Exodus - La spada del potere

di gearfried
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - La Scoperta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

Stava calando la nebbia, e con essa la buona stella che lo aveva accompagnato negli ultimi giorni sembrava destinata a scomparire. Aveva perso i conti, Agro, dei kilometri che aveva percorso senza guardarsi mai indietro, mentre il tempo perdeva significato e lo scorrere delle ore – o forse dei giorni, non ne era certo – passava lentamente, scandito soltanto dai suoi respiri ansanti e dal rumore leggero dei suoi passi sulla strada.

Strinse più forte le dita attorno all’elsa della spada nascosta sotto il lungo mantello nero, l’ultima eredità che il suo popolo, la Civiltà della Scienza, aveva lasciato e che lui, come ultimo sopravvissuto di quella stirpe alla follia dei maghi di Iubensburg, la Capitale delle Arti, si era imposto di difendere, anche a costo della sua vita.

Exodus, la Dominatrice d’Arti, era il nome della spada che l’uomo stringeva a sé mentre correva per le strette vie di Meter City, che un tempo era stata la capitale del suo popolo, ormai divenuta solamente una delle tante città fantasma rase al suolo e infestate da malviventi e assassini.

Correva, Agro, deciso a non farsi trovare prima di aver completato il compito che gli era stato affidato, e, mentre correva, osservava con orrore le immagini che gli si paravano d’innanzi imprimersi a fuoco nei suoi occhi stanchi; case cadenti, fatte a pezzi dalla forza di un gigante, robot distrutti, ridotti a un ammasso contorto di cavi a lamiere, e fabbriche desolate, quando un tempo il vociare delle persone all’interno raggiungeva anche la strada. E tutto quello, tutta quella carneficina inutile, quel sangue versato che non aveva fatto altro che bagnare ancora di più la terra, colorandola di rosso e alimentando un odio che non si sarebbe mai estinto, tutto quello era solo a causa della follia incontrollata dei maghi, che avevano distrutto la città che per secoli li aveva sostenuti.

Agro si fermò all’improvviso, osservando da sotto il cappuccio, nel buio della notte senza Luna, il Palazzo di Giustizia, nel centro della città distrutta, un vero labirinto per chiunque non conoscesse l’edificio. Il Palazzo di Giustizia, decise l’uomo, era il luogo perfetto, in quel momento, per nascondersi per un po’ per terminare Exodus.

 

Agro varcò la soglia di quel luogo ormai semidistrutto, camminando sicuro per i corridoi fino alla sua meta, la sala del Consiglio dei Capi Maggiori; mentre i suoi passi risuonavano sulla pietra fredda, nella sua mente le voci di un tempo rimbombavano, riportandolo al tempo in cui quel luogo era stato pieno di vita, nonché il centro nevralgico della stessa Meter City. Quando quei corridoi ora vuoti pulsavano di vita e le voci degli scienziati che decantavano una nuova scoperta di poteva sentire soltanto passando accanto al Palazzo, prima della distruzione a opera dei maghi.

I suoi passi si fermarono all’improvviso, una volta giunto al centro della sala del Consiglio; il suo sguardo vagò per un istante nella sala, alla ricerca di qualcosa che fosse rimasto intatto nel tempo, sopravvissuto alla furia e alla catastrofe, ma non lo trovò; soltanto macerie e vetri infranti, quelli delle grandi finestre sopra gli scranni dei Capi, costruite un tempo grazie alla grande maestria di un famoso artigiano, ricoprivano il pavimento della sala.

Si sedette a terra, tirando fuori un vecchio portatile e collegandolo alla spada. Doveva finire di programmarla e apportare le ultime modifiche per poterla rendere perfetta.

