The Phoenix Princess - Il destino di una principessa

di Sylvia Naberrie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Hir'a ***
Capitolo 2: *** Atto II - La Principessa ***
Capitolo 3: *** Atto III - L'addio ***
Capitolo 4: *** Atto IV- Noriko ***
Capitolo 5: *** Atto V - Il mio vero volto ***



Capitolo 1
*** Atto I - Hir'a ***




The-Phoenix-Princess-Il-destino-di-una-principessa




The Phoenix Princess
Il destino di una principessa







ATTO I: HIR’A



Far from the mountains and the seas
Back in her harms he swears he’ll be
[…]
As sure as the rivers reach the sea
Back in his harms is where she’ll be

Over the hills and far away…


[from “Over the hills and far away” – Nightwish]




Ursa si aggrappò con forza al ramo dell’albero dove si era arrampicata. Lei e gli altri suoi coetanei stavano giocando a nascondino, vicino la piazza principale di Hira’a, la sua isola natia. Erano tutti bambini di sei e sette anni.
In quel momento stava facendo la conta Ikem, un amico della bambina. Quando sentì che ebbe finito di contare, Ursa ebbe un brivido di eccitazione e cercò di nascondersi nel fogliame.
Fortunatamente, la sua corporatura esile e snella le permetteva di arrampicarsi sugli alberi senza difficoltà.
Ursa vide Ikem avvicinarsi al suo nascondiglio. Nell’eccitazione si lasciò sfuggire un sospiro quando lo sguardo del bambino superò il suo nascondiglio. Purtroppo quel sospiro fu udito anche da Ikem, che subito corse verso l’albero e alzando gli occhi scorse la bambina.
“Ursa, ti ho trovato, hai perso!”, gridò Ikem ridendo trionfante.
“Uffa, ero ben nascosta!”, si lamentò Ursa. Ikem ridacchiò.
Lentamente Ursa cercò di scendere dall’albero, ma ben presto si accorse di esserne incapace. Anche Ikem se ne accorse e la guardava preoccupato.
“Ursa, stai attenta!”, gridò il bambino muovendosi agitato.
Ursa gridò di paura quando la sua mano sinistra scivolò dal ramo, mentre l’altra cercava di rimanere salda al ramo.
“Ursa!”
La bambina perse la presa e gridò mentre cadeva. Ikem si posizionò in modo da afferrarla ma probabilmente fece male i calcoli perché un piede della bambina lo colpì sullo stomaco, facendolo cadere a terra insieme alla piccola Ursa. Ikem si raggomitolò in posizione fetale, tenendosi la pancia con le mani mentre Ursa si rialzava dolorante.
“Ikem, scusami! Scusami tantissimo, non volevo farti male!”, supplicò la piccola con le lacrime agli occhi. Ikem si rialzò, sempre tenendosi la pancia e sorrise debolmente.
“Tranquilla, Ursa. Non è niente. Dai, torniamo dagli altri”
E, prendendo l’amica per mano, andarono a cercare il resto della comitiva.


“Sai, Tyron mi ha chiesto di andare al festival con lui”
Ikem corrugò la fronte.
“Ah sì?”, chiese, cercando di risultare indifferente.
“Sì, mi ha chiesto se fossi stata già invitata da te, gli ho risposto di no e mi ha invitata”, rispose serafica Ursa. Dondolò i piedi nel vuoto che la separava da terra.
Lei e Ikem si trovavano seduti sul palco del teatro che si trovava nella piazza centrale del piccolo villaggio di Hira’a, stavano ammirando i colori sgargianti del tramonto. Erano passati nove anni dall’incidente dell’albero.
I due stavano discutendo dell’imminente festival, che si sarebbe concluso con una rappresentazione teatrale svolta proprio su quel palcoscenico.
“Sai, l’avrei fatto prima o poi…”, borbottò infastidito Ikem.
“Ma non l’hai fatto”
“Cercavo il coraggio di invitarti!”, si lasciò sfuggire Ikem. Ursa si voltò di scatto, stupita.
“Che vorresti dire? Siamo amici, no? Perché dovresti trovare il coraggio di invitarmi?”, chiese ridendo Ursa.
Ikem non rispose e guardò oltre.
“Ikem?”, chiese Ursa inclinando la testa.
“Per nessun motivo, lascia stare”, tagliò corto il ragazzo scendendo dal palco e andandosene via, lasciando Ursa da sola, stupita dal suo cambiamento repentino.

“Ehi”
Ursa si girò di scatto, impaurita. I fuochi d’artificio avevano coperto i passi del ragazzo dietro di lei.
“Ikem! Allora sei venuto!”, gridò Ursa felice.
“Non potevo perdermi lo spettacolo”, sorrise il giovane.
“Sono belli, vero?”, chiese Ursa, voltandosi ad osservare i giochi pirotecnici. Ikem però non seguì lo sguardo della ragazza, i suoi occhi rimasero a guardare la fanciulla davanti a sé.
“Già… Bellissimi…”, sospirò. Poi si ricordò di qualcosa e toccò la spalla di Ursa.
“Non dovevi essere con Tyron?”, chiese con una punta di freddezza.
La ragazza si rattristò.
“Mi ha mollata qui per andarsene con un’altra ragazza!”, esclamò arrabbiata Ursa. Il cuore di Ikem fece una capriola.
“Dai, non pensarci, è uno stupido! Vieni, guarda cosa c’è!”, e prendendo l’amica per mano, la trascinò in una zona della piazza dove dei giocolieri si stavano esibendo con il dominio del fuoco.
“Tranquilla, io non ti lascio…”, commentò Ikem. Ursa, a quelle parole, arrossì e strinse più forte la mano del ragazzo.


“Ikem! Ma dove mi stai portando?”, chiese ridendo una bendata Ursa.
“Tu fidati di me”, rispose dolcemente Ikem. Era sera e a Hira’a in quel momento della giornata non c’era quasi nessuno. Ikem stava conducendo Ursa al molo, dove solitamente la mattina stavano ormeggiate tutte le navi dei pescatori del villaggio.
Era un splendida serata estiva, perciò i pescatori ne avevano approfittato per andare a fare una buona pesca, quindi il molo era completamente deserto.
“Posso togliere la benda adesso?”, chiese divertita Ursa, seppur con una punta di impazienza, notando che si erano fermati.
“Va bene, ora puoi toglierla”
Ursa sfilò la fascia che le copriva gli occhi e si guardò intorno.
“Il molo? Cosa c’è di particolare qui?”, chiese confusa. Vedendo Ikem sedersi a terra, seguì il suo esempio. Ikem spense la lanterna che aveva con sé.
“Stasera il cielo è stupendo… E guarda che bella la luna!”, esclamò Ikem, indicandola. Ursa seguì la sua mano.
“Hai ragione, è molto bella”
“Ma mai quanto te, amore mio”
Ursa si girò di scatto.
“Co-cosa?”, chiese stupita. Il cuore le batteva a mille. Cosa voleva dire la frase del suo amico?
Ikem si morse un labbro, poi prese coraggio e afferrò dolcemente le mani della ragazza.
“Ursa, vorresti essere… la mia fidanzata?”
Attese trepidante e con il cuore a mille una risposta da lei. Dal canto suo, Ursa era stupita e a quella richiesta, arrossì.
“Ikem, i-io… non so che dire… Davvero tu-“
“Ti prego Ursa, non rendere questa attesa ancora più dolorosa di quanto già lo sia. Rispondimi sì o no”, disse con voce tremante Ikem.
“I-io… sì! Sì, Ikem, voglio essere la tua fidanzata!”, esclamò ridendo Ursa, abbracciando il giovane. Ikem non riusciva a crederci e quando la ragazza sciolse l’abbraccio, negli occhi di lei vide il riflesso della sua gioia.
La ragazza che aveva amato per tanto tempo, finalmente aveva accettato di essere sua! Avrebbe voluto dichiararsi, l’estate di tre anni prima, quando si erano ritrovati al festival. Ma non ne aveva avuto il coraggio.
Ora finalmente, quel sogno era diventato realtà. Quella notte, che sembrava così magica, aveva esaudito il suo desiderio.
E con le stelle e la luna come unici testimoni, Ikem suggellò quella notte con un bacio.


Ursa sbirciò dalle quinte del teatro, sentendo la voce di Ikem che risuonava per le pareti di legno. Era venuta per dargli la fantastica notizia del suo nuovo ruolo da imperatrice Dragone, nella rappresentazione teatrale del festival annuale.
Quella mattina era venuta a farle visita nonna Guohl, la direttrice della troupe teatrale, e le aveva annunciato che finalmente il tanto agognato ruolo era suo. Ikem già faceva parte della troupe, lui infatti era l’imperatore Dragone.
Ursa vide che il ragazzo era impegnato ad esercitarsi con le sue battute, perciò decise di fargli uno scherzo. Prese la sua maschera di scena, poi, senza far rumore, si avvicinò alle spalle di Ikem e…
“Buh!”, gridò a gran voce. Il povero ragazzo urlò e saltò in aria dalla paura. Ursa rise della sua reazione eccessiva.
“Mi hai davvero spaventato, Ursa!”, esclamò un po’ risentito Ikem.
“Ma pensavo tu fossi il possente imperatore Dragone, eroe de L’Amore dei Draghi!”
“Solo quando ho indosso la mia maschera…”, precisò Ikem.
“Lo so, senza di quella sei solo Ikem, il mio povero, codardo fidanzato”
“Codardo, ma affascinante!”, scherzò lui. Erano ormai tre anni che erano fidanzati. Ursa sapeva che Ikem aspettava di trovare un po’ più di denaro per comprare una casa e sposarla.
“Allora, affascinante, indovina chi ha ricevuto la parte dell’imperatrice Dragone?”
“Congratulazioni!”, Ikem l’abbracciò stretto sollevandola in aria per la felicità.
“Sai cosa vuol dire questo? Significa che avrò finalmente la possibilità di appagare il desiderio della mia vita di baciarti davanti l’intero villaggio!”
Ursa sorrise. Effettivamente, secondo i costumi del loro villaggio, era sconveniente vedere due ragazzi non sposati baciarsi in pubblico. Quella era veramente un’occasione da non sprecare e comprendeva la felicità di Ikem.
Il ragazzo le chiese di fare pratica e insieme recitarono una parte del copione che comprendeva un bacio.
“Ugh, baciarci con la maschera è terribile!”, esclamò Ursa. Non pensava che quelle maschere fossero così scomode. Dovevano per forza usarle in scena?
Si riscosse dai suoi pensieri non appena, togliendosi la maschera, notò che Ikem aveva ancora indosso la sua ed era rimasto immobile a fissarla.
“Cosa succede?”, chiese preoccupata.
“Vorresti sposarmi?”, chiese Ikem quasi in trance. Ursa ebbe un brivido e guardò il libretto che teneva in mano.
“Ma è nel copione?”, domandò confusa.
“No”, rispose il ragazzo. “Ti ricordi quando avevamo sei anni? Come mi hai dato un calcio nello stomaco buttandomi con la faccia in terra?”, chiese divertito togliendosi finalmente la maschera.
“Quante volte devo chiederti scusa per quella volta?”
Improvvisamente Ikem le prese la mano e la avvicinò a sé. Ursa arrossì per l’improvvisa vicinanza al ragazzo.
“Ho incominciato ad amarti da quel giorno e non ho mai smesso! Quindi te lo richiedo… Senza maschera stavolta”, Ikem la strinse ancora più forte, i suoi occhi brillavano dall’emozione.
“Ursa, figlia di Jinzuk e Rina, vuoi sposarmi?”
Ursa tremava dall’emozione quando rispose a gran voce il suo “Sì!”
Ikem la guardò con uno sguardo così pieno d’amore che Ursa si commosse. Poi il ragazzo annullò le distanze baciandola intensamente, le loro mani intrecciate e poggiate sul petto di lui, il battito del suo cuore come unica misura del tempo che per i due amanti sembrava non scorresse più…

