In the end, we will all be judged by the courage of our hearts

di aniasolary
(/viewuser.php?uid=109910)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando ero Michael (Nomi e Amanita) ***
Capitolo 2: *** Con coraggio (Kala e Wolfgang) ***
Capitolo 3: *** Smetterai di sanguinare (Sun e Mun) ***



Capitolo 1
*** Quando ero Michael (Nomi e Amanita) ***


Quando ero Michael

Ad Antonella

Nomi apre gli occhi.
È sveglia da ore, in realtà, ma non aveva il coraggio di guardare l’alba di quello che sarà il giorno più bello della sua vita. Bug, accanto a lei, sonnecchia ancora.
Le viene da sorridere. «Grazie per avermi fatto compagnia in questa lunga notte, Bug.»
Amanita ha dormito da sua madre in modo che l’effetto sorpresa fosse perfetto.
Ma se c’è una cosa che Nomi non sopporta è perdere tempo mentre la vita le scorre davanti agli occhi.
«Be’, andiamo a farci bone.»
«Ma tu sei già uno schianto, zuccherino,» biascica Bug.
«Allora sei sveglio!»
Bug apre un occhio. «Volevo rimandare il momento, buddy. Vivere con te e la tua amata è stata un’ esperienza… stupefacente.»
Nomi inclina di poco la testa in preda alla tenerezza. «E la tua presenza e il tuo aiuto sono stati fondamentali. Per la mia cerchia e per me, me come persona.»
«Te come Nomi.»
Nomi lo abbraccia. Essere chiamata per nome la emoziona sempre. Ha sempre creduto che il momento in cui si sceglie il nome per qualcuno sia sacro. Un nome è il primo passo per far esistere qualcosa.
«Adesso, però, devi andare. Tra poco arriva mia sorella e questa stanza sarà piena di…»
«… donne! A malincuore, mi dileguo,» fa lui, e le dà un leggero bacio sulla fronte. «A dopo.»
Bug è già andato via, quando Nomi si scopre di nuovo in compagnia.
«Non mi hai mai detto perché hai scelto Nomi.» È Kala.
È nella sua testa ma è lì, seduta sul divanetto poco sotto la finestra, coi ricci capelli neri inondati di sole.
«Un nome è importante, ti dice chi sei. Che cosa vuol dire Nomi?» continua lei.
Nomi si guarda allo specchio e sorride mentre si scioglie il primo bigodino. «Nessuno.»
«Come Nemo? »
«Nemo è più preciso, è Latino. Io sono partita da senza di me… No me.» I boccoli biondi le accarezzano le spalle bianche. «Era Michael che mi diceva addio, per far vivere finalmente la vera me.»
Kala la aiuta a disfare gli altri boccoli. «È un nome triste.»
«È la mia vita. Certe linee si spezzano ma la speranza parte da lì. Alla fine io mi sono unita e sono nata.» Nomi fa un respiro profondo. «So che in molti pensano che si nasce solo dall’amore. Io, Nomi Marks, sono nata dall’odio eppure c’è tanto amore dentro di me… Anch’io sono la dimostrazione che l’odio non può vincere. Da’ valore alla tua vita, Kala. Sii intelligente come sei stata tante volte. Non vivere la vita di qualcun altro. Vivi la tua.»
Kala abbassa di poco la testa, le gote ambrate le si arrossano leggermente. «Io… io devo trovare il coraggio.»
Sun le appare accanto. «Ti faccio qualche lezione?»
***
Quando ero Michael, ero già Nomi.
La Mercedes si ferma di fronte al giardinetto addobbato e Nomi scende dal posto del passeggero.
Quando ero Michael, sapevo che dovevo lasciarlo andare. Che non potevo vivere la sua vita e lui doveva lasciarmi vivere la mia. Michael è stato un mio grande nemico.
Alla fine è stato un mio grande amico.
Nomi si appoggia al braccio del padre, lui le fa una carezza prima di fare il primo passo verso il punto più pieno di fiori. «Non ti ho mai amato abbastanza, figlia mia.»
Nomi appoggia la testa sulla sua spalla. «Riconoscere qualcuno è il primo passo verso l’amore.»
«Tu sei una donna.»
«Io sono una donna.»
«Tu sei la donna. E un giorno lo capirà anche tua madre.»
Quando ero Michael, ho capito quanto la vita sia preziosa. Quando ero Michael, ho capito che dovevo fuggire dalle pretese degli altri e onorare la mia volontà. Quando ero Michael, ho capito che lui era una maschera che mi hanno messo addosso il giorno in cui sono nata.
Tutti si alzano in piedi.
Quando ero Michael, ho scelto che non potevo vivere senza essere felice.
Il primo passo per la felicità era essere Nomi.
Il secondo passo per la felicità è amare Amanita.
