One in a million

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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ONE IN A MILLION

Prologo

 

 

 

 

 

Manosque, Francia

 

 

Elijah si alzò dallo sgabello che oramai occupava tutte le sere da quasi dieci anni, sorrise al cameriere e si sedette al bancone, dopo aver sfiorato i tasti un’ultima volta. Non si sarebbe mai stancato del fresco e del liscio della galalite sotto i suoi polpastrelli, dell’adrenalina che lo pervadeva ogni qual volta si preparava a suonare. Si sentiva libero e felice, si sentiva leggero e Dio... era una sensazione magnifica.

Manosque gli era sempre piaciuta, a volte si ritrovava a chiedersi perché ci avesse messo così tanto a trasferirsi lì. Aveva visto posti meravigliosi nella sua vita, ma nessuno come quella piccola perla in Provenza. Tutto era antico e quasi magico lì e lui si sentiva a casa oramai.

Aveva un discreto giro di amici, un lavoro che amava, una bella casa, una meravigliosa fidanzata e tutta una vita da vivere. Sì, non poteva fare a meno di sorridere.

“Hey Elijah” gli disse Paul, il cuoco di quel piccolo ristorante in cui suonava tutte le sere. “La tua bella verrà a sentirti suonare domani? È da un po’ che non si fa vedere, va tutto bene tra voi?”

L’altro sorrise. “Benissimo. Ha solo molto da fare. La Pâtisserie ha preso il volo, ci sono parecchie ordinazioni e un viavai continuo di gente. Stiamo persino pensando di ingrandirla e mettere dei tavoli, così i clienti potranno sedersi per mangiare un dolce, invece di essere costretti a portarlo via.”

Paul scosse il capo pensieroso, poi abbozzò un sorriso. “Solo alla tua fidanzata poteva venire l’idea di chiamare una pâtisserie, Pâtisserie.

Elijah rise. “Nella sua poca originalità, è un nome originale però, devi ammetterlo.”

“Sarà” sbuffò il suo interlocutore. “Ad ogni modo, portale i miei saluti. E” gli mise davanti due sacchetti di carta. “Hamburger e patatine alla paprica, come piacciono a lei.”

“Grazie Paul” replicò l’altro poggiando dieci dollari sul bancone e avviandosi verso l’uscita. “Ci vediamo domani.”

Fuori la serata era calda e piacevole, il cielo era pieno di stelle e tutto andava bene. Con un sorriso raggiunse l’auto.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Io detesto fare i conti” la donna si versò un bicchiere di vino, guardò i fogli sparpagliati sul tavolo, e infine abbassò lo sguardo verso il cane. Lola, si chiamava così, era una palla di pelo color champagne che aveva trovato qualche anno prima per strada. Quando l’aveva vista la prima volta aveva solo tre mesi e se ne stava tremante ai piedi di un grande albero, sotto una pioggia torrenziale. L’aveva avvolta nel suo cappotto e l’aveva portata a casa con sé e da allora non si erano mai più separate. Elijah poi la adorava, non faceva altro che coccolarla e viziarla. Ha sofferto abbastanza, ora ha solo bisogno di amore. Tanto amore, diceva sempre.

Un po’ come te avrebbe voluto replicare lei ogni vota, ma non lo faceva mai perché...

“Sono a casa!” urlò proprio lui dall’entrata. La porta si richiuse alle sue spalle, i pensieri di lei si rifugiarono di nuovo nell’angolo di cervello in cui dovevano stare. “E ho portato la cena.” Lola scattò in piedi e come un razzo corse verso la porta, come faceva ogni sera e la donna rimase sola col suo bicchiere di vino.

“Incredibile” mormorò versandone uno anche ad Elijah. “Lui arriva ed è come se io smettessi di esistere.”

“Ciao bellissima” Elijah le posò un bacio sui capelli. “Scusa se ho tardato. Paul ti manda i suoi saluti e le patatine fritte alla paprica.”

“Amo Paul, lo amo davvero! È come se riuscisse a leggermi nel pensiero, mi manda sempre il cibo giusto nelle serate giuste.”

