Oggi Sposi

di Caroline94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Matrimonio con sorpresa ***
Capitolo 2: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 3: *** E vi dichiaro marito e moglie ***



Capitolo 1
*** Matrimonio con sorpresa ***


“Martin Mystère, questa è l’ultima che mi fai!” urlò Diana.
“Credevo avrebbe funzionato!” urlò in risposta lui.
“Beh, se il tuo obbiettivo era farci catturare allora sì, ha funzionato alla grande!” ribatté lei. Con un urlo disumano il mostro dibatté i tentacoli con cui li teneva prigionieri, facendo urlare Diana.
“Martin! Tu mi hai infilato in questa situazione e tu mi ci toglierai!”
“Ok, ok! So cosa fare!” esclamò lui, trafficando con l’U-Watch. Pochi secondo dopo la Lama Laser apparve nelle sue mani e, con un gesto deciso, la infilzò nel tentacolo che lo imprigionava. L’essere ruggì e lo lasciò andare, il ragazzo cadde in perfetto equilibrio sul pavimento della stanza; si voltò impugnando la Lama Laser e tranciò di netto il tentacolo che stava per schiacciarlo come una frittella. Con uno scatto deciso si gettò oltre il mostro, schivando, raggirando e saltando i tentacoli, per raggiungere l’altare in fondo alla stanza.
“MARTIN!” urlò Diana, avvicinandosi sempre di più alle fauci del mostro che sembrava volerla divorare “Qualunque cosa tu voglia fare falla in fretta!”
Martin gettò un’occhiata alla ragazza, poi si voltò verso il quadro posto in cima al piedistallo che ritraeva una giovane donna in abito da sposa: “Spiacente, bellezza, ma tuo marito sta dando un po’ in escandescenza!” e, senza esitazione, trafisse il quadro tranciandolo di netto da un angolo all’altro.
Il mostro si voltò verso di lui con uno scatto e ruggì, poi, lentamente, si dissolse nell’aria tra atroci gemiti di dolore. Diana strillò quando venne lasciata andare di colpo a parecchi metri dal suolo; Martin si gettò oltre il corpo del mostro che si stava dissolvendo in una pozza di nuvola viola ed afferrò la ragazza al volo, strisciando col fondoschiena sul ruvido tappeto per mantenere l’equilibrio. Diana si tolse il velo dalla faccia insieme ai capelli arruffati, disorientata, e guardò la creatura sparire nel nulla.
“Ce l’abbiamo fatta” constatò.
“Ce l’ho fatta” la corresse Martin “Mi devi un frullato” aggiunse, con un ghigno sornione, mentre la ragazza assumeva il suo classico sguardo seccato.
 
“Ottimo lavoro, agenti” si congratulò M.O.M., osservando a braccia incrociate gli agenti del Centro portare via la cella di sicurezza contenente il quadro oramai lacerato.
“Tutto merito mio, modestamente” rispose Martin con la solita aria sfrontata. Diana gli ringhiò contro e M.O.M. alzò un sopracciglio, scettica.
“Ad ogni modo, sarà meglio se torniate alla Torrington: per quel che mi risulta avete degli esami da sostenere” aggiunse la donna, facendoli cadere nel panico: non avevano aperto nemmeno un libro per tutta la settimana!
“Oh, no, no, no!” Diana si portò una mano ai capelli “Non ho studiato nulla!” esclamò, afferrando la gonna dell’abito da sposa e dandosi alla fuga verso il college.
“Uhm… credo di essermi fatto male alla caviglia, lottando contro quel mostro” disse Martin, sporgendosi innocentemente verso la donna “Immagino che il Centro potrà fornire una perfetta giustificazione per la mia sofferta assenza” disse, speranzoso. M.O.M. lo guardò minacciosa “Torni a scuola, agente Mystère” poi gli voltò le spalle e se ne andò.
Martin abbassò il capo, sconfitto, e fu allora che notò lo strano luccichio sul terreno fuori la struttura.
Quando si chinò per raccoglierlo si rese conto che era un anello: un piccolo cerchio d’argento con incastonati una fila di diamanti perfetti. Non ebbe molto tempo per pensare a cosa fosse perché Diana lo chiamò quasi istericamente.
“Martin! L’esame è fra due ore! Muoviti!” urlò. Il ragazzo s’infilò l’anello in tasca, deciso ad indagare appena possibile, e corse dietro la ragazza.
 
 
Le urla che si propagavano nel corridoio fecero allarmare tutti gli studenti della Torrington che, tuttavia, non si degnarono nemmeno di andare a controllare e/o farle tacere: quando Martin Mystère e Diana Lombard litigavano era meglio non intromettersi, per l’incolumità dei più.
Solo Billy, il povero ragazzo arrivato da poco nell’istituto, aveva l’ardire di osservare la scena nascosto dietro una pattumiera. Da quando l’esame era finito, i due ragazzi non avevano fatto altro che battibeccare per tutto il tragitto fino ai dormitori: battibecco che si era trasformato in un litigio vero e proprio nel giro di pochi minuti.
“Siamo stati impegnati tutta la settimana con le missioni, perché te la prendi con me?” chiese Martin.
“Perché è colpa tua se abbiamo perso un sacco di tempo in quelle missioni!” rispose lei, a tono “Se mi avessi ascoltato ogni tanto ne saremmo usciti in fretta e senza rischiare la vita!”
“Oh, ma sentitela: l’esperta!” sbottò lui, alzando le braccia al cielo.
“Se non sbaglio ti avevo detto fin dall’inizio di distruggere quel quadro… tu invece hai voluto mettere su quell’assurda messinscena che per poco non ci ha uccisi!” sbraitò Diana “Senza contare che ci ha fatto perdere un sacco di ore di studio: se l’esame mi andrà male sappi che è con te che me la prenderò!”
“Ma davvero?” chiese Martin, avvicinandosi di una spanna al suo viso.
“Davvero!” rispose lei, facendo altrettanto. I due si fulminarono con lo sguardo.
“Bene, se per te uno stupido esame è più importante di salvare il mondo allora credo che abbiamo due visioni completamente diverse delle cose!” commentò lui.
“Si, lo credo anche io!” ribatté lei “E credo anche che non dovremmo più vederci!” aggiunse. Billy trasalì.
“Bene!” esclamò Martin, arrabbiato, dopo un attimo di incredulità.
“Bene!” ripeté lei. Si voltarono le spalle e si diressero in due direzioni opposte, a passo di marcia; a nulla valsero i richiami di Billy che proponeva di parlane: i due non avevano più nulla da dirsi.
 
