Through Time di Eeureka (/viewuser.php?uid=428315)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flusso Continuo ***
Capitolo 2: *** Mutamento ***
Capitolo 3: *** Leggi Infrante ***
Capitolo 4: *** Fiducia ***
Capitolo 1 *** Flusso Continuo ***
note iniziali:
la fanfiction che vi apprestate a leggere tratta dei personaggi di
Tokyo ghoul in un universo creato per metà da me e per
metà (ma anche
di più) ispirato al famoso anime/manga Death note. Non so se
sia effettivamente un crossover, ma l'ho segnato come avvertimento.
Per chi non conosce Death note mi
sento in dovere di fare qualche appunto prima che proseguiate con la
lettura: gli shinigami sono dei della morte. Sono loro i responsabili
della morte delle persone e agiscono grazie a dei quaderni, chiamati
death note, in cui scrivono il nome dell'individuo destinato a morire.
Non
credo di avere altre
precisazioni in merito, vi auguro buona lettura e ci si rivede nelle
note di sotto. ♥
.:Chapter one;
♦ ♦
♦
Tutti
quelli che aspirano all'infinito tendono a dimenticare le principali
caratteristiche di esso: non ha un inizio né una fine.
La vita di Ken era un infinito, e, proprio per questo, non si sapeva
quando fosse cominciata né quanto ancora sarebbe durata. La
sua esistenza andava avanti da così tanto tempo che la sua
limitata memoria eliminava i vecchi ricordi per far spazio a quelli
nuovi. E così era accaduto che Ken aveva perso ogni
cognizione del tempo: perché l'inizio di tutto era sfocato,
la fine era troppo distante, irraggiungibile o inesistente.
Questa era dunque la prima caratteristica del suo essere uno shinigami:
vivere per sempre. Con neanche un segno, una traccia, o qualsiasi altra
cosa che potesse collocare quel che stava trascorrendo in un tempo
preciso. Solamente il quaderno che Ken portava sempre con sé
recava un piccolo indizio, perché la prima pagina recitava
la frase "5^ generazione di umani". Il che rappresentava la sua prima
certezza: la dea Terra era morta quattro volte e rinata cinque, facendo
alternare sul suo pianeta ben cinque razze di esseri umani.
Terra era la madre di tutti gli uomini, era lei a far nascere ognuno di
loro, era invece compito degli shinigami ucciderli.
Terra amava i suoi figli, ma loro non ricambiavano; lei si donava loro,
loro la trattavano male, la sfruttavano, la distruggevano. E gli umani
non ce l'avevano solo con lei, odiavano pure se stessi: erano tutti
simili, quasi identici, ma quel che li accomunava più di
qualsiasi altra cosa era il desiderio di primeggiare sugli altri. Era
così che passavano la loro effimera vita: distruggendo,
distruggendosi.
Ognuna delle generazioni che si era alternata seguiva sempre un filo
cronologico ben preciso: Antichità, Medioevo, Età
moderna, Età contemporanea, Età futuristica.
Per le quattro volte in cui ci si era arrivati l'età
futuristica si era rivelata un fallimento: gli umani arrivavano a un
punto in cui si facevano guerra per tutto, perdevano di vista qualsiasi
morale e si interessavano solo a ottenere grandezza e potere. Il motivo
per cui si erano alternate cinque generazioni era proprio questo:
giungeva il momento in cui Terra di stancava, e annullava se stessa per
porre fine a tutto quel caos. Moriva, e con lei morivano i suoi figli.
Ma Terra non imparava mai dai suoi sbagli, provava un amore sconfinato
e anche un po' masochista per quella bizzarra specie, così
dopo un arco di tempo più o meno lungo di
inattività si rigenerava e dava la vita a una nuova razza
umana. E così ricominciava quel ciclo infinito.
Ora come ora, con la quinta generazione in corso erano fermi al periodo
dell'Antichità, pronti ad affacciarsi al Medioevo.
E già Ken riusciva a contare tre certezze sulla propria
esistenza: 1) era infinita, 2) era strettamente collegata a Terra e ai
suoi figli, 3) il suo compito, in quanto shinigami, era quello di porre
fine alla vita degli umani, segnandoli sul proprio quaderno della
morte, cosicché sul pianeta Terra potessero continuare a
nascere nuovi umani che si alternassero di anno in anno, di periodo in
periodo, senza creare sovraffollamento.
Il suo problema era... Da quanto tempo andava avanti così
ormai? Più trascorreva il tempo più dimenticava
il passato. Si ricordava a stento di come brutale fosse stata la fine
della quarta generazione di umani, e di quanto tempo senza far nulla
fosse passato prima che Terra si rigenerasse. Ora Ken poteva di nuovo
adempire al suo lavoro assieme ai suoi colleghi, ma... Prima che
esistessero gli umani lui dov'era, cosa faceva, di che lavoro si
occupava? E che fine facevano gli umani che uccideva? Quando ancora
neanche una generazione di umani era arrivata, lui esisteva? O gli
shinigami e gli umani erano stati generati assieme all'inizio di tutto?
Era Terra che comandava quel ciclo infinito e apparentemente
immotivato? E lui non aveva alternativa per sfuggire a quell'eterno e
indefinito limbo dalle estremità sfocate?
Altra certezza: noia. Ken non conosceva neanche del tutto il
significato di questa parola, ma le sembrava perfetta per descrivesi.
Ormai ne era certo: quei millenni passati a osservare gli umani, per
quanto poco si ricordasse, lo avevano senza dubbio mutato. Dall'alto
del suo piccolo e oscuro mondo, dove quelli come lui trascorrevano le
giornate con un quaderno in mano a vedere cosa facevano gli uomini e a
ucciderli quando ne avevano voglia, sentiva di esser diventato anche
lui un po' come le sue vittime.
Prima il suo modo di agire era meccanico: sapeva di dover segnare un
nome sul suo death note, lo faceva e aspettava che il malcapitato
morisse. Ma ora non era più così. Con la 4^
generazione aveva scoperto l'esistenza dei libri: centinaia di pagine
rilegate assieme che contenevo i pensieri e le fantasie umane.
Così si era innamorato della specie umana e della loro
libertà, dei loro pensieri, dei loro modi irrazionali di
agire. Aveva cominciato a trascorrere più tempo sulla terra
che sul suo pianeta, restando invisibile agli umani e osservandoli
silenziosamente o prendendo forma di umano lui stesso e interagendo con
loro per qualche sporadico minuto. All'inizio gli sembrava tutto nella
norma, non era di certo il primo shinigami a cui piaceva girovagare per
la Terra, ma poi i libri aveva cominciato a rubarli e a nasconderli a
casa sua nel suo pianeta.
E già ecco il suo primo segreto reato: portare oggetti umani
nel mondo degli shinigami. E non si era fermato lì, poi
aveva iniziato anche a leggerli tutti quei libri e ad apprezzarli. Era
da quel momento che tutti quei vorticosi pensieri avevano iniziato a
girargli per la testa, anche se suonavano sbagliati e anormali per uno
della sua specie. Non poteva di certo sapere se tra i suoi colleghi
qualcuno si fosse posto domande simili, perché le
conversazioni tra shinigami erano minime, gli scambi di pensieri
inesistenti. Quindi la noia allagava il suo mondo: era una vita triste,
monotona, grigia e orribilmente infinita.
Da quando era nata la quinta generazione non c'era ancora stata una
volta in cui fosse sceso su quel pianeta per parecchi motivi. Gli altri
shinigami non avevano perso tempo ad accorgersi dell'interesse bizzarro
e fuori luogo che Ken provava per le persone. Veniva in particolar modo
preso di mira perché era considerato il pupillo del re degli
shinigami, Arima. E qualcuno di tanto rinomato veniva tenuto d'occhio.
Per fortuna le voci che giravano su di lui si erano esaurite in fretta,
e nessuno aveva mai ispezionato casa sua, con il rischio di far venire
fuori la sua collezione proibita.
I libri erano il più grande e pericoloso tesoro di Ken,
perché contenevano i sentimenti degli uomini. Ciononostante
erano diventati l'unico motivo per cui riusciva ad andare avanti:
sfogliava le pagine bianche, passava i polpastrelli sull'inchiostro
nero e si sentiva parte, per quanto paradossale potesse essere per uno
shinigami, della vita. Ormai era così influenzato dalle
stupide congetture degli umani, dai loro bizzarri sentimenti, che si
era trovato ad esitare al momento in cui ne doveva uccidere uno, o
aveva selezionato e direzionato alla morte solo quelli considerabili
malvagi.
Ed era da lì che si era accorto che c'era decisamente
qualcosa di anomalo in lui, perché uno shinigami incapace di
uccidere non può di certo considerarsi uno shinigami.
« Ken » l'interpellato si bloccò di
colpo, rendendosi conto che, assuefatto dai pensieri, stava camminando
avanti e indietro da un bel po'. Incrociò lo sguardo di
Touka, shinigami con la quale aveva un rapporto che gli umani avrebbero
potuto definire amicizia. Sembrava che a tratti ci tenesse a lui, e Ken
si domandava spesso se fra due shinigami qualcosa del genere fosse
possibile. Passavano molto spesso tempo assieme a parlare (non erano
chiacchierate vivaci come quelle che potevano avere due persone, ma era
pur sempre un inizio) quindi a lui non dispiaceva pensarla
così.
« Ciao Touka, » abbozzò un sorriso
sorpreso « come va? »
La shinigami inarcò un sopracciglio mantenendo
un'espressione piuttosto fredda. Incrociò le braccia al
petto e sbuffò.
« Non sei ancora sceso sulla terra, come mai? »
chiese diretta, con tono vacuo e distaccato, ignorando la domanda del
compagno.
Ken deglutì.
« È strano da parte tua, ho sempre creduto che ti
piacesse stare a contatto con... » Fece qualche attimo di
silenzio come se stesse ponderando le parole, « la morte
» concluse.
Ken abbassò lo sguardo. Era da un po' che non si vedevano e
quindi non era proprio quella la prima domanda che si aspettava di
ricevere. Inoltre era raro che fosse lei a cercare lui, in genere era
sempre il contrario. Per essere lì a chiedergli di cose del
genere, Touka doveva aver sentito dei guai in cui si era cacciato.
« Touka, » iniziò, consapevole dei
rischi che correva « lo sai bene che non è la
morte a piacermi, ma le persone »
Lo schiaffò che gli arrivò sulla guancia fu
così repentino che Ken si rese conto di cos'era accaduto
solo grazie al sonoro rumore. Si passò i polpastrelli sulla
guancia dolorante e incrociò lo sguardo furioso di Touka.
Era forse un'emozione quella che le leggeva in viso? Un'emozione
rivolta a lui?
« Non dire stupidaggini! » irruppe, « sai
bene che parere hanno gli altri su di te, come puoi permetterti di
scherzare in questo modo?! »
« Non stavo scher- » questa volta Touka gli sferro
un pugno, ma Ken riuscì a evitarlo. Touka restò
ferma a guardarlo con gli occhi infuocati dalla rabbia, ansimando. Con
le sopracciglia corrugate e i fili di capelli sul viso, gli occhi rossi
dalla sclera nera, Ken la considerò assurdamente bella e si
chiese come fosse possibile che si trattasse di una dea della morte.
Possibile che stesse reagendo così perché ci
teneva a lui?
« Scusa, hai ragione, stavo scherzando; ho sbagliato.
»
Touka lo guardò in cagnesco. « Non ci tieni
affatto alla tua esistenza, eh, Ken? » domandò.
Rifletté per qualche secondo con occhi vuoti. Quella di
Touka era una domanda retorica, Ken non aveva nulla da perdere da
un'esistenza come la sua.
« Io... »
« Non rispondere » lo bloccò,
« non voglio saperlo... » Abbassò lo
sguardo, rilassò le spalle e i pugni. Lanciò un
ultimo sguardo al ragazzo dopodiché di allontanò
senza voltarsi.
Ken rimase solo.
« Mi dispiace Touka » sussurrò. Si
accorse della desolazione che lo circondava di nuovo.
