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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo: Sensazioni *** Capitolo 2: *** Primo capitolo: Chi sei? *** Capitolo 3: *** Secondo capitolo: Completa *** Capitolo 4: *** Terzo capitolo: La bomba *** Capitolo 5: *** Quarto capitolo: Lontane *** Capitolo 6: *** Quinto capitolo: Specchiarsi *** Capitolo 7: *** Sesto capitolo: Suite 18 *** Capitolo 8: *** Settimo capitolo: Luthor *** Capitolo 9: *** Ottavo capitolo: Super e Luthor *** Capitolo 10: *** Nono capitolo: Accuse *** Capitolo 11: *** Decimo capitolo: Rivelazioni *** Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo: Fredda solitudine *** Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo: L’errore *** Capitolo 14: *** Tredicesimo capitolo: Il tentativo *** Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo: Provare *** Capitolo 16: *** Quindicesimo capitolo: Sono qui *** Capitolo 17: *** Sedicesimo capitolo: Addio *** Capitolo 18: *** Diciassettesimo capitolo: Arrendersi ***
Supergirl sfrecciò nel cielo, ruotò su se
stessa e tornò indietro, evitando con una rotazione le scaglie di metallo che
l’alieno lanciava. Quando lo colpì il corpo del suo avversario risuonò come una
campana e lei sentì un dolore sordo risalire come un fulmine dalle sue nocche
fino alla spalla.
Strinse i denti e colpì una seconda
volta, l’alieno fece un passo indietro, ma non sembrò risentire in altri modi
della sua forza. Con un guizzo fu di nuovo in cielo. Se non poteva usare la
forza allora doveva usare altre sue qualità, così concentrò il suo sguardo
facendo appello alla vista calorifera.
L’essere non risuonava solo come il
metallo, era anche di base metallica e infatti iniziò a urlare e, pochi istanti
dopo, si arrese alzando le mani e chiedendole di smettere. Kara scese a terra
con un sorriso soddisfatto e aiutò gli agenti DEO, accorsi sul posto, ad
ammanettare l’ostile e a caricarlo su un camion che lo avrebbe portato in una
zone di contenimento adatta a lui.
“Ottimo lavoro, Supergirl.” Gli disse il direttore nel suo
auricolare.
“Grazie, J’onn.”
Rispose, poi al cenno affermativo di Alex, a capo del gruppo di agenti DEO,
spiccò il volo verso il cielo e sparì agli occhi di tutti.
In realtà si diresse verso casa dove
atterrò qualche minuto dopo.
“Ciao, tesoro.” Sorrise alle parole
di Mon-El che stava leggendo seduto sul divano, e si
diresse in camera per indossare i suoi abiti da Kara Danvers.
Avrebbe potuto usare la super-velocità, ma non lo fece. Sospirò mentre,
lentamente, si toglieva il mantello, la gonna e gli stivali per sostituirli con
pantaloni e camicia. Prima di indossare le scarpe si sedette sul letto e si
massaggiò le nocche della mano destra.
Era strano, aveva una vita felice:
come Supergirl riusciva sempre a vincere, come Kara
aveva un lavoro che amava e nel quale si sentiva realizzata, aveva un fidanzato
che l’amava e una sorella che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei… allora
perché si sentiva così vuota? Perché si sentiva soffocare, come se attorno al
suo collo si stesse stringendo un cappio?
Era da alcune settimane che quella
sensazione la tormentava, ma oggi sembrava quasi toglierle il respiro.
Si alzò e si fissò allo specchio. Per
un secondo, un brevissimo secondo, non fu il suo riflesso quello che vide,
sbatté gli occhi e vi era solo lei, Kara Danvers. La
donna dai bruni capelli era scomparsa.
Doveva essere stanca.
Lena Luthor
si guardò nello specchio per l’ennesima volta. I capelli erano perfettamente in
ordine, così come il trucco e il suo abito elegante. Era l’immagine della donna
di successo, sicura di sé, forte e pronta a dominare il mondo. Quell’ultimo
pensiero le fece storcere il naso, no, era una Luthor,
era meglio se non esagerasse, lei voleva solo controllare la sua compagnia,
quella era l’immagine giusta da dare in quel momento.
Tolse un invisibile granello di
polvere dal suo polsino e poi si voltò con un sospiro, aveva ventiquattro anni
e stava per prendere il controllo di una delle più ricche compagnie del paese,
eppure non era felice, neppure un po’. Era così difficile credere che lei
volesse solo tornare al suo laboratorio, ai suoi esperimenti, alla sua vita
fatta di piccole sfide per cambiare il mondo? Da poco era riuscita a trovare
qualcosa di promettente e…
“Miss Luthor?”
Si voltò verso la segretaria, perché ora aveva una segretaria, e annuì.
Era pronta, doveva essere pronta.
L’intero consiglio d’amministrazione la stava aspettando. Sapeva che volevano
che prendesse le redini della compagnia ora che suo fratello era stato
arrestato. Avrebbe dovuto condurre la Luthor
Corporation oltre quel momento di grave crisi finanziaria e ridarle l’antico
splendore. Era suo dovere, era una Luthor, l’ultima
visto che sua madre era stata nel consiglio d’amministrazione di Lex e ora doveva tirarsene fuori se non voleva che la compagnia
affondasse assieme al figlio.
“Signori.” Disse, entrando nella
stanza e guardandosi attorno. Sentiva il cuore battere veloce, ma nulla nel suo
aspetto indicava che era tesa.
Sorrise, annuì, strinse mani e dopo
appena mezz’ora era la nuova CEO della Luthor
Corporation.
Attorno al suo collo si era appena
chiuso un cappio.
Prima ancora di accettare il nuovo
ruolo aveva già preso numerose decisioni, una su tutte spostare la sede
principale della compagnia. Aveva bisogno di un nuovo inizio.
Così, quel pomeriggio stesso, prese
l’aereo e arrivò a National City. Una macchina la stava aspettando e la portò a
casa. Lena osservò i grattacieli di quella nuova città con gli occhi persi,
sentiva che avrebbe potuto solcare i cieli se solo avesse voluto. Scosse la
testa a quel pensiero anomalo, lei odiava volare e per quel giorno aveva già
fatto un volo di troppo.
Quando la macchina si fermò, scese,
anticipando l’autista che voleva aprirle la porta, e salì gli scalini guardando
la casa con un misto di piacere e dolore. Tra quelle mura aveva passato
numerose vacanze, lì suo padre aveva saputo rilassarsi per qualche giorno,
lontano dagli affari e da Metropolis, con Lex aveva potuto giocare, dimenticando la scuola e la
rigida scaletta di impegni che entrambi avevano dovuto seguire, lì, persino sua
madre era stata più morbida. Era la casa in cui l’avevano accolta per la prima
volta a quattro anni e in cui aveva imparato a giocare a scacchi.
Una cameriera anziana, Catherine,
ricordò, le aprì il ricco portone e la accolse con un sorriso.
“Bentornata a casa, miss. Ci è mancata.”
Lena rimase sorpresa nel vedere il personale schierato nell’atrio, tutti con
ampi sorrisi sulle labbra. Non si era aspettata una simile accoglienza.
“Grazie…” Riuscì a dire, leggermente
commossa.
“La sua stanza è pronta, desidera
qualcosa di speciale per cena?” Lena scosse la testa. “Il cuoco si chiedeva se
le piacciono ancora…”
“Pizza.” Rispose. “Pizza hawaiana.”
“Pizza, miss?” Chiese il cuoco
intervenendo, sorpreso. Lena sbatté le palpebre confusa, aveva avuto un intenso
desiderio di pizza con l’ananas, ma era assurdo.
Rise e il personale la imitò,
sorpreso dal fatto che avesse fatto loro uno scherzo.
“Qualsiasi cosa avete in mente andrà
benissimo. Grazie.” Affermò alla fine.
Il meeting con il consiglio
d’amministrazione e il viaggio dovevano averla stancata più di quanto
immaginasse.
“Pizza!” Esclamò Kara entusiasta
osservando Mon-El entrare con un cartone gigante.
“Mi sembravi un po’ giù, così ho
pensato che questa avrebbe potuto ritirarti su.” Ammise con un sorriso,
ruotando il pollice da giù in su e lei annuì afferrando lo scatolone e
aprendolo, i suoi occhi confermarono ciò che il suo naso aveva già capito.
“La mia preferita.” Costatò.
“Non mi merito un bacio?” Chiese il
ragazzo, ma lei si era già voltata verso la cucina per prendersi da bere e
lasciò il ragazzo a stringersi nelle spalle.
“Mangi con me o devi andare?” Gli
chiese, Kara, con una fetta già in bocca.
“Devo andare, mi aspettano al bar.”
“Buon lavoro e grazie per la pizza!”
Le disse allora lei prendendo un altro boccone.
Rimasta sola Kara prese lo scatolone
e il bicchiere di coca cola e si sedette alla finestra osservando il cielo e le
stelle. Non lo aveva detto a Mon-El, ma aveva un
profondo senso di nostalgia quella sera. Quel senso di oppressione non se n’era
andato, anche se ora forse era mischiato a della rassegnazione, ma al tutto si
era aggiunta la malinconia.
Finì la pizza e rimase, lì, immobile
a pensare ai suoi genitori e al suo mondo, gli occhi puntati verso il cielo,
verso Rao, la stella attorno alla quale aveva
orbitato il suo pianeta.
Una lacrima scese lungo il suo viso e
lei lasciò che le rigasse la gota.
Lena raccolse la lacrima e la osservò
con sorpresa. Era nella stanza della sua gioventù, per tutta la serata non
aveva potuto fare a meno di pensare a suo padre e a suo fratello, persino a Lillian che ogni tanto si era mostrata gentile verso di
lei. Provava un’intensa nostalgia, come se essere di nuovo lì avesse acuito un
sentimento che non pensava di provare. Era stata felice quando se n’era andata,
perché ora si sentiva in quel modo?
Sfregò la lacrima tra i polpastrelli
di pollice e indice, poi scelse uno dei pigiami dall’armadio, notando che le
sue cose erano già state sistemate al loro posto, e si stese nel letto.
Per qualche ragione le nocche della
mano destra le dolevano da un po’, le massaggiò per qualche minuto, poi chiuse
gli occhi e si addormentò.
Kara aprì e chiuse la mano destra,
Alex l’avrebbe uccisa se avesse scoperto che non le aveva detto quanto male si
era fatta, ma il dolore stava lentamente passando ed era sicura che l’indomani
sarebbe scomparso del tutto. Sperava che anche quella malinconia sarebbe
scomparsa assieme al dolore. Si stese nel letto e chiuse gli occhi, pochi
minuti e si addormentò.
Lena si guardò attorno con interesse.
“Ciao.” Mormorò una voce alle sue spalle e lei si voltò. C’era una
bambina che guardava il paesaggio.
“Dove siamo?” Chiese. Ora anche lei era una bambina.
“Casa…” Disse soltanto la piccola. Aveva capelli lunghi e biondi e grandi
occhi azzurri, tristi.
“È bella.” Commentò, tornando a osservare la città. I grandi palazzi di
vetro erano colorati di rosso dal sole, come al tramonto.
“Mi manca.” Bisbigliò la bambina e Lena si voltò osservando i lacrimoni
scendere lungo quelle infantili guance.
“Lo so.” Ed era vero, sentiva un dolore sordo nel cuore. Era di nuovo
grande quando prese tra le braccia la donna, perché ora anche la bambina era
cresciuta.
La stretta sciolse il dolore nel suo petto e lei si sentì finalmente
libera dall’oppressione che l’aveva condannata per settimane, da quando aveva
saputo di Lex e di conseguenza del suo destino.
Sorrise e si sistemò meglio in quel tranquillo abbraccio.
Nel letto Kara si sistemò meglio, le
lacrime si asciugarono sul suo volto, mentre il sogno sfumava e la sua mente si
rilassava in un placido sonno.
Lena si spostò nel letto e le sue
labbra sorrisero, mentre il sogno sfumava e la tensione della giornata spariva,
lasciando spazio a un sonno ristoratore.
Note: Finalmente
ho una nuova long pronta per voi. Ovviamente SuperCorp!
Non c’è molto
da dire, questo primo capitolo introduce la situazione, come avrete notato gli
eventi sono simili, ma non identici a quelli della serie. Sintetizzando vi è
una traslazione negli eventi, Lena è appena arrivata a National City, ma Kara e
Mon-El sono già una coppia e, vedremo, anche Alex e Maggie…
detto questo, spero che questi primi accenni di trama vi abbiano intrigato a
sufficienza da farvi desiderare un seguito.
Cosa ne
pensate? Fatemi sapere!
La storia è
completa, quindi, la velocità di pubblicazione dipende, come sempre, solo da
voi! ;-)
Kara si svegliò, ma non aprì gli
occhi, invece si stiracchiò, sorridendo. Era da settimane che non si sentiva
così bene!
Non ricordava neppure che le sue
lenzuola fossero così morbide. Sorridendo beata aprì finalmente gli occhi e
sussultò. Quella non era la sua camera, quello non era neppure il suo letto!
Saltò in piedi e con un senso di vertigine si rese conto di essere in casa sua.
Sbatté gli occhi ed ecco che era di nuovo da qualche altra parte.
“Che cosa sta succedendo?” Chiese ad
alta voce, perché aveva bisogno di ancorarsi a qualcosa di reale.
“Chi ha parlato?” Il tono era leggermente acuto, come se contenesse una punta di panico.
“Oh Rao,
sto impazzendo.”
“Sto impazzendo.” Disse in contemporanea la voce nella sua testa.
Kara sentiva il cuore che batteva
veloce, i suoi occhi coglievano due posti, uno era casa sua, l’altro una camera
enorme, con un’ampia scrivania sul fondo e delle finestre dalle quali,
attraverso le tende, filtrava la luce del sole.
“Chi sei?” Mormorò piano.
“Chi sei, tu!”
Rispose con tono deciso la voce nella sua testa.
“Io… mi chiamo Kara.” Forse era da
pazzi parlare con una voce nella testa, ma era meglio che rimanere lì semi
terrorizzata.
“Lena.”
Rispose allora la donna e lei sentì la paura lentamente scemare.
“Quindi… sei nella mia testa?” Provò
di nuovo.
“Direi che, tu, sei nella mia di testa.” Nel tono della donna si percepiva la
tensione, ma anche dell’ironia. Si era ripresa in fretta. Kara non poté fare a
meno di sorridere.
“Oh, no. Se qualcuno deve essere
pazzo, quella sono io, quindi, tu, sei nella mia testa.” Controbatté e sentì
una piccola risata.
“Questa situazione è assurda: la voce nella mia testa cerca di fare
dell’ironia con me…”
Lena sospirò e Kara ebbe la sensazione che la stanza attorno a lei cambiasse,
fu colpita da un’idea.
“Ti stai muovendo?” Chiese.
“Sì…”
Ammise la donna.
“Sei in una stanza con delle tende
verdi chiare? Un grande letto dalle lenzuola di seta e alla tua destra c’è un
armadio di legno scuro?” Un lungo silenzio seguì le sue parole.
“E tu in una stanza dai colori caldi, vedo la cucina e il salotto e
un’ampia finestra dalle tende bianche.”
“Esatto!” Affermò lei, sedendosi sul
letto.
“Vuoi dire che sei… vera?”
“Sì!” Esclamò decisa. “Siamo reali
entrambi, solo che…”
“Siamo una nella testa dell’altra.” Concluse Lena. “Com’è
possibile?” Domandò.
“Non lo so… ma ti assicuro che ho
visto molte cose strane, questa non è molto più strana di altre.”
“Davvero?” Il
tono scettico non sfuggì a Kara.
“Sì, davvero. Una volta sono stata
intrappolata nella mia stessa mente da un parassita pianta schifoso e il mio
pianeta non era distrutto, la mia famiglia viveva e io ero felice, c’era
persino mio cugino e aveva quel ricciolino carino e…” Si interruppe portandosi
le mani alla bocca. Era ovvio che aveva detto troppo. Vi fu un lungo silenzio,
ma Kara sapeva che Lena era ancora lì, se stringeva appena gli occhi poteva
vedere le tende verdi ondeggiare ora che lei aveva aperto un poco la finestra.
“Lena?” Chiamò titubante.
“Sei Supergirl?” Chiese la donna e lei arrossì,
abbassando il capo.
“Io… ehm…”
“Ci sono molti alieni sulla terra, ma pochi hanno un cugino con un
ricciolo sulla fronte carino come quello di Superman o invocano Rao.” Kara chiuse gli occhi e provò un immediato divertimento. “Non credo che chiudere gli occhi basti.”
Kara li riaprì, sorpresa, non per la frase, ma per la sensazione, non proveniva
da lei, no, era evidente che provenisse dall’altra donna.
“Non possiamo solo vedere una
attraverso gli occhi dell’altra e sentire ciò che diciamo, posso anche sentire
le tue emozioni!”
“Cosa?” Questa
volta da Lena provenne un picco di panico.
“Oh!” Esclamò lei. “Questo era
intenso!”
“Hai sentito…?”
“La tua paura, sì, ma non devi
averne, le tue emozioni sono al sicuro con me.”
“Non ti conosco, come posso fidarmi? Nessuno è mai arrivato tanto vicino
a me da…” Si
interruppe e Kara sentì la sua tristezza.
“Lena.” La chiamò con dolcezza. “Tu puoisentire le mie.” Cercò di infonderle quel senso di
protezione, di coraggio, di condivisione. Qualcosa che istintivamente, per
qualche oscura ragione, sapeva di poter offrire a questa perfetta sconosciuta.
“Va bene…”
Accettò la donna e Kara sorrise. Si alzò e si stiracchiò. “Non ti preoccupa neanche un po’ questa situazione?” Chiese, con
voce bassa, Lena.
“Non lo so… il fatto è che sono
giorni che non mi sento bene e ora che sei qui, beh, non mi sono mai sentita
meglio.” Provò un immediato senso di benessere e capì che Lena non solo aveva
apprezzato le sue parole, ma si era resa conto che era la stessa cosa per lei.
“Però dovremmo capire come gestire la cosa e… aspetta!” Si interruppe e sgranò
gli occhi. Davanti a lei si apriva un panorama sconosciuto. “Dove abiti?”
Domandò. Vi erano alberi alti e verdi, siepi elegantemente disposte a formare
disegni e poteva persino scorgere l’oceano.
“Questa è la casa delle vacanze della mia famiglia… vi sono tornata ieri
sera, perché adesso…”
Si interruppe. Kara percepì un dubbio, un timore, qualcosa di indefinito che la
tratteneva dal dire di più.
“Ho capito, sei una riccona! Ora mi
vergogno del mio appartamento minuscolo.”
“Il tuo appartamento è molto bello, luminoso, caldo, accogliente.” Era evidente il suo sollievo nel non
essere stata interrogata ulteriormente.
“Grazie.”
“Non avevo mai pensato al fatto che Supergirl
dovesse avere un appartamento, pagare le bollette e gettare la spazzatura.” Kara sorrise nel percepire la
curiosità serpeggiare in Lena.
“Devo anche mangiare.” Ricordò
dirigendosi in cucina. Bussarono alla porta e lei si voltò, rendendosi conto
solo dopo un istante che non era alla sua porta che avevano bussato.
“Buongiorno, miss. Ha dormito bene?”
“Sì, grazie.”
La voce della cameriera giungeva alle sue orecchie come se si fosse trovata
davanti a lei.
“Per Rao
sei davvero ricca!” Un profumino invitante raggiunse le sue narici e Kara sentì
il suo stomaco brontolare. “Colazione in camera? Stai scherzando?” Lena non
rispondeva, ma Kara percepiva il suo divertimento. “Aspetta un attimo, come
faceva a sapere che eri sveglia? Non è che entra in camera tua ogni dieci
minuti per controllare?” Scoppiò a ridere all’idea.
“Kara!” La
redarguì con divertimento Lena e attraverso gli occhi della donna vide la
cameriera fissarla.
“Come, miss?”
Chiese e lei soffocò le risate nelle mani.
“Nulla, Catherine. Grazie mille della colazione, sembra tutto
buonissimo.”
“Grazie, miss.”
“Deve sempre chiamarti ‘miss’? Devo
chiamarti ‘miss’ anche io?” Kara ridacchiava, ma quando vide la colazione
luculliana davanti agli occhi di Lena si zittì.
“Senti che profumino.” La provocò allora la ragazza, agitando la mano e abbassando
il volto sui croissant caldi.
“Ahhhh!
Questo non è giusto!” Protestò.
“Oh, perché provocarmi quando non posso rispondere è giusto?” Le rispose divertita la donna e Kara
corrugò la fronte.
“Ok…” Lena rise e Kara provò un senso
di orgoglio e di felicità, era bello sentirla ridere, era bello essere la fonte
di quella risata. Di nuovo percepì quel senso di calore, provenire da Lena e si
crogiolò in quella sensazione.
La porta alle sue spalle si aprì e Mon-El fece la sua comparsa.
“Kara, sono a casa!” Sbraitò. Amava
troppo quella frase, era stata divertente le prime volte, ma ora iniziava a
essere ripetitiva.
“E questo chi è?” Chiese la voce perplessa di Lena.
“Il mio ragazzo.”
“Come, Kara?” Chiese Mon-El avvicinandosi a lei e dandole un bacio.
“Questo è stato strano.” La voce di Lena nella sua testa la fece arrossire.
“Credo che dovresti andare.”
“Andare? Ma sono appena arrivato?”
“No… ehm… non dicevo a te.” Kara fece
un sorriso al ragazzo. Poteva vedere Lena che stava tranquillamente spalmando
del burro su una fetta di pane tostato e, per quanto la conoscesse da pochi
minuti, poteva indovinare il sorrisino divertito che aveva sulle labbra.
“Mi dispiace, ma non so come andarmene. Fidati, neanche io vorrei essere
stata lì quando ti ha baciata.” Da Lena provenne un’onda di fastidio mista a divertimento
per la situazione scomoda in cui si trovava la ragazza d’acciaio.
“Posso prepararti i pancake?” Chiese Mon-El, affaccendandosi in cucina.
“Oh, un uomo che cucina!” Commentò Lena, adesso sorseggiava un caffè. “Una perla rara.”
“Sì, grazie… solo un minuto.” Kara
fece dietro front e si nascose in bagno. “Dobbiamo trovare un modo per…” Si
fermò e corrugò la fronte. Gli occhi di Lena erano caduti casualmente su un giornale
posato sul tavolo accanto alla marmellata. Kara non ci avrebbe fatto caso se
non avesse riconosciuto il titolo che campeggiava in prima pagina. “Luthor?” Chiese incuriosita. “Cos’hanno fatto questa
volta?”
“Come?” Kara
percepì qualcosa in Lena, per un istante le sembrò di cogliere del panico, di
nuovo, poi non percepì più nulla, sbatté le palpebre e capì che era sola. Lena
non c’era più.
Chiuse il pugno sul giornale, nel
panico. Percepiva la perplessità di Kara alla sua reazione e poi… nulla. Lena sbatté
le palpebre, confusa.
“Kara?” Chiamò. Non c’era più.
L’aveva spinta via?
Scosse la testa, scossa. Com’era
possibile che un simile legame si fosse creato? Com’era possibile che ora si
sentisse tremendamente vuota?
Chiuse gli occhi e respirò profondamente,
tutta quella storia non aveva senso. Si alzò, prese il telefono e chiamò il suo
medico. fissando una serie completa di test ed esami per quello stesso
pomeriggio.
Passare all’azione la calmò,
qualsiasi cosa non andasse nel suo cervello l’avrebbe risolta. Perché era
chiaro che qualcosa non andava in lei. Le avevano forse innestato un congegno
che le dava allucinazioni?
Doveva essere tecnologia di grido,
perché aveva avuto allucinazioni visive, olfattive, uditive, persino… non
riuscì a impedirsi di provare un senso di benessere mentre ricordava il
delicato, ma deciso, senso di protezione che aveva percepito dalla ragazza.
Supergirl. Era possibile? No, molto più
probabilmente qualcuno si stava divertendo con il suo cervello.
Questa era la parte razionale, ma un
piccola parte di lei, la parte emotiva, sapeva che Kara era reale, che era da
qualche parte intenta a mangiare pancake con quel ragazzo. Corrugò la fronte al
pensiero, dunque Supergirl aveva un ragazzo… chissà
se sapeva che lei era la supereroina di National City… e questo la portava ad
un altro pensiero: Kara. Era il nome con cui si era presentata, era forse il
nome kryptoniano o, più probabilmente, il nome con il
quale si presentava al mondo con la sua identità segreta?
Troppe domande per cui lei non aveva
tempo, aveva appena accettato di guidare la Luthor
Corporation, non poteva pensare di avere un chip nel cervello o di essere in
contatto psichico con un Super!
Ma l’aveva spinta via… forse non
l’avrebbe mai più sentita. L’idea le provocò un senso di perdita acuto che lei
soffocò alzandosi con uno scatto e raggiungendo l’armadio. Avrebbe smesso di
pensare e avrebbe affrontato la giornata come ogni altra mattina.
“Tutto a posto.” Affermò Alex con un
sorriso.
“Davvero?” Chiese Kara, saltando giù
dal lettino con aria perplessa.
“Sì, perché?”
“Nulla, così…” Sorrise alla sorella
che la guardò corrugando la fronte. Kara capì che sarebbe finita presto sotto
interrogatorio se non si toglieva da lì in fretta. “Ora devo andare, mi
aspettano alla CatCo! Grazie Alex, questi test
mensili sono noiosi!”
“Tutti gli agenti del DEO fanno i
test mensili, nessuno escluso, Supergirl.” J’onn la guardò con aria seria.
“Ma certo!”
“Ma il tuo non era fissato tra una
settimana?” Intervenne Winn, perplesso, e Kara fece
una smorfia, maledendo la memoria del ragazzo.
“Davvero? Ero sicura che fosse oggi!”
Affermò, arrossendo un poco, mentre vedeva Alex che controllava le date
inarcando un sopracciglio. “Vado!” Sorrise a tutti e sparì prima che sua
sorella potesse interrogarla.
Nel cielo di National City non c’era
una nuvola e Kara volò piano, riflettendo. Lena.
Com’era possibile che ci fosse una
persona connessa alla sua mente? Era sembrato tutto così sensato, così giusto,
così vero eppure da quando non c’era più aveva vissuto nel dubbio. Aveva
sognato? Stava impazzendo? Le stavano controllando la mente?
Chiedere ad Alex di farle un
controllo era stata l’unica mossa logica a cui era riuscita a pensare, ma non
era riuscita a dirglielo. Perché? Non lo sapeva.
Una piccola vocina nella sua testa,
questa volta tutta sua, le diede della bugiarda. Lei sapeva perché non aveva
detto niente a nessuno, non a Mon-El, non ad Alex,
non a Winn e, meno che mai, a J’onn…
perché loro avrebbero fatto il possibile per eliminare quel collegamento.
Avrebbero pensato e lavorato ad un modo per separarle e lei… lei non lo voleva.
Era assurdo, ma, per la prima volta da quando ricordava, si era sentita
perfettamente completa solo con quell’estranea nella mente.
Atterrò in un piccolo vicolo dietro
al grande palazzo della CatCo e indossò gli abiti di
Kara Danvers, prese un profondo respiro e annuì.
Avrebbe affrontato la giornata come tutte le altre e sperato, con tutta se
stessa, che il miracolo si fosse ripetuto e che Lena sarebbe tornata.
Note: Primo capitolo, siete state così veloci ad arrivare
a 5 commenti che ve lo siete meritate, anche se avevo pensato di lasciare un po’
più di tempo al prologo.
Le cose si fanno interessanti… spero… ;-)
Lena e Kara si solo incontrate, ma non nel modo
“classico”, le loro menti si sono connesse e le due ragazze sembravano averla
presa abbastanza bene, almeno fino a quando erano insieme, poi sono arrivati i
dubbi e le preoccupazioni, ma anche il desiderio di ritrovarsi ancora.
Sorprese dalla rivelazione immediata di Kara? Sì, la
nostra ragazza d’acciaio non ha saputo mantenere il suo grande segreto neanche
per tre secondi, Lena invece non ha detto proprio tutto… guai in vista? Lascio
giudicare a voi!
Nel prologo volevo lasciarvi un po’ di mistero sul legame
tra Kara e Lena e non l’ho detto, ma ho pensato a questa storia dopo aver visto
il film “In youreyes” se
vi va di vederlo non è male.
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate! Rendere felice
un autore non ha prezzo! Giusto? ;-)
Nel palazzo l’incendio imperversava,
Kara atterrò accanto al capo dei pompieri che ebbe un evidente sospiro di sollievo,
mentre lei gli consegnava un bambino avvolto in una copertina. La madre poco
lontana gemette, scoppiando in lacrime, e corse verso di loro.
“Ho ancora due uomini bloccati al
secondo piano.” L’avvertì il comandante dei pompieri e lei annuì. Poteva sentire,
grazie al suo super-udito, il loro respiro farsi sempre più difficile.
“Vado a prenderli.” Affermò prima di
gettarsi tra le fiamme.
Lena osservò l’innumerevole quantità
di fogli davanti a lei e fu presa da un attimo di profondo sgomento, sarebbe
stata quella la sua vita d’ora in poi? Intere giornate perse tra bilanci,
preventivi, previsioni… Una vampata di caldo le fece girare la testa. Prese un
profondo respiro cercando di calmarsi.
“Va tutto bene, miss Luthor?” Le chiese la segretaria osservandola.
“Fa caldo.” Disse, lei, agitando
appena la mano davanti al viso.
“Oh… posso abbassare la temperatura
se lo desidera…”
Una vivida fiamma arancio apparve
davanti ai suoi occhi e lei saltò indietro facendo cadere la sedia.
Kara entrò nell’edificio in fiamme,
mentre con i raggi-X cercava i due pompieri, li trovò quasi subito e si diresse
decisa verso di loro. Il calore era intenso e una violenta fiammata scaturì
davanti ai suoi occhi.
Un istante e Kara si ritrovò a
guardare una segretaria stupefatta e un tavolo pieno di fogli.
“Oh!” Esclamò, mentre veniva avvolta
dalla decisa presenza di Lena.
“Un ragno. Detesto i ragni.” Sentì quelle parole e nello stesso tempo udì un gemito
proveniente dai due pompieri, non sarebbero rimasti vivi ancora a lungo in
quella fornace.
“Non te ne andare! Sono subito da te,
devo solo salvare questi due e spegnere l’incendio.”
Lena ci aveva quasi creduto quando il
medico, dopo averla sottoposta a ogni test immaginabile, le aveva detto che
tutto andava benissimo. Eppure, ora, eccola lì, a camminare tra le fiamme nella
testa di Supergirl.
Sulle sue labbra si formò un sorriso
quando la sentì di nuovo dentro di lei, così forte, così sicura, così… felice.
Sono subito da te, aveva detto e nella sua voce vi era del vero calore.
“Un ragno?” Chiese la segretaria
guardando la scrivania con apprensione, mentre si alzava a sua volta. Per
fortuna se l’era bevuta.
“Non lo vedo più ora.” Sorrise. Era
folle, poteva chiaramente vedersi nell’atto di afferrare due grossi pompieri e
portarli fuori da un edificio in fiamme, ma nello stesso tempo era lì, nel suo
nuovo ufficio. “Penso che possa bastare per oggi. Grazie, Jess. Concludo io, ci
vediamo domani mattina.” La donna annuì, prese un plico di dossier che avevano
già analizzato e uscì dall’ufficio. Chissà dove, nello stesso momento, Kara
spegneva l’incendio con il soffio raggelante dei Super.
“Grazie, Supergirl.” Il comandante dei pompieri le fece un
cenno mentre il pubblico applaudiva. Lena poteva sentire un senso di orgoglio e
di felicità provenire dalla donna. Un sentimento che non aveva mai provato e
che risultava strano. Poi dovette aggrapparsi alla scrivania perché Kara stava
volando sulla città.
“Ti prego! Detesto volare!” Chiuse
gli occhi, ma percepì lo stesso lo stupore della ragazza.
“Cosa?” Le
chiese, evidentemente senza parole. “Ma…
ma è la cosa più bella che esista!”
“Non credo proprio.” Affermò lei.
Tenendo gli occhi ben chiusi.
“Apri gli occhi, ascolta.” Le domandò, gentilmente. Lena obbedì, perché era difficile
resistere a quel tono dolce. La città si stendeva sotto ai suoi piedi, il cielo
era buio, ma i palazzi e le strade risplendevano come gemme. Kara era ferma a
mezzaria, ma lentamente ricominciò a volare, lasciando che l’aria scivolasse
morbida attorno a lei, accarezzando il suo corpo.
Vi era distacco, ma anche comunione,
in quel semplice gesto, e lei percepì entrambi, perché Kara li percepiva. Lena
lasciò che la fatica e la tensione della giornata scivolassero via da lei e
sulle labbra le nacque un sorriso spontaneo.
“Questo è volare…” Ammise, godendosi
il sentimento di libertà che giungeva da Kara.
“Sì.” Approvò
la ragazza. “Non ero sicura che avremmo
potuto parlare di nuovo.” Lena percepì la preoccupazione dietro a quelle
semplici parole e la condivise.
“Mi dispiace, questa mattina credo di
averti… spinto via.” Rimasero in silenzio. Kara atterrò su di un balcone e Lena
si ritrovò ad entrare di nuovo nel piccolo appartamento in cui si era trovata
quella mattina.
“Ho fatto dei test… oggi.” Ricominciò a dire la ragazza. “Non capisco, quando sei qui mi sembra tutto così…”
“Giusto.” Concluse lei, conscia di
provare lo stesso, insensato, sentimento.
“Ma quando non c’eri più ho creduto che forse…”
“Fossi pazza? O malata?” Chiese con
divertimento. “Ho passato il pomeriggio a eseguire test, non ci sono chip nel
mio cervello, la chimica, la fisica, la biologia, dicono che sono normale, che
sto bene.”
“Anche a me hanno detto che è tutto normale!” Confermò decisa, Kara.
“Cosa dobbiamo fare?” Chiese lei dopo
un lungo istante di silenzio.
“Non lo so…”
Ammise la giovane, ma Lena poteva sentire che provava un senso di paura
all’idea di perderla, la stessa che, irrazionalmente, provava lei.
“Potremmo… potremo vedere cosa
succede…” Tentò di proporre.
“Sì!” Accettò
immediatamente la ragazza e Lena sorrise, felice.
“Lo hai detto a qualcuno?” Domandò
ancora.
“Scherzi? Cercherebbero di…”
“Farci smettere.” Concluse lei.
“Esatto.” Non
dissero che non lo desideravano, non c’era bisogno di parole o forse erano
parole che non erano ancora pronte a dire.
Lena prese la sedia che prima aveva
buttato a terra e la sollevò, sedendosi poi alla scrivania, guardando la massa
di lavoro che aveva ancora davanti.
“Sei nel tuo ufficio? A quest’ora?” Realizzò allora Kara.
“Sì.” Rispose e tutta la stanchezza
della giornata tornò a schiacciarla. Era così diverso dalla stanchezza
rilassata che percepiva in Supergirl.
“Sei stanca.”
Affermò la ragazza, decisa. Lena la vide entrare in camera e poi infilarsi in
fretta degli abiti. “Esci da lì. Adesso.”
“Ma…” Cercò di protestare.
“Il lavoro non scapperà, su, ora facciamo qualcosa di divertente.” Lena inarcò un sopracciglio
divertita. “Cosa fai ancora lì a guardare
quei noiosi fogli?” Kara era in cucina, si stava preparando la cena.
“Va bene.”
“Sì!” Esclamò
la ragazza e lei non poté fare a meno di ridere. Prese la borsa e uscì.
“Qualcosa di divertente, hai detto?”
“Certo, cosa fai, Lena, per divertirti?” La interrogò.
“Vedrai…” Le promise. L’idea di
dedicarsi a ciò che amava davvero le regalò una scarica di gioia. Non si era
resa conto di quanto lo desiderasse fino a quando Kara non l’aveva spinta a
pensarlo, sarebbe andata nel suo laboratorio, avrebbe smontato, progettato o
riconfigurato qualcosa, insomma avrebbe giocato, come faceva molti anni prima
con Lex.
L’autista la stava aspettando e lei
infilò un auricolare nell’orecchio, così non sarebbe sembrata pazza, e continuò
a parlare con Kara. Ridendo di come stava bruciando la carne e cercando di
impedirle di mettere del ketchup nella pasta.
Arrivò nella grande tenuta dei Luthor, fuori città, dopo una ventina di minuti. Kara ormai
era a tavola e cercava in tutti i modi di infastidirla aggiungendo altro
ketchup sugli spaghetti.
“Posso avere la cena nel
laboratorio?” Chiese alla cameriera e la donna annuì, sorridendo.
“Laboratorio?” Chiese,
subito attenta, Kara. “Non avrai
intenzione di metterti di nuovo al lavoro?”
“Non è lavoro.” Le assicurò, aprì la
porta e guardò con un ampio sorriso le attrezzature nella stanza.
“Ok…” Kara era
scettica e Lena sorrise, mentre si toglieva la giacca del tailleur e arrotolava
le maniche della camicia.
“Qua ho compreso cosa volessi fare da
grande.” Spiegò, con gli occhi che luccicavano di gioia. Kara sorrideva ora, era
chiaro che percepiva la sua gioia, perché si lanciò in una serie di domande,
interrogandola su ogni cosa che vedeva ed entusiasmandosi alle sue risposte.
“Mia sorella o Winn impazzirebbero se potessero
avere un laboratorio simile in casa!”
“Tua sorella?” Chiese perplessa, lei,
mentre smontava un pezzo di condensatore.
“Non ti ho ancora parlato di lei? È fantastica!” Un fiotto di puro amore attraversò
il cuore di Lena. Per un istante sussultò, era qualcosa di così genuino e puro
che la lasciò confusa. Era questo l’amore incondizionato?
Dieci minuti dopo Kara era ancora
alle prese con la sua famiglia, come definiva quello che Lena aveva compreso
essere un circolo di amici che ruotava attorno all’eroina.
Osservò il circuito bruciato e annuì,
gliene serviva uno più grande.
“Com’è che non mi dici nulla del tuo
ragazzo?” Chiese, mentre apriva un cassetto cercando quello che le serviva.
“La cena, miss.” Annuì alla cameriera
indicandole il tavolo. La donna posò il vassoio e se ne andò.
“Cosa mangi?”
Chiese subito Kara e Lena capì che stava evitando il discorso.
“Scopriamolo.” Accettò, senza
insistere.
