Fat Love

di Vera_D_Winters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fat Love ***
Capitolo 2: *** Fat Love alternative universe ***



Capitolo 1
*** Fat Love ***


Lui? Un dannato assassino figlio di puttana ammantato d'oscurità.
Lei? Una regina capricciosa collezionista di esseri umani e con la forza di mille uomini.
Che cosa potrebbe mai accadere durante un loro sfortunato incontro?
L'isola di Aladabra purtroppo, fu teatro e spettatrice di questo scherzo del destino.


Si diceva che l'isola fosse abitata da creature assai particolari, e Big Mom aveva deciso di recarsi di persona su quel lembo pacifico di terra, così da decidere se quegli esseri valessero davvero la pena di appartenere alla sua collezione oppure no.
Ella però non era l'unica imperatrice approdata laggiù.
In una conca piuttosto nascosta infatti, anche Teach aveva gettato l'ancora, e seguito dalla sua ciurma era sbarcato a terra, deciso a prendere possesso di quel luogo che ancora non recava alcuna bandiera.
I pacifici abitanti dell'isola vivevano di pesca e della loro speciale abilità nella lavorazione del vetro, tramandata di generazione in generazione, e che permetteva loro di barattare gioielli rarissimi, così da prosperare e garantirsi la sopravvivenza, e non si aspettavano di dover fronteggiare ben due imperatori. Certo avevano avuto la loro parte di attacchi da parte di pirati e mercenari, ma mai avevano rischiato con una tale minaccia.
Quando la vedetta corse nella piazza centrale urlando nel panico per aver visto la nave della famigerata Big Mom, si creò un fuggi fuggi generale, con urla terribili che si levarono sino al cielo, madri che raccoglievano i figli tra le braccia per scappare via, persone che cercavano di raccattare i propri scarni averi, un terrore dilagante che toccava ogni abitante del villaggio.
Più veloci che poterono corsero tutti verso l'entroterra, a nord dove si trovavano delle grotte nascoste, sperando che bastasse questo a sfuggire alla donna dalle fattezze di gigante, per questo quando Teach raggiunse per primo la piazza del villaggio, non trovò altro di fronte a sè se non un deserto silenzioso.
"Forse ci hanno visti arrivare."
Buttò li Katarina, perplessa da quella mancanza di vita. Eppure si narrava che quell'isola fosse ridente e tranquilla...
"O forse hanno visto arrivare qualcun altro."
La corresse Van Augur.
"Abbiamo attraccato in quella caletta sperduta proprio per non attirare l'attenzione. Impossibile che ci abbiano visti arrivare."
Il tono saccente del pirate venne nascosto dalla risata sgangherata e non realmente divertita di Teach che risuonò ancora più sinistra alle spalle dei due compagni di ciurma intenti a iniziare una discussione. I vestiti lerci, il fiato che sapeva di rum, il grasso del suo stomaco che sobbalzava al suo deridere i due.
"E chi mai potrebbe far scappare via questi codardi vetrai a parte noi?"
Domandò con presunzione, ricevendo un'inaspettata risposta.
Gli alberi presero a tremare come scossi da un terremoto, e così il terreno. Un attimo di tensione prima che niente meno che BigMom apparisse oltre le fronde, in tutta la sua stazza da gigantessa.
Nessun brivido tuttavia percorse la ciurma di Teach a quella vista, solo un velo di perplessità passò velocemente sul viso del capitano, prima che tornasse a ridere con quel suo modo fastidioso e forzato.
Ma certo... si diceva che gli abitanti di quell'isola fossero maestri dell'arte del vetro per una particolarità delle loro mani e della loro pelle, e che producessero il vetro con i loro stessi corpi, più o meno come facevano i bachi con la seta, per questo lei probabilmente si trovava laggiù.
