Petrichor

di Spark of Shadow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Stanza numero 37 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
                                                                        Petrichor
 
 
 
Sasuke aveva sempre avuto un lato sentimentale, per quanto si sforzasse di celarlo.

Da quando era tornato a Konoha, dopo la guerra, la sua attenzione si era rivolta al restauro del distretto Uchiha, distrutto quasi totalmente all’epoca dell’attacco di Pain.
Al posto del sontuoso edificio, che una volta rappresentava la dimora di quel clan, ora vi erano solo macerie, pezzi di legno bagnati dalle recenti piogge, mattoni staccati,  vetri rotti ed una folta vegetazione che cresceva rigogliosa e libera. L’unica forma di vita che si potesse trovare in quel luogo era qualche famiglia di topi e nidi d’uccelli tra i rami.
La sua casa, forse per la lontananza, forse per l’odio nei suoi confronti, non era stata aggiunta alla lista delle cose da riparare, dopo l’addio a Nagato e la prima volta che il moro si era trovato di fronte quello spettacolo distrutto, aveva dovuto estrarre la katana dal fodero e cominciare a farsi strada tra l’intricatissimo labirinto di piante infestanti come un esploratore fa con il macete nella giungla, col risultato di aver impiegato più di un’ora solo per raggiungere la porta d’ingresso. Il tutto accompagnato dalla faccia super imbarazzata di Sakura che tentava in tutti i modi di scusarsi.

Sasuke, tuttavia, era riuscito in breve tempo a rimettere in sesto quasi tutti gli edifici, grazie a diversi fattori, quali il silenzio regalato dall’isolamento del luogo, l’utilizzo di cloni e la temporanea assenza di Naruto dal villaggio.
Il biondo, infatti, alla fine della guerra, essendo l’eroe che aveva sconfitto Madara, veniva sempre più spesso inviato in missioni diplomatiche, per conto del villaggio.
Tutti i Paesi Ninja vedevano in Naruto il collante che sarebbe riuscito a tenerli insieme; tutti avevano un debito nei suoi confronti e il ragazzo si sarebbe assicurato che tale debito fosse ripagato con l’impegno nel tenere viva l’alleanza e per questo, d’ora in avanti, l’Uzumaki avrebbe dovuto porsi, pubblicamente e politicamente, come garante della pace.

All’Uchiha questa condizione non dispiaceva e nella tranquillità dei suoi lavori era riuscito non solo a riottenere un tetto sopra la testa, ma era anche riuscito a riportare alla luce tasselli che andavano a completare il puzzle dei ricordi della sua infanzia che pensava perduti per sempre: rotoli del padre, vestiti, frammenti di mobilio, come pezzi dello specchio della sala d’ingresso, che ora riflettevano un volto esausto e capelli spettinati, e addirittura la maschera da ANBU del fratello.
Ma tra tutto quello che aveva trovato, ciò a cui teneva di più erano delle foto della sua famiglia e, anche se gli riportavano alla mente immagini e pensieri molto più che dolorosi, decise che non se ne sarebbe mai più separato, per una necessità di calore e in segno di profondo rispetto.
Aveva posizionato alcune di quelle foto in un piccolo rotolo che teneva al sicuro.
Lo poteva estrarre quando voleva da un simbolo sul polso, lo stesso da cui poteva accedere agli shuriken.
E se lo avesse estratto e aperto, avrebbe visto le immagini sorridenti della madre e di un giovane Itachi dagli occhi stanchi. Le persone che più aveva amato al mondo.

A distanza di un paio d’anni, le foto erano ancora al sicuro, sotto la superficie del braccio e Sasuke stava sviluppando un piccolo tic nervoso, che lo portava spesso a toccare il proprio polso sinistro, senza, però, attivare il sigillo, cosa che lo aiutava a ricordarsi che poteva ancora avere vicino i suoi cari.
Quel gesto gli dava forza.  
 




Salve!
Questo, come penso sia facilmente immaginabile, è un piccolo prologo di un’idea che mi è entrata nella mente e non è più voluta uscire. Spero possa piacervi.

Ora, è importante per me fare delle precisazioni: la storia come la ho in mente non è conclusa, assolutamente. Avrò circa quattro scene pronte, ma se non avessi pubblicato oggi questo prologo, forse non l’avrei più fatto e questa possibilità di storia sarebbe rimasta nel mio quadernetto delle idee per sempre. Perciò se sarete interessati a leggermi vi devo pregare di avere pazienza, purtroppo sono un po’ lenta.

Questa storia è una SasuHina che tratta tematiche delicate.
Il prologo è ambientato prima della narrazione principale, ma tutta la storia di come Sasuke e Hinata si siano innamorati non ci sarà, se non per mezzo di qualche flashback o cose così.
La narrazione parla, infatti, di quello che è successo dopo l’essersi innamorati e spiega perché le cose siano così come verranno presentate.
Se la storia vi incuriosisce, prego leggetela!
                                                                                                                          Spark of Shadow
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Petrichor  
 
 
 
Prima una scintilla, poi un'altra e in una frazione di secondo, tutta la mano di Sasuke era avvolta dall'accecante e meraviglioso bagliore dei fulmini che andavano riscaldando la fredda aria autunnale.

- Chidori! -

Di fronte a lui, un Naruto, per niente spaventato, gli faceva cenno con la mano di attaccarlo, mentre con l'altra preparava il suo Rasengan.

Un ghigno malefico si era stampato sulle labbra del moro.
Sasuke amava il momento subito antecedente all'impatto tra il suo colpo e la tecnica del suo migliore amico.

Chidori contro Rasengan.

Una combinazione quasi scontata, ma l'energia rilasciata dal loro scontro faceva rizzare i capelli dietro la nuca di chiunque, nel raggio di chilometri.

I due colpi avevano lasciato parecchie lesioni alle mani di entrambi e la luce provocata, come al solito, li aveva accecati per qualche istante, ma nessuno sembrava voler cedere.

Con un balzo Sasuke atterrò sul ramo di un albero, lasciando Naruto da solo sul campo.

Con un sorrisetto stampato sul volto, entrambi cercavano di riprendere fiato.
Quell'allenamento stava andando avanti da un paio d'ore, a giudicare dallo spostamento del sole.

- Mi mancavano i nostri allenamenti! Gaara è sicuramente un incredibile avversario, ma non c'era modo di scollarlo dalla scrivania -  con il broncio, il biondo si grattò il naso.
 - Praticamente le uniche volte che ci vedevamo, parlavamo solo di politica -  sospirò afflitto.
 - E ancora non ho capito tutto, sarebbe stato un problema, se non ci fosse stato Shikamaru. - Annuì con la testa. 
Terminò le ultime parole, mentre un centinaio di cloni correvano verso il moro e salendo uno sulle spalle dell'altro, creando una catena umana, raggiungevano ad uno ad uno ogni ramo dell'albero, per circondarlo.

- Beh! Mi sembra ancora impossibile che una testa quadra come la tua abbia spazio per pensare a qualcosa di diverso dal Ramen. - Disse ironicamente Sasuke, mentre roteando su sé stesso, colpiva con la gamba sinistra due cloni, facendo perdere loro l'equilibrio e facendoli sparire in una nuvola di fumo.
Passò poi alle altre copie, per le quali estrasse la Kusanagi, andando a trapassarle una per una.

Tre di loro lo intrappolarono: uno prendendolo al collo e gli altri due fermandogli le braccia.

- Amaterasu! -

Velocemente, scagliò le fiamme nere sui tre che lo trattenevano e sentì un Naruto, rosso in viso, esplodere alla sua precedente provocazione.

- Non è vero che penso solo al Ramen, altrimenti non avrei mai avuto il tempo di cercarti, non trovi? Dannazione! - gli fece una smorfia.

Sasuke, ormai libero, evocò, dai simboli sui polsi, shuriken a ripetizione e li lanciò verso il Naruto che sembrava ancora offeso.
Questo li scansò tutti.

Il moro saltò fino a trovarsi dietro l'altro, facendo cadere molto fogliame secco dagli alberi.

- Katon! - creò diverse sfere di fuoco, che Naruto riuscì a deviare.

 
Le fiamme andarono a colpire il fogliame a terra, facendolo bruciare e provocando alte torri di fumo.

- Tutto qui quello che sai fare? Sei tutto fumo e niente arrosto! -

Sasuke si fermò un istante, allibito.

- L'hai capita? Era una battuta, per tutto il fumo che hai provocato! -
Scoppiò in una fragorosa risata.

L'Uchiha gli scagliò addosso un'altra palla di fuoco.
Non riuscendo a deviarla, il biondo tentò di schivarla, spostandosi all'indietro, tra il misto di polvere e cenere.
Nell'atto di spostarsi, però, inciampò negli shuriken precedentemente tirati e cadde per terra.

Un secondo dopo, il fumo si diradò e Naruto si ritrovò la spada di Sasuke alla gola.
Entrambi avevano il fiatone.

- Pari anche questa volta eh, Teme? -

- A quanto pare, Dobe. – Rispose Sasuke.

Entrambi, lentamente, allontanarono rispettivamente, la katana e il kunai dalla gola dell'avversario.

- Bello scontro! E questa volta non abbiamo nemmeno distrutto niente! -
Naruto sembrava radioso.
 
 
 
-  Quella missione è stata sfiancante! Non andrò mai più a Suna nel momento più caldo dell'anno. -
Naruto continuava a gridare e a lamentarsi da quando lui e Sasuke avevano smesso di allenarsi, un paio d'ore prima.
Il moro, stanco, avrebbe voluto con tutto sé stesso tappargli la bocca per sempre.

Quella mattina si era svegliato male e si era trovato più irritato del solito.

L'allenamento era stato utile per distrarsi.
Naruto, infondo, era l'unico sfidante valido ai suoi occhi, ma appena apriva bocca, ecco che rimpiangeva di averlo seguito quella mattina.

- Gaara, almeno, è riuscito a velocizzare le cose, dannazione! Quegli anziani non sembrano sentire caldo o freddo! - Sembrava tremare al solo pensiero.
 - La stavano tirando davvero troppo per le lunghe... - Continuò il discorso, ridacchiando e grattandosi sopra l'orecchio con un dito.

Sasuke si sfiorò il polso sinistro.
L'Uchiha perse, dopo pochi secondi, l'interesse per l'argomento e preferì continuare a guardarsi intorno, notando, per la millesima volta, come tutto fosse cambiato da quando aveva dodici anni.

La noiosa routine quotidiana di quelle persone, che, ancora oggi, dopo tanto tempo, continuavano a temerlo, sembrava comunque più interessante del discorso del biondo che gli camminava a fianco.
C'erano bambini che si rincorrevano , anziani sulle panchine che sbriciolavano del pane per i piccioni e ancora cameriere che gli facevano l'occhiolino o arrossivano, mentre sistemavano i tavoli.

-  ...Sakura...? - a quel nome Sasuke parve rinsavire.

-  Come? -

- Ti ho chiesto come sta Sakura, sai, con la gravidanza e tutto il resto... -
Naruto sembrava parecchio nervoso.
Ancora non aveva accantonato i suoi sentimenti per la Kunoichi.

Sasuke sbuffò e si toccò il polso sinistro.

- Aveva un'ecografia, questa mattina. - Indugiò sul polso.

A questa risposta l'Uzumaki sgranò gli occhi, ricominciando a blaterare concitato:

- Cosa? E tu non sei andato con lei? Se mi avessi detto dell'ecografia, non avrei mai proposto di allenarci! -

L'Uchiha si limitò ad alzare pigramente le spalle e ad emettere un suono simile ad un grugnito, che doveva significare qualcosa come un "non mi interessa".

Naruto non ci diede molta bada e continuò allegro:

- Tra poco nascerà, eh? -  La forza portante sembrava proprio al settimo cielo.

- Così sembra. -

- Non sei emozionato? Finalmente stai ricostruendo il tuo clan! -

- Già... -

Il biondo capì che quella mattina  il suo amico era più disturbato del solito, ma non capiva cosa potesse avere.
Sakura era sua moglie, lei e il loro bambino erano sani e stavano bene; non avrebbe dovuto avere nulla a tormentarlo.

Il sole di mezzogiorno batteva sulle loro teste, mentre i due ninja passeggiavano per le vie di Konoha, per far riposare i muscoli indolenziti.
Naruto già pregustava una porzione extra-large di Ramen e stava cominciando a mandare messaggi subliminali (o almeno ci provava) a Sasuke, per farlo acconsentire a cambiare strada e ad entrare nella bottega di Teuchi.

Il moro si strofinò col dorso della mano un occhio stanco.
Gli era sembrato che l'amico blaterasse qualcosa a proposito di un buono sconto, quando arrivarono davanti alle porte del villaggio. Zona sempre affollata.
Alcune squadre andavano in missione, altre, invece, tornavano.

Vi era una specie di massa brulicante di shinobi, alcuni entusiasti, altri stanchi, alcuni in missione ufficiale, altri con compiti diversi.
C'erano visi coperti di lividi e altri freschi, come appena lavati. Tutti però avevano in comune il coprifronte del villaggio ad ostentare, con orgoglio, l'appartenenza alla foglia.

Tra i tanti ninja esausti c'erano anche volti familiari, amici d'accademia o compagni di una sola missione.

Mentre fissava qualcuno di loro, non si accorse che Naruto si era allontanato e quando lo trovò con lo sguardo, si fermò.
Sasuke si sentì paralizzato.
Portò la mano destra a stringere il polso sinistro e fissò l'amico che correva in direzione di una kunoichi dai capelli scuri.

- Hinata! - Il ragazzo era sempre stato espansivo. (A volte anche troppo per i suoi gusti.)

Sasuke non riusciva a muoversi dal punto in cui si trovava.
Con occhi sbarrati e con la mano che stringeva convulsamente il polso, osservava la scena.

Naruto salutava la Hyuga con un sorriso abbagliante, mentre lei, timida, rispondeva alle sue domande con il solito rossore sulle gote.

Hinata indossava la solita uniforme ninja e dei pantaloni scuri, strappati in più punti e rimborsati.
Molti graffi e tagli più profondi erano visibili sulle braccia lasciate scoperte dalle maniche a tre quarti.
Scalando con gli occhi la esile figura della ragazza, si poteva notare come altre ferite avessero preso posto sulla sua pelle bianca; non erano certo ferite che un qualsiasi ninja medico non potesse curare, ma quelle scie di sangue, pulite rozzamente, sotto gli occhi della ragazza, lasciavano un gusto amaro in bocca.

Per un secondo, la ragazza guardò dietro Naruto e intrecciò lo sguardo con l'Uchiha e il suo volto sbiancò, come se avesse visto un fantasma.

L'Uzumaki continuava a porle domande a raffica:
- Com'è andata la missione? -
- Dov'era la missione? -
- Qual era la missione? -
Hinata, socchiudendo gli occhi, disse velocemente:

- Scusa, Naruto, ora... - Si fermò come se stesse pensando.
- ... Devo fare rapporto. È stato un piacere incontrarti. – Si inchinò.

Fece cenno a Kiba e Shino dietro di lei e con passo deciso e sguardo basso, si allontanò.

Il biondo si avviò verso il moro, con le mani dietro la testa, ridacchiando spensierato.

- Era un secolo che non vedevo Hinata! - Sorrise.

Sasuke rabbrividì e si limitò a rispondere con un flebile "già", senza mai spostare la mano dal polso e fissando, intensamente, la strada che la mora aveva appena percorso.
 
 
Sakura si era ritrovata ad aspettare Tsunade (ancora a capo dell'ospedale) nella sala ecografie.

Era nervosa.
Quella certo non era la prima volta, ma ad ogni seduta, aveva il terrore che il bambino potesse stare male.

Fissò le pareti chiare della stanza, notando quanto questa fosse spoglia.
Non c'era altro se non il lettino, il macchinario per le ecografie e uno scaffale per tenere stracci e gel.

Non c'era nulla a metterti a tuo agio.
Ma lei era una kunoichi, una delle migliori, non aveva bisogno di palliativi.

Così, almeno, era quello che continuava a ripetersi.

- Eccomi. - Tsunade, finalmente, entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

- Stenditi sul lettino. - La rosa ubbidì.

Vide l'ex-hokage prendere una bottiglia di gel e scoprì la pancia.
Rabbrividì, come sempre, quando il gel le toccò la pelle.
Tsunade rimase in silenzio per qualche minuto, mentre guardava il monitor del macchinario.

La vide annuire e spostare la sonda lungo il ventre.
Ad un certo punto si alzò e le diede uno straccio per pulirsi.

- È tutto nella norma: dimensioni, battito cardiaco, tutto a posto! -

Sakura si sentì rincuorata.

- Vedo che stai facendo molte ecografie, molte più di quante realmente servirebbero... - La bionda domandò curiosa, fissando una Sakura che posava lo sguardo su ogni millimetro della stanza, pur di non incontrare i suoi occhi.

- Lo so. - Sospirò afflitta.  - Ma è il primo figlio di Sasuke… - Fece una pausa  - E non mi perdonerebbe mai se succedesse qualcosa al bambino. -

Tsunade portò l'indice a sfregarsi il mento.
Non voleva stressare Sakura, soprattutto per la salute del piccolo, ma il comportamento di Sasuke era davvero intollerabile.
Il ninja medico teneva molto a Sakura, era stata sua allieva e non voleva che soffrisse; sapeva quanto amasse l'Uchiha, ma lui non la meritava affatto. Se il bimbo era davvero così importante per lui, avrebbe dovuto fare molto di più.

- Dì a Sasuke di presentarsi alla prossima visita. Questo è anche figlio suo! - Disse irritata.

La ragazza si fece scura in volto per un attimo.
Finì di sistemarsi e si avviò alla porta.

- Cercherò di convincerlo, grazie signorina Tsunade. - Aprì la porta e se ne andò, richiudendola alle sue spalle.

Una volta sola, nella stanza, un'espressione turbata si impadronì del volto dell'ex-hokage.
 
 
 
Note:
Bene, eccoci qui, questo è il primo capitolo di Petrichor.
Mi sono cimentata per la prima volta nella scrittura di un allenamento/scontro e Hinata ha fatto la sua prima comparsa.
Se ve lo state chiedendo… Ebbene sì, Sasuke e Sakura, in questa storia, sono marito e moglie e aspettano addirittura un figlio, ma non dimenticate l’avvertimento “tematiche delicate”.
La faccenda è più complicata di quanto sembri.
Alla prossima!
 Spark of Shadow             

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Petrichor
 





Sentendo il secco suono di pugni che cozzavano contro una superficie solida, Sakura non poteva fare a meno di pensare, mentre apriva il cancello di casa, a quanto fossero fortunati che il distretto sorgesse lontano dal centro abitato.

Non era tanto l'allenamento di Sasuke che avrebbe potuto dare fastidio, infondo erano in un villaggio ninja, quanto il fatto che fosse proprio l'Uchiha l'artefice di quel fracasso.
Gli abitanti avevano ancora paura di lui e sarebbe bastata una sciocchezza, un disguido e non lo avrebbero mai accettato di nuovo al villaggio, vanificando tutti gli sforzi di quegli anni.
"Ritornare a Konoha, essere di nuovo uno shinobi della Foglia, sposarsi addirittura."
Tutto questo sembrava far parte di una strategia ben studiata per poter finalmente vivere in pace.
Tranquillo e senza preoccupazioni.

Sakura era felice di far parte del suo piano, ma a volte, le sembrava che qualcosa non andasse.
Era abituata ad essere trattata in maniera rozza (non si era certo scordata del duplice tentativo di omicidio), ma, al contrario, c'erano dei giorni in cui era quasi gentile, fin troppo per i suoi standard.
Ovviamente, qualcosa non andava.
Era come se si sentisse in colpa.

Poi tutto tornava alla normalità, stava zitto e non l'accompagnava alle visite di controllo.
Tutto era, di nuovo, come al solito.

Sasuke non era mai stato facile da capire.
Anche in quel momento, mentre colpiva con forza un albero, come se ne andasse della propria vita.
Aveva un'espressione illeggibile e sembrava gli luccicassero gli occhi.
Sudore, pensò.
Non potevano essere lacrime.
Sasuke non piangeva. Mai.

Il moro si era tolto la camicia e ad ogni movimento Sakura si trovava, ammaliata, a fissare i muscoli che guizzavano e le gocce di sudore che schizzavano via, in ogni direzione.
Si fermò per un attimo e ruotò la testa verso di lei.
Gli sorrise, ma lui riportò l'attenzione sull'imbottitura sporca e lacerata davanti a sé.

La rosa sospirò, rendendosi conto che quella guaina era praticamente inutile per proteggere quella quercia secolare.

Sasuke la seguì con lo sguardo e la vide sedersi su una panchina a qualche passo di distanza.
Poteva chiaramente scorgere indecisione nel suo modo di muovere la gamba su e giù, ripetutamente.
Non smise, però, di allenarsi.

Un colpo.
Due colpi.

Alla fine la sentì parlare:

-Ho fatto l'ecografia, oggi...-
Sasuke riprese a tirare pugni contro la corteccia.

-Sta bene?- La interruppe, brusco, andando dritto al sodo.

-Si, Ichirou sta bene.- Si accarezzò il grembo, sorridente.

-Ichirou?- Si incuriosì lui, fermandosi e inarcando un sopracciglio, infastidito.

-Penso potrebbe stare bene come nome al bambino e poi non lo trovi adorabile?- Portò una mano a soffocare un risolino.

Sasuke parve pensarci un momento.
Gli sembrava un nome banale e non ebbe paura di esprimere la propria opinione:

-No. Cerca qualcos'altro. Questo bambino non si chiamerà "Primogenito".-

Sakura sbuffò e si avviò per entrare in casa, con passo veloce, senza ribadire.
Ma si fermò sulla soglia, proprio mentre il moro sfilava con eleganza la katana dal fodero.

-Devi venire la prossima volta- Si fece scura in volto.
Continuò con voce incrinata:

-Vado sempre da sola e la signorina Tsunade si chiede il perché.  Vuole che mi accompagni e...-

-Odio gli ospedali.- La fermò, nuovamente, lui.

Ma c'era qualcosa di più.  Sakura lo sapeva, lo intuiva.
E questo la faceva arrabbiare.
Sentiva i nervi a fior di pelle, l'irritazione fagocitarla.

-Se ci sono altri motivi, me lo devi dire, sono tua moglie!- Sakura urlò.

Sasuke strinse il polso sinistro.
Serrò gli occhi e si morse un labbro.
La rosa si portò le mani a coprire la bocca, sconvolta. (Non aveva mai urlato contro di lui, prima d'ora).

-Lo so. Perfettamente.- Sibilò a denti stretti.

Sakura si strinse nelle spalle.

-Sasuke...-

-Entra in casa. Al bambino lo stress non fa bene.-

La ragazza, con l'ombra di una lacrima sull'angolo sinistro dell'occhio destro, ubbidì.

L'Uchiha fissò, per un attimo, l'albero di fronte a sé, come in trance.
Strinse con rabbia l'elsa dell'arma e la scagliò, violentemente, contro la corteccia, infilzandola.

Occhi rossi, iniettati di sangue, osservavano il profondo solco lasciato dalla spada.

-Dio...- sussurrò, in preda alla rabbia, mentre estraeva la katana dal legno.

Appoggiò la fronte, grondante di sudore, alla quercia.
Chiuse gli occhi e dopo un istante di tenebra, uno sguardo perlato, pieno d'amore, si formò tra i suoi pensieri.

Si morse, si nuovo, il labbro inferiore, frustrato, senza rendersi conto che questo, ora, sanguinasse.

 

 
 
- Credete ci vorrà molto?- Domandò Kiba, esasperato, mentre spostava il peso da un piede all'altro, saltellando.

-Smettila, stiamo aspettando solo da dieci minuti!- Shino lo osservò con irritazione da dietro le lenti scure.

L'Aburame lasciò perdere il suo compagno di squadra, che si stava lamentando più o meno da quando erano arrivati e spostò lo sguardo su Hinata.

Si trovavano nella sala d'attesa nel palazzo dell'Hokage, mentre aspettavano il proprio turno per fare rapporto.

La ragazza era seduta composta su una piccola sedia di legno che aveva tutta l'aria di essere estremamente scomoda.

Shino la fissava preoccupato.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto e la testa abbassata.
Hinata non aveva proferito parola nemmeno per calmare Kiba e questo lo preoccupava un po'.
Era chiaro quale fosse il problema.
Stava per aprire bocca e rivolgerle la parola quando Shizune aprì la porta e con sguardo severo fece loro cenno di entrare nell'ufficio.

-Grazie, Shizune, puoi andare.- Disse il sesto Hokage.

L'ufficio dell'Hokage era una stanza circolare abbastanza spoglia.
A parte la scrivania, la sedia e qualche armadio pieno zeppo di cassetti, contenenti relazioni di missioni ancora in corso, l'unica vera decorazione in quella stanza era data dalle foto dei precedenti Hokage, incorniciate e attaccate alla parete in ordine numerico.

-Siamo qui per fare rapporto, Signore.- Esclamò Kiba e Akamaru sottolineò, abbaiando.

-Molto bene, Hinata Hyuga, Shino Aburame e Kiba Inuzuka.- Prese un profondo respiro e cominciò, mentre concludeva di sistemare delle carte sul tavolo:

-Riassumiamo.- L'Hokage intrecciò le mani e vi posò sopra il mento.

-Due mesi fa viene dato l'allarme per la scomparsa di Hana Hyuga, cinque anni, membro della casata cadetta.- Si fermò.

-Esatto.- Risposero i tre in coro.

-Circa tre settimane dopo, la bambina viene rinvenuta alle porte del villaggio, addormentata.- Continuò Kakashi.

-Hana raccontò di ricordare solo di stare giocando e di essersi addormentata ad un certo punto.
Al suo risveglio, la prima cosa che vide fu uno dei medici dell'ospedale.- Completò Shino, sistemandosi gli occhiali con un indice.

L'Hokage annuì, pensieroso.

-Esattamente tre giorni dopo l'accaduto, arriva una lettera dal paese della terra e una dal paese dell'acqua: anche da loro si era verificato il rapimento di alcuni bambini, con la richiesta di proteggerli, se trovati.
E di nuovo, qualche settimana più tardi ci viene notificata la loro ricomparsa e la faccenda è stata archiviata.-

Kakashi si alzò dalla sedia e camminò toccando con un dito il muro, fino a che non incontrò quello che stava cercando, una cartina geografica.

-Nessuno dei bambini sembrava ricordare nulla del rapimento.
Eppure, Hana manifestava parecchio interesse per una zona in particolare, che certo non poteva conoscere.- L'ex-ninja copiatore fissò intensamente i tre shinobi per un istante, aspettando che uno di loro parlasse.

Di solito era Hinata a iniziare, complice la sua buona educazione, ma ora, sembrava ancora in trance e non era mai una buona idea far parlare l'Inuzuka in un'occasione formale.
Shino tossì per schiarirsi la voce e cominciò:

-Abbiamo appurato che quel luogo si tratta di un villaggio di civili nel paese della cascata.
A quell'altezza non ci sono villaggi ninja per chilometri e chilometri.
Abbiamo chiesto in giro nei negozi, negli alberghi e agli abitanti. Nessuno sembrava aver visto degli Shinobi e nessuno ricorda una bambina dagli occhi bianchi.-

Kiba consegnò a Kakashi, ancora in piedi, un rotolo contenente il verbale della missione.

-Abbiamo pensato che i rapitori fossero, quindi, più di uno e che se alcuni di loro erano passati di lì, Hana non doveva essere presente.
Abbiamo dato un'occhiata nella foresta.-
Hinata si avvicinò alla cartina e mise una puntina sul nome della cittadina.

Dolcemente, ma con tono deciso, aprì bocca e proferì parola:

-Abbiamo perlustrato la zona e ci siamo addentrati nella foresta.
Infine Akamaru ci ha portati verso una costruzione in rovina. Il Byakugan rivelò esserci qualcos'altro sotto terra.

-Cosa c'era lì sotto?- Chiese il Sesto con impazienza.

-Un rifugio, qualcosa di estremamente simile ad un laboratorio.-

Kakashi aggrottò le sopracciglia e si morse un labbro dietro la maschera.

-Non c'era nulla dentro, però. Nessun macchinario, nessuno strumento- Aggiunse l'Inuzuka, grattandosi il mento.

L'uomo riportò lo sguardo verso la mora, che pareva turbata e aveva iniziato a tremare.
 
Per Hinata era facile ricordare quello che aveva visto, non altrettanto semplice era trovare le parole per esprimere l'orrore che aveva provato.
 
[Flashback]

Non c'era attrezzatura di nessun genere.
Solo alti armadi di grigio ferro che occupavano tutta la parete.
Avevano perlustrato tutto il rifugio, ma non consisteva che in poche stanze: tutte occupate solo da armadi e tavoli traballanti, pieni di tagli e graffi.
Che fossero segni di coltelli o di unghie umane, non avrebbe saputo dirlo.
Il pavimento era sudicio e chiazzato di liquido ormai seccato, rosso scuro.
I muri erano impregnati di un soffocante odore di marcio e putrefazione, che inibiva l'olfatto di Kiba e Akamaru.
Ma non c'era nulla. Non c'era nessuno.

-Byakugan!-

Tutto si colorò di bianco e nero.
E ancora non c'era nulla.
Girò la testa per poter vedere nel punto che era rimasto cieco.
E lì, qualcosa c'era.
Dietro le ante di uno degli armadi vi era un cassetto segreto.
E dentro il cassetto un plico di fogli.

Hinata, velocemente, aprì l'armadio.
Trovò lo scomparto, in un doppio fondo.

Afferrò la maniglia e tutto diventò nero per un secondo.

Strizzò gli occhi, come per disappannare la vista e quando li riaprì, si ritrovò legata ad un tavolo.
Un'enorme cinghia le teneva stretti il corpo e le braccia in un'unica morsa.

Cercava di divincolarsi, ma più si dimenava e più la cinghia sembrava diventare stretta.
Cercò di attivare la sua abilità innata, ma non ci riuscì.
Ansiosa, continuò a muoversi per tentare di liberarsi, mentre gocce di freddo sudore scendevano lungo il suo viso e giù per l'incavo del collo.

Si guardò attorno, in panico e vide alti cilindri pieni di fluidi ribollenti.
E nei contenitori, centinaia di bulbi oculari.
Le pupille si muovevano vorticose, dilatate, in tutte le direzioni possibili, fino a fermarsi di colpo.

Concentrate tutte a guardare una sola cosa. Lei.

Hinata ansimava sempre più forte. Presto sarebbe entrata in iperventilazione.

'SBAM!'

Una porta si chiuse con un sonoro scatto.
Qualcuno chiuse diverse serrature su quell'uscio e in un attimo una luce, bianchissima e intensa l'abbagliò e una mano nodosa e artritica si avvicinò ad uno dei suoi occhi, con un ghigno malefico e pazzo. E lei urlava e si dimenava, terrorizzata.
Sentì quelle dita sudate toccare palpebre e cornea dell'occhio e poi...



-HINATA! HINATA! Svegliati!!-

Sudatissima, la ragazza si mise seduta.
Tremando, si abbracciò le ginocchia e cercò di ritrovare il fiato.
Si guardò attorno, smarrita, respirando affannosa.

-Genjutsu...-
-Genjutsu- Confermò Shino, mentre l'aiutava ad alzarsi.

Riuscirono a rompere il jutsu, con non poca difficoltà tecnica, ma alla fine poterono mettere le mani su quel plico di fogli.

Hinata gli diede un'occhiata.
Sfogliò pagina dopo pagina.
Lesse ogni parola e osservò ogni raffigurazione.

-Sono... relazioni! Ipotesi, teorie. Ci sono pagine e pagine di dati su qualche esperimento.- Informò gli altri, mentre ancora ansimava.

-Che tipo di esperimento?- Chiese Kiba, mentre fissava Akamaru annusare qualcosa sul pavimento.

Shino si sistemò gli occhiali sul naso con l'indice e attese la risposta della mora.
Se avevano protetto quei fogli con un genjutsu, doveva essere qualcosa di importante.

-Si direbbero- deglutì.  -Esperimenti umani-.

I due ragazzi aggrottarono le sopracciglia.

-È Orochimaru?- Chiese l'Inuzuka.

La Hyuga scosse la testa: -No, questo non è lo "stile" di Orochimaru, ho studiato bene il suo caso.-

-Kabuto?- Ci riprovò.

-No, nemmeno. Questi dati, queste teorie, sono troppo grezzi, rozzi quasi.
Orochimaru e Kabuto sono pazzi e fanatici, ma sanno sempre, perfettamente, quello che fanno.
Questi fogli, invece, sembrano essere stati scritti da qualcuno che non sa di cosa stia parlando.
Questi sembrano essere dati casuali e informazioni sulle varie abilità innate.-

 Hinata rabbividì nel ricordare l'illusione in cui era stata rinchiusa.

-Qui si parla del Ketsuryugan, dello Sharingan e anche del Byakugan, ma...- Si interruppe nel constatare qualcosa.

-Ma cosa?- Shino invitò la compagna di squadra a continuare.

-Sono sbagliati. So poco dello Sharingan e ancora meno del Ketsuryugan, ma le informazioni sul Byakugan si direbbero quasi totalmente errate.-

-Allora, probabilmente si tratta solo di qualche studioso...- Akamaru abbaiò nel confermare la sentenza del suo padrone.



[Fine Flashback]

Kakashi appoggiò il mento su una mano e nel fissare Hinata, ragionò:
-È tutto troppo ambiguo e anche il ritrovamento stesso di queste carte è stato troppo facile.-

Kiba non era d'accordo, ma non si espresse.

-Da quello che vedo sono tutte informazioni basilari sulle varie abilità oculari, ma in effetti ci sono errori anche per lo Sharingan.- Disse, sfogliando il verbale.


-Penso che tu abbia ragione, Hinata. Ma dovremmo accertarcene.
Non posso rintracciare qualche utilizzatore del Ketsuryugan, ma per informazioni più approfondite su Sharingan e Rinnegan, sappiamo a chi rivolgerci.-

Hinata deglutì e nascose gli occhi dietro la frangetta.

-Almeno ora siamo sicuri del perché quella bambina, tua parente, sia stata rapita, Hinata.
Anche se devo ammettere che era abbastanza scontato fosse per il Byakugan.- Asserì l'Hokage con tono piatto.

-La cosa strana è che l'abbiano rilasciata subito e senza un graffio.- Aggiunse.
-Sembra quasi... no, non penso.- Rimuginò ancora un po'.

Kakashi ritornò verso la sua sedia dietro la scrivania con passo strascicato.

-Contatterò Sasuke Uchiha e deciderò il da farsi.- Fissò ad uno ad uno tutti e tre gli shinobi negli occhi.

-Questa faccenda non è affatto archiviata.-

I tre annuirono e dopo un veloce "per ora è tutto", si avviarono alla porta.
Nel momento esatto in cui la Hyuga afferrò il pomello d'ottone della porta per chiuderla dietro di sé, fu fermata dalla voce dell'Hokage.

-Vorrei parlare un momento con te, in privato.-

Hinata tornò nella stanza, con aria interrogativa.
Per qualche istante il silenzio calò tra i due.
La ragazza posò gli occhi un po' ovunque, per nascondere l'imbarazzo.

-Sta cominciando a piovere.- Notò, fissando gli occhi sulla finestra dietro le spalle dell'uomo.

Kakashi indirizzò la coda dell'occhio ad accertarsi della cosa.

-È vero! Naruto non ne sarà molto felice.-

-Temo di no.- Ridacchiò la Hyuga.

-Quel ragazzo... Non avrei mai pensato si sarebbe accollato un compito così arduo come tenere insieme l'intero mondo ninja.- Sospirò lui.

-Naruto è sempre stato pieno di sorprese, ma può contare sull'aiuto di tutti.- Sorrise.

-È vero.- Concluse il ninja dai capelli argentati, esibendo un'espressione fintamente rilassata.

Kakashi sembrò, improvvisamente, ricordarsi di qualcosa.
Schiacciò un pulsante e chiamò Shizune.
Questa, un minuto dopo entrò e dopo che l'Hokage le ebbe sussurrato qualcosa nell'orecchio, così come era arrivata, in un attimo, sparì.

Hinata cercò di richiamare la sua attenzione:

-Voleva parlarmi di Naruto, Signore?-

-No, Hinata, non esattamente.-

Un brivido corse lungo la sua spina dorsale; sapeva cosa stava per succedere.

-Si tratta di Sasuke...- Sospirò.

Un'espressione leggermente mesta si formò sul viso fanciullesco di lei.

-C-che cosa c'è?- Balbettò, tentando in ogni modo di sciogliere il nodo che le si era formato in gola.

-È probabile che servirà anche una squadra d'attacco per la vostra prossima missione.-

-Vuole assegnare anche Sasuke alla nostra squadra per le ricerche?- Chiese incredula.

- Come protezione, Hinata!-

-Non ce n'è bisogno, siamo in grado di badare a noi stessi.- Hinata alzò la voce, arrabbiata, per celare un altro tipo di disagio, ma fu interrotta bruscamente dall'Hokage:

-Hinata!- Kakashi sbattè una mano sul tavolo.

La ragazza si rabbuiò per un secondo e un istante dopo si scusò con un inchino.

-Chiunque abbia rapito Hana Hyuga e abbia scritto queste relazioni- Alzò il plico di fogli in aria, mostrandoglielo, come se non lo avesse mai visto prima, -Vuole il Byakugan e tu ne sei un'esperta utilizzatrice.- Sospirò ancora una volta.
-Per questa missione devo tutelarti e il modo più veloce e sicuro è che con la squadra di ricerca ci sia qualcuno che sia in grado di difendervi e che abbia familiarità con laboratori ed esperimenti umani.
Sasuke Uchiha è l'unico shinobi al villaggio che risponda a questi requisiti.-

-Ma Sakura...- Si morse il labbro inferiore, presa da una rabbia che non avrebbe mai dovuto mostrare -Sakura è incinta!-

L'Hokage non ebbe il tempo di risponderle che un toc-toc si sentì battere sulla porta di mogano.

-Avanti!-

Kiba e Shino rientrarono, scortati da Shizune e dietro di loro, torreggiava, imponente e fiero, Sasuke Uchiha, che prese la parola:

-Perché mi hai convocato?- Burbero, come sempre.

Nell'aspettare la risposta, roteò gli occhi e con la coda di quello destro incontrò la minuta figura di Hinata.

Si strinse, rapido, il polso e il suo cuore perse un battito.
 
 
 
Note:
Eccoci qua col capitolo 2.
Cosa mai sarà successo alla piccola Hana Hyuga e agli altri bambini rapiti?
Cosa vorranno questi misteriosi individui, colpevoli di un atto tanto orribile?
Se vi va, potete provare a formulare ipotesi e raccontarmi quello su cui avete rimuginato, mi piacerebbe davvero sapere la vostra opinione.
Se qualcuno se lo stesse chiedendo: Ichirou in Giapponese significa Primogenito.
 
Al prossimo capitolo!
Spark of Shadow
 

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


Petrichor
 
Precedentemente:

 
-È probabile che servirà anche una squadra d'attacco per la vostra prossima missione.-
-Vuole assegnare anche Sasuke alla nostra squadra per le ricerche?- Chiese incredula.
- Come protezione, Hinata!-
-Non ce n'è bisogno, siamo in grado di badare a noi stessi.- Hinata alzò la voce, arrabbiata, per celare un altro tipo di disagio, ma fu interrotta bruscamente dall'Hokage:
-Hinata!- Kakashi sbattè una mano sul tavolo.

La ragazza si rabbuiò per un secondo e un istante dopo si scusò con un inchino.

-Chiunque abbia rapito Hana Hyuga e abbia scritto queste relazioni- Alzò il plico di fogli in aria, mostrandoglielo, come se non lo avesse mai visto prima, -Vuole il Byakugan e tu ne sei un'esperta utilizzatrice.- Sospirò ancora una volta.

-Per questa missione devo tutelarti e il modo più veloce e sicuro è che con la squadra di ricerca ci sia qualcuno che sia in grado di difendervi e che abbia familiarità con laboratori ed esperimenti umani.
Sasuke Uchiha è l'unico shinobi al villaggio che risponda a questi requisiti.-
-Ma Sakura...- Si morse il labbro inferiore, presa da una rabbia che non avrebbe mai dovuto mostrare -Sakura è incinta!-

L'Hokage non ebbe il tempo di risponderle che un toc-toc si sentì battere sulla porta di mogano.

-Avanti!-

Kiba e Shino rientrarono, scortati da Shizune e dietro di loro, torreggiava, imponente e fiero, Sasuke Uchiha, che prese la parola:

-Perché mi hai convocato?- Burbero, come sempre.

Nell'aspettare la risposta, roteò gli occhi e con la coda di quello destro incontrò la minuta figura di Hinata.
Si strinse, rapido, il polso e il suo cuore perse un battito.

 
 
 
Capitolo 3
 
 
 
Il pavimento era sempre stato di un legno così scuro da sembrare quasi nero?
E le venature che lo percorrevano erano sempre state così candide?
E quella mosca, che si era posata sul muro, aveva dei colori così vividi.
Le mosche erano sempre state di un verde così brillante?

Hinata la fissava con occhi spalancati e con un'intensità tale da farli lacrimare e quando sbattè le palpebre, velocemente e ripetutamente, per dare riposo agli occhi, sentì chiaramente la voce di Kakashi chiamarla con insistenza, come se l'avesse già fatto un paio di volte.

-Si?- Notò che tutti le stavano rivolgendo un'occhiata, chi incuriosito, chi preoccupato.

Kakashi le fece cenno di avvicinarsi.

Servivano esattamente quattro passi per arrivare alla scrivania, ma era difficile camminare su una superficie che sembrava essere, improvvisamente, diventata di gomma.

