La tigre alata

di Anna_Art
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 

Certe volte ci chiediamo perché la vita ci riservi cose insolite, ma anche alquanto belle e particolari nel loro genere. Come il tramonto, così fantastico e ipnotizzante al solo sguardo. Al termine di una giornata come quella che stavo vivendo in quel momento, non poteva mancare uno spettacolo del genere. E io chi sono? Potevo definirmi un ragazzo... speciale, forse?

Come mi etichettavo da bambino, con poteri soprannaturali, capace di richiamare qualcosa che all'occhio di qualcuno era quasi invisibile o introvabile? Sì, quello era il termine giusto, perché quegli esseri soprannaturali che si nascondevano nei boschi al centro di un ambiente che ai nostri occhi sono qualcosa di favoloso. Il suono e la vista dei ruscelli, il paesaggio roccioso che dava dei colori vivaci che si riflettevano su quell'acqua davanti a me.

Stringendo nella mia mano destra un piccolo ciondolo magico a forma di una goccia di cristallo trasparente, richiamai a me, nei miei pensieri uno di quei splendori della natura, che solo con quel ciondolo potevo avvicinare e vedere quando sarebbe comparso nelle mie vicinanze. Trascorso non molto tempo, vidi splendere una piccola luce dorata su quel ciondolo, che mi faceva capire che lui era quasi giunto al posto in cui mi trovavo. Guardai in alto, intravedendo qualcosa volare in cielo. Sapevo già di chi si trattava, lo attesi con lo sguardo arrivare non molto tardi davanti a me chiudendo quelle ali grandi piumate e bianche. La tigre bianca alata... era così che lo chiamavano qui nel bosco. Ma non per me: "Eiron". Lo chiamai sorridente.

Lui, con quei occhi dorati si avvicinò a me distendendosi al mio fianco. La mia mano sfiorò il suo manto morbido e curato, intanto che i nostri occhi osservarono la fine di quel tramonto, quasi giunto al termine. Il silenzio quasi lecito ormai tra noi, solo i nostri gesti erano presenti, come un abbraccio o un semplice sguardo di amicizia che durava da tanto tempo, ormai. Ora che avevo vent'anni, ero ancora lì, accanto al l'unico essere "speciale" che mi apprezzava per ciò che ero e tutt'ora sono.

--- ---

 

Riuscii a richiamare Eiron dal giorno in cui mi addentrai in questo bosco, all'età di quattordici anni, quando ero già stato adottato dalla mia famiglia attuale. Portando sempre con me il ciondolo a goccia, improvvisamente la sua luce dorata brillò nel suo piccolo cristallo, facendomi rimanere immobile ignaro di ciò che stava accadendo. Nel momento in cui lo strinsi in mano, sentii una voce provenire nella mia mente: "Sei il mio protettore?"

 

"Protettore?" Mi domandai. Cosa intendeva? E soprattutto chi era che parlava? Tutto mi era molto illogico, ma anche straordinario, perché avevo capito che non ero l'unico essere particolare che sapeva fare cose impossibili.

 

Finché vidi arrivare davanti ai miei occhi, questa tigre alata bianca. Guardandolo sbalordito, tentai di dire qualche parola: "Tu chi sei? Come hai fatto a trovarmi?"

"Io sono Eiron il protettore di questo bosco. Mi hai richiamato tu con quel cristallo che porti in mano". Mi rispose con sicurezza.

"C-Cosa? E come ho fatto a richiamarti? Non sapevo neanche della tua esistenza". Risposi sbalordito.

"Tu sei Alastair, il ragazzo che legge i pensieri di ogni essere vivente con un solo tocco della mano".

 

Ma come faceva a sapere dei miei poteri?

 

"Come fai a sapere di me? Non ci siamo mai visti". Dissi confuso.

Lui rispose: "Fin da quando sei nato, ho sempre avuto un legame con te. Anche io leggo il pensiero e posso percepire in lontananza le sensazioni non solo delle persone normali. Ma anche di creature magiche come te Alastair. I tuoi veri genitori alla mia nascita, mi hanno affidato a te per proteggerti da tutti i mali".

"I miei genitori? Io non ho mai incontrato la mia vera famiglia. Questo vuol dire che anche loro avevano delle doti come le mie?" Domandai.

"I tuoi genitori sono morti quando avevi appena due anni per questo che non ti ricordi di loro. Tua madre era un'umana, invece tuo padre aveva poteri speciali come i tuoi, ma differenti. A causa della morte di tua madre, accaduta per una malattia grave. Tuo padre era così addolorato che si tolse la vita, anche se aveva ancora l'amore di suo figlio".

 

Rimasi sbalordito da quelle parole. Nessuno mi aveva mai parlato della verità sui miei genitori di sangue. Mi avevano abbandonato, solo queste erano le parole che mi sentivo dire ogni volta che chiedevo di loro. In un certo senso, ero felice di sapere la verità, anche se non potevo rivederli.

 

Adesso avevo un amico a cui affidarmi, la cosa mi rendeva al quanto felice. Grazie a Eiron, ora potevo sentirmi più capito e anche in compagnia di qualcuno come me.

 

--- ---

 

Quel giorno scoprii tante cose sulle mie vere origini e anche sul significato del ciondolo che mi portavo dietro fin da bambino. La sua luce era collegata allo stato d'animo di Eiron, come ad esempio: se era in pericolo, tranquillo, o quando si stava avvicinando a me.

Lui alzandosi e aprendo maestosamente le sue ali, mi riferì alcune parole: "Alastair, devi ritornare a casa prima che faccia buio".

Lo guardai negli occhi: "Non mi va di tornare lì".

"Ma la tua famiglia ti vuole bene. E poi sai che non puoi stare qui". Mi fece notare Eiron.

"So che me ne vogliono e anche per me è lo stesso. Ma il loro figlio da qualche tempo ha iniziato a non considerarmi più. Nonostante il nostro forte legame". Controbattei.

"Dovresti provare a scavare di più nel suo cuore per capire cosa nasconde in realtà, se vero odio o qualcosa che lo ha semplicemente deluso. Sai che grazie ai tuoi poteri puoi sentire i sentimenti di qualcuno." Proferì Eiron.

"So di avere anche questo privilegio, ma non volevo utilizzarli per tutto. E poi, sai anche che la lettura dei sentimenti non funziona sempre". Dissi un po' seccato.

 

Eiron mi guardò con quei occhi profondi in pieno viso: "Non funzionano sempre, perché lui non ti da nessuno spiraglio di farti entrare nei suoi pensieri più profondi. E comunque, anche se non vuoi utilizzare i tuoi poteri, sai già cosa fare: prova a capire nel profondo ciò che prova, visto che lui non è capace di parlarti dei suoi problemi. Sai meglio di me che anche tu hai tenuto tanto a quell'umano, anche se fratello adottivo. Lui ti ha accolto con gioia nella sua vita, no? Quindi perché non tentare di risolvere le cose?"

 

Mi accorsi di quanto aveva ragione. Perché non tentare? In fondo è dall'età di dodici anni che stavo in sua compagnia, ci ero cresciuto insieme come se fosse per me un vero fratello, non lo negavo in me stesso che lui per me era ancora importante.

 

Avevo deciso. Senza i miei poteri avrei scavato di più nel suo cuore, per far sì che tirasse fuori tutto ciò che teneva dentro così silenziosamente.
 

Sorridente abbracciai Eiron: "Grazie per l'incoraggiamento, sei sempre il migliore. Adesso è meglio che vada prima che qualcuno mi veda".
 

Mi distaccai da lui, alzandomi da terra. Iniziando ad avanzare verso l'uscita di quel bosco, salutai ancora una volta Eiron che era dietro di me, poi avanzai sempre di più con velocità senza farmi scovare da qualcuno. Proprio così, dovevo stare attento a non farmi vedere, perché se no Eiron sarebbe stato in pericolo e non volevo assolutamente che gli accadesse qualcosa.

Feci l'ultimo passo uscendo dal bosco, trovandomi a pochi metri dalla casa dove vivevo. Lì ci abitavano anche i miei genitori adottivi, delle persone che mi salvarono da un orfanotrofio, donandomi una vita migliore e piena di attenzioni. E mio fratello Zack, che aveva cinque anni più di me. Nessun rancore verso di lui, ma da qualche anno aveva iniziato a starmi alla larga più possibile non sorridendomi più. Non capii mai i suoi gesti indifferenti nei miei confronti, l'unica idea che mi feci fu quella della comparsa dei miei poteri. Per i ricordi che avevo, mi parse che il suo distacco sia iniziato proprio quando avevo quattordici anni e conobbi Eiron, quando inizia a controllare quasi del tutto le mie arti speciali. Riuscendo a leggere i sentimenti e i pensieri degli esseri viventi che mi circondavano. Non mi riusciva sempre, lo ammettevo, ma quando mi capitava di trovarmi a captare qualcosa nel cuore delle persone con un solo tocco mi sentivo al quanto innaturale. Zack, pur sapendo che io ero "particolare", non volle saperne di ciò che avevo appreso. Paura di me, forse? Per quanto avessi cercato di sfiorarlo per capire cosa provasse, non mi era mai riuscito di leggere, anche solo un piccolo frammento di ciò che si celava nel suo cuore, come tutt'ora. Ma, come aveva detto Eiron avrei dovuto provare con le parole, senza mettere in mezzo i miei poteri, magari era proprio per quello che lui non mi considerava più, a causa della nostra diversità nell'esprimerci. Non era affatto da escludere, in ogni caso volevo riallacciare i rapporti con lui.
 

*** *** ***
 

Rientrato a casa all'ora di cena, mi diressi verso la sala per vedere se c'era già qualcuno che stava mangiando. Avanzando con velocità, sulla soglia di quella porta vidi che all'interno della stanza non c'era anima viva. Per fortuna ancora nessuno si era accorto che non ero in casa. Almeno pensavo. Finché le mie aspettative furono distrutte dal tocco di una mano sulla mia spalla e dalle parole di quella persona: "Alastair, finalmente sei tornato a casa. Io e tuo padre eravamo in pensiero per te, perché hai tardato così tanto?"

Riconobbi quella voce, era della mia mamma adottiva, anche se per me non aveva differenza se mi aveva adottato, io la ritenevo comunque la mia vera madre.

Mi voltai verso di lei, cercando di inventarmi qualche scusa: "Em, scusa mamma per il ritardo, mi ero fermato un po' di più a guardare il tramonto, tutto qui".

"Il tramonto?" mi domandò con stupore.

"Sì, cosa c'è di male?"

Lei rispose subito: "No, niente di male. Solo, sei stato tutto solo?"

"Sì mamma, ma non ti preoccupare. Nessuno mi ha rapito o cose simili, ahahah". L'abbracciai con tenerezza, cercando di rassicurarla, lei aveva sempre il terrore che qualcuno potesse prendermi e portarmi in una specie di laboratorio a causa dei poteri di cui solo la mia famiglia era al corrente.

Lei arruffandomi i capelli: "Sono felice che non sia successo niente. Ma non rimanere più così a lungo via senza dirci niente. Va bene?"

"Te lo prometto". Le dissi sorridente.

Lei sospirò per un'istante, poi dirigendosi verso la sala da pranzo: "Vai a cambiarti così possiamo cenare."

"Sì, mamma." le risposi.

Poi con calma mi diressi verso le scale, per dirigermi verso la mia camera da letto. Quando ci fui vicino, allungai la mano verso il pomello della porta, l'aprii entrando all'interno di quella stanza buia non richiudendo la porta che si trovava dietro di me. Mi avvicinai alla cieca verso la lampada, l'accesi per far sì che la stanza si illuminasse almeno un po'. Avvicinandomi al letto inizia a sbottonarmi la camicia per indossare degli abiti puliti.

Al momento di togliermela sentii dietro di me, a pochi metri di distanza la porta chiudersi e una voce rimbombare nella stanza subito dopo: "Sei solo un bugiardo! Portai fregare la mamma, ma non me".

Mi voltai verso quella persona, che riconobbi subito in Zack. Lo guardai fisso negli occhi dicendogli con sorriso malizioso: "Ah si? E cosa sai tu? Aventi, dimmelo".

Lui mi guardò con rabbia, poi avvicinandosi a me con velocità e portando una mano sulla mia camicia: "Non è vero che ogni giorni esci per andare in giro nella nostra zona a guardare solo il tramonto".

"Che fai, mi pedini?"

"E anche se fosse? Dimmi la verità! Cosa vai a fare nel bosco ogni singolo giorno? Dimmelo Alastair!" Esclamò Zack con insistenza.

Portando il mio sguardo verso destra: "Non ritengo necessario riferirtelo".

A quelle parole, lui mi spinse con forza sul letto: "Sei un incosciente! Non capisci che, con i tuoi poteri devi fare attenzione quando ti allontani da qui? Un giorno scoprirò cosa nascondi così gelosamente."

Quelle parole mi fecero capire quanto lui fosse preoccupato per me. Se lo era, perché si comportava in quel modo con me? Forse perché tacevo e tenevo il segreto su Eiron tutto per me? Ma io non potevo riferirgli di lui, lo avrei messo in serio pericolo se ne avessi fatto parola. Solo io potevo sapere di Eiron, perché se qualcun altro lo avesse visto avrebbe potuto fargli del male, o peggio ancora rinchiuderlo in un posto per studiarlo. Visto che era una tigre "particolare". Lui era una rarità e quasi l'ultimo della sua specie. In realtà io in tutto quel tempo che lo conoscevo, non avevo mai visto gli altri della sua specie, non sapevo se ce ne fossero altri come lui. Ma andava bene così. Eiron era l'unico che mi aveva aiutato nel momento che i miei poteri iniziavano a venir fuori fino al punto di poterli utilizzare bene. Solo con lui ero riuscito a imparare tante cose su le mie doti.

Alzandomi dal letto e guardando dritto Zack negli occhi: "Mi dispiace non poterti dire nulla. Ma almeno dimmi cosa c'è che non va nel tuo cuore?"

Lui mi guardò stupito: "Cosa intendi? Io non ho nulla da nascondere a differenza di te".

"Non è vero. Perché da qualche tempo hai iniziato a distaccarti da me? Cosa ti ho fatto? Dimmelo Zack!" Controbattei cercando una risposta.

Lui portando la sua espressione verso terra: "Non ho niente da dire".

Si voltò, dandomi le spalle per poi dirigersi verso l'uscita della stanza. Non volevo dargliela vinta, avanzai velocemente verso di lui afferrando il suo polso: "Fermati! Non dire cose che non sono vere. Tu hai qualcosa da dirmi, ma non hai il coraggio di parlarmene. Non è forse così?"

Zack voltandosi verso di me, guardandomi negli occhi: "E anche se fosse? Queste sono cose mie".

"Ma ti senti quando parli? Che senso ha dire che sono cose tue? In mezzo ci sono anche io e voglio sapere cosa ti turba così tanto in quella testa!"

"Sono solo stufo del fatto che non mi dici niente su ciò che stai passando. Noi siamo sempre stati uniti, no? Perché non vuoi confidarti con me? Anche tu mi nascondi qualcosa, quindi dammi una spiegazione. Io te l'ho data e tu cosa hai da dire a proposito?" Mi domandò con tranquillità.

Cosa potevo dirgli? Di certo una bugia non avrebbe funzionato, forse era arrivato davvero il momento di dire la verità su Eiron e sulle mie origini?

Per quanto fosse assurdo, non volevo né tacere più a Zack e neanche dire una cosa non vera. La cosa giusta era di parlare con lui apertamente riferendogli soltanto la pura verità.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
 
Osservando i suoi occhi provai a pensare a qualcosa a proposito delle sue parole.

Sospirai appena, poi afferrando il suo polso lo feci dirigere vicino al mio letto: "Per favore siediti un attimo".
"Perché dovrei?" Domandò Zack.
"Fallo è basta". Dissi con insistenza.

Lui si sedette sul letto non distaccando neanche per un'istante i suoi occhi da me. Poco dopo mi sedetti accanto a lui: "Io non ho mai voluto dirti niente, perché in mezzo a questa storia non ci sono solo io, ma anche un mio caro amico".
"Un amico? Di chi parli?" Mi domandò.
"Lo conobbi quando avevo solo quattordici anni nel bosco dove mi reco quasi ogni giorno. E' stato un giorno davvero strano, il cristallo che porto sempre con me improvvisamente si è illuminato è poco dopo ha fatto apparire ai miei occhi una maestosa tigre bianca alata". Gli risposi.

Zack spalancò appena gli occhi come se pensasse che quelle parole che stavo pronunciando erano frutto della mia immaginazione. Oppure era solo sorpreso nel sapere che al mondo esisteva una creatura del genere?

"Lui ha un legame particolare con te?" Mi chiese.
"Beh sì. La tigre mi ha detto che io sono il suo protettore. Lui ha sempre avuto un legame con me fin da bambino grazie ai miei genitori che lo hanno incaricato di proteggermi".
"Proteggerti? Ma non hai appena detto che sei tu il suo protettore?" Mi domandò stupito.
"Anche lui ha il compito di proteggermi, essendo entrambi creature magiche ci siamo promessi di aiutarci a vicenda. Lui è come un fratello per me. Non ha mai smesso di aiutarmi e di starmi accanto nei momenti più bui della mia vita. Soprattutto quando ho iniziato a controllare meglio i miei poteri".

