Online Dating

di Kim_Pil_Suk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 • Moonshine ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Our secret ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Die aloe and miserable ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 • Moonshine ***


Il profilo di Octavia era chiaro e deciso. Aveva 19 anni appena compiuti, era dell'Ariete, studiava giurisprudenza, le piaceva fare escursioni, andare in barca, uscire la sera, fare sport e mangiare bene, era un'amica leale e la sua immagine di profilo prometteva molto bene. 
 
Per cui Clarke si sentì quasi costretta ad andare all'appuntamento con lei. E non solo perché Raven l'aveva minacciata di farle passare dei giorni da inferno se l'avesse bidonata. 

 
Così Clarke era seduta allo Starbucks vicino il suo appartamento con un cappuccino in mano e la voglia di essere restata a casa a studiare. 

 
Qualcuno le diede un colpetto sulla spalla. Quando si voltò Clarke vide una ragazza più bella di quella nella foto. 

 
- Clarke? - chiese lei. Clarke annuì. 

 
Si alzò in piedi e le strinse la mano con un sorriso gentile. 

 
- E tu sei Octavia. - affermò. 

 
La ragazza davanti a lei, bella e dall'aspetto selvaggio come non poteva immaginarla la guardava in viso cercando di capire se fosse rimasta delusa o no. Però Clarke aveva trovato la sorpresa piacevole. A una bella ragazza Clarke non aveva mai rinunciato. 

 
Octavia e Clarke si sedettero al tavolino, ordinarono un'altra cappuccino e parlarono. 

 
Clarke la trovò piacevole. Octavia era divertente e libera. Era brillante e intelligente, aveva una mente aperta.
Quando si lasciarono, con la promessa di rivedersi il fine settimana dopo, quasi le dispiacque. 


 
 
Si incontrarono diverse volte in posti diversi prima che Octavia la invitasse a casa sua per farle conoscere i suoi amici e per mangiare qualcosa insieme. 

 
Clarke era nervosa, doveva ammetterlo. Non era particolarmente brava a fare amicizia. Non era aperta come la sua coinquilina, Raven. Quest'ultima sosteneva che fosse perché era troppo intelligente per i comuni mortali. E quando Clarke le chiedeva, allora, perché loro due fossero amiche lei le rispondeva che anche lei fosse un genio. 

 
La casa di Octavia si trovava ai margini del centro città. Sembrava abbastanza grande per due persone - Octavia l'aveva informata che viveva col fratello - ma non troppo grande. Era la classica casa americana. Se fosse passato un tornado Octavia avrebbe avuto bisogno di una casa nuova. 

 
Octavia le aveva detto che il fratello lavorava per mantenere entrambi per cui quella casa era più di quanto si fosse aspettata in una situazione del genere. Ma non era brutta, affatto. 

 
Quando bussò si preparò mentalmente - e fisicamente - un sorriso di cortesia, che non sembrasse nervosa, per Octavia. Ci vollero pochi secondi prima che qualcuno aprisse. Il sorriso di Clarke si spense - per lasciare il posto ad un'espressione sorpresa - non appena vide quello che per lei doveva essere il fratello. Clarke non pensava che fosse così bello - pensava che i geni della bellezza potessero andare solo ad uno dei figli - e invece era così. Si sentì così in colpa ad averlo pensato. Lei usciva con Octavia, si stavano vedendo e sembrava sarebbe diventata seria, non poteva pensare che suo fratello fosse bello. No di certo. 

 
Clarke mostrò il suo sorriso più educato ma neutro che avesse a disposizione e guardò dietro le spalle del ragazzo. 

 
- Sono Clarke. Sono qui per Octavia. - cercò di non suonare sgradevole. 

 
- Devi essere la principessa, allora. Entra. - il ragazzo le fece spazio, con ancora la mano sulla maniglia. 

 
Clarke entrò, confusa e infastidita. Lo oltrepassò ed entrò nella piccola casa dei due fratelli. 

 
- Ora Octavia arriva. Accomodati pure in salotto. - detto questo fece un gesto della mano verso verso quello che doveva essere il salotto e sparì nella direzione opposta. 

 
Non appena riuscì a percepire persino il proprio disagio quando si sedette sul divano di pelle bianca un suono di piedi che correvano velocemente giù per le scale la fece voltare appena. 

 
- Bell, allora non hai da lavorare, vero? - urlò Octavia, correndo verso la cucina, senza neanche notare Clarke seduta a disagio nel suo salotto. 

 
- No. Te l'ho detto: oggi rimango a farti compagnia. - sentì il fratello bonfocchiare dall'altra stanza. 

 
- Ti adoro! - disse la minore. - E poi sono sicura che Jasper sarà contento di batterti a qualche videogioco, come sempre. 

 
Bell bonfocchiò qualcos'altro che Clarke con capì. Poi sentì qualcuno che correva di nuovo verso le scale. Notò Octavia correre verso gli scalini e bloccarsi appena la vide. 

 
- Clarke! - esclamò sorpresa e contenta al contempo. - Come stai? - si avvicinò a lei e le diede un caloroso abbraccio. 

 
- Bene. Tu? - rispose Clarke con un sorriso imbarazzato. 

 
- Bene, grazie. - si voltò nervosamente verso la cucina poi le rivolse un sorriso di scuse. - Scusami un secondo. - disse subito prima di volare nella cucina. 

 
Clarke rimase immobile dove si trovava, in completo imbarazzo e confusione. La sentì camminare a passo pensante fino alla cucina e fermarsi. 

 
- Perché non mi hai detto che era arrivata? - squittì lei. 

 
- Perché non mi avevi detto di avvisarti quando arrivava. - rispose il fratello, con aria indifferente. 

 
- Pensavo fosse logico! - cercò di non urlare. - Almeno ti sei presentato? 

 
- Credo che la Principessa sappia già chi sono, non credi? - rispose il ragazzo con aria sarcastica. 

 
Clarke sentì Octavia sbuffare sonoramente e borbottare qualcosa a mezza voce al fratello. Poi tutti e due comparvero sulla soglia della cucina, lei con un sorriso cordiale e lui con aria scocciata. 

 
- Clarke. Lui è Bellamy, mio fratello. - Octavia indicò con la mano suo fratello e lo fulminò con lo sguardo.
- Piacere. - Clarke strinse le labbra e allungò la mano verso di lui, in imbarazzo.

 
Bellamy fece un cenno con la testa mentre gliela stringeva.
 
Calò un leggero silenzio imbarazzato durante il quale Clarke diede uno sguardo al mobilio.
 
- Bene, gli altri dovrebbero arrivare a momenti... credo. No, Bellamy? - disse Octavia, nel tentativo di spezzare l'imbarazzo.
 
- Monty aveva detto che stava raccogliendo Jasper e Jasper ha detto che stava raccogliendo l'alcool. Non so cosa intendessero, ma se riportano il loro Moonshine siamo spacciati. - si passò una mano fra i capelli e in quel momento più di altri le ricordò, a Clarke, la sorella. - Miller stava arrivando. Ha detto qualcosa che suonava come un "Raccolgo le puttanelle e arrivo" e poi ho sentito qualche urlo al telefono e un clacson. Lincoln dovrebbe essere qui praticamente ades-- esatto. - il campanello suonò e Octavia saltò sul posto, si sistemò i capelli dietro le orecchie e andò alla porta con passo leggero e saltellante. - Ancora non capisco perché quel ragazzo continui a frequentarci. - mormorò Bellamy osservando la sorella per poi dirigersi in cucina a passo pesante, lasciando Clarke un'altra volta sola.
 