L'Hokage si rivolse all'Uchiha che sostava ancora sulla porta, bagnato da capo a piedi a causa della pioggia.

-Stavo dicendo- Tossì per schiarirsi la voce. - Sasuke, ti ho convocato perché abbiamo bisogno che tu dia un'occhiata a queste carte.- Indicò con l'indice un plico che giaceva inerme sul tavolo.

Sasuke osservò pigramente il fascicolo.
Sotto gli occhi di tutti, che fino a quel momento erano rimasti in silenzio, il moro lo afferrò e cominciò a sfogliarlo, prima velocemente e poi con più calma.
A metà della lettura, un'espressione mista tra la rabbia e la confusione gli si dipinse sul volto.

-Cosa dovrebbe essere questo? Uno scherzo?- Il moro era visibilmente irritato.

Hinata scosse le spalle, come a scacciare un brivido.

-Questi fogli sono stati ritrovati durante l'ultima missione di Kiba, Shino e Hinata. Abbiamo modo di pensare che Orochimaru sia tornato al lavoro.-

-Con tutto il dovuto rispetto...-  La ragazza interruppe l'Hokage sotto lo sguardo incredulo di un po' tutti i presenti.  -Non può essere Orochimaru. Ne sono certa. Non è affatto il suo modo di fare e non aveva mai provato a c- contraffare le sue ricerche.- Prese un respiro e ricominciò:
- Orochimaru ha una conoscenza troppo vasta per stillare resoconti così pieni di errori! Non avrebbe, non avrebbe senso!- Balbettò.

Imbarazzo e velocità di parola non erano mai state una buona accoppiata.

-Non possiamo escludere l'ipotesi, però, Hinata.-
Si rivolse al suo ex allievo:

-Tu cosa ne pensi?-

La Hyuga aprì la bocca, allibita.
Kakashi sapeva perfettamente quanto a fondo avesse studiato il caso del Sennin, a partire da tutti i suoi vecchi spostamenti, tutti i suoi precedenti piani, fino a tutti i terrificanti esperimenti che era riuscita a reperire.
Tutto quello che si poteva sapere su Orochimaru, lei lo sapeva.
Ma evidentemente non era abbastanza per il ninja copiatore.
Distolse lo sguardo con rabbia, stringendo i pugni, mentre Sasuke leggeva ancora un'altra riga.

-Non è Orochimaru.-

Ovviamente. Pensò la Hyuga.

-Bene. Allora dovremo trovare nuove piste.-

-Come pensa dovremmo procedere?- Domandò Kiba.

-Beh, mi sembra chiaro che ci troviamo a punto e a capo, per cui dovreste tornare sul posto per cercare nuovi dettagli. Qualsiasi cosa che possa essere sfuggita.-

-Si!- Tutti e tre i membri della squadra ricerche annuirono.

Era l'unica cosa da fare.

Sasuke borbottava qualcosa, tenendo ancora stretto il fascicolo.
-Quattro Tomoe? Ma che diavolo?-

Tolse lo sguardo da quell'abominio su carta e lo posò sulla dolce figura di Hinata, che guardava fuori dalla finestra e stava tremando.
Aveva forse freddo?

Mentre il moro la osservava, alla ricerca di una calma che non gli era mai veramente appartenuta, un fulmine giallo spalancò la porta, incurante dell'educazione e dimentico di bussare, urlando:
-MAESTRO KAKASHI!!-

Se Kakashi non avesse già saputo perfettamente che il Lampo Giallo di Konoha era morto e che a differenza di questo, lui era una persona a modo, avrebbe pensato che ad entrare nell'ufficio, vanificando il significato della parola ninja, potesse essere proprio Minato.

Ma non era il quarto Hokage, era Naruto.
Un Naruto visibilmente scosso e con le lacrime agli occhi.

-Naruto! Non puoi irrompere in questo modo in questo ufficio!- Lo rimproverò.

Tutti i presenti fissavano la scena con un sorrisetto divertito; in fondo Naruto era sempre Naruto.

-Maestro Kakashi!- Il biondo sembrava frignare.

-Naruto, calmati.- Hinata cercava, dolcemente, di fargli riprendere fiato, ma inutilmente.
Il biondo le si avvicinò e con l'ombra di una lacrima sugli occhi, la abbracciò forte, mentre continuava con un singhiozzare palesemente finto.
-Hinataaa!!-

La Hyuga, immobile e rossa come un peperone per l'imbarazzo, non sapeva davvero cosa fare, finendo, semplicemente, per dare qualche colpetto consolatorio sulla schiena dell'Uzumaki, che non sembrava intenzionato a lasciarla.

Shino, da dietro la copertura dei suoi occhiali scuri, fu l'unico a notare come lo sguardo prima calmo dell'Uchiha ora fosse più intenso, annerito ulteriormente da qualcosa che l'Aburame avrebbe pensato essere gelosia.

Tutta la figura di Sasuke, i cui occhi erano puntati su quella ridicola pantomima, era scossa da fremiti.

Interessante, pensò.

-Che cosa vuoi Naruto?- Kakashi era impaziente.

-Lei è qui!-  Disse terrorizzato.

-Lei chi?- Kiba era perplesso.

-Q- quella pazza! La ragazza di Suna di Shikamaru!- Tremava.

-È arrivata Temari?-
-Che sia Temari?-
-Temari?-

-Si! Temari!- Naruto sembrava sull'orlo di una crisi di pianto.

-Bene. Vuol dire che puoi preparare i bagagli per la tua missione diplomatica.-

Naruto, che ancora non aveva lasciato la presa su Hinata, si staccò velocemente, per barcollare fino alla scrivania dell'Hokage, sbattere i palmi sulla superficie legnosa al fine di sorreggersi e infine finire carponi per terra.

Kakashi lo fissava infastidito e allibito allo stesso tempo.

-No! La prego, maestro Kakashi, va bene qualsiasi altra missione. Farò di tutto. La scongiuro!.

-Patetico.-  Sasuke mormorò tra sé e sé, riportando la coda dell'occhio a fissare la Hyuga, che tremava ancora.
Si sfiorò il polso sinistro e deglutì.

- Naruto, è il tuo dovere. Lo sai. In più non ci sono missioni che potrei affidarti al momento...-

-La supplico! Non sopravviverei ad un altro incarico con la pazza!-

Kakashi sospirò, rassegnato.

Eroe di Konoha, figlio del Quarto Hokage, possessore della Volpe a Nove Code, allievo del Sesto Hokage e di uno dei tre ninja leggendari, colui che ha sconfitto Madara e Kaguya, nonché candidato alla carica di Hokage.

Naruto, che era tutto questo, era spaventato all'idea di una missione con Temari della sabbia.

L'uomo riflettè per qualche secondo e decise che in fondo, forse, se la meritava una pausa.

-Beh- Fece l'Hokage, sconfitto, guardando prima il biondo e poi tutti gli altri presenti.
-Forse posso aiutarti e ti assicuro che questa missione non coinvolgerà Temari.-
 


-Et-chù!- Una ragazza dai lunghi capelli biondi, legati in quattro codini, lontano dal palazzo dell'Hokage, starnutì.

-Va tutto bene?- Chiese Shikamaru con tono incuriosito.

-Si, tutto a posto.-

Si trovavano in una drogheria non molto lontana dal centro della città.
La ragazza era appena arrivata a Konoha e doveva sistemarsi almeno fino a nuovo ordine.
Le servivano, quindi, alcuni "generi di prima necessità".

Ricominciò ad osservare gli scaffali pieno zeppi di prodotti del negozio.
Non smetteva mai di stupirsi di quanta possibilità di scelta ci fosse in più rispetto ai classici negozi a Suna.

-Guarda qui!- Osservò, curiosa.
-Non sapevo ci fossero tante marche diverse per il Ramen istantaneo.-

Il giovane genio si girò verso la sua ragazza:

-Si, diciamo che si sono moltiplicate quando le varie industrie hanno scoperto che il Ramen è il piatto preferito di Naruto.- Spiegò, grattandosi la testa, annoiato.

Temari si accorse del tono annoiato di Shikamaru e si infastidì:

-Non fare quella faccia! Hai deciso tu di accompagnarmi a fare la spesa.- Sbuffò.
-E tutto perché sei troppo pigro per portarmi a cena fuori!-

Di fronte allo sguardo assassino della ragazza, Shikamaru impietrì.
Che seccatura.

-E già che ci siamo, dovresti fare qualcosa anche per quella barba!-  Temari era implacabile.

Shikamaru si toccò il mento, sentendo alcuni peli sotto i polpastrelli e sbarrando gli occhi come se si fosse accorto solo ora della loro presenza.

La situazione stava diventando sempre più seccante.
Nemmeno l'ineccepibile logica di Shikamaru Nara poteva vincere contro Temari della Sabbia.

-Ehi! Shikamaru, Temari!- Da dietro uno scaffale aveva fatto la sua comparsa Ino, seguita da Choji, Ten-Ten e Lee.

-È un piacere rivederti, Temari.- Ino sorrise. La ragazza replicò con un cenno della testa.

-Sei qui in missione?-

-Sto aspettando che il vostro Hokage dia il via libera a Naruto. Queste missioni diplomatiche sembrano non finire mai.-

-Di cosa si tratta questa volta?- Chiese Ten-Ten.

-Una celebrazione al palazzo del Daimyo. Ne indice una, di solito, ogni sei mesi.  Ne approfitta per accertarsi della situazione dei vari paesi ninja e per fare affari.
 Infatti, è sempre pieno di imprenditori e cose del genere. Essere a quella festa significa poter godere di ottimi privilegi e ovviamente chiunque cerca di parteciparvi. L’unica cosa che ottengo io, invece, è un tremendo mal di testa.
Che festa orribile!- Disse, annoiata.

Shikamaru la fissò, pensando che una festa, per quanto noiosa, non sembrava essere davvero la peggiore delle situazioni.

Ten-Ten cominciò il suo sermone:
-È capitato anche a me una volta!- Sospirò.
-È orribile. Ore e ore circondati da persone per niente interessanti, che non fanno altro che parlare di politica e di affari. E tutto sui tacchi!- Si mise una mano tra i capelli, esasperata.

Temari sembrò rincuorata dall'aver trovato qualcuno che la pensasse come lei.

-Se non altro, alle feste c'è sempre un ottimo banchetto. E più importanti sono gli ospiti e più il cibo è prelibato.-  Choji esplicò il suo pensiero, mentre continuava ad affondare la mano in un sacchetto di patatine.
Rock Lee rideva, divertito dal discorso.

-Non a tutti piace mettere i tacchi.-  Spiegò Ino  -Ma non si può negare che slancino la figura!  Io li adoro e anche Sakura.-

-Lei, però, non potrà metterli per un po' ora.- Le fece notare Lee.

-Come mai? Si è forse ferita?-  Temari parlò più per educazione, che per sincero interesse.
La Rosa le era sempre sembrata parecchio superficiale e non si era mai curata di instaurare una vera amicizia con lei.

-No, tutt'altro. È incinta! Lei e Sasuke aspettano un bambino!!- A Ino brillavano gli occhi.
-Sarò zia!-

-Sai che Sakura non è tua sorella, vero?- La ragazza zittì Shikamaru con un gesto della mano.

La Kunoichi della Sabbia sembrò pensare per un attimo alla cosa.

-Sasuke Uchiha?- Era perplessa. -Sinceramente, credevo che non gli andasse troppo a genio Sakura.-

Per un secondo non volò nemmeno una mosca, rivelando espressioni meste e senza parole.
 Solo per un secondo, però, perché Lee parlò con un gran sorriso, cercando di rendere la situazione più leggera e cercando di risollevare il morale generale:

-Non l'avrebbe sposata se non avesse voluto, giusto?-

Se solo fosse così semplice.

A quelle parole, i ragazzi sembrarono rilassarsi, ma Temari era ancora dubbiosa a causa dell'ambiguo mutismo di tutti i presenti, soprattutto per quello di Shikamaru; decise, però, di non pensarci troppo.

-Quando dovrebbe nascere il bambino?-

-Oh, ha solo pochi mesi e in realtà non si sa ancora se sia maschio o femmina.- Ino cercava in ogni modo di superare quel momento così carico di tensione.

-Capisco. Spero di potermi congratulare con lei prima di partire.-
 
Nel frattempo, nell'ufficio dell'Hokage:



-Di che missione si tratta? Infiltraggio? Spionaggio? Bisogna rassicurare qualche vecchina indifesa?-

-Datti una calmata, Naruto!- Shino era visibilmente irritato.

-Vedi, prima che tu irrompessi nel mio ufficio-  Cominciò Kakashi, appoggiando il mento sul dorso delle sue mani intrecciate, mentre l'Uzumaki ridacchiava sommessamente, imbarazzato - Stavamo parlando del rapporto dell'ultima missione della squadra ricerche.-

L'Hokage spiegò brevemente quello che era successo a Naruto e Sasuke.
Dal rapimento di Hana Hyuga al ritrovamento del carteggio.

Hinata sapeva dove questa discussione stesse andando a parare e la cosa non le faceva piacere, per niente.
Strinse i pugni, sentendo le unghie premere duramente contro il palmo, pungendolo.

-Dal momento che l'ultima vittima è stata una Hyuga, dobbiamo tutelare Hinata.-

-Cosa dobbiamo fare?- Chiese con impazienza l'Uzumaki.

-La missione è di tipo ricognitivo, non serve una squadra di attacco, ma piuttosto una di difesa.
Hinata sei l'erede della casata principale degli Hyuga...-

-Possiamo cavarcela anche da soli, glielo ripeto, signore.- La Hyuga sibilò a denti stretti, sotto gli occhi nuovamente increduli di Naruto e dei suoi compagni di squadra.
Kakashi sembrava infastidito.
Sasuke, invece, aveva un'espressione preoccupata, mentre stringeva con forza il polso sinistro.
-So che non ti fa piacere, ma una squadra di difesa non vi farà sembrare deboli.
Sei troppo importante per questo incarico, non posso sostituirti, ma se ti succedesse qualcosa l'intero clan Hyuga ne risentirebbe.-

Hinata aveva ripreso a tremare, mentre il suo sguardo era fisso in quelle iridi di pece bollente che erano gli occhi di Kakashi.

-Naruto, Sasuke!-  I due si misero sull'attenti.  -Voi due sarete la scorta della squadra ricerche.-

-Sì!- Risposero quelli in coro.

Shino, che fino a quel momento se ne era stato in disparte ad osservare la scena, parlò:
-Ho solo un'obiezione.- Diede voce ai suoi pensieri, riportando al loro posto gli occhiali, che erano scivolati lungo il naso.

-Non darà un po' nell'occhio avere Naruto e Sasuke come scorta?-

Erano pur sempre gli eroi che avevano sconfitto Madara e due tra i più forti ninja in tutto il mondo.
Hinata pensò di avere ancora una speranza.

L'Hokage ci pensò su, ma la sua decisione rimase invariata:
-Se la situazione è come penso che sia, avere loro due con voi, sarà la nostra assicurazione.- Indicò i suoi ex-allievi.
-Se qualcosa succedesse ad Hinata, il clan Hyuga potrebbe decidere di vendicare l'erede della casata principale e nel peggiore dei casi potrebbero aprirsi nuovi conflitti tra villaggi. Questa pace potrebbe vacillare.-

La Hyuga abbassò lo sguardo perlato, arrendendosi.
-Partirete appena sarete pronti. Avrete il tempo standard di due settimane. Se avrete novità, le comunicherete direttamente a me.- Li guardò tutti negli occhi, uno per uno.
-Shino, sei a capo della missione.-

I ninja, congedati, uscirono dalla stanza. Hinata e Shino si inchinarono rispettosamente e seguirono i compagni fuori dall'ufficio.

L'Aburame era nervoso e la Hyuga sapeva bene che non amava essere a capo delle varie spedizioni. Gli mise una mano sul braccio per rassicurarlo e fargli intendere che poteva contare su di lei, mentre sentiva Naruto gioire e Akamaru abbaiare sotto lo sguardo diverito di Kiba e quello piatto dell’Uchiha.

-Partiamo all'alba.- Disse sbrigativo, ottenendo l'attenzioni e desiderando di andarsene il prima possibile.
Dopo essersi messi d'accordo, Hinata fu la prima ad andarsene.

Per tutto il tempo in cui l'Uchiha l'aveva osservata con la coda dell'occhio, la ragazza era stata scossa da brividi. Forse stava male.
Sasuke avrebbe voluto raggiungerla, parlarle.
Doveva dirle qualcosa, anche se non sapeva che cosa.
Non riusciva a staccare il suo sguardo d'ebano dalla minuta e tremante figura che vedeva all'orizzonte.

Mosse un passo, forse per correrle dietro, ma Naruto lo fermò per dirgli qualcosa.
Sarebbe stato facile mandarlo al diavolo e cominciare la sua corsa verso di lei, ma nel momento in cui la mano dell'Uzumaki si era posata sulla sua spalla, aveva perso il coraggio.
 


Più tardi quella sera, Sasuke si era ritrovato a fissare con insistenza il portone principale di villa Hyuga.

Aveva lasciato Sakura a casa, si era offerta di preparare qualche provvista per la sua missione. Lui aveva accettato ed era uscito di casa, immergendosi nell'umido buio della sera, affondando il naso in una sciarpa che gli cingeva il collo.

Un passo dopo l'altro e si era ritrovato di fronte a quell'edificio, imponente e bianco.
La casa perfetta per il clan Hyuga, si ritrovò a pensare.

Fissò per un attimo le finestre illuminate e un profondo senso di vuoto lo attanagliò.
Attivò lo Sharingan, alla disperata ricerca del chakra di una specifica Hyuga.
La immaginava intenta a riporre con cura degli indumenti nello zaino, nel più assoluto silenzio, proprio come piaceva a lei.
Ma mentre la sua abilità innata roteava vorticosamente nella cornea, il chakra dell'erede Hyuga non era visibile da nessuna parte.

Non era a casa.

Rimase ancora per un po' ad osservare l'enorme villa, incapace di voltare lo sguardo altrove.
Alla fine, riuscì a distaccare gli occhi e a girarsi per tornare a casa, ma l'apertura della porta e una voce che lo chiamava lo fermarono.

-Uchiha-san!- Riconobbe la voce. Ko era sempre stato formale.
-Ho avvertito la vostra presenza.- Ed era anche un ninja sensitivo.

-Ne è passato di tempo.-

-È vero.- Rispose Sasuke, secco, fissando quella familiare figura avvolta in una veste grigiastra.

Un attimo di silenzio e a Ko era già chiaro il perché il moro si trovasse lì.

-Se state cercando Hinata-sama, non risiede più a villa Hyuga.- Disse, mentre guardava per terra per evitare gli occhi del suo interlocutore, temendone il tremendo potere.

Cosa?

Sasuke restò a bocca aperta, mentre cercava qualcosa da dire, ma non riusciva a capire.
Perché Hinata non abitava più lì?


Ko rispose presto a quel quesito, che, però, il moro non aveva espresso a parole:
-Gli anziani e Hiashi-sama hanno deciso fosse meglio per lei risiedere in una nuova abitazione.-
 
 
 
 
Note:
 
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito Petrichor nella lista delle storie preferite e delle seguite.
Vi invito, se volete a lasciare una recensione per esprimere pensieri, dubbi o qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente. :)  
Questo capitolo non mi fa impazzire, ma è necessario.
È un capitolo di transizione, ma cominciamo ad avere più informazioni un po’ per tutto.
Alla prossima!    
Spark of Shadow

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Petrichor
Capitolo 4
 
 
 

Un verde sipario si frapponeva tra loro e la radura in cui Hinata aveva deciso si sarebbero accampati.

Si trovavano ancora in mezzo ad una fitta foresta, mentre saltavano agilmente di ramo in ramo, guidati dal fiuto di Kiba e Akamaru, ripercorrendo la strada che aveva già preso in precedenza la squadra di ricerca.

Avanzavano velocemente.
Shino voleva arrivare il prima possibile a quel rifugio.
Prima arrivavano, prima la missione si sarebbe conclusa.
Il ragazzo non era per nulla entusiasta del suo ruolo di capitano.
Non aveva problemi a gestire il suo solito team, ma essere a capo di quella specifica squadra era un compito troppo delicato.
Nessuno poteva mettersi a capo dell'Uchiha e di Naruto.

Hinata capiva bene la tensione che il suo compagno provava. E sentiva che anche i suoi insetti erano irrequieti.
Alcuni ronzavano attorno alle loro figure, liberi e incontrollati, sfuggendo al controllo della loro "ape regina".
Cosa che rendeva la leggermente nervosa.
Le punture di alcuni di quegli animali erano mortali per l'uomo e se Shino non fosse riuscito a controllarli, sarebbe stato estremamente pericoloso.

Spostò lo sguardo, fiduciosa nelle capacità del suo amico e osservò prima Naruto e poi Sasuke.
Quei due erano dinamite, assolutamente incontrollabili e potenti oltre ogni immaginazione.
Cosa sarebbe successo se fossero esplosi?

Durante tutto il viaggio si erano scambiati poche parole.
Anche ora, nessuno parlava, nemmeno Naruto, che sembrava perso nei suoi pensieri con aria serena.
Avanzava ad occhi chiusi, forse era il Kyuubi a vedere per lui.

La Hyuga sentiva il vento sferzare sulle sue guance arrossate; l'aria era fredda e mentre correva in silenzio non poteva fare a meno di sentirsi tranquilla e libera.

Kiba mugugnava qualcosa di tanto in tanto, osservando in cagnesco l'Uchiha, che se ne stava perfettamente in silenzio, con viso stoico.
Hinata lo aveva silenziosamente tenuto d'occhio per un po', mentre scandagliava lo spazio attorno a sé.
Il Byakugan era l'abilità innata perfetta per spiare senza essere scoperti.

Il moro era sempre bellissimo.
Schiena dritta e testa alta.
Fascino nobile e misterioso.
La sua intera persona era espressione di eleganza e di una forza terribile e letale.
Sasuke era esattamente quello che lei era convinta fosse la corretta definizione di Shinobi.

Così diverso da lei...

-Hinata, quanto manca alla radura?- Si informò Shino da dietro gli occhialetti scuri, trascinandola fuori dai suoi stessi pensieri, per riportarla in quella folta foresta, di nuovo alla ricerca dello studio di un possibile psicopatico.

-Manca ancora un chilometro ad occhio e croce.-  Si ridestò la ragazza dai suoi pensieri.

Naruto era impressionato.

-Non sapevo potessi vedere così lontano! È straordinario!- Hinata arrossì alle parole del biondo e perse la concentrazione, finendo  per perdere anche l'equilibrio, cadendo su un grosso ramo, poco più in basso.

Ma la cosa non fece in tempo ad essere notata, che, con un balzo si era già riportata dietro al gruppo.
Si rimise al passo con gli altri, con una leggera smorfia di dolore, quando appoggiava il piede destro. Ma solo un paio di occhi rossi come il sangue, dannatamente attenti, si erano accorti di tale dettaglio.

Pochi salti dopo, una piccola radura si apriva davanti ai loro occhi.
Non era enorme, ma c'era abbastanza spazio per accamparsi.
E poco più lontano si sentiva il persistente scrosciare di un corso d'acqua, un fiumiciattolo o più probabilmente un ruscello.
Era uno spazio abbastanza riparato, per cui non avrebbero avuto troppi problemi.
A terra vi erano pezzi di tronchi ancora ben attaccati alle radici, segno che la radura era stata creata apposta per essere luogo di ristoro.

-Non era meglio andare avanti ancora un po' ?- Sasuke non era troppo contento di fermarsi così presto.
Osservava i suoi attuali compagni appoggiare gli zaini in cerchio al centro della piana.

-Smettila di fare il magnifico e siediti!- Il biondo lo sfottè, lanciandosi in una breve imitazione dell'Uchiha.

Una vena si ingrossò e cominciò a pulsare sulla tempia del moro, irritato come non mai dal suo compagno di squadra.

-Sta' zitto, idiota.-

Kiba scoppiò in una grossa risata alla vista di quel siparietto, accompagnato dal fragoroso abbaiare di Akamaru.

Quando le risate dell'Inuzuka scemarono, Hinata prese la parola:

-È la stessa strada che abbiamo percorso l'altra volta. Non c'è spazio per accamparsi oltre a questo e domani dovremo correre per circa un giorno e mezzo per uscire dalla foresta.-

-Meglio fermarsi qui - alzò le spalle, Kiba, che ancora non aveva smesso di ridere del tutto.
-E poi non ci siamo fermati nemmeno una volta dalla partenza.-

Sasuke non disse niente. Annuì soltanto, osservando Naruto sistemare qualcosa nel suo zaino.
Vi intravide qualcosa che, con orrore, avrebbe giurato essere una scatola di Ramen istantaneo.

-Sistemiamo le tende.-

Ognuno cominciò a tirare fuori l'occorrente. Solo Kiba, dopo qualche minuto di ricerca, impallidì, distogliendo lo sguardo da Shino, che, attento osservatore quale era, se ne accorse.

-Cosa?-

-Ecco... Temo di aver scordato la tenda.- Ridacchiò imbarazzato, sotto lo sguardo allibito e seccato dell'Aburame, perfettamente visibile, nonostante le lenti scure.

I presenti membri del team 7 non sentirono i problemi dell'Inuzuka, tanto che, quando quella notte Naruto vide lui e Shino entrare in una sola tenda, pensò, divertito, che ci fosse del tenero tra loro.

 


Hinata, da qualche minuto, era ferma davanti ad un albero e dava le spalle agli altri, che, stavano terminando di montare il campo.
Kiba, invece, stava controllando una piccola pentola ribollente, fuoriuscita assieme agli ingredienti da un rotolo che giaceva abbandonato vicino ad un Akamaru annoiato e sbadigliante.

I suoi compagni non potevano vederlo, ma la Hyuga fissava quella corteccia con occhi sbarrati e con intensità tale da farle lacrimare gli occhi.
Era come se lei non fosse più lì in quel momento. Si era estraniata.
Immagini le scorrevano velocemente davanti agli occhi.
Immagini che non riusciva a dimenticare.
Un profondo senso di colpa le scosse le viscere e cominciò a tremare.

-Hinata!-

La ragazza si svegliò da quella specie di trance in cui era finita.
Si ricompose, deglutendo.
Era sudata.

-Va tutto bene?- Naruto le toccò il braccio, preoccupato.

Annuì rapidamente, alzando e abbassando la testa con movimenti piccoli e bruschi e si allontanò, raggiungendo la sua tenda.

Il biondo girò la testa verso gli altri con espressione confusa.

-Ma cosa le è preso?-

Fu Kiba a rispondere.

-L'ultima volta che siamo stati qui, siamo stati attaccati...-

-Non siamo stati attaccati!- Lo interruppe di colpo l'Aburame, che stava osservando un paio di insetti variopinti sul palmo della mano.

-Che vuoi dire?- Sasuke portò lo sguardo sui due.

-Beh, mentre stavamo allestendo il campo, in questa radura ad un certo punto sono sbucati fuori una donna e un bambino. Erano feriti gravemente.- Aggrottò le sopracciglia.

-Hinata non è riuscita a salvarli.- Concluse l'Aburame, fissando lo sguardo a terra e lasciando libere di volare le due coccinelle.

Sasuke, pensieroso, attivò lo sharingan alla ricerca della Hyuga.
Poteva vedere chiaramente il chakra della ragazza, che assieme al suo corpo si muoveva velocemente e a tratti bruscamente.
Stava cercando qualcosa.

Si alzò dal tronco mozzato su cui era seduto per andare a chiamarla, lasciando gli altri al loro discorso. Doveva mangiare qualcosa.

Scostò leggermente un lembo della tenda della ragazza ed entrando la vide inginocchiata per terra. Uno zainetto aperto ai suoi piedi e una scatola blu nella mano sinistra.

Il movimento che la ragazza fece con la mano destra non sfuggì alla sua abilità innata, ancora prepotentemente attiva nella sua cornea.

Aveva appena portato alle labbra quello che sembrava un farmaco e lo aveva ingoiato.

In un istante l'occhio scoperto tornò scuro.
- Hinata. - Chiamò con voce ferma e imperiosa.

Hinata si voltò di scatto, sorpresa.

- S-Sasuke – Sussurrò, cercando di nascondere il contenitore il più in fretta possibile.

Si guardarono negli occhi per un po'. Nessuno dei due riusciva a troncare quel contatto visivo, nemmeno la ragazza, nonostante la sua espressione spaventata e ansiosa.

- Vieni.- Le porse una mano. -Devi mangiare qualcosa.- Disse infine.

La Hyuga restò in silenzio per un attimo, senza sapere cosa fare, stringendo con forza un lembo della maglia e  tenendo gli occhi ben fissi a terra.

Annuendo si alzò da terra, senza, però, toccare il ragazzo, che ritirò la mano, portandola a stringere il polso sinistro.
Hinata scorse quel gesto.

Osservò le sue spalle larghe, mentre lasciava la tenda.
Chiuse la scatoletta blu e la ripose nello zainetto color cachi.

Prese un respiro profondo e uscì dalla tenda.

.
.
.
 
Una ragazza bionda e dall'aspetto esotico, in piedi al centro della sala rotonda e in attesa, non poteva fare a meno di impiegare quel tempo squadrando con ribrezzo la figura di Kakashi, seduto dietro la sua scrivania, intento a leggere, avido, uno di quei libri che tanto amava.

Come facesse a mantenere uno sguardo tanto serio mentre sfogliava quel tipo di lettura, rimaneva un mistero.

Toc-toc.

Shikamaru entrò dalla porta di mogano a cui aveva appena bussato.
La richiuse dietro di sé e si portò vicino a Temari con le mani nelle tasche dei pantaloni e un' espressione leggermente seccata che si allargava per tutto il volto.

L'Hokage, sentendo il rumore della porta che si richiudeva, alzò per un istante gli occhi, distogliendoli dalla riga che stava leggendo.
Chiuse il volume e lo ripose in silenzio in un cassetto del tavolo.

-Ora che sei arrivato, Shikamaru, posso informarti della missione a cui sei stato assegnato.-

Il moro osservò velocemente con la coda dell'occhio Temari, concentrata sulle parole del ninja.

-Come ben sai, il Kazekage ha mandato qui Temari affinché insieme a Naruto potessero prendere parte ad un incontro diplomatico.
Il Daimyo utilizzerà questo evento anche per celebrare il suo compleanno.- Si grattò il naso, annoiato.

Il ragazzo aveva già capito quali sarebbero state le prossime parole.

-Naruto è stato assegnato ad un'altra missione, Temari ne è già stata informata.
Prenderai il posto di Naruto al suo fianco. Domande?-

-Quanto durerà la missione?-

-Il tempo necessario.- Concluse l'uomo.

Quando i due ragazzi furono congedati, nell'uscire dall'ufficio, entrambi notarono il viso gioioso di Kakashi nel riprendere il suo libro e sfogliarne con foga le pagine, per tornare al punto in cui si era fermato.

Se Gaara avesse avuto un vizio del genere, non sarebbe mai riuscita a prenderlo sul serio, pensò la kunoichi.

 

 
-... Ma se lo prendo, io lo sgozzo!!-

Shikamaru ascoltava da cinque minuti la bionda che prometteva la morte di Naruto, descrivendola in vari modi. Ognuno più cruento dell'altro.

-Esattamente qual è il problema?- Il ragazzo si grattó piano la testa, con gli occhi chiusi e uno sbadiglio pronto ad uscire dalla bocca.

Per qualche secondo non sentì più alcun rumore.
Aprì gli occhi e sbiancò di fronte all'espressione assassina di Temari.

-Quindi tu-  (Marcò bene quel tu.)  -Mi stai dicendo che non hai ascoltato una sola parola di quello che ho detto???- Sibilò lei a denti stretti e con una strana luce negli occhi.

Affrontare Madara da solo, con un cucchiaino da the come unica arma, sarebbe stato meno spaventoso in quel momento.

-No, no, ti ho sentita, lo giuro!- Portò le mani davanti a sé per proteggersi.

Lei sbuffò in risposta.

-Ti dà fastidio che ci sia io al posto di Naruto?- Si poteva ben distinguere una punta di apprensione nel tono che aveva utilizzato.

Stavano insieme da un po' e Shikamaru davvero non sapeva spiegarsi perché rivolgendo quella domanda, un senso di profonda insicurezza aveva scosso le concave pareti della sua anima come un gong, risuonando potente fino agli emisferi delle sue cervella.

La ragazza arrossì di colpo, distogliendo lo sguardo.

- Non mi dà fastidio. Ma quell'idiota aveva preso un impegno. - Sbraitò.

Quelle parole non erano una vera confessione, ma al ragazzo bastarono perché quell'insistente campanello d'allarme, che gli trillava nelle orecchie, si placasse.

Con un sorriso piccolo, ma genuino stampato sulle labbra le si avvicinò.
Lei guardava ancora da un'altra parte, concentrata a contare i ciottoli sulla strada, pur di non incontrare il suo sguardo.

Si sistemò l'enorme ventaglio che portava sulla schiena, assicurandolo meglio alla spalla e sentì il fiato caldo di lui sul collo, intento a sussurrare qualcosa:

-Questa missione, non sembra particolarmente mortale. - Deglutì, cercando di mascherare il nervosismo dietro quella mossa audace.
-Potremmo considerarlo un viaggetto tra noi due.-

Temari arrossì violentemente, arrivando a livelli di colorazione raggiunti solo da Hyuga Hinata, prima di allora.
Presa dall'imbarazzo e dalla sua naturale predisposizione alla maturità, cominciò a sbraitare concitata.

-È una missione... No, ecco, io... È INAPPROPRIATO!!-

Shikamaru la vide diventare viola dal rossore precedente e per il suo attuale stato di apnea.

-Respira. Respira!-

La ragazza riuscì a calmarsi.
Ma ora si sentiva ancora più imbarazzata.
Non si era mai sentita così e certo non aveva mai fatto una figura del genere.
Portò le mani sul volto, per coprirlo.
Dove era finita tutta la sua forza?
Perché quando era con lui, non riusciva ad essere la solita, imperturbabile sé stessa?
Quel ragazzo sapeva abbattere con una sola parola tutta la sua impostazione.

-Ehi! Va tutto bene!- Sorrise.

Le sfiorò i capelli e protese una mano verso di lei.

-Andiamo?-

Orgogliosa, non afferrò la mano.
Si ricompose, raddrizzò la schiena e con sguardo severo lo superò.

Ah! Che ragazza problematica.

Il ragazzo ridacchiò sommessamente e la raggiunse.


.
.
.


Quella notte, all'accampamento, il primo turno di sorveglianza era toccato ad Hinata.

Quando si era assicurata che tutti stessero dormendo, si lasciò cadere, delicatamente, su quel tronco ribaltato che fungeva da posto a sedere e si strinse nelle spalle.
Ogni tanto attivava il Byakugan e controllava che nessuno si avvicinasse.
Avevano acceso il fuoco, quindi non si stavano esattamente nascondendo e c'era una possibilità che qualcuno potesse arrivare alla radura, invitato dal fumo che saliva verso il cielo scuro e terso.

Mentre nelle altre tende un leggero russare si librava nell'aria, in un'altra, un ragazzo moro continuava a fissare un punto indefinito, incapace di dormire.
Troppi pensieri gli invadevano la mente.

Erano passati alcuni anni dalla fine della guerra ed erano successe molte cose:
I Kage lo avevano perdonato per i suoi crimini, visto l'enorme aiuto che aveva dato contro Madara.
Ma questi avevano anche deciso che sarebbe stato meglio sorvegliarlo per un po' di tempo.
Gli abitanti di Konoha, avevano paura. E avevano ragione.
Il Sasuke di quegli anni era una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere.
Era necessario contenerlo. Lui stesso, sebbene frustrato, si era trovato d'accordo con quella decisione.

I ricordi scorrevano rapidi davanti ai suoi occhi, mentre la sua mente li riproduceva, come fossero un film: I suoi mesi di sorveglianza, le prime missioni a cui aveva potuto partecipare...

Quando, dopo qualche minuto, gli fu chiaro che non sarebbe riuscito a dormire, si alzò piano e uscì dalla tenda, esponendosi alla fredda e silenziosa aria notturna.
Apprezzava quell'assenza di rumori fastidiosi.

Scandagliò la radura, alla ricerca della piccola figura della Hyuga, ricordando la prima volta che si erano incontrati al suo ritorno a Konoha.
Si morse il labbro, frustrato.

Infine, la trovò davanti al fuoco, accovacciata e stretta nelle spalle.
L'aria autunnale era pungente sulle sue guance. La vide intenta a sprofondare il viso nella sua giacca per creare altro calore, oltre a quello sprigionato dal falò davanti a lei.
La osservò da lontano per qualche istante, perdendosi nella sua figura.
Sembrava così serena. Così... in pace.

Ad un tratto la vide attivare il Byakugan e la vide spalancare gli occhi, nell'accorgersi della sua presenza.  Ma non disse niente.

Il ragazzo avanzò verso di lei, senza produrre alcun suono.
Finalmente, quando le fu abbastanza vicino da poterla guardare in quei meravigliosi occhi di perla (in cui scorse una profonda preoccupazione), fu il suo turno di non proferire parola, per non spezzare quell'atmosfera di tranquillità.

Fissava il fuoco intensamente, intrecciando le dita delle mani, nervosa.
Non sapeva come comportarsi.
Era passato tempo dall'ultima volta che si erano ritrovati loro da due da soli, come in quel momento.
E anche quello era un ricordo che faceva male.
Respirò piano.

-Pensi ancora a quella donna col bambino?- Chiese a bassa voce.

Lei scosse la testa. No, non ci pensava più, le faceva male non essere riuscita a salvarli e  si era sentita maledettamente impotente a pensare, pugnalando metaforicamente il suo stesso cuore, che se al suo posto ci fosse stata Sakura, quei due sarebbero ancora vivi.
Ma ora doveva concentrarsi sulla missione. Doveva farlo per Hana.

-Hana dice che le fiamme sembrano dei capelli, a volte.- Sorrise dolcemente non staccando gli occhi dalle lingue di fuoco alimentate da un grosso ceppo e foglie secche.

-Hana è la bambina che è stata rapita?- Inarcò un sopracciglio.

-Si. Ora, per fortuna, sta bene.- Si morse il labbro inferiore.

-Le sei molto affezionata, vedo.-

-Sono stata con lei qualche volta.-  Fissò lo sguardo nel vuoto a formare l'immagine della bambina nella sua mente.
-È una bambina così dolce e piena di vita. Quando è stata rapita, sua madre era terrorizzata.-

Sasuke si era seduto accanto a lei. Le era vicino, ma ad una distanza ragionevole per lasciarle un po' di conforto.

- Sua madre è corsa da me, implorandomi di parlare a Naruto, in modo che convincesse l'Hokage a fare qualcosa.- Intrecciò le dita, come se stesse pregando.

Lui non le rispose, ma non smise di osservarla con quegli occhi più scuri di una notte senza luna.

- Non sono riuscita a convincerlo. Non c'era nessun indizio, nessuna ipotesi su cosa potesse essere successo. Di sicuro c'era solo un posto vuoto nel suo letto rosa.-

Una lacrima scese per tutta la lunghezza della sua guancia e il moro, che la guardava con la coda dell'occhio, dovette reprimere l'urgenza di asciugare quella goccia con la sua mano, accarezzandole il volto.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva potuto sfiorare quel viso latteo?
Strinse con forza il polso sinistro, a farsi forza, toccando le foto dei suoi cari, o a fermare quell'impulso che, feroce, lo stava pregando di toccarla, mettendo fine a quell'atroce agonia.

-Però, poi è ricomparsa.- Il ragazzo rispose deciso.

-Ed è questo che mi spaventa a morte. Cosa possono averle fatto? Perché l'hanno riportata a Konoha? Di solito queste situazioni finiscono con un cadavere, no?- Intrecciò il suo sguardo di perla con quello ebano di lui.

Silenzio.

Sasuke sapeva bene cosa fosse la tortura, per averla subita e per averla praticata. Ma non riusciva a dare voce ai suoi pensieri di fronte ad un'Hinata così spaventata.

-Non riesco nemmeno a pensarci. Ho paura ad immaginarla legata ad un tavolo operatorio o chissà cos'altro.- Strinse i pugni, angosciata.
-È solo una bambina.-

Una bambina che ha avuto la sfortuna di nascere Hyuga.

-Un'altra vittima schiacciata sotto il peso del Byakugan.-

Di sottofondo, in quegli attimi di silenzio tra loro, si sentiva solo il rumore della notte, accompagnato dall'incessante scoppiettare del fuoco ancora acceso e il leggero russare di qualcuno nelle tende.

Ma in quel momento, sotto un manto di stelle poco visibili, non vi erano che loro due e tutto ciò che erano stati.

Hinata, alla mancanza di una risposta dell'Uchiha, riportò gli occhi sulle fiamme e sulla legna sotto di esso, che andava consumandosi.
Quel ceppo aveva preso striature più chiare e notò che forse Hana lo avrebbe descritto come un serpente.

Un serpente infuocato. Le piaceva l'idea.

-La caviglia ti fa male?- Cambiò argomento il ragazzo, allontanando i pensieri di Hinata da quella bambina con un nome così simile al suo.

La Hyuga fu colta di sorpresa. Non pensava se ne fosse accorto.

-Ti ho vista cadere, prima.- Sembrava irritato.

-Sto bene. Mi ero quasi scordata della ferita.- Rispose sconsolata, ancora afflitta dal destino della piccola.

Sasuke le rivolse un'occhiata accusatoria.
-Dovevi curarti subito. Se la ferita fosse peggiorata, sarebbe stato un problema.-

La ragazza sbuffò e fissò la sua caviglia.

