~
Parte Seconda ~
«Per
quale motivo devi accompagnarmi?» insiste Pitch,
indispettito,
quando tre giorni più tardi, come anticipatogli, Akh si
presenta da
lui per scortarlo.
Akh
sbuffa. «Sei noioso» commenta solo, con un gesto
spazientito della
mano.
Pitch
si irrigidisce e lo scruta con sguardo affilato.
«Non
la pensavi così, la scorsa settimana» bercia
stizzito.
«La
scorsa settimana non si era ancora presentata la prospettiva che tu
potessi rimetterci la tua salute mentale» sbotta lo spirito
della
Luce. Trae un lungo respiro e ammorbidisce il tono. «Se ti
accompagno tu non sprechi inutilmente energie e tua figlia evita di
stare in pensiero per la tua incolumità» fa
gentilmente notare.
«Inoltre potrò finalmente fare una visita come si
deve alla tua
ragazza» insinua malizioso.
Pitch
diventa bordeaux, poi i suoi occhi si accendono di argentea
indignazione.
«Idiota!
Lei non è affatto questo, per me. E piantala, una buona
volta, di
fare discorsi dementi» lo avverte minaccioso.
Akh,
senza minimamente scomporsi, si limita a sorridergli enigmaticamente,
all’apparenza più che soddisfatto di quella
risposta brusca e ben
poco gentile.
«Andiamo»
lo esorta pacato, tendendogli una mano.
L’altro
si prende ancora un momento per squadrarlo con sospetto, poi sbuffa e
stringe le dita attorno al suo polso, annuendo impercettibilmente a
comunicare il proprio assenso.
Insieme,
scompaiono nell’abbagliante luce dorata di Akh, lasciando la
foresta nuovamente silenziosa.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Non
sono molto distanti dalla casa di Katherine, quando toccano terra.
Senza che lui se ne avveda, sulle labbra di Pitch spunta un sorriso
spontaneo che rallegra anche Akh.
«Beh,
che stai aspettando? Non vai da lei?».
Pitch
scuote piano la testa e fa qualche passo indietro.
«È
presto. Attenderò che esca di casa» mormora.
«Ma…»
tenta di protestare Akh. «Oh, fai come ti pare. Io vado a
farmi un
giro, intanto».
Detto
questo, prende velocemente il volo e scompare in un lampo oltre
l’orizzonte.
«Mh»
soffia Pitch, in parte divertito dall’impazienza
dell’altro.
Trascorre
il tempo seduto su di un muretto lungo la via che costeggia la sua
abitazione, nell’attesa che lei lo raggiunga. Non dura
nemmeno
molto, l’attesa; meno di un’ora dopo Katherine esce
di casa,
solleva gli occhi e lo nota dal lato opposto della strada. Pitch
accenna un sorriso e svanisce dal muretto, ricomparendo come
un’ombra
proprio di fronte a lei.
«Ciao»
mormora.
Katherine,
dopo l’iniziale sorpresa e un salto per lo sconcerto
nell’assistere
al suo numero da prestigiatore, si aggrappa strettamente al suo
collo, ridendo eccitata.
«Pitch!
Non ti aspettavo tanto presto. Avevi detto… Oh, ma chi se ne
importa di cosa avevi detto. Sei qui! È
meraviglioso» strilla a
pieni polmoni, facendo ridacchiare Pitch che, deve pur ammetterlo, da
due minuti a questa parte si sente incredibilmente sereno.
«Mi
hanno obbligato» ammette, imbarazzato. «Ma sono
felice che lo
abbiano fatto. È bello rivederti».
«È
bello essere vista» replica con un enorme sorriso, posando un
bacio
sulla sua guancia. «Come stai?».
Lui
le accarezza i capelli e annuisce.
«Bene.
Molto bene, ora che sono qui».
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Mentre
passeggiano lungo le stradine interne, in modo da evitare in gran
parte le persone che affollano le strade principali, Katherine si
sofferma di tanto in tanto a osservare lo spirito. Ma è solo
dopo
molti minuti che Pitch si avvede di quell’esame silenzioso e,
incerto, solleva un sopracciglio a chiedere chiarimenti.
«Non
avevo idea che fossi nuovamente in grado di spostarti in quel modo;
sai, attraverso le ombre».
Gli
occhi dello spirito si sgranano appena e tossisce imbarazzato.
«Non
è qualcosa che faccio spesso, invero. Ora, tuttavia, posso
di nuovo
muovermi sia attraverso le ombre che per mezzo della luce.
Ciò
nonostante, se me lo chiedessi, non saprei spiegare la dinamica. Meno
di un anno fa ho scoperto che potevo farlo di nuovo, ma non ho idea
del perché».
«È
una cosa ben strana» concorda Katherine. «Non ti
è mai venuta
voglia di indagare?».
Lui
si ferma un momento, imitato prontamente da lei, e la osserva
attentamente.
«Diciamo
che avevo priorità più urgenti. Ma forse, ora e
con il tuo
supporto, potrei voler scoprire qualcosa in più di questo
mistero».
Katherine
sorride e gli tende una mano. Pitch la guarda confuso, osserva la sua
mano tesa e torna nei suoi occhi verdi.
«Affare
fatto» replica lei con un ghigno.
Pitch
sbuffa divertito e stringe la sua mano, riuscendo a sentirsi
addirittura meglio.
«Ti
piace il gelato?» chiede dal nulla Katherine, provocando
ancora
maggior confusione nello spirito.
«Io…
non ne ho idea» replica interdetto, non comprendendo neppure
il
senso di quella domanda in relazione al resto.
«Bene,
scopriamolo allora» propone allegramente la ragazza.
Senza
lasciargli la mano, lo conduce fuori dalla stradina deserta,
avviandosi, con sgomento dello spirito, verso il centro.
«Katherine,
dove andiamo?» si accerta.
Lei
si volta, sorride nuovamente e rinsalda la presa sulla sua mano,
senza però fermarsi.
«A
scoprire se ti piace il gelato, è ovvio».
«Mh»
mormora Pitch, confuso, ottenendo una risata allegra e cristallina
dalla ragazza.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Katherine
ha comperato per Pitch un cono con gelato al pistacchio e cioccolato
fondente. Ma forse sarebbe stato più saggio prendergli un
gelato in
coppetta. Dal modo in cui Pitch regge impacciatamente il suo cono,
scrutandolo con aperto sospetto, Katherine sarebbe prontissima a
giurare che stia tentando di incutergli paura.
«Pitch».
«Mh?»
replica lo spirito distrattamente, troppo preso dalla sua opera di
intimidazione.