Per un periodo che sembrò lunghissimo, il ticchettio costante delle sue dita sulla tastiera fu l'unico suono che arrivò alle sue orecchie, ma Agro non ci fece caso, abituato alla solitudine che lo aveva accompagnato in quella fuga disperata. 
Le sue dita smisero di armeggiare con il computer, fermandosi all'improvviso. Era pronta. Staccò i fili che collegavano la spada al dispositivo, accarezzandone il filo della lama con mani esperte. Afferrò l'elsa cromata con la stessa sicurezza di un vero spadaccino, e appena le sue dita si strinsero attorno ad essa la devastante potenza della spada si rivelò, riducendo in polvere ciò che ancora non era stato distrutto.
Una risata si fece strada nella sua gola, crescendo d’intensità fino a trasformarsi in latrato colmo di follia e determinazione. Ce l’aveva fatta, era riuscito a creare l’arma con cui avrebbe salvato il suo popolo, con cui avrebbe finalmente fatto scorrere il sangue di quegli stupidi maghi. Grazie ad Exodus era stato in grado di distruggere completamente la stanza dei Capi, nonostante i test fatti prima della guerra dicessero che non possedeva alcun briciolo di magia.

Non seppe cosa lo spinse, forse la follia del momento o la volontà che quell’ultima eredità non cadesse in mani sbagliate, ma conficcò Exodus proprio lì, al centro della sala distrutta, nel pavimento di marmo crepato, e se ne andò, lasciando la spada ad attendere colui che avrebbe vendicato i suoi creatori.  

 

Passò una settimana, e ancora una volta Agro si ritrovò in fuga, sempre più vicino alla morte. Aveva finito i viveri pochi giorni prima, e mentre cercava di procurarsene degli altri era stato ferito al petto da una lama di ghiaccio.

Con le ultime forze che gli rimanevano, decise di tornare a Meter City, la città dove tutto aveva avuto inizio e dove riposava l’ultima speranza dell’umanità. Quando arrivò, si recò nel Palazzo di Giustizia, arrancando fino a ciò che rimaneva della sala del Consiglio, luogo di riposo di Exodus.

Un giorno quella spada sarebbe stata impugnata da colui che sarebbe diventato importante in quel mondo che aveva rifiutato la scienza, riscattandone il buon nome, ne era certo. E, con questa speranza, Agro esalò il suo ultimo respiro, accasciato accanto ad Exodus.

 

Mille anni dopo nacque.

 

 

 

 

Angolo autore

 Eccone un’altra, e come sempre, ancor prima di iniziare è già incompiuta! Vedete di rallegrarvi, oggi siamo già a due storie.

Anche se erano già scritte e corrette fa niente…

Gearfried 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - La Scoperta ***


Capitolo 1
 
“E come puoi vedere unendo idrogeno e ossigeno otterrai dell’acqua ...”
Azazel, la madre di Cosmos, la più grande alchimista di quel secolo, soprannominata in gioventù ‘la Fanciulla Macabra’ spiegava al figlio le ultime basi per poter sopravvivere alla prova che avrebbe affrontato il giorno del suo sedicesimo compleanno; la prova, che serviva per entrare nell’età adulta, in cui un mago avrebbe potuto avere la sua prima arma magica.
Sia Azazel che Endymion, padre del ragazzo, erano preoccupati: da anni ormai cercavano di sbloccare una situazione disperata per salvare la vita al figlio, infatti avevano scoperto che Cosmos non poteva usare la magia e se il governo l'avesse scoperto sarebbe stato ucciso senza la benché minima pietà, considerato un traditore per la sua mancanza di poteri. Cosmos non era a conoscenza della sua situazione, ma conosceva benissimo il fatto che fosse diverso da tutti gli altri ragazzi, ed era per questo che sapeva anche che i suoi genitori non gli permettevano di uscire non perché dovesse studiare le basi della magia, ma per proteggerlo dal resto della comunità.
I genitori erano fiduciosi, sapevano che il figlio se la cavava benissimo con le armi, infatti il padre, lo Spadaccino di Nebbia, gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva.
Cosmos era sempre molto attento alle lezioni dei genitori, conosceva infatti formule per incantesimi, basi alchemiche e movimenti per il controllo degli elementi che tutti gli altri ragazzi della sua età non conoscevano; ma ogni volta che provava a eseguire anche l’incantesimo più facile, si ritrovava solo a parlare al vento parole vuote o a danzare inutilmente.
 