-Non preoccuparti, le avevo dato una veloce controllata, non era nulla di grave.- Sospirò.
-E poi non potevamo fermarci, eravamo quasi arrivati.-

Una vena cominciò ad ingrossarsi sulla tempia sinistra di lui.

-Curati.-

Hinata roteò gli occhi e sospirando sonoramente, portò le mani all'altezza del collo del piede, sprigionando una luce verdastra e intensa.

Dopo un paio di minuti, la luce scemò e quando riportò lo sguardo seccato sulla nera figura dell'Uchiha, alla ricerca di un'espressione soddisfatta, lo trovò intento a controllare un rotolo nella sua mano.

Lui lo aprì. Formò dei segni con le mani e ne tirò fuori delle garze sterili.

Illuminato dalla calda luce creata dalle fiamme, le si inginocchiò di fronte, girando le garze attorno alla sottile caviglia.
Quando ebbe finito, ancora in ginocchio, alzò la testa e vide la Hyuga, ad occhi stretti, avvampare per l'imbarazzo.

Si alzò e le diede le spalle, lanciando qualche rametto nel falò, per ravvivarlo.

-Sa di déjà vu.-

Il ragazzo capì perfettamente quello che la mora stava dicendo, ma non rispose, preferendo perdersi nelle immagini che la memoria gli stava offrendo. Lasciando che un dolce calore nascesse, incontrastato, nelle sue viscere.

-Sembra una vita fa...-

-Per me non è cambiato niente.- La interruppe lui, stringendo i pugni così forte da sentire le unghie penetrare i callosi palmi delle mani.

Hinata distolse lo sguardo velocemente, mordendosi il labbro, cercando in tutti i modi di non versare nemmeno una delle migliaia di lacrime che, sentiva, volevano sgorgare fuori dai condotti lacrimali, come un fiume in piena.

Non voleva farlo. Non poteva farlo.

-Dovresti andare a dormire un po'.- Concluse, con voce tremante.
Non aveva la forza per sopportare quel discorso ora. Non c'era riuscita per più di un anno e sentiva che non ci sarebbe riuscita nemmeno quel giorno.

Sasuke cominciò ad allontanarsi, come lei voleva.
Aveva sempre cercato di esaudire i suoi desideri.


Ma prima che fosse troppo lontano per essere sentito, sussurrò delle parole che le scaldarono il cuore e glielo dilaniarono nello stesso momento:

-Io non sono riuscito ad andare avanti, nonostante a chiedermelo sia stata proprio tu.-

Entrò nella sua tenda, lasciandola al silenzio di una notte stellata e ad un turbine di emozioni che voleva soffocarla.

Abbassò lo sguardo e lanciò un altro ramo nel fuoco, mordendosi a sangue il labbro inferiore, per non far scendere le lacrime.

“Nonostante tutto” Pensò Sasuke, prima di chiudere gli occhi.
 
 
 
 
 
Note: Ringrazio le 7 persone che hanno aggiunto Petrichor tra le loro storie preferite, le 10 persone che l’hanno aggiunta tra le seguite e la persona che l’ha aggiunta tra le ricordate.
Alla prossima!
Spark of Shadow
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Petrichor
Capitolo 5
 
 
Ovunque girasse la testa, file interminabili di candelabri d'argento illuminavano la via di chi volesse passare attraverso il lungo corridoio.
Le pareti erano di mogano, intagliato a creare alte colonne lignee qua e là, creando l'illusione di tenere in piedi il soffitto foderato di seta rossa damascata.
Leggere fiammelle dominavano le incontabili candele bianche, creando giochi di luce nel ballare e girare su sé stesse ad ogni spostamento d'aria.

Quel corridoio sembrava non finire mai.
Shikamaru camminava tentando di nascondere la propria ansia, non sapendo cosa Temari si aspettasse da lui, visto che non aveva ancora aperto bocca.
Cercò di distrarsi un po', concentrandosi su quella melodia che aleggiava per l'aria, flebile, proveniente dal salone principale.

-Sono violini?- chiese retorico.

La ragazza non rispose.
Guardava avanti, sguardo fisso e respiro calcolato, dandosi un ritmo per non cadere dai tacchi che aveva ai piedi.
Dal di fuori sembrava perfettamente a suo agio.
Ed era esattamente l'effetto che voleva.

-Regola numero 1 del perfetto diplomatico: "Un diplomatico è sempre preparato ad ogni evenienza."- Sussurrò piano, come a ripassare la lezione.

-Sei agitata?- Il Nara la guardò con la coda dell'occhio, sentendosi improvvisamente nervoso nel vedere un alone di ansia attraversarle gli occhi.

-Regola numero 2: Un diplomatico non è mai agitato.-

Shikamaru annotò mentalmente la nozione.

Temari sentì di non essersi spiegata davvero e riprese la parola:

-Non sono agitata, ma non devi mai prendere alla leggera queste cerimonie. Qui dentro basta una parola sbagliata e dovremo prepararci per una nuova guerra.- Indicò la porta davanti a loro.

Shikamaru deglutì silenziosamente, a disagio.
Non riusciva a smettere di guardare tutti quei candelabri, accorgendosi solo in quel momento degli enormi specchi appesi alle pareti, che riflettevano le fioche luci in cima alle cere candide, moltiplicandole a dismisura.
Tutta quella luce era solo un'altra illusione ottica.

Temari, al suo fianco, continuava a zampettare sui tacchi, con piccole, ma veloci falcate.
Guardava davanti a sé, di nuovo imperturbabile, mentre muoveva discretamente le braccia per tenersi in equilibrio.

Un ultimo respiro e le pesanti porte si aprirono, lasciando spazio ad un lusso a cui Shikamaru non era abituato.

Certo sapeva che il Daimyo era ricco, ma non si aspettava tutto quello splendore.
L'architettura davanti ai suoi occhi l'aveva vista, prima di allora, solo in alcuni libri illustrati di favole che gli leggevano da bambino.

I lampadari di cristallo, ricadevano a cascata verso il pavimento a gocce di diamanti, costellando il soffitto come un miliardo di stelle staccate dalla volta celeste e portate in quel salone da ballo.
Il pavimento in marmo avrebbe mostrato tutte le sue venature scarlatte se i centinaia di invitati non vi stessero brulicando sopra come formiche vicino ai tavoli del buffet.

Il ragazzo continuò ad osservare la sala finché la sua accompagnatrice non lo risvegliò con una gomitata nel fianco e un'occhiataccia.

Cercando di non mostrare segni di dolore, la guardò per chiederle cosa volesse.

-Dammi il braccio, mentre scendiamo le scalinate. E non correre. - Sussurrò con stizza.

Al che il moro non poté fare altro che assecondare la ragazza, offrendole il braccio destro e avviandosi verso la scalinata di marmo.

-Chi sono tutte queste persone? Sono tutti diplomatici?

-No, sono amici del Daimyo, conoscenti, ma soprattutto imprenditori.- guardò la folla poco più in basso di loro.

-Una volta all'anno, i "novellini" hanno la possibilità di farsi conoscere dagli altri imprenditori e quindi possono ottenere aiuti economici o qualche genere di alleanza.
Ma la vera sfida, motivo per cui tutti sono qui, è quella di ottenere le grazie del Daimyo.
Se ottieni la sua amicizia, ottieni anche il bollo di certificazione.-

-Capisco, in questo modo la tua impresa diventa la più importante in tutto il mondo ninja. Il che significa soldi. E potere.-

La ragazza annuì, mentre cominciavano a scendere le scale.

-In realtà i diplomatici sono sempre pochi, in totale questa sera, saremo una ventina.-

La musica cambiò e il suono di un pianoforte avvolse l'atmosfera.

Quello che avevano davanti era un caos controllato.
Ovviamente attorno al Daimyo vi era una calca di gente, che fremeva di parlargli.

-Temari-san!-

Chiamata, la ragazza si girò e si avvicinò piano ad una donna sulla sessantina, avvolta in un kimono verde smeraldo.

-Aiko-san! Che piacere vederla.- si inchinò, rispettosamente.

-È un piacere anche per me.- Sorrise delicatamente e portò il ventaglio chiuso sotto il mento.

-Vedo che questa volta il vostro accompagnatore non è l'eroe di Konoha...- Osservò curiosa.

-No, infatti, Aiko-san, vi presento Shikamaru Nara.-

Il ragazzo si inchinò e la donna chinò il capo, in risposta.

-Nara? Siete per caso figlio di Shikaku Nara?-

-Si signora, è così.-

-Oh, vostro padre era brillante, una persona incredibile per ingegno e portamento. È stato doloroso apprendere della sua scomparsa.-

Shikamaru annuì, felice del ricordo del padre.

-Aiko-san!- Tutti e tre si girarono contemporaneamente verso un uomo che non poteva avere più di trentacinque anni.

-Oh, mio caro, quanto tempo è passato! Lascia che ti presenti i miei nuovi amici.- Lo afferrò per un braccio.

-Questi è un mio nipote. Temari-san, Shikamaru-san vi presento Yoshihiro Hotaka.- Sorrise elegante.

-Piacere di conoscervi, sono elettrizzato! Non avevo mai incontrato eroi di guerra prima d'ora.-
Yoshihiro aveva un'aria impacciata nei modi di fare e anche nell'indossare il suo costoso completo da cerimonia.

-Scusate se mi permetto, ma avevo sentito avrebbe presenziato anche il celebre Naruto Uzumaki...-

-Sì.- lo interruppe cordiale, Temari: -Stavo appunto dicendo ad Aiko-san, che Naruto è stato convocato per una missione, a sostituirlo oggi c'è Shikamaru Nara.- Lo indicò portando il palmo della mano davanti a lui.

-Oh.- Sussurrò dispiaciuto.
-Sono lieto di conoscerla, Nara-san, ma devo ammettere che sarebbe stato un sogno che si avvera, incontrare l'eroe della quarta guerra.-

Sia Temari che Shikamaru, ridacchiarono a disagio.

-Immagino.- replicò Aiko-san.

-Vogliate scusarmi, ho appena intravisto un'amica e vorrei andare a complimentarmi per la scelta del suo abito.-

Aiko-san era una donna eccentrica.

-Prego, prego.- Le rispose calmo il nipote.

Una volta che la donna si fu allontanata, perdendosi tra quel grumo di folla, Shikamaru notò che Yoshihiro Hotaka era rimasto là con loro ed era subito nata tensione.

-Di cosa vi occupate, Hotaka-san?- Shikamaru voleva solo rendere l'atmosfera più leggera.

L'uomo, che aveva un aspetto quasi malaticcio, visto il suo pallore, riportò gli occhi verdi (dal colore intenso come il fondo di una bottiglia) sul ragazzo.

Improvvisamente sembrava che non fosse poi così goffo e impacciato.
In un attimo aveva raddrizzato la schiena, sistemato in guanti immacolati sulle mani e il fazzoletto nel taschino.

-Sono un imprenditore, mi occupo di armi. La mia speranza, come quella di tutti in questa sala, è quella di ricevere il bollo. Voglio poter armare gli shinobi da guardia del Daimyo. Sarebbe un vero onore.-
Prese al volo un calice di champagne da un cameriere che passava di lì.

-Beh, gli affari non devono essere stati molto "prosperi" in questo periodo di pace.-

-Nara-san lei ha ragione, ma il nostro mondo continua ad essere un mondo di ninja e guerrieri. Le armi sono pane quotidiano degli shinobi e io spero che vogliano continuare a proteggere questo mondo da ogni pericolo. È per questo che ho deciso di prendere le redini dell'azienda che mio padre mi ha lasciato.-

-Può star certo che faremo tutto ciò che è in nostro potere per preservare la pace!- Esclamò Temari, con un certo fuoco negli occhi, trovandosi d'accordo con le parole dell'uomo davanti a loro.
 
-Posso chiederle una cosa, Hotaka-san?- Shikamaru si strofinò il mento.

-Certamente.-

-Se desiderate il bollo del Daimyo, perché non siete vicino a lui in questo preciso momento?-

L'uomo ridacchiò divertito, mentre con la coda dell'occhio vide il Daimyo accorgersi di loro tre.

-Beh, vedete e mi dovete scusare per questo, ma effettivamente bramo quel bollo e ho preparato la mia strategia.- Inclinò leggermente la testa da un lato, sorridendo.

-Essere vicino e parlare per buona parte della serata con gli eroi della quarta grande guerra ninja, come se fossimo buoni amici, avrebbe certamente richiamato l'attenzione del Daimyo.-

Il Daimyo infatti si stava avvicinando.

-In questo modo avrebbe potuto ottenere la sua attenzione senza dover affrontare la calca e mostrando molta più dignità. Astuto.- Concluse Shikamaru.

-Vi prego ancora di perdonarmi, ma è necessario avere una buona strategia per queste occasioni.-

I due diplomatici annuirono, mentre il Daimyo faceva loro un cenno del capo, come rispettoso saluto e presto voltò la testa per parlare con uno Yoshihiro Hotaka, sempre più compiaciuto.

-In pratica ci ha usati.- Fece notare Temari.

-Beh, suppongo sia quello che ci si deve aspettare da un uomo d'affari...- Anche il ragazzo era abbastanza incredulo per come si erano svolte le cose.

Shikamaru notò l'odio nello sguardo di molti altri imprenditori nella sala, di uno in particolare, che si avvicinò loro.

-Voi siete i diplomatici di Konoha?- Chiese, cercando di camuffare un rancoroso tono di voce.

-Si, siamo noi.-

-Sono Chuui Henka.-

Anche lui si imbarcò in una descrizione dettagliata della sua attività. Chiaramente sperava che lo stratagemma di Hotaka funzionasse di nuovo. (Inutilmente).
Un altro imprenditore nel ramo militare, specializzato nella produzione di armi simili alle carte-bomba.

-Io produco armi per difendere tutto il mondo ninja, non solo il Daimyo, come quel damerino lì.- Indicò Hotaka.

-Dobbiamo trovare il modo di salvarci la pelle per la prossima volta che quei maledetti Uchiha daranno di matto. O magari questa volta saranno gli Hyuga o qualche altro clan con una qualche maledetta maledizione negli occhi!- sbraitò feroce.

Temari si incupì, quest'uomo certo era bellicoso, ma era anche enormemente ubriaco.

-Scusate, non lo penso davvero.- Riportò il calice colmo alle labbra e prese un nuovo generoso sorso.
-Gli affari vanno male con questa pace e io credo di essere anche ubriaco. Mai una buona accoppiata.

L'uomo si dileguò così velocemente come era arrivato, lasciando Shikamaru e Temari con un'espressione interrogativa sul volto e lo guardarono allontanarsi con fare sospetto.

-Secondo te i commercianti d'armi sono tutti come quei due?- sussurrò il Nara.

Che enorme quantità di casi umani. Pensò Temari, scrollando le spalle in risposta al suo ragazzo.
 

 Akamaru stava fiutando le piante da un po' e Naruto lo guardava divertito, non sapendo se aspettarsi che trovasse l'ingresso al laboratorio che stavano cercando, o se semplicemente dovesse fare i suoi bisogni.

Shino guardava, silenzioso, da dietro gli occhialetti, quella assurda compagnia, che non sembrava assolutamente avere un senso logico.
Naruto si comportava come un idiota, Hinata era tornata ad essere il puntino rosso di imbarazzo che era quando aveva dodici anni e l'Uchiha non smetteva un secondo di guardarla con la coda dell'occhio, senza nemmeno cercare di nasconderlo.
Incredibilmente l'unico che sembrava essere normale (e normale per standard generali) era proprio Kiba, che stava fiutando l'aria alla ricerca di odori particolari.
Quella missione diventava più stressante ogni secondo che passava.

-C'è un odore strano nell'aria.- Avvisò l'Inuzuka.

Al che tutti quanti portano lo sguardo a concentrarsi su di lui.

-Cosa senti?-

-Non è molto chiaro, in realtà, si direbbe... sangue.-

Akamaru abbaiò in assenso.

-Sangue?- Chiese Hinata, che attivò il Byakugan per scannerizzare l'area, ma non vide nulla di insolito.

-Beh è molto tenue, ma non perché siamo lontani, è come se fosse stato... annacquato.-

-Non c'era nessun odore di sangue l'altra volta, solo una puzza intensa di marcio.- Fece notare Shino.
-Non hai visto niente, Hinata?-

-No, proprio come l'altra volta, l'entrata non è visibile al mio Byakugan dall'esterno. Anche l'altra volta avevo visto la botola solo entrati nell'edificio.-

-Come è possibile che il Byakugan non possa vedere l'entrata del laboratorio?- Sasuke corrucciò le sopracciglia.

Sasuke credeva fermamente nel potere delle abilità innate e non riusciva ad accettare nemmeno il pensiero che queste potessero non funzionare.
Il potere di un'abilità oculare è assoluto.

Hinata lo guardò negli occhi, cercando di sostenere il suo sguardo.
La ragazza sapeva bene quale fosse il suo pensiero in merito alle tecniche oculari.

-Ma quelli lì non stanno forse facendo ricerche sui vostri occhi?-

Tutti si voltarono verso Naruto, che aveva appena parlato.

-Shino? Tu pensi che possano essere riusciti a nascondere il laboratorio al Byakugan?-

-Però tutto quello che era scritto sulle relazioni era completamente sbagliato! Lo ha detto sia lei, sia Sasuke! Come possono essere riusciti a bloccare Hinata, quando non sanno niente di giusto sulla sua abilità oculare?- Il biondo li interruppe, contraddicendo la precedente risposta.

-Diamo per scontato che quelle relazioni siano recenti...- Pensò Shino.

Sasuke aveva attivato il suo Sharingan, alla ricerca di qualcosa.

-Hinata- La richiamò. -Approssimativamente quanto dovrebbe mancare per arrivare?-

-Beh, la volta scorsa l'abbiamo trovato quasi per caso.-

Sasuke alzò un sopracciglio.

-Akamaru ha trovato la costruzione, mentre seguiva l'odore di Hana, all'interno c'era una botola nascosta e...-

Hinata osservava Sasuke negli occhi mentre parlava e ad un certo punto si interruppe, incapace di dire una sola altra parola.
Lui aveva congiunto i loro sguardi, li aveva legati in un secondo in una treccia da cui era difficile anzi, impossibile scappare.
Dio, quanto le mancavano quegli occhi neri come l'Ossidiana.

-Hinata?- si sentì richiamare da una voce dietro di lei.
Ma non riuscì a liberarsi da quella morsa visiva.

-Ragazzi?-

Hinata si riprese di scatto, quasi sobbalzando.
Spalancò gli occhi e spostò lo sguardo su un albero alla sua destra.

Cosa stava facendo? Perché sembrava così facile dimenticarsi del passato, di ogni cosa, quando lo guardava dritto nel nero delle sue pupille?

La ragazza arrossì violentemente.

-Parlavi di una botola all'interno di una casetta?- Naruto cercò di riprendere il discorso.

-S-si.- Hinata era visibilmente in difficoltà.

Sasuke si sfiorò il polso.

Kiba spiegò velocemente come si fossero inoltrati nella foresta dopo aver perlustrato il villaggio lì vicino, alla ricerca di qualche indizio.

Continuarono a camminare, guidati dal fiuto di Akamaru e dell'Inuzuka, fino a quando in lontananza non videro la suddetta costruzione in rovina.

Era poco più di qualche muro di mattoni, completamente distrutto e ridotto in macerie.
Tutto attorno e anche all'interno piante spontanee erano cresciute, infestando il luogo.
Era una versione minuscola di come Sasuke aveva ritrovato il distretto Uchiha al suo ritorno.
Divelto, a pezzi, abbandonato a sé stesso.

-Il mio Byakugan ci vede attraverso. È come se questa cosa non esistesse.- Indicò con la mano le rovine.

E Sasuke si sentì furioso.

Entrarono, facendo attenzione che nulla crollasse sulle loro teste.

-Lascerò alcuni insetti di guardia.- Shino informò i suoi compagni, sistemandosi gli occhiali che erano nuovamente scivolati lungo il setto nasale diritto.

Hinata annuì, favorevole e finalmente capace di utilizzare gli occhi, li azionò e si avviò verso la botola, aprendola e scendendo lungo scale dai gradini troppo alti.
Essendo l'unica a poter vedere perfettamente dove stessero andando, era lei a fare da guida davanti alla fila.
 
-Certo che è davvero umido, qui.- Naruto si tappò il naso con due dita per reprimere uno starnuto.

La Hyuga scendeva piano i gradini bagnati dall'umidità e scrutava davanti a sé con la sua innata attivata.
Mentre roteava gli occhi nelle orbite, mancò uno scalino, perdendo l'equilibrio.
Lanciò un gridolino strozzato e chiuse gli occhi, ma l'impatto con la dura pietra delle scale non arrivò.

Due braccia l'avevano cinta sotto il seno, prima che potesse cadere e ora si trovava schiacciata, protettivamente, contro il petto caldo e solido del suo compagno di missione.

Alzò la testa e guardò dietro di sé, dove un occhio scarlatto e brillante nell'oscurità era puntato dritto su di lei.
Deglutì piano.

-Stai attenta.- Le disse con voce ferma, ma dolce.

La liberò dalla cintura protettiva delle sue braccia, ma mentre la ragazza si rimetteva dritta, pronta a riprendere la discesa, le afferrò, delicato, il polso, donandole un'ancora a cui affidarsi.

Lei sorrise lievemente a quel gesto premuroso e continuò ad avanzare.
Dopo un minuto abbondante, scesero anche l'ultimo gradino e si ritrovarono in un ambiente molto più luminoso.
La luce filtrava da delle piccole aperture nel soffitto, probabilmente create dallo stato di rovina dell'edificio soprastante.
Davanti a loro si apriva lo spoglio orrore di un laboratorio in disuso.

-Qui l'odore è più forte.-

-Non avevate detto che non c'era puzza di sangue, l'ultima volta?- Domandò Naruto.

Nessuno, però, gli rispose.

La ragazza si avviò spedita verso una stanza in particolare, avvicinandosi ad uno degli alti armadi di ferro.
Era pieno di ammaccature e in parte arrugginito.

-Qui dentro abbiamo trovato le relazioni.- Informò gli altri che si trovavano vicino a lei.

Sasuke stava dando un'occhiata in giro e trovò quella disposizione di tavoli e armadi familiare.

-Questo posto mi ricorda un po' un piccolo rifugio di Orochimaru nel villaggio del Suono.-

Naruto si girò verso di lui, invitandolo a continuare.

-Lo usava come "laboratorio di fortuna". Aveva giusto gli strumenti essenziali. Lo utilizzava solo in momenti di estrema necessità, ma era uno dei più sicuri. Ci sono stato un paio di volte.-

-Pensi che in fin dei conti potrebbe esserci quella serpe dietro tutto questo?-

-No, non credo. In realtà, penso sia più probabile che il nostro uomo abbia trovato e usato questo posto a suo piacimento.-

-Sicuramente è stato utilizzato poco tempo fa, nel lasso di tempo tra il nostro ritorno a Konoha e oggi.-

-Shino ha ragione, questo odore può indicare solo che qualcuno è stato nuovamente qui.- Kiba indicò una chiazza di sangue e acqua in un angolo vicino ad un tavolo.

Sasuke si avvicinò al tavolo in quella stanza. Era graffiato e solcato da segni di coltelli e unghie.
Un lungo graffio orizzontale richiamò la sua attenzione.
Si chinò per osservarlo meglio.

-Qualcosa non va?- Gli fece Hinata.

-Guarda qui.- Le mostrò il taglio sul legno.
-È all'altezza del cuore di un uomo adulto... o degli occhi di un bambino.-

La Hyuga sobbalzò inorridita.

-Questo è il segno di un bisturi affusolato. Orochimaru non li sopporta, non riesce a tenere la mano ferma... Abbiamo la prova definitiva che non è stato lui.-

-Siamo a punto e a capo.- Sospirò lei, sconsolata.

La sera era presto giunta e la loro missione ricognitiva si era conclusa.
Ora dovevano solo tornare a casa.

Si erano accampati a qualche chilometro di distanza dal laboratorio.

Kiba svegliò Hinata, scuotendole una spalla.
Sbadigliò sonoramente vedendola svegliarsi.
Due occhiaie scure e profonde le circondavano gli occhi perlacei e i capelli erano scompigliati.

-Hina, tocca a te, ce la fai?- sbadigliò nuovamente lui.

-S-si, dammi solo un attimo per riprendermi.-

L'Inuzuka uscì dalla tenda, tremendamente assonnato.
Si fece forza nel tenere gli occhi aperti fin quando dalla sua tenda non uscì la Hyuga, con gli occhi sbarrati di chi avrebbe bisogno di altre due buone ore di sonno.

Faceva abbastanza freddo e si avvicinò al piccolo fuoco, cercando di scaldarsi un po'.

C'era un bel cielo quella notte e la luce della luna illuminava quieta le loro quattro tende.
Naruto russava, ma non era un suono fastidioso seppure si trovasse molto vicino alla sua tenda.
Lui e Sasuke avevano posizionato il loro giaciglio vicino al suo  per poterla proteggere in caso di aggressione.

Non sono in pericolo. E se anche le fossi saprei cavarmela da sola.

Hinata odiava essere considerata la kunoichi debole.
Forse non aveva la mostruosa potenza di Sakura, ma non era debole. Aveva il suo personale stile di combattimento, poteva controllare il chakra alla perfezione e aveva il Byakugan.

Il Byakugan era un'abilità oculare che perfino un Uchiha poteva invidiare e il suo era uno dei più allenati.
Non aveva mai smesso un attimo di allenarsi in passato e anche ora, quando ne aveva il tempo, allenarsi era il suo primo pensiero.
Era l'unico modo in cui poteva essere d'aiuto al suo clan.

Sentì dei rumori provenire dalla tenda di Sasuke, era come se si stesse rigirando continuamente nel suo sacco a pelo e stesse sussurrando frasi senza senso.

Sta avendo un incubo.

Hinata dovette mordersi forte un labbro e arpionare ciuffi d'erba al suolo per reprimere la necessità quasi fisica che sentiva di stringerlo fra le braccia e sussurrargli dolcemente che andava tutto bene e che qualunque fosse il problema, quello era solo un incubo.
Ma non poteva farlo.

Non è più compito mio proteggerlo da sé stesso.
Una lacrima scese lenta dall'occhio sinistro, carezzandole la guancia.

-H-Hinata, Hinata...- Lo sentì chiamarla.

Resisti.

-HINATA!- Lo sentì quasi urlare, ma la disperazione nel timbro di voce mandò in frantumi ogni suo fragile proposito.

La Hyuga si alzò di scatto e coprì velocemente la distanza che li separava.
Sasuke dormiva e aveva la fronte completamente bagnata dal sudore, mentre si dimenava, cercando di liberarsi dalla morsa crudele di quell'incubo.

-Hinata... Hinata...- Sussurrò ancora.

La ragazza gli si inginocchio vicino e gli scrollò una spalla.

-Sasuke svegliati, sono...-

Non fece in tempo a completare la frase che il ragazzo spalancò gli occhi, completamente terrorizzato e in un secondo si ritrovò stesa per terra, sotto di lui e avvolta nelle sue braccia.
La fronte di Sasuke incastrata nell'incavo del collo, carezzando la pelle liscia e morbida.

Sentiva il fiatone di lui sulla sua pelle, mentre le portava le braccia a stringerlo sentendo la morte nel cuore.
Iniziò a cullarlo dolcemente, sussurrandogli che andava tutto bene.
Sasuke strinse più forte in un disperato tentativo di non lasciarla scappare.

-Incubo.- Disse, ritrovata la capacità di parola.

La ragazza annuì:

-Il massacro?-

-No, non questa volta.- Deglutì sonoramente.

Ispirava ed espirava piano, cercando di ritrovare un normale ritmo respiratorio.

-Mi avevi lasciato. E aspettavo un figlio da Sakura.- La strinse ancora più vicino a sé, bisognoso di quel contatto.
Gli sembrava di non averla stretta tra le sue braccia per mesi.

Hinata capì che Sasuke non era ancora tornato alla realtà e il suo incubo altro non era che un ricordo. Un ricordo molto doloroso.

Sentì il labbro inferiore tremare e un nodo le si formò in gola. Quanto avrebbe voluto poter scoppiare a piangere.
Lasciare libere quelle lacrime che le stavano dando il tormento.
Non sarebbe dovuta nemmeno essere lì.

Tutta questa storia la stava distruggendo.

Sentì la presa su di lei allentarsi.
Sasuke si era riaddormentato.
Cercò di non svegliarlo uscendo prima dalle sue braccia e poi dalla sua tenda.

Una volta fuori le sembrò di risentire l'ossigeno.
Tremava.
Sentiva il panico fluire nelle sue vene.
Dov'erano le sue medicine?
 
 Sakura stava sorseggiando una tazza di the verde, mentre Ino aspettava che la sua si raffreddasse un po'.

La rosa guardava fuori dall'enorme vetrata che dava sul giardino, permettendole di vedere l'albero che Sasuke prendeva a pugni, quando voleva un allenamento delicato.

Pioveva e la terra aveva un buon odore.

Ino la guardava di sottecchi, cercando di capire a cosa stesse pensando.
Si era presentata alla porta di casa Uchiha con una confezione di biscotti dietetici ed un sorriso smagliante.
Sakura l'aveva fatta entrare, visibilmente contenta di aver ricevuto visite.
La gente aveva paura di Sasuke e poche volte aveva potuto accogliere ospiti e comportarsi da padrona di casa.

-Allora, tra quanto tornerà Sasuke?-

-Beh, mi ha detto che hanno ricevuto le tempistiche standard, per cui penso non più di due settimane.-

-Capisco, bene.-

Si era creato un velo di leggero imbarazzo, perché non sapevano più che dirsi dopo un'ora e mezza di discussione fitta sulle mode per donne in gravidanza e sul suo rapporto con Sai.

-Hai già pensato ad un nome per il bambino?-

-Si, ci sto pensando, ma è difficile, ogni nome che trovo e mi sembra perfetto per il piccolo, Sasuke lo boccia.-

-E allora perché non lo sceglie lui?- esclamò Ino, irritata.
Sasuke era sempre stato così, ma probabilmente se al posto di Sasuke ci fosse stato Naruto, Sakura gli avrebbe tirato un pugno in faccia.

La rosa scoppiò in una risata fragorosa.

-Si, in effetti dovrebbe farlo! Sarebbe utile avere almeno un indizio di quello che vuole.-

-E allora perché non lo fa?-

-Sotto sotto, penso che abbia paura di sbagliare, di affidargli un nome che non gli si addice.- Si strofinò il mento.

-Qual è l'ultimo nome che hai pensato?-

-Ichirou.- Sakura prese un altro sorso di the.

-Ichirou?- Ino sembrava allibita.

-Si, Ichirou, cosa c'è che non va?- Sbuffò lei.

-Vuoi chiamare il tuo primogenito, Primogenito?- La fissò seria.

-È un nome orribile, Sakura!- Ino era viola dalla vergogna.

-A me piace molto.-

-Santo cielo, il secondo lo chiamerai Secondogenito?- Ci riprovò.

-Proprio così. E il terzo Yuzu.-

-Lasciamo perdere, che è meglio. Comunque sono dalla parte di Sasuke, questa volta.-

La pioggia si stava facendo più forte.

-Vuoi cenare con me?- Chiese Sakura, accantonando la discordia sui nomi.

-Va bene.-

La ragazza aprì prima il frigo e poi la dispensa.
Tirò fuori una confezione di riso consumata a metà e dei pomodori.

-Ti vanno i pomodori? Non ho praticamente nient'altro, sono i preferiti di Sasuke e ne compra in quantità industriale.-

-Vanno bene.- Sorseggiò il suo the.

Mentre la sua amica armeggiava con i fornelli, Ino era si era incuriosita:

-Che tipo di missione gli è stata assegnata?-

-Non ne sono sicura, ma credo stia facendo da scorta alla squadra di ricerca. C'è anche Naruto con lui.-

-La squadra di ricerca? Ma... quindi è con Hinata?-

Sakura si paralizzò di colpo.

-Insomma, non ti dà fastidio che sia in missione con la sua ex?-

-Beh non potrebbe farci nulla comunque.- Un'espressione mesta le si dipinse sul viso e per un attimo fu grata di star dando le spalle a Ino.

-Beh, si, so che lui la ha lasciata perché si era innamorato di te, però, è comunque una situazione strana..."

Sakura si sentì avvampare per la vergogna.
Aveva costruito quella bugia per farsi bella agli occhi degli altri.

-Lei poi deve esserne rimasta distrutta. Ricordi che nessuno l'ha più vista per mesi?- Continuò Ino.

La nuova signora Uchiha si stava mordendo il labbro inferiore per trattenere la verità che voleva uscire dalla sua bocca.

Quella che la gente conosceva era una storia rattoppata da bugie e modifiche apportate qua e là, per vivere una vita confortevole.

-Sakura?- Ino era preoccupata, la sua amica si stava comportando in modo strano.

-Va tutto bene?-

Sakura si voltò di colpo, con un leggero velo di lacrime agli occhi. Non riusciva più a vivere dentro quella bugia.

-Ino, Sasuke non mi ha sposata perché mi ama.-

-Come?- Ci riflettè un attimo. -Ma la sua richiesta di matrimonio è stata così romantica, non ricordi che ero passata lì per caso e avevo assistito?-

-Si lo ricordo, ma non è così semplice.-
Prese un profondo respiro.

-Sasuke non ha lasciato Hinata perché era innamorato di me. Anzi, penso che lui sia sempre più innamorato di lei, ogni giorno che passa.-

Ino era senza parole.

-Quando mi ha chiesto di sposarlo me lo ha detto molto chiaramente: “I miei due sogni sono entrati in conflitto l'uno con l'altro. Non posso averli entrambi, ma ci ho pensato su e stare con te potrebbe almeno aiutarmi a trovare un po' di pace.”-

-Dovevi vederlo- Continuò, -Con quella luce fiammeggiante negli occhi. Era... non credo esista una parola per descriverlo.-

-Io... non ci sto capendo niente, Sakura.-
 
Sakura non poté controllare una lacrima che scese per la sua guancia.

-I suoi due sogni erano avere una famiglia e avere Hinata, ma non poteva averli entrambi, me lo ha detto anche Tsunade-sama.-

Ino era pallida in volto:
-Stai dicendo che...-

-Si, Hinata è sterile.-

Ino restò qualche secondo in silenzio, incredula, mentre cercava di metabolizzare le informazioni appena ricevute.

-È sterile e non può dargli una famiglia...-

Sakura annuì.
Piano si rimise ad armeggiare con le pentole.

-Sasuke non mi ama, però mi rispetta. Rispetta questa cosa che abbiamo e forse, forse ama il bambino.-

Sakura era una donna forte, ma in quel momento la bionda poteva giurare di non averla mai vista più fragile, mentre si copriva la bocca con una mano e si allontanava veloce dalla cucina.

Oh, Sakura! Pensò, empatica Ino.
 
 
 
 
 
Ringrazio le 9 persone che hanno aggiunto “Petrichor” tra le storie Preferite, le 12 persone che l’hanno inserita tra le Seguite e le 3 persone nelle Ricordate.
 
Spark of Shadow
 
 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Petrichor
Capitolo 6
 
 
 
-Quindi non ci sono molte missioni in questo periodo...- L'ex Hokage commentò, leggendo con interesse un rotolo, mentre se ne stava con la schiena appoggiata ad una libreria.

-No. In effetti no...- L'Hokage attuale rispose, distratto.

-Vedo soprattutto missioni diplomatiche... ah ecco! Shikamaru e Temari sono alla celebrazione del Daimyo.- Lesse a voce alta.

Kakashi tamburellava, infastidito, le dita sul bordo del tavolo.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e si mordicchiava il labbro inferiore da dietro la maschera.

Non ci voleva.

-C'è semplicemente qualcosa che non quadra.- Borbottò piano.

-A cosa ti riferisci?- Tsunade lo sentì e abbassò il foglio portando gli occhi sull'uomo.

La Senju si era ritrovata "per puro caso" quella mattina nel suo vecchio ufficio, fingendo nostalgia per la sua vecchia postazione di lavoro.
Il grigio, in realtà, era abbastanza sicuro volesse solo impiegare il suo abbondante tempo libero.
La pensione, dopo una vita piena come quella di Tsunade, doveva essere noiosa.

-C'è un importante missione in corso, la squadra di ricerca più Sasuke e Naruto sono in viaggio in questo momento.- Kakashi aggrottò le sopracciglia.

Tsunade rabbrividì al pensiero di Hinata e Sasuke nella stessa missione.

-Siamo in un momento delicato.-

-Che vuoi dire?-

-Bambini vengono rapiti in tutto il mondo ninja.-

La donna intrecciò le braccia sotto il seno e annuì seria.

-Si. Ne ho sentito parlare l'ultima volta che ho incontrato Mei Terumi. Era preoccupata.-

-Lo sono anch'io. I bambini scomparsi provenivano dalle famiglie più disparate. Anche dagli Hyuga.-

-Come sono riusciti ad eludere la sicurezza degli Hyuga?- Tsunade inarcò un sopracciglio.

-È un mistero.- Sospirò lui.

Kakashi non riusciva a dipanare la matassa e la cosa lo irritava.

-Ci troviamo di fronte al nemico più codardo di sempre.- Tsunade sussurrò assorta nei suoi pensieri.

Come altro poteva essere definito qualcuno che rapisce bambini per chissà quale scopo?

-La cosa che ci lascia perplessi è che questi bambini sono tornati. Spariscono e ritornano...
Speravamo fosse finita, ma guardi qui.- Kakashi le porse un rotolo.
Il sigillo era spezzato, segno che l'uomo lo aveva già letto.

Con attenzione srotolò il cartiglio e lo lesse.
L'Hatake la vide spalancare gli occhi per un istante e subito un'espressione tra la rabbia e la preoccupazione baluginò sul suo volto, portandola ad assottigliare gli occhi e a mordersi con forza l'interno della guancia sinistra.

-Un altro?-

-Un altro. Dal paese del Vento.- Confermò.

Guardò fuori dalla finestra. Il cielo si stava oscurando.

 


 

Hinata adorava viaggiare.
Amava sentire aria diversa da quella a cui era abituata.
Erano luoghi nuovi con diverse culture, diversi pensieri e diversi modi di approcciarsi alla vita.
Si incontravano persone che non sapevano niente di lei e non potevano giudicarla, non potevano farla soffrire.
Viaggiare (missioni o vacanze) era aprire la finestra dopo essere stata per troppo tempo  in una stanza piena d'aria viziata.

La Hyuga non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di esplorare questi nuovi orizzonti, eppure, ogni volta che di fronte ai suoi occhi si stagliava la solita conosciuta realtà di Konoha e la luce del sole rimbalzava sul metallo del suo coprifronte, non poteva fare a meno di pensare con un sorrisetto.
Era a casa.

Ogni volta era come se non se ne fosse mai andata: ninja tornavano e partivano, i civili urlavano nei mercati e i genin correvano per le strade, sfoggiando il proprio coprifronte con orgoglio.

La vita andava avanti sempre e comunque, che lei fosse pronta o meno.

-Dobbiamo andare a fare rapporto!- Le parole di Shino la ridestarono dai suoi pensieri.

La ragazza annuì in accordo e si incamminò verso il palazzo dell'Hokage, seguita a ruota dagli altri.
Un brusio si levò fastidioso, quando la folla notò Naruto e Sasuke.
Ovunque, ragazzine lanciavano urletti emozionati di fronte allo spettacolo più atteso della città, l'eroe di Konoha e il suo migliore amico sfilavano per le strade della città in tutta la loro gloriosa potenza e bellezza.

Hinata (segretamente) mal sopportava tutta questa loro notorietà.
Si era creato un mito dietro quei due e la gente si comportava quasi avesse davanti delle divinità ed erano tutti alla disperata ricerca di un frammento della loro grandezza, come un assetato di fronte ad un'oasi nel deserto.

A nessuno interessava veramente di loro o della loro storia, ma tutti volevano mostrarsi al loro fianco; tutti volevano godere della sfavillante luce irradiata dalle loro figure.

-Ma lo sanno che l'Uchiha è sposato?- Domandò perplesso Kiba alla vista di quel patetico teatrino.

Shino alzò le spalle, segno evidente che non gli interessava conoscere la risposta. Hinata si strinse nelle spalle e continuò a camminare.
Il linguaggio del corpo faceva a pugni con il dolce sorriso stampato sulle sue labbra.
Ma lei era una Hyuga.
Fare buon viso a cattivo gioco era un mestiere che aveva cominciato a imparare dall'esatto momento in cui era venuta al mondo.

Naruto, dal canto suo, apprezzava quelle attenzioni. Salutava la folla a destra e a manca con un sorriso smagliante sulle labbra.
E Hinata era contenta per lui.
Naruto aveva sempre avuto bisogno di affetto e quello che stava ricevendo lo faceva stare bene.

Per un'enorme parte della sua vita la ragazza aveva desiderato con tutta sé stessa di poter essere l'artefice di quella felicità che il biondo tanto agognava.
Ma la bolla di sapone un bel giorno era scoppiata, lasciandola ferita e disorientata.
Ma questa è un'altra storia.

Sasuke si accorse che la ragazza dai capelli corvini si stava allontanando e diede una leggera gomitata al suo amico, per smuoverlo.

Kiba e Shino, palesemente annoiati, aspettavano che il biondo si scrollasse di dosso quell' espressione (che entrambi ritenevano) ridicola per poter ricominciare a camminare.
Akamaru, completamente d'accordo col suo padrone, stava abbaiando da un po' e stufo, corse verso Hinata a qualche metro di distanza.

