Madness

di Lucy_susan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultima goccia ***
Capitolo 2: *** Uno spettacolo travolgente ***
Capitolo 3: *** La cruda verità ***
Capitolo 4: *** Una nuova Anna ***
Capitolo 5: *** Una fuga... programmata ***
Capitolo 6: *** Il ricevimento ***
Capitolo 7: *** La vendetta è compiuta ***
Capitolo 8: *** La regina del ghiaccio ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'ultima goccia ***


AdA:

Ciao a tutti voi lettori che vi siete imbattuti in questa fanfiction e avete deciso di leggerla. Questa storia prende spunto da una canzone di Christina Perri chiamata The Lonely. Capirete subito che non sarà allegra e non finirà con un “E vissero felici e contenti”, non è più nel mio stile, anche se penso che il bene debba trionfare prima o poi.

Comunque non spaventatevi e non lasciate la pagina, ancora. Questo primo capitolo non è il mio preferito, ma è anche vero che l’ho scritto un anno fa e da allora sono migliorata spero.

Ma, sto scrivendo più commenti negativi che positivi sul mio scritto... Allora facciamo che la smetto e mi limito a dirvi la trama -.-'

Se siete arrivati a leggere fino a qui i commenti vuol dire che siete pazienti, quindi vi meritate la ricompensa: la storia è ambientata 2 anni dopo il primo film di Frozen in estate e, se all’inizio sembrava tutto bello, ora cominciano a farsi sentire i problemi legati alla glaciazione di Elsa. I rapporti tra le sorelle diventano sempre più tempestosi, fino al punto di non ritorno. Di più non posso dirvi, quindi vi lascio volentieri alla vostra lettura. Finalmente, direte voi ;P


1. L'ultima goccia

In un castello una graziosa principessa dai capelli ramati stava passeggiando per i corridoi in attesa. Osservava le armature e i giochi di luce che si creavano sul metallo quando i raggi del sole le colpivano e sorrideva alle rimembranze di quei giorni passati in cui lei e la sorella amavano divertirsi e giocare insieme.

“Principessa Anna, c'è una visita per lei” le riferì una cameriera distogliendola dai suoi pensieri.

Lo sguardo le si illuminò ed ella corse subito verso il portone principale dimentica completamente del galateo.

Quando però vi giunse nessuno la stava aspettando sulla soglia e si sentì abbastanza confusa. La raggiunse la cameriera, che le aveva parlato prima, ansante per la corsa, che disse tra gli sbuffi: “Stavo per comunicarvi che ho fatto accomodare il signore nel salone.”

La principessa la guardò con aria dispiaciuta e disse in fretta: "Mi dispiace di averla fatta correre così, adesso si può congedare ed andare a riprendere fiato” finì con un sorriso e la sua aria sempre allegra.

Appena vide che la cameriera non stava più guardando, si diresse in preda alla gioia verso il salone grande, dove solitamente facevano accomodare gli invitati prima di pranzo o prima dell'inizio delle danze. Aprì le grandi porte e lo vide immediatamente, in piedi che guardava curioso un carillon che la madre aveva regalato a lei ed Elsa.

“Kristoff!” Urlò la principessa, scordandosi nuovamente tutto ciò che le avevano insegnato da bambina.

Alla sua voce il ragazzo si girò, in tempo per vedere una furia rossa saltargli addosso e riempirgli la faccia di baci.

“Okey, non c’è bisogno di uccidermi. Come stai mia principessa?" Chiese con voce calma e profonda.

In risposta Anna gli stampò un bacio sulle labbra con talmente tanta foga che i due si sbilanciarono indietro e urtarono contro la pendola nel tentativo di non cadere. Questa scivolò lungo la parete schiantandosi per terra.

Con un rumore acuto il vetro si ruppe e con un suono sordo gli ingranaggi sobbalzarono all'interno dell'orologio e si incrinarono.

Così i due si ritrovarono ancora con le labbra vicine, con una pendola rotta sul pavimento in una stanza vuota. Lentamente Anna toccò terra con i piedi e si staccò dalle labbra di Kristoff rimanendo, però, abbracciata a lui e guardando il disastro con occhi preoccupati.


Nel mentre, in una stanza al piano di sopra, una regina, molto indaffarata, leggeva alcune lettere di re di paesi lontani che chiedevano di essere ricevuti a castello. Stava rispondendo alle numerose proposte quando un rumore di vetri infranti le giunse alle orecchie. Sapeva che veniva dal piano di sotto e subito pensò alla sorella.

Chissà cosa avrà combinato adesso! si chiese alquanto irritata e lasciò lo scrittoio per andare a vedere.

Da qualche mese Elsa non riusciva a sopportare l'euforia di Anna. Si era chiesta per quale motivo, dopo anni che vivevano insieme, ella era così infastidita, ma la risposta tardava ad arrivare. Ora, dopo essersi fidanzata con Kristoff, la rossa era tornata come una bambina alle prese con una nuova bambola. Forse era proprio questo a darle fastidio: l'immaturità della sorella, la sua felicità nonostante Arendelle fosse in crisi. Dopo il brutto episodio dettato dalla rabbia di Elsa e quel rigido inverno fuori stagione, la città non si era ripresa: il freddo e il ghiaccio avevano congelato il raccolto e quell'annata era andata persa. Per almeno un anno la gente era morta di fame aspettando la ripresa che, però, sembrava lontana. Per questo Elsa aveva indetto un ricevimento durante il quale avrebbe scelto lo sposo adatto a non far crollare la città. Quello che possedeva più terre e il più abile a mantenere un'economia stabile.

Scese in fretta le scale immaginando già la faccia angelica della sorella davanti ad un disastro. Vide una serva muoversi veloce e le chiese cosa fosse successo. Ella rispose raccontando l’accaduto, che fece infuriare ancora di più la regina. A grandi passi Elsa coprì la distanza che la separava dalla camera e aprì le porte sfoderando la faccia più arrabbiata che potesse avere. Loro erano lì, in piedi a guardare la pendola rotta sul pavimento, mentre due servitori si affrettavano a raccogliere i vetri e rimettere a posto l'orologio.

Tossì due volte per attirare l'attenzione e disse:

“Anna! Cos'hai combinato questa volta?”

Chiese sapendo perfettamente cosa era successo.

Subito la sorella giustificò il disastro:

“È stato un incidente, sono stata io ad averlo spinto contro la pendola. Mi dispiace, non ricapiterà.”

“Anna, sei sempre la solita impacciata. Mi farai fare una figuraccia al ricevimento. Su, forza, togliamoci da qui e lasciamo che siamo i servi ad occuparsene.”


Nella stanza della rossa l'aria era pesante. Lei si sedette sul letto pensierosa e triste mentre Kristoff avvicinava una sedia.

“È diventata così scontrosa con me, Kristoff, che non so più come fare. Ho provato a chiederle spiegazioni, ma ogni volta mi risponde bruscamente senza spiegarmi il motivo di tanta freddezza.”

Anna alzò lo sguardo che aveva fissato sul pavimento per cercare qualche conforto negli occhi dell'amato, ma non trovò che confusione. Scoraggiata tornò a guardare il ricamo del tappeto posto sotto il letto che sbordava sotto i suoi piedi disegnando forme e fiori sulle piastrelle. Kristoff si alzò:

“Secondo me non devi fare nulla. Tua sorella è molto preoccupata per il destino di Arendelle e questo non può che peggiorare i rapporti fra voi.”

“Ma dopo che quel luglio era passato, sembrava tutto tornato normale.”

“Sono passati due anni da quel fattaccio e ora la tua gente ha bisogno di aiuto” rispose lui che nel frattempo si era avvicinato alla finestra che una volta dava sul bosco. Ora al posto di quegli alberi c'erano case e osterie. Un viandante camminava per la strada: aveva una barba grigia e i vestiti strappati e consumati. Camminava ingobbito dal peso degli anni e si reggeva su due gambe rinsecchite e deboli. Ogniqualvolta passava un contadino allungava la mano secca chiedendo cibo o denaro senza riceverne mai.

Anna si alzò dal letto per arrivare da Kristoff e puntare lo sguardo dove lo stava puntando lui: vide il vagabondo appoggiarsi alla staccionata di un recinto di pecore sfinito e assetato.

“Dobbiamo aiutarlo!” Esclamò Anna correndo fuori dal palazzo.

Uscì nell’arsura di quel giorno d'estate e raccolse dalla strada il vagabondo, lo portò nel castello e ordinò ai servi di preparare del cibo per lui.

Dopo pochi minuti durante i quali Anna era rimasta con l'uomo portandolo nella sala da pranzo e rassicurandolo riguardo alla sua sorte, il cibo e le bevande arrivarono e lui mangiò come non faceva da giorni. Finito il pasto guardò la principessa con aria grave.

"Fuori sono in molti affamati come me. Tratterete tutti come avete trattato me?"

La principessa non capì la sua preoccupazione e rispose dolcemente:

"Ci proverò per quanto mi è possibile."

Il volto dell'uomo cambiò e si accese di una luce nuova, quella che solo la speranza può dare.

"Devo andare ad avvertire gli altri" esclamò preso dal fervore. "Devono saperlo subito!"

Nel momento in cui lo disse si levò dal tavolo ed uscì veloce senza nemmeno aspettare di essere congedato dalla principessa, la quale in cuor suo cominciava a rendersi conto del grosso sbaglio che aveva commesso.

In poco tempo tutta la città conobbe l'accaduto e il giorno seguente i poveri che chiedevano cibo alle porte del castello erano aumentati.


La regina Elsa, che aveva intuito che qualcosa non andava nell'animo della sorella già dalla sera precedente, non sospettava certo ciò che la rossa aveva effettivamente compiuto e le conseguenze di quel fatto. Sola nella sua stanza esaminava ancora delle carte quando udì un gran chiacchiericcio provenire dalle stanze al piano inferiore. Si chiese chi potesse essere, ma non passò molto tempo che i suoi dubbi vennero dissolti.

Entrò, infatti, nella camera, senza bussare, Kristoff, preoccupato della situazione. Spiegò con calma alla regina quello che era successo il giorno prima e le conseguenze che avevano portato al castello tanti poveri senzatetto il giorno stesso. Elsa rimase stupefatta, ma lo stupore lasciò presto il posto alla rabbia: una rabbia furente che le fece ribollire il sangue nelle vene e congelare le mani. Sorpassò noncurante il povero ragazzo, che si intimorì non poco nel vederla così, e uscì dalla stanza lasciando sulla porta la forma della sua mano di ghiaccio. Mente si dirigeva verso il grande salone riservato alle cene con gli ospiti più illustri, una scia invisibile di ghiaccio si stava depositando dietro di lei mentre fuori dalla finestra si potevano vedere alcuni fiocchi di neve volare leggeri.

Arrivò nella stanza e spalancò le porte. Un via vai veloce e concitato faceva sembrare la stanza un grande formicaio: i camerieri si spostavano da un tavolo all'altro trasportando piatti pieni e vuoti, i cuochi aiutavano come potevano entrando e uscendo dalla cucina, decine di vagabondi parlavano e sedevano ai tavoli aspettando il cibo. Alla vista di quello spettacolo raccapricciante Elsa non seppe più trattenersi e scoppiò in un urlo accusatore:

"Anna!"

Tutta la sala tacque di colpo e si fermò. Ognuno di loro guardava la regina con occhi spaventati, ma sembrava non volersi muovere. Poi lentamente la folla fece spazio e Anna riuscì ad avvicinarsi alla sorella. Tremava come una foglia e si sentì gelare il sangue quando incrociò lo sguardo della sorella. Uscì cauta dalla sala aspettando che la bionda la seguisse, ma non lo fece: rimase a fissare furente le persone nella sala poi disse a mezza voce:

"Uscite, andatevene via tutti" e seguì la sorella in corridoio.

La fiumana di senzatetto si dileguò letteralmente cercando di scorgere qualcosa della discussione fra le regine nella sala accanto: Elsa sbraitava e agitava le braccia come nessuno l'aveva mai vista fare e Anna in un primo momento sembrò impaurita da tutta quella furia, ma poi cambiò espressione mentre rispondeva duramente alla sorella.

Un ingenuo bambino sgattaiolò, non visto dai servi e dalle guardie, sulla porta e ascoltò interessato il litigio.

"È tutta colpa di Kristoff, vero? È lui che ti ha messo in testa queste idee strambe" stava dicendo la regina di ghiaccio.

"No, lui non c'entra, ha anche cercato di fermarmi" rispose la rossa con aria sommessa.

"Da quando lo hai conosciuto non sei più la stessa."

"Io sono sempre stata così, ma forse tu eri troppo impegnata per notarlo" ribattè acida Anna.

"Lo vuoi capire che Arendelle sta cadendo nel baratro? La gente ha fame e i campi non producono abbastanza. Siamo isolati e le spedizioni in mare stanno diventando sempre più rischiose. Gli uomini hanno paura e i giovani lasciano la città per cercare lavoro altrove. È come un cane che si morde la coda: se non troviamo manodopera a sufficienza non sopravviveremo a lungo."

Dopo la sfuriata di Elsa sembrava che Anna si fosse calmata, ma la più grande non aveva ancora finito.

"Per questo tu devi dimenticarti di Kristoff. Tu devi sposare un principe potente che risollevi la nostra città."

"Che cosa?" La interruppe Anna. "Io dovrei rinunciare a Kristoff perché tu non vuoi sposarti? Come puoi chiedermi una cosa simile?"

"Io non posso sposarmi, Anna! Vorrei, ma non posso. Qualsiasi uomo che mi conoscerebbe mi reputerebbe un mostro e noi non possiamo permettercelo."

L'espressione della sorella più piccola mostrava lo stupore che la ragazza provava.