Eccola. È circondata dai suoi tre papà, mentre la madre, con un lungo vestito a fiori, piange e ride insieme.
Amanita indossa un abito arancione, aderente, con rifiniture viola e scarpe dello stesso colore. È una sposa diversa ed è splendida.
D’altronde anche Nomi, col suo abito color panna e a sirena, è diversa a suo modo. E nulla potrebbe essere più perfetto.
«Oh, Dio, il foglio con le promesse.»
«Cosa?» fa suo padre.
«COSA?» si inserisce Lito.
«Le ho dimenticate in bagno.»
«Tu… veramente…?»
«Che disastro…»
Lito si mette le mani sul viso e apre la bocca pronto a scatenare un urlo.
Nomi ritrova improvvisamente la calma. «Lito. Non ti azzardare.»
Tutti gli invitati fissano Nomi straniti. Il giudice di pace si abbassa gli occhiali sul naso, perplesso.
«Non preoccuparti.» Lito le sorride. «Le hai ripetute così tante volte che le ho imparate a memoria.»
Oh, grazie, cerchia. Grazie.
«Tesoro,» la richiama Amanita. «Tutto bene?»
«Sì, sì. Scusate. Quando sono nervosa parlo da sola.»
Amanita le fa un grande sorriso e avvicina la bocca al suo orecchio. «A chi dobbiamo l’onore?»
«Lito.»
Amanita agita il bouquet. «Una celebrità al mio matrimonio! Troppo figo.»
Il giudice di pace apre le braccia e chiama le spose a sé. «È il momento delle promesse… Amanita.»
Amanita fa un colpo di tosse, d’improvviso di mostra seria. «Sì.» Un respiro profondo. Amanita prende la mano di Nomi e la stringe con entrambe le sue. «Nomi Marks, quando mi hai conosciuta, avevi bisogno di qualcuno pazzo come me. Ma quando io ti ho conosciuta, anch’io ho capito che avevo bisogno di una donna intelligente e combattiva come te. No, sbaglio. Di te e basta. Nessuno che ti somigli. Perché in molti passano la vita solo a sognare ma tu hai realizzato il tuo sogno ed è qui, davanti ai miei occhi. Sei tu.» Amanita trattiene le lacrime. «Tu che sei il frutto di una scelta e con questa scelta celebri la vita ogni giorno. La celebri insieme a me. Sei straordinaria e ti amo infinitamente, voglio condividere con te i miei sogni, i miei progetti, i miei problemi, la mia quotidianità. Tutti i motivi per cui la vita è meravigliosa.»
Nomi vorrebbe piangere ma Lito la trattiene. Le parole ritornano, nitide e decise come la prima volta in cui le ha pronunciate allo specchio.
«Quando ero Michael, ho desiderato di morire. Ho desiderato che il mondo si accartocciasse su se stesso ed io fossi risucchiata dalla distruzione. Vedevo distruzione perché io ero distrutta. Io ero soffocata. Ero in gabbia.» Nessuno, tra i presenti, sorride più. «Ma la vita non è fatta per desiderare la morte e, giorno dopo giorno, ho capito chi ero. Amanita, non so se tu mi avresti amata, se fossi nata nel corpo di Nomi Marks. Ma nascere nel corpo di Michael mi ha reso quella che sono oggi. Senza Michael non ci sarebbe Nomi. Una Nomi che ti promette che sarà sempre fedele a se stessa e al nostro amore. Che ti sosterrà sempre e crederà sempre in te, come tu hai fatto con me. Io, Nomi, devo ringraziare Michael per averti incontrato e perché anche tu mi ami. E perché io ti amo. Ti amo. E ti prometto che potrai sempre far parte del mio strano mondo.»
«Io amo il tuo strano mondo,» mormora Amanita, e la stringe a sé.
La sorella di Nomi dà il via all’applauso.
Il giudice non ha ancora dato il suo assenso ma Nomi e Amanita si stanno già baciando, in mezzo a una moltitudine di colori e sorrisi, come a quel Pride di anni fa, in cui insieme hanno celebrato l’amore e la libertà. E si sono sposate per questo.
Per continuare a celebrarsi, e celebrare ogni giorno l’amore e la libertà.
«Non c’è di che,» sussurra Lito, e si siede accanto a Bug, anche se lui non può accorgersene e bisbiglia, accanto a un posto vuoto: «Ai matrimoni mi commuovo sempre».
*
*
*
*
Ciao a tutti! Frequento questa piattaforma da anni e sono torna a scrivere per una delle mie serie tv preferite, per dare un finale a questi personaggi preziosi che il mondo probabilmente non si merita. 
Vi è piaciuta la mia versione del matrimonio delle Nomanita? :3 Tornerò con nuovi capitoli dedicati a coppie e personaggi diversi *-* Spero di avervi regalato un sorriso <3