Una volta al suo fianco, lei cominciò ad accarezzare il pelo bianco, un po' impolverato, ma soffice.

E Naruto, ricordandosi all'improvviso che la loro missione non era ancora ufficialmente conclusa, salutò tutti e corse via.

Finalmente pensarono tutti. Nessuno escluso.

 
 
 
 

Shikamaru stava cercando i termini appropriati per descrivere l'esperienza vissuta la sera prima.
Era steso sul letto, una mano sul petto e una dietro la testa.

Esagerato, sfarzoso, appariscente...

Aveva gli occhi puntati sul soffitto stuccato e decorato a ghirlande circolari all'interno di un reticolo.
Era tutto bianco.

In un attimo smise di pensare a quale parola fosse la migliore e la sua mente divagò.

Era mattina presto, molto presto.
L'unica luce che illuminava la stanza era quella della luna e delle stelle che entrava dalla finestra e batteva fioca e dolce su ogni superficie che arrivasse a toccare.

Chissà se Temari sta dormendo...

Non era la prima volta che si soffermava a pensare alla sua ragazza.
La sua ragazza.

Quell'aggettivo posto lì, proprio a metà frase, gli rotolava vivacemente sulla lingua, donandogli un senso di benessere.

Non era stato per niente facile entrare nel suo mondo.
Ancora più difficile farne parte.

Ma Shikamaru era uno stratega, un soldato votato alla ricerca della vittoria.
Temari era sempre stata una sfida e la cosa gli piaceva da impazzire.
Camuffava i suoi sentimenti dietro una patina opaca di indifferenza e di noia.
Tutto era seccante, tutto era fastidioso, soprattutto la passione tra di loro.
Questa era esattamente la facciata che voleva gli altri vedessero.

No. Non avrebbe mai mostrato a nessun altro quanto Temari lo spiazzasse.
Vicino a lei dimenticava di essere un Nara.
Dimenticava di essere una tra le persone più astute e intelligenti del loro mondo.

Per lei provava qualcosa di talmente profondo da averne paura.

Non voleva che qualcuno vedesse quel lato di lui.
Era solo per Temari.

A volte si sentiva proprio come un bambino alla sua prima cotta.
Totalmente disorientato.

Quando la ragazza tornava a Suna, dopo ogni incontro, un nodo gli si formava in gola.
Ogni volta che la sua figura superava con corte e decise falcate i pesanti cancelli delle porte di Konoha, si sentiva come se avesse smarrito la bussola.
Non poteva più trovare il Nord.
Era un marinaio in una notte di tempesta, condannato a non vedere le stelle.
E in ogni tortuoso istante c'era la cupa possibilità di finire contro gli scogli.
E naufragare.

Però, ad un certo punto, mentre avanzava, come se si fosse dimenticata qualcosa, si girava lentamente e con una grazia inspiegabile gli lanciava un ultimo sguardo, sorridente e scintillante e Shikamaru tornava a respirare.

Eccolo lì, il Nord.
 




 -Hai dormito bene?-

-Si, si grazie.- Temari sbadigliò prima di entrare nella sala in cui sarebbe stata servita loro la colazione.

Ancora distratti, la ragazza dal sonno e Shikamaru da lei, entrarono nella stanza, accorgendosi solo in quel momento dell'intenso tintinnare di posate d'argento.

Attorno ad un lunghissimo tavolo di mogano, coperto da una lussuosa tovaglia immacolata, vi erano alcuni dei partecipanti alla festa e dei diplomatici, tutti intenti a sorseggiare educatamente del the o a mangiare qualcosa.

A capotavola, avvolto in una sontuosa veste argentea e nera, sedeva composto il Daimyo.
Si stava strofinando il mento, pensoso prima di rispondere ad una donna seduta a qualche posto di distanza.

Quando li notò, si alzò lentamente dalla sua sedia e con un'espressione compiaciuta li invitò a sedersi.

-Sabaku-san, Nara-san! Che piacere vedervi. Prego, prego sedetevi con noi.- L'uomo fece cenno ad un cameriere e gli sussurrò di chiedere loro se gradissero qualcosa in particolare.

Altri due camerieri spostarono loro le sedie, permettendogli di prendere posto.

Shikamaru non lo diede a vedere, ma si sentiva in imbarazzo, non abituato a quel tipo di trattamento.
Lanciò uno sguardo alla sua ragazza e la trovò impassibile, con un'espressione impostata ed educata sul volto.

Lei deve esserci abituata... pensò lui.

La bionda, dal canto suo, si stava mordendo l'interno della guancia con i molari, per paura di dire qualcosa di sbagliato.
Era maledettamente nervosa, anche se stava facendo di tutto per non dimostrarlo.
Non avrebbe mai immaginato che un giorno le tecniche utilizzate in battaglia per non mostrare al nemico il proprio timore le sarebbero tornate utili ad una festa.

Poteva sentire gli occhi di Shikamaru addosso.
Lui sembrava così calmo.
Come poteva essere così calmo? Era lei quella che aveva già vissuto situazioni come questa!

Un attimo dopo le fu servito del the.

Avvicinò la tazza alle labbra e ne prese un piccolo sorso, per distendere i nervi.
La temperatura era perfetta.

Anche da questo si misura la ricchezza di quest'uomo. Si trovò a constatare.

Il Daimyo aveva ricominciato a parlare con un uomo alla sua destra, che in un attimo entrambi notarono essere Yoshihiro Hotaka.

Proprio l'uomo che li aveva usati, la sera prima, per arrivare al Daimyo.
Era seduto subito alla sua destra.
Nessuno gli era più vicino di lui.

Shikamaru notò esserci una razionalità ben pensata nella sequenza dei posti assegnati.
Prima venivano gli imprenditori candidati al bollo. (Ne erano rimasti solo una decina) poi venivano i vari diplomatici e infine qualche amico del Daimyo rimasto anche per la mattina.

Era tutto studiato. E tutti sembravano anche andare d'amore e d'accordo, segno che i presenti erano stati appaiati anche per mezzo dei loro interessi.

Tutto deve essere semplicemente perfetto. Nella mente di Temari rimbalzarono queste parole, riecheggiando secche.
Chi le aveva detto questa cosa?

Dietro un paio di signore sedute nel gruppo degli imprenditori, che parlavano amichevolmente del loro lavoro, videro con sorpresa anche Chuui Henka.
Stava sciogliendo due pastiglie in un bicchiere d'acqua e si teneva la testa con una mano, non sembrando particolarmente interessato al chiacchiericcio che occupava la stanza.
Aveva i postumi della sbornia.

Il Nara non si aspettava di vederlo lì a quel tavolo.
Da come aveva parlato, sembrava che per lui non ci fosse alcuna speranza di poter ottenere il bollo.
Ma forse la strategia di Hotaka era riuscita una seconda volta.

-Nara-san!- lo richiamò il Daimyo.
-Posso chiederle di Naruto Uzumaki?-

Richiamato, il moro voltò di scatto la testa, come se fino a quel momento non fosse stato cosciente del circondario.

-Ma certo. Cosa desidera sapere?-

L'uomo portò una mano a sfregarsi il mento per un attimo, in un teatrale gesto di indecisione.
Ma era chiaro che avesse già una domanda da porre.

Era tutto spettacolo.

-Come mai non è potuto presenziare alla serata? Oh. Non mi fraintenda, la prego, siamo tutti molto onorati di averla qui con noi, Nara-san.-

Shikamaru calcolò un sorriso educato.

-Nessun problema, signore. È un onore per me essere qui.-

Il Daimyo socchiuse gli occhi e sorrise di rimando, sempre più compiaciuto.

-Per quanto riguarda Naruto... è stato convocato per una missione.-

A queste parole gli occhi di tutti i convitati si posarono su di lui, smettendo qualsiasi cosa stessero facendo.
Naruto era veramente popolare.

Solo Chuui Henka continuava a guardare il suo bicchiere, aspettando che le pastiglie si sciogliessero.
Aveva un'espressione scura in volto.

-Missione?- Domandò interessato Yoshihiro Hotaka.

Il Daimyo annuì nella sua direzione:

-Vero. Quale missione, se posso chiedere?-

Shikamaru si strofinó un braccio.

Che seccatura.

-Beh, temo di non conoscere a fondo i dettagli, ma gli è stato chiesto di prendere parte ad una missione come scorta.-

-Scorta?-

Shikamaru annuì.

-Pensavo che ad un ninja di tale livello fossero proposte solo missioni di alto grado...-

-Solitamente è così.- Prese la parola Temari.

-Quindi devo dedurre che chi dovesse scortare fosse qualcuno di importante. O in pericolo.- Girò di lato la testa, osservando, curioso, i due ragazzi con la coda dell'occhio.

La ragazza notò l'interesse traboccare dagli occhi e dalla voce del Daimyo.
Era chiaro che adorasse parlare di questi argomenti e che per ovvi motivi non sempre questo fosse possibile.
Gli faceva quasi tenerezza.

-No signore, nessuno è in pericolo, ma è stato chiesto di scortare un membro della nobiltà di Konoha...- Cominciò Temari, cercando di restare sul vago.
Purtroppo, quello che il Daimyo chiedeva, il Daimyo otteneva. O cominciavano i problemi.

La ragazza della Sabbia non era a conoscenza di tutti gli sviluppi della missione del gruppo di ricerca e di Naruto e Sasuke.
Restando sul vago, le sarebbe riuscito di completare la missione senza scatenare le ire del Signore del Paese del Fuoco.

-Nobiltà? Sta per caso scortando uno Hyuga?- L'uomo aveva gli occhi che brillavano per l'emozione.

Alle sue parole, anche Chuui Henka alzò lo sguardo.
Aveva uno sguardo livido.
Shikamaru poteva vedere le sue nocche imbiancarsi da tanto forte stringeva i pugni sul tavolo.

-O forse... l'Uchiha.- Il Daimyo continuò.

Chuui Henka era viola in volto, come se non riuscisse a respirare.
Afferrò di scatto il bicchiere e trangugiò il suo contenuto, anche se le pastiglie non si erano del tutto sciolte.

Qui c'è qualcosa che non va.

-Mi dispiace non poter rispondere al suo interrogativo, Signore. Non sono stata informata di altro.-

-Capisco.- Mormorò l'uomo pensoso, osservando lo sguardo interessato di Yoshihiro Hotaka.

-Ad ogni modo, Signore, non penso che Sasuke Uchiha abbia bisogno di una scorta.- Disse l'imprenditore con tono divertito.

-Avete ragione Hotaka-san.- Ridacchiò il Daimyo.
 

 
 
 
Da quando era diventato Hokage, ogni ninja del villaggio della foglia giurava di non aver più visto Kakashi fuori dal suo ufficio se non per motivi di lavoro.

Era sempre rinchiuso lì dentro, sepolto sotto pile e pile di documenti da leggere e da firmare.
Doveva sempre essere pronto per emergenze dell'ultimo istante, cambiamenti nella formazione di qualche squadra, nuove missioni da mettere a punto, problematiche da tenere celate ai civili...
Quella dell'Hokage era davvero una vitaccia.
Inoltre vi era sempre qualcuno che pensava di poter fare meglio di lui, tartassandolo di idee e domandando in continuazione il perché avesse fatto delle determinate scelte piuttosto di altre.
Per cui, anche se non voleva ammetterlo, era grato che Tsunade fosse lì quel giorno.

Circondato dal caos creato dai plichi di carta, l'Hatake sentì bussare alla porta.

-Avanti.-

Quando i ragazzi entrarono, solo Hinata e Shino si inchinarono educatamente.

-Nonna Tsunade!- Naruto era felice di vedere l'ex Hokage.

Una vena si ingrossò sulla tempia della donna, con irritazione.
Naruto non sarebbe mai cambiato.

-Dovete fare rapporto.- L'Hatake li interruppe, continuando a sfogliare alcuni documenti, già molto segnati a penna.

-Abbiamo ritrovato il laboratorio.- Disse svelto Sasuke, attirando la sua attenzione.

Il grigio alzò gli occhi verso il suo allievo, non sapendo se essere soddisfatto o preoccupato.

-E...?-

Hinata era molto combattuta. Il volto di Hana era stampato nei suoi occhi ogni volta che abbassava le palpebre, anche solo per un secondo.
L'orrore di quello che poteva esserle successo, senza che lei lo ricordasse era indicibile.

-Era vuoto. Deserto, ancora. -

-Quindi siamo a punto e a capo? Mi state dicendo che questa missione non ha prodotto alcun risultato?- L'Hokage cominciò ad alterarsi.

-Qualche risultato lo abbiamo ottenuto...- Sasuke si intromise nella sfuriata del suo maestro, bloccandolo.

Hinata deglutì, osservando con la coda dell'occhio il moro, che sembrava perfettamente a suo agio.

Tsunade si era seduta su una poltroncina in pelle in attesa che i ragazzi continuassero il discorso.

-Il laboratorio sembrava non essere stato utilizzato da giorni, però dobbiamo notificare la presenza di una pozza di sangue mista ad acqua.- Shino sistemò gli occhiali che erano scivolati lungo il naso.

-Una pozza di sangue e acqua?- Tsunade era visibilmente confusa.

-In questo modo non possiamo sapere a quando risalga il sangue.- Continuò ragionandoci su.

-Si, ma non è passato molto tempo dall'ultima volta che siamo stati lì, per cui qualcuno ci ha lavorato nel lasso di tempo tra quando ce ne siamo andati e quando siamo tornati insieme a Naruto e l'Uchiha.- Si intrufolò Kiba nel discorso.

-Due settimane...- L'Hatake cominciò a borbottare tra sé e sé, immerso in un ragionamento complesso.

Tutti nella sala continuavano a guardarlo, in attesa.
Solo Tsunade aveva capito a cosa stesse pensando.

L'uomo, seduto dietro alla scrivania, cessò di rimuginare, portando una mano a strofinare il mento coperto dalla maschera scura.

-Mentre eravate in missione è arrivato un dispaccio. C'è stato un altro rapimento nel Paese del Vento.-

-Cosa?- Urlò Naruto.

Sasuke, che era l'unico a mantenere una parvenza di calma, cominciò a ragionare sui dati in suo possesso.

E Kakashi lo notò.

-A cosa stai pensando Sasuke?- Il moro riportò gli occhi sulla figura del suo maestro, che aveva appena parlato e cominciò, piano, a esplicare il suo pensiero:

-Stavo pensando che è praticamente impossibile anche per uno shinobi raggiungere il paese del vento partendo da quel rifugio in meno di due settimane, soprattutto se si ha passato del tempo a lavorarci.-

-È quello che pensavo anche io.- Concluse l'Hokage.

La mora cominciò a rimuginare sulla verità di tali parole.
Come poteva essere possibile lavorare nel laboratorio, attraversare paesi ninja, rapire l’ennesimo bambino e tornare indietro, sparendo in così poco tempo?
Qualcosa non andava in tutta quella faccenda.
 
E un’idea la colpì, improvvisa, fulminandola.
 
-Questo però... Questo significa che ci deve essere p-più di un'organizzazione coinvolta.- Notò.

Kiba e Naruto annuirono a quel pensiero.

-Hinata ha ragione.- Sospirò Tsunade.

-Ho l'impressione che esista un'unica possibile spiegazione.-  La donna scambiò uno sguardo con l'Hatake, quasi a chiedere il permesso di parlare.
-Questa situazione è ormai degenerata a livello mondiale, eppure brancoliamo nel buio su chi possa esserne l'artefice. È chiaro che siano coinvolti più organismi... e probabilmente tutti questi rispondono ad un unico vertice. Un’unica persona che si muove nell’oscurità e che ha architettato tutto.-

-Il problema è che non abbiamo idea di chi possa essere questo vertice.- Kiba si mordicchiò il labbro, scoraggiato e desideroso di tornare da Akamaru.

-Il vero problema è che non possiamo fare niente.- Sussurrò Hinata, che aveva cominciato a tremare lievemente.

Naruto le poggiò una mano sulla spalla, avendola sentita.
Cercò di infonderle un po' di coraggio, ma questa continuava a mantenere lo sguardo basso, fisso sulle tavole di legno che formavano il pavimento.

Sasuke la osservava con sguardo indecifrabile e portò velocemente la mano a stringersi il polso.
 


 
 
Temari si precipitò fuori dalla sala da pranzo.
Si era velocemente scusata con il Daymio, assicurandolo che per supplire alla sua assenza, abbastanza ingiustificata, Shikamaru avrebbe preso il suo posto e sarebbe stato ben felice di rispondere a tutte le domande che avesse avuto da porgli su Konoha.
Tutto questo, ovviamente, senza che Shikamaru ne fosse a conoscenza o d'accordo.

Per una volta Temari si era detta felice di essere una diplomatica.
Infatti grazie a questo mestiere conosceva il palazzo e sapeva esattamente dove cercare Chuui Henka.

L'uomo si era congedato dalla sala piena di convitati avvertendo dei giramenti di testa e la necessità di prendere una boccata d'aria.

Il Daymio e il suo nuovo pupillo, Yoshihiro Hotaka, avevano preso a ridacchiare sommessamente.
Il signore del paese del fuoco fece notare ai presenti che la sera prima Henka si era lasciato un po' andare, ma che la cosa non lo infastidiva in quanto questo significasse che l'uomo aveva trovato la festa gradevole. O per lo meno aveva apprezzato il buffet.
Shikamaru aveva così scoperto il lato meno formale dell'uomo, trovandolo stranamente umano.
A differenza di Yoshihiro Hotaka, che per un qualche motivo, gli dava i brividi.

La ragazza, sfuggendo al filo dei suoi ricordi, intravide l'imprenditore su una terrazza.
Aveva gli occhi chiusi e affondava le mani nel marmo bianco della ringhiera elaborata.
Sembrava voler spezzare la dura pietra.

-Henka-san?-

Quest'ultimo aprì di scatto gli occhi.
Si girò e alla vista della bionda cercò di ricomporsi.

-State bene?-

Lui deglutì sonoramente e avvampò, vergognandosi del rumore provocato.

-State bene?- Riprovò la Kunoichi. -Siete scappato via subito dopo aver sentito parlare della nobiltà di Konoha.-

-Non penso siano affari vostri, signorina!- sbraitò, inaspettatamente, sputacchiando qua e là.

Temari, la cui gentilezza era solo una facciata (come le diceva sempre suo fratello Kankuro) rimase interdetta e si sentì in dovere di riportare al suo posto l'uomo.

-Ha forse dei problemi con gli Hyuga o gli Uchiha? Sasuke Uchiha?- Chiese sospettosa e con tono fermo.

Chuui Henka ritornò viola in volto, al nome dei clan.
Sembrava che gli occhi stessero per schizzargli fuori dalle orbite da un momento all'altro.

-Non osi più nominare quei nomi maledetti!- Sbraitò nuovamente raschiando dolorosamente la gola.

Temari della Sabbia assottigliò gli occhi, sprigionando un’aura intensa e minacciosa; e l'istinto di cominciare a correre si impossessò dell'imprenditore.

-Konoha è la mia seconda casa.- Scandì le parole con fermezza.
-E sono profondamente legata ad un membro degli Hyuga.- Continuò pensando ad Hinata.
-Quindi se avete dei problemi con loro o con anche una sola persona dentro a quel villaggio, allora avete dei problemi con me.-

Chuui Henka era terrorizzato.

Shikamaru aveva sempre affermato che nessuno poteva comprendere a pieno il significato della parola paura se non aveva mai visto Temari arrabbiarsi.

-Non avete idea di cosa io abbia passato a causa di quell'Uchiha!- Disse coraggioso a denti talmente stretti da farli stridere.

-E dopo tutto quello ha fatto è stato "perdonato" come se nulla fosse!-

La ragazza non aveva mai sentito una parola pronunciata con più veleno di quel "perdonato".

Gli occhi di Chuui Henka traboccavano d'odio.

Ma in un istante, letteralmente un secondo dopo, come se non si fosse mai arrabbiato, come se non fosse accaduto nulla, tornò calmo, senza una sola increspatura di negatività.


-Vi chiedo scusa, Temari-san, non dovevo lasciarmi accecare dall'ira.- Sospirò dispiaciuto e  sconsolato.

Come era possibile? In un solo velocissimo istante, era riuscito a recuperare una calma che la ragazza avrebbe giurato fosse andata perduta.
E ne rimase sbigottita.
Forse Chuui Henka era padrone delle sue emozioni più di quanto avesse ritenuto possibile.

-Sasuke Uchiha e una ragazza Hyuga mi hanno portato via tutto ciò a cui tenevo e sto ancora cercando di affrontare... il mio dolore.- Scelse con cura le sue parole.

-Cosa è successo?-

Entrambi si voltarono di scatto, ritrovandosi davanti Shikamaru che aveva appena parlato, non capendo cosa stesse accadendo.
Aveva il fiatone, come se avesse corso, o come se stesse cercando di elaborare ogni più piccola informazione.

-Ho accompagnato personalmente Sasuke Uchiha per due anni e mezzo in missione per tenerlo d'occhio e non ho idea di cosa stiate dicendo.- Una goccia di sudore scese silenziosa lungo il collo.

L'imprenditore scrutò per bene il volto del Nara, cercando nella sua memoria un segno, un'illuminazione per poter mettere insieme i pezzi della sua storia.

-Voi non c'eravate Nara-san. C'erano solo loro due.-

-Ma cosa è successo?-

Sospirando e distogliendo lo sguardo erboso aprì bocca per rispondere, quando la voce di Yoshihiro Hotaka si udì vicina, interrompendoli:

-Avete sentito del nuovo rapimento?-

Nuovo rapimento?

Shikamaru si ritrovò a pensare che la voce dell'affarista, nuovo pupillo del Daymio avesse un non so che di inquietante.
Era un suono vellutato, morbido e confortevole, ma allo stesso tempo sembrava nascondere una nota tagliente.

-Purtroppo si, Hotaka-san- Disse il Daymio.
-Sembra che i paesi ninja siano irrequieti.-

-Irrequieti?-

-Circolano voci. Molti villaggi si stanno accusando l'un l'altro di essere i colpevoli di questi sequestri... Temo per la pace.-
Abbassò lo sguardo.

Temari deglutì piano a quelle parole.

Kakashi ne sarà a conoscenza?

I due si allontanarono, continuando la passeggiata, senza nemmeno essersi resi conto della presenza dei due ninja e dell'imprenditore.

Quest'ultimo, ancora scosso, cercò di ricomporsi.
Il loro precedente discorso ormai si era dissolto nel vento, accantonato e quasi dimenticato.

-È chiaro che il Daimyo ha preso la sua decisione. Hotaka-san ha vinto.-

Shikamaru lo degnò di una rapida occhiata con la coda dell'occhio.

-Avrà altre possibilità.-

-A quanto pare non c'è altra soluzione. Speravo di evitarlo, ma sarà necessario per il mio business andare a Konoha.-

-Konoha?-

-È lì che si terrà il prossimo meeting per le nuove tipologie di armi.- Risolse la questione l'uomo di mezza età.

-Vi attenderemo, allora.-
 




Sasuke era un ottimo shinobi.
Sapeva celarsi nell'ombra, sapeva essere paziente, aspettare e carpire informazioni. Tutto senza essere scoperto.

Quando, alla fine della riunione, Tsunade aveva richiesto qualche minuto per parlare con Hinata, l'Uchiha sentì di dover sapere cosa le due donne si sarebbero dette.
Quindi si nascose per bene. E attese.

Per qualche minuto non sentì il ronzio di una mosca, se non il battito del suo cuore, che stava leggermente accelerando con un pizzico di ansia.

Le due si stavano osservando, ma nessuna fiatava.
Il ragazzo poteva percepire la tensione.

Fuori dalla finestra le nuvole si stavano ammassando scure sopra i tetti del villaggio e gli uccelli volavano basso e veloci per cercare riparo. Si preannunciava il temporale.

-Piove molto ultimamente...- Notò la bionda.

Sasuke era confuso, l'ex Hokage non sembrava il tipo che avesse bisogno di un commento sul clima per iniziare una conversazione.

-Volevate parlarmi Tsunade-sama?-

Il moro vide la ragazza dire quelle parole distogliendo gli occhi.
Si stava fissando le punte dei piedi.

Lo sguardo dell'ex Hokage si ammorbidì, perfettamente consapevole di chi avesse davanti.

-Come stai?-

Hinata non rispose subito. Era come se stesse raccogliendo i suoi pensieri.
Ma semplicemente era sempre stata attenta alle parole che sceglieva di usare.

-È passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho potuto chiedertelo. Dimmi, le cure stanno facendo effetto?- Si informò il medico.

Cure?
La prima goccia di pioggia si infranse, dolorosa, sulla superficie vetrosa della finestra con un ticchettio.

-Penso di si.-

-Prendi tutti i farmaci prescritti?-

-Si.-

A quelle parole, Sasuke ricordò il flacone di pillole che la ragazza stringeva covulsamente nella mano quando l'aveva vista nella tenda, durante la missione.

La Senju sospirò.

-Cosa dicono gli altri medici?-

Quali altri medici?

-Dicono di vedere progressi.-

Era un discorso veramente strano.

-Tu vedi progressi?- Riprovò Tsunade, come se Hinata stesse evitando di rispondere davvero.

Sasuke vide quegli occhi perlacei che tanto amava diventare traslucidi.
La ragazza cominciò a tremare. Era un movimento appena percettibile, ma nulla poteva sfuggire al cremisi del suo Sharingan.

-È solo difficile. È passato tanto tempo… ma con tutto quello che sta succedendo mi sembra di aver ricominciato a cadere.-

Tsunade capì le sue parole e chiuse gli occhi.

-Mi dispiace...- Abbassò la testa, mostrando rispetto per il dolore della mora.

L'Uchiha dietro alla solita espressione impassibile sentì una morsa attanagliare il suo cuore, violenta, come se quel discorso lo avesse privato di una qualche libertà.

Hinata in quell'istante era miserabile, come la prima volta che l'aveva vista, dopo essere tornato al villaggio.
Non aveva mai tollerato quella visione. Né oggi, né allora.
 
La ragazza sembrava sconfitta, con gli occhi rossi e le lacrime che minacciavano di scendere, incuranti della presenza del medico.
 E Sasuke, percependo quel dolore come se fosse suo, ricordò tutte le volte in cui le aveva visto quell’espressione.
 E ogni volta desiderava solo stringerla tra le sue braccia, cullarla dolcemente, dimentico di essere Sasuke Uchiha, sussurrandole che tutto sarebbe andato bene.
E si detestava per non essere in grado di controllare quei sentimenti, lasciandoli liberi di sconquassargli l’anima.

Vide la mora uscire a testa bassa, sotto la pioggia, mentre ancora le sue emozioni vibravano.

Camminava piano, incurante di essere senza un ombrello, diversamente dalle poche persone che ancora si trovavano in strada, che correvano veloci verso le loro abitazioni o verso un semplice riparo.

C'era chi si copriva la testa con le mani e chi alzando il bavero della giacca.
Ma lei non aveva mai odiato la pioggia, anzi, l'aveva sempre aiutata a calmarsi.
Era anche la prima cosa che avevano scoperto di avere in comune.

Il moro continuò a seguirla senza farsi notare.
Era fradicio, ma non gli importava.
In quel momento nulla importava se non Hinata, il suo volto basso, preda di perle acquose e il suo bisogno di vederla ancora un attimo, forte come la necessità di respirare.

Era quasi arrivata a villa Hyuga.
Doveva solo girare a destra, proseguire per qualche centinaia di metri e la fredda, ma familiare residenza della sua famiglia si sarebbe stagliata di fronte ai loro occhi.

Ma la ragazza non girò a destra.

Sasuke ricordò le parole di Ko Hyuga solo in quell'istante:

Lei non risiede più qui.

Ma allora dove diavolo stava andando?
Ormai era buio e la pioggia cadeva sempre più fitta. Era preoccupato.

La vide prendere silenziosa la strada che conduceva verso il bosco, esattamente all'estremità opposta rispetto al Distretto Uchiha.
Ma lì non c'erano che alberi e macerie.

Si stava inoltrando sempre di più nel fitto verde.
L'Uchiha era pronto a uscire allo scoperto e a correre da lei, chiedendole di andare a casa, quando vide una costruzione.

Non era molto grande, ma era chiaro non fosse in disuso.
Le finestre erano buie, tranne una al piano terra.
La vide bussare alla porta e un secondo dopo qualcuno le aprì.
La osservò entrare e chiudere con dolcezza il portone di ingresso dietro di sé.

Sasuke rimase attonito.

Cos'è questo luogo?

Vide una luce accendersi.

Deve essere Hinata.

Rimase fermo, sotto la pioggia senza accorgersi dello scorrere del tempo, segnato, inesorabile dal rumoroso ticchettio di una pendola all'interno dell'edificio.

Non sentiva nulla.
Persino l'acqua sembrava aver smesso di infilarsi all'interno del colletto della sua maglia.

L'unica cosa che sentiva erano le domande che si arrotolavano frenetiche nel suo cervello.

Quando la luce si spense, riportando le tenebre nella stanza che non aveva smesso di tenere sott'occhio, sembrò risvegliarsi da quel torpore.
Stava congelando.

Che posto è mai questo? Si domandò.

Perché Hinata è entrata qui dentro?

Scrutò il posto, ancora una volta alla ricerca di informazioni, da bravo ninja.
Ma era talmente scosso da tutto ciò che aveva sentito e visto quella sera che quasi non si accorse della targhetta vicino alla porta d'ingresso.

Si avvicinò piano, timoroso.
Quando fu abbastanza vicino da decifrare la scritta, spalancò gli occhi.

Incise in un elegante corsivo, sulla superficie dorata un tempo sicuramente più lucida, vi erano solo due parole:

Ospedale Psichiatrico.
 





 
 

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


Petrichor
Capitolo 7
 
 
 

 
Sarà meglio sistemare questi due tavoli a destra o a sinistra?
E i pannelli esplicativi dovrebbero stare tutti prima dell'ingresso o anche all'interno dell'edificio?

Sakura si stava scervellando da un paio d'ore.

Essendo incinta le era stata obbligatoriamente preclusa ogni possibilità di andare in missione e a causa delle nausee mattutine aveva dovuto anche rinunciare ai turni in ospedale.

La ragazza era annoiata. E sempre più nervosa.

Questo fin quando non aveva bussato alla sua porta il suo vecchio maestro, chiedendole se per caso avesse tempo per aiutare con i preparativi di un certo summit.

A quanto pare, quest'anno il meeting informativo sull'acquisizione  di nuove tecnologie e armi sperimentali (o in breve M.i.a.n.t.a.s.) si sarebbe tenuto a Konoha.
E Kakashi voleva che tutto fosse organizzato al meglio.

Quindi, chi meglio di Sakura, meticolosa esperta di chirurgia con (al momento) molto tempo libero, poteva essere d'aiuto in quest'impresa?

Certo non era qualcosa che avrebbe normalmente svolto, ma la mancanza di impegni e di una routine consolidata l'aveva abbattuta, portandola sull'orlo di una crisi di nervi.

La ragazza guardò l'interno dell'edificio principale con orgoglio.
Tutto era al proprio posto e non c'erano stati troppi intoppi.

In effetti l'unico grande problema era stato un errore di calcolo.
Lo spazio messo originariamente a disposizione era talmente piccolo che nemmeno la metà dei partecipanti vi sarebbe potuta entrare.

Sakura aveva passato poco meno di una settimana a cercare una soluzione al problema.
E Questa arrivò mentre passeggiava per le strade del villaggio, in balia delle voglie dovute alla gravidanza.

L'evidente necessità di trovare al più presto una ciotola di ramen la stava assillando da più o meno un quarto d'ora e certo non aiutava sapere che Teuchi non era aperto quel giorno.

Mentre osservava i vari negozi, con le lacrime agli occhi, a causa degli ormoni, un lampo di genio la scosse.

Era inutile cercare di stipare migliaia di stand sotto un unico tetto.
Meglio fare tutto all'aperto, con una sensazionale vista sulla montagna degli Hokage e con la possibilità per chiunque fosse interessato al M.i.a.n.t.a.s. di parteciparvi senza problemi di turni e col valore aggiunto di potersi fermare in qualunque momento in uno dei normali negozi di Konoha.

In una sola idea aveva risolto il problema della convention e anche del turismo.

Kakashi era rimasto soddisfatto e aveva proposto di utilizzare l'edificio come luogo primo di ritrovo.

Avevano fatto installare un palco, vi erano pannelli e depliant esplicativi con elenchi dei vari stand e delle varie dimostrazioni in programma.
Vi erano anche delle Hostess che aiutassero con l'orientamento e con qualsiasi altro problema.

-Tutto è fatto!-

L'Hokage le fece un cenno d'assenso.

-Molto bene, Sakura. Mi sei stata di grande aiuto. Non puoi nemmeno immaginarti che tipo di proposte assurde mi abbiano fatto per questo evento...- L'uomo portò due dita a massaggiare la tempia, visibilmente stressato.

La ragazza giurava di non averlo mai visto così stanco e con delle occhiaie così pronunciate come da quando aveva accettato il ruolo di Kage.

Sakura accarezzò il grembo gentilmente, mentre osservava Kakashi leggere qualcosa in rapidità.

-A quanto pare saranno presenti al M.i.a.n.t.a.s. anche alcuni degli imprenditori che erano dal Daimyo... A proposito, Shikamaru e Temari saranno di ritorno ormai.-

-Si, avevo sentito della loro missione.-

-Le missioni diplomatiche, per ironia della sorte, possono essere tra le più difficili.-

-Mi sono sempre chiesta come queste missioni vengano catalogate...-

La ex-Haruno continuava a massaggiare il grembo, sperando che alla piccola vita che cresceva dentro di lei potesse piacere.

-Seguono le stesse regole delle normali missioni.
Quella di Shikamaru era di livello A.-

La ragazza annuì, interessata.
-Capisco.-

L'Hatake notò come nel giro di un minuto gli occhi di lei erano diventati specchio di una mente pensierosa e in parte avvilita.

-Maestro Kakashi... posso chiederle una cosa?-

L'uomo spostò lo sguardo verso di lei.
La conosceva da quando aveva dodici anni e l'aveva vista crescere fino ad ora.
Talvolta gli sembrava impossibile che fosse trascorso così tanto tempo e fossero successe così tante cose.

La rosa si era stretta leggermente nelle spalle, una mano sul ventre a sorreggerlo con sicura fermezza.

-Dipende, cosa vuoi sapere?-

L'Hatake poteva percepire la sua insicurezza. Era nervosa, cosa limpida e chiara.
Ed era ovvio centrasse Sasuke.

Vide la ragazza prendere un mezzo respiro, strozzato quando le parole le uscirono di bocca senza che lei fosse davvero pronta.

-La missione a cui ha partecipato Sasuke negli ultimi giorni...-

-Sakura.- La interruppe lui di getto.
-Cerca di capire, la missione è top secret e tu sei sospesa dalle attività per maternità. Anche se Sasuke è tuo marito, non posso rivelare alcuna informazione.-

Lei scosse la testa.

-Non intendevo parlare della missione...-
Spostò gli occhi a fissare le assi del pavimento, indecisa se continuare a parlare o meno.

-Allora cosa?-

-Ecco, volevo sapere di... Hinata.-

Accidenti.
Il vecchio maestro finalmente concepì lo sconforto della figura che si ritrovava di fronte.

Non sei ancora riuscita a superarlo?

-Pensavo fossi riuscita a metterci una pietra sopra. Infondo Sasuke è tuo marito e aspettate anche un figlio.-

Cosa avrebbe mai potuto rispondergli? Aveva ragione, ma anche se sapeva di essere importante per Sasuke, era perfettamente consapevole di cosa ci fosse nel cuore dell'Uchiha. O meglio, chi.

-Sakura, capisco il tuo dolore, ma non posso non cercare di farti capire che non sei stata l'unica a soffrire.-

Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere quell'impeto di furia mista a commiserazione che la spingeva a spiegare ancora una volta tutto quello che aveva passato per ottenere il moro.
Era una donna adulta. Quasi madre. Non poteva lasciarsi andare così facilmente alla rabbia.
Deglutì piano, cercando di non farsi sentire.

-Non c'è stato niente tra loro durante la missione?-

-Nel rapporto non si accenna a nessuna loro privata interazione.-

Sakura non disse altro, fingendo che quella risposta così vincolante le fosse bastata e si congedò, augurando buona giornata all'Hokage.


 




Sasuke era completamente scioccato.
Non aveva potuto far altro che restare fermo davanti all'edificio.
Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato.

Quando finalmente era riuscito a girarsi, tornando sui suoi passi, la sua mente era completamente sgombra.
Non riusciva a formulare un solo pensiero.

Che stava succedendo?

Ad un tratto si ritrovò davanti alla porta di casa sua e sentì mancargli il respiro.
Chiuse gli occhi per un istante ed entrò, veloce, senza accorgersi di aver sbattuto la porta.

Si appoggiò alla superficie legnosa cercando sostegno.
Le luci erano spente.

Deglutì piano e cominciò a prendere respiri profondi e lunghi.

Va tutto bene. Sta calmo. Ripeteva nella sua mente come un mantra.

Le luci si accesero di colpo, azionate da una Sakura assonnata che si stava strofinando il dorso della mano su un occhio, spalmando un po’ su tutta la palpebra quei rimasugli di trucco che non era riuscita a togliere.

-Sasuke, sei tu?- Domandò quella con voce impastata.

In fondo ormai era notte.

Il moro le lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio, sentendo una stretta al cuore.
Prese un altro respiro.

-Si sono io.- Espirò.

La ragazza si accorse che Sasuke era ancora appoggiato alla porta.

-Va tutto bene?- Portò una mano ad accarezzare il grembo.

Lui non le rispose.
Ma ritrovando un poco di equilibrio si rimise in piedi.
Strinse gli occhi e la superò avviandosi verso la cucina.

Sakura ormai era completamente sveglia.
-Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare?-

Ma Sasuke non sembrava essere con lei in quella stanza.
La sua mente era altrove e gli occhi completamente sbarrati nell'osservare fuori dal finestrone erano puntati verso un punto indefinito.

-S-Sasuke-kun?-

Ancora una volta nessuna risposta.

Che diavolo gli prendeva?

Lo vide massaggiarsi una tempia con un gesto rotatorio ed elegante.
E arrossì, senza un vero motivo, guardando il marito.
Si strinse lievemente nelle spalle e spostò lo sguardo.

Lui era ancora immobile. Sembrava essersi completamente dimenticato della sua presenza.

Sakura, leggermente intontita dal sonno e dall'indecisione del ragazzo, decise di tornare a dormire, senza curarsi troppo dei comportamenti bizzarri di lui.

-Sakura.- La richiamò Sasuke, secco.

-Quand’è che un paziente viene internato in un ospedale psichiatrico?-

La rosa si fermò e sbattè gli occhi, perplessa.

-Perché tutto d'un tratto mi fai questa domanda?- Sbadigliò.

Il moro, che aveva velocemente portato lo sguardo sulla donna attendendo un risposta, sospirò piano.
Non si era mai sentito così confuso.
Nella sua testa un milione di pensieri ruotava incessante, come se si trovassero nell'occhio di un ciclone.

Pian piano alcuni pezzi del puzzle andavano combaciando, ma il quadro era tutto meno che completo.

-Lascia perdere...- Sussurrò, sperando che Sakura non lo avesse sentito e gli rispondesse lo stesso.

-Beh, - Iniziò quella. -Ci sono molti motivi per cui qualcuno possa finire in un ospedale psichiatrico...-

Sasuke sentiva il fastidio montare a quella introduzione.
Perché non andava al sodo?
Non aveva bisogno della definizione di un manuale.
Quello che gli serviva era sapere perché Hinata, la sua Hinata, si trovasse in un posto del genere. E lo voleva sapere adesso.

-Ma per essere internato, il paziente deve essere affetto da una o più patologie gravi. Abbastanza gravi da non essere consigliabile lasciarlo stare da solo.-

L'uomo ipotizzò con stizza che non fosse il suo ambito di competenza.
O forse era troppo stanca per fornirgli una spiegazione decente.

-È abbastanza raro che questo tipo di paziente passi prima dal nostro ospedale, però ci è capitato di suggerire a degli shinobi qualche visita presso uno psichiatra.-

-Uh?-

-Oltre alle evidenti ferite fisiche che noi abbiamo curato, a molti ninja è stato diagnosticato un Disturbo Post-Traumatico da Stress.- La rosa, pur assonnata, cercò di restare sveglia per rispondergli.
Era veramente tanto tempo che il marito non chiedeva il suo aiuto.
Voleva esserci per lui, anche se solo in piccola parte.

Sasuke ci pensò su, mordendosi piano il labbro inferiore, ma non riusciva ancora a trovare una spiegazione.
Era troppo sconvolto.

-Grazie, Sakura.- Posò infine gli occhi sull'orologio e notò quanto si fosse fatto tardi.

-Va a dormire ora, è tardi. Il bambino ha bisogno di riposo.-

Lei gli rivolse un sorriso e dopo avergli augurato la buonanotte, salì le scale per tornare a dormire.

Il silenzio tornò a regnare attorno alla nera figura di Sasuke, ancora seduto e pensieroso.
Le parole di Sakura gli rimbombavano nelle orecchie e sentì la pungente voglia di piangere.

Quello che gli aveva riferito non lo aveva aiutato per niente, eppure, allo stesso tempo, sembrava che un po' di nebbia si fosse diradata dalla sua mente.

Hinata era sempre stata un mistero.
E ancora, a distanza di così tanto tempo dalla prima volta, continuava ad essere un enigma.

Perché diavolo sei andata in un centro psichiatrico?

Provò a fare mente locale.

