Cuore in me di Milady Silvia (/viewuser.php?uid=126259)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 1
Cuore
in me
Che
sei così spezzato
Sanji
lasciò cadere
a terra la sigaretta e la pestò sotto la scarpa, si
passò la mano tra i capelli
disordinandoli. Attraversò la porta-finestra, lasciando la
camera da letto, e
raggiunse il bordo del davanzale, vi appoggiò le mani e si
sporse, guardando il
giardino sottostante.
I
lampioncini
illuminavano in modo discontinuo il prato, lasciando alcuni punti in
penombra.
Sanji
alzò il capo
e osservò il cielo blu-notte puntellato di stelle. Le sue
iridi azzurri si
tinsero di riflessi color fumo e si deterse le labbra con la lingua,
sapevano
di tabacco.
Il
vento freddo
della notte gli sferzava il viso, arrossandogli le guance pallide.
Si
allargò la
cravatta con l’indice, la sua pelle era arrossata e
sospirò pesantemente.
“Non
vieni a
riposare?” si sentì domandare.
Deglutì
rumorosamente e si voltò, osservando la giovane donna che
aveva raggiunto il
limitare della porta-finestra e si era aggrappata all’infisso
di legno.
“Mi
dispiace,
amore. Ho un sacco di pensieri per la testa e al momento non ho
sonno” ammise.
“Ultimamente
sei
sempre così buio. Qualcosa non va al ristorante?”
domandò la donna.
Sanji
abbassò lo
sguardo, osservando la camicia da notte blu mare della moglie aderirle
al corpo
formoso, intravide le forme delle gambe e deglutì.
Avvertì un calore al basso ventre
osservando il seno prosperoso di lei che s’intravedeva
attraverso la stoffa.
“Tu
dormi pure,
Robin. Non ti preoccupare, penso sia solo stanchezza. Abbiamo avuto
parecchi
critici gastronomici che ci hanno fatto visita ultimamente. Il mio
è solo stress”
la rassicurò.
Robin
guardò le
spalle del marito, strette dalla giacca nera che indossava e sporse le
labbra
piene. Lo raggiunse, tenendo una mano appoggiata sul fianco, con
l’altra gli
accarezzò la schiena.
“Sicuro
che non
preferisci un massaggio?” domandò seducente.
Sanji
sorrise,
delle ciocche bionde gli scivolarono davanti al viso coprendogli
totalmente
l’occhio sinistro. Le prese la mano nella propria e le
sfiorò il dorso con le
labbra.
“L’idea
mi alletta,
mia adorata, ma tu sei stanca” disse gentilmente. Si sporse e
le bacio
delicatamente la guancia. “Però non ti priverei
mai d’importanti ore di sonno.
Tranquilla, vai serena a riposare. Mi fumo un’altra sigaretta
e ti raggiungo”
la rassicurò.
Robin
gli avvolse
le spalle con un braccio e si sporse sulle punte dei piedi, baciandolo.
“Allora
ti aspetto”
disse.
“Non
temere, ti
raggiungerò sicuramente” rispose Sanji. Le
baciò la fronte e Robin si staccò,
dirigendosi nuovamente verso la camera da letto. Sanji la
osservò socchiudere
alle sue spalle la porta-finestra e s’infilò la
mano nella tasca dei pantaloni.
Ticchettò con la punta della propria scarpa di vernice sul
pavimento del
terrazzo ed estrasse un telefonino, recuperò i messaggi e ne
aprì l’ultimo.
<
Domani notte
ti aspetto al night. Non avrai difficoltà a sgattaiolare di
nascosto via dal
tuo locale per raggiungermi, tanto lo fai sempre > lesse
mentalmente.
Cancellò il messaggio e chiuse gli occhi, un rivolo di
sudore gli scivolo lungo
il viso.
<
Dimmi perché
cuore mio. Oh, cuore in me, che sei così spezzato, ti prego
dimmelo > pensò.
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 2
Cuore
in me
Che
sei così spezzato
Sanji
si strinse la cravatta e si passò una mano tra i
capelli biondi, togliendoseli dal viso e infilò una
cuffietta. Gonfiò il letto
e indossò la casacca bianca da chef, allacciandosi i bottoni
dorati. Controllo
le proprie scarpe, si passò le mani
sui vestiti eliminando le pieghe e indossò i guanti.
Entrò nella cucina e
guardò uno dei suoi tagliare rapidamente delle verdure,
un’altra era intenta ad
accendere i fornelli.
“Di
là i camerieri sono già pronti, vediamo di
velocizzare i
tempi” ordinò. Raggiunse un frigorifero grigio
alto due volte lui e lo aprì.
Tirò fuori una cassa colma di aragoste e la
appoggiò sul ripiano, aprì il
rubinetto dell’acqua e aspettò che diventasse
bollente. Controllò che il
purificatore funzionasse e prese un grosso pentolone, lo
riempì d’acqua e lo
mise sui fornelli. Li accese e, nel momento in cui l’acqua
stava bollendo, vi
gettò all’interno l’aragosta. Si
spostò lasciando che il rubinetto venisse
usato da un altro cuoco. Estrasse il crostaceo una volta cotto e ne
infilò un
altro, mise l’aragosta sul tagliere rapidamente, senza
scottarsi e afferrò il
coltello apposito. Pulì rapidamente l’aragosta,
con movimenti rapidi e precisi.
Uno
dei cuochi più giovani l’osservò e
impallidì vedendolo
preparare una trentina di aragoste in una decina di minuti.
<
È così rapido da non sembrare nemmeno umano
> pensò.
“Tu
che cosa fai qui? Sei l’addetto ai piatti, tocca dopo a
te” lo riprese un’altra cuoca. Il ragazzo
annuì e si allontanò.
Sanji
controllò le insalate fatte da altri suoi
collaboratori, spostò le foglie nei vari piatti fino a
renderle delle
composizioni armoniche, aggiunse alcuni ingredienti e le
decorò tutte con i
pezzi di aragosta che aveva già preparato.
Passò
a dedicarsi alle mousse, riprese un suo collaboratore
che stava per sforare di qualche secondo la cottura della carne e
controllò che
gli altri finissero di preparare i fritti misti.
“Accendete
i forni, mandate i camerieri a controllare se
stanno iniziando ad arrivare i clienti in anticipo, fate controllare se
ai
tavoli continua ad andare tutto bene. Oggi ho trovato parecchi
tovaglioli non
piegati perfettamente, se scoprite chi è a fare errori
così grossolani
comunicatemelo. Non tollerò gente così tra i
miei…”. Gli ordini di Sanji
risuonarono nella cucina.
Il
Vice-cuoco lo guardò di sottecchi e schioccò la
lingua
sul palato, occupandosi di tagliare a fette molto sottili
l’arrosto senza far
schizzare il letto di sugo su cui era adagiato.
<
Ultimamente è sempre nervoso. Si getta a capofitto nel
lavoro, lì dove è perfettamente controllato, ma
è diventato aggressivo. Ha gli
occhi cerchiati di occhiaie e minaccia di licenziare un po’
tutti. Così
rischierà di rendere l’aria troppo tesa in cucina
> pensò.
“Ehy, cuocastro,
vado io a controllare in
sala, non c’è bisogno di licenziare nessuno di
questi marmocchi” lo riprese.
Sanji
guardò Zoro e strinse le labbra fino a farle
sbiancare.
“Datti
una mossa, allora, testa ad alga” sibilò.
<
Almeno quando sono qui, nelle mie cucine, cuore in me;
che sei così dilaniato, e mi pare che anche il corpo tu mi
abbia diviso in due;
mi dai un po’ di tregua > si disse.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 3
Due
donne sono tue
Tu
due metà
Sanji
fece scorrere le foto del proprio cellulare e
socchiuse gli occhi, incidendo la sigaretta con i denti.
Osservò la foto di sua
moglie, era vestita di bianco e il velo che indossava era
semi-trasparente e
lasciava intravedere il suo viso. Passò alla foto
successiva, che ritraeva
Robin con un vestito a fiori, il volto nascosto da un libro e lei
accomodata su
una sedia a sdraio.
Sanji
sospirò, continuando a far passare le foto, i suoi
occhi erano arrossati. Ticchettò con la scarpa contro il
muro a cui teneva il
piede aderito, l’altro era sul pavimento. Sanj
piegò di lato il capo, facendo
ondeggiare i suoi capelli biondi. Era appoggiato alla parete di un
corridoio in
penombra, davanti a una porta di legno chiusa. Sospirò
pesantemente, uscì dalla
galleria di foto e guardò l’orario, socchiuse gli
occhi corrugando la fronte.
Rimise il cellulare nella tasca dei suoi pantaloni neri e
alzò lo sguardo,
mordendosi l’interno della guancia. Ascoltò il
proprio respiro e la musica che
proveniva dalla sala del night, arrivando ovattata.
<
Speriamo non si faccia attendere troppo, non voglio che
al ristorante si accorgano della mia mancanza. Quel fissato dei
coltelli da
strapazzo potrebbe farmi delle domande scomode >.
Sbuffò con entrambe le
guance.
<
Lei adora tenermi sulle spine. Gioca con me come
farebbe il gatto con il topo. Tutto il contrario della mia Robin,
così
comprensiva e attenta. Dannato me! > si disse. Si
passò la mano tra i
capelli, arruffandoli.
La
porta del camerino si aprì, dal suo interno proveniva un
forte odore di fiori.
Una
giovane donna uscì, il suo corpo era stretto da un
succinto e provocante abito rosso fuoco, che lasciava intravedere la
lingerie e
i seni morbidi della proprietaria.
“Sapevo
che saresti venuto” disse quest’ultima, sporgendo
le
labbra a cuore.
Sanji
le sorrise e osservò il collarino di pelle nera che la
ballerina indossava.
“Speravi,
mia gatta ladra. Ami i costosi regali che ti
faccio” disse.
La
giovane avanzò verso di lui, i suoi tacchi a spillo
davano vita a una serie di ticchettii colpendo il pavimento.
“Ogni
donna ama i regali e tu hai buon gusto, gamba nera”
sussurrò roca.
Sanji
avvampò e distolse lo sguardo.
“Quello
è un vecchio soprannome. Non faccio più
combattimenti clandestini. Né io, né il mio
migliore amico” borbottò.
La
giovane piegò di lato il capo, facendo ondeggiare i
lunghi boccoli arancioni.