 
Fu con un umore nero che Martin andò a letto quella sera: prima l’esame andato male, poi Diana che lo aggrediva e infine Billy che gli faceva la predica. Insomma, non era lo sfogo di tutti!
Calciando via le scarpe si sfilò jeans, camicia e canotta per poi infilarsi sotto le lenzuola solo in boxer: tanto faceva caldo e poi ribolliva di rabbia. Spense la lampada sul comodino e, borbottando, si raggomitolò su sé stesso cercando di trovare pace almeno nel sonno.
Fu verso le due e qualcosa quando la porta della sua camera venne aperta lentamente e richiusa altrettanto silenziosamente. Piedi esili e nudi si fecero strada sul tappeto senza il minimo rumore, arrivando rapidamente accanto al letto; con delicatezza, una mano affusolata su cui brillava un anello tempestato di ametiste alzò il lenzuolo e s’infilò con leggerezza sotto di esso, premendo il corpo fasciato da una sottile veste trasparente su quello che già giaceva in esso, risalendolo lentamente. Il petto nudo e caldo del ragazzo aderì perfettamente al suo busto esile mentre faceva scivolare le gambe oltre i suoi fianchi, poggiandosi lì dove era più sensibile.
Martin si agitò nel sonno e mugugnò qualcosa con un sorriso ebete, mentre portava istintivamente le mani sulla schiena di lei. La ragazza sorrise e si alzò lentamente, prendendo il volto del ragazzo tra le mani e baciandolo dolcemente. Lui mormorò qualcosa ed aprì gli occhi, per poi spalancarli quando si ritrovò a fissare due iridi verdi che conosceva troppo bene. Sussultò quando si rese conto di stringere tra le braccia la sua migliore amica.
“D-Diana!” esclamò, scioccato “Cosa ci fai tu qui?” chiese. La ragazza sorrise, senza togliergli le mani dal viso.
“Secondo te, cosa potrei mai farci?” chiese maliziosamente.
“Ehm… non lo so, hai detto di non volermi più vedere” rispose lui, perplesso.
“Ero solo arrabbiata per l’esame” miagolò lei “Non dovevo prendermela con te, sono venuta a scusarmi” spiegò, sorridendo dolcemente.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio: “E perché sei nel mio letto vestita in un modo piuttosto ambiguo?” chiese, affrettandosi a toglierle le mani dalla schiena.
“Te l’ho detto: sono venuta a scusarmi” ripeté lei, avvicinandosi a lui con l’intenzione di baciarlo. Martin si scansò d’istinto, scattando a sedere.
“E-ehi, un attimo… stai cercando di vendicarti in qualche modo subdolo? Perché non è divertente” esclamò, cercando a tentoni la testiera del letto e poggiandovi una mano per reggersi.
“Ma che stai dicendo, non lo farei mai” rise lei, gattonando verso di lui che indietreggiò ancora.
“Ok, tutto questo è molto strano” ammise Martin, salendo sul ripiano in legno che fungeva sia da testiera per il letto che da comodino, facendo leva con il braccio.
“Davvero?” domandò Diana, continuando la sua marcia.
“Davvero!” rispose lui, prima di rendersi conto che era arrivato oltre bordo, cadendo all’indietro sul pavimento della camera con un gemito di dolore. Diana si lasciò sfuggire un’esclamazione di paura e si sporse per vederlo: Martin era steso di schiena sul parquet della camera, le gambe poggiate sul ripiano e lo sguardo di chi era stato appena colpito da un meteorite. Diana sussultò e si voltò, come se ci fosse qualcosa alle sue spalle, poi sparì dalla visuale.
Martin si alzò dolorante, massaggiandosi il capo, ma appena alzò gli occhi rimase allibito nel trovarsi davanti la stanza vuota. Si guardò intorno, sconcertato: dov’era finita Diana? La finestra era chiusa dall’interno, come l’aveva lasciata lui, e dalla porta non avrebbe mai potuto passare visto che lui ci era caduto davanti. Per sicurezza controllò anche sotto il letto e nel bagno, mischiando incredulità a dubbi e confusione: di Diana nemmeno l’ombra, come se non fosse mai stata lì.
 