Alla prossima,
Ania <3 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Con coraggio (Kala e Wolfgang) ***


Con coraggio


 
Kala aspetta, seduta sul divano, con le mani strette in grembo. Ha capito che non avrebbe trovato il coraggio per farlo da nessuna parte, così ha scelto di restare senza coraggio e farlo comunque.
Come una sconsiderata.
Lui entra in ufficio. «Ero in riunione,» sospira Rajan. «Scusa per averti fatto aspettare. Che cosa c’è?» Le si avvicina e le stringe le mani con gli occhi umidi di sogni, e Kala trema.
È così difficile. «Non abbiamo avuto modo di parlare, da quando sono tornata.»
«Hai ragione. Non ti ho nemmeno chiesto se ti è piaciuta Parigi.»
Kala resta interdetta. «Tutti amano Parigi.»
«Ma tu non sei tutti. E sono stato felice, devo dirti la verità, di lasciare la riunione per essere qui con te adesso.»
Kala volta il viso e si morde le labbra. «Perché sono così crudele?» dice fra sé, esasperata.
Ha sempre dato voce ai suoi pensieri, anche quando non era il caso, da molto prima di entrare a far parte della cerchia.
«Kala?»
«Allontanati, Rajan.» Ma è lei a staccarsi da lui. «Devo dirti anch’io la verità su di me.»
 «Ma… Kala…»
«Io sono una persona discutibile. Non sono perfetta ma nemmeno un mostro. Aver cercato di adempiere alle convenzioni, però, mi ha  reso un mostro con te. Perché io non volevo sposarti.»
Rajan resta in silenzio, ormai pallido.
«Io non volevo sposarti, Rajan. Poco prima di svenire, quel giorno, io ho visto che non ero il tuo destino, eppure mi sono ostinata a prendere la direzione opposta. Per non deludere la mia famiglia. Per non deludere te. In parte, per non deludere quella parte di me che parla come un’India antica che non mi appartiene ma che è radicata in me stessa.» Fa un respiro profondo, con gli occhi al cielo.
Wolfgang è lì, nella sua mente e chissà ancora quanto lontano, ma Kala prova un minimo di sollievo.
«Io…» continua Kala.
«Amore mio,» la richiama Rajan con le lacrime agli occhi, ma resta fermo al centro della stanza, si mette una mano sul viso. «Sei innamorata di un altro?»
Kala si morde la lingua.
«È così?»
Era come un sogno.
«Sì,» sospira lei.
«Ed è successo a Parigi?»
Forse a Positano. A Berlino. Al tempio qui vicino.
«Ovunque. Lui è con me ovunque vada.»
«Ed anche ora è qui?» La serietà della voce di Rajan le mozza il fiato.
Kala deglutisce. «Sì. E mi dispiace davvero.»
«Ne vale la tua vita. Non essere dispiaciuta per me. Io ti amo e voglio solo che tu viva a pieno.»
Rajan torna a muoversi, ma solo per avvicinarsi alla porta. Sta per posare la mano sulla maniglia, quando la voce di Kala lo fa fermare.
«Rajan, tu sei perfetto. E questo ha reso tutto più duro, per me.»
Rajan sospira tra sé. «Non abbastanza perfetto.»
«Sei abbastanza. Per qualcuno là fuori tu sarai abbastanza.»
«E tu, per lui, sei abbastanza?»
Wolfgang si materializza accanto a Rajan, lo fissa. «No.»
Kala spalanca gli occhi.
«Non sarò mai sazio di lei.»
E Kala sorride, arrossendo. Annuisce.
«Non mi aspetto che mi perdoni,» mormora Kala.
«Se avrai il coraggio di perdonare te stessa, Kala…» Rajan apre la porta. «Ti perdonerò anch’io.»
***
Kala si guarda un’ultima volta allo specchio. La sua cultura trasuda in ogni parte del suo aspetto. A lui come piace di più, all’occidentale o coi costumi tradizionali?