Quando le prove finirono, era già sera inoltrata. Ursa corse veloce per l’eccitazione verso casa sua, eccitata per l’annuncio che si apprestava a fare alla sua famiglia.
Accidentalmente pestò anche la coda del porco-pollo che dormiva nel cortile di casa sua.
“Scusa se ti ho svegliato, porco-pollo! Ma è una così bella giornata! Perché sprecarla dormendo?”, commentò ridendo. Spalancò la porta di casa proclamando a gran voce.
“Mamma! Non indovinerai mai cosa Ikem-“, Ursa si interruppe vedendo che qualcosa non andava. Sua madre sedeva piangente in ginocchio sotto la statua di suo padre, l’Avatar Roku, e teneva in mano il suo fermaglio.
Ursa corse da lei, temendo il peggio.
“Cosa c’è che non va? Dov’è papà?”, chiese la ragazza, vedendo scorrere sulla guance di sua madre delle lacrime e pensando che fosse successo qualcosa.
“Tuo padre è nella serra sul retro… con un ospite”, rispose sua madre, asciugandosi le lacrime. Poi la guardò in viso e le alzò il mento con la punta delle dita.
“Io ti voglio bene Ursa, lo sai, vero?”, le chiese piangendo. La ragazza non rispose, paralizzata da quella domanda insolita. Cosa stava succedendo?
Le gambe le tremavano dalla paura e dalla preoccupazione mentre si dirigeva verso la serra. Aveva un brutto presentimento.
Lì trovò suo padre con due uomini, un anziano e un uomo che poteva avere una trentina d’anni.
Non appena suo padre la sentì arrivare, si girò e, alzando la mano, le intimò di mostrare il dovuto rispetto agli ospiti. Solo allora si accorse chi fossero realmente i due uomini con suo padre.
Il re del fuoco Azulon e il principe cadetto, Ozai.
Spalancò gli occhi e si inginocchiò ai piedi del re.
“Signore del fuoco Azulon!”, esclamò piena di sorpresa.
“Sei Ursa, giusto? Prego, alzati. Lasciati dare un’occhiata”, sentì dire dalla anziana voce del signore del fuoco. Tremante, obbedì.
I suoi occhi rimasero fissi a terra mentre sentiva il re del fuoco Azulon commentare il suo aspetto.
“Ministro Jinzuk, sua moglie ha cresciuto una figlia persino più bella dei suoi fiori! Abbiamo fatto tanta fatica a trovare i discendenti dell’Avatar Roku, quasi come se lui stesso avesse voluto celarvi a noi”, commentò Azulon, avvicinandosi a suo figlio. Ursa sollevò leggermente gli occhi.
Lo sguardo del principe era fisso su di lei, così per la paura e l’imbarazzo tornò a guardare a terra.
“Ma ora, capisco che, dopo tutto questo tempo, ne è valsa la pena”, continuò il re.
“I saggi del fuoco mi hanno detto che un’unione tra la nipote di Roku e mio figlio avrebbe dato vita ad una discendenza di grande potere, una che avrebbe reso saldo il dominio della mia famiglia per secoli dopo la mia morte”
Quelle parole fecero rabbrividire Ursa. Un’unione tra la nipote di Roku e suo figlio? Non poteva essere lei… Non doveva! Lei era promessa a Ikem!
“Ursa, lasci che le presenti il principe del fuoco Ozai, il mio secondogenito”, disse il signore del fuoco Azulon.
Ursa alzò lo sguardo, stavolta perché le fu ordinato. Finalmente riuscì a vedere meglio il principe.
Ozai era un bell’uomo, i capelli neri e fluenti gli cadevano sulle spalle. Come il padre, anche il principe si stava lasciando crescere il pizzetto, quel tratto lo rendeva più affascinante e maturo. I suoi occhi, come la maggior parte degli abitanti della Nazione del Fuoco, erano ambrati, con una particolare scintilla che lasciava intuire che fosse un dominatore del fuoco esperto.
Fu quella scintilla, o il modo in cui la guardava, come se fosse un premio ambito finalmente raggiunto, che intimorirono più Ursa e la fecero rabbrividire.
“Mio figlio ha una dichiarazione da farle”, concluse Azulon, incitando il figlio a parlare, sollevando la mano e mettendosi in disparte.
Ursa rimase impietrita. Non stava succedendo. Non poteva succedere. Non a lei.
Con il cuore martellante nel petto, vide il principe che lentamente le si avvicinava, e guardandola dall’alto in basso fece la sua dichiarazione.
“Ursa, figlia di Jinzuk e Rina, nipote dell’Avatar Roku… Io chiedo la vostra mano. Volete diventare la mia sposa e principessa della Nazione del Fuoco?”
Ursa, ad ogni parola sentiva il cuore accelerare sempre di più. La bocca aperta e i suoi occhi sbarrati tradivano le sue emozioni.
Il suo sguardo guizzò verso il padre, che la guardava timoroso. Lo sguardo di Ursa supplicava una via d’uscita, qualcosa che facesse intendere che tutto quello non fosse reale, non poteva esserlo.
Le speranze della ragazza svanirono non appena vide suo padre fare un breve cenno con la testa. Non c’era via d’uscita. Doveva accettare, o il re avrebbe ucciso la sua famiglia, o peggio, l’intero villaggio.
Fu con la morte nel cuore che accettò.
Il re concordò con Jinzuk la partenza, prevista per il giorno dopo.
Ursa trattenne le lacrime. Non le era stato nemmeno concesso il tempo di salutare Ikem.
Quella sera non chiuse occhio e passò la notte a piangere.

La mattina seguente, bussarono alla loro porta dei soldati.
Ursa era già sveglia, i suoi bagagli già pronti. Abbracciò suo padre e sua madre.
I loro sguardi mostravano tutto il dolore per quella separazione, tutto il dispiacere per i sogni infranti della figlia.
Ursa, nonostante tutto, non riusciva ad avercela con loro. Sapeva che avevano fatto ciò che il Signore del Fuoco aveva ordinato loro di fare.
Si diresse verso la carrozza scortata dai soldati. Dentro vi trovò il re Azulon e il principe Ozai. Sedette vicino al principe, tenendo lo sguardo basso.
Iniziarono il loro viaggio tranquillamente, il silenzio regnava sovrano. Sia il principe che il re osservavano fuori, con delle espressioni tra la pietà e il disgusto. Ursa sbirciò il paesaggio che si intravedeva dal finestrino. Sentiva che non sarebbe più tornata a Hira’a.
“Cara ragazza, dopo essere vissuta in questo villaggio putrido, apprezzerai le comodità della capitale”, esordì il re con sufficienza. Ursa non apprezzò il suo commento, ma rimase impassibile.
“Credo che il principe Ozai sarà più che felice di-“
Il re venne interrotto da delle urla che venivano da fuori. Un soldato si avvicinò al finestrino della carrozza.
“Cosa sta succedendo?”, chiese furioso Azulon.
“C’è un civile nel mezzo della strada, sta bloccando il passaggio!”, rispose la guardia.
“Cosa aspettate? Fatelo sgomberare!”, ordinò il re, alterandosi.
In quel momento, l’uomo sulla strada che stava bloccando il loro viaggio, cominciò a gridare a gran voce. Ursa ebbe un brivido non appena riconobbe la sua voce.
“S-s-signore del fuoco Azulon! Lei ha con se i-il mio vero amore in quella carrozza! Con tutto il dovuto rispetto non le p-permetterò di portarmelo via!”
Ursa si commosse a quelle parole di Ikem. Ma realizzò non appena vide gli occhi del re dardeggiare dall’ira, che la vita di Ikem era in pericolo. Se avesse continuato a impedire il loro viaggio, sicuramente l’avrebbero ucciso. Non poteva permettere che ciò avvenisse.
Sentì le guardie ridere di lui, poi il re ordinò a un soldato di occuparsi di lui.
Ursa si agitò, l’adrenalina la stava rendendo impaziente. Doveva fare qualcosa. Decise di rivolgersi al suo nuovo futuro marito.
“Falli ritirare, Ozai!”, supplicò. L’uomo la fissò confuso.
“E’-è un mio vecchio amico… E’ confuso! Lo farò andare via, ma devi promettermi di non fargli del male. Ti prego, fallo per me, am-amore mio!”, per Ursa fu una vera sofferenza proferire quelle parole. L’unico a cui le aveva dette era a pochi metri da lei, che lottava invano per riportarla da lui.
Forse furono proprio quelle due parole a riscuotere il principe che, con un sorriso compiaciuto, aprì lo sportello e gridò ai soldati di fermarsi.
Ursa subito scese dalla carrozza e corse incontro a colui che era il suo unico e vero amore. Sentì che le lacrime stavano per salire. Stava per dire addio a Ikem, non l’avrebbe più rivisto. Mai più.
“Ikem, torna a casa!”, supplicò.
“Ursa, noi siamo fatti per stare insieme! Qualsiasi cosa ti stiano offrendo, non sarà mai abbastanza in confronto al dolore di non poter stare insieme!”
Ursa abbassò lo sguardo, mesta.
“Sono state prese delle decisioni, nulla può cambiarle…”, mormorò triste. Ikem si alterò.
“Dimmi se sposare quel… quel principe è davvero ciò che vuoi!”, gridò pronunciando la parola principe con disprezzo. Poi, facendo un sospiro, si calmò e, prendendole le mani, proseguì con più dolcezza.
“Dimmelo e tornerò a casa”, disse tristemente.
Ursa guardò lui con il cuore a pezzi, poi girandosi vide che il re e il principe squadravano ogni suo movimento dalla carrozza. Prese tutto il coraggio che aveva, sfilò le sue mani da quelle di Ikem e fece qualche passo indietro.
“Il principe del fuoco Ozai ha onorato la mia famiglia chiedendo la mia mano in matrimonio, ho accettato con gioia”, mentì a capo chino.
Una lacrima solitaria scese sulla sua guancia, tradendo le sue parole. Guardò Ikem per l’ultima volta.
“Ora, per il bene mio e tuo, vattene”, gli ordinò, pronunciando con veemenza l'ultima parola.
E fu proprio la durezza con cui lo disse che probabilmente convinsero il giovane dall’insistere ulteriormente. Infatti lo vide spalancare gli occhi, le sue spalle rilassarsi e indietreggiare barcollante per far passare la carrozza.
Ursa avrebbe voluto abbracciarlo, dargli un addio migliore di quello… ma non voleva far insospettire la famiglia reale o avrebbero scoperto che Ikem in realtà era il suo promesso sposo e l’avrebbero ucciso.
Così, asciugandosi le lacrime, tornò a bordo, lasciandosi alle spalle le sue origini e la sua vita, diretta verso una vita che non aveva mai desiderato…










































Angolo dell'autrice

Salve a tutti!! Sono Sylvia Naberrie, autrice della serie "All Hail the Great Uniter!", incentrata sulla vita di Kuvira.
Che dire? Avatar è la mia serie animata preferita, l'ho adorata dal primo istante che l'ho vista. Ed essendo appassionata della vita dei personaggi secondari e poco considerati, un bel giorno (più di un anno fa, a dire il vero) ho pensato di scrivere la storia di Ursa. Non tutta ovviamente, ma le parti più salienti xD
Molte cose le ho apprese documentandomi dalla serie animata, in quei pochissimi episodi dove appariva, altre invece documentandomi attraverso il wikia dedicato a questo fandom, quindi accedendo alla pagina dedicata ad Ursa e non solo, ma anche affidandomi soprattutto al fumetto "The Search" ("La Ricerca" in italiano), da cui ho preso tantissimo e l'ho riscritto dal punto di vista di Ursa.
Diciamo che l'ispirazione mi è giunta ascoltando un verso di una delle mie canzoni preferite dei Nightwish, che purtroppo non è quella in alto, ma la incontreremo nei prossimi atti.
Ah, in totale sono 5 atti (al momento, poi non so se ne scriverò altri!), ogni atto avrà una o più strofe di qualche canzone dei Nightwish, che mi ha fatto da Musa ispiratrice. Spero possiate gradire e chissà? Farò appassionare altri lettori alla mia band metal preferita! XD
Ma non divaghiamo!
Vi do appuntamento tra due settimane, giorno 6 Maggio, per il II atto di questa raccolta di One-Shot!
Ah, avete notato il banner in alto? ^^
Ebbene sì, è opera mia! Non è il massimo, ma mi piace com'è venuto :3
E come sempre, di seguito vi lascio qualche link utile, in caso vogliate seguirmi ^^


Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che metteranno questa storia tra le ricordate, seguite e preferite, coloro che la leggeranno ma soprattutto coloro che lasceranno un loro parere!
Bene! Penso di aver detto tutto!
Alla prossima!
Vostra

Sylvia Naberrie

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Capitolo 2
*** Atto II - La Principessa ***




ATTO II: LA PRINCIPESSA



A nightingale in a golden cage
That’s me locked inside reality’s maze
Come someone make my heavy heart light
Come undone
Bring me back to life

[from “The Escapist” – Nightwish]