«Ehm…
Non so come dirtelo, ma non credo che quel cono gelato abbia
intenzioni ostili nei tuoi confronti. Forse… uhm…
potreste
cercare di fare amicizia» propone, trattenendosi a stento
dallo
scoppiare a ridere per l’espressione truce e concentrata
dello
spirito.
Gli
occhi di Pitch abbandonano un momento il gelato, squadrando
brevemente quelli ilari della ragazza. Ha l’impressione che
lo stia
deliberatamente prendendo per i fondelli.
«È
troppo strano» tenta di spiegarsi. «Non credo sia
normale una cosa
simile. Potrebbe rivelarsi pericoloso» sibila contrariato.
«Pitch»
sbuffa Katherine, divertita, «è un gelato. Non
tornerà di notte a
strangolarti. Assaggialo; ti assicuro che ne vale la pena» lo
incoraggia.
Ancora
lui la guarda, incerto, poi scuote la testa, confuso.
«Come?»
obbietta, incerto.
Katherine
sfarfalla le ciglia, poi ridacchia, solleva il proprio cono e ci
passa velocemente sopra la lingua.
«Visto?
Non è complicato, ed è molto buono»
assicura.
«Mh»
dubita Pitch.
Ciò
nonostante, anche se con un poco di imbarazzo, fa come gli ha
mostrato Katherine e deve ammettere che lei ha ragione: è
molto
buono. Ma non può fare a meno di pensare che quella somigli
fin
troppo a un’attività da gatto e, soprattutto, che
con la lingua
ruvida sarebbe stato molto più pratico e veloce avere
ragione del
suo cono gelato.
Nel
frattempo Katherine si gode la sua espressione assorta e deliziata,
facendone gelosamente tesoro per i giorni bui.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
«Akh
ed Emily Jane, stanno bene?» si ritrova a informarsi
Katherine,
mentre lo spirito è occupato a rosicchiare la cialda del suo
cono
come uno scoiattolo laborioso.
Pitch
posa un momento lo sguardo su di lei e sbuffa.
«Sì,
anche se Akh si annoia a morte e mia figlia… credo stia
cercando un
modo per farmi sparire dalla circolazione».
A
Katherine va di traverso la saliva e passa i successivi minuti a
tossire convulsamente.
«Che?!
Di cosa parli?» chiede stralunata.
Pitch
arrossisce leggermente, rendendosi conto dell’equivoco.
«Ehm…
Forse mi sono spiegato male» ammette imbarazzato, mentre lei
gli
lancia un’occhiataccia di rimprovero per averle quasi fatto
venire
un infarto.
Così
le racconta della piccola
discussione avuta con Emily Jane a proposito della sua sicurezza e di
quanto si fossero trovati in disaccordo riguardo al suo futuro.
«Sai»
mormora Katherine al termine della spiegazione, «capisco come
debba
sentirsi Emily Jane. Credo che sia normale, dopo tutto, che cerchi di
proteggerti».
«Ma
non a scapito della mia stessa libertà!» si
inalbera Pitch. «Ho
vissuto troppo tempo prigioniero per desiderare di trascorrere
ciò
che rimane della mia esistenza nascosto in qualche buco nero»
sbotta
costernato.
Katherine
si accosta e poggia il capo sulla sua spalla, offrendogli un piccolo
sorriso comprensivo.
«Sono
sicura che non è questo ciò che lei desidera per
te. Vuole solo
evitare che ti facciano del male».
Pitch
sospira, abbattuto, e posa una guancia sui capelli della ragazza.
«Non
sono certo che sia possibile. Da ché ne ho ricordo, sono
sempre
stato il bersaglio di qualcuno. Dubito che le cose cambieranno
facilmente».
«Forse»
concede lei. «Ma se invece provassimo, ci impegnassimo
attivamente
per farle cambiare?».
Lui
la osserva, interdetto, senza riuscire a comprendere dove lei voglia
andare a parare.
«Non
immagino come» replica dubbioso.
Katherine
gli mostra un sorrisetto furbo e ridacchia.
«Un
passo per volta, Pitch. Ecco come. Dimentichi che adesso non sei
più
uno spirito solo; ce ne sono almeno un paio dalla tua parte».
«Speri
di trovarne altri?» indaga scettico, ghignando sardonico.
«Perché
no, in fondo? Possiamo tentare; cosa abbiamo da perdere?»
insiste
Katherine.
Pitch
tuttavia non è palesemente convinto e scuote la testa.
«Fin
troppo, sospetto» replica scoraggiato.
Lei
lo stringe fra le braccia e si solleva sulle punte dei piedi per
posare un bacio sulla sua guancia.
«Puoi
fidarti di me, Pitch. Io non ti lascerò solo»
promette risoluta.
“No”
pensa Pitch, “lei rimarrà con me, in un modo o
nell’altro”. E
questa è forse l’unica attuale certezza della sua
esistenza.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
È
già calata l’oscurità, quando Katherine
trascina un Pitch un po’
intontito e insicuro sotto casa sua.
«La
prossima volta mi ci porti tu» rimbecca lei, fissandolo
divertita.
«Che gentiluomo sei, che lasci guidare una donna?».
Pitch
ghigna divertito.
«Chi
ha mai detto che lo sono?».
«Certo
che lo sei. Ti manca solo un cavallo, ma rimedieremo anche a
quello»
replica lei con fare misterioso.
Lui
la scruta, interdetto e suo malgrado incuriosito, poi si guarda
attorno, scorgendo presto la casa della ragazza.
«Mi
ricorda qualcosa» mormora.
Katherine
sorride felice e rafforza la stretta nella sua mano.
«Anche
a me» conferma.
Ed
è vero; sono passati molti anni, eppure entrambi rammentano
chiaramente la prima occasione in cui Katherine condusse Pitch fino
alla soglia di quella stessa casa che ora guardano con malinconia.
«Tua
nonna…» tentenna Pitch, incerto.
«Non
sarà un problema, per te. Non lo è mai stato. E
comunque hai ancora
una stanza in casa nostra, anche se lei non ha mai davvero compreso
il motivo per il quale l’ho sempre tenuta in
ordine».
Pitch
la fissa, sorpreso; una curiosa sensazione sfrigola nel suo petto,
qualcosa che somiglia molto alla commozione.
«Io…
non so cosa dire» ammette con voce rauca.
«Allora
non dire proprio nulla» lo rassicura.
«Vieni».
Katherine
apre l’uscio e, sempre tenendo stretta la sua mano, lo guida
all’interno di quella dimora ormai famigliare, tanto che
sulle sue
labbra compare un piccolo sorriso stupito e felice.