“Lo
so, i soldi ormai non ti servono più. Hai realizzato il
tuo sogno, hai sposato una ricca ereditiera e hai ottenuto il tuo
ristorante”
sussurrò.
“Nami,
non tirare in mezzo mia moglie. Lei non c’entra,
sarei stato fortunato a sposarla a prescindere dai soldi”
disse secco Sanji,
indurendo il tono. Delle ciocche bionde gli finirono davanti
all’occhio destro,
oscurandoglielo.
<
E vorrei poter amare solo lei, invece non riesco a
stare lontano da te > pensò.
“Eppure
torni sempre da me. Il tuo è uno strano modo di
dimostrare la fortuna” disse Nami. Gli baciò il
collo, sporcandogli la pelle di
rossetto.
<
Cuore in me, due donne sono tue e tu ti sei diviso
esattamente a metà > si disse Sanji.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 4
Cuore
in me
Diviso
tra due visi
Sanji
mise una mano sul fianco di Nami, sfiorandole la pelle
lì dove c’era lo spacco, si piegò in
avanti e le prese il lobo dell’orecchio in
bocca, lo succhiò ripetutamente. Nami gli sfilò
delicatamente la giacca nera e la
fece cadere sul divanetto al suo fianco.
Sanji
la baciò, premendo le sue labbra contro quelle di lei,
Nami gorgogliò e chiuse gli occhi, le loro lingue
s’intrecciarono.
Approfondirono il braccio, fino ad arrossare le labbra di entrambi e a
mozzarsi
il fiato a vicenda.
Nami
si staccò, ansimando e Sanji le mise le mani sulle
spalle, facendola stendere. Si mise a gattoni sopra di lei, Nami gli
slacciò la
cintura dei pantaloni e il bottone di quest’ultimi. Sanji le
abbassò la
cerniera del vestito rosso e glielo sfilò, lasciandola in
intimo. Avvertiva
delle fitte al basso ventre, che gli bruciava.
Nami
lo guardò negli occhi, specchiandosi nelle iridi
azzurre e liquide di lui, le pupille di Sanji erano dilatate. Nami gli
slacciò
la cravatta e la fece cadere per terra, mentre Sanji si toglieva le
scarpe.
“Non
sai quanto ti desidero” biascicò con voce rauca.
“Ci
conosciamo da così tanto tempo e mi ripeti sempre e solo
questa frase. Sei un tipo ripetitivo” sussurrò
Nami. Gli slacciò la camicia blu
e gli baciò ripetutamente il petto, lasciandogli dei segni
con il rossetto.
“Perché
è sempre stato così. Il tuo corpo mi fa
impazzire”
sussurrò rauco.
Nami
gli abbassò i pantaloni, lasciandolo solo con i boxer
firmato. Il suo battito cardiaco era accelerato, il suo respiro
irregolare e i
lunghi boccoli arancioni le solleticavano le spalle sottili.
“Scommetto
che tua moglie non ti fa lo stesso effetto sotto
le lenzuola” sibilò.
<
Con quell’orribile naso che si ritrova poverina, rovina
un corpo che di per sé sarebbe molto più formoso
del mio. E poi, sembra sempre
così triste e silenziosa. Chissà se sa delle
corna e se le tiene lo stesso per
non fare una cattiva figura con il resto dell’alta
società > si domandò.
Sanji
la guardò in viso, osservò le labbra piene di
Nami
piegate in un ghigno, i suoi occhi nero-castani luminosi e i boccoli
che le
incorniciavano il viso ovale.
Robin
lo osservava, la luce del sole le faceva brillare gli occhi neri di
riflessi
blu-notte. Gli sorrideva, due voluminose ciocche more le incorniciavano
il
viso, e il resto dei suoi capelli lisci le ricadevano dietro le spalle.
“Passi
sempre un sacco di tempo a fissarmi” disse gentilmente.
Sanji
le sfiorò la mano in cui teneva il bicchiere con il cocktail.
“Perché
sei una visione celestiale” le disse gentilmente.
Sanji
boccheggiò, mentre sentiva l’altra accarezzargli i
fianchi, abbassandogli i boxer.
<
Ti odio, maledetto cuore in me, diviso tra due visi
> si disse. Le sue mani furono scosse da tremiti,
avvertì una fitta al petto
e dei rivoli di sudore gli scesero lungo la schiena.
Nami
si slacciò il reggiseno e gli afferrò il mento,
facendogli piegare la testa.
Sanji
guardò i seni ignudi della giovane e si leccò le
labbra, mugolando di desiderio.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 5 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 5
Cuore
in me
Tu
che desideri
Prendi
e non sai se c'è
In
te più colpa o più
Felicità
Zoro
si sedette accanto a Sanji, entrambi sul primo gradino
del ristorante davanti alla porta chiusa.
“Non
vai a casa, sopracciglio a ricciolo?” gli domandò.
Sanji
si accese una sigaretta e se la portò alle labbra, ne
aspirò il contenuto sentendo il sapore di fumo e lo
espirò in nuvolette
grigio-bianche.
“E
tu?” chiese.
Zoro
incassò il capo tra le spalle e strinse entrambe le
ginocchia con le mani.
“Non
amo tornare al mio appartamento, lo sai” disse roco.
Sanji
ticchettò con il piede per terra.
“Ora
che abbiamo i quattrini potresti anche comprarti una
casa migliore di quel tugurio” disse secco.
Zoro
si grattò la pancia e sbuffò sonoramente.
“Già
il mio patrigno aveva una villona. Se sono scappato
dalla sua casa tutto lusso ci sarà un motivo”
borbottò. Alzò il capo e si
grattò la testa, passandosi le dita tra i capelli verdi.
“Sai
il motivo per cui non voglio tornare in quel postaccio
deserto” ringhiò.
Sanji
socchiuse gli occhi e sospirò.
“Senti
ancora la sua risata nel buio e se ti concentri puoi
immaginarlo negli angoli della stanza che ti fissa con quel suo sorriso
sciocco. Non era il mio ragazzo e non provavo per lui quello che
provavi tu, ma
anche a me manca. Se non fosse stato per lui, non saremmo mai diventati
amici, ci
saremmo ammazzati a vicenda” disse.
“Umphf. Se non
fosse per il suo ricordo, io ti strangolerei anche ora. Non ho dubbi
che tu
stia facendo una cazzat* ultimamente” ringhiò Zoro.
Sanji
aggrottò le sopracciglia e espirò rumorosamente
il
fumo della propria sigaretta.
“Se
Rufy fosse qui, chiederei consiglio a lui. Era così
impulsivo, ma sincero e alla fine non sbagliava mai” gemette.
“Credevo
che una volta realizzato il tuo sogno di avere il
ristorante ‘All blue’,
saresti stato
felice. Invece ti stai consumando più velocemente di quelle
pestilenti
sigarette.
Dimmi
la verità, continui a vederti con Nami di nascosto
anche se sei sposato, vero?” domandò Zoro con voce
roca.
Sanji
prese la sigaretta in mano, le dita gli tremavano.
“Sperando
non fosse così evidente” gemette.
Zoro
si accarezzò la fascetta nera che portava al braccio.
“Rufy
se ne sarebbe accorto prima. C’era un motivo se da
bambini, quando giocavamo ai pirati nell’asilo
dell’orfanotrofio, lo chiamavamo
‘capitano’” disse con voce profonda.
Sanji
annuì, facendo ondeggiare i capelli biondi.
“Il
cuore che è in me mi ha tradito, testa ad alga. Desidera
e prendere da entrambe. Quando sono con loro c’è
un misto di felicità e sensi
di colpa che mi inebria e uccide lentamente. È come quando
esagero con le
sigarette, mi sembra di fare l’amore con la morte e la cosa
mi esalta e
distrugge al contempo.
Io
le amo entrambe, non so scegliere. Pensavo che dopo il
matrimonio avrei semplicemente dimenticato Nami, che lei mi avrebbe
lasciato
perdere, ma quella donna non ha mai rinunciato facilmente ai
tesori” gemette.
“Non
penso che lei lo faccia solo per i soldi. Ti ha puntato
da quando eravamo ragazzini” ribatté Zoro.
Sanji
fece cadere la cenere per terra e si rimise in bocca
la sigaretta.
“Mi
ha sempre considerato uno dei pezzi della sua
collezione” rispose.
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 6 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 6
Con
una al sole
Con
l'altra di nascosto
La
musica risuonava nella sala, gli archi ben si abbinavano
con i violini. Il brusio di voci era soffuso ed ogni tanto qualcuno
faceva
tintinnare il proprio bicchiere di champagne in brindisi poco rumorosi.
“Buon
anniversario di matrimonio”. “Cento di questi
giorni”.
Una serie di auguri venivano rivolti alla festeggiata, che con passo
cadenzato
avanzava verso il centro della sala, dove l’attendeva il
marito.
Zoro,
accomodato nella sedia vicino a uno dei tanti
tavolinetti, la osservava da dietro. Guardava le spalle sottili di
Robin, la
linea delle ossa sotto la pelle, erano leggermente coperte dai lunghi
capelli
neri e lisci.
Robin
si sfiorò i seni con una mano e prese tra le dita
affusolate il ciondolo che indossava, giocherellandoci. Teneva gli
occhi
socchiusi e sorrideva agli ospiti.
Zoro
si portò un bicchiere di sakè alle labbra e lo
sorseggiò avidamente.
<
Ci sono molti convinti che se si è fisicamente stupende
non si venga traditi. Spesso, quando i fatti dimostrano che non
è così, la
gente sconvolta dice: “ma era una bella donna”.
Eppure
eccola lì la dimostrazione che non è
così, sotto i
miei occhi. Non posso dire niente, devo rimanere in un angolo a
guardare come
il cuocastro rovina tre vite,
invece
di una.
L’altro
luogo comune è che l’amante debba essere per forza
più bella della tradita. Non si rendono conto che
è il possesso, il brivido del
peccato e il modo di fare provocante a sedurre gli uomini deboli come
quel biondino”
rifletté.
Sanji
prese la mano della moglie nella sua e appoggiò
l’altra sul fianco della donna. La scollatura del lungo
vestito azzurro di
Robin scendeva fino all’ombelico, ma le lasciava ugualmente
abbastanza coperti
i seni.
Robin
indossava delle calze a rete scure, che le
nascondevano completamente le gambe, e la sua altezza, già
superiore a quella
del marito, era ulteriormente accresciuta dai tacchi a spillo blu
elettrico che
indossava.
