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di yuki rain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. NEW YORK ***
Capitolo 2: *** UN ALTRO NOIOSO PRIMO GIORNO DI SCUOLA ***
Capitolo 3: *** FESTA ***



Capitolo 1
*** 1. NEW YORK ***


 

Tomas era a New York da meno di un mese e già odiava quell'ammasso di cemento abitato da persone simili a robot che camminavano tutte insieme lungo i marciapiedi nei loro vestiti da lavoro. Ogni giorno. Come se la vita dipendesse da esso. Una città in bianco e nero, fredda, senza anima, non si sarebbe mai abituato a quel clima, il cielo grigio coperto da grattacieli, il rumore dei taxi e del traffico, l'odore delle auto che passavano.

Tomas era seduto in auto, quella mattina sua madre gli aveva chiesto di accompagnarlo a lavoro ad Upper East Side, lei si occupa dell'immagine di molti vip, è molto conosciuta nel suo settore, ha partecipato anche a molte sfilate di alto livello.

Lei è la sua versione al femminile, gli stessi cappelli color carota mossi, gli stessi occhi verdi lo stesso pallore della pelle, l'unica differenza erano le lentiggini di Tomas che aveva preso dal padre, probabilmente era anche l'unico tratto che gli aveva passato.

Lei aveva solo quindici anni quando rimase incinta di Tomas, una vera ragazza-madre ma questo non le fece fermare gli studi, anzi nonostante il suo lavoro possedeva una laurea in economia e commercio più un master. Si erano trasferiti nella grande mele dopo il divorzio, Elsa ne uscì distrutta e decise di concentrarsi solo sul suo lavoro, per la prima volta nella sua vita Tomas odiò sua madre per aver preso quella decisione.

La Florida gli mancava ogni giorno, svegliarsi al mattino con la luce del solo che illuminava la stanza insieme all'odore del mare, il cielo che si confondeva col mare all'orizzonte. Le lunghe camminate sulla spiaggia senza scarpe, sentendo la sensazione della sabbia calda sotto i piedi.

Buttarsi in acqua facendosi investire dalle prime onde della giornata, tornando a casa sentendo il sole asciugarti col suo colore, un solo completamente diverso da quello di New York, molto più caldo. Tomas adorava il sole, anche se non se la sua pelle era sempre pallida, passava giornate con indosso un semplice costume a volte con una maglia a mezze maniche, massimo una felpa.

Quando era arrivato infatti riempì l'armadio di felpe pesanti e pure un paio di giubbotti, decisamente scomodi a detta sua.

Guardava fuori, le persone camminare lungo la strada, sembrava che andassero quasi a ritmo della canzone che stava ascoltando con gli auricolari.

 

I walk this empty street
On the boulevard of broken dreams

 

Sospirò, quando arrivarono sua madre gli disse che aveva solo bisogno di tempo per abituarsi allo stile di vita di New York, dopo due mesi però si sentiva come un pesce fuor d'acqua, chissà ancora quanto tempo ci sarebbe voluto?

“Tomas siamo arrivati levati il cappuccio” disse scendendo lungo la rampa del parcheggio di un palazzo.

Indossava sempre il cappuccio della felpa, era come uno scudo per lui, non voleva farsi notare dalle persone, odiava essere al centro dell'attenzione.

Con una mana lo fece scivolare dietro, facendolo ricadere sulle spalle, si tolse le cuffie spettinandosi i capelli non troppo lunghi praticamente arancioni.

Mise il telefono in tasca appena sua madre parcheggiò, aprì la portiera della macchina e scese sospirando, avrebbe dovuto ascoltare per ore stilisti e sarti che litigavano su quali accessori fossero i migliori, la scelta delle scarpe ecc … o peggio, qualche ereditiera senza cervello che non voleva seguire la moda, voleva essere la moda.

“A che piano è?”

“All'attico” “Comportati bene, queste persone sono molto importanti”

“Pezzi grossi nella moda?”

“Non solo … capirai una volta lì”

“Va bene”

“Fatti vedere” disse la madre mettendosi davanti.

Tomas indossava una felpa col cappuccio e le maniche nere, mentre davanti sembrava un finto jeans, i pantaloni aderenti neri strappati sulle ginocchia lasciavano intravedere i tatuaggi, le scarpe erano nere e oro.

“Puoi andare” era un impresa vestirsi per andare a lavoro con lei, non poteva certo vestirsi male con guru della moda come madre, per andare a scuola metteva le prime cose che trovava nell'armadio ricevendo commenti non troppo positivi.

Calò il silenzio, Tomas guardò fuori tramite la colonna di vetro, gli alberi di Central Park si facevano sempre più piccoli e lontani, gli piaceva stare in alto, lo faceva sentire come se fosse il re del mondo, tutti i problemi erano laggiù e lui era a metri di distanza da essi; beccato che non posso vivere in alto, non si può scappare dalla realtà.

L'ascensore si aprì in un ingesso di un appartamento di lusso, si trovava sempre nella zona dei vip ricordiamolo, il pavimento era in legno chiaro, i mobili erano moderni tutti tra il bianco e il nero con qualche arredo colorato, illuminato dalle vetrate.