Zack portando la sua mano sulla mia: "Ma tu non sei mai stato solo, sai che noi ci siamo sempre stati, anche se non sapevamo cosa volesse dire avere dei poteri magici".
"Lo so, infatti vi ringrazio con tutto il cuore. Voi mi avete aiutato tanto e ancora adesso, ma aver conosciuto qualcuno speciale come me, ha resto tutto ancora più bello, perché ha riempito quel vuoto della mia esistenza che io non riuscivo a capire da solo. Lui mi ha parlato anche dei miei genitori". Mi fermai dopo quelle parole.

Zack curioso nel sapere su di loro, provò a domandarmi: "E cosa hai saputo a riguardo?"
"Che in realtà non mi avevano abbandonato come mi è stato sempre detto. Mia mamma era umana e mio padre invece aveva poteri particolari come i miei. Solo che un giorno mia madre si è ammalata è ha perso la vita, mio padre non riuscendo a starle lontano la seguì suicidandosi anche se io ero già nato. Non mi ricordo di loro perché accadde tutto quando ero ancora molto piccolo".

Lui rimase dispiaciuto dalla vera fine che avevano fatto i miei veri genitori, gli si leggeva in faccia.

Vedendo quell'espressione presi a parlare con tranquillità: "Non fare quella faccia. Anche se mi dispiace di non averli mai conosciuti, sono comunque felice di essere capitato qui, in questa famiglia. Voi mi avete dato tanto, fin dall'inizio e per questo vi ringrazio molto".

"Anche tu a noi hai dato tanto, mi dispiace solo che non hai potuto avere un approccio importante con i tuoi veri genitori". Disse Zack.
"Va bene così, i miei genitori non mi hanno lasciato solo. Io ho ancora un amico importante che fa parte della mia famiglia originaria".

Zack non si toglieva quell'espressione triste sul viso: "E ti sta bene con così poco?"
"Sì, a me sta bene così". Risposi sorridente.
"Allora se va bene a te, anche per me non fa differenza". Zack mi sorrise abbracciandomi calorosamente. In quel momento ricordai quanto mi fossero mancati i suoi abbracci che mi avevano sempre protetto da tutti i pericoli fin da bambino. Qualcosa che non si poteva capire almeno che non si aveva un fratello a cui si teneva molto. 

Ricambiai quell'abbraccio: "Grazie per tutto Zack".
"Di niente fratellino".

Sciogliendo la presa, Zack guardandomi nuovamente negli occhi: "Mi farai conoscere l'unico membro della tua famiglia?"
Spalancai lievemente gli occhi: "Vorrei fartelo conoscere, ma a una sola condizione".
"Quale?" Mi domandò.
"Che non dirai niente a nessuno di lui, sarà il nostro segreto. Promesso?"

Ci pensò su per un secondo: "Va bene, non lo dirò a nessuno. Te lo prometto Alastair".
"Allora te lo farò conoscere volentieri". Gli dissi sorridente.
"Ci conto allora".
"Sì". Dissi per rassicurarlo delle mie parole.

Anche se mi metteva un po' di ansia far vedere Eiron a Zack, mi faceva anche piacere che lui potesse condividere con me il mio segreto particolare.

Lo avrei portato da lui domani stesso, quando mi sarei di nuovo rintanato nel bosco per incontrare Eiron.

*** *** ***

Era calata la notte ed io ero disteso sul fianco destro nel mio letto sotto le coperte. Rimasi a fissare sul cuscino, accanto alla mia mano sinistra, quella piccola goccia che si illuminava di un fievole color pastello, l'azzurro che mi permetteva di capire quanto Eiron fosse tranquillo e beato in quella notte limpida e fredda. Nell'osservare quel ciondolo, man mano chiusi del tutto gli occhi andando nel mondo dei sogni con la tranquillità nel cuore.

--- ---
Seduto tranquillamente sull'erba nel cortile dell'orfanotrofio in cui mi trovavo da tanto tempo.

All'età di dieci anni osservavo pensieroso tutti quei bambini sia più piccoli e grandi di me, giocare tutti insieme a pallone con gioia e spensieratezza.

"Alastair gioca con noi!" Mi propose uno dei bambini poco più grande di me.
Gli sorrisi felice: "Arrivo subito".

Alzandomi mi diressi con velocità verso il centro del cortile dove erano tutti in cerchio a passarsi a turno la palla. Loro mi accolsero con felicità nel gruppo facendomi giocare con tranquillità e con un po' di quella spensieratezza che provavo un po' meno di loro.

Dopo alcuni minuti mi allontanai dal gioco dirigendomi nel mio posto segreto, che si trovava proprio vicino all'orfanotrofio. Senza farmi vedere scavalcavo la cancellata del giardinetto attraversando la strada di fronte correndo, entrando così in un parco dove si trovava una casetta disabitata. Ogni tanto era lì che volevo rintanarmi nei miei pensieri e nella mia passione più grande, scrivere storie inventate da me.

Entrando in quella casetta, mi sedetti per terra con in mano il mio quaderno grande a righe e la mia biro blu. Rimanendo nel mio mondo, iniziai a scrivere la storia di questa creatura magica, una piccola fatina con lunghi capelli castani e occhi color cioccolato. Le sue ali trasparenti con qualche riflesso azzurro, volava con maestria nel bosco alla ricerca della sua anima gemella. Voleva capire la piccola fatina, quale sarebbe stata la creatura che l'avrebbe amata fino alla fine dei suoi giorni. Con il suo vestitino vivace si aggirava nel bel mezzo della mattinata in mezzo a tanti fiori colorati. Felice di essere lì, si lasciava andare avanti dalla scia di quel profumo piacevole al suo olfatto nella speranza di trovare davanti a sé qualcuno come lei, o qualcosa che le potesse rallegrare la sua piccola vita ormai solitaria.

Prima che continuassi a scrivere sentii dei rumori provenire da quella casetta. Sobbalzai guardandomi intorno per capire se ci fosse qualcuno. Vidi con stranezza che non c’era anima viva all’interno. Riportai i miei occhi sul quaderno per continuare la storiella, quando inaspettatamente sentii un altro rumore. Era come se qualcuno stesse spostando qualcosa all’interno di un’altra stanza che si trovava in quella piccola casa. Alzandomi da terra, mi aggirai alla ricerca della causa di quella confusione. Quando mi avvicinai a una porta sentii chiaramente dei rumori provenire da lì dentro. 
Mi feci coraggio e con la mano destra aprii molto lentamente quella porta, finché l’interno non era chiaro ai miei occhi. Con stupore vidi una bambina che era sopra a una sedia nell’intento di prendere qualcosa all’interno di un mobile di quella stanza che, con chiarezza distinguei da una cucina. 
Cosa stava cercando? Dalla sua statura e corporatura mi sembrava della mia stessa età. Era piccola con capelli lunghi e castani, proprio come la fatina della mia storia. Varcando la soglia di quella stanza presi a domandare: “Tu chi sei? E cosa ci fai qui?” 

Lei sobbalzò alle mie parole cadendo dalla sedia che per fortuna non era molto alta. Preoccupato dalla caduta mi diressi velocemente da lei: “Stai bene?” 

Guardandomi negli occhi con stupore mi rispose: “Cosa ci fa un bambino qui dentro?”
“Guarda chi parla”. Le risposi imbronciato. 
“Ahah, scusami non era per offenderti e che non mi sarei mai aspettata di trovare qualcuno della mia età dentro a questa casetta abbandonata”. Rispose sorridente.
“Lo stesso vale per me. Cosa ci fai qui?” Le chiesi aiutandola ad alzarsi da terra. 

Lei voltando leggermente il viso verso il mobile balbettò qualcosa: “Volevo solo prendere il peluche che c’era dentro a quel mobile”. 
“Posso aiutarti io se vuoi”. Le risposi.
Lei saltellando sorridente: “Ti ringrazio tantissimo”.

Le sorrisi appena, poi poggiando il mio quaderno sul tavolo di quella stanza, mi diressi verso la sedia per arrivare a quel mobile. Una volta salito guardai all’interno del mobile che si trovava di fronte a me, vedendo subito quel peluche medio a forma di un coniglietto beige con una bellissima nocca viola sul collo. Anche se visibilmente polveroso, era comunque un bel pupazzo se ripulito. Tentai di allungare il braccio verso di lui cercando di prenderlo, ma dopo alcuni tentativi capii quanto fosse difficile, visto che si trovava sul fondo del mobile. Come potevo fare adesso? Mi guardai un attimo nei dintorni, finché notai una cucchiaia di legno proprio sul bancone per cucinare. Con quello avrei potuto allungare il mio braccio e afferrare il coniglietto dal fiocco che era ben legato al collo.

La bambina vedendomi pensieroso: “Va tutto bene? Non riesci a prenderlo neanche tu?”
Portando i miei occhi su di lei, risposi indicando quell’oggetto: “Posso farcela con quella cucchiaia, forse”.
Lei mi sorrise apertamente: “Te la prendo subito”.

Dirigendosi velocemente a qualche centimetro lontana da me, afferrò quella cucchiaia. A quel movimento iniziò a starnutire a causa di tutta quella polvere che c’era sopra. Dopo essersi calmata si avvicinò nuovamente a me, passandomi quell’oggetto tra le mani. Stringendola appena nel palmo della mia destra la portai verso il fiocco di quel pupazzo, tentando più volte di prenderlo. Compiuti alcuni tentativi, riuscii a infilare il cucchiaio di legno dentro al fiocco viola brillante e con cautela, senza farlo togliere lo tirai verso di me, finché la mia mano riusciva a prenderlo. Lasciando la cucchiaia e afferrando quel peluche, lo portai con velocità verso quella bambina che mi stava guardando con occhioni speranzosi. 

“Ci sono riuscito finalmente”. Le dissi sorridente.
Lei felicissima: “Grazie mille! Che bello, sono troppo felice che lo hai preso”.

Senza attendere altri secondi scesi dalla sedia, dandole direttamente il coniglietto tra le mani. Lei esultante, saltellò insieme a quel pupazzo, poi fiondandosi fra le mie braccia: “Ti ringrazio tantissimo”. 

A quel gesto arrossii leggermente, sentendo il mio cuore battere un po’ forte. Poi, lei portando i suoi occhi sul mio viso si spostò di colpo da me e, visibilmente arrossita mi disse: “Oh, em… scusami, mi sono lasciata andare per la felicità”. 
La guardai dritta negli occhi: “Non fa niente”.

A quelle parole, il suo sorriso si fece di nuovo vivo sulle sue labbra e allungandomi la sua mano si presentò: “Piacere di conoscerti io sono Aishia . E tu chi sei?”
Stringendo la sua mano: “Io mi chiamo Alastair. Piacere di conoscerti”. 
“Che bel nome! E’ particolare come i tuoi capelli ramati sul rosso”. Mi disse con sincerità.
Le risposi: “Ti ringrazio, so di avere dei capelli particolari, me lo dicono in molti. Ma a me piacciono così come sono”.
Cercando di scusarsi: “Oh, non volevo fare una critica, a me piacciono molto. Ti rendono particolare e si abbinano molto ai tuoi occhi azzurro cielo”. 

A quei complimenti, capii quanto il suo cuore stesse dicendo la verità. Lo percepii grazie alla sua mano che stava toccando ancora la mia con delicatezza. Lei era puramente sincera con me e, come dire, sembrava quasi felice di avermi incontrato. 

Volevo farle anche io degli apprezzamenti sinceri: “Grazie per i complimenti. Sai anche i tuoi capelli sono molto belli”.
Lei con espressione interrogativa: “E che hanno di così speciale? Sono capelli castani come tanti altri, niente di diverso”.
“Per me una particolarità ce l’hanno invece, sono uguali alla fatina della mia storia. Castani, lunghi ma un po’ mossi”. Le dissi.
Lei guardandomi con sguardo interrogativo: “Sei uno scrittore? E che coincidenza assomigliare alla tua fatina”.
“Oh no, non sono un vero scrittore, possiamo dire che è una mia passione. Mi rilassa scrivere su un foglio bianco tutto ciò che fiorisce dalla mia immaginazione… Già è una coincidenza quasi bizzarra come anche i nostri nomi, entrambi abbiamo la lettera  come iniziale”.
Lei mi sorrise apertamente: “Ahaha, vero, le iniziali sono uguali. E’ una cosa bellissima sai, avere quelle passioni nel cuore e tirarle fuori senza soffocarle dentro di noi. Mi piacerebbe leggere un giorno di questa fatina allora”. Poi aggiunse: “Mi hai incuriosita troppo adesso”.

Ci pensai su un attimo, cosa c’era di male a farle leggere ciò che scrivevo? Certo non lo avevo permesso mai a nessuno, ma perché fino a quel giorno nessuno aveva il desiderio sincero di sapere di più sulle mie storie. 

Avevo deciso: “Per me va bene, sono curioso di sapere cosa ne pensi”. 

Dopo quelle parole entrambi sorridemmo guardandoci con sincerità negli occhi. Quello era per caso l’inizio di una lunga e sincera amicizia? Chissà. 
--- ---

Risvegliandomi nel mio letto sbadigliai ancora sonnolente, guardando fuori dalla finestra vedendo con chiarezza che il sole era già sorto in cielo. Quel giorno, sarebbe stato importante, perché Zack avrebbe conosciuto parte della mia vera famiglia, il mio amico più fidato… Eiron. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 

Alzandomi con tranquillità dal letto tenendo sempre in mano il ciondolo a goccia, andai verso il bagno che si trovava all’interno della mia camera. Entrandoci, mi rinfrescai il viso per riprendermi un po’ dal sonno, poi dopo essermi lavato, vestito e pettinato, ero pronto per andare al piano di sotto per fare colazione.

Scendendo per le scale, sentii inaspettatamente qualcuno poggiare il suo braccio sulle mie spalle dicendomi: “Buongiorno fratellino”.

Portando i miei occhi alla mia destra sorrisi a Zack che era felice di vedermi. Sembrava tornato alla serenità di qualche tempo fa.

Ricambiando il suo gesto circondando il mio braccio sulle sue spalle: “Giorno anche a te. Hai dormito bene?”

“Molto bene grazie, tu?” Mi domandò.

“Anche io bene, grazie”.

Entrati in cucina dopo qualche passo, diedi il buongiorno insieme a Zack ai nostri genitori, che ricambiarono con felicità le nostre parole. In seguito entrambi ci sedemmo a tavola gustando una ricca colazione preparata a puntino dalla nostra mamma.
 

*** *** ***

In compagnia di Zack, uscii di casa che erano le nove e mezza, circa. Il cielo di un azzurro pastello ci rallegrava il cuore. Entrambi ci dirigemmo verso il bosco, dove trascorrevo i miei pomeriggi. Era raro che ci andassi di mattina, come in quel preciso istante. Ma Zack non voleva aspettare più, era curioso di capire fino in fondo ciò che gli avevo tenuto nascosto per tanto tempo.

Compiuti molti passi, arrivammo verso un sentiero che portava dritto al cuore di quel bosco. Prima di entrarci guardai Zack ancora una volta negli occhi: “Non parlarne con nessuno”.

“Tranquillo Alastair, ti ho già detto che rimarrà tra noi due. Non ti preoccupare”. Rispose.

Anche se mi fidavo di lui, ero comunque incerto nel mostrare Eiorn a qualcuno. Dovevo cercare di fare uno sforzo e fidarmi almeno un po’ di più di Zack, lui voleva solo far parte del mio circolo tutto qui, non aveva intenzioni cattive per come mi aveva dimostrato.

Sospirando: “Va bene, mi fido di te”.

“Contaci!” Esclamò sorridente.

Riprendemmo a camminare, avvicinandoci sempre di più al posto tanto atteso. Arrivato su quel prato dove ammiravo sempre il tramonto di sera: “Siamo arrivati”.

Zack si guardò intorno osservando le meraviglie di quel posto, in seguito portando i suoi occhi su di me: “Ma questo posto è stupendo, mai vista una cosa del genere. E qui che vieni sempre?”

“Sì”.

Dopo quelle parole, Zack guardandomi con espressione interrogativa: “Ma qui non c’è nessuno a parte noi due. Dov’è l’amico di cui mi hai parlato?”

“Devo richiamarlo. Dammi un po’ di tempo”. Gli dissi.

Presi in mano il ciondolo e, nei miei pensieri richiamai Eiron; intanto che Zack mi osservava silenziosamente con pazienza.

In poco tempo, vidi quella piccola goccia illuminarsi del colore dorato, vedendolo mi sentii al quanto preoccupato, anche se era Zack avevo comunque paura che qualcosa andasse storto, non volevo assolutamente che accadesse qualcosa alla tigre bianca che era per me importante.

Con quella piccola ansia, vidi in lontananza scorgere Eiron quasi arrivato a destinazione da me. Per un momento osservai il volto di mio fratello che stava guardando in alto con stupore nell’intento di capire cosa stesse arrivando da noi. Poi balbettante mi domandò: “E’ lui?”

“Sì, lui è Eiron”. Risposi con timore.

Senza dire altro, sentii improvvisamente un silenzio non molto gradevole, finché non atterrò davanti a me con la sua solita maestria. Lui osservò per un’istante i miei occhi, poi concentrò il suo sguardo su Zack che lo stava guardando sbalordito. In seguito avvicinandosi leggermente a Eiron, prese a dire: “Piacere di conoscerti io sono Zack il fratello maggiore di Alastair, ma sicuramente saprai già qualcosa di me”.

Ridendo: “Beh sì, Eiron sa quanto sei rompiscatole”.

“Cosa? Che hai detto al tuo amico? Ti sembra il modo di presentarmi?” Domandò Zack con imbarazzo.

“Dai non te la prendere”.

Prima di dire altro sentii nella mia mente la voce di Eiron: “Che umano simpatico. Avete chiarito tutto a quanto vedo”.

Portando i miei occhi su di lui: “Proprio così”.

“Cosa?” Domandò Zack con espressione interrogativa.

Guardandolo in faccia tentai di spiegare come stavano le cose: “Oh, scusa. Non ti avevo detto che Eiron parla attraverso la mia mente”.

“Seriamente? Ma come è possibile? Quindi io non posso parlare con lui?” Chiese.

“Puoi, ma tramite me. Almeno penso”. Risposi incerto. “Vero Eiron?” Aggiunsi, cercando certezza su di lui.

Lui mi rispose all’istante: “Prova a dargli il tuo ciondolo in mano”.

Come? Perché mai? Osservandolo un po’ stranito strinsi ancora per un attimo quella piccola goccia in mano. Poi portando i miei occhi su Zack che stava cercando di capire qualcosa a riguardo le nostre parole: “Cosa state dicendo?”

“Ecco, Eiron mi ha appena detto che devi tenere in mano il mio ciondolo”.

“E perché?” Domandò.

“Beh, non ne ho idea”. Risposi con sincerità.

Lui alzò appena le spalle, poi allungandomi la mano destra: “Se dice così ci sarà un motivo, posso prenderlo?”

Non risposi alla sua domanda, mi limitai con insicurezza a portare sulla sua mano il mio ciondolo. Era strano non averlo con me, visto che non me ne ero mai separato. Lasciato nella sua mano, guardai Eiron con espressione interrogativa: “E adesso, cosa devo fare?”

Anche dopo quella domanda non riuscivo a sentire la sua voce, perché? Eppure lui mi aveva sentito visto che mi stava guardando chiaramente in faccia e allora cosa c’era che non andava?

“Eiron?” Provai a chiamarlo nuovamente.

Ma l’unica cosa che arrivò a me fu un grande silenzio. Tentai di aprir di nuovo bocca, ma fui fermato dalle parole di Zack: “Alastair, lui ti sente sei tu che non senti la sua voce”.

Lo guardai stranito da quelle parole. Io avevo sempre ascoltato la sua voce, perché mai in quel momento non ci riuscivo?

Le mie domande ebbero subito una risposta da Zack: “Lui sta dicendo che non puoi sentirlo perché non hai più il tuo ciondolo. Solo con questo puoi ascoltare i suoi sentimenti e la sua voce”.

“E’ per quello che adesso riesci a sentire la sua voce?” Domandai, anche se era una cosa certa.

“Beh sì, a quanto mi ha detto lui”.

Mi rattristii leggermente, era brutto non poter percepire i suoi sentimenti e la sua voce. Zack poteva farlo e questo mi risollevava leggermente il morale, perché almeno aveva la possibilità di sentire la voce di Eiron come l’ascoltavo io.

Prima che pensassi ad altro, Zack riprese a parlare: “Eiron mi ha detto che basta toccare il ciondolo per ascoltare la sua voce. Quindi tocchiamolo insieme così possiamo sentire entrambi cosa ci dice”.

Sorrisi apertamente a quelle parole, perché ci tenevo ad essere parte della loro conversazione. Avvicinandomi a mio fratello, portai le mie dita al centro di quella piccola goccia che era poggiata sulla sua mano aperta. A quel punto potei sentire nuovamente le parole di Eiorn: “Adesso che mi senti possiamo parlare tutti insieme”.

“Alastair mi ha parlato di te proprio ieri”. Disse Zack.

Eiorn senza attendere neanche un minuto: “Anche di te mi ha sempre parlato. So quanto tu sei importante per lui. Ed è un piacere anche per me conoscerti”.

Il loro discorso era incentrato solamente della mia persona e per quanto fossero felice di avermi conosciuto. Entrambi si scambiarono molte conversazioni, di come ci siamo conosciuti io e Eiron, sui miei genitori, sul perché io temevo di far scoprire Eiron da altre persone. Finché non arrivarono al punto di parlare di qualcosa di altamente importante che non avevo mai saputo. Fu Zack a iniziare la conversazione: “Voi siete collegati da questo ciondolo, giusto?”

“Proprio così, la maggior parte dei nostri pensieri e le emozioni sono collegata da quel ciondolo che hai in mano”. Rispose Eiron.

A quel punto Zack domandò qualcosa che non mi ero mai chiesto prima: “Voi due siete collegati riguardo anche il corpo? Mi spiego meglio. Se uno dei due si fa male, l’altro sente ciò che è accaduto all’altro?”

Quella domanda era al quanto strana, ma anche interessante. In realtà sia io che Eiron avevamo sempre avuto un collegamento di sensazioni e addirittura certe volte anche sui pensieri. Per quanto riguarda il fatto che diceva Zack, non ci era mai capitato di soffrire per un male che uno dei due aveva, o almeno io non avevo mai percepito il dolore che sentiva Eiron, ma del mio non sapevo rispondere. Possibile che era percettibile solamente quando accadeva qualcosa di davvero grave? Visto che eravamo entrambi collegati da quel ciondolo e dai nostri poteri, non era da escludere.

Prima che Eiron prendesse a parlare, provai a dire le sensazioni che provavo io a riguardo: “Zack, io non ho mai sentito sensazione di sofferenza che provenissero da Eiron, come ferite o cose del genere”.

Dopo quella risposta, Zack guardò Eiron dritto negli occhi: “E tu? Hai mai sentito qualcosa? Ad esempio quella volta quando Alastair ebbe quel brutto incidente quando aveva quindici anni. Dove cadde sulle scale di casa nostra, battendo la testa provocandosi una ferita abbastanza grave”.

Quell’episodio accadde un anno dopo che avevo conosciuto Eiron, ricordavo che non ero riuscito ad andare a trovarlo per molto tempo. Quindi non avendolo visto, poteva aver sentito qualcosa, sempre se questa storia era collegata con noi.

Attesi una sua risposta guardandolo dritto negli occhi, come lui stava facendo con me, solo per un’istante però, finché il suo sguardo si rivolse a Zack: “Quella volta sentii quasi lo stesso dolore che provò Alastair”.

“Cosa? Davvero sei stato male per causa mia? Perché non mi hai detto niente? Potevo aiutarti, no?” Domandai con preoccupazione.

“Non c’era bisogno che mi aiutassi, tu stavi peggio di me in fondo, no? Io ho solo sentito il settanta percento della sofferenza che hai provato tu”. Rispose con sincerità.

Anche se aveva percepito il settanta percento, era comunque tanto per quella ferita grave che avevo avuto alla testa. E mi dispiaceva tanto che lui aveva superato tutto da solo. Io avevo la compagnia della mia famiglia e lui? In realtà non sapevo se era stato aiutato o meno, però in quel momento provai comunque un’enorme dispiacere.

Afferrando il ciondolo che aveva in mano Zack e stringendolo nella mia mano destra, mi diressi con passo veloce da Eiron che mi stava osservando. Arrivato a lui, portai le mie braccia al suo collo, abbracciandolo con preoccupazione. Poi gli sussurrai: “Dimmi almeno che non sei stato solo in quei giorni di sofferenza”.

Eiron poggiando una delle sue zampe sulla mia schiena nel gesto di abbracciarmi: “Non ti preoccupare, non ero solo. Anche io ho avuto qualcuno a cui tengo molto che mi ha assistito”.

Anche se non sapevo chi era: “Sono felice che ci sia stato qualcuno. La prossima volta prova ad avvisarmi però, me lo prometti?”

“Ci proverò”.

Accarezzai ancora per poco il suo manto, poi sciogliendo l’abbraccio gli sorrisi: “Grazie, ci contro allora”.

In seguito sentii la voce di Zack: “Alastair è meglio se andiamo a fare le commissioni che ci ha dato la mamma, che dici?”

Anche se era passato un bel po’ di tempo, mi sarebbe piaciuto rimanere ancora un po’ da Eiron, ma era meglio non dare troppo sospetto alla mamma, visto che dovevamo soltanto fare la spesa.

Portando la mia visuale su Zack: “Sì, andiamo”.

Prima di dire altro, Zack avvicinandosi a me e toccando la mano dove avevo il ciondolo: “Sono felice di averti conosciuto Eiron, spero di rincontrarti. E ti ringrazio per tutto quello che hai fatto e fai ancora per Alastair”.

Eiron disse apertamente: “Il piacere e tutto mio, prenditi cura di Alastair come suo fratello maggiore”.

“Certo, non ti deluderò”. Disse sorridente.

In seguito stringendo appena la mia mano, iniziò a tirarmi verso l’uscita di quel bosco. A quel punto provai a parlare: “Ehi Zack, un attimo. Non ho neanche salutato Eiron come si deve”.

“Dobbiamo andare, siamo in ritardo”.

Voltando leggermente la testa, osservando Eiron, dissi velocemente: “Ciao Eiron, ci vediamo presto!”

Lui mi guardò in lontananza, intanto che avanzavo sempre di più fuori da quel posto meraviglioso.

Con Zack ero riuscito a sapere qualcosa di nuovo su Eiron, cose che non mi erano passate per niente per la testa. Adesso che sapevo che anche la nostra sofferenza era collegata avrei sicuramente cercato di fare molta più attenzione. Per fortuna solo le ferite gravi erano collegate e non piccoli tagli o cose del genere, era strana come situazione, perché entrambi potevamo essere in pericolo. Avevo capito chiaramente, che chi non si feriva percepiva solo il settanta percento della sofferenza dell’altro è questo era al quanto positivo, anche se gravoso comunque. Tutto questo collegamento iniziava attraverso il ciondolo, ma allora cosa sarebbe accaduto se fosse successo qualcosa al ciondolo stesso? Questa era una domanda a cui non sapevo dare una risposta, forse l’unico che poteva saperlo era proprio Eiron.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 

Una breve camminata ci fece arrivare a destinazione delle nostre commissioni, il supermercato. Seguii Zack, entrando all’interno: “Cosa dobbiamo prendere?” Domandai ignaro di tutto.

“Allora: latte, pane, biscotti e la frutta”. Elencò con calma.

“Prendiamo la frutta per prima è di strada”.

“Sì”. Rispose Zack.

Intanto che prendevamo ciò che ci serviva, Zack iniziò a parlarmi: “Sai Eiron è una creatura spettacolare, non avevo mai visto una cosa del genere se non nella mia immaginazione”.

“Sì lui è stupendo, anche io la prima volta che lo vidi rimasi stupefatto dalla sua magnificenza”. Risposi a Zack.

“Mi ha fatto piacere poter parlare anche con lui, non sapevo che bisognava essere collegati al tuo ciondolo per parlarci”.

“Beh, non lo sapevo neanche io”. Risposi con sincerità.

“Me ne sono accorto. Anche sulla conoscenza che se uno dei due si fa male non sapevi nulla”.

Mortificato: “Lo ammetto, ma io non ho mai sentito niente di strano e come ha detto Eiron posso percepire il suo male o lui il mio solo se subiamo qualcosa di grave”.

“Questo mi spaventa Alastair”.

Guardai negli occhi Zack con sguardo interrogativo: “Perché mai?”

“Non hai pensato che se a lui capita qualcosa, potrebbe succedere lo stesso a te?”

“Certo che ci ho pensato, ma cosa posso farci? Io non voglio neanche che capiti qualcosa a Eiron. Mi capisci, vero?” Domandai con preoccupazione.

Zack arruffandomi i capelli: “Certo che ti capisco fratellino, ma io sono preoccupato principalmente per te e non voglio che ti capiti qualcosa”.

“Lo so questo. Ma anche io ho il compito di proteggere Eiron, come lui lo ha su di me”.

“Lascia almeno che ti aiuti in questo”.

Guardando con stranezza Zack: “E come farai?”

“Dovresti chiederlo a te stesso, tu come fai a proteggere Eiron? Non penso solo con il ciondolo che porti sempre con te”. Mi disse schiettamente.

Adesso che me lo aveva domandato, pensandoci su, io non avevo mai avuto un programma di difesa se in caso fosse accaduto qualcosa. Sapevo che il ciondolo avrebbe protetto me e Eiron in qualche modo. Solo di una cosa ero certo: “Io so che il ciondolo può formare una barriera se io e Eiron ci sentiamo in pericolo. Ma per funzionare dobbiamo essere insieme”.

“Beh, questa è una cosa positiva, no? Negativa al momento stesso però, perché se tu non gli sei vicino o viceversa, non potete proteggervi a vicenda in nessun modo.”

Riflettendo ad alta voce: “Io penso che Eiron possa farlo in lontananza, sono io che non posso a causa del ciondolo che non è abbastanza forte in confronto al suo spirito magico”.

Come mi era venuta in mente quella situazione? L’avevo pensata seriamente io? Oppure era Eiron che me la stava suggerendo con la sua mente?

Zack mi guardò con espressione interrogativa: “Ma scusami come può essere? Se lui può alzare una barriera su di te per proteggerti anche in lontananza, sicuramente anche tu puoi farlo visto che avete gli stessi poteri e siete collegati quasi sempre dai pensieri e sensazioni”.

“Non hai tutti i torti, ma non so di preciso come funzioni questa cosa”.

“Pensi che Eiron lo sappia?” Chiese Zack.

“Posso provare a chiederlo, no?”

“E’ una cosa saggia sapere di più, su questi...chiamiamoli trucchetti, per la difesa di entrambi, non credi?” Domandò Zack.

Annuii a quella domanda. Per avere chiarezze l’unico modo era chiedere a Eiron, solo così avrei scoperto qualcosa in più su quel ciondolo, la base di tutto.

 

*** *** ***

 

Il pomeriggio stesso mi recai con curiosità, nuovamente nel bosco trovando Eiron ad attendermi. Volevo delle risposte, infatti senza nessuna attesa domandai: “Eiron ho bisogno di risposte, di sapere qualcosa in più su questo ciondolo che ci collega. Puoi aiutarmi?”

Lui senza attendere altri istanti: “Cosa vuoi sapere in particolare? Cercherò di accontentare le tue curiosità”.

“E’ importante. Voglio sapere se in caso noi due siamo lontani possiamo difenderci a vicenda?”

“Penso che tu sappia già la risposta. Vero Alastair?”

Perché faceva il misterioso? Io avevo pensato a una risposta, questo mi faceva capire che sapeva cosa pensavo a riguardo. Anche se tutti i miei pensieri non gli arrivavano a quanto pare quello sulla barriera gli era apparso anche nella sua mente o forse nella mia? L’unico modo per saperlo era chiedere: “Ti è arrivato il pensiero che ho riferito a Zack?”

“Sì mi è arrivato, perché te l’ho suggerito io”. Disse sinceramente.

“E quindi ciò che ho pensato e quello che mi hai detto è una cosa vera, non è così?”

Eiron rispose: “Mi dispiace dirti che è così. Io posso proteggerti in lontananza, ma non so di preciso se tu possa farlo o meno”.

“Quindi non è detta l’ultima parola?”

“E’ così, penso che quel ciondolo che porti con te possa aiutarti come quando senti la mia voce o i miei stati d’animo. Ma non ti so dire precisamente sui poteri che ha, perché io non li conosco molto bene”.

A quella spiegazione, potei capire che Eiron non sapeva realmente nulla a riguardo se non superficialmente. Allora forse non era a conoscenza neanche di cosa sarebbe accaduto se quella piccola goccia di cristallo si sarebbe rotta. Questa era una domanda che non riuscivo a togliermi dalla testa. Infatti chiese: “Eiron ho un’altra domanda importante da porgerti. Sempre riguardo il ciondolo. Se in caso si rompesse cosa accadrà? Io non potrei più rivederti o parlare con te?”

Eiron mi guardò rattristito: “Noi ci siamo incontrati grazie a quel ciondolo. Se in caso dovesse andare distrutto, purtroppo non potremmo avere più nessun legame, perché e grazie al esso se riesci a richiamarmi o a sentirmi. Ma anche se potessimo incontrarci in questo luogo, non so se riusciremo a ricordarci dei momenti passati insieme”.

“Perché? Vuoi dire che noi due perderemo la memoria?” Domandai con preoccupazione.

“Temo di sì, io ho sempre saputo di te principalmente grazie al ciondolo che i tuoi genitori ti hanno dato e che hanno collegato a me. Sentivo le tue sensazioni e alcuni pensieri grazie a quel piccolo oggetto, anche trovandoti in lontananza quando non mi avevi ancora incontrato. Temo, però che entrambi sicuramente non ci ricorderemo di niente alla distruzione di quel ciondolo, perché lì dentro c’è racchiuso anche una piccola parte del potere di tuo padre che ha collegato le nostre anime”.

“Quindi se verrebbe distrutto, quella parte di potere che ci collega svanirebbe. E’ questo che vuoi dire?” Domandai.

“Purtroppo sì”.

Mi rattristii parecchio a quelle parole, io non volevo dimenticarmi di lui, ne tanto meno far accadere qualcosa al ciondolo che ci univa. Eiron si avvicinò a me, sfiorando con il muso il mio viso triste e pensieroso. A quel tocco, lo guardai negli occhi: “Io non voglio che accada una cosa del genere. Tu sei importante per me”.

“Sta tranquillo, io sarò sempre nel tuo cuore, anche se in caso accadrà una cosa del genere”.

“Ma come fai a dirlo? Io non mi ricorderò più di te in quel caso”. Risposi con tristezza.

“Magari tu no, ma tuo fratello potrebbe ricordarsi di me, non essendo collegato a me”.

Sorpreso: “E’ vero! Potrei riferire tutto questo a Zack così in caso non mi ricorderei di te, lui potrebbe aiutarmi a farmi tornate la memoria sul nostro incontro”.

“Potrebbe essere un’idea, possiamo tentare”.

“Cosa intendi dire con, “possiamo tentare”? Non è certo che lui si ricordi di te?” Domandai spegnendo in un attimo la mia felicità.

“Io penso di sì, ma non so realmente cosa accadrà. Ma non dobbiamo arrenderci, prova comunque a parlare con lui”.

Abbozzando un sorriso: “Sì, lo farò sicuramente”.

Abbracciai dolcemente Eiron per salutarlo. In seguito uscendo dal bosco, mi diressi nuovamente a casa dove avrei riferito tutto a Zack.

Ormai era quasi calato il sole e aver scoperto quasi tutte cose negative mi rendeva al quanto triste. In poche parole io non potevo fare niente per difendere Eiron, almeno che non mi trovavo accanto a lui. E anche su questo era incerto che i miei poteri funzionassero o meno, non avendone mai praticato uno. Ma non dovevo abbattermi, sarei riuscito a risolvere le cose in qualche modo, anche se non sapevo bene come.

Arrivato a casa, mi diressi subito in camera di Zack. Visto che i miei genitori erano usciti per andare da alcuni amici. Davanti alla porta della sua stanza, bussai e subito dopo aprii la porta dicendo: “Zack! Ti devo parlare”.

Non ricevetti nessuna risposta. A quel punto guardandomi intorno notai che non c’era nessuno in quella stanza. Dove era andato mio fratello? Subito dopo che me lo domandai, sentii dietro di me la sua voce: “Alastair, finalmente sei tornato”.

Voltandomi verso di lui, lo vidi con in mano un pezzo di pane che stava sgranocchiando. Nel vederlo mangiare, domandai: “Mangi già?”

“Forse non ti sei accorto che è già l’ora di cena. Vero?”

A causa dell’inverno le giornate diventavano presto buie, a causa di ciò non mi ero reso contro che fosse già l’ora di mangiare. Abbozzai un leggero sorriso: “Ho perso la cognizione del tempo”.

“Sei fortunato che mamma è papà non ci siano. Visto che gli hai detto che saresti tornato presto, sicuramente si sarebbero preoccupati molto. Non ti sei portato neanche il cellulare dietro, lo hai dimenticato in camera tua”.

Mi giustificai: “Em, davvero? Pensavo di averlo portato, la fretta di parlare con Eiron mi ha fatto scordare il cellulare”.

“Cosa ti ha detto Eiron?”

“Ecco lui mi ha detto un po’ di cose, per questo te ne devo parlare. Ma come hai fatto a capire che ero in casa?” Domandai.

“Quando sei entrato in casa, sei passato davanti alla sala da pranzo con velocità super sonica e quindi ti ho visto. Non ti sei accorto che ero lì?”

“Beh, no. Ero talmente preso a venire nella tua stanza che non ci ho fatto caso alle altre”.

Zack, sospirando: “Che svampito che sei. Dai andiamo in sala, così mentre mangiamo mi racconti”.

“Forse lo sono un po’, ma non posso farci niente. Va bene andiamo”.

Entrambi ci dirigemmo verso la sala da pranzo, dove Zack aveva già apparecchiato anche per me.

Sedendoci a tavola, afferrai la forchetta e il coltello per tagliare la fetta di carne che avevo davanti con vicino delle foglie di insalata. Avevo un certo languorino nel vedere quel cibo, infatti senza attendere altri secondi inizi a mettere in bocca il primo pezzo di carne.

Zack che continuava a mangiare il suo panino, mi chiese: “Quindi, cosa ti ha detto Eiron?”

Inghiottito il boccone: “Mi ha detto riguardo i miei poteri di difesa, che io non posso difenderlo da lontano come può fare lui con me. E neanche da vicino non si sa se riesco a proteggerlo”.

“Com’è possibile tutto questo? E quel ciondolo a che serve allora? Ci deve essere un modo per far sì che tu possa fare qualcosa per lui”.

Tentai di spiegare: “Beh, lui ha detto che è una cosa invariata, non sa di preciso i poteri che posso utilizzare io. Quindi tanto possono funzionare e tanto no”.

“In poche parole solo al momento puoi capire se riuscire a difenderlo o meno?” Mi domandò Zack.

“Sì, io ho capito così tramite le sue parole. C’è anche un’altra cosa importante”.

“Che cosa?” Chiese.

“Ho chiesto a Eiron se in caso il ciondolo andasse distrutto cosa accadrebbe”.

Zack a quelle parole spalancò lievemente gli occhi, forse perché non si aspettava che potesse esserci anche qualcosa di pericoloso contro il ciondolo.

Cercando di spiegarlo il meglio possibile: “Io e Eiron potremmo perdere la memoria se quella piccola goccia si rompesse, perché all’interno c’è un piccolo potere magico inserito da mio padre che ci collega entrambi. Quindi se andasse distrutto quel piccolo potere svanirebbe e noi due potremmo anche non ricordarci più dei nostri incontri”.

“Questa cosa è orribile, ma è certa?” Mi domandò.

“In realtà non è una cosa certa, ma se mai dovesse accadere che io perdessi la memoria dovrai fare di tutto per farmela tornare. Me lo prometti, vero?”

Lui sbalordito rimase in silenzio per qualche secondo, poi tentò di abbozzare una risposta: “Io te lo prometto. Ma chi ti dice che riuscirò a ricordarmi di lui? O addirittura lui di te?”

Vero, lui come faceva a ricordarsi di me invece? Forse anche Eiron aveva qualcuno della sua specie con cui confidarsi parlando di me, poteva essere?

Un po’ incerto provai a rispondere a quelle domande: “Io non lo so, ma possiamo tentare non credi?”

“E per Eiron?” Domandò Zack.

“Io penso che ci sia qualcuno che potrà parlargli di me, no?”

“Ma queste sono solo idee campate in aria, come possiamo esserne certi?”

“Non te lo so dire, vorrei saperlo anche io”. Risposi un po’ spazientito.

“Se questa è la tua teoria è davvero una cosa al quanto assurda e anche poco sicura. Se in caso accadesse una cosa del genere e tu dovessi scordarti di lui e io no, tenterò di fartene ricordare”.

“Ti ringrazio”.

In quel momento l’unico problema rimaneva Eiron, lui a chi si poteva rivolgere se in caso accadeva qualcosa al ciondolo? In realtà io non gli avevo mai chiesto se lui vivesse con altri della sua specie, ma immaginavo di sì visto che nella mia mente, alcune volte erano parse delle immagini su altre creature come lui. Soprattutto di due figure, una tigre con il pelo color arancione e gli occhi verdi sfumati sul giallo e una piccola tigre bianca, alata come lui, con le ali maestose di Eiron. Poteva essere il suo cucciolo, non era da escludere. Il piccolo si mostrava sempre nella mia mente con occhi, quasi incuriositi mentre mi osservava con la sua zampina destra poggiata su un masso che lo rialzava leggermente da terra. Quelle erano solo delle figure che avevo portato davanti ai miei occhi poche volte. Ma non era da escludere che quelle osservazioni provenissero dagli attimi che stava vivendo Eiron: così come a lui alcuni momenti, apparivano delle mie scene di vita quotidiana come mi aveva riferito, sicuramente quelli che vedevo io erano altrettanto momenti della sua vita, anche se non ne avevo mai fatto parola con lui.

A me andava bene così. Se non me ne aveva parlato forse c'era un motivo, no? O semplicemente era perché non ne avevo mai proferito parola? Magari un giorno avrei potuto saperne di più di quelle creature simili a lui e anche del luogo che mi appariva ogni tanto nella mente, forse il posto dove Eiron viveva.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 
Conclusa la cena, io e Zack ci dirigemmo nelle nostre stanze, parlando ancora un po’.
Dopo essermi cambiato per la notte, mi diressi al mio letto con in mano il ciondolo che vidi chiaramente illuminarsi di quella piccola luce azzurra. Mettendomi al caldo sotto le coperte, mi addormentati guardando quella piccola goccia luminosa.

--- ---
Sentii chiaramente il silenzio che portava il primo orario pomeridiano, quasi tutti all’orfanotrofio erano a dormire. Ma non io, mi piaceva in quei attimi di silenzio dirigermi nel mio rifugio.

“La piccola fatina continuava il suo viaggio verso l’amore che non aveva ancora trovato. Dirigendosi verso una piccola casetta, provò a bussare alla porta per chiedere chi abitava lì dentro se avevano qualcosa da mangiare per il suo piccolo stomaco che brontolava per non aver pranzato. La piccolina, non ricevendo risposta, aprì la porta che non era chiusa a chiave: <> domandò un po’ incerta di poter entrare in quella casetta minuscola a misura di fatina.
Ancora nessuno le aveva dato una risposta, allora lei entrando con timore, vide in primo piano sul tavolo un pezzo di pane, con accanto dei pomodori. <> Disse a voce bassa, poi avanzando davanti a sé, dopo quel tavolo, notò una porta che faceva vedere chiaramente una stanzetta, con un lettino dove dentro stava riposando qualcuno. Lei stupefatta da quella presenza, indietreggiò sonoramente colpendo la sedia che era dietro di lei. <> Esclamò rimanendo immobile a guardare quel piccolo esserino che dormiva in quel letto. 
A primo impatto sospirò per non averlo svegliato, in seguito, cercando di uscire da quella casetta, dando le spalle a quella stanza, sentì dietro di sé il fruscio di alcune lenzuola muoversi, poi una voce arrivare a lei: <>

Quelle domande la fecero venire ancora di più la paura di essere entrata in quel posto. Conobbe quella voce, era di un ragazzo, ma non sapeva ancora com’era il suo volto, non avendolo ancora visto. Lei voltandosi nuovamente verso quella stanzetta si inchinò a lui dicendo: <>

Sentì i passi avvicinarsi a lei, poi la sua voce riprese a farsi sentire, con più tranquillità: <>

A quelle parole lei alzò gli occhi su di lui vedendo con sorpresa che era un essere come lei, una fatina con ali trasparenti, orecchie a punta e un visino al quanto carino che ispirava tutta la tenerezza del mondo. I suoi capelli di un ramato riprendeva i suoi occhi color cielo. 
Lei abbozzò un sorriso alla vista di quell’ometto, che sembrava avesse la sua stessa età dalla bellezza giovanile della sua pelle e per come si poneva. Lui la guardò con quei occhi azzurri: <>  
Lei tentò di abbozzare una risposta decente: <> Dopo quelle parole lei si aspettò che lui ridesse a crepapelle, perché forse era assurdo partire per una cosa del genere, ma invece, con stupore lui rispose: <>
Al viso stupefatto di lei: <>
A quelle parole lui le sorrise apertamente, poi le domandò: <>
<
Così lei avvicinandosi al tavolo, si fece accompagnare da lui per sedersi e con timidezza e anche con una leggera felicità nel cuore, entrambi mangiarono insieme, felice di essersi trovati.”

Finendo di dare quell’appunto nel quaderno, sentii subito dopo arrivare accanto a me quella bimba della scorsa volta: “Aishia che ci fai qui?”
Lei sorridente: “Sono venuta a trovarti è in più ti ho portato una fetta di torta che la mamma mi ha dato per la merenda. Anche se adesso è ancora presto, dopo possiamo mangiarla insieme se ti va.”

Lei viveva vicino all’orfanotrofio con i suoi genitori biologici, il suo papà e la sua mamma che lei amava tanto. Da quando ci eravamo incontrati, Aishia almeno una volta alla settimana veniva a trovarmi nel mio “rifugio” e mi portava sempre qualche delizia della sua mamma facendomi compagnia nei miei pomeriggi solitari ma non tristi. Alcune volte giocavo con gli altri bambini dell’orfanotrofio, ma appena riuscivo ad uscirne senza farmi vedere da nessuno per immergermi nella mia passione, trovavo quasi sempre Aishia che ormai era diventata qualcosa di importante per me. E anche io lo ero diventato per lei, lo capivo tramite i suoi battiti del cuore e, sfiorando le sue mani riuscivo a sentire alcune sensazioni che provava per me e anche quanto il suo animo fosse puro è speciale. 
--- --- 

Disteso sotto le coperte calde del mio letto, aprii con tranquillità gli occhi portandoli sulla prima cosa che vidi davanti a me. Il ciondolo che aveva smesso di brillare con quella piccola luce colorata. 
Avevo l’impressione di aver sognato qualcosa di particolare, momenti della mia infanzia, forse? Ma perché non ricordavo bene dove mi aveva portato la mente in quei momenti tranquilli e quasi privi di realtà? L’unica cosa che ricordai fu un nome… Aishia. Ma chi era? E cosa avevo collegato con lei nel mio sogno? O ricordo passato? 
Qualunque cosa fosse stata, avevo l’impressione che fosse qualcosa di importante del mio passato, ma da quando ero stato adottato in questa nuova famiglia, avevo quasi rimosso un po’ di cose dell’orfanotrofio e di quei momenti di quando ero bambino. Ma chissà, magari non era niente di così importante, solo i miei presentimenti me lo facevano percepire, nient’altro.
Lasciando a sé quei pensieri, mi preparai per raggiungere il mio posto di lavoro. Proprio così, anche se non sempre, lavoravo in una cartolibreria come commesso, era un lavoro che non mi entusiasmava molto, ma mi gratificava leggermente, soprattutto per mantenere le mie spese e non pesare sui miei genitori. 
Sceso in cucina, dove c’erano già i miei genitori, afferrai velocemente un cornetto e addentandolo presi a dire: “Ciao mamma e papà io vado a lavoro adesso, ci vediamo più tardi”.
“Buon lavoro figliolo, a più tardi”. Disse papà intanto che sorseggiava il suo caffè.

La mamma mi abbracciò calorosamente, per poi scogliere quel gesto affettuoso sorridendomi apertamente. Dopo averli salutati entrambi, mi guardai intorno vedendo se Zack era ancora in casa, ma a quanto vedevo non c’era. Sicuramente era già uscito per andare a lavoro.
“Cerchi Zack, Alastair?” Domandò mia madre.
Con espressione interrogativa: “Sì. E’ già andato a lavoro?”
“No, è uscito da poco e ti sta aspettando in macchina qui fuori”.
“Perché? Posso andare da solo a lavoro”. Reclamai.
“Lo so, ma ha detto che vuole accompagnarti lui oggi”.

Non capii molto il motivo, visto che erano rare le volte che mi faceva entrare nella sua macchina per accompagnarmi a lavoro. Ma cosa potevo farci? Di certo non avrei disdetto il suo gesto gentile. 
A quel punto salutando nuovamente i miei genitori mi diressi verso la porta per uscire di casa. E quando fui fuori, andò subito ai miei occhi la macchina di Zack e come non poteva non vedersi? La sua Renault Mégane era di un colore blu brillante che copriva tutta la bellezza di quel arnese meccanico. Poi lui adorava guidare, era una sua passione fin da quando lo conoscevo a tal punto che ai suoi diciotto anni aveva voluto subito prendersi la patente per comprarsi un auto tutta sua. La trattava quasi come un gioiello, anche se capivo le sue ragioni per amare quella macchina, per me non aveva poi così tanta bellezza. Ma forse perché a me non interessavano le auto e nemmeno avere una patente, mi andava bene camminare o prendere l’autobus. Tanto non mi faceva poi così tanta differenza, anzi mi dava meno problemi viaggiare con mezzi di trasporto che con uno mio.

Comunque, avvicinandomi alla macchina e aprendo lo sportello davanti, non alla guida: “Buongiorno, come mai mi stai aspettando?” Domandai incuriosito a mio fratello.
“Buongiorno anche a te. Che problema c’è? Oggi sono in vena di accompagnarti”.
“Strano da parte tua”. Risposi con tono abbastanza seccato.
“Entra in macchina invece di criticarmi”.
Entrando all’interno, accennando un sorrisetto: “Io, criticare? Non è nel mio dna”. 

Zack portò la sua mano sulla mia testa e dandomi un buffetto: “Idiota, come no. Tu sei nato per criticare”.
“Ahi! Mi hai fatto male e poi non è affatto così! Io dico le cose come stanno, antipatico”.
Zack sospirò rumorosamente, poi rispose: “Va beh, chiudiamo questo discorso prima che arriviamo entrambi in ritardo a lavoro”.

Mettendo il broncio, lo guardai con occhi quasi di sfida. Lui mi lanciò un’ultima occhiata, poi mettendo in moto la macchina iniziò a dirigersi verso la strada. 
Vedendo che non avevo proferito nessuna parola per tanti minuti, Zack sospirando nuovamente: “E dai, smettila un po’ di fare l’offeso. Con te non ci si può proprio scherzare”.
“Non sto facendo l’offeso, solo voglio che tu capisca che io dico le cose come sono”.
“Ah, finalmente hai ripreso a parlare, pensavo ti avessero mangiato la lingua”. Disse Zack facendo partire una risata divertita.
A quelle parole sorrisi appena: “Per sfortuna tua ce l’ho ancora”. 
“Meglio così, se no come potrei trascorrere le mie giornate senza le tue lunghe chiacchierate?”
“Ah, non saprei. Ma c’è pur sempre mamma che parla più di me”. Dissi divertito.
“Già è vero”.

Entrambi facemmo partire un risata divertita, pensandoci su la mamma parlava davvero più di me e Zack messi insieme, certe volte non riuscivamo neanche a tenere il filo del discorso quando partiva a raccontare una cosa. 

Dopo pochi minuti, arrivato davanti al mio posto di lavoro con la compagnia di Zack: “Ci vediamo più tardi”. Dissi.
Mio fratello trovandosi ancora dentro la macchina, mi rispose: “Sì, buon lavoro”.
“Grazie!”

Guardai la sua auto allontanarsi da me dopo quel saluto, poi dirigendomi davanti alla cartoleria entrai all’interno: “Buongiorno!”
“Buongiorno a te Alastair”. Rispose la proprietaria del negozio.

Era una signora di quarantacinque anni, abbastanza alta con capelli scuri e occhi altrettanto color marrone come i suoi capelli corti e lisci. Non era affatto una cattiva persona, anzi sapeva essere molto gentile e anche volenterosa nel farmi imparare le cose. Come ambiente lavorativo era piacevole e non troppo noioso come campo di vendita. 
Oggi avrei fatto soltanto quattro ore al mattino, quindi potevo andare, subito dopo il lavoro a trovare Eiron, o anche nel pomeriggio. 

“Alastair, potresti mettere a posto queste penne per favore?” Mi domandò la proprietaria.
“Certo, nessun problema” Le risposi dirigendomi verso la scatola che mi stava indicando. Aprendola, vidi quelle penne a sfera elegantissime nere con un filo di colore oro che circondava la metà della penna. Ne presi in mano qualcuna mettendole nel loro apposito scaffale, in modo che fossero ordinate e anche facili da prendere.
Quel negozio non era molto grande, ma neanche piccolo. Diciamo che era abbastanza spazioso per avere un po’ di tutto riguardo la scuola e anche cose specifiche per i disegnatori. Come fogli, pennelli per gli acquarelli e tanto altro.

 
*** *** *** 

Trascorse le quattro ore di lavoro, uscito dalla cartoleria mi diressi verso casa. Essendo l’ora di pranzo avrei fatto meglio ad andare prima a mangiare qualcosa e poi nel pomeriggio sarei andato nel bosco. Tanto non era distanza da dove vivevo, trovandosi a qualche metro da casa mia. 
Prendendo in mano il ciondolo e stringendolo a me, tentai di parlare con il mio amico tigrato. Beh, in realtà non funzionava sempre la telepatia tra noi due, ma stranamente, ogni tanto quando tenevo il ciondolo in mano e provavo a trasmettere le parole che volevo dire a Eiron, riusciva a coglierle, come anche io. Entrambi non sapevamo il motivo del perché non funzionassero sempre queste conversazioni a distanza. Ugualmente tentai di parlargli: “Eiron. Ci sei?”

Non ricevetti nessuna risposta, forse non mi sentiva neanche questa volta? O non funzionava? Non ne avevo minimamente idea purtroppo. Feci un altro tentativo: “Eiron, ci sei?” 

Rattristito da quel silenzio continuai la mia camminata verso la strada di casa. Mi dispiaceva non poter sapere a distanza come stava o cose simili. Certo potevo saperlo solo tramite il colore del ciondolo, ma sarebbe stato bello sentire anche la sua voce come alcune volte accadeva di sentirla nella mia mente. 

Prima di pensare ad altro sentii una voce provenire nella mia testa: “Ciao Alastair. Sì ci sono. Ogni tanto riesco a sentirti tramite il ciondolo e tu?”
Sorridente risposi: “Che bello, allora funziona ogni tanto! Sì, ti sento forte e chiaro. Ma perché certe volte non riusciamo a sentirci in lontananza? Non è strana come situazione? Certe volte funziona altre volte per niente”.
Eiron ipotizzò qualcosa: “Sai sono arrivato a una conclusione valida, forse succede quando siamo troppo lontani null’altro. Non è da escludere, non credi?”

Ci pensai un attimo su, forse aveva ragione, visto che mi stavo avvicinando a quel bosco, che distava a pochi metri da casa. Poteva essere che la troppa lontananza non ci faceva iniziare una conversazione. Insicuro risposi: “Beh, può darsi. Visto che sono quasi vicino al bosco dove stai tu, può essere che riusciamo a parlarci perché sono vicino e non troppo distante da te. Ma non possiamo esserne sicuri”.
“Sinceramente è l’unica cosa logica a cui sono arrivato. Perché quando sei a casa tua, che è vicina al bosco riesco a parlare con te. E invece quando siamo troppi metri distanti, non riusiamo per niente a sentirci, ci hai fatto caso? Come quando vai a lavoro, perché lì siamo troppo distanti”.
“Non ci avevo pensato in realtà, ma le cose che hai detto calzano tutte a pennello. Forse è davvero così”.

Ero felice di aver trovato insieme a Eiron un’idea sul collegamento delle nostre conversazioni. Speravo solo fosse realmente così, ma per saperlo bastava provare, no? E a pensare bene, quando mi trovavo ancora vicino alla cartoleria anche se lo chiamavo, non ricevevo nessuna risposta. Invece dopo essermi allontanato di un bel po’ da quel posto, ero riuscito a trovarlo in breve tempo. Come aveva detto Eiron, era l’unica cosa fattibili tra tutte. 

Avanzando sempre di più verso casa mia, continuai a conversare con Eiron della mattinata trascorsa tranquillamente. 




 
Spazio autore: Ciao a tutti, eccoci arrivati al quinto capitolo della mia nuova storia fantasy :D 
Ci tenevo a sapere se vi piace, e come pensate continuerà?

Ringrazio tutti per le recensioni costruttive che mi stanno aiutando molto a migliorare e a tutti i lettori che mi seguono con passione. Grazie qa tutti!
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 

Arrivato davanti alla porta di casa: “Adesso ti devo salutare Eiron, sono arrivato a casa. Pranzo e poi nel pomeriggio vengo da te, va bene?”

“Certo, a più tardi”.

Portando il ciondolo nella tasca dei miei jeans, aprii la porta di casa con le chiavi. Entrando richiudendo la porta: “Sono tornato!”

Nella casa non arrivava nessuna risposta, come mai? Togliendomi la giacca e appendendola sull’appendi abiti, riflettei a voce alta: “Ah, vero. Come fanno a rispondermi se sono tutti a lavoro?”

I miei genitori sarebbero tornati più tardi, come anche Zack del resto. Non mi rimaneva che andare in cucina a pranzare, anche se ero da solo non mi dispiaceva.

Entrato nella stanza mi andò subito all’occhio un foglietto poggiato vicino a due piatti ben coperti, che diceva: “Tesoro ti ho preparato il pranzo per quando torni. Mangia tutto e buon appetito. A più tardi… La mamma”.

Lei aveva sempre dei gesti gentili nei miei confronti, come quelli di una mamma che amava i proprio figli d’altronde. Parlando della mia famiglia, erano persone semplici. Mio padre, era sempre stato presente nella mia vita, fin da quando sono entrato in questa casa. Lavorava presso un grande supermercato alimentare e lo gestiva molto bene. Lui mi aveva sempre detto che amava il suo lavoro e che la cosa importante per lui era dare il meglio ai suoi dipendenti e anche ai clienti che andavano a comprare da lui.

Mia madre invece, aveva un negozio d’abbigliamento tutto suo, aveva sempre amato i vestiti e le tante mode che esistevano al mondo. Lei era una donna dolce e molto comprensiva, anche se in alcuni momenti poteva sembrare debole, in realtà dentro di lei si celava una forza d’animo mai vista prima. Soprattutto quando si trattava di proteggere noi.

Zack invece, come si poteva spiegare. Era un tipo al quanto divertente e sempre con il sorriso sulle labbra. Ma non era per niente stupido, anzi, anche lui, come la mamma, quando gli si toccavano le cose a cui lui teneva particolarmente si arrabbiava e provava a difenderle con tutte le sue forze. Come era accaduto qualche volta con me quando ero bambino, appena vedeva qualcuno della mia età criticarmi o prendermi in giro, anche solo per delle sciocchezze, mio fratello era sempre pronto a difendermi, con modi gentili, senza uscire fuori di testa naturalmente. A lui ero sempre stato molto legato particolarmente, come non potevo esserlo? Quando si era presentato all’orfanotrofio insieme a mamma e papà, provò subito a fare amicizia con me e a capire il mio carattere. Già dalla prima volta che lui giocò con me, riuscii a fidarmi subito di lui. Forse perché ero semplicemente felice di avere un fratello? No, non era solo per quello e perché Zack era sempre stato capace di farmi sorridere e stare bene. Tra noi c’erano stati dei piccoli momenti di distacco, ma niente di particolare, come era accaduta con la storia di Eiron, anche se entrambi non ci parlavamo come prima provavamo ugualmente un forte legame fraterno, nell’aiutarci nel momento del bisogno e passare dei momenti felici insieme. Era stato anche per causa mia se Zack si era distaccato leggermente da me. Ora che ci pensavo lui aveva sempre provato a chiedermi qualcosa su dove andassi, prima che scattasse il litigio. Ma io ero stato così stupido da non rivelare niente, in quel modo non avevo fatto altro che distaccarmi sempre di più da lui, fino al giorno in cui non ci scambiavamo quasi più una parola.

Parlare aveva risolto tutto per fortuna e di questo ero felice di poter contare di nuovo su qualcuno di importante come mio fratello.

Dopo aver poggiato la borsa sulla sedia in cucina, mi lavai le mani per poter mettere qualcosa sotto i denti.

Seduto a tavola, vidi con piacere che nel piatto che mia mamma aveva poggiato sul tavolo accuratamente, c’era la pasta con il sugo di noci che mi piaceva tanto. Prendendo in mano la forchetta inizia a mangiare con molta calma quella pietanza, in completo silenzio. L’unico suono che sentivo era quello degli uccellini fuori dalla finestra che cinguettavano sugli alberi. Anche se ero da solo in casa non mi dispiaceva, potevo stare comunque tranquillo a rilassarmi un po’.

Finito di mangiare, sparecchiai la tavola per poi lavare i patti. In seguito mi diressi verso il salotto per guardare un po’ di televisione. Avvicinandomi al divano mi sedetti comodamente, afferrando il telecomando in mano accendendo così la tv. Girando vari canali, vidi con noia che non stavano trasmettendo niente di particolare. Allora mi fermai al canale dei cartoni animati, dove stava facendo qualcosa che non avevo mai visto, ma poteva essere interessante. Di certo meglio di quei noiosissimi telefilm.

Distendendomi guardai lo schermo cercando di dare un filo conduttore a quel cartone. Ma non riuscii molto a capirci, non avendolo mai visto l’inizio o degli episodi precedenti. Non dando molta considerazioni alla televisione, presi dalla mia tasca il ciondolo a goccia e guardandolo con attenzione vidi una piccola luce rossa provenire dal centro. Perché quella luce rossa? Era la prima volta che la vedevo.

Per la preoccupazione tentai di contattare Eiron: “Eiron, mi senti?”

“Sì. Cosa succede Alastair?” Mi domandò.

“Scusami e che ora sul ciondolo è apparsa una piccola lucina rossa al centro, ma non si vede molto. Tu stai bene?”

“Io sto bene, stavo schiacciando un pisolino”. Mi disse apertamente.

“Ah, scusami ti ho disturbato? E che volevo sapere cosa significasse quella lucina è la prima volta che la vedo”.

“Non mi hai disturbato, non stavo ancora dormendo. Solitamente la luce rossa sta a significare che sono in pericolo. Ma io sto bene, sono tranquillamente disteso nella mia tana per riposarmi”.

“Allora perché si è accesa quella lucina?”

Eiron prima di rispondere ci mise un po’ di tempo: “Non ti so dire. Ma io sto davvero bene, quindi non ti preoccupare”.

“Posso venire lì da te?”

“Meglio che vieni più tardi, ora riposati un po’ anche tu”.

Un po’ rattristito risposi: “Va bene, allora verrò più tardi”.

“Non essere triste, possiamo vederci dopo. Buon riposo”.

“Grazie, anche a te amico mio”. Risposi.

Dopo quelle parole strinsi quel ciondolo nella mia mano intanto che rimanevo disteso sul divano. Quella lucina mi preoccupava un po’, ma sentire Eiron mi aveva rassicurato, almeno sapevo che stava bene. Allora perché il ciondolo si illuminava di quella piccola luce mai vista prima?

Avvolto da quei pensieri mi appisolai su quel comodo divano, senza rendermene molto conto.

 

*** *** ***

 

Al risveglio mi accorsi di quanto avevo dormito, ben due ore. Ancora nessuno era rientrato in casa a quanto pareva. Alzandomi dal divano mettendomi seduto, aprii il palmo della mano vedendo con angoscia che la goccia del mio ciondolo dava una forte luce rossa. Che diamine stava succedendo? Come mai all’improvviso quel bagliore così forte?

Allarmato, mi alzai di colpo correndo verso l’uscita di casa per dirigermi nel bosco. Dovevo subito vedere Eiron, ero in pena per lui, avevo troppa paura che gli fosse accaduto qualcosa. Intanto che mi dirigevo verso la meta del nostro incontro, tentai di comunicare con lui in modo da sapere se stava bene o meno. Ma purtroppo non riuscivo ad allacciare un contatto. Arrivato a qualche metro di distanza al posto dove entrambi ci incontravamo sempre, vidi atterrito una scena al quanto scioccante per me. Eiron era lì, legato da due corde che gli circondavano il collo, entrambe venivano tirate da due esseri strani. Mai visti prima, due creature alte, ricoperte da un mantello completamente nero che non dava a vedere neanche i loro volti. Entrambi erano circondati da un’aura abbaiante, sembrava quasi magia. Dovevo fare subito qualcosa per Eiron, afferrando un robusto ramo mi precipitai verso di lui cercando di far allontanare quei due da lui. Caricai quel bastone su uno dei due che lasciò la presa sulla corda. Appena tentai di colpire anche l’altro, una scarica di elettricità travolse il mio corpo facendomi cadere dolorante a terra. Che diamine era stato? Portando con difficoltà la mia visuale verso la creatura che avevo colpito, vidi con preoccupazione che si era rialzato avvicinandosi sempre di più a me.

Prima di fare qualcosa sentii nuovamente un’altra scossa travolgere il mio corpo, era stata quella creatura a mandarmi quel colpo, allora possedevano veramente poteri magici.

Tentai di sollevarmi prima che lui potesse scatenare nuovamente un suo potere su di me. A quel punto, alzandomi di scatto da terra mi precipitai subito verso Eiron per liberarlo anche dall’altro tizio in nero. Impugnando sempre quel bastone lo colpii o con facilità in pieno volto. In seguito, anche se mi sembrava fosse stato tutto troppo facile, andai vicino a Eiron: “Stai bene? Cosa vogliono da te?”

Il mio amico mi guardò con espressione molto fiacca, cosa gli stava succedendo? Forse gli avevano dato o fatto qualcosa prima che arrivassi da lui. Ma se fosse stato, anche io avrei dovuto sentire qualcosa, invece in quel momento non percepivo niente di negativo a parte le scosse che avevo ricevuto sul corpo. Portando le mie mani sulla corda che cingeva il suo collo, tentai di toglierla. Prima di riuscirci, uno degli uomini in nero tentò di colpirmi nuovamente, ma le sue mosse furono schivate grazie allo scudo che Eiron aveva creato su noi due. Anche se vidi chiaramente che quella protezione era abbastanza debole e quasi al punto di dileguarsi, riuscì comunque a schivare quel potere.

Ancora sotto la sua protezione, cercai di togliergli la corda intanto che cercavo di capire qualcosa sulle sue condizioni di salute: “Va tutto bene Eiron? Ti vedo un po’ giù, cosa ti hanno fatto?”

“Sono solo un po’ stanco a causa dei poteri che ho utilizzato per difendermi. Anche se sono riuscito a colpirli, loro si rialzano senza problemi. Sembrano indistruttibili”.

Stupito risposi: “Ora capisco perché il colpo che ho dato a uno dei due è stato totalmente inutile. Non sentono niente”.

“Purtroppo è così, mi hanno portato al limite delle forze e non so più che fare. Le corde che mi hanno messo al collo sono magiche e mi fanno perdere quasi tutte le forze”.

“Per quello non devi preoccuparti, te le toglierò subito. Loro chi sono, li hai mai visti prima d’ora?” Domandai con preoccupazione.