 
 
 
 
Quando un’insana autrice incontra un insano detective dell’impossibile le cose sono due: o lo ama o lo odia.
Io ho scelto di odiarlo. Con amore
Caroline

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Capitolo 2
*** Sogno o realtà? ***


“Ti dico che era lei” insistette Martin “Solo che non sembrava lei” aggiunse “Cioè, per essere lei era lei… solo che non era lei.”
Billy lo fissò, sconcertato: “Sei sicuro di non aver sognato, Martin?” domandò, chiudendo il proprio armadietto “Tralasciando che Diana non farebbe mai una cosa simile… cioè, non dubito che lo farebbe, solo non lo farebbe con te” aggiunse, facendogli inarcare un sopracciglio “Comunque, hai detto che poi si è dileguata nel nulla quando sei caduto, e le persone non spariscono nel nulla.”
“È questa la cosa strana” ribatté lui, appoggiandosi agli armadietti con la spalla “Sempre ammesso che abbia sognato… insomma, io non faccio questi sogni! Cioè, a farli li faccio, solo che non hanno Diana come protagonista” aggiunse.
“Si, questo era ovvio” rispose Billy.
“E poi era fin troppo realistico per essere un sogno” commentò.
“Perché non glielo chiedi?” domandò il ragazzo, incamminandosi verso il corridoio.
“Nah, non lo ammetterà mai” replicò lui.
“Quindi sei sicuro di non aver sognato” notò lui.
“Ovvio che non ho sognato” confermò, sicuro.
“Allora vai lì e rinfacciaglielo” incalzò lui, indicando la ragazza che stava rimettendo a posto i libri nel proprio armadietto. Martin lo guardò crucciato, facendolo sorridere ampiamente, poi si sgranchì il collo e la raggiunse. Quando Diana chiuse l’armadietto si ritrovò il ragazzo pigramente poggiato a quello accanto, che si studiava le unghie.
“Allora, fatto qualcosa di interessante, stanotte?” chiese, vago.
Diana alzò un sopracciglio, nervosa: “Se non sbaglio eravamo d’accordo nel non doverci vedere più” ringhiò.
“Non ti sto vedendo, infatti” rispose lui, tenendo lo sguardo fisso sulla propria manicure. Diana s’infiammò di rabbia e, resistendo all’impulso di picchiarlo, lo superò a grandi passi.
“Non sono io quello che ha cominciato, comunque” continuò, affiancandola, sempre rivoltò alla propria mano con nonchalance “Ma visto che ti sei scusata potrei anche pensare di perdonarti… ma solo se mi dici come hai fatto ad uscire dalla camera senza passare dalla porta” concluse.
“Ma che cosa stai farneticando?” sbottò: non sembrava né a disagio né in imbarazzo, soltanto molto incazzata.
“Oh, è inutile che neghi” rispose lui “Ieri notte ti sei infilata nel mio letto e mi hai chiesto scusa per essertela presa con me… è stato piuttosto inquietante, lo ammetto, ma se era il tuo modo di vendicarti allora sappi che è riuscito alla grande: sei stata abbastanza strana” informò.
Diana si fermò di botto: “Io cosa?!” sbottò, indignata “Non entrerei nel tuo letto neanche se fosse l’ultimo rimasto al mondo e mai, MAI, mi scuserei con te specialmente se il torto è il tuo!” gli urlò, sfondandogli un timpano. Il ragazzo dovette sturarselo per bene prima di riprendersi, e si voltò verso di lei con sdegno.
“Oh, quindi io mi sarei immaginato che tu…” in pochi sussurri riassunse la serata precedente ad una Diana che dal sorpreso passò all’imbarazzato, per sfociare infine nell’Incazzatura Suprema. Con un sonoro ceffone mandò al tappeto il ragazzo.
“Non rivolgermi più la parola, pervertito!” esclamò, girando i tacchi e allontanandosi.
Billy si avvicinò, guardando la ragazza allontanarsi fumante di rabbia, per poi inginocchiarsi accanto all’amico: “La teoria del sogno non è poi così impossibile, dopotutto” disse.
Martin non ebbe neanche la forza di rispondere.
 
 
“Ok, ammetto che forse posso averlo sognato” ammise Martin, tenendosi del ghiaccio sulla guancia “Ma ciò non toglie che resta comunque il sogno più realistico che abbia mai fatto” aggiunse.
“Capita a tutti di confondere un sogno con la realtà” disse Billy, bevendo il suo frullato.
“Beh, avrei dovuto capirlo fin da subito: Diana non farebbe mai una cosa simile” sospirò lui, stiracchiandosi sulla sedia e gettando il capo all’indietro così da avere una visuale distorta della mensa.
“Però, dopo questo, mi sa che ne passerà di acqua sotto i ponti prima che voglia anche solo rivederti” commentò l’alieno.
“Bah” rispose lui, osservando Jenny e Diana passargli davanti per raggiungere un tavolo in fondo alla mensa: sembravano immerse in una conversazione importante perché Jenny era preoccupata.
“E non sei riuscita a trovarla?” chiese Diana.
“No. Peccato, era la mia camicia da notte preferita: ricordi quella che ho messo al pigiama party di Chloe? Quella corta e trasparente, viola…”
Martin sembrò indifferente a tale conversazione, finché un lampo non lo colse di sorpresa facendolo drizzare impietrito.
“Che ti prende?” domandò Billy.
“La camicia da notte che ha perso Jenny!” rispose, guardando le due ragazze allontanarsi “Era la stessa che indossava Diana ieri sera!”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata.
 