E poi, cosa importa? L’importante è che si piaccia lei. E lei si piace sempre e non si piace mai. È brava a seguire le direttive e altrettanto brava a sfidarle.
È pace e guerra.
È rassegnazione e rivoluzione.
Rivoluzione.
Oggi è la rivoluzione.
«Che sta succedendo?» le chiede Riley, che appare sul letto dietro di lei.
Kala si volta a guardarla, indossa un vestito fiorato, fresco al tatto. «Lo vedrò per la prima volta. Davvero.»
«Non passerete certo tutto il tempo a guardarvi negli occhi.» Riley le fa un sorriso malizioso.
«Ho paura.»
«È stato lui a dirti di venire in quest’hotel?»
«Esatto. Ma è come se fosse tutto nuovo per me,» sospira Kala. «Sono una donna di scienza, ma lascerei tutto il mio mondo per seguirlo. Certo, non lascerei mai la mia passione per crescere dei bambini né rinuncerei mai al mio lavoro, eppure quando ero, sono con lui, nient’altro sembra avere importanza.»
«E la fede la abbandoneresti?»
«No. Certo che no.»
«E non puoi portare anche la scienza con te?» Riley le sorride. «Quando sei con lui, tutto il resto perde importanza. Ma vedrai che, accanto a lui, potrai affrontare, amare, sfidare tutto il resto con molta più grinta. Prendi la forza dell’amore, accoglila e fa’ venir fuori la parte migliore di te.»
Kala fa un respiro profondo. «D’altronde fede e scienza coesistono in me. Non potrei vivere senza avere speranza in ciò che è oltre e nemmeno senza conoscere ciò che è qui.»
Qualcuno bussa alla porta e Riley scompare.
No, non adesso, è troppo presto. Oddio, è già ora? Come ho fatto a non sentire il taxi? Come…?
«Kala? Sei lì dentro?»
È la sua voce. È come l'ha sentita, no, come l’ha sognata.
Ma è vera.
«Sì.» Ha l’affanno. «Sono qui.»
E a fatica gli apre la porta.
Lui indossa gli occhiali da sole e le fa un sorriso straordinario.
Kala non si sente più le gambe.
«Wolfgang…»
E lui la prende tra le braccia, le gambe non le funzionano più davvero, soprattutto ora che lui si toglie gli occhiali e la fissa coi suoi occhi chiarissimi.
Kala si stringe al suo braccio.
«Com’è possibile?» esala.
«Sei davvero così bella?» mormora lui, col suo forte accento tedesco.
«Ed io sono davvero così sconvolta?» esclama Kala.
Wolfgang si lascia andare a una risata piena di meraviglia.
Lei è ancora concentrata sui suoi pensieri. È chimica. C’è scienza anche qui. Forse, col tempo, mi abituerò e tornerò la solita Kala e il cuore ritroverà il suo battito regolare.
Kala torna a guardarlo.
Deve essere coraggiosa, no?
«Adesso… adesso ti darò un bacio.» Deglutisce. «E sarà meglio per te se sarà stupendo come quando l’ho sognato.»
«Non era un sogno.» Wolfgang la prende per i fianchi e Kala allaccia le gambe alla vita di lui. La fa stendere sul letto. «Tu eri sempre con me.»
«Ti ho impedito di uccidere?»
«Mi hai ricordato che tipo di guerriero sono,» mormora lui, vicino alle sue labbra.
«Che tipo di guerriero sei?»
«Uno che difende i deboli.»
«Allora non puoi difendermi,» dice Kala, piano, e gli passa le mani tra i capelli biondi.
«Tu combatti con me.»
Le labbra di Wolfgang la trovano, impreparata e scossa, ma instancabile. Lei lo accoglie, con il corpo e con la mente.
«Ti piace,» ansima lui. «Come nei tuoi sogni?»
Finalmente, con entrambe le cose.
«Più che nei sogni.»