"No!" Urlò interrompendo il discorso. "Io non lascerò Kristoff solo per scopi politici."

"Non puoi farci niente, ho già preparato tutto: tra un mese si terrà una cena di gala qui a palazzo a cui parteciperanno molti principi del regno che me lo hanno chiesto esplicitamente e altri che ho invitato io stessa. Quella sera sceglierai lo sposo che ti piaccia o no" fu la risposta secca, ma esauriente.

"Hanno chiesto esplicitamente di me hai detto?" Domandò Anna sbalordita.

La sorella tentennò non sapendo come rispondere, ma la piccola aveva già capito.

"No, non hanno chiesto di me," sorrise amaramente, "ma di te."

Il silenzio calò fra le due, ma subito fu interrotto dalla rossa che scosse la testa decisa e disse:

"No Elsa, io non lo farò. Amo Kristoff più di me stessa e non posso lasciarlo."

Uscì dalla sala con passo pesante e lasciò Elsa spiazzata e arrabbiata. L'aria intorno a lei si fece fredda e le sue mani trasudavano ghiaccio. Sarebbe bastato un minimo movimento per far crollare l'autocontrollo che la regina si era costruita in tutti questi anni. Fortuna volle che il ragazzino riuscì a non farsi sentire mentre usciva spaventato dal castello, cosa che non capitò ad una povera guardia che entrò nella stanza solo per avvertire la donna che tutti gli ospiti indesiderati erano usciti.

"Regina Elsa," accennò, ma venne folgorato all'istante da un raggio di ghiaccio partito dal suo palmo. La donna respirò profondamente. Doveva trovare subito un posto isolato per smaltire la rabbia. Perciò non perse tempo e si incamminò furiosa verso la montagna lasciando, al posto della guardia, una statua di ghiaccio.

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Capitolo 2
*** Uno spettacolo travolgente ***


2. Uno spettacolo travolgente

I passi riecheggiavano nell'atrio deserto. Qui, nell’unico luogo rimasto a prova della sua potenza e del suo potere, poteva dire di sentirsi veramente a casa: circondata dal freddo ghiaccio, dalla neve e dalle sue sculture.

Passò una mano sulla parete e un brivido, come un’ondata di potere, la scosse al contatto freddo. Salì le scale lasciando una lunga incisione: un sottile ramo d'edera che la seguiva e si districava sui gradini.

Raggiunse la stanza al piano superiore. Aveva ancora le cicatrici di un tempo. Tuoni scuri e immobili si intravedevano sulle pareti trasparenti. Il fiocco di neve al centro del pavimento era coperto della sua scultura più bella in frantumi. Tante schegge di ghiaccio che un tempo erano appese al soffitto ora giacevano senza alcuno splendore sparpagliate sul terreno. Una profonda tristezza la pervase, ma continuò a camminare.

Uscì sul balcone. Un vento freddo le accarezzò il viso e una piacevole sensazione la invase quando guardò sotto di lei: la parete cadeva a strapiombo e spariva nel buio senza lasciare vedere il fondo. Avrebbe voluto tanto esplorare il baratro, ma qualcosa l'aveva sempre fermata. In quel momento, però, sentiva che solo lì sotto avrebbe potuto trovare la pace.

Ma no, non poteva lasciare Arendelle nel caos e nella crisi: avrebbe prima sistemato questo problema. L'ultima cosa che doveva fare era convincere sua sorella e un'idea le si andava formando nella mente.

Come un seme germoglia e mette le prime foglie fuori dalla terra, così la rabbia aveva presentato le sue prime gemme alla mente della sovrana. Ora stava a lei decidere se continuare a curarle o lasciarle morire.

Non aveva intenzione di tornare in città per il momento. Aveva bisogno di calmarsi, perciò rimase lì a passeggiare su e giù nel castello per ore cercando di mettere ordine ai sentimenti: non riusciva a sopportare l'euforia della sorella eppure non poteva non esserle grata per averla salvata dalla spada di Hans. Non capiva come ci si potesse innamorare in così poco tempo e per questo non aveva dato la sua benedizione al matrimonio con Hans, ma non aveva potuto rifiutare quando Anna le aveva annunciato il fidanzamento con Kristoff: d'altronde lui l'aveva aiutata a tornare ad Arendelle e senza di lui Anna non sarebbe potuta correre in soccorso di Elsa.

Ricordava come ieri quel momento: il dolore per la scoperta della morte e lo strazio di scoprire che non era vero per poi vederla congelare davanti a sé. Non poteva dimenticare quel volto rotondo, senza vita fra le sue mani.

Poteva sentire, ora, nel suo cuore la stessa tempesta di sentimenti di quel giorno, ma stavolta non sarebbe riuscita a fermarla, ne era certa.

Inavvertitamente schiacciò sotto la scarpa un frammento del lampadario di ghiaccio e questo produsse un rumore orrendo come quando si schiaccia una chiocciola o uno scarafaggio. Raccolse i frammenti della scheggia da terra: si era spezzata in due parti che combaciavano perfettamente a formare un rombo regolare e affilato, tanto che si graffiò un dito. Guardò il sangue scendere fino alla punta e cadere per terra con un tonfo impercettibile. Tradita dal suo stesso potere. Non aveva amici, nessuno con cui confidarsi, nessuno a cui chiedere aiuto. Se solo ci fosse stato suo padre avrebbe saputo come gestire la situazione, ma lei? Cosa ne sapeva lei di come si gestiva un regno. Con i suoi vent’anni a malapena controllava i sentimenti figuriamoci un'intera cittadina. Una lacrima solitaria seguì a terra la goccia di sangue reale mentre intorno a lei leggeri fiocchi bianchi volteggiavano sfuggiti al controllo della donna. Tutto ciò che poteva fare era sfogarsi con sé stessa e sperare di trovare un giorno la pace.

 

Anna, intanto, aveva raccontato tutto ciò che era successo a Kristoff: la litigata, l'imposizione, le urla.

"Kristoff, noi dobbiamo sposarci."

Questa affermazione lo spiazzò non poco. Così di punto in bianco lei voleva sposarlo. Non sapeva se esserne felice o rattristato: Elsa avrebbe approvato? No, era fuori discussione: Anna era una principessa e come tale doveva sposare un principe non un semplice commerciante di ghiaccio come lui.

"Kristoff, tu mi hai aiutata quando ne avevo più bisogno senza farti scrupoli, mi hai riportato ad Arendelle senza perdere tempo e sei stato disposto ad abbandonarmi per salvarmi."

Gli occhi le diventarono lucidi e non riuscì più a continuare.

Il ragazzo le si avvicinò e le circondò le spalle.

"Anna, tu non mi devi nulla in cambio. Non devi sposarmi se lo fai solo per ricambiare la mia bontà."

La ragazza si staccò e lo guardò severa.

"Non essere stupido. Lo sai benissimo che ti amo." Quella parola fece uno strano effetto su entrambi. All’espressione stupita del ragazzo, lei divenne ancora più sicura delle sue parole. "Sì Kristoff, io ti amo e voglio sposarti."

"Elsa non approverà. L'ultima volta che è successo non è andata bene."

“Allora noi non glielo diremo."

Kristoff si allontanò da Anna e la guardò con occhi strani. Sapeva che non era una cosa giusta quella che volevano fare e temeva la reazione di Elsa, ma amava Anna e non poteva rifiutare.

Mentre Kristoff si stava ancora crucciando tra queste due parti entrò Olaf seguito dalla sua preziosa nevicata. Cominciò a correre pazzamente per la stanza blaterando parole senza senso.

Con non poca fatica Kristoff riuscì a bloccarlo e calmarlo così che il pupazzo riuscì a dire ciò che stava pensando.

“Sta succedendo di nuovo! Elsa sta riportando una bufera in piena estate."

A quelle parole Anna sbiancò e corse alla finestra: il cielo si era oscurato e soffiava un forte vento. Sulla montagna del Nord un uragano di fiocchi di neve sconvolgeva la cima. D'un tratto il vento cessò, le nuvole si concentrarono lassù, intorno al castello di ghiaccio e tutto sembrò calmò per un secondo. In quell'istante Anna spinse Kristoff, che teneva ancora Olaf in braccio, sulla nuca per farlo chinare e ripararlo dietro il letto. Un boato li raggiunse subito dopo seguito da una forte onda d'urto che fece vibrare le finestre e muovere i tendaggi. Poi silenzio. Non più un alito di vento. Era tornata l'estate.

Velocemente Anna si alzò esclamando:"Devo andare da lei.”

"Ferma, voglio venire anche io" disse Kristoff.

Lei lo guardò dolcemente e sussurrò un "grazie" commosso. Sapeva che il biondo non l'avrebbe mai abbandonata e questo la rendeva felice, ma si rabbuiò subito quando un pensiero le balenò nella mente. La sorella non aveva nessuno che la amasse in questo modo. Elsa non aveva bisogno di esuberanti principi ingrati come non ne aveva bisogno Anna, ma di qualcuno che l’avrebbe apprezzata così com’era, con i suoi pregi, i suoi difetti e il suo potere.  Sul volto le si dipinse un’espressione felice, ma crucciata, che fece insospettire Kristoff.

“A cosa stai pensando?” Chiese.

“Al marito di Elsa” disse asciutta.

Kristoff sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.

“Che cosa?” Intervenì Olaf dando voce anche ai pensieri del biondo.

“Penso che dovremmo trovargliene uno. Qualcuno dolce e comprensivo che la aiuti a dominare con l'amore il grande potere che possiede" spiegò quindi Anna. "Andiamo ora, potrebbe essere svenuta vista la potenza che ha generato."

Prese il mantello da un servo che glielo stava porgendo e uscì seguita da Kristoff e Olaf.

 

Dopo lungo tempo arrivarono ad una ripida salita tutta imbiancata benché fosse luglio: quelle nevi restavano tali, bianche e soffici, per tutto l'anno. La nuvola di Olaf sparì ma lui non si sciolse data la temperatura bassa. Raggiunsero un altipiano diviso a metà da una frattura. Le due pareti erano collegate da una scala di ghiaccio levigato e trasparente. Questa salita portava al castello di Elsa. Nuvole bianche si muovevano placide nel cielo terso ed erano punte dalle guglie tinte di giallo, il fianco della montagna era inondato dal sole e le pareti rilucevano sotto i suoi raggi. Sul balcone che volava sullo strapiombo a lato della montagna era dritta e pensierosa la regina di Arendelle. Il parapetto era stato ricostruito e la regina si stava sporgendo da lì verso il cielo. La comitiva rimase senza fiato e per qualche tempo non riuscì a muovere un passo tanto era lo stupore.

Elsa si accorse dei nuovi arrivati e, seria e pensierosa, rientrò per scendere le scale.

"Elsa, stai bene?" chiese Anna nonappena la regina comparve sulla soglia del castello.

Cercò di raggiungerla, ma la sorella la fermò.

"Sto bene” disse Elsa.

Scese lentamente i gradini e giunse accanto alla comitiva che la guardava con ammirazione, poi disse: "Torniamo a casa prima che faccia buio."

Si avviò lungo la strada per tornare ad Arendelle, lasciando indietro un’Anna piena di invidia. Come poteva stare bene dopo tutta l’energia che doveva aver sprigionato? Elsa era una donna forte, ma non se ne accorgeva, e, invece di valorizzare il suo potere, lo nascondeva il più possibile. La ragazza si ridestò dai suoi pensieri e la raggiunse.

“Sai,” esitò, ma subito si fece coraggio e continuò, "ho pensato che ti servirebbe e un marito."

La sovrana rimase immobile e impassibile.

“Sì, ecco... qualcuno che ti capisca e ti ami per quello che sei” cercò di spiegare la sorella.

Nessuno può. pensò Elsa, ma non lo disse.

Non vedendo reazioni Anna continuò: "Potresti approfittare del ricevimento per cercare l'uomo che fa per te."

“No” interruppe l’altra. "Non se ne parla neanche. Mi insulterebbero se sapessero ciò che posso fare, oppure, peggio, mi userebbero come arma."

"Ma..."

"No, Anna, smettila di essere così ottimista” gli occhi della regina erano diventati più chiari che mai e la neve cominciava scendere intorno a loro. “Tu vedi sempre il buono che c’è nelle persone. Non pensi mai alle conseguenze negative?"

“Io ho fiducia. So che non tutti sono come Kristoff,” il ragazzo ebbe un sussulto nel sentirsi chiamato in causa "ma non sono nemmeno tutti come Hans! Non puoi vivere nel terrore a causa di un solo uomo. Non puoi continuare a chiuderti nella tua infelicità perché una volta hai perso il controllo. Il mondo ti offre tante possibilità di riscatto."

“Oh, Anna, smettila di difendere una causa persa…"

“Cosa?" Esclamò stupita ed incredula. "E saresti tu, Elsa, la mia causa?"

“Sì!” rispose la regina con una forza che fece traballare la sorella.

Un forte vento si alzò mentre la neve cadeva più fitta.

“Proprio io” continuò con voce innaturale. “Pensi che non abbia notato gli sguardi dei nostri cittadini? Mi guardano con paura. Loro non mi amano, mi temono perché hanno visto ciò che posso fare. Loro non mi ameranno mai e non si fideranno mai pienamente di me. Me li immagino nelle taverne a criticare le decisioni da me prese, a spettegolare su qualsiasi mia azione. Non ti puoi fidare degli uomini perché ti tradiranno sempre.”

Detto ciò si voltò e si incamminò verso valle. il vento cessò immediatamente e gli ultimi fiocchi caddero stanchi sul terreno già bianco. Dietro di lei si incamminarono silenziosi Olaf, Kristoff e Anna. Nessuno parlava e la neve ovattava anche il suono dei loro passi.

Per questo sentirono chiaramente il rombo della valanga che si stava avvicinando.

Il primo a sentirla fu Olaf.