Che beffa del destino però, farli trovare la nella medesima ora.
"Kurohige."
Lo salutò lei, trasudando però aggressività solo nel pronunciare il suo nome, il sopracciglio destro tirato in un'espressione che preannunciava una sfuriata imminente.
"Mama."
Fu invece la risposta gioviale dell'imperatore che si avvicinò a lei, avanzando con passo ciondolante come quello di un ubriaco. Questo in effetti causò un lieve timore nei suoi, che tuttavia rimasero fermi, in attesa di un ordine diretto.
Dietro l'imperatrice per contro, i suoi uomini sguainarono spade e pistole.
L'ira della gigantessa si abbattè però proprio su di loro per primi.
Quei poveretti volarono via con un'unica e repentina manata, che li mandò chi contro gli alberi, chi perfino oltre.
Rabbia cieca, ecco che cos'era lei, pura rabbia cieca. Non importava chi si trovasse davanti, quando dava di matto tutti divenivano nemici, persino i suoi stessi numerosi figli.
Quella scena creò un accesso ulteriore di risa nel pirata, che tenendosi il pancione enorme si fermò a qualche metro da lei: le arrivava più o meno all'altezza dei seni abbondanti, ma di certo non si sarebbe fatto influenzare da quella differenza di stazza. Era già pronto a richiamare a sè il potere del proprio frutto e darle battaglia, non temeva la sua ira come non temeva nient'altro.
Lei però sembrò placarsi da sola. BigMom era una furia si, ma non era stupida, e sapeva che non aveva davanti un pesce piccolo.
"Che cosa ci fai qui?"
Domandò con voce profonda, scatenando tutta l'imponenza del suo essere.
"Sono qui per assoggettare questo territorio al mio dominio."
Rispose lui tranquillo, come se fosse un'ovvietà.
Di nuova quella vena inquietante cominciò a pulsare sulla sua tempia, mostrando quanto le fosse difficile mantenere il controllo.
"Quest'isola è mia!"
"E da quando?"
"Da adesso."
Tuonò la donna, abbattendo il suo palmo enorme a terra, mancando di poco Teach, spostatosi con un balzo giusto in tempo.
Fine delle trattative, fine dei convenevoli. Per BigMom erano durati anche troppo in realtà...
Lo scontro si accese come un fuoco che divampa improvviso ed ebbe i risvolti di un terremoto. La ciurma di Barbanera si era fatta da parte mentre i due imperatori si fronteggiavano senza esclusione di colpi, creando una devastazione tale alle case abbandonate, che uno tsunami non avrebbe mai nemmeno eguagliato.
Le ore passavano e il tramonto cominciava a gettare ombre scarlatte sui contendenti ansanti e ammaccati. I vestiti impolverati, la pelle coperta di sangue e lividi e imperlata di copiose sudore, l'odio che sgorgava negli sguardi allacciati dei due imperatori.
Ma ne valeva davvero la pena?
Quella piccola isola sperduta valeva la morte di uno dei due?
Probabilmente no.
"Perchè non ci accordiamo Mama? Abbiamo perso abbastanza tempo."
Propose Barbanera, approfittando del momento di stallo mentre entrambi riprendevano fiato.
"Che tipo di accordo?"
Chiese guardinga BigMom, il trucco un po' sfatto in viso che la rendeva ancora più grottesca e spaventosa.
"Ti lascio portare via qualche abitante per la tua collezione se mi lasci tenere l'isola,  zehahahaha!"
Non era brava a condividere. Questo fu il suo primo pensiero a quella proposta che in realtà pareva buona, per questo scosse la testa.
"Non è abbastanza."
"Posso offrirti anche uno dei miei uomini in matrimonio per una delle tue figlie."
Aggiunse Teach che cominciava a vedere uno spiraglio di alleanza.
Sapeva anche quali tasti toccare con lei... e forse poteva prendere qualcosa anche per sè alla fine.