 
“Tutto questo non ha senso” borbottò Billy, guardando sotto il letto.
“Ovvio che non ce l’ha” acconsentì Martin, frugando nell’armadio “Una Diana impazzita mi fa visita nel bel mezzo della notte con indosso la veste perduta di Jenny. Veste che io, oltretutto, non ho mai visto in vita mia” spiegò, frugando nei cassetti “Non può essere stato solo un sogno.”
“Ammesso e non concesso che sia così” acconsentì lui, alzandosi “Cosa speri di ottenere, trovandolo?”
“Che quello che è successo ieri sera era reale” rispose lui “E che quindi le soluzioni sono tre: o Diana è sonnambula o ha voluto farmi uno scherzo di pessimo gusto o…”
“O?” incalzò Billy.
“O quella non era la vera Diana” concluse, chiudendo l’armadio.
“La terza ipotesi sembra la meno improbabile” annuì l’altro “Però non abbiamo trovato nulla lo stesso” constatò “E non voglio essere qui quando Diana tornerà” aggiunse.
Martin frugò nei cassetti della specchiera, vuoti anche quelli, e stava per rassegnarsi quando qualcos’altro attirò la sua attenzione.
“Ehi, Billy, vieni a vedere!” esclamò, piegandosi sotto il mobile.
“Cos’hai trovato, Martin?” domandò lui, avvicinandosi: una macchia di quello che sembrava una densa melma violacea se ne stava pigramente adagiata nell’angolo. Con pochi click attivò l’U-Watch e selezionò il Drive Scan, analizzandola.
“Materiale sconosciuto” constatò Martin “Questa storia mi puzza sempre più.”
“E per una volta non sei tu” aggiunse Billy, facendogli assumere un’espressione seccata.
“Puoi analizzarlo meglio al Centro?” domandò, porgendogli il Drive Scan “Voglio vederci chiaro in questa faccenda.”
“Certo” rispose lui, ma l’aveva appena preso quando un rumore dall’esterno li annunciò del ritorno della proprietaria. Svelti si infilarono nell’armadio, chiudendovisi dentro.
Diana entrò pochi secondi dopo, tutta trafelata, e si fiondò alla scrivania dove iniziò a trafficare con i cassetti. D’un tratto, si fermò di colpo e si voltò verso l’armadio dove Martin e Billy si tappavano la bocca a vicenda. Esitò, poi scosse il capo ed estrasse qualcosa dal cassetto della scrivania per poi uscire di nuovo.
I due ragazzi aspettarono qualche istante, per essere sicuri che se ne fosse andata sul serio, infine uscirono.
“Hai visto? Per un attimo è sembrato che sapesse che eravamo qui” disse Billy, preoccupato.
“Si, c’è decisamente qualcosa che non va” rispose Martin.
 