Mangiò con le chiacchiere di Kara
nelle orecchie, rise con lei, scherzò, la prese in giro e si rese conto che
stava bene. Sorprendentemente bene. Da quanto non succedeva? Erano settimane
che si sentiva oppressa, schiacciata dalle sue responsabilità verso la
famiglia. Obbligata a prendere una strada che non desiderava. Aveva sempre
lottato per separarsi dal cognome che portava, ma accettando le redini della
compagnia aveva messo su di sé un bersaglio. Ora però si sentiva leggera,
felice.
“Stai meglio.”
Constatò la ragazza che parlava nella sua testa.
“Sì…”
“Bene.” Ed
eccola di nuovo quella sensazione di calda accoglienza, quell’abbraccio fatto
di calore e dolcezza, come se la ragazza la attirasse in un bozzolo di
benessere.
Chiacchierarono ancora, parlando di
tutto e di niente, imparando a conoscersi, scoprendo i gusti musicali, i libri
preferiti, i film indimenticabili, fino a quando non fu davvero tardi e Kara
iniziò a sbadigliare sempre più spesso.
“A quanto pare anche tu hai bisogno
di dormire.” Notò con divertimento Lena.
“In realtà mi hanno detto che è un riflesso dovuto all’abitare tra gli
umani… potrei anche non dormire affatto, il mio organismo si ricarica da solo.”
“Davvero?” Chiese, questa volta
incuriosita, Lena.
“Sì.” Kara si
strinse nelle spalle e sbadigliò di nuovo.
“A me sembra qualcosa di più
impellente che un riflesso.” Kara si era lanciata sul letto e i suoi occhi si
stavano lentamente chiudendo. “Buona notte…” Mormorò percependo un senso di
perdita all’idea di salutarla. Gli occhi di Kara si sgranarono.
“E se domani tu non ci fossi più?” Chiese, preoccupata, come in un riflesso dei suoi stessi
pensieri.
“Ci sarò.” Tentò di rassicurarla e
rassicurarsi al contempo.
“Ok…” Accettò
la ragazza ricadendo tra le lenzuola. “Buona
notte.”
Infatti, l’indomani, Kara ritrovò
Lena, mentre stava pranzando. La donna era impegnata con un gruppo di
investitori e lei non la disturbò, ma percepì un caldo senso di gioia proveniente
dalla ragazza nel sentirla. La sera parlarono di nuovo, mentre Kara salvava un
gattino da un albero e fermava una rapina.
Passarono i giorni e poi le
settimane. Vi erano giornate in cui erano troppo occupate per parlare, ma
riuscivano lo stesso a dedicarsi qualche minuto, magari inviandosi il profumo
di un fiore o l’aroma di un croissant. Spesso Kara condivideva un volo con Lena
regalandole quella dolce sensazione di libertà proprio quando ne aveva più
bisogno. Altri giorni invece li passavano a chiacchierare animatamente, andando
dal raccontarsi aneddoti divertenti del loro passato allo spiegare emozioni e
sensazioni. Kara sapeva che Lena le stava nascondendo qualcosa, ma capì che
aveva un rapporto conflittuale con la sua famiglia, un momento ne era fiera, il
successivo se ne vergognava. Un momento era indipendente e forte, quello
successivo si sentiva debole e nostalgica.
Era una donna complessa e Kara ne
apprezzava ogni sfumatura e sapeva che Lena apprezzava lei, era sempre lì
quando aveva paura di sbagliare, quando si sentiva impotente davanti ad un
disastro che non aveva potuto fermare ed era lì a risplendere d’orgoglio per
lei quando invece riusciva.
Da quando Lena era nella sua vita si
sentiva completa.
“Ciao, Alex.” La maggiore delle Danvers osservò la sorella lanciarsi verso il cielo e
corrugò la fronte perplessa.
“C’è qualcosa di diverso in lei.”
Commentò Winn, seguendo il suo sguardo.
“Non l’ho mai vista così… completa.”
Cercò di spiegare Alex, facendo una smorfia preoccupata.
“Non dovrebbe essere positivo?”
Chiese il ragazzo, stringendosi nelle spalle.
“Certo… ma non capisco il perché e mi
preoccupa. A volte parla da sola. Non ha mai parlato da sola e a volte scoppia
a ridere, così, dal nulla.”
“Lo so.” Ammise Winn.
“Forse è solo felice perché tra lei e Mon-El le cose
vanno bene…” Ipotizzò Winn e Alex lo guardò con
un’aria tremendamente sarcastica.
“Mon-El?
Andiamo, quel ragazzo non può essere la fonte di tanta gioia in mia sorella.
Ormai lo conosco abbastanza bene da sapere che non è cattivo, ma di certo non è
il tipo di uomo che può completare Kara.”
Winn dovette di nuovo annuire.
Effettivamente, Mon-El era un tipo simpatico, ma per
quanto fosse suo amico non si avvicinava neanche lontanamente alla profondità
morale e psicologica di Kara.
“Devi aiutarmi a tenerla d’occhio, se
c’è qualcosa che non va in lei, dobbiamo scoprirlo il prima possibile.” Alex
fece una smorfia preoccupata e poi sospirò, per quanto desiderasse e amasse
vedere sua sorella felice aveva paura che quella situazione potesse essere
frutto di qualcosa di malvagio, come era successo un anno prima con quel
maledetto parassita che l’aveva intrappolata in un mondo perfetto, ma falso.
Avrebbe tenuto Kara sotto stretta
sorveglianza e avrebbe capito cosa le stava succedendo.
Note: Come
immaginavate si sono ritrovate e hanno scoperto un nuovo equilibrio. Ora una è
parte integrante della vita dell’altra. Lena e Kara si completano, certo e loro
sono felici così, hanno messo da parte dubbi e perplessità e vivono il momento,
ma Alex che non si lascia sfuggire mai nulla, ha iniziato ad avere dei sospetti
e questo potrebbe essere un problema… oppure no? Non dimentichiamo che c’è un
segreto tra di loro e questo non è mai un bene!
Fatemi sapere
cosa ne pensate, condividete i vostri timori e le vostre speranze per il
futuro!
“Miss Luthor?
Il suo appuntamento delle undici è arrivato.” Le annunciò la segretaria e Lena
fece una smorfia. Non aveva nessuna voglia di parlare con quell’uomo. Aveva mal
di testa, un mal di testa che appariva sempre più spesso, ed era stanca. La sua
mente andò a cercare, come una calamita, quella di Kara.
“Ciao.” La
salutò la voce piena di vita della ragazza. Lena si guardò attorno, Kara era in
un ufficio che riconobbe subito come il posto in cui lavorava.
“Scusa, non volevo disturbarti…”
“Non disturbi mai, pensavo a te.” Ammise, candidamente, la ragazza e Lena arrossì di
soddisfazione, mentre il mal di testa scompariva assieme alla stanchezza.
“In realtà sto per avere un incontro
delicato e…” Si interruppe perché la porta del suo ufficio si stava aprendo e
Jess accompagnò all’interno un uomo, sulla quarantina, elegante e dal sorriso
seducente.
“Mr. Lord.”
“Oh, da quando sei così formale,
Lena?” L’uomo ampliò il suo sorriso e le tese la mano.
“Maxwell Lord? Hai fatto bene a chiamarmi! Quell’uomo non mi piace.” Affermò decisa la ragazza
incrociando le braccia. Lena cercò di non farsi distrarre, ma percepì tutta la
determinazione di Kara nel rimanere.
“Avevamo degli accordi, Mr. Lord, e
lei li ha disattesi.”
“Guarda che faccia ha, non ti fidare di lui, proprio per niente.” Lena cercò di mantenere uno sguardo
neutro su Maxwell, ma le risultò difficile, soprattutto perché poteva quasi
immaginare il viso corrucciato e ostile di Kara tramite le sue emozioni.
“I settori in cui le nostre compagnie
operano sono affini, ma nessun prodotto uscito dalla mia produzione è in
competizione con i tuoi.” L’uomo fece un sorriso seducente.
“Non ancora, certo, ma so che state
per lanciare un prodotto su cui stiamo lavorando da un anno. Forse credevi che
avessi troppe cose a cui pensare per accorgermene?”
L’uomo corrugò la fronte, fingendo
sorpresa a quell’affermazione.
“Questo è impossibile.”
“Impossibile?” Lena si lasciò andare
sullo schienale della sedia, un sorriso sarcastico sulle labbra. “Impossibile
quanto il fatto che anticiperò di un mese il lancio del prodotto precedendo
l’uscita del tuo, costruito su disegni rubati ai miei laboratori? Posso essere
a capo della compagnia da poche settimane, ma non mi lascerò scavalcare tanto
facilmente.”
“Suvvia, Lena, le tue accuse sono
infondate e poco gentili, sai che non farei mai nulla di simile.”
“Mente.”
Affermò la ragazza nella sua testa. “Mente
spudoratamente.”
“Lo so.” Si rese conto di aver
risposto alla ragazza a voce alta quando vide la sorpresa nello sguardo di
Maxwell.
“Ops…” La giovane si morse il labbro con aria afflitta. “Perdonami, ora me ne resto zitta.”
“Sono contento che tu abbia ancora
fiducia in me, ma non capisco perché hai lanciato certe accuse se poi…”
“Mettiamola così: non credo che ci
fosse della malafede nel tuo atto, magari ti hanno presentato dei progetti e tu
non hai intuito che erano stati rubati. Dunque possiamo giungere a un accordo
amichevole: io non metto sul mercato il mio prodotto, lasciando a te quella
fetta di mercato, ma tu, chiudi ogni ricerca e progetto riguardanti XV-439.”
L’uomo inclinò la testa pensoso.
“XV-439 è un prodotto che non mostra
sviluppi interessanti se non in campo dell’armamento, di cui io non mi occupo
e, credevo, neppure tu, perché vorresti averne il monopolio?” Lena si strinse
nelle spalle.
“C’è qualche idea… dobbiamo
lavorarci, quello che mi importa sopra ogni cosa è sapere che tra le nostre
compagnie ci sia un mutuo rispetto e una reciproca collaborazione. Sono
disposta a sacrificare un progetto durato un anno per evitare la competizione
diretta tra i nostri prodotti che porterebbe solo a una guerra dispendiosa per
entrambi, ma devo chiederti qualcosa in cambio, altrimenti che figura farei con
il mio consiglio d’amministrazione? XV-439 mi sembra un buon compromesso.”
Poteva quasi sentire la concentrazione di Kara, sommarsi alla sua, quello era
il momento a cui aveva teso.
“Molto bene.”
“Abbiamo un accordo?” Chiese conferma
Lena e Lord annuì. Fu avvolta dalla soddisfazione e sentì Kara emettere un
versetto di gioia.
“Ce lo abbiamo.” L’uomo sorrise, poi
si alzò tenendole la mano che Lena strinse. “Questo incontro è stato
particolarmente piacevole, mi chiedo se non lo sarebbe ancora di più se tra noi
due vi fosse una prelibata cena.” Il tono dell’uomo era seducente e così il suo
sorriso.
“Ora ci prova con te? Non ci credo!” La ragazza si era dimenticata in fretta l’entusiasmo.
“Perché no, magari, quando il nostro
limitato tempo ce lo permetterà.”
“Perché no? Te lo dico io perché no! Quest’uomo è un arrogante, maschilista,
bugiardo! E ci ha anche provato con mia sorella! Io lo spezzo in due!”
“Sarà un immenso piacere.” Rispose
Maxwell, poi lasciò l’ufficio.
“Sarà un immenso piacere.” Lo imitò la donna con tono civettuolo. “Avresti dovuto…” Fece dei versi strozzati, mentre con le mani
imitava lo strozzamento di un invisibile nemico.
“Kara, ti stanno guardando.” L’avvisò,
Lena, divertita nel notare alcuni colleghi della ragazza fissarla con
perplessità.
“Dovrebbero detestarlo tutti, anche se ogni tanto è utile.” Mormorò allora Kara smettendola di
fare gesti strani. “Non volevo disturbare
il tuo lavoro.” Aggiunse poi, un poco in imbarazzo.
“In realtà non hai disturbato, anzi,
credo che con quella replica io abbia vinto l’incontro.”
“Oh… davvero?”
Lena sorrise annuendo, anche se Kara non era lì con lei, fisicamente, sapeva
che avrebbe colto il movimento della sua testa, ormai tra loro vi era una
perfetta simbiosi.
“L’ho spiazzato e così, quando gli ho
fatto la mia offerta, ha accettato.”
“Aspetta, vuoi dirmi che lo hai raggirato?” Sul volto della ragazza si stava
aprendo un ampio sorriso e Lena lo sentì nitidamente.
“Sì. Io gli ho fatto arrivare il
progetto di cui parlavamo, quello che ci avrebbe messo in concorrenza, non è
nulla di eccezionale e frutterà un’entrata modesta.”
“E perché lo hai fatto?”
“Volevo l’esclusiva sull’XV-439.”
“Oh.” Iniziò a
capire la donna. “Sei un genio!”
Affermò mettendo insieme i pezzi della storia.
“No, ma sono cresciuta tra gli uomini
d’affari e so come ragionano, anche quelli brillanti come Mr. Lord.” Chiuse il
discorso lei, con un piccolo sorriso soddisfatto.
“Cos’è questo XV-439?” Chiese allora Kara.
“Un composto chimico altamente
instabile, ma con ottime proprietà leganti.” Spiegò lei. “La mia azienda lo
stava testando per applicazioni militari, pensavamo che potesse funzionare
benissimo anche per produrre energia alternativa pulita essendo completamente
innocuo per l’uomo, i risultati però erano deludenti. Quello che Lord non sa è
che mostra interessanti risultati in campo farmacologico.” Lena sorrise,
ripensando ad un aneddoto divertente legato al composto. “Una sera, qualche
settimana prima che tu entrassi nella mia mente, mentre lavoravo sul progetto
vi è stata una piccola esplosione, l’aria si è riempita del composto a base di XV-439
che stavo testando e…” Si interruppe perché nel campo visivo di Kara era
apparso Mon-El.
“Ciao, tesoro!”
Urlò il giovane da lontano. Lena sentì la solita morsa di fastidio.
“Devo lasciarti al tuo eroico
compagno?” Chiese lasciando che Kara sentisse la vena di sarcasmo che provava
ogni volta che vedeva il ragazzo, soprattutto da quando lo aveva sentito
definirsi un eroe.
“No, aspetta!”
La richiamò Kara, voltandosi e dando le spalle al ragazzo, fingendo di non
averlo ancora visto. “Mi libero in un
istante. Devi mangiare, no?”
“Vuoi dire che pianti in asso il tuo
ragazzo per me? Cosa devo dedurne?” Sorrise nel sentire le guance di Kara
scaldarsi, non c’era quasi nulla che la divertisse o le desse più soddisfazione
del far arrossire la ragazza d’acciaio, chi lo avrebbe detto che fosse così
facile.
“Oh, ciao Mon-El, non ti avevo visto.”
“Come no…”La provocò Lena.
“Passavo di qua e dato che è l’ora di pranzo…”
“Oh… sì… ecco, il fatto è che…” Kara cercava una scusa, Lena aveva scoperto che non mentiva,
praticamente mai, se non sulla sua identità segreta, ma quella, più che una
menzogna era un’omissione.
“Hai un appuntamento con qualcuno di
più interessante.” Le venne in aiuto.
“Ho un appuntamento.” Spiegò Kara, arrossendo ancora un po’. La ragazza alzò la mano e si
aggiustò gli occhiali, la sua maschera da essere umano.
“Capisco…”
Lena sentì la voce delusa del ragazzo e non provò il minimo dispiacere. Non le
piaceva… non che lo conoscesse, tendeva ad andarsene quando lui compariva, ma
sentiva quello che Kara provava per lui e si chiedeva perché ci stesse assieme,
non vi era un briciolo di passione o di intensità in lei, la maggior parte
delle volte provava solo del fastidio e anche quando non era fastidio era
annoiata abitudine o semplice e superficiale affetto.
“Mi dispiace, magari domani potrei avere qualche ora libera.”
“Domani sono a Metropolis
e vado a mangiare in quel ristorante cinese di cui ti ho parlato… sei sicura
che non vorrai essere con me quando assaggerò quei meravigliosi involtini di…”
“No, domani no.” Affermò, Kara, decisa e Lena ridacchiò divertita.
“Magari potrei anche provare un dolce
in quella pasticceria in cui fanno la crema con i pistacchi…” Continuò sempre
più divertita, sentiva la fame di Kara sopraffare ogni altro desiderio, era
folle quanto mangiasse la ragazza, ma dopo tutto aveva un super-organismo da
sostenere.
“Decisamente, non domani.” Concluse Kara. “Ora
devo proprio andare.”Mon-El annuì.
“Ma certo…”
Poi si avvicinò per un bacio. Lena si accigliò. Kara esitò, poi posò un bacio
sulle labbra del giovane, velocemente, ma non a sufficienza per i gusti di
Lena.
“Avevamo concordato che non lo
avresti più fatto mentre sono nella tua testa.” Commentò con una punta di
acidità nella voce che non riuscì a nascondere.
“Oh, sii clemente!” Le chiese la ragazza, ma la smorfia di disappunto non abbandonò il viso
di Lena. Prima che Kara potesse aggiungere altro per blandirla il telefono
suonò, sullo schermo Lena lesse il nome della sorella.
“Dimmi…” La
voce di Kara si spense e Lena si drizzò sulla sedia, mentre sentiva la voce
concitata di Alex.
“C’è una bomba in Ocean Plaza! Gli artificieri
non arriveranno mai in tempo e neppure noi, devi portarla via da lì, subito!”
Lena posò le mani sulla scrivania,
mentre il paesaggio cambiava troppo bruscamente per lei, Kara si stava già
muovendo a tutta velocità. Giunta in basso dell’edificio strappò la camicia
mettendo in mostra il costume, poi spiccò il volo.
La mente della ragazza scivolò
lontano e Lena rimase sola nel suo ufficio. Si diede un istante per ritrovare
l’equilibrio, poi prese il telecomando e accese lo schermo che aveva alla
parete. Il telegiornale non stava parlando della bomba, probabilmente la
notizia sarebbe giunta a minuti.
Un forte senso di agitazione la
riportò, contro la volontà di entrambe, nella mente di Kara. Sbatté gli occhi e
si ritrovò ad osservare un timer.
“Due minuti!” Kara osservò il timer
della bomba con apprensione. “Posso portarla in cielo e lasciare che esploda là,
dove non può fare danni.” Mise le mani sull’ordigno, pronta ad agire.
“Ferma!” Era
la voce sicura di Lena.
“Cosa? Perché?”
“È una bomba a pressione.” Evidenziò la donna.
“Supergirl, va tutto bene?” La voce di Winn
proveniva dal suo auricolare e Kara si ritrovò confusa nell’udire le due voci.
“Sì… ma è una bomba a pressione, non
posso portarla via.”
“Hai ragione!” Confermò Winn con qualche istante di ritardo.
“Sto arrivando.” Affermò Alex, ma, il tempo scorreva in fretta sul timer, cosa avrebbe
potuto fare arrivando con pochi istanti di anticipo sull’esplosione?
Probabilmente sua sorella si sarebbe fatta uccidere nel tentativo di
disinnescarla. Un secondo intenso senso di panico la sommerse.
“Va tutto bene.” Intervenne però, calma, Lena. “Devi
farlo tu.” Kara sentì il cuore accelerare.
“Non so disinnestare una bomba… posso
congelarla o…”
“Non funzionerebbe, non con una bomba così potente.” La contraddisse Winn,
convinto che lei parlasse con lui.
“Io so farlo, ascoltami.” Lena sembrava non sentire la tensione della situazione, la
sua voce era ferma e pacata.
“Non l’ho mai fatto prima, io…”
L’agitazione crebbe in lei, mentre il timer scorreva sotto i suoi occhi.
“Ci riuscirai, ascolta: c’è un pannello, aprilo.” Kara scosse la testa poi si guardò
attorno. Lei non avrebbe ricevuto altro che un pugno da quella bomba, ma era
stata messa in centro città e, malgrado avesse detto alla gente di
allontanarsi, molti erano ancora nell’arco dell’esplosione, alzò la testa verso
l’imponente edificio che la sovrastava. Quel palazzo sarebbe crollato se la
bomba fosse esplosa e all’interno vi erano decine di persone. “Kara, respira.” L’ordine giunse dalla
mente calma di Lena e Kara obbedì. “Ora,
apri il panello e dimmi cosa vedi.” Eseguì e lasciò che Lena riflettesse. “Molto bene, congela il cavo che parte dal
detonatore e va al timer.” Kara si concentrò, individuò il cavo a cui la
donna si riferiva e vi soffiò sopra. “Ora
trova i tre cavi che dal detonatore vanno alla camera dell’esplosivo.” Kara
osservò il timer che segnava trenta secondi e sentì il cuore battere più
veloce, ma la voce calma di Lena continuava a guidarla passo dopo passo. “Ottimo, ora strappa quel filo.” Kara
eseguì e il timer si spense, le ultime cifre che aveva segnato indicavano tre
secondi.
“È stato epico!” Esclamò esaltata, ma
da Lena non proveniva la giusta reazione.
“Ha un secondo sistema d’innesco. Afferra il nucleo e portalo in alto,
veloce!”
L’agitazione di Lena filtrò fino a lei e Kara agì d’istinto, afferrò il nucleo
esposto della bomba e si lanciò verso il cielo azzurro. Pochi istanti e la
bomba esplose tra le sue mani. Fu scaraventata via, ma riprese in fretta
l’equilibrio e sorrise.
“Ce l’abbiamo fatta!” Questa volta da
Lena proveniva soddisfazione.
Alex e una squadra di agenti
arrivarono in quel momento e Kara che era di nuovo a terra, lasciò loro quello
che rimaneva della bomba, aveva ancora il cuore che batteva veloce e le mani
che tremavano, ma ce l’aveva fatta, anzi, ce l’avevano fatta.
“Grazie.” Disse, con un profondo
senso di sollievo e gratitudine. “Non ce l’avrei fatta senza di te.”
“Mi ha fatto piacere poterti aiutare.” Kara percepì la gioia nascosta dietro alle parole di
Lena e sorrise.
“Kara.” La ragazza sobbalzò e guardò
sua sorella.
“Sì?”
“Io e te dobbiamo parlare.”
Note: Considerazione “tecnica” spero che non abbiate
avuto difficoltà a differenziare le due voci nella mente di Kara, in corsivo
Lena e in corsivo sottolineato le comunicazioni dell’auricolare.
Ora, la storia! E’ comparso il titolo… ipotesi sul perché
sia così importante questo misterioso composto dal nome così… banale? Idee??
Piccola comparsa di Maxwell Lord, che ovviamente ci prova
con Lena, vi è piaciuta la reazione di Kara? E la reazione di Lena a Mon-El? Infine: Alex! Cosa vorrà dire alla sorella?
“Una persona parla, nella tua testa?”
Alex la guardava con aria esterrefatta.
“Non so se sia stata una buona idea dirglielo.”
“Alex, non devi agitarti, non è
niente di malvagio o…”
“Una persona parla nella tua testa da
settimane, ormai, e tu non hai pensato che fosse il caso di dirmelo? Cosa sa di
te? Cosa sa del DEO?”
“Ehm… io…”
“Tutto. O quasi, che lo voglia o no, non fai nulla per nascondermi dove
vai, cosa fai e con chi, anzi. A proposito, avrei qualche consiglio di moda da
dare ad Alex: il nero non è l’unico colore esistente.”
“Lena…”
“Aspetta, si chiama Lena?”
Kara sentì il divertimento sparire
dalla mente della ragazza ed essere sostituito da una punta di panico. Avrebbe
davvero dovuto parlare di questo con Lena, non capiva perché le tenesse
nascoste delle cose, come il nome della compagnia per cui lavorava, o la città
in cui abitava.
“Sì.”
“Ed è qui, nella tua mente, adesso?”
“Esatto.” Kara annuì. Erano nel suo
appartamento e Alex andava avanti e indietro come un leone in gabbia.
“Non riesci a mandarla via? Hai detto
che non è sempre con te.”
“Forse ha ragione, dovrei andarmene.”
“No!” Protestò Kara. “Lei non se ne
va e tu smettila di trattarla come se fosse un nemico, mi ha appena permesso di
salvare decine se non centinaia di persone, un intero palazzo, la tua squadra
e, te, Alex.”
“Non capisci? Non è normale avere…
come l’hai definita?”
“Una connessione psichica. Ed è
normale, per i marziani o per altre razze di alieni.”
“Vuoi dirmi che questa Lena, oltre a
saper disinnescare bombe di alta tecnologia, è anche un’aliena?”
“No, anche se mio fratello, una volta, ha detto che avrei potuto essere
un vampiro.”
“No, non lo è, ma potrebbe essere un
vampiro.” Kara ridacchiò alla battuta, ma Alex la guardò malamente e lei fece
roteare gli occhi. “Alex, non è niente di tremendo, te l’ho detto, è come se
avessi un’amica intima con cui chiacchiero parecchio.”
“Quindi siamo amiche intime? Quanto intime?” Chiese Lena e Kara sentì la
temperatura delle sue guance alzarsi. Quando usava quel tono, quando faceva
certe allusioni, lei non poteva fare a meno di andare in crisi.
“Devi farti fare delle analisi e…”
Iniziò Alex.
“No, non ce n’è bisogno, le ho già
fatte, ricordi?” La ragazza la guardò interdetta.
“Ma è stato più di un mese fa! Avevi
detto qualche settimana!” Kara corrugò la fronte, era passato davvero più di un
mese?
“Ha ragione lei, ci siamo connesse, la prima volta, quarantadue giorni
fa.”
“Wow…” Commentò Kara.
“Cosa?”
“Ci siamo connesse quarantadue giorni
fa.”
“E questo lo dice lei?” Alex la
fissava come se improvvisamente avesse due teste.
“Sì, è più brava di me in queste
cose, ricordarsi le date…”
“Disinnescare bombe…” Aggiunse Lena e lei sorrise, poi si trattenne, perché vide lo sguardo di
fuoco di Alex.
“Devo dirlo a J’onn,
ne va della sicurezza dell’intera base.”
“Dille che se avessi voluto nuocere al DEO ormai lo avrei già fatto, sono
settimane che grazie a te mi aggiro nei loro corridoi, mi hai fatto fare il
tour completo dopo appena tre giorni che ci conoscevamo.”
Kara ripeté quelle parole omettendo
il tour completo, sapeva che Alex si sarebbe arrabbiata ancora di più.
“Ho capito, questa ragazza ti piace.
Ma chi è, come si chiama, che faccia ha?”
“Io…” Kara percepì il disagio di
Lena. “Non lo so.”
“Perché?” Chiese Alex, ora si era
fermata, non sembrava più arrabbiata, piuttosto preoccupata.
“Credo che…” Si strinse nelle spalle,
era la prima volta che se lo chiedeva per davvero, aveva solo una vaga immagine
di Lena, sapeva che aveva lunghi capelli neri perché a volte, quando era
rilassata a casa, li avvolgeva attorno a un dito, e che aveva la pelle
perlacea, perché aveva visto le sue braccia o le sue gambe… Arrossì e abbassò
lo sguardo.
“Kara, perché?” Insistette Alex.
“Neanche io ho mai visto te.” Commentò Lena nella sua mente, ma il suo tono non conteneva
la solita sicurezza.
“Ma io sono Supergirl…
hai visto la mia immagine mille volte… perché io non ho mai visto te?”
“Io…”
Alex la guardava, era in attesa,
vedeva che non riusciva a rispondere.
“Posso raggiungerti in qualsiasi
parte del mondo in pochi minuti, perché non ci siamo mai viste, dal vero,
voglio dire?”
“Kara, non credo che sia questo il momento per parlarne e…” Eccolo di nuovo, quel blocco, quel
tenerla lontana da un’informazione particolare. Non potevano leggere una nella
mente dell’altra, ma questo non le impediva di percepire un irrigidimento in
Lena ogni volta che si avvicinavano al soggetto e, comprese, era per quello che
non lo aveva mai affrontato che fosse una scelta cosciente o no.
Kara si fermò a riflettere. Quando
erano insieme Lena era sempre stata molto attenta, non si era mai osservata in
un riflesso, non aveva mai guardato oltre i finestrini scuri della sua auto,
non aveva mai voltato la sedia mostrandole il panorama che doveva esserci oltre
la grande finestra che illuminava il suo ufficio. A volte le parlava dei suoi
viaggi di lavoro, ma non entrava mai in dettagli che le permettessero di capire
dove si trovasse realmente, certo condividevano lo stesso fuso orario, ma…
oltre a questo? Poteva abitare in qualsiasi città della costa occidentale.
“Voglio vederti.” Disse e sentì il
brivido di terrore che proveniva da Lena, lo sentì distintamente e provò paura
a sua volta. Cosa voleva nasconderle?
“Non… ho paura che se tu…” Lena aveva abbassato il volto, appoggiandolo sulle mani.
Kara sentì una lacrima scorrerle lungo il viso e ne rimase stupefatta, alzò la
mano, ma la sua guancia era asciutta. Lena stava piangendo.
“Alex, puoi lasciarmi sola?” Guardò
la sorella e lei sembrò leggere il dolore nei suoi occhi perché si accigliò.
“Per favore.” Insistette lei e la ragazza sospirò.
“Domani devi dirlo a J’onn.” Non aggiunse che altrimenti lo avrebbe fatto lei e
Kara sapeva che non lo avrebbe mai detto, era sua sorella e l’avrebbe sempre
protetta. “Devi farlo.” Aggiunse Alex, seguendo il filo dei suoi pensieri, poi
afferrò la giacca e uscì.
Rimasta sola si concentrò su Lena.
Era in piedi ora, il suo viso era asciutto, ma in lei vi era una profonda
indecisione.
“Lena…” Chiamò piano lei e sentì la
ragazza sobbalzare. “Perché mi nascondi chi sei?”
“Non ti ho mai nascosto chi sono. Come potrei?” La sua voce era dura, fredda.
“Sai di cosa parlo.”
“Perché è così importante? Perché non possiamo semplicemente continuare
così?”
“Devo dare a J’onn
delle risposte e…” Si interruppe, si alzò e iniziò a camminare avanti e
indietro imitando, inconsciamente, la sorella. “Perché non possiamo conoscerci
per davvero?”
“Non credo sia una buona idea.”
“Perché?” Insistette le esasperata.
“Kara!” Questa
volta era Lena ad essere spazientita, vi erano cose tra di loro che non avevano
mai affrontato, cose che nessuna delle due ammetteva davvero e che solo le
piccole allusioni di Lena portavano alla luce, ogni tanto.
La kryptoniana
arrossì, forse non era tutta colpa della reticenza di Lena, se non avevano mai
affrontato l’idea di vedersi. Magari anche lei nascondeva qualcosa, perfino a
se stessa. Non si sentiva un poco in colpa quando stava con Lena invece che con
Mon-El? Ma poteva gestirlo, perché, in fondo, era
solo una voce nella sua testa, ma, incontrarla? Incontrarla l’avrebbe messa
davanti a qualcosa di concreto e…
“Non…” Riprese fiato e riprovò. “Va
bene, ma potresti mostrarmi il tuo volto e dirmi il tuo nome completo. Se
avessi queste informazioni potrei darle al DEO e tutti sarebbero più
tranquilli. Al massimo ti faranno firmare un accordo di riservatezza e…”
“No.” La
risposta secca di Lena la spiazzò.
“È davvero così importante per te non
mostrarti? Non ti capisco!” Raggiunse l’armadio e aprì l’anta guardando dritto
verso il suo riflesso. “Non è difficile!”
Il cuore di Lena accelerò nel vedere,
per la prima volta, Kara. Non la Supergirl del
telegiornale e neppure i rapidi riflessi che aveva colto della ragazza, magari
mentre passava davanti ad una grande vetrata o a degli specchi in un negozio.
Ora era lì come se fosse di fronte a lei e la guardava con vibranti occhi
azzurri. No, non la guardava, la sfidava.
L’avrebbe persa? Perché si sentiva in
trappola? In qualsiasi modo avrebbe agito, Kara non l’avrebbe più guardata come
prima.
La segretaria aprì la porta e lei
alzò la mano impedendole di parlare e indicandole l’auricolare che ormai indossava
quasi sempre, non voleva passare per pazza e poi… non voleva che Kara sentisse
che la chiamavano miss Luthor.
“Devo andare.” Vide gli occhi di Kara
chiudersi e percepì il suo profondo disappunto. “Lasciami qualche ora, ci
penserò.”
Non ci furono risposte, Kara aveva
chiuso l’armadio, nascondendo o specchio, e ora fissava il legno con deliberata
ostinazione.
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma
sapeva che Jess era lì per annunciarle il suo primo appuntamento del pomeriggio
e non poteva esimersi.
Allontanò il legame con Kara e la
ragazza svanì dalla sua mente. Era sola, guardò Jess e annuì.
“Sono arrivati i grafici con i
disegni, miss Luthor.”
“Va bene, falli entrare.” Aveva
deciso di cambiare il nome alla sua compagnia, aveva deciso di rinominarla L-Corp, e aveva bisogno di un nuovo logo. Erano giorni che
lavorava per organizzare ogni cosa, eppure ora c’era solo Kara nei suoi
pensieri, ma non nel modo meraviglioso in cui vi era di solito. Non poteva
perderla.
Il pomeriggio sembrò non finire mai,
di solito Kara appariva per raccontarle o mostrarle qualcosa, brevi lampi che
coloravano la sua giornata senza interrompere il suo lavoro, ma rendendolo
sopportabile, oppure era lei a cercare nella ragazza un momento di distensione,
magari dopo un meeting difficile o prima di prendere una decisione cruciale.
Non aveva bisogno di spiegarle nulla, bastava che Kara percepisse la sua
tensione perché con poche parole e una risata la sciogliesse. A volte Kara si
allontanava dal suo ufficio anche solo per farla volare, pochi minuti tra le
nuvole di National City e la sua mente era rilassata e pronta a tornare al
lavoro.
Ma quel giorno Kara non venne e lei
non la cercò, il mal di testa arrivò e non la lasciò neppure per un istante
giungendo ad essere un ritmico pulsare appena dietro ai suoi occhi.
Il mattino dopo partì per Metropolis e passò la giornata a sistemare gli ultimi
dettagli affinché la nuova sede ufficiale della L-Corp
fosse National City.
“La porto a casa, miss Luthor?” Le chiese l’autista aprendole la porta.
“No,
al Royal Hotel.”
“Certo, miss.” Non aveva nessuna intenzione di passare la notte sotto lo
stesso tetto di sua madre e sapeva che lei si sarebbe trovata nella casa dei Luthor a Metropolis.
Arrivò in pochi minuti, ma quando
scese ed entrò nell’atrio il suo cuore sprofondò e una fitta più intensa alla
testa le fece chiudere per un istante gli occhi. Aveva preso due
antidolorifici, ma niente sembrava riuscire a farla stare meglio.
“Lena.” Il tono di sua madre era
freddo, venato di disapprovazione, la donna la squadrò e una piccola smorfia
apparve sulle sue labbra. “Vedo che il tuo gusto in fatto di abbigliamento non
è ancora migliorato.” Commentò, sferzante come sempre.
“Madre.” La salutò lei con freddezza
cecando di non mostrare il dolore che provava a quelle critiche. “Non credo che
abbiamo fissato un appuntamento.”
“Infatti non ho bisogno di un
appuntamento per vedere mia figlia. Non capisco perché hai deciso di pernottare
qua e non a casa, ma, visto che sei qui e non in quella volgare città della
costa occidentale, ceneremo assieme.” Lena annuì secca. Sapeva benissimo che
non poteva sottrarsi. Per un istante fu sul punto di legarsi con Kara, poi si
trattenne, non poteva sopportare anche la l’ostilità della kryptoniana,
non in quel momento.
Avrebbe avuto bisogno di un bicchiere
di brandy o di whiskey…
“Ti sanguina il naso, spero non ti
succeda anche durante i meeting, sarebbe un imperdonabile segno di debolezza.”
Lena strinse i denti cercando di ignorare la madre. La donna le tese un
fazzolettino che lei accettò, tamponandosi il naso. “Così va meglio.” Disse, Lillian, tendendo la mano per riavere il bianco fazzoletto
ricamato con un giglio e le due L tipiche dei Luthor.
“Ora vai a cambiarti e indossa qualcosa di appropriato a un cena.”
Lena sospirò, sì, aveva bisogno di
qualcosa di forte.
Kara sferrò un pugno dritto verso Mon-El, il ragazzo sgranò gli occhi, ma era troppo tardi,
il colpo gli arrivò dritto sul naso e lo buttò a terra.
“Ahi!” Si lamentò portandosi le mani
al volto. Kara fece una smorfia.
“Scusa, scusa, scusa…” Iniziò, tendendogli
la mano e aiutandolo ad alzarsi.
“Cos’hai oggi?” Le chiese il giovane
massaggiandosi il naso. “Sei arrabbiata per qualcosa?” Se persino Mon-El si era accorto che qualcosa non andava allora doveva
davvero essere evidente.
Kara sbuffò, mentre sentiva di nuovo
la rabbia crescere. Lena le aveva chiesto del tempo e ora non si faceva più
sentire. Era sparita, sparita dalla sua mente, ma questo non significava che
non fosse costantemente nei suoi pensieri.
“Non sono arrabbiata con te, scusami,
mi sono distratta, non volevo colpirti così forte.”
“Kara.” Il ragazzo abbassò la mano e
la guardò con occhi dolci. “Qualsiasi cosa sia andrà bene, vedrai.” Sorrise e
si tese in avanti cercando le sue labbra. Lei però voltò la testa girandosi a
prendere dell’acqua, Mon-El sapeva essere così frustrante,
invece di chiederle cosa non andasse e di aiutarla riusciva sempre e solo a
dire quelle frasi inutili. Perché doveva essere sempre e solo interessante
quello che lui provava?
“Non capisco.” Questa volta il tono
di Mon-El era seccato. “Cosa c’è che non va in te?”
Kara si voltò di nuovo verso di lui, sorpresa dal suo tono.
“Non c’è nulla che non va.” Affermò
decisa.
“Ho fatto qualcosa di male? Sembra
che tu non voglia passare del tempo con me e quel poco di tempo che passiamo
assieme eviti di toccarmi, baciarmi, figurarsi altro!” Kara arrossì
violentemente all’allusione del ragazzo.
“Non è vero!” Rispose, ma sapeva che
il ragazzo aveva ragione, il fatto era che c’era Lena e quando c’era Mon-El la ragazza se ne andava e lei non voleva che se ne
andasse…
“Allora baciami.” Richiese il giovane
e Kara fece una smorfia.
“Non ti bacerò se usi un simile tono!”
Ritorse mettendo le mani sui fianchi.
