Lui.

di Destyno
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Marta - no è marco marco marco marco marco marco - si raggomitola sul letto, soffocando i singhiozzi nel cuscino.

Si porta le mani al petto, graffiandolo, quasi, sentendo il seno contro i suoi palmi. Lo odia, odia il mondo e il tempo che non si ferma - perché tutto continua a girare non voglio diventare grande - ma più di tutto odia sé stessa- sé stesso me stesso me stesso sono io sono - perché ha troppa paura e le parole non riescono a passare oltre le sue labbra.

Piange, Marco, e l’insana voglia di distruggere tutti i reggiseni che ha - sono nel terzo cassetto del comodino a destra della scrivania e sono così fragili dovrei solo - lo assale con la forza di un terremoto, ma non riesce ad alzarsi dal letto.

Così continua a piangere silenziosamente, inzuppando il cuscino di lacrime, sperando che nessuno lo senta.

 

Il primo giorno del quarto anno di liceo, Marco quasi arriva in ritardo.

È una cosa sorprendentemente frequente, soprattutto se la notte prima sei rimasto sveglio fino a tardi a fissare il soffitto con quello che pare un buco immenso in mezzo al petto.

Se ce l’ha fatta è stato solo grazie a sua madre, che l’ha svegliato per tempo e l’ha accompagnato fino a scuola.

“Ehi, Marta!”

Il buco nel petto sembra farsi all’improvviso più profondo. Marco sorride, falso, e si gira verso il suo amico.

“Ehi.”

Elia Lamberti è un po’ più alto di lui, ed in qualche modo sembra diverso, più adulto. Ma i suoi occhi verdi sono sempre gli stessi, la sua pelle abbronzata è sempre la stessa, e i suoi capelli sono sempre castani, anche se adesso sono tagliati cortissimi. Eppure c’è qualcosa in lui, nel modo in cui tiene la schiena più dritta, di come il suo sorriso è più ampio di quello dell’anno prima, che gli dà questa impressione.

“Sembri diverso.”

Elia ridacchia, coprendosi la bocca col dorso della mano.

“Sarà l’amore.” Dice, gli occhi brillanti, stringendo una cinghia dello zaino, mentre i liceali attorno a loro continuavano a muoversi e a parlare, ignorandoli. “Mi sono fidanzato.”

“Oh,” mormora Marco, tormentando un lembo della maglietta con una mano, “congratulazioni - chi è la fortunata?”

Il tempo pare fermarsi per un istante: il ragazzo apre leggermente la bocca, sorpreso, gli occhi spalancati. Ma poi tutto torna normale, ed Elia guarda da un’altra parte, nervoso.

“Eh, uhm - nessuna che tu conosca.”

Marco sta pensando che probabilmente nasconda qualcosa, e che è giusto così, quando suona la campanella.

Seguendo impassibile la fiumana di gente, Marco ed Elia si avviano verso la loro nuova classe.

 

“Alterigi, Marta.”

Marco ha sempre odiato essere il primo dell’appello. Con l’estate, ovviamente, non è cambiato niente.

“Presente”, risponde, anche se quel nome gli brucia l’anima e gli fa lacrimare gli occhi. Risponde, ben consapevole che nonostante i jeans e la maglietta da maschio e i capelli tagliati corti non riuscirebbe mai a passare per un ragazzo. Risponde, anche se tutto quel che vorrebbe fare è salire su quella cattedra, prendere a calci quello stupido computer e quell’orrendo registro elettronico, freddo, meccanico, e urlare al al mondo che il mio nome è marco dannazione io sono marco marco marco non sono marta non sono non sono non sono non -

“De Gasperi, Antonio.”

Questo nome suona nuovo.

Si gira, a cercare il volto sconosciuto tra quelli, ormai familiari, dei suoi tanti altri compagni alla quarta A.

Ed eccolo, al primo banco, fila centrale, il posto del cocco del prof; e De Gasperi, Antonio ha la faccia sottile da furetto, i capelli del colore del rame e lentiggini sparse sulla pelle pallida, degli occhiali dalla montatura sottile, una maglietta bianca e dei pantaloncini marroncino chiaro.

Alza la mano, pallida come la luna, e risponde “Presente!” con una voce convinta, fiduciosa di sé stessa, che Marco invidia da morire. Vorrebbe avere anche lui una voce così, vorrebbe anche lui avere quella presenza di spirito che De Gasperi, Antonio sembra possedere.

La professoressa di latino, una bella donna sulla quarantina, lo guarda, sorride e poi torna a fare l’appello. Marco lo sa già, gli chiederà qualcosa di sé - da quale sezione o scuola viene, quanti anni ha, cosa fa per hobby, le solite domande di circostanza - ma che lo farà dopo l’appello. E intanto Marco continua a guardarlo, e, quasi senza pensare, inizia a fare uno schizzo del suo profilo.

Quasi come se avvertisse gli occhi neri di Marco sulla sua schiena, ad un certo punto De Gasperi, Antonio si gira, ed i loro sguardi si incrociano.

E De Gasperi, Antonio, dagli occhi verdi come l’erba di un prato in primavera, fa un occhiolino a lui.

no non lo sta facendo a me ricordati lo sta facendo a marta a marta ma tu non sei io non sono marta io sono marco lui non capirebbe non devo innamorarmi volevo dire prendermi una cotta non devo non devo non devo mi farà solo del male perché deve essere così bello e perché devono piacermi i ragazzi lui non deve piacermi sarebbe solo una bugia bugia bugia bugia

Arrossisce lo stesso, e chiude di scatto il quadernino, mentre l’appello finisce.

Non è giusto, pensa Marco, mentre Antonio De Gasperi - o forse solo Antonio, Marco pensa che forse adesso va bene chiamarlo solo Antonio - si alza in piedi, all’invito della professoressa, e inizia a parlare di sé e di come si sia trasferito all’inizio dell’estate e di come abbia scelto questo liceo e di tante altre cose stupide che a Marco ora non interessano, perché il buco nel suo petto sta diventando sempre, sempre più grande, e i suoi pensieri si fanno sempre, sempre più tristi.



Bene, bene, bene. Eccomi qui, di nuovo con una long che probabilmente non riuscirò a finire.
Ma ehi, se non ci provo non lo scoprirò mai, no?
Parliamo un po' di questa storia, e soprattutto dei suoi personaggi: nell'introduzione ho parlato di Marta Alterigi, mentre qui ho parlato prevalentemente di Marco. Come mai? Beh, in caso non l'aveste capito - anche se porcaputtana più chiaro di così dovevo metterci un cartellone al neon - Marco Alterigi è transgender e soffre di disforia di genere; in pratica non si identifica con il sesso assegnatogli alla nascita (ossia femminile) ma piuttosto con l'altro, ma ancora non ha fatto coming out, quindi tutti lo chiamano Marta. 
Sono, e a ragione dire, piuttosto nervoso. Ho scritto solo due altre storie con un personaggio transgender, ed entrambe erano one-shot che comunque non lo mettevano troppo in risalto - insomma, non era il focus principale della storia - e quindi ho paura di aver scritto qualche amenità o roba del genere. Se così fosse, non esitate a prendermi a calci in faccia e a dirmi dove ho sbagliato, perché documentarmi aiuta ma non so se è sufficiente.
Ho messo come coppia "slash", perché tratterò del rapporto tra Marco e Antonio, che, a discapito di tutto quello che il loro corpo può dire, sono due maschi. Se non vi sta bene potete anche andarvene a quel paese, per non essere troppo volgari. 
Beh, penso di aver finito. 
Bye-bye!

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Una cosa che a Marco piace fare particolarmente è disegnare persone.

Lo fa da quando era piccolo, da quando ancora pensava di essere una bambina e indossava belle gonnelline rosa e la mamma gli comprava le Barbie.

In un certo senso, è stato grazie a questa sua passione che è diventato amico - amica? lui pensa che io sia sua amica dopotutto non è giusto vorrei dirglielo ma ma ma ma se poi mi odia e se poi mi picchia e se poi mi uccide e se poi mamma e papà mi cacciano di casa ma io voglio dirglielo voglio dirlo a tutti è troppo rischioso non posso - di Elia, quel ragazzo dallo sguardo gentile e il sorriso facile e la pelle del colore del mogano, che un giorno, quattro anni prima, gli si era avvicinato e, con fare quasi disinteressato gli aveva chiesto se gli sarebbe piaciuto disegnare personaggi per un “progetto”, come l’aveva chiamato lui - pfff progetto si poteva dirlo subito che era per d&d che nerd -.

E a quel “progetto” si era aggregato, ormai in secondo anno, anche Marco, con il suo bellissimo mago mezz’elfo innamorato perso di un affascinante diavolo che forse non era tanto cattivo quanto diceva di essere.
E doveva ringraziare i suoi disegni e quel set di dadi blu se aveva conosciuto anche Lorenzo e Tommaso e Laura e se adesso il sabato gli alleggeriva un po’ il peso che aveva sul petto, perché tutti si riferivano a lui al maschile e poteva dimenticare, almeno per qualche ora, tutto il resto del mondo.

A volte sua madre gli chiedeva perché in tanti suoi disegni appariva un ragazzo che somigliava tanto a lei, e lei rispondeva che quando era piccola a volte immaginava di avere un fratello gemello e che le piaceva disegnarlo. A sua madre bastava.

 

Una cosa che a Marco non piace particolarmente è andare in giro. Si sente scoperto, nudo. Sa che alcuni notano il suo seno - l’universo è un pezzo di merda perché non l’ho capito prima adesso è troppo tardi troppo tardi troppo tardi- e che altri, molti, pensano che lui sia lesbica perché porta i capelli corti, il che è abbastanza tragicomico, quando ci pensa.

Ma, a volte, l’universo non è così pezzo di merda. Con passo spedito, Marco percorre il piccolo viale, fino ad arrivare ad una porta di sicurezza verde scuro. Prende un bel respiro, e poi bussa.

Non passa molto, prima che una giovane ragazza - avrà la mia età credo - dai lunghi capelli biondi e un orecchino verde gli apra la porta.

“Uhm, ciao.”

“Ciao.” Risponde Marco, spostando nervosamente il peso da un piede all’altro. “Uh, sono qui per la lezione di prova…”

“Oh, okay.” Si scostò, facendolo entrare. “La segreteria è di là, Giovanni - l’insegnante - non è ancora arrivato, quindi non abbiamo ancora iniziato. Comunque piacere, Laura.”

“M-Marta. Piacere.”

Lei sorride, quindi Marco sorride di rimando, perché è quello che si deve fare in situazioni come questa, e poi inizia a camminare verso la segreteria, passando tra le poltrone rosse del teatro.

Dietro al piccolo bancone c’è una piccola donna, dai capelli crespi e gli occhiali dalla montatura metallica che gli sorride.

“Come posso aiutarti, cara?”

“Ehm - sono qui per la prima lezione, io-”

“Ah, sì, tuo padre ha chiamato ieri. Marta, giusto?”

Marco annuisce, perché è quello che si deve fare in situazioni come questa.

“Vai pure di là con gli altri, Giovanni dovrebbe arrivare tra poco.”

Annuisce di nuovo, e ritorna tra le poltrone rosse del teatro, a guardare quelli che saranno i suoi nuovi compagni di corso.

I maschi che ci sono saranno una manciata. Uno di loro è basso, tozzo e dai capelli neri, lisci e lunghi quasi fino alle spalle, con una maglietta di un qualche gruppo rock e i jeans strappati, un altro ha una faccia piuttosto banale, degli occhiali blu scuro, un paio di pantaloncini corti - in inverno ma che è matto fa un freddo boia là fuori - e delle scarpe che, si vede, ormai sono quasi da buttare.

Ma un volto in particolare lo fa arrossire fino alle orecchie e gli fa improvvisamente ficcare le mani nelle tasche, perché è perfettamente consapevole di avere delle braccia lunghe, penzolanti e assolutamente inutili e assolutamente imbarazzanti.

Il volto da furetto di Antonio De Gasperi gli sorride da una poltrona.

“Marta! Fai teatro anche tu?”

Marco ancora non lo sa, ovviamente, ma quel giorno l’universo non è stato davvero un pezzo di merda.


Sto aggiornando tipo alle 11 e mezza di sera e domani dovrei alzarmi presto ma Who Cares

Ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo perché non avevo tante idee allora ho deciso che a Marco piace giocare a d&d e che il suo personaggio è in realtà uno dei miei altri personaggi che però è nel fandom di Skyrim quindi vabbè

Boh non ero tanto sicuro di volerlo pubblicare perché non mi piace granchè ma sticazzi i guess

Voglio ringraziare personalmente Alphabet Loser che mi ha recensito e quindi questo capitolo è tutto per te, goditelo, ne avrai altri se continui a recensirmi (ovviamente scherzo, eh), quindi se voialtri che mi leggete volete avere la vostra Dedica Personale in fondo alle mie esclusive Note dell’Autore(™) chiamate il numero verde 800-24-42 che non esiste oppure lasciatemi una recensione che è più facile.

Ci si vede!

 

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