché si era bloccato e ormai sul monitor del pc campeggiava il salvaschermo colorato. Stava ascoltando la conversazione con le orecchie tese.

 

<< Quando mi sono reso conto che iniziava a mettere in pericolo la missione, ho deciso di mandare un altro agente nel caso ce ne fosse stato bisogno… Quella ragazza l’ha tradita, Went. Challagher sa tutto >>.

 

Troppo facile dare la colpa a Irina: non era lei a fare la doppiogiochista.

 

<< Perché non ho mai visto Fowler da nessuna parte? >> chiese Xander, deciso a scoprire fino a che punto si spingessero le bugie del suo capo.

 

<< A differenza sua, si è fatto strada facendo meno clamore, e senza nessuna gara… E aveva l’ordine di non farsi scoprire, nemmeno da lei. Sapevo che non avrebbe mai accettato il fatto che il suo operato venisse messo in dubbio >>.

 

Improvvisamente, Xander capì quanto fosse stata furba la scelta di White: Michael non si era mai occupato di quel campo, risultava abbastanza inesperto per poter essere tenuto sotto controllo… Per quello aveva mandato lui: sapeva che non sarebbe riuscito a dare fastidio allo Scorpione. Difficilmente sarebbe sfuggito al loro controllo.

 

Sul volto gli si dipinse una smorfia disgustata: il piano di White era quasi perfetto. Non aveva messo in conto però che lui odiava seguire gli ordini… Soprattutto quando di mezzo c’erano persone che amava.

 

<< Io non me ne vado da qui >> disse, << Soprattutto adesso. Non me ne frega un cazzo dei suoi ordini… Non me ne vado. Dovrà mandare qualcuno a prendermi >>.

 

<< Segua gli ordini, Went >> disse White, << A quanto ne so Challagher verrà a cercarla, e questa volta la farà veramente fuori. Torni immediatamente qui, lei e anche Stone. C’è Fowler a occuparsi della cosa, adesso >>.

 

<< Come fa a sapere che Challagher sta vendendo qui, eh? >> chiese Xander.

 

<< Fowler è arrivato in alto tanto quanto lei >> rispose White, << Mi ha avvertito pochi minuti fa che Challagher ha scoperto chi è… Se ne vada immediatamente, se non vuole rimetterci la pelle >>.

 

Xander gli chiuse il telefono in faccia, infuriato. White aveva anche la faccia tosta di volergli dimostrare che stava tentando di salvargli la vita.

 

<< Bastardo… >> imprecò. Poi guardò Jess. << Ci hanno beccati… O meglio, White vuole che torniamo a San Francisco. Subito >>.

 

<< Cosa? >> gridò Jess, << Aspetta un attimo, non è possibile! E non ha nemmeno senso, adesso che… >>.

 

<< Ci rivogliono indietro, ma questo non vuol dire che andremo >> lo interruppe Xander, << Non mi muovo da qui. Ha detto che Michael Fowler mi ha sostituito >>.

 

<< Fowler? Ma sono impazziti? Il massimo di cui si è occupato è il contrabbando di gioielli… Non è abbastanza esperto per essere mandato la in mezzo! >>.

 

Jess sembrava sorpreso quanto lui, ma la spiegazione era chiara.

 

<< White ha mandato Folwer proprio per questo: è sicuro di poterlo tenere sotto controllo, e sa che non è in grado di dare fastidio a Challagher. Può anche darsi che lo uccidano, appena me ne andrò da qui >>.

 

Jess sbiancò. << Cazzo, siamo tutti nei guai. Non possiamo andarcene adesso! >>.

 

Il telefono cellulare squillò di nuovo, ma questa volta non era White. Il display diceva Michael Fowler.

 

<< Pronto >>.

 

<< Alexander, non sto scherzando >> disse Michael, senza nemmeno un saluto preliminare, << Devi andartene immediatamente. Challagher si sta preparando… Non sarà da solo, quando verrà a cercarti >>.

 

<< Michael, perché non mi avevi detto che c’eri di mezzo anche tu? >> lo aggredì Xander.

 

<< Erano gli ordini >> rispose lui, apparentemente spaventato, << Ho parlato con White. Torna a San Francisco finché sei in tempo. Non serve che tu rimanga qui… >>.

 

Xander gettò il cellulare sul tavolino, chiudendo la telefonata. Non se ne voleva andare, punto e basta.

 

<< Cosa facciamo? >> chiese Jess, mettendo da parte il portatile.

 

<< Non lo so… Devo pensare. White non mi vuole qui perché sa che posso arrestare Challagher… >>.

 

Xander iniziò a camminare avanti e indietro, cercando di calmarsi. Doveva trovare una soluzione che gli permettesse di rimanere dov’era, catturare lo Scorpione e salvare Irina.

 

Il cellulare squillò per la terza volta, ma non guardò di chi si trattava. Lo lasciò trillare, deciso a non voler parlare né con White né con Michael. Da quel momento in poi avrebbe risposto solo a se stesso. Il vecchio Xander, quello che amava fare di testa sua, che disubbidiva agli ordini era tornato, e questa volta nessuno lo avrebbe fatto ragionare.

 

<< Xander… >> lo chiamò Jess.

 

<< Non ho intenzione di rispondere >> ribatté lui.

 

<< Ma è tuo padre… >>.

 

Xander afferrò il cellulare.

 

<< Xander! Che stai facendo? Torna indietro immediatamente! >> gridò Steve, preoccupato, << Non fare lo stupido! >>.

 

<< White mi vuole far tornare lì per lasciare il campo libero a Challagher, papà! >> ribatté Xander, << Non mi muovo di qui! >>.

 

<< Devi tornare indietro. Non puoi rischiare così tanto… Non serve farti ammazzare! >>.

 

<< Non me ne frega un cazzo di Challagher, papà! >> ribatté Xander, esasperato, << Non me ne frega se riesce a rimanere fuori prigione… Io non lascio Irina qui da sola! Porca puttana, è possibile che nessuno capisca che se rimane qui rischia più di me? >>.

 

Steve rimase per un momento in silenzio, davanti allo sfogo di suo figlio. Non poteva essere più chiaro di così.

 

<< Ok… Ho capito >> disse piano, << Ascoltami Xander. Farti ammazzare non salverà Irina… Se veramente White è la talpa dello Scorpione, dobbiamo indagare a fondo. E per farlo devi tornare qui… >>.

 

<< Non… >> iniziò Xander.

 

<< Fammi finire. Prepara la macchina e tornate qui. Avremo White sott’occhio, e potrai fare tutte le indagini che vuoi. Ormai Challagher sa chi sei, e non rischierà una gara con te. E’ inutile che tu rimanga lì, se non puoi portare a termine il piano originario. Dobbiamo studiarne un altro. Irina è al sicuro, Michael ci terrà informati su tutti i piani che lo Scorpione avrà su di lei >>.

 

Le parole di suo padre erano sensate. Però mettere troppa distanza tra lui e Irina non gli piaceva, come idea. Era vero, Challagher non avrebbe mai ucciso Irina: non si sarebbe mai privato del suo giocattolino. Ma non voleva comunque lasciarla lì.

 

<< La porto con me >> disse.

 

<< Va bene. Convincila e venire con te, se questo servirà a farti andare via di lì. Datti una mossa, però >>.

 

Xander chiuse la telefonata, poi guardò Jess.

 

<< Ce ne andiamo >> disse.

 

<< Ma… >> iniziò l’informatico, preso in contropiede dalla sua nuova decisione.

 

<< Ho un’idea >> disse Xander, << Posso ancora rimettere a posto le cose >>.

 

Un piano si stava formando nella sua testa, un piano che forse poteva aiutarlo a chiudere quella storia….

 

<< Non è quello… >> mormorò Jess, << E’… Jenny >>.

 

Xander capì cosa stava provando l’informatico in quel momento: era la stessa cosa che sentiva lui. L’idea di staccarsi dalla ragazza che amava gli sembrava dolorosissima…

 

<< Jess, torneremo >> disse per rassicurarlo, << Non so se ci vorrà un giorno o una settimana, ma torneremo indietro. Non deve essere un vero addio, il nostro, ok? Prendi la BMW, vai da lei… Tra un’ora dobbiamo trovarci di nuovo qui. Per quanto doloroso ti possa sembrare, Jenny non deve sapere che torneremo… Ho un piano, fidati di me >>.

 

Jess annuì in silenzio e prese al volo le chiavi dell’auto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.22 – Casa di Irina

 

Irina aspettava sola nel soggiorno, camminando avanti e indietro davanti alla tv spenta, nervosa. La telefonata sbrigativa di Xander non le annunciava niente di buono, nonostante lui le avesse solo detto che passava da casa sua tra dieci minuti.

 

Quando il campanello suonò, raggiunse la porta di corsa e la spalancò. L’espressione seria e preoccupata di Xander le confermò i suoi sospetti.

 

<< Cosa succede? >> domandò, spaventata.

 

Xander entrò in casa guardandosi alle spalle, poi richiuse la porta e la seguì in cucina. Rispose solo quando furono l’uno di fronte all’altra.

 

<< Devo andarmene >> rispose, secco.

 

Irina rimase impietrita, fissandolo.

 

<< Cosa? >> esalò.

 

<< Devo lasciare Los Angeles. Mi hanno sollevato dall’incarico >>.

 

<< Perché? >> domandò solo, la voce un sussurro.

 

<< Mi hanno scoperto >> spiegò Xander, << C’era un altro agente infiltrato, e ha riferito che William sa che sono dell’F.B.I. Me ne devo andare prima che il piano salti completamente >>.

 

Irina guardò Xander, e sentì qualcosa crollare dentro di lei. Le stava dicendo che doveva lasciare Los Angeles… Che doveva andarsene…

 

<< Io… >> mormorò, scossa, << Non… Non ne sapevo niente, William non ha… >>.

 

<< Non importa >> disse Xander, << White ha iniziato a fare il suo gioco, e tutti e due sperano di farla franca mandandomi via >>.

 

<< Cosa farai? >> domandò Irina, guardandolo imbambolata.

 

<< Torno a San Francisco e cerco di incastrare White >> rispose Xander, << E poi… >>. Si interruppe, e Irina capì che nemmeno lui sapeva cosa fare.

 

Erano arrivati così vicini alla fine, che non aveva mai pensato che tutto potesse saltare. L’uscita di quel tunnel sembrava prossima, a portata di mano… Non era possibile…

 

Ora capiva cos’era quella strana sensazione che la stava percorrendo, che le gelava il sangue e la rendeva muta: era la delusione. Fino alla fine ci aveva creduto, si era convinta che esistesse la possibilità di arrestare lo Scorpione…

 

Abbassò lo sguardo sul pavimento, e le venne da piangere per la frustrazione. Ci era caduta di nuovo, si era lasciata di nuovo ingannare. Delusa e abbandonata per l’ennesima volta. Di nuovo, come un castello di carte, tutti i suoi piani crollavano lasciando solo macerie.

 

Congelata, alzò gli occhi sulla persona che era riuscita a farle credere di avere una possibilità di uscita, che le aveva promesso…

 

Gli occhi azzurri di Xander incontrarono i suoi, e questa volta non sentì il solito brivido che le percorreva la schiena. Non era quella sensazione di piacere a cui era abituata quando lo guardava… Era arrabbiata, arrabbiata con se stessa per essersi lasciata di nuovo abbindolare come una stupida. Anche lui si era preso gioco di lei… Con stile, con dolcezza, con furbizia… Ma anche lui alla fine l’aveva presa in giro.

 

<< Irina… >> sussurrò Xander.

 

<< Non dire niente >> ribatté lei, perfettamente controllata, << Sono stata sciocca a credere di poter liberarmi così facilmente di William… Ma tu… Bé, tu avevi promesso >>.

 

Le parole le uscirono di bocca piatte, fredde, esattamente come si sentiva lei in quel momento. Non era stata l’unica a sbagliare; Xander non avrebbe dovuto prometterle qualcosa che non poteva mantenere. Avrebbe voluto provare odio per lui, rabbia, ma riusciva a essere solo profondamente delusa… E non le piaceva.

 

<< Infatti, avevo promesso >> disse Xander, << E ho intenzione di mantenere la parola data >>.

 

<< E come? >> lo interruppe Irina, << Lo sai meglio di me cosa comporta il fatto che tu te ne vada: hai fallito la missione. William ha mangiato la foglia, e non si lascerà ingannare per due volte. Come pensi di arrestarlo, eh? >>.

 

L’espressione di Xander non cambiò, anche se ciò che aveva appena detto poteva risultare molto doloroso. Gli stava dicendo che era stato un’incapace, che si era scoperto da solo. Forse non era colpa sua, forse c’era davvero White dietro, ma comunque lui era fuori.

 

<< Al mio posto ci sarà un altro agente >> rispose il ragazzo, << E’ pronto a portare a termine ciò che ho cominciato io >>.

 

Irina dubitava che potesse esistere qualcun altro al di fuori di Xander in grado di dare del filo da torcere allo Scorpione. Chiunque fosse il suo sostituto non aveva speranze.

 

<< Allora vai >> disse lei, facendo un cenno con la testa. Che sparisse dalla sua vista, subito.

 

<< No >>.

 

L’espressione di Xander era seria, risoluta. I suoi occhi azzurri non erano mai stati così profondi. Rimase fermo dov’era, la mascella contratta e il volto una maschera di granito.

 

<< Vuoi aspettare che William venga qui e ti ammazzi? >> domandò Irina, esasperata. Oltre che bugiardo era anche stupido?

 

<< No… Voglio che tu venga con me >> rispose Xander.

 

Irina lo guardò, perplessa. Voleva continuare a prenderla in giro?

 

<< Vattene Xander >> disse lei, la voce dura, << Vattene di qui e non farti mai più rivedere, se ci tieni alla pelle >>.

 

Il ragazzo fece un passo avanti. << Non ti lascio da sola >>.

 

Irina fece una smorfia. << Se te ne andrai, io non correrò nessun pericolo >> disse, << Il problema per William eri tu. Se te ne andrai farai un piacere sia a me che a lui >>.

 

<< Io non ti voglio lasciare qui >> disse Xander, << Non ti abbandono, dopo la promessa di liberarti. Non voglio lasciarti da sola >>.

 

Voleva che se ne andasse, che la lasciasse in pace. L’aveva illusa, riaprendo tutte le sue ferite, si era fatto spazio nella sua vita in cerca di qualcosa che lei non aveva ancora capito… E adesso continuava a tormentarla, credendo ancora di farle un favore promettendole qualcosa che non poteva più avere.

 

<< Io sono già sola, Xander >> ribatté lei, in preda alla rabbia, << Lo sono sempre stata. Me lo stai dimostrando anche tu >>.

 

Un attimo dopo, Irina si ritrovò seduta sul ripiano della cucina, le labbra di Xander incollate alle sue, le mani che la trattenevano per i fianchi.

 

Xander la stava baciando. Dopo mesi di attesa, di speranza, di agonia, finalmente Irina riceveva quello che desiderava di più al mondo, ma che in quel momento era forse l’ultima cosa che avrebbe voluto. Eppure lasciò che le labbra di Xander prendessero possesso delle sue, così dolci da sembrarle cosparse di zucchero, bramate come un bicchiere d’acqua nel deserto.

 

Sentiva la tensione che percorreva il corpo di Xander, le sue mani che la stringevano delicatamente ma anche con forza. Era come se fino a quel momento si fosse tenuto, come se si fosse costretto a non fare niente… Come se avesse represso il suo istinto fino a pochi secondi prima, e che ora aveva finalmente lasciato andare…

 

Uno dei bicchieri poggiati sul tavolo cadde per terra, spaccandosi in mille pezzi sul pavimento. Solo allora Irina allontanò Xander, lo sguardo incollato al suo, la mano appoggiata sulla sua guancia. Rimase un attimo in silenzio, osservando il disegno delle labbra di Xander, fino a qualche secondo prima appoggiate sulle sue. E nonostante dovesse sentirsi felice, riusciva solo a provare amarezza.

 

<< Adesso è troppo tardi, Xander >> sussurrò.

 

In quel momento, voleva solo che se ne andasse. Che dopo averla presa in giro, dopo averla illusa, infilasse quella porta e sparisse per sempre, come fosse stato un semplice e stupendo sogno. Non poteva sopportare ancora quel dolore, il dolore di vederselo sfuggire tra le dita come sabbia al vento.

 

Xander le prese delicatamente la testa tra le mani, e i loro occhi s’incontrarono ancora.

 

<< Ascoltami Irina >> disse, << Scusami per non averlo fatto prima, per averti confusa in quel modo… Non potevo, lo capisci? Non me n’è mai importato niente di Challagher, o delle sue stupide gare. Non volevo metterti nei guai più di quanto non lo fossi già >>.

 

Nemmeno nei suoi sogni più ottimistici Irina aveva immaginato parole del genere. Aveva sperato tanto, troppo, ed ora che aveva ciò che voleva, Xander doveva andarsene.

 

<< Non ti lascio qui, hai capito? >> continuò lui, << Non ti lascio nelle mani di quel figlio di puttana… Ti porto via con me >>.

 

Irina lo allontanò.

 

<< Non posso >>.

 

<< Challagher non saprà dove sei. Non ti troverà mai >> disse Xander.

 

<< Non posso >> ripeté Irina, << Non posso e non voglio >>.

 

C’era la sua famiglia da salvaguardare. Non poteva andarsene sapendo che William sarebbe andato da loro… Se non li aveva ancora uccisi era solo perché lei lo avrebbe odiato per il resto dei suoi giorni.

 

<< Dominic non si è fatto problemi. Si arrangeranno da soli, questa volta >>.

 

Xander le aveva letto nel pensiero. I suoi occhi riuscivano come sempre a trapassarla da parte a parte.

 

<< Io non sono mio fratello, Xander >> disse gelida, << Non me ne andrò condannandoli a morire… Non li abbandonerò >>.

 

Il ragazzo spalancò gli occhi, e rimasero a fissarsi, in un silenzio carico di tensione. Faceva tutto troppo facile, troppo semplice. Lui non aveva nessuno di cui doversi prendere cura, non doveva preoccuparsi di niente al di fuori di se stesso…

 

<< Vattene Xander, prima che William venga qui >> disse Irina, << Ormai è tardi per cercare di mettere a posto le cose >>.

 

<< Non voglio mettere a posto le cose… Voglio che tu venga con me >> ribatté lui.

 

<< Non verrò da nessuna parte con te. Sei tu che hai sbagliato, e tu te ne devi andare… Con te lontano io non corro nessun pericolo >>.

 

Xander rimase in silenzio, ferito dalle sue parole. Gli aveva appena detto che tutto ciò che aveva passato e che stava passando era colpa sua.

 

<< Non avevo immaginato che finisse in questo modo… >> mormorò, << Non che mi odiassi così tanto… >>.

 

<< Cazzo Xander, va via di qui! >> gli gridò Irina, esasperata. << Io non ti odio, e non voglio che William ti ammazzi! Vattene prima che ti venga a cercare! >>.

 

Xander la fissò per un istante, poi la afferrò per il mento e la baciò di nuovo, con più passione di prima. E non la lasciò andare, nemmeno quando lacrime salata rigarono le guancie di Irina, abbandonata a quelle labbra di cui capiva di non poter fare a meno. Lo odiava e lo amava al tempo stesso per tutto il dolore e la gioia che le aveva fatto provare. Non voleva continuare, ma contemporaneamente non voleva che finisse. Aveva perso tutto ancora prima di averlo.

 

<< Ti giuro, Irina, torno a prenderti >> le sussurrò lui sulla bocca, << Arresto White, e poi torno a liberarti da tutto questo… E se solo Challagher ti ha anche solo sfiorata, lo ammazzo >>.

 

“Bugiardo… Mi farai ancora più male…”.

 

<< Non fare promesse che non puoi mantenere >> disse Irina, << Non tornare mai più qui… >>.

 

<< Te lo giuro sulla mia stessa vita, Irina >> mormorò Xander, il suo fiato caldo che le solleticava le labbra, << Ti ho cercata per venticinque anni, e non ti perderò di nuovo. Se tu non vuoi seguirmi, sarò io a tornare da te. Ma non ti lascio da sola, hai capito? >>.

 

Irina chiuse gli occhi, assaporando con tutta se stessa le dolci parole che quella voce le sussurrava, sapendo che le sue erano promesse vuote. Non poteva tornare, se non voleva morire.

 

<< Va via >> disse Irina, << Lascia la città il prima possibile e non voltarti indietro. Posso continuare a vivere come ho sempre fatto. Non ho bisogno che ritorni >>.

 

Eppure stava piangendo, stava piangendo perché lo amava e non voleva che se ne andasse. Ma non voleva nemmeno seguirlo. Il dolore che aveva dentro era così grande che desiderava solo di non averlo mai conosciuto, di non averlo mai rincontrato… Di non avergli mai permesso di entrare dentro il suo cuore.

 

Sentì che Xander le metteva qualcosa in mano, mentre continuava a tenerle il viso a pochi centimetri dal suo.

 

<< Sono le chiavi di casa mia >> disse, << E quelle della BMW… Qualsiasi cosa succeda, puoi andare lì… E puoi anche prendere la macchina. Se ti succede qualcosa, lo saprò. Non so quanto ci metterò a tornare, ma stai pur certa che Challagher ha le ore contate >>.

 

Irina guardò le chiavi che le aveva messo in mano, e si asciugò una lacrima.

 

<< Va via e nasconditi >> sussurrò, << Non farti trovare… >>.

 

<< Sarò io a cercare lui >> disse Xander, passandole un pollice sulle righe salate sulla sua pelle, << Il tempo di capire se White sta veramente dalla sua parte, e metterò lo Scorpione dietro le sbarre… Dimmi solo che qualunque cosa succeda mi chiamerai, ok? Voglio essere sicuro che stai bene… >>.

 

Continuare a rimanere lì, a dilungare quell’addio era insopportabile. Lo spinse verso la porta, senza però riuscire a smuoverlo di un solo centimetro.

 

Per un attimo credette che Xander la prendesse di peso e la caricasse in macchina contro la sua volontà, e dallo sguardo che le rivolse capì lo aveva pensato davvero. Però si limitò a sospirare e a prenderle il mento, costringendola a tirare su la testa.

 

<< Dio, Irina… Ti amo. Ricordatelo >> disse, prima di baciarla di nuovo lasciandola senza fiato.

 

Poi infilò la porta e senza voltarsi indietro sparì. Un attimo dopo il rumore di una Ferrari che percorreva la strada si dissolse in lontananza.

 

E Irina seppe che era finita davvero, questa volta. Era finita ancor prima di cominciare…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.02 – Autostrada

 

Xander percorreva l’autostrada appena imboccata in direzione San Francisco, superando a destra e sinistra le auto che procedevano molto più lente di lui. Jess, seduto di fianco, rimaneva in silenzio, l’espressione triste e il volto pallido.

 

Non c’erano parole per descrivere come si sentisse in quel momento. Il piano che aveva in testa gli sembrava insignificante rispetto al fatto di dover lasciare Irina da sola, di nuovo. Sapeva perfettamente cosa doveva fare, e che forse lasciare la ragazza lì contribuiva a tutto ciò che aveva in mente…

 

Sapeva che Irina non avrebbe mai accettato di fuggire. Non lo aveva mai fatto, in due anni, perché farlo ora mettendo in pericolo tutti quanti? Eppure aveva comunque sperato che accettasse… Che lo seguisse. Se fosse venuta con lui, non gli sarebbe importato più niente di Challagher.

 

Jess non si stava lamentando della sua guida piuttosto nervosa, segno che anche lui era scosso. Gli rivolse una rapida occhiata, poi domandò, riferendosi a Jenny: << Com’è andata? >>.

 

<< Ha pianto… >> rispose l’informatico, la voce atona, << Non voleva. Aveva capito che c’era qualcosa di strano, ma non voleva che me ne andassi. Aveva paura mi succedesse qualcosa >>.

 

<< Almeno tu sai che lei non corre alcun pericolo >> grugnì Xander, << Io ho dovuto lasciare Irina da sola in mano a… >>. Il piede premette ancora più a fondo l’acceleratore.

 

<< C’è Michael… >> disse Jess.

 

<< E’ un tipo a posto, ma dubito che possa veramente aiutarla >> ribatté Xander.

 

“Chi può farlo se non io, che so esattamente quello di cui ha bisogno?”.

 

Un’auto comparve nello specchietto retrovisore della Ferrari, e Xander sentì la rabbia montare. Era una Audi A3 grigia, quella che lui sapeva essere di Hanck.

 

<< Figlio di puttana… Credevi pure di potermi seguire? >> sbottò.

 

<< Cosa c’è? >> domandò Jess.

 

<< Challagher ha mandato qualcuno a pedinarci >> rispose Xander, imboccando la corsia di sorpasso.

 

Jess si voltò a guardare dietro, mentre l’Audi avanzava. Xander accelerò di colpo e scartò un’auto prima di svoltare sulla rampa di accelerazione che lo avrebbe portato nella direzione opposta. Credevano di fregarlo così facilmente?

 

Tenne d’occhio lo specchietto retrovisore, in attesa di veder sbucare una delle auto di William; l’Audi però rimase l’unica a stargli dietro.

 

“Avanti, fatti vedere… Mi risparmieresti la fatica di tornare”.

 

In effetti, veder comparire alle sue spalle la Revénton grigio carbonio dello Scorpione sarebbe stato il massimo, in quel momento. Gli avevano intimato di andarsene, ma non temeva uno scontro diretto con William… Anzi, una gara sarebbe stata la cosa migliore per chiudere in un attimo la faccenda.

 

Quando si rese conto che Challagher molto probabilmente non si sarebbe fatto vedere, decise di seminare l’Audi. Schiacciò a fondo l’acceleratore e in un attimo sparì lungo l’autostrada affollata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.15 – Casa

 

<< Se n’è andato >> disse Jenny, le lacrime agli occhi, seduta sul divano di casa. << E’ andato via, all’improvviso… Io non capisco… >>.

 

Irina guardava la sua migliore amica, l’espressione impaurita e triste. In tanti anni che la conosceva, non l’aveva mai vista in quello stato: Jenny era sempre stata una che prendeva le cose alla leggera, che difficilmente perdeva il sorriso. Sembrava ancora più sconvolta di lei per l’improvvisa fuga di Xander e Jess.

 

Poco dopo che Xander aveva varcato la porta lasciandola sola, il telefono si era messo a squillare, rivelando una Jenny disperata e in lacrime. Jess era passato da lei dicendole che doveva andare via immediatamente, e non poteva fornire alcuna spiegazione. Quindici minuti dopo l’aveva raggiunta a casa sua.

 

Davanti all’amica con il trucco sfatto, gli occhi arrossati e l’espressione impaurita, Irina si rese conto di quanto fosse forte il legame tra lei e Jess. Tante volte li avevano presi in giro per come avevano fatto tutto di fretta, di come parlassero l’una dell’altro, ma loro si amavano veramente. Il loro era stato un colpo di fulmine, ma di quelli veri, che accadono una volta sola nella vita e a poche persone. E lo avevano dimostrato, perché nonostante fossero pochi mesi che si conoscevano, sembrava che avessero passato insieme tutta la vita.

 

<< Jenny, lo so come ti senti >> disse Irina, sedendosi di fronte a lei, << Lo so che hai paura, ma è andandosene che sarà al sicuro, mi capisci? >>.

 

Sapeva perfettamente che anche lei sentiva quel vuoto allo stomaco, quel gelo dentro al cuore… Quella morsa che le attanagliava le viscere, la paura che Xander e Jess non riuscissero a fuggire…

 

<< Allora perché non ha voluto che andassi con lui? >> chiese Jenny, tirando su con il naso.

 

Irina fissò l’amica, sorpresa. Xander aveva chiesto a lei di seguirlo, mentre Jess aveva fatto tutto il contrario con Jenny…

 

<< Volevi andare con lui? >> domandò.

 

L’amica annuì. << Quando mi ha detto che doveva andare via, gli ho detto che ero disposta a seguirlo… Ma lui non ha voluto. Ha detto che non potevo andare con lui, ma non mi ha spiegato il perché… Ho paura che gli succeda qualcosa >>.

 

Irina si strinse le mani, a disagio. Tutto era successo per colpa sua e di Xander, e Jess non doveva andarci di mezzo. Nemmeno Jenny. Decise che forse ora poteva dire alla sua migliore amica la verità.

 

<< Jenny… Xander e Jess sono dell’F.B.I. >> disse, a voce bassa, << Erano qui per arrestare il mio capo… Li ho aiutati ad avvicinarsi allo Scorpione, gli ho dato le dritte per farsi una certa reputazione da queste parti… Mi dispiace di non avertelo detto prima >>.

 

La ragazza la guardò per un momento, gli occhi spalancati, e Irina credette che scoppiasse di nuovo a piangere. Invece Jenny deglutì e tirò su con il naso.

 

<< Ecco perché facevano tanto i misteriosi, e perché ti fidavi di loro >> disse semplicemente, quasi divertita.

 

<< Jess non centrava niente >> spiegò Irina, << E’ solo venuto per dare a Xander un supporto informatico… Non è in pericolo quanto Xander, e comunque stanno tornando a San Francisco. Nel giro di qualche ora saranno completamente al sicuro >>.

 

Questa volta fu lei a deglutire, chiedendosi quanto ancora avrebbe resistito: stava male anche lei, ma fingere che non lo fosse era il suo piano per dimenticare più in fretta. Il solo pensiero che William potesse essere sulle tracce di Xander le chiudeva lo stomaco.

 

Era inutile negare che non avesse versato lacrime, che non avesse avuto paura; forse da quel punto di vista soffriva ancora più di Jenny, perché lei era consapevole di quello che poteva succedere, ma aveva lasciato sfogare quel dolore solo per poco. Come sapeva fare bene, lo aveva soffocato dicendosi che era inutile piangere su ciò che non poteva cambiare: Xander se n’era andato, e lei era convita che non sarebbe tornato.

 

Quando si fosse reso veramente conto di quello che correva, avrebbe cambiato idea. E se lui credeva di voler tornare per lei, molto probabilmente si sbagliava: al mondo c’erano ragazze migliori, più belle, più brave e più intelligenti di lei. E’ vero, aveva promesso, ma le sue parole erano state dettate dal momento, dall’incoscienza che lo caratterizzava. L’unica promessa che gli aveva chiesto non l’aveva mantenuta… Perché doveva succedere diversamente?

 

<< Ti ha detto che sarebbe tornato? >> domandò Irina.

 

Jenny scosse la testa. << No. Non ha parlato di un suo possibile ritorno >>.

 

Irina si chiese perché i due si fossero comportati in modo diametralmente opposto. Forse Xander aveva voluto darle l’illusione che potesse esserci ancora una speranza… Ma Jess? Perché Jess non si era opposto? Se amava così tanto Jenny, perché non le aveva detto che avrebbe fatto il possibile per fare in modo che si riunissero?

 

Mise una mano su quella dell’amica, cercando di confortarla, anche se lei stessa era la prima ad aver bisogno di rassicurazioni.

 

<< Starà bene, vedrai. Tornerà da te, ne sono sicura >>.

 

Il cellulare appoggiato su una delle mensole squillò sonoramente, e Irina corse a prenderlo. Il display diceva “William”.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Fatti trovare a casa tra dieci minuti >> disse lo Scorpione, la voce minacciosa dall’altra parte della linea, << Dobbiamo parlare >>.

 

William chiuse la telefonata, e Irina fissò il telefono in silenzio. Poi alzò di scatto la testa e guardò Jenny.

 

<< Torna a casa >> le disse, << Subito >>.

 

<< Ma… Cosa succede? >> domandò l’amica, ancora più spaventata.

 

<< Non ti preoccupare >> disse Irina, << Vai, per favore. Ti prometto che appena avrò loro notizie te lo farò sapere >>.

 

Jenny raccolse in fretta la sua borsa e andò via, lasciando Irina sola in casa, a misurare a grandi passi il soggiorno.

 

Questa volta William l’avrebbe ammazzata, se lo sentiva. L’aveva tradito, e lo Scorpione non ammetteva i tradimenti. Forse sarebbe dovuta scappare anche lei, ma il senso del dovere la teneva inchiodata dov’era. Se qualcuno doveva pagare, quella era lei.

 

Finalmente, la porta lasciata aperta venne spalancata, ed entrarono William, il suo amico Josh e un altro ragazzo che Irina aveva visto poche volte. Dimitri doveva essere ancora a letto per l’incidente durante la gara con Xander.

 

<< Tu lo sapevi? >> chiese lo Scorpione, puntandole l’indice sul petto, minaccioso, << Sapevi che era dell’F.B.I.? >>.

 

<< No >> mentì Irina, pronta a salvare il salvabile, << Non lo sapevo. Credevo fosse solo un pilota pieno di soldi >>.

 

William le tirò una sberla in pieno viso. << Non mentirmi, puttana >> sibilò, << Lo sapevi. Lo sapevi e gli hai dato una mano. E io che credevo di averti dato una bella lezione, l’ultima volta. Dov’è andato ora? E non dirmi un’altra bugia, altrimenti appena lo prendo lo ammazzo davanti ai tuoi occhi >>.

 

<< E’ scappato >> rispose Irina, << Mi ha telefonato dicendomi che avrebbe lasciato la città… >>.

 

William scoppiò a ridere. << Davvero? >> disse, << Credevi non lo sapessi, che è fuggito? E’ scappato come un coniglio appena ha capito che l’avevamo scoperto… E tu credevi che uno come lui potesse mettermi i bastoni fra le ruote? Quanto sei stata stupida. Ma tanto lo ritroverò, e lo farò fuori… Dimmi dov’è andato >>.

 

<< Non lo so >> rispose Irina, secca, << Non mi ha detto dove si sarebbe nascosto >>.

 

“E poi, tu dovresti saperlo già…”. Stava cercando di confonderla, di farle ammettere che sapeva tutto fin dall’inizio… Se White era veramente la sua talpa, doveva già sapere che Xander stava tornando a San Francisco.

 

William assunse una strana espressione, poi si voltò verso Josh. << Telefona a Hanck. Chiedigli a che punto è >> ordinò.

 

L’amico fece come aveva detto. Scambiò qualche parola con Hanck, poi chiuse la telefonata e disse, rivolto allo Scorpione: << Lo aveva trovato, ma lo ha perso sull’autostrada. Andava più veloce di lui >>.

 

William fece una smorfia, poi si voltò di nuovo verso di lei.

 

<< Speravi che potesse sbattermi in prigione, vero? >> domandò, la voce innaturalmente dolce. << Non ci sarebbe mai riuscito, bambolina, perché anche io ho i miei infiltrati. Ti sei comportata male, lo sai vero? >>.

 

<< Mai quanto te >> sibilò lei, in risposta.

 

Lo Scorpione la bloccò contro il muro, e con fare gentile le scostò una ciocca di capelli dal viso. Sorrise, senza che i suoi occhi di ghiaccio di accendessero.

 

Tutti i propositi di ricominciare, di riprovare tutto dall’inizio, erano già andati in fumo. Come faceva sempre, lo Scorpione prometteva senza mai mantenere. Le sue erano state solo scuse per ingannarla ancora, per darle l’impressione di essere ciò che lei voleva. Rimaneva sempre e comunque William Challagher, il numero uno della Black List.

 

<< Ho capito che serve un altro tipo di punizione con te >> sussurrò, la bocca a pochi centimetri dalla sua, << Forse quando ti renderai conto che non hai alcun modo di scappare da me, ti comporterai un po’ meglio >>. Si girò verso Josh e l’altro ragazzo. << Bruciatele la macchina >>.

 

<< No! >> gridò Irina, cercando di divincolarsi. << La macchina no! >>.

 

Toglierle l’auto era l’unico modo per impedirle di pagare il debito di Dominic e renderla prigioniera. William lo sapeva. Lasciarla senza la Punto significava negarle ogni possibilità di essere autonoma, di far parte del giro. Significava toglierle ogni possibilità di libertà.

 

Irina cercò disperatamente di liberarsi, ma William la tenne ferma. Sorrideva, come se si stesse divertendo da morire. Le afferrò il viso con la mano, costringendola a guardarlo negli occhi.

 

<< Te la sei cercata tu, bambolina >> disse, << Ti avevo avvertito. Ora voglio sapere una cosa, e voglio che tu mi dica la verità. Ti eri innamorata di Went, vero? >>.

 

Irina lo guardò con tutto il disprezzo di cui era capace, e non rispose. Come poteva essersi innamorata di uno che l’aveva appena abbandonata? Ma qualcos’altro in lei aveva la risposta, una risposta che non sarebbe mai uscita dalla sua bocca.

 

<< Vaffanculo >>.

 

William sorrise di nuovo, quasi quell’insulto fosse un complimento, per lui.

 

<< Sei stata una sciocca >> disse, << Ti piaceva, eppure ti ha abbandonata. Davvero coraggioso, vero? Al primo ostacolo se l’è data a gambe… Cosa aveva di così speciale da convincerti ad aiutarlo? Non dirmi che era meglio di me, a letto… >>.

 

<< Sta zitto >> sibilò Irina.

 

William la lasciò andare, e lei scivolò a terra. Lacrime amare le scesero sulle guance, lacrime che lei voleva stoicamente combattere, ma che stillavano dai suoi occhi subdole e cattive.

 

Era finita. Ci aveva provato, aveva sperato, ma non poteva scappare. Era prigioniera, e non aveva alcuna via di fuga. Le avevano tolto tutto: la dignità, la felicità, l’amore di suo nipote, e ora le toglievano l’unica cosa che la rendeva in grado di provvedere a se stessa: l’auto con la quale era diventata la numero tre della Black List.

 

Si alzò di scatto, diretta al garage. William tentò di afferrarla, ma lei lo evitò e raggiunse Josh e l’amico, che ormai avevano iniziato il loro lavoro. La Grande Punto bianca bruciava, emettendo volute di fumo nero che invadevano il garage, rischiando di appiccare il fuoco a tutta la casa. Josh chiamò i pompieri, ma era chiaro che quando fossero arrivati, ormai sarebbe stato troppo tardi per l’auto.

 

I tre si guardarono in faccia, compiaciuti, e si voltarono per andarsene. Solo all’ultimo William le si avvicinò e le sussurrò, prima di risalire sulla Murcielago, parcheggiata a pochi metri da loro: << Tu sei mia, ricordatelo >>.

 

E Irina rimase lì, guardando l’auto che l’aveva resa ciò che era bruciare, con le lacrime che silenziosamente le rigavano le guancie. Due anni di fatiche, di dolore, di speranza stavano andando in fumo, lasciandosi dietro solo la delusione e l’amarezza. Con quella macchina, veniva distrutto anche ciò che rimaneva di Irina, l’unica parte che era riuscita a preservare durante gli anni: il suo cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa

 

Irina teneva il telefono in mano, lo sguardo fisso oltre la finestra, sulla carcassa della Grande Punto abbandonata nel garage annerito. Cercò nella rubrica il numero di colui che le aveva già predetto tutto, che come un oracolo le aveva annunciato dolore e sofferenza.

 

<< Se n’è andato >> mormorò a Max, la voce piatta, << E’ andato via >>.

 

Il meccanico, dall’altra parte della linea, tacque per un istante. Sicuramente stava cercando il modo dire: “Te lo avevo detto. Ti ha ingannata”.

 

Ma l’unica parola che pronunciò fu: << Perché? >>.

 

<< Ha detto che l’avevano scoperto. Che sapevano chi era. L’F.B.I. l’ha sollevato dall’incarico >> rispose Irina, atona.

 

<< Dove sei ora? >> chiese il meccanico, lucidamente.

 

Irina deglutì. Non gli aveva telefonato per dirgli quello, per confermargli che aveva sempre avuto ragione. Lui era l’unico che poteva ancora aiutarla.

 

<< A casa mia… >> rispose, poi aggiunse, la voce che tremava: << Max, William mi ha bruciato l’auto >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Immagino che qualcuno vorrà ammazzarmi… Chi di voi si aspettava un’evoluzione del genere? Su su, siate sinceri… Chi di voi avrebbe immaginato che Xander fosse costretto alla fuga? Cosa pensate farà ora? Ma soprattutto, come si comporterà Irina?

Oggi sono di buon umore, quindi rispondo alle recensioni! Prossimo aggiornamento? Venerdì va bene a tutti? Ih Ih

 

 

Supermimmina: ciao! Sono veramente lusingata del fatto che tu mi abbia lasciato una recensione! Anche io sono una lettrice “silenziosa”, quindi immagino debba averti colpito molto la mia storia. In effetti, come trama io la definisco “assurda”, perché solo a una come me poteva venire in mente una fic del genere! Mi dici di essere avanti con l’età? , allora credo che ci siamo trovate… Io al momento sono quota 20 anni (spero nessuno legga quest’ultima riga!), quindi anche io dovrei aver passato la fase critica chiamata adolescenza… Dico “dovrei” perché mi definisco una eterna adolescente, e immagino lo sarò finché scriverò fic… Se vuoi continuare a lasciarmi qualche commento, ne sono ben contenta… E magari fammi sapere se mi superi in età! ^.^ Grazie mille per i complimenti! Un bacio!

 

CriCri88: ah ah ah, allora sei proprio cotta di William, eh? In effetti, l’ho sempre considerato un personaggio davvero affascinante, quindi un po’ ti capisco. Come non resistere a un tipo possessivo come lui? In uno dei prossimi capitoli credo che ti stupirai del suo comportamento… Non dico altro. Bacio!

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo XXVI ***


Capitolo XXVI

Capitolo XXVI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Autostrada

 

Xander fermò la Ferrari nella piazzola dell’autogrill, inchiodando a pochi metri da una Aston Martin blu metallizzato, i cerchi in lega che brillavano al sole. Appoggiato all’auto c’era Michael Fowler, lo sguardo nascosto da un paio di occhiali scuri Carrera, le mani infilate nelle tasche dei jeans.

 

<< Alexander! >> disse, appena lui e Jess smontarono dall’auto. Si tolse gli occhiali, rivelando un’espressione piuttosto preoccupata.

 

<< E’ questa l’auto che ti ha dato White per prendere il mio posto? >> domandò Xander, facendo un cenno verso l’Aston Martin.

 

<< Stai tornando a San Francisco, spero >> disse Michael, ignorando la sua domanda piuttosto aggressiva, << Ho parlato con White… >>.

 

Xander si appoggiò alla Ferrari, incrociando le braccia. Non dava a Michael nessuna colpa, ma non poteva fare a meno di avercela con lui per non avergli detto niente riguardo alla sostituzione. Gli aveva telefonato poco prima chiedendogli di incontrarsi lungo l’autostrada, e lo aveva fatto solo per chiedergli una cosa.

 

<< Ascoltami, Michael >> disse, << Mi fido di te, so che sei un bravo agente, ma non posso fare a meno di metterti in guardia: di norma non sei abituato ad avere a che fare con gente come Challagher e i suoi amici, ed è la prima missione di questo genere che affronti. Devi fare molta attenzione, e soprattutto ti chiedo un favore: devi tenere d’occhio per me la ragazza che viene soprannominata Fenice >>.

 

Michael ebbe un fremito al suono di quel nome. << So chi è >> disse, << La ragazza di Challagher… E’ lei che ti stava aiutando, giusto? >>.

 

<< Sì. Non voglio che le succeda nulla >> rispose Xander, serio, << E che nulla intendo assolutamente niente. Se venissi a sapere che Challagher ha qualche piano su di lei, devi dirmelo. Non mi interessa se disubbidiresti agli ordini di White, chiaro? Me ne sto andando solo perché devo mettere a posto alcune cose a San Francisco… Ma ho intenzione di tornare il prima possibile >>.

 

Michael sorrise: doveva aver colto cosa si celava dietro la premura di Xander per Irina. Sembrò divertito, ma non fece alcun commento a riguardo.

 

<< D’accordo >> disse, << Non c’è problema. Non è un soggetto difficile da tenere d’occhio: Challagher è piuttosto geloso di lei. E comunque mi sembra che frequenti abbastanza spesso il giro >>.

 

Xander ebbe un fremito nervoso al pensiero, e colse l’occhiata che Jess gli rivolse.

 

<< Fai in modo che non le succeda nulla >> continuò, << E che Challagher le stia lontano il più possibile… E stai attento anche tu. E’ gente che fa sul serio >>.

 

L’agente annuì. << Farò del mio meglio. Sono riuscito ad avvicinarmi abbastanza allo Scorpione da essere considerato un suo amico… Mi crede un meccanico piuttosto promettente, oltre che a un corriere piuttosto efficiente. Lo terrò d’occhio >>.

 

Xander annuì e aprì la portiera della Ferrari. << Hai controllato che nessuno ti abbia seguito? >> chiese.

 

<< Sì. Sono impegnati nelle tue ricerche, non hanno pensato a me >> rispose Michael, << Ero da Challagher quando ha saputo che eri dell’F.B.I.: ha ricevuto una telefonata e poi mi ha chiesto di andarmene… Immagino fosse il suo informatore >>.

 

Xander fece una smorfia. << Bene. Ci sentiamo per eventuali aggiornamenti >>. Risalì in auto seguito da Jess e ripartì sgommando verso San Francisco.

 

<< Perché non gli hai detto di White? >> chiese l’informatico qualche minuto più tardi, mentre sfrecciavano già lungo la corsia di sorpasso dell’autostrada.

 

<< Perché nessuno deve sapere cosa ho intenzione di fare >> rispose Xander, << Sicuramente mi avrebbe dato del pazzo… E lo sto diventando >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander spense il motore della Ferrari, lasciandola parcheggiata nel garage sotterraneo del quartier generale. Smontò velocemente, con Jess che lo seguiva di corsa.

 

<< Voglio proprio vedere la faccia di White >> disse, << Sarà contento di avermi eliminato di torno… >>.

 

L’informatico di fianco a lui rimase in silenzio. Presero l’ascensore, arrivando al decimo piano.

 

Quando le porte si aprirono, si ritrovarono faccia a faccia con Steve Went, in giacca e cravatta e l’espressione preoccupata.

 

<< Alexander? >> disse, sorpreso. << Sei già qui? >>.

 

<< Devo vedere White >> disse Xander, superando a grandi passi suo padre, diretto in fondo al corridoio, << Adesso >>.

 

<< No! >> dissero all’unisono Jess e Steve.

 

Xander si voltò, fissando i due con aria scocciata. Entrambi si rivolsero un’occhiata che a lui parve eloquente, e la cosa gli diede piuttosto fastidio.

 

<< Aspetta un momento >> disse Steve, cercando di apparire conciliante, << Cerca di calmarti… >>.

 

<< Sono calmo >> ribatté Xander, anche se non era vero. Non voleva solo incontrare White, voleva mettergli le mani addosso, che era leggermente diverso. Ma suo padre lo conosceva troppo bene.

 

<< Cosa vuoi fare? >> domandò Steve, tranquillo.

 

Xander si voltò di spalle e proseguì diretto all’ufficio di White, con un’idea ben chiara nella mente: costringerlo a rimandarlo indietro. Sentì Jess e suo padre seguirlo in silenzio, molto probabilmente preoccupati.

 

<< Xander… White in questo momento non è qui >> disse suo padre, tranquillo, << Qualsiasi cosa hai in mente, dovrai rimandarla a domani >>.

 

Xander si voltò verso Steve, gli occhi spalancati. << Cosa? Non è qui? E’ dove è andato?! >>.

 

Poi si rispose da solo: << Ah già… Immagino abbia da sbrigare alcuni affari con Challagher >>.

 

<< Sappiamo per certo che non è a Los Angeles >> ribatté suo padre, << E’ a New York per conto del vicepresidente… Torna domani, quindi dovrai aspettare >>.

 

La sua idea era stata tutta un’altra: voleva tornare a Los Angeles già quella sera, dopo aver costretto White a confessare, o almeno dopo averlo messo alle strette. In quel modo era costretto a rimanere dov’era, e cioè sempre troppo lontano da Irina.

 

Sbuffando con aria irata, si voltò e si diresse verso la sua stanza, pronto a una delle più lunghe attese della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Casa

 

Irina fissò la carcassa della Grande Punto, ferma tra le pareti annerite del garage, mentre Max girava intorno all’auto con aria critica. Le gomme si erano sciolte addensandosi in una poltiglia sul pavimento, il muso era completamente bruciato, i vetri si erano disintegrati e dei sedili sportivi non rimaneva altro che lo scheletro. La vernice bianca iridescente si era scollata, e l’aerografia della fenice era ormai un ricordo. Il posteriore era messo meglio, ma risultava comunque irrimediabilmente compromesso.

 

<< Tecnicamente si può rimettere a posto >> disse Max, << Basta sostituire i pezzi… Il problema è che il 70% dell’auto è bruciato… Il motore è completamente andato, così come tutta la parte anteriore. Si è salvato davvero poco >>.

 

<< Ma c’è qualche possibilità, allora >> disse Irina, speranzosa.

 

<< Se davvero la vuoi rimettere a posto, ci vorranno mesi… Bisogna reperire i pezzi, e per un’auto come la tua non sarà facile. Dobbiamo farli arrivare dall’Italia. Oltretutto, ci sarà da spendere un sacco di soldi. Converrebbe acquistarne una nuova… >>.

 

Irina sospirò. Le parole del meccanico non le giungevano nuove: lei stessa sapeva che l’alternativa migliore era quella di comprare un’altra Punto e modificarla, ma sapeva anche che non sarebbe stata la stessa. Era solo un oggetto, ma faceva parte della sua vita, e non era facile per lei pensare di sostituirla.

 

<< Quanto ci vorrebbe? >> chiese.

 

<< Almeno 70.000 dollari… E sto facendo una stima per difetto >>.

 

70.000 dollari erano davvero tanti, soprattutto considerando che l’auto sarebbe stata da rimettere a nuovo. Acquistarne un’altra e modificarla forse sarebbe costato di meno.

 

<< Mi serve il più in fretta possibile >> disse Irina, << Quanto tempo ci impiegheresti per renderla di nuovo guidabile? >>.

 

<< Contando che dovrei ordinare i pezzi… Due mesi circa… Forse uno e mezzo >>.

 

Troppo tempo… Come avrebbe fatto a tirare avanti per due mesi? L’auto le serviva per gareggiare, per portare a casa un po’ di soldi, ma soprattutto per rimanere nel giro… Senza la Punto era finita.

 

Le rimaneva l’Audi TT, ma non era la stessa cosa. Anche quella era da modificare, perché così com’era non poteva compere con le altre macchine. L’unica alternativa che aveva era comprare un’auto già pronta, ma lei non ne aveva l’intenzione. La Punto era e sarebbe stata la sua unica auto.

 

<< Cosa vuoi fare? >> chiese Max, preoccupato, << Non cacciarti di nuovo nei guai, spero >>.

 

<< Lascia perdere. Non parliamone… Avevi ragione tu anche questa volta >> Irina passò una mano sul tetto di vetro della Punto, ormai disintegrato, << Vorrei solo che William non mi avesse tolto l’auto. Avrei preferito qualsiasi altra cosa a questo >>.

 

<< Se vuoi posso cominciare a farci qualche lavoretto sopra >> disse Max, << Passo a prenderla con Antony con il carro attrezzi e inizio a vedere cosa si può recuperare… La parte più difficile è il motore, ma possiamo pensarci più avanti… Se vuoi anticipo io per te, se ti va… >>.

 

<< Non sono i soldi, il problema >> disse Irina, << E’ il tempo. Non posso rimanere due mesi senz’auto… >>.

 

Max sembrava desideroso di fare qualcosa, ma c’era ben poco da fare. Senz’auto era come zoppa, ed era quello che voleva William: renderla prigioniera, senza via di fuga. Era la sua punizione per aver cercato di fregarlo.

 

<< Inizia a portarla da te >> disse Irina, guardando tristemente la Punto, << Vedi se riesci a trovare qualche pezzo che sia sopravvissuto, e poi deciderò. Anche se penso che sarò costretta a cambiare auto… O a uscire dalle corse >>.

 

Pronunciò le ultime parole con voluta rassegnazione, ma dirlo a voce alta sembrava inaccettabile. Aveva sempre creduto che il giorno in cui avrebbe smesso di correre, il giorno in cui avrebbe smesso di essere Fenice, sarebbe stato quello della sua liberazione… Invece, era tutto il contrario. Sarebbe stata dello Scorpione finché lui non si sarebbe stufato di lei.

 

Max scosse la testa, e Irina tornò in casa.

 

Nel giro di pochi giorni, tutto era crollato. Per l’ennesima volta. E in più, questa volta ci aveva guadagnato anche uno squarcio al cuore di cui non aveva bisogno.

 

Andò in cucina, finalmente decisa a mangiare qualcosa: il giorno prima non aveva toccato cibo. Todd stava lavando qualcosa nel lavandino, e la tv accesa diffondeva l’ennesimo telegiornale.

 

Suo padre grugnì per attirare la sua attenzione, e Irina si sedette a tavola, aspettando che parlasse.

 

<< Si può… Si può fare qualcosa per la macchina? >> domandò, titubante.

 

<< Molto probabilmente sarò costretta a cambiarla >> rispose Irina, atona.

 

Era strano vedere sul volto di suo padre preoccupazione per lei, ma per quanto sembrasse assurdo, era vero. Da quel giorno in cui finalmente aveva scoperto quale fosse il legame tra lei e lo Scorpione, era cambiato e continuava a cambiare. Lo faceva lentamente, ma iniziava a interessarsi a sua figlia e a ciò che faceva.

 

<< Forse… Forse è meglio che tu smetta di correre >> disse Todd, esitante, quasi avesse paura che si infuriasse con lui.

 

Irina distolse lo sguardo. << Non è quello che vorrei fare >> ribatté.

 

Suo padre sapeva che Xander se n’era andato; Irina glielo aveva detto cercando di apparire distaccata, ma non lo era per niente.

 

Un addio del genere non lo aveva mai immaginato. Né che il bacio che le aveva dato Xander potesse rimanerle impresso sulle labbra com’era accaduto. Lo aveva desiderato per tanto tempo, e gli era parso ancora più bello di quello che aveva immaginato.

 

Cercò di scacciare il pensiero dalla sua testa, perché le riportava sempre le lacrime agli occhi. Erano solo un giorno che aveva lasciato la città, eppure gli mancava da morire. Le mancava la sensazione di sicurezza che le dava, l’illusione di essere amata davvero per la prima volta. Sapere che era durato solo il tempo di un bacio le faceva sanguinare il cuore.

 

Il suo cellulare squillò e lei lo prese. Sapeva già di chi si trattava.

 

<< Sei riuscita a salvare la macchina? >> domandò William, sardonico, dall’altra parte della linea. << Finalmente sarai costretta a cambiare quel catorcio di auto italiana >>.

 

<< Cosa vuoi? >> chiese Irina tra i denti.

 

<< Niente… Vorrei che tu passassi da casa mia >> rispose William, << Mi piacerebbe presentarti una persona >>.

 

<< Non mi interessa >> ribatté Irina, << Non voglio conoscere nessuno dei tuoi amici. Ho altri problemi, in questo momento >>.

 

<< Invece passerai di qui. Dobbiamo discutere sulla tua posizione nella Black List >> disse William, e le chiuse il telefono in faccia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Audi TT si fermò nel parcheggio di casa Challagher, di fianco ad un’Aston Martin blu e alla Murcielago arancione di Dimitri. Irina scese dall’auto e vide il maggiordomo indicarle il garage sotterraneo.

 

Mentre raggiungeva le scale che l’avrebbero portata di sotto, si chiedeva cosa volesse ancora William da lei. Le aveva tolto la macchina, Xander se n’era andato, e ormai lei non aveva più speranze di potersi riscattare… C’era di peggio?

 

Varcò la porta bianca e si ritrovò per l’ennesima volta nel grandissimo garage di William, illuminato dalle lampade al neon che gettavano bagliori sulle carrozzerie delle innumerevoli auto dello Scorpione, parcheggiate tutte in bella mostra. Lui, Dimitri e un altro ragazzo erano in fondo, e chiaccheravano tra loro a bassa voce.

 

Qualcosa le saltò subito all’occhio: mancava un’auto. E non una qualsiasi, ma la Zonda, sempre nascosta sotto il suo telo bianco. Non c’era, e il suo spazio era stato lasciato vuoto.

 

Raggiunse lentamente William, mentre i tre la guardavano in silenzio, tanto da permetterle di sentire i suoi passi rimbombare sul pavimento. Trovò la cosa particolarmente inquietante.

 

<< Cosa volevi? >> domandò, rivolta a William. Gettò a Dimitri una rapida occhiata, quel tanto che bastava per notare che sul sopracciglio gli era rimasta una cicatrice, e ignorò del tutto l’altro sconosciuto.

 

<< Cosa si è salvato dell’auto? >> chiese William, tranquillo.

 

<< Le hai dato fuoco per distruggerla >> ribatté Irina, << Ora ti interessa sapere in che stato è? >>.

 

Il ragazzo che non conosceva ebbe un singulto, e si accorse che aveva ridacchiato e che non voleva farsi vedere. Irina continuò a ignorarlo, perché per il momento non gli interessa chi fosse.

 

William non batté ciglio, e si limitò a incrociare le braccia.

 

<< Volevo capire se quella che hai può essere ancora considerata un’auto, oppure solo un ammasso di metallo fuso >> disse, << Niente auto, niente Black List >>.

 

Irina strabuzzò gli occhi. << Cosa? >>.

 

<< Se non hai un’auto, non puoi rimanere nella Lista >> disse lo Scorpione, calmo, << Come gareggerai se non hai una macchina? >>.

 

La ragazza lo fissò, completamente paralizzata. << Non puoi farlo… >> balbettò.

 

<< Non posso? >> fece William, soave, << Posso eccome, bambolina. Sono io che comando, e io che decido. A meno che tu non riesca a trovare un’auto entro poche ore, sei fuori dalla Lista >>.

 

<< Lo sai che non posso >> ribatté Irina, << L’unica macchina che volevo guidare me l’hai distrutta… >>.

 

<< Allora non ti resta che comprarne un’altra >> disse William, ghignando malignamente, << Oppure prenderne una delle mie >>.

 

Irina comprese in pieno l’idea che aveva lo Scorpione: regalarle una delle sue auto significava costringerla per la prima volta a cedere, e legarla ancora di più a lui. Sentì gli occhi di Dimitri e dell’altro ragazzo su di lei, ma continuò a fissare arrabbiata William.

 

In effetti, se voleva rimanere nella Lista, accettare una delle auto dello Scorpione era l’unica alternativa che aveva, per il momento. Poteva sempre essere una cosa temporanea, finché non avesse rimesso in sesto la Punto…

 

<< Vorrei presentarti una persona >> disse William all’improvviso, come a darle il tempo di pensare alla cosa. Fece un cenno verso il ragazzo sconosciuto, con aria divertita. << Lui è Michael Fowler, il mio nuovo meccanico >>.

 

Irina guardò per la prima volta il ragazzo, l’aria spavalda e gli occhiali da sole Carrera agganciati alla polo firmata. Le sembrava un tipo a posto.

 

<< Irina >> si presentò lei, << Sono Fenice >>. E lo disse gettando un’occhiata sprezzante a William, a pochi centimetri da lei.

 

<< La ragazza prodigio >> disse lui, con un sorriso gentile sulle labbra, << Ho sentito parlare di te, in giro >>.

 

<< Non sei il primo né l’ultimo >> disse William, compiaciuto. << La mia Fenice si fa notare, se vuole >>.

 

Michael le gettò uno strano sguardo, come se volesse ridere ma cercasse di trattenersi. Irina ignorò entrambi, poi rimase in silenzio. Non aveva voglia di intavolare una discussione, in quel momento. Voleva solo risolvere la questione Black List con William.

 

William si congedò da Dimitri e Michael, e con lei si allontanò quel tanto che bastava per non far sentire cosa dicessero.

 

<< Allora, quale vuoi? >> domandò, facendo un cenno verso le auto parcheggiate nel garage.

 

<< E’ un modo per riscattarti dell’altra volta? >> ribatté Irina, << Vuoi farti perdonare in questo modo? >>.

 

William sorrise. << No, non è il mio modo per chiedere scusa >> disse, << Sei tu quella che si è comportata male… Se vuoi una delle mie auto, devi venire a letto con me >>.

 

“Che bastardo…”.

 

Irina lo fissò disgustata, e involontariamente fece un passo indietro.

 

<< Non mi sembra una richiesta esagerata >> continuò lo Scorpione, quasi ridacchiando, << In fondo, con quel coglione di Went ci sei andata, e per molto meno >>.

 

L’insulto a Xander la fece andare in bestia, e si trattenne dal dargli un ceffone. Stava pensando a quanto avesse bisogno di un’auto, e a quanto le faceva rabbia quella richiesta. William non poteva essere più stronzo di così.

 

Rinfacciargli le sue promesse non sarebbe servito a nulla, se non a confermargli quanto lei era prigioniera di lui. Irina lo squadrò da capo a piedi, poi si voltò e uscì dal garage sbattendosi la porta alle spalle.

 

Raggiunse l’Audi TT a passo rapido, senza voltarsi dietro e con il cuore che batteva all’impazzata. Odiava William, lo odiava a morte per il modo in cui cercava di piegarla al suo volere. Anche questa volta le aveva chiesto qualcosa in cambio.

 

Si sedette sull’avvolgente sedile della TT, fissando il giardino perfettamente tenuto davanti a sé. Le dita strinsero la corona del volante, e le nocche le diventarono bianche.

 

Non si sarebbe mai abbassata a una cosa del genere, non lo aveva mai fatto in due anni che conosceva William. Già di per sé era disgustata da se stessa per essersi sempre lasciata usare come una bambola, e andare a letto con lui, volontariamente, significava cedere completamente. Tutto per una stupida macchina, un oggetto senza significato.

 

Ma non poteva farsi sbattere fuori dalla Black List… Non adesso che rimaneva l’unica a mettersi contro lo Scorpione…

 

“Non posso fare una cosa del genere… Non ci riuscirei nemmeno”.

 

Strinse ancora di più il volante, dandosi nella stupida. Era di nuovo da sola, e da sola doveva risolvere quel problema.

 

<< Smettila di provocarlo >> disse qualcuno.

 

Irina volse la testa verso la fonte di quella voce, e scoprì che si trattava di Dimitri. Il russo la fissava dall’alto, l’espressione gelida.

 

<< Da quando ti interessa quello che faccio? >> ribatté Irina, seccata. Con la coda dell’occhio vide Michael dirigersi verso la Aston Martin e guardare dalla loro parte.

 

<< Non mi è mai interessato ciò che fai >> rispose Dimitri, la voce roca e dura, << Ti sto solo dicendo che ti sbatterà veramente fuori dalla Lista se continui a sfidarlo… Non fai che incitarlo, in questo modo >>.

 

Irina squadrò il russo, leggermente confusa. Voleva essere un avvertimento, il suo?

 

<< Non era quello che volevi? >> domandò Irina, << Non mi hai mai voluta tra voi… Finalmente sarai contento, no? La ragazzina si toglie dai piedi >>.

 

Accese il motore e fece retromarcia, senza aggiungere altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Xander era seduto immobile come una statua nell’ufficio di suo padre, la musica dello stereo che Steve teneva sempre acceso che suonava soffusa nella stanza. Picchiettava nervosamente sul ripiano della scrivania, cercando di controllare l’impazienza. Suo padre, seduto dall’altra parte che premeva lentamente i tasti del pc, gli gettava ogni tanto un’occhiata di sbiego.

 

White doveva tornare in ufficio quella mattina, ma non si era fatto vedere. Aveva avvisato che si fermava qualche ora a casa sua, e che poi sarebbe tornato al lavoro. La sua assenza però stava durando un po’ troppo, per i suoi gusti.

 

“Mi starà odiando a morte, in questo momento. L’ho lasciata lì, da sola… Non mi vorrà più vedere…”.

 

A intervalli regolari, il suo pensiero si dirigeva verso Irina, sola a Los Angeles e in balia di quella banda di matti, ma soprattutto tra le mani di quel bastardo di Challagher… Se solo fosse venuto a sapere che le aveva fatto qualcosa, era la volta buona che lo faceva fuori sul serio.

 

Il telefono sulla scrivania squillò, e Steve lo prese lentamente in mano. Annuì una sola volta poi rimise a posto la cornetta.

 

<< White è nel suo ufficio >> disse solo.

 

Dieci minuti dopo Xander era già dall’altra parte dell’edificio, il sangue che ribolliva per il nervosismo. Non si era programmato alcun discorso, perché la sua lingua si sarebbe mossa da sola… E molto probabilmente sarebbe andata dritta al punto.

 

Aprì la porta dell’ufficio senza nemmeno bussare, trovando White seduto alla sua scrivania che stava compilando un modulo con aria piuttosto annoiata. Alzò la testa e lo guardò leggermente sorpreso.

 

<< Agente Went… >> disse, << Ora dimentica anche di bussare? >>.

 

Xander entrò nell’ufficio e si parò davanti al suo capo, senza nemmeno l’intenzione di sedersi.

 

<< Perché ha mandato Fowler? >> chiese.

 

White inarcò un sopracciglio. << Perché me lo ha chiesto lui >> rispose, << Quando ha saputo che cercavo qualcuno da mandare a Los Angeles, si è offerto volontario >>.

 

Xander fece una smorfia. << Certo… >> disse, << Non ha mai partecipato a missioni del genere, e lei lo manda tranquillamente a fare il mio sostituto… Cosa aveva in mente? >>.

 

<< A essere sincero, agente Went, non credevo ci fosse bisogno di un sostituto >> disse White, tranquillo << Credevo portasse a termine la missione da solo… L’ho sopravvalutato, per una volta >>.

 

Xander sentì montare la rabbia. Voleva farlo passare per un’incompetente quando era lui a fare il doppio gioco.

 

<< Cosa aveva in mente? >> ripeté, fissando il suo capo con l’aria inferocita.

 

<< Cosa aveva in mente lei, quando ha evitato le mie telefonate per due settimane >> ribatté White, ora anche lui arrabbiato, << Cosa pensava di fare, rendendosi irreperibile? Si è andato a divertire con la sua amichetta, mentre lei continuava a stare dalla parte di Challagher? >>.

 

Per caso voleva fargli credere che fosse stata Irina a tradirlo? Era così stupido da credere di fregarlo in quel modo? Era chiaro che c’era qualcosa che non andava.

 

<< So benissimo chi sta facendo il doppiogioco >> ringhiò, << E quella non è di sicuro Irina… Lei lo sa meglio di me >>.

 

<< Cosa sta insinuando? >>.

 

<< Sto dicendo che sono a conoscenza del fatto che è in contatto con William Challagher >> disse Xander, tutto d’un fiato.

 

L’espressione assurdamente stupita di White gli confermò che la cosa lo lasciava senza parole. Non si era aspettato che lo venisse a scoprire, molto probabilmente. Rimase per un momento in silenzio, poi abbassò lo sguardo e sorrise.

 

<< D’accordo, posso capire che il fatto di aver fallito possa averla sconvolta >> disse, con il tono che si usa con un bambino capriccioso, << Lei non è abituato a perdere… Ma l’accusa che mi sta lanciando è davvero stupida >>.

 

La mano di Xander tremò, ma rimase comunque appoggiata alla scrivania del suo superiore.

 

<< Non mi tratti da idiota >> disse, << Non è così che si salverà le spalle. Da chi altri Challagher poteva sapere dei carichi d’auto? E come mai si è sempre salvato, fino a questo momento? Ha qualcuno che gli fa da talpa qui dentro, e quello è lei >>.

 

White lanciò verso di lui un plico di fogli. << E’ libero di pensare quello che vuole, agente Went >> disse, << Ma finché non ci sono prove a mio carico, le sue accuse risultano infondate… Quella è la sua prossima missione >>.

 

Xander fissò i fogli, cogliendo il piano di White: voleva spedirlo all’altro capo del mondo in modo che non gli desse fastidio. La destinazione scritta a chiare lettere sul fascicolo era Londra… città abbastanza lontana da renderlo inoffensivo per un po’.

 

<< Non ci vado >> disse, a denti stretti, e nel frattempo cercava un modo per scovare una prova che inchiodava il suo capo.

 

<< La mia non è una richiesta, è un ordine >> ribatté White, freddo, << Faccia le valigie e parta per Londra. Presto si dimenticherà di tutta questa storia, e anche della sua amichetta… Il suo aereo decolla fra cinque ore >>.

 

<< Non mi muovo da qui >> disse Xander, fissando White.

 

<< Non discuta. Segua gli ordini >>.

 

<< Non ne ho l’intenzione >>.

 

<< Smetta di fare il ribelle. Si sta comportando come un bambino. Non mi costringa a sospenderla >>.

 

Xander scostò malamente il plico di fogli sulla scrivania. << Non voglio quella missione. Faccia tornare Fowler qui e riconsegni tutto a me >>.

 

<< Si farà ammazzare, Went >> ribatté White.

 

<< Non è quello che volete lei e Challagher? >> domandò Xander, provocatorio.

 

<< Se ne vada a Londra e non si faccia rivedere per un po’… Non sono disposto a sopportare ancora i suoi colpi di testa >>.

 

<< Vada a farsi fottere, White >> ribatté Xander, << Lei e Challagher non mi terrete lontano da Los Angeles >>.

 

Il suo capo lo guardò sbalordito, chiaramente spiazzato da tutta quell’aggressività. Si alzò di scatto e aggirò la scrivania, puntando un dito contro di lui.

 

<< Continui così e la faccio sbattere in cella per un po’ >> lo minacciò, << Sta dimenticando con chi sta parlando, immagino >>.

 

Ci sarebbe voluto ancora un secondo, dopodiché Xander lo avrebbe afferrato per il colletto della camicia e lo avrebbe sbattuto su quella scrivania che lui usava pensando di mettere timore ai suoi sottoposti, costringendolo con la forza a confessare tutto. La rabbia che ribolliva dentro di lui al pensiero di essere stato costretto a lasciare Irina da sola lo rendeva particolarmente poco tollerante…

 

<< Mi sospenda, allora >> ringhiò, << Mi farebbe solo un favore >>.

 

Qualcuno si schiarì la voce, ed entrambi si voltarono verso la porta. Howard McDonall, il vicecomandante dell’F.B.I., il personaggio più importante dopo il Presidente degli Stati Uniti… L’unico capo che Xander non si sarebbe mai sognato di sfidare.

 

L’uomo li guardò con aria tranquilla, il vestito giacca e cravatta grigio scuro perfettamente stirato, il volto segnato e gli occhi scuri e profondi. Ogni suo tratto denotava severità, a partire dai corti capelli pettinati impeccabilmente.

 

Stava in piedi davanti alla porta, con alle sue spalle Jess e Steve con le espressioni piuttosto preoccupate. Dovevano essere venuti ad assistere alla sua “conversazione” con White…

 

<< Agente Went >> disse McDonall, il tono duro, << Il suo comportamento è intollerabile. Mi segua nel mio ufficio. Lei è fuori dall’F.B.I. >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Garage di Max

 

Irina contemplava la Punto sfasciata con l’aria abbattuta. I quattro cerchi in lega erano appoggiati in fila vicino al muro, anneriti dal fuoco, insieme ai pochi pezzi che potevano essere recuperati.

 

Max stava smontando i sedili dell’auto, incastrato tra il cruscotto e la porta con i vetri spaccati. Gettò una chiave inglese per terra, poi guardò Irina con l’aria seria.

 

<< C’è molto poco da salvare >> disse, << Costerà più del previsto rimetterla a posto >>.

 

Irina sospirò e si sedette su uno sgabello lì vicino. Ogni speranza di poter rimanere nella Lista si affievoliva.

 

<< Cosa vuoi fare? >> domandò Max, << Vuoi provare a rimetterla a posto? >>.

 

<< Mi serve un’auto >> rispose Irina, << Altrimenti sono fuori dalla Lista… >>.

 

<< Cosa?! >> gridò il meccanico, << William ti sbatte fuori? Non può farlo… >>.

 

<< Invece può, e lo ha già fatto >> disse Irina, << E’ il suo modo per punirmi ancora per averlo tradito… >>.

 

Sentì un groppo in gola, ma non era dovuto alla tristezza. Era arrabbiata per essere stata così idiota, e per essersi lasciata ricattare.

 

Si alzò di scatto e disse: << Vado da Jenny >>.

 

Max la guardò uscire dal garage con l’aria confusa, ma lei non aggiunse altro e salì sulla TT.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Come avevo promesso, aggiorno oggi.

Bene, che ne dite? La situazione si complica davvero… Xander è da una parte, sta perdendo la testa e rischia di essere sbattuto fuori dall’F.B.I., Irina dal un’altra che si ritrova praticamente sola e fuori dalla Black List. Peggio di così non può andare? Forse… Diciamo che mi sto scervellando per complicare tutto ancora di più di quanto già non lo sia…

Non so quando aggiornerò, però potrei fare un pensierino per domenica… Vediamo un po’ se riesco, eh!

 

Supermimmina: ma mia cara, allora sei ancora una bambina! E io che pensavo chissà che! Trent’anni non sono niente! Sono contenta di averti stupito: non mi piaceva rendere tutto troppo facile e scontato. Anche perché il finale di questa storia non sarà per niente scontato! ^.^ Ho in mente ancora tante avventure da far passare ai nostri eroi! Bacioni e buon lavoro!

 

CriCri88: lo so, lo so, stare dalla parte dei cattivi non è mai semplice. Soprattutto se il cattivo in questione non è niente male, come il nostro carissimo William… Ci sarà qualche momento carino anche per lui, soprattutto nel prossimo capitolo (risata malefica)! Quanto ai due… Bé, diciamo che non hanno avuto il tempo di chiarirsi moltissimo, ed è normale non capire le loro reazioni: dovremmo trovarci nella stessa identica situazione per sapere come ci comporteremmo realmente. A presto! Baci!

 

EmilyDoyle: visto? Colpo di scena che mette tutto in discussione! Eh eh, vedrai che ci combinano i nostri eroi, adesso… Altro che povera Irina: non sai che farà nel prossimo cap! Baci!

 

Fairy29: ciaoooo! Ma figurati, stai tranquilla! Mi basta che tu ti sia ripresa abbastanza per leggere! Comunque, visto che casino? Sono brava a complicare le cose, eh? Nel prossimo cap ne vedrai ancora delle belle, anche perché Irina tirerà fuori di nuovo le unghie, e William riceverà la prima vera batosta della sua vita! Non ti dico altro se no ti tolgo tutta la sorpresa! Baci!

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVII ***


Capitolo XXVII

Capitolo XXVII

 

 

 

 

 

 

I thought I saw you late last night
But it was just a flash of light
An angel passing
But I remember yesterday
Life before you went away
And we were laughing
We had hope and now it's broken

And I could see it clearly once
When you were here with me
And now somehow all that's left are
Pieces of a dream

 

[ Pieces Of A Dream – Anastacia ]

 

 

 

[Credevo di averti visto l'altra notte sul tardi
ma è stato solo un flash,
un angelo che stava passando
ma ricordo il passato, la vita prima che
te ne andassi via, e noi stavamo ridendo
avevamo sperato e adesso tutto è finito

ed io riesco a vedere tutto chiaramente
per la prima volta, da quando eri qui con me
e adesso in qualche modo tutto ciò che è rimasto
sono solo pezzi di un sogno]

 

 

 

Ore 20.00 – San Francisco, Sede dell’F.B.I.

 

Xander rimase inchiodato dov’era, il sangue che lentamente si gelava nelle vene. McDonall lo aveva appena buttato fuori dall’F.B.I., e tutto perché non sapeva tenere a freno la lingua.

 

<< Mi segua nel mio ufficio, per favore >> ripeté McDonall, facendo un cenno verso il corridoio, << Oppure devo farla ammanettare, prima? >>.

 

Xander seguì lentamente il vicepresidente fuori dalla stanza, sotto gli sguardi allibiti di suo padre e di Jess. In completo silenzio raggiunse l’undicesimo piano del quartier generale, dandosi dell’idiota a ogni passo. Era stato troppo sfrontato, e ora avrebbe perso ogni speranza di poter tornare a Los Angeles.

 

<< Entri >> disse McDonall, tenendogli la porta aperta.

 

Xander varcò l’ampio e luminoso ufficio del vicepresidente e andò a sedersi davanti alla scrivania, pronto a difendersi con le unghie e con i denti. Forse era stato aggressivo, maleducato, irrispettoso, ma un motivo c’era.

 

McDonall si accomodò con deliberata lentezza. Appoggiò sul ripiano un plico di fogli e lo guardò.

 

<< Sapevo che qualcuno la definiva una testa calda, ma non credevo arrivasse a insultare così apertamente un suo superiore >> disse.

 

<< Ho buoni motivi per farlo >> ribatté Xander.

 

<< Davvero? Perché pensa che White meriti i suoi insulti? >> domandò McDonall, e nei suoi occhi passo una strana scintilla.

 

<< Credo che stia facendo il doppio gioco >> rispose Xander, secco. Era pronto a prendersi tutte le responsabilità che derivavano dalle sue parole, per quanto fossero pesanti.

 

McDonall rimase in silenzio per qualche momento, guardandolo in modo strano. Poi disse, lentamente: << E’ un’accusa grave, la sua >>.

 

<< Me lo hanno già detto >> disse Xander, << Non ho prove, quindi credo che questa discussione possa finire qui >>.

 

Ora che era fuori, aveva una strana voglia di andarsene e non mettere più piede in quegli uffici. McDonall non gli avrebbe mai creduto sulla parola, visto che la prassi richiedeva almeno una serie di prove reali che in quel momento lui non aveva. Però almeno poteva sperare di poter tornare a Los Angeles come semplice “civile”.

 

McDonall gli rivolse un’occhiata perplessa. << Era da un po’ che tenevo d’occhio la sua missione, agente Went >> disse, << L’ho sempre trovato un ottimo elemento, anche se impulsivo, a volte. Per questo mi facevo aggiornare costantemente sulle sue mosse… E mi ha stupito il fatto che sia stato scoperto >>.

 

Xander tacque, in attesa che McDonall dicesse chiaramente cosa voleva.

 

<< Mi dica, a che punto era? >> domandò il vicepresidente.

 

<< Dovevo solo più sfidare Challagher >> rispose Xander, << Avevo appena battuto il numero due, e avevo pronto il piano per arrestare lo Scorpione… >>.

 

<< Come immaginavo >> disse McDonall, << Era praticamente arrivato alla fine… Quindi aveva deciso di rendersi irreperibile per evitare di far sapere a White cosa fosse pronto a fare… Perché lei crede che White stia dalla parte di Challagher, giusto? >>.

 

Xander annuì. << Mi sono sempre chiesto come avesse fatto Challagher a non farsi arrestare per tutto questo tempo. Il fatto che abbia comprato il capo della polizia di Los Angeles lo giustificava in parte. Sapeva cose che conoscevamo solo noi all’F.B.I., e l’unica spiegazione che mi sono potuto dare era che aveva una talpa >>.

 

<< Quindi ha aggredito White per questo >> disse McDonall, << Lo ha insultato, ha messo in discussione la sua autorità e lo ha accusato di tradimento… Piuttosto sfrontato, da parte sua. Come ho già detto, dovrei radiarla da qui e mandarla a fare il poliziotto addetto al traffico >>.

 

<< Lo ha già fatto >> ribatté Xander, incrociando le braccia.

 

<< Gli altri credono che io l’abbia fatto… Ma in realtà lei non è sospeso >> disse McDonall.

 

Xander lo fissò. Per caso aveva capito male?

 

Il vicepresidente sorrise e assunse una posa più rilassata.

 

<< Se le dico che non è l’unico a sospettare di avere una talpa tra noi, la colgo di sorpresa? >> domandò.

 

<< Quindi lo pensa anche lei? >> chiese Xander, confuso.

 

<< I fatti lo dimostrano >> disse McDonall, << Se la missione stava andando bene come sembrava, e se la sua amica pilota non lo ha tradito, come lei sembra convinto, allora qualcuno ha fatto la spia. Il che significa che abbiamo una talpa tra noi >>.

 

Non si era aspettato che McDonall si schierasse dalla sua parte; nemmeno suo padre lo aveva fatto apertamente.

 

<< Però… >> iniziò, poi si rese conto di ciò che stava facendo il vicepresidente.

 

<< Ora tutto il distretto la crede fuori dall’F.B.I. >> spiegò l’uomo, << Quindi sono convinti che lei non abbia più alcun privilegio, da queste parti. Tutti pensano che sia innocuo, in questo momento… >>.

 

<< E io non lo sono >> concluse Xander per lui, cogliendo il piano che McDonall stava per illustrargli.

 

<< Esatto. Nessuno sa che io non la sospenderò veramente, quindi nessuno potrà riferirlo a Challagher >> disse McDonall, << Chiunque sia la talpa, non riceverà questa informazione, perché noi due saremo gli unici a saperlo. A meno che uno di noi due non sia la talpa, ma mi sembra poco probabile >>.

 

<< Allora posso tornare a Los Angeles? >> domandò Xander, eccitato. Al momento era l’unica cosa che gli interessava veramente, qualunque fosse il piano che il suo superiore avesse in mente.

 

<< Calma, agente >> disse McDonall, << Mi faccia spiegare. Lei crede che White sia la nostra talpa, ma non ne abbiamo la conferma. Potremo anche sbagliarci… Tuttavia, sicuramente qualcuno che fa il doppiogioco c’è, ne sono convinto quanto lei. Se vogliamo scoprire chi è, dobbiamo indagare a fondo. Lei vuole tornare a Los Angeles, e io la farò tornare, ma prima tutti dovranno credere che è diventato completamente inoffensivo. Dovrà dare l’impressione che non si muova da qui… >>.

 

<< Credo di non aver capito >> disse Xander. Qualcosa in quel piano non gli piaceva.

 

<< Rimarrà qui e cercherà di capire chi è la talpa >> spiegò McDonall, << Appena sapremo chi è, potrà tornare a Los Angeles e arrestare Challagher. Intanto tutti penseranno che si trova in una sorta di “punizione”, e chiunque sia la talpa riferirà allo Scorpione che per qualche tempo non si potrà muovere da qui >>.

 

<< Devo tornare subito >> protestò Xander, << Non posso aspettare >>.

 

<< Perché? >>.

 

L’occhiata eloquente del suo superiore lo spinse a chiedersi se era il caso di dirgli che aveva disubbidito a una delle prime regole della missione: non affezionarsi a nessuno.

 

<< La ragazza che mi ha aiutato… Quella che ho scelto come contatto >> disse lentamente.

 

<< Irina Dwight >> disse McDonall, << Ho tenuto d’occhio anche lei, oltre a Challagher e a tutta la sua banda >>.

 

<< Sì, lei… Bé, ho scoperto che non è lì per piacere. Challagher le ha messo le mani addosso, e non posso… >>.

 

<< Ho capito >> lo interruppe McDonall, << Ho capito. Il fatto che abbia preso a cuore quella ragazza dovrebbe renderlo meno affidabile, ma io penso sia il contrario. Capisco che le costa molto stare lontano da Los Angeles per un po’, ma dare l’impressione a Challagher che lei non tornerà lo renderà più tranquillo e più facile all’errore. Dobbiamo dargli l’idea che la missione sia completamente fallita, se vogliamo catturarlo >>.

 

Il piano era ben congegnato, ma Xander continuava a essere restio. Capiva cosa intendeva McDonall, e che forse con lui lontano Irina era meno in pericolo di quanto credesse.

 

<< Cosa devo fare? >> domandò stancamente.

 

<< Vada da White e gli dia le chiavi dell’auto e della casa >> rispose McDonall, << Gli dica che l’ho sospeso e che rimarrà a fare lavori d’ufficio per un po’… Dopodiché cerchi di capire chi sta facendo il furbo da queste parti, e mi riferisca le sue indagini. Ci consulteremo per vedere come va tra qualche giorno… Accetta? >>.

 

Xander rimase in silenzio per un po’, rimuginando sul piano di McDonall. Rimanere fuori dall’F.B.I., disarmato, senza auto né alcun supporto ma completamente libero di fare quello che voleva e rischiare il carcere, oppure stare lontano da Irina ancora qualche giorno ma rendere praticamente certa la cattura di Challagher e della talpa, e quindi salvare anche lei?

 

<< Accetto >> disse alla fine, << Accetto. Però voglio la sicurezza che appena saprò chi è la spia, mi farà tornare immediatamente a Los Angeles >>.

 

McDonall sorrise. << Ha la mia parola, agente Went >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Casa di Jenny

 

<< Sei riuscita a sapere qualcosa? >> domandò Jenny quando Irina mise piede in casa sua. Aveva il volto tirato e l’espressione triste e trascurata, di chi non esce da diversi giorni.

 

<< No, non so niente >> rispose Irina, a malincuore, << Sono solo passata a vedere come stavi >>.

 

Jenny la lasciò sedere sul divano, e si accomodò vicino a lei. Una scatola di fazzoletti troneggiava sul ripiano di vetro del tavolino.

 

<< Mi manca >> disse l’amica, guardando il tappeto, << Mi manca tantissimo. E sono preoccupata. Ho paura che gli possa essere successo qualcosa… >>.

 

Era davvero venuta a vedere come stava, e ora si rendeva conto che forse poteva aiutarla. Non ci aveva mai pensato, ma aveva i mezzi per venire a sapere come stava Jess.

 

Tirò fuori il cellulare che le aveva dato Xander, e che fino a quel momento aveva tenuto spento. Non lo voleva più sentire, visto che sapeva che non sarebbe mai tornato. Però forse per Jenny poteva fare uno sforzo…

 

<< Tieni >> le disse, << Prova a chiamarlo >>.

 

Jenny fissò il cellulare con aria confusa. << Non capisco… >>.

 

<< Telefona a questo numero. Ti risponderà Xander: chiedigli di Jess >> disse Irina, la voce piatta e gli occhi rivolti da un’altra parte, con l’intenzione di sembrare perfettamente distaccata.

 

L’amica la guardò qualche istante, forse senza capire bene le sue parole. In realtà sapeva che cosa stava provando, in quel momento, e la domanda che fece le sembrò quasi una provocazione.

 

<< Perché non lo fai tu? >> chiese a bassa voce.

 

<< Perché non lo voglio sentire >> rispose Irina, fissando senza vederlo il ripiano di vetro del tavolino, << Non voglio parlarci… Se ti chiede di me, digli che ti ho lasciato il telefono oggi pomeriggio e che… non sono qui, ora. Sto meglio senza di lui >>.