“Fermi tutti!” Esclamò con la sua solita allegria. “Sembra che la montagna abbia fame” commentò.

La carovana si bloccò impaurita mentre il pupazzo spaesato chiedeva le ragioni di quella fermata. Si voltarono verso la cima dove un fumo bianco si avvicinava velocemente e in un secondo si ritrovarono a correre verso la valle con Olaf sballottolato in braccio a Kristoff per non lasciarlo indietro.

"Non sfuggiremo per molto" disse Kristoff.

"Correte più veloce!" esclamò Elsa in testa al gruppo.

"Lì," Anna indìco una incavatura non lontana "ripariamoci dentro quell’anfratto."

Elsa e Anna deviarono verso il punto indicato dalla rossa, ma una radice troppo sporgente fece inciampare il ragazzo. Olaf volò in avanti, ma riuscì subito a rialzarsi e fu preso da Anna, mentre il povero Kristoff si affannava per tentare di riemergere dalla neve. Elsa, Anna e Olaf entrarono al riparo nella caverna e si voltarono preoccupate ad osservare il biondo che lento si avvicinava.

"Elsa, fai qualcosa!" disse Anna scuotendola e guardandola con occhi impauriti. Ma la regina non sentiva le imprecazioni, il rumore della valanga, Olaf che chiamava Kristoff. Vedeva il ragazzo affannare nella neve senza vederlo realmente: lei era l'unica che poteva decidere se salvarlo o farlo morire per continuare con i suoi piani. Non aveva mai dovuto avere a che fare con il peso di una decisione così grande, perciò rimase immobile a fissare la figura ormai esausta di Kristoff nella neve. Dopo quella che le parve un'infinità alzò il braccio per fermare quell'onda di neve: creò una barriera davanti al ragazzo, ma non riuscì a completarla perché la valanga lo raggiunse e spazzò via ogni cosa. Allora si volse verso Anna e la protesse con il suo corpo dalla neve fredda che serrò l'entrata della cavità. L'aveva fatto, aveva ucciso un uomo per portare avanti i suoi scopi maligni.


AdA:
Ciao lettori,
colpo di scenaaaaa!!! Ve lo aspettavate? Nemmeno io lo sapevo quando ho cominciato a maturare l'idea di questa fanfiction, ma quando ho saputo cosa far succedere è stato un gioco da ragazzi scriverlo.
Cooomunque, povero il nostro Kristoff, sempre gentile e gioviale, ma era necessario che si sacrificasse per la buona riuscita di questa storia.
Non sono brava a fare i commenti, quindi direi che vi saluto con solo un avvertimento. Le prossime due settimane sarò in vacanza, quindi è probabile che faccia più fatica a pubblicare. Vedrò in ogni caso di aggiornare sabato o domenica prossima, se non aggiorno sapete il perché.
Grazie a tutti della lettura e ci vediamo nelle recensioni :P

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Capitolo 3
*** La cruda verità ***


3. La cruda verità

Erano sole, ansimanti, impaurite, tremanti. Un pallido candore le circondava dato dalla neve fresca appena caduta. Passata l'ondata era tornata la quiete, ma non per Anna. Appena la sorella l'aveva liberata dal suo abbraccio protettivo, lacrime amare avevano deciso di bagnarle le guance.
"Anna," disse Elsa alzando la voce per farsi sentire sopra i lamenti della rossa. "calmati adesso. Sei una principessa, ricorda i tuoi doveri."
"Cosa me ne importa!" sbraitò. "Chi ci può vedere sepolte sotto strati di neve. Kristoff è morto e tu pensi che io mi preoccupi di comportarmi dignitosamente?"
"Tranquilla, ora ti faccio uscire."
Con la mano sondò quanta neve c'era sopra di loro per sapere quanta energia avrebbe dovuto usare, poi ritrasse indietro le mani e spinse sull'apertura. Ancora prima che toccasse la neve, il passaggio si liberò lasciando intravedere il cielo terso.
Per prima uscì la regina che, dopo un respiro profondo, aiutò a salire la sorella. Per ultimo uscì un Olaf molto più silenzioso se non per lo spavento per la confusione.
Elsa e Olaf guardarono Anna che era rimasta paralizzata a fissare un punto poco più a valle: una collinetta ai piedi di un albero tradiva la presenza di un corpo sotto di sé.
Dopo un attimo di smarrimento Anna si catapultò in quel punto e cominciò a scavare a mani nude. Per molti minuti rimase china a togliere neve dal corpo del suo amato, poi Elsa e Olaf, che erano rimasti in disparte per paura di una reazione ostile, la videro ansimare sfinita seduta sui talloni.
La rossa si alzò per avvicinarsi alla sorella. Era furente: il viso era rosso di rabbia e fatica, gli occhi infossati per il pianto e la voce roca di chi odia e brama vendetta. In poco tempo l'Anna dolce e sensibile che Elsa aveva imparato a conoscere era scomparsa.
Le due sorelle erano ferme a pochi centimetri, una furente l’altra sconvolta.
"Tu l'hai lasciato morire" sputò fra le lacrime.
"Ho tentato di salvarlo, ma era troppo tardi" mentì Elsa con noncuranza. Solo dopo aver pronunciato quelle parole si accorse del distacco che aveva la sua voce, come se il suo corpo non rispondesse più alla mente, ma a se stesso e basta. Sperò che Anna non se ne fosse accorta, speranza che si frantumò quando, con un movimento velocissimo, le diede uno schiaffo sulla guancia. Le prese il viso con una mano stringendole le guance e la guardò con occhi di fuoco.
"Tu potevi salvarlo, ma non l'hai fatto" disse abbassando il tono di voce. "Hai aspettato, per cosa? Vedere la sua faccia sofferente mentre si preparava alla morte?"
La sua voce era diventata un soffio tagliente come la lama di una spada.
"Per godere della tortura del suo animo mentre cercava la salvezza? Tu potevi salvarlo, ma non l'hai fatto forse perché era me che volevi far soffrire, non lui. Senza Kristoff io sarei diventata una sposa ideale: ricca, di stirpe regale e libera" calcò particolarmente sull'ultima parola.
"Credimi Anna, io non volevo far soffrire nessuno. La mia unica colpa è stata quella di non avere i riflessi pronti."
Come bugiarda era proprio diventata brava, ma prima che Anna potesse commentare continuò col tono più straziante che poté imitare.
"Da quando ti ho colpito alla testa per sbaglio, da piccole, non sono più sicura di me e quando uso i miei poteri mi ricordo del tuo corpo freddo tra le mie braccia e..." un singhiozzo le bloccò le parole in gola. Deglutì e continuò: "Sembravi morta."
Lasciò trascorrere ancora qualche secondo, poi vedendo che l'altra non dava cenni di risposta provò a continuare con la sua sceneggiata: "Anna, mi-mi dispiace."
"Lascia stare. I tuoi dispiaceri tieniteli per te, io ne ho già abbastanza. E smettila anche di fingere di essere addolorata" i suoi occhi si ridussero a due fessure mentre la stretta sulla mascella si faceva più forte, "non ci crede nessuno."
Questo Elsa non potè sopportarlo. Strinse il polso di Anna e lo congelò facendo però in modo che non perdesse l'uso della mano.
"Sai cosa posso fare, non sfidare la mia pazienza."
Prima che qualcuno potesse dire altro un rumore di zoccoli al galoppo giunse alle orecchie dei tre sopravvissuti. Anna lasciò subito la sorella per precipitarsi da Sven, la renna del povero Kristoff.
La abbracciò forte e nascose la faccia nel suo collo caldo e peloso rimanendo così per qualche minuto. Si staccò e guardò la renna negli occhi. Erano azzurri e carichi di domande.
"È morto, Sven. È stato travolto dalla valanga." Dicendolo altri singhiozzi la scossero, ma riuscì a non crollare.
Quasi come domanda retorica chiese poi alla renna se poteva aiutarla a trasportare il corpo. Così Anna lo caricò sulla schiena dell'animale, prese Olaf per un bacchetto e insieme si avviarono verso la valle e il castello. Ma Elsa era inquieta e non tornò a casa con loro.

Arrivati al castello Olaf aveva ripreso con la sua più che famosa loquacità e la principessa cercava di assecondarlo con tutta la gioia che poteva avere, ma il corpo del povero Kristoff senza vita abbandonato sulla schiena di Sven non poteva certo farle bene. Per questo appena arrivata liquidò Olaf con una scusa e si rifugiò in camera. Lì trovò il loro letto vuoto e perfettamente rifatto. Le lacrime le offuscarono gli occhi completamente e si sentì improvvisamente molto debole. Non ebbe il coraggio di arrivare al letto e si accasciò alla porta mentre violenti singhiozzi le scuotevano le spalle e lente lacrime bagnavano la gonna. Poteva ancora sentire la sua voce chiamarla, le sue braccia circondarla e il calore del suo corpo ridarle fiducia, ma sapeva che tutto questo era frutto della sua mente e non sarebbe più successo. Si sentì sola più che mai e l’oscurità la circondò inevitabilmente.
I servi intanto si stavano affaccendando intorno al corpo di Kristoff. Alcuni lo lavavano altri preparavano i vestiti, ma tutti stavano piangendo, in fondo, chi non voleva bene al povero Kristoff? Il biondo aveva insegnato loro cos'era essere davvero uomini, come vivere appieno la vita senza essere dei ribelli. I servi più giovani sentivano soprattutto la mancanza della sua vitalità. Ogni cosa lo stupiva e loro erano fieri e disponibili nel spiegargli ogni loro più insignificante mansione. Era come un bambino, gli occhi sempre aperti in cerca di nuove scoperte, il cuore sempre allegro per illuminare la giornata di chiunque.
Olaf e Sven lo ricordavano insieme nella stalla, stesi su balle di fieno, raccontandosi aneddoti delle loro avventure con lui. Come quando erano caduti dal dirupo inseguiti da un pupazzo di neve gigante. O quando, da piccoli, Kristoff e Sven avevano seguito una scia di ghiaccio e avevano incontrato i troll. O quando gli stessi troll avevano quasi sposato Anna e Kristoff fraintendendo le intenzioni dei ragazzi. A Sven sarebbero sicuramente mancate le cantate in compagnia, le fatiche dei raccoglitori di ghiaccio, la sua amicizia. A Olaf sarebbe mancata la sua prontezza di spirito, le sue battute. In lui avevano trovato un compagno di chiacchierate, qualcuno con cui poter sempre parlare e divertirsi. 

La regina era immersa nel ghiaccio, il suo ghiaccio, circondata dal silenzio e dalla pace. Il volto del biondo contratto in una smorfia di terrore le offuscò la visuale lasciandole un senso di terrore nel petto. In poco tempo quella sensazione svanì sostituita dal compiacimento. Sapeva che non era il momento adatto per provare quel sentimento, ma non poteva farne a meno. Ora poteva manipolare sua sorella come voleva. L'aveva in pugno: distrutta com'era dalla morte del suo unico vero amore non sarebbe stata in grado di protestare.
Tornò al castello che era ormai buio. I camerieri avevano già servito la cena ad Anna che stava mangiando una mela verde. La regina fece il suo ingresso e notò immediatamente gli occhi arrossati della sorella e di alcune serve. Prese posto a capotavola e le due rimasero in silenzio per tutta la sera. La scena ricordava quando erano bambine e il re litigava con la regina: lui le lanciava occhiate furtive per cercare di interpretare le espressioni della moglie, ma lei non lo degnava di uno sguardo. Nel mentre le sue piccole bambine rimanevano in rispettoso silenzio temendo che un rumore di troppo avrebbe potuto scatenare la loro ira. In questo modo l'unico suono che si udiva in tutto il castello era quello delle posate che sbattevano contro i piatti, lo stesso rumore che si sentiva quel giorno.
Le due sorelle non si parlavano da ore: Elsa tentava di capire cosa Anna potesse pensare, ma quest’ultima non dava segni di nessun genere.

La notte proseguì, ma solo per la più piccola passò insonne.
Olaf si era addormentato nella paglia vicino a Sven che lo riscaldava con la sua pelliccia, Elsa era sicura che sarebbe riuscita a riportare Arendelle al suo antico splendore, quello che regnava con suo padre al potere, mentre Anna non riusciva a togliersi dalla testa il viso pallido di Kristoff nella neve. Non poteva dimenticare l'esitazione di sua sorella che era costata la sua vita e le bugie meschine e odiose per scusarsi. Non c'erano scuse, lei doveva pagare, ma da sola Anna non poteva farlo. Quando fu mattino aveva smesso di piangere sulla sua perdita e stava già pensando come vendicarsi.


AdA:
Lettori cari, come procede la storia? Come vi è sembrato questo capitolo? Se devo dire la verità a me non entusiasma tantissimo. Non succede niente di che, ma la sfuriata di Anna all’inizio è fondamentale. È quello il vero punto focale della storia, da lì comincia la vicenda che si svolgerà per i prossimi capitoli.
Ora faccio una domanda a voi: come pensate che si vendicherà Anna?
Scrivetemelo nelle recensioni, io vi saluto, e al prossimo capitolo!
P.S.
Scusate tantissimo per il ritardo, ma sono in vacanza e prende malissimo-.-'
Lu_Sue;P

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Capitolo 4
*** Una nuova Anna ***


4. Una nuova Anna

Il sole filtrava attraverso i tendaggi vermigli della stanza. La principessa teneva ancora il viso affondato nel cuscino, ma una lamina di luce giallo intenso la obbligò a guardarsi intorno. Sollevò lentamente la chioma rossa per puntare lo sguardo stanco sulla causa del suo risveglio. Dopo una notte insonne passata a piangere e pregare, lo sfinimento aveva preso il sopravvento sulla tristezza che aveva però lasciato i suoi segni. Protesse gli occhi dalla luce con la mano e si avvicinò alla finestra. Dall'alto della sua stanza poteva scorgere fino ai più lontani sobborghi della città dove, ora se ne accorgeva anche lei, viveva la maggior parte dei cittadini come poveri mendicanti. Oltre le case di legno di contadini denutriti poteva vedere grandi campi ingialliti dal grano o dai girasoli e oltre ancora si alzava una muraglia di tronchi che sembrava impenetrabile.