“Benvenuti” disse un uomo sulla quarantina vestito elegante, dai capelli corvini tenuti all'indietro col gel, gli occhi erano scuri e il sorriso era bianchissimo.

Di solito gli stilisti erano esagerati, sfarzosi nella maggior parte dei casi, lui non aveva nulla dello stilista.

“Tomas lui è Jonas”

“E' un piacere” disse stringendogli la mano.

“Il piacere è mio”

“Wow siete due gocce d'acqua” disse osservando i due sorridendo, sembrava nervoso.

“Alexander sta arrivando, è di sopra a cambiarsi, venite non state nell'atrio”

Tomas guardò il soggiorno arredato con mobili moderni, il tappeti-moquette, un divano grande e un tavolino in cristallo, contro la parte c'era una talevisione incastrata in una libreria piena di libri e oggetti vari.

L'angolo cottura era a vista ed era diviso dal soggiorno tramite il bancone bianco collegato ai piani cottura.

“Eccoti Alexander” dalle scale scese un ragazzo sui diciott'anni dai capelli leggermente lunghi tirati indietro corvini, gli occhi grigi chiari con delle sfumature azzurre, era alto e robusto al punto giusto. Indossava un maglione nero leggero, dei jeans senape e delle scarpe sportive. Teneva le mani in tasca con un espressione insicura.

Tomas pesò che fosse un modello, il suo volto era affascinante con un neo sotto l'occhio destro poi.

Emanava un aura strana, non riusciva a togliergli occhi di dosso come per ogni modello o modella possedevano un fascino nascosto.

Si morse il labbro per il nervoso quando i suoi occhi si puntarono su di lui per la prima volta.

“Buongiorno a tutti” disse chiaramente confuso.

“Sediamoci” disse Jonas.

Si accomodarono sui due grandi divani bianchi.

“Vi starete chiedendo perché sarete qui” iniziò l'uomo riferito ai due ragazzi guardando Elsa.

“Questo non sarà solo un progetto di lavoro...”

“Perché lei non sarà solo la tua consulente di immagine ...”

No … Tomas iniziò a gridare mentalmente, aveva già capito ma voleva sbagliarsi, NO, NO, NO. CAZZO NO.

“Da oggi la mia compagna e suo figlio verranno a vivere con noi, in questo appartamento”

se fosse stato un film si sarebbe sentito un tuono, i due giovani si guardarono increduli.

“C-cosa?” chiese Alexander.

“Elsa e Tomas si uniranno alla famiglia, hai sempre voluto un fratello no?”
“E a te Tomas farebbe bene avere vicino qualcuno della tua età”

Il ragazzo dalla chioma arancione stava per parlare ma venne preceduto.

“Quando avevi intenzione di dirmi che ti eri fidanzato?” chiese Alezander alzandosi in piedi.

“Abbiamo voluto essere sicuri e abbiamo voluto dirvelo nello stesso momento, tu e Tomas andrete daccordissimo”

Elsa si voltò verso il figlio che non aveva ancora detto parola.

“Tu Tomas? Non la trovi una bella notizia?”
“Non li conosco, sono degli estranei! Io dovrei vivere con degli estranei?”

“Vi conoscerete meglio, vivendo sotto lo stesso tetto”

I due adulti erano il volto della tranquillità, sorridevano tenendosi per mano guardando ognuno il rispettivo figlio che nelle loro menti stavano urlando e lanciando tutto quello che c'era in quella stanza in preda alla rabbia.

“Avresti dovuto dirmelo …” si incamminò per le scale da cui era comparso “... E COMUNQUE LUI NON SARA' MAI MIO FRATELLO!”

Jason seguì in figlio sulle scale, lasciando i due da soli ancora seduti sul divano.

“Tomas senti ...”

“Non dire nulla, come … come mai non mi hai detto nulla?” era arrabbiato, avrebbe voluto scappare dall'attico ma non riusciva a compire un passo per lo shock.

“Jonas è un ottima persona, abbiamo preso questa decisione sia per noi che per voi”
“E come potrebbe uno sconosciuto aiutarmi? Vuoi trovarmi un sostituto di papà per caso?”

“Sto cercando di rifarmi una vita, sia per me, ma sopratutto per te. Voglio che tu sia felice”
“Allora riportami a casa” calò il silenzio, Elsa sapeva bene che 'casa' per suo figlio era Miami, si ricordava bene le lacrime che aveva versato quando l'aereo era in viaggio e anche il sorriso che aveva quel giorno prima di ricevere la notizia del trasloco, fu l'ultimo che vide, fu l'ultima volta che suo ebbe un espressione felice in volto.

Vederlo così era un duro colpo, ma aveva bisogno di ricominciare da zero, entrmabi ne avevano bisogno, Tomas aveva bisogno di una figura maschile e Jonas faceva al caso suo, come Alexander aveva bisogno di una figura femminile.

“Non sei tu a decidere, ora andiamo a casa, facciamo le valigie, prendiamo le cose importanti e poi torniamo qui e stasera tutti a cena per festeggiare” il suo tono non era ne gioioso ne arrabbiato, semplicemente calmo. Gli accarezzò una guancia per poi abbracciarla, ovviamente venne ricambiata.

Tomas non era affatto felice, ma aveva ragione non era lui a decidere, tanto New York faceva schifo sia dal basso che dall'alto, non avrebbe sentito la differenza.