«È…
bello essere nuovamente in questo posto» sospira.
«È
bello che tu sia di nuovo con me» lo corregge Katherine,
senza
staccare mai lo sguardo da lui e da quella sua espressione
meravigliata.
«Katherine?
Tesoro, sei tornata?» giunge dalla cucina una voce di donna.
«Sì,
nonna. Vengo subito» le assicura Katherine. Poi, rapidamente,
si
volta verso Pitch e sorride rassicurante. «Conosci la
strada»
bisbiglia. «Precedimi, ti raggiungo appena posso».
Pitch
annuisce lentamente e sfiora un’ultima volta il dorso della
sua
mano con il pollice, prima di lasciarla andare.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Un
sospiro tremolante sfugge alle sue labbra quando si siede con
attenzione sul materasso ancora ricoperto dal piumone beige che
ricordava. Sorride; non gli riesce proprio di farne a meno, mentre
passa il palmo di una mano sul chiaro tessuto in segno di
riconoscimento. In qualche modo, è a casa. Perfino
l’odore di quel
posto gli era mancato. “Che strano” si riscopre a
pensare.
Pochi
minuti più tardi, sulla soglia compare la ragazza che ha
ancora per
lui un sorriso gentile. Lentamente gli si avvicina e si siede al suo
fianco sul letto.
«Tutto
a posto?» si accerta, pacata.
Pitch
si limita ad annuire; non è certo di poter trovare la voce
per
spiegare quanto realmente sia tutto a posto, adesso.
«Sei
stanco?».
«No»
soffia appena.
Il
suo intero corpo sembra spingerlo verso di lei. Vorrebbe avere la
forza di volontà per resistere a quel richiamo, ma la
verità è che
non serve, non è costretto a opporvisi, può
lasciarsi andare, lo
può fare proprio perché al suo fianco
c’è lei, e lei sa, capisce
ciò che lui sta provando in quel momento, ciò di
cui ha bisogno,
perché è la medesima cosa che serve anche a lei.
«Io…»
prova, incerto.
Ma,
come immaginava, a lei non servono inutili spiegazioni. Scuote
dolcemente la testa e circonda i suoi fianchi con le braccia, posando
il capo sulla sua spalla.
«Zitto
e abbracciami» intima scherzosamente.
Un
angolo delle labbra di Pitch si muove verso l’alto, e lui si
affretta a ubbidirle.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Un
discreto picchiettio li riscuote dal loro torpore. Katherine solleva
lo sguardo e lo punta, incuriosita, alle spalle di Pitch, notando,
con un pizzico di divertimento, che il suono proviene dalla finestra
e che a produrlo è l’uccellaccio
blu
che non vede da un’eternità di tempo.
«Mh?»
si informa Pitch, incerto.
«Akh»
risponde Katherine, staccandosi di malavoglia dalle sue braccia per
andare ad aprire al volatile.
Gli
occhi di Pitch osservano tutta la scena un poco impensieriti.
«Buona
sera, principessa» mormora Akh, ancora fermo sul davanzale.
Katherine
ha le braccia incrociate, le labbra arricciate e un cipiglio
contrariato dipinto sul volto. Lo spirito alato deglutisce
nervosamente.
«Ehm…»
prova, titubante.
«Sono
molto arrabbiata con te» lo precede seccamente, facendolo
sussultare
intimorito.
«Uhm…
Beh, io…» balbetta, indeciso. Nel momento in cui
vede gli occhi di
lei scintillare di indignazione, le sue ali fremono e Akh esclama
«Ecco, ora devo proprio andare. Guarda un po’ come
s’è fatto
tardi!». Poi cerca di svignarsela.
Katherine
però riesce a riacchiapparlo in tempo per una caviglia e lo
fissa
con sguardo truce.
«Tu
non vai da nessuna parte» decreta. Poi lo lascia, ma solo
fisicamente. «Entra. Dobbiamo parlare» ordina
perentoria.
Akh
geme tutto il proprio malcontento ma, dopo un lungo sospiro
sconfortato, atterra sul pavimento della camera e ripiega le ali
sulla schiena, rassegnato. Cauto, solleva lo sguardo su Pitch, in
cerca di soccorso ma, costernato, lo scopre intento a celare alla
meno peggio il proprio divertimento per quella situazione che,
evidentemente, trova spassosa.
«Me
la paghi» sibila irritato al suo indirizzo, ottenendo solo
una
semplice alzata di spalle.
«Allora?»
sbotta Katherine, spazientita. «Nulla da dire?».
Akh
mette il muso e borbotta incomprensibili insulti, tutti a beneficio
dell’altro spirito presente che, dal canto suo, non sembra
intenzionato ad alzare un solo dito per lui.
«Non
è stata colpa mia» si lamenta a un certo punto,
deciso a ribellarsi
a quella che ritiene un’ingiustizia bella e buona.
«Il tuo amico
zuccone ha deciso per tutti e due e… non sono riuscito a
fargli
cambiare idea».
Katherine
indirizza uno sguardo perplesso a Pitch, il quale sospira e, suo
malgrado, annuisce.
«Ciò
che dice il pennuto è corretto, immagino» ammette
con un poco di
reticenza. «Ero… un po’ spaventato,
allora; non avevo grandi
certezze e non sapevo cosa fare. Temevo che potesse rivelarsi uno
sbaglio ricomparire nella tua vita senza avere alcun tipo di
risposta. E comunque, anche avendole avute, non avrei saputo in che
modo… offrirtele» soffia, con un lungo brivido di
sgomento.
Katherine
li osserva a lungo, alternativamente. Infine scuote la testa.
«Siete
proprio due idioti» sentenzia.
E
mentre Pitch sogghigna, Akh sbuffa vagamente offeso e, di nascosto
dalla ragazza, per ripicca dà un pizzicotto ai fianchi di
Pitch che,
prontamente, lo restituisce con gli interessi.
«E
anche due bambini senza speranza» aggiunge Katherine,
scuotendo la
testa, malgrado tutto divertita.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
È
accomodata in cucina a terminare la sua spremuta di arancia, quando
Pitch fa prudentemente capolino dallo stipite dell’uscio,
strappandole un sorriso felice.
«Buongiorno!
Hai dormito bene?» gli chiede gentilmente.
Curiosamente,
lo spirito allarga appena gli occhi e le sue gote si tingono di un
rosa più acceso.
«Mh»
mormora semplicemente in assenso, per poi raggiungere la ragazza al
tavolo.
