Se sei Felix...

di AlnyFMillen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Batti le mani! ***
Capitolo 2: *** Fai un passo ***
Capitolo 3: *** Siccome sei un bugiardo ***



Capitolo 1
*** Batti le mani! ***


Se sei Felix...
e tu lo sai batti le mani!
 


 



“Dai Felix!”
Il ragazzo sopracitato, capelli tanto biondi da sembrare albini e occhi d'un azzurro ghiaccio, continuò imperterrito per la propria strada, curandosi poco e niente di colei che tentava disperatamente di richiamare la sua attenzione.
Da quanto lo tormentava? Ormai un'ora?Avrebbe potuto senza alcun dubbio far a meno della presenza della ragazza, eppure quella si ostinava a perseguitarlo. Forse, quella era l'occasione buona per riuscire a spiegarle una volta per tutte il significato di spazio vitale.

Certo, come no! Vorrei vedere cosa faresti se andasse via sul serio.

Non che Felix Agreste fosse noto per avere una spiccata propensione ad instaurare qualsivoglia rapporto sociale: amici ne aveva tanti quanti le dita di una mano – e giusto due potevano dirsi una sua scelta personale, nemmeno troppo riuscita. Preferiva di gran lunga starsene solo da qualche parte, lui, in compagnia di un buon libro.
Altro che conoscenze e conoscenze! Non aveva nulla a che spartire con quella mandria insubordinata e caotica di coetanei e, anche se ne avesse avuto, suo padre non avrebbe comunque acconsentito a fargli frequentare chichefosse al di fuori degli standard imposti. Ma, tuttosommato, non gli dispiaceva poi più di tanto: gli piaceva passare del tempo con se stesso ed era diventato, alla veneranda età di diciotto anni, piuttosto bravo a disinteressarsi del genere umano. E proprio a causa di quell’innata dote, si accorse a mala pena della figura che gli si era piazzata davanti.
“Vuoi smetterla di ignorarmi?”.
Sebbene potesse sembrare irritata, Felix era fermamente convinto che nulla al mondo avrebbe potuto sopprimere l’allegria, l’ottimismo di Bridgette Dupain-Cheng, un metro e cinquantotto di codine laterali lunghe fino alla base della schiena e sorrisi a trentadue denti.
Quella ragazza era una delle persone più particolari che avesse mai incontrato, tanto che tutto in lei pareva gridare eccentricità. Ne aveva viste di stranezze nell’altra moda parigina, eppure nessuna superava Bridgette. Ad una prima occhiata, poteva sembrare una ragazza come le altre, eppure nulla in lei poteva definirsi ordinario. Dal colore di capelli tendente ad un'inusuale tonalità di blu alla camminata svelta e trotterellante; dal gesticolare spesso confusionario e teatrale alla reazione sempre esagerata davanti ad un negozio di stoffe. Alle volte, lo aveva notato, persino la sua migliore amica faceva fatica a comprenderla.
E allora perché, perché una ragazza come lei si trovava ancora una volta davanti a lui e pretendeva ancora una volta, con tanto fervore, la sua completa attenzione, quasi non aspettasse altro dalla vita?

Perché sei sempre pronto ad assecondarla, ecco perché!

Finalmente si fermò. Sospirò, strinse leggermente la spallina dello zaino e la guardò dall'alto in basso. I suoi pensieri avrebbero fatto meglio a star zitti per un po', se non volevano farlo impazzire definitivamente.
“Che cosa c'è di tanto importante da richiedere il mio interesse così insistentemente?”, chiese con una punta di sarcasmo.
Lei arrossì, come a scusarsi della propria maleducazione, ma non si lasciò scoraggiare. Un'altra caratteristica di Bridgette, si appuntò, era la sua ostinata determinazione o, per meglio dire, l'immensa testardaggine.
“Lo sai”, scandì lei con lentezza.
“Bridgette”, la rimproverò petulante lui.
Eppure Bridgette continuava a guardalo, severa, come se stesse trattando con un bambino troppo difficile.
Si passò una mano sul viso, indeciso sul da farsi, sul ridere o arrabbiarsi.
“Ne abbiamo già parlato”.
Nonostante avessero ormai cominciato a conoscersi da tempo, c'erano momenti in cui Felix necessitava di stare solo. Certo, capitava raramente, ma anche dopo tutto il tempo passato rinchiuso in se stesso sentiva paradossalmente il bisogno di ritagliare qualche attimo da condividere solo con i suoi silenziosi tomi.
Bridgette lo aveva sempre rispettato –almeno aveva tentato di farlo – ma ogni volta finiva col cercarlo con una scusa o un'altra. “Ho sbagliato numero, ma visto che ci siamo volevo dirti che...” e via con una nuova conversazione; “Passavo di qui, perciò ho pensato di fare un salto” e finiva per citofonargli; “Non riesco a capire un esercizio, mi aiuti?” e si ritrovava a casa sua. La cosa avrebbe dovuto disturbarlo, eppure la sua presenza non faceva altro che migliorargli la giornata. Abituato com’era all’ormai continuo parlare della ragazza, restare in silenzio per più di un'ora scarsa gli pareva quasi innaturale.