Sentì delle voci all'entrata. La voce allegra e imbarazzata di Octavia e quella profonda e decisa, di poche parole, di un uomo. Tutti e due arrivarono al soggiorno chiaccherando amabilmente - in realtà era Octavia a chiaccherare e quello che doveva essere Lincoln le sorrideva educatamente.
 
Le venne presentato Lincoln. E poi, pochi minuti dopo, quando il silenzio imbarazzato stava facendo di nuovo capolino, le erano stati presentati quelli che dovevano essere Monty e Jasper - due ragazzini mingherlini con le braccia e le tasche piene di fiasche e bottiglie di alcool. "Sono arrivati i Party Boys!" avevano urlato alla porta. Presto si rivelarono una buona e chiassosa compagnia. Camminavano frettolosamente attorno a Clarke sparando domande a caso mentre frugavano a giro, le bottiglie che man mano diminuivano. "Dobbiamo nasconderle da Bellamy! Se trova il Moonshine ce lo sequestra e niente più Party." aveva detto uno di loro - Monty, forse - portandosi il dito alla bocca. Entrambi avevano gli occhi leggermente arrossati e un aria trasognata e allegra.
 
- Allora Clarke, - Jasper le saltò letteralmente accanto, facendola sobbalzare sul divano. - come mai sei qua in questa gabbia di matti? - disse accavallando le gambe.
 
Clarke prese un gran sospiro e guardò entrambi i ragazzi, ormai privi di bottiglie sospette e con i loro occhi rossi e spalancati dritti verso di lei.
 
- Beh, sto uscendo con Octavia, per adesso. Diciamo che non è niente di serio. - disse a labbra strette e mani unite sulle ginocchia.

 
- E come l'hai conosciuta? - chiese di nuovo Jasper avvicinando il viso con una smorfia buffa.

 
- Su internet. - disse annuendo appena, in imbarazzo.

 
A salvare di nuovo il momento, Octavia spuntò sulla soglia, sorridente e con i capelli legati in una coda alta.
 
Clarke doveva avere una faccia impaurita o buffa perché lei rise appena e la invitò in cucina.
 
- Sono sempre così... fatti? - sussurrò quando fu a portata d'orecchio.
 
- Nah. - la prese a braccetto - Solo alle feste. Sta tranquilla, fra poco staranno meglio. Sono bravi ragazzi.
Clarke lanciò un ultimo sguardo dietro di se - vide i due ragazzi giocare al gioco dei pollici - e seguì Octavia in cucina. Si sedette alla piccola penisola che si trovava in cucina e sentì Octavia chiaccherare con Lincoln mentre osservava Bellamy concentrato a tagliare la verdura.
 
Poi sentì urlare il nome della minore dei Blake. Jasper e Monty si catapultarono in cucina, bombardandola di domande. Entrambi misero le braccia attorno alle spalle di Octavia, facendo sempre più rumore.
 
Clarke ricevette uno sguardo di aiuto dalla ragazza così scese dallo sgabello e prese Jasper per il gomito.
- Andiamo a sciacquarci la faccia. - disse con calma trascinandolo su per le scale, dove sperava ci fosse il bagno.
 
Jasper, stranamente non disse una parola e la seguì in bagno. Si sciacquarono la faccia e tornarono giù in cucina. Entrambi si erano calmati.
 
Clarke prese del cibo dal ripiano e glielo diede, dicendogli di mangiare seduti con calma sugli sgabelli.
 
- Come hai fatto? - chiese Octavia. - Se lo fai tutte le volte ti invito per tutto il resto della mia vita. - disse alzando le palpebre e osservando i due ragazzi discutere sotto voce.
 
Clarke si limitò a ridere appena mentre osservava Jasper trangugiare cibo.
 
 
Miller si presentò poco dopo sulla porta di casa Blake con una ragazza - Harper, era così che si chiamava? - e dopo un veloce saluto ai Blake e a tutti fu presentato a Clarke. Miller si rivelò un tipo diretto, forse un po' distaccato, ma piacevole. Clarke lo avrebbe adorato.
 
Harper invece sembrava più allegra e socievole, molto gentile ma con le idee chiare e un tono di voce quasi sempre risoluto. Rimase con Monty e Jasper a fare casino e riuscì anche a farsi dire da loro dove fossero i nascondigli in cui avevano messo il Moonshine.
 
Octavia accompagnò tutti in salotto e si sedettero sui divani mentre Miller e Bellamy pensavano alla cena. Chiaccherarono e principalmente furono le urla di Jasper e Monty a rompere il silenzio, perforando i timpani a Clarke - si trovavano entrambi ai lati della povera sventurata, sul divano. Monty le stava spiegando come funzionava il processore di un computer di cui non aveva capito nemmeno il nome, mentre Jasper faceva di tutto per rovinargli la spiegazione.
 
Jasper finì col prendere Monty per il gomito e trascinarlo nell'altra stanza dicendogli che avrebbero infastidito Bellamy, cosa che loro sembravano adorare.
 
Octavia spiegò un po' come si erano incontrati, fra tutti. Jasper e Monty erano nello stesso corso di biologia con lei. Jasper era stato il suo mentore per quasi tutto l'anno mentre Monty non si staccava quasi mai da lui. Miller era il migliore amico di Bellamy da così tanto che non si ricordavano nemmeno come si erano incontrati. Harper e Lincoln invece erano i baristi del loro pub preferito ed era lì che li avevano conosciuti.
 
Due minuti dopo entrò Bellamy nella stanza, pulendosi le mani su uno straccio.
 
- Jasper e Monty? - chiese la sorella.
 
- Monty sta cercando di fare un discorso sensato con Miller mentre invade in modo ironico il suo spazio vitale. - disse avvicinandosi al divano. - Mentre Jasper è alla disperata ricerca dei nostri Oreo.
 
- Ma noi non abbiamo comprato gli Oreo.
 
- Io lo so, ma lui no. E li cercherà per almeno altri 5 minuti. - fece il giro del divano e ci infilò la mano sotto, tirandone fuori una bottiglia di vetro con un liquido dentro.
 
Poi cercò dietro e dentro la pianta, trovandone altre 3. Poi dietro la tv, sopra ad una pianta di orchidee - nascondiglio pessimo - e infine sotto i cuscini della poltrona. Le contò poi si guardò attorno freneticamente.
 
- Harper, dove sta l'ultima? - chiese guardando la ragazza.
 
- Perché lo chiedi a me? - disse lei con falso sconcerto.
 
Bellamy alzò semplicemente il sopracciglio.
 
- Ok. E' sotto il culo di Clarke. - disse indicandola con un movimento del polso.
 
Clarke alzò le sopracciglia, sorpresa, e Bellamy la guardò in attesa. Lei si spostò e Bellamy tirò fuori l'ultima bottiglia.
 
- Che ci farai ora con quelle? - chiese Harper.
 
- Le nascondo facendo in modo che quei due con ci facciano sbronzare. - disse andando verso il corridoio.
 
- E' davvero così forte quel liquore? - chiese Clarke.
 