Lei
lo osserva, pensierosa, reclina il capo a lato e lo poggia mollemente
sul palmo di una mano.
«C’è
forse qualcosa di cui vorresti parlarmi?» si fa avanti, dato
che lui
non è palesemente intenzionato a emettere un solo fiato.
Di
nuovo la sfumatura del suo incarnato si fa più accesa e
abbassa lo
sguardo sulla neutrale superficie di legno sotto le sue mani.
«No,
nulla» soffia, visibilmente imbarazzato.
Katherine
accenna un piccolo sorriso divertito, poi fa scivolare verso di lui
una bella scatola di latta decorata con motivi marini.
«Hai
fame? Ci sono dei biscotti e del tea, se vuoi» offre.
Pitch
soppesa l’offerta e annuisce piano, sfiorando con un dito il
contorno della scatola.
«Akh?»
chiede Katherine.
Pitch
sobbalza leggermente e si schiarisce la voce con discrezione.
«In
giro a volare, suppongo» risponde con un ostentato
disinteresse che
non convince nemmeno sé stesso.
«Capito»
replica Katherine, posando una caraffa con dell’acqua
bollente per
il tea vicino alle lunghe dita dello spirito. «Vorrei che mi
accompagnassi in un posto, più tardi» aggiunge,
quasi per caso.
Lui
volta il capo e la soqquadra a chiederle maggiori dettagli.
«C’è
qualcosa che mi piacerebbe mostrarti» si limita a spiegare,
facendogli segno di servirsi pure.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Lo
attende pazientemente; in fondo non ha nessuna fretta e lui le
è
parso da subito un po’ nervoso. Non le è ben
chiaro il motivo,
anche se sospetta già qualcosa; ma dato che non ha alcuna
intenzione
di alimentare il suo imbarazzo, con il concreto rischio di indisporlo
e favorirne il malumore, ha deciso che sia meglio mantenere un
prudente silenzio e attendere che lui sia pronto a parlarle senza
forzature. Intanto si rilassa osservandolo sgranocchiare biscotti e
sorseggiare elegantemente tea nero; ridacchia, riflettendo che in
quel momento sembra un lord inglese.
«Perché
sorridi?» la sorprende inaspettatamente lui.
«Nulla,
mi piace il modo in cui reggi la tazzina. Mi ricorda tanto quei
vecchi film in bianco e nero sull’aristocrazia
britannica».
Pitch
fa del suo meglio per affogare nel suo tea. Quando ne esce, sano e
salvo ma con una sotterranea sensazione di disagio, la fissa incerto.
Lei
invece ha le labbra socchiuse, sul volto un’espressione
chiaramente
sorpresa.
«Guarda
che non volevo offenderti, te l’assicuro».
«Ne
sono certo» replica lui con voce tremolante.
Così
Katherine, onde scongiurare possibili fraintendimenti e
incomprensioni, poggia una mano sul suo avambraccio e gli offre un
innocente sorriso di scuse, per qualunque parola sbagliata possa aver
pronunciato senza minimamente avvedersene.
«Andiamo?»
chiede Katherine, dopo essersi stiracchiata e rimessa in piedi.
«Volentieri»
replica Pitch, guardandola dubbioso, «ma non so
dove» fa notare.
«Ah,
non ti preoccupare. Guido io, come al solito» ridacchia lei,
facendo
sollevare gli occhi al cielo allo spirito.
Così
sale velocemente di sopra, avvisa la nonna che sta uscendo, poi si
precipita giù e, afferrata saldamente una mano dello
spirito, lo
trascina di nuovo fuori.
«Dove
andiamo?» chiede lui per l’ennesima volta.
Lei
si limita a fare un piccolo sorriso e ad annuire.
«Vedrai.
Per ora prendiamo l’autobus».
«A-Tó-Bas?»
chiede Pitch, interdetto.
«Non
ci sei mai stato?» si informa, incerta.
Pitch
scuote la testa, spiazzato e un filo impensierito.
«Oh,
beh, c’è sempre una prima volta»
sdrammatizza lei.
«Una
prima volta per cosa?» si allarma definitivamente.
«Che cosa
sarebbe questo atóbas?».
«Autobus,
Pitch. È quello lì, vedi?» gli indica
lei, mostrandogliene uno in
arrivo.
Pitch
sgrana gli occhi e, suo malgrado, indietreggia di un passo.
«E…
cosa dovremmo farci?» tituba.
«Salire,
Pitch. È facile, sai. Guarda me e seguimi» esclama
felice (lei).
«Sa-salire?»
incespica, costernato. «Katherine!» esclama un
po’ spaventato
quando lei scivola via dalla sua stretta e corre sopra quell’atóbas.
Senza
perdere tempo, la segue velocemente e quasi finisce gambe
all’aria
quando l’autobus riparte. Frastornato, si rimette
faticosamente
diritto, imprecando fra sé nel tentativo di mantenere
l’equilibrio
dentro quella trappola diabolica.
«Sei
proprio sicura che non sia pericoloso questo… ATÓBAS?»
sibila irritato.
Lei
si limita a stirare le labbra in un sorriso rassicurante e a reggersi
a un sostegno. Così lui è costretto a farsi
bastare quella sua
risposta inconcludente e a cercare di rimanere con i piedi per terra.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Sono
costretti a cambiare altri due mezzi prima di giungere ovunque
Katherine lo stia conducendo ma, finalmente, dopo più di
un’ora,
lei gli annuncia che sono arrivati, e lo fa con
un’espressione così
felice e soddisfatta che Pitch non è neppure in grado di
tenersi
stretto alla sua precedente irritazione.
Si
limita a sospirare un «Meno male» molto sentito e a
seguire i suoi
passi lungo una strada che presto si trasforma in sentiero,
riempiendosi di verde erba fresca e piccole, compatte siepi laterali.
«Katherine,
dove…» ritenta, dubbioso.
«Pazienza.
Tra pochissimo lo vedrai con i tuoi stessi occhi e spero
varrà le
pene per arrivare fino a qui» promette lei.
«Mh»
soffia Pitch, al momento indeciso tra preoccupazione e
curiosità.
Tuttavia,
come anticipatogli dalla ragazza, presto raggiungono un’ampia
e
bassa costruzione in mezzo alla campagna e Pitch schiude le labbra
sorpreso, riconoscendo il tipo di struttura.
«Questa
è…» prova, senza tuttavia avere il
tempo per aggiungere altro.
Veloce,
Katherine lo guida in una precisa direzione e lo spirito si ritrova a
sgranare gli occhi: di fronte a loro un ampio pascolo recintato da un
grosso steccato in legno e, sparse sul prato, decine di cavalli.
