Himapaat

di Alexiochan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I Fratelli Fubuki ***
Capitolo 3: *** Dio E Imperatore ***
Capitolo 4: *** Incidente Di Percorso ***
Capitolo 5: *** Ma io gioco con la neve ***
Capitolo 6: *** Un tutt'uno con il vento ***
Capitolo 7: *** Non ho bisogno del tuo aiuto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Un'ombra sgusciò silenziosa verso il letto del piccolo Shirou, l'unico suono che si riusciva a percepire era il fischio sordo del silenzio. L'ombra si posizionò proprio sopra all'albino, due occhi argentati screziati di verde scintillarono nell'oscurità un attimo prima di avventarsi sull'ignara vittima. Shirou strillò con la sua voce di bambino e scattò seduto, sbattendo la fronte contro quella del suo aggressore. 
< Ahia! > esclamarono entrambi, portandosi le mani nel punto colpito, delle piccole lacrimucce ai lati degli occhi.
< Atsuya, ma che fai?! >
< Guarda che sei stato tu a darmi una testata! > 
Shirou sospirò rassegnato e si lasciò cadere nuovamente a letto. 
< Cosa c'è? >
< Ho fatto un incubo > 
Atsuya aveva chinato il capo mentre lo diceva, strappandosi distrattamente le pellicine delle labbra. Il fratello lo osservò addolcendo lo sguardo. 
< Vuoi raccontarmelo? >
< No, voglio giocarci! >
< Eh? >
Shirou aveva un'espressione abbastanza confusa. 
< Che vuol dire che vuoi giocarci? >
< Vuol dire che adesso giochiamo al mio incubo! >
< Ma è un incubo, non ti ha fatto paura? >
< No! Era divertente! I sogni sono quelli che fanno paura >
Shirou ridacchiò e scosse la testa. 
< Guarda che è il contrario >
Atsuya gonfiò una guancia, offeso. Possibile che suo fratello sapesse sempre tutto e dovesse rinfacciarglielo ogni volta? 
< Non importa, giochiamo! >
< Ma Nii-san, è ancora molto presto, papà e mamma potrebbero svegliarsi... >
< Faremo in silenzio. Eh dai, ti preeeeeeego! >
< E va bene! Ma non urlare >
< Evviva! >
Il ramato trascinò letteralmente Shirou giú per le scale, facendo un baccano terribile ed evitando piú volte di rotolare assieme al fratellino fino alla fine della rampa solo per miracolo. 
< Allora, nel mio sogno tu facevi la magia!> 
Shirou ridacchiò e annuì; chiuse una mano a pugno, ci soffiò dentro e infine la aprì per liberare tante farfalle di ghiaccio che iniziarono a volare in tutta la stanza. Atsuya saltellava nel tentativo di acchiapparne qualcuna, ridendo ogni qual volta quelle, non appena sfiorate, esplodevano in fiocchi di neve. 
< Prova a prendermi! >
Shirou cominciò a scappare di qua e di là mentre il fratello lo inseguiva. L'albino congelò il pavimento per rendergli l'inseguimento piú difficile. 
< Aspetta che venga lì... > la minaccia di Atsuya restò bloccata a mezz'aria nel preciso momento in cui suo fratello si accasciò improvvisamente a terra.
< Shirou? >
Corse da lui, inginocchiandosi al suo fianco e sollevandogli la testa per posarsela in grembo. 
< Nii-chan! Che ti succede?! > lo scrollò sempre piú preoccupato e spaventato. Poi venne ribaltato sul pavimento ghiacciato a sua volta. 
< Eh? > domandò confuso, sbattendo le palpebre con perplessità. 
< Ho vinto > lo canzonó Shirou, ancora seduto a cavalcioni su di lui. 
< M-Ma non vale! Pensavo ti fossi fatto male! >
< Non è colpa mia se sei un credulone >
< Non è vero, cattivo! >
Atsuya lo rovesciò a terra e lo stesso fece l'altro, ben presto si ritrovarono a rotolare per tutta la stanza come un unico barile. Alla fine Shirou si arrese, ridendo per la faccia soddisfatta del fratello. 
< Ho vinto io >
< Sì >
Si rimisero entrambi a sedere, guardandosi attorno e trovando il salotto completamente congelato. 
< Dovremmo riordinare, papà e mamma si arrabbieranno altrimenti >
Atsuya annuì e, proprio mentre Shirou afferrava la mano che gli aveva allungato il fratello per aiutarlo ad alzarsi, i coniugi Fubuki entrarono nella stanza. Lilith si guardò attorno sconsolata osservando le pareti, i quadri ed i lampadari da cui pendevano piccole stalattiti di ghiaccio. I due gemelli la guardavano con il fiato sospeso, gli occhioni sgranati. Poi la donna si tolse la vestaglia e la mise al pupazzo di neve vicino alla porta, sorridendo e i bambini capirono di essere salvi. Hyouga si limitò a sorridere con aria divertita e scuotere la testa, rassegnato. 
< Ebbene? Pensate di aiutarci a ripulire il pasticcio che avete combinato? >
< Sì! > dissero in coro, facendo ridere i genitori. 



Atsuya si svegliò di soprassalto, sgranando gli occhi nell'oscurità per mettere a fuoco. Aveva sentito un rumore che stonava con il silenzio della notte, pareva un singhiozzo. Per qualche secondo si sentì smarrito, non riusciva a riconoscere la stanza dove si trovava in quel momento. La delusione arrivò ancor prima della consapevolezza: quella era la sua camera nella piccola baita che gli avevano affidato, ad Hokkaido, quella in cui viveva assieme al fratello dopo la morte dei loro genitori. Erano trascorsi ormai due anni da quel terribile incidente e ancora non si era abituato. Il silenzio era di nuovo calato nella stanza e Atsuya pensò seriamente di rimettersi a dormire, quando una luce catturò la sua attenzione. Proveniva dallo spiraglio sotto la porta del bagno. Si voltò a sinistra, cercando il letto di Shirou e lo trovò vuoto. Quindi si alzò e silenziosamente sgusciò nel bagno. Quello che vide lo raggelò per diversi secondi: suo fratello, il volto abbassato e la frangia candida che gli copriva gli occhi, le braccia sopra al lavandino, il polsi attraversati da piccoli ruscelli scarlatti. 
< Shirou! > finalmente l'incantesimo che lo aveva paralizzato si spezzò e fu in grado di tirare via il fratello da lì. Caddero a terra di sedere, Shirou si dimenava gemendo di un dolore che non era fisico e singhiozzava disperatamente. 
< Shirou! Cosa cazzo stavi facendo?! Ti ha dato di volta il cervello?! > Atsuya teneva con un braccio fermo il ragazzino, piú magro ed esile di lui, mentre con l'altro si allungava a prendere un asciugamano di tela per bloccare l'emorragia ai polsi del fratello. 
< Io ho perso il controllo, ho perso il controllo... > ripeteva Shirou come una litania, abbandonandosi tra le braccia di Atsuya, gli occhi chiusi, le ciglia e le guance fradice di lacrime. Il minore dei due sentiva il proprio cuore battere come impazzito attanagliato dalla paura e dall'ansia. Strinse forte i polsi di Shirou con l'asciugamano, strappandogli un mugolio soffocato di dolore, e finalmente il sangue cessó di uscire. 
< Shirou, non è stata colpa tua, capito? > 
< Sì, invece > l'albino tremava < Ho provocato io la valanga, è stata tutta colpa mia. Io ho ucciso i nostri genitori, io ho rischiato di uccidere anche te > si interruppe un attimo per riprendere fiato, indebolito dalla perdita copiosa di sangue < Perchè non mi odi... ? > chiese infine in un sussurro, continuando a piangere silenziosamente. 
Atsuya se ne stava in silenzio, stringendo forte il fratellino al petto. 
< Shirou... Io non penso sia stata colpa tua. Eri un bambino come me, non sapevi controllarti > sospirò accigliandosi con se stesso < Senti, non sono bravo con le parole e lo sai, il diplomatico sei tu. Ma sono sicuro che anche mamma e papà non ti biasimano per essere nato con questa maledizione >
Shirou si lasciò coccolare dalle parole del fratello, smettendo di piangere. Atsuya si allungò per aprire lo sportello sotto al lavandino ed estrasse delle bende, che subito si accinse a mettere all'albino. 
< Promettimi che non lo farai piú > 
Shirou rimase in silenzio, lasciando che chiudesse le sue ferite.
< Promettilo > 
Adesso gli occhi grigi del maggiore si velarono nuovamente di uno strato lucido. 
< Non credo di poter mantenere la promessa... > la voce gli si spezzò a metà frase ma non scese nessuna lacrima, si stava trattenendo. Atsuya si infuriò.
< Shirou! Smettila di darti colpe che non hai! Ti ho mai detto che è colpa tua? Ti ho mai rinfacciato qualcosa? Stai facendo tutto da solo! Smettila! > la voce gli tremó e si infuriò ancora di piú quando si scoprì sull'orlo del pianto.
< Se muori anche tu io che fine faccio? > 
Shirou lo abbracciò e lo strinse con tutte le sue forze. 
< Ti prego, Shi. Ti prego, non lo fare piú. Resta con me > lo scostò da sè quel che bastava a guardarlo in viso, quel viso così identico al suo eppure così diverso, fragile, dolce, triste.
< Promettimi che non lo farai piú >
< Lo prometto > sussurrò Shirou. Atsuya lo accolse nuovamente tra le sue braccia. 
< Ed io ti proteggerò da tutto e da tutti, anche da te stesso se serve. Lo prometto > 