I
due festeggiati iniziarono a ballare un valzer, seguendo il
ritmo della musica. Coppie d’invitati si unirono, iniziando a
danzare intorno a
loro.
Il
battito cardiaco di Sanji era accelerato e lo sentiva
rimbombare nelle orecchie. Le ciocche di capelli biondi gli ricadevano
sull’occhio sinistro.
<
La festa finirà verso le due, alle tre Robin sarà
già
profondamente addormentata grazie ai sonniferi che ha cominciato a
prendere.
Perfetto, così potrò vedere Nami per
l’appuntamento delle tre e un quarto >
rifletté il cuoco. Si schiarì la gola,
continuando a fare un sorriso falso e
alzò il capo.
La
luce del sole che entrava dalle finestre illuminava la
mora, facendo risaltare la pelle ambrata di lei.
“Sei
bella come il giorno” disse Sanji seducente.
Robin
accentuò il sorriso e arrossì.
“Splendi
di luce propria, come una stella. Sei l’emblema
dell’amore divino, sei pura agape”.
Proseguì ad adularla Sanji.
“Tesoro,
sei sicuro di pensarle davvero queste cose?”
domandò Robin.
Sanji
l’avvicinò di più a sé,
continuando a ballare e le
posò un bacio sulla guancia.
“Lo
penso davvero, voglio passare ogni giorno con te”
giurò.
<
Sì, voglio stare con te al sole e con Nami di nascosto.
Non sono in grado di scegliere tra queste due mie vite >
pensò.
|
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 7 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Citazione
inspirata a una puntata di HIMYM.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 7
Una
è amore
E
l'altra è sangue al cuore
Sanji
si portò il calice di vino alle labbra e ne
sorseggiò
il contenuto, sentendone il sapore solleticargli il palato.
“Hai
davvero deciso d’inserire anche la pizza tra le tue
pietanze?” domandò Robin. Era appoggiata con un
fianco alla parte di marmo del
caminetto, di fianco alle fiamme scoppiettanti e guardava il
menù.
“La
mia non è solo una pizza” rispose Sanji.
Inspirò il
profumo del vino e chiuse gli occhi, rabbrividendo di piacere.
“Ah
no?” domandò Robin.
“La
passata si riveste della croccantezza della base, il
sapore del pomodoro si sposa con quello dell’origano in
un’accoppiata sublime.
Ti fa innamorare, ne vieni conquistato come da ogni altra ricetta che
serviamo
nel mio locale. Pensi di essere in estasi, ma poi, arriva lei: la
bianca
signora. Ti prende a sé, voluttuosa e lasciva, la
mozzarella. I tonfi filamenti
di formaggio, caldi al punto giusto, ti si sciolgono in bocca; cullando
fra di
loro il sugo e la pasta, già aromatizzata dalla lenta
cottura nel caminetto.
In
quel momento senti che sei a casa. Quella pizza ti
riporta sempre a casa” le rispose Sanji. Finì di
sorseggiare il suo vino.
“Quando
si tratta di descrivere le tue pietanze, diventi un
poeta” sussurrò la moglie. Lo raggiunse e si
sedette sul bracciolo della
poltrona, accavallando le gambe affusolate.
Sanji
si piegò in avanti e appoggiò il bicchiere su un
tavolinetto di vetro, si voltò e strinse il fianco della
donna con un braccio,
accarezzandole la gamba con l’altra mano.
“Tu
sei la migliore delle muse” ribatté.
Robin
gli accarezzò la testa, i capelli biondi coprivano
l’occhio sinistro del marito.
“E
sapresti decantare anche le mie di lodi?” domandò.
“La
tua voce è delicata come campanelle mosse dal vento e il
tuo amore mi avvolge e mi culla. Tu, la signora della mia esistenza, il
cammino
sicuro verso la mia dimora.
Le
tue labbra sono soavi e delicate, piene e seducenti anche
quando sono piegate in un sorriso. I tuoi occhi sono i fari che mi
riportano
indietro dopo ogni tempesta, dolci e sicuri.
Tu,
benigna presenza, mi rimani accanto giorno dopo giorno.
Mi rassicuri nei momenti di sconforto e mi riporti alla pace. I tuoi
tocchi,
mai fuor di luogo o fastidiosi, mi ricordano che sono vivo e che posso
ancora
dare molto a questo mondo.
Non
mi lasciare mai, mia celestiale creatura, non potrei
sopravvivere lontano da te.
Tu,
per me, sei amore” le decantò Sanji.
“Sei
proprio un tessitore di lodi, tesoro” ammise Robin.
Sanji
le sorrise, ma intorno ai suoi occhi si crearono delle
piccole rughe. Afferrò la mano della sua sposa e se la
portò alla bocca,
sfiorandone il dorso con le labbra in un galante baciamano.
<
Tu sei amore, ma Nami è sangue al cuore. Purtroppo io
sono un peccatore e non posso vivere solo della beatitudine che tu mi
porti, o
mia celestiale visione > pensò, avvertendo una fitta
al petto.
“È
tardi, mi conviene andare a letto. Mi raggiungi?”
domandò
Robin, alzandosi in piedi.
“Spengo
il camino e vengo” rispose Sanji.
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Capitolo 8 *** CAPITOLO 8 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 8
Una
è sempre
Come
l'eternità
Il
mare si confondeva con il cielo alle spalle di Robin, la
giovane era piegata in avanti e sorrideva, tenendosi il cappello con
una mano.
Sanji
si mise a correre sulla riva del mare, la raggiunse e
l’abbracciò, stringendola a sé. Robin
scoppiò a ridere e finse di divincolarsi,
i suoi lisci capelli mori sferzarono il marito.
“Adesso
ho capito perché ti piace tanto venire qui alla
baia” ammise la donna.
Sanji
la lasciò andare e allargò le braccia, inspirando
profondamente, l’odore di salsedine gli punse le narici.
“Non
sarà la spiaggia privata dei tuoi genitori, ma io adoro
questo posto!” gridò.
Robin
sorrise e gli cinse il braccio con le proprie.
“Si
vede, sembri proprio un altro. Adesso che siamo in
estate, dovremmo venirci più spesso” propose.
Sanji
sciolse l’abbraccio e sospirò, scuotendo il capo.
“Non
posso lasciare così a lungo il locale. Soprattutto in
questo periodo di alta stagione” ammise.
Robin
si mise in ginocchio sulla sabbia e si appianò le
pieghe del vestito nero che indossava con entrambe le mani.
“Allora
ci verremo anche in inverno. Al massimo faremo delle
lunghe passeggiate. L’aria di mare che si respira qui ti fa
troppo bene”
ribatté.
Sanji
si sdraiò al suo fianco. Robin mise la testa del
giovane sulle proprie gambe e lo accarezzò, passandogli le
dita tra i capelli.
“Hai
lo stesso tocco che avrebbe una madre amorevole. Vorrei
che questo momento tra noi non finisse mai” ammise Sanji.
Guardò il cielo
azzurro sopra di lui, le ciocche bionde gli coprirono
l’occhio sinistro.
Robin
si piegò in avanti, arcuando la schiena e gli
baciò la
fronte.
“Anche
io, vorrei vederti sempre così sereno. Sembri
brillare di luce propria, come un sole. Sì, sembri proprio
un semidio figlio
del sole” ammise.
Sanji
ridacchiò.
“Quando
parli così, sembri uno dei libri che ti piace tanto
leggere. Dovrei comprartene di più, hai una cultura
incredibile” ammise.
Robin
gli accarezzò il viso con il dorso della mano.
“Anche
tu hai dovuto studiare alta cucina per arrivare fino
a dove sei arrivato” gli ricordò.
“Devo
ringraziare tuo padre che mi ha pagato i corsi di
perfezionamento. Io avevo imparato a cucinare sulla strada, in localini
abbastanza malfamati” ribatté Sanji.
Osservò un gabbiano solcare il cielo e ne
ascoltò il verso farsi sempre più lontano.
<
Vorrò Robin al mio fianco per sempre. Lei, per me,
è una
presenza eterna, anzi, è proprio
l’eternità. Mi fa sentire perfetto,
invincibile e immortale > pensò. Chiuse gli occhi,
una ciocca bionda gli
solleticò la guancia.
Il
venticello tiepido solleticava i visi di entrambi, gli
faceva aderire o gonfiare i vestiti addosso al corpo. Il cappello di
Robin
rischiò di volare via e lei lo dovette di nuovo tenere con
la mano.
“Tu
hai un dono. Il tuo cibo riesce a parlare direttamente
ai sentimenti delle persone. Mi sono innamorata prima della tua arte e
poi di
te, ho scoperto l’uomo dietro l’artista”
disse quest’ultima.
Sanji
sorrise, ascoltando il proprio battito cardiaco e il
rumore delle onde che provenivano dal mare.
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Capitolo 9 *** CAPITOLO 9 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 9
Con
l'altra il tempo è niente
E'
vanità
Sanji
si accese la sigaretta e infilò l’accendino nella
tasca dei pantaloni, raggiunse la vasca ad idromassaggio e si sedette
sul bordo
di finto marmo. L’acqua era calda e le bolle risalivano in
superficie, dando
vita a dei rumori ritmici dovuti alle bollicine che scoppiettavano.
Nami
si sedette tra le sue gambe e accavallò le proprie
strette dai pantaloni rossi con gli strass e le paillette.
Sanji
si tolse la sigaretta dalle labbra, il fumo si
confondeva con quello che si alzava dalla vasca alle loro spalle.
“Casa
tua non è niente male” ammise. Alzò il
capo e indicò
con l’indice, della mano con cui teneva la sigaretta, il
soffitto da cui
pendevano delle perle candide.
“Credevo
che le collane di cui ti faccio dono le indossassi”
disse.
“Lo
faccio anche, ma adoro guardare quelle perle anche
quando non le ho indosso” ribatté Nami. Si
appoggiò il gomito sulla gamba e
adagiò la testa sulle mani, sfiorandosi con
l’indice l’orecchino rosso fuoco
che indossava.
“In
compenso le decorazioni sulle pareti sono stupende. Non
riesco a riconoscere che disegni floreali sono, ma mi piacciono davvero
tanto”
ammise Sanji.
Nami
gli afferrò la mano e se la mise sul fianco nudo, i
suoi seni erano coperti solo dal pezzo di sopra di un bikini e solo in
parte.
Sanji
le accarezzò la pelle pallida, sentendola umida e
fredda sotto le dita. Si riportò la sigaretta alle labbra e
l’aspirò,
socchiudendo gli occhi.
