Steal from the rich, give to the poor

di AlnyFMillen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo: Steal from the rich, give to the poor
Personaggi: Nick Wilde, Judy Hopps, un po' tutti
Genere: avventura, romantico
Rating: G
Avvertimenti: crossover
Note: Ebbene si, ci sono riuscita! Faccio un magnifico viaggio nella Zoottingham del 162 e, soprattutto, torno nel fandom con un crossover Zootropolis/Robin Hood. Non ho potuto resistere, è stato più forte di me: Nick e Judy - o dovrei dire, Nicholas e Judith? -, rispettivamente nei panni dell'eroe malvivente e dell'amata Lady. Per ora si parte con il prologo, buona lettura a tutti coloro che hanno usato un attimo del loro tempo per aprire questa pagina!

 



Steal from the rich, give to the poor
 

Prologo





"Ci siamo quindi"

Non gli era mai capitato di parlare per constatazioni ed, anzi, quell'ultime lo infastidivano abbastanza.
Ogni qualvolta che un amico, conoscente o chicchefosse agiva in tal modo, ovvero esprimendo ad alta voce quel che tutti ormai avevano capito già da un pezzo, non mancava mai di farglielo notare. Era un sintomo inequivocabile di stupidità, tanto inutile quanto fastidioso, o almeno così credeva lui. Non sempre la vita presentava situazioni semplici, doveva ammetterlo, ma la maggior parte delle cose che gli animali in generale si ostinavano a voler confermare si trovavano proprio lì sotto al loro naso.
Dire a parole fatti palesemente ovvi... Gli faceva una tale rabbia, e non aveva paura di esternare la sua opinione al riguardo, anche se il solo pensarlo poteva farlo sembrare un'idiota.
Peccato però che, in poco tempo, si fosse trasformato lui stesso in una delle volpi più ottuse che avesse mai incontrato, incominciando a parlare per ovvietà. 
La causa di questo comportamento, però, era una ed una sola, ovvero quella di convincersi sempre più fermamente di ciò che di lì a poco sarebbe accaduto. Concentrarsi sulle piccole sicurezze di tutti i giorni lo rendeva più tranquillo e preparato a ciò che doveva avvenire. Quindi, scattato il termine che era stato costretto ad accettare, sarebbe tornato il mammifero di sempre. Per ora, meglio lasciar correre come da copione.

Gli piaceva davvero molto stare all'ombra di quella magnolia, riflettè.
Ricordava ancora la prima volta che vi si era appoggiato, una mattina estiva di qualche anno prima. Sembravano passati secoli da allora, eppure era un tempo abbastanza breve in confronto al susseguirsi di avvenimenti che si erano andati sviluppando negli ultimi mesi.
Normalmente avrebbe chiuso gli occhi, abbassato il cappello, incrociato le braccia dietro alla testa e sorriso furbo, in quel modo che, lo sapeva, a lei piaceva tanto. Avrebbe ascoltato le lamentele della figura al suo fianco sul perchè non la stesse ascoltando, l'avrebbe punzecchiata un po' e poi sarebbero finiti col ridere entrambi.
 
'Non oggi, però'

Pareva ieri la prima volta che l'aveva incontrata, la proprietaria di quel giardinetto cui era sdraiato: non era iniziato tutto nel migliore dei modi, con lei e tutto il suo ciarlare fastidioso da coniglietta ma c'era voluto davvero poco perchè tra di loro nascesse una duratura e consolidata amicizia. E, perchè no, forse anche qualcosina di più. 
La sua intera esistenza era stata scombussolata dalla comparsa di lei, tanto che aveva finito per rimettere in gioco non solo i suoi principi ma perfino se stesso: se prima di incontrarla non poteva dirsi altro che uno scarto della società, un'animale talmente ignobile da derubare la povera gente per sopravvivere, era poi riuscito ad impiegare le sue forze e le sue capacità in qualcosa di nuovo, di giusto e migliore. Si reputava pur sempre una volpe di qualità, sapeva bene come cavarsi da certi imbrogli e il modesto - ma non poi tanto - acume che la natura gli aveva donato doveva pur servire a qualcosa.
Proprio grazie a questo acume, e forse anche all'olfatto sviluppato, era riuscito, pur essendo completamente immerso nei suoi pensieri, a percepire già da un pezzo la presenza di qualcuno lì accanto. Avrebbe potuto facilmente indovinare chi fosse, lo aveva già fatto, ma volle comunque socchiudere le palpebre per esserne certo. 
"Ci siamo" ripetè ancora.
Nonostante la situazione, non era assolutamente il tipo da farsi prendere da sentimentalismi. Avrebbe fatto finta di niente, quella sembrava la sua decisione definitiva, almeno fin quando gli sarebbe stato possibile controllare le proprie emozioni.
Non aveva fatto i conti con colei che, stranamente, tardava ancora a rispondergli. 
"Tra le lady del suo rango non si usa più rispondere o salutare?" domandò allora nel miglior tono saccente che gli riuscì d'avere.
Avrebbe dovuto capire già da lì che qualcosa non andava, sapeva quanto fosse emotiva la sua amica, ma continuò imperterrito per la sua strada, troppo occupato a mantener salda la voce per poter pensare ad altro.
Avrebbe voluto aprire gli occhi, fissarla in modo tanto insistente da risultare sgarbato e poi fissarla ancora, fin quando la sua immagine non si fosse radicata nella mente. Eppure si limitò ad assecondare solo il primo fra i suoi istinti.
"Va bene, se non volete farlo voi, vuol dire che lo f—" neanche il tempo di concludere la frase che le parole gli morirono in gola.
Sapeva di dover tenere gli occhi chiusi, non era pronto ad affrontare una cosa simile. Per quante volte avesse ripetuto le cose più semplici e sicure, non era pronto. Al diavolo le constatazioni, continuava ad odiarle.
Judith Hopps, lady e promessa sposa di qualche signorotto inglese perennemente lontano da casa, nonchè l'unica ragione per cui fosse riuscito a vivere di nuovo dopo la morte dei genitori, stretta in un abitino di tulle rosa pallido fatto su misura per lei, lo osservava. Un solo modo per descriverla: stupenda, ancor più coi due fiocchi confetto ad adornare le lunghe orecchie. 
In una circostanza solita, glielo avrebbe detto sedutastante, tanto per il gusto di veder arrossire le adorabili guance di quel delizioso color ciliegia - tanto invitante da invogliare a mangiarla - e i magnifici occhi indaco sgranarsi per la vergogna e la sorpresa. Quegli stessi occhi che erano, però, riempiti ora di silenziose e scintillanti lacrime.

'Siamo già a questo punto?' si chiese con una punta di dolcezza.

E dato che la risposta pareva essere null'altro se non affermativa, le opzioni di Nicholas Wilde si riducevano a ben poche. Cos'altro avrebbe potuto fare, oltre a stringersela al petto? Se c'era un'alternativa, lui non la conosceva, o meglio, preferiva ignorarla: nulla aveva la possibilità di competere anche solo minimamente con quell'abbraccio. 
Mai aveva osato prendere l'iniziativa, era lei tra i due la più propensa a ricercare un contatto fisico, fosse un abbraccio di consolazione o una spintarella per ripicca. Lui si era sempre limitato ad aspettarla a braccia aperte, a dirle che era lì e non se ne sarebbe andato. Si fidava ciecamente di Judy, avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di provarlo, ma non c'era mai stato bisogno di cercarla.
Lei, lei e solo lei a saper essere, spesso e volentieri, così ottusa eppure a tratti così acuta da riuscire sempre a capire l'esatto momento in cui l'amico necessitava aiuto. Non si era mai esposto troppo, eccezion fatta per i futili e giocosi sfioramenti cui andavano incontro prendendosi in giro.
"Oh, Nick..." sussurrò la coniglietta stringendogli le braccia al collo.
Fece per allontanarsi quel tanto che bastava per riprendere il controllo delle proprie azioni, poichè l'ultima cosa di cui aveva bisogno era l'arrivo di una qualche gran bella cretinata proprio nell'ultimo giorno che aveva a disposizione.
La coniglietta, piuttosto contrariata dalla decisione presa, si ancorò prontamente a lui, quasi ne dipendesse la sua stessa vita.
"Ehy Carotina, andrà tutto bene! Non c'è nessun bisogno di disperarsi così tanto"
"S-Si invece..." balbettò ancora Judy.
"Come, come, come?" tentò allora di farla ridere.
Lei nascose ancor di più il muso nella maglia del compagno, nasino tremante.
"Le mie orecchie volpine hanno sentito bene? La signorina qui presente ha forse ammesso la sua più totale dipendenza nei miei confronti?" concluse accennando un sorriso e cercando di guardarla in viso.
"Stupido" mugugnò lei.
Peccato che l'offesa non potesse avere l'effetto desiderato se pronunciata in tono tanto basso, misto tra singhiozzi e risate.
"Così mi offendete, madame
Portò una zampa sulla piccola gota e cancellò le perfide goccioline, sintomo di tanta tristezza, venute ad incastrarsi nel pelo.
Era passato il tempo della rabbia, era passato anche quello della tristezza. A breve, null'altro che vuoto.
"Prometti che non mi dimenticherai" enunciò lei improvvisamente decisa.
Forse avrebbe dovuto farle promettere la stessa cosa, forse avrebbe dovuto risponderle con parole diverse di quelle che invece usò, così da non aver più rimpianti.
"Non ce n'è pericolo"
Gli piaceva quindi stare all'ombra di quella magnolia, si, ma gli piaceva davvero molto di più stare lì in compagnia di Judith. 
"Come potrei mai dimenticare la coniglietta che mi ha salvato?"

Ma è tempo d'addii nella contea di Zoottingham. 
Un soffio: l'unica luce si sarebbe spenta. 
Un abbraccio: lei sarebbe scomparsa.
Un attimo: gliel'avrebbero portata via.





 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Titolo: Steal from the rich, give to the poor
Personaggi: Nick Wilde, Judy Hopps, un po' tutti
Genere: avventura, romantico
Rating: G
Avvertimenti: crossover
Note: Ed ecco qui il primo chap! Prima di tutto, ci tengo particolarmente a ringraziare tutti coloro che hanno recensito prologo, chi ha inserito la storia tra le seguite, le ricordate o addirittura tra le preferite, ma grazie anche ai lettori silenziosi. Detto ciò, salve a voi bella gente. Come dicevo, primo chap, introduzione alla storia e bla bla bla. Premetto che ogni scritto sarà nettamente più corto dei miei standard abituali, per il semplice fatto che preferirei non appesantire troppo la narrazione della storia. In compenso, cercherò di aggiornare più spesso: almeno due volte al mese. Senza annoiarvi troppo segnalo un paio di paroline che, senza questa legendina, forse potrebbero sembrarvi strane:
­­­­||Eaglterra: si intende la zona dell'attuale Inghilterra - Eagle + Inghilterra
||Zootthingam: ovvero la contea in cui si svolge la storia - Zootropolis + Notthingam
||Terze Crocdiliate: nonchè il terzo conflitto di religione attuato durante il Medioevo - Crocdile + Crociate
In quanto alle date, non sapevo bene come orientarmi. Ho fatto qualche ricerca su internet, e alla fine ho deciso di inserire la data in cui sono svolte le vicende del film del 1938, ovvero 1191, poichè sembrava mettere abbastanza d'accordo il cartone, le fonti storiche su Riccardo I, le leggende popolari e il libro di Dumas.
Per qualunque dubbio o critica, non fatevi scrupoli: questa ff è un esperimento, un salto nel vuoto e mi farebbe piacere avere opinioni più varie possibili.
Buona lettura!

 



Steal from the rich, give to the poor
 

Capitolo 1





Correva l’anno di grazia 1191 e sul trono regnava la regina Bellwether, ormai vedova dopo la morte del superbo marito. 
Tempi duri, quelli in cui erano capitato gli abitanti dell'epoca: malattie, pestilenze, carestie, tutto causa di sovrani poco graditi. 
Ebbene, la nostra storia non incomincia da qui bensì da quando, molti anni prima, re Leodore Lionheart I, legittimo erede al trono di Eaglterra, partì per far guerra e suo fratello minore esurpò lui il trono prendendo moglie. 
Dovete sapere che Lionheart era un leone dalla stazza piuttosto imponete, burbero nei modi ma sempre attento alle esigenze dei suoi sudditi. Certo, poteva capitare alle volte che commettesse qualche sbaglio, ma sempre fatto con i migliori propositi e le più buone intenzioni. 
Fatto sta che questa sua partenza rientrava proprio nella categoria sopracitata poichè, nonostante la sua presenza sul campo di battaglia non fosse inevitabile, il re aveva deciso sin da subito di partecipare. Le Terze Crocdiliate, diceva, erano state intraprese nel nome del Signore e, per quanto tali, dovevano essere da lui combattute. 
Negligente ed orgoglioso, avremmo aggiunto alla sua descrizione, assieme ad una piccola dose di ingenua stupidità. Proprio a causa di tali difetti, non aveva messo in conto il piano che suo fratello minore s'apprestava a collaudare. Passate nemmeno poche settimane - ma che dico, giorni! - dalla partenza di Lionheart, subito prese il potere assieme alla coniuge.
Nonostante ciò, poco ci volle perchè quella mammifera, persino più subdola ed infima, gli tagliasse la gola così da acquistare lei stessa il dominio del regno. Ella mandò poi una missiva al sovrano inconsapevolmente deposto, cui comunicava il decesso del familiare e l'ormai presa di potere da parte sua. 
Neanche il tempo di accorgesi del fatto che quello s'era già compiuto e d'improvviso eccoci nuovamente nel 1191, dove in un batter d'occhio nessun soldato è più tenuto ad alcun tipo di gentilezza nei confronti di Cuor di Leone. Eccoci, con i poveri cittadini della contea di Zoottingham costretti dalla propria regnante a pagare tasse ben più alte di quel che in realtà fosse permesso dal misero guadagno quotidiano. 
Ah, direte voi, come mai si sarebbe potuto vivere tanto a lungo in condizioni simili? 
Beh, con Nicholas Wilde s'è fatta tutta un'altra storia.
Di per certo si sa solo che costui era visto, in quei tempi, come l'unica e sola speranza del popolo. "Rubare ai ricchi per dare ai poveri", pare fosse il motto, ma ci sono un'infinità di storie diverse sul suo conto: c'è chi dice che in realtà non fosse altro che un cialtrone, chi ne parla al pari di un eroe. 
Ebbene, anche noi del regno di Zoottingham abbiamo la nostra versione.

Per i stretti e tortuosi sentieri della Rainforest, proprio nella contea di Zoottingham, si aggiravano due viaggiatori vestiti di logori abiti. 
Ci credereste se vi dicessi che questi non erano altri che Nicholas Wilde ed il suo fedele quanto socievole compagno Finnick? Ed invece è proprio così! 
I due passeggiavano per la foresta senza curarsi minimamente dello sceriffo, anzi, del tutto a loro agio. Se poi Finnick poteva mostrare qualche accenno di preoccupazione, causa il ricordo di troppe notti passate in cella, rese evidenti dalle continue occhiatacce mandate a scandagliare l'ambiente circostante, l'altro non pareva curarsene poi molto.
"Ehy, furbacchione. Penso sia proprio arrivata l'ora che tu ti faccia venire qualche idea. Una di quelle che ci permetta di filarcela senza troppi problemi, possibilmente" enunciò quello che era un piccolo e scorbutico fennec.
"Alla svelta, magari." 
In tutta risposta, Nick si limitò a sghignazzare lievemente e saltare su di un tronco nelle vicinanze, in un modo tale da poter mantenere l'equilibrio.
"Cos'è, Little Finn? Temi che il Capitan Bufalo Muschiato possa appenderti per le orecchie da qualche parte?"
Ci volle poco perchè il colpo arrivasse, dritto e preciso, così come lo aveva previsto. Ci volle ancor meno perchè lui cadesse in acqua, annaspando come un pesce rosso privo di branchie. 
Aveva peccato di imprudenza, il nostro giovane eroe, poichè non c'era stato modo di fare, appunto, i conti con la forza bruta del complice che, sebbene la statura, possedeva una certa dose di muscolatura nascosta.
Il piccolo esserino ghignò, roteando magistralmente la mazza che teneva fra le mani ed indirizzando uno sguardo eloquente al rosso, inzuppato dall'acqua del fiumiciattolo in cui era annacquato.
"Chiamami un'altra volta Little Finn e giuro che, quando avrò finito con te, la forca ti sembrerà un lusso"
"Non sono certo io ad aver passato il Sabato in gatta buia" borbottò l'altro, alzando gli occhi al cielo con la sua immancabile faccia da schiaffi.
"Non è mia la testa su cui pende una taglia di cinquemila e più denari"
"Ah, che vuoi farci? In questo paese non si giudicano le virtù con il dovuto rispetto"
"Certo, se lo dici tu" acconsentì Finn, tanto per mettere fine alla conversazione.
Non c'era mai molto dialogo fra loro e quell'improvviso scambio di battute pareva essergli, non solo bastato, ma anche abbondantemente avanzato.
La volpe captò facilmente lo stato d'animo del complice - difficile non farlo, dato il tono assolutamente cordiale utilizzato nel pronunciare cinque misere parole - e risalì sul ponte, sgrullando pelo e vestiti dall'acqua, sorriso sulle labbra.
Si trovavano in una zona abbastanza distante dal centro abitato, eppure non così lontana da essere fuori portata per lo Sceriffo e i suoi Lupi.
Non era stata propriamente un'idea brillante quella di disturbare le guardie nel momento del pisolino pomeridiano, nel loro unico attimo libero, ma, a pensarci bene, loro si erano solo assicurati che quei brav'uomini facessero il proprio lavoro. I farabutti erano dietro l'angolo, la giustizia non poteva prendersi il lusso di riposare! 
Poi, beh, derubare il gruppetto di tutti i loro averi, vestiti compresi, e annaffiare bellamente i loro volti così da donargli un risveglio tutt'altro che soave, era stato puro piacere personale. Se lo meritavano, dopotutto, in un modo o nell'altro.
Sorrise sovrappensiero, Nicholas, sin troppo conscio dei pericoli che si correvano nel restare ancora nei paraggi dopo la malefatta, ma abbastanza melanconico da ignorare completamente il suo istinto.
Ebbene, lui conosceva... O meglio, aveva conosciuto qualcuno che, di certo, non si sarebbe fatto scrupoli nel dirgliene quattro, tanto perchè poteva essere pure il più bravo, il più coraggioso benefattore dell'intero paese, ma questo non gli dava il diritto di torturare ufficiali al lavoro. Lo stesso qualcuno che, molto discretamente, gli avrebbe rifilato una delle sue occhiate più indagatrici, giusto il tempo di farlo sentire in colpa, e che, sempre con una certa maestria, riusciva spesso e volentieri ad infiltrarsi tra un suo pensiero e un altro. 
Il famigerato ladro poteva quasi visualizzare quelle piccole labbra, quei petali morbidi e caldi muoversi impercettibilmente a pochi metri da lui, in un movimento così incauto che avrebbe voluto più volte e più volte far presente alla loro proprietaria.
La vedeva, seduta sul prato erboso ormai lontano dalla riva del fiume, a rimproverarlo come fosse un cucciolo di appena cinque anni, le fronde di una magnolia impegnate in stupendi giochi di luce riflessi sul musino roseo.
 
'Dovresti davvero vergognarti Nicholas Wilde, nel nome di quella povera volpe cui è toccato inculcarti un po' di educazione'

Così diversa, così uguale da ciò che ricordava. Più adulta, più matura... Chissà se davvero s'era fatta così graziosa, se la voce delle sue fantasie rispecchiava la moderata avvenenza di bimba che, era sicuro, perfezionata nel tempo aveva solo che potuto sbocciare in una bellezza struggente.
Nick spalancò gli occhi, allarmato da ciò che la sua stessa mente aveva elaborato. 
Perfetto, si disse, ora, oltre ai soliti e sfiancanti problemi di tutti i giorni, oltre ai sogni ad occhi aperti, cominciavano anche le voci. E non voci qualunque, sarebbe stato troppo facile, perfino troppo normale per uno come lui. Adesso gli sembrava di sentire, provenienti null'altro se non dall'angolo più remoto della sua testa, voci perfettamente conosciute.
Quella, per esempio, come ormai era ben inteso, sembrava proprio...

'Cosa? Non mi dirai sul serio che stai pensando quel che penso tu stia pensando'

"E' ovvio che io pensi quel che penso, stupido subconscio" sbottò allora, infastidito.
"Eh?" chiese Finnick.
Al suono di quella domanda ogni pelo sul collo della volpe finì per rizzarsi, rendendo così la sua pelliccia fulva molto più simile a quella di un porcospino che altro.
Pregò con tutto se stesso di non aver davvero espresso ad alta voce qualunque cosa avesse effettivamente blaterato o, almeno, di non essere stato udito dal fennec. Voltò il muso nella direzione dell'amico, trovando ad accoglierlo, con suo rammarico, un'espressione stranita.
"Sarà meglio levare le tende" enunciò, resosi conto solo allora di esser rimasto come incantato.
Forse era solo il caldo a giocargli brutti scherzi, ma, tanto per sicurezza, avrebbe riportato almeno un paio di pantaloni al Capitano.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Titolo: Steal from the rich, give to the poor
Personaggi: Nick Wilde, Judy Hopps, un po' tutti
Genere: avventura, romantico
Rating: G
Avvertimenti: crossover
Note: Ragazzi, mi sto proprio appassionando a questa storia. Oggi ho messo le dita sulla tastiera, le cuffie nelle orecchie e via! Il capitolo si è scritto in un batti baleno. La fic si sta sviluppando ben bene nella mia testolina e non vedo l'ora di metterla su carta ^^
Questa volta, c'è solo una parolina strana all'interno del testo.
|| Sharkespeariana: unione di Shark + Shakespeariana
E niente, non voglio annoiarvi con chiacchere inutili. Judy ancora non si vede, Finnick picchia forte e Nick... Beh, Nick è Nick. Cosa più importante, un nuovo personaggio porta con sè notizie interessanti. Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono e inseriscono negli elenchi.
Ci si rilegge!  



Steal from the rich, give to the poor
 

Capitolo 2





"Nick Wilde e Little Finn van per la foresta"
Sul ramo di un albero piuttosto imponente, fischiettando una filastrocca nella soave tranquillità del pomeriggio, stava l'eroe popolare più famoso del tempo.
Con movimenti lenti e calcolati, ondeggiava nel vuoto il palmo ben aperto della mano, rilassato.
"Ed ognun ride e scherza l'un con l'altro come vuol"
"Te lo do io lo scherzo"
"Son felici del successo delle loro gesta"
"Proprio, guarda. Non vedi come sprizzo felicità da tutti i pori?"
Nick sbuffò dal naso, scoraggiato.
Alle volte, avere un compagno d'avventure come il suo, non era proprio quella che poteva dirsi un'esperienza piacevole. Tutto sommato, però, non aveva il permesso di lamentarsi: anche lui era una bella gatta da pelare. Basti pensare a quanto poco bastasse per farlo passare da un'emozione, all'altra; da un eccesso, all'opposto.
Sorrise, più ampliamente di quanto non avesse fatto in quei giorni, perfettamente consapevole della propria debolezza eppure così fiero di essa. Sentiva di riuscire a toccare il cielo con un dito, nulla avrebbe soffocato la sua euforia, figurarsi l'umore volubile di un piccoletto.
Impossibile scalfire la sua bolla di totale felicità.
"Eddai, in fondo non è stato poi così male" cantilenò.
"Ma no" rispose Finnick "Come ti vien in mente? E' stata una vera e propria  gita di piacere"
In tutta risposta, alzò gli occhi al cielo, ridente e memore degli ultimi avvenimenti.
 
"Dannazione a te, Wilde! Ti prenderò, tu e quel tuo amichetto"
No, rifelttè Nick, provare a riportare indietro i pantaloni di Mr. Simpatia non era stata certo una saggia scelta. Certo, al riparo dalle punte acuminate delle frecce che quella banda di Lupi tentava di impiantare in più e più parti del suo bellissimo corpo, sembrava un'idea abbastanza sensata ma ora... Beh, non pareva tutto questo gran colpo di genio.
Avrebbe dovuto saperlo, una volta fatta la bravata bisognava fuggire il più lontano possibile dalla vittima, non gettarsi fra le sue braccia in modo tale che potesse diventare carnefice. Così facendo, era ovvio, sarebbero finiti a darsela a gambe, correndo così veloce da dare l'impressione che la loro coda andasse a fuoco.
Proprio come previsto, le piante delle zampe bruciavano, quasi stesse camminando sui carboni ardenti, e la tentazione di tirar fuori la lingua per poter respirare meglio si faceva ogni attimo più insistente.
"Tranquillo Finn, non si accorgeranno di nulla. Sono o non sono il più grande ladro di tutti i tempi?" lo apostrofò una piccola palla di pelo con le orecchie, nonchè suo partner.
"Il grande ladro, dice lui. Tranquillo, dice lui. Meraviglioso, splendido direi" continuò imperterrito "Il più grande idiota, ecco cosa sei! Altrochè!"
Va bene, a dirla tutta, Finnick aveva sin da subito dichiarato quanto fosse folle anche solo pensare una cosa del genere, figurarsi attuarla davvero, ma lui non gli aveva prestato ascolto. Ovviamente, sarebbe stato da aggiungere. Quando mai dava retta a qualcuno, lui?
Eppure era così: uno spirito libero, un temerario avventuriero alla ricerca di emozioni. Si era reso conto di aver esagerato, fremeva per la voglia di riparare al suo errore il prima possibile... Soprattutto, una certa coniglietta, anche da lontano, era riuscita a farlo sentire così in colpa, ma così in colpa, che non aveva potuto resistere più di dieci minuti prima di iniziare a contorcersi su se stesso alla ricerca di salvezza. Il rimorso lo stava divorando.
Strano a dirsi, per un delinquente di professione, ma vero.
Stava decisamente perdendo la testa.
"Grizzoli, Wolfard, accelerate il passo: non ce li lasceremo sfuggire questa volta!" incitò ancora lo Sceriffo.
La volpe si arrischiò a lanciare uno sguardo dietro di sè, dove l'intero corpo della giustizia cittadina si stava operando per acciuffarli. Alla vista del Capitan Bogo, così graziosamente arrabbiato, non potè risparmiarsi una piccola, innocente battutina.
"Signore, signore: non sia così imbufalito" tubò subito prima di sparire nel folto più folto della foresta.
"Idiota, non credi di aver dimenticato qualcosa?" ringhiò Finnick, qualche metro più indietro del complice.
Il malvivente numero uno di Zoottingham emise un verso di rammarico mentre, con una certa destrezza, afferrava l'amico per la collottola.
"Pardon"
"Deficiente, mettimi giù!"
Lui lo ignorò, rafforzando la presa sul collo per evitare di lasciar cadere l'animaletto. Avrebbe dovuto forse pensare ad un altro modo per portare a spasso il fennec? Magari prenderlo in braccio a mò di sposa? Farlo salire sulle proprie spalle come un cucciolo? Non aveva tempo, in quel momento, per preoccuparsi dell'animo sensibile del compagno. Tener stretta la pelle poteva facilmente dirsi in cima alla lista delle cose da fare.
Esperto, prese a percorrere, lungo fiumiciattolo dove avevano trascorso la mattinata, un sentiero tortuoso, poco riconoscibile a causa della fitta vegetazione.
Certo, era stato un incosciente a non pianificare nulla e buttarsi a capo fitto nell'azione, ma non così sprovveduto da lasciare le sorti della sua vita alla fortuna. Aveva pur sempre un piano di riserva su cui far conto.
Raggiunse velocemente la foce del corso d'acqua, poi il tronco traballante che fungeva da ponte. Mentre si gettava alla cieca nell'acqua melmosa del piccolo lago sottostante, sotto sentite proteste di Finnick, prese un respiro profondo.
Non appena furono sotto, premette una zampa sul muso del compagno, facendo cenno di star in silenzio con l'altra. Veloce, afferrò il cappello, prima che qualcuno lo vedesse. La piuma galleggiò qualche istante prima di seguire il copricapo cui era collegata.
"Dove sono andati?"
 
Fa che ci caschino, fa che ci caschino

"Non so, credevo avessero preso questa strada"
"E' impossibile che siano scomparsi così"
"Maledizione!" la voce dello Sceriffo svettò sulle altre, attutita dall'acqua.
L'istinto di ridacchiare era forte, ma Nick si trattenne. Se la copertura fosse saltata a causa sua, non sarebbe toccato al boia ucciderlo, ma ci avrebbe volentieri pensato il suo più caro amico, ora medesima situazione.
"Dobbiamo andare Capitano, la regina Bellwether ci attende per il resoconto della giornata"
Seguì un altro scambio di battute, poi il silenzio.
Con circospezione, riemerse. Schiuse lentamente un occhio, quasi impaurito, poi l’altro, ancora più tentennante. Alla vista dello spiazzo deserto, tirò un sospiro di sollievo.
Un attimo, e il rumore di passi, più pesante che mai, tornò a farsi sentire.
Neanche il tempo di tornare a nascondersi, neanche il tempo perchè Finnick potesse mormorare qualche pesante imprecazione, che il mammifero cui apparteneva la camminata apparve di fronte ai loro occhi, imponente.
Silenzio.
Immobilità.
Furia incontrollata.
Prima che chiunque potesse far qualcosa, il fennec balzò fuori dall'acqua, fradicio. A passo di marcia, percorse il ponticello improvvisato, recuperò il primo oggetto contundente che gli capitasse a tiro e lo sradicò dal terreno con forza.
Avanzò minacciosamente verso l'animale appena arrivato, il quale mormorò un ben poco coraggioso "Nel nome del Signore, non farmi del male!", per poi virare, come ricordatosi di qualcosa, verso il complice e scagliare a velocità sovranimale l'oggetto contro quello.
"Ribaldo dei miei stivali, volpe pusillanime, pendaglio da forca!" gridava Little Finn, avviandosi verso il proprio accampamento, grondante di rabbia.
Il nostro protagonista, nel frattempo, riuscito a sottrarsi dalla morte certa cui sarebbe andato incontro se colpito dal ramo lanciatogli contro, stava uscendo dall'acqua.
"Irritabile" borbottò divertito.
"Ehm ehm"
Qualcuno si schiarì la voce, ricordandogli del mammifero posto bordo bosco.
Le labbra di Nick si stirarono in un sorriso, mentre avanzava verso l'altro e, in uno slancio d'affetto sospetto, gli posava la zampa destra sulla spalla.
"Credevo che i messaggeri di Dio dovessero aiutare gli animali a mantenere una buona condotta in vita" enunciò strizzando la coda sul saio del monaco "Non collaborare per farli spedire direttamente all'altro mondo, Fra Ben"
Incurante del sarcasmo, il padre sorrise, gonfiando le guance paffute.
"Ho una notizia per te" enunciò entusiasta.
 
"Beh, comunque si è risolto tutto per il verso giusto, no?" domandò retorico, un sorriso sghembo stampato sul volto.
L'altro masticò una risposta.
"Te l'abbono solo per oggi, Romeo"
L'altro mostrò un'espressione interrogativa, quasi impercettibile sotto il sorriso stampato in volto.
"Come, non è appena tornata la tua bella?" sogghignò il fennec.
Se possibile, anche gli occhi di Nicholas parvero farsi raggianti.
Cercando di mostrarsi indifferente alla notizia, voltò il capo verso un punto indefinito, in mezzo agli alberi. Con scarsi risultati, tentò di sopprimere la palese gioia che trapelava dalla voce.
"Si, finalmente è tornata"
 
Non ti ho dimenticata, Carotina.
 
"A proposito Little Finn, da quando in qua ti interessi di letteratura Sharkespeariana?"

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Titolo: Steal from the rich, give to the poor
Personaggi: Nick Wilde, Judy Hopps, un po' tutti
Genere: avventura, romantico
Rating: G
Avvertimenti: crossover
Note: Buondì! Quest'oggi il nuovo chap arriva raso raso mese ^^
Non sono propriamente soddisfatta del seguente scritto: per ora non c'è molta azione, solo una serie di riflessioni sconclusionate che serviranno poi ad introdurre i prossimi casini. Quindi niente, è un po' una palla. Grazie al cielo, però, una certa coniglietta di nostra conoscenza decide di farsi viva, non perdendo tempo nel pianificare uno dei suoi soliti colpi di testa. Accanto a lei una Lady Cocca... Particolare? Hahaha non so cosa sto combinando, speriamo bene.
Prima di lasciarvi, ecco a voi l'usuale parola stramba:
|| Duckshire: unione di Duck + Derbyshire
Grazie mille per le recensioni, le visualizzazioni e quant'altro.
Baci baci
Avviso: Durante il prossimo mese, è possibile che le pubblicazioni siano un po' più sfasate. Trovare una wifi disponibile lontano da casa potrebbe essere un bel problema, ma cercherò di postare appena possibile. Non datemi quindi per dispersa :P

 



Steal from the rich, give to the poor
 

Capitolo 3





"...ck"
Era tornata. Lei era tornata.
Da quando Fra Ben gliel’aveva detto, non poteva far a meno di pensarci e, soprattutto, di pensarla. In un primo momento, l'euforia, la gioia, il poter sperare di vederla nuovamente, l'aveva travolto. Ora, però, Nicholas cominciava pian piano a tornare coi piedi per terra.
Su e giù, su e giù, e su e giù e giù e su. Sebbene il suono dei passi fosse attutito dai pochi centimetri dei cuscinetti morbidi, lo schiocco provocato al contatto zampe-terreno era diventato semplicemente irritante.
Eppure lui pareva non rendersene conto, troppo concentrato sull’immagine di lei che si formava, pian piano, sempre più nitida nella sua mente.
L'ultimo ricordo che conservava dell’amica - custodito gelosamente nei reconditi più reconditi dell’animo - risaliva a molto tempo prima. Una coniglietta con occhi brillanti e guanciotte buffe, appena diciannovenne, iniziata or ora all'età adulta. La stessa che, in tutta probabilità, poteva aver perso interesse in lui, completamente dimentica di loro.
Erano passati ben sei lunghi, preziosi anni! Chi gli diceva che avrebbero potuto ricominciare da dove avevano terminato? Nessuno, e credeva fosse giusto così. Irrealistico e folle, si disse, pensare di possedere anche una solo minima speranza con una mammifera dal rango molto, molto più alto del suo. Era già da tempo promessa ad un nobilotto residente nel vicino Duckshire, lo aveva sempre saputo. Gordon... Godwin... o qualcosa di simile; la memoria gli rimandava un nome talmente odioso e insulso da non poterlo far riaffiorare.
Sospirò, passandosi frustratamente il dorso della zampa fra i peli del capo.
Nonostante gli avvenimenti, risultava però impossibile sopprimere i sentimenti, a lungo soffocati, che chiedevano, dall’attimo in cui avevano compreso la vicinanza di lei, libertà.
"...ick"
Oh, come avrebbe voluto giungere alla sua porta e portarla via, incurante di tutto e tutti fuorché di quella splendida creatura.
 
Aspetta.... cosa?!
 
Un smorfia di disappunto andò a delinearsi sul muso arricciato.
Da quando in qua le riflessioni erano divenute punto di incontro per i meandri più sdolcinati del suo essere? Non credeva nemmeno di possedere una vena romantica, lui, figurarsi l’abilità per elaborare simili pensieri.
Tutto per merito della sua Judy. Anzi, no: tutta colpa di... di...
 
Semplicemente, semplicemente Judy, si ripeté.
 
Non era sua, ma di quello sbruffone che gli avrebbero affibbiato come marito. Doveva smetterla al più presto di pensare a lei in termini tanto intimi, neanche si fossero dichiarati amore eterno.
L'avrebbe ricordata come qualcosa di speciale ed unico, ma lontano. Si, avrebbe fatto così.
"Dannazione, Nick!"
Con un balzo degno di un felino, si volse nella direzione dove proveniva il suono, trovando ad attenderlo nulla di meno che Finnick.
Era buffo, il suo piccolo amico, con un grembiule legato in vita e dietro al collo, il bordo talmente lungo da sfiorare il terreno. Con la zampa destra, stringeva un mestolo di legno, brandendolo verso di lui quasi fosse un arma.
Nicholas non avrebbe certamente perso l'occasione per prenderlo in giro, nonostante il compagno somigliasse più ad un cuoco dell’esercito in pensione che una graziosa cameriera, ma il cipiglio minaccioso sul volto dell'altro lo trattenne. La volpe, preda dei pensieri, aveva quel giorno carbonizzato gran parte delle loro provviste, tanto da far prendere in mano la situazione al fennec. Sapeva bene sin quando tirare la corda, con Finn, ed era meglio chiudere la bocca subito, se non voleva restare senza pranzo.
"Ma dove diavolo hai la testa?" grugnì Finnick, subito prima di aprirsi in un ghigno.
Parlò poi, con l'aria di chi la sapeva lunga, ammiccando nella sua direzione.
"Aaah, è chiaro.";
Veloce, agguantò i lembi dello strofinaccio, mimando un vestito ed atteggiandosi a signora. Senza dar tempo di aggiungere alcunché, continuò, sghignazzante.
"Stavi pensando a qualcuno con grandi occhioni viola e lunghe ciglia nere. Dovrò ringraziare la coniglietta se quest’oggi mangeremo radici annacquate."
Lui sospirò, scocciato. Già, chissà cosa stava facendo, lei, in quel momento?
 