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Smetterai di sanguinare (Sun e Mun) ***


Smetterai di sanguinare


 
Le hanno detto che avrà di nuovo una vita normale e lei ha sorriso.
Che cosa può essere normale, quando ci sono altre sette voci nella sua testa, esclusa la sua coscienza?
Ma lei ha continuato a sorridere.
«Sun? Sun!»
Sa benissimo a chi appartiene la voce che la chiama ma Sun cammina avanti senza girarsi, un po’ per abitudine, un po’ perché la infastidisce avere a che fare con gli esseri umani, un po’ perché sa che lui, migliorato nel combattimento come nella corsa, raggiungerà il suo passo spedito molto presto.
«Come mai mi ignori?» fa lui.
«Sto camminando.»
«E non si può camminare e parlare al contempo?»
«Sto pensando.»
«E non si può parlare e pensare al contempo?»
«Il corso dei pensieri è più veloce delle parole ed è per questo che la maggior parte delle volte sto zitta.» Sun si ferma e così fa anche lui. Lo guarda negli occhi, sono stanchi e scuri e belli. «Detective Mun,» sospira lei. «Va’ a dormire.»
«Puoi smettere di chiamarmi così, non sto lavorando.»
«Ma mi stai proteggendo.»
«È una missione, non un lavoro. L’ho promesso al tuo maestro.»
«Quindi stai mantenendo una promessa.»
«Metto solo al servizio quello che ho imparato per mantenere in vita la donna che mi ruba il sonno da quando avevo diciassette anni.» La sua voce è ferma, dura e ostinata nei ricordi. «Niente di più, niente di meno.»
Sun fa spallucce. Come al solito il flusso dei suoi pensieri è più veloce di come la lingua coreana le permetta di articolare i suoni, quindi sta zitta. Lo guarda e basta.
Si accorge di essere arrivata a pochi metri da casa sua.
«Non ti farò salire a casa mia. Buonanotte.»
Le luci dei lampioni della strada si spengono d’improvviso. Mun le fa scudo col suo corpo ma Nomi è già all’erta, dall’altra parte del mondo, per capire chi è stato a far bruciare i fili delle lampadine.
«Lasciati proteggere, Sun,» le arriva la voce di Kala, spaventata.
«Detective.» La voce di Sun trema solo per un attimo. «Chiama la tua squadra.»
I lampioni diventano fuoco, uno alla volta, e paiono spiriti infuriati per chissà quale offesa recata agli antenati. Da ogni cespuglio emerge un uomo armato e, in fondo alla strada, elegante come a una riunione di lavoro, suo fratello.
Joong-ki-bak.
«Come fai a vivere così, sorellina? Sempre all’erta, mai una debolezza…» Il ragazzo, bello come solo sua madre era un tempo, fa qualche altro passo. «Nemmeno con il tuo detective. Sei asessuale o solo una figa di legno?»
Sun solleva il mento, assottiglia gli occhi. «Sono solo una cazzo di terminator.»
Con un calcio Sun fa saltere via la mitragliatrice dell’uomo più vicino a lei. Quando quello tenta di afferrarla Sun salta ancora sferrandogli un colpo in pieno viso e facendolo cadere, già sfinito.
Mun ne mette fuori uso due contemporaneamente e pochi secondi dopo arrivano le macchine della polizia. Joong-ki-bak è circondato ma corre ugualmente verso i suoi uomini.
Sun si ferma, anche se un altro zerbino di suo fratello sta tentando di colpirla. Lei gli dà un pugno improvviso che lo stordisce, resta immobile un altro secondo.
Deve prenderlo.
Deve dargli un pugno.
E deve lasciarlo in vita.