Nelle ultime settimane si erano visti più che nell'ultimo anno.
Riuscire a non toccarla era stato lo sforzo più difficile che avesse mai fatto.
Ad ogni sguardo, ad ogni suo movimento, tutto quello che erano stati gli era balenato davanti agli occhi, lasciandolo atterrito e in qualche modo, mortificato.

Come era stato difficile non accarezzarle i lunghi capelli corvini o stringerla tra le braccia quando parlava della piccola Hana.

La lontananza forzata non lo aveva aiutato a liberarsi di quel brivido di emozione che provava ogni singola volta che vedeva qualcuno che le somigliasse.
Quel brivido che saliva la sua spina dorsale come fosse una scala, raggiungendo le sinapsi del suo cervello da una parte e il muscolo involontario dall'altra.

Ma tutto era diventato più difficile dopo quel giorno, dopo quella notizia.

Le parole di Tsunade, quando lo aveva informato della sterilità di Hinata, ancora lo perseguitavano, sia da sveglio, sia quando cadeva tra le braccia di Morfeo.

Vi erano tre momenti nella vita dell'uomo che lo avevano segnato così tanto nel profondo da sconvolgere completamente il suo spirito, rendendolo, ogni volta, lo spettro di sé stesso.

La morte della sua famiglia.
L'uccisione di Itachi.
Hinata che, tra le lacrime a stento trattenute, lasciava la sua vita per sempre.

Fino a poco tempo fa, era il pensiero di Hinata, se non lei stessa in carne ed ossa a riportarlo alla realtà, dopo l'ennesimo doloroso e fagocitante incubo che da sempre lo attanagliava.

Bastava la dolce immagine del suo viso o una sua mano sulla guancia e tutto il dolore per Itachi, tutto il terrore provato la notte in cui il suo clan fu sterminato, passava.

Non serviva altro che il suo nome pronunciato da quelle labbra rosee in netto contrasto col viso di porcellana e riusciva a respirare di nuovo.

Ma dopo quel giorno, Sasuke fu costretto a re-imparare a riprendersi da solo.
Dovette trovare il modo di affrontare nuovamente i suoi demoni, percorrendo da solo l'irta strada del suo dolore.

Il passaggio di un gatto randagio che battè la zampina contro il grande finestrone della sua cucina, lo riportò alla realtà.
Si ritrovò con una mano a coprire la bocca e il respiro affannato.

Cosa doveva fare?


 



Temari si accomodò su una sedia che era misteriosamente comparsa nell'ufficio dell'Hokage, mentre aspettava che quest'ultimo tornasse.

Disgustata, notò come il solito libro, che Kakashi tanto amava, troneggiasse sulla scrivania e spiccasse arancione sulle pile di fogli bianchi.

Voglio dire, tutti sanno cosa legga Kakashi, ma almeno lo mettesse via quando è al lavoro! Pensò Temari, puntando sconscolata lo sguardo sul soffitto.

Uhm... c'è una crepa sul soffitto.

Shikamaru osservava fuori dalla finestra.
Aveva notato anche lui quel libro imbarazzante e sapendo esattamente cosa stesse pensando la ragazza con fare accusatorio, preferì far finta di niente.

I due sentirono la porta aprirsi dietro di loro.
Si voltarono, osservando Kakashi che camminava con sguardo svogliato, seguito a ruota da un omino piuttosto in carne che continuava a leggere quello che era scritto su un foglio.
Nella foga di leggere andò anche a urtare (non poco violentemente) lo spigolo della scrivania, sibilando dal dolore.

-... Dunque gli ultimi partecipanti al M.I.A.N.T.A.S. che hanno confermato la loro presenza sono tali Chuui Henka e Namae Randamu.- Completò quello la frase, mugolando per il dolore.

Sentendo il nome dell'uomo che avevano conosciuto alla festa, entrambi i diplomatici si scambiarono velocemente un'occhiata d'intesa.
Il ragazzo capì che Temari fremeva per mettere in guardia l'Hokage da quella che sembrava la bi-polarità dell'imprenditore.

-Bene, bene.-

-Loro erano gli ultimi due che dovevano dare conferma della propria presenza. Ci sono tutti.-

Kakashi, che non sembrava particolarmente interessato all'argomento, liquidò il segretario con un veloce cenno della mano, seguito da un fioco "grazie", mentre, speranzoso, osservava con la coda dell'occhio il provocatorio volume che continuava a stagliarsi, arancione, verso di loro.

Una volta che l'omone fu uscito dalla stanza, il capo del villaggio si fece ricadere elegantemente sulla sua sedia, cercando di allungare (anche se di un solo secondo) la pace del momento, prima che i due ragazzi potessero cominciare a parlare.

-Cos'è il Miantas, se posso chiedere?- Domandò Temari, arricciando le labbra, curiosa.

-Il M.I.A.N.T.A.S. è la sigla che riassume il nome del prossimo evento che si terrà a Konoha, ossia: il "Meeting Informativo sull'Acquisizione  di Nuove Tecnologie e Armi Sperimentali".

L'informazione andò a completare (come un tassello mancante) il puzzle di conoscenze che avevano accumulato alla festa.

-Il segretario ha nominato un imprenditore. Un certo Chuui Henka...- Cominciò il Nara.
 
-Si è un "piccolo" imprenditore che sta cercando di sfondare da un po' sulla scena commerciale, ma ogni volta c'è sempre qualcuno che riesce a mettergli i bastoni tra le ruote...- Kakashi aveva segnato con le dita quelle virgolette.

-Era alla festa del Daymio, Chuui Henka, intendo.-

-La cosa non mi sorprende, Temari. Sono anni che gira per il mondo ninja cercando opportunità o finanziamenti, ma perché la cosa vi interessa?-

-Perché alla festa si comportava in modo davvero strano...- La ragazza portò una mano a strofinarsi il mento.

L'uomo dai capelli argentei alzò il sopracciglio sinistro, curioso.
Non disse nulla, ma lanciò un'occhiata d'intesa a Shikamaru che sembrava molto serio.

-Quell'uomo oltre che sembrare molto burbero e poco incline alla pazienza, ha esplicitamente ammesso di provare odio profondo per gli esponenti della nobiltà di Konoha.-

L'Hatake aggrottò le sopracciglia, e respirò piano attraverso la maschera, quasi a cercare di non disturbare il rapporto.

-Riporto testualmente le sue parole, le avevo annotate.-


Estrasse da una tasca a filetto dei pantaloni che indossava un piccolo taccuino dalla copertina nera e lucida nonostante la presenza di qualche taglietto e scheggiatura.

Arrivò velocemente alla pagina interessata, che, bianca, incorniciava le parole scritte a china che li avevano tanto fatti pensare.

Si schiarì la gola, tossendo piano e lesse:

-"Sasuke Uchiha e una ragazza Hyuga mi hanno portato via tutto ciò a cui tenevo e sto ancora cercando di affrontare il mio dolore."-

Le parole di quell'uomo lasciarono spiazzato anche il sesto Hokage, che per poco meno di un minuto, non seppe cosa dire.

Shikamaru provò a interpellare la propria memoria, nel tentativo di ricordare una missione dell'Uchiha alla quale lui non avesse partecipato.

-Ho preso parte ad ogni missione affidata a Sasuke, dalla prima all'ultima durante il suo tempo sotto sorveglianza. Io stesso ero la sua guardia.-

-Me ne ricordo bene, ti ho affidato quell'incarico perché sapevo che saresti riuscito a fermarlo se fosse stato necessario.-

-Eppure non rammento di aver mai incontrato Chuui Henka prima della festa del Daymio.-

-Lui stesso ha raccontato che ci fossero solo quei due.- Aggiunse la bionda, scuotendo la testa e muovendo di conseguenza tutti e quattro i codini.

Sasuke Uchiha e una ragazza Hyuga.

-Doveva trattarsi di Hinata.- sussurrò pensieroso Kakashi.

-È possibile, ma quando sarebbe successo e soprattutto cosa potrebbe essere successo da scatenare un tale odio verso quei due.-

-Capisco l'odio nei confronti dell'Uchiha, ma Hinata è candida come un fiocco di neve non ancora caduto a terra!- Notò Temari, scandalizzata.

-Vorrei domandarvi, in ogni caso, come mai la cosa vi preoccupi tanto.- Li fissò negli occhi il Kage.

-La definirei una sensazione.- Rispose velocemente la ragazza.

-La piccola rapita era una Hyuga. Abbiamo pensato possa esserci una possibilità che sia stata una forma di vendetta nei confronti di Hinata.- Concluse.

Kakashi era visibilmente immerso nei suoi pensieri.

-Ci sono diversi elementi che non combaciano. I bambini rapiti non sono solo Hyuga, ma provenivano da tutto il mondo ninja, per dirne una. Non possiamo accusare quest'uomo solo perché odia Sasuke.-

-Ne siamo consapevoli, ma penso possa essere un prezioso nuovo punto di vista.- Shikamaru si grattò la guancia sinistra.

L'ex maestro appoggiò la schiena allo schienale della sedia che si reclinò un poco.

-Era un po' di tempo che qualcuno non lamentava il suo odio per Sasuke...- mormorò sovrappensiero l'Hatake, mentre gli altri due suoi interlocutori si domandavano se il rapporto fosse abbastanza completo.

Terminarono di informare l'Hokage su ogni dettaglio della missione, dall'interesse del Daymio per Naruto fino alla vincente strategia di Yoshihiro Hotaka.

Kakashi, interessato, non poté fare a meno di ammirare l'astuzia di questo giovane imprenditore.

Temari e Shikamaru ben presto furono congedati,  lasciando la stanza in un silenzio surreale e il capo del villaggio ai suoi pensieri.

Era ora che facesse una visita al suo allievo.


 



Era notte tarda quando il suono di un leggero, ma deciso bussare alla porta risvegliò Sasuke dallo stato di tiepido torpore a cui si era abbandonato.

Con un impercettibile movimento, il ragazzo scosse la testa, sollevandola dal tavolo che ancora non aveva lasciato.

Aveva già cominciato a percepire un forte chakra avvicinarsi, ma non era minaccioso e in più il possessore di tale forza stava educatamente bussando, motivo per cui non si sentiva allarmato.

Stranamente non era nemmeno infastidito, sebbene fosse appena stato strappato ai dolci ricordi del suo passato.

Si alzò dalla sedia, sentendo un senso di sollievo al sedere, che ormai aveva preso una forma piuttosto squadrata a causa della pressione e del lungo periodo passato seduto.

Portò una mano a grattarsi pigramente il cuoio capelluto, giusto una spanna sopra l'orecchio sinistro, mentre con la mano destra abbassava la maniglia, concedendo all'ospite di rivelare la sua identità.

Kakashi, davanti a lui, agitava la mano, salutandolo, (probabilmente) con un sorrisetto stampato sulle labbra, celato al mondo dalla maschera scura.

L'uomo schiuse gli occhi per puntarli dritti nelle orbite del moro.

-Posso entrare?-

Sasuke continuò a fissarlo per qualche istante, complice la sonnolenza; ma alla fine, senza dire una parola, aprì la porta, dando spazio all'Hokage per entrare.

Quest'ultimo, una volta messo piede nel soggiorno, si tolse le scarpe, allineandole per bene e diede una rapida occhiata in giro.

-Sakura?-

-Dorme. È notte fonda.-

-Giusto, giusto.-

Sasuke non era mai stato uno che parlava molto, ma l'Hatake, ora, di fronte a tutto quel silenzio, sembrava non sapere come iniziare il discorso.
Si schiarì la gola e prendendo un bel respiro andò a sedersi al tavolo.

-Fa come se fossi a casa tua...- Sasuke disse sprezzante e ironico.

-Devo parlarti.-

L'Uchiha raggiunse il tavolo, scivolando lentamente sulla fredda sedia di fronte al suo ex maestro, che aveva intrecciato le mani e staccava e riattaccava i pollici ritmicamente.

-Sei a conoscenza dell'evento del M.I.A.N.T.A.S?-

L'ex allievo sollevò un sopracciglio, interrogativamente.

-Sakura ci ha aiutati ad allestirlo.-

Il moro annuì assonnato.

-È un meeting per l'esposizione di nuove tecnologie e armi...-

-Volete che qualcuno controlli la situazione?- Lo interruppe lui.

-Non è la sicurezza dell'evento quello che mi ha spinto a venire da te stasera. Devi sapere che verranno molti imprenditori da tutto il mondo.-

Sasuke era visibilmente poco interessato all'argomento e preso anche dai suoi stessi pensieri non riusciva a donare all'uomo di fronte a lui, l'attenzione che questo gli richiedeva.

-E perché la cosa dovrebbe interessarmi?-

-In effetti non è questa la parte che ti riguarda. Uno di questi imprenditori era alla festa del Daymio e ha quindi incontrato Shikamaru e Temari.-

Il ragazzo si stava spazientendo.

-Quest'uomo ha esternato esplicitamente il suo odio nei tuoi confronti e nei confronti...di una ragazza Hyuga.- Continuò calmo. Scandendo bene le ultime parole.

Quando l'uomo dalla capigliatura argentea riportò gli occhi sul ragazzo, uno Sharingan aveva iniziato a pulsare con ritmo sanguigno nella sua cornea.

-Tu sei l'ultimo Uchiha e l'unica Hyuga che abbia mai avuto il coraggio di starti vicino è Hinata, quindi vorrei che mi spiegassi perché, dopo tutti i tuoi sforzi, hai mandato tutto in frantumi. E vorrei sapere che ruolo ha avuto lei in tutto questo?!-

Sasuke era impassibile. Non vi era un'ombra di emozione sul suo viso lunare.
Solo lo Sharingan troneggiava scarlatto nell'orbita destra.

-Sinceramente ho perso il conto delle persone che hanno "esternato esplicitamente" il loro odio nei miei confronti. Non ho idea di chi tu stia parlando.- Ironizzò.

-Ti dice niente il nome Chuui Henka?-

Il moro ci pensò su per qualche secondo.

-No, non ricordo di aver mai sentito questo nome in vita mia.-

L'Hatake riflettè per qualche minuto, mentre l'altro si era avvicinato ai fornelli con un bollitore.

Fissò la sua schiena per qualche momento, prima di ricominciare a parlare:

-Ricordi di esserti mai trovato di fronte a shinobi di altri villaggi, mentre eri con Hinata?-

L'Uchiha serrò i pugni sopra il ripiano della cucina, dopo aver acceso il fuoco sotto il metallo.

Anche se non fosse stato così stanco, avrebbe avuto bisogno comunque di qualche momento per ricordare dettagli di missioni sparsi qua e là nella sua memoria.

-È possibile.- Disse infine, in un soffio.

L'Hokage era infastidito da questa storia, non solo per la possibilità indicatagli da Shikamaru e Temari, ma anche perché Sasuke e lui stesso avevano impiegato molte energie e sacrifici per fargli riottenere un po' di fiducia da parte del mondo ninja.

-Sai che è importante rimediare alla tua immagine. Ci stiamo lavorando da quando sei tornato e la tua "fama" si è affievolita solo da poco.
Non possiamo permetterci che tutto il lavoro vada in fumo.-

Il moro portò la mano a stringere forte il polso, avvicinando l'intreccio al cuore.

Ricordava bene il piano che avevano congegnato Kakashi, Naruto, Hinata e lui stesso.
Era davvero una buona strategia.

In quel momento della sua vita avrebbe fatto tutto quanto fosse stato in suo potere per ottenere ciò che desiderava.
E sapeva bene che quello che desiderava aveva un prezzo molto alto.

Ma ora...

-Non sono più così sicuro che mi interessi.-

Kakashi aggrottò le sopracciglia, trattenendo ogni parola che avrebbe voluto davvero dirgli.

Sospirò sonoramente.
Era stanco.

-Perché?-

Il giovane ruotò il busto verso il finestrone della stanza, lo sguardo puntato verso il giardino e la coscienza che vagava verso un punto indefinito e impalpabile.

-Il piano era buono. Perfetto oserei dire. Niente più odio, niente più problemi, niente più gente terrorizzata al suono del mio nome o alla vista del mio volto.-

Morse forte il labbro inferiore, come se si stesse frenando.

-Missioni compiute a nome di Konoha, Indossare di nuovo il suo simbolo, promuovere nuovamente il nome Uchiha come nobiltà. Lavorare per te, seguire Naruto dove servisse...-

Scuoteva leggermente la testa a ritmo con l'elenco e le ciocche di capelli danzavano, scoprendo talvolta il Rinnegan violaceo che riempiva l'occhio sinistro.

-Accettare ogni insulto e ignorare ogni provocazione... Tutto questo. TUTTO, L'HO FATTO PER LEI!-  Sbraitò sopra l'acutissimo sibilo della teiera che aveva finalmente portato l'acqua a bollore.

Il moro sentiva gli occhi pizzicare, ma ignorò la sensazione, stringendo convulsamente il polso e fissando furioso l'Hokage.

Spense il fuoco e si girò verso l'uomo.

-E ora che non posso più averla, tutto questo a cosa è servito?- Abbassò lo sguardo sul pavimento.

Kakashi, dal canto suo, era spiazzato.
Sasuke non si era mai aperto così tanto.
Quel ragazzo, diventato uomo troppo presto e troppo in fretta, aveva sempre tenuto dentro di sé ogni più piccolo frammento di emozione.

E alla fine era esploso.

Cosa gli è successo?

-Kakashi...- Aveva il fiatone.

Quello ritrovò il contatto visivo.

-Perché Hinata è in un ospedale psichiatrico?-

Lo vide spalancare gli occhi, sorpreso.

-Tu come lo sai?-

-L'ho seguita. Avevo bisogno di vederla.- Strinse gli occhi mosso da un senso di agonia.

Era tutto chiaro.

Sasuke aveva scoperto il segreto della Hyuga e colto alla sprovvista, non riusciva più a frenare la corrente di pensieri ed emozioni che normalmente riusciva ad arginare nella sua mente.

Espirò piano, prima di rispondergli.

-Purtroppo non conosco i dettagli del suo internamento; ho solo ottenuto una notifica per tenere in considerazione tale fattore se fosse servita per una missione.-

Vide il moro sprofondare nella sedia e nascondere il viso tra le dita affusolate.

-Anche se, considerando quando ho ricevuto quella notifica, un'idea ce l'avrei.-

Sasuke sembrò capire.
Si lasciò ricadere pesante sulla sedia, posando due dita sulla tempia destra.

L'Hatake lo guardava in silenzio, rispettando il suo dolore e attendendo che fosse di nuovo in grado di parlare.

Il moro si sforzò di essere di nuovo sé stesso.
Alzò la testa verso il soffitto, deglutendo e col linguaggio del corpo invitò il maestro a continuare.

-Ti ho chiesto se conoscessi Chuui Henka perché Shikamaru e Temari hanno ipotizzato ci sia la possibilità che sia coinvolto nei rapimenti.-

Sasuke prese un respiro profondo e facendo roteare la pupilla, ormai di nuovo nera, nell'orbita, cercò nella sua memoria qualche indizio.

-Chuui Henka... Chuui Henka... Hai detto che ha visto me e Hinata?-

L'altro annuì.

-Più di qualche volta Hinata è stata assegnata al mio "corpo di sorveglianza" assieme a Shikamaru e ad altri...-

-Ogni più piccolo ricordo può essere importante.- Lo incoraggiò.

-Qualche volta riuscivamo a staccarci dagli altri. Era un periodo altalenante per noi. Nessuno dei due sapeva cosa voleva, ma allo stesso tempo trovavamo comprensione l'uno nell'altra...-

Quanto gli stava costando rivelare i suoi segreti?
Era per una buona causa, ma l'idea di star condividendo questi ricordi lo faceva vergognare.
Lo faceva sentire sbagliato.

Erano alcuni dei ricordi a cui tenesse di più e ripeterli a parole di fronte a chicchesia era come se facesse perdere loro valore.

Erano emozioni. Il suo vero cuore.
E nessuna parola sarebbe mai stata giusta o intensa abbastanza per esprimerli nella loro più pura essenza.

Ma continuò lo stesso.

-Ci sono state occasioni in cui staccandoci dal gruppo siamo entrati in contatto con altri ninja o civili, qualche volta abbiamo dovuto difenderci.-

L'argentea chioma di Kakashi si mosse al movimento della sua testa, ad un cenno di curiosità.

-Difendervi?-

-Si beh, ricordo un paio di volte in cui dei ladri hanno cercato di rapinarci. Ci avevano scambiato per dei civili perché non stavamo indossando il coprifronte al momento.-

L'altrò annuì. Era infastidito di non essere stato messo al corrente di tutte queste informazioni, ma allo stesso tempo capiva il loro comportamento.

-Ma non ricordo nessuno con quel nome.-

Kakashi sospirò.

-Forse Hinata potrebbe ricordare qualcosa.-

-Forse hai ragione, dovrei parlarne con lei.-

L'orologio attaccato alla parete, silenzioso fino a quell'istante, interruppe quel lungo discorso, avvisandoli dell'ora che si era fatta.

Entrambi alzarono la testa per vedere i numeri lampeggianti sullo schermo.

Sì. Era decisamente tardi.

L'Hokage si alzò dalla sedia e si diresse alla porta.
Si infilò i sandali e subito prima di uscire, appoggiato allo stipite dell'uscio, si voltò verso l'ex allievo.

-Ti ringrazio di essere stato così disponibile.-

L'Uchiha scosse la testa in assenso.

-Se vuoi avere qualche risposta in più, forse dovresti parlare con lei.- Suggerì.

Prima che il ragazzo potesse rispondere che non poteva farlo, l'altro continuò.

-E se pensi di non poterlo fare, forse dovresti chiedere a Tsunade.-

Passò un istante di silenzio, pregno di domande e di vorticose idee che non volevano abbandonare nessuno dei due.

-Tra poco tempo comincerà il M.I.A.N.T.A.S. e devo essere presente per gli ultimi "ritocchi". Saluta Sakura e da’ una carezza al bambino.-

E uscì, lasciando Sasuke nella penombra della sua dimora, a domandarsi se fosse meglio andarsene a dormire per concludere quella terrificante giornata o se aspettare di vedere il pallido sole autunnale sorgere ancora una volta.
   
 
 
 





 
 

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Capitolo 9
*** Stanza numero 37 ***


Petrichor
Capitolo 8
Stanza numero 37
 
 
 
 
 


 




Le strade di Konoha erano in fervore.
Ovunque era un continuo trasferire pacchi e montare gazebo.
Tutto quel trambusto dovuto alle urla degli operai e al loro martellare stava dando non poco fastidio ad alcuni anziani che sedevano imbronciati ai tavoli dei locali lì intorno, desiderosi solo di giocare a carte, ricordare le gesta dei loro giorni più gloriosi e criticare le nuove generazioni.
Ma l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era il dolce sorriso soddisfatto della ragazza accanto a sé.
Naruto era rimasto molto sorpreso dalle abilità organizzative di Sakura.

-Devo ammetterlo! Sei stata davvero brava.-

Il biondo non era elettrizzato all'idea di un meeting per nuove armi; era un ninja vecchio stampo, come molti altri al villaggio e non gli andava proprio a genio che tutti potessero definirsi abili combattenti solo perché avevano accesso a nuove tecnologie.
Dove era finito il duro lavoro? Le arti marziali, le arti magiche e le arti illusorie?
Ci si poteva davvero definire ninja oggigiorno, pur non padroneggiando le tecniche che di fatto caratterizzano uno shinobi?
Ma Naruto sapeva che doveva far buon viso a cattivo gioco.
In quanto miglior candidato alla carica di futuro Hokage, doveva imparare anche ad accettare lo sviluppo della tecnologia e l'avanzamento dei tempi.

-Grazie, Naruto. È stata una faticaccia, ma il duro lavoro premia!-

I due stavano camminando per le strade del villaggio, osservando i vari stand qua e là mentre finivano di essere preparati, in questo modo la ragazza avrebbe potuto dare qualche ultimo ritocco, laddove servisse.
Il biondo vide la ragazza curvarsi un po' in avanti.

-Sakura, sei affaticata?- Chiese in pensiero.

La rosa, dall'alto della sua formazione ninja, si sentiva punta nell'orgoglio.
Non era accettabile sentirsi stanchi dopo aver fatto una semplice passeggiata.
Fosse stata più indietro con la gravidanza, forse, avrebbe accelerato il passo ad un commento simile, lasciando a Naruto solo la possibilità di scusarsi, mentre cercava di raggiungerla.
Ma purtroppo era all'ottavo mese e cominciava anche lei a sentire la stanchezza.

-Un po'.- Si arrese, infine.

Naruto fece sedere delicatamente Sakura su una sedia sotto uno dei gazebo già montati e questa cominciò a riprendere fiato, controllata dallo sguardo preoccupato di qualche passante.
Un operaio molto gentile le aveva offerto dell'acqua e lei aveva accettato, grata.
Portò la bottiglia alle labbra e nello stesso momento un incontenibile senso di fame si fece largo in Sakura.
Ancora le voglie.
Erano gli ormoni lo sapeva bene, ma la fame combinata ad una leggera ansia presero il sopravvento in quell'istante e la ragazza cominciò a singhiozzare senza un vero motivo.

Naruto fu preso dal panico.
Che sta succedendo?

Si guardò attorno alla ricerca di una risposta. Cosa doveva fare?

-Sakura, che succede? Perché piangi?-

-N-non lo so... Ho- ho fame...-

Il biondo tirò un sospiro di sollievo. Era una questione risolvibile.
Poco lontano, infatti, c'era il locale di Teuchi.

-Ti va del Ramen?-

La ragazza ci pensò un attimo, ferma a domandarsi se una ciotola di Ramen avrebbe potuto placare i suoi sensi.
Pensò a tutte le varie aggiunte che avrebbe potuto richiedere nel piatto, scacciando nei meandri della sua testa le sagge e fastidiose parole dei medici riguardo al seguire un'alimentazione sana e bilanciata.

-Si, ok.- Sorrise, asciugando la lacrima che si era formata sotto l'occhio destro.

Il biondo la aiutò a rimettersi in piedi e tenendola sotto braccio la invitò ad avanzare.
In poco tempo arrivarono a destinazione.

Il profumo del brodo e della carne appena cotta e di tutti gli altri ingredienti aleggiava per l'ambiente e arrivava al naso di Naruto, inebriandolo.
Il ragazzo, in questo ristorante, si riscopriva critico gastronomico e già pregustava una ciotola della sua tipologia di ramen preferita, grazie alla memoria delle papille gustative.

-È tutto occupato...- Fece notare Sakura.

Ma il bello di essere l'eroe di Konoha era che non gli era poi così difficile trovare posto.
Era sempre leggermente imbarazzato per tutta quella cortesia (che in realtà adorava), ma Teuchi c'era sempre stato per lui, sempre pronto ad offrirgli da mangiare quando era troppo piccolo per possedere dei soldi e troppo solo per essere invitato da qualcuno a cena.

Quando Ayame li vide, corse ad accoglierli con un sorriso a trentadue denti.

-Naruto che piacere!-

Al suono di quel nome, tutte le persone sedute ai tavoli nel raggio di dieci metri ammutolirono.
Come fossero in un cartone animato, contemporaneamente tutti spalancarono gli occhi.
Un ultimo istante di silenzio e la tempesta esplose con lo stupore e la loro devozione nei confronti del biondo.

Sakura, dal canto suo, era terribilmente infastidita.
Aveva fame. Voleva mangiare. Non aveva nessuna voglia di socializzare.

La ragazza si voltò verso la figlia di Teuchi e le chiese se fosse possibile avere un posto a sedersi, ignorando il ragazzo che veniva tirato rozzamente di qua e di là preso per la giacca, mentre sentiva i suoi fan offrirgli, urlando, un posto al loro tavolo.

In quel momento si aprì la porta del locale e la campanella attaccata all'uscio che avvisava l'arrivo di un cliente quasi non si sentì.
Al di fuori della costruzione non si sentiva tutta la confusione che vi era all'interno.
E quando Shikamaru mise piede nella prima sala, sentì il bisogno di scappare alla vista di quel putiferio.

-Perché c'è tutta questa confusione?- Alzò la voce Temari per farsi sentire dal fidanzato sopra tutto quel rumore.

Quello la sentì appena, ma riuscì a pensare solo a due possibilità che potessero efficacemente rispondere alla domanda.
E la prima che gli venne in mente fu confermata inequivocabilmente quando notò le familiari e colorate teste dei due amici.

Fece un passo in avanti, seccato e cercò di riportare Naruto con i piedi per terra, sapendo che se non avesse fatto qualcosa lui, quel poveretto avrebbe continuato ad essere sballottato da un angolo all'altro del locale fino a fine giornata.

-Buongiorno.-

L'Uzumaki si voltò e quando i suoi occhi incrociarono lo sguardo del Nara, questi si riempirono di graditudine.

Temari scoccò un'occhiata fulminante agli spettatori in subbuglio che sembrarono cominciare a calmarsi.

-Ragazzi! Come state?- Sakura si avvicinò loro.

-Dovete ancora pranzare?-

-Si stavamo per sederci... Ah! Ayame, avreste un tavolo per quattro?- Si volse verso la coppia.
-Vi va bene se condividiamo il tavolo?-

-Nessun problema.- rispose la Kunoichi della Sabbia, desiderosa solo di appoggiare il suo enorme ventaglio da qualche parte e finalmente far riposare la schiena.

Il moro notò che nel rispondere alla rosa, la sua ragazza non aveva mai staccato gli occhi dalla figura del portatore del Kyubi.
Ora che ci pensava, Temari portava ancora rancore per la mancata presenza di Naruto alla missione diplomatica e sotto il sorriso educato che stava esternando, scorse un sottile desiderio di vendetta.

Un brivido gli corse lungo la schiena.
Ah, che seccatura!

Il gruppetto aspettò per un paio di minuti che un tavolo si liberasse e infine si sedettero, stanchi e affamati.

Shikamaru e Naruto osservavano le due ragazze confabulare qualcosa sulla gravidanza dell'Haruno, mentre, svogliatamente, facevano finta di girare le pagine del sottile menù plastificato.

-Si sa già una data approssimativa per il parto?-

La rosa era entusiasta e i suoi occhi brillavano nel parlare del suo bambino.
Il biondo non poté fare a meno di scrutare il grembo gonfio della ragazza.
Era felice per Sakura, davvero, ma a volte non poteva fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se lei avesse accettato i suoi sentimenti e se quel bambino, che accarezzava dolcemente attraverso la stoffa del vestito premaman, fosse stato suo.

Hinata non è stata l'unica a soffrire.
Quella frase stazionava sulla punta della sua lingua da tempo.
All'inizio non ci aveva fatto troppo caso; ma da quando Tsunade aveva diagnosticato la sterilità della Hyuga, tutto il loro mondo aveva cominciato a bruciare, rendendo cenere, pezzo dopo pezzo, ogni certezza.

-Non siamo ancora sicuri della data esatta, ma dovrebbe mancare meno di un mese.-

Sasuke la rendeva così raggiante.
E ancora una volta il biondo si ritrovò sconvolto da due sentimenti contrastanti.
Non poteva non sentirsi felice per la vita che i suoi migliori amici stavano costruendo insieme,
ma quanto gli sarebbe piaciuto essere lui stesso l'artefice di quel sorriso a trentadue denti?

Il ragazzo cominciò a giocherellare col bordo del bicchiere davanti a lui, aspettando che la conversazione si spostasse su di un argomento in cui potesse esprimere opinioni, assolutamente d'accordo con l'idea di tacere quando non si sa nulla sull'argomento di cui si sta parlando.

Shikamaru, invece, sembrava perso nella sua mente, che, forse, doveva essere più interessante e meno noiosa della realtà.

-Naruto.- Si sentì chiamare.

Quello quasi perse l'equilibrio mentre se ne stava gomiti sul tavolo e pugni sulle guance a contare le sedie, osservando di tanto in tanto gli altri clienti lanciargli qualche sguardo d’intesa.
Quando si girò vide un cameriere perfettamente dritto e con i talloni ben piantati a terra.
Teneva in mano un block notes e una penna consumata a metà, che attendeva la sua ordinazione.

-Voi avete già ordinato tutti?-

-Si, manchi solo tu.-

Il ragazzo ordinò una ciotola extra-large del suo Ramen preferito e ringraziò mentalmente quell'uomo per aver fatto cambiare "l'aria".

-Naruto, com'è andata la tua missione?- Lui fissò gli occhi sul Nara.

-Non sono sicuro se potesse andare meglio. È stato una specie di buco nell'acqua...-
Si grattò il dorso del naso.

-Ma temo di non poter dire di più, mi dispiace...-

Sakura drizzò le orecchie.

-Non preoccuparti, Kakashi ci ha "inseriti" nella missione.-

-Davvero?-

-Si.- Rispose blanda, Temari.  -Devi sapere che durante la festa del Daymio (quella a cui tu non hai partecipato), ci siamo imbattuti in alcune strane situazioni."

L'Uzumaki aggrottò le sopracciglia.

-Che tipo di situazioni?-

Il Nara sospirò.

-Non sono sicuro ancora, quindi non saprei se ci sia realmente bisogno del tuo intervento. Però è importante che tu sappia che al meeting informativo saranno presenti molti imprenditori. Alcuni di loro sono stati anche alla festa.- Continuò Shikamaru.

-Non capisco dove tu voglia arrivare.-

-Uno di loro... non apprezza la nobiltà della Foglia.-

Sakura non ci capì molto.
Sapeva che non avrebbe dovuto sentire quella conversazione, ma trovandosi là, gli altri avevano deciso di parlare senza veramente spiegare cosa stesse succedendo.

Il problema è che anche Naruto era confuso.

-Non è un ordine dell'Hokage. Anzi non è nemmeno un ordine, ma penso che la cosa più saggia da fare sia tenere d'occhio la situazione.-

-Non ci ho capito molto, ma penso di poter convincere il maestro Kakashi a darmi il ruolo di supervisore, se volete.-

-Bene.- Annuì la bionda.

-Quest'uomo ha problemi con... Sasuke?- Sakura cercò di strappare qualche risposta.

Ma quello che ottenne fu solo una mera informazione, pallida ombra di una vera spiegazione.

-Quest'uomo sembra avere dei trascorsi piuttosto problematici sia con gli Uchiha, sia con gli Hyuga.-

Dannato Shikamaru. Perché devi essere così furbo e subdolo?

-Mi spiace davvero di non poterti dire altro, ma sono gli ordini.-

-Il maestro Kakashi ti ha ordinato di non dirmi niente?-

-Mi ha ordinato di non parlarne con nessuno al di fuori di una cerchia ristretta.-
Si leccò il labbro, umettandolo.

-Ed essendo tu in maternità, sei annoverata tra i civili fin quando non tornerai al lavoro.-

-Mi rendo conto, ma state dicendo che mio marito potrebbe essere in pericolo e se è in pericolo lui, potrebbe essere in pericolo anche il mio bambino. Credo di avere il diritto di saperne di più.- La rosa provò a giocarsi quest'ultima carta.

-Hai ragione, Sakura. Ne avresti il diritto. Ma gli ordini sono ordini e non possiamo disobbedire.-

La Haruno distolse gli occhi, sospirando.
La situazione la stava irritando.
Non riusciva a smettere di pensare a Sasuke e ad Hinata. Perché doveva centrare anche lei.
Perché doveva sempre centrare lei?

Non riusciva ad accettare che la mora fosse riuscita a penetrare nel cuore di Sasuke.
Era lei quella che teneva a lui.
Era lei che lo aveva sempre supportato.
Era lei che era sempre stata lì per lui.
Era lei che lo aveva cercato per anni, quando era scappato.

La semplice idea di Hinata che senza fare nulla fosse riuscita a conquistarlo, le aveva sempre fatto ribollire il sangue.
Ma non poteva nemmeno comportarsi con gelosia.

Sakuke aveva sposato Sakura, non Hinata.
Sasuke aspettava un figlio da Sakura, non da Hinata.

E però, mentre dall'esterno la rosa sembrava la sfavillante vincitrice, non poteva fare a meno di accarezzare il suo grembo, sentendosi completamente sconfitta, ma almeno non da sola.

Il Ramen arrivò a destinazione.
E dopo quel discorso, la fame, che l'aveva quasi obbligata ad entrare nel ristorante, l'aveva abbandonata.

Cominciò a mescolare il brodo con le bacchette, non sapendo cosa fare.
Gli altri avevano cominciato a parlare di altre cose, dopo essersi scambiati uno sguardo eloquente.
Il tipo di sguardo che dice: Dopo spiegherò tutto.

E si sentì tagliata fuori.

-Naruto, spero che tu ti sia trovato bene assieme agli altri, mentre IO svolgevo il nostro lavoro...- Se gli sguardi (privi di abilità oculare) potessero uccidere, quello che Temari stava scoccando al biondo lo avrebbe trapassato da parte a parte.

-M-ma n-non c'era Shikamaru?- Il ragazzo sentì un brivido corrergli su per la schiena.
Perché tutte le kunoichi erano così maledettamente spaventose?

-Non importa se c'era Shikamaru! Quello era il TUO lavoro.-

Shikamaru sapeva che Naruto non l'avrebbe passata liscia e per un attimo considerò che forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo in balia dei suoi fan, poco prima, invece di condannarlo ad una delle terrificanti sfuriate di Temari.

Sakura, invece, non riusciva a concentrarsi.
Tutto era troppo fastidioso.
Non riusciva a tollerare che solo perché era incinta, dovesse essere trattata alla stregua di un civile o peggio, alla stregua di un ninja di basso livello.
Era un ninja medico, allieva di Tsunade e di Kakashi.
Ed era molto orgogliosa.

Ora. Poteva capire la necessità di mantenere la segretezza di molte missioni, ma se qualcuno voleva fare del male a Sasuke, ora non c'era più lo scontro diretto come unica carta da giocare.

Sasuke Uchiha aspettava un figlio.

E la consapevolezza che il marito e il bambino potessero essere in pericolo la paralizzava dalla paura.
E non poteva fare niente, perché non era autorizzata ad avere informazioni.
Fermò le mani una al lato sinistro del grembo e l'altra sopra l'ombelico, sentendo il piccolo scalciare.
Sospirò.

-Ragazzi, lo so che non dovrei sapere niente, lo so che avete degli ordini precisi, ma per favore, almeno ditemi se Sasuke è al corrente della situazione!-

Tutti e tre si girarono verso di lei.

Sakura aveva parlato a bassa voce, insicura se dare davvero forma a quelle parole, ma l'avevano sentita lo stesso.
Shikamaru sembrava non sapere cosa fare.
Temari la guardava, empatica.
Naruto avrebbe voluto stringerla tra le braccia e far sparire tutte le sue preoccupazioni.

Lei cercava di sostenere lo sguardo degli amici, mascherando il fiatone ansioso e aspettando una risposta.
Sperando in una risposta.

-Si, l'Hokage ha avvisato Sasuke.-

L'Haruno osservò grata le labbra del Nara, mentre davano vita al responso, ma un attimo dopo il sollievo di essere stata ascoltata scemò.
Kakashi aveva avvisato suo marito.
E Sasuke non le aveva detto niente.



 





Le pareti erano tinte di quel verde menta sbiadito tipico di tutti gli ospedali e qua e là, tra una lampada accesa e alcuni faretti fulminati, i muri erano ricoperti da file di grandi cuscini.
Ogni spigolo che si potesse incontrare all'interno della struttura era protetto da strati di morbida gomma.

Erano bastate poche occhiate, ma era chiaro che ogni precauzione fosse stata presa per evitare che qualcuno si ferisse.
Ma perché qualcuno si sarebbe dovuto ferire?

In alcune stanze, al suolo, pezzi di moquette grigio topo rattoppavano buchi sul pavimento consumato.
Certo non era un hotel a cinque stelle.

Sasuke continuò ad avanzare, lento, osservando ogni particolare.
Aprì una pesante porta che dava su un ampio atrio e da lì altri corridoi, tutti identici a quello che aveva appena percorso.
Ma ora cominciava ad intravedere del movimento.

Alcune persone erano vestite con un camice bianco o con una divisa azzurrina, che stonava fastidiosamente con l'asettico colore alle pareti; altre erano vestite tutte in maniera diversa e sembravano impegnate in "attività" varie.

All'Uchiha, però, non piaceva ciò che stava vedendo.

Una donna alla sua sinistra continuava ad entrare e uscire dalla stessa porta incessantemente, mentre contava ad alta voce il numero dei passi che stava facendo, saltandone alcuni e ripetendone altri. E rideva, schiaffeggiandosi la fronte a ritmo della musica che proveniva da una radio settata a basso volume.

Da alcune porte aperte poteva vedere altri pazienti stesi nel letto a piangere e altri a fissare con occhi vuoti il soffitto.

Un'altra ancora cercava di comporre i segni ninja, ma le sue dita continuavano ad intrecciarsi tra loro, rendendo impossibile la tecnica.

Sasuke strinse il polso sinistro mentre, passo dopo passo, superava ogni porta, ogni urlo, ogni imprecazione, malato dopo malato.

Perché Hinata doveva trovarsi qui?

Il ragazzo aveva preso una decisione quel giorno.
Sakura era uscita con Naruto e anche dopo aver parlato con Kakashi, non riusciva ad uccidere quel pensiero che gli risuonava costante nella testa come i rintocchi acuti di campane di bronzo ossidato.
Aveva bisogno di risposte.
Era uscito di corsa, incurante se avesse chiuso la porta di casa o meno e si era fiondato a ripercorrere i passi che lo avevano portato, ignaro, verso quell'infausto luogo.
Espressione illeggibile in volto e volontà di ferro.
Ma cosa si aspettasse di trovare, non ne aveva idea.

Un uomo sulla cinquantina, con un'importante pelata, era seduto per terra, nell'angolo formato da un pilastro, schiacciandosi contro il muro il più possibile e affondando la testa tra le ginocchia scosse da tremiti, mentre mugugnava qualcosa sottovoce. Una parola: “Madara.”

