Oltre Il Velo

di Bay Stallion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Introduzione:
Dopo la morte di Sirius Harry si prepara a tornare a casa dai suoi zii, quando sul fondo del suo baule ritrova lo specchio che Sirius gli aveva regalato. Se avesse saputo che avrebbe potuto parlare con lui tutte le volte che voleva e che invece adesso non avrebbe più avuto la possibilità di farlo…
La rabbia cominciava a montare dentro di lui come una tempesta che si preparava ad esplodere. Poi qualcosa di terribilmente simile ad un fulmine chirì per un istante il turbinio di emozioni che stava provando, e gli venne un’idea. Forse c’era un modo per parlare ancora con Sirius…
 
Disperato Harry lanciò lo specchio sul letto, proprio mentre una lacrima si scavava un solco dal suo occhio alla guancia. Non poteva credere che Sirius se ne fosse andato per sempre. Quell’uomo che aveva imparato a capire e a volere bene, una persona che teneva a lui più di ogni altra cosa, per un breve periodo di tempo era stato come avere di nuovo un genitore. Non avrebbe mai potuto immaginare che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti in cui lo avrebbe visto. Era sparito così, nel nulla…
Nel profondo del cuore, nonostante l’evidenza della situazione, sperava che da un momento all’altro Sirius sarebbe ricomparso davanti la finestra del suo dormitorio a cavallo di Fierobecco rivelandogli una messa in scena per nulla divertente, che però lo avrebbe reso il ragazzo più felice del mondo.
Più di una volta in quelle ore aveva pensato di tornare all’Ufficio Misteri per ascoltare di nuovo i sussurri dietro il velo, sperando di sentire di nuovo quella risata così simile ad un latrato, che ora gli mancava più di qualsiasi altra cosa. Poi un’idea si fece spazio tra i suoi pensieri. Un’idea assurda e bizzarra, ma che con un po’ d fortuna avrebbe funzionato.
Fissò per qualche minuto l’erba del parco illuminata dalla luce lunare, come per visualizzare il suo piano su quella distesa d’erba. << Chissà se…>> si chiese rivolgendo lo sguardo allo specchio che teneva tra le mani. Se avesse recuperato la parte di Sirius e l’avesse fatta scivolare oltre l’arcata, Sirius l’avrebbe trovata e finalmente avrebbe potuto parlare con lui. Un barlume di speranza finalmente si riaccese nel cuore di Harry. Di per sé la trovava un’idea geniale, restava solo da capire come sarebbe riuscito a recuperare lo specchio, tornare al Ministero della Magia ed infiltrarsi all’Ufficio Misteri.
C’erano almeno un centinaio di ostacoli da superare, tanto più ora che Voldemort era di nuovo in circolazione e furioso con Harry più di quanto non fosse mai stato. Ma decise di affrontare un problema alla volta. L’indomani mattina avrebbe preso l’espresso per tornare a casa, a Privet Drive, almeno lì sarebbe stato al sicuro. Il primo passo sarebbe stato recuperare l’altra metà dello specchio, a Grimmauld Place. Lì avrebbe dovuto affrontare Kreacher. Il solo pensiero di rivederlo gli fece ribollire il sangue nelle vene: era per colpa del suo tradimento se Sirius era morto. Eppure doveva andare, doveva farlo per lui, per rivederlo almeno un’ultima volta, dargli la possibilità di consolarlo in quel momento così triste, perché ormai sapeva che non sarebbe mai più tornato.
