L'angelo portatore di luce

di Magic Kismet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Philippe ***
Capitolo 2: *** Kristel ***
Capitolo 3: *** Leonardo ***
Capitolo 4: *** Fantasma ***
Capitolo 5: *** Il sogno di una vita ***
Capitolo 6: *** Una nuova strategia ***



Capitolo 1
*** Philippe ***


© Elteron



Prologo

L’odore pungente dell’autunno si faceva strada tra le vie del paese mentre il colore ormai aranciato delle foglie inondava il cielo del suo calore, il vento ancora non troppo freddo mi invase il volto, stretta nello scialle di lana perseguì il mio cammino, senza badarci troppo.
Mi trovai difronte un enorme casa vittoriana, vecchia e logora, dall’aspetto lugubre e freddo, rabbrividì, pensando a cosa era successo lì solo poco tempo prima. Chiusi gli occhi, con la speranza di non dover più ricordare, con la speranza di dimenticare, anche e forse soprattutto il suo nome.

Capitolo uno

La notte era ormai calata nella fredda e cupa Allowport, una delle città meno soleggiate degli Stati Uniti, ero ormai sicura di non riuscire più a ritrovare la mia auto, nell’immenso parcheggio situato nei pressi della mia nuova casa, presa rigorosamente in affitto, dato il mio lavoro precario. Dopo solo un paio di giri a vuoto, scrutando intensamente nella notte il colore rosso cobalto riuscì a trovare la mia Chevrolet del ‘99 con il paraurti ancora ammaccato dalla mia ultima manovra finita non troppo bene.
Vi entrai senza pensare a quanto avrei dovuto spendere prossimamente per riparare quel danno, e misi in moto con la testa affollata di pensieri.
Io e la mia Chevrolet rossa viaggiammo per quasi quaranta chilometri in direzione della nuovo set cinematografico dove ero in attesa di completare il mio ultimo lungometraggio; mi scrutai velocemente all’interno dello specchietto retrovisore prima di uscire dall’auto, sistemai velocemente i capelli e mi accorsi di quanto le ultime due notti insonni non giovassero affatto al mio aspetto.
Arrivata sul set trovai i miei collaboratori intenti nella sistemazione di tutte le attrezzature e con loro i due protagonisti principali, una ragazza molto giovane dagli abbaglianti occhi color smeraldo, Carline, e al suo lato un giovane uomo dal fisico asciutto e dai folti capelli neri, Matt. Entrambi erano i protagonisti di una storia d’amore intensa e impossibile nata a Gaza, in mezzo ai detriti di una vera e propria guerra civile.
Finite le ultime riprese e discusso gli ultimi dettagli del montaggio con la troupe, avevo ancora molto a cui pensare, come la raccolta fondi di quella sera a cui ero stata invitata. Nonostante non amassi le serate di Gala in cui anziani uomini trovavano consono sfoggiare le loro giovani mogli, ero alla ricerca disperata di fondi per portare avanti il progetto indipendente di un nuovo film, cosa negli ultimi tempi era diventata sempre più complessa, soprattutto in una terra, quella degli Stati Uniti, in cui ormai solo i Blockbuster ricevevano cospicui finanziamenti.
Salì in auto, osservai le lancette dell’orologio da polso e capì immediatamente che ero già in netto ritardo. Senza rispettare troppo i limiti di velocità imboccai l’autostrada che portava a casa. Ripensai al vestito che avrei indossato, mente la radio dava le ultime notizie sul traffico, un bellissimo abito in stile impero color limone acceso, confezionatomi su misura dalla mia collega nonché migliore amica Cecilia.
Entrata in casa, mi spogliai completamente ed entrai in bagno, l’acqua della doccia era alla temperatura perfetta, mi immersi sotto il suo getto potente e inspirai profondamente, cercando di lasciar andare tutto lo stress e le preoccupazioni. In meno di venti minuti ero pronta, vestita, truccata e preparata per vendere i miei progetti.
Arrivai alla Sala congressi con venti minuti di anticipo, perfetto per poter parlare con i finanziatori mentre erano ancora lucidi e non manipolati dai fumi dell’alcool. Il primo finanziatore aveva un’aria severa e fredda, senza farmi scoraggiare decisi di parlare apertamente con lui del mio progetto. Indossava anche lui come tutti gli altri uomini all’interno della sala uno smoking nero e teneva nella mano destra un sigaro acceso che fumava senza curarsi minimamente del cartello di divieto appeso sulle colonne della sala, nell’altra mano sorreggeva un flûte di champagne ormai vuoto “Buonasera” dissi, con voce roca, lui di tutta risposta annuì, come a rendersi conto della mia presenza, “Senta, vorrei proporle il mio nuovo progetto, se posso disturbarla” dissi, cercando di non sembrare troppo pretenziosa
“Sappiamo tutti quali sono i suoi progetti...” rispose sbuffando nell’aria una nuvola grigia di fumo “Sinceramente, le dico Signorina Matera che i suoi film sono troppo socialmente e politicamente impegnati, per una casa cinematografica come la nostra” sorrise “provi con la Paramount, loro sono così grandi che possono permettersi questo tipo di progetti” disse infine dileguandosi tra la folla.
Scoraggiata tentai ulteriori approcci, che ovviamente come potevo prevedere, furono fallimentari. Mi avvicinai ad uno dei tanti camerieri vestito con camicia bianca e papillon nero ed afferrai dal suo vassoio un calice di champagne che bevvi in un solo fiato. Sbuffando decisi di allontanarmi dalla festa, mettendomi ad un lato dell’enorme sala dagli imponenti lampadari di cristallo.
Qualche secondo dopo, un giovane ragazzo si avvicinò a me con passo felpato, indossava un smoking nero di alta sartoria aveva i capelli neri, gli occhi nocciola ed un sorriso smagliante “Ciao” sorrise nuovamente “Questa festa non va come volevi?” disse senza giri di parole slacciandosi la camicia, “Non esattamente” risposi mentre il mio sguardo rimaneva fisso nel vuoto “Non dovresti preoccuparti troppo, i produttori sono vanitosi e vogliono solo essere corteggiati.” rispose, “Se me ne parli, forse posso aiutarti io in qualche modo” disse scrutandomi intensamente negli occhi, uno sguardo che andava ben al di là della sola professionalità e che in realtà sembrava studiarmi “Lavori per qualche casa di produzione?” chiesi senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi “Non proprio” rispose “vedi, in realtà lavoro per una multinazionale” bisbigliò, come a volersi nascondere di qualcosa di cui si vergognava profondamente, rimasi in silenzio, aspettando ulteriori dettagli “Posso fare molte pressioni per farti ottenere quello che vuoi” ribatté lui dileguandosi tra la folla.
Rimasi per qualche istante confusa, pensando a quanto fossero strane le persone che popolavano il Jet Set. Dopo altri tentativi andati a monte decisi che era arrivato per me il momento di ritornare a casa, nella speranza di non dover dire addio per sempre al lavoro che amavo tanto fare e che riusciva a farmi desiderare ancora di svegliarmi la mattina.
Varcata la soglia di casa, il telefono mi destò dalle mie preoccupazioni con il suo squillo assordante, risposi con il batticuore “Christine” disse la voce dall’altra parte della cornetta “Sono Philippe Mendes, della Paramount, ho sentito parlare molto del tuo progetto, se non ti dispiace vorrei discuterne con te di persona, ho in mente molte cose, e anche qualche volto noto in grado di mettermi al sicuro da un possibile fallimento” disse tutto d’un fiato e senza nemmeno darmi il tempo di rispondere concluse il suo monologo “ti aspetto domattina, alle 9.00 nel mio ufficio. Buona serata”.
Basita e sconcertata mi allungai sull’enorme letto a due piazze della mia camera da letto, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo e senza sogni.

 

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Capitolo 2
*** Kristel ***


La telefonata di Philippe Mendes mi destò dai miei pensieri, scatenando una sensazione di gioia nel profondo del mio cuore, mista a speranza e sogni realizzati.
Mi presento nel suo ufficio alle 8.15 del mattino seguente,  fremente d'ansia come uno scalatore quando riesce finalmente a raggiungere la vetta più alta nella sua carriera, sento il freddo, il vento tra i capelli e la gioia di avercela fatta e allo stesso tempo sento il fiato rompersi in gola, l'ossigeno diventa sfuggente e per quanti sforzi io faccia sembro non respirarne mai abbastanza. Una giovane donna si presenta e mi fa strada lungo un corridoio stretto, dalle pareti candide. Infondo al esso una grande porta a vetri di legno massello ed una targhetta "Amministratore Generale", sospiro un ultima volta e varco la soglia. Lui è lì, seduto su una poltrona di pelle nera difronte ad una scrivania di mogano nero, mi accoglie con calore, si alza, mi stringe la mano e si risiede. Ha un aspetto giovane, nonostante l'età inoltrata, ha i capelli brizzolati, una leggera barba incolta ed indossa un completo nero con una sfavillante camicia color zaffiro, senza cravatta. Mi fa cenno di accomodarmi, io prendo posto sulla sedia difronte la sua scrivania ancora in ansia.
«Ho deciso di finanziare il tuo progetto» dice tutto d'un fiato, senza smettere di fissarmi. In un attimo tutte le paure si sciolgono come ghiaccio al sole e non ho la più pallida idea di cosa rispondere «Solo, avrai un budget limitato» continua «almeno per questa volta, poi vedremo come va, ok?» mi sorride affabile mentre io arrossisco, prende una penna ed inizia a scrivere qualcosa su un foglietto di carta «questo è l'indirizzo del nuovo set in cui potrai girare liberamente» sospira, smette di scrivere e torna a guardarmi dritto negli occhi «Ho solo una condizione» sussurra «C'è una persona a cui devo un favore, per cui a lui spetta il ruolo di protagonista» sorride, si accascia leggermente sulla sedia e poggia i gomiti sulla scrivania, avvicinandosi a me «ah, questo è il tuo nuovo indirizzo» mi passa un foglio e mi congeda, senza che io abbia nemmeno il tempo di chiedere ulteriori spiegazioni.
La ragazza di prima mi attende fuori dalla porta, si congratula con me, senza che io riesca a capire bene per che cosa e mi raccomanda di andare a casa a riposare, l'indomani avrei avuto modo di chiarire gli ulteriori dettagli con chi di dovere.
Esco dall'edificio e noto che un'autista mi attende, è vestito completamente di nero, indossa un cappellino e stringe tra le mani un cartello con su scritto il mio nome, come se fossi in un aereoporto. Mi avvicino a lui e con un cenno della mano mi indica di salire in auto.
Una volta all'interno mi rendo conto di quanto sia elegante l'auto, gli interno sono in radica, i sedili in pelle beige "un auto troppo bella" penso sentendomi quasi in colpa nel dovermi sedere sugli immacolati sedili. 
L'autista silenzioso mi lascia di fronte ad una villetta bianca con un giardino dal prato all'inglese perfettamente curato, in una via della quale non conosco nemmeno il nome.
«Per il momento può considerarla come casa sua» sussurra fermando l'auto lungo il vialetto, tira fuori dalla tasca una chiave e me la consegna, anche un pezzo di carta con su scritto un codice che presumo essere quello che è in grado di aprire l'imponente cancello in ferro battuto «Per il resto chieda direttamente al Dott. Mendes» senza darmi neppure il tempo di ribattere o di chiedere spiegazioni, mi fa accomodare fuori dall'auto e si dilegua.
Shockata resto immobile difronte l'imponente villa con lo sguardo perso nel vuoto. Inizo a vagare lungo il vialetto costellato dagli alti alberi dalle foglie luminiescenti che luccicano e riflettono diversi colori. Decido di tornare indietro per dare un'occhiata anche all'intreno della mia nuova magione, mi avvicino al cancello e provo a digitare il codice che pochi minuti prima l'autista mi ha lasciato, inserisco tutte e quattro le cifre e premo invio "codice rifiutato" compare scritto sul display, e dopo la terza volta che provo a digitarlo inizio ad agitarmi.
Un'imponente uomo esce dal cancello e mi viene incontro, sembra un bodyguard, è alto almeno un metro e novanta, molto muscoloso, indossa una maglietta nera a maniche corte e un paio di pantaloni di Jeans sempre neri.
«Signorina, non so chi sia, ma la prego di allontanarsi» dice incrociando le enormi e muscolose braccia al petto, mi guardo intorno e mi rendo conto di aver sbagliato villetta; imbarazzata sussurro un «Mi scusi» e cerco di dileguarmi il più presto possibile, d'altronde in questo quartiere tutte le villette sembrano assomigliarsi tra loro, quando un'altra figura si incammina verso di noi. E' una donna bellissima, ha dei lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon leggermente spettinato, anche lei è molto alta e longilinea, indossa un vestito color lavanda, sembra pronta per una festa. Mentre si avvicina riesco a cogliere meglio i dettagli del suo volto, sembra una modella, ha grandi occhi color verde smeraldo, labbra carnose e un sorriso affabile, perfetto.
«Michael lascia stare la Signorina, sembra aver bisogno di aiuto, smettila di starle addosso!» esclama, Michael si sposta immediatamente e si dilegua, io continuo a fissare la scena come se fossi una spettatrice e stessi vedendo tutto dall'esterno, «Piacere!» esclama nuovamente «Mi chiamo Kistel Bryant, posso esserti d'aiuto?» sorride abbagliandomi, io sospiro sentendomi più fuoriposto che mai «Ciao, piacere! Io mi sono trasferita qui oggi e vedi, le case sembrano tutte uguali ed ho fatto un semplice errore» cerco di sforzarmi e accenno un sorriso «Capisco, allora la tua villetta è quella di fronte!» mi sussurra indicandomi la direzione «Comunque se non hai impegni ti andrebbe di prende un caffè da me? Sai, mi piace conoscere i miei nuovi vicini di casa!» squittisce sorridendo, non mi resta che sorriderle di rimando «Bene allora sei la benvenuta, andiamo, mi sembri ancora un po' spaesata, come hai detto che ti chiami?» apre il cancello e dietro di esso spunta nuovamente Michael che mi osserva con disapprovazione «Christine Matera» sussurro ed in un lampo sono già in casa sua. 
Kristel mi accompagna stanza per stanza, facendomi vedere ogni cosa, forse più per presunzione o vanità. La sua villa affaccia su un enorme giardino con alberi di ogni genere e una piscina lunga almeno dieci metri. All'interno la villa è ancora più sfarzosa, le pareti sono ricoperte da tappezzeria color oro e argento in sitle barocco su cui sono attaccate le sue gigantografie ed in quel preciso istante, capisco che è certamente una modella. Kristel mi fa vedere il suo boudoir, il suo bellissimo bagno bohemien, la sua terrazza e perfino il suo guardaroba. E' come essere in presenza di un uragano, è impossibile contenere la sua euforia.
Quando finalmente mi congedo da casa sua, ripenso con simpatia a quella bellissima ragazza alla ricerca di approvazione e sorrido ripensando alla mia fortuna nell'aver incontrato qualcuno con cui poter parlare, ma la mia coscienza mi ammonisce subito e forse sarebbe meglio attendere di conoscerla meglio, per poterla giudicare.

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Capitolo 3
*** Leonardo ***


Ormai ho imparato a conoscere Kristel ed anche i suoi numerosi party che mi tengono sveglia controvoglia fino a notte fonda, come se già prendere sonno per me non fosse un problema. La mattina di ben tre anni dopo il primo incontro con Philippe, mi risveglio nel letto indolenzita e di malumore.
In questi anni sono riuscita a produrre grandi successi, ma non certo blockbuster, almeno non fino ad ora. In questo periodo il programma prevede la realizzazione di un grande Colossal al quale sto lavorando da diverso tempo. Un film distopico, in realtà più una trasposizione cinematografica del celebre romando di Aldous Huxley "il mondo nuovo".
Esco di casa a passo svelto con la testa tra le nuvole e con la sceneggiatura accuratamente riposta nello scompartimento centrale dello zaino, entro nel garage, osservo amorevolmente la mia Ducati 999s del 2009 color rosso fuoco, ripenso a quanto sia perfetta lasciandomi sfuggire un sorriso mentre salgo a bordo; infilo le chiavi nel quadro e la moto mi risponde con un rombo acuto che spesso Kristel ha definito fastidioso.
Imbocco la quarta in direzione dello studio che ho recentemente affittato, un loft, di solito utilizzato per altri scopi, come serate di gala. Svolto nella via interna e decelero, il suono della moto rimbomba tra le strade e le persone si voltano a fissare con irritazione e sospetto.
Arrivo finalmente davanti la palazzina di cemento, di recente costruzione, impersonale e scialba, di un colore simile al grigio, alta 13 piani con le finestre che danno sulla strada principale. Parcheggio la moto ed entro dalle porte di vetro poste all'ingresso, attendo per pochi istanti il tintinnio dell'ascensore e premo il tasto 9. In un lampo sono al nono piano, le porte si spalancano difronte un appartamento veramente troppo grande per essere utilizzato solo come una sala riunioni. Appena varco la soglia Jack, il mio assistente, dai capelli biondi e dall'aspetto sempre perfettamente curato, mi accoglie agitando le braccia in aria come se si trovasse difronte ad un enorme pericolo, urlando qualcosa che inizialmente mi sembra incomprensibile ma che mano mano mi si avvicina riesco a capire «Nathan!» esclama «Nathan, non è riuscito a venire!» riprende fiato «Ha avuto un problema con la bambina» Nathan lo sceneggiatore, nell'ultimo periodo è stato sottoposto alle pressioni degli orari improponibili e come risultato per il suo enorme sacrificio e per il suo stacanovismo è stato ricompensato dalla moglie con una imminete richiesta di divorzio e mentre lei nel frattempo è scappata in Brasile con il Bartender del locale sotto casa, lui è dovuto restare a casa ad occuparsi di una bambina di poco più di due anni "posso capirlo" penso tra me, sbuffando leggermente, mi siedo al tavolo e noto che tutto il resto dello staff è presente. Tiro un sospiro di sollievo, nonostante il bisogno di mettere a punto gli ultimi dettagli della sceneggiatura, ma ritorno con la mente a meno di due settimane fa, quando i suoi occhi erano rossi dal pianto e a quanta sofferenza deve aver provato nello svegliarsi una mattina e comprendere che il suo decennale matrimonio era appena giunto al capolinea.
Mi siedo sulla poltrona a capo tavola e alzo gli occhi al cielo, cercando di capire cosa sia meglio fare. Osservo le pareti che sono rimaste immacolate, ancora di quel bianco sterile di quando l'ho preso in affitto il primo giorno, tutti sono intorno al grande tavolo rettangolare di cristallo, intenti ad osservare gli ultimi appunti, come se fossero degli alunni il giorno dell'esame. Li osservo uno per uno, all'altro capo del tavolo Jack seduto accanto al mio aiuto regista Stephen, un ragazzo di trent'anni dai capelli folti e ricci; accanto a lui l'addetta ai casting Nicole, una giovane donna dai brillanti occhi azzurri e dai capelli neri come il carbone. Dall'altro lato l'assistente alla produzione, il segretario di edizione ed il location manager.
«Ho intenzione di scegliere il miglior attore sulla piazza per il ruolo di protagonista» esclamo, mentre tutti evitano il mio sgurado «Qualcuno ha delle proposte?» chiedo con leggera enfasi, cercando di far sparire l'imbarazzo sulle mie gote e cercando di stimolare nei miei collaboratori una qualsiasi reazione, quando d'improvviso si leva un sussurro dal fondo è Nicole «Sanno tutti chi hai scelto per il ruolo di protagonista..» si appoggia al tavolo più avanti rispetto gli altri per farmi capire ancora meglio la sua disapprovazione, estrae dalla borsa poggiata sotto la sedia un settimanale di gossip e lo lancia al centro del tavolo notevolmente stizzita.
In prima pagina a lettere cubitali c'è scritto il suo nome: "Leonardo l'antieroe nel nuovo film di Christine Matera?"
Mi passo una mano sul volto sbuffando notevolmente, ed una morsa di rabbia mi stringe lo stomaco "Dannazione! Nessuno doveva divulgare la notizia! Adesso non potrò più contrattare il prezzo, se la Creative Artists sa che voglio lui!" penso furiosa, «Non doveva saperlo nessuno!» sussurro in un moto di tristezza «Comunque dovremmo occuparci anche degli altri ruoli, sempre ammesso che lui accetti» continuo osservando ormai solo Nicole «I casting devono iniziare la settimana prossima, mi raccomando» concludo con leggera amarezza, afferro la giacca dal porta abiti la indosso e mi dirigo a passo spedito verso l'uscita, senza salutare nessuno nè dare altre indicazioni  "maledizione!" continuo a pensare come un mantra al suo rifiuto, ed innervosita dalla situazione Jack mi insegue afferrandomi per un braccio per fermarmi «Dove diavolo stai andando!» esclama ad alta voce, strattonandomi leggermente «Devo precipitarmi alla Creative Artists, non posso vivere con questo dubbio, ormai la notizia è stata divulgata» lui di tutta risposta mi fissa dalla testa ai piedi con disapprovazione «E questo sarebbe il tuo look professionale?» mi domanda con leggero disgusto, io lo fisso di rimando interrogativa e lui scuote la testa «Hai bisogno di un tailleur!» esclama «Per favore lascia che ti aiuti» alza gli occhi al cielo e si dirige verso l'uscita insieme a me, e non c'è davvero nulla che io possa dire in questo momento per fargli cambiare idea; afferro il cellulare dalla tasca destra della giacca e compongo il numero di Philippe.
«Pronto!» mi risponde una voce femminile che non riesco a ricondurre a nessuno
«Si, pronto.. cercavo Philippe grazie!» dico senza troppe cerimonie, sento un passaggio di cornetta e finalmente mi risponde una voce maschile, quella di Philippe «Christine! Pronto! Sempre la solita dolcezza eh!» esclama sorridendo «Cosa ti serve?»dice mentre io mi limito a sbuffare e anche se non può guardarmi alzo nuovamente gli occhi al cielo
«Mi servirebbe in gentile concessione la tua Bentley, è arrivato il momento di contattare il pezzo grosso!» esclamo senza troppi giri di parole, conscia che lui abbia capito di cosa parlo, dopotutto era l'unico a sapere di Leonardo.
Mi ricordo ancora tre anni prima, quando il suo pupillo, giovane rampollo Mendes, rischiò quasi di mandare a monte il mio progetto cinematografico e i nostri investimenti per uno scandalo con la cocaina. Quando decisi di mandare giù il rospo ero consapevole che prima o poi lui avrebbe dovuto ricambiare il mio enorme favore, ed ora che suo nipote è una giovane star nascente (e dopo esserne uscito pulito) è arrivato il momento di riscuoterlo, ed insieme ad esso il mio svincolo dai limiti di budget
«Ok. Perfetto, passa da me tra mezz'ora, devo lasciarti ho un impegno» bisbiglia e mette giù, "certo, come non conoscere i suoi impegni! Sono bionde, formose e dagli intensi occhi color smeraldo" rimetto il cellulare in tasca, osservo Jack sulla soglia della porta e sorrido
«Ja, mi spiace deluderti, ma la Bentley è disponibile solo tra mezz'ora» sorrido «per cui, dovremmo andare in moto!» dico indicandola, lui non dice una sola parola, non emette nessun suono ma improvvisamente diventa paonazzo «Su quel coso?» chiede tremando «Oddio..» bisbiglia.

Indossa il casco e quando siamo finalmente entrambi in sella, inserisco la chiave del quadro, metto in moto e do gas, mentre la moto mi risponde con il suo solito rombo prepotente accelero leggermente e mi immetto nel tormentato traffico di Los Angeles, mentre Jack mi stringe, sempre un po' più forte, tremante di terrore.

Arriviamo difronte l'atelier dieci minuti più tardi, ed una volta provato ed indossato il primo tailleur dispondibile del classico color bul notte, composto da una giacca, un pantalone ed una camicia bianca, decido di non farmi torturare oltre dalle idee di Jack e acquistarlo.
Una volta terminato lo shopping saliamo nuovamente in moto, in direzione della casa di Philippe.
Arrivati difronte la sua enorme villa vittoriana, inizio a suonare il clacson fino a quando dalla finestra non spunta un braccio che mi fa segno di attendere. Pochi istanti dopo il cancello inizia ad aprirsi dandomi modo di parcheggiare sullo spiazzale interno. La villa di Philippe è notevole, sembra la casa Bianca, ha due colonne bianche centrali e si estende per almeno 500 metri quadrati, continuo a pensare a cosa gli possa servire tutto quello spazio, poi mi viene incontro abbracciato a due ragazze poco più che ventenni e mi rispondo da sola, indossa solo un asciugamano lungo la vita, mentre le due ragazze sono in bikini, lo guardo con leggera disapprovazione, proprio quell'uomo che solo tre anni fa era in perfetta forma e ancora giovanile oggi è diventato un vecchio in sovrappeso.
«Qui ci sono le chiavi» dice senza smettere di abbracciare una delle due modelle  io le afferro e mi dirigo verso l'auto «Aspetta!» strilla «Sui sedili posteriori c'è una valigetta 24H nera, lì c'è il contratto che deve firmare, sono due copie, assicurati che le firmi entrambe, mi raccomando!» esclama cercando approvazione «Come stiamo a budget» rispondo urlandogli di rimando «Come ti pare..» bisbiglia e sparisce dietro l'imponente portone bianco. 

Saliamo sulla bellissima Bentley grigio metallizzata di Philippe, dagli immacolati sedili in pelle e ci dirigiamo verso la sfida più ostica della mia vita.
Quarantacinque minuti dopo siamo ancora bloccati nel traffico, mentre Jack non smette di fissarmi, e qualunque velocità io tenga, per lui è sempre troppa, resta aggrappato al bracciolo laterale e non fa altro che mimare con suoni gutturali un incidente tra auto.
Sorrido, lo ignoro e finalmente quasi un'ora dopo lasciata casa di Philippe mi trovo difronte la Creative Artists, con il cuore in gola parcheggio e ci dirigiamo entrambi verso l'ingresso.
Ci accoglie una giovane ragazza, sulla ventina, quasi certamente una stagista, ci chiede se abbiamo un appuntamento, segna il mio nome e poi ci fa segno di accomodarci in un salone ampio e impersonale, dai mobili feng-shui e sparisce. Prendiamo posto su un rosso divano cinese, l'unico pezzo colorato in tutta la stanza, mi sfilo la giacca del mio nuovo tailleur, mentre restiamo entrambi in silenzio ad osservare il vuoto con impazienza.
Una voce alterata arriva dalla stanza adiacente, un rimprovero forse, per averci fatto attendere, tantochè la ragazza torna da noi visibilmente dispiaciuta e ci fa accomodare dal suo capo.
Sulla porta vi è una piccola targhetta dorata -Anthony Enders- incisa a caratteri cubitali insieme alla scritta Agente, sorrido, riflettendo su quanto probabilmente sia modesto.
La giovane stagista ci apre la porta e ci fa accomodare, lui si alza dalla sedia e si avvicina a noi, mi afferra la mano e me la stringe, sorride affabile e si presenta. Indossa una giacca e dei pantaloni blu, una camicia celeste e una cravatta nera a strisce bianche, è sbarbato, ha intensi occhi color nocciola mentre i capelli sono leggermente brizzolati, segno dei suoi ormai cinquant'anni. Ci invita a prendere posto su delle poltrone in ecopelle nera poste difronte la sua scrivania. Vago con lo sguardo, l'ufficio ha le solite pareti bianche, che a quanto pare sono il filo conduttore di tutta la villa, ma sopra di esse sono attaccate diverse fotografie artistiche raffiguranti i più grandi divi di Holliwood e le più grandi Band.
«Benvenuta Miss Matera, mi scuso per l'attesa, come posso aiutarla?» dice in tono professionale, sistemandosi con compostezza sulla sua poltrona, mentre io inizio a sentirmi a disagio, difronte tutta quella opulenza, i fermacarte in oro, la scrivania in ebano scuro, i quadri impressionisti, le foto, e d'improvviso inizio a partire la claustrofobia
«La ringrazio per averci ricevuto senza preavviso» lo fisso negli occhi e lui immediatamente distoglie lo sguardo imbarazzato «Come di certo saprà, sono qui per un vostro cliente» dico fredda
«Oh, beh» sussurra «Capita a tutti di leggere qualche giornale di gossip, non crede?» sorride slacciandosi il primo bottone della giacca che indossa
«Ma certo!» taglio corto, l'agitazione inizia a prendere il sopravvento e le pareti intorno a me sembrano stringersi sempre un po' di più
«Beh, allora come di certo saprà, è necessaria una sceneggiatura, o meglio un copione» alza le sopracciglia e sorride, come a volersi prendere gioco di me
«Certo, ma avrei prima bisogno di verificare la sua disponibilità» ribatto
«Questo dipende dal cliente» risponde stizzito «Se gli piacerà il suo lavoro potremo accordarci sul prezzo» conclude con enfasi, io annuisco ed estraggo dalla 24h la sceneggiatura e la consegno nelle mani di Anthony, che famelico l'afferra ed inizia a sfogliarla in modo vorace
«Bene, bene» bisbiglia «Dovremmo comunque accordarci sul cachet» ribatte, come se mi fossi dimenticata.

Mentre la nostra discussione diviene più infuocata la porta dello studio si socchiude, dando inizio ad una visione paradisiaca.
Un uomo. Serpeggia con estenuante sensualità tra le poltrone, lasciandomi momentaneamente senza fiato e senza parole. Cerco il suo sgurado e lo incrocio, scintillanti occhi azzurri, dello stesso colore del cielo in estate, un pizzetto incornicia due labbra perfettamente simmetriche e carnose, sorride, ed è il sorriso più bello al mondo, per poco non cado a terra priva di sensi, "Chi è?" l'unica parola che mi passa per la testa. Morbidi capelli dorati gli ricadono lievi sulla fronte, con una mano se li sistema indietro mentre io non riesco a smettere di pensare che sia senza dubbio un angelo.
Dice qualcosa, ma nessun suono arriva al mio apparato acustico, la vista ha monopolizzato tutte le funzioni celebrali e non solo, nessun'altra parte del mio corpo funziona più, per un attimo smetto perfino di sentire il battito cardiaco, niente protrebbe attrarmi con più forza di lui, qui, adesso.
Lo osservo ancora, senza riuscire a distogliere i miei occhi dal suo ipnotico sguardo, potrebbe avere all'incirca 26-27 anni, non di più.
Mi viene incontro, mi afferra la mano e la stringe, Jack mi fa sobbalzare, mi tira una leggera gomitata in modo che solo io riesca a rendermene conto, ed io mi sveglio come da un sogno, frastornata, confusa ed imbarazzata.
«Ehm.. Chris, tutto ok?» mi chiede sottovoce Jack con saccente ironia
«Si, tutto ok» sorrido imbamolata «Piacere, scusi come ha detto che si chiama?» balbetto in direzione di quell'uomo così misterioso e affascinate
«Come mi chiamo?» domanda «Ma non era venuta qui per me?» dice sorpreso accennando un sorriso confuso.
"Cosa??" penso cercando di rimettere insieme il mio cervello ormai fuori da ogni controllo, cerco di fare mente locale per riprendermi da questa situazione ed ho un dejavù. Sento quasi di sapere chi è, come se lo conoscessi da tempo, come se l'avessi incontrato in qualche altro posto che ora non ricordo e sento che mai più riuscirò ad essere completa e all'improvviso ho un bisogno estremo di quest'uomo, come se lo avessi cercato per tutta la vita.
«Come dice scusi?» farfuglio mentre mi contorco le mani, abbasso lo sgurado e proprio in quel preciso istante recupero un po' di lucidità mentale, d'un tratto Anthony interrompe i mei pensieri «Miss Matera, quest'uomo è il Signor DiCaprio!» mi osserva sconcertato come se fossi appena diventata matta, cosa che forse è realmente accaduta. Il cuore riprende a battere con forza ed audacia, spaccandomi il petto, rimbomba nelle mie orecchie mentre la vista mi si annebbia, respiro lentamente, consapevole di trovarmi in una situazione in cui il controllo del mio corpo mi è ormai sfuggito di mano, con il volto rosso per l'imbarazzo ed in mente solo il suo sgurado cerco di recuperare un po' di dignità
«Mi scusi signor DiCaprio, non l'avevo riconosciuta» sorrido in preda all'emozione senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso, per fortuna lui sembra non darci troppo peso, perfino Jack sembra ipnotizzato da lui.
«Bene Miss Matera, ora che siamo tutti qui credo che possa discutere del suo progetto direttamente con il mio cliente» interviene Anthony ed io riacquisto un po' di serietà,
«Senta Miss Matera, io devo essere sincero con lei, sa, ultimamente cerco di dedicarmi a film, ecco come dire» prende fiato «di un certo spessore, insomma, che possano farmi crescere professionalmente» la sua voce è ancora più soave di quanto l'avevo immaginata, non debole, dolce ma non stucchevole, ancora non riesco a capacitarmi di come in natura possa esistere qualcosa di così maledettamente perfetto
«Beh, forse per crescere è anche necessario cambiare, e misurarsi con nuove sfide» ribadisco cercando di mantenere un certo tono professionale e distaccato
«Come le ho detto, sono altri i progetti a cui sono interessato, non credo nemmeno di essere all'altezza, potrebbe chiedere a qualcuno con più esperienza in quel campo..» per poi concludere «Comunque leggerò la sua sceneggiatura e le farò sapere» ma Anthony interviene prontamente,
«Dobbiamo prima pattuire il compenso» dice in tono sarcastico
«So che lei guadagna 23 milioni di dollari l'anno»  mi schiarisco la voce, mentre lui mi osserva stupito e sorride, come se dei soldi non gli importasse affatto, è affascinato più dal pensiero e dalla curiosità di capire fin dove sono disposta a spingermi «Vede, io posso offrirle 10 milioni di dollari» sussurro, consapevole che è la metà del suo abituale chacet «Però dovrà restare a mia disposizione solo per una stagione» concludo abbassando lo sguardo.
Il silenzio cala tra i presenti, ma Leonardo non batte ciglio, si passa una mano tra i capelli sbatte le sue bellissime ciglia e sorride, quasi divertito dalla situazione
«Come le ho detto prima, scelgo lavori di una certa elevatura» ribatte
«So che lei si batte per molte cause» rispondo «posso donarne altri 10 ad una fondazione che le è particolarmente a cuore, sarà lei a sceglierla» propongo
«Perchè la donazione non la fa di sua spontanea volontà?» domanda stizzito, abbandona il suo sorriso e torna ad essere un uomo serio e composto
«Perchè ho bisogno di lei!» esclamo, tutti i muscoli del mio corpo si contraggono e ripenso che forse infondo dietro ciò che ho appena detto c'è un briciolo di verità
«Ammiro la sua tenacia! Mi dia il tempo di leggere la sceneggiatura e vedrò se accettare o meno» taglia corto «Ora ho un impegno. Vogliate scusarmi»
si dilegua dietro la porta.
Tutto intorno a me riacquista la sua posizione spazio temporale, il velo che mi impediva di guardare le cose nella giusta prospettiva è caduto con la sua uscita di scena.
Ripenso ai 20 milioni di dollari totali e immagino la reazione di Philippe, e solo ora mi rendo conto di quanto ridicola sia quell'offerta.

Esco dal suo ufficio e capisco di aver immediato bisogno di una boccata d'aria fresca per riprendermi dal vortice di emozioni che sono esplose dentro di me, afferro le mie cose, saluto con freddezza la stagista e mi dileguo anche io seguita a ruota da Jack. Appena fuori, tiro un enorme sospiro di sollievo ed inizio a sentirmi meglio, come se mi fossi appena risvegliata da un coma durato anni. Entriamo in auto e all'improvviso tutte le paure si ripresentano con più forza di prima
«Sei sicura della cifra che vuoi offrirgli? A Philippe verrà un colpo!» esclama Jack in preda allo stupore
«Lo so» rispondo percependo solo ora la criticità della siutazione.

 





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Capitolo 4
*** Fantasma ***


Ho passato notti insonni, al solo pensiero di Leonardo che leggeva il copione e la sceneggiautra, divorata dall'angoscia di cosa avrebbe pensato di me, del mio lavoro, della mia visione e delle mie prospettive riguardo il suo ruolo.
Arrivata di fronte alla Creative Artists la proccupazione di aver commesso un azzardo si fece sempre più forte, le mani iniziano a sudarmi ed il cuore cominciò a palpitare in modo eccessivo.
Entrata all'interno dell'ufficio mi accolse la stagista che questa volta mi fece direttamente accomodare nella stanza del suo capo, senza farmi attendere, con gentilezza e forse eccessiva cura. Aprì la porta ed io varcai la soglia.
Leonardo sedeva difronte ad Anthony, con in mano il contratto che Philppe mi aveva costretto a stillare per questo tipo di accordo. Milioni di anni passano davanti ai miei occhi, il tempo iniziò a scorrermi veloce sulla pelle, accapponandola, un susseguirsi di stagioni e mutamenti, di storie, sensazioni ed emozioni mi colpirono immobilizzandomi sulla soglia dell'enorme porta in ebano scuro del suo ufficio. Leonardo alzò lo sguardo ed incrociò il mio, imbarazzato e spaesato, un sorriso si irradiò sul suo volto ed io avrei voluto solo mettermi a piangere per quanto era bello. Sospirai di gioia infinita e nello stesso momento il dolore pungente e la paura di non essere abbastanza tornarono a farsi vivi nella mia mente, socchiusi gli occhi e mi avvicinai alla scrivania, con la paura di cadere a terra priva di sensi, cosa che per fortuna non accade.
«Ah, eccola qui Miss Matera!» esclamò Anthony accogliendomi in modo caloroso «Avremmo delle domande da sottoporle, riguardo al contratto» la sua voce arrivava flebile al mio apparato uditivo, il mondo era tornato ad essere un posto confuso e sfocato, lo stesso della prima volta che lo incontrai. Mi accomodai sulla poltrona con eccessiva goffagine, senza riuscire a distogliere gli occhi dal viso di Leonardo, che nel fratttempo mi porse la mano, io la strinsi educatamente accennando un sorriso. In preda all'ansia per poco non scivolai dalla comoda seduta della poltrona in pelle, dentro di me, una voce si fece strada, consigliandomi prontamente di evitare il suo sguardo, nel tentativo di placare l'emozione. Cambiai la direzione del mio volto ed il mondo tornò alla sua normalità così come il mio battito cardiaco.
«Credo che ora possiamo anche darci del tu, se sei d'accordo Christine» mi chiese Anthony educatamente con un sorriso stampato sulle labbra, lo stesso sorriso di chi ha appena comprato una ferrari mai utilizzata per pochi dollari.
«Certo, ma solo se anche Mr. DiCaprio è d'accordo» ricambiai il suo sorriso con ansia, cosa che fece assumere alle mie labbra più la forma di una smorfia. Ogni angolo della stanza era in quel momento preferibile al suo volto, ogni cosa era meglio che osservare lui e sentirmi ancora preda di istinti animali che credevo ormai repressi
«Chiamami pure Leonardo» un rumore assordante si fece largo nelle orecchie, il mio cuore mancò un battito, o forse più, ormai avevo smesso di sentirlo.
Riuscivo quasi a sentire il suo sorriso prima che raggiungesse il suo volto, cercai dentro di me una forza che forse non possedevo, per costringermi a guardare altro, dapprima mi concentrai sul piano della scrivania in ebano scuro, dove giaceva il mio contratto ancora non firmato.
«Vedi Christine, io e il mio cliente qui» disse Anthony indicando con un cenno della mano lui, lo scatenatore di tutto, quasi come per costringermi a voltarmi nella sua direzione, cosa che evitai di fare
«Leonardo» intervenne lui, con quella sua voce così soave da fare invidia persino agli angeli, Anthony ricambiò la sua occhiata e riprese il discorso da dove lo aveva lasciato «Bene, si, ecco, io e Leonardo qui, abbiamo dei dubbi sulla clausola numero ventitrè del contratto» si schiarì la voce «in cui viene esplicitamente dichiarato che se lui si dovesse rifirutare di svolgere le attività considerate necessarie dal regista» mi osservò «da te, in sostanza» tossì «dovrà risarcirti per l'assurda cifra di 80 milioni di dollari» nella stanza calò il silenzo, "stupide clausole di Philippe" pensai tra me, ed i morsi del panico tornano a farsi vivi più che mai, facendo controcere il mio stomaco dal dolore
«Sarebbe meglio inanzitutto specificare che cosa si intende per attività» concluse, Leonardo prese la parola, torturandomi con la sua cadenza perfetta
«80 milioni di dollari sono una cifra esagerata come risarcimento, non trovi? Io stesso non dispongo di una cifra simile» disse, nel frattempo il mio pensiero ritornò alla clausola 23 del contratto che esplictamente asseriva che il cliente aveva il dovere di rispettare la visione artistica del regista e della produzione che disponeva di lui al meglio, ovviamente nei limiti della decenza umana, scoppiai in una sonora risata, per il doppiosenso che spesso provocava timore negli occhi di chi lo leggeva. Ogni qualvolta che un attore si trovava di fronte quel contratto, era solito farsi sopraffare dalla paura di doversi concedere a chissà quale attività sessuale, sorrisi ancora imbarazzata dalla situazione, sotto gli occhi dubbiosi e infastiditi di Leonardo e Anthony.
«Non dovrai disporre di una cifra simile» balbettai «La clausola impedisce solo che al sorgere di minime difficoltà tu decida di abbandonare il progetto.. Ecco tutto» conclusi cercando di distogliere quanto più possibile lo sguardo da suo volto per evitarmi ulteriore imbarazzo.
«A quali attività intendi sottopormi?» ribadì con più enfasi, come se ancora non lo avessi preso sul serio. Si voltò stizzito verso di me e infastidido probabilmente dal mio cercare in continuazione di evitare il suo sguardo e mi fissò visibilmente nervoso negli occhi
«Nulla, solo una leggera attività fisica» sorrisi imbarazzata nel rendermi conto ancora una volta del doppio senso, «di palestra, inosmma tonificante, nulla di lussurioso come si potrebbe immaginare» sussurrai nel silenzio più totale e imbarazzante che avessi mai sentito
Lui rimase per un po' in silenzio e dopo averlo specificato letteralmente all'interno del contratto decise di firmare
«La donazione deve essere fatta entro domattina» ribadì con arroganza
«E' già stata fatta» risposi sollevata, lui restò senza parole a fissarmi con occhi pieni di domande, alle quali non avevo nessuna intenzione di risponde. Mi alzai velocemente senza salutare e mi diressi verso l'uscita, con in mano il contratto, appena firmato.
Salì sull'auto di Philippe in direzione di casa con ancora il battito cardiaco irregolare.
Accesi la radio, una canzone triste risuonava nell'abitacolo, ne colsi solo alcuni versi

"If you are a ghost, I'll call your name again"

La pelle mi si accapponò, spensi l'interruttore e mi feci avvolgere dal silenzio. Un enorme senso di incompletezza si andava sprigionando dentro di me cercai di respingere l'enorme voglia che avevo di tornare indietro e di dirgli che da quando avevo incontrato il suo sguardo nulla aveva più un senso.
Mi concentrai sulla strada, svoltando nella via parallela alla casa di Philippe, arrivai sul retro della sua enrme villa, spensi il motore e scesi dall'auto, dirigendomi verso il cancello alla ricerca di un citofono che però non trovai.
Con nervosismo risalì in auto per suonare il clacson e dopo pochi istanti il cancello si spalancò difronte a me.
Entrai nello spiazzale e parcheggiai l'auto, scorsi in lontananza la figura di Philippe che mi veniva incontro, arrivava dalla piscina sul retro ed era accompagnato da due ragazze, entrambe bionde e avvenenti.
«Dovresti comprare un auto» mi ammonì Philippe, indossava attillati slip bianchi che risultavano come un pugno in un occhio, per un uomo della sua età e della sua corporatura, disgustata volsi lo sguardo verso la mia moto e per fortuna ripresi a respirare.
«Abbiamo investito troppo in questo progetto, non è il momento di acquistare auto, questo!» esclamai
«Allora, ha firmato?» chiese sorseggiando dal suo bicchiere da cocktail ormai vuoto
«Si» risposi
«Hai già fatto la donazione?» domandò in tono snervante, ed immancabilmente il mio pensiero andò indietro nel tempo, a quando mi aveva promesso niente spiegazioni
«Si, questa mattina» dissi in un sussurro
«COSA?» esclamò furioso «Hai fatto la donazione prima che firmasse il contratto?» chiese in tono retorico «Ti è dato di volta il cervello forse? Certo che quel ragazzo ti ha giocato un brutto scherzo eh...» scosse la testa deluso «Guardami Chris! Non è da te un simile comportamento!» io abbassai lo sguardo come una bambina colta in fallo
«Non è come pensi» ribattei balbettando «Io sapevo che avrebbe firmato» risposi, la spiegazione sembrava anche più assurda dopo averla pronunciata
«Ah, si lo sapevi!» sospirò con disapprovazione «Sai benissmo che il film avrebbe avuto successo con o senza di lui, non capisco davvero Chris.. Con tutti gli uomini che ci sono, proprio lui!» esclamò prendensosi gioco di me
Senza degnarlo di una risposta saltai in groppa alla moto e mi dileguai il prima possibile da casa sua. Nella mente solo più voglia di casa, di tranquillità. Avevo così tanto bisogno di riposo che facevo persino fatica a rimanere concentrata sulla strada.
Arrivata davanti casa accostai la moto accanto al cancello, digitai il PIN ed entrai nello spiazzale.
Una volta entrata decisi di svestirmi completamente per potermi finalmente abbandonare sul letto ad un sonno ristoratore. Chiusi gli occhi e sprofondai in un ansioso dormiveglia, difronte a me vedevo ormai solo il suo viso.
Il suono del citofono mi svegliò di soprassalto, era un suono continunativo e imperterrito, chiunque mi stesse cercando aveva come primo obiettivo quello di svegliarmi ad ogni costo.
«Chi diavolo è!» urlai dall'altra parte della cornetta
«EHI CHRIS» mi aggredì una voce squillante «Sono Kristel, puoi scendere un secondo? Devo parlarti!» concluse, agganciai la cornetta al telefono, poggiato sopra il comodino accanto al letto, con foga, mi alzai controvoglia dal letto e mi diressi in bagno, mi sciacquai la faccia ed indossai un paio di fuseau neri ed una canottiera che lasciava intravedere il mio seno, infischiandomene completamente del galateo.
Scesi in giardino ed aprì il cancello.
Alzai lo sguardo e mi accorsi immediatamente che Kristel non era sola. Per un attimo ebbi un mancamento. Un'altra figura era accanto a lei, si trattava di Leonardo. Maledissi me stessa per non aver indossato qualcosa di più appropriato. Lei invece era vestita in modo impeccabile, i capelli legati in una lunga treccia sfasata, indossava un abito lungo da sera color cipria, mi domandai a chi potesse stare bene il color cipria e l'unica che mi venne in mente fu proprio lei. Alzai gli occhi al cielo, nuovamente, in sengo di profonda disapprovazione
«Non ti avevo mai vista così casual!» esclamò Leonardo sorridendo, lo scrutai dalla testa ai piedi. Era senz'altro un Dio. Indossava una t-shirt verde e un paio di pantaloni marroni, io ricambiai la sua battuta con un occhiolino e sorrisi imbarazzata, senza dire una sola parola
«Vi conoscete già?» il tono di voce di Kristel lasciava intendere quanto fosse seccata dall'intera situazione.
«Beh.. in effetti si» risposi con il sorriso sulle labbra
Kristel divenne verde di gelosia, la ignorai deliberatamente, godendomi la sua espressione che non avrebbe mai nemmeno avuto motivo d'esistere, ma all'epoca ero ben consapevole che la sua gelosia fosse legata solo al fatto che avrebbe preferito mettere in mostra il suo trofeo appena conquistato mentre quella situazione le provocava una profonda amarezza
«Diciamo solo che adesso lavoro per lei» le spiegò lui serio, come a volersi scusare.
Kristel lo squadrò dalla testa ai piedi senza preoccuparsi della mia presenza, sembrava quasi volerlo sbranare con gli occhi, certamente era furiosa perchè io lo conoscevo già, ma non si lasciò sfuggire l'occasione di mettersi in mostra, baciandolo appassionatamente.
Lui sorpreso, almeno quanto me per quel gesto così vorace, cercò inizialmente di divincolarsi, ma poi cedette al suo bacio, mentre il mio viso si contrasse in una smorfia fin troppo schifata nell'intravedere le loro lingue aggrovigliarsi. Abbassai lo sguardo sospirando ed iniziai davvero a sentirmi di troppo
«Scusate ragazzi! Spero non mi abbiate chiamata solo per farmi fare da spettatrice alle vostre, ehm come dire.. attività» li interruppi con voce seccata, scorsi lo sguardo di Leonardo attraverso il loro bacio, i suoi occhi riuscivano a perforarmi l'anima. Bruscamente Leonardo si liberò dal bacio di Kristel lasciandola confusa e furiosa allo stesso tempo. I nostri occhi restarono persi, gli uni negli altri ed un tumultuoso mischiarsi di sensazioni mi aggredì, impedendomi di distogliere lo sguardo dal suo e restammo così per alcuni istanti, nell'imbarazzo ormai evidente di Kristel.
«Ehm» si schiarì la voce «In effetti ero venuta per invitarti al nostro party questa sera» sorrise «Sai la fondazione di Leonardo ha ricevuto una cospicua donazione questa mattina, da un anonimo milionario» trattenni il fiato e mi voltai di scatto verso di lei, osservai ancora una volta la sua pelle perfettamente dorata dal sole, liscia come quella di una pesca, bellissima anche senza l'ausilio di trucchi e mi domandai come mai Leonardo le avesse raccontato una simile frottola
«Ma dai! Una donazione anonima?» chiesi voltandomi verso Leonardo e questa volta fu lui a distogliere lo sguardo dal mio, abbassandolo quasi come a volermi sottolineare la sua colpa
«Bene, se vuoi venire, porta qualcuno!» esclamò con la sua solita voce squillante «Allora a più tardi! Baci Baci».
Entrambi si voltarono e si dileguano nel vialetto di fronte casa.
Entrai in casa con la velocità della luce, mi distesi sul letto ed osservai il soffito per un tempo che mi parse infinito; ripensai a tutte le emozioni vissute durante la giornata. Milioni di pensieri affollavano la mia mente mentre cadevo in un sonno profondo.

Quando mi svegliai erano quasi le nove e mezza di sera. Mi alzai dal letto con la voglia di recarmi alla festa. Mi buttai sotto la doccia e mi lasciai scivolare via tutti i pensieri più assurdi. Indossai un abito elegante che tenevo di scorta nell'armadio nel caso mi si fosse mai presentata un occasione speciale, era un lungo abito bordeaux. Nella parte posteriore presentava un lungo ricamo in pizzo completamente trasparente che lasciava scoperta parte della schiena. Lo indossai e capii immediatamente di aver perso diversi chili dall'ultima volta che avevo indossato un abito da sera.
Lasciai i capelli sciolti in lunghe onde morbide e dopo aver messo un filo di trucco mi diressi verso casa di Kristel anche senza accompagnatore.
Appena fuori notai che il vialetto era stato intasato da una quantità sproposita di automobili. Passai attraveso numerose auto fino ad arrivare di fronte l'imponente villa di Kristel, che al contrario della mia era composta di 3 piani. Cercai di accelerare il passo, mentre tentavo disperatamente di non inciampare nel lungo vestito.
Ad accogliermi davanti la sua enorme piscina vi erano almeno una cinquantina di persone, intente a chiacchierare, a bere champagne e a concludere affari.
Afferrai un flute di Champagne da uno dei vassoi e lo bevvi tutto d'un fiato, dopotutto avevo bisogno di quello che ero solita chiamare "coraggio liquido".
Nel mio inesorabile vagare, mi resi conto che Kristel aveva invitato la crème de la crème di Hollywood, alcune persone le conoscevo, in primis c'era Philippe, il primo che incrociai
«Ma guarda chi c'è» sorrise beffardo «Christine!» mi scrutò dalla testa ai piedi «Non ti facevo una ragazza da festa» mi venne incontro a braccia aperte e mi strinse contro il suo petto, "dev'essere già ubriaco", pensai tra me, liberandomi dalla sua presa con imbarazzo
«Ciao Philippe... Anche tu qui?» domandai spostandomi il più lontano possibile da lui per impedirgli di rinnovare l'abbraccio
«Dopotutto sono io il misteriorso milionario!» esclamò compiaciuto

La situazione aveva preso ormai una piega decisamente imbarazzante così decisi che era meglio scomparire dalla sua vista. Lo lasciai a bearsi dell'abbraccio di due attraenti modelle bionde.
In fondo alla piscina, vicino gli alberi da frutto vi era un'intera zona immersa totalmente nel buio. Mi diressi in quel luogo che appariva ai miei occhi così intimo e privato, nella speranza di non incontrare più nessuno. Sotto l'enorme quercia trovai anche una piccola panchina in pietra. L'angolo era completamente immerso nell'oscurità della notte. Osservai la festa, esternamente, quasi come se mi trovassi su di un altro pianeta, l'enorme piscina azzurra illuminata, candele e luci soffuse rendevano tutta l'atmosfera un po' magica.
Andava tutto secondo i miei piani, fino a quando non intravidi una sagoma in lontananza procedere verso di me. Quel bellissimo angolo segreto, dopotutto non era rimasto segreto a lungo. L'ombra continò incessante ad avvicinarsi, con passi felpati ed eleganti, totalmente ignara della mia presenza sulla gelida panchina in pietra.
Era un uomo, mi arrivò ad un palmo dal naso. Era immobile difronte a me, eppure non si rendeva conto della mia presenza. Ormai avevo capito che si trattava di Leonardo, nessun'altro sarebbe riuscito a sembrare così maestoso immerso nel buio della notte. I suoi occhi erano in difficoltà cercava disperatamente di mettere a fuoco davanti a sé, senza riuscirci.
«Mi scusi, non sapevo ci fosse qualcuno» la sua voce era come al solito suadente ed armoniosa, un assolo d'arpa, una voce da pelle d'oca, un brivido freddo mi percosse la schiena
«Sono io, Leo» sospirai scoraggiata e anche un po' amareggiata per non essere stata riconosciuta.
«Io chi?» domandò nel tentativo di osservare nell'oscurità e anche se non riuscivo a vederlo percepivo il suo sguardo che cercava di bucare il nero della notte
«Christine» esclamai con il cuore palpitante d'eccitazione, sempre più convinta di essermi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato
«Ah, ciao Christine» al solo pronunciare il mio nome mi sciolsi come un ghiacciolo lasciato al sole in un caldo giorno d'estate «Scusami ma con questo buio non ti avevo riconosciuta» si giustificò.
Indugiai in silenzio nella speranza che le sue parole mi restassero impresse nella mente così come la sua voce; poi continuò a parlare ed io andai in estasi «Come hai capito che ero io?» chiese sorpreso avvicinandosi a me in modo da lasciare la luce della festa filtrare su di noi illuminandomi lievemente il viso. Il pensiero di sentire la sua presenza anche nell'oscurità mi creava quasi una senzasione di malessere, ormai avevo l'impressione che sarei riuscita a riconoscerlo anche tra un milione di persone, sarei riuscita a captare il suo sguardo proprio come un sonar di un sottomarino
«Sarà il tuo dopobarba» esclamai sorridendo
«Non uso il dopobarba» rispose serio, ed io pensai che il suo senso dell'umoriso presentasse qualche difetto di fabbrica «Così alla fine hai deciso di venire?» mi chiese cercando di fare conversazione
«Si, anche se mi sono resa conto che questi party non fanno proprio al caso mio» mi spostai leggermente di lato in modo da lasciargli un po' di spazio sulla panchina, gesto che apprezzò. Attendevo con ansia qualche suo sbaglio nel sedersi al buio, ma a discapito delle mie aspettative riuscì nell'impresa in modo tutt'altro che ridicolo. Slacciò il secondo bottone della sua giacca scura lasciandomi intravedere la linea perfetta del suo corpo. La sua camicia bianca sembra quasi diventare fluorescente al buio, tentai di mantenere una parvenza di autocontrollo e mandai giù il groppo che ormai mi si era formato in gola e che mi impediva quasi di respirare
«Nemmeno a me entusiasmano. Preferisco restare solo» sentenziò con la sua solita aria enigmatica e misteriosa, sembrava quasi illegibile come un file danneggiato dall'usura
«Siamo in due allora» sospirai «Dove hai lasciato Kristel?» chiesi, facendo mente locale sul fatto che quest'uomo fosse impegnato in una relazione amorosa con la mia vicina ed in una relazione lavorativa con me, nel tentativo di placare i miei istinti
«Lei è rimasta alla festa, si diverte molto quando è circondata dalla gente» disse mentre osservava il vuoto «E' così bella, non trovi anche tu?» mi chiese, voltandosi verso di me, io di tutta risposta alzai gli occhi al cielo, consapevole di non poter essere vista e mi lasciai sfuggire un mugugno. Lui non rispose alla mia provocazione, così decisi che forse per me era arrivato il momento di andare via dalla festa.
Mi alzai di scatto e nello stesso istante un lampione a sensore di movimento ci folgorò con la sua luce accecante «Si è molto procace» risposi seccata, strizzando gli occhi nel tentativo di riabiutuarmi a quel bagliore, mentre la gelosia si faceva largo nel mio cuore
«Scusami Leonardo, ma ora devo proprio andare» risposi voltandomi di scatto, nella speranza di poter scappare il più lontano e il più veloce possibile. Mi osservai le scarpe ed il lungo vestito e non feci nemmeno in tempo a fare un solo passo Leonardo mi afferrò per un braccio con decisione, fermandomi. Imporvvisamente avvertii un capogiro, la sua pelle contro la mia e mille pensieri affollarono la mia mente
«Ho detto qualcosa che non va?» si voltò verso di me, la luce irradiava il suo volto e finalmente riuscivo a verderlo in modo completo. Indossava uno smoking nero, una cravatta nera e una camicia bianca, aveva le sopracciglia leggermente inarcate che gli conferivano un'aria severa, gli occhi erano spenti e le labbra socchiuse. Lo osservai e sentii una tristezza immensa pervadermi. Sembrava infelice, dolorante, ma allo stesso tempo riusciva ad essere dannatamente sensuale, così sensuale da far sembrare il mondo un posto insipido.
Mi soffermai ancora una volta sul suo volto con un movimento degli occhi che andava dall'alto verso il basso in una carrellata di immagini ad alto contenuto erotico.
All'improvviso tutti i miei difetti mi passano davanti agli occhi, tormentandomi la testa, mi vennero perfino elencati ad uno ad uno con eccessiva scrupolosità dalla mia coscienza che mi ammonì ancora una volta di non essere abbastanza
«Niente che non sapessi già» risposi fredda, con un gesto rapido mi liberai dalla sua presa e tentai di ricompormi, tirai su leggermente il vestito, ma nello stesso momento in cui alzai gli occhi per guardare la strada, trovai il suo sguardo. I suoi i occhi. Un improvviso bisogno di parlare mi pervase, avevo bisogno di dirgli molte cose, ma per quanto potessi cercare, non esistevano parole abbastanza adeguate per poterlo fare.
«Anche tu sei molto sensuale questa sera» esclamai pentendomi immediatamente di non essere riuscita a controllarmi
Lui sorrise imbarazzato senza rispondere, di fatto il mio commento non sembra interessargli, infondo era ben consapevole di esserlo.
Afferrai amareggiata il vestito e mi diressi a tutta velocità verso l'uscita.
Arrivata davanti alla piscina, salutai Kristel con un cenno della mano, lei mi sorrise, era intenta a bere e chiacchierare, e poi mi dileguai tra le auto ancora in sosta nel vialetto.
Arrivata di fronte al cancello di casa digitai il pin con mani tremanti, sbagliando un paio di volte, ritentai per l'ennesima volta con il cuore in gola e finalmente il cancello si aprì.
Un tintinnio alle mie spalle mi fece trasalire. Mi voltai spaventata. Leonardo aveva afferrato con entrambe le mani la ringhiera del cancello, la stava scuotendo. Il suo orologio emise un altro tintinnio e in quello stesso istante un lungo brivido mi accapponò la pelle. Rimasi impassibile ad osservarlo nella speranza che rompesse il silenzio e mi dicesse che cosa voleva e che cosa cercava, ma nulla.
Ritornai ad armeggiare con la chiave nel tentativo di aprire la porta di casa con mani sempre più malferme. Finalmente dopo diversi tentativi la serratura si aprì. D'improvviso però fece la sua comparsa una mano invisibile e oscura, si poggiò sul mio petto, bloccandomi sotto l'arcata della porta ed impedendomi di entrare in casa.
«Chris, fammi entrare» Urlò. Le sue parole erano veleno, la sua voce si ruppe dentro di me come un tuono, perforandomi la testa. Mi voltai nuovamente, per osservarlo, nel tentativo di scrutare la sua reale presenza. I suoi occhi erano languidi, le sue labbra carnose erano un richiamo sublime, era il canto di una sierena. Ebbi un altro mancamento, ritornai con la mente a quanto gli avevo detto poco prima e alla sua non reazione e provai un senso di dolore atroce
«Perchè dovrei?» chiesi retorica sorridendo amaramente
«Non lo so perchè, voi donne e i vostri perchè!» il suo tono era alterato, forse eccitato oppure entrambe le cose, non riuscivo a capire bene le sue emozioni e forse nemmeno lui ci riusciva un granchè
«Non posso» dissi entrando in casa e sbattendo alle mie spalle la porta in un tonfo che fece tremare le pareti. Ero amareggiata per quella scelta e per tutta quell'assurda situazione. Scivolai a terra e caddi in un sonno profondo popolato solo da sue immagini.*






















*Scusate, le revisioni, questo è il capitolo definitivo per il momento, credo che sarò costretta a rivedere i primi 3 capitoli in quanto il tempo verbale è completamente errato. Vi chiedo scusa, abbiate pietà ma sono sommersa da lavoro universitario e non ho tempo per modifice attualmente. Lasciatemi un commento (anche negativo sia chiaro!) che possa incoraggiarmi ad andare avanti o a smettere del tutto! Grazie Ciao

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Capitolo 5
*** Il sogno di una vita ***


Il sogno di una vita
 
Si passò una mano tra i capelli con un gesto compulsivo nel tentativo disperato di nascondere la sua ansia. I provini avevano avuto termine alle 00.45 circa e quella sera avevamo finalmente completato i membri del cast; ormai dovevo solo attendere che tutti imparassero il proprio copione prima di iniziare le riprese. Puntualmente un senso di insoddisfazione mi pervase, Leonardo sembrava essersi quasi pentito di aver accettato la parte, nonostante il cachet da capogiro. Appariva distante, crucciato in pensieri impossibili e costantemente impegnato al telefono cellulare per supportare azioni umanitarie o ambientaliste. Era totalmente assente. Iniziava a sembrarmi anche imbarazzante interromperlo, richiamarlo all’attenzione oppure chiedere cosa ne pensasse di questa o quella candidata, avevo il sentore di distrarlo da argomenti per lui più importanti.
Il rumore di nocche che bussavano alla porta del mio studio mi fecero tornare con la mente alla realtà, accennai un “avanti” con voce fin troppo bassa ed il rumore di passi felpati mi fece subito intuire di chi si trattasse
«Ah, Leonardo sei tu!» esclamai per nulla sorpresa, per me era ormai diventato naturale distinguere i suoi movimenti da quelli degli altri, mi sentivo costantemente come Ulisse nell’Odissea, continuamente distratta da un fastidioso canto di sirena
«Sono venuto ad avvisarti che vado a casa» sospirò abbassando lo sguardo come frustrato da una qualche situazione per me incomprensibile «Ormai è quasi l’una di notte e domattina devo alzarmi molto presto» sorrise lanciandomi uno dei suoi sguardi penetranti, fermo immobile sulla soglia della porta in ebano scuro del mio ufficio
«D’accordo» risposi con appena un filo di voce «Settimana prossima iniziamo con le riprese, mi raccomando, professionalità» lui di tutta risposta arrossì, mi sorrise beffardo e mi ammonì con una delle sue domande sarcastiche
«Con chi credi di parlare?» disse offeso «Guarda che Leonardo è sinonimo di professionalità» sorrise passandosi la lingua sulle labbra, in un gesto compulsivo, quasi come quello di sistemarsi continuamente i capelli. In quell’istante il mondo tornò ad essere colorato, sembrava quasi che bastasse la sua sola presenza in una stanza per rendere le cose migliori «Ascolta» sussurrò ancora immobile tenendo lo sguardo fisso sul pavimento in una smorfia di dolore «Non ho voglia di tornare a casa» bisbigliò tra le labbra, arrossendo nuovamente, «Sarebbe tanto strano se ti chiedessi di invitarmi da te?» domandò incurante dei miei programmi,  tutto divenne nuovamente sfocato, imbarazzata restai in silenzio fissandolo intensamente i suoi occhi blu nel tentativo di capire se si trattasse di uno scherzo
«Oh, Leo» dissi sorridendo «A volte mi sembri così fragile» bisbigliai, «Ma credo che nemmeno tu sappia bene cosa desideri, e onestamente non voglio complicare la nostra già complicatissima relazione di lavoro» risposi, pentendomi di quelle parole ancora prima di averle finite di pronunciare.  
Leonardo frustrato mi lanciò una delle sue occhiate peggiori, era stizzito e infuriato, probabilmente era una di quelle persone che raramente nella vita si vedono negare quello che vogliono e per questo quando succede si sentono offesi. Si voltò dall’altra parte ed uscì dall’ufficio sbattendo la porta, cosa che fece tremare le sottili pareti in cartongesso, causando un piccolo terremoto dentro la stanza e dentro la mia anima.
Forse nemmeno io riuscivo bene a comprendere che cosa Leonardo fosse per me, non riuscivo a vederlo meramente come collega, eppure, ogni volta che provavo a vederlo in modo differente qualcosa mi stringeva il petto come una morsa impedendomi di intraprendere nuovamente quel pensiero.
 
Quella stessa notte tornando a casa un senso di vuoto mi pervase, mi sentivo inadatta e anche in colpa per aver rifiutato l’unica occasione per stare con l’uomo che agognavo da una vita. Sdraiata sul letto ed immersa nei pensieri pregavo perché qualcosa succedesse, pregavo perché lui non ascoltasse le mie parole, pregavo di trovarlo sotto casa, pregavo che chiamasse e che si confidasse. D’un tratto il cellulare squillò ed io ebbi un colpo al cuore, iniziai a pensare che forse qualcuna delle mie preghiere era stata esaudita. Afferrai il cellulare da sopra il comodino e guardai lo schermo, in uno stato di trans, era un messaggio su WhatsApp, ma appena aperto mi resi conto che le mie speranze erano ormai destinate a svanire per sempre. Si trattava di Kristel, che con un lungo messaggio composto per la maggior parte da emoticon mi comunicava la sua immensa tristezza nell’essere appena stata lasciata per l’appunto da Leonardo. Pochi istanti dopo, il trillo acuto del portone mi fece sobbalzare, osservai bene l’orologio del telefono, erano ormai quasi le 3 di notte, fuori controllo corsi al piano inferiore per aprire il portone, dopotutto forse dentro di me le speranze non si erano ancora assopite, ma erano presto destinate a farlo, quando la vidi: Kristel, maledettamente perfetta nonostante sembrasse distrutta. Con gli occhi rossi e pieni di lacrime mi si tuffò tra le braccia, quasi fossi una sua vecchia amica, incurante dell’ora.
«Che cosa è successo!» esclamai preoccupata, cercando di capire le sue parole
«Leonardo» singhiozzò e poi scoppiò a piangere «Mi ha liquidata con un sms» disse cercando di riprendere il controllo sul suo corpo. Pensai che nonostante l’ora e nonostante il suo stato d’animo appariva comunque perfetta, i suoi capelli erano perfettamente in ordine, con qualche ciuffo ribelle, la sua pelle era ancora luminosa e i suoi occhi bagnati dalle copiose lacrime sembravano addirittura più brillanti, sembrava pronta per la copertina di Sport Illustrated. La invidiai con tutta l’anima, pentendomene allo stesso tempo. In sua compagnia non facevo altro che sentirmi come un secchio dell’immondizia. La odia nuovamente, ma non potevo non provare empatia nei suoi confronti. Chissà perché la vita mi riservava sempre la parte della migliore amica. Rimanevo comunque la migliore amica nonostante fossi la protagonista della mia stessa vita. Pensai ancora una volta a quanto fosse ingiusta la vita e poi cercai di consolarla con un abbraccio fin troppo freddo, invitandola ad entrare.
«Leggi!» esclamò appena messo piede in casa, piazzandomi il suo smartphone tra le mani, provai ad accennare un “non ce n’è bisogno” ma non feci in tempo, afferrai il suo telefono pregando che il messaggio non descrivesse troppi aspetti della loro intimità, che non avevo nessuna voglia di scoprire

 
 Kristel, non mi sembra corretto stare con te e pensare ad un’altra.
Sei stata importante, sei una donna bellissima e forte,
sono sicuro che troverai chi saprà amarti come meriti.
Ti prego non continuare a cercarmi
 
«Classico!» esclamai, «C’è sempre qualcuna più bella, più magra, più importante. Lascialo perdere è davvero un idiota» dissi scocciata, nonostante una piccola parte di me fosse felice per la loro separazione un’altra non faceva che provare solidarietà nei confronti di una ragazza che come unica colpa aveva quella di essere nata troppo bella
«Lo so» mi rispose lei asciugandosi le lacrime «Oh Chris, ma tu l’hai visto. Si insomma, ci lavori insieme, lo sai com’è. Io non riesco a smettere di pensare a lui» disse tremando visibilmente, mi dava quasi l’impressione che fosse per lei come una droga, ed in quel preciso momento sembrava avere una vera e propria crisi di astinenza «Lo desidero ancora, da morire» disse scoppiando nuovamente a piangere, «Ti prego, aiutami a riconquistarlo» mi implorò, ed io per poco non scoppiai a riderle in faccia, pensai di trovarmi davvero ai limiti della realtà. La osservai nuovamente e poi osservai il mio riflesso nello specchio dell’ingresso, mi sfuggì una risatina nervosa, che per fortuna non venne notata da Kristel e pensai che questa donna doveva davvero essere sconvolta per chiedere ad una come me consigli sull’amore.
Due tazze di camomilla dopo finalmente Kristel era uscita di casa per congedarsi nelle sue stanze, lasciandomi nuovamente sola e immersa nei miei pensieri.
Sdraiata sul divano mi trovai ad osservare il soffitto, immersa in pensieri malinconici e depressi. Provai a chiudere gli occhi, ma davanti a me trovai solo il suo volto. Un’altra morsa mi strinse il petto, quando squillò nuovamente il cellulare, una chiamata in entrata: Leonardo.
«Pronto» risposi con la bocca ancora impastata dal sonno
«Sono Leo» disse la voce dall’altra parte, un brivido lungo la schiena mi pervase, «Ho bisogno di vederti. Immediatamente» sospirò
«Stanotte hai lasciato Kristel, è venuta da me in lacrime, uno spettacolo che mi sarei volentieri risparmiata» risposi fredda e distaccata, mentre il pensiero della sua voce mi mandava in paradiso
«Non me ne frega un cazzo!» esclamò aggressivo, «Sono davanti al portone di casa tua. Aprimi!» mi ordinò ferocemente.
Osservai l’ora sul telefono, erano le sei di mattina, pensai che doveva davvero essere fuori di testa, pensai che probabilmente era solo sconvolto da tutta quella situazione e dalla rottura con Kristel poche ore prima, pensai che fosse un uomo vampiro, che non dormiva mai, e dentro di me sperai con tutte le forze, qualcosa che mi vergognavo anche solo a pronunciare. Mi sollevai dal divano e mi diressi con un forte dolore alla schiena e al collo, verso la porta d’ingresso. Appena lo vidi pensai di essere morta. Ero in paradiso. Era senza dubbio il paradiso, il mio, paradiso. Ebbi un sobbalzo, il cuore mancò un battito o forse di più, era maestoso, la sua presenza era indescrivibile. Indossava un completo grigio scuro, una camicia bianca, i suoi capelli dorati erano perfettamente pettinati all’indietro, avanzò verso di me con il suo solito passo felpato, mentre i suoi occhi infuocati mi squarciavano l’anima.
Ebbi quasi un collasso, pensai che tutte quelle emozioni mi avrebbero condotta alla morte, mentre lui avanzava verso di me, che restavo impietrita sulla soglia della porta, poi, come un lampo a ciel sereno, mi afferrò per i fianchi e mi strinse a sé, baciandomi intensamente. L’odore del suo respiro mi inebriò, lo sentì scivolare fino in fondo alla mia gola, poi nei polmoni, era odore di miele dorato, era l’odore del bosco dopo la pioggia, era una mattina al mare d’estate, era l’odore di sogni realizzati. Ogni fibra del mio corpo divenne reattiva, mentre il suo corpo si stringeva a me.
«Fermati!» esclamai mentre il cuore mi batteva all’impazzata nel petto
«Perché?» mi chiese lui «Non è forse questo quello che desideri di più al mondo?» dal suo volto angelico si irradiò un ghigno nefasto, e tutto intorno divenne oscuro.
Mi svegliai di soprassalto. Era solo un sogno. Il sogno più bello di tutta la mia vita ed anche il più terrificante.
Afferrai il cellulare sul tavolino della sala, osservai l’ora, le 11 meno un quarto. Dovevo essere piombata in una specie di sonno veglia, anche una chiamata persa: Leonardo. Solamente che a quella non avevo risposto, rispetto a quello che era successo invece nel mio bellissimo sogno. Provai a richiamarlo per sapere quale fosse l’urgenza, certamente per chiamarmi alle sei del mattino, doveva essere qualcosa di grave
«Pronto» rispose
«Ciao, sono Chris» dissi d’un fiato «Ho visto la tua chiamata solo adesso, cosa volevi?» chiesi ancora agitata per quanto avevo sognato
«Puoi passare da me?» chiese lui dolcemente
«A che ora?» risposi io
«Adesso».
 
Senza ulteriori domande mi feci una doccia veloce ed uscì di casa a tutta velocità.
 
