Best
Friends
-
Sei pronto?
Victor
era davanti al portale, il braccio teso davanti a sé,
esattamente
come la volta in cui le loro mani si erano toccate.
Yuuri
fece un respiro profondo. Quella notte, alla fine, era riuscito ad
addormentarsi, ma si era svegliato più nervoso di prima. Non
soltanto era agitato dalla prospettiva di passare del tempo accanto
al suo amico, ma tutto il suo corpo avrebbe dovuto
attraversare
il portale. Nonostante la prova che avevano fatto, c'era sempre
quella piccola voce, nel suo cervello, che gli
diceva che
qualcosa sarebbe andato storto.
Victor
attraversò il portale con la mano, poi lo guardò,
cercando di
rassicurarlo.
-
È tutto a posto – fece, muovendo la mano. - Nessun
problema.
Yuuri
afferrò la mano di Victor con decisione. Non era il caso di
fare i
codardi, non sarebbe successo nulla di male.
-
Puoi... puoi tirarmi – disse Yuuri, chiudendo gli occhi. Il
nodo
allo stomaco era sempre lì, ma forse si sarebbe allentato
una volta
attraversato il portale.
Victor
lo attirò a sé, e Yuuri finalmente giunse a
Columbia, dritto tra le
sue braccia.
-
Tutto bene? - chiese Victor, lasciandogli spazio.
Yuuri
riaprì lentamente gli occhi. Stava bene, quasi come se non
avesse
appena raggiunto un'altra dimensione. Non c'era nulla che non
andasse. Sorrise, aggiustandosi gli occhiali sul naso. - Perfetto
–
disse.
Respirò
a pieni polmoni. Era sicuro che Rapture avesse un qualche sistema di
ventilazione, ma nulla poteva battere la sensazione dell'aria fresca.
Il sole batteva, caldo nonostante fosse Novembre. Era una sensazione
che nessuna luce di Rapture avrebbe potuto dargli, ed era qualcosa
che nemmeno si era reso conto gli mancasse.
E
Victor era lì, accanto a lui, che teneva una mano sulla sua
spalla.
I suoi occhi erano così belli che il suo cuore
saltò un battito.
Distolse lo sguardo, arrossendo. Cosa gli stava succedendo?
Si
guardò attorno. La stanza di Victor era molto semplice: il
letto era
appoggiato alla parete, proprio accanto al portale; dall'altra parte
rispetto al portale c'era un armadio. Ciò che
catturò di più
l'attenzione di Yuuri fu l'enorme vetrata che occupava buona parte
della parete opposta. Di fronte ad essa c'era una scrivania, sopra
cui era posata la valigetta del violino di Victor.
C'era
qualcosa di peculiare, nella stanza; anche se Yuuri non ci aveva mai
fatto troppo caso prima, notò la stessa
particolarità nei vestiti
di Victor. Sembrava quasi di stare in un set cinematografico, e che
Victor indossasse un costume. Yuuri era certo che mai nella sua vita
avrebbe indossato quel particolare tipo di giacca o pantaloni, e di
sicuro non avrebbe mai arredato la sua camera in quel modo.
-
Guarda – fece Victor, eccitato, indicando la finestra. Yuuri
si
avvicinò, e guardò fuori.
Improvvisamente
capì come mai la vetrata fosse così grande, e
come mai Victor
amasse così tanto guardare fuori: la vista era spettacolare.
La
città era disposta su delle specie di isole che fluttuavano
nel
cielo, circondate dalle nuvole. Alcune di esse erano collegate tra
loro da delle rotaie, e tutt'attorno volavano dei dirigibili. In
lontananza, Yuuri poteva scorgere quella che sembrava la gigantesca
statua di un angelo.
Yuuri
non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che tutto fosse
finto, o che stesse sognando. Tuttavia, reale o
meno che fosse
quella città, in quel momento gli sembrò il posto
più bello del
mondo.
-
Il bello di abitare all'ultimo piano – fece Victor. - Vuoi
uscire?
Yuuri
annuì. Aveva soltanto poche ore, almeno per quel giorno, ma
voleva
esplorare quella città. Victor gli fece prima visitare la
sua casa.
Yuuri si aspettava un luogo sfarzoso, dato che, ai suoi occhi, Victor
arrivava ad avere qualcosa di nobile; fu stupito invece nel vedere
una normalissima cucina e sala da pranzo. Addirittura, i mobili gli
sembravano un po' vecchi, anche se in ottime condizioni.