Erano passate settimane da quando Ursa era stata portata a palazzo.
Prima di sposare il principe, doveva abituarsi alla vita di corte, imparare nuove regole e studiare intensamente. Le venivano insegnate regole dell’etichetta che lei, nonostante fosse figlia di un ministro, non conosceva.
Ozai le veniva a far visita ogni settimana. Non parlavano molto, si limitava a farle visitare il palazzo e ogni tanto le chiedeva cose sul suo passato. Ogni domanda che si riferiva a Ikem, però, Ursa mentiva o non rispondeva affatto. Il principe non doveva sapere che quel ragazzo che li aveva intralciati era il suo promesso sposo.
L’unica persona nel palazzo che era gentile con lei era il principe ereditario, Iroh. Con lui Ursa trascorreva piacevoli giornate a parlare tranquillamente, senza doversi nascondere dietro un velo di bugie. Non si confidava con lui, perché non si fidava ancora del tutto, era pur sempre il figlio di Azulon e il fratello maggiore di Ozai; inoltre a volte i suoi discorsi vertevano sull’ambito militare1, che Ursa non solo disconosceva, ma spesso disapprovava. Nonostante ciò sentiva che per qualsiasi cosa lui ci sarebbe stato.
Oltre alle serve, Ursa non era l’unica donna del palazzo. Iroh, essendo il maggiore, era sposato e con un figlio di cinque anni di nome Lu Ten. Sua moglie era una nobile, proveniente da una famiglia di alto rango. Il suo nome era Aster2. Nonostante ciò, Aster non la degnava mai di uno sguardo e non era mai capitato che si trovassero insieme a parlare. Ogni volta che la incontrava, la guardava dall’alto in basso e si allontanava. Aveva sentito mormorare alle sue serve che la considerava una povera ignorante proveniente da un’isola di poveri pescatori. Ursa avrebbe tanto voluto risponderle a modo, ma facendolo avrebbe messo in pericolo non solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia o addirittura dell’intero villaggio. Aveva le mani legate.
Avrebbe tanto voluto tornare a casa. Ma più si avvicinava il giorno delle nozze, più sentiva più strette le catene che la ancoravano a quel palazzo…


La cerimonia nuziale si svolse nell’immenso salone del palazzo. Uno dei saggi del Fuoco li nominò marito e moglie.
Ursa avrebbe voluto scappare, andare via, cambiare nome, qualsiasi cosa pur di non essere lì e non sentirsi dire quelle parole. Lei era di Ikem, solo sua, era lui che avrebbe dovuto e voluto sposare, era il suo nome che voleva nella fede nuziale, erano le sue labbra che avrebbe voluto baciare dopo la loro unione, non quelle del principe…
Ma Ursa cercò di tenere quei pensieri per sé e non lasciarli trasparire. Avrebbe vissuto per sempre in quel palazzo, non c’era nulla da fare. E se voleva vivere, avrebbe dovuto imparare a non mostrare nel suo volto il disgusto che provava verso quella vita e la voglia di essere altrove.
Fortunatamente durante la cerimonia ricevette una gradita sorpresa, in mezzo a quei tristi avvenimenti.
Tra gli invitati Ursa intravvide i suoi genitori, vestiti con i loro abiti più sfarzosi. Vennero al loro tavolo a fare loro gli auguri. A Ursa si strinse il cuore.
Gli occhi di suo padre, da quando l’aveva lasciato, si erano fatti più incavati e la pelle più cadente. Sua madre aveva i capelli sempre più grigi e le rughe più profonde. Ursa avrebbe voluto scusarsi con loro per il dispiacere che stava procurando loro la sua assenza. Inoltre avrebbe voluto trovare qualche istante per parlare con sua madre, da sola, lontano da orecchie indiscrete, per chiederle che ne fosse stato di Ikem, se avesse sue notizie.
Forse il ragazzo si era rassegnato della sua assenza e aveva trovato qualche ragazza da sposare, qualcuna che fosse riuscita a riempire il vuoto lasciato dalla sua assenza. Nonostante il pensiero la facesse soffrire e ingelosire, Ursa sapeva che era la cosa migliore per Ikem.
Ma non ci fu istante che Ursa si ritrovasse da sola. Ogni volta, il principe Ozai la seguiva, quasi volesse evitare che la ragazza fuggisse.
Alla fine, sconsolata, tornarono al loro tavolo.
“Hai dei genitori adorabili”, commentò Ozai.
“Sì, sono sempre stati buoni con me”, sorrise Ursa.
“Ricordati di dirglielo prima degli addii. Le tue ultime parole dovrebbero essere piene di gratitudine e gentilezza, così che la loro memoria sia sempre dolce nei tuoi confronti”
Ursa si girò di scatto.
“Ultime parole?”, ripetè.
“Come Principessa della Nazione del Fuoco devi recidere tutti i legami con il tuo passato e dedicare tutta te stessa ai tuoi nuovi doveri”
Ursa sbarrò gli occhi. Recidere tutti i legami del passato? Non avrebbe più potuto rivedere i suoi genitori?
“Dopo questo giorno, non menzionare più Hir’a, la tua famiglia o la tua vecchia vita. Mai più
Ozai le si avvicinò, come se volesse baciarla. Ursa avrebbe voluto ritrarsi, ma non ci riusciva. Era impietrita.
“Appartieni alla famiglia reale ora. E a me”, le sussurrò Ozai nell’orecchio e infine le diede un bacio sulla guancia. Ursa non riusciva a muoversi, l’orrore e la paura avevano preso il sopravvento.
Quello doveva essere per forza un incubo. Non poteva essere vero… Non voleva…


Ogni notte, o quasi, Ursa doveva superare una prova, sempre la stessa.
Sentirsi sfiorare la pelle dalle bramose mani del principe era qualcosa di orribile e disgustoso, e Ursa si sforzava di non darlo a vedere.
Capiva quando aveva desiderio di lei, perché Ozai la guardava bramoso, affamato, come una bestia che aveva bisogno di appagare la sua fame. E le sue mani la stringevano, la sfioravano non con la delicatezza di un innamorato, ma con la lussuria di chi vuole soddisfare solo se stesso e non l’altro. Ozai non si era mai preso il disturbo di sapere se Ursa gradiva il modo in cui la toccava.
Ozai era interessato a sé. E al suo desiderio di avere un primogenito maschio.
Desiderio che venne realizzato dopo quasi un anno dal loro matrimonio.
Prima della nascita del bambino, Ursa si chiedeva come avrebbe potuto amare qualcuno che era frutto di una violenza. Perché per lei di questo si trattava. Ma nonostante tutto non riusciva a provare odio per la piccola vita che cresceva nel suo ventre. Non era colpa sua se stava vivendo in quell’inferno.
Forse, alla fin fine, sarebbe riuscita ad amarlo.


“Spinga!”
Ursa gridò.
“Un’ultimo sforzo, Principessa, riesco quasi a vedere la testa!”
Ursa lanciò un altro grido, mentre con un ultimo sforzo, aiutava quell’esserino a venire alla luce.
Un vagito squarciò l’aria e Ursa pianse dalla fatica e dalla gioia. Erano state ore di travaglio durissime, il bambino, che si scoprì essere un maschietto, stava rischiando di non vedere la luce del sole. Ma alla fine, tutto era andato per il meglio.
“Sta bene, è proprio un bel bambino”, commentò la levatrice mentre puliva il piccolo dal sangue.
In quel momento la porta della camera da letto si aprì senza alcun preavviso, e il principe cadetto e il Re del Fuoco entrarono, senza degnarla di uno sguardo. Una delle serve corse a coprirle le gambe, per decenza, lanciando uno sguardo tra l’intimorito e la disapprovazione ai nuovi arrivati.
I due uomini squadrarono la stanza.
“Dov’è il bambino?”, latrò Ozai.
Ursa tentò di rispondere, ma data la stanchezza non riuscì a farsi capire. La serva le venne in soccorso.
“E’ nel lavatoio qui a fianco, la levatr—“
“Non abbiamo chiesto a te, serva”, la interruppe Azulon.
La ragazza chinò il capo, impaurita.
“Ebbene?”, chiese Ozai. Ursa sollevò a fatica il braccio destro, indicando la stanza a fianco.
“E’ lì…”
In quell’istante, la levatrice uscì dalla porta e si arrestò sorpresa, vedendo i due uomini nella stanza. Si inginocchiò, rispettosa.
“Signore del Fuoco Azulon… Principe Ozai…”
“Mostraci il bambino”
La donna sollevò le braccia. Il piccolo aveva smesso di piangere e agitava i pugnetti in aria.
Il Re e il principe si avvicinarono, squadrando il bambino.
Ozai lo osservò con attenzione. In quell’istante il bambino aprì gli occhi e osservò il padre. Ma qualcosa inorridì il principe, che spalancò gli occhi.
“Non ha quella scintilla…”, commentò Azulon con sufficienza.
Ozai guardò furioso il padre e sollevò un braccio, come se volesse colpire il bambino.
“No!”, gridò con le ultime forze Ursa.
Ozai la guardò irato, tenendo il braccio sollevato. Strinse il pugno e poi lo abbassò, senza far del male al piccolo, che in quell’istante, dopo aver sentito la madre gridare, si mise a piangere.
“E’ un non dominatore. Non merita di vivere. E’ una vergogna per me e la mia famiglia che il mio primogenito non sia un dominatore del fuoco”
“Ti prego, Ozai, dagli una possibilità! Sono sicura che crescendo saprà dominare il fuoco”, lo supplicò Ursa.
“Il dominio del fuoco non è qualcosa che si impara”, commentò con sufficienza il Signore del Fuoco.
“Vi prego…”
Ozai fissò Ursa furibondo.
“E sia. Ma se non darà segni di dominio, lo ucciderò”
Ozai si girò di scatto e uscì dalla stanza, furioso più che mai. Azulon lo seguì.
“Il bambino si chiamerà Zuko, come il padre di mia madre”, annunciò prima di sparire dietro la porta.
La levatrice posò il piccolo Zuko tra le braccia della madre.
“Cosa voleva dire con ‘non ha quella scintilla’?”, chiese Ursa alla levatrice.
“La scintilla che hanno tutti i dominatori del fuoco. Se non ce l’ha vuol dire che non può dominare il fuoco”, le rispose.
Ursa osservò il piccolo. Tra le sue braccia i suoi pianti erano cessati e la guardava curioso, mentre si ciucciava una mano.
“Non mi importa se non sai dominare il fuoco. Io ti amerò comunque, mio adorato Zuko, e ti proteggerò, anche da tuo padre”

Anche i saggi del Fuoco avevano confermato che gli occhi di Zuko erano manchevoli della scintilla tipica dei dominatori del fuoco, ma ben presto quella tesi venne smentita dallo stesso Zuko che, a dispetto delle loro previsioni, dimostrò di avere la capacità di controllare il fuoco.
Era come se avesse voluto dimostrare che lui era molto di più di quello che gli altri dicevano di lui.
E Ursa era molto fiera del suo bambino. Già all’età di due anni aveva imparato a riconoscere il suo nome scritto, sapeva parlare molto bene rispetto ai bambini della sua età e inoltre dimostrava una dolcezza e nobiltà d’animo completamente estranei alla famiglia del principe. Quella dote proveniva sicuramente dalla sua famiglia.
“Guarda, mamma! Guarda cosa so fare!”, gridò il piccolo Zuko.
Ursa guardò il bambino, che teneva le mani giunte. Non appena si accorse di avere l’attenzione della madre, lentamente aprì le mani e una fiammella rossa nacque dai suoi palmi.
“Ti piace?”, chiese emozionato Zuko.
“E’ bellissima, amore mio”, sorrise la madre. Zuko sollevò gli occhi e Ursa riuscì a vedere come brillavano di gioia.
Dal padre, Zuko non riusciva a ricevere le stesse attenzioni che lei gli riservava, men che meno dei complimenti.
In quell’istante, Ursa si senti mancare e Zuko allontanò le proprie mani, facendo svanire la fiammella, per aiutare la propria madre. Quando la vide a terra priva di sensi, subito gridò aiuto. Delle serve sollevarono la Principessa e la portarono nelle sue stanze.

