ONE IN
A MILLION
1.
Allison si era svegliata con
quella brutta sensazione che da giorni la ossessionava; non sapeva cosa fosse e
onestamente sperava di non scoprire che aveva un fondo di verità. Con un
sospiro si era alzata dal letto sentendosi più stanca di quando era andata a
dormire, era scesa al piano di sotto, aveva aperto la porta finestra per permettere
a Lola di uscire in giardino e poi aveva preparato la colazione. Mentre girava
i pancake in padella, si era specchiata sul mobile lucido della cucina e si era
accorta di avere una pessima cera.
Smettila con queste
sciocchezze, si era intimata, tutto va bene nella tua
vita e continuerà così. Ma doveva ammettere di non esserne troppo sicura.
Erano passati quasi dieci anni dal giorno in cui Elijah si era presentato alla
sua porta, senza memoria e spinto da una sensazione, da allora in un modo o in
un altro non si erano mai più lasciati. Avevano costruito un piccolo paradiso,
lontano da tutto e da tutti quelli che rappresentavano il loro passato e a lei,
contrariamente a quanto aveva pensato per tutti gli anni prima di quel giorno
che aveva cambiato tutto, quella vita tranquilla piaceva.
"Buongiorno" la voce
del suo fidanzato la distrasse dai suoi pensieri.
"Buongiorno a te"
gli disse sorridendo appena, sforzandosi quasi. "La colazione è quasi
pronta."
Lui annuì versandosi una tazza
di caffè. "Da quanto sei in piedi?"
"Due ore forse, non lo so
con precisione."
"Due ore? Allison, sono
solo le sette. C'era almeno il sole quando ti sei alzata?"
Lei rise. "Un raggio o
due. Non riuscivo a dormire, continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto e non
volevo svegliarti."
Elijah le baciò una guancia,
poi una mano. "Stai bene? Sono giorni che hai qualcosa negli
occhi..."
"Qualcosa cosa?"
"Qualcosa di triste"
l'uomo le prese di mano la tazza e la fece voltare verso di sé. "Non
fraintendermi, fai sembrare la tristezza incredibilmente bella" accennò
una risata ed Allison lo seguì. "Ma preferisco comunque quando sorridi.
Cosa c'è che non va?"
La donna deglutì a vuoto,
sentì gli occhi riempirsi di lacrime ma si impose di non piangere mentre
avvicinava il viso a quello del suo fidanzato per baciarlo. Quelle mani grandi
che sapevano farla sentire al sicuro si poggiarono su di lei, una si perse tra
i capelli, l'altra le sfiorò il fianco e poi con decisione girò sulla schiena.
"Ti capita mai di
svegliarti con la sensazione che succederà qualcosa di... qualcosa che cambierà
tutto, che ti porterà via tutto quello che ami e che hai costruito?" gli
chiese, e sapeva che le sue parole suonavano incredibilmente strane per lui che
non ricordava metà della sua vita.
"Sì" mormorò lui.
"Mi capita di aprire gli occhi al mattino ed avere paura, credo capiti a
tutti."
"E cosa fai quando
succede a te? Cosa fai per... scacciare la sensazione?"
"Di solito ti guardo
dormire per un po', mi lascio cullare dal tuo respiro e poi ti stringo a me. Tu
ti abbandoni, addormentata, tra le mie braccia e in quel momento ogni paura
sparisce" con la punta del pollice le asciugò le lacrime e le sorrise.
"Niente e nessuno ci porterà via quello che abbiamo, né quello che amiamo.
Hai la mia parola."
Allison lo abbracciò forte,
sicura. Sicurezza che venne nuovamente meno quando, verso l'ora di pranzo,
qualcuno entrò alla Pâtisserie con sopra il viso quel suo caratteristico
sorriso malizioso.
"Ciao, guerriera. O forse
dovrei dire bonjour?" le disse.
La donna sentì il suo corpo
immobilizzarsi, il sorriso svanì. "Klaus... Cosa ci fai qui?"
L'Ibrido le sorrise, le mani
incrociate dietro la schiena e quella sua tipica espressione da... Klaus.
"Ho sentito dire che qui dentro si possono trovare i migliori macarons di
Manosque, anzi della Francia intera."
"Quindi se te ne do una
scatola assortita te ne andrai via?"
Klaus rise. "Temo di non
poterlo fare" replicò. "Possiamo fare due chiacchiere?"
Lei respirò a fondo, annuì e
dopo aver detto a Clementine, la donna che lavorava lì, che si assentava un
attimo, gli fece cenno di seguirla.
****
"Ne è passato di
tempo" Klaus si guardò intorno, in quel piccolo vicolo sul retro del
negozio. "Quanti anni? Dieci, dodici?"
"Cosa vuoi Klaus?" tagliò
corto lei, negli occhi un'ansia che l'Ibrido in fondo capiva. "Non credo
che tu sia venuto fino a qui per parlare dei vecchi tempi."
"Certe cose non cambiano
mai vedo. Non ti sono mai piaciute le chiacchiere, non che io ricordi
almeno."