“Ma certo, ogni scusa è buona per non
farlo!” Il daxamite si allontanò a passo deciso,
afferrò l’asciugamano e risalì le scale della piccola palestra del DEO.
Kara strinse le dita e poi sferrò un
pugno contro il grande blocco di cemento. Ci mancava solo più che litigasse con
Mon-El!
Due mani si posarono su di lei
strisciando sulla sua schiena fino ad arrivare alle spalle, mentre una
fragorosa musica riempiva le sue orecchie. Kara fu sommersa dalla sensazione,
era appoggiata ad un muro, ma i suoi sensi sembravano non funzionare bene,
scosse la testa cercando di capire che diavolo Lena stesse facendo, poi una
bocca si posò nell’incavo del suo collo e Kara sgranò gli occhi.
“Vai via, Kara.” La voce di Lena era impastata.
“Hai bevuto?” La accusò lei cercando
di non sentire le mani di qualcuno che scivolavano sulla sua schiena e di non
pensare a quella bocca che stava appoggiata al collo di Lena.
“Non sono affari tuoi.”
“Cosa?” La
voce era di una donna e mormorò la domanda direttamente nelle orecchie di Lena.
Quella consapevolezza le fece girare la testa. Poi le mani della donna si
posarono sul seno di Lena e Kara sobbalzò, arrossendo violentemente.
“Falla smettere! Subito!”
“E perché dovrei?” La voce di Lena era divertita ora, anche se Kara sentiva che faceva
fatica ad articolare le parole.
“Sei stata tu a chiamarmi, è ovvio
che vuoi essere fermata.” Kara strinse di nuovo i pugni, era furiosa, sentire
quelle mani accarezzare il corpo di Lena la mandava in bestia.
“Non credo proprio.” Mormorò però Lena.
“Smettila.”
“Perché, Kara?” Insistette la donna, poi si voltò e Kara poté vedere la ragazza che prima
sentiva soltanto. Era bella, i capelli rossi e gli occhi nocciola, pieni di
lussuria. Kara strinse la mascella, sentiva il cuore battere forte. Lena si
tese in avanti e Kara la sentì mentre baciava labbra morbide e avide. Percepì
il gusto dell’alcool nella bocca della donna e provò un profondo disgusto.
“Questa non sei tu.” Mormorò e poi,
per la prima volta, fu lei a spingere via Lena, chiudendo la propria mente.
Note: Kara ha vuotato il sacco e Alex ha spinto le due ragazze
verso qualcosa che stavano accuratamente evitando: un incontro vero, un
guardarsi faccia a faccia.
Cosa succederà ora? Lena ha esagerato con l’alcool dopo
aver allontanato Kara e cenato con Lillian, Kara ha
litigato con Mon-El e poi ha dovuto essere partecipe
di un momento a cui di certo non voleva assistere…
E Alex? Alex ha chiesto chiarezza e verità, starà ad aspettare
che Kara e Lena risolvano i loro problemi?
Idee su come la situazione si svilupperà?
Fatemi sapere se la storia continua a piacervi e se siete
curiose di sapere come le cose si evolveranno!
Lena si alzò dal letto e andò nel
bagno accese la luce e mise un’aspirina in un bicchiere d’acqua poi bevve
facendo una smorfia, il suo mal di testa non si era attenuato e l’alcool non
stava aiutando affatto. Tornò in camera si stese nel letto e guardò l’ora,
erano le quattro di mattina il che significava che a National City era tarda
serata. Kara era a casa o intenta a catturare qualche malvivente?
Al pensiero della ragazza provò un
senso di disgusto verso se stessa. Perché, dopo la cena con sua madre, aveva
deciso di andare in quel night club e di scolarsi una decina di cocktail in
rapida successione, di lasciarsi rimorchiare da quella ragazza, e poi di
cercare Kara?
Dopo aver passato un’ora con sua
madre a farsi disprezzare aveva voluto che l’unica persona il cui sguardo
contasse la vedesse per quella donna persa che era. Perché? Aveva così paura di
dirle chi fosse realmente, di dirle che era una Luthor
da voler mettere fine alla situazione in anticipo?
Si morse il labbro e si alzò di
scatto dal letto.
“Kara.” Chiamò con forza e decisione,
il suo cuore batteva veloce, ma aveva deciso e niente l’avrebbe fermata.
“Sto dormendo, se hai altre donne da presentarmi lo farai in un altro
momento!” Il tono di
Kara era ferito, offeso eppure sentire che aveva risposto le procurò un’onda di
sollievo e il suo mal di testa si attenuò.
“Mi dispiace per quello che è
successo prima… non avrei dovuto…”
“Non avresti dovuto chiamarmi mentre…” Lena sentì la rabbia ora, una rabbia vibrante. Corrugò
la fronte, Kara non era disgustata, era arrabbiata, perché?
“Non è successo nulla… dopo che te ne
sei andata.” Specificò, il cuore che accelerava all’idea che Kara potesse
essere gelosa. Era difficile comprendere le sfumature dei sentimenti della
ragazza, era troppo arrabbiata.
“Mi sembrava che fosse evidente che vi piacevate.” Affermò, picata, Kara.
“Ero ubriaca e sola e lei era lì, ma
baciarla mi ha ricordato cosa provi tu quando baci Mon-El
e…” Il riferimento al ragazzo provocò in Kara un sussulto, Lena scosse la testa
e si concentrò su quello che voleva fare. “Ne riparleremo se lo vorrai ancora.
Dopo…” Sentì che Kara si sollevava a sedere attenta, tesa.
“Dopo?” Chiese
con un poco di titubanza.
“Dopo che avrai visto chi sono.” Si
alzò dal letto, aveva la bocca secca e il cuore che batteva veloce, l’avrebbe
fatto, avrebbe mostrato a Kara il suo volto.
“Adesso? Vuoi dire… adesso?” Balbettò la ragazza, agitandosi.
“Sì.” Decretò lei. Gli occhi puntati
sul grande specchio messo in un angolo della stanza. Non vi era molta luce
nella camera d’albergo, ma a sufficienza perché lei potesse vedersi, sarebbe
bastata anche a Kara. Di certo sarebbe bastato a chiunque per riconoscere Lena Luthor, troppo spesso in prima pagina. Con un tuffo al
cuore si rese conto che indossava solo mutande e reggiseno, così afferrò la
camicia che aveva gettato ai piedi del letto e la infilò in fretta. Sentiva
l’impazienza di Kara e ciò la spinse a fare in fretta e a lasciar perdere i
pantaloni.
Prese un profondo respiro e si mosse
di modo che il suo riflesso entrasse nello specchio.
Il cuore di Kara batteva veloce.
Sentì la seta della camicia scivolare sulla pelle di Lena e capì che era quasi
nuda, quel pensiero le diede una nuova scossa d’adrenalina. Perché ci stava
mettendo così tanto?
E, poi, eccola lì.
Gli occhi di Kara si sgranarono
mentre, per la prima volta, vedeva Lena. Due occhi chiari, indefinibili nella
scarsa luce della stanza, la fissarono decisi eppure leggermente sgranati,
forse dalla paura, le emozioni che provenivano dalla donna erano confuse. Un
viso dalle linee forti, un naso dritto, la mascella ben delineata, ma addolcito
da labbra che promettevano di essere morbide. Come se seguisse la linea dei
suoi pensieri Lena alzò la mano e si accarezzò le labbra. La sensazione le
diede le vertigini. Kara osservò la pelle bianca di Lena, il reggiseno borgogna
spiccava sotto la camicia panna sbottonata, senza che lo volesse il suo sguardo
scese lungo il ventre piatto per poi continuare lungo le gambe. Si morse il
labbro tornando a guardare Lena negli occhi.
“Sei…” La mano di Lena ricadde lungo
il corpo e Kara percepì l’onda di paura che la attraversava. “Bellissima.”
Concluse, senza riuscire a dire altro, incapace di distogliere gli occhi dalla
ragazza che aveva davanti.
“Cos…cosa?”
Chiese allora Lena, sembrava confusa.
“Rao, Lena,
sei la donna più bella che io abbia mai visto! Perché non hai mai voluto che
vedessi il tuo viso?” Kara sentiva le guance calde, ma allo stesso tempo sapeva
di dover rassicurare la ragazza ed eliminare le paure che percepiva in Lena.
“Non era per questo.” Le sue mani indicarono il corpo e Kara dovette mordersi di nuovo le
labbra. Lena ora provava una sorta di profondo sollievo, subito sostituito da
qualcosa di nuovo. “Ti stai mordendo le
labbra?” Chiese e Kara smise subito.
“No.” Mentì d’impulso e Lena scoppiò
a ridere.
“Bugiarda.”
L’accusò. Forse vi era ancora dell’alcool nel suo corpo, perché Lena si morse
il labbro e poi alzò le mani passando i polpastrelli lungo la fila di bottoni
della camicia. Nei suoi occhi Kara vide brillare una luce maliziosa, la stessa
che aveva immaginato molte volte.
“Lena… cosa…” Chiese, ma la donna
ridacchiò e, molto lentamente, sfilò la camicia lasciandola cadere a terra.
Kara sentì il suo ventre attorcigliarsi, mentre un nucleo caldo si accendeva
nel centro del suo corpo.
Lena iniziò a passarsi le mani lungo
il volto, poi lentamente scese sul collo, si sfiorò le clavicole e scese ancora,
passando morbidamente tra i seni. Le mani di Kara fremevano, percependo sotto
le dita la pelle di Lena, quasi cose se fosse lei stessa ad accarezzarla.
“Lena!” La richiamò. La ragazza alzò
lo sguardo fissandosi nello specchio e permettendole di guardarla dritta negli
occhi. “Sei… sei la mia migliore amica…” Disse cercando di capire quello che
provava.
“Davvero?”
Chiese la ragazza. “È questo quello che
provi per un’amica?”
Domandò, sfrontata, ora, come se l’immenso sollievo provato l’avesse scatenata.
Kara non poteva negare, sapeva che Lena
sentiva il suo turbamento.
“Ammettilo.”
Pronunciò Lena con tono basso, delicato adesso, timoroso.
“Cosa… cosa devo dire?” Chiese
bisbigliando a sua volta.
“Di che vuoi baciarmi.” Kara sentì la testa girare. Quelle parole avevano
attraversato il suo cervello come una violenta scossa, scuotendola nell’animo. “Sono al Royal
Hotel di Metropolis, suite 18. Lascerò la finestra
aperta.” Kara fu in piedi prima ancora di capire cosa stesse facendo. Si
bloccò e rimase un istante immobile, il suo cuore batteva veloce, il desiderio
di raggiungere la ragazza era altrettanto forte.
“Mon-El.”
Ricordò e percepì un tremito in Lena. Vi era un motivo se non aveva mai
riflettuto davvero su quello che provasse per Lena, se non aveva mai pensato
troppo alle allusioni della ragazza, se non le aveva mai chiesto di vedersi.
Sapeva, dentro di lei, che se si fossero viste, allora, avrebbe dovuto
affrontare una nuova forma di verità, una verità di cui aveva paura e che al
contempo, la eccitava terribilmente.
Guardò Lena ancora immobile davanti
allo specchio. La ragazza si era esposta, si era letteralmente messa tra le sue
mani e lei esitava…
“Capirò se non verrai.” Mormorò e poi sparì dalla sua mente.
Kara arrivò fino alla finestra, poi
si fermò. Cosa stava facendo?
Si lanciò in volo e raggiunse il bar
nel quale lavorava Mon-El. Il ragazzo nel vederla si
accigliò, dopo tutto, quel pomeriggio, non si erano lasciati molto bene.
“Possiamo andare da qualche parte, da
soli, un attimo?” Il giovane la fissò perplesso poi annuì, fece un cenno alla
seconda barista e poi la condusse sul retro del bar.
“Cosa succede?” Chiese, il tono
ancora un po’ rigido. Kara prese un profondo respiro e gettò le braccia attorno
al collo del ragazzo, lo attirò a sé e lo baciò. Mon-El
rimase immobile, per un istante, preso alla sprovvista, poi la afferrò per i
fianchi e spinse, con veemenza, la lingua nella sua bocca. Il corpo del giovane
premuto contro il suo non nascose nulla a Kara che cercò di rifiutare
quell’immediato senso di repulsione all’eccitazione del ragazzo.
Mon-El la sollevò spingendola contro il
muro, la forza del ragazzo era decisamente inferiore alla sua, ma fu brusco e,
per quanto non potesse sentire male, provò del fastidio.
“Mon-El…”
Cercò di rallentare, ma il giovane aveva atteso settimane e ora era convinto
che lei fosse lì per questo.
“Ti voglio.” Mormorò il giovane
baciandole il collo. Si era fatto la barba quella mattina, ma ora doveva essere
ricresciuta, perché la punse.
“Aspetta… volevo parlare e…” Il ragazzo
annuì, ma le sue mani corsero a sollevarle la maglietta. “Mon-El
potrebbe entra qualcuno da un momento all’altro!” Esclamò, cercando di fermarlo
senza essere troppo brusca.
“Non mi importa.” Affermò lui, la
voce leggermente roca.
“Importa a me!” Kara lo spinse via e
il ragazzo si ritrovò scaraventato indietro, finendo a sbattere contro un
armadio. “Scusa…” Mormorò lei, facendo una smorfia.
“C’è un altro, non è vero?” Il tono
di Mon-El ora era basso, triste, rassegnato. Si era
aspettata della rabbia, con quella avrebbe potuto rispondere, ma così…
“No!” Protestò, ma arrossì per la
mezza bugia.
“E allora perché? Cosa c’è che non
va?” Kara scosse la testa incapace di spiegare. Eppure nella sua testa
risuonavano le parole di Lena: baciare quella sconosciuta le aveva ricordato
lei che baciava Mon-El, ma Mon-El
non erano uno sconosciuto qualsiasi, lei gli voleva bene…
“Perché non mi hai mai detto che mi
ami?” Il ragazzo sembrava aver seguito il filo dei suoi pensieri, perché quella
domanda arrivò precisa e puntuale sorprendendola e al contempo chiarendo ogni
dubbio. Lei non lo amava.
“Mi dispiace.” Ammise e vide le
spalle del ragazzo afflosciarsi, la guardò con un sorriso amaro, sconfitto.
“Posso offriti da bere? Credo che io
mi prenderò una bella sbronza adesso.” Affermò il giovane e Kara scosse la
testa.
“No, ne ho avuto abbastanza di alcool
per oggi.” Tese la mano al ragazzo e fece un sorriso triste. “Ma rimarrò con
te, se ti va.” Lui annuì, prese la sua mano e si lasciò accompagnare di nuovo
nel bar.
Mentre Kara lo guardava bere cercava
con tutta se stessa di non pensare a Lena in attesa, nella stanza d’albergo,
l’idea di raggiungerla era così forte da essere quasi soffocante, ma non poteva
abbandonare Mon-El e non era così sicura di poter
gestire quello che provava per la ragazza.
Lena si voltò nel letto, aprì gli
occhi e sbuffò. La tenda ondeggiava leggermente al vento, ma la stanza era
vuota.
Vuota.
Kara non sarebbe arrivata. Era stata
sciocca a chiederle di venire. Perché diavolo lo aveva fatto? Era stata così
felice che non avesse riconosciuto il suo viso che non avesse compreso chi era
la sua nuova amica che… o forse erano stati gli occhi di Kara su di lei, quello
sguardo caldo, che aveva scaldato il suo stesso cuore, emozionandola. Sapere
che non era solo lei a provare del desiderio per la giovane aveva scatenato in
lei la voglia di spingersi più in là. Non poteva dare la colpa all’alcool, ma
di certo l’aveva aiutata e poi, finalmente, il suo mal di tesa era sparito e
lei si era sentita così bene!
Ma non avrebbe dovuto provocarla,
Kara era fidanzata ed era troppo onesta per tradire Mon-El,
anche se, entrambe sapevano, consciamente o inconsciamente, che non lo amava.
Ruotò nel letto e lanciò un’altra
occhiata alla finestra. Quanto ci avrebbe messo Supergirl
ad arrivare a Metropolis? Cinque minuti?
Probabilmente meno e ne erano passati venti ormai.
Per un istante pensò che avrebbe
potuto entrare nella mente della ragazza e scoprire da sola cosa stesse facendo,
ma poi se lo impedì. Forse aveva mal interpretato il suo sguardo e… no, non
poteva aver frainteso e…
E lei era una dannata Luthor e non lo aveva detto a Kara. Se fosse apparsa ora,
in quella stanza, cosa avrebbe fatto? Sarebbero finite a letto assieme senza
che lei sapesse che era a letto con ‘il nemico’? No,
forse era meglio se non arrivava, il giorno dopo avrebbero parlato, calme,
senza alcool o sentimenti a mettersi di traverso. Sì, non appena sarebbe
atterrata a National City avrebbe chiamato Kara con il telefono, perché aveva
memorizzato il suo numero quando lo aveva dato a un collega, e le avrebbe
chiesto di raggiungerla in quel ristorante che amava tanto, poi le avrebbe
parlato.
Era decisamente meglio che non fosse
venuta. Strinse gli occhi e cercò di fingere che il suo cuore non dolesse per
quel rifiuto. Cercò di non pensare al fatto che ancora una volta era stata
rifiutata, perché non era giusto, Kara non l’aveva rifiutata, era stata lei a
chiederle troppo e troppo in fretta.
Prese un profondo respiro e lasciò
che la stanchezza della giornata la sommergesse, aveva bisogno di dormire e
sperò di riuscirci, anche se il mal di testa stava lentamente tornando.
“Lo sai che ti amo, non è vero?” La
voce impastata di Mon-El le fece storcere il naso,
così come l’odore d’alcool che lo attorniava.
“Lo so, Mon-El,
e mi dispiace.”
“Ti dispiace? E allora perché mi
lasci?” I lacrimoni scendevano lungo il viso di Mon-El
che non sembrava intenzionato a smettere.
“Non credo di potertelo spiegare
meglio di come ho fatto nelle ultime due ore… credevo di poter trovare in te
qualcuno che mi capisse, ma non basta aver vissuto esperienze traumatiche
simile per capirsi e completarsi.” Il daxamite
probabilmente non aveva capito neppure una parola.
“Ma siamo la ragazza di Krypton e il
ragazzo di Daxam! Siamo la più bella coppia del
mondo, no, dell’universo.” Kara fece una smorfia, Mon-El
era ubriaco fradicio e non si reggeva sulle sue gambe, per fortuna sostenere il
peso del giovane non era affatto un problema per lei.
“Siamo quasi arrivati.” Affermò con
un certo sollievo. Risalì le scale e aspettò che Mon-El
si frugasse nelle tasche alla ricerca delle chiavi. Fu una ricerca molto lunga,
ma alla fine il giovane le consegnò il mazzo.
Kara aprì la porta e accompagnò Mon-El fino al letto dove lo lasciò cadere, pancia in su.
“Rimani con me.” Le chiese il ragazzo
guardandola con occhi lucidi a causa dell’alcool.
“Non posso, Mon-El.”
Mormorò lei. Poi gli tolse le scarpe e lo coprì con una coperta. “Ti voglio
bene, lo sai questo, vero?”
“Sì… speravo bastasse.” Borbottò.
Kara annuì piano, anche lei credeva che sarebbe bastato, ma poi nella sua mente
una voce aveva iniziata a parlare e, improvvisamente, accontentarsi non aveva
più avuto senso.
Con un piccolo sorriso dispiaciuto si
piegò sul giovane e gli lasciò un bacio sulla fronte.
“Domani ti sentirai molto male, ma
passerà.” Il giovane aveva già chiuso gli occhi e iniziato a russare. Kara
raggiunse la piccola cucina e prese un bicchiere d’acqua, lo riempì e lo posò
sul comodino. Corrugò la fronte cercando di pensare a cosa le aveva detto Alex
su come alleviare gli effetti della sbronza, ma non ricordava altro oltre
all’acqua. Sperando che sarebbe bastata lanciò un ultimo sguardo a Mon-El e se ne andò.
Raggiunse Metropolis
in pochi minuti. Il Royal era l’hotel più elegante e
lussuoso della città, le bastò un istante per identificare la suite 18 e
fermarsi davanti alla finestra.
Poteva sentire il respiro calmo di
Lena, poteva sentire il suo cuore battere lento e regolare, poteva persino
sentire il suo profumo. Rimase immobile per un tempo che le parve infinito, poi
radunò tutto il suo coraggio ed entrò nella stanza scostando appena le tende.
Lei era lì, stesa sul letto,
addormentata. Per la prima volta la vedeva per davvero e non importava che
fosse semi nascosta tra le lenzuola e che i suoi occhi fossero chiusi: era la
donna più bella che avesse mai visto. Lo aveva compreso nel vederla nello
specchio e ora lo comprendeva vedendola dormire.
Doveva svegliarla?
Note: Ebbene sì, Lena ha
raccolto il coraggio e si è mostrata a Kara, ma le cose non sono andate come
progettava lei. Straordinariamente, Kara, non l’ha riconosciuta. Sollievo, un
pizzico di coraggio liquido (alcool) e le sensazioni di Kara nel vederla per la
prima volta hanno spinto Lena al di là della soglia dell’amicizia… E Kara? Kara
ha fatto due più due e ha mollato Mon-El, era ora,
direte voi! XD Cosa ne pensate, è stata gentile, no? Non l’ha lasciato da solo,
neppure sapendo che Lena aspettava semi nuda in una camera d’albergo. Io direi
che è stata pazza, ma va beh… lo doveva a Mon-El,
giusto?
Cosa dite che
succederà? Kara sveglierà Lena?
Bene, spero
che questa svolta vi sia piaciuta, ma non dimenticate che Alex è sempre là
fuori e che un certo segreto non è stato svelato!
Il pensiero scivolò nella sua mente,
dolce, delicato. Lena aprì gli occhi lentamente e sorrise. Sapeva che era lì,
lo sapeva senza bisogno di vederla.
“Sei venuta.” Mormorò. La luce
dell’alba stava già filtrando tra le tende.
“Non volevo svegliarti…”
“Oh sì che lo volevi.” Alzò lo
sguardo e lei era lì, per la prima volta non erano una nella mente dell’altra,
ma si guardavano, per davvero.
“Ehm… va bene.” Ammise Kara e Lena
apprezzò il rossore sulle sue guance, quante volte lo aveva immaginato e
percepito?
“Sei bellissima.” Non riuscì a
trattenersi dal dire. Aveva sempre pensato che fosse bella e vederla allo
specchio le aveva tolto il respiro, ma dal vivo… era qualcosa di splendido. I
suoi capelli color del grano maturo sembrano risplendere anche senza il sole
che li illuminava e i suoi occhi azzurri erano vivaci e profondi.
“Oh, no, tu sei bellissima.” Il
complimento la fece sorridere e abbassare gli occhi, non era da lei arrossire,
ma nessuno, mai, l’aveva guardata con occhi così puri e così sinceramente
colpiti.
“Vieni qua.” Le indicò il letto e
vide Kara ondeggiare sul posto, indecisa. Dovette ridere nel vedere la famosa
eroina di National City stringere le mani e mordicchiarsi il labbro, esitante,
il mantello che ondeggiava piano alle sue spalle seguendo in movimento del suo
corpo. “Non mordo.” La rassicurò con un sorriso.
“Oh… potresti anche mordere, non mi
farebbe nulla. Una volta un gatto mi ha morsa, ma si è rotto un dente, Eliza ha detto che era un dentino da latte e che non dovevo
preoccuparmi per il gatto.” Parlava veloce, come quando era tesa, Lena si tirò
a sedere sul letto, ma quando vide gli occhi di Kara sgranarsi ricordò che
indossava solo la biancheria intima, così tirò su anche il lenzuolo.
“Kara.” Richiamò la ragazza che era
diventata rossa. “Vieni e siediti qui.” Con la mano batté sul materasso accanto
a lei. La kryptoniana esitò ancora un istante poi
obbedì. Ora erano vicine e Lena sorrise, poteva sentire il calore provenire da
Kara, ma non si toccavano, non ancora.
Lentamente alzò lo sguardo fino a
incrociare quello di lei.
Lena aveva giocato davanti allo
specchio qualche ora prima, l’aveva provocata, e, fino ad un istante fa, le
sembrava di avere la situazione sotto controllo, eppure ora sentiva il cuore
batterle veloce nel petto. Improvvisamente era tornata un’adolescente alla sua
prima cotta.
Nel vedere lo sguardo di Kara, pieno
di timidezza, sorrise, non aveva bisogno di essere nella sua mente per
conoscere i suoi sentimenti.
Alzò la mano e Kara la imitò, lentamente
le loro dita si sfiorarono e poi si intrecciarono. Sospirarono entrambe a quel
breve contatto, il primo tra loro due.
Lena osservò le loro dita
intrecciate, affascinata si portò la mano di Kara al viso lasciando che il
dorso aderisse alla sua pelle. Sentì il fremito della ragazza e chiuse gli
occhi.
Kara allungò la seconda mano e le
sfiorò il viso con le dita.
“È diverso…” Mormorò affascinata Kara,
la mano ora tracciava lentamente la forma del viso di Lena. “Rispetto a quando
ero nella tua mente.” Si spiegò e Lena annuì piano, anche dal suo punto di
vista era decisamente diverso. Nulla l’aveva preparata alle emozioni che quel
semplice contatto le stava trasmettendo. Chiuse gli occhi e strinse la mano di
Kara allontanandola dal proprio viso.
“Dobbiamo parlare.” Affermò cercando
di apparire decisa. Gentilmente la mano di Kara si sciolse dalla sua e prese a
scorrere sulla sua spalla nuda fino a scendere ad accarezzarle il braccio,
delicata come una piuma.
“Non riesco a credere di essere
finalmente qui, davanti a te.” La voce della ragazza era bassa e profonda. Lena
non l’aveva mai sentita così, le diede un brivido. Eppure dovevano parlare, era
importante che sapesse chi era e…
“Non riesco a credere che la tua
pelle sia ancora più morbida di quello che avessi immaginato.” Gli occhiazzurri
di Kara si fissarono sulle sue labbra come se il pensiero l’avesse portata a
pensare ad un’altra morbidezza. “Mi hai chiesto di dirtelo…” Mormorò ad un
soffio da lei.
“Cosa?” Chiese, allora, Lena,
cercando di respirare.
“Voglio baciarti.” Ammise, finalmente,
Kara.
Lena sentì il cuore batterle veloce
nel petto, mentre le labbra di Kara scendevano dolci sulle sue. Chiuse gli
occhi e semplicemente si lasciò andare assaporando la morbida dolcezza della
ragazza d’acciaio.
Quando si separarono i loro occhi
tornarono a cercarsi, mentre un dolce sorriso appariva sui loro volti. Kara le
accarezzò il viso, senza smettere di sorridere, sembrava emettere luce tanto
era felice. Il cuore di Lena si riempì di quella felicità fino a traboccare, ma
c’era un neo in tutto ciò, qualcosa che le impediva di essere felice appieno,
un’ombra che doveva essere dissipata.
“Kara…” Iniziò.
“Mi fido di te.” Rispose la ragazza,
non era nella sua mente, era come se si trattenessero entrambe dal farlo, come
se temessero di perdere il controllo, ma doveva aver visto l’ombra offuscare la
sua gioia. “Mi spiace essere venuta così tardi… ma c’era una cosa che doveva
risolvere.” Lena annuì a quelle parole, non c’era bisogno di chiedere.
Kara arrossì un poco e poi guardò il
letto.
“Credi che potremmo… stare un po’
assieme?” Domandò, titubante e imbarazzata al contempo.
“Mi piacerebbe molto se restassi qui,
per quello che rimane della notte.” Le rispose lei, dolcemente, sorridendo.
Kara sapeva sempre sorprenderla, invece di prendersi quello che desiderava,
quello per cui era venuta e che tutti si sarebbero aspettati, lei chiedeva,
gentilmente, le gote rosee e gli occhi timidi.
Per chiarire la sua volontà si tirò
un poco indietro lasciando a Kara lo spazio nel letto. La supereroina si
sistemò il mantello di modo che non le infastidisse, poi si sdraiò accanto a
lei, su di un fianco, la mano sotto al viso, mentre la guardava. Lena ridacchiò
all’innocenza della ragazza e la attirò contro di sé. Il suo cuore accelerò nel
sentire il calore proveniente dal corpo della giovane, ma non fece nulla di più
che lasciarsi avvolgere dalle braccia di Kara, sistemando il volto nell’incavo
del suo collo, respirando il suo profumo e godendo della sensazione di pace e
serenità che quell’abbraccio le trasmetteva. No, non era solo quello, era
sicurezza e… completezza. Avrebbe chiuso gli occhi solo un momento, per godere
di quella sensazione, poi avrebbero parlato.
Kara allungò il braccio e diede un
colpo al telefono dell’hotel che si ruppe, aprì gli occhi e si guardò attorno
leggermente spaesata. Un peso estraneo era appoggiato a lei. Le ci volle un
istante per iniziare a sorridere.
Lena si mosse leggermente,
infastidita dal suo brusco movimento, si stiracchiò tendendo la schiena e
spingendosi ancora un poco contro di lei e poi aprì gli occhi. Kara osservò il
momento del risveglio con occhi adoranti, non aveva mai provato tanta emozione
nel vedere una cosa così semplice e, doveva ammetterlo, non aveva mai sentito
il suo corpo risvegliarsi così in fretta come nel vedere quello di lei semi
nudo arcuarsi e poi spingersi contro il proprio. Rao,
era bella anche con i cappelli scarmigliati e gli occhi ancora appiccicati dal
sonno.
“Buongiorno…” Mormorò, trattenendo il
desiderio di baciarla.
La donna spalancò gli occhi.
“No!” Disse, ora decisamente sveglia.
“Mi sono addormentata?” Si portò le mani al viso arrossendo e Kara ridacchiò.
“Eri molto stanca.” La giustificò.
“Ma…”
“Ti sei rilassata tra le mie braccia
e ti sei addormentata, non mi sembra una cosa brutta.” Lena aveva abbassato le
mani, ma la guardava con un misto di vergogna e un rossore sulle guance. Kara
allungò le dita e le sistemò una ciocca di capelli. Guardandola con occhi
sognanti.
“Ci siamo baciate.” Ricordò,
arrossendo, ma senza distogliere gli occhi da lei. Sul viso di Lena si aprì un
ampio sorriso.
“Ci siamo baciate.” Confermò. Poi i
suoi occhi si fecero maliziosi, mentre si avvicinava lentamente a lei, senza
distogliere lo sguardo. “Potremmo farlo ancora.” Propose.
Si fermò a qualche millimetro dalle
sue labbra, poi, per la prima volta da quando si erano fisicamente incontrate,
entrò nella sua mente, chiuse gli occhi e la baciò.
Fu straordinario. Condividere il
bacio amplificò le sue sensazioni, non era più solo nel proprio corpo, ma anche
in quello di Lena, un caleidoscopio di emozioni che la lasciò senza fiato.
“Wow!” Esclamò, sbattendo le palpebre,
negli occhi di Lena poteva scorgere la stessa esperienza che aveva provato lei.
“Forse dovremmo andarci piano con questo, altrimenti…” Lena la baciò di nuovo e
i suoi sensi si infiammarono di desiderio, il suo, misto a quello di lei,
rendeva la situazione ingestibile.
Sentì le mani della donna scivolare
lungo il suo busto dandole una lunga serie di brividi, le sue dita scivolarono
lungo il collo della donna poi sulle spalle, il fatto che fosse in intimo non
la aiutò a mantenere la mente calma.
Il cellulare si mise a suonare e Lena
mugugnò di ignorarlo.
“L’ho spento dieci volte questa
mattina. Se la ragazza di ieri si chiamava Jess è una tipa decisamente
assillante!” Riuscì a dirle Kara mentre Lena le stava baciando il collo. La
donna si tirò indietro bruscamente.
“Hai chiuso delle chiamate?” Chiese
sorpresa.
“Sì, avevi bisogno di dormire e…” La
ragazza saltò già dal letto e afferrò il telefono.
“Sono le undici!” Esclamò stupefatta,
notando per la prima volta l’ora.
“Sì…” Kara la guardò mentre
controllava il telefono con aria febbrile. “Non avrei dovuto spostare la
sveglia?” Domandò con aria preoccupata, anche se non fosse stata nella mente
della giovane avrebbe capito che era contrariata.
Lena si voltò, la guardò e poi scosse
la testa, sorridendo.
“Sembra proprio che non abbiamo
diritto ad un momento tutto per noi, non è vero?” Si avvicinò e si piegò su di
lei, baciandola con delicatezza. “Ora devo andare, Jess è la mia segretaria e,
probabilmente, starà impazzendo. Avevo diversi impegni questa mattina e un
aereo da prendere.” Kara percepì un istante di dubbio nella giovane e si chiese
se le avrebbe detto dove sarebbe andata. “Per National City.”
“Oh.” Kara sgranò gli occhi e Lena
sorrise.
“Sì, abitiamo nella stessa città, mi
dispiace di non avertelo detto. Ci sono tante cose che devo dirti…” Il telefono
suonò di nuovo e lei fece una smorfia. “Sì.” Rispose. “Sì. Sto arrivando, dieci
minuti. Benissimo.”
“Devi andare?” Le chiese e Lena
annuì.
“Sì, ma dobbiamo parlare, quindi, lo
faremo. Stasera, alle 21.00 da Glissem. Va bene?”
“Oh, c’è sempre un profumino
delizioso vicino a quel ristorante, ma ci vuole un mese per prenotare e…” Lena
fece un sorriso immodesto e inarcò un sopracciglio facendo ridere Kara. “Va
bene, allora, a stasera.”
Si alzò e raggiunse Lena, la attirò
tra le braccia e la baciò.
“A stasera…” Mormorò la ragazza, poi
la lasciò andare e lei camminò all’indietro, incapace di distogliere gli occhi
da quella meravigliosa visione.
Lena rise quando la vide continuare a
camminare nell’aria ormai fuori dalla finestra e lei sorrise felice.
“Devo davvero andare.” Le disse la
donna e lei annuì, alzò il pugno verso il cielo e volò via.
Entrò al DEO con un sorriso enorme
sulle labbra.
“Kara.” Alex la chiamò subito e il
sorriso fu trasformato in una smorfia. Raggiunse la sorella che la guardò
interrogativa.
“L’ho incontrata! Ieri notte e…”
“Come si chiama.” Chiese subito la
donna prendendo un tablet e preparandosi a inserire
il nome e fare una ricerca.
“Ehm… non lo so ancora, non è che
abbiamo parlato molto e…” Gli occhi di Alex si assottigliarono.
“Cosa vorresti dire?” Kara arrossì
violentemente e la maggiore sgranò gli occhi sorpresa. “Aspetta… avete passato
la notte assieme? Ma… e Mon-El?” Kara era sempre più
rossa.
“Non è che abbiamo fatto quello che
credi… non ancora perché lei si è addormentata, era tanto stanca e aveva bevuto
e…” Ogni nuova parola la rese un po’ più rossa, mentre Alex inorridiva sempre
di più. “Non è come credi, ma ehm… io e Mon-El ci
siamo lasciati… insomma, io l’ho lasciato.”
“E poi non sarebbe come credo?”
Chiese Alex, sempre più sconvolta.
“Stasera la incontro, ha detto che
parleremo.” Alzò il dito tutta felice, ricordando un dettaglio. “Ha detto che
abita a National City, non è magnifico?” Alex annuì piano.
“Stasera, hai detto?”
“Sì, da Glissem!
Ti immagini!”
“Supergirl.”
La chiamò J’onn e lei guardò la sorella con un attimo
di panico.
“Non gli hai detto che…”
“No.” Le rispose lei. “Ma…”
“Glielo dirò, promesso, ma domani.”
Alex fece una smorfia, ma alla fine annuì e Kara si diresse di corsa da J’onn per sapere di cosa le volesse parlare.
Alex osservò la sorella ridacchiare
con un’agente e poi scherzare con un secondo. Era evidentemente l’immagine
della felicità. La osservò e poi lo vide. Kara distolse gli occhi dal suo
interlocutore, sorrise e arrossì. Come aveva fatto a non vederlo prima? Era
chiaro che non era più lì, stava parlando con lei, la misteriosa ragazza che
sembrava essere entrata nel cuore oltre che nel cervello.
“Winn.” Il
giovane ruotò sulla sedia e la guardò interrogativo.
“Dimmi.”
“Puoi dirmi dov’è stata Kara ieri
sera?” Winn la guardò corrugando la fronte, il suo
viso si voltò a guardare Kara che ora rideva da sola, appoggiata al tavolo
centrale.
“Il trasmettitore su Supergirl non dovrebbe servire per spiare Kara…” Iniziò, ma
lei le lanciò uno dei suoi sguardi assassini. “Va bene!” Cedette subito lui
tornando a ruotare la sedia e digitando rapidamente sulla tastiera.
“Io vado!” Proruppe Kara agitando la
mano verso di loro per poi lanciarsi verso il cielo.
Alex strinse le labbra e con un cenno
indicò a Winn di continuare. Lui roteò gli occhi e
poi si rimise al lavoro.
“Allora… ieri era qua a National
City...”
“Mi servono i dettagli.” Lo incitò
Alex e il ragazzo, a malincuore, obbedì. Alex osservò che era rimasta al bar
ritrovo degli alieni per buona parte della serata, verso mezzanotte era andata
all’appartamento di Mon-El, vi era rimasta pochi
minuti e poi era volata fino a Metropolis.
“Metropolis.”
Mormorò.
“Sarà andata a trovare Superman…”
Provò Winn. “O le sarà venuta voglia di quel frullato
che mi ha portato una volta, banana, mela, kiwi e un ingrediente segreto… un
sapore simile non l’ho mai più…” Alex lo guardava con occhi minacciosi e il
ragazzo cedette, premette su due tasti e apparve un indirizzo. “Non credo che
sia giusto quello che stiamo facendo. Penso non ci riguardi cos’ha fatto Kara
nella suite 18 del Royal.” Protestò, questa volta con
più veemenza.
“Non credere che lo faccia per mettere
il naso nelle sue faccende, devo proteggerla, anche da se stessa. Dimmi chi ha
prenotato quella camera d’albergo.”
“Alex, non ho mai visto Kara più
felice e non credo che questo sia un male, capisco che tu voglia proteggerla,
ma questo va al di là di…” Mentre parlava digitava sulla tastiera e dalle sue
labbra non uscì più alcun suono quando un nome si evidenziò sullo schermo.
“Cosa… cosa significa?” Chiese voltandosi interrogativo verso la maggiore delle
Danvers.
“Significa che avevo ragione. Winn, ho bisogno di te.”
“Cosa devo fare?” Il ragazzo
continuava a guardare il nome sullo schermo con un misto di incomprensione e
stupore.