 

Parlare di Xander non l’aiutava, visto che la sua intenzione era quello di toglierselo dalla testa una volta per tutte. Mentire faceva ancora più male, soprattutto quando l’amica sapeva benissimo che non era la verità, quella che cercava di mostrarle.

 

Jenny prese il cellulare continuando a guardarla. Per un istante sembrò voler dire qualcosa, ma alla fine rimase in silenzio. Premette il tasto di chiamata e si portò il cellulare all’orecchio.

 

<< Xander? Sono Jenny >> disse la ragazza, puntando lo sguardo su di lei, << No… Sta bene, non è successo niente… Non è qui, mi ha lasciato il suo telefono per chiamarti… Volevo solo sapere come sta Jess… Bene… Oh, davvero? Gli dirai di telefonarmi? D’accordo, grazie… >>.

 

Jenny si interruppe, e rivolse un’occhiata eloquente a Irina.

 

<< No, davvero, non è qui con me… >> disse alla fine, << Non mi ha lasciato detto niente… Va bene… >>. Jenny sembrò raccogliere il coraggio a due mani, poi domandò, cauta: << Xander… Tornerete? >>.

 

L’espressione addolorata che si dipinse sul volto della ragazza lasciò Irina congelata, ma anche poco stupita. Guardò l’amica annuire e poi poggiare il cellulare sul divano.

 

<< Ha risposto che non lo sa >> disse solo.

 

Irina fece una smorfia e si alzò di scatto. << Era un no >> mormorò, più che altro a se stessa << Tieni il telefono… Me ne vado. Ci sentiamo >>.

 

Infilò la porta a tutta velocità, tanto che Jenny rimase seduta sul divano senza sapere che fare. Montò di nuovo sulla TT e raggiunse casa.

 

Trovò suo padre e Dominic a parlare tranquillamente in soggiorno davanti alla tv accesa, e Denis e Harry in cucina a mangiare. Non degnò nessuno di uno sguardo e raggiunse camera sua, infilò il cd di Anastacia nello stereo e si lasciò cadere sul letto.

 

Era sola, completamente sola. Xander non sarebbe tornato, le sue erano state solo promesse vuote… Nemmeno lui, bravo, dotato, forte e sfrontato era riuscito a fregare lo Scorpione. Ci era arrivato molto vicino, ma aveva fallito anche lui. Come tutti, ma soprattutto come lei. Che alla fine era rimasta con un pugno di mosche come una ricompensa.

 

Cosa doveva fare? Abbandonare definitivamente tutto? Scappare come aveva fatto Dominic? Continuare a essere Fenice, o almeno a cercare di esserlo? Cedere e diventare veramente la ragazza dello Scorpione? Farsi rinchiudere in una prigione dorata, vittima e carnefice di se stessa?

 

Guardò l’orologio. Ventiquattro ore. Si sarebbe data ventiquattro ore di tempo per trovare una soluzione che le consentisse di rimanere nella Black List… Ma poi, voleva rimanerci ancora? Cosa le serviva fare la pilota, quando sapeva che William non l’avrebbe lasciata andare anche se avesse ripagato due volte il debito di suo fratello?

 

“Perché te ne sei andato? Perché ti sei preso gioco di me? Almeno prima avevo qualcosa per cui andare avanti, qualcosa per cui combattere… Prima c’era Tommy, poi ci sei stato tu… E adesso sono di nuovo da sola…”.

 

Lasciò che le lacrime le colassero sulle guance, silenziose, rigandole il viso come avevano fatto tante volte. Piangere non serviva, ma era l’unica cosa che le era rimasta da fare.

 

“Mi ero innamorata di te… Stupida, come al solito. Ti ho creduto… Stupida di nuovo. E ora cosa faccio? Tanto sono troppo sciocca per potermi mettere contro qualcuno… Non so guardare nemmeno me stessa… Pensavo ci fossi tu, a guardare me”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Xander bevve tutto d’un fiato il quarto caffè della mattina, e continuò a fissare la serie di pile di fogli che aveva davanti, sbuffando. Rimise in perfetto ordine l’ultimo plico e raggiunse l’ufficio di White, gettando malamente il suo lavoro “poco qualificato” sulla scrivania del suo capo.

 

<< Bene… Le farà bene un po’ di sano lavoro d’ufficio >> disse White, ridacchiando, << Servirà a tenerle a freno la lingua >>.

 

Xander grugnì qualcosa e uscì, senza dire niente. Quella notte non aveva praticamente dormito, e la cosa lo rendeva particolarmente nervoso. Il pensiero della conversazione con Jenny, e il fatto che Irina non lo voleva più sentire gli rodevano lo stomaco.

 

Tornò nel suo minuscolo buco e prese i tabulati telefonici di White, da cui voleva partire per le sue indagini. Era un plico di circa mille fogli, e per esaminarli tutti ci sarebbero volute ore. Non poteva contare nemmeno sull’aiuto di Jess o di suo padre, perché McDonall gli aveva proibito di fare parola con alcuno del suo piano. Era praticamente da solo.

 

“E non sono l’unico…”.

 

Irina era da sola, e il pensiero non lo abbandonava nemmeno per un attimo. Non aveva ricevuto alcuna notizia da Michael, e ciò voleva dire che stava bene, ma comunque non poteva certo starle dietro o seguirla in continuazione…

 

Prese il cellulare, con un’idea. Doveva togliersi quel pensiero in modo da poter indagare concentrandosi solo su White…

 

Al momento, c’era solo una persona di tutte quelle che facevano parte del giro delle corse clandestine di cui potesse fidarsi, esclusa Irina, e a cui potesse chiedere di fare ciò che aveva in mente. Oltretutto, quella stessa persona poteva risultare piuttosto utile in diverse circostanze, anche se… Bé, era considerato un traditore.

 

<< Pronto? >> disse una voce profonda dall’altra parte del telefono.

 

<< Simon Cohen? >> domandò Xander.

 

<< Alexander Went?! >> esclamò il nero, stupito, << Perché mi hai chiamato? >>.

 

<< Ho un favore da chiederti >> disse Xander, tranquillo, << Riguarda Irina >>.

 

Gli spiegò brevemente di come mai era dovuto andare via, e che aveva il sospetto che ci fosse una spia tra loro. Simon non lo interruppe nemmeno una volta.

 

Da quella volta a Las Vegas, non si erano più rivisti nemmeno una volta, ma in quelle due ore passate insieme Xander era riuscito a chiarire il perché del tradimento di Simon. Quando aveva sentito di cosa si trattava, in parte era riuscito a giustificarlo… E ora che si trovava in una situazione simile, lo capiva ancora di più.

 

<< Devi tornare a Los Angeles e tenere d’occhio Irina per me >> disse alla fine, << In più, voglio che controlli anche Challagher e i suoi amici… C’è un nostro agente da quelle parti, ma ho paura che non sia abbastanza… competente >>.

 

<< Come mai lo chiedi a me? >> domandò Simon, serio. << Sono un traditore, per voi. Potrei fare il doppiogioco, no? >>.

 

<< Perché ti lascerò George Challagher, alla fine >> rispose Xander, << Se riuscirò a prendere Challagher, avrai suo padre tutto per te. E anche perché so che tieni a Irina quanto ci tengo io >>.

 

Simon rimase in silenzio per qualche momento.

 

<< Accetto, Alexander >> disse, << Accetto, ma lo faccio per lei… E anche per te. Non voglio che finisca come è accaduto per me e per Magdalena >>.

 

L’allusione fece gelare il sangue nelle vene a Xander. Non sarebbe finita in tragedia… Non avrebbe lasciato morire Irina, nemmeno se gli fosse costato la sua stessa vita. Non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via prima ancora di renderla sua.

 

<< Non accadrà >> disse, << Quanto tempo impiegherai per andare a Los Angeles >>.

 

<< Non posso essere lì prima di qualche giorno >> rispose Simon, << Non posso sparire all’improvviso e ricomparire a Los Angeles senza sembrare sospetto… E Irina si insospettirà comunque, quando mi vedrà arrivare >>.

 

<< Cerca di metterci meno tempo possibile. Quando sei arrivato, telefonami >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Casa Challagher

 

Irina parcheggiò l’’Audi TT nel cortile illuminato, scese e raggiunse il soggiorno senza essere notata da nessuno. Solo i domestici le rivolsero un’occhiata poco interessata: era sempre stata autorizzata a entrare e uscire quando voleva. Percorse il corridoio, e salì le scale diretta alla stanza di William.

 

A metà strada incrociò Dimitri, l’aria annoiata e il petto scoperto bagnato di sudore, con un bell’asciugamano sulle spalle a completare quell’incontro del tutto casuale e poco gradito a entrambi. A giudicare dall’aspetto, doveva essere appena uscito dalla palestra ed era diretto alla doccia.

 

<< Cosa fai qui? >> le domandò il russo, il tono poco interessato.

 

<< Devo parlare con William >> rispose lei.

 

Il russo la squadrò da capo a piedi, e le fece cenno di andare nel suo studio. William stava guardando la tv a schermo piatto, seduto alla sua bella scrivania di legno scuro che non gli serviva praticamente a nulla, tranne cercare di dargli un’aria più intellettuale di quanto in realtà non fosse. Teneva i piedi appoggiati sul ripiano pregiato, continuando a fare zapping tra i vari canali.

 

Quando la vide sulla porta, sorrise e appoggiò il telecomando, lasciando sul telegiornale della sera.

 

<< Cosa fai qui, bambolina? >> domandò, rimanendo seduto.

 

Irina non rispose. Aveva preso la sua decisione… O meglio, aveva scelto l’unica alternativa che le era rimasta.

 

Senz’auto non era più nessuno, e una delle auto dello Scorpione non era ciò che voleva. Soprattutto se significava dargli vinta anche quella. Non voleva cedere al suo ricatto… Almeno per il momento. Non aveva più uno scopo che le desse la forza di lottare, di continuare a sopportare, e rimanere nella Lista era completamente inutile, quando sapeva che William non si sarebbe mai accontentato solo dei soldi…

 

In ventiquattro ore, ciò che prima le sembrava di vitale importanza, era diventato l’ultima cosa a cui teneva. Perché ci aveva pensato, ci aveva pensato tutta la notte, rendendosi conto di quanto tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento fosse stato inutile, di quanto si era complicata da sola la vita…

 

Avrebbe smesso di correre.

 

Niente più gare, niente più sfide. Abbandonare per sempre il suo soprannome, Fenice, e lasciarla morire per l’ultima e definitiva volta. Rinunciare con dolore a una parte di se stessa e smettere di soffrire… Aspettare che William, un giorno o l’altro, si stufasse di lei.

 

<< Lascio la Black List >> disse Irina, atona.

 

William la guardò per un istante, e quella che aveva appena udito sembrava non essere la risposta che si era atteso. Si alzò in piedi e la raggiunse, rimanendo a qualche passo da lei.

 

<< Non lo vuoi veramente >> disse, guardandola negli occhi. In quel momento il suo tono era impossibile da decifrare.

 

<< Invece si >> ribatté Irina, anche se non era la verità, << Smetto di correre >>.

 

<< Perché? >> chiese William.

 

<< Lo hai detto tu. Non ho più un’auto, sono fuori dalla Lista >> rispose Irina, abbassando lo sguardo sul pavimento, << Niente macchina, niente gare >>.

 

Gli occhi di William si ridussero a due fessure. << Puoi comprare un’altra auto >> disse, << Puoi usarne una delle mie… Perché uscire completamente? >>.

 

Nel suo tono c’era qualcosa che sembrava quasi supplica. Non si era aspettato che decidesse di chiudere con le corse clandestine, e non sembrava volerlo. Forse non aveva pensato che decidesse veramente di mollare.

 

<< Sono stufa >> disse Irina, << Voglio smettere… Non ho più voglia di correre >>.

 

William si avvicinò e le prese il mento con le dita, facendole alzare la testa. Scrutò il suo volto, serio, e nei suoi occhi verdi passò una scintilla.

 

<< E’ la verità? >> chiese, << Vuoi veramente abbandonare tutto? >>.

 

<< Tanto non serve a niente, no? >> disse Irina, << Tanto vinci sempre tu, no? >>.

 

Un sorriso increspò le labbra dello Scorpione, meno strafottente del solito. Era strano, quasi dispiaciuto per quello che la stava costringendo a fare.

 

<< Hai ragione, bambolina mia >> sussurrò, << Ma io penso che tu non voglia veramente smettere di correre… Vero? >>.

 

Irina non rispose, e spostò lo guardo lontano dai suoi occhi. Sentì una mano di William insinuarsi su i suoi fianchi… e metterle qualcosa nella tasca dei jeans. Le chiavi di un’auto.

 

La ragazza rimase immobile, e tornò a guardarlo negli occhi. William le passò un dito sotto il mento, disegnando il profilo del suo viso. Sorrideva, divertito dalla sua reazione di fronte a quel gesto che non sembrava aver previsto.

 

<< So che le vuoi, bambolina >> le sussurrò a pochi centimetri dalla bocca, << E so anche che non me la vuoi dare vinta… Mi piaci proprio perché sai essere testarda e orgogliosa, quando vuoi. In fondo penso di averti punito abbastanza, no? >>.

 

Irina non indietreggiò, non si mosse nemmeno di un millimetro. Rimase ferma a cercare di comprendere il significato di quelle parole mormorate a pochissima distanza da lei, e che le sembravano impossibili, per uno come William.

 

<< Ti ha abbandonata, Irina >> continuò lo Scorpione, parlando sempre a bassa voce, << Ti ha lasciata qui… E’ scappato. L’unica persona che non ti lascerà mai è qui davanti a te, perché nessuno può mettermi in difficoltà… Sai che se voglio, posso fare in modo che nessuno ti tocchi, che nessuno ti dia fastidio. Posso darti qualsiasi cosa, e ora ti sto dando proprio quello che vuoi. Ti sembrò così cattivo? >>.

 

Irina continuò a rimanere in silenzio. Non capiva cosa sperasse di ottenere da lei, comportandosi così. Prima le diceva che la sbatteva fuori dalla Lista, e ora le regalava le chiavi di un’auto… E per la prima volta da quando si conoscevano, non la stava costringendo a baciarlo, non la stava costringendo a niente… Rimaneva a pochi centimetri da lei, perfettamente controllato, assurdamente gentile…

 

Ricordò quel patto che avevano fatto: ricominciare da capo, riprendere tutto dall’inizio. Qualche sforzo lui lo aveva fatto, Irina doveva riconoscerlo, anche se poi era ricaduto sempre negli stessi errori… Come lei, d'altronde. Forse proprio perché erano uguali, il destino non sembrava volerli separare…

 

William voleva darle amore, e amore era quello che lei cercava. Perché non accettare il suo? Perché continuare a pretendere troppo? A volere ciò che non si poteva avere?

 

Perché non cedere? Ormai aveva abbandonato tutto, aveva lasciato morire ogni speranza… Perché non accettare quello che aveva? Perché non diventare finalmente sua e rendere almeno uno dei due felice?

 

“Tanto ho perso tutto… Anche me stessa. Tanto vale fare le cose per bene”.

 

Prese il volto di William tra le mani e iniziò a baciarlo all’angolo della bocca, senza chiedersi se fosse la cosa giusta, se veramente volesse fare ciò che aveva in mente, e che fino a poche ore fa le faceva orrore. In fondo, prima o poi sarebbe accaduto… Perché non essere lei stessa a iniziare?

 

Forse William non se lo aspettava, perché ci mise qualche istante più del solito a reagire. La afferrò per la vita e la spinse lentamente fino alla scrivania. La issò sopra il ripiano, lasciando cadere a terra un paio di penne a sfera, e le allargò le ginocchia per lasciarlo avvicinare di più.

 

Irina non sentiva nemmeno più la voce del giornalista alla tv, tanto era presa da quello che stava facendo. Per la prima volta non voleva fermarsi, perché sapeva che quella era l’unica alternativa che le era rimasta. E poi, forse, era meno peggio di quello che credeva.

 

<< Era ora, bambolina mia >> disse William qualche istante, la lingua che percorreva le sue labbra, famelica << Volevo almeno un bacio, per la Revènton… Ma anche se mi dai di più, sono contento lo stesso >>.

 

“Ti darò tutto quello che vuoi, purché tu mi faccia dimenticare lui… Purché tu mi faccia smettere di sentire tutto questo dolore”.

 

Era pura follia, ma Irina in quel momento voleva veramente essere sua. Per due anni aveva lottato, ma ora che aveva deciso di cedere, voleva fare tutto sul serio. Forse dopo si sarebbe detestata, ma William le serviva per dimenticare, e per cominciare la sua nuova esistenza.

 

Gli mise la mano dietro il collo, e infilò l’altra sotto la sua camicia, solleticandogli la pelle del fianco. Lo avvicinò ancora, tanto da poggiare la fronte contro quella di lui e riuscire a sentire il soffio del suo fiato sulle labbra. Si fissarono negli occhi per un istante, un istante che bastò allo Scorpione di aver appena vinto l’ultima battaglia che combatteva contro di lei.

 

Con un gesto secco si sfilò la camicia e la gettò per terra, scoprendo il petto possente e solcato dal tatuaggio di uno scorpione nero. I muscoli erano perfettamente delineati, troppo simili a quelli di Xander. Non le diede il tempo di indugiare su quel pensiero, e le scostò i capelli dal collo, impossessandosi di ogni centimetro libero della sua pelle chiara.

 

Irina gli cinse il con un braccio, e sfiorò quelle spalle possenti e allenate, la pelle abbronzata tesa sotto i muscoli rigonfi. Quando la sua mano passò a pochi centimetri sotto il suo collo, sentì le labbra di William incresparsi in una smorfia.

 

Allungando il collo, Irina riuscì a vedere ciò che aveva dato fastidio a William. Tra le spalle, la pelle era arrossata per via di un nuovo tatuaggio, che doveva risalire a pochi giorni prima. Un tribale nero, elaborato dal disegno complesso.

 

<< Ti piace? >> sussurrò William vicino al suo collo, avvinghiandola per la vita.

 

L’unica risposta che Irina riuscì a dare fu quella di passare un dito sul tatuaggio, piano, come se potesse lacerarlo con un gesto così semplice. Questa volta, William si lasciò percorrere da un brivido di piacere.

 

Nel completo silenzio della stanza di sentiva solo la voce del conduttore del telegiornale che lanciava l’ennesimo servizio sui problemi del governo. Nello stesso momento William la spinse ancora di più sulla scrivania, ogni respiro denso di eccitazione.

 

Finalmente otteneva quello che voleva. A Irina non importava più nulla di quello che stava facendo, tanto non aveva più nessuno con cui fare ammenda dei propri comportamenti. L’unica persona che era rimasta nella sua vita, che non era fuggita, era il suo più acerrimo nemico, la persona che odiava di più al mondo. E che si ritrovava ad amare, alla fine, per dare ad almeno uno dei due il sapore della vittoria.

 

Quando sfiorò di nuovo con un dito la pelle della schiena di William, sentì la sua mano sinistra stringersi sulla sua coscia con forza, quasi dolorosamente. La destra le scoprì il ventre, dandole un brivido che lui interpretò come impazienza.

 

Un attimo dopo Irina si ritrovò sdraiata sulla scrivania, le labbra di William che le percorrevano il collo, fino ad arrivare alla sua bocca. Le sentì piegarsi in un sorriso, mentre le dita di lui trovavano i bottoni dei suoi jeans.

 

<< Ti pentirai di non averlo fatto prima >> le sussurrò, << Sei l’unica che sia stata in grado di farmi provare amore, Irina >>.

 

Amore, possesso, era la stessa cosa. Poteva fare quello che voleva, tanto non le importava più di niente. Non le interessava nemmeno se Dimitri o uno dei domestici li avesse trovati lì, su quella scrivania che aveva odiato dal primo giorno, uno sopra l’altro.

 

Sentì il fiato di William farsi sempre più corto, mentre cercava di sfilarle la maglietta e contemporaneamente imprigionarla tra le ginocchia, e Irina gli solleticava la schiena con le dita sottili. Entrambi avevano ancora i pantaloni, la stoffa dei jeans che li separava.

 

Trovò la fibbia della cintura e iniziò ad allentargliela, mentre coglieva la sempre più impetuosa eccitazione di William. Sentì la sua mano stringere con troppa forza il suo seno ancora coperto dal reggiseno, e le scappò un gemito di fastidio. I gesti dello Scorpione erano sempre troppo possessivi, anche in quel momento.

 

William riuscì finalmente a sfilare di dosso la maglia, che gettò malamente di lato, e la tenne ferma mentre si issava sopra di lei, accomodandosi sopra la scrivania. Si abbassò e iniziò a baciarla sulle labbra, mentre infilava la mano sotto la sua schiena, cercando il gancetto del reggiseno.

 

<< … Larry Nichols… >>.

 

L’uomo del telegiornale aveva appena pronunciato quel nome, e Irina si bloccò di colpo. Lo conosceva.

 

<< E’ stato ritrovato questa mattina nel suo locale a Los Angeles, insieme alla moglie e a uno dei figli, tutti e tre freddati con un colpo di pistola alla testa. Tutto fa pensare a una vera e propria esecuzione, tipica di altri delitti risalenti a diversi episodi… >>.

 

Irina spinse William via, che nel frattempo, mentre lei ascoltava, era quasi riuscito ad aprirle il reggiseno, costringendolo ad allontanarsi da lei.

 

<< Hai ucciso Larry Nichols?! >> gridò.

 

<< Non mi sembra il momento per parlarne… >> mormorò William, stringendo la sua mano ancora appoggiata sul tatuaggio dello scorpione.

 

“Che stai facendo? Vuoi andare a letto con un assassino? ”.

 

In un attimo, tornò pienamente consapevole di quello che stava per fare… Di quello che per qualche istante voleva fare.

 

Irina spostò lo sguardo dal petto nudo dello Scorpione al suo, quasi libero dal reggiseno. Con un gesto rapido, sgusciò da sotto il corpo di William e scese dalla scrivania, continuando a fissarlo arrabbiata.

 

Aveva ammazzato un povero vecchio che voleva solo guadagnarsi da vivere con un piccolo locale, e con lui aveva fatto fuori anche la sua famiglia, che centrava poco e nulla. Non era il primo, e non era nemmeno l’ultimo…

 

<< Perché lo hai ucciso? >> domandò, rabbiosa.

 

I muscoli delle spalle di William si tesero. << Dall’ultima volta in cui tu lo hai visto non ha più pagato >> rispose.

 

<< Lo sai che non aveva soldi >> ribatté Irina, << Il locale non andava bene… Non potevi aspettare? >>.

 

William fece una smorfia. << Ho aspettato anche troppo >> disse, gelido, << Il patto era uno solo: o pagava, o moriva >>.

 

<< Che bisogno c’era di uccidere anche la moglie e il figlio?! >> gridò Irina, furiosa. << Non ti avevano fatto niente… >>.

 

<< Non mettere in discussione ciò che faccio >> ringhiò William, avvicinandosi, << Non azzardarti a dirmi cosa devo fare o cosa non devo fare… >>.

 

<< Sei solo un bastardo >> gli sputò addosso Irina, << Sei solo un figlio di puttana senza cuore >>.

 

Rimase a guardarlo, comprendendo all’istante l’errore madornale che stava per fare. Si riallacciò i pantaloni, conscia di aver sbagliato un’altra volta… Ma quella era l’ultima volta. Non sarebbe mai stata la ragazza dello Scorpione, nemmeno se quello le costava la libertà. E nessun’altro sarebbe morto per mano sua, se poteva evitarlo.

 

Di nuovo, in pochi attimi, tutto quello di cui era convinta si ribaltava. Se fino a poco prima era decisa a legare per sempre la sua esistenza a quella dello Scorpione, ora l’unica cosa che voleva era farlo sparire dalla faccia della terra.

 

<< Da che pulpito viene la predica >> sibilò William, << Parla la puttana che si è fatta scopare da mezza città, e da quello sbirro di Went. Vuoi darmi una lezione quando sei tu la prima a fare cazzate? >>.

 

Irina si frugò nella tasca dei jeans e tirò fuori le chiavi che lui le aveva infilato.

 

<< Forse hai ragione >> disse, << Sono una stupida, ma non sono un’ipocrita. Non farò niente che non voglio fare. Soprattutto con uno stronzo come te. Trovati un’altra troia da portarti a letto >>.

 

William fece un passo avanti e le tirò un ceffone in pieno viso, che Irina incassò senza batter ciglio. Era abituata ai suoi gesti violenti, ma questa volta non riuscì a spaventarla come faceva sempre. Tornò a guardarlo con più odio di prima, senza provare paura. L’unica cosa che trasparì dai suoi occhi fu voglia di sfida.

 

<< Tieniti le tue chiavi >> sibilò, gettandole per terra, << E buttami fuori dalla Lista, adesso >>.

 

Si voltò e uscì dalla stanza, percorrendo a grandi passi il corridoio, finché non raggiunse la TT. Per un istante credette che William la seguisse, la afferrasse per un braccio e la trascinasse di nuovo nello studio, per finire a modo suo quello che avevano iniziato su iniziativa di lei. Invece la lasciò libera di andarsene, forse perché anche lui si sentiva stupido, questa volta. Aveva cantato vittoria troppo preso: non aveva vinto per davvero.

 

Non avrebbe permesso a William di dettare ancora le regole a Los Angeles, di fare quello che gli pareva passandola sempre liscia. Era arrivato il momento di fargli capire che non poteva continuare ancora a lungo…

 

C’era una sola persona che lo conosceva abbastanza per sapere come si sarebbe comportato, una sola che aveva sempre sottovalutato perché troppo debole rispetto a lui. Una sola persona tra tutte quelle che conosceva che voleva davvero rinchiuderlo dietro le sbarre. Lei, Irina. Fenice.

 

Avrebbe fatto quello che nessuno era riuscito a fare fino a quel momento, senza tenere conto dei rischi che avrebbe corso. Aveva perso tutto, non aveva nient’altro a cui rinunciare. Poteva riuscirci perché lo Scorpione non se lo sarebbe mai aspettato da lei, il suo giocattolino, la ragazza su cui aveva il pieno controllo.

 

“Ti farò arrestare, William. Fosse l’ultima cosa che faccio… E se non ci riesco, vorrà dire che faremo la stessa identica fine. Insieme”.

 

Velocemente, nella sua mente prese forma un piano, un piano che poteva attuare per chiudere quella storia che durava da troppo tempo. Non le rimaneva che una cosa da fare: trovare un’auto. E ora sapeva quale avrebbe preso.

 

Accese il motore e tornò a casa, ormai pienamente convinta di quello che voleva fare. Lasciò la TT vicino al ciglio del marciapiede senza nemmeno chiuderla, salì in camera sua e si abbassò sotto il letto.

 

Era ancora lì dove l’aveva lasciata l’ultima volta, qualche settimana prima. Una valigetta ventiquattro ore nera, chiusa da una combinazione che conosceva solo lei e nascosta dove sapeva che né suo padre né i suoi fratelli sarebbero mai andati a cercare.

 

La aprì rapidamente, svelandone il contenuto. La pistola che Xander le aveva dato giaceva vicino alle chiavi di casa sua e della BMW, tutte e tre adagiate sopra fasci di banconote da cento dollari tenute assieme da elastici di gomma.

 

Eccolo il “tesoro” di Irina: quasi centomila dollari raccolti mettendo da parte i soldi vinti durante le gare e i proventi di qualche auto venduta. In due anni, aveva preparato la “rata finale” di tutto ciò che doveva a William: quando le sarebbero rimasti solo centomila dollari da ripagare, li aveva già pronti per riprendersi in fretta la sua libertà e impedirgli di aumentare il suo debito con qualche stupida scusa. O almeno era quello che aveva sempre pensato, e che ora vedeva solo come una sciocca speranza.

 

Ora il suo piano era un altro, e quei soldi li avrebbe utilizzati in modo diverso. Appoggiò le chiavi e la pistola sul letto, e tirò fuori i fasci di banconote, facendo un rapido conto. C’erano tutti, e sarebbero di certo bastati a mettere a posto la Punto.

 

Richiuse di scatto la valigetta e si rialzò. Prese le chiavi e uscì di nuovo di casa. Risalì sulla TT e cercò il cellulare nella tasca, cercando il numero di Max nella rubrica.

 

<< Cosa c’è? >> chiese il meccanico.

 

<< Prepara una lista dei pezzi che servono per la Punto >> disse Irina, << Tra un’ora sono da te >>.

 

Chiuse la telefonata, e partì sgommando verso casa di Xander.

 

Quando raggiunse la villetta e la trovò vuota, per la prima volta si soffermò su ciò che stava provando. Sentì qualcosa farsi pesante a livello dello stomaco, e si rese conto di quanto le mancasse. Entrò nel giardino con lentezza, come se si stesse introducendo in casa di sconosciuti. Arrivò alla porta del garage e cercò la chiave giusta.

 

Quando la saracinesca venne tirata su, trovò la BMW M3 bianca parcheggiata perfettamente al centro, la bella vernice iridescente che brillava sottola luce del neon. I fari allungati e felini scintillarono come gli occhi di un gatto, e Irina sentì un groppo alla gola.

 

Quella era stata la sua auto. Quella con cui si era presentato, con cui aveva dato inizio alla sua missione e quella con la quale era riuscito a entrare nella sua vita. La stessa che a lei piaceva moltissimo, e la stessa che William aveva cercato di regalarle.

 

Appoggiò una mano sul cofano e la fece scorrere lungo la fiancata, compiendo con lentezza tutto il giro intorno all’auto. Era perfetta come il primo giorno in cui l’aveva vista, esattamente come Xander l’aveva lasciata. Mentre disegnava il profilo di uno degli specchietti, scorse il suo volto riflesso nel finestrino oscurato, ma non si soffermò a studiarlo.

 

Per un solo istante, sperò che quel finestrino si abbassasse e mostrasse Xander, sorridente e sfrontato come sapeva essere solo lui, e che con dolcezza le dicesse che era stato tutto solo un brutto sogno, che non s’e n’era andato, che era ancora lì per lei, pronto a proteggerla quando aveva bisogno di lui.

 

“Invece non ci sei… Spero solo che tu stia bene… O almeno, che tu stia meglio di me”.

 

In quel momento si pentì di tutte quelle occasioni che non aveva colto, di tutte quelle volte che erano rimasti da soli e in cui lei non si era fatta capire… Forse, se si fosse confessata, quel bacio sarebbe arrivato prima… Forse…

 

Scosse la testa. No, era stato meglio così. L’addio sarebbe stato ancora più doloroso in quel caso. Sarebbe riuscita a dimenticarlo, con il tempo.

 

Aprì la porta della BMW e si sedette al posto di guida, sul morbido sedile di pelle marrone. Afferrò il volante e cercò di premere la frizione.

 

Scoprì di non arrivarci. Sorrise, ricordandosi quanto Xander fosse più alto di lei, e avvicinò il sedile quanto le bastava per arrivare ai pedali. Mise a posto gli specchietti, e infilò la chiave, indugiando per un momento.

 

Quella BMW non sarebbe mai stata la sua Punto, però era comunque una macchina che per lei aveva un significato, e che in qualche modo poteva considerare parte della sua vita. Era stata di Xander, e Xander era comunque entrato nel suo cuore, lasciando un segno indelebile dentro di lei. Usare la sua auto per il piano che aveva era anche un modo per non sentirsi completamente da sola.

 

Girò la chiave nel nottolino, e il motore si accese senza esitazioni. I quattrocento cavalli della BMW ruggirono nel silenzio del garage, gridando tutta la loro voglia di essere scatenati. Accese i fari a led e sfiorò il pomello del cambio, con la stessa dolcezza che aveva usato con William poco prima; poi, ingranò la prima marcia.

 

Lenta, quatta e sinuosa, la M3 uscì dal garage come un felino esce dalla sua gabbia, le pietre del vialetto che scricchiolavano sotto le gomme larghe e dentellate. Raggiunse il cancello, e Irina cercò il telecomando per aprirlo.

 

Qualche secondo dopo, la BMW si lasciò alle spalle la villa, i fari accesi che illuminavano la notte, diretta al garage di Max.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Officina

 

Irina fermò la BMW davanti alla saracinesca dell’officina di Max, la luce accesa che illuminava il marciapiede. Il meccanico la stava aspettando appoggiato alla porta d’ingresso, l’espressione leggermente scocciata per essere stato costretto a lavorare anche a quell’ora.

 

<< Quella non è l’auto di … >> iniziò lui, facendo un cenno verso la BMW.

 

<< Sì, è la sua >> lo interruppe Irina, prima che potesse pronunciare quel nome che le faceva tremare il cuore, << Hai preparato ciò che ti ho chiesto? >>.

 

Max tirò fuori un foglio dalla tasca dei pantaloni.

 

<< Sì, ho fatto l’inventario >> disse, scorrendo il foglietto con gli occhi, << Ci sono un bel po’ di cose da comprare… >>.

 

Irina gli tolse la lista dalle mani e iniziò a leggerla. Ci impiegò qualche momento.

 

<< Dove li troviamo? >> chiese alla fine.

 

<< Dipende. Possiamo ordinarli, oppure andare a prenderli di persona… Ci metteremmo decisamente di meno, ma bisogna andare fuori città >>.

 

<< Dammi i vari indirizzi >> disse Irina.

 

Max la guardò perplesso.

 

<< Se li andiamo a prendere bisogna pagarli subito, lo sai vero? >> disse, << Contanti >>. Fece il gesto di contare un fascio di banconote.

 

Irina gli rivolse un’occhiata. << Li ho >> disse solo.

 

Max la fissò, gli occhi scuri spalancati. << Cosa vuol dire li hai? >> domandò.

 

<< Quanti ne servono? >> ribatté lei.

 

Max deglutì. << Almeno settanta mila… >> rispose a bassa voce.

 

Irina prese la valigetta ventiquattro ore, la appoggiò sul cofano della BMW e la spalancò, mettendo in bella mostra tutti i fasci di banconote fruscianti.

 

<< Questi sono centomila dollari >> disse, << Entro una settimana voglio la Punto come nuova. Anzi, meglio di come era prima >>.

 

<< Do-dove li hai presi? >> boccheggiò Max, fissando la valigetta.

 

<< Li ho messi da parte facendo le gare e con la vendita delle due auto che avevo vinto >> rispose Irina, << Dovrebbero bastare >>.

 

Max le rivolse un’occhiata, e in un attimo tutto il suo stupore fu sostituito da qualcosa che assomigliava a perplessità.

 

<< Irina, non posso rimettere a posto la Punto in una settimana >> disse, << Se fosse un lavoro di sola carrozzeria potrei anche riuscirci, ma il motore è completamente andato… E i pezzi non sono facili da trovare >>.

 

La ragazza richiuse di scatto la valigetta, e lo guardò in faccia, mai così tanto sicura di quello che stava facendo.

 

<< Voglio che ti occupi di tutto, tranne del motore. A quello ci penso io >> disse Irina.

 

Sul volto di Max si dipinse un’espressione preoccupata.

 

<< Cosa hai in mente? >> chiese, serio.

 

“Sfidare William e farlo arrestare… Ecco cosa ho in mente”.

 

<< Non fare domande, e non ti dirò bugie >> ribatté Irina, aggirando la BMW e rimettendo la valigetta nel baule.

 

<< Non ho intenzione di farti cacciare nei guai un’altra volta >> disse Max, << Dimmi cosa vuoi fare. E anche come pensi di poterti occupare del motore di un’auto >>.

 

<< Rivoglio solo la mia macchina >> mentì Irina, l’espressione più innocente che riuscì a trovare, << Mi serve. Userò quella di Xander finché ne avrò bisogno, ma rivoglio la mia, in fretta… E per il motore, ti spiegherò quando avrai finito con il resto >>.

 

<< Non mi freghi >> ribatté Max, << Dimmi tutto, o non ti rimetto a posto proprio niente >>.

Irina decise di dirgli solo una parte della sua idea, per dargli l’impressione di averla convinta davvero, con la sua minaccia.

 

<< Voglio solo la mia auto per rimanere nella Black List >> disse, << Se rimango fuori, tutti gli sforzi che ho fatto finora risulteranno inutili. Devo continuare a tenere lontani di qui gli sbirri… Come promesso, Xander era l’ultimo, no? E per il motore… Si può montare quello di un’altra auto sulla Punto, vero? >>.

 

Max strabuzzò gli occhi. << E di quale? >> domandò, spiazzato.

 

<< Di questa >> rispose Irina, indicando la BMW bianca.

 

<< Si, si può fare >> disse Max, cauto, << Ma non posso garantirti che funzioni… Sono due auto molto diverse… >>.

 

<< Ma almeno tentiamo >> disse Irina, << Voglio provare. E’ l’unica alternativa che ho per riottenere in fretta la mia auto… >>.

 

I due si guardarono, e Irina capì che Max se la stava bevendo. Voleva davvero istallare il motore della BMW sulla Punto, ma voleva farlo per una sola ragione: sfidare William e sbatterlo definitivamente in prigione, anche a costo di rischiare la vita.

 

<< Ci vediamo domani mattina per metterci d’accordo sui pezzi >> continuò Irina, << Ci divideremo e andremo a comprarli di persona. I soldi li abbiamo. Dopodiché ti occuperai di rimettere a posto la Punto… E io del resto >>.

 

Montò in macchina sotto lo sguardo ancora dubbioso di Max, poi accese il motore e fece retromarcia.

 

“E’ arrivato il momento di mostrare che quando Fenice si incazza è davvero pericolosa… Persino per il suo capo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ok, ora voglio sapere chi di voi ha creduto che Irina arrivasse fino in fondo… Sono curiosa di capire cosa avete pensato.

Come si vede da questo capitolo, Irina inizia veramente a dare di testa. E non è la sola, perché anche Xander comincia a perdere la pazienza. Per fortuna non è stato espulso dall’F.B.I. (cosa anche abbastanza prevedibile), ma è costretto a rivedere i suoi piani: deve prima scoprire chi è la spia, e poi deve tornare a Los Angeles.

E poi, , Fenice sta tornando. Irina ha tirato fuori di nuovo le unghie ed è decisa a mettere lei stessa la parola fine a questa storia. In effetti, chi meglio di lei conosce lo Scorpione e i suoi punti deboli? La delusione l’ha portata a fare una scelta difficile e pericolosa, ma a questo punto non ha più niente da perdere…

Per il prossimo aggiornamento… , ci sto pensando… Vediamo se riesco a fare per martedì?

Baci a tutti!

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVIII ***


Capitolo XXVIII

Capitolo XXVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 8.00 – Autostrada

 

Irina sfrecciava lungo l’autostrada, direzione Sud, verso i fornitori che Max gli aveva indicato. Il navigatore portatile che aveva trovato nel portaoggetti della BMW le indicava con precisione la strada da percorrere.

 

Superò a destra un paio di utilitarie, e gettò un’occhiata sul sedile del passeggero. I cinquantamila dollari che aveva con lei erano dentro la valigetta ventiquattro ore, pronti per essere utilizzati. Gli altri cinquanta li aveva Max, diretto invece a Nord, come lei in cerca dei pezzi di ricambio per la Punto.

 

Anche dopo averci dormito sopra, il suo piano le sembrava perfetto. Sfidare William in una corsa, per poi chiamare la polizia e cercare di bloccarlo lungo la gara per fare in modo che gli sbirri riuscissero a fermarlo… Poco importava se veniva catturata anche lei.

 

L’unica cosa che all’inizio non aveva pensato era che molto probabilmente prima avrebbe dovuto sfidare Dimitri: la regola imponeva che bisognava battere tutti i piloti prima di correre contro lo Scorpione.

 

In passato aveva considerato la cosa come preoccupante, ma al momento le sembrava solo una perdita di tempo. Conosceva Dimitri, il suo stile di guida, il suo modo di trattare gli avversari. Forse era più forte di lei, ma dalla sua aveva una determinazione che prima non aveva mai avuto. Poteva batterlo, se voleva. E questa volta lo voleva veramente.

 

Inserì la freccia e uscì dall’autostrada, seguendo le indicazioni del navigatore. Si ritrovò davanti a quello che pareva un’enorme sfasciacarrozze, chiuso da una cancellata in ferro arrugginito. Sembrava abbandonato, ma l’uomo grassoccio che stava scaricando pezzi di auto da un furgone doveva essere il titolare. Appena sentì il rumore del motore della BMW si voltò e guardò verso la macchina, leggermente allarmato.

 

Irina smontò dalla M3 e gli rivolse un’occhiata.

 

<< Cosa stai cercando? >> gridò l’uomo, ora più tranquillo dopo aver visto che si trattava di una ragazza.

 

<< Mi servono dei ricambi >> rispose Irina.

 

<< Da dove arrivi? >> chiese l’uomo, avvicinandosi alla cancellata.

 

<< Los Angeles >> rispose Irina. << Sono la numero tre della Black List >>.

 

“O almeno, lo ero fino a qualche ora fa…”.

 

L’uomo aprì rapidamente il cancello e le fece cenno di entrare. Irina risalì sulla BMW e si introdusse all’interno, parcheggiando la macchina in uno spazio libero. Dentro, lo sfasciacarrozze era pieno di carcasse di auto, pezzi sparsi ovunque e pile di pneumatici vecchi.

 

<< Di preciso, chi saresti? >> domandò l’uomo, strizzando gli occhi per guardarla meglio. Portava un grembiule macchiato e un paio di guanti da lavoro.

 

<< Mi conoscono con il nome di Fenice >> rispose Irina, tranquilla, << Ne hai mai sentito parlare? >>.

 

<< Aaah, Fenice >> fece l’uomo, ora rilassato, << Certo. Non ho mai visto il tuo capo, ma lo conoscono tutti anche da queste parti… Chi non lo conosce, d’altronde? Mi ha commissionato parecchi ordini, qualche mese fa… >>.

 

Irina annuì, poco interessata. << Mi servono dei pezzi per un’auto europea >> spiegò, tirando fuori il foglietto che le aveva dato Max, << Italiana, per la precisione. Una Fiat Grande Punto >>.

 

L’uomo la guardò per un momento, sbatté le palpebre e poi scoppiò a ridere. << Una Fiat Grande Punto? Con tutte le auto che ci sono in giro, ti sei presa una Fiat? >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiata incendiaria. << Con quell’auto sono diventata la numero tre della Black List. Datti una mossa, non sono qui per farmi deridere la macchina >>.

 

L’uomo smise di ridere all’istante davanti al tono di ghiaccio di Irina. << D’accordo >> borbottò, e prese la lista che le teneva in mano, << Vediamo cosa possiamo fare >>.

 

Scorse lentamente l’elenco con occhio critico, poi disse: << Forse qualcosa abbiamo… Però per sicuramente alcuni li dovremo far arrivare dall’estero… >>. Si guardò intorno, poi chiamò: << Jack! Vieni qui! >>.

 

Un ragazzino magrolino sbucò da dietro una pila di quelli che sembravano paraurti di vecchie auto, l’aria leggermente imbarazzata. Trotterellò vicino a loro, lo sguardo a terra. Irina capì che non osava guardarla, come se avesse paura di farlo.

 

<< Guarda un po’ se trovi questi per la nostra signorina >> disse l’uomo, mostrandogli la lista, << Fai in fretta, che non stiamo qui ad aspettare te >>.

 

Jack annuì, poi sparì diretto a un grosso casolare dimesso. L’uomo tornò a guardarla, con rinnovato interesse.

 

<< Come mai tutti quei pezzi? >> domandò, << La BMW M3 non è decisamente migliore, rispetto a una Fiat? >>.

 

<< La BMW non è mia >> disse Irina, infastidita dalla velata critica alla Punto, << Rivoglio la mia auto, che al momento non è in grado di gareggiare… Ah proposito, quali sono i pezzi che dovrei ordinare? >>.

 

L’uomo le mostrò ciò che aveva barrato sulla lista. << Questi >> disse, indicandoli, << Non li abbiamo, e difficilmente li troverai da altre parti… Non è un’auto molto comune, da queste parti, quindi dovrai farteli importare dall’Italia >>.

 

<< Voi potete occuparvene? >> chiese Irina.

 

L’uomo ridacchiò. << Certo >> disse, << Smerciare parti di ricambio di auto rubate è il nostro mestiere… >>.

 

<< E quando ci tempo ci vorrà? >> domandò Irina.

 

<< Almeno due settimane >> rispose l’uomo, stringendosi con noncuranza nelle spalle, << Però potrebbe volerci anche di più >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiata eloquente, poi tirò fuori una mazzetta di banconote da cento dollari. La sventolò sotto il naso dell’uomo e sorrise: << Pago tutto in contanti. Se riesci a farmeli avere entro tre giorni, potrei decidere di lasciarti una congrua mancia per il disturbo >>.

 

<< Credo… Credo che potrei riuscirci >> balbettò l’uomo, alla vista di tutto quel denaro in una sola volta.

 

<< Bravo… >> disse Irina, infilandogli la mazzetta della tasca del grembiule con aria soddisfatta, << Lo Scorpione sarà contento di sapere che tratti bene la sua signorina >>.

 

In quel momento tornò il ragazzino di nome Jack, che trasportava a fatica un grosso scatolone di cartone. Ansimava per lo sforzo, e anche questa volta evitò di guardarla.

 

<< C’è molto poco >> disse, << Ho preparato un altro pacco, ma… >>.

 

<< Va bene, va bene >> lo interruppe l’uomo, << Carica tutto sull’auto mentre io le faccio il conto >>.

 

Irina guardò il ragazzino avviarsi verso la BMW con lo scatolone in mano, ma l’uomo attirò la sua attenzione. Teneva in mano una calcolatrice.

 

<< Allora… >> borbottò, << Quello sono 100, la griglia fanno 150… Dunque, in tutto sono… >>. Le mostrò la calcolatrice, che indicava una bella cifra a tre zeri.

 

Irina tirò fuori un’altra mazzetta e gliela porse. L’uomo le sorrise e intascò tutto molto velocemente.

 

<< E’ un piacere fare affari con voi di Los Angeles >> disse.

 

Irina fece una smorfia. << Immagino… >> disse, e si avviò verso la macchina, << Voglio quei pezzi tra tre giorni… Non uno di più, chiaro? >>.

 

<< Chiarissimo, signorina >> ribatté l’uomo, e a Irina non sfuggì il leggero tono ironico della sua voce.

 

Il ragazzino stava ancora cercando di caricare il secondo scatolone nel baule della BMW, ma sembrava essere troppo pesante per lui. Irina lo guardò per qualche istante, mentre lui cercava in tutti modi di evitare di guardare dalla sua parte e al contempo di tirare su quel pacco. Alla fine decise di intervenire, e lo aiutò a caricare i pezzi nella BMW.

 

<< G-Grazie >> balbettò il ragazzino.

 

“Non sapevo di essere così spaventosa…” pensò Irina, davanti allo sguardo intimorito di Jack. Doveva essere l’effetto della parola “Scorpione” associata a lei a renderla così temuta.

 

Richiuse il baule, e con la coda dell’occhio guardò il ragazzino, che stava ammirando la M3 con sguardo sognante. Sorrise e si voltò verso di lui.

 

<< Tieni >> disse, mettendogli in mano qualche banconota da cento, poi risalì sulla BMW e si avviò verso l’uscita. Dallo specchietto riusciva a vedere l’espressione di pura gioia sulla faccia del ragazzino.

 

Attese che il cancello venisse nuovamente aperto, poi fece sgommare l’auto e ripartì diretta di nuovo all’autostrada, pronta per un’altra tappa alla ricerca di altri pezzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Niente. Nessuna schifossissima notizia.

 

Xander fissava accigliato il cellulare poggiato sulla scrivania a cui era legato da ventiquattro ore, e che odiava già. Michael non si era fatto ancora sentire, non gli aveva detto niente riguardo a Irina. Il che doveva essere una buona notizia, perché significava che non era successo niente. Ma il suo istinto gli diceva che quando riguardava Irina, “niente” significava moltissimo.

 

Prese il telefono e compose il numero. Michael rispose solo dopo quattro squilli.

 

<< Pronto? >> disse.

 

<< Sono io >> disse Xander, << Non mi avevi ancora telefonato… Come vanno le cose? >>.

 

Michael fece una pausa, prima di rispondere. << Bene. Sto raccogliendo un po’ di prove per incastrare Challagher… >>.

 

<< Hai visto Irina? >> lo interruppe Xander.

 

<< Sì, Challagher me l’ha presentata ieri >> rispose prontamente Michael, << Credo di essere a buon punto, se mi ha fatto conoscere la sua ragazza… >>.

 

Xander digrignò i denti di fronte a quell’espressione. “Piano con le affermazioni… Irina non è ancora la ragazza di nessuno”.

 

<< Come ti è sembrata? >> domandò.

 

<< Bé, carina… Oddio, forse è riduttivo… >>.

 

<< Intendo se stava bene >> disse Xander, esasperato, alzando gli occhi al cielo.

 

<< Oh, sì, mi è sembrata a posto >> rispose Michael, << Ha scambiato qualche parola riguardo alla Black List con Challagher, poi è andata via… >>.

 

<< Hai sentito di cosa parlavano? >>.

 

<< No, si sono allontanati >> rispose Michael, << Non sono riuscito a sentire niente… E poi c’era Dimitri vicino a me >>.

 

<< Ok, non fa niente. Un’ultima domanda: hai notato strani comportamenti da parte di White? >> chiese Xander.

 

<< White? >> fece Michael, perplesso, << No, mi è sembrato normale… Perché? >>.

 

<< Non fa niente. Ci sentiamo più avanti. Fammi sapere se succede qualcosa di strano >> disse Xander, e chiuse la telefonata.

 

Non era ancora riuscito a trovare qualche prova contro White, e la cosa lo innervosiva abbastanza. Il suo capo doveva essere molto furbo, perché non aveva lasciato indizi da nessuna parte: i tabulati telefonici non dicevano nulla su possibili collegamenti con Challagher. Però poteva aver utilizzato altri telefoni di cui lui non conosceva il numero, come quello che aveva visto dentro la Mercedes rossa… Oppure poteva averlo fatto attraverso Internet, con il computer del suo ufficio: in quel caso, doveva riuscire ad accedere a quello e sbirciare tra le sue mail, e su tutto ciò che lo riguardava… Ma per farlo, aveva bisogno di un informatico.

 

In quello stesso momento entrò Jess, una tazza di caffè in mano e l’espressione incuriosita.

 

<< Vuoi? >> domandò, indicando la bevanda.

 

Xander annuì. McDonall gli aveva detto che doveva evitare di svelare il suo piano a chiunque, ma di Jess sapeva di potersi fidare. Oltretutto, anche lui aveva una persona che voleva rivedere, a Los Angeles.

 

<< Puoi accedere a un pc degli uffici? >> domandò Xander, diretto.

 

Jess lo guardò. << Dipende cosa devi fare… >> disse, << Non è il caso che ti cacci di nuovo nei guai… >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiataccia. << Tu rispondimi e basta >> disse.

 

<< I pc dei superiori sono tutti protetti… Per accedervi dovrei collegare il mio portatile ai loro e decrittare le password. Potrebbe volerci un po’, ma credo si possa fare >> spiegò Jess, guardando il soffitto con aria concentrata. << Cos’hai in mente? >> aggiunse alla fine.

 

Xander valutò attentamente cosa poteva e non poteva dire, ma poi decise che almeno con il suo migliore amico poteva essere sincero.

 

<< McDonall non mi ha sospeso >> disse, << Voleva solo che tutti credessero fossi realmente fuori dall’F.B.I…. Sospetta anche lui che ci sia una talpa, e mi ha detto di indagare >>.

 

Jess lo guardò per un momento, poi alzò gli occhi al cielo. << Aaaah, giusto… Tutto regolare >> disse, << Mi sembrava un po’ troppo strano che te ne stessi qui tranquillo a fare l’impiegato… Oltretutto Alexander Went non fa mai le cose come tutti, no? Se non c’è il rischio di rimetterci la pelle e se non bisogna essere agenti sotto copertura e pieni di segreti, mica si scomoda… >>.

 

Xander ridacchiò. << Spiritoso… Comunque me la dai una mano o no? >>.

 

<< Certo >> disse l’informatico, << Da dove vuoi cominciare? >>.

 

<< Quanto tempo credi ci voglia per entrare nel pc di White? >> domandò, << Devo saperlo, perché la prima volta che non c’è ne approfittiamo… >>.

 

<< Non lo so >> rispose Jess, l’aria professionale, << Dipende dal tipo di protezione che utilizza. E se ha qualcosa da nascondere, stai sicuro che sarà una cosa piuttosto lunga >>.

 

<< Ok, allora nel frattempo escogiterò qualcos’altro… >> disse Xander, << Ah proposito, hai telefonato a Jenny? >>.

 

L’informatico si rabbuiò. << Sì, certo… >> mormorò, << Solo che… Bé, non è piacevole sapere che sta male >>.

 

Xander gettò la penna sulla scrivania, sospirando. << Credi che io stia meglio? Irina non mi ha voluto parlare… E posso scommettere che era con Jenny, quando hanno telefonato >> disse.

 

L’unica cosa che lo avrebbe consolato era sapere cosa pensava di lui Irina. Sapeva che molto probabilmente l’aveva delusa, che forse lo detestava… Ma non si era ritratta da quel bacio che alla fine aveva dovuto darle, pena la pazzia eterna, o almeno non lo aveva fatto subito… E fermarsi era stato piuttosto difficile, visto che si era tenuto per settimane… Però quando le aveva detto “Ti amo” lei non aveva risposto, non aveva detto nulla… Lo aveva lasciato nel dubbio.

 

Forse se lo meritava. Non si era comportato bene con lei… Lui l’aveva lasciata crogiolare nella confusione per settimane, e ora doveva ripagare nello stesso modo…

 

“Tanto torno indietro e ti vengo a prendere… Anche se quello che mi sentirò dire sarà un no”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Officina

 

<< Allora, cosa manca? >> domandò Irina, fissando l’officina cosparsa di pezzi di auto, Max e Antony che fissavano il pavimento analizzando il materiale su cui dovevano lavorare.

 

<< Nulla… Se non il motore, e i pezzi che arrivano domani >> rispose Max, << Possiamo cominciare, credo >>. Rivolse un’occhiata ad Antony.

 

<< Si, anche se a me sembra una cosa da pazzi… >> disse dubbioso il messicano, << Sei sicura di quello che vuoi fare? >>.

 

<< Sì, più che sicura >> rispose solo Irina, << Allora domani vado a ritirare gli ultimi pezzi, e poi ve li porto. Cominciate pure >>.

 

Si avviò verso l’uscita, ma sentì Max seguirla fuori.

 

<< Irina, stai bene? >> domandò, preoccupato.

 

<< Certo >> mentì lei, rivolgendogli un’occhiata perplessa.

 

<< A me non sembra >> disse Max, << Da quando Xander se n’è andato sei strana… E non mi hai detto come ha reagito William, a parte che ti ha bruciato l’auto… >>.

 

<< C’è poco da dire >> disse Irina, << Credeva lo avessi aiutato… E mi vuole fuori dalla Black List >>.

 

<< E’ per questo che rivuoi la macchina? >> domandò Max, << Per non uscire dalla Lista? >>.

 

Dal tono era chiaro che aveva capito che non era così.

 

<< Sì >> rispose Irina, e si voltò per andarsene.

 

<< Aspetta… Lo so che stai tramando qualcosa >> disse Max, << Non voglio vederti stare male di nuovo… >>.

 

<< Tanto sto già male, Max >> sbottò Irina, tornando a guardarlo. << Non posso stare peggio di così. Lo avevi previsto, no? Se ne sarebbe andato, e io sarei rimasta delusa… Previsione perfetta. Lasciami in pace, e non ricordarmi che sto male, ok? >>.

 

“Stavo per andare a letto con William… E’ questo dice tutto”.

 

Risalì sulla BMW e si lasciò l’officina alle spalle. Non voleva continuare a pensare a quella cosa, a quanto si sentisse vuota. A quanto si sentisse sola, senza di lui…

 

Scacciò il pensiero e si diresse verso il Gold Bunny, dove era sicura di trovare William quella sera. Non si erano più visti da due giorni prima, quando avevano avuto quel contatto fin troppo ravvicinato. E nemmeno nessuna telefonata. Lo Scorpione doveva essersi sentito davvero un’idiota, e la cosa rendeva Irina piuttosto orgogliosa.

 

Ora non le rimaneva che capire se era veramente fuori dalla Lista oppure poteva sperare di essere ancora considerata la numero tre… Molto probabilmente no. William doveva essere furioso con lei, quindi la considerava fuori…

 

Parcheggiò l’auto e scese. C’erano poche macchine perché era ancora presto, ma individuò subito quella di William lasciata vicino all’ingresso. Doveva trovare il coraggio di affrontarlo, prima o poi.

 

Entrò nel locale e chiese a uno dei camerieri dove fosse lo Scorpione. Lui gli indicò il retro, e Irina si avviò, passando vicino al bancone.

 

Appoggiata con aria annoiata c’era Vera Gonzalez, la numero sette della Lista. Uno dei riccioli scuri le ricadeva sul volto, dandole un’espressione piuttosto selvaggia. Da quel giorno in cui l’aveva sconfitta nuovamente non l’aveva più vista bazzicare da quelle parti.

 

Le passò davanti con l’intenzione di ignorarla, ma la spagnola non riuscì a resistere e le rivolse la parola.

 

<< Fenice >> disse, << Non è ancora presto per te? Già qui a quest’ora? >>.

 

<< Anche per te è presto >> ribatté Irina, trovando il tono della donna meno strafottente del solito, << Cosa fai qui da sola? Non dovresti essere con i tuoi amici? >>.

 

<< William aveva bisogno di soddisfare i suoi istinti… >> rispose serafica, << E’ sempre così instancabile, a letto? >>.

 

<< Se mi hai fermato per dirmi questo, non è cosa che possa interessarmi >> disse Irina, << Gliel’ho detto io di trovarsi un’altra troia… >>.

 

<< Ho saputo che ti ha sbattuto fuori dalla Lista >> disse Vera, senza cogliere l’insulto, << Went era uno sbirro… E’ la verità? >>.

 

<< Sì, sono fuori >> rispose Irina, << Ma ancora per poco… William voleva darti il mio posto, per caso? >>.

 

Vera fece una smorfia. << No… Sembra che tu il tuo terzo posto te lo sia guadagnato >> disse, il tono di voce strano, << Volevo solo sapere se era vero >>.

 

Irina squadrò la spagnola senza capire dove volesse andare a parare… In più, non l’aveva insultata come faceva di solito.

 

<< Se non ti dispiace, avrei da fare >> disse, e si defilò.

 

Trovò William seduto a un tavolo che fumava tranquillamente da solo. Sul tavolo c’erano un paio di bicchieri vuoti, mentre il posacenere era pieno di mozziconi.

 

<< Cosa fai qui? >> domandò William, senza guardarla.

 

<< Devo parlarti >> rispose Irina, sedendosi con un po’ di apprensione.

 

<< Parla >>.

 

<< Devo considerarmi fuori dalla Black List? >> chiese Irina, gettando uno sguardo alla pila di mozziconi di sigarette. William era nervoso.

 

<< Dimmelo tu >> ribatté lo Scorpione, << Credi di essere ancora la numero tre oppure no? >>.

 

<< Ho un’auto, adesso >> rispose Irina, << Quindi non sono fuori. A meno che tu non abbia deciso che lo sono >>.

 

William spense la sigaretta nel posacenere e le lanciò un’occhiata. << Non amo essere preso per il culo >> disse, << E non mi piacciono i doppiogiochisti… Per me sei fuori, e lo rimarrai anche se hai un’altra auto >>.

 

<< E se rivolessi indietro il mio posto? >> domandò Irina.

 

<< Devi sfidare di nuovo tutti i membri della Lista >> rispose William, accendendosi l’ennesima sigaretta.

 

Irina si accorse che era più strano del solito. Il tono con cui le parlava era distaccato e poco interessato, ma era chiaro che doveva essere furioso con lei. Praticamente non la guardava, e continuava a rimanere concentrato o sulla sua sigaretta o sul bicchiere vuoto che aveva davanti. Oltretutto era solo, ed era una cosa inusuale… Di solito Dimitri era sempre nei paraggi…

 

La conversazione sembrava finita, per lui, eppure non le aveva ancora detto di andarsene, come normalmente avrebbe fatto. Rimasero seduti l’uno di fronte all’altra per qualche minuto, in completo silenzio.

 

Alla fine William soffiò una boccata di fumo in direzione del soffitto e disse, sempre evitando il suo sguardo: << Come ti sei sentita quando te ne sei andata? Soddisfatta? Te l’eri studiata, oppure ti è venuta sul momento? >>.

 

Irina lo guardò, e si rese conto che lo Scorpione, forse per la prima volta in tutta la sua vita, era rimasto male per qualcosa. Stranamente, stava quasi ammettendo di essere stato preso in giro, di averla bevuta… E l’artefice di tutto quello era lei, una ragazzina stupida e indifesa. William Challagher, perfetto, con soldi e potere, rispettato e temuto, era stato gabbato da una ragazza di soli vent’anni.

 

<< Non mi ero studiata proprio niente >> rispose Irina, << Ero venuta solo per dirti che volevo smettere di correre… Il resto è successo per caso >>.

 

William le rivolse un’altra occhiata, e avvicinò il posacenere. Irina si chiese se sarebbe arrivata fino in fondo, se non avesse sentito il telegiornale… Con un brivido, si disse che sì, quella volta avrebbe avuto il coraggio di farlo.

 

<< Per caso? Ah… >>. Lo Scorpione spense la sigaretta e la guardò, questa volta a lungo e negli occhi.

 

“Avanti, incazzati… Arrabbiati, insultami come fai di solito. Mettimi le mani addosso, tanto siamo solo io e te… Perché ti comporti in questo modo? Perché ti limiti a fare il distaccato?” pensò Irina, sempre più confusa.

 

Sotto lo sguardo di William, le venne la pelle d’oca. Non capiva come mai fosse così strano…

 

<< Vattene >> disse lui alla fine, con un mezzo sorriso.

 

Irina si alzò di scatto, e senza ulteriori indugi uscì dal resto e si avviò verso l’uscita.

 

Bene, se voleva sfidare Dimitri e poi William, doveva di nuovo scalare tutta la Lista… E ci sarebbe voluto tempo, tempo che lei sentiva di non avere. C’era un’unica soluzione per togliersi da quel impiccio…

 

Sfidare gli ultimi sette tutti insieme, in un'unica gara.

 

Vera era ancora dove l’aveva lasciata, da sola, a sorseggiare un drink. Le passò davanti, ma la spagnola la fermò di nuovo.

 

<< Allora? Sei definitivamente fuori? >> domandò.

 

Irina si voltò a guardarla. << Sì… >> rispose, poi le rivolse un’occhiata divertita, << Contenta di saperlo? >>.

 

L’espressione di Vera rimase indecifrabile. << Cosa farai? >> chiese.

 

<< Mi riprenderò il mio posto >> rispose Irina, tirando fuori il cellulare, << Anche se devo sfidarvi di nuovo tutti… Sabato sera, Dalton Beach, alle undici. Vedi di esserci >>.

 

Si girò e iniziò a cercare il numero di Gregory Horne, il numero dieci della Black List.

 

<< Aspetta un momento… >> sbottò Vera, << Cosa vuol dire sabato sera a Dalton Beach? >>.

 

Irina si voltò di nuovo verso di lei. << Te l’ho detto… Vi sfido. Tutti insieme >> disse, e lasciò il locale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Dalton Beach

 

Irina fermò la BMW su quella che doveva essere la linea di partenza per la sua gara suicida. Notò quanta gente si fosse radunata vicino alla spiaggia, e con piacere vide diverse auto dei membri della Black List parcheggiate a pochi metri da lei, già pronte alla partenza.

 

Era chiaro che l’atmosfera era quella delle grandi occasioni, perché la gente sembrava eccitata. Molti fischiarono quando videro la BMW fermarsi nei paraggi, ridacchiando.

 

Scese dalla M3 e subito le vennero incontro Jim Whitman, Robert O’Correll e Logan Milay, rispettivamente il quarto, il sesto e l’ottavo della Lista, le espressioni scocciate.

 

<< Cosa significa, Fenice? >> la aggredì Logan Milay, << Perché ci hai fatti venire tutti? Non sei fuori, o sbaglio? >>.

 

<< Infatti >> rispose Irina, tranquilla, << Rivoglio il mio terzo posto. Vi sfido tutti insieme >>.

 

I tre rimasero in silenzio, sbalorditi dalla sua pazzia. Nel frattempo si erano avvicinati anche tutti gli altri membri della Lista: Hiro Kawashima, Brett Goldsmith, Gregory Horne e Vera Gonzalez.

 

<< Non puoi farlo… >> disse Kawashima.

 

<< Non posso? >> fece Irina, guardandolo con aria di sfida, << Per riavere il mio posto devo battervi tutti, ma non devo per forza farlo separatamente… Vi ho già battuti tutti una volta: se oggi vinco di nuovo, significa che rimango ancora più forte di voi >>.

 

I membri della Lista si guardarono tra loro, leggermente a disagio. Ricordargli che una ragazza li aveva stracciati non li rendeva molto orgogliosi. Solo Vera rimase tranquilla, in disparte.

 

<< Sei stata esclusa >> disse Whitman, aggressivo, << Quindi devi seguire le regole come tutti gli altri… >>.

 

<< Non credevo che ci fossero regole, tra i piloti della Black List >> ribatté Irina, << Per caso avete paura di essere battuti anche tutti insieme? >>.

 

Rimasero tutti in silenzio, finché Irina non vide con la coda dell’occhio una Revènton grigia fermarsi a pochi metri da loro. William scese, un sorriso sardonico sul viso.

 

<< Allora è questo che avevi in mente… >> disse, avvicinandosi, << Non mi sarei aspettato niente di meno da te, in effetti >>.

 

Tutti si voltarono verso di lui, esclusa Irina, che rimase immobile, dandogli le spalle.

 

<< Fate questa gara >> continuò William, << Voglio proprio vedere se riesce a farvi il culo anche questa volta >>.

 

Tutti i membri della Lista si guardarono tra loro, poi si avviarono lentamente verso le auto. Gli ordini dello Scorpione non si discutevano mai, nemmeno in quel caso. Vera però rimase immobile, guardando Irina.

 

<< Io non gareggio >> disse, tranquilla.

 

<< Perché? >> chiese Irina.

 

<< Penso che il terzo posto rimanga comunque tuo. Non c’è bisogno di un’altra gara, secondo me >>.

 

Irina guardò la spagnola, stupita. E non fu l’unica, dato che era risaputo quanto le due si odiassero… William ridacchiò.

 

<< Sei libera di ritirarti, Gonzalez >> disse, << Cerca di sgomberare il campo in fretta >>.

 

Il fatto che la chiamasse per cognome lasciò Irina perplessa. Erano andati a letto insieme, a quanto pareva, perché tutta quella freddezza tra loro?

 

Vera se ne andò e raggiunse la sua auto, appoggiandosi alla fiancata per assistere alla gara. Irina la guardò per qualche momento, sorpresa per quello strano scatto di solidarietà da parte della spagnola.

 

<< Quindi è quella la tua nuova macchina >> disse William, attirando la sua attenzione. Stava guardando la BMW. << Quella di Went… Dovevo immaginarlo. , almeno non è un catorcio come quella stupida Punto >>.

 

“La Punto la tengo buona solo per te” pensò Irina.

 

Salì in auto e attese che tutti i membri della Black List si posizionassero sulla linea di partenza. Alla sua destra, Gregory Horne con la Lotus Europa blu, Brett Goldsmith con la Shelby GT2000 grigia e Logan Milay con la Ford Mustang arancione. Alla sua sinistra, Robert O’Correll con l’Audi A5 rossa, Hiro Kawashima con l’Honda RX7 grigia e Jim Whitman con la Dodge Viper verde.

 

Irina accese il motore, strinse il volante e attese che tutti gli altri facessero altrettanto. Teneva d’occhio William, che aveva intenzione di dare il via.

 

In quel momento vide Max correre verso di lei, arrabbiato e spaventato al tempo stesso. Abbassò il finestrino per sentire cosa aveva da dire.

 

<< Irina! Che cazzo fai?! >> gridò il meccanico, << Era questo che mi stavi nascondendo? >>.

 

<< Levati di mezzo, Max >> ribatté Irina, << Lasciami fare questa gara >>.

 

<< Ma sei uscita fuori di testa? Ti farai ammazzare! >> urlò Max.

 

Irina sentì i motori delle auto vicino a lei rombare. Da un momento all’altro sarebbero partite.

 

<< Levati da qui o ti investo! >> gridò Irina, poi premette l’acceleratore.

 

La BMW schizzò in avanti, lasciando Max stordito in mezzo alla strada. Le altre sei macchine la seguirono a ruota, facendo stridere le gomme.

 

Irina ingranò la marcia e cercò di portarsi in testa, affiancata da Whitman con la Viper. Lo vide ridacchiare tra sé mentre il muso della Dodge superava quello della BMW. Subito dietro di lui, approfittando della scia, c’era O’Correll con l’Audi. Gli unici a essere rimasti dietro erano Horne e Milay.

 

Sterzò a destra, cercando di chiudere la strada a Whitman e O’Correll, in attesa della prima curva. Appena vide la svolta, rallentò e si preparò a girare.

 

Come aveva previsto, si ritrovò la Viper incollata alla fiancata, ma l’A5 rimase indietro. A sinistra aveva Kawashima, dietro la Shelby di Goldsmith.

 

Controllò rapidamente il tachimetro, che stava superando i 150 km/h… Prossima curva a sinistra…

 

In trenta secondi doveva capire che strategia usare: la Mustang e la Lotus non erano più un problema, perché le vedeva dallo specchietto retrovisore, troppo distanti dalla mischia per essere di qualche fastidio… E la BMW si equivaleva con la Honda e la Shelby… I due più problematici erano l’Audi e la Dodge, che infatti le stavano alle calcagna.

 

Irina frenò di colpo, decisa ad affrontare la curva seguente il più stretta possibile. Sfiorò il marciapiede a sinistra, e sentì uno dei semafori barcollare, colpito dalla fiancata dell’Audi. Si ritrovò a sinistra la Viper, che ne approfittò per stringerla contro il muro della palazzina lì vicino. Irina rallentò e lo lasciò passare avanti, scorgendo subito dietro Whitman il muso dell’Audi rossa.

 

Le ci volle un secondo per capire che Whitman e O’Correll si dovevano essere messi d’accordo per non farla arrivare alla fine della gara. Molto probabilmente volevano vendicarsi per la sconfitta subita in passato, ed erano disposti a giocare insieme contro di lei.

 

“Adesso vi frego io…”.

 

Alla curva seguente lasciò passare anche l’Audi, e guardò O’Correll piazzarsi davanti a lei, i fari rossi accesi nella notte. L’A5 e la Viper si ritrovarono presto fianco a fianco, la BMW a una decina di metri da loro.

 

Irina gettò un’occhiata allo specchietto retrovisore: la Mustang e la Lotus sembravano aver ingaggiato tra loro un duello che non c’entrava niente con la gara, ed erano comunque troppo distanti per rappresentare un problema. Notò la Shelby e la Honda subito dietro di lei, decise a darle filo da torcere.

 

Nello stesso istante, si accorse che davanti a lei l’Audi e la Viper continuavano a rimanere fianco, superandosi a vicenda. O non sapevano chi dei due dovesse passare davanti, oppure nessuno dei due voleva rimanere dietro.

 

Come Irina aveva previsto, nel giro di pochi istanti Whitman e O’Correll ingaggiarono un duello, dimenticandosi completamente di lei. Se si erano uniti per ostacolarla, ma la rivalità li aveva comunque divisi, alla fine.

 

Tirò il freno a mano e lasciò che la BMW scivolasse a sinistra, l’Honda che cercò di infilarsi nell’angusto spazio che aveva lasciato libero, senza però riuscirci. Tenne d’occhio Kawashima e si preparò al sorpasso.

 

In quel momento Whitman stava chiudendo la strada a O’Correll, costringendolo a rallentare. Uno degli specchietti dell’Audi volò via, schiantandosi contro il muso della M3.

 

Irina scartò di lato, sfruttando la scia della Viper. Lo stesso stava facendo Kawashima dietro di lei.

 

“Ok… Adesso vediamo come far fuori questi tre idioti…”.

 

Se aveva calcolato bene il percorso, le rimanevano ancora circa cinque minuti prima di arrivare in vista del traguardo. Doveva sbarazzarsi del giapponese e superare i due davanti a lei.

 

L’Audi speronò la Viper, spingendola verso sinistra. Irina cercò di approfittare dello spazio vuoto, ma le due auto ritornarono al centro della carreggiata, continuando ad andarsi addosso. Kawashima molto probabilmente stava aspettando il momento giusto per aspettare il sorpasso, perché continuava a rimanere dietro di lei.

 

Curva a destra… La seguente a sinistra. Rettilineo e semaforo…

 

Irina passò l’incrocio a tutta velocità, conscia della luce rossa fissa che brillava nella notte e che significava solo “stop”… Kawashima passò subito dopo di lei, sempre nella sua scia. Dietro di lui, la Mustang e la Lotus…

 

Come al rallentatore, Irina vide dallo specchietto le due auto attraversare l’incrocio a tutta velocità nello stesso istante in cui una volante della polizia si apprestava a fare lo stesso.

 

Le tre auto si schiantarono l’una contro l’altra con un boato assordante, lasciando sull’asfalto le strisce degli pneumatici. Dallo specchietto, Irina riuscì a vedere la Mustang capovolgersi su se stessa, presa in pieno dalla polizia. La Lotus finì contro uno dei pali della luce, abbattendolo.

 

Tornò a guardare davanti a sé solo perché doveva vincere quella gara a tutti i costi, ma comprese quanto fosse grave quell’incidente… Sentì un boato fragoroso e vide una pira di fuoco stagliarsi proprio dove c’era la Mustang capovolta…

 

Per un attimo l’Audi e la Viper smisero di lottare, forse spaventati quanto lei dall’incidente, senza però lasciarle libero un passaggio.

 

“Avanti, avanti… Due curve e siamo alla fine, cazzo!”.

 

Accelerò di colpo raggiungendo l’Audi, quasi fino a toccarne il posteriore con il muso. Doveva superarla prima della curva seguente, altrimenti non avrebbe avuto più possibilità di vincere.

 

“Ok, o la va o la spacca…”.

 

Schiacciò l’acceleratore, si spostò leggermente a sinistra fino a trovarsi esattamente in vista nello spazio, largo circa un metro, tra la Viper e l’Audi… Senza esitazioni, aumentò la velocità e spinse le sue auto fino ad aprirsi un varco.

 

Sentì la carrozzeria stridere mente strisciava contro quella verde della Dodge e quella rossa della A5, digrignando i denti al pensiero di quello che stava facendo all’unica macchina che per il momento aveva a disposizione… Però riuscì a passare, infilandosi tra Whitman e O’Correll e costringendoli ad allontanarsi da lei.

 

Quando vide l’ultima curva, accelerò ancora, riuscendola a passare rimanendo in testa. Appena però raddrizzò il volante, sentì la BMW spostarsi violentemente di lato. Fece appena in tempo a vedere la Viper toccarle con il muso il posteriore, poi la M3 andò in testacoda.

 

L’auto girò su se stessa, urtando l’Audi da una parte e la Dodge dall’altra, mentre l’Honda rimase incastrata in mezzo senza la possibilità di spostarsi.

 

Irina premette il freno a fondo, sentendo le fiancate della BMW scontrarsi con quelle delle altre tre auto. Tenne stretto il volante finché la macchina non si fermò completamente.

 

In preda al panico, Irina si ritrovò incollata al sedile, il muso della M3 dalla parte sbagliata e il traguardo ben visibile dal suo specchietto retrovisore… Esattamente al contrario di come si sarebbe dovuta trovare.

 

Gettò un’occhiata di lato, per scoprire che anche l’Audi, la Viper e la Honda erano messe esattamente come lei, i fari davanti spaccati e le fiancate rigate. La RX7 aveva anche il parabrezza crepato, e Kawashima si stava tenendo la testa con una mano.

 

Vide che Whitman le rivolse un’occhiata, e si rese conto che stava per ingranare la marcia per tagliare il traguardo prima di lei. O’Correll stava per fare lo stesso.

 

“Cazzo! Questa non ci voleva!”.

 

Vide Whitman e O’Correll ingranare la prima per rimettersi dritti… Non poteva girare la macchina e sperare di arrivare prima… Ci sarebbe voluto troppo tempo…

 

Schiacciò la frizione e ingranò la retromarcia, senza chiedersi se fosse la cosa migliore da fare. Premette l’acceleratore fino in fondo, sentendo il motore salire di giri con un ruggito.

 

Le ruote della BMW pattinarono per un istante, prima di farla schizzare a marcia indietro verso la linea di partenza segnata sul terreno. La lancetta del contagiri schizzò impazzita verso la zona rossa, portando il motore da quattrocento cavalli al limite

 

Nello stesso istante in cui Irina tagliò il traguardo, vide la Viper di fianco a lei, ma indietro rispetto alla BMW… Indietro abbastanza da considerarla vincitrice.

 

Irina si abbandonò sul sedile, e tirò un sospiro di sollievo. Un sorriso le si disegnò sul volto mentre aspettava che il cuore tornasse a battere regolarmente, conscia di essere tornata a essere la numero tre della Black List

 

Con la coda dell’occhio vide Whitman scendere dall’auto e sbattere la portiera, senza però avvicinarsi a lei. O’Correll, il viso una maschera di ghiaccio, rimase sull’Audi senza guardarla. Intanto, si godette lo spettacolo della Honda RX7 e Shelby arrivare lentamente, quasi si trattasse di una passeggiata…

 

<< Stai bene? >> domandò qualcuno, vicino al finestrino.

 

Irina si voltò, aspettandosi di vedere Max, ma quello che si ritrovò davanti era William. Lo Scorpione teneva una mano appoggiata al tettuccio di vetro, e la guardava quasi volesse trapassarla da parte a parte. I suoi occhi verdi non erano mai stati così imperscrutabili come in quel momento.

 

La ragazza annuì, confusa. Fece per aprire la porta dell’auto, ma William lo aveva già fatto per lei. Smontò dalla BMW e si guardò intorno.

 

L’Audi e la Viper, insieme con la Honda e la Shelby, erano ferme a pochi metri da loro, danneggiate ma non abbastanza da non terminare la gara. All’appello mancavano solo la Mustang e la Lotus, che molto probabilmente non sarebbero mai arrivate.

 

<< Cosa è successo? >> chiese William.

 

<< Milay e Horne sono stati coinvolti in un incidente con una volante della polizia… >> rispose Irina, << Penso sia una cosa grave >>.

 

William annuì e fece un cenno a qualcuno, che Irina non riuscì a vedere. Fece per girare la testa, ma si fermò subito: in effetti, il collo le faceva un po’ male.

 

<< Porca puttana Irina, hai quasi fatto fuori mezza Black List >> disse lo Scorpione, anche se il suo tono suonava più come esasperato che arrabbiato, << Dovevi fare tutto questo casino? >>.

 

La ragazza gli rivolse un’occhiata arrabbiata. << Hai autorizzato tu la gara >> ribatté, << E comunque hanno cercato di farmi fuori… Non sentivo di doverli trattare con i guanti >>.

 

Irina si scostò e cercò con lo sguardo il suo meccanico: per lei la conversazione era finita. Lo individuò a qualche metro da lei.

 

<< Tu sei una pazza furiosa! >> gridò Max, andandole incontro, << Fra un po’ ti facevi ammazzare! >>.

 

Irina lo spinse verso il marciapiede, per evitare a tutti di sentire la scenata. Sentì lo sguardo di William sulla nuca, ma lo ignorò.

 

<< Sono viva, Max. Ho vinto e non mi sono fatta niente >> disse, tranquilla.

 

<< Non ti sei fatta niente?! E tu pensi che io ti voglia rimettere a posto la Punto? Al massimo ti do una bicicletta! Se vai avanti così ti farai ammazzare sul serio! >>.

 

Irina guardò verso la gente che stava discutendo dall’altra parte della strada, in modo concitato. William stava in mezzo e parlava al cellulare, mentre Whitman sembrava arrabbiato con qualcuno. Gli altri membri della Lista sembravano spariti.

 

<< Max, ce ne dobbiamo andare >> disse Irina, << Due di noi sono stati coinvolti in un incidente grave, fra poco qui si riempirà di sbirri… E anche se William è loro amico, non penso che ci lasceranno andare tranquillamente. Torna a casa, e continua a lavorare alla Punto >>.

 

Max la guardò imbronciato per il fatto che non lo aveva praticamente ascoltato, ma non disse niente e se ne andò. Irina iniziò a camminare verso la folla per capire cosa stava succedendo. William la prese da parte e le rivolse un’occhiata.

 

<< Milay ci ha rimesso le penne >> disse solo. << Vattene di qui prima che arrivino gli sbirri >>.

 

<< Horne come sta? >> chiese Irina.

 

<< Male >> rispose William, << Per favore, va via >>.

 

Irina rimase di sasso nel sentire lo Scorpione dire “per favore”… Lo guardò stranita per un momento, poi fece un passo indietro, pronta a ritornare verso la macchina. Alla fine però si fermò: aveva un’ultima domanda da fare.

 

<< Sono di nuovo la numero tre? >> chiese.

 

William le gettò una strana occhiata, poi rispose: << Sì. E se avessi saputo che avresti fatto tutto questo casino, avrei evitato di sbatterti fuori >>.

 

Irina si voltò e raggiunse la BMW, stordita. C’era qualcosa nel comportamento di William che non andava… Da quella sera in cui era andata da lui per dirgli di voler smetter di correre qualcosa era cambiato… Lo Scorpione non era più le stesso di prima, con lei.

 

<< Complimenti, Fenice. Di nuovo la numero tre >>.

 

Appoggiata alla BMW c’era Vera, lo sguardo divertito puntato su di lei. Irina si ricordò all’improvviso di quello che era successo prima della gara.

 

<< Vera… Perché non hai voluto correre? >> domandò, aprendo la portiera dell’auto.

 

<< Te l’ho detto, per me è inutile. So cosa sei in grado di fare, esattamente come lo sa lui >> rispose la spagnola, facendo un cenno con il capo verso William.

 

Irina assunse un’espressione perplessa. Cosa voleva dire con quello?

 

<< Sai, pensavo che non avessi niente di speciale… >> continuò Vera, << Mi sei sempre sembrata solo una ragazzina… Forse perché sono una donna… >>.

 

<< Cosa vuoi dire? >> chiese Irina, senza capire.

 

Vera fece un altro cenno verso William. << E’ venuto a letto con me solo perché doveva sfogare la sua frustrazione con qualcuno… E lo ha fatto perché tu non sei voluta andare con lui. Lo sai quante volte ha fatto il tuo nome? E’ ossessionato da te… Delle altre ragazze non gliene frega un cazzo, gli servono solo per farci sesso. Ma con te… Credimi, hai su di lui un potere che nemmeno immagini >>.

 

Irina rimase paralizzata di fronte alle parole della spagnola, non per il loro significato, ma proprio perché era stata lei a dirle. Si erano sempre odiate, e all’improvviso Vera le diceva che William in realtà voleva solo lei, quando aveva sempre sperato il contrario?

 

<< Non ho nessun potere su di lui >> disse a bassa voce.

 

<< Invece sì, solo che non lo vuoi usare >> ribatté Vera, << Se solo volessi, potresti ottenere da lui qualsiasi cosa… Perché non ne approfitti? Perché lo detesti così tanto? Se io fossi al posto tuo… >>.

 

<< Perché io non voglio niente da lui >> rispose Irina, << Non voglio i suoi soldi, non voglio il suo potere… Non voglio niente di quello che ha. Tu non lo conosci, non sai di cosa è capace… Tu non sai cosa mi ha fatto. Se lo ami, continua ad andarci tu a letto… Il sesso è l’unica cosa che puoi ottenere da uno come lui >>.

 

Risalì in macchina e mise in moto, senza dare il tempo alla spagnola di poter dire altro. Ripartì diretta a casa, superando rapidamente le auto che le intralciavano la strada.

 

Non capiva. Perché tutti si stavano comportando in modo strano? Perché non continuavano a fare i bastardi, i criminali, i pazzi assassini, invece di mettersi a fare discorsi strani e mettendo in mezzo lei? Perché all’improvviso tutto sembrava capovolgersi?

 

Vera era un conto… Forse aveva parlato così solo per confonderla… Ma se davvero quello che aveva detto fosse vero? Possibile che lo Scorpione la amasse veramente, e non la volesse e basta, come aveva sempre creduto?

 

“No, non è possibile… Abbiamo provato a ricominciare… Mi aveva promesso di cambiare, ma è rimasto lo stesso…”.

 

Parcheggiò la BMW davanti a casa e rimase seduta sul sedile, e si abbandonò a un sospiro.

 

Ormai era in barca, aveva cominciato con il suo piano, ma si chiese se era davvero la cosa giusta da fare… E se William, dopo la sua “lezione”, fosse veramente cambiato? Lei cosa avrebbe fatto?

 

“Sei ancora innamorata di lui o no, Irina? Questo è il punto… Dicevi di aver fatto un errore, di aver sbagliato a innamorarti di lui… Ma davvero non lo sei più?”.

 

“No, non lo amo più… Semplicemente perché non l’ho mai amato… L’unica persona che posso amare non è qui… Ed è per colpa di William che ho sofferto così tanto. E’ solo colpa sua. Mi sento così confusa solo perché sono da sola… E perché Xander gli assomiglia. Ma l’unica cosa che voglio, è farlo arrestare”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Fiuuuu, ce l’ho fatta… Davvero, è stata una giornata piuttosto stressante, quindi trovo solo ora il tempo di postare: consideratevi fortunati.

Purtroppo oggi non mi dilungo per rispondere alle recensioni, ma prometto che la prossima volta lo faccio, anche perché sinceramente non so quando posterò il prossimo capitolo… Spero di riuscire a farlo entro la fine della settimana… Pregate che l’università mi dia tregua!

Un bacio enorme a tutti!

 

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Capitolo 29
*** Capitolo XXIX ***


Capitolo XXIX

Capitolo XXIX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 8.00- San Franscisco, Sede F.B.I.

 

<< Cavolo, guarda che roba… >> disse Jess, fissando strabiliato le immagini che passavano sul televisore e mostravano la carcassa bruciata di una Mustang arancione e di un’auto della polizia, insieme a una semidistrutta Lotus; il tutto circondato da decine di volanti e tre ambulanze, con le luci intermittenti accese che brillavano nella notte di Los Angeles.

 

<< … Nell’incidente, avvenuto ieri sera verso mezzanotte, sono state coinvolte due auto che molto probabilmente stavano partecipando a una gara clandestina >> stava dicendo il giornalista, << Purtroppo, Logan Milay, a bordo della Ford Mustang, è morto sul colpo, insieme a uno dei due poliziotti presenti sulla volante. L’altro pilota clandestino, Gregory Horne, noto alle autorità per essere uno dei piloti che fanno parte di quella che viene conosciuta come Black List e che raccoglie i piloti più ricercati della polizia, è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Los Angeles, in coma farmacologico… >>.

 

Xander rimase seduto alla scrivania, guardando con gli occhi sgranati le auto distrutte… Lo sapeva, se lo sentiva, che c’era di mezzo anche Irina, in quella storia… Era troppo strano che due piloti della Black List gareggiassero insieme. Soprattutto se non erano da soli, come aveva capito.

 

Prese il cellulare a chiamò Simon Cohen.

 

<< Quando hai intenzione di partire? >> chiese Xander, innervosito, << Mi sembra che la situazione a Los Angeles stia degenerando… >>.

 

<< Hai visto anche tu il telegiornale, allora >> disse Cohen, quasi divertito, << Lo so, è strano che due piloti della Lista gareggino contro di loro, a meno che non abbiano deciso di sfidarsi per il posto… Però mi sembra abbiano detto che non erano gli unici, che le auto erano molte >>.

 

<< Appunto >> ribatté Xander, << Sono sicuro che c’è in mezzo anche Irina, e non mi sento tranquillo. Quando parti? >>.

 

<< Tra tre giorni >> rispose Cohen, << Andrò in auto, quindi mi ci andranno circa quindici ore di viaggio… >>.

 

<< Non puoi prendere un aereo? >> domandò Xander.

 

<< No. Si insospettirebbero se mi vedessero arrivare senza auto… In fondo sono un pilota anche io >> rispose Cohen, << Quando arrivo ti chiamo… E comunque penso che Irina non corra alcun pericolo: quella ragazza ha più fegato di quanto pensi >>.

 

Infatti è questo che mi preoccupa…”.

 

Cohen mise giù e lasciò Xander frustrato e nervoso. Guardò Jess e disse: << Diamoci una mossa… Voglio tornare laggiù il prima possibile >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Casa

 

Irina si mise a sedere di scatto, gettando il lenzuolo di lato. Si guardò intorno, nella stanza semibuia, rischiarata solo dalla flebile luce che filtrava dalle imposte. Aveva il fiatone, come se avesse corso, e una strana sensazione allo stomaco…

 

Scattò in piedi e corse verso il bagno, per vomitare. Dopo qualche minuto uscì, sorreggendosi allo stipite della porta, il fiato corto. Rimase per un momento ferma, cercando di controllare il respiro, e chiedendosi come mai avesse quella forte nausea, nonostante non avesse mangiato nulla la sera prima.

 

Fece mente locale, cercando di ricordare se avesse fatto qualcosa che potesse provocarle quella reazione… In effetti, aveva ben poco da vomitare, visto che non aveva mangiato niente… Non aveva bevuto niente, né assunto cose strane.

 

Raggiunse il letto e si sdraiò di nuovo, tenendosi una mano con la fronte. Non aveva la febbre, ma le faceva un po’ male il collo… Forse la botta della sera prima si faceva sentire in quel modo…

 

Rimase sdraiata, guardando il soffitto, stanca come se non avesse dormito per giorni. Sentì qualcuno bussare sullo stipite, e guardò chi fosse.

 

<< Stai bene? >> domandò suo padre, guardandola in apprensione.

 

<< Sì… >> rispose piano Irina, << Non dovresti essere a lavoro? >>.

 

<< Oggi è domenica… >> disse Todd.

 

Irina chiuse gli occhi e inspirò profondamente, preda di un altro attacco di nausea. Sentiva lo stomaco brontolare, ma non aveva voglia di mangiare niente. Voleva solo capire perché stesse male… E nei giorni precedenti era stata troppo occupata per accorgersi di qualche sintomo.

 

<< Ho solo bisogno di dormire >> disse, girandosi su un fianco.

 

Sentì i passi di suo padre scendere le scale lentamente, ma rimase ferma. Ora le girava anche la testa… Di male in peggio.

 

Un’ora dopo, Irina era ancora a letto, a guardare il soffitto buio e studiare il lampadario spento: però almeno si sentiva meglio. Forse era solo stanchezza. Suo padre tornò di nuovo e le lasciò una tazza di latte caldo sul comodino. Lo guardò uscire silenziosamente dalla stanza e lo ringraziò.

 

Si mise a sedere e prese la tazza, ma l’odore le diede il voltastomaco, così lasciò stare. Forse era meglio rimanere a digiuno. Si vestì in fretta e andò in bagno per guardarsi allo specchio.

 

Era più pallida del solito e aveva il viso sbattuto, ma per il resto non sembrava stare troppo male. Si diede una pettinata, si lavò la faccia con l’acqua gelida per darsi una svegliata e decide di andare a trovare Jenny per vedere come stava.

 

Quando scese di sotto, alla luce del sole si accorse che la BMW aveva il paraurti rovinato e i fari scheggiati. La vernice bianca sulle fiancate si era scrostata. La sera prima era stata troppo presa della felicità di aver riguadagnato il suo terzo posto per curarsi dei danni.

 

All’improvviso ebbe un altro giramento di testa, ma scosse il capo e passò subito. Si conosceva abbastanza da sapere che di lì a qualche minuto sarebbe stata meglio. Salì in auto e si diresse verso casa di Jenny.

 

<< Come va? >> chiese all’amica, quando arrivò a casa sua.

 

<< Più o meno… Irina, hai una brutta c’era >> disse Jenny, facendola entrare in casa, << Sei sicura di stare bene? >>.

 

<< Non lo so… Stamattina ho vomitato >> rispose Irina, << Mi gira un po’ la testa, ma adesso sto meglio… >>.

 

Jenny la guardò in faccia, come per farle una diagnosi. La squadrò da capo a piedi, poi tornò a fissarla in viso.

 

<< Cosa ti senti? Sei pallida… >> disse.

 

<< Ho un po’ di nausea, e mi sento stanca >> rispose Irina, << Ma sto bene. Non è niente… Anzi, in realtà la nausea mi è passata. Forse devo solo riposarmi un po’… >>.

 

<< Vuoi mangiare qualcosa? E’ mezzogiorno, in effetti >> disse Jenny, guardando l’orologio.

 

<< Non parlarmi di roba da mangiare >> rispose Irina, scuotendo la testa, << Ultimamente non è qualcosa con cui vado molto d’accordo… >>.

 

<< Si vede. Se continui così, diventerai trasparente >> disse Jenny ridendo, << Almeno sei immune alle voglie di dolci… Io mi sono mangiata mezza torta al cioccolato, pensando a Jess. Sembravo una donna incinta… >>.

 

Il parlare di voglie fece venire in mente a Irina una cosa, e in un attimo le si gelò il sangue nelle vene. Strinse il bracciolo e guardò Jenny, gli occhi sgranati. L’amica le rivolse un’occhiata perplessa, poi sbiancò anche lei.

 

<< Cazzo Irina, non dirmi che… >> mormorò, fissandola, << Sei in ritardo? >>.

 

Irina rimase paralizzata dov’era, facendo un rapido calcolo a mente. Nel giro di qualche secondo, il gelo che sentiva nello stomaco divenne puro panico.

 

<< Non è possibile… >> biascicò, << Ho preso la pillola… Non… >>.

 

Qualcosa di enorme le crollò addosso, facendola sprofondare nel più puro terrore. Le aveva passate tutte, e quella era la prima cosa che aveva pregato mai le succedesse. Aveva sempre preso tutte le precauzioni possibili, perché la sua vita era già troppo incasinata per contemplare un… bambino.

 

Jenny l’afferrò per un braccio e la trascinò fino al bagno. Imbambolata, Irina la guardò frugare febbrilmente nei mobiletti bianchi, tirando fuori tutto quello che c’era dentro.

 

<< Ok, tranquilla >> mormorò, come se volesse tranquillizzarla, ma era agitata quanto lei, << Tranquilla, facciamo la prova… Ma sono sicura che è tutto un falso allarme… Non siete andati a letto insieme, non me lo hai detto, no? >>.

 

Intendeva Xander, era chiaro. Ma non era Xander l’oggetto della preoccupazione di Irina… Lui non c’entrava affatto… Era William che…

 

<< Ma non sono andata a letto con lui… >> mormorò così piano che forse Jenny neanche la sentì.

 

<< Tieni >> disse Jenny, mettendole la scatoletta in mano, << E’ un test di gravidanza. Fallo. Adesso >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

Xander scese nel garage senza farsi vedere, e seguì a distanza White, che camminava diretto verso il parcheggio. Lo vide salire su una normale utilitaria scura, e non una Mercedes SL rossa.

 

“Allora avevo ragione… Ha cambiato macchina perché lo sa che sospetto di lui…”.

 

Si voltò e raggiunse l’auto di suo padre, una Mercedes argentata. La Ferrari gli era stata sequestrata, quindi al momento era a piedi. La mise in moto e attese che White passasse per uscire dal garage, poi lo seguì benedicendo la silenziosità del motore della sua auto.

 

Seguì White fuori dal garage, cercando di non farsi vedere. Lo lasciò allontanare quel tanto che bastava che non farsi vedere, e continuò a tallonarlo per scoprire dove andava.

 

In qualche modo White doveva pur comunicare con Challagher, e se non lo faceva via telefono forse si incontravano di persona. Già una volta aveva saputo tramite Irina che la Mercedes era parcheggiata nel giardino di casa Challagher, quindi era molto probabile che stesse andando da lui. Los Angeles era lontana, troppo per permettere a White di andare e tornare nel giro di qualche ora, ma magari era lo Scorpione a venire dalle loro parti…

 

White svoltò lungo la strada statale, diretto verso Sud. Lo seguì per circa venti minuti, poi prese una via tra numerose villette signorili. Parcheggiò davanti ad una con un bel giardino e scese, entrando in casa.

 

Xander fermò la macchina a pochi metri di distanza, e aspettò. White era tornato a casa, e ci rimase per le quattro ore seguenti, mentre lui ascoltava la radio a basso volume e sorseggiava la scorta di caffè che si era portato dietro. L’unico movimento che scorse fu l’arrivo della moglie di White, che tornava dal lavoro. Il suo capo sembrava non avere alcuna intenzione di uscire, né per raggiungere Challagher né per qualunque altra ragione.

 

Decise di dare uno sguardo nei dintorni, così scese dall’auto e sbirciò nel giardino di casa White. Riuscì a scorgere il garage, e notò che era vuoto: White aveva nascosto la Mercedes rossa da qualche altra parte.

 

Tornò in auto e aspettò ancora un po’, chiedendosi cosa stesse facendo Irina in quel momento, e soprattutto se stesse bene. Le mancava un sacco il suo sorriso, il suo modo di fare troppo da brava ragazza…

 

Sentì squillare il cellulare e rispose.

 

<< Come procede? >> chiese Jess.

 

<< Non si è ancora mosso >> rispose Xander, << Tu come sei messo? >>.

 

<< Male >> rispose l’informatico, << Non sono riuscito a entrare nel suo ufficio… L’ha chiuso a chiave e in più ogni due minuti passa qualcuno per il corridoio… Bisogna essere in due per fare questa cosa >>.

 

<< Ok >> sospirò Xander, << Lascia stare. Rimango qui ancora qualche ora, ma credo che non andrà da nessuna parte, stasera… >>.

 

<< Perché? >>.

 

<< E’ da solo con la moglie… >> rispose Xander, guardando verso le finestre della casa.

 

Jess ridacchiò. << Ah, ho capito… >> disse, << Ci vediamo domani, allora >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.00 – Casa di Jenny

 

Irina fissò l’esito del test, sentendo il cuore perdere un battito. Afferrò il lavandino con la mano libera, così forte da far sbiancare le nocche.

 

Negativo.

 

Era negativo. Non era incinta.

 

Si sedette sul bordo della vasca, tenendo ancora in mano la scatola bianca che le aveva dato Jenny. Rimase a fissare la parete piastrellata di bianco, e si lasciò andare a un sospiro di sollievo.

 

Per un attimo, aveva creduto che il mondo le crollasse di nuovo addosso, come quel giorno che si era ritrovata Tommy da accudire… Questa volta però era stato decisamente peggio, perché lei era al centro di tutto. Lei e William.

 

<< Irina, esci di lì che sono in ansia! >> gridò Jenny da dietro la porta.

 

La lasciò entrare e la guardò per un momento: l’amica sembrava davvero spaventata. Si rilassò solo quando vide Irina sorridere leggermente.

 

<< Tutto a posto >> disse, << Negativo >>.

 

Jenny alzò gli occhi al cielo e sospirò. << Porca miseria, mi è venuto malissimo… >> mormorò.

 

Irina gettò la scatoletta nel cestino e uscì dal bagno, seguita dall’amica. Quel drammatico cambiamento di programma le aveva fatto scordare che non era molto informa. Però almeno ora sapeva che dipendeva solo dal suo fisico maltrattato. 

 

<< Cos’era la storia che mi hai detto prima? >> domandò Jenny, sospettosa, << Hai detto che… >>.

 

<< Lascia stare >> la interruppe Irina, scuotendo la mano, << L’unica cosa di cui sono sicura e di non esserci andata a letto… >>.

 

<< Che hai combinato? >> domandò Jenny.

 

Per un momento, Irina fu tentata di raccontarle tutto, di spiattellarle quello che pativa da quando aveva iniziato a essere Fenice, di permetterle di entrare nella vita della pilota clandestina che lei non conosceva. Poi si rese conto che farlo non sarebbe servito a niente, se non a far sentire Jenny inadeguata e forse anche arrabbiata con stessa per non aver mai sospettato nulla.

 

<< Jenny, la mia vita non è così facile, lo sai >> disse lentamente, << E’ meglio che evito di raccontarti ciò che fa la gente del mio giro… Piuttosto, hai sentito Katy e Angie? E’ un po’ che non le vedo… E naturalmente non è colpa loro >>.

 

Jenny assecondò qual cambio di argomento. << Sì, stanno bene >> rispose, << E stanno dando tutti gli esami… Credo che noi due saremo quelle destinate a rimanere indietro >>. Un sorrisetto le increspò le labbra.

 

<< Anche tu poca voglia di studiare, eh? >> fece Irina, guardandola. << O forse è meglio dire poco tempo, nel mio caso >>.

 

Jenny annuì, triste. << I miei non sono contenti, ma proprio non riesco a concentrarmi in questo momento >> disse, << Vorrei solo sapere se un giorno tornerà, oppure no >>. Continuava a stare male per Jess.

 

“Forse è meglio che tu ti metta il cuore in pace, amica mia. Forse non torneranno… Ed è meglio così, per certi versi”.

 

<< Non lo so >> disse Irina, << E per me non ha più importanza. Ho capito che se si vuole una cosa, è meglio farla da sé… >>.

 

<< Cosa vuoi dire? >> domandò Jenny, preoccupata.

 

<< Che non ho più bisogno di Xander >> rispose Irina, distaccata, << E che preferisco non ritorni >>.

 

Jenny la guardò, e sembrò ferita dalle sue parole. << Tu sai se torneranno o no, vero? >> chiese.

 

Irina scosse la testa. << No, non lo so. Ma sono sicura che non torneranno… Il rischio è troppo alto, questa volta >>.

 

Si alzò e lentamente si avviò verso la porta, decisa a tornare a casa. Riportare in ballo l’argomento la rendeva lunatica. Salutò Jenny e uscì, lasciandosi indietro un altro pezzo di se stessa.

 

Quando parcheggiò la BMW davanti al garage chiuso, si rese conto che stava di nuovo male. Pensare ad altro l’aveva distratta, ma ora che era di nuovo sola con i suoi pensieri, si accorse che continuava ad avere una flebile nausea e che si sentiva molto debole.

 

Si sedette sul divano, davanti alla tv spenta, e guardò le lancette dell’orologio compiere lentamente il loro giro.

 

Ora che deciso cosa fare, che aveva un piano e la determinazione per portarlo a termine, il fisico iniziava a cedere. Anche se era giovane e non aveva mai avuto problemi di salute, il corpo cominciava a dare i primi segni di cedimento, dovuti alla vita sregolata che da due anni a quella parte conduceva: poche ore di sonno, alimentazione sregolata e troppo, decisamente troppo, stress.

 

Non si era mai presa particolarmente cura di se stessa, e all’inizio non ne aveva avuto nemmeno il tempo. Aveva la sua famiglia a cui badare, e a Tommy… Il tempo era sempre stato qualcosa che per lei aveva una concezione particolare: quando ne serviva, volava via sempre troppo in fretta, e quando ogni attimo era agonia, indugiava sempre troppo.

 

Rimase seduta dov’era, fissando senza vederlo il teleschermo spento. Più di una volta udì suo padre passare davanti alla porta del soggiorno e guardare dentro, senza però dire niente.

 

Era di nuovo la numero tre della Black List, e ora poteva cominciare a mettere in atto il suo folle piano. Doveva sfidare Dimitri e batterlo, per poi vedersela con William… Ma nelle condizioni in cui si trovava in quel momento, si rese conto che non sarebbe arrivata da nessuna parte. Aveva bisogno di rimettersi in sesto, e ritornare in forma.

 

Si sdraiò sul divano e prese il telecomando, con l’idea di guardare un po’ di tv. Non era una cosa che faceva spesso, soprattutto in quelle ultime settimane. Fece zapping per qualche minuto, poi lasciò su film in abiti settecenteschi, che sembrava parlare di intrighi alla corte del Re. Per fortuna risultò abbastanza noioso da farla addormentare entro cinque minuti.

 

Quando si risvegliò, più o meno un paio di ore dopo, si accorse che suo padre era seduto vicino ai suoi piedi, e che guardava la tv apparentemente interessato. Appena si accorse che era sveglia, voltò la testa verso di lei.

 

<< E’ passata l’ora di pranzo, ma se hai fame ti ho lasciato qualcosa da parte >> disse.

 

Irina guardò l’orologio: erano le tre e mezza passate. Sentiva lo stomaco vuoto, ma non aveva voglia di mangiare. Scosse la testa e si mise a sedere.

 

Si sentiva vuota, sola, così decise di fare una cosa che faceva spesso quando aveva bisogno di conforto. Andare da sua madre.

 

Si alzò, sentendosi la testa stranamente leggera, e si infilò le scarpe, sotto lo sguardo di suo padre.

 

Era abituata a vedere Todd lanciarle occhiate di disprezzo o di fastidio, e davanti alla sua espressione preoccupata, così diversa dal solito, si rese conto che qualcosa in lui era veramente cambiato. E che forse, non era più proprio sola.

 

<< Vado a trovare la mamma >> disse, << Vuoi venire? >>.

 

La richiesta sembrò spiazzare Todd più che un insulto gridato a pieni polmoni. La guardò per un momento, poi balbettò: << Va-Va bene… >>.

 

Irina attese che suo padre si andasse a vestire, chiedendosi perché lo avesse invitato. In fondo, forse voleva stare da sola… O forse aveva solo bisogno di sentire qualcuno vicino a lei, anche se quel qualcuno era una delle persone che le era stata più lontana durante tutta la sua vita.

 

Qualche minuto più tardi, Todd scese dalle scale, vestito molto meglio del solito: sembrava essersi curato come non faceva da tempo. Guardò Irina come se si aspettasse che scoppiasse a ridere, ma lei gli fece solo cenno di uscire.

 

Quando entrambi salirono sulla BMW, lei al lato guida e suo padre da quello del passeggero, Irina si rese conto che Todd non era mai stato in auto con lei. Nonostante sua figlia facesse la pilota clandestina, suo padre non aveva mai nemmeno visto come guidava.

 

Partì lentamente verso il cimitero, la radio accesa che rompeva il silenzio che regnava nell’abitacolo. Irina era tranquilla, ma suo padre sembrava a disagio.

 

<< Questa è l’auto del tuo amico? >> chiese Todd, e nel pronunciare le parole “tuo amico” non usò il solito tono di disprezzo.

 

<< Sì, è di Alexander >> rispose Irina, e questa volta pronunciare il suo nome non le fece male. << Mi aveva detto che potevo prenderla, se mi serviva >>.

 

Todd annuì in silenzio e tornò a guardare la strada. << Ho visto il telegiornale, questa mattina >> disse, << Ieri sera c’è stato un incidente, durante una gara… C’eri anche tu? >>.

 

<< Sì >> rispose solo Irina.

 

Il resto del viaggio proseguì nel silenzio più totale, senza che nessuno dei due proferisse parola. Irina non trovava la situazione particolarmente pesante: era abituata ai lunghi silenzi di cui era fatto il rapporto con suo padre, e non era quello a renderla sorpresa. Ciò che la stupì, in tutta quella cosa, era che per la prima volta apprezzava la presenza di Todd.

 

Parcheggiò l’auto vicino all’entrata, ed entrambi scesero. C’era poca gente, anche perché faceva molto caldo e il sole picchiava piuttosto forte. Irina comprò un mazzo di rose bianche ad uno dei banchi di fiori che c’erano sempre all’ingresso. Entrarono nel cimitero in silenzio, avvolti in quella strana atmosfera di rispetto e tristezza che regnava in quel luogo.

 

Camminarono fianco a fianco lungo il camposanto, con Irina che procedeva sicura e diretta alla tomba di sua madre. Todd sembrava meno convinto di dove stesse andando.

 

<< Non ricordo molto bene dove si trova… >> ammise, a disagio.

 

Irina indicò con un dito una lapide bianca e con molti fiori, anche se diversi erano appassiti e si stavano afflosciando. La raggiunsero in fretta e si lasciò andare a un sospiro quando vide nella foto il volto sorridente di sua madre.

 

“Scusami mamma, ti ho trascurato, ultimamente” pensò, e si abbassò sulla tomba per mettere da parte i fiori secchi.

 

Mentre si adoperava per trovare una collocazione alle rose che aveva comprato, notò che suo padre era rimasto impalato a guardare la lapide con aria spaesata. Irina si alzò e provò un po’ di compassione per quell’uomo dalla vita sregolata tanto quanto la sua.

 

<< Credevi veramente ti avesse tradito? >> domandò, ma non c’era nota d’accusa nella sua voce.

 

Todd distolse lo sguardo, e percorse con gli occhi il camposanto. << Perché non avrebbe dovuto farlo? >> disse amaramente, << Sono sempre stato un fallito. Qualunque uomo sarebbe stato meglio di me >>.

 

Irina rimase di stucco, ma questa volta fu certa che suo padre stava cambiando. C’era voluto qualcosa di molto drammatico per smuoverlo, ma ora sembrava volesse migliorare. Però aveva ragione, nessuno avrebbe biasimato sua madre.

 

<< L’importante è capire i propri errori >> disse Irina, << E cercare di porvi rimedio. Nessuno di noi è perfetto >>.

 

<< A volte può essere troppo tardi >> ribatté suo padre, lo sguardo di chi si sente veramente un fallito.

 

<< Non è mai troppo tardi per migliorare >> disse Irina, e un sorriso sincero le spuntò sul volto. Si chinò tornando a sistemare i fiori, e per lasciare a suo padre il tempo di pensare su ciò che aveva detto.

 

In quel momento, se suo padre glielo avesse chiesto, Irina era pronta a dargli un’altra possibilità. Rappresentava tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, ed era disposta a sopportare qualche altra delusione per riaverla.

 

Qualche secondo dopo, Todd si abbassò a sua volta e la aiutò a sistemare il grosso mazzo di rose, gettando ogni tanto uno sguardo alla foto di Elizabeth, il volto paffuto sorridente. Sembrava quasi si sentisse esaminato da quegli occhi che non vedeva brillare da tanto tempo.

 

<< Era… era una brava donna >> disse Todd, e qualcosa nella sua voce sembrò incrinarsi.

 

<< Lo so >> ribatté Irina, << Ha fatto molti sacrifici, per noi >>.

 

<< Già… >>.

 

Con la coda dell’occhio, Irina riuscì a scorgere suo padre passarsi una mano sul volto e rialzarsi con un sospiro. Lo lasciò solo con i suoi pensieri per qualche istante, poi lo guardò.

 

<< Mi dispiace >> disse Todd, << Mi dispiace per tutto quello che è successo… Per quello che è successo a te >>.

 

Irina gli mise una mano sul braccio, e cercò di non lasciar trasparire troppo dolore nella sua voce. << Non credo che continuare a pensarci possa cambiare le cose >> disse, << Ormai è passato… L’unica cosa che possiamo fare è evitare che succeda di nuovo >>.

 

“E quella che deve mettere le cose a posto sono io”.

 

Todd la guardò per un istante che parve infinito, poi lentamente si avvicinò e la abbracciò.

 

Per un momento, Irina rimase interdetta, quasi infastidita, di fronte a quel gesto, ma dopo un secondo ricambiò l’abbraccio di suo padre, un abbraccio che le era mancato per tutta la vita. Poco importava se arrivava solo adesso, se nel frattempo lei aveva perso se stessa e la speranza; l’importante era che, alla fine, Todd tornava a essere suo padre, e lei sua figlia.

 

<< Andiamo? >> disse dopo qualche minuto, sorridendo.

 

<< Va bene >>.

 

E l’uno di fianco all’altro, più vicini di quando erano arrivati, ripercorsero a ritroso la strada che avevano percorso poco prima, finalmente come padre e figlia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Allora, andiamo? >> chiese Xander, guardando Jess raccogliere un gruppo di cavi e il suo pc portatile.

 

<< Arrivo >>.

 

White era andato a pranzo, e l’ufficio era più deserto del solito. Non c’era occasione migliore per cercare di carpire qualche informazione dal suo computer.

 

Xander e Jess percorsero il corridoio in punta di piedi e, guardandosi intorno con aria circospetta, raggiunsero la porta dell’ufficio di White. Che naturalmente era chiusa a chiave.

 

<< Come facciamo? >> domandò Jess a bassa voce, controllando che non arrivasse nessuno.

 

<< Ci penso io >>.

 

Xander tirò fuori un grosso mazzo di chiavi, che aveva “preso in prestito” da quella che doveva essere la donna delle pulizie, ma che in realtà poteva benissimo essere una spia in incognito, visto tutti i pettegolezzi di cui veniva a conoscenza. Aprì la porta in un minuto ed entrarono.

 

L’ufficio era perfettamente in ordine, la scrivania al suo posto e il computer in stand-by. Poggiato sul ripiano di legno c’era un telefono cellulare, ma non era quello che Xander aveva visto squillare sulla Mercedes parcheggiata in garage.

 

Jess si mise subito davanti al computer, e lo collegò al portatile attraverso i cavi che si era portato dietro. Xander frugò dentro i cassetti sotto la scrivania.

 

<< Allora, vediamo un po’… >> mormorò Jess, pigiando sulla tastiera del portatile, concentrato.

 

<< Quando riesci a entrare, fammi sapere >> disse Xander, aprendo l’ultimo cassetto e guardando dentro.

 

Chiuse in una busta di carta marrone, c’erano le chiavi della Ferrari. Per un momento ebbe la tentazione di riprenderle, ma si trattenne e continuò a ficcanasare. Trovò diversi plichi di fogli di varie missioni, e tutti i rapporti dei compiti portati a termine dai sottoposti di White.

 

<< Uhm, password a sessantaquattro bit… >> stava borbottando Jess, guardando fisso sul monitor.

 

<< Problemi? >>.

 

<< No, devo solo trovare la password di accesso… >> rispose l’informatico, digitando qualcosa con aria assorta.

 

Xander tornò a guardare nel cassetto, ma non trovò nulla di compromettente. Non che si aspettasse qualcosa: sicuramente lasciare incustoditi nei cassetti le prove del suo tradimento non era nello stile di White.

 

Gli venne in mente che da qualche parte dovevano esserci i suoi rapporti di quando ancora era in carica nella missione, e quindi tutte le prove che incastravano Challagher. Quelle potevano tornargli utili.

 

Lasciò perdere i cassetti e si concentrò sul grosso armadio in cui White di solito teneva i documenti più importanti o quelli archiviati. Lo aprì e cercò un grosso dossier che recava la scritta “Operazione 657”, che era quella che lo riguardava.

 

Appoggiò il grosso plico di fogli sulla scrivania, gettando prima un’occhiata a Jess, e poi lo aprì. Conservate in una busta c’erano le varie foto che gli aveva mostrato White prima della missione, le stesse che mostravano lo Scorpione e alcune delle sue auto, e anche un paio di Irina. La sua attenzione venne catturata dal volto della ragazza, e per un istante sentì un peso allo stomaco.

 

Da quando aveva visto per la prima volta quella foto, mesi prima, tante cose erano cambiate. Non aveva mai pensato che una volta incontrata, sarebbe stata in grado di sconvolgere così tanto la sua vita. Eppure Irina era qualcosa che non si sapeva spiegare, e di cui non poteva più fare a meno.

 

Come se potesse sbriciolarsi da un momento all’altro, tirò fuori la foto di Irina, quella in cui scendeva dalla Grande Punto, e la guardò. Si rendeva conto che non le rendeva giustizia, che dal vivo era molto più bella e anche molto meno distante di quanto appariva.

 

Mise da parte la foto, e continuò a sfogliare il fascicolo. Altre foto, alcuni documenti riguardanti le auto che aveva “preteso” per prendere parte alla missione… E fogli bianchi.

 

Per un istante, pensò di aver visto male. Al posto dei suoi rapporti, dettagliati e pieni di informazioni riguardo a Challagher e ai suoi affari, c’erano solo pagine bianche. Andò fino in fondo, sperando di trovare il plico che aveva dato a White dopo essere tornato da Las Vegas, che conteneva prove schiaccianti riguardo allo Scorpione. Non c’era nemmeno quello.

 

“Figlio di… Ha fatto sparire tutto”.

 

<< Che c’è? >> domandò Jess, vendendolo immobile come una statua.

 

<< White ha fatto sparire tutti i rapporti che gli avevo fatto >> rispose Xander, << E anche le prove che avevo raccolto… >>.

 

L’informatico gli tolse dalle mani il fascicolo e lo sfogliò a sua volta, mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione crescente di quello che sembrava terrore.

 

<< Cazzo… >> mormorò Xander, sentendosi un’idiota, << Dovevo pensarci prima… >>.

 

<< Magari li ha mandati in archivio, di sotto >> propose Jess, anche se era chiaro che non credeva a ciò che stava dicendo, << Erano troppo importati per essere lasciati nel suo ufficio… >>.

 

<< Vado a controllare >> disse Xander, e guardò l’orologio, << Anzi, vado dopo. A che punto sei con il pc? >>.

 

<< Sto entrando adesso nella sua mail >> rispose Jess, << Ma non ho ancora trovato nulla di compromettente >>.

 

Xander aggirò la scrivania e guardò il monitor. La pagina di posta di White campeggiava sullo schermo, ma riportava solamente i messaggi che mandava ad alcuni dei suoi colleghi e uno scambio di e-mail con Fowler, che risaliva a diverse settimane prima. Niente che potesse tornargli utile.

 

<< C’è altro? >> domandò.

 

<< Non mi sembra >> rispose Jess, << Ho controllato le ultime pagine che ha visitato in Internet, eventuali blog che potrebbe aver contattato, ma non c’è niente… Sembra tutto pulito, a parte che ama i siti un po’… Posso definirli “osè”? >>.

 

Xander fece una smorfia. << Va bene, ho capito che non caviamo un ragno dal buco, se continuiamo in questa direzione >> disse, << Andiamocene. Credo che tra un po’ White avrò finito di pranzare… Non mi resta che controllare gli archivi, e riferire tutto a McDonall >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Officina

 

Irina passeggiò intorno alla Grande Punto, le lamiere a vista e senza gomme, compiacendosi del fatto che Max sapeva fare il proprio lavoro. La sua auto piano piano stava tornando ad avere una forma.

 

<< Cosa ti sembra? >> domandò Max, sbucando da dentro la Punto.

 

<< Sta venendo bene >> rispose Irina, con un sorriso. Passò una mano sulla lamiera argentata, che poi sarebbe stata coperta dalla nuova vernice e dalla aerografia della fenice. << Quanto tempo ci vuole ancora, per poterla mettere su strada? >>.

 

<< Antony mi sta da dando una mano, quindi credo che entro la fine della settimana sarà pronta >> rispose Max, << Il problema rimane il motore. Se veramente vuoi mettere quello della BMW, non sarà facile farlo entrare dentro il cofano della Punto, e ci vorranno almeno altri tre giorni >>.

 

Max posò una chiave inglese sul bancone e guardò Irina, serio. Era da quando era arrivata che sembrava voler affrontare un discorso che lo rendeva irrequieto.

 

<< Stasera hai intenzione di sfidare Dimitri, vero? >> chiese, accennando alla M3 parcheggiata fuori.

 

<< Sì >> rispose Irina, << Sto andando al Gold Bunny. So che lui e William sono lì, stasera >>.

 

<< Farai un’altra gara come quella dell’altra volta? >> domandò il meccanico, << Qualcuno deve rimetterci la pelle? >>.

 

<< Non se non è necessario >> ribatté freddamente Irina, << Voglio far vedere di che pasta sono fatta… E Dimitri si dovrà togliere di mezzo, questa volta >>.

 

Max scosse il capo, poi disse: << Ti farai ammazzare, questa volta. William non sarà disposto a perdonarti un’altra volta… >>.

 

<< Allora aiutami >> ribatté Irina, << Dammi una mano. Non voglio che William continui ad andare in giro ad ammazzare persone, e dettare regole che nessuno dovrebbe seguire… E io non voglio continuare a essere una delle sue pedine. O lo faccio arrestare, o vorrà dire che sarò io a finire dietro le sbarre >>.

 

“O peggio…”.

 

<< Ci hanno già provato in tanti >> disse Max, << E nemmeno il tuo amico ci è riuscito… William conosce troppa gente, non si farà fregare >>.

 

<< Allora credi che io non possa riuscirci, vero? >> domandò Irina, roteando le chiavi della BMW.

 

<< Non ho detto questo >> rispose Max, << Sto solo dicendo che rischi di farti male… >>.

 

<< Non mi interessa >> disse Irina, chiudendo il discorso, << Finiscimi la macchina. E’ l’ultimo favore che ti chiedo >>.

 

Uscì dall’officina e salì sulla BMW. Mezz’ora dopo era davanti al parcheggio del Gold Bunny, la luce al neon del coniglio giapponese che brillava nel cielo tinto di viola. Come si era aspettata, poche macchine erano ferme davanti all’entrata, ma la Porsche gialla di William campeggiava in bella vista vicino alla Gallardo arancione di Dimitri. Tra loro, però, c’era una Mercedes SL rossa che Irina aveva già visto, e che stando a ciò che aveva detto Xander, doveva appartenere a White, il suo capo.

 

Entrò nel locale, notando subito Dimitri e William parlare tra loro, insieme a Michael, il ragazzo che le era stato presentato qualche giorno prima. Li raggiunse.

 

<< Ciao Irina >> la salutò William, il tono di voce perfettamente controllato, << Siediti >>.

 

La ragazza occupò il posto libero lasciato sul divanetto e guardò prima lo Scorpione e poi Dimitri. Per un istante si sentì come a un esame.

 

<< Hai altri casini da piantare? >> domandò secco il russo, gettandole un’occhiata sprezzante. << Qualche altro membro della Lista da far fuori? >>.

 

<< Non mi sembra che tu sia conosciuto per farti tanti scrupoli nel far fuori qualcuno >> ribatté Irina, gelida.

 

<< Ma almeno io non ammazzo i membri della Black List >> rispose Dimitri, furioso.

 

<< Sono i rischi che si corrono durante una gara >> disse Irina, gettando una rapida occhiata a Michael.

 

Dimitri fece per rispondere, ma William lo fermò.

 

<< Finitela >> disse, tranquillo, << Non mi è sembrata una perdita così grave, considerato anche che Horne si riprenderà. Cosa fai qui? >> domandò alla fine, rivolto a Irina.

 

<< Voglio sfidare Dimitri >> rispose lei.

 

Ci fu un momento di completo silenzio, nel quale Michael guardò William, e Dimitri fissò Irina, l’espressione imperscrutabile. Lo Scorpione, però, avvicinò il posacenere e si accese una sigaretta, senza lasciar trasparire alcuna emozione.

 

<< Quando? >> chiese solo.

 

<< Adesso >>.

 

Con fare perfettamente controllato, William si portò la sigaretta alla bocca e guardò Dimitri. << A te la decisione >> disse.

 

Il russo si esibì in un sorrisetto. << Deve solo tener conto che non ci andrò piano perché è la tua ragazza >> rispose.

 

<< Nemmeno io, se è per questo >> ribatté Irina.

 

William ridacchiò, e lo fece anche Michael. << D’accordo, la gara sarà tra due ore >> disse lo Scorpione, << Il tempo di dare a Dimitri la possibilità di andare a prendere la Ford. Michael, avverti Hanck e Josh, e fa riunire un po’ di gente >>.

 

Il russo e l’altro ragazzo si alzarono, ma Dimitri le rivolse un’occhiata imperscrutabile, ed era chiaro che la cosa lo stava infastidendo. Però non disse nulla e si dileguò. Irina fece per alzarsi, decisa a sgombrare anche lei il campo, ma William la fermò: << Aspetta >> disse, << Rimani >>.

 

Irina si sedette di nuovo, e attese che lo Scorpione parlasse. Anche questa volta lui si limitò a soffiare in aria una boccata di fumo, e poi si decise a dire qualcosa.

 

<< Se dovessi battere Dimitri, sfiderai anche me, immagino >>.

 

<< Sì >> rispose solo Irina, sentendosi a disagio: non era abituata a un William così tranquillo e accondiscente.

 

<< Vuoi usare la mia macchina? >> chiese lo Scorpione, senza guardarla.

 

Irina credette di aver capito male, infatti strabuzzò gli occhi e fissò William senza sapere che dire.

 

<< No >> esalò alla fine, senza aggiungere altro.

 

Rimasero in silenzio entrambi, con Irina confusa e William stranamente tranquillo e quasi divertito. La ragazza spostò per un momento lo sguardo sul bicchiere vuoto che aveva davanti, poi disse: << Sembra quasi che tu voglia che io vinca >>.

 

<< Se te lo meriti, sì >> rispose William. Non stava mentendo.

 

<< Perché non ti arrabbi? >> domandò Irina, esasperata per il suo strano comportamento, << Sto mettendo in discussione la tua autorità, no? >>.

 

William sorrise e spense la sigaretta nel posacenere. << Lo fai da quando sei qui >> disse, << Non è una novità >>.

 

<< Allora perché non mi fermi? Mi avevi detto che non mi avresti mai fatto sfidare Dimitri… >> chiese Irina. << Perché non ti incazzi? >>

 

William la guardò, gli occhi verdi per la prima volta sinceri. << Semplicemente perché non ci riesco >> rispose.

 

Era quello il potere di cui le aveva parlato Vera? Il fatto che William accettasse qualsiasi cosa da parte sua? Ma non era vero, non aveva mai accettato i suoi “no”…

 

<< Mi hai insegnato una cosa, Irina >> continuò lo Scorpione, << Una lezione che ammetto è stata dura da digerire. I soldi non comprano tutto. O almeno, non possono comprare una cosa: l’affetto delle persone. Me lo hai dimostrato tu stessa, tantissime volte. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di farlo, perché tutti hanno troppa paura di me. Tu no, invece. Mi hai mandato a fanculo tante di quelle volte che ho perso il conto, e l’ho tollerato. Sai perché? Perché tu sei il mio punto debole, Irina >>.

 

La ragazza rimase pietrificata, lo sguardo fisso in quello di William.

 

<< E io sono così idiota da essermi innamorato del mio unico punto debole >> terminò lui. Chiaro, diretto e conciso come era nel suo stile.

 

Irina lo guardò, la gola chiusa e il cervello in panne. Non poteva farlo, non poteva dimostrarle di essere cambiato proprio ora, quando lei aveva deciso ciò che voleva… Non poteva confonderla di nuovo in quel modo, gettandole l’ennesima ancora di salvezza in quel mare in burrasca, dopo essere stato lui a gettarla in acqua…

 

Cercò di calmarsi, decisa a riguadagnare un po’ di lucidità. Ci era caduta un sacco di volte, in quel tranello… Doveva solo dimostrarle che non era stupida, che questa volta non l’avrebbe fregata.

 

<< L’amore è diverso dalla voglia di possesso >> ribatté, gelida.

 

<< Allora dimmi se è normale che mentre vado a letto con un’altra ragazza la mia testa pensa a te >> disse William, come se la cosa lo stesse divertendo molto.

 

Irina avrebbe voluto tapparsi le orecchie, scappare per non sentire ciò che stava dicendo. Quel discorso era diverso da tutte le altre volte, e non voleva che per qualche minuto lui riuscisse ad ammaliarla.

 

<< E’ inutile che cerchi di convincermi di essere cambiato >> disse, << Non è solo con me che devi cambiare. Devi smettere di essere un criminale >>.

 

Si alzò di scatto e se ne andò, perché non sarebbe stata in grado di sopportare ancora quella conversazione. Non amava William, non lo avrebbe mai amato, nemmeno se avesse smesso di essere lo Scorpione… Semplicemente perché lui avrebbe continuato a essere stesso, sempre e comunque. Le persone non cambiano, e quelle come lui non possono cambiare.

 

Uscì dal locale e si sedette dentro la BMW, in attesa. Voleva fare quella gara, saltare quell’ultimo ostacolo che la separava dalla parte finale del suo piano. Prima che la testa e il fisico cedessero di nuovo.

 

Passò l’ora seguente ad ascoltare la radio, mentre davanti ai suoi occhi la piazzola del parcheggio del Gold Bunny si andava riempiendo di gente, venuta ad assistere alla gara. Tra alcuni ragazzi, riuscì a intravedere Vera, che si defilò dentro il locale appena arrivò.

 

Finalmente, la Ford GT rossa di Dimitri si fermò a pochi metri da lei, i fari accesi e i cerchi in lega che brillavano alla luce dei lampioni. Il russo scese, guardò dalla sua parte e poi rientrò nel locale.

 

Irina posizionò la BMW davanti a quella che sapeva sarebbe stata considerata la linea di partenza, e poi attese.

 

Con una lentezza esasperante, accarezzò il pomello del cambio e poi il volante, cercando di guadagnare un po’ di concentrazione. La BMW era inferiore alla GT, ma quell’auto l’aveva portata alla vittoria, qualche giorno prima… E poi, era stata di Xander.

 

“Avanti, Irina, ci sei quasi. Fagli vedere che non sei solo una ragazzina”.

 

Dall’ingresso del Gold Bunny sbucarono Dimitri e William, fianco a fianco, discutendo un po’ più animatamente del solito tra loro. Anche da lì, Irina riuscì a cogliere l’espressione quasi arrabbiata di Dimitri. Forse riteneva la gara solo una perdita di tempo.

 

Un istante dopo, il russo salì in macchina e abbassò il finestrino, gettandole un’occhiataccia.

 

<< Non mi interessa chi sei, Fenice >> disse, gelido.

 

<< Sta zitto e guida, Dimitri >>.

 

Irina ingranò la marcia e fece ruggire il motore.

 

“E adesso andiamo…”.

 

Seguì con lo sguardo Clark, lo scommettitore di fiducia di William, che si andò a mettere in mezzo alla carreggiata. Con la coda dell’occhio, riuscì a vedere lo Scorpione che si avvicinava per una frazione di secondo alla Ford e diceva qualcosa, prima di schiacciare a tavoletta l’acceleratore.

 

Come un missile, la Ford GT scattò in avanti, facendo stridere gli pneumatici sull’asfalto. La BMW rimase indietro, ma sfruttò la scia della GT per rimanerle incollata al posteriore.

 

I fari tonti della Ford tinsero la carrozzeria bianca della BMW di luce rossa, mentre Irina studiava in un secondo il piano per far mangiare la polvere al Mastino.

 

Tracciato di cinque chilometri e quattrocento metri, due giri, compresa una sopraelevata che costituiva un pericolo per lei. Poche curve a destra, e molte strette a sinistra.

 

Contando che Dimitri era pronto a metterle fuori uso la macchina e che avrebbe sfruttato tutte le occasioni possibili, doveva dargliene davvero molte poche. Quindi, o rimaneva dietro fino all’ultimo e poi lo superava, oppure passava in testa e si dileguava. Entrambe alternative molto difficili da mettere in pratica.

 

Scalò di una marcia e svoltò a sinistra, tenendosi ben lontana dal Mastino. Uscì dalla curva e gli si rimise dietro, continuando a sfruttare la sua scia per guadagnare terreno.

 

Poco dopo, la GT iniziò a zigzagare a destra e sinistra, facendo scodare pericolosamente il posteriore vicino al muso della BMW. Irina diede un colpo di freni e poi si spostò tutta a destra, pronta per la curva successiva.

 

Quando si accorse che Dimitri aveva sbagliato la traiettoria della curva, ne approfittò e tentò il sorpasso, ricordandosi solo in quel momento che la sopraelevata era proprio lì dietro. Vide il muso della GT proprio di fianco a lei avvicinarsi pericolosamente, fino quasi a sfiorare la sua fiancata. Frenò e lo lasciò passare.

 

Percorse la sopraelevata appiccicata al posteriore della GT, conscia che Dimitri, nonostante le sue minacce, ci stava andando piano. Non la voleva far passare, ma non stava nemmeno cercando di sbatterla fuori, come normalmente avrebbe fatto.

 

L’orgoglio le diceva che doveva arrabbiarsi per quello, ma sapeva che in quel caso doveva cogliere l’occasione. Tutto ciò che voleva era arrivare a William, e per farlo doveva battere Dimitri, anche se non lealmente.

 

Scalò di una marcia e si piazzò o sinistra, cogliendo l’occhiata che Dimitri le aveva lanciato dallo specchietto retrovisore. Attese la curva e poi lo sorpassò, infilandosi nell’angusto spazio tra il marciapiede e la Ford. Schiacciò a fondo l’acceleratore e si portò avanti.

 

Non le sfuggì l’espressione sorpresa e scocciata di Dimitri, ma si concentrò per guadagnare il più ampio vantaggio possibile. Alle sue spalle sentì il motore della GT ruggire mentre si gettava al suo inseguimento.

 

Il Mastino sfruttò la maggiore potenza della sua auto e le si piazzò di fianco proprio mentre superavano la linea di partenza per cominciare il secondo e ultimo giro.

 

Irina si accorse che la GT andava di più della BMW, così strinse Dimitri a destra per impedirgli di superarla. Il russo però non si spostò di un centimetro, e le due auto si toccarono.

 

Con uno stridio, lo specchietto laterale della M3 cozzò contro quello della GT e il vetro si crepò, sbriciolandosi in mille pezzi. Dimitri le lanciò un’occhiataccia, poi sterzò leggermente e spinse la BMW, senza darle il tempo di spostarsi.

 

Facendo una smorfia nel sentire la fiancata andare definitivamente a pezzi, Irina toccò il freno e lasciò passare di nuovo Dimitri. Con una mossa rapidissima però si spostò a destra e lo superò di nuovo.

 

Fu una mossa del tutto inaspettata per il Mastino, perché Irina ebbe il tempo di guadagnare una decina di metri e percorrere la curva seguente abbastanza stretta da non permettergli di passare. Imboccò la sopraelevata e schiacciò l’acceleratore a tavoletta.

 

In un attimo, vide i fari anteriori della GT brillare nel suo specchietto retrovisore. Cominciò a zigzagare per sbarrargli la strada, poi sterzò bruscamente a sinistra e si lasciò alle spalle la penultima curva.

 

Tenne d’occhio Dimitri, ma comprese che non l’avrebbe superata. L’avrebbe lasciata vincere perché molto probabilmente William gli aveva ordinato così.

 

Tirò mentalmente un sospiro di sollievo, imboccò l’ultima curva e vide il traguardo davanti a lei. Un secondo dopo, qualcosa guizzò alla sua sinistra, e il muso della GT superò di mezzo metro il suo.

 

Colta dal panico, Irina pigiò con forza sull’acceleratore, sentendo la BMW schizzare avanti, fianco a fianco con la Ford. Le ci volle un secondo per capire che Dimitri aveva voluto darle l’impressione di volerla lasciare vincere, quando invece era il contrario. E comprese anche che non aveva speranze di superarlo, perché ormai la GT le stava quasi completamente davanti.

 

Con uno stridio assordante, però, a pochi metri dal traguardo, Dimitri inchiodò di colpo, fermando il muso della Ford qualche centimetro dalla linea di partenza… E la lasciò vincere.

 

La ragazza fermò di colpo la BMW, rendendosi conto che aveva appena vinto la gara. Rimase paralizzata nel sapere che il Mastino le aveva appena regalato la vittoria.

 

Scese dall’auto, e si accorse che la gente intorno era ammutolita e fissava Dimitri, senza capire il suo comportamento. William, a qualche metro di distanza, le braccia incrociate, si esibì in una smorfia.

 

Irina guardò il russo, a metà tra lo sbalordito e lo scettico, ma poi comprese: Dimitri l’aveva lasciata vincere solo perché lo Scorpione aveva voluto così, ma le aveva dimostrato che in realtà, tra loro due, quello che aveva effettivamente vinto la gara era lui. Inchiodando proprio davanti al traguardo, e con la vittoria praticamente certa, aveva fatto vedere a tutti che lui rimaneva il più forte.

 

La Ford GT si spostò dalla linea del traguardo e si andò a parcheggiare lì dove prima c’era la Mercedes SL rossa, che ora era sparita. William andò incontro a Dimitri e iniziarono a parlare tra loro.

 

Irina rimase disparte, in silenzio, controllando i danni alla BMW: non si diede pena di quantificarli, tanto quella era l’ultima gara che faceva con la M3. Era ora per la Punto di tornare a correre.

 

“Perfetto, ci siamo. Ora non rimane che lo Scorpione”.

 

Con una certa soddisfazione, Irina si rese conto che ormai il piano era quasi completamente portato a termine. E forse doveva ringraziare Dimitri, per quello.

 

Guardò il russo parlare con William, e non sembrava più arrabbiato, solo particolarmente infastidito. Era sempre stato un tipo strano, a suo dire, e si era sempre chiesta come potesse essere il migliore amico dello Scorpione, quando erano in realtà molto diversi.

 

Rientrò nella BMW e la mise in moto, lasciando il parcheggio senza essere notata. La gente stava ancora chiedendosi perché il Mastino avesse palesemente lasciato vincere Fenice.

 

Cercò il cellulare e chiamò Max.

 

<< Prepara la Punto >> disse, << Domani mattina ti porto il suo nuovo motore >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ta-daaaa!!! Allora, che ne pensate tutta questa faccenda? William diventa sempre più incomprensibile… Sarà innamorato? Non sarà innamorato? Si accettano scommesse… Intanto Dimitri ha lasciato vincere Irina: lo avrà fatto sotto ordine dello Scorpione? Bella domanda…

Prossimo aggiornamento: sinceramente? Non lo so!!! Spero di sbrigarmi!

Allora, passo alle recensioni:

 

 

Supermimmina: ciao! Grazie mille per i complimenti!!! Sono contenta che la storia continui a piacerti! Bacio!

 

CriCri88: tifavi per William? Come vedi, il nostro Scorpione sta cambiando registro… Sarà una cosa duratura oppure no? Dimmi un po’ se questo William in versione “zuccherata” ti piace o no… Anche perché credo che non durerà ancora per molto… Gustatelo finché sei in tempo! Ih Ih… Bacio!

 

Fairy29: Ti sto lasciando senza parole? Uhm, buon segno allora! A parte gli scherzi, sono sempre felicissima di sapere che ciò che scrivo piace. E William… Bé, sembra proprio cotto, soprattutto in quest’ultimo capitolo… Ma lo sarà veramente? Ti conviene comprare un kit di unghie finte… Prima della fine ne succederanno, di cose! Bacio!

 

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Capitolo 30
*** Capitolo XXX ***


Capitolo XXX

Capitolo XXX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Quindi le prove contro Challagher sembrano sparite… >> disse McDonall, la mano poggiata sul mento e l’aria assorta. La luce del lampadario gettava sul suo volto strane ombre, rendendolo più minaccioso di quanto non fosse.

 

<< Tutte >> disse Xander, << Ho controllato nell’archivio, ma non ci sono. C’erano informazioni anche su George Challagher, oltre che su suo figlio. Praticamente dovrei ricominciare tutto da capo >>.

 

McDonall si sedette più comodamente sulla sedia, e aprì un cassetto della scrivania. Ne tirò fuori una grossa busta di carta marrone.

 

<< Proprio dall’inizio no >> disse serio, << Per fortuna ho avuto la prontezza di fare una copia di alcuni suoi rapporti. Questo però non toglie che la sparizione dei documenti sia gravissima. Ciò significa che la spia che c’è tra noi non si limita a passare informazioni a Challagher, ma lo sta coprendo, forse anche da moltissimo tempo… Cos’altro ha scoperto? >>.

 

Xander sbuffò. << Niente >> rispose, << Sono entrato nel pc di White, ho controllato tutte le sue comunicazioni, l’ho anche seguito… Ma non ho trovato niente contro di lui. E’ più furbo di quanto pensassi >>.

 

<< Potrebbe anche non trattarsi di White >> disse McDonall, << Lei si sta concentrando su di lui, ma potrebbe essere tutto una falsa impressione… >>.

 

<< Poco tempo fa nel garage sotterraneo c’era una Mercedes SL rossa, una di quelle che era stata rubata qualche mese fa >> disse Xander, << Ed era parcheggiata nel posto riservato a White. Mentre passavo sono riuscito a vedere un cellulare, all’interno, che stava squillando… E il nome che c’era scritto sul display era chiaramente “William Challagher”. Non può essere un caso >>.

 

McDonall guardò il soffitto con aria assorta.

 

<< Quindi il candidato è lui… >> mormorò, << Possiamo chiedere a Fowler se sa qualcosa, se lo ha visto da quelle parti… >>.

 

Xander annuì: oltretutto, non aveva da un po’ informazioni su Irina. << D’accordo >>.

 

<< Quanti giorni sono passati? >> chiese all’improvviso McDonall, << Da quanto ha lasciato Los Angeles? >>.

 

<< Dieci giorni >> rispose Xander, funereo, << Dieci giorni… >>.

 

Un tempo che sembrava un’eternità. Dieci giorni lontano da Irina, senza poter rivedere il suo volto, sentire la sua voce… Senza essere scrutato da quegli occhi da cerbiatta che sapevano diventare quelli di una gatta, senza poter respirare quel profumo che ormai era diventato la sua fragranza preferita…

 

<< Quanto tempo si è dato, ancora, Went? >> chiese McDonall, lanciandogli un’occhiata preoccupata.

 

<< Non più di una settimana >> rispose Xander, << Tra sette giorni, che io sappia chi è la talpa o meno, sono di nuovo a Los Angeles >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.00 – Casa

 

“Avanti Irina, alzati e datti una mossa… Non devi cedere di nuovo”.

 

Con un gemito, Irina si mise a sedere sul letto. Si sentiva di nuovo a pezzi, ma almeno non aveva la nausea. Si infilò e la ciabatte e scese in cucina, questa volta intenzionata a fare veramente colazione.

 

Suo padre era uscito di casa per andare a lavorare, così si prese tutto il tempo per scaldarsi una bella brioches nel forno. Era giunta alla conclusione che non mangiare forse non contribuiva al suo benessere fisico.

 

Accese la televisione e si accomodò a tavola, sorseggiando il suo caffè con calcolata lentezza. Dopo la sera prima tutto aveva un nuovo sapore.

 

Era alla fine. Era riuscita a scalare la Black List e ad ottenere la possibilità di sfidare lo Scorpione, di farlo arrestare sul serio. Ormai non poteva più sbagliare: doveva studiare e perfezionare il piano che aveva in mente da tempo, perché non avrebbe avuto un’altra possibilità. Non sapeva nemmeno se ne sarebbe uscita viva oppure no.

 

Tornò in camera sua e tirò fuori la valigetta ventiquattrore che per diverso tempo era stata la cassaforte del suo tesoro. La aprì e mise da parte la pistola che Xander le aveva dato; poi contò rapidamente quanto era rimasto.

 

Tutto sommato, rimettere a posto la Punto non era costato poi tantissimo: aveva ancora a disposizione trentacinque mila dollari, ma rimaneva il motore da sistemare, e di sicuro ci sarebbe voluto ancora qualcosa. Raccolse diecimila dollari e se li infilò nella borsa, per pagare le ultime modifiche della Punto.

 

Si vestì in fretta e poi nascose per bene la pistola e la valigetta sotto il letto, per evitare che qualcuno accidentalmente le trovasse. Prese il cellulare e scese di sotto, dove la BMW bianca era parcheggiata a bordo strada. Alla luce del giorno si rese conto di averla trattata davvero male.

 

Ora che doveva portarla “al macello”, Irina ebbe un tuffo al cuore. Nonostante tutto, a quell’auto ci era affezionata, soprattutto ora che aveva rappresentato una parte della rinascita di Fenice. Lasciò vagare lo sguardo sulla fiancata distrutta per qualche istante, e poi sui fari crepati e lo specchietto mancante.

 

Xander mi avrebbe ucciso per questo…” pensò, “Mi ha lasciato la sua macchina, e guarda come gliel’ho ridotta…”.

 

Salì sulla M3 e raggiunse l’officina di Max, già aperta. Il meccanico la stava aspettando davanti all’entrata; le aprì la saracinesca e lei parcheggiò la M3 all’interno, proprio al centro.

 

<< Tutto pronto? >> chiese Irina, quando vide Antony vicino al bancone con una grossa cassetta degli attrezzi.

 

<< Tutto pronto >> rispose lui.

 

Max girò intorno alla BMW, esaminandola con sguardo critico. Gettò un’occhiata in tralice a Irina, poi aprì il cofano leggermente piegato della M3. Non concordava ancora con il suo piano, ma sembrava volerle almeno fare il piacere di ricostruirle la macchina.

 

<< Ho saputo di ieri sera >> disse, guardando il motore dell’auto.

 

<< Ho vinto, alla fine >> tagliò corto Irina, << E sono ancora qui per raccontarlo >>.

 

Max iniziò a smontare qualcosa all’interno del cofano, ma lo sbuffo che fece si sentì benissimo. << Già >> disse, << Lo sanno tutti che Dimitri ti ha lasciato vincere >>.

 

Irina si sentì punta nel vivo. Era vero, il russo l’aveva lasciata vincere, e la cosa non le andava a genio: l’orgoglio le diceva che non se l’era meritata certo per bravura. Tuttavia, era arrivata al punto di considerare la cosa di poca importanza se la portava dritta dritta verso William. Il fine giustificava i mezzi, in quel caso.

 

Ignorò il meccanico e si diresse verso la Punto, nascosta sotto un grosso telo bianco. Voleva scostarlo per vedere a che punto era l’auto, ma decise di riservarsi la sorpresa per quando fosse definitivamente pronta. Cercò uno sgabello e si sedette, osservando Max e Antony che si occupavano del motore della BMW.

 

Il messicano lanciò un fischio. << Ragazzi, che roba… >> disse, brandendo in mano una chiave inglese, << Non sarà per niente facile… Come lo facciamo entrare ‘sto mostro dentro il cofano della Punto? >>.

 

<< Si può fare, ma dovremo modificare l’anteriore… >> rispose Max, voltandosi verso Irina, << Potrebbe anche non essere esattamente come prima >>.

 

<< Ma io voglio che sia meglio di prima >> ribatté lei, serafica, << Anche se comporta qualche modifica estetica >>.

 

<< D’accordo, se è quello che vuoi… >> borbottò Max, tornando al lavoro.

 

Un’ora dopo, Irina decise di lasciare in pace i due meccanici e andarsene. Senz’auto sarebbe dovuta tornare a casa a piedi, ma non aveva voglia di prendere un taxi. Una bella passeggiata sul lungomare non poteva farle male.

 

Lasciò l’officina sentendosi particolarmente felice: avrebbe finalmente riavuto la sua auto. Percorse una stradina laterale e poi si ritrovò su quella che percorreva il lungomare di Los Angeles.

 

Era una bella giornata di sole, e molta gente ne aveva approfittato per andare in spiaggia a prendere il sole e a fare il bagno, anche se era lunedì mattina. Guardò la sabbia chiara e l’acqua cristallina, e le tornò subito in mente quel giorno sulla stessa spiaggia… Quel giorno in cui stava per perdere metà del costume, e c’era stato Xander a rimetterglielo a posto…

 

Sorrise tra sé. “Eh no, Irina, non si fa così… Cerca di non pensarci, eh”.

 

Riprese a camminare a passo lento, assaporando quella strana sensazione di pace che aveva preso possesso di lei. Passeggiare su quella strada piena di ricordi non le faceva male, come avrebbe dovuto. Forse ormai si era rassegnata, e ripensare a ciò che aveva perso non le pesava più.

 

“O forse, ci stai ancora sperando…”.

 

Scosse il capo e continuò a camminare, lasciando che il leggero venticello che proveniva dal mare le scompigliasse i capelli. Le auto sfrecciavano veloci lungo la strada, e dai bar proveniva la voce degli animatori che intrattenevano i bagnanti.

 

Circa venti minuti più tardi passò davanti al bagno che apparteneva a William, il bar in stile moderno quasi vuoto. Il bagnino era seduto da solo sulla battigia, a fissare assorto il mare; solo un paio di persone occupavano le sdraio blu disposte ordinatamente sulla spiaggia.

 

Irina si fermò e sbirciò tra i tavolini, per assicurarsi che non ci fosse nessuno di sua conoscenza. Poi entrò, decisa a bere qualcosa di fresco.

 

Seduto di spalle al bancone tirato a lucido, trovò Michael Fowler, che sorseggiava un drink da solo, l’aria annoiata. Non lo aveva visto perché era nascosto da una delle colonne bianche, ma non lo considerava una vera e propria conoscenza. Oltretutto, credeva di essere ancora libera di bere qualcosa in santa pace. Lui non si accorse del suo arrivo, nemmeno quando il barista fece un cenno di saluto a Irina e le chiese cosa volesse da bere.

 

<< La cosa più fresca e meno alcolica che hai >> rispose la ragazza, sorridendo e sedendosi sullo sgabello.

 

<< Succo di frutta, allora >> disse il barista, ridacchiando.

 

Michael si girò e la guardò per un momento senza riconoscerla. Poi ebbe un sussulto e posò rapidamente il bicchiere sul bancone.

 

<< Ciao >> disse.

 

<< Ciao >> salutò Irina, un leggero sorriso sul volto. Prese il bicchiere che il barista le poggiò davanti e iniziò a sorseggiarlo.

 

<< Bella gara, ieri sera >> disse Michael, forse volendo intavolare una discussione che sarebbe stata meno imbarazzante di un lungo silenzio.

 

<< Non sforzarti di dire cose che non sono vere >> ribatté Irina, tranquilla, << Mi sembra chiaro che Dimitri mi ha lasciato vincere >>.

 

<< Ah… >> fece Michael, << , però non è stata male comunque… >>.

 

Irina fece una smorfia. Non le sembrava molto furbo, quel ragazzo. Forse era un bravo meccanico, ma non era di sicuro perspicace.

 

<< Sei da solo? >> domandò lei, lasciando il bicchiere vuoto sul bancone e guardandosi intorno.

 

<< Sì >> rispose Michael, << Tu? >>.

 

<< Anche >> disse Irina.

 

L’espressione di Michael la incuriosì: sembrava spaventato, come se fosse stato colto in fallo. Lo guardò per un momento, poi il cellulare del ragazzo prese a squillare. Lui lo tirò fuori e guardò il display.

 

<< Scusa un momento >> disse, e si allontanò.

 

Irina lo guardò dirigersi verso il retro, dove nessuno poteva sentirlo. Rimase un momento a fissare il punto in cui era sparito, poi qualcosa la spinse a seguirlo. Strano che si trovasse lì da solo, senza William o Dimitri…

 

Lo vide fermarsi vicino ad alcuni tavolini isolati, e lei si nascose dietro una colonna, abbastanza vicina da riuscire a sentire la sua voce.

 

<< … No, non ne so niente io… >> stava dicendo, << White non mi ha dato nulla… >>.

 

A quel nome, Irina drizzò le orecchie. White? Ma…

 

In un attimo, si ricordò di ciò che le aveva detto Xander: c’era un sostituto che prendeva il suo posto… Se n’era completamente dimenticata…

 

Rimase in disparte ad ascoltare la conversazione, che durò solo pochi secondi. Michael si guardò alle spalle per un istante, poi liquidò il suo interlocutore.

 

<< Ok, ok, ti faccio sapere >> disse, << Devo andare. Il posto in cui sto non è sicuro >>.

 

Chiuse la telefonata e poi si voltò. Irina rimase nascosta dietro la colonna, e appena vide sbucare Michael lo chiamò.

 

<< Ehi, aspetta un momento >>.

 

Il ragazzo si voltò, lo sguardo pietrificato. Irina gli fece cenno di uscire insieme a lei dal bar.

 

<< Tu conosci Alexander Went, vero? >> disse, appena misero piede sul marciapiede del lungomare.

 

Michael si guardò intorno con aria preoccupata. << Un attimo… >> borbottò, a disagio.

 

<< Sei tu il suo sostituto, allora? >> chiese Irina.

 

<< Io… Cioè… Sì >> rispose alla fine Michael.

 

Irina sorrise. << Tranquillo, non ho intenzione di fare la spia >> disse, << Mi ero solo dimenticata che doveva esserci qualcun altro, al posto suo… >>.

 

Michael si rilassò. << Oh, ok >> disse, << Scusa, ma in teoria dovevo rimanere in incognito… Mi aveva detto di te, ma credevo non dovessi saperne nulla… >>.

 

Irina gli fece cenno di spostarsi. << Allontaniamoci da qui, non è abbastanza sicuro >>.

 

Camminarono per una cinquantina di metri lungo il marciapiede, abbastanza lontano dal bar di William per non essere ascoltati dai baristi.

 

<< Come hai fatto a diventare amico di William? >> chiese Irina, incuriosita.

 

<< Ho finto di essere un meccanico >> rispose Michael, << Ho chiesto in giro se qualcuno ne avesse bisogno, e William si è interessato. Mi ha fatto modificare una delle sue auto, ed è rimasto molto soddisfatto, così… Eccomi qui, nel club dello Scorpione >>.

 

Per quanto trovasse simpatico quel ragazzo, Irina trovò il suo piano decisamente meno coinvolgente di quello di Xander, ma si rese conto che forse era un po’ di parte… Più che sapere cosa avesse intenzione di fare, era interessata ad altro, al momento.

 

<< Hai sentito Alexander, negli ultimi giorni? >> chiese, seria.

 

<< Sì, quello al telefono prima era lui >> rispose Michael, << Perché me lo chiedi? >>.

 

<< Vorrei che tu non gli dicessi niente, di ciò che sto facendo >> disse Irina, << Che sono stata buttata fuori dalla Lista e ho sfidato Dimitri… Soprattutto con la sua macchina. Se ti chiede di me, digli che sto bene e sono tranquilla, ok? >>.

 

Michael la guardò per un momento, sorpreso, ma non fece domande. Chissà se sapeva tutta la storia, oppure no…

 

<< Ehm, va bene >> disse alla fine, << Ok. Non c’è problema… Solo non capisco il perché… Ma credo di non potermi impicciare, esatto? >>.

 

Irina sorrise. << Esatto >>. Stupido non troppo.

 

Riprese a camminare per il lungomare, decisa ad andarsene. Prima però la sua coscienza le disse di fare un’altra cosa.

 

<< Michael… >> disse, << Mi dispiace che sia toccato a te, venire qui. Quindi fai molta attenzione a ciò che fai, ok? William e i suoi amici non sono gente con cui scherzare >>.

 

Il ragazzo annuì. << Ok, grazie >>.

 

Irina lo salutò e proseguì diretta a casa, continuando a sentirsi sempre stranamente leggera. C’era qualcosa che le diceva che, forse, questa volta, tutto sarebbe finito per il meglio… Proprio come voleva lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

“Ok, oggi Cohen parte… E io posso stare più tranquillo”.

 

Xander sedeva rigido alla scrivania di McDonall, osservando il Vicepresidente che batteva qualcosa al computer. Vide che l’uomo gli gettò un’occhiata in tralice e poi disse: << Mi sembra un po’ nervoso, agente Went. Qualcosa non va? >>.

 

<< A parte che tutta questa faccenda inizia a stufarmi, sto bene >> rispose Xander, << Vorrei solo scoprire chi è questa dannata talpa… >>.

 

<< Forse è il caso che si prenda qualche giorno di pausa >> suggerì McDonall, << E’ più di una settimana che praticamente vive qui dentro… >>.

 

<< No >> rispose Xander, senza alcuna esitazione, << Non posso perdere troppo tempo… >>.

 

McDonall fece un sorrisetto, e continuò a scrivere. Dalla stampante uscì rapidamente un foglio che firmò e passò a Xander.

 

<< Questa è la sua autorizzazione >> disse, << Avrà accesso a tutto quello che potrebbe tornarle utile… Archivi, database, linee telefoniche. Trovi quella talpa, in fretta >>.

 

Xander prese il foglio e uscì dall’ufficio, diretto in quello di Jess. Lungo la strada incontrò White, una tazza di caffè in mano, che portava un grosso plico sotto il braccio. Diede una sbirciata, ma non si trattava di quello che interessava a lui.

 

<< Come procede il lavoro da segretaria? >> chiese il suo capo, ridacchiando.

 

<< Molto bene >> ribatté Xander, << Certamente meglio del suo >>.

 

Infilò la porta dell’ufficiò di Jess e se la chiuse alle spalle, giusto un secondo prima di lasciarci andare a una parolaccia davvero poco fine. L’informatico alzò lo sguardo su di lui, l’aria perplessa.

 

<< Che c’è? >>.

 

<< White… >>.

 

Xander si sedette e mostrò il fogli che gli aveva dato McDonall. << Adesso possiamo fare quello che ci pare >> disse, << Se non lo smaschero adesso… >>.

 

Jess esaminò il foglio con aria critica, poi lo guardò.

 

<< Ok, diamoci da fare. Da dove cominciamo? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Casa

 

“Sono a Los Angeles. Caffè sulla 5° strada?”.

 

Irina sorrise leggendo l’sms che era appena arrivato sul suo telefonino. Simon Cohen era tornato in città inaspettatamente e senza preavviso, e come al solito si faceva sempre distinguere.

 

“Ok. Ci vediamo lì” rispose lei, e inviò.

 

Mezz’ora dopo, Irina parcheggiava l’Audi TT vicino al bar che erano solito frequentare lungo la 5° strada, e subito le saltò all’occhio il gigante nero seduto pacificamente a un tavolino che dava sulla spiaggia.

 

<< Ehi! Cosa fai qui? >> lo salutò allegramente Irina, andandogli incontro.

 

<< Ciao Irina! >>. Simon si alzò, rivelandosi sempre altissimo, e la strinse in un enorme abbraccio. << Come stai? >>. La squadrò da capo a piedi, soffermandosi sul suo viso. << Sei pallida, sai? >>.

 

<< In confronto a te sono sempre pallida >> sorrise Irina, sedendosi al tavolino.

 

<< Già, anche quello è vero >> convenne lui, ridendo.

 

<< Allora, cosa fai da queste parti? >> chiese Irina, << Come mai piombi qui senza avvisare nessuno? >>.

 

Simon si strinse nelle spalle. << Sono venuto a cercare un’auto nuova… >> rispose evasivo, accennando alla Nissan Silvia rossa parcheggiata poco lontano, << E mi faceva piacere venire a vedere come stavi. Sbaglio, ho è successo qualche casino? >>.

 

<< Alexander è dovuto scappare >> rispose Irina, neutra, << William ha scoperto chi era… Non ne sapevi niente? >>.

 

L’espressione di Simon si fece seria. << No, non lo sapevo. Lo Scorpione credo che non si sia dato da fare per far sapere in giro questa cosa… Essere ingannato non gli va molto genio, immagino >>.

 

Irina annuì, lasciando che il cameriere le poggiasse davanti la sua tazzina di caffè.

 

<< Hanno anche scoperto che lo hai aiutato? >> chiese Simon.

 

<< Purtroppo sì >> rispose Irina, guardando il liquido caldo che fumava dalla sua tazzina, << Mi hanno bruciato l’auto… >>.

 

Gli occhi di Simon si spalancarono. << Cosa?! Ti hanno bruciato l’auto?! >>.

 

<< Si, ma tanto l’ho fatta rimettere a posto >> spiegò Irina, calma, << Mi è costato un po’, ma Max la sta facendo tornare come nuova… >>.

 

Simon la squadrò di nuovo, e Irina si accorse che la stava esaminando, come se volesse farle una sorta di check-up. Iniziò a pensare che fosse una strana coincidenza che il nero fosse lì per comprare un’auto, e poi proprio in quel momento… Non si era mai presentato a Los Angeles se non era strettamente necessario. E poi perché venire a cercare una macchina proprio lì?

 

<< Davvero nessuno ha saputo quello che è successo? >> aggiunse, sospettosa.

 

Poteva anche credere al fatto che William avesse voluto tenere per sé la notizia di un agente dell’F.B.I. infiltrato tra i suoi piloti, che gli rubava credibilità, ma le sembrava davvero strano che nessuno fosse venuto a sapere che Fenice aveva perso il suo terzo posto, che Milay era morto in una gara che era sembrata più una rissa, e che Dimitri aveva lasciato vincere Fenice davanti a tutti. Oltretutto, tutti eventi legati da un unico filo conduttore: Irina, la presunta ragazza dello Scorpione.

 

<< Vivo lontano da Los Angeles >> rispose Simon, << Da noi le notizie non arrivano così in fretta come credi… Cos’altro è successo? >>.

 

L’espressione eccessivamente curiosa nel nero le diede la pensare. “Sono sicura che non è qui solo per l’auto… C’è dell’altro, sotto”.

 

<< Niente… >> rispose evasiva, << Qualche gara un po’ movimentata, per il resto tutto tranquillo… >>.

 

L’occhiata che Simon le lanciò le confermò che in realtà stava facendo il finto tonto. Sapeva qualcosa, ma voleva scoprire il resto da lei. Il motivo però le sfuggiva. In ogni caso, decise di non rivelare niente nemmeno a lui del suo piano: sicuramente avrebbe cercato di fermarla. Avrebbe scoperto tutto da qualcun altro.

 

<< E tu, come mai hai deciso di venire proprio qui, per un’auto nuova? >> chiese Irina.

Simon si strinse nelle spalle. << So che qui si possono concludere ottimi affari >> rispose. << Hai saputo se c’è un altro agente dell’F.B.I. tra voi? >>.

 

<< Certo >> rispose lei, << L’ho visto… E non credo arriverà mai da nessuna parte, purtroppo >>.

 

<< Irina, sei sicura di stare bene? >> chiese all’improvviso Simon, preoccupato, << Mi sembri un po’ provata… >>.

 

<< E’ la stanchezza >> rispose Irina, << Ho dormito poco in questi giorni… >>.

 

Simon rimase in silenzio per un istante, poi disse: << Guarda che lo so che hai sfidato tutti i piloti della Black List… Credi davvero che non lo sapessi? Cosa stai combinando? >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiata. << Tu cosa fai qui? >> chiese.

 

<< Prima dimmi cosa ti sta passando per la testa >> ribatté il nero, << Perché è chiaro che non me la conti giusta… >>.

 

<< Rivolevo semplicemente il mio posto >> rispose Irina, secca, << Ho fatto qualcosa di male? >>.

 

<< A parte rischiare di farti ammazzare e inimicarti definitivamente tutti i membri della Black List… No, non hai fatto niente di male >>. Simon fece una smorfia. << Vorrei solo capire se hai finito qui, oppure se hai in mente ancora qualcosa >>.

 

<< Perché lo vuoi sapere? >> domandò Irina, sospettosa. Poteva anche sbagliarsi, ma Simon magari stava cercando di sondare il terreno per qualcuno, e quel qualcuno poteva anche essere William… O Xander.

 

<< Sono venuto qui è ho saputo di tutto questo casino >> rispose Simon, << Sembra che tu stia catalizzando l’attenzione su di te… Volevo solo capire se ti stavi cacciando nei guai o no. Sono pur sempre tuo amico, no? >>.

 

La cosa la convinceva ancora poco, ma decise di fare buon viso a cattivo gioco. Sorrise, anche se continuare a mentire non le piaceva. << Non ho in mente nient’altro >> disse, << Penso di aver già fatto abbastanza rumore… Per un po’ me ne starò tranquilla >>.

 

“Finché la mia auto non sarà definitivamente pronta…”.

 

<< Bene >> disse Simon, << Anche perché non mi sembri così in forma per metterti a fare pazzie… Non l’hai presa bene, vero? >>.

 

Irina capì subito che si riferiva a Xander e al fatto che se ne fosse andato. Abbassò il capo, fissando la tazzina di caffè vuota.

 

<< Me ne sono fatta una ragione >> disse lentamente, << Credevo davvero fosse in grado di far arrestare William… Ci era quasi riuscito. Ma lo Scorpione conosce troppa gente per farsi fregare così facilmente >>.

 

<< Non era quello che intendevo >> disse Simon, guardandola.

 

Irina sospirò. Aveva capito cosa intendeva, e si chiese come avesse fatto a intuirlo. << Mi sono fatta una ragione anche per quello… Con il tempo mi passerà. Con il tempo passa sempre tutto >>.

 

Simon sorrise dolcemente, mostrando i denti che in contrasto con la sua carnagione scura sembravano ancora più bianchi. << Tornerà, vedrai >> disse solo.

 

All’improvviso Irina ricordò che Simon e Xander si conoscevano… Gli aveva raccontato la storia di come lui aveva lasciato l’F.B.I. per vendicare la donna che amava…

 

<< Come mai vi conoscevate? >> chiese, curiosa.

 

<< Ero un amico di suo padre >> rispose Simon, e sembrò rattristarsi, << Un grande amico… Prima di iniziare la mia missione, poi sono successi un po’ di casini e ci siamo persi di vista… Xander mi conosceva perché qualche volta sono andato a casa sua, quando era piccolo >>. Sorrise e fece un segno con la mano. << L’ultima volta che lo avevo visto era alto così… Ed era una vera peste >>.

 

Irina ridacchiò, cercando di immaginare come dovesse essere un piccolo Xander piantagrane. Le riusciva difficile, perché le sembrava impossibile che uno come lui potesse essere stato un bambino ingenuo e come tutti gli altri: per lei rappresentava qualcosa di molto vicino alla perfezione, e figurarselo alto nemmeno un metro che correva per casa combinando pasticci era quasi impossibile.

 

Ordinò qualcos’altro da bere e poi Irina ricordò qualcosa che forse non avrebbe mai dovuto dimenticare: Dominic, quando era tornato dalla sua fuga solitaria, aveva menzionato Simon…

 

<< Conosci mio fratello Dominic, vero? >> chiese all’improvviso, dura, << Sei stato tu ad aiutarlo quando è fuggito. Me lo ha detto lui… E’ tornato a Los Angeles, lo sai? >>.

 

Simon sembrò a disagio. << Sì, sono stato io ad aiutarlo >> rispose lentamente, << E sapevo anche che sarebbe tornato… >>.

 

<< Perché non mi hai mai detto che eri in contatto con lui? >> domandò Irina, stizzita.

 

<< Perché mi aveva chiesto di non farlo… >> rispose il nero.

 

Con enorme amarezza, Irina si rese conto che le persone di cui poteva veramente fidarsi in quel mondo di pazzi criminali erano davvero poche. Anzi, in quel momento non c’è n’era nemmeno una. Anche se Simon era suo amico, capì che aveva fatto bene a mantenere il segreto anche con lui: se non poteva essere certa di chi poteva fidarsi o meno, era meglio rimanere nel silenzio.

 

Gli rivolse un’occhiata più che altro delusa, ma decise di non continuare a parlare di quella storia. Ormai apparteneva al passato: Dominic non c’entrava praticamente più niente. Aveva dato il via a quella faccenda che l’aveva coinvolta suo malgrado, ma ne era uscito forse perché era stato più furbo di lei… Ora conduceva la sua nuova vita senza farsi troppi problemi, come d’altronde aveva fatto per tutta la sua esistenza.

 

Buttò giù tutto d’un sorso il suo succo, poi si alzò.

 

<< Mi ha fatto piacere rivederti >> disse, << Cerca di non cacciarti nei guai, mentre sei qui >>.

 

Lo salutò, forse un po’ freddamente, e raggiunse la TT. Solo quando fu a casa si soffermò a pensare a tutta quella storia, che continuava a rimanere strana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Posso dirti di averla vista provata >> disse Simon dall’altro capo del telefono, il tono di voce serio, << Non era proprio in forma, ecco >>.

 

“Centra quel figlio di puttana… Se le ha rimesso le mani addosso lo ammazzo.

 

Xander strinse preoccupato la penna che aveva in mano. << Cos’altro hai scoperto? >> chiese.

 

<< Qualcosa che non ti piacerà >> disse Simon, << Challagher l’aveva buttata fuori dalla Lista, e le aveva bruciato la macchina… >>.

 

<< Cosa?! >> gridò Xander, scattando in piedi.

 

<< Le ha bruciato l’auto dopo che ha scoperto che eri dell’F.B.I. e che ti aveva aiutato >> continuò Simon, imperterrito, << E c’è dell’altro: si è procurata un’altra macchina e ha sfidato tutti i membri della Black List in un’unica gara per riprendersi il suo posto… E poi ha anche gareggiato contro il Mastino >>.

 

<< Cazzo… >> mormorò Xander, << Non può aver tirato su tutto sto casino da sola… E’ impazzita, per caso? >>.

 

<< Non lo so >> disse Simon, << So solo che a me non voleva raccontare nulla, all’inizio. Solo quando le ho detto che sapevo quello che era successo ha dovuto ammettere che lo aveva fatto… Dice che rivoleva solo il suo posto… >>.

 

<< E poi? >>.

 

<< Mi ha assicurato che non ha nient’altro in mente >> continuò Simon, << Che starà tranquilla… Credo il suo fosse solo un modo per vendicarsi dell’auto >>.

 

Xander maledisse l’idea di lasciarle le chiavi della BMW… Perché era sicuro avesse usato quella.

 

<< Ok, va bene… L’importante è che sia viva >> disse, forse più a se stesso che a Simon, << Tienila d’occhio, perché non sono pienamente sicuro che non abbia qualcos’altro in mente… >>.

 

“Non può aver sfidato Dimitri solo per vendetta… Si sarebbe fermata al terzo posto, esattamente dove stava prima… Se ha gareggiato anche contro di lui, significa che ha qualche idea per la testa. Forse vuole solo infastidire Challagher…”.

 

Era sicuro che Irina non sarebbe mai stata così folle da sfidare William, soprattutto perché non avrebbe avuto alcun senso e perché sapeva benissimo che era più forte di lei. Non avrebbe mai osato così tanto contro di lui, non quando era completamente da sola.

 

Il pensiero lo fece rabbrividire. Salutò velocemente Cohen e fissò il monitor spento del pc.

 

Ora che ci pensava, c’era qualcos’altro che non gli quadrava. Michael non gli aveva detto niente… Eppure era stato chiaro: doveva riferirgli tutto quello che riguardava Irina.

 

Prese il telefono e compose il numero di Folwer, decisamente arrabbiato. Non c’era nessuno che facesse quello che diceva, in quella gabbia di matti.

 

<< Perché non mi hai detto quello che stava succedendo lì, eh?! >> lo aggredì non appena Michael rispose al telefono, << Dove cazzo stavi guardando, per aria? >>.

 

Il ragazzo dall’altra parte tacque per qualche istante, preso totalmente alla sprovvista. << Scusa… Ma lei mi aveva chiesto di non dirti niente, e… >>.

 

<< E tu ascolti anche i suoi ordini? >> sbottò Xander, << Ti avevo detto di tenerla d’occhio. Fra un po’ si fa ammazzare, e tu ascolti pure quello che ti dice? >>.

 

<< Ma sta bene! >> protestò Michael, << Non le è successo niente, no? >>.

 

<< Incapace >> disse Xander, e gli chiuse il telefono in faccia.

 

Rimase seduto alla scrivania, cercando di calmarsi. Già il fatto di non riuscire a trovare prove contro White lo rendeva nervoso, e aggiungere anche la preoccupazione che Irina si facesse ammazzare lo faceva diventare particolarmente intrattabile.

 

Forse doveva cambiare soggetto. Forse White non c’entrava veramente nulla… Ma non poteva ignorare le occhiate divertite e soddisfatte del suo capo, quando lo vedeva dibattersi in quel problema senza trovare la soluzione. E poi c’era l’auto, non poteva dimenticarsene.

 

“Tanto ti incastro, bastardo…” pensò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Hermosa Beach

 

Irina uscì dall’acqua gettandosi uno sguardo alle spalle, sentendo le goccioline salate che le scorrevano sulla schiena. Il mare era piatto come una tavola, e riusciva a vedere all’orizzonte un paio di yacht che si muovevano lenti sulla superficie cristallina.

 

Raggiunse la battigia e strizzò i capelli per eliminare l’acqua salata, poi volse lo sguardo verso il bar deserto, da dove proveniva soffusa una musica abbastanza rilassante, accesa solo per lei. Il barista e un paio di camerieri stavano preparando i tavoli per il pomeriggio, quando sarebbe stato aperto per la gente “comune”, ovvero gli esclusi dalla cerchia di William Challagher.

 

Anche il bagno di Hermosa Beach era dello Scorpione, ed era uno di quei posti che usava per le sue feste in riva alla spiaggia. Se il sabato e la domenica era sempre pieno, durante la settimana non c’era mai nessuno. William non ci veniva mai, perché preferiva andare a Redondo Beach, molto più affollata, ma non era solo quello il motivo per cui piaceva molto a Irina.

 

La bella spiaggia era stata lasciata libera per permettere ai bagnanti di stendere i propri asciugamani in tutta libertà, a meno che non si volesse una delle sdraio del bagno. Poco più in là si estendeva un enorme gazebo di legno e paglia, che di sera veniva usato per le feste, e che di giorno fungeva da tettoia per i tavolini del bar, tutti fatti in foglie di banano. Era una combinazione di stili che a Irina piaceva molto.

 

Si sedette sull’asciugamano, a godersi i caldi raggi del sole che le battevano sulla pelle bagnata. Non c’era meglio di qualche ora al mare per tornare in forma e passare qualche momento in tutta tranquillità.

 

Canticchiò qualche strofa della canzone che aveva come sottofondo, poi si mise a disegnare con le dita sulla sabbia cerchi concentrici.

 

Ad un certo punto iniziò ad avere la sensazione che qualcuno la stesse osservando. Era una cosa piuttosto sgradevole, ma non ebbe il coraggio di guardarsi intorno per scoprire che magari si trattava proprio dell’ultima persona che voleva vedere, ovvero William. Rimase con le dita nella sabbia calda, gettando ogni tanto un’occhiata verso la battigia.

 

Resistette mezz’ora, dopodiché si voltò per vedere che si trattava proprio dello Scorpione, appoggiato al piccolo steccato che separava il gazebo dalla spiaggia, in costume da bagno. Un paio di occhiali da sole Ray-Ban gli nascondevano lo sguardo, un sorrisetto che gli increspava le labbra.

 

Irina lo ignorò e tornò a guardare verso il mare, scocciata. Aveva pensato che almeno lì non si sarebbe fatto vedere, ma era chiaro che la fortuna non stava dalla sua parte. Non riusciva a starsene da sola nemmeno una volta.

 

Ad un certo punto sentì qualcuno avvicinarsi e poi abbassarsi su di lei. Era uno dei camerieri, che con un sorriso le disse: << William mi ha detto di dirti che rischi di bruciarti, se continui a rimanere sotto il sole… E che vorrebbe offrirti qualcosa da bere >>.

 

Per un momento pensò di fare finta di niente, ma poi si rese conto che William non se ne sarebbe andato finché non avesse ottenuto ciò che voleva. Si alzò con uno sbuffo scocciato e raggiunse il bar.

 

Lo Scorpione era seduto a un tavolino, il tatuaggio in bella vista sul petto muscoloso, sorseggiando il suo drink con aria annoiata.

 

<< Cosa c’è? >> chiese Irina, poco affabile.

 

<< Siediti >> disse lui, facendole cenno verso la sedia vuota davanti a lui.

 

Irina si accomodò, senza distogliere un momento lo sguardo da lui. Il bar era deserto, a parte loro due. Non c’era nemmeno Dimitri, nei dintorni.

 

William si tolse gli occhiali e le avvicinò un bicchiere. << Non è alcolico >> disse, << Non bevi alcolici di mattina, no? >>.

 

Irina guardò il bicchiere ma non lo prese. << Cosa fai qui? >> chiese.

 

<< Avevo voglia di vederti >> rispose William, ghignando. << Ho lasciato detto di chiamarmi, se fossi venuta qui >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiata in tralice. << Perché hai detto a Dimitri di lasciarmi vincere? >> domandò, seria. Aveva accettato la cosa, ma voleva capire perché.

 

<< Chi ti ha detto che io l’abbia fatto >> ribatté William con un leggero sorriso.

 

<< Avrebbe vinto lui, lo sanno tutti >> disse Irina, << Si è fermato davanti al traguardo per far vedere che era lui il più forte. Non lo avrebbe mai fatto, se tu non glielo avessi ordinato >>.

 

William si accese una sigaretta con aria tranquilla. << Voglio solo vedere fin dove arrivi >> disse serafico.

 

<< Cosa vuoi dire? >>.

 

<< Hai qualcosa in mente, ma non so cosa >> continuò lo Scorpione, << Quando ti incazzi sei assolutamente fenomenale, quindi mi incuriosisce sapere fin dove ti spingerai. E poi, sono sicuro che tu voglia sfidarmi, prima o poi >>.

 

Irina guardò William, il tatuaggio dello scorpione che spiccava sul petto muscoloso, e si rese conto che lui era convinto di saper prevedere le sue mosse.

 

<< Se decidessi di sfidarti, tu accetteresti? >> chiese lei, un finto sorriso sul viso. << Sai benissimo chi tra noi due vincerebbe, no? >>.

 

<< Se accetterei? >> fece lui, gettando la cenere della sigaretta, << Certo che accetterei. Piuttosto, tu me lo chiederesti mai? Anche tu sai chi tra noi due vincerebbe, no? >>.

 

<< Vinceresti tu >> disse Irina, << Lo sappiamo entrambi. Voglio solo sapere se tu correresti contro di me, se te lo chiedessi >>.

 

William sorrise. << Sì, gareggerei. Ma chi ti dice che io non voglia lasciarti vincere? >>.

 

<< Non lo faresti >> disse Irina, sorpresa dalla sua ultima frase.

 

William gettò il mozzicone e la guardò, un ghigno sul volto. << Invece potrei farlo >> disse, incrociando le braccia, << Se mai lo facessi, cambierebbe l’idea che tu hai di me? >>.

 

<< No >>.

 

<< Allora cosa devo fare per evitare il tuo odio? >>.

 

La conversazione non aveva assolutamente senso per Irina. Perché William stava lì chiederle cosa doveva fare per fare in modo che lei lo amasse, quando si prendeva sempre tutto senza il bisogno di chiedere niente a nessuno? Aveva già tutto di lei, a cosa gli serviva avere il suo cuore?

 

<< Non hai bisogno di me >> disse, << Quello che volevi da me te lo sei già preso. Cosa ti serve che io ti ami? Non lo capisco >>.

 

William scosse il capo e divenne serio. << Mi ci hai costretto tu >> disse, << Non sono abituato a ricevere dei no. Però ho imparato… Non mi sto comportando come tu mi hai chiesto? >>.

 

Irina lo fissò, gli occhi spalancati. Era ancora convito di essere dalla parte del giusto… Lei lo aveva costretto? Ma che cazzo di ragionamento era?

 

<< Potrai anche essere il più buono del mondo, con me, ma rimani sempre il solito criminale che sei sempre stato >> ribatté, gelida.

 

William si produsse in una risatina. << Credo di aver capito dove sta il problema >> disse, << Tu mi odi così tanto perché hai paura di innamorarti di me. Dimmi se mi sto sbagliando >>.

 

Irina lo fissò con gli occhi spalancati. Innamorata di lui? Non poteva certo esserlo, non quando si era innamorata di qualcun altro…

 

Si alzò di scatto e tornò sulla spiaggia, lasciando William da solo al suo tavolo. Non poteva negare si essere stata scossa, dalle parole dello Scorpione, perché aveva paura che ci fosse un fondo di verità. Da quando Xander era entrato nella sua vita, e poi ne era uscito in modo così inaspettato, c’erano troppe cose che non erano più le stesse, che sfuggivano al suo controllo.

 

Sperò che William se ne andasse, ma dopo poco se lo ritrovò di fianco, seduto su un bell’asciugamano blu che stese senza dire una parola. Le rivolse solo un’occhiata, poi rimase in silenzio a guardare l’orizzonte.

 

Con la coda dell’occhio, Irina tenne d’occhio William, seduto e come immerso nei suoi pensieri. Stava diventando sempre più incomprensibile per lei, soprattutto da quando Xander se n’era andato.

 

Rimasero l’uno di fianco all’altra in silenzio per quella che sembrò un’eternità, poi William si decise ad intavolare una conversazione.

 

<< Guarda che rischi di ustionarti per davvero >> disse.

 

Irina gettò uno sguardo verso le sue spalle, per notare che in effetti erano leggermente arrossate. Spostò lo sguardo su William, la cui già marcata abbronzatura lo preservava da ustioni a cui lei non riusciva a sottrarsi nemmeno dopo un mese di mare, e trovò irritante che facesse finta di preoccuparsi per lei.

 

<< Non fa niente >> disse, e tornò a fissare l’orizzonte.

 

William sembrò emettere uno sbuffo, si alzò e tornò dopo qualche minuto, lasciando sul suo asciugamano quello che era un flacone di crema solare, e che Irina non degnò nemmeno di uno sguardo. Voleva solo che se ne andasse.

 

Un istante dopo, lo Scorpione si diresse verso la battigia per andarsi a fare il bagno, lasciandola sola. Per evitare di averlo davanti agli occhi, Irina si sdraiò a pancia in giù e cercò di dimenticare per qualche minuto di essere in compagnia di William.

 

Chissà se lo Scorpione si rendeva veramente conto di quanto la infastidisse, oppure se lo faceva apposta… Perché poi fissarsi con lei, quando poteva avere qualsiasi altra ragazza?

 

“Tanto durerà ancora poco…”.

 

Qualcosa di gelido le colò sulle spalle, facendole scappare un’esclamazione di sorpresa. Aprì gli occhi e cercò di alzarsi, ma un paio di braccia decisamente più forti delle sue la costrinsero a rimanere ferma dov’era. Quando capì che William le si era appena seduto addosso venne colta dal panico, e cercò disperatamente di fare forza sulle braccia.

 

<< Non voglio farti niente >> disse William, il tono volutamente dolce, << Stai ferma un attimo… >>.

 

<< Levami le mani di dosso >> ringhiò Irina, << Giuro che… >>.

 

Si interruppe a metà frase quando si rese conto che William le aveva versato sulle spalle arrossate la crema solare e gliela stava spalmando con deliberata lentezza. Le sue mani si mossero con delicatezza sul tatuaggio della fenice, sui muscoli tesissimi delle spalle…

 

Suo malgrado, doveva ammettere che William ci sapeva fare. Stava riuscendo a farle apprezzare quel gesto che non aveva né calcolato né desiderato.

 

<< Non mi piace solo riceverli, i massaggi… >> le sussurrò nell’orecchio, abbassandosi su di lei. << Questo non lo sapevi, vero? >>.

 

<< Vorrei alzarmi >> ribatté Irina, cercando di sgusciare da sotto le sue gambe.

 

<< Vuoi stare un attimo ferma? >> ridacchiò William, << Non ti faccio niente… E non dirmi che non è piacevole… >>.

 

Irina si odiò in quel momento, ma non poteva negare che lo Scorpione stava riuscendo a farla rilassare… Era piacevole sentire finalmente i muscoli delle spalle un po’ più sciolti, quelle mani che aveva tanto odiato e che ora le davano quella bella sensazione. Era frustrante ammetterlo, ma le piaceva.

 

Sentì le mani di William solcare di nuovo la fenice, per poi scendere lente fino a metà della sua schiena, incontrando il laccetto del costume, lo stesso che Xander le aveva riallacciato non tanto tempo prima, sempre su una spiaggia assolata come quella. Con un gesto lento, le dita dello Scorpione si insinuarono sotto il laccetto e iniziarono a scioglierlo.

 

Irina sussultò, il cuore che iniziava a battere troppo forte per la paura. Non si poteva muovere, non si poteva alzare, e quel leggero brivido che prima era stato quasi piacevole ora si trasformava in puro terrore.

 

<< William… >> riuscì solo a dire, e fu più che altro un sussurro.

 

Lo Scorpione si fermò e si abbassò su di lei, il fiato caldo che le soffiava sulla spalla. << Non voglio farti niente >> mormorò, << Voglio solo dimostrarti che non sono l’animale che credi… Che se voglio posso essere quello che cerchi >>.

 

Le parole di William servirono solo a farla arrabbiare: voleva ribattere, ma sapeva che non sarebbe stata una mossa saggia. Rimase in silenzio, cercando di controllare i battiti del cuore, mentre lo Scorpione le slacciava il costume, facendole scorrere un brivido di paura lungo la spina dorsale.

 

Non sapeva che cosa volesse fare, né se da un momento all’altro avrebbe cambiato registro. Erano su una spiaggia, ma erano da soli. Il barista e i camerieri non contavano: lavoravano per lui, e gli avrebbero lasciato fare quello che voleva. Qualsiasi cosa avesse in mente, Irina era completamente alla sua mercé, e ne era consapevole.

 

Qualche minuto dopo, quando William ebbe terminato quel massaggio che voleva essere rilassante, ma che per Irina era stato terribile, riprese i laccetti del costume e li riallacciò con lentezza quasi esasperante. Poi, senza dire una parola, si alzò e la lasciò libera.

 

Con uno scatto degno di un felino, Irina si mise a sedere e lo fissò, arrabbiata e spaventata al tempo stesso. William sorrideva, come se la cosa lo divertisse molto. Cosa diavolo voleva dimostrarle? Che sapeva tenersi? Che oltre a spogliarle, le ragazze, sapeva anche rivestirle?

 

<< Sono stato così mostruoso? >> domandò.

 

<< Non… >> mormorò Irina, << Lasciami stare… >>.

 

Si portò le mani alla testa, frustrata. Ormai non sapeva più come comportarsi, con lui. Più gli dimostrava di odiarlo, più lui cercava di conquistarla; più tentava di accettarlo, più lui faceva in modo di farsi detestare. E poi continuava a confonderla, a darle l’idea di poter veramente cambiare e poi di non poter mai migliorare. Proprio ora che aveva deciso di farlo sbattere in galera.

 

<< Che cosa c’è? >> chiese William.

 

Irina deglutì, cercando di trattenere le lacrime che le avevano invaso gli occhi. Non poteva sopportare ancora per molto di sentirsi così persa, vuota… Stava crollando di nuovo, e questa volta non c’era Xander a sorreggerla.

 

<< Cosa… Cos’ho che fa in mondo che tu sia fissato così tanto con me? >> domandò, << Cos’ho di speciale, eh? >>.

 

William sorrise. << Il fatto che non ti piace sottostare a nessuno, e che non lo mandi a dire? >> rispose divertito, << Che non te ne frega un cazzo di quanti soldi abbia, di quanto potere possieda? Che non sai essere falsa? >>.

 

Detto da lui era strano, e Irina se rese conto. Però non riuscì a comprendere come quello potesse essere qualcosa di attraente… Gli piaceva solo perché aveva il coraggio di insultarlo, di dimostrargli che lo odiava?

 

Abbassò il capo per un istante, e con la coda dell’occhio notò qualcuno muoversi nel bar. Voltò la testa, e vide che si trattava di Michael e Dimitri, appoggiati sul cancello di legno a guardare proprio dalla loro parte. Il russo sembrava più scontroso del solito, mentre Michael ridacchiava.

 

<< Ignorali >> disse William, infastidito. Forse non aveva programmato che ci fossero anche loro, e per Irina rappresentavano un’altra fonte di preoccupazione.

 

Spostò lo sguardo sullo Scorpione, indecisa su cosa fare. Non lo capiva, e non sapeva come si sarebbe comportato. Lui si sporse verso di lei e le scostò una ciocca di capelli dalla spalla, indugiando con gli occhi sul suo collo.

 

<< Dov’è la tua collana? >> chiese.

 

<< Ehm… Credo di averla persa >> rispose Irina, a disagio. Sapeva benissimo che l’aveva ancora Xander… Avrebbe potuto ridargliela, quando s’e n’era andato…

 

<< Dove? >>.

 

<< Non lo so >>.

 

William continuò a guardarla, come se sperasse che da un momento all’altro Irina gli saltasse addosso, ma lei voleva solo andarsene. La situazione stava diventando pesante per lei.

 

Si alzò e si scrollò di dosso la sabbia. Lo Scorpione non le staccò gli occhi di dosso.

 

<< Devo andare >> disse lei, infilandosi l’abitino predisole e piegando l’asciugamano il più rapidamente possibile.

 

<< D’accordo >> fece solo William, e senza protestare la lasciò andare.

 

A testa bassa Irina rientrò nel bar e passò davanti a Dimitri e Michael, senza degnare nessuno di uno sguardo.

 

Doveva portare a termine il suo piano prima di impazzire per davvero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Sembra proprio che Irina e lo Scorpione si stiano riappacificando >> disse Michael dall’altro capo del telefono.

 

<< Raccontami di nuovo la scena >> disse Xander, nervoso.

 

<< Bé, erano in spiaggia >> spiegò il ragazzo, << Quando siamo arrivati erano già insieme… Lui gli si è seduto sulla schiena e le ha slacciato il costume. Dopodiché le ha fatto un bel massaggio senza che lei protestasse. Anzi, sembrava piuttosto rilassata… >>.

 

<< E poi? >>.

 

<< E poi niente. Sembravano più “intimi” del solito… Girano voci che Irina stia davvero con lui, adesso. O che almeno siano in rapporti più stretti del solito >>.

 

Michael sembrava compiaciuto di essersi ricordato di informare Xander di tutto quello che faceva Irina, ma lui non era della stessa idea. Quella era una delle poche cose che non avrebbe voluto sapere.

 

Non ci credeva, ma Michael era uno che risultava affidabile. Irina non poteva aver ceduto, alla fine. Non con Challagher… Non poteva aver accettato di stare con lui dopo quello che le aveva fatto…

 

“Possibile che mi abbia dimenticato così in fretta?”.

 

<< Si sono baciati? >> chiese.

 

<< No >>.

 

Almeno quella era una nota positiva…

 

<< Però lui era particolarmente affettuoso… E lei non troppo infastidita >> aggiunse Michael.

 

<< Vuoi stare zitto? >> sbottò Xander, infastidito e mise giù il telefono.

 

Era roso dalla gelosia e dal dubbio. Se davvero Irina aveva deciso di diventare veramentela ragazza di William, significava che non era disposta ad aspettarlo… O che non avesse altra scelta. Forse lo odiava per averle fatto promesse che non aveva ancora mantenuto… Forse non voleva più rivederlo.

 

“L’unico modo che ho per sapere la verità è tornare indietro… E per farlo, devo capire chi sta facendo il doppiogioco. Se davvero mi odi, Irina, vorrei che tu me lo sbattessi in faccia… Forse me lo merito”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Casa

 

Il telefono squillò improvviso e Irina lo afferrò al volo, lasciando a metà la torta che stava preparando. Guardò l’orologio, chiedendosi chi potesse essere a quell’ora.

 

<< Pronto >> disse.

 

<< Irina… >>. Era Max. << La Punto è pronta >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, che dire… Niente, a parte che Xander non va ne avanti ne indietro, e che Irina ormai è davvero al limite. Poi c’è William, sempre più incomprensibile… E forse anche sempre più cotto della sua fenice. Sta facendo di tutto per conquistarla, peccato che Irina proprio non ci stia. Ormai ha il suo piano, ed è intenzionata a seguirlo, anche se ogni ora che passa si sente sempre più confusa: che l’idea di William sia proprio questa? Di confonderla per farla cedere? Mistero…

Il prossimo capitolo è in corso di lavorazione, e spero di finirlo al più presto: sarà decisamente più movimentato di questo!

Un bacio grande a tutti!

 

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Capitolo 31
*** Capitolo XXXI ***


Capitolo XXXI

Capitolo XXXI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Officina

 

Irina fissò la Grande Punto senza parole, parcheggiata al centro dell’officina, la luce dei neon a illuminarla come se si trovasse nel bel mezzo di uno show-room.

 

Esattamente come la fenice, il soprannome che portava, la Punto era rinata migliore di prima. Il muso arrotondato era attraversato dalla griglia di areazione in metallo argentato, i fari a led bianchi che brillavano di nuova luce. Il cofano, una volta perfettamente liscio, ora era solcato da alcune nervature che permettevano al potente motore di respirare, leggermente curvo per ospitare i quattrocento cavalli che erano stati della BMW. I cerchi in lega grigio fumè montavano pneumatici ribassati, l’alettone si stagliava non troppo vistoso sul portellone. La fenice rossa attraversava la fiancata e il tetto, infuocata come la ricordava lei. Il tutto, perfettamente in tinta con il colore della carrozzeria: non più candido bianco, ma nero. Il nero più scuro, più lucido e più profondo che Max era riuscito a trovare.

 

<< E’ perfetta >> sussurrò solo, rapita da quella visione.

 

<< Trasferire il motore non è stato facile >> spiegò Max, << Abbiamo dovuto montare delle sospensioni anteriori diverse da quelle posteriori, e non avevamo contato il fatto che la BMW era a trazione posteriore… Per fortuna Antony ha avuto un colpo di genio e siamo riusciti a farla funzionare >>.

 

<< Cos’altro è cambiato? >> chiese Irina, girando intorno alla Punto e lasciando scivolare la mano sulla carrozzeria lucidissima.

 

<< Fondamentalmente è la stessa >> rispose Max, << Le componenti rimangono quelle originali. Cambia solo il motore, anche se sono riuscito a recuperare alcuni dei vecchi pezzi: ora hai molti più cavalli, ma potresti anche avere qualche problema sulla tenuta delle ruote dietro. Il maggiore peso davanti si farà sentire >>.

 

<< L’hai già provata? >> domandò Irina, guardando il meccanico.

 

<< Ho fatto un giro nei dintorni, per mettere a posto le ultime cose >> rispose, << Però la pilota sei tu, quindi devi dirmi tu se è la stessa di prima >>.

 

Le lanciò le chiavi e Irina le prese al volo, felice come non lo era da diverso tempo. Salì in macchina e percorse con lo sguardo gli interni, completamente rimessi a nuovo.

 

Sembrava che alla Punto non fosse mai accaduto nulla: ogni parte era esattamente come la ricordava, e persino la radio era la stessa. L’unica cosa che cambiava era il numero di chilometri percorsi indicati nel display illuminato di azzurro: segnava zero.

 

<< La macchina è la stessa, ma il motore è nuovo >> spiegò Max anticipando la sua domanda, << Così ho pensato che avrebbe avuto più senso farlo ricominciare da capo >>.

Irina annuì, poi infilò la chiave e la girò, chiudendo gli occhi come se temesse di non sentire niente. Sembrava tutto troppo perfetto per funzionare.

 

Con un ruggito, la lancetta del contagiri scattò in alto e il motore si accese, inondando l’officina di un suono diverso dal solito: più basso, più pieno, come il sordo ringhiare di un felino.

 

Schiacciò il pedale della frizione e ingranò la prima, scoprendo il cambio più morbido e preciso di quanto ricordasse. Accese i fari, abbagliando Max davanti a lei, e attese che il meccanico alzasse la saracinesca.

 

Quando la luce del sole colpì in pieno la Punto, che sinuosa si mosse verso l’uscita, fu come se il motore ruggisse tutta la sua felicità per essere tornato a vivere. Sgusciò fuori rapida e sorprendentemente agile, senza incertezze.

 

Irina lanciò un’occhiata estasiata a Max, e lui le fece cenno di andare. Con un colpo di acceleratore, partì sgommando diretta verso l’autostrada, l’unico posto in cui poteva provare le potenzialità della sua nuova auto.

 

Le ci volle qualche minuto per capire che questa volta il meccanico aveva superato se stesso: la Punto era sempre la stessa, ma inspiegabilmente sembrava anche migliore. L’agilità, la reazione alle manovre brusche, la maneggevolezza erano sempre quelle, ma ora lo scatto da fermo era bruciante, la ripresa era migliore e il motore ancora più pronto.

 

Imboccò l’autostrada, accelerando appena fu dentro. Le ci volle un secondo per raggiungere l’auto che le stava davanti e per superarla a destra. Si infilò tra un furgone e un’utilitaria e sgusciò in mezzo con sorprendente velocità. Poi si mise sulla corsia di sinistra e scatenò tutti i cavalli che erano stati imbrigliati fino a quel momento.

 

150… 180… 210… La Punto non sembrava volersi fermare, decisa a recuperare tutto il tempo perduto. Arrivò a sfiorare quella che era sempre stata la sua velocità massima senza alcuno sforzo, e solo allora Irina decelerò lentamente, conscia che il limite della vecchia Punto era ormai un ricordo. Per sfruttarla fino in fondo le ci sarebbe voluta una pista.

 

Torno indietro, assaporando tutti i particolari che le erano mancati di quell’auto, gettando ogni tanto un occhio al contachilometri. Accese la radio e si godette il viaggio di ritorno.

 

Quando inchiodò davanti all’officina, l’unica cosa che fu in grado di fare fu uscire di corsa dalla macchina e abbracciare Max, travolgendolo.

 

<< E’ perfetta! >> gridò, << Assolutamente perfetta! Hai fatto un miracolo! >>.

 

Max ridacchiò. << Almeno così sono sicuro che hai qualche possibilità di sbattere William dietro le sbarre >> disse, << E’ diventata mostruosa, quell’auto >>.

 

Irina sorrise e saltellò come una bambina fino alla Punto. Sì, questa volta niente poteva andare storto. Persino la sua macchina era tornata per darle una mano.

 

<< Lavori, oggi pomeriggio? >> chiese.

 

<< Sono qui in officina, ma spero che per una volta non venga nessuno >> rispose Max, << Vorrei riposarmi un po’… Ho lavorato come un pazzo, per farla tornare nuova il più in fretta possibile >>.

 

“E ho intenzione di farti un regalo, per questo” pensò Irina.

 

<< Allora può essere che passi a trovarti, oggi >> disse, << Grazie mille per tutto quello che hai fatto. Ci vediamo >>.

 

Risalì sulla Punto e si diresse a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Allora, Mark Conrad lo abbiamo controllato >> disse Xander, scorrendo una lista di nomi che aveva davanti, << Risulta pulito e tranquillo... Jonathan Megiver lo abbiamo fatto? >>.

 

<< Già visto >> rispose Jess stancamente, << Dipartimento antidroga. Perfettamente a posto: anzi, negli ultimi mesi era persino in ospedale… Voglio proprio vedere come faceva a essere a Los Angeles… >>.

 

Xander sbuffò e gettò la lista sulla scrivania.

 

McDonall gli aveva suggerito di indagare su altri membri dell’F.B.I., perché riteneva che forse era sbagliato concentrarsi solo su White. Avevano fatto un elenco di tutti quelli che potevano essere entrati in contatto con Challagher o che si erano trovati a Los Angeles negli ultimi mesi. Nessuno però sembrava essersi mosso in modo strano o aver lasciato qualche indizio.

 

<< Ma è possibile che non siamo riusciti a scoprire nulla? >> sbottò, arrabbiato.

 

<< Forse ci stiamo concentrando sulle persone sbagliate >> ipotizzò Jess, << Magari non abbiamo centrato la questione… >>.

 

<< Se è come dici tu, allora la spia potrebbe essere qualcuno molto vicino a noi, o qualcuno che abbiamo escluso a priori >> disse Xander, pensando.

 

Jess sembrò colto da una rivelazione. << Non è che magari si tratta di McDonall? >> disse, << E’ stato lui a incaricarti di trovare la talpa, e guarda caso ti sta facendo perdere tempo a indagare su mezza F.B.I… In più, lui aveva una copia delle prove contro Challagher… Potrebbe non essere un colpo di fortuna, il suo… >>.

 

Xander ci pensò su. In effetti, l’informatico poteva anche avere ragione: magari McDonall stava solo cercando di allontanarlo dall’obiettivo… Ma allora perché non dargli completamente ragione, quando gli aveva detto che sospettava di White? Rappresentava un buon diversivo: poteva sfruttare il sospetto che manifestava verso White per allontanarlo da lui…

 

McDonall poteva essere uno dei sospettati, ma a quel punto non era l’unico. Cercò di calcolare chi avessero escluso dalle indagini, e capì che si trattava di poche persone, ma era gente di cui lui si fidava e di cui non riusciva a dubitare. Tra loro c’era anche suo padre, e non poteva immaginare la reazione di Steve se avesse saputo che sospettava anche di lui.

 

Si alzò e uscì nel corridoio seguito da Jess, con l’intenzione di andare a mangiare qualcosa. Forse dopo aver fatto una pausa sarebbe stato abbastanza tranquillo da farsi venire qualche idea.

 

<< Hai ricevuto notizie da Los Angeles? >> chiese Jess, prendendo uno dei vassoi di plastica sul bancone e mettendosi in coda.

 

<< Non hai più telefonato a Jenny? >> domandò Xander, osservando cosa ci fosse per pranzo.

 

<< Sì, ma sembra che Irina sia piuttosto irreperibile, in questi giorni >> rispose Jess, serio. << L’ultima volta che l’ha vista ha detto che non stava tanto bene… Si fa vedere poco anche da lei >>. Tacque, come se non volesse aggiungere altro. Xander sospettò sapesse qualcosa che a lui non era noto, ma non doveva essere così importante, altrimenti glielo avrebbe sicuramente detto.

 

<< Lo so >> disse, << Cohen me lo ha detto. Spero solo non si cacci nei guai… >>.

 

“E sono sicuro che lo sta facendo…” .

 

Non guardò nemmeno quello che la cuoca gli mise nel piatto, tanto era preso dai suoi pensieri. Qualunque cosa stesse facendo Irina, l’unica speranza che aveva era quella che William non l’avrebbe mai uccisa, perché era troppo egoista per privarsi del suo giocattolino preferito. Per quanto lo odiasse, ora ringraziava il fatto che lui fosse innamorato di lei: era un bastardo, ma era così possessivo che non avrebbe permesso a nessuno di farle qualcosa. Era un privilegio che riservava solo per se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa

 

Irina divise le banconote che aveva davanti in tre grossi fasci, che legò con un elastico. Diecimila dollari per Max, cinquemila per Tommy e Sally, e altri cinquemila per lei. Li infilò nella borsa e rimase a fissare il tavolo della cucina, in silenzio.

 

Il piano definitivo era pronto.

 

Le serviva una sola gara, una gara in cui correre contro William e dargli l’impressione di voler vincere. E poi, chiamare i Federali, nel bel mezzo della corsa. Bloccare lo Scorpione per non farlo fuggire e poi sperare di avere il tempo di scappare… Oppure lasciarsi arrestare.

 

Forse non era intelligente, forse non era facile da mettere in pratica, ma quella era l’unica idea che aveva per incastrare William. Sapeva che durante la gara si sarebbe divertito a giocare con lei per dimostrarle che era più forte, e che non aveva paura di avere qualche auto della polizia tra i piedi. L’unica cosa che non poteva immaginare era che Irina non gareggiava per vincere, ma per sbarrargli la strada e ogni possibile via di fuga.

 

Come sarebbe andata, non lo sapeva. Sperava di poter riuscire a fuggire, per poi lasciare la città ed evitare la rabbia di tutti i membri della Black List… Altrimenti, si sarebbe lasciata arrestare anche lei, per fare la fine che si era sempre immaginata. Non la spaventava finire dietro le sbarre, a vivere sola con i propri fantasmi, quando alla fine sola era sempre stata.

 

Doveva solo aspettare il momento giusto. Nessuno doveva sospettare quello che voleva fare, ma soprattutto quando. Niente avvisi, niente formalità: sarebbe andata dritta da William e gli avrebbe imposto di gareggiare subito, senza dare il tempo a nessuno di provare a fermarla o intuire quello che aveva in mente.

 

I soldi che erano avanzati le sarebbero serviti per pagare Max per il suo impegno, per migliorare la situazione di Sally e Tommy e per darle una possibilità di fuga. Lasciare Los Angeles per sempre, cercare altrove un’altra vita… Cinquemila dollari erano pochi, ma sarebbero bastati per qualche mese…

 

Guardò le tre mazzette di denaro infilate nella borsa.

 

“Seriamente Irina… Credi davvero di riuscire a fuggire? Credi davvero di uscirne viva?”

 

“No…”.

 

Prese i cinquemila dollari che pensava di tenere per lei e li mise da parte. Ci avrebbe pensato… Avrebbe deciso tutto all’ultimo. Per il momento però poteva chiudere le ultime cose.

 

Afferrò la borsa e scese di sotto, gettando uno sguardo verso il garage chiuso, che nascondeva la Punto. Salì sulla TT e si diresse verso Pasadena.

 

Mezz’ora più tardi parcheggiava davanti a casa di Sally, notando che la finestra era aperta. Da dentro proveniva il suono di una tv accesa. Suonò il campanello e attese.

 

<< Irina! Che bella sorpresa! >> la salutò allegramente Sally, lasciandola entrare in soggiorno, << Accomodati >>.

 

La ragazza trovò Dominic seduto sul divano, che giocava con Tommy facendo correre sul tavolino delle auto giocattolo. Sembrava molto contento di dividere il tempo con suo figlio, e Irina rimase colpita dall’espressione dolce che suo fratello stava riservando al bambino.

 

Quando si accorsero della sua presenza, smisero di giocare e il nipote le corse incontro; Dominic rimase seduto sul divano.

 

<< Ciao piccoletto >> disse Irina, prendendo in braccio Tommy, << Come va, eh? >>.

 

<< Noi tutto bene >> rispose Dominic, e qualcosa nel suo tono glielo fece apparire stranamente più adulto. << Tu? >>.

 

<< Abbastanza >> rispose Irina, porgendogli Tommy, << Mi hanno detto che ti sei trovato un lavoro serio >>.

 

Dominic scrollò le spalle. << Mi sembrava il minimo… Ho un bambino da mantenere >>.

 

Irina lo guardò, al colmo della meraviglia. Anche lui iniziava a cambiare, come suo padre. Allora non erano proprio irrecuperabili.

 

Sorrise e si aspettò delle domande su quello che aveva combinato nelle ultime settimane, ma Dominic rimase in silenzio. Non doveva più aver frequentato il vecchio giro, altrimenti avrebbe sicuramente saputo…

 

<< Vuoi qualcosa da bere? >> chiese Sally.

 

<< No, ti ringrazio >> rispose Irina, voltandosi verso di lei, << Rimango solo pochi minuti… >>. Si sporse verso di lei e sussurrò: << Possiamo parlare un momento da sole? >>.

 

Sally annuì sorpresa e la portò in cucina.

 

<< Dimmi >>.

 

<< Credo che mio fratello stia cambiando, ma non so quanto ancora posso fidarmi di lui >> disse Irina, cercando nella borsa la mazzetta di denaro, << Voglio che tu prenda questi e li metta da parte per usarli quando ne avrete bisogno, ok? >>.

 

Le porse i soldi, e Sally li guardò come se fossero qualcosa di pericoloso.

 

<< Ma… Perché? >> chiese, quasi spaventata.

 

<< Li avevo messi da parte per una cosa, ma non mi servono più >> spiegò rapidamente, << Tienili. Non me ne faccio niente, non li voglio nemmeno. Prendili e usali per comprare qualcosa che possa esservi utile >>.

 

Sally indugiò. << Non posso… >> disse, << Hai già fatto tanto per noi… >>.

 

<< Se non li vuoi per te, almeno prendili per Tommy >> insistette Irina, << Mettili da parte per lui… Fallo studiare, non lo so… Ma prendili, per favore >>.

 

Sally accettò le banconote con l’espressione preoccupata, e la ringraziò a bassa voce. Irina sorrise e chiuse la borsa.

 

<< Non farlo sapere a Dominic, almeno per un po’ >> disse, << Non vorrei che ricadesse nel suo vizio… >>.

 

<< Va bene, ma… >> iniziò Sally, incerta.

 

<< Non devi sentirti in debito >> disse Irina, << Sono davvero pochi, e mi fa piacere darveli… Potranno tornarvi utili un giorno, ne sono sicura >>. Si diresse verso la porta per andare via, ma prima gettò un’occhiata nel soggiorno: Tommy e Dominic stavano ancora giocando insieme, proprio come un qualsiasi padre con il proprio figlio.

 

<< Mi ha fatto piacere rivedervi >> disse, indugiando con lo sguardo su Tommy, << Devo andare >>.

 

Senza aggiungere altro infilò la porta e uscì, sentendosi davvero triste. Ora capiva cosa significava rischiare di non rivedere più nessuno, di dire addio alle poche cose belle che aveva. Risalì sulla TT senza guardarsi indietro e si diresse verso l’officina di Max.

 

Quando parcheggiò a bordo strada stava ancora cercando di scacciare quella orribile sensazione che aveva alla bocca dello stomaco. Entrò nel negozio e trovò il meccanico da solo, seduto al bancone ad ascoltare la radio, in mano una rivista di auto.

 

<< Come va la macchina? >> chiese quando la vide arrivare.

 

<< Sempre bene, naturalmente >> rispose Irina, un finto sorriso sul volto, << Non può che essere altrimenti >>.

 

Si sedette sul bancone di fianco a lui, guardandolo canticchiare allegramente la canzone che stava trasmettendo la radio. Ecco un’altra cosa bella a cui doveva dare addio.

 

<< Senti Max… >> iniziò Irina, dondolando le gambe seduta sul bancone, << E’ stato carino da parte tua rimettermi a posto la macchina, anche se non ti andava… Lo apprezzo davvero >>.

 

Il meccanico la guardò, serio. << Non è che non mi andava… >> disse, << Solo che so cosa comporta che tu abbia di nuovo la tua macchina. Gareggerai contro William, e non voglio che ti succeda qualcosa… Sarebbe colpa mia >>.

 

Irina sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. << Non sarebbe colpa tua >> lo rassicurò, << Sono abbastanza grande da prendermi le mie responsabilità. E poi chi ti dice che farò una gara contro William… Ho riottenuto il mio posto, in fondo >>.

 

<< Allora promettimi che non lo farai >> disse Max, guardandola negli occhi.

 

Irina abbassò la testa. << Non posso farti una promessa che non sono sicura di poter mantenere >> disse, << Sono cambiata, Max, e sento che devo iniziare a prendere una posizione. Non posso continuare a vivere accettando quello che mi viene imposto senza fiatare, fare e sempre solo la comparsa. Non continuerò a fare il burattino. Se davvero quello che fa non mi va bene, lo devo dimostrare >>.

 

<< Non è necessario che sia tu a provarci >> disse Max, << C’è molta altra gente più preparata di te per questo… >>.

 

Irina si lasciò andare a un sorriso amaro. << Chi? >> chiese, << L’unica persona che pensavo fosse in grado di metterlo in difficoltà è dovuta andare via. Non c’è nessuno che possa fare questa cosa, se non io. William non ha paura di me, e mi considera abbastanza stupida da non avere il coraggio di fare una cosa del genere. Non se lo aspetterà mai, non da me >>.

 

<< Non hai paura di quello che potrà succedere? >> domandò Max, alzandosi.

 

<< Paura? Forse. Tanto cosa potrebbe mai succedere? Posso perdere, posso vincere, o al massimo rischio la pelle… Cose a cui sono abituata >>.

 

In realtà aveva paura, e negare era l’unico modo che aveva per esorcizzarla. Aveva pensato a tutte le implicazioni, ed erano talmente tante che non poteva considerarle tutte. Se avesse fallito, sperava solo che William se la prendesse esclusivamente con lei, e lasciasse in pace tutti gli altri.

 

Scese dal bancone e recuperò la borsa che aveva lasciato in un angolo. Non era venuta per parlare della sua sfida con lo Scorpione.

 

<< Posso darti una mano, se vuoi >> propose Max.

 

<< No, hai già fatto abbastanza >> disse Irina, sorridendogli.

 

<< Ma l’altra volta mi avevi detto di smettere di ostacolarti e di darti una mano, se mi andava >> protestò il meccanico.

 

Irina tornò seria. << Mi hai rimesso a posto la macchina, ed era l’unica cosa che volevo >> disse, << Il resto sono fatti miei. Non voglio mettere nessuno in mezzo, perché non so come andrà a finire >>.

 

<< Quando, allora? >> domandò il ragazzo, esasperato.

 

<< Non lo so >> rispose Irina, << Quando sarà il momento… >>

 

<< Allora è questione di settimane >> ipotizzò Max, << Non vorrai farlo subito. Dovrai fare calmare le acque, prima… Devi riprendere confidenza con la macchina… >>.

 

Irina gli lanciò un’occhiata. “Questione di settimane?” pensò, “Al massimo di giorni…”.

 

<< Sì >> rispose solo, senza guardarlo per non fargli capire che stava mentendo.

 

Max sembrò tranquillizzarsi, e Irina ne approfittò per cambiare argomento.

 

<< Ti ho portato una cosa >> disse, tirando fuori il fascio di banconote. << Un regalino… >>. Gli porse i soldi e Max inarcò un sopracciglio.

 

<< Hai già pagato >> disse, << Per la macchina siamo a posto… >>.

 

<< Non sono per la macchina, sono per te >> spiegò Irina, con un sorriso, << Per il disturbo >> aggiunse.

 

<< Stai scherzando, vero? >> ribatté il ragazzo, senza avvicinarsi.

 

<< Uffa, Max, prendi questi soldi e non fare troppe storie >> sbuffò Irina, << Non sono tutti per te. Dividili con Antony. Avete lavorato come matti, per aggiustare la Punto. Ve li meritate. Sono quelli che avanzano, e a me non servono >>.

 

Max porse lentamente la mano e Irina gli lasciò il fascio di banconote, osservando la sua espressione indecifrabile. Lo guardò contare il denaro, e ogni secondo la sua faccia diventava sempre più incredula.

 

<< Ma sono diecimila dollari! >> gridò, << Non ti sembra di esagerare? >>.

Irina sorrise. << No… E poi se devi continuare a uscire con Angie ti ricordo che devi pagare tu… Vuoi fare l’uomo o no? >>.

 

Max scosse la testa, ma sorrise anche lui. Il pensiero forse lo rendeva felice.

 

<< Allora? State ancora uscendo insieme? >> chiese Irina, divertita, << Mi sono dimenticata di voi due, in questo periodo… >>.

 

<< Sì, ci stiamo vedendo >> rispose Max, leggermente a disagio, << Abbastanza spesso, anche >>.

 

<< Bene, sono contenta >> disse Irina, << E’ un po’ che non la incontro. Lei ha gli esami e io sono stata impegnata in altro… Mi fa piacere che continuate a vedervi >>.

 

Voleva chiedere altro, ma si rese conto che magari sarebbe risultata impicciona. Guardò l’espressione felice di Max al pensiero di Angie, e capì che forse le cose andavano bene. Almeno per loro.

 

Uscì dall’officina e raggiunse la TT, gettando un ultimo sguardo a quel luogo che rappresentava molto per lei. Senza Max non ci sarebbe stata nessuna Punto, e forse nessuna Fenice. Anche quella era una parte della sua vita.

 

Risalì in auto e salutò il meccanico con la mano, poi partì. Pochi minuti più tardi udì squillare il cellulare, e rispose.

 

<< Sono William, bambolina >> disse la voce dall’altra parte.

 

<< Dimmi >>.

 

<< Stai bene? >> chiese lo Scorpione.

 

<< Sì. Devi dirmi qualcosa? >>.

 

<< Domani sera c’è una festa, al Gold Bunny >> spiegò William, << Ci sarà un bel po’ di gente. Ti va di venire? Mi farebbe piacere averti tra noi >>.

 

Irina fece una smorfia. Quanto sapeva essere falso… Dietro quella esasperata cortesia era sempre lo stesso, se lo sentiva. In un’altra situazione avrebbe detto di no, ma questa era l’occasione che aveva invocato, e che non le sarebbe più capitata.

 

<< Ci sarò >> rispose solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Sto andando alla festa che hanno organizzato al Gold Bunny >> spiegò Michael, dall’altro capo del telefono, << Sembra che si sarà un po’ di gente. Forse faranno un paio di gare >>.

 

<< Bene >> disse Xander, anche se sapeva già della festa, << Tieni d’occhio Irina e chiamami se succede qualcosa. Anche se li trovi a letto insieme e lei ti fa promettere di non dire niente, ok? >>.

 

<< Va bene >>.

 

Chiuse la telefonata a guardò l’ora. Cohen aveva telefonato pochi minuti prima di lui per dirgli la stessa identica cosa, rivelandosi molto più affidabile del loro infiltrato. Anche il nero sarebbe andato alla festa per controllare cosa sarebbe successo. E tra i due, Xander si fidava più di Cohen, in quel momento. 

 

Improvvisamente, si rese conto di una cosa… In effetti, il comportamento di Michael era strano. Gli aveva dato un ordine ben preciso, ma non si era attenuto a ciò che gli era stato chiesto… Non gli aveva detto niente di Irina, e lui aveva scoperto tutto da qualcun altro… Solo quando era stato messo alle strette aveva ammesso di saperlo…

 

Si alzò di scatto e uscì dall’ufficio, diretto a quello di White. Incrociò Jess a metà strada, che vedendolo così preoccupato, chiese: << Trovato qualcosa? >>.

 

<< Credo di aver capito >> disse solo, e sparì dentro l’ascensore.

 

Doveva chiedere a White una cosa… Forse si era davvero sbagliato… Jess aveva ragione, avevano escluso le persone insospettabili…

 

Senza bussare entrò nell’ufficio del suo capo, che gli rivolse un’occhiata incendiaria. Era seduto davanti al computer. Xander gli si parò davanti, minaccioso.

 

<< Dove sono i documenti che gli avevo consegnato e che contenevano le prove contro Challagher? >> chiese.

 

<< Li ho dati a McDonall. Voleva vederli prima di metterli in archivio… >> rispose White, perplesso.

 

<< Che auto a dato a Fowler per andare a Los Angeles? >> domandò Xander.

 

<< Una Chevrolet Camaro… Perché me lo sta chiedendo? >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiata. << Lei ha visto con che auto è venuto quando era qui? >>.

 

<< No. Avrei dovuto? >> ribatté White, infastidito da quell’interrogatorio, << Gli ho detto di parcheggiare nel mio posto… Non guardo mica come va in giro >>.

 

Tombola. Aveva capito.

 

Si voltò di scatto e per fare più in fretta prese le scale. Arrivò davanti all’ufficio di McDonall e spalancò la porta. Il vicepresidente era al telefono, e gli rivolse un’occhiata leggermente infastidita per il suo ingresso decisamente irruento.

 

<< Può attendere un momento in linea, per favore? >> disse al suo interlocutore, poi si rivolse a Xander: << Cosa succede? >>.

 

<< A chi ha dato i documenti dopo averli ricevuti da White? >> chiese Xander.

 

<< Avevo detto a Fowler di dargli un’occhiata prima di partire per Los Angeles >> rispose McDonall, poi sembrò colto da un’illuminazione.

 

<< E’ Michael Fowler la talpa >> concluse per lui Xander.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Casa

 

Irina guardò il suo riflesso nello specchio, illuminato dal lampadario appeso al soffitto della stanza. Osservò attentamente l’espressione della ragazza che la fissava, chiedendosi quanto la rappresentasse realmente.

 

Quella che si faceva chiamare Fenice puntò gli occhi felini, cerchiati di nero, su di lei, l’espressione di sfida che balenava nelle iridi scure. I capelli trattenuti in una coda alta lasciavano scoperto il viso dai tratti resi duri e affilati dalla luce soffusa, le labbra immobili in una posa di ghiaccio. Sul collo lasciato scoperto dal top nero mancava la collana che aveva sempre brillato sul petto di Fenice e che le aveva sempre portato fortuna, ma il tatuaggio della fenice era in bella vista, pronto a ricordare a tutti chi era lei.

 

Ecco la ragazza che voleva William. Quella nello specchio era l’Irina che lui aveva sempre bramato di possedere, che aveva cercato di fare sua con la forza, che aveva plasmato con la violenza. La stessa che ora gli si ritorceva contro, esasperata per essere costretta a diventare ciò che non era. La stessa che amava e che voleva condannarlo a scendere dal suo trono.

 

Doveva mostrarsi sicura, non doveva far vedere che aveva paura, e per farlo doveva mostrarsi il più aggressiva possibile. Si avvicinò allo specchio e studiò gli occhi, che aveva reso profondi e minacciosi con la matita nera, e si compiacque dell’effetto che era riuscita a imprimergli. Per la prima volta si trovò davvero provocante.

 

Gettando un’ultima occhiata al suo riflesso si voltò e guardò ciò che c’era appoggiato sul letto: una borsa vuota, i cinquemila dollari legati con l’elastico, il cellulare che le aveva dato Xander e la pistola che le aveva lasciato e che non aveva mai avuto intenzione di usare.

 

Infilò il cellulare nella borsa insieme ai soldi, poi afferrò la pistola e la esaminò con attenzione. Era passato molto tempo dall’ultima volta che era stata costretta a impugnarne una, ma ricordava ancora come si faceva. Controllò che fosse carica, tolse la sicura e prese la mira guardando il suo riflesso nello specchio.

 

“Forse sono pronta anche a questo” pensò, “Se qualcosa andasse storto, potrei anche pensare di ucciderti, William”.

 

Ripose velocemente la pistola nella borsa e controllò l’orologio. La festa doveva essere già cominciata, ma il suo ingresso comprendeva anche quel ritardo calcolato. Era pur sempre la presunta ragazza dello Scorpione, e attirare l’attenzione doveva essere il suo mestiere.

 

Scese di sotto, trovando suo padre che lavava i piatti in cucina e Denis e Harry davanti alla tv. Era surreale come si trovassero tutti lì, proprio ora che era l’ultima volta che metteva piede in quella casa.

 

Todd la squadrò da capo a piedi, quasi non la riconoscesse, poi chiese: << Dove vai? >>.

 

<< Esco >> fu la laconica risposta di Irina, prima di rendersi conto che forse non voleva dire addio a suo padre proprio in quel momento.

 

<< Oh, ok >> fece Todd, << Non tornare troppo tardi, però >>.

 

<< D’accordo >>.

 

Irina gettò un’occhiata nel soggiorno, senza che Denis e Harry si preoccupassero di lei. Come sempre per loro rappresentava meno di zero, ma rimanevano comunque i suoi fratelli.

 

Rimase qualche istante a fissarli in silenzio, poi tornò a guardare suo padre. Almeno lui stava cambiando… Forse poteva sperare di rifarsi una vita.

 

Tornò di sopra e tirò fuori il fascio di banconote. Lo osservò per un istante, poi cercò un foglio bianco e lo avvolse dentro. Prese una penna e scrisse sopra: “In caso di bisogno”. Lasciò il pacchetto sul letto e chiuse la porta. Quando suo padre sarebbe entrato lo avrebbe trovato; non era necessario che sapesse.

 

<< Avevo dimenticato una cosa >> disse, quando tornò di sotto e vide lo sguardo interrogativo di Todd posarsi su di lei. << Buona serata. Harry, Danis… Ciao >>.

 

Uscì di casa e si parò davanti alla saracinesca del garage, illuminata fiocamente dal lampione vicino. La tirò su e osservo la Punto, la sua “Belva”.

 

La carrozzeria nera brillò sotto il neon, quasi volesse dimostrare quanto fosse cattiva. I fari ammiccarono come a farle capire che aspettava quel momento da molto tempo. Il suo voltò si rifletté sul parabrezza scuro, rivelando la sua espressione dura e determinata.

 

“E così finalmente ci troveremo faccia a faccia con lui. Sei rinata solo con questo scopo… Dimostrami che non è imbattibile”.

 

Salì in auto e accese il motore, poi sgusciò fuori dal garage per raggiungere la sua meta: il Gold Bunny.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.10 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Allora è lui >> disse McDonall, << Tutto combacia. Ha detto di aver cercato nel suo ufficio e di non aver trovato nulla… >>.

 

Xander, McDonall, Jess, White e Steve erano riuniti intorno allo stesso tavolo, le espressioni preoccupate e i volti tirati.

 

<< E’ lui, ne sono sicuro >> disse Xander, << Ha chiesto lui di subentrarmi in caso di fallimento… Era già in contatto con Challagher in quel momento. Questo spiega come faceva a sapere dei carichi di auto, come ha fatto a sfuggirci fino ad adesso. Molto probabilmente sapeva di me già da prima… >>.

 

<< Ha fatto il finto tonto fino ad adesso, allora >> commentò amaramente White, << Lo credevo un tipo a posto… >>.

 

<< Anche io, se è per questo >> disse Steve, << E’ chiaro che ci siamo sbagliati… >>.

 

Anche Xander trovava difficile che Michael fosse la loro talpa: lo aveva considerato sempre un bravo agente, e gli aveva perdonato gli errori che stava commettendo in quel momento solo perché non era del campo… Altro che errori, i suoi: stava con Challagher, ecco perché non gli aveva detto di Irina.

 

<< Cosa si fa? >> chiese Jess.

 

<< Devo tornare indietro >> disse Xander, << Anzi, prima devo avvertire Irina >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.13 – Gold Bunny

 

Irina fermò la Punto al centro del parcheggio, proprio davanti all’ingresso del Gold Bunny, fregandosene di aver occupato la strada e di intralciare il passaggio. La sua auto doveva essere lì quando William sarebbe uscito fuori per gareggiare.

 

Spense il motore e notò gli sguardi divertiti della gente che stava entrando nel locale in quel momento. Forse tra loro intravide un paio di membri della Black List, ma non li degnò di uno sguardo e salì rapidamente la gradinata, ignorando anche i fischi poco carini che qualcuno le indirizzò.

 

Il locale era pieno, e la musica a tutto volume. Strizzò gli occhi per individuare William, ma non lo vide. Chiese a uno dei baristi dove fosse e lui gli indicò in fondo, dove la musica arrivava più soffusa ed era possibile parlare. Attraversò la pista, notando che la gente la lasciava passare e che le gettava sguardi intimoriti.

 

Quando fu in vista, venne notata subito da William e dalla dozzina circa di ragazzi che erano seduti con lui allo stesso tavolo, tra cui c’erano naturalmente Dimitri, Hanck e Michael. Andrò dritta verso di loro a passo deciso, lo sguardo fisso sullo Scorpione, sul cui volto si dipinse un’espressione divertita. La squadrò e sorrise.

 

<< Ciao bambolina >> disse.

 

Qualcuno ridacchiò, e Irina percorse con lo sguardo tutti i presenti. Un ragazzo che non conosceva ebbe la bella idea di squadrare le sue gambe con un sorrisetto idiota. Prima ancora di aver finito il suo esame, Irina afferrò il bicchiere che aveva in mano e glielo rovesciò addosso, lasciandolo spiazzato a grondare alcool sul tavolo. L’occhiata gelida che lanciò bastò a zittire tutti. Solo William si arrischiò a commentare.

 

<< Dava fastidio anche a me, in effetti >> disse.

 

Irina appoggiò le mani sul tavolo, sentendo tutti gli occhi su di lei.

 

“Non mostrare che hai paura… Non fargli vedere che lo temi… Sei sempre stata brava a farlo…”.

 

<< Voglio gareggiare contro di te, adesso >> disse.

 

L’atmosfera di divertimento che aveva aleggiato fino a quel momento si dissolse in un attimo, facendo posto all’incredulità. Michael ed Hanck si voltarono verso lo Scorpione, insieme a molti altri, quasi si aspettassero scoppiasse a ridere. Solo Dimitri continuò a tenere gli occhi grigi puntati su di lei, distaccati.

 

William sorrise e allontanò il bicchiere che stava davanti a lui.

 

<< D’accordo >> disse, << Non mi aspettavo già stasera, ma va bene >>.

 

Si alzò e la raggiunse, indugiando con lo sguardo sul suo collo scoperto. Le fece cenno di fargli strada, e Irina si voltò e si diresse verso l’uscita. Un attimo dopo sentì il trambusto degli altri che si alzavano e gli correvano dietro.

 

Quando raggiunsero l’uscita e la Punto nera si parò davanti a loro, vide il sorriso dello Scorpione incrinarsi. Fissò l’auto senza riuscire a nascondere la sorpresa e il fastidio. Non se lo era .

 

<< Ma… >> disse Hanck, di fianco a loro, << L’avevamo bruciata… >>.

 

<< Una fenice rinasce sempre >> ribatté Irina, serafica. La reazione di incredulità dei presenti le diede coraggio.

 

<< A questo non avevo pensato >> disse William, facendo tornare il suo sorriso fastidioso, << Almeno il colore è migliore di quello di prima >>.

 

Irina lo ignorò e scese le scale, raggiunse l’auto e gli disse di trovarsi all’incrocio lì vicino. Salì e mise in moto, lasciando il parcheggio sotto lo sguardo stupito di tutti i presenti.

 

Rapidamente cercò il cellulare nella borsa e vide che qualcuno l’aveva chiamata: era stato Xander.

 

“Ormai è tardi per fermarmi, mio caro”.

 

Cancellò le chiamate ricevute e compose il numero della polizia federale. Gettò un’occhiata nello specchietto retrovisore e riuscì a vedere, da lontano, Simon Cohen fissarla con gli occhi spalancati.

 

“Lo ripeto: è tardi, ora”.

 

<< Distretto federale di Los Angeles >> disse la voce di una donna dall’altro capo del telefono, << In cosa posso esserle utile? >>.

 

<< C’è una gara clandestina lungo la 18° strada. Al Gold Bunny troverete qualche persona di vostra conoscenza >> rispose Irina, tenendo d’occhio Simon dallo specchietto, << Datevi una mossa, vi sto offrendo la Black List su un piatto d’argento >>.

 

Poi chiuse la telefonata e distolse lo sguardo dallo specchietto, per vedere il muso della Lamborghini Revènton sbucare alla sua sinistra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.22 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< Porca puttana, non risponde! >> disse Xander, fissando il cellulare che teneva in mano. << Sta succedendo qualcosa, lo so >>.

 

<< Riprova di nuovo >> disse Jess, << Magari non lo ha sentito… >>.

 

<< Non vuole rispondere, questa è la verità >> ringhiò Xander, fissando prima McDonall poi suo padre, << Non vuole rispondere perché non vuole farci sapere cosa sta facendo… Da quando me ne sono andato non ha mai risposto alle mie telefonate, e ha chiesto a Fowler di non dirmi che cosa stava facendo… Non voleva che sapessi cosa aveva in mente… >>.

 

<< Riprova >> disse Steve.

 

Nello stesso istante in cui Xander prese di nuovo in mano il cellulare, quello si mise a squillare. Era Simon Cohen.

 

<< Pronto >>.

 

<< Irina ha sfidato Challagher! >> gridò il nero, << Vuole correre contro di lui! >>.

 

<< Cazzo! >> Xander fissò Jess, Steve, McDonall e White. << Fermala! >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.25 – Gold Bunny

 

<< Cosa ci giochiamo, Fenice? >> domandò William, fermo di fianco a lei, il finestrino oscurato della Revènton abbassato per permettergli di parlarle.

 

<< Se vinco, sono libera >> rispose Irina, << Se perdo, sono tua >>.

 

William si esibì in un sorriso soddisfatto. << D’accordo >> disse, << Che gara vuoi? >>.

 

<< La stessa della sfida con Dimitri >> rispose Irina, stringendo il volante della Punto, << Ma un solo giro >>.

 

Lo Scorpione annuì. << Bene. Buona fortuna allora, Fenice >>.

 

“Prega che la fortuna sia dalla tua”.

 

Irina tirò su il finestrino e scaldò il motore. Gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore, cogliendo solo con la coda dell’occhio Dimitri che stava al centro della strada e che avrebbe dato il via. Stava guardando Simon, che parlava al telefono e che all’improvviso si mise a correre verso di lei.

 

Un secondo più tardi, vide il russo dare il via. Senza chiedersi cosa volesse Simon, Irina premette a fondo l’acceleratore e schizzò in avanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Lo ammetto, mi sembra scontato: Michael Fowler è la spia… Immagino di non avervi colto troppo impreparati. Qualcuno credo avesse già intuito di chi si trattasse. Comunque, la parte importante ora è la sfida Fenice vs Scorpione, che è appena cominciata. Chi vincerà? Ma soprattutto, ci sarà un vincitore, in questa gara? , lo scoprirete nel prossimo capito…

Ah, vorrei chiedere a tutti voi un parere: mi è venuta l’idea di raccontare una piccolissima parte di uno dei prossimi cap dal punto di vista di William… Rappresenterebbe l’occasione per scoprire come vede Irina e cosa esattamente pensa di lei, al di là di tutto quello che si è visto fino ad adesso. Ditemi cosa ne pensate…

Il prossimo cap non so quando lo posterò, ma mi sto dando da fare… Spero di terminare entro qualche giorno.

Baci a tutti!

 

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Capitolo 32
*** Capitolo XXXII ***


Capitolo XXXII

Capitolo XXXII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.25 – San Francisco, Sede F.B.I.

 

<< E’ partita! >> gridò Xander, gettando il cellulare sulla scrivania, << E’ partita! >>.

 

Si voltò verso Jess, Steve, White e McDonall, pietrificato. Irina aveva iniziato la sua gara, e nessuno poteva più fermarla… Stava andando a farsi ammazzare.

 

Nel silenzio della stanza, un cellulare squillò troppo violentemente. McDonall lo tirò fuori dalla tasca e rispose. Annuì una paio di volte, poi guardò Xander.

 

<< Hanno ricevuto una chiamata da Los Angeles… >> disse, << Qualcuno gli ha fatto una soffiata su una gara sulla 18° strada… Era una ragazza >>.

 

“Era lei… E’ stata lei a chiamarli… Vuole far arrestare Challagher…”.

 

Xander fissò il vicepresidente senza vederlo. Stava pensando a cosa fare, come trovare una soluzione a quella situazione… Come fare a salvare Irina prima che si facesse ammazzare. E il suo istinto, in quel momento, gli diceva solo una cosa: torna indietro. Torna indietro e fermala.

 

<< Mi serve una macchina >> disse solo, << La più veloce possibile >>.

 

Sapeva di non poter mai arrivare in tempo: Los Angels distava centinaia di chilometri, e quando sarebbe arrivato in città la gara ormai sarebbe terminata. Ma poteva cercare un modo per evitare il peggio… Doveva arrestare Challagher, prendere quel maledetto Fowler e trovare Irina.

 

White e McDonall si guardarono, poi il vicepresidente aprì un cassetto e gli lanciò un mazzo di chiavi… Quelle della Ferrari.

 

<< Vada >> disse, << Ci preceda… Manderò tutte le unità che ho a disposizione >>.

 

Xander annuì. << Jess, vieni con me? >> domandò.

 

L’informatico annuì. << Prendo il portatile, potrebbe servire >> disse.

 

Xander lo guardò uscire di corsa dall’ufficio e gettò uno sguardo a McDonall. << Dica agli agenti che stanno andando sulla 18° strada di non fare del male alla ragazza… Guida una Fiat Grande Punto. E avverta Cohen… Non so quanto tempo ci impiegherò, ma al mio arrivo voglio trovarla ancora viva >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.27 – Gold Bunny

 

La Fiat Grande Punto schizzò in avanti, facendo pattinare le ruote anteriori. Gli pneumatici fischiarono, lasciando strisce nere sull’asfalto e sollevando una nuvola di fumo nero.

 

Senza strappi e senza esitazioni, Irina cambiò marcia a una velocità inaudita, sentendo il grido lacerante del motore della Lamborghini alla sua sinistra. Fianco a fianco, le due auto superarono la prima curva, lasciandosi alle spalle il piazzale del Gold Bunny stipato di gente.

 

Irina gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore, sentendo che tutta la paura che aveva provato fino a quel momento stava scemando. Ormai aveva cominciato, e non poteva tornare indietro. Non le rimaneva che dare fondo a tutte le sue capacità, e sperare di farcela.

 

Premette la frizione e scalò di una marcia, William ancora alla sua sinistra. Come aveva previsto, la sua intenzione era quella di giocare, di provocarla… Chissà se aveva anche intenzione di farla vincere.

 

Alla curva successiva si tenne stretta, nella speranza di costringerlo a rallentare per seguire la sua scia. Lo Scorpione invece le rimase attaccato al fianco, allargando la traiettoria in modo perfetto, senza esitazioni.

 

Inutile dire che William era sicuramente più forte di lei, ma non era su quello che puntava Irina. Ormai la polizia federale doveva essersi mossa, e non aspettava altro che il loro arrivo per rendere dura la vita allo Scorpione. Finché fossero rimasti solo loro due, poteva fingere di voler vincere.

 

Schiacciò a fondo l’acceleratore, guardando la lancetta del tachimetro schizzare in alto, superando i 150… La Lamborghini rimase sempre al suo fianco, ma indietreggiò di qualche metro, come sopraffatta. Impossibile, per un’auto di quel calibro.

 

Irina guardò nello specchietto laterale: William stava parlando al cellulare con qualcuno, e la sua espressione era furiosa.

 

Prima di avere il tempo di chiedersi cosa fosse successo, Irina venne distratta dal lampeggiare di una luce proprio davanti a loro. Una luce azzurra che brillava nella notte cittadina, insieme al suono incessante di una sirena.

 

Una volante della polizia federale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.35 – San Francisco

 

Xander imboccò l’autostrada a tutta velocità, tagliando la strada a un paio di utilitarie che suonarono il clacson per quella brusca manovra. Lasciò la Ferrari percorrere la corsia di destra, per poi gettarsi sulla sinistra e accelerare improvvisamente. Jess al suo fianco si teneva alla porta, il pc portatile in grembo.

 

<< Cosa vuol dire che sei dovuto scappare? >> chiese Xander, il cellulare nella mano libera.

 

<< Fowler era lì, e mi ha visto parlare al telefono >> rispose Cohen, il tono agitato, << Ha capito che ero in contatto con te… Deve aver collegato che stavo tenendo d’occhio la situazione per te, ma quando ha iniziato a inseguirmi sono arrivati i federali. Siamo scappati tutti e due, ma in direzioni opposte… >>.

 

<< Hanno preso qualcuno? >> domandò Xander.

 

<< Sì, credo abbiano arrestato un paio di membri della Black List >> rispose Cohen, << C’era un sacco di gente, e il casino era troppo perché tutti riuscissero a scappare. Il russo e Fowler però se la sono data a gambe, compresi tutti gli amici di William >>.

 

Xander cercò di mantenere la calma. << Ok… I federali si occuperanno di loro, finché non arrivo >> disse, << Non farti prendere, ma controlla Irina… Qualsiasi cosa succede, voglio saperla, chiaro? >>.

 

Gettò il cellulare sul cruscotto e con la coda dell’occhio vide Jess aprire il pc portatile e iniziare a digitare qualcosa sulla tastiera.

 

<< Cosa fai? >> chiese, mentre il rumore del motore della Ferrari invadeva l’abitacolo.

 

<< Irina ha ancora il cellulare che le hai dato… >> mormorò Jess, concentrato, << Posso tracciarlo… Sapremo dov’è in ogni momento >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.38 – 18° Strada

 

La volante della polizia si parò davanti a loro all’improvviso, bloccandogli la strada. Irina inchiodò di colpo, sentendo che la Lamborghini, pochi metri dietro di lei, faceva altrettanto.

 

Scattò di lato e cercò di speronare William, intenzionata a fermarlo. La Revènton la scartò e poi riuscì a passare alla sua destra.

 

Nonostante l’oscurità, Irina riuscì a vedere l’espressione dello Scorpione, non più divertita o quasi rilassata, ma infuriata. Infuriata come non l’aveva mai vista.

 

La volante si gettò al loro inseguimento, e fu subito raggiunta da altre tre, sbucate dalle vie laterali. Con le sirene accese di misero sulla loro scia, intimando l’alt dagli altoparlanti.

 

Irina guardò William che stringeva il volante con una sola mano, lo sguardo fissò davanti a sé. Decise di riprovare. Sterzò bruscamente a destra e toccò la Lamborghini, sfiorando lo specchietto esterno con il suo. Lo Scorpione fu costretto a spostarsi e salire con due ruote sul marciapiede.

 

Altre due volanti sbucarono davanti a loro, e Irina cambiò direzione per evitare di prenderne una in pieno. William, invece, inchiodò e poi speronò il posteriore di dell’altra, facendola finire in testacoda.

 

Un secondo dopo, Irina svoltava a destra, la Lamborghini dietro di lei, seguita a ruota dai federali.

 

Come un missile, una Audi A3 grigia si parò davanti ai suoi occhi, costringendola a rallentare. Poi, dall’altra parte della strada, la Ford GT rossa di Dimitri sbucò dal nulla, affiancandosi alla Revènton.

 

Nel giro di qualche secondo, si ritrovarono circondati da tutte le parti: auto dei federali davanti e dietro di loro, pronte a mettere in atto un posto di blocco mobile.

 

Irina si portò vicino a William, cercando di capire come fare per intralciargli la strada. Dimitri fece uscire fuori strada una volante, liberando un passaggio per permettere a loro la fuga.

 

Presa alla sprovvista, Irina si parò davanti allo Scorpione, impedendogli di sfruttare il passaggio che il russo aveva appena aperto. La Lamborghini le toccò il posteriore, come a volerla spingere, ma Irina toccò i freni e rimase dov’era.

 

William capì all’istante qual’era la sua intenzione, e per tutta risposta accelerò ancora, prendendo in pieno il posteriore della Punto, facendo schizzare la Fiat avanti. Nel frattempo, l’Audi di Hanck era finita al lato della strada, fuori dal cerchio delle volanti.

 

“Non ti lascio scappare, non questa volta”.

 

Fregandosene di cosa sarebbe accaduto alla Punto, Irina iniziò a zigzagare davanti alla Lamborghini, sempre vedendo davanti a sé la Ford GT. Era pronta a fare qualunque cosa pur di fermare William, di bloccarlo e lasciarlo catturare dalla polizia.

 

Solo allora notò davanti a loro, distante ma non abbastanza per non essere visto, un posto di blocco formato da fuoristrada della polizia federale. Non c’era di meglio per costringere William a fermarsi.

 

Controllò che non ci fossero strade laterali in cui lo Scorpione poteva infilarsi, e gli chiuse ogni via di fuga: da una parte lei, dall’altra la polizia. Hanck riuscì a defilarsi a un incrocio, mentre Dimitri rimase davanti a loro.

 

La Punto strinse la Lamborghini lungo la sinistra, costringendola a proseguire per forza diritto. L’unica via di fuga che lo Scorpione poteva sfruttare era quella che lei gli stava chiudendo: la svolta dell’incrocio segnalato da un semaforo rosso.

 

All’improvviso, la Ford GT rallentò bruscamente, proprio davanti a lei. Irina frenò di colpo, ma non abbastanza per evitare di toccarla. I fari anteriori andarono in mille pezzi, insieme a quelli posteriori della Ford. Un pezzo di vetro volò sopra il suo parabrezza e poi sul tetto.

 

Irina scartò di lato, senza capire cosa volesse fare Dimitri. Gli si mise di fianco, ma il russo le andò addosso, lasciando libero William.

 

La Punto venne spinta di fianco, così forte da sentire la portiera destra accartocciarsi. Il posto di blocco era ormai vicino, non poteva mollare e lasciare allo Scorpione la possibilità di svoltare e fuggire…

 

Accelerò, ma la Ford fece altrettanto, e la spinse con violenza verso il marciapiede. Il finestrino della Punto si crepò, e lo specchietto volò via in una nuvola di scintille.

 

Irina fu costretta a girare, sempre spinta dalla GT rossa, e seguita da ruota dalla Lamborghini. Le volanti gli rimasero addosso, cercando di superarli.

 

Capì subito che la presenza del russo era un problema: senza di lui, forse le sue possibilità di fermare William sarebbero state maggiori. Doveva essere intervenuto quando aveva capito il piano di Irina.

 

Gettò uno sguardo verso Dimitri, e lo vide parlare al cellulare. Un secondo dopo, la lasciò avanzare, e Irina si ritrovò alla testa del gruppo di auto. Dallo specchietto vide la GT farsi superare anche dalla Lamborghini, che si piazzò dietro a Irina.

 

Con un colpo di freni, la ragazza cercò di farlo rallentare, ma la Revènton si spostò a destra e le si affiancò, pronta a farla andare in testa coda. Irina si allontanò velocemente, superando l’incrocio e sfiorando il marciapiede.

 

Un secondo più tardi, un frastuono assordante le arrivò alle orecchie, e guardò nello specchietto. Tre grosse auto, una Aston Martin blu, una Audi A3 grigia, e una Mercedes SL rossa erano sbucate dall’incrocio tagliando la strada alle volanti della polizia. Due si schiantarono l’una contro l’altra, mentre le altre inchiodarono e quelle che seguivano gli finirono addosso, tamponandole. Una, forse speronata dalla Mercedes, si ribaltò e rotolò su se stessa per un centinaio di metri, fermandosi vicino alla vetrina spenta di un negozio.

 

Irina venne colta dal panico. In un solo attimo, tutte le auto dei federali erano state messe fuori gioco dagli amici di William. Sperò ne arrivassero altre, ma si rese conto che forse ormai era tardi… Lo Scorpione aveva i suoi scagnozzi a dargli una mano…

 

No, non poteva finire così… Non poteva arrendersi già adesso… Se non poteva farlo arrestare, allora poteva…

 

Si ritrovò la Lamborghini a destra e la Ford a sinistra; dietro, la Mercedes, l’Audi e la Aston Martin. Lo sguardo che le rivolse lo Scorpione le face capire che volevano fermarla, costringerla a farle chiudere la gara. Avevano capito il piano che aveva in mente, il perché della sua sfida contro Dimitri e poi contro William… Si sarebbero vendicati, in qualche modo.

 

“Non mi arrendo… Non ancora”.

 

Con una manovra brusca e inaspettata, andò addosso alla Revènton, piegandogli la porta e facendola sbandare. E poi di nuovo… Due, tre volte, cercando di distruggere la macchina, cercando di farla finire fuori strada…

 

La GT si spostò, forse per lasciare campo libero ed evitare di vedersela venire addosso. Raggiunse le auto che la seguivano e rimase in attesa di un suo nuovo attacco.

Senza dare il tempo a William di capire cosa volesse fare, lo speronò di nuovo, fino a far esplodere in mille pezzi il finestrino della Punto. Le fiancate stridettero l’una contro l’altra, le lamiere che sfregavano emettendo scintille.

 

Irina guardò William, lo sguardo furente puntato su di lei. Stringeva il volante, pronto a incassare un altro suo colpo.

 

Forse aveva solo un modo per fermarlo…

 

Si portò una mano alla cintura, ed estrasse la pistola senza che William se ne accorgesse. Poi alzò il braccio e la puntò dritta dritta verso di lui, continuando la loro folle corsa a tutta velocità, fianco a fianco.

 

Gli occhi verdi dello Scorpione, gli stessi che all’inizio aveva amato e poi odiato con tutta se stessa, si riempirono di sorpresa, e di quella che era paura. Rimase pietrificato, continuando a stringere il volante in modo convulso, forse troppo stupito per fare qualcosa.

 

“Addio, William… E’ questa la fine che ti meriti”.

 

Alzò il dito per premere il grilletto, decisa a mettere fine a quella storia…

 

Con una manovra furiosa, William le andò addosso così forte da farle perdere la presa sul volante. La Punto sbandò, le gomme che stridevano sull’asfalto, per poi finire in testacoda…

 

La pistola le cadde di mano mentre cercava di riprendere il controllo dell’auto. Prima di rendersene conto, era ferma a bordo strada, la fiancata distrutta.

 

Stordita, scosse la testa per riguadagnare lucidità, la vista annebbiata. Recuperò la pistola sul sedile e spalancò la portiera, pronta ad affrontare William, dovunque fosse.

 

Qualcuno la afferrò con violenza e la tirò fuori dall’auto, strappandole di mano l’arma. Un ceffone la colpì in pieno volto, tanto forte da farle sanguinare il naso e farle perdere l’equilibrio.

 

<< Che cazzo volevi fare, puttana?! >> le gridò addosso William, prendendola per il collo e sbattendola contro il cofano della Punto, << Pensavi di ammazzarmi, eh? >>.

 

Irina non riuscì nemmeno a vedere il secondo schiaffo che arrivava, tanto era stordita. Si rese solo conto si essere sdraiata sul cofano nero della sua auto, macchiato di sangue. Prima di avere il tempo di tirarsi su, lo Scorpione la prese per il top e la costrinse a girarsi, fissandola in faccia, l’espressione furiosa come non l’aveva mai vista.

 

<< E’ la volta buona che ti ammazzo, troia >> le ringhiò in faccia, << Non dovevi nemmeno provarci… Che cosa volevi fare, eh? >>.

 

Fece un cenno verso Dimitri, che si avvicinò e gli porse un rotolo di nastro adesivo nero. William lo afferrò e le legò le mani così stretto da farle male. Poi la prese malamente per le spalle e la costrinse a guardarlo in faccia.

 

<< Ti ammazzo, Irina. Questa volta di ammazzo… >> mormorò.

 

Il cellulare nella sua tasca squillò, e lo Scorpione rispose.

 

<< Lo so >> disse, continuando a tenerla ferma, << Se Went è sulla strada per Los Angeles non ci faremo trovare… >>.

 

Irina spalancò gli occhi. Xander stava tornando indietro? Non era possibile… Non…

 

Si accorse che Dimitri la stava fissando, gli occhi grigi e gelidi puntati su di lei. Forse stava valutando l’ipotesi di prendersi la sua vendetta contro Xander

 

<< Bene, liberati di loro… >> continuò William, << D’accordo, a dopo >>.

 

Mise il cellulare in tasca poi la spinse verso la Revènton, facendola sedere dal lato passeggero. Poi recuperò ciò che c’era nella Punto: la pistola e il cellulare che le aveva lasciato Xander. Li gettò sul cruscotto, poi disse, rivolto agli altri: << Troviamoci dove abbiamo detto l’altra volta >>. Risalì sulla Lamborghini e guardò Irina, gli occhi piedi di odio. << Hai avuto fegato… Ma hai giocato troppo, con me >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.30 – Autostrada

 

La Ferrari sfrecciava a 230 all’ora sulla corsia di sorpasso dell’autostrada, superando a destra e sinistra le auto che le intralciavano la strada.

 

<< Finiremo ammazzati… >> sussurrò Jess.

 

Xander lo ignorò. << E’ ancora ferma? >> chiese, gettando un rapido sguardo al display del computer.

 

<< No, si muove… >> rispose Jess, << E’ stata ferma solo qualche minuto… >>.

 

Il cellulare che Xander aveva gettato sul cruscotto squillò, illuminandosi nell’abitacolo buio. L’informatico glielo passò e lui rispose.

 

<< Sono Cohen >> disse il nero, << C’è un problema: Challagher ha saputo che stai tornando indietro. Sta scappando, e con lui c’è Irina >>.

 

Xander sentì il cuore accelerare. Aveva immaginato che William venisse a sapere subito del suo ritorno, ma non così in fretta.

 

<< Allora è ancora viva… >> mormorò, << Cosa è successo? >>.

 

<< Sono solo riuscito a vedere una parte della scena >> rispose Cohen, << Il russo e un altro paio di auto hanno aiutato Challagher a sbarazzarsi della polizia, poi l’hanno bloccata e l’hanno caricata a forza nella Lamborghini… >>. Il nero tacque, come se non volesse continuare.

 

<< Vai avanti >> lo incitò Xander.

 

<< Challagher deve essere fuori di sé… E’ stato piuttosto violento >> disse Cohen.

 

Xander strinse il volante. Irina aveva ostato troppo, questa volta, e lo Scorpione forse per la prima volta non aveva accettato. Se stava scappando con lei, allora o la voleva usare, o gliela voleva far pagare con più calma…

 

<< Jess, dove sono diretti? >> domandò.

 

<< A ovest, sembra >> rispose l’informatico, << Viaggiano sull’autostrada… >>.

 

Xander guardò il navigatore, che segnava la distanza da Los Angeles: mancavano ancora più di quattrocento chilometri… Anche se avesse viaggiato a duecentoventi all’ora senza fermarsi, gli sarebbero servite ancora almeno due ore, per arrivare in città.

 

<< No, aspetta… >> disse Jess all’improvviso, << Ha cambiato strada… Procede verso nord, ora… Viene verso di noi! >>.

 

Xander premette l’acceleratore, lanciandosi lungo l’autostrada buia, senza curarsi di rispettare il codice della strada. Se Irina era su quella strada, lui l’avrebbe trovata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.50 – Autostrada

 

Irina sedeva in silenzio sul sedile del passeggero della Lamborghini, i polsi che pulsavano dolorosamente. La testa le faceva male per il colpo ricevuto, ma il naso almeno non sanguinava più. Ma oltre al dolore fisico, c’era qualcos’altro che rendeva Irina muta e vuota, abbandonata su quel sedile avvolgente.

 

Aveva miseramente fallito.

 

Dopo aver speso tempo e denaro per rimettere in sesto la sua auto, riguadagnare il suo posto nella Black List ed avere la possibilità di sfidare lo Scorpione, aveva mandato tutto all’aria. Nonostante tutti i propositi che si era fatta, la determinazione che aveva sfoderato, non era riuscita nel suo intento.

 

William, di fianco a lei, guidava lungo l’autostrada con una maschera di ghiaccio sul volto, ma la vena che pulsava sul suo collo muscoloso era un chiaro segno della sua rabbia.

 

<< Cosa credevi di fare, eh? >> chiese lo Scorpione, dopo il lungo silenzio che aveva regnato fino a quel momento.

 

Irina rimase in silenzio, la testa bassa di chi si sente sconfitto e inizia a sentire la paura.

 

<< Rispondi! >> ringhiò William, << Credevi di riuscire a farmi arrestare, o pensavi di ammazzarmi? >>.

 

La ragazza sussultò. << Volevo farti finire in carcere… >> mormorò, lo sguardo incollato sul cruscotto in titanio della Lamborghini.

 

William si lasciò andare a una smorfia. << Che stronza… >> disse, << Davvero. Mi sarei aspettato di tutto da te, ma non questo… Molto coraggiosa, ma anche estremamente stupida >>.

 

Irina rimase zitta, osservando la strada scorrere velocissima al suo fianco. Vide brillare le luci della GT di Dimitri dietro di loro, l’unica delle auto a non aver cambiato strada.

 

Questa volta niente l’avrebbe salvata, né quella fissazione che William aveva per lei né la fortuna. Aveva davvero osato troppo, e lo Scorpione non era uno che perdonava…

 

L’aveva messo in conto, alla fine. Fin dall’inizio aveva saputo che la morte poteva essere l’unica cosa a cui andava incontro… Forse se lo era anche sentito, altrimenti non avrebbe mai lasciato i soldi a suo padre…

 

La Lamborghini imboccò l’uscita dell’autostrada, fermandosi in una piazzola vuota e buia, rischiarata solo da alcuni lampioni. Ad attenderli, parcheggiate l’una di fianco all’altra, l’Audi A3 grigia e l’Aston Martin blu: appoggiati alle macchine leggermente rovinate, c’erano Hanck e Josh, le espressioni serie sui volti scocciati.

 

William fermò l’auto a pochi metri da loro, lasciando il motore acceso. Irina rimase chiusa dentro, senza riuscire ad avvicinare le mani alla maniglia della porta. Lo Scorpione si mise a parlare con i due, a cui poi si aggiunse Dimitri. Il russo gettò uno sguardo verso di lei, prima di tornare a guardare verso la strada alle loro spalle.

 

Una Mercedes SL rossa avanzava a fari accesi nella notte, la stessa che Irina aveva visto diverse volte e che aveva aiutato lo Scorpione nella fuga. La stessa che doveva appartenere al capo di Xander, la loro talpa…

 

William sorrise e la raggiunse, aprì la portiera dell’auto e la tirò fuori bruscamente, tenendola per le braccia. La costrinse a girarsi verso la Mercedes, e disse, serafico: << Adesso ti faccio conoscere la nostra spia… Quella che ha fatto scappare il tuo caro Went >>.

 

Irina puntò lo sguardo verso l’auto rossa, in attesa. Chiunque fosse, lo odiava ancora prima di conoscerlo.

 

La porta della Mercedes si aprì, e una figura scura uscì dall’abitacolo, una figura che dapprima Irina non riconobbe. Poi, quando si avvicinò, sotto la luce dei lampioni vide avanzare Michael Folwer.

 

In un secondo, le ultime cose di cui Irina era sicura svanirono. Michael Fowler, lo stesso che aveva sostituito Xander nel suo incarico, era la spia di William. Lo stesso che lei credeva incapace di fregare lo Scorpione, che le aveva promesso di non far sapere niente a Xander di quello che stava facendo…

 

Se davvero Xander stava tornando indietro, ora che sapeva che la talpa non era altri che uno di loro, uno dell’F.B.I., ogni speranza le sembrava perduta. Forse Fowler non era l’unico, forse William poteva contare su altri… Se Xander stava tornando, veniva solo per rischiare la pelle…

 

<< Sorpresa? >> le sussurrò William nell’orecchio, riscuotendola.

 

Irina ringhiò e cercò di liberarsi, ma invano. Michael venne verso di loro, un sorrisetto stampato in faccia, l’espressione divertita di fronte a quella arrabbiata e spaventata di Irina. Le sfiorò una guancia con una mano, quasi volesse accarezzarla.

 

<< Non te lo aspettavi, vero? >> disse, << Nemmeno Went, credo >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiataccia. << Allora sei tu che ti sei venduto… >> disse.

 

William la spinse verso la Lamborghini, per togliersela dai piedi. << Dobbiamo andarcene il più in fretta da qui >> disse, << I federali hanno arrestato Whitman e O’Correll, e stanno dando la caccia a tutti gli altri. Se Went sta tornando, si porterà dietro un sacco di sbirri. Dobbiamo sgombrare il campo per un po’… Sapete dove siamo diretti >>.

 

Qualcosa disse a Irina che William si era preparato… Aveva un piano già pronto per la fuga…

 

<< Dobbiamo far perdere le nostre tracce >> disse Michael, << Went ci starà dietro, ora che sa che abbiamo la ragazza con noi… Dobbiamo confonderlo >>.

 

William sorrise. << Ci penso io >>.

 

Prese il cellulare di Irina e glielo mostrò. << Questo è il regalino che il nostro agente ha lasciato alla sua bambolina >> disse, << E lo starà sicuramente usando per rintracciarci… >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.10 – Autostrada

 

Il cellulare, di nuovo appoggiato al cruscotto, suonò. Xander lo prese e si accorse che sul display c’era scritto “Irina”.

 

Con un tuffo al cuore, rispose alla chiamata.

 

<< Pronto… >>.

 

<< Buonasera, Went >>.

 

La voce fredda, divertita e bassa di William Challagher gli giunse alle orecchie, facendogli andare il sangue alla testa. Strinse il volante tanto da far diventare le nocche della mano bianche. Jess si accorse subito che qualcosa non andava.

 

<< Che cazzo stai facendo, figlio di puttana? >> ringhiò.

 

<< E tu dove stai andando? >> ribatté lo Scorpione, << Mi stai cercando, per caso? >>.

 

<< Sì, per farti a pezzi e spaccarti quel brutto muso che ti ritrovi… >> rispose Xander, << Dov’è Irina? >>.

 

William ridacchiò. << La tua piccola puttana è qui, Went, di fianco a me >> rispose Challagher, << Ed è ancora viva, se è questo che ti interessa. Vorrei solo che tu sappia che non è una buona idea continuare a cercarci… Potrebbe succederle qualcosa di spiacevole, sai? >>.

 

<< Toccala e ti uccido, Challagher >> lo minacciò Xander, << Se sei tanto coraggioso, allora esci allo scoperto e affrontami. Te la stai prendendo con la persona sbagliata. Sei solo un coniglio >>.

 

<< Potrei pensare di farlo, Went >> ribatté Challagher, << Ma per il momento preferisco godermi lo spettacolo… Non ci troverai mai. E non mi accusare di essere codardo: chi è quello che è scappato a gambe levate quando è stato scoperto? >>.

 

La rabbia ribollì in Xander così forte da fargli perdere per un istante il senno. Era colpa sua, se Irina si trovava in quella situazione, se rischiava la vita… Aveva seguito un ordine che il suo istinto gli aveva sempre detto di non ascoltare.

 

<< Fammi parlare con lei >> ringhiò.

 

<< No >> rispose Challagher, << Non ti farò parlare con lei. Però mi sta dicendo una cosa: non far vedere più la tua faccia dalle nostre parti, se ci tieni alla pelle >>.

 

Una voce soffocata, bassa e spaventata arrivò alle orecchie di Xander nonostante il rumore del motore della Ferrari. Era Irina.

 

<< Sta mentendo, Xander! >> gridò, << Non farti ingannare! Trovalo e… >>.

 

La voce si interruppe all’improvviso, ma almeno Xander seppe che era veramente viva e stava abbastanza bene da essere in grado di gridare qualcosa. William borbottò contro qualcuno, poi riprese a parlare: << Ok, Went, telefonata finita. Smetti di cercarci o sono guai >>.

 

La chiamata venne interrotta bruscamente, e Xander gettò il telefono sul cruscotto, infuriato.

 

<< Dove sono? >> chiese, rivolto all’informatico.

 

<< Vicino all’autostrada, ma sono a circa quaranta chilometri da Los Angeles >> rispose Jess, << Sono molto lontani da noi… Però sembra che non si muovano… Forse si sono nascosti da qualche parte… >>.

 

<< Quanti chilometri? >> chiese Xander.

 

<< Trecentoventicinque >> rispose lapidario Jess.

 

Xander premette l’acceleratore fino in fondo, lasciando la Ferrari prendere velocità lungo la corsia dritta dell’autostrada. La lancetta del tachimetro schizzò in alto, illuminata di bianco.

 

Se c’era una cosa di cui era sicuro, era che quella notte non sarebbe mai morto in uno stupido incidente d’auto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.15 – Autostrada

 

William gettò il cellulare a terra e guardò Irina, gli occhi che mandavano lampi. Il telefono rimbalzò un paio di volte prima di smontarsi in un paio di pezzi in mezzo alla piazzola buia.

 

<< Rifallo un’altra volta e… >> ringhiò.

 

<< Cosa fai? Mi ammazzi?! >> gli gridò Irina, << Fallo, allora! Non sto aspettando altro! >>.

 

Dimitri la tenne per le braccia, per impedirle di saltargli addosso. Anche se non lo avesse fatto, sarebbe stato comunque di poca utilità: aveva ancora le mani legate.

 

<< Bendatela >> ordinò, rivolto a Michael, << Percorriamo strade diverse per non dare troppo nell’occhio. Ci troviamo là >>.

 

Qualcuno le calò sul volto una benda scura per coprirle gli occhi, fino a renderla completamente cieca. Venne scaraventata di nuovo in un’auto, che doveva essere sempre la Revènton, e sentì qualcuno sedersi di fianco a lei.

 

<< Se vuoi che ti uccida, non credo che dovrai aspettare poi molto >> disse William, alla sua sinistra, lapidario. Ingranò la marcia e partì sgommando, senza che Irina riuscisse a vedere niente.

 

Qualcosa che era terrore si insinuò dentro di lei, come ghiaccio liquido. Aveva paura, forse non solo per lei… Aveva paura per Xander. Temeva che se si fosse fatto vedere a Los Angeles, se avesse continuato a cercare William, lo Scorpione lo avrebbe ammazzato.

 

Non poteva assumersi anche quella colpa. Era lei ad aver sbagliato, lei ad averlo sfidato, e lei sola doveva pagare. Non Xander, che aveva fatto tanto per tirarla fuori dai guai… Non lui che lei continuava ad amare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 01.30 – Autostrada

 

Xander fermò la Ferrari in una piazzola buia, rischiarata solo dalla luce fioca di alcuni lampioni. Era deserta, completamente deserta.

 

<< Sei sicuro che sia qui? >> domandò rivolto a Jess.

 

Strizzò gli occhi nell’oscurità, cercando qualche presenza umana. Era stanco, e aveva il collo rigido: guidare a duecentoventi all’ora per tutto quel tempo richiedeva molta concentrazione, soprattutto per schivare le altre auto lungo l’autostrada.

 

L’informatico controllò sul computer portatile. << Sì, il segnale dice che sono qui… >> rispose. Dal tono si capiva che dubitava anche lui della presenza di Challagher da quelle parti. Non c’erano altre strade, se non quella che conduceva all’autostrada, e nessun posto dove nascondersi.

 

Xander scese dalla Ferrari, guardandosi intorno. Il segnale del cellulare di Irina proveniva proprio da lì, ma non c’era alcuna traccia di lei.

 

Continuò a guardare in giro, in cerca almeno di un indizio. Solo dopo un po’ vide per terra, a pochi metri da loro, un oggetto nero che riconobbe subito: era il telefono di Irina.

 

Si avvicinò e lo raccolse. Era stata lì, ed era da lì che Challagher lo aveva chiamato, facendogli sapere che si stava dando alla fuga. Chiamò Jess e glielo fece vedere.

 

<< Sono passati di qui >> disse l’informatico, << Sapevano che stavamo usando questo telefono per seguire i loro movimenti, allora… >>.

 

Non era quello che preoccupava Xander. Quel cellulare era l’unico modo che avevano per ritrovarla… Adesso come avrebbero fatto? Avevano un vantaggio di ore, su di loro… Dovunque fossero andati, quella mossa era servita confonderli, a portarli nel posto sbagliato… Challagher era stato furbo: sapeva che aveva usato quel telefono per tenere d’occhio Irina…

 

Improvvisamente si rese conto di quanto la situazione fosse disperata: l’unico oggetto che lo poteva portare da Irina era quel cellulare che ora aveva in mano…

 

Era stato stupido: se non se ne fosse mai andato, se avesse seguito l’istinto fin dall’inizio, niente di quello che stava accadendo si sarebbe mai verificato. Se avesse preso Irina di peso, l’avesse caricata sulla macchina e l’avesse trascinata a San Francisco, non ci sarebbe mai andata di mezzo. Forse lui non avrebbe mai catturato Challagher, ma almeno avrebbe salvato lei… Che alla fine era l’unica cosa che gli importava veramente.

 

Appoggiò le mani sul tetto della Ferrari, cercando di pensare a come ritrovarla. Non si sarebbe arreso finché non avesse avuto lo Scorpione tra le mani e lei al sicuro.

 

<< Xander… >> iniziò Jess, cogliendo il suo malessere.

 

<< Devo ritrovarla >> mormorò lui, << Devo ritrovarla o divento pazzo… Sono stato un’idiota… Anche se ci impiegherò mesi, non mi interessa… Riuscirò a capire come rintracciarla… >>.

 

<< Cosa facciamo? >> chiese Jess, titubante.

 

<< Torniamo a Los Angeles >> rispose Xander, risalendo in auto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allorsss… E la situazione si complica ulteriormente. Se pensavate che bastasse una semplice gara per mettere lo Scorpione dietro le sbarre, vi sbagliavate. Irina è sola, ma lui no. Può contare sull’aiuto dei suoi amici, e della sua talpa.

Ho notato che la domanda “Volete un capitolo con il punto di vista di William?” ha riscosso molto successo: quindi nel prossimo ci sarà il sospirato POV dello Scorpione… Scopriremo finalmente cosa pensa la sua mente contorta… Vi piacerà oppure no?

 

 

 

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Capitolo 33
*** Capitolo XXXIII ***


Capitolo XXXIII

Capitolo XXXIII

 

 

 

 

 

 

Say a Prayer, to yourself
he says close your eyes
sometimes it helps
and then I Get, a Scary thought
that is here means he is never lost

And You can See
My Heart Beating
You Can See it through my chest
said I’m Terrified but
I’m Not leaving
know that I must
Pass This test

So Just Pull The Trigger

 

[Russian Roulette – Rihanna ]

 

 

*Dì una preghiera, per te stesso
lui mi dice "chiudi gli occhi"
a volte può aiutare
e poi mi passa per la testa
un pensiero spaventoso
cioè che se lui è ancora qui
significa che non l'ho mai perso

E puoi vedere il mio cuore che batte
puoi vederlo attraverso il mio petto
ho detto che sono terrorizzata
ma non me ne sto andando...
so che devo assolutamente
riuscire in questa prova

Quindi premi il grilletto*

 

 

 

Ore 01.58 – XXX

 

Irina sentì l’auto rallentare per poi fermarsi, rimanendo con il motore acceso, forse in attesa di un segnale. Da dietro la benda non riusciva a vedere niente, a parte delle macchie più chiare che indicavano che si trovavano in un posto illuminato. Dopo qualche istante, la Lamborghini ripartì lentamente, superando un dosso sul terreno e scendendo quella che doveva essere una rampa. Dopodiché si fermò definitivamente, spegnendo il motore.

 

William le tolse la benda dagli occhi, e per un attimo rimase abbagliata dalla luce. Ci mise qualche istante a mettere a fuoco quello che aveva davanti. Erano in un garage sotterraneo dalle pareti grigie, rischiarato da un paio di lampade appese al soffitto, avvolte in qualche ragnatela. Era vuoto, a parte un armadio di metallo chiuso da un grosso lucchetto e un’auto bassissima, coperta da un telo scuro.

 

Vide alla sua destra la Ford GT rossa fermarsi, insieme alla Mercedes SL. Il russo scendendo dalla sua auto le gettò un’occhiata, ma andò a parlare con Michael. Attese per qualche minuto che qualcuno le aprisse la porta, poi Dimitri la venne a tirare fuori dall’abitacolo. La prese per le spalle e la spinse verso il centro del garage. William aveva appena aperto l’armadio e stava dando a Josh, Hanck e Michael quelle che erano pistole dal grosso calibro.

 

<< Dove siamo? >> chiese Irina, mentre veniva condotta alla porta che conduceva fuori dal garage sotterraneo. William gettò un’occhiata alla Lamborghini semidistrutta.

 

<< Non sta a te saperlo >> rispose lui, il tono duro, << Cazzo, mi hai sfasciato la macchina… Se decido di non ammazzarti, me la dovrai ripagare per intero… >>.

 

Dimitri la spinse su per una rampa di scale, fino a che non si ritrovano davanti a una porta bianca. La varcarono, per ritrovarsi nel retro di una villetta anonima ma molto grande, con un giardino poco illuminato e la porta a vetri che conduceva nella cucina ben arredata.

 

<< Portatela dentro >> ordinò William, spalancando la vetrata per farli entrare, << E legatela a una sedia… Voglio fare due chiacchere con lei >>.

 

<< Siamo sicuri che non ci ha seguito nessuno? >> chiese Hanck, guardando verso la porta del soggiorno. La luce dentro era accesa, insieme alla televisione. C’era qualcuno.

 

<< No >> rispose Michael, serio, << Went avrà seguito la traccia del cellulare. E non ho visto sbirri da nessuna parte >>.

 

<< E’ solo il nostro informatico >> spiegò William, accennando al soggiorno, << Gli avevo detto di rimanere qui, per sicurezza >>.

 

Dalla porta aperta sbucò un uomo, un uomo che Irina conosceva bene: Greg Thile, l’informatico che aveva fatto per lei innumerevoli ricerche per scoprire i poliziotti infiltrati. Lo stesso che aveva consultato per scoprire chi era Xander.

 

<< Anche tu… >> mormorò Irina, definitivamente abbattuta.

 

Thile si strinse nelle spalle. << Cosa vuoi… Lui pagava meglio >> ribatté, facendo cenno verso lo Scorpione.

 

Michael recuperò una sedia dal tavolo della cucina e lasciò che il russo la facesse sedere sopra. Le legò le mani, già avvolte nel nastro adesivo, dietro lo schienale, senza possibilità di fuga.

 

<< Quanto rimaniamo qui? >> chiese Josh, aprendo il frigorifero per cercare qualcosa da bere.

 

<< Il tempo di trovare un volo che ci porti il più lontano possibile >> rispose William, poi si rivolse a Thile, << Funziona tutto? >>.

 

L’informatico annuì. << Non ci rintracceranno mai, se non saremo noi a dirgli dove siamo… Abbiamo un collegamento a Internet che ci permette di essere invisibili: possiamo telefonare ovunque senza essere trovati. Usiamo il satellite… Niente cellulari, altrimenti ci beccano >>.

 

William ghignò soddisfatto. << Perfetto. Tanto non avevo intenzione di usarli >>. Si voltò verso gli altri. << Spegneteli, così risolviamo il problema. Se dobbiamo chiamare da qualche parte, usiamo il pc >>.

 

Irina li guardò spegnere tutti i telefoni, e nel farlo Dimitri puntò lo sguardo verso di lei. Ricambiò l’occhiata, sicura che stesse gioendo per la situazione in cui si trovava. Venne distratta da William che prendeva un’altra sedia e si metteva di fronte a lei.

 

<< Levatevi dai piedi >> disse ai suoi amici, << Voglio parlare con lei… Dimitri, sei vuoi tu puoi rimanere >>.

 

Gli altri uscirono dalla cucina per andare in soggiorno, raccontando a Thile cosa era successo. Si chiusero la porta alle spalle, lasciando Irina sola con William e Dimitri.

 

Lo Scorpione la fissò con un sorriso maligno sul volto, e lei sentì il sangue gelarsi nelle vene. Questa volta era davvero arrabbiato.

 

<< Da quanto tempo avevi in mente di farlo? >> domandò lui.

 

<< Da quando Xander se ne andato >> rispose Irina, cercando di non far trasparire la sua paura.

 

William ridacchiò. << E pensare che io mi preoccupavo di Went… Non me lo aspettavo, sai? Dimitri aveva ragione: dovevo fare più attenzione a te >>.

 

Il russo incrociò le braccia, senza aggiungere niente. La sua espressione rimase perfettamente distaccata. Doveva essere molto compiaciuto di averci visto giusto.

 

<< Pensavo di averti convinto >> continuò lo Scorpione, << Pensavo stessi finalmente cedendo… Credevo che la fuga di Went ti avesse aperto gli occhi, ti avesse fatto capire chi sono veramente… >>.

 

<< So già chi sei >> ribatté Irina, << Sei solo un figlio di puttana… >>.

 

William si lasciò andare a un ghigno. << Non è vero, bambolina >> disse serafico, << Non lo sai chi sono, perché appena sono diventato quello che volevi tu, sei andata in confusione. Mi sto sbagliando, forse? Stavi venendo a letto con me, l’altra volta… E non lo stavi facendo per l’auto >>.

 

Irina lasciò cadere nel silenzio quelle parole, notando che il russo continuava a rimanere una statua di ghiaccio. Forse William in parte aveva ragione, ma ora era cambiata: non era più vittima del suo fascino. In passato, quando era troppo giovane per capire, si era lasciata abbagliare. Ma ora, ora quello che provava verso di lui era solo disprezzo.

 

<< Alla fine però non l’ho fatto >> disse, << Perché so benissimo chi sei… >>.

 

William scosse il capo. << Dimmi una cosa, Irina >> disse, << Cos’ha Went che io non ho? Cos’ha di così particolare? Siamo molto simili, per certi versi… Cosa lo differenzia da me? >>.

 

Irina fece un sorrisetto di sfida. << Cos’ha che tu non hai? >> ripeté, quasi divertita, << Un cuore, William… Lui ha un cuore e tu no >>.

 

Osservò l’espressione dello Scorpione, seduto davanti a lei, per cercare di cogliere una sua reazione. Si chiese se avesse capito cosa intendeva, perché per un istante le parve di aver parlato con un muro. Alla fine William inarcò un sopracciglio.

 

<< Quindi credi che io non abbia un cuore… >> disse, e non era una domanda, << Me lo hanno detto in tanti, sai? >>.

 

Irina rimase in silenzio, senza capire dove volesse andare con quel discorso. Decise di togliersi una curiosità.

 

<< Quando hai scoperto che Xander era dell’F.B.I.? >> domandò, << Lo sapevi già da prima, vero? >>.

 

William incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale della sedia. << Sapevo fin dall’inizio chi era >> rispose, << Fowler mi fa da talpa da prima della sua missione… Mi aveva avvertito che avrebbero mandato qualcuno >>.

 

<< Allora perché hai fatto finta di niente? >> chiese Irina, senza capire.

 

William fece una smorfia. << Avevo intenzione di farlo fuori appena si fosse presentato qui >> spiegò, tranquillo, << Ma quando ho visto di cosa era capace ci ho ripensato. Rappresentava un bel passatempo: volevo vedere se riusciva ad arrivare veramente a me >>.

 

<< Sapevi che ti avrebbe arrestato, se ti avesse sfidato… >> disse Irina, << Lo hai persino aiutato… >>.

 

<< Went è bravo, Irina. Era molto tempo che desideravo un avversario del genere >> rispose secco William, come se la questione fosse scontata, << Avevo Fowler dalla mia parte, e non correvo nessun pericolo. Almeno, lo credevo finché non ho scoperto che lo stavi aiutando >>.

 

Irina lo guardò, incredula. Davvero non lo sapeva?

 

<< L’ho scoperto per caso >> spiegò William, << Sapevo che Went aveva un contatto tra di noi, ma Fowler non era riuscito a capire chi fosse. Così ho parlato Thile, è ho scoperto che avevi fatto ricerche su Went… Dopodiché Fowler è riuscito ad avere la conferma dal suo capo: eri tu il contatto >>.

 

<< Quando lo hai scoperto? >>.

 

<< Qualche settimana dopo l’arrivo di Went >> rispose William.

 

Irina rimase in silenzio, piena di amarezza. Lo Scorpione sapeva tutto dall’inizio, quando lei aveva pensato che questa volta c’erano speranze… Aveva sbagliato di nuovo i calcoli.

 

<< Perché ci hai lasciato fare, allora? >> chiese, << Perché non hai ammazzato me e Xander subito, al posto che farci arrivare fino alla fine? >>.

 

<< Mi eccitava vedere fin dove sareste arrivati >> rispose William, << E poi, a dirla tutta, non ti ho mai voluta morta. E non potevo uccidere Went se non volevo tutta l’F.B.I. qui a Los Angeles. Volevo giocare un po’, prima di smascherarvi entrambi >>.

 

<< Allora quando hai capito che Xander ti avrebbe dato fastidio, hai detto a Fowler di far sapere al suo capo che avevi scoperto tutto… Così è dovuto andare via, e tu te lo sei tolto dai piedi >> concluse Irina per lui.

 

<< Esatto >>, William sorrise, << Peccato che non avessi calcolato cosa avresti potuto fare tu >>.

 

<< Non hai pensato che avessi qualche piano, visto che ho voluto sfidare Dimitri? >> chiese Irina.

 

<< Immaginavo avessi un piano >> rispose William, << Ma non credevo avessi addirittura il coraggio di uccidermi… >>. Sorrise, come la cosa non fosse nemmeno degna di nota.

 

<< Mi hai lasciato vincere, allora… >> disse Irina.

 

<< Mettiamola così >> disse William, << Ci ho messo lo zampino… >>.

 

Dimitri, rimasto in silenzio fino a quel momento, si mosse appena e guardò fuori dalla finestra. Irina gli rivolse un’occhiata, notando la sua espressione truce: fosse stato per il russo, non sarebbe mai uscita viva dalla loro gara.

 

Tornò a guardare William, rendendosi conto che la stava fissando piuttosto insistentemente. Stava covando qualcosa, perché coglieva nei suoi occhi lo sguardo di chi non accetta l’affronto. Per quanto cercasse di apparire divertito, il suo tradimento e la fuga precipitosa lo avevano turbato.

 

<< Avremo modo di parlare ancora, noi due >> disse, << Prima devo risolvere un paio di cose… Dimitri, chiudila in qualche stanza in modo che non possa fuggire. E non slegarla >>.

 

Il russo la mise in piedi e la spinse verso le scale, portandola di sopra. Poi spalancò la porta di quella che era una camera da letto e la lasciò lì, chiudendola dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 04.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia federale

 

<< Li stiamo interrogando >> disse Bernard Polman, il capo del distretto, accennando al vetro alle loro spalle, << Ma dicono di non sapere niente su dove possa essere fuggito Challagher. E se sanno qualcosa, non credo che cederanno facilmente >>.

 

Xander fissò il vetro che lo separava dalla stanza attigua, dove erano seduti Jim Whitman e Robert O’Correll, ammanettati e seduti davanti a una lunga scrivania e tenuti sotto torchio da due poliziotti.

 

Era arrivano a Los Angeles a tempo di record, e aveva scoperto che un paio di membri della Black List erano stati catturati. Aveva sperato di riuscire ad avere altre notizie su Irina, ma si era dovuto ricredere: nessuno pareva sapere dove potesse trovarsi.

 

<< Gli altri? Sono fuggiti tutti? >> chiese, sorseggiando il caffè che teneva in mano. Jess era seduto a fare la stessa cosa, preoccupato e stanco quanto lui.

 

<< Ci sono posti di blocco in tutti i punti caldi della città >> rispose Polman, << Ma non possiamo essere dappertutto. Intanto siamo riusciti ad arrestare anche Barrow, quindi possiamo avvalerci anche dell’aiuto della polizia locale, ora, ma rimaniamo comunque pochi per battere tutta la città. Possiamo sperare che qualcuno di loro commetta un passo falso >>.

 

<< L’unico che dobbiamo veramente prendere è Challagher, e ormai credo sia fuori città >> disse Xander, << Posso provare a parlare io, con loro? >>. Fece cenno verso Whitman e O’Correll.

 

<< Va bene, ma… Non li tocchi >> disse Polman, << Non siamo autorizzati a usare le maniere forti, con loro. Almeno per il momento >>.

 

Xander annuì e uscì dalla stanza, per poi entrare in quella che fino a pochi istanti prima aveva visto attraverso lo specchio. I due poliziotti si voltarono di scatto per vedere chi fosse, e gli fecero un cenno. I due piloti invece rimasero immobili dov’erano.

 

<< Devo parlare con loro >> disse Xander, e i due agenti si fecero da parte, << Potete andare, sono armato >>. Posò la mano sulla pistola che portava alla cintura, e i due annuirono. In silenzio uscirono dalla stanza, lasciandolo solo.

 

<< Guarda chi si vede… >> disse O’Correll, rivolgendogli un’occhiata in tralice, << Lo sbirro… Non pensavamo di vederti ancora da queste parti, dopo che te la sei data a gambe… >>.

 

Xander ignorò il suo commento e si sedette davanti a loro, per poi piantargli gli occhi addosso. Non era in vena di giocare, e nemmeno di perdere tempo.

 

<< Dove si trova William Challagher? >> domandò, secco.

 

<< Non lo sappiamo >> rispose Whitman.

 

Xander sospirò e si sedette più comodo sulla sedia.

 

<< Non lo sapete, o non me lo volete dire? >> chiese, tranquillo.

 

<< Non lo sappiamo… >> ripeté Whitman, << E anche se lo sapessimo, non te lo diremmo >>.

 

<< Davvero? >> fece Xander, falsamente divertito, << Gli siete così fedeli? Sbaglio, o non vi ha inserito nella sua fuga programmata? Siete rimasti a Los Angeles tentando di nascondervi, per poi farvi beccare dalla polizia… Lui se l’è data a gambe: avrebbe potuto avvertirvi, no? Non vi riteneva abbastanza importanti per essere salvati… >>.

 

I due si scambiarono uno sguardo, forse riconoscendo un fondo di verità nelle sue parole.

 

<< In ogni caso esiste una regola, tra noi piloti >> disse Whitman, << Ci copriamo l’un l’altro… Qualunque cosa succeda, nessuno di noi farà la spia. E’ l’unica regola che abbiamo >>.

 

Xander fece una smorfia. << Regola… E’ ridicola. So bene che lo fate solo per evitare di ammazzarvi tra di voi >> disse, << Soprattutto per quanto riguarda lo Scorpione. Non esiterebbe a farvi fuori se venisse a sapere che avete fatto la spia… E lui è il pesce più grosso, tra voi. Avete solo paura di parlare, questa è la verità >>.

 

<< Non fare la predica a noi, Went >> ribatté O’Correll, << Anche tu sei un codardo… >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiata, sentendo montare la rabbia. Forse era stato stupido, ma non codardo.

 

<< Mettiamola così >> disse, << L’unica cosa che voglio sapere in questo momento è dove si trova Challagher. Se voi lo sapete, e me lo dite, potrei pensare di farvi un piccolo sconto sulla pena che vi spetta… Non credo che verrà a cercarvi dietro le sbarre per ammazzarvi, se lui stesso sarà chiuso in una cella. Mi sembra uno scambio equo >>.

 

Whitman guardò O’Correll, come se volesse consultarlo. Il Lupo però rimase impassibile. Fissò Xander e disse, a bassa voce: << Se lo sapessi davvero, Went, te lo direi, e lo farei per vendetta. Ci ha mollati qui, dimostrandoci che ci ha sempre e solo considerato delle pedine del suo gioco… Ma non so dove si trova >>.

 

Xander guardò per qualche istante O’Correll, e capì che stava dicendo la verità. Whitman scosse la testa: forse avrebbe voluto approfittare della situazione e mentirgli, ma alla fine avrebbe comunque scoperto che fingevano.

 

<< D’accordo >> disse alzandosi, << Ripasserò quando avrò l’autorizzazione ad usare le maniere forti… Pensateci ancora un po’ >>.

 

Era una finta, ma vide Whitman sbiancare. O’Correll non lo guardò mentre si allontanava lentamente, ma disse: << Tanto non cambierebbe niente comunque >>.

 

Xander uscì dalla stanza e raggiunse Jess, dall’altra parte. Aveva assistito alla scena attraverso il vetro, ma gli chiese comunque cosa pensava.

 

<< Non lo sanno >> ripose Xander, << Challagher è stato così furbo da non dire niente a nessuno, nemmeno ai membri della Black List. Ha salvato solo chi riteneva di importanza… Immagino che avesse programmato tutto da un bel po’ >>.

 

Si sedette di fianco all’informatico, guardando il monitor del pc portatile senza vederlo. Stava male, stava male perché aveva paura di non rivedere più Irina, di saperla sola con Challagher, indifesa. Era stata avventata, ma non doveva pagare di nuovo. Aveva cercato solamente di fare quello che nessun’altro aveva il coraggio di mettere in atto, e come sempre era stata sfortunata.

 

Si passò una mano sul volto, sbadigliando. Erano le quattro del mattino, e non era l’unico ad avere bisogno di dormire. Jess sembrava sul punto di crollare, anche perché il viaggio in autostrada era stato piuttosto sfiancante.

 

<< Dov’è andato Polman? >> chiese Xander.

 

<< Forse hanno preso qualcun altro >> rispose Jess, << Credo sia andato a vedere di chi si tratti… >>.

 

<< Vado anche io, allora >>.

 

Xander si alzò e si diresse verso l’ufficio di Polman, una piccolissima speranza che gli cresceva dentro. Magari Challagher si era lasciato sfuggire qualcosa con qualcuno…

 

A qualche metro di distanza, sentì un trambusto provenire dal corridoio. Si affacciò per scoprire che Vera Gonzalez, la numero sette, si divincolava trattenuta da due poliziotti, i capelli ricci che si muovevano come dotati di vita propria. Allora era lei l’ultima arrivata.

 

<< Lasciatemi, sbirri del cazzo… >> stava dicendo, << Levatemi immediatamente le mani di dosso… >>.

 

Quando vide Xander in fondo al corridoio, si bloccò immediatamente e gli gettò un’occhiata.

 

<< Went… >> disse solo.

 

<< Ti hanno beccata, allora >> disse Xander, avvicinandosi, << Credevo che facessi parte del gruppo di Challagher… >>.

 

<< Quel bastardo figlio di puttana non mi riteneva abbastanza importante >> ribatté Vera, inviperita, << Gli interessavo solo quando era ora di scopare… >>.

 

Xander rimase stupito nel sentire parlare così la spagnola: pareva avesse sempre avuto un debole per Challagher. Le cose dovevano essere cambiate, da quando se n’era andato…

 

<< Sai dove possa essere andato? >> chiese.

 

<< No >> rispose seccata Vera, << Non lo so. Te l’ho detto, non gliene fregava un cazzo, di noi. Si sarà nascosto in qualche buco fuori dallo Stato… >>.

 

<< Possiamo portarla via? >> chiese uno dei poliziotti, che fino a quel momento avevano trattenuto la spagnola.

 

Xander fece segno di sì con la testa, e si voltò per andarsene. Era inutile interrogare Vera, se dimostrava di essere così arrabbiata con Challagher: non sapeva niente nemmeno lei.

 

<< Went >> lo chiamò Vera, all’ultimo, continuando a divincolarsi.

 

Lui si girò, l’espressione interrogativa.

 

<< Ti conviene darti una mossa a trovarli >> disse lei, << Questa volta la ammazza… Per davvero >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 08.00 – XXX

 

William sedeva al tavolo della cucina, solo, avvolto in una nuvola di fumo. Gettò l’ennesimo mozzicone nel posacenere, ormai pieno, e mandò giù tutto d’un sorso il bicchierino di whiskey che aveva davanti. Sentiva il rumore della televisione accesa che proveniva dal soggiorno, dove Michael, Hanck, Josh e Thile si erano addormentati sul divano. Dimitri doveva essere l’unico sveglio, a parte lui.

 

Era incazzato, incazzato nero ed era riuscito a dormire solo un paio di ore, tanto sentiva la rabbia circolargli addosso.

 

Aveva previsto che un giorno Went sarebbe tornato, e che avrebbe dovuto nascondersi per qualche tempo, ma non così. Non aveva immaginato che i membri della Black List venissero catturati, e che i federali sguinzagliassero i loro agenti in tutto lo Stato per dargli la caccia. Non aveva previsto che Irina si azzardasse a fare una mossa del genere.

 

Sbuffò e appoggiò i piedi sul tavolo, giocando con la pistola che aveva sottratto a Irina: doveva essere un regalino di Went… L’unico che lui non aveva mai voluto farle: sapeva di non potersi fidare al cento per cento di lei. Per sicurezza aveva sempre voluto lasciarla disarmata.

 

Doveva ammettere che era colpito: quella ragazza aveva fegato. Non si era aspettato che osasse sfidarlo, e che cercasse di ammazzarlo… Che lo tradisse in quel modo.

 

La odiava, la odiava più di Went, in quel momento. La odiava perché lei era stata l’unica a fargli capire di essere debole, in qualche modo. La odiava perché gli aveva dimostrato di non poter avere tutto. La odiava perché la amava veramente.

 

Il primo giorno che se l’era trovata davanti aveva solo pensato che era bella, e che poteva rappresentare una delle tante ragazze che si sarebbe portato a letto. Ma quando gli aveva chiesto di correre per lui, quando l’aveva vista sfidare i membri della Black List senza un minimo di paura, aveva capito che non era una qualunque.

 

Ne era rimasto affascinato. Irina era giovane, ma se voleva aveva le movenze di una donna, lo sguardo di una gatta, l’espressione di sfida che non aveva mai visto in nessun altro. Si era scoperto attratto da lei, attratto dal suo modo di fare, dal suo modo di essere. Attratto dal suo corpo in una maniera inconcepibile, che non aveva mai provato per nessun’altra ragazza. Era la sensazione di essere una da domare, di essere una che non avrebbe ceduto subito, a catturare la sua attenzione e tutti i suoi pensieri.

 

Ci aveva provato, aveva cercato di arrivare a lei sfoderando le doti che avevano fatto cadere qualunque donna ai suoi piedi. Aveva tentato di affascinarla, di conquistarla, e per un attimo ci era riuscito davvero. Quel bacio che si erano dati la prima volta, seduti sul muretto del suo giardino, aveva avuto per lui il sapore della vittoria… Ma poi, quando lei gli aveva sbattuto dritto in faccia il suo rifiuto, come nessuno osava fare, non aveva capito più niente… Otteneva sempre tutto quello che voleva, e lei doveva confermare la regola. Non accettava la sconfitta da parte di una ragazza…

 

Non poteva descrivere la sensazione che provava quando riusciva a sottometterla al suo volere, a dimostrarle che lui era il più forte, che si prendeva sempre tutto ciò che voleva… Era qualcosa che assomigliava a una droga, che lo mandava in estasi e che poi lo lasciava insoddisfatto… Più la possedeva, più la voleva…

 

Per due anni aveva lottato con lei, per due anni aveva alternato le buone e le cattive maniere per farla cedere… Per due anni si era accontentato di averla solo per sé, di mostrarla come il suo trofeo personale, quando nemmeno lui in realtà era mai riuscito a vincerla…

 

Poi era arrivato Went, lo sbirro dell’F.B.I.. Went, che aveva chiesto aiuto a lei, e lei glielo aveva dato… Lei, che alla fine si era innamorata di lui, nonostante se ne fosse andato… Lei, che preferiva un poliziotto allo Scorpione…

 

E se prima aveva desiderato solo il suo corpo, ora desiderava anche la sua testa, la sua mente, la sua anima. L’arrivo di Went gli aveva fatto capire cosa voleva veramente da lei: li aveva visti, vedeva lo sguardo di Irina quando lo guardava, e vedeva gli occhi di Went quando lui guardava lei. E lui voleva la stessa identica cosa, solo ed elusivamente per se stesso.

 

Voleva che fosse Irina a venire da lui, voleva che fosse lei a baciarlo, voleva che fosse lei a cercarlo. Voleva sentire su di lui lo stesso sguardo che Irina rivolgeva a Went, voleva sentire le sue mani sfiorarlo con dolcezza, con quella dolcezza che non aveva mai usato con lui. Voleva che lo amasse, che lo amasse veramente.

 

Ammetterlo era dura, ma tutto ciò che conosceva di Irina lo attirava come una calamita, tutte le sue mosse catturavano sempre il suo sguardo. E rodeva, quando la vedeva rivolgere lo sguardo verso qualsiasi altro ragazzo che non fosse lui, rodeva vedendola parlare con qualcuno usando un tono molto meno aggressivo che con lui. Bramava la sua attenzione più di altra cosa, ma quello che riusciva a ottenere da parte sua era solo disprezzo.

 

Dimitri glielo aveva detto, lo aveva avvertito che quella ragazza sarebbe stata una scocciatura. Ma nemmeno lui aveva previsto che si innamorasse di lei… O forse era proprio per quel motivo che lo aveva messo in guardia. Il russo dal cuore di ghiaccio aveva capito prima di lui quale potesse diventare il problema…

 

Quando Went se n’era andato, aveva colto la palla al balzo. Irina si era sentita tradita, ed era il momento migliore per dimostrarle ciò che provava, per dimostrarle che si era sbagliata. Si era abbassato, le aveva lasciato campo libero, si era sforzato di essere quello che lei voleva… Aveva lasciato a lei le redini del gioco, nella speranza di convincerla di averlo valutato male, di disprezzarlo ingiustamente… Ormai era diventata il suo punto debole, il chiodo fisso che gli stava facendo perdere di vista tutto il resto… Per lei era disposto anche a rendersi ridicolo, proprio come stava facendo, mostrando a tutti quanto dipendesse da lei…

 

Ma lei lo aveva ingannato, ingannato due volte: prima lo aveva illuso, facendogli credere che finalmente avesse ceduto, e poi aveva tramato alle sue spalle. Aveva cercato di farlo arrestare, di farlo fuori.

 

In quel momento, quando si era visto puntare in faccia quella stessa pistola che ora teneva in mano, aveva capito. Aveva capito che Irina rappresentava davvero il suo unico punto debole, e i punti deboli vanno eliminati.

 

La odiava perché in qualche modo dipendeva da lei. La odiava perché lo aveva preso in giro. Eppure continuava a desiderarla, a desiderarla in modo morboso e ossessivo. La voleva e basta, la voleva per toglierla a Went e per farle capire che lei non era nessuno… La voleva per riservarsi il pensiero di essere stato l’unico in grado di piegarla…

 

Tirò giù i piedi dalla scrivania, e guardò Dimitri entrare nella stanza, l’espressione scontrosa come sempre. Lo vide uscire in giardino a fumare, nervoso forse quanto lui.

 

Negli ultimi tempi il suo rapporto con lo Scorpione si era andato deteriorando: il russo non aveva mai accettato il fatto che avesse deciso di giocare con Went. Riteneva tutto troppo pericoloso, e continuava ad additare Irina come una traditrice… Forse avrebbe dovuto dargli ascolto, ma lasciare Fenice libera di entrare nel loro giro era stato più forte di lui. Quanto a Went, ormai il problema si stava risolvendo.

 

Si ritrovò a pensare cosa stesse facendo lo sbirro dell’F.B.I.: era sicuro che si stesse sbattendo per ritrovare Irina, che stesse vagando per tutta Los Angeles in cerca di loro tracce… Sorrise, sapendolo forse in preda allo sconforto e al panico.

“Tanto lei è mia, Went… E’ stata solo mia e lo rimarrà… Pagherà per essersi presa gioco di me. Se la devo uccidere, allora lo farò dimostrando a entrambi che non ci si mette contro di me. Mai”.

 

Ormai aveva solo più uno scopo, uno scopo che lo avrebbe reso davvero spaventoso. Non gli interessava più nulla se non dimostrare chi era, cosa poteva essere in grado di fare. L’unica cosa che voleva, in quel momento, era ottenere la sua vittoria: piegare definitivamente Irina, e portare sull’orlo della follia Went.

 

Si alzò e raccolse la pistola, poi andò in soggiorno. Svegliò con uno scossone Thile, addormentato in modo scomposto sul divano, che lo guardò con gli occhi gonfi di sonno.

 

<< Possiamo fare una videochiamata? >> domandò lo Scorpione.

 

Thile annuì. << Ci serve solo sapere dove farla >> disse l’informatico.

 

<< Allora preparati. Voglio giocare un po’… >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 08.30 – Los Angeles, Stazione polizia federale

 

<< Li troviamo… Li troviamo… >> stava dicendo Jess, collegando vari cavi al pc portatile lasciato aperto sulla scrivania, << Li troviamo, li troviamo, li troviamo… >>.

 

Xander guardava l’informatico affaccendarsi per tenersi pronto a tracciare la telefonata di Challagher e scovare dove si trovassero. McDonall e Steve, arrivati da poco, erano fermi vicino a lui, che parlavano tra loro e facevano ipotesi sul perché lo Scorpione volesse parlare con loro.

 

“Non è con voi che vuole parlare… Lui vuole vedere me…

 

Xander aveva un orribile presentimento: Challagher non era stupido, e non avrebbe rischiato di farsi trovare se non fosse stato più che sicuro di non correre alcun pericolo. Voleva mostrargli qualcosa, e lui aveva capito cosa… O meglio, chi.

 

<< Ok, ci siamo >> disse Jess, << Sono pronto. Appena chiamano, li troviamo >>.

 

Rimasero in attesa, in silenzio. Puntuale come aveva annunciato, alle 08.45 comparve l’avviso di chiamata sullo schermo del pc, da un numero sconosciuto. Jess gli lanciò un’occhiata, poi premette un tasto e si fece da parte.

 

Sullo schermo comparve un’immagine, leggermente sgranata e scura, ma perfettamente distinguibile. Il ghigno di Challagher si stagliava al centro di quello che sembrava il soggiorno di una casa.

 

<< Che accoglienza >> disse lo Scorpione, << Non pensavo che addirittura il Vicepresidente dell’F.B.I. si mobilitasse per me… >>.

 

Xander sentì McDonall muoversi alle sue spalle, ma rimanere in silenzio. Qualcuno gli mise una mano sulla spalla.

 

<< Cosa vuoi, Challagher? >> chiese.

 

Lo Scorpione si strinse nelle spalle. << Qui con me c’è una persona che dovresti conoscere… >> disse, e fece cenno a qualcuno di avvicinarsi, << Qualcuno che credo tu voglia vedere… >>.

 

Michael Fowler comparve nella sua visuale, l’espressione divertita. << Non te lo aspettavi, eh? >> disse, << Mi consideravi troppo stupido per portare a termine una missione del genere… Ma chi è lo stupido, ora? >>.

 

Xander sentì la vena sul collo iniziare a pulsare, e l’unica cosa che fu in grado di dire senza perdere il controllo fu: << Vaffanculo, Fowler. Tu sei forse anche peggio di Challagher… >>.

 

Lo Scorpione ridacchiò, poi disse: << Uhm, no. Non è lui che vuoi vedere… Devo essermi sbagliato >>. Lo vide mettere le mani sul pc e spostarlo per cambiare la visuale. << Lei invece ti interessa di più, giusto? >>.

 

Pallida, stanca ma viva, Irina comparve al centro dello schermo, i capelli legati in una coda e il trucco che le incorniciava gli occhi non ancora sfatto. Era legata a una sedia, le mani dietro la schiena, il collo scoperto dove mancava qualcosa che era solita portare. La mano di Xander corse alla sua tasca, dove teneva ancora la sua collana: l’aveva tenuta, forse come monito a ricordagli che un giorno sarebbe comunque dovuto tornare.

 

Per un istante si sentì sollevato, ma poi venne di nuovo sopraffatto dall’angoscia. Era viva, sembrava stare abbastanza bene, ma dov’era?

 

<< Non è possibile… >> mormorava Jess, pestando sulla tastiera dell’altro computer in modo convulso, << Come fanno a… >>.

 

<< Cosa succede? >> domandò Steve, guardando l’informatico.

 

<< Non riesco a trovarli… >> rispose Jess, mortificato, << Non ci riesco… Forse stanno usando un satellite, ma non so come fanno… >>.

 

Xander voltò la testa verso di lui, gli occhi spalancati. Come non riusciva a trovarli? Lui doveva scoprire dov’erano… Era l’unica possibilità che avevano per salvare Irina…

 

<< Xander… >>.

 

La voce della ragazza gli giunse distante, bassa, flebile, ma era la sua. Stava guardando dritto nello schermo, gli occhi da gatta pieni di preoccupazione.

 

<< Stai… Stai bene, Xander? >> domandò.

 

<< Certo che sto bene >> rispose lui dolcemente, << Sai dirmi dove vi trovate? >>.

 

Irina scosse il capo. << No, non lo so… Mi hanno bendata, prima di portarmi qui… >>.

 

Challagher ricomparve alle spalle della ragazza, sventolando una pistola. Le girò intorno per una volta, come un felino intorno alla sua preda. Xander capì all’istante la situazione, e decise che era una cosa che doveva fare da solo. Qualunque cosa avesse in mente lo Scorpione, era una cosa che riguardava solo loro due.

 

<< Uscite >> mormorò, << Uscite tutti, immediatamente >>.

 

Persino McDonall non discusse quell’ordine che non aveva l’autorità di dare, ma la situazione era talmente pesante che compresero cosa stesse provando. Solo Jess lo guardò, come a chiedergli se anche lui fosse compreso.

 

<< Rimani e trovali >> disse solo Xander.

 

In un attimo, la stanza fu vuota. Tornò a guardare lo schermo, senza staccare gli occhi da Irina. Continuava a guardare verso di lui, un ciuffo di capelli che era sfuggito alla coda e le ricadeva sulla fronte. Si vedeva che era spaventata, ma stava comunque cercando di mantenere la calma.

 

<< Veniamo a noi, Went >> disse Challagher, strisciando la pistola che teneva in mano sulla spalla scoperta della ragazza, << Vorrei fare un patto, con te… >>.

 

<< Non lo ascoltare >> lo interruppe Irina, << Xander, non lo ascoltare… >>.

Challagher si sedette dietro di lei, l’espressione divertita. Sfiorò il suo collo con la canna della pistola, mentre lei deglutiva lentamente per non perdere il controllo. Tremò impercettibilmente, il metallo gelido che premeva sulla sua pelle. Xander rimase impietrito, sperando che da un momento all’altro lo Scorpione non premesse il grilletto.

 

<< Invece mi ascolterà, bambolina mia >> continuò lo Scorpione, << Mi ascolterà se vuole che non ti uccida… E scommetto che non lo vuole, vero? >>.

 

<< Parla Challagher >>.

 

<< Devi smettere di cercarmi >> disse lo Scorpione, << Smettila di darmi la caccia, e io non la ucciderò… Continua a cercarmi e ti farò trovare al più presto il suo cadavere >>.

 

Xander sentì il sangue gelarsi nelle vene. Era per quello che lo voleva vedere: sapeva che aveva poche possibilità di scovarli, e voleva approfittare della situazione. Voleva farlo impazzire, voleva prendersi gioco di lui, e farlo attraverso Irina.

 

<< Perché te la stai prendendo con lei? >> ringhiò, << Non ti ha fatto nulla… Non centra niente… Sono io quello che è venuto per arrestarti… >>.

 

Challagher ridacchiò. << Non centra niente? Invece lei è fondamentale… E’ lei che mi ha tradito, che ti ha aiutato… E lei che ci siamo giocati fin dall’inizio, no? >>.

 

<< Allora non metterla in mezzo… >> disse Xander.

 

Challagher ignorò le sue parole, e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un oggetto che strinse nel palmo con aria divertita. Poi aprì la mano e mostrò di cosa si trattava.

 

Era una collana d’argento, con un piccolo quadrifoglio come ciondolo. Lo sventolò davanti agli occhi di Irina, e sul suo volto pallido si dipinse un’espressione confusa. Era Xander ad avere il suo…

 

<< Guarda che cosa avevo preparato per te >> disse Challagher, legandogliela al collo con fare falsamente dolce, << Sono stato così gentile da farne fare una identica a quella che non avevi più… Sapevano tutti quanto ci tenevi >>.

 

Irina chiuse gli occhi mentre le mani dello Scorpione le sfioravano il collo nudo e rabbrividì quando il ciondolo toccò lo sterno lasciato scoperto dal top scollato. Challagher si alzò e si spostò di fianco, come per vedere come stava.

 

<< Non sono poi così cattivo, Went >> disse, << Vedi? Ti chiedo solo uno scambio: non mi cercare, e lei rimarrà in vita >>.

 

Irina trasse un respiro profondo, poi disse: << Sta mentendo, Xander. Mi ucciderà comunque… Prenderà il primo aereo che lo porterà fuori dallo Stato… Sta bleffando… >>.

 

Challagher la zittì con uno schiaffo in faccia, così forte da lasciarla senza fiato. Xander scattò in piedi, sapendo di essere impotente.

 

<< Non ti avevo autorizzato a parlare >> ringhiò lo Scorpione, << Apri bocca di nuovo e la lingua te la strappo… >>.

 

<< Non toccarla Challagher >> lo minacciò Xander.

 

<< E cosa mi fai, Went? >> ribatté lo Scorpione, << Mi vieni a prendere? Non sai dove sono, e non puoi trovarmi… E dì pure al tuo amico di smettere di tentare di rintracciarci >>.

 

Xander gettò uno sguardo a Jess, per dirgli di non ascoltarlo. L’informatico continuava a pestare sui tasti del pc, senza degnare nessuno di uno sguardo.

 

C’era qualcosa di orrendo in quella situazione, qualcosa che rodeva Xander fin nel midollo. Mai nella sua vita si era sentito così impotente, così stupido e così inutile. Non poteva fare assolutamente nulla, se non stare al suo gioco.

 

Challagher tornò a sedersi dietro a Irina, e le puntò la pistola sul collo. Sorrise e avvicinò la sua bocca all’orecchio di lei.

 

<< Dimmi una cosa, Went >> sussurrò, un ghigno perverso sul volto, << Cosa faceva quando è venuta a letto con te? Sono curioso di sapere cosa fa, quando si lascia scopare da uno sbirro… >>.

 

Xander digrignò i denti. Non poteva accusarla di qualcosa che non aveva fatto, qualcosa che non era mai successo…

 

<< Non è venuta a letto con me… >> disse, a bassa voce.

 

<< Ah, no? >> Challagher sorrise, << Che peccato… Non l’hai toccata nemmeno una volta? Sono sorpreso… Vorrà dire che è un privilegio che è spettato solo a me. Allora, cosa vuoi fare? Cosa decidi? >>.

 

Xander sudava freddo. Non gli interessava che Challagher riuscisse a scappare, a fuggire in qualche posto sperduto fuori dallo Stato… Voleva solo ritrovare Irina, ovunque si trovasse, e a qualsiasi prezzo. Ormai la sua missione era passata in secondo piano, ma non poteva lasciare scappare Challagher, se lei rimaneva con lui. Non poteva accettare se voleva rivederla.

 

Con un gesto brusco, lo Scorpione afferrò da dietro la collana d’argento che Irina portava al collo e la costrinse ad alzare la testa, mostrando la gola. Puntò la pistola sulla pelle morbida e appoggiò la guancia alla sua, ghignando.

 

<< Allora? >> disse, << La vuoi morta oppure no? >>.

 

Irina tossì, la collana d’argento che le segava il collo quasi fino a soffocarla. Riuscì ad abbassare la testa quel tanto che bastava a guardarlo.

 

<< Xander >> disse, il tono di voce sicuro nonostante la situazione, << Non lo ascoltare. Cercalo e sbattilo dentro, hai capito? Trovalo e mettilo dietro le sbarre per il resto della sua vita… L’unica cosa che non devi fare è pensare a me >>.

 

Challagher la lasciò andare, e sul suo volto si dipinse un’espressione di rabbia pura. Afferrò Irina per il collo e le puntò la pistola alla tempia. Xander scattò in piedi, preso dal panico.

 

<< Calma, Challagher! >> gridò, << Trattiamo… >>.

 

Lo Scorpione puntò lo sguardo verso lo schermo, gli occhi che brillavano.

 

<< Io non voglio trattare >> disse, << Ti ho fatto la mia proposta: o la accetti, o non la accetti >>.

 

<< So che non la ucciderai >> disse Xander, cercando di guadagnare tempo per pensare, << Non lo hai mai fatto, non lo farai adesso >>.

 

Challagher sogghignò. << Ti sbagli, Went. Sono arrivato a pensare che mi ha creato troppi problemi, fino ad adesso >> disse, << Credo che sia meglio eliminarla, prima che sia troppo tardi… >>. Girò attorno a Irina, che rimase in silenzio, quasi impassibile. << Sarebbe un peccato, lo ammetto… Facciamo così: ti lascio qualche ora per pensare. Nel frattempo, io e lei ci divertiamo ancora un po’… Ho un po’ di tempo libero da dedicarle >>.

 

Senza nemmeno lasciargli il tempo di dire qualcosa, fece cenno a qualcuno che stava con lui, e la telefonata venne interrotta. Xander rimase pietrificato davanti al pc, gli occhi spalancati per il significato intrinseco di quelle parole.

 

<< Xander… >>.

 

La voce di Jess gli arrivò distante, quasi soffocata. Voltò lentamente la testa verso di lui.

 

<< Sta zitto >> disse solo.

 

Poi tornò a fissare lo schermo vuoto, sentendo solo il rumore della porta che veniva prima aperta e poi chiusa, lasciandolo completamente solo con i suoi incubi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 09.00 – XXX

 

William chiuse il pc e guardò Dimitri, che era seduto in disparte sul divano, impassibile come sempre. Non sembrava nemmeno sentire la mancanza di sonno: aveva assistito a tutta la conversazione con scarso interesse, gli occhi puntanti su loro due.

 

<< Ci sono stati problemi? >> domandò lo Scorpione, rivolgendosi ora a Thile.

 

<< No >> rispose l’informatico, guardando il monitor del suo pc, << Ho monitorato tutta la telefonata: hanno provato a rintracciarci, ma non ci sono riusciti >>.

 

<< Bene >>. William guardò la pistola che teneva in mano, poi spostò lo sguardo su Irina.

 

La ragazza lo fissava, gli occhi da gatta pieni di quello che era disprezzo. Se aveva paura, stava cercando in ogni modo di non darlo a vedere.

 

Per quanto la odiasse, provò verso di lei un’attrazione incredibile. Era bella, anche in quello stato; era provocante, senza nemmeno saperlo. Il suo sguardo indugiò prima sulla sua bocca, poi scivolò sulla gola e infine sul ciondolo appeso al suo collo.

 

<< Tanto di troverà comunque >> disse lei.

 

Non riuscì a trattenersi e la colpì con uno schiaffo, arrabbiato. Tutto a un tratto ricordò quanto la odiasse. Voleva vedere quella baldanza sparire dai suoi occhi, quell’espressione di sfida svanire dai suoi lineamenti.

 

<< Smetti di sperare, puttana >> sibilò verso di lei, e sentì gli sguardi di tutti addosso a lui. Lo sapevano quanto era fragile di fronte a quella ragazza, lo sapevano che rappresentava il suo punto debole. Doveva dimostrare che era il contrario.

 

La aggirò e le slegò le mani; poi la mise in piedi, e la afferrò per il top, portando la sua faccia a qualche centimetro di quella di lei.

 

<< Credi che ti troverà? >> le sussurrò, << Credi che possa prendermi? Cosa pensavi di fare, dicendogli che avrei preso un aereo per fuggire dallo Stato? >>.

 

Irina piantò gli occhi nei suoi, e rispose, quasi con rabbia: << Smettila di pensare di essere il più furbo. Hai solo paura di lui, lo so >>.

 

William digrignò i denti, poi le tirò un’altra sberla in faccia, fino a farla finire per terra, lasciandola stordita. Era stufo di sentirsi sfidato da quella ragazza, stufo di combattere con lei per avere l’ultima parola. Era finito il tempo in cui accettava da lei qualunque affronto.

 

Nessuno si mosse né parlò. Solo Dimitri si spostò, rimanendo fermo davanti a Irina, e spostando lo sguardo prima su di lui, poi su di lei. La ragazza tossì, e si issò sulle braccia, cercando di rimettersi in piedi. Alzò la testa e incontrò lo sguardo del russo, che continuava a fissarla.

 

<< Che hai da guardare, eh? >> fece, il tono sprezzante, quasi fosse lei ad avere il controllo della situazione.

 

La nota di sfida nella sua voce lo eccitò. Era assurdo come cercasse di conservare il coraggio anche in quel momento. La prese per le spalle e la tirò in piedi, poi la trascinò fino al piano di sopra, lo sguardo del russo ancora su di loro.

 

<< Smetterai di fare la furba, Irina >> ringhiò, sentendo montare la rabbia dentro di sé, << Ti pentirai di esserti messa contro di me >>.

 

Doveva dimostrarle l’errore che aveva commesso, rifiutando tutto ciò che gli aveva offerto, e tentando di fregarlo. Doveva farle capire che era solo una stupida ragazza che non doveva giocare con il fuoco, che per lui non rappresentava più nulla…

 

La trascinò fino alla camera da letto, tenendola per i polsi ormai violacei. La stanza era semibuia, le tapparelle quasi del tutto abbassate, l’unica luce quella che filtrava dalle imposte e che illuminava la polvere nell’aria. Chiuse la porta alle sue spalle e la prese per il mento, costringendola a guardarlo in faccia.

 

<< Nessuno di voi due ne uscirà vivo >> sibilò, facendo scorrere la pistola sul suo collo nudo, << Voglio solo decidere chi per primo voglio fare fuori… >>.

 

<< Allora ammazzami >> disse Irina, gli occhi da gatta inchiodati ai suoi, << Ammazzami e scappa. O hai paura che Xander ti trovi? >>.

 

William sentì il sangue andare al cervello, e la sua mano scattò così rapida da stupire anche se stesso. Irina incassò il colpo e andò a sbattere contro il muro, tenendosi la guancia, il naso che perdeva sangue.

 

La raggiunse prima che si lasciasse cadere a terra, e la prese per i fianchi. Le strappò il ciondolo e lo gettò a terra, poi la afferrò per il collo, facendo pressione abbastanza da farle morire ogni parola in gola.

 

<< Ti ucciderò Irina >> sussurrò, << Ma prima farò fuori lui, e ti farò vedere il suo cadavere. Non lo sopporterai, vero? >>.

 

Non gli interessava di farle male, non gli interessava più di niente. Voleva solo vedere sparire dai suoi occhi tutto quel coraggio, voleva sentirla chiedere pietà. Voleva piegarla definitivamente, per dimostrarle che non era più il suo punto debole.

 

Sorrise, vedendo la paura balenare per un istante nei suoi occhi. Infilò la mano nello scollo del top e tirò fino a strapparlo, fino a scorgere la stoffa del suo reggiseno. Le sciolse i capelli, poi la afferrò di nuovo per il collo e la sbatté sul letto, sedendosi sopra il suo bacino.

 

<< Avanti Irina, chiedi aiuto >> le sussurrò, abbassandosi su di lei, << Chiama il tuo Xander. Digli di venire a salvarti… Digli di venire a prendermi >>.

 

<< Puoi farmi che cazzo ti pare, tanto morta o viva ti troverà comunque >> ribatté Irina.

 

Questa volta, quando la sua mano la colpì in faccia, si lasciò andare a un gemito di dolore. La sentì piegarsi, tenendosi la guancia ormai quasi viola.

 

<< Smettila di sfidarmi >> disse William, poi le imprigionò i polsi con le mani.

 

Sentì il cuore di Irina accelerare, battere in modo forsennato nella sua cassa toracica. La vide chiudere gli occhi, forse cercando di non lasciarsi sopraffare dal panico. Vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente, il fiato profumato che arrivava fino a lui.

 

<< Implorami, Irina >> mormorò sorridendo, la bocca sul suo collo, << Implorami… Pregami di andarmene. Pregami di non ucciderti… Pregami di non ucciderlo >>.

 

La ragazza rimase in silenzio, il respiro sempre più accelerato. Sfiorò con la mano la pelle sottile del collo, fino a scendere al livello del seno. Lei rabbrividì, e qualcosa che sembrò un singhiozzo uscì dalla sua gola.

 

Con piacere, William vide il terrore nei suoi occhi, terrore che però non avrebbe mai ammesso. Sapeva che non gliela avrebbe mai data vinta, che non si sarebbe mai abbassata, e questo lo eccitò più di ogni altra cosa. Le liberò le mani e si tolse la maglia, sentendo la pelle calda della ragazza sfiorare la sua.

 

Conosceva a memoria ogni centimetro del suo corpo, ogni singolo millimetro. Lo aveva desiderato, lo aveva posseduto, lo aveva cercato in altre ragazze. Eppure, mai come in quel momento si rese conto di quanto lo bramava, di quanto solo lei riusciva a ottenere quell’effetto su di lui.

 

<< Lo so che hai paura >> sussurrò, facendo scorrere la bocca sul suo collo, respirando il suo profumo a fondo, << Lo so che sei spaventata da me. Dimmelo… Voglio sentirti dire che sei terrorizzata, che hai paura. Dimmelo, Irina >>.

 

Voleva piegarla, voleva umiliarla per fargliela pagare di averlo reso debole. Voleva dimostrarle quanto fosse più forte di lei, quanto dovesse temerlo.

 

La afferrò per i fianchi e la tenne stretta, poi iniziò a baciarla sul collo, impossessandosi di ogni centimetro libero della sua pelle. Irina inarcò la schiena e cercò di spingerlo via, le mani calde sui suoi muscoli possenti.

 

Non si sarebbe fermato, non si sarebbe mai fermato. Ora che sentiva il suo sapore sulle labbra, che l’eccitazione aveva preso il sopravvento, non si sarebbe fermato. Già una volta avevano lasciato le cose a metà… Già una volta l’aveva lasciata fare, per poi sentirsi pugnalato alle spalle…

 

Mordicchiò la pelle sottile della spalla, morbida come burro. In quell’istante sentì qualcosa penetrargli nella carne della spalla, a qualche millimetro dal tatuaggio tribale che l’ultima volta lei aveva sfiorato provocandogli un brivido.

 

Si alzò di scatto e guardò Irina, afferrandogli malamente la mano. Gli aveva appena conficcato le unghie nella pelle, lasciandogli tre strisce rosse, brucianti.

 

Fissò per un momento quelle mani piccole e perfette, le unghie smaltate di rosa, poi intrecciò le dita con le sue, un gesto che Irina non avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà, e che lui invece aveva sempre desiderato ardentemente. Nel silenzio della stanza sentiva il respiro di Irina farsi sempre più affannoso, ormai quasi presa dal panico.

 

<< Ti amavo, Irina >> disse, un ghigno che gli si disegnava sul volto, << Ti amavo per davvero… Mi hai reso debole, ma ora hai smesso di essere il mio punto debole >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 10.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia federale

 

Xander sedeva immobile alla scrivania, continuando a fissare lo schermo nero che un’ora prima gli aveva mostrato il volto di Irina.

 

Non sentiva più né la fatica né il sonno, non sentiva assolutamente nulla. Forse non vedeva nemmeno la luce che filtrava dalla finestra, che illuminava la sua mano appoggiata al ripiano di legno, che stringeva la collana d’argento di Irina.

 

Aveva sbagliato, aveva sbagliato fin dall’inizio. Ammetterlo non gli faceva nemmeno più male, tanto si odiava, in quel momento. Era stato stupido e incosciente.

 

Non avrebbe dovuto pensare a lei, quando aveva scelto la persona che gli avrebbe fatto da contatto a Los Angeles. Avrebbe dovuto scegliere qualcun altro, qualcuno che non gli aveva mai rappresentato niente, che non aveva mai visto.

 

E poi, quando aveva capito che stava diventando il suo punto debole, avrebbe dovuto chiudere la storia subito. Invece, egoista com’era, aveva voluto giocare, aveva voluto continuare… Credeva di poter gestire tutto, di fare la cosa giusta…

 

“Avrei dovuto portarti via la prima volta che mi hai detto perché eri qui… Avrei dovuto costringerti ad andartene…”.

 

E ora lei pagava, pagava per tutti. Pagava per se stessa, pagava per lui, pagava per gli altri. E l’unica cosa che era stata in grado di fare, quando lo aveva visto attraverso quello schermo, era stato chiedergli come stava. Come stava lui.

 

“Dovresti odiarmi, Irina. Dovresti detestarmi più di chiunque altro…”.

 

Rimase immobile, spostando lo sguardo sul bicchiere di caffè vuoto, i sensi spenti.

 

“Rimanere qui seduto non servirà a niente… Non la troverai piangendoti addosso…”.

 

Si alzò di scatto, ritrovando in un attimo tutto se stesso. Non si sarebbe arreso, non poteva e non voleva farlo. Non era da lui gettare la spugna.

 

Dovunque fossero li avrebbe trovati. Non potevano sparire dalla faccia della terra, e in qualunque buco si trovassero li avrebbe scovati.

 

Uscì dall’ufficio e incrociò McDonall, gli occhi cerchiati di scuro per la mancanza di sonno. Lo guardò come se si aspettasse che da un momento all’altro andasse in escandescenze o avesse una crisi isterica.

 

<< Blocchi tutti gli aeroporti >> disse Xander, << E tutte le dogane. Nessuno esce e nessuno entra finché non lo decido io. Mettete sotto sequestro la villa di Challagher e tutte le sue auto. Voglio posti di blocco su tutte le autostrade >>.

 

Si aspettò che McDonall lo riportasse all’ordine per il tono perentorio che aveva appena usato, ma il Vicepresidente si limitò ad annuire.

 

<< Cosa vuole fare, agente? >> domandò.

 

<< Li trovo. Li trovo ovunque siano >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed ecco finalmente cosa passa per la testa dello Scorpione… Amava veramente Irina, e desiderava avere il suo affetto per sé. E’ stato Xander ha fargli capire che quello che provava verso Irina era davvero amore: voleva che lei lo trattasse come l’agente dell’F.B.I., voleva il suo affetto e non solo il suo corpo.

, cosa mi dite? Il viaggio nella mente di William è stato di vostro gradimento? Ha contribuito a farvelo detestare ancora di più, oppure in qualche modo lo capite?

L’unica domanda che vorrei porvi è: secondo voi ama ancora Irina, oppure no?

Prima di lasciarvi, vi anticipo che userò anche nel prossimo cap ci sarà qualche evento narrato con il Pov di William, perché il viaggio nella sua psiche contorta non è ancora completamente finito. Ci sono ancora un paio di cosine interessanti, che non riguardano solo il suo rapporto con Irina, che credo vadano esplorate.

E naturalmente ringrazio tutti coloro che mi lasciano sempre la loro recensione e continuano a seguire la storia. Credo che questo sia l’unico capitolo in cui “pretenderei” un commento: fatemi sapere se vi è piaciuto, eh!

Grazie mille a tutti e un bacio!

 

 

 

 

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Capitolo 34
*** Capitolo XXXIV ***


Capitolo XXXIV

Capitolo XXXIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – XXX

 

William gettò il mozzicone della sigaretta oltre la vetrata, massaggiandosi il collo. Sentiva ancora i graffi sulla pelle pulsare dolorosi. Si sedette meglio sulla sedia e chiuse gli occhi per un momento. Aveva dormito un paio di ore, ed era abituato a passare le notti in bianco, ma questa volta Irina era stata particolarmente combattiva: quelli sulla spalla non erano gli unici graffi che le aveva lasciato.

 

Sentì qualcuno muoversi vicino a lui, e riaprì gli occhi per vedere di chi si trattava: era Dimitri, un bicchiere pieno di liquore in mano e l’espressione corrucciata.

 

<< Hai parlato con Sebastian? >> chiese, prendendo il pacchetto di sigarette dal tavolo e accendendosene una.

 

William chiuse di nuovo gli occhi, sentendo crescere l’irritazione. Gli aveva appena riportato alla mente la conversazione con il suo vero e unico meccanico, rimasto a Los Angeles per dirgli quello che stava succedendo e tenerlo aggiornato sulle mosse degli sbirri.

 

<< Certo che ho parlato con lui… >> borbottò, << Hanno sequestrato casa mia e tutte le auto in garage, come avevo previsto. E’ stata una fortuna che abbia portato qui la Zonda per precauzione… >>.

 

Aveva sempre avuto quella casa, pronta in caso di bisogno. Riteneva che era meglio avere un luogo sicuro e anonimo in cui nascondersi, se le acque di Los Angeles fossero state troppo agitate. Portare lì la Zonda era stata una decisione presa solo qualche settimana prima: era l’unica auto che voleva veramente salvare, tra tutte quelle che possedeva, e non era certo di facile reperimento.

 

<< E poi? >> fece il russo, respirando una boccata di fumo, gli occhi grigi puntati sulle piante del giardino.

 

<< Stanno bloccando tutti gli aeroporti, e ci sono posti di blocco ovunque >> continuò William, sempre più irritato, << Ci sono problemi anche alle dogane: controllano tutti. Gli sbirri si stanno dando da fare… Anche mio padre sta cercando di nascondersi >>.

 

<< Hanno preso qualcun altro? >> domandò il russo.

 

<< A parte Whitman e O’Correll, hanno arrestato la Gonzalez e Kawashima >> disse William, appoggiando i piedi sul tavolo.

 

Notò l’occhiata che Dimitri gli rivolse, quando pronunciò il cognome di Vera, la numero sette. Forse pensava che fosse preoccupato per lei… Anche se lo conosceva abbastanza da sapere che l’aveva considerata solo un passatempo momentaneo.

 

Rimasero in silenzio, a sorseggiare in tutta tranquillità i loro drink, come se si trovassero in vacanza. Avevano sempre avuto entrambi un perfetto sangue freddo, e anche se la situazione li irritava, non si sarebbero lasciati prendere dal panico. Forse per quel motivo William si fidava di Dimitri.

 

La prima volta che si erano incontrati, ormai parecchi anni addietro, non facevano nemmeno parte della Black List. Il russo era un pilota che si era fatto le ossa in tutti gli Stati Uniti, e William il figlio del boss pronto a prendere il potere. All’inizio lo Scorpione aveva trovato Dimitri troppo freddo e sicuro di sé, ma quando poi si erano ritrovati a gareggiare assieme, avevano capito di poter fare grandi cose.

 

William gettò un’occhiata al russo, che fumava guardando fuori dalla vetrata, l’espressione corrucciata, gli occhi grigi gelidi. Sogghignò.

 

La gente lo aveva sempre trovato strano, e per certi versi anche lui faticava a capirlo, a volte. Soprattutto in fatto di ragazze… Girava voce che fosse gay, ma William sapeva benissimo che non era così: Dimitri aveva solo gusti davvero difficili, e in più sembrava considerare le donne come qualcosa di scarsa importanza. Se in tutti quegli anni lo Scorpione aveva perso il conto di quante ragazze erano passate nel suo letto, quelle di Dimitri si contavano sulle dita delle mani.

 

Non che la cosa gli desse fastidio, ma la trovava per certi versi buffa e curiosa: chissà cosa passava per la testa di quel russo dal cuore di ghiaccio. Sorrise ricordando quando, un giorno, gli aveva chiesto cosa pensava di Irina, e lui con un tono quasi scocciato gli aveva risposto solo che aveva dei bei lineamenti, considerandola per il resto piuttosto comune.

 

Sbuffò e si accorse di sentire di nuovo quella sensazione che provava sempre quando pensava a lei: insoddisfazione. Nonostante tutto, non era ancora contento di come erano andate le cose.

 

Cercò di scacciare il pensiero e si accese un’altra sigaretta, irritato.

 

<< Gli altri stanno ancora dormendo? >> chiese, per cercare di distrarsi.

 

<< Thile è sveglio, e Michael si sta guardando un film >> rispose Dimitri, << Gli altri sono svaccati come al solito >>.

 

Parlare di Fowler gli fece venire in mente una cosa. << Lo stai controllando? >> domandò.

 

<< Sì >> fu la laconica risposta del russo. << Hai intenzione di ucciderlo, vero? >> aggiunse, senza nessuna emozione.

 

William ghignò. << Non mi piacciono i doppiogiochisti >> rispose, << Soprattutto se sono degli sbirri. Appena non ci serve più ce ne liberiamo… Sinceramente avrei preferito portare Sebastian, al posto che lasciarlo a Los Angeles. E’ sicuramente più utile di lui >>.

 

Dimitri gettò la sigaretta fumata solo a metà nel posacenere, e gli rivolse un’occhiata.

 

<< Lei dov’è? >> chiese, disinteressato.

 

<< L’ho chiusa nel bagno di sopra >> rispose William, calmo, << Credo stia dormendo, in questo momento… Oppure piangendo, che è più probabile >>. Ridacchiò e buttò giù un sorso dal suo bicchiere.

 

<< Che vuoi farne di lei? >> chiese il russo, senza guardarlo. La cosa lo stava toccando poco.

 

<< Per il momento rimane dov’è >> rispose William, << Mi serve per usarla contro Went. Finché sa che è con me, non farà niente di avventato. Quando saremo pronti a sparire definitivamente la uccido >>.

 

Quello era il suo piano. Tenerla viva finché gli fosse stata utile, e poi piantarle una bella pallottola in testa e liberarsi di lei. Smettere di provare quella sensazione di insoddisfazione e attrazione che provava nei suoi confronti.

 

Dimitri fece una smorfia, che per lui era quello che rappresentava un sorriso.

 

<< Pensavo la facessi fuori subito… >> disse, quasi divertito.

 

William gli rivolse un’occhiata. In effetti, aveva programmato di ucciderla quella mattina stessa, ma aveva rimandato tutto. Riteneva più utile tenerla in vita ancora per un po’, e magari togliersi ancora qualche sfizio.

 

<< Hai fretta di trovare un posto per il suo cadavere? >> disse, il tono deridente.

 

<< Forse… Sai che non l’ho mai voluta tra noi >> disse il russo, << Voglio solo sapere per quanto tempo ancora dovremo sopportare i tuoi cedimenti con lei… E’ piuttosto pesante sapere che la stai violentando nella stanza attigua. Oltretutto, hai tolto il sonno a tutti… C’era Fowler che sembrava voler partecipare alla cosa >>.

 

C’era un tono quasi d’accusa, nella sua voce. William si ritrovò a guardarlo con gli occhi ridotti a fessure, ricordando poi che il russo era l’unico da cui accettava le critiche. Anche perché era uno dei pochi che aveva il coraggio di fargliele.

 

<< Sai che aveva bisogno di una lezione >> ribatté, divertito, << Dì a Thile che tra qualche ora richiamo Went… Voglio proprio vedere la sua faccia >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.00 – 18° Strada

 

Xander aggirò la Punto nera semidistrutta e abbandonata in mezzo alla strada, Simon Cohen che attendeva in silenzio in disparte. Le auto intasavano la carreggiata, rallentando, la gente che guardava incuriosita l’auto da corsa che bloccava il passaggio. Un segnale diceva che la corsia era bloccata, ma le persone continuavano ostinatamente a voler passare da quella parte.

 

<< Hai detto che sono andati verso l’autostrada? >> chiese Xander, osservando i segni neri lasciati sull’asfalto dagli pneumatici di diverse auto. << Che macchine avevano? >>.

 

<< Challagher la Revènton, il russo con la solita GT rossa e poi c’erano anche una Audi A3 grigia e una Aston Martin blu. Immagino fossero Hanck e Josh… >> rispose Simon, grattandosi la testa, << Però ho visto che si sono divisi, a un certo punto. Forse non volevano dare troppo nell’occhio… Ah, c’era anche una Mercedes SL…>>.

 

<< Una Lamborghini incidentata non può non dare nell’occhio >> disse Xander aprendo con cautela la porta della Punto e recuperando le chiavi, << Qualcuno li avrà sicuramente visti >>.

 

Tirò fuori il cellulare e digitò il numero di McDonall.

 

<< Sulla 18° c’è un’auto da portare via >> disse al Vicepresidente, << Una macchina italiana. Fatela trasportare in deposito: potrebbe tornarci utile… Ah proposito, avete avvertito il padre di Irina? >>.

 

<< Sì, agente >> rispose McDonall, << Abbiamo mandato alcuni poliziotti a casa sua per spiegargli la situazione. Naturalmente nemmeno lui sa dove possano essere andati… Poi è venuto da noi un certo Maximilian Dobson: credo si tratti del meccanico della ragazza. Gli abbiamo fornito qualche spiegazione, poi lo abbiamo mandato via… >>.

 

<< D’accordo, avete fatto bene. Gli telefonerò più tardi >>.

 

Xander lo salutò e poi guardò il nero. Stava pensando a come si sarebbe comportato se fosse stato Challagher, se avesse dovuto nascondersi dalla polizia. Cosa avrebbe fatto, se avesse avuto la polizia alle calcagna e una ragazza che non voleva rilasciare?

 

Sicuramente avrebbe cercato un posto tranquillo, e anche molto anonimo. Ma c’erano migliaia di posti tranquilli e anonimi a Los Angeles e fuori città.

 

Risalì sulla Ferrari e lasciò il tempo a Simon di fare lo stesso, poi accese il motore.

 

All’improvviso gli venne un’idea: se avevano preso l’autostrada, sicuramente erano passati dai caselli. E nei caselli c’erano sempre delle telecamere…

 

<< Forse ho un’idea >> mormorò, poi partì sgommando verso l’autostrada.

 

<< Cosa vuoi fare? >> chiese Simon.

 

<< Credo di poter capire la direzione che hanno preso. Devo parlare con i casellanti >> spiegò Xander. << E farmi dare le registrazioni delle videocamere di sicurezza… >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – XXX

 

Plick.

 

L’insistente gocciolio del lavandino era l’unico suono che rompeva il silenzio di quel bagno piastrellato di azzurro, la luce forte del pomeriggio che filtrava attraverso la tenda bianca appesa davanti alla finestra.

 

Irina sedeva per terra, la schiena appoggiata alla porta chiusa a chiave dall’esterno, le braccia raccolte attorno alle ginocchia. Respirava piano, pianissimo, cercando di controllare quella sensazione di panico che l’aveva dominata fino a pochi istanti prima. Singhiozzò un’ultima volta, poi scosse lentamente il capo per liberarsi del cerchio che sentiva pulsare intorno alla testa.

 

Aveva male dappertutto: le guance le bruciavano, un po’ per gli schiaffi un po’ per le lacrime salate, e sentiva lividi che presto si sarebbero anche fatti vedere. In più, aveva di nuovo la nausea.

 

Aveva pianto fino a poco prima, per disperazione e per paura. Credeva che William la uccidesse, una volta finito il suo gioco perverso, invece si era sbagliata. Lo Scorpione aveva deciso di prolungare ancora un po’ la sua agonia, di lasciarla annegare nel dolore di sapere che Xander stava rischiando la vita.

 

Sperava davvero che lui riuscisse a trovarla, che venisse a prenderla, ma aveva anche paura di quello che il suo intervento comportava. Si sarebbe trovato faccia a faccia con William, e lei non voleva che accadesse: aveva il terrore che potesse andarci di mezzo. Sapeva che Xander era l’unico che poteva mettersi contro lo Scorpione, ma l’idea di poterlo perdere era mostruosa. Non poteva permettergli di farsi del male per colpa sua.

 

Distese lentamente le gambe, sentendo i muscoli rilassarsi, e si portò una mano al petto, sotto il seno. Premette in un punto preciso e le sfuggì un gemito: forse aveva una costola incrinata. William ci era andato pesante, questa volta.

 

Si alzò in piedi piano, cercando di non fare movimenti bruschi, e incontrò immediatamente la propria immagine riflessa nello specchio.

 

Aveva il visto arrossato, e lunghe strisce nere di mascara le solcavano le guance. Il top stracciato lasciava intravedere il reggiseno, e sul collo c’era una macchia giallastra che presto si sarebbe trasformata in un livido violaceo.

 

Aprì l’acqua del rubinetto e si bagnò i polsi che si stavano lacerando, poi si lavò la faccia, cercando di rimuovere tutto il trucco rimasto. Faceva tutto velocemente, come se avesse avuto fretta. Esattamente come faceva sempre, sentendosi macchiata dentro e fuori.

 

Guardò il suo riflesso, poi sentì le gambe cedere e si sedette sul bordo della vasca. Si tenne la testa, in preda alla spossatezza, cercando di controllare il respiro: più affannoso era, più risultava doloroso.

 

Si sentì scivolare per terra, la testa che girava, troppo debole per tenersi in piedi. Non mangiava ne beveva da ore, e sentiva ogni parte del corpo dolere. Il suo fisico martoriato era arrivato al limite.

 

Dai Irina, sei viva, ed è già molto… Non lasciarti andare”.

 

Cercò di rialzarsi di nuovo, ma lasciò perdere quando si rese conto che non ci sarebbe riuscita. Chiuse gli occhi, cercando di ritrovare qualche energia, ma non ne aveva. Le ultime che le erano rimaste le aveva usate per lottare contro William, ed erano finite subito anche quelle.

 

Sentì dei passi avvicinarsi, poi la porta venne aperta, senza che lei avesse la forza e la voglia di riaprire gli occhi e vedere di chi si trattava. Preferiva rimanere nell’apatia, così ogni sensazione dolorosa sarebbe sparita… Ogni preoccupazione si sarebbe dissolta…

 

<< Hai finito di piangere? >> domandò William, il tono deridente.

 

Irina non rispose. Si lasciò afferrare per le spalle e trascinare per le scale, senza nemmeno capire bene dove stesse andando. Quando ritrovò la forza di riprendere possesso del suo corpo, si accorse di essere seduta su una sedia, in soggiorno, le mani di nuovo legate dietro la schiena. Gli sguardi di Hanck, Josh, Thile, Michael e Dimitri erano puntati su di lei, quasi le stessero facendo una radiografia.

 

Non si soffermò a chiedersi cosa stessero pensando, né perché la guardassero in quel modo. Vide solo il computer portatile appoggiato sul tavolo, e William che sceglieva una delle pistole appoggiate sul ripiano.

 

<< Telefona a Went >> disse solo, dandole le spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.30 – Los Angeles, Stazione di Polizia Federale

 

<< Ok, riproviamoci >> disse Jess, guardando il monitor del pc portatile che aveva davanti, << Non so se otterremo qualche risultato, e soprattutto dobbiamo sperare che la comunicazione duri abbastanza da rintracciarli… >>.

 

Xander guardò l’amico informatico, l’espressione corrucciata. Dubitava che riuscisse a rintracciare Challagher, ma Jess diceva di aver trovato un programma abbastanza potente da poter risalire al mittente delle telefonate via Internet: l’unico problema era che era molto lento, e per ottenere qualche informazione era necessario che la comunicazione fosse piuttosto lunga.

 

In ogni caso, era più fiducioso di prima. Le sue ricerche avevano dato buoni risultati: era riuscito a ricostruire i movimenti della Lamborghini Revénton per un discreto pezzo di strada, e aveva scoperto in quale direzione in realtà si era mossa: al posto di dirigersi a Nord, come aveva dapprima pensato, Challagher si era diretto a Est, e aveva toccato una piccola cittadina di nome Victorville. C’erano ampie possibilità che si trovasse nei dintorni.

 

Guardò l’orologio. Simon si stava occupando di reperire tutti i video delle telecamere di sorveglianza dei caselli attorno, nella speranza di scoprire se avesse veramente abbandonato lì l’autostrada o se invece avesse proseguito.

 

Cercò di calmarsi, in vista della nuova telefonata di Challagher. Sapeva che sarebbe stata sicuramente peggiore della prima, ma sapeva anche che doveva cercare di prolungare il più a lungo possibile la comunicazione, per fare in modo che Jess riuscisse a trovarli. Dipendeva tutto da lui, dalla sua capacità di sopportazione ormai arrivata al limite.

 

All’improvviso, il display del pc lampeggiò per un istante, e l’informatico di preparò per fare il suo lavoro. Traendo un respiro profondo, Xander premette il tasto di risposta e attese che le immagini comparissero sul monitor.

 

Di nuovo scura e leggermente sgranata, la figura di William Challagher apparse in tutta la sua baldanza. Lo Scorpione stiracchiò il collo e sorrise malignamente.

 

<< Passato una buona mattinata, agente Went? >> chiese, appoggiando la pistola con falsa noncuranza sul tavolo.

 

<< Ce ne sono state di migliori >> ribatté Xander, una smorfia sul volto.

 

<< La mia invece è stata assolutamente appagante >> rispose Challagher, portandosi le mani dietro il collo, << Piena di soddisfazioni… Come procedono le tue ricerche? >>.

 

<< Credi davvero che non possa trovarti? >> chiese Xander, incrociando le braccia e ghignando.

 

“Hai fatto male i conti, figlio di puttana… L’unico modo che hai per sparire realmente è morire”.

 

<< Questione di punti di vista >> disse Challagher, poi aggiunse: << Hai pensato alla mia proposta? >>.

 

<< Fammela vedere >> ribatté Xander, gelido.

 

<< D’accordo… Ma non sarà un bello spettacolo, forse >>.

 

La frase di Challagher gli fece gelare il sangue nelle vene, ma quando vide il volto di Irina dall’altra parte, gli occhi chiusi ma il respiro regolare, si sentì ancora peggio. Era troppo diversa dall’ultima volta che l’aveva vista, poche ore prima.

 

Aveva il viso pallidissimo, le guance rosse e i capelli bagnati. Ombre scure le incorniciavano gli occhi non più truccati di nero, e sul collo sottile c’era un grosso livido viola. Il top stracciato lasciava intravedere il petto che si alzava e si abbassava lentamente, il respiro lento e troppo controllato.

 

Xander sentì lo stomaco attorcigliarsi, la mano afferrare la pistola quasi potesse sperare di riuscire a sparare a Challagher anche attraverso lo schermo. Lo sapeva cos’era successo, lo sapeva e voleva ammazzare lo Scorpione.

 

Irina aprì gli occhi, e fissò per un istante il monitor, lo sguardo leggermente appannato. Sbatté più volte le palpebre, poi guardò Challagher, come se si aspettasse una sorta di spiegazione.

 

Xander non riuscì a staccare gli occhi da quella vista, troppo angosciato per poter dire qualcosa. Fu come rivivere quella sera nel bagno di casa sua, quando l’aveva trovata seduta per terra, in lacrime… Quella volta aveva potuto toccarla, consolarla, abbracciarla… Ora poteva solo lasciare che soffrisse da sola, troppo lontana da lui…

 

“Parlami, piccola. Ti prego, dì qualcosa… Dimmi che sei ancora viva…”.

 

Irina era viva, il suo cuore batteva ancora, ma era la sua anima che rischiava di non sopravvivere. Troppe volte aveva sofferto sola, in silenzio, troppe volte si era lasciata abbattere… Forse non aveva più le forze per rialzarsi, per ricominciare… I suoi occhi lo dicevano: non aveva più speranza, si stava lasciando morire… Era di nuovo da sola, perché lui l’aveva abbandonata…

 

<< Irina… >>.

 

La ragazza sembrò riscuotersi. Deglutì una volta, poi disse, la voce flebile: << Xander… Non voglio che mi vieni a cercare, hai capito? >>.

 

Challagher si inserì nel suo campo visivo, deliziato da quella situazione. Si stava divertendo a far soffrire entrambi.

 

<< Visto? Te lo sta chiedendo… Smettila di cercarmi >> disse, << Nemmeno lei ti vuole da queste parti… >>.

 

<< Ti ucciderà, Xander! >> gridò Irina, disperata, << Ti ucciderà! Ci ucciderà tutti e due, lo capisci? Non mi interessa se ammazza me, ma tu non devi morire… >>.

 

Xander guardò l’espressione spaventata di Irina, gli occhi che lo imploravano di smettere di cercarli. Non era per se stessa che aveva paura, aveva paura per lui… Ma lui non poteva lasciarla lì, e non gli interessava di correre rischi…

 

<< Ti vengo a prendere, te lo prometto, Irina >> disse, << Ti vengo a prendere, ok? >>.

 

<< No! >> protestò lei, << No, Xander! Ti prego, non lo fare… >>.

 

Challagher si mise davanti allo schermo, coprendo la ragazza. Sorrise malignamente.

 

<< La scelta mi sembra chiara, Went >> disse, << E’ morta, se continui per la tua strada… Sei pronto per trovare il suo cadavere? >>.