 
Martin si agitò nel sonno, mormorando qualcosa che riguardava le focaccine dolci della mamma, rigirandosi tra le lenzuola. Con un sorriso beato passò il braccio oltre la figura stesa accanto a sé e la strinse; quella si rigirò fra le sue braccia e si strinse a lui, facendosi coccolare dal suo caldo abbraccio.
Il ragazzo ci mise un po' a capire che quello che stringeva tra le braccia non era una gigantesca focaccina ma un essere umano. Fatte queste considerazioni, palpò abbastanza generosamente le curve di quella che senza dubbio era una ragazza; sbarrò gli occhi e si ritrovò a fissare negli occhi una Diana sorridente. Il primo impulso fu quello di urlare, il secondo di fiondarsi giù dal letto… ma poi si costrinse a calmarsi e prendere un respiro profondo: Non è reale, è solo un sogno. Non è reale, è solo un sogno. Non è reale, è solo un so…
Si ripeté quella litania nella mente come un mantra, gli occhi chiusi e una calma apparente. Ma quando li riaprì la ragazza era ancora lì, che lo fissava sempre sorridendo ma con un misto di curiosità e perplessità dipinta sul viso.
“Cosa ci fai qui?” chiese, temendo di star impazzendo sul serio.
“Che domanda, volevo stare un po' con te” rispose lei, accoccolandosi contro il suo petto.
“Sei reale?” si azzardò a chiedere.
“Ovvio che si, sciocchino” confermò.
“Tutto questo è molto strano” ammise lui.
“Perché?”
“Perché tu non dovresti essere qui.”
Diana rise sommessamente e alzò il viso su di lui, gli occhi verdi che brillavano alla luce della luna che filtrava dalla finestra. C’era qualcosa di strano nei suoi occhi, un dettaglio fievole e sfuggente, difficile da notare: bisognava cercarlo per accorgersene, ma Martin non riusciva a capire cos’era. Era così concentrato che non reagì nemmeno quando lei lo baciò, perso in quel dettaglio che rendeva tutto più irreale ma al contempo vero.
No, questo non è decisamente sogno, si disse quando la ragazza lo scavalcò per stendersi su di lui senza smettere di baciarlo.
Conosceva ogni singola sfaccettatura dell’aspetto e il carattere di Diana, erano praticamente cresciuti insieme, quindi il cambiamento era saltato subito ai suoi occhi. Quando la ragazza si staccò, sorridendo maliziosa, il ragazzo capì cosa c’era che non andava: un lampo viola aveva attraversato le iridi della ragazza facendole apparire minacciose.
Fu solo un secondo e Martin reagì d’istinto, scrollandosela di dosso e gettandola giù dal letto, per poi balzare in piedi e afferrare la lampada.
“Tu non sei la vera Diana!” esclamò, brandendo l’arnese come se fosse pronto a lanciarlo attraverso la stanza. Lei, che era seduta carponi sul pavimento della stanza, alzò gli occhi su di lui stupita per poi rabbuiarsi e alzarsi. Rimase immobile ma un denso fumo viola iniziò a raccogliersi alle sue spalle mentre i suoi occhi si illuminavano di un violetto fosforescente; il fumo alle sue spalle prese forma in un volto macabro e sinistro e la ragazza allargò le braccia, alzandosi di qualche centimetro da terra. Poi, con ferocia, si scagliò verso di lui.
Fu un scontro corpo a corpo che lasciò Martin senza fiato, quando andò a sbattere contro la parete della camera inclinando pericolosamente la libreria a muro, ma si riprese in fretta gettandosi sul letto e rotolando sul pavimento. Diana puntò una mano verso di lui e il fumo si raccolse ai suoi piedi, sollevandolo da terra: fu allora che Martin scorse l’anello di ametiste infilato all’anulare della sua mano sinistra; un anello che, era sicuro, Diana non aveva mai avuto.
Si divincolò con poco successo e, una volta all’altezza della ragazza, le afferrò la mano e la scaraventò dall’altra parte della stanza, ruotando su sé stesso. Diana andò a sbattere contro il televisore posto davanti la finestra, cadendo oltre il mobiletto insieme a lui: Martin pregò che non si fosse rotto. La presa del fumo sparì e lui cadde agilmente sul tappeto della camera, ma quando alzò lo sguardo Diana era già sparita.
Guardandosi attentamente intorno per constatare che se ne fosse davvero andata, uscì velocemente dalla camera e si fiondò nel corridoio. Pochi minuti dopo si ritrovò a bussare insistentemente alla camera di Diana, chiamandola a gran voce. Ci volle un po' ma quando finalmente la porta si aprì, Diana apparve in pigiama, arruffata e insonnolita oltre ogni dire.
“Che c’è? Chi è?” biascicò, faticando a metterlo a fuoco con gli occhi gonfi e il buio che li circondava “Martin, spero per te che siamo in pericolo di vita, oppure…” cominciò, sbadigliando, ma il ragazzo si fiondò dentro chiudendosi la porta alle spalle.
“Una cosa del genere” rispose “Tu stai bene?” domandò.
“Stavo bene finché non sei arrivato tu” lo rimbeccò lei.
“Non crederai mai a cosa mi è successo!” esclamò, ancora poggiato con le mani alla porta “Hai appena tentato di uccidermi” informò, riprendendo fiato dopo la corsa. 
La ragazza, dapprima troppo stordita dal sonno, sgranò gli occhi “Cosa!?” esclamò.
“Si, una specie di fumo viola che aveva preso le tue sembianze” spiegò “Dev’essere successa la stessa cosa anche ieri sera: avevo ragione, non avevo sognato!” aggiunse, trionfante.
“Aspetta, cosa significa che un fumo viola ha preso le mie sembianze?” chiese, confusa.
“Esattamente quello che ho detto” rispose Martin, raggiungendo la scrivania e prendendo il cellulare di Diana “Sarà meglio chiamare il Centro.”
“Buona idea, io mi metto qualcosa addosso!” rispose la ragazza, afferrando dei vestiti a caso per sostituire la T-Shirt e i pantaloncini del pigiama; fu quando fece scivolare una giacchetta dalla sedia che Martin notò un particolare che gli fece dimenticare il telefono che aveva tra le mani: sull’anulare della mano sinistra, Diana aveva un anello d’oro bianco tempestato di ametiste.
“Diana… dove hai preso quell’anello?” chiese, sospettoso. La ragazza si voltò a guardarlo, perplessa.
“Ma che dici, Martin, l’ho sempre avuto!” rispose, guardandolo come se stesse impazzendo.
“Anche il tuo clone aveva un anello simile” aggiunse, cauto “Sempre ammesso che tu sia davvero, Diana!” esclamò. La ragazza gettò i vestiti sul pavimento, ma nessun fumo viola invase la stanza stavolta: con un gesto della mano la scrivania si alzò dal pavimento di qualche metro puntando verso il ragazzo. Martin si gettò a terra appena in tempo e rotolò sul tappeto.
“Che ne hai fatto di Diana?” esclamò. Lei non si scompose: alzò il braccio e il ragazzo si alzò da terra, levitando a mezz’aria. Con uno scatto del braccio afferrò il portapenne e glielo gettò contro, ma quello esplose prima ancora di sfiorarla. Diana aveva appena mosso un dito che la porta si spalancò alle loro spalle e Billy apparve, tutto trafelato.
“Ragazzi, non saprete mai cosa ho scoperto…!” ma s’interruppe alla scena che gli apparve dinanzi; tutti e due i ragazzi lo guardavano. “Ehm… se interrompo qualcosa me ne vado” disse.
“Billy, scappa!” urlò Martin. Diana fu più veloce e lo scaraventò contro il povero ragazzo, gettandoli entrambi fuori la porta. Poi corse fuori dalla stanza, superandoli di gran carriera, e sparì nel corridoio.
Ci volle qualche secondo prima che Martin si riprendesse dalla botta, mentre tentava di mettersi seduto.
“Che cosa è successo?” chiese Billy, tenendosi la testa.
“Qualcosa ha rapito Diana ed ha preso le sue sembianze” mugolò il ragazzo “Non avevo sognato, ieri sera: Diana è davvero venuta in camera mia solo che non era la vera Diana” spiegò.
“Questo spiegherebbe i risultati delle analisi della sostanza che abbiamo trovato in camera sua” rispose l’alieno “Non sono riuscito ad identificare cosa fosse di preciso ma ho riscontrato somiglianze con i resti del demone che avete sconfitto due giorni fa.”
Nonostante il mal di testa, Martin ci mise poco a mettere insieme tutto.
“Aspetta, stai dicendo che Diana è stata presa di mira dal marito psicopatico?” chiese. Billy annuì. “Allora questo significa che c’è solo un posto in cui può essere in questo momento” aggiunse, alzandosi “Torniamo alla Chiesa di Beckerville!”