Tana del disagio 

Ed eccoci giunti alla fine del prologo, che ne pensate? È umanamente passabile? 
Mi piacerebbe sapere che idea vi siete fatti di questa storia, cosa immaginate succeda. Se vi va, lasciatemi un commentinoinoino :) 
La vostra psicopatica di tastiera,

                                   Alexiochan 

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Capitolo 2
*** I Fratelli Fubuki ***


La Raimon Eleven si stava dirigendo alla Hakuren, in Hokkaido, per cercare il mitico attaccante del Nord. La notizia arrivò alle orecchie dell'interessato ancor prima dei ragazzi stessi. 
Atsuya decise di ignorare l'argomento fino a quando non si fosse presentato davanti alla porta. Per ora aveva altri problemi, tipo acchiappare quella canaglia di Fen che aveva distrutto completamente gli scarponi e riempito di bava la sua adorata sciarpa bianca. 
< Vieni qua, brutto bavoso! > urlò all'animale, correndo in cerchio per prenderlo mentre Fen, giocoso, continuava a scappare. 
< Nii-san, che combini? > 
La voce sottile e calma di Shirou interruppe l'inseguimento e subito Fen si gettò sull'albino scodinzolando come un cagnolino. Shirou rise e lo grattò dietro le orecchie e sotto il muso, lasciandosi leccare le guance dal lupo. 
< Questo sporco traditore mi ha distrutto le scarpe! > l'indignazione del fratello per poco non strappò una nuova risata al maggiore, il quale si trattenne solo per amore verso l'autostima dell'altro < E guarda come ha ridotto la mia sciarpa! Guarda! > Atsuya sventolò la vittima lanosa gocciolante di bava davanti al viso del fratello, aspettandosi almeno una smorfia di disgusto e qualche parola di conforto tipo "hai ragione, adesso lo sistemo io". Invece ottenne solo la risata che precedentemente Shirou aveva tentato di reprimere. Atsuya assottigliò lo sguardo, questo episodio se lo sarebbe legato al dito. 
< Scusami, Nii-san, non era mia intenzione prenderti in giro. È solo che... Sono felice > 
Il dolce sorriso di Shirou quasi lo fece arrossire e istintivamente provò una profonda gelosia per la persona a cui Shirou, tra qualche anno, lo avrebbe riservato. Sorrise anche lui, peró, sentendosi immensamente sollevato nel sentirgli dire quelle ultime due paroline. Sapeva che il fratello aveva bisogno di quei momenti spensierati per riuscire a percepire la speranza di un futuro migliore. Forse avrebbe "litigato" con Fen piú spesso se serviva a far sorridere il fratello in quel modo così meraviglioso. Shirou lo guardò con tenerezza, poi continuò ad accarezzare il lupo grigio sulla pancia dopo che quest'ultimo si era sdraiato di schiena sulla neve. 
< Atsuya! Shirou! > 
Yana, una loro compagna di scuola nonché di squadra, corse da loro con il respiro affannato. Chissà quanto aveva corso. 
< Yana-chan, che succede? > Shirou subito le mise una mano sulla spalla per aiutarla a tranquillizzarsi, non notando il leggero rossore che aveva colorato le guance della ragazzina per pura innocenza e ingenuità. 
< Sono arrivati i ragazzi della Raimon! Hanno detto di stare cercando Il Lupo Dei Ghiacc- > Yana venne interrotta da Jouko, apparso dal nulla come sempre < A dire la verità stavano cercando il Principe Delle Nevi > 
I fratelli Fubuki si avviarono alla Hakuren senza scambiarsi una parola o uno sguardo. A loro non serviva. Certe volte le loro menti erano connesse perfettamente, tanto forte era il legame che li univa. Atsuya riusciva a sentire le emozioni del fratello e quest'ultimo i suoi pensieri. Addirittura capitava che quando uno dei due si faceva male, anche l'altro soffriva. Come quando Shirou si era sbucciato le ginocchia correndo nel sentiero di ghiaia che portava al supermercato; Atsuya aveva sentito il bruciore della ferita ancor prima di lui. Yana e Jouko non poterono fare altro che seguirli. 

Quando entrarono nella stanza dove si trovavano i loro ospiti, il silenzio scese istantaneamente ed ogni schiamazzo o chiacchiera lasciò il posto alla sorpresa. 
< Tu- cioè, voi sareste il Principe Dei Ghiacci? > chiese un ragazzo alto, dalla pelle bronzea e i capelli rosa, il volto sfigurato da una smorfia di disapprovazione. Atsuya immaginò Fen addosso al tipo ed immediatamente placò il moto d'ira che lo aveva colto.  
< No, ti sbagli. Io sono il Lupo Dei Ghiacci e mio fratello il Principe Delle Nevi > il tono sarcastico e leggermente seccato del ramato aveva fatto intuire a tutti che quei soprannomi erano subiti e poco apprezzati dai due. 
< Ed io cosa ho detto? > domandò l'altro con aria accigliata. Atsuya non lo strangolò all'istante solo per amore del fratello lì presente. Shirou si intromise per evitare inutili tensioni. 
< Siamo onorati di poter conoscere la squadra vincitrice del torneo di calcio > il suo sorriso gentile fece arrossire alcuni ragazzi di Inazuma Cho. Atsuya incrociò le braccia al petto, infastidito. Shirou continuò < Ma dalle voci che mi sono giunte e dai vostri volti tirati deduco che non sia una semplice vacanza la vostra. In cosa possiamo aiutarvi? > 
Le parole dell'albino furono pronunciare con una tale dolcezza e sincerità che fu praticamente impossibile evitare di rilassare il volto e tirare un sospiro di sollievo per i ragazzi in blu e giallo. 
< Ti ringrazio a nome di tutta la squadra, Fubuki-kun > una donna giovane e dall'aria severa guardava con attenzione i gemelli < Ma prima di svelarvi i motivi della nostra visita, c'è una cosa che è importante voi sappiate > 

Alieni. Erano attaccati da alieni che giocavano a calcio. Atsuya quasi rise isterico quando la donna che si era scoperta allenatrice della squadra ospite, Himiko gli pareva si chiamasse, lo comunicò ai ragazzi della Hakuren. Di cose strane e terribili nella sua breve vita ne aveva viste assai, ma questa era al terzo posto tra le piú assurde. 
< Per questo motivo abbiamo bisogno delle vostre abilità > concluse Hitomiko Kira, attendendo freddamente una loro reazione. Shirou si prese qualche secondo per riordinare i pensieri prima di rispondere. La situazione era così irreale da apparire palesemente inventata, ma non aveva senso viaggiare per kilometri e kilometri in mezzo alla neve e alle interperie solo per uno scherzo di cattivo gusto. Inoltre, le foto e i video che Hitomiko-sensei aveva mostrato erano indubbiamente veritieri. Oppure dei fake ben realizzati. Il ragazzino sospirò. In fondo, chi era lui per giudicare strana e incredibile la loro storia? Lui che era nato maledetto. 
Atsuya intuì il suo stato d'animo e gli appoggiò una mano sul braccio per infondergli coraggio e ricordargli che non era solo, che lo avrebbe sempre seguito e protetto. Questa consapevolezza riscaldava il cuore di Shirou, lo riempiva di speranza e gioia, lo faceva sentire vivo ed amato e non c'era altro che potesse desiderare quando si trovava con suo fratello, la sua famiglia. 
< Gli alieni non sono un nostro problema > esordì con un tono mormorato che copriva con un velo di malinconia il rifiuto di quella frase < Capiamo che abbiate la necessità di sconfiggerli, ma noi non possiamo abbandonare la Hakuren di punto in bianco... > Shirou tremava, un tremolio leggerissimo che solo Atsuya accanto a lui e l'occhio attento di Hitomiko poterono scorgere. La verità era che temeva di causare un altro incidente se si fosse lasciato dominare dalle emozioni. Se rimaneva alla Hakuren, nel lontano Hokkaido, distante dalla capitale di regione, Sapporo, si sentiva piú tranquillo. Viveva in un paesino con pochi abitanti, con tanti animali e con un modesto campo da calcio. E con suo fratello, ovviamente. La vita piú sicura per lui e la sua maledizione.  
< Ti sbagli, Fubuki-kun. Gli alieni arriveranno anche qui e se non li fermiamo conquisteranno tutto il Giappone e poi tutto il mondo > 
Shirou abbassò lo sguardo mordicchiandosi il labbro inferiore con agitazione, cercando una soluzione che potesse tirare lui e suo fratello fuori da quella situazione "pericolosa". Non si accorse dello sguardo del ragazzo di prima, quello con i capelli rosa e la carnagione abbronzata, che lo guardava. In seguito avrebbe appreso che il suo nome era Someoka Ryuugo. Quest'ultimo stava studiando ogni dettaglio del suo viso dai tratti delicati ed aggraziati. Gli parevano quasi quelli di un elfo tanto erano privi di ogni imperfezione: naso arricciato graziosamente sulla punta, occhi grandi ed intensi, capelli nivei, la pelle glabra e delicata, collo da far gola ad un vampiro. E poi le labbra; rosee in un modo così intenso da sembrare fatte con petali di orchidea. Le labbra che adesso si stava torturando con i denti bianchissimi. Someoka deglutì alla quella vista: le palpebre abbassate a metà occhio, il labbro inferiore, invitante, intrappolato tra i denti di quarzo gli conferiva un'aria così sensuale e sexy che Someoka sentì una goccia di sudore percorrergli la schiena. Fubuki non dava assolutamente l'impressione di essere un attaccante nè tantomeno di voler essere seducente, ma nemmeno un comune mortale; aveva un che di... Divino, che non riusciva a spiegarsi ma che lo ammaliava irreparabilmente. Quasi se ne spaventó, ritrovandosi succube di quel ragazzino esile e bellissimo. 
< Va bene > esordì infine l'albino, guadagnandosi un sorriso grato da parte dei membri della Raimon ed un'occhiata sorpresa e preoccupata da suo fratello. 
< Bene > ripeté Hitomiko < Se permettete, vorremmo mettervi alla prova > 