Quel frammento di speranza era l’unica cosa a cui ora Harry poteva aggrapparsi. Non vedeva altra via d’uscita in quel tunnel di oscurità adesso che il suo padrino era scomparso. Aveva bisogno di lui.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Una volta tornati a casa, dopo le raccomandazioni di Moody e del signor Weasley, almeno per il primo giorno di vacanze, i Dursley lo lasciarono in pace, intuendo forse che Harry non era dell’umore adatto per essere provocato. Passò gran parte della giornata chiuso in camera sua pensando ad un piano per intrufolarsi di nascosto in casa di Sirius senza che nessuno dei membri dell’ordine lo beccasse: Silente gli aveva ordinato di restare chiuso in Privet Drive e di non andare via per nessun motivo. Aveva pensato di chiedere aiuto a Ron o Hermione, ma non voleva rischiare di metterli (di nuovo) nei guai per colpa sua. No, avrebbe dovuto farlo lui, quella stessa notte. A mezzanotte in punto, dopo essersi assicurato che le restanti tre persone in casa dormissero, Harry uscì dalla finestra trascinandosi dietro la sua fidata Firebolt e partì alla volta della sede dell’ordine. Già una volta aveva raggiunto Grimmauld Place in sella ad una scopa, fortunatamente questa fu molto più piacevole considerando che l’aria, questa volta, non fosse così fredda da impedirgli di sentire il manico della scopa sotto le proprie dita. Dopo circa un’ora atterrò nella piazzola centrale che affacciava sulla fila di palazzi fatiscenti e si diresse al numero dodici. Una volta entrato tese bene le orecchie per assicurarsi che tutti in casa dormissero. Come a confermare la sua ipotesi, regnava il silenzio dappertutto. Salì al piano superiore, dove trovò la porta della stanza di Sirius. Poco più avanti udì il leggero russare del signor Weasley. Aprì la porta molto lentamente per non farla cigolare e cominciò a guardarsi intorno alla ricerca dello specchio. Per prima cosa guardò dentro il grande comò di fronte a lui, colpo di vecchie paia di calzini, album di fotografie di giocatori di Quidditch, pergamene e libri, ma dello specchio nessuna traccia. Provò a controllare nell’armadio, ma tutto ciò che trovò furono vecchie uniformi di Sirius dei tempi in cui frequentava Hogwarts. Dopo aver osservato per qualche secondo il grande letto che troneggiava nel centro della stanza, sulla sinistra dell’armadio, decise di dare un’occhiata sotto il materasso dove, con sua grande sorpresa, avvolto in una pergamena ingiallita che formava uno spesso involucro, trovò l’altra metà. Istintivamente si portò il frammento di specchio sul petto e lo strinse con la mano, pensando che solo qualche tempo prima probabilmente Sirius l’aveva girato e rigirato tra le mani sperando di essere contattato dal suo figlioccio, ma lui lo aveva deluso. Si rimise lo specchio in tasca e con la massima cautela uscì sul pianerottolo del primo piano. Il russare del signor Weasley ora era più forte di quando era entrato, segno che dormiva profondamente. Riscese le scale lentamente, pregando di non risvegliare il quadro della mamma di Sirius, oltre che tutta la casa, si diresse verso la porta di ingresso quando una voce familiare lo fece immobilizzare sul posto, incapace di muovere un solo muscolo. Sentiva la voce di Lupin avvicinarsi man mano che risaliva le scale della cucina fino all’ingresso, dove si trovava Harry. L’unica cosa abbastanza grande da nasconderlo nelle vicinanze era il portaombrelli a forma di zampa di troll, così, sempre tentando di fare meno baccano possibile si accovacciò dietro di esso, pregando che nessuno si accorgesse della sua presenza. << Ne abbiamo già parlato, Tonks, non c’è niente che non va>> stava bisbigliando Lupin. << Da come ti comporti non si direbbe>> rispose Tonks in tono abbattuto e triste, guardando intensamente negli occhi il suo interlocutore << Ieri notte…>> cominciò lui, rispondendo al suo sguardo con aria stanca << Ho perso l’unico amico che mi fosse rimasto>> il cuore di Harry si restrinse nel petto alle