Arrivai difronte casa sua in meno di quaranta minuti, accostai di fianco al suo vialetto, tentennando. Una parte di me desiderava entrare a casa sua, un’altra mi spingeva a fuggire il più lontano che fosse possibile. Con l’incoscienza di un bambino decisi di ascoltare la prima parte di me, quella che mi suggeriva di entrare, avanzai lentamente verso il suo cancello, che si aprì nell’immediato istante in cui mi avvicinai.
Sospirai cercando di placare la mia agitazione, impossibile da controllare, il cuore era diventato impossibile da controllare, oramai si autogestiva e faceva un po’ come voleva. L’ansia mi pervase non appena varcai la soglia del cancello, la porta d’ingresso si aprì e l’Arcangelo Gabriele ne venne fuori. Non avrei saputo come altro descriverlo se non come un angelo.
Alzai lo sguardo per osservarlo meglio, immobile sulla soglia delle scale che portavano all’ingresso della sua enorme villa a due piani, il respiro mi si bloccò nei polmoni, le pupille si dilatarono come avviene solo quando guardiamo qualcosa che bramiamo disperatamente. Indossava dei semplici pantaloncini neri, il problema era infatti la parte superiore; era a torso nudo. Cercai di trattenere il respiro come si fa quando si va sott’acqua, provai a non respirare, per ricontrollare le mie funzioni corporee, ma quando mi trovai ad un palmo dal naso da lui, la mia mente collassò. Il mio corpo era totalmente fuori controllo. Mi osservò sorridendo, quasi compiaciuto da quel mio stato semi catatonico, mi strinse e mi tirò a sé, senza che ebbi nemmeno il tempo di pensare mi baciò e mi trascinò dentro casa.
Un vortice di emozioni mi invase, il respiro sfuggiva, il cuore era incontrollato, mi sentivo come sotto l’effetto di qualche incantesimo. Ero incatenata a lui, impossibile reagire, impossibile gestire con razionalità il mio corpo. Mi appoggiò delicatamente sul letto, neppure mi accorsi di come eravamo entrati in quella stanza, si appoggiò sopra di me ed in quel momento chiusi gli occhi e scivolai in un mondo parallelo, un mondo dove non avevo nessun controllo sul mio corpo né sulla mia mente, un mondo dov'ero un tutt’uno con lui.  
 
Il mattino seguente mi svegliai come dopo una sbronza, la testa girava senza tregua mentre la luce accecante mi faceva strizzare gli occhi come se fossi stata abbagliata per sempre e non potessi più vedere nulla. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, non riuscivo a ricostruire un solo momento, mi osservai intorno per capire dove fossi ma nulla. Un vuoto totale nella mia mente. Mi voltai dall’altro lato del letto ed ebbi un altro shock. Iniziai a pensare che il mio cervello non riuscisse più a gestire immagini di lui, tantomeno dopo averci fatto l’amore ed essermi svegliata accanto a lui, completamente nudo. Feci un respiro profondo, mi sollevai dal letto, mi costrinsi a non osservarlo più, mai più, per nessuna ragione al mondo. Non potevo lasciarmi manipolare così, eppure era come una calamita irresistibile, era come dolcissimo miele per l’ape ingorda. Mi rivestì ed uscì da casa sua il più velocemente possibile. Ripensai alla notte appena trascorsa, mai nella vita mi era capitato di vivere un momento del genere, iniziavo davvero a comprendere perché le donne lo idolatrassero.
Avevo perso la cognizione del tempo, osservai l’orologio, era tardissimo. Usicta da casa di Leonardo mi fermai al bar a prendere un cappuccino e a riflettere su quanto era accaduto la notte prima. Il tempo sembrava scorrere velocemente, quando il trillo del cellulare mi destò nuovamente dai mei pensieri. Era Neithan, aveva convocato una riunione straordinaria dello staff in tarda mattinata, l’ansia tornò a farsi largo nel mio petto.
Arrivai allo studio alle 11 passate. Lo staff era già tutto riunito, mentre attendevano il mio arrivo, ma di Leonardo nemmeno l’ombra. Neithan mi accolse visibilmente agitato. Mi corse incontro ed io capì immediatamente che qualcosa non era andato come speravo.
«Ci è arrivato questo comunicato!» esclamò agitando un foglio in aria «Quindici minuti fa» disse piazzandolo nelle mie mani con rabbia.
Lessi con un nodo alla gola, mentre ogni parola mi appariva più sfocata della precedente:
 
"Essendo venuta meno la clausola n34 del suddetto contratto, dichiaro sciolto il rapporto di lavoro"
 
Era l’unica cosa che ero riuscita a leggere in quel momento.
«Che significa?» chiesi «Scusa non riesco proprio a capire» Neithan mi osservò come se di colpo fossi diventata matta o mi fossi instupidita completamente
«Bene, visto che non hai capito cerco di spiegartelo in parole povere» disse alzando la voce, in modo che anche tutti gli altri membri dello staff potessero sentire «La clausola N°34 del contratto, suppongo tu non l’abbia letta» sorrise in modo sarcastico «Philippe ha previso una clausola nel contratto di annullamento del suddetto, qualora ci siano rapporti eh,» sospirò «Rapporti di tipo personale tra membri dello staff», il suo sguardo mi bruciò l’anima,
«Cosa significa?» chiesi ancora, confusa
«Hai fatti sesso con lui e questo è motivo di annullamento del contratto di lavoro» disse senza tanti giri di parole «Ti ha fregata» sussurrò «Anzi, ci ha fregati. Ci ha fregati tutti!» concluse.
 
Il mondo mi crollò addosso. Un macigno mi aveva spezzato le ossa e l’anima. Mi sentì profondamente irresponsabile, mi sentì stupida e ingenua. Ripensai ai 20 milioni di dollari e tutto intorno divenne sfocato. Caddi a terra in un tonfo sordo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Una nuova strategia ***


La sua moto rosso fuoco sfrecciava veloce, era come una fiamma lontana che ardeva di rabbia e tormento. L’attrito delle gomme sull’asfalto l’avvolgeva intorno ad una nebbia di fumo e smog, impedendole di avere una visuale completa dell’autostrada. Non pensava a nulla, sentiva solo l’adrenalina scorrerle nelle vene, la rabbia dentro al cuore e la testa totalmente vuota. Strizzò gli occhi nel tentativo di contenere il dolore che le si irradiava nel petto, ma l’unica cosa che riuscì a vedere furono i suoi scintillanti, maledetti occhi azzurri.
Respirava l’inquinamento intorno a sé, eppure l’unico odore che percepiva era quello del suo profumo, l’unica sensazione che provava era quella delle sue mani sulla pelle, il dolce frusciare dei suoi capelli dorati. Era come se tutti i suoi punti deboli fossero concentrati in lui; era come un paletto di legno per un vampiro, un proiettile in mezzo alla tempia per uno zombie e un bicchiere di acqua santa sulla pelle per un indemoniato. Era la luce del sole per chi può solo vivere nel buio. Come poteva pensare di riprendere con la sua normale routine, dal momento che aveva messo gli occhi su quel pezzo di paradiso? Si sentiva usata, si sentiva ingenua, stupida e un altro miliardo di cose che non riusciva a descrivere nemmeno a se stessa; d’altra parte Leonardo aveva giocato la sua migliore partita a poker e l’aveva anche vinta, grazie alla sua sfacciataggine. L’attore che viveva in lui non si trovava mai completamente separato dalla sua vita ed aveva convissuto con questa personalità predominante da quando era nato.
Nel suo sterile appartamento immacolato, osservava il soffitto assaporando il gusto della libertà, senza sensi di colpa soddisfatto del suo operato, avvolto quasi completamente dal fumo della sua sigaretta, rigorosamente elettronica. Sospirò profondamente, provando un forte senso di sollievo e piacere, si alzò dal divano e attraversò l’enorme corridoio che collegava la sala alla sua camera da letto. Si fermò ad osservare la sua immagine allo specchio appeso sulla parete del corridoio. Era uno specchio imponente, massiccio, dalla cornice d’argento intarsiato. Pensò a quanto si piacesse. Si osservò negli occhi compiaciuto, sorrise, ed entrò all’interno della cabina armadio per cambiarsi ed uscire di casa, scelse i vestiti e si tuffò sotto la doccia. Quella stessa sera l’avrebbero atteso nuove prede.
 
La sera era ormai calata, il sole si era spostato ad illuminare un’altra parte del mondo ormai da parecchie ore. Christine pensò che fosse diventata matta, nel seguire i consigli di Jack, dopotutto erano stati quegli stessi consigli a cacciarla in quel guaio terribile. Non sapeva neppure se a Philippe fosse già giunta la terribile notizia, ma in ogni caso, aveva bisogno d’aiuto. Doveva trovare un modo, qualcosa per sistemare l’enorme pasticcio.
 
L’idea era che, se lei aveva un punto debole, allora doveva essere lo stesso anche per Leonardo. Forse lei non poteva nulla, dopotutto la sua attenzione al look era quello che era e, forse anche il suo fascino era alquanto banale, ma si era sempre considerata una persona relativamente intelligente; anche se quella sera avrebbe scommesso con se stessa di essere diventata stupida, all’improvviso.
Indossò i suoi pantaloni di pelle neri, una t-shirt nera e la giacca. Salì nuovamente a bordo della sua moto, si mise il casco e partì, chiedendo a se stessa perdono per quello che stava per fare.
 
Kristel, sapeva bene com’era fatto Leonardo, conosceva bene i suoi gusti e quella stessa sera pochi minuti prima che Christine uscisse dal suo cancello di casa in una direzione per lei impensabile, aveva avuto l’onore di parlare per la prima volta a cuore aperto con Kristel e, l’aveva anche trovata spiritosa, simpatica e intelligente, nonostante il suo atteggiamento spensierato. Kristel le confidò di aver incontrato Leonardo per la prima volta ad una delle sue sfilate di moda e, che proprio lì scoprì del suo interesse per la sua collega nonché cara amica.
 
«Sapevi che era interessato ad un’altra eppure ci sei stata insieme?» Chiese Christine sorpresa nel sentire quelle parole
«Già..» rispose lei abbassando la testa, come per nascondere l’imbarazzo
«Insomma, tu.. sei così bella, io davvero non capisco!» disse Christine, guardando negli occhi quella ragazza di cui era stata gelosa per così tanto tempo, pensò a quanta frustrazione ci dovesse essere in Leonardo e a quanto dolore doveva averle causato
«Non capisci, con lei è diverso. Lei non ha mai accettato le sue lusinghe, lo ha sempre ignorato nonostante i suoi tentativi di sfinirla» riprese fiato «Credo che avesse pensato di ferirla venendo a letto con me, visto che ero la sua migliore amica» sospirò… Christine la guardò con uno sguardo perso nel vuoto, senza riuscire a capire «Tranquilla, tutto ti sembrerà più chiaro appena la vedrai» sorrise Kristel, sistemandosi il vestito attillato verde mela sul petto.

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