Il suo fidanzato rise. “Ho pagato per questo cibo. È me che dovresti amare.”

La donna aprì una delle buste e ne tirò fuori una patatina che mangiò in due bocconi. “Ho abbastanza amore per entrambi” scherzò voltandosi a guardarlo: alcuni ciuffetti di capelli gli ricaddero sulla fronte quando si girò per ricambiare il suo sguardo. Gli occhi scuri e malinconici, sempre un po’ velati nonostante il sorriso.

“Che c’è?” le chiese in un sussurro.

Lei alzò una mano e gli accarezzò una guancia con dolcezza. “Ti amo” gli disse spostando i ciuffetti dalla fronte con le dita dell’altra mano. “Tutto qui.”

Elijah si piegò per baciarla. “Anche io ti amo.”

“Non quanto io amo te” scherzò lei. “Ma non dirlo a Paul.”

Lui rise di nuovo, lo faceva spesso, le prese il viso tra le mani e la baciò di nuovo, più profondamente, con dolcezza. Pensò che la sua bocca sapeva di vino, paprica e famiglia. Sapeva di tutte le cose che lo facevano stare bene. “Ah Allison Morgan” le disse rompendo il bacio ma tenendola abbracciata. “Come ha fatto una come te ad innamorarsi di uno come me? Dovrò ringraziare la sorte per il resto dei miei giorni.”

Allison sorrise appena. Era lei che doveva ringraziare la sorte o meglio, doveva ringraziare Marcel, per aver cancellato ogni brutto ricordo dalla mente di quell’uomo stupendo e felice che era il suo tutto da oramai tanti anni.

“Hai fame?” gli chiese. “Perché io sto morendo e quelle patatine mi stanno chiamando. Riesci a sentirle?”

Elijah finse di mettersi in ascolto. “No, non sento niente. Eccetto il tuo cuore che batte all’impazzata. Stai bene, amore mio?”

Lei deglutì a vuoto ignorando quella brutta sensazione che la infastidiva da giorni. “Sì, sto bene.” Un altro bacio, poi la cena. Esattamente come ogni sera.

 

 

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Capitolo 2
*** 1. ***


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ONE IN A MILLION

1.

 

 

 

 

 

Allison si era svegliata con quella brutta sensazione che da giorni la ossessionava; non sapeva cosa fosse e onestamente sperava di non scoprire che aveva un fondo di verità. Con un sospiro si era alzata dal letto sentendosi più stanca di quando era andata a dormire, era scesa al piano di sotto, aveva aperto la porta finestra per permettere a Lola di uscire in giardino e poi aveva preparato la colazione. Mentre girava i pancake in padella, si era specchiata sul mobile lucido della cucina e si era accorta di avere una pessima cera.

Smettila con queste sciocchezze, si era intimata, tutto va bene nella tua vita e continuerà così. Ma doveva ammettere di non esserne troppo sicura. Erano passati quasi dieci anni dal giorno in cui Elijah si era presentato alla sua porta, senza memoria e spinto da una sensazione, da allora in un modo o in un altro non si erano mai più lasciati. Avevano costruito un piccolo paradiso, lontano da tutto e da tutti quelli che rappresentavano il loro passato e a lei, contrariamente a quanto aveva pensato per tutti gli anni prima di quel giorno che aveva cambiato tutto, quella vita tranquilla piaceva.

"Buongiorno" la voce del suo fidanzato la distrasse dai suoi pensieri.

"Buongiorno a te" gli disse sorridendo appena, sforzandosi quasi. "La colazione è quasi pronta."

Lui annuì versandosi una tazza di caffè. "Da quanto sei in piedi?"

"Due ore forse, non lo so con precisione."

"Due ore? Allison, sono solo le sette. C'era almeno il sole quando ti sei alzata?"

Lei rise. "Un raggio o due. Non riuscivo a dormire, continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto e non volevo svegliarti."

Elijah le baciò una guancia, poi una mano. "Stai bene? Sono giorni che hai qualcosa negli occhi..."