sue parole, parlavano di Sirius. << Non ho nemmeno avuto il tempo di realizzare ciò che stava accadendo perché semplicemente era scomparso, si è dissolto nel nulla così…>> Tonks gli sfiorò il braccio come per esortarlo ad andare avanti << Se n’è andato senza essere neanche consapevole di ciò che stesse accadendo. Non ricordo nemmeno qual è stata l’ultima cosa che mi ha detto. Per non parlare di Harry poi, quel povero ragazzo…>> di nuovo Harry sentì il proprio cuore farsi più piccolo, e sperò vivamente che nessuno lo sentisse mentre il suo respiro si faceva irregolare e un singhiozzo silenziosamente sfuggiva dalle sue labbra << Quando Sirius è stato colpito l’ho visto correre nella sua direzione e ho dovuto fermarlo per evitare che andasse con lui, quando in realtà io stesso avrei voluto seguirlo oltre quel maledetto velo>> la voce gli si spezzò mentre Tonks gli faceva segno di tacere e lo abbracciava, felice di avergli fatto tirare fuori ciò che si portava dentro, evidentemente era tutto il giorno che tentava di farlo sfogare. Harry si asciugò le guance con la manica della sua felpa e tornò a pensare lucidamente. Doveva uscire da quella casa. Lupin e Tonks si stavano avvicinando, ma poté tirare un sospiro di sollievo quando curvarono a sinistra per salire al piano di sopra. Harry sporse il collo oltre il suo nascondiglio, giusto in tempo per vedere una sagoma scura che avanzava lentamente verso di lui, la sagoma di Kreacher. L’elfo domestico si accorse che lui era lì, aprì la bocca e prese fiato, ma prima che potesse urlare a tutta la casa che un intruso era appostato nel buio Harry gli intimò con tutta la rabbia possibile << Non dire una sola parola>> vide l’elfo sforzarsi di urlare senza che alcun suono uscisse dalla sua bocca, fu allora che Harry realizzò “ha obbedito al mio ordine, ora è di mia proprietà” << Kreacher, va in cucina e restaci finché non ti chiamano>> fu così che l’elfo sparì così come era arrivato. Quando il silenzio tornò ad invadere la casa, Harry uscì allo scoperto e si precipitò alla porta, la riaprì con la massima accortezza, e allo stesso modo se la richiuse alle spalle, felice come non mai per aver portato a termine la prima parte del suo piano. Tornò alla sua Firebolt, che aveva nascosto in un cespuglio sul margine della piazza e si rimise in viaggio. Tornato a casa si arrampicò su per la finestra della sua camera e si rimise a letto, ancora con i vestiti addosso, perché proprio in quel momento sentì la maniglia della porta abbassarsi e suo zio Vernon scrutare l’oscurità alla ricerca di qualche movimento sospetto. Probabilmente era stato svegliato dal rumore. Tuttavia, trovandolo apparentemente addormentato si rassegnò, richiuse la porta e tornò nella sua camera da letto, mentre Harry sorrideva nel buio. MISSIONE COMPIUTA.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Se pensava che arrivare fino al numero dodici di Grimmauld Place sarebbe stato difficile, Harry non immaginava neanche lontanamente ciò che gli aspettava dopo la prima fase. Ripercorreva il perimetro dello specchio con le dita, come sperando che da un momento all’altro gli occhi di Sirius avrebbero ricambiato il suo sguardo. Non si preoccupava affatto di trovare una scusa abbastanza convincente da usare con i Dursley, perché di certo non si sarebbero disturbati a chiedere dove fosse diretto. Il vero problema era come riuscire ad entrare nell’ufficio misteri con tutte le misure di sicurezza che erano state disposte in seguito agli avvenimenti di qualche giorno prima. Se qualcuno lo avesse visto avrebbe sicuramente pensato che volesse rubare qualcosa, magari sotto la Maledizione Imperius. Come avrebbe fatto a spiegare che in realtà stava solo cercando di far passare un pezzo di vetro attraverso un arco, quando la maggior parte dei membri del ministero ne ignoravano perfino l’esistenza? In fondo erano in pochi a sapere cosa si celasse dietro le porte di quei corridoi. Seppure avesse trovato una scusa abbastanza convincente per