 

Xander digrignò i denti, e gettò un fugace sguardo verso Jess. Non sapeva di quanto tempo aveva ancora bisogno.

 

<< Dimmi, Challagher… Se sei così sicuro che non ti possa trovare, perché mi stai chiedendo di non cercarti? >> disse.

 

<< Perché mi piace giocare, Went >> rispose lui, ghignando, << Mi piace vedere il tuo sguardo, mi piace l’idea che stai impazzendo… Voglio farti sentire cosa significa essere impotenti. Irina è mia, e tu non puoi fare niente per cambiare le cose. Irina è mia e lo rimarrà >>.

 

Qualcosa in quella frase fece capire a Xander che William non era ancora disposto ad uccidere Irina. Stava cercando di convincere tutti che era pronto a farlo, ma in realtà quella doveva essere la sua ultima spiaggia… Continuava a dipendere da lei, e non lo voleva ammettere.

 

<< Ti ho già trovato, Challagher >> disse Xander, << So dove sei >>.

 

Era un bluff vero e proprio, ma voleva dimostrare che anche lui era disposto a tutto. Lo Scorpione non gli avrebbe creduto, e proprio per questo si sarebbe sentito più sicuro… Avrebbe sbagliato, prima o poi

 

<< E quando ti avrò tra le mani, ti castrerò come un cane… Ti piace l’idea? >>.

 

Challagher ridacchiò. << D’accordo, agente >> disse, << Allora ti aspetterò… In fondo, qui non ho molto da fare, se non scoparmi la nostra cara bambolina. Sai che c’è un sacco di gente che vorrebbe partecipare? Per il momento ci siamo limitati a noi due… Non sembra apprezzare molto le cose in gruppo… >>.

 

Xander sentì la rabbia montare. Chiunque avesse osato anche solo sfiorare Irina avrebbe poi dovuto vedersela con lui. Anche se era lontano chilometri e non sapeva dove fossero.

 

<< Sta attento a ciò che fai, Challagher >> ringhiò, << Tu e i tuoi amici. Quando non ci sarà più uno schermo a dividerci, non farete più tanto gli sbruffoni. Vi dimostrerete i conigli che siete e sarete sempre >>.

 

<< Stiamo divagando, Went >> disse lo Scorpione, fingendosi annoiato, << Non hai ancora risposto alla mia domanda: smetterai di cercarci, oppure no? >>.

 

<< No >>.

 

Era un rischio, ma qualcosa gli diceva che Challagher non l’avrebbe uccisa. Perlomeno non ancora. Avrebbe continuato a giocare finché non si fosse sentito davvero in pericolo, e per il momento era tranquillo…

 

<< Perfetto, agente >> disse, << Ti indicherò dove trovare il suo corpo >>.

 

Chiuse di scatto il monitor del pc, e Xander rimase inchiodato dov’era. Sentì Jess imprecare. La telefonata era durata troppo poco.

 

Forse aveva esagerato, forse era stato avventato, ma il suo istinto gli aveva detto di fare così, e lui era deciso a seguirlo. Si alzò di scatto e uscì dall’ufficio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.45 – XXX

 

Irina sentì William chiudere di scatto il monitor del portatile, come in preda a un attacco d’ira. Lo vide voltarsi verso di lei e fissarla con occhi di fuoco, per poi imprecare.

 

<< Continuerà a cercarci >> disse Dimitri, freddo, << Non te lo aspettavi, vero? >>.

 

Michael passò lo sguardo prima sul russo e poi su William, per poi fermarlo su Irina. Aveva un che di famelico.

 

William gettò malamente la pistola sul tavolo, ringhiando. Le cose non stavano andando come voleva lui, evidentemente. Fece qualche passo avanti e indietro, cercando di controllarsi.

 

<<Sta zitto >> sibilò, << Tanto non ci trova… >>.

 

Irina riuscì a cogliere l’espressione preoccupata dello Scorpione, ma sentì la testa pesante. Stava male, e aveva paura, ma voleva continuare a sentire cosa si sarebbero detti. Non voleva sprofondare nel buio proprio in quel momento.

 

<< Sei stato un’idiota >> disse Dimitri, << Ti avevo detto di non giocare, cazzo… >>.

 

William incassò l’insulto rivolgendogli una smorfia. << Allora ce ne andiamo >> disse, << Ce ne andiamo, e anche se ci trova lo ammazzo >>.

 

Irina sentì il sangue gelarsi.

 

<< E dove andiamo, eh? >> chiese Dimitri, il tono arrabbiato, << Lo sai meglio di me che ci sono posti di blocco ovunque, e che l’unico aereo che può portarci abbastanza lontano parte domani… >>.

 

William e il russo si guardarono in faccia, le espressioni furiose. Irina non li aveva mai visti parlarsi in quel modo.

 

<< Ti ho detto che tanto non ci può trovare >> ringhiò lo Scorpione.

 

Dimitri gli gettò un’occhiataccia. << Tanto è colpa tua >> disse, indicandolo, << Sei stato uno stupido. Tutto questo solo per una ragazza… >>.

 

William si voltò verso di lui, gli occhi spalancati. Dimitri lo aveva appena fatto arrabbiare veramente. Afferrò la pistola, poi guardò tutti i presenti.

 

<< D’accordo… >> mormorò, togliendo la sicura all’arma, << D’accordo… Allora la ammazzo >>.

 

Irina puntò lo sguardo su di lui, ma stava troppo male per avere paura. I presenti guardarono William, che fissava Dimitri senza battere ciglio. Michael e Hanck si scambiarono uno sguardo preoccupato.

 

<< Uscite >> disse lo Scorpione, << Uscite tutti, immediatamente >>.

 

Thile fu il primo a lasciare la stanza, portandosi dietro il pc portatile, seguito poi da Josh e da Hanck. Michael e il russo, invece, rimasero fermi dov’erano.

 

<< Uscite >> ripeté William tra i denti.

 

Michael gettò uno sguardo a Dimitri, poi si voltò e uscì dalla stanza. Il russo fece una smorfia, come se la situazione fosse ridicola.

 

<< E’ un po’ tardi, non trovi? >> disse, << Avresti dovuto farlo molto tempo fa >>.

 

William digrignò i denti, innervosito. << Non eri tu a volerla morta? >> ribatté, agitando la pistola.

 

Dimitri si strinse nelle spalle. << Fa quello che vuoi >> disse solo, e uscì dalla stanza, lasciandoli completamente soli.

 

Appena la porta si chiuse, Irina tornò a guardare William. Lo Scorpione scosse il capo nervoso, quasi volesse rispondere al russo ma non ne avesse la voglia. Le gettò un’occhiata, e si sedette sul divano, la pistola ancora in mano. Sbuffò, mettendosi comodo sul divano.

 

<< Non avevo idea che finisse in questo modo… >> disse, come se si trattasse di una normale conversazione.

 

Irina rimase in silenzio, guardando lo Scorpione senza capire. Continuava a rimanere strano.

 

Lui si lasciò andare a un sorriso amaro, fissando la pistola come se fosse qualcosa che lo disgustava.

 

<< Sai una cosa? >> disse, << Forse sarebbe stato più semplice non lasciarti entrare nel nostro giro… Forse sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai incontrati >>.

 

Irina lo fissò, cercando di capire quale significato recondito avessero le sue parole.

 

<< Non pensavo che le cose sarebbero andate in questo modo, che riuscissi addirittura a rendermi così stupido… >> continuò William, misto tra il divertito e l’amareggiato, << Mi dispiace solo che tu continui a pensare che io non abbia un cuore >>.

 

Irina continuò a guardarlo, senza aggiungere niente. Voleva continuare ad ascoltare cosa avesse da dire, prima di farla fuori. Fino a punto fosse arrivato il suo livello di pazzia…

 

<< Io ce l’ho un cuore, Irina >> disse lo Scorpione, puntando gli occhi verdi nei suoi, << E sei stata tu a tirarmelo fuori, a farmelo scoprire… Sei stata tu con il tuo odio a farmi ammettere di averlo… A farmi cadere come uno stupido idiota… Sei diventata il mio punto debole, ma continuo ad amarti comunque >>.

 

Irina capì che William non era mai stato così sincero: per la prima volta la stava guardando con gli occhi di un ragazzo, e non dello Scorpione. Si ritrovò a voler continuare a sentire cosa avesse da dire, per capire il perché dei suoi comportamenti… Per capire chi fosse in realtà… Se qualcosa di umano era rimasto in lui.

 

<< Se mi amassi veramente, non mi avresti mai… >> disse lei piano, e le parole le morirono in gola.

 

William scosse il capo e guardò per terra. << Cazzo Irina, non lo sapevo… Non l’avevo capito. Ti volevo e basta… Credevo solo che fosse una cosa passeggera, ma quando ho capito che c’era anche Went, di mezzo… >>. Fece una pausa, come per trovare le parole giuste. << Ti giuro, non me ne sarebbe fregato un cazzo, se non ti si fosse avvicinato… Mi sarei limitato a sbatterlo fuori il prima possibile… Volevo esattamente quello che stavi dando a lui, lo capisci? >>.

 

Irina rimase senza parole, di fronte a quella sorta di dichiarazione del tutto inaspettata. William stava davvero dicendo la verità, stava davvero ammettendo che l’amava. E voleva con tutto il cuore che lei ricambiasse.

 

<< L’ho capito quando è arrivato qui >> spiegò lo Scorpione, << L’ho capito quando ho visto come vi guardavate… Non volevo solo il tuo corpo, volevo anche il tuo cuore, cazzo… Volevo sentirti dire che mi amavi, che in qualche modo dipendevi da me… >>.

 

In quel momento, William le sembrò un ragazzino, un ragazzino che confessa la sua prima cotta quasi con timore e rabbia. Quasi si vergognasse a mostrare ciò che era veramente, ciò che bramava… Persino lui non capiva perché si comportava così.

 

<< Perché me lo stai dicendo, William? >> chiese lei, a voce bassa.

 

Lo Scorpione puntò di nuovo gli occhi su di lei. << Perché a qualcuno dovevo dirlo >> rispose, << Tanto vale che te lo dicessi >>.

 

Questa volta non era stato sincero; stava mentendo. Aveva un altro motivo che non voleva rivelare.

 

Si alzò di scatto e le si parò davanti, la pistola in mano, l’espressione imperscrutabile.

 

<< Perché mi hai tradito? >> domandò, tornando a essere il pezzo di ghiaccio che era sempre stato.

 

<< Perché voglio che tu smetta di uccidere la gente e dettare le tue regole >> rispose Irina.

 

<< Ed eri anche disposta ad ammazzarmi, vero? >>.

 

<< Se fosse stato necessario, sì >>.

 

Era inutile mentire, visto che ormai il suo destino era segnato. E poi, erano tutte cose che lo Scorpione sapeva già: non poteva farlo arrabbiare più di quanto non aveva già fatto.

 

William alzò la mano che impugnava l’arma, e le puntò la pistola alla tempia. Il metallo gelido toccò contro la sua pelle accaldata, provocandole un brivido.

 

In un attimo, il cuore di Irina balzò a mille. Era stata avventata, incosciente, ma aveva paura di morire. Non voleva lasciare niente e nessuno, anche se aveva molto poco di buono nella sua vita. Moriva senza nemmeno essere riuscita a farlo arrestare…

 

Chiuse gli occhi, il fiato corto, il petto che si abbassava e si alzava velocemente. Avrebbe dovuto fare i conti con il proprio operato? Si sarebbe ritrovata a percorrere in un lampo tutta la sua misera esistenza? Era di quello che aveva più paura: di rivedere la sua vita e rendersi conto di non aver fatto niente di buono, di aver lasciato dietro di sé solo errori.

 

<< Hai paura, Irina? >> fu la sola domanda che le arrivò alle orecchie. Una domanda non deridente, ma seria, quasi spaventata.

 

<< Tu cosa risponderesti? >>.

 

Nel silenzio della stanza, Irina riuscì a sentire il rumore metallico della sicura che veniva tolta. Trasse un respiro, sperando che almeno non facesse male, ma le scappò comunque un singhiozzo. Un singhiozzo al pensiero di non poter più vedere Xander.

 

Passò un istante, poi un altro ancora. William esitava… Oppure voleva solo prolungare la sua sofferenza, quell’attesa interminabile che la stava logorando. Irina si ritrovò a pregare per premesse in fretta quel grilletto.

 

<< Ammazzami >> sussurrò alla fine, esasperata, le palpebre ancora abbassate.

 

William si mosse, e lei sentì strisciare qualcosa contro le sue ginocchia. Riaprì gli occhi, per scoprire che si era inginocchiato, lo sguardo puntato nel suo, la pistola a pochi millimetri dalla sua tempia.

 

La prese per il mento, l’espressione seria, decisa, sicura, e si guardarono un istante. Voleva vederla morire, voleva vedere i suoi occhi spegnersi per sempre…

 

<< Io ti devo uccidere, Irina >> disse lo Scorpione, << Ma non ti voglio morta >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Los Angeles, Stazione di Polizia Federale

 

Xander gettò un’occhiata a Jess, abbattuto. La telefonata non era stata abbastanza lunga da permettergli di rintracciarli… E Irina continuava a rimanere sola, in pericolo.

 

<< Non fa niente >> disse Xander, cercando di non far sentire in colpa l’informatico, << Non dipendeva da te… Mi sono lasciato prendere… >>.

 

Guardò il monitor spento e sospirò. In ogni caso, non avrebbe abbandonato. Non aveva ancora una precisa pozione, ma sapeva dove si era diretto Challagher. Ci sarebbe voluto più tempo del previsto, ma li avrebbe comunque trovati.

 

Poteva chiedere il supporto di un elicottero… Poteva chiedere di sorvolare l’area, e bloccarla, in modo da evitargli ogni fuga…

 

Si alzò, per dirigersi da McDonall. In quell’istante, però, sentì il suo cellulare squillare. Per un momento pensò di ignorarlo, visto che aveva cose più importanti da fare, così si limitò a guardare chi fosse.

 

Sul display illuminato, c’era un numero che non poteva non riconoscere… Un numero che aveva cancellato dalla sua rubrica perché non serviva più, ma che conosceva a memoria… Un numero che non doveva più esistere, perché il cellulare che lo utilizzava era stato distrutto…

 

Il vecchio numero di Irina.

 

Il vecchio numero di Irina lo stava chiamando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.05 – XXX

 

William guardò Irina come se la vedesse per la prima volta, come se non volesse perdere un solo suo minimo dettaglio. Accarezzò con il pollice il profilo del suo mento, l’espressione combattuta. La pistola era ormai appoggiata sulle sue gambe, per il momento inoffensiva.

 

<< Non ti voglio uccidere, Irina >> sussurrò, << Non lo voglio fare… >>.

 

<< Lo hai detto tu che devi… >> disse lei, confusa e sempre più spaventata.

 

<< Devo farlo perché sei pericolosa per me, bambolina >> disse William, il tono amareggiato, << Non posso lasciarti vivere, se continui a essere il mio punto debole, lo capisci questo? >>.

 

<< Allora uccidimi, cazzo! >> gridò Irina, con le lacrime agli occhi, << Smettila di farmi aspettare così tanto! >>.

 

Aveva paura, e continuare a indugiare la terrorizzava ancora di più che la morte in sé. Voleva finirla, oppure rischiava di impazzire…

 

Sentì le lacrime scendere sulle guancie, la testa farsi pesante… William le prese il volto tra le mani e lo portò vicino al suo.

 

<< Ascoltami >> disse, e lo fece come se implorasse, << Ascoltami… Non voglio ucciderti, Irina. Devi solo dirmi cosa vuoi che faccia… Dimmi cosa vuoi che faccia affinché tu mi ami… Dimmelo e ti porto via con me… >>.

 

Irina non riuscì a combattere contro le lacrime che ormai le colavano dagli occhi, non riuscì nemmeno a guardarlo in faccia. Ancora qualche minuto, e sarebbe sprofondata nell’oscurità.

 

<< Avanti, Irina, dimmi cosa vuoi… >> continuò William, << Posso darti qualunque cosa… L’unica cosa che ti chiedo è di non tradirmi… Dammi una scusa per non doverti uccidere… >>.

 

Irina sentì il mondo crollarle addosso, la terra sbriciolarsi sotto i suoi piedi già tremanti. Non poteva chiederle una cosa del genere… Le stava dando la possibilità di salvarsi la vita, e il prezzo era fingere… Fingere di amarlo, fingere di essere sua con la testa e con il corpo… Fingere di provare qualcosa per lui…

 

Per quanto lo odiasse, per quanto avesse detestato la sua voce, le sue mani, il suo modo di fare, non sarebbe stata in grado di infliggergli quella condanna… Nemmeno lui meritava quell’illusione, anche se le aveva fatto del male… Non sarebbe stata in grado di fingere su quello, anche se aveva sempre finto quando si trattava della sua vita… Della sua, non di quella degli altri.

 

Scoppiò a piangere, sentendo le mani calde di William sulle sue guance, i suoi occhi verdi puntati nei suoi, più umano di quanto lo aveva mai ricordato…

 

<< Qualsiasi cosa, Irina >> disse, << Qualsiasi cosa… >>.

 

<< Non posso! >> gridò lei, disperata, << Non puoi chiedermelo! Ci faremo del male tutti e due! >>.

 

<< Non mi interessa! >> ribatté William, << Non me ne frega un cazzo, hai capito? Non voglio essere io a ucciderti! Non posso lasciarti vivere e saperti con qualcun altro… Non posso lasciarti vivere se non posso averti, lo capisci? Piuttosto continua a odiarmi, ma rimani con me! Non mi tradire, e sarai libera… Ti lascerò fare tutto quello che vuoi, ti darò qualsiasi cosa vorrai… >>.

 

Nella sua testa, Irina cercò una scusa qualsiasi che le rendesse aberrante quella proposta. Non poteva accettare, se voleva vivere in pace con se stessa… Non poteva condannare entrambi solo per salvare se stessa…

 

Ma forse, esisteva un motivo per farlo… Forse qualcosa poteva spingerla a infliggersi quella pena, qualcosa che non era per lei… Per qualcun altro…

 

<< Allora non lo uccidere… >> sussurrò, << Non uccidere Xander… >>.

 

Negli occhi di William passò un lampo, e il suo volto si fece di pietra. Le iridi rimasero inchiodate alle sue, folgorate… E Irina capì che quella era l’unica cosa che non poteva chiedergli.

 

<< No >> disse solo.

 

<< Allora uccidimi >> ribatté Irina, sperando di aver chiuso finalmente quella discussione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.15 - Los Angeles, Stazione di Polizia Federale

 

Xander afferrò il cellulare e lo portò all’orecchio.

 

<< Pronto?! >>.

 

L’unica cosa che sentì fu il più assoluto silenzio. Un silenzio carico di tensione, senza alcun rumore a spezzarlo.

 

<< Pronto! >> ripeté, sperando di sentire la voce di Irina dall’altra parte della linea, ma continuò solo a sentire silenzio.

 

Guardò Jess, preoccupato. Qualsiasi cosa volesse dire quella telefonata, non era di sicuro nulla di buono… Ma quel telefono non doveva più esistere…

 

<< Scopri da dove arriva la telefonata >> disse Xander, e Jess cominciò a digitare qualcosa sulla tastiera, le dita che si muovevano quasi impazzite.

 

Non aveva senso… Quel telefono non doveva esistere… Irina non poteva averlo… Chi lo stava chiamando?

 

In un attimo, si ritrovò a pensare una cosa, una cosa che non gli era mai passata per la testa… E se… E se Michael avesse solo finto di tradirli? E se fosse lui, in quel momento, ad averlo chiamato, per permettergli di trovarli prima che uccidessero Irina? Ma perché non parlare… Perché non mandargli un messaggio…

 

<< Xander… >> lo chiamò Jess.

 

Il suo cuore si fermò. Forse non riusciva a trovarli… Forse non poteva… Si voltò a guardarlo, pronto alla cattiva notizia.

 

<< Sono a Barstow >> disse Jess, << A duecentocinquanta chilometri da qui… >>.

 

Xander lo fissò, e per un attimo non capì cosa gli avesse detto. Poi sbatté le palpebre una volta.

 

<< Dammi le coordinate precise. Vado a prenderli >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.20 – Barstow

 

<< Non puoi chiedermi questo >> disse William, il tono ora di ghiaccio, << Non puoi chiedermi questo… >>.

 

Staccò le mani dal viso di Irina e scattò in piedi, il respiro affannoso. Puntò la pistola contro di lei, pronto a fare fuoco.

 

<< Se non posso averti, non posso lasciarti libera… >> disse.

 

Irina guardò la pistola, e una smorfia di amarezza le increspò le labbra. Alla fine, era sempre lo stesso… Alla fine, era sempre lo Scorpione.

 

Puntò lo sguardo su di lui, notando nei suoi occhi la scintilla della follia… Stavano impazzendo entrambi, ed era una cosa che si stavano infliggendo da soli…

 

La porta venne spalancata improvvisamente, e William si girò di scatto. Thile, sulla soglia, lo sguardo terrorizzato, disse: << Ci hanno trovati! >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Bene, ed eccoci arrivati al 34° capitolo… Avete avuto modo di esplorare la mente dello Scorpione, anche se immagino vi abbia detto poco. Forse è stato molto più significativo il tentato omicidio di Irina…

E’ chiaro che ormai sia William, sia Xander, sia Irina siano sull’orlo della pazzia, ma lo Scorpione è quello messo peggio di tutti. Sa che deve uccidere Irina proprio perché rappresenta il suo punto debole, ma non ci riesce. Semplicemente perché non vuole. Nonostante l’abbia messo in questa situazione, nonostante lo abbia tradito, continua ad amarla veramente, ed è disposto a qualsiasi cosa per poter essere ricambiato: è persino disposto ad accettare di fingere, di fingere che Irina lo ami davvero quando sa benissimo che non è così. Glielo ha chiesto, le ha quasi implorato di fare finta di provare qualcosa per lui, nella speranza che quell’illusione si trasformasse in realtà… Ma lei non ha accettato, perché ha ritenuto che quella fosse una punizione troppo estrema, persino per la persona che odiava di più al mondo. Sa cosa significa essere illusi, sa cosa si prova quando si è creduto in qualcosa e sa quanto può fare male. E sa anche che continuando a stare vicini non fanno altro che farsi male a vicenda: in fondo, si sono amati per davvero entrambi, ma in momenti diversi. Irina all’inizio, quando ancora non sapeva niente di lui, quando né era rimasta affascinata perché ancora troppo ingenua per capire chi aveva davanti. William, invece, ha capito di amarla solo quando ha capito che gliela stavano portando via, nello stesso istante di quando aveva compreso cosa voleva veramente da lei. E per questo che non riusciva a ucciderla.

La loro è una storia strana, dolorosa, fatta di molte ombre. Una storia che li ha fatti crescere entrambi, che ha fatto capire loro come va il mondo… Forse in modo totalmente diverso, ma ha contribuito a renderli ciò che sono.

E questo ha dimostrato che anche William, lo Scorpione, è umano. Ha sempre cercato di non esserlo, di far vedere quanto fosse perfetto, nato e cresciuto fra ricchezza e potere. Ha vissuto seguendo solo le sue regole, convinto di poter ottenere tutto, in un modo o nell’altro. E alla fine ha capito che ci sono cose che non può comprare: il cuore delle persone. E il resto, si è visto.

Mi chiedo ora cosa pensiate di lui. Personalmente l’ho sempre pensato come un personaggio ricco di fascino, anche se, per così dire, rappresentava il “cattivo”. E non credo che in fondo lo sia davvero così tanto: qual cosina di buono c’è anche in lui, e lo ha dimostrato facendosi vedere così umano da Irina. Non ha accettato la sua richiesta di lasciare stare Xander, ma le aveva comunque offerto qualcosa. E alla fine credo che sia meglio di niente.

Dopo questo lungo discorsone, penso che vi siate fatti un’idea ben precisa di William, e se me la volete esporre sono contenta di leggerla. Altrimenti, continuate ad apprezzare in silenzio! ^.^

 

 

Kicici: ciao! Si, forse potresti aver ragione: tutto il discorso di William potrebbe essere scontato, ma credo che non lo sia. In fondo, è difficile entrare nella sua testa, e non penso sia proprio immediato pensare che la ami davvero. Visto da fuori ritengo sia più propenso pensare che la sua sia solo possessione. E su quello che mi hai suggerito, come vedi ci avevo già pensato: William ha totalmente ceduto e ha detto tutto a Irina, in un modo tutto suo. E non l’ha ancora uccisa, come speravi. Vedrai come si evolverà la situazione, e stai pur certa che il lieto fine ci sarà. Sono cattiva, ma non fino a questo punto! Un bacio e grazie per la recensione!

 

CriCri88: forse non sei l’unica sostenitrice di William, lo sai? Sembra che il tenebroso cattivone abbia un certo fascino, perché ci sono altre lettrici che lo adorano ( e in fondo nemmeno io lo disprezzo poi tanto! ). Per il resto, sì, è interessante entrare nella sua testa: poveraccio, è davvero innamorato di Irina, ma ha sbagliato davvero tutto con lei. Talmente tanto da non riuscire a ucciderla e a domandarle una scusa per non farlo… Immagino ormai che tu lo abbia preso a cuore per davvero, dopo questo capitolo. Si è dimostrato più umano di quanto abbia mai dimostrato. E nei prossimi cap dovrò tormentarlo ancora un po’, ma dopo è tutto tuo! Un bacio grande e grazie per le recensioni!

 

Marty_odg: ti ringrazio. In effetti, non volevo rendere William il solito personaggio cattivo e “piatto”: l’ho studiato bene prima di dargli un volto, perché doveva essere in qualche modo affascinante, attraente nella sua “cattiveria”. E ti capisco quando mi dici che preferisci Xander: lui è tutta un’altra cosa, e io lo adoro! Anche Jess mi è simpatico, anche se ha un ruolo non molto centrale. Ti ringrazio ancora! Un bacio!

 

Baby_birba: e sì, questa volta l’ho “pretesa”! Ti ringrazio per aver raccolto il mio invito minaccioso! Non ti preoccupare, non sei l’unica fan di William: ci sono un sacco di lettrici che stravedono per lui! E’ un gran bastardo, ma davvero un fascino magnetico (ed era mia intenzione che venisse così). Come vedi, ti ho accontentata: anche qui c’è il suo Pov, e alla fine credo sia meglio del primo! Fammi sapere, eh! Un bacio e grazie ancora!

 

EmilyDoyle: uhm, decisamente sei una che non ha subito il fascino dello Scorpione. Dai, in fondo è solo un po’… antipatico. Lo so, non è proprio in grado di capire, quando ci si mette, ma quando ti dico che ama Irina, lo dico per davvero. E’ proprio cotto, ma non è abituato a sentirsi dire no, e la cosa lo rende poco simpatico. In ogni caso, continua a seguirmi! Un bacio!

 

 

 

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Capitolo 35
*** Capitolo XXXV ***


Capitolo XXXV

Capitolo XXXV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.20 – Barstow

 

William fissò Thile senza battere ciglio, gli occhi spalancati. Rimase paralizzato dov’era, la pistola ancora puntata su Irina, il dito sul grilletto.

 

<< Come è possibile? >> disse solo.

 

<< C’è un telefono vicino a noi che sta chiamando… >> rispose Thile, << Me ne sono accorto perché c’era un’interferenza… Qualcuno… Qualcuno ci ha traditi >>.

 

<< Spiegati >> ringhiò lo Scorpione.

 

<< Credo che qualcuno abbia utilizzato un cellulare per chiamare Went e abbia lasciato la telefonata aperta per consentirgli di trovarci >> disse velocemente Thile, << L’interferenza proviene da questa casa, quindi è stato uno di noi… >>.

 

William passò in rassegna tutti, l’espressione furiosa. Digrignò i denti, quasi aspettandosi che il colpevole si palesasse. Irina spalancò gli occhi, stupita, e guardò i presenti per capire chi potesse essere stato. Un altro tradimento era inconcepibile, per William.

 

Lo Scorpione abbassò la pistola e si avvicinò al tavolino. Trasse un paio di respiri come a volersi calmare, poi disse, a bassa voce: << Sono stufo di questa storia… Se doveva andare così, allora deciderò io come dovrà finire… >>.

 

Alzò lo sguardo su Irina, e ghignò malignamente. Poi si rivolse a Dimitri: << Went starà venendo qui, ora che sa dove ci troviamo… Lo sfido. Lo sfido e lo ammazzo. Gli vado incontro e lo faccio fuori. Nel frattempo preparatevi a scappare… Finché non torno, sei tu che dai gli ordini, chiaro? >>.

 

Il russo annuì in silenzio, poi gettò un’occhiata a Irina. William si abbassò di nuovo su di lei, ma questa volta non c’era dispiacere nei suoi occhi. Solo odio profondo.

 

<< Ti avevo offerto un’ultima possibilità, bambolina >> disse, e si rialzò. << Ho un piano ben preciso, ma se non dovessi tornare entro quattro ore, uccidetela >> aggiunse, rivolto a Dimitri.

 

<< William, ti prego, non lo fare! >> gridò Irina, << Lascialo stare! Uccidi me, piuttosto. E’ per colpa mia che è andata così… >>.

 

Lo schiaffo dello Scorpione la zittì subito, lasciandola stordita. Era troppo per il suo corpo ormai esausto e per la sua anima lacerata.

 

<< Preoccupati per te stessa, puttana! >> le sibilò addosso, << Hai le ore contate come lui… Prega che non faccia male >>.

 

Irina lo guardò, le lacrime che le rigavano le guance ormai rosse. Sentì la disperazione sopraffarla all’idea che Xander stesse venendo a cercarli. Era l’unica cosa che gli aveva chiesto, l’unica speranza che aveva conservato: almeno lui doveva sopravvivere. Non importava che lei ci andasse di mezzo, visto che aveva sempre saputo che le cose sarebbero andate a finire in quel modo.

 

Xander non doveva morire, perché altrimenti lei sarebbe morta due volte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.30 – Los Angeles

 

Xander uscì dal garage, tirando le marce della Ferrari fino a sentire il motore ruggire al massimo. Imboccò la strada a tutta velocità, superando l’incrocio con il semaforo rosso, ignorando persino i suoni dei clacson.

 

<< Sto andando là >> disse, al telefono, << Voglio quell’elicottero il prima possibile sulla zona. Non possono scapparci di nuovo, perché non avremo altre possibilità… >>.

 

<< Vedrò cosa posso fare >> disse McDonall, << Sto richiamando le unità disponibili per farle convergere verso Barstow… >>.

 

<< D’accordo, ma fate il prima possibile >>.

 

<< Agente, ha idea di chi possa aver tradito Challagher? >> chiese McDonall.

 

<< No >> rispose Xander, << Ma potrebbe essere stato Fowler… Forse il suo tradimento era solo una copertura per arrivare davvero vicino a Challagher… Avrebbe senso, immagino. In ogni caso, lo scoprirò quando sarò lì >>.

 

Salutò il Vicepresidente e lanciò il telefono sul cruscotto, seguendo le indicazioni del navigatore, che segnava duecentocinquantadue chilometri alla meta. Imboccò l’autostrada e sentì il cellulare squillare di nuovo.

 

Questa volta era Challagher.

 

<< Ok, Went >> disse lo Scorpione, << Sei stato molto fortunato… Adesso, se non vuoi che succeda niente alla tua bambolina, ci troviamo al casello di Victorville, ok? Facciamo quella gara che avremmo dovuto fare mesi fa >>.

 

Al suono della sua voce, Xander sentì la rabbia montare. << D’accordo, Challagher. Sto arrivando >> disse solo.

 

Era così che doveva andare: solo loro due a regolare quella storia che era iniziata per una cosa e che finiva per una persona. La stessa che li aveva fatti incontrare, e la stessa che li aveva messi l’uno contro l’altro. Se battere Challagher sul suo stesso terreno era l’unico modo per riportare Irina a casa, avrebbe fatto anche quello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Barstow

 

Irina singhiozzò un’ultima volta, appoggiando la testa alla parete. Ogni volta che respirava aveva male al petto, oltre che al cuore. William l’aveva lasciata lì per terra, in mezzo al soggiorno, sotto lo sguardo dei suoi amici in modo che la controllassero a vista, le mani legate come se avesse qualche possibilità di scappare.

 

<< Finiscila di piangere, porca puttana… >> ringhiò Hanck, infastidito dalle sue lacrime. Sbuffò e poggiò i piedi sul tavolino, guardando Josh in cagnesco. Da quando William se n’era andato, tra loro era regnata un’atmosfera piuttosto tesa: chi fosse il traditore era destinato a fare una brutta fine, appena lo Scorpione avesse scoperto chi fosse.

 

Irina non gli diede retta, e continuò a singhiozzare, sempre più disperata. Ogni secondo che passava, William si avvicinava sempre di più a Xander

 

Qualche minuto dopo, sprofondò nell’apatia, esausta e senza più nessuna forza. Smise si piangere e si lasciò andare su quel muro freddo e duro, sperando che saltasse tutto, che Xander in realtà stesse bluffando

 

Dimitri rientrò nella stanza, lo sguardo gelido che percorse i presenti con singolare rabbia, per poi soffermarsi su di lei. Indugiò sul suo volto, tanto da spaventarla. Poi si voltò di scatto e guardò tutti gli altri.

 

<< Tenetevi pronti a partire in qualsiasi momento >> disse, distaccato, << Non dobbiamo lasciare nessuna traccia di noi, in questa casa, chiaro? >>.

 

Si sedette sul divano, mentre Hanck e Josh si guardarono tra di loro, a disagio.

 

<< Chi è che ci ha traditi? >> chiese Hanck.

 

Tutti gli sguardi si puntarono in automatico su Michael, seduto sulla sedia che fino a poco prima era stata occupata da Irina. Lui li guardò male.

 

<< Che cazzo volete da me? >> ringhiò, << Non sono mica così coglione… >>.

 

Irina abbassò il capo, disinteressata alla conversazione. Non le importava chi di loro avesse contribuito a dare una mano a Xander, perché voleva solo sparire e dimenticarsi di tutto. Non li ascoltò parlare tra di loro su un eventuale doppiogiochista, di come potevano fare per dirigersi il più velocemente all’aeroporto e scappare senza troppi problemi. Aveva un solo chiodo fisso che le impediva persino di perdere i sensi: Xander.

 

E se fosse morto? Cosa avrebbe fatto lei? Sarebbe impazzita di dolore, per poi fare la sua stessa fine… Oppure per dispetto William l’avrebbe lasciata in vita, prolungando a tempo indeterminato la sua agonia?

 

“Ti prego, Xander, vattene, scappa il più lontano possibile… Non voglio che tu muoia per colpa mia…”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

William salì sulla Pagani Zonda nera, il sedile avvolgente che lo accolse alla perfezione. Infilò le chiavi nel nottolino con violenza, e premette la frizione.

 

Con un vero e proprio grido, il motore da seicento cavalli della Zonda si accese, inondando il garage con un rumore assordante. Solo a quel punto lo Scorpione riguadagnò un po’ di calma.

 

Sorrise sentendo la pelle liscia del volante sotto le mani, le spie colorate accese sul cruscotto in carbonio. Amava quell’auto, la amava alla follia: era spropositata, cattiva, unica e spaventosa, esattamente come lui. Forse per quel motivo Irina l’aveva sempre odiata e ne aveva paura, proprio come chiunque se l’era ritrovata contro.

 

Accese i fari a led e fece retromarcia, il motore che sibilava al minimo della sua potenza. Uscì lentamente dal garage e si diresse verso l’autostrada, l’abitacolo invaso dal silenzio. In quell’auto fatta per correre non c’era nemmeno la radio.

 

Aveva desiderato decine di volte di usare la Zonda per far vedere a Went di che pasta era fatto. Nemmeno una Ferrari poteva fargli paura, nemmeno se si trattava della 458 Italia potenziata dello sbirro dell’F.B.I..

 

Gettò uno sguardo alle due pistole cariche e pronte a sparare che giacevano sull’altro sedile vuoto. Una era quella che aveva sottratto a Irina, la stessa che voleva utilizzare per ucciderla…

 

Strinse il volante rendendosi conto che non era riuscito ad ammazzarla. Come uno stupido era caduto di nuovo, aveva pregato di riuscire a trovare una scusa per non eliminarla… Era caduto così in basso da chiederle di amarlo anche per finta, piuttosto di saperla con lui…

 

Fece una smorfia. No, Irina doveva morire. Insieme a Went.

 

E se lui non era in grado di ucciderla, lo avrebbe fatto qualcun altro al posto suo.

 

Il russo, l’unica persona di cui si fidava veramente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Autostrada, Casello di Victorville

 

Xander fermò la Ferrari al casello deserto. L’unica persona che c’era era il casellante, che gli rivolse una occhiata incuriosita quando lo vide accostarsi poco prima dell’uscita, a lato della carreggiata. In effetti, in una cittadina così piccola come Victorville, non doveva vedersi molto spesso una Ferrari come la sua.

 

Controllò la spia del carburante per accertarsi di avere benzina a sufficienza, poi scese dall’auto e si guardò intorno. L’unico segno di vita erano i due lampioni accesi che illuminavano l’ingresso dell’autostrada. Un paio di anonime utilitarie scure entrarono e uscirono, rallentando solo per gettare una fugace occhiata alla macchina. 

 

Challagher aveva intenzione di farlo aspettare, evidentemente. Le coordinate che erano segnate sul navigatore dicevano infatti che mancavano circa cinquanta chilometri alla meta, e sicuramente lo Scorpione non poteva metterci così tanto. Farlo attendere faceva parte della sua strategia, ma a Xander non faceva alcuna impressione.

 

Aveva la tentazione di andarsene e raggiungere direttamente Barstow, lasciando Challagher ad aspettarlo lì, ma sapeva che lo Scorpione aveva sicuramente studiato il suo piano, ed era meglio non rischiare. Doveva stare al gioco ancora un po’, nella speranza di capire cosa avesse in testa. C’era la vita di Irina in mezzo, e le precauzioni non erano mai troppe.

 

Finalmente, mezz’ora dopo, iniziò a sentire il grido lacerante di un motore, e la Zonda spuntò all’ingresso dell’autostrada, i fari accesi nella notte. Bassa, nera e assolutamente estrema, Xander vide per la prima volta l’auto che aveva reso famoso lo Scorpione per la sua spietatezza. La sbarra del casello si alzò per farla passare, con l’addetto che sembrava avere gli occhi fuori dalle orbite. Quatta come un felino, la Zonda si fermò di fianco alla Ferrari.

 

Alla vista di Challagher, l’istinto di Xander gli gridò di prenderlo per il collo e sparargli, senza pensare alle conseguenze. Era intollerabile averlo davanti sapendo quello che era successo a Irina, vedere la sua espressione di trionfo e di derisione.

 

<< Buonasera Went >> disse serafico lo Scorpione, scendendo dall’auto con una pistola in mano.

 

Non aveva perso la sua solita baldanza, e Xander avrebbe tanto voluto riempirlo di botte. “Sta calmo” pensò, Sta calmo… Niente colpi di testa, o finisce tutto a puttane…”.

 

<< Hai finalmente avuto il coraggio di far vedere la tua faccia… >> ringhiò, estraendo anche lui la pistola. Non era stato così stupido da venire disarmato.

 

William ridacchiò. << E tu la tua, agente Went >> disse, << Sei pronto? Sfida secca: chi arriva prima al casello vince tutto >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiata. << Le condizioni? >> disse, << Perché immagino che ci siano… >>.

 

William sorrise. << Infatti. I miei hanno l’ordine di uccidere Irina se non mi vedranno tornare entro le prossime due ore, e lo stesso vale se si vedranno arrivare gli sbirri a casa. Quindi, non provare ad arrestarmi o a fregarmi in qualunque modo, perché c’è in gioco la vita della tua cara Irina. Il minimo sgarro e non ti rimarrà che trovarle una tomba >>.

 

“Maledetto” pensò Xander. Aveva escogitato davvero un bel piano. Che lui avesse vinto o perso non cambiava: lo Scorpione aveva sempre la situazione in mano.

 

<< Di ai tuoi di non farsi vedere >> disse William, << Digli che non devono nemmeno avvicinarsi a quella casa, altrimenti la ragazza muore… Sono armati quanto voi, e decisamente più spietati >>.

 

Xander lo guardò: si stava divertendo come un matto a farli impazzire, e a far soffrire lui. Ma non aveva idea di quello che lui era in grado di fare quando perdeva la pazienza…

 

Prese il cellulare e chiamò Jess.

 

<< Jess >> disse, << Ascolta. Fai fermare tutte le unità. Finché non ricevete la mia chiamata, non fate assolutamente nulla. Dillo a McDonald: niente movimenti finché non vi do io il via libera >>.

 

<< Perché? >> fu la sola domanda di Jess.

 

<< Chiudo la partita >> rispose Xander, << E chi vince prende tutto>>.

 

Jess tacque un momento, poi disse: << Non fare cazzate, Xander. Non è facendoti ammazzare che la aiuterai… Cerca di essere prudente, ok? >>.

 

<< Certo >>.

 

Chiuse la telefonata e guardò Challagher, in piedi a pochi metri da lui, l’espressione divertita.

 

Era stato estremamente furbo. La gara gli serviva per impedirgli di arrivare a Irina, e lo costringeva a vedersela prima con lui. Era sicuro che la sua intenzione era quella di ammazzarlo alla prima occasione, e gli impediva di fare sul serio con la minaccia di uccidere Irina. A quel punto, vincere o perdere non aveva alcuna differenza: la situazione rimaneva sempre in mano allo Scorpione.

 

Risalì in macchina e lui e lo Scorpione si posizionarono davanti al casello, fianco a fianco. Dallo specchietto vide il casellante guardarli con aria preoccupata: doveva aver capito a cosa si trovava davanti, ma anche se chiamava la polizia nessuno sarebbe intervenuto. L’ordine di attendere lo aveva dato proprio lui.

 

Vide Challagher abbassare il finestrino, il cellulare in mano. Lo portò all’orecchio e disse: << Dimitri, se non mi vedi tornare entro un’ora e mezza, uccidi Irina, chiaro? Uccidila e digli che Went la raggiungerà il più presto possibile >>.

 

Xander strinse il volante, e attese che lui posasse il telefono sul sedile dell’auto.

 

<< Pronto, agente Went? >> chiese, sardonico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.40 – Barstow

 

Irina vide Dimitri chiudere il telefono cellulare, e poi lo gettò sul divano. Nessuno osò dire niente, perché tutti sapevano cosa stava per fare William.

 

Michael gettò un rapido sguardo al russo, poi tornò a fissare lei, come aveva fatto nella mezz’ora precedente. Irina lo aveva ignorato, troppo presa da se stessa per cogliere le sue occhiate languide.

 

<< Smettila di guardarla >> ordinò Dimitri all’improvviso, attirando l’attenzione di tutti.

 

Michael si voltò verso di lui. << Non accetto ordini da te, russo >> ribatté, scontroso, << Faccio quello che mi pare >>.

 

Dimitri sembrò arrabbiarsi, ma rimase gelido come sempre. << Continua a guardarla e ti pianto una pallottola in testa, chiaro? >> disse.

 

Michael si alzò di scatto. << Minaccia qualcun altro, russo… Immagino abbiate giocato un po’ tutti con lei no? Tanto la dobbiamo ammazzare, posso anche approfittarne anche io, mi pare >>.

 

Negli occhi grigi di Dimitri passò una scintilla. Afferrò la pistola che teneva in tasca e si diresse verso Irina, sempre seduta per terra in un angolo del soggiorno.

 

<< Alzati >> disse.

 

Irina non si mosse, perché non né aveva l’intenzione né la forza. Lo guardò spaventata, accorgendosi che Dimitri era più turbato del solito. Il russo gettò un’occhiata a Michael, poi si abbassò e la tirò su di peso, trattenendola quando le gambe le cedettero. La prese rudemente in braccio e la portò verso la cucina.

 

<< Ehi, che stai facendo? >> chiese Hanck.

 

<< Sta zitto e fatti i cazzi tuoi >> ribatté Dimitri, chiudendosi la porta della cucina alle spalle.

 

Lasciò Irina sulla sedia, in preda al panico. Forse voleva ucciderla sul serio, questa volta. Forse voleva prendersi qualche rivincita su di lei…

 

Il russo le rivolse un’ultima occhiata, poi tirò fuori da un cassetto un paio di forbici. Si avvicinò, gli occhi di ghiaccio, e la aggirò con una strana espressione sul viso.

 

Un attimo dopo, Irina sentì i polsi più liberi, e si chiese se per caso stesse sognando. Il russo gettò a terra il nastro adesivo nero che William aveva usato per legarle le mani, poi la aggirò di nuovo e aprì il congelatore. Ne tirò fuori del ghiaccio che mise rapidamente in un sacchetto e che le porse.

 

Irina rimase a guardarlo senza capire, certa di aver perso qualcosa. Dimitri la fissò senza dire una parola, gli occhi grigi inespressivi.

 

<< Mettiteli sui polsi >> disse alla fine, quasi la considerasse un’idiota.

 

Irina prese il ghiaccio, titubante, aspettandosi una reazione violenta da un momento all’altro. Il russo si voltò di scatto, proprio mentre qualcuno entrava nella stanza.

 

<< Ehi! Che ti passa per la testa? >> chiese Michael, lo sguardo su Irina. Quando si accorse che aveva le mani slegate disse: << Perché l’hai liberata? >> domandò.

 

Dimitri tirò fuori un bicchiere, e mescolò qualcosa dentro, poi guardò Michael. << E’ solo una ragazza…  Hai paura che ti aggredisca? >>. Lo disse con un tono piuttosto sprezzante, come se volesse far capire a entrambi che valevano meno di zero, come aveva sempre pensato.

 

Irina appoggiò delicatamente il ghiaccio sui polsi ormai sanguinanti, senza capire cosa stesse succedendo. Michael continuava a guardarla con insistenza, gli occhi piantati su di lei.

 

<< Bevi questo >> disse Dimitri, secco, avvicinandole il bicchiere.

 

Irina lo guardò interrogativa e spaventata: non capiva cosa avesse in testa, ed era uno che le aveva sempre messo un po’ di soggezione. William non l’aveva mai uccisa perché aveva un debole per lei, ma Dimitri l’aveva sempre detestata, e non si sarebbe fatto problemi a farle del male. 

 

<< E’ acqua e zucchero >> spiegò il russo, innervosito, << Bevi, prima di svenire completamente >>.

 

Irina prese il bicchiere, incerta. Dimitri aveva qualcosa che non andava, non era difficile capirlo. Annusò il contenuto e bevve un piccolo solo, sentendo il sapore dolce sulla lingua. Si accorse che il russo la stava fissando, lo sguardo che indugiava sul suo collo, il livido bluastro che pulsava dolorosamente.

 

Con un gesto secco girò il capo verso Michael, anche lui gli occhi puntati su di lei. I due si guardarono un’istante in completo silenzio, le espressioni minacciose. All’improvviso Dimitri afferrò la pistola e si avviò verso il soggiorno, continuando a fissare Michael.

 

<< Non la toccare, chiaro? >> lo minacciò, la voce bassa e roca, << Se ti avvicini ti ammazzo, ci siamo capiti? >>.

 

Irina posò il bicchiere ora vuoto e guardò il russo con tanto d’occhi. Era impazzito? Da quando gli interessava la sua incolumità? Anche Michael sembrava pensare la stessa cosa, perché spalancò gli occhi, ma non aggiunse nulla.

 

Dimitri ritornò un paio di minuti dopo, lo sguardo di ghiaccio e una maglia scura in mano. La porse a Irina e disse: << Mettitela >>.

 

La ragazza rimase di sasso. C’era qualcosa che davvero non quadrava… Prese titubante la maglia e continuò a guardare il russo, ma notò che i suoi occhi grigi evitarono i suoi. Le fece cenno di infilarsela, e si voltò verso la vetrata.

 

Irina lasciò che il maglione le ricadesse sulle spalle scoperte, troppo grande per lei e con inconfondibile profumo maschile addosso. Non capì il gesto di Dimitri, ne perché si stesse comportando in quello strano modo. Si rese solo conto che rappresentava un aiuto, in quella situazione.

 

<< Cosa significa? >> domandò all’improvviso Michael, facendo un cenno verso di lei, << Perché lo hai fatto? >>.

 

Dimitri si voltò verso di lui, lo sguardo truce. << William la vuole morta, ma non adesso >> rispose, << Vuole che la uccidiamo, ma non prima del tempo. E se lui torna qui e la trova morta quando non ci ha ancora chiesto di eliminarla, siamo noi ad essere finiti. Ti è chiaro, il discorso? >>.

 

Michael lo guardò, perplesso. E anche Irina, aiutata dallo zucchero, capì che il discorso del russo non era proprio corretto… Cosa significava tutto quello? Tanto la dovevano ammazzare, cosa serviva che rimasse viva ancora per un po’?! Le parole dello Scorpione erano state chiare: prima o poi l’avrebbero uccisa, cosa cambiava se prima o dopo?

 

<< Vattene di là con gli altri >> disse Dimitri, rivolto a Michael, << E non rientrare in questa stanza per nessun motivo. Tenetevi pronti a scappare, se è necessario >>.

 

Michael gli rivolse un’occhiataccia, ma obbedì e uscì. Irina rimase in silenzio, senza sapere bene cosa comportarsi. Si sentiva un po’ meglio, ma aveva comunque paura.

 

<< Dimitri… >>.

 

Il russo le fece cenno di tacere, e si accese una sigaretta. Aspirò un paio di boccate e poi la guardò, in piedi, gli occhi grigi che continuavano a rimanere imperscrutabili. La squadrò come per valutare le sue condizioni, poi si appoggiò contro la parete.

 

<< Hai fame? >> chiese, la voce roca.

 

Irina rimase interdetta. << No… >> rispose solo, perché al momento la fame era l’unica cosa che non sentiva, anche se erano giorni che non mangiava un pasto come si deve.

 

Guardò di sottecchi il russo, pronta a una sua qualsiasi reazione. Doveva avere in mente qualche strano piano.

 

<< Perché… Perché mi hai slegato? >> chiese, la voce flebile.

 

<< Se preferisci che ti lego di nuovo, ti accontento >> ribatté Dimitri.

 

Irina tacque. Si guardò i polsi lacerati e sanguinanti, e poi gli gettò un’altra occhiata. Sembrava tranquillo. Voleva fargli qualche altra domanda, ma sapeva che il russo non era conosciuto per la pazienza. Oltretutto, stava ancora pensando che Xander stava rischiando la vita…

 

<< Hai fegato, Irina >> disse all’improvviso Dimitri.

 

Lei lo guardò. << Quanto tempo aspetterete prima di ammazzarmi? >> ringhiò.

 

Dimitri fece una smorfia. << Abbastanza da essere sicuro di doverti uccidere >> rispose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.45 – Autostrada, Casello di Victorville

 

L’autostrada per fortuna era deserta, ma con il buio la visibilità era scarsa. Xander guardò William dall’altra parte, il finestrino ancora abbassato, il sorriso sardonico che non aveva abbandonato il suo volto.

 

<< Dimmi Went >> disse, divertito, << Per cosa stai gareggiando? Per arrestare me, oppure per lei? Sono curioso… Glielo dirò, prima di ucciderla… Così saprà quanto è stata stupida a fidarsi di te, e a pensare che potessi fermarmi >>.

 

Xander sorrise, nascondendo tutta la rabbia che aveva in corpo. << E tu per cosa gareggi? >> ribatté, << Perché sei terrorizzato dall’idea che ti possa seguire per il resto dei tuoi giorni per farti patire le pene dell’inferno, o perché ti rode che per te Irina non abbia mai provato altro che disprezzo? >>.

 

Il sorriso sparì dal volto di Challagher. << Fottiti Went >> sibilò, << Non ho paura di te >>.

 

Xander gli rivolse un’occhiata di fuoco. << Allora non mi conosci abbastanza >> disse.

 

Con uno scatto bruciante, William partì senza attendere il via e prendendolo in contropiede. Lui lo seguì a ruota, premendo a fondo l’acceleratore e facendo schizzare avanti la Ferrari, il rombo del motore che invadeva l’abitacolo e gli pneumatici che fischiavano sull’asfalto.

 

In un attimo, si rese conto di quanto la Zonda fosse potente, e di quanto era stato bravo il meccanico che aveva modificato la Ferrari. Le due auto raggiunsero in una manciata di secondi una velocità incredibile, i motori che gridavano tutta la potenza dei loro cavalli. Erano nate per correre e lo sapevano dimostrare.

 

La Zonda superò a destra un’utilitaria grigia, e la Ferrari fece altrettanto a sinistra, evitando per un soffio la fiancata dell’auto. Si ritrovarono uno dietro l’altro, incolonnati per evitare una serie di grossi tir, illuminati a giorno dalle luci bianche e rosse ai lati.

 

Superata la colonna, Xander si affiancò allo Scorpione, accelerando e tentando il sorpasso. La Zonda però fece altrettanto, il muso nero che rimaneva a filo del suo, i fari che illuminavano la strada davani a loro.

 

Poi, senza preavviso, Challagher lo speronò tentando di mandarlo fuori strada. Si spostò appena in tempo per evitarlo e accelerò, sentendo la rabbia che montava. Era il segnale che aspettava per iniziare davvero a fare sul serio, per mostrare allo Scorpione che quando si incazzava era pericoloso quanto lui.

 

Sterzò e le fiancate delle auto strisciarono l’una contro l’altra mandando scintille. Si staccarono solo per evitare un’auto davanti a loro, poi tornarono a correre a velocità folle. La Ferrari toccò il posteriore della Zonda, cercando di mandarla in testa coda, ma Challagher riuscì a evitarlo e inchiodò, costringendolo a una manovra diversiva. Fianco a fianco, si lanciarono un’occhiata carica d’odio, poi fu Xander ad andargli addosso con tutta la violenza di cui era capace. Lo specchietto della Ferrari volò via in una nuvola di scintille.

 

Il piano dello Scorpione gli impediva qualsiasi mossa avventata, ma non per questo lui era disposto a lasciarlo vincere. Se voleva riportare a casa Irina, c’era una sola cosa che poteva e voleva fare: ucciderlo. Doveva portare a termine la gara prima del previsto, rendere Challagher inoffensivo e raggiungere Barstow in meno tempo possibile, altrimenti rischiava di non avere più possibilità di salvare Irina.

 

Era un piano avventato, ma era l’unica alternativa che aveva. Mettere a rischio la propria vita non era un problema, quando Irina lo aveva fatto diverse volte per lui. Era sempre stata più preoccupata per lui che per se stessa, e fare altrettanto era il minimo. E poi, aveva un motivo in più per voler rischiare così tanto: l’idea di non rivederla più era intollerabile, soprattutto quando era stato così stupido da metterla in quella situazione.

 

La Zonda si spostò a sinistra, stringendolo verso lo spartitraffico e sperando di farlo schiantare contro i piloni di cemento. Un paio di auto si spostarono rapidamente di lato, spaventante dallo loro velocità e aggressività.

 

Xander inchiodò, passò dietro alla Zonda e la superò a destra, tentando la stessa mossa. Ma dovette rinunciare, perché fu costretto a un repentino cambio di direzione dovuto a un furgone che viaggiava decisamente più lento di loro.

 

L’autostrada era discretamente trafficata, ma i pochi civili che viaggiavano rappresentavano un pericolo per entrambi, oltre che per se stessi. Xander avrebbe cercato di evitare incidenti, ma non poteva dirsi lo stesso per lo Scorpione. Challagher aveva intenzione di ucciderlo, e per farlo non si sarebbe fatto alcuno scrupolo. Forse poteva provare a chiamare McDonall e chiedergli di far chiudere l’autostrada…

 

In quell’attimo di distrazione, Challagher ne approfittò per provare a spingerlo lungo la corsia di emergenza, senza riuscirci. Rapidissimo, sgusciò tra un paio di utilitarie e accelerò sperando di staccarlo, o forse con un piano ben congegnato in mente.

 

Xander gli rimase attaccato, continuando a vedere davanti a sé i fari rotondi della Zonda. Per quanto la Pagani andasse forte, la Ferrari non era da meno, e lui non aveva alcuna intenzione di rallentare. Se credeva di spaventarlo costringendolo a correre a quelle velocità, lo Scorpione si sbagliava di grosso. Se c’era una cosa di cui non aveva paura, era proprio quella di rischiare.

 

240, 260, 280, 300 km/h… In pochi attimi, le barriere laterali dell’autostrada si trasformarono in un’unica linea argentata, le luci delle altre auto nebulose e sfocate.

 

Era da folli correre a quella velocità in mezzo ai civili, ma entrambi avevano abbastanza esperienza da riuscire a evitare le altre auto, ed erano abbastanza fuori di testa per non rendersi conto del pericolo che stavano correndo.

 

Si affiancarono l’uno all’altro, approfittando del fatto che l’autostrada andava svuotandosi. Xander riuscì a vedere lo sguardo divertito dello Scorpione, le mani strette sul volante, un lieve ghigno sul volto. Lo stava incitando a continuare.

 

Xander premette ancora di più l’acceleratore, la lancetta del contagirini che si avvicinava inesorabilmente alla zona rossa, quella del tachimetro che superava i 300. Stava raggiungendo il limite, ma la Zonda sembrava averne più della Ferrari.

 

Un attimo dopo, Xander capì il piano dello Scorpione: portarlo ad una velocità estrema, per poi farlo sbandare e coinvolgerlo in un incidente che sarebbe risultato sicuramente mortale. Digrignò i denti e si spostò leggermente a destra, abbastanza distante da poter evitare una mossa repentina di Challagher.

 

Lo Scorpione capì che aveva intuito la sua idea, così rallentò leggermente e si avvicinò, quasi non volesse farsi vedere. Xander strinse il volante e lo superò con uno scatto repentino, portandosi a sinistra.

 

Qualcosa di nero gli sfrecciò di fianco, poi un piccolo furgoncino bianco sbandò di lato e perse il controllo. In un attimo, si ribaltò su se stesso proprio davanti alla Ferrari, mentre la Zonda si dileguava di lato.

 

Con una sterzata brusca, Xander riuscì a evitare il furgone, e guardò nello specchietto altre due auto inchiodare di colpo, dando il via a una serie di tamponamenti a catena. Riuscì appena a sentire i colpi di clacson, coperti dal motore della Ferrari.

 

Accelerò e raggiunse la Zonda. Un cartello giallo che dava indicazioni cadde a terra per lo spostamento d’aria, quando gli passarono di fianco a velocità assurda.

 

Challagher approfittò dello stupore di Xander per l’incidente, e lo strinse di lato, toccandogli la fiancata. Lo specchietto esterno si agganciò a ciò che rimaneva di quello della Ferrari, le scintille che volavano per terra dietro di loro.

 

Xander cercò di spostarsi, ma si ritrovò chiuso tra la Zonda e lo spartitraffico centrale dell’autostrada. Gettò un’occhiata a Challagher, divertito per il suo giochetto, e guardò avanti.

 

Lo specchietto sinistro cozzò contro lo spartitraffico, la fiancata che strisciava contro il cemento. Un istante dopo, Xander si accorse che proprio davanti a lui, a circa cinquecentro metri, segnalato da un grosso cartello giallo, c’era un restringimento della carreggiata… E lui ci stava andando proprio addosso.

 

Riuscì a cogliere il ghigno perverso che si dipinse sul volto di Challagher, quando si rese conto che aveva capito. Lo aveva imprigionato in quel modo per evitargli ogni via di fuga e farlo schiantare contro il pilone di cemento.

 

C’era solo un modo per uscire da quella situazione, e Xander lo individuò due secondi dopo, proprio alla sua sinistra: un’interruzione dello spartitraffico centrale, usata di solito durante i lavori lungo l’autostrada o per le emergenze e che collegava con la carreggiata di fianco, quella che andava nella direzione opposta.

 

“Adesso ti frego io, figlio di puttana”.

 

Appena fu in vista dell’apertura, sterzò a sinistra e si infilò nella corsia opposta, a pochissimi metri dal pilone di cemento, lanciandosi dall’altra parte con la muta preghiera di non incrociare nessuno.

 

In un attimo, si ritrovò contromano e a folle velocità sulla corsia opposta dell’autostrada. Incrociò un paio di auto che proseguivano nella direzione opposta e che suonarono il clacson alla sua vista, ma per fortuna erano della corsia più esterna, fuori dalla sua portata.

 

Era la mossa più azzardata e pericolosa che Xander avesse mai fatto, e si se ne rese conto subito. Percorse altri cinquecento metri in contromano, gli occhi puntati avanti per evitare chiunque gli si fosse parato davanti.

 

Gli bastarono pochi secondi per arrivare alla seguente apertura dello spartitraffico, abbastanza per fargli venire in mente un’idea… Riuscì a vedere i fari della Zonda brillare dall’altra parte, proprio alla sua destra. Con un colpo brusco, infilò l’apertura dello spartitraffico e ritornò sulla corsia giusta, ritrovandosi di fianco Challagher.

 

Forse Challagher rimase sorpreso dalla sua mossa, perché non riuscì a evitare la Ferrari, quando Xander gli andò addosso, sperondandolo a tutta velocità nella fiancata.

 

La Zonda sbandò violentemente, gli pneumatici fischiarono sull’asfalto, le ruote che avevano perso la loro presa. Challagher non riuscì a riprendere il controllo, e schiacciò a fondo i freni nella speranza di fermarsi, ma sbandò ancora e si girò su se stessa. Pattinò per un centinaio di metri, girata in diagonale lungo la strada, il fumo che usciva dalle ruote bloccate, poi, con un fragoroso boato, andò a sbattere contro il guard-rail dell’autostrada.

 

Pezzi di carrozzeria e vetri volarono in aria, mentre la Zonda continuava la sua corsa senza controllo lungo il lato della strada, le lamiere che si piegavano per l’urto.

 

Xander inchiodò di colpo, mentre la Pagani nera si fermava con il muso distrutto e i vetri spaccati a un centinaio di metri da lui. La raggiunse, accendendo le quattro frecce per evitare che qualcuno potesse venirgli addosso, per poi guardare nello specchietto retrovisore: dietro di lui, la strada era vuota.

 

Fermò al Ferrari e scese di corsa, per vedere da vicino la scena. La Zonda era distrutta, il parabrezza completamente spaccato, l’alettone a qualche metro da loro. Gli airbag davanti, visibili per la mancanza del vetro, erano esplosi e occupavano gran parte degli interni. Il motore si era spento, e ora la Zonda giaceva silenziosa e innoqua a bordo strada.

 

All’improvviso, Challagher spalancò la porta e si trascinò fuori, ancora vivo ma malconcio, e si appoggiò all’auto, un profondo taglio sulla fronte che colava sangue. Barcollò, guardandosi intorno, sperduto.

 

Senza nemmeno dargli il tempo di riprendersi, Xander gli andò incontro e lo afferrò per il collo della maglia, spingendolo contro la fiancata della Zonda.

 

Challagher, stordito, si lasciò sbattere con violenza contro la sua auto, poi riguadagnò lucidità e cercò di colpirlo con un pugno. Xander lo schivò e lo colpì a sua volta, facendogli sanguinare il naso.

 

<< Figlio di puttana… >> mormorò, << Hai finito di fare il furbo con me… >>.

 

Lo sbattè contro il posteriore della Zonda, per poi lasciarlo cadere a terra con un gemito. Non gli interessava quanto sentisse male, né se stesse facendo la cosa giusta. Voleva sfogare su di lui tutta la rabbia che aveva provato fino a quel momento, tutto il dolore con cui aveva dovuto convivere per colpa sua.

 

Gli tirò un calcio, facendolo rotolare per qualche metro, poi lo costrinse a voltarsi a pancia in su, per vederlo in faccia. Gli mise un piede sul petto ed estrasse la pistola, puntandogliela dritta verso il cuore.

 

Challagher sputò un grumo di sangue, poi puntò gli occhi su di lui. Si guardarono in silenzio per un momento, poi disse: << Ammazzami Went, hai vinto >>.

 

Xander rimase immobile, l’arma puntata contro di lui, il cuore che batteva troppo forte e la rabbia pulsava forte nella sua testa. Lo voleva uccidere, lo voleva morto, dopo tutto quello che era successo.

 

Rimase fermo, fissando ciò che rimaneva dello Scorpione: l’aveva battuto, lo aveva scalzato dal suo trono di paura e lo aveva in pugno. Quello che aveva davanti non era nessuno, se non un criminale che ormai non aveva più alcuna possibilità di fuga. Alla fine, anche lui era caduto, era stato sconfitto. Nemmeno lo Scorpione era imbattibile.

 

“Avanti, ammazzalo… Uccidilo, non perdere tempo. Irina ti sta aspettando…”.

 

C’era qualcosa, dentro Xander, che voleva la morte di Challagher. Una morte meritata, per tutti i crimini che aveva commesso; una morte che molti si erano augurati, e che lu stesso voleva. Era il modo migliore per chiudere quella storia…

 

Eppure, qualcosa gli diceva che non era necessario eliminare Challagher… Ora che lo aveva sconfitto, non rappresentava più un pericolo…

 

Ma aveva fatto del male a Irina… L’aveva tenuta prigioniera per anni, l’aveva terrorizzata, l’aveva violentata… Non poteva non fargliela pagare…

 

In un attimo, gli montò addosso tutta la rabbia che aveva sentito scorrere quando aveva capito qual’era il rapporto tra lo Scorpione e Irina, quando aveva scoperto quello che le aveva fatto. Il solo pensiero di sapere quelle mani sulla pelle delicata del corpo di Irina, quei muscoli che l’avevano costretta a qualcosa che non voleva, lo mandò in bestia.

 

Le aveva fatto qualcosa che non si poteva dimenticare… Non sarebbe stata mai più quella che era, perché lo sapeva che Irina si sarebbe portata nel cuore quel ricordo per sempre… L’aveva ferita, e quella ferita non si sarebbe mai rimarginata…

 

Solo che sapeva, sapeva come l’avrebbe pensata lei… Non era uccidendolo che avrebbe riportato tutto alla normalità… Non era uccidendolo, che Irina avrebbe dimenticato tutto…

 

Era stata lei a soffrire, a patire per tutto quel tempo… Era stata lei che aveva visto l’inizio di quella storia… Spettava a lei decidere cosa fare di Challagher, perché lei aveva patito quel dolore. Spettava a lei scegliere se lasciarlo vivere, oppure no.

 

Xander fissò Challagher, steso sotto il suo piede, il volto insanguinato. Anche in quella situazione non abbandonava la sua aria strafottente, anche nella sconfitta che non sapeva accettare e che non avrebbe mai accettato.

 

Abbassò l’arma e afferrò lo Scorpione per il colletto, per poi issarlo in piedi. Tirò fuori le manette e gli legò le mani, poi lo agganciò alla carcassa della Zonda, in modo da impedire che fuggisse. Dopodiché si abbassò e lo guardò in faccia.

 

<< Perché non mi ammazzi, Went? >> chiese Challagher, un mezzo ghigno nonostante il sangue che gli colava dal naso. << Hai paura di farlo? >>.

 

<< Sarebbe troppo facile >> rispose Xander, gettandogli un’occhiata sprezzante. << Non sono io che devo decidere… >>.

 

Era la scelta migliore, lo sapeva. Era giusto che fosse Irina a decidere, che fosse lei a scegliere la fine dello Scorpione, quando lui aveva scelto la fine per lei.

 

Cercò il cellulare, con l’idea di costringere Challagher a telefonare al russo e ordinargli di non toccare Irina. Poi però si rese conto che sarebbe stato troppo facile: lo Scorpione non lo avrebbe mai lasciato vincere, e rischiava solo di peggiorare la situazione.

 

<< Prova a muoverti di qui, e sei finito >> lo minacciò Xander, << Chiaro? Verranno a prenderti, e ti consiglio di non opporre resistenza, se non vuoi passare altri guai >>.

 

Cercò il numero di McDonall, e guardò l’orologio: aveva ancora un’ora prima che il tempo scadesse e Irina venisse uccisa… Poteva farcela, bastava sbrigarsi…

 

<< Sono Went >> disse al telefono, << Ho preso Challagher. E’ fermo lungo l’autostrada, al chilometro duecentoquartantacinque… Ci sono stati degli incidenti, bloccate le entrate finché non avete sgomberato tutto. Io vado a Barstow. Voglio tutte le unità lì, ma non intervenite finché non arrivo >>.

 

Senza nemmeno attendere che McDonall parlasse, chiuse la telefonata e si diresse verso la Ferrari.

 

<< Tanto non arriverai mai in tempo >> disse Challagher, la voce rauca, << Troverai solo il suo cadavere… >>.

 

Xander si voltò, per vedere sul volto insanguinato dello Scorpione un ghigno perverso. Era finito, eppure continuava a voler essere il più forte. Non era più nessuno, e il fatto che fosse lì seduto per terra, il volto deturpato e il sangue che colava sugli abiti, lo dimostrava: era pur sempre una persona, e non era invincibile, come tutti. Anche per quelli come lui, un giorno arrivava la fine.

 

Fece un passo verso Challagher, gli occhi di ghiaccio, l’espressione di puro disgusto sul viso.

 

<< Prega che riesca a ritrovarla viva, altrimenti torno qui e ti uccido per davvero >> disse, poi si voltò e salì sulla Ferrari, << E questa volta lo faccio >>.

 

Gettò un’occhiata al navigatore, poi sgommò e ripartì, diretto a Barstow.

 

“Sto arrivando, Irina. Sto venendo a prenderti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allors… Che mi dite? Ho notato che il Pov di William suscita un sacco di riflessioni… Ed era proprio quello che volevo. Ora inizia la fase del “E se…”.

, fatevi pure tutte le domande che volete: e se William si fosse posto in modo diverso? E se Irina quella famosa sera di due anni prima non avesse assistito a quella scena? E se lo Scorpione fosse veramente cambiato, per lei? Eh eh, la risposta non è facile da dare, per niente. Sarebbero successe tante cose, se le cose non fossero andate come sono andate… Che risposta, eh?

A parte gli scherzi, credo che sia impossibile fornire una risposta, o perlomeno è molto difficile. Anche se potrei sforzarmi e potrei dare una mia ipotesi: in fondo, sono io che faccio muovere Irina, no? Oltretutto, caratterialmente mi assomiglia molto, quindi

Per il momento, però, vi lascio alle vostre supposizioni: mi riservo tutte le spiegazioni per la fine!

Ah, tra l’altro… Dimitri… Continuate a leggere e scoprirete! Si aprono le scommesse per chi pensa sia un’agente dell’F.B.I.!

 

 

Marty_odg: già, William è proprio complicato. E’ un personaggio su cui ho lavorato molto, perché non volevo che fosse il solito cattivo, grosso, brutto e “piatto”. Volevo che avesse una propria personalità, e che fosse in grado di affascinare, a suo modo. Spero di esserci riuscita! Per quanto riguarda Xander, anche su di lui ho fatto lo stesso ragionamento: tutto troppo scontato. E non ti preoccupare se scrivi un papiro: hai proprio ragione, gongolo quando vedo queste recensioni che non si limitano a un semplice “Bel capitolo…” eccetera eccetera. Quindi ti ringrazio! Un bacio!

 

Emily Doyle: eh eh, ti lascio nel dubbio… Guarda il comportamento di Dimitri in questo capitolo e dimmi… E William, sì, la ama per davvero, e come dici tu lo fa ne modo sbagliato. Ormai comunque è troppo tardi per mettere a posto le cose. L’ha persa per sempre, e non gli rimane che ucciderla… Se ci riesce. Ti ringrazio per i complimenti! Sembra strano, ma cercare di mantenere lo “standard” di narrazione credo sia una delle cose più importanti in una storia, e la mia preoccupazione principale è sempre quella: meno male che me lo hai confermato! Un bacio!

 

CriCri88: non avrei potuto spiegare la situazione meglio! Hai ragione, Irina ha spinto William a far uscire la vera parte di sé, lo ha costretto a sfoderare tutte le carte che aveva a disposizione pur di ottenere il suo cuore. E non ci è mai riuscito perché non ha mai capito la lezione più importante: non si può comprare l’amore di una persona, perché è una cosa che si deve meritare. E lui non è ancora riuscito ad afferrare questo concetto, perché è sempre stato abituato ad avere tutto alla propria portata, a ottenere sempre ciò che vuole, in un modo o nell’altro. Alla fine, incontrare Irina gli è servito per capire che nemmeno lui vive su un piedistallo, che alla fine è umano esattamente come tutti gli altri. Hai ragione nel dire che ora è facile chiedersi “E se…”, ma come ho scritto prima, dare una risposta è difficile: ci sono troppe cose da considerare. In ogni caso, ci proverò più avanti… Giusto per togliere la curiosità a qualcuno! Un bacio!

 

Supermimmina: ciao! In effetti, ho notato la tua assenza dalle recensioni… Mi stavo preoccupando! No, , non costringo nessuno a recensire, sia chiaro. E ho anche letto la tua mail, così ho deciso di postare adesso, vista l’impazienza! Sono scoppiata a ridere quando ho associato Corona a William, sai? Non mi era mai passato per la testa che potessero assomigliarsi, ma devo darti ragione: qualche lato in comune secondo me lo hanno! Quanto a Irina e Xander, non provare a trovare qualcuno che gli assomigli: Irina è Irina, e penso che sia giusto che ognuno la immagini esattamente come vuole… Oltretutto, ci sono due lettrici che sono mesi che cercano di trovare qualcuna che le assomigli, ma non ci sono ancora riuscite… (Forse perché l’unica che le si avvicina è proprio la sua creatrice… ^.^ Anche se non ho la presunzione di pensare di essere bella come lei!). E Xander… Bé, Xander credo sia qualcosa di inqualificabile… Vorrei poter dire di aver preso ispirazione da qualcuno, ma purtroppo ho avuto la fortuna (o sfortuna… ) di incontrare solo una persona che di simile aveva solo gli occhi azzurri e lo stesso sguardo… Davvero ti ho costretto a portare il portatile con te in vacanza? Wow, non credevo di avere questo effetto! , allora ti ringrazio per la fedeltà! Un bacio grande! Ps.: buon lavoro!

 

Kirafv: ciao! Non ti preoccupare per non aver recensito: come dico sempre, l’importante è che leggiate e che vi piaccia! Vedo che anche tu sei nella fase “E se…”: credo proprio che per il momento dovrai continuare a fare le tue elucubrazioni mentali, perché ci sono ancora un sacco di punti da chiarire… Vedrai. Quando a manca alla fine, mi chiedi? Bé, penso più o meno tre capitoli… Quindi non manca poi molto! Un bacio!

 

 

 

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Capitolo 36
*** Capitolo XXXVI ***


Capitolo XXXVI

Capitolo XXXVI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.00 – Barstow

 

<< … Sono quasi passate due ore… >> disse Michael, innervosito, seduto sul divano, gli occhi puntati su Dimitri.

 

Irina lasciò ciondolare la testa di lato, abbandonata sul divano morbido, troppo stanca per riuscire a tenere gli occhi aperti. Le palpebre le si erano chiuse, nonostante cercasse in tutti i modi di combattere il sonno… Erano più di ventiquattro ore che non dormiva, e sentiva il fisico ormai al limite.

 

<< Chiamerà quando lo riterrà opportuno >> disse Dimitri, il tono di voce perfettamente controllato, seduto poco lontano da lei. Hanck e Thile erano in giro per casa, forse a dare una controllata. Josh stava in piedi vicino alla porta.

 

<< Secondo me dobbiamo andarcene >> disse Michael, << E’ meglio darsela a gambe finché ne abbiamo il tempo… >>.

 

Irina ignorò le sue parole, e si lasciò scappare un gemito. La costola le faceva male, e sentiva la testa pulsare dolorosamente. Non le interessava minimamente di quello che stavano dicendo.

 

<< No >> ribatté il russo, << Non ci muoviamo finché non sappiamo cosa succede >>.

 

<< Allora se si fa prendere William, ci facciamo prendere tutti? >> ringhiò Michael, << Eh? Bella roba… >>.

 

Irina riaprì un momento gli occhi, per cogliere l’atmosfera tesissima che aleggiava. Era chiaro che Dimitri voleva seguire alla regola le disposizioni di William, ma gli altri sembravano pensarla diversamente, soprattutto l’ex agente dell’F.B.I.

 

<< … Forse dovremmo prepararci >> propose Josh, titubante. << Se arriva e dobbiamo scappare… >>.

 

<< Starà solo cercando un posto per il cadavere di Went… >> ribatté Hanck, entrando nella stanza in quel momento e facendosi scappare un ghigno.

 

Irina spalancò gli occhi e lo guardò. Dimitri le rivolse un’occhiata, poi si voltò di scatto e uscì dal soggiorno, il telefono cellulare in mano.

 

<< Allora gli telefono io >> disse solo.

 

Ritornò un paio di minuti dopo, l’espressione indecifrabile.

 

<< Rimaniamo qui >> scandì a chiare lettere.

 

Hanck e Michael si guardarono. << Cosa ha detto? >> chiese l’ex agente dell’F.B.I.

 

<< Went è morto >> rispose Dimitri, << William sta tornando qui >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.15 – Autostrada

 

“Avanti, avanti, sto arrivando…”.

 

Xander guardò l’orologio, sentendo la speranza svanire ogni istante che passava. Sfrecciava lungo l’autostrada, la Ferrari al massimo e la strada sgombra, eppure era convito che il tempo si era deciso a scorrere troppo in fretta. L’ora stava scadendo, e lui non era ancora arrivato.

 

Era disperato. Se fosse arrivato a Barstow e avesse trovato Irina morta, non sapeva cosa avrebbe fatto… Non poteva vivere senza di lei, ora che l’aveva trovata… Non poteva sopportare di averla persa prima ancora di averla avuta per un po’ di tempo per lui…

 

Gettò uno sguardo al navigatore, i chilometri che lo separavano dallo meta che diminuivano costantemente. Doveva farcela, doveva farlcela assolutamente, altrimenti sarebbe impazzito.

 

Sentiva il suo cuore battere troppo veloce, la paura che piano piano gli attanagliava le viscere. Era a metà dell’opera, non poteva fallire proprio ora… Non poteva andare tutto così male…

 

Guardò lo strada sgombra davanti a lui, e strinse il volante.

 

“Arrivo… Arrivo, Irina”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.15 – Barstow

 

Irina spalancò gli occhi, fissando Dimitri, pietrificata. Le parole che aveva pronunciato arrivarono troppo velocemente al suo cervello, troppo rapide e dolorose. In un secondo, tutto crollò come un castello di carte, il suo cuore saltò un battito e qualcosa di insopportabile si insinuò nel suo petto.

 

<< No… >> sussurrò, << No… Non può… Non… >>.

 

Lacrime calde e salate iniziarono a colarle lungo le guance, mentre sentiva quella che era vera e propria disperazione impossessarsi di lei. Xander non poteva essere morto… William non poteva averlo ucciso… Non era possibile… Aveva pregato che non accadesse…

 

Un gemito disperato le sfuggì dalle labbra, e in un attimo si ritrovò a piangere senza freni, le mani sul volto, cercando di dimenticare quello che era appena successo… Quell’incubo che diventava realtà.

 

Xander era morto… Xander era morto per salvare lei… Per colpa sua.

 

<< No! >> gridò, inginocchiandosi a terra, gli occhio chiusi e le mani strette a pugno sul pavimento, << No! Xander… >>.

 

Era dolore, quello che sentiva, dolore che partiva dal cuore e arrivava a tutto il corpo, un dolore insopportabile che si faceva sempre più forte a ogni singhiozzo, a ogni lacrima che stillava dai suoi occhi. Sprofondò in qualcosa di oscuro, nero, un pozzo senza fondo da cui non poteva più risalire, non ora che la luce che vedeva sopra di lei si era spenta… Non ora che se n’era andato.

 

Lanciò un grido disperato, fregandosene che qualcuno potesse vederla o sentirla, fregandosene di quella costola incrinata che doleva ogni volta che singhiozzava. Non poteva aver perso anche lui… Sarebbe impazzita, non avrebbe retto anche a quello…

 

<< Che cazzo le prende? >> chiese Michael, avvicinandosi di un passo.

 

Irina lo ignorò e rimase in ginocchio sul pavimento, mordendosi le labbra nel tentativo di non gridare. Voleva farlo, voleva lasciar uscire tutto quello che aveva dentro, ma sapeva che sarebbe stato inutile… Questa volta non avrebbe retto, non avrebbe resistito a quel dolore lancinante… Xander, colui che le aveva fatto ritrovare il suo cuore perduto, era morto… Non c’era più…

 

Era stata una stupida, un’idiota… Lo aveva messo in pericolo, gli aveva permesso di mettersi contro lo Scorpione… William l’aveva ucciso perché lei era stata così folle da tradirlo…

 

<< Possiamo andarcene, allora >> disse Michael, forse rivolto a Dimitri, << Challagher ci verrà incontro all’aereoporto, no? >>.

 

<< Gli aereoporti sono bloccati >> ringhiò il russo, << Non possiamo prendere nessun aereo… >>.

 

<< Allora iniziamo ad andarcene >> ribatté Michael, << Challagher ci seguirà, tanto ha la sua auto… Prima ce la svignamo, meglio è. Ora che ha fatto fuori Went, tutta l’F.B.I. ci starà addosso… >>.

 

<< No, non ci muoviamo di qui >> rispose Dimitri, gelido.

 

Irina non si accorse dell’atmosfera di sospetto che calò in quel momento: rimase a piangere sul pavimento, presa solo dal suo dolore. E da qualcosa che era follia, forse.

 

Non poteva accettare tutto quello senza fare niente… Non poteva accettare la morte di Xander piangendo e basta… Doveva fare qualcosa…

 

Adocchiò la pistola che Hanck portava alla cintura, poco distante da lei. Stava guardando verso Dimitri, e non badava a lei.

 

Non poteva lasciarsi ammazzare così facilmente… Non poteva permettere che la uccidessero senza che lei facesse nulla… Qualcuno doveva pagare per la morte di Xander

 

Qualcosa scattò nella sua testa, e una scarica di energia le si propagò nelle membra. Più rapida di quando pensasse di essere capace, afferrò la pistola dalla cintura di Hanck e la puntò verso Dimitri.

 

Fu un attimo. Il tempo di mettere il dito sul grilletto, che Michael l’aveva afferrata per il braccio e l’aveva sbattuta per terra, togliendole di mano l’arma, le braccia intrappolate dietro la schiena.

 

<< Che cazzo fai, puttana?! >> gridò, puntandole la pistola alla tempia, il metallo freddo che premeva contro la sua pelle.

 

Irina fece per rispondere, ma Dimitri si intromise.

 

<< Lasciala stare >> disse stancamente.

 

<< Cosa? >> disse Michael, << Ma non hai visto? Voleva spararci… Avevi detto che non era pericolosa! Questa ci vuole fare secchi a tutti, altro che ragazzina! Ammazziamola e andiamocene, prima che l’F.B.I. arrivi qui >>.

 

Dimitri si avvicinò e gli fece cenno di spostarsi. << Non ce ne andiamo >> disse, << Aspettiamo che William ritorni >>.

 

Michael ridusse gli occhi a due fessure, ma la lasciò andare e abbassò la pistola. Senza guardarla la lanciò a Hanck. << Sta più attento a dove la tieni >> disse, poi tornò a sedersi sul divano, le braccia incrociate.

 

Irina si tirò in piedi, ma Dimitri la afferrò prima e la costrinse a sedersi di nuovo nell’angolo, senza degnarla di uno sguardo. Solo allora riprese a piangere, senza curarsi di niente, se non si di quel vuoto che sentiva nel cuore, di quel vuoto profondo che nessun’altro poteva colmare…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.45 – Barstow

 

Xander inchiodò la Ferrari davanti a quelle che erano quattro volanti della polizia federale, ferme di fronte a una villetta anonima e dalle luci accese. Nel buio colse le finestre illuminate del primo piano. Riuscì a scorgere McDonall che parlava con un paio di agenti, e Jess, in piedi vicino al Vicepresidente.

 

<< Xander! >> gridò, correndogli incontro, << Cosa è successo? >>.

 

Xander lo superò per raggiungere McDonall. << Challagher ha avuto un’incidente, è rimasto sull’autostrada… Si sono mossi? >>.

 

<< No >> rispose Jess, << Sono ancora in casa, ma non sappiamo se si sono accorti di essere circondati… Abbiamo tenuto i lampeggianti spenti proprio per fargli credere che sia tutto tranquillo… >>.

 

Strano che non fossero fuggiti, quando si erano resi conto che Challagher non chiamava… Era la cosa più logica da fare, visto che l’F.B.I. li aveva trovati… Xander rimase perplesso da quel comportamento, ma ringraziò che non se ne fossero andati: Irina era ancora con loro.

 

<< Agente Went >> disse McDonall, l’espressione tirata, << Cosa vuole fare? >>.

 

Era una domanda retorica, perché in realtà doveva essere il Vicepresidente a decidere come agire. Forse voleva lasciargli un po’ più di autonomia, come aveva fatto fino a quel momento…

 

<< Entro in quella casa >> rispose secco Xander, << Ho perso troppo tempo. Avevano l’ordine di ucciderla, se Challagher non fosse tornato… >>.

 

La voce gli morì in gola. Sapeva che il tempo era scaduto, ma sperava ancora che gli amici di Challagher non si fossero ancora mossi. In fondo, non erano sicuri che lo Scorpione avesse perso, o che fosse stato arrestato…

 

McDonall lo guardò, accertandosi delle sue condizioni.

 

<< E’ sicuro? >> chiese, << E’ molto provato… Possiamo lasciar fare ai nostri agenti… >>.

 

Xander scosse il capo. Era stanco, ma poteva ancora farcela. Non gli rimaneva che entrare in quella casa e portare fuori Irina, anche se aveva paura di quello che poteva trovarsi davanti… Doveva farlo lui.

 

<< No, entro io >> disse solo.

 

Guardò la dozzina di agenti della polizia federale schierati vicino alle auto, tutti gli occhi puntati su di lui. McDonall gli aveva lasciato carta bianca, e avrebbe approfittato ancora di quella situazione.

 

Fissò la villetta per qualche secondo, studiando ogni particolare. Era una normalissima casa, il cancello di metallo che circondava un giardino poco curato, le luci del secondo piano tutte spente. Gli ci volle un secondo per studiare un piano.