"Mi offrirei io personalmente, ma forse vuoi qualcuno di più giovane,  zehahahaha!"
E forse fu la proposta sfrontata fatta dall'imperatore, forse l'adrenalina che ancora scorreva nei loro corpi tesi per la battaglia, ma proprio come si era scontrati fino a poco prima con rabbia e  furia, ora i due si guardavano con una viscerale animalità che preannunciava un altro tipo di lotta.
BigMom annuì appena, avvicinandosi per sigillare il loro accordo con una stretta di mano, e quando fu vicina inspirò profondamente, imprimendosi in testa l'odore dell'altro, qualcosa che recava la salsedine, e qualcosa d'altro, indefinibile molto più sporco e nauseabondo. Le fece un po' storcere il naso, ma la stretta ruvida e prepotente le piacque da morire. 
Da parte sua anche Teach storse il naso, Mama profumava di dolci stucchevoli e cera di candele, ma quella consapevolezza gli fece sorgere una domanda spontanea: il suo sapore aveva lo stesso aroma del suo odore?
Il pensiero appena accennato divenne azione, e se prima si erano affrontanti con una violenza fisica inaudita, ora quella stessa violenza feroce era riversata in un bacio caldo, denso e ringhiante. Mentre le loro labbra si scontravano e le loro lingue infuriavano l'uno nella bocca dell'altra, si udiva un fastidioso susseguirsi di grugniti, come se fossero due maiali, e in effetti non vi mancava poi molto.
Due bestie. Non due esseri umani, erano due bestie voraci, bisognose di un contatto fisico negato troppo spesso dalla loro posizione e dal loro aspetto.
Aspetto che però rendeva assai difficile quell'incontro scontro.
La pancia di Teach cozzava contro il ventre fin troppo florido di Mama, tanto che perfino baciarsi, o quella specie di lotta che stavano facendo tra le loro facce, diventava un'impresa titanica e impossibile. E poi lei era talmente protesa e china su di lui, che sembrava sul punto di inglobarlo con la sua ciccia, o ingoiarlo direttamente con quella bocca enorme che si ritrovava.
Senza sapere come, e senza rendersene conto alla fine, si ritrovarono a rotolare a terra uno attorcigliato contro l'altra, rischiando però di rimbalzarsi addosso come palline di un flipper impazzito.
I vestiti già sgualciti vennero strappati via e i lembi di stoffa fatti volare chissà dove, mentre le mani si cercavano a vicenda, affondando nella carne sudata e dondolante, stringendo e graffiando.
Arrivarono altri ringhi e altri grugniti, versi d'impazienza mentre cercavano di non soffocare a vicenda nella loro mole, e mentre cercavano il contatto sotto quegli strati di grasso in eccesso. Dopotutto erano pur sempre un uomo e una donna, nonostante il loro aspetto.
Fu comunque tutto confuso, impaziente e squallido e finì fin troppo in fretta con gran poca soddisfazione di Mama che quasi nemmeno l'aveva sentito il membro di Teach mentre la possedeva. Forse si doveva già considerare un miracolo che l'avesse trovato in effetti, e che avesse trovato anche dove infilarlo. 
Tuttavia, piacevole o meno, ora il patto era stato siglato e non si sarebbe potuti tornare indietro.
Quando le due belve ebbero ripreso un minimo di compostezza, BigMom lasciò l'isola con alcuni abitanti incatenati nella propria stiva, e Teach posò la sua bandiera su quella terra ora di sua proprietà.
"Se lo raccontate a qualcuno vi ammazzo."
Intimò ai suoi uomini, battendosi la mano sul panzone enorme, prima di lasciarsi andare alla risata che era il suo marchio di fabbrica.
Quello che era successo su quell'isola sarebbe rimasto sull'isola.
Di certo Mama non ne avrebbe fatto parola mai, anzi, mentre navigava verso la sua isola già cercava di dimenticare il sapore oscuro di Marshall D. Teach