“No, mai visti. Sono apparsi inaspettatamente intanto che mi ero disteso qui ad aspettare il tuo arrivo”.

 

Cosa volevano quei due da Eiron? E come avevano fatto a trovarlo visto che nessuno a parte me sapeva della sua esistenza? Un attimo, non solo io ne ero al corrente, ma anche… Zack. Ma lui, non poteva essere. Aveva promesso che non avrebbe detto niente e poi i tizi che erano davanti a me non avevano niente a che fare con gli umani, quindi era assolutamente da scartare.

Con un po’ di fatica riuscii a togliere quelle funi che stringevano il collo del mio amico. Poi rimanendo sempre al sicuro dalla barriera magica, guardai quei due tentare di rimuoverla in qualsiasi modo, per farla a pezzi. Dovevo fare qualcosa prima che accadesse una cosa del genere, in quel caso non ci sarebbe stato nessun modo per proteggere Eiron visto che non sapevo utilizzare i poteri di difesa.

Toccando la schiena di Eiron: “Come posso fare una barriera per proteggerti?”

Lui mi guardò per un istante con stupore, forse non gli era venuto in mente l’idea di alzare una doppia barriere per difenderci entrambi.

Non attese molto, in poco tempo prese a parlare: “Prendi il tuo ciondolo in mano e stringendolo a te dici nella tua mente “barriera”, così apparirà in un attimo. La forza di difesa diverrà dal tuo stato d’animo. Se desideri con tutto il cuore difendermi vedrai che verrà qualcosa di potente, se invece sei incerto potrebbe rompersi in un lampo”.

“Ho capito tutto, ci provo subito”.

Afferrando il mio ciondolo dalla solita tasca, lo strinsi nelle mie mani desiderando per prima cosa, con tutto me stesso di proteggere il mio unico collegamento familiare. In seguito parlando tra me dissi la parola: “Barriera”.

In poco tempo potei vedere con i miei stessi occhi una leggera corazza trasparente avvolgere me e Eiron. Non distaccai la mia mano da quella piccola goccia, non potevo permettere che portassero via Eiron. Per quanto potessimo proteggerci, bisognava in qualche modo anche attaccarli per metterli fuori gioco. Ma come potevamo fare? Eiron era allo stremo delle forze e protetti dalla barriera non potevamo scagliare nessun potere da dentro. Cosa potevo fare adesso? Per quanto avessi portato su di noi quello scudo ero incerto sul fatto che potesse resistere a lungo. Inaspettatamente vidi Eiron accasciarsi a terra stremato, a quella caduta persi la concentrazione facendo svanire la barriera su di noi. In seguito abbassandomi al suo livello preoccupato e mettendo le mie mani sulla sua pelliccia morbida tentai di scuoterlo: “Eiron! Eiron, rispondimi. Ehi, cosa ti succede?!”

Non ricevetti nessuna risposta, i suoi occhi erano chiusi e il suo scudo aveva cessato di esserci. Entrambi eravamo senza nessuna difesa, cosa potevo fare adesso? Non avevo nessun potere per difenderlo. L’unico modo era riprovare ad attaccarli nuovamente con un bastone, ma loro avrebbero ripreso a rialzarsi. Ci voleva sicuramente un potere magico per poterli fermare. Cosa che io non avevo. Dovevo tentare comunque di difenderci, prendendo nuovamente quel bastone nelle mie mani, iniziai a correre cercando di colpire almeno uno dei due. Senza neanche riuscirci, l’essere oscuro che aveva il potere della scossa, scatenò su di me un colpo abbastanza forte. Caddi a terra dolorante in preda ai crampi di quell’attacco. In seguito, con affanno vidi con preoccupazione i due avvicinarsi a Eiron. Non riuscivo ad alzarmi per poter fare qualcosa, a quel punto tentai di urlare: “Fermi! Cosa volete fare al mio amico?!”

Loro si voltarono verso di me, anche se non riuscivo per niente a vedere i loro occhi, potei capire i loro sguardi fissi su di me. Senza darmi nessuna risposta li vidi circondare Eiron con un’aura trasparente sui riflessi azzurri. Cercai di strisciare per dirigermi verso di loro, anche se ero troppo lontano per arrivarci nelle condizioni in cui mi trovavo. In poco tempo con quel potere magico sollevarono la tigre per poi far apparire un grande portale aperto, dove all’interno uscivano dei riflessi neri e argentati che davano cenno a una profondità che non dava fine a niente di buono. In poco tempo il corpo di Eiron fu avvicinato sempre di più assieme a quei due esseri in nero. Sollevandomi con fatica, avanzai con passo lento verso quell’apertura cercando di fare ancora qualcosa. Appena vidi scomparire del tutto il corpo di Eiron risucchiato da quell’oscurità, avvicinandomi ancora di poco, prima che si richiudesse, entrai rimanendo tra la realtà e la magia, richiamando: “Eiron! Eiron!”

Con i miei occhi vidi delle piccole nuvolette argentate svolazzare in quello spazio mai visto prima avvolto dal colore nero. Tentai di avanzare ancora, anche se non riuscivo molto a sostenermi a causa di quei crampi dovuti sempre alle scosse.

Prima di entrare del tutto, sentii delle braccia forti circondare il mio petto per poi venire tirato con forza fuori da quella porta. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

 

Senza neanche guardare dietro di me, vedendo la porta quasi al punto di chiudersi e scomparire davanti ai miei occhi. Tentai di allungare la mano per ributtarmi nuovamente dentro: “No! Eiron”.

Per quanto ci provassi quelle braccia continuarono a bloccarmi. Guardai dietro di me, vedendo con sorpresa mio fratello Zack. Portando le mie mani sulle sue braccia che mi tenevano bloccato a lui, dissi allarmato: “No! Lasciami Zack, devo andare! Lasciami, subito”.

“Calmati Alastair. Sei impazzito? Dove credi di andare in queste condizioni e da solo?”

“Non mi importa, devo salvare Eiron, subito!” Dissi angosciato.

“Come pensi di fare con quei due? Non hai visto quanto sono potenti? Non puoi niente contro di loro, figurati io. Abbiamo bisogno di un aiuto più potente. Quindi prima dobbiamo pianificare qualcosa di concreto e poi andremo a salvarlo”.

Ribellandomi a lui: “No! Non posso aspettare così tanto. Lasciami andare!”

Vedendo la mia insistenza Zack, con forza tentò di trascinarmi il più lontano possibile da quella porta, per poi farmi mettere con la schiena rivolta sul prato con una delle sue mani poggiate sul mio petto cercando di bloccarmi a terra e l’altra sul mio polso destro in modo da tenermi fermo.

In seguito, guardandomi con preoccupazione: “Non ci penso neanche di lasciarti andare così, senza avere la speranza di rivederti. Ti aiuterò a salvare Eiron, ma con una tattica, non così alla cavolo. Hai capito bene?!”

“E come pensi di poter riaprire quella porta? Non ho altra scelta se non andare adesso! Quindi lasciami subito”. Pronunciai quelle parole con così affanno, mi sentivo come svenire, cosa mi stava succedendo? Poteva essere l’effetto di qualcosa che avevano fatto a Eiron?

Respirando affannosamente portai la mia mano sinistra sulla mia fronte sentendomi in un certo senso stordito. Osservando gli occhi di Zack, notai quanto si fosse accorto del mio malessere e soprattutto del mio silenzio innaturale.

Alleggerendo la prese su di me: “Ehi, stai bene Alastair?”

Non risposi a quella domanda, i miei occhi in poco tempo si ombrarono e senza poter sentire o vedere altro le mie forze mi abbandonarono, dandomi il modo di non reagire più, insieme ai miei occhi che si chiusero facendomi rimanere inerme a qualsiasi cosa.

--- ---

Me ne stavo nella mia cameretta dell’orfanotrofio a scrivere sulla mia fatina che stava raccogliendo un mazzo di fiori nel giardinetto di quella piccola casetta dove aveva incontrato quel ragazzo come lei. Prese quelli più belli e profumati, per poi portarli all’interno per rivedere quell’ometto che le aveva fatto battere il cuore. Era proprio così, ogni volta che lei lo vedeva non faceva altro che imbarazzarsi e sentirsi il cuore battere a mille, era per caso il momento giusto per definire quel sentimento come amore?

Distaccai un attimo i miei occhi dal quaderno, guardando fuori dalla finestra. In quel momento si illuminarono vedendo Aishia venuta a trovarmi all’orfanotrofio, ormai sapeva che vivevo lì e che poteva venire da me quando voleva, naturalmente senza farsi notare da nessuno. La vidi chiamarmi chiamarmi con la mano, cercando di farmi capire di scendere per andare da lei.

Visto che era pomeriggio e tutti i bambini stavano dormendo, tranne me. Mi diressi verso la porta della camera, cercando di non farmi vedere dalle due signore che si curavano di noi bambini. E senza neanche far rumore mi diressi con passo veloce verso il cortile dell’edificio. Per poi correre dal cancello d’entrata. Al di fuori c’era Aishia che mi stava aspettando sorridente e allo stesso tempo preoccupati che qualcuno potesse beccarci in flagrante per il mio allontanamento.

A quel punto le dissi velocemente: “Ciao Aishia, sei puntuale come sempre”.

“E già, visto che questo è l’unico orario in cui posso venire, di certo non faccio in ritardo”.

Presi la mano di Aishia e con rapidità tentai di farla allontanare da quel posto: “Andiamo da un’altra parte prima che ci veda qualcuno”.

Lei sorridente: “Sì, hai ragione”.

Stringendo la mia mano con passo svelto ci allontanammo da quell’edificio, attraversando la strada e dirigendoci al nostro solito parco dove ci incontravamo sempre. Fermandoci un attimo dai giochi dei bambini, entrambi ci guardammo sorridenti con il desiderio di voler giocare un po’ insieme.

Aishia senza neanche il tempo di farmi dire qualcosa, tenendomi sempre per mano mi disse apertamente: “Andiamo?”

Capendo già di cosa stava parlando, dandoci quello scambio di sguardi, risposi anche io sorridente: “Sì”.

Insieme ci dirigemmo verso le altalene, che io adoravo. Salendoci sopra mi piaceva sentirmi libero ad ogni spinta in alto. Come se stessi volando verso una meta sconosciuta che mi rallegrava il cuore. Aishia affianco a me, si librava con l’altalena per raggiungere la mia voglia irrefrenabile di andare sempre più in alto, fino al punto di poter perdermi nei miei pensieri di bambino. Sognando qualcosa di inesistente o ancora meglio qualcosa che desideravo accadesse, come la mia voglia di potermi elevare in cielo guardando la terra dall’alto e poter vedere per una volta le nuvole più da vicino.

Quel sogno era impossibile, lo sapevo. Ma comunque nei miei pensieri potevo immaginare e provare a capire cosa si provasse a vedere un mondo nuovo.

*** *** ***

Dopo aver giocato per un po’ con le giostre, io e Aishia ci dirigemmo nel nostro rifugio, già ormai era diventato di entrambi visto che mi ritrovavo sempre con lei dentro a quella casetta. E oltre a parlare e sorridere insieme, scrivevo in sua compagnia anche la storia della mia fatina che amava tanto. Non avrei mai pensato che a qualcuno potesse interessare, invece già dalla prima pagina che aveva letto, Aishia si era talmente immersa in un mondo pieno di serenità che le si erano luccicati gli occhi da quanto le piaceva quella storia.

Lei guardandomi sorridente: “Sai Alastiar, questa storia sembra rappresenti noi due, non credi?”

Intanto che ero seduto a terra accanto a lei, con in mano il mio quaderno e la penna. Domandai: “In cosa per te ci rappresenta?”

“Beh, per prima cosa la somiglianza spiccicata della tua fatina a me, anche caratterialmente. E poi del ragazzo che lei ha incontrato, oltre ad avere i tuoi stessi occhi e capelli, ha una personalità forte e sincera. Non ho mai incontrato qualcuno come te, con sentimenti così puri nei miei confronti”.

A quelle parole rimasi un po’ spiazzato. Cosa intendeva? Sembrava come se sapesse ciò che pensavo nel profondo del mio cuore, ma questo andava ben oltre ciò che dicevo o dimostravo. Forse era solo una mia impressione. Prima che potessi pensare ad altro vidi Aishia togliersi con calma la felpa che la teneva al caldo, rimanendo solo con una semplice maglietta azzurra a mezze maniche. In quel momento i miei occhi si fermarono con puro stupore sul suo petto. Vidi al suo collo un ciondolo identico a quello che avevo io. Come poteva essere? Possibile che anche lei aveva a che fare con qualcosa che riguardava me e il collegamento a quel ciondolo? Potevo provare a scoprirlo tramite i suoi pensieri. Ma forse era da vigliacchi fare una cosa del genere essendo molto amici. Era meglio parlarne direttamente con lei, ma come potevo iniziare il discorso? Avrei dovuto poi parlarle dei poteri che mi portavo dentro, almeno che anche lei ne avesse qualcuno. Era inutile tenersi tutto dentro, ormai ero lì e non potevo non farne parola: “Aishia dove hai preso quel ciondolo?”

Lei a quella domanda portò i suoi occhi sorridenti su i miei: “Dici questo?” Rispose portando le dita della sua mano destra su quella goccia di cristallo.

Annuii a quella domanda. A quel cenno mi disse apertamente: “Me lo hanno regalato i miei genitori alla mia nascita”.

Spalancai lievemente gli occhi, come mai era identico al mio? Forse si trattava solo di una coincidenza, visto che anche io lo avevo da quando ero nato, anche se non sapevo di preciso il suo significato. Ma ogni tanto lo vedevo illuminarsi di una piccola luce colorata di cui non sapevo il motivo.

Aishia con tenerezza mi prese le mani, in seguito guardandomi negli occhi mi domandò: “Come mai me lo hai chiesto?”

Cosa potevo dirle, adesso? Forse era meglio riferirle la verità. Stringendo appena le sue mani piccole e delicate, mi arrivò alla mente un frammento dei suoi pensieri: <>

A quelle parole rimasi impietrito a guardarla. Come faceva a sapere che avevo un ciondolo a goccia identico al suo? Possibile che Aishia aveva dei poteri magici come i miei? Guardandola perplesso tentai di scogliere la presa che avevo su di lei. Probabilmente era proprio quello il legame che dava vita ai suoi poteri, proprio come accadeva a me, con un singolo tocco.

Aishia, strinse ancora di più le mie mani, guardandomi con occhi sinceri: “Hai davvero un ciondolo uguale al mio, quindi. Non sono l’unica ad aver ascoltato i tuoi pensieri sinceri nei miei confronti in tutto questo tempo”.

Concluse quelle parole lei mi sorrise. Quindi sapeva tutto a riguardo di ciò che ero, lo aveva sempre saputo. Perché questa cosa mi trasmetteva un briciolo di preoccupazione? Forse perché nessuno sapeva dei miei veri poteri, almeno fino a quel momento. Rilassai il mio corpo che era diventato leggermente teso dalle parole di Aishia.

Non distogliendo i miei occhi da lei: “Sì è così. Anche io per tutto questo tempo, quando c’era l’occasione ho sentito i pensieri puri che ascoltavi dentro di me. Questo vuol dire che entrambi siamo speciali, non è forse così?”

“E’ proprio così, è sono felice di aver incontrato qualcuno come me”.

“Quando hai capito che io ero come te?” Le domandai.

“La prima volta che ci siamo incontrati. Quando mi hai sfiorato le mani sorridendomi, lì anche io ho sentito i tuoi sentimenti sinceri nei miei confronti, come tu hai ascoltato i miei. E’ stato sorprendente sapere che non ero l’unica ad avere queste doti soprannaturali. La cosa bizzarra e che entrambi abbiamo lo stesso potere. Questo vuol dire che siamo legati per la vita, qualsiasi cosa ci accadrà noi ci rincontreremo sempre”.

“Dici sul serio? Come fai a saperlo?” Domandai con curiosità.

“Mia mamma mi ha sempre detto che avrei trovato la persona più cara della mia vita tramite i miei stessi poteri. Perché in questo mondo ci sono solo due creature con un solo potere particolare e questi due sono legati per la vita”.

Rimasi sorpreso da quelle parole non ne sapevo assolutamente niente di quella storia. Questo voleva dire che anche la madre si Aishia aveva un potere particolare.

Prima che pensassi ad altro, lei mi rispose: “Già è così, mia mamma ha lo stesso potere di mio padre, quello curativo”.

“Mi hai letto di nuovo nel pensiero”.

“Sì, perché tu non lo stai facendo con me?” Mi chiese.

“Beh, in realtà adesso no. Ma sono felice delle parole che mi hai detto, non pensavo ci fosse una profezia del genere non avendo mai conosciuto i miei genitori”.

Aishia mi guardò dispiaciuta, poi abbracciandomi forte a lei: “Anche se non li hai mai conosciuti, posso dirti per certo che noi due siamo legati dal nostro potere. E poi non sei solo, ci sono qui io”.

Sorrisi apertamente alle sue parole dolci: “Grazie, sono contento di averti incontrata. Lo stesso vale per me, io ci sarò sempre per te ricordalo, va bene?”

“Certo che sì, sai che anche io non ti lascerò mai. Quindi ricordalo anche tu”.