riuscire ad entrare al Ministero, non avrebbe mai potuto avvicinarsi all’Ufficio Misteri. Durante la notte la sua mente elaborò un piano in maniera del tutto autonoma: avrebbe utilizzato il mantello dell’Invisibilità. Avrebbe solo dovuto prestare molta attenzione per entrare, una volta arrivato nell’Ufficio Misteri, si disse, non sarebbe stato troppo inusuale per coloro che ci lavoravano vedere porte che si aprivano da sole o sentire il rumore dei suoi passi all’interno di un corridoio vuoto… Senza pensarci due volte recuperò il mantello dal suo baule e si congedò dai suoi zii semplicemente dicendo: << Io Esco!>> Prese la metropolitana che portava nel cuore di Londra, fino ad arrivare alla cabina telefonica accanto il bidone dei rifiuti. Poi si ricordò di una cosa: all’interno della cabina ci si doveva presentare e dire il motivo della visita alla voce che distribuiva le targhette identificative. Se non avesse detto niente la cabina non lo avrebbe portato da nessuna parte. Mentre pensava ad una soluzione un uomo con un paio di pantaloni scuri a quadri gialli ed una camicia verde, che tentava di non farsi notare dai Babbani, si avvicinò ad Harry, che era nascosto dal mantello dell’invisibilità. Harry colse l’occasione al volo. Mentre l’uomo teneva aperta la cabina Harry si infilò dentro e si schiacciò il più possibile contro la parete, pregando che l’uomo non si accorgesse della sua presenza. Quando la voce femminile chiese il nome ed il motivo della visita, Harry apprese che l’uomo rispondeva al nome di Marcus Pudding e lavorava all’ufficio Regolazione degli Sport Magici. Quando la targhetta cadde nel contenitore del resto ed il signor Pudding allungò il braccio per prenderla Harry dovette appiattirsi ancora di più lungo il vetro, poiché altrimenti avrebbe rischiato di essere toccato. Quando la cabina si aprì di nuovo, erano arrivati nell’Atrium del Ministero della Magia. Subito Harry si affrettò ad uscire prima del signor Pudding, il quale, ignaro della situazione, si recò verso uno degli ascensori per andare nel suo ufficio. Finalmente Harry poté tirare un sospiro di sollievo. Era riuscito ad entrare senza destare sospetti. Ora arrivare fino al nono livello senza toccare nessuno diventava più difficile. In ogni angolo dell’Atrium decine di maghi correvano in tutte le direzioni, intenti a scambiarsi pareri, fascicoli e rotoli di pergamena. Per ben tre volte Harry rischio che il mantello gli venisse strappato via dal corpo. Alla fine riuscì a passare inosservato camminando lungo il perimetro del muro di pietra. Trovò un ascensore liberò e finalmente schiacciò il pulsante che lo avrebbe condotto al livello che stava cercando. L’ascensore sussultò mentre la solita voce annunciava << Ufficio Misteri>>. Harry, sempre nascosto dal mantello, giunse nel lungo corridoio sormontato dalle molte torce, che ormai conosceva come le sue tasche, avendolo sognato quasi tutte le notti durante l’anno scolastico. Non c’erano molti impiegati in giro “Meglio così” si disse. Trovò la prima porta, quella che conduceva al secondo corridoio del suo sogno. Tese la mano da sotto il mantello per spingerla, ma un rumore attirò la sua attenzione e si fermò con il braccio ancora a mezz’aria. Non proveniva però da dietro la porta, bensì di fianco ad essa. Harry aveva dimenticato che l’Ufficio Misteri si trovava sullo stesso livello del Tribunale dei Maghi, il Wizengamot. Evidentemente stavano tenendo un processo in quel momento, ecco perché non c’era nessuno. Pensò che dovesse essere un processo molto importante se tutti i dipendenti di quel piano avevano lasciato le loro occupazioni per assistervi. Tornò sui propri passi e tentò di capire cosa stesse succedendo al di là della porta. Tutto ciò che riuscì a cogliere furono le urla di disapprovazione della giuria, l’eco delle parole di Caramell, ma non riuscì a comprendere cosa dicesse, e lo sbattere di catene, immaginò che dovesse trattarsi di quelle appese alla sedia dove sedeva l’imputato. Improvvisamente