"Stai tergiversando,
Klaus. Cosa vuoi? Sei qui per... per portare via Elijah?"
"Portalo via? No, certo
che no. Mio fratello è un uomo adulto, non posso semplicemente trascinarlo via
a mio piacimento, non credi?" si fermò un attimo e guardò quelle iridi
nocciola piene di tutto. "Sono qui da qualche giorno, vi ho osservati voi
due; siete affiatati, belli, innamorati. Due sere fa ballavate felici in quel
locale, com'è che si chiama?"
"Si chiama Manosque
Musique club. Elijah suona lì quasi tutte le sere."
"Ah" l'altro respirò
a fondo. "Ad ogni modo, tornando al motivo per cui sono qui, Freya mi ha
detto che sei al corrente di tutto."
Allison si inumidì le labbra.
"Quasi dieci anni fa Elijah ha bussato alla mia porta. Ha detto che non
sapeva come ci era arrivato e mi ha chiesto se ci conoscessimo. Ho pensato
fosse un dannato... scherzo o qualcosa del genere e così l'ho cacciato via il
malo modo. Ho telefonato a Freya e lei mi ha detto ogni cosa; ho rintracciato
Elijah, l'ho raggiunto e mi sono scusata. Gli ho detto che mi ricordava
qualcuno che conoscevo e lui ha risposto che la sensazione era reciproca.
Dopodiché si è presentato. Sono Elijah, comunque mi ha detto. A me... si
è presentato a me Klaus, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme, si è
presentato come se fosse la prima volta che ci incontravamo."
"Tecnicamente per lui era
come se fosse la prima volta" ragionò lui. "Cosa ricorda esattamente?
Sa di essere..."
"Un vampiro? Sì lo sa.
Non ha perso la sua personalità, ha perso solo il dolore che gli pesava da
sempre sulle spalle. Le responsabilità e i sensi di colpa e la paure. Ora dimmi
perché diavolo sei qui."
"Sono qui perché Hope è
una donna oramai ed è una strega molto molto potente e capace. Ha trovato un
modo per liberarci da Inadu. Ha liberato me e Rebekah e Kol, voglio che liberi
anche lui da quell'essere maledetto. E voglio che ricordi." Spiegò.
"Elijah è libero dal dolore e dalle colpe ma, dimenticando quelle cose, ha
dimenticato anche la sua famiglia."
"Ed è felice ora!"
Allison scattò sulla difensiva. "Vive una vita normale e tranquilla ed è
sereno. E se sei venuto per togliergli quella felicità, sappi che per farlo
dovrai passare prima sul mio cadavere, Klaus."
L'Ibrido capì che sarebbe
stato più complicato di quanto aveva previsto.
****
"Bonjour Clementine"
Elijah sorrise alla donna e girò dietro il bacone. "Come procede?"
"Bonjour Elijah. Procede
tutto alla grande, questa mattina abbiamo fatto il pienone."
"Lo vedo" l'uomo
guardò il bancone semi vuoto con un sorriso. "Dov'è Allison? Avevamo
appuntamento per pranzo."
"È sul retro con un
tizio. Un vecchio amico ha detto."
Elijah corrugò la fronte.
"Un vecchio amico?"
"Un Américain a
giudicare dall'accento."
Lui le passò accanto per
raggiungere il retro; non vide subito Allison ma ne sentì la voce e sembrava agitata.
Parlava di qualcosa che aveva a che fare con i ricordi, col passato...
"Ally?" la chiamò avanzando. "Hey" le disse quando uscì
anche lui sul vicolo. "Clementine ha detto che eri qui. Va tutto
bene?"
"Tutto bene" mentì
lei con un sorriso, sotto gli occhi tristi di Klaus. "Lui è... Nik, è un
vecchio amico, dall'America."
"Ah un vecchio
amico" Elijah gli tese la mano con quell'espressione educata ma diffidente
che faceva parte di lui. "Sono Elijah."
A Klaus venne quasi da ridere
mentre gli stringeva la mano. Dio... suo fratello che marcava il territorio
credendolo un vecchio amico della donna che, evidentemente, amava. "Molto
lieto" gli disse soltanto.
"Beh, Nik, dovresti
scusarci adesso ma io ed Allison avevamo appuntamento per il pranzo.
Quindi..."
"Certo" l'altro
annuì. "Certo. Ci vediamo in giro allora, rimarrò per un po'."
Si allontanò ed Allison
dovette impegnarsi con tutta se stessa per non piangere. "I vecchi
amici" scherzò. "Quanti ricordi."
"Non mi piace quel
tizio!" sentenziò Elijah. "E tu sembri scossa. Cosa ti ha
detto?"
"Niente di particolare.
Mi ha solo fatto ricordare di quando ero giovane; per una donna accorgersi del
tempo che passa può essere un vero dramma."
Elijah rise e si piegò per
baciarla. "Sei bella oggi esattamente come il giorno che ti ho vista per
la prima volta. Forse di più."
"È una menzogna, ma
grazie, ne avevo bisogno. Ora andiamo a pranzo, adulatore che non sei altro.
Sto morendo di fame." Un altro bacio. Poi il pranzo.