Ursa aprì a fatica gli occhi. Per un attimo le sembrò di essere da sola, quando si accorse di una sagoma alla sua sinistra. Aprì di scatto gli occhi e sobbalzò spaventata, non appena si accorse che seduto all’angolo del letto c’era suo marito, Ozai.
“Cosa… che succede?”, chiese confusa.
“Il dottore dice che stai aspettando un altro bambino. Spero che sia un altro maschio con delle vere doti da dominatore”
Quella frase indispettì Ursa. Cosa aveva Zuko meno degli altri?
“Riposa. Voglio che tu faccia meno sforzi possibili, così il bambino avrà meno problemi, hai capito? Quando eri incinta di Zuko ti agitavi troppo. Sicuramente è per questo che è uscito così”
Ursa strinse le labbra. Avrebbe voluto dirgli di smetterla di sottovalutare in quel modo Zuko, ma preferì tacere.
Sollevò le coperte e fece come le era stato ordinato.

Il bambino che portava in grembo non era per niente come Zuko. Continuava a scalciare, come se avesse premura di uscire e volesse combattere. Zuko, invece, quando ancora era nel suo ventre, stava tranquillo e buono, proprio come quando era nato e cresciuto. Era buono e dolce e non le dava mai dispiaceri.
Ursa si chiese come avrebbe chiamato questo bambino. Il Signore del fuoco le avrebbe dato possibilità di decidere il nome del nascituro? Quello di Zuko l’aveva deciso lui senza interpellarla, Ursa avrebbe preferito un nome tipico di Hir’a, un modo per richiamare le sue terre. Ma sicuramente Ozai gliel’avrebbe impedito.
“A che pensi, mamma?”, chiese Zuko.
Ursa si riscosse dai suoi pensieri e accarezzò la testa del bambino che sedeva accanto a lei.
“A nulla, amore mio. Pensavo a come potremmo chiamare il tuo fratellino o la tua sorellina”
“Capisco… Ma quando nascerà io potrò giocarci?”
Ursa sorrise.
“No, tesoro, sarà ancora piccolino, tu sei troppo grande ancora per giocare con il fratellino”
“Ma ho tre anni!”, protestò il bambino mettendo il broncio.
Ursa rise.
“Sì, ma per lui sarai troppo grande! Quando crescerà, potrete giocare insieme”
Zuko serrò le labbra, ma non disse niente. Poi si girò nuovamente.
“E se è una bambina?”, chiese. Ursa lo fissò senza capire.
“Vorrà giocare con le bambole. A me non piacciono”, commentò con una smorfia. Ursa sorrise.
“In quel caso dovrai proteggerla dagli altri bambini che vorranno farle del male. Ci stai?”
Zuko sorrise e annuì.
Ursa sorrise nuovamente. Era incredibile come certi atteggiamenti le ricordassero Ikem da bambino. Gli mancava così tanto…

Un altro parto, un altro travaglio. Stavolta ancor più doloroso del primo.
La levatrice annunciò la nascita di una femminuccia. Ursa tremò. Ozai non ne sarebbe stato contento.
Appena i vagiti della piccola si fecero più forti e insistenti, la porta si aprì e una delle serve si premurò di rendere decente la vista della Principessa.
“Allora?”, chiese Ozai.
“E’ una bambina”, annunciò la levatrice. La mano di Ozai si serrò in un pugno. Avrebbe preferito un altro maschio.
“Fatemela vedere”, ordinò. La donna porse la piccola e Ozai, accompagnato dal padre Azulon, osservarono la piccola.
Stavolta nei suoi occhi vi fu stupore. Ozai e Azulon si guardarono compiaciuti.
“Ben fatto, figlio mio”, si complimentò il Re.
“Grazie, padre. La bambina la chiameremo Azula, in tuo onore. Sarà una potente dominatrice, proprio come te, mio sovrano”, annunciò Ozai. Ursa osservò quella scena impotente. Alla fine, neanche il nome della sua secondogenita aveva potuto decidere. Però a quanto pare, Ozai era rimasto soddisfatto. Evidentemente la piccola Azula possedeva la tanto agognata scintilla da vera dominatrice del fuoco.
“Posso vederla?”, chiese Ursa.
“Dobbiamo prima mostrarla ai saggi. Dopo potrai vederla”
“Ma… mia figlia…”
Ozai le lanciò uno sguardo furente che riuscì a zittire Ursa.
Sarebbe mai finita?






1 POSSIBILE SPOILER: Iroh è diventato molto più riflessivo dopo la morte di suo figlio Lu Ten, prima era a tutti gli effetti un principe della Nazione del Fuoco, focalizzato nell’istruzione militare. Non era di certo come Ozai (vedasi 13x03, “The firebending Masters”), ma nemmeno un santarellino. Fonti: http://www.avatar.wikia.com/wiki/Iroh

2 Nome inventato da me.













































Angolo dell'autrice

Salve gente!
Eccoci al secondo atto! Spero vi sia piaciuto.
Povera Ursa... Cosa ha dovuto sopportare!
Io non sopporterei una situazione come la sua, per questo la ritengo una donna molto coraggiosa.
Come sempre, le informazioni per la mia storia le ho prese dal wikia di Avatar, nella sezione dedicata ad Ursa e nel fumetto The Search.
Di seguito vi lascio qualche link utile, in caso vogliate seguirmi:


E infine ringrazio tutti coloro che hanno messo o metteranno questa storia tra le ricordate, seguite e preferite, coloro che la leggeranno ma soprattutto coloro che lasceranno un loro parere!
E ringrazio Donnasole per essere stata la prima a lasciarmi un suo parere ^^
Il prossimo aggiornamento sarà il 20 Maggio.
Bene, allora! Alla prossima!
Vostra

Sylvia Naberrie

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Capitolo 3
*** Atto III - L'addio ***




ATTO III: L'ADDIO



Now let us lie
Sad we lived, sad we die
Even in your pride
I never blamed you

A mother’s love
Is a sacrifice
Together sleeping
Keeping it all

[from “Two for Tragedy” – Nightwish]




Ursa finì di scrivere le ultime righe di quella lettera e la nascose dentro la veste. Quasi ogni sera era solita scrivere, ma nessuno sapeva cosa e a chi.
Posati penna e calamaio, si diresse verso una zona della sua stanza, dove si trovava un ritratto del famiglia imperiale. Ursa tolse il quadro e dietro si rivelò esserci una collezione di maschere provenienti da Hir’a. Sollevò dolcemente quella dell’Imperatore Dragone e la sua mente volò a Ikem.
In quel momento qualcuno bussò alla porta e si premurò di rimettere tutto al proprio posto.
Andò ad aprire e davanti si ritrovò un assonnato Zuko.
“Mamma, ho troppa paura per dormire”
“Perché, amore?”, chiese Ursa, prendendo Zuko in braccio e accompagnandolo nella sua stanza.
“Andava tutto a fuoco! I miei giocattoli, il mio letto, tutta la mia camera! E Azula stava in piedi in mezzo, ridendomi in faccia”, mormorò spaventato il piccolo.
Da quando era nata Azula, Zuko provava un profondo timore nei confronti della sorellina. Lei, di contro, non faceva che alimentare la paura del maggiore nei suoi confronti, facendogli scherzi e raccontandogli bugie e storie dell’orrore.
Mentre si inoltravano nel palazzo, giunsero davanti la stanza della secondogenita e Ursa si fermò con Zuko tra le braccia, che la stringeva forte.
“Era solo un incubo, Zuko. Azula sta dormendo nella sua camera, visto?”
Zuko mormorò poco convinto, ma più tranquillo di prima. Ursa lo portò nella sua stanza, lo fece distendere nel letto e gli rimboccò le coperte.
“Chiudi gli occhi, amore mio. E quando arrivano i bei sogni, aggrappati a loro con tutte le tue forze”, sussurrò dandogli un bacio. Il viso del bambino si distese in un sorriso.
Ursa uscì dalla stanza ma non tornò indietro. Proseguì verso le cucine, si inoltrò tra i tavoli di lavoro e bussò a una porticina poco distante.
Un’anziana signora con tante rughe e un fazzoletto in testa aprì la porta e spalancò gli occhi dalla sorpresa non appena la vide.
“Principessa Ursa!”, esclamò infatti.
“Potrebbe far sì che questa arrivi a Hir’a? Posso fidarmi?”, chiese Ursa, porgendo la lettera che teneva nascosta sotto la veste. La vecchia guardò sorpresa il foglio che Ursa le stava porgendo e lo prese.
“Certo, come per tutte le altre”
“Per me sei stata come di famiglia, Elua, non so cosa avrei fatto senza di te”
“Per me è un onore, Principessa”
Ursa sorrise e si allontanò. La vecchia chiuse la porta.
Il sorriso sparì subito dal suo volto. Chissà se il suo piano avrebbe funzionato e i suoi sospetti si sarebbero avverati.
Non doveva far altro che aspettare.


Era una piacevole giornata al palazzo e Ursa aveva deciso di portare i bambini nel giardino reale, in modo che ammirassero la natura e imparassero a rispettarla. Ma a quanto pare la sua lezione non giunse alle orecchie di qualcuno.
“Mamma! Azula sta bruciando uno dei fiori!”, gridò Zuko.
Ursa si girò di scatto e subito corse verso la minore, che con fare indifferente si stava allontanando.
“Azula! Devi portare rispetto al giardino reale”, la rimproverò tentando di spegnere il fuoco con la manica della veste.
“Cosa? Se lo meritava. Non era grazioso come gli altri”, si giustificò la bambina. Mentre tentava di spegnere l’ultima fiammella, Ursa sentì gridare Zuko. Di nuovo, si girò e vide il suo primogenito darsi pacche nel sedere, dove si stava sollevando un filo di fumo. Allo stesso modo, la mano destra della minore era ancora tesa e dalle sue dita sprigionava altrettanto fumo, così Ursa capì senza bisogno di ricevere spiegazioni.
“Ora basta, signorina! Vai nella tua stanza e pensa alle tue azioni”, la rimproverò severamente Ursa, sollevando il braccio verso il palazzo. Azula la guardò furiosa e risentita, ma non le disubbidì.
Ursa andò da Zuko.
“Va tutto bene, Zuko?”, gli chiese chinandosi.
“Io non capisco perché lei debba essere così meschina”, piagnucolò il bambino. A Ursa si strinse il cuore e gli diede un bacio in fronte.
Poi uno strano brivido le percorse la schiena e di scatto si girò.
Nella passerella lì vicino, Ozai si stava allontanando.
Li aveva osservati?


Quella stessa sera, a cena, Ozai fece le solite domande ai bambini, ovvero cosa avessero imparato quel giorno durante le lezioni di storia della Nazione del fuoco e sul dominio.
Quello forse era il momento preferito di Azula, che non esitava a mettersi in mostra davanti al padre, il quale dimostrava una netta preferenza per la minore dei suoi figli.
“… Durante la lezione di oggi, il maestro Kunyo ha detto che tenevo le braccia troppo distanti per quella forma. Io gli ho risposto che così si ottiene una più grande esplosione! Non gli interessava. Voleva che eseguissi la posizione come fa lui. Nel modo stupido. Così quando si è girato ho dato fuoco ai suoi pantaloni!”, raccontò euforica Azula, agitando le braccia sul tavolo.
“Mmh, il tuo insegnante sembra proprio uno stupido. Lo manderò nelle colonie”, commentò con fredda pacatezza Ozai.
“Gli sta bene! Quello sciocco!”, gridò felice la bambina.
“Non è uno sciocco! Lui crede solo che il corretto dominio del fuoco parta da…”
Zuko venne interrotto da un pugno sul tavolo che fece sobbalzare tutti. Ozai guardò furibondo suo figlio.
“Zuko! Come osi dare lezioni di dominio a tua sorella? Nonostante sia più giovane, quante figure ha imparato più di te?”, sbraitò Ozai. Zuko teneva il capo chino, gli occhi sbarrati dallo spavento.
“Q-quattordici”
“Quando sei nato, non eravamo sicuri che fossi un dominatore. Non avevi quella scintilla nei tuoi occhi. Avevo programmato di lanciarti dal palazzo. Quale imbarazzo per un Principe della Nazione avere un non dominatore come primogenito! Per tua fortuna, tua madre e i saggi del fuoco mi hanno chiesto di darti una possibilità. Azula, d’altro canto, non ha avuto bisogno di tale fortuna. Lei è nata fortunata. Tu sei fortunato a essere nato”, sussurrò malevolo Ozai.
Ursa vide gli occhi di suo figlio sbarrati dallo stupore e dal dolore. Due lucciconi tremarono negli angoli dei suoi occhi, ma il bambino riuscì a trattenerli.
“Ozai! Che cosa terribile da dire!”, gridò indignata Ursa, rompendo le regole dell’etichetta e alzandosi da tavola prima di aver finito. Ozai aveva davvero superato se stesso.
Ma il Principe non le prestò ascolto, perché proprio in quel momento un soldato lo avvisò che un arciere Yuyan richiedeva la sua udienza.
Rimasero solo loro tre al tavolo, Zuko con gli occhi bassi e Azula con un sorrisetto soddisfatto in volto.