“Dobbiamo analizzare la bomba
lasciata in centro città.”
“Non vedo il rapporto tra le due cose
e, comunque, se ne stanno occupando i tecnici…”
“Non possiamo aspettare, dobbiamo
fare in fretta, se troverò quello che penso allora capirai.” Lo bloccò Alex
allontanandosi con passo deciso, Winn la guardò per
alcuni istanti poi capì che l’agente si aspettava che lo seguisse così scattò
in piedi e la seguì.
Note: Allora, allora, cosa mi dite? Kara l’ha svegliata e
le nostre ragazze si sono baciate! Ecco i due punti positivi… poi abbiamo
qualche aspetto meno “ideale”: un segreto ancora da svelare e un’Alex
decisamente alla carica. Dobbiamo preoccuparci? Intanto godiamoci il momento,
no?
Vi è piaciuto il loro primo incontro? Vi aspettavate di
più, di meno?
Alex alzò gli occhi dal microscopio riportandoli
sullo schermo del computer, non c’erano più dubbi, le due sostanze
combaciavano.
“Hai trovato qualcosa?” Chiese Winn, vedendo la sua faccia.
“Combacia con la sostanza che abbiamo
raccolto addosso agli abiti di Kara qualche mese fa.” Il giovane corrugò la
fronte perplesso.
“Quindi possiamo dedurne che coloro
che hanno piazzato la bomba siano gli stessi che hanno lanciato quel missile
mesi fa?”
“Sì, il missile che è esploso mentre
Kara tentava di spingerlo fuori dall’atmosfera.” Confermò Alex, mentre gli
indicava i due diagrammi sullo schermo. “Guarda la chimica dei composti,
identica.”
“Appartengono allo stesso lotto di
produzione o…” Dedusse Winn.
“O provengono dallo stesso
laboratorio.” Alex si alzò in piedi decisa. “Devi rintracciarne la fonte, il
più in fretta possibile.”
“Ma i laboratori che potenzialmente
potrebbero trattare una simile sostanza sono numerosi e lo sai quanto sono
gelose dei loro composti le industrie chimiche! Di sicuro si tratta di un
progetto top secret altrimenti ne avremmo trovato traccia sul mercato.” Si
lamentò il ragazzo.
“Concentrati sui suoi laboratori.”
Alex gli gettò un dossier, appena stampato. Winn
sospirò, consapevole di quello che avrebbe trovato una volta aperto il plico e
infatti si ritrovò davanti lo stesso nome di poche ore prima.
“Sei sicura che…”
“Sì.” Replicò, decisa, Alex. “E, Winn, non dirlo a Kara, non ancora. Dobbiamo essere in
possesso di prove schiaccianti.” Il ragazzo fece una smorfia, ma sotto lo
sguardo duro di Alex annuì.
Kara uscì dalla camera con un abito
azzurro, le spalline sottili, la gonna plissé che arrivava appena sopra al
ginocchio e una piccola cintura rosso scuro alla vita. Aveva raccolto i capelli
in uno chignon morbido ed era molto soddisfatta del suo aspetto. Indossò gli
occhiali e poi guardò la massa di cose che aveva lasciato sul ripiano della
cucina. Non era sicura di quello che avrebbe dovuto portare a Lena così aveva
preso del vino rosso, un mazzo di rose, una scatola di cioccolatini, un profumo
francese, un altro mazzo di fiori, questa volta dei tulipani perché le sembrava
di aver esagerato con le rose, e, infine, un cuscino con lo stemma di Supergirl perché una volta Lena lo aveva visto in casa sua
e aveva detto che ne voleva uno uguale. Ora però non era più sicura che non
fosse stata una battuta…
Bussarono alla sua porta e lei
abbassò gli occhiali perplessa, non aspettava visite e di certo non voleva
arrivare in ritardo al suo appuntamento.
Nel riconoscere Maggie aprì la porta
e la ragazza la guardò, sorpresa.
“Quanto siamo belli, questa sera.
Seratina con Mon-El? Sarebbe la prima volta che
uscite per davvero, se non si conta il bar, era ora che faceste qualcosa solo
voi due!”
“Ehm…” Kara arrossì un poco e Maggie
la scrutò perplessa.
“Non esci con Mon-El?”
Domandò, poi alzò le mani in segno di scusa. “Perdonami, a volte salta fuori il
mio lato da poliziotta. Sono passata solo perché Alex mi ha chiesto se potevo
vedere se ha lasciato qui le sue chiavi dell’appartamento.” Kara corrugò la
fronte perplessa, non aveva visto nessuna chiave e Alex non era tipa da
dimenticare le cose in giro, era organizzata e precisa, dopo tutto aveva
ricevuto un addestramento militare.
Maggie entrò nell’appartamento, ma si
bloccò quando notò la massa di oggetti sul ripiano della cucina.
“Wow, Kara, hai intenzione di
partecipare a una decina di appuntamenti in una sola serata o ti sei portata
avanti per gli appuntamenti di un intero anno?” La donna iniziò a guardarsi in
giro, come se cercasse le chiavi, mentre Kara arrossiva a quelle parole.
“No… ehm… io non sapevo cosa prendere
e…”
“Dove vi vedete?” Chiese Maggie
piegata per terra mentre guardava sotto il divano.
“Da Glissem.”
Affermò, torturandosi le mani. La detective si voltò verso di lei con occhi
sgranati.
“Ma in quel posto anche solo
un’insalata costa quanto il mio stipendio mensile!” Esclamò stupefatta.
“Oh.”
“La persona che ti ci porta non deve
avere idea di quanto mangi.” Commentò ancora Maggie rialzandosi in piedi con un
ghigno divertito. “Oppure hai accalappiato un riccone che vuole fare colpo.” Le
fece l’occhiolino per poi voltarsi e osservare la casa con occhio clinico. No,
qua le chiavi non ci sono.” Decretò.
“Maggie…?”
“Sì?” La detective si voltò con aria
interrogativa.
“Cosa credi che dovrei portarle?”
“Oh!” Kara arrossì nel rendersi conto
di aver specificato il genere della persona con cui si sarebbe vista. “Questa
non me l’aspettavo!” Commentò infatti Maggie con aria divertita. “Anche se
avrei dovuto intuirlo visto il profumo francese, decisamente femminile. Ebbene.”
Raggiunse il ripiano della cucina ed estrasse una singola rosa dal mazzo per
poi consegnargliela. “Questa andrà benissimo.” La rassicurò con un sorriso.
“Grazie.” Mormorò lei, arrossendo.
Maggie annuì, sembrava particolarmente seria ora.
“Fai attenzione, va bene?” Le disse,
sorprendendola. “Buona serata, Kara. Dirò ad Alex che le chiavi non sono da
te.”
“Va bene…” La ragazza esitò ancora un
istante e poi se ne andò con un piccolo sorriso sulle labbra.
Era stato strano.
Kara osservò la rosa tra le mani e
dimenticò la conversazione mentre veniva attraversata da un fiotto d’ansia.
Sorrise nel rendersi conto che non proveniva tutto da se stessa. Lena era
agitata tanto quanto lei. Questo la rilassò e al contempo rilassò Lena. Era
strano il modo in cui le loro sensazione si armonizzavano, ormai non c’era più
neppure bisogno che fossero veramente in connessione, era come se il confine
tra le loro due menti fosse sempre più esile.
Sorrise e uscì di casa, pronta a
ritrovare la ragazza, il cuore che batteva veloce per l’aspettativa e la gioia.
Alex osservò la sorella uscire dal
palazzo con una rosa e un sorriso luminoso sulle labbra.
“Sei sicura di quello che stai
facendo? Non ti dirò che non mi è piaciuto mentirle perché so che non è
piaciuto neanche a te chiedermi di farlo, ma, sei davvero sicura che quella
donna voglia farle del male? Perché ha un modo dannatamente strano di farlo.”
"Hai eseguito la scansione?” Chiese solo
Alex, senza risponderle. Maggie annuì alla compagna. Estrasse dalla tasca della
giacca un piccolo rivelatore e lo consegnò alla donna che lo inserì nel PC.
“Alex…” La chiamò, ma la ragazza
stava digitando rapidamente sul computer poi si toccò l’orecchio e parlò a Winn.
“Ti sto mandando i dati, fammi sapere
quando hai i risultati.” Annuì e poi guardò Maggie. “Non ci vorrà molto.”
Sospirò nel vedere la sua espressione e si strinse nelle spalle. “È mia sorella, farò tutto il
necessario per proteggerla.”
Lena prese un profondo respiro e
scese dall’auto, ringraziò l’autista e lo congedò, avviandosi con passo deciso
verso il ristorante. Era leggermente in anticipo, non voleva che Kara
aspettasse.
“Buona sera, miss Luthor.”
La salutò il maître con un ampio sorriso e poi la accompagnò al tavolo defilato
che aveva chiesto.
“Per questa sera, gradirei se si
dimenticasse il Luthor…”
“Certo, miss.” Le assicurò l’uomo,
sempre discreto ed efficiente.
Non dovette aspettare molto, appena
pochi minuti e dalla porta vide entrare Kara. Il maître le rivolse uno sguardo e lei
annuì così l’uomo accompagnò la ragazza immediatamente da lei.
Vederla avvicinarsi con una rosa e un
sorriso emozionato sulle labbra le fece battere più forte il cuore e la spinse
a sorridere ancora un po’ di più.
“Ciao.” La salutò la ragazza, mentre
si sedeva. “Oh!” Esclamò poi tendendole la rosa e arrossendo un poco.
“Grazie, è bellissima.”
“Tu sei bellissima.” Ritorse Kara e
arrossì. “L’ho già detto, vero? Scusa è che sono un po’ nervosa…”
“Non devi.” Lena allungò la mano
posandola sulla sua per poi fare una piccola smorfia. “Ci sono già io ad essere
nervosa!”
“Perché?” Chiese allora Kara,
cogliendo immediatamente che non si trattava solo dell’essere di nuovo assieme.
“Ho previsto di dirti chi sono e ho
paura che non ti piacerà.” Ammise per la prima volta ad alta voce, Lena.
“Oh, non può essere così terribile!”
Sdrammatizzò Kara. Ruotò la mano e intrecciò le dita con le sue. “Nulla può
cambiare quello che sento quando sono con te…” Mormorò piano arrossendo, ma
senza distogliere gli occhi da lei.
Lena sentì di nuovo quella forte
sensazione di calore e di protezione provenire da Kara e non poté fare a meno
di sentirsi al sicuro.
Un cameriere arrivò portando i menù,
Kara guardò la liste con la fronte corrugata, poi ordinò un’insalata. Lena la
guardò perplessa.
“Non ti senti bene?” Chiese, conscia
che la ragazza d’acciaio non poteva stare male.
“Come? Oh, no… non ho molta fame…”
Arrossì alla menzogna evidente e Lena inclinò la testa per poi scoppiare a
ridere, chiamò il cameriere e gli disse di aggiungere un primo e un secondo di
carne e di pesce.
“Questo è il nostro primo vero
appuntamento, non ti devi preoccupare di nulla, va bene? Posso permettermi di
offrirti un pasto completo.” Kara si morse il labbro leggermente rossa per
l’imbarazzo, poi si tese avanti verso di lei, parlando piano.
“Maggie mi ha detto che qui
un’insalata costa come il suo stipendio di un mese e sul menù non ci sono i
prezzi quindi…” Lena sentì una vampata di calore nel ritrovarsi Kara così
vicina, alzò la mano e le accarezzò il viso, interrompendo di netto le sue
parole.
Si specchiò in quegli occhi che
riuscivano a scioglierle l’anima e attirò la ragazza verso le sue labbra in un
dolce bacio.
“Ciao…” Mormorò separandosi da lei,
un sorriso sulle labbra.
“Credevo ci fossimo già salutate.”
Disse allora Kara, mordicchiandosi il labbro.
“Non nel modo migliore.” Assicurò
lei, lasciando andare il suo volto nel vedere arrivare il cameriere con la bottiglia
di vino che aveva scelto per gli antipasti.
Kara guardò il dolce con un’aria
beata, non aveva mai mangiato nulla di così squisito e la compagnia di Lena era
stata la cosa migliore che potesse chiedere. Non che non lo sapesse,
conversavano assieme da settimane e infatti non ci fu tra loro un solo istante
di imbarazzo, quello non sembrava affatto un primo appuntamento, anche se
quando si sfioravano le sensazioni erano decisamente nuove, intense e perfette.
“Direi che ogni centesimo investito
nel cibo è ben investito, sapevo che amavi mangiare, ma sembra che oggi ogni
piatto fosse come un regalo di Natale.” Kara alzò lo sguardo su Lena che
parlava sbocconcellando il suo dessert, osservandola con aria divertita, mentre
lei finiva il suo in appena tre cucchiaini.
“È stata una cena deliziosa.” Affermò.
“Ne sono felice.” Sospirò lasciando
cadere il suo cucchiaino e mordendosi il labbro con un sorriso incerto. “Ti
andrebbe di venire in un posto con me…” Sentiva che era tesa e spaventata.
“Certo.” Annuì cercando di
rassicurarla. Si alzò e le tese la mano.
Uscirono dal ristorante salutate dal
maître,
si allontanarono un poco poi Kara la guidò in un vicolo scuro e vuoto.
“Kara… devo preoccuparmi riguardo
alle tue intenzioni?” Chiese Lena, perplessa.
“No, non dovrai mai preoccuparti
quando sei con me.” Le fece un ampio sorriso rassicurante e poi la sollevò stringendola
contro il proprio corpo. “Sei pronta?” Le chiese, mentre Lena si aggrappava al
suo collo spaventata.
“No!” Esclamò, ma Kara rise.
“Sì che sei pronta, lo sento nel tuo
cuore.” Senza attendere oltre si spinse verso il cielo e in un attimo furono
lontane dagli occhi di tutti, dalle luci della città, dalle paure e dalle
esitazioni. Libere, assieme.
Kara sentiva il cuore di Lena battere
veloce, ma sentiva anche il suo stesso sentimento di gioia e libertà
riverberare in lei. Lena chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro il suo
petto lasciando che il suo corpo e la sua mente si rilassassero, così come
aveva fatto tante volte in quelle ultime settimane.
“Dimmi, dove volevi andare?” Le
chiese dopo alcuni lunghi minuti di silenzio, quando seppe che Lena era di
nuovo pronta a parlarle.
La donna si guardò attorno e poi le
indicò un alto palazzo, ben identificabile tra gli altri della città.
Kara corrugò la fronte, perplessa.
Quello era il palazzo della Luthor Corporation. La
ragazza voleva forse dirle che lavorava per i Luthor?
Era quello che la spaventava tanto?
“Lo vedi quel balcone? Potresti
portarmi lì?” Chiese con voce leggermente emozionata Lena. Kara obbedì e pochi
istanti dopo atterrò, delicatamente, lasciandola scendere.
“Kara…” Iniziò, aveva la voce rotta
adesso, come se le mancasse il fiato. Kara sentiva ondate di panico provenire
da lei.
“Aspetta.” Kara la attirò a sé le
prese il viso tra le mani e la baciò, lasciando che sentisse tutto ciò che
provava per lei. “Andrà tutto bene.” Mormorò e con l’indice spazzò via una
lacrima che stava scivolando lungo la guancia della ragazza.
“Il mio nome è Lena Luthor.” Lasciò uscire la donna, mentre il suo cuore
accelerava di nuovo.
Kara sbatté gli occhi sorpresa. Lena
fece un passo indietro separandosi da lei, poteva sentire di nuovo quel muro
tra di loro, non l’aveva spinta via perché non era esattamente nella sua mente,
ma si teneva lontano dai suoi sentimenti, come se fosse pronta ad esserne
ferita, come se temesse che lei la odiasse per questo.
“Lena…” Mormorò cercando di dire
qualcosa, qualsiasi cosa.
Lena si voltò, premette la mano sulla
porta vetro che si aprì ed entrò in un ufficio, il suo, immaginò Kara. Perché
Lena era la proprietaria di quell’edificio, perché lei era una Luthor. Come aveva fatto a non capire? Una Luthor, nella sua mente. Una Luthor!
Lena si voltò, sul viso un sorriso
falso, vuoto di ogni sentimento.
“Lo so, capisco.”
Note: Prima di tutto, so che siete tormentate da questa
cosa, quindi togliamoci il dente: Lena ha un conto aperto con il ristorante ed
è per questo che esce senza pagare. ;-)
Bene, detto questo… Vi aspettavate che le cose andassero
così? Alex ha messo in campo il suo uomo migliore… o meglio, la sua donna
migliore: Maggie! Per chissà quale scansione; e Lena è riuscita a dire a
Kara chi è, ora, le cose sono in mano alla ragazza d’acciaio, come reagirà?
Capitolo 9 *** Ottavo capitolo: Super e Luthor ***
Super e Luthor
Lena si voltò e guardò Kara. La ragazza aveva
gli occhi sgranati, la faccia scioccata. Eccola lì, l’espressione che più
temeva: l’orrore di Kara nel capire con chi aveva condiviso la mente fino a
qual momento.
“Lo so.” Ammise. “Capisco.” Sorrise, ma nel
suo cuore vi era il vuoto.
“Lena Luthor.”
Mormorò la ragazza e lei annuì stringendo la mascella, sarebbe rimasta lì ad
attendere il suo disprezzo, il suo orrore, il suo disgusto? Meglio questi
sentimenti che veder nascere il sospetto in quegli occhi sempre pieni di
fiducia.
Forse sarebbe stato meglio andarsene,
semplicemente, ma non poteva, non riusciva a distogliere gli occhi, Kara era
troppo importante e se c’era anche solo una piccola, minuscola possibilità che
lei…
“Perché non me lo hai detto prima?” Chiese la kryptoniana. Non vi erano rabbia o accusa nel suo tono.
Lena la fissò, perplessa.
“Perché sei una Super e…”
“E tu una Luthor.”
Acconsentì Kara. “Posso capire all’inizio, ma sono mesi che… e ora ci siamo
baciate…” Kara arrossì. “Credevo che mi conoscessi, credevo che tu, tra tutti,
sapessi quanto tengo a te…”
“Io…” Lena la guardò senza parole, dalla
ragazza provenivano emozioni contrastanti, malgrado si fosse protetta le era
impossibile non sentire quello che Kara provava, incredulità, dispiacere, ma
soprattutto una decisa volontà di protezione, come se tentasse di buttare giù
il muro che si era costruita attorno al cuore con il semplice desiderio di
proteggerla, ancora, comunque, sempre.
La ragazza fece due passi avanti, decisa entrò
nell’ufficio e le prese il volto tra le mani attirandolo verso il suo e
baciando le sue labbra. Le emozioni si riversarono in lei, potenti ora, quel
bacio aveva infranto di nuovo le sue difese, nulla poteva contro Kara, perché
Kara era già dentro di lei.
Le labbra della ragazza si separarono dalle
sue, mentre due lacrime gemelle scendevano lungo le loro guance.
Sulle labbra di Lena si disegnò un sorriso.
“Non pensi che io sia…”
“No.” Rispose la ragazza, decisa. “Sei una
donna meravigliosa e non mi interessa il nome che porti.” Le prese le mani
stringendole piano, appoggiò la fronte alla sua, guardandola con i suoi
brillanti e vivaci occhi azzurri, ora tristi. “Vorrei che tu avessi avuto più
fiducia in me.” Ammise e Lena sentì una piccola stretta al cuore.
“Non succederà più, mai più.” Promise e
rafforzò la promessa suggellandola con un altro bacio. Il cuore di Lena
sembrava voler esplodere, non era mai stata così felice, non si era mai sentita
così completa come in quel momento, tra le braccia di Kara, le loro labbra
allacciate e nessun segreto che pesasse tra di loro. Si separò e scosse la
testa, incredula.
“Credevo che mi avresti odiata, disprezzata o
che avresti avuto paura dei segreti che mi hai mostrato… io temevo che…”
“No, non potrei mai dubitare di te.” Kara
sorrise dolcemente e le loro labbra furono di nuovo a contatto.
Un bacio dolce, lungo e questa volta nessuna
delle due volle interromperlo fino a quando non si accese, le loro labbra si
schiusero e le loro lingue si sfiorarono, dando un brivido ad entrambe.
“Kara…” Ansimò Lena, separandosi dalla ragazza
con uno sforzo di volontà. “Portami a casa.” Quasi ordinò.
Kara non se lo fece ripetere, la sollevò tra
le braccia e uscì dall’ufficio già in volo.
A Lena bastarono due indicazioni, la sua
dimora era fuori città, isolata tra il verde e poco distante dall’oceano che si
infrangeva su di una lunga spiaggia bianca sotto la luce della luna e Kara la
trovò facilmente. Atterrano nel giardino, poco distante dalla porta d’ingresso.
Lena la guardò con un sorriso, mordendosi
appena il labbro.
“Dammi cinque minuti, ti apro la finestra.”
“Sembriamo due adolescenti…” Le fece notare
Kara.
“Non credo sia una buona idea entrare assieme
dalla porta d’ingresso e dirigersi in camera da letto, ma se preferisci avere
su di te lo sguardo di mezzo personale Luthor…” Kara
sgranò gli occhi e scosse la testa.
“Aspetto che apri la finestra, almeno non
dovrò scalare nessuna edera, visto che so volare.” Lena rise alle parole
convinte di Kara, poi la attirò a sé e la baciò.
“Cinque minuti.” Le ricordò, sorridendo nel
sentire la vampata di desiderio di Kara attraversarle la mente.
Si voltò, conscia di avere gli occhi della
ragazza addosso e raggiunse in fretta la porta, entrò e salutò Catherine con un
cenno.
“È stata una buona serata, miss?” Le chiese la
donna, cordiale.
“Decisamente, Catherine.” Vide la donna
sorridere felice e non poté fare a meno di aggiungere. “Potrebbe ancora
migliorare…” Il volto della cameriera, una donna che l’aveva vista crescere, si
illuminò di divertimento, non era una sciocca né un’ingenua.
“Molto bene, miss, vorrà dire che prepareremo
una lauta colazione per domani mattina, un pasto che potrei definire… per due.”
Lena annuì, un grande sorriso sulle labbra e poi salì di corsa gli scalini,
entrò in camera e spalancò la finestra ritrovando Kara che veleggiava proprio
davanti a lei. Lena appoggiò il gomito sul davanzale e la fissò, sotto i chiari
raggi della luna.
“Cosa succede?” Le chiese, sentiva che era di
nuovo preoccupata. Kara la guardò con occhi imbarazzati.
“Io… non ho mai… con un umano… insomma, sì, ma
non è mai finita bene… ho rotto dei nasi e…” Lena la guardò, mentre un sorriso
malizioso si apriva sulle sue labbra.
“Davvero?” Chiese con tono basso. “Quindi sarò
la tua prima volta?” Kara arrossì.
“Beh… ehm… lo saresti comunque perché…
insomma, sei una donna e…” Lena si morse il labbro, poi lentamente drizzò la
schiena e iniziò a sbottonarsi la camicia scura, un bottone dopo l’altro. Vide
gli occhi di Kara sgranarsi e percepì l’ondata di calore che attraversò il
corpo della supereroina. Fece un passo indietro e poi un altro, mentre
lentamente i bottoni uscivano dalle asole. I suoi occhi erano fissi in quelli
di Kara che sembrava osservarla ipnotizzata.
“Pensi di raggiungermi?” Chiese e lasciò
cadere a terra l’indumento.
Kara attraversò la finestra metà volando, metà
saltando, entrò della stanza e fu sulle sue labbra.
Lena rise, ma il suo divertimento fu presto
sostituito dall’eccitazione, perché Kara non sembrava più timida o indecisa. La
sollevò con facilità e lei le avvolse le gambe attorno alla vita e le braccia
attorno al collo mentre si baciavano con trasporto. Le loro lingue si trovarono
in fretta ed entrambe ansimarono di piacere.
Lena si ritrovò contro il muro e rise, di
nuovo, perché Kara si era persa nella camera e ora si guardò attorno spaesata
alla ricerca del letto.
“Dietro di te…” Le mormorò e Kara si voltò,
portandola con sé.
Caddero sul letto ridendo. Lena sollevò le
mani accarezzando dolcemente il viso di Kara, che era sopra di lei, mentre il
riso lentamente scemava lasciando sul loro volto un sorriso.
Le mani della giovane Luthor
passarono lungo il collo di Kara, poi sulle spalle, catturarono le spalline
dell’abitino azzurro tirandole lungo il braccio della ragazza. Kara agevolò i
suoi movimenti e, quando Lena ebbe trovato la cerniera e l’ebbe abbassata, si
sollevò lasciando che l’abito scorresse lungo il suo corpo fino a cadere per
terra.
Lena stesa sul letto la guardò con meraviglia.
Era stata stretta da quel corpo numerose volte negli ultimi due giorni e si era
fatta una precisa idea di quello che avrebbe trovato sotto il costume di Supergirl o gli abiti di Kara… ma ora che poteva passare lo
sguardo su quel corpo snello, ma muscoloso, non poté fare a meno che ammirarne
la bellezza.
“Sei perfetta…” Mormorò e vide Kara arrossire.
“È il mio organismo kryptoniano
a…”
“No.” La fermò lei, scuotendo la testa. “No.
Sei perfetta.” Ripeté e questa volta la guardò dritta negli occhi, perché non
era solo quel corpo meraviglioso, era tutto di lei. Lasciò che la sua mente si
aprisse e permise a Kara di vedere attraverso i suoi occhi e attraverso i suoi
sentimenti. Non si era mai aperta così tanto a lei eppure, ora, nel suo letto,
con nessun segreto a dividerle, seppe che era pronta, pronta a lasciarsi andare
completamente, a donarsi a Kara senza paura di essere ferita o respinta.
La ragazza sorrise e tra loro caddero le
ultime mura, non ci fu più spazio per imbarazzo o timidezza, non c’era niente
che desiderassero o amassero di più che essere lì, una tra le braccia
dell’altra, i loro corpi lo sapevano, così come le loro menti e i loro cuori.
“Vieni…” Mormorò allora Lena e Kara tornò a
stendersi sopra di lei. La giovane Luthor affondò le
mani nei capelli dorati della ragazza attirandone il volto affinché le loro
bocche potesse baciarsi e, ancora una volta, scoprirsi.
Quando le mani di Kara la liberarono dal
reggiseno, la kryptoniana separò le loro labbra per
poter baciare la sua candida pelle. Si meravigliò per la reazione immediata dei
suoi capezzoli causata dal leggero sfiorarli con la punta delle dita e sorrise
estasiata quando Lena boccheggiò nel sentirla passare la lingua attorno ad
essi. Con delicatezze ne prese uno tra le labbra e lo picchiettò con la lingua.
Lena ansimò di piacere, le mani che stringevano con voluttà i suoi capelli,
spingendola a non fermarsi ad uno soltanto.
Pochi minuti e Kara prese a scendere ancora,
baciò il ventre piatto e teso della giovane Luthor
fino a quando non raggiunse l’orlo dei pantaloni beige che aveva indossato
quella sera. Alzò lo sguardò e incontrò i chiarissimi occhi di Lena, nella sua
mente il desiderio della donna era inequivocabile e lo vide riflesso nei suoi
meravigliosi occhi verde-azzurri.
Il primo impulso fu quello di strapparli, Kara
sapeva che avrebbe potuto farlo con estrema facilità, prese un profondo respiro
e si morse il labbro. Lena rise piano, una risata profonda diversa dalla solita
e che conteneva frustrazione, desiderio, ma anche complicità e comprensione.
Kara si obbligò ad andare piano. Sbottò il
primo bottone e il secondo. La donna indossava delle mutandine verdi, in tono
con il reggiseno, Kara le abbassò leggermente baciando la pelle che aveva
esposto, mentre sbottonava l’ultimo bottone dei pantaloni abbassando ancora di
un poco il verde tessuto sotto di essi. Sollevò lo sguardo, ma Lena ora aveva
gli occhi chiusi, la fronte leggermente corrucciata. Continuando a muoversi
lentamente lasciò che un dito scorresse lungo la donna, al di sopra del
tessuto. Anche così percepì l’elevato calore della compagna e si morse il
labbro con più forza, sommersa dal proprio desiderio e da quello di Lena,
sempre più impellente.
Si sollevò e sfilò i pantaloni della ragazza,
ma quando si riabbassò Lena la attirò a sé per altri baci, mentre le
accarezzava i fianchi e la schiena, liberandola a sua volta del reggiseno. Le
loro gambe erano intrecciate e Kara spinse il bacino contro Lena chiudendo gli
occhi e ansimando nel riceve una doppia scarica di piacere.
La donna sotto di lei fece forza sui gomiti e
ribaltò le posizioni, catturò i suoi polsi e li spinse in alto, sopra la sua
testa, fece combaciare i loro bacini e iniziò a muoversi lentamente, gli occhi
piantati nei suoi, uno sguardo pieno di desiderio e di passione che era specchio
del suo.
Il piacere era intenso, ma frustrato dal
tessuto che ancora le divideva. Dopo poco la ragazza si lasciò cadere al suo
fianco e si sfilò l’indumento poi mordendosi le labbra la liberò a sua volta.
Gli occhi di Lena brillarono nell’osservarla, per la prima volta, nuda, ma Kara
non provò vergogna, anzi, quello sguardo la eccitò enormemente e quando Lena
posò la mano sul suo centro non riuscì a trattenere un gemito di desiderio.
La ragazza scivolò dolcemente su di lei, le
sue labbra raggiunsero il suo collo baciandola e mordicchiandola, mentre la
mano scivolava sulle sue cosce, accarezzandone l’interno e innalzando il suo
desiderio. Un gioco che non durò a lungo, Lena era nella sua mente e non poteva
resistere alla sua stessa tortura.
Finalmente la ragazza spinse la mano contro di
lei con maggiore decisione. Kara rovesciò la testa e chiuse gli occhi lasciando
che la sensazione delle dita di Lena che accarezzavano la sua parte più
sensibile, la portasse lontano e al contempo la ancorasse a quel momento. Una
sensazione unica e meravigliosa accentuata dalla presenza di Lena nella sua
mente.
Kara posò le mani sul sedere della compagna
attirandola contro se stessa e contro la mano della donna. Seppe, all’instate
di aver fatto la cosa giusta, il piacere di Lena riverberò dentro di lei ed
entrambe gemettero. Non avrebbero resistito ancora a lungo, lo sapeva lei e lo
sapeva anche Lena, ma Kara desiderava di più, la desiderava dentro di lei,
fisicamente, così come era dentro alla sua mente.
Come se anche i loro pensieri fossero
diventati una cosa sola, Lena sembrò comprendere il suo desiderio e penetrò
dentro di lei con due dita, scivolando con facilità nel suo piacere e scuotendo
il suo intero corpo con quell’intensa e nuova sensazione.
“Rao!” Riuscì solo a
dire, mentre tutto il suo corpo veniva assorbito da quel gesto che ora Lena
ripeteva e ripeteva ancora, aggrappata a lei, stretta a lei, non solo nel
corpo, ma anche nella mente. Lasciò andare il corpo di Lena e intrecciò le loro
braccia di modo da poter scendere, a sua volta tra i loro corpi e raggiungere
Lena, istintivamente consapevole che era quello che la ragazza desiderava.
La sua mente fu attraversata da nuovo piacere
quando sfiorò il centro della donna e lo trovò caldo e decisamente pronto ad
accoglierla. Senza esitare la penetrò con un dito e poi, quando capì che non
bastava, ne aggiunse un secondo, assumendo in fretta lo stesso ritmo impresso
da Lena.
La donna gemette, poi il suo corpo si tese e
quello di Kara la imitò, come in uno specchio, il loro desiderio si
cristallizzò per un istante, solo le loro dita si muovevano ancora, mentre loro
trattenevano il respiro prima di lasciarsi andare in un doppio orgasmo
amplificato una dalla mente dell’altra.
Senza fiato Lena si lasciò cadere su di lei
che ansimava, malgrado i suoi polmoni kryptoniani non
avrebbero dovuto avere simili carenze.
“Non so se il mio cuore reggerà una seconda
volta.” Borbottò Lena, mentre scivolava fuori da lei e la abbracciava,
stringendo però le gambe attorno al suo braccio e impedendole di lasciare il
suo corpo. “Ancora un momento…” Chiese, sospirando. Il cuore della ragazza
batteva veloce. Kara chiuse gli occhi, godendosi l’istante, la comunione, la
calda presenza di Lena e quel contatto, ora non più fatto di piacere, ma di
appartenenza, questo le diceva la mente della donna. Lentamente Lena aprì le
cosce e la lasciò andare con appena un tremito nel corpo quando lei indugiò con
le dita accarezzandola piano.
“Sicura che non si possa tentare una seconda
volta?” Mormorò, allora, Kara, continuando a sfiorarla delicatamente.
La giovane Luthor
aprì gli occhi e la guardò. Kara fu sommersa da sensazioni intense e capì cosa
stava facendo Lena. Attraverso i suoi occhi e i suoi sentimenti si guardò e fu
sopraffatta dall’amore. Perché quello era amore, puro, concreto e totale,
perché Lena forse non si lasciava andare facilmente, ma quando si donava era
interamente. Sorrise guardando la donna e restituendole ogni goccia di
quell’amore. Non ci fu bisogno di parole, nei loro occhi brillava la
consapevolezza.
Fecero di nuovo l’amore dolcemente, ridendo,
giocando, seducendosi l’un l’altra ancora e ancora. Prive di ogni inibizione
scoprirono il corpo della donna che amavano lasciandosi andare alla passione,
imparando a conoscersi ancora un po’ di più e fondendo le loro menti sempre più
profondamente.
Quando riaprì gli occhi il sole filtrava tra
le tendi verdi della stanza di Lena. Contro di lei vi era il corpo caldo della
giovane Luthor. La donna si stiracchiò e Kara sentì
l’immediato risveglio del desiderio. Ridacchiò e Lena si voltò a guardarla.
Kara inorridì.
“Ti ho fatto male!” Esclamò notando il sangue
che macchiava il viso della donna. Lena si portò la mano al volto e la ritirò
facendo una smorfia nel notare che era macchiata di rosso.
“No, non mi hai fatto male, ogni tanto mi
sanguina il naso.” Si alzò dal letto per recuperare un fazzoletto, ma si
ritrovò ad ondeggiare priva di equilibrio. Kara nello spazio di un battito di
ciglia era già accanto a lei sorreggendola.
“Stai male? Cosa ti succede?” Chiese, agitata.
“Non ti preoccupare, non è nulla. Un calo di
zuccheri.” Lena le sorrise e si separò da lei, entrò nel bagno osservandosi
allo specchio e sorridendo nel vedere che Kara l’aveva seguita e la fissava con
ansia. “Davvero Kara, non è nulla.” Si lavò e nel vedere che il naso non
sanguinava più si tese verso la ragazza, le avvolse le braccia attorno al collo
e la baciò dolcemente.
“Sei sicura di stare bene?” Le chiese lei,
perplessa.
“Sì, è stata la migliore notte della mia
vita.” Kara arrossì e sorrise a quelle parole, poi sollevò Lena tra le braccia
e la riportò a letto.
“Potrebbe anche essere la migliore mattinata…”
Insinuò facendo ridere Lena, mentre le sue mani scivolavano lungo il corpo
perlaceo della donna risvegliandone il desiderio.
Lena infilò una vestaglia e si piegò su di lei
baciandola.
“Torno subito con la colazione, tu, non ti
muovere da lì!” Ordinò, un sorriso felice e divertito negli occhi.
“Tanta colazione.” Le ricordò la ragazza
mentre Lena lasciava la stanza ridendo.
Scese le scale canticchiando, entrò in cucina
e trovò il cuoco impegnato a far saltare del bacon.
“Buongiorno, miss.” La salutò l’uomo, un ampio
sorriso sulle labbra.
“Giorno, Patrick.” Lo salutò lei.
“Le servo subito la colazione.” Affermò
l’uomo, vuotando la padella di bacon su di un piatto posato su di un vassoio
che conteneva il doppio del cibo a cui di solito era abituata, Catherine aveva
già dato i suoi ordini, evidentemente. “Chiamo Catherine perché porti su
tutto.” Disse poi, l’uomo, disponendo due fette di torta.
“Ci penso io, grazie.” Assicurò però, Lena,
afferrando il vassoio e uscendo.
“Prendi anche dell’aranciata!” Le ricordò Kara che osservava ogni suo movimento con l’acquolina in
bocca. Lena ruotò su se stessa e il chef la guardò interrogativo.
“Spremuta di arance?” Chiese e l’uomo sorrise.
“Certo, miss.” Aprì il frigo ed estrasse una
caraffa di spremuta appena fatta, ne riempì due bicchieri e li posò sul
vassoio.
“Inizia ad essere pesante…” Brontolò Lena
uscendo dalla cucina.
“Se vuoi arrivo.”
Kara era già in piedi, la voglia di cibo aveva spento la sua paura all’idea di
incontrare il personale dei Luthor.
“Ce la faccio.” Assicurò però Lena salendo le
scale con molta meno velocità di quando le aveva scese.
Quando arrivò alla porta Kara la spalancò,
prese il vassoio con una mano sola, assolutamente incurante del peso e la
attirò a sé per un lungo bacio.
“Sei il mio eroe!” Affermò, per poi posare il
vassoio sul letto e gettarsi sul cibo con foga e una montagna di mugolii di apprezzamento
per la gioia di Lena che la osservò con un sorriso sulle labbra.
Si era aspettata molte cosa dalla vita, spesso
era stata disillusa, ma non questa volta, Kara era autentica e meravigliosa ed
era sua… una parte di lei, ormai. Si tese e le baciò la guancia. Era bello
essere innamorati.
“Ogni dettaglio combacia.” Alex posò il
dossier e guardò la compagna. “Con queste prove potrai ordinare una
perquisizione e, non appena mi darai conferma della presenza del composto,
potrò arrestare Lena Luthor.”
Maggie annuì, piano, non appariva convinta.
“Siete sicuri che nessun’altro può essere
legato a questo composto?”
“Sicuri, solo un laboratorio sta eseguendo dei
test con esso.” Confermò Winn, indicandolo sulla
mappa.
Maggie annuì.
“Non sarà difficile ottenere un mandato con
queste prove…”
“Ma?” Chiese Alex che conosceva bene la
detective e non aveva difficoltà nel cogliere la sua titubanza.
“Kara?” Domandò allora la donna. Alex e Winn si lanciarono uno sguardo.
“Lei è meglio che non sappia nulla.”
“Perché? Mi sembra coinvolta personalmente
nella questione.”
“Appunto.” Alex sospirò. “Kara non deve sapere
nulla, altrimenti lo saprà anche Lena Luthor e
perderemmo l’effetto sorpresa.”