Non era colpa sua, non poteva mentire. Anche se ogni giorno rischiava
di ottenere le occhiatacce dei suoi colleghi e di finire in guai
più seri non poteva nascondere all'infinito l'intolleranza
che provava per un'esistenza così vuota come la sua. Poteva
a stento fingere per non ferire Touka, o per non deludere Arima. Ma
fingere per sempre, per quante altre generazioni ancora? Impossibile.
Ken sospirò. Voleva solo una via d'uscita.
♦
♦ ♦
note: buonsalve
fandom di Tokyo ghoul! questo è il primo capitolo di una
long che credo arriverà più o meno sui dieci
capitoli. La principale coppia sarà l'hidekane, ma voglio
dare spazio anche a Touka: primo, perché la TouKen
è pure cosa bella e sono felice *spoileeer*[ dei risvolti
che ha preso il manga; ]e secondo, perché sì.
Spero che questo inizio sia piaciuto a qualcuno, e che vi abbia
incuriosito sui futuri dettagli che si veranno a scoprire andando
avanti. Questo capitolo era solo una sorta di introduzione per un
universo su cui ho ancora tanto da dire. Le critiche o i commenti di
qualsiasi genere sono ben accette.
Saluti,
Eeureka.
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Capitolo 2 *** Mutamento ***
♦ ♦
♦
Il
loro mondo era monotono non solo per come funzionava, ma anche per il
suo aspetto. Non era altro che un'enorme distesa di sabbia grigia, con
rocce e crateri qua e là sul terreno. Uniformità
interrotta di tanto in tanto dalle abitazioni degli shinigami, tutte
uguali e distanti l'una dall'altra parecchi chilometri, in modo che
ognuno potesse godersi la propria solitudine indisturbato.
Era un mondo anche piuttosto piccolo, il numero degli shinigami non
avrebbe mai potuto eguagliare quello degli umani. Era un pianeta per lo
più vuoto.
Touka non poteva aver fatto molta strada, in genere gli shinigami
preferivano restare in zona vicino alla propria abitazione. E Ken non
si sbagliava, la trovò quasi subito: era seduta davanti a
uno di quei portali che mostrava quel che accadeva sulla terra, aveva
le ginocchia al petto e le braccia incrociate, lo sguardo poco
interessato per quel che aveva dinnanzi.
« Ehi. » La shinigami sussultò, colta di
sorpresa. Ken le si sedette vicino, elargendole un sorriso gentile.
Touka non si voltò verso di lui, voleva che la sua rabbia
trapelasse.
« Ehi » ripeté Ken.
Touka sospirò. « Che vuoi? »
« Senti » esordì lo shinigami, cercando
lo sguardo della collega « mi dispiace per prima. »
Touka esitò un po' prima di incrociare gli occhi dell'altro
- o meglio, l'unico occhio, dato che Ken indossava sempre una benda su
quello destro.
« Lo sai bene che non dovresti dire cose del genere
» lo riprese, « non so che farmene delle tue scuse.
Non so se stessi mentendo o no e, onestamente, credo che sia meglio per
tutti non saperlo... Solo... Non cacciarti nei guai, okay? »
Annuì poco convinto, lei se ne accorse.
« Non vorrai mica fare la fine di Shuu... Almeno spero.
»
Ken sussultò. Shuu era uno shinigami che si era invaghito
degli umani e che per questo era stato punito a dovere. Aveva
cominciato ad assentarsi al lavoro per trascorrere il tempo sulla Terra
e in ben poco tempo gli shinigami maggiori se ne erano accorti e
avevano informato il re Arima sulla situazione. Quest'ultimo aveva
mandato Shuu sotto processo, dandogli l'opportunità di
difendersi, ma per il filantropo non c'era stata salvezza.
Nell'esprimersi a parole le sue frasi erano arzigogolate, ricche di
fronzoli e con termini assurdi. Gesticolava, plateale, con un
entusiasmo inconcepibile: era diventato folle.
Ormai anche questa memoria per Ken era quasi svanita, ma riusciva
ancora a ricordarsi di Shuu che per convincere della sua innocenza
narrava di arte, dipinti, teatro, poesia e anche di libri.
Essendo che gli shinigami ottengono gli anni di vita dagli umani che
uccidono, non c'è modo di uccidere un dio della morte se non
che sottraendogli per sempre il proprio death note. E questa era stata
la condanna per Shuu.
Per un certo periodo era andato in giro cercando di inculcare le sue
idee anche agli altri, ma veniva evitato come se potesse contagiare con
qualche grave malattia. Ormai da circa qualche secolo non si era
più visto in giro: forse si era rinchiuso nella propria
abitazione (dalla quale tutti giravano alla larga) o forse era morto.
La verità era che a nessuno interessava davvero la sua
sorte, Shuu serviva solo come esempio di quel a cui potevano andare
incontro in base alle scelte sbagliate.
« Ken? Rispondi! »
L'interpellato sobbalzò.
« Ah, scusa... Stavo pensando... »
Touka inarcò un sopracciglio, poi sospirò.
« Non voglio che ti finisca così, okay? Lo sai
bene che tempo fa hai avuto comportamenti sospetti. Ora le acque si
sono calmate... Non le agitare di nuovo. »
Ken ripensò a Shuu e a come forse avrebbe davvero dovuto
tenersi alla larga dal mondo degli umani.
« Non accadrà » affermò,
quasi convinto « non mi finirà come lui.
»
Si mise in piedi e spolverò via dalle gambe la sabbia che
gli era finita addosso.
« Penso che andrò a dare un'occhiata
più da vicino ai nuovi abitanti della Terra. Vieni con me?
»
Touka accennò un sorriso. « D'accordo »
acconsentì, « ma solo per tenerti d'occhio.
»
♦
♦ ♦
La
popolazione sulla Terra si stava ancora sviluppando. Erano nel periodo
dell'Antichità, dove non esistevano veri e propri stati, ma
solo territori che venivano conquistati, rinominati e frazionati in
continuazione da diversi popoli.
In genere gli shinigami venivano divisi in gruppi di quattro (in base
alla vicinanza delle proprie abitazioni) e ogni gruppo riceveva una
zona sulla Terra di cui occuparsi. Quella in cui erano appena apparsi
Ken e Touka, attraversando il portale che li collegava al mondo umano,
doveva essere la loro area. Ken era rimasto all'oscuro delle vicende
umane per svariato tempo per fingere indifferenza, e ora non sapeva se
si trovassero in un regno, in un impero o in chissà
cos'altro. Quel che era certo era che erano apparsi nel bel mezzo di un
villaggio di campagna circondato da mura.
Era da così tanto tempo che non scendeva sulla Terra che
dovette socchiudere gli occhi, ferito dall'abbagliante luce del sole.
Si sentiva - se gli era concesso utilizzare i vocaboli umani -
emozionato, trepidante. Gli shinigami non respiravano, eppure lui ebbe
l'impressione di essere investito da una forte ondata di aria fresca.
Il buio non lo circondava più, ora attorno a lui c'erano
solo colori: prevaleva il verde delle piante, il marrone della terra,
il beige, l'ocra, il grigio delle pietre incastonate nei sentieri, il
celeste dell'ampio cielo e la luce diffusa ovunque che filtrava tra le
foglie degli alberi.
Non lo fece apposta, ma le sue labbra si piegarono in un sorriso.
Touka lo notò, ma mantenne il silenzio.
« Diamo un'occhiata in giro? » propose e lo
shinigami annuì con un po' troppo entusiasmo.
Si addentrarono nel villaggio, e i sentieri cominciarono ad essere
perimetrati da tante modeste case in mattoni l'una accanto all'altra.
La gente passeggiava frenetica, alcuni presi dal lavoro, altri
semplicemente chiacchieravano. I bambini giocavano a chiapparello,
correndo a zig zag tra gli adulti. Indossavano tutti semplici stoffe
raffazzonate l'una sull'altra, per lo più tuniche strette in
vita con un filo di un altro tessuto che fungeva da cintura. Dall'erba,
di tanto in tanto, sbucavano fiori fatti di gemme luminose di colore
rosso. Ken non aveva mai visto fiori così nelle generazioni
precedenti, era di certo una novità apportata da Terra. Ebbe
l'impulso di coglierlo, poi si ricordò di non essere solo e
soprattutto di essere nella sua forma di shinigami, il che comportava
il non poter interagire direttamente con nulla di quel pianeta. Era
come uno spirito che galleggiava nell'aria.
I due giunsero in quella che era di sicuro la principale piazza del
villaggio. C'erano gruppi di anziani che discutevano su
chissà cosa, bambini che giocavano anche lì,
donne che trasportavano vasi colmi d'acqua e botteghe differenti al di
sotto di un colonnato, dove gli artigiani lavoravano in bella vista,
mostrando di cosa erano capaci.
Quel che attirava più di ogni altra cosa l'attenzione era la
fontana che si stagliava al centro. Era di base circolare, fatta in
marmo bianco e purissimo ed era ricca di elementi floreali. La parte al
centro imitava il movimento dell'acqua stessa, come quando vi si lascia
cadere un sassolino e le gocce schizzano tutto intorno. Era come se da
fiori di marmo nascesse acqua di marmo e da questa scorresse l'acqua
vera che andava a congiungersi all'interno della fontana.
« Wow » soffiò Ken non riuscendo a
trattenersi. Gli umani trovavano sempre modi alternativi di esternare i
propri sentimenti. Uno di quei modi era l'arte.
Ken voleva sentirsi parte di tutto quello e non osservarlo solo da
dietro una teca di vetro. Così prese sembianze umane.
« Cosa fai?! » domandò Touka allarmata.
« Faccio un giro. »
Prendere sembianze umane per uno shinigami voleva dire rendersi
visibili agli abitanti della Terra. Era una pratica non rara,
apprezzata da alcuni, disprezzata da altri.
La forma umana di Ken era decisamente ridicola a parer suo. Assumeva il
corpo di un ragazzino sui vent'anni che pareva anche più
giovane. Era esile, i capelli gli diventavano neri e la benda che
portava sempre con sé svaniva, dando mostra di due grandi
occhi incolori.
Il contro di trasformarsi momentaneamente in umani era che il death
note si poteva solo portare in mano, senza nessun posto dove poterlo
trasportare, e quindi diventava di estrema importanza fare attenzione a
non lasciarlo da nessuna parte.
Era già accaduto in passato che uno shinigami perdesse il
proprio death note, e il peggio avveniva se era un umano a trovarlo. Se
un uomo ne entra in possesso e scopre come utilizzarlo allora il dio
proprietario è condannato a stare a fianco di costui
finché vive. E, non potendo utilizzare il proprio death note
poiché in mano dell'umano, non si può far nulla
per accelerare il processo.
Ken si avvicinò alla fontana e si sedette sul bordo. Piccoli
spruzzi di acqua gli solleticarono la schiena, e lui prese a guardare
il cielo con aria rilassata. Touka si mise accanto a lui, restando
però incorporea a tutto di quel mondo.
A un certo punto un uomo dall'aria piuttosto entusiasta raggiunse la
piazza con il fiatone. Ansimò un po', poi riprese fiato ed
urlò: « Sono tornati vittoriosi! »
La gente si voltò verso di lui, subito dopo si
sentì il suono di trombe. Tutti gli umani lì a
quel punto abbandonarono le loro attività per stringersi
davanti all'ingresso della piazza in attesa di chissà cosa,
febbricitanti. I bambini smisero di correre l'uno dietro l'altro e si
intrufolarono tra quel corteo di adulti, anche loro con il medesimo
entusiasmo.
Ken si ritrovò incuriosito. Ebbe l'impulso di alzarsi per
andare a vedere cosa stava succedendo, ma poi decise che era meglio
restare lì con Touka, il più lontano possibile
dalla folla.
A un certo punto tutta quella gente chiassosa si zittì. Il
loro vociare fu sostituito da un altro rumore, simile a quello di
oggetti pesanti che vengono continuamente poggiati sul terreno e
accompagnati dallo stridio di pezzi di metallo che si urtano l'uno con
l'altro. Sempre più forte, sempre più vicino.
La gente continuò a lanciarsi occhiate entusiaste, e Ken
comprese che qualsiasi cosa stessero aspettando stava per arrivare.
Tese l'orecchio, cercando di captare di cosa si trattasse.