Entrambi ci scambiammo un sorriso dolce, intanto che le nostre mani si stringevano per non lasciarci. Eravamo come una cosa sola in quel momento, la pensavamo entrambi allo stesso modo e sia io che lei volevamo esserci e stare insieme per molto tempo. Anche se eravamo lontani, con il nostro cuore potevamo essere vicini, bastava un semplice pensiero dei momenti passati insieme o di ciò che ci rappresentava.

Quel pomeriggio scoprii qualcosa di davvero importante, che non ero solo, potevo avere un appoggio in più e qualcuno con cui parlare delle mie doti soprannaturali. Sapevo per certo di non dover affrontare più le cose da solo ma con qualcuno che mi capisse davvero e questo lo avevo compreso in quei due anni che avevo conosciuto Aishia, finché non la vidi più dopo essere stato adottato dalla mia famiglia attuale. Lì avevo alla mente i suoi ricordi, pensando che fossero solo dei sogni, qualcosa che mi veniva in testa soltanto quando dormivo.

Non erano solo sogni in realtà, ma cose che avevo vissuto per davvero e che non venivano alla mente quando ero cosciente, ma solo quando i miei occhi si chiudevano andando in un altro spazio con la mente. Perché tutto questo? Anche se non sapevo il motivo, ora ero certo di poter ricordare. Appena aprirò gli occhi ricorderò tutto, proprio così.

--- ---

Riaprii gli occhi ritrovandomi disteso su un letto comodo e caldo. Mi guardai per un momento intorno, vedendo un po’ confuso di essere nella mia stanza. Come ci ero arrivato lì? Sentivo un grande mal di testa, come se qualcuno l’avesse martellata o qualcosa del genere.

Portando la mia mano destra sulla fronte, spalancai appena gli occhi ricordando quel sogno che avevo fatto, ora mi era tutto più chiaro. Come avevo fatto a dimenticare quella bambina? Lei era stata tutto per me negli ultimi anni trascorsi in quel orfanotrofio. E io l’avevo dimenticata, come se non fosse stato niente di speciale per me. Ora dove poteva trovarsi? Non sapevo neanche come cercarla, o forse un modo c’era. Andare direttamente alla casa dove abitava da bambina, sicuramente si trovava ancora lì. Dovevo tentare, qual’era più il suo nome?

Riflettendoci su un attimo: “Era Aishia. Scusa se ti ho dimenticata, ti ritroverò sicuramente”.

Aishia sicuramente poteva anche aiutarmi a salvare Eiron, aveva i miei stessi poteri magari poteva saperne di più di me essendo cresciuta con i suoi veri genitori.

A quel pensiero mi alzai di scatto provando delle forti vertigini. Rimanendo seduto sul letto, strinsi la mia mano sulla fronte cercando in qualche modo di trovare sollievo. Perché stavo così male? Possibile che c’entrava qualcosa con Eiron? Forse davvero gli avevano fatto qualcosa che non lo faceva stare molto bene.

Sentii dei passi avvicinarsi velocemente a me: “Ehi, Alastair. Che ti succede?”

Spostando la mia visuale verso sinistra, vidi davanti a me il volto di Zack preoccupato per le mie condizioni. Le sue mani erano poggiate sul fianco del letto, intanto che i suoi occhi non smettevano un attimo di guardarmi. Ora sapevo com’ero arrivato nella mia stanza, grazie a mio fratello che mi aveva soccorso. A questo punto mi porsi un’unica domanda. Da quanto tempo ero sdraiato su quel letto?



Spazio autore: Ciao a tutti siamo giunti al capitolo 7 ** Cosa ne pensate a riguardo? Vi aspettavate un proseguimento del genere? :D 
Se in caso trovare errori ortografici o altro fatemelo sapere, grazie!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
 

Non attesi molto tempo, osservando sempre Zack negli occhi gli domandi: "Da quanto tempo sono in questo letto?"

Lui con espressione stupita: "Sei qui da ieri pomeriggio. Sei svenuto nel bosco e ti ho portato direttamente qui a casa. Avevi qualche linea di febbre e ti ho curato cercando di non far peggiorare le tue condizioni di salute. Adesso cerca di riposarti ancora un po', non sei ancora nel pieno delle forze per alzarti".

"Non posso rimanere qui, devo andare a cercare Eiron".

Zack con preoccupazione: "In questo stato non puoi fare niente".

"Non importa, non posso abbandonare Eiron". Reclamai

"Alastair rifletti! Cosa credi di fare ridotto in questo stato? Non riesci a stare neanche in piedi per i capogiri. Devi riposarti e non fare sforzi almeno finché non ti riprenderai un po'. Hai capito?"

Ero enormemente dispiaciuto, quello che diceva Zack era vero, io non avevo molte forze per poter fare qualcosa in quel momento. Dovevo aspettare, ma come potevo farlo? Non sapendo nemmeno se Eiron stava bene o male.

Zack vedendomi silenzioso, riprese a parlare: "Fallo anche per mamma e papà".

Guardai con stupore mio fratello: "Mamma è papà? Gli hai detto qualcosa a riguardo di Eiron?"

"No, non ho detto niente. Ma penso che dovresti parlarne anche con loro di questa storia. Hanno il diritto di sapere cosa ti affligge, non credi?"

"Non posso parlarne con loro, non per quello che è accaduto!"

Zack non si arrese: "Alastair, proprio perché è successo tutto questo ne devi parlare, capisci?"

Non ebbi neanche il tempo di rispondere che dalla stanza arrivò la voce di nostra madre: "Di cosa devi parlare Alastair?"

I miei occhi si diressero alla porta d'entrata dove c'erano sia mamma che papà. Ora cosa potevo fare? Dirgli la verità sarebbe stata la cosa migliore, ma avevo paura che non mi avrebbero più lasciato andare da Eiron.

Avvicinandosi a me, mia madre si sedette sul letto, poggiando la sua esile mano sul mio viso: " Cosa c'è che non va Alastair? Sai che puoi parlare con noi. Siamo sempre stati molto uniti, anche per quanto riguarda le tue doti soprannaturali. Qualsiasi cosa ti sia capitata, puoi dircela senza problemi".

Proseguì la conversazione mio padre: "Ha ragione tua madre, puoi dirci qualsiasi cosa. Noi cercheremo di aiutarti".

Le loro parole mi spingevano ancora di più a rivelare tutto ciò che mi tenevo dentro. Proprio perché tutti e quattro eravamo sempre stati uniti non dovevo temere di parlarne. La loro comprensione nei miei confronti era sempre stata ottimale e non sopportavano vedermi in ansia o preoccupato a lungo per qualcosa. Se mio fratello Zack aveva accettato la situazione, sicuramente anche i miei genitori lo avrebbero fatto. Anche se non ne ero certo, gli raccontai ogni singola cosa, su come avevo conosciuto Eiron. Cosa era diventato per me è come potevamo essere collegati null'altro, sia dai nostri poteri che fisicamente.

Mamma è papà ascoltarono tutto attentamente, interrompendomi poche volte su cose che non avevano capito bene o per saperne di più. Rivelare quel frammento della mia vita che tenevo nascosto dentro da tanto tempo, mi fece sentire molto meglio. E vederli non molto delusi per quelle parole, mi fece capire in un certo senso che loro non detestavano quel mondo che riguardava la mia famiglia di sangue, ma per esserne certo dovevo ascoltare le loro parole, ciò che si celava nei loro cuori.

Conclusa la conversazione, cercai un legame nei loro occhi, che mi arrivò direttamente insieme alle prime parole di mio padre: "Perché ti sei tenuto dentro tutto questo per così tanto tempo? Potevamo aiutarti fin dall'inizio con questa storia e non lasciarti da solo a superare certe difficoltà che ti sei trovato davanti".

Dispiaciuto risposi: "Io avevo solo paura di parlarvene, perché non volevo darvi un motivo in più per ritenermi strano e diverso da altri".

"Strano? Perché dici così?" Domandò mia madre.

"Perché io non sono come tutti gli altri. E forse questa cosa vi ha pesato".

"Assolutamente no figlio mio. Fin dal primo giorno che ti abbiamo incontrato non abbiamo mai pensato un attimo che tu sia stato un peso. Anzi, ci hai dato sempre tanto amore e felicità".

Le parole di mio padre mi fecero commuovere, in poco tempo sentii delle calde lacrime bagnare il mio viso. Mi sentivo molto più sereno a sapere che loro non mi avevano mai ritenuto un peso per alcuni versi, anzi erano felici di avermi insieme a loro.

Zack portò il suo braccio sopra alle mie spalle e sedendosi sul letto di fianco a me, prese a dire sarcasticamente: "Come avremmo fatto a vivere senza un rompi scatole come te?"

A quelle parole abbozzai un sorriso, intanto che mi asciugavo le lacrime. Zack era solito essere molto sarcastico, ma anche diretto. E con quelle parole capii al volo che per loro, fin dal principio ero stato qualcosa che aveva dato molta allegria alla loro vita, come anche alla mia del resto.

"Grazie per tutto, io sono tanto felice di avere qualcuno come voi che non mi ha mai lasciato da solo".

I miei genitori e Zack mi abbracciarono molto forte a loro dopo quelle parole dette con tanta sincerità e liberazione. Ora che avevo detto tutta la verità anche ai miei genitori potevo sentirmi molto più sereno.

Sciolto l'abbraccio, mia madre portando le sue mani sul mio viso e guardandomi dritta negli occhi: "Faremo il possibile per aiutarti a riportare indietro il tuo amico. Per il momento devi pensare a rimetterti, va bene?"

"Sì mamma, ho capito".

Distendendomi nuovamente sul letto, guardai i miei genitori uscire dalla stanza sorridendomi. Invece Zack rimase accanto a me seduto sul letto ad osservarmi. Sembrava volesse chiedermi qualcosa. Non attesi altri istanti, spezzando quel silenzio: "Cosa c'è Zack? Devi chiedermi qualcosa?"

Lui alzò leggermente le sopracciglia in segno di approvazione, poi mi rispose: "Ho una curiosità. Prima ti ho sentito nominare un nome femminile. Chi è la persona di cui parlavi?"

"Lei è una bambina che avevo conosciuto all'orfanotrofio. Solo ora mi sono ricordato che aveva i miei stessi poteri e il ciondolo uguale al mio".

"Sul serio? Forse lei può aiutarci per ritrovare Eiron. L'hai più sentita o vista?"

Con un briciolo di tristezza risposi: "Purtroppo no, mi ero dimenticato completamente di lei e non so per quale motivo. Sono riuscito a ricordarmene tramite i sogni e ho realizzato solo da poco che in realtà erano ricordi".

"Questa cosa è alquanto strana. Ma ricordi almeno dove abitava quando eri all'orfanotrofio?"

"Sì, so bene dove abita, ma non sono certo di trovarla ancora lì dopo tutto questo tempo". Risposi sinceramente.

"E' una buona pista, da qualche parte dobbiamo pure iniziare, non credi? Visto che non abbiamo niente dove basarci, almeno su questo possiamo partire per provare a salvare Eiron".

"Hai ragione. Vorrei andarci subito, ma purtroppo non posso, come ben sai".

Zack sorridendomi: "Di questo non devi preoccuparti, puoi dire a me dove si trova così posso andare io da lei e portarla qui da te per farvi rincontrare".

Aveva perfettamente ragione Zack, potevo fare benissimo così. Almeno avrei affrettato un po' i tempi per capire per prima cosa come riaprire la porta per andare in quella parte di dimensione dove avevano portato Eiron.

Fornii a mio fratello tutte le informazioni su quella casa e la bambina, che oramai era diventata grande. Fortunatamente si trovava vicino all'orfanotrofio la casa di Aishia, quindi non distava molto neanche da casa mia. Massimo trenta minuti a piedi, con la macchina ancora meno invece. Dopo aver riferito tutto, Zack mi raccomandò di riposare e non fare sforzi inutili data ancora la mia salute non ottimale. Senza fare storie mi distesi sul letto, vedendo mio fratello uscire dalla stanza chiudendo la porta a sé.

In quell'istante sperai con tutto me stesso che al suo ritorno non fosse stato da solo, ma insieme a Aishia. Anche se mi ero dimenticato stranamente di lei e, per questo mi dispiaceva un sacco. Ero comunque felice di poterla rivedere. Speravo solo che lei si ricordasse ancora di me. Poteva essere possibile che aveva dimenticato tutto come era accaduto a me, anche se tramite i miei sogni ero riuscito a ricordarmi nuovamente tutto di lei e dei momenti speciali passati insieme.

Portai i miei occhi verso destra, sul comodino che era di fianco al letto. Osservai il mio quaderno che utilizzavo per scrivere le mie storie. Allungando la mia mano destra lo afferrai portandolo sulle mie gambe. Aprendolo, sfogliai le pagine, finché arrivai a quella storia che aveva segnato qualcosa di importante nella mi vita. Fin da bambino ero rimasto molto affezionato alla storia che descriveva la vita della mia fatina che cercava l'altra metà della sua anima. Ripensandoci sembrava stupido, ma in un certo senso non lo era, forse perché pensavo realmente che in una parte del mondo ognuno di noi aveva qualcuno di speciale che rimane per tutta la vita. La storia non l'avevo più conclusa, perché forse mi mancava la mia fonte di ispirazione, Aishia. Lei riusciva sempre a darmi tanto ed era stata la prima ad incoraggiarmi a proseguire la mia passione più grande per la scrittura. Ma non volevo abbandonare quella storia, anzi desideravo concluderla finalmente, visto che mi mancava solo l'ultimo capitolo. In molte parti c'erano racchiusi molti momenti speciali passati con Aishia. E senza neanche farlo a posta, il penultimo capitolo parlava proprio del distacco che ci fu tra la fatina e quel piccolo ometto che le aveva dato da mangiare e un tetto dove poter vivere. Ma a passare dei mesi i due divennero molto amici e quasi inseparabili. Un brutto giorno però la piccola fatina andò a raccogliere dei fiori nel pieno pomeriggio quando il suo piccolo amico stava dormendo nella sua casetta. Al suo ritorno trovò tutto sotto sopra. Il suo primo pensiero andò a quell'ometto che in quel momento era indifeso visto che era dormiente nel suo letto. Dirigendosi nella sua stanza vide subito che non c'era più e neanche nel resto della casa dove cercò con cura.

Lei lo chiamò molte volte ma senza avere nessuna risposta. Cosa era accaduto in quel poco tempo al suo ometto che oramai era diventato speciale? L'unica cosa che promise in quella casa vuota fu: <>

Quella era la promessa che fece a quel ragazzo, anche se non era sicura di poterlo rivedere. Lei lo attese per molto tempo in quella casa, senza mai arrendersi. Lo cercò ovunque raccogliendo ogni giorni i fiori che lui amava tanto.

Dopo quell'ultimo appunto che feci molto tempo fa, interruppi quella storia senza più scrivere nessuna bozza o immaginare un finale per l'ultimo capitolo. Sicuramente non l'avrei abbandonata a se stessa, avrei prima o poi scritto un degno finale.

Richiusi il quaderno, poggiandolo sul letto di fianco alla mia destra. In seguito pensando a un ipotetico finale in poco tempo chiusi gli occhi addormentandomi tranquillamente.

*** *** ***

Percepii qualcosa sfiorare la mia mano sinistra. Era delicato quel tocco, ma di chi era quel calore dolce sulla mia pelle? Un po' rintontito aprii leggermente gli occhi, guardando in breve tempo verso la mia pancia dove era poggiata la mia mano. Nel vederla non mi sembrava per niente di conoscerla, era così delicata e curata, incluse anche le sue unghie color rosa confetto. In pochi istanti sentii la sua voce tranquilla: "Finalmente ti sei svegliato, Alastair".

Quella voce così calma e fluida, potevo riconoscerla. Di scatto spostai la mia visuale verso sinistra vedendo con stupore il suo viso roseo: "A-Aishia".

Anche se era trascorso molto tempo da l'ultima volta che ci eravamo visti. L'unica cosa che riuscii a dire fu solo il suo nome con voce tremolante. Lei mi osservò con lo stesso sorriso che aveva un tempo, vederla solare nei miei confronti mi fece sentire un bel po' in colpa per averla dimenticata.

Tristemente portai i miei occhi verso il basso: "Scusami tanto Aishia, io non so perché ho dimenticato per un periodo lungo tutti i momenti che abbiamo passato insieme. Non mi odi per questo?"

Strinse leggermente la mia mano facendo sì che portassi l'attenzione su di lei. Appena i miei occhi guardarono i suoi color cioccolato: "In tutto questo tempo non ho mai pensato un attimo di detestarti o avercela con te. Quando ci siamo separati eravamo entrambi piccoli, quindi poteva capitare che non ci ricordassimo null'altro. Ma sapevo che prima o poi ci saremmo rincontrati, anche perché noi siamo collegati dai nostri poteri, ricordi?"

Un momento, dalle parole di Aishia sembrava che sapesse quando mi ero dimenticato di lei e anche che mi era tornato alla mente i ricordi trascorsi insieme da poco. Forse era stato Zack a riferirle tutto, come avevo fatto io con lui per cercare Aishia. Questo voleva anche dire che lei non si era mai scordata di quei momento, ero stato l'unico a non averli ricordati per un bel po'.