Quella stessa sera, Ursa si stava preparando per la notte, assistita dalle sue ancelle che l’aiutavano a pettinarsi e a sistemarsi.
La serenità e tranquillità della situazione venne interrotta dalla comparsa di Ozai.
“Lasciatemi solo con mia moglie. Devo parlarle in privato”, ordinò loro, camminando con i pugni serrati. Le serve si allontanarono, ma Ozai era impaziente e non attese che queste se ne andassero per parlarle.
Subito andò da lei e con tutta l’ira che il suo volto palesava le prese con forza il braccio, strattonandola violentemente. A Ursa sfuggì il pettine e gridò dalla paura. Le serve si girarono scioccate ma fuggirono subito dalla stanza.
“Nel giorno del nostro matrimonio, ti ho detto di dimenticare la tua vecchia vita! Chi sei adesso è interamente definito dal tuo sposare me! Tutti i contatti con il tuo passato, specialmente con vecchie fiamme, è tradimento!”, gridò Ozai con furia inaudita. Ursa sentì il suo cuore perdere un colpo.
Allora era vero.
“Lo sapevo! Lo sapevo che intercettavi le mie lettere! Come osi?!”, gridò lei di rimando.
“E ancor peggio, la prova del tuo tradimento vive sotto questo tetto…”
“Ozai, non essere folle…”
“… Ma io sono un uomo misericordioso. Prometterò a tuo figlio di vivere, malgrado la bassezza delle sue vere origini. Ikem, comunque… Ikem ha pienamente meritato la sua punizione”, le sussurrò mostrandole un sorrisetto beffardo. Quelle parole impaurirono Ursa.
“Che cosa hai fatto?”, gridò.
Ozai si risollevò e la guardò dall’alto in basso, mostrandole il suo più perfido sorriso.
“Ho cancellato quell’infido cane dall’esistenza”
“Ozai, come hai potuto…?! Sai bene quanto me che Zuko è tuo figlio!”, gridò Ursa con le lacrime agli occhi, alzando le mani cercando miseramente di colpire Ozai. Il suo braccio venne intercettato dalla mano del principe.
“Certo che lo so! Avevo spie a controllare ogni tua mossa mesi prima che ci sposassimo! Perché hai voluto scrivere una bugia così ovvia?”, urlò di rimando Ozai stringendo il braccio della sua sposa.
“Forse volevo vedere se davvero leggevi le mie lettere! Forse volevo ferirti, anche solo per un momento!”, gridò la donna.
“Forse era solo un mio desiderio…”, sussurrò lei.
“È davvero questo che desideri? Che Zuko non sia mio figlio?”, sussurrò irato Ozai.
“Che non abbia preso niente da te? ”, mormorò a denti stretti Ursa.
Ozai la guardò con gli occhi spalancati. Ursa non l’aveva mai visto così furioso. Ira che risultò essere in netto contrasto con il tono calmo e lucido che adoperò il principe successivamente.
“Allora è così che lo tratterò, cara moglie. Voglio che tu stia bene attenta da ora in poi: tutte le volte che gli parlerò aspramente… tutte le volte che lo ferirò… tutte le volte che tratterò Zuko come se fosse il figlio di un viscido cane… Starò semplicemente esaudendo il desiderio di sua madre”
Ozai pronunciò l’ultima frase facendo un inchino, come se avesse accettato di prendere un ordine dalla moglie che d’altra parte lo guardò scioccata.
Ozai sollevò la testa. Nel suo volto si delineò un sorriso compiaciuto. Poi si voltò e uscì dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle.



Erano passati un paio anni da quella fatidica sera.
Ursa aveva fatto i conti con il dolore e la tristezza per la perdita di Ikem.
L’unico barlume di speranza che la teneva in vita erano i suoi figli. Purtroppo Ozai aveva prestato fede alla terribile promessa che le aveva fatto, perciò Ursa cercava di stare il più possibile con Zuko per proteggerlo dalle cattiverie di Ozai e anche della sorella che spesso e volentieri emulava il padre.
In quel momento si trovava davanti al laghetto del giardino reale insieme a Zuko. Avevano portato un tozzo di pane per nutrire la famigliola di anatre-tartaruga che nuotava placidamente.
Ursa offrì un pezzetto di pane a uno dei piccoli che nuotavano, che subito lo agguantò con il becco.
“Mamma, vuoi vedere come Azula nutre le anatre-tartaruga?”
Zuko prese il suo tozzo di pane e lo lanciò intero, con forza, verso uno dei cuccioli.
Ursa rimase allibita.
“Zuko! Ma che cosa fai?”
Il piccolo, nonostante avesse preso in pieno il colpo, riemerse dall’acqua, scuotendosi per asciugare le penne. La sua mamma le nuotò vicino e starnazzando volò verso Zuko, prendendogli con il becco la gamba. Zuko gridò, più per la sorpresa che per il dolore.
Ursa andò da lui e delicatamente prese l’anatra-tartaruga e la riportò nel laghetto.
“Stupida anatra-tartaruga! Ma perché l’ha fatto?”, esclamò risentito Zuko. Ursa gli si avvicinò e si sedette al suo fianco.
“Zuko… E’ così che sono fatte le mamme. Se maltratti i loro figli…”, Ursa finse di mordere scatenando l’ilarità del primogenito.
“… Reagiscono mordendoti!”

Dopo aver lasciato Zuko giocare con Azula, Tai-Lee e Mai, due amiche di Azula, Ursa rientrò a palazzo. Una delle serve le si avvicinò.
“Mia Principessa, abbiamo ricevuto una scatola di doni e una lettera proveniente dal generale Iroh”, annunciò porgendole la lettera.
Ursa sospirò. Iroh era andato in spedizione a Ba Sing Se, per conquistarla. Era rimasta la più grande roccaforte del Regno della Terra rimasta da conquistare. Ursa andò a chiamare i bambini.
Si sistemarono in una delle sale del palazzo, dove al centro era situato un sedile e uno scranno di legno pregiato. Zuko e Azula l’affiancarono mentre lei cominciava la lettura.
“… Se la città è sontuosa come le sue mura, Ba Sing Se dev’essere uno spettacolo magnifico. Spero che tutti voi possiate vederla un giorno, se non la diamo completamente alle fiamme prima!”
Ursa1 e i bambini risero a quella battuta .
“… E comunque, fino ad allora, godetevi questi regali: per Zuko un pugnale col manico di madreperla che era del generale che si è arreso quando abbiamo abbattuto le mura della città. Notate le iscrizioni e la raffinata fattura”
Zuko corse verso il cuscino che teneva il pugnale. Subito lo estrasse dal fodero e lesse l’iscrizione citata da Iroh.
Non arrenderti mai senza combattere
Il bambino iniziò subito ad agitarlo e a saggiarne la leggerezza.
“… E per Azula, una nuova amica. Indossa un abito che è all’ultima moda tra le ragazze”
Azula afferrò la bambola e la guardò disgustata.
“Bleah”, commentò. Poi guardò la madre, con il suo solito sorriso beffardo.
“Se lo zio non dovesse tornare vivo dalla guerra, allora il papà sarebbe il prossimo a diventare Signore del Fuoco”
“Azula, noi non parliamo in questo modo! Sarebbe terribile se lo zio Iroh non tornasse vivo! E poi il Signore del Fuoco Azulon è il ritratto della salute”, la rimproverò Ursa.
Zuko guardò male la sorella.
“Ti farebbe piacere se il cugino Lu Ten desiderasse la morte di papà?”
“Sono convinta che nostro padre sarebbe un Signore del Fuoco migliore di Sua Stravagante Altezza amante del the!”, commentò Azula, tendendo il braccio che teneva la bambola e dandole fuoco con il suo dominio.
La discussione finì lì.

Giorni dopo accadde una disgrazia.
Mentre erano nel giardino reale, e Ursa stava contemplando il laghetto, una delle guardie le si avvicinò porgendole una pergamena. Ursa l’aprì e ciò che lesse l’addolorò talmente tanto che pianse. I bambini se ne accorsero e si avvicinarono.
“Iroh ha perso suo figlio… Vostro cugino Lu Ten non è sopravvissuto alla battaglia”
Zuko ne rimase sconvolto.

Dopo aver appreso la notizia, Ozai informò Ursa che aveva richiesto udienza presso suo padre prima dell’arrivo di Iroh.
Ursa andò ad avvisare Zuko e Azula, che si trovavano nella sala dello scranno a discutere animatamente.
“Vostro padre ha richiesto udienza presso il Signore del Fuoco Azulon. Andatevi a vestire, presto”
Zuko andò via, mentre Azula rimase ferma al suo posto.
“Il Signore del Fuoco Azulon! Non potresti semplicemente chiamarlo il nonno? Non è esattamente il potente Signore che era una volta. Probabilmente qualcuno finirà per prendere il suo posto”, commentò sprezzante.
Ursa si arrabbiò.
“Signorina! Basta! Non un’altra parola!”
Azula scappò via infastidita.
“Perché si comporta in questo modo?”, sospirò fra sé e sé.
L’udienza si svolse come era solito.
Azulon faceva domande ai bambini circa la storia del loro paese e i precedenti Signori del Fuoco. In particolare, riguardo alle precedenti battaglie, Zuko aveva difficoltà, mentre l’argomento sembrava interessare molto la minore. Dopo aver risposto correttamente a una domanda, Ozai, che stravedeva per la piccola, la incitò a mostrare le nuove forme di dominio che aveva imparato.
“Sei un vero prodigio, tesoro. Proprio come tuo nonno, da cui prendi il nome”, commentò Ozai.
In quel momento Zuko si alzò e Ursa lo guardò preoccupata.
“Vorrei mostrare anche io qualcosa che ho imparato!”
Lo vide fare la stessa sequenza di Azula, ma già al primo salto scivolò e cadde. Ursa si alzò preoccupata, ma vide che Zuko non si era fatto nulla ed era intenzionato a riprendere.
Ma al secondo salto, Zuko cadde nuovamente e Ursa corse da suo figlio.
“Ho fallito…”, mormorò tristemente, delle lacrime solcarono il suo viso.
“No, sei stato bravo, amore mio”, lo rassicurò la donna.
“E’ così che sei fatto! Sei una persona che continua a combattere anche se è difficile”
“Principe Ozai! Perché mi fai perdere tempo con queste dimostrazioni? Dimmi che cosa vuoi! E che gli altri se ne vadano”, latrò Azulon.
Ursa fece alzare i bambini, pensando la seguissero.
Ma quella notte tutto prese una piega inaspettata.