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Capitolo 3
*** E vi dichiaro marito e moglie ***


La Chiesa di Beckerville era tetra e oscura, proprio come quando l’avevano lasciata tre giorni prima: abbandonata ed in un sinistro stato di decadenza.
Martin e Billy si ritrovarono a percorrere cautamente i corridoi scricchiolanti, calpestando polverosi tappeti e parquet muffiti.
“Un bel posticino per celebrare un matrimonio” commentò Billy, stando più vicino possibile a Martin.
“Certo, se sei un fantasma” rispose lui, tranquillo come ogni volta che avevano a che fare con qualcosa di assurdo e paranormale “Troviamo Diana e riprendiamo a calci nel sedere questo ectoplasma, così potrò tornare a dormire tranquillo.”
Svoltarono l’angolo e giunsero davanti le porte chiuse della sala principale; si guardarono, annuendo con un gesto deciso del capo, poi spinsero i battenti. Il tappeto rosso, liso dal tempo e dal recente scontro, attraversava la navata che portava all’altare vuoto. Stesa ai suoi piedi vi era il corpo inerme di Diana, infilata in un vecchio abito da sposa.
“Chissà perché ho un déjà-vu” mormorò Martin, prima di precipitarsi verso l’amica.
“Abbiamo trovato Diana, adesso possiamo andarcene? Non mi piace questo posto” mormorò Billy, guardandosi intorno ansioso, mentre Martin controllava che Diana stesse bene.
“È solo svenuta” informò “Ma non possiamo andarcene se prima non fermiamo una volta per tutte questo fantasma” aggiunse.
“Temevo lo avresti detto” sospirò Billy rassegnato.
Un colpo improvviso li fece sobbalzare entrambi e, con un sonoro scricchiolio, i battenti del portone si chiusero di schianto. Avevano appena avuto il tempo di metabolizzare l’accaduto che un movimento alle loro spalle gli annunciò che Diana si era svegliata.
La ragazza sorrise, guardandoli con i suoi gelidi occhi verdi sfumati di viola.
“Benvenuti, ragazzi” sorrise, per poi alzarsi in volo di qualche metro da terra. I due indietreggiarono.
“Sai, Billy, credo di aver capito cosa sta succedendo!” esclamò Martin “Me ne sono accorto quando Diana è scappata dalla Torrington invece di sparire nel nulla: il fantasma non ha preso le sembianze di Diana… il fantasma è Diana!”
“Stai dicendo che è posseduta?” chiese Billy, nascondendosi dietro di lui “E come facciamo a tirarlo fuori?!”
“Questo potrebbe essere un problema” ammise lui.
Diana si adagiò lentamente sul piedistallo dove fino a pochi giorni prima vi era il quadro, e sorrise in modo sinistro.
“Ed ora diamo il via alla cerimonia!” esclamò, allargando le braccia: nuvole di fumo viola si sprigionarono dal pavimento, inondando la sala, stringendosi intorno ai due ragazzi.
“Martin, cosa facciamo?” domandò Billy, spostandosi al centro della stanza.
“Ehm… ci sto pensando” rispose lui, mettendosi schiena contro schiena con il ragazzo.
“Beh, pensa in fretta o non ne usciremo bene!”
Diana rise malignamente e Martin iniziò a sudare freddo.
“Ehi, senti, perché non ne parliamo?” domandò “Sì, insomma una chiacchieratina fra uomini! Che te ne pare?” chiese sorridendo forzatamente.
“Martin, che stai facendo?” bisbigliò Billy.
“Improvviso” rispose il ragazzo, tra i denti, senza smettere di sorridere.
Diana si voltò verso di lui, con sguardo gelido.
“Insomma, so che ce l’hai a morte con lei per averti piantato sull’altare ma, sai come si dice: morto un papa se ne fa un altro!” esclamò, tentando di suonare incoraggiante e amichevole.
“Cosa…?” sibilò Diana, incredula “Sono tutte menzogne! Fu lui a fuggire!” urlò: la voce, improvvisamente amplificata, risuonò sulle pareti costringendoli a tapparsi le orecchie.
“Che cosa!?” esclamarono in coro.
“Ma questo non è possibile: nel diario che abbiamo trovato nella casa abbandonata c’era scritto che la sua Clarice lo aveva lasciato il giorno del matrimonio!” informò Martin.
La ragazza emise un verso di disprezzo “Quel diario fu scritto da lui per proteggersi le spalle dall’opinione cittadina, poiché mi lasciò il giorno prima delle nozze per fuggire con un'altra donna!” rivelò, lasciando entrambi allibiti.
“Ma questo significa che tu…” cominciò Billy.
Io sono Clarice!” rispose Diana, incollerita.
“Ok, questo non me l’aspettavo” ammise Martin, dopo un attimo di sbigottimento.
“Quando fui lasciata ero disperata, tanto che mi tolsi la vita. Fu lui a trovare il mio cadavere, nascondendolo sotto la chiesa, per poi spargere la voce che ero fuggita abbandonandolo sull’altare” ringhiò.
“Che meschino!” commentò Martin, indignato. Billy acconsentì annuendo vigorosamente.
“Ma noi cosa centriamo?” chiese.
“Voi avete disturbato la mia tormentata solitudine… e pagherete per questo!” i suoi occhi divennero viola e il fumo si alzò fino al soffitto.
“Propongo di darcela a gambe!” esclamò Billy.
“Proposta accolta!” rispose Martin. Insieme si tuffarono nel fumo, correndo fino alla porta ma solo per andarci a sbattere contro. Gemendo dal dolore, Martin materializzò la Lama Laser dall’U-Watch e ruppe la serratura, fiondandosi nel corridoio.
 