Quando dalla scalinata che portava alla piazza cominciarono a vedersi
svariati visi, la folla urlò in preda all'emozione. Ken vide
man mano profilarsi dinnanzi a sé (per quel poco che
riusciva a vedere dal suo posto) i volti di diversi uomini, vestiti di
pesanti armature e che sottobraccio portavano un elmetto. Dovevano
sicuramente essere l'esercito. Avanzavano fieri, coordinati, marciando
a testa alta. I loro volti erano stanchi, ma vittoriosi.
Si fecero spazio tra la folla verso un imponente edificio. Passarono
pure davanti alla fontana, alcuni mantennero il capo alto, altri
incrociarono i suoi occhi confusi come se si stessero chiedendo chi
potesse essere.
Ken restò immobile a fissarli, accorgendosi che fossero un
numero più grande di quanto avrebbe creduto.
Giunsero davanti all'edificio, dove vi era una nicchia contenente la
statua di una donna. Fecero una sorta di saluto militare
dopodiché ruppero le righe. Avevano smesso di camminare
diritti e composti e ora parevano più persone tornate
stanche dal lavoro, che si concedevano fra loro qualche chiacchiera e
sospiravano sfiniti.
Era evidente che la battaglia non avesse portato feriti o morti. Ken
sfruttò uno dei suoi poteri da shinigami e lesse sulle loro
teste la loro durata vitale, ossia quanto tempo ancora restava loro da
vivere. Scoprì che la maggior parte se ne sarebbe andata
all'aldilà molto presto.
« Ehi, mi senti? » Ken sobbalzò. Non si
era accorto che qualcuno lo stesse chiamando. Si guardò
intorno e scoprì che i soldati si erano sparsi per la piazza
per conto loro. Alcuni stavano riabbracciando la propria moglie e i
propri figli, altri i propri genitori, altri ancora discutevano tra
amici.
« Mh, ci senti? » Ken si accorse solo in quel
momento che davanti a sé c'era proprio uno di quei soldati.
L'armatura scintillante avvolgeva il suo corpo, e Ken poté
notare quanto fosse rifinita con cura: con striature e solchi che
creavano un motivo artistico, come se la bellezza di un armatura
potesse essere in qualche modo funzionale in guerra.
La cosa che però lo colpì di più fu il
viso dell'umano. Era un ragazzo sui vent'anni, aveva i capelli biondi e
spettinati, più scuri sulla cute più chiari sulle
punte, e due grandi occhi caldi che lo fissavano con
curiosità.
Era raro, anche quando prendeva forma umana, che qualcuno gli si
avvicinasse per parlare. In genere con quello sguardo da sempliciotto
non attirava facilmente l'attenzione.
Ken se ne diede una colpa, ma non poté evitare di
considerare il ragazzo davanti a sé molto bello. Forse erano
i lineamenti giovani a colpirlo, oppure l'energia che emanava
nonostante i suoi occhi fossero piegati dalla stanchezza. Sprigionava
una grinta e una voglia di vivere talmente elevate che, quando Ken
incrociò la sua durata vitale, si sentì un po'
triste per lui per quanto poco tempo gli rimanesse sulla Terra.
« Sai parlare? » fece interrogativo. Ken si accorse
in quel momento di essere rimasto a fissarlo con gli occhi spalancati e
le labbra socchiuse.
« Oh, scusa... » mormorò.
« Allora sai parlare! » fece entusiasta, dandogli
una pacca sulla schiena e sedendoglisi accanto. Touka si
scostò, fissando l'uomo con aria scocciata.
« Sì, certo... » Ken era immensamente
confuso e in imbarazzo. Era vero che lo affascinavano gli umani, ma di
rado aveva parlato con uno di loro. Percepì un forte disagio
per questo.
« Non sarai mica qui per arruolarti, vero? »
Ken strabuzzò gli occhi. « N-No! »
urlò fin troppo repentino.
« Ah, okay, menomale! »
« Menomale? »
« Beh insomma, sei un po' gracilino. Se hai bisogno di soldi
ci sarebbero lavori più adatti per te. Questo sarebbe un po'
rischioso. »
Ken non comprese il motivo, ma quel commento lo offese, soprattutto
perché Touka ridacchiò.
Era vero, non era molto imponente, però nella sua versione
da shinigami di certo aveva qualche muscolo in più.
Il ragazzo lo afferrò per un braccio così
velocemente che Ken non ebbe il tempo per opporsi. Tastò i
lembi di pelle e carne umana che non appartenevano realmente allo
shinigami con aria indagatrice. Touka, da dietro, non poté
evitarsi di sussultare preoccupata.
« Oltre a essere gracile sei anche freddissimo, oddio.
»
Ken prese a osservare il proprio braccio con curiosità, pose
una mano su di esso e constatò che la sua massa muscolare
era pari a zero, così come anche la sua temperatura corporea.
« Che fai? Controlli anche tu? »
ridacchiò e Ken ritrasse la mano, riconoscendo che quel che
aveva fatto dovesse senza dubbio risultare stupido.
Si sentì imbarazzato e infastidito, gonfiò le
guance e si voltò dal lato opposto per rendere la cosa
visibile (quel gesto per lui era atipico, ma forse agiva
così perché era nella sua sembianza umana.)
L'umano se ne accorse e il sorriso di scherno che aveva sulle labbra
scomparve.
« Scusa, stavo solo scherzando, non volevo offenderti
» disse « non prendertela. » Gli rivolse
un sorriso genuino.
« È che il tuo viso mi è nuovo, ti ho
visto tutto solo e spaesato e non sono riuscito a non avvicinarmi.
» Ken provò ad allontanarsi un po', ma non fece in
tempo che si ritrovò il braccio dell'altro attorno alle
spalle. Sussultò.
« Ricominciamo da capo, okay? » L'umano
continuò a sorridere radioso e rassicurante.
« Il mio nome è Hideyoshi, ma in genere i miei
amici mi chiamano Hide. Puoi farlo anche tu se vuoi. »
Ken riuscì solo a pensare che non era mai stato
così pericolosamente vicino ad un umano prima d'ora. E che
lo sguardo con cui Touka lo ammoniva rendeva la situazione anche
peggiore di quanto già non fosse.
« Il tuo nome invece è? »
Non aveva alcun obbligo di rispondere, eppure lo fece: « Mi
chiamo Ken. »
« Ken? Mi piace Ken! È semplice e non difficile da
ricordare » ridacchiò. « E dimmi, Ken...
»
« Scusa, ma devo andare » e scostò il
braccio di Hideyoshi.
« Ehi, solo una domanda. » Ken deglutì e
si arrestò mentre si allontanava. Era come se ci fosse una
calamita che lo obbligasse a rimanere, e di certo quella forza di
attrazione era dovuta a quanto lo incuriosisse la vita degli uomini.
Deglutì. Sentì una strana scossa passargli per il
corpo.
« Dimmi. » Si voltò di nuovo verso
l'altro.
« Prima, oltre che per l'averti visto solo e spaesato, c'era
un altro motivo per cui mi sono avvicinato. Perdonami se sono
indiscreto, ma in parte mi hanno attirato i tuoi occhi tristi.
»
Occhi tristi? si
chiese Ken. Era così che appariva agli umani?
« Scusami, ma devo proprio andare. » Si
sforzò di non voltarsi mentre andava via, ma Hideyoshi lo
prese per il polso.
Ken non riuscì a comprendere se fosse infastidito o
spaventato da quella situazione. Si voltò di scatto.
« Che c'è ancora? » chiese con le
sopracciglia corrugate.
« Scusa, capisco che tu non voglia rispondermi e non voglio
impedirti di andare, né tantomeno voglio infastidirti. Ma ti
è caduto questo; è tuo, no? » Hide, con
il viso più ingenuo e dispiaciuto mai visto, si stava
rigirando tra le mani un oggetto di forma rettangolare di colore nero.
Ken sbiancò.
Hide osservò il quaderno, ebbe giusto il tempo di passare i
polpastrelli sulla scritta "death note" quando Ken glielo
strappò di mano.
Sul volto dello shinigami si profilò la disperazione, si
diede dello stupido. Come poteva aver fatto una cretinata del genere?
Ma soprattutto... Hideyoshi l'aveva toccato, aveva preso fra le mani il
suo death note. Cosa sarebbe accaduto adesso?
« Ehi, Ken... Tutto bene? Amico, vuoi che chiami qualcuno? Ti
stai sentendo male? »
Aveva sempre sentito dire che se un death note viene toccato da un
umano questo diventa automaticamente sua proprietà. O forse
questo accadeva se un umano il death note lo usava? Non riusciva a
ricordare.
« Ken? »
« Perdonami. » disse e, senza alcun preavviso,
corse via.
Hide resto lì fermo in mezzo alla piazza ad osservarlo,
confuso più che mai.
« Ken!
» urlò Touka, ma lui non si fermò,
almeno finché non fu certo che con loro ci fossero solo
alberi e vegetazione. Aprì in fretta un varco per il suo
mondo e, solo quando ebbe messo piede su quel terreno arido e familiare
si sentì in salvo.
« Ken! » da un portale accanto apparì
Touka. Non credeva di averla mai vista tanto arrabbiata.
« Ma che ti salta in mente? »
Non c'era molto contatto fisico tra shinigami, ma questo non le
impedì di saltargli letteralmente al collo per scuoterlo con
foga.
« Ha toccato il mio death note! »
« Sì, ho visto! Ma datti una calmata! »
Ken cercò di seguire il suggerimento. Aveva ancora la mente
troppo in subbuglio per pensare logicamente.
« È colpa tua, » sentenziò
Touka « non dovevi parlargli e, soprattutto, non dovevi
prendere sembianze umane in un luogo così fittamente pieno
di umani! »
Ken sospirò, abbassò lo sguardo.
« Hai ragione » disse, « ma ora, ora che
facciamo? »
Touka si schiarì la voce e rimase per qualche secondo a
pensare. Quella situazione le metteva addosso più agitazione
del previsto, soprattutto nel vedere Ken in quello stato,
così confuso e preoccupato.
« Ha visto il death note, è vero, ma non l'ha
usato. Quindi è ancora ufficialmente di tua
proprietà. »
Ken sospirò di sollievo.
« Ciononostante, ora c'è sicuramente qualche
vincolo che ti lega a quell'umano, e lui sarà capace di
vederti anche nella tua forma di shinigami se scendi sulla terra.
»
« È davvero tutto qui? »
domandò Ken. « Non ci saranno conseguenze
più gravi? »
Touka deglutì. « Non lo so, spero di no.
L'importante è che il death note sia ancora tuo »
affermò, lieta di vedere l'altro tranquillizzarsi. Era
davvero arrabbiata con Ken, non riusciva a credere che fosse andato
incontro a un rischio così grande.
« Senti... » esordì « fingiamo
che nulla di tutto ciò sia accaduto, okay? Tu non lo dirai
in giro, io non lo dirò in giro. Resterai al di fuori dei
guai, lontano dalla Terra, e tutto sarà apposto. Aspetteremo
che quell'umano muoia, o, anzi, guarda: lo uccido io ora! »
« No! » la risposta fu così repentina
che Touka rimase sconvolta.
« Perché no? »
« Mi va bene il tuo piano. Davvero, starò lontano
dai guai e dalla Terra. Ma non vale la pena di ucciderlo, tanto quel
ragazzo non ha molti anni di vita davanti a sé. »
Touka rilassò le spalle, gli lanciò un'occhiata
sospetta. « Prometti che starai lontano dai guai.
Promettimelo. » disse.
Ken deglutì. « Prometto. »
Eppure, improvvisamente, il gusto del proibito era più
invitante di prima e nei suoi pensieri si materializzò
l'immagine dei caldi occhi di Hideyoshi.
♦
♦ ♦
note: Oh,
dunque. Ecco il secondo capitolo~
Mentre il primo era quasi un prologo, questa è la lunghezza
standard di ogni capitolo che seguirà. Come potete capire la
generazione che c'è ora sulla Terra non coincide con la
nostra, non ha a che vedere con il nostro mondo. Ci troviamo
semplicemente in un'Antichità/inizio medioevo. Non
è la nostra Grecia, non è la nostra Roma. Ci sono
cavalieri che sembrano quasi quelli delle fiabe, fiori fatti di
gemme... Insomma, pian piano vi svelerò questo mondo (anzi,
i due mondi, visto che anche sugli shinigami c'è altro da
dire.)