Era
una cosa che lo incuriosiva. Da quel poco che aveva visto, lo stile
di quella casa era evidentemente occidentale; Yuuri non aveva mai
visto nulla del genere, ma era sicuro che, se ci fosse stato un
americano al posto suo, gli sarebbe sembrato il set di una
rievocazione storica.
Uscirono
dall'appartamento, ed entrarono in un ascensore. Victor
schiacciò il
pulsante per scendere.
Yuuri
fissava un punto imprecisato davanti a sé. Cercava di non
guardare
Victor; se avesse posato il suo sguardo su di lui, non sarebbe
riuscito a staccargli gli occhi di dosso, e sarebbe stato
estremamente imbarazzante. Yuuri ancora non riusciva a crederci.
Victor era reale. Aveva quasi paura che
scomparisse.
Si
rese conto che, invece, era Victor che lo stava guardando. Gli
sorrideva, e sembrava particolarmente entusiasta.
-
Non vedo l'ora di farti vedere tutto! - esclamò.
Uscirono
dall'ascensore, attraversarono la hall del palazzo, e finalmente si
ritrovarono a camminare per le strade di Columbia.
-
Seguimi – fece Victor, facendogli cenno con la mano.
Yuuri
camminò dietro di lui, guardandosi attorno. Era tutto
incantevole:
il cielo, il sole, i palazzi, gli alberi... la gente camminava lungo
la via, tutti vestiti in quello strano modo, e il vociare che poteva
sentire in quella bella giornata di sole era diverso da quello che
poteva sentire a Rapture.
Victor
lo stava portando verso una piazza. Yuuri non riusciva ancora a
vederla completamente, ma dalla via gli sembrava di poter vedere
un'enorme statua, la più alta che avesse mai visto.
Quando
raggiunsero il centro della piazza, Yuuri vide che si trattava
dell'imponente statua di un uomo che reggeva una spada. Gli ricordava
un po' l'enorme busto di Andrew Ryan che aveva visto quando era
appena arrivato a Rapture, solo in una versione decisamente
più
maestosa.
I
suoi occhi erano pieni di meraviglia, e Victor lo guardava felice. -
Quello è il nostro Profeta, Zachary Hale Comstock. Ha
fondato questa
città.
Dovevano
tutti avere una grande stima per quell'uomo, se gli avevano dedicato
una statua così maestosa.
Davanti
alla statua, un ragazzino poco più giovane di loro
distribuiva dei
giornali, esclamando a gran voce: - Grande festa in città
per
l'arrivo dell'erede!
Victor
fece cadere una moneta nel cappellino davanti a lui, e porse un
giornale a Yuuri. Lui osservò la prima pagina, occupata per
la
maggior parte dalla foto di una neonata dagli occhi blu. Diede uno
sguardo al relativo articolo, e si rese conto di una cosa strana.
Molto strana.
-
Victor, ci dev'essere un errore – disse, fermandosi in mezzo
alla
piazza. Victor gli si avvicinò, perplesso.
-
In che anno siamo? - domandò Yuuri.
Victor
rise. - Nel 1893, che domande!
Oh.
Oh.
Yuuri
continuò lungo la strada, scioccato. Già solo il
fatto di aver
viaggiato per chissà quante miglia attraverso un portale era
sconvolgente, ma aveva avuto tempo per abituarsi all'idea, e comunque
era convinto che lui e Victor si trovassero nella stessa epoca.
Certo, Columbia gli aveva dato l'idea di provenire dal passato, ma
non gli era sembrato che Victor stesse vivendo più di
cinquant'anni
prima di lui.
-
Ehi, tutto bene? - fece Victor, conducendolo in un vicolo. Yuuri si
lasciò andare contro un muro.
-
Ok. È difficile da crederci, lo so. Ma....
-
Ma?
-
Ecco, a Rapture, dove vivo... è il 1948.
Gli
occhi di Victor diventarono enormi per la sorpresa.
-
Davvero? - fece, allegro. - Ma è stupendo! Non vedo l'ora di
venire
a farti visita!
Saltellava
per l'entusiasmo, mentre al contrario Yuuri cercava ancora di
riprendersi dalla scoperta. Victor poi si bloccò, nel vedere
che il
suo amico non sembrava entuasiasta quanto lui.
-
Va tutto bene, Yuuri? Forse... vuoi tornare a casa?
La
prospettiva di Yuuri che tornava a casa sembrava renderlo molto
triste. Ma no, Yuuri non voleva tornare indietro, non prima di aver
visto tutto il possibile di quella città.