la porta si aprì dall’interno, Harry fece giusto in tempo ad indietreggiare mentre un dissennatore si faceva strada nel corridoio. Indugiò per un momento prima di uscire, probabilmente aveva captato la paura di Harry che nonostante tutto, temeva ancora i dissennatori più di qualsiasi altra cosa, ma alla fine sparì oltre il muro dell’ufficio. Uscendo, aveva lasciato la porta socchiusa, abbastanza da permettere ad Harry di avvicinarsi e guardare all’interno della sala. All’interno la situazione era fuori controllo: boati e urla si spargevano lungo le file di persone che assistevano al processo, dissennatori in ogni angolo della stanza, nessun presente era seduto al proprio posto, ad eccezione del ministro e della persona sotto accusa, ma Harry non riuscì a vedere chi fosse, perché era nascosta dai corpi dei maghi e delle streghe in piedi davanti alla porta. Di nuovo le catene risuonarono nell’aula. << Avendo dunque ascoltato la testimonianza dell’imputato e avendo esaminato le prove …>> altre urla <<… Possiamo concludere che…>> altri insulti <<…Onde evitare altri spiacevoli avvenimenti…>> e qui un mago aveva tentato di schiantare l’uomo incatenato la centro della sala, ma era stato fermato da un dissennatore <<… una condanna a vita ad Azkaban>> a questo punto la sala esplose in un lungo applauso e le grida di eccitazione del pubblico sovrastarono tutto il resto. I dissennatori si mossero verso il centro e i maghi cominciarono a sgomberare la porta, per permettergli di portare fuori il colpevole. Finalmente Harry riuscì a vedere la persona che era stata appena condannata a passare il resto dei suoi giorni in galera, con grande approvazione del pubblico. Le gambe sembravano non riuscire a reggere il peso del suo corpo, le braccia portavano ancora il segno rosso delle catene e la testa gli ciondolava dal collo, ma nonostante non riuscisse a vedere il suo volto, Harry riconobbe la chioma bionda, solitamente impeccabile, che invece ora aveva un aspetto decisamente arruffato, di Lucius Malfoy.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Giustizia, finalmente. Invisibile agli occhi di tutti, Harry assistette in prima fila all’arresto di quell’uomo che aveva commesso così tanti crimini, leggendo nei suoi occhi la paura che così di rado increspava la sua espressione altezzosa, in questo gli ricordava molto suo figlio. Vide i dissennatori che lo trascinavano lungo il corridoio e gli inviati della Gazzetta del Profeta che scattavano centinaia di foto. “ Domani sarà in prima pagina” pensò Harry. Dietro di lui, tra gli spintoni e gli insulti della folla, avanzarono Narcissa e Draco Malfoy, pallidi in voltò più del solito, ma con la testa ancora alta mentre passavano di fianco ad Harry senza vederlo, gli occhi della donna ancora lucidi. Prima che la folla lo travolgesse, e si accorgesse quindi della sua presenza, Harry si ricordò del motivo per cui era lì, e tornò alla porta successiva, deciso più che mai a parlare con Sirius e riferirgli dell’accaduto. Entrò nel corridoio che portava alla stanza circolare con le molte porte, che aveva affrontato solo poche ore prima. Decise di tentare di nuovo la sorte. Aprì la prima di fronte a lui, e di nuovo trovò la vasca piena degli stessi cervelli che avevano cercato di strangolare Ron la notte dell’attacco. Ne tentò una seconda. Questa volta dentro la stanza c’erano centinaia e centinaia di piccoli oggetti incantati, simili a quelli che Harry aveva visto nell’ufficio di Silente - si chiese dove li avesse presi – provò un’altra porta ancora e finalmente trovò quello che stava cercando: gradoni di pietra che confluivano in uno spazio centrale, dove si ergeva un grande arco di pietra sormontato da un velo che sembrava mosso da un vento inesistente. Vederlo di nuovo fu come rivivere la morte di Sirius una seconda volta: rivide il suo sguardo perso e inconsapevole mentre si abbandonava oltre il velo, risentì la stessa fitta nel petto che lo aveva spinto a corrergli dietro per riprenderlo, senza riuscirci. Ancora una volta si ritrovò a piangere. Un gradino alla volta si avvicinava sempre di più all’arco, lo specchio ancora nella tasca dei suoi jeans. Chiuse gli occhi e si fece guidare dalle voci ben udibili da quella distanza, mentre rifletteva sulla loro provenienza. << Dove siete? Dove sei, Sirius?