E finalmente abbiamo la comparsa del n0stro caro Hide.
Per qualsiasi dubbio comunque non esitate a farmi sapere!
ringrazio chi sta seguendo la storia♥
Saluti,
Eeureka
|
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Capitolo 3 *** Leggi Infrante ***
♦ ♦
♦
Nel
mondo degli shinigami non esisteva un modo per misurare il tempo, non
c'era nessuna stella attorno a cui girare per alternare periodi di luce
a periodi di buio; era atemporale, quasi un'astrazione per la mente
umana.
Gli dei
della morte solevano utilizzare espressioni quali "ieri, oggi, domani,
tra un anno" e così via, riferendosi però al
pezzo di Terra a loro assegnato. Era così che Ken poteva
affermare con sicurezza che da quando aveva combinato quel guaio erano
trascorse dieci notti e dieci giorni.
Da quando
era successo Ken aveva vissuto nell'ansia, aveva atteso che accadesse
qualcosa, pur non sapendo neanche lui che cosa... Ma nulla era
accaduto, tutto nella sua routine era rimasto immutato.
Era vero che
uno shinigami viene vincolato solo se un umano utilizza il suo death
note, ma lui sembrava quasi ossessionato dall'idea che dovesse comunque
succedere qualcosa, come se non gli andasse giù di aver
corso un rischio senza ottenere conseguenze considerabili negative.
Pareva così disperato che si sarebbe accontentato di tutto
pur di dare una svolta a quella monotonia che da sempre lo accompagnava.
Una parte di
lui bramava la novità con tutti i pericoli che essa
comportava; dall'altra parte, però, Ken scuoteva la testa
non convinto, accorgendosi di quanto imprudenti quei pensieri potessero
essere.
Era bloccato
in un limbo, malamente in equilibrio su un piede sulla punta di un
precipizio, con il martellante dubbio: mi butto o no?
Durante quel
tempo aveva svolto con apparente tranquillità il suo lavoro,
aveva chiacchierato con gli altri shinigami e, in special modo, con
Touka, con la quale aveva il tacito accordo del far finta che nulla
fosse mai accaduto. Insomma, un dubbio di qua, un dubbio di
là, e alla fine Ken non si era spostato dalla punta di quel
precipizio neanche un po'. Due forze eguali si erano scontrare e
annullate a vicenda, facendo sì che rimanesse fermo,
immobile, senza alcuna novità apportata nella sua esistenza.
O meglio, in realtà un cambiamento c'era stato: oltre che le
solite attività, ora passava molto tempo in più a
osservare, attraverso un portale, gli abitanti della Terra e, per
essere precisi, un abitante della Terra in particolare.
Il guerriero
dai capelli di luce – così l'aveva ribattezzato
– gli era rimasto così impresso che possibilmente
neanche dopo altre cinque generazioni si sarebbe scordato di lui. Ogni
tipo di umano era interessante ai suoi occhi, ma Hideyoshi pareva
esserlo più di tutti.
Era
straordinario, sembrava uscito da uno di quei libri di avventura che
Ken apprezzava tanto. Non era il classico eroe, dalle
abilità fisiche insuperabili da chiunque altro, ma aveva il
suo modo di essere speciale: incoraggiava sempre tutti, anche quando
l'esito della battaglia sembrava negativo e in quanto guerriero, non
essendo molto poderoso, si occupava per lo più dell'aspetto
strategico. E non era solo dotato di una grande logica, era pure molto
gentile. Non era privo di paure, ma se doveva salvare qualcuno non si
tirava indietro facilmente.
Una delle
scene più belle a cui Ken aveva assistito era di Hide che
trovava un suo compagno a terra che ancora respirava, se lo caricava
sulla spalla e lo accompagnava fino al villaggio nonostante le proteste
prive di speranza dell'altro. Alla fine quell'uomo era morto, e Hide si
era scusato con tutti per non essere riuscito a tenerlo in vita, come
se fosse stata colpa sua.
Ken non
poteva comprendere che significasse rischiare la propria vita per
salvare quella altrui, eppure Hideyoshi lo faceva per professione.
Proprio il contrario del suo lavoro.
Ken voleva
rivederlo, al di là delle promesse che aveva fatto a Touka.
Sapeva che rischiava, ma aveva avuto modo di assaggiare la
novità, il pericolo e ora non poteva di colpo tornare
indietro.
Si mise in
piedi e osservò il portale davanti a sé con
intensità. Era solo, nessuno del suo gruppo di shinigami
quel giorno era a fargli compagnia in quello spiazzo in cui lavoravano.
Nessuno avrebbe potuto testimoniare che Ken era andato nell'altro
pianeta.
Si
avvicinò al portale, sfiorò prudente l'altra
dimensione con la punta delle dita, chiuse gli occhi e
iniziò ad assaporare nella sua mente i caldi colori della
Terra.
Qualcuno lo
chiamò.
«
Ken » ripeté la voce e lui si voltò di
scatto, colto in flagrante. Rabbrividì, il suo interlocutore
non era nientepopodimeno che Arima.
Il re
esaurì i pochi metri che li separavano e lo
guardò dall’alto in basso con i suoi occhi
glaciali e inespressivi.
I pensieri
di Ken si annullarono del tutto, e come di riflesso si
inchinò.
«
Sire » disse. Perché mai Arima era lì
da lui? Quando era arrivato poi?
«
È da un po' che non ci si vede » esordì
il re. Ken giurò quasi di aver scorto l'ombra di un sorriso
al di là di quello sguardo austero che lo pietrificava ogni
volta.
Arima
incuteva timore in molti di loro, ma non perché fosse un re
cattivo o malvagio, tutt'altro, semplicemente perché tutti
erano a conoscenza di quanto fosse potente. C'erano stati altri re in
passato, ma nessuno si era mai guadagnato tanto rispetto quanto lui.
Era capitato che gli shinigami abusassero del loro potere sugli umani,
creando forti squilibri, o che addirittura si mischiassero all'altra
specie al puro scopo di divertirsi creando piccoli o grandi casini.
Sotto il regno di Arima nulla di tutto di ciò era mai
successo e mai sarebbe accaduto. Da quando era il re, fra gli shinigami
scorreva ordine e disciplina, anche se lui non aveva mai fatto nulla in
particolare per guadagnarsi tutto ciò.
Ken pensava
che forse era bastato il suo sguardo, così vuoto, tremendo e
desolato che magari era l'inferno stesso in cui precipitavano gli umani
dopo la vita. Forse era il suo essere totalmente bianco, come il colore
della morte, dai capelli alle vesti. Era un'anima in bianco che vagava
solitaria in quel mondo grigio di abitanti in nero.
Eppure Ken
oltre che con Touka aveva flebili legami anche con lui. Si poteva dire
che fossero in ottimi rapporti, dato che Arima nutriva in lui tutta la
fiducia che non gli davano gli altri shinigami.
«
Purtroppo il lavoro mi ha tenuto molto occupato, così come
immagino sia stato per te. » Ken si limitò ad
annuire. Forse era passato un secolo dall'ultima volta che si erano
visti.
Arima si
mise a suo fianco, e iniziò ad osservare un orizzonte che
non esisteva.
«
Ricordi quello che è successo nell'ultima generazione, no?
Ecco, sono felice che tu abbia messo a tacere le voci che circolavano
su di te. »
Ken non
aveva idea di cosa dire, così continuò ad annuire
silenziosamente. Arima proseguì il suo monologo: «
Voglio che tu lo sappia, Ken. Non sono riuscito a dirtelo prima,
quindi, anche se ora le acque si sono calmate, te lo riferisco adesso:
non ho mai dubitato di te. » Lo disse e nella sua espressione
apatica non mutò nulla. Anzi, intensificò lo
sguardo con Ken, come se cercasse nei suoi occhi un guizzo che
smentisse quel che aveva appena rivelato.
«
So che sei spesso il soggetto del cortile tra shinigami a causa del tuo
difetto, ciononostante sei sempre stato uno dei migliori lavoratori
qui, e so che ciò resterà invariato. Il caos non
è inevitabile e arriverà, ma so che non sarai tu
a portarlo. Dico bene? »
Ken rimase
in silenzio per qualche secondo. Tutti quei discorsi così
all'improvviso dopo quel che era accaduto dieci giorni prima erano
piuttosto sospetti, ma Arima non poteva mica controllare e sapere tutto
e di certo Touka non aveva rotto il patto prima che lo potesse fare
Ken. Forse che il re degli shinigami venisse a parlargli proprio ora
era semplicemente un caso, oppure qualcuno di anche superiore a loro
gli aveva mandato un segno, una sorta di coscienza che gli ricordasse
cosa fosse giusto fare e cosa no.
«
Sì, sire » disse infine, non credendo a
quell'affermazione neanche un po'.
«
Il tuo difetto Ken, te l'ho già detto, ma lo ribadisco, non
si ripercuote in alcun modo sulla tua natura. È solo un
futile dettaglio, non farti condizionare. Senza dubbio tu sei un ottimo
shinigami, uno dei migliori. Gli altri vogliono solo metterti in ombra,
ma tu non lasciarglielo fare. Continua a svolgere il tuo lavoro e,
soprattutto, non farti coinvolgere da cose più grandi di te.
»
L'ultima
frase suonava quasi come un avvertimento. Come se davvero Arima
già sapesse e fosse venuto lì per fargli da
sapiente coscienza.
«
Ora devo andare, arrivederci. »
«
Arrivederci. »
Ken
restò fermo sul posto mentre guardava Arima che si
allontanava. Non poteva essere un caso che fosse venuto a dirgli tutto
quello proprio ora.
Si
voltò verso il portale alle sue spalle e sospirò.
Era vero che aveva promesso il contrario, e ora anche a più
di una persona, ma necessitava ardentemente di scendere sulla Terra.
Come se le parole di Arima lo avessero trapassato senza colpirlo.
La
verità era che sì, voleva rischiare, ma nel
peggiore dei casi i danni si sarebbero ripercossi su di lui, non sulla
sua popolazione. E questo era facilmente accettabile.
Sapeva
contro cosa andava, sapeva cosa voleva fare e cosa non doveva fare.
Aveva già deciso del suo destino, e neanche l'amicizia con
Touka, le parole di Arima, né la leggenda dello shinigami
Shuu l'avrebbero fatto desistere.
Non
combinerò nulla, si disse, lasciando scivolare il suo corpo
all'interno del portale. Non sapendo però se anche
quest'ultima promessa con se stesso sarebbe stata infranta.
♦
♦ ♦
Arrivò
sulla terra e la prima cosa che fece fu assumere forma umana. Era
apparso nello stesso punto dell'ultima volta, ma gli ci volle un po'
per capirlo, dato che adesso i colori erano variati: era sera, non
c'era luce che filtrava tra i rami degli alberi, non c'era quel verde
acceso che primeggiava su tutto, ma un tenue bluastro che abbracciava
ogni cosa. I ciottoli del sentiero parevano splendere sotto la pallida
luce della luna, e Ken camminò osservando tutto rapito
quello scintillio.
La notte non
era ancora calata, ma la sentiva gravare su di sé, la
sentiva sussurrargli all'orecchio di sbrigarsi ad arrivare al villaggio
prima che il buio lo inghiottisse.
Il suo
camminare era così incerto improvvisamente, eppure stava
seguendo lo stesso percorso dell'altra volta. Forse le parole di Arima
lo avevano colpito in ritardo, e solo ora stava dubitando delle sue
azioni. Eppure non gli passava per la mente neanche per un secondo di
girarsi e tornare indietro. E anzi, più cominciava a
intravedere le luci del villaggio più qualche misteriosa
forza lo spingeva in avanti, dibattendosi con la sua riluttanza. Aveva
paura, ma era esaltato. Gli pareva che le fantasie che aveva fatto in
quei giorni stessero germogliando tutto in un colpo, e sentiva nel
petto una sensazione che forse un libro avrebbe definito "adrenalina".
Arrivò
al villaggio e constatò che questa volta il via vai di gente
era diminuito. Tra le stradine in cui si affacciavano le case c'erano
torce che illuminavano la via e di tanto in tanto qualche adulto o
ragazzo, ma nessun bambino e nessuna donna in giro.