Il ragazzo deglutì, cercando di allentare quel nodo che gli si era formato in gola alla vista di quelle persone. Tutto era così confuso, ma non era lì per osservarle.

Distogliendo l’attenzione dall’uomo, si ritrovò di fronte ad una porta di legno chiaro dalla serratura rotta.
Era socchiusa e nessun rumore proveniva dall'interno, a differenza delle altre stanze.
Qualcosa lo spinse a guardare dallo spiraglio, quasi come se fosse stato lasciato apposta per lui dagli dei, perché potesse vedere all'interno.
E forse era proprio così.

Una figura era seduta su di un letto non troppo grande, illuminata dalla luce che entrava da una finestra di fronte a lei, chioma scura che celava una testa inclinata in avanti a fissare, concentrata, il vuoto.

Era lei.
E non gli era mai sembrata più piccola.

Non bussò, ma, deglutendo silenziosamente, cercò di entrare.

Un respiro gli rimase mozzato in gola.
Un passo dopo l'altro, piano, da vero ninja.
Ma guardare lei, vedere lei, con i suoi stessi occhi in quel posto, lo stava facendo tremare.
Si sentiva come se fosse ipnotizzato.

Occhi bianchi si posarono di scatto sulla sua figura nel momento in cui, distratto, diede un calcio ad un qualche oggetto che si trovava per terra.
Questi si spalancarono, raddoppiandone l'ampiezza e rimanendo immobile.

Per qualche secondo non fecero altro che fissarsi, con un' intensità tale che una lacrima si formò sotto l'iride perlacea di lei, costringendola, infine, a battere le ciglia e a distogliere lo sguardo.

-C-cosa ci fai qui?- Era sconvolta.

Sasuke aprì bocca per parlare, ma non disse nulla. Mantenendo semplicemente gli occhi su di lei.
Cosa poteva risponderle?

-C-come hai saputo che ero qui?- Si portò una mano alla fronte, quasi a nascondersi.

L'Uchiha stava cercando di uscire da quello stato di shock che lo teneva congelato.

-Ti ho seguita... l'altro giorno.- Disse lento e pacato, con l'assordante paura di dire qualcosa di sbagliato.

Lei annuì debolmente.
Cercò di calmarsi, prendendo un paio di profondi respiri.

-Perché sei in un posto del genere?- Cercò di reprimere la necessità che sentiva di attivare il suo Sharingan.

E fu la Hyuga a tacere ora.

-Dimmelo.-

Nessuna risposta.
E Sasuke sentì montare una rabbia travolgente dentro di sé, inglobandolo come se fosse il suo stesso Susanoo. Non era mai stato un tipo paziente.

-Qui dentro ci sono matti e malati. Li ho visti! Perché tu dovresti stare in un posto del genere?-

Hinata stava guardando fuori dalla finestra, incapace di sostenere quella conversazione, o forse era lontana mille miglia, persa.

Un passo in avanti e il cuore colmo d'angoscia, Sasuke alzò una mano verso quel corpo che cominciava ad essere scosso da fremiti.

-Hinata...-

Al suono del suo nome, detto, così dolcemente, infine tornò nella stanza e intrecciò nuovamente lo sguardo in quello onice di lui.
Per un istante i suoi occhi si rifecero distanti, persi nell'immensità di un altro mondo o nella serica morbidezza di un ricordo felice.
Ora tacere era troppo. Era troppo tardi per tentare di ricucire un'altra volta le ferite. Ingoiare il nodo gordiano e sorridere educatamente era qualcosa che, sentiva, non sarebbe riuscita a fare questa volta.

Era faccia a faccia con Sasuke, il suo Sasuke e non c’era nessun altro all’infuori di loro.
E qualcosa raffiorò. Veloce, spontaneo, come una dichiarazione persa nel tempo e nello spazio.

-Il mio nome è più bello... quando lo chiami tu.- Socchiuse gli occhi, che si illuminarono di lacrime.

Una frase.
Una singola, semplice frase e tutto andò in fumo.
Sasuke non ce la fece più.
Sconvolto dai suoi ricordi, dai suoi sentimenti e da quelle parole che non pensava potessero uscire dalla sua bocca, cadde in ginocchio davanti a lei. Trattenne il respiro.

Le prese la mano e la portò sul suo polso sinistro risonante del suo battito, potente e ritmato (in perfetta sincronia con lei) e con un unico agile slancio, l'abbracciò.
La strinse forte tra le sue braccia e sentì calde lacrime inumidirgli la maglia.

Rimasero così per un po’, troppo stanchi per spostarsi e troppo feriti per parlare, lasciando che le lacrime scendessero e li riportassero alla pace.
E Sasuke si sentiva in pace. Adesso.


Ma dopo qualche minuto un sussurro, flebile, coperto dal cigolio ferroso del letto, mosso dal tremare di Hinata, toccò i suoi timpani.

-Ti prego, va via.-

Lui la strinse di più, incapace di concepire l'idea di doversi staccare da lei.

Perché?

Non poteva staccarsi, non voleva.

Lei invece si?

-È davvero questo che vuoi?- Chiese, con una punta di risentimento e la voce incrinata.

-Si.- Rispose di getto, senza darsi tempo per pensare, senza darsi tempo per desiderare che lui rimanesse.

Sasuke si alzò piano. Confuso.
Un dolore lancinante nel bel mezzo del petto. Non voleva andarsene, ma desiderava che fosse lei a volere che restasse.

E Hinata sentì il suo corpo spostarsi e lo rivolle subito su di lei, ma non disse nulla, stringendo le mani in preghiera.

Lui afferrò la maniglia della porta, ancora socchiusa, notando l'uomo di prima osservarli con occhi pieni di inquietudine.
Non ci badò e si girò a lanciarle un ultimo sguardo.

-Tornerò.-

E uscì, velocemente, sbattendo la porta dietro di sé, impedendosi di rientrare e di riportarsela addosso a respirare il suo profumo.
Osservò quella porta.
Stanza numero 37.

E corse via, di nuovo lungo quel corridoio pullulante di tristezza e dolore, impregnato dell'odore acre e pizzicante di alcool e psicofarmaci.



 





-Gli esperimenti sono nettamente migliorati, signore.-

Il tamburellio di alcune dita sul bracciolo in pelle di una monotona sedia d'ufficio rimbalzava ritmicamente tra le pareti della stanza.

A parlare era una donna quasi di mezza età, un po' gobba e coperta da un camice bianco, che stava davanti alla scrivania, guardando il retro della poltrona.

Non si aspettava una risposta, anzi, l'uomo per cui lavorava non aveva mai aperto bocca durante l'orario di lavoro, che lei ricordasse.

Circa ogni due settimane entrava in quell'ufficio bianco e pulitissimo, illuminato da una serie lineare di faretti dalla luce fredda e intensa che dava l'idea di voler accecare chiunque entrasse.
Riportava i risultati al suo capo, come facevano molti altri studiosi in quel laboratorio e se ne andava, senza aspettarsi una risposta e lasciando una relazione sulla scrivania perfettamente sgombra. Esattamente al centro.

Quell'uomo misterioso sembrava essere ossessionato dalla pulizia e dalla perfezione.
Esattamente dove voleva che fossero lasciati i documenti da controllare, aveva fatto incollare quattro sottili bordi in ottone lucidato, così che tutti potessero perfettamente centrare le carte sul tavolo.

Un millimetro più a destra o a sinistra e avrebbe avuto una crisi di nervi.
O almeno questa era la leggenda che aveva sentito in bagno durante la sua prima settimana di lavoro.

Susumu sapeva di non poter avvicinarsi, pur volendolo disperatamente.

Lui era frustrato, lo percepiva benissimo, non serviva vedere il suo viso.
Lavorava per questa effimera persona da mesi ormai ed era arrivata a capire come fosse fatta.
Sia in ufficio dove era un'inquietante figura, sia in altri contesti dove era stata straordinariamente richiesta e il suo capo si comportava più apertamente e con più tranquillità.

-I nostri studi stanno diventando più veloci, signore. Presto saremo in grado di sintetizzare una nuova abilità oculare.-

Susumu non poteva vederlo, ma l'uomo lanciò un ghigno soddisfatto.

-Penso, però, che non sarebbe stata una pessima idea rispolverare le conoscenze di Orochimaru-sama, signore.-

L'uomo allontanò il proprio braccio dal corpo in modo che fosse visibile alla donna e lo scosse.
Era il segnale di congedo.

Pur volendo continuare a parlare ed esprimere tutti i suoi pensieri, Susumu era consapevole che quello non fosse il momento adatto.
E uscì richiudendo piano la porta dietro di sé.

La donna si appoggiò delicatamente all'altro lato dell'uscio e sospirò.

Il suo capo era stato chiaro attraverso quella circolare che aveva spedito in laboratorio.
Non voleva che si guardasse agli esperimenti di Orochimaru.
Tutto doveva assolutamente essere ricostruito da zero. Tutto doveva essere originale.
Nessuno degli scienziati operanti aveva capito il senso di quella decisione.
Gli studi del Sennin erano di una preziosità unica.
Tutti sapevano che la stessa Tsunade, per quanto inorridita, non aveva potuto fare a meno di esprimere stupore per tutte le nuove conoscenze che il ninja aveva svelato.

Quando tutto lo staff aveva sonoramente protestato per quell'assurda richiesta, proprio Susumu era stata scelta come ambasciatrice per dare voce al gruppo.

Quella fu la prima interazione con il suo capo. E la lasciò fulminata.
Non aveva mai visto occhi così determinati e pieni di fuoco.

La donna scostò una ciocca biondo cenere dal viso e cominciò a pensare a quale potesse essere il prossimo passo.








Spark of Shadow

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Petrichor
Capitolo 9

 

ATTENZIONE: Trigger di natura psicologica, depressione e disturbi mentali.





Hinata aveva fatto un sogno strano quella notte.

Non riusciva a ricordarlo con esattezza, ma era qualcosa che le aveva lasciato dapprima una gioiosa sensazione e poi, tutto su un tratto, un indicibile senso di freddezza.

 

La ragazza era ancora sdraiata sul suo letto, grande una sola piazza e lungo abbastanza da farla stare comodamente stesa tra il materasso e la coperta che ogni paziente aveva in dotazione nella propria stanza.

 

Un infermiere molto gentile le aveva sempre detto che avrebbe potuto decorare la camera come più le piaceva se la cosa le interessava, ma ogni volta che la Hyuga aveva trovato la voglia di eliminare quel triste e asettico bianco crepato dalle pareti, si era ritrovata a non sapere da che parte iniziare.

Qualche volta avrebbe voluto ridipingere tutto con un bel lilla e appendere ovunque le foto e i quadri che più le piacevano.

Altre volte, invece, le sembrava tutto inutile.

Abbellire delle pareti non avrebbe reso quella “prigione” più ospitale.

 

Fuori dalla porta, irrimediabilmente rotta e aperta, già si cominciavano a sentire le urla di alcuni pazienti presi dalle loro crisi e dalle loro fobie.

 

Ormai nulla di tutto questo la lasciava più spaventata o impensierita.

Un tempo, uno dei primi giorni in cui era stata segregata lì dentro, aveva avuto paura di trasformarsi.

Trasformarsi in una creatura sola, impaurita e incapace di trovare stabilità e autocontrollo.

Dipendente da parole dolci, farmaci e da una routine che ormai rendeva gli altri pazienti più uno spettro, un riflesso di quello che erano stati.

 

Come poteva una persona trasformarsi in quel modo?

Perché doveva esserci stato un momento in cui quella pazzia, così cruda e affilata, non fosse esistita; doveva esserci stato un tempo in cui un ninja non sapeva cosa fosse davvero la guerra.

 

Per la Hyuga il momento prima del crollo era stampato nella sua testa. 

Marchiato a fuoco con tizzoni ardenti e lasciato a bruciare dolorante, senza nulla a lenire la ferita inferta nel suo spirito ormai piegato.

 

Aveva ben presto imparato a interagire con queste persone.

Non le aveva mai biasimate. Era addolorata per loro e la loro situazione, ma una parola dolce e di supporto sembrava sempre essere accettata.

 

Era inutile colpevolizzarli per qualcosa che non avevano scelto.

Non erano stati loro a decidere di entrare in guerra, non avevano deciso loro di avere paura, ma erano stati loro a decidere di cercare aiuto.

E Hinata li ammirava per il loro coraggio.

 

Una volta che un pensiero comincia a scavare nella terra della mente, mettendo radici avvelenate così a fondo da non riuscire a vederne la fine e così a fondo da rendere arida quella stessa terra, puoi solo accettarne l’esistenza e comportarti di conseguenza.

 

Hinata non era stata coraggiosa.

 Non aveva scelto di sua spontanea volontà di curarsi.

Era sicurissima che sarebbe riuscita ad uscirne prima o poi.

Ma col passare del tempo il dolore continuava solo ad intensificarsi e poi si era trasformato in depressione e la depressione aveva preso a sfamarsi a spese della ragazza, divorandone corpo e mente, pezzo dopo pezzo, senza un attimo di tregua, giorno dopo giorno.

 

Non le importava più di niente.

Che senso aveva scendere dal letto?

Che senso aveva mangiare?

Che senso aveva la sua vita?

 

La Hyuga non usciva di casa da mesi, a volte dormiva a fatica e altre volte dormiva giorni interi.

 

Nella sua mente era proiettata all’infinito la pellicola di quell’ultima giornata che aveva vissuto davvero.

E negli ultimi minuti, senza musica in sottofondo, quelle parole che l’avevano trafitta e quel ragionamento che era fiorito marcio nella sua testa in meno di un secondo continuavano imperterriti dietro ai suoi occhi.

 

Si era girata verso Sasuke, seduto sulla sedia alla sua destra, davanti alla scrivania di Tsunade. Lo ricordava bene. 

 

Il sole splendeva rovente quel giorno, entrando dalla finestra e accecando i potenti e sensibili occhi della Hyuga.

Tsunade fermava col suo corpo parte di quei raggi e la sua figura risultava scura e difficile da fissare.

 

Aveva aperto la bocca per parlare, dire qualcosa, qualunque cosa, ma si accorse che nessun suono riusciva a lasciare le sue corde vocali.

 

Chinò la testa, stringendo appena l’orlo della maglia ed ebbe la sensazione di essere completamente isolata, lontana chilometri da chiunque altro.

 

Tsunade non aveva proferito parola.

La guardava dispiaciuta, ma con la seria professionalità di un medico molto più che competente.

Ancora non sapeva cosa quella parola avrebbe scatenato nella sua vita.

 

Sterilità

 

Sasuke si era alzato di scatto ed era uscito dall’ufficio con una mano davanti alla bocca, tremando impercettibilmente.

 

Sterile

 

-Hinata...-

 

Sterile

 

-Hinata?-

 

Sterile

Sterile

Sterile

 

-Sterile...- sussurrò.

 

Non una singola lacrima scese dai suoi occhi, improvvisamente aridi come il deserto di Suna.

 

-Mi dispiace...- 




 


 



Sasuke se ne stava seduto sul monte degli Hokage a gambe incrociate. Intorno a lui non c’era, stranamente, nessuno. 

Il vento portava alle sue narici il profumo di tante differenti cose, cibo, zucchero e aromi vari, ma anche l’odore di plastica e metalli, impiegati nella costruzione degli equipaggiamenti sperimentali, che dunque dovevano essere appena usciti dalla fabbrica. 

Per quanto l’odore gli fosse sgradevole, però, portava con sé un’inevitabile percezione di nuovo nell’aria, di novità. E questa sembrava aver creato una bolla di gioia in tutto il villaggio. Forse anche un po’ troppa, in un certo senso.

Si trovava lì, infatti, per cercare un po’ di pace da quel continuo e martellante brusio delle voci di migliaia di visitatori che affollavano ogni possibile via della città.

 

Il pensiero di tutto quello che era successo negli ultimi mesi andava facendosi largo, spietato, tra gli altri pensieri più mondani all’interno della sua testa e il ragazzo non sembrava essere in grado di scacciarli. O forse non voleva, alla ricerca disperata di arrivare a delle conclusioni sensate. 

Troppe erano le domande senza risposta. Troppe le questioni in sospeso.

 

Il bisogno di avere delle spiegazioni era come ricercare aria mentre una morsa, feroce e brutale, gli attanagliava la gola.

Ma nessuno sembrava potergliele dare.

Kakashi era stato vago e Hinata stessa non aveva detto niente, chiedendogli piano, invece, di andarsene.

 

E lo sapeva perché.

 

Anche se nelle pareti del suo cuore, l’ombra di un amaro rifiuto aveva cominciato a vibrare potente e dolorosa al punto di spezzarglielo, il moro sapeva bene come era fatta la sua Hyuga.

 

Non aveva mai anteposto sé stessa agli altri e anche in quel momento, stretta nell’antico tepore delle sue braccia, (sensazione quasi ormai dimenticata) sapeva che dietro a loro e ai loro reciproci sentimenti, c’era un bambino che stava per nascere…

 

E gli aveva chiesto di andarsene. 

Prima che succedesse qualcosa. Prima che la debolezza li prendesse, afferrandoli saldamente per il cuore e facendoli sprofondare di una dolce, ma letale agonia.

 

Perché solo gli dei sapevano quanto avrebbe voluto restare con lei, quanto avrebbe voluto perdersi in lei e nelle perle dei suoi occhi, continuare a tenerla stretta per l’eternità e proteggerla da ogni minaccia che potesse presentarsi. Anche da sé stessa.

 

Cercò di respirare profondamente, per placare quei corti respiri troppo veloci che avevano iniziato a entrare e uscire dai suoi polmoni e che lo avrebbero presto fatto entrare in iperventilazione.  E per calmare qualcosa di recondito all’interno della sua anima che ora fremeva per essere liberato.

 

-Patetico…- Sussurrò a sé stesso. Provando ad auto convincersi che quel tipo di emozione non avrebbe dovuto nemmeno far parte di lui.

 

Ma questi pensieri continuavano a rimbalzargli elastici nel cranio, accendendogli le sinapsi e popolando attivamente la sua mente di solito sgombra e concentrata.

E mentre vagava per le ispide vie dei suoi tormenti e dei suoi ricordi, mentre il respiro gli si regolava, gli occhi seguivano la gente sotto di lui.

Gente che sembrava non avere nessun problema al mondo. 

E li invidiava così tanto.

 

Con la coda dell’occhio notò un’ombra gialla avvicinarglisi, osservandolo di sottecchi.

 

-Uchiha.- Si sentì chiamare, mentre ancora teneva gli occhi fissi in basso.

 

Temari della Sabbia era vestita in modo pratico, notò. 

Sembrava pronta per entrare in battaglia, soprattutto grazie a quel gigantesco ventaglio che si portava sempre sulle spalle.

 

Lui le lanciò, infine, uno sguardo, muovendo appena la testa, dandole un tacito permesso di potergli rivolgere la parola.

 

-Ho incontrato Sakura e Naruto l’altro giorno.-

 

Silenzio. 

Che cosa voleva da lui?

 

-Non pensavo che l’avresti sposata sai? Da quel che ricordavo, hai sempre avuto problemi con l’Haruno.- Inaspettata. Inappropriata. Diretta e tagliente come nessuno, nemmeno Naruto, aveva mai osato essere.

 

Si conoscevano appena, complice il fatto che Shikamaru ed Hinata, in passato, visitavano spesso la vecchia maestra di lei, Kurenai e il figlio che aveva avuto con Asuma. 

Si erano visti in quelle occasioni, giusto un paio di volte. 

Senza dimenticare che aveva faticato immensamente per provare a fidarsi di lui dopo tradimenti e dopo aver combattuto contro Gaara.

 

Eppure, aveva deciso di non edulcorare le sue parole e di rivolgersi a lui, sfrontata e sfacciata, come se avesse il diritto di comportarsi come le pareva; come se attaccare verbalmente e trovarsi di fronte Sasuke Uchiha non le mettesse nessun tipo di ansia addosso.

E in un certo senso, la cosa lo divertiva.

Notò, ghignando impercettibilmente.

 

La questione Sakura, però, era delicata e a tratti dolorosa. Troppe carte erano in gioco per poter spiegare nel dettaglio la faccenda. Eppure questa donna aveva tranquillamente scavalcato ogni confine di beneducata decenza e di basica educazione e aveva deciso di rendere noto tutto il suo pensiero come se stesse parlando del più e del meno.

 

Il divertimento del moro iniziò, poi, a mutare in blanda frustrazione.

 

-Sakura è una brava persona.- Sasuke la interruppe sospirando.

 

La donna lo fissò, cercando di leggere qualcosa nel suo linguaggio del corpo.

 

-Ma tu non stavi insieme a Hinata?- Domandò placida, braccia conserte e volto impassibile, a tratti annoiato.

 

Sasuke portò la mano sul polso e si morse l’interno della guancia sinistra, cercando freneticamente di trattenere astio e sentimenti negativi che sentiva distintamente affiorare. E che non era sicuro sarebbe riuscito a controllare.

 

-Non mi interessa la tua vita privata.- Si sbrigò a precisare. -Ma vorrei capire meglio alcune cose per il bene della missione.- 

 

Continuando a scrutarlo, si rese velocemente conto che il moro non avrebbe lasciato vedere nulla più di quanto già le avesse concesso. 

E quello era uno dei tanti modi in cui Sasuke Uchiha esprimeva la sua superiorità come shinobi. Cosa che lei stessa ammetteva, seppur con particolare fastidio.

 

-Se stai parlando di quell’Henka-qualcosa, ne ho già parlato con Kakashi.- Chiuse gli occhi, sperando che quella conversazione finisse presto.

 

-Voglio essere sicura che quella Hyuga di cui parlava sia Hinata. Devo parlare con lei.-

 

Lui sollevò un sopracciglio, infastidito.

Ci pensò un attimo, domandandosi se rivelarle quello che già sapeva, ammettendo, però, che avesse ragione, fosse la cosa giusta da fare.

 

-È complicato.- sospirò, infine, decidendo che non c’era motivo di nascondere la verità.

. -Ma se ha incontrato me e una Hyuga… era sicuramente lei.-  Gli occhi della corvina fecero capitolino nella sua mente.

 

La ragazza annuì. La risposta le bastava. Da qui in poi ci avrebbe pensato lei.

Si girò per allontanarsi, quando si ricordò di qualcosa.

 

-Voglio chiederti un ultimo favore, Uchiha.- Gli disse mentre se ne andava.

 

-Tieni gli occhi aperti. Ho una brutta sensazione. E non si tratta solo di qualche astio passato.-

 

E se ne andò.

 

Sasuke rimase seduto sulla montagna degli Hokage, continuando imperterrito la ricerca di quell’attimo di pace che tanto agognava. 

Nella sua testa tutte le informazioni che aveva ottenuto in quel periodo vorticavano impetuose nella sua mente senza dargli un attimo di tregua.

Tutte le sue ipotesi non sembravano trovare riscontri. La frustrazione era alle stelle.

Mancava sicuramente qualche tassello. Qualche piccolo, fondamentale tassello che avrebbe permesso al puzzle di completarsi, lasciando finalmente una visuale nitida.

 

Socchiuse gli occhi, puntandoli verso il sole bruciante, sapendo che non sarebbe riuscito ora a fare chiarezza su quel mistero e permise, ancora una volta, ai suoi ricordi di ricoprirgli la mente e scaldarlo, per ancora qualche minuto.

 

 


 

 


Il Miantas era iniziato. 

 

La folla passava di stand in stand come ferro attratto da una calamita, interessata e intrigata da tutte quelle novità che fino ad ora non si erano mai viste in pubblico.

 

L’accelerazione scientifica, che era stata permessa dalla pace, aveva dato vita ad un numero senza fine di nuove possibilità.

Al giorno d’oggi, ripetevano le alte sfere del mondo, ogni Shinobi avrebbe potuto allenarsi e studiare in modi fino a poco prima nemmeno immaginabili.

 

Si ringraziava, in primis, l’alleanza ninja che aveva reso possibile tutto ciò e si ringraziavano implicitamente anche due persone in particolare, ma senza fare nomi.

 

Dopo la quarta grande guerra, il tenore di vita era nettamente migliorato e ormai si poteva guardare al futuro con serenità.

 

Questo era quello a cui i Kage lavoravano, questo era il fine ultimo che volevano raggiungere. Una serena pace duratura.

 

Ma il malcontento, anche questa volta, non mancava.

 

Vi erano parecchie scuole di pensiero.

Alcune più moderate e altre meno.

Il malcontento, in generale, riguardava proprio questo ossimoro.

 

“Perché se il mondo era in pace si continuava a creare armi?”

 

Questa scelta sembrava urlare a pieni polmoni che questa fantomatica pace non esistesse. Che fosse solo una facciata, quasi una trovata pubblicitaria.

E il rapimento dei bambini non aiutava certo a smentire questi pensieri.

 

Vari ninja di Konoha erano stati messi di guardia per evitare problemi; piccole scorribande erano state fermate e anche problemi più importanti, come qualche tentativo di sabotaggio da parte di estremisti dei gruppi sopracitati.

 

La giornata era splendida. Il sole era alto e non una sola nuvola in cielo sembrava avere intenzione di coprirlo.

 

Sakura, fiera del suo lavoro, sprizzava gioia da ogni poro, seduta su una sedia, in un abito elegante mentre si accarezzava il pancione sempre più grande, osservando da un punto privilegiato l’andamento dell’evento.

 

Naruto le era accanto e parlottava con lei del più e del meno, mentre con la coda dell’occhio, anche lui, arancione e luminoso, controllava la situazione.

 

Poco prima aveva parlato con Sasuke per decidere il da farsi.

Kakashi aveva affidato loro la missione di supervisionare il villaggio, non tanto per il benandare del Miantas, quanto per essere pronti nel caso in cui seri problemi si facessero sentire.

La sicurezza degli abitanti e la sicurezza dei bambini con abilità innate era la loro priorità. 

 

L’Uchiha gli aveva riferito, tra le altre cose, anche le sensazioni di Temari, dal momento che le condivideva e avevano deciso di sorvegliare tutto il villaggio, mantenendo un’apparenza calma, ma vigile.

 

Se i rapitori erano riusciti a portare via bambini indisturbatamente nel silenzio più totale, in mezzo a quel caos avrebbero potuto rifarlo molto più facilmente.

 

Questo era il loro incarico.

 

Avevano, dunque, tracciato con il chakra ogni bambino che possedesse o avesse potuto possedere un’abilità oculare.

 

Shikamaru aveva studiato questo piano insieme all’Hokage, e avevano cominciato ad attuarlo dopo aver ottenuto il consenso di Hiashi Hyuga e di Sasuke.

 

Ad essere stato tracciato, infatti, era anche il bambino nel grembo di Sakura.

Ed era compito di Naruto tenere d’occhio proprio lei.

Sasuke si sarebbe occupato del resto.

 

E tuttavia una folla di fan scatenati si era già accalcata ai piedi di Naruto, strillante e adorante, chiedendo autografi, foto insieme o di potergli stringere la mano.

Vanificando, dunque, la mobilità del biondo.

 

Naruto non sembrava essere infastidito, era sempre felice di essere riconosciuto, ma oltre quella folla di persone adoranti, una in particolare, poco distante dal gruppo, attirò la sua attenzione.

 

Un uomo sulla trentina dagli occhi più verdi che avesse mai visto, vestito elegante e di tutto punto, leggermente impacciato e appena un po’ gobbo, segno di una vita passata dietro ad una scrivania, fissava l’Uzumaki con occhi scintillanti.

 

Quando questi riuscì ad avvicinarsi, sembrò molto timido, tremante per l’emozione. 

Ma tutto su un tratto, si riscosse e cominciò con voce alta e poco controllata a presentarsi.

 

-Mi chiamo Yoshihiro Hotaka! Sono un suo ammiratore, Uzumaki-sama! Posso stringerle la mano?- L’uomo mise un’enfasi incredibile in quelle domande, afferrando la mano di Naruto e scuotendola vigorosamente.

 

-Sama?- il ragazzo si grattò la tempia con l’indice della mano libera, un po’ a disagio.

 

Dall’esterno sembrava che Hotaka avesse quattro anni e fosse per la prima volta davanti all’attrazione di un luna park.

 

L’uomo si lanciò, in un istante, in un’orazione concitata riguardo tutte le cose che ammirava di lui per poi passare a riempirlo di domande, emozionato e adorante. 

 

-Com’è andato davvero lo scontro con Madara? Quanto era potente? È vero che aveva sviluppato il Rinnegan? Chi era più potente? Voi o Madara? Madara o Sasuke Uchiha? Come ha fatto a convincere l’Uchiha a ritornare alla Foglia? Voi siete un eroe in tutti i sensi!-

 

Naruto era visibilmente imbarazzato e quasi spaventato da tutta quell’energia, come se lui, dal canto suo, non fosse altrettanto energico.

E Shikamaru, che guardava quel teatrino da poco lontano, pensò scherzosamente che per una volta Naruto avrebbe avuto un assaggio della sua stessa medicina.

 

Ogni volta che provava a rispondere ad una domanda questo ne poneva una nuova, andando avanti per abbastanza tempo da lasciarlo senza fiato.

 

-Hotaka-San!-

 

L’uomo si ricompose e si girò, corrucciato e infastidito dall’essere stato interrotto mentre parlava con l’Uzumaki.

 

Shikamaru Nara lo salutò educatamente, dandogli il benvenuto.

L’uomo dagli occhi verdi si schiarì la voce, cercando di ritrovare un qualche contegno.

 

-Vedo che alla fine siete riuscito a incontrare Naruto.-

 

Gli occhi ricominciarono a brillare.

 

-Si! Sono davvero emozionato. Sapete quanto desiderassi incontrarlo.-

 

-Certo, ricordo la festa del Daimyo. Ma non mi aspettavo di trovarvi qui. In fondo avete vinto il Bollo.-

 

Hotaka si ricompose, raddrizzando la schiena e il bagliore lasciò spazio ad una professionale lucidità nei suoi occhi.

 

-Come diceva mio padre, Nara-san, solo perché si è arrivati ad un traguardo, non vuol dire che bisogna smettere di lottare.- Disse serio.

 

-Vostro padre è un uomo saggio.- Intervenne Naruto, sorridente.

 

-Era.- Sorrise per l’interessamento dell’eroe di Konoha. -È venuto a mancare qualche anno fa. Sono a capo del mio progetto per quello.-

 

Shikamaru scosse il capo, imbarazzato.

 

-Mi dispiace, non lo sapevo.-

 

Hotaka si sistemò il bavero della giacca scura con tranquillità e lisciò il fazzoletto meticolosamente piegato nel taschino.

 

-Ma no, ci mancherebbe… ormai è passato tempo. Ma sono felice di ricordarlo. L’ho sempre rispettato molto.- Uno sguardo serio si proiettò in quegli occhi verde bottiglia.

 

Il Nara infilò la mano nella tasca alla ricerca del suo accendino, voleva sentirne il peso, utilizzandolo come totem che potesse aiutarlo a tranquillizzarsi. C’era qualcosa che non andava.

 

-Sa, Nara-san, mio padre mi ha insegnato tutto ciò che so, nonostante io non sia sempre stato d’accordo con lui.- Sospirò sconsolato.

 

-È il grande problema del rapporto padre/figlio. Anche Io e mio padre eravamo così.-

 

-Lui ha creato il nostro progetto per poter aiutare il mondo ninja. E io sono felice di portare avanti questo nostro sogno a modo mio. Il mondo ninja deve essere salvato e preservato.- Sorrise genuinamente.

 

-Spero che riuscirete a fare buoni affari allora.-

 

-Vi ringrazio, sono certo che riuscirò ad ottenere i risultati che spero.- Hotaka guardò per un attimo alle sue spalle e indicó uno stand non troppo distante semi nascosto dal groviglio di persone che decorava la strada.

 

-Se volete potete fare visita al nostro stand. Vi aspetterò molto volentieri!.-

 

I due annuirono, curiosi.

 

Detto questo salutò rispettosamente i due Shinobi e se ne andò. Veloce come era arrivato.

 

-Chi era quello?- 

 

-Yoshihiro Hotaka; era alla festa del Daimyo. Ma non mi aspettavo di trovarlo qui.- il moro si grattò il mento, accarezzando l’accenno di barba che stava lasciando crescere.

 

-Qualcosa non va?- Gli chiese Naruto.

 

-No, è che mi è sembrato diverso da com’era in quei giorni. Era meno… come dire… strafottente?-

 

Naruto si grattò il capo e lo lasciò alle sue elucubrazioni, tornando pacificamente vicino a Sakura, che stava addentando qualcosa da mangiare.

 

Ora al Miantas erano presenti sia Hotaka sia Henka.

Il Nara si morse piano un labbro.

 

-Prevedo seccature in arrivo…-





Note: Ho sistemato il capitolo precedente e spero che questo capitolo sia piaciuto. Alla prossima!

Spark of Shadow

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


 

 Petrichor 
Capitolo 10







Shikamaru, come promesso, andò a vedere lo stand di Hotaka.

Le pareti erano tappezzate di immagini e progetti che spiegavano il funzionamento delle varie armi proposte.

 

Le armi vere si trovavano al di sotto di teche di vetro, su un piano rialzato in modo che tutti potessero vederle.

Al pubblico, invece, erano presentate le versioni non letali, da esposizione, per mostrare il funzionamento del marchingegno senza ferire nessuno.

 

Lo stand sembrava abbastanza frequentato e Yoshihiro Hotaka era ben felice della situazione.

 

Quando l’uomo vide il Nara avvicinarsi, con passo strascicato e le mani in tasca, lo salutò, invitandolo a dare un’occhiata ai suoi prodotti.

 

-Avete delle cose davvero interessanti qui, Hotaka-san.- 

 

-Vi interessa qualcosa in particolare?-

 

Il ragazzo ci pensò su.

 

-Sapete, in realtà sono un novizio di questo genere di ambiente. Siamo stati addestrati a non affidarci alla tecnologia per i combattimenti. Anche in guerra questo tipo di arma non è mai stata utilizzata…- prese in mano un oggetto turchese e nero dalla curiosa forma ad imbuto.

 

-Sono certo che se delle armi di questo tipo fossero state pronte e sicure da utilizzare avreste fatto meno fatica a combattere, Nara-san.-

 

-Forse avete ragione… come funziona questo?- Domandò, alzando lo stesso oggetto ad imbuto.

 

-Questo è un incanalatore di chakra. Lo shinobi immette una quantità di chakra nell’arma e questa quantità viene compressa e accelerata in brevissimo tempo per poi essere sparata sotto forma di energia pura come un proiettile.- 

 

Lo stratega osservò interessato.

 

“In realtà questo è il prototipo e come potete vedere è piuttosto ingombrante, ma  per mostrare il funzionamento dell’arma va più che bene! Il prodotto finito e che sarà messo sul mercato è quello.- Indicò dietro di sè, all’interno di una teca, un piccolo oggetto posto sul dorso di un guanto.

 

-Questo concetto di energia pura mi ricorda il metodo di combattimento degli Hyuga in un certo senso…-

 

-Avete detto bene, Nara-san!- Notò stupito e contento. -Abbiamo studiato i movimenti e il modus operandi delle tecniche del clan Hyuga. Chiaramente senza la loro abilità oculare le due cose non sono paragonabili, ma l’idea di base è proprio la loro tecnica. Sono felice che l’abbiate notato!- 

 

-Come vi è venuta l’idea per questo progetto?-

 

Hotaka si zittì un momento, aggrottando impercettibilmente le sopracciglia.

 

-Qualcosa non va?-

 

-No, assolutamente!- Si riprese l’uomo.

 

Quello sospirò.

 

-Vi chiedo scusa. Di tutte le armi qui, questa è l’unica il cui progetto non ho creato interamente io, bensì mio padre. Io ho solo completato il tutto dopo la sua morte.-

 

-Mi dispiace. È la seconda volta che vi ricordo vostro padre.-

 

-No figuratevi. Non è colpa vostra. Sono io che sono ancora troppo debole per accettare la sua scomparsa. Sapete a volte mi sembra che mi sia sempre vicino e che mi giudichi.- Ridacchió spensierato.

 

Hotaka portò una mano a grattarsi il retro della testa, mentre, visibilmente, era alla ricerca delle parole giuste.

 

-Mio padre aveva un sogno. Desiderava smettere di produrre armi. Perché quello sarebbe stato il giorno in cui il mondo avrebbe iniziato a vivere davvero in pace.-

 

-È un sogno meraviglioso.- Una voce si intromise nel discorso.

 

-Temari!- esclamò il ragazzo.

 

-Si lo era. Sabaku-san. Mio padre credeva in una pace nata dalla cooperazione e dal rispetto reciproco… Sa per come era fatto, non so se quello che è il mondo oggi gli sarebbe piaciuto.- Si adombrò di nuovo.

-Nonostante la pace, questi rapimenti stanno facendo riaffiorare troppo odio…-

Chiuse gli occhi.

-Purtroppo non è ancora tempo di smettere di fabbricare armi…-

 

La coppia lo osservò in silenzio, mentre il vento soffiava fresco e sembrava smorzare le voci attorno a loro.

 

Paragonato alla persona che aveva parlato prima con Naruto, questo sembrava un altro Yoshihiro Hotaka. Era sparito lo spirito giocoso e adorante ed era rimasto solo un freddo sguardo vacuo e annoiato.

 

-Come sono andati gli affari con il Daimyo?- Provò a cambiare argomento, d’un tratto, la ragazza, desiderando alleggerire la situazione.

 

-Oh. Bene, vi ringrazio, Sabaku-san. Il Daimyo ha adottato le nostre armi e ora vari ninja stanno seguendo dei corsi presso i nostri laboratori per imparare ad usarle nel modo più efficace.- Rispose quello, sorridente.

-Abbiamo ricevuto domande anche dagli altri Daimyo. Erano interessati anche loro!-

 

-Sono contento per voi, Hotaka-San.-

 

-Si. È davvero magnifico!-

 

E ritornò a mostrare e spiegare le armi ai due Shinobi.



 




 

Ino vide Hinata camminare con il viso coperto dal collo alto della maglia scura.

 

Era sola e non sembrava badare troppo a dove stesse andando. Sembrava star vivendo in un mondo diverso dal suo, dal loro.

Passeggiava incurante di dove si trovasse, di cosa succedesse attorno a sè.

E la cosa rattristava la bionda.

Hinata era sempre stata molto attenta e incuriosita dalle cose che vedeva; invece ora…

 

Agli occhi della Hyuga il mondo aveva perso da tempo la brillantezza e i colori che lo impreziosivano.

 

Quello che i suoi occhi bianchi vedevano era qualcosa di blando.

Fisicamente vedeva. Ma non percepiva. La scala di grigi che colorava il mondo la faceva sempre più avvicinare ad una cieca.

Una cieca metaforicamente.

 

Era sempre stato piuttosto ossimorico il modo in cui quegli occhi, che avrebbero tranquillamente potuto essere spenti e appassiti, fossero invece vitalissimi e in grado di vedere così tanto.

 

Guardandola, Ino non poteva fare a meno di ricordare la storia che Sakura aveva condiviso con lei; e nell’osservarla meglio non poteva non notare piccoli dettagli che fino ad allora le erano sfuggiti: le occhiaie abbastanza marcate, i lunghi capelli che non erano più perfettamente pettinati, lo sguardo vacuo e spento. Come se cieca lo fosse diventata davvero.

 

Quanto doveva aver sofferto? 

Non riusciva nemmeno a immaginarlo.

 

La bionda avrebbe voluto porle così tante domande, ma probabilmente farle parlare di Sasuke sarebbe stato controproducente.

 

Quelle poche volte che si era fatta vedere in pubblico durante i mesi in cui si era nascosta, la mora aveva fatto di tutto per sembrare la solita dolce sè stessa.

Ma a pensarci bene, a posteriori, Hinata sembrava sempre stanca, impaurita e sembrava sempre voler scappare.

 

Tutti avevano pensato banalmente che avesse timore di vedere Sasuke e Sakura, coppia vittoriosa formatasi dopo il dolore di mille battaglie, di mille angosce, di mille rinunce.

 

Oh, quanto era sbagliato.

Quanto era, invece, più complessa la situazione.

 

Povera Hinata.

Se almeno ci fosse stato Neji…

 

-Hinata!- La chiamò.

 

La ragazza alzò lo sguardo, sentendosi chiamare.

 

-Ino!- Sorrise gentile. -Mi sono persa l’apertura. Com’è stata?-

 

La bionda cercò di mettere da parte ogni pensiero e domanda che voleva porle.

 

-Beh devo dire che non è stata niente male, nonostante sia stata Sakura a organizzare tutto…- 

 

La mora ridacchiò; nonostante si volessero un gran bene, la rivalità tra le due le portava sempre a sminuirsi, seppur affettuosamente.

 

Non poteva però negare che il nome di Sakura ancora non le recasse la gioia che un’amica avrebbe dovuto provare.

Ma scacciò velocemente tale pensiero.

 

-Hanno dato il via con dei fuochi d’artificio verdi, suppongo sia a metà tra l’idea di partenza e il colore della foglia- Si strofinò il mento pensierosa.

 

-È una bella idea!- Rise piano.

 

Ino si era decisa in quell’istante. 

Le avrebbe parlato. Anche a costo di non avere risposta, anche a costo di essere fastidiosa. Ma le avrebbe fatto capire che non era da sola.

 

-Ehi, Hinata… volevo chiederti come stavi…-

 

La ragazza osservò l’amica con la coda dell’occhio, insicura.

 

-Sto bene, Ino, grazie!- Sorrise.