- Decisamente. Per un periodo abbiamo bevuto solo quello. Ci fu un specie di "black out" di alcolici in tutto il quartiere e quelli vicini per cui loro inventarono questo liquore. Abbiamo bevuto solo quello. C'è chi ancora di noi ricorda quel giorno con disgusto. - commentò Harper.
 
Clarke sorrise. Vide Monty entrare in stanza con il braccio attorno alle spalle di Miller.
 
- E' quasi K.O. Forse questa volta riusciremo a fare una festa dove nessuno finisce in ospedale per una lavanda gastrica. - disse lasciando cadere Monty sul divano accanto a Clarke.
 
Clarke sistemò cautamente il braccio di Monty e lo sentì appoggiare la testa contro la sua spalla. Miller si sedette di fianco a Monty e Clarke notò quel modo di fare che, non la sorprese, Miller aveva quando si preoccupava per gli altri. Piccoli cenni, domande borbottate, che nessuno avrebbe notato ma che Clarke, a cui piaceva osservare la gente, aveva visto. E non solo quello le era saltato all'occhio. Le sembrava di conoscere quei ragazzi da sempre, anche dal modo in cui loro si apportavano a lei. Jasper la toccava, in quel modo che fanno gli amici di sempre, e a lei non dispiaceva. E sapeva che anche se non fosse stato così fatto Monty sarebbe sempre stato il piccolo muffin che era. Octavia era forte e sincera ma era giovane e così bella. Sembravano non sforzarsi di metterla a suo agio. 
 
Forse, l'unico che non sembrava andare a genio, era Bellamy. Era rimasto tutta la serata in disparte, senza darle un occhio, nemmeno uno sguardo, e lei l'aveva presa sul personale. 
 
Monty si era appisolato sulla spalla di Miller, che non era un amante del contatto fisico, ma non aveva battuto ciglio mentre parlava con Octavia e Lincoln. Harper si era intromessa nella conversazione, a senso unico, di Clarke e Jasper e l'aveva salvata da quella lenta agonia, distraendo il povero Jasper, stanco e confuso, con un racconto inventato sul momento.
 
Clarke si era alzata ed era andata verso la cucina. Aveva preso comodamente posto su uno sgabello appoggiando i gomiti sul ripiano dell'isola mentre Bellamy la ignorava apertamente. 
 
- Io non ti piaccio molto, vero? - aveva esordito lei passandosi le mani sui bracci, lentamente. 
 
Bellamy aveva alzato appena lo sguardo dalla padella e l'aveva guardata come se le fossero spuntate le ali. 
 
- Non proprio... - aveva mormorato ributtando lo sguardo sulla padella. 
 
- Come mai? - Clarke si sistemò sullo sgabello. 
 
Bellamy non le rispose ne subito ne dopo. Rimase in un silenzio ostentato evitando il suo sguardo. 
- Ah. - Clarke non voleva esordirlo ad alta voce ma se ne usci con - Sei il genere di fratello protettivo. 
 
Bellamy alzò lo sguardo pronto a partire ma Clarke aveva su un sorriso che diceva "Mi piaci e sono contenta che ci sia qualcuno a proteggere Octavia". Così rimasero di nuovo in silenzo mentre finiva si preparare la cena e ogni tanto la ragazza adocchiava l'orologio, chiedendosi se non fosse ora di andarsene. 
 
- Tu hai fratelli? - le chiese mentre tirava fuori i piatti dal mobile. 
 
- No. C'è Wess, il mio migliore amico, che è quasi un fratello ma non credo che sia la stessa cosa. - si strinse nelle spalle sapendo che lui non avrebbe continuato. E così fu. 
 
- La cena è pronta. Puoi avvisarli? - Clarke annuì e si alzò per chiamarli. - Comunque, Clarke, sono contenta che tu esca con mia sorella. 
 
Nonostante quello a Clarke suonasse come un avvertimento gli sorrise. 
 
- Grazie. Ma non credo durerà. A lei piace un altra persona... - da come lui le sorrise -un sorriso ambiguo, nemmeno vagamente simile ad un sorriso per le altre persone ma sincero per Clarke- sapeva che lui lo sapeva. - È ok. So vedere e capire quando rinunciare. Ma sono contenta per Octavia. Speriamo vada bene. 
 
 
La cena fu anche più rumorosa delle pre prima. Jasper urlava e mangiava cibo dopo cibo e Monty borbottava al suo fianco. Clarke non aveva mai riso tanto. 
 
Quando Octavia la accompagnò alla porta, quasi l'ultima ad andarsene via, le sorrise e la abbracciò stretta.
- Graziedi tutto, Clarke. - Octavia ricambiò l'abbraccio e rimase con le mani sulle sue braccia, guardandola dritta negli occhi, stringendola in quel modo così intimo e familiare che a Clarke dava un senso di casa. 
 
- Grazie a te Octavia. - la guardò negli occhi poi si voltò verso l'interno della casa, al salotto che si affacciava alla porta. - E tutti voi. - urlò guardando Jasper che si era addormentato e sbavava sulla spalla di Bellamy. Il primo fece un grugnito infastidito mentre Bellamy fece un segno con la mano senza staccare gli occhi dalla tv che mandava un documentario.
 
Octavia rise appena spostando lo sguardo da suo fratello a me. 
 
- E mi dispiace se non ho passato molto tempo con te. - le chiese sinceramente dispiaciuta. 
 
- Tranquilla, O. Capisco. - Clarke fece quella espressione che fece capire a Octavia che "lo so e mi va bene così". 
 
Si sorrisero e si salutarono per un ultima volta. Clarke salì sulla sua prius grigia, mise in moto con un sospiro e partì. Strinse le labbra sentendosi il peso sul petto leggero.






Note:
First of all bitches...
jk, grazie di aver letto la mia storia e grazie a chiunque commenti/recensisca. E' gratis ed evolve alla causa "aiuta una scrittrice con bassa autostima".
Poi boh, niente. Have fun leggendo la storia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Our secret ***


Clarke strinse il cellulare tra la spalla e la guancia. 
- O, non serve che tu venga. Davvero. I miei amici sono noiosi. E poi ne ho veramente pochi. 
- Ma io ci tengo a venire! Tu hai conosciuto i miei amici e io voglio conoscere i tuoi! - Octavia sembrava determinata dall'altra parte della cornetta. - A meno che tu non mi ci voglia... in quel caso posso farmene una ragione. 
Clarke sospirò appena e sorrise portandosi il caffè bollente alle labbra e reggendo i libri con l'altra. 
- Certo che ti voglio con me! - appoggiò il caffè sul tavolo e prese il cellulare con veemenza poi sospirò con un sorriso. - Va bene, puoi venire ma porta un paio dei tuoi amici. Ok, O? 
Octavia squittì e rise appena. 
- Ok, porterò Jasper e Monty. Completamente lucidi! - si affrettò  a specificare. Clarke sorrise inconsciamente e la sentì sospirare allegra. 
- Tutto ok, O? - chiese poggiando i libri sul tavolo del bar. 
Sì ma non dire a mio fratello che mi chiami così o inizierà a dire che l'ha coniato lui. - rise appena. - Ci si vede stasera, Clarke. - continuò poi dolcemente. 
- A stasera. - poi chiuse la chiamata con un colpo secco. 
 
Da Clarke Raven
"Stasera ci raggiungerà Octavia con un paio di suoi amici. Sono simpatici, vedete di non spaventarli, te e Wells."
[ 12:03 ]
 
Raven risponse con una semplice emoticon con l'occhiolino. Questo la preoccupò. 
 