-
No, no – fece, sorridendo debolmente e uscendo dal vicolo.
-
Sicuro? Sei ancora un po' pallido.
-
Sì – disse Yuuri, deciso. - Sarà un po'
come una lezione di
storia.
Continuarono
a camminare, e Yuuri, con la nuova informazione riguardo l'anno in
cui si trovava, guardò tutto ciò che lo
circondava con ancora più
attenzione. Le pareti erano invase da manifesti che ritraevano la
bimba che aveva visto sul giornale. “Il seme del
Profeta”, la
chiamavano. La vide di nuovo mentre aspettavano che si aprisse un
ponte tra due “isole”: delle immagini scorrevano
davanti a loro,
come i carri di una parata; la bambina era in braccio ad un uomo con
barba e capelli candidi; accanto a lui, una donna dall'aria regale.
Una voce si diffuse nell'aria, come proveniente da un megafono:
definiva quella bambina come un miracolo, come la salvezza di quella
città.
Subito
dopo, quelle immagini lasciarono il posto ad un ponte, e Yuuri e
Victor poterono proseguire.
-
Chi è quella bambina? - domandò Yuuri.
-
Lei è la figlia del Profeta – rispose Victor. - Il
miracolo di
Columbia. Dicono che la gravidanza di Lady Comstock sia durata solo
sette giorni, ma, detto tra noi due – abbassò il
tono di voce –
non credo che sia vero. Comunque, tutta la città
è in festa in suo
onore, e più in là c'è la fiera!
Victor
corse lungo il ponte. I suoi capelli brillavano, colpiti dai raggi
del sole; Yuuri era incantato da come la luce si rifletteva su
quell'argento. Victor rideva, facendogli cenno di seguirlo, e Yuuri
sentì i sentimenti che provava per Victor scalpitare nel suo
cuore.
L'ammirazione che aveva sempre provato per lui si stava trasformando
in qualcos'altro, se lo sentiva.
Seguì
il ragazzo oltre il ponte, ed insieme salirono su una piccola
scalinata. Poi, finalmente, raggiunsero la fiera.
Yuuri
si guardò intorno. Nella piazza c'erano una serie di palchi,
ciascuno dedicato alla dimostrazione del funzionamento di qualche
nuovo portento. L'attenzione di Yuuri fu attirata da uno in
particolare: sul palco camminava quello che sembrava un uomo con
addosso un'enorme armatura da cui spuntavano fuori dei cavi, mentre
un altro uomo, munito di megafono, ne tesseva le lodi. Sopra di loro,
un'enorme scritta: “Bettermens
Auto Body –
Handyman”.
-
Abbiamo
qualcosa del genere anche a Rapture – disse Yuuri. Victor lo
guardò, sorpreso.
-
Credo che servano per fare dei lavori – continuò.
- Li mandano
fuori, li vediamo a volte attraverso le vetrate. Chissà se
la loro
tuta è comoda....
Era
davvero strano trovare qualcosa di familiare in una città
così
diversa dalla sua. Non ebbe il tempo di riflettere sulla cosa,
però,
perché Victor lo prese per mano, trascinandolo in mezzo alla
folla e
spazzando via qualsiasi altro pensiero.
Per
fortuna erano circondati dalla gente, perché Yuuri non
voleva che
Victor vedesse il rossore delle sue guance. Certo, probabilmente lo
stava tenendo per mano soltanto per non perderlo in mezzo alla folla,
ma era un contatto che a Yuuri piaceva, anche se aveva appena
iniziato a comprendere il motivo di ciò. Si
lasciò trascinare per
tutta la fiera, un po' in balia dei suoi pensieri. Victor non
sembrava particolarmente interessato ai vari giochi, e Yuuri ne fu
contento: sembravano tutti giochi in cui avrebbe dovuto sparare a
qualcosa, e Yuuri non aveva mai preso in mano una pistola.
Victor
lo trascinò fino ad un venditore di zucchero filato, e ne
ordinò
per entrambi. Yuuri cercò nelle sue tasche qualche moneta
per poter
pagare il suo, ma purtroppo non aveva nulla. Non era nemmeno sicuro
che avrebbero accettato le sue monete: i dollari di Rapture erano
diversi dai dollari americani.
-
Victor... non posso pagare, lascia stare – disse. Non voleva
far
fare una figuraccia al suo amico.
-
Offro io – rispose l'altro, mettendogli in mano il
più grande
bastoncino di zucchero filato che avesse mai visto.
-
Ma io-
-
Mi offrirai qualcosa quando verrò a Rapture, va bene?