Tana del disagio 

Eccoci qui con il primo capitolo! Vi sarei grata se mi faceste sapere come vi sembra fino ad ora questa storia :) 
Ho in mente grandi cose ed ora che la scuola è finita dovrei trovare anche piú tempo per dedicarmi alla scrittura (sottolineiamo il condizionale "dovrei" molte volte)
La parta finale è dedicata al colpo di fulmine di Someoka, ma non date nulla per scontato, mi raccomando ;) 
E niente, concludo qui questo angolino di scleri, 
                               Alexiochan 

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Capitolo 3
*** Dio E Imperatore ***


La partita contro la Hakuren si era conclusa a favore dei ragazzi di Hokkaido. Endou era ancora sorpreso dalla straordinaria abilità dimostrata dai gemelli Fubuki. Erano davvero dei giocatori eccezionali e la consapevolezza che non fossero gli unici con simili doti a non aver partecipato al Football Frontier lo riempì di adrenalina. Una volta conclusa quella missione, avrebbe viaggiato per tutto il Giappone solo per poter avere la gioia di sfidarli in campo e giocare con loro. La sua felicità venne peró interrotta da Someoka, il quale avanzava a grandi falcate verso i due gemelli. Vi si fermò davanti, guardando indignato prima Shirou, che aveva parato il suo Dragon Crash con una facilità estremamente offensiva, poi Atsuya che invece lo aveva sbeffeggiato con il suo portentoso tiro e quel ghigno sadico. 
< Dovresti toglierti quell'espressione dalla faccia, potresti spaventare qualcuno > 
Atsuya piegò le labbra in un sorrisetto tronfio. Irritare la gente era sempre stata la sua dote, ma in particolar modo con Someoka era tutto piú gratificante e divertente. Suo fratello gli scoccò un'occhiata eloquente, intimandogli mentalmente di smetterla subito. Lo ignorò, godendosi il bel rosso cremisi che stava colorando il volto abbronzato dell'altro attaccante. 
< Io faccio la faccia che voglio! > 
Someoka si sentì improvvisamente molto sciocco e infantile, doppiamente umiliato. Ma quasi gli mancava il fiato nel vedere il suo rivale. I lineamenti erano gli stessi di Shirou, persino le stesse labbra di rosa e gli stessi occhi grigi screziati di verde. Ma mentre Shirou sembrava volersi quasi nascondere con il suo atteggiamento timido e dolce, Atsuya era totalmente disinibito e privo di esitazioni. Quegli occhi magnetici adesso lo scrutavano divertiti, un lampo di sadismo che ogni tanto li rendeva piú luminosi. Quel ghigno era una provocazione, tutto in lui era una provocazione. E perchè diavolo la sciarpa si era allentata e mostrava adesso parte del collo niveo, perfetto? Perché diventava improvvisamente un leoncino con la coda tra le gambe quando si trovava davanti a lui? Come poteva Atsuya Fubuki incutergli un tale timore da farlo esitare, da costringerlo quasi ad inginocchiarsi? Se la bellezza di Shirou era quella di un dio, Atsuya era allora un imperatore temuto, amato, crudele. Il suo sguardo fiero, deciso era quello di un sovrano; soltanto guardandolo si sentiva in dovere di mostrare rispetto e reverenza. Era lo sguardo di chi ha perso tutto ma ha trovato qualcosa per cui vivere, per cui lottare; qualcosa da cui mai si sarebbe separato e sfidava chiunque a portargliela via. Ma perchè si sentiva così misero, così impotente davanti a quello sguardo? Come mai quella persona, quel ragazzino piú piccolo di lui, lo spaventava a tal punto? 
Someoka non se lo sarebbe mai spiegato, non avrebbe mai trovato una risposta alle sue domande. E adesso, davanti al dio e all'imperatore, si pentiva improvvisamente di averli sfidati a voce alta. Ma la sconfitta subita poco fa, la sconfitta personale nel suo ruolo da attaccante, bruciava ancora e fu quella ad impedirgli di cedere. 
Atsuya lo scrutava ancora con quel sorrisetto mentre Shirou sembrava mortificato dal comportamento del fratello. 
< Potrete anche essere i giocatori migliori del mondo, ma non c'è posto per voi nella squadra > disse gelido. Atsuya non perse il suo sorriso, anzi, un barlume di sfida risaltò gli occhi magnetici. 
< Sicuro? > lo sbeffeggió nuovamente, godendosi ogni istante di quel suo teatrino < Guarda i tuoi compagni. Loro sono felici di averci trovati, sollevati oserei dire. E questo perchè? > si fece avanti di un passo, enfatizzando la sua sfida all'altro < Perchè non sei stato in grado di ricoprire il tuo ruolo alla perfezione > il sorriso di Atsuya divenne quasi crudele, spietato, carico di un odio sconosciuto che fece rabbrividire il rosa < Se c'è qualcuno che non merita di stare in questa squadra, sei tu > 
< Ora basta, Atsuya! > 
L'esclamazione di Shirou fece voltare tutti, persino Someoka che era troppo sconvolto da quelle parole e dallo sguardo dell'altro per poter anche solo pensare di controbattere. 
< Come puoi dire questo? > gli occhi screziati del maggiore dei Fubuki erano ricoperti da un velo cristallino che li rendeva molto simili a quelli di un bambino. Erano colmi di sofferenza, così tanta che Atsuya si sentì soffocare. Sgranò gli occhi dalla sorpresa e sussultò quando il fratello corse via, in lacrime, per colpa sua. Si maledí mentalmente una decina di volte e scoccò un'occhiata di puro gelo a Someoka. Poi corse dietro a Shirou, nella speranza di farsi perdonare. 



Atsuya camminava nel bosco alla ricerca di Shirou. Era sparito in mezzo ai pini ricoperti di neve e non lo aveva piú visto. Ma conosceva il fratello e sapeva dove si era diretto; proprio lì stava giungendo, senza correre per lasciare a Shirou il tempo di calmarsi. E poi anche lui aveva bisogno di qualche minuto, solo per potersi concedere la libertà di piangere senza essere visto. Si lasciò cadere seduto a terra, sulla neve fredda, la schiena contro il tronco di un pino. E pianse. 
Pianse perché era debole e temeva di mostrarsi in questo stato davanti a qualcuno, pure al fratello; pianse perché aveva promesso di proteggerlo e di essere la sua forza e non riusciva quasi mai in questo intento; pianse perchè si sentiva così arrabbiato da sfogare la propria frustrazione sul primo malcapitato di passaggio; pianse perchè rivoleva i suoi genitori, la sua vita, tutto ciò che gli era stato portato via così crudelmente. 
Pianse perchè adesso suo fratello lo aveva abbracciato e lo stava stringendo forte, lo stava consolando quando avrebbe dovuto essere il contrario. Ma era troppo debole per sottrarsi a quell'abbraccio, era troppo debole per dire che non ne aveva bisogno. 
< Mi dispiace, Shirou, scusami... > balbettò in un tono disperato che lo innervosì.
< Non importa, va tutto bene > Shirou lo accarezzó dolcemente sulla testa, passando i polpastrelli sulla cute con tocchi leggeri e delicati. Atsuya si sarebbe addormentato se non fosse stato così bisognoso di suo fratello, di sentire il suo odore familiare, il suo respiro caldo ed il suo battito rassicurante. Si chiese ancora una volta cosa ne sarebbe stato di lui se Shirou fosse morto o viceversa ed arrivò alla conclusione che non sarebbero riusciti a sopravvivere senza l'altro. 
< Ti voglio bene >
< Anche io, Nii-san. Tanto > 