 

Era la solita composta Hinata e le venne spontaneo chiedersi se non stesse recitando una parte…

 

-Senti.- Deglutì, prendendo coraggio. -Volevo dirti che ho parlato con Sakura e…-

 

La mora si irrigidì.

 

-Scusami, Ino.- Tagliò corto. -Ma stavo andando a trovare la piccola Hana e sono già in ritardo… parleremo un’altra volta.- La salutò veloce, senza lasciarle il tempo di aggiungere altro.

 

Solo quando quella si fu allontanata, si accorse della presenza tra la folla della figura scura di Sasuke.

 


 


 

 

 

Kakashi dovette rileggere il comunicato una seconda volta.

 

Non poteva essere vero.

 

Non ci voleva credere.

 

Il dispaccio appena recapitatogli conteneva una terribile notizia. 

 

E tutte le sue paure erano riaffiorate.

 

Il paese della Terra ha attaccato un villaggio limitrofo e ha decimato la popolazione.

 

Sentì mancare il fiato. Il cuore rimbombava caotico e la sua proverbiale lucidità sembrava a poco a poco appannarsi.

 

Dovette sedersi lentamente sulla poltrona dietro alla scrivania, mentre gocce di freddo sudore scendevano scomposte dalla sua fronte.

 

Perché lo Tsuchikage aveva permesso una cosa del genere? 

Era inconcepibile. 

 

Si pizzicò il ponte del naso, frustrato.

 

Kakashi era stato fortunato. Quest’informazione era arrivata quasi per caso dai suoi Anbu.

L’attacco non era stato annunciato e tutto era successo in così poco tempo che non si erano divulgate informazioni.

Era stato un miracolo che alcuni Anbu della foglia, in missione nei paraggi, fossero venuti a conoscenza della situazione.

 

Certo, lo Tsuchikage non avrebbe avvisato.

E forse solo lui ne era a conoscenza.

Probabilmente l’attacco era stato commissionato a pochi soldati o addirittura a dei mercenari, in modo che il tutto restasse il più nascosto possibile.

 

L’attacco, però, era stato a danno di civili.

 

Secondo le fonti il motivo dell’aggressione sarebbe stato il sospetto che quel villaggio fosse abitato o che avesse ospitato ninja traditori e ripudiati. E sempre secondo le fonti, che fosse anche il nascondiglio dei rapitori dei bambini.

 

Ma l’informatore si era sbagliato. 

Sebbene dei criminali fossero effettivamente nel villaggio, i veri obiettivi di tale manovra non si trovavano sul posto. 

 

Era appena stata rasa al suolo una cittadina di civili innocenti.

 

Il ninja copiatore sprofondò il viso tra le mani, in agonia.

 

Cosa doveva fare?

La più piccola informazione e il più piccolo fraintendimento avevano causato la morte di centinaia di innocenti.

 

C’era ancora così poca fiducia tra i paesi?

La pace tanto agognata era davvero così vacillante? Così fragile?

Per cosa ci si stava tanto impegnando se era bastato un presentimento perché si riaprissero i conflitti?

Avevano forse ragione quei gruppi che si stavano opponendo allo sviluppo di nuove armi?

 

L’Hatake non sapeva cosa fare. 

Se avesse svelato cos’era successo si sarebbero riaperte ferite troppo profonde e troppo fresche tra i villaggi per poter essere ignorate.

E se fosse venuto fuori che la Foglia sapeva e non aveva detto nulla?

 

Il mondo stava velocemente riprecipitando nel caos… E probabilmente la positiva influenza di Naruto non sarebbe bastata per mettere le cose a posto.

 

Dei, non riusciva nemmeno a pensarci.

Doveva trovare una soluzione. Al più presto.

 

-Come avranno fatto i precedenti Hokage?- Sospirò. Aspettando quasi una risposta dal cielo.

 

Con il M.i.a.n.t.a.s. tutti gli occhi del mondo ninja erano puntati su Konoha.

Ninja della foglia, degli altri paesi, civili e interessati da ogni parte del mondo erano presenti al villaggio in questi giorni.

 

Sarebbe quasi potuto sembrare un “invito a nozze” per quei bastardi.

 

Per il momento poteva solo sperare che la situazione non peggiorasse.






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Grazie a chiunque continui a leggere Petrichor nonostante l'enorme periodo di tempo senza aggiornamenti.
😊😊😘😘

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Petrichor
Capitolo 11




 


Hana era una bambina molto tranquilla.
I suoi grandi occhioni bianchissimi continuavano a perlustrare ogni centimetro che potessero vedere e infatti era estremamente semplice trovarla con il Byakugan attivato e il nasino all’insù, mentre le grosse vene sollecitate incorniciavano lo sguardo curioso.

Dopo il rapimento, i genitori della piccola avevano deciso di non lasciarla allontanare per nessun motivo, tenendola sempre d’occhio e cercando sempre di lasciarla con persone fidate nel caso in cui non potessero adempiere loro stessi a questo compito.

Quel giorno però era diverso.
Hana non era stata l’unica bambina Hyuga ad essere rapita, ma era stata quella che era ricomparsa dopo più tempo.

L’Hokage aveva costantemente tenuto informati i genitori riguardo indagini e sviluppi, nei limiti del possibile, ed era riuscito a conquistare la loro fiducia con provvedimenti che aveva preso in merito.
Ed era, in qualche modo, riuscito a rassicurarli.

La bambina non capiva tutta la preoccupazione e tutta quell’ansia che però riusciva a percepire.

All’interno della casa, fortunatamente, l’argomento principale era infine cambiato; da un minuzioso rigore nei turni di guardia si era passati a parlare di un certo festival.
C’era molto interesse e la bambina era sempre più emozionata.

La sua attenzione, in quei giorni, era puntata soprattutto sui colori vivaci delle bandierine appese qua e là che scorgeva dalle finestre della villa quando si alzava in punta di piedi per poter arrivare al vetro. O qualche rara volta che era potuta uscire assieme ai genitori.

Aveva domandato più volte di poterle vedere da vicino, gioiosa e speranzosa.
“Sembrano dei pesciolini che nuotano”, aveva detto con occhi chiusi e un sorriso a denti da latte.
Ma la madre, con delle marcate e violacee occhiaie e gli occhi persi nel vuoto, a causa delle notti in bianco passate a sorvegliare la piccola nel lettino rosa in un ciclo di eterna e sfibrante ansia, era stanca e non aveva forze per accontentare la figlioletta.

La situazione cambiò quando una ragazza sulla ventina andò come suo solito a fare visita alla famigliola.
Hinata, da quando la piccola castana era riapparsa, continuava a visitarla assiduamente.
Non avendo potuto fare niente per aiutarla quando era sparita, era decisa a diventare una presenza serena per la madre, in evidente bisogno di riposo, e diventare per Hana qualcosa di simile ad una sorella maggiore.
Aveva deciso di provare ad essere d’aiuto, a fare qualcosa, qualsiasi cosa… Mettendo anche a tacere quella voce rimbombante nella scatola cranica che non voleva saperne di placarsi, che infilzandola con metaforiche dita sussurrava maliziosa all’orecchio parole affilate. “Non hai fatto abbastanza. Avresti potuto fare di più.”

Così la piccola, che era, tra le altre cose, molto furba per la sua età, prese la palla al balzo.
Hinata era una kunoichi. Hinata poteva proteggerla. Forse lei avrebbe potuto accompagnarla a vedere i pesciolini volanti.

La madre fece un po’ di resistenza. Aveva paura, ansia… come darle torto?
Però la figura dell’ex ereditiera, composta, sorridente e pregna di professionalità nel modo in cui prometteva che si sarebbe presa cura della piccola castana, riuscì ad abbattere le sue difese.
E infine cedette, acconsentendo, ma solo facendosi promettere dalla figlia che non si sarebbe mai e poi mai allontanata dalla donna e che avrebbe fatto tutto quello che le veniva detto.

E così Hana, dopo un potente cenno della testa in segno di assenso, poté finalmente uscire di casa e osservare da vicino tutta quella frenesia che aveva scorto attivando la sua poco allenata abilità oculare.

E mentre passeggiava mano nella mano della corvina si rese conto di quello che stava avvenendo.
Dopo aver visto le bandierine colorate e aver guardato un po’ in giro, Byakugan a volte attivato e a volte disattivato, Hinata notò che non erano le armi a incuriosirla; Hana era ancora troppo piccola per trovarle degne di attenzione.
Quello che voleva vedere era perché la gente sembrava così felice.

Non aveva ancora sei anni, c’erano tante cose che le sfuggivano, ma se qualcosa faceva sorridere così tanto le persone, voleva provarlo anche lei.

Come si poteva non adorare una bimba così?



 



Susumu osservò le strade di Konoha, infastidita da tutte le voci urlanti dei turisti e da tutti quei bambini che giocavano a fare i ninja, finendo per scontrarsi più volte contro le sue gambe, ormai sicuramente piene di ematomi, coperte solo da una leggera gonna color pesca.

Era la prima volta che metteva piede in questo villaggio e la donna ammise senza problemi che i sei volti che troneggiavano sulla pietra della montagna, incutevano un timore reverenziale così potente da scuoterle le membra stanche. Sei volti, tutti puntati su di lei, come se la seguissero, come se la giudicassero, come se le intimassero di tornare sui suoi passi.

Quegli stessi potenti volti vegliavano sul villaggio, felice più che mai.

Proveniva da una cittadina insignificante; non era nemmeno un villaggio ninja e quello spettacolo davanti ai suoi occhi, immenso e glorioso, le ricordò nuovamente quanto fosse fiera di essere scappata di casa, quella notte di tanti anni prima, allontanandosi dall’ombra di un futuro che sembrava già scritto per lei e che lei aveva rifiutato con tutte le sue forze.

Ma non aveva tempo, ora, di pensare al suo passato; il suo capo le aveva dato degli ordini precisi.
Era ora di mettersi al lavoro.



 



Dall’altra parte della scrivania, uno stuolo di uomini sulla cinquantina muniti di penne e di blocchetti per gli appunti aspettavano che l’Hatake parlasse, ruotando di tanto in tanto il polso della mano dominante per tenerla pronta a trascrivere ogni parola utile.

La conferenza stampa per l’inizio del M.i.a.n.t.a.s. aveva radunato giornalisti da tutto il paese. E non solo.

Ma la possibilità di parlare con un Kage in persona era chiaramente un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire parlando solo di eventi e armi.

-Sa, sono state fatte diverse ipotesi su chi possa essere il rapitore…- Un giornalista sistemò gli occhiali lungo il naso dritto.

-Cosa avete pensato?- Kakashi era parecchio annoiato. Era ovvio che si finisse a parlare di questo argomento, anche se avrebbe preferito che le domande vertessero solo sul meeting. Incontro per il quale questa intervista stava avendo luogo in primis.

-Gli anziani dei villaggi hanno pensato che potesse esserci dietro qualche simpatizzante di Madara.-

-Cosa c’entra Madara in tutto questo?- Portò le dita a pizzicare il ponte del naso.

-Sono solo ipotesi…-

E grazie tante. In quei pochi mesi, nessuno avuto altre informazioni. Per un periodo anche i rapimenti sembravano essersi fermati.
Il sospiro di sollievo, però, era stato tirato troppo presto.
I vari paesi stavano tacitamente attaccandosi.
E un altro bambino era scomparso.

A differenza delle altre volte, però, il bambino non era ancora riapparso.
E le ricerche continuavano.
E continuavano anche le preoccupazioni.

-In fondo ci sono voci ben peggiori…- L’uomo riportò il grigio alla realtà.

-Sarebbero?- sollevò un sopracciglio l’Hokage.

-Beh, mi è giunta voce che sia pensiero comune che l’ultimo Uchiha abbia di nuovo perso la ragione. E che abbia voluto continuare nella sua vendetta contro il mondo ninja.- Un brusio di assensi e uno contrastante di dissensi cominciò rapido a diffondersi.

Kakashi sospirò, stanco.

Per quanto tempo ancora quel teatrino sarebbe andato avanti?
Sasuke non era più una minaccia da un pezzo ed era evidente che fosse diventato un conveniente capro espiatorio.
Era facile, infondo, dare un volto e un nome a qualcosa di sconosciuto.
In un certo senso bloccava la paura.

Ma ormai era solo una nenia assordante e malata.
Continuare a indicare Sasuke come la causa di tutti i mali del mondo ninja non avrebbe risolto nulla.
Bisognava mettere un freno a tutto questo. Bisognava farlo in fretta.

-Sasuke Uchiha è in pace.- Si pronunciò fermo, sovrastando tutto il brusio e placandolo, zittendo finalmente tutto quello stupido e inutile parlottare. -Ed è un riconosciuto shinobi della Foglia. Perdonate, ma non posso accettare che vi siano ancora voci diffamatorie di questo genere sul suo conto.- Il tono continuava ad essere perentorio. Non doveva lasciare spazio ad ulteriori argomentazioni.

L’interlocutore rabbrividì.

Una donna un po’ curva e in un abito rosa lo guardò di sottecchi.

-Non sarà che avete paura che l’Uchiha sia di nuovo un pericolo? E che non accettiate che i vostri metodi di reintegrazione abbiano fallito?-

L’Hokage si stava spazientendo.

-Questa è un’accusa che non ho intenzione di tollerare. Sasuke Uchiha è stato sotto stretta sorveglianza per anni, proprio come i capi dei paesi hanno deciso. E dopo vigili e meticolosi controlli, si è riunito alla Foglia e ha combattuto sotto il suo nome e sotto la sua insegna.
Sasuke non è solo parte della Foglia, è parte di tutta l’alleanza ninja.-

Il brusio ricominciò a pervadere la stanza. Placare una voce era quasi sempre impossibile, soprattutto quando era condivisa dai più.
Ma tra tutte, una voce si alzò, con parole più cupe delle altre.

-Gli Uchiha sono pericolosi, nessuno li può fermare. E guarda caso è servito un altro Uchiha per fare quello.-

Grazie a Dio, Sasuke non era lì. Questo rimando a Itachi era un tipo di provocazione che davvero avrebbe potuto alterare ogni equilibrio.

-La questione Clan Uchiha è stata già discussa in passato. E comunque non vedo il nesso con la situazione odierna.-

Mentre qualcuno era già con la bocca aperta per parlare, l’Hatake decise di mettere a tacere una volta e per tutte questo dibattito.

-Siamo qui per parlare del M.i.a.n.t.a.s., se le vostre domande non sono attinenti a tale argomento non vedo il motivo per restare in questa sala.-

In qualche modo riuscì a convincere i giornalisti e finalmente si riuscì ad ottenere un po’ di ordine.



 



Kakashi ribolliva di rabbia.

Sasuke era, in fin dei conti, ingestibile.

L’unico motivo per cui non aveva timore di lui era che il ragazzo non era più interessato alla vendetta.
Ma sapeva benissimo che l’Uchiha era capace di atrocità indicibili. E come lo sapeva lui, lo sapevano tutti.

Quello che il mondo non sapeva era che il moro non avrebbe mai giocato con le abilità oculari degli altri.

Per lui erano un potere assoluto.

Era giusto studiarle. Importante conoscerle. Ma non ammissibile sfruttarle a proprio piacimento.
Come Danzo.
E Danzo aveva pagato per i suoi crimini proprio per mano di Sasuke.

Ma come spiegare una cosa del genere al mondo.
Chi gli avrebbe creduto?
Era semplice. Troppo semplice perché al mondo andasse bene.
Nessuno si sarebbe accontentato di sentirsi dire che Sasuke era estremamente rispettoso di quel tipo di potere.

E forse quell’idea di assolutezza e unicità si era impressa in lui ancora di più dopo Hinata.

Si massaggiò le tempie.

Perché questa cosa non sembrava arrivare da nessuna parte?

C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta quella situazione.

-A cosa stai pensando?- Una voce roca lo riportò alla realtà.

-Sasuke…- L‘Hatake si rese conto di non averlo sentito entrare e storse la bocca in una smorfia celata dalla maschera.

Quello mugolò in risposta.

-Niente. Le interviste dovevano essere sul M.i.a.n.t.a.s., ma ovviamente si è finiti per parlare d’altro.-

Il moro non disse niente, limitandosi ad avvicinarsi alla finestra per guardare fuori.
Il brulicare della gente poteva risultare quasi rilassante.
Se non fosse che, come sempre, quando guardava una folla, era per vedere se in mezzo ci fosse lei.

-Ci sono delle teorie complottiste davvero assurde là fuori.-

Sasuke rimase immobile a guardare quelle onde di persone che sciabordavano per le strade.
In quel momento gli tornarono in mente le parole di Hinata sulle fantasie di quella bambina che avrebbe visto il fuoco come capelli.

-Fammi indovinare, Madara è risorto e gli Uchiha vogliono conquistare il mondo?- domandò sprezzante, ma senza un vero interesse.

E Kakashi non sapeva come dirgli che ci aveva azzeccato in pieno.

-La paura oscura la ragione, Sasuke. Riuscire a dare un nome e un volto all’ignoto può aiutare ad affrontarlo… anche se non è sempre la cosa giusta da fare…-

Prima che una risposta potesse essere data, bussarono alla porta con un suono cavo.

Shikamaru entrò in silenzio, salutando con un inchino l’Hatake, visibilmente esausto. Molto più che in battaglia.

-Quei giornalisti avevano una strana luce negli occhi dopo essere usciti da qui…- indicò con il pollice la porta alle sue spalle.

Il grigio sospirò, appoggiando la guancia sul palmo della mano.

-Come stavo dicendo a Sasuke, l’intervista doveva essere sull’apertura del meeting, ma come puoi ben immaginare i giornalisti si sono presi delle libertà.-

-Hanno fatto domande sui rapimenti?-

-Ovviamente. Oltre a quelle, però, hanno deciso di renderci partecipi di alcune teorie..-

Il Nara si sentì stanco solo a sentire quelle parole.

-Non ho nemmeno la voglia di immaginare…- Poi però puntò lo sguardo sull’Uchiha, in nero, appoggiato con la schiena alla parete, le braccia conserte e lo sguardo ancora perso oltre il vetro della finestra.

-Aspetti.-

-Già. Stanno circolando voci sul fatto che il colpevole sia Sasuke… tra le altre cose.-.

Il moro non sembró nemmeno sentire quel discorso, preso com’era nell’ammirare il genere umano al di sotto del palazzo.

-La gente non smetterà mai, vero?-

Il fatto che il caso Chuui Henka fosse ancora marchiato a fuoco nell’orgoglio dell’Hokage certo non aiutava a far sembrare Sasuke meno minaccioso.

-Posso fare qualcosa?- domandò il ragazzo, contrariamente alla sua accidiosa natura.

-No, Shikamaru… continua pure a supervisionare.-

Sasuke, fermo e imperturbabile, infine si girò verso il suo vecchio maestro con uno sguardo calmo, ma glaciale.

-Spero non sia necessario accertare se quelle teorie sono vere o false.-

L’Hatake voltò la testa verso di lui, con un’espressione in un certo senso apologetica.

-So bene che non sei stato tu, ma quello che mi hai detto sullo staccarti dalle missioni insieme ad Hinata mi ha lasciato parecchio perplesso.-

-Beh. Lei era lì a sorvegliarmi no?- L'Uchiha sembrava serio dando una risposta del genere.

-Sasuke…-

-Non a lei.- Lo interruppe, mentre le sue orbite si coloravano di rosso. -A lei non avrei mai fatto del male.- Il suo sguardo era diventato una lama affilata a quella velata accusa.
-Non osare mai più.- Mangekyou Sharingan brillante e scarlatto nella cornea del ragazzo.

La parola ingestibile risuonò tonante nella testa dell’uomo.

-Ricordo qualche vostro scontro però.- Sembrò fare mente locale.

-Era lei a chiedermi di allenarci se è questo che intendi.- Un istante di calore gli coprì il cuore.

La dolcezza di quei ricordi era tale da farlo sentire in pace con sè stesso, anche se solo per qualche momento, facendo placare la sorda rabbia che stava riaffiorando da dentro di lui.
Era la sua droga personale. Il ricordare.

-Povera Hinata…-

Il ragazzo lo osservò pacato. Lo Sharingan ormai disattivato nei suoi occhi.

Più informazioni si ottenevano, meno questa storia sembrava chiara.

Sasuke non ricordava Chuui Henka. Ma probabilmente, anche nel caso opposto, non avrebbe detto nulla.
No. Non avrebbe mai rivelato niente di quello che aveva vissuto e passato insieme ad Hinata.

-Non ho intenzione di dirti nulla di quei momenti, quindi non perdere tempo a domandare.-

Shikamaru se ne era rimasto zitto per tutto il tempo, preferendo evitare di entrare in quel discorso.
Ma alle parole dell’Uchiha, quello che Chuui Henka gli aveva rivelato cominciava ad avere un senso compiuto.

-Ad ogni modo.- Si schiarì la voce il grigio.
-Avrei preferito dirlo con anche Naruto presente, ma lo dirò a voi.- Sospirò. -Chiedo a te, Shikamaru, di riferire il tutto a Naruto.-

All’unisono, i due dall’altra parte della scrivania inarcarono un sopracciglio.

-Si tratta di un’informazione top secret. Nemmeno io dovrei esserne a conoscenza.- Strinse le mani intrecciate tra loro.
-Il paese della Terra ha attaccato un villaggio. Una fuga di informazioni ha fatto pensare che i rapitori si trovassero lì. La popolazione è stata decimata.-

-Cosa?- Shikamaru spalancò gli occhi, inorridito.

Sasuke non disse nulla.

-Il mondo è in preda al caos. Sono venuto a conoscenza di questo fatto solo per caso e nessuna notizia ancora si è diffusa.-

-Lo Tsuchikage non aveva alcuna intenzione di confrontarsi con gli altri Kage.- Notò Sasuke.

-Probabilmente non voleva coinvolgere le altre nazioni e scatenare un conflitto su larga scala.- Ragionò il Nara.

-Ma fatto questo attacco non si può più tornare indietro. Se qualcun altro dovesse scoprirlo…-

-Saremmo di nuovo in guerra.- Concluse preoccupato l’Hokage.



 



Per ordine di Kakashi, Shikamaru dovette spiegare la situazione a Naruto, ancora al fianco di Sakura e ancora alle prese con la sorveglianza delle strade.

Il Nara gli chiese di spostarsi e cercare una zona appartata per poter parlare liberamente e lontano da orecchie indiscrete.

L’Uzumaki si guardò intorno, domandandosi se allontanarsi fosse la scelta giusta.
Il fermento delle persone sembrava non placarsi mai.

Ma infondo era stato Shikamaru a chiederglielo.
Probabilmente aveva già calcolato ogni possibile rischio che si poteva correre.

Convinto, si avvicinò velocemente a Sakura, che si stava facendo aria con un depliant.
La avvertì che si sarebbe allontanato per qualche minuto e seguì lo stratega che indicava un angolo deserto poco distante, notando con la coda dell’occhio una donna, avvolta in una leggera gonna color pesca e gambe piene di ematomi, avvicinarsi allo stand dove si trovava la Rosa.









Auguro a tutti un buon SasuHina month!
Spark of Shadow.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Petrichor
Capitolo 12

(Flashback scritto in corsivo)







Naruto digrignò i denti, portandosi le mani tra i capelli e volendo disperatamente urlare dalla rabbia. 
La frustrazione che provava era immensa.

Il paese della terra aveva agito in maniera abominevole. 
Davvero non c’erano alternative? Non ci voleva credere.
Ci doveva essere stata per forza un’altra soluzione. Una sensata.

Doveva parlare con Kakashi. Forse avrebbero potuto pensare a qualcosa, forse si sarebbe potuto ancora fare qualcosa…

Alzò la testa di scatto, liberandola dalla gabbia formata dalla stretta delle sue mani e ricercò l’amico con lo sguardo.

-Oi, Shikamaru.- Il Nara gli fece un cenno con la testa, mentre si accendeva una sigaretta.
-Devo parlare con il maestro Kakashi. -Puoi tenere d’occhio la situazione?-

Shikamaru crollò emotivamente per un istante per la pesantezza del lavoro che Naruto gli stava affidando.
Ma si ricompose in fretta, conscio che era una cosa che andava fatta.

Aspirò dalla sigaretta una seconda volta, sentendo il fumo viaggiare fino ai polmoni.
Espirò.

-Vai. Ma non metterci una vita. Ti ricordo che io posso operare solo fino ad un certo punto.-

Il biondo annuì. E saltando da un tetto all’altro partì alla volta del palazzo dell’Hokage.



 



-Oi, Maestro Kakashi!- Bussò forte alla porta.
Non attese nemmeno un “avanti” o un cenno di invito ad entrare. 

Semplicemente irruppe nella stanza, senza troppe cerimonie.

Una volta entrato, notò Sasuke che leggeva un cartiglio, in piedi dietro alla sedia dell’Hatake.

-Naruto. Cosa ci fai qui? Perché non sei con Sakura?- Lo incalzò il grigio, con marcate occhiaie e segni di profonda stanchezza sul resto del viso. 
Sasuke scollò gli occhi dal foglio per un istante.

-Non si preoccupi, c’è Shikamaru con lei.- Si apprestò a rassicurare il capo del villaggio.

L’Hokage si massaggiò una tempia, sconfitto.

-Perché tu non segui mai i piani?- Domandò più a sé stesso che all’Uzumaki.

-È vero?- Naruto era estremamente serio.
-Si.- Gli rispose il maestro, comprendendo di cosa stesse parlando.

-Ma come è possibile?-

-Non lo so, Naruto.- Sospirò.

-Abbiamo lavorato così tanto, perché stanno mandando tutto in frantumi?-

L’Hatake non aveva che frasi fatte nel suo repertorio per rispondere ad una tale domanda. Ma anche quelle erano estremamente fastidiose da pronunciare ad alta voce.

-La paura distrugge l’intelligenza e piega la ragione.-

-Sembri una scatola di cioccolatini, Kakashi.- Li interruppe Sasuke.

-Sasuke, tu cosa ne pensi?-
-Cosa devo pensare? Non abbiamo mezzo indizio e sono mesi che questa storia continua.-

Kakashi si voltò verso di lui.

-Va avanti da così tanto che mi sembra impossibile che nessuno abbia ancora rivendicato i rapimenti ed è ancora più strano che non sia ancora successo niente.-

-Come cazzo fai a dire che non è successo niente?- Sbraitò Naruto interrompendolo, preso dal momento. -Siamo sull’orlo di una nuova guerra!-

-Sto parlando del rapitore.-

-Che intendi dire?-

-Intendo dire che per quanto stiamo brancolando nel buio, non è normale che il colpevole se la stia prendendo così comoda.-

-Hai ragione.- Kakashi sospirò.

-Non una minaccia né una sola persona che se ne sia uscita prendendosi il merito dei rapimenti. È passato troppo tempo.-

-Ormai si staranno preparando per una svolta.- Il grigio completò il ragionamento.

Il concetto aveva senso. Se era passato così tanto tempo, si doveva per forza stare per arrivare al dunque.

Naruto non sapeva cosa dire. 
In quella stanza era chiaro a tutti, ora anche a lui. L’Hokage stava cercando con tutte le sue forze di prevenire una guerra. Ma nessuno sapeva davvero cosa fare.

-Naruto. Torna al tuo posto. La tua presenza è necessaria.- Si sentì ordinare da una voce stanca.

Il biondo strinse i pugni, sentendosi impotente e incatenato.
Avrebbe voluto fare di più, molto di più. Ma gli occhi del suo maestro e del suo compagno di squadra che continuavano a ricercare qualcosa tra i vari documenti sulla scrivania lo convinsero ad andare.
Doveva proteggere Sakura.



 



Sasuke appoggiò un documento sulla scrivania e si allontanò.
Ma prima che potesse raggiungere la maniglia d’ottone della porta, Kakashi lo richiamò.

-Sasuke.-

Non era certo il momento giusto per parlare di questo, ma l’ex maestro aveva il sentore che non ce ne sarebbero stati molti altri.

Il moro si fermò e si voltò verso l’uomo, che si stagliava bianco nella tunica immacolata contro l’arancia di un tramonto che stava nascendo dietro i vetri della finestra.

L’Hatake si morse il labbro sotto la maschera. Era nervoso a riportare in ballo la questione.

-So che non vuoi parlare del tempo con Hinata, ma…- strinse il pugno.

-Cosa ha a che fare questo discorso con la situazione?- Lo interruppe il moro, lento e con una finta calma che veniva tradita dalla compulsiva stretta al polso sinistro. 

-Sasuke…-

-Non so perché tu voglia tanto che ti racconti di noi… ma avevamo dei motivi per staccarci dagli altri.-

-Non voglio farmi gli affari vostri… ma se davvero dovesse scatenarsi una guerra, dobbiamo cercare di non dare appigli a chi non vede l’ora di additarti come colpevole e metterti ai ferri!-

Sasuke strinse di nuovo il polso sinistro.

-Non so più come dirtelo, Kakashi. Non so chi sia questo Henka.- Sasuke era perentorio e sull’orlo di una crisi di nervi.
-Continuare a fare sempre la stessa domanda non porterà ad una risposta.- Sibilò glaciale.

-Potresti averla protetta contro qualcuno, magari contro questo Henka.- Esclamò.

-Protetta?- La parola uscì spezzata dalla gola.

Quello annuì.

Sasuke alzò un sopracciglio, infastidito.

-Hinata non aveva alcun bisogno della mia protezione. Me ne sono assicurato personalmente.-

-Non è questo il punto, Sasuke…-

Ma l’Uchiha non si fermò ad ascoltare, sbattendo la porta dietro di sé e troncando la conversazione.



 



Mentre camminava per le strade del villaggio, Sasuke non riusciva a smettere di pensare a quello che Kakashi aveva detto.

Per qualche motivo l’idea che Hinata venisse additata come debole gli faceva ribollire il sangue nelle vene.

Loro non sapevano niente di lei. 
Vedevano una donna gentile e pacata e pensavano che quello fosse il limite delle sue qualità.
Tutte le kunoichi della Foglia venivano messe a paragone con Sakura prima o poi e sembrava quasi che l’unico elemento da valutare fosse la forza bruta.

Hinata non si affidava a quella.
Le tecniche della Hyuga e il suo comportamento sul campo di battaglia erano molto diversi.
Non era questione di forza. Era questione di precisione, di velocità, di sangue freddo. Elusione e contrattacco.
E in questi ambiti, ai suoi occhi, era in assoluto la migliore tra le kunoichi.

Eppure all’epoca, per lei non era abbastanza.

Dopo aver cominciato a conoscersi e a parlare, si accese in lei un fuoco che non riusciva a comprendere. Una necessità di rivalsa quasi. Voleva spingersi oltre, migliorarsi sempre di più e ottenere qualcosa.
E il tutto andò avanti per mesi e mesi, mentre i loro sentimenti crescevano a poco a poco sempre di più.
Hinata si allenava senza sosta e il moro a volte la fissava da lontano, curioso e impensierito.

Finché un giorno qualcosa non cambiò.

Fiduciosa dei risultati del suo allenamento, la ragazza gli fece una proposta. 

Scontrarsi.

Sasuke non era convinto, non voleva che qualcosa andasse a intaccare il rapporto che avevano costruito. E sotto sotto, la realtà era che temeva che potesse nascere in lei paura. Paura di lui.
Non lo avrebbe potuto sopportare.
Ma Hinata aveva insistito così tanto che alla fine non era riuscito a rifiutare.

La Hyuga fece anche una precisazione.
Voleva vederlo a piena potenza.
Non dovevano necessariamente combattere. Ma voleva che le mostrasse tutta la sua forza.

E così fu.


Quel giorno, Hinata rimase sconvolta all’espressione del suo potere.
I capelli le si rizzarono alla base del collo, colti dall’emozione e dall’elettricità che prepotente rimaneva nell’aria, permeandola.

Nemmeno riusciva a ricordarsi più perché si trovasse lì.

La mente svuotata.
Il mondo svanito.
E a riempire i suoi occhi, era solo la nera e imponente figura dell’Uchiha. Potente, fiero, letale.

La ragazza in un secondo si accasciò a terra. Sconcertata.
Non riusciva a focalizzarsi su nulla. Il mondo attorno a lei era scomparso. 
E non riusciva a comprendere come tutto questo fosse possibile.

Sasuke la fissò inespressivo. E dentro di sé teso come una corda di violino.
Non aveva fatto nulla. 

Dopo essersi scambiati qualche colpo e qualche attacco, aveva deciso di mantenere fede al patto con la Hyuga. 

Aveva solo liberato il suo chakra.
E la ragazza aveva ceduto.

-Come è possibile una cosa del genere?-

Lui non distolse gli occhi da lei, rimanendo in silenzio.

La Hyuga non stava tremando, e quello era un buon segno, ma stava continuando a tenere lo sguardo bianco sul palmo delle sue mani, alla ricerca di qualcosa.

Nella sua testa non riusciva a metabolizzare quello a cui aveva appena assistito.
Sasuke non era solo un bravo ninja. Era fuori da ogni categoria.
E dopo tutto il suo lavoro, tutta la sua fatica, qualcosa in lei sembrò incrinarsi.

Sapeva che non aveva senso paragonarsi a lui.
Ma allora perché, perché non riusciva a smettere di farlo?
Si sentiva una formica. Una semplice, banale, debole formica di fronte a Sasuke Uchiha.
Ed era così. Sapeva che era quella la disparità tra loro.

Il ragazzo le si avvicinò piano, non sapendo davvero cosa fare.
Lo aveva chiesto lei di fare sul serio in questo allenamento. Era chiaro che se ne fosse pentita. Le appoggiò una mano sulla spalla.

-È s-stato un errore.-Ridacchiò lei.

-Ehi, Hyuga.- Quella alzò gli occhi. -Sei stata brava, oggi.- Le accarezzò piano la spalla con il pollice, (sorprendendo anche sè stesso), mentre lei arrossiva al gesto.

Non era vero. Hinata lo sapeva e un velo di disappunto le coprì il cuore, inzuppandolo di senso di inadeguatezza.
Ma lei non si sarebbe arresa mai.

La vide pensare a qualcosa. E ruminare quel pensiero per diversi secondi, concentrata, ma non completamente lucida.

Poi, seria più che mai, fissò i suoi occhi perla a quelli ebano di lui. Cercò con lo sguardo di fargli percepire che ciò che stava per dire non era uno scherzo.
Era estremamente seria. E determinata.

-Allenami.-

Lui alzò un sopracciglio e poi li aggrottò entrambi.

-Non sono un insegnante, Hyuga.-

-Allenami comunque.- Riprovò.

-No.-

-Perché?- domandò nervosa, mentre un sottile timore si impadroniva velocemente di lei.

Si aspettò che rispondesse che era solo una perdita di tempo, che non ne valeva la pena, che era troppo debole e non sarebbe mai stata più di quello che era ora.
Si aspettò che le dicesse di rassegnarsi e di andare avanti per la sua strada.
Si aspettò che decretasse, dopo quel patetico scontro, che non era abbastanza per lui.

E pronta a quelle parole, si maledì mentalmente e rabbrividì, cominciando a cercare un’espressione che potesse salvarla.
Ma…

-Perché non ne sono capace.- Sincero.

Lei sgranò gli occhi. Sorpresa e confusa.
Boccheggiò per un istante e poi riprovò, con più impeto.

-Trova un modo. Non importa quale, non importa quanto difficile.- Respirò a fondo, scuotendo la testa al ritmo delle parole. -Ma, per favore, allenami.-

Gli occhi che lo stavano fronteggiando erano infuocati, così decisi da scuotergli qualcosa nelle membra.

-Perché vuoi che ti alleni? Siamo in tempo di pace.- Si ritrovò a chiederle.

Non sapeva cosa rispondere. Non ci aveva pensato sopra. La domanda era uscita dal suo cuore prima che il cervello potesse elaborarla. Esito di un groviglio di emozioni e sentimenti che avevano cominciato ad annodarsi il giorno che si erano conosciuti.
Ma una risposta, infine, fulminea e perfetta, arrivò.

-Voglio essere all’altezza.- Distolse per un attimo lo sguardo, imbarazzata e rossa in viso.

Sasuke aggrottò le sopracciglia ,confuso.
-Di cosa?-

-Di te.- Disse ferma e perentoria e trattenne il respiro.

Sasuke soppesò calmo le parole. Si alzò piano, staccando la mano che l’aveva accarezzata dalla spalla e con il volto come una maschera si girò, offrendo la schiena alla ragazza.

Sicuro di non essere visto, portò una mano mezza tremante alla bocca, soffocando la sorpresa di quelle parole.
Un calore incontenibile lo colse e non voleva che Hinata vedesse il rossore che sentiva crescere impietoso sul suo viso e che non riusciva a contrastare.

Maledette emozioni. Si ritrovò a pensare.
E maledetta la Hyuga che gliele faceva provare.



 



Naruto, di nuovo al lavoro, vedeva il tempo passare come le persone, tra una bancarella e l’altra.

Le parole di Sasuke e di Kakashi gli perforavano il cuore al solo ricordarle.
Aveva messo tutto sé stesso in quella pace. 
E tutto si stava incrinando così facilmente da non riuscire nemmeno a rendersene conto.
Si poteva fare di più? Agire in altro modo avrebbe evitato una situazione del genere?
Cosa avrebbe detto il maestro Jiraya se fosse stato qui?
Proprio non lo sapeva. E si rese conto in quel momento di quanto ancora fosse lontano dal realizzare il sogno di essere Hokage. 
C’era ancora troppo che doveva imparare. E c’era troppo che si doveva sistemare.

Una voce calma e melodica lo riportò al presente.
Davanti a lui, a salutarlo, c’era Hinata con una bambina attaccata religiosamente alla sua mano.

-Ehi, Hinata!-

-Naruto-kun! Come vanno le cose qui?-

Avrebbe voluto dirle la verità. Avrebbe voluto sentire una sua opinione e una sua parola di conforto. Ma non poteva.
Liquidò velocemente la domanda con un “bene” e cambiò discorso.

-E questa bambina chi è?- si accucciò per avvicinarsi alla sua altezza.

Hana osservò spaesata Hinata, agganciata alla stoffa dei pantaloni neri, chiedendole con uno sguardo cosa dovesse fare.

-Su, non essere timida, lui è un mio caro amico!-

La bimba, a quelle parole, non sembrò convinta, ma si sentì più coraggiosa.

-Sono Hana Hyuga.- salutò aprendo e chiudendo a pugno la manina destra.

-Ciao, Hana-chan! Io sono Naruto!-  Allargò la bocca in un sorriso talmente ampio che Hana cominciò a divertirsi.

La bimba sorrise di fronte a quell’energico ragazzo vestito di una sfumatura di arancione che lo faceva sembrare parte integrante del tramonto. 

E la diffidenza che aveva inizialmente provato scomparve.

Hinata e Naruto parlarono del più e del meno per un po’, sempre mentre lui teneva d’occhio la situazione.
Parlare con la Hyuga era rinfrescante e riposante.
Per un attimo, dimenticare tutti i problemi del mondo ninja era un toccasana.

La kunoichi, si ritrovò a pensare Naruto, era pazzesca. Era una fantastica combattente, un’amica sincera e leale ed era riuscita addirittura a smuovere il cuore ottenebrato di Sasuke. A fargli di nuovo apprezzare la vita… si fermò…
Ed era ancora in piedi nonostante tutto.
Quanto aveva sofferto anche lei?

Naruto si zittì nel bel mezzo del discorso e si rabbuiò. 

-Naruto-kun… va tutto bene?- domandò subito la ragazza, premurosa.

Lui non rispose subito, ancora assorto nel suo pensiero.

-Hinata-chan, io… io davvero non so come tu sia riuscita a fare tutto questo.-

-Di che parli?- Aggrottò le sopracciglia, confusa.

L’Uzumaki si rese conto solo in quel momento di aver troncato senza pensarci un discorso completamente diverso.
Arrossì un poco. E alla fine concluse la frase.

-Penso davvero che sia grazie a te, se Sasuke è quello che è oggi. Sei riuscita a capirlo come né io né Sakura siamo mai stati in grado di fare.-

Hinata ammutolì di fronte a quella frase.
Non capiva perché se ne fosse uscito proprio in quel momento con questa storia. Ma ormai era tardi.

Notò che la piccola si stava addormentando e la prese tra le braccia, cercando di prolungare il tempo che la separava dal dare una risposta.

Sospirò.

-C’era qualcosa in lui che continuava a sfuggirmi. E desideravo stare con lui.- Distolse lo sguardo e arrossì, decidendo infine di rivelare a Naruto la verità.
-Ma non avrei mai potuto essere al suo fianco se prima non lo avessi decifrato.
Volevo capire. Capirlo di più.- 

Naruto annuì comprendendo le sue parole.

-Ho cercato in lungo e in largo una risposta. Avevo appreso la verità dietro alla morte del suo clan, avevo appreso la verità dietro ad Itachi e avevo capito le scelte fatte con Obito. Ma mancava ancora qualcosa.-

Hana, mezza addormentata, si accomodò meglio tra le braccia della kunoichi e quella le accarezzò, dolce, la testa.

-Il comportamento di Sasuke era stato influenzato anche da altro. La freddezza e la crudeltà che sapeva dimostrare avevano certamente origine nel massacro… ma erano anche state solidificate.-

Il biondo la guardò serio.

-Stai parlando di…-

-Si. Orochimaru.- Sospirò. -Lui è stata una delle chiavi di volta della persona che è Sasuke… anche se lui non ne è perfettamente consapevole.-

-È per questo che sapevi già che quelle relazioni non erano opera sua?- Ricordó il biondo.

Lei annuì.