Nami
gli mise la mano sulla gamba, accarezzando la stoffa
vellutata dei pantaloni di lui.
“Vuoi
un po’ di bollicine?” domandò.
Sanji
negò con la testa.
“Non
mi va ancora di fare il bagno” rispose.
Nami
ridacchiò.
“Sei
così di classe e poi non conosci modi di dire
così
semplici? Io mi riferivo allo champagne” rispose lei. Si
sporse in avanti,
facendo ondeggiare i suoi boccoli arancioni. Afferrò il palo
di ferro di un
carrellino e lo avvicinò a sé, facendolo
sferragliare.
Sopra
di esso c’era una tovaglia candida, c’era una
bottiglia di champagne dentro il secchiello con il ghiaccio. La giovane
afferrò
una banana da una fruttiera in simili argento, la sbucciò e
se la portò alla
bocca.
Sanji
guardò le labbra sporte di lei e avvertì una
fitta
all’inguine.
“Sei
una maledetta tentatrice. Ogni tuo tocco nasconde un
doppio fine” si lamentò.
Nami
si portò la banana alla bocca e ne morse la punta.
“Mi
fai una persona peggiore di quanto io sia. Semplicemente
desidero il tuo corpo e tu brami il mio. È uno scambio di
prestazioni
conveniente per entrambi.
Cosa
ci posso fare se oltre ai soldi, non mi dispiace anche
vedere de bei corpi? Gli uomini muscolosi, ma lisci come te, sono rari.
Hai una
bella pelle, un bel fisico e anche…
qualcos’altro” rispose. Si leccò le
labbra
sporche di banana e fremette, batté un paio di volte le
palpebre, facendo
ondeggiare le ciglia nere.
Sanji
cercò di regolare il proprio respiro, era diventato
accelerato e gli era aumentato anche il battito cardiaco. Il sudore gli
aveva
fatto aderire i capelli biondi al viso, le ciocche gli coprivano
l’occhio
destro.
“Un
giorno saremo entrambi brutti e vecchi” le ricordò.
<
Stare con Nami è vanità. Lei è la
fugacità, il tempo è
niente > si disse.
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Capitolo 10 *** CAPITOLO 10 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 10
Cuore
in me
Tu
sei diviso in due
Cuori
che
Sono
due muscoli
Che
mi conoscono
Sanji
accarezzò con la mano il gatto che aveva davanti, lo
sentì miagolare piano e mosse delicatamente le dita pallide,
sentendo il manto
peloso e caldo sotto i polpastrelli. Socchiuse gli occhi, cerchiati da
profonde
occhiaie, il suo viso era pallido e le sue spalle tremavano leggermente.
“Vuoi
un po’ di pesce, vero?” domandò con voce
rauca. Fece
dei grattini sotto il mento del micio che gli strofinò il
capino contro il
dorso della mano.
“Sfamare
chi ha fame come te, mi ha sempre fatto stare bene”
biascicò Sanji. Si voltò e prese dei resti del
pesce, tra cui le teste, avvolti
in un pacco. Uscì nel vicolo, seguito dal gatto che
balzò giù dalla sedia su
cui era ritto in piedi. La creatura miagolò, seguendolo e
Sanji gli mise il
pacco davanti l’uscio.
“E
stai attento a non condividerlo con nessuno. Questo pesce
non si merita di finire spaccato in due” disse Sanji.
< Come me >
rifletté.
Si
chiuse la porta della cucina alle spalle e si guardò
intorno.
<
Nel giorno di chiusura questo posto sembra sempre
popolato dagli spettri. È come se rivedessi il mio maestro
Zef negli angoli che
mi guarda severo > si disse.
Abbassò
il capo e una lacrima gli solcò il viso, cadde oltre
il mento e precipitò sulla sua camicia candida, inumidendola.
“Gli
avevo sempre detto che con le donne sapevo essere un
cavaliere. Eppure non avrei mai dovuto legarmi a nessuna di loro, per
evitare
di arrecare offesa alle altre. Ora rischio di spezzare il cuore alla
donna più
bella di tutte e sto svilendo a livello di un’amante di
facili costumi forse la
prima ragazza che io abbia mai amato”.
Da
fuori provenne il verso del gattino, intento a litigare
con altri suoi simili.
Sanji
si nascose il viso tra le mani e cadde in ginocchio,
singhiozzando. Curvò la schiena e le lacrime gli scivolarono
lungo le guance,
si passò le dita sul viso umido di lacrime e
gettò indietro i propri capelli
biondi. Fu scosso da singulti, si nascose la bocca con una mano gemendo.
In
lontananza, nella strada fuori il locale, partì la sirena
di una macchina.
Sanji
si coricò su un fianco, sul pavimento e piegò le
gambe, premendo le ginocchia contro il petto, abbracciandole. I suoi
singhiozzi
risuonavano tutt’intorno, alcune lacrime gli finirono in
bocca e gemette
dolorosamente. Strinse gli occhi, li sentiva bruciare e
avvertì delle fitte al
petto, il suo battito cardiaco era accelerato e ansimava rumorosamente.
Gli
sfuggì un grido, la sua voce rauca era stridula.
“Non
riesco a uscirne!” gemette.
<
Cuore in me, tu
sei diviso in due cuori
che sono
due muscoli che
mi conoscono. Ed
entrambi battono furiosamente e dolorosamente, mi trascinano come due
cavalli
che finiranno per aprirmi a metà, uccidendomi.
Ti
prego, cuore in me, smetti di battere, metti fine a
questa mia terribile agonia, fammi ricongiungere alle persone che
più di tutte
mi avrebbero capito > implorò mentalmente.
Un
rivolo di muco gli solcò il viso, mischiandosi alle
lacrime salate.
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Capitolo 11 *** CAPITOLO 11 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 11
Sono
schiacciato, ma
La
forza è mia
Nami
afferrò un mandarino, inspirando l’odore della
buccia.
Sanji
la osservò, era appoggiato accanto alla finestra.
“Appena
tornato da quella settimana al mare sembravi stare
molto meglio. Invece ora hai le stesse occhiaie di prima. Forse
dovresti
rilassarti… con me” sussurrò Nami. Il
vestito nero lungo che indossava le
aderiva al corpo, la porzione di pelle lasciata scoperta sulla sua
schiena
faceva intravedere l’inizio di un tatuaggio che proseguiva
sulla spalla.
Sbucciò
lentamente un mandarino e ne prese il primo
spicchio, porgendolo a Sanji. Il profumo del frutto riempì
l’aria.
Sanji
aprì la bocca e lei ve lo lasciò cadere
all’interno.
Nami
chiuse gli occhi e le sorrise, Sanji inghiottì lo
spicchio.
“Amo
i ‘mandarini’ e le
‘onde’” sussurrò seducente. Le
infilò il dito nella scollatura e le osservò i
seni.
“Per
caso ti sei rifatta il seno?” domandò.
Nami
gli tolse la mano, fletté le gambe piegandosi in avanti
e gli tirò i pantaloni, guardando all’interno.
“E
tu non hai intenzione di rifarti niente?” chiese ironica.
Sanji
avvampò e indietreggiò, negando il capo.
“Sei
sempre la solita, gatta randagia” si lamentò.
Nami
si mise in bocca uno spicchiò di mandarino e lo
succhiò.
“La
vita da riccone non fa per te. Ammettilo, il concerto di
musica classica a cui sei andato oggi con la tua dolce metà,
ti ha annoiato da
morire” disse.
Sanji
scrollò le spalle.
<
La verità è che penso di sentirmi bene, ma il
mondo mi
crolla sotto i piedi e non riesco a stare in piedi. Non so
più quando piove o
quando sono lacrime. Giorno e notte si confondono, mentre riesco a
dormire
sempre di meno >.
“In
realtà è una vita comoda. Spero di abituarmici
presto”
rispose.
Nami
si sporse verso di lui e gli afferrò le ciocche bionde
che gli coprivano l’occhio destro, tirandogliele un paio di
volte.
“Non
mi sono rifatta. Semplicemente ti sei accorto che non
sono niente male perché per una volta non le hai paragonate
a quelle fuori
misura di tua moglie. Apri gli occhi, sicuramente è lei che
se l’è rifatte.
Dovresti anche convincerla a rifarsi il naso”
ribatté.
Sanji
schioccò rumorosamente la lingua sul palato e
incrociò
le braccia al petto, ticchettò con il tallone per terra.
“Mi
piace così com’è”
ribatté secco.
Nami
si mise in bocca due spicchi di mandarino insieme e vi
affondò i denti, scandagliandone il contenuto con la lingua.
“Non
so, ma non mi sembri per niente felice. Forse quella
vita non fa per te, al contrario di me, non sai goderti i soldi. Il
denaro mi
riempie di gioia” disse.
Sanji
le tolse uno spicchio dalle mani e lo addentò con
forza.
“Perché
ami solo quello, demone dai capelli color mandarino
e affilati artigli di pantera” borbottò.
“Attento,
tu sottovaluti che la vera pantera è tua moglie.
La consideri un angelo, ma in realtà, tra me e lei, dovresti
temere più lei. Ha
preso da suo padre, ti ricordo che è rinomato
nell’ambiente degli affari. Io,
invece, mi piego facilmente ai tuoi bisogni”
ribatté Nami.
Sanji
la trasse a sé con foga e la bacio.
<
Sono schiacciato in questa mia eterna indecisione, ma
la forza è mia > pensò.
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Capitolo 12 *** CAPITOLO 12 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 12
Cuore
in me
Ti
senti lacerato
Nami
si premette sulla testa il cappello nero a falde larghe
che indossava e si voltò, guardandosi intorno. Intravide due
ragazzi all’angolo
della strada intenti a chiacchierare, tornò a guardare
davanti a sé e proseguì,
passando di fianco a delle vetrine di negozi.
<
Si è fatto davvero tardi > pensò.
Svoltò in una
stradina laterale e proseguì, alcuni lampioni erano
fulminati. Teneva il capo
chino e le vaporose ciocche arancioni le solleticavano le guance, se ne
mise
una dietro l’orecchio e sospirò.
L’odore
di spazzatura proveniente da un cassonetto le arrivò
alle narici, facendole storcere il naso. Socchiuse gli occhi, facendo
ondeggiare le sopracciglia nere.
<
Forse mi sarebbe convenuto prendere l’autobus, ma mi
stancavo ad aspettarlo per un’altra mezzora. Si aspettano che
uno li paghi,
quando fanno sempre almeno un’ora di ritardo >
rifletté. Si strinse la
borsetta al petto, un rivolo di sudore le scivolò lungo il
collo facendoglielo
pizzicare. Sentiva risuonare il rumore prodotto dai propri tacchi ad
ogni suo
passo e il proprio battito cardiaco era accelerato.
<
Non vedo l’ora di essere a casa. Un tempo avrei potuto
chiedere a Rufy di accompagnarmi… mi manca >
rifletté.
“Sanji
è un tipo strano. Parla sempre come se il suo cuore avesse
vita propria” si
lamentò Nami.
Rufy
piegò di lato il capo, facendo ondeggiare i capelli.
“Cucina
così bene, che per me potrebbe far parlare anche la sua
spatola” ribatté.
“Sì,
ma
è così strano” si lamentò
Nami, giocherellando con il proprio orecchino.
“Suo
padre e i suoi fratelli si divertivano a prenderlo in giro. Erano
davvero
cattivi. Per questo lui è cresciuto
così” disse Rufy.
Nami
scrollò le spalle e volse lo sguardo.
“Non
m’interessa il suo tragico passato. Ci esco solo
perché voglio divertirmi”
disse secca.
Rufy
si
sporse in avanti e la guardò in viso, sorridendole.
“Secondo
me ti piace come a me piace la carne” la stuzzicò.
“Per
dirlo con parole sue, il cuore in me, si sente lacerato tra i miei
sentimenti e
i miei sogni; ma alla fine sceglierà i soldi”
rispose Nami.
“Non
ho
capito bene. Perché se ami qualcuno non puoi realizzare i
tuoi sogni?! Io
riuscirò a portare avanti i miei senza rinunciare a nessun
sentimento!” trillò
Rufy.
Nami
roteò gli occhi.
“Perché
tu sei un bambinone e quella povera vittima del tuo ragazzo ti permette
tutto
quello che ti passa per la testa” borbottò.
<
Alla fine non è riuscito a realizzare niente, ma forse
è stato meglio così, è rimasto sempre
un bambino e non ha mai scoperto com’è
realmente il mondo. Mi manca la sua dolcezza e la sua
ingenuità, me lo sarei
ritrovato a lamentarsi perché ancora preferisco i soldi alle
persone > pensò
Nami. Alzò il capo, vedendo il semaforo verde e
attraversò.
Una
macchina svoltò all’improvviso, accelerando
rumorosamente e la investì, il rumore dell’impatto
risuonò tutt’intorno. Nami
gridò e venne sbalzata indietro, rovinò al suolo
e rotolò, una ferita profonda
e sanguinante si era aperta sul suo addome e parecchie ossa le si erano
spezzate.
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Capitolo 13 *** CAPITOLO 13 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 13
Cuore
in me
Che
ami perché sei
Amato
Tu lo sai
L'amore
è farlo e tu
Quindi
lo fai
Robin
guardò la propria macchina finire schiacciata sotto il
compressore dello sfasciacarrozze e si tolse gli occhiali neri da sole.
Si
deterse le labbra con la lingua, il vento le faceva ondeggiare il
foulard che
indossava e i lisci capelli intorno al viso.
“In
questo periodo non sa quante volte mi è capitato di
trovarmi davanti un cliente con la macchina distrutta a seguito
dell’investimento di un cervo. Però nessuna era
bella come la sua, mi dispiace
davvero tanto” disse lo sfasciacarrozze.
Robin
si volse nella sua direzione e gli sorrise.
“Siete
molto gentile a preoccuparvi per me. Però non temete,
mio padre mi ha già promesso di regalarmi una macchina
nuova” disse
gentilmente.
<
E si sarebbe occupato anche dell’incidente se glielo
avessi chiesto. Perché so che l’amore è
anche fare ciò bisogna fare, come
schiacciare la testa di certe vipere. Voleva rendere me un cervo dalle
ampie
corna, portandomi via l’uomo che mi ama e che il mio cuore
ama di risposta >
rifletté.
“Suo
padre è il proprietario anche di questa mia
‘baracca’.
Non mi stupisce che si possa permettere il meglio per una figlia dolce
e
meravigliosa come voi” disse l’uomo.
Robin
strinse un pugno all’altezza dei seni prosperosi,
arrossì e chinò il capo.
“Siete
una persona così cara. Dirò a mio padre di
trattarvi
con gentilezza” disse. Chiuse gli occhi e accentuò
ancora il sorriso.
<
Il mio unico rammarico e non averla potuta investire
più di una volta, ma non penso che arriverà viva
neanche in ospedale. I
soccorsi saranno arrivati tardi. Quella stradina era deserta e nessuno
mi avrà
neanche visto. In ogni caso, avevo falsificato la targa e ora mi sto
sbarazzando della macchina compromettente > pensò.
“Mi
raccomando, però. Mantenga il più completo
riserbo su
questa faccenda. Mio marito si preoccuperebbe così tanto per
la mia saluta a
sapere che ho avuto un incidente. Sa, è così
buono e caro con me, mi ama
davvero tanto. Pensa che stasera mi porterà
all’inaugurazione di una mostra al
museo, nonostante abbia tanto lavoro da sbrigare” disse
gentilmente.
L’uomo
si grattò la testa calva e ridacchiò.
“Come
si potrebbe non amare un gioiellino come lei, mia
cara? Capisco suo marito!” disse gioviale.
Robin
gli posò un bacio sulla guancia barbuta.
“Ancora
grazie e arrivederla” disse. Si voltò e si
allontanò, con passò cadenzato.
Abbassò il capo e raggiunse una limousine
parcheggiata davanti al cancello d’ingresso, un autista
muscoloso le aprì la
portiera.
“Signora,
suo padre la aspetta” disse quest’ultimo. Il suo
viso era in ombra, nascosto dalla visiera del suo cappello.
“Ti
ringrazio Adam, portamici subito, allora” rispose Robin.
Entrò in macchina e l’autista le richiuse la
portiera, Robin si appoggiò al
sedile e alzò il capo.
<
Nessuno mi porterà via il ‘mio’ tenero
cuoco. Ho deciso
che mi sarebbe appartenuto nel momento stesso in cui l’ho
visto > rifletté.
La
macchina partì e Robin chiuse gli occhi, regolando il
respiro, sorrise, piegando le labbra piene, una ciocca di capelli le
finì tra i
seni prosperosi.
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Capitolo 14 *** CAPITOLO 14 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 14
Con
una in cielo
Con
l'altra nell'inferno
La
luce dei lampioni nella strada illuminavano entrambi gli
uomini.
“Ho
aspettato a dirtelo perché non volevo mandassi a putta*e
il locale. Però è giusto che tu lo sappia, Nami
è morta in un incidente d’auto
ieri notte” disse Zoro.
Sanji
impallidì e indietreggiò, i suoi occhi divennero
bianchi.
“È
una sorta di scherzo idiota che tu e lei avete ideato?
Cos’è, vuoi punirmi per la mia vita immorale,
adesso?!” gridò.
Zoro
negò con il capo e si guardò intorno, osservando
le
finestre chiuse e un’auto parcheggiata nella strada deserta.
Avanzò, fino a
mettersi davanti all’altro cuoco.
“Si
tratta solo della verità. Se non vuoi credermi, puoi
andare a vedere il suo cadavere in ospedale. In fondo che ti aspettavi
da una
dissoluta come lei? Avrà fatto incavolare qualche amante che
prima ha illuso e
poi respinto, una volta finito di depredarlo di tutti i suoi
averi” disse
secco.
Sanji
ansimò.
Un
pipistrello solcò il cielo sopra le teste dei due,
battendo furiosamente le ali. La sua figura, illuminata in parte dalla
luce dei
lampioni, era più scuro del cielo blu-notte.
Sanji
cercò di raggiungere Zoro con un pugno al volto,
quest’ultimo lo scansò e gli afferrò la
mano con la propria, premette fino a
fargli scricchiolare le ossa. Sanji digrignò i denti e
balzò, raggiungendolo al
petto con un calcio, Zoro fu costretto a lasciarlo andare.
Sanji
saltellò sul posto, muovendo le spalle, piegò il
capo
a destra e a sinistra facendo scricchiolare il collo.
“Non
può essere vero!” sbraitò. I suoi occhi
erano sporgenti
e si stavano arrossando sempre di più.
Zoro
si pulì la bocca con il dorso di una mano e con
l’altro
si massaggiò lì dove il calcio lo aveva raggiunto.
“Perché
non dovrebbe esserlo?! È sempre fottut*mente vero.
Come quando è morto l’unico uomo decente che in
questa vita di mer*a avessi mai
conosciuto!” sbraitò. Digrignò i denti
e parò i calci successivi, volanti e
diretti al suo viso, con il braccio muscoloso su cui indossava la
fascia nera.
“Ti ricordo che mi è morta anche la sorella, ma
non mi sono mai dimostrato un
debole come te” ringhiò.
“Piangere
i propri morti non è debolezza. E tu non devi
parlarne così. Non capisci, era nostra amica ed
era…” gridò Sanji con voce
rauca. Nella parte finale della frase la voce gli cedette.
<
Robin mi ha fatto vivere in un paradiso, ma Nami è
riuscita ancora una volta a gettarmi in un inferno >
pensò Sanji. Singhiozzò
e le lacrime gli rigarono il viso, i capelli biondi gli ricaddero
davanti agli
occhi, coprendoli entrambi. Strinse i pugni e conficcò le
unghie nella carne.
Le gambe gli tremavano, il suo battito cardiaco era irregolare e
ansimava.
Zoro
lo raggiunse con un pugno al volto, Sanji gridò di
dolore e cadde a terra di schiena, strisciando sull’asfalto.
Zoro
piegò in avanti il capo e sputò a terra,
alzò la
guardia dei pugni fino al petto muscoloso.
“Avanti,
fatti sotto, cuocastro.
Fammi vedere se sai fare di meglio” lo sfidò.
Sanji
si rialzò in piedi, ondeggiando.
“Sei
solo felice che io sia precipitato nel tuo stesso
inferno” sibilò.
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Capitolo 15 *** CAPITOLO 15 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 15
Una
è miele
E
l'altra è dolce fiele
Sanji
si rigirava nel letto, il sudore gli scivolava lungo il
corpo, coperto solo da dei boxer blu aderenti, e lenzuola sotto di lui
gli
sembravano bollenti. Udiva il ronzare di una zanzara risuonargli nelle
orecchie
e ansimava, gli occhi gli bruciavano. Socchiuse un occhio e
osservò l'orario
segnato dalla radio-sveglia. Da fuori la finestra proveniva lo stridio
delle
cicale. Si alzò seduto sul letto e si avvicinò le
gambe al petto, premendo con
le ginocchia contro lo sterno. La sua pelle pallida lasciava
intravedere le
ossa sottostanti. Si nascose il viso tra le mani ed espirò
pesantemente, aveva
delle occhiaie profonde.
Si
voltò e osservò Robin addormentata
nell’altra metà del letto,
una ciocca bionda gli ricadde davanti all’occhio sinistro.
Strinse le labbra fino
a farle sbiancare, alcune piccole rughe gli segnavano il viso.
<
Ultimamente mi ha visto distrutto, nervoso, instabile.
Ho persino smesso di mangiare e parlo poco, con
aggressività. Eppure lei mi
rimane sempre accanto > rifletté.
“Ti
ringrazio di essere sempre dolce come il miele, con me”
disse con voce roca, la gola gli bruciava. Si piegò in
avanti e posò un bacio
sulla fronte della donna addormentata. Quest’ultima
mugolò nel sonno e si girò,
mostrando la schiena nuda al marito.
Sanji
le sorrise e sfiorò con la punta delle dita alcune
ciocche dei lunghi capelli neri di lei, sentendole lisce. Si
coricò su un
fianco a sua volta, socchiudendo gli occhi e avvertì una
fitta al petto.
Si
sdraiò a faccia in su e guardò il soffitto, si
sollevò le
ciocche di capelli liberandosi il viso e cercò di regolare
il proprio respiro.
Gli doleva il collo e gocce di sudore freddo gli scivolavano lungo il
corpo.
Il
respiro regolare di Robin era in parte coperto dal ronzio
delle zanzare, sempre più molesto.
Sanji
riuscì ad addormentarsi, ma il suo respiro rimase
irregolare. Una ciocca dei
suoi capelli biondi gli scivolò sul viso coprendo il suo
occhio destro.
“Mi
vuoi dimenticare?”
domandò Nami.
Sanji
si guardò intorno,
era in una camera dalle pareti di un banco abbacinante ed era sdraiato
in
un’amaca.
“N-no”
sussurrò. Un
odore pungente di fiori gli punse le narici.
Nami
si passò le dita
tra i seni, stretti da un bikini bianco a righine azzurre; sotto la
stoffa
s’intravedeva la forma dei suoi capezzoli.
Sanji
impallidì vedendo
delle ali, dalla forma di quelle di un pipistrello, con delle membrane
rosso
sangue, sulla schiena di lei.
"Vieni
da me"
sussurrò Nami allungando le mani verso di lui, con le
braccia aperte. Era
avvolta da un bagliore vermiglio e i capelli arancioni le fluttuavano
intorno
al viso.
Sanji
deglutì e sfiorò
le mani di lei con le proprie.
“Non
è possibile. Tu sei
morta” biascicò.
Nami
scoppiò a ridere e
la sua risata cristallina risuonò nella stanza. Si
voltò e indicò un comodino
di vimini, su cui era appoggiato un coltello.
“Ti
basta quello per
raggiungermi. Non vuoi ricongiungerti a me?”
domandò, sporgendo le labbra
piene.
Sanji
deglutì, un rivolo
di sudore gli scivolò lungo il viso.
“Non
capisco” ammise.
Nami
si leccò le labbra
piene con un movimento voluttuoso.
“Io
non sono sempre
stata il tuo ‘dolce fiele’? Non vuoi averne
più, Sanji-kun?” lo invogliò.
Sanji
spalancò gli occhi,
ridestandosi.
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Capitolo 16 *** CAPITOLO 16 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 16
Una
ascolta
Le
mie promesse al vento
Robin
osservò lo schermo del proprio cellulare e aprì
un
messaggio.
<
Non ho ancora trovato niente, le farò sapere >
lesse. Chiuse il messaggio e rimise il proprio cellulare in tasca.
Alzò il capo
e osservò il lampadario sul proprio soffitto.
“Miss.
Nico, che sorpresa vederla. Come mai qui?” domandò
Bibi. Masticò rumorosamente
una gomma da masticare e si appoggiò allo schienale della
propria poltrona,
incrociando le braccia.
Robin
si appoggiò la borsetta sulle gambe e la aprì,
tirandone fuori un rotolo di
banconote.
“Mio
marito è di nuovo strano. Non vorrei ci fosse di mezzo
un’altra ‘strega’”
disse.
Bibi
sorrise e si piegò in avanti.
“Sa,
sarò anche una semplice investigatrice privata, ma non credo
che suo marito
finisca vittima d’incantesimi” sussurrò
con tono malizioso.
Robin
socchiuse gli occhi.
“Il
suo
parere non m’interessa. Faccia solo il suo dovere”
rispose gelida.
Udì
dei passi e si voltò, impallidì vedendo il marito
raggiungerla, aveva il viso incavato e il suo corpo era scosso da
leggeri
tremiti.
“Amore,
forse dovremmo andare dal dottore. Non puoi
continuare a digiunare. Tu per primo sai quanto è importante
mangiare. Non
cerchi sempre di soddisfare i tuoi clienti?”
domandò.
Sanji
deglutì e cercò di fare un sorriso.
“Hai
ragione” disse roco.
Robin
gli rifece il nodo alla cravatta.
“Finirai
per non avere le forze per continuare a lavorare.
Il tuo collega mi ha anche detto che ti ha trovato spesso intento a
rimettere”
disse. Passò le mani sulle spalle di lui, appianandogli la
stoffa della giacca.
“Lo
sai che quel tipo esagera” mormorò roco. La
camicia gli
stava due volte più larghe.
“Sì,
ma anche io lo vedo che c’è qualcosa che non va.
Forse
dovresti prendere i miei sonniferi. Sono sicura che il dottore ce li
prescriverà” ribatté Robin.
“Ti
prometto che mi farò visitare entro la fine del
mese”
disse Sanji e giocherellò con una delle ciocche bionde che
gli coprivano
l’occhio sinistro.
“Me
lo prometti davvero?” chiese Robin con voce preoccupata.
Sanji
le sorrise, le accarezzò la testa con la mano tremante
e le diede un bacio sulla fronte.
“Certo”
disse gentilmente, ma con voce rauca.
Robin
abbassò lo sguardo.
“Ti
sento borbottare nel sonno. C’è qualcosa che devo
sapere?” domandò.
Sanji
le prese il viso tra le mani e fece un sorriso, il suo
viso era pallido e aveva delle occhiaie profonde.
“Sono
solo incubi. L’importante è che da sveglio ci sia
tu a
guidarmi. Andremo insieme dal dottore, ti va?”
domandò.
“Certo”
disse Robin, con voce leggermente più squillante.
<
Sono due settimane che le faccio promesse al vento, ma
non sono malato. Non ho bisogno di andare dal dottore > si disse
Sanji.
Robin
mise le mani su quelle di lui, sorridendogli a sua
volta.
<
Eppure lei è sempre qui, ad ascoltare le mie menzogne.
Mi merito di soffrire così, per come tratto un simile angelo
> si
colpevolizzò. Si
allontanò dalla moglie
e si tolse le ciocche di capelli dal viso, sistemandole dietro
l’orecchio.
“Ora
devo uscire” la salutò.
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Capitolo 17 *** CAPITOLO 17 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 17
E
l'altra come
mento
E
le sconfesso
Sanji
avanzò tra le tombe, tenendo il capo chino. Il sole
gli colpiva il volto e il sudore gli scivolava lungo il viso, lo
sentiva
pizzicare lungo la schiena, cercò di regolare il proprio
respiro. Le gambe gli
cedeva e cadde in ginocchio, ansimò e alzò il
capo, vide un uomo in lontananza
guardarlo, scuotere il capo e allontanarsi.
Sanji
strinse le labbra fino a farle sbiancare, mise la mano
per terra sopra una serie di sassolini, che gli lasciarono il segno, e
si diede
la spinta rialzandosi in piedi. Si cercò nelle tasche della
giacca, ne estrasse
un pacchetto di sigarette e con la mano tremante ne estrasse una,
rimise al suo
posto il sacchetto di sigarette.
Recuperò
l’accendino e, dopo aver acceso la sigaretta, se la
mise in bocca. Raggiunse una lapide in cui era incastonata, sopra le
scritte,
l’immagine di Nami. Era una foto che la raffigurava
più giovane, con i capelli
corti e una magliettina a righe.
Sanji
sentì gli occhi arrossarsi e diventare liquidi, si
lasciò cadere in ginocchio davanti alla lapide.
“Il
fissato dei coltelli deve aver speso davvero tanto per
farti avere una tomba qui, ma Rufy ne sarà felice. Almeno
ritroverà una vecchia
amica in questo cimitero” disse con voce rauca. Si
dondolò avanti e indietro,
scosso da una serie di fremiti.
“Mia
moglie pensa che sia andato in anticipo a lavoro, non
qui. Le ho mentito… di nuovo. Lo continua a fare, per
vederti, anche se ormai
non servirebbe più a niente. Le potrei solo dire che vengo a
trovare una mia
amica di giovinezza morta o potrei dire che vengo solo a trovare Rufy.
Sai, ho
lasciato dei fiori anche a lui. Ormai non parlo molto di lui, ma anche
Robin sa
chi fosse per me e cosa ha significato averlo perso”.
La
sigaretta tra le sue labbra tremava e aspirava il fumo
rumorosamente.
“Non
dovrei essere qui. A farti sentire come sconfesso i
giuramenti che faccio a mia moglie. Che cazz* dovrebbe significare
venire a
trovare una semplice amante? Io desideravo il tuo corpo, tu i miei
soldi, ora
come ora, nessuno dei due può guadagnarci niente da altri
incontri”.
Boccheggiò,
la gola gli bruciava e pulsava, il sudore gli
solcava la fronte e i suoi occhi sporgevano in fuori.
“L’unica
cosa fottut*mente importante nella mia vita doveva
essere il ristorante. Perché non è
così?! PERCHÉ?!” sbraitò.
Diede un pugno
alla lapide e si graffiò le nocche con il marmo,
digrignò i denti e una lacrima
gli rigò il viso.
“Dovrei
essere da mia moglie adesso, per prendere un
appuntamento dal dottore. Le ho fatto delle promesse e vorrei esaudire
i suoi
desideri. Lei non è com’eri tu, lei se lo
merita” gemette. Diede un altro paio
di pugni, aprendosi delle ferite superficiali, facendo scendere delle
dense
goccioline di sangue.
“Io
non voglio continuare a fare vuote promesse al vento. Io
voglio diventare un marito fedele e sincero. Aiutami a dimenticarti, ti
prego.
Smettila di visitare i miei sogni, smettila”
implorò.
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Capitolo 18 *** CAPITOLO 18 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 18
Cuore
in me
Amato,
ma spezzato
Robin
fece scivolare la pillola nella bocca del marito e
sfiorò le labbra di lui con un bacio.
“Sono
felice che tu ti sia finalmente deciso a farti curare dal
dottore”
disse.
Sanji
batté un paio di volte le palpebre, iniziò a
vedere sfocato. Chiuse
gli occhi, mentre avvertiva i muscoli rilassarsi, si
abbandonò contro la
poltrona e i tremiti alle sue gambe cessarono.
“Q-quando
potrò… interromperle?”
biascicò.
Robin,
seduta sulle sue gambe, gli accarezzò l’accenno di
barba bionda sul
viso.
“Presto,
tesoro. Vedrai, tornerai a lavorare in tempi brevissimi” lo
rassicurò. Lo vide tentare di socchiudere gli occhi, lo
sguardo del giovane
uomo era vacuo e le sue iridi azzurre erano liquide.
“Mi
manca il ristorante” biascicò Sanji. Si
massaggiò le tempie e sospirò
pesantemente, le braccia gli formicavano.
Robin
gli posò un bacio sul collo e si rialzò in piedi,
dandogli un paio di
pacche leggere sulla gamba.
“Lo
so che vivi solo per quel posto, ma godiamoci questi momenti
insieme”
propose.
Sanji
allungò la mano verso di lei e le sfiorò la mano
con
la propria, stringendola a fatica.
“Allora
godiamocelo” mormorò con voce strascicata.
Robin
si sedette nuovamente sulle gambe di lui, si piegò e
gli prese il collo tra le labbra, succhiò la pelle candida
lasciando un segno
vermiglio.
Sanji
si sforzò a tenere gli occhi aperti, vedeva la figura
di lei parecchio sfocata, simile a un’ombra. A tentoni le
accarezzò
delicatamente la schiena. Ingoiò uno sbadiglio, gli occhi
gli bruciavano e la
testa rischiava di ricadergli in avanti. Delle ciocche di capelli
biondi gli
finirono davanti all’occhio sinistro.
Robin
lo guardò addormentarsi, gli appoggiò le mani
sulle
spalle e lo fece accomodare totalmente sullo schienale della poltrona.
Gli
accarezzò il viso esangue, sentiva gli zigomi di lui
sotto i polpastrelli. Lo ascoltò respirare pesantemente e ne
guardò il collo
muoversi, il petto alzarsi e abbassarsi regolare.
Si
rialzò in piedi, raggiunse il divano e prese un plaid
sopra di esso, lo utilizzò per coprirci Sanji.
“Mi
basta sapere che adesso siamo insieme, solo noi due, per
godermela. Ora nessun’altra potrà portarti via da
me.
E
dopo aver visto come mi occupo di te, sarai tu stesso a
decidere di essermi fedele per riconoscenza. Nessuna strega si
metterà più tra
noi” sibilò.
Sanji
mugolò nel sonno e si coricò su un fianco.
“Il
mio
cuore è amato, ma spezzato. Perché non riesco a
sentirmi in pace?” domandò
Sanji. Osservò la distesa d’acqua davanti a
sé, una luce candida la illuminava.
Nami
gli appoggiò la testa sulla spalla, guardando il mare a sua
volta.
“Finché
non ci ricongiungeremo, non sarai mai felice. Non ti rendi conto che
l’amore di
lei ha qualcosa di asfissiante? Torna da me e divieni realmente
libero”
rispose.
Sanji
sospirò pesantemente.
“Voglio
il mio ristorante” gemette.
Nami
si
scostò da lui.
“Se
lo
avessi voluto realmente, non lo avresti perso. Esattamente come non
avresti
perso me” disse. Si alzò in piedi, i suoi piedi
nudi affondavano nella
battigia. Fece una serie di passi avanti e Sanji la osservò
allontanarsi
camminando sull’acqua.
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Capitolo 19 *** CAPITOLO 19 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 19
Cuore
in me
L'amore
ti ha chiamato
E
tu ti spacchi in due
Sanji
cercò di tenere ferma la mano che gli tremava con
l’altra, le gambe gli cedevano. Rischiò di
ricadere contro il mobiletto di
ferro. Guardò la propria immagine riflessa nella lama.
Il
suo
riflesso divenne sfocato, tremò e scomparve. Al suo posto
apparve il viso di
Nami, intenta a sorridergli. La giovane gli fece un occhiolino, una
ciocca
arancione ondulata le finì davanti al viso.
Sanji
sospirò pesantemente e sbatté con forza il
coltello
sul mobiletto. Indietreggiò e ansimò, negando il
capo.
“Allora
è vero, non sei più in grado di
cucinare” si sentì
dire.
Sanji
si voltò e vide Zoro entrare nella propria cucina, si
leccò le labbra screpolate.
“Sono
quei maledetti medicinali. Al momento mi lasciano
completamente stordito” biascicò.
Zoro
incrociò le braccia al petto muscoloso.
“Hai
definitivamente perso la sanità mentale, cuocastro?”
ringhiò.
Sanji
fece un sorriso storto e allargò le braccia.
“Così
pare. Tu non l’hai mai avuta, in compenso” lo
punzecchiò. Ricadde in avanti e Zoro lo afferrò
al volo, lo aiutò a sedersi.
“Tua
moglie resta una creatura celestiale, ma sta diventando
un vero cane da guardia. Ho seriamente pensato che non mi avrebbe
nemmeno fatto
entrare” disse Zoro con voce roca.
Sanji
si nascose il viso con una mano, cercando di regolare
il respiro.
“È
preoccupata perché ho perso completamente il controllo.
Parliamo
d’altro. Come sta il ristorante?”
domandò.
“Se
la cava, ma maledetto, vedi di rimetterti presto. Ti
stiamo aspettando tutti quanti. Ci manca quasi la tua pessima
cucina” ribatté
secco Zoro.
Sanji
fece una risata roca. Zoro si allontanò da lui e si
sedette nella sedia accanto, appoggiando i gomiti sul tavolo.
“Ho
sempre sonno. Dormo davvero tanto, ma il dottore dice
che la dose è ancora troppo bassa. Presto nemmeno
riconoscerò il tuo brutto
muso. Non che quello mi dispiaccia, fissato dei coltelli, ma vorrei
evitare di
non sapere nemmeno chi è mia moglie”
spiegò Sanji con voce rauca. Gli occhi gli
bruciavano e fu colto da un altro capogiro, ansimò
pesantemente.
“Lo
sapevo che tutta questa dannatissima storia non sarebbe
finita bene. Scommetto che con quei medicinali non puoi nemmeno bere.
Pusillanime fino in fondo, ora” ringhiò Zoro.
<
A modo suo si sta preoccupando e non ha tutti i torti.
Ho bisogno di tornare a cucinare, ne sento il bisogno… Se
solo non fossi stato
così indeciso > si disse Sanji.
Sanji
si portò il bicchiere colmo di martini alle labbra e ne
sorseggiò il contenuto.
Un’oliva gli cadde in bocca e la masticò
rumorosamente. Osservò Nami cantare
sul palco, teneva il microfono con entrambe le mani e i suoi capelli
erano
legati in un voluminoso chignon.
Le
luci
colorate dei riflettori facevano brillare le paillette con cui era
decorato il
suo abito da sera lungo.
Sanji
sospirò pesantemente.
“Dovrei
essere già tornato a casa da Robin, ma altri cinque minuti
qui. Cosa vuoi che
succeda? Nami ha una voce così bella e io voglio sentire
solo un po’ di sana
musica” si mentì.
<
Cuore in me, l’amore ti ha chiamato e tu ti spacchi in due
> si disse.
|
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Capitolo 20 *** CAPITOLO 20 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 20
Tu
cosa sei?
Sanji
rabbrividì, sentendosi toccare alle spalle. Si
voltò,
vedendo la tenda della doccia, regolò il respiro e si
voltò, chiuse gli occhi e
mise la testa sotto il getto d’acqua. Si passò la
spugna sul corpo smagrito, le
ossa premevano contro i muscoli. Rabbrividì per
l’acqua fredda, si tolse i
capelli umidi dal viso e si pulì la schiuma candida
lentamente. Finì di
lavarsi, chiuse l’acqua e tirò la tenda,
uscì e afferrò l’asciugamano,
infilò
le scarpe di tela bianca. Si asciugò i capelli,
s’infilò l’accappatoio.
Raggiunse i vestiti ammonticchiati sul water, finì di
asciugarsi e si vestì,
appendendo nuovamente l’accappatoio.
S’infilò calzini e scarpe, aprì il
bagno e
uscì, percorse tutta la casa e raggiunse la porta. Vide
un’ombra di sfuggita,
batté le palpebre e tornò a guardare, notando una
lampada. Scrollò le spalle e
uscì di casa, proseguì lungo la stradina di
ghiaia, ai cui lati c’era dell’erba
secca di un pallido giallo dorato. Tra i radi ciuffi verdi si
nascondevano
delle lucertoline, che facevano dei bassi rumori. Tra le fronde degli
alberi si
udivano i versi delle cicale che si ripetevano, il sole gli arrosava la
pelle
candida.
Percorse
la stradina fino al cancello alla fine del giardino
in un’oretta, attraversò il grande cancello e si
allontanò dalle telecamere.
<
Mi conviene allontanarmi adesso che Robin non è in casa
o m’impedirà di uscire. Ed io ho proprio bisogno
di una ‘tirata’ > pensò,
estraendo una sigaretta dalla tasca. Era ammaccata, se la accese con
l’accendino e inspirò rumorosamente. Si
allontanò dalla casa, scendendo per la
collinetta e intravide una figura fissarlo da dietro una macchina.
Assottigliò
gli occhi e si diresse in quella direzione.
“Hi”
salutò Bibi, dimenano le dita sottili.
Sanji
osservò la giovane, che indossava un prendisole
azzurrino e un cappellino al contrario.
“Ci
conosciamo?” domandò.