Pitch boccheggia mentre il suo sguardo si sposta freneticamente da un
animale all’altro senza sosta.
Katherine
lo trascina con decisione più avanti e si arrampica sullo
steccato.
«Ti
piace?» domanda entusiasta.
Lui
distoglie a fatica gli occhi dai cavalli e la guarda con meraviglia.
Piano, annuisce e stiracchia un sorriso tremolante, al quale
Katherine risponde con uno che quasi lo abbaglia.
«Bene,
perché ho un’altra sorpresa per te»
annuncia, fremendo
visibilmente per l’anticipazione. «Aspettami qui
solo un momento».
Lesta,
scende dal lato opposto dello steccato. Pitch la osserva muoversi con
fluidità sul prato, di tanto in tanto rallentare per
salutare
qualcuno degli animali che evidentemente la conoscono, infine
fermarsi di fronte a un imponente frisone con il quale sembra
scambiare poche e amichevoli parole. Sia la ragazza che lo stallone
riprendono il cammino, questa volta in direzione dello spirito che
fissa la coppia un po’ incredulo e insieme ammirato.
«Eccomi.
Ci ho messo poco, visto» esordisce Katherine, la quale sembra
non
poter più stare nella pelle dalla gioia.
«Ho
visto» soffia Pitch, incapace di staccare gli occhi dal
cavallo. «E…
lui?» chiede cauto.
Katherine
sorride. «Speravo che me lo chiedessi, sai. Lui è
il mio cavallo.
Ha quasi quattro anni e ci conosciamo da quando aveva solo un paio di
mesi. Ti piace?» domanda fremente.
«È…
molto bello, sì» conferma Pitch in un sussurro
appena.
Nel
frattempo il cavallo lo osserva incuriosito e si avvicina cauto nel
tentativo di capire di cosa possa trattarsi.
Katherine
ridacchia quando il cavallo annusa Pitch e lo spirito non
può fare a
meno di imitarla.
«Sai,
credo stia cercando di catalogarti. Ma non hai l’odore delle
altre
persone e… forse ti trova buffo» ridacchia
nuovamente.
Pitch
gonfia le guance, vagamente offeso per quel buffo,
ma uno sbuffo del cavallo gli impedisce di trattenere la propria
ilarità.
«D’accordo,
hai vinto tu: sono uno spirito. Contento?» sbotta
scherzosamente
all’indirizzo del cavallo.
Incredibilmente,
l’animale annuisce con un atteggiamento piuttosto elegante e
garbato, sorprendendo sia lo spirito che la ragazza.
«Ehi,
indovina come si chiama» bisbiglia d’un tratto,
cospiratoria.
Lui
la fissa interdetto e solleva scettico un sopracciglio.
«Come
potrei saperlo?» fa notare.
«Oh,
guastafeste!» borbotta Katherine, facendogli la linguaccia.
«Te lo
dico io, allora» si risolve, rivolgendosi però al
cavallo stesso.
«Onyx» chiama decisa, e il cavallo distoglie la sua
morbosa
attenzione dallo spirito, accostandosi alla ragazza e dandole un
gentile buffetto con il muso.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Pitch
sta ancora fissando, immobile e attonito, la ragazza in compagnia del
suo cavallo. È sorpreso, è confuso, è
un tantino ansioso e
sgomento, e forse (ma solo forse,
badate) un pizzico commosso.
«Il
suo nome… C-come…?» incespica,
frastornato.
Katherine
sta tirando giocosamente la criniera del cavallo, il quale sospira
rassegnato, ma al tentativo di richiesta del suo Pitch si scosta
appena e indirizza allo spirito un sorriso malinconico.
«Sai,
era così sottile, e tutto nero, la prima volta in cui
l’ho visto.
Ammetto che mi ha ricordato te. Così… nulla, ho
pensato che fosse
un buon modo per non scordarti» mormora.
«Mh»
esala Pitch con gli occhi sgranati.
«Già»
ribatte lei, un poco scossa. «Stai bene?» chiede
poi, notandolo più
pallido del solito.
«Io…
s-sì, credo» dubita Pitch, spostando lo sguardo
dalla ragazza al
cavallo e viceversa. «Mi dispiace» sussurra
contrito.
«Pitch,
di che cosa?» ribatte Katherine, accostandosi a lui e posando
una
mano sulla sua guancia.
«Forse
Akh aveva ragione, forse avrei dovuto tornare prima da te,
forse…»
tituba.
Katherine
si arrampica sulla staccionata e attira a sé lo spirito.
«Devi
proprio smetterla di prenderti colpe e responsabilità che
non hai.
Di questo passo, un giorno o l’altro di verranno i capelli
bianchi,
sai».
Gli
occhi di Pitch si spalancano, incontrando solo il nero della coda di
Katherine.
«I
miei capelli mi piacciono così, grazie. Vorrei proprio
sapere perché
ve la prendete sempre con loro» si lamenta lo spirito.
Katherine
ridacchia, poi si scosta appena e lo fissa attenta.
«Anche
a me piacciono così» ammette divertita.
«Chi altri se la prende
con loro?» indaga incuriosita.
«Akh»
borbotta Pitch, con una smorfia infastidita. «Ha minacciato
di
trascinarmi fino a qui per i capelli».
«Uhohh!
Intrigante» esclama maliziosa, godendosi il leggero
imporporarsi
delle gote di Pitch.
«Da
quando sei così sfacciata?» domanda piccato.
«Ma
da sempre. Però, nel frattempo, sono cresciuta e ho imparato
un bel
po’ di cosette interessanti» insinua con un ghigno.
«Non
le voglio sapere!» esclama Pitch, allarmato. «Sono
una persona
seria, io» precisa rigidamente.
«Fin
troppo» ammette Katherine, scoccandogli un bacio di
consolazione
sulla guancia.
«Impudente»
borbotta Pitch, rassegnato.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Katherine
ha convinto Pitch a concedersi una passeggiata a cavallo. Quello che
però ha inizialmente dimenticato
di precisare è che al suo cavallo non piacciono i finimenti
e che
pertanto cavalcheranno a pelo. Pitch, a quella notizia, la fissa con
espressione attonita e oltraggiata.
«Per
chi mi hai preso? Non sono certo un selvaggio, io» protesta
vivacemente.
«Questo
lo so, Pitch. Ma ti posso assicurare che non è difficile
come
sembra. L’ho fatto molte volte e, come puoi vedere, sono
ancora
viva e vegeta» spiega tranquillamente Katherine.
«Ma
non… Io…» incespica lo spirito, confuso.