-
Va... va bene. Grazie.
Era
un po' in imbarazzo. Victor probabilmente non era ricco, non gli
sembrava giusto che pagasse anche per lui. Quasi si sentiva in colpa.
-
Scusa – disse. - Non avrei dovuto lasciarti comprare lo
zucchero
filato anche per me.
Victor
scosse la testa. - Non devi scusarti. Te l'ho già detto, a
Rapture
potrai offrirmi tutto quello che vuoi! E anche se non volessi farlo,
per me è un piacere offrirtelo. Voglio che tu ti goda questo
pomeriggio!
Victor
gli sorrise, rassicurandolo. E Yuuri fu improvvisamente
particolarmente conscio del battito del suo cuore, e del ritmo del
suo respiro.
Sospirò.
Victor lo faceva sentire strano. Era qualcosa che era iniziato
già
da quando si vedevano attraverso il portale, ma che sembrava aver
assunto una nuova forma da quando era arrivato a Columbia.
Quando
ancora era a Rapture, il pensiero di vedere Victor gli provocava una
sensazione di calore allo stomaco, e il suo cuore batteva forte.
Più
che normale: era eccitato all'idea di vedere un amico. Lì a
Columbia, invece, tutto il suo corpo sembrava essere caldo.
Probabilmente le sue guance scottavano come se avesse avuto la
febbre. E il suo cuore continuava a battere agitato. La giornata gli
stava decisamente piacendo, ma avrebbe fatto volentieri a meno di
quelle reazioni da parte del suo corpo.
Camminarono
lungo una terrazza al limite dell'isola in cui si trovavano. Davanti
a loro, altre isole, con i loro edifici colorati, galleggiavano
nell'aria, muovendosi lentamente su e giù. Davanti a loro
c'era la
statua dell'angelo che Yuuri aveva notato dalla stanza di Victor;
sembrava ancora più grande di come gli era sembrata.
Yuuri
si appoggiò alla ringhiera, e guardò in basso.
Sotto di loro poteva
vedere la terraferma, così lontana ma allo stesso tempo
così
vicina. Nessuno sarebbe potuto sopravvivere ad una caduta da
quell'altezza, ma allo stesso tempo il suolo non era così
lontano da
essere completamente nascosto dalle nuvole.
Si
risollevò. Osservare il vuoto sotto di lui non avrebbe certo
contribuito a farlo calmare.
Victor
si appoggiò alla ringhiera, sfiorandogli il braccio. - Di
certo non
è la cosa migliore da fare se si soffre di vertigini
– disse.
-
Credo che in quel caso, vivere in questa città non sia
l'ideale –
rispose Yuuri.
-
Non sembra di stare molto in alto, se non si guarda in basso. Non so
come sia possibile, ma normalmente sembra di stare sulla terraferma.
Altrimenti credo che non saremmo in grado di fare niente.
Rimasero
in silenzio per qualche secondo. L'ultima frase fece immaginare a
Yuuri una Columbia in cui Victor non poteva suonare il suo violino.
Sarebbe stato triste, essere privati di una parte così
importante di
sé.
-
Quando hai iniziato a suonare? - domandò Yuuri.
Victor
di voltò verso di lui, sorpreso dalla domanda. - Avevo
cinque anni –
disse. - Mia madre avrebbe voluto imparare a suonarlo, ma non ne ha
mai avuto la possibilità, così ha deciso che
sarei stato io a
realizzare il suo sogno. Ho imparato a leggere un pentagramma prima
di un libro.
Yuuri
pensò che fosse molto strano, e forse anche un po' triste. I
suoi
genitori non si sarebbero mai sognati di imporgli una cosa del genere
ad un'età così giovane. Anche se avessero
desiderato che lui
suonasse, avevano aspettato che fosse lui a chiedere di poter
prendere lezioni di pianoforte.
-
Non ti sei mai sentito costretto? - domandò. Se Victor fosse
stato
infelice mentre suonava, avrebbe preferito che smettesse, nonostante
amasse sentire la sua musica.
Victor
scosse la testa. - Per fortuna, ho sempre amato la musica. È
diventata la mia vita dal primo momento in cui ho preso in mano un
violino. Suono, e sono felice.
Accennò
un piccolo sorriso. Non sembrava mentire.
-
E tu, Yuuri? Come mai suoni?
-
Mi è sempre piaciuto il suono del pianoforte, tutto qui.