Il giorno del suo sedicesimo compleanno arrivò e gli Omuncolus, incaricati di sorvegliare l’esame dal Consiglio Supremo, portarono Cosmos a Meter City, una delle città fantasma più pericolose, al tempo capitale dell’ormai estinta Civiltà della Scienza, aspettandosi una prova egregia dal figlio di due così potenti maghi.
La prova consisteva nel uscire dalla città e tornare a Lubensburg, la città natale di ogni mago, con l'ausilio della sola magia e un’arma bianca che a Cosmos non venne consegnata.
Gli Omuncolus erano incaricati di sorvegliare i ragazzi durante le loro prove al di fuori delle città fantasma, aspettando semplicemente che essi ne uscissero per indicare loro la vita più dura per arrivare a Lubensburg.
Cosmos era molto preoccupato, ma decise di incamminarsi verso l'interno della città, sperando di trovare qualche arma antica o qualcosa che gli sarebbe potuto tornare utile per uscirne vivo. Il suo più grande desiderio era trovare un’arma dimentica da un mago, sperando che essa fosse incantata.
Girovagò per un paio d’ore, ma nulla: tutto ciò che trovava era così arrugginito da polverizzarsi al solo tocco delle sue dita. Decide quindi di incamminarsi verso il centro della città, luogo dell’ultimo atto della resistenza.
Arrivato nel centro, vide un gigantesco edificio, maestoso, imponente, lucido e senza il minimo accenno di deterioramento rispetto al resto della città; una cosa subito gli nubulò in mente: quell’edificio non era descritto in nessun libro di storia. Incuriosito, decise di entravi, sperando, date le condizioni dell’edificio, di poter trovarvi al suo interno dell’attrezzatura utile al conseguimento della prova.
Rimpianse subito quella scelta: quell’edificio era un gigantesco labirinto, e lui si era appena perso.
Ad ogni suo passo, una luce si spegneva dietro di sé per accendersi subito di fronte a lui, creando un senso di inquietudine nel suo cuore e di perdizione nella sua mente: di fronte a lui ed alle sue spalle, l’ignoto lo avvolgeva.
Perse il conto di quante ore passò vagando lì dentro cercando una via di fuga da quei corridoi opprimenti. All’improvviso la strada davanti a lui finì, spalancandosi in una gigantesca sala, totalmente distrutta da un’esplosione.
Al cento di essa qualcosa di totalmente inaspettato lo accolse: una spada, e il cadavere di un uomo.
Finalmente la fortuna è dalla mia parte”, pensò Cosmos. Si diresse verso la spada, anch’essa, come l’edificio, creata per essere eterna, e quindi splendida. “E’ magnifica”.
Era molto diversa da tutte le spade (ed erano tante, vista la smisurata passione del padre per quei magnifici oggetti) che aveva visto nella sua breve vita: sulla lama si vedevano le stesse incisioni che era abituato a vedere nei libri di storia della magia nei capitoli dedicati all’antica Civiltà che aveva costruito anche le città fantasma, negli stessi capitoli in cui era anche detto che quella Civiltà era stata distrutta dalla sua stessa avidità. Quindi, per evitare il ripetersi di quell’accaduto, tutte le loro conoscenze furono distrutte dai maghi, ormai padroni del mondo, ma al tempo guardiani dell’instabile equilibrio tra tutte le razze.
Dal pomo della spada uscivano tre catene sottilissime, ognuna terminante in una piccola punta di metallo; sulla parte che univa l'elsa alla lama degli ingranaggi giravano lentamente, dando l’impressione che la spada fosse viva.
