Un nuovo anello

di SmixaLegion
(/viewuser.php?uid=66076)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La nave ***
Capitolo 2: *** Lo sbarco ***
Capitolo 3: *** Una nuova casa ***
Capitolo 4: *** Nuova vita ***
Capitolo 5: *** Wicklow ***
Capitolo 6: *** Primi momenti insieme ***
Capitolo 7: *** Al lago ***
Capitolo 8: *** Un giorno da ricordare ***



Capitolo 1
*** La nave ***


JACOB

Eravamo partiti per l'ignoto, senza una meta ben precisa. Olive aveva fatto funzionare i motori di quel vecchio relitto su cui ci eravamo imbarcati per settimane, fino allo sfinimento. Enoch era rimasto sempre accanto a lei per supportarla, e a fine giornata di navigazione lei si accasciava sulla sua spalla ormai esausta, mentre Miss Peregrine calava l’ancora per la notte, un gesto che faceva ufficialmente terminare l’ennesima giornata trascorsa tra le acque.
Miss Peregrine, Fiona e i Gemelli si erano dati alla pesca, unica fonte di sostentamento in quel lungo viaggio che sembrava non avere fine.
Fiona aveva costruito una grande rete da pesca intrecciando i rami e le liane che era riuscita a far crescere dai pochi semi che le erano rimasti, e la cosa funzionava alla grande, Bronwyn tirava su ciò che erano riusciti a pescare e Olive prontamente arrostiva il pescato per cena o per pranzo. Il menù era abbastanza monotono, accompagnato raramente da un contorno degno di tale nome, ma in mezzo all’oceano non avevamo molta scelta.

Millard, Horace, Hugh e Claire ogni giorno scrutavano l’orizzonte, anche se l'unica cosa che riuscivano a vedere era l'immensa distesa d'acqua che ci inghiottiva, sempre più a largo.
Millard, non so come -probabilmente prima che la casa venisse distrutta dalla bomba all'azzerarsi dell'anello- era riuscito a portare con sé una breve guida sul mondo degli speciali, un piccolo libro con pagine sottili, con tantissime nozioni e avvenimenti di cui ignoravo l'esistenza, perché benché avessi scelto in modo folle di tornare da Emma e di vivere la mia vita nel 1943, non avevo nessuna conoscenza particolare sul mondo degli speciali o su come si vivesse in quell’epoca che non era la mia, imparare era l'unica cosa che potessi fare, studiare da quell'unico scritto e ascoltare i racconti a cui Miss Peregrine mi sottoponeva quasi ogni giorno: la vita degli speciali più importanti della storia, gli anelli più longevi esistiti, le Ymbryne più memorabili del trascorso speciale e tutti i più strani avvenimenti accaduti in anni e anni di cronaca peculiare e storica. Le nozioni nonostante fossero interessanti, dopo un po’ cominciavano ad annoiarmi, e l'unica distrazione che mi era concessa era rivolgere di tanto in tanto il mio sguardo verso Emma che, accanto a me seguiva tutte le mie lezioni.
«Sarà un'ottima ripetizione per me, Miss Peregrine» aveva detto alla direttrice quando si era proposta di affiancarmi nelle lezioni, e ovviamente io non potevo che essere entusiasta nell'averla accanto. Non era lì per ripetere cose che probabilmente sapeva a memoria, ma per starmi accanto, era uno di quei tanti piccoli gesti quotidiani a me nuovi, che ricevevo e che apprezzavo per la prima volta da una ragazza che mi piaceva da impazzire. Dopo il nostro primo bacio sul ponte della nave non c'erano stati contatti particolarmente significativi tra di noi, perché la privacy giusta per certi gesti o effusioni era praticamente inesistente, e lei particolarmente riservata si limitava a intrecciare le sue mani con le mie, ad appoggiarsi al mio petto o -in momenti estremamente rari- a sfiorarmi le labbra prima che ci addormentassimo insieme, abbracciati l'uno all'altra.
La stanza -se così si poteva definire- dove dormivamo tutti era unica, con tanti piccoli giacigli di fortuna tra i tavoli della grande sala da pranzo, nel tentativo di riposare il meglio possibile; viste le circostanze collettive era stato concesso alle due nuove coppie della famiglia -così Miss Peregrine ci definiva- di poter riposare insieme. A Emma e Olive la cosa sembrava fare particolarmente piacere, e anche a me e Enoch non dispiaceva quel dolce sonno accanto alle nostre ragazze -imbarazzati dagli sguardi curiosi dei bambini, il nostro piacere era meno palese del loro- e da piccoli sguardi -gli unici- che io e Enoch ci scambiavamo, capivo al volo che la voglia di nuove esperienze era forte in lui, ma per colpa di ovvie circostanze doveva tenerla a bada. Ricambiavo lo sguardo allo stesso modo, cercando di trasmettere quella stessa sensazione mentre dentro di me ero totalmente insicuro su tutto, intimidito dalle nuove esperienze che in futuro avrei potuto avere con Emma. Non avevamo più parlato di mio nonno Abe e del loro rapporto da quando ci eravamo baciati, e di conseguenza la mia mente era piena di domande irrisolte che mi mandavano ancora di più in confusione.
Miss Peregrine ogni sera, poco dopo il tramonto tornava falco pellegrino, e immersa nei suoi pensieri si appollaiava in un angolo della sala provando a riposare, unico evidente e intransigente invito a fare lo stesso anche noi.
«Non sarà sempre così» affermava con sicurezza Emma accarezzando i più piccoli e rassicurandoli, «appena Miss Peregrine troverà una nuova casa sicura per noi, tornerà tutto alla normalità». Una sera in particolare, dopo gli insopportabili capricci dei Gemelli espressi in suoni abbastanza fastidiosi, Emma mi aveva raccontato che nella vecchia casa, Miss Peregrine accompagnava a turno i bambini nel proprio letto, gli rimboccava le coperte e raccontava loro favole per farli addormentare. Questa dolce routine era stata interrotta bruscamente da quando eravamo in viaggio, e i bambini notevolmente risentiti tolleravano poco la cosa. Miss Peregrine, con un’ala ancora malconcia pianificava la rotta della nave e volava molte ore al giorno per cercare terra oltre l’orizzonte, e a suo malincuore dedicava poco tempo ai più piccoli, e proprio per questo, alcune notti, Emma portava a sé i Gemelli e gli restava accanto fin quando non si addormentavano, e lo stesso faceva inspiegabilmente Enoch con Claire; tra di loro c'era un legame affettivo forte, che nell'intensità dei pochi giorni trascorsi alla casa non avevo avuto modo di notare. Dopo aver combattuto insieme i vacui e dopo la mia pazzia nel tornare da Emma, il rapporto tra me e Enoch sembrava aver preso la piega giusta.
«Quando troveremo una nuova casa?» era la frequente domanda che Claire poneva a tutti, in intervalli di tempi abbastanza regolari, era una bambina che fino a poco tempo fa era abituata a giocare ogni giorno nel giardino della grande casa a Cairnholm, ormai distrutta per sempre, insieme agli altri bambini più piccoli, ed era normale che fosse abbastanza insofferente; a turno cercavamo di consolarla e di distrarla con alcuni giochi di fortuna che Millard e Horace erano riusciti a creare appositamente per lei e i Gemelli. Enoch non si era lasciato scappare la possibilità di creare vere e proprie battaglie tra gli scheletri della nave, compagni silenziosi di viaggio che allietavano le nostre giornate tra una schermaglia e l’altra, alimentati da piccoli cuori pulsanti, scarti di ciò che pescavamo regolarmente.

✦✦✦

«Dovremmo andare a letto, Miss Peregrine è già in sala» esclamò Millard verso di noi, mentre stavamo assistendo allo spettacolo di Enoch in una piccola saletta semi distrutta probabilmente adibita in passato a proiezioni cinematografiche. «Ma… è troppo presto!» protestò Claire, stringendosi alla manica del maglione di Enoch, «Andremo a fine spettacolo» rispose lui di rimando.
Con immensa concentrazione, fece combattere gli ultimi scheletri rimasti sul ponte per poi farli crollare tutti in un mucchio di resti di ossa, consumati da anni e anni di permanenza in mare; la cosa era abbastanza inquietante, ma ai bambini sembrava facesse divertire e questo era l’importante. Enoch prese dolcemente la mano di Claire e l’accompagnò a letto, lo stesso fecero anche gli altri.
Prima di dormire, ci cambiavamo a turno nelle poche camere ancora vivibili di quell’immenso relitto, una stanza era stata assegnata a Miss Peregrine, una ai bambini e un’altra a noi “grandi” -a me, Emma, Olive e Enoch- che eravamo sempre gli ultimi a indossare gli abiti per la notte.

La sera, dopo lo spettacolo, toccò a me e Emma sistemare la sala delle battaglie tra scheletri, e mentre gli altri si cambiarono e andarono in sala per dormire, svolgemmo il nostro compito, per poi raggiungere le stanze dove ci saremo cambiati. Emma indicò con lo sguardo la nostra camera, chiaro indizio che dovevo cambiarmi per primo. Entrai, e mentre toglievo la maglietta restando a petto nudo, nel riflesso dello specchio incrostato da resti marini vidi il suo volto riflesso, un sorriso felice sulle sue labbra e le guance leggermente arrossate.
«Credevo che la regola fosse cambiarci da soli, a turno…» abbassai la testa imbarazzato, girandola di lato mentre sentivo gli occhi curiosi di Emma osservare ogni singola parte del mio corpo che fino a pochi secondi prima era al sicuro sotto la mia maglietta.
Si avvicinò e mi accarezzò dolcemente la schiena baciandomi la spalla, poi mi abbracciò da dietro, aderendo perfettamente al mio corpo. Lo specchio rifletteva le nostre sagome. Rimase in silenzio e io feci lo stesso, stringendole le mani che poggiavano sulla mia pancia. Quando i nostri corpi furono abbastanza caldi misi fine a quel momento, girandomi verso di lei, occhi lucidi e un sorriso felice accolsero il mio sguardo.
«Jake…» esclamò sottovoce.
La guardai interrogativo, non ero mai stato bravo a capire certi sguardi, certi gesti, e oltretutto saremo dovuti tornare in sala di lì a poco, e non volevo ritardare.
Mi tirò a sé di scatto e mi diede un breve bacio a stampo e poi un altro, e un altro ancora senza darmi tempo di ricambiare. La strinsi a me per un po’ e poi mi staccai, dandole le spalle. Sentii una risata dietro di me, ma decisi di ignorarla. Indossai in fretta e furia il pantalone del pigiama cercando di farle notare il meno possibile un piccolo particolare che una persona con una certa esperienza in campo relazionale avrebbe notato subito, e feci per uscire.
«Non c’è nessun Vacuo qui sulla nave, non devi fuggire da niente Jake» mi disse mentre uscivo dalla stanza, la sua voce era rassicurante, a tratti ironica.
No, non c’era nessun Vacuo, ma sentivo di dover fuggire lo stesso, da lei. Mettermi in imbarazzo la divertiva, perché il suo cuore forte e saldo -molto più vecchio del mio- conosceva bene cosa stessi provando. Io inesperto e alla mia prima esperienza potevo solo scappare, nonostante fossi curioso e il mio corpo fosse istintivamente interessato a lei; non volevo affrettare nulla, volevo godermi piano tutto ciò che la vita ci avrebbe riservato e nel nuovo anello che Miss Peregrine avrebbe creato avremo avuto tutto il tempo che volevamo.


 

* Piccolo spazio autrice *
Dopo aver litigato parecchie volte con l’editor HTML la storia dovrebbe essere ben leggibile senza pezzi mancanti o strafalcioni grammaticali. Spero sia di vostra gradimento, il secondo e il terzo capitolo sono già pronti, li pubblicherò appena ne scriverò altri. Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lo sbarco ***


JACOB

Miss Peregrine era la prima a svegliarsi all’alba, alla stessa ora, tutti i giorni. Ogni mattina tornava umana e cominciava a programmare cosa i bambini avrebbero dovuto fare durante la giornata, cosa avrebbe dovuto cucinare per pranzo e per cena e quali faccende avrebbe dovuto sbrigare con urgenza. Nonostante fossimo ancora in navigazione, la routine da rispettare rigorosamente non era cambiata.
Il sole del mattino stava cominciando ad illuminare la sala, un nuovo giorno iniziava. Ero sempre uno dei primi a svegliarmi e uno degli ultimi ad addormentarmi e nonostante il mio sonno non fosse più tormentato dagli incubi, dovevo ancora recuperare la serenità giusta per tornare ad avere un ritmo regolare. Certe notti mi dimenavo convulsamente, scalciavo e svegliavo Emma che apriva gli occhi di colpo e mi fissava mezza addormentata, mi scusavo subito e abbassavo lo sguardo, lei non reagiva mai male, mormorava qualcosa di poco comprensibile e si limitava a stringermi a sé e ad accarezzarmi; solo così riuscivo ad appisolarmi di nuovo fino al mattino dopo.
La colazione era il pasto più importante della giornata a detta di Miss Peregrine, e su quella nave era anche il più buono, l’unica volta in cui ci era permesso consumare le provviste a lunga conservazione che avevamo comprato in un emporio a Blackpool, prima di salpare per l’ignoto.
Nessuno di noi era riuscito a scoprire da Miss Peregrine dove stessimo andando, e ognuno di noi aveva fatto ed espresso le ipotesi più assurde.
«E se ci fossimo persi?» chiese preoccupato Horace, «Non ci siamo persi, Miss Peregrine ci sta portando in un nuovo posto sicuro» rispose di rimando Emma, con una certa sicurezza.
Horace fissò me in cerca di un’ulteriore conferma, «Ma certo che non ci siamo persi!» esclamai con così poca, pochissima convinzione che Emma mi rivolse uno sguardo di disapprovazione, tirandomi leggermente la manica della camicia che indossavo.
«Siamo in acque Irlandesi» affermò Enoch con una certa sicurezza dopo essere rimasto in silenzio per tutto il tempo della colazione.
«Come fai a esserne così certo?» gli chiese Millard, Enoch girò lo sguardo verso una delle tante finestre della stanza dove facevamo colazione e non rispose, io e il resto dei bambini facemmo lo stesso e… terra! In lontananza, si poteva vedere un tratto di costa, nascosto tra le nubi.
«Avevo dei parenti lì» rispose Enoch, ma Millard e gli altri bambini erano tutti così entusiasti che, saltando di gioia, non diedero molto conto alla sua risposta e corsero subito in cabina di comando da Miss Peregrine, per capire in quale città saremo sbarcati, lasciando me, Emma, Enoch e Olive da soli. Non vedevamo terraferma da giorni, e quella visione li aveva entusiasmati.
«In quale città?» chiesi a Enoch
«Dublino»
«Li andavi a trovare spesso? Per questo ricordi così bene la forma della costa?»
Enoch sbuffò girando la faccia, segno che era restio a rispondere alle mie domande. Olive gli si avvicinò e gli prese la mano, ci fu un leggero scambio di sguardi tra di loro e solo dopo mi rispose, «La famiglia di mia madre era di Dublino».
«Dublino è sempre stata la città più bella e più popolata dell’Irlanda!» disse Olive con un sorriso stampato in volto, «Prima di entrare nell’anello di Miss Peregrine, desideravo tanto visitarla!».
Enoch la fissò, rivolgendole uno sguardo attento, «Potremo visitarla se Miss Peregrine farà un anello non troppo lontano da lì». Gli occhi di Olive si illuminarono di gioia e fece un salto sul posto «Sarebbe fantastico!» e poi gli saltò al collo, abbracciandolo.
Enoch e Olive si erano confessati i loro reciproci sentimenti da poche settimane, e sì, erano fidanzati, così mi era stato raccontato da Emma in una delle nostre tante conversazioni. Dall’imbarazzo di Enoch derivato del gesto di Olive, notai che doveva ancora abituarsi a certe esternazioni d’affetto da parte sua, ma dall’espressione felice che gli si era delineata in volto, non c’era dubbio sul fatto che gli facessero piacere.
Emma sorrise e mi prese la mano. «Andiamo anche noi da Miss Peregrine Jake, lasciamo i due piccioncini a sparecchiare la tavola!».
Senza lasciarmi il tempo di replicare, corse via trascinandomi con sé.
Raggiungemmo la cabina di comando, dove tutti accerchiavano Miss Peregrine entusiasti.
«Stiamo per sbarcare, stiamo per sbarcare!» saltò di gioia Claire.
«Meta di sbarco, Wicklow!» ci disse Millard.
«Wicklow?» chiese Emma dubbiosa, rivolgendosi a Miss Peregrine.
«Sì Emma, Wicklow, una delle più rinomate contee d’Irlanda per la bellezza dei suoi paesaggi, da sempre. Lì saremo al sicuro.» le rispose Miss Peregrine rivolgendole un sorriso.
Se saremo stati al sicuro al cento per cento non poteva di certo saperlo, ma rassicurare i bambini e anche noi più grandi era suo compito, quindi evitai di chiederle ulteriori informazioni sulla sicurezza del luogo rischiando di turbare i più piccoli con i miei dubbi.

OLIVE

Strinsi le mie braccia attorno al collo di Enoch e quando Emma e Jacob andarono via da Miss Peregrine, fece lo stesso anche lui, stringendomi a sé.
«Non sapevo volessi visitare Dublino» mi disse guardandomi con quegli occhi che amavo da sempre, così scuri e tanto, tanto espressivi, «Era… era un sogno Enoch, un sogno impossibile, lo sai meglio di me che l’anello temporale ha costretto ognuno di noi a riporre i propri desideri in un cassetto, per questo non te ne ho mai parlato...» dissi abbassando lo sguardo.
«Visiteremo Dublino Olive, te lo prometto», mi strinse ancora più forte sporgendosi verso di me. D’istinto mi baciò, e mentre ricambiavo timidamente, sorridevo e soffiavo leggermente sulle sue labbra, un po’ per l’imbarazzo che provavo sempre quando faceva gesti così espliciti e diretti, un po’ perché il pensiero di un giorno intero in visita in un posto che non avevo mai visto, mi rendeva estremamente felice, e pensare che l’avrei fatto con la persona che amavo rendeva il tutto ancora più speciale.
«Sai, credo che toccherà davvero a noi sistemare la confusione della colazione» gli dissi sorridendo. Ci separammo dal nostro abbraccio, lui annuì e sistemammo velocemente la confusione che i bambini avevano fatto a colazione, poi decidemmo di andare anche noi da Miss Peregrine per scoprire dove saremo sbarcati.

EMMA

Saremo al sicuro
Che saremo stati al sicuro per sempre mi era stato già ripetuto tante, tantissime volte da Miss Peregrine, per lunghi e interminabili anni nella casa a Cairnholm. Mi ero rassegnata a una vita eterna dentro quell’anello nel Galles, per un periodo, a una lunga attesa nella speranza che Abe -il mio amato Abe- tornasse da me. Ciò non era accaduto. Dopo anni di lacrime versate silenziosamente la notte sul mio cuscino, un ragazzino che gli somigliava tremendamente aveva dato una scossa a quella vita che ormai scorreva monotona. Un ragazzino -suo nipote- che, con il tempo, avevo scoperto essere forte la metà di quanto lo era Abe e coraggioso il doppio. 
Il mio rapporto con Abe non era mai stato facile, lui era sempre stato assente, sempre con la mente altrove. Un’infanzia passata a scappare dai nazisti e dai vacui lo avevano segnato nel profondo e gli avevano impedito di stringere legami profondi con le persone, era sempre sfuggente, anche con me. I gesti d’affetto da parte sua erano rari, le dediche d'amore non esistevano, ma l’amavo comunque, oh quanto lo amavo.
Con me e i bambini alla casa si era sempre trovato bene, dopo qualche anno trascorso con noi sembrava aver riacquistato un po’ di serenità, ma quando capì di avere l’opportunità di poter combattere i nazisti e gli spettri in guerra non ci pensò due volte ad andare via.
La notte prima che partì, andammo nel nostro posto segreto, una secca in mezzo al mare dove eravamo soliti scappare quando in casa c’erano tensioni con Miss Peregrine. Restammo lì ore e ore, a parlare, ad abbracciarci, a baciarci. Mi fece tante promesse, mi disse che dopo la sua partenza mi avrebbe scritto ogni giorno, che sarebbe rimasto in contatto con me sempre e che un giorno l’avrei raggiunto nella vita reale, fuori dall’anello, e mi avrebbe sposata. Sotto un cielo sereno e buio, tempestato di stelle, con la brezza marina che sfiorava i nostri corpi, facemmo l’amore, per la prima volta nella nostra vita. Credevo che il dolore e le lacrime di quella notte sarebbero bastate a farlo tornare, credevo che condividendo con lui un momento così speciale, così intimo, non mi avrebbe mai abbandonata, e invece mi sbagliai. Attesi invano, per anni. Le sue lettere diventarono sempre più rare, le attese di risposte sempre più lunghe. Fu la sua ultima lettera a spezzarmi il cuore, a dilaniarmi l’anima, allegò una foto dove aveva poggiata sulla spalla una bambina: era sua figlia. Urlai così forte che attirai l’attenzione di tutta la casa, Miss Peregrine corse subito da me e fu lei a consolarmi per settimane mentre l’abbracciavo tra le lacrime.
Avevo sofferto per anni e anni e quando mi ripresi giurai a me stessa che mai più avrei avrei donato tutto ciò che ero a qualcuno; poi era arrivato Jake, e le mie certezze avevano ricominciato a vacillare. Tutto il dolore che avevo provato per Abe, dopo la notizia della sua morte era scomparso con lui.

«Emma?»
La voce di Jake mi riportò alla realtà.
«Sì?»
«Avevi lo sguardo nel vuoto, c’è… c’è qualcosa che non va?»
«Va tutto bene Jake, stavo solo pensando».
Non mi chiese a cosa stessi pensando, era timido, e con me era sempre così cauto, attento e rispettoso. Lo apprezzavo tanto. Si limitò a un sorriso accennato, nel tentativo di rassicurarmi.
«Bambini miei, recuperate attentamente tutte le vostre cose e raggruppate le scorte che ci sono rimaste, stiamo per sbarcare».
Furono queste le ultime parole di Miss Peregrine, che segnarono l’inizio di una nuova vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Una nuova casa ***


JACOB

Ci avvicinammo lentamente alla costa cercando di provocare alla nave meno danni possibili, non volevamo che si rovinasse perché una volta trovata e sistemata una nuova casa in cui vivere, Miss Peregrine ci aveva promesso che l’avrebbe fatta tornare agli antichi splendori di un tempo. Era una bellissima giornata di sole, il mare era calmo e raggiungemmo senza ulteriori difficoltà una banchina di fortuna dove attraccammo. Scendemmo a turno sugli scogli, ognuno con un piccolo bagaglio dietro la spalla. Attenti a non inciampare e farci male raggiungemmo la spiaggia, che dagli scogli distava pochi metri.
«Benvenuti a Wicklow» disse ironicamente Enoch, spezzando la silenziosa ammirazione che noi tutti stavamo provando per quel luogo a noi nuovo, un’immensa distesa di prati, colline e casette contadine sparse qua e là.
Pensai che sarebbe stato un posto perfetto per noi speciali, lontano da occhi indiscreti, dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale e dai vacui. No, i vacui, quegli esseri orribili che solo io potevo vedere potevano essere ovunque, anche in quel piccolo paradiso, e sarei dovuto restare comunque in allerta. Avevo promesso a Miss Peregrine che avrei protetto tutti, e così avrei fatto.

Tutti i bambini erano in silenzio e aspettavano direttive da Miss Peregrine.
«In fila per due, seguitemi» ci disse, e così facemmo, proseguendo in fila a coppie. Strinsi la mano di Emma e ci incamminammo per le strade di periferia, in lontananza si vedeva la cittadina di Wicklow. Passammo per una strada sterrata, segnata da impronte di zoccoli e segni di passaggi di carrozze.
«La nostra nuova dimora ci attende già» ci rassicurò Miss Peregrine. «Ho controllato l’atlante degli anelli, a mezz’ora di cammino da qui c’è grande casa ad attenderci, è stata già usata in passato da una vecchia Ymbryne, Miss Canaryne, e dai suoi bambini. Se saremo fortunati la ritroveremo in buone condizioni».
«Avremo dei nuovi amici?» chiese Claire.
Miss Peregrine, sempre continuando a camminare, non esitò a risponderle con tono fermo e rassicurante.
«No Claire, loro non sono più lì» -fece una breve pausa- «Non sempre le Ymbryne decidono di restare in un solo, unico posto. L’anello è stato attivo per pochissimi anni, precisamente dal 1820 al 1823; probabilmente era solo una piccola vacanza concessa ai suoi bambini. Un suo nuovo anello, più recente, datato 1830 è a Liverpool, sono lì, al sicuro».
«Perchè lei non ci ha portato a fare vacanze?» chiese Hugh, esprimendo un po’ il pensiero di tutti i bambini.
«Il nostro anello temporale di fortuna, è stato creato velocemente e all’improvviso durante la Seconda Guerra Mondiale che è durata troppi anni, impedendomi di interrompere il ciclo e crearne uno nuovo, da un’altra parte. Spettri vacui e nazisti terrorizzavano il mondo, non potevo mettere in pericolo la vostra vita spostandovi da un posto a un altro in modo irresponsabile».
In effetti portare in giro per il mondo bambini speciali in piena Guerra Mondiale non era di certo una grande idea, ma non pretendeva che loro capissero, vista la loro età.
«Una volta sistemati nella nuova casa, ci saranno tanti posti da esplorare, e nel giorno perfetto in cui creerò il nuovo anello, vi lascerò esplorare la zona», gli sguardi dei bambini splendettero di gioia.
Erano speciali di 60, 70, anche 80 anni, ma pur sempre bambini, dentro. L’anello temporale nel Galles aveva bloccato la loro crescita nello stesso momento in cui ne erano entrati a far parte, e lo stesso sarebbe successo con quello nuovo.
L’idea di restare un eterno sedicenne per un periodo di tempo non ben chiaro, probabilmente lungo, anche più di 50 anni, da un lato mi incuriosiva, ma dall’altro mi impauriva. Non sarei potuto crescere come una persona normale.
"Tu non sei normale, sei speciale, Jake."
Vero. Una normale vita nel duemilasedici, soprattutto la mia vita non sarebbe stata niente di speciale, le nuove avventure che attendevano me, Emma e gli altri bambini sì, quelle sarebbero state speciali. In quel momento, preferii ignorare il pensiero di quanto mi mancassero i miei genitori, che nonostante non avessero mai creduto alla storia di mio nonno e alla mia, mi mancavano tanto.
Dopo mezz’oretta, come ci aveva promesso la direttrice, superando campi coltivati e branchi di pecore e di mucche, arrivammo davanti a un enorme campo verde, con cespugli qua e là che indirizzavano lo sguardo al centro di un enorme distesa d’erba, lì dove c’era un’enorme casa, a tre piani, lunga e larga il doppio di quella di quella a Cairnholm.
«Questa sarà la nostra nuova casa» esclamò Miss Peregrine, allargando le braccia verso di noi e sorridendoci soddisfatta. «Non è un gioiello, ma lo diventerà, con l’aiuto e l’impegno di tutti noi».
I bambini urlarono in coro un “Sì” di approvazione, e anche io Emma, Enoch e Olive ci unimmo a loro.




Dopo essere rimasti ad ammirare la casa in lontananza, seguimmo Miss Peregrine al suo interno, e quando varcammo l'entrata -la porta non c’era- scoprimmo con grande sorpresa che la maggior parte degli interni erano in ottimo stato e non imitavano l’esterno che era di un marrone scolorito con mattoni cadenti.

I bambini tentarono di correre in avanti nel tentativo di esplorare l’edificio ma Miss Peregrine gli si parò davanti, fermandoli.
«Prima di farvi vedere l’intera struttura, controllerò personalmente che sia sicura, potete accomodarvi nel salotto alla vostra destra» ci disse accennando con un sorriso dove dovevamo andare con un gesto della mano, prima di avviarsi cautamente al piano di sopra, controllando che le scale e la ringhiera fossero sicure.
Il salotto era spazioso, con tre divani posizionati in modo che formassero un ferro di cavallo. Ci sedemmo attendendo impazientemente che venisse a chiamarci. I divani sollevarono una nube di polvere che mi fece tossire, tutta la casa ne era piena e il pensiero che di lì a poco probabilmente sarebbero toccate a noi le pulizie, mi annoiava già in partenza.
«Questa casa sembra così grande!» esclamò Claire entusiasta.
«Il giardino è grande il doppio di quello della vecchia, Fiona potrà realizzare un orto con tantissime varietà diverse di verdure e ortaggi, e le mie api avranno tantissimo spazio in più per crescere!» disse Hugh guardando Fiona, che gli sorrise annuendo.
«Io ho intravisto dalle finestre al piano sopra di noi un’enorme libreria, non vedo l’ora di scoprire cosa contiene!» affermò con sicurezza Millard.
«Speriamo che la casa sia sicura e agibile… sopratutto il piano di sopra dove ci saranno le nostre camere» disse Olive introducendosi timidamente nella discussione.
Le camere. Giusto.
Avevo dormito con Emma per tutti i giorni di navigazione, e l’idea di ritirarmi da solo in un posto buio, di separarmi dai suoi abbracci durante la notte e dai suoi baci prima di addormentarmi mi rendeva triste. Proporre a Miss Peregrine una camera da condividere insieme era troppo anche per una persona comprensiva come lei, e Emma non avrebbe mai, mai accettato.
La mia timidezza e insicurezza mi impedivano anche solo di accennare a qualcosa che io lei avremmo potuto condividere come coppia.
«Sarà Miss Peregrine a scegliere le camera per noi?» domandai al gruppo.
«Se riusciremo a metterci d’accordo senza discutere, ci lascerà scegliere liberamente.» affermò Emma «Così abbiamo fatto nella vecchia casa».
«Mettiamoci d’accordo allora» esordì Enoch con il suo tono piatto.
Tutti lo guardammo, aspettando che continuasse.
«Io ho solo bisogno di una camera grande, che possa contenere due file di scaffali per i miei organi e oggetti».
«Non della più grande» disse ironico Millard, guadagnandosi un’occhiata di sfida da parte di Enoch.
«La camera più grande andrà a Miss Peregrine. Per me va bene qualsiasi stanza, basta che abbia un armadio spazioso e un letto… capace di non farmi volare via» affermò Emma.
«Io non voglio dormire da sola...» disse Claire, abituata a condividere la camera con Bronwyn e Fiona nella vecchia casa. I bambini più piccoli dormivano insieme in gruppi perché a Cairnholm non c’era abbastanza spazio per tutti, ma qui le cose sarebbero state diverse.
«E’ anche ora che impariate a dormire da soli nelle vostre camere».
I bambini guardarono male Enoch, e Olive come sempre tentò di mitigare le sue parole, «Questa casa è grandissima, ognuno di voi potrà avere la propria stanza dove mettere le sue cose, è una cosa positiva, non dovete rammaricarvi! Io Emma e Miss Peregrine vi staremo accanto fin quando non vi sarete addormentati, con il tempo vi abituerete!» disse e concluse sfoggiando uno dei suoi tanti sorrisi radiosi, che erano sempre in grado di rasserenare gli animi.
«Ben diciassette stanze!» esclamò Miss Peregrine entusiasta dietro di noi, facendoci sobbalzare. «Venite su con me, è il momento di scegliere!».
La seguimmo su, al piano di sopra. Salimmo le scale scricchiolanti e cominciammo a esplorarle a turno. Erano tutte luminose e spaziose, tranne un paio al terzo piano, nella mansarda. Quattro camere in particolare attirarono la mia attenzione perché erano comunicanti tra di loro. Pensai che una soluzione del genere sarebbe stata perfetta per me e Emma fin quando non fu proprio lei a esclamare che la coppia di stanze era meravigliosamente adatta ai bambini che non erano ancora abituati a stare da soli. In quel momento non sapevo se sentirmi ferito nell’orgoglio o rassegnato; nel dubbio cercai lo sguardo di Enoch, e lo trovai, lui alzò gli occhi al cielo rassegnato quanto me. Aspettai che Emma scegliesse la sua camera e con quel poco coraggio che avevo scelsi con nonchalance la stanza di fianco alla sua, cercando di far finta di niente nonostante i numerosi bisbiglii da parte dei bambini dietro di me. Non guardai nessuno, entrai nel mio nuovo mondo e chiusi la porta.
Mi buttai sul letto senza pensarci due volte, non mi stendevo su un posto così morbido da settimane. La stanza era carina, a tratti anche confortevole, non era ridotta male, i mobili erano tenuti bene e avevo un’ampia finestra che affacciava sul giardino. Ero stato fortunato considerando che mi ero fatto guidare dal semplice fatto di voler stare il più possibile vicino a Emma.
Provai a chiudere gli occhi e a rilassarmi, ma prima che potessi addormentarmi si fece ora di pranzo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nuova vita ***


MILLARD

Come un prode guerriero, avevo combattuto ogni avversità, superato ogni limite, affrontato tutti gli speciali del mondo per avere la camera con la libreria più grande, quella che avevo intravisto dal primo sguardo alla casaCi ero riuscito, sarebbe stata mia per i prossimi cinquanta e più anni che avrei trascorso nel nuovo anello che Miss Peregrine avrebbe creato di lì a poco.
Shakespeare, Shelley, Wilde, Whitman, Dickinson, ci sono tutti!”
Le opere dei miei autori preferiti erano lì, ma non tutte, dovevo assolutamente rimediare.
Andrò in città uno di questi giorni, con gli altri ragazzi, e prenderò tutti i libri che mancano; no, non tutti, non posso, però almeno una buona parte ecco! Miss Peregrine me lo concederà, ne sono sicuro! Lei è sempre stata contenta della mia passione per la letteratura e la poesia, mi ha sempre incoraggiato, non potrà dirmi di no!”
Avevo perso tutto quello che in anni e anni avevo raccolto e accumulato nella vecchia casa in Galles, una sola bomba aveva distrutto il lavoro di una vita, gli unici pochi scritti -personali- che mi erano rimasti -insieme a una piccola guida sul mondo degli speciali- erano impressi nell’unica cosa che portavo sempre con me, un quadernetto che entrava perfettamente nella tasca interiore della mia giacca, regalatomi da Miss Peregrine. Scrivevo sempre lì i miei pensieri o i nuovi versi che mi venivano in mente.
Era successo tutto troppo in fretta, l’arrivo di Jake, l’arrivo di quella sottospecie di ameba dagli occhi bianchi di nome Barron che per un soffio non ci aveva portato via nostra madre, e poi l’attacco del vacuo. Non avevamo mai combattuto con un essere così aberrante, era inimmaginabile per me e per tutti i bambini della casa fronteggiarne uno.
Dopo essere scappati dal Galles, ne avevamo affrontati quattro a Blackpool, ed eravamo vivi.
“Dannato vacuo, dannato Barron e dannati nazisti.”
Erano stati loro, i vacui, gli spettri e i nazisti a costringerci a rifugiarci a Cairnholm, ma in passato non era stato sempre così. Quando Miss Peregrine mi accolse nella sua famiglia non esisteva nessun anello, non esistevano limiti di tempo, non c’erano regole così vincolanti e nella grande casa eravamo in pochi, altri speciali sarebbero arrivati dopo. Stavamo bene, eravamo liberi nonostante fossimo ancora piccoli, liberi di uscire, liberi di osservare, liberi di crescere. Poi era scoppiata la guerra, quel genio di Abe aveva deciso di andarsene il giorno dopo che la bomba aveva tentato di colpire la casa e noi eravamo rimasti lì, in gabbia. Per me che ero -e sono- un osservatore e un esploratore nato, era stato difficile abituarmi a una nuova vita dettata dal rumore delle lancette dell’orologio da taschino che Miss Peregrine portava sempre con sé, ma ahimè non avevo molta scelta.
In realtà dopo un po’ avevo trovato un modo perfetto per impiegare tutto quel tempo, osservare ogni essere vivente dell’isola e farne un’opera. Un’opera sì, uno scritto che avrebbe descritto ogni azione, di ogni persona o animale presente a Cairnholm! Sarebbe stato qualcosa di grandioso, mai pubblicato prima, ma purtroppo era andato tutto distrutto.
“Ora che siamo qui, di nuovo al sicuro -almeno così sembra- devo pensare a qualcosa di nuovo da scrivere, da imprimere sulla carta. E se osservassi anche questa volta ogni persona e ogni animale di Wicklow?”
No, era roba passata.
“Potrei scrivere una storia d’amore ispirandomi a Jacob ed Emma!”
No, se avessi aspettato l’evoluzione della loro relazione sarei rimasto senza scrivere per anni.
“Ci sono! Scriverò le nuove avventure che attenderanno me e la mia famiglia, una sorta di diario, dove appunterò tutto ciò che ci succederà!”
Mi sedetti subito sulla scrivania, talmente preso dalla nuova idea da non accorgermi che mi mancavano gli strumenti essenziali per poter iniziare una nuova grande opera che si rispetti. Carta e inchiostro. In quel momento avevo bisogno di parlarne assolutamente con qualcuno, e quale persona migliore di Miss Peregrine?
Corsi da lei, impiegando un tempo assurdo a cercarla perché nella nuova casa non sapevo orientarmi ancora per bene, ma alla fine la trovai. Era in cucina e stava cucinando il pranzo per tutti noi.
«Millard» sorrise, girandosi verso di me.
Riusciva sempre a sapere dove fossi, sempre. Percepiva la mia presenza come nessun altro ci riusciva, per lei io non ero mai stato invisibile.
«Miss P, ho deciso che scriverò un nuovo libro!» le dissi entusiasta
«Oh ma è una cosa meravigliosa, di cosa si tratta?»
«Scriverò di tutte le nuove avventure che ci capiteranno, nuove cronache degli speciali!»
«Come quelle che sta tentando di studiare Jake?»
«Sì! Esattamente. E saranno ancora più belle, con ancora più particolari e descrizioni approfondite!»
«Ti servirà del materiale adatto per iniziare. Quando avrò finito di sistemare la casa, andremo in città a fare provviste, e prenderemo ciò di cui hai bisogno»
«La ringrazio» Mi avvicinai a lei e l’abbracciai, e fece lo stesso con me. Ogni volta che succedeva mi sentivo protetto e al sicuro, e quella volta non fu diversa.
«Puoi chiamare gli altri per il pranzo? E’ quasi pronto»
«Certamente!» e senza farmelo ripetere due volte, mi fiondai a chiamare gli altri.

MISS PEREGRINE

Il braccio sinistro -la mia ala sinistra- mi doleva terribilmente ma non potevo permettermi nessuna pausa, non con tutte le cose che c’erano da fare.
Una nuova vita stava iniziando, per me e i miei bambini, in un posto a loro sconosciuto che io avevo già visitato in passato. Non avevo affidato la scelta della rotta al caso, e nonostante non mi ricordassi precisamente il percorso da fare per raggiungere la periferia di Wicklow ero riuscita a far sbarcare tutti sani e salvi. Conoscevo bene e da tempo Miss Canaryne, mi fidavo di lei come di tutte le altre sorelle Ymbryne e il posto dove sorgeva la casa si era rivelato enormemente sicuro da ciò che mi aveva raccontato nelle sue lettere. Un posto di periferia con gente contadina che si alzava all’alba e andava a dormire al tramonto, tanti spazi verdi e il mare vicino come lo era a Cairnholm; ero fermamente convinta che i miei bambini si sarebbero subito ambientati.
C’erano tante cose da fare una volta stabiliti nella nuova casa, pulire, rassettare, ristrutturare l’esterno della struttura che era stato consumato dalle intemperie... Ero esausta ma ce l’avrei fatta, con l’aiuto di tutti.
Decisi che avrei parlato ai miei bambini dei nostri futuri programmi di lì a poco, all’ora da pranzo.

Mi alzai in piedi, come facevo sempre quando dovevo annunciare qualcosa di importante.
«Bambini miei, spero che la casa e la stanza scelta siano di vostro gradimento. Domani inizieremo i lavori di ristrutturazione e la settimana prossima vi porterò a visitare la nuova città. Quando troverò il giorno perfetto creerò un nuovo anello e vi comunicherò l’entrata. Le regole e il calendario saranno le stesse, non cambieranno.
Jake, per te è tutto nuovo, ma sono sicura che ti abituerai. La sveglia suonerà alle sette in punto, tutti i giorni, tranne la domenica, il pranzo sarà alle undici e mezza e la cena alle cinque e mezza. Organizzato l’anello ognuno di voi avrà dei compiti da svolgere ogni giorno. La passeggiata quotidiana sarà dalle tre alle cinque, la sera si andrà a letto alle nove, tutto chiaro?»
«Sì Miss Peregrine!» risposero in coro, compreso Jake che si limitò però ad annuire.
«Avete il pomeriggio libero, domani inizieremo a pulire le stanze della casa, non allontanatevi oltre il giardino».

JACOB

Trascorremmo il pomeriggio giocando nei pressi della casa, Fiona era riuscita a creare una piccola pista scavata nella terra in cui i bambini facevano scorrere delle biglie di vetro. Eravamo seduti in cerchio e fantasticavamo su come sarebbe stata la gita in città e su quanti giorni sarebbero passati prima che la casa sarebbe stata riordinata.
Tutta quella compagnia e quel chiasso mi erano nuovi, non essendoci abituato sentii che dovevo staccare, così mi isolai dal gruppo e mi andai a stendere sotto un grande albero che proiettava un’enorme ombra sul giardino.
Pensai a ciò che avevo rinunciato, alla vecchia vita che avevo lasciato e a quella che si apriva davanti a me. Non avrei avuto tutta la libertà e tutte le comodità che mi erano permesse nel ventunesimo secolo, ma ero comunque felice, con Miss Peregrine e i bambini speciali sentivo di essere finalmente nel posto giusto.

«Jake, va tutto bene?» domandò Emma sedendosi accanto a me.
«Sì, io… io avevo solo bisogno di stare un po’ solo»
«Ti ho disturbato?»
«No, non andare, sono felice di averti accanto», abbassai lo sguardo intrecciando la mia mano con la sua;
«Me ne sono accorta, specialmente durante la notte», mi sentii avvampare.
«Ora che abbiamo camere separate non potremo più… dormire insieme» le dissi dispiaciuto, lei sorrise e appoggiò la testa sulla mia spalla.
«Potremo sempre fare questo», alzò il volto e mi fissò, mi baciò dolcemente e mi sorrise.
 I giorni successivi passarono tra pulizie, lavori e un giro tra le strade di periferia; Miss Peregrine ci insegnò tutte le vie che potevamo percorrere per raggiungere alcuni luoghi di svago che aveva visto in volo, mentre era a caccia. Era straordinaria, riusciva a procurare tutto ciò di cui avevamo bisogno e sembrava instancabile, si occupava di noi, della casa, di tutto; cominciai presto a capire perché Millard alcune volte la chiamava “mamma”, era ciò che era per i bambini speciali e ciò che in futuro sarebbe stata per me, benché non avessi mai dimenticato la mia. Mi mancava molto, ma cercavo di non pensarci. La maggior parte dei miei compagni non aveva avuto una famiglia e dei genitori, e se li avevano avuti erano stati trattati male da loro, così scoprii dalle storie che mi avevano raccontato; io invece una famiglia e un’infanzia normale l’avevo avuta, e mi sentivo fortunato.
Una di quelle sere, crollai poco dopo aver cenato, ma gli incubi tornarono e mi svegliai di soprassalto durante la notte, avevo sognato di essere divorato da un vacuo, la sensazione delle sue lingue attorno al mio torace mi terrorizzò a tal punto che non riuscii più a prendere sonno, così decisi di andare in cucina a trafugare qualcosa da mangiare, ma non trovai granché. Rassegnato al fatto che non avrei mai trovato merendine e schifezze del ventunesimo secolo decisi di tornare a dormire. Mi bloccai poco prima di tornare in camera mia, davanti alla porta di Emma, il terrore di quell’incubo non era ancora svanito, e sentii un bisogno inspiegabile di dovermi stringere a lei e di averla accanto.
In casa c’era silenzio totale, tutti stavano dormendo e così aprii leggermente la porta della sua stanza. Dormiva serenamente, e mi avvicinai a lei, sedendomi per terra poggiando la schiena sul suo letto. Non volevo svegliarla, averla accanto e sentire il suo respiro mi bastò.
Chiusi gli occhi e provai a rilassarmi.

 «Jake?»

«Jake...»

«Jake, svegliati!»

 Aprii gli occhi, e mi ritrovai Emma davanti, lo sguardo perplesso.
«Emma io…»
«Jake, non dovresti essere qui, Miss Peregrine – lei… lei non lo sa!», non era arrabbiata, ma preoccupata; mi ero assopito come uno stupido, non credevo che sarebbe successo.
«Ho sognato un vacuo che mi stringeva le lingue attorno al torace, ero terrorizzato, non riuscivo a calmarmi, avevo bisogno di te…».
Lei rimase in silenzio, poi allungò le braccia e mi strinse a sé, facendomi poggiare la testa sulla sua vita.
«Avresti potuto svegliarmi! Ora stenditi»
«Posso tornare in camera mia, non vorrei –»
«Metterò la sveglia mezz’ora prima che Miss Peregrine si alzi».
Frettolosamente tirò fuori una piccola sveglia dal cassetto, impostò l’ora e si stese accanto a me tirando le coperte su di noi. Mi accarezzò e mi spinse verso di sé in un caldo abbraccio.
«Dormi, non pensare ad altro».
Non disse più nulla e continuò ad accarezzarmi, mi addormentai quasi subito, cullato dai battiti del suo cuore.
 La sveglia suonò presto, ci svegliammo stretti l’uno all’altra, Emma era rilassata e felice.
«Potrei restare così per sempre»
«Non farci l’abitudine» sorrise e mi baciò, «ora devi andare, prima che qualcuno ti veda».
Mi alzai e mi avviai verso la mia stanza.

«Emma...»
«Sì?»
«Grazie».



*Piccolo spazio autrice*
La scrittura della storia procede alla grande, in questo capitolo, come avete letto, ho descritto le vicende anche dal punto di vista di Millard (e nel farlo mi sono divertita tantissimo); pian piano ho intenzione di introdurre tutti i personaggi anche se la voce narrante principale resterà quella di Jacob.
Alcuni dei prossimi capitoli saranno Jake/Emma, dopo il sesto il rating cambierà da verde a giallo, per alcuni piccoli momenti tra di loro che spero gradirete.
Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate, l'opinione dei miei lettori è molto importante!
Grazie a chi legge e continuerà a farlo!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Wicklow ***


JACOB

«Voi siete tutti matti!» fu l’unica cosa che ci rispose Emma quando le proponemmo di andare a Dublino da soli.
«Non è una cattiva idea» esclamò Enoch; «Non è una cattiva idea?!» il disappunto di Emma era evidente.
«Dobbiamo solo trovare una scusa con Miss Peregrine, andremo e torneremo in giornata!»
«Come credi di arrivarci in poco tempo? E’ lontana Jake!»
«Usando un’auto» risposte Enoch serio.
Emma si girò dandoci le spalle incredula, mise le mani sui fianchi assumendo quasi una posizione di richiamo, «Perché noi abbiamo un’auto!» disse ironica.
«L’avremo, io potrei prendere le chiavi a qualcuno, non mi vedranno» esclamò Millard all’improvviso, facendoci sobbalzare. Aveva la straordinaria abilità di intromettersi nei discorsi così a caso, sbucando dal nulla, e sperai che non avesse sentito l’intera conversazione.
«Millard? Cosa hai sentito?» gli domandai, «Qualcosa su una gita a Dublino» rispose ridacchiando, Enoch lo fissò stringendo gli occhi «Non glielo dirai»;
«Certo che no! Ma lasciatemi venire con voi, non vi disturberò in alcun modo, e poi grazie alla mia invisibilità potremo tornare con un bel bottino!»
«Non possiamo andare di nascosto e in auto, è fuori questione» ci interruppe Emma.
«Se Millard riuscirà a recuperare le chiavi, sarò io a guidare» le dissi tentando di rassicurarla, lei si voltò verso di me ancora più incredula
«Tu sapresti guidare un’auto?»
«Nel duemilasedici tutte le famiglie ne hanno una, ho imparato a guidare grazie a… mio padre».
Cosa assolutamente non vera. Non avevo mai imparato a guidare per bene, avevo giusto le basi per riuscire a mettere in moto una macchina, sperai con tutto me stesso che sarebbero bastate per non fare una brutta figura davanti a tutti.
«Non sei così imbranato come credevo» mi disse Enoch, e non seppi se prendere la cosa come un mezzo complimento o un mezzo insulto.
«Miss Peregrine oggi ci porterà in città, la prima cosa da fare è trovare una persona del posto che ne abbia una!» esclamò Millard.
«Non conosciamo Dublino, potremo perderci!» protestò Emma, ma Olive che fino ad ora si era limitata a restare dietro Enoch, la rassicurò «Enoch la conosce, ci è già stato!»
«Da che parte stai?!»
«Emma, io non parto senza di te» provai a darle un ultimatum, sperando che cambiasse posizione, «Considerando la velocità media di un’auto di quest’epoca saranno circa due ore e mezzo di viaggio andata e ritorno… posso farcela!».
Da dove venivo io, per un gruppo di ragazzi adolescenti tra i quindici e i diciassette anni, sarebbe stato perfettamente normale organizzare una gita di qualche giorno in una città straniera, viaggiare insieme in treno o in aereo e condividere una stanza d’albergo; sottostando alle regole di una casa piena di bambini con una direttrice che non avrebbe permesso di allontanarci così tanto, da soli, era più difficile. Quando Enoch me l’aveva proposto ero rimasto sbalordito, mai e poi mai mi sarei aspettato da lui una proposta così indecente, ma quando mi disse che era un desiderio di Olive capii tutto, capii che come me era disposto ad andare contro le regole per poter vedere la propria ragazza felice.
«Dobbiamo prima trovare una persona che abbia un’auto, una scusa con Miss Peregrine per stare via più di sei ore eludendo i suoi controlli sperando che non ci scopra e poi, solo poi, potremo parlare di andare a Dublino» disse Emma sospirando, rassegnata al fatto di stare avendo a che fare con tre adolescenti ribelli che volevano buttarsi in qualcosa più grande di loro.
«Allora è deciso!» esclamai entusiasta.
«Basta che non ci farai finire schiantati contro un muro» disse Enoch serio ma con un tono che lasciava uscire una vena d’ironia
«Sono sicura che ci possiamo fidare di Jake, sarà bellissimo!» disse Olive saltando felice sul posto.
«Io mi occuperò di individuare il proprietario dell'auto, voi cercate di trovare una scusa plausibile che convinca Miss Peregrine» disse Millard.

Dopo pranzo Miss Peregrine ci fece preparare tutti, e insieme a lei visitammo per la prima volta la città di Wicklow, non era molto lontana dalla nostra nuova casa e impiegammo poco tempo per arrivarci. Affacciava sul mare e le case erano situate su delle piccole colline. Non trovammo molta gente ad accoglierci, era un luogo calmo e riservato, almeno così sembrava essere di giorno.
«Dannazione, non ci sono auto» mi sussurrò Millard all’orecchio
«Forse la gente qui non è così ricca come speravamo».
Giù di corda facemmo un giro breve per il centro, notando dei binari ferroviari e una stazione in lontananza, i nostri sguardi si illuminarono.
«E se andassimo in treno?» sussurrò Enoch
«Potrebbe essere un’idea, ma ne parleremo dopo» risposi, parlare bisbigliandoci cose all'orecchio avrebbe potuto insospettire qualcuno, e visto che eravamo in giro in gruppo non era il caso di farlo.
Miss Peregrine fece scorte alimentari e fu aiutata da Bronwyn a portarle fin quando camminando a nord della città, raggiungemmo delle scuderie.
«Cosa ci facciamo qui Miss Peregrine?» domandò curiosa Claire
«Ci serve una carrozza e un nuovo cavallo, non credete?» rispose lei sorridendoci.
I bambini corsero all’interno della struttura ad accarezzare i cavalli mentre io e gli altri ragazzi restammo in gruppo accanto a Miss Peregrine. Un omone muscoloso uscì all’improvviso da un box vuoto e venne verso di noi.
«In che modo posso esservi d’aiuto?»
«Avete cavalli in vendita?» domandò schietta la direttrice.
«Le migliori bestie d’Irlanda, venga a vedere».
Ci portò a fare un giro per i box, mostrandoci dei bellissimi esemplari in salute; arrivati in fondo alla scuderia notai un box buio, senza finestra verso l’esterno e con le sbarre coperte, quando mi avvicinai il signore mi bloccò.
«Attento ragazzo, la giumenta lì dentro è pazza».
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che dei calci verso il box fecero spaventare tutti, sentimmo dei nitriti che furono bruscamente interrotti quando l’omone sbatté una mazza sulle sbarre «I soldati reduci dalla guerra sono le persone peggiori con cui fare affari, mi hanno rifilato questa bestia pazza e zoppa, fuori di testa più di loro!» sbraitò verso di noi.
«Forse è solo spaventata...» esclamò Emma
«Ha altri problemi di salute?» domandò Miss Peregrine
«Non che io sappia, il problema più grande è qui» risposte indicando la testa.
Emma si avvicinò al box, provando ad osservare la giumenta da vicino, e feci lo stesso anche io. Aveva una zampa fasciata e muoveva nervosamente il collo, su un’etichetta di rame consumata c’era scritto il suo nome.
«Si chiama Daisy» esclamai, e quando lo feci la giumenta drizzò le orecchie verso di me, mostrando attenzione. Mi osservava con i suoi grandi occhioni scuri, il mantello color panna era sporco e le faceva perdere gran parte della sua bellezza.
«Abbiamo già avuto un cavallo problematico, Miss Peregrine è riuscita a farlo tornare in sé» esclamò Emma nostalgica.
«Era quello che trainò la carrozza quando fuggimmo dalla locanda?»
«Sì, era lui».
«Tutte le persone a cui ho provato a regalarla me l’hanno riportata indietro, sto pensando seriamente di farla diventare carne da macello» disse l’uomo,  «Non ce ne sarà bisogno, me ne occuperò io» disse Miss Peregrine decisa.
«Come volete, ma non venitemi a dire che non vi ho avvisata, è vostra».
Quando provò a tirarla fuori dal box la giumenta arretrò schiacciandosi verso la parete, solo dopo numerosi tentativi e con l’aiuto di Miss Peregrine riuscì a farla uscire, le legò una corda al collo e la consegnò tra le sue mani, lo ringraziammo e con un nuovo componente della famiglia ci avviammo verso casa. La giumenta tirava e provava a scappare, ogni volta che ci provava Miss Peregrine si fermava e l’accarezzava, concedendole una breve pausa prima di farla riprendere a camminare, solo così sembrava calmarsi. Non riuscimmo a caricare la spesa su di lei né a trovare qualcuno che avesse una carrozza disponibile per la vendita, così fu Bronwyn a portare tutto, non mostrando nemmeno un minimo di fatica nel farlo.

✦✦✦

«Abbiamo dimenticato il materiale per scrivere!» esclamò Millard quando stavamo per uscire dalla città «L’emporio è al centro, potrei essere accompagnato da Jake così sarà lui a prendere ciò che mi serve, torneremo subito!» disse rivolgendosi a Miss Peregrine.
«Fate velocemente, vi aspetteremo qui» rispose lei, dando a Millard alcuni spicci.
«Vado anche io» si intromise Enoch, e prima che qualcuno potesse dirci qualcosa corremmo verso il negozio lasciandoci gli altri alle spalle.
«Non stiamo andando all’emporio, vero?» domandai quando fummo abbastanza lontani dal gruppo.
«Io andrò lì, tu e Enoch andrete alla stazione, seguite i binari verso Nord! Ci vediamo qui tra dieci minuti, fate presto e controllate gli orari di partenza dei treni!»
Non avevamo trovato auto, ma la stazione dei treni al centro della città fu un’ancora di salvezza.
«Ma sei invisibile, come farai?» chiesi
«Conserverò i soldi per i biglietti, prenderò ciò che mi serve in altro modo, sbrighiamoci!».
Ci dividemmo e io e Enoch corremmo fino a raggiungere la stazione, chiedemmo gli orari di partenza dei treni per Dublino velocemente e tornammo al punto dove ci eravamo lasciati con Millard, non potevamo permetterci di perdere tempo.
«In un’ora e mezza di viaggio saremo a Dublino, senza rischiare incidenti con l’auto» esclamai soddisfatto verso Enoch
«Forse riusciremo a convincere Emma» rispose lui di rimando
Sospirai pensando alla scusa giusta da usare con Miss Peregrine, ma ero così stanco che non conclusi nulla.
«Sono qui!» esclamò Millard verso di noi, «Ci siete riusciti?»
«Sì, ne parleremo più tardi nel mio laboratorio, alle undici in punto, due ore dopo che tutti si saranno messi a letto» ci disse Enoch, e d’accordo con lui tornammo da Miss Peregrine che ci riportò a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Primi momenti insieme ***


EMMA

Finalmente eravamo riusciti a visitare la città dopo interi giorni passati a pulire e ristrutturare la nuova casa. Io, Miss Peregrine e gli altri bambini ci eravamo dati molto da fare, e dopo tanta fatica, la struttura cominciava a diventare un posto confortevole.
Wicklow era leggermente più grande di Cairnholm, piena di piccoli negozi sparsi per le vie centrali che vendevano tutto ciò che serviva per vivere.
Gli abitanti erano principalmente agricoltori e pescatori, grandi campi coltivati e numerose barche a vela erano ormeggiate al porto, l’unico punto più attivo della città.
Alla nostra prima visita ci scrutarono tutti, guardandoci dall’alto verso il basso; il proprietario di un negozio di alimentari dove entrammo per comprare da mangiare chiese a Miss Peregrine chi fossimo e lei rispose che eravamo un gruppo di orfani di guerra e che il suo compito sarebbe stato occuparsi di noi. Una scusa già usata precedentemente in Galles che funzionò alla grande, il proprietario parve commosso e ci regalò del cibo in più, dicendoci che in caso di difficoltà si sarebbe reso disponibile ad aiutarci.
Una volta tornati a casa riuscimmo a riempire pienamente la dispensa grazie ai risparmi che Miss Peregrine era riuscita ad accumulare negli anni con qualche piccolo furto di Millard. Per lui era un gioco, ma avere soldi conservati, si era rivelato molto utile quando qualcuno di noi si ammalava o semplicemente bisognava comprare regali di compleanno a un membro della famiglia. Eravamo costretti a procurarci soldi in quel modo perché né lei né noi speciali potevamo lavorare. Non che a Millard dispiacesse così tanto.
Prima di tornare a casa, appena fuori la città, Millard Enoch e Jake tornarono al centro a prendere alcune cose che Millard aveva dimenticato di comprare, andarono solo loro tre senza chiedere a me e Olive di accompagnarli e questo ci insospettì non poco. Cosa volevano combinare? Cosa stavano architettando? Dannato Jake, mi stavi facendo letteralmente uscire fuori di me.
Quando mi ero svegliata durante la notte dopo averti sognato tra le mie braccia, tu eri lì, addormentato e seduto accanto al mio letto, mi era preso un colpo e una strana sensazione allo stomaco, e solo dopo più volte che ti avevo chiamato ti eri svegliato; avevi lo sguardo assonnato, un po’ perso, e non avevo resistito dal farti stendere sul mio letto.
Sperando che Miss Peregrine non ci scoprisse, ti avevo fatto poggiare al mio petto, stringendoti a me. Quella notte fece molto freddo, ma i nostri corpi abbracciati diventarono così caldi che non lo soffrimmo. Accarezzandoti dolcemente ti addormentasti subito. Presi sonno anche io dopo un po’, non prima di essere rimasta a osservare come riposavi sereno accanto a me.
Al mattino ci eravamo svegliati ancora più stretti, sembravi quasi non volermi lasciare andare.
«Jake…» dissi accarezzandolo dolcemente, lui non sentì la sveglia.
«È ora di alzarsi»
«Potrei restare così per sempre» mi rispose lui, e nonostante avessi voluto rispondergli allo stesso modo gli dissi di non farci l’abitudine. Non gliel’avrei data vinta così facilmente, anche se desideravo con tutta me stessa che continuasse a farmi visita la notte; avrei accettato ogni scusa da parte sua, anche la più assurda, perché stringermi a lui con quella certa intimità e vederlo imbarazzato al mattino, mentre si risvegliava stretto a me, mi piaceva da morire.
Dopo essere tornati dalla città, quella sera cenammo alla grande, come non facevamo da settimane. La tavola era imbandita di ogni tipo di carne, contorni e dolciumi. Mangiammo fino a scoppiare e dopo andammo tutti in salotto ad assistere ai nuovi sogni di Horace.
Proiettò una cavalla con il manto color panna che correva libera in una prateria, somigliava così tanto a Daisy che tutti pensammo che sarebbe stata lei, in futuro, lasciata libera di pascolare una volta che Miss Peregrine l’avrebbe rieducata. Fummo felici pensando che avrebbe avuto un futuro roseo e felice con noi nella nostra casa.
Dopo il sogno, andai in camera mia e mi preparai per la notte, ma poco dopo qualcuno bussò alla porta; sperai che fosse Jake, con la scusa di un altro incubo. Prima che potessi chiedere chi fosse lui aprì la porta e entrò leggermente.
«Hai fatto un altro incubo?» gli chiesi dolcemente.
«No Emma… dobbiamo parlare di una cosa in laboratorio con Enoch, vieni con me!» 
«Non verrò con voi, in auto, senza dirlo a Miss Peregrine».
«Abbiamo trovato un’alternativa all’auto, andiamo a parlare in un posto riservato».
Senza lasciarmi tempo per rispondere mi prese la mano e mi portò con sé fuori dalla stanza fino al laboratorio di Enoch.
«Enoch e Olive sono qui ad aspettarci» mi disse, entrammo senza bussare e la scena che ci ritrovammo davanti non fu delle più consone, visto che Olive era stesa sul tavolo da lavoro di Enoch con lui che aderiva al suo corpo e la baciava con un’intensità sconosciuta a Jake, mentre le teneva bloccati i polsi sopra la testa. Restammo immobili per l’imbarazzo, e per un momento, solo per un momento, pensai che avrei voluto Jake sopra di me, a baciarmi in quel modo e con quella foga. Scacciai subito via quel pensiero così come mi era venuto e schiarii la voce. Enoch fece un sussulto e si tolse subito da sopra Olive, guardandoci sconcertato.
«Non si usa più bussare?!»
«Ehm noi… non credevamo che -» Jake più imbarazzato di me provò a dire qualcosa senza successo e Olive lo interruppe con un sorriso «Perdonateci».
Enoch era rosso in viso più di tutti -non l’avevo mai visto così- e per un po’ ci fu in silenzio imbarazzante fin quando Millard non entrò nella stanza in giacca da notte.
«Oh siete tutti qui, spero mi abbiate aspettato!» 
«Certo che ti abbiamo aspettato» esclamò Enoch rompendo l’imbarazzo, «Io e Jake abbiamo controllato gli orari» disse, poi guardò Jake invitandolo a continuare.
«Ci sono tre treni diretti per Dublino al mattino e due per Wicklow al ritorno, nel pomeriggio! I biglietti non sono costosi e il treno impiegherà circa un’ora e mezza ad arrivarci»
«Quindi saranno tre ore solo di viaggio, e la nostra passeggiata quotidiana ne copre appena due» esclamai.
«Alla prossima fiera di Paese potremo farci concedere un giorno libero per visitarla!» disse Millard.
«Potremo chiedere di andare alla fiera e invece di farlo seriamente prendere il treno e andare a Dublino» propose Jake;
«Anche i bambini vorranno venire con noi… alla fiera… e pure Miss Peregrine, non lascerebbe mai i piccoli da soli» esclamò Olive
«In passato abbiamo già provato ad allontanarci di casa di nascosto, ma non andò a buon fine…» dissi voltando lo sguardo altrove. Tanti anni fa ci allontanammo di nascosto oltre il limite concessoci, prendemmo il traghetto da Cairnholm per visitare una città vicina ma restammo bloccati lì perdendo l’ultima corsa che potesse riportarci indietro. Miss Peregrine ci raggiunse in volo da falco durante la notte, arrivò da noi preoccupata e agitata come non l’avevo mai vista in vita mia. La sua delusione era palese e restò arrabbiata per settimane, fu un periodo terribile e il pensiero di farla preoccupare di nuovo in quel modo non mi ispirava, per questo ero così contraria ad allontanarmi da Wicklow senza il suo esplicito permesso
Enoch e Olive sembravano essersene dimenticati, io no. Miss Peregrine faceva affidamento su di me per ogni cosa, dalla cura della casa a quella dei bambini quando non poteva farlo per altre faccende, e non volevo assolutamente deluderla una seconda volta.
«Se non possiamo andare di nascosto da soli, le chiederò di portarci un giorno a visitarla, io sono nuovo e potrebbe ascoltarmi, non mi sembra una cosa così impossibile!» disse Jake deciso.
«Non saremo da soli però» aggiunse Enoch.
«Se glielo chiederà Jake non sarà così restia a portarci in un posto nuovo, l’anello non è stato ancora creato e potrebbe concedercelo, poi voi coppiette vi troverete un angolo appartato e farete quello che volete Enoch»
«Allora proverai tu a parlarci Jake, e poi ci farai sapere, siamo tutti d’accordo?» esclamò Enoch ignorando la frecciatina di Millard.
«Sì» rispondemmo tutti.

✦✦✦

Una volta organizzati e stravolti i nostri piani iniziali per mia enorme felicità, ci ritirammo nelle nostre stanze, ma prima che Jake entrasse nella sua gli presi la manica del pigiama e lo tirai verso di me.
«Vieni… vieni in camera con me».
Lui parve sorpreso ma si lasciò trascinare dolcemente senza dire niente.
Chiusi la porta e mi girai verso di lui, guardandolo negli occhi. Il desiderio che mi baciasse con foga, dopo ciò a cui avevo assistito, era stato accantonato solo per il resto della conversazione con gli altri, ed era ritornato subito dopo usciti dal laboratorio. Mi sedetti sulla scrivania e battei le mani sulle gambe sperando che capisse cosa volessi che facesse, lui si avvicinò lentamente e le aprii leggermente per accoglierlo.
«E-Emma» esclamò lui notevolmente arrossato in viso. Non dissi niente e appoggiai la testa sul suo petto cingendogli i fianchi con le mani per farlo avvicinare ancora di più verso di me. In quella posizione mi sentivo bene, ma c’era ancora troppa distanza tra di noi.
«Muovi… Muovi il bacino verso di me» gli dissi. Il fatto che fosse alle sue prime esperienze lo imbarazzava non poco, e sarei stata io a doverlo guidare, non avrebbe mai preso iniziativa nonostante ogni giorno mi desiderasse sempre di più. Si strusciò timidamente su di me per diversi minuti, guidato dal movimento delle mie mani; alzai lo sguardo verso di lui, aveva il respiro affannato e la bocca leggermente aperta, gli occhi semichiusi. Ci demmo una serie di baci a stampo, premendo sulle labbra, ma a un certo punto si staccò e abbassò lo sguardo.
«Così finirò per-», non gli lasciai finire la frase che lo spinsi ancora di più verso di me, circondandogli i fianchi con le gambe, lui sussultò.
«Ti piace, Jake?» gli chiesi accarezzandogli la guancia, lui annuì senza rispondere e alzai la camicia da notte, in modo che potesse aderire alla mia biancheria.
Lui scattò in avanti all’improvviso, facendomi stendere di schiena e premendo verso le mie labbra con una certa insistenza mentre cominciava a fare pressione con il suo corpo su di me.
Restammo lì, in quella posizione, a baciarci e ad assecondarci nei movimenti fin quando un rumore in corridoio non ci fece sobbalzare.
«Qualcuno deve essersi alzato» mi sussurrò, nel suo tono una nota di dispiacere.
«Meglio metterci a letto…» dissi, e interrompendo il nostro contatto sorrisi quando notai che era eccitato, tanto.
Lui non disse una parola, si limitò a stringermi forte, come non aveva mai fatto prima.
Ci mettemmo sotto le coperte tirandole su fino alla testa e continuammo a baciarci dolcemente fino a quando i nostri occhi non si chiusero dal sonno e dalla stanchezza del giorno appena passato.



 

*Angolo autrice*
Ho appena finito di scrivere la prima volta tra Emma e Jake, se mai avrò il coraggio di pubblicarla sarà accorpata a questa storia principale :')
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Al lago ***


JACOB

Emma… Dopo aver avuto un contatto così vicino con lei, dopo averla stesa di schiena sulla sua scrivania e averla baciata con una certa intensità, decisi di tornare a dormire per qualche giorno nella mia stanza; un po' perché entrambi avevamo paura di essere scoperti e sfidare troppo la sorte non era l'idea migliore, un po' perché avevo decisamente bisogno di stare da solo e di rielaborare ciò che mi stava succedendo. Le sue mani mi avevano guidato in movimenti e sensazioni nuove che mi avevano dato un piacere indescrivibile. Stavo facendo le mie prime esperienze con una ragazza, con la ragazza di cui mi stavo innamorando, una cosa così bella da sembrarmi un sogno, totalmente inaspettata visto che quando ero in Florida, una persona che avrebbe potuto ricambiare una mia possibile attrazione era l’ultima cosa che mi sarei aspettato dalla vita.
Allontanarmi fisicamente da lei non servì a molto perché la sognai tutte le notti che mi baciava e mi stringeva le mani guardandomi con i suoi dolci occhi ambrati.
Il nostro rapporto faceva piccoli passi ogni giorno, ogni bacio era più intenso e durava più a lungo del precedente, purtroppo non potevamo stare soli tutte le volte che volevamo e il pensiero di espormi davanti ad altre persone non mi ispirava molto. Desideravo un giorno, un solo giorno dove potessimo rimanere soli, in luogo a noi segreto -che non avevamo ancora avuto l’occasione di trovare- per poterci conoscere, conoscerci senza il rischio che qualcuno potesse vederci, richiamarci o disturbarci.
Dopo una settimana estenuante di pulizie alla casa e con la fine della sua ristrutturazione per cui tutti avevano lavorato, eravamo distrutti e Miss Peregrine ci concesse il primo giorno libero dai compiti a noi assegnati.
Pensai che quella sarebbe stata l’occasione perfetta per andare a fare un giro, per invitarla a uscire, dovevo prendere coraggio e smettere di essere così imbranato nelle relazioni sociali e ancor di più con lei.
Ero steso sul mio letto, avevamo appena finito di vedere uno dei tanti sogni che Horace proiettava dopo cena e poi ci eravamo ritirati per dormire, mi giravo e rigiravo pensando a come avrei trascorso il mio giorno libero; volevo passarlo con Emma e quando si fece abbastanza tardi presi coraggio e bussai alla porta della sua camera.
«Chi è?»
«Sono Jake»
Restò a guardarmi in silenzio, sorpresa.
«Io...»
Andiamo Jacob Portman, chiedile di uscire.”
«Io mi chiedevo se… Se domani ti andrebbe di trascorrere la tua giornata libera con me».
«Mi stai invitando a uscire?» disse sorridendo, aveva notato il mio imbarazzo.
«Sì» 
Non rispose, si avvicinò a me alzandosi sulle punte e mi sfiorò le labbra baciandomi, era felice.
«Buonanotte Jake». Mi rivolse un secondo sorriso e chiuse la porta. Era un sì?

Il mattino dopo venimmo svegliati da Miss Peregrine e facemmo colazione, tutti i bambini uscirono fuori in giardino mentre Enoch e Olive corsero subito in laboratorio.
Eravamo rimasti soli, e solo dopo un po’ di imbarazzante silenzio, dove aspettavo che accennasse a qualcosa sulla domanda della sera prima, Emma si alzò e mi prese la mano accompagnandomi fuori, nel retro, dove la casa affacciava su un piccolo boschetto.
«Seguimi!»
«Dovremo dirlo a Miss-»
«Ho già parlato io con Miss Peregrine, andiamo!»
Più ci allontanavamo dalla casa, più la distanza tra di noi diminuiva. Mentre camminavamo, mi teneva per mano e mi tirava un po’ verso di lei.
All’improvviso mi urtò e mi spinse di lato.
«Hey!»
Rise.
«Vediamo se riesci a prendermi, cacciatore di vacui».
Tralasciando quel cacciatore di vacui pronunciato con una sottile vena ironica, sgusciò via all’improvviso, cominciando a correre per il bosco. Rimasi lì fermo, sorpreso, e solo dopo qualche secondo realizzai che voleva davvero che la rincorressi e scattai in avanti tentando di acchiapparla, domandandomi come facesse ad andare così veloce con quelle scarpe di piombo.
«Sei lento Jake!» mi urlò dietro prendendomi in giro.
“Lento? Ti faccio vedere io!”
Cominciai a correre così velocemente che, con mia grande sorpresa, la raggiunsi in pochissimo, le saltai addosso e non notai la collina ripida che si prospettava davanti a noi. Finimmo per rotolare per tutta la discesa.
«Mi hai preso!» mi disse ridendo, «Però così mi schiacci!», con entrambe le mani fece pressione sul mio petto, invitandomi ad alzarmi leggermente.
Ero finito sopra di lei.
«Scusa io-» feci per mettermi di lato, ma le sua mani mi bloccarono i fianchi.
«Resta così».
Suonò come un dolce invito. Aveva un leggero affanno e le guance leggermente arrossate per lo sforzo, in quel momento pensai che era davvero la cosa più bella che avessi mai visto e che avrei voluto vedere per il resto della mia vita. Volevo lei, solo lei.
Mi fissava, e non ressi per molto il suo sguardo. Pensai a quando fummo interrotti l'ultima sera che restai a dormire con lei, ai nostri corpi che si sfioravano e alla mia eccitazione; d’istinto avvicinai le mie labbra alle sue e cominciammo a baciarci, non con innocenza come avevamo sempre fatto, ma con foga, con una nuova passione che stavo appena scoprendo, come se dovessimo recuperare tutte le notti passate distanti.
Mi mise una mano dietro la testa e mi spinse ancora più a sé mentre con l’altra mi accarezzava la guancia, poi il collo, la spalla e il petto; venni scosso da brividi di eccitazione e feci aderire di più il mio corpo al suo, spingendo il bacino verso di lei; mi aveva insegnato bene, perché sembrava che ci toccassimo e baciassimo da sempre, e dopo minuti passati in quella posizione ci fermammo per riprendere fiato.
«Stai… stai bene?» le chiesi, e mi sorrise con gioia, gli occhi leggermente socchiusi.
«Io sto sempre bene quando sono con te Jake».
Quella frase mi rassicurò tanto.
«Allora resteremo insieme, per sempre», lei girò il volto di lato.
«Non fare promesse che non manterrai»
«Emma...» le presi il mento invitandola a guardarmi, aveva gli occhi lucidi.
«Non andrò via, resterò qui, con te. Io non ho nessuna guerra da combattere, difenderò te e gli altri speciali, mi prenderò cura di voi e un giorno, se lo vorrai, andremo via, lo diremo a Miss Peregrine… inizieremo una nuova vita-», non feci in tempo a finire la frase che mi posò un dito sulle labbra, provando a interrompermi; più deciso che mai a continuare a parlare il suo gesto non servì a molto.
«Io ti amo»
L’amavo davvero, e avevo lasciato tutto per lei. Dopo aver salutato mio nonno avevo detto definitivamente addio a tutto ciò che ero e che sarei potuto diventare, ero ritornato nel passato viaggiando per numerosi anelli e non sarei più potuto tornare indietro, conosceva benissimo l’irreversibilità del mio gesto.
Mi abbracciò in silenzio, stringendomi forte, «Anche io Jake, ma ti prego, non spezzarmi il cuore».
Aveva paura, lo sapevo. Era lecito che l’avesse, dopo ciò che aveva passato, ma io ero lì per lei e non sarei andato via, non potevo lasciarmi scappare una ragazza così speciale.
Restammo abbracciati, io sopra di lei fin quando non mi fece allontanare dolcemente, facendomi sedere sull'erba.
«C'è un posto dove voglio portarti, è qui vicino» mi disse mentre si sistemò i capelli spettinati dalla caduta; ci alzammo e ci addentrammo nel boschetto che si faceva sempre più fitto, dopo una serie di alberi che sembravano inghiottirci, scoprii che nascondevano un piccolo paradiso, un lago dall'acqua limpidissima, un luogo sereno e baciato dal sole.



«Ti piace?» mi domandò Emma.
«Molto»
Dopo averle risposto, si avvicinò a me, prendendomi la maglia con le mani e tentò di togliermela, alzai le braccia e glielo lasciai fare, titubante; restò a osservare il mio petto per qualche secondo prima di distogliere velocemente lo sguardo e guardarmi in volto.
«Hai le guance rosse» dissi sorridendo, notando il suo imbarazzo.
«Non è vero» mentì lei, provando a farlo in tono serio.
Soffiò verso di me, si tolse la veste tirando giù la zip ai fianchi e restò in intimo. Sulla barca a Cairnholm, al medesimo gesto girai lo sguardo altrove, questa volta no, qualcosa più forte di me, me lo impedì.
Prese la rincorsa e si buttò in acqua, senza preoccuparsi minimamente se fosse fredda o meno.
«L’acqua è calda, buttati anche tu!»
Non me lo feci ripetere due volte, tolsi i pantaloni e la raggiunsi tuffandomi. La calma e il relax durarono poco perché cominciò a schizzarmi e a tentare di buttarmi con la testa sotto l’acqua, non ci riuscì; fui io a caricarmela sulle spalle e a farla tuffare all’indietro. Ci divertimmo tantissimo anche senza allontanarci in zone più profonde, perché le scarpe di piombo l’avrebbero fatta andare a fondo.
Quando il sole fu alto in cielo, ci rendemmo conto che l’ora di pranzo sarebbe arrivata presto, e ci rivestimmo in fretta, correndo verso casa.
Sia io che Emma eravamo bagnati dalla testa ai piedi, al nostro ritorno ci scrutarono tutti chiedendosi probabilmente cosa avessimo combinato. Mentre salivamo le scale spingendoci a vicenda, ci ritrovammo Miss Peregrine di faccia che ci osservò attentamente, ma non parve sorpresa.
«Giusto in tempo per il pranzo» disse sorridendoci.
Emma le sorrise di rimando e proseguì in avanti andando al piano di sopra, urlando che sarebbe toccato prima a lei fare il bagno e che l’acqua calda non doveva assolutamente essere usata. Sospirai rassegnato ma felice, avevo trascorso una delle mattinate più belle della mia vita.
«Vieni con me Jake, ti riscalderai vicino alla stufa mentre Emma finisce il suo bagno».
Seguii Miss Peregrine in cucina, e mentre prendevo calore pensai che quello sarebbe stato un momento perfetto per chiederle della gita a Dublino.



*Angolo autrice*
Nuovo capitolo in tempo record, ho scritto parecchio in questa settimana. Anche l'ottavo capitolo è pronto e avrà momenti Enoch/Olive, quindi fan della coppia preparatevi! Darò molto più spazio a Enoch e ai suoi pensieri. Dalle visualizzazioni ho potuto constatare che ci sono circa 30 lettori fissi che seguono la mia storia, e ne sono felice, ho iniziato a scrivere per questo fandom per divertirmi e passare il tempo, credevo che l'ispirazione sarebbe finita subito, invece mi sbagliavo! In futuro vorrei introdurre altri speciali, nuovi poteri e molto probabilmente sarà proprio con Millard da narratore che accadrà, avrà una piacevole sorpresa!
Come sempre grazie a chi legge, in particolare all'utente "la ladra di libri" che ha inserito la storia tra le seguite.
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un giorno da ricordare ***


JACOB

Mentre mi riscaldavo seduto accanto a una piccola stufa, molto antiquata, Miss Peregrine era alle prese con i fornelli: l'ottimo odore che proveniva dalle pentole mi fece brontolare lo stomaco, la mattina avevo fatto una colazione leggera per poter sgusciare subito via dalla casa e uscire con Emma, ero super affamato.
Dopo aver abbassato leggermente la fiamma, si assentò per un momento, e approfittai per sbirciare cosa c’era dentro: stava cuocendo della carne e delle verdure; l’alimentazione che avevamo era estremamente curata e nulla era lasciato al caso, durante la settimana c’era l’alternanza di varie pietanze e nessuno sembrava risentire quanto me dell’assenza di dolci, bibite gassate e in generale delle schifezze della mia epoca; per forza, non le avevano mai provate e non avevano idea di quanto fossero dannatamente buone... Le aggiunsi alle cose che mi mancavano del futuro, dopo appena due settimane di convivenza con gli speciali.
Lei tornò poco dopo con una coperta che mi appoggiò amorevolmente sulle spalle, ero bagnato dalla testa ai piedi e speravo che Emma si sbrigasse, mai come in quel momento desideravo un bagno caldo.
«Ti sei divertito al lago, Jake?» mi domandò accennando a un sorriso, cogliendomi di sorpresa. Non avevo scambiato molte parole con Miss Peregrine né fatto così tanti discorsi, e nonostante fosse molto materna con tutti noi aveva un’impostazione autoritaria che mi metteva in soggezione. Non capitava spesso che mi facesse domande dirette, e stando con lei da poco non ero ancora riuscito ad aprirmi totalmente.
«Molto… è un bel posto» le risposi mentre strofinavo le mani.
«Come ti stai trovando con noi qui, nella nuova casa?»
Domanda a bruciapelo a cui non ero di certo pronto a rispondere. Mi trovavo bene, stavo bene, anche se gli orari del pranzo della cena e della messa a letto erano… scomodi ecco, per bambini. Mi stavo ambientando nel nuovo luogo dove ci eravamo trasferiti e con Emma sembrava andare tutto alla grande. La vita era molto diversa da quella “passata”, i pomeriggi trascorsi ascoltando musica con il mio mp3 nelle orecchie o al computer a navigare online erano vecchi ricordi che risuonavano come un eco lontano, lontanissimo dalla mia mente.
«Sto bene, anche se a volte…» abbassai lo sguardo, non sapendo se dire ciò che frullava nella mia mente.
«Ti mancano i tuoi genitori? La tua vita del ventunesimo secolo?»
Non potevo di certo dire che Miss Peregrine non fosse una persona diretta.
«Sì…» risposi mantenendo lo sguardo basso, lei si avvicinò e mi accarezzò.
«La tua è stata una scelta molto coraggiosa, hai deciso di proteggerci, e questo non è da tutti.»
Sì abbassò leggermente per trovarsi faccia a faccia con me.
«Quando avrai momenti di sconforto, io sarò qui. Capisco le tue difficoltà nel doverti adattare a un nuovo ambiente» mi disse guardandomi dritto negli occhi. Accennai a un sorriso e lei fece lo stesso.
«Spero davvero di riuscire a proteggervi in futuro, se ce ne sarà l’occasione»
«Ho fiducia in te» mi rispose sorridendo e tornando alle sue faccende.
«Miss Peregrine, posso… posso chiederle una cosa?»
Il mio cuore cominciò a battere più forte, domandarle di portarci a Dublino poteva risultare inopportuno, e l’ultima cosa che desideravo è che mi negasse la possibilità di andarci con Emma e gli altri, ma dopo quel dialogo rassicurante presi coraggio.
«Certamente» rispose girandosi verso di me, dedicandomi di nuovo totale attenzione
«Io e gli altri ragazzi, Enoch Olive e Emma… ci chiedevamo se – se un giorno potremo visitare Dublino»
Prima di darmi una risposta, girò lo sguardo altrove, pensierosa; tirò fuori dalla tasca la pipa e fece qualche tiro.
«Non è tra nostre priorità attuali, ma in futuro potremo andarci, sì».
Mi rispose meglio di quanto mi aspettassi.
«Magari durante il periodo natalizio, tra un mese» aggiunse.
«Sarebbe meraviglioso!» esultai, e lei sorrise. Era propensa ad accontentarci e la cosa mi rese felice, non vedevo l’ora di comunicarlo agli altri.

✦ ✦ ✦

ENOCH

«Volerà davvero Enoch?»
«Dovrebbe, Olive».
Speravo con tutto me stesso che funzionasse. Se tutto fosse andato secondo i piani, sarei riuscito a far volare per la prima volta una mia creazione. Avevo lavorato a questo progetto per mesi, ma ero stato disturbato dall’arrivo di un secondo Portman che si era lasciato catturare e minacciare da uno spettro. La bomba non aveva di certo risparmiato la mia stanza, e la realizzazione della mia idea aveva subito un notevole ritardo.
«Clip» dissi a Olive, che mi passò velocemente ciò che avevo chiesto.
Erano anni che mi affiancava nei progetti che mi cimentavo a creare; nonostante le prime difficoltà dettate dall’inesperienza e dalla non conoscenza dei nomi di tutti gli attrezzi che adoperavo, con il tempo era diventata un’ottima assistente. Aveva imparato in fretta quale strumento mi serviva e quando, molte volte bastava un semplice cenno della mano per farmi dare ciò di cui avevo bisogno.
Fu una delle ultime ad entrare nella famiglia e quando arrivò alla casa era spaesata e spaventata, incapace di controllare il suo potere. Ogni giorno incendiava qualcosa e smise di farlo solo quando le regalai un paio di guanti che usavo per non ferirmi quando adoperavo materiali taglienti; le dissi che così non avrebbe potuto avere contatti diretti con gli oggetti che avrebbe toccato e che non si sarebbero bruciati. Funzionò. Non avevano nessuna proprietà ignifuga particolare, ma a lei non servì saperlo. Dopo quel giorno non incendiò più nulla, se non volutamente.
Diversamente da lei, io fui uno dei primi ad essere preso in custodia da Miss Peregrine, molto prima che andassimo ad abitare nel Galles.
Alla morte dei miei genitori, i parenti presenti al loro funerale assistettero a una divertente battaglia tra cadaveri, ero un bambino di otto anni che istintivamente e ingenuamente aveva desiderato con tutto sé stesso che potessero tornare in vita, e così era accaduto. A quel tempo nessuno riuscì a spiegarsi cosa fosse successo, la situazione mi fu chiara solo quando mio zio, il fratello di mio padre, mi spiegò che ogni tanto, nella famiglia O’Connor, nascevano bambini maledetti con strani poteri. Nessuno volle prendermi con sé dopo l’accaduto, ero considerato ciò di più simile a un demone. Mi lasciarono alle amorevoli cure di un orfanotrofio, con la promessa che mi sarebbero venuti a trovare. Sparirono tutti.
La sola e unica visita che ricevetti dopo anni, fu quella di Miss Peregrine, che mi portò via da quell’orribile posto. Non riuscii mai a capire come fece a trovarmi, né lei fu propensa a spiegarmelo. All’epoca era una giovane Ymbryne e le erano stati affidati solo tre speciali per iniziare, per metterla alla prova, io, Emma e Millard.
«Filo da sutura, lo trovi nel terzo cassetto sulla destra» dissi a Olive indicandole lo scaffale dove avevo riposto tutto il materiale nuovo che Millard era riuscito a recuperare in giro. Fu con quello e con le clip che fissai finalmente le ali al corpo della mia nuova creatura.
«Oggi faremo una prova»
«Sarà fantastico, vedrai che funzionerà!» esclamò felice. Difficilmente ero in grado di comprendere perché Olive fosse sempre così raggiante e solare, con tutti poi; ad esempio con Jake, che aveva attirato talmente tanto la sua attenzione con il suo arrivo che mi ero sentito messo in secondo piano come mai era accaduto. Avevo fatto di tutto per spaventarlo e farlo scappare a gambe levate prima possibile, ma lui era restato, addirittura era tornato a vivere in modo permanente da noi solo ed esclusivamente per Emma e a detta sua, per proteggerci. Solo così aveva guadagnato un po’ di stima da parte mia, non che ne avessi così tanta da regalare in giro.
Una volta organizzati e presi tutti gli attrezzi utili a riparare la mia nuova creazione in caso di emergenza, ci avviammo in giardino; è lì che l’avrei fatta volare, era un posto perfetto, non c’erano troppi alberi e l’altezza a cui potevo aspirare per farla vibrare in aria era infinita. Era tardo pomeriggio, poco prima della cena, e sperai che non ci fosse nessuno, i più piccoli avrebbero potuto complicare le cose.
Le uniche due persone che trovammo stese su un telo sotto l’albero più grande furono Emma e Jacob, erano lì, l’uno accanto all’altra e sorridevano, divertendosi come due piccioncini, una cosa insolita ai miei occhi visto che mai, in passato, Emma aveva reso così palese l’attrazione per Abe. Ovviamente non notarono il nostro arrivo, si accorsero di me e Olive solo quando piantai nel terreno una piccola base in legno lavorato dove far partire la mia aquila. Non era stato difficile scegliere a quale volatile ispirarmi, avevo scelto il più maestoso di tutti, Millard che aveva studiato per anni libri di ornitologia aveva approvato in pieno.
Poggiai con delicatezza la mia creazione sulla base, era ancora coperta da un velo che alzai lasciando tutti i presenti stupiti. Inserii nel suo petto un piccolo cuore che avevo conservato appositamente per un evento così speciale e l’aquila prese vita; come accadeva ogni volta, andò a crearsi una forte connessione tra la mia mente e l’oggetto animato, sentivo che era ai miei comandi e che lo sarebbe stato fin quando non avrei deciso di togliergli di nuovo la vita. Erano costruiti per obbedire a ogni mio ordine e ogni volta che riuscivo ad animarli provavo immensa soddisfazione, seguivo assecondavo e soddisfavo il mio istinto speciale.

Vola.
Una semplice parola, detta nella mia mente, che bastò a farla librare in volo. Nonostante dovessi mantenere la massima concentrazione, non resistetti dal guardare Olive, era entusiasta e un sorriso felice le si era delineato in volto, mi aveva supportato -e sopportato- per tutto il tempo, è anche grazie a lei che ci sono riuscito.
La presi per mano e restammo ad ammirare l’aquila che virava, svoltava e scendeva in picchiata quasi come se fosse vera.
Dopo alcuni minuti sentii la connessione più debole e lontana, e decisi di farla atterrare, ogni cuore aveva un tempo limitato e per uno sforzo così grande era durato anche troppo, potevo ritenermi soddisfatto.
«Ci sei riuscito!»
«Direi di sì, Olive.»
«Non avevi mai progettato qualcosa che potesse volare, a Miss Peregrine piacerà tantissimo» esclamò Emma, che insieme a Jake si era avvicinata poco dopo la dimostrazione.
«Devo ancora migliorare molte cose prima di fargliela vedere». La coprii con il velo segnando la fine dello spettacolo.
«C’è un limite di grandezza o di peso per questo tipo di… oggetti?» chiese Jake, incerto su come definirli
«No, ma devono essere aerodinamicamente perfetti e i cuori per farli vivere devono essere freschi, e forti» spiegai, non pretendendo che Jake capisse, soprattutto dopo la smorfia di disgusto che fece.
«Ho parlato con Miss Peregrine» disse dopo un attimo di pausa, tutti gli dedicammo attenzione.
«Durante il periodo natalizio ci porterà a Dublino».
In quel momento, gli occhi di Olive brillarono di gioia, una gioia che non vedevo da tempo nei suoi occhi.

Un giorno da ricordare pensai mentre ero seduto sul divano del salotto, insieme ai bambini e con lei al mio fianco; era persa e distratta dalla proiezione di Horace, io invece, ogni volta, mi perdevo nei suoi occhi. Il mio esperimento era riuscito e avremo visitato Dublino, non avrei potuto chiedere di meglio.




*Angolo autrice*
Ciao a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo, questa volta incentrato più su Enoch e il suo rapporto con Olive <3 Con questo calore estivo l'unica cosa che ho voglia di fare è stare stravaccata sul letto, e non sempre trovo la voglia per mettermi al pc. Grazie come sempre a tutti voi lettori e a una nuova persona che ha inserito la storia nelle seguite, "
Blurossoverde" (che oddio scrive storie CLEXA *momento fangirl*)
A presto con il prossimo capitolo!


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3645590