Concluso quel breve pensiero, risposi alla sua domanda: "Sì lo ricordo, noi siamo uniti dai nostri poteri uguali. E dal ciondolo magico".

Abbozzò un sorriso, quasi di sollievo nel sapere che ricordavo quel legame tra di noi. In seguito riprese a parlare: "Sono contenta di sapere che lo ricordi. Zack mi ha raccontato tutto sulla perdita di memoria che hai avuto su di me. Lui ha dedotto che forse è stato quel giorno che hai battuto la testa a farti dimenticare alcuni frammenti della tua vita passata".

"Possibile, ma nei miei sogni tu c'eri sempre è questo che mi ha fatto ricordare nuovamente di te".

Aishia portando la sua mano destra vicino al petto dove si intravedeva il ciondolo a goccia: "Forse questo è stato grazie al ciondolo che ci unisce".

"Cosa intendi?" Domandai stranito.

"Oltre ai nostri poteri che ci collegano, anche i ciondoli sono uniti sai. Quando due creature sono congiunte dallo stesso potere, anche la goccia di cristallo fa da collegamento. Facendo sì che un minimo i nostri desideri più forti arrivino all'altro. Io desideravo sempre che tu ricordassi il periodo che entrambi avevamo trascorso felicemente insieme. A quanto pare sono riuscita realmente a trasmetterlo tramite i tuoi sogni e di questo ne sono pienamente felice".

Ora mi era tutto più chiaro. Purtroppo ero l'unico a non sapere quasi niente di quel ciondolo non avendo avuto la sapienza dei miei genitori di sangue. Ma ero felice di saperlo, sicuramente anche a lei avevo trasmesso qualche mio desiderio profondo, solo che io non ne ero a conoscenza, come lei d'altronde. Ma la scoperta di quel collegamento in più era comunque sorprendente.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
 

Osservando i suoi occhi le sorrisi apertamente facendole capire che anche io ero felice di essermi ricordato di lei grazie al ciondolo.

Aishia ricambiò il mio sorriso, pronunciando alcune parole: "A quanto pare entrambi abbiamo ricevuto dei ricordi tramite i nostri sogni".

"Io non sapevo niente del collegamento dei nostri ciondoli. Allora se a me è arrivato tutto questo, anche tu hai sognato qualche ricordo mio che senza rendermene conto ti ho tramesso".

Aishia senza attendere altri secondi, mi rispose: "Sì è così. Alcune volte quando era notte e io stavo dormendo, mi arrivavano alla mente i tuo sogni, collegati certe volte ai miei".

Rimasi sbalordito da quelle parole, questo voleva dire che ciò che la mia mente faceva nascere non era tutto frutto di ricordi, ma anche momenti che sognavo io stesso, trasmettendoli così ad Aishia.

Guardandola con stupore, le chiesi: "Questo vuol dire che alcune volte tu eri presente nei sogni che facevo io? Non è così?"

"Sì, hai capito bene. Certe volte mi ritrovavo nei tuoi sogni e insieme a te percorrevo delle piccole stradine magiche o volavo tra nuvole bianche che c'erano nel cielo azzurro. Io sapevo bene chi eri quando ti incontravo, ma non ero certa di sapere se tu ti ricordavi perfettamente di me. Per questo ti mandavo anche i miei ricordi, per cercare di avere più possibile un collegamento con te".

"Io... mi ricordavo di una ragazzina identica a te, ma non ho mai capito chi fossi e perché apparivi sempre nei miei sogni. Non so perché, ma l'unico momento in cui me ne sono ricordato è stato poche ore fa. Solo in quel momento ho capito che tu facevi parte della mia vita passata. Eri stata reale e sono felice di vedere che tu sei di nuovo qui accanto a me. Finalmente siamo di nuovo insieme".

La guardai quasi al punto di commuovermi, mi sentivo talmente dispiaciuto per averla dimenticata, ma al tempo stesso felicissimo di ritrovarla accanto a me.

Lei strinse la mia mano, accennandomi un sorriso dolce. Capii tramite i suoi gesti che le andava bene così, non gli importava ciò che era accaduto.

Spostò la sua mano ben curata dalla mia portandola al mio viso. A quel tocco la guardai con più intensità, intanto che il mio cuore accennava dei piccoli palpiti, forse per la sorpresa di quel tocco? Oppure per la sua presenza speciale per me?

Sfiorando il mio viso prese a dirmi: "Non ti preoccupare, ciò che importa adesso è che ti sei ricordato di nuovo di tutti quei attimi trascorsi insieme. Di questo sono veramente felice".

"Questo grazie a te, io sono felice di riaverti qui vicino". Dissi portando la mia mano destra sulla sua, poggiata ancora delicatamente sulla mia guancia.

La strinsi appena nella mia, sentendo il suo profumo di rose e il calore della sua pelle. Entrambi rimanemmo immersi da un'atmosfera calma e sentita dai nostri cuori. Quel tocco che avevo sulla sua mano, mi fece percepire i suoi sentimenti amorevoli che provava nei miei confronti. Questa volta più che amici, eravamo diventati qualcosa di più, il nostro legame si era allargato e questo non mi rendeva per niente triste. Perché nel mio cuore anche io provavo qualcosa di profondo per lei. Oltre al legame che percepivo, c'era anche quel piccolo filo sentimentale che ci legava. E questo entrambi lo avevamo capito sentendo le nostre emozioni.

Ascoltando nella mia mente i suoi sentimenti, non potei che non ricambiarli: "Anche io provo qualcosa di speciale per te".

A quelle parole lei mi sorrise: "Hai sentito i miei sentimenti, non è così?"

"Beh, anche tu lo hai fatto, no?"

Dopo quelle parole entrambi iniziammo a sorridere apertamente. Quelle domande ci fecero ritornare indietro con il tempo a quando da bambini ci domandavamo spesso se entrambi stavamo sentendo i sentimenti e i pensieri dell'altro, come se uno dei due non se ne stesse accorgendo. Ogni volta che lei sentiva i miei pensieri, io a mia volta percepivo i suoi e allo stesso tempo capivo che stava percependo quello che sentivo io. Non accadeva sempre, ma quando succedeva tutti e due dopo una semplice domanda, come quella che ci eravamo porsi poco prima, iniziavamo a ridere senza smetterla per molto tempo.

Quei gesti dolci e gentili non finirono, Aishia in poco tempo si sedette sul letto dove ero ancora disteso. Quel movimento mi spiazzò, cosa voleva fare?

Prima ancora di pensare ad altro, lei portò le sue mani sul mio petto, per poi poggiare con calma la sua testa dalla parte del mio cuore. Lì, in quel momento, Aishia sistemando il suo orecchio sinistro vicinissimo alla parte sinistra del mio torace, ascoltò i battiti del mio cuore, che in quel momento batteva forte per lei.

Per un secondo rimasi immobile ad osservare, in seguito dirigendo una delle mie mani vero il mio fianco, la poggiai sulla sua stringendola con delicatezza per poterla sentire più vicina a me. In quel momento potei percepire i suoi pensieri, così dolci e puri nei miei confronti. Ascoltare il mio cuore, le fece provare un'emozione diversa e più grande per l'amore che provava per me. I nostri battiti poterono suonare all'unisono, come una melodia romantica che ci faceva sentire amati entrambi. Osservando il suo viso, che non aveva dato nessun cenno di spostamento. Riuscii a intravedere le sue guance divenire un po' colorite. A quella reazione, mi imbarazzai lievemente anche io, per la prima volta, insieme a qualcuno che avevo ritrovato e appreso come di vitale importanza, sia in passato che in quel momento. Solo che, i miei sentimenti per lei si erano ampliati, visto che potevo capire con più chiarezza quello che percepivo nel cuore.

Quel momento di calma rimase intatto per molti minuti, nessuno dei due parlò o fece qualcosa. Entrambi eravamo desiderosi di udire le poche emozioni che ci arrivarono alla mente e il calore dei nostri corpi che non si erano mai toccati per così tanto tempo.

Le parole di Aishia si fecero risentire: "Ti voglio tanto bene Alastair. Ma i miei sentimenti come ben sai vanno oltre il volersi bene. Il provare qualcosa di speciale per te, per me vuol dire essere innamorata di te. Volevo che tu lo sapessi anche tramite le mie parole".

Portai la mia mano destra sulla sua testa, lei a quel tocco alzò appena il viso, dirigendo i suoi occhi su di me. Guardandoli, affondai i miei sentimenti in quel colore nocciola e sorridendole appena: "E' bello poterlo sentire anche dalle tue labbra e non solo in ciò che mi trasmetti. E sai perché? Beh, anche nel mio vocabolario la parola speciale, vuol dire che sono innamorato di te. In realtà lo sono sempre stato, ma solo ora ho capito realmente ciò che provo. Vuoi essere la mia anima gemella per la vita?"

"Certo che lo voglio, perché è quello che desidero anche io".

Aishia andò nuovamente sul mio petto, dedicandomi un dolce abbraccio. Ero felice di aver trovato qualcuno che poteva capirmi, fin da quando ero bambino. 

Quel momento di coccole durò per pochi minuti, finché Aishia rimanendo sempre con la testa poggiata sul mio petto: "Ora insieme, possiamo salvare Eiron".

Spalancai lievemente gli occhi, come faceva a sapere di lui? Non ne avevo ancora parlato e in più non mi sembrava di aver fatto trapelare nessun pensiero dalla mia mente, trasmettendolo a lei. Forse l'unica ragione plausibile, era che Zack ne aveva parlato attentamente con Aishia, per farle già da subito capire la situazione.

Senza attendere molti secondi, provai a domandarle: "Sai di lui grazie a Zack?"

Lei si alzò con calma dal mio petto, mettendosi seduta sul letto e osservandomi mi rispose: "Sì, tuo fratello mi ha detto tutto a riguardo. Mi dispiace per ciò che è successo, ma io posso aiutarti a ritrovarlo".

"Come pensi di fare?"

"Non te l'ho mai detto, ma fin da bambina ho sempre avuto una migliore amica. Lei è una tigre magica proprio come Eiron".

"Sul serio?" Domandai sorpreso.

"Sì, non ti sto mentendo. Lei si trova all'interno del bosco che c'è qui vicino. So che lì andavi a trovare Eiron".

"Com'è possibile tutto questo? Noi non ci siamo mai incontrati anche se tu andavi a trovare la tua tigre".

"Non ci siamo mai visti perché io andavo a trovarla nel luogo in cui si trova la sua tana dove vive insieme a Eiron e il suo cucciolo".

A quelle parole rimasi a bocca aperta. Allora tutti quei momenti affiorati nella mia mente su quelle due tigri, non erano stati un sogno ma una parte delle giornate di Eiron che accadevano in quegli istanti. Questo voleva dire che lui non era da solo, aveva una compagna e un figlio. Potevo capire molto meglio la situazione, il perché quel cucciolo somigliasse tantissimo a Eiron, ma l'altra tigre cosa aveva di magico?

Guardando con sorpresa Aishia, provai a capire meglio la situazione: "Io avevo sempre immaginato che lui non fosse da solo. Ma perché Eiron non mi ha mai detto niente? E la tigre che tu vai a trovare è collegata a te come Eiron lo è a me tramite il ciondolo?"

"Sì è così, lei mi è stata data come una madrina da quando sono nata, come è accaduto a te per Eiron. Lui non te ne ha parlato perché non sapeva realmente come avresti reagito".

"Cosa intendi dire? Io sarei stato felice per lui e, non avrei permesso che accadesse qualcosa alla sua famiglia". Pronunciai quelle parole con un briciolo di tristezza. Non capivo il motivo di Eiron per avermi nascosto tutto ciò.

Aishia, mi prese le mani e guardandomi negli occhi: "Non è per questo. Visto che tu non ti ricordavi di me, Eiron non voleva darti troppi pensieri tutti in una volta. Desiderava dirtelo ma a tempo debito, con calma. Ma non prima che tu ti ricordassi almeno di me. Perché incontrando la sua famiglia avresti visto anche me e non volevo che tu subissi uno shock per la mia dimenticanza. Capisci ora?"

"Uno shock? Non pensi che sarebbe stato meglio se ti avessi incontrata subito? Magari non ti avrei dimenticata affatto".

Aishia non attese molti secondi, guardandomi sempre negli occhi mi domandò: "Come puoi dirlo? Dopo che ti hanno adottato, hai incontrato Eiron solo quando hai compiuto quattordici anni. Tu ti sei dimenticato di me prima di quel momento, quindi non potevo fare niente per aiutarti se non a gradazioni. Lo abbiamo fatto per il tuo bene, per non farti stare male o sentirti troppo fuori dalle righe per quello che sei veramente".

Rimanendo sempre disteso sul letto, voltai leggermente il mio viso verso destra, cercando di reprimere un po' le emozioni grandi che stavo percependo in quei pochi minuti.

Purtroppo era vero, io avevo dimenticato Aishia prima di conoscere Eiron e la cosa peggiore era che io non sapevo niente di tutti quei collegamenti e poteri particolari che mi portavo dentro. Percepivo un po' di confusione nella testa, ma ora avevo capito più cose. Fin dalla nascita i miei genitori biologici e quelli di Aishia, ci avevano donato delle creature magiche che ci avrebbero accompagnato fino alla fine dei nostri giorni. Tutto ciò era possibile grazie al ciondolo che ci portavamo sempre dietro.

Percepii le mani di Aishia stringere appena le mie, poi la sua voce calma avvolgermi: "Alastair, mi dispiace non aver avuto modo di dirti prima tutto questo. Ma era complicato da spiegare visto che non sapevi molto sul nostro mondo. Io non volevo per niente nascondertelo e neanche Eiron. Abbiamo solo agito con cautela per il tuo benessere. Ci capisci, vero?"

Portando i miei occhi verso i suoi: "Io vi capisco, sono solo dispiaciuto per non sapere niente sulle mie vere origini e poteri".

"Ma di questo non devi preoccupartene, qui ci sono io che posso aiutarti ad apprendere le cose importanti e a rispondere alle tue domande".

Lei mi sorrise lievemente, donandomi un senso di tranquillità. Ciò che avevo pensato era giusto, potevo realmente capire di più e chiederle aiuto, ora come ora, ancora di più visto che ci eravamo ritrovati ed esposto i nostri sentimenti con chiarezza.

Sollevandomi con un po' di fatica dal letto, mettendomi seduto, osservai ancora per un attimo il viso di Aishia. In seguito tendendo le mie braccia a lei l'abbracciai calorosamente, stringendola appena, cercando di farle capire inizialmente che le ero grato per essermi accanto. Poi, portando le mie labbra verso il suo orecchio sinistro, le sussurrai: "Grazie Aishia, ti sono grato per non avermi lasciato andare e aver provato fino all'ultimo di farmi ricordare di te. Questo mi rende molto sollevato. E anche se non so molto, vorrei comunque starti vicino nei momenti bui e anche quelli gioiosi della tua vita, come tu hai sempre fatto con me collegandoti ai miei pensieri".

Per qualche secondo lei rimase immobile, forse era stupita per le mie parole. In seguito ricambiando il mio abbraccio: "Come avrei potuto lasciarti andare senza che tu lo volevi? Tu meritavi di saperne di più a proposito delle tue vere origini è non volevo cancellare i momenti passati insieme. Anche io sono felice di poterti rivedere di persona dopo tanto tempo e voglio accompagnarti in questo viaggio che ci collega principalmente da ciò che proviamo entrambi".

Le sue parole suonarono alle mie orecchie toccando poi il mio cuore con amore. Mi faceva stare bene sapere tutto ciò e soprattutto poter capire di più su quello che potevo realmente fare grazie ai miei poteri. La cosa che mi rendeva più felice era sapere che Eiron in tutto quel tempo non era stato da solo, lui, come me, aveva qualcuno a cui voleva bene e io avrei fatto di tutto per salvarlo e riportarlo da suo figlio e la sua compagna, che ancora non conoscevo se non tramite quei piccoli flashback che si erano annidati nella mia mente.

Potevo contare sull'aiuto di Aishia per ritrovarlo, con lei avevo una possibilità, anche solo per aprire quella porta magica per addentrarmi in quel vortice per poter sapere di più su quel posto dove avevano trascinato Eiron.

Stringendo a me ancora un po' Aishia, potei sentire il suo profumo delicato avvolgermi e il nostro respiro che sfiorava la nostra pelle in modo calmo a ritmo dei cuori che continuavano a battere insieme per l'emozione intensa che stavamo percependo entrambi.

Quei momenti scatenarono qualcosa di profondo nel mio cuore che non percepivo da un sacco di tempo. Solo lei era riuscita a spronare ciò che avevo dentro e cercare di capire quello che si celava nel mio cuore. In tutto quel tempo avevo quasi sempre pensato di essere una creatura strana destinata a rimanere da solo per l'eternità. Ma non era così, se solo per un'istante prima avessi ricordato Aishia, tutti quei sentimenti di solitudine e tristezza sull'esistenza di un'altra persona come me, sicuramente non si sarebbero avvolti nella mia mente fino al punto di farmi tenere tutto dentro. Ma ora non dovevo più temere che qualcuno non capisse realmente i miei sentimenti, perché avevo Aishia che poteva comprenderli nel profondo della mia anima. 

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