La gente lo
squadrava come fosse un fantasma, un intruso, e in effetti non li si
poteva biasimare, ma Ken non si fece intimorire – correva
meno rischi lui con loro, che loro con la sua presenza. Era uno
shinigami, d'altronde. Piuttosto si gustò con gli occhi la
colorazione che assumeva il villaggio a quell'ora, come il fuoco delle
torce tinteggiava i muri in mattoni con schizzi di giallo, o come quei
misteriosi fiori di gemme brillassero ancor di più, creando
giochi di luce sul terreno. Tutto era cambiato simultaneamente, tutto
era diverso, ma lo era nello stesso modo di prima.
Ken
arrivò nella piazza principale. Anche se era sera rimaneva
l'ambiente più vivace. Certo, non si poteva paragonare a
com'era fitto di gente la mattina, ma comunque la maggior parte delle
persone del villaggio si concentravano là.
C'erano vari
gruppetti di adulti che chiacchieravano, e le torce erano appese per il
colonnato circolare. C'era una quiete generale che avvolgeva tutto,
forse dovuta all'assenza delle urla dei bambini e dei mercanti.
Ken
guardò la fontana che torreggiava al centro e vi si
avvicinò. Osservò il flusso continuo dell'acqua e
ripensò a quando aveva conosciuto quell'umano, Hideyoshi.
Ammetteva che una delle sue più grandi speranze era quella
di rivederlo, anche se neanche lui sapeva il perché
– del resto non si erano lasciati in un bel modo l'ultima
volta, ma rincontrarlo era una delle fantasie più vivide e
frequenti che aveva abitato nella sua mente.
Fece un
mezzo sorriso e si diede dello stupido. Non c'erano poi così
tante probabilità che lo incontrasse, anzi, forse proprio
nessuna – considerando l'orario soprattutto. E anche se
avesse incrociato il suo sguardo caldo non avrebbe avuto il coraggio di
avvicinarglisi, né sicuramente il guerriero dai capelli di
luce l'avrebbe fatto. All'improvviso capì che tutto quel
gran guaio, tutte quelle situazioni assurde, tutto quel pericolo, erano
per lo più nella sua mente e da nessun altra parte. E lui
era lì, come uno sciocco ad aspettare ancora una volta il
nulla.
Si sedette
avvilito sul bordo del monumento e sospirò, l'entusiasmo di
prima era stato preso a pugni dalla realtà. Ecco, la
verità dunque era solo quella: era malato, era uno shinigami
anomalo che si era fatto intrappolare dalle stupide e dolorose
congetture umane, dai loro pensieri fini solo all'autodistruzione.
Ken si
sentì svuotato, non com'era abituato a provare, ma molto
peggio. Il vuoto di prima era qualcosa che aveva sempre avuto e che
attendeva di venire riempito; quello di ora era il vuoto dopo essersi
sentito completo e pieno per una volta, e questo lasciava un buco in
lui anche più profondo. Prima di concreto non aveva nulla su
cui disperarsi, ora sì.
Guardò
la gente che passeggiava davanti a lui trattenendo numerosi sospiri,
osservò i loro volti per lui anonimi, i loro sorrisi, il
divertimento, la rabbia, la tristezza. Li invidiò per quel
che potevano possedere.
A un certo
punto accadde l'impensabile: di uno di quei gruppetti che gli passavano
davanti faceva parte proprio Hideyoshi. Ken lo guardò
intensamente, come se sperasse di essere notato o fosse solo rimasto
rapito dalla sua visione, sentì ogni muscolo immobilizzarsi,
la gola diventare secca.
Hideyoshi
chiacchierava con altri ragazzi della sua età, amici o
colleghi, con un sorriso stampato sul volto. Ken avrebbe voluto
chiamarlo, gridare un "ehi!", ma sarebbe stato stupido farlo. Di certo
Hide non si ricordava di lui, non aveva motivo di farlo,
così Ken si limitò a fare quel che faceva sempre
anche nel suo mondo: lo osservò in silenzio, da una vetrina,
da una teca di vetro che li avrebbe separati per sempre. A un certo
punto l'umano incrociò il suo sguardo, e Ken in un barlume
di desiderio si chiese se l'avesse riconosciuto. Purtroppo passarono
pochi secondi prima che Hide distogliesse gli occhi e riprendesse la
sua attività. Ken ancora una volta si rimproverò
mentalmente per le speranze che aveva nutrito con follia. Non riusciva
più a ricordarsi per quale motivo fosse sceso sulla Terra, e
aveva una voglia matta di tornare nel suo pianeta, come se
lì la situazione avesse potuto migliorare. Si mise in piedi
sentendo le gambe intorpidite e deboli, e iniziò ad
allontanarsi dalla fontana pur non avendo una meta. Ci aveva provato,
non c'era riuscito... Fine.
«
Keeeen! » quell'urlò squarciò la quiete
e Ken si voltò di scatto, senza avere neanche il tempo
materiale di comprendere cosa fosse accaduto. Si ritrovò di
colpo con la schiena a terra, dolorante, e un peso non trascurabile
addosso che gli impediva di rialzarsi.
Durante
l'impatto per istinto aveva chiuso gli occhi, e dovette superare un po'
di paura prima di aprirli.
«
Ken! » su di lui troneggiava Hideyoshi, con uno dei sorrisi
più esaltati che gli aveva mai visto in viso – o
forse era il vederlo dal vivo che lo faceva sembrare tale.
Ken era
ancora troppo confuso per aprire bocca, e metabolizzò
l'accaduto solo qualche secondo dopo. Aveva così tanti e
vorticosi pensieri in quel momento che guizzavano via dalla sua presa
come pesciolini; quel che più lo disturbava, al di
là del violento impatto con il terreno, era il contatto
fisico. Gli umani possedevano una temperatura corporea molto, molto
più alta di quella degli shinigami, e percepire quel calore
contro di sé non sapeva dire se gli facesse senso o paura.
«
Ma dove diamine sei sparito in questi giorni? Io ti aspettavo, e tu sei
scomparso nel nulla! » quella rivelazione lo
stupì, ma gli fece piacere in fondo. Hide aveva corrugato le
sopracciglia fingendo un'espressione offesa, premendo le mani contro le
sue spalle. Ken tuttavia non aprì bocca, ancora confuso e
inconsapevole di quali fossero le intenzioni dell'altro.
«
Amico, oddio, stai tremando! » Hide si alzò di
colpo da lui. « Scusa, ti ho fatto male? È per
questo che tremi? »
Ken
deglutì. « N-No... » mormorò.
L'altro si
prese il mento tra pollice e indice assumendo un'espressione pensosa.
« Ah! » fece all'improvviso, sorridendo come se
fosse giunto a una soluzione. « Ti ho per caso spaventato?
»
La
verità era che sì, Ken si era spaventato per
numerosi fattori: primo, all'inizio non aveva capito che era successo;
secondo, era accaduto tutto troppo in fretta; terzo, sì, lo
affascinavano gli umani, ma preferiva tenersi da loro a debita
distanza. Ciononostante non sapeva il perché ma non voleva
rivelare di aver provato paura.
«
No... Non ho avuto paura, ma... fai sempre così? »
chiese invece.
Hide rise.
« Eh già! All'inizio sconvolgo un po', ma vedrai,
i miei amici ci hanno fatto l'abitudine, e ce la farai anche tu!
»
Il tutto
suonava come un "ci vedremo altre volte" e Ken si chiese se fosse
davvero finita così.
«
Scusami amico, comunque, ho esagerato. Cercherò di andarci
piano. » Gli tese la mano per aiutarlo a mettersi in piedi.
«
Sto bene » ribadì Ken, rifiutando l'aiuto e
facendo forza sulle braccia per alzarsi.
Ci fu
qualche attimo di silenzio imbarazzante, poi Hide aprì bocca.
«
Ho così tante cose da chiederti, sono così
curioso, e vorrei raccontarti tanto anche io. Ma ho davvero paura che
fuggirai come l'ultima volta; sarà così?
» chiese con gli occhi che brillavano di aspettativa.
Ken era
lì proprio per continuare quel da cui era scappato la scorsa
volta, ma doveva ammettere che ora tutto sembrava più
spaventoso di quanto avesse immaginato. Cosa gli avrebbe chiesto Hide?
Di cosa potevano parlare un umano e uno shinigami che si fingeva tale?
«
Cercherò di non scappare » promise.
Hideyoshi
gli sorrise ancora, rassicurante. Vederlo senza armatura, con una
semplice maglia leggera addosso faceva risaltare il suo fisico, non
possente, ma di certo più allenato di quello di Ken da umano.
«
Se provi ad abbandonarmi di nuovo sarò molto offeso la
prossima volta! » fece una sorta di broncio. Si comportava
così con naturalezza, quasi fosse un bambino e come se
conoscesse Ken da più tempo di quel fugace scambio di parole
dell'altra volta.
«
Okay, beh, allora cominciamo... Seguimi! » Hide gli diede una
pacca sulla schiena per invitarlo a seguirlo. Ken fece come gli era
stato richiesto tenendosi però a debita distanza.
«
Primo di tutto, come mai non ti avevo mai notato prima? È
davvero solo la seconda volta che vieni in questa piazza? »
Ken
annuì.
«
Ma sei di qui, no? Sei di Anteiku? O vieni da un altro villaggio?
»
Ken
deglutì, e cercò di non rimanere in silenzio per
troppo, ma non voleva dire cavolate.
«
Ecco, vengo da un villaggio accanto, ma adesso vivo qui con mio... con
mio zio » improvvisò.
«
Vero? Come si chiama? Forse lo conosco. »
Ken
iniziò a guardarsi intorno a disagio. « Non penso
che tu lo conosca. Viviamo lontani dal centro del villaggio, lui si
occupa di pesca e commerci marittimi. » Lo shinigami
ringraziò la conoscenza appresa dai libri.
«
Oh capisco, quindi tu imparerai il suo mestiere? Ma, aspetta, prima
ancora, quanti anni hai? »
Ken rimase
in silenzio per qualche attimo. « Tu? » chiese.
Hideyoshi
rimase un po' sorpreso quando la domanda gli venne rigirata senza
ottenere risposta, ma non insistette. « Io ne ho venti.
»
«
Anche io » disse all'improvviso.
«
Oh, ti facevo più piccolo, anche se di poco. Quindi davvero
non hai ancora un lavoro? » Hide sembrava molto sorpreso, e
negativamente.
Ken non
sapeva cosa dire, poi improvvisò ancora: «
È per questo che gironzolo in città di recente...
»
Hide
bloccò di colpo la sua camminata tra le stradine del
villaggio. Ken si accorse solo a quel punto d’essersi
lasciato guidare senza prestare attenzione a quel che li circondava,
dato che erano in un’area della città mai vista
prima.
«
Ken, davvero, non ti arruolare. Non lo dico per offenderti, ma-
»
Lo shinigami
sospirò. « Nessuna offesa, ma non voglio
arruolarmi, te l'ho già detto. »
Hide sorrise
rassicurato. « Lo dico per il tuo bene, non farebbe per te un
lavoro del genere. Pensa, anche io sono totalmente fuori luogo in quel
settore, immagina te! Ehm, senza offesa di nuovo.
«
Ecco, avrei preferito fare il mercante magari, credo che avrei convinto
con facilità chiunque a comprare i miei prodotti. E invece
eccomi qua, il destino ha scelto altro per me. Ma tu, fintanto che puoi
scegliere, fallo con coscienza. »
A Ken parve
di vedere un barlume di tristezza negli occhi del suo interlocutore, ma
non indagò oltre. Continuò a farsi guidare e
continuarono a parlare del più e del meno. Più
personali erano le domande, più Ken le evitava. Naturalmente
la conversazione andava avanti solo grazie a Hideyoshi, che sembrava
non esaurire mai la sua curiosità né la
parlantina. Gli raccontò di alcuni aneddoti della sua vita,
di come da più di tre anni era rimasto senza genitori, e di
come per sopravvivere era entrato a far parte dell'esercito ereditando
l'armatura che gli aveva lasciato il padre. Gli narrò dei
nemici che minacciavano Anteiku in quel periodo e del tempo di pace che
pareva essersi stabilito da poco che gli avrebbe permesso di riposarsi
un po'.