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Capitolo 2
*** Fat Love alternative universe ***


"Non ho mai capito perchè a certa gente piacciano tanto queste gare. Io le trovo aberranti e disgustose."
Disse la giornalista storcendo il naso mentre il suo direttore le passava l'indirizzo e le altre informazioni sulla Gara di Abbuffata di cui la donna avrebbe dovuto scrivere un articolo. Quella era una punizione in piena regola e lei avrebbe preferito essere in qualsiasi altra parte del mondo, tuttavia prese le sue cose e armandosi di coraggio andò a fare il suo lavoro.

{...}

Gli spalti erano gremiti.
"Che schifo..."
Bofonchiò la giornalista avvicinandosi ai concorrenti che era tenuta ad intervistare.
Il primo si chiamava Teach ed era un uomo enorme, dai capelli che parevano essere stati pucciati direttamente nell'olio di cottura delle schifezze che lo avevano fatto ingrassare come una montagna, e a cui mancava persino qualche dente.
Aveva una risata a dir poco fastidiosa, e il suo alito sapeva di spezie e alcool.
Armandosi non solo di coraggio ma anche di santa pazienza, la giornalista si fece avanti per porre la prima domanda, ma venne interrotta da una seconda concorrente.
La donnona era corpulenta al pari di Teach, o forse era un poco più alta, sembrava un po' più vecchia di qualche anno, e aveva una capigliatura alquanto discutibile: ricci rosa che sembravano crespi e ingovernabili.
- Perlomeno questa i denti li ha tutti... -
Pensò un po' acidamente la giornalista, mentre si sforzava di sorridere in maniera professionale.
"Lin lin, amore..."
La salutò Teach, facendo strabuzzare gli occhi all'intervistatrice.
Di solito riusciva a restare impassibile, ma... ma...stavano insieme? A giudicare dal bacio con tanto di schiocco sulle labbra che si erano dati, si. Ma... come facevano a stare insieme? Non rimbalzavano uno contro l'altra? Come facevano a baciarsi seriamente con quei pancioni enormi che impedivano loro di avvicinarsi a sufficienza?
E non appena nella sua testa cominciarono a piovere immagini di quei due che cercavano di fare sesso le venne un conato di vomito e cercò immediatamente di cancellare quelle idee malsane. Ma era impossibile. Tornò a fissarli mentre si guardavano con la stessa intensità con cui guardavano cosciotti di pollo e patate fritte e si ritrovò impossibilitata a distogliere lo sguardo. Come quando si guarda un incidente che per quanto raccapricciante ti tiene incollato lì, con quella macabra curiosità che è tipica dell'animo umano anche più integro e retto.
"Ahm scusate... voi due siete...?"
"Fidanzati!"
Trillò Lin Lin tutta allegra, mentre faceva scivolare le dita tozze tra quelle del suo uomo.
"E..."
No niente non le veniva nessuna domanda. Lo shock era troppo.
"Vuole sapere come ci siamo conosciuto?"
Intervenne Teach, mentre la fidanzata ridacchiava e la giornalista annuiva.
"Ci siamo conosciuti ad una gara come questa, io ero il campione indiscusso, ma Lin Lin mi ha stracciato, ed è stato amore a prima vista."
- A prima vista? Vi servono degli occhiali temo... -
Ecco cosa voleva commentare la giornalista, ma si trattene mordendosi la lingua ancora una volta, continuando a mostrare quell'espressione educata e cordiale che le avevano insegnato in redazione.
"Capisco..."
"E' in imbarazzo?"
"Mh?"
"E' in imbarazzo?" Chiese una seconda volta la donna dai capelli rosa, facendo arrossire leggermente la sua interlocutrice.
-Professionale... cerca di essere professionale. -
"Assolutamente no! E' che mi aspettavo più competizione come in una gara qualsiasi."
Mentì spudoratamente e riuscì a suonare convincente persino alle sue stesse orecchie.
Allora Teach sfoderò un sorriso che doveva sembrare probabilmente malizioso, ma che non riusciva affatto bene con la sua faccia, e fece segno alla giornalista di seguirlo.