Quando ci
siamo trasferiti a Rapture ho scoperto che la scuola proponeva delle
lezioni di pianoforte nel pomeriggio, e ho chiesto ai miei genitori
se potevo partecipare. Mi piace, anche se ho iniziato da poco e, come
hai potuto sentire, non sono proprio il massimo.
Victor
rise, e nel vedere la sua espressione divertita, Yuuri sentì
le sue
guance diventare ancora più calde.
È
davvero bello, quando ride, si
ritrovò a pensare.
-
Credo che nessuno impari subito a suonare uno strumento. Di sicuro a
cinque anni non ero in grado di tirare fuori nessuna melodia. Credo
che i miei genitori si siano dovuti scusare varie volte con i vicini
– disse Victor.
-
Ne è valsa la pena, però – fece Yuuri.
Victor
gli rivolse un sorriso più luminoso del sole. - Sono sicuro
che sarà
così anche per te – disse, continuando a camminare.
Yuuri
lo seguì. Continuava a sentirsi strano, un po'
febbricitante. Gli
sembrava di avere troppo, troppo caldo, e non c'era nemmeno un po' di
brezza. Passarono davanti alla statua di una donna... o
era
un uomo?
Il
calore gli stava giocando dei brutti scherzi. Si stropicciò
gli
occhi. Non era possibile che la statua avesse cambiato aspetto, vero?
-
Tutto a posto? - fece Victor. Yuuri annuì. Avrebbe preferito
che il
suo corpo si comportasse in maniera normale, ma era carino che Victor
si preoccupasse per lui.
Sicuramente
Victor stava pensando che fosse davvero strano, o che non stesse
apprezzando la sua compagnia. Ovviamente la situazione non poteva
essere diversa dalla realtà.
Chissà,
forse è per il sole....
Seguì
Victor su per un'altra scalinata. Monument Island era proprio
lì,
davanti a loro, sempre più maestosa. Sulla cima delle scale
una
ragazza reggeva un cartello con su scritto "Lotteria", il
che spiegava la folla di persone sotto ad un palco poco più
in là.
Pensava
che Victor l'avrebbe fatto partecipare, ma ignorò
completamente sia
la ragazza che la folla, e lo condusse fino ad una panchina.
-
Ora dobbiamo solo aspettare la gondola - disse.
-
Potremmo partecipare alla lotteria, nel frattempo - fece Yuuri.
Victor
scosse la testa. - Non mi piace, quella lotteria. I premi sono
inutili - disse.
Yuuri
decise di non insistere, inoltre la gondola arrivò quasi
subito
dopo.
Era
gremita di gente che voleva raggiungere Monument Island. Era evidente
che fosse uno dei luoghi più frequentati di Columbia. Yuuri
notò
che alcune delle persone gli lanciavano degli sguardi strani. Forse
era perché nessuno lo riconosceva, o magari aveva una
macchia sulla
maglia. Guardò in basso, alla ricerca di qualche anomalia
nel suo
abbigliamento. Nulla.
Alzò,
lo sguardo, e vide Victor che osservava il cielo. Yuuri decise di
smettere di pensare agli sguardi altrui, e pensare più alle
meraviglie che stava vedendo. Stava volando su una città
volante,
dopotutto.
Monument
Island sembrava ancora più maestosa, vista da vicino. Yuuri
ormai si
era abituato agli spazi chiusi di Rapture: per quanto chiunque avesse
progettato la città avesse cercato di rendere i locali meno
claustrofobici possibile, non c'era nessun paragone con
quell'edificio che svettava nel cielo. Non appena scese dalla
gondola, Yuuri guardò in alto, cercando di scorgere la testa
dell'angelo. Si sentiva piccolo piccolo.
-
Forza, entriamo! - fece Victor, trascinandolo dentro.
Yuuri
dovette ammettere che l'interno dell'edificio era molto meno
impressionante dell'esterno: vi erano un negozio di souvenir e un
ristorante, ma ciò che attirava di più le
attenzioni della gente
era una scalinata che in quel momento era chiusa da un cancello.
Un
mormorio sgomento si diffuse tra la folla. È
chiusa, non è
possibile!, dicevano.
-
Cosa succede? - domandò Yuuri.
-
Questa... questa è la casa dell'erede. Fino a ieri, tutti
potevano
visitarla. Non so perché oggi sia chiusa.
La
cosa sembrava renderlo molto triste.
-
Non importa – fece Yuuri. - Possiamo fare qualcos'altro, se
vuoi.
Tra
l'altro, gli sembrava davvero strana la devozione che gli abitanti di
Columbia mostravano nei confronti di quell'erede. Visitare casa sua,
specie se, da quello che aveva capito, la bambina ci abitava, sarebbe
stato imbarazzante.