Ken lo
ascoltava rapito, sperando che il suo turno di parlare non dovesse mai
arrivare.
Hideyoshi lo
portò un po' in giro, gli indicò qualche locanda
qua è la, gli fece vedere da lontano la sua abitazione, gli
mostrò dove a fine settimana di tanto in tanto andava a bere
con i suoi colleghi per rilassarsi.
Infine
avevano preso un sentiero che si allontana mano a mano dalla citta, e
ora camminavano in mezzo ad alberi e vegetazione. Ken non sapeva dove
Hideyoshi lo stesse portando, e il buio crescente non faceva che
peggiorare le cose. Eppure continuava a farsi guidare da lui,
nonostante il timore che custodiva dentro.
«
Siamo quasi arrivati! » annunciò Hideyoshi,
scostando dei cespugli che gli impedivano il passaggio. Tese la mano a
Ken.
«
Vieni, su » lo sollecitò. Ken titubante questa
volta afferrò quella mano molto più calda della
sua.
Si
ritrovarono in uno spiazzo senza più alberi né
cespugli, solo terra. Era un po' piccolino e terminava con un dirupo.
Tuttavia era magnifico, perché quel che c'era in basso,
qualche metro sotto, era sabbia e, un po' più avanti, il
mare. Il mare di cui aveva letto tanto nei libri, magnifico ancor
più di come veniva descritto.
«
Oggi siamo fortunati, la luna è piena e più
luminosa del solito e non è ancora notte fonda, ma presto
potrebbe anche sembrare un anonima distesa nera. » Disse
Hide, ma Ken non lo stava più ad ascoltare. Osservava i
delicati raggi della luna che si increspavano con l'acqua. Quel flebile
riflesso diradato e la luce crescente delle stelle al di sopra.
«
È stupendo » soffiò, incantato da
quello spettacolo. L'aria sembrava più fresca di prima e gli
accarezzava la pelle con gentilezza. Lo scroscio delle onde era quanto
di più rilassante potesse esistere.
Hideyoshi
sorrise soddisfatto. « Lo dici come se non avessi mai visto
il mare prima, pur vivendo con un mercante »
ridacchiò. « Devo ammettere che non sono mai stato
al porto io, ma immagino che una visione così bella del mare
ci sia qui e da nessun altra parte. »
Ken si
risvegliò da quella intensa contemplazione.
«
Lo penso anche io » disse.
«
Se lo dici tu che abiti accanto al mare, non posso che esserne felice.
»
«
Già. » disse Ken. Già.
Di colpo
però si voltò verso Hide. « Come mai mi
hai portato qui? » anche se la domanda più
corretta sarebbe stata "come mai mi parli anche se il nostro primo
incontro è stato un disastro e io sto palesemente inventando
tutto quel che ti dico e tu l'hai forse anche capito?"
Hide si
voltò verso di lui e sorrise. Sembrava quasi che quella
fosse la piega naturale delle sue labbra, come se non si stancasse mai
di tenerle tirate verso l’alto.
«
Perché ho trascorso una bella oretta a chiacchierare con te.
Sei un po' timido e un po' misterioso, ma sono stato bene con te. E a
dire la verità mi ispiri simpatia sin dal primo istante.
Perché? mi dirai, e io ti risponderò
semplicemente: istinto. Mi fido molto del mio istinto, e in genere non
sbaglio a farlo.
«
Ma più di tutto, il perché ti ho portato qui e
che volevo vedere sul tuo viso la sfumatura di un'emozione vera.
Speravo di strappartela io, ma non ci sono riuscito. Sono un po' geloso
delle doti del mare adesso, ma almeno ho ottenuto quel che volevo.
»
Ken lo
guardò confuso, tuttavia non disse nulla.
“Simpatia” non sapeva che fosse,
“istinto” non conosceva neanche quello. C'erano
tante cose che non capiva ancora di Hideyoshi, ma il tutto lo
affascinava anche di più.
"Perché
quegli occhi tristi?" si ricordò di quando si erano
conosciuti. Era stato l'istinto di Hide a suggerirgli che Ken fosse
triste?
«
Parli sempre così...? »
«
In un modo così assurdo e strano con frasi che
apparentemente non significano nulla? Eh sì, proprio
così, ti dovrai abituare anche a questo. »
ridacchiò. « Credo di starti spaventando con i
miei modi, è così? »
Mi piacciono i tuoi modi,
avrebbe voluto dire Ken, ma si limitò a negare con un gesto
del capo.
«
Meglio così. » sospirò Hide.
Ci fu
qualche attimo di silenzio, ma lo ruppe in fretta.
«
Ken, non prendertela, ma io penso che tu mi nascondi qualcosa. Ricordi
dieci giorni fa? Ti chiesi perché fossi triste, ma non
ottenni risposta. Tuttavia ne sono ancora convinto: tu sei triste, per
un motivo o per un altro. Non voglio che tu me lo dica, anche se magari
un giorno avrai voglia di rivelarmelo di tua volontà, ma
voglio aiutarti almeno un po' a superare il tutto. »
Il ragazzo
si sedette a terra e fece cenno all'altro di imitarlo. Ken lo raggiunse
titubante.
«
Ammesso che io sia triste, » cominciò Ken,
insicuro (come se uno shinigami potesse essere triste!) «
perché vuoi aiutarmi? »
Hide
guardò verso l'alto come si aspettasse che la risposta
cadesse dal cielo.
«
Istinto » rispose infine.
«
È quello che dici quando non hai una vera giustificazione?
» lo schernì Ken.
«
Molte delle mie azioni sembrano immotivate e senza giustificazione.
Così pensavo all'inizio, ma ora so che non è
proprio così. L'istinto è quel grido interiore
che ti obbliga a fare le cose senza pensarci troppo. Non che io non sia
saggio, ma a volte lo sento e basta che devo fare qualcosa. »
Ken
annuì. Istinto. Forse anche gli shinigami avevano un
istinto, ed era quello che aveva portato Ken a riscendere sulla Terra
nonostante tutto.
«
E come mi aiuterai? » chiese curioso.
«
Ah, questa è una bella domanda! Perché sai, non
ne ho idea. Però mi sembrava un buon modo per iniziare
questo qua. È il posto in cui mi rifugio quando ho bisogno
di quiete e silenzio, in cui posso affrontare i miei pensieri.
»
«
Io odio il silenzio » rivelò di colpo Ken, e
l'altro strabuzzò gli occhi.
«
Cosa? Non l'avrei mai detto. »
«
Io non avrei mai detto che a te potesse piacere. »
Hide
inarcò un sopracciglio. « Okay, sì,
sono un tipo rumoroso, ma anche io ho bisogno di calma ogni tanto! Ed
è sempre più arduo per me trovarla. »
Ken
ridacchiò. Gli venne spontaneo, e forse era il primo sorriso
che rivolgeva a Hideyoshi.
«
Ehi, ce l'ho fatta! » esclamò entusiasta l'altro
nel giro di pochi secondi. Si mise di scatto in piedi incurante della
manciata di terra che sollevò. «Ah, prendi questo
mare! Anche io suscito emozioni belle! » urlò
indicando la distesa di acqua.
Questo non
fece che far persistere il sorriso di Ken.
Hide si
sedette di nuovo sospirando.
«
Di’ la verità Ken, c'è qualche
questione amorosa dietro la tua ricerca del lavoro, eh?
Cos'è un amore proibito che tuo zio non è
disposto ad accettare ma che tu vuoi coronare a tutti i costi? Su non
fare il timido, chi è la ragazza in questione? »
ammiccò.
«
Eh? » Ken avvampò anche se non aveva motivo per
farlo. « No » sbottò mentre Hideyoshi
rideva. In realtà quel che lo fece imbarazzare
più di tutto era il viso di Touka che gli comparve per la
mente per qualche breve secondo.
«
E io che credevo che fossi un tipo romantico. Peccato, ti avrei chiesto
di invitarmi al tuo matrimonio e, anzi, ti avrei aiutato a realizzarlo!
» Hide pareva esaltato all'idea, come se già si
stesse immaginando l'intera scena.
Ken mantenne
lo sguardo verso il basso. Doveva ammettere che l'amore l'aveva sempre
incuriosito, ma era qualcosa che per come era fatta la sua natura non
avrebbe mai potuto conoscere al di fuori delle pagine di un libro.
«
E tu? » chiese al suo compagno « sei
sposato?»
Hide fece
una sorta di smorfia e un sorriso rammaricato.
«
No, e non penso lo sarò mai » asserì e
calò il silenzio, ma Ken non riuscì a trattenere
la curiosità.
«
Come mai? »
«
Tante cose. Primo di tutto sono troppo vecchio per trovare moglie e non
mi va di chiedere la mano di qualche figlia di un mio collega. Poi, non
ho voglia di avere figli, anche se così la stirpe della mia
famiglia si estinguerà. Sarà strano, ma se
dovessi avere una famiglia vorrei godermela e non sono nelle condizioni
di poterlo fare. Certo, non che disprezzi la compagnia delle ragazze,
anzi, ma... »
«
Come mai? » chiese di colpo Ken. « Come mai non sei
nelle condizioni di poterlo fare? »
Hide prese
un sospiro profondo e soppesò a lungo le parole. Pareva
essersi perso dentro qualche profondo universo di pensieri.
«
La morte. » disse all'improvviso e Ken sbiancò,
come se fosse appena stato accusato di qualcosa. « Questa
signora incombe su di me ogni giorno, mi affianca sul campo di
battaglia. Io cerco di evitarla, ma lei aspetta l'occasione propizia
per prendermi tra le sue gelide braccia. E, ahimè, sono
abbastanza convinto che ci riuscirà ben presto, dato finora
me la sono cavata troppo facilmente. »
Calò
un pesante silenzio. Ken non avrebbe mai giurato che il guerriero dai
capelli di luce potesse essere triste o spaventato. Vederlo
così cupo all'improvviso lo allarmò. Avrebbe
voluto regalargli parole di consolazione, ma lui, proprio lui, che
poteva dirgli?
Hideyoshi
rise come per scacciare lontano brutti presagi e pensieri. Si
voltò versò Ken e forzò un sorriso per
rassicurarlo, come se si vergognasse di aver lasciato cadere quell'aura
di coraggio e perfezione che lo avvolgeva sempre, come se lui fosse un
umano a cui le emozioni negative non fossero concesse.
«
Scusa » mormorò e Ken avrebbe voluto dirgli che
non aveva motivo di scusarsi. Il silenzio cadde su di loro come una
pesante pietra, poi Hide prese parola, con la voce tremante per la
prima volta.
«
E tu, Ken, hai paura della morte? »
Ken
deglutì, ma non rispose mai a quella domanda.
♦
♦ ♦
note: Sono
in ritardissimo, sorry! A quanto pare ci ho messo più del
dovuto e spero non ricapiti in futuro (ma non voglio fare promesse che
non sono in grado di mantenere).
Non ho nulla da dire su questo capitolo se non che mi farebbe piacere
sapere cosa ne state pensando.
ringrazio chi sta seguendo la storia♥
Saluti,
Eeureka
|
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Capitolo 4 *** Fiducia ***
♦ ♦
♦
Erano trascorsi
quasi tre mesi e l'esistenza di Ken aveva preso una piega che mai si
sarebbe aspettato. Aveva come rimosso tutti gli avvertimenti e i
consigli ricevuti dagli altri shinigami ed era sceso di continuo sulla
Terra: prima due volte alla settimana, poi un giorno in più,
poi quasi sempre. Il tempo che avrebbe dovuto dedicare al suo lavoro
era stato speso passeggiando tra le vivaci stradine di un villaggio su
cui splendeva sempre il sole, e con la compagnia di un ragazzo dagli
occhi caldi e la voce tonante.
Il vuoto che covava dentro da un'eternità era svanito,
sostituito da una curiosità crescente di apprendere sempre
di più dal mondo umano. Provava ancora un certo disagio a
contatto con l'altra specie, ma a tratti gli pareva di aver superato un
confine; quello che gli impediva di assaporare a pieno la vita mentre
leggeva i suoi libri. Non si sentiva parte di quell'ambiente
– quello possibilmente non sarebbe mai accaduto –,
ma era riuscito a rimpiazzare la noia che lo perseguitava con
molteplici colori.