Questa però è tutta un'altra storia!

Già, quella era tutta un'altra storia. Aveva davvero, davvero bisogno di stare un attimo in santa pace per riflettere. Già aveva dovuto sopportare la vista di Bridgette e Claude e, no, non poteva pensare a quei due insieme. Doveva, come dire, smaltire quella...

Gelosia

No, macchè! Non avrebbe avuto senso essere geloso. Solo non mandava giù molto facilmente il fatto che quel tacchino finito in candeggina – così giudicava il portatore del Miraculous del pavone e, a dirla tutto, non aveva proprio tutti i torti – stesse troppo spesso troppo vicino alla sua lady, nulla di più. E se poi entrambi i piccioncini si divertivano bellamente a prenderlo in giro... Era tutto una mera questione di orgoglio, insomma.
“Almeno dammi una motivazione”, insistette lei.
"Perché è stupido e non ne ho voglia".
“Come fai a dirlo se non ci hai nemmeno provato?”
“Perché mai non vai ad infastidire qualcun altro? Claude, per esempio, sarebbe sicuramente felicissimo di assecondarti”.
La ragazza emise un singulto strozzato e Felix avrebbe potuto giurare di vedere i suoi occhi velarsi di tristezza. Si stava di certo domandando il perché di tanta freddezza e lui, come minimo, avrebbe dovuto scusarsi per bene prima della fine della giornata.
Ooh”.
Al contrario delle sue aspettative, però, Bridgette ridacchiò: sapeva essere imprevedibile quasi quanto lui, se si metteva d'impegno.
“Non è che...”, cominciò, un po’ incerta.
“Sì?”
“Insomma, non è che per caso...”
“Mh?”
“Claude…”
“Ancora Claude? Cosa c’entra ancora Claude?”
Silenzio.
“Non è che per caso sei geloso, Felix?”
Per la sorpresa, rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva.
“Cosa? Come diamine ti viene in mente una cosa del genere?”
Ooh”, ripeté ancora la corvina, un sorriso poco rassicurante a dipingerle il viso.
“Geloso”
“Sta zitta”
“Geloso, geloso e ancora geloso”
“Silenzio ho detto. Non sono geloso”.
Passò qualche secondo prima che la supereroina in incognito tornasse nel suo campo visivo. “Sai, vero, che non hai motivo di esserlo?”
“Non lo sono, infatti”.
Ancora qualche attimo e lei gli apparve di nuovo davanti, con quel suo passo saltellato, questa volta camminando all'indietro per poterlo guardare in volto.
“E sai che adoro dare fastidio solo a te?”
“Non ne dubito”, sputò acido.
“Quindi proprio alla luce di questo, vorrei tornare sul nostro discorso iniziale!”
Felix si fermò tutt'a un tratto, rischiando seriamente di farla cadere. Avvicinò pericolosamente il viso a quello di lei, ridacchiando quando notò le guance assumere un delizioso colorito rosato.
“E di cosa aveva intenzione di parlare, mia signora?”
Quella balbettò qualcosa di difficile comprensione, ma che poteva vagamente somigliare al suo nome. Passato il momento di confusione, puntò poi l'indice sul suo naso e lo allontanò divertita.
“Non osare distrarmi, Felix Agreste”
Chiuse gli occhi e prese un gran respiro prima di intonare la facile filastrocca.
Perché-”
“Non cominciare"
“-se sei Felix...”
“Non puoi fare sul serio”
“Su, continua”
“Fallo tu, se ci tieni tanto”
“Ma così non vale, io non sono Felix!”
Silenzio da parte dell'altro.
“Andiamo...”, lo punzecchiò. “So che vuoi”.
Felix si limitò a fissarla apatico, inarcando appena un sopracciglio. Osservò il sorriso che le tagliava in due in viso il viso, talmente espanso da permettere di contare comodamente ogni singolo dente, gli occhi ormai ridotti a due linee nere. Bridgette fremeva d'attesa e pareva incitarlo con gesti veloci, avvicinando leggermente il viso al suo.
Sospirò, alzò gli occhi al cielo, fece scontrare lentamente i palmi delle mani fra loro.
“Lo sapevo!”, trillò Bridgette, stringendosi al suo braccio destro.
“Ed ora, di nuovo”
“Ma per favore!”
“E uno e due! E un', du', tre: se sei Felix e tu lo sai, batti le mani!”

 








 
Se sei Felix e tu lo sai
Batti le mani!
Se sei Felix e tu lo sai
Dimostrarmelo saprai
Se sei Felix e tu lo sai
Batti le mani!













A(l)n(y)golino: 
Buondì, grazie mille per aver letto questa ff ^^ Ho scritto su Marinette e Adrien e allora mi sono detta:  perchè non buttar giù qualcosa su Felix e Bridgette? Adoravo l'idea iniziale del PV, anche se purtroppo è stata sospesa, quindi mi è parso carino shippare un po' questi due *^* La trama non ha molto senso ma... Bando alle ciance, io ci ho provato! Non ho potuto resistere al richiamo della canzoncina, è stato più forte di me. Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va, mi farebbe molto piacere avere qualche opinione sulla storia :P
Salutoni,
AlnyFMillen

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Capitolo 2
*** Fai un passo ***


Se sei Felix...
fai un passo
 


 




È quasi ironico come, alle volte, il destino decida di rivoltarsi contro i suoi stessi figli.
Era il pensiero fisso di Felix Agreste, mentre affondava con una certa urgenza la suola delle scarpe nell’asfalto umido.
Conosceva perfettamente i propri limiti, sapeva bene ciò che gli era permesso, ciò che non gli era permesso fare e, proprio per questo, la situazione corrente non poteva che metterlo abbondantemente alla prova.
Non era assolutamente abituato a rincorrere, lui, quanto invece ad essere rincorso.
Certo, ne aveva fatta di esperienza nei panni del suo alterego, Ladybug poteva tranquillamente dirsi una personalità molto difficile da conquistare. Eppure, a quanto pareva, le sue abilità di corteggiatore venivano ridotte a null'altro che zero se era semplicemente Felix a cercare di metterle in pratica.
Questo spiegava, infatti, il perché ancora non fosse riuscito a raggiungere la ragazza distante pochi passi da lui, il perché fosse rimasto senza fiato, come se tesse correndo una gran maratona, subito dopo il primo chilometro percorso all’inseguimento della compagna.


Sto perdendo colpi, non c'è che dire.

 

Non si giudicava abituato a scusarsi, ovviamente, né tantomeno bravo quando si trattava di esprimere ad alta voce i propri sentimenti. Ma, per la miseria, non c’era mai stato bisogno di tanti sentimentalismi! Mai aveva avvertito il bisogno di esprimere a parole quello che, molto più abilmente, avrebbe potuto trasmettere in fatti. Il più delle volte, insomma, non sembrava necessario.
Era Bridgette, spesso e volentieri, a saper essere così fastidiosa, eppure a tratti così dannatamente dolce e comprensiva da riuscire sempre a capire l’esatto istante in cui lui tentava, con tutte le forze, di metter da parte l'orgoglio, la vergogna – perché, sì, c'era anche quella – o qualunque altra emozione vagasse per la mela bacata che era il suo cervello.
Eppure, nel preciso istante in cui aveva messo piede fuori dal locale affollato dove entrambi avevano passato la serata, era scattato un complesso meccanismo del quale ancora non riusciva realizzare bene il senso.
Sembrava proprio che ci fosse bisogno di quel passo in più e che dovesse essere proprio lui a compierlo, sebbene non ne sapesse nulla al riguardo. Avrebbe volentieri fatto i complimenti alla vita, il destino, la natura o qualunque altra entità soprannaturale per avergli sottratto quella sera l’unico briciolo di buon senso che da sempre l'accompagnava nella vita. Non poté tuttavia far a meno di notare che il mondo pareva sempre più dimostrgli di star meritando, in qualche modo, una sottospecie di punizione divina.
Per una volta, Bridgette non aveva l'intenzione di aiutarlo nemmeno lontanamente ed, anzi, si era impegnata nel viaggiare nella direzione opposta alla sua, per remargli contro.
La osservò: il vestitino azzurro cielo confezionato da lei stessa per l'occasione, la borsetta bianca stretta tra le dita e le scarpe dalla fattura semplice eppure elegante. Bellissima, non fosse stato per l'espressione infastidita stampata sul volto.
Distratto, si chiese come facesse a camminare tanto velocemente, ma il modo sicuro e intimidatorio con cui i tacchi scioccavano al contatto col terreno gli lasciò intendere quanto per lei fosse irrilevante, al momento, la scomodità delle calzature.
Era colpa sua, quel malumore, lo sapeva.


Come sempre, del resto.


La ragazza avrebbe potuto attraversare l’intera Parigi a piedi quella notte, pur di sfogare la propria irritazione – sicuramente, era a buon punto. Eppure lui non era della stessa idea. Fù per questo che, dopo l'ennesimo isolato, smise di fissarla come un micio curioso e la trattenne per il polso, in modo tale che potesse fermarsi.
“Se vuoi intraprendere una carriera da centometrista, questo è il modo migliore per farlo”, enunciò con tono incolore.


Ma bravo Felix, proprio quel che si dice un buon inizio.

 

Si sarebbe aspettato un qualche tipo di resistenza da parte dell'eroina, eppure quella sembrava essersi completamente arresa.
Si limitava a stare ritta davanti a lui, nella postura più nessuna traccia della baldanzosità che l'aveva animata fin a poco prima, gli occhi fissi sul terreno.
“Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”.
Non fu tanto l'aver pronunciato quella frase, quanto il maledetto tono usato nell'articolarla: freddo, schietto, disinteressato.
La giovane alzò il viso di scatto, gli occhi rossi di lacrime e lo sguardo deciso. Stette così per un attimo, in silenzio, tempo di dare a Felix il tempo di osservare il bel viso chiazzato di rosso.
Alle volte Bridgette aveva quasi l'impressione di ritrovarsi davanti Gabriel Agreste, anziché il ragazzo di cui credeva essersi innamorata. Certo, capiva perfettamente la sua natura, il suo carattere e lo amava in ogni sua più piccola sfaccettatura. Gli piaceva credere di poter essere una delle poche persone cui era permesso veder comparire sul viso del biondo un sorriso, così raro e prezioso da dover essere custodito con le unghie e con i denti.
Quella sera, però...
“Perché fai così?”, domandò solo, ferma sotto la luce del lampione.
“Non capisco di cosa tu stia parland—"
“Smettila!”. La supereroina abbassò il capo, così che la frangia potesse coprire gli occhi ormai ricolmi di lacrime.
“I-io... Io lo so. Lo so che non sono come avresti voluto. Lo so che sono solo una ragazzina un po’ sciocca, banale e imbranata, che Ladybug non ha niente a che vedere con me. Capisco che tu non voglia farti vedere in giro con me perché questo ti imbarazza... Perché io ti imbarazzo.
Abbiamo fatto tanta strada insieme, ma ci stiamo conoscendo solo ora forse. Quindi a me va bene se non vuoi tenermi per mano, abbracciarmi o addirittura b-baciarmi in pubblico. Va bene se preferisci, al contrario, essere più scostante. So che per te magari è presto e che sembrerò solo una bambina, ma io sono innamorata di te. E so che in fondo ci tieni un po’ a me. Anche se mi vuoi bene solo un millesimo di quanto te ne voglio io, questo basta per rendermi la ragazza più felice di questa terra, dell’intero universo. Eppure oggi tu... Tu...”, si interruppe, troppo arrabbiata e confusa per poter continuare.
“Hai finito?”
“I-io credo...”
“Beh, fammi sapere quando hai intenzione di smetterla con queste idiozie così potremmo finalmente fare un discorso sensato”.
Bridgette alzò il volto di scatto, ferita ed umiliata, ma pronta a dirne quattro all’insensibile che stava crudelmente calpestando i suoi sentimenti.
“Non sono idiozie!”, ringhiò drizzando le spalle per fronteggiarlo.
Non fece però in tempo a terminare la frase che il ragazzo le afferrò il polso, tirandola verso di sé con un movimento brusco. Avrebbe voluto lamentarsi, Bridgette, lo avrebbe voluto davvero. Ma quando Felix si chinò appena verso di lei e poggiò delicatamente le labbra sulle sue, non le riuscì più di fare altro che restare immobile.
Quando il giovane si allontanò perché potessero riprendere fiato, era ancora tanto vicino a lei da riuscire a scorgere, negli occhi sgranati della ragazza, piccole pagliuzze argentee stagliarsi sull’iride blu. Senza distogliere lo sguardo dal suo, Felix piegò leggermente le ginocchia, mentre piano, con dolcezza, le prendeva il volto tra le mani.
Bridgette”, scandì lentamente, il respiro accelerato di lei ad infrangersi sul viso. “Non venirmi a dire che quelle non sono una massa di grandissime scemenze, perché scemenze sono”.
Lei deglutì a vuoto, prendendo un minimo di coraggio. “N-Non è... No-Non è ve-vero”, soffiò, ma non fu sicura di aver utilizzato un timbro vocale udibile.
Insomma, era pur sempre tra le braccia di Felix e lui, oltretutto, non si stava lasciando avvicinare come al solito ma la teneva stretta e, mon Dieu, l'aveva baciata! Riuscire ancora a respirare, seppure dopo una certa dose di difficoltà, era quanto di più potesse permettersi.
“Ah, no? E come chiameresti quei «Ladybug non ha niente a che vedere con me» oppure «Capisco se vuoi essere più scostante in pubblico» e ancora «Mi vuoi bene solo un millesimo di quanto te ne voglio io»? Non ho mai sentito così tante stupidaggini in vita mia. Non credevo neanche che potessi arrivare a pensare assurdità simili”.
La ragazza taceva, immobile.
“Dovresti sapere perfettamente che Ladybug non esisterebbe nemmeno senza di te, che farmi vedere insieme a te non è mai stato un problema e che... Uhm...”. Distolse lo sguardo, arpionandolo al marciapiede lì accanto. Arrossì, lievemente a disagio.


Eccolo, il dannato passo in più


Doveva farcela. “Ci tengo a te”, borbottò, “anche se a volte non lo dò a vedere. E mi dispiace”.
Fece per ripristinare una certa distanza tra di loro, ma lei non glielo permise. Gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui. Felix sorrise: ne era valsa la pena.

 







 
Fai un passo
Fanne un altro
Fai una giravolta
Falla un'altra volta
Guarda in su, guarda in giù
Dai un bacio a chi vuoi tu!













A(l)n(y)golino: 
Salve a tutti bella gente ^^ 
Si, è vero, la storia è stata campata in aria come una singola one-shot, avrei dovuto volatilizzarmi. Eppure non riesco proprio a mollare questi due, sono troppo deliziosamente deliziosi! Così, ecco che spunta fuori questa raccolta. Sebbene fosse in origine null'altro che un gioco di parole idiota, ha ora lo scopo di raccontare le fantabilianti avventure del protagonista del pv e gli altri suoi personaggi. Perchè, insomma, se sei Felix... Allora puoi fare tutto nella vita.
Prima di sparire, ringrazio inoltre chiunque abbia letto il precedente capitolo e chi leggerà questo, chi ha inserito tra le seguite, tra le ricordate e tra le preferite. Inoltre, un ringraziamento speciale a Echocide eFrancy_Kid è d'obbligo: grazie davvero!
Alla prossima,
AlnyFMillen

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Capitolo 3
*** Siccome sei un bugiardo ***


Se sei Felix...
siccome sei un bugiardo
 


 



«Bridgette», ringhiò il suo nome, quasi fosse quello il peggiore degli insulti.
Che ore erano? Ricordava vagamente di star facendo un incubo, solo poco prima che il cellulare prendesse a squillare. Il bip insistente, impostato come suoneria predefinita di un contatto ben specifico, aveva incominciato a trillare con tanto di fotografia allegata, il volume molto più alto del normale. Una volta, una sola volta che dimenticava di inserire il silenzioso ed ecco ciò che ne veniva fuori.
Plagg si era rigirato nel suo spicchio di letto, cercando di contenere i lamenti, così da poter tornare a dormire.
Lui lo aveva bellamente ignorato, si era scostato i capelli dagli occhi, le coperte di dosso e aveva cercato di raggiungere l'oggetto infernale, prima che quello potesse ridestare l'intera abitazione. Era già sufficiente che lui fosse sveglio a un orario tanto indecente. La giornata non era cominciata certamente nel migliore dei modi, poco ma sicuro.
Lanciò uno sguardo alla radiosveglia sulla scrivania: lo schermo segnava preciso le tre e quattro.
Che diamine, quella ragazzina aveva davvero esagerato! Un conto era venirgli dietro a scuola e poi sulla strada verso casa, intrapresa casualmente per qualche strano motivo, tutt'altro era chiamarlo nel pieno della notte per chissà quale futile ragione. Ci mancava solo che venisse rimproverato in classe durante il compito di lingue straniere, al quale mancavano ormai solo poche ore, causa sonni non autorizzati. Eventualmente, cosa avrebbe detto per giustificarsi ancora non lo sapeva. Era uno studente modello, dannazione, non poteva far calare a picco i suoi voti semplicemente perché aveva passato tutta la notte ad assecondare le malsane idee di quella lì. Ora sì che l'avrebbe sentito.
Passò il pollice sul touchscreen, portò il cellulare all'orecchio, fece per parlare - ed era certo che dalla sua bocca non sarebbe uscito nulla di buono, ma qualcosa al di là della cornetta lo costrinse a tacere. Strinse le labbra fra loro, tanto forte da farle sbiancare, mentre gli occhi si sgranavano. Attese qualche secondo, tendendo le orecchie per assicurarsi di non aver sbagliato. Pochi attimi dopo, le sue supposizioni si rivelarono indubbiamente esatte.
Singhiozzi. Prima leggeri, poi sempre più forti e decisi.
«Felix...», balbettò a stento la ragazza.
E se prima aveva tutta l'intenzione di prenderla a male parole, era bastato sentire la sua voce per cambiare rapidamente decisione. Il volto d'improvviso più pallido, una miriade di domande senza possibilità di risposta a riempire la mente. Si affrettò a domandare, faticando nel dimostrarsi fermo ed indifferente: «Cos'è successo?».

Silenzio, nulla al di fuori di un flebile respiro spezzato.
Si alzò dal materasso con un balzo, troppo nervoso per stare seduto. Persino il piccolo kwami della Sfortuna si levò in aria e lo raggiunse al centro della stanza.
Silenzio.
Non era normale, per una come Bridgette, passare tanto tempo senza parlare.
«Bridgette, cos'è successo?», chiese nuovamente, la voce ormai divenuta sibilo.
A grandi passi raggiunse l'armadio, pronto a sfilare la prima stampella sulla destra, quella dove erano appesi i vestiti che aveva preparato la sera precedente. Diede uno sguardo a Plagg, notando che gli stava poco distante, all'erta anche lui.
«H-Ho...».

Hai?