Victor
si avvicinò al negozio di souvenir, che era ancora aperto. -
Voglio
comunque che tu abbia un ricordo di questo posto – disse.
Comprò
a Yuuri una statuetta che riproduceva l'edificio.
-
Dovrò esagerare, quando visiterai Rapture – disse
Yuuri, prendendo
tra le mani il piccolo angelo. Avrebbe voluto abbracciare Victor, ma
di fronte a tutta quella gente si sentiva in imbarazzo a dimostrare
apertamente i suoi sentimenti.
-
Non devi disturbarti – disse Victor. Fargli quel regalo gli
aveva
restituito il buonumore, e non c'era niente di meglio di vedere
Victor sorridente.
-
Qual è la prossima tappa? - chiese Yuuri, mentre uscivano da
Monument Island.
-
Battleship Bay – rispose Victor.
Presero
di nuovo la gondola, e raggiunsero un'altra isola della
città.
Arrivati alla stazione comprarono un gelato (sì, Yuuri
avrebbe
dovuto strafare quando Victor avrebbe visitato Rapture), poi uscirono
di nuovo all'aperto.
Lo
spettacolo che si presentava davanti a loro era diverso da quello
offerto da Monument Island, ma altrettanto stupefacente.
Improvvisamente erano al mare. Le onde si infrangevano sulla riva, e
sulla spiaggia la gente prendeva il sole. Yuuri faticava a credere di
trovarsi ancora su un'isola di una città fluttuante nel
cielo.
Victor
si tolse subito le scarpe, per camminare meglio sulla sabbia. Yuuri
lo imitò, e appena sentì i granuli di sabbia tra
le dita, fu
riportato alla sua infanzia, prima di Rapture, quando andava al mare
con i suoi genitori. Anche il dolce sapore di vaniglia del gelato gli
ricordava il passato. Il gelato, a Rapture, aveva un gusto diverso.
-
Sembra la spiaggia di casa – disse.
-
C'è una spiaggia, a Rapture? - domandò Victor.
Yuuri
scosse la testa. - No, intendevo prima di Rapture. Abitavo in
Giappone, vicino al mare.
-
Davvero? Anche io abitavo vicino al mare. In Russia, a San
Pietroburgo. Poi i miei genitori hanno deciso di trasferirsi in
America. Questo mare è comunque più bello.
Vide
Victor fare un bel respiro profondo e gustarsi l'aria di mare. Lo
imitò, e si rese conto che anche il profumo era lo stesso.
Chiunque
avesse progettato quella spiaggia, era riuscito a catturare fino
all'ultimo dettaglio l'essenza del mare.
Si
sedettero sulla sabbia e finirono il loro gelato in silenzio,
ascoltando il rumore delle onde e la musica che veniva diffusa
tutt'attorno a loro. Il sole scendeva sull'orizzonte, il tramonto era
ormai vicino.
Durante
quella giornata Victor aveva sempre dimostrato entusiasmo,
mostrandogli allegro le bellezze della sua città; ora,
però,
scrutava il mare pensieroso. Sembrava il soggetto di un dipinto: i
tristi occhi azzurri, le ginocchia piegate sul petto, i capelli
d'argento che si muovevano col vento....
Yuuri
si ritrovò ad accarezzarne una ciocca, e Victor lo
guardò, stupito,
momentaneamente distratto da qualsiasi cosa lo rattristasse.
-
Mi... mi piacciono i tuoi capelli – disse Yuuri. Cosa gli era
preso?
Lo
sguardo di Victor si illuminò, e le sue guance si tinsero di
rosa. -
Grazie – disse. - Avevo bisogno di sentirmelo dire.
Yuuri
non seppe come rispondergli, ma non ce ne fu bisogno, perché
Victor
continuò a parlare.
-
Vorrei davvero che ci fosse qualcuno come te, qui.
-
Qualcuno che complimenti i tuoi capelli?
Victor
scosse la testa, ancora sorridendo. - Qualcuno che mi sia amico come
te. In pochi sono gentili, qui.
Yuuri
non poteva credere che un ragazzo come lui non avesse amici. Lo aveva
praticamente conquistato anche solo al sentirlo suonare, non era
possibile che nessuno in quella città gli fosse vicino.
Forse erano
gelosi di lui e del suo talento? Era così ingiusto, una
persona come
Victor meritava tutti gli amici del mondo. Gli faceva piacere che
Victor apprezzasse la sua compagnia, ma gli spezzava il cuore sapere
che fosse l'unico.
-
Non è giusto – disse Yuuri.
-
Non è così importante, non più, almeno
– rispose Victor.
Continuava a sorridere, come se davvero il fatto che fosse solo in
quella città fosse irrilevante. - Mi piacerebbe che tu
vivessi qui,
ma anche solo vederti attraverso il portale mi rende felice. Ma mi
sarebbe piaciuto se questo pomeriggio fosse durato di più.
Tra poco
dovremo entrambi tornare a casa.
Yuuri
rise. - Non sarà l'ultima volta che verrò qui
– disse.
-
Sì, ma oggi è stato speciale.
Entrambi
tornarono a guardare il mare, felici di essere in compagnia l'uno
dell'altro. Yuuri spostò lo sguardo sulla mano di Victor,
poggiata
sulla sabbia. Diventò tutto rosso, mentre avvicinava la sua
mano a
quella di Victor. Voleva stringergliela, ma Victor spostò la
sua.
Yuuri
era un po' deluso, anche se se lo aspettava. Prendersi per
mano
non è un gesto da amici, pensò. Ma,
con sua grande sorpresa,
Victor avvicinò di nuovo la sua mano, intrecciando il suo
mignolo a
quello di Yuuri. Era come se si stessero scambiando una promessa.
Io
non ti abbandonerò, pensò
Yuuri.
-
Ti va di giocare nell'acqua? - domandò Victor.
Yuuri
annuì. Si tolsero le scarpe e sollevarono gli orli dei loro
pantaloni, poi corsero nell'acqua, giocando e schizzandosi a vicenda,
ridendo come se non ci fossero un universo e cinquant'anni a
separarli. C'era un mondo di differenza tra di loro, dalla
nazionalità, alle circostanze in cui vivevano, al fatto che
erano
nati e cresciuti in due epoche diverse; ma la loro spensieratezza di
quel momento li rendeva soltanto due amici che stavano giocando.
Cercarono
di ritardare sempre di più il momento in cui Yuuri sarebbe
dovuto
ritornare a Rapture, ma il sole stava tramontando, ei i loro
genitori si sarebbero presto chiesti dove fossero finiti. Ritornarono
a casa di Victor, in camera sua. Per qualche motivo, erano entrambi
titubanti a salutarsi. Era come se avessero paura che il portale si
sarebbe chiuso, una volta che Yuuri l'avesse attraversato. Come se
quella fosse stata l'unica occasione che il portale aveva dato loro
per stare assieme.
-
La prossima volta verrai tu a Rapture, va bene? - disse Yuuri.
Victor
annuì. Sembrava strano, triste come se Yuuri stesse partendo
per un
lungo viaggio.
Yuuri
si avvicinò sempre di più al portale. - A domani,
allora – fece,
iniziando ad attraversare l'apertura.
Victor
lo bloccò, e lo attirò a sé,
abbracciandolo. Yuuri si sentì come
se tutta l'aria fosse scappata via dai polmoni, e si fosse
dimenticato come si respira. Il suo cuore batteva, mentre percepiva
il calore di Victor che lo avvolgeva.
C'era
davvero qualcosa di strano. Era felice di essere abbracciato da
Victor, ma era... strano. Victor lo stringeva forte, come se non
volesse lasciarlo tornare a casa.
-
Vorrei... vorrei che tu restassi qui – gli disse. La sua voce
tremava un po', e Yuuri si domandò se per caso ci fosse
qualcosa, a
Columbia, che Victor non voleva affrontare da solo. Qualsiasi cosa
fosse, non avrebbe dovuto affrontarla da solo: anche da Rapture
sarebbe stato in grado di parlare con lui.
-
Verrò qui a Columbia tutte le volte che vorrai –
rispose Yuuri, e
sentì l'abbraccio di Victor allentarsi.
Si
separarono, e stavolta Victor sorrideva, anche se aveva gli occhi un
po' lucidi. - A domani, Yuuri – disse, e Yuuri
ritornò a Rapture.
*
Yuuri
si ritrovò per tutto il resto della giornata a rimuginare su
ciò
che aveva provato quel pomeriggio. Stare con Victor gli aveva portato
tanta gioia, ma allo stesso tempo non poteva ignorare il tumulto di
emozioni che provava nel ripensarci. Il calore del loro abbraccio era
ancora lì, nel suo cuore, e si diffondeva in tutto il suo
corpo.