Non aveva interagito con altre persone all'infuori di Hideyoshi
né ne aveva sentito il bisogno. Stare con lui gli bastava e,
anzi, forse nessun altro sarebbe stato capace di farlo sentire tanto a
suo agio. Del resto, non doveva essere da tutti amicarsi uno shinigami.
Ken sedeva sul bordo della fontana, era diventato il loro punto
d'incontro quella piazza. Attendeva Hideyoshi da qualche minuto ormai,
ma non dubitava che questi sarebbe presto arrivato. Non si erano visti
per qualche giorno a causa del lavoro del biondo (che si era pure
premurato di avvertirlo che non ci sarebbe stato) e secondo quel che
gli era stato riferito l'esercito sarebbe tornato proprio quel giorno.
Udì il suono delle trombe della prima volta – non
aveva mai scoperto da dove provenisse – e si voltò
con occhi inquieti verso una delle gradinate a cui si accedeva alla
piazza. Passò qualche secondo prima che i rintocchi del
metallo, dallo stridore crescente, toccassero le sue orecchie. Ancora
una volta tutta la gente in piazza si riunì in un grande
gruppo in attesa della venuta dei cavalieri. Ken visse di nuovo il
primo giorno in cui era sceso sulla Terra della quinta generazione,
rimembrò quanto si fosse trovato confuso e sconcertato in
quel momento, e si accorse di come invece adesso comprendesse
l'entusiasmo e il fervore delle persone che lo circondavano.
I soldati fecero la loro solita sfilata, fermandosi davanti alla
nicchia del municipio in cui era custodita la statua della dea
protettrice del villaggio; poi ruppero le righe.
Ken prese a muovere freneticamente i piedi e a guardarsi intorno. Un
pianto squarciò l'aria – qualcuno doveva aver
perso una persona cara. Per un attimo l'ansia gli formò un
groppo alla gola, plasmando l'idea che Hide avesse perito in campo di
battaglia. Poi si ricordò di conoscere la durata vitale
dell'umano e che quindi non era ancora giunta la sua ora.
« Ehi. » Si voltò verso il ragazzo che
portava l'elmetto dell'armatura sotto braccio. « Mi
aspettavi? » fece Hideyoshi con aria compiaciuta. Ken sorrise.
Trascorsero l'intera giornata assieme e l'imbrunire giunse prima del
previsto. Per lo più chiacchierarono passeggiando
– o meglio, Hide parlava e Ken si limitava nella maggior
parte dei casi ad ascoltare e annuire (il loro rapporto si basava su
quello). Il soldato gli raccontò che temeva che quelle
piccole battaglie per difendere i confini della città si
sarebbero presto tramutate in una sanguinolenta guerra, e di come uno
dei loro compagni fosse stato trovato morto senza che nessuno si fosse
accorto di nulla.
« Dubito che se la giocheranno con l'astuzia »
aveva sussurrato Hide assorto. « Useranno i loro soliti
metodi barbari e brutali, e sento davvero che il peggio sta per
arrivare. »
Ken non disse nulla in particolare, ma in cuor suo sperò che
il "peggio" non coincidesse con la data scritta sopra la testa di
Hideyoshi.
Dopo l'immensa camminata giunsero di nuovo nella piazza, come se la
giornata fosse stata nient’altro che un enorme girotondo. Si
sedettero sul monumento e l'umano sospirò per la stanchezza.
« Forse avresti dovuto rifiutare la mia proposta di fare una
passeggiata » disse Ken. « Sei fuori
città da giorni e non hai avuto modo di riposarti.
»
Hide gli rivolse uno sguardo offeso. « Mi hai preso per un
vecchietto? »
« A dire il vero » sorrise Ken, « sei
stato proprio tu a dirmi d'esser vecchio ormai, durante uno dei nostri
primi incontri. »
L'altro rimase senza risposta per qualche secondo, boccheggiando.
« Va beh » sospirò infine. «
Dettagli. »
Stettero per qualche secondo in silenzio e poi, come avveniva quasi
sempre, Hide ruppe la quiete nel modo più brusco possibile
scattando in piedi e iniziando ad urlare.
« Ehi! » ripeté, in direzione di un uomo
che camminava indisturbato per la piazza. Lo sconosciuto parve
accorgersi della presenza del biondino e a quel punto si
avvicinò a loro.
« È necessario urlare? »
sbottò appena arrivato in direzione del ragazzo, lanciando
una fugace occhiata a Ken.
« Se non mi senti sì. »
« Stupidaggini, è nella tua natura urlare.
»
« Beh, forse. »
L'uomo che stava dialogando con Hideyoshi era molto più alto
di lui. Aveva le spalle ampie e il contorno dei muscoli ben marcati si
intravedeva attraverso il tessuto della maglietta leggera. I capelli
erano neri e lucidi, gli occhi su un tono del verde, le sopracciglia
perennemente corrugate e i lineamenti duri. A vista si poteva affermare
che fosse un soldato (cosa che invece veniva più difficile
da fare vedendo Hide per la prima volta).
« Ken, lui è Amon! È un mio collega.
»
Ken fu colto di sorpresa e borbottò un "piacere" balbettante
– perché è quel che si dice conoscendo
una persona, giusto?
« Amon, lui è Ken! È nuovo in
città, non conosce nessuno a parte me, si può
dire. Mi raccomando trattamelo bene. »
Amon non proferì parola, fece un semplice cenno del capo,
scrutando l'esile shinigami con aria sospetta.
« Mai visto prima » constatò infine.
« Da dove viene? »
« Viveva in un villaggio contiguo. »
« Sì, ma quale? »
Hide sconosceva la risposta e la cercò sulle labbra di Ken
(che naturalmente non ce l'aveva). Parve notare il panico nei suoi
occhi e rispose: « Che importa? Tanto sono tutti nostri
alleati quelli accanto ».
Amon inarcò un sopracciglio non convinto.
« Comunque Amon, fammi indovinare. » Hide gli si
avvicinò di qualche passo con aria ammiccante. «
Stai forse andando dalla tua bella? »
Il più alto levò gli occhi al cielo. Aveva l'aria
di qualcuno che sperava che quella domanda non arrivasse mai.
« Ti ho già detto che non c'è niente
tra me e lei. »
« Suvvia Amon, sono certo che dietro quello sguardo di pietra
che hai si nasconde un cuore! E poi perché mai negare? Okay,
sì, suo padre è fuori di testa e abbiamo modo di
notarlo ogni volta che lo mandano in spedizione con noi, ma lei sembra
apposto. »
« Suo padre è un ottimo comandante »
sbottò Amon, stufato. « E ora devo andare. Ci
vediamo. » Salutò con un cenno della mano e
sparì nella crescente oscurità.
« E va bene » fece Hide arrendevole allungando le
vocali.
Ken era rimasto in silenzio a osservare la scena. Non credeva che
comunicare con un altro essere umano lo potesse mettere così
a disagio. Hide si voltò verso di lui sorridente.
« Non temere per i suoi modi bruschi, Amon è un
bravo ragazzo. Nel caso non mi vedessi nei paraggi o avessi bisogno di
qualcosa potrai sempre chiedere a lui » lo informò
con voce rassicurante. Ken sperava di non dover mai incrociare di nuovo
quello sguardo serio, né tantomeno di doversi mai rivolgere
a qualcuno che non fosse Hide.
« Va bene » disse però.
Hide gli si avvicinò e posò una mano sulla sua
guancia per qualche secondo, facendolo prima sussultare e poi
immobilizzare per la sorpresa. Poi la mise a pugno su un fianco
assumendo uu'espressione meditabonda.
« Mh » sospirò pensoso. « Sta
calando la sera e inizia a far freddo. E tu, soprattutto, sei
più congelato del solito » appurò.
« Forse... potresti venire a casa mia; ho un camino. Che ne
dici, ti va? »
« Dove? » chiese istintivamente Ken. Non sapeva
perché, ma gli sembrava strano essere invitato a casa di
Hide. Forse era dovuto all'idea che avevano delle abitazioni gli
shinigami: quelle che c'erano nel loro mondo servivano solo per avere
privacy e solitudine, e nessuno di loro sarebbe mai entrato in una casa
non sua.
« A casa mia. Che c'è? Perché quella
faccia sconvolta? »
Ken si mise in piedi e fece qualche passo indietro, poi mimò
un no con la testa.
« E dai, mica ti mangio per cena. »
« Non ho paura che tu mi possa mangiare »
ribatté.
« Mh... Forse sembro troppo invadente? »
Ken rise, rimembrando tutte le domande intime che gli aveva fatto Hide
sulla sua falsa vita. Non seppe dove gli venne il coraggio per le
parole seguenti. « Tu, invadente? » lo
schernì. « Da quando in qua? » Quella
era una sfacciataggine che non gli apparteneva e gli fece arrossare un
po' le gote.
« Ehi! » si lamentò Hide, fintamente
offeso. « Va bene, okay, forse lo sono un po', ma non vorrei
che fosse così. Cioè... sto solo provando a
stringere amicizia con te. » A quella parola Ken
sbarrò gli occhi. Aveva letto spesso dell'amicizia, aveva
immaginato di averla instaurata con shinigami come Touka o Arima, ma
non ne aveva mai conosciuto le sfumature di significato sul serio.
« In genere mi riesce dannatamente bene farmi amici, ma tu...
Stai resistendo davvero bene, cavolo! »
Quel dialogo gli dava l'idea d'esser dentro uno dei libri che tanto
amava. La cosa lo emozionò e senza riuscire ad evitarselo
sorrise con tristezza.
« Non so quante probabilità tu abbia di fare
amicizia con me » rivelò a malincuore.
« Credi davvero che mi possa arrendere? » Ken
trovò quella domanda esagerata, tipico di Hide. «
Io non mi arrendo mai. »
Avrebbe voluto mettergli davanti agli occhi tutti i validi motivi per
cui la loro amicizia non avrebbe mai potuto funzionare, ma
mormorò solo un "capisco" stringendosi nelle spalle per
chiudere il discorso. Hide parve deluso da quella mera reazione, ma non
si fece scoraggiare.
« E quindi? Vieni con me? Casa mia è vicina,
potrai scaldarti e stare tranquillo. Sappi che non accetto no come
risposta. »
Ken rise e constatando che aveva deciso già tutto Hideyoshi
non gli restò che seguirlo.
Fu
strano entrare dentro quella casa. Principalmente perché Ken
non era mai stato a casa di nessuno, e, tantomeno non di un umano. Era
ben differente dalla sua abitazione nel mondo degli shinigami, avevano
in comune poco e niente. Quella di Ken si poteva considerare vuota, non
c'era nulla se non che una sorta di letto – per sdraiarsi,
visto che loro non dormivano – e mucchi di libri rubati
accatastati di qua e di là, nella sua unica e buia stanza.
Quella di Hide invece era più grande del dovuto per una sola
persona, c'erano addirittura tre stanze. Era disordinata e piena di
cianfrusaglie che solo un umano poteva trovare utili: panche, tavoli,
vasi, un baule con dentro chissà cosa, attrezzi di legno,
mensole, bocce di vetro contenenti strani ingredienti per cucinare,
qualche buco nei muri per far trapelare la luce (che iniziava a
scarseggiare) e, per, finire, il camino. Un ambiente piuttosto caotico,
in cui tutti quegli oggetti finivano per oscurare le pareti rosso
mattone.
« Vivi da solo? » fu la prima cosa che gli venne da
chiedere, sebbene sapesse che Hide aveva perso la sua famiglia e non
aveva intenzione di costruirsene una nuova. Si fece strada seguendo il
compagno, prestando attenzione al pavimento per non inciampare su
nulla.
« Eh già, solo soletto. Prima era casa dei miei
genitori. Mio padre è morto da tempo, mia madre di recente,
ma questo te l'ho già spiegato. »
Ken si limitò ad annuire continuandosi a guardare intorno
incuriosito.
« Su, siediti, non restare lì impalato.
» Esitò, poi prese posto su una delle panche
accanto al tavolo. Hide si mise subito dopo davanti a lui.
« Comunque Ken, non ti ho mica portato qui per deprimerti!