 

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Capitolo 2
*** UN ALTRO NOIOSO PRIMO GIORNO DI SCUOLA ***


Alex si svegliò al suono della sveglia, si misi a sedere stiracchiandosi, era mattiniera fin da bambino, non gli dispiaceva alzarsi presto e uscire di casa in anticipo. La mattina le strade di New York sono colme di uomini e donne che si dirigono a lavoro e più si tarda la mattinata più peggiorano, per fortuna non doveva prendere l'autobus o qualsiasi mezzo pubblico; Aveva diciassette anni e una bella macchina, la fortuna di avere un padre discografico estremamente famoso.

Si fece una doccia veloce e si vestì con dei jeans senape, una maglia bianca e un maglioncino nero anche esso largo.

Dopo una sistemata di gel ai capelli era pronto, prese lo zaino con una mano e accese il telefono con l'altra.

Scese le scale e attraversò il soggiorno fino ad arrivare all'angolo cottura dove proveniva odore di uova e succo di frutta.

“Buongiorno” disse il padre sorseggiando il caffè.

“Giorno” disse mollando lo zaino contro il muro e avvicinandosi al bancone.

“Che bravo che sei già pronto, Tomas non da ancora segni di vita” disse Elsa mettendo i pancake nei piatti.

Ad Alex non dispiaceva Elsa, era molto giovanile sia nel vestile che nel parlare e non mostrava per niente la sua età sembrava estremamente giovane, nessuno gli avrebbe dato più di venticinque anni.

Vivevano insieme da quasi un mese e tutto era già cambiato, ora era lei a cucinare e non una persona chiamata apposta, aiutava spesso la donna delle pulizie ed era sempre disponibile nel caso servisse una mano in casa.

Sua madre era molto diversa, lei non cucinava, non puliva, si comportava come se fosse normale avere gente pronta a servirla. Lui era cresciuto tra le braccia delle mille tate chiamate per occuparsi di lui al posto di sua madre, Jonas chiese il divorzio quando Axel aveva nove anni.

Elasa era la prima figura femminile che metteva piede stabile in quella casa dopo il divorzio.

“Alex vai a svegliare Tomas” disse il padre.

“Perché io?” chiese bevendo il succo.

“L'unico momento in cui parlate è per passarvi il sale a tavola. Dovete aprirvi un po di più e tu sei il maggiore ricordi”

Elsa ci stava anche ma Tomas … era strano, non parlava anzi non faceva proprio niente passava le sue giornate chiuso in camera, chissà che faceva li dentro tutto il tempo?

“Meglio lasciar stare Jonas … Tomas di mattina è un caso perso, comunque Alexander … gli darai un occhiata? oggi è il suo primo giorno”

“Certo” mentì, non ci pensava a fare da baby-sitter al ragazzino anche a scuola, se la sarebbe cavata sicuramente da solo.

“Eccolo qui, mattiniero è?” disse la donna rivolta al figlio, aveva una faccia di sonno impressionante, la camicia a quadretti era allacciata fino all'ultimo bottone, i jeans neri erano a cavallo basso e le scarpe sportive rosse erano un faro negli occhi.

Sua mamma era l'icona della moda e lui andava a scuola vestito così? Si sarebbe aspettato una sottospecie di influencer o comunque uno fissato con il proprio aspetto fisico.

“Buongiorno” disse sbadigliando sedendosi davanti al corvino.

“Pronto per il tuo primo giorno?”

“Si” disse mentre spalmava della marmellata su un toast, si allungò per prendere il burro ma Elsa lo tolse da tavola prima che vi arrivasse. Una cosa che aveva capito di lei era che era fissata con la dieta o meglio tenere suo figlio a dieta, tutta roba integrale o biologica; forse era per quello che era così basso e minghrlino.

“Io prenderei una felpa” consigliò l'uomo.

“Si forse sei un po' leggero con la camicia, puoi mettere quella nera con il cappuccio grigio o la giacca in pelle ...” Alex guardò l'arancione addentare la colazione senza ascoltare la madre.

Gli fissò i capelli … era impossibile che fossero naturali, troppo arancioni, per non parlare delle lentiggini che gli mettevano in risalto gli occhi verdi, paurosamente identici a quelli di sua madre sia di forma che di colorazione.

Usciti di casa Tomas si incamminò “Non lo vuoi un passaggio?”

“Preferisco camminare” fu la risposta mentre si portava le cuffie all'orecchio.

Alex non insistette e si diresse verso il garage, mentre andava a scuola ascoltava la musica della radio, ascoltava gli speakers parlare delle ultime mode e tendenze, ogni tanto, anzi spesso, nominavano suo padre.

Lungo la strada si fermò per recuperare Tony un suo grande amico che viveva due vie più avanti.

“Fratello! Puntuale come sempre” disse sedendosi al posto del passeggero. Tony aveva i capelli marroni come i capelli corti, il fisico allenato per gli allenamenti sul campo da lacrosse.

Indossava i soliti pantaloni della tuta con la felpa della scuola, azzurra e oro.

“Tony sali forza!”

“Cos'è sta roba?” chiese rivolto al programma radiofonico “Metti su la musica” disse maneggiando con la radio, alzò a canna il volume di una canzone pop-rap cantando in playback e ballando sul sedile.

“Che fine avevi fatto venerdì ti aspettavamo”

“Mio padre ha invitato a convivere la sua nuova donna e suo figlio.” disse Alexander fissando la strada.

Tony scoppiò a ridere “Tuo padre è un mito! E come è lei?”

“Meglio delle precedenti … faceva la modella”

“Faceva?”

“Si, ora è solo una delle critiche di moda più influenti in America”

“Tuo padre è fortunato! E suo figlio come è?”

“Non me ne parlare, è matto da legare. E' una specie di quei dark depressi, con vestiti firmati e alla moda” Tony scoppiò a ridere.

Continuarono a parlare fino all'arrivo a scuola High School Victorian Istitute, parcheggiarono la macchina vicino a quelle degli altri studenti e si prepararono ad una nuova giornata in quel magico mondo della scuola.

Alex varcò per primo la porta anti-panico in veto ritrovandosi nell'atrio davanti a lui c'erano le scale in marmo bianco che salivano e a destra e sinistra lunghi corridoi di armadietti azzurro spento.

Si diresse verso il corridoio di destra, verso il suo armadietto vicino all'aula di lingue.

“Buongiorno” una ragazza bionda si avvicinò a loro, i capelli erano mossi e lunghi fino a metà schiena, gli occhi erano neri pece coperti di trucco come il resto del volto. Indossava un vestito lungo poco sopra il ginocchio rosa chiaro con degli stivaletti; una giacca in pelle le copriva la parte superiore dell'abito. Teneva in mano un libro dalla copertina rovinata, lei era il capo delle chearleaders.

“Isabel” la salutò Tony.

“Dov'eri finito venerdì? Sai quante ragazze che volevano limonare con te sono rimaste deluse?”

“Già ho dovuto consolarne una a una! È stato impegnativo” scherzò il moro.

Alex si trovava bene a scuola, non era mai stato da sole fin dal suo primo anno aveva Tony, compagno di lacrosse e migliore amico, solo il fatto di essere titolare in una squadra era una buona cosa. La squadra era come una seconda famiglia, i tuoi compagni erano i tuoi fratelli e il coach tuo padre, ovviamente nessuno avrebbe voluto avere il coach Faren come genitore.

Tutti lo conoscevano, da una parte per il lavoro di suo padre e l'altra perché era all'apice della popolarità, alle feste erano considerati i re, gli piaceva si sentiva importante come se fosse in cima al mondo.

Le lezioni passarono in fretta, nel complesso Alex non andava male a scuola, tranne per matematica era in una lingua sconosciuta con un sacco di simboli, a detta sua senza senso.

All'ora di pranzo si unì alla squadra in mensa in compagnia delle cherleaders, avevano il tavolo tondo al centro della caffetteria.

“Alex domani puntuale per gli allenamenti sta per aprirsi la stagione” disse il capitano con un braccio intorno alle spalle di una ragazza che gli sorrideva.

“Tranquillo vinceremo anche quest'anno!”

“Sabato prossimo festa a casa mia ci siete tutti vero?” chiese una ragazza col caschetto lungo marrone e gli occhi azzurri, Angela. Ritenuta una delle ragazze più belle e sexy della scuola tutti venivano alle sue feste avevano un mix perfetto di alcol, musica, divertimento, fumo e sesso.

“Ovvio che ci saremo, la squadra di lacrosse non può perdersi una festa di Angela Waster” disse un componente.

Alex guardò il telefono che vibrava nella tasca:

(PAPA')

Come va il primo giorno di Tomas?”

(ALEX)

Tutto bene”

(PAPA')

Sono contento. Elsa ha detto che fa fatica a fare amicizia quindi dagli un occhio nel caso gli serva qualcosa”

(ALEX)

Tranquillo”

Rimise via il telefono guardandosi intorno, non l'aveva ancora visto che si fosse perso per la scuola? Non era un suo problema infondo.

“Tu vieni Alex vero?” chiese Angela guardandolo.

“Certo che vengo, quindi vedi di non deludere le mie aspettative”

 

Questa scuola fa schifo. Fu questo il pensiero fisso di Tomas mentre vagava per i corridoi, il suo orientamento non era male in una mattinata aveva memorizzato più o meno dove si trovavano tutte le classi e come raggiungerle. Il suo armadietto era nel corridoio vicino a quello principale tra l'aula di scienze e quella di storia.

Vederlo così spoglio gli dava una sensazione strana, il suo a Miami era pieno di fotografie e di scritte fatte con l'indelebile e poi era rosso, il suo colore preferito.

Fissò l'armadietto ocra per poi deporci i libri che gli aveva dato la segretaria, gli piaceva molto studiare e anche se aveva perso diverse ore col trasloco e i vari cambiamenti di scuola si ritrovava perfettamente coi programmi della maggior parte delle materie.

Guardò il foglio che gli aveva dato in aggiunto, avrebbe dovuto compilare entro un paio di settimane a quasi corsi extra-scolastici avrebbe frequentato, era obbligato a fare dei corsi facoltativi, New York non smetteva mai di stupirlo.

Non gli piacevano i club, per lui non era facile esporsi e relazionarsi con le persone come fanno tutti quindi cercava di evitare quel tipo di situazioni.

Nora la sua migliore amica della Florida lo aveva costretto ad entrare nel gruppo di teatro un anno fu uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita quando salì sul palco col costume e un sacco di occhi che lo fissavano.

Era ora di pranzo quindi nei corridoi c'era calma piatta, ne approfittò per dare un occhiata al l'orario delle materie, gli rimaneva solo l'ora matematica e Lettere.

Stava per prendere i libri quindo un ragazzo gli batté contro l'armadietto, era alto con i capelli marrone cortissimi quasi alla militare, il volto sorridente macchiato da qualche ferita e livido.

“Devi essere quello nuovo. Come ti chiami?”
“Tomas”

“Alan”

“Da dove vieni?”

“Florida”

“Allora sarà meglio che ti spieghi come funzionano le cose a New York. Tu sei quello nuovo quindi non vali nulla. Vedi di volare basso e non ti accadrà nulla” diede una manata sui libri che il rosso teneva in mano facendoli cadere a terra per poi andarsene ridacchiando.

Alla fine Tomas scoprì che Alan era nel suo stesso corso di matematica, non ci fece caso anzi sinceramente si era già dimenticato delle sulla minaccia.

Il professore iniziò la lezione, estremamente semplice a detta di Tomas.

“Ora chiamiamo qualcuno per correggere i compiti alla lavagna” fogliò il registro “Patel”

Alan si alzò sotto gli schiamazzi del suo compagno di banco e si diresse alla lavagna dove iniziò a risolvere equazione seguito dall'occhio vigile del docente.

Dopo un paio di minuti si fermò chiaramente in difficoltà, Tomas osservò più volte i numeri scritti sulla lavagna, risolvendola mentalmente.

“Qualcuno può aiutare il compagno?”

Tomas si guardò intorno notando che nessuno si stava realmente interessando al quesito, timidamente alzò la mano.

“Carter di pure”
“Ecco ...” si toccò il collo con la mano che aveva alzato, si sentiva osservato da dietro.

“Hai dimenticato di cambiare i segni e hai sbagliato ... anche sbagliato dei conti ...”

“Venga alla lavagna”

Tomas si alzò, fissato dal resto della classe, prese il gesso iniziò a correggere e risolvere l'equazione in meno di cinque minuti.

“Molto bene signor Carter, signor Patel dovrebbe prendere esempio dal nuovo studente. Potrebbe solo alzargli la media.” la classe scoppiò a ridere.

Alan tornò a posto dando una spallato a Tomas che lo guardo sedersi a posto “Carter rimani pure alla lavagna a svolgere il resto dei compiti”

 

Finita la scuola Alex si diresse verso il parcheggio insieme ai suoi amici, la sua auto era li ad attenderlo.

“Allora andiamo da Willy?” il Willy era il loro locale di raduno, col tavolo tondo vicino alla finestra, ci andavano tutti i giorni e ogni giorno prendevano il caffè speciale della casa.

“Si è tutta la mattina che aspetto il caffè del Willy”
Axel stava per rispondere quando vide Tomas con lo zaino in spalle ad attendere che le auto smettessero di passare. Fece un gesto agli altri e si avvicinò al rosso.

“Hey” disse semplicemente per attirare la sua attenzione.

“Hey” rispose lui con gli auricolari della musica nelle orecchie.

“Come è andato il primo giorno?”

“Come tutti gli altri primi giorni”

“Vai a casa ora?” lui annuì guardando le auto.

“Io esco con degli amici, ci vediamo a cena” disse Alex mettendo le mani in tasca.

“Ok” disse solo Tomas.

“Ciao”

“Ciao”

Alex tornò alla sua auto dove i suoi amici lo stavano aspettando.

“Chi è quello?” chiese Tony salendo al posto del passeggero.

“Il mio nuovo fratello” disse sbuffando mettendo in moto auto.

“Che ha ai capelli?” chiese Nathaniel seduto dietro.

“Non lo so e non mi interessa”
“Comunque non scherzavi è strano sul serio”



-ANGOLO YUKI-
Questo è il secondo capitolo della mia storiaaaaa 
spero che possa piacere, fatemelo sapere con un commento e datemi consigli su come migliorare 

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Capitolo 3
*** FESTA ***


Era passata una settimana da quando si era trasferito in quell'attico da urlo ma a Tomas sembravano anni, non gli piaceva la scuola, specialmente Alan un vero coglione.

Le lezioni di matematica erano impossibili con le sue battutine e le sue continue stupidaggini, la classe rideva, Tomas non ne capiva la ragione, forse perché era lui il soggetto della maggior parte battute.

Era sera, Tomas se ne stava sdraiata sul divano in pigiama a guardare la televisione in totale silenzio, stava guardando uno dei quei reality dove le persone devono sopravvivere su un isola e affrontare sfide. Sulla pancia teneva una ciotola contenete i pop-corn che si era preparato prima. Ovviamente di nascosto da sua madre, spesso sgarrava la dieta ma non poteva andare avanti a frutta, verdura, miglio, tofu e altra roba biologica.

“Che stai facendo? Oltre ad assumere grassi?” chiese la madre guardando malamente i pop-con ricchi di sale e burro.

“Fermento” rispose soltanto concentrato sulla tele.

“Impegnativo tuo figlio” sussurrò Jason all'orecchio di Elsa ridacchiando.

I due adulti si spostarono nella zona cottura a parlare.

“E' sempre così il sabato sera?” chiese prendendo una tazza dal ripiano.

“Solo da quando è a New York” disse sospirando, una volta non lo vedeva mai a casa ora avrebbe voluto che uscire un po'.

Guardò il compagno versarsi il caffè nella tazza “Alex?”

“Lui è il tipico liceale fissato con le feste” guardò l'orologio al polso “Tra un meno di un ora si incamminerà” bevette un sorso “Diamoli dietro Tomas magari si diverte” aggiunse.

“Non mi ha detto nulla, magari non è stato invitato”

“Potrebbe conoscere qualcuno alla festa, socializzare alle feste è più facile che a scuola”

Axel scese le scale con i capelli umidi, una camicia azzurra abbottonata e dei jeans neri, non aveva le scarpe solo i calzini.

Prese un bicchiere e lo riempì con l'acqua del rubinetto. “Come sei fashion” disse Elsa guardando outfit.

“Senti che ne dici di portare anche Tomas stasera?”

“Perché?”
“Ha bisogno di socializzare”

“Lui non vuole socializzare”

“E' solo un po' timido” disse Elsa in sua difesa.

“Non ho voglia di badare a lui”

“Devi solo dargli un occhio”

“Jason lascia stare, sarà per un altra volta” disse Elsa arrendevole.

Alexander guardò il soggiorno sospirando, la sua coscienza stava facendo a botte con la sua accidia, non voleva fare il babysitter ma era anche vero che le formiche avevano una vita sociale più attiva del suo fratellastro.

Sospirò, infondo alla festa c'era pure il club di scienze quindi di stramboidi non ne mancavano, uno in più non lo avrebbe notato nessuno. Magari si sarebbe unito al gruppo dei nerd.

“E va bene” disse mettendo il bicchiere nel lavandino e dirigendosi al divano seguito dai genitori.

“Hey Tomas” anche se vivano nella casa non parlavano quasi mai e fare una conversazione era rarissimo, quindi non aveva idea di come attaccare bottone.

“Hey”

“Hai presente Angela?”

“No”

“Chearleaders, capelli marroni corti ...”

“Che si limona quello della squadra di basket a ricreazione?”

“Lei limona con tutti, ma si lei. Stasera da una festa vieni con me?”

“Mmm … no grazie”
“C-come?” aveva detto no a una festa di Angela? Ma è cretino?
“Sto bene qui”

“Le feste di Angela sono le migliori in tutta la scuola”

“Ti credo sulla fiducia”
Alex si voltò cercando aiuto nei due adulti che facevano gesti incomprensibili e in modo asincrono. Non avrebbero mai avuto successo come mimi.

“Ci sono i pop-corn al formaggio anche la”
Elsa intervenne

“Perché non ci pensi, potrebbe piacerti? Lo fai per la tua mamma?”
Tomas soffiò portando indietro la testa, sua madre afferrò la ciotola mentre il ragazzo si alzava.

“Fatti carino” disse vedendolo dirigersi verso la camera.

Alla fine aveva indossato dei jeans aderenti scuri, una t-shirt normale coperta da una felpa con le maniche alzate ai gomiti.

I capelli arancioni erano spettinati come sempre e il volto stanco era segnato dalle lentiggini sul naso e gli zigomi.

“Divertitevi”

 

“Dobbiamo passare a prendere un mio amico puoi metterti dietro?” Tomas lo guardò un attimo prima di salire, mettendosi dalla parte del passeggero.

Alex mise in moto l'auto uscendo dal parcheggio, il rosso stava guardando il telefono.

Si fermò vicino a casa di Tony che lo stava aspettando sul marciapiede, salì sul posto del passeggero salutando il corvino.

“E lui che ci fa qui?” gli chiese sottovoce, non abbastanza perché Tomas alzò la testa e lo squadrò.

“La sua prima festa a New York”

“Da dov'è che vieni?”

“Miami”

“Non c'è paragone con le feste di qui, vedrai ti divertirai”
Angela viveva in una villa due strade più avanti, le persone erano sparse per il giardino e luci e musica provenivano dalla casa.

Alex attraversò il prato salutando la maggior parte dei ragazzi come Tony, mentre il più piccolo seguiva i due, era da tanto che non partecipava a una festa non era più abituato alla musica alta, le persone ammassate, l'odore di canna e alcol.

La villa era piena di persone, ci si muoveva a fatica, gente che saliva e scendeva le scale, persone che spuntavano da ogni stanza.

“CIAO” urlò Angela con addosso un tubino rosso e i capelli raccolti, teneva un bicchiere di plastica in mano.

Li abbracciò entrambi “Ciao anche a te” disse notando Tomas.

“Divertitevi” terminò tornando vicino al dj che stava suonando nel soggiorno.

Tomas venne abbandonato praticamente subito, iniziò a camminare nella villa per passare il tempo, non conosceva praticamente nessuno, riconosceva alcuni compagni di classe e alcuni volti noti.

Un ragazzo magro gli finì addosso “S-scusa” balbettò indossava una camicia portata dentro i pantaloni, i capelli corti marroni, gli occhiali da vista spessi e l'apparecchio.

Teneva in mano un bicchiere rosso di plastica.

“Niente”
“Carter il genio della matematica”

“E' proprio lui” disse il resto del so gruppetto vestito più o meno come lui.

“Sei un grande!”

“Non capisco”

“Club di scienze, hai corretto Patel a matematica, rispetto.”

Tomas vide da lontano Alan, decise di cambiare direzione, non aveva voglia di farsi prendere in giro anche dopo scuola.

Erano passate quasi due ore, erano le 12:30 da quando erano e arrivati, Tomas non ne poteva più, gli occhi gli pesavano, quanto avrebbe voluto saper guidare per andare a casa a dormire. Non si era ancora abituato al letto nuovo e gli orari mattinieri quindi dormiva davvero poco la notte, ma le sue occhiaie parlavano da sole.

Si ritrovò nella cucina dove Alexander era seduto su uno sgabello insieme a delle ragazze con vestiti super attillati.

“Hey” disse tirandogli leggermente la camicia sulla spalla.

“Scusate il fratellino” Alex si alzò dalla sedia allontanandosi un attimo dalle ragazze.

“Che succede?”
“Possiamo andare a casa?”

“Scherzi? Siamo appena arrivati”
“Non conosco nessuno e poi ho mal di testa” non stava mentendo la musica iniziava a dargli fastidio alle tempie.

“Rilassati e socializza, usa questa” disse passandogli una bottiglia di Molinari appena stappata.

Tomas la prese e rimase immobile in mezzo alla stanza, sospirando ne bevve un sorso a canna sentendo la gola bruciare.

Tornò in soggiorno dove una ragazza ubriaca si appoggiò a lui ridendo.

“Un piccoletto come te non la finirà da solo quella bottiglia” disse mettendogli le braccia intorno al collo.

“Stai bene?”

“Hahaha sono completamente andata!” si avvicinò al suo volto, lei era più alta di lui grazie agli altissimi tacchi che portava.

“E tu non sei ubriaco?”
“Emmm … no”
“Che beccato” mise la mano su quella di Tomas che reggeva la bottiglia.

“CHE STATE COMBINANDO?!” il rosso vide Alan farsi spazio tra la folla di ragazzi e ragazze ubriachi.

“Alan” lo salutò la ragazza ridendo senza controllo.

“Che stavi facendo con la mia ragazza?” era violento nel tono, neanche lui doveva essere sobrio del tutto.

“Niente”

Notò la bottiglia.

“L'hai fatta bere per approfittarti di lei. Stronzo!” gli diede una spinta.

“Si! Mi ha palpata!” disse la ragazza barcollando e indicando il ragazzo.

“Meglio se scappi”

Tomas iniziò a correre inseguito da Alan, con uno scatto saltò sulle scale, il corridoio del secondo piano era piccolo e affollato. Grazie alla sua bassa statura riusciva a passare dentro i gruppetti.

Entrò in una camera, rendendosi conto dopo che era una camera da letto, velocemnte scattò dentro la cabina armadio chiudendosi dentro.

Alan entrò nella stanza guardandosi intorno, imprecando uscì sbattendo la porta.

Tomas si sedette con la schiena appoggiata al muro diede un altro sorso alla bottiglia che teneva in mano.

In quella piccola cabina buia la musica si sentiva di meno, le orecchie fischiavano e la testa girava leggermente.

Prese il cellulare e scrisse un messaggio al suo migliore amico di Miami

Hey! Come vanno le cose lì?”

Non dovette attendere molto la risposta.

Hey amico, sempre le solite cose. Nulla di nuovo. Tu ti diverti nella grande mela?”

Non molto, in realtà fa schifo”

Wow. Non posso parlare sono appena tornato e voglio andare a dormire ci sentiamo più avanti?”

Ok”

Dalla tasca dei pantaloni prese le cuffiette e le mise nelle orecchie per attenuare il rimbombo delle casse del dj. Chiuse la chat e aprì Facebook scorrendo la schermata Home a caso finché non gli capitò la foto appena pubblicata, tutto il suo gruppo di amici nel bar sulla spiaggia che era il loro punto di ritrovo.

 

Al completo come sempre.

 

Tomas bevve un altro sorso continuando a leggere la frase, tra di essi nella foto c'era anche il suo amico, sentì una strana sensazione dentro di lui. Come un senso di abbandono da quando si era trasferito nessuno si era fatto sentire.

Guardò l'immagine sorridevano tutti come se li ricordava, lo avevano dimenticato così facilmente come se non fosse mai esistito.

Ci avevano messo così poco a dimenticarlo? Si sentì più tristi più di quanto New York lo mettesse giù.

Chiuse tutto facendo partire la musica, bevve di nuovo ormai la bottiglia era a metà e iniziava a sentire i sintomi visto che aveva mangiato solo una manciata di pop-corn al formaggio che saranno sicuramente finiti nel cestino della spazzatura appena aveva messo i piedi fuori casa.

Non seppe esattamente quanto tempo passò ma alle 3:30 partì la suoneria, era Alex, staccò le cuffie rispondendo alla chiamata.

Pronto?”

Dove sei? La festa è finita”

Nella cabina armadio” sembrava mezzo addormentato

Cazzo ci fai in una cabina armadio?”

...Bho” perché era li poi?

Vieni all'entrata che andiamo a casa”

Non riesco ad alzarmi”
“Sei ubriaco?”

... Vienimi a prende”

 

Alex mise il telefono in tasca e salì le scale velocemente, non restava più molta gente, Tony sarebbe rimasto li per la notte, infondo tra lui e Angela c'era un rapporto bipolare, un giorno si odiavamo l'altro si accoppiavano ovunque.

Entrò nella camera da letto, il letto era sfatto, di sicuro qualcuno si era dato da fare.

“Tomas, sei qui Tomas?”

vide la porta scorrevole della cabina armadio, il moro accorse a sorreggere il ragazzo che gli cadde tra le braccia.

Alex lo strinse rendendosi conto di quanto fosse piccolo, stava strusciando il naso nella sulla sua spalla alla quale arrivava a malapena.

“Quanto hai bevuto?”

“Non molto” alzò la bottiglia notando che la metà era vuota, Alex gliela sfilò di mano e l'appoggiò sul mobile.

Prese Tomas come un sacco di patate e lo portò fino alla macchina, il rosso si lamentò quando sbatté la testa contro la vettura della macchina, per poi ritrovarsi al posto del passeggero.

Alex salì al posto del guidatore e ingranò la marcia, i due stavano in silenzio il più piccolo si guardava intorno fissando le luci dei lampioni.

“Mi gira la testa” ridacchiò.

“Se stessi fermo con la testa ...”

“Ferma la macchina” disse mettendo una mano sul cruscotto e una intorno alla stomaco.

“Adesso passa” sbuffò.

“Devo vomitare” disse sporgendosi verso il finestrino.

Alex inchiodò di colpo, sbloccando la portiera, la sua macchina perfettamente pulita gli veniva male a pensarla sporca di alcol rigurgitato.

Tomas fece in tempo a fare due passi prima rimettere tutto sull'asfalto, barcollò leggermente pulendosi l'angolo della bocca col polso.

“Passato?” chiese il corvino vedendolo risalire in macchina, era bianco più del solito e tremava leggermente. Annuì con la testa, Alex non andò oltre era inutile chiedere a uno se stava bene dopo un tale rigetto.

Lentamente si abbassò appoggiando la testa sulla sue gambe “Scusami?”

“Mi gira la testa!” il più grande sbuffò, quel moccioso era una complicazione unica.

“Che ci facevi nella cabina armadio?”

“Non me lo ricordo”

“Reggi bene alcol noto” disse ironico fissando la strada, MAI … mai lo avrebbe portato ad una altra festa! Doveva solo sperare che a casa dormissero tutti oppure che nessuno era ancora rientrato anche se non era un opzione molto valida, ma si può sempre sperare nella fortuna no?

Ormai erano venticinque minuti che Alex guidava abbassò lo sguardo, era da un po' che non lo sentiva muoversi, stava sbattendo gli occhi guardando un punto indefinito della vettura.

“Siamo quasi arrivati alzati” disse voltando l'angolo vedendo il grattacielo avvicinarsi non sentono alcun movimento abbassò lo sguardo, incredulo guardò il ragazzino dormiente col volto appoggiato alle sue ginocchia.

Osservò il volto totalmente rilassato, la cassa toracica che si alzava e abbassava a un ritmo regolare sotto la camicia.

“Fantastico” sussurrò fermo al semaforo.

Ogni tanto guardava verso il basso, seguendo con lo sguardo il fiume di lentiggini che si perdeva verso le tempie e le guance, non sembrava avere sedici anni

Probabilmente era un suo fan che voleva scattare qualche foto strana, notando la fotocamera.

Sospirò, cercando di concentrarsi sulla strada, dopo aver parcheggiato sgusciò fuori dalla macchina chiudendo piano la portiera, fece il giro dell'auto aprendo la portira di Tomas, con un abile mossa riuscì a prenderlo di nuovo a sacco di patate, fortuna che pesava come l'aria fritta.

Chiuse la portiere e fece scattare l'allarme, chiamò l'ascensore che arrivò subito infondo erano le 4:00 chi prende l'ascensore a quell'ora.

Tomas brontolò qualcosa nel sonno quando l'altro gli fece battere la testa contro il vetro mentre inseriva la chiave per andare direttamente all'attico, di giorno ci pensava l'amministratore ma non era in casa di andare nella Hall in quello stato.

Non seppe come ma riuscì ad arrivare in camera del piccoletto lo appoggiò su letto, sospirando, non aveva mai fatto così fatica ad attraversare il suo soggiorno, avevano troppi mobili con spigoli in quella cosa.

Gli sfilò la camicia e le scarpe per poi coprirlo con una coperta li vicino, indietreggiò verso la porta inciampo in un oggetto, uno skateboard … UN FOTTUTISSIMO SKATEBOARD! Era proprio della Florida.

 

 


-ANGOLO YUKI-
Bentornati con un nuovo capitolo, spero che possa piacervi come trama e mi scuso per la presenza di errori grammticali o riveberi.
se la storia vi paice seguitemia che su Wattpad.
se avete consigli da darmi scrivete delle recensioni.
ciaos.

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