Ripensò
ai momenti in cui le loro mani si erano unite, in mezzo alla folla e
in spiaggia; ripensò al momento in cui, spinto da non si sa
che
istinto, aveva accarezzato i capelli di Victor; ripensò ai
suoi
occhi, alla sua risata, al batticuore che ogni tanto gli era venuto
durante quella giornata, a quel calore diffuso che lo faceva sentire
come se avesse la febbre; si ritrovò a desiderare un futuro
pieno di
tutte quelle cose, anche quelle che sul momento gli erano sembrate
soltanto una scocciatura. Sarebbe stato davvero bello se avesse
potuto vivere così, accanto a Victor. L'avrebbe reso felice.
Sospirò.
Aveva letto qualche libro in cui i protagonisti provavano le sue
stesse emozioni, e forse poteva dare loro un nome. Non si sarebbe mai
aspettato di poterle provare per un ragazzo, ma non poteva certo
controllarle.
Era
innamorato di Victor.
*
Il
giorno dopo corse verso la stanza del portale non appena ne ebbe la
possibilità. La consapevolezza dei sentimenti che provava lo
rendeva
ancora più nervoso, ma allo stesso alimentava la sua
eccitazione al
pensiero di vedere Victor. Non vedeva l'ora di parlargli, ma allo
stesso tempo il suo stomaco si contorceva come un serpente.
Sorridendo,
abbassò la maniglia della porta della stanza... e la
trovò chiusa.
-
Non si può più entrare, lì –
disse qualcuno. Yuuri si voltò. Ad
aver detto quelle parole era un addetto alle luci. Yuuri l'aveva
visto già varie volte in quel teatro.
-
Come mai? - domandò Yuuri, la mano ancora sulla maniglia.
-
Ordini dall'alto. Non provare ad aprirla, ragazzino. È
chiusa bene –
disse l'uomo.
-
Per caso sa dov'è la chiave? - domandò Yuuri, ma
non si aspettava
di ottenere una risposta.
L'uomo
rise. - Non so nemmeno io dove sia, e se lo sapessi non potrei
dirtelo!
Yuuri
si allontanò dalla porta, e uscì dal teatro.
Doveva trovare un modo
per superare quella porta. Aveva viaggiato nel tempo
per poter
abbracciare Victor, non sarebbe stata una porta a fermarlo! Aveva
promesso a se stesso che non avrebbe lasciato Victor da solo,
qualsiasi cosa stesse affrontando. Gli aveva promesso che gli avrebbe
fatto visitare Rapture, così come lui aveva visitato
Columbia. Ed
erano promesse che lui voleva mantenere.
Si
ritrovò a fare cose che non aveva mai fatto.
Cercò di origliare
conversazioni in teatro per capire dove fosse la chiave, ma
inutilmente. L'unica cosa che riuscì ad intuire fu che era
stata
rilevata una stranezza nella stanza, e che quindi
era stata
chiusa per motivi di sicurezza.
Yuuri
sapeva benissimo che si trattava del portale, e questo lo spinse
ancora di più a cercare un modo per aprire la porta. Cosa
sarebbe
successo a Victor se qualcun altro che non fosse Yuuri avesse
attraversato il portale?
Nelle
settimane successive Yuuri lesse vari manuali su come scassinare una
serratura. Provò a forzare la porta, ma quella serratura era
troppo
difficile per lui. I giorni passavano, ma lui non si diede per vinto:
provò e riprovò più volte. Victor
sicuramente doveva essere triste
per la sua assenza, o addirittura poteva essere in pericolo. Se
avesse potuto utilizzare i suoi sentimenti per lui per sfondare la
porta, Yuuri l'avrebbe fatto, ma aveva a disposizione soltanto delle
forcine e tanta tenacia.
Questo
fino al giorno in cui qualcuno si rese conto che stava trafficando
con la serratura, e venne messa una guardia davanti alla porta.
Triste
e demoralizzato, Yuuri si ritrovò a dover accantonare il suo
piano
per entrare nella stanza. In quel momento non poteva fare nulla
contro una persona armata. Riprese la sua vita normale, giurando a se
stesso che se un giorno ne avesse avuto la possibilità
sarebbe
tornato da Victor. Sperò che col passare del tempo la porta
venisse
lasciata incustodita, ma questo non accadde.
Passarono
i giorni, le settimane, i mesi ed infine gli anni. Yuuri, preso dalla
sua vita e dai suoi impegni, smise di cercare di entrare in quella
stanza, e Victor era diventato ormai un dolce ricordo, mai
dimenticato, ma conservato in un piccolo angolo della sua mente.
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