Quindi non cominciamo con queste conversazioni, suvvia. »
L'interpellato rimase in silenzio. Certe volte non sapeva davvero cosa
dire, si sentiva il burattinaio di se stesso incapace di muovere i
giusti fili per evitare che si attorcigliassero.
La tranquillità li avvolse e Hide si alzò per
andare verso il camino, prendere della legna e accendere il fuoco.
« Come promesso! » gli sorrise, mentre lo shinigami
osservava rapito le fiamme tremolanti.
Hide andò a trafficare su un ripiano con un ingrediente che
aveva preso da una mensola, poi si riavvicinò al camino con
una sorta di pentolino in mano.
« Che fai? » domandò l'altro,
incuriosito da quei gesti per lui tanto atipici.
« Eh, vedrai! » ridacchiò Hide.
Poggiò il pentolino su un ripiano e passò qualche
minuto prima che riprendesse tra le mani l'oggetto –
qualunque cosa fosse – e ne versasse il contenuto in due
ciotole.
Soffocò a stento un urlo quando si scottò le
mani, poi portò in tavola quel che aveva preparato. Mise una
ciotola dinanzi a sé e l'altra davanti a Ken.
« Vuoi avvelenarmi? » fece Ken con
quell'intraprendenza che gli giungeva a tratti, e con una diffidenza
che a Hide non sarebbe di certo piaciuta.
« Oh bene, fiducia zero! » sospirò
esasperato. « Ma che devo fare per piacerti? » e
sorrise.
Ken ridacchiò. Gli avrebbe volentieri rivelato che gli
piaceva già molto, ma si trattenne naturalmente dal farlo.
Almeno così credeva, prima che notasse le labbra socchiuse
di Hide e le sue gote rossastre. Si accorse purtroppo di aver pensato
ad alta voce.
« Oddio, cioè... Io... »
tentò di giustificarsi. Perché era
così imbarazzante accettare di apprezzare le caratteristiche
di un umano? Forse perché non era mai stato abituato ai
complimenti e alle gentilezze.
Hide sorrise tra un misto di gratitudine e rassicurazione. «
Oh che bello! Però, finalmente un po' di
spontaneità » ammiccò e Ken si
sentì sprofondare negli abissi della vergogna. Non gli
piaceva molto essere stuzzicato in quel modo.
Hide rise divertito, irritando ancor di più lo shinigami.
« Non temere » lo rassicurò l'umano.
« Anche tu mi piaci molto, è per questo che provo
a socializzare disperatamente con te. »
Ken non seppe cosa dire, ma si tranquillizzò, anche se
trovava che nel verbo "piacere" ci fosse una sfumatura ambigua che
conosceva solo per sentito dire e che era la causa di tutto
quell'imbarazzo apparentemente ingiustificato.
Sviò il discorso, portando lo sguardo al liquido marrone che
gli aveva offerto l'altro.
« Quindi cosa è? » Studiò le
nuvolette di vapore che fuoriuscivano in continuazione dalla bevanda.
« Mh, mai bevuto caffè prima d'ora? Strano,
è una caratteristica del villaggio. Comunque, allora
è il momento giusto per provare. »
Ken gli lanciò ancora una volta uno sguardo incerto. Non che
gli shinigami non potessero mangiare il cibo degli umani, ciononostante
non aveva voglia di provarci.
Hide sospirò stufato e mandò giù d'un
colpo la sua parte. « Ta dan! Sono vivo, quindi puoi farcela
anche tu. »
In realtà la prospettiva di morire era quella che meno lo
preoccupava. Non riusciva a convincersi, tuttavia, sotto le insistenti
occhiate dell'altro, decise di posare le labbra sulla ciotola e mandare
giù un sorso del contenuto.
Sentì l'interno della sua bocca scaldarsi all'improvviso,
prima che un amaro sapore gli pervadesse le papille gustative. Fu colto
da una terribile nausea, e, senza riuscire a farne a meno,
sputò tutto nella tazza.
« Oddio! » eruppe. « Ma che roba
è? »
Hide incrociò le braccia al petto e sul suo volto si
profilò un'espressione delusa.
« E io che credevo che questa volta mi fosse venuto bene.
Hanno ragione i miei colleghi, il mio è il caffè
peggiore di tutto il paese. » Sospirò affranto.
Rassegnato fece spallucce e si buttò sul proprio letto,
poggiando le spalle al muro. « Forse ci dovrei rinunciare.
»
Le lacrime sotto gli occhi di Ken concordavano, ma lo shinigami si
concesse il beneficio del silenzio.
Nessuno proferì parola per qualche minuto. Ken si stava
riprendendo dall'orribile esperienza avuta, Hide sembrava riflettere su
quel che aveva sbagliato questa volta.
« Sai, non mi hai mai spiegato perché non ti piace
il silenzio alla fine. »
Lo shinigami si voltò verso la voce da cui proveniva la
domanda.
« Beh » esordì, « mi sembra
incredibilmente vuoto. »
Ci pensò a lungo, Ken. Tutta la sua esistenza non era stata
fatta altro che da quello: silenzio. Se lo trascinava dietro come fosse
la sua ombra, senza mai riuscire a liberarsene.
« A me non è mai parso fastidioso. Anzi, quando
arriva mi sembra quasi un beneficio » disse Hide.
« Mi accompagna praticamente da una vita, per questo non lo
sopporto e cerco di trovare i più disparati modi per
riempirlo » rivelò Ken in un momento di poca
lucidità.
L'altro inarcò un sopracciglio. « Riempire il
silenzio? E come? »
Ken avrebbe voluto parlargli dei libri e delle storie scritte dagli
umani che erano diventati la sua più preziosa compagnia. Di
come le parole d'inchiostro, seppur mute, riuscissero a dilaniare il
silenzio che lo circondava. Ma Hide non avrebbe mai potuto capire.
« No, cioè, niente » fece frettoloso.
« Dai! Ormai voglio saperlo. » Lo shinigami si
pentì di aver acceso la curiosità del suo
interlocutore. Quando si metteva un'idea in testa era difficile farlo
desistere.
« Sul serio, lascia stare. » Ma anche lui non si
sarebbe arreso.
Hide si piegò al volere dell'altro, ma la sua espressione
mutò. Le sue sopracciglia si corrugarono, sembrava quasi
arrabbiato ma, più di tutto, offeso.
« Da quanto tempo è che tralasci di dirmi cose?
Forse stai cercando di allontanarmi, ma stai ottenendo l'effetto
contrario. Più eviti le mie domande più mi rendi
curioso. E so che non ci conosciamo da molto, ma pensavo che ti
sentissi a tuo agio con me quanto io sto bene con te. » Tutto
quello gli uscì fuori come se stesse cercando di
trattenersi, con parole mozzicate e pause forzate tra una frase e
l'altra.
« Se sto sbagliando qualcosa » guardò in
basso, si umettò le labbra per non incespicare sulle parole,
« ti prego di dirmelo. Non voglio forzarti a fare nulla Ken,
scusa, né voglio farti sentire a disagio. Perdonami per
tutte le volte in cui pretendo più di quel che sei disposto
a darmi » rimediò così.
Ken si mise in piedi, abbassò lo sguardo e
giocherellò con le dita senza rendersene conto.
« Credimi Hideyoshi- »
« Hide per te, prego. »
« Uhm... Hide. Ti assicuro che non c'è nulla di me
che possa entusiasmarti. »
L'umano si alzò in piedi e camminò in direzione
dell'altro.
« Da cosa viene tanta convinzione? Sempre da quel qualcosa
che non vuoi - non puoi? - rivelarmi? »
« Esattamente » confessò, lasciando
l'altro a bocca asciutta. « Mi dispiace. »
« Ti ho già detto che non mi arrendo mai?
»
« Non hai motivo di essere tanto ostinato. Ti credo, sono
sicuro che sei sempre molto determinato in tutto ciò che
fai, quindi non hai niente da dimostrarmi. »
Hide sembrava ferito, ma lo sguardo di Ken era serio, chiaro e fermo,
irremovibile dalle sue idee.
« Non si tratta di questo. È che mi strugge
vederti rinchiuso nella tua insicurezza, e oltre questo poi sei
così misterioso che davvero non so come aiutarti. »
« Pensi che io nasconda qualcosa di molto brutto? »
« Se ti riferisci a qualcosa di losco no – insomma,
guarda il tuo faccino innocente. Se ti riferisci ad altro allora
sì. »
Ken inarcò un sopracciglio, fece un mezzo sorriso ironico.
« Cosa dovrei nascondere? »
Hide era sì intelligente, ma non avrebbe mai potuto
conoscere la vera natura di Ken. Aveva visto e toccato con mano il suo
death note, ma non poteva risalire all'idea che l’altro fosse
uno shinigami.
« Te stesso, ad esempio. È come se tu voglia
sopprimere parti di te, ma non capisco il motivo. Sto provando in tutti
i modi a dirti che sono pronto ad accettarti. »
Ken sospirò. Una conversazione del genere non l'aveva mai
intrapresa prima.
« Ognuno di noi ha i suoi segreti » disse, gli
sembrava una frase presa da un libro. « Noi ci conosciamo da
poco, quando sarà il momento ti dirò il mio.
» Ovviamente quel momento non sarebbe mai arrivato.
Hide lo squadrò poco convinto. Del resto non aveva motivo di
fidarsi di lui: era quello che non gli raccontava nulla sulla propria
vita, evitava anche le domande più semplici e continuava a
sostenere quanto la loro amicizia fosse impossibile. Ma un rapporto non
può funzionare se non c'è il "dai e ricevi", e
Ken aveva solo ricevuto da un compagno fin troppo generoso.
« Va bene » acconsentì. «
Scusa se ti ho forzato, cercherò di non farlo
più. » Era dispiaciuto, forse Hide non era
abituato a perdere le battaglie, forse temeva di rompere quel legame
fra loro neanche iniziato.
« Ora devo andare » annunciò Ken
frettolosamente.
« Come? Ormai è tardi. È da pazzi
uscire a quest'ora. Inoltre tu abiti lontano. Puoi trascorrere la notte
qui, non è un problema. »
« Non preoccuparti, me la caverò. » Il
suo comportamento continuava ad essere sempre più sospetto e
Hide lo dimostrò esibendo un'espressione dubbiosa.
« Sicuro? È buio fuori. »
« Mio zio mi aspetta, sarà in pensiero a
quest'ora. »
Hideyoshi questa volta sapeva di non avere possibilità di
far cambiare idea all'altro e, seppur contrario, acconsentì.
Prese una torcia, l'accese nel camino e la porse all'altro.
« Almeno prendi questa » disse prima di
accompagnare Ken all'uscio della porta.
« Avremo modo di rivederci? » chiese. « O
mi devo aspettare che dopo oggi non ti farai più vivo? Ti
ricordo che la mia missione non si è ancora conclusa.
»
« Ovvero stringere amicizia con me? »
« Esattamente. » Si scambiarono un sorriso e Ken
non comprese perché nonostante fosse uno shinigami quelle
attenzioni gli facessero piacere.
« Sei un umano strano » affermò senza
riuscire a controllarsi. La definizione umano doveva senza dubbio aver
stranito Hide. Invece il biondo lo sorprese con una risata.
« Senti chi parla, signor "umano strano". »
Dopo ultimi e più concreti saluti Ken uscì dalla
casa richiudendosi la porta alle spalle. Fece qualche passo in avanti
in compagnia di quel pezzo di legno che bruciava, poi lo spense, si
guardò intorno e aprì un portale per il suo mondo
immergendosi nell'altra dimensione.
Hide, in ansia, dopo neanche un minuto riaprì la porta. Il
nome dell'altro gli morì in gola, e guardandosi tutto
intorno incrociò solo oscurità e una torcia
spenta abbandonata per terra.
♦
♦ ♦
note: capitolo
piuttosto tranquillo, in cui il loro rapporto inizia a prender forma
(siamo solo agli inizi). Un paio di "incomprensioni", un Hide che vuole
in cambio un po' di fiducia - come biasimarlo, anche lui è
umano -, ma che può anche rinunciarvi se questo mette a
disagio Ken.
E poi i piccolo cameo di Amon, che spero di rendere più
importante andando avanti con la storia. Nient'altro da dire, spero che
vi stia piacendo!
Saluti,
Eeureka
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