Se ci fosse stato ancora Kristoff, pensò Anna, si sarebbe alzato e sarebbe venuto ad abbracciarmi. Mi avrebbe baciato sul collo e convinto ad entrare nella foresta. Io l'avrei certamente seguito e avremmo in ogni caso combinato qualche guaio, ma non mi avrebbe lasciata nemmeno in quel momento.

Respirò profondamente e riuscì a contenersi. Non aveva più voglia di piangere. Sentiva gli occhi secchi perché aveva sprecato tutte le lacrime durante la notte. Provò una tale rabbia a sentirsi così debole che si accorse di stringere i pugni solo quando le unghie le fecero male. Non poteva lasciare che la causa della sua tristezza restasse in vita senza provare un minimo di rimorso o di vergogna. Doveva farsi forte. Doveva vendicare Kristoff, ma non subito.

"Ogni azione ha il suo momento" le diceva sempre suo padre e questa era una delle azioni più importanti della sua vita.

Si vestì a lutto e scese a fare colazione. Elsa la aspettava già a tavola con un vestito chiaro in contrasto con le loro usanze. Aveva accanto al piatto alcune lettere che, intuì la principessa, provenivano da diverse città. Le guardò non più di un nanosecondo, ma fu abbastanza perché la regina se ne accorgesse.

"Queste lettere sono risposte al mio invito a corte."

"Non ho intenzione di sposare nessuno di quei principi usurpatori” rispose Anna sedendosi senza degnarla nemmeno di un saluto.

"Suvvia, sai che non potrai restare sola per tutta la vita."

"E tu, invece, potrai?" Replicò tagliente.

Elsa si irrigidì.

"Anna, sai che con i miei poteri spaventerei chiunque” cercò di rispondere in modo pacato.

"Ma ormai tutti lo sanno."

“È vero, ma nessuno si fida."

"E pensi che sposando me non avrebbero lo stesso paura?” La smentì Anna.

"Potrebbe essere, ma andrai a vivere a casa dello sposo” rispose Elsa abbassando lo sguardo e tentando di chiudere la conversazione.

“Cosa?” Anna sgranò gli occhi. “E quando pensavi di avvertirmi? Dopo le nozze?"

"Ormai ho deciso e i principi aspettano solo la tua scelta. Non si può cambiare."

La rossa si alzò stizzita, gettò il tovagliolo sopra il piatto e si allontanò da quella donna insensibile.

Elsa sbuffò e appoggiò le carte sul tavolo.

Perché deve sempre fare di testa sua? Perché non riesce a capire la gravità della situazione? Pensavo di poterla controllare, invece sembra abbia acquistato ancora più testardaggine di prima.

Si coprì il viso con le mani e i ricordi le invasero la mente prepotenti e inarrestabili.

 

I passi risuonavano nel corridoio deserto e triste. Il portone cigolò mentre una furia rossa camminava spedita verso l'uscita. Era stanca delle interferenze di sua sorella: sperava di controllarle il futuro, ma non poteva. Doveva escogitare un piano per toglierla di mezzo senza farsi scoprire. Avrebbe potuto pagare un sicario, ma qualcuno avrebbe scoperto da chi era stato mandato, e se fosse stato arrestato non poteva contare sul suo silenzio. Poteva provare a fare da sola, avrebbe potuto comunque recitare la parte della sorella disperata che ha perso prima il fidanzato per una catastrofe “naturale” e poi la sorella per un terribile incidente, ma anche in quel caso vi erano troppi rischi.

Uscì dal portone principale e attraversò il cortile interno. I suoi passi non facevano più quel rumore costante, ma si udiva solo il fruscio della sua veste sull'erba verde e sul selciato.

L'unica soluzione è quella di ingaggiare qualcuno o molto affidabile, che non rivelerà mai la verità, o molto stupido, o...

Passò tra le due fontane ghiacciate da Elsa e girò attorno al piedistallo su cui era stata poggiata la sua statua: rappresentava Anna nel momento in cui aveva esalato l'ultimo respiro e la sorella che la abbracciava disperata. L'aveva fatta Elsa in onore del suo coraggio nel difenderla da Hans. E proprio lì sotto si bloccò concludendo il pensiero.

...molto arrabbiato.

Un sorriso le affiorò alle labbra mentre alzava gli occhi a guardare proprio il monumento che avrebbe dovuto risvegliare il buono che c'è dentro ogni uomo e che, invece, aveva portato a compimento la forma più pura d'odio che può esistere: la sete di vendetta.

 

***************
 

A chi fosse entrato in quella prigione sarebbe sembrato tutto troppo tranquillo. Una fila di celle correva a destra, ma da nessuna di esse proveniva una voce. Dopo l'angolo altre celle, su entrambi i lati, restavano silenziose. Solo dall'ultimo buco, il più piccolo, il più sudicio, il più disgustoso tanto che se Dio può dimenticarsi di un posto sarebbe quello, proveniva una canzonetta intonata a bocca chiusa e due mani spuntavano dal poggiatesta della branda.

Dei passi rimbombarono lenti nel corridoio.

“Anche oggi hai messo tutti a tacere” disse una voce familiare al carcerato. “Dimmi fratello, come ci riesci?”

L'uomo che aveva parlato aveva guardato dentro ogni cella e in quelle piene i delinquenti non osavano muoversi per non fare rumore, tanto erano impauriti dall'ultimo carcerato. Fermatosi davanti alle inferriate, il cavaliere aveva pronunciato quella frase e si aspettava una risposta. L'uomo scese lentamente dal letto e si buttò a terra. Era sporco di sudore, terra e polvere, magro e debole: brutto quasi come la cella che lo ospitava. A differenza di quelle quattro mura, però, non era stato dimenticato da Dio, che, invece, riservava per lui la parte migliore di una storia cominciata. L'unica cosa distinguibile in quel corpo sporco erano i capelli, troppo rossi per poter essere mascherati.

Alzò il volto martoriato dalle continue liti e sorrise con i pochi denti gialli che gli rimanevano, gli altri erano diventati neri o erano caduti dopo una rissa.

"Io mantengo le mie promesse e non mi dimentico di nessuno di loro."

Una risata lugubre uscì dalla gola del pover'uomo.

"Non come avete fatto voi per più di tredici anni."

L’altro evitò il suo sguardo accusatorio e cambiò discorso.

"Avanti, alzati in piedi. Qualcuno è venuto a trovarti, una tua vecchia conoscenza, il tuo ultimo fuoco” e così dicendo una scintilla balenò negli occhi del rosso, mentre chi aveva parlato rise di gusto. Si scostò per mostrare al fratello la donna che aspettava impettita di poter essere ricevuta. Lui cambiò espressione: da stupito e dubbioso a compiaciuto. Si alzò senza smettere di sorridere e si inchinò di fronte alla principessa di Arendelle.

"Bentrovata Anna, quanto tempo è passato. Dimmi, qual buon vento ti porta?"

"Salve Hans" sorrise la giovane. Poi si avvicinò alla grata e bisbigliò in modo che solo lui potesse sentire. "Ho un lavoretto per te."



AdA:
Salve a tutti!!
Aaaaallora, vsto che me lo avete chiesto lo specifico: la storia è già scritta, quindi pubblicherò (da ora in avanti perché prima ero in vacanza e non potete immaginare quanto è stato difficile pubblicare il 3 capitolo) regolarmente, direi di domenica. Se non riesco domenica pubblico lunedì.
Ma torniamo al capitolo, come vi sembra? Ve lo aspettavate? Secondo me qualcuno di voi già l'aveva intuito, ma come si svolgerà la vicenda? Hans accetterà la proposta di Anna? Se sì, come uccideranno Elsa? Se no, come Anna compirà la sua vendetta?
Scrivetemi le vostre idee in una recensione:)
Lu_Sue;P

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Capitolo 5
*** Una fuga... programmata ***


5. Una fuga... programmata

Hans era la persona giusta. Spietato assassino, uomo senza cuore, attore irriconoscibile, ci aveva già provato una volta. Anna sapeva che non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di uccidere la donna che gli aveva causato tante sofferenze. A causa sua si ritrovava ammaccato, senza un occhio e senza denti, debole e arrabbiato rinchiuso in un buco dimenticato dal Signore e dai suoi fratelli.

La sua parte nella storia non era ancora finita però, infatti, Anna aveva già contato sul suo aiuto per compiere la sua vendetta.

Nelle segrete che ospitavano i criminali delle Isole del Sud, Anna e Hans stavano parlando. Con un’occhiata l'uomo aveva ordinato ai carcerati di parlare, che obbedienti e spaventati da lui avevano fatto scoppiare una lite. E così i due discutevano coperti dal baccano degli altri prigionieri, mentre le poche guardie tentavano di rabbonirli aggiungendo voce alla voce.

"La regina ha organizzato un ballo nel quale dovrò scegliere un marito" iniziò la principessa.

"Perché? Quel bellimbusto raccoglitore di ghiaccio e la sua renna non ti bastano più?"

"Kristoff è morto, travolto da una valanga" rispose secca Anna.

Ormai non le faceva più male dirlo, anzi si sentiva quasi liberata da un peso.

"Capisco. Direi che mi dispiace, ma non è vero. Continua ti prego."

"Io non voglio sposarmi con qualcuno che non amo e tanto meno può impormelo la regina. Sono stanca di lei e delle sue manie di grandezza. Lei non è il centro di tutto e deve pagare per quanto mi ha fatto soffrire perciò, ho deciso di ucciderla."

Hans mise avanti le mani.

"Aspetta, che? Solo perché non vuoi sposarti, hai deciso di uccidere tua sorella? La stessa che hai difeso dalla mia spada rischiando di morire tu stessa e riservando a me dolorose torture? Non sai cosa ho passato e non ci tengo a ripetermi."

"No, ho un'altra sorella illegittima di cui non ti ho mai parlato. Hai ragione, avrei dovuto dirtelo prima, mi dispiace."

Hans era letteralmente esterrefatto, pietrificato e senza parole.

"Certo che è la stessa, zuccone da quattro soldi" sbraitò la rossa.

Lui riprese a respirare dopo essere stato qualche secondo in apnea.

"Elsa ha ucciso Kristoff. Era sulla montagna, nel suo castello di ghiaccio. Era arrabbiata e in uno scatto d’ira ha causato una tempesta che ha fatto cadere una valanga. Noi ci siamo salvate in una grotta, ma Kristoff è inciampato ed è morto" spiegò Anna brevemente.

"Quindi cosa c'entra Elsa?"

"Lei poteva fermare la valanga, ma non l'ha fatto. Lei era al sicuro nella grotta e ci sarebbe riuscita, ma ha lasciato che l'unico uomo che amavo fosse spazzato via dalla neve. Lo ha fatto solo perché non lo sopportava e voleva che sposassi un ricco principe per i suoi scopi personali” le lacrime rischiarono di rompere la corazza che si era costruita a fatica e cambiò discorso. Gli prese le mani e le strinse forte fra le sue. "Per questo mi devi aiutare” esclamò Anna, tutt’un tratto più risoluta che mai. Fissò lo sguardo in quello del ragazzo e continuò con voce ferma. "Lei deve pagare per quello che ha fatto."

Lui liberò le mani, si alzò e con lentezza incredibile andò alle sbarre di ferro. Anna sapeva che era tutto un gioco per farla stare sulle spine, lui voleva la morte di Elsa quasi quanto la voleva lei.

“Io cosa ci guadagno?"

“La vendetta e un'eterna ricompensa."

Lasciò trascorrere ancora qualche attimo, ma concluse acconsentendo.

“Ti aiuterò, ma queste guardie non mi lasceranno fare un giretto di cortesia nel castello di Arendelle."

"Tranquillo, ho pensato anche a quello” rispose preparata la giovane. Il ricevimento ci sarà tra due settimane e per due giorni io sarò ospite a casa dei tuoi generosi fratelli. Potrei venire a farti visita stanotte, magari le guardie addormentate ti lasceranno uscire."

“Non mi convince la tua storia, ma se mi lascerai uccidere Elsa con le mie mani verrò."

Ad un suo gesto tutto il carcere tacque nuovamente. Hans sorrise mentre le guardie si avvicinavano alla cella e aprivano la porta. La principessa uscì e lui la salutò.

"Addio, signorina Anna."

E s'inchinò mentre la ragazza spariva dietro l'angolo.

 

******************************

 

Era notte fonda. Le stelle splendevano nel cielo come piccoli diamanti incastonati in uno sfondo blu e nero. Una figura incappucciata stava uscendo dalle mura della cittadella con un vassoio in mano attenta ad ogni fruscio.

La faccia era sporca di fuliggine e i vestiti puzzavano di stalla. Indossava scarpe comode per non fare rumore. Era riuscita ad uscire dal castello senza farsi notare, ma appena fuori dalla periferia una guardia non poté fare a meno di vederla

"Salve signorina, dove sta andando?"

Il cuore le salì in gola e per poco non riuscì a parlare.

"Sto andando alle prigioni. Durante la notte i carcerieri hanno bisogno di rinvigorirsi."

Il soldato si avvicinò al suo viso e lei lo ritrasse ancora di più per non mostrare alcun segno di sé. Annusò un po' l'aria e continuò sbuffando:

"Alle guardie di ronda non ci pensa mai nessuno" e proseguì per la sua strada.

"Se rimarrà ve ne farò assaggiare."