Bibi
sfilò un telefonino dalla tasca e gli mostrò il
primo
numero.
“Non
direttamente, ma so molto di te. Devi ringraziare la
tua mogliettina per questo” disse.
Sanji
corrugò la fronte.
“Hai
il numero di mia moglie. Questo significa che conosci
Robin, non me” ribatté secco. Espirò
rumorosamente una nuvoletta di fumo.
“Sono
un’investigatrice privata. Ecco la licenza” disse
Bibi, mostrandogli una tessera nel portafoglio.
Sanji
si grattò un sopracciglio, impallidendo.
“Mia
moglie mi fa spiare?” chiese rendendo più
ringhiante la
voce.
Bibi
si deterse le labbra con la lingua.
“Il
tuo angelo del focolare è molto più pericoloso di
quanto
credi. Fosse in te mi preoccuperei per la salvezza del tuo amico dai
capelli
verdi” disse.
“Marimo? Come
mai?” domandò Sanji, impallidendo.
“Si
sta facendo troppo curioso. Presto scoprirà che tua
moglie ha, diciamo, convinto il medico ha darti una dose massiccia di
tranquillanti. Non che tu non abbia bisogno di cure, ma invece di darti
quelle
ideali, preferisce stordirti. Così, uccellino, perdi il
vizio di lasciare il
nido” spiegò Bibi.
Sanji
prese la sigaretta con la mano tremante e digrignò i
denti.
“Tu
cosa sei? Una buona samaritana che ha deciso di
salvarmi?” domandò.
Bibi
negò con il capo, facendo ondeggiare i capelli azzurri.
“Non
esageriamo. Semplicemente se si scopre il mio ruolo in
questa storia, potrei essere accusata di concorso in omicidio. E se
diviene plurimo,
è un bel guaio” spiegò.
Sanji
si concentrò sul rumore delle cicale, il respiro
irregolare.
“O-omicidio?”
chiese rauco.
Bibi
mise entrambe le mani sui fianchi.
“Tua
moglie ha ucciso la tua amante” rispose gelida.
A
Sanji cadde la sigaretta di mano.
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Capitolo 21 *** CAPITOLO 21 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 21
Cuore
in me
Osceno
più del sesso
Zoro
teneva la schiena curva e il suo viso fissava quello di
Sanji.
“Sei
sicuro di quello che mi stai dicendo?” domandò
quest’ultimo.
Zoro
fece ondeggiare la sedia della cucina su cui era
accomodato, facendola scricchiolare.
“Decisamente.
Te l’avevo detto che era un po’ che le azioni
di tua moglie non mi convincevano. Quella donna è sempre
stata bellissima e
meravigliosa, ma il dottore deve averle messe strane idee in testa.
Fossi
in te, la convincerei a cambiarlo” disse.
“Sai,
forse le voci su suo padre…” mormorò
Sanji. Afferrò lo
schienale della sedia dell’altro e la raddrizzò.
“Inizi
a credere ci sia dietro un giro di mafia?” chiese
Zoro, inarcando un sopracciglio.
Sanji
piegò di lato il capo.
“Forse”
bisbigliò.
“Pensi
che lei lo stia facendo di proposito? Perché? Ti ama
no?” domandò Zoro, alzando la voce.
Sanji
ticchettò con la punta della scarpa di vernice nera
sul pavimento.
“Ultimamente
ho scoperto che le manca una macchina. Non era
tra le sue preferite e non ci ho fatto caso”
sussurrò.
“Ha
tante macchine?” chiese Zoro, guardando il viso
dell’altro. Gli occhi di Sanji erano cerchiati da delle
profonde occhiaie.
“Sì,
ma non le cambia spesso. Sono da collezione, me lo
avrebbe detto se l’avesse venduta” rispose Sanji.
Zoro
si grattò la testa.
“Cuocastro, non
capisco cosa stai insinuando” ammise.
“Niente”
mentì Sanji.
<
Non posso davvero credere una cosa del genere. Non
posso! > pensò.
Zoro
si grattò il mento squadrato.
“Ti
conviene andartene prima che lei ritorni. E fammi un
favore, stanne fuori” lo pregò Sanji.
“Umphf. Tutto
sommato siamo amici, non vedo perché…”
borbottò Zoro.
Sanji
si ticchettò l’indice sulle labbra.
“Occupati
del ristorante. Se mi dovesse succedere qualcosa…”
lo pregò.
“Così
mi preoccupi di più” disse roco Zoro, impallidendo.
Sanji
strinse le labbra fino a farle sbiancare.
“Io
te lo sto affidando, Zoro. Per quanto mi riguarda, puoi
anche chiamarlo ‘Rufy’ in suo onore”
disse, indurendo il tono.
Zoro
rabbrividì.
“Quello
è il tuo sogno. Sta a te occupartene”
ribatté.
“Nel
caso non dovessi riprendermi” lo interruppe Sanji.
Zoro
giocherellò con la fascia nera sul suo braccio.
“Cambiata
cura, guarirai in fretta. Smettila di
preoccuparmi, sopracciglio a ricciolo. Stai facendo dei discorsi
strani” cercò
di rassicurare l’altro.
“Ne
riparleremo domani, promesso. Dopo una bella notte di
sonno, smetterò di essere così catastrofico.
Questi medicinali mi stanno
confondendo” mormorò Sanji.
“Smetti
di prenderli” ordinò Zoro, corrugando la fronte.
Sanji
sospirò.
“Certo,
al massimo li sputerò di nascosto a Robin” gli
bisbigliò vicino all’orecchio.
“Ci
conto” ringhiò Zoro
“Siamo
cresciuti in strada, simili trucchetti siamo in grado
di farli entrambi”. Aggiunse Sanji, mantenendo basso il tono.
Si allontanò
dall’altro che aggrottò le sopracciglia.
“Va
bene, a domani” borbottò.
<
Sì, ci sto credendo. Come ho fatto a convincermi
così
facilmente che Robin, la mia dea, il mio angelo, sia
un’assassina?
Cuore
in me, osceno più del sesso, il tradimento ti ha reso
marcio. Oh Robin, perdonami per la mia mancanza di fede >
pensò Sanji.
Guardò Zoro alzarsi dalla sedia, lo accompagnò
fino alla porta. Zoro uscì dalla
cucina, dirigendosi all’uscita della casa.
Sanji
indietreggiò, i capelli biondi gli coprivano metà
del
viso mettendoglielo in ombra. Una lacrima gli rigò la
guancia.
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Capitolo 22 *** CAPITOLO 22 ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sulla soundtrack Cuore in me del musical Il gobbo di Notre Dame.
Cuore
in me
CAPITOLO 22
Cuore,
che
Cuore
sei?
Cuore
in me
Sanji
guardò il proprio riflesso nello specchio, il suo
corpo ignudo aveva la pelle ingrigita e le ossa premevano contro la
pelle. Con
il coltello si tagliò alcune ciocche di capelli biondi,
facendoli cadere per
terra, le sentì solleticargli i piedi. Guardò il
proprio riflesso nello
specchio e deglutì rumorosamente, facendo muovere il pomo
d’Adamo.
“Cuore
in me che cosa sei? Ora sei vuoto e sento solo la mia
assenza.
Nami
o Robin, fino alla fine non hai saputo scegliere,
vero?” domandò con voce rauca. Un rivolo di sudore
gli solcò il viso, i suoi
occhi cerchiati erano arrossati.
“Un’assassina,
l’altra una vipera ricattatrice. E tu in
mezzo. Sciocco e stupido cuoco. Perché non hai saputo
scegliere?!” si gridò con
voce rauca.
Fuori
dalla finestra della sua camera risuonava il verso di
alcuni uccelli, il verso delle cicale si era fatto sempre
più forte insistente.
Sanji
strinse il manico del coltello che teneva in mano,
alzò il braccio sopra di sé e guardò
il proprio riflesso anche nella lama.
“Oh,
quasi dimenticavo. Quando prepari qualcosa la cosa più
importante è sempre l’atmosfera.
Questo
è l’ultimo atto, se non sarò perfetto
questa volta,
non lo sarò mai più.
Mi
sono sempre servito come il più delizioso e prelibato dei
piatti. Questa volta, sarò un tripudio. Che la vittima
sacrificale risplenda
più del sole” disse con voce febbricitante.
Avvicinò
una poltrona alla finestra, spingendola con un
rumore stridulo.
“Mia
moglie sta tornando con il medico per obbligarmi a
prendere le pillole. Devo sbrigarmi se voglio che trovi la
sorpresa” mormorò.
Controllò che la poltrona fosse illuminata e si
allontanò. Spostò lo specchio
in modo che fosse ritto davanti alla poltrona.
Teneva
gli occhi sgranati e faceva un sorriso isterico.
Si
accomodò nella poltrona e accavallò le gambe
sottili,
guardò il proprio riflesso. La luce del sole gli creava
un’aureola di luce
dietro la testa, facendogli splendere di riflessi dorati i disordinati
capelli biondi.
Si
mordicchiò le labbra fino ad arrossarle, sentiva le dita
sudate e il manico del coltello si era inumidito. Chiuse gli occhi,
concentrandosi sul proprio battito cardiaco, isolandolo dai rumori che
provenivano da fuori. Cercò di regolare il respiro e il
battito cardiaco, erano
entrambi accelerati.
“Cuore
mio, muoio per te.
Nami
non so se mi ricongiungerò a te o alla mia Robin. Mi
allontano da entrambe, perdendomi nella mia incapacità di
scegliere.
Una
cosa sola è sicura, rivedrò il piccolo Rufy molto
prima
di Marimo. Glielo
saluterò”
bisbigliò.
Strinse
con più forza gli occhi, corrugando la fronte,
imperlata da pallide goccioline di sudore. I suoi muscoli erano tesi e
le vene
del collo gli si erano gonfiate, pulsando.
Sanji
si conficcò il coltello nel collo, squarciando la
pelle pallida con uno schizzo di sangue vermiglio, che man mano,
colando sul
suo corpo, si tingeva sempre più di denso rosso-nerastro. Il
cuoco perse la
presa sul coltello che rimbalzò sulle sue gambe e cadde a
terra, con un clangore
metallico.
Il
cadavere rimase immobile mentre la luce del sole si
faceva via via più aranciata, man mano che si avvicinava il
tramonto.
“Amorino,
sono a casa” disse Robin, aprendo la porta.
Il
suo grido di terrore e disperazione risuonò per tutta la
villa.
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