Maggie fu sul punto di obbiettare, ma Alex
scosse la testa, anticipandola.
“Se, come crediamo, Lena Luthor
è a capo di Cadmus allora dobbiamo considerare Kara
compromessa.”
“Compromessa?” Maggie passò lo sguardo da Winn ad Alex e per la prima volta sembrò davvero
preoccupata. “È per questo che siamo a casa tua e non al DEO?” Chiese guardando
la compagna.
“Esatto. Non posso dire nulla a J’onn senza rischiare di relegare Kara alle celle di
contenimento. Prima ho bisogno di essere sicura al cento per cento della
colpevolezza di Lena, solo allora potrò dirle come stanno le cose e lei non potrà
obbiettare, insieme diremo ogni cosa a J’onn e lei
apparirà ancora degna di fiducia, malgrado…” Si interruppe e si strinse nelle
spalle. “Mi dispiace, non posso dirti tutto.”
“Va bene, lo capisco.” Accettò la donna,
sapeva che entrambe avevano un lavoro che prevedeva dei segreti.
Winn, invece fece una smorfia.
“Se tu ci raccontassi l’intera storia, forse,
potrei aiutare Kara! Le letture che mi hai dato indicano un alto tasso di
quella sostanza chimica nel suo organismo, ma non sappiamo quello che le sta
facendo e…”
“Io so cosa le sta facendo, mia madre ci sta
lavorando, presto troverà un modo per neutralizzarne gli effetti.” Rispose
decisa Alex, era evidentemente una discussione che avevano già avuto.
“Non mi piace.” Protestò Winn,
ma non aggiunse altro. Maggie guardò la compagna e fece una piccola smorfia,
erano un paio di giorni che Alex non dormiva, era evidentemente molto
preoccupata e al contempo decisa a mettere fine alla questione a modo suo. Ma
era il modo migliore?
“Sei con me?” Le chiese la ragazza e lei
annuì. Sì, si fidava di Alex e, soprattutto, sapeva che avrebbe fatto di tutto
per la sua sorellina.
Note: Vi ho sorpreso? Niente angst!!
Le cose sono andate a meraviglia, Kara è nella mente di Lena da settimane e
settimane, la conosce come conosce se stessa, il cognome è un dettaglio insignificante,
almeno per lei, perché, invece, Alex è sempre un po’ più vicina a scendere in
guerra, affiancata da Maggie, Winn e persino Eliza. Rimane, invece all’oscuro J’onn,
l’unico veramente esperto di contatti mentali…
Ma, tornando alle nostre ragazze, cosa mi dite? Direi
che, ormai sono diventate, mooolto intime… ;-)
Fatemi sapere emozioni e pensieri, non vedo l’ora di conoscere
le vostre impressioni!
Lena rise, mentre lei la baciava sul
sedile della lussuosa berlina nera.
“Siamo arrivati, miss.” L’avvisò
l’autista, nel tono solo un leggero accenno di divertimento per l’atipica
situazione. Kara arrossì rendendosi conto di aver dimenticato l’uomo.
“Ops…”
“Non ti preoccupare, Tom non
guarderebbe mai nello specchietto per vedere cosa succede qua dietro.” Le fece
l’occhiolino e poi la baciò di nuovo, sorrise e si rivolse all’autista. “Va
bene, grazie.”
L’uomo scese dall’auto e le aprì la
porta.
“Buona giornata, misses.”
Disse, aspettando che scendessero per poi chiudere la porta e portare via
l’auto.
“Mi accompagni in ufficio?” Chiese
allora a Kara che osservava il grande edificio della Luthor
Corporation.
“Va bene.” Acconsentì la ragazza,
leggermente in soggezione.
Lena intrecciò le loro dita,
incurante degli sguardi del suo personale, improvvisamente, con la ragazza
accanto non gli importava più di nulla, era felice e che il mondi intero lo
sapesse.
Presero l’ascensore e raggiunsero
l’ufficio, Jess gettò loro uno sguardo intenso, sembrò valutare attentamente la
situazione e poi fece il giro della scrivania, aprì loro la porta dell’ufficio
e posò i titoli delle maggiori testate che trattavano di economia sul bianco
tavolo.
“Grazie, Jess.” La salutò, la donna
annuì e poi le lasciò sole.
“Dovrei lasciarti lavorare,
immagino.” Le disse Kara, piegandosi su di lei per un bacio.
“Dovresti.” Confermò Lena,
avvolgendole le braccia attorno al collo, gli occhi che brillavano. Le loro
labbra si incontrarono e il bacio si accese di desiderio.
“Supergirl.” Kara sobbalzò, mentre Lena corrugava la fronte, alzò
la mano sfiorandosi l’orecchio e rispose alla sorella.
“Sì.”
“Abbiamo bisogno di te, alla base.”
“Arrivo.” Disse, guardando Lena con
una smorfia. Premette di nuovo e chiuse la chiamata. “Mi dispiace.” Mormorò e
Lena le baciò delicatamente le labbra.
“Devo lavorare anche io.” La
rassicurò con un sorriso. “E poi, non vai mai lontano.” Si indicò la tempia,
poi prese la mano di Kara e se la posò sul cuore. “Anzi, non mi lasci mai.”
Kara sorrise felice, la baciò ancora una volta e poi uscì dall’ufficio,
dirigendosi agli ascensori.
Lena sospirò, la mente che continuava
a seguire Kara, poi, lentamente la lasciò sfumare, ormai era solo più un
piccolo dolce pensiero in un angolo della sua mente. Prese il primo giornale e
diede inizio alla sua giornata.
“Ciao Winn,
qual è l’emergenza?” Kara era appena atterrata al DEO e si guardò attorno
confusa. Gli agenti erano impegnati nelle normali attività, nessuno di loro
sembrava teso o preoccupato, non pareva che fosse necessaria la sua presenza.
“Oh, ehm… ecco…” Kara lo guardò
interrogativa e lui le indicò la piccola infermeria. “Alex ha fissato per te
una serie di controlli, dice che sono importanti e di obbligarti a farli anche
se lei non è qui.”
“E dove sarebbe?”
“Ciao, Kara.” La ragazza si illuminò
nel vedere la madre adottiva.
“Eliza!”
Disse, correndo ad abbracciarla. “Alex non mi ha detto che dovevi venire!”
“Voleva che fosse una sorpresa, per
questo non te lo ha detto.” Sorrise e la guardò intensamente. “Stai bene?
Sembri diversa.”
“Sono felice, mamma.” Affermò lei e
la donna sorrise contenta di sentirsi chiamare così dalla più piccola delle sue
figlie.
“Se quel ragazzo riesce a farti
sorridere in questo modo allora…”
“Ehm…” Kara fece una piccola smorfia
e arrossì. Eliza annuì comprensiva.
“Capisco. Me ne parlerai quando ti
sentirai pronta. Alex è dovuta uscire di corsa e mi ha chiesto se potevo
pensare io alle analisi che ha prescritto per te, quindi…” Le indicò
l’infermeria e lei sbuffò.
Probabilmente Alex aveva deciso che
le analisi di routine non era sufficienti per provare che lei stava benissimo.
“Su signorina, niente sbuffi, sul
lettino.” Kara sorrise al tono della madre adottiva e obbedì.
Poco dopo sul viso di Eliza vi era una ruga preoccupata.
“C’è qualcosa che non va?” Le chiese
Kara, perplessa.
“No, tesoro, va tutto bene.” Le
assicurò la donna con un sorriso. Kara la guardò cercando di indovinare cosa le
passasse per la testa, ma Winn la chiamò con
concitazione.
“Abbiamo degli agenti bloccati in
Madagascar .”
“In Madagascar?” Chiese lei
perplessa, saltando giù dal lettino e seguendo il giovane.
“Sì, la connessione è saltata, ma
sembravano in serie difficoltà… queste sono le coordinate.” Kara non notò il
tono strano del giovane, invece fece un ampio sorriso e annuì.
“Vado a vedere.” Annunciò alzò il
pugno verso il cielo e sparì, facendo volare qualche foglio.
“Dov’è?” Chiese Alex, la mano
all’auricolare.
“Il rilevatore dice che sta attraversando l’Oceano Pacifico, presto sarà
in vista della costa cinese.” Affermò con tono sconsolato Winn.
“Alexandra, non mi piace quello che hanno mostrato le analisi.” Affermò allora sua madre.
“Lo so… riuscirai a stabilizzare il
siero?”
“Sì, ora ho tutti i dati che mi servivano, ci metterò pochi minuti. Ma
non sono ancora sicura di capire come funzioni questa sostanza e non va bene.
Perché non coinvolgi J’onn? Lui è la persona più
indicata in questo particolare caso.”
“J’onn la
metterebbe in isolamento, è la procedura standard in caso di agente
compromesso, questo porterebbe Kara alla ribellione invece che alla
collaborazione, vedrai che risolveremo tutto per il meglio.”
“Va bene.”
Accettò la madre e Alex chiuse la comunicazione.
La maggiore delle Danvers
chiamò Maggie e diede il via alla perquisizione, lei intanto scese dal furgone
del DEO e guardò in su verso il grande palazzo della Luthor
Corporation. Aveva sentito che volevano cambiare il nome della compagnia, come
se quello bastasse per cambiarne la sostanza.
Entrò nell’ascensore e raggiunse
l’ultimo piano presentandosi davanti alla segretaria, con lei vi erano due
agenti.
“Dobbiamo vedere Lena Luthor, subito.” Aprì il badge mostrandole l’insegna dell’FBI.
“Miss Luthor
è in riunione.” Affermò la donna alzandosi in piedi, decisa.
“Non mi importa, dobbiamo parlarle,
immediatamente.” Si voltò e si diresse verso le porte dell’ufficio della donna.
“Abbiamo trovato il composto. Non era neppure nascosto. Tra i file ci
sono le specifiche del missile e della bomba.” Alex strinse i pugni, quella era la
conferma che aspettava.
“Grazie, Sawyer.”
Non ebbe bisogno di dirle di repertoriare tutto, era consapevole che la donna
sapeva fare il suo lavoro e Winn avrebbe avuto facile
accesso ai rapporti della polizia.
Spalancò la porta e si ritrovò
davanti Lena Luthor. La donna la fissò stupita per
qualche secondo, poi si alzò.
“Come posso aiutarla, agente Danvers?” Alex sentì una fitta di rabbia, la donna stava
volutamente dichiarando di conoscerla probabilmente cercando di far leva
sull’amore che lei provava per la sorella. “Come vede sono impegnata.” Indicò i
due uomini seduti davanti alla scrivania che fissavano la nuova arrivata con
perplessità.
“Lei è in arresto, ha il diritto di
rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirà, potrà e sarà utilizzato contro di
lei in tribunale.”
“Cosa?” Lena la guardò senza parole e
poi Alex lo vide, gli occhi della donna si sfocarono, come se guardasse da
qualche altra parte. Stava chiamando Kara.
“È impegnata.” Le comunicò e Lena
sbatté gli occhi sorpresa.
“Una trappola…” Comprese. Alex fece
il giro della scrivania e le mise le manette, sotto lo sguardo incredulo dei
due uomini ancora seduti alla scrivania e della segretaria che guardava
impotente la donna.
“Chiamo i suoi avvocati, miss Luthor?”
La donna guardò Alex con un sorriso
amareggiato.
“Non credo che degli avvocati possano
tirarmi fuori da questa situazione, dico bene agente Danvers?
Sono già stata giudicata e trovata colpevole, immagino, ma posso almeno sapere per
cosa?”
“Atti terroristici contro la città.”
“Non ha nessun senso!” Questa volta
la voce di Lena era alta, stava perdendo la calma di facciata. “Alex!” Questa
volta l’agente sobbalzò, vi era Kara nel tono e negli occhi della Luthor.
Spinse la donna verso la porta, un
agente apriva la strada, mentre il secondo chiudeva il quartetto, l’aria
attenta, la mano sulla fondina.
“Alex, lasciala andare.” Di nuovo era
Kara a parlare attraverso Lena, Alex rabbrividì, quella situazione era sempre
più spaventosa.
“Smettila subito!” Ordinò con un
sibilo, rendendosi conto che Lena stava tendendo le manette nel futile
tentativo di spezzarle… o era Kara a farlo? “Si ferirà soltanto, queste manette
non si spezzeranno!” Mormorò all’orecchio di Lena facendo arrivare il messaggio
a Kara. La donna smise di sforzare i polsi e Alex la guidò fuori.
Uscirono dal palazzo, un furgone con
altri tre agenti li stava aspettando, Alex fece salire Lena e poi la seguì.
Pochi minuti e sarebbero stati al sicuro, al DEO.
Lena sentiva la rabbia di Kara, la
sentiva violenta, pulsare dentro di lei, mescolata alla sua. L’accusa era
ridicola e proveniva da sua sorella. Alex l’aveva tradita! Tradita di nuovo da
un legame di sangue, prima Lex poi Alex… Scosse la
testa confusa dal pensiero. Era stato strano il modo in cui Kara aveva preso il
controllo della sua voce, persino del suo corpo. Quando la kryptoniana
si era vista tagliata fuori dalle comunicazioni del DEO aveva usato l’unico
modo a sua disposizione per parlare con sua sorella: lei.
“Tieni.” Alex le consegnò un
fazzolettino e lei la fissò perplessa. “Ti sanguina il naso.” Le comunicò.
Lena prese il fazzoletto e si tamponò
il sangue, le avevano ammanettato le mani davanti e ora, seduta nella sala
interrogatori, aspettava l’arrivo di Kara, in silenzio, senza rispondere alle
domande dell’agente.
“Se credi che il silenzio ti salverà
ti sbagli.” Affermò la donna. “E se pensi che Kara possa difenderti ti sbagli
di nuovo.”
“Non ho fatto nulla di male, non ho
bisogno di essere difesa.” Assicurò, cercando di mantenere un tono di voce
calmo, ma era difficile con Kara che ruggiva dentro di lei. Poteva quasi
sentire la violenza del vento sul suo viso a causa della velocità con cui Kara
stava volando per rientrare.
“Abbiamo le prove.”
“Non potete avere prove, visto che
non ho nulla a che vedere con nessun tipo di attacco.” Dovette rispondere, era
difficile rimanere in silenzio. “Comunque, voglio i miei avvocati.” Affermò.
“Sei accusata di atti terroristici,
non valgono le stesse regole applicate ai criminali comuni.” La porta si aprì
ed entrò Winn.
“Winn.” Lo
salutò lei, con un sorriso sarcastico. “Come sta Lyra? Le sono piaciuti i
lilla? Perché era una mia idea.” Il ragazzo balbettò qualche parola, rosso in
volto poi sembrò riprendersi perché consegnò ad Alex un dossier.
“Kara sarà qui tra pochi minuti.”
Riuscì a dire prima di andarsene.
“Immagino che lo sapevi già.” Osservò
la maggiore delle Danvers nel notare il suo
sorrisino.
“Sì.” Confermò lei. “Ed è
tremendamente arrabbiata con te.”
“Non lo sarà più quando vedrà
queste.” Aprì il dossier e sparse le foto sul tavolo davanti a lei.
Suo malgrado Lena le osservò, si
trattava di progetti di armamenti della Luthor
Corporation.
“Sono progetti vecchi, sotto la mia
direzione la compagnia ha chiuso il settore armi.”
“Davvero?” Chiese Alex.
“Eccola.” Affermò solo Lena e il
pavimento sotto ai loro piedi vibrò leggermente. La stanza era insonorizzata,
ma Alex non faceva fatica ad immaginare cosa stesse succedendo all’esterno,
pochi istanti e la porta della sala interrogatori fu spalancata e una Kara dal
viso terribilmente arrabbiato si fece avanti.
“Cosa significa tutto questo?” Chiese
e la sua voce vibrava di rabbia.
“Calmati.” Le ingiunse Alex,
alzandosi e chiudendo la porta dietro di loro.
“Calmarmi? Mi hai appena tradita! Hai
arrestato Lena facendo sì che non potessi intervenire se non quando ormai era
troppo tardi! Lo sai il danno che questa tua azione avrà sulla sua immagine?
Sono settimane che lavora per ristabilire il suo nome e tu, con un solo gesto,
hai spazzato via tutto il suo lavoro!” Gli occhi di Kara brillavano di rabbia.
Lena strinse i pugni, ferendosi i palmi. Chiuse gli occhi, ma nessuno nella
stanza stava guardando lei, le due sorelle si fronteggiavano con uguale
determinazione a prevalere.
“Ho le prove che tutta questa storia
è colpa sua.” Affermò Alex. La ragazza prese i fogli e li tese a Kara. “Guarda
tu stessa. Tre mesi fa è stato lanciato un missile, sei riuscita a deviarlo, ma
prima che uscisse dall’atmosfera è esploso e ti ha ricoperto di questa
sostanza.” Alex cercò tra i fogli e le indicò un diagramma. Attraverso gli
occhi di Kara, Lena lesse il nome del composto.
“XV-439…” Notò Kara e nella sua voce,
per la prima volta, ci fu perplessità e non rabbia.
“Esatto. Un composto estremamente
instabile testato per gli armamenti, ma che, guarda caso, la Luthor Corporation sta studiando in un altro settore.”
“La farmaceutica.” Mormorò Lena
alzando la testa. “Ha dimostrato di saper accelerare la risposta delle sinapsi,
potrebbe guarire malattie come l’alzheimer, la
demenza senile, il parkinson, forse persino alcune
malattie psichiatriche come…”
“Questa è la facciata, quello che
racconti al consiglio d’amministrazione, non è vero?” Alex la fissava. Lena
sentì il cuore accelerare. Kara la fissò stupita, percependo in lei un dubbio.
“Credevo che non ci fossero più
segreti tra di noi.” Mormorò, guardandola.
“Non ci sono segreti tra di noi!”
Esclamò allora lei.
“Ah no? Lena sa perché le vostre menti
sono legate, è una donna intelligente, dopo tutto, e ha organizzato ogni cosa,
non è vero?”
“Non è vero e tu lo sai Kara.”
“Di cosa sta parlando?” Kara ora la
fissava e Lena poteva sentire tutta la sua tensione.
“L’XV-439.” Ammise.
“Non capisco.” Affermò allora
esasperata la kryptoniana e Lena si maledì perché era evidente ora che aveva tutti i pezzi.
“Il missile ti ha contaminato di XV-439,
ma non bastava, il legame tra voi due era forte, ma evidentemente non
abbastanza, allora Lena ha posizionato la bomba.”
“Ma lei mi ha aiutata a
disinnestarla!” Protestò Kara. Lena sentiva le emozioni ovattate, la testa le
girava e il naso riprese a sanguinarle, alzò il fazzoletto nascondendo il fatto
a Kara che frugava dentro di lei, cercando una risposta ai dubbi che la sorella
stava sollevando.
“Certo, il suo obbiettivo era esporti
a una seconda dose.” Spiegò Alex. “E ce l’ha fatta, la bomba ti è esplosa tra
le mani.”
“Non ha nessun senso, Lena non ha
nessun controllo su di me. Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?”
“Non ha nessun controllo? Vuoi dire
che non saresti pronta a fare qualsiasi cosa per lei?” Kara aprì la bocca e la
richiuse, guardò Lena e si accigliò.
“Ti senti bene?”
“Sì…” Riuscì a dirle, ma la testa le
girava sempre più violentemente.
“Kara, apri gli occhi! Lena è il capo
di Cadmus e sta prendendo il controllo della tua
mente! Guarda!” Scelse un foglio e glielo mostrò. “Queste sono le tue analisi. L’XV-439
è in ogni tuo tessuto, così lei riesce a entrare nella tua mente!” Kara fissò
le analisi e poi Lena.
“È vero?” Chiese.
“Non sono il capo di Cadmus.” Affermò lei abbassando la mano, di nuovo
arrabbiata.
“Il missile, la bomba, provengono dal
tuo laboratorio, così come l’XV-439. Nessun’altra azienda lo sta studiando.”
Incalzò Alex.
“Maxwell Lord.” Ricordò Kara.
“Parlavi di questo composto… hai fatto in modo di essere l’unica a lavorare con
esso…” Lena sentì il tono di Kara che cambiava, ora vi era del dubbio in lei,
ma per qualche ragione non riusciva più a raggiungere la sua mente, era
lontana, ovattata. Cosa le stava succedendo?
“Vi è solo una spiegazione a questa
storia ed è la più logica: Lena è a capo di Cadmus,
in qualche modo ha scoperto gli effetti dell’XV-439 e ha deciso di testarlo su
di te.”
“No…” Kara scosse la testa,
allontanandosi dalla sorella e da Lena, incapace di ascoltare ancora. “No!”
Lena posò le mani sul tavolo, il
fazzolettino ormai era rosso di sangue, la testa le pulsava con forza.
“Kara…” Cercò di chiamare, si alzò e
la stanza iniziò a girare attorno a lei, fece un passo, ignorando il suo
malessere e cadde, il buio l’avvolse e Lena perse i sensi.
Note: Che dirvi… Alex ha fatto la sua mossa, distratto
Kara e arrestato Lena, con accuse molto precise. Ma… cosa sta succedendo a
Lena, perché, improvvisamente, o non così tanto improvvisamente, sta male?
Kara si mosse come il vento e afferrò
Lena prima che cadesse a terra. La guardò con orrore e poi fissò Alex.
“Cosa le avete fatto?” Domandò con
ira.
“Io…” Alex aprì la porta della sala
interrogatori e Kara intercettò lo sguardo di Eliza.
“Non avrebbe dovuto farle del male.”
Affermò confusa la donna.
“Cosa le avete fatto?” Quasi urlò
Kara.
“Nulla!” Assicurò Eliza,
prendendo il polso della ragazza tra le dita. “Ha il polso
debole, portala in infermeria.” Kara non esitò trasportando Lena fino al
lettino, la adagiò con delicatezza, guardando con occhi scioccati il rivolo di
sangue che le scendeva dal naso.
Eliza si mise subito all’opera attorno
alla donna aiutata da Alex.
“Tu
come ti senti?” Chiese Winn, tra le mani un tablet.
“Io?
Cosa importa di come sto io?” Kara stringeva i pugni furibonda, ma Alex alzò lo
sguardo su di lei.
“Hai
mal di testa? Nausea? Qualsiasi sintomo di malessere?”
“Malessere?
Certo che sto male! Lena è…” La indicò con le mani. “E siete state voi a farle
questo! Come avete potuto tenermi all’oscuro delle indagini che stavate
svolgendo su di lei e come avete anche solo potuto pensare che centrasse con Cadmus? Sono mesi che sono nella sua mente, credete davvero
che non lo avrei capito?”
“Kara…
hai scoperto che era una Luthor solo qualche ora fa,
non puoi biasimarci!” Le rispose Alex. “Mi dispiace, ma credo ancora che sia
colpevole e…”
“Cosa
sta succedendo?” J’onn arrivò, le mani sui fianchi,
gli occhi corrucciati.
“Ti
spiegherò tutto.” Assicurò Alex.
“Lo
spero bene. Perché non avevo idea che…” L’uomo si interruppe, corrugò la fronte
e poi si avvicinò a Lena. Alzò la mano e la posò sulla fronte della donna.
“Cosa
stai facendo?” Kara fece un passo avanti protettiva, ma J’onn
alzò la mano bloccandola con uno sguardo duro. Dopo una decina di secondi tolse
la mano dalla fronte della donna. Il naso di Lena non sanguinava più.
“Avete
un sacco di cose da dirmi e direi che dovreste iniziare con il perché la mente
di Lena Luthor è completamente alterata dalla tua.”
Guardò Kara dritto negli occhi e la ragazza aprì la bocca, la richiuse e poi
guardò la sorella.
“Devi
dirgli tutto.” Affermò la donna e lei annuì. Posò uno sguardo su Lena, ma J’onn intervenne.
“È
stabile, ma non si sveglierà per un po’.” Con la testa indicò la sala delle
riunioni. “Danvers con me. Eliza,
ti sarei grato se eseguissi un’analisi completa sulla nostra ospite, Winn ti darà tutta l’assistenza di cui necessiti.” La donna
annuì e il direttore si voltò raggiungendo la stanza. Alex lo seguì
immediatamente, invece Kara esitò ancora un istante. Poi, ignorando lo sguardo
che le rivolse la sua madre adottiva, si piegò su Lena e le depose un bacio
sulla fronte.
“Non
sarò mai lontano.” Mormorò prima di seguire la sorella e J’onn.
J’onn incrociò le braccia e le guardò,
arrabbiato.
“Voglio
sapere tutto. Sapevo che stavi tramando qualcosa, Alex, ma credevo di potermi
fidare del tuo giudizio.”
“Infatti
puoi.”
“No,
invece.” Kara incrociò le braccia sotto il seno, imitando il direttore, mentre
lanciava alla sorella uno sguardo furibondo. “Ha arrestato Lena senza dirmi
nulla, solo perché…” Si interruppe e fece una smorfia.
“L’ho
fatto per proteggerti!” Affermò allora Alex, ma prima che Kara potesse
rispondere J’onn alzò la mano severo.
“Non
sono qui per sentire i vostri battibecchi infantili! Questa è un’agenzia
governativa e voi siete delle adulte! Lasciate da parte le vostre questioni e
datemi un quadro preciso della situazione.”
Il
rimprovero colpì entrambe le ragazze, ma Kara non abbassò lo sguardo, non
avrebbe permesso che quello che era stato fatto a Lena rimanesse impunito.
“Qualche
giorno fa ho scoperto che Kara e Lena condividevano una connessione mentale.”
Spiegò Alex e J’onn corrugò la fronte, ma quando Kara
aprì la bocca la bloccò con uno sguardo e lasciò che l’agente continuasse. “Non
aveva idea di chi fosse la ragazza con cui era in comunione così le ho detto di
scoprirlo e in fretta. Ma la donna non voleva darle il suo cognome, così ho
indagato e ho scoperto che era Lena Luthor. Non ci ho
messo molto a collegare i pezzi. Avevamo ipotizzato che il missile e la bomba
fossero azioni separate di gruppi terroristici senza grande organizzazione,
entrati in possesso di oggetti estremamente pericolosi grazie al flusso di armi
arrivati sul mercato nero dopo la caduta di LexLuthor. Quando ho saputo che nella mente di Kara vi era una
Luthor, però, non ho potuto non collegare gli
avvenimenti e, come temevo, essi sono collegati non solo, come sapevamo già,
perché sono prodotti costruiti dalla divisioni armi della Luthor
Corporation, ma perché per armarli è stato utilizzato un composto sperimentale:
l’XV-439.” Alex guardò la sorella, era chiaro che cercava di convincere anche
lei. “L’XV-439 è un prodotto estremamente instabile il cui utilizzo, anche in
ambito militare, non prometteva bene, così è stato abbandonato da tutti tranne
che da un piccolo laboratorio delle Luthor
Corporation. Indovinate chi guidava questo laboratorio? Lena Luthor, prima di diventare CEO della compagnia di famiglia.
E, cosa aveva scoperto questo gruppo di scienziati guidati dalla giovane Luthor? Che il composto aveva un effetto molto interessante
sul cervello umano. Non è difficile immaginare, dunque, che il missile servisse
per colpire Kara e che la bomba, un mese dopo, fosse stata piazzata per
rafforzarne l’effetto. Ho le prove di quanto affermo, la polizia ha fatto
irruzione nel laboratorio che studia l’XV-439 e ha trovato gli studi che stanno
effettuando su delle cavie e persino i dossier originali delle armi in cui è
stato utilizzato.”
“Quindi,
ne hai dedotto che Lena è il capo di Cadmus e che
questa sia stata la sua geniale mossa per controllarmi? Beh, si da il caso che
non mi controlli affatto.” Affermò Kara. “E che non ha mai fatto del male a
nessuno. Aveva paura di dirmi chi fosse la sua famiglia proprio perché temeva
il pregiudizio, pregiudizio di cui tu ti sei resa colpevole e sul quale hai
basato la tua intera indagine!”
“Io
dovevo proteggerti! Ho fatto delle analisi e le tue cellule sono sature di XV-439,
non lo avrei mai scoperto se non avessi prima analizzato il missile e la bomba,
è un elemento estremamente complesso che sfugge alle comuni analisi, perché
muta molto velocemente. Ma quello che è chiaro è che Lena Luthor
ti stava manipolando e mi sono assicurata che non potesse più farlo.” Alex
annuì decisa e Kara la fissò interdetta.
“Cosa
hai fatto?” Chiese con voce bassa, tremante.
“Ho
chiesto a mamma e lei ha ideato un composto che neutralizza l’effetto dell’XV-439.”
Kara sbatté le palpebre cercando di interpretare in maniera diversa quelle
parole, Alex non poteva averle fatto quello, no, era impossibile…
“Da
quanto tempo eravate in connessione mentale?” La domanda di J’onn
stupì tutte e due.
“Io…
non lo so un po’ più di quaranta giorni…” L’uomo scosse la testa e si sedette,
invitando le due ragazze a imitarlo.
“Kara,
perché non me ne hai parlato prima?” Il tono dell’uomo era stanco, triste, non
sembrava più arrabbiato e questo spaventò Kara.
“Era…
non lo so, mi sembrava così giusto e non volevo che tu e Alex mi faceste
smettere.” Ammise.
“Eppure
sai quanto possa essere dannoso una connessione mentale.” A quelle parole Kara
scosse la testa.
“Ma
è diverso… non…” Si fermò pensando ai mal di testa di Lena, non gliene parlava,
ma lei li sentiva svanire non appena la loro connessione cresceva. Le sembrava
bello e giusto alleviare i dolori di Lena, ma, e se ne fosse stata lei, in
primo luogo, la causa?
“La
tua mente kryptoniana è più forte, tanto forte che
non posso leggerti i pensieri, ma la mente umana… ho sentito lo sconvolgimento
nella chimica del cervello di Lena. Non capivo come fosse possibile, ma ora mi
è evidente.”
“Le
ho fatto del male?” Chiese Kara, sconvolta.
“Non
so neppure come abbia fatto a rimanere sana di mente…” Affermò il marziano, stancamente.
“Aspetta,
vuoi dire che non era lei a controllare Kara?” Intervenne Alex, incredula.
“Non
credo e sono quasi sicuro che le analisi mostreranno che la giovane Luthor è, a sua volta, satura di XV-439.”
“Come
fai a dirlo?” Chiese Alex, conscia che tutta la sua teoria, quella di cui era
tanto sicura, stava crollando a pezzi.
“Hai
modificato l’aria della stanza degli interrogatori con un neutralizzatore del
composto XV-439, sicura che lì sarebbe andata Kara, non è vero?” Ritorse il
marziano.
“Sì…
Kara doveva essere tanto distratta da non percepire che la stavamo trattando…”
Ammise Alex.
“L’organismo
di Kara avrà assorbito il composto antidoto e ora, immagino, che lentamente
sarà ripulita dall’XV-439, ma la Luthor è umana e ne
ha assorbito un’eguale quantità. Dopo mesi di assuefazione alla mente kryptoniana di Kara e al composto, tu hai tagliato il
contatto e le hai provocato una crisi.” Spiegò J’onn.
“L’ho visto succedere, l’ho subito io stesso, quando la mia compagna e la mia
famiglia è stata uccisa, la loro mancanza mi ha reso… vuoto emotivamente,
certo, ma anche fisicamente è stato terribile.” Ricordò con il volto triste.
“Ma
starà meglio, non è vero?” Chiese, agitata, Kara.
“Alex…
puoi lasciarci soli un momento?” Chiese il direttore e l’estrema gentilezza con
cui lo chiese creò in Kara un senso di profondo panico. Alex si alzò, ma lei le
prese la mano, trattenendola. Cercò il suo sguardo con gli occhi.
“Rimani…
per favore…” Chiese. Le costò, ma per quanto fosse arrabbiata, sapeva che Alex
aveva solo agito per il suo bene e, quello che J’onn
stava dicendo, era molto più grave. Lei aveva bisogno di sua sorella.
“Molto
bene.” Accettò il marziano e Alex sorrise dolcemente, sul viso un’espressione
preoccupata e colpevole. “Kara, cosa provate una per l’altra?” La domanda
sorprese la ragazza che arrossì. “Lo immaginavo.” Il direttore non ebbe bisogno
di altre risposte sospirò e congiunse le mani davanti a sé, sul tavolo. “Il
legame mentale non è qualcosa di naturale per gli umani o i kryptoniani,
le vostre menti non sono fatte per fondersi con un altro essere della vostra
specie. Quello che tu e miss Luthor avete condiviso è
qualcosa di speciale e unico… ma che nessuna di voi due ha saputo gestire nel
modo giusto.”
“Non
capisco J’onn, non è stato difficile. Te l’ho detto,
era giusto!” Lo interruppe Kara agitando le mani. L’ansia non se n’era andata,
non era sicura di voler sentire la fine del discorso.
“Ascoltami.
Non so come spiegartelo… ma è come se Lena Luthor
fosse sotto effetto di uno stupefacente. Ogni sensazione amplificata, distorta,
cambiata. I sentimenti che prova non sono… veri.” Kara strinse la mascella
alzandosi in piedi.
“Non
hai il diritto di giudicare quello che prova Lena!”
“Kara,
è questo il problema, quello che provi tu ha preso il sopravvento su quello che
prova lei, te l’ho detto, la tua mente è più forte. Il sole giallo ti ha dato
la capacità di guarire e di contrastare gli effetti di questa connessione, ma
Lena… lei è solo umana.” Questa volta il cuore di Kara iniziò a battere forte
nel petto. Non era possibile… non era vero! Lena l’amava, tanto quanto lei
amava Lena. Lo aveva sentito, nel suo cuore, lo aveva visto nei suoi occhi, lo
aveva percepito nel modo in cui la toccava.
“No.”
Dichiarò.
“Ti
ho detto quanto il mio potere sia dannoso, ti ho spiegato perché devo usarlo il
meno possibile sugli umani. Tu hai passato settimane intere nella mente di
questa donna. Rifletti, non credi che lei fosse proprio la persona che stavi
cercando, talmente perfetta per te da essere troppo? Forse stavi semplicemente
cercando un modo per uscire dalla relazione con Mon-El…
una via di fuga che quella ragazza ti ha offerto. Non dico che tu l’abbia fatto
consciamente, ma, giorno dopo giorno hai plasmato la sua mente e… te ne sei
innamorata, facendo sì che lei ti amasse allo stesso modo, un amore totale e
perfetto.”
Kara
scuoteva la testa, incapace di ascoltare. Alex guardava la sorella con occhi
pieni di tristezza e J’onn con la sua calma
perorazione sembrava mostrare la saggezza che gli derivava da una vita lunga
centinaia di anni.
Un
leggero bussare alla porta la fece sobbalzare, Kara si strinse nelle braccia voltando
la schiena a J’onn e ad Alex, cercando di non
pensare, cercando di non sentire quel vuoto dentro alla mente che ora veniva
amplificato da quello dentro al suo cuore.
“Le
analisi di Lena Luthor mostrano che ha un’alta dose
di XV-439 nell’organismo.” Sentì dire da Winn. Chiuse
gli occhi, perché ormai non aveva più importanza provare la sua innocenza, dopo
tutto lei non aveva mai davvero dubitato di Lena.
“Kara…”
Era la voce di Alex, la sorella le posò la mano sulla spalla. “Mi dispiace… le
prove mi sembravano così evidenti e… volevo proteggerti.”
“Non
ha più importanza.” Commentò, si voltò e la guardò con occhi vuoti e quasi
vitrei. “Anzi, dovrei ringraziarti, la stavo uccidendo fisicamente e
violentando emotivamente. Senza di te, senza tutta questa storia, non l’avrei
saputo, forse l’avrei persino uccisa.”
“No,
Kara, non…” Iniziò la sorella, ma Kara scosse la testa.
“Fatela
stare meglio, è l’unica cosa che importa.” Mormorò e quando ebbe il cenno
deciso di Alex uscì dalla stanza e si lanciò nel cielo alla ricerca di un
sollievo che sapeva di non poter più trovare, nemmeno lì, nella libertà del
volo.
La
donna osservò con aria soddisfatta la reazione chimica davanti a lei.
“Funziona?”
Le chiese l’uomo.
“Sì,
grazie ai test con il missile e la bomba e le analisi del suo sangue ho raccolto
un numero di dati sufficienti a stabilizzare la reazione.” Affermò soddisfatta.
“Chi lo avrebbe detto che XV-439 si sarebbe mostrato un perfetto legante. Ci
serve solo più il vettore dominante.” Dichiarò, alzandosi e degnando di appena
un’occhiata lo schermo che mostrava un reporter davanti alla sede della Luthor Corporation mentre commentava l’arresto della
giovane CEO.
“Per
quello ci serve la ragazza.” Commentò l’uomo.
“Non
sarà difficile, i Super non guardano mai prima di saltare, ma quando ce l’avremo
dovremmo fare in fretta e ho in mente il luogo ideale. Cosa diceva Arthur Conan
Doyle? Il posto migliore in cui nascondere qualcosa è
in piena vista.” Il sorriso sulle labbra della donna si ampliò. “Tutto andrà
come previsto.”
Note: Capitolo di spiegazioni…
Lena è stata scagionata da ogni colpa, ma Kara… Kara ha scoperto una dolorosa
verità: tutto ciò che credeva vero è falso, Lena, il loro amore, la loro
perfetta sintonia era frutto di un’alterazione chimica e psichica.
La tempesta infuria e Kara è
stata colpita in pieno cuore da un fulmine. Cosa succederà quando Lena si
sveglierà?
Ma se, finalmente, tutto
sembrava chiaro, anche se triste, il paragrafo finale si apre a nuovi misteri.
Idee? Fatemi sapere!
Lena aprì lentamente gli occhi e una fitta
intensa alla testa le diede il benvenuto nel mondo. Alzò la mano e notò che vi
era una flebo attaccata.
“Come ti senti?” La voce le era famigliare, ma
quando l’aveva udita direttamente non era stata mai così dolce. Per un attimo
pensò di essere nella mente di Kara, ma con un sussulto doloroso seppe che era
sola. “Lena, riesci a sentirmi?” Insistette Alex, piegandosi su di lei per poi
voltarsi preoccupata verso un monitor il cui ritmico suono si era
improvvisamente accelerato.
Sola, terribilmente sola. Lena scosse la testa
provocandosi un’altra violenta fitta. Dov’era Kara?
“Kara?” Chiamò, questa volta a voce alta,
cercando, spingendo la propria mente verso qualcosa che, istintivamente, sapeva
non esserci più.
“Calmati, Lena!” Due mani forti la trattennero
mentre lei si agitava sul lettino.
“Sedatela.” Ordinò la voce profonda di un
uomo.