Un ultimo sole pomeridiano rischiarava debolmente l’ambiente. Pagine giallastre, occhi gentili, ombre arboree proiettate all'interno della stanza.
Aveva passato così tanto tempo lontana da casa, eppure, in quell'attimo esatto, non desiderava altro che tornare nuovamente al di fuori delle mura, sotto gli ultimi raggi del giorno ormai concluso. Chiedeva, desiderava, bramava ardentemente lasciare la propria abitazione.
Poco importava che vi fosse entrata solo poche ore addietro: non un secondo di più avrebbe potuto restar ferma, lì. Si sentiva smaniosa, in preda ad un agitazione fibrille che raramente aveva provato nella sua misera esistenza.
Impaziente, come una cucciola il giorno del compleanno.
Esagitata, come chi vede il mondo per la prima volta.
Uno schiocco secco annunciò la chiusura del tomo, trattenuto fra le zampe, che venne poggiato sul comò senza troppi riguardi. Dopotutto, la proprietaria ne conosceva perfettamente il contenuto.
Con un fruscio di vesti, si recò alla finestra spalancata. Gettò uno sguardo al paesaggio circostante, così familiare e nostalgico da farle stringere il cuore, poi, quando gli occhi si posarono sulla figura imponente della magnolia, sorrise.
E mentre i ricordi tornavano alla mente, promise a se stessa che, pur avendo giurato di aspettare la mattina seguente per una delle sue scampagnate, avrebbe assecondato l'istinto, se quello l’avesse pregata, con voce soave, per spingersi alla ricerca del proprio cuore.
Raggiunse lo specchio a figura intera, posto in un angolo della stanza e, per la prima volta, si stupì nell'osservare ciò che la superficie riflettente le rimandava. Certo, aveva mai smesso di meravigliarsi degli abiti, confezionati su misura, che le sarte cucivano con le migliori stoffe del paese, ma non poteva far a meno di faticare nel riconoscersi come la giovane coniglietta che la fissava poco distante.
Circospetta, passò le zampe sui fianchi morbidi, il ventre piatto, il seno poco pronunciato.
Non si sentiva così, lei. Il suo cuore era rimasto quello della cucciola che giocava spensierata nel giardino della villa con il proprio migliore amico, durante le sere d’estate. Non era pronta per diventare sposa, non in quel modo.
Avrebbe dovuto incontrarlo ancora una volta, si, solo qualche minuto. Poi il passato sarebbe rimasto passato, eternamente separato dal resto. Voleva vederlo per un ultimo saluto, voleva che l’ultima immagine di lui si rinnovasse. Solamente così, libera dai fantasmi della sua infanzia, avrebbe potuto guardare avanti, verso il futuro.
D'improvviso, si fece curiosa. Domandò alla figura nello specchio come credeva fosse diventato, osando arrivare persino a chiedere come le sarebbe magari piaciuto.
Sussultò, arrossì, rimproverandosi per i suoi stessi pensieri.
E lei? Che impressione gli avrebbe dato, lei? Era diversa, cambiata, ed anche lui lo sarebbe stato.
Fissò lo sguardo sulle guance arrossate, gli occhi brillanti per l’emozione. Di qualunque cosa si trattasse, la faceva sentire viva. Dopo tanto tempo, finalmente, si sentiva viva.
In tutti quegli anni, Judith Laverne Hopps, era stata solo un mero ricordo. Nessuna delle qualità che aveva sempre attribuito con orgoglio a se stessa, nulla di quel che ricordava anche solo vagamente suo. Ma, da quando era tornata, tutta la tenacia, la determinazione, represse sotto mille strati di fronzoli e merletti, tornavano ad esplodere nel petto.
Tutto grazie al solo pensiero di lui.
Aveva più volte tentato di rimuovere per sempre il ricordo di Nicholas dalla sua mente: non era per lei, si diceva; solo una sciocca attrazione infantile, si diceva. Era riuscita, durante tre anni interi, a distrarsi talmente tanto da riuscire a storpiare i propri sentimenti fin a convincersi che, in realtà, la profonda sensazione di solitudine sempre presente nel suo cuore, fosse data da una futile nostalgia della patria.
Ora, però, non riusciva più a togliersi dalla mente quegli smeraldi brillanti, furbi ed intelligenti, tanto rilucenti da non poter essere chiamati semplicemente occhi. Desiderava rivederlo.
Gettò uno sguardo alla porta della camera, poi nuovamente alla finestra. Scattò velocemente verso la prima, schiudendola cautamente, così da poter scrutare il corridoio esterno. L'uscio pareva deserto.
Voltò il capo in un verso, nell’altro, di nuovo a destra. L’unico individuo visibile, circa a metà tragitto, era una servitrice, intenta a fare il proprio lavoro. Portava con sé un carrellino leggero ed, appoggiatovi, un servizio da the in porcellana non ben identificato. Possibile destinazione: le camere della padrona.
Veloce, Judy richiuse la porta, attendendo l’arrivo della cameriera. Appena percepì il rumore delle tazzine al di là della superficie legnosa, spalancò quell'ultima, attirando all’interno la giovane mammifera.
"Aiut--"
Un attimo di silenzio.
"Lady Judith! Cosa state facendo?" mormorò sorpresa la gazzella.
"Non urlate, Lady Gazelle!" intimò nervosa la dama.
"Mi spiace: vi stavo portando qualcosa da bere, come richiesto dal padrone" disse allora l’altra, spazzolandosi le gonne. "A quanto pare, però, i vostri pian sono cambiati. Quali intenzioni avete?"
"Cosa? Nessuna, nessuna, mi chiedevo solo se..."
"Andiamo, non c’è bisogno di tutte queste scene. Vi conosco e so quando avete qualche idea che vi passa per la testa"
La coniglietta tentennò, intrappolando il labbro inferiore fra gli incisivi.
"Vorrei... Ecco, io.... Io vorrei rivederlo" fece in un sussurro.
"Non capisco, di chi parlat-- Oh!" la dama portò uno zoccolo alle labbra, arcuate in una << O >> perfetta. "Voi... Ma come? E’ un criminale ricercato, ormai, non vorrete..."
Judy accennò un sorrisetto, alzando lo sguardo con decisione.
"Oh no. No, no, no. Non potete! Se si venisse a sapere che conoscete Nicholas Wilde... Non voglio immaginare le conseguenze."
Nel dire ciò, la gazzella aveva preso a camminare avanti e indietro per la stanza. Pareva in preda ad una crisi d’ansia in piena regola e, per questo, Judith non potè far a meno di rassicurarla.
"Calmatevi: non chiedo il vostro aiuto, sarebbe troppo. Solo... Lasciate che lo veda un'ultima volta, senza che si sappia. E' già tutto programmato. Qualche attimo, nulla di più, giusto il tempo di chiudere con la me stessa del passato.
Devo liberarmi da questo peso, Gazelle. Ho passato anni a rinnegare le mie origini, ma ora che sono qui, ora che sono a casa, è impossibile farlo. Non verrò meno ai miei doveri, ve lo giuro, so qual’è il mio posto. Voi, però, fatemelo incontrare, così da mettere fine a questo dolore. Siete l'unica che potrebbe fermarmi, non fatelo. Ve ne prego, lasciate che riprenda il frammento d’anima che mi è stato sottratto."

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