Katherine
sorride, conciliante. «Prometto solennemente che nessuno si
romperà
l’osso del collo, oggi».
«Mh»
soffia, poco convinto e per nulla rassicurato.
«Hai
paura, forse?» ghigna.
Pitch
si irrigidisce e soffia, quasi fosse ancora un gatto.
«No
di certo!» esclama offeso. Ma gli basta un’occhiata
al sorrisetto
vittorioso di Katherine per sapere di essere appena stato beffato.
«Uff» borbotta seccato. «Facciamo questa
stupida cavalcata,
dunque».
Ed
è così che Pitch, un po’ incerto e
traballante, sale in groppa al
nero stallone, alle spalle della ragazza, e (solo per sicurezza,
naturalmente) si aggrappa ai suoi fianchi. Quando Katherine si volta
indietro per chiedergli conferma, lo fa anche il cavallo, e Pitch
solleva un sopracciglio, interdetto per l’inusuale
comportamento di
quello che, a prima vista, sembrerebbe un semplice animale.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Mentre
vasti prati e radure verdeggianti si susseguono, dolcemente
accarezzate dal tiepido sole pomeridiano, Pitch abbozza un sorriso
soddisfatto e riflette che, come spesso è successo,
Katherine ha
avuto ragione anche in questa occasione: quella tranquilla
passeggiata in mezzo alla natura in groppa al suo cavallo non solo
non ha portato alcun tipo di incidente ma ha anche contribuito a
rasserenare il suo animo, agitato fin dal risveglio di quella
mattina.
«Tutto
bene?» si informa Katherine, voltando appena il capo.
«Mh»
conferma Pitch, tranquillo.
«Quando
eri umano, cavalcavi?» si interessa la ragazza.
Lui
poggia delicatamente il mento sulla sua spalla e chiude un momento
gli occhi, godendosi il gentile venticello e il profumo di un
ruscello non troppo distante.
«Non
c’erano cavalli, nel mio mondo» commenta pacato.
Lei
sbatte le ciglia, interdetta e sorpresa, osservandolo con la coda
dell’occhio.
«Niente
cavalli?» dubita. «Ma allora, se non avevate mezzi
di trasporto a
motore come le nostre auto, né cavalli, con cosa vi
spostavate?» si
incuriosisce.
«Con
le navi spaziali» spiega, tranquillo.
Katherine
aggrotta le sopracciglia, dubbiosa, e si volta per osservarlo con
più
facilità.
«Per
i lunghi percorsi, posso capirlo; ma se, per esempio, desideravate
andare a trovare degli amici dall’altra parte della
città? O
avevate bisogno di fare la spesa? O anche solo intendevate
accompagnare i figli a scuola?».
Pitch
ridacchia leggermente e scuote piano la testa.
«A
piedi per tutte le domande, tranne per la spesa; quella veniva
consegnata a domicilio dai fattorini che la trasportavano con veicoli
di terra, molto simili a quei carri che avevate tempo fa trainati dai
cavalli, con la differenza che i nostri erano sospinti in modo
meccanico, come le navi spaziali» spiega di buon grado.
«Urgh…
Autonomia zero, eh?» obbietta Katherine.
«In
effetti» conviene Pitch, reclinando il capo di lato per
meglio
godersi il panorama che va digradando fino all’annunciato
torrente.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Quando
fanno ritorno alla scuderia, prima di congedarsi dal cavallo e
avviarsi verso casa, Onyx si avvicina a Pitch e lo colpisce
gentilmente sul petto con il muso, osservandolo con una strana
intensità che diviene quasi inquietante. Katherine, invece,
sorride
visibilmente lieta e, allo sguardo perplesso dello spirito, decide di
spiegarsi.
«Tu
gli piaci, sai. È un cavallo un po’ snob, il mio;
spesso, quando
un estraneo si avvicina, Onyx si volta dall’altra parte a
mostrare
il suo sdegno. Credo ti trovi molto interessante, invece: ogni volta
che ti guarda poi fatica a distogliere l’attenzione da
te».
Incrocia le braccia al petto e accenna un sorrisetto divertito.
«Dì
la verità: lo hai stregato?» ipotizza ironica.
Pitch
sbuffa una mezza risata a quella prospettiva e scuote la testa.
Tuttavia si sofferma a fissare gli occhi neri del frisone e,
lentamente, allunga una mano ad accarezzare la sua fronte. Solleva un
angolo delle labbra, annuisce piano e infine si scosta.
«Confido
che potremo rincontrarci, un giorno» soffia, indietreggiando
e
raccogliendo nella sua una mano di Katherine. «Se non ti
dispiace,
questa volta guiderò io. Temo non potrei sopportare la vista
di un
altro atóbas,
per
oggi».
Katherine
ride e acconsente. Un istante dopo svaniscono nel nulla, lasciando
Onyx a osservare il vuoto con occhi strabuzzati.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Il
viaggio di ritorno è decisamente di più breve
durata, e Katherine
sfarfalla le ciglia per la sorpresa di ritrovarsi già di
fronte a
casa sua o, per meglio dire, di fianco. Sorride all’indirizzo
di
Pitch che, dal canto suo, solleva un sopracciglio, interdetto.
«Questa
è nuova, sai. Non è lo stesso metodo che usa
Akh».
«No,
è quello che hai visto ieri mattina, quando sono
tornato» spiega lo
spirito.
Katherine
spalanca gli occhi, interessata.
«Sul
serio? Quindi è così che ti sposti attraverso le
ombre» rimugina
incuriosita.
Pitch
si limita ad annuire e attendere il seguito che percepisce in arrivo.
«Come
funziona?» incalza infatti lei.
«Ehr…
Non sono certo di avere le credenziali per poter spiegare questo
genere di cose» prova incerto.
Katherine
si imbroncia e lui le offre un sorriso di scuse.
«Immagino
non ci siano speranze che io possa imparare una delle vostre
tecniche, dunque».
«Katherine»
tenta Pitch, prudente, «tu sei…».
«Un
essere umano. Sì, lo so, me lo ricordo piuttosto
bene» borbotta la
ragazza.
«Giusto»
conferma, piegando appena il capo di lato. «Ma in effetti non
sei
propriamente come la maggior parte degli esseri umani,
quindi…».
«Quindi?»
chiede Katherine, trepidante e con il fiato sospeso.
«Potremmo
fare un tentativo» propone Pitch, abbozzando un piccolo
sorriso
gentile. «In fondo nessuno ci vieta di provare».
Gli
occhi di Katherine brillano di gioia e lei balza al collo dello
spirito, stritolandolo e saltellando felice.