“Kara!” Urlò, mentre il suo cuore esplodeva
per il dolore della perdita. Sentiva le lacrime calde scenderle lungo il volto,
ma non riuscì più ad agitarsi, il sedativo stava facendo effetto.
“Andrà tutto bene…” Mormorò la stessa voce
maschile di prima, sulla sua fronte si appoggiò una mano fresca e la sua mente
ricadde nel buio.
Kara si premette le mani sulle orecchie.
Sentire Lena urlare il suo nome la stava straziando e il non poter andare da
lei le spezzava il cuore. Strinse il pugno contro la sua testa e poi lo abbatté
con violenza contro la massa di cemento spezzandola in due.
“Ok… direi che ti serve una pausa.” Si voltò,
il respiro accelerato, le lacrime che le scendevano lungo il viso e fissò
Maggie che, nel notare la sua espressione, sospirò e si sedette sulle scale
della palestra del DEO.
“Come sta?” Chiese. Kara si asciugò il viso
lasciandosi cadere accanto alla ragazza. Vuota.
“Sono tre giorni che si sveglia e mi chiama… i
sedativi e J’onn la rimettono a dormire, ma…”
“Ma nessuno mette a dormire te, giusto? Tu
devi sentirla urlare e non puoi fare nulla.” Kara scosse la testa.
“Me lo merito, io mi merito questo dolore, non
lei… lei non ha potuto opporsi, io…” Nuove lacrime iniziarono a scenderle lungo
il viso, incontrollate.
“Non è colpa tua!” La sgridò Maggie,
passandole il braccio attorno alle spalle. “Alex mi ha detto tutto, finalmente e,
mai, neppure una volta, ha accennato a una tua colpa.”
“Alex si sente in difetto per aver dubitato di
Lena, non lascia l’infermeria.” Commentò. Sentiva il cuore della sorella
battere regolare accanto a quello più lento di Lena.
“Vedrai che starà presto meglio e allora
potrai parlarle.” Tentò di rassicurarla, Maggie.
“No, non potrò.” Kara si voltò, gli occhi
gonfi dal pianto, un’amara smorfia sulle labbra. “J’onn
dice che ci vorranno mesi, forse anni prima che la sua mente si liberi di me…
sono come una droga per lei, non può avermi accanto, rischierebbe di ricadere
nel…” Un singhiozzo le portò via l’ultima parola. “Nell’errore.” Riuscì a dire.
Maggie scosse la testa.
“Non sei un errore, Kara, non dire così.”
“Ci sono termini peggiori per definire quello
che ho fatto.” Assicurò, con la voce spezzata dai singhiozzi. “Quando si
sveglierà Alex le dirà tutto e lei mi odierà!”
“No, saprà usare le parole giuste…” Kara
appoggiò la testa contro la spalla della detective lasciandosi andare, scossa
dai singhiozzi, mentre Maggie la stringeva cercando di darle il conforto di cui
aveva bisogno, anche se era conscia che non sarebbe mai bastato.
Questa volta il dolore alla testa era solo un
lontano pulsare. Lena aprì gli occhi ritrovandosi a guardare lo stesso panorama
che ormai conosceva bene. Non si agitò, non urlò il suo nome, sapeva che non
sarebbe venuta. Perché avrebbe dovuto farlo quella volta quando non era venuta
in tutte quelle precedenti?
“Lena?” La chiamò la voce che aveva imparato
ad associare al risveglio.
“Agente Danvers.”
Mormorò rendendosi conto di quanto fosse roca la sua voce.
“Tieni.” La donna le diede un bicchiere
d’acqua e Lena ne bevve un sorso. Fingendo di ignorare il dolore sordo al
centro del suo petto e quel terribile silenzio nella sua mente, un silenzio che
urlava il suo nome.
“Come ti senti?” Le chiese quando lei le riconsegnò
il bicchiere. “La testa ti fa ancora male?”
“No.” Mentì, non le importava, anzi, il dolore
era… qualcosa, almeno.
Alex annuì osservando il tracciato di uno dei
tanti monitor.
“Quando potrò andarmene di qua? O sono ancora
accusata di terrorismo?”
“Le accuse sono state ritirate, non ti devi
preoccupare…”
“Non mi preoccupo.” Rispose secca. Si sentiva
distante, fredda, vuota. Sì, vuota.
“Abbiamo smentito la voce del tuo arresto e
spiegato che stavi collaborando con l’FBI riguardo all’identificazione e al
recupero delle armi della Luthor Corporation finite
sul mercato nero all’arresto di tuo fratello.” Spiegò Alex prendendo uno
sgabello e sedendosi accanto a lei. Aveva il volto stanco, probabilmente non
dormiva da parecchio.
“Non ci crederanno, sono una Luthor, ma è una bugia che può reggere.” Affermò, gli occhi
che si allontanavano dal viso di Alex per fissarsi sul soffitto, indifferenti.
“Dimmi, come siete riusciti a togliermela?” La domanda bruciava nella sua
mente, ma lei la buttò lì, come se non avesse importanza.
Alex rimase in silenzio e lei ruotò di nuovo
lo sguardo fissandolo su di lei. “E come l’avete convinta a starmi lontana?”
Ora nei suoi occhi bruciò un fuoco intenso e Alex lo vide perché si tirò
indietro, come se si preparasse ad un colpo. Non che lei volesse colpirla, era
sua sorella.
“Il vostro legame era dovuto ad un’esposizione
al composto chimico XV-439.” Iniziò la donna risistemandosi sullo sgabello.
“Dimmi qualcosa che non so, agente.” Mormorò
lei, di nuovo fredda.
“Sei rimasta incosciente per tre giorni,
quando ti sei svegliati non eri… stabile, così abbiamo dovuto sedarti, è
successo cinque volte.” Alex prese la cartella e gliela passò. “So che puoi
capire da sola, dopo tutto hai studiato tu stessa l’XV-439.”
Lena lesse i dati, i diagrammi le erano
stranamente familiari, ma era impossibile che provenissero da letture della sua
attività celebrale.
“Non hanno senso.” Affermò. “Se avessi
presentato simili danni me ne sarei accorta.”
“I sintomi sono forti dolori alla testa, fino
ad arrivare al sanguinamento del naso e, in casi davvero gravi, anche dalle
orecchie e dalla bocca. Kara mi ha detto che avevi spesso mal di testa e che è
capitato che ti sanguinasse il naso.” Al sentir pronunciare il nome di Kara,
Lena ebbe un sussulto che soffocò con fatica, cercando di dipanarsi tra le
menzogne della donna. Non aveva senso a meno che… “Il dolore passava quando eri
in contatto con lei, come se…”
“Fosse una droga.” Comprese lei e per la prima
volta dubitò delle proprie convinzioni.
“Sì.” Confermò Alex. Lena sollevò di nuovo il
dossier capendo cosa avesse colpito la sua memoria. Quei diagrammi ricordavano
sorprendentemente quelli di pazienti affetti da dipendenze alle droghe.
“Va bene…” Acconsentì anche se una parte del
suo cervello continuava a rifiutare quell’informazione. “Perché non posso
vederla, perché non è qui? Lei non è mai stata male, ne deduco che il nostro
legame abbia danneggiato solo me.” Quell’idea, espressa ad alta voce, le fece
corrugare la fronte. “Si sente in colpa? È per questo che non è qui? Potresti
dirle di non essere sciocca? È ovvio che non è colpa sua.” Alex abbassò lo
sguardo e lei sentì una stretta al cuore. “Alex, perché non posso vederla?
Dimmelo!” La ragazza si alzò preoccupata osservando il monitor che segnalava
l’innalzarsi del suo battito cardiaco.
“Calmati.” Le ordinò, poi si sfiorò l’orecchio
e sembrò ascoltare qualcuno. “Dimmi le cifre del pi
greco.” Chiese e lei sbatté le palpebre stupita dalla domanda.
“Co…cosa?” Chiese, il cuore che continuava a
batterle veloce nel petto.
“Se non ti calmi dovrò di nuovo sedarti.
Quindi: dimmi le cifre del pi greco.”
“3,14159265358979323846264338327950…” Iniziò
in una lenta litania, mentre il suo cuore si calmava.
“Ti senti meglio?” Le chiese Alex dopo un
poco.
“Sì…” Ammise. “È stata lei a dirtelo, non è
vero?” Chiese voltandosi verso la parete. “Può sentirmi, può vedermi. Ma io non
posso vedere e sentire lei, perché?” Intuì, si voltò verso Alex e lesse nei
suoi occhi che aveva posto la domanda giusta.
“Vorrebbe dirtelo lei, ma non può.”
“Perché?” Forse il suo cuore non batteva più
veloce, ma sembrava lo stesso un peso rovente all’interno del suo petto in
netto contrasto con la sua mente, di nuovo fredda.
“È difficile da accettare, ma… il legame tra
voi due non era paritario.”
“Certo che era paritario, io entravo nella sua
mente e lei nella mia, io sentivo quello che provava e lei sentiva quello che
provavo.” Affermò, decisa.
“La sua mente kryptoniana
è più forte di qualunque mente umana. Lei ha… riscritto, grazie all’XV-439 nel
tuo corpo, la chimica del tuo cervello ferendoti a livello fisico, ma ha anche
influenzato i tuoi sentimenti, li ha, involontariamente, plagiati in sintonia
con i suoi.”
“È ridicolo. So cosa provo.”
“Cosa provi per me?” Domandò la donna a
bruciapelo. Lena la guardò sbattendo le palpebre confusa. Cosa provava? Si
sentiva tradita, perché lei l’aveva sempre protetta. Scosse la testa,
proteggeva Kara. “Senti dell’affetto per me, nonè vero?”
“Kara prova dell’affetto per te, mi ha parlato
spesso di te, ti ho vista attraverso i suoi occhi e ho imparato a conoscerti a
mia volta, per questo sento di…” Scosse la testa incapace di comprendere cosa
fosse un suo sentimento e cosa provenisse dai ricordi di Kara.
“Mi conosci da così poco tempo eppure senti
per me un sentimento forte e al contempo mi detesti, perché ti ho tradita, come
ti ha tradito Lex.” A quelle parole Lena scosse la
testa, ma sapeva che stava mentendo anche a se stessa. “E se quello che provi
per me è artefatto allora…”
“Anche quello che provo per lei lo è.” Ora il
suo cuore non bruciava più, vi era solo freddo ghiaccio in tutto il suo corpo.
Calma e fredda immobilità.
“Per questo Kara non può essere qua, devi
dimenticarla e, con il tempo, ritroverai le tue emozioni, dimenticando le sue.”
Rimase in silenzio, il suo sguardo tornò al soffitto, bianco e perfetto.
“Quando potrò uscire da qui?” Alex rimase in
silenzio, forse era stupita dal suo contegno, dalla sua accettazione passiva,
non le importava.
“Non appena starai meglio. Le analisi mostrano
una rapida ripresa ora che le crisi peggiori sono passate, ma potresti avere
delle ricadute e soprattutto…”
“L’astinenza.” Concluse lei. “Immagino che non
ci si uno speciale metadone per astinenza da legame mentale, dico bene?”
“C’è una persona che può aiutarti.” Affermò lei
e Lena ricordò una mano fresca sulla sua pelle e una presenza calma, ma
lontana, nella sua mente. Strinse la mascella all’idea di avere qualcuno che
non era lei nella sua mente e provò
un senso di profonda repulsione quando comprese che lo desiderava, perché
qualsiasi cosa era meglio di quel vuoto.
“Non credo che ne avrò bisogno.” Affermò
decisa, cercando di contrastare quella parte di lei che invece implorava una
comunione simile. “Ci vorranno giorni, settimane? Ho una compagnia da dirigere
e non posso rimanere a letto a dormire.” L’agente Danvers
sospirò.
“Potrai essere dimessa tra qualche giorno.”
“Bene. Ora vorrei rimanere sola.” Chiuse la
discussione e la ragazza annuì, ma prima di uscire si voltò sulla porta.
“Lei… è molto dispiaciuta.” Disse alla fine.
Lena non rispose, lo sguardo rivolto verso l’alto. Alex annuì piano e se ne
andò, solo allora Lena permise ad una lacrima di scivolare lungo il suo viso.
Una singola lacrima scivolò lungo il viso di
Kara. Poteva sentire i passi di Alex che si allontanavano dalla stanza di Lena
e poteva sentire il battito calmo della donna. Ora sapeva tutto. Era finita.
Presto Lena sarebbe tornata alla sua compagnia
e avrebbe potuto ricominciare a vivere la sua vita, senza che lei soffocasse le
sue emozioni obbligandola verso sentimenti che non provava.
Quel pensiero la portò a stringere forte gli
occhi, non riusciva a sopportare che i loro ricordi insieme fosse frutto di una
forzatura. Non riusciva ad accettare che mentre facevano l’amore era solo lei
quella che amava, Lena era un corpo vuoto riempito da quelli che erano i suoi
sentimenti.
Quei pensieri le diedero la nausea, per
l’ennesima volta. Si meritava ogni dolore, ogni sofferenza per quello che aveva
fatto. L’unica volta che erano rimaste lontane Lena era finita tra le braccia
di un’altra donna, perché non aveva capito all’ora che il suo sentimento era
unilaterale? Perché non aveva capito che stava stringendo un cappio attorno a
Lena? Perché era stata così stupida dal credere che una donna così meravigliosa
potesse amare lei? Oh, certo, lei era l’eroina di National City, Supergirl! Ma Lena la conosceva come l’impacciata ragazza
che arrossiva e parlava troppo quando era tesa, quella che amava mangiare e
adorava guardare le stelle nel cielo, a cui mancava casa e che per rilassarsi
volava: la vera lei, né Supergirl, né Kara Danvers, solo lei, Kara.
“Va tutto bene?” Scosse la testa e Alex
sospirò. “Starà meglio…”
“Ha perso tutto nella sua vita, la madre
quando aveva quattro anni, il padre a sedici, la sua madre adottiva non l’ha
mai amata e Lex… Lex l’ha
tradita più di tutti. Ora… ora ha scoperto che anche la sua stessa mente l’ha
tradita. Riesci ad immaginare? Io sì, la mia mente sotto l’influenza della
Black Mercy ha creduto davvero a quello che vivevo,
scoprire che era tutto falso non mi ha impedito di sentire il dolore per quello
che avevo perso. Ora lei si ritrova a dover combattere con il dolore di avermi
persa e la consapevolezza che era tutto falso. Come potrà stare meglio?”
Domandò e Alex non seppe risponderle.
Maggie prese il telefono e attese, pochi
squilli e Alex rispose.
“Non è un buon momento.” Affermò la donna.
“Ho scoperto chi guida Cadmus.”
Le disse però lei e quasi poté immaginare lo stupore della compagna. “Il
missile, la bomba, avevi ragione, erano collegati e proprio attraverso la Luthor Corporation, ma, avevi puntato alla Luthor sbagliata. Non si tratta della figlia, ma della
madre.” Sorrise osservando la confessione firmata che aveva appena strappato a
uno dei membri del laboratorio che studiava XV-439, aveva avuto ragione a non
mollare la presa e, finalmente, dopo giorni di interrogatori aveva trovato la
talpa.
“LillianLuthor è al comando di Cadmus e,
di certo, sta progettando qualcosa di grosso.”
“Ti amo, lo sai questo?” Le chiese Alex e lei annuì.
“Certo Danvers, ora
prepara una squadra, perché abbiamo un’irruzione da fare.” Chiuse la chiamata e
afferrò in giubbotto antiproiettile, era ora di mettere la parola fine a quella
storia.
Note: E ora sappiamo come l’ha presa Lena…
Non ho molto da dirvi, il capitolo parla da sé,
purtroppo. Dolore e sofferenza su ogni fronte.
La storia tra Kara e Lena sembra finita perché nessuna
delle due ha deciso di battersi per essa. Kara incastrata dal senso di colpa e
Lena dall’idea di essere stata usata, ancora una volta.
Il finale riapre di nuovo i giochi o forse li chiude.
Maggie avrà ragione? Ha davvero trovato il capo di Cadmus?
E a cosa ci porterà questa nuova informazione?
Vi lascio con queste domande, scrivetemi cosa ne pensate!
Lena
lasciò che l’alcool scendesse nel suo stomaco bruciando. Quello, almeno, lo
sentiva ancora. Si rialzòposò il
bicchiere e tornò alla sua scrivania. Il lavoro non riempiva il vuoto dentro di
lei, ma lo rendeva sopportabile. La L-Corp, perché
finalmente aveva potuto cambiare nome alla Luthor
Corporation, era reale, tangibile, i problemi erano risolvibili con la giusta
dedizione e il necessario tempo.
Il
sole tramontò e Jess fu sostituita da Alana, ma Lena
se ne accorse appena. Gli occhi le bruciavano, ma vi erano rapporti da leggere,
bilanci da approvare e decisioni da prendere.
“C’è
una chiamata per lei, miss Luthor.” Lena sbatté gli
occhi e sollevò lo sguardo osservando la segretaria che indicava il telefono
che squillò ancora. Non si era resa conto che stava suonando, era davvero
stanca.
Sollevò
la cornetta e per un folle istante pensò che avrebbe potuto essere lei.
“Buonasera,
mi fa piacere trovarti in ufficio.” Il tono arrogante e saccente di sua madre
la colpì quasi fisicamente.
“Cosa
vuoi, madre? Forse desideri consegnarti, finalmente?” Alex… l’agente Danvers, si corresse mentalmente, l’aveva tenuta aggiornata
sugli sviluppi della sua indagine che era diventata l’indagine su sua madre. Avrebbe
dovuto capire che sua madre era il leader di Cadmus,
chi meglio di lei aveva libero accesso alla tecnologia delle Luthor Corporation? Lo avrebbe intuito subito nel vedere la
bomba se non fosse stato che… si interruppe perché quel filo di pensieri
l’avrebbe attirata, come un vortice a lei.
Kara.
Lena
chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sulla telefonata e non sul vuoto
abisso in cui le sembrava di precipitare.
“Non
dire sciocchezze. Ho saputo che quei barbari ti hanno trattenuto per giorni e
volevo assicurarmi sul tuo stato di salute, perché so che sei stata male.” Lena
sbatté le palpebre, sorpresa. Vi era davvero della preoccupazione nel tono di
sua madre o era solo frutto della sua immaginazione?
“Sto
bene.” Affermò, lo aveva detto talmente tante volte ormai, guardandosi allo
specchio, mentendosi persino quando era sola, che suonò quasi convincente.
“Vedrai
che tutto andrà meglio, mi occuperò io di ogni cosa.”
“Cosa
stai progettando?” Domandò, un brivido di paura che le irrigidiva i muscoli.
“Il
cugino si è preso la sanità mentale di mio figlio, non permetterò che quella
sciocchina si porti via la tua.”
“Madre,
di cosa stai parlando?” Lena si aggrappò alla cornetta del telefono, il panico
che le si attorcigliava nel ventre.
“Non
ti preoccupare.” Asserì ancora la donna e poi la chiamata fu interrotta.
“Alana!” Chiamò, alzandosi in piedi.
“Sì,
miss Luthor?” La ragazza entrò, guardandola con aria
preoccupata.
“Rintraccia
il numero che ha appena chiamato, subito.” La donna annuì e tornò al suo
computer mettendosi all’opera.
Intanto
Lena digitò il numero personale di Alex Danvers, lo
aveva appreso a memoria proprio per usarlo in una situazione simile.
“Pronto?”
La voce di Alex conteneva della perplessità. Forse l’aveva svegliata, dopo
tutto erano le tre di notte.
“Sono
Lena, Lena Luthor.” Finì per dire ricordando che tra
loro due non vi era il rapporto che sentiva, quello falso che le aveva dato lei.
“Sì, cosa succede?”
Ora il suo tono era allarmato. Era folle quanto conoscesse la donna senza
conoscerla davvero… avrebbe dovuto capire che… si morse il labbro,
concentrandosi.
“Mi
ha chiamato mia madre. Deve avere un piano, sapeva quello che mi è successo e…
vuole farle del male.” Non disse il suo nome, non riusciva neppure a pensarlo
senza affogare tra i ricordi e il bisogno di averla vicino, figurarsi
pronunciarlo ad alta voce.
“Sai che non posso parlare delle
indagini, ma posso assicurarti che le stiamo con il fiato sul collo, non
riuscirà a scapparci ancora a lungo e dubito che possa organizzare qualcosa
contro…” Si fermò a sua volta.
“Chi è?”
Chiese una voce addormentata e Lena sentì un piccolo tuffo al cuore nell’immaginare
Maggie e Alex assieme, addormentate, il suo letto era così vuoto e freddo…
“Lena.”
Sentì borbottare. In quel momento Alana entrò nel suo
ufficio e le consegnò un foglio con delle coordinate.
“Alex.”
La chiamò lei, in un sussulto di fastidio, dimenticando la decisione di
riferirsi a lei sempre e solo come agente Danvers.
“Sì.”
“Ho
le coordinate del luogo da cui proveniva la chiamata. Se non ci vai tu sarò io
a farlo.”
“No, dammi le coordinate.”
Ordinò decisa e Lena percepì fastidio e al contempo sollievo, non era sicura di
essere nello stato emotivo adatto ad affrontare sua madre.
Le
diede le indicazioni e poi le augurò buona fortuna. Per un istante fu sul punto
di dirle di fare attenzione, ma era lei
a farlo e così tacque e riattaccò.
Kara
si rigirò nel letto con uno sbuffo. Le avevano detto che per lei sarebbe stato
più facile il distacco, perché il suo corpo era più forte e stava eliminando l’XV-439
molto lentamente e solo grazie alle inalazioni che Eliza
le aveva preparato. Ma non avevano nessuna idea del dolore che provava, non
avevano idea di quanto Lena le mancasse. Forse non era fisico il suo bisogno,
come lo era per Lena, ma era, di certo, dannatamente intenso.
Avrebbe
voluto urlare, perché la città non faceva silenzio? Perché il mondo continuava
a vivere quando lei soffriva così tanto? Perché il sole sorgeva?
Strinse
gli occhi e i pugni, frustrata. Quando il telefono suonò fu una specie di
liberazione. Lo afferrò e per un istante sperò che fosse lei, che l’avesse perdonata, che la chiamasse per dirle che le
mancava. Ma era il numero di Alex.
“Cosa
succede?” Chiese di getto, erano le tre di notte e Alex aveva avuto la serata
libera assieme a Maggie, se la chiamava era per un’emergenza.
“Abbiamo avuto una soffiata, forse
sappiamo dove si nasconde LillianLuthor.”
“Dimmi.”
Saltò su dal letto e indossò il costume di Supergirl
prima ancora che Alex avesse il tempo di risponderle.
“Si tratta di capannoni
abbandonati, vicino al porto. Sto andando al DEO, preparo una squadra e
interveniamo.”
“Non
serve una squadra, vado io.” Affermò lei, decisa.
“Kara…”
Iniziò la sorella.
“No,
sto bene e questa storia deve finire. Sono settimane che la inseguite di
laboratorio in laboratorio, capannone abbandonato dopo capannone abbandonato.
Adesso basta. Lena ha bisogno…” Si bloccò. Dire il suo nome le aveva provocato
un’acuta fitta di nostalgia. Assaporò quel dolore perché era l’unica cosa che
le rimaneva di lei, l’unica cosa che le era concessa. “Lena merita che la vera
colpevole venga messa in carcere.” Riuscì a dire. “Solo così il suo nome sarà
completamente ripulito dal sospetto.” Sapeva che non era del tutto vero, ma
aveva bisogno di crederci. Voleva che Lena avesse la possibilità di
ricominciare per davvero.
“Va bene.”
Accettò la sorella e le diede l’indirizzo. Kara annuì soddisfatta e si spinse
fuori dalla finestra, dirigendosi verso il porto.
Malgrado
l’ora tarda l’aria era tiepida, come sempre a National City. Kara volò rapida
sopra la città percorsa da un perenne brusio, anche in quel momento, quando la
maggior parte dei suoi abitanti dormiva.
I
suoi occhi corsero traditori al palazzo della L-Corp,
aveva osservato da lontano mentre le gru montavano la nuova insegna e aveva
sorvegliato la cerimonia di cambio del nome. Lontana dagli occhi di Lena, ma
pronta ad intervenire se fosse successo qualcosa. Era stato difficile vederla
lì, bella come non mai, gli occhi fieri e la voce piena di sincerità e di forza,
e non poterla raggiungere, non poterle dire quanto fosse orgogliosa di lei.
Malgrado
fosse lontana, ora, poteva vederla, seduta alla sua scrivania, intenta, ancora
una volta, a lavorare fino a tardi. Sentì una fitta di vergogna nel pensare a
come l’aveva obbligata ad andarsene a casa. A lasciare il suo lavoro per fare
altro. Ora che era libera di agire e di pensare era evidentemente diverso il
suo impiego del tempo, un’altra prova di come si era imposta a lei.
Scosse
la testa e tornò a concentrarsi sulla sua meta, spinse i pugni in avanti e
rapidamente si ritrovò sul porto, non le fu difficile orientarsi e scendere veloce
attraversando il leggero tetto in lamiere, fino ad atterrare tra un gruppo di
uomini in nero.
Kara
fu investita da un fiotto di proiettili che non le fecero nulla, si mosse
veloce e i soldati di Cadmus si ritrovarono legati,
mentre lei piegava le loro armi come se fossero state di gomma.
“Dov’è
LillianLuthor?” Chiese con
voce decisa.
Un
uomo si diresse verso di lei, uscendo dall’ombra e Kara lo riconobbe subito.
“J’onn? Sei venuto anche tu? Potevo gestire la cosa da…” Il
pugno la raggiunge in pieno petto e la scaraventò lontano. Kara sbatté contro
il muro di cemento e cadde a terra con un gemito di dolore. Rialzò la testa e
osservò l’uomo sconvolta. “Hank Henshaw.” Comprese,
ma l’uomo scosse la testa.
“Non
sono più quell’uomo, ora sono Cyborg Superman.” La afferrò e le diede un pugno,
lei questa volta parò il colpo, cercando di sottrarsi alla sua presa, ma si
ritrovò di nuovo scagliata a terra. La forza di quell’essere era, di certo,
sovraumana. Strinse i denti e si scagliò in avanti. Colpì Henshaw
al viso e sentì del dolore riverberare tra le sue dita, lo colpì ancora, ma
l’uomo catturò il suo pugno e strinse facendola urlare.
“Non
sei abbastanza forte, ragazza.” Le disse e poi la colpì con violenza facendola
stramazzare al suolo.
“Supergirl, mi fa piacere vedere che sei venuta.” Kara alzò
il viso con sofferenza e incrociò lo sguardo divertito di LillianLuthor. “Mia figlia ha fatto esattamente quello che
mi aspettavo da lei.” Kara strinse i denti e cercò di alzarsi in piedi, ma la
colpirono dietro alla testa e la sua coscienza scivolò nel buio.
“Il
trasmettitore di posizione è appena stato spento.” Comunicò Winn
con agitazione.
“Cosa?”
Chiese Alex tirandosi avanti e osservando lei stessa lo schermo.
Winn digitava rapido, ma il risultato
era sempre una scritta rossa che diceva ‘perso’.
“Prepara
una squadra, subito.” Ordinò J’onn e lei annuì
scattando verso l’armeria.
Una
decina di minuti dopo faceva irruzione nel capannone verso il quale si era
diretta Kara, il posto era vuoto.
“Agente
Danvers, venga a vedere.” La chiamò un agente DEO,
per terra vi erano numerosi bossoli, ma, più tipico ancora, vi erano le punte
dei proiettili, schiacciati.
“Supergirl ha affrontato uno scontro a fuoco.” Comunicò alla
base. Alex si guardò attorno con ansia crescente, aveva forse lanciato sua
sorella in una trappola?
Lena
guardò il telefono con aria tesa, poi controllò il suo cellulare. Perché non
erano ancora arrivate notizie? Alex doveva sapere che era in attesa!
Si
alzò e si versò altro whiskey ambrato nel bicchiere. Guardando la città e si
chiese dove fosse lei. Stava volando libera nel vento oppure dormiva? Stava
salvando qualcuno, con il suo sorriso soddisfatto e fiero?
Scosse
la testa e bevve un lungo sorso, reagendo appena al bruciore. Si voltò e
afferrò il telefono, avrebbe chiamato solo per essere sicura che avessero preso
sua madre, dopo tutto meritava di sapere, no? Era lei che aveva avuto
l’informazione vincente, dopo settimane di caccia sua madre aveva fatto un
errore… Lena corrugò la fronte osservando il proprio cellulare e il telefono
dell’ufficio.
Perché
sua madre aveva chiamato lì? Conosceva benissimo il suo numero privato. Sentì
una stretta al ventre quando intuì che l’errore lo aveva fatto lei.
Questa
volta non esitò nel comporre il numero di Alex Danvers.
Il telefono ebbe il tempo di fare un solo squillo, poi la donna rispose.
“È
una trappola!” Quasi le urlò, il cuore che batteva veloce.
“Lo sappiamo.”
L’istante di sollievo fu subito sostituito da un altro brivido, nel tono di
Alex c’era qualcosa che non andava.
“Come
fate a saperlo?” Chiese, mentre chiudeva gli occhi in attesa della risposta,
sperando con tutta se stessa di essere in errore.
“Vai a dormire, Lena. Ci pensiamo
noi.” Riaprì gli occhi e li fissò verso il panorama, il sole
stava sorgendo e i palazzi assumevano colori rosa e gialli.
“Dimmelo.”
Ordinò, con tono duro. “Dimmi cos’è successo a…” Strinse i denti. “Dimmi cos’è
successo a Kara.” Con rabbia scacciò la lacrima che traditrice le era sfuggita
dagli occhi, non sapeva quando quel dolore sarebbe scomparso, ma di certo non
sarebbe stato a breve.
“Presumiamo che tua madre l’abbia
presa.”
“Ha
preparato ogni cosa: la telefonata sul numero dell’ufficio proprio perché
abbiamo un modo per tracciare tutte le chiamate che arrivano così e poi mi ha
detto quelle precise parole perché sapeva che avrei agito d’impulso senza
riflettere, solo perché era coinvolta lei.
Mia madre sa. Sa quello che ci ha legate e ha saputo sfruttarlo, mi ha usata,
come sempre, e io, scioccamente, ci sono cascata, ancora una volta.”
“Non biasimarti. Io ho dato
l’indirizzo a mia sorella, io l’ho mandata lì, da sola.”
Nella voce di Alex ora non era più nascosta la paura e la preoccupazione.
“Cosa…”
Si interruppe. Cosa poteva fare? Non aveva già fatto sufficiente danno?
“La troveremo. Lei… Kara se la
cava sempre, vedrai.”
“Sì.”
Cercò di convincersi. “Lei è Supergirl, dopo tutto.”
Annuì cercando di soffocare i sentimenti di paura per la ragazza, quello che
sentiva non era vero!
Afferrò
il bicchiere e lo gettò a schiantarsi lontano.
Lena osservò il cielo infuocato.
Rosso, lo stesso rosso che si rifletteva sugli alti palazzi.
“Casa…” Mormorò una voce accanto a
lei. Lena si voltò a guardarla e vide il suo viso rigato dalle lacrime, non
guardava la città, non guardava il pianeta morente, guardava lei. “Non pensavo
di rivederti.” Disse ancora la giovane donna, i capelli biondi che ondeggiavano
sulle sue spalle, morbidi nel leggero vento.
“Dove sei?” Le domandò. Perché sentiva
che quella domanda era importante, la più importante di tutte, il resto poteva
aspettare.
“Con te.” Affermò però lei e
sorrise, senza smettere di piangere.
Lena sbatté le palpebre. Qualcosa
non andava, quel sogno era sbagliato o…
“Siamo già state qui…” Mormorò.
“Sì. Assieme.” Confermò la ragazza
voltandosi verso la città. “Krypton.”
“Perché è importante?” Domandò,
confusa. Perché quel sogno era così importante? Sogno?
Lena
aprì gli occhi sobbalzando, una mano delicata si era posata su di lei.
“Scusi,
miss, ma c’è un agente della polizia che ha chiesto di vederla. Ha detto che se
non la svegliavo io sarebbe venuta lei.”
“Catherine?”
Domandò lei, confusa nel vedere l’anziana domestica.
“Sì,
miss. Mi dispiace, aveva così tanto bisogno di dormire… non dovrebbe fare così
tardi, miss.” Per una volta Lena sorrise nel sentire il tono materno che la
donna aveva assunto spesso quando lei era più piccola.
“Hai
ragione, Catherine.” Ammise, alzandosi.
“Dirò
all’agente Sawyer di aspettare che…” Lena era
sobbalzata.
“Maggie
Sawyer?” Domandò, scendendo dal letto in fretta.
“Sì,
miss.” La giovane Luthor afferrò la vestaglia e la
infilò in fretta, uscendo dalla stanza a piedi nudi e scendendo le scale quasi
correndo.
“Maggie.”
Chiamò e la detective si voltò sorpresa nel sentirsi apostrofare in modo tanto
famigliare.
“Oh…
giusto, immagino che tu mi conosca.” La donna abbozzò un sorriso, ma si vedeva
che era tesa.
“Kara?”
Domandò lei, il cuore che batteva veloce.
“Non
abbiamo ancora novità su di lei, ma… sì, sono qua per questo.” Prese un
profondo respiro e la guardò dritta negli occhi. “Io e te dobbiamo parlare.”
Note: Ed eccoci passati all’azione!
Mamma Luthor è, effettivamente, a capo di Cadmus e ha un piano preciso di cui non sappiamo molto, se
non che le serve Kara. Lillian, come al solito, ha
usato la figlia per giungere ai suoi fini e, al suo fianco, ha un alleato tanto
forte da stendere Supergirl, il cyborg.
Maggie, però, il nostro
allegro jolly, salta di nuovo fuori. Vuole parlare con Lena, per dirle cosa? E
come reagirà Lena alla conversazione?
Idee?
Ultimo, ma non ultimo… il
sogno… vi ricorda qualcosa? ;-)
Capitolo 14 *** Tredicesimo capitolo: Il tentativo ***
Il tentativo
“Sono
due giorni che la stiamo cercando e tu, cosa stai facendo?” Lena guardò la
donna, le aveva puntato il dito contro e la fissava, arrabbiata.
“Io?
Non ho modo di rintracciare mia madre e quindi di trovare Supergirl,
non vedo cosa dovrei fare.” Maggie strinse gli occhi fissandola per un lungo
istante.
“Puoi
fingere quanto vuoi, puoi usare la glaciale indifferenza che ti avrà insegnato
mammina, ma, io, non me la bevo! Kara ha bisogno di te e tu non stai facendo
nulla.”
“Non
pronunciare il suo nome!” Sibilò, gli occhi che brillavano d’ira.
“Perché?”
Chiese lei con sfida. “Cosa c’è che non va nel dire il suo nome, tanto cosa ti
importa? Kara è tra le mani di tua madre per un tuo errore e tu stai qui a
dormire, non credo che…”
Lo
schiaffo arrivò dritto sul volto della detective che si portò la mano alla
guancia.
“Tu
non hai idea di quello che provo!” Urlò Lena, con un furore che avrebbe potuto
illuminare mezza città. “Lei è tutto per me!” Lena strinse i denti. “Era.” Si
corresse.
“Bene,
finalmente una reazione adeguata.”
“Cosa?”
Domandò lei, confusa nel vedere un sorriso compiaciuto apparire sulle labbra di
Maggie.
“Avevo
bisogno di capire e ho avuto la mia risposta. Kara ha bisogno di te e, tu, devi
aiutarci.”
“No.”
Lena scosse la testa incrociando le braccia. “Sono stanca di essere usata,
manipolata, sfruttata. Mia madre, Lex, persino mio
padre mi hanno sempre vista come qualcuno da usare, qualcuno su cui sfogare la
propria rabbia, qualcuno che avrebbe potuto fungere da immagine, un trofeo da
mostrare ai colleghi. Credevo di aver trovato l’unica persona al mondo che
vedeva me, quella che ero, e che non voleva nulla se non amarmi, proteggermi,
capirmi. Menzogne, tutte menzogne. Ora basta. Sarò solo più io e mi basterò.”
“E
la lascerai soffrire, forse morire, solo perché…”
“Ho
fatto quello che ho potuto ed era, ancora una volta, la cosa sbagliata. Alex mi
ha detto di lasciarvi fare ed è quello che ho fatto.” A quelle parole Maggie la
guardò con profondo disprezzo.
“Kara
ti ama, credevo che tu lo meritassi il suo amore, mi sbagliavo.” Lena accusò il
colpo, ma drizzò la testa e la guardò uscire senza aggiungere altro, pensasse
pure quello che voleva, non avrebbe cambiato idea.
“Qua squadra beta. Nulla. Il
laboratorio sembra abbandonato da settimane.” La voce
dell’agente DEO era rassegnata. Alex strinse i denti cercando di calmarsi.
“Ricevuto,
squadra beta, rientrate.” L’ennesimo buco nell’acqua, l’ennesimo fallimento.
Erano due giorni che Kara era scomparsa e non avevano nemmeno una piccola
traccia da seguire. LillianLuthor
era sparita e così i suoi uomini, non c’era nessuno da interrogare, nessun
indizio da analizzare, nulla.
Con
un crescente senso di panico Alex pensò a suo padre e se, anche Kara, fosse
svanita come lui?
“La
troveremo.” Maggie le posò una mano sul fianco attirandola in un abbraccio.
“Vedrai che la troveremo.”
“Dove
sei andata?” Le chiese appoggiando la testa contro quella di lei, traendo conforto
dalla sua presenza.
“Dovevo
tentare una cosa, non ha funzionato… per ora…” Alex la guardò, ma la detective
non aggiunse altro e lei lasciò cadere l’argomento, se Maggie preferiva non
dirglielo di sicuro aveva i suoi motivi.
“Pensi
che le stiano facendo del male?” Chiese dopo un poco.
“Non
lo so… immagino che abbia bisogno di lei, quindi dobbiamo pensare che sia viva.”
Le disse con convinzione Maggie.
“E
quando non le servirà più?” Mormorò lei, dando voce alla sua grande paura.
“La
troveremo prima o lei riuscirà a venirne fuori. Non è facile abbattere una Danvers, posso testimoniarlo.” Alex sospirò, annuendo
piano.
“Hai
ragione, Lillian potrà anche essere intelligente, ma
non è infallibile, deve aver fatto un errore.” Alex osservò i dossier che aveva
davanti come se un dettaglio fondamentale potesse saltarle agli occhi. “Se solo
sapessimo cos’ha in mente…” Disse piano, mordendosi il labbro pensierosa.
“Cosa
vuoi da me?” Kara rinchiusa in una stanza guardò la donna con odio, il verde
delle pareti la teneva al centro della stanza, ma anche lì gli effetti della kryptonite la facevano stare male.