«H-Ho avuto un incubo».
Rimase talmente interdetto che ci volle un attimo perché potesse recepire l'informazione e, quando quest'ultima arrivò adeguatamente a destinazione, raggiunse la conclusione che sarebbe stato meglio se non l'avesse fatto.
Pizzicò la base del naso con il pollice e l'indice, inutile tentativo di calmarsi.
Per un incubo. Lo aveva chiamato per un incubo.
E lui aveva veramente pensato si trattasse di qualcosa di serio. Un ingenuo, ecco cos'era stato, si era illuso che lei potesse essere anche minimamente cambiata, in qualche modo. A quanto pareva, invece, rimaneva e sarebbe sempre rimasta una bambinetta immatura. Quella ne era la prova.
«Torna a dormire», intimò, buttando all'aria i preparativi e dirigendosi verso il letto.
«No!», il tono si fece improvvisamente spaventato. «Per favore, Felix...»
Non seppe se fu per la disperazione che le impregnava la voce, ma ebbe come l'impressione che una secchiata d'acqua gelata gli si fosse riversata in viso. Improvvisamente, i ricordi che per tutta la settimana aveva tenuto celati nell'angolo più remoto della mente tornarono a galla.
Suo padre. Papillon. Ladybug. Bridgette. In un turbine senza senso, le immagini dei loro visi si sovrapposero.
Scosse forte il capo per scacciare quei pensieri prima che lo schiacciassero: non voleva ancora affrontarlo.
«Non intendo star a sentire oltre. Buonanotte».
«Per favore...», lo pregò ancora, ma lui aveva già chiuso la chiamata.
Felix si rigirò il cellulare fra le mani, subito prima di poggiarlo sulla scrivania. Con passi precisi e calcolati, prese nuovamente posto sul letto. Passò una mano sul viso, raschiando leggermente i polpastrelli sulle guance, la mascella e poi il collo.
Plagg non disse nulla, forse troppo intontito dal brusco risveglio per essere in vena di commenti sarcastici, o forse eccessivamente provato dagli ultimi avvenimenti.
La verità? Bridgette non avrebbe potuto svegliare nessuno, oltre lui, con le sue chiamate notturne.
Il motivo? Non c'era più nessuno ad abitare lì, con lui, nella solitudine della grande e lussuosa Villa Agreste.
Suo padre, ormai, era stato inghiottito dalle fiamme di un incendio spontaneo già da qualche tempo.
Perlomeno, aveva riflettuto il ragazzo, Parigi lo avrebbe ricordato come il noto stilista vittima di una tragedia, non come il criminale qual era diventato. Il suo segreto, infatti, era morto con lui.
Nathalie, probabilmente imbarcata su qualche aereo diretto verso mete sconosciute, era impegnata in una fuga imperdonabile da se stessa.
Mercury, Allegra e Claude, oltre che guardarlo con occhi pieni di pietà, cercavano di tenerlo aggiornato sull'attività criminale della cittadina, sostituendolo nei turni di guardia. Non aveva voglia di parlare con loro, pur essendo venuto a conoscenza delle relative identità, e, ogni volta che la conversazione superava i due periodi, la sua tacita richiesta veniva rispettata.
Un elenco neanche troppo lungo di nomi, niente di più, niente di meno. A concludere la lista, Bridgette. Bridgette che era sempre, solo Bridgette.

Mettendo da parte il fatto che in realtà fosse anche Ladybug.

Non si erano più visti, né tantomeno sentiti, dopo aver scoperto le rispettive identità.
Lui, follemente dedito ai suoi studi, metteva tutt'ora anima e corpo in verifiche che richiedevano, in realtà, metà del tempo occupato. Aveva smesso di preoccuparsi del mondo, Felix, di se stesso, degli altri, ma non di lei.

Lei che aveva mostrato il suo lato più egoista, chiudendosi in casa e mentendo un'influenza inesistente, rifiutandosi di affrontarlo e confortarlo. Lei che telefonava nel pieno della notte, singhiozzando disperata per un incubo, pregandolo di non mettere giù. Lei tra le notifiche dei messaggi in segreteria e delle chiamate perse, cancellate senza riguardo. Lei che lo cercava mille e più volte, seppur a distanza, incapace di raggiungerlo.
E ancora lui, idiota, che non aveva accettato quanto in realtà lei stesse tentando di stargli accanto, pur non potendo presentarsi di persona lì, in quella casa che non aveva mai realmente sentito sua.
Non era da Felix un comportamento simile; non era da Felix capire, ma far finta di nulla; non era da Felix ignorare la sua Lady. Non era Felix e basta.
Nulla di tutto ciò che aveva portato avanti, trascinandosi da un luogo all'altro durante l'ultima settimana, stava in cielo o in terra. Si era lasciato andare, permettendo alla sua vita di scivolargli tra le mani. Aveva negato l'affetto di Bridgette, per paura che anche lei potesse svanire.

C'era voluto poco perché riuscisse a prendere quella decisione, eppure le conseguenze del suo gesto sembravano durare fin troppo.
Senza preavviso, tornò in posizione eretta, non curandosi minimamente dei capelli scompigliati o dei vestiti sgualciti che portava indosso. Al diavolo l'educazione, l'ora, il compito di lingue e, soprattutto, al diavolo la sua mente contorta da quattro soldi.
Chiamò a gran voce il kwami, subito entrato in simbiosi con il Miraculous d'appartenenza, e si precipitò al di fuori della propria abitazione.








 
Volevo un gatto nero, nero, nero
Mi hai dato un gatto bianco
Ed io non ci sto più
Volevo un gatto nero, nero, nero
E siccome sei un bugiardo
con te non gioco più













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