Mentre tornava alle sue stanze, Ursa sentì del trambusto provenire dalla camera di Zuko.
Il bambino si trovava semidisteso sul letto e la sorella seduta sulla sponda che parlava animatamente. Non riuscì a sentire il discorso, ma solo Zuko che gridava.
“Smettila! Stai mentendo! Papà non mi farebbe mai una cosa del genere”
“Tuo padre non ti farebbe mai cosa? Che cosa sta succedendo qui?”, chiese avvicinandosi ai due.
Azula sollevò le spalle.
“Non lo so!”, mentì. Ursa la prese per il braccio.
“Io e te ora parliamo”, disse trascinandola via.
La portò poco lontano da lì e si fermò in mezzo al corridoio, controllando che nelle vicinanze non ci fosse nessuno.
“Ora dimmi tutto”, le ordinò. Azula sfoderò il suo sguardò più innocente di cui era capace.
“Beh… Accidentalmente ho sentito il nonno parlare con papà nella sala del trono”
Accidentalmente?”
“Papà ha chiesto il diritto al trono dello zio Iroh e il nonno si è arrabbiato davvero tanto. Non poteva credere che papà chiedesse una cosa del genere così presto dalla morte di Lu Ten… Ora per punizione papà dovrà uccidere Zuko! Il nonno vuole che provi il dolore di perdere il suo primogenito!”
Ursa non poteva credere alle proprie orecchie. Un brivido le percorse la schiena. Ozai sarebbe stato capace di farlo. Avrebbe veramente ucciso Zuko, lo sapeva. Doveva assolutamente fare qualcosa.
“Oh, mammina! Sono così preoccupata per Zuko! Papà non farà una cosa del genere a Zuko, vero?”, chiese con voce innocente Azula.
“Vai a letto, piccola. Adesso”, le ordinò Ursa prima di cercare Ozai.
Lo trovò davanti alla grata di una delle numerose finestre del palazzo.
“Ozai! Non puoi farlo!”, gridò.
Ozai sembrava quasi titubante e nervoso. Che alla fin fine avesse a cuore la sorte del figlio tanto odiato?
Queste fece ben sperare Ursa, alla quale era venuta un’idea per impedire che il suo primogenito venisse ucciso e far sì che Ozai ottenesse ciò che desiderava senza far del male ai suoi figli.
Ozai la guardò, i pugni stretti.
“Non ho scelta. Rifiutare un ordine del Signore del Fuoco sarebbe tradimento. Ma sono un uomo misericordioso. Aspetterò che dorma, non sentirà nulla”
Ursa non volle sentire quelle parole e quasi lo interruppe.
“Ascolta attentamente. Ti voglio proporre un patto”
“Non hai nulla che possa interessarmi”, rispose Ozai tornando a fissare fuori dalla finestra.
“Tu vuoi il trono”
“Continua”
“So come preparare un veleno incolore e inodore, completamente introvabile. Provoca una morte silenziosa, come cadere in un sonno profondo. Te ne darò una fiala in cambio della vita di Zuko. Una volta che avrai il veleno potrai farne ciò che desideri”
“Esattamente, dove hai imparato a preparare tale sostanza?”, le chiese curioso Ozai.
“Mia madre era un’esperta erborista”
“Molto abile, cara moglie, molto abile… Accetto la tua proposta. Ma c’è una condizione”
Ozai si girò a guardarla, beffardo come sempre.
Ursa lo guardò senza capire.
“Una volta fatto il nostro accordo, dovrai lasciare la Capitale e non tornarvi mai più. Con te in giro sarà solo questione di tempo prima che un veleno incolore e inodore venga usato contro il nuovo Signore del Fuoco”
“Ottimo, ma porterò i miei figli con me!”
“Oh no, cara. I bambini saranno la mia garanzia. Tanto a lungo terrai il silenzio, tanto a lungo non verrà torto loro un capello”, le sussurrò maligno Ozai, a pochi centimetri dal suo volto.
“Se proverai a rimanere o a portare i bambini con te, in ogni caso ti darò la caccia, fino alla fine dei tuoi giorni. Ricordati solo cosa ho fatto al tuo prezioso fidanzato
Ursa sbarrò gli occhi. L’aveva incastrata. Ora avrebbe dovuto abbandonare per sempre i suoi figli, o lui li avrebbe uccisi… Il suo destino poteva essere più gramo di così?

Quella notte Ursa si fece consegnare gli ingredienti dai servi e preparò il veleno per uccidere Azulon. Aveva già il mantello addosso, quando consegnò la fiala a Ozai.
Il suo sguardo non mostrava risentimento o tristezza circa la sua sorte. Ma in fondo, Ursa l’aveva sempre saputo. Lui amava il potere, non poteva amare qualcun altro.
Prima di andarsene, Ursa si fermò a salutare i bambini. Diede un bacio sulla guancia ad Azula, che dormiva serenamente. Il suo volto era molto più angelico e dolce quando dormiva. Anche se possedeva la stessa scintilla maliziosa del padre, era pur sempre figlia sua e l’amava con tutta se stessa.
Poi andò da Zuko.
Anche a lui diede un bacio sulla guancia, ma il maggiore si sollevò dal letto e, stropicciandosi un occhio, la chiamò.
Il cuore di Ursa fece un balzo. Corse da suo figlio e lo accarezzò.
“Zuko, amore, ti prego tesoro, ascoltami”
Zuko la guardò assonnato, cercando di prestare attenzione nonostante il sonno stesse prendendo il sopravvento.
“Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto solo per proteggerti”, ammise con voce tremante Ursa, abbracciando suo figlio. Nel silenzio della notte, sentirono dei passi e Ursa sciolse l’abbraccio con urgenza.
“Ricordati questo, Zuko: per quanto possa sembrare che le cose cambino, tu non dimenticare mai chi sei!”
Ursa si allontanò. Sorrise un’ultima volta a suo figlio. Non voleva la vedesse piangere… Alzò il cappuccio…
E si allontanò da quel palazzo, senza mai voltarsi indietro.






1Anche se di indole buona, Ursa è pur sempre una Principessa della Nazione del Fuoco e, se per noi questa può sembrare una battuta di cattivo gusto, per loro faceva ridere.












































Angolo dell'autrice

Salve!!
Vi prego non linciatemi xD ammetto, ahimè, di essermi dimenticata dell'appuntamento della settimana scorsa ^^"
Ho avuto un compleanno e tre giorni dopo un esame, quindi mi perdonate? ^^" spero di sì!
Come preannunciato, ecco i versi dei Nightwish che hanno ispirato questa povera e pazza autrice a scrivere questa raccolta *-* vi avverto, la canzone è tristissima ma la trovo di una bellezza struggente.
Questo capitolo racconta della fine di Ursa come principessa, del suo esilio forzato. Credo che più di tutti questo capitolo mostri l'amore di Ursa per i propri figli, da qui "a mother's love is a sacrifice". Perché alla fine penso sia così, l'amore di una madre è un sacrificio e penso che ogni madre sia pronta a sacrificarsi per amore del proprio figlio.
Parentesi filosofica chiusa xD
Come ripeto ogni volta, le informazioni per la mia storia le ho prese dal wikia di Avatar, nella sezione dedicata ad Ursa
, nel fumetto The Search ma in particolare per questo capitolo le ho prese dall'episodio 7 stagione 2 "Zuko Alone".
Di seguito vi lascio qualche link utile, in caso vogliate seguirmi:


Ringrazio Donnasole e in particolare LanceTheWolf per la sua simpatia e gentilezza! Prometto di ricambiare presto! <3
Il prossimo aggiornamento sarà il 10 Giugno (salvo esami vari, help!).
Alla prossima!
Vostra

Sylvia Naberrie

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Capitolo 4
*** Atto IV- Noriko ***




ATTO IV: NORIKO



This is who I am
Escapist, paradise seeker
Farewell now time to fly
Out of sight, out of time, away from all lies!


[from “Escapist” – Nightwish]




Ursa era riuscita a trovare un pescatore che fosse disposto a portarla all’isola di Hir’a. Era notte fonda e a quell’ora nessuno passeggiava per le stradine del piccolo villaggio. Nonostante ciò Ursa decise di tirarsi su il cappuccio, non voleva rivelare a nessuno la sua vera identità.
Giunta nella zona del villaggio dove si trovava la sua vecchia casa, esitò. Cosa avrebbero detto i suoi genitori? E gli abitanti del villaggio?
Decise di non pensarci e si avviò. La fattoria che ospitava casa sua era leggermente diversa. Ursa non ci fece caso, in fondo era mancata per tanti anni, e arrivata alla porta bussò con decisione.
Dopo poco, la porta si aprì e… apparve una bambina.
“Chi…?”, biascicò confusa Ursa.
“Posso aiutarla, signora?”, chiese altrettanto confusa la bambina sorreggendo un lumino.
“Perdonami per disturbare a quest’ora tarda. Sto cercando la mia… Sto cercando il magistrato Jinzuk e sua moglie Rina”, chiese con gentilezza la donna. Il viso della bambina si fece triste.
“Oh… Sono morti entrambi qualche anno fa. Mi dispiace”, rispose rattristita la bambina.
Delle lacrime calde fecero capolino dagli occhi di Ursa, che li trattenne. Ringraziò la bambina e andò via.
La sua famiglia non c’era più e lei non ne aveva saputo nulla… Non aveva potuto abbracciare sua madre, rivedere suo padre... Non aveva potuto assisterli nella loro vecchiaia... E loro non avevano potuto vedere e giocare con i loro nipotini... Com'era ingiusta la sua vita.
Ursa si guardò intorno. Molti recinti degli animali erano stati spostati. Chissà se la serra era ancora aperta. Ursa si girò e vide che nella sua vecchia casa il lumino della bambina era ancora acceso. Forse la stavano osservando. Decise così di andar via, salutando il luogo dove era nata e cresciuta. Ma... dove sarebbe andata adesso?
Si ritrovò a vagare per il villaggio e trovò il palco degli spettacoli teatrali allestito. Ursa sorrise. Quanti bei ricordi lì…
Sedette sul palco e lasciò cadere le sue lacrime.

Stavano spuntando i primi raggi di sole quando Ursa vene destata da una voce maschile.
“Se sta cercando un ruolo nella produzione di quest’anno ho cattive notizie per lei. I provini sono terminati settimane fa”
Ursa alzò lo sguardo di scatto.
A parlare era stato un uomo più grande di lei, con capelli che si stavano ingrigendo legati a coda da un cordoncino rosso e il viso incorniciato da una barba curata e dei folti baffi. Ursa abbassò lo sguardo e cercando di non farsi notare tentò di pulire il viso dalle lacrime cristallizatesi sulle sue guance.
“Oh no… Non sapevo dove altrimenti… Io sto… sto solo ricordando vecchi momenti”, biascicò la donna.
“Oh… Scusami, non me ne ero accorto”, mormorò imbarazzato l’uomo, grattandosi la testa nervoso. Ursa non si accorse che l’uomo la stava fissando intensamente e con gli occhi spalancati, mentre lei si asciugava l’ultima lacrima solitaria.
“Il mio nome è Noren. Sono il direttore della troupe teatrale di Hir’a”, si presentò Noren facendo un rispettoso inchino.
“E nonna Gouhl?”
“Ho preso il suo posto quando si è ritirata”
Ursa ricambiò l’inchino.
“È un piacere conoscerti, Noren”
“Sai, i vecchi ricordi non devono essere sempre sgradevoli”
“Che cosa intendi?”
“È quasi l’alba. Stare seduta su un palco vuoto sembra un modo terribile per iniziare la giornata. Forse potrei comprarti la colazione?”, le propose Noren tendendole una mano. Ursa sorrise.
“È molto gentile da parte tua. Grazie”

Trovarono un tavolo libero in uno dei piccoli chioschetti di Hir’a. Ordinarono da mangiare e sedettero. Nonostante non lo conoscesse affatto, Ursa sentiva una certa familiarità con quell'uomo e lo osservò più attentamente.
“Il tuo nome pare proprio una strana coincidenza”, commentò Ursa.
“In che senso?”
“Ne ‘L’amore tra i Draghi’ l’Imperatore Dragone prende il nome di ‘Noren’ quando entra nel mondo mortale. Ora tu, un uomo chiamato Noren, dirigi quello stesso spettacolo. Strano, vero?”, sorrise Ursa.
Noren si pulì la bocca dalla zuppa e le rispose affabile.
“Beh, hai ragione Ursa”
La donna alzò lo sguardo impaurita. Il cuore le battè all’impazzata.
“Sono certa di non aver mai rivelato il mio nome!”, sussurrò impaurita.
Possibile che quell’uomo la conoscesse? Era forse una spia di Ozai? Una delle tante che aveva tenuto sott'occhio lei e Ikem prima del suo arrivo?
“Oh, io…”
Noren sembrava imbarazzato. Ursa posò le bacchette sul tavolo e si alzò.
“Non so a che gioco stai giocando… Grazie per la colazione, buona giornata”, e fece per andarsene. Sentì alle sue spalle che Noren si era alzato dal tavolo.
“Per favore, non andartene! Siediti! Lasciami spiegare!”
Ursa non l’ascoltò e continuò imperterrita la sua strada. Non si sarebbe lasciata abbindolare da quello sconosciuto.
“Quando avevamo sei anni, mi hai dato un calcio nello stomaco e gettato a terra nel fango…”
Ursa si fermò. I suoi occhi erano spalancati e increduli. Si voltò titubante.
“E quando avevamo ventun anni hai distrutto il mio cuore…”, continuò Noren.
“Non può essere…”, sussurrò Ursa con il cuore che le batteva all'impazzata.
“… E ora te ne stai andando prima di avere una discussione vera e propria?”
Ursa lo guardò incredula. Possibile…?
“Mia amata Ursa, non credi di avermi fatto male abbastanza?”, disse Noren con le lacrime agli occhi.
Una lacrima calda scivolò sulla guancia di Ursa.
Era un sogno. Non poteva essere altrimenti.
Dalle sue labbra uscì un sospiro che mostrava tutti i suoi sentimenti, la sua gioia ma anche il suo dolore.
Ikem…