Quella sera i fratelli Fubuki si presentarono nuovamente alla Hakuren. Endou Mamoru, il capitano della squadra ospite, la Raimon, si inchinò e chiese scusa per il comportamento del compagno quel pomeriggio in campo. Shirou lo rassicurò con un sorriso gentile e si sedette alla grande tavolata allestita in onore dei loro ospiti quella sera. Atsuya accanto a lui. Someoka non era presente. 
La serata si svolse in allegria; Shirou provava simpatia per i membri di quella squadra e collaborarci per sconfiggere gli alieni aveva un che di avventuroso e folle sufficiente a fargli abbassare la guardia sulla pericolosità della sua maledizione. In fondo, cosa c'era di male nel concedersi di ampliare le proprie amicizie? Cosa c'era di male nell'aiutarsi a vicenda? Shirou non trovava un valido motivo per cui avrebbe dovuto rifiutare, pertanto accettò di buon grado la divisa gialla e blu che in quel momento una ragazza dai capelli verdi gli stava porgendo. Atsuya non era della stessa idea, il fratello rischiava molto allontanandosi dal suo "luogo sicuro", ma d'altronde non potevano sottrarsi alla responsabilità di fermare la Gemini Storm. Avevano bisogno dell'aiuto di quei ragazzi così come loro avevano bisogno dei fratelli Fubuki; da soli non ci sarebbero mai riusciti dato che in campo giocavano pressoché in due. Quindi anche lui accettò la divisa senza tante cerimonie, sentendosi sia elettrizzato per quel cambiamento che malinconico per l'abbandono della sua vecchia, cara uniforme. 
< Molto bene > disse infine Hitomiko < Domani inizieremo i nostri allenamenti come squadra > si volse a guardare i due nuovi arrivati < Contiamo su di voi > 






Tana del disagio 

Ed eccoci alla fine del secondo capitolo *ancora fatica a crederci* 
Credo sia uno dei piú complessi scritti fino ad ora, anche perché si passa dal secondo colpo di fulmine del nostro Someoka al litigio con Atsuya; poi vediamo quest'ultimo in tutta la sua debolezza emotiva ed infine il legame fraterno indissolubile che unisce i Fubuki (li adovvo) 
Per finire, finalmente Shirou e Atsuya indossano la divisa blu e gialla, ormai la storia sta iniziando ad ingranare la marcia.
Che altro dire? Come al solito spero vi piaccia il capitolo e, se sì, anche i prossimi. Lasciatemi una recensione, anche piccinissima, per farmi sapere cosa ne pensate e, soprattutto, se devo migliorare qualcosa.
A presto, 

                                    Alexiochan

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Capitolo 4
*** Incidente Di Percorso ***


< Oggi cominciano finalmente i nostri allenamenti con i fratelli Fubuki, non vedo l'ora! > 
< Endou-kun, non dovresti urlare così tanto qui in montagna o rischi di provocare una valanga... >
< Suvvia, Natsumi-san, siamo lontani dalla Crina Innevata adesso, non penso possa accadere ciò che dici per colpa delle urla di Endou-kun > Aki sorrise genuinamente come al solito e la questione "voce troppo alta" poté definirsi conclusa. Proprio in quel momento Atsuya e Shirou fecero la loro comparsa. 
< Eccovi, adesso possiamo iniziare > Endou tradiva l'emozione con il suo smagliante sorriso, si vedeva lontano un miglio che non aspettava altro. Ma non era il solo così su di giri, infatti anche Kazemaru, Kidou, Kazuya, Touka ed i fratelli stessi fremevano per cominciare. 
< Allora, in cosa consiste questo allenamento? > domandò Shirou con il suo tono calmo e pacato, sorridendo rilassato. 
< Ci divideremo in due gruppi, uno in attacco ed uno in difesa > 
< Sembra interessante. Mi sta bene, cominciamo > 
Endou annuì, felice dell'entusiasmo collettivo. 
< Fubuki > entrambi i gemelli si voltarono all'unisono e Hitomiko fu costretta a correggersi < Shirou, tu giocherai in difesa. Atsuya, tu in attacco > 
I fratelli non si scambiarono nemmeno una rapida occhiata prima di annuire e mettersi in posizione. Atsuya osservò di sottecchi il suo collega, Someoka, e nuovamente sentì il bisogno di umiliarlo per sfogare su di lui la sua ira.
"No, Nii-san. Per favore", i pensieri di Shirou scivolarono nella sua mente spegnendo il fuoco della rabbia e lasciando solo la voglia combattiva. Gli avrebbe dimostrato chi era l'attaccante migliore, senza peró infierire sulla sua persona. Si voltò dopo questi pensieri e trovò il sorriso dolce del fratello come ricompensa. Sorrise spavaldo e la partita di allenamento cominciò. 
Someoka subito scattò in avanti senza degnarlo di attenzione e Atsuya si limitò ad attendere pazientemente che Shirou gli togliesse il pallone. Non passarono che pochi secondi dall'inizio che la palla già era tra i piedi di Shirou. Someoka non l'aveva nemmeno visto arrivare, un attimo prima aveva la palla e quello dopo non piú. Gli occhi di Atsuya erano abituati alla velocità del fratello e non si era perso un solo passo di quella sopraffina eleganza che caratterizzava il Principe Delle Nevi. Sembrava pattinasse sul campo e quando doveva cambiare direzione lasciava semplicemente che la punta del piede ruotasse sul selciato, dandogli la spinta giusta. Atsuya gli invidiava quel gioco elegante e delicato, il contrario del suo piú aggressivo e tattico. 
< Fubuki, passamela! > Kazemaru chiese la palla che peró non arrivò. Shirou continuava ad avanzare palla al piede senza una meta precisa ma Atsuya aveva già capito il suo piano e subito sorrise divertito. Credeva davvero che tenendo la palla tutto il tempo senza passarla ai compagni avrebbe avuto piú possibilità di non fargliela prendere? Povero illuso. 
Il ramato scattò con una velocità disumana verso l'altro che peró schivò agilmente e rapidamente il primo affondo di piede. Endou li osservava affascinato dalla porta, godendosi ogni istante di quella danza per il possesso del pallone. Atsuya ruotò su se stesso e in un attimo ottenne uno scontro frontale con Shirou. La palla bianca e nera si trovava compressa tra i loro piedi, nessuno dei due voleva cederla all'altro e aumentarono la potenza fino a quando il pallone non schizzò per aria per la troppa pressione. Atsuya si diede slancio con le caviglie e saltò per prenderla. Ormai l'aveva raggiunta, ancora pochi centimetri e avrebbe ottenuto il pieno possesso palla, dopodiché avrebbe segnato un bel goal e avrebbe potuto guardare Someoka dall'alto al basso. Ma Shirou fu piú rapido e lo oltrepassò ruotando in aria come stesse eseguendo un doppio flip da pattinatore. Prese la palla e la lanciò fuori dal campo. Hitomiko Kira suonò il fischietto per segnare la fine di quell'allenamento, aveva visto abbastanza. Gli altri ragazzi avevano il fiatone nel tentativo di stare dietro ai Fubuki mentre questi ultimi sorridevano divertiti senza la benché minima traccia di stanchezza. Giocare a calcio era la loro passione e ringraziavano il cielo ogni giorno per avergli permesso di praticare assieme questo meraviglioso sport. I loro sorrisi si spensero quando Someoka si avvicinò a grandi falcate seguito dal resto della squadra. 
< Ma si può sapere che cosa state combinando? > esordì con tono acido, guardandoli con disprezzo evidente. I due si guardarono con espressioni confuse, cosa avevano fatto di male? Stavano solo giocando a calcio. Ma Someoka non aveva ancora finito, anzi: 
< Non potete giocare come se foste da soli in campo. Kazuya e Kazemaru ti hanno chiesto la palla, Fubuki, e tu non li hai nemmeno sentiti! > disse rivolgendosi a Shirou, che lo guardava sempre piú perplesso < E tu > spostò lo sguardo su Atsuya e si irritó ancora di piú quando riconobbe quel sorrisetto soddisfatto e malevolo < C'era già Kidou che stava andando a recuperare il pallone, invece hai lasciato la tua postazione e lo hai superato! > 
Atsuya alzó gli occhi al cielo con esasperazione, tirando distrattamente un pelucco della sua sciarpa bianca. 
< Quanto sei noioso. Se Kidou voleva prendere la palla doveva essere piú veloce, non si avvicinava nemmeno a Nii-chan correndo così lento > 
Kazuya dovette trattenere Someoka per evitare che mettesse le mani addosso al ramato. Non che questo ne sembrasse spaventato, anzi, la situazione doveva divertirlo un mondo. L'attaccante del drago si ribellò furiosamente e spinse via Kazuya, afferrando Atsuya per il colletto della divisa mentre lo guardava furibondo. 
< Non hai il diritto di trattarci così, hai capito?! Solo perchè sei abbastanza abile non significa che dobbiamo tutti darti retta come fossi il nostro Kami! > lo scrolló nuovamente e Shirou gli urlò di smetterla e di lasciarlo stare. 
< Ora basta, Someoka! > la voce autorevole della Hitomiko fu totalmente ignorata dai due ragazzi. Atsuya guardava Someoka con evidente irritazione e rabbia, ma stavolta non vi era piú traccia di quell'odio crudele e l'altro non ne comprendeva il motivo ma si sentiva piú forte. Un improvviso bruciore al braccio destro gli fece lasciare la presa di colpo e Atsuya cadde a terra di sedere, sorpreso quanto lui. Someoka si voltò per vedere cosa avesse causato quel forte bruciore e ciò che vide lo lasciò senza fiato: Shirou stringeva il suo braccio con forza, gli occhi glaciali e carichi d'odio, lo stesso che gli aveva mostrato il fratello il giorno prima; la pelle si stava colorando di una sfumatura bluastra che non presagiva nulla di buono. E poi il dolore, un bruciore forte ed intenso che lo lasciò a boccheggiare diversi secondi prima di liberare finalmente un urlo di dolore e sorpresa. Atsuya scattò in piedi e cinse il fratello tra le braccia, liberando Someoka che cadde a terra con un rantolo, gli occhi sbarrati mentre si allontanava dai due scivolando sulla neve. Shirou ansimava, le braccia a ciondoloni e la testa bassa. Atsuya lo stringeva forte, sussurrandogli parole incomprensibili da quella distanza all'orecchio. Subito furono accerchiati dai compagni, tutti preoccupati per la loro salute. Someoka fu portato in infermeria d'urgenza mentre Kazemaru era chino sui due fratelli, cercando di capire cosa gli fosse preso. Atsuya rispondeva alle domande in modo piuttosto evasivo, mentalmente pregava il gemello di riprendersi. Shirou non sentì niente, solo una forte sensazione di gelo nel petto, poi finalmente il fratello lo allontanò da lì fu al sicuro in mezzo al bosco. 