Riluttante lei lo fece e insieme raggiunsero la tavola imbandita, dove la prima batteria di abbuffatori seriali si stava dando battaglia: uomini e donne che trangugiavano cibo a una velocità spaventosa, senza nemmeno riuscire a godersi le pietanze che ingerivano, le maglie sudice di olio, salsa, spezie, le bocche stracolme, come se fossero criceti fuori misura.
"E' disgustoso non trova?"
Domandò ancora l'omone, mentre la sua fidanza li seguiva da breve distanza, gli occhi porcini accesi d'improvvisa curiosità.
"Non sono qui per dare giudizi."
Rispose prontamente, ma la risata sgangherata dell'uomo le fece arricciare il naso con diffidenza.
"Tutti giudicano signorina, anche quelli sugli spalti che fanno il tifo. Ci incitano, ma in realtà ci trovano rivoltanti. Tutti qui lo pensano... eppure eccoli a guardarci come fenomeni da baracconi. Tra di noi invece..."
E indicò se stesso, la sua compagna, e altri concorrenti li vicino.
"C'è semplice accettazione. E certo che siamo qui per vincere, sa quanti soldi ci danno solo per aver partecipato? Ma vincere non significa che dobbiamo massacrarci a vicenda per forza, soprattutto non fuori da qui. O forse lei non si innamorerebbe di un suo collega, anche se di una testata giornalistica differente dalla sua, o in competizione?"
"Il mio lavoro viene prima di tutto... quindi temo che la risposta sia no."
"Allora la compatisco."
Teach scrollò semplicemente le spalle e si allontanò con la sua risata fastidiosa, seguito a ruota dalla fidanzata, che sembrava davvero gelosa, come se avesse paura che qualcuno glie lo potesse portare via.
La giornalista intanto era rimasta particolarmente piccata dalle parole che le erano state rivolte.
Come osava? Lui la compativa? Lui? Ma si era guardato allo specchio?
Con un gesto di stizza la donna si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e tornò ad osservare i concorrenti che stavano terminando la loro manche. Doveva intervistarne altri per l'articolo, ma i suoi occhi continuavano inevitabilmente a finire sulla coppia di poco prima, ora intenta a giocherellare con quelle dita a forma di salsicciotti che avevano. Lei ridacchiava facendo il suono di un maialino, lui la guardava come se fosse una sirena. E ancora una volta le venne in mente l'analogia con un incidente stradale. Sai che le due auto stanno per scontrarsi, sai che sarà orribile, ma stai li a guardare fino all'avvenuto impatto.
Passò così tutto il resto della gara, anche quando i due si esibirono nel loro divorante amore, staccando pezzi di carne da povere ossa inermi, ingoiando pannocchie con foga, schiacciando poveri hamburger da cui uscivano chili di salsa che faceva ingrassare solo a guardarla.
E la folla urlava entusiasta...
No non avrebbe mai capito, però decise che avrebbe impostato tutto il suo articolo proprio su quella storia d'amore paradossale a cui aveva assistito. 
Alla fine la gara venne vinta proprio da Lin Lin: la donnona alzò l'assegno al cielo con fare vittorioso e subito dopo corse, se correre si poteva utilizzare come termine, verso il suo compagno a cui regalò la coppa a forma di cucchiaio di legno, assieme a un bacio con tanto di quindici metri di lingua.
"Gesù..."
Sospirò la giornalista distogliendo lo sguardo, anche se i rumori umidi e di risucchio si sentivano ugualmente.
Prese ancora un paio di appunti, poi ripose il suo blocchetto e la penna nella tracolla, pronta ad allontanarsi per andarsene. In quel momento le passò accanto la coppia cinguettante, e fu così che udì le loro parole con le quali annunciavano che con l'assegno si sarebbero comprati un letto nuovo, più resistente di quello che avevano rotto proprio la sera prima.
Oh no era troppo.
Sotto le loro risate, la giornalista se ne andò a passo svelto, stringendo convulsamente la tracolla al petto.
Aveva comunque ancora intenzione di scrivere il suo articolo su di loro, ma ormai cominciava a temere che quella notte avrebbe avuto decisamente gli incubi. Incubi fatti di corpi che si rotolavano in piscine di spaghetti, e altre schifezze simili.
Ah, ma il suo redattore quella glie l'avrebbe pagata. Assolutamente.

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