 

<< Voglio otto di voi >> disse, rivolto agli agenti, << Scavalchiamo il cancello ed entriamo, ma fate andare avanti me. Non si devono accorgere che siamo dentro, quindi occhio a ciò che fate e seguite i miei ordini. Voglio trovarli e costringerli a consegnare la ragazza, chiaro? Non sparate finché non ricevete il mio ordine >>.

 

Gli agenti si guardarono tra loro per qualche istante, poi attesero un cenno di McDonall. << Fate ciò che dite. Mi prendo io la responsabilità >> disse il Vicepresidente.

 

<< Jess >> continuò Xander, << Rimani qui fuori. Augurami buona fortuna >>.

 

<< Ok… >> disse l’informatico, lo sguardo preoccupato, << Buona fortuna… Ma se…>>.

 

<< Se non torno, entrate dentro e ammazzateli tutti >>.

 

Xander si diresse verso una delle volanti e attese che gli venisse data un’altra pistola. Controllò che fosse carica, poi guardò la villetta, le finistre illuminate solo al piano di sotto, avvolta dal silenzio.

 

“Sto arrivando, piccola. Vengo a prenderti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Saranno qui, da un momento all’altro >> disse Michael, << Dobbiamo andarcene… Se William ha vinto non ha più senso rimanere >>.

 

Irina alzò lo sguardo sull’ex agente dell’F.B.I., la vista appannata. Le parole le arrivavano distanti, soffocate, troppo basse per ridestarla dal suo dolore. Sapeva solo che nella stanza c’erano solo lei, Dimitri e l’ex agente… Gli altri erano spariti, o forse stavano solo di guardia alle porte…

 

<< Mi sembrava di essere stato chiaro >> ribatté Dimitri, impassibile.

 

Michael, in piedi vicino alla finestra, scostò leggermente la tenda per guardare fuori. La richiuse immediatamente e imprecò.

 

<< Secondo me sono già qui >> disse, << E’ tutto troppo tranquillo… >>.

 

Irina si lasciò scivolare ancora di più lungo la parete, senza più lacrime. Aveva dato tutto, e ora versava in quella sorta di apatico dolore, senza chiedersi pensare più nulla. Se volevano ucciderla, che lo facessero pure, tanto non le interessava più di niente. Voleva solo smettere di soffrire in quel modo assurdo, di pensare che era rimasta completamente da sola

 

<< Non ci muoviamo, è chiaro? >> ringhiò Dimitri, la mano sulla pistola e lo sguardo di ghiaccio su Michael.

 

<< Vuoi farti arrestare? >> ribatté l’ex agente, furioso. << Non voglio finire dietro le sbarre per colpa vostra… L’F.B.I. piomberà qui e non avremo possibilità di fuga. Ammazziamo la ragazza e andiamocene >>

 

Dimitri arricciò il labbro, come se volesse ringhiare. << Per il momento rimane viva >> disse, << E metti giù quella pistola. Immediatamente >>.

 

Michael aveva estratto l’arma e guardava Dimitri, l’espressione decisa.

 

<< Allora io me ne vado. Subito >> disse.

 

<< Allora fallo >> ribatté il russo, << La porta è là… Vattene e cerca di fuggire abbastanza in fretta prima che qualcuno di noi ti venga dietro e ti ammazzi >>.

Sul volto di Michael si dipinse un sorrisetto. << Ma io mi porto dietro la ragazza >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander fece un cenno verso gli otto agenti che stavano vicino a lui, poi si voltò verso la villetta, il cancello di metallo che sbarrava loro la strada.

 

<< Quando saremo dentro, voglio che chiunque di voi abbia la possibilità di portare fuori la ragazza lo faccia immediatamente >> disse, << Niente errori da parte di nessuno di voi, altrimenti rischiamo di mandare tutto a rotoli. Non mi interessa che uccidiate gli altri, voglio solo fuori di qui quella ragazza al più presto possibile >>.

 

Senza aspettare un cenno di assenso, ruppe con il calcio della pistola il lucchetto che chiudeva il cancello ed entrò, seguito dagli agenti.

 

Nel giardino trascurato era tutto tranquillo, ma le luci non giocavano a suo favore. I lampioncini erano stati accesi per evitare che ci fossero punti oscuri, e per individuare chiunque si fosse intrufolato dentro. Percorse a passo rapido il perimetro della cancellata, facendo cenno agli altri di seguirlo in silenzio.

 

Nella penombra individuò l’entrata secondaria, chiusa. Si avvicinò e provò a girare la maniglia, ma come si aspettava era chiusa dall’interno. Guardò verso la vetrata che dava sulla cucina, vuota, sperando che nessuno entrasse.

 

<< Qualcuno può aprirla senza fare troppo rumore? >> sussurrò agli agenti con lui. Uno di loro si fece avanti e iniziò a trafficare con la serratura. Nel giro di qualche secondo la porta si aprì con un leggerissimo cigolio.

 

Entrò ritrovandosi in un corridoio ben illuminato. Sentiva le voci di qualcuno che parlava animatamente in qualche stanza lì vicino

 

Un secondo dopo, vide a pochi metri da lui, di spalle, quello che doveva essere Josh, una pistola in mano. Prima che si accorgesse della loro presenza, Xander scattò verso di lui e lo tramortì con un colpo solo, la mano davanti alla bocca per impedirgli di fare rumore. Adagiò il corpo di Josh a terra e poi fece cenno agli agenti di seguirlo.

 

Non sapeva quanta gente ci fosse in quella casa, ma decise di fare più attenzione. Dovevano essere di guardia per evitare di essere presi completamente di sorpresa. Questa volta gli era andata bene, ma non poteva rischiare di farsi scoprire.

 

<< Tre di voi esplorino la casa >> ordinò, << Gli altri con me >>.

 

Tre agenti annuirono e sparirono in direzioni diverse, mentre Xander proseguì verso il soggiorno. Poi sentì qualcuno parlare dall’altra parte della porta chiusa, forse del soggiorno.

 

<< Metti giù quella pistola >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Metti giù quella pistola >> ordinò Dimitri, afferando la sua e fissando Michael, gli occhi di ghiaccio.

 

<< Allora lasciami prendere la ragazza >> ribatté Michael, facendo un cenno verso Irina. << Se non la volete ammazzare, allora la userò come ostaggio… Me ne voglio andare di qui, immediatamente >>.

 

Irina guardò l’ex agente spostarsi lentamente di lato, tenendo Dimitri sotto tiro. La raggiunse e la tirò su di peso, per poi cingerle il collo con un braccio e puntandole la pistola alla tempia. Irina sentì la testa girare di nuovo, e non si rese nemmeno conto di quello che stava succedendo.

 

<< Non fare cazzate >> ringhiò Dimitri, alzandosi in piedi, << Se te ne vuoi andare fallo, ma la ragazza rimane qui… Se te la porti dietro, William ti verrà a cercare e ti ammazzerà… >>.

Irina chiuse gli occhi. Non voleva rivederlo… Non voleva rivedere William, non sarebbe riuscita a sopportare di averlo davanti… Che la uccidessero, tanto vivere o morire a quel punto era la stessa cosa…

 

<< Invece tu ora mi lasci passare e mi dai le chiavi della tua auto >> ribatté Michael, stringendo il collo a Irina, quasi fino a soffocarla, << Mi nasconderò da qualche parte, e non credo che nemmeno voi riuscirete a trovarmi… Avevo già progettato tutto: sapevo che Challagher voleva farmi fuori >>.

 

Irina rivolse lo sguardo verso Dimitri, la vista appannata. Non si teneva nemmeno più in piedi, perché le  gambe non la reggevano… Cercò di allentare la presa di Michael, ma senza nessun risultato. Il russo puntò la pistola verso di loro, gli occhi di ghiaccio.

 

<< In effetti, avevamo in progetto di ucciderti >> disse, << E non credo che cambierò idea… Metti giù quella pistola, perché non ho paura di spararti >>.

 

I due si fissarono, le armi puntate uno contro l’altro, i volti tirati. Irina annaspò in cerca di aria, la stretta di Michael che si faceva sempre più forte per via della tensione che provava… Ancora qualche secondo, e sarebbe sprofondata nel buio…

 

<< Allora faccio fuori prima lei, d’accordo? >> chiese Michael, stringendo ancora di più il collo di Irina, << Mi pare che tu non la voglia morta, vero? Lasciami uscire immediatamente da questa stanza, oppure le spezzo il collo >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Lasciami uscire immediatamente da questa stanza, oppure le spezzo il collo >>.

 

Xander sentì forte e chiara la voce di Michael, oltre la porta del soggiorno, e si rese conto in un attimo che c’era qualcosa che non andava… Irina era viva, ma poteva esserlo ancora per poco…

 

Afferrò la pistola, fece cenno agli agenti di attendere e si appoggiò con le spalle alla parete, in ascolto. Doveva aspettare il momento opportuno per entrare in quella stanza…

 

Il rumore di uno sparo ruppe il silenzio del corridoio, insieme a un grido strozzato e a un tonfo.

 

Qualcosa scattò nella testa di Xander, e senza pensarci due volte spalancò la porta. L’unica cosa che riuscì a vedere fu Irina, sorretta da Micheal, al centro della stanza, gli occhi aperti, lo sguardo perso, ma viva… Poi, un altro sparo, e qualcosa di gelido e bruciante lo raggiunse alla spalla sinistra, costringendolo a tornare dietro il muro.

 

<< Cazzo… >>.

 

Si portò la mano alla spalla, sentendo il sangue caldo colare sotto le dita. La ferita bruciava, ma non era troppo profonda: il proiettile lo aveva solo colpito di striscio, per fortuna.

 

<< Non fare mosse azzardate, Went >> lo minacciò Fowler, da dentro la stanza, << Lo so che sei li dietro… Non dovevi essere morto? >>.

 

Xander rimase immobile, appoggiato alla parete, la pistola in mano e pronta a sparare. Morto? Perché doveva essere morto?

<< Calma >> disse, cercando di sbirciare oltre lo stipite della porta, << Lasciala andare e andrà tutto bene >>.

 

<< Vaffanculo Went, non ci penso nemmeno >> ribatté Fowler, << Fammi uscire di qui o le pianto una pallottola nel cervello >>.

 

<< Non ce n’è bisogno >> disse Xander, deciso a trattare, << Lascia Irina e poi te ne puoi andare… >>.

 

<< Esci fuori di lì, intanto >> disse Fowler, << Fatti vedere e butta la pistola a terra… >>.

 

Vide gli altri agenti, pronti a intervenire, gettargli un’occhiata. Lui fece cenno di non muoversi, perché doveva risolvere quella situazione da solo.

 

<< D’accordo >> disse.

 

Lentamente si mostrò, le mani in alto e la pistola puntata contro il soffitto.

 

La prima cosa che fece fu guardare Irina. La ragazza aveva gli occhi spalancati, puntati su di lui, come se vedesse un fantasma. Aveva il viso bianco e annaspava quasi, il collo stretto dal braccio di Fowler.

 

<< Bravo, agente >> disse Michael con un sorrisetto, << Appoggia la pistola a terra, ora >>.

 

Xander si abbassò lentamente, senza distogliere gli occhi da Irina, cercando di farle capire che era lì per portarla a casa, sana e salva. Solo allora, con la coda dell’occhio, vide qualcuno a terra, appoggiato con la schiena contro la parete. Era Dimitri, e si teneva la gamba, il pavimento inondato di sangue, una smorfia di dolore sul volto.

 

<< Siete circondati. Non puoi andare da nessuna parte >> disse Xander, cercando di rimanere tranquillo, rialzandosi lentamente, << Se non opporrai resistenza potresti risparmiarti qualche anno di carcere… >>.

 

Michael spalancò gli occhi. << Non sto scherzando, Went >> sibilò, << L’ammazzo, se non la pianti di parlare… Voglio andarmene di qui, e non sarete voi a fermarmi… >>.

 

Xander guardò l’espressione sofferente di Irina, gli occhi ora chiusi. Era allo stremo, forse non era più nemmeno cosciente… Doveva chiudere in fretta…

 

<< Allora lascia Irina >> disse, << Lasciala e ti faremo uscire senza toccarti… Sono disarmato e ferito, non vedi? Non posso farti niente >>.

 

Era una bugia. Non era disarmato: dietro la schiena, appesa alla cintura, aveva l’altra pistola. E ci avrebbe messo un attimo a prenderla…

 

<< Non prendermi per il culo, Went >> ribatté Fowler, << So che non mi lascerai andare… La tua ragazza mi serve: con lei come ostaggio, non ti azzarderai a fare mosse pericolose… >>.

 

Aveva ragione, ma non aveva messo in conto che Xander questa volta era venuto per portare a casa Irina, e non era disposto a perderla di vista un’altra volta…

 

Fece un passo avanti, lentamente, tenendo ancora le mani alzate. Gettò una rapida occhiata a Dimitri, ancora per terra e cosciente, e disse: << Non fare lo stupido… >>.

 

<< Cazzo, Fowler, lasciala andare! >> interevve Dimitri, << Non puoi andare da nessuna parte, e lo sai. Siamo circondati, idiota >>.

 

Il tono di voce del russo risultò stranissimo, quasi esasperato, come se attendesse con ansia, esattamente come Xander, di porre fine a quella vicenda… Lo guardò, senza capire perché si comportasse in quel modo…

 

Fowler però sembrò non apprezzare. Strinse ancora di più Irina e indietreggiò, verso la cucina.

 

<< Sta zitto, russo >> ringhiò, << Ringrazia che ti ho beccato solo di striscio… Non ho intenzione di farmi sbattere in prigione… >>.

 

Fece qualche altro passo indietro, raggiungendo la porta a vetri della cucina. Trascinava Irina, ormai completamente abbandonata tra le sue braccia, il respiro sempre più flebile.

 

<< Te lo dico per l’ultima volta >> disse Xander, sentendo la ferita pulsare sulla spalla, << Lasciala andare e non ti faremo niente… >>.

 

Qualcosa nello sguardo di Fowler gli fece capire che ormai l’ex agente stava perdendo il controllo di sé. Aveva ancora qualche minuto prima che facesse qualcosa di avventato…

 

<< L’ammazzo! >> gridò Michael, il tono quasi isterico, << Lasciami andare o l’ammazzo! >>.

 

<< Getta la pistola e lascia la ragazza, è l’ultimo avvertimento che posso darti >> disse Xander.

 

La mano di Folwer, la pistola puntata alla gola di Irina, tremò. I suoi occhi indugiarono sull’uscita, il respiro corto di chi si sente in trappola. Stavolta era pronto a ucciderla.

 

Xander abbassò lentamente una mano. Aveva fatto tutto quello che era previsto, aveva trattato… Non era disposto ad attendere ancora…

 

Fu talmente rapido che Fowler non capì nemmeno cosa accadde. Estrasse la pistola e prese la mira…

 

Il proiettile prese in pieno Fowler e cadde all’indietro trascinando Irina con lui, schiantandosi contro la porta finestra e mandando in mille pezzi il vetro. La sua mano però si mosse, premendo il grilletto…

 

Il colpo non andò a segno. Il bossolo si conficcò nello stipite della porta, mentre Xander si spostò di lato imprecando. Con un tonfo, il corpo di Fowler si schiantò sul pavimento, e la pistola volò via dalla sua mano senza vita, finendo sotto il tavolo…

 

Un secondo dopo, Xander lo raggiunse. Scostò bruscamente il corpo di Fowler da Irina, perché gli era caduto addosso, e la tirò rapidamente di lato. Non si accorse nemmeno che la spalla continuava a sanguinare copiosamente.

 

Quando sentì la pelle morbida di Irina sotto le dita, la tensione che aveva accumulato in quei due giorni si sciolse. Era viva… L’aveva ritrovata…

 

Stesa a terra, malconcia, esausta, Irina era ancora lì, non l’aveva persa… Aveva i polsi lacerati, lividi sul collo, il viso bianchissimo, ma era viva…

 

Le prese il mento con delicatezza e girò il volto verso di lui, ignorando completamente tutto il resto. Era lì solo per lei, non gli interessava altro se non sentire la sua voce…

 

<< Svegliati >> sussurrò, << Svegliati, piccola… >>.

 

Irina rimase perfettamente immobile, gli occhi chiusi, il respiro regolare ma flebile. Un grosso maglione nero, non suo, avvolgeva la sua figura minuta e aggraziata. Le mise una mano dietro la schiena e la alzò leggermente, avvicinando il volto al suo. Sentì il fiato di Irina solleticargli il mento.

 

<< Irina, avanti, è tutto finito, svegliati… >>.

 

Le passò una mano sulla fronte, e la ragazza sembrò riscuotersi leggermente. Gemette, poi aprì gli occhi, e non sembrò riconoscerlo.

 

<< Ciao piccola >> la salutò Xander, con un sorriso.

 

Irina sbattè le palpebre, poi lo mise a fuoco. Gli strinse un braccio con una mano, come per testare se fosse qualcosa di reale, poi gridò: << Xander! Sei vivo…>>.

 

Un attimo dopo, lo abbracciò così forte da togliergli il fiato e scoppiò a piangere. Xander le cinse la schiena, sentendo la spalla bruciare, e strusciò il mento contro i suoi capelli.

 

<< Tranquilla >> mormorò, << Tranquilla, è finita. Sono qui, sono venuto a prenderti… >>.

 

Irina continuò a piangere, sussultando come in preda a una sorta di attacco di panico. Le rimase aggrappata addosso, stringendo con le manine la sua maglia, il viso affondato nella spalla ancora buona.

 

<< Ehi, ehi, non ti lascio >> le disse, continuando a sorridere, << Non me ne vado, ora che ti ho trovato… >>.

 

Irina non diede nemmeno segno di aver sentito le sue parole. Singhiozzava disperata, e non accennava a volersi staccare da lui.

 

Forse era talmente stanca e spaventata da non rendersi nemmeno conto che era tutto finito. Persino lui prestava pochissima attenzione agli agenti che si muovevano intorno a loro, occupandosi del cadavere di Michael e di Dimitri.

 

<< Ti porto via, ok? >> sussurrò, cercando di alzarsi e contemporaneamente tenerla in braccio.

 

La spalla ferita gli mandò un grido, ma per fortuna resse. Con Irina ancora aggrappata al collo, si diresse lentamente verso la porta finestra dal vetro spaccato, sentendo le scheggie rompersi sotto i suoi piedi. Non badò a nessuno, nemmeno al folto gruppo di poliziotti che entrò nella villetta e iniziò a mettere sotto sequestro l’area. Sembrava tutto rallentato e sfocato, come in uno strano sogno.

 

A pochi metri dalla Ferrari, vide due ambulanze parcheggiate, i lampeggianti blu accesi nella notte. Andò verso di loro, proprio mentre Jess correva verso di lui.

 

<< Xander! State bene? >> domandò.

 

<< Abbastanza >> rispose lui, << Forse è solo esausta… >>.

 

Jess fece per chiedere qualcos’altro, ma Xander lo zittì prima che potesse parlare. << Le domande dopo, Jess >> disse, << Se McDonall mi cerca, sono nell’ambulanza, ok? >>.

 

Gli infermieri lo videro avvicinarsi, con Irina in braccio, e aprirono la porta del veicolo, preparando la barella. Xander sentì la spalla dolere, ma la ignorò e adagiò la ragazza sul lettino, senza riuscire a staccarsela di dosso. Continuava a piangere ininterrottamente.

 

Lanciò un’occhiata a uno degli inferimieri, un uomo sui circa quarant’anni, e lui aprì una borsa del pronto soccorso.

 

<< Deve essere sotto schock >> spiegò, tirando fuori una siringa, << Conviene darle un calmante… >>.

 

Xander continuò a tenere abbracciata Irina, mentre l’infermiere le scopriva il braccio e le iniettava un liquido trasparente nella vena, senza che lei nemmeno se ne accorgesse. Poco dopo lo lasciò andare, afflosciandosi su se stessa. La adagiò sulla barella, tenendola per una mano.

 

Irina smise di piangere, e il suo respiro si fece regolare. Guardò confusa il soffitto dell’ambulanza, poi puntò gli occhi da cerbiatta su di lui. Sembrava stranamente stordita, ma era cosciente, ora. Le sorrise.

 

<< Non te ne andare… >> mormorò lei, << Non andare via, per favore… >>.

 

Xander si avvicinò, accarezzandole una guancia arrossata. << Non me ne vado più, piccola. E’ una promessa >>.

 

Irina sorrise, gli occhi che le si chiudevano. Xander le strinse la manina, mentre l’infermiere le girava intorno e le tastava il petto. La vide distorcere il volto in una smorfia, quando la toccò poco sotto il seno.

 

<< Credo abbia una costola incrinata >> disse, << La portiamo in ospedale per accertamenti… >>.

 

Xander annuì, poi sentì qualcosa di freddo che gli veniva poggiato sulla spalla, procurandogli un po’ di sollievo. L’altro infermiere gli aveva appena messo sulla ferita una garza imbevuta di qualcosa che doveva essere disinfettante.

 

<< Ci vorranno dei punti, per quella >> disse, << Tenga stretta la benda, così smette di sanguinare >>.

 

Xander annuì, poi vide stagliarsi sulla soglia dell’ambulanza McDonall, l’espressione seria sul volto tirato.

 

<< Ottimo lavoro, agente >> disse, << Ha infranto tutte le regole del nostro Dipartimento, ma è stato molto bravo… Ha anche messo in discussione la mia autorità, ma ho ritenuto opportuno lasciarla fare… >>.

 

C’era una nota divertita, nel tono del Vicepresidente. Xander la colse subito, e sorrise. Sapeva di aver fatto cose per cui normalmente sarebbe stato punito, ma almeno aveva arrestato Challagher e tutti i suoi amici.

 

<< Però Fowler è morto… >> mormorò.

 

<< Lo so >> disse McDonall, << Ma credo abbia fatto il possibile per evitare di ucciderlo… Credo che alla fine sia il meno… >>.

 

Xander guardò gli infermieri dell’altra ambulanza uscire di corsa con la barella, in direzione della villetta. Forse stavano andato a prendere Dimitri.

 

Spostò lo sguardo su Irina, e scoprì che si era addormentata. Continuava però a stringergli la mano, il respiro leggero.

 

<< Penso che avremo tempo per parlarne, comunque >> disse McDonall, facendo un cenno verso la ragazza, << E’ meglio che andiate entrambi a farvi dare un’occhiata… >>.

Xander guardò Irina che dormiva tranquilla, l’infermiere che le girava intorno e le metteva una borsa con del ghiccio sul naso. Ora che tutto era finito, sentiva anche lui la stanchezza, e la ferita alla spalla pulsava in modo abbastanza sgradevole. Aveva bisogno di riposare, ma voleva rimanere lucido fino a che non avesse capito veramente come stava Irina… Dopo, avrebbe dormito.

 

<< Possiamo andare? >> chiese l’infermiere.

 

Xander annuì. << Andiamo… >>. Guardò McDonall, << Ci sentiamo più tardi, Vicepresidente… >>.

 

McDonall gli fece cenno con la testa. << Si prenda qualche ora di riposo, al resto pensiamo noi… Buona notte >>.

 

L’infermiere chiuse le porte dell’ambulanza, e un attimo dopo il veicolo partì, le luci e la sirena accese nella notte, diretto all’ospedale.

 

Xander appoggiò la testa contro la parete dell’ambulanza, chiudendo gli occhi.

 

Era finita, era finita per davvero… Pochi mesi prima aveva creduto che portare a termine quella missione non sarebbe stato troppo difficile, ma quando Irina era entrata prepotentemente nelle sue priorità, tutto era cambiato. Il lavoro era passato in secondo piano, e tutto aveva iniziato a gravitare intorno a lei…

 

Ma alla fine, non era importante tutto quello che era successo. Non era importante che per terribili istanti aveva creduto di averla persa per sempre, non era importante che avesse rischiato la vita, che avevesse arrestato Challagher… L’importante era che aveva ritrovato lei, e che non avrebbe corso più alcun pericolo.

 

Aprì gli occhi e guardò Irina, le palpebre abbassate e il petto che si muoveva piano al ritmo del suo respiro. Era viva, ed era quello che contava di più.

 

Sorrise, e si sporse per scostarle una ciocca di capelli dalla fronte. Ora aveva tempo, aveva tempo per imparare tante altre cose da lei, aveva tempo per dirle tutta la verità, aveva tempo per dimostrarle cosa provava… E lei, lei aveva tempo per pensare e decidere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, finalmente i nostri due eroi si sono ritrovati!!!

A parte gli scherzi, la storia come avete capito è arrivata alla fine… Ci è voluto un po’, ma Xander ha ritrovato Irina, sana e salva, e la riporterà a casa come ha promesso.

Il punto più controverso, ora, è il comportamento di Dimitri: come mai ha mentito su William e Xander? Perché aveva detto che lo Scorpione aveva vinto?

E’ chiaro che forse ha voluto dare una mano a Irina, in fondo… Cosa lo ha spinto a farlo, però? Esponetemi le vostre congetture, e nel prossimo capitolo avrete le risposte su questo strano punto. Capirete cosa ha pensato Dimitri in quel momento.

Per il resto… Bé, la fic è arrivata alla fine: ancora due capitoli (credo) e ci saluteremo… Che tristezza, però. Ormai Irina e Xander, e tutti voi, naturalmente, facevate parte del mio quotidiano…

Siccome avevo promesso di addentrarmi nell’universo del “E se…”, vi invito a farvi qualche domanda sulla storia e su i suoi personaggi: nel prossimo o nell’ultimo capitolo me le potrete porre, così risponderò a tutti, se avete qualche curiosità da soddisfare. Sarà interessante, credo.

E ora… Buona giornata a tutti! E un grande bacio!

 

Supermimmina: sono contenta che ti sia piaciuto! Come vedi, ho soddisfatto la tua richiesta e ho pubblicato il cap! Per il prossimo non so però quanto dovrai aspettare… Spero di terminare in fretta! Ah, tra l’altro, ho letto la tua “pubblicità” sulla mia fic: ti ringrazio davvero, perché mi fa molto piacere! In effetti, le originali vengono un po’ snobbate, perché tutti preferiscono quelle su Harry Potter o Twilight, che per quanto belle, credo che dopo un po’ inizino a stufare… In ogni caso, magari qualcuno seguirà il tuo consiglio e darà un’occhiata: la mia storia non va male, anzi, quando l’ho pubblicata pensavo molto peggio. Chi ha iniziato a leggere ha continuato per tutta la fic, e rappresenta, per così dire, un “pubblico consolidato”: sono pochi ma buoni! Un bacio!

 

Marty_odg: visto quanto è indecifrabile Dimitri? In questo cap è stato ancora più “misterioso”… Chissà cosa gli passa per la testa… Tu cosa pensi? Baci!

 

CriCri88: Preparati, perché tra un po’ ti manderò William! Sì, forse poteva migliorare, con Irina vicino… Ma l’ha avuta vicina per due lunghi anni, e non è stato in grado di capire come comportarsi… Esploreremo questo punto quando mi dedicherò alle risposte su ogni domanda del tipo “E se…”. Baci e grazie per i complimenti!

 

Emily Doyle: non ti preoccupare, chiarirò tutto su di lui… E’ un personaggio che mi piace, quindi gli darò un po’ di spazio. Baci!

 

Marty89: figurati! Mi piacciono le recensioni lunghe! Per il resto, sì, William fa un po’ pena: il suo più grande difetto e non saper accettare le sconfitte, e questo lo rende cocciuto e a volte infantile. Ed è geloso di Xander proprio perché lo vede molto simile a lui, ma al tempo stesso diverso… E’ anche per questo motivo che lo ha lasciato “avvicinare”: lo considerava una persona interessante, ma non si aspettava che riuscisse dove lui aveva fallito… E Dimitri, forse lo aveva capito meglio di lui: questo cap ha svelato qualcos’altro sul russo, anche se il suo comportamento verrà spiegato nel prossimo cap… Baci!

 

Fairy29: ciao! Ma figurati, tranquilla! Come vedi Dimitri continua a comportarsi in modo strano… Xander ha risparmiato William, e per un istante anche io ho pensato che lo uccidesse… ^.^ Bé, no, lo sapevo che non l’avrebbe fatto, anche perché ucciderlo sarebbe stato davvero troppo semplice… Meglio farlo soffrire piano piano, lasciarlo cuocere nella consapevolezza che aveva perso Irina… Molto perfido, eh? Baci!

 

 

 

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Capitolo 37
*** Capitolo XXXVII ***


Capitolo XXXVII

Capitolo XXXVII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Ospedale di Los Angeles

 

Irina si svegliò lentamente, una strana sensazione di pace addosso. Rimase con gli occhi chiusi, cercando di riportare alla mente qualcosa che voleva essere prepotentemente ricordato… Si mosse appena, il lenzuolo morbido che strusciava contro il suo braccio…

 

Un attimo si silenzio, e spalancò gli occhi, ricordando tutto. La gara, William, il dolore, Michael che la prendeva per il collo, i colpi di pistola… Xander.

 

Si mise a sedere, ritrovandosi in quella che era la stanza di un’ospedale… Bianca, pulita, silenziosa, ma non vuota… Nel candore di quel luogo, una figura scura spiccava contro la luce che proveniva dalla finestra dalle tende scostate.

 

Xander era appoggiato al letto vuoto di fianco al suo, gli occhi azzurri puntati su di lei, il braccio sinistro appeso al collo, il volto leggermente tirato. Era perfettamente fermo, quasi una statua di pietra lasciata lì a controllarla.

 

Quando i loro occhi si incontrarono, Irina sentì un brivido percorrerle la schiena… Non lo ricordava così bello, né così assurdamente tenebroso… Non lo ricordava così perfetto, come lo vedeva in quel momento.

 

Irina rimase zitta, ammutolita, a guardarlo, ricordando cosa aveva provato quando le avevano detto che era morto… E cosa aveva sentito quando lo aveva visto entrare in quella stanza, vivo. In quel momento aveva davvero creduto di impazzire, di essere uscita completamente fuori di testa… Aveva creduto che il suo cervello iniziasse a volerle fare scherzi del genere per vederla soccombere per il dolore, per distruggerla completamente.

 

Voleva parlare, ma la lingua le si era come annodata: non sapeva che dire, perché avrebbe voluto parlare di tante cose tutte insieme…

 

<< Ciao… >> mormorò solo.

 

<< Ciao >> rispose Xander, sorridendo leggermente, << Come ti senti? >>.

 

Irina abbassò lo sguardo sulle sue gambe, coperte dal lenzuolo, poi sui polsi fasciati di bianco, e infine sul pigiama che qualcuno le aveva infilato addosso.

 

<< Bene >> rispose alla fine.

 

Xander alzò gli occhi al cielo. << Bene quanto? >>.

 

Irina sorrise. Si sentiva davvero bene, non stava mentendo. Sembrava tutto assurdamente meraviglioso che non sentiva nemmeno più il dolore.

 

<< Tanto >> disse, << Tu? >>.

 

Scrutò la sua spalla fasciata, ricordando che lo avevano colpito… Aveva sentito il suo sangue caldo sotto le dita, mentre lo stringeva in preda al panico.

 

<< Bene >> rispose Xander, << E’ solo un graffio… La fanno più lunga di quanto in realtà non sia >>.

 

Irina scostò il lenzuolo, decisa a scendere da quel letto. Stava troppo bene per continuare a rimanere ferma.

 

<< Dove vai? >> chiese Xander, ansioso, quando la vide mettere i piedi scalzi per terra.

 

<< Da nessuna parte >> rispose sorridendo lei, << Voglio solo alzarmi >>.

 

Xander rimase fermo dov’era, ma diventò serio. << Aspetta un momento, credo che dobbiamo parlare… >> disse.

 

Irina si pietrificò all’istante. Per caso era successo qualcosa? Era qualcosa di grave?

 

Xander sembrò diventare stranamente agitato, anche se cercava di conservare una parvenza di tranquillità. Colse l’occhiata strana che le rivolse, e la cosa la spaventò… Era successo qualcosa a qualcuno?

 

<< Irina… >> iniziò lui, facendo una pausa, << Mi dispiace per quello che è successo… Mi dispiace da morire. Non me ne sarei dovuto andare, non avrei dovuto nemmeno pensarci… >>.

 

<< Non è colpa tua, Xander >> disse Irina, preoccupata, << Nessuno poteva sapere quello che sarebbe accaduto… Non… >>.

 

<< Fammi finire >> la interuppe lui, << Mi sono comportato da stupido… Non avrei dovuto metterti in pericolo in quel modo… >>.

 

Irina trovò quasi ridicolo che Xander si facesse tutti quei problemi per quello che era successo. Non aveva nulla per cui chiedere scusa, anche perché era venuto a salvarla… Doveva essergli grata, non certo disprezzarlo.

 

<< Non sei stato stupido >> disse, << Anzi. Se non ci fossi stato tu, a quest’ora chissà dove sarei stata >>.

 

<< Non è per quello… >> disse Xander, voltandosi per un’istante, << E che… Bé, ti ho presa in giro, non credi? >>.

 

Irina lo guardò, incuriosita da quella strana paura di parlare che aveva Xander. Non era imbarazzato, ma sembrava temere in qualche modo le conseguenze delle sue parole… Doveva forse rivelarle qualcosa?

 

In effetti, dovevano mettere un momento in chiaro quello che era successo tra loro due. Irina continuava ad amarlo, e sicuramente più di prima. Ma lui? Lui cosa pensava? Forse quel bacio che le aveva dato prima di andarsene era stato una sorta di errore? Magari nel frattempo aveva cambiato idea… Magari voleva dirle che c’era stato un malinteso, che in realtà lei aveva capito male…

 

Attese in silenzio che Xander continuasse a parlare, pregando che niente fosse cambiato dall’ultima volta… O che almeno non fosse così doloroso da accettare.

 

<< Ti ricordi di quello che è successo a Las Vegas? >> chiese Xander, gli occhi azzurri che scrutavano il suo volto.

 

Quando si era svegliata nel suo letto mezza spogliata e senza ricordare niente, e aveva passato tutta la giornata terrorizzata per quello che poteva essere successo? Certo che se lo ricordava…

 

<< Sì >>.

 

<< Avevi paura che fosse successo qualcosa, ricordi? >> continuò Xander.

 

Irina annuì. Il tono serissimo del ragazzo le fece venire un dubbio… Allora era davvero successo qualcosa!

 

<< Mi hai baciato >> concluse Xander, e rimase a guardare la sua reazione.

 

Irina rimase a fissarlo, la bocca leggermente aperta, il cervello che si azzerò per un attimo. Se aveva capito bene, si erano baciati, ed era stata lei a cominciare…

 

<< E poi? >> sussurrò.

 

<< E poi ti sei addormentata >> rispose Xander. C’era una nota divertita nella sua voce.

 

Irina deglutì. Scosse il capo per un momento, e sorrise.

 

<< Era questo che ti agitava tanto? >> chiese, divertita.

 

Xander annuì.

 

Irina scese dal letto, cercando di trattenersi dal ridere. Trovava la cosa molto divertente: aveva desiderato tanto un bacio da lui, e non aveva mai saputo di aver avuto il coraggio di andarselo a prendere da sola… Trovava buffo che si facesse tutti quei problemi, proprio quando lei non aveva voglia di farsene. In fondo era solo un bacio, e non doveva essere stato nemmeno gran che, visto che era ubriaca!

 

<< Perché non me lo hai detto prima? >> chiese.

 

<< Perché non era il momento… >> rispose Xander, << Non potevo metterti in pericolo… E poi non sapevo come avresti reagito… Credevo potessi pensare che avessi approfittato del fatto che fossi un po’ brilla… >>.

 

<< Quindi hai aspettato? >> fece Irina.

 

<< Credevo fosse meglio così. Avrei evitato di metterti in pericolo >> rispose Xander, << Anche se in realtà alla fine è stato peggio… >>.

 

Irina scosse il capo, esterefatta. << Fammi capire… Il tuo intento era quello di non mettermi nei guai? Hai fatto finta di niente per quello? >>.

 

Xander continuava a rimanere serissimo, come se considerasse la cosa di enorme importanza. << Non potevo permettere che qualcuno venisse a sapere che… che non volevo che ti accadesse qualcosa… Ho sbagliato, perché è successo tutto il contrario di quello che volevo… >>.

 

<< E tu pensi che sia arrabbiata con te per questo? >> chiese Irina, trannenendosi dal ridere.

 

<< Non ti biasimerei, se lo fossi >> ribatté lui.

 

Irina scosse nuovamente il capo. Era davvero assurdo, ma trovò Xander dolcissimo: si sentiva in colpa per quello che era successo, ma non aveva nulla di cui farsi perdonare. Lo guardò di sottecchi, preoccupato e quasi teso, e sorrise. Si alzò e lo raggiunse.

 

Lo aveva fatto già una volta, poteva provare a farlo di nuovo, no? Era un po’ più lucida della prima volta, e sicuramente sarebbe stato meglio… Lui poteva sempre scostarsi, se voleva.

 

Si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulle labbra, solo per qualche istante, ma giusto il tempo per fargli capire che se lui voleva poteva continuare. E lo fece.

 

Fu un bacio del tutto diverso da quello che si erano scambiati quando lui se n’era andato: quello aveva avuto il sapore amaro di un addio, dell’ultimo sorso di acqua prima della sete senza fine, ma questo… Questo aveva il gusto di qualcosa che si ritrova dopo tanto tempo, e che si sa che non si lascerà mai più…

 

<< Mi dispice di non essere arrivato prima, piccola >> mormorò Xander, un attimo dopo, << Challagher non ti avrebbe toccata, se… >>.

 

Irina chiuse gli occhi, cercando di scacciare quel pensiero orribile, e appoggiò la fronte contro il suo petto. Non voleva riportare quella cosa alla mente, voleva solo dimenticare ora che William sarebbe finito in prigione.

 

<< Non importa, Xander >> disse, << Non mi importa di niente. Non mi devi nessuna scusa, né adesso né mai. Mi basta che sei vivo… E poi mi hai mantenuto l’unica promessa che ti avevo chiesto >>.

 

Era vero: gli aveva chiesto di liberla di William, di farlo arrestare. E lui lo aveva fatto.

 

<< Lo so, ma… >> disse lui, cincendole la vita con il braccio sano, << Credo di aver sbagliato tutto, fin dall’inizio… Non ho mai fatto tanti errori tutti in una volta… >>.

 

<< Cosa posso fare per farti smettere di sentirti in colpa? >> chiese Irina con un sorriso.

 

<< Ricominciamo da zero >> rispose Xander.

 

Irina si scostò e lo guardò in faccia. Non ricordava che i suoi occhi azzurri fossero così belli.

 

<< Stai scherzando, vero? >> chiese, << Io sto troppo bene così come sto… Non ci penso proprio a ricominciare da zero! >>.

 

Scoppiarono a ridere tutti e due, poi Xander la spinse verso il letto e la fece sedere. Le mise un dito sotto il mento e le alzò il volto, per poi sfiorare le labbra con le sue, ridacchiando.

 

<< Io invece sì >> sussurrò, << Mi piace farti impazzire, lo sai? Diventi molto intrigante… >>.

 

Qualcuno aprì la porta della stanza all’improvviso, e Irina fu costretta a interrompere quel gioco piuttosto divertente. Sulla soglia si stagliò una signora dai capelli biondo scuro, gli occhi scuri e nonostante l’età ancora molto avvenente. Guardò entrambi a occhi spalancati, sapendo di aver interrotto qualcosa, poi si soffermò su Xander.

 

<< Ah, sei qui! >> disse, e sorrise sorniona.

 

<< Dove pensavi fossi, mamma? >> ribatté Xander stancamente.

 

Irina guardò la signora entrare nella sua stanza, rendendosi conto con stupore che si trattava della madre di Xander.

 

<< Sono contenta che ti sia svegliata, Irina >> le disse dolcemente, << Xander stava diventando insopportabile… Sono Anne Went: è un piacere conoscerti >>.

 

Irina strinse la mano alla donna, soffermando lo sguardo su di lei. Colse nella forma del naso e nel taglio delle labbra una certa somiglianza con Xander, in effetti. Quando però ricordò di essere tra le braccia del ragazzo, arrossì di colpo e distolse gli occhi.

 

<< C’è un po’ di gente qui fuori che vorrebbe vederti, Irina >> disse Anne, un bel sorriso a mostrare i denti bianchi, << Te la senti? >>.

 

La ragazza annuì, ma Xander non sembrava molto d’accordo.

 

<< Proprio adesso? >> disse, scocciato.

 

Anne rise. << Finiranno per entrare comunque >> disse, << E comunque è orario di visita… Tra l’altro, l’infermiera mi ha detto di ricordarti che ti è stata assegnata una stanza… Magari potresti utilizzarla, qualche volta >>.

 

Xander diede un bacio sulla fronte a Irina e tornò a sedersi sul letto vuoto di fianco, aspettando in silenzio che entrassero i visitatori.

 

Quando Anne uscì dalla stanza, la prima ad entrare fu Jenny, l’espressione decisamente fuori di sé, gli occhi arrossati e i capelli neri in disordine.

 

<< Voi due! >> gridò, il dito puntato contro di loro, << Siete due incoscienti! Ma che vi è saltato in testa, eh?! Per poco non vi facevate ammazzare! >>. Guardò Irina, << E tu… Tu sei una scema! Non mi hai detto niente di quello che volevi fare! >>.

 

Poi la abbracciò forte, mentre Irina sorrideva e guardava dalla sopra la sua spalla Jess, Angie e Katy, e poi Max entrare uno dopo l’altro, tutti con l’aria sollevata.

 

<< Sei una pazza… >> disse Jenny, << Assolutamente fuori di testa… E quell’altro che è andato contromano in autostrada… Siete veramente due incoscienti >>.

 

Irina guardò Xander sbalordita, ma lui fece finta di niente e ridacchiò.

 

<< Allora, come stai? >> chiese Jess, agguantando Jenny per impedirle di stritolarla.

 

Irina si strinse nelle spalle. << Io mi sento bene >> rispose, << Un po’ stanca, ma tutto a posto >>.

 

Si accorse che mancava qualcuno all’appello. Suo padre non c’era… Si chiese se forse stava aspettando fuori. Decise di attendere prima di chiedere di lui.

 

Passò la mezz’ora seguente a raccontare più o meno come erano andate le cose, senza soffermarsi troppo su quello che era successo a lei. Vide Xander rivolgerle un’occhiata in tralice, ma non dire niente. Non avrebbe rotto il suo segreto, per il momento… Spettava a lei decidere quando farlo.

 

Quando l’infermiera venne a sbattere tutti fuori, stava ancora ridendo per le battute di Jenny. Li salutò e aspettò che rimanessero soli lei e Xander prima di parlare di Todd. Forse lui sapeva qualcosa.

 

<< C’è mio padre? >> chiese.

 

Xander fece cenno verso la porta. << E’ qui fuori >> rispose secco. Non considerava la sua presenza come qualcosa di gradito.

 

<< Abbiamo… Abbiamo fatto pace >> disse cauta Irina, << Quando sei andato via, abbiamo parlato un po’… E’ cambiato >>.

 

Xander la guardò. << Può anche essere cambiato, ma rimane il fatto che non abbia mai fatto niente per aiutarti >> ribatté, freddo.

 

Forse stava chiedendo troppo: già per lei era strano che suo padre si fosse finalmente reso conto della vita senza senso che aveva condotto fino a quel momento, e per Xander doveva essere ancora più difficile. Decise di non insistere troppo per cercare di convincerlo.

 

<< Posso vederlo, per favore? >> chiese.

 

Xander grugnì il suo assenso. << Io rimango fuori, però >> disse. Uscì dalla stanza, e qualche secondo dopo Todd si stagliò sulla soglia, lo sguardo preoccupato e l’espressione tirata.

 

<< Vieni >> disse Irina, sorridendo.

 

Suo padre entrò lentamente, e si richiuse la porta alle spalle. << Come stai? >> chiese.

 

<< Bene… >>. Irina si alzò e lo raggiunse. Voleva solo abbracciarlo, e dimostrarli che gli voleva ancora bene.

 

Todd la scrutò in volto, poi guardò verso la porta. << Volevano venire anche Dominic, Harry e Denis, ma ho pensato fosse meglio non disturbare troppo… >> disse.

 

<< Allora salutameli e digli che non si devono preoccupare… Credo che mi faranno uscire presto >> disse lei.

 

Fu strano, ma Irina trovò piacevole la presenza di suo padre in quella stanza, e gli raccontò abbastanza sommariamente cosa era successo. L’infermiera venne a mandarlo via già dopo dieci minuti, dicendo che l’orario di visita era terminato. Lo salutò e guardò Xander tornare dentro la stanza, l’espressione abbastanza infastidita.

 

<< Cos’altro è successo mentre ero via? >> chiese, incrociando le braccia.

 

Irina sorrise e gli si sedette vicina sul bordo del letto vuoto. Erano successe tantissime cose, alcune delle quali in quel momento sembravano solo buffe, e non drammatiche come in realtà erano state.

 

<< E’ tornato mio fratello Dominic >> disse Irina, guardando il soffitto e sentento lo sguardo di Xander puntarsi su di lei, << Poi… Bé, non ha molta importanza >>.

 

Decise di evitare di dirgli che per qualche terribile istante aveva anche creduto di essere incinta, perché Xander non avrebbe retto. Sorrise e lo guardò.

 

<< E a te, cosa è successo? >> chiese, come una bimba che aspetta il suo regalo.

 

Lui ghignò. << Niente di importante… Ho solo battuto lo Scorpione in una gara sull’autostrada >> rispose.

 

<< Ah proposito… Sei andato in contromano sull’autostrada?! >> disse Irina, arrabbiata.

 

Xander la prese per il mento e appoggiò la fronte sulla sua. << Ha importanza, adesso? >> sussurrò. Sfiorò le labbra con le sue e sorrise.

 

Irina chiuse gli occhi. L’aveva fregata. No, alla fine non era importante… L’importante era che lui fosse lì, e che quel bacio che si erano dati prima che se ne andasse non fosse stato l’ultimo. Quello che era successo, quello che sarebbe accaduto, erano superflui.

 

<< Ti amo, piccola >> disse Xander, fissandola con gli occhi azzurri piantati nei suoi.

 

<< Anche io >> rispose lei.

 

Era tutto troppo bello, troppo perfetto perchè fosse vero. Irina aveva paura che tutto finisse da un momento all’altro, ma il respiro di Xander sulla sua bocca non poteva essere un sogno. Era troppo dolce, troppo reale per poter svanire.

 

<< Gli altri? >> chiese lei, per cercare di riportarsi alla realtà, << Li avete presi tutti? >>.

 

Xander le passò una mano sulla schiena. << Sì… Anche George Challagher >> rispose, << Ma avremo modo di parlare anche di tutto questo >>.

 

Si abbassò e la baciò sulle labbra, in tempo per zittirla. Sorrise. << Tempo al tempo, Irina. Smettila di preoccuparti per gli altri… Mi piacerebbe che ti preoccupassi un po’ per me, ti pare? >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 15.00 – Ospedale di Los Angeles

 

<< Sei pronta? >> chiese Xander, mentre Irina recuperava le ultime cose dalla sua stanza e salutava l’infermiera. Raccolse la borsa da terra ma Xander gliela sfilò di mano, afferrandola con il braccio buono.

 

<< Sì, andiamo >> disse lei. Prese il maglione nero che era appoggiato sul letto e gli rivolse un’occhiata. << Devo passare a ridare questo a Dimitri… >>.

 

Xander la guardò. Irina aveva insistito molto nel voler vedere Dimitri, e per certi versi la capiva. Il russo si era comportato in modo davvero strano, e non era l’unica a voler capire cosa gli fosse passato per la testa. Ne avevano parlato, e si era anche fatto raccontare cosa aveva fatto durante il loro “soggiorno” a Barstow… Una storia che lo aveva reso ancora più perlesso.

 

<< D’accordo, andiamo >> acconsentì lui, seguendola lungo i corridoi, fino a raggiungere una stanza piantonata da due agenti di polizia. Il vetro trasparante mostrava Dimitri sdraiato a letto, sotto le lenzuola bianche, un po’ più pallido del solito, ma sempre con gli occhi di ghiaccio.

 

Xander guardò Irina bussare delicatamente alla porta e aprirla, e decise di seguirla. Voleva sentire anche lui cosa si sarebbero detti. La vide indugiare sul russo quasi intimorita, mentre Dimitri li fissava in silenzio, quasi sperasse di ucciderli con lo sguardo.

 

<< Cosa volete? >> chiese.

 

Irina appoggiò la maglia nera sul comodino, e rispose a bassa voce: << Questa è tua >>.

 

Dimitri la guardò, poi spostò gli occhi su Xander. Fece una smorfia ma non disse niente, quasi si aspettasse una loro visita. Irina fece un passo indietro, e poi si decise a porre la sua domanda.

 

<< Perché ti sei comportato in quel modo? >>.

 

Dimitri sembrò irritarsi. << Mi andava così >> ribatté, caustico, << Almeno non finivamo ammazzati tutti quanti… >>.

 

Xander trovò la risposta inadeguata, e molto probabilmente pensò altrettanto Irina, perché gli rivolse un’occhiata di sbieco. Guardò con interesse il russo, per capire cosa lo spingesse a non voler dire la verità.

 

<< Perché mi hai detto che Xander era morto? >> chiese Irina.

 

<< Cosa vuoi da me, Fenice? >> ribatté Dimitri, << Hai ottenuto quello che volevi, vattene ora >>.

 

Irina rimase in silenzio di fronte al tono aggressivo del russo, e si allontanò. Non era spaventata, ma sembrava aver capito che se Dimitri non aveva intenzione di parlare, non lo avrebbe fatto. << D’accordo >> disse, << Grazie, allora… Non so perché tu l’abbia fatto, ma ti ringrazio per avermi aiutato… >>.

 

Il russo seguì con lo sguardo Irina, senza che dai suoi occhi grigi trasparisse alcunché. Xander cercò di cogliere invano qualcosa che potesse fargli capire perché avesse deciso di aiutarla, perché si fosse lasciato arrestare. Lo vide fare una smorfia, quasi una sorta di amaro sorriso, mentre la ragazza si avvicinava alla porta, dove Xander era appoggiato a braccia incrociate.

 

<< Comincia ad andare >> le disse lui, << Ti raggiungo tra poco, ok? >>.

 

Irina gli sfiorò il braccio con la mano e annuì. Xander entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. Voleva capire cosa passava per la testa del russo, anche se sapeva sarebbe stato difficile farlo parlare.

 

<< Cosa vuoi, Went? >> domandò Dimitri, << Anche tu hai voglia di infierire? >>.

 

<< No, voglio solo sapere perché hai fatto in modo che non vi muoveste da Barstow >> disse Xander.

 

Dimitri fece un’altra smorfia. << Perché ti interessa? Potrei anche dirti una balla, sarebbe la stessa cosa >>.

 

<< Perché hai fatto in modo che vi trovassimo? >> chiese Xander, << Sei stato tu, vero? >>.

 

Ci aveva pensato un po’, e alla fine era giunto alla conclusione che fosse stato proprio il russo a far squillare il suo cellulare, utilizzando quello vecchio di Irina. Da quello che lei stessa gli aveva raccontato, Dimitri sembrava l’unico a non volerla uccidere.

 

<< Sì, sono stato io >> rispose solo il russo, incrociando le braccia sul lenzuolo, la gamba immobilizzata.

 

<< Perché? >> domandò Xander.

 

<< Se credi che sbavi dietro a Irina, ti sbagli, Went >> rispose secco Dimitri, lo sguardo di sfida.

 

<< Non era quello che intendevo, ma mi sono comunque tolto un altro dubbio >> disse Xander, << Voglio solo una spiegazione del perché tu abbia deciso di farvi arrestare… Potevate salvarvi, se foste fuggiti >>.

 

Dimitri fece l’ennesima smorfia. << Fuggire… Non fuggo mai, se posso evitarlo >> disse, << I rapporti tra me e Challagher non andavano così bene come tutti pensavano, Went. Ed è tutto iniziato quando lei è arrivata tra noi >>.

 

<< Cosa vuoi dire? >> chiese Xander, sospettoso.

 

<< La gente pensava che non volessi Irina nella Black List perché la consideravo una sorta di macchia per la nostra reputazione >> disse freddo Dimitri, << Tutte cazzate… E’ vero, mi dava fastidio che una ragazzina fosse la numero tre della Lista, ma non era per quello che ho avuto da ridire con Challagher. Non la volevo perché sapevo sarebbe finita in questo modo… Sono rimasto colpito da lei, Went >>. L’espressione del russo era quella di uno che ammette qualcosa che non voleva rivelare. << Mi ha stupito come si sia offerta di ripagare i debiti del fratello, facendo la pilota clandestina… Tra noi non esiste questa forma di altruismo, Went. Ha colpito tutti… Ancora di più quando l’abbiamo vista sfidare i membri della Black List senza alcuna paura. E Challagher non ha capito più niente, da quel momento. Sapevo che sbagliava a darle tutta quella libertà, perché l’ha resa forte… E’ stato lui stesso a trasformarla nel suo punto debole >>.

 

<< Questo non spiega perché tu abbia deciso di aiutarla >> disse Xander.

 

<< Non sapevo che la violentasse. Non lo sapeva nessuno >> ribatté Dimitri, << Non ci ha mai rivelato che era arrivato a quel punto, con lei. Sarebbe stato come ammettere che l’aveva battuto… Quando ho saputo era caduto così in basso, quella volta che siamo andati a casa di Irina dopo aver scoperto che vi vedevate, ho capito che la situazione stava degenerando. Sono un bastardo, Went, ma non fino a questo punto. Challagher stava diventando insopportabile, e lei ci stava rimettendo troppo… >>.

 

Xander lo guardò sbalordito. Il russo fece un’altra smorfia.

 

<< Sì, Went, hai capito bene >> continuò, << Ho detto che ci stava rimettendo troppo… Riconosco che non meritava una cosa del genere, per quanto mi desse fastidio e per quanto potesse rappresentare un problema. La gente la odiava perché la vedeva come la ragazza dello Scorpione, perché aveva più potere su di lui più di quanto ne avesse qualsiasi altra persona, ma io non la odiavo. Volevo solo che se ne andasse, prima che finisse male sia per lei che per noi… >>.

 

<< Allora lo avevi premeditato? >>.

 

<< No. Non sapevo come sarebbero andate le cose. Quando ho visto che ci stavate alle calcagna, che avevate bloccato tutte le vie di fuga, ho capito che sarebbe stato meglio chiudere quella storia in fretta… Dopo tutto quello che era successo, non saremmo mai potuti tornare a Los Angeles e rimettere le cose com’erano prima. In ogni caso eravamo finiti. E a nessuno piaceva più il sistema dello Scorpione. Ho solo capito prima degli altri che farci beccare era la cosa migliore per tutti >>.

 

Xander guardò il russo, che aveva sempre considerato un pezzo di ghiaccio pronto a fare fuori chiunque. Doveva ricredersi: aveva appena dimostrato più cuore di tutti quelli che facevano parte del giro di Challagher. In un attimo, lo rivalutò: grazie a lui aveva ritrovato Irina.

 

<< Credo che debba ringraziarti, allora >> disse, << Anche se mi costa molto, a essere sincero… >>.

 

<< Non dirmi grazie, Went >> ribattè il russo, << Dì grazie a te stesso… Il fatto che tu mi abbia battuto mi ha fatto capire che sei uno a cui posso portare rispetto. Forse è anche per quello che ti ho dato una mano: meritavi di avere la tua ragazza, se era quello che volevi. Oltretutto, saresti tu il numero uno della Black List… E stando a questo, dovrei rispettare i tuoi ordini >>.

 

Il tono era sarcastico, ma Dimitri era sincero. Xander fissò il russo per qualche istante, ricordando la loro gara… Nonostante tutto, era stata bella. Lo aveva sempre trovato poco simpatico, ma ora si rendeva conto che non era poi così male. Forse avrebbe dovuto conoscerlo meglio.

 

<< Hai fatto vincere Irina perché te lo aveva chiesto Challagher? >> chiese.

 

<< Sì, ma non volevo farlo >> rispose Dimitri, << Sono stato costretto: non potevo inimicarmi Challagher, ma avevo capito cosa avesse in mente Irina… Era la volta buona che la ammazzava, ed è quasi arrivato a farlo >>.

 

<< Pensi fosse in grado di farlo veramente? >> domandò Xander. Era curioso di sapere il parere del russo, che conosceva Challagher decisamente meglio di lui.

 

Dimitri fece una strana smorfia. << No, non ne era capace >> rispose, << Ormai era talmente ossessionato da lei che non sarebbe mai riuscito a liberarsene. Infatti ha lasciato a me il compito di farlo, quando è venuto a gareggiare con te. Ci ha provato, però. Ha provato a puntarle una pistola alla testa, a spararle, ma l’unica cosa che è riuscito a fare era implorarla di amarlo, anche per finta >>. Il russo si produsse in un sorriso stranamente amaro.

 

Xander rabbrividì al pensiero di Irina con la pistola di Challagher puntata alla testa, ma ancora di più all’idea di implorare un’illusione come quella che aveva chiesto lo Scorpione.

 

<< C’è altro che vuoi sapere, Went? >> chiese ad un certo punto Dimitri, il tono scocciato, << Vorrei essere lasciato in pace, adesso >>.

 

Xander scosse il capo. << Mi sono sbagliato su di te >> disse, << Non ti credevo in grado di pronunciare parole del genere… Né che saresti stato capace di tradire Challagher. Non sarà felice di vederti, in carcere, quando saprà che sei stato tu… >>.

 

<< Non me ne frega un cazzo >> ribatté Dimitri, << Non ho mai avuto paura di lui, e continuo a non averne. Forse è per questo che siamo stati amici, una volta, prima che iniziasse a perdere la testa… O forse prima che capissi che lui non aveva amici, ma solo scagnozzi. Potete anche metterci in cella insieme: di tempo ne avremo per chiarirci, immagino >>.

 

Xander fece per uscire. << Forse potresti ottenere un piccolo sconto >> disse, << Ti devo pur sempre qualcosa >>.

 

Aprì la porta, ma Dimitri lo fermò. << Non mi devi niente, Went >> disse, secco, << Hai vinto, e chi vince prende tutto. Erano questi i patti della gara, no? So ancora riconoscere la sconfitta… Fa parte dei pochi valori che ho >>.

 

Xander si voltò a guardarlo, e un vago sorriso gli si disegnò sulle labbra. Quel russo era una fonte di sorprese, e l’idea di mettere una mezza buona parola per lui con il giudice che avrebbe firmato la sua e la condanna di Challagher non gli parve più tanto sbagliata.

 

<< Ci rivedremo, credo >> disse, << Magari nemmeno fra tanto tempo… >>.

 

<< Goditi la tua vittoria, Went >> disse Dimitri.

 

Xander uscì dalla stanza, con la strana sensazione addosso di non aver più il controllo di quello che stava succedendo. Scoprire che il russo non era quello che aveva sempre pensato però gli faceva piacere: dimostrava che si può cambiare, che c’è qualcuno che è in grado di capire che ha imboccato la strada sbagliata e che vuole cambiarla.

 

Trovò Irina ferma in mezzo al corridoio, davanti a un’altra stanza, che lui riconobbe subito. Era quella di Challagher. La ragazza era ferma e guardava oltre il vetro, lo Scorpione adagiato sul letto bianco, solo l’ombra di ciò che era stato. La testa era appoggiata sul cuscino, gli occhi chiusi, l’elettrocardiogramma che suonava ritmicamente.

 

Rimase a studiare la sua espressione impaurita e addolorata, mentre lei rimaneva immobile davanti a quel vetro che ora la separava dal suo più grande incubo. Aveva ancora il naso scuro, il livido sul collo ben visibile, ma non era mai stata così bella… Né così triste.

 

Lo sapeva che sarebbe stato difficile. Sarebbe stato difficile per lei tornare a essere una ragazza qualunque, a vivere, come una ragazza qualunque. Quello che si portava dentro era qualcosa che non poteva essere dimenticato facilmente, che l’avrebbe condizionata per sempre…

 

Odiò Challagher soprattutto per quello. Poteva anche averla chiusa in una gabbia, prigioniera di un debito che non era nemmeno suo; poteva averla costretta a essere quello che non era, facendola diventare Fenice, ma le aveva anche fatto qualcosa che si sarebbe portata dietro per tutta la vita. Le aveva inflitto una ferita che avrebbe impiegato moltissimo tempo a guarire, che avrebbe fatto sempre male, e che avrebbe lasciato una cicatrice indelebile nell’anima di Irina. Una cicatrice che poteva essere nascosta, ma che non si poteva cancellare.

 

Si avvicinò e le cinse le spalle con il braccio. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla, per farla tornare quella che era… Quella che lui aveva conosciuto.

 

<< Andiamo, piccola >> disse.

 

Lentamente la condusse verso la porta, mentre Irina guardava il pavimento. Forse trovava strano vedere Challagher così debole, così “normale”: era sempre stata abituata a doverlo temere, a subire i suoi soprusi.

 

<< Xander? >> disse lei, piano.

 

<< Dimmi >>.

 

<< Lo rivedremo mai più? >>.

 

Xander la strinse. << Forse… Ma se tu non vuoi, non lo vedrai di nuovo >> rispose, << Non lo vedrai mai più… >>.

 

Irina lo abbracciò. << Allora no, Xander… Non voglio più vederlo. Voglio solo dimenticare >>.

 

Xander ricambiò la sua stretta e lasciò che appoggiasse la testa sulla sua spalla. << D’accordo, piccola >> disse, << E’ finita… Finché ci sono io, nemmeno il tuo passato verrà più a cercarti >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 20.00 – Casa

 

<< Xander, tu non potresti guidare >> disse Irina, un mezzo sorriso davanti al volto di Xander, stagliato sulla porta di casa sua, il braccio non più appeso al collo, le chiavi della Mercedes di suo padre che penzolavano nella mano destra.

 

<< Di solito non guido con le spalle >> ribatté lui, ridacchiando, << Mi servono solo le braccia. E quelle mi sembra funzionino >>.

 

La acchiappò per la vita e la strinse, stampandole un bacio sulle labbra. Irina fece finta di arrabbiarsi e si scostò. << Non è meglio che andiamo con la mia macchina? >> chiese.

 

<< No. Non mi fido di come guidi >> ribatté Xander, ghignando.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. Era passata una settimana da quando erano usciti dall’ospedale, ed era la prima volta che Xander le chiedeva di uscire. Avevano avuto un po’ di cose da fare, soprattutto lui, e avevano cercato di rimettersi il più possibile… L’unica nota positiva era che Irina non aveva più il naso nero.

 

<< Papà, io esco >> disse in mezzo al corridoio, sperando che dalla cucina Todd la sentisse.

 

<< Ok… >> gridò lui, << A che ora torni? >>. Si affacciò per guardarli, l’espressione seria e vagamente di rimprovero.

 

Irina lo guardò, colta alla sprovvista. Aveva capito benissimo cosa stava pensando suo padre… Si voltò verso Xander, che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere, e aspettò che le dicesse qualcosa. Si limitò a scrollare le spalle, come a dire: “Decidi tu”, e ghignò.

 

<< Ehm… Non lo so >> rispose Irina, guardando suo papà. << Non mi aspettare, comunque >>.

 

Si voltò per evitare di far vedere a Todd che aveva cambiato colore e uscì di casa, diretta alla Mercedes scura parcheggiata davanti al vialetto. Xander la seguì, ridendo.

 

<< Non lo sai? >> la prese in giro.

 

Irina si sedette sul sedile dell’auto, indecisa se arrabbiarsi o ridere. Trovò la cosa imbarazzante, perché lo sapeva che quello era un punto abbastanza controverso, per lei… Voleva passare la notte a casa sua oppure no?

 

<< Dove andiamo? >> chiese, per cambiare argomento.

 

Xander mise in moto l’auto. << C’è un posto dove vorresti andare? >> chiese.

 

<< Uhm… No. Basta che non sia troppo impegnativo >> rispose lei, allacciando la cintura.

 

Xander sorrise. << D’accordo… >> disse, << Faccio io >>.

 

Svoltò a destra, e proseguì diritto per un po’. Come sottofondo a quel silenzio avevano la musica della radio, che proveniva soffusa dalle casse. Irina guardò con la coda dell’occhio Xander, sentendosi un po’ imbarazzata.

 

Era strano sapere che tutto quello che aveva sperato si era trasformato in realtà. Fino a qualche settimana prima, aveva sempre pensato che si sarebbe dovuta accontentare di quel bacio scambiato in tutta fretta e dal sapore di disperazione… E ora, ora lui era lì…

 

Sorrise, guardando la strada che sfrecciava fuori dal finestrino. Erano sul lungomare, lo stesso che per Irina aveva sempre rappresentato un’oasi di pace. Lo stesso sul quale di rifugiava per dimenticare per un po’ i suoi problemi.

 

Xander parcheggiò vicino a un locale che Irina conobbe subito. Era quello in cui erano andati quella sera in cui Xander le aveva voluto dare le chiavi della Ferrari e in cui lei gli aveva quasi minacciato di darle un bacio.

 

<< Ti ricordi vero di questo posto? >> ammiccò lui.

 

Irina annuì. << Certo >> disse solo.

 

Era già aperto, anche se c’era poca gente. Scesero dall’auto e si diressero verso l’entrata. Uno dei camerieri la riconobbe e la salutò, indicandogli un tavolo libero vicino alla spiaggia. Xander però la prese per mano e la portò sulla spiaggia, facendo segno al cameriere di raggiungerli dopo poco per portargli qualcosa da bere.

 

Si sedettero sulla sabbia calda, uno di fianco a all’altro, in silenzio. Irina rivolse gli occhi all’orizzonte, dove il sole era già tramontato ma si vedeva ancora una linea violetta proprio a livello del mare.

 

<< Cosa vi porto? >> chiese il cameriere, sorridendo.

 

<< Un Martini per me… E niente di alcolico per lei >> rispose Xander ghignando, << Non vorrei poi fare la figura di quello che approfitta… >>.

 

Il cameriere rise, e Irina fece altrettanto. Guardò Xander, gli occhi azzurri che brillavano, e si chiese perché riuscisse sempre a sapere quello che voleva. Doveva avere qualche sorta di capacità che gli permetteva di leggerle nel pensiero.

 

<< Mi pare di ricordare che tu mi abbia fatto una specie di proposta indecente, quando siamo venuti qui l’ultima volta… >> disse Xander, quando il cameriere se ne fu andato, << Ricordo male? >>.

 

Irina si avvicinò. << No, non ti ricordi male >> disse, << Ma mi sembrava che non volessi accettare… >>. Sorrise ammiccando.

 

Xander ghignò. << Potrei averci ripensato… >> disse, << Lo stesso potresti aver fatto tu per queste >>. Le sventolò davanti agli occhi un mazzo di chiavi con il cavallino rampante della Ferrari in bella vista.

 

Irina scostò la sua mano. << Ti sbagli… E poi non dovrebbe essere distrutta, ormai? >>.

 

<< L’ho fatta mandare in riparazione >> rispose Xander, << McDonall mi ha fatto questa sorta di regalino… >>.

 

<< Lo sai che non sono le chiavi di un’auto, quello che voglio >> disse Irina, sorridendo. << Nemmeno se si tratta di una Ferrari >>.

 

<< Potremmo fare uno scambio, no? >> propose Xander, avvicinandola, << Io ti do queste, e tu mi dai… >>. Si interruppe, e Irina arrossì. << Un bacio. Mi accontento di un bacio >> concluse lui, sorridendo.

 

Avvicinò il viso al suo e la baciò, infilando le chiavi della Ferrari nello scollo della sua camicetta, esattamente come aveva fatto la prima volta. Irina gli afferrò la mano e lo spinse sulla sabbia, appoggiandosi a lui. Sentì la costola incrinata dolere per un momento, e le scappò un piccolo lamento.

 

<< Male da qualche parte, piccola? >> domandò Xander, preoccupato. << Ahi… Ti sei appoggiata sulla spalla sbagliata… >>.

 

Irina si scostò di scatto, terrorizzata di avergli fatto male, e abbassò lo sguardo. Sentì Xander ridacchiare.

 

<< Siamo messi un po’ maluccio, vero? >> scherzò, << Ci vorrà ancora qualche settimana, per tornare in forma >>.

 

Irina annuì e sospirò. << Perché mi volevi dare quelle chiavi, l’altra volta? >> chiese.

 

Xander si sistemò meglio sulla sabbia, le braccia dietro la testa, completamente a suo agio.

 

<< Credevo potessero farti capire che non ti stavo prendendo in giro >> rispose.

 

<< E come? >>.

 

<< Cosa aprono le chiavi, Irina? >> ribatté paziente Xander.

 

La ragazza lo guardò. << Le porte >> rispose.

 

Poi comprese. Quelle chiavi rappresentavano l’accesso a qualcosa che apparteneva a Xander… Un accesso che aveva permesso solo a lei, forse. Quelle non erano le chiavi di un’auto, erano le chiavi… del suo cuore.

 

Irina fissò Xander, sbalordita. Era una cosa stupenda, profonda, molto romantica. Le aveva dato le chiavi per farle capire che doveva solo aspettare, che c’era già qualcosa… Peccato che lei non l’aveva capito.

 

<< Potevi essere un po’ più chiaro, però… >> mormorò imbarazzata.

 

<< Più chiaro di così… Te lo dovevo scrivere a caratteri cubitali davanti alla porta di casa? >> ribatté lui, << Dovevi capirlo solo tu, mica tutto il mondo… >>.

 

<< Bé, io però sono stata più esplicita… >> disse Irina.

 

<< Quella era una minaccia >> rise Xander, << “Baciami, se ne hai il coraggio”… Se l’avessi fatto molto probabilmente mi avresti picchiato… >>.

 

<< Non è vero… >> disse Irina, << Però forse mi sarei arrabbiata… >>.

 

Xander si mise a sedere. << Ci sei rimasta male, vero? >> disse divertito.

 

<< No >> mentì Irina, per non dargli la soddisfazione di avere di nuovo ragione.

 

<< No? Non sai quanto sono stato male io quando mi hai ridato le chiavi… >> disse lui, << Però mi faccio perdonare, d’accordo? >>.

 

Le mise un dito sotto il mento e la baciò di nuovo. Irina gli poggiò la mano sulla guancia, troppo presa dalla voglia di continuare a sentire il suo sapore sulla lingua… L’aveva agognato per tanto tempo, e non sarebbe riuscita a farne a meno.

 

Il cameriere poggiò il vassoio con i due bicchieri sulla sabbia, senza interromperli. Chi se ne importava se tutti stavano vedendo la scena… Che guardassero pure!

 

Xander sorrise. << Ahi ahi ahi >> disse, << Cedi già al primo appuntamento? Dovresti fare la difficile, tirarla un po’ per le lunghe… >>.

 

Irina gli diede una pacca sulla spalla sana. << Spiritoso… >> disse.

 

Xander le porse il bicchiere e poi prese il suo. Fecero cin cin, poi Irina gli tolse il Martini dalle mani e ne bevve un sorso, sfidando a riprendersi il suo drink.

 

<< Mi provochi, vero? >> disse lui, divertito.

 

<< Sì >>.

 

<< Guarda che non ho intenzione di cedere >> ribatté lui, << Uno di noi due deve fare la persona seria, non credi? >>.

 

Irina sorrise. Xander voleva giocare, esattamente come le aveva chiesto: voleva cominciare tutto da zero, come se non ci fosse mai stato niente. Forse poteva essere divertente, alla fine. Si strinse nella spalle e si allontanò, decisa a fare come voleva lui.

 

Un attimo dopo si ritrovò sdraiata sulla sabbia calda, le labbra di Xander sulle sue, il suo respiro che le arrivava dritto dritto alle narici. Sentì la sua gamba scavalcarla, il suo corpo sopra il suo, che la sfiorava solo, senza schiacciarla, senza costringerla.

 

<< Scusa, ma non ho resistito >> sussurrò lui.

 

Si spostò di lato, sdraiandosi di fianco a lei e lasciando che poggiasse la testa sopra la sua spalla.

 

<< Sei incoerente >> mormorò Irina, ridendo.

 

<< Lo so… Ma mi piace >> ribatté lui.

 

Irina si mise comoda, fissando il cielo nero sopra di loro, le stelle che brillavano lucenti, il rumore del mare in sottofondo, la musica del bar che arrivava soffusa. Non poteva chiedere di più, e non avrebbe voluto altro.

 

<< Xander? >>.

 

<< Sì? >>.

 

<< Adesso cosa farai? >> chiese Irina.

 

<< In che senso? >>.

 

<< Hai portato a termine la tua missione >> disse Irina, << Hai arrestato lo Scorpione… Adesso? Tornerai a New York? >>.

 

Ci aveva pensato diverse volte. Xander non viveva lì, viveva a New York, ed era venuto a Los Angeles solo per arrestare ChallagherPrima o poi se ne sarebbe andato.

 

<< Non ho intenzione di andarmene >> rispose lui, serio, guardando il cielo, << Almeno per un po’… Finché le cose non saranno tornate completamente apposto. In ogni caso, potrei anche decidere di lasciare Los Angeles, ma non di lasciare te >>.

 

<< Cosa intendi? >>.

 

<< Che o rimarrò qui, oppure se tu vorrai potrai venire con me >>.

 

Irina rimase in silenzio, ad assaporare il significato di quelle parole. Non se ne sarebbe andato, e anche se lo avesse fatto sarebbero rimasti insieme, perché lei poteva seguirlo ovunque. Se quella era la strada che aveva davanti, non poteva che sentirsi euforica.

 

Sorrise e appoggiò la guancia alla sua spalla, sentendo il petto di Xander alzarsi e abbassarsi. Chissà cosa ne sarebbe stato di lei, se quel giorno non avesse deciso di incontrare il pilota “fuori di testa” che voleva battere lo Scorpione… Chissà cosa sarebbe successo, se non gli avesse mai permesso di entrare nella sua vita e di sconvolgerla…

 

Chiuse gli occhi, tranquilla come non lo era mai stata. Xander c’era e sarebbe rimasto, glielo aveva detto: e lei gli credeva. Aveva sempre mantenuto le sue promesse, sempre.

 

<< Sei stanca? >> chiese Xander, all’improvviso, guardando l’orologio.

 

<< Un po’… >> mormorò Irina. Il tempo era davvero volato…

 

<< Ti riporto a casa, allora >> disse lui, << Hai bisogno ancora di qualche giorno di riposo, credo >>.

 

Si mise a sedere, massaggiandosi la spalla sinistra. Irina sbuffò: stava davvero troppo bene, perché interrompere quella cosa?

 

Si guardò intorno, per notare che il locale iniziava a riempirsi di gente, e che qualcuno guardava incuriosito dalla loro parte. In effetti, non era più un luogo molto tranquillo…

 

Si alzò e seguì Xander fino al parcheggio, verso la Mercedes scura. Salirono in macchina, e Irina notò che continuava a massaggiarsi la spalla, una leggera smorfia sul volto.

 

<< Ti fa male, vero? >> chiese, preoccupata.

 

<< Non tanto >> rispose Xander, mettendo in moto, << Forse devo cambiare la fasciatura… E’ la garza che mi da fastidio >>.

 

<< E fai tutto da solo? >> domandò Irina.

 

<< Sì… Non ho ancora un’infermiera personale >> rispose lui, sorridendo.

 

<< Posso farlo io, se vuoi >> si offrì Irina.

 

Xander ghignò e le lanciò uno sguardo. << D’accordo… >> disse, e fece retromarcia, << Poi però ti riporto a casa >>.

 

Irina si appoggiò soddisfatta al sedile dell’auto, felice di essere riuscita a trovare una scusa per poter stare ancora un po’ insieme a lui.

 

Poco dopo, Xander fermava la Mercedes nel giardino di casa sua, le finestre tutte scure. Non doveva esserci nessuno, nemmeno Jess.

 

<< E’ uscito con Jenny >> spiegò Xander, aprendo la porta di ingresso e accendendo la luce. << Aspettami in soggiorno, che arrivo subito >>.

 

Irina si andò a sedere sul divano, aspettando che Xander tornasse. Lo vide entrare con un vassoio in mano, una crostata di frutta in bella vista e decisamente invitante. La appoggiò sul tavolino.

 

<< Non sono venuta per mangiare… >> disse lei, ridacchiando.

 

<< Invece tu mangi >> ribatté Xander, << Quanti chili hai perso dall’ultima volta che ci siamo visti, eh? >>.

 

Irina sbuffò. << Se continui a farmi mangiare in questo modo, ti sfonderò le sospensioni della Ferrari… >> disse. Lo guardò con insistenza, per ricordargli che doveva svolgere la sua parte da infermiera.

 

<< Prima mangi >> disse lui, porgendole una grossa fetta di crostata.

 

Irina la prese e la assaggiò: era davvero buona. Doveva essere opera di Nichole… Era da molto che non la vedeva: chissà come stava.

 

<< Fatto >> disse lei dopo poco, spazzolandosi le briciole dai pantaloni.

 

Xander alzò gli occhi al cielo, poi le fece cenno di andare di sopra. << Vado a prendere le cose… >> disse, << Scegli tu dove dobbiamo metterci >>.

 

Irina scattò in piedi e si diresse sicura verso la sua camera. Accese la luce e attese.

 

Xander tornò poco dopo, la valigetta del pronto soccorso in mano e l’espressione divertita. Tirò fuori una compressa di garze pulite e la guardò.

 

<< Sicura che non ti fa impressione? >> chiese.

 

Irina annuì. Xander le gettò un’ultima occhiata, poi si sfilò la maglia, gettandola sul letto. La spalla sinistra era avvolta in una spessa benda bianca, ma i muscoli sembravano sempre in ottimo “stato”. Cosa che Irina colse subito.

 

<< A te l’onore >> disse lui, porgendole un paio di forbici e sedendosi sul letto.

 

Irina le prese e iniziò a tagliare la benda, lasciandola cadere per terra. Piano, per evitare di fargli male, scoprì lentamente la ferita, accorgendosi però che la garza era rimasta incollata, rossa di sangue. Vide Xander fare una smorfia.

 

<< Si è appiccicata… >> sussurrò Irina, << Per questo ti faceva male… Non sei proprio capace di medicarti da solo… >>.

 

Irina mise da parte al forbice, e per la prima volta sfiorò la pelle di Xander con le dita. Sentì il sangue affluire al volto, arrossendo di colpo, il respiro lentissimo. C’era qualcosa di decisamente invitante nel calore che emanava…

 

Xander le rivolse un’occhiata, e sembrò turbato anche lui. Si mosse appena mentre Irina tirava delicatamente la garza, fino a scoprire la ferita ancora fresca, i punti che risaltavano sulla carne. Sanguinava ancora un po’, e doveva essere anche piuttosto dolorosa.

 

<< Non è proprio una cavolata… >> mormorò Irina, sentendosi improvvisamente in colpa, rendendosi conto di essere la causa di quella ferita. << Ti rimarrà la cicatrice, vero? >>.

 

I suoi occhi corsero subito a quella che aveva sul petto, ricordo di un errore giovanile. Lui annuì in silenzio.

 

<< Un’altra… >> sussurrò lei.

 

Xander le mise una mano sulla guancia e la fece sedere di fianco a lui. << Ascoltami, Irina >> disse, << Che non ti salti in mente di sentirti in colpa, capito? E’ la volta buona che mi arrabbio davvero… Non centri nulla. E’ solo una stupida cicatrice… Non me ne importa assolutamente nulla, se è l’unica cosa che mi rimane dopo averti ritrovata viva, ok? Niente sensi di colpa. Anzi, sono contento di averla: mi ricorderà un altro dei miei errori, che non si deve ripetere >>.

 

Irina abbassò lo sguardo e annuì.

 

<< Avanti, finisci >> la invitò lui sorridendo, << Sei brava a fare l’infermiera, te lo ricordo… >>.

 

Irina sorrise leggermente e continuò il suo lavoro, sentendo lo sguardo di Xander su di lei, e cercando di non farsi distrarre. La sconcentrava quando la guardava in quel modo…

 

<< Finito >> disse, fissando la garza con un punto metallico, << Questa volta non ti farà male >>.

 

Xander la prese per il mento e la baciò all’improvviso, cogliendola alla sprovvista. La imprigionò in un qualcosa che era denso di passione, di desiderio… Decisamente diverso dalle altre volte.

 

Irina non oppose nessuna resistenza quando lui la spinse sul letto, fadecendola sdraiare, continuando a rimanere incollato alla sua bocca, il respiro che si faceva stranamente più pesante… Le sue mani si poggiarono sul suo petto, la cicatrice sotto le dita, la pelle calda e i muscoli tesi…

 

Xander si staccò un momento e le rivolse un’occhiata, le iridi azzurre più brillanti del solito. Irina aveva il respiro accelerato, una strana sensazione allo stomaco e il cuore che batteva a mille. Solo in quel momento di rese conto di essere sdraiata sotto di lui.

 

<< Ti devo qualcosa in cambio, per il servizio? >> ghignò lui.

 

Irina gli mise una mano dietro il collo e lo tirò giù, catturandolo di nuovo in un bacio che voleva dirgli di smettere di giocare…

 

La mano di Xander corse ai bottoni della sua camicetta, aprendoli uno dopo l’altro, in fretta. Gliela sfilò in un secondo, scoprendo la pelle chiara e ancora segnata di Irina. Le sue dita percorsero le costole, ancora troppo visibili, e arrivarono ad afferrarle i fianchi, delicatamente, per poi tornare su.

 

Poi, secco, improvviso, del tutto inaspettato, un dolore sordo arrivò al petto di Irina, un dolore che partì dalle sue costole ma arrivò dritto dritto al cuore. Un lampo, e tutto le tornò in mente troppo nitido, troppo straziante.

 

Lei… Lei e William.

 

Il suo cuore accelerò ancora, questa volta per paura. Ricordava troppo bene quella sensazione di terrore, di impotenza, di completa inerzia… Era un dolore sia fisico che mentale, un dolore che aveva paura di riprovare…

 

Xander si immobilizzò, le dita che erano arrivate al suo ombelico, l’espressione preoccupata.

 

<< Io… Io credo di non riuscirci… >> sussurrò Irina, in preda al panico.

 

Xander rimase a guardarla, gli occhi che brillavano, il respiro leggermente affannato. I muscoli delle spalle si sciolsero, il fiato che si faceva meno pesante.

 

Irina rimase paralizzata, in attesa. Forse non poteva chiedergli di fermarsi… Forse non poteva pretendere che si accontentasse di quello… In fondo, aveva cominciato lei.

 

Xander si mosse appena, e diventò serio.

 

<< Scusami… >> sussurrò Irina, << Lo so che… >>.

 

<< Sapevo che saremmo arrivati a questo punto >> disse lui, e sorrise, << Lo sapevo… Per questo avevo in mente di riportarti a casa, invece che farti venire qui. Non ti devi scusare: è colpa mia. Mi ero ripromesso di fare la persona seria >>.

 

<< Xander… Mi… Mi dispiace >> mormorò Irina, sentendosi una stupida, << Non credevo che sarebbe stato così… Che avessi paura di una cosa del genere… >>.

 

Si morse il labbro, trattenendo le lacrime. Era assolutamente senza speranze: perché non poteva essere una ragazza normale? Perché doveva sempre avere decine di stupidi problemi? Xander non era William… Non sarebbe stato uguale…

 

Eppure aveva paura lo stesso. Era una paura infondata, stupida, inutile, eppure non riusciva a togliersi dalla mente tutti i ricordi che aveva

 

<< Irina >> disse Xander, << Ascoltami. Lo so è che presto, capito? Lo so che non posso chiederti una cosa del genere… Lo sapevo anche prima. Non farti strani complessi, ok? Sarei un bugiardo se negassi che mi piacerebbe davvero tantissimo fare l’amore con te, ma sono disposto ad aspettare, capito? Tutto il tempo che ti serve, tutto il tempo che vuoi… Niente forzature >>.

 

Sorrise a suggello di quelle parole, ma Irina continuò a sentirsi inadeguata. Lui la lasciò mettersi a sedere, guardandola cercare di trattenere le lacrime. Era frustrante, terribile, avere quella stupida paura… E lo era ancora di più sapere che Xander si ostinava a darle ragione.

 

Si fissò le mani, cercando di capire se si meritava davvero quella comprensione. Xander le prese il mento e la costrinse a guardarlo, un bel sorriso sul volto divertito.

 

<< Posso farti una domanda, piccola? >> chiese.

 

Irina annuì.

 

<< Sei mai stata a letto con qualcun altro, a parte… >> si fermò prima di pronunciare il nome di William.

 

Irina fece cenno di no con la testa. Anche in quello si confermava la solita bambina. Il sorriso di Xander si allargò ancora di più.

 

<< Mi fa piacere, lo sai? >> disse, << Davvero >>.

 

Irina lo guardò, e si aprì in un leggerissimo sorriso. Forse la stava prendendo in giro, ma non importava.

 

<< Sarò ancora più paziente, sai? >> scherzò lui, e le baciò il naso. << Almeno a dormire rimani? >>.

 

Irina annuì.

 

<< Mettiti questa, allora >> disse lui, porgendole la sua maglia, << Io non ti forzo, ma tu non forzare me, eh >>.

 

Irina sorrise e lui le fece una carezza, ridendo.

 

In fondo, aspettare non sarebbe stato così difficile. Aveva bisogno solo di un po’ di tempo, di rimettere a posto qualche cosa in stessa, e poi tutto sarebbe tornato normale. Lei per prima. il tempo avrebbe guarito anche quella ferita, senza lasciare cicatrici. Non sarebbe stato facile, non sarebbe stato veloce, ma sarebbe tornata a essere Irina, quella che aveva lasciato morire il giorno in cui aveva deciso di diventare Fenice, il giorno in cui aveva smesso di essere una ragazza qualunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ok, oggi non mi dilungo troppo… Lascio tutto all’ultimo capitolo. Vi informo che la prossima volta posterò l’ultimo capitolo e l’epilogo, quindi non abbandonate le speranze sulla tanto sospirata “notte” tra i nostri due eroi… Vi accontenterò, e voi avete capito cosa intendo…

Per il resto, spero sia stato chiaro cosa ha spinto Dimitri ad aiutare Irina. Lo ha fatto semplicemente perché sapeva che Xander era più forte di loro, e soprattutto era più forte dello Scorpione. Lui non era fedele a William, ma al numero uno della Black List… E quando ha capito che Xander lo sarebbe in qualche modo diventato, ha deciso di fare la cosa migliore: lasciarsi arrestare e dare ad almeno uno di loro, Irina in questo caso, la possibilità di salvarsi. E’ un ragionamento contorto, ma questa è la mente di Dimitri, e io non posso farci nulla.