Dopo un po’ si accorse che era rimasto imbambolato dalla visione di quella meravigliosa arma, e decise di prenderla: allungò la mano, e non appena la toccò gli ingranaggi iniziarono a girare vorticosamente e le catene si strinsero attorno al suo braccio, conficcando le punte in tre diverse parti della spalla. Lo stupore attraversò il volto del ragazzo: non una goccia di sangue uscì da quelle ferite, che anzi non esistevano affatto; quando guardò, al posto delle ferite, trovò un tatuaggio, che scendeva dalla spalla fino al polso: dove gli aculei avrebbero dovuto lacerargli la carne, trovò i tre simboli della magia.
“Cos’è questa spada?” disse a bassa voce, e subito un sussurro rispose: “Io sono Exodus, la spada Dominatrice d’Arti”. Cosmos guardò la spada ed impaurito chiese: “Sei una spada maledetta?”
“No sono stata creata per poter fornire supporto alle persone che non sono in grado di usare la magia”, rispose la spada, senza far trasparire alcuna emozione.
“In che modo?”, chiese scettico il ragazzo, e subito arrivò la risposta: “Sciogliendo i tre sigilli che bloccano il naturale flusso della magia, fungendo da tomo e da arma incantata, mettendo dei limiti all’utilizzatore qualora mi chiedesse di metterli.”
“In che senso?”
“Semplice”, rispose lei, “ogni umano possiede una naturale predisposizione alla magia, definita dal quantitativo di mana all’interno del corpo e dalla solidità dell’ultimo sigillo; essa infatti può essere bloccata da alcuni sigilli, tre per la precisione: un sigillo per il mana, uno per i domini, ed uno per il più pericoloso, la mente del mago.”
Ancora più confuso, Cosmos decise che avrebbe chiesto altre spiegazioni alla spada una volta tornato a casa. “Puoi aiutarmi a tornare a Lubensburg?” chiese Cosmos.
“Certamente”, rispose la spada “Ma prima dovrai sottoporti ad una prova, per capire se sarai degno di utilizzarmi: dovrai lanciare l’incantesimo più potente che tu conosca, utilizzando il 10% dei tuoi poteri”
Cosmos, un po’ stupito ed incuriosito, decise di provare: lanciò l’incantesimo più potente che il padre gli aveva insegnato. La spada ne limitò il potere distruttivo ad un decimo; così facendo però rase al suolo l'intera città, uccidendo persino gli Omuncolus, ai limiti di Meter City, il cui fattore di rigenerazione li rendeva quasi immortali.  A quel punto orgoglioso di quella scoperta, Cosmos si incamminò verso Lubensburg, guidato da Exodus.
 
Arrivò a Lubensburg dopo dieci giorni, e si diresse verso la piazza principale, dove i genitori e gli esaminatori lo aspettavano.
Il suo arrivo suscitò stupore in tutti i presenti, data l’assenza di aggiornamenti dagli Omuncolus: i genitori e gli esaminatori strabuzzarono gli occhi.
“Come hai fatto ad arrivare qui in soli dieci giorni?” domandarono gli esaminatori “E come mai gli Omuncolos non ci hanno avvisato del tuo arrivo?”
“In verità sono arrivato in soli nove giorni, il primo l’ho passato ad esplorare la città fantasma per trovare un’arma, visto che mi avete abbandonato lì senza. Ho trovato questa” disse, mostrando ai presenti la spada “Ho deciso che questa sarà la mia arma d’ora in poi perchè con essa ho portato a termine la prova e con il suo aiuto ho raso al suolo l’intera città, insieme a quegli stupidi Omuncolus, che si sono dimenticati di armarmi.”, disse, guardando i grandi maghi con aria di sfida.
Detto ciò si avvicinò ai genitori, ancora sorpresi ed orgogliosi, e gli rivolse sottovoce  un dolce grazie. E così tornarono a casa, ignari di cosa sarebbe successo il giorno seguente.
 
 

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