L'uomo alzò la mano in segno di ringraziamento senza voltarsi e Anna proseguì verso il carcere.

Arrivò in poco tempo e senza ulteriori intoppi, fece un respiro profondo pronta ad interpretare la sua parte e spinse la porta.

Due uomini stavano seduti ad un tavolo a giocare a carte e a lamentarsi delle loro vite, il carcere era silenzioso e addormentato tranne per Hans, che aspettava sveglio l'arrivo della sua dama.

"Salve signori" esordì la rossa.

Dall'ultima cella si sentì un rumore di molle che scricchiolano, mentre i due uomini distoglievano lo sguardo dai loro giochi e sorridevano alla principessa.

"Il re spera che possiate rinfrancarvi con una bevanda" e appoggiò sul tavolo il vassoio da cui aveva prontamente tolto un bicchiere. Si aspettava una guardia in più, ma evidentemente erano più stupidi di quanto pensasse. Perché lasciare solo due guardie la notte e tre di giorno?

“Non mi era mai successo che il re si ricordasse di noi” disse uno ridendo.

“Magari vuole farsi bello con la principessa” rispose l’altro. “Sai che ad Arendelle ci sarà un ricevimento?” Continuò il più giovane. “Ci andrà anche lui e magari spera lei possa scegliere uno dei suoi figli per marito.”

La giovane non fece troppo caso a ciò che gli uomini stavano dicendo. Era, invece, concentrata su ogni minimo dettaglio intorno a sé per trovare le chiavi delle celle. Dei fuochi illuminavano i corridoi e rendevano l’aria ancora più calda. I carcerieri avevano una visuale molto ampia dal tavolo dove si trovavano e potevano controllare tutte le celle, ma non l’avrebbero mai vista se si fosse nascosta dietro l’angolo. Da un gancio sopra le teste dei due uomini pendeva un mazzo di chiavi di ferro. Le sembrava tutto troppo facile per poter essere vero. Ad un movimento di un carceriere, però, il trucco fu svelato. Attaccate alla sua cintura c’erano le vere chiavi delle celle. Un sorrisetto furbo le si disegnò sulle labbra.

I due non sospettarono nulla e bevvero avidamente lasciando vuoti i calici e tornarono presto ai loro giochi. Lei sgomberò il tavolo dai bicchieri che avrebbe buttato più tardi e si avviò alla porta silenziosa. La aprì, ma non uscì. Rimase, invece, in attesa vicino dalla porta qualche secondo, poi, non sentendo più alcun rumore si decise ad affacciarsi. Le guardie si erano addormentate profondamente. una stava distesa sul banco, l’altra era caduta indietro sullo schienale della sedia.

 

Appoggiò il vassoio sul tavolo e, slacciate dalla cintura le chiavi, andò da Hans.

"Cosa hanno bevuto?"

"Vino, ovviamente" rispose Anna, ma notato lo sguardo indagatore di Hans specificò. "Aromatizzato con qualche erba sonnifera. Tranquillo, si riprenderanno."

Con uno scatto la chiave giusta entrò nella serratura e Hans fu libero. Anna raccolse tutto e rimise le chiavi dove le aveva trovate, poi accompagnò Hans fuori di lì per le strade della cittadina.

 

L'aria limpida e fresca della sera furono come un cocktail di vita per il ragazzo che non vedeva le stelle da quasi un anno. L'aria putrida della cella gli aveva rinsecchito i polmoni e ora fuori di lì aveva la sensazione di affogare. Con uno strattone Anna lo trascinò verso la periferia.

Passarono sopra un fiume. La luna si specchiava vanitosa nelle sue acque limpide e anche Hans si osservava. Vedeva un viso barbuto che non sembrava nemmeno il suo. Le basette incolte che lui aveva sempre cercato di tenere ordinate. I capelli scompigliati e più lunghi del normale e gli occhi: una cicatrice attraversava quello destro, l'orbita splendeva bianca sotto i raggi traditori, mentre l'altro guardava furente come i suoi fratelli l'avevano ridotto per colpa della stessa ragazza che lo stava aiutando a fuggire. Non sapeva se faceva bene a fidarsi, ma una volta ad Arendelle non avrebbe esitato ad uccidere entrambe.

Superato il ponte, presero a camminare per vicoletti piccoli e nascosti, ma incontrarono una guardia che faceva il suo turno di ronda. Si nascosero dietro il muro di una casa e trattennero il fiato. La guardia si fermò guardandosi intorno, ma non vide nessuno. Decise però di sedersi su una panchina a ridosso di un'abitazione lì vicino. Hans e Anna non potevano passare senza essere visti perciò rimasero in ascolto per un po'. Il cavaliere non aveva intenzione di andarsene così Anna prese coraggio e, facendo cenno all'altro di aspettarla, uscì allo scoperto. Non appena vide la ragazza, l'uomo scattò in piedi e le puntò la spada contro.

"Sono io, la ragazza che ha portato da bere ai carcerieri" disse lei.

"Ah, sì. Come mai passa di qui?"

"Vi avevo promesso che vi avrei portato quello che sarebbe rimasto, ed eccomi qua" e porse al cavaliere l'ultimo boccale che aveva preso per sbaglio pensando che i carcerieri fossero tre.

La guardia la guardò di sbieco.

"E come mai avete portato con voi tre boccali invece che due?"

"Devono essersi sbagliati in cucina" si scusò lei. "Lo volete o no?"

"Mi dispiace, ma qui tutti sanno che di notte le guardie al carcere sono due. Non mi fido di voi."

Anna aveva già la mano pronta sul pugnale sotto il mantello quando, con un rantolio metallico e un forte colpo, la guardia le cadde ai piedi, tramortita. Dietro di lei era arrivato, infatti, Hans che, munito di un bastone, si era avvicinato coperto dal buio e dalle loro voci e l'aveva colpito.

"Allora, ci muoviamo?" Incalzò lui.

L'altra annuì e insieme si diressero verso il porto.

 

Il rollio monotono delle onde contro il molo copriva lo scalpiccio degli stivali di Hans. Molte navi erano attraccate e sovrastavano ondeggiando le due piccole figure che si muovevano veloci. Via via che avanzavano le navi erano sempre più piccole. Arrivati davanti ad un veliero si fermarono e Anna lo condusse in uno scantinato disabitato proprio lì di fronte. Dalla piccola porta nascosta dall'edera poteva controllare gran parte delle navi, ma solo una catturò il suo interesse quando la principessa la indicò.

"Tieni questo mantello, evita di farti notare e sali su quella barca. Nasconditi dove puoi e arriverai ad Arendelle poco prima di me. Arrivato in città, percorri la strada maestra per dieci passi e svolta a sinistra. Prosegui per altri venti passi e a destra troverai una casa disabitata. Aspettami lì, fai attenzione a non farti seguire e fallo veloce. Non potrò raggiungerti subito, però nella casa troverai un bagno con, forse, acqua calda. Lavati e renditi presentabile."

Per tutto il tempo Hans era rimasto zitto e concentrato. Anna gli fece ripetere ciò che aveva detto per verificare se aveva capito e quando fu soddisfatta lo lasciò per tornare nel castello dei suoi fratelli e buttare i bicchieri che aveva usato.

 

Ada:

Ciao cari amici!

Questo caldo mi sta uccidendo e a voi? Per fortuna quando scrivo posso accendere l’aria condizionata.

Comunque che ne dite di questo capitolo? Hans fugge, forse un po’ troppo semplicemente, ma non sono molto brava a descrivere scene di avventura (infatti accetterò qualsiasi critica abbiate da farmi perché me le merito).

Anna si è mostrata risoluta e vendicativa. E i fratelli di Hans? Non sospetteranno nulla? E Elsa cosa farà? Scoprirà il complotto prima della festa?

Io vi lascio con queste domande e ci vediamo al prossimo capitolo!

Lu_Sue;P

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Capitolo 6
*** Il ricevimento ***


6. Il ricevimento

Al nome “Hans” tutti ricordiamo quel bel ragazzo dai capelli rossi, con le basette lunghe e curate, gli occhi color mandorla e un sorriso convincente sulla quella sua faccia da uomo. Allo stesso modo, al nome “Anna” chiunque ricorderà quella bella ragazza dalle trecce curate, le guance paffute e l’animo sempre allegro. A distanza di due anni dalla faccenda che li aveva resi famosi, questi due personaggi erano completamente cambiati e tutti se ne poterono accorgere durante il ricevimento.

Anna si presentò con un vestito rosso e bianco e le decorazioni in oro. I capelli sciolti le ricadevano in boccoli ordinati sulle spalle incorniciando un’espressione indurita sul suo viso di bambina. L’impressione generale era scomposta come se qualcuno avesse assemblato i pezzi di un puzzle in modo sbagliato.

Hans era stato accuratamente truccato in modo da non poter essere riconosciuto: i capelli erano stati scuriti per nascondere almeno in parte il loro colore, le basette erano state tolte e i suoi indumenti cambiati con un abito elegante apposta per la serata. La pelle si era impallidita per il lungo tempo passato al buio nella prigione e gli occhi non potevano più essere gli stessi dopo che avevano visto tanto odio e tanta violenza. La benda sull’occhio era stata cambiata con una bianca e pulita, e ora l’altro occhio scrutava i dintorni sospettoso mentre i piedi non ne volevano sapere di fermarsi: si mossero, a tempo col respiro, avanti e indietro lungo il vicolo deserto fino a quando non sentì un suono di trombe. La prima nave stava arrivando.

Si spostò lungo il muro di una casa e arrivò a vedere il porto, ma aspettò. Doveva rimanere calmo, sembrare disinvolto. Se gli avessero chiesto qualcosa avrebbe dovuto rispondere fingendo di essere il conte Marc Cartelle, figlio del duca di Chantellier in Francia e simulare l’accento.

“Facile, non poteva scegliere un nome inglese? Odio l’accento francese" si ripeteva tra sé ripassando tutto ciò che doveva sapere sulla sua famiglia in caso di domande, che avrebbe certamente avuto la premura di scansare.

Rimase lì almeno un’ora aspettando che la festa a castello prendesse vita e quando fu soddisfatto della quantità di persone al ricevimento si diresse verso il portone d'ingresso seguendo un gruppo di nobili e mostrandosi interessato all'argomento di cui discutevano.

"Ricordi cosa è successo due anni fa? Io c'ero ed è stato orribile" si lamentava una donna in abito blu intenso.

"Oh, puoi ben dirlo cara, ma questa volta la regina ha giurato di sapersi controllare" rispose un uomo al suo fianco.

"Se non c'era riuscita in ventun anni, come può sperare di aver raggiunto un risultato dopo soli altri due anni?" intervenne un ometto mingherlino che, nel suo abito verde foglia coronato da medaglie e spillette, sembrava ancora più piccolo.

Nel frattempo erano tutti entrati nell'atrio e aspettavano di essere presentati per poter prendere effettivamente parte alla festa nella sala da ballo e continuare la conversazione.

Un cameriere in livrea stava tutto impettito ad un lato della porta e chiedeva ad ognuno il nome.

"Come devo presentarvi?" Chiese ad Hans.

"Sono il conte Marc Cartelle, figlio del duca di Chantellier" rispose prontamente il rosso.

Il maggiordomo entrò nella stanza tenendo la porta aperta e annunciò il suo arrivo che la maggior parte degli invitati si guardò bene dal notare. Hans non ne fu affatto contrariato, meno persone lo vedevano più probabilità aveva di passare inosservato e di sgattaiolare via senza essere riconosciuto.

Fece il suo ingresso nel salone. Era quasi come se lo ricordava: alcuni quadri erano cambiati o erano stati spostati, i tendaggi erano diventati blu e schiarivano verso l'alto, le immense finestre torreggiavano ancora su tutti gli invitati come la montagna fuori di lì incombeva sulla città. Davanti all'entrata c'erano i due troni su cui erano sedute, orgogliose e fiere, le due sorelle. Notò subito Anna che si guardava intorno inquieta e che lo vide appena sentì il nome. Portava un abito splendidamente decorato che le ricadeva in morbide onde sulle gambe e nascondeva i piedi. I tre occhi si guardarono complici per pochi secondi, ma bastarono per capirsi.

"Chi è quel giovane appena entrato?"

La voce di Elsa, troppo vigile ed attenta, aveva spaventato Anna che non si aspettava una reazione.

"Non lo so, non lo conosco. L'hai invitato tu alla festa" rispose Anna sgarbata.

La sorella rispose con un'alzata di spalle che lasciò intendere molte cose diverse e che Anna riuscì a cogliere dalla prima all'ultima.

I musicisti finirono la canzone e si prepararono a suonare la ballata. Le danze stavano per cominciare e la rossa doveva scegliere il suo cavaliere. Guardò sconsolata accanto a sé immaginando Kristoff pronto a porgerle la mano per trasportarla in un mondo diverso. Lo vide, con un abito rosso e oro per intonarsi all’amata, inginocchiarsi di fronte al suo trono con gli occhi luccicanti di felicità e parlare:

"Principessa Anna," disse, "volete concedermi l'onore di questi ballo?"

Ma la voce non era di Kristoff. L'immagine del suo amato si frantumò per lasciare posto al vero uomo che le stava davanti tendendole la mano. Non era Hans, che lei cercò in tutta la sala, ma un principe sconosciuto.

"Di grazia, palesate nome e provenienza."

"Sono Ferdinando secondo, della casata del re di Napoli."

Anna si voltò verso la sorella con espressione sbigottita. Un principe di tale importanza? Con sgomento comprese ciò avrebbe dovuto immaginarsi ormai da tempo: Elsa aveva già predisposto tutto. Anna sperava che almeno tra gli uomini del ricevimento la sorella le avrebbe lasciato la possibilità di scegliere, ma capì che non sarebbe stato così. Non avrebbe mai potuto decidere della sua vita se Elsa rimaneva viva e poteva solo immaginarsi cosa gli aveva promesso per accettare una ragazza del suo livello.

Represse a stento la furia che le divampava dentro come un fuoco su un letto di foglie secche e guardò nuovamente il giovane. Se accettava la sua mano si arrendeva alla supremazia di sua sorella, se rifiutava, oltre che offendere un povero giovane ignaro delle controversie esistenti tra loro, avrebbe scatenato un dibattito troppo acceso per poter essere ignorato. Sorrise forzatamente e accettò di ballare. Insieme si diressero verso il centro del salone che si era prontamente liberato. Lui le mise delicatamente una mano sul fianco e le prese l’altra portandola all’altezza del viso. Ora che poteva vederlo da vicino non era tanto male quel nobile: i capelli castani si muovevano sulla sua fronte leggeri e spensierati, la bocca grande formava una lunga linea sotto il naso regolare, il mento era leggermente squadrato e gli occhi da cerbiatto la scrutavano con lo stesso interesse che aveva lei e non avevano paura di incontrare il suo sguardo. La melodia cominciò riempiendo la stanza come una donna innamorata che dapprima, spaventata e timorosa si nasconde, ma che prende lentamente coraggio ed esplode nella sua vera natura. Si separò dagli strumenti che la suonavano per strisciare sul pavimento e riempire tutti gli angoli della salone. Si arrampicò sui tendaggi e sulle pareti penetrando in ogni anfratto, in ogni crepa, ed uscì da un passaggio sotto la porta. Si espanse per tutto il castello esplorando le stanze buie e fredde, sorprese due camerieri nascosti nell’ombra che disubbidivano agli ordini e si imbatté nel portone principale. Ci volle qualche secondo perché riuscisse a trovare una crepa per passare, ma riuscì ugualmente a farsi sentire anche dai contadini nelle case più vicine. La sua forza veniva meno, ma fu supportata da un anfratto fra le finestre lasciato involontariamente aperto. Altre note si unirono a quelle già fuori e impregnarono i muri di legno delle capanne.

All’interno della stanza tutti guardavano rapiti i due ragazzi. Anna e Ferdinando seguirono questo muoversi sinuoso fino a dimenticarsi di tutto il resto. Le note riempivano i loro pensieri e guidavano i loro movimenti come un padre guida il proprio figlio durante i suoi primi passi. Non potendo avere il controllo delle loro azioni continuavano a guardarsi e a ballare come se nessuno intorno a loro esistesse.

La musica finì così come era cominciata: si dissolse confondendosi con l’aria che volteggiava placida ovunque. Nello stesso modo si fermarono le mosse dei ragazzi: mano a mano che la musica svaniva riacquistavano la capacità di pensare e gestire i loro movimenti. Divennero sempre più impacciati fino a quando Anna inciampò in un piede del suo cavaliere e cascò all’indietro. Nel momento in cui la musica cessò l’uomo la prese prontamente e finirono con un caschè di stile. I ricordi riaffiorarono nella mente della rossa, ancora troppo vicini nel tempo per essere dimenticati ed ebbe paura. Si raddrizzò veloce e stirò con le mani pieghe invisibili sul suo vestito.

“Siete una ballerina eccezionale” le sussurrò il principe.

Ma non una pedina inerme. Pensò subito lei.

“Vogliate scusarmi, non mi sento bene” disse ad alta voce così che tutti potessero sentirla.

Raccolse la gonna e scappò letteralmente dalla stanza. Il ragazzo rimase paralizzato davanti a quella reazione al centro della sala da solo. Elsa fece prontamente cenno agli strumenti di continuare con una nuova canzone, poi si alzò e uscì anche lei.

In un angolo della sala un'occhio di fuoco scintillò, era arrivato il momento che tanto aspettava.

 

I passi delle sorelle rimbombavano nel corridoio deserto stridendo con le note melodiose degli strumenti.

"Anna," chiamò una, “fermati! Che cosa ti prende?"

Ma la rossa era già svanita nel buio. Quando Elsa arrivò nel punto dove l'altra era scomparsa aveva completamente perso le sue tracce. Guardò da entrambi i lati e vide una sagoma che svoltava nel corridoio alla sua sinistra. La seguì, ma fu costretta a fermarsi nuovamente. Sentì un rumore provenire dalla sua destra dove si trovava la stanza di Anna. Senza esitazione si precipitò in quella direzione, ignorando un'ombra che sgusciava silenziosa dalla parte opposta. I passi si erano fatti silenziosi e l'unico rumore a riempire i corridoi era il frusciare setoso del vestito sulle sue gambe. Anna arrivò al corridoio che portava alla stanza da ballo dove gli ospiti erano rimasti senza regina e senza principessa. Gli uomini discutevano ad alta voce di politica e ridevano ad ogni battuta, mentre le donne criticavano i comportamenti delle due damigelle, sprezzanti come solo loro sanno essere. Ma la principessa non si curava di loro, doveva avvertire le guardie, un omicidio era vicino e lei doveva avere un tempismo perfetto.

Entrò sconvolta e un cameriere le si fece vicino per sorreggerla mentre fingeva un mancamento.

“Principessa, che cosa succede?”

Il principe Ferdinando le si avvicinò preoccupato. La ragazza non rispondeva.

“Forza,” riprese, “portiamola a sedere.” col cameriere portarono il suo esile corpo sul trono della regina reputandolo il più comodo.

“Prendi dell’acqua” disse ancora il principe rivolto ad un altro servo.

Anna socchiuse gli occhi.

“Ferdinando” sussurrò quasi senza fiato. “Elsa è in pericolo.”

“Cosa? Dove?” replicò confuso.

L’acqua arrivò e con un panno bagnato lui le tamponò la fronte. La principessa si riprese momentaneamente.

“Ho visto un uomo nei corridoi” disse con voce improvvisamente forte. “è comparso all’improvviso accanto a me. La mia unica fortuna è stata quella di essere coperta dal buio. Mi ha spaventato tanto che il mio cuore non ha retto. Stava seguendo Elsa. Dobbiamo andare a vedere.”

“Portatele da bere” esclamò deciso Ferdinando. “Voi, venite con me. Dobbiamo catturarlo prima che uccida la regina.”

“Aspettate, voglio venire con voi. So dov’è andato.”

 

***********************

 

Una luce filtrava attraverso la porta accostata, ma nessun rumore disturbava la quiete di quell’ala isolata di castello.

"Anna, ti sei fermata finalmente."

Dopo la figura che le aveva fatto fare davanti agli ospiti non l'avrebbe perdonata facilmente.

Sospinse la porta ed entrò. Una figura era stesa sul letto, ma non era sua sorella.





 

AdA:

Ciaooooo!!

Sono in ritardo, lo so, non uccidetemi. Spero che il capitolo sia abbastanza bello da salvarmi da eventuali tentati omicidi.

Che ne dite? Il momento fatidico si sta avvicinando, Elsa riuscirà a scamparla? E quale sarà la reazione di Anna? E Hans che fine farà?

Vi lascio con queste domande e vi auguro buona settimana.

Alla prossimaaaa,

Lu_Sue;P

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Capitolo 7
*** La vendetta è compiuta ***


7. La vendetta è compiuta

Non era ancora entrata nella camera, ma dallo specchio opposto al letto aveva una visuale molto ampia dell'interno. Un’atmosfera tetra regnava nella stanza grazie alla fioca luce di una candela sul tavolo accanto alla finestra. Le tende rosse del letto a baldacchino non erano state tirate, perciò Elsa poté distinguere con moderata certezza a chi apparteneva il corpo sul letto. Non lo capì subito, i capelli erano diversi, le basette sparite, i lineamenti più asciutti, ma quando lei aveva detto quella frase il viso si era alzato a guardare la porta e lì l'aveva vista. Una scintilla spaventosa aveva acceso l'occhio sano, un baluginio d'odio puro aveva attraversato l'iride verde mentre il coltello che aveva in mano risplendeva della luce del fuoco della vendetta. Mai aveva provato sensazione peggiore e mai si sarebbe sognata di provarla. Lei, la regina del ghiaccio e della neve, era congelata dalla paura. Il sangue aveva smesso di scorrerle nelle vene mentre il cuore batteva all'impazzata cercando disperatamente di scaldarle le membra. Sulla porta ancora attaccata alla sua mano comparvero cristalli di ghiaccio sempre più grandi e le sue mani si fecero sempre più fredde. Il suo cervello non rispondeva più ai segnali del corpo tanto era congelato lui stesso ed Elsa non capiva più quanto di tutto questo gelo era colpa sua o solo immaginazione. Non si accorse nemmeno di stare trattenendo il respiro tanto era impegnata a chiedersi come Hans era potuto entrare lì, nel suo castello, senza che lei se ne accorgesse. Non aveva idea di che cosa fare, era presa dal panico perché sapeva che quel giorno il rosso non avrebbe avuto nessuno a impedirgli di ucciderla.

"Che c'è regina di Arendelle, avete paura del fuoco?"

Quando sentì la sua voce tutti i ricordi riaffiorarono nella sua mente come una sorgente sotterranea che esplode dal sottosuolo. Davanti a lei comparve Anna, quella dolce, premurosa e gioviale come non l'aveva vista da lungo tempo che le chiedeva di sposare il ragazzo dietro di lei. Ad una occhiata se ne era innamorata: i capelli come fuoco vivo, gli occhi color corteccia, il portamento fiero degno di un principe. Perché dirle di no altrimenti. Riprovò tutte le emozioni di quei giorni: era fuggita con la disperazione nel cuore per non farsi vedere da lui, che sarebbe sicuramente fuggito da lei. Poi il suo tradimento, arrivato come una pugnalata dritto nel cuore della regina che quasi l’aveva uccisa e l'ultima immagine che la sua mente le mostrò fu quella di un uomo che ormai non amava più con la spada alzata al cielo che tentava di ucciderla.

Aprì infine la porta e si erse in tutta la sua figura, esile, nel vestito bianco, ma fiera e risoluta. Ecco la vera regina di ghiaccio, non quella che si era quasi fatta ammazzare due anni prima.

Hans la guardava sorridendo steso sul letto, rigirandosi il pugnale tra le dita, ansioso di compiere la sua vendetta. Non c'era alcuna fretta per adesso.

"Hans, così ti chiami vero?"

La sua voce risuonò lontana come non fosse stata lei a decidere di parlare.

"Sono sicuro che non te ne sei dimenticata" replicò glaciale.

"Hai cambiato arma? Dov'è la tua spada?"

"Qui in cintura" e mostrò l'elsa decorata.

Un brivido percorse la spina dorsale della donna che avrebbe ceduto sotto il peso di quelle emozioni se non fosse stato per il terrore che la paralizzava nella sua posizione eretta.

Hans si mosse e scese dal letto con un frusciare leggero di coperte.

“Non temere” disse quasi in un sussurro, “questa volta non fallirò.”

Camminò lento per la stanza fingendo di interessarsi ora ai tendaggi, ora alle decorazioni sul tavolino di legno andando blaterando critiche ironiche che la regina non sentiva nemmeno. Continuava a fissare il pugnale che aveva in mano e che si faceva sempre più vicino, minaccioso e fatale. Per un attimo fu tentata di girarsi, uscire dalla stanza e correre lontano da lì, ma non poté perché Hans era già troppo vicino. Così vicino che poteva sentire il calore del suo corpo e il suo respiro farsi impaziente. Gli occhi non potevano non guardarsi, anche se la regina avrebbe voluto chiuderli sperando fosse tutto un brutto sogno. Non lo fece. Resistette alla tentazione di mostrarsi debole ancora una volta e sfoggiò lo sguardo più glaciale che riuscì a ricordare: quello di suo padre quando aveva impugnato lo scettro ed era stato incoronato.

Hans le prese il mento tra le dita della mano libera e portò i loro visi a sfiorarsi.

"Mi dispiace, avevo già progettato torture inaudite per te in questi due lunghi anni passati in prigione."

Appoggiò il freddo metallo sulla carotide scoperta della regina terrorizzata. Questa deglutì invano.

“Ma non ho tempo per queste smancerie, devo tentare di non essere catturato. Mi accontenterò di ucciderti con questo."

Il viso dell'uomo si distorse in un'espressione d'odio e godimento insieme. Lasciò il mento di Elsa e con una lentezza disumana scese col pugnale lungo tutta la lunghezza del collo, attraversò il petto e si fermò all'altezza del cuore. Alzò l'impugnatura lasciando solo la punta a contatto con la pelle chiara.

"Un ultimo desiderio, sua Altezza?"

Che cosa doveva fare ora? Ciò che avrebbe riassunto meglio tutta la situazione sarebbe stata sputargli in faccia al quel bastardo traditore, ma la gola era troppo secca.

Poteva vomitargli una frase sprezzante e piena d'odio, ma non riusciva a parlare tante erano le emozioni che le bloccavano le corde vocali. Quindi, fece la cosa più inaspettata e inappropriata del momento perché condannò se stessa e la sua vita, ma sperò che fosse quella giusta. Si sporse in avanti verso il suo viso mentre il coltello le perforava la carne saldamente stretto tra le dita di Hans e usò quel poco di amore che le era rimasto per perdonarlo. Così, prima che il cuore fosse trafitto dal pugnale, lo baciò. Fu un breve momento in cui le labbra si toccarono e lei riuscì a sentire quel sapore tanto bramato e mai assaporato.

Fu tutto talmente inaspettato che Hans non riuscì a pensare a nulla, la uccise solo perché rimase fermo. Anche lui sentì le sue labbra fredde e leggere poggiarsi sulle sue. Sapevano d’inverno e gli ricordarono le feste passate al castello con i suoi fratelli, il camino che riscaldava la stanza, i regali ancora da scartare, i giochi nel giardino.

Soffrì, ma durò un istante. Si staccò da lui e l’uomo fissò il suo sguardo con terrore. Aveva gli occhi spalancati, azzurri come un cielo senza nuvole e la mascella contratta tradiva il suo dolore. Un’ondata di potere si liberò dal suo corpo distruggendo tutte le sue creazioni.

Nel giardino della reggia si udì lo schianto della statua e gli invitati nella sala corsero al riparo sotto i tavoli o dietro le sedie. Sul monte solitario e inalterato da tempo il castello si frantumò come un palloncino pieno d'aria a contatto con la punta di uno spillo. Tutto ciò che aveva fatto fu distrutto quando respirò per l'ultima volta.

Nel silenzio che ora pervadeva la città, nella stanza della principessa, Hans aveva ancora il pugnale in mano e la regina a pochi centimetri. Avrebbe voluto baciarla ancora, ma il corpo ormai morto si avvicinava lentamente al pavimento. La lama uscì dalla sua carne bianca con un rumore orribile lasciando un segno netto e profondo e la regina si accasciò a terra senza quasi farsi sentire. Hans rimase paralizzato mentre il sangue dalla lama gocciolava sporcando il vestito della morta. Una pozza di sangue si allargava intorno al suo petto. Ora era tutto finito. Aveva ucciso la donna che l'aveva fatto soffrire per così tanto tempo ed era durato un istante. Aveva compiuto la sua vendetta e non appena realizzò l'accaduto, una gioia malsana lo pervase. Il cuore cominciò a battere più velocemente del normale, ma questo compiacimento non durò a lungo.

Nel corridoio Anna camminava insieme alle guardie verso la sua stanza conducendole dove promesso. Ad ogni svolta si fermava per prendere tempo e dare così la possibilità ad Hans di compiere il delitto. Dopo un momento di esitazione alla rottura della statua fuori di lì, aveva trascinato tutti verso la sua stanza dove sapeva si era consumato l’omicidio. Doveva agire in fretta per non permettere ad Hans di scappare. Si fermò davanti alla sua porta e alla luce delle torce vide Hans ancora in piedi e il corpo di Elsa riverso a terra. Una pozza di sangue rosso scarlatto si era allargata sotto il fianco della regina e le aveva inzuppato il vestito.

Anna lanciò un grido e coprendosi la bocca con la mano si appoggiò a terra. Strane sensazioni si mescolarono nel suo stomaco. L’odore del sangue si fece pungente e le sue narici non potevano non inspirarlo, ma lei non lo sopportava. La gioia si unì al rigetto. La felicità di aver catturato Hans prima che potesse scappare e di essersi finalmente liberata di sua sorella si mescolò all’orrore della scena e del sangue così copioso.

Anche le guardie erano paralizzate, ma al grido di Anna si riscossero ed entrarono come carri armati nella stanza. Presero Hans ancora compiaciuto e lo portarono nelle segrete lasciando la principessa sola. Quando se ne furono andati dalla sua faccia svanì l’espressione terrorizzata che aveva mascherato i suoi veri sentimenti. Si avvicinò lenta al corpo e sorrise alla regina, pallida più che mai.

“Anche i più potenti alla fine cadono. Pensavi di avermi in pugno, ma ero io che ti tenevo al giogo. Ora mi sbarazzerò anche di Hans e rimarrò libera e felice."

Una risata estranea uscì dalla sua gola lasciando inquietudine nell’aria, ma, quando le ancelle arrivarono a portare via il corpo, si era già dissolta mescolatasi con le urla di Hans che veniva portato a forza nelle prigioni.

 

AdA:

Ciao a tutti!! Ed ecco consumato il delitto più atteso di questa storia. Che ne pensate del capitolo? Lo so che magari non è lunghissimo, ma in compenso è molto denso di emozioni. La pensata di Anna di arrivare per cogliere Hans con le mani nel sacco secondo voi è realistica? Spero di essere riuscita a renderla il più verosimile possibile.

Non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni, voglio sapere tutto ciò che avete provato leggendo questo capitolo;)

A presto,
Lu_Sue;P

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Capitolo 8
*** La regina del ghiaccio ***


8. La regina del ghiaccio

Quindici uomini armati camminavano nei corridoi perlustrando il castello, venti stavano immobili nel giardino, dieci percorrevano le mura e quattro erano posizionati su altrettante torrette agli angoli del castello. Quattro guardie erano di controllo al ponte levatoio e due al portone principale. Cinque erano le guardie personali della principessa che la seguivano ovunque fuorché nelle stanze personali dove era quasi sempre in compagnia di due ancelle. Nelle segrete sei guardie giocavano a carte più che controllare il prigioniero, che di lì a poco sarebbe stato giustiziato.

Era una giornata uggiosa nella quale le nuvole plumbee si muovevano placide nel cielo ed impedivano, superbe, alla terra la visione del sole. Qualche goccia maldestra cadeva dall'alto andando a urtare il ferro delle armature, la morbida terra, le pietre delle strade, i comignoli delle case o le foglie degli alberi ormai gialle, rosse e marroni.

Dalla minuscola finestra sbarrata due grandi occhi scuri scrutavano il verde prato davanti a loro e seguivano i movimenti delle figure nere che lo attraversavano. Gli schiamazzi dei carcerieri non lo disturbavano perché ormai le sue orecchie si erano abituate al baccano delle prigioni. In una città così piccola era l’unico carcerato al momento.

Nessun prigioniero da manipolare qui. Nessuno a cui fare paura, o da zittire con un gesto.

Hans rise, ma di una risata isterica come mai aveva sentito uscire dalla sua bocca. Il suono si mescolò a quello delle altre risa e scomparve ignorato da tutti.

Vide passare lenta e concentrata la principessa Anna. Scosse la testa e disse con la mente nella sua direzione.

Tu mi avevi fatto una promessa, mi fidavo di te. C'era un accordo taciuto fra noi per cui tu dovevi lasciarmi fuggire.

Come se avesse potuto sentire i suoi pensieri la ragazza voltò leggermente lo sguardo e fissò i suoi occhi verso di lui. Una smorfia si dipinse sul suo volto come se avesse voluto rispondergli: Io non ti ho mai promesso una cosa simile.

La principessa tornò a guardare avanti e scomparve oltre il cancello.

Una ricompensa eterna, ora capisco cosa intendevi.

Sospirò Hans e si andò a sedere sul letto.

Quindi adesso io morirò e tu cosa farai? Pensi di governare Arendelle da sola senza che tutta questa morte trovi il suo vero colpevole?

Fra le pareti della cella poté sentire la risposta altezzosa della rossa.

Me la caverò egregiamente anche senza il tuo aiuto se è questo che intendi, principe Hans.

 

Quattro uomini sostenevano la bara di cristallo che dal letto della camera della regina aveva attraversato molti corridoi e raggiunto il portone d'ingresso. Ora era fuori, bagnata da quelle gocce sporadiche. Dietro di essa Anna teneva la testa bassa coperta da un cappello nero, a fianco a lei due guardie la scortavano. Subito dietro, il maggiordomo e la cameriera personale della regina erano seguiti da altre persone influenti della regione.

Girarono attorno al piedistallo, l'unica cosa rimasta dell'imponente scultura, bellissima e maestosa andata in frantumi con la morte di Elsa.

Attraversarono il ponte levatoio e fuori tutta la città aspettava amareggiata la comparsa della bara. Silenziosi tutti i presenti si misero in corteo dietro di essa e la seguirono fino al cimitero. Qui si disposero a semicerchio per potere vedere la deposizione. Affianco alle due tombe dei genitori era stata posata una pietra altrettanto grande con incise poche parole:

Regina Elsa di Arendelle

nata nel 1822 ~ morta nel 1845

La regina del ghiaccio.

 

La bara venne adagiata nel buco scavato per lei lentamente. Non venne coperta perché tutti potessero omaggiarla con fiori o pensieri. Quando fu il turno di Anna si mosse lenta e misurata e si avvicinò al vetro. Guardò per l'ultima volta il bel viso della regina più pallido che mai, dalle linee austere, regali incorniciato dai bei capelli d'argento, ma non potè fissarla a lungo. Voltò gli occhi alle altre due tombe come per cercare conferma e vide i suoi genitori guardarla amareggiati. Si tenevano per mano ed indossavano ancora i vestiti di quando erano partiti. Anche Kristoff era con loro e la guardava con rimprovero come mai aveva fatto. Smarrita esitò. Poi, mentre il prete benediceva la bara, comparve anche lei. Si avvicinò al padre e gli prese il braccio. Lo baciò sulla guancia e lo stesso fece con la madre e loro ricambiarono. La visione sconvolse Anna che lasciò cadere i fiori che aveva portato per la sorella nella fossa.

La bocca di leone rimbalzò leggera e senza rumore e scivolò sulla superficie liscia cadendo sul terreno morbido. Kristoff le parlò calmo:

"Anna, cosa hai fatto?"

"Non mi sembra stiano così male insieme. Guarda come si vogliono bene."

Chiuse gli occhi e si allontanò dalla bara per distogliere quelle immagini dalla sua mente.

 

Un cielo scuro sovrastava il castello mentre i fuochi nei camini riscaldavano l’aria. La principessa sedeva sul letto sola e silenziosa consumando il dolce tepore diffusosi nella camera. D'un tratto, come un fiore che si apre alle prime luci, un raggio di sole sfuggì al controllo della coltre di nubi e illuminò la parte esposta di un nembo lontano. In quei riflessi la mente malata della principessa vide i capelli color del grano ancora imbrattati di neve di Kristoff il giorno in cui era morto. Se lo immaginò seduto sul letto insieme a lei, sorridente come sempre, che la circondava con le sue braccia vigorose. In una giornata come quella lui l'avrebbe consolata portandola nel bosco a caccia di funghi e bacche, poi avrebbero trovato una radura dove mangiarli disturbati solo dal canto degli uccelli e dal movimento di qualche animale selvatico e avrebbero riposato fino all'ora del ritorno. Ma oramai tutto ciò non era possibile. Rimaneva solo lei.

Come a sottolineare la sua solitudine, le nuvole si chiusero sullo spiraglio e rimase tutto bianco e grigio. E fu in quelle sfumature che riconobbe una figura sdraiata con le labbra rosse, come il sangue che sgorgava dalla ferita nel petto e il viso pallido come il ghiaccio.

Abbassò lo sguardo per non dover rivedere quella macabra scena e la accolse il disegno astratto del tappeto sotto il letto. Seguì le linee che la portarono alla filigrana dorata sul bordo della coperta verde. Risalì sulle colonne di legno scuro che sorreggevano il baldacchino del letto avvolte in drappi sottili di seta rossa e con la coda dell’occhio vide il dipinto sopra il comò. Raffigurava Kristoff che la abbracciava e la osservava con sguardo amoroso, mentre lei aveva lo sguardo fisso in avanti e si lasciava cullare con un sorriso. Un sorriso sincero, che era sparito mesi fa.

Anna cos’hai fatto?

Una voce le rimbombò nel cervello, inconfondibile per un orecchio abituato a bearsi di quella nota bassa e confortevole. E infatti accanto alla finestra era comparso Kristoff. Gli occhi color corteccia la guardavano con pietà e la sua voce era come una carezza per le sue orecchie. Il cuore cominciò a batterle forte, anche sapendo che quell’ombra era solo frutto della sua immaginazione.

Dopo un primo momento di smarrimento Anna aveva indurito la sua espressione non intenzionata a rispondere.

Anna. La richiamò lui facendo un passo verso di lei.

La ragazza spaventata e incompresa dall’uomo che amava, rispose acida: “Quello che era giusto.”

Hai ucciso tua sorella e incolpato un innocente, come può essere una cosa giusta?

“Nessuno dei due era poi così innocente.” L’aveva fatto per lui, per vendicare la sua morte, come poteva non capire?

Si alzò con un’espressione severa in volto, lo sorpassò e si fermò davanti al quadro con le mani sul comò e lo sguardo basso.

Anna, ma perché?

“PER TE!” Urlò esasperata.

Nessuno capiva eppure a lei sembrava tutto così chiaro. Tutto era perfetto e allora perché quegli spiriti non la lasciavano in pace?

Ma Elsa era tua sorella. Con lei giocavi nella neve anche d’estate, cantavate insieme, vi siete salvate la vita a vicenda. Tu le hai salvato la vita. Le volevi così tanto male?

“Dopo quello che ti ha fatto” cominciò a denti stretti, “non si è sentita in colpa nemmeno un secondo."

Percepiva la rabbia crescerle nel petto e il cuore battere sempre più forte. I respiri si fecero più profondi e furibondi.

“Non si è scusata, non si è vestita a lutto, non ha cercato di rimediare consolandomi come una buona sorella. No, lei ha subito pensato al regno, al successore, a come rimpiazzarti. Voleva fare di me una pedina.”

Si girò e puntò lo sguardo in quello chiaro dell’amato.

“Io non ero e mai avrei potuto essere una marionetta nelle sue mani da comandare a piacimento."

Lo sguardo sicuro era fisso sulla figura luminosa di Kristoff che la guardava con altrettanta sicurezza.

Non è vero quello che dici, Anna.

Un’altra voce si intromise. Era quella di Elsa, ma non quella arrabbiata o altezzosa degli ultimi mesi. Era dolce e compassionevole, era quella che Anna avrebbe voluto sentire nei momenti di sconforto dopo la morte di Kristoff, ma che non era mai arrivata. La principessa ebbe appena il coraggio di guardarla. Altera, con lo sguardo sublime e ammaliante, le curve sottili e quello squarcio nel petto, così vuoto, così perfetto. Le si strinse il cuore in una morsa indescrivibile mentre lacrime di rabbia minacciavano di rigarle le guance.