 
Nascosti nella biblioteca i due ragazzi riprendevano fiato mentre tentavano di organizzarsi, seppur con qualche difficoltà.
“Insomma, Diana è posseduta da una sposa infuriata che vuole ucciderci e noi siamo intrappolati qui dentro” ansimò Billy “Non è esattamente una situazione da cui è facile uscire.”
“No, infatti” rispose Martin, sbarrando la porta con degli scaffali “Ma non possiamo andarcene e lasciare Diana qui.”
“Qualche idea?”
“Nessuna, al momento.”
Il ragazzo sospirò ed andò a sedersi davanti agli scaffali, accanto a Billy. Alzò un ginocchio e vi poggiò il braccio, con sguardo spento.
“Diana aveva ragione” mormorò “Se avessi distrutto subito quel quadro questo non sarebbe successo.”
“Non è stata colpa tua, Martin” tentò di confortarlo l’altro.
“Sì, invece!” ribatté lui, zittendolo “Se l’avessi ascoltata, ogni tanto, certe situazione avremmo potuto evitarle! Mi sento così stupido!”
Strinse i pugni, abbandonando la fronte sul ginocchio con un sospiro. Certo, Diana sapeva essere noiosa, pesante, irritante e saccente... ma era pur sempre sua amica. Anche se poteva sembrare arrogante quando elargiva consigli con aria di superiorità lo faceva solo per aiutarlo, ma lui era sempre stato troppo testardo e pieno di sé per darle ascolto e i risultati erano evidenti. Sospirò e si portò una mano ai jeans alla ricerca del cellulare.
“Chiamo il Centro e chiedo rinforzi” informò, estraendo l'apparecchio dalla tasca; insieme ad esso, però, scivolò fuori anche l'anello che aveva trovato fuori la chiesa, diversi giorni prima: aveva completamente dimenticato di averlo. Lo prese, sospettoso, e lo esaminò più da vicino: era identico a quello indossato dal fantasma, con l'unica differenza che le pietre erano bianche anziché viola. Il suo cervello lavorò così in fretta che fece fatica a stare dietro ai suoi stessi pensieri ma, in un attimo, la consapevolezza lo colse con ferocia inaudita, facendogli sgranare gli occhi: erano i loro anelli di fidanzamento.
Certo, aveva senso: il fantasma si era impossessato di Diana tramite il proprio anello, anche se questo non spiegava lo strano comportamento della donna nei suoi confronti. A meno che...
"Martin?" lo chiamò Billy, vedendo che il ragazzo continuava a restare immobile a fissare la propria mano.
"È questo anello" decretò lui, infine.
"Che?"
"L'anello" ripeté lui, alzando lo sguardo "Clarice ha preso possesso del corpo di Diana tramite il proprio anello di fidanzamento" spiegò "Questo invece apparteneva al tipo che avrebbe dovuto sposare. L'ho trovato fuori la chiesa due giorni fa: era questo ad attirarla verso di me, era per questo che il fantasma si comportava in quel modo assurdo nei miei confronti" realizzò.
"Scusa ma non capisco" ammise Billy, perplesso.
"Ricordi quando siamo entrati in camera di Diana e, per un attimo, è sembrato che lei sapesse che eravamo lì?"
"Sì?"
"Non era Diana a saperlo ma il fantasma: aveva sentito la presenza dell'anello all'interno della stanza" spiegò, alzandosi in piedi "Questo anello le ricorda l'ex fidanzato che lei, nonostante tutto, ama ancora. Una parte di lei ne è ancora assuefatta: ecco perché non veniva fisicamente in camera ma mandava solo un pezzò di sé stessa" aggiunse con gli occhi che brillavano.
"Aspetta, vuoi forse dire che quell'anello..." disse Billy, iniziando a capire.
"...è l'unica cosa che forse può fermarla" completò Martin, trionfante "Se riusciamo a sfruttarlo a dovere possiamo distruggere il fantasma una volta per tutte."
"E come pensi di fare?" chiese il ragazzo, alzandosi, leggermente ansioso.
Martin ci rimuginò su qualche istante, infine annuì, serio "Torniamo di sotto" decretò, infilandosi l'anello all'anulare sinistro "Siamo invitati ad una cerimonia."
 
 
 