Someoka sedeva nel lettino dell'infermeria con espressione perplessa. La paura e la sorpresa erano scemate via, lasciandolo da solo con la realtà dei fatti. Il suo braccio era tornato del suo normale colorito grazie a degli impacchi d'acqua calda che l'infermiera gli aveva applicato. 
Già, il suo braccio che era in stato ipotermico. Solo il braccio, il resto del corpo in perfette condizioni. Solo il punto su cui Shirou aveva poggiato la mano. Scosse la testa, doveva per forza aver avuto un'allucinazione, era una cosa impossibile e lo sapeva bene. Eppure non riusciva a togliersi di dosso la sensazione che fosse stato proprio quel ragazzino a ridurlo in questo stato. Kidou bussò due volte prima di entrare, strappandolo ai suoi pensieri. 
< Ehi, come va il braccio? > 
Someoka grugnì un "tutto a posto" come risposta alla domanda, ma Kidou non si lasciò scoraggiare e si sedette sulla sedia davanti al letto. Lo scrutava da dietro i suoi occhialini, prendendosi qualche secondo di silenzio per riordinare i pensieri. 
< Pensi sia stato Fubuki, vero? > 
Someoka sussultò a quella domanda improvvisa e distolse lo sguardo dall'amico. Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Si sentiva un pazzo da solo a crederlo, ma non trovava altre risposte a ciò che era successo. Annuì leggermente, senza guardare il rasta. Kidou soppesò quell'informazione qualche istante. 
< Lo credo anche io > disse infine. L'attaccante si voltò di scatto per guardarlo, allibito. 
< Fai sul serio? >
< Perchè non dovrei? Ho visto con i miei occhi la scena e so di preciso che Fubuki ha provocato una qualche reazione termica sul tuo braccio > 
Someoka scosse la testa in disaccordo.
< No, non devi vederla scientificamente. C'era qualcosa di... Magico, sì. Magico > 
Kidou lo osservò in silenzio, aspettando che l'amico assaporasse bene quelle parole, le comprendesse a fondo ed, infine, le ripetesse con convinzione. In caso contrario, non serviva intervenire. Someoka annuì, trovandosi piú che d'accordo con la sua versione. 
< Qualcosa di innaturale, una stregoneria > 
< Frena, Someoka. Sei davvero convinto di quello che dici? > 
Il rosa sospirò nervosamente e si passò una mano sulla testa guardando il pavimento. 
< Lo so che ha dell'incredibile, ma ti assicuro che è così. L'ho visto, l'ho sentito. È questa la verità, credimi > 
Il silenzio calò nella stanza per diversi minuti. Someoka si tormentó i lembi della felpa per la tensione, aspettando il verdetto dell'amico. L'avrebbe preso per pazzo o lo avrebbe appoggiato? Non sapeva nemmeno in che risposta sperare. 
< Beh... Se ci sono gli alieni, non vedo perché non possano esserci anche gli stregoni > 
Sorrisero. 





Tana del disagio 

Ehilà, shiao a tutti! 
Credo non serva dilungarmi troppo in questo piccolo angolino di sciocchezze...
Enjoy the chapter! :)


                                   Alexiochan

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Capitolo 5
*** Ma io gioco con la neve ***


Shirou amava la neve. Amava anche suo fratello e i suoi genitori, la sua casa, il calcio. Ma il legame con la neve era piú forte, solido, palpabile. Quando giocava con Atsuya sulla neve, Shirou si sentiva parte di essa. Oppure era la neve ad essere parte di lui? Shirou accantonava la domanda con una scrollata di spalle. D'altronde, non gli interessava più di tanto; tutto ciò che sapeva era che lui e la neve erano irrimediabilmente legati e questo gli bastava. Se Atsuya leggeva le sue emozioni, la neve sapeva esattamente cosa fare per renderlo felice, come fosse viva. Bastava accarezzare il tronco di un albero affinché il dolce manto candido e fresco lo coprisse; bastava camminare sull'acqua fredda del laghetto affinché si ghiacciasse e gli permettesse la traversata.
Col tempo Shirou capí che la neve non comprendeva i suoi desideri, bensì si piegava ad essi come un cagnolino obbediente. Se Shirou voleva che alla Vigilia di Natale nevicasse, la neve scendeva a grossi e meravigliosi fiocchi dal cielo; allo stesso modo, se Shirou voleva che la tormenta terminasse, il vento cessava di soffiare e le nuvole bianchissime si aprivano per mostrare il pallido sole e permettere ai bambini di giocare fuori casa. 
Shirou non si era mai approfittato, peró, di questo potere. Rispettava la neve come fosse una persona vera, non le ordinava mai di compiere atti vili solo per il proprio piacere, anzi: crescendo, l'uso di questa sua dote diminuì sempre di piú. Atsuya non ne era affatto contento, adorava le magie che sapeva fare il fratello e vedendole sempre piú rare cominciò a tempestarlo di domande sul perchè avesse improvvisamente deciso di smettere. E Shirou rispose con sincerità, pure con le lacrime agli occhi, dicendo che ultimamente aveva paura della neve. Atsuya lo aveva guardato totalmente sbigottito, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo. A quella risposta le domande poterono solo aumentare, allontanando Shirou da suo fratello che in quel momento sembrava proprio non comprenderlo nonostante la sua empatia. Sua madre Lilith lo aveva avvertito - lo ricordava bene - di stare attento a "giocare con la neve", come diceva lei, perchè prima o poi sarebbe successa una disgrazia. 

< Ricordi quando papà ha deciso di tagliare la legna per l'inverno lo scorso anno? > chiese Lilith al figlio mentre gli sistemava i guantini alle mani.
< Sì, mammina. Papà si è fatto male, l'abbiamo portato in ospedale subito subito > rispose il piccolo Shirou, spostandosi con la mano libera il berretto dalla fronte per non sentire piú la lana ruvida a contatto con la pelle. Lilith sorrise dolcemente < Esatto, piccolo mio. È rimasto con l'accetta in mano tutto il pomeriggio ed era inevitabile che prima o poi si facesse male > 
< E perchè? > domandò il bambino con espressione confusa e perplessa. 
< Perchè se giochi con il fuoco finirai per scottarti > 
< Ma io non gioco con il fuoco, gioco con la neve > 
Lilith rise e lo abbracciò forte, stringendolo al petto come quando era neonato e cercava il calore di sua madre. Shirou continuava a non capire, ma non rifiutò l'abbraccio della sua adorata mamma e si beó del suo buon profumo. 
< Quello che voglio dire è di non esagerare mai, tesoro > disse infine Lilith, scostandosi dal figlio quel che bastava per guardarlo in viso < Devi stare attento a questo dono e non approfittarne mai, capito? > 
Annuì e la donna sorrise, un sorriso timido e dolce che per fortuna e gioia di Shirou, aveva ereditato. 