Noren la portò al vecchio deposito delle maschere. Quanti ricordi che aveva lì! I giochi, le risate, i baci rubati…
“Quando ero a palazzo ne avevo una scorta segreta fatta per ricordarmi della troupe. Per ricordarmi di te”, disse Ursa sollevando la maschera dell’Imperatore Dragone.
“Dopo che te ne sei andata sono morto. Non letteralmente, ma era come se lo fossi. Tutti in città ci conoscevano come Ursa e Ikem. A volte la gente veniva qui per dirmi che tutto sarebbe andato bene, ma nel profondo sapevano di mentire. Altre volte non dissero nulla. Mi osservarono e basta, come se fossi stato sfigurato. Forse lo ero”, Noren sospirò, poi risprese.
“Era troppo doloroso rimanere là, sebbene fosse stato l’unico posto a cui appartenevo. Così ho fatto come fanno le persone quando vogliono dimenticare le proprie pene. Sono andato nella Valle Dimenticata. E là… sono successe delle cose incredibili. Sai cosa dicono le persone riguardo al mondo degli spiriti? Beh, è tutto vero. Un potente spirito erra nella valle dimenticata da millenni… e se si è fortunati abbastanza, lei può darti un nuovo volto. Una nuova identità… una nuova vita! Sono tornato a Hir’a nei panni di un’altra persona”
Ursa accarezzò la guancia di Noren.
“Sembra tutto così impossibile. Eppure sei qui, di fronte a me. Il mio amato Ikem, con un nuovo volto”
Rimasero qualche secondo in silenzio, che venne successivamente interrotto da Ursa.
“Perché non ti sei sposato? Avuto dei bambini?”
“Ursa… lo sai il perché”, rispose sconsolato Noren.
“Quindi Ozai mentiva. Non ti ha mai trovato. Il tuo nuovo volto ti ha sempre tenuto al sicuro”, mormorò sollevata Ursa.
“Ecco… un nuovo volto potrà tenere al sicuro anche te! Ti porterò alla Valle Dimenticata e troveremo lo spirito! Così potremmo ricominciare, insieme!”, esclamò con veemenza Noren, afferrandola per le spalle con dolcezza. Ursa sorrise ma il suo sorriso si spense veloce come era arrivato.
“Ci sono tante cose che vorrei lasciarmi alle spalle là al palazzo reale… Ma sono una madre ora, capisci? Non posso abbandonare i miei bambini”, constatò tristemente lei.
Ursa posò la maschera dell’Imperatore Dragone che teneva tra le mani. Un’idea le balenò nella mente.
“Ma se ottengo un nuovo volto… Forse potrò ritornare alla capitale non vista! Forse così potrò almeno vedere i miei bambini… Assicurarmi che stiano bene!”
“E dopo cosa succederà? Vorresti stare in città, sperando di poterli vedere di sfuggita? Guardarli che crescono da lontano? Che razza di vita sarebbe?”, esclamò con veemenza Noren. Ursa distolse lo sguardo.
“Tu non sai cosa si prova. Loro sono sempre qui. Una parte di me si chiede cosa stiano facendo… Si chiede se siano felici, o tristi, o se soffrono… sempre. È una tortura!”, pianse Ursa. Noren la guardò impotente.
'Però... Se ottengo un nuovo volto potrò restate a Hir'a senza che Ozai possa spiarmi... Potrei tornare alla capitale qualche volta. E vivere una nuova vita con Ikem. Sarò libera!'
Ursa sollevò lo sguardo, nel suo volto Noren lesse una nuova determinazione.
“Forza, andiamo alla Valle Dimenticata, Ikem. Incontriamo questo tuo spirito”

Prepararono quel giorno tutto l’occorrente per stare via molte settimane, anche mesi. Prepararono numerose bisacce e sacchi a pelo. E così quando il sole era già alto in cielo, Ursa e Noren si incamminarono nella Valle Dimenticata mano nella mano.
Passarono le prime notti dormendo abbracciati sui rami dei grandi alberi della Valle, per proteggersi da eventuali predatori e spiriti. Ursa tra le braccia di Ikem si sentiva al sicuro e amata. Non vi era confronto con Ozai. Finalmente, dopo tanto tempo, poteva dormire serena.
I giorni successivi invece iniziarono a tagliare rami e a costruirsi un’abitazione che fosse più o meno confortevole e che potesse ospitarli per un periodo indeterminato. Impararono a cacciare, a pescare, ad accendere un fuoco nonostante la pioggia battente, a seguire le orme.
I mesi passavano, ma della Madre dei Volti ancora non vi era alcuna traccia.

Stavano chiacchierando animatamente quando all’improvviso, alle loro spalle, sentirono lo sciabordio dell’acqua, come se un gigantesco animale si stesse abbeverando nel lago alle loro spalle.
Ursa e Noren si girarono di scatto… ed effettivamente un gigantesco lupo grigio stava intingendo la sua lingua nell’acqua intento ad abbeverarsi.
Il cuore di Ursa iniziò a battere più velocemente. Noren le aveva riferito che, affinchè la Madre dei Volti potesse palesarsi, un gigantesco lupo-spirito doveva bere in uno dei numerosi laghi della Valle.
“Noren, quello è…?”
“Lo spirito lupo. Significa che siamo nel posto giusto. La Madre dei Volti deve essere vicina”
Ursa abbassò lo sguardo. Aveva paura e allo stesso tempo era triste. Avrebbe detto addio al suo volto, a quello che le avevano dato i suoi genitori per uno nuovo e sconosciuto.
Noren si accorse del suo dispiacere.
“Non essere triste, Ursa. Questo è quello che vuoi. Con un nuovo volto, potresti essere in grado di vedere di nuovo i tuoi bambini”
Ursa si commosse. Ikem la amava nonostante tutto, nonostante fosse stato costretta ad abbandonarlo. E sapeva che nel suo cuore il suo amore era rivolto anche ai suoi figli. Sebbene fossero nati dalla sua unione con Ozai, Ursa li amava più della sua stessa vita e Ikem aveva accettato tutto ciò.
In quei mesi avevano imparato a conoscersi, tutto quel tempo passati lontani l'uno dall'altra li aveva cambiati ed entrambi avevano accettato le reciproche differenze e avevano scoperto che il loro amore era ancora più forte di quando si erano lasciati.
“Questi ultimi mesi, vivendo nella foresta con te… Mi sento come se avessi finalmente trovato il mio posto nel mondo”
Noren le prese dolcemente le spalle.
“Magari c’è un’altra opzione! E se portassi i tuoi bambini a Hir’a? Potremmo vivere insieme, come una vera famiglia!”
Ursa lo guardò sorridente. Amava profondamente Noren, ancor più per ciò che le aveva appena detto. Ma il suo sorriso si spense ripensando alle ultime parole di Ozai.
'Se proverai a rimanere o a portare i bambini con te, in ogni caso ti darò la caccia, fino alla fine dei tuoi giorni. Ricordati solo cosa ho fatto al tuo prezioso fidanzato.'
“Tu non sai com’è fatto Ozai. Non metterei solo in pericolo me e i miei bambini, ma anche te e probabilmente l’intero villaggio”
Noren la osservò impotente. Il suo sguardo si distolse non appena dal lago si sentirono numerosi sciabordii. La Madre dei Volti stava per arrivare.
“Andiamo”, le disse trascinando la donna verso le sponde del lago.
Un’enorme figura si erse dal lago. Sembrava fatta di fronde: presentava cinque teste il cui volto era indefinibile e mostrava solo le labbra. Attorno questa maestosa figura ruotavano numerosi volti di tutti i tipi e carnagioni.
Ursa si avvicinò titubante, guardando timorosa Noren che le sorrideva tentando di rassicurarla. Una voce tonante, dal timbro femminile, squarciò l’aria silenziosa della foresta.
“Umana, cosa mi chiedi?”
Ursa chinò il capo tra l’intimorito e il rispetto.
“Madre dei Volti, perdoni questa intrusione. Il mio nome è Ursa. Io… Io ho sentito che lei può darmi un nuovo volto. Una nuova identità”
“Perché un’umana di tale bellezza dovrebbe desiderare un nuovo volto? Saresti disposta ad accettarne uno molto più semplice del tuo?”, la mise alla prova la Madre dei Volti, mostrandole con una mano di fronde un volto di una donna che sembrava più grande di lei. Il volto aveva le guance più grosse delle sue ed era meno aggraziato del suo, più sempliciotto e sbozzato. Era il tipico volto di una contadinella anonima.
“Qualsiasi volto mi va bene, purchè sia nuovo”, rispose Ursa determinata.
“Ursa, avverto molto dolore in te. Credi davvero che un nuovo volto rimuoverà tutta questa sofferenza?”
“No, certamente no. Il mio dolore viene dai ricordi di una vita che non mi sono scelta”
“Posso fare di più che darti un nuovo volto. Posso darti una nuova mente… Una che non ricorda la vita che ti lasci alle spalle”
Ursa guardò stupita la Madre dei Volti. Davvero poteva dimenticare tutto? Ma…
“Mi ricorderò di lui?”, chiese girandosi verso Noren.
“Fa parte della vita che vuoi dimenticare?”
“No”
“Allora ti ricorderai di lui”
“E riguardo i miei bambini? Mi ricorderò dei miei bambini?”, domandò preoccupata Ursa.
“Fanno parte della vita che vuoi dimenticare?”
“Sì”
“Allora non ti ricorderai di loro”
Ursa scoppiò in lacrime. Come poteva scegliere? Avrebbe per sempre dimenticato i suoi bambini, il suo amore per loro, le loro risate, i loro pianti… I loro sogni.
Poteva veramente fare una cosa del genere?
“Devi scegliere”, ordinò la Madre dei Volti.
Lacrime calde bagnarono il viso di Ursa. Stava per fare una cosa terribile per una madre.
“Zuko… Azula… Sono davvero orribile…”, sussurrò tra sé e sé.
“Desideri avere sia un nuovo volto sia una nuova mente?”, ripetè la Madre dei Volti.
“Sì”
“Stai ferma”
Ursa fece come le aveva ordinato lo spirito. Chiuse gli occhi e rimase immobile.
In quel momento ripensò ai suoi bambini, a tutti i bei momenti che aveva passato con loro. Ai loro sorrisi, ai loro occhi, alle loro risate… Ripensò ai loro abbracci, alle loro parole d'amore, ai giochi sulla spiaggia, alla loro gioia di vivere... E infine ripensò a quando erano nati, alla gioia che aveva provato quando li aveva stretti a sé per la prima volta.
Qualcosa di caldo e luminoso le sfiorò il viso e sentì le mani della Madre dei Volti stringersi sul suo volto. Un’improvvisa luce l’accecò e Ursa gridò dallo spavento. Una voce la chiamò ma Ursa non riuscì a sentirla.
All’improvviso tutti i suoi ricordi svanirono, come se qualcuno li stesse cancellando uno ad uno. L’ultima immagine della sua mente che ritraeva i suoi bambini gioiosi su una spiaggia, all’improvviso si ingrigì fino a diventare nera… e tutto si fece nero.
Cosa…? Cosa stava cercando di ricordare? Non lo sapeva… L’ultimo ricordo che aveva era di Noren che la chiamava. Noren…! Dov’era?
La donna cominciò a muoversi alla cieca. Non vedeva più nulla.
“Noren? Dove sei?”
L’uomo chiamato Noren le si avvicinò e l’abbracciò stretta a sé.
“Sono qui. Sarò sempre qui”

Un paio di mesi dopo, Noren e Noriko1 convolarono a nozze. Il villaggio festeggiò l’unione di Noren con quella sconosciuta che aveva conosciuto chissà dove ma che già aveva iniziato a farsi amare da tutti, quasi come se fosse nata e cresciuta lì da tanto tempo.
Un anno dopo la loro unione, i due amanti ebbero una bellissima bambina di nome Kiyi, dolce come la madre e attiva e curiosa come il padre.
E la vita scorse tranquillamente per altri quattro anni, quando dei misteriosi forestieri arrivarono ad Hir’a…










1Noriko è la nuova identità di Ursa, come Noren lo è per Ikem.












































Angolo dell'autrice

Bonjour! O bonsoir, dipende a che ora state leggendo questo capitolo xD
Come sempre sono in ritardo, scusatemi ^^"
Siamo quasi giunti alla fine! Come ho scritto nelle note del primo atto, non so se la continuerò finché Ursa ritorna al palazzo, ma ci sto facendo un pensierino ;)
Il prossimo, che potenzialmente sarà anche l'ultimo capitolo, sarà più cortino. Ve lo dico prima così non vi lamentate xD
Non so molto che dire stavolta ahah quindi vi lascio direttamente i link utili dove potete trovarmi ^^