Un rumore la fa sussultare: Mun è accanto a lei e aspetta un suo segnale.
Sun annuisce.
Corrono.
Gli uomini della banda avversaria li seguono.
Gli uomini della polizia li rincorrono, sparano colpi, qualcuno col passamontagna finisce a terra.
Mun fa un salto e una capriola che gli fa graffiare le ginocchia e i palmi delle mani, ma che lo fa finire esattamente a pochi centimetri da Joog-ki-Bak.
«No!» Urla mettendo le mani avanti. Altri spari. Un proiettile finisce nella mano di Mun.
Sun grida, anche se il flusso dei pensieri supera sempre le parole.
Ma con la mano destra Mun lo ammanetta, allora Sun si avvicina e tiene fermo il fratello caduto in ginocchio con una mano.
«Sogni d’oro, fratellino.»
E gli dà un pugno che lo stende.
Mamma...
Sun respira ad ampie boccate e si volta verso Mun.
Dimmi che anche tu sei fatta di fuoco e hai voluto questa vittoria con me.
La polizia porta via il fratello.
Io ho cercato di proteggerlo, lo sai.
Probabilmente sarebbe giusto che pianga, ma poi farebbe rumore.
In prigione nessuno gli farà del male.
Sta zitta.
«Sun…»
Sun si abbassa per guardare la mano di Mun. Sanguina ma il proiettile non si è conficcato nella carne, l’ha solo presa di lato. Sun gli prende la mano tra le sue e si lascia scorrere il sangue sulla pelle.
Lo guarda negli occhi. «Tu combatti bene.»
Lito appare con una camicia hawaiana. «Tutto qua?» esclama. «Ma che sei, Shang di Mulan? Perché non lo inviti a restare a cena per sempre piuttosto? La nonna aveva capito tutto.»
Sun sbuffa. «Non sono melodrammatica come te.»
«Come?» fa Mun, ancora stordito.
«Come?» fa Lito, e si porta una mano sul cuore. «Alla fine saremo giudicati per il coraggio dei nostri cuori,» dice, con voce solenne.
Sun aiuta Mun ad alzarsi. «Come vedi qui il coraggio non manca.»
Mun continua a guardarla perplesso.
«Almeno scopatelo, scusa!» sbotta Lito.
«Lo farò,» dice Sun.
«Che farai?» le chiede Mun.
«Hai i preservativi?» le chiede Sun.
Mun spalanca gli occhi.
«Sembra di no,» conclude lei. «Non importa, li ho io. Ah, adesso puoi salire. Ti fascio la mano, puoi giocare un po’ col mio cane e poi facciamo l’amore. Se per te va bene.»
«Tu…» Mun avvicina il volto al suo ma guarda in basso. «Tu mi tieni la mano e ti stai sporcando del mio sangue.»
«Non mi fa schifo.»
Mun alza gli occhi a guardarla.
«Presto smetterai di sanguinare,» continua lei.
«È il tuo modo per dire ti amo?» sorride lui.
«Non so che vuol dire ti amo,» Camminano in silenzio, arrivano davanti alla porta.
«Può voler dire che se ora ti bacio, tu ricambi senza darmi un pugno.»
Sun inclina di poco la testa. «Fa’ ciò che devi, detective.»
Sun chiude gli occhi e lui le sfiora le labbra con le sue. Con la mano destra le accarezza la nuca e Sun sospira, Sun finalmente respira.
Prende tutto quello a cui tiene di più al mondo, lo mette in quel bacio e lotta per quello. 
*
*
*
*
L'ispirazione mi ha portato da Sun e Mun! ** Ringrazio infinitamente voi che mi avete recensito, che accoglienza meravigliosa mi avete dato. Grazie di cuore.
Al più presto finirò di rispondere alla recensioni (Hanna, sto arrivando :3 ).
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Ania <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3672745