Ora, non so quando posterò l’ultimo cap + epilogo, ma spero di fare in fretta. Dopodiché vi lascerò il tempo di pensare prima di postare i ringraziamenti, in cui risponderò a qualsiasi vostra domanda, e magari vaglierò l’ipotesi di un seguito… A voi i restanti commenti.

Vi invito quindi a pensare se c’è qualcosa che vi è poco chiaro e che siete curiosi di sapere su qualche personaggio. La prossima volta potrete farmi tutte le domande che volete!

Un bacio!

 

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Capitolo 38
*** Capitolo XXXVIII ***


Capitolo XXXVIII

Capitolo XXXVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un mese dopo    Tribunale di Los Angeles

 

Il giudice Foreman raggiunse il suo scranno con lo sguardo a terra, l’espressione seria. La toga nera frusciò sulla sedia, quando si sedette e gettò un rapido sguardo verso la gente che occupava la sala del Tribunale di Los Angeles e che borbottava rumorosamente. Le telecamere dei giornalisti si puntarono immediatamente sul giudice, in attesa.

 

Xander sentì Irina stringergli la mano, in piedi di fianco a lei, gli occhi bassi. Stava tentando in ogni modo di non guardare nella parte sinistra della sala, per evitare di incontrare gli occhi dell’ultima persona che voleva vedere.

 

William Challagher.

 

Xander girò la testa verso lo Scorpione, seduto con l’espressione strafottente sul volto, le mani ammanettate, i due agenti della polizia che lo controllavano a vista. Qualche metro più in là, c’era Dimitri, in disparte, perfettamente tranquillo. William continuava a guardare dalla loro parte, gli occhi fissi su Irina, un vago sorriso che non cercava nemmeno di nascondere.

 

Xander si mosse appena, nervoso. Le aveva detto che non l’avrebbe più rivisto, ma Irina era stata chiamata a testimoniare contro Challagher, per raccontare la sua su tutti gli eventi che li avevano coinvolti. L’aveva fatto solo per infliggergli una condanna ancora peggiore, ma era stato molto difficile per lei.

 

Quando l’aveva vista seduta di fianco al giudice, lo sguardo basso e il tono di voce flebile, mentre rispondeva alle domande degli avvocati e dello stesso giudice, si era sentito morire. Era stata costretta a raccontare tutto, per filo e per segno, tutto quello che aveva vissuto con lo Scorpione… E mentre lui soffriva in silenzio, seduto vicino al loro avvocato, Irina aveva lo sguardo addolorato di chi proprio non ce la fa più.

 

“Smettila di guardare da questa parte, figlio di puttana” pensò Xander, fissando con occhi di fuoco Challagher, “Ti chiuderanno dentro a vita, e allora l’unica cosa che avrai da fissare saranno le sbarre… E te stesso”.

 

Si voltò verso Irina, e le mise un braccio intorno alle spalle. Le aveva chiesto molto, lo sapeva, ma era stata molto coraggiosa: aveva accettato di rivederlo, di sentire il suo sguardo su di lei, e di parlare di quello che era successo.

 

All’inizio era stato tragico. Jenny e Jess avevano assistito alle prime sedute del processo, e l’amica era scoppiata a piangere appena aveva capito cosa gli aveva nascosto Irina per anni. Era corsa fuori dalla sala, sconvolta, senza la forza per continuare ad ascoltare. Irina era rimasta pietrificata quando aveva visto la sua reazione, ma non aveva avuto modo di fare niente, se non continuare a rispondere alle domande del giudice con voce stentorea. L’unica nota positiva in tutta quella cosa era che i giornalisti non avevano assistito a quella parte del processo, perché Xander aveva preteso che avvenisse a porte chiuse.

 

Il giudice si schiarì la voce, e guardò tutta la sala da sopra gli occhiali.

 

<< Bene >> disse, << Silenzio, per favore >>.

 

Si schiarì un’altra volta la voce e continuò: << Questa Corte, esaminate le prove a carico degli imputati, valutati i racconti dei testimoni, condanna William Challagher alla reclusione in carcere a vita, regime di massima sicurezza, per i reati di: omicidio premeditato, violenza sessuale, spaccio di droga, traffici illeciti, gare clandestine… >>.

 

Xander abbracciò Irina, ritornando a respirare. Il giudice continuò a elencare i reati per i quali era condannato Challagher, mentre Irina rimaneva in completo silenzio, abbandonata sul suo petto. Guardò lo Scorpione con soddisfazione, invitandolo a mostrare ancora la sua faccia tosta.

 

L’unica reazione di Challagher fu quella di arricciare il labbro, fissando Foreman con occhi di ghiaccio, quasi fosse convinto che sarebbe crollato a terra. Poi gettò un’occhiata a Dimitri, che lo guardò senza lasciar trasparire nulla dalle iridi grigie. Teneva le braccia incrociate, in attesa della sua condanna.

 

<< Questa Corte, esaminate le prove a carico dell’imputato, valutate le testimonianze, condanna Dimitri Goryalef alla reclusione in carcere per anni quindici, per i reati di: omicidio colposo, gare clandestine, traffici illeciti… >>.

 

Quindici anni… Erano tanti, ma sempre meno di quelli che gli sarebbero spettati se Xander stesso non avesse testimoniato a suo favore… Guardò il russo e gli fece un cenno con il capo.

 

Rimasero in silenzio ad ascoltare le condanne di tutti, presenti e non presenti, e alla fine la sala eruppe in un applauso. Xander strinse la mano al loro avvocato e fece un cenno a Jess, seduto qualche fila indietro, Jenny di fianco a lui.

 

Prese per mano Irina e insieme seguirono la folla che lasciava la sala, Challagher scortato verso le volanti della polizia insieme a Dimitri, Simon Cohen che si occupava di loro, dopo aver deciso di tornare nell’F.B.I.

 

<< Irina! >> gridò Jenny, e le corse incontro abbracciandola, le lacrime agli occhi. Le due ragazze rimasero appiccicate, mentre Jess dava una pacca sulla spalla a Xander.

 

<< E’ andata bene, alla fine >> disse, << Meglio di quanto immaginavamo >>.

 

Dire che era andata bene era una magra consolazione. Challagher sarebbe rimasto in carcere per il resto dei suoi giorni, ma niente avrebbe cancellato la cicatrice di Irina. Se n’era reso conto quando aveva scoperto che dal momento in cui aveva acconsentito a testimoniare contro di lui, e quindi a rivederlo, di notte era perennemente assalita dagli incubi…

 

<< Andiamo a prendere un caffè >> disse Xander, << Credo sia meglio pensare ad altro >>.

 

Irina non aveva ancora parlato, e Jenny continuava a tenerla per mano, cercando invano di consolarla. Nonostante tutto, però, sembrava sollevata. Quella era davvero l’ultima volta che vedeva Challagher.

 

<< Ti va, o preferisci andare a casa? >> le chiese.

 

<< Va bene >> disse piano Irina, << Penso di aver bisogno di qualcosa di fresco >>.

 

Xander si mise d’accordo con Jess su dove andare, poi lui e Irina raggiunsero la Mercedes scura e salirono sopra, in silenzio. Solo allora Irina si lasciò andare a un sospiro.

 

<< Stai bene? >> chiese Xander, mettendo in moto.

 

<< Sì, sto bene >> rispose lei stancamente, << Sto bene… Mi ha fatto piacere che tu abbia messo una buona parola per Dimitri… In fondo lui non mi ha mai fatto niente >>.

 

Xander si diresse verso il lungomare, il sole di agosto che batteva sul tetto di scuro dell’auto, i finestrini aperti da cui entrava la brezza del mare.

 

Irina aveva ragione: il russo non le aveva mai fatto niente, non l’aveva mai toccata. E poi alla fine li aveva anche aiutati: gli erano riconoscenti entrambi per quello, forse in modo diverso, ma lo erano davvero.

 

Xander parcheggiò l’auto, e scesero. Quello che ormai era diventato il loro bar li aspettava appollaiato sulla spiaggia, i tavolini luccicanti che davano sulla battigia, gli ombrelloni colorati che rallegravano l’atmosfera. Irina sembrò riprendersi.

 

<< Avanti, sorridimi. Fammi questo regalo >> le disse, e lei si aprì in un meraviglioso sorriso, anche se qualcosa nei suoi occhi continuava a rimanere oscuro.

 

<< Ho voglia di un gelato >> disse Irina, sfiorando le labbra con le sue.

 

<< Tutto quello che vuoi, basta che continui a sorridere >> disse Xander, spingedola verso uno dei tavoli.

 

Sentirono Jenny e Jess arrivare qualche minuto dopo, discutendo su qualcosa che la ragazza riteneva di massima importanza.

 

<< Secondo me bisogna dirglielo… >> stava mormorando.

 

<< Ci pensa Xander >> ribatté Jess, chiudendo il discorso. << E’ opera sua, non nostra… >>.

 

Irina guardò curiosa Xander, ma lui ammiccò e non disse niente. Non voleva rivelarle nulla, perché aveva in mente una cosa… Le fece cenno di non fare domande, e lei sorrise.

 

<< Ah, eccovi! >> disse Jenny, << Stavo pensando che ci vorrebbe qualcosa di fresco… Sto morendo di caldo, voi? >>.

 

<< Gelato? >> propose Irina, facendole spazio accanto a lei.

 

Xander la guardò, e si rese conto che alla fine niente poteva andare meglio di così. Challagher sarebbe finito in una cella a vita, senza fare del male più a nessuno, e lui aveva ritrovato Irina. Non poteva chiedere di meglio, in quella giornata… Non poteva chiedere di più, in quella vita.

 

Cosa sarebbe successo dopo, non lo sapeva, e forse non era nemmeno importante. Per la prima volta si trovava a dover sperare che lei non si stufasse di lui, perché era sicuro che il contrario non sarebbe mai accaduto. Per il momento le ferite si stavano rimarginando, con fatica, con pazienza, ma almeno si stavano ricucendo… Di tempo ne avevano, ora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Avanti, Irina, sbrigati >> disse Jenny, aspettandola nel corridoio, impaziente.

 

<< Arrivo >>.

 

Irina scese le scale e prese le chiavi della macchina, sotto lo sguardo indagatore dell’amica. Quando si accorse che Jenny aveva un sopracciglio inarcato e l’espressione scettica, si fermò di colpo.

 

<< Che c’è? >> chiese, guardandosi. Indossava i soliti jeans e aveva messo una camicetta lilla, niente di strano, a suo parere.

 

<< Mah… >> fece Jenny, << No, no niente… Stavo solo pensando che al posto di quei jeans io ci vedrei una gonna… >>.

 

<< Ma stiamo andando solo a casa di Xander >> disse Irina, dubbiosa.

 

<< Appunto >> ribatté Jenny.

 

Irina alzò gli occhi al cielo e tornò di sopra, per mettere la tanto sospirata gonna. Scese di nuovo e guardò Jenny, in attesa del suo ok.

 

<< Bene, ora va meglio >> disse lei, << Adesso possiamo andare… Andiamo con la mia macchina >>.

 

<< Oh… >>. Irina lasciò le chiavi della TT sul mobiletto e salutò suo padre, poi seguì Jenny fuori. Era chiaro che le stava nascondendo qualcosa, e che non voleva dirle nulla… Doveva avere a che fare con la cosa che l’aveva sentita confabulare con Jess quella mattina, e prima che Xander la riportasse a casa, senza stranamente chiederle di passare il pomeriggio insieme…

 

Mezz’ora dopo, parcheggiavano la Ford azzurra di Jenny nel giardino della casa di Xander. Irina notò subito che doveva esserci qualcun altro, perché sentiva delle risate provenire dal punto esatto dove c’era la piscina… E poi c’era qualche auto di troppo: la Golf rossa di Max e diverse macchine che non aveva mai visto.

 

“Credo di essermi persa qualcosa…”.

 

Suonarono alla porta, e venne ad aprirgli Jess, vestito con una bella camicia azzurra, l’espressione divertita di fronte allo sguardo incuriosito di Irina. Scambiò un bacio con Jess e poi le fece entrare.

 

<< Andate in giardino… C’è una bella sorpresa >> disse.

 

Jenny ridacchiò, e lei e Irina raggiunsero la piscina.

 

I lampioncini erano accesi, rischiarando il giardino con una luce delicata e soffusa. Sui bordi della piscina e sull’acqua limpida, c’erano decine di candeline colorate, che bruciando pervadevano l’aria di un dolce profumo di frutta. Un paio di tavoli erano stati riempiti di bottiglie e di cibo, circondati da decine di persone che parlavano tra loro, ridendo e scherzando. Mentre si rendeva conto di conoscere bene le canzoni che lo stereo, appostato a un angolo del giardino, stava trasmettendo, individuò Max, Angie, Katy e Antony dall’altra parte della piscina. La salutarono ridendo della sua espressione confusa. Si era veramente persa qualcosa…

 

<< Ti piace? >> domandò una voce alle sue spalle.

 

Si voltò di scatto, incontrando gli occhi azzurri e luccicanti di Xander. La camicia bianca gli stava benissimo, e appeso al suo collo brillava qualcosa che Irina conosceva bene, e di cui per un po’ si era dimenticata dell’esitenza: il suo ciondolo, quello che gli aveva dato, o forse quello che aveva strappato dalle mani di William…

 

<< Cosa vuol dire? >> chiese lei sorridendo e facendo cenno verso quella che era chiaramente una festa, << Non mi avevi detto nulla… Non è mica il mio compleanno >>.

 

<< Infatti… E’ il mio, di compleanno >> rispose lui, ghignando.

 

Irina rimase di sasso, presa alla sprovvista. Guardò il datario dell’orologio, e si rese conto che si era dimenticata del suo compleanno… Colpa della sentenza del giudice, del pensiero del processo…

 

<< Perché non me lo hai ricordato? >> balbettò, imbarazzata.

 

Xander sorrise. << Perché eri presa da altro… Non volevo che ti preoccupassi anche di questo >> rispose, << Il mio compleanno è solo una scusa per fare tutto questo >>.

 

Irina sorrise e gli diede un bacio a fior di labbra. Non gli aveva portato nemmeno un regalo…

 

Si accorse che qualcuno li guardava divertito, così si voltò verso la piscina e rivolse un’occhiata fintamente arrabbiata a Jenny: lei sapeva tutto e non le aveva detto niente.

<< Ci sono un sacco di persone che non conosco… >> mormorò Irina, << Ah, quelli sono i tuoi. Vado a salutarli >>.

 

Individuò Anne e Steve che si servivano da mangiare in un piatto, tutti contenti per essere presenti alla festa del figlio. Parlavano con altre persone che Irina non aveva mai visto, ma dovevano essere colleghi dell’F.B.I.

 

<< Ciao Irina >> la salutò allegramente Anne, << Come stai? >>.

 

<< Bene, signora >> rispose Irina, << Non sapevo che Xander avesse organizzato tutto questo… L’ha fatto apposta per farmi trovare impreparata >>. Sorrise.

 

Anne lanciò un’occhiata complice al marito. << L’importante è che tu ci sia >> disse.

 

Irina li salutò e andò verso Angie per scambiare quattro chiacchere. Le cose con Max sembravano andare a gonfie vele, e il meccanico si era ripreso dal senso di colpa per non averle impedito di gareggiare contro William e aver così evitato tutto quel casino. Katy, l’unica venuta non “accompagnata”, sembrava perfettamente a suo agio, e adocchiava famelicamente la torta che era stata lasciata incustodita su uno dei tavoli.

 

<< Quando sei impreparata sei più bella >>.

 

Xander ricomparve di nuovo come un fantasma alle sue spalle, ma Irina non si voltò, per dargli l’impressione di essere arrabbiata con lui. Sentì la sua mano scostarle una ciocca di capelli dalla spalla.

 

<< Come ti senti? >> le chiese, avvolgendole la vita con le braccia.

 

<< Bene >> rispose Irina, << Troppo bene… Avrei voluto solo ricordarmi del tuo compleanno: ti avrei fatto un regalino… >>.

 

<< Il tuo regalo me lo hai già fatto >>. Le mise davanti agli occhi il ciondolo a forma di quadrifoglio. << Me lo lasci, vero? >>.

 

Irina fissò la catenina d’argento, dubbiosa. Quell’oggetto rappresentava per lei molto, moltissimo: era un pezzo della sua anima, perché era un dono di sua madre. Era la cosa a cui teneva di più… Chi meglio di lui poteva conservare un pezzo di lei stessa?

 

<< E’ già tuo >> rispose.

 

Xander la fece girare e la baciò sulle labbra, incurante di avere sua madre a pochi metri da loro. Sorrise quando la vide rivolgere un’occhiata alla donna, imbarazzata.

 

<< C’è tua mamma… >> sussurrò.

 

<< E allora? Non le da mica fastidio, sai? >> ribatté Xander, senza l’intenzione di staccarsi.

 

<< A me sì, però >> disse Irina, cambiando colore.

 

Xander le sospirò proprio sulla bocca, e la lasciò andare. Anne ridacchiò e Irina capì da chi Xander avesse preso il suo famoso ghigno lupesco.

 

<< Finalmente ti sei trovato una ragazza seria >> commentò la donna, guardando il figlio, << Per i tuoi canoni è una novità… Almeno, l’ultima ragazza che mi hai presentato risale a prima che diventassi agente dell’F.B.I… >>.

 

Irina guardò Xander, curiosa e sorpresa. Chissà che genere di ragazze aveva avuto, prima… Lui alzò gli occhi al cielo, e non disse niente.

 

<< Una volta è venuto a casa con una spogliarellista >> sussurrò Anne ridendo, in modo che solo loro tre potessero sentire, << Per fortuna che è durata solo una settimana… Dopo ha cambiato gusti >>.

 

Irina guardò a occhi spalancati Xander. Non era gelosa, era solo… Bé, Xander non le sembrava proprio un tipo da spogliarelliste!

 

Lui sbuffò e disse: << Lasciamo perdere… Ero un ragazzino idiota… >>.

 

Irina sorrise quando si accorse che Xander trovava la cosa imbarazzante: era la prima volta che lo vedeva a disagio per qualcosa, e lo trovò davvero tenero. Gli scoccò un bacio sulle labbra e si allontanò, per dargli il tempo di prendersela con sua madre, se voleva.

 

La serata passò davvero velocemente, tra una chiacchera e l’altra; le vennero presentate diverse persone, ma dopo mezz’ora aveva già dimenticato tutti i nomi così, per evitare figuracce, decise di andarsi a sedere vicino al bordo della piscina, assaporando quel profumo fruttato che proveniva dalle candele ancora accese.

 

Verso mezzanotte se ne andarono tutti, e rimasero solo Jenny e Jess. Xander si allentò i bottoni della camicia e si sedette di fianco a lei, ridendo della faccia rossa di Jess, che aveva bevuto qualche goccetto di troppo. L’informatico era piuttosto allegro, e canticchiava una canzone che sembravano conoscere solo loro due.

 

Jenny lo prese per un gomito. << Dai, scemo… Te ne devi andare a dormire, prima di cominciare a dire cavolate… Hai una reputazione da agente dell’F.B.I. da difendere… >>.

 

Scoppiarono tutti a ridere, e Irina e Xander li guardarono rientrare in casa, con l’informatico che ghignava più del solito. Faceva davvero ridere.

 

Ad un certo punto Xander si sfilò la camicia e la lasciò sulla sdraio, e guardò Irina, una luce maliziosa negli occhi azzurri.

 

<< Bagno di mezzanotte? >> propose.

 

<< Ehm… >>.

 

Jenny avrebbe potuto almeno dirle di portarsi il costume…

 

<< Avanti… Non ti vede nessuno… >> ghignò Xander, avvicinandosi, << Fa un po’ caldo, non trovi? >>.

 

Non le diede nemmeno il tempo di rispondere, perché la prese per i fianchi e la spinse oltre il bordo della piscina, scarpe comprese, e si tuffò di fianco a lei.

 

Irina riemerse un secondo dopo, i capelli incollati alla faccia, il leggero trucco che doveva essersi sciolto. Guardò Xander fare un paio di bracciate e raggiungerla, ridendo. La spinse verso il bordo e la imprigionò tra le sue braccia, il volto a pochi centimetri dal suo.

 

<< Non potevi avvertirmi, vero? >> disse lei, scocciata, l’acqua gelida che le mulinava intorno alle gambe.

 

<< No, non sarebbe stato altrettanto divertente >> ribatté lui, abbassando lo sguardo sulla sua camicetta bagnata, che era diventata trasparente. Le passò una mano tra i capelli e ghignò. << Dai, perdonami… E’ il mio compleanno, in fondo >>.

 

<< Sbaglio, o è il tuo compleanno solo quando serve? >> ribatté Irina, ma sorrise.

 

Poteva perdonargli tutto, anche quello. Xander non era mai eccessivo, quando la prendeva alla sprovvista: mai niente di troppo pesante. Faceva parte di uno dei suoi innumerevoli pregi.

 

<< Davvero sei stato con una spogliarellista? >> chiese, giusto per metterlo di nuovo in imbarazzo.

 

<< Sì… Ma avevo diciannove anni… Ero ancora un cretino >> rispose lui, << Mia madre è una scema, non sa tenere la lingua a posto… >>.

 

<< Non mi da mica fastidio sapere che sei stato con altre ragazze >> disse Irina, ridacchiando, << Però, bè… Potrebbe venirmi qualche complesso >>.

 

Xander le rivolse un’occhiata maliziosa. << In realtà, nemmeno una delle ragazze con cui sono stato potrebbe reggere il confronto con te nella prova “maglietta bagnata”, sai? >>.

 

Irina gli diede un finto schiaffo, arrossendo per la sua sfacciataggine, ma poi si lasciò mettere a sedere sul bordo della piscina senza protestare. Xander si issò di fianco a lei, grondando acqua da tutte le parti, e le passò un asciugamano, avvolgendola stretta in un abbraccio che le scaldò anche l’anima.

 

<< Mi fai un altro regalo? >> domandò.

 

Irina annuì.

 

<< Rimani di nuovo a dormire? >>.

 

<< Certo >>.

 

Rientrarono in casa, e Irina andò in bagno a cambiarsi. Ormai aveva lasciato un cambio per ogni evenienza, perché era capitato spesso che si fermasse a dormire da Xander. Cercò la sua camicetta da notte azzurra e se la infilò, asciugando rapidamente i capelli con il phon.

 

Trovò Xander che accendeva la lampada sul comodino, che stava spegnendo il cellulare. Le rivolse un’occhiata e si sdraiò nel letto, facendole cenno di raggiungerlo.

 

Mentre si sedeva di fianco a lui, Irina venne presa da un pensiero: Xander aveva venticinque anni, ed era stato con diverse, se non molte, ragazze prima di lei… Lei, invece, dal basso dei suoi vent’anni, era una bambina… Che oltretutto non riusciva ancora a vincere le sue paure.

 

Sospirò e appoggiò la testa sulla spalla di Xander. Quello era un altro problema, che doveva risolvere al più presto… Quanto tempo era passato da quando Xander le aveva promesso niente forzature?

 

Un mese… Un lungo mese nel quale Xander non le aveva mai fatto pesare la questione, non era mai più tornato sull’argomento. L’unica cosa che le aveva chiesto, e lo aveva fatto scherzando, era di non mettere troppo alla prova il suo autocontrollo, cosa che Irina non avrebbe mai fatto anche se lui non glielo avesse mai detto.

 

<< ‘Notte, piccola >> sussurrò lui, spegnendo la luce.

 

<< ‘Notte >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina si svegliò di soprassalto, preda di nuovo del suo incubo che ormai da un mese faceva parte della sua notte. Si mise a sedere, guardando la stanza fiocamente illuminata dalla luce dell’alba che filtrava tra le finestre. Trasse un respiro profondo, cercando di calmare il cuore che batteva all’impazzata e guardò Xander, di fianco a lei, che dormiva tranquillo.

 

Rimase immobile sperando di non svegliarlo. Non voleva rovinargli l’ennesima notte di sonno per uno stupido sogno di cui non riusciva a disfarsi… Tutte le volte si era alzato cercando di tranquillizzarla.

 

Xander però si accorse di lei, si stiracchiò e le cinse i fianchi con un braccio. Era come se inconsciamente fosse collegato a Irina, che avesse un legame che gli consentisse di sapere sempre cosa provava.

 

<< Di nuovo? >> domandò solo, serio.

 

<< Torna pure a dormire >> disse Irina, passandosi una mano tra i capelli, << E’ solo uno stupido sogno… La solita storia >>.

 

Xander non le credeva, e non considerava stupido il suo sogno. Lo sapeva che quello che aveva passato non era facile da dimenticare…

 

<< Vieni qui >>.

 

La tirò giù di fianco a lui, e rimase a guardarla, intenerito dalla sua espressione spaventata e dal suo viso dai tratti morbidi. Soffriva nel rendersi conto che non riusciva a farle passare quella cosa, anche se era con lei.

 

<< E’ irrazionale >> mormorò Irina, fissando il soffitto, << Non riesco a liberarmene. Nemmeno adesso che lo chiuderanno in una cella e butteranno via la chiave… >>.

 

Xander se la tirò vicino, abbracciandola. << Non fa niente, Irina. Sta tranquilla, ci vorrà del tempo, ma vedrai che passerà >>.

 

La ragazza si mosse verso di lui e lo baciò sulle labbra, appoggiata al suo petto. Quando la tranquillizzava in quel modo, si rendeva conto che senza di lui non sarebbe mai riuscita ad andare avanti. Riusciva a farla sentire al sicuro, perché sentiva che finché ci fosse stato lui non le poteva succedere niente…

 

Si issò sopra Xander, sentendo la sua mano accarezzarla leggera la schiena coperta dalla camicetta da notte. La prese per i fianchi e la fece sedere sul suo bacino, senza nessuno sforzo. A quel punto Irina si staccò.

 

In un mese, non era ancora riuscita a liberarsi di quella paura stupida e senza senso che si era portata dietro per due anni. Xander le rivolse un’occhiata preoccupata, poi le scoccò un bacio sulla fronte. Era frustrata, lo vedeva, e non voleva tirare fuori l’argomento, perché sapeva che sarebbe stato ancora peggio…

 

<< Avanti, torna a dormire >> disse Xander, sorridendole.

 

<< Xander, sono un’idiota >> disse lei, << E’ possibile che io sia l’unica ragazza al mondo che non ci riesce? >>.

 

<< E’ inutile parlarne >> disse Xander, mettendosi comodo, << Lo sai come la penso. Non mi aspetto che tu ti senta a tuo agio solo dopo qualche settimana. Ci sono ragazze che impiegano anni a liberarsi del problema. Non ho nessuna fretta, capito? >>.

 

Le sfiorò delicatamente una guancia. Era vero, poteva aspettare anche se era difficile, e l’unica cosa che lo faceva soffrire era il fatto che lei si sentisse perennemente in colpa per non riuscire a lasciarsi andare.

 

<< Ma… Ma tu te lo meriti, cavolo! >> sbottò Irina, arrabbiata per la sua solita comprensione, << Hai fatto di tutto… >>.

 

Xander si issò sui gomiti. << Io non mi merito niente, Irina. Tutti gli uomini che hanno fatto parte della tua vita ti hanno abituata a sentirti considerata un oggetto, ma per me non lo sei. Hai un corpo, ma anche una testa e dei sentimenti. Sono disposto ad aspettare tutto il tempo necessario >>.

 

Le rivolse un’occhiata per farle capire che il discorso era chiuso.

 

Irina lo guardò, grata. Continuava a non volerle far pesare quella cosa, a dimostrarle che non voleva forzarla… Proprio per quel motivo era determinata a risolvere il “problema”.

 

In fondo, di cosa doveva avere paura? Non certo di lui… Le aveva salvato la vita, era tornato a prenderla… Non le avrebbe mai fatto del male, su quello era sicura…

 

Si sporse e lo baciò sulle labbra con tanta foga da costringerlo a stendersi di nuovo sul cuscino.

 

Xander lasciò che Irina si abbassasse su di lui, accorgendosi che sembrava intenzionata a tentare… Si chiese se fosse il caso di lasciarla fare… Era ancora troppo presto…

 

Quando le dita di Irina sfiorarono la cicatrice sul petto, insinuandosi sotto la sua maglietta, dovette cedere: amava troppo quel gesto, proprio perché era l’unica a cui lo permetteva. Era egoismo, ma voleva darle corda…

 

La spinse leggermente indietro quel tanto che bastava a liberare il bacino, e lei si lasciò tirare giù senza protestare. Si guardarono negli occhi per un momento, lui con la tacita domanda nello sguardo: sicura?

 

Irina gli mordicchiò il labbro, sfilandogli la maglietta e lasciandola cadere di lato… Non aveva le farfalle nello stomaco perché si vergognava, ma perché desiderava Xander come mai prima di allora. La paura rimaneva, ma voleva sconfiggerla…

 

Lui la baciò sul collo, il respiro controllato di chi è ancora perfettamente cosciente di quello che sta facendo, e si issò sopra di lei, imprigionandola tra le sue gambe. La prese per i fianchi e la spinse sui cuscini, leggermente titubante. Irina se lo trascinò dietro tirandolo per le spalle.

 

Sentiva di essere spaventata, di collegare incosciamente ogni gesto con quelli che aveva vissuto con William, ma cercava in ogni modo di non riportare alla mente nessun ricordo. Xander non era lo Scorpione, era Xander e basta… Non poteva comportarsi come lui…

 

Gli mise un braccio dietro il collo e lo baciò di nuovo, avvolgendo la sua gamba con la sua. Il tocco delicato delle sue mani gli stava dicendo che voleva che continuasse.

 

Xander decise che forse poteva provare. Era pronto a fermarsi in qualsiasi momento, se lei avesse dato segni di insicurezza. Era troppo presto, se ne rendeva conto. Ma il desiderio che si stava impossessando di lui era troppo forte per renderlo pienamente altruista… Gli stava chiedendo una prova di autocontrollo che sarebbe stato difficile superare, anche per lui.

 

Lentamente, iniziò a sfilarle la camicia da notte, tenendo d’occhio l’espressione di Irina. I capelli sciolti le cadevano sulle spalle morbidi e profumati, gli occhi fissi nei suoi, un leggero sorriso imbarazzato sul volto dai tratti delicati… Ma non sembrava volere che si fermasse.

 

Piano, come se fosse fatta di porcellana, le tolse di dosso quell’indumento che lo separava da lei. Contemplò per un attimo il corpo perfetto di Irina, la pelle candida che profumava di quel sapore di cui lui non era più riuscito a liberarsi, l’intimo rosa confetto che le ricordava quanto fosse inesperta, ancora…

 

Irina si sentiva strana, questa volta. Gli occhi di Xander che percorrevano il suo corpo non le ricordarono quelli di William, non avevano nessuna luce morbosa che brillava sinistra… Le sue mani erano più delicate, meno possessive, più rispettose… Era diverso, e lo scopriva solo adesso.

 

Si strinse a Xander, desiderosa di sentire la sua pelle calda contro la sua, di sentire i suoi muscoli possenti premere contro il corpo così minuto rispetto al suo. Iniziava a capire la differenza, a smettere di temere le sue reazioni…

 

Xander ormai stava perdendo ogni briciolo di lucidità, ma contemporaneamente lottava per non perdere il controllo. Irina si stava fidando, gli stava dimostrando che non aveva paura di quello che sarebbe successo, e non poteva sbagliare. Doveva calcolare ogni movimento, perché sapeva che anche un solo errore avrebbe spaventato Irina e l’avrebbe fatta fermare. Non poteva rischiare di allontanarla proprio ora che lei sembrava pronta.

 

Si issò sulle braccia, e la guardò in viso per capire cosa stava provando. L’unica cosa che riuscì a leggere nei suoi occhi da cerbiatta era solo un po’ di imbarazzo, ma non c’era paura. Non più.

 

<< Ti prego, se in qualunque momento cambierai idea, fermami, piccola >> sussurrò, << Capito? Ti giuro che se non te la senti, sono pronto a fermarmi qui, adesso. Ti prometto che non ti costringerò a niente… >>.

 

Era dura, difficile pronunciare quelle parole, quando sentiva potente il desiderio di averla per davvero solo sua. Era quasi doloroso farle una promessa del genere, ma l’amava davvero troppo per costringerla a qualcosa che non si sentiva di fare…

 

Irina sorrise, lo prese per le spalle e lo baciò, senza dire niente. Non voleva che si fermasse, voleva andare fino in fondo anche se rappresentava un passo molto lungo e non ancora programmato.

 

La mano di Xander corse al gancio del reggiseno, e lei attese che facesse il suo lavoro. Glielo sfilò di dosso con delicatezza, e finalmente entrambi sentirono il petto dell’altro premere sul proprio. Il ciondolo che lui portava al collo brillò nella penombra.

 

Per un momento, nella mente di Irina ritornò il ricordo di qualche episodio passato, quando ancora la speranza di liberarsi di William le sembrava un miraggio. Si irrigidì inconsciamente, il suo respiro si fece più rapido e portò istintivamente la sua mano su quella di Xander, appoggiata sul lenzuolo.

 

Xander comprese in un attimo cos’era successo, e si chiese cosa avesse sbagliato… Sentiva il corpo di Irina rigido, improvvisamente meno caldo. 

 

<< Xander… >> mormorò Irina, stringendogli la mano.

 

<< Tranquilla, piccola, va bene così. Fermiamoci >> sussurrò lui, allontandosi dal suo corpo per riguadagnare il controllo che aveva quasi perso. Irina deglutì mentre si stendeva di fianco a lei.

 

<< No, aspetta… Ho solo bisogno di un attimo… >> mormorò.

 

Xander contemplò il viso della ragazza per un momento: era tesa, addolorata, frustrata, però non spaventata. Quel misto di dubbio e paura faceva parte anche del fatto che per lei rappresentava quasi una prima volta… Poteva provare a metterla più a suo agio…

 

Alzò la mano libera e la poggiò sul ventre morbido di Irina, solleticandole la pelle sotto l’ombelico. Piano piano, disegnando segni concentrici con le dita, si diresse in alto, sotto il seno, saggiandola come se fosse fatta di vetro e potesse rompersi da un momento all’altro.

 

Un brivido percorse il corpo di Irina quando sentì scorrere la mano calda di Xander sullo sterno, un brivido piacevole e assurdamente potente. Lentamente, il suo respiro si fece più lento, più rilassato. La mano del ragazzo le sfiorava la pelle così delicatamente da sembrare quasi un sogno, ma la sensazione che le trasmetteva era così forte da stordirla.

 

Poi, le dita di Xander le sfiorarono il seno, e capì all’istante che stava facendo la cosa giusta: il suo tocco delicato era totalmente diverso da quello a cui era abituata. Era piacevole, era eccitante. Sorrise, lasciandogli libera l’altra mano e si girò, mettendosi a cavalcioni sopra di lui.

 

Xander sorrise vedendola finalmente più rilassata, troppo felice di essere riuscito a farle capire che poteva fidarsi di lui per riuscire a dire qualcosa. La ragazza tornò a sfiorargli la cicatrice sul petto, e poi quella sulla spalla, e lo imprigionò le sue labbra in un bacio che non aveva più nulla di casto. Era solo potente, selvaggio desiderio.

 

Le dita di Xander scorsero sulla schiena di Irina, dal tatuaggio fino a quell’ultimo indumento che segnava il limite della distanza dei loro corpi. Un sospiro di piacere sfuggì dalle labbra della ragazza, soffiando sulla sua bocca il suo fiato caldo e dolce, mandandolo in estasi.

 

Irina stava perdendo ogni paura. Finalmente, imparava a essere partecipe di quei gesti di cui era sempre stata vittima, e ne scopriva tutto il piacere, sia fisico che mentale. Ne era stata terrorizzata, ma ora non voleva fermarsi. E sapeva che Xander era l’unica persona al mondo che poteva darle quella sensazione.

 

Con un colpo di reni, il ragazzo ribaltò le posizioni, e le lasciò un momento per capire fin dove stavano arrivando. Si abbassò su di lei e le baciò il collo, tenendola per i fianchi quasi fosse convinto di vedersela sfuggire.

 

Irina gli prese il mento e lo guardò per un momento negli occhi azzurri, quegli occhi che avevano catturato tutto il suo essere con un solo sguardo. Quegli occhi che le avevano dato speranza, che le avevano dato libertà… E che le avevano dato amore.

 

Xander fissò Irina, rendendosi conto all’improvviso che gli stava sorridendo. C’era qualcosa, in quel viso dai tratti perfetti e delicati, che lo aveva catturato, qualcosa che sapeva non avrebbe mai trovato in nessun’altra ragazza. L’aveva cercata per venticinque anni, e ora l’aveva trovata nell’ultimo posto in cui si sarebbe aspettato.

 

La mano di Irina si portò sulla sua schiena, e scese lentamente, le dita sottili e leggere che si fermarono sul bordo del boxer nero. Le unghie curate si insinuarono sotto l’elastico, ma Xander la fermò prima che potesse continuare.

 

Sorrise davanti allo sguardo imbarazzato di Irina: forse pensava di aver sbagliato. Era bella oltre ogni dire, e l’unica cosa che voleva era farle capire quanto l’amasse… Era incerta, impacciata, ma non era quello l’importante… L’importante era che c’era.

 

<< Irina… >> sussurrò sul suo collo.

 

Lei si lasciò scappare un sospiro, quando qualcosa le si serrò nello stomaco dandole una sensazione assurda, così piacevole di lasciarla senza fiato. Aveva solo pronunciato il suo nome, ma era come se le avesse fermato il cuore, come se le avesse catturato l’anima con una sola parola.

 

Quando la mano di Xander raggiunse i suoi slip, sentì una fitta di piacere attraversarle la schiena. Voleva che la spogliasse di tutto, dei suoi vestiti e di ogni suo pudore… Che la vedesse per quel che era.

 

Anche questa volta, le mani di Xander si mossero leggere e delicate, quasi a lasciarle il tempo di capire cosa stava facendo, e le sfilò gli slip, gettandoli dove la camicia da notte attendeva solitaria. E dove fu raggiunta in un attimo dai boxer neri.

 

Irina si sentiva tranquilla, imprigionata sotto quel corpo muscoloso, statuario e perfetto, senza paura se non quella di non essere all’altezza. Arrivata a quel punto, non aveva nient’altro da temere.

 

Xander guardò il corpo sottile, delicato e fragile di Irina, estasiato. Era nuda, spogliata di ogni difesa e di ogni timore, e non era mai stata così bella. Tanto bella da togliergli il fiato, tanto bella da lasciarlo senza parole. Ed era sua, perché con tutti coloro che poteva scegliere, con tutti coloro che avrebbero fatto carte false pur di stare con lei, Irina aveva scelto lui, lui soltanto. Perché Xander era l’unico che aveva abbattuto tutti i muri che la circondavano, tutti i silenzi che aveva usato per difendersi, tutto quel dolore che la teneva lontana dal mondo. Si era fatto strada fino al suo cuore, e di lì non sarebbe mai uscito.

 

La prese per i fianchi e si abbassò su di lei, il viso a pochi centimetri dal suo, il fiato che gli solleticava le labbra.

 

<< Ti farò provare cosa significa essere amati veramente >> sussurrò sorridendo sulla sua bocca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina si svegliò lentamente con una splendida sensazione addosso. Si sentiva svuotata, libera, e stranamente soddisfatta.

 

Qualcosa le solleticava la pelle della schiena, disegnando cerchi concentrici sui suoi muscoli rilassati. Sotto l’orecchio sentiva il suono forte di un cuore che batteva regolare, la testa che si abbassava e si alzava dopo ogni respiro.

 

Aprì lentamente gli occhi, e osservò per un momento la stanza rischiarata dalla luce che proveniva dalla finestra. Poi spostò lo sguardo sulla cicatrice che si muoveva a pochi centimetri dal suo naso. Aveva la testa appoggiata al petto di Xander, e lui sembrava dormire beatamente con il braccio che avvolgeva il suo fianco.

 

Piano piano, attenta a non svegliarlo, Irina cercò di girarsi verso il comodino per vedere che ora era, ma scoprì di non riuscirci. Xander l’aveva avvinghiata proprio per bene.

 

<< Buongiorno… >>.

 

Irina tornò a guardarlo: gli occhi azzurri erano spalancati e perfettamente svegli.

 

<< Ciao… >> mormorò, << Che… Che ore sono? >>.

 

Xander alzò il mento per guardare oltre la sua testa. << Mezzogiorno passato >> rispose.

 

Irina si voltò a guardare l’orologio, stringendosi il lenzuolo addosso. Aveva dormito così tanto? Tornò a guardare Xander: le stava sorridendo, e continuava a sfiorarle la schiena nuda con le dita.

 

Le sue guancie si imporporarono leggermente al ricordo della notte appena passata, notte in cui aveva capito il senso di tante cose. E in cui aveva finalmente smesso di avere paura.

 

<< Hai fame? >> chiese Xander, ignorando il suo imbarazzo.

 

<< Un pochino… >> rispose lei, sistemandosi meglio sopra il suo petto caldo e muscoloso. << Tu? >>.

 

<< Anche >> rispose Xander, prendendole il mento con una mano, << Aspetta qui… Vado a preparare la colazione >>.

 

Le diede un bacio a fior di labbra e si alzò. Irina lo guardò uscire dalla stanza, rendendosi conto di quello che era successo quella notte… E che fosse ancora completamente spogliata, mentre lui si era già rivestito. Doveva essersi svegliato molto prima di lei…

 

Non fece nemmeno in tempo a individuare la sua camicia da notte, appoggiata alla sedia, che Xander era già tornato, accompagnato dal fragrante profumo di croissants al cioccolato e caffè. La guardò drappeggiarsi il lenzuolo addosso e sorrise.

 

<< Buon appetito >> disse, sedendosi di fianco a lei e servendosi di caffè.

 

<< Grazie… >>.

 

Si accorse subito che Xander continuava a guardarla divertito, gli occhi che brillavano. Cercò di sbirciare sotto il lenzuolo, e le passò un dito sulla fenice. Irina per poco non si strozzò con la brioches…

 

<< Dai, sto mangiando! >> protestò, imbarazzata e divertita al tempo stesso.

 

<< Ero curioso di sapere se reagisci sempre così quando ti sfioro… Tremi >> disse lui, ghignando, << Sono così mostruoso? >>.

 

<< Sei-Uno-Scemo >> scandì Irina, dandogli una spinta, << E smettila di tentare di guardare sotto il lenzuolo >>.

 

Xander la trasse a sé e la baciò sulle labbra, scoprendole una gamba e ritrovando subito il suo tatuaggio a forma di fiore sul fianco, come se l’avesse studiata così bene da poterlo ritrovare a occhi chiusi. Lo sfiorò di nuovo, e a Irina mancò il respiro…

 

<< C’era buio, stanotte >> sussurrò, << Non ho visto tutto per bene… >>.

 

Irina lo spinse via e si alzò. Era divertita, ma non era il caso… C’erano Jenny e Jess in casa!

 

<< Vado a farmi la doccia >> disse, portandosi dietro il lenzuolo e dirigendosi verso la porta del bagno collegato alla stanza.

 

Solo l’acqua fredda le fece riprendere un momento il controllo, e si ritrovò a sorridere come una scema. Tutto aveva un sapore diverso, ora. Sembrava tutto meraviglioso, adesso che era completa.

 

Si infilò l’accappatoio blu di Xander, ancora umido per la sua doccia, e si guardò allo specchio.

 

La ragazza che la guardava dall’altra parte era finalmente lei stessa, era Irina. Niente ombre sotto gli occhi, niente oscurità e dolore nello sguardo, niente segni sul suo corpo… Niente, se non il sorriso che le illuminava il viso.

 

Si voltò e si ritrovò Xander appiccicato, gli occhi azzurri su di lei, le mani intorno ai suoi fianchi. Ghignò, poi le diede un bacio sulle labbra, e le scoprì una spalla, provocandole un altro brivido…

 

<< Jenny e Jess sono usciti… >> mormorò, << E io sono a casa, oggi… >>.

 

Irina sorrise, lasciando che Xander slegasse la cintura dell’accappatoio, e gli mise le braccia intorno al collo.

 

<< E va bene… Ma solo perché ieri era il tuo compleanno >> sussurrò.

 

 

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Capitolo 39
*** Epilogo ***


EPILOGO

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Penso di averle chiesto abbastanza, signorina >> disse il professor Brown, guardando Irina da sopra gli occhiali cerchiati d’argento. Aveva l’espressione serissima, le labbra strette, e muoveva convulsamente la penna che teneva tra le dita. << Credo sia chiaro il voto che merita… >>.

 

Irina sentì il cuore battere all’impazzata… Anche quell’esame era finito… Come sarebbe andata?

 

Il professore trasse un respiro, poi appoggiò la penna sulla scrivania. << Trenta. Accetta? >>.

 

Irina emise un sospiro di sollievo, poi annuì energicamente, al settimo cielo. Trenta! Non si aspettava così tanto!

 

Attese che il professore segnasse il voto sul suo libretto, poi guardò verso Jenny, che la stava aspettando in fondo alla sala insieme agli altri studenti che dovevano ancora sostenere l’esame. L’amica le fece un cenno di vittoria e sorrise.

 

Qualche minuto dopo, Irina la raggiunse.

 

<< Di nuovo trenta… >> disse Jenny, << Stai diventando una secchiona come Angie… >>.

 

Era assurdo come in un solo mese le cose fossero cambiate: era riuscita persino a fare tutti gli esami in tempo, sfruttando la sessione di settembre… Niente vacanze, ma almeno ora era in pari con tutti gli altri. Sembrava veramente un miracolo, quando fino a poco tempo prima l’unica alternativa che aveva era quella di abbandonare tutto.

 

<< Dai, mi sono solo data da fare >> disse sorridendo, sotto lo sguardo incuriosito e ammirato degli altri studenti lì intorno.

 

Frugò nella borsa e prese il cellulare. “Ho finito ora… Ti raggiungo a casa”. Destinatario: Xander.

 

Non fece nemmeno in tempo a mettere il telefono in tasca che trillò sonoramente, e gli altri ragazzi tornarono a guardarla. Fece finta di niente e lesse la risposta: “Sono qui fuori…”.

 

Irina sorrise e prese la borsa, e insieme a Jenny uscì dall’Università, percorrendo i corridoio affollati della facoltà. Qualche suo compagno di corso le fece un cenno di saluto, a cui lei rispose allegramente. Era un’altra bella giornata in cui niente poteva andare storto.

 

Il sole di settembre illuminava il giardino verde dell’Università e il parcheggio affollato di macchine e studenti che erano venuti a sostenere gli ultimi esami o a informarsi sull’inizio dei nuovi corsi. Faceva ancora caldo, e l’atmosfera non sembrava proprio quella di fine estate.

 

Stagliata in mezzo a tutte le altre, la vernice rossa che brillava vistosa e inconfondibile, c’era un’auto che conosceva fin troppo bene. La Ferrari 458 Italia che aveva contribuito a salvarle la vita era ferma al centro del parcheggio, completamente rimessa a nuovo, la carrozzeria tirata a lucido, i cerchi in lega bruniti che catturavano i raggi del sole.

 

Appoggiato alla fiancata della Ferrari, a braccia incrociate, lo sguardo tenebroso che solo lui poteva fare, c’era Xander, in attesa. Fissava dalla loro parte, gli occhi azzurri che rivolgevano tutta la loro attenzione solo su di lei, incuranti del gruppetto di ragazze che lo guardavano estasiate dall’altra parte della strada.

 

<< Non perderà mai il vizio di fare l’esibizionista… >> mormorò Jenny, di fianco a lei.

 

Irina sorrise. << No, non credo >>.

 

Glielo aveva chiesto diverse volte, di non venire a prenderla con la Ferrari… Dava troppo nell’occhio, soprattutto davanti a un Università, e lei trovava la cosa imbarazzante. Lui, naturalmente, era di tutt’altro avviso: lo faceva apposta perché trovava la cosa molto divertente, soprattutto se c’era di mezzo anche Irina.

 

La ragazza allungò il passo e lo raggiunse, rivolgendogli un’occhiata di rimprovero. Xander la squadrò, le braccia ancora incrociate, l’espressione imperscrutabile.

 

<< Quanto hai preso? >> chiese solo.

 

<< Trenta >> rispose Irina. Jenny sparì verso una BMW scura, che doveva essere quella si Jess

 

Si guardarono per un momento in silenzio, poi Xander alzò gli occhi al cielo e sorrise. << E brava la mia pilota secchiona… >>. Si avvicinò e la baciò sulle labbra.

 

<< Intanto ho finito tutti gli esami… >> ribatté lei, piccata. Non le piaceva proprio essere chiamata “secchiona”.

 

<< Per forza… Non mi hai fatto nemmeno andare in vacanza >> disse lui, ma scherzava, sfiorandole il mento con le dita.

 

Un paio di ragazzi passò loro di fianco e salutarono Irina allegramente, per poi gettare uno sguardo prima alla Ferrari e poi a lui. Lei ricambiò, accorgendosi che Xander non sembrava proprio tanto contento. Da quando non faceva più la pilota clandestina, la gente sembrava decisamente molto meno spaventata da lei…

 

<< Sai, sto notando che gli altri ragazzi ti guardano un po’ troppo… >> disse serio, << Credo sia ora di trovare una soluzione… >>.

 

Irina lo guardò tirare fuori una scatolina di velluto blu, che lui mostrò con un sorriso lupesco. Sentì il cuore accelerare, rendendosi conto che era sicuramente quella di qualcosa di molto costoso… Xander la guardò di sottecchi, poi aprì la scatolina: dentro c’era una fedina d’oro bianco con tre piccoli zaffiri che brillavano nel sole di settembre, lucidi e preziosi, quasi dello stesso colore dei suoi occhi in quel momento.

 

Irina rimase senza fiato, in attesa che lui continuasse a parlare. Alzò lo sguardo, il volto vicino al suo, il respiro lento per cercare di controllare l’emozione… La stava guardando dritta negli occhi, con intensità, senza lasciar trasparire nessuna emozione.

 

<< Posso presentarti ufficialmente come la mia fidanzata? >> chiese lui alla fine, ghignando.

 

Guardò prima l’anello, con incisa all’interno la parola “Alexander” in una calligrafia sinuosa ed elegante, e poi lui. Ignorò qualsiasi cosa le accadesse intorno, anche se sapevano che si trovavano in mezzo a una strada sotto lo sguardo di tutti, e oltretutto appoggiati a una Ferrari, e ascoltò il suo stesso cuore che batteva all’impazzata.

 

<< D’accordo, esibizionista >> soffiò poi, aprendosi in un sorriso radioso.

 

Xander le infilò l’anello al dito, con deliberata lentezza, e le rivolse uno sguardo divertito. Non aveva avuto uno sguardo espressivo come in quel momento, e nemmeno così dolce. La guardava accarezzandole il collo con delicatezza, senza dire niente.

 

<< E tu? >> chiese lei all’improvviso. << Solo io devo portare un’anello per ricordare a tutti che sono fidanzata? >>.

 

Xander tirò fuori dalla maglietta la collana d’argento con il ciondolo a forma di quadrifoglio che lei le aveva lasciato, e mostrò appesa alla catenella la stessa fedina d’oro bianco con i tre zaffiri, il nome Irina inciso dentro e ben visibile.

 

<< Stai traquilla che non la perdo, io >> disse divertito.

 

Irina gli mise un braccio dietro al collo e lo baciò di nuovo, poi sentì il suono di un clacson arrivare da dietro le loro spalle.Si voltò per vedere chi l’avesse interrotta sul più bello: Jenny si stava sporgendo dal finestrino della BMW, ridacchiando.

 

<< Avete finito? >> gridò, divertita. << Non possiamo aspettare che finiate tutte le vostre cosucce, eh! >>.

 

<< No >> disse Xander, ridendo. Tirò fuori dalla tasca dei jeans una busta di carta bianca, che porse a Irina. << Aprila >>.

 

La ragazza guardò dentro, curiosa: erano due biglietti aerei, ma non riuscì a leggere la destinazione. Guardò Xander confusa.

 

<< Possiamo andare in vacanza, adesso? >> disse lui, << Gli esami li hai finiti. Ho mantenuto la mia promessa: ti ho lasciato studiare in pace… Ora possiamo prenderci qualche giorno solo io e te? >>.

 

Irina sorrise, senza saper resistere a quel finto sguardo da cane bastonato che Xander aveva imparato a fare con lei, e che funzionava fin troppo bene. << D’accordo… >> acconsentì, solleticandogli il collo della maglietta << Dove andiamo? >>.

 

<< In un posto isolato >> rispose Xander, << Dove non c’è nessuno, tipo un’isola deserta… >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Ma non puoi fare come tutti gli altri ragazzi che alle loro fidanzate regalano… Che ne so… Completi intimi, o cose del genere, e non gioielli, chiavi di auto e biglietti aerei per isole deserte? >> disse.

 

<< Lo sai che non mi piacciono, i completi intimi… E poi non servono a molto. Tanto li devi togliere, no? >> ribatté Xander, sornione. 

 

Irina rise a sua volta, finchè non sentì di nuovo Jenny protestare alle loro spalle.

 

<< Allora, andiamo? >> gridò.

 

Irina rivolse un’occhiata maliziosa a Xander, poi lo baciò prendendolo alla sprovvista e gli rubò le chiavi della Ferrari dalla tasca.

 

<< Oggi guido io >> disse, scappando dalle sue grinfie e raggiungendo la portiera della Ferrari.

 

Stava tradendo la sua Grande Punto, tornata bianca e ora parcheggiata nel garage di casa di Xander, ma quando si trattava di una Ferrari poteva anche concedersi quello strappo alla regola. E ormai andava davvero tutto troppo bene per rovinare una giornata come quella.

 

Aveva finalmente imboccato la strada giusta, quella che l’avrebbe portata ad una vita normale, o almeno molto più vicina a quella di una ragazza qualsiasi. Due anni non potevano cancellarsi facilmente, ma non era da sola. Xander c’era, glielo aveva dimostrato e continuava a dimostrarglielo. Piano piano, passo dopo passo, stava riacquistando un suo equilibrio, stava ritornando a essere quella che era prima di diventare Fenice, prima di decidere di crescere con troppe responsabilità. Stava tornando a essere Irina.

 

In un solo mese, tante cose erano cambiate, soprattutto da quando aveva cominciato a sentirsi in pace con se stessa. Quella strada che le era sempre sembrata in salita non era poi così ripida, anche se continuava a essere ancora lunga. Tutto quello che era successo, che sembrava stampato in modo indelebile nella sua anima, cominciava a dissolversi, a smettere di perseguitarla. Ora la gente non aveva paura di lei perché era la ragazza dello Scorpione, perché era una criminale o perché faceva parte della cerchia sbagliata. Non doveva più nascondere niente, né a se stessa né ai suoi amici, e non doveva fingere di essere quello che non era. Era strano, a tratti difficile, ma si stava abituando a fare cose normali, a essere normale, anche se stare con Xander non era proprio una cosa da poco… Lui era tutto tranne uno qualunque.

 

Salì sulla Ferrari, e sorrise mettendosi al volante della 458. Xander, al suo fianco, le rivolse un’occhiata divertita. Accese il motore, fissando la lancetta del contagiri che si muoveva nervosa. Il parcheggio venne invaso dal suono di quel motore potente e inconfondibile, e la gente si girò subito a guardare. Premette un paio di volte l’acceleratore, assaporando il rombo sordo e quasi musica per le sue orecchie, e compiacendosi anche un po’ degli sguardi ammirati che stava suscitando: in fondo, era sempre una ex pilota di corse clandestine.

 

<< E poi mi dice che faccio l’esibizionista… >> mormorò Xander, ridacchiando.

 

Irina si sporse verso di lui e lo baciò. Finché Xander ci fosse stato, non le serviva una Ferrari o un anello per sentirsi felice: le bastava solo lui. E in fondo era anche solo quello che veramente desiderava. Poteva perdere di nuovo tutto, ma non avrebbe mai perso se stessa, se lui fosse rimasto. Era grazie a lui che era libera, che non era più Fenice… Era grazie a lui che era tornata a vivere.

 

<< Ti amo >> sussurrò.

 

<< Anche io >> mormorò Xander.

 

Irina si staccò e guardò davanti a lei, il volante che scivolava sotto le sue mani. La strada era ancora lunga, perché i ricordi rivivevano ancora dentro di lei, e anche se erano più sfocati e oscuri, c’erano ancora. Facevano ancora male, a volte, ma le ferite si stavano rimarginando, anche grazie a lui.

 

Sorrise, mentre Xander alzava il volume della sua canzone preferita. Sì, la meta era ancora lontana, ma con una Ferrari… , poteva sperare di metterci molto di meno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed eccoci alla fine.

E’ molto triste dirlo, ma è così. Anche questa storia è arrivata alla fine… Ma non buttiamoci giù già adesso: mi riserverò tutti i commenti di questo tipo per i ringraziamenti. Ora voglio solo chiedervi di espormi tutte le vostre domande, considerazioni, dubbi, perplessità su questa storia e su i suoi personaggi. Come vi avevo già detto, risponderò a ogni vostra domanda, compresi i “E se…”: quindi spero vi sia venuto in mente qualcosa da chiedere.

E poi, spero che chi ha letto fino a questo momento questa storia senza lasciare un commento, ed è quindi arrivato alla fine insieme a me, mi lasci una piccola recensione: mi farebbe molto piacere, davvero. Non credo di chiedere moltissimo.

Bene. Credo che pubblicherò i ringraziamenti e tutte le risposte alle vostre domande verso la fine della prossima settimana, così tutti avranno tempo di leggere l’ultimo capitolo.

Vi ringrazio quindi tutti, tutti voi che avete letto e che avete seguito la storia di Irina e anche la mia. Vi ringrazio e vi aspetto per gli ultimi commenti finali.

Grazie a tutti voi.

Lhea

 

 

 

P.S.: qualcuno sta per caso gridando “seguito”?! Mi pare di sentire una voce, laggiù, lontano… Molto lontano… Mah, magari… Potrei anche pensarci, sapete?

 

 

 

 

NON SOLO RINGRAZIAMENTI…

Ed eccomi di nuovo qui, per chiudere definitivamente questa fiction, e nel disperato tentativo di non mettermi a piangere…

Allora, da dove cominciare?

, partiamo con il rispondere alle vostre domande, che è poi la parte più importante di questi ringraziamenti. Ho copiato pari pari le vostre domande, quindi chi le ha poste penso si riconoscerà. In più, ne ho aggiunta io qualcuna a cui magari non avevate pensato, giusto per togliervi qualche curiosità.

1. E se William si fosse accorto prima di amarla, e non l'avesse mai violentata? Cosa sarebbe successo, all'arrivo di Xander, se i due si amavano? Allora… Posso dire semplicemente che senza l’arrivo di Xander, molto probabilmente William si sarebbe accorto molto più tardi che ciò che provava per Irina era amore. Quando si sono incontrati, Irina rappresentava solo una sorta di “sfida” per lui: era giovane, bella, determinata, e per uno come lui, abituato ad avere a che fare con ragazze facili e opportuniste, era una novità. Ne è rimasto colpito, come tutti d’altronde, e ha deciso di iniziare a giocare, convinto che Irina facesse lo stesso con lui, quando invece non è stato così. E ha continuato a essere una sorta di macabro gioco finché non è arrivato Xander: all’improvviso, ha compreso cosa volesse veramente da lei. Non era il suo corpo, che voleva; voleva che Irina lo trattasse come faceva con Xander, che lo amasse per davvero. Per quello si sentiva sempre insoddisfatto, e non si decideva a lasciarla perdere: non aveva ancora capito cosa significava amare qualcuno, sperare di essere l’oggetto dei suoi desideri. Tutto molto nuovo per lo Scorpione. Non era necessario che arrivasse Xander: bastava chiunque altro in grado di far innamorare di sé Irina, perché è stato proprio questo a far accendere la lampadina allo Scorpione. Se fosse accaduto così, la storia non sarebbe cambiata poi molto, perché William l’avrebbe violentata comunque, semplicemente perché lei non avrebbe amato lui.

2. E se Irina non fosse mai entrata nel giro delle corse, ma fosse scappata fin da subito? William li avrebbe cercati? E avrebbe mai incontrato Xander? Premettiamo che Irina non sarebbe mai scappata, ma diciamo che lo abbia fatto… Sarebbe sicuramente fuggita con suo padre e i suoi fratelli, ma William li avrebbe comunque tenuti d’occhio. Se Dominic non avesse pagato (perché voi siete veramente convinti che William non avesse nemmeno un vago sentore di dove fosse Dominic?) era pronto ad andare da loro e minacciarli, come ha fatto. E avrebbe incontrato Irina… E credetemi, in quel frangente l’avrebbe uccisa davvero, perché ancora non la conosceva. Quanto a Xander, lo avrebbe incontrato comunque, perché l’F.B.I. aveva pianificato da tanto tempo di mandare un proprio agente da quelle parti.

Già che ci sono, rispondo alla domanda che vi ho posto: William veramente non sapeva dove si trovava Dominic? Non precisamente, ma lo Scorpione aveva tenuto un minimo d’occhio i suoi movimenti… Quando Irina gli è piombata davanti dicendo di voler correre per lui, ha scelto tra i due con cui voleva avere più “a che fare”… Decisamente preferiva Irina.

3. Dimitri: e se lui avesse convinto fin da subito William a lasciar perdere Irina? Los Angeles sarebbe rimasta in mano allo Scorpione? William non poteva ignorare Irina finché fosse rimasta nel loro giro: come poteva farlo se l’aveva davanti agli occhi? Dimitri avrebbe dovuto convincerlo a mandarla via, ma non ci sarebbe mai riuscito: ormai Fenice era entrata in gioco, e William si divertiva troppo per interrompere tutto. Se Los Angeles sarebbe rimasta in mano sua, questo è un domandone: tutto dipendeva dall’arrivo di Xander. Sono anche l’autrice, ma qui non saprei proprio che dire! Scusate!

4. E se Irina si fosse arresa, se avesse deciso di fingere di amarlo? Cosa sarebbe successo? Sarebbero riusciti a scappare, dalla casa? Se Irina avesse deciso di fingere, William avrebbe ucciso Michael subito, e poi in un momento di distrazione dell’F.B.I. si sarebbe dato alla macchia con lei, finché le acque non si fossero calmate. Poi sarebbe tornato per rimettere le cose a posto a Los Angeles, pagando fior di quattrini per comprare la polizia e forse la stessa F.B.I.. L’unico problema sarebbe rimasto Xander

5. E se Irina non avesse mai sfidato lo Scorpione? Il ritorno di Xander sarebbe avvenuto più tardi, ma in ogni caso William avrebbe comunque portato Irina dietro, primo per averla con sé, e secondo per prevenire qualsiasi azione di Xander contro di loro, sapendo che non avrebbe rischiato di fare del male a lei. Il tutto sarebbe stato ridartato di qualche settimana al massimo, ma Irina non avrebbe rischiato di essere uccisa da William, perché gli avrebbe fatto l’affronto di sfidarlo.

6. In che modo le cose sarebbero potute cambiare tra William e Irina? , qui ci addentriamo in un territorio piuttosto difficile. Naturalmente, le cose sarebbero potute andare diversamente, ma Irina e William sarebbero rimasti comunque loro stessi: con questo voglio dire che Irina non avrebbe mai amato lo Scorpione, e che in ogni caso avrebbe capito chi era veramente. Purtroppo, la domanda è molto generica, ma posso dire che se Irina si fosse “sforzata” di farsi piacere William per quello che era, forse le cose le sarebbero andate leggermente meglio… Ma in quel caso, Irina non sarebbe stata la “nostra” Irina, quindi credo che sua storia non sarebbe stata quello che è stata… D’accordo, ammetto che questa domanda era difficile. Accettatemi questa risposta,

7. Xander ha un soprannome? Mi chiedono se a Xander è stato appioppato un soprannome, come “Fenice” per Irina, o “Scorpione” per William. In realtà no, Xander non ha alcun soprannome, a parte quello di “novellino”, datogli all’inizio della storia: primo perché non è un membro della Black List, anche se ha sconfitto tutti i suoi piloti; e secondo… , non c’era bisogno di darglielo. A dir la verità, ci ho pensato qualche volta, così, per sfizio, ma non sono riuscita trovarne uno che mi piacesse… In teoria si sarebbe dovuto trattare di un animale, e non ne ho trovato nessuno che gli si addiceva. Cosa volete, Xander è così perfettamente perfetto… : P

8. Cosa sarebbe successo se Xander fosse stato veramente sospeso dall’F.B.I. e fosse tornato a Los Angeles? Ah , le cose si sarebbero incasinate di sicuro… Ricordo che William sapeva chi era, e la sua intenzione era proprio quella di mandarlo via. Vederlo tornare indietro, solo con l’intenzione di prendersi Irina, lo avrebbe spinto ad affrontare Xander subito: ciò significa che Xander, solo, senza nessuna copertura da parte dell’F.B.I., sarebbe stato veramente nei guai. William avrebbe cercato di ucciderlo, aiutato dai suoi scagnozzi… Non voglio pensare che Xander in quel caso sarebbe morto, ma ci sarebbero state ampie possibilità che accadesse così.

9. La decisione di William di lasciar entrare Xander nel suo giro: perché? Allora, questo è molto importante ai fini della storia. Quando William ha saputo dell’arrivo di un agente dell’F.B.I. dalle loro parti per tentare di arrestarlo, si aspettava qualcuno della stessa forza dei poliziotti idioti e sprovveduti che fino a quel momento avevano cercato di infiltrarsi senza successo tra di loro, e non certo uno come Xander. Lui stesso lo aveva detto: aveva sempre voluto qualcuno alla sua altezza con cui confrontarsi. Lo Scorpione si credeva forte, attorniato dalla sua Black List e forte dei suoi soldi: poteva rischiare, lasciare che Xander gettasse un po’ di scompiglio dalle loro parti per movimentare la vita di Los Angeles che secondo lui stava diventando troppo tranquilla, e toglierselo dai piedi quando si sarebbe stufato della cosa. Non aveva previsto che Irina diventasse così importante, in tutta questa vicenda, e soprattutto non aveva previsto che rappresentasse il suo punto debole: quando ormai lo aveva capito, Xander era già vicinissimo a lui. Non poteva ucciderlo, perché avrebbe rischiato di ritrovarsi tutta l’F.B.I. addosso, e non poteva nemmeno sfidarlo, perché rischiava la sconfitta; così ha deciso di far sembrare che lo avesse scoperto in modo da costringerlo ad andarsene. C’è poco da dire: aveva fatto proprio male i calcoli.

E adesso, parliamo di quello che mi frulla in testa già da un po’…

Il possibile e fantomatico seguito.

Se devo essere sincera, ho iniziato a pensare a un “seguito” già da un po’, e se devo essere ancora più sincera, qualche idea mi gira già per il cervellino bacato che mi ritrovo… Molte, in realtà. Troppe, forse.

Alcune riguardano naturalmente il seguito di questa storia, che se ci sarà, avrà sicuramente ancora come protagonisti Irina e Xander. E poi, in questi giorni, mi sono venute alcune idee riguardo al passato di William e alla sua vita prima di tutto questo… Ho notato che molti (o meglio, MOLTE) chiedono una possibile storia su di lui… Allora mi sono detta: perché non raccontare la sua storia, di come è diventato lo Scorpione, il numero uno della Black List?

E poi ci sono tanti altri progetti che ho in mente, che non riguardano questa fic, e che mi piacerebbe mettere davvero nero su bianco ( e sono davvero tantissimi… Ne avrei almeno per altre tre storie, di cui una di queste divisa in diverse parti… )… Anche se lo ammetto: il Gioco dello Scorpione rimarrà la mia preferita, e vorrei davvero scrivere un seguito.

Dove sta il problema, allora?

Bé, il problema sta nel tempo. Non sono una che può vantare una vita piena di impegni di ogni genere, dal fidanzato alle uscite con gli amici, ma nonostante questo mi sono trovata a dover fare i conti con i giorni che passavano: a ottobre avevo detto che volevo chiudere la storia in fretta, invece sono arrivata fino a dicembre inoltrato… Metà del mio tempo l’ho passato all’Università, tra una lezione a l’altra e il disperato tentativo di non farmi prendere dal panico da esami, e l’altra metà l’ho passata a scrivere come una pazza… La mia già vacillante “vita sociale” ne ha risentito abbastanza. Vi basti sapere che sono una che finché non ha scritto ciò che le passa per la testa non riesce a levarselo di mente: vi faccio un esempio? Questa notte (e non sto scherzano) mi sono svegliata alle tre e mezza di notte folgorata da una sorta di idea riguardo a Irina e Xander, e non sono più riuscita ad addormentarmi… Mi sono calmata solo poco fa, perché ne ho approfittato per metterla nera su bianco. Questo vi faccia capire a che livello di follia mi trovo…

Eppure, voglio davvero far tornare Irina, anche perché alla fine in qualche modo vivo anche attraverso di lei… Continuare ad avere qualcosa da scrivere su di lei significa lasciarmi la possibilità di sfogarmi…

Ah, che dilemma: credetemi, è una settimana che ci penso. Mi butto di nuovo nel mondo di Irina (o in generale in quello della scrittura) a mio rischio e pericolo, sapendo di perdere un sacco di tempo e rimanere esattamente dove sono ora, solo per il gusto di vivere fuori dall’ordinario come Fenice, oppure chiudo tutto e prendo in mano la mia vita, quella vera?

Per il momento, una decisione l’ho presa: mi prenderò un periodo di riposo, almeno fino a febbraio, giusto il tempo di fare i miei esami in tutta tranquillità, e poi sceglierò… Quindi, per il momento, “esco dalle scene”, e lascio vivere un po’ in pace i nostri due eroi. Dopo, vedrò se li vorrò di nuovo scomodare.

Ho solo una cosa da dire, però… Mi conosco troppo bene per non darvi questo avvertimento: tenetemi d’occhio, perché in qualsiasi momento potrei ricomparire dal nulla per stupirvi con “effetti speciali”… E lo farò proprio quando meno ve lo aspettate!

Ora è arrivato il momento di rispondere alle vostre recensioni… Spero solo che chi ha letto solo oggi l’ultimo capitolo e l’epilogo voglia lasciarmi un commentino. Anche se la storia è finita mi fa sempre piacere…

Supermimmina: ti ringrazio per il complimento, ma credo che se fossi veramente una grande non sarei qui… In ogni caso, grazie per avermi seguito e per aver apprezzato la mia storia. Come credo avrai letto, il seguito potrebbe esistere, e forse non solo quello, ma per il momento mi prendo la mia pausa di riflessione… E sappi che tra tutti, io sno quella che spera veramente di più in un ritorno dei nostri eroi. Si vedrà… Questa storia è stata una delle poche note positive di questo anno decisamente sfigato, quindi sono molto propensa a riprenderla. Vediamo come sarà la Lhea del 2010… Ti ringrazio ancora per avermi seguita, e soprattutto per avermi definito “scrittrice” nel tuo ultimo commento: era il complimento migliore che potevi farmi! Un bacio grandissimo!

Annalisa70: ti ringrazio infinitamente per i complimenti, e ancora di più per aver recensito almeno una volta. Fa piacere sapere cosa ne pensano i lettori alla fine della storia. Quanto allo scrivere, no, non credo che mi stancherò mai, è una delle poche cose che mi piace davvero! Un bacio grande, e incrocia le dita per un seguito.

CriCri88: eh, l’ultima frase me la sono studiata per bene… Avessi io, una Ferrari… Alla tua domanda ho risposto sopra, quindi mi dedico al resto. Aaaah, allora eri tu quella che gridava “seguito!!!!”… Mi sembrava familiare, infatti… A parte gli scherzi, anche a questo ho dato risposta, e sto anche valutando l’idea di dedicare qualcosa solo a William, che poveretto in questo momento se ne sta al fresco… Magari se riesco te lo faccio mandare, consolalo un po’ tu, se ci riesci. Quanto al rivederci… Lo spero anche io, ma non so se dopo la mia pausa sabbatica deciderò di tornare sulle scene. Sento che ho bisogno di cambiamenti, e forse passeranno anche dallo smettere di scrivere… Cosa molto difficile, visto che è l’unica cosa che mi da qualche soddisfazione. Si vedrà… Tienimi, d’occhio comunque, potrei risorgere come Fenice. Un grazie enorme per avermi seguito e per tutti i complimenti che mi hai fatto. E’ stato un vero piacere averti come lettrice.

EmilyDoyle: solo perché ti sei commossa ti perdono il fatto che la tua recensione è di una sola riga… Naturalmente sto scherzando! Non mi permetterei mai di pretendere qualcosa da voi lettori, quando già usate il vostro tempo prezioso per leggere ciò che scrivo. Però mi faceva piacere salutarti e ringraziarti per avermi seguito fino alla fine! Un grande grazie e un abbraccio.

Marty89: come vedi sto valutando l’idea di una storia con William… Vedremo se avrò la forza e soprattutto il tempo di scriverla. Per il resto, ti ringrazio per i complimenti e sono contenta di non essere caduta nel banale, o almeno credo. Quindi, un grande grazie a te che hai apprezzato la mia storia. Un bacio grandissimo!

Fairy29: per la risposta alla tua domanda vedi sopra, per il resto… Bé, il tuo FAVOLOSA mi ha lasciato senza parole, quindi grazie per l’enorme complimento! E anche per avermi seguito sempre con entusiasmo, insieme a Ema, con cui credo vi siate divertite a immaginare Xander in modo… Sorvoliamo, va’. Sono contenta che ti sia piaciuta, e ti dico ancora grazie per i complimenti! Un bacio enorme!

Elypar: non ti preoccupare per non aver recensito. Lo dico sempre: l’importante è che tu abbia letto e che ti sia piaciuta. Sono contenta che tutto ciò che ho scritto sia stato chiaro e soprattutto sia arrivato a voi lettori, oltre che essere riuscita a far trasparire i caratteri dei personaggi più importanti. Il ragionamento di Dimitri mi è venuto in mente un giorno, e credo che sia davvero nel suo stile. Purtroppo è un personaggio a cui non ho dato molto spazio, ma se scriverò un seguito sarà uno a cui mi dedicherò di più. Per certi versi lo trovo più affascinante di William… Saranno gusti. Per il resto, grazie per i complimenti e un bacio grande!

E adesso, passo ai ringraziamenti veri e propri (come vedete ho anche cambiato scrittura…).

Un grazie enorme come sempre a mia sorella, che ha sopportato i miei scleri pre e post fiction, e che mi ha guardata giocare alla Playstation a Need For Speed in cerca di ispirazione mentre avevo la musica sparata a tutto volume nelle cuffie e non mi ha dato della matta…

Un grazie gigantesco a tutti quei cantanti che inconsciamente mi hanno ispirata con le loro canzoni, tra cui occupa un posto speciale Anastacia… Se dovessi farvi l’elenco della mia play list, finiremmo domani mattina.

Un grazie a tutti i film e i videogiochi da cui ho preso spunto e ispirazione, e da cui ho palesemente compiato l’idea della Black List… Lo ammetto, quella non è farina del mio sacco.

Un grazie a tutte le auto che si sono rese in qualche modo protagoniste della mia storia, tutte reali e con un loro fascino… Senza la Punto, l’Audi TT, la BMW M3, la Ford GT, la Maserati Graturismo, la Lamborghini Revènton, la Pagani Zonda e lei, la Ferrari 548 Italia, il massimo che avrebbero potuto fare i nostri eroi era gareggiare in bicicletta…

Un grazie a quel… ehm… “vampiro” che cerca di uccidermi con gli occhi tutte le volte che mi vede, e a cui ho rubato lo sguardo per donarlo a Xander… A qualcosa sei pur sempre servito, mio caro vampiro.

E poi…

Bé, un grazie gigante a quelle due gemelline che fanno di nome Emanuela e Luana, senza le quali il soggiorno a Las Vegas sarebbe stato “leggermente” diverso… E che hanno atteso mesi per leggere l’ultimo capitolo… Le uniche a cui la storia del vampiro non sarà del tutto incomprensibile. Grazie ragazze, per il vostro supporto morale e per la pazienza… Grazie a Luana per aver scoperto “i miei precedenti”, e grazie a Emanuela per aver avuto il “coraggio” di contattarmi... Non avrei mai pensato che questa fic mi avrebbe portato a voi due. Vi aspetto per portarvi a fare un giro con la mia TT nera… Quando avrò i soldi per comprarla! Un bacio grandissimo!

E ancora…

Un grazie a voi lettori, che avese seguito questa storia nonostante non sia stata facile né leggera, che avete amato Irina, adorato Xander e siete rimasti affascinati da William… Senza di voi, non sarei arrivata a questo punto. Vi ringrazio per non avermi mai dato della matta e per aver sopportato i momenti più bui di Irina, che molte volte coincidevano con i miei. Grazie per aver accolto la storia con entusiasmo e di avermi riempita di complimenti, anche quando non li meritavo.

E ora, arrivederci a tutti. Ripeto: tenetemi d’occhio, perché sono abbastanza imprevedibile!

Un bacio grande a tutti voi! Spero che se tornerò sulle scene, ci incontreremo ancora!

La vostra

Lhea

P.S.: se vedete passare per strada una che fa jogging anche in pieno inverno vestita come una rapinatrice a cui manca solo il passamontagna, la coda che svolazza a destra e sinistra, e che se siete in auto vi fissa con interesse, non vi preoccupate: non sto guardando voi… Sto guardando la vostra macchina.




AVVISO

, prima di tutto mi sembra doveroso ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a far entrare “Il gioco dello Scorpione” tra le storie scelte di EFP: lo considero un onore, e posso dire che non potevate farmi regalo più bello. Sapere che la mia storia è stata apprezzata fino a questo punto mi rende molto felice!

Come vedete, ho deciso di abbassare il rating, perché dopo averci pensato un po’ credo sia eccessivo, anche perché alla fine non sono stata cruenta o violenta come credevo: a parte il tema e qualche parolaccia qua e la, penso che non meriti il rating rosso. Se qualcuno non è d’accordo con me, me lo faccia sapere. In ogni caso, metterò un apposito avviso che mette in guardia i lettori. Mi direte che forse avrei potuto pensarci prima, ma la verità è che ci ho pensato solo adesso…

Terzo, ma non meno importante, riposterò tutti i capitoli per correggere tutti gli errori che mi sono sfuggiti nella “prima pubblicazione”, e mi limiterò ad aggiungere qualche canzone che ho dimenticato di mettere e che ritengo rifletta la storia. Non toccherò niente nella trama, quindi potete anche non rileggere… Anche se, … Magari una rinfrescatina vi farebbe bene, non si può mai sapere…

Bene, vi ho detto tutto quello che avevo da dire… O forse no?

Chiedetevi come mai ho pubblicato questo avviso, e tenetemi d’occhio.

Un bacio a tutti, e grazie infinite!

Lhea

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Capitolo 40
*** Sorpresa ***


Russian Roulette

 

 

Easy for a good girl to go bad
And once we gone
Best believe we've gone forever
Don't be the reason
Don't be the reason
You better learn how to treat us right
'Cause onces a good girl goes bad
We gone forever*

 

[ Good Girl Gone Bad – Rihanna ]

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Mi limiterò ad andare a duecentocinquanta, oggi >>

 

 

Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre…

 

Due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale…

 

Due anni da quando tutte le cose sembrano andare per il verso giusto.

 

Ma il passato è una cosa difficile da lasciarsi alle spalle,

 

e Irina lo sa meglio di tutti.

 

 

 

 

 

“Afferrò il volante con la mano, il pomello del cambio sotto le dita, la lancetta del contagiri che si muoveva nervosa…

Il ruggito del motore che le invadeva le orecchie…

Lo sapeva, si comportava esattamente come se dovesse gareggiare,

come se fosse ancora una pilota clandestina…”

 

 

Si può rinnegare,

 

Si può nascondere,

 

Si può scordare,

 

ma il passato non si può cancellare.

 

Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata

 

Rimane lì, a farti capire ciò che hai perso e ciò che hai guadagnato

 

Per dimostrarti che in ogni caso, nel bene e nel male, fa parte di te.

 

 

 

 

 

“Non posso dimenticare ciò che sono stata… Non voglio dimenticare…

Forse se non avessi preso quella strada, non sarei ciò che sono ora…

Se l’ho fatto, è perché volevo farlo… Non sono solo stata costretta…

Ma ho perso troppo, tutto. Stavo perdendo anche me stessa…”

 

 

E poi…

 

Il passato torna

 

E quando torna, un motivo c’è sempre.

 

 

 

 

 

 

<< Signorina Dwight, ho una proposta da farle… >>

 

 

E se all’improvviso Fenice rinascesse?

 

E se le venisse offerta la possibilità di unire due cose che aveva sempre ritenuto inconciliabili?

 

E se si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?

 

 

 

 

 

“Non posso tirarmi indietro, se sono l’unica che può farlo…

Se voglio crescere, devo affrontare le mie paure, e l’unico modo che ho è accettare…

Anche se so che cosa comporta…”.

 

 

Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo,

il suo modo di vedere e di vivere…

 

 

 

 

 

<< Non la potete mandare laggiù da sola! L’ammazzeranno alla prima occasione!

Non ho rischiato la vita per vederla tornare tra loro! >>

 

 

Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti,

e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle…

 

 

 

 

 

 

<< Ovunque tu sia, ovunque tu ti nasconda, io ti troverò Irina…

Quando sarò fuori di prigione, chi mi ha tradito avrà i giorni contati…

E tu sarai mia, perché lo sei sempre stata.

Anche se questo vorrà dire ucciderti… >>.

 

 

Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano,

comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.

 

 

 

 

 

 

<< Non sei quella che ricordo… Mi hai stupito, Fenice >>

<< Anche tu, Dimitri… >>

 

 

Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti,

 

Per dimostrare che si cade e che ci si rialza;

 

Per dimostrare che si perde e che si vince;

 

Per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative…

 

 

 

 

 

<< Forse le persone cambiano davvero, bambolina…

Anche quelle come me >>

 

 

Questa volta il passato torna,

per dimostrare che alle volte le parti s’invertono,

e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.

 

 

 

 

 

 

 

 

- 26 Febbraio 2010 -

 

 

 

 

 

Russian

Roulette

 

 

 

 

 

Prossimamente su EFP

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, vorrei vedere le vostre facce, perché sono sicura che vi state trattenendo dallo scoppiare a ridere… E’ una baggianata, ma io mi sono divertita un casino a farla… Vorrei tanto assomigliasse a un “trailer”, ma non so cosa ne sia venuto fuori. Non importa, anche se fa schifo potete far finta di non averlo mai letto…

La mia intenzione era solo quella di darvi una data in cui vedrete il primo capitolo del seguito, e di farvi “fremere” un pochino… Naturalmente non credo che ci riuscirò(non ho questa pretesa), ma anche se vi ho fatto fare due risate va bene lo stesso. Lo so, sono fuori di testa, ma che vi devo dire: per scrivere storie del genere non bisogna esserci tanto con il cervello… In questo io sono una campionessa.

Come vedete, il titolo sarà “Russian Roulette”, altra cosa ridicola, ma mi piaceva è quindi ho scelto quello: oltretutto, è anche una canzone di Rihanna (comparsa tra l’altro nel Gioco dello Scorpione…), esattamente come “Good girl gone bad”. Non le ho scelte a caso, quindi meditate, gente.

Credo lo abbiate già capito che quelle a sinistra sono frasi tratte dal seguito, o che comunque ne rispecchiano alcune parti, e immagino che qualcuna vi darà da pensare. Soprattutto l’ultima…

Ah sì, se ne vedranno delle belle davvero. Se torno, torno per stupirvi, quindi non aspettatevi niente di scontato. La mia pazzia sta raggiungendo livelli di cui non prevedevo l’esistenza…

Ora non mi resta che fare l’appello:

-          Fan Club di Irina… Preparate gli striscioni perché ci vorrà tutto il tifo possibile.

-          Fan Club di Xander? Sì, vi vedo… Curiosi di sapere qualcosa sul suo passato? Perfetto, ci sarà da ridere (forse…). Naturalmente Xander è disponibile all’uscita per firmare gli autografi… Chiede solo di non essere “aggredito” perché pare che la sua creatrice sia un po’ gelosa… Boh, io non ne so nulla, chiedete a lui…

-          Fan Club di William? ……………. Ehi, ehi, calme, non mi travolgete! Allora, se lo avete amato in passato, ora lo adorerete davvero… Sarà più affascinante e cattivo di quanto sia mai stato… Anche lui è disponibile per gli autografi, e anche a farsi aggredire, se per questo. Dovete solo prendere il numero.

-          Fan Club di Dimitri? Sì, dai, lo so che ci siete ma vi nascondete… Ecco, bravi, alzate la manina… Bé, vi riscatterete, in questo seguito. Non dico altro… Dimitri non è né disponibile per gli autografi, né per farsi aggredire… Ha lasciato detto che chi gli si avvicina rischia di trovarsi a dover camminare sulle mani… Consiglio di lasciarlo stare per un po’…

Bene, dimentico qualcuno? Non mi sembra… Ah, ringraziate Lady Gaga e Rihanna per quello che succederà in Russian Roulette, perché in gran parte è anche merito (o colpa…) loro… Certe volte sono proprio tamarra, lo so, perdonatemi.

E adesso vi mando un bacio enorme, e vi aspetto per il primo capitolo! Fatemi sapere se vi ho incuriosito, eh!

 

Lhea

 

 

 

P.S.: se lo festeggiate (beati voi…), vi auguro un buon San Valentino…

 

 

 

 

 

 

*Traduzione:

“E’ facile per una brava ragazza diventare cattiva,

e una volta che lo siamo diventate,

meglio credere che lo saremo per sempre.

Non c’è bisogno di una ragione,

Non c’è bisogno di una ragione.

E’ meglio che impari a trattarci nel modo giusto,

perché una volta che una brava ragazza diventa cattiva,

lo diventiamo per sempre”.

 

 

 

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