Come sempre, ringrazio Donnasole e in particolare LanceTheWolf per avermi lasciato un loro parere e ringrazio anche tutti voi, lettori silenziosi, che leggete, mettete tra le preferite, seguite e/o ricordate questa raccolta!
Il prossimo aggiornamento sarà il 24 Giugno.
A presto!
Vostra

Sylvia Naberrie

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Capitolo 5
*** Atto V - Il mio vero volto ***




ATTO V: IL MIO VERO VOLTO



Bring me home or leave me be
My love in the dark heart of the night
I have lost the path before me
The one behind will lead me
[…]
Redeem me into childhood
Show me myself without the shell
Like the advent of May
I’ll be there when you say
Time to never hold our love

[from “Ghost Love Score” – Nightwish]




Quel pomeriggio Noren era giunto a casa con degli ospiti inattesi.
Erano tre ragazzi e due ragazze. Un ragazzo e una ragazza si presentarono come due fratelli di nome Sokka e Katara. Un altro ragazzo, molto vicino alla giovane di nome Katara, si presentò come Aang e Noriko notò subito del tenero tra lui e Katara. Infine, gli ultimi due, un ragazzo e una ragazza, si presentarono come Zuko e Azula, anch’essi fratello e sorella, ma il loro rapporto non sembrava unito e saldo come quello degli altri due ragazzi.
Il ragazzo di nome Zuko aveva una cicatrice sull’occhio sinistro, ma nonostante ciò aveva riscosso sin da subito l’attenzione e la simpatia di Kiyi che non esitò a mostrargli la sua bambola preferita.
Si presentarono come storici di teatro e chiesero informazioni su una certa Ursa. Molte erano le storie che circolavano su di lei nel villaggio.
Si diceva fosse innamorata di un giovane di nome Ikem e che un brutto giorno fosse stata chiamata a palazzo per una questione importante, altri dicevano che fosse diventata la moglie del Principe cadetto del Fuoco, altri che fosse scomparsa nel nulla. Di contro, il povero Ikem scomparve nella Valle dell’Oblio e nessuno ne aveva più avuto notizie.
I giovani che erano venuti a casa loro pranzarono con loro e infine decisero di andar via.
Ma non restarono via a lungo…

Quella sera, mentre Noriko e la sua famiglia stava cenando, qualcuno bussò.
Noren si alzò ad aprire e Noriko sentì dirgli: “Sentivo che saresti tornato”
Dalla voce che proveniva dall’esterno capì che si trattava del ragazzo con la cicatrice, Zuko.
Perché Noren aveva risposto in quel modo a quel ragazzo? Che significava?
Anche Kiyi si accorse della sua presenza, infatti appena lo sentì, subito corse ad abbracciarlo, gioiosa.
“Sei tornato! Sei tornato perché siamo migliori amici!”, sentì sua figlia gridare felice.
“Kiyi! Che bello rivederti!”, esclamò felice Zuko.
“Vieni a cenare con noi!”, esclamò Kiyi trascinando il ragazzo per il braccio.
“Non so se…”
“No, per favore, unisciti a noi”, insistè Noren. Da parte sua, Noriko era ben lieta di ospitare a casa sua quel giovane. Sentiva che in qualche modo fosse legato a lei.
Mentre cenavano però, notò che il ragazzo la stava fissando insistentemente.
Noriko si sistemò una ciocca nervosamente. Qualcosa non andava nella cena?
“Non hai toccato cibo ancora. C’è qualcosa che non va?”, chiese. Forse la cena non era di suo gradimento.
“Fate questo tutte le sere?”, chiese inaspettatamente Zuko.
“Cosa, cenare? Non cenano tutti ogni sera?”, chiese ingenuamente Kiyi.
“No, intendo cenare insieme. Come ora”
“Sì, certamente. È per questo che stiamo cenando così tardi. Ho insistito per aspettare fino a che Noren tornasse a casa”, rispose Noriko lanciando uno sguardo carico d’amore verso Noren.
“Lo apprezzo molto, cara. Le prove dello spettacolo sono finite tardi”, si giustificò Noren.
“Quindi cosa ti porta di nuovo per questa strada? Stai cercando nuovi dettagli sulla compagnia teatrale di Hir’a?”, chiese Noriko sorridendo.
“No, sono venuto per trovare…", Zuko si interruppe e Noriko lo vide esitare per un attimo per poi sollevare lo sguardo deciso.
"Dimmi, Noriko, sei felice?”, chiese Zuko con un’espressione molto seria.
“Che cosa strana da chiedere!”, commentò la donna.
“Rispondimi e basta, per favore”
Noriko rimase interdetta. Perché quella domanda? Ma per il ragazzo sembrava una questione davvero molto importante perciò decise di rispondergli sinceramente.
“Sì, certamente. Sono dove dovrei essere”, esclamò serena Noriko. Zuko sorrise soddisfatto e fece per alzarsi.
“Vi ho disturbati abbastanza. Buona serata”
“No, fermo”, gli ordinò Noren. Poi si voltò verso la moglie e le prese la mano.
“Noriko, sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato”
“Che sta succedendo?”, chiese confusa la donna.
“Avanti, ragazzo. Fai quello che sei venuto a fare. Dille che non hai dimenticato chi sei”
Noriko guardò confusa il marito e il ragazzo. Che stava succedendo?
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Zuko si voltò.
“Il mio nome è Zuko. Sono il Signore del Fuoco… E sono tuo figlio”
Noriko lo guardò senza capire. Suo figlio? Com’era possibile?
Suo marito prese la parola.
“Quando ti ho visto fra la folla ti ho riconosciuto immediatamente a causa della tua cicatrice. Ho imparato tutto ciò che potevo sulla vita di Ursa nel palazzo reale. Sapevo che un giorno essa sarebbe tornata a perseguitarci. Perdonami per non averti detto tutta la verità quanto tu e i tuoi amici eravate qui, Signore del Fuoco. Avevo sperato di darti abbastanza informazioni per soddisfarti, ma anche per proteggere la mia casa qui con Ursa”, disse Noren inginocchiandosi e prostrandosi ai piedi del ragazzo.
“Ursa?”, chiese confusa Noriko.
“Questo era il tuo nome, amore mio. Dalla tua vita passata. Una volta eri la Principessa della Nazione del Fuoco, avevi due bambini, uno di loro è cresciuto per diventare il Signore del Fuoco”, spiegò Noren.
“Mamma? Che sta dicendo papà?”, chiese impaurita Kiyi abbracciando la madre.
“Non ricordi nulla di tutto ciò perché un potente spirito ha alterato i tuoi ricordi”, poi si rivolse a Zuko, “Anche io ho un vecchio nome. Una volta ero conosciuto come Ikem”
“Ikem!”, gridò Zuko. Tornò a sedersi.
“Quindi… quindi forse è questo il mio posto! Con mia madre, mia sorella… e mio padre”
“No… non è possibile… Ursa ed io non abbiamo mai…”
Noren fu interrotto da dei rumori provenienti dall’esterno, come se qualcuno stesse camminando sul tetto.
“Signore del Fuoco, cosa sta succedendo?”, chiese Noren nervoso.
“Restate qui, vado a controllare”, esordì Zuko.
“Papà, ho paura!”, pianse Kiyi, mentre i rumori si facevano più assordanti.
“Sembra che qualcuno stia combattendo sul tetto”, constatò Noren preoccupato. E poco dopo infatti, il tetto di legno di quella umile capanna venne squarciato dal fulmine generato dalle dita di una ragazza che cadde dal tetto, insieme ad un’altra figura. Era Azula che stava combattendo con Sokka.
“Ho detto di toglierti dalla mia strada!”, gridò Azula scagliando con il piede una palla di fuoco azzurro sul fratello.
La ragazza salì sul tavolo e si fermò proprio di fronte a Noriko e la guardò con immenso disprezzo.
“Tu! Finalmente! Non posso dirti per quanto tempo ho sognato questo momento!”, gridò furiosa Azula.
“Mamma!”, gridò Kiyi, sbracciandosi tra le braccia del padre tentando di raggiungere la madre.
Azula si girò di scatto sentendo quel grido e il suo sguardo si fece ancor più irato. Dalle sue dita scintille azzurrine cominciarono a ronzare.
“Dimmi, madre, dovevi avere un’altra figlia, perché l’ultima è diventata un mostro del genere?”, gridò fuori di sé.
Il ragazzo di nome Sokka riuscì a distrarla lanciandole un boomerang e Zuko aiutò Noren e Kiyi ad uscire dalla stanza che stava già iniziando ad andare a fuoco.
Noriko tentò di fuggire, ma venne afferrata da Azula che la spinse verso una delle pareti della stanza, facendole sbattere la testa.
“È finita adesso!”, gridò la ragazza, sollevando la mano sinistra ed evocando una grande fiamma azzurra, mentre con l’altra mano la teneva per il colletto della tunica.
“Non so… di cosa… tu stia parlando”, biascicò a fatica Noriko a causa del fumo.
“Oh, davvero madre? Allora mi sono solo immaginata tutto? Non hai provato a sminuirmi dal momento che sono nata?”, gridò fuori di sé Azula, gli occhi spalancati e rossi, forse per il fumo, forse per le lacrime represse.
“Azula, lasciala andare”, le ordinò Zuko.
“Stai indietro, Zuzu! Ti avverto!”
Noriko sollevò il braccio e accarezzò la guancia della ragazza, le lacrime agli occhi.
Quella ragazza sembrava aver sofferto tanto. Nella sua rabbia e ira, Noriko sentiva anche una profonda tristezza e inquietudine, un profondo senso di solitudine.
Non sapeva se fosse quella Ursa di cui tutti parlavano o meno, ma non avrebbe permesso che quella povera ragazza soffrisse ancora, soprattutto se la causa fosse stata lei.
“Se quello che dici è vero… Se sono davvero tua madre… Allora mi dispiace di non averti amato abbastanza”, disse Noriko con le lacrime agli occhi.
Negli occhi di Azula comparvero delle piccole luci.
In quel momento, Zuko allontanò Noriko dalla ragazza e i due iniziarono una lotta con il dominio del fuoco.
Noriko osservò impotente e impaurita mentre i due ragazzi discutevano e lottavano.
All’improvviso, Azula scappò e sia Zuko che Noriko la inseguirono, ma la ragazza si inoltrò nella Valle dell’Oblio.
In quell’istante, una figura gigantesca apparve e Noriko la guardò affascinata.
Era la Madre dei Volti.
“Umana, desideri tornare quella che eri una volta? Desideri ricordare?”, tuonò lo spirito con la sua voce possente.
“No, non devi! Hai una vita così bella qui!”, la supplicò Zuko. Ma tutto quello che era successo aveva fatto capire a Noriko che c’era una parte di lei, una parte che tentava a tutti i costi di riaffiorare e non voleva più dimenticare.
“Sì”, rispose decisa.
E lo spirito le toccò il viso e un calore la pervase sul volto e nella mente e alla fine ricordò chi fosse.
Per quanto possa sembrare che le cose cambino, tu non dimenticare mai chi sei!
La donna sollevò il viso e aprì gli occhi.
“Io sono Ursa, figlia di Jinzuk e Rina, discendente dell’Avatar Roku, Principessa della Nazione del Fuoco. Moglie di Ikem. E madre di Zuko, Azula e Kiyi. Questo è il mio vero volto. Questa sono io”













































Angolo dell'autrice

Eccomi qui!
Mi spiace che il capitolo sia venuto così corto, purtroppo alla fine tutte le idee mi sono finite, lol xD
Spero che comunque vi sia piaciuta, ho cercato di essere il più fedele possibile al fumetto "The Search", soprattutto nella prima parte, quella meno approfondita.
Non spaventatevi di quel "Completa: Sì": come ho già detto le volte scorse, non so se continuerò la storia fino al ritorno di Ursa al Palazzo Reale, ci sto facendo un pensierino, in effetti. Ma se mai dovessi scriverlo, sappiate che sarà pubblicato dopo la sessione estiva lol xD exams are coming D:
Btw, spero vi sia piaciuta, ringrazio sempre chi ha messo tra le preferite/seguite/ricordate/da recensire questa raccolta, ringrazio i lettori silenziosi ma soprattutto chi mi ha lasciato un parere, in particolare Donnasole e LanceTheWolf per la loro gentilezza :3
Come sempre vi lascio direttamente i link utili dove potete trovarmi ^^


Grazie ancora a tutti!! A presto! :3
Vostra

Sylvia Naberrie

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