-All’inizio volevo solo sapere di più… poi una cosa dopo l’altra mi ha portata a studiarlo seriamente. Volevo capire cosa potesse aver vissuto Sasuke in quegli anni.
Orochimaru è malato.- Sospirò. 
-Un pazzo psicopatico. Non sai quante volte ho dovuto smettere di studiare per bloccare la nausea.-

-É un pazzo, non c’è dubbio. Ma un pazzo decisamente brillante.-

Naruto la fissava ammirato e orgoglioso.

-Sai…- Cominciò, occhi parzialmente sgranati e fissi su di lei, che contrastava scura contro il pacato bagliore di un tramonto che andava concludendosi.

-Penso che tu sia la donna più coraggiosa che io abbia mai incontrato.- Disse, mentre Hinata sistemava la bambina ormai addormentata in braccio.

Fu il suo turno di sgranare gli occhi. Pensando che un tempo quelle parole sarebbero state il più prezioso tesoro da conservare per sempre nel suo cuore-cassaforte.

-Ti ringrazio, Naruto… ma essere coraggiosa non mi è valso poi molto…-

-Il fatto che tu sia sterile è stato tenuto segreto, anche se non sono sicuro del perché.- Continuò lui.

-Sono stata io a chiederlo. Per non portare disonore agli Hyuga.-

Il biondo non capì.

Quella sospirò mesta, capendo che sarebbe dovuta essere più specifica e pensò che aveva commesso un errore a tirare fuori questo discorso.

-Già molti anni fa il mio titolo di erede mi è stato tolto. E non era mai successo prima nella storia del clan. Gli anziani lo hanno interpretato come un affronto. Li avevo disonorati.- 

Osservò in lontananza la folla che vagava per le strade.

-L’unico modo in cui avrei potuto servire il mio clan sarebbe stato sposarmi. 
Ma da quel giorno…- le parole si fecero pesanti e difficili da far uscire dalla gola.

Deglutì.
E riprovò.

-Dal giorno in cui è stata diagnosticata la mia sterilità, non avrei potuto assolvere nemmeno a quel mio dovere.-

Naruto sbarrò gli occhi.

-Naruto-kun.- Le parole minacciavano nella gola di strozzarla. -Io non sarò capoclan e non potrò essere data in moglie perché non posso provvedere ad un erede.-

Le lacrime minacciavano di scendere copiose.

-E Sasuke…-

-Quella è un’altra storia… più dolorosa.-

Naruto abbassò la testa, rispettoso. Riusciva a percepire il dolore della ragazza. Ma la verità è che non sapeva quanto dolore avesse davvero provato lei. Poteva solo immaginare e doveva essere stato devastante.

La ragazza cominciò a sentire la piccola pesante sulle braccia e decise di avviarsi verso casa.

I due uscirono dal vicolo, passeggiando tra la folla e cambiando discorso. Era meglio parlare di qualcosa di più allegro.
Hinata non sapeva quanto sarebbe riuscita, altrimenti, a trattenere le lacrime.

Le persone attorno a loro parlottavano vivacemente e alle loro orecchie arrivavano pezzi di discorsi che si sovrapponevano tra loro, senza un filo logico e creando una gran confusione e un puzzle di significati senza senso.

Era incredibile quante persone ancora affluissero agli stand.
Le vie continuavano ad essere gremite, abbastanza piene di gente da dover stare attenti a non schiacciare i piedi di qualcuno.
E Hinata, che doveva anche sostenere il peso di Hana, dopo aver declinato la proposta di Naruto di portarla per lei, finì per scontrarsi con qualcuno.

-Scusate, non volevo venirvi addosso.- Disse la mora apologetica.

La persona che aveva colpito era una donna dai capelli biondo cenere e la schiena un po’ gobba, occhi nascosti dietro a dei grossi occhialoni, mentre una gonna color pesca le avvolgeva la vita.

-Ma no, figuratevi.- Si sbrigò a dire quella.

Hana cominciò a muoversi appena tra le braccia della ragazza. 

-Con tutta questa gente può capitare, non c’è problema.- Scosse le mani di fronte a sè, imbarazzata.

Hana cominciò ad accigliarsi e a tremare come se stesse avendo un incubo.

-Hana?- 

La piccola, tremante, infine spalancò gli occhi, mentre sudore freddo scendeva dalla fronte, passando sopra le vene ingrossate del suo Byakugan attivo.

Fissò gli occhi della donna, spaventata.

I loro sguardi si allacciarono per un secondo che sembrò durare un'eternità.
E alla fine la donna si scusò, congedandosi.

-Scusate, devo andare.-

Hinata e Naruto non ebbero il tempo di pensare alla donna e l’Uzumaki non ebbe il tempo di riconoscerla.
La reazione della piccola li spaventò.

-Hana? Hana? Che cosa succede? Stai bene?.-

La piccola, col fiatone, che sembrò calmarsi, cullata dalla Hyuga, annuì piano.

-Testa.- Pronunciò.

-Hai mal di testa, tesoro?- Le domandò dolce.

Annuì di nuovo, accoccolandosi alla ragazza e disattivando il Byakugan. Senza ben capire cosa stesse succedendo.

-Forse è meglio se ti riporto a casa…-

-No!- La interruppe la bimba. -Voglio vedere ancora… sto bene.-

E Hinata sorrise, ma non poteva far rincasare la bimba troppo tardi.

-Hana, ora andiamo a casa.- La bimba cominciò a brontolare capricciosa. 
-Ma domani mattina ti vengo a prendere e finiremo di vedere quello che ci manca, d’accordo?-

Hana soppesò le parole per un secondo. 
E poi annuì. 
Hinata aveva vinto. Ma in fin dei conti, aveva vinto anche lei.

-Promesso?-

-Promesso.-




.
.
.


Il capitolo è parecchio lungo e si trattano molti argomenti... non ero sicura se lasciare il capitolo intero o spezzarlo. Alla fine ho preferito mantenerlo integro.
E niente, spero vi piaccia. 
Alla prossima!
Spark of Shadow
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Petrichor
Capitolo 13

Flashback in corsivo




 

Come promesso, il giorno dopo, Hinata si presentò alla porta della piccola Hana così che potesse continuare la sua esplorazione della fiera.

 

Il fermento della folla non era scemato di molto rispetto al giorno precedente.

Non era troppo presto e un ben fornito stuolo di gruppetti girava per le strade di Konoha, stupito, con il naso all’insù a leggere gli ideogrammi e i caratteri delle varie insegne.

 

Hana non era da meno, osservando qua e là le persone e sentendo i discorsi concitati ed emozionati di giovani genin freschi di promozione all’accademia.

Per loro, questo evento doveva essere un vero paradiso.

 

Gli occhi che brillavano dall’emozione, dal desiderio di diventare ninja a tutti gli effetti scossero nel profondo la piccola che per più di un’ora continuò ad uscirsene con la promessa che sarebbe diventata anche lei una kunoichi.

 

La ragazza era divertita dal suo impeto e addolcita ancora di più dagli occhioni che la fissavano con determinazione e orgoglio. 

 

Hana era una degna Hyuga. Anche Neji l’avrebbe detto.


 





Temari avrebbe preferito essere da un’altra parte.

 

Forse alla fine i modi di fare di Shikamaru l’avevano condizionata, ma continuare a seguire Chuui Henka, facendogli da baby sitter, la stava portando allo sfinimento.

Anche solo stargli dietro era diventato praticamente intollerabile, visto che questi se ne usciva ogni due secondi, di fronte ad ogni benedetto stand, blaterando di come una volta i ninja fossero seri e non avessero, per tanto, bisogno di tutte quelle diavolerie automatiche. (Cosa che lasciava parecchio perplessa Temari, considerato il fatto che Henka, oltre a non essere così vecchio, era un commerciante di armi e tecnologie per la guerra… esattamente come tutti gli altri.)

 

Seguirlo, in ogni caso, non era certo difficile, ma era diventato ormai noioso.

Aveva iniziato a non dargli nemmeno più troppa bada, almeno fino a quando, un secondo dopo, di colpo, quello si bloccò. 

 

Lo sguardo fisso davanti a lui.

Tremante.

Pietrificato.

 

Cosa aveva visto?

 

Fronte madida di sudore freddo, Chuui Henka ritornò per un attimo indietro nel tempo, rivivendo, nello spazio di un istante, il suo più doloroso ricordo.

 

Cominciò ad avanzare a passo deciso e svelto, cercando di farsi largo tra la folla che riempiva la strada, sentendola lamentarsi per il suo comportamento.

 

-Henka-San dove sta andando?- Lo richiamò Temari, interrogativa e infastidita.

 

-Henka-San!-

 

L’uomo si fermò un istante e Temari lo raggiunse notando come questi avesse le labbra socchiuse e lacrime agli angoli degli occhi sbarrati.

Fissava dritto davanti a sé e non era più avanzato di un solo passo.

 

-Si sente bene Henka-San?- Gli domandò cordiale.

 

Il ronzio continuo delle voci dei visitatori attorno a loro attenuò la domanda. La ragazza stava forse dicendo qualcosa? Non riusciva a sentire. 

L’unica cosa che vedeva era quel puntino scuro avvicinarsi e l’unica cosa che sentiva era il battito accelerato del suo cuore in preda al panico.

 

-Temari-San!-

 

La bionda si sentì chiamare da una voce soffice, ma ben chiara.

Alzò lo sguardo e davanti a lei, dove ancora l’imprenditore teneva fisso lo sguardo disperato, vide Hinata Hyuga.

 

-Hinata-San!- Ricambiò il saluto con la mano, dopo aver riconosciuto la ragazza dalla chioma corvina, dimentica per un istante di quelle parole che l’uomo le aveva confidato.

 

Le arrivò davanti, rinchiusa in un maglione nero, come al solito, un po’ troppo largo per lei e una bambina attaccata alla sua mano.

 

-Non sapevo saresti rimasta a Konoha dopo la missione con Shikamaru.-

 

-Beh... sì, diciamo che non era previsto. Gaara non aveva altre missioni.-

 

Entrambe furono interrotte da urla di emozione da parte di tutti i visitatori, esattamente quando una testa color del grano sbucó da dietro un angolo.

Naruto era “entrato in scena”.

 

Hinata sorrise alla vista del ragazzo, che la scorse, puntino nero tra la folla, e cominciò a cercare di avvicinarsi, facendosi largo tra i suoi ammiratori, seguito a ruota da Sasuke.

 

Una visione caleidoscopica, attraverso quelle lenti naturali formate dalle lacrime.

Tutto era ovattato. 

Le voci delle due donne arrivavano come insistenti ronzii di zanzare alle sue stanche orecchie. La testa pulsava. Qualcosa gli si contorse nello stomaco, come se il mondo fosse tutto su un tratto finito sottosopra, ribaltato veloce da qualche strana legge fisica, provocandogli un conato di vomito a stento tenuto a bada.

Chuui Henka indietreggiò di un passo, traballante, e cadde per terra, proprio quando nella sua visuale, offuscata nuovamente da copiose lacrime, comparve, per intero, la figura di Sasuke Uchiha.

 

-V-v-voi...- balbettò sussurrando.

 

-State bene?- domandò Hinata, inclinando da una parte la testa, essendosi accorta per prima dell’uomo.

 

-Henka-San?- 

 

L’uomo era terrorizzato, ma nel suo sguardo, incorniciato da folte e ribelli sopracciglia scure, la bionda scorse di nuovo quella rabbia, quel rancore che già aveva visto in quelle stesse iridi. 

 

Ora ricordava.

 

Hinata si chinò un poco ad offrirgli una mano per rialzarsi, ma l’uomo la schiaffeggiò via, urlando.

 

-Va via da me, mostro!- Pianse l’uomo, emettendo suoni gutturali e cavernosi, affondando le dita nel viso e tirando forte la pelle, scoprendo la congiuntiva degli occhi.

 

La folla attorno a loro si era fermata. Ma il ronzio nelle sue orecchie persisteva concitato.

 

Hinata si rialzò, stupita e confusa da quella reazione.

 

Sasuke, dietro di lei, osservava con disprezzo quell’omuncolo che rantolava per terra, piangendo e sbavando, come bestia randagia, in preda al panico più puro.

 

Temari non sapeva che fare e proprio quando si mosse a cercare di aiutare l’imprenditore a rialzarsi, questo fece da sé. Si ricompose di scatto e tentò di scappare, con l’arrugginita agilità di chi era stato un ninja.

 

Accaldato e col fiato corto, corse e corse, scontrandosi più volte con i passanti. Oggetti saltavano in aria, c’era chi urlava e chi si lamentava. Caos. 

Desideroso di allontanarsi il prima possibile da quel pericolo che solo lui sembrava vedere. 

Ma nel suo cieco desiderio, la sua corsa fu interrotta bruscamente da un colpo di una delle armi sperimentali che si stava mostrando ad uno stand.

 

L’uomo lanciò un latrato di dolore e crollò a terra, incosciente e sanguinante.

 

-Fatevi da parte!- La voce di Naruto fece obbedire tutti i presenti, mentre il gruppetto si avvicinava a Chuui Henka.

 

Hinata si avvicinó, tentando delle manovre di primo soccorso.

Attivò il Byakugan per ispezionare le sue condizioni generali.

Ebbe un impercettibile sussulto, colto, ovviamente, solo dall’abilità innata attiva dell’Uchiha.

 

Proprio in quel momento Shikamaru raggiunse la fidanzata e gli amici, domandando, preoccupato, cosa fosse successo.

Ma bastó uno sguardo alla scena per farsi un’idea.

 

Chuui Henka, Hinata Hyuga, Sasuke Uchiha.

 

La Hyuga ben presto allontanò le mani dal corpo, mentre la confortante luce verde del suo jutsu medico scemava.

 

-Dovrebbe riprendersi a breve, ma sarebbe meglio portarlo all’ospedale. Non conosciamo gli effetti dell’arma che lo ha colpito.-

 

Il Nara annuì e chiamò il progettatore dell’arma perché potesse essere d’aiuto, il quale acconsentì per paura di poter essere coinvolto in qualche azione penale.

 

-Ci pensiamo noi a portarlo in ospedale, grazie.- 

 

-Temari-San, sei sicura di non aver bisogno di aiuto?-

 

-No grazie, Hinata. Io e Shikamaru basteremo. Infondo era compito nostro “vegliare su di lui”.-

 

La corvina annuì e li guardò allontanarsi.

 

La folla ricominció a brulicare tra le bancarelle, come se nulla fosse successo solo pochi attimi prima.

Ah! La superficialità della gente.

 

-Chi era quell’uomo?- Domandò Naruto.

 

-Non saprei...- Rispose Hinata. -Temari lo ha chiamato Chuui Henka.- Continuó vaga, ma cosciente di qualcosa.

 

Sasuke fece il collegamento con ciò che gli aveva detto Kakashi.

 

La mora deglutì, facendosi coraggio. Doveva parlare con lui. Non poteva rimandare.

 

Prese un respiro e si morse piano il labbro, affidando Hana a Naruto, consapevole che sarebbe stata al sicuro con lui.

 

Prese coraggio. Ma la voce non uscì subito.

 

-Sasuke.- Scandì, infine, il nome con un tono di voce più alto di quello che avrebbe voluto, mentre la sua bocca cominciava ad asciugarsi per lo stress.

 

L’Uchiha sgranò gli occhi, sentendo il suo nome uscire dalle labbra di Hinata. 

La osservò giusto un istante, quel tanto che bastava per rendersi conto che la loro intesa era più che mai viva e che entrambi si erano accorti di qualcosa.

 

-Si, lo so. Dobbiamo parlare.- Le disse, facendole cenno di seguirlo.

 

Naruto era un po’ confuso, ma non riuscì ad andare con loro a causa di tutti quelli che volevano parlare con lui, affascinati dalla sua storia e dalla sua potenza, mentre stringeva a sè la minuta Hyuga, che ora sembrava incuriosita dal suo colore di capelli e dal chakra della volpe che poteva percepire.

 

Ultimamente il biondo si sentiva lasciato in disparte a forza di dover rispondere ai suoi ammiratori.


 



 

-Crede che si possa entrare a parlare con il signor Henka?- 

 

L’infermiera annuì con la testa, facendo loro cenno di seguirli verso la porta del pronto soccorso in cui l’imprenditore si trovava.

 

-Vi prego solo di non farlo affaticare.-

 

Shikamaru entrò per primo nella stanza, mentre Temari si preoccupava di ascoltare tutte le informazioni che l’infermiera le stava offrendo.

 

Chuui Henka era seduto su una sedia rossa e imbottita, attaccato ad una flebo e con gli occhi fissi a guardare le gocce cadere ritmiche nell’ampolla.

 

Quando si accorse dello shinobi, tirò un sospiro stanco, segno che probabilmente non aveva molta voglia di affrontare quella visita e tuttavia consapevole che un tale atteggiamento non poteva non richiedere esaustive risposte.

 

-I vostri collaboratori chiedono di voi, Henka-San.-

-Sto bene.- Rispose, rapido.

-Ne siete sicuro?-

 

L’uomo non fece in tempo a rispondere, perché Temari entrò dalla porta, tenendola aperta per una figura avvolta in un mantello bianco.

 

Chuui Henka sgranó gli occhi.

 

-Hokage-sama!-

 

Kakashi annuì lentamente, non togliendo lo sguardo dall’ometto davanti a lui.

 

-Sono desolato per l’incidente, Henka-San, spero vi riprenderete al più presto.-

 

-Sto bene, vi ringrazio, l’infermiera ha detto che non è niente di grave. Sento solo la pressione molto bassa.- Disse veloce e ancora incredulo di avere il capo del villaggio lì davanti a sè.

 

-Capisco.-

 

Un attimo di imbarazzato silenzio passò e con un colpetto di tosse Chuui Henka cercò di richiamare l’attenzione di Kakashi che lo stava squadrando dalla testa ai piedi.

 

-Scusatemi Hokage-sama, a cosa devo la vostra visita?- Cominciò, arrossendo. -N-non che ne sia infastidito, assolutamente.-

 

L’Hatake sospirò da dietro la maschera e decise di vuotare il sacco.

 

-Vedete Henka-san, Shikamaru e Temari mi hanno riportato ciò che è successo alla festa del Daymio.-

 

L’uomo ancora rosso in volto per la presenza dell’Hokage, distolse rapidamente lo sguardo, imbarazzato.

 

-Il fatto è che sono stato messo al corrente del vostro “confronto” con Sasuke Uchiha e la ragazza Hyuga, che supponiamo essere Hinata Hyuga.-

 

-Ma questo cosa c’entra con voi qui?-

 

-Sasuke Uchiha è stato uno dei miei studenti.-

 

L’uomo sgranó gli occhi, completamente spiazzato da quella risposta.

 

-No, non è possibile, come può qualcuno come quel mostro essere uscito dai vostri incredibili insegnamenti?-

 

L’Hatake abbassò gli occhi e riprese:

-Sasuke ha fatto molte scelte sbagliate nella sua vita, ma già da tempo lavora per redimersi e per rimediare al male che ha inflitto.-

 

Chuui Henka abbassò lo sguardo, cupo.

 

-Non può sistemare tutto.- Sbraitò rabbioso.

 

Temari e Shikamaru si scambiarono un’occhiata.

Ancora una volta sorgeva quel discorso, quell’interrogativo a cui nessuno era ancora riuscito a dare risposta.

 

-Vorrei che mi spiegaste questo, Henka-San. Cosa intendete quando dite che non può sistemare tutto o che Sasuke vi ha portato via tutto ciò a cui tenevate?-

 

L’uomo era sorpreso di essere stato citato così perfettamente.

 

Sospirò e infine si arrese. Non poteva mentire all’Hokage.

 

-Io odio l’Uchiha e gli Hyuga. Li voglio morti. Tutti.- Distolse lo sguardo.

 

Kakashi aggrottò le sopracciglia, allarmato.

 

-È una minaccia?- La voce di Shikamaru si sparse per l’aria.

 

Chuui Henka non rispose.

 

-Rispondete alla mia domanda.- Intimó lo Shinobi dai capelli argentei.

 

-Quella ragazza Hyuga, avete detto che si chiama… Hinata?- Nominò il nome senza celare un profondo disgusto.

 

Tutti e tre annuirono.

 

-Hinata è l’unica Hyuga che si sia mai avvicinata a Sasuke.- Concluse il ragazzo.

 

-Anni fa, ci hanno attaccati.-

 

-Ci?-

 

Sospirò, stringendo le mani in preghiera. Le nocche ormai bianche.

 

-Hanno ucciso i miei compagni. Hanno ucciso mio fratello.-

 




Hinata e Sasuke raggiunsero in fretta un angolo appartato del villaggio, abbastanza lontano dalla folla e lontano da occhi indiscreti.

 

In un vicolo grigio, impolverato e dall’odore non propriamente pulito, il moro appoggiò la schiena al muro, in parte ricoperto da graffiti.

 

Voleva osservare la ragazza negli occhi, afferrarle la mano e sperare in qualcosa.

 

Hinata gli dava le spalle, confusa e ancora non del tutto pronta a girarsi.

 

Ma alla fine, consapevole che non si poteva attendere oltre, prese tutto il suo immenso coraggio e ruotò la testa, fino ad incontrare i suoi occhi.

 

Fiero, nobile, meraviglioso.

Mantenere il contatto visivo era difficile.

 

-Lo hai riconosciuto? - Domandò la Hyuga, stanca.

 

-Il suo chakra mi è parso familiare, ma non so chi sia.-

 

La ragazza annuì.

 

-Quell’uomo ci detesta, Kakashi me lo ha riferito poco tempo fa.-

 

-Si, lo avevo immaginato. D’altronde i suoi compagni sono morti...-

 

Sasuke alzó un sopracciglio, confuso.

 

-Non ricordi?-

 

Sasuke la osservava attentamente, più interessato alla persona che aveva davanti che alla questione appena sorta.

 

La ragazza, dal canto suo, lo fissava in attesa che qualcosa si formasse nella mente del moro, riportando a galla la memoria lungamente andata perduta degli eventi citati.

Ma nulla raffiorava.

 

-Il suo chakra non mi è del tutto nuovo, ma non ricordo assolutamente quel tipo.-

 

Hinata portò la mano al mento, pensando a come spiegare la situazione al moro, quando questo le mise una mano sul braccio.

 

-Tu stai bene?-

 

-Si.- Disse rapida e con un accenno di sorriso sulle labbra, confortata dal gesto.


 



 

-Sasuke-San!-

 

C’era una luce incantevole quel giorno. Questa filtrava tra le fronde degli alberi rovesciandosi a cascata come fasci caldi e brillanti.

Il sole, infondo, si stava alzando nel cielo poco annuvolato e coloratissimo.

E tutto quello che i suoi raggi toccavano sembrava risplendere, illuminando di vita tutta la zona.

 

Eppure, mentre guardava quella ragazza così strana che lo chiamava con un sorriso così dolce, premuroso e sincero, Sasuke si era ritrovato a domandarsi da dove davvero partisse quella luce, da dove provenissero quei fili d’oro che illuminavano ogni cosa intorno a lui.

 

I colori erano così dannatamente vividi. Non sapeva neppure potessero esistere così tante sfumature e così tante tonalità diverse.

E tutto, di nuovo, sembrava sprigionarsi da lei. 

 

Inconsapevole divinità.

 

Inconsapevole ladra del suo cuore preso in ostaggio.

 

Lei se ne stava lì, ad aspettare paziente che lui la raggiungesse, una mano sul petto e uno sguardo mal celatamente adorante.

 

Erano passati un paio d’anni da quel primo incontro che li aveva lasciati perplessi l’una dell’altro.

Eppure, oltre ogni previsione, fuori da ogni possibile schema logico, ora erano lì, a bearsi della vicendevole presenza, a vivere emozioni che ancora nessuno dei due era riuscito ad esprimere a parole, sebbene fosse tutto così lampante.

 

Ed entrambi l’avevano intuito. 

Ma nessuno dei due sapeva dare una spiegazione  a questa cosa che era nata tra di loro.

 

Sasuke avrebbe volentieri scambiato il suo Sharingan per una risposta. Una che potesse effettivamente spiegare cosa stesse accadendo all’interno di quel suo cuore che credeva arido e marcito.

 

Possibile che la principessa Hyuga fosse riuscita a sanarlo e a rendere di nuovo fertile la terra del suo muscolo involontario?

 

Perché quel minuscolo seme che non aveva potuto evitare che venisse piantato, ora aveva rinsaldato le sue radici e a poco a poco,  un piccolo, ma resistentissimo fiore che non aveva mai visto era già sbocciato.

 

L’Uchiha si avvicinò senza fare alcun rumore, ninja esperto.

 

Era straordinario come la sua persona, anche solo il suo nome potesse instillare tanto terrore.

E a lui andava bene; infondo aveva commesso atrocità di ogni genere nella sua vita. Il fatto che il mondo avesse paura di lui era semplicemente una manifestazione di buon senso.

 

Chiunque avrebbe dovuto temere per la propria vita.

Tutti.

 

E allora perché quella ragazza non provava nemmeno un briciolo di ansia nello stargli accanto? Perché sembrava che non aspettasse altro se non stargli vicino?

 

Quasi poteva avvertire i battiti cardiaci incessanti e accelerati.

Sembrava potesse leggere nella sua mente, nel suo cuore.

E Sasuke voleva che fosse così, si era ritrovato a pensare.

Voleva che quella ragazza, eterea e sfuggente volesse lui. 

Non glielo avrebbe mai detto, però. In fin dei conti non si capiva nemmeno lui.

 

E Hinata voleva essere sfiorata, voleva che quella evanescenza che la caratterizzava sparisse; voleva che lui la rendesse tangibile.

Perché la ragazza avrebbe giurato di non essere mai esistita, di essere sempre stata forma immateriale di donna che sopravviveva soltanto.

Ma quel vendicatore, quel traditore… Lui la riportava ad un livello terreno.

 

Forse era vero che il sole era Hinata e che tutta la luce si generasse da lei.

E Sasuke reprimeva l’istinto di inginocchiarsi di fronte a lei per ricevere la benedizione di quella luce.

 

Era la sua fonte di beatitudine.

 

Esiste una parola per esprimere questo concetto?

 

Se esisteva, Sasuke non la sapeva trovare.

 

Ma avrebbe continuato a pensarci a lungo, anche mentre si sedeva vicino a lei, con la schiena contro il tronco di un albero gigantesco e gli occhi a osservarla nell’atto di appoggiare la testa sulla sua spalla coperta dalla maglia chiara.

 

Non avevano molto tempo.

 

Si erano accampati per la notte insieme agli altri, prima di ripartire per un villaggio e per la loro missione.

 

Prima delle prime luci dell’alba, Sasuke aveva proposto alla mora di sgattaiolare via.

Stanco della presenza delle sue guardie e desideroso di calmare la sua psiche.

E lei aveva acconsentito.

 

Un po’ voleva passare del tempo solo con lui e un po’ voleva concedergli un poco di quello spazio che visibilmente agognava.

 

Sasuke aveva creato dei cloni, perfetti in ogni più minuscolo dettaglio e a questi era stato dato il semplice compito di esistere senza destare sospetti.

 

Sasuke non poteva mai essere lasciato solo.

Doveva sempre essere sorvegliato.

Ma vista la sua forza, la sua natura ribelle e senza scrupoli (nonostante il giuramento di non rivolgersi mai contro la foglia o i suoi ninja), tra le condizioni per il suo coinvolgimento nelle missioni c’era che almeno due ninja esperti, jounin o anbu, (non rango inferiore) fossero i suoi guardiani.

 

Il moro faceva del suo meglio.

Non nascondeva il fastidio, ma sopportava.

 

Però anche lui aveva un limite. E Hinata lo sapeva bene.

Era stata lei, un giorno, la prima a consigliare i cloni e a portarlo in un luogo calmo prima che potesse esplodere.

 

Sasuke era un reduce di guerra o della sua vita in generale.

 

Dopo la guerra aveva iniziato a soffrire di attacchi di panico e questi erano frequenti in quel periodo, come erano frequenti anche momenti in cui perdeva il controllo se sottoposto a troppo stress o se si sentiva, in un certo senso, in pericolo.

 

Una morsa gli afferrava la gola con la stessa forza con cui il Susanoo poteva combattere.

Sudore freddo cominciava a colare dalle tempie e lo sharingan prendeva possesso delle sue iridi senza che lui fosse padrone delle sue azioni.

 

Erano momenti che stava cercando di imparare a gestire. Anni più tardi quelle ansie erano finalmente scemate e poteva effettivamente definirsi più o meno libero da quelle sensazioni.

 

Ma in quei momenti del suo passato, il panico sembrava insormontabile, attanagliandolo e decimando la sua volontà.

 

Quando se ne era resa conto, dopo aver rischiato la vita per mano di un incontrollabile e sconvolto Sasuke, Hinata era riuscita in qualche modo a colpire uno dei punti del chakra, facendo perdere conoscenza al ragazzo.

 

Aveva potuto vedere due tipi di reazione.

Quando gli attacchi di panico lo colpivano, o contrattaccava con tutta la forza che avesse in corpo oppure si bloccava come corpo morto.

E diventava vulnerabile.

 

Da quel giorno, ogni volta che poteva, cercava di farlo riposare, anche solo qualche minuto, prima che potesse di nuovo toccare quel limite.

 

E anche quella volta era andata così.

 

Sasuke aveva capito cosa stesse facendo e aveva sentimenti contrastanti tra la gratitudine e il non voler essere accudito.

 

Ma in fin dei conti, se si trattava di lei, avrebbe potuto chiudere un occhio. Anche se non sapeva spiegare il perché.

 

-Come ti senti?- Gli domandò continuando a guardare davanti a lei.

 

Lui non rispose. Non era sicuro di cosa dire.

Nella sua testa stavano vorticando diversi pensieri e stava cercando di non farsi sovrastare, né da quelli negativi, né da quelli positivi.

 

Sospirò. 

E di tutta risposta lei cominciò a carezzargli il braccio, tentando di donare supporto e adorando ogni secondo che le concedeva, senza allontanarsi o allontanarla.

 

Non disse nulla nemmeno lei per un po’.

Annegando dolcemente in quella quasi irreale serenità.

 

Il silenzio era cullante. Attorno a loro c’era solo il fresco fruscio delle foglie, il pigolare di qualche pulcino nei nidi sugli alberi e il respiro cadenzato e calmante della ragazza.

 

Si sentiva quasi in pace.

 

Ma dentro di lui vi era un tumulto.

 

Stanchezza, rabbia, dolore e frustrazione erano tenute sotto controllo dal fragile sigillo della presenza della Hyuga.

 

Stava trattenendo tutte le sue emozioni per non spaventarla, pur sapendo che lei non ne aveva paura. 

Voleva che affrontassero insieme le sue ansie e i suoi problemi.

Ma il giovane Uchiha non voleva coinvolgerla fino in fondo nell’oscurità della sua anima.

Il timore di corrompere quella purezza che emanava era costantemente al fianco dei suoi raptus emotivi.

 

-Sono stanco…-

 

Cominciò ad inspirare e ad espirare piano, cercando di mantenere un equilibrio nella sua mente. Ma era difficile. Quel vortice di pensieri ed emozioni minacciava di abbatterlo.

 

In quei momenti di ansia, le sue paure, i suoi ricordi, i suoi traumi… tutto si mescolava senza pietà o misericordia.

Portandolo al limite, indifeso contro un nemico più subdolo di qualunque altro avesse mai affrontato.

 

Senza che lo potesse impedire, il respiro del moro si accorciò e divenne più veloce. Incapace di controllarsi oltre.

I pensieri, quella volta, avevano vinto.

 

Si liberò dalle braccia di Hinata e portò una mano sul cuore a stringere la maglia e l’altra sulla bocca a fermare un conato di vomito che minacciava di salire. Gli occhi sbarrati di fronte alla sua sconfitta.

 

Hinata lo fissò impotente, dandogli un po’ di spazio. Abbastanza perché potesse sentirsi a suo agio, ma non troppo da non poter intervenire se fosse stato necessario.

 

Ma la forma di Sasuke, tremante e in preda al panico le lacerava il cuore.

 

Il sudore freddo cominciò a irrorargli la pelle, lambendola centimetro dopo centimetro, mentre calde lacrime si creavano silenziose e traditrici ai lati degli occhi ormai rossi.

E da lì iniziò a sgorgare il sangue, scuro a contatto con l’aria, nel suo rantolare e nel suo tenere a distanza la ragazza.

 

Lei invece si avvicinò preoccupata a vederlo in quello stato.

 

Il respiro sempre più affannato, sempre più veloce ed entrò in iperventilazione.

Il petto bruciava da morire. 

Nella testa le immagini scorrevano impietose al ritmo dei battiti del suo cuore, veloce, più veloce, sempre più veloce, senza fermarsi:

Il massacro. 

Itachi. 

Naruto. 

Karin. 

Itachi. 

Sua madre morta a terra. 

Il padre. 

Il sangue per tutto il distretto Uchiha.

Madara. 

Itachi, Kaguya, Itachi, sangue, occhi, Itachi, Sharingan, morte, distruzione, Itachi, Itachi, Itachi, Hinata.

 

 Mangekyou e Rinnegan attivi nelle cornee.

 

E un kunai lo colpì dritto al petto, senza che potesse reagire.

 

Shinobi altissimi li avevano circondati e Hinata ebbe giusto i riflessi per iniziare a roteare ad una velocità pazzesca, creando attorno a lei una sfera di chakra emessa per il suo Hakkesho Kaiten, riuscendo a creare una difesa per  entrambi a respingere armi e jutsu che stavano scagliando contro di loro.

 

Sasuke non era nelle condizioni di combattere; doveva proteggerlo.

Ma non poteva continuare per molto.

 

Sasuke era paralizzato. Il mangekyou scarlatto nella cavità oculare, ma inutilizzabile in quel momento.

 

Il pensiero che Sasuke non sarebbe riuscito a combattere continuava a martellarla incessantemente mentre continuava le rotazioni.

 

Avrebbe dovuto pensarci lei.

 

La ragazza utilizzò il Byakugan per sincerarsi del numero dei nemici.

Non erano molti. Erano quattro, ma a giudicare dal loro flusso di chakra, ormai memorizzato e impresso nel magazzino delle informazioni del suo cervello, erano molto forti.

 

Aveva le spalle al muro e quattro nemici dalle tecniche sconosciute davanti a lei.

Si fermò di colpo dopo che la sua tecnica li aveva scaraventati più in là.

Incanalò il chakra nelle dita e si scagliò su uno di loro chiudendo due punti di fuga del chakra.

 

Dalla sua parte aveva che non conoscessero la peculiarità del  Byakugan. Almeno lo sperava.

 

Sorpresi, uno dei quattro cadde a terra, immobile. 

Altri due si scagliarono contro di lei, mentre uno se ne era rimasto in disparte, insicuro di prendere parte all’azione.

Un pugno la colpì dritta all’addome facendole sputare sangue. 

Il ninja, comparso troppo veloce davanti a lei, continuò ad attaccarla, portandola allo sfinimento, mentre tentava di proteggere Sasuke.

 

Segni con le mani e si alzò un vento poderoso, mentre l’altro ninja creò una palla di fuoco, supportata da quel vento impetuoso, scagliandola a tutta velocità contro l’Uchiha che barcollò a terra. 

E si ritrovò a dover usare di nuovo l’Hakkesho Kaiten.

 

Le sue riserve di chakra stavano finendo, ma non avrebbe permesso che toccassero Sasuke.

 

Il ragazzo stava lentamente ritornando in sè; ma quando finalmente si alzò in piedi, ancora scosso e per niente lucido, attivando Amaterasu sull’utilizzatore del fuoco, più per istinto che per calcolazione strategica, non fu in grado di schivare il kunai che lo ferì al costato, facendolo indietreggiare. 

Aveva perso troppo sangue.

La vista si annebbiò e cadde a terra. Immobile.

 

Hinata, nel momento esatto in cui si fermò, rimase bloccata da quello stesso shinobi che era rimasto in disparte, assistendo all’attacco senza la prontezza di liberarsi, urlando disperata.

Il nemico correva con una lama corta puntando al cuore di Sasuke, già fradicio del suo stesso sangue.

E a quella scena che si dispiegava al rallentatore e crudele davanti ai suoi occhi bianchi spiritati, qualcosa in lei si spezzò.

 

In un secondo, mentre le grida di dolore del ninja che stava bruciando permeavano l’aria e Sasuke si teneva il costato insanguinato, non ancora cosciente se fosse realtà o finzione della mente, Hinata influenzò due punti di fuga del chakra dell’uomo dietro di lei, bloccando il braccio che la teneva prigioniera, liberandosi.

Corse a tutta velocità, potenziando le gambe con il chakra e occhi disumani.

 Arrivò tra Sasuke, ferito e seduto a terra, e il suo aggressore prima che potesse sferrare un altro attacco.

 

Con le ultime forze, scagliò un Pugno gentile e il suo palmo si infranse sul petto dell’uomo che riuscì a proteggersi, evitando i danni più gravi. Ma prima che questo potesse caricare un nuovo attacco, Hinata sfilò la Kusanagi dal fodero al fianco di Sasuke e trapassò il ninja nello stomaco. 

 

Rapida.

Letale.

Senza pietà.

 

Hinata urlò di dolore. Occhi spalancati e pieni di lacrime, senza quasi essersi accorta di quello che aveva appena fatto.

 

La paura che aveva provato a vedere Sasuke in quello stato l’aveva sconvolta.

E in un istante era impazzita. Non c’erano colori, non c’erano opzioni.

 

Urlò di nuovo e quando sfilò la lama dal corpo dello shinobi, questo tossì sangue e cadde pesante. Corpo morto. Quasi.

 

Hinata, ancora pazza e alterata nella psiche dalla paura, infilzò ancora e ancora la katana nel corpo davanti a lei.

 

Piangeva, era disperata, Sasuke non si era ancora mosso.

Cosa avevano fatto? Come avevano osato?

 

Urlò, gridò, si disperò con tutta la voce che aveva, senza staccare gli occhi dal corpo di Sasuke, immobile a terra.

 

-Cosa hai fatto?- La lama nello stomaco. 

-Perchè l’hai fatto?- Lama nello sterno.

-Quello è l’uomo che amo!- Lama, infine, nel cuore. 

E il ninja, in ultimo, ancora con un bagliore di coscienza, morì.

 

La ragazza crollò. Incurante di tutto, persa nella propria testa e nel proprio dolore.

Era tutto finito.

E ora?

 

Svuotata di ogni senso ed emozione, non si accorse del quarto shinobi che pur senza l’uso del braccio, aveva una spada in mano e correva assassino verso di lei.

 

Hinata non faceva cenno di movimento.

Era lì, immobile a guardare il corpo dell’uomo che aveva appena ucciso.

E ora?

 

Quando si accorse del nemico era ormai troppo tardi.

Ma un braccio osseo rivestito di chakra violaceo e traslucido lo bloccò, afferrandolo per la gola, spezzandogli l’osso del collo e scagliandolo via.

 

Hinata, girò il viso e Sasuke era lì, in piedi che camminava verso di lei.

Il mangekyou ancora attivo e l’istinto omicida dipinto sul volto, più glaciale che mai, pronto a scatenarsi contro chiunque avesse provato a ferirla.

 

L’ultimo shinobi ancora vivo, si fermò. 

E quello che vide fu il demonio. No, due demoni.

Una dagli occhi bianchi.

Uno dagli occhi rosso e violaceo.

 

Quei due demoni erano una Hyuga e l’Uchiha.

Ora lo sapeva.

 

Ora capiva cosa volesse dire.

 

Un odio cieco lo avvolse e cominciò a divorarlo pezzo dopo pezzo. 

E dentro di sé giurò odio eterno.

 

Era rimasto vivo solo lui.

E l’uomo che giaceva morto vicino alla ragazza era suo fratello.

 

Suo fratello era morto.

Morto.

Rimaneva solo lui.

 

Un potente senso di vuoto e di impotenza gli fecero salire la nausea.

Lacrime sgorgarono a fiotti.

E la paura prese il sopravvento.

 

Sasuke era ancora avvolto dallo scheletro del Susanoo. Il freddo chakra emesso faceva accapponare la pelle.

 

Davanti a lui, tremante e disperato, c’era un dio.

Avevano combattuto contro un dio della morte.

 

E avevano irrimediabilmente perso.

 

Non riuscì a muoversi.

E attese impotente il suo destino.

 

Ma l’Uchiha era tornato in sé ed era corso dalla ragazza. Le  afferrò il viso tra le mani per controllare che stesse bene. E poi la tirò tra le sue braccia, mentre lei piangeva e piangeva.

 

La paura di perderlo. L’aver appena ucciso. Aveva perso la ragione.

E Sasuke la stava riportando indietro, avvolgendola in un calore che aveva solo per lei.

 

Nulla cambiò per qualche minuto.

Il sole aveva lasciato spazio a delle nuvole scure, che senza minaccia o preavviso avevano cominciato a riversare la loro pioggia.

 

L’acqua su di loro lavava il sangue fresco dai loro corpi.

 

Hinata, con gli occhi bianchi lucidi e ancora pieni di lacrime, si alzò, estraendosi dall’abbraccio di Sasuke e si avvicinò piano all’uomo che li fissava.

 

Quello era stanco, ma la paura gli donava ancora qualche barlume di forza.

Col braccio ancora fuori uso e senza forze nelle gambe, strisciò per allontanarsi da lei.

Ma lei, raggiuntolo, caricò il chakra nelle dita e rapida sbloccò l’arto.

 

Fece un passo indietro. Si guardò attorno, osservando la devastazione che avevano compiuto. 

E mormorò.

 

-Mi dispiace…-

 

Sasuke la osservò silenzioso ed estrasse la katana dal corpo che giaceva lì senza vita.

 

Sasuke si avvicinò piano, parlando freddo e perentorio.

 

-Prenditi i cadaveri e vattene.-

 

L’uomo fece come gli era stato detto. E se ne andò.

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