“E quando esattamente ti saresti accorta della sua assenza e dell’effetto che aveva avuto su di me il tuo atto?” Sputò velenosa come una vipera.

Io ho cercato di creare un muro quando l’ho visto a terra incapace di alzarsi, ma era ormai troppo tardi.

Fece una pausa e cominciò a fluttuare per la stanza.

Io ti invidiavo per la fortuna che avevi. Tu avresti sempre avuto qualcuno di fianco a proteggerti dagli impatti della vita, mentre l’uomo che amavo io mi aveva quasi uccisa.

Il volto della sorella si addolcì lievemente, lasciando trasparire l’amore che ancora provava per Elsa.

All’inizio vi ammiravo e vi volevo bene, ma poi una strana invidia è cresciuta sempre più e mi ha pervaso il cuore come un’ombra al calar del sole.

Elsa si volse verso la sorella guardandola con i suoi incredibili occhi azzurri.

“Resta il fatto che tu mi volevi usare. Non mi hai lasciato via di scampo, se volevo liberarmi da questa gabbia dovevo ucciderti. Riuscirò a far sopravvivere Arendelle senza dovermi sposare con persone che non amo, perché l’unica che avrei potuto sposare me l’hai portata via tu.”

Detto questo si girò verso Kristoff sperando di trovare uno sguardo amorevole che l'accogliesse come una bambina, ma quello che ricevette fu solo rimprovero. Come una madre guarda il figlio che ha appena rovesciato il vaso con i suoi fiori più belli, così Kristoff guardava Anna che si sentì improvvisamente smarrita.

“Nemmeno tu che mi ami riesci a comprendermi?”

Sull’orlo del pianto si coprì il viso con le mani trattenendo i singhiozzi.

No Anna, nemmeno io ti capisco. Nessuno merita la morte e non importa di quale crimine si è macchiato. Siamo tutti persone e abbiamo il diritto di vivere.

Si avvicinò alla donna e le toccò il braccio, ma essendo solo uno spirito Anna non poté sentire che un leggero spiffero.

Elsa ha sbagliato non salvandomi e cercando scuse per giustificarsi, ma tu non dovevi ucciderla. Ti sei macchiata di un crimine ancora più grave coinvolgendo Hans.

Anna alzò il viso rigato dalle lacrime e si ritrovò quello di Kristoff a pochi centimetri. Incompresa e arrabbiata alzò una mano e scacciò le due figure con un gesto secco.

"Basta!"

Il silenzio tornò a dominare la stanza più tetro che mai e accompagnò i suoi passi verso il letto. Vi cadde sopra come un fiocco leggero che si poggia al suolo. Fuori ormai le nuvole si stavano diradando per lasciare spazio alle prime coraggiose stelle, mentre la luna audace era già comparsa da tempo.

Anna rimase stesa, immobile, sul letto per molto tempo. Fino a che Morfeo non la accolse fra le sue potenti braccia. Lì,nel buio dell’oblio avrebbe potuto finalmente trovare conforto. O così credeva.



 

AdA:

Ciao bella gente!

Qua a casa mia c’è un tempo orribile che sembra molto quello descritto in questo capitolo, perciò potrete ben capire che effetto hanno avuto queste parole sul mio animo di scrittrice. Spero di aver reso bene l’idea.

In questo capitolo, secondo me molto bello, si inizia ad intuire il titolo della storia. Anna ormai ha perso la sua lucidità, Hans è condannato e stavolta sul serio, e Arendelle rimane ignara di queste controversie. Come si chiuderà questa macabra storia? Anna governerà o qualcuno scoprirà i suoi piani malvagi?

Tutte le risposte nel prossimo capitolo XD

A prestooooo,

Lu_Sue;P

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


AdA:

Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo. Quasi mi metto a piangere. Ci ho messo mesi per scrivere gli ultimi due capitoli e sono così fiera di come mi sono venuti, che mi dispiace di aver finito qui. Ovviamente dovrete darmi la vostra opinione, perché a me sembrano molto belli, ma potrebbero non esserlo.

Ah, se vi stavate chiedendo dove fosse finita la canzone, l’avete trovata! Già, alla fine di tutto ecco che compare. La canzone ha dipinto il finale e la mia mente malata ci ha disegnato intorno tutta la storia, non chiedetemi perché mi vado ad impelagare in certe cose.

Comunque ci ho messo più di 5 mesi per scrivere una storia di 9 capitoli, pensate quanto ci metterei se ne dovessi scrivere una più lunga.-.-’

Ma so che tanto non vi interessano queste cose e che probabilmente non state nemmeno leggendo. Scommetto che la metà di voi è arrivata fino ad “AdA” , e la metà della metà alla prima riga, ma io volevo solamente RINGRAZIARVI tantissimissimo per aver letto la mia fanfiction.

In particolare un grandissimo abbraccio a mergana, Amberly_1 e Merziani per avermi sempre sostenuto durante la pubblicazione della storia.

E ora ecco la meritata lettura. Vi saluto e, per chi vuole, ci vediamo nelle recensioni. Spero che qualcuno leggerà anche le altre one-shot che ho scritto.

Ora ho veramente finito.

Adios, Lu_Sue;P
 

9. Epilogo
 

Dei passi veloci si muovono nel buio. L’eco in quelle stanze così vuote li segue.

Deve affrettarsi o Hans riuscirà a scappare.

Decisa e sicura si dirige verso la sua stanza. La porta è socchiusa, ma riesce a vedere la luce di una candela illuminare lo spazio intorno. Sente due voci parlare e si avvicina.

Uno specchio sul comò guarda silenzioso e innocente la scena. Un uomo alto dai capelli rossi copre la figura di una donna talmente pallida che pare circondata da un’aura luminosa. La donna alza in aria una mano e fra le dita la ragazza scorge la lama di un pugnale. Presa dallo spavento si fa indietro. Il suo cuore perde battiti e la gola si chiude impedendole di respirare. Cerca disperatamente un appiglio e trova il muro del corridoio dietro di lei.

Sente il corpo di Hans cadere a terra con un rumore metallico.

Cerca di scappare, ma le gambe non la reggono e il cuore le gioca brutti scherzi. Si accascia a terra e vede la regina, sua sorella, avvicinarsi con il volto sfigurato da una smorfia d’odio. Dalla porta rimasta aperta scorge il corpo del suo compare disteso a terra inerme e il vestito candido della regina è ora sporco di sangue, il cui odore pungente le fa rivoltare lo stomaco. La donna si avvicina lenta e la principessa striscia sul pavimento senza toglierle gli occhi di dosso.

“Anna” dice con una risata lugubre.

“Principessa Anna.”

Altra risata.

“Principessa Anna.”

L’ha quasi raggiunta. Lacrime inarrestabili cominciano a rigarle le guance e i singhiozzi le scuotono il petto.

“Anna.”

Ora la regina è ad un passo da lei. Solleva il pugnale e feroce la colpisce in mezzo al petto.

 

Spalancò gli occhi spaventata. Come se fosse stata in apnea per minuti ispirò una grande boccata d’aria alzandosi a sedere. Le ancelle accanto a lei la stavano chiamando preoccupate.

Poteva ancora sentire il dolore del pugnale nel cuore. Si poggiò una mano sul petto e sentì i battiti forti del suo organo. Era ancora viva.

Le serve nel frattempo avevano portato un grande catino pieno d’acqua dove stavano immergendo un panno azzurro.

Goccioline impercettibili di sudore le imperlavano la fronte e lacrime ormai asciutte avevano lasciato i loro segni sul viso.

La sua serva più fedele le porse il panno bagnato che lei si appoggiò sul viso. Il fresco straccio si adattò perfettamente alle sue curve dandole la sensazione di rigenerarsi.

Sentì l’ancella mandare via le altre ragazze e sedersi accanto a lei.

“Principessa, state bene?”

Anna si strofinò lo straccio, ancora bagnato, sul volto per rimuovere ogni traccia di quel terribile sogno.

Annuì porgendo il panno alla donna e ringraziandola sottovoce. Questa si diresse verso il catino.

“Avete sognato ancora Kristoff?” chiese premurosa.

Immerse il panno nell’acqua e lo strizzò subito dopo. Tornò a sedersi sul morbido materasso mentre la rossa rispondeva con un sospiro.

“No, non lui questa volta.”

Il suo sguardo chiaro si poggiò sul quadro di famiglia sopra al camino. Suo padre in piedi teneva una mano sulla sedia su cui era seduta la madre come a volerla proteggere, Elsa, invece, giocava per terra e guardava avanti con occhi innocenti, mentre lei sorrideva felice sulle ginocchia della madre.

Si pulì nuovamente il volto con il panno per non dover più vedere quelle immagini, poi si stese chiedendo alla serva di spegnere la candela. Ella obbedì e si ritirò nelle sue stanze lasciandola sola a meditare circondata dal buio.

 

Non potè sopportare a lungo quell’oscurità opprimente perciò si alzò e si avvicinò alla finestra. Spostò le pesanti tende quanto bastava per vedere il porto di Arendelle, la sua città, povera e distrutta. Velieri di tutte le fattezze e dimensioni erano ormeggiati e ondeggiavano a ritmo con le onde che la notte nascondeva. Ogni tanto, qua e là, qualche scintillio tradiva la loro presenza provocato dalla luna, che placida e calma, compiva il suo arco nel cielo. Ad Anna sembrò quasi che quella notte, quella palla luminosa stesse guardando proprio lei, che le stesse scavando dentro in cerca dei suoi crimini. Si sentì indifesa di fronte a quella luce che non poteva fermare. Si mise una mano sul petto come a voler schermare i suoi peccati, ma non bastò.  Quei raggi bianchi ebbero la forza di penetrare sotto la corazza. Altre copiose lacrime le rigarono il viso  e allora richiuse la tenda con ribrezzo. La stanza tornò buia e il suo cuore si chiuse di nuovo.

 

Two am where do I began

Crying of my face again.

Silence sound of loneliness

And want to follow me to bed...

Un orologio suonò le due di mattina, poi tutto tornò silenzioso e immobile e in quel silenzio si sentì totalmente sola.

Allora si mosse, ma non verso il letto. I piedi scalzi la portarono fuori dalla stanza. Il corridoio era illuminato flebilmente da sporadiche fiaccole appese alle pareti e ogni cosa aveva assunto un ombra sinistra.

Scese le scale lentamente, come se avesse paura di ciò che poteva trovare al piano di sotto, ma nessuno la stava aspettando.

Attraversò il grande atrio davanti al portone d’ingresso ed entrò nella sua stanza preferita, quella dove aveva baciato Kristoff per l’ultima volta prima della tragedia, quella che l’aveva accolta durante l’isolamento della sorella e nella quale sperava di ritrovare sollievo, come aveva fatto da piccola, dalla solitudine.

La stanza era vuota e silenziosa. Le vetrate mostravano il lato scuro della notte mentre la luna si nascondeva sul lato opposto.

...I'm the ghost of a girl that I want to be most.

I'm the shell of a girl that I used to know well...

La ragazza si sentì sperduta in quel buio e cominciò a camminare per la stanza guardando ammirata i quadri alle pareti cercando consiglio. Come un fantasma la sua veste la accompagnava candida e leggera, mentre forse una fetta della sua corazza stava cedendo.

Sfiorò con la mano il comò di legno scuro su cui erano appoggiati tanti gingilli, ma uno solo colpì il cuore della principessa come un pugnale: un carillon. Un piccolo regalo della madre che riluceva sotto un fuoco lì accanto. Era una scatolina d’argento intarsiata a mano. I piccoli diamanti sul bordo proiettavano fantastici giochi di luce sul muro chiaro. Il coperchio era chiuso da una serratura nella quale era stata lasciata la chiave. Lei prese in mano la scatolina e girò la chiave. Con uno scatto il coperchio si sollevò un poco. Anna lo aprì e una graziosa ballerina in un vestito stupendo si mise a ballare col suo principe spandendo una dolce melodia. Non appena le note furono arrivate alle orecchie della ragazza questa non potè più trattenersi e appoggiando il carillon sul mobile si portò entrambe le mani al volto e pianse amaramente.

Un uomo le si avvicinò inaspettato. Le mise una mano sulla spalla e la invitò a girarsi. Con gli occhi ancora pieni di lacrime la principessa lo guardò, ma non lo vide davvero.

Asciugati gli occhi, mia principessa.

“Kristoff” disse la ragazza riconoscendo la voce. “Ho paura.”

...Dancing slowly in an empty room,

Can the lonely take the place of you?

I sing myself a quiet lullaby.

Let you go and let the lonely in

To take my heart again...

Il ragazzo non disse nulla. Le prese la vita e la invitò a ballare con lui. Il carillon suonava la sua melodia indifferente, mentre Anna si muoveva dolcemente nelle sue vicinanze fantasticando sulla sua condizione. Ad un tratto le luci si accesero e la stanza si riempì piano piano di gente in abiti sfavillanti. Donne dai vestiti ricchi di strass e perle, uomini con giacche colorate e inamidate e anche bambini e bambine, tutti che guardavano la coppia al centro della sala. Anna non aveva occhi che per il suo amato vestito di blu chiaro e Kristoff non poteva non ammirare la sua ragazza, con i capelli acconciati in una treccia arrotolata sopra la testa che risaltava il suo viso così rotondo, i suoi occhi chiari e le lentiggini che le coronavano le guance.

...Broken pieces of

A barely breathing story

Where there once was love

Now there's only me and the lonely…

Ma la realtà era diversa, e noi lo sappiamo bene. La stanza rimaneva vuota e buia, la melodia suonata dal carillon si andava affievolendo e Anna restava sola.

...Dancing slowly in an empty room

Can the lonely take the place of you?

I sing myself a quiet lullaby

Let you go and let the lonely in

To take my heart again.

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