"Qualcosa cosa?"

"Qualcosa di triste" l'uomo le prese di mano la tazza e la fece voltare verso di sé. "Non fraintendermi, fai sembrare la tristezza incredibilmente bella" accennò una risata ed Allison lo seguì. "Ma preferisco comunque quando sorridi. Cosa c'è che non va?"

La donna deglutì a vuoto, sentì gli occhi riempirsi di lacrime ma si impose di non piangere mentre avvicinava il viso a quello del suo fidanzato per baciarlo. Quelle mani grandi che sapevano farla sentire al sicuro si poggiarono su di lei, una si perse tra i capelli, l'altra le sfiorò il fianco e poi con decisione girò sulla schiena.

"Ti capita mai di svegliarti con la sensazione che succederà qualcosa di... qualcosa che cambierà tutto, che ti porterà via tutto quello che ami e che hai costruito?" gli chiese, e sapeva che le sue parole suonavano incredibilmente strane per lui che non ricordava metà della sua vita.

"Sì" mormorò lui. "Mi capita di aprire gli occhi al mattino ed avere paura, credo capiti a tutti."

"E cosa fai quando succede a te? Cosa fai per... scacciare la sensazione?"

"Di solito ti guardo dormire per un po', mi lascio cullare dal tuo respiro e poi ti stringo a me. Tu ti abbandoni, addormentata, tra le mie braccia e in quel momento ogni paura sparisce" con la punta del pollice le asciugò le lacrime e le sorrise. "Niente e nessuno ci porterà via quello che abbiamo, né quello che amiamo. Hai la mia parola."

Allison lo abbracciò forte, sicura. Sicurezza che venne nuovamente meno quando, verso l'ora di pranzo, qualcuno entrò alla Pâtisserie con sopra il viso quel suo caratteristico sorriso malizioso.

"Ciao, guerriera. O forse dovrei dire bonjour?" le disse.

La donna sentì il suo corpo immobilizzarsi, il sorriso svanì. "Klaus... Cosa ci fai qui?"

L'Ibrido le sorrise, le mani incrociate dietro la schiena e quella sua tipica espressione da... Klaus. "Ho sentito dire che qui dentro si possono trovare i migliori macarons di Manosque, anzi della Francia intera."

"Quindi se te ne do una scatola assortita te ne andrai via?"

Klaus rise. "Temo di non poterlo fare" replicò. "Possiamo fare due chiacchiere?"

Lei respirò a fondo, annuì e dopo aver detto a Clementine, la donna che lavorava lì, che si assentava un attimo, gli fece cenno di seguirla.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

"Ne è passato di tempo" Klaus si guardò intorno, in quel piccolo vicolo sul retro del negozio. "Quanti anni? Dieci, dodici?"

"Cosa vuoi Klaus?" tagliò corto lei, negli occhi un'ansia che l'Ibrido in fondo capiva. "Non credo che tu sia venuto fino a qui per parlare dei vecchi tempi."

"Certe cose non cambiano mai vedo. Non ti sono mai piaciute le chiacchiere, non che io ricordi almeno."

"Stai tergiversando, Klaus. Cosa vuoi? Sei qui per... per portare via Elijah?"

"Portalo via? No, certo che no. Mio fratello è un uomo adulto, non posso semplicemente trascinarlo via a mio piacimento, non credi?" si fermò un attimo e guardò quelle iridi nocciola piene di tutto. "Sono qui da qualche giorno, vi ho osservati voi due; siete affiatati, belli, innamorati. Due sere fa ballavate felici in quel locale, com'è che si chiama?"

"Si chiama Manosque Musique club. Elijah suona lì quasi tutte le sere."

"Ah" l'altro respirò a fondo. "Ad ogni modo, tornando al motivo per cui sono qui, Freya mi ha detto che sei al corrente di tutto."

Allison si inumidì le labbra. "Quasi dieci anni fa Elijah ha bussato alla mia porta. Ha detto che non sapeva come ci era arrivato e mi ha chiesto se ci conoscessimo. Ho pensato fosse un dannato... scherzo o qualcosa del genere e così l'ho cacciato via il malo modo. Ho telefonato a Freya e lei mi ha detto ogni cosa; ho rintracciato Elijah, l'ho raggiunto e mi sono scusata. Gli ho detto che mi ricordava qualcuno che conoscevo e lui ha risposto che la sensazione era reciproca. Dopodiché si è presentato. Sono Elijah, comunque mi ha detto. A me... si è presentato a me Klaus, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme, si è presentato come se fosse la prima volta che ci incontravamo."

"Tecnicamente per lui era come se fosse la prima volta" ragionò lui. "Cosa ricorda esattamente? Sa di essere..."

"Un vampiro? Sì lo sa. Non ha perso la sua personalità, ha perso solo il dolore che gli pesava da sempre sulle spalle. Le responsabilità e i sensi di colpa e la paure. Ora dimmi perché diavolo sei qui."

"Sono qui perché Hope è una donna oramai ed è una strega molto molto potente e capace. Ha trovato un modo per liberarci da Inadu. Ha liberato me e Rebekah e Kol, voglio che liberi anche lui da quell'essere maledetto. E voglio che ricordi." Spiegò. "Elijah è libero dal dolore e dalle colpe ma, dimenticando quelle cose, ha dimenticato anche la sua famiglia."

"Ed è felice ora!" Allison scattò sulla difensiva. "Vive una vita normale e tranquilla ed è sereno. E se sei venuto per togliergli quella felicità, sappi che per farlo dovrai passare prima sul mio cadavere, Klaus."

L'Ibrido capì che sarebbe stato più complicato di quanto aveva previsto.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

"Bonjour Clementine" Elijah sorrise alla donna e girò dietro il bacone. "Come procede?"

"Bonjour Elijah. Procede tutto alla grande, questa mattina abbiamo fatto il pienone."

"Lo vedo" l'uomo guardò il bancone semi vuoto con un sorriso. "Dov'è Allison? Avevamo appuntamento per pranzo."

"È sul retro con un tizio. Un vecchio amico ha detto."

Elijah corrugò la fronte. "Un vecchio amico?"

"Un Américain a giudicare dall'accento."

Lui le passò accanto per raggiungere il retro; non vide subito Allison ma ne sentì la voce e sembrava agitata. Parlava di qualcosa che aveva a che fare con i ricordi, col passato... "Ally?" la chiamò avanzando. "Hey" le disse quando uscì anche lui sul vicolo. "Clementine ha detto che eri qui. Va tutto bene?"

"Tutto bene" mentì lei con un sorriso, sotto gli occhi tristi di Klaus. "Lui è... Nik, è un vecchio amico, dall'America."

"Ah un vecchio amico" Elijah gli tese la mano con quell'espressione educata ma diffidente che faceva parte di lui. "Sono Elijah."

A Klaus venne quasi da ridere mentre gli stringeva la mano. Dio... suo fratello che marcava il territorio credendolo un vecchio amico della donna che, evidentemente, amava. "Molto lieto" gli disse soltanto.

"Beh, Nik, dovresti scusarci adesso ma io ed Allison avevamo appuntamento per il pranzo. Quindi..."

"Certo" l'altro annuì. "Certo. Ci vediamo in giro allora, rimarrò per un po'."

Si allontanò ed Allison dovette impegnarsi con tutta se stessa per non piangere. "I vecchi amici" scherzò. "Quanti ricordi."

"Non mi piace quel tizio!" sentenziò Elijah. "E tu sembri scossa. Cosa ti ha detto?"

"Niente di particolare. Mi ha solo fatto ricordare di quando ero giovane; per una donna accorgersi del tempo che passa può essere un vero dramma."

Elijah rise e si piegò per baciarla. "Sei bella oggi esattamente come il giorno che ti ho vista per la prima volta. Forse di più."

"È una menzogna, ma grazie, ne avevo bisogno. Ora andiamo a pranzo, adulatore che non sei altro. Sto morendo di fame." Un altro bacio. Poi il pranzo.

 

 

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