 
 
Quella sera, Clarke, era nervosa. Nonostante non ne avesse motivo. 
D'altronde, se Raven e Wells avessero spaventato Octavia lei avrebbe perso qualsiasi possibilità con lei. Non che ne avesse, eh.
Fatto sta che si trovava al tavolo del suo pub preferito con Raven e Wells che chiaccheravano allegramente davanti a lei. 
- Clarke, sono contento che almeno ce la presenti. Sono settimane che ne parli e non abbiamo nemmeno sentito la sua voce. Sappiamo solo ciò che era sul sito di incontri. - Wells bevve un sorso della sua birra e la osservò dal bordo del suo bicchiere. 
Clarke gli fece un sorriso nervoso. 
- La conoscerai fra poco. È fantastica. 
Raven le lanciò uno sguardo di sfuggita prima di essere interrotta da una voce. 
- Clarke! 
Quando si voltarono videro una ragazza bellissima con un largo sorriso. Si avvicinò con una mano sulla borsa a tracolla appoggiata sulla spalla e una già propensa a stringere la vita di Clarke che si stava alzando per salutarla. Jasper e Monty qualche metro dietro di lei. 
- O! - le baciò entrambe le guance e la abbracciò poi si voltò verso i suoi amici e li indicò. - O, loro sono Raven e Wells. Non ti fidare molto di ciò che dicono sul mio conto. - disse facendola accomodare. 
- Non è vero. Siamo degli angeli. - Raven fece un gesto di scherno con la mano e alzò gli occhi al cielo. - Non racconteremmo mai, ad esempio, si quella volta che sei rotolata per una rampa di scale perché ti eri messa a guardare la gonna della cheerleader del nostro liceo. Pf! Non lo racconteremmo ad anima viva. 
Clarke arrossì fino alla punta delle orecchie e spostò lo sguardo sulla porta del locale dove Jasped stava parlando a raffica a Monty, che piano cercava di farli avvicinare al tavolo, scusandosi con lo sguardo. 
- Che succede a quei due? - chiese portandosi una ciocca dietro l'orecchio. 
Octavia alzò le spalle e sospirò. 
- Jasper crede che Monty stia passando troppo tempo con Miller e che lo abbandonerà del tutto. - li fissò parlare ancora per qualche secondo, poi sentendosi osservati si avvicinarono al tavolo e sorrisero ai due sconosciuti. 
- Ok, e dopo questa breve discussione ecco... - fece come un rullo di attesa. - I Party Boys! - esclamò Jasper con annessa mossa delle mani. 
Octavia e Clarke gli fecero eco mimandoli con le mani e le bocche. 
Monty si sentì in colpa per lui e presero posto. 
- Io sono Monty. - il ragazzo tese la mano e entrambi i ragazzi davanti a lui si presentarono con piacere. - E lui è Jasper. 
- Sono contenta che stavolta siate lucidi. - scherzò Clarke. 
- Ah sì! - scattò Jasper. - Scusa per l'altra volta ma se ho detto qualcoda sulle noci della patagonia... beh. Dimenticalo. 
Clarke era ancora più confusa ma sorvolò tutto con un gesto della mano.
 
La cena andò più bene di come Clarke aveva previsto. Ne Wells ne Raven avevano svelato nulla di sconveniente ed entrambi sembravano adorare Octavia. Octavia dal canto suo era così dolce che non potevano nemmeno immaginare che potesse pensar male di qualcuno. 
A fine serata i ragazzi rimasero a parlare da soli mentre Clarke stava con Octavia. Le teneva le mani e le sorrideva. Non so sentiva così apprezzata da tanto. 
- Divertita? - le chiese passandole un dito sul dorso della mano. - Spero che i miei amici non ti abbiamo imfastidita. 
- Scherzi? Direi che è il contrario. E ne ho portati solo 2... - si strinse nelle spalle. Clarke rise appena e Octavia la guardò un attimo poi continuò. - Clarke, devo dirti una cosa. Io... non credo di essere pronta a qualcosa di nuovo. Non qualcosa di così intenso. 
Il sorriso sul volto di Clarke non diminuì e Octavia ne fu sollevata. 
- Lo so. - la bionda annuì. - E nemmeno io. E non voglio costringerti a fare nulla. - la strinse appena a se. - So che non sono io la persona che ti piace. 
Octavia aggrottò appena le sopracciglia, confusa. 
- Beh, fai quella cosa quando sei in imbarazzo. Ti porti i capelli dietro le orecchie e... niente. Lo fai sempre quando parli con Lincoln per cui ho immaginato fosse lui. 
Octavia le sorrise e le sussurrò un grazie all'orecchio. 
Quando si avvicinarono al resto del gruppo Raven la guardò con sguardo furente. 
- Clarke, vuoi dire a questi due scemi che Arya è decisamente la migliore fra tutti i personaggi femminili? - la prese per il gomito tirandola a se. 
Jasper non sembrò offesso dall'insulto ma bensì dall'affermazione. 
- Arya? Arya Stark?! Quella che gioca con i bastoni?! Khaleesi è decisamente la migliore! - le puntò un dito contro. 
Si misero ad alzare la voce nel parcheggio e Clarke si voltò a vedere Octavia che alzò le spalle e si sorrisero. 
- Ti serve un passaggio a casa? - le borbottò nel casino -al quale si era aggiunto Wells che continuava a ripetere che Sansa era di gran lunga la migliore. 
- No, viene mio fratello a prendermi. - notando la piccola smorfia mal celata di Clarke continuò - Non andate molto d'accordo, eh? 
- Brutto pessimo incontro. Ma mi piace tuo fratello. È sveglio e ti vuole bene  basta questo. Non devo mica sposarmelo. - disse con un'alzata di spalle. 
- Chi devi sposare, Principessa? - quel tono insolente la fece voltare ritrovandosi Bellamy avvoltò in un cardigan e con degli occhiali neri sulla punta del naso. 
- Sicuramente non te visto che sembri tanto un nerd gay così. - Clarke osò un po' di sarcasmo. Ma invece di ricevere uno sguardo di disprezzo vide un piccolo sorriso divertito sulle sue labbra, subito prima che si girasse verso il gruppo -che aveva deciso di abbassare i toni e, di comune accordo, erano arrivati a dire che tanto sul trono ci finiva Lady Olenna. Clarke udì solo un forte suono strozzato e si voltò in tempo per vedere il volto disgustato di Bellamy e quello sconvolto di Raven. 
- Tu! Pensavo di essermi sbarazzata di te! - grugnì Raven. 
Bellamy si limitò solo a fare un verso stizzito e ad alzare gli occhi al cielo, sotto lo sguardo confuso di tutti.  
Clarke lanciò uno sguardo confuso a Raven e la ragazza le rispose alzando le mani in aria. 
- È quel pervertito di Portland! - urlò esasperata. 
- Pervertito a chi! - urlò Bellamy che coprì il lungo "Ahhhh" della bionda. 
- Quello che nella discoteca mentre vi baciavate ti ha strinto il culo? - chiese cercando di ricordare. 
Quando Raven annuì con veemenza Clarke scoppiò a ridere. 
- Bell! Cosa hai fatto? - squittì la sorella. 
Bellamy balbettò delle spiegazioni confuse che erano un misto di "pensavo che per lei andasse bene" e "mi dispiace mia mamma non mi ha cresciuto come un maniaco sessuale". 
 
 
Clarke, 1 ora dopo, in macchina con Raven alla guida e Wells dietro che ronfava ancora ci stava ridendo. 
- Te lo giuro! Mi ha preso il culo così forte da lasciarmi il segno! - tiròun ceffone al volante. - Pensava davvero che dopo un solo bacio volessi andare a letto con lui? Che maniaco! E pensare che è il fratello di quella dolce ragazza! - sbraitò facendo sobbalzare Wells nel sonno. 
Clarke non riusciva a smettere di ridere ma si portò un piede sotto il ginocchio. 
- Rae, puoi fidarti di Bellamy. È un bravo fratello e per quello che ne so è una brava persona. 
- Cosa sai di lui? - chiese Raven lanciandole uno sguardo di traverso. - Piuttosto... cosa sanno loro di te? Sanno come mai ci siamo trasferiti qua?
Clarke si strinse nelle spalle. 
- Non mi sembrava il caso di raccontarlo al primo appuntamento. Ma gliene parlerò. Se saremo amici. 
- Certo che lo saremo! Hai visto come sono simpatici? - sbottò allegra. - Oltre a quel pervertito e alle idee di merda di Jasper sono delle persone fantastiche! 
Clarke sorrise e si protese per darle un bacio sulla guancia. 
- Oooh! RaeRae! Ti sposerei se non ti sentissi con quel cretino di Wick. 
Raven rise mentenendo lo sguardo sulla strada vuota. 
 
 
Più passavano le settimane e più Clarke iniziava a sentirsi parte di un gruppo. Un gruppo tutto nuovo pieno di gente pazza e divertente. Raven si era unita a loro un paio di volte, con stizza guardando Bellamy con disprezzo, se non ignorandolo completamente nelle discussioni. Non che Bellamy le desse molto peso essendo un tipo tranquillo e che stava principalmente per i fatti suoi. 
Clarke, Octavia, Jasper e Monty erano andati al cinema un pomeriggio e la bionda aveva capito di avere un certo legame con questi ragazzi. 
- Allora, come hai conosciuto Raven? - le chiese Octavia mentre stavano seduti al bar a bere caffè mentre Jasper si riempiva la bocca di waffle. 
- È complicato. - le sembrava il momento per dirlo ma il coraggio le morì in gola. 
- Va bene se non vuoi dircelo. - le mormorò Octavia, appoggiando dolcemente la propria mano sulla sua, un sorriso gentile sul viso. 
- No, ve lo voglio dire. - prese un altro sorso del suo caffè. - Solo che è il passato da cui io e Raven cerchiamo di fuggire. 
- Noi non ti giudichiamo, Clarkey. - le disse Monty. La bionda sorrise loro, riconoscente. 
- Ok... qualche anno fa avevo questo ragazzo, Finn, con cui uscivo da un mese o poco più. Un giorno eravamo a guardare un film a casa sua quando bussano alla porta. C'era una ragazza, che si era presentata come la sua fidanzata. Ora capirete come io fossi confusa da questa affermazione. Fatto sta che esce fuori che loro stavano insieme da 2 anni e che io ero finita a fare "l'altra ragazza". Ha inventato così tante scuse dicendo che lei era il suo passato e io il suo futuro, che pensava di aver chiuso con lei quando lei si era trasferita per continuare gli studi... allora io e lei ce ne siamo andate insieme e siamo diventate amiche. 
- Questa ragazza è Raven? - Clarke annuì alla domanda di Octavia. - Ed è da questo che cerchi di allontanarti? - Clarke annuì, riluttante. 
- Avevo paura che mi giudicaste come una credulona o una che scappa dai problemi. - mormorò contro il bordo della tazza. 
- Oh, Clarke. - Octavia si spinse di più verso di lei e le diede un leggero abbraccio. - E come potremmo. 
Clarke le sorrise. 
Continuarono a parlare per un'altra ora, nel completo agio. Poi si infilarono i cappotti e tornarono verso casa della giovane Blake dove Clarke rilasciò sia lei che Jasper e Monty. 
- Ah, Octavia. - la chiamò subito prima che entrasse in casa. - Voi ragazzi ricomincerete la scuola dopo le vacanze invernali fra poco, vero? - Octavia le annuì. - Se ti serve una mano con gli studi o compagni nel tempo libero chiamate pure, ok?
Octavia le sorrise e annuì. Poi entrò in casa, dove Jasper e Monty stavano già facendo disordine.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Die aloe and miserable ***


Clarke era rilassata, forse leggermanete brilla, e stava ridendo quando le he caduto il mondo addosso in pochi secondi. 
 
Aveva appena chiuso al telefono con Raven - non poteva raggiungerli perché aveva un appuntamento con Wick - quando Jasper gli aveva passato la bottiglia di Moonshine. Era contro le regole della casa bere quella roba, ma Jasper aveva detto che un solo sorso non le avrebbe fatto nulla. Però quell'unico sorso le aveva fatto diventare la testa leggera.
 
Tutti i suoi amici erano brilli quanto lei, se non di più. L'unico che sembrava prendere le redini della situazione era Bellamy, calmo e pacato come suo solito. 
 
- Questa roba è davvero forte! - disse con voce troppo alta. 
 
- Infatti ora la porto via. - disse Bellamy sequestrando la bottiglia e lanciandole uno sguardo che Clarke pensò fosse arrabbiato.
 
Il ragazzo sparì nella cucina in un batter d'occhio e Clarke fece un sospiro profondo. 
 
- Si preoccupa tanto. È un bravo fratello. - borbottò Octavia al suo fianco. Anche lei troppo brilla per dire qualcos di concreto o mantenere la testa dritta.
 
Clarke annuì, incapace di dire una singola parola, quando le squillò il telefono. Il numero sul display diceva che era Raven così accettò la chiamata e si portò il cellulare all'orecchio.
 
- Che c'è? Wick ti ha dato buca? - chiese ridendo sotto i baffi. Capitava che Wick arrivasse in ritardo. 
 
- Pronto? - la voce oltre la cornetta non era quella di Raven. Dal timbro doveva essere un uomo sulla quarantina. Ma perché il suo tono era rammaricato? - Lei deve essere il fidanzato della ragazza. - Clarke scattò a sedere, spalle tese e ginocchia molli. Immediatamente una paura accecante la assalì. Cosa poteva essere successo di così grave da essere chiamati da uno sconosciuto? Clarke si sentiva la testa leggera e ovattata, ma non per l'alcol. 
 
- No... sono la sua migliore amica. Le è successo qualcosa? - tutti intorno a lei si zittirono, persino il battito del suo cuore, in attesa della risposta. A Clarke sembrarono passare minuti in attesa mentre il cuore le pompava sangue nelle orecchie e l'unica cosa che sentiva era il suo respiro nervoso, agitato. 
 
- Mi dispiace, signorina, ma la sua amica... la sua amica ha avuto un incidente. Una macchina deve aver sbandato e la sua amica èstata investita in pieno. Sulla fiancata della macchina c'è un enorme buco. - iniziò a spiegare ma Clarke non lo ascoltava nemmeno. Qualcuno oltre la cornetta, un altra voce estranea, in lontananza, disse qualcosa. - I paramedici chiedono il suo nome. 
 
Clarke rimase in silenzio per un attimo, chiusa nell'attimo, nella paura di perdere la sua migliore amica. Il terrore e la sorpresa le avevano serrato la mascella e non sentiva più le dita molli attorno al cellulare. 
 
- Raven, Raven Reyes. - la sua stessa voce le uscì distante e vuota. Sentì quello scoppio, qurl senso di allarme, dentro di se. Qualcosa le scattò e prima ancora che potesse accorgersene stava camminando nervosamente per la stanza, ormai completamente sobria, il volto bagnato dalle lacrime. Il sangue le pompava nelle vene ad una velocità assurda e le sue gambe molli provavano a reggerla mentre girava per la stanza. - Dove... dove la stanno portando? - la sua voce usciva forte e scossa. - Quale ospedale. - sentiva gli occhi dei suoi amici addosso. Stavano vedendo la sua parte vulnerabile e in questo momento non le importava.
 
- Il Mercy. 
 
Clarke chiuse la chiamata e si voltò trovando lo sguardo di Octavia. Si portò le mani tremanti ai gomiti e Octavia si alzò per abbracciarla. La strinse forte e un senso di calore, di comprensione, la avvolse. Possibile che quella ragazza potesse farla sentire così in un momento del genere? Clarke nascose il volto nella sua spalla. 
 
- O, è la mia migliore amica. - disse nell'incavo del suo collo. Octavia le accarezzò la schiena. La capiva. - Ho bisogno di vederla, di sapere che sta bene. - si staccò all'improvviso tremando come una foglia, con gli occhi lucidi e le lacrime che ancora scendevano. Il terrore sul suo volto faceva capire che nessuno poteva fermarla. 
 
Bellamy entrò proprio in quel momento, una bottiglia alla mano e lo sguardo confuso sul volto. 
 
- Cosa succede? - aggrottò le sopracciglia in quella che doveva essere un'espressione preoccupata osservando Clarke scossa e terrorizzata. Lei non gli diede tanto peso e osservò Bellamy senza vederlo. 
 
- Raven ha avuto un incidente. - gli spiegò la sorella. Gli lanciò uno sguardo e il fratello sembrò capire al volo. 
 
Bellamy lasciò la bottiglia di acqua che aveva in mano e prese le chiavi. In pochi secondi fu di fianco alla bionda. 
 
- Vieni, ti porto da lei. - le disse prendendola delicatamente da una spalla. Clarke si limitò ad annuire e raggiunse la macchina nel vialetto mentre Bellamy prendeva i loro cappotti. 
 
Fuori faceva freddo ma Clarke si stava sentendo morire dentro, intorpidita da quella valanga di emozioni.
 
 
Durante il viaggio Clarke rimase in silenzio, con lo sguardo sul cruscotto e le ginocchia e le braccia strette al petto. Non si mosse e sembrava non respirare. Si asciugò il naso che colava con la manica, incurante, e indirizzò il suo sguardo alla strada. Le luci, le sembravano distanti anni luce dal suo piccolo mondo di terrore che si era creata.
 
Bellamy pigiò sull'acceleratore e arrivò all'ospedale in tempo record. 
 
Clarke avrebbe voluto avere la forza di correre fino alla sua stanza ma si reggeva a malapena in piedi. Stava rivivendo lo stesso incubo di quando era piccola e aveva perso il padre. Ma questo sembrava più reale. Perché era più grande e lei aveva ricevuto la notizia da una voce sconosciuta, una voce senza faccia. 
 
Bellamy la sorresse lungo i corridoi asettici 
fino alla reception e poi fino alla stanza.
 
Raven era distesa sul letto, circondata da tubi e macchinari. Era ferma, gli occhi chiusi, quasi sembrasse morta e a Clarke mancò la foeza nelle ginocchia. Bellamy se la strinse al petto e Clarke si contenne dall'urlare. Non capiva se era viva e il dolore e la paura le impedivano anche solo di concentrarsi sui macchinari. 
 
Certo che era viva. Raven ha la scorza dura, si disse. Non morirà senza il mio permesso. E dopo oggi non lo avrà mai. 
 
Un dottore le spiegò che la sua schiena era compromessa. C'era una brutta emorraggia che era stata drenata e Raven poteva dirsi salva.
 
Le avevano fatto un intervento di urgenza ma che avrebbero saputo gli esiti solo quando si sarebbe svegliata. 
 
La bionda si mise di fianco al suo letto e Bellamy rimase in disparte, per darle privacy ma anche per controllarla. Clarke si chinò sul suo viso e la guardò, spostandole i capelli dai tagli ormai ricuciti. Le sorrise appena, in un modo quasi sadico, distrutto. Era così bella e gentile ma così distrutta. Le passò delicatamente una mano sul livido sulla fronte. 
 
- Giuro che se muori ti uccido. Ti resuscito apposta per ucciderti io. - le disse nonostante fosse addormentata. - Non puoi farmi questo pure tu. Non tu, stronza. - per qualche motivo era arrabbiata, ma non con lei. Era distrutta e non piangeva più.
 
Si sedette sulla poltroncina scomoda e vecchia dell'ospedale e appoggió la testa sul materasso e senza che se ne accorgesse si addormentò stringendo appena la mano di Raven nella sua. Era calda e finché era così sapeva che era viva e questo le bastava. 
 
 
 
Qualcuno - Bellamy - le aveva messo il cappotto sulle spalle mentre dormiva e gliene era grata, visto l'aria condizionata che tirava lì. Si svegliò con la gola secca e gli occhi gonfi di pianto. 
 
Si alzò al suono della voce di Raven che chiaccherava con Bellamy. Avevano un tono basso, per non svegliarla ma non sembravano litigare. 
 
- No no, affatto. Non è stupida. - sentì dire a Raven. Bellamy non continuò quando vide Clarke alzare lentamente la testa. - Sorgi e risplendi bella addormentata. - le disse sarcasticamente. Un sorriso divertito sul viso livido.
 
- Vedo che non hai perso il tuo sarcasmo. Buono a sapersi. - disse con voce roca. La fissò intensamente per dei secondi. - Se non fossi ricoverata ti prenderei a schiaffi. Ti avrei ucciso se morivi. - ripeté. 
 
- Chissà perché ma ci credo. - Raven alzò le mani in segno di resa.
 
Il telefono di Bellamy squillò e lui si allontanò per non interromperle. 
 
- Ti resterò appiccicata al culo per tutta la vita, stronza. - le disse mettendole una mano sui capelli e accarezzandola. Aveva un sorriso dolce anche se contrito. Guardò attentamente il volto di Clarke e capì che aveva pianto.
 
- È per te. - Bellamy le si avvicinò e le passò il cellulare. Clarke lo prese confusa, ricordando poi che aveva dimenticato il suo a casa dei Blake, nella furia del momento.
 
- Pronto? 
 
- Clarke! - era Wells, che le aveva appena urlato in un orecchio. Era arrabbiato e spaventato. - Perché non mi hai chiamato! Sei stata davvero una stronza! Mi ha dovuto avvisare Octavia! Non sai quanto ero preoccupato! - disse tutto così in fretta che a Clarke arrivò tutto all'improvviso. Doveva essere davvero arrabbiato se aveva detto delle parolacce.
 
- Wells. Rilassati. Sto bene. Non sono io quella che sta male. - lanciò uno sguardo a Raven subito dopo aver alzato gli occhi al cielo.
 
- Come sta Raven? - si era calmato. 
 
- Si è svegliata ora. - disse lanciandole un'occhiata. La mora le sorrise stanca ma rassicurante. - Te la passo. 
 
Raven e Wells parlarono per dei minuti e Clarke poteva sentire il suo amico urlare dall'altra parte della cornetta mentre Raven cercava di calmarlo. La bionda le teneva una mano e le accarezzava il dorso con il pollice. L'altra gliela stringeva a tratti, per farle capire che era lì ed era viva. Era il suo modo di comunicare. 
 
- Tieni. - Bellamy si posizionò accanto a lei porgendole un bicchiere di qualcosa di caldo. La ragazza lo accettò con un sorriso.
 
- Grazie, di tutto. - il ragazzo le rispose con un sorriso contenuto e lei prese un sorso della bevanda. - Cioccolata calda?
 
- Aiuta, anche meglio del caffè. - si appoggiò con i fianchi al fondo del letto e Clarke gli fu grata di tutto in quel momento. 
 
Raven finì la chiamata mentre Clarke finiva la sua cioccolata. Sbuffò e borbottò che Wells si preoccupava sempre troppo.
 
Quando entrò il dottore Bellamy si spostò in modo che entrambe potessero vederlo. Disse loro che dovevano fare dei test. Niente di doloroso, gli assicurò. Così Clarke diede un bacio sulla fronte alla ragazza e andarono fuori ad aspettare. Era nervosa, forse anche più di Raven.
 
 
Nel tempo in cui aspettarono ricevettero chiamate da tutti i loro amici, ormai sobri anche se con il mal di testa, che chiedevano come stesse Raven e come stessero loro due.
 
Jasper e Monty erano in lacrime e pieni di sensi di colpa perché l'avevano fatta bere, ma Clarke li rassicurò per ore che non avevano nessuna colpa. Era stato difficile ma dopo 23 minuti si chismata avevano deciso che potevano conviverci.
 
Octavia si era dimostrata forte e gentile e le aveva chiesto se voleva passare da lei quando avrebbe staccato. Clarke aveva bisogno di compagnia. Gliene fu grata.
 
Miller, Lincoln e Harper augurarono il meglio ad entrambi ma non la mandarono per le lunghe. 
 
Poi il silenzio calò. Clarke e Bellamy non avevano molta confidenza così il disagio aleggiava fra loro. In realtà era Clarke quella a disagio. Bellamy sembrava stare bene nel silenzio. 
 
- Vuoi rimanere anche stanotte? - le chiese dopo qualche minuto. 
 
- Credo di sì. Posso dormire sulla sedia e andarmene poi domani sul tardi. Puoi andare, non sei obbligato a starmi dietro. Ora posso farla a piedi o prendere i mezzi pubblici, sto qua vicino. 
 
Bellamy aggrottò le sopracciglia e rimase a braccia incrociate, come era stato tutto il tempo. 
 
- Non è un obbligo il mio. - disse con voce profonda. Clarke non seppe come rispondergli. - Non hai scuola domani? - disse ricordandosi che era lunedì e le vacanze erano finite. 
 
- No. - disse Clarke stringendo le labbra e mantenendo lo sguardo sul muro di fronte a loro. Era a disagio. Quello per lei era ancora un argomento pungente. 
 
- Lavoro? - chiese poi, confuso. 
 
- Nemmeno. - mormorò a disagio. Il ragazzo rimase in silenzio così lei sospirò. - Puoi chiederlo. 
 
- Come fai ad andare avanti senza qualcosa che ti retribuisca? Non che io abbia visto casa tua. Per me te potresti abitare sotto un ponte e lavarti nei bagni pubblici. - disse con un'alzata di spalle. A Clarke sfuggì un sorriso. 
 
- Io ho... - era a disagio a parlare di se e soprattutto del lato della sua vita che non la rendeva affatto fiera. - Ho un fondo. Mio padre mi ha lasciato diversi soldi e mia madre ne ha altri. Così mi sono presa un anno sabbatico, per decidere cosa fare della mia vita. - dopo questa frase ne seguirono minuti di silenzio. 
 
- Cosa facevi prima di smettere?
 
- Medicina. Ultimo anno. - e sorrise all'ironicità della situazione. - Ma stavo pensando di lasciare tutto per l'arte. Mi piace aiutare la gente ma non sono ancora sicura che quella sia la mia strada. - non sapeva cosa l'avesse fatta aprire così. 
 
Bellamy aprì la bocca per dire qualcosa quando la porta della stanza si aprì e Clarke scattò in piedi. Il dottore li invitò dentro. 
 
Ravene stava seduta, immobile, sul lettino. Con la testa rivolta verso la finestra semichiusa, senza mai voltare lo sguardo verso i suoi amici. Non sembrava nemmeno che si fosse accorta che erano entrati.
 
Clarke le tenne la mano inerme tutto il tempo mentre il dottore gli diceva il resoconto. E Clarke pianse per lei perché sapeva che lei non lo avrebbe fatto, troppo orgogliosa per farlo davanti a tutti. Stupida Raven. Ma lei si meritava tutte le lacrime del mondo e Clarke le avrebbe dato questo e altro. Se le meritava e Clarke avrebbe fatto qualcunque cosa perché lei stesse meglio.
 
 
 
Raven rimase in silenzio per i successi tre giorni. Non le rivolse una parola, ancora sconvolta. Non aveva pianto, ne urlato. Non aveva avuto la minima reazione. Aveva smesso di mangiare, ignorando completamente i pasti, senza nemmeno spiegarsi. Sembrava sempre più stanca ogni giorno che passava e Clarke ci aveva davvero provato ma nessuno la ascoltava. La paura che la sua migliore amica potesse scomparire tornò a galla di nuovo. Si stava lasciando morire e Clarke lo sapeva. 
 
Bellamy fece avanti e indietro fra l'ospedale e casa propria per farsi la doccia e portare un paio di cambi a Clarke. La bionda non si mosse dal fianco di Raven. 
 
- Grazie. - gli sussurrò quando le passò la giacca. Non aveva notato di star tremando. - Non devi stare per forza al mio fianco. 
 
- Non importa. Stasera non devo lavorare. 
Clarke annuì, sovrappensiero. 
 
- Raven. - la scosse appena, con la voce tremula. - Rae, rispondimi. - Bellamy si mise vicino al muro dietro la bionda. Raven non diede segno di voler rispondere, batté solo le palpebre sugli occhi rossi. - Raven, sei così da giorni. Per favore, di qualcosa. Ti prego. - altri secondi di silenzio. - Parlami.
 
- Cosa vuoi che dica? - la sua voce era roca e bassa. Clarke doveva essere contenta di quella reazione ma questo la fece solo arrabbiare. 
 
- Qualsiasi cosa. Come ti senti? - cercò di stare calma, per lei. 
 
- Come vuoi che mi senta? - voltò lentamente la testa verso di lei e la guardò negli occhi senza davvero vederla. - Vuoi che ti dica come ci si sente a sapere che non potrò mai più usare la mia gamba sinistra? Come ci si sente a sapere che sarò per sempre una menomata? - gli occhi le diventarono lucidi. - Ci si sente benissimo. - nella sua voce c'era astio e rammarico. 
 
Clarke pianse di nuovo, ormai stanca. 
 
- Andremo avanti insieme. - Raven non le rispose. - Ti prego... - ancora niente. 
 
- Perché vuoi tanto che io ti dica come sto? Cosa cambia? - non voleva ferirla, ma lo stava facendo. 
 
- Perché tu sei la mia migliore amica e perché senzadi te la mia vita non avrebbe un senso! - scattò in piedi urlando e Raven la guardò spaventata. Bellamy le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, per farla calmare. E questo gesto la calmò davvero. Così abbassò la voce. - Perché ti voglio bene e non devi tenerti tutto dentro. Non riesco a vederti mentre ti lasci morire! Io sono qui per aiutarti e non posso piangere per te per tutta la vita. Devi sfogarti o non ne uscirai mai più. 
 
Raven rimase immobile poi gli occhi le si riempirono di lacrime e le tremò il labbro.
 
Clarke le cadde addosso, stringendola in un abbraccio. Raven nascose il viso nel suo collo e anche se non voleva urlò forte. Le tirò i capelli ma Clarke non disse niente. Era il suo momento. 
 
- La mia vita... non avrò mai più la mia vita indietro. - pianse nella sua spalla mentre le affondava le unghie nella pelle, ma a Clarke non importava.
 
- È tutto ok, ci sono io con te. Affronteremo tutto insieme. - le accarezzò i capelli e le posò un bacio sulla tempia. - Non sei sola. 
 
 
Una settimana dopo Clarke rincominciò gli studi. Tutti i giovedì pomeriggio accompagnava Raven a fisioterapia e il resto della settimana si chiudeva in casa a studiare.
 
Raven si era trasferita da Clarke e per lei, la bionda, aveva deciso di dare gli esami a giugno per poterla poi aiutare nella sua guarigione. 
 
- Non devi fare questo per me. - le disse un pomeriggio, seduta sul divano con la gamba chiusa in un ausilio di ferro appoggiata su un cuscino. Era qualcosa che l'avrebbe aiutata, dicevano. Invece era solo pesante e scomodo.
 
- Ma io lo voglio. - disse con uno sguardo veloce. - Ora fammi studiare. 
 
Raven rimase in silenzio ma dopo pochi secondi la sentì alzarsi sotto il suo sguardo contrario. Si buttò di peso accanto a lei, levandosi i libri da sotto il fondoschiena. 
 
- Clarke, lo sai che per una volta nella vita potresti pensare solo a te stessa? - le circondò le spalle con un braccio. 
 
- Ma io lo faccio. - ignorò il sopracciglio alzato della mora. - Solo che ora voglio pensare a te. 
 
- E l'arte? - Clarke appoggiò la testa contro la sua spalla. Non voleva litigare. 
 
- Faró un corso questa estate e diventerà il mio hobby. 
 
Raven la osservò attentamente ma non disse nulla. Il telefono di Clarke squillò. Era Jasper.
 
- Ehi, Jasper. - Clarke mise il vivavoce e rimase con la testa appoggiata a Raven. 
 
- Ehi Clarkey! - dietro Jasper si sentiva la voce di Monty che chiaccherava. - Ci chiedevamo se te e Raven voleste venire qua a casa dei Blake. Bellamy si è portato a casa una ragazza dal lavoro quando aveva detto che avrebbe smesso così ora lo stiamo torturando e denudando. 
 
Clarke alzò il viso e guardò Raven. Sapeva che non poteva spostarsi di casa se non per andare all'ospedale. 
 
- Per quanto mi alletti vedere Bellamy torturato e denudato dobbiamo rifiutare. 
 
- Oh. Che peccato. - Jasper sembrava capire oppure qualcuno glielo aveva detto perché non replicò. - Sarà per la prossima volta. 
 
- Oppure potreste venire voi da me. - propose lei chiedendo il permesso con lo sguardo a Raven. 
 
- È casa tua, non mia. - le sussurrò lei alzando le mani in aria. 
 
- Ehm, ok, ci stiamo! - rispose il ragazzo. In sottofondo Clarke sentì Bellamy lamentarsi ad un tono di voce molto più alto del normale. 
- Vi invio l'indirizzo sul cellulare. 
 
 
 
Quando aprì la porta, 30 minuti dopo, si ritrovò Bellamy, legato per mani e piedi e con uno sguardo omicida, completamente solo. Un foglio attaccato sul suo petto diceva "Non liberarmi. Mordo e ho la rabbia".
 
- Sono scappato. Aiutami. - disse girandosi per mostrarle le mani legate dietro la schiena.
 
Clarke gli rise in faccia e procedette poi a slegargli le mani. 
 
- Hai saltellato fin qui? - gli chiese quasi sarcasticamente. 
 
- Macchè. Ho volato. - era la prima volta che faceva una battuta. Per cui Clarke lo osservò un attimo mentre si slegava i piedi. Aveva la camicia abbottonata storta e le scarpe slacciate. - Mi hanno lasciato all'inizio del vialetto e sono tornati a casa perché avevano dimenticato Monty e Miller. 
 
Clarke gli sorrise e prese le corde che lui si era tolto. 
 
- Sono convinto che i tuoi vicini mi abbiano visto saltellare per tutto il vialetto come un coniglio. - le disse rimanendo sulla porta. 
 
- Ti ho visto pure io! - urlò Raven dal salotto. Clarke gli fece segno di raggiungerla e gli chiuse la porta alle spalle. 
 
- Non lo racconterai ad anima viva, vero? - le disse con quello sguardo minaccioso. 
 
- Assolutamente no. - Raven scosse la testa ma Clarke sapeva che mentiva. Raven fece un gesto e Bellamy si sedette di fianco a lei. Aveva solo mosso un dito e lui aveva capito. Da quando quei due erano così in sintonia?
 
- Bene. - le disse battendole una mano sulla gamba malata. Raven gli scoccò un'occhiataccia. 
 
- Vuoi qualcosa da bere, Bellamy? - Clarke gli si avvicinò indicando la cucina. Bellamy si alzò semplicemente e la seguì in cucina. Gli versò un bicchiere di acqua e mentre lui beveva rimise la bottiglia a posto. 
 
- Hai una bella casa, Principessa. - le passò il bicchiere. 
 
- Era dei nonni di mio padre. - non sapeva perché glielo stesse dicendo. Mise il bicchiere nel lavello e raggiunsero Raven che guardava un documentario sulle marmotte. Si sedettero con lei e commentarono ogni singola marmotta che spuntasse. 
 
I ragazzi arrivarono 10 minuti dopo. Clarke aprì la porta e Jasper si fiondò dentro con un fischio. "Mica male!", le disse. 
 
- Jasper! - gli urlò dietro Harper. - Scusa Clarke. - ma la bionda li fece entrare con un sorriso. 
 
Lincoln le passò davanti scusandosi e ringraziando. Monty la salutò con un abbraccio ma era rosso in viso e Miller lo seguì, sorridendo a Clarke. Octavia fu l'ultima ad entrare. Si abbracciarono e Octavia le baciò le guance. Si scusò per la quinta volta quella settimana per non essersi fatta sentire spesso. 
 
Tutti si accomodarono in salotto sotto ordine di Clarke e salutarono tutti Raven congratulandosi poi con Clarke per la casa. 
 
Raven senbrava stare meglio. Clarke ne era contenta perché per una volta non si sentivano tanto sole.

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