“Lo
saprai molto presto.” Le assicurò LillianLuthor con un sorriso sarcastico sulle labbra.
“Perché
siamo qui?” Chiese, aveva visto abbastanza del luogo all’esterno dell’aereo in
cui era rinchiusa, per riconoscere a colpo d’occhio il posto.
“Domande,
domande, domande… Siamo qui per qualcosa di molto importante e tu sei la chiave
del mio piccolo progetto.”
“Non
ti permetterò di portare a termine uno dei tuoi folli piani.” La sua minaccia
suonò vuota anche a lei, era in ginocchio, il corpo che rabbrividiva per
l’esposizione prolungata alla kryptonite e, di certo,
non sembrava pronta a fuggire, men che meno ad opporsi.
“Super:
sempre pronti a minacciare. Sbandierate i vostri poteri, vi ergete a giudici,
ma chi vi ha dato il permesso di decidere chi deve vivere e chi deve morire?
Chi vi ha chiesto di venire sulla Terra, di rubare il nostro mondo e rendere i
suoi abitanti una massa di sciocchi capaci solo ad adorare il lucente simbolo
che avete sul petto? Io libererò il mondo dai Super e da tutti i parassiti
della galassia, la feccia che è giunta qua perché incapace di lottare e vivere
sul proprio mondo. Tu sei la chiave del mio progetto, tu e l’XV-439.” Gli occhi
della donna ora brillavano d’ira, ma anche di profonda soddisfazione.
“Sei
pazza. Come tuo figlio.” Disse solo Kara, incapace di credere che qualcuno
potesse anche solo pensare le cose di cui lei sembrava così fortemente
convinta.
“Lex era un genio! Il mio povero bambino, tuo cugino lo ha
fatto passare per un criminale e ciò l’ha reso pazzo, ma io porterò a
compimento il suo lavoro.” Sorrise. “Presto saremo pronti per te, ora dormi.”
La donna aprì un pannello e alzò il livello di intensità dell’irradiazione di kryptonite. Kara urlò di dolore e quando fu troppo svenne,
per l’ennesima volta.
“Perché siamo qui?” Domandò,
osservando la città tinta di rosso.
“Casa…” Mormorò la bionda ragazza
fissandola con occhi pieni di lacrime.
“Non capisco.” Lena scosse la
testa, si guardava attorno, ma non capiva perché era lì.
“Pensavo di non rivederti mai più.
Mi hanno detto che ti ho fatto del male… che…” Le lacrime scendevano copiose
lungo le sue guance. “Il mio amore…”
“No.” Lena si stupì nel sentire se
stessa rispondere con tanta veemenza, ma la ragazza continuava a parlare.
“Avevo così bisogno di qualcuno che
potesse capirmi, che potesse starmi accanto e vedere me, solo me…” Le parole
echeggiarono nella sua mente, solleticando la sua memoria. “Ti ho obbligato ad
amarmi, mi dispiace tanto, così tanto…” Ora la ragazza era vicina, sollevò la
mano e le sfiorò la guancia, in una carezza delicata, come se avesse paura ad
osare di più.
“Dove sei?” Le chiese Lena,
appoggiando la mano a quella di lei e chiudendo gli occhi incapace di
rallentare il proprio cuore a causa della gioia che quel semplice gesto le
provocava.
“Non sarò mai lontana…” Lena sentì
che la ragazza le sfiorava la fronte e poi il cuore.
Lena
si svegliò di soprassalto il cuore che batteva veloce, alzò la mano come a
voler trattenere una mano che ormai non c’era più.
Perché
quel sogno? Perché ancora lei, perché Krypton? Che senso aveva tutto quello?
All’esterno
la luce del mattino filtrava tra le tende. Lena si alzò e raggiunse la
finestra, la spalancò ed osservò il giardino. Kara era stata lì. Sorrise al
ricordo, era stata così timida, lei aveva dovuta attirarla nella stanza.
Corrugò la fronte. All’hotel era stata lei a spingere Kara a guardarla con
occhi meno amichevoli e più desiderosi… e la prima volta lei l’aveva spinta via
dalla sua mente. Il suo cuore iniziò a battere veloce, si era impedita di
pensare, si era obbligata a rigettare ogni ricordo, ma quel sogno, le parole di
Kara… chi aveva voluto di più? Chi aveva preteso di più che un’amicizia? Poteva
essere stato tutto una contorta forma di controllo? Un desiderio inespresso di
Kara che aveva agito dentro di lei spingendola a…
Lena
chiuse gli occhi calmando il suo cuore, calmando il suo respiro. Aveva bisogno
di essere lucida. Lentamente iniziò a recitare i numeri del pi
greco, lasciando che la sua mente si rilassasse. Come aveva già fatto una
volta… come le aveva suggerito, tramite Alex, lei. Kara. Perché, Kara, la conosceva, si preoccupava per lei e…
Lena
spalancò gli occhi, non importava se il suo amore per Kara fosse vero o falso,
quello che importava davvero è che Kara l’amava, l’amava con tutte se stessa,
sinceramente e profondamente. Forse, persino così profondamente da spingere lei
ad amarla a sua volta. Chi, in tutta la sua vita, si era donata così
completamente a lei? Nessuno.
Questo
bastava, per ora.
In
pochi minuti era pronta, si vestì, ignorò la colazione e richiese subito
l’auto. Venti minuti dopo scese davanti a un grande palazzo in centro città,
apparentemente sede di attività governative assolutamente non segrete, in
realtà centro operativo del DEO.
Entrò
nell’edificio, si diresse decisa verso l’ascensore e digitò il codice d’accesso
di Alex Danvers. Kara aveva preso l’ascensore con
lei, in un paio di occasioni, quando si erano recate a lavoro assieme o quando
erano uscite per un caffè.
Il
codice fu validato e l’ascensore si mosse arrivando ad aprirsi al piano che
conteneva il centro logistico.
Identificò
subito Winn, seduto al suo posto intento a
controllare informazioni sul computer, anche da lì poteva vedere che era
esausto, ma non lasciava la postazione. Poco più in là James Olsen litigava con Mon-El,
attraverso Kara aveva conosciuto il rampante reporter che andava in giro
mascherato facendo l’eroe, non aveva difficoltà ad immaginare perché
litigassero, probabilmente volevano capire chi dei due fosse più pronto e degno
ad aiutare Kara.
“Com’è
entrata qui!” Un agente si fece avanti, la mano sulla pistola.
“Ciao
John, tua madre sta meglio?” L’uomo la fissò, sconvolto.
“Come…
come fa a sapere che mia madre…”
“Lena.”
Alex si fece avanti, facendo un cenno all’agente che la guardava ancora
scioccato. “Potresti evitare di usare in quel modo le informazione che hai
ottenuto grazie a Kara?” Le domandò la donna con una punta di fastidio nella
voce.
“Non
mi andava di farmi sparare addosso.” Le fece notare inarcando un sopracciglio,
ironica. Essere lì era strano, l’ultima volta aveva visto solo l’infermeria e
la sala interrogatori, dunque per lei quel posto era Kara. Poteva quasi
ricordarsi tutte le volte in cui la ragazza si era appoggiata al grande tavolo
al centro della stanza ridacchiando per qualche stupida battuta che lei aveva
detto solo con quel proposito. Lei, di nuovo lei.
Eccolo
di nuovo, quel dubbio. Lo allontanò decisa, non poteva perdersi adesso.
“Non
ti chiederò come sei entrata, ma immagino di dover cambiare i miei codici di
accesso.” Lena osservò meglio il viso della donna, aveva gli occhi rossi, il
viso stanco e tirato. “Perché sei venuta, credevo avessimo un accordo.”
“Sì,
credo di aver detto, più che chiaramente, che non avrei più rimesso piede qui
se non con delle manette ai polsi… ma…”
“Lena,
se sei venuta per il secondo round ti faccio presente che non mi lascerò
colpire una seconda volta.” Maggie era appena arrivata dall’ascensore, i suoi
occhi si posarono sulla compagna e il sorriso sarcastico scomparve sostituito
dalla preoccupazione. “Non hai dormito.” Costatò.
“Non
ho tempo di dormire. Kara non è ancora a casa, al sicuro.” Fece notare Alex e
poi si voltò verso Lena, sembrava aver finito la pazienza. “Dimmi perché sei
qui.”
“Il
detective ha detto che avevate bisogno del mio aiuto. Sono qui.”
Alex
guardò Maggie con aria interrogativa.
“È
lei il tuo tentativo?”
“Avete
scartato quell’idea, ma non mi sembra che abbiamo avuto fortuna, fino ad ora.”
“Quale
idea?” Chiese Lena, una piccolo tremito la percorse, stava forse di nuovo mentendo
a se stessa? Non era forse lì proprio perché sperava che in qualche modo…
“Danvers, Sawyer.” J’onn le aveva viste e ora le fissava dall’altra parte
della stanza con aria corrucciata. James e Mon-El si
voltarono, fissandole. Lena poté vedere il viso del giovane daxamite
corrucciarsi nel vederla. Winn, invece sgranò gli
occhi, una nuova speranza che nasceva in lui.
“Bene,
Sawyer, ora te la vedi tu con lui. Ha escluso la tua
proposta la prima volta, non apprezzerà che sei andata vanti in quella
direzione senza il suo permesso.” Bisbigliò Alex a Maggie, Lena poco distante
non poté fare a meno di sentire.
Una
parte di lei sperava di essere fermata, l’altra parte era pronta a lottare con
i denti pur di riuscire. Perché non poteva essere una scelta semplice?
“Miss
Luthor, usare i codici di un agente DEO per accedere
ad una zona ad alta restrizione potrebbe costarle il carcere.” La salutò il
marziano con il suo tono duro.
“Sappiamo
entrambi che non avevo tempo di passare attraverso la vostra burocrazia. Ora
sono qui, veniamo al dunque.” Il direttore guardò verso Alex e Maggie, la
detective prese subito la parola.
“Sappiamo
tutti che non abbiamo altri modi per trovarla.”
“No,
non possiamo, il rischio è troppo grande e…” Rispose subito J’onn.
“Lasciate
decidere a me i rischio che posso e voglio correre.” Insistette Lena
interrompendo il marziano.
“Miss
Luthor, lei non capisce. Il suo parere non conta, se
la sua mente non fosse stata alterata non si esporrebbe al rischio di una nuova
inoculazione di XV-439 solo per tentare qualcosa di, comunque, difficile. Lei è
come una drogata che cerca di smettere, a cui viene offerta una nuova dose. Non
potrebbe dire di no neanche se lo volesse.” Lena arrossì davanti ad una simile
brusca affermazione.
“J’onn…” Cercò di intervenire Alex, notando il modo in cui
la frase l’aveva colpita, ma lei alzò la mano interrompendola.
“Va
bene, sono una drogata, l’amore che provo per Kara è falso, artificiale,
costruito grazie a una sostanza chimica.” Ammise ed era la prima volta che lo
diceva per davvero, che lo ammetteva ad alta voce davanti ad altre persone. “La
mia debole e bisognosa mente si è lasciata catturare dalla sua. Lo accetto.”
Strinse i denti, non avrebbe pianto davanti a quegli estranei, poco importa se
i sentimenti di Kara la spingevano a vederli come una famiglia amorevole e
attenta. “Ma, tutti voi, dimenticate una cosa: Kara. Il suo amore per me era
vero, su questo, neppure tu puoi discutere.” Puntò il dito contro il marziano che
strinse la mascella, ma non si oppose a quella verità. Perché quella era una
verità, un punto fisso, sicuro.
Kara
l’amava.
“Per
l’amore che lei prova per me, sono disposta a tentare qualsiasi cosa.”
Note: Abbiamo visto in che situazione si trova Kara, sul
piano di Lillian avete avuto qualche illuminazione? Qualche
indizio è arrivato…
Intanto al DEO tutti stanno lavorando per trovare Supergirl e Maggie ha tentato di arruolare Lena che non ha
ceduto, se non dopo un altro sogno. Riuscite a intravedere uno schema, una traccia?
Di sicuro Lena ha compreso qualcosa di fondamentale:
forse il suo amore era artefatto, ma quello di Kara no.
Il piano d’azione è chiaro, almeno questo, ma il rischio
è altrettanto evidente… fino a che punto si spingerà Lena per salvare Kara?
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi
sapere!
“Non
sappiamo se funzionerà, Kara dovrebbe avere ancora dell’XV-439 nelle sue
cellule, ma potrebbe anche non essere abbastanza per creare il legame, non
sappiamo come funzionerà e soprattutto…”
“Non
sapete i danni che subirà il mio cervello.” Lena concluse il discorso di Alex
alzando un sopracciglio. “Credevo che non avessimo tempo.” Commentò, poi, nel
notare l’esitazione della ragazza.
“Non
capisci… non sappiamo come funziona l’XV-439. Non per davvero, gli studi
preliminari dei tuoi laboratori vertono solo sulle sue capacità
nell’accelerazione delle trasmissioni neuronali.”
“Possiamo
presumere che, nel mio caso e in quello di Kara, l’esposizione al XV-439 in un
cervello sano abbia potenziato le interconnessioni neuronali risvegliando latenti
capacità telepatiche. Dopo tutto sappiamo che il nostro cervello è in gran
parte dormiente.” Il suo ricorso alla scienza per calmarsi era più che
evidente, poteva tentare quanto voleva, quello che era successo era,
probabilmente, impossibile da razionalizzare.
“Non
devi farlo per forza.” Le ricordò ancora Alex, eppure Lena sapeva che la
ragazza fremeva, conscia che ogni istante poteva essere fondamentale per
salvare la sorella.
“Avete
un altro modo per trovarla?” Chiese ad Alex, ma poi guardò tutti coloro che
erano nella stanza: Mon-El, James, Winn, Maggie e, ovviamente J’onn.
Il marziano scosse la testa poi si fece avanti.
“La
mente di Kara potrebbe essere… sotto shock, non sappiamo cosa le stiano
facendo. In quel caso potrebbe essere molto difficile da raggiungere oppure
quasi impossibile da lasciare, potrebbe attirarti e trattenerti o semplicemente
considerarti ostile e tentare di distruggerti. Non sottovalutare la forza della
sua mente e non sottovalutare l’impatto che potrebbe avere sul tuo corpo fisico
un’aggressione mentale di Kara.” Lena annuì, era pronta, aveva deciso. “Io sarò
qua, accanto a te, se qualcosa andasse storto sarò pronto ad aiutarti.”
“Molto
bene.” Si voltò verso Alex e annuì ancora una volta, rilassando il corpo sul
lettino. L’agente Danvers guardò J’onn
che con un cenno le diede il permesso di proseguire e poi allungò l’inalatore
sul suo viso.
“La
prima volta, nel tuo laboratorio sei stata esposta al composto tramite un’esplosione.”
“La
centrifuga.” Ricordò lei. L’intero laboratorio era stato gettato a soqquadro, ma
l’XV-439 non era velenoso e, per fortuna, c’era solo lei a quell’ora della
notte, le analisi avevano mostrato che stava bene e nessuno aveva indagato
oltre. Era successo settimane prima che nascesse il suo legame con Kara.
“Ci
sono volute settimane perché i miei tessuti…” Chiuse gli occhi, mentre veniva
attraversata da un intensa fitta di dolore. “Kara.” Chiamò sussultando.
Non
era più una fitta ora, tutto il suo corpo bruciava come se… “Kryptonite… l’intera stanza irradia kryptonite.”
Comprese. La mano di J’onn si strinse alla sua.
“Vai
oltre il suo dolore, cerca di raggiungerla, la sua mente deve essere trincerata
da qualche parte. Devi trovarla e farti dire dov’è.”
“Kara.”
Chiamò di nuovo.
L’euforia
di sentirla di nuovo era forte quasi quanto il dolore nel percepire la sua
sofferenza.
“Sono
qui…” Mormorò a fior di labbra e sorrise, sorrise perché Kara aprì gli occhi e
lei poté vedere.
“Lena…?”
Chiamò con voce roca, soffocata. “Sei…
sto sognando di nuovo?” Domandò la kryptoniata.
La sua voce era così debole, il cuore di Lena sanguinò nel sentirla.
“No,
sono davvero qui. Dimmi, dove sei?”
“Lena, mi dispiace così tanto… io
non volevo obbligarti, credevo fosse vero quello che provavi e…”
L’onda di profonda infelicità, di sgomento per quello che aveva fatto, di
sofferenza per la pena che le aveva causato la sommerse tanto da farla
boccheggiare.
“Non
ha importanza adesso!” Cercò di dirle, ma era difficile, così difficile
resistere di fronte a quel malessere che non aveva nulla a che vedere con
quello fisico ed era dieci volte più intenso. “Non ha importanza…” Cercò di
convincersi.
“Ti amo, Lena. Ti amo e avrei
tanto voluto dirtelo quando ne avevo l’occasione, ma… credevo che le parole non
servissero, credevo che tu lo sentissi e lo ricambiassi… mi sbagliavo,
perdonami, perdonami, perdonami…”
Alex
osservò le lacrime scendere sul viso di Lena, aveva gli occhi aperti, ma la sua
mente doveva essere lontana.
“La
stiamo perdendo.” Comunicò J’onn gli occhi chiusi, il
viso concentrato. “Tieniti pronta con l’antidoto.”
“No!”
La voce di Lena sembrava decisa. “Posso farcela.” Assicurò. Alex guardò J’onn, il marziano corrugò la fronte, poi dopo un attimo di
indecisione annuì.
“Dovrei
esserci io lì.” Mormorò amareggiata. Stare a guardare era la peggiore delle
cose.
“Kara…”
Chiamò di nuovo Lena e vi era una profonda dolcezza in lei, come se pronunciare
quel nome fosse la vita stessa.
“Kara…”
Tentò di chiamare ancora, andando oltre la sofferenza e il senso di colpa.
“Sono qui, ora.”
“Ho bisogno di te, ho sempre avuto
bisogno di te, mi dispiace così tanto.” Mugugnò la donna.
“Siamo pronti, è sveglia, è più
forte di quanto credessi.” Lena si irrigidì, quella era la
voce di sua madre. Sentì la paura di Kara come se fosse sua e rabbrividì.
“Kara
dimmi dove sei!” L’intensità della kryptonite crebbe
tutto attorno a lei, Kara urlò e Lena la imitò, incapace di resistere, mentre
veniva attirata nel buio dell’incoscienza assieme a Kara.
“Tirala
fuori, adesso!” La fronte di J’onn era imperlata di
sudore, il monitor accanto a Lena suonava rapido mostrando il brusco
acceleramento del cuore della donna. James la tratteneva nel lettino, mentre
lei si agitava, urlando.
Alex
posò sulla bocca della donna il secondo inalatore che rilasciò il composto
creato da Eliza. Pochi minuti e Lena smise di
agitarsi. J’onn si tirò indietro con un sospiro.
“Il
loro legame è molto forte.” Commentò, non ebbe bisogno di dire quanto fossero
andati vicini a perderla.
“Le
farà del male.” Lena aprì gli occhi. Alex le diede un fazzoletto e lei se lo
portò al naso che sanguinava. “Mia madre le farà del male, ora, in questo
preciso istante, e io non ho scoperto dov’è.”
“Non
è vero.” Winn corrugò la fronte. “Che stupido!”
Inveì. Alzò il tablet che aveva tra le mani e iniziò
a digitare velocemente.
“Cosa
stai facendo?” Chiese Alex, J’onn si era seduto e
teneva gli occhi chiusi. Lena sul lettino sembrava altrettanto esausta.
“Lena
ci ha detto che LillianLuthor
sta usando della kryptonite, devo essere in grado di
rintracciarla.”
“Credevo
che lo avessimo già fatto.” Commentò Mon-El.
“Sì,
ma…”
“Mia
madre non ne possedeva solo una scheggia, ma abbastanza da creare una cella.
Significa che…” Intervenne Lena, seguendo, malgrado il dolore, il ragionamento
di Winn.
“Deve
aver sintetizzato della kryptonite in laboratorio.” Concluse
il ragazzo
“È
possibile?” Chiese Maggie, perplessa.
“Teoricamente
sì.” Affermò Alex. “Difficile, ma non impossibile.”
“Mia
madre può farlo, ha i fondi e la determinazione.” Assicurò Lena.
“Quindi
devo solo ricalibrare la frequenza affinché i nostri satelliti amplino il loro spettro
di sensibilità e… fatto!” Annunciò Winn.
“Quanto
ci vorrà?”
“Dipende,
se la tiene in città pochi minuti, ma se non sono qui ci vorranno ore per
scannerizzare l’intero pianeta.” Sul volto del giovane ci fu una smorfia.
“Va
bene, agente Danvers prepara tre squadre, pronti a
partire.”
“Io
vengo.” Affermò deciso James e Mon-El annuì a sua
volta. Il marziano accettò e Alex uscì dalla stanza, seguita da Maggie, lei non
aveva bisogno di chiedere il permesso al direttore del DEO, poco importava la
sua decisione, avrebbe seguito Alex in capo al mondo.
“Miss
Luthor, grazie per il vostro aiuto.”
“Trovatela.”
Rispose solo lei, mentre il marziano usciva dalla stanza. Il direttore annuì e
poi se ne andò.
Rimasero
solo più Winn e Lena.
“Mia
madre avrà schermato la cella con del piombo. Non la troverete così.” Il
giovane la guardò stupito.
“Non
è detto e…”
“Lo
sai che ho ragione.” Il ragazzo fece una smorfia poi si strinse nelle spalle.
“Dobbiamo provare, qualsiasi cosa…” Si corrucciò e la fissò mentre lei si
alzava dal lettino. “Dovresti riposare, non è stata una prova semplice.” La
guardò mentre armeggiava con l’inalatore e il suoi occhi si sgranarono. “Cosa
stai facendo?”
“C’è
un solo modo per trovarla e passa attraverso la mia mente.”
“No,
no, no!” Cercò di fermarla lui.
“Winn!” Lo richiamò lei, mentre il ragazzo correva alla
porta per chiamare gli altri. “Non capisci?” Domandò arrabbiata. “Mia madre sta
per farle del male, ucciderla forse! Lo so, l’ho sentito attraverso la sua
paura! Devo fermarla, adesso, e solo l’unica che può farlo.”
“Ma…
come?” Lena estrasse la fiala di XV-439 e gliela mostrò.
“Prendendone
una dose massiccia. Non ho saputo capire dove si trovava e Kara era troppo
confusa per dirmelo, ma se l’hanno portata fuori dalla cella potrò ottenere
molto indizi utili.”
“Non
è una buona idea, chiamo gli altri e loro te lo diranno.” Winn
scuoteva la testa.
“Winn, ho bisogno che qualcuno ascolti quello che dico e
informi gli altri. Altrimenti avrei atteso che anche tu te ne fossi andato.” Il
ragazzo era pallido in volto, teso, preoccupato. Lena poteva vedere i
sentimenti scontrarsi dentro di lui. “Vuoi bene a Kara e sai che questo è
l’unico modo per salvarla.”
“Ma…
ma se farlo ti ucciderà, lei… lei ne morirebbe comunque.” Ammise il giovane e
Lena sbatté le palpebre sorpresa. Ancora una volta quell’amore. Quell’amore
totale, forte, incondizionato. Maggie lo sapeva, Alex lo sapeva, Winn lo sapeva, J’onn…
Sapevano
eppure non capivano. Kara l’amava e lei voleva quell’amore, lo voleva perché ne
provava uno altrettanto forte. Non era frutto di un’alterazione chimica, i suoi
sentimenti non erano artificiosi, lei l’amava, l’amava dal primo momento in cui
aveva sentito il suo caldo abbraccio mentale, la sua forte rassicurazione. Per
la prima volta si era sentita speciale, unica, amata, ma non era per questo che
amava Kara, no, quello sarebbe stato un riflesso condizionato, quello di cui
parlavano J’onn e Alex, quello di cui si era convinta
Kara e che aveva convinto anche lei, perché era stata usata per tutta la vita,
quindi, una volta in più cosa cambiava? Ma si sbagliavano, tutti, lei compresa.
Il
suo amore per Kara proveniva da una profonda conoscenza della donna, delle sue
debolezze, delle sue forze, non era il bisogno di una dell’altra e non era solo
desiderio, era comunione, comprensione. Questi non erano sentimenti che
potevano essere innestati, imposti, artificialmente creati.
No.
Lei
l’amava e l’avrebbe salvata. Il pensiero fu così intenso e limpido nella sua
mente che il suo cuore ebbe un sussulto di gioia, dimenticando la sofferenza
che il suo corpo ancora provava per quella prima insoddisfacente prova.
“Ora
sono pronta.” Comprese e disse, guardando Winn negli
occhi. “Ora posso aiutarla.”
“Non
succede tutti i giorni di avere sul tavolo un Super.” Commentò Lillian indossando i guanti, sul viso un’aria divertita.
“Perché
è ancora viva?” Chiese il cyborg, truce.
“Perché
il suo cervello ci serve vivo, ottenere un siero capace di controllare la
popolazione aliena della Terra sarà complesso, anche con l’aiuto
dell’intelligenza artificiale e non posso rischiare tutto su di un solo
tentativo, quindi rimarrà viva fino a quando i risultati sulle nostre cavie non
saranno soddisfacenti.” Spiegò e Hank Henshaw annuì.
“La
kryptonite deve averla indebolita a sufficienza.
Operiamo.” La donna alzò la mascherina, prese un bisturi dal vassoio
sterilizzato e mosse il polso delicatamente, tracciando una linea sulla fronte
di Supergirl. “Molto bene.” Commentò nel vedere il
sangue rosso. Un’infermiera tamponò la ferita, mentre lei posava il bisturi e
prendeva un trapano.
Il
rumore durò qualche secondo, poi Lillian ritirò
l’attrezzo dalla fronte di Kara.
“Curioso
quanto siano simili a noi… eppure così dannatamente diversi.” Commentò,
tendendo la mano verso una grande siringa. L’infermiera che la assisteva
tamponò il piccolo rivolo di sangue che stava scendendo tra la fronte di Supergirl. Quando ebbe finito Lillian
aspirò del liquido cerebrale e, quando estrasse la siringa, la mascherina non
bastava per nascondere la sua soddisfazione.
“Lascia
che si riprenda abbastanza e che la ferita si rimargini, poi riportala nella
cella. Ci vorranno un paio d’ore prima che si svegli.” Ordinò al cyborg che
annuì. “Io vado a eseguire i primi test con l’XV-439 e il sangue di Lena. Ma,
se i miei precedenti test con liquido cerebrale umano non hanno mentito, avrò
un composto funzionante prima di sera, di certo sfruttare il computer di questo
posto renderà il tutto molto più semplice e accurato.”
“E
allora avremmo l’intera popolazione aliena al nostro comando.” Concluse il cyborg
mostrando uno dei suoi rari sorrisi.
“Trasformerò
una piaga in una benedizione, finalmente questo pianeta tornerà ad appartenere
agli umani.”
Note: Il primo tentativo di
Lena è fallito, ma lei non si arrende, tenterà di nuovo… perché? Perché finalmente
ha capito la verità, quello che prova non è artefatto, perché il suo amore per
Kara deriva da qualcosa di più profondo di semplice attrazione o bisogno, deriva
dalla comprensione, dalla conoscenza e dalla comunione. Lena ora è pronta a
salvare Kara.
Kara… di certo la kryptoniana non sta passando un bel momento, non è neppure
riuscita a dire a Lena dove si trova. Ora conosciamo le intenzioni di Lillian e abbiamo altri indizi su dove si trovano… idee? O
preferite aspettare il prossimo capitolo per scoprirlo? ;-)
Come sempre aspetto le vostre
idee e impressioni sul capitolo!
Capitolo 16 *** Quindicesimo capitolo: Sono qui ***
Sono qui
“Non
è una buona idea.” Tentò ancora una volta Winn,
mentre le sistemava gli elettrodi sul petto.
Lena
non lo ascoltò neppure, infilò la siringa nella fiala e aspirò l’intero
contenuto.
“Non
credi che sia troppo? Magari la metà…”
“La
fialetta che è esplosa nel mio laboratorio mesi fa, ne conteneva una quantità
simile, non mi ucciderà.”
“So
bene che non è l’XV-439 ad essere dannoso!” Affermò, frustrato Winn. “Ma piuttosto il tuo legame con Kara.”
“Smettila
di preoccuparti.” Lo zittì. Prese un profondo respiro e si stese di nuovo sul
lettino. “Quello che farò sarà capire dove si trova, sono passati solo una
decina di minuti da quando mia madre l’ha prelevata dalla cella, deve essere
ancora svenuta, quindi devo svegliarla.” Ricapitolò per l’ennesima volta. “O
almeno farle aprire gli occhi.” Voltò la testa e guardò Winn.
“Ho bisogno che tu rispetti la mia volontà e che non decida di tirarmi fuori
usando il siero della madre di Alex. Non fino a quando non ti avrò dato
l’informazione necessaria a salvarla, poco importa cosa mi succede. È chiaro?”
“Sì.”
Winn annuì, finalmente si era deciso. “Sì, perché è
ovvio che tu la ami, quanto lei ama te. Kara è la persona più dolce che
conosco, non riesce neppure a imporsi e prendere la sua pedina preferita a
monopoli, mentre tu sei più testarda di un klingon figurarsi
se ha potuto obbligarti ad amarla…”
Lena
sorrise e annuì. Il giovane la imitò poi prese un profondo respiro e tornò
serio.
“Facciamolo.”
Disse e Lena si infilò l’ago nel braccio per iniettare la sostanza. Bruciò
appena, ma lei ignorò quel piccolo dolore, rilassandosi. “Arrivo…” Mormorò
piano.
Lena guardò il rosso paesaggio kryptoniano prima di voltarsi verso la bionda ragazza.
“Perché siamo qui?” Domandò,
immediatamente colpita da un senso di déjà vu.
“Casa…” Mormorò la donna. “Ma tu
non dovresti essere qui.”
“Kara.” La donna sbatté gli occhi
sorpresa dalla forza nella sua voce, così inadeguata al tono morbido del sogno.
“Devi svegliarti!”
“Ma sto bene qui, sono a casa.”
Non indicò i palazzi, ma lei. Sorrise e Lena sbatté le palpebre confusa, perché
le sembrava che ci fosse un messaggio nascosto in quelle parole?
Un sogno ricorrente, qualcosa che
aveva già sentito, ma quando?
“Stai ripetendo un sogno che
abbiamo già fatto, non è vero?” Domandò, ma la ragazza non rispose, continuava
a guardarla con occhi dolci. Lena cercò di sforzare la memoria, era brava in
quello, lei ricordava le cose… In un bagliore di consapevolezza ricordò.
“Il nostro primo sogno assieme!
Così si siamo trovate! Mi hai attirato nel tuo sogno, eri malinconica perché ti
mancava casa tua e io… io ero malinconica perché mi mancavano i pochi momenti
felici con la mia famiglia.”
“Casa.” Mormorò lei. “Sono a
casa.”
Lena strinse le mani alla ragazza,
frustrata, sapeva che la soluzione era lì, vicina, così vicina che le sarebbe
bastato un soffio per raggiungerla. Il sogno, non era stato solo il primo, ma
era anche uno ricorrente, da quando? Da quando Kara era stata presa…
“Oh, mio dio, Kara, stavi cercando
di parlarmi, nel mio sonno sei riuscita a raggiungermi, chiedevi aiuto e io non
ascoltavo!”
Winn, osservò il battito cardiaco di
Lena aumentare e si mordicchiò il labbro, aveva promesso, ma…
“La
Fortezza della Solitudine.” Mormorò la giovane Luthor.
“Kara si trova a casa.”
Winn rimase un solo secondo immobile
poi scattò come un fulmine fuori dalla stanza.
“Devi svegliarti, amore mio.” La
ragazza la guardò con occhi sgranati, forse non si aspettava che la chiamasse
così.
“Lena… non devi… non dovresti
essere qui.” Sembrava più lucida, il paesaggio sfocava attorno a loro.
“Sono qui perché ti amo. Kara.”
“No… no, loro hanno detto che io…”
“Si sbagliavano! Hai sempre
sentito il mio amore per te, sempre, fin dal primo istante, ricordalo Kara,
ricorda.” Mormorò. La ragazza sembrava confusa, ma ora erano sole nel buio.
Lena le catturò il viso con le mani, un dolce sorriso le illuminava il volto.
“Io ti amo e tu ami me.
Accettalo.” Si sollevò appena sui piedi e raggiunse le sue labbra, baciandola
con delicatezza. Quando si separarono gli occhi di Lena brillarono. “E ora,
svegliati.”
Winn tornò nella stanza, le squadre
erano partite e nessuno aveva chiesto come avesse fatto ad ottenere
l’informazione. Forse avevano supposto che aveva rilevato le radiazioni di kryptonite, ma Maggie gli aveva lanciato un lungo sguardo e
poi aveva annuito prima di seguire Alex verso il tetto, l’elicottero e poi
l’aereo che li avrebbe portati tra i ghiacci artici, la detective era unica con
la mente ancora lucida.
Lena
era stesa sul lettino, un piccolo rivolo di sangue colava lungo la sua guancia.
Avrebbe dovuto svegliarla? Dopo tutto l’informazione l’aveva ottenuta. Prese
l’antidoto e lo aspirò con una siringa, poi lo iniettò nel braccio di Lena. Il
cuore della donna ebbe un balzo deciso. Winn osservò
preoccupato il diagramma ed eccolo di nuovo, un secondo balzo.
“Lena.”
La chiamò e percepì una vampata di paura, senza J’onn
a fungere da ancora sarebbe riuscita a svegliarsi?
Kara
aprì gli occhi con difficoltà, osservando il lontano e bianco soffitto della
Fortezza. Un doloro atroce alla testa le tagliò il respiro e accelerò il
battito del suo cuore.
“Sono qui.”
Mormorò una voce nella sua mente e lei fu avvolta da una calda e famigliare
sensazione. Ma non poteva essere vero, Lena non poteva essere lì con lei, la
sua mente le giocava brutti scherzi oppure stava ancora sognando. “No, amore mio, sono qui.”
La
voce era rassicurante, decisa, sembrava portare via il dolore, come se lo
inglobasse da qualche parte lontano da lei. Aprì la bocca per dire qualcosa,
qualsiasi cosa, ma Lena fu più veloce di lei.
“Non parlare, c’è qualcuno che sta
aspettando che ti svegli.” Alle sue parole capì cos’era il
suono che le sue orecchie sentivano, ma la sua mente dolorante non riusciva a
comprendere: il respiro calmo di un uomo.
Improvvisamente
ricordò, la prigionia, la kryptonite, la paura e…
cosa le avevano fatto?
“Sei viva ed è l’unica cosa che
importa, Alex, J’onn, tutti, stanno arrivando a
prenderti, devi solo resistere.” La voce di Lena era
calma, rassicurante. Kara ricordò il volto della donna, la sua dolcezza, il
modo in cui sorrideva, il modo in cui prendeva il suo volto tra le mani,
ignorava il suo rossore e la baciava, dichiarando con quel semplice gesto che
si appartenevano. Una lacrima scivolò lungo il suo viso, ma era sollievo,
gioia, amore. Non aveva più paura, ora era pronta a lottare.
“Sì, Kara, dobbiamo capire cosa
vuole mia madre e dobbiamo scoprire che pericoli attendono le squadre che ho
mandato a prenderti.”
Lentamente
ruotò la testa, sforzando sulla cinghia che la teneva bloccata. I suoi occhi
colsero la figura seduta di Hank Henshaw.
“Va bene, non puoi parlare, ma
dobbiamo capirci, sbatti gli occhi una volta per sì, due per no. Capito?”
Sbatté gli occhi una volta. “Ottimo.
Quello è J’onn, immagino che non sia il nostro J’onn, giusto?” Di nuovo sbatté le palpebre e poi
ripensò alla loro lotta, la paura e il dolore furono sufficienti perché Lena
sobbalzasse.
Un
senso di profonda ansia la sommerse, rischiando di farle perdere il controllo.
“Kara, ascolta, va tutto bene.”
“Potrebbe
prenderti, farti del male!” Bisbigliò, terrorizzata.
“No, non può perché sono al
sicuro.” Kara poté vedere il soffitto del DEO sopra la propria testa
e sentire Winn che si agitava attorno a lei. Quella
visione la tranquillizzò e fu grata a Lena che aveva saputo mostrargliela.
“Sì, va tutto bene, dunque questo J’onn è pericoloso.” Kara cercò di
annuire, ma i suoi occhi si sgranarono quando quelli del cyborg si fissarono su
di lei.
“Già
sveglia? Sei più forte di quanto immaginassimo.” Il panico la fece agitare e
tirare sulle cinghie che la tenevano legata.
“No!”
Cercò di dire nel vederlo avvicinarsi.
“Sono qui, non avere paura, non
andrò via.” Lena era tesa, preoccupata, ma era lì,
al suo fianco. “Lotta.” Le ordinò. “Tu sei Kara Zor-El.”
A quelle parole fluì il lei un forte senso d’orgoglio. Si vide attraverso gli
occhi di Lena, forte, coraggiosa, decisa. Non era solo una donna dolce e
gentile, era anche risolutezza e potenza, lei lottava per quello che era
giusto, lei lottava per il mondo.
La
paura fu scacciata via da quel pensiero: lei era l’ultima figlia di Krypton,
lei era Kara Zor-El e non avrebbe permesso a nessuno
di usarla!
L’occhio
ancora umano del cyborg brillò, cogliendo in lei la nuova forza, ma era troppo
tardi, con un grido Kara strappò le braccia dalle cinghie e lo colpì al viso
con tutte le sue forze rovesciandolo indietro.
“Ora ci serve un diversivo!”
Ordinò Lena. Kara si strappò le altre cinghie dal corpo e poi scese dal lettino
in cui era trattenuta, barcollò appena e si appoggiò ad una parete di gelido
ghiaccio.
“Kelex… ma devono averlo disattivato.” Ansimò, camminando
con fatica verso una delle numerosi postazioni per l’accesso al computer della
Fortezza. Posò la mano sui comandi e fu subito riconosciuta.
“Intrusi
nella fortezza. Attaccare con tutta la forza disponibile.” Ordinò. La Fortezza
non era un’arma, ma aveva un ottimo sistema difensivo, se LillianLuthor e il cyborg erano riusciti a entrare probabilmente
avrebbero saputo disattivare anche quel sistema, ma ciò li avrebbe tenuti
occupati mentre lei recuperava le forze. Entrò in una sala e la sigillò alle
sue spalle.
“Dove siamo?”
Chiese Lena.
“Nella
sala della rigenerazione, la Fortezza accumula le radiazioni solari e le
restituisce qua. Serve nel caso le nostre ferite siano gravi.” Con una certa
fatica si sistemò sul blocco di ghiaccio. La porta di cristallo kryptoniano sussultò, ma lei ignorò i colpi del cyborg.
Sarebbero bastati pochi minuti.
“Lena?”
Chiamò mentre chiudeva gli occhi e si lasciava curare dal sole.
“Sì?”
“Non
dovresti essere nella mia mente, vero?”
“Non dovrei, no.”
“Starai
male?”
“Sì.”
Confermò la donna.
“Ma…”
“Ma ce la farò. Se tu tornerai a
casa io starò bene.” La rassicurò, eppure Kara sapeva che
stava mentendo.
“Uscirò
di qua e verrò da te.” Promise.
“Non ti preoccupare di questo ora,
stanno per distruggere la porta e hanno della kryptonite,
devi evitare lo scontro diretto e usare l’astuzia.”
Kara strinse i pugni, felice di sentire di nuovo tutto il suo potere.
“Non
posso andarmene senza scoprire cosa tua madre vuole fare.” Affermò decisa. Poi
alzò la testa e usò la sua vista calorifera per
aprirsi un passaggio tra il ghiaccio che si era formato tra i cristalli kryptoniani.
All’esterno
si guardò attorno. Poco distante dalla Fortezza vi era un grande aereo cargo.
“Mi
tenevano lì.”
“È grande… troppo grande.”
“Forse
avevano bisogno di portare del materiale…” Ipotizzò.
“No, sono venuti alla Fortezza
perché qui c’è qualcosa che serviva loro.” Kara poté
immaginare il lavorio nella mente di Lena. “Il
computer! Che stupida, ovvio che è quello che serve loro. Mia madre ama essere
subdola e invisibile fino a quando non colpisce con il massimo della forza.
Quell’aereo deve avere un motivo diverso.” Kara usò i raggi-X per
scannerizzare l’aereo e si rese conto di non essere stata la sola prigioniera.
“Ci
sono degli alieni a bordo.” Comunicò alla ragazza, che attraverso i suoi occhi
aveva già visto.
“Alieni, te, il computer della
Fortezza…” Lena rifletteva velocemente, mentre Kara ascoltava il
rumore della porta che andava in frantumi. “Deve
avere un piano preciso, ma quale…”
“Ha
detto che io ero la chiave, io e l’XV-439.” Ricordò in un sussulto Kara.
“Oddio.”
Comprese finalmente Lena. “Ti ha operata,
ho prelevato dalla tua testa del liquido celebrale, mescolato all’XV-439
potrebbe…”
“Potrebbe
piegare le menti di chiunque lei desideri.”
“Ma ci vorrebbero anni anche solo
per testare… a meno che non abbia già un soggetto che è risultato positivo…” Kara
quasi percepì il sussulto di Lena mentre comprendeva. “Il mio sangue, per quello la cena! Mi sanguinava il naso e lei mi ha
teso il suo prezioso fazzoletto.”
“E
per questo il computer, l’intelligenza artificiale della Fortezza può eseguire
milioni di simulazioni in un istante e contiene il sapere del mio pianeta in
cui chimica e biotecnica erano molto più avanzati. Le basta inserire un campione
positivo per avere un tracciato chimico dalle ampie possibilità di successo.”
“Se mia madre possedesse un simile
composto, ridisegnerebbe il mondo secondo i suoi desideri.”
“Qualcosa
che non vogliamo vedere.” Kara strinse i pugni e si lanciò verso l’aereo. Il
cyborg iniziò a spararle contro velenosi proiettili di kryptonite,
ma lei li schivò. Con il soffio raggelante spinse lontano i soldati di Cadmus che si stavano organizzando e si posò sul grande
velivolo. Un solo pugno e sfondò la fusoliera per poi aprila in due.
Fu
rapida e precisa, liberando i prigionieri uno dopo l’altro, ben attenta a non
avvicinarsi troppo alla pericolosa cella di kryptonite.
“Dobbiamo farlo saltare in aria.”
Le comunicò Lena, la sua voce era lontana, soffocata, ma Kara sorrise distratta
dal suo compito, l’idea era semplice, senza quell’aereo non sarebbero potuti
andare da nessuna parte e il DEO stava arrivando.
Controllò
che non ci fosse più nessuno all’interno e poi concentrò la sua vista calorifera verso i grandi serbatoi che esplosero con un
boato.
“Ora mia madre…”
Kara annuì, attorno a lei vi era il caos, gli alieni liberati lottavano contro
gli agenti di Cadmus e, grazie alla sorpresa e alla
rabbia, stavano avendo il sopravvento. Lo stesso Hank Henshaw
stava lottando con fatica contro due alieni uno dei quali era un pericoloso
marziano bianco. Rapida tornò alla Fortezza e atterrò accanto a LillianLuthor che stava
inserendo un certo numero di fiale in una valigetta.
“Non
così in fretta.” Dichiarò e con un singolo sguardo mandò in ebollizione le
fialette che esplosero. “Arrenditi, Lillian, non
voglio farti del male.” La donna digrignò i denti estraendo una pistola.
“Avrei
dovuto ucciderti quando eri inerme sul mio tavolo operatorio!” La donna sparò
un colpo verso di lei e Kara lo schivò, temendo fosse kryptonite,
ma mentre lei era distratta Lillian aveva estratto un
globo del verde minerale sintetico e ora glielo puntava contro. Kara sentì la
famigliare onda di dolore attraversarla.
“No,
madre!” Le sue labbra si mossero, ma era Lena a parlare, così come aveva fatto
lei giorni prima quando Alex aveva arrestato la giovane Luthor.
“Non le farai del male!” La donna sbatté gli occhi sorpresa.
“Possiedi
ancora la mente di mia figlia?” Domandò, scioccata. Kara scosse la testa, Lena
era protesa dentro di lei, così in profondità che…
“Lena,
non lo fare…” Disse, cercando di oltrepassare il dolore della kryptonite. Ma la donna era una furia dentro di lei. Kara si
alzò in piedi, ignorando il dolore, guidata solo dalla ferrea volontà di Lena.
“Tu
sei pazza e non ti permetterò di farle del male, né ora né mai.” Le fece dire
la donna.
La
mano di Kara si strinse a pugno attorno alla kryptonite
e la strappò dalla stretta della Luthor. Con un urlò
di rabbia Lena scagliò la pietra lontano, probabilmente oltre l’atmosfera. Lillian ora era in suo potere.
“Lena?”
Chiamò allora Kara. Era di nuovo lei a controllare il proprio corpo, ma… era
sola.
“Presto,
presto!” I medici si affollarono attorno a Lena, il diagramma sul monitor era
piatto, il suono lungo e continuo feriva le orecchie di Winn,
ma mai quanto vedere il sangue che fuoriusciva da naso, bocca e orecchie. La
donna aveva urlato parole di rabbia. Winn non aveva
capito tutto, ma sapeva che stava lottando per Kara contro sua madre e poi il
suo cuore aveva smesso di battere. Lo sforzo era stato eccessivo.
Note: Ebbene che dire? Lena ha dato tutto, la sua
intelligenza, la sua forza, il suo coraggio e la sua determinazione… avrà dato
anche la sua vita?
Il piano di LillianLuthor è fallito e Kara è riuscita a liberarsi, ma, quando
tornerà a casa, cosa troverà?
La storia sta per giungere al suo termine. Dopo questo
appena pubblicato ve ne sono solo più due. Lettrici avvisate.
Aspetto i vostri commenti su questo salvataggio e le
vostre ipotesi sul futuro!
Le
squadre del DEO erano arrivate mentre lei e gli alieni superstiti legavano gli
agenti Cadmus che erano sopravvissuti, assieme a LillianLuthor. Il cyborg era fuggito,
malgrado fosse solo in mezzo ai ghiacci Kara non dubitava che sarebbe riuscito
a tornare a National City od ovunque avesse desiderato. La prima cosa che Alex
le aveva detto era che Lena era stabile, il suo cuore si era fermato, ma i
medici erano riusciti a salvarla.
“Stabile,
ma non cosciente.” Le comunicò Winn, come le aveva
detto cinque minuti prima mentre lei tornava a casa a tutta velocità.
Kara
entrò nell’infermeria e osservò la donna stesa sul lettino. Era pallida,
estremamente pallida anche per i suoi standard, le era stata praticata una
tracheotomia e una macchina respirava al suo posto.
Vederla
le fece uno strano effetto e rimase immobile sulla porta. Si era convinta di
non poterla più avvicinare, ora poteva? Era sicura di quello che era successo?
E se fosse stato…
“Non
essere ridicola.” La voce di Winn era seria, secca. “È
quasi morta per salvarti: ti ama.” Kara arrossì e al contempo si vergognò per
aver esitato.
Pochi
passi e fu accanto a lei, le prese la mano e la strinse.
“Perché
non si sveglia?” Chiese, accarezzando la fronte della donna.
“Aspettiamo
J’onn per dirlo, ma…” Kara lo guardò interrogativa e
lui sospirò. “J’onn l’aveva avvista che avrebbe
potuto perdersi se esagerava. La sua mente non era ancora guarita dalla
prolungata esposizione alla tua e alla connessione psichica, farlo di nuovo e
con una simile intensità, avrebbe potuto…”
“Ucciderla.”
Mormorò lei, accarezzando il viso della ragazza, la mano stretta tra le dita.
“Mi hai promesso che tutto sarebbe andato bene se fossi tornata a casa.” Le
disse. “Hai promesso.” Ripeté piegandosi su di lei e lasciandole un piccolo
bacio sulla fronte.
Winn osservò la scena, poi si voltò e
chiuse la porta lasciando le due donne sole.
Il
cuore di Lena batteva, ma la donna era intrappolata da qualche parte e non era
sicuro che la sua mente avrebbe mai potuto svegliarsi da un trauma simile.
***
Kara
entrò nella stanza e si sedette al suo posto.
“Non
credi che stia diventando imbarazzante? Insomma, va bene un sonno di bellezza,
ma ora diventa un pochino troppo lungo.” Si obbligò a sorridere. “Oh, guarda
cos’ho qui per te!” Agitò il giornale economico davanti alla ragazza. “Jess ne
manda un plico ogni giorno.” Si sistemò meglio sullo sgabello e si preparò a
leggere, ma fu interrotta dall’arrivo di J’onn.
“Stai
lontano da lei.” Intimò subito mettendosi davanti al corpo della donna con aria
protettiva.
“Kara…
non le farei mai del male, ma devi capire che non c’è più. Devi lasciarla
andare.” Il marziano aveva il volto sconfitto, ma questo non impedì a Kara di
arrabbiarsi ancora di più.
“Ne
ho a sufficienza dei tuoi discorsi! Me l’hai portata via una volta, non ti
permetterò di farlo ancora!” Alex arrivò di corsa nella stanza, attirata dal
tono di Kara che di certo non era basso.
“Smettetela.”
Intimò, decisa.
“Alex,
non t’immischiare. Tu faresti di tutto per Maggie, io farò di tutto per Lena, troverò
un modo di riportarla indietro, così come lei ha trovato il modo di salvare
me.”
“Ho
fatto tutto quello che ho potuto per lei, lo sai che ci ho provato.” Kara sentì
la rabbia scemare davanti all’arrendevolezza del marziano. Era vero, aveva
passato giorni a tentare di risvegliarla, frugando nella sua mente, ma aveva
trovato solo il vuoto.
“Lo
so…” Ammise. “Scusami.” J’onn annuì piano.
“Rimarrà
qui tutto il tempo che vuoi.” Disse allora l’uomo e poi uscì, tornando ai suoi
doveri.
Alex
guardò Kara che si sedeva accanto al lettino in cui era stesa Lena e sospirò.
“Kara…”
“Non
lo dire, ti prego, non tu.” La supplicò lei.
“Conosceva
i rischi, sapeva a cosa andava incontro, ma ha deciso che voleva rischiare, per
te o forse, solo per l’amore che vedeva in te.”
“Se
l’avessi uccisa?” Domandò piano e Alex le posò una mano sulla spalla scuotendo
la testa.
“No,
se c’è qualcuno da incolpare quella è LillianLuthor, passerà la vita in carcere per quello che ha fatto,
puoi starne certa.”
“Non
mi basta.” Ringhiò lei, con rabbia. “Avrei dovuto ucciderla subito, ma sono
stata stupida, ho voluto darle la possibilità di arrendersi e così lei…”
“No,
uccidere non sarebbe stata comunque la scelta giusta. Lo sai.” Kara abbassò il
capo, ma non discusse quella verità, uccidere era inaccettabile e lo sarebbe
sempre stato, ma…
“Come
posso svegliarla?” Domandò alzando lo sguardo verso la sorella, implorante,
alla ricerca di una soluzione che da sola non riusciva a trovare.
“Abbiamo
iniettato altro XV-439 nel suo corpo affinché tu provassi a raggiungerla quando
J’onn non riusciva, abbiamo provato ogni stimolante
che conosciamo, chiesto alla scienza di Krypton, credo a ogni alieno sulla
Terra con potenziale psichico… sei persino andata da Barry per chiedere aiuto e
non siamo riusciti a risvegliarla. Sono due mesi che è in coma, il suo
encefalogramma è piatto, presto i suoi muscoli si atrofizzeranno e un giorno il
suo cuore smetterà di battere.”
“Non
voglio arrendermi.” Affermò, però lei, rifiutando la logica a cui portava quel
discorso. “Non voglio vivere in un mondo in cui lei non esiste più.”
“Mi
dispiace, ma non ho soluzioni per te.” Kara abbassò lo sguardo fissandolo sul
volto pallido di Lena, era bella, anche così era la creatura più bella che
avesse mai visto.
Alex
si allontanò lasciandola sola, ma lei aveva dimenticato il giornale, invece
rimase a guardarla per lunghe ore, mentre il sole si spostava nel cielo lei
rimase immobile a vegliare, pronta a cogliere un segno, uno qualsiasi che la
donna si sarebbe presto svegliata.
Entrarono
nella stanza James, Mon-El, Winn,
Maggie e J’onn, rimasero con lei per un po’ poi
andarono via.
Sapevano,
lo sapevano anche se lei non lo aveva ancora ammesso neppure con se stessa.
Alex
fu l’ultima, arrivò e si sedette accanto a lei.
“Devo
dirle addio, non è vero?” Chiese piano, quando ormai era notte fonda.
“Quando
sarai pronta.” Mormorò con lo stesso tono, come a non voler disturbare quella
veglia anticipata.
“Sembra
così calma, così serena.” Argomentò Kara. “Ho l’impressione che potrebbe
svegliarsi da un momento all’altro.”
“È
venuta qui con un obiettivo e l’ha portato a termine.” Rimarcò Alex e Kara
sorrise appena, annuendo, gli occhi sempre fissi sul volto della donna.
“Lei
è così: testarda, determinata, non sa cosa significa arrendersi. Si arrabbiava
e a volte si disperava quando non riusciva a venire a capo di un progetto, ma
poi, qualche ora dopo, o il giorno dopo, era di nuovo lì, pronta ad affrontare
il problema con rinnovato vigore.”
“Ti
assomiglia.” Le fece notare Alex. Rimasero in silenzio per un poco poi Kara la
guardò.
“È
venuta a salvarmi.”
“Sì.”
“Sapeva
che avrebbe potuto morire e lo ha fatto lo stesso.”
“Ti
amava.” Parole che aveva già detto, parole che aveva già sentito.
“Mi
amava…” Mormorò, quel passato bruciava nel suo petto, peggio della kryptonite, molto peggio. “Devo lasciarla andare, non è
vero?” Alex sospirò, non annuì, ma Kara sapeva che quella era l’ultimo gesto di
rispetto che poteva dare alla donna. Lasciarla andare. Il suo cuore si spezzò,
ma lei seppe che, ormai, aveva preso la sua decisione. “Domani, quando il sole
sorge e… vorrei che si sapesse che è morta per salvarmi. Vorrei che il mondo la
veda attraverso i miei occhi che la pianga come la piangerò io. Vorrei che…” La
sua voce si spezzò e Alex la prese tra le braccia cullandola mentre lei
piangeva, per la prima volta da quando era tornata.
“Come
sta?” Chiese, Winn, con aria afflitta.
Alex
scosse la testa, non c’era bisogno di dire nulla, tutti lì sapevano che Kara
era a pezzi.
“Dovremmo
pensare a qualche altra nuova idea.” Affermò decisa Maggie. “Siete voi i geni,
pensate fuori dagli schemi!” La detective si sentiva in colpa, era lei ad
essere andata a cercare Lena.
“Non
c’è nulla che non abbiamo tentato.” Disse sconsolato J’onn,
sembrava invecchiato, non era difficile immaginare quanto quella situazione
fosse pesante per lui, ancora una volta pensava di aver fallito nel proteggere
Kara e colei che la ragazza amava.
“Non
è possibile!” Mon-El sbatté frustrato il pugno sul
tavolo, come al solito la rabbia e la violenza erano il suo modo di comunicare,
ma anche lui, come tutti, era sconvolto da quella situazione, poteva non amare
Lena, ma provava comunque un forte affetto per Kara e lo distruggeva vederla
così sofferente.
“Ha
deciso e lo sappiamo tutti.” Affermò Alex, mettendo a tacere proteste vane e
discorsi che aveva sentito milioni di volte in quegli ultimi due mesi.
“Dobbiamo
starle vicina, dobbiamo farle sapere che siamo con lei e non mettere in dubbio
la sua decisione. L’ha presa con estrema difficoltà, ma è coraggiosa e sa che è
la cosa giusta da fare.”
“Quando?”
Chiese allora James.
“Domani
all’alba.” Rispose Alex poi guardò il direttore del DEO. “Kara vorrebbe che il
mondo sapesse cos’ha fatto.”
“Non
possiamo divulgare informazioni…” J’onn alzò la mano
interrompendo Winn.
“Il
mondo saprà che è morta facendo la cosa giusta. Una Luthor
ha donato la sua vita per un Super, i dettagli non sono necessari.” Alex fece
un sorriso tirato, ringraziando il marziano con uno sguardo.
Maggie
si voltò e se ne andò, arrabbiata. Alex la lasciò andare, sapeva che più tardi
avrebbero parlato.
Accettare
di lasciarla andare era la decisione più difficile che avesse mai dovuto
prendere in tutta la sua vita. Kara abbassò il capo appoggiando la fronte al
lettino e chiuse gli occhi.
“Sarebbe
stato bello, non è vero? Ti avrei fatta impazzire obbligandoti a tornare a casa
presto e facendoti mangiare la pizza con l’ananas che odi, ma ti avrei anche
fatta ridere, spesso. E tu saresti riuscita a farmi arrossire anche dopo
vent’anni di matrimonio soltanto alzando un sopracciglio. Lo sai che per
sposarmi avresti dovuto chiedere a Kal? Sì, la
tradizione kryptoniana è un po’ medievale ora che ci
penso.” Sorrise, gli occhi sempre chiusi. “Avrei fatto forgiare due bracciali
matrimoniali, ma tu avresti scelto la musica, promesso. Ti fa ridere che io
pensi al nostro matrimonio? O ti spaventa? Se fossi nella tua mente lo saprei…”
Si interruppe, rimanendo in silenzio per un po’, poi sospirò. “Chi lo avrebbe
mai detto che quella voce nella mia testa mi avrebbe rubato il cuore? È
successo così in fretta, credo che un solo sorriso sia bastato. O forse è stata
quella volta che hai riso perché mi sono quasi soffocata con quel bicchiere di
coca cola. Era divertente che la ragazza d’acciaio morisse per aver riso,
mentre beveva, non è vero?” Ridacchiò al ricordo, Lena aveva quasi pianto dal
ridere, si conoscevano da tre giorni… “E quella volta che ti sei addormentata
alla tua scrivania perché ti ho tenuta sveglia tutta la notte per fare un rewatch insieme della saga di Star Wars?
Sono sicura che Jess ti ha beccato, perché quando sei uscita, dopo il pisolino,
aveva una faccia strana.” Rise, questa volta con maggior divertimento. “Per non
pensare a quando mi hai svegliata in piena notte perché hai capito come bilanciare
non so che reazione ed eri così eccitata che è stato impossibile per me dormire
fino a quando non hai scritto tutto su di un foglio? Tre ore del mio sonno
rubato, mentre tu scrivevi come una forsennata su un foglio con una matita e mi
zittivi ogni volta che provavo a dire qualcosa!”
Alex
alzò la testa stupita, sorpresa di udire la risata di Kara. Per un istante
sperò che l’impossibile fosse successo, ma incrociò lo sguardo di J’onn e il marziano scosse la testa.
“Le
sta dicendo addio.” Spiegò l’uomo. “E lo sta facendo nel migliore dei modi.”
“Rao, quanto eri bella! Così bella da togliere il fiato! Non
pensavo, voglio dire, certo che mi ero immaginata il tuo aspetto, ma incrociare
i tuoi occhi, anche attraverso lo specchio mi ha tolto il respiro e lo sai che
posso trattenere il respiro per trenta minuti, hai voluto persino testarlo.”
Ricordò con un altro sorriso. Ora era in piedi e gesticolava. “Credevo, che il
tuo sguardo fosse bello, ma quando…” Arrossì, guardando Lena con imbarazzo, poi
si chinò e sussurrò soltanto. “Quando abbiamo fatto l’amore… oh i tuoi occhi
erano così intensi! Avrei potuto perdermici per sempre. Anzi, credo di averlo
fatto.” Accarezzò il viso della donna, ora così vicino a lei, poi sospirò.
“Vorrei essere stata più forte, vorrei non averti lasciata sola quando avevi
bisogno di me. Forse credevo troppo nel mio amore per te. Ironico, non credi?
Sapevo quanto ti amassi e così ho accettato che proprio il mio troppo amore
avesse avuto il potere di influenzarti. Che stupida. C’è una mente più forte e
determinata della tua? No. Lo hai dimostrato, sai? Oltre ogni dubbio, nella
Fortezza, opponendoti a tua madre, vincendo persino la kryptonite
con la sola forza della volontà.” Sorrise. “Neppure Kal
è mai riuscito a stringere tra le mani della kryptonite
e avere ancora la forza di lanciarla lontano.” Accarezzò il viso della donna e
poi si piegò su di lei, lasciò sulle sue pallide labbra un bacio e mormorò un
ultima frase. “Sei la donna più forte che io abbia mai conosciuto e il tuo
amore resterà nel mio cuore per sempre. Addio, amore mio.”
Note: Come ho appena scritto in una risposta di commento
il lieto fine è un lusso e, questa volta, sembra sfuggirci tra le dita.
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo…
A voi la parola. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo
addio.
La città era rossa sotto i suoi
occhi. Rossi erano i palazzi e rosso il cielo, così come rosso era lo spendente
astro nel cielo.
Lena osservò il paesaggio
meravigliata, come ogni volta, dallo splendore che l’attorniava, poi si girò su
se stessa cercando un riflesso di biondi capelli, perché quello mancava al
paesaggio e mentre lo pensava la ragazza apparve.
“Ti aspettavo.” Disse,
semplicemente.
“Avevo paura di non vederti mai
più.” Mormorò la ragazza attirandola tra le sue braccia e stringendola forte a
sé.
“È solo un sogno, Kara.”
“Lo so.” Ammise la giovane. “Ma
sembri così vera, non voglio lasciarti andare. Io volevo trovarti, riportati da
me.” Lena scosse la testa divertita da quelle parole.
“Non vado mai lontano.” Si indicò
la tempia e poi le sfiorò il cuore, un sorriso sulle labbra. “Se non sono nella
tua mente, sono nel tuo cuore. Devi sono lasciarmi uscire.” Le mormorò, piano.
Poi le prese il viso tra le mani e la attirò a sé, deponendo un bacio delicato
sulla sua bocca.
Kara
si svegliò di scatto, il cuore che batteva veloce. Alex aveva appoggiato la
mano sulla sua spalle e la guardava addolorata.
“È
giunto il momento.”
“Nel
mio cuore… io… io credo di aver sbagliato tutto.”
“Kara…”
La pregò sua sorella. Quello stillicidio doveva finire, non poteva più vedere
sua sorella sperare, piangere, disperarsi, sperare ancora. La stava
distruggendo.
“Dammi…
dammi qualche minuto, qualche minuto ancora.” Chiese, il cuore che continuava a
correre nel suo petto.
“Kara…”
Ripeté la donna.
“Lei,
non è nella mia mente, ma nel mio cuore! Non ha mai lasciato il mio cuore!”
“Quello
che dici non ha senso, lo sai? La scienza…” Kara sbuffò, agitata.
“La
scienza non è tutto! Sai bene che quello che ci è successo, il nostro legame,
andava al di là della scienza. Né tu, né lei, né nessun altro ha saputo dire
perché io e lei ci siamo scelte, perché ci siamo connesse.”
“Non
è solo quello! Io ho potuto parlare con lei anche quando il suo organismo era
libero da quella sostanza, mentre ero prigioniera!”
“Cosa?
Questo non è possibile.”
“Sì,
sì! È così che ha saputo come trovarmi, grazie a un sogno!”
“Kara,
lo so che vuoi crederci, ma…” Alex aveva le braccia incrociate, il viso pieno
di rassegnazione, ma Kara non era più pronta a lasciarla andare. Aveva ragione
lei, ne era sicura.
“Tra
me e lei non è solo una questione di scienza.”
“Parli
di anime gemelle? Di destino? Di legami speciali?”
“Sì,
forse parlo di quello, non lo so neppure io, non mi importa. So che è ancora
qui.” Si portò la mano al petto e sorrise. “Devo solo…”
“Va
bene.” Alla concessione di Alex, Kara sgranò gli occhi, si era aspettata una
sicura opposizione, ma la sorella la guardava, un piccolo sorriso sulle labbra.
“Mi sono sbagliata una volta, non lo farò di nuovo, se credi di poterla
salvare, se credi che sia davvero possibile che non sia una questione di
scienza allora, fallo. Salvala, riportala indietro.” Kara annuì decisa, poi
afferrò la sorella e la strinse forte. “Ahi, Kara… non così forte.”
“Oh,
scusa…” La kryptoniana la lasciò andare e sorrise.
Nei suoi occhi brillava una nuova speranza.
“Cosa
vuoi fare?” Le chiese Alex. “Come posso aiutarti?” Kara osservò la donna stesa
nel lettino, il respiratore, infisso nella sua gola, il monitor con il battito
lento e regolare.
“Non
lo so…” Ammise, guardando la sorella in cerca di un aiuto, come faceva sempre.
“Abbiamo
fatto tutto ciò che la scienza poteva e J’onn ha
tentato tutto ciò che la sua mente poteva…”
“Il
cuore… il mio cuore.” Cercò di riflettere, sapeva che il sogno era importante…
sapeva che… “Krypton… Il mio cuore Kryptoniano!”
Mormorò.
“Cosa?”
“Oh,
Lena…” Kara sorrise e Alex la guardò perplessa. “Mi sono lasciata trasportare
dal romanticismo, ma Lena è più scienziata, persino di te.”
“Kara,
non capisco.”
“Il
mio sangue, il mio sangue la guarirà.” Si indicò la mente e poi il petto. “La
chimica del suo cervello è stata sconvolta dalla mia, è una replica della mia,
ci vorranno anni prima che torni come prima, siete stati voi a dirlo. Questo
significa che può guarire, esattamente come guarisco io, se solo avesse il mio
sangue in circolo.”
“Non
sono sicura che questa cosa abbia…”
“È
una sua idea, funzionerà.” Kara sorrideva e sembrava che il mondo splendesse di
nuovo. “Ora, Alex, mi serve della kryptonite.”
Lena
sbatté le palpebre e si ritrovò a specchiarsi in due lucenti occhi azzurri.
“Sei
un genio.” Mormorò la ragazza. Era stesa davanti a lei, gli occhi lucidi,
sembrava un poco pallida, ma stava bene.
“Sei
tornata a casa?” Le domandò e Kara sorrise.
“Sì.”
Una lacrima scese lunga la sua guancia e Lena allungò la mano per catturarla.
“Perché
piangi?” Chiese ancora. Si sentiva bene, si sentiva forte.
“Sono
felice.” Ammise la kryptoniana. “Avevo paura di
doverti dire addio.”
“Non
lo avrei permesso.” Commentò lei, con un sorriso dolce. “Ti ho trovata, non ho
intenzione di perderti di nuovo.” C’era ferma risoluzione nella sua voce e Kara
rise.
“Sei
determinata?”
“Sì.”
Confermò lei e sorrise, accarezzandole il volto, poi si fece più seria. “Quanto
tempo sono rimasta svenuta?”
“Abbastanza
perché io abbia scoperto troppo sull’andamento economico delle maggiori
compagnie del paese…” Lena corrugò la fronte e Kara rise di nuovo, i suoi occhi
si asciugarono e lei tentò di alzarsi, ma la testa le girò, così rimase stesa.
“Hai
ascoltato il mio suggerimento?”
“Potevi
essere un po’ meno criptica, non credi?” Ritorse lei e Lena si strinse nelle
spalle.
“Credo
che i sogni funzionino in maniera strana, no? Ma non ce l’avrei mai fatta se tu
non avessi aperto il tuo cuore, accettando di lasciarmi andare. Prima non
riuscivo a sentirti, non riuscivo a raggiungerti e poi… eravamo di nuovo
assieme, a casa.”
Kara
ascoltò quelle parole con sorpresa, rendendosi conto, solo adesso, che, per la
prima volta quella notte, aveva lasciato cadere i muri costruiti per
proteggersi dal dolore. Cedere a quel dolore tremendo, soffocante le aveva
permesso di accogliere Lena nel suo cuore e, poi, nella sua mente. Arrendersi
non solo le aveva permesso di accettare la sofferenza, le aveva anche dato la
possibilità di ripensare a Lena, a loro assieme, al loro amore. Arrendersi
aveva significato vincere, questa volta.
Lena
lasciò che la ragazza assimilasse quella verità.
“Oggi,
questa notte, ho accettato di poterti perdere, ho accettato di aver fallito, ho
accettato il dolore e la sofferenza che questo comportava e questo mi ha dato
l’ampiezza dell’amore che provo per te.” Lena sorrise e Kara sospirò. “Mi
dispiace non aver…” Lena le appoggiò un dito sulle labbra scuotendo la testa.
“No,
non ti scusare. Una parte di te temeva di farmi male, ancora, di perdermi
ancora. È umano, Kara, avere paura è umano.” Lena sorrise dolcemente, lasciò
scivolare la mano lungo il suo volto e nei suoi occhi brillò una nuova luce. “Nei
sogni non si riesce mai davvero a dire ciò che si vuole o a fare…” Si
interruppe e sorrise maliziosa. “Ma ti ho baciato, quindi, forse ho fatto ciò
che volevo, dopo tutto.” Kara arrossì e fu il turno di Lena di ridere. “Credi
che arrossirai anche dopo vent’anni di matrimonio?” Kara sgranò gli occhi e
Lena la guardò innocente. “Cosa ho detto?”
Alex
fece un cenno ai medici che uscirono, poi anche lei lasciò dalla stanza, l’ultima
cosa che vide prima di voltarsi fu sua sorella che piangeva di gioia, il corpo
steso su di un lettino identico a quello che aveva ospitato per tutti quei mesi
Lena. Di fronte a lei c’era la giovane Luthor che non
solo era guarita in pochi minuti, ma aveva aperto gli occhi e sorrideva con
gioia.
“Ho
vissuto centinaia di anni e credevo di aver appreso tutto, almeno su quello che
riguardava i legami mentali…” J’onn incrociò le
braccia, scuotendo la testa.
“Che
vogliamo ammetterlo o no, Kara aveva ragione, il loro legame va al di là della
scienza. Ci sono cose che sono successe che non avrebbero senso altrimenti.”
“Nell’universo
molte sono le cose possibili. Anime gemelle?” J’onn
si strinse nelle spalle e sorrise. “Perché no.”
Entrambi
si voltarono verso l’infermeria, anche da lì erano ben udibili le risate delle
due donne.
“Credi
che sapranno perdonarci per averle divise?” Domandò ancora il marziano.
“Credo
che ci abbiano già perdonato.” Alex sospirò. “Ma, noi, saremo capaci di
perdonare noi stessi?”
***
Kara
atterrò morbidamente sul marmo della base del DEO. Con un ampio sorriso raggiunse
Lena, la attirò a sé e le diede un bacio.
“Kara!”
La redarguì lei.
“Lo
so, lo so, non quando sei in ufficio alla L-Corp né
quando sei qui…” Ma il suo sorriso non sembrava mostrare nessun segno di
pentimento. Alcuni agenti sogghignarono davanti alla scena e J’onn alzò un sopracciglio, ma nessuno fece commenti, fino
a quando non arrivò Maggie.
“Solo
io ho dovuto firmare in triplice copia un dossier di almeno venti pagine sul
non fraternizzare sul posto di lavoro?”
“Sono
cinque pagine.” La contraddisse J’onn, senza nemmeno
voltarsi.
“Io
non ho dovuto firmare nulla.” Affermò, spumeggiante e felice, Kara.
“Ma
dai?” Domandò, ironica, la detective.
“Davvero.”
Assicurò Supergirl, facendo ondeggiare il mantello
giocosamente e osservando con occhi adoranti Lena il cui sguardo accigliato non
resistette ammorbidendosi subito in un sorriso.
“Maggie,
sei arrivata, volevo parlarti di una retata al porto, i tuoi devono aver
arrestato…”
“Alex,
perché Kara può baciare Lena al DEO e io non posso baciare te?” L’agente
arrossì passando lo sguardo da Maggie a Lena a Kara. Quest’ultima sembrava
l’unica ignara e continuava a sorridere.
“Agente
Danvers, mi chiedevo se ora…” Intervenne Lena
cercando di cambiare il discorso.
“Ehm,
sì, decisamente.”
“Benissimo!”
Lena tese le mani e Alex che aveva risposto d’istinto senza riflettere, solo
per togliersi dall’imbarazzo, la fissò perplessa. “La sua pistola, agente.”
“Oh!
Finalmente l’hai convinta a farti dare un’occhiata alla sua preziosa pistola?” Affermò
Kara gli occhi che brillavano di divertimento. Alex fissò la Luthor con una smorfia.
“Ben
fatto, lo ammetto.”
“Grazie.”
Commentò solo la donna prendendo l’arma con grande soddisfazione, poi si tese
verso Kara e le diede un bacio sulla guancia. “E grazie a te, Kara, riesci
sempre a fare la cosa giusta.” La kryptoniana arrossì
di gioia e seguì la donna verso il laboratorio, raccontandole delle sue
avventure mattutine.
“Ti
sei fatta fregare dalla Luthor.” Rimarcò Maggie,
divertita. “Sono mesi che vuole mettere le mani sulla tua pistola.”
“Merito
tuo!” Alex fece una smorfia. “Cos’era questa storia dei baci?” Domandò.
“Oh,
nulla, volevo far arrossire la Luthor.”
“Non
ci riuscirai.” Commentò Alex. “Solo Kara ci riesce.”
“Scommettiamo?”
Chiese Maggie e gli occhi di Alex si accesero di giocosa sfida.
“Cosa
dicono?” Domandò Lena posando la pistola sul tavolo d’acciaio davanti a sé.
“Scommettono
sul farti arrossire.” Rispose Kara, divertita. “Non pensavo funzionasse così
bene.” Aggiunse indicando l’arma aliena di Alex.
“Quand’è
che uno dei miei piani non funziona?” Domandò la Luthor
lanciandole una delle sue occhiate soddisfatte. “Sono una Luthor,
so essere subdola se voglio.”
“Hai
ragione.” Ridacchiò, Kara.
“Ma
non ce l’avrei mai fatta senza di te.” Aggiunse Lena.
“Esatto
e credo di meritare qualcosa di più di un bacio sulla guancia.” Si tese verso
la giovane allontanando con la mano la pistola e facendo si che i loro occhi si
trovassero.
“Oh,
davvero?” Domandò Lena, mordendosi appena il labbro. Kara arrossì, aveva
pensato ad un bacio sulle labbra, ma negli occhi di Lena vide intenzioni molto
meno caste.
“Ehm…
io…”
“Credo
che la pistola di Alex possa aspettare ancora un poco, dopo tutto sono mesi che
aspetto…” Le labbra di Lena, morbide, dolci, dal sapore indimenticabile,
catturarono le sue e Kara smise di preoccuparsi per lasciarsi andare tra le
braccia della ragazza.
Pochi
baci e le loro menti si legarono. Kara sorrise nel sentire il caldo desiderio
di Lena e la giovane Luthor si morse il labbro nel
percepire la dolce passione della kryptoniana.
Si
incontravano spesso nei loro sogni e succedeva che le loro menti si trovassero
quando Kara volava o Lena risolveva un problema difficile, ma spesso, molto
spesso, succedeva quando facevano l’amore perché non vi era momento in cui la
loro unione fosse più perfetta di quando, mente, spirito e cuore si univano in
un gesto di piacere e amore.
Non
era niente di così profondo e intenso come quando erano unite dall’XV-439, ma
le loro menti erano state troppo profondamente legate per perdersi del tutto.
“Ti
amo.” Mormorò Kara, conscia che non lo avrebbe mai detto a sufficienza.
“Ti
amo.” Rispose Lena, con gioia, percependo quel calore, quello che proveniva da
Kara e che prometteva di esserci sempre, di amarla e proteggerla sempre.
I
loro occhi si incontrarono e una si specchiò nell’amore dell’altra.
“Per
sempre.” Mormorarono assieme, sorridendosi.
Note: E così finisce anche questa long. Spero che il
finale vi sia piaciuto. Dopo tutto la sofferenza non è sempre malvagia. Kara
doveva lasciarsi andare ad essa, accettare la paura di perdere la persona che
ama di più e così permettere al suo cuore di essere toccato. Lena aspettava
solo quello per suggerire a Kara come salvarla.
Bene, devo ringraziarvi per aver seguito anche questa
storia e per averla apprezzata anche quando le cose si facevano più nere e cupe.
Vi ringrazio sempre, ma non mi dispiace affatto farlo ancora!
Quindi, grazie mille a tutte coloro che hanno commentato
ogni capitolo, permettendo alla storia di andare avanti precisa e filata ogni
giorno e permettendo a me di sapere che era apprezzata. Grazie anche a coloro
che hanno lasciato vari commenti qua e la per la storia, facendomi capire che
seguivano e leggevano.
Senza i commentatori non si pubblicherebbero le storie,
perché, se non si ha un ritorno, tanto vale tenere le storie al sicuro nel
proprio computer, giusto? ;-)
Alla prossima storia! Come, quando? Non lo so, per ora ho
solo una OneShot pronta, forse diventerà una storia
in due capitoli, ma non lo so ancora, quindi vedremo!