Martin sapeva che probabilmente stava andando incontro a morte certa ma, in fin dei conti, non era la prima volta che lo faceva. Non aveva un piano preciso, a dir la verità, l'unica cosa certa era che doveva trovare Diana e, con lei, Clarice... quello che sarebbe successo dopo solo la sorte l'avrebbe deciso.
Scese le scale con calma, ostentando una sicurezza che in quel momento non era sicuro di avere, e, arrivato nel corridoio, prese aria nei polmoni e invocò il nome di Clarice a gran voce. Attese, tendendo le orecchie a ogni possibile rumore, ma l'ansia era così tanta che l'unica cosa che sentiva era il cuore battergli furiosamente in gola. Poi, dopo degli istanti che parvero interminabili, un lieve rumore di passi rieccheggiò tra le mura: da dietro l'angolo, con una tranquillità disarmante e lo strascico del vestito che ripuliva la polvere dal pavimento, apparve Diana. Seria e austera lo trafiggeva con i suoi occhi, in quel momento, di un viola intenso.
Inspirò e inclinò lievemente il capo di lato, osservando con pacato interesse la sua figura: "Sì?" domandò calma.
Ok, non era questa la reazione che si era aspettato e, se doveva dirla tutta, quella tranquillità rendeva la ragazza anche più spaventosa di quando aveva urlato loro contro minacce di morte. Ma cercò di raccogliere tutta la dignità e la sicurezza che possedeva e fece un passo avanti: "Voglio parlare con te" asserì e sperò che Billy fosse pronto ad intervenire nel caso le cose si fossero messe male.
Lei sbatté le palpebre una sola volta, lentamente, e congiunse le mani davanti a sé, sul corpetto dell'abito usurato dal tempo: "Ti ascolto" decretò, infine.
Beh, non stava andando poi così male. In un certo senso non riusciva a capire se fosse davvero interessata a conversare con lui o lo stesse semplicemente accontentando perché già sapeva che, alla fine, l'avrebbe avuta vinta lei.
Qualunque fosse il motivo Martin non aveva altra scelta che andare avanti.
"So che sei arrabbiata, lo capisco..." iniziò "...e mi dispiace di essere entrato quì, averti disturbata e aver distrutto il tuo ritratto. Io ero davvero convinto che qui dentro ci fosse il fantasma del tuo ex" disse, cercando di suonare il più affabile possibile "Se avessimo saputo la verità non avremmo mai fatto nulla di tutto questo. Beh, in un certo senso la colpa non è nostra, siamo stati tratti tutti in inganno dalle cose scritte in quel diario, e vorrei davvero che ci fosse un modo per rimediare al torto che ti abbiamo fatto."
Si era preparato il discorso prima di scendere, era vero, ma lo scenario che aveva immaginato era totalmente diverso da quello in cui si ritrovava in quel momento. Il fatto che la donna non sembrava intenzionata a proferire parola non rendeva la situazione semplice. Deglutì constatando che lei continuava a fissarlo, senza mutare espressione e senza parlare, quindi dovette improvvisare.
"C'è qualcosa che posso fare per farmi perdonare? Qualunque cosa... magari possiamo metterci d'accordo: io riparo il danno, tu ci ridai Diana e ci lasci andare" concluse speranzoso.
Il silenzio che ne seguì fu intenso e pesante. Clarice sembrò pensarci sopra sul serio e, per un attimo, il ragazzo sperò davvero che accettasse l'accordo... ma ogni aspettativa si sgretolò definitivamente quando la ragazza drizzò il busto, ergendosi in tutta la sua altezza, e assottigliò lo sguardo.
"Rifiuto" rispose, gelida, e Martin fece un passo indietro istintivamente "Nessuno di voi tre lascerà questo posto..." decretò mentre il fumo iniziava a riempire il corridoio, stavolta fuoriscendo da sotto la gonna del suo abito "...le vostre membra giaceranno qui dentro, per sempre!" tuonò, gettando contro di lui delle lingue di fumo. Ormai senza più idee a cui appellarsi, Martin fece l'unica cosa che l'istinto gli suggerì: alzò la mano con l'anello davanti a sé, chiudendo gli occhi e aspettando neanche lui sapeva cosa.
Per i successivi istanti non accadde assolutamente niente e Martin si azzardò ad aprire gli occhi: il fumo lo circondava ma senza toccarlo. Diana era ancora in piedi davanti a lui ma i suoi occhi erano vitrei e fissava come in trance la sua mano sinistra: era l'occasione perfetta!
Tenendola in bella vista si avvicinò lentamente a lei, attento a non fare alcun movimento sospetto, mentre il fumo si apriva lentamente al suo passaggio: se la sua teoria era giusta, avrebbe dovuto distruggere l'anello per sbarazzarsi definitivamente dello spirito ma prima doveva arrivarci. Una volta che fu abbastanza vicino posò cautamente la mano sul suo braccio sinistro; Clarice non reagì, fortunatamente, e Martin ne approfittò per far scorrere le dita verso le sue. Appena sfiorò l'anello, però, la donna rinsavì e provò a respingerlo.
In preda al panico, saldò la presa sulla sua mano e le afferrò la nuca spingendola verso di sé, affondando le labbra nelle sue. Era la prima volta che baciava la vera Diana e non riuscì a trattenere il vuoto allo stomaco che quasi lo fece sussultare, anche se non sapeva a cosa associarlo: aveva un buon sapore di ciliegie, probabilmente dovuto al suo lucidalabbra, e la sua bocca era più morbida di quanto sembrasse di solito; sperava davvero che la cortina di fumo lo coprisse alla vista di Billy o si sarebbe gettato dal campanile di quella chiesa se qualcuno fosse venuto a sapere che aveva baciato Diana.
Clarice s'irrigidì, forse presa alla sprovvista, e lui ne approffittò per sfilarle l'anello in un breve momento di lucidità. Lei lo spinse bruscamente via e i suoi occhi divennero due pozze completamente nere: ringhiò e gli si gettò contro, sbattendolo a terra, tentando di riprendersi il gioiello. Martin, stordito dal bacio e dalla botta alla testa, fu lento a reagire e cercò di scrollarsela di dosso con scarso successo.
"Billy!" urlò a pieni polmoni, afferrando il volto di Diana per allontanarla da sé. Un'ombra si catapultò fuori dal fumo alle sue spalle e Martin gli lanciò l'anello. "Fallo, adesso!"
Billy brandì la lama laser e il ragazzo afferrò Diana per le spalle per impedirle di fermarlo; quando l'arma colpì il gioiello, spezzandolo in due, un forte fascio di luce invase il corridoio. Diana ruggì a pieni polmoni, i suoi occhi e la sua bocca emanarono luce viola che si raccolsero sul soffitto fino a formare la lugubre figura di una donna in abito da sposa: Clarice li guardò un ultima volta, poi chiuse gli occhi e si dissolse. Il fumo sparì e il corpo di Diana si accasciò esanime sul petto di Martin che, per una volta, non ebbe nulla di ridere sull'eccessivo contatto fisico.
Billy si lasciò andare ad un lungo sospiro esausto e si sedette per terra, appoggiandosi con la schiena alla parete. "Fammi un favore, Martin" esalò "Se un giorno ti sposerai, non invitarmi al tuo matrimonio."
Lui chiuse gli occhi, abbandonando la testa sul pavimento, stringendo Diana a sé. "Puoi contarci, amico."

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