«Grazie!
Oh, grazie, grazie, grazie» mormora eccitata al suo orecchio.
Pitch
la stringe a sé e pensa che difficilmente
riuscirà a sentirsi più
lieto di così.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Dopo
aver avvertito la nonna del suo ritorno, Katherine e Pitch salgono
assieme fino alla camera dello spirito e lì, come sempre
appollaiato
sul davanzale, trovano Akh ad aspettarli.
«Bentornati»
li accoglie gentilmente, indugiando un lungo momento sulla figura di
Pitch. Sorride, apparentemente soddisfatto di ciò che vede.
«Ti
trovo bene».
Pitch
annuisce, impacciato, e si siede prudentemente sul bordo più
lontano
del letto.
«Akh,
potrei parlarti?» chiede inaspettatamente Katherine.
Akh
la scruta, sorpreso, e sposta un momento lo sguardo incerto
sull’altro spirito.
«Io
e te da soli, se è possibile» specifica la ragazza.
«Uhm…
D’accordo, perché no» acconsente, seppur
titubante.
Seguiti
dall’occhiata perplessa di Pitch, Katherine conduce Akh fuori
dalla
camera dello spirito e lo fa accomodare nella propria. Akh è
visibilmente nervoso, lo nota presto e riesce perfino a immaginarne
il motivo, ma decide di fingere di non essersene avveduta. Invece gli
indica la sedia della sua scrivania, invitandolo a sedersi.
«Ho
questa idea» esordisce la ragazza, incrementando
l’agitazione
dello spirito. «Ma mi serve la tua collaborazione e anche
quella di
Emily Jane».
Akh
la fissa interdetto e ammutolito, ma gli fa comunque cenno di
proseguire. Così Katherine si accomoda a sua volta e,
risoluta,
spiega allo spirito della Luce il suo piano per aiutare Pitch a
ritrovare definitivamente la sua libertà.
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
2038
d.c. –
novembre
«Quanto
tempo starai via?».
«Non
ne sono certa, nonna. Ma spero di sbrigarmela in un paio di
settimane».
La
donna la osserva, visibilmente preoccupata.
«Potrò
chiamarti?» chiede nervosamente.
Katherine
sorride, rassicurante, e le mostra il suo piccolo palmare.
«L’avrò
con me. Se ti servirà, potrai cercarmi» promette.
«Bene»
soffia la donna, nonostante appaia ancora molto combattuta.
«Mi
raccomando, però, cerca di non metterti nei guai».
«Non
più del solito, nonna» scherza Katherine, allegra,
facendo sbuffare
la povera donna.
«Dico
sul serio» l’ammonisce.
«Lo
so. Prometto che non mi caccerò nei guai» esclama
risoluta. “Non
di mia iniziativa” aggiunge mentalmente.
«D’accordo.
Ma se farai più tardi mi dovrai avvisare, va
bene?» si accerta.
«Lo
farò. Non preoccuparti, nonna. Starò
attenta» assicura
volenterosa.
Detto
ciò le stampa un rumoroso bacio su entrambe le guance,
raccoglie il
grosso zaino, lo issa sulle spalle (traballando già mezza
tramortita
dal peso) e, dopo un ultimo sorriso e un saluto alla nonna, esce
finalmente di casa.
Svoltato
il primo angolo si ritrova di fronte Akh e Pitch e il suo sorriso si
allarga.
«Cielo,
meno male: questo coso
pesa una tonnellata!» esclama, scaricando lo zaino fra le
braccia di
Akh e aggrappandosi al collo di Pitch.
Akh
li fissa irritato e borbotta «Perché a te gli
abbracci e a me i
bagagli?».
Pitch
ridacchia divertito.
«Perché
io sono più affascinante?» ipotizza malizioso,
guadagnandosi
un’occhiata truce dallo spirito della Luce.
«Sei
solo un maledetto bastardo, ecco cosa» sbotta seccato.
«Oh
su, bambini, non litigate!» esclama Katherine, felice,
aggiungendo
con un ghigno «Se no poi vi tocca fare la pace, e qui ci sono
delle
signore impressionabili».
Pitch
arrossisce, come da manuale, Akh al contrario le indirizza uno
sguardo affilato e inizia a brontolare sommessamente come una pentola
di fagioli.
«Bene,
vogliamo avviarci?» propone la ragazza, allegra ed
elettrizzata per
il viaggio.
Pitch
annuisce e le circonda la vita con un braccio, poi solleva un
sopracciglio all’indirizzo di Akh che, seppur sbuffante, gli
afferra un braccio e trasferisce tutti a destinazione.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
Quando
giungono sul posto non è ancora sorta l’alba e il
paesaggio è
immerso nella foschia del primo mattino. Fa freddo; Katherine
rabbrividisce e si stringe meglio nel cappotto. Pitch le offre una
mano, mentre Akh bussa discretamente al portone. Nessuno sembra
essere in casa, tuttavia, e i tre visitatori stanno già
pensando di
dover trascorrere un tempo indefinito all’addiaccio, quando
una
folata più gelida delle altre irrompe nel gruppetto, facendo
volare
letteralmente via sia Katherine che Akh, il quale è comunque
rapido
nel riprendere il controllo e riacciuffare la ragazza prima che si
schianti disastrosamente al suolo.
«Che
diavolo è stato?» indaga Katherine, ancora
parecchio frastornata.
Akh
piega le labbra in una smorfia contrariata e le indica quella che, a
una prima occhiata, era parsa a Katherine una semplice nuvola grigia
e che invece scopre essere la poco accogliente padrona di casa.
«Beh,
ammetto che speravo in un benvenuto meno turbolento e un inizio
più
tranquillo» soffia la ragazza.
«Mah,
sai come sono questi Pitchiner. Tranquillo
non fa parte del loro vocabolario».
Katherine
sorride divertita e fa segno ad Akh di riportarli a terra. Quando i
due si riavvicinano, Pitch ed Emily Jane stanno animatamente
discutendo.
L’oggetto della diatriba, questa volta, sembra essere proprio
Katherine e il modo poco simpatico con il quale è stata
accolta.
«Scusate»
prova a inserirsi la ragazza. «Ehm… Per favore,
non mi sembra il
caso di…» ritenta.
Un
paio di saette, scaturite apparentemente dal nulla, costringono Akh
ad acchiappare Katherine al volo e spostarla per evitarle di finire
abbrustolita.
«Akh?»
chiede per sicurezza.
«Sì?»
risponde questi, mentre sorvolano prudentemente i due litiganti.
«Questo
è normale?» si informa.