Poi arrivò quel terribile giorno. 
Atsuya stava discutendo con suo fratello in macchina mentre rincasavano dopo una partita. 
< Avremmo vinto se non fosse stato per Nii-chan! > protestava il ramato, cercando appoggio nel papà. 
< Non è vero, Nii-san! Tu fai sempre di testa tua ma devi capire che si gioca a calcio in squadra e non da soli! > 
< Se non fosse per me non avremmo segnato nemmeno un goal! > 
< E se non fosse per me sarebbero entrati tutti in porta! > 
< Tanto abbiamo perso comunque per colpa tua e del portiere! > 
Shirou si morse il labbro inferiore, guardando arrabbiato il fratello, ben deciso a stare zitto e non controbattere piú. Atsuya aveva sempre la risposta pronta ed otteneva sempre l'ultima parola su ogni discorso. Era inutile continuare a parlare. Lo stomaco di Shirou si accartocciò su se stesso al solo pensiero di dover continuare a subire quell'ingiustizia e improvvisamente la rabbia verso il fratello crebbe in modo spropositato, attizzandosi ancora di piú per l'irritazione repressa tutte le altre volte. Era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
< Nel calcio è importante sia la difesa che l'attacco. Se non hai una solida difesa è inutile segnare > disse Hyouga ai due bambini, sbirciando le loro tenere espressioni imbronciate dallo specchietto retrovisore < Avete bisogno l'uno dell'altro per poter vincere. Se Shirou non riesce a bloccare un tiro, allora Atsuya segnerà per lui; se Atsuya non riesce a segnare, Shirou ruberá palla per lui e gli darà un'altra possibilità di tiro. Capite quello che voglio dire? > 
Atsuya si limitò ad annuire con aria distratta, suo padre aveva ragione e lo sapeva ma non voleva dargliela vinta così facilmente. Si rifiutava di chiedere scusa a chiunque, specie al fratello "perfetto" che si ritrovava. Era piú gentile, piú bravo, sapeva fare le magie ma non voleva piú giocare con lui sulla neve. Ed i suoi genitori erano sempre pronti a difenderlo, sempre a dirgli che doveva proteggerlo anche lui perché Shirou ne aveva bisogno. Sbuffò incrociando le braccia al petto. 
D'altro canto, l'albino ascoltava rapito le parole del padre. Aveva improvvisamente capito che il suo ruolo era legato a quello di Atsuya, che un suo fallimento non era singolo ma di entrambi. Strinse i pugni sulle gambe e si ripromise di impegnarsi maggiormente nelle prossime partite, di passare la palla a suo fratello piú spesso. 
< Atsu-nii, forse dovremmo cercare di collaborare di piú > mormorò piano, guardando il fratellino < Lascia a me la difesa e vedrai che prenderò la palla per te > 
< Tu la fai facile > rispose acido il ramato, guardandolo male < Prendere palla è piú semplice che segnare, ho il compito piú difficile io! > 
La rabbia di prima tornó a farsi sentire e le orecchie di Shirou si colorarono di rosso mentre il suo visino si contraeva in un broncio che non lasciava presagire niente di buono. 
< Perchè sei così testardo? Sei tu che hai voluto fare l'attaccante e adesso lo devi fare! Punto e basta! > 
< Non prendo ordini da te! > 
< Non ti sto dando un ordine, ti sto dicendo che devi fare quello che hai scelto! > 
< Smettila, non sei la mamma! > 
< Bambini, smettetela > li ammonì Lilith, voltandosi verso di loro dal sedile passeggero. 
< Ha cominciato Shirou! > 
< Non è vero! Perchè dai sempre la colpa a me?! > 
< Perchè è la verità! >
< Non è vero! > 
La voce del piccolo Shirou fu sovrastata dal boato di un'esplosione di ghiaccio. La neve coprí la luce del sole e li travolse rabbiosa come il bambino che l'aveva chiamata.

-No, aspetta! -

< Mamma! Papà! > chiamò Atsuya in qualche sprazzo di lucidità mentre la vettura si rivoltava su se stessa ed i suoi passeggeri urlavano terrorizzati. 

-Ti prego, io non volevo questo! -

Una scossa piú forte delle altre fece piantare i vetri del finestrino sul petto di Atsuya che gridò dal dolore. Shirou allungò una mano verso di lui per raggiungerlo ma venne bloccato dalla cintura incastrata nel basso del sedile. 

-No, non me lo portare via... Ti prego, è mio fratello... -

< Atsuya! > 
Il tempo parve rallentare; Atsuya si voltò verso suo fratello che tendeva la mano verso di lui, la vista appannata dalle lacrime di dolore e paura. 
< Atsuya! > 
Allungò la mano e sfiorò con le dita piccine quella di Shirou, lentamente, come se gli fossero improvvisamente sconosciute quelle dita identiche alle sue. 
< Atsuya, ti prego! > 
Le mani dei bambini si strinsero forte e tutto divenne di un bianco acciecante.



-Lui è mio, non lascerò che tu ci divida! -









Tana del disagio 

Shiao a tutti! Ciancio alle bande, vado dritta al sodo: questo, come avete potuto notare, è un capitolo incentrato solo e unicamente sull'infanzia di Shirou e Atsuya. Qui si spiegano molte cose, ma è inutile stare a ripetere quello che avete già letto. Le ultime quattro frasi tra i trattini sono i pensieri del piccolo Shirou durante la caduta nel dirupo, nel caso non si fosse capito >.<
 Ho modificato la parte relativa al loro incidente in modo che si adattasse alla mia storia, spero di non aver esagerato...
In ogni caso, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commentinoinoino. Mi piacerebbe inoltre sapere cosa pensate accadrà in seguito, ma non siete certo obbligati perciò fate come preferite ;) 
E niente, credo sia abbastanza tardi per chiudere e smettere di parlare a vanvera. 
Alla prossima!

                                    Alexiochan

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Capitolo 6
*** Un tutt'uno con il vento ***


Atsuya si rigirava tra le mani una palla di neve non propriamente sferica, lo sguardo perso verso un angolo remoto del bosco. Era ormai una buona mezz'ora che se ne stava lì in silenzio, attendendo che suo fratello si sentisse abbastanza meglio da parlare. Dopo l'incidente con Someoka non aveva piú spiccicato parola; si era lasciato condurre al riparo tra gli alberi a capo chino. Atsuya si voltò alle sue spalle e trovò il fratello seduto sopra ad una roccia, la testa affondata nelle ginocchia. Non voleva nemmeno sedersi sulla neve e come dargli torto? Eppure ad Atsuya la neve piaceva ancora, nonostante tutto ciò che era successo a causa sua. Si accigliò improvvisamente e sentì il bisogno di distruggere la palla di neve; affondò le dita nel fresco bianco e ridusse la piccola sfera in tocchi granulosi e freddi. Poi, non contento, li schiacciò con le scarpe. Prese un bel respiro e chiuse gli occhi, espirando lentamente. Se la neve gli piaceva ancora perchè l'aveva aggredita in quel modo? Probabilmente stava impazzendo, chi non sarebbe ammattito con tutta quella faccenda? 
< Shirou > la sua voce si perse fra i pini ma non ricevette risposta. Riaprì gli occhi ed osservò la figura raggomitolata del gemello. Anche se erano pressoché identici, Shirou era piú esile, piú fragile. I suoi genitori avevano ragione a chiedergli di proteggerlo e stargli vicino. Tutto nell'albino ispirava una triste dolcezza, come se il suo sorriso piú sincero fosse solo una smorfia di dolore. Guardando Shirou provavi l'irrefrenabile istinto di proteggerlo, di abbracciarlo e tenerlo stretto, con delicatezza per paura che quelle ossicina potessero spezzarsi da un momento all'altro. Infatti Atsuya si avvicinò e lo abbracciò nuovamente. Subito Shirou gli circondò il collo con le braccia, lo accolse come se non l'avesse mai abbracciato nessuno. Forse perchè aveva bisogno di essere abbracciato spesso, forse perchè i momenti felici sembrano svanire sotto il peso di quelli tristi. Atsuya gli cinse la vita con le braccia ed aumentò la stretta, solo per bearsi dell'amore del fratello un altro po'. 
Rimasero lì, accoccolati, sopra alla roccia. Non serviva parlare, bastava la presenza dell'altro concreta e palpabile, vicina. 



< Fubuki! Dove siete stati? Ci siamo preoccupati per voi, state bene? > subito Haruna li travolse di domande e rimproveri sulla loro "fuga". Atsuya la ignorò, tenendo il fratello per mano mentre lo guidava a sedere in uno dei divanetto davanti al camino. La ragazzina si zittì dopo pochi secondi, limitandosi a guardare le sagome dei due fratelli alla luce del fuoco. 
< Haruna-san, perdonaci se siamo andati via. Ho avuto un mancamento e Nii-san mi ha aiutato a riprendermi > spiegò pacatamente Shirou, voltandosi verso la ragazza con un piccolo sorriso carico di gentilezza e rammarico. La ragazzina arrossì e balbettò parole confuse per comunicargli che era tutto a posto e non doveva preoccuparsi. Atsuya incrociò le braccia al petto mentre guardava il fuoco ardere la legna con aria persa.
< Haruna-san, come... Come sta Someoka-kun? > chiese infine l'albino, sussurrando l'ultima parte, lo sguardo fisso sul bracciolo del divano. La bluetta tornò seria, come suo fratello Kidou quando doveva dire cose importanti. 
< Sta bene, per fortuna. Il suo braccio non era troppo grave e si è ripreso senza grandi problemi > 
Shirou chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente i suoi genitori e tutti i Kami per questo. Atsuya si alzò in piedi e gli occhi degli altri due ragazzi gli furono addosso. 
< Oggi durante l'allenamento ho visto che i ragazzi mancano di velocità. Devono imparare ad essere un tutt'uno con il vento se vogliono avere chances di vittoria contro la Gemini Storm > distolse lo sguardo dal camino e guardò Haruna dritta negli occhi, facendola nuovamente arrossire < Domani io e mio fratello vi faremo vedere come aumentare la velocità dei giocatori facendo un allenamento speciale. Dillo agli altri > si interruppe qualche secondo, tempo che il pensiero di Shirou gli entrasse in testa, poi aggiunse un borbottato "per favore" e si imbronciò.


< Per poter sconfiggere la Gemini Storm avrete bisogno di maggiore velocità > spiegó Shirou ai nuovi compagni di squadra < E per avere maggiore velocità avrete bisogno di essere un tutt'uno con il vento > 
L'albino aspettò strategicamente qualche secondo prima di riprendere il discorso, lasciando il tempo ai compagni di digerire la cosa. Si focalizzò nuovamente su un punto immaginario in mezzo al gruppo di ragazzi, spostando lo sguardo per enfatizzare il fatto che fosse rivolto a loro: una sedia vuota in fondo alla stanza, la bandana arancione di Endou, una piccola crepa sul muro di legno della sala comune della Hakuren. 
< Io e mio fratello abbiamo pensato di proporvi un allenamento speciale per raggiungere questo traguardo > 
Endou sorrise e fece un cenno d'intesa con la testa, era impaziente di cominciare. Quel ragazzo era come una spugna, entusiasta di assorbire qualunque cosa gli potesse servire per migliorare. Un carattere da invidiare, pensò Shirou con innocenza e ammirazione. 
< In cosa consiste questo allenamento? > domandò Kazemaru, quello forse piú interessato a raggiungere una maggiore velocità. 
< Lo vedrete > rispose Shirou, sorridendo come a volersi scusare per la suspence appena creata. Il blu si limitò ad annuire, il volto teso. Nel frattempo, Someoka non si perdeva nemmeno un dettaglio di Shirou. Continuava a spostare nervosamente lo sguardo da lui ad Atsuya e viceversa. Quello che era successo in campo il giorno prima lo aveva segnato, non solo perchè stava per rimetterci il braccio, ma anche perchè non se lo spiegava e tutto ciò lo faceva sentire tremendamente insicuro. Shirou lo spaventava addirittura piú del suo fratello imperatore, ora che aveva capito con chi aveva a che fare. Era un diavolo travestito da angelo. 
Anche Kidou teneva d'occhio i gemelli, ma piú discretamente, limitandosi ad osservare prima il ramato e poi L'albino senza farsi notare grazie ai suoi modi riservati ed ai suoi occhialini che nascondevano completamente lo sguardo. 



Kazemaru sbuffò scocciato e si accinse a recuperare il proprio snowboard dalla neve per riprovare la discesa. Era oramai il ventesimo tentativo che faceva, ma appena cominciavano le curve perdeva il controllo e finiva irrimediabilmente fuori pista. Sbuffò nuovamente, ripensando a quanto i Fubuki fossero veloci, addirittura piú dei giocatori della Gemini Storm. Piú di lui. Per lui la velocità era tutto: il suo gioco, il suo stile erano basati su di essa. Se non era abbastanza veloce tanto valeva rimanere in panchina. 
< Kazemaru-san, va tutto bene? > 
Il blu si voltò di scatto verso la voce, il volto accigliato di chi è stato bruscamente strappato ai propri pensieri. Rilassò immediatamente i muscoli del viso quando riconobbe la figura minuta di Shirou Fubuki. 
< Sì, Fubuki, non ti preoccupare > 
Shirou sembrò sul punto di dire qualcosa ma si morse il labbro inferiore e spostó lo sguardo a terra, rispettando la sua riservatezza. Kazemaru lo apprezzó, quel ragazzino era abbastanza sveglio da capire quando parlare e quando tacere. 
< Beh, a dire la verità l'allenamento non procede molto bene > borbottò dopo qualche secondo, guardandosi i piedi con evidente imbarazzo. Non gli piaceva affatto chiedere aiuto, piuttosto era lui ad assistere gli altri quando ne avevano bisogno. Eppure Shirou era così dolce e gentile che non gli dispiaceva piú di tanto lasciarsi aiutare da lui. L'albino gli sorrise comprensivo, senza alcuna traccia di divertimento o ironia nello sguardo. 
< È normale, hai appena iniziato, Kazemaru-san. Posso darti qualche consiglio, se vuoi, ma una volta salito sullo snowboard sarete solo tu e lui > 
< Vorrà dire che dovremo accordarci al piú presto, io e lo snowboard, se voglio evitare di assaggiare ancora la neve > ribatté Kazemaru con un sorriso di rassegnazione e ironico divertimento stampato sul viso. Shirou rise leggermente e all'altro sembrò tanto un bambino, un piccolo bambino innocente. Era piacevole vederlo ridere, gli sembrava che Shirou ne avesse bisogno. 
< Vieni, ti faccio vedere la postura che devi assumere > disse Fubuki, posizionando le mani sui fianchi di Kazemaru per spostarlo nella giusta posizione. 
< Così? >
< Sì, così. E alle curve ti pieghi un pochino in avanti > 
< In avanti, okay > 
Forse, pensò Kazemaru mentre raggiungeva finalmente la fine della pista, potevano davvero riuscire a sconfiggere gli alieni con l'aiuto dei due gemelli. Insomma, l'unione fa la forza, no? 






Tana del disagio 

Eeeeeee shiao a tutti! 
È davvero tardissimo per pubblicare e chiedo perdono a tutti i lettori, ma la notte è l'unico momento libero che ho per potermi dedicare alla scrittura...
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita fino a qui, soprattutto DolceZeref che è sempre pronta a sclerare assieme a me e a darmi tanti consigli utili :) 
A presto, 

                                   Alexiochan

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Capitolo 7
*** Non ho bisogno del tuo aiuto ***