>> chiese quasi si aspettasse una risposta reale, che non arrivò. Ora era davanti al velo nero, incerto sul da farsi. Si chiese se fosse pazzo a sperare che funzionasse, ma si disse che valeva la pena di tentare. Prese lo specchio dalla tasca e lo guardò un’ultima volta prima di inginocchiarsi sulla fredda pedana di pietra alla base dell’arco e farlo scivolare dall’altra parte. Ce l’aveva fatta. Con il cuore che gli batteva a mille recuperò anche la sua metà, questa volta dalla tasca del giubbotto, e scrutò per un istante il suo sguardo spaventato, aveva cominciato a sudare freddo, poi disse – Sirius Black- ancora una volta tutto ciò che riuscì a sentire furono i sussurri indistinti al di là del velo, nessuno di essi sembrava formare parole di senso compiuto. Si accasciò sul pavimento mentre continuava a fissare il velo in perenne movimento, gli occhi velati dalle lacrime che stava trattenendo. << Har-ry>> fu poco più di un sussurro, se si fosse trovato a qualche centimetro in più di distanza non sarebbe mai riuscito a sentirlo. << Sirius? Sirius, sei tu?>> Ora tutto ciò che Harry vedeva era lo specchio nelle sue mani, ma ancora vedeva solo il suo riflesso. << Puoi sentirmi?>> per un secondo pensò di essersi immaginato tutto, forse aveva sperato così tanto che funzionasse che il suo subconscio aveva immaginato che realmente il suo padrino avesse trovato lo specchio, e che potesse davvero parlare con lui. Era talmente preso da questi pensieri e talmente sconvolto, che non si accorse nemmeno che il riflesso all’interno dello specchio che teneva tra le mani stava cambiando e che, dove prima c’era una chioma arruffata e dei grandi occhi verdi, adesso c’erano lunghi capelli ricci e scuri e un paio di occhi azzurri che guardavano Harry con affetto. << Andiamo ragazzo, questa è la millesima volta che ti vedo piangere oggi. Cosa direbbe tuo padre se ti vedesse adesso? Non vorrai mica fargli pensare di aver messo al mondo una femminuccia…>> << Sirius?>> << Ciao, Harry>>

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Non gli sembrava vero di vedere il suo padrino che gli sorrideva felice attraverso lo specchio nelle sue mani, come se non fosse mai successo nulla, come se fosse ancora vivo. Adesso finalmente avrebbe potuto parlare con lui ogni volta che gli andava, non si sarebbe sentito solo mai più, perché lo avrebbe portato sempre con sé. Certo, non sarebbe stato come se fosse in carne e ossa lì con lui, ma per Harry sarebbe stato abbastanza anche così, ora che Sirius era tornato. << Sirius! Non ci posso credere, ormai non mi aspettavo più che funzionasse, stavo quasi per arrendermi, per fortuna non l’ho fatto. Ho un sacco di cose da raccontarti sulla scuola, i miei zii, Silente. Devo assolutamente raccontarti quello che è successo poco fa…>> Come un fiume in piena Harry aveva cominciato a parlare senza fermarsi un attimo, con un gran sorriso stampato in faccia. Nel frattempo Sirius ascoltava attentamente tentando di non perdere il filo del discorso. << D’accordo, d’accordo Harry ma prima devo dirti una cosa io>> << Che cosa?>> Sirius inspirò a fondo, soppesando le parole da usare, poi disse << Harry, tu nemmeno immagini quanto io sia fiero di te in questo preciso momento. Il viaggio che hai affrontato per venire fin qui, come ti sei comportato durante la battaglia con i Mangiamorte, la questione della profezia, non potrei essere più felice, ma non sono sicuro che restare qui sia una cosa buona per te>> il suo sguardo si fece improvvisamente triste << Che cosa intendi dire? In questo modo potremo finalmente stare insieme, proprio come volevi tu. Non ti ricordi più, la notte del nostro primo incontro?>> << Certo che me lo ricordo, ma quando ti ho detto che mi sarebbe piaciuto farti da padrino intendevo dire da vero padrino, passare le vacanze estive insieme, portarti in giro a vedere nuovi posti…>> << Ma noi potremo ancora farlo. Questo cambia tutto, non saremmo più costretti a stare separati. Ogni giorno avremmo la possibilità di stare insieme>> Harry si rifiutava di credere a quelle parole, quando vedeva la soluzione proprio davanti a sè << Hai detto bene, Harry, questo cambia tutto. Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Sei davvero disposto a passare il resto della tua vita parlando ad un riflesso in uno specchio?>> << Certo che lo sono, se questo è l’unico modo di stare con te. Non voglio perderti di nuovo>> concluse Harry con una nota di supplica nell’ultima frase. << Non pensare neanche per un momento che io lo voglia. Sai benissimo che farei di tutto per stare con te, ma questo è sbagliato. In fondo lo sai benissimo anche tu, ma in questo momento sei troppo accecato dalla tristezza per poterlo comprendere.>> seguì un attimo di silenzio, poi Sirius riprese a parlare << Quando uscirai di qui, voglio che tu distrugga il tuo specchio>> << No, Sirius!>> << Voglio che torni alla tua vita di sempre e che vada avanti. All’inizio sarà difficile, certo, ma con il tempo imparerai a convivere con il dolore.>> << E tu come lo sai?>> << Perché ci sono passato anche io>> sospirò <> Harry sembrava aver esaurito le lacrime. Voleva urlare, ma non lo fece. Guardò di nuovo il velo che non aveva mai smesso di agitarsi, poi tornò a guardare Sirius << Allora immagino che questo sia un addio>> << Aspetta, c’è ancora qualcosa che devo dirti>> Harry annui in silenzio, incapace di emettere alcun suono. << Quando tornerai a casa, vorrei che tu dicessi a Tonks che non avrebbe potuto impedire a Bellatrix di colpirmi, erano anni che desiderava farlo, stava solo aspettando il momento opportuno.>> Harry annui di nuovo, per dirgli che aveva capito << Poi dì a Remus che mi dispiace per tutto quello che gli ho fatto passare negli ultimi tempi. Si è preso cura di me, ha fatto sempre in modo di proteggermi. E’ stato molto più di un amico per me, è stato un fratello. Anche lui deve andare avanti e vivere la sua vita>> << Con Tonks>> completò Harry al suo posto << Si, con Tonks>> << E poi, Harry, ricordati di non essere troppo triste. Hai solo quindici anni, non è giusto. Anche se non ti sembra vero, tutti quelli che hai perso, in realtà non li hai persi per sempre. Io, così come i tuoi genitori, ti sarò sempre accanto. Ogni volta che pensi a noi ci fornisci il potere di starti vicino, quindi, quando pensi di non avere nessuno ricordati che noi siamo con te, sempre>> << Me ne ricorderò, Sirius>> sussurrò. << Adesso puoi andare. Ti voglio bene Harry>> << Addio.>> L’immagine di Sirius sparì, e Harry tornò a guardare il suo volto. Si alzò dalla pedana e si rinfilò il mantello dell’invisibilità. Ci mise poco ad uscire dal Ministero, ora che tutti erano nel proprio ufficio a lavorare. Prima di tornare a casa decise di passare per Grimmauld Place, per parlare con gli altri di ciò che aveva fatto. Dopo l’iniziale preoccupazione di tutti, per essere entrato di nascosto al Ministero della Magia, lasciarono che Harry proseguisse il suo racconto senza essere interrotto. << Prima di lasciarmi, ha lasciato un messaggio per voi>> disse guardando Lupin e Tonks, seduti di fronte a lui. Alla fine del suo discorso, i due si abbracciarono, e poi abbracciarono anche Harry, piangendo. Alla fine della giornata, l’allegria era tornata in casa e mentre tutti gli altri chiacchieravano tra loro Harry si ricordò di una cosa. Tornò nella camera di Sirius, prese lo specchio dalla tasca e, tenendo gli occhi chiusi, lo gettò dalla finestra, ascoltando il suono del vetro che si infrangeva sull’asfalto, questa volta con il sorriso sulle labbra, perché sapeva che Sirius gli stava accanto e sorrideva insieme a lui.

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