«Assolutamente
sì, e per i motivi più disparati»
conferma lo spirito della Luce.
«Che
razza di famiglia di svitati» commenta Katherine.
«Ah,
parole sante, principessa» concorda saggiamente Akh.
ҩ
ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ
… Più
tardi, quel pomeriggio …
«Così,
tu pensi che potremmo trovare qualche spirito disposto a intercedere
per noi con gli altri e che possa confermare le buone intenzioni di
mio padre?» riassume Emily Jane, dopo aver attentamente
ascoltato il
supposto piano di Katherine per offrire a Pitch un po’ della
libertà che cerca.
«Secondo
me è possibile. Ne ho parlato con Akh, tempo fa. Crediamo
che,
scegliendo il soggetto più adatto, potrebbe essere un
progetto
realizzabile» conferma Katherine.
Emily
Jane, in realtà, sembra molto scettica e un po’
perplessa. Certo,
la ragazza è giovane e ancora evidentemente piena di buoni
propositi
e grandi speranze. E tuttavia non immagina chi potrebbero convincere
a mettere a repentaglio il proprio buon
nome
a beneficio di uno spirito i cui precedenti sono fin troppo,
oscuramente, conosciuti.
«Chi
mai potrebbe accettare di fare una cosa simile sulle uniche basi
della nostra discutibile buona fede?» domanda infatti,
scettica.
«Qualcuno,
forse, ci sarebbe» mormora Pitch, che è rimasto a
lungo in silenzio
ad ascoltare gli scambi di opinioni delle due.
Entrambe,
a quelle parole, si voltano verso di lui con identiche espressioni
sorprese.
«Di
chi parliamo?» si informa Emily Jane, suo malgrado curiosa.
«Di
un tuo vecchio amico» offre Pitch, guardingo.
«Non
so a…» comincia la donna. Ma d’un tratto
spalanca gli occhi,
frastornata, e scoppia a ridere, scuotendo la testa. «Sei
impazzito,
forse? D’accordo puntare in alto, ma… Un
guardiano! Come speri di
avvicinarti a sufficienza, evitando al contempo che ti faccia a
fettine seduta stante?» sbotta costernata.
Il
ghigno che si apre sul volto del padre non è affatto
rassicurante.
«Non
io, Emily Jane. Sarai tu a farlo».
La
donna assottiglia minacciosamente gli occhi e sembra intenzionata a
surgelare tutti i presenti per rinfrescare loro le idee, ma uno di
loro decide di giocare d’anticipo e bloccare sul nascere
l’ennesima
lite colossale.
«Gentilmente,
vorreste spiegare anche ai profani di cosa, o chi, state
parlando?»
si intromette Katherine, certa di fare le veci anche di Akh, vista la
sua espressione confusa ed esasperata.
«Secoli
fa, prima di capitare sul vostro pianeta, Emily Jane
incontrò sulla
propria strada una creatura dello spazio» inizia a spiegare
Pitch.
«Star
Captain, un pilota interstellare» si inserisce la donna.
«La sua
occupazione principale era pilotare comete e offrire sogni in cambio
di desideri».
«La
gente inviava i propri desideri alla volta celeste, affidandoli alle
stelle cadenti. Gli Star Captains che controllavano e pilotavano
quelle stelle raccoglievano i desideri e, quand’era il
momento,
donavano in cambio bei sogni» prova a chiarire Pitch.
«Così
Emily Jane conosce uno di questi piloti?» indaga Katherine,
incuriosita.
La
donna annuisce e si prende un momento per riflettere sulle
implicazioni della proposta del padre.
«Certo,
potrei andare da lui e parlargli. Ma nessuno ci garantisce che
accetterebbe di aiutarci. E se, dopo aver scoperto che sei ancora in
circolazione, decidesse di non potersi fidare di noi e avvertisse gli
altri guardiani? Ci hai pensato? Non credo mi garberebbe ritrovarmi
qui quei cinque scalmanati a infestare la mia tranquilla
foresta»
protesta.
Pitch
abbozza un piccolo sorriso e scuote la testa.
«Non
intendo metterti nei guai, Emily Jane. Comprendo benissimo quanto
possa rivelarsi rischioso e, probabilmente, dovremo ponderare al
meglio le nostre possibilità. Eppure… Se ci fosse
anche solo una
probabilità di successo, credo varrebbe la pena tentare.
Ammetto che
Katherine, in questo, è piuttosto persuasiva»
aggiunge, spostando
brevemente lo sguardo sulla ragazza e accettando con gratitudine la
sua mano posata sulla spalla.
«Se
ti accompagnassi, credi sarebbe d’aiuto?» offre Akh
a un’attonita
Madre Natura.
«In
che modo?» si accerta.
«Magari
la mia presenza potrebbe concorrere ad avvalorare le tue
parole»
ipotizza lo spirito della Luce. «Insomma, è lecito
aspettarsi che
fra creature di natura simile vi sia un certo legame».
«Stai
dicendo che potresti fungere da spia rivelatrice? Una sorta di
rilevatore di menzogne» dubita Emily Jane.
«Forse.
In ogni caso non credo che la mia presenza aggraverebbe il motivo
della tua».
«Dunque
vale la pena tentare» concorda Pitch.
«Sta
bene. Ma, a conti fatti, chi è questo tipo che andreste a
incontrare?» vuol capire Katherine.
Emily
Jane la fissa intensamente per un istante che le pare interminabile;
poi, inaspettatamente, sbuffa una mezza risata.
«Sanderson
Masnoozie, anche se qui nel vostro mondo tutti lo conoscono come
Sandman».
Fine
ˇ
ˇ
ˇ
ˇ
L’Angolino
Buio e Polveroso dell’Uomo Nero (e dell’autrice a
cui piace
maltrattarlo)
Ehilà!
Penso
proprio che, almeno per il momento, questa possa considerarsi una
fine. Né Pitch né la sottoscritta sentiamo tutta
questa impellente
necessità di incontrare guardiani
scalmanati (come
dice la nostra Emily Jane), nonostante sia stata un'idea sua e,
immagino, prima o poi gli toccherà per forza di cose.
Vedremo.
Per il momento ho altro su cui lavorare, che già mi complica
non
poco la vita.
Di
nuovo, ringrazio tutti i lettori di questo racconto, e certamente
_Anthos_
di
cui apprezzo sempre il parere e il modo in cui riesce a strapparmi un
sorriso e qualche buona idea (o cattiva, dipende dai punti di vista
X°D).
Benissimo.
Con questo vi lascio, per ora.
Un
saluto,
Roiben
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
|