Someoka diede un forte calcio ad un cumulo di neve, sparpagliando ovunque i pezzetti bianchi e freddi. Stette fermo, immobile, ad osservare i frammenti da lui provocati fondersi con il tappeto candido che copriva ogni cosa in quel paese sperduto nel nulla. Sospirò, la rabbia che andava scemando. Non era proprio tagliato per lo snowboard, non era in grado di "essere un tutt'uno con il vento" come farfugliavano i due Fubuki. Sospirò nuovamente, mandando in frantumi un altro cumulo di neve. 
Poi urlò dalla sorpresa. 
Anche Atsuya urlò. 
Quando lo spavento iniziale fu passato, Someoka si accigliò così tanto che la sua espressione non poteva nemmeno essere definita "umana".
< Che accidenti ci fai tu lì?! > 
< Ma a te che ti frega?! > 
< Sei sopra un fottuto albero! >
< E quindi?! > 
Someoka affondò le unghie nei palmi delle mani e contó fino a dieci almeno sette volte nel tentativo di calmarsi. Dopotutto era vero, che cosa gli cambiava se Atsuya era sopra il ramo di un albero o sopra ad una roccia? Sperò solo che il ramo si spezzasse.
Atsuya d'altro canto lo stava guardando incuriosito da quell'atteggiamento, inclinando leggermente la testa di lato. Il rompiscatole rosa sembrava stare facendo un qualche esercizio di yoga. 
< Perchè non ti alleni con gli altri? > domandò il minore, senza ricevere risposta. 
< È perché non riesci a stare in equilibrio sullo snowboard? Perchè se vuoi ti posso aiutare > ancora nessuna risposta, Someoka sembrava mummificato in quella posizione. Atsuya arricció il naso in disapprovazione, doveva risvegliare l'altro da quel suo stato di trance e quale metodo era piú efficace e divertente dell'irritarlo? Sogghignó. 
< Vuoi meditarci sopra? > 
Come previsto, Someoka aprí gli occhi di scatto e gli si avvicinò minacciosamente, fermandosi davanti al tronco dopo aver realizzato che non sapeva come arrampicarsi fino a Fubuki. Alzò lo sguardo verso quest'ultimo e lo trovò a dondolare spensieratamente le gambe nel vuoto da sopra il ramo, un sorrisetto divertito che gli illuminava il volto di porcellana. 
< Non ho bisogno del tuo aiuto > disse brusco, allontanandosi per dare un calcio a qualche altro cumulo di neve per sfogarsi. 
< Non ne hai bisogno o non lo vuoi? > 
Someoka strinse i denti e colpí un altro cumulo con piú forza. Peccato che il suddetto cumulo fosse in realtà un sasso grande come uno sgabello, ricoperto di neve. Ryuugo gemette dal dolore, piegandosi su se stesso a stringere il piede ferito. Atsuya smise di sventolarsi con la sua sciarpa bianca e si voltò perplesso verso il compagno, osservandolo rotolarsi a terra per la sofferenza. Seguirono pochi secondi di silenzio rotti solo dai gemiti di Someoka, poi il ramato scoppiò a ridere di cuore e quasi cadde dall'albero per le troppe risate. Ryuugo lo guardò inferocito, pronto a riempire di lividi quel bel visino che si ritrovava, ma sentendo quella risata argentina e allegra ogni suo istinto omicida sparì. Le sue labbra si piegarono in un sorriso senza che potesse fare nulla per impedirlo. Quando Atsuya smise di ridere, si asciugò le lacrime ai lati degli occhi con il dorso della mano, il petto ancora scosso dagli spasmi della risata. 
< Cavolo, sapevo che eri imbranato ma non fino a questo punto > lo prese in giro, ammiccando un sorrisetto furbo e malizioso. Someoka deglutì e voltò il viso di scatto per non far notare a Fubuki il rossore che gli aveva imporporato le guance. 
< Bah, 'sta zitto! > 
Atsuya lo stette ad osservare ancora qualche secondo, poi saltò giú dal ramo con un agile colpo di reni e si avviò per un sentiero. 
< Bene. Allora, se non hai bisogno di me, io vado > 
< Aspetta > il ramato si bloccò senza voltarsi, assaporando già la vittoria.
Someoka si morse il labbro inferiore lottando contro il proprio orgoglio. In questo momento doveva pensare a come battere gli alieni, era piú importante della sua dignità. 
< Va bene... Aiutami ad allenarmi > sospirò infine. 
Atsuya sogghignò e lo guardò furbescamente. 
< Farai quello che ti dirò? > 
< Non farò quello che mi- >
< Vuoi essere utile alla squadra sì o no? > 
Someoka abbassò lo sguardo. Si sentiva sconfitto sotto tutti i punti di vista. 
< Tch, e va bene. Sentiamo che tipo di allenamento hai in mente > 


< Mi stai prendendo in giro?! > sbottò Atsuya con evidente irritazione, pestando un piede a terra come se fosse un bambino che fa i capricci. Aveva provato con gli sci, dicendosi che Someoka poteva avere piú possibilità di rimanere in equilibrio con i piedi separati e non uniti sulla tavola come nello snowboard. 
Un fallimento.
Allora aveva provato con lo slittino ma Someoka era riuscito a ribaltarsi per tre volte di fila nella pista per bambini, per bambini! 
E adesso un nuovo fallimento con il pattinaggio sul ghiaccio. Atsuya si coprì il viso con una mano, l'aria sconsolata. Someoka era un imbranato con i controfiocchi negli sport sulla neve, sperava che almeno negli altri se la cavasse perchè se no non si spiegava come avesse imparato a giocare a calcio così bene. Nel frattempo, Ryuugo si sforzava di respirare correttamente. Avrebbe tanto voluto insultare quella sottospecie di torturatore dagli occhi grigi screziati di verde, ma la posizione in cui si era incastrato gli impediva anche solo di aprire bocca. Atsuya tornò alla realtà quando si accorse che Someoka si stava dilettando in una bella spaccata sul ghiaccio. Sorrise maliziosamente. 
< Ho trovato lo sport che fa per te: la danza artistica. Che ne pensi? Secondo me ci sei portato, guarda quanto sei elastico > 
Someoka stava tentando di ucciderlo con lo sguardo e la cosa lo divertiva un mondo. Sospirò e con una leggera spinta si spostò verso di lui, i ferri dei pattini che scivolavano sul ghiaccio con un leggero sfrigolare. Someoka si incantò nuovamente a guardarlo; la postura di Atsuya era eretta, fiera, come quella di un sovrano. Ed era semplicemente bellissimo. La prima volta che lo aveva visto pattinare era stato quando Atsuya lo reggeva per la vita nel tentativo di insegnargli un pò di equilibrio. Erano da soli nel lago ghiacciato  adibito come pista di pattinaggio, a quell'ora non c'era nessuno nei paraggi. Ricordava di essere arrossito all'inverosimile e di essersi incantato a guardargli il viso studiandone ogni piú piccolo dettaglio. Aveva scoperto una minuscola e sottile cicatrice nell'angolo sinistro del labbro superiore e un piccolo neo proprio sotto il mento. Quando Atsuya se accorse, le sue guance divennero rosse in un modo che l'altro ragazzo adorò sin dal primo istante, gli occhi sgranati dalla sorpresa e dall'indignazione, come se Someoka gli avesse rubato quei piccoli dettagli nel viso solamente guardandoli. 
Ryuugo si riprese dai suoi pensieri quando notò il viso dell'altro vicinissimo al suo. Avvampò. Al contrario, Atsuya sogghignava malizioso, evidentemente divertito dal suo comportamento. 
< Pensi di alzarti o rimanere ad allenarti ancora un pò per l'ammissione nel gruppo delle cheerleaders? >
Someoka lo mandó a quel paese piú e piú volte, rialzandosi grazie all'aiuto del compagno. Respiró profondamente, grato che le sue gambe fossero tornate alla normale posizione. Poi, finalmente, diede voce alla sua rabbia.
< Adesso mi sono stancato! Tu non vuoi aiutarmi a diventare più veloce, vuoi solo divertirti vedendomi fallire! > 
Atsuya lo guardò, offeso, e fece per ribattere ma Someoka continuò: 
< E non guardarmi in quel modo! Io mi sono fidato di te, pensavo volessi aiutarmi! > 
< Io ti voglio aiutare, ma tu sei senza speranza! Non è certo colpa mia se continui a cadere come un idiota! > 
Someoka lo agguantò per le spalle e lo guardò dritto negli occhi, arrabbiatissimo. Atsuya non sembrò particolarmente impressionato e ciò non fece altro che aumentare la sua rabbia. 
< Tu, piccolo-! > la sua esclamazione venne interrotta da un raccapricciante scricchiolio.
< Cosa è stato? > chiese cautamente, a voce bassa. Atsuya era completamente paralizzato, gli occhi quasi fuori dalle orbite ed un'espressione terrorizzata che campeggiava sul viso niveo. Ma non era un terrore normale, era profondo, intenso, radicato nel suo animo proprio come l'odio mostrato il giorno prima. Someoka allentò la presa sulle sue spalle nel tentativo di tranquillizzarlo. Atsuya cominciò a tremare, il ghiaccio sotto di loro che si riempiva di crepe, specie ai piedi del ramato. Ryuugo non era un esperto nel campo della montagna, ma sapeva che dovevano muoversi lentamente se volevano uscire incolumi da lì. 
< Fubuki, dobbiamo- > si interruppe ad un forte scricchiolio; Atsuya trasalì e tremó con piú vigore.
< Fubuki, dobbiamo andarcene da qui > 
Solo in quel momento realizzò che non sapeva assolutamente pattinare sul ghiaccio. 
Non aveva speranze di togliersi dai guai.
Guardò di nuovo Atsuya, in preda ad un probabile attacco di panico. Se ne chiese il motivo, fino a pochi secondi fa sembrava piacergli stare sul ghiaccio. Una nuova crepa, profonda, passò sotto i piedi del piú piccolo ed Atsuya si lasciò sfuggire un singhiozzo di sconforto. Someoka si diede lo slancio; Atsuya scivoló e cadde dolorosamente sul freddo terreno, slittando qualche metro piú in là. Someoka lo guardò ancora un istante, grato di essere riuscito a metterlo al sicuro. 
Poi il ghiaccio sotto di lui cedette e sprofondó nelle acque gelide.





Tana del disagio 

Ma ciao!
Tenma: hai sbagliato 
Ma non è ver- AH. Ahem *colpo di tosse* 

                          ~ restart ~

Ma shiao! 
Tenma: ora ti riconosco! 
Dunque, lo so che sono una brutta persona a lasciarvi con la suspance (ma dove?) in questo modo, ma vi prometto che non ci scappa il morto in questa storia *le cresce il naso come a Pinocchio*
Non ho altro da aggiungere e credo sia meglio così, a presto! 


                               Alexiochan 




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