Ticket for Love di momoallaseconda (/viewuser.php?uid=897566)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ordinary Human ***
Capitolo 2: *** Last Friday Night ***
Capitolo 3: *** No Vacancy ***
Capitolo 4: *** The Rising ***
Capitolo 5: *** Counting Stars ***
Capitolo 6: *** Aeroplane ***
Capitolo 7: *** Two Fingers ***
Capitolo 8: *** Complicated ***
Capitolo 9: *** I Will Come to You ***
Capitolo 10: *** Bon Appétit ***
Capitolo 11: *** We Are the Champions ***
Capitolo 12: *** Forgive me ***
Capitolo 13: *** Dusk Till Dawn ***
Capitolo 14: *** Ride ***
Capitolo 15: *** Strange ***
Capitolo 16: *** Lonely Together ***
Capitolo 17: *** Jump ***
Capitolo 18: *** Something Just Like This Chains ***
Capitolo 19: *** Waiting for Love ***
Capitolo 20: *** Paris ***
Capitolo 21: *** Learn to Fly ***
Capitolo 22: *** Another Sunrise ***
Capitolo 23: *** More Than a Feeling ***
Capitolo 24: *** It's Good to be in Love ***
Capitolo 25: *** Dancing on my Own ***
Capitolo 26: *** Running ***
Capitolo 27: *** Apologize ***
Capitolo 1 *** Ordinary Human ***
Ticket for Love
To look for her
whenever you want
Scese rapidamente a due a due i gradini dell'istituto
cercando di non far cadere i grossi tomi che teneva in braccio. Ormai
non riusciva più a contenere l'euforia che gli scorreva
nelle vene ed era sicuro che sarebbe presto scoppiato se non avesse
fatto qualcosa.
Esaltato, Sanji aumentò il passo
finché non atterrò pesantemente sul piazzale
della scuola, facendosi accecare dal primo sole caldo di luglio.
Fregandosene altamente delle pupille carbonizzate, alzò mani
e viso al cielo gettando noncurante dietro di sé i grossi
volumi e lanciò un urlo belluino di totale liberazione.
Poco più in là, un
paio di ragazzi sdraiati sul praticello che divideva la
facoltà di economia da quella di giurisprudenza, si
voltarono al suo gesto e ridacchiarono tra loro senza prestargli troppa
attenzione, perfettamente consci di cosa gli fosse preso,
fondamentalmente perché tutti sulla stessa barca.
Sanji sorrise da solo come un babbeo,
chiudendo gli occhi, sentendo la pelle bruciare sotto il sole del
mattino con il vento fresco che gli passava tra i capelli biondi. Una
sensazione fantastica!
Dopo due mesi e sette giorni, a voler essere
pignoli, finalmente la maledetta sessione era finita!
Con un largo sorriso, mandò al
diavolo definitivamente ogni pensiero controproducente e la calma,
molleggiando sulle gambe e lanciò un altro urlo spacca
timpani contro il cielo.
Altre persone che passeggiavano per i
giardini presero a guardarlo storto, ma lui li ignorò. Aveva
appena passato l'esame più tosto e difficile della sua vita
e aveva tutto il diritto di sfogare la tensione come gli pareva. Il
fumo amaro delle sue adorate sigarette non sarebbe bastato quella volta.
La vita non era mai stata più
bella! Non doveva più preoccuparsi di altri esami fino
all’autunno, non aveva nessun tormento particolare, le
vacanze estive erano iniziate, aveva amici simpatici con cui
trascorrere ore piacevoli in allegria e, soprattutto, vantava una
ragazza meravigliosa con la quale poter trascorrere tutti i giorni e le
notti senza riserva!
Aprì gli occhi di scatto
agguantando di corsa un fazzolettino di carta dalla tasca e poggiandolo
rapidamente sotto al naso, sentendo il solito rivoletto caldo di sangue
epistatico fuoriuscirne, come accadeva ogni santa volta in cui la sua
mente esagitata estrapolava immagini poco caste sulla sua bellissima
donna. Ma non poteva farci nulla, Pudding era favolosa!
Stavano insieme da sei mesi e da sei mesi
Sanji toccava il cielo con un dito. Era bella, intelligente, acuta,
spiritosa... e stava con lui! Aveva scelto lui come difensore delle sue
virtù, come custode del suo cuore, della sua anima, del suo
corpo...
Altro rivoletto di sangue sfuggito catturato
in tempo dal fazzoletto e dalla sua prontezza di riflessi. Sanji
mugugnò contrariato, aveva ragione Chopper, doveva farsi
controllare da uno bravo.
Scacciò dalla mente il ricordo
del corpo megagalattico della sua ragazza per evitarsi un'altra
epistassi, non era proprio il momento. Con un sospiro felice, riassunse
la sua abituale calma e raccolse i libri che aveva lanciato a terra
nella foga, valutando l'idea di andarsi a prendere un caffè
al bar del campus prima di tornare a casa, quando qualcosa di
pesantissimo e di non ben definito si arpionò alla sua
schiena all’improvviso, facendogli
perdere l’equilibrio e cadere a terra portandosi dietro il
coso, i libri e un discreto numero di santi che Sanji stesso provvide a
far piovere direttamente dal cielo quando capì cosa lo aveva
atterrato. Sdraiato a pancia in su, il sedere dolorante, una voglia
matta di strozzare qualcuno, cercò di togliersi di dosso la
piovra molesta che rideva a crepapelle non accennando minimamente a
staccarsi dal suo braccio. Lanciò qualche pugno ben mirato
sulla testa vuota di quello che aveva riconosciuto essere uno dei suoi
migliori amici e se lo levò di dosso con non poca fatica,
spingendolo lontano da lui.
Lo guardò irritato continuare a
ridere rotolandosi sull'erba, per nulla turbato dalla scarica di pugni
che lo aveva investito, anzi ne pareva fin troppo divertito e Sanji non
se ne stupì.
Da che lo conosceva, Monkey D. Rufy era
stato capace di incassare da chiunque centinaia di pugni, calci e botte
varie, senza quasi mostrare segni evidenti di dolore fisico, con la
sola eccezione di quelli presi dalla sorella, e la cosa aveva il potere
di mandare in bestia il biondo. Santo cielo, pareva fatto di gomma! Non
c'era alcun gusto nel picchiare (amichevolmente s'intende) qualcuno che
non sentiva nulla! Tanto più che Rufy ne prendeva parecchie
di botte, soprattutto da lui e da Nami, per lo più per il
suo vizio di non saper collegare la bocca al cervello, ma Sanji gli
invidiava a morte questo suo essere elastico ed incapace quasi di
provare sofferenza. Quando Rufy tirava un pugno a lui la pelle ci
impiegava giorni per cancellare il livido.
Piccato per le sue stesse considerazioni,
Sanji fu tentato di rifilargliene altri due o tre solo per
gusto personale, ma una voce canzonatoria alle sue spalle
bloccò la mano già caricata a pugno.
“Te lo dicevo che saremmo arrivati
in tempo, Rufy, torcigliolo è ancora qui! Ciao torcigliolo,
allora finito tutto?”
Ovviamente Rufy non era venuto da solo a
salutarlo dopo l'esame, doveva immaginarselo. Cosa aveva detto prima?
Di avere amici simpatici con cui trascorrere tante ore in allegria? Da
quel momento eliminava la parola 'simpatici' e 'allegria'.
Sorvolando sull'epiteto poco carino con cui
era stato apostrofato, Sanji lanciò un'occhiata di sbieco al
nuovo arrivato, che ora guardava alternativamente lui e il moro ancora
disteso a terra sfoderando la solita faccia da sberle irritante che
contraddistingueva Zoro Roronoa da sempre.
Sanji si alzò con calma dopo aver
tolto un po' di terra dai pantaloni, gli istinti omicidi ormai del
tutto sedati.
“Marimo.” lo
salutò di rimando con un sorrisetto, chiamandolo volutamente
con il soprannome che gli aveva dato a otto anni per i suoi curiosi
capelli verdi che ricordavano un'alga marina, e che sapeva
perfettamente, Zoro odiava. “Si, ho finito!”
esclamò, con una nota euforica nella voce, ritornando con
l'umore alle stelle. Chi se ne importava se aveva davanti l'amico
più stronzo dell'universo, quello che non perdeva mai
occasione per ridere delle sue disgrazie (a ben vedere la cosa era
comunque reciproca), o di offenderlo pur di avere una scusa per menare
le mani? Era felice da far schifo e sentiva di poter sopportare
qualsiasi cosa, anche il ghigno insolente del suo migliore amico e le
sue provocazioni.
Zoro non perse tempo e grugnì
infastidito per l'epiteto, ma decidendo di lasciar correre come aveva
fatto Sanji. Sapevano entrambi quanto in realtà fosse
divertente litigare e punzecchiarsi a vicenda, per poi tornare amici
come prima in una manciata di minuti come se nulla fosse successo.
Facevano così fin da piccoli e certamente le cose non
sarebbero cambiate.
Rufy si alzò elettrizzato da
terra prendendo entrambi per il collo, facendo cozzare malamente le tre
teste tra loro. “Se anche tu hai finito, sapete questo che
vuol dire??” esclamò ridendo come un matto
strattonandoli.
Sanji e Zoro non fiatarono, lanciandosi
un'occhiata divertita e saputa da sopra le sue spalle, entrambi lo
superavano in altezza di parecchio pur essendo coetanei, e rimasero in
attesa.
Rufy lasciò la presa dal collo
degli amici per alzare le braccia al cielo. “Vuol dire fine
della fatica!! D'ora in avanti solo festaaaaa!!!”
urlò saltellando sul posto come un bambino a Natale e
facendo voltare curiose le poche teste che c'erano ancora nei paraggi.
Zoro scosse il capo divertito, mentre Sanji
si accendeva la prima sigaretta della giornata ed aspirava avido una
boccata, annuendo convinto, un sorriso allegro stampato in faccia.
“Puoi giurarci, amico! Non vedevo
l'ora di un po' di relax!” mormorò il biondo,
sospirando.
Zoro lo guardò scettico.
“Come se 'mister primo della classe' avesse bisogno di
rilassarsi! Tu nemmeno fai fatica a studiare!”
borbottò risentito.
Sanji aspirò un'altra boccata,
tranquillo. “Se tu sei un caprone ignorante che ci mette una
vita per leggere un pagina, non significa che io non abbia bisogno di
un po' di vacanza. Probabilmente me la merito più di
tutti.” aggiunse con un sorrisetto di sfida.
Zoro lo fulminò con lo sguardo.
“Caprone a chi, idiota dal ciuffo ossigenato?!”
“Buoni, buoni, su. Non
litigate.” li divise Rufy allegro mettendosi fra loro,
mostrando un'anomala parvenza di buonsenso che bloccò la
risposta acida di Sanji, prima di far risuonare in tutto il piazzale le
sue urla e spaccare i timpani a chiunque nel raggio di un chilometro.
“Le vacanze estive sono iniziateeeee!!” Poi, senza
abbassare i toni, aggiunse rivolto solo a loro due. “Dobbiamo
festeggiare degnamente! Che possiamo fare? Che possiamo
fare??” chiese, tornando all'istante il solito bambinone
troppo cresciuto.
Zoro sghignazzò, abituato al
carattere esagitato del suo amico e sembrò rifletterci
seriamente. “Beh, stasera ci sarebbe la festa da
Hermeppo...” azzardò con un certo interesse,
leccandosi volutamente le labbra. Sanji lo guardò roteando
gli occhi sapendo bene a cosa stava pensando.
Per quanto tutti mal sopportassero
quell'odioso figlio di papà viziato ed arrogante del loro
compagno di corso, doveva ammettere che la sua mega villa unita ai suoi
soldi, erano un binomio perfetto quando si trattava di produrre feste
grandiose con folle oceaniche di ragazze disinibite e mezze nude oltre
che, soprattutto, bere gratis in quantità illimitata e per
uno come Zoro, abituato a ingerire abbondanti quantitativi d'alcool per
riuscire a raggiungere anche soltanto un leggero stato d'ebbrezza,
quelle feste erano il paradiso dei sensi, figurarsi se non avrebbe
fatto carte false per andarci.
Rufy accolse l'idea con entusiasmo, neanche
a pensarci, ma Sanji non era dello stesso avviso. Lo videro negare
sicuro con il capo e, alla domanda del moro che ne chiedeva il motivo,
rispose semplicemente “...perchè volevo passare la
serata con Pudding!”
Zoro alzò gli occhi al cielo e
Rufy si incupì. Sanji non si fece intenerire.
“Sono quasi due settimane che non passiamo un po' di tempo da
soli! Le mancherò senz'altro da morire!!”
sfoderò cuoricini rossi adoranti dagli occhi rievocando
l'immagine della ragazza nella sua mente. “Oh, Pudding-chan
non temere il tuo Mr. Prince è tornato! Lo studio non mi
porterà mai più via da te!!”
ululò ondeggiando sul posto e sprigionando cuori intorno a
sè.
Rufy mugugnò infastidito
guardando l'amico partire per la tangente dell'amore. Lui voleva che
stessero tutti insieme a festeggiare la fine degli esami!
Zoro gli poggiò una mano sulla
spalla con un sorrisetto, mimandogli con le labbra di lasciar perdere.
Sanji lo conoscevano ormai, se aveva una donna potevano star certi che
lei sarebbe sempre venuta prima di chiunque altro. Per quanto bene
potesse volere ai suoi amici, Sanji non avrebbe mai sacrificato tempo
prezioso da passare con lei, per una stupida festa. Solo non avevano
mai capito perché si rendesse ridicolo tutte le volte con
quelle scene sdolcinate!
Zoro si stufò quasi subito di
ascoltare le moine rivolte alla ragazza che il biondo vedeva nella sua
testa e si schiarì la voce seccato. “Ok,
torcigliolo. Direi che per oggi ne ho abbastanza del tuo fare svenevole
da tappetino! Vorrà dire che alla festa ci andremo solo noi
due.” convenne incrociando le braccia e guardando Rufy.
Sanji, la produzione di cuori interrotta di
colpo, lo incenerì. “A chi hai dato del tappetino,
tu??”
“Ma no!! Io voglio che andiamo
alla festa tutti insieme!!” mugugnò Rufy con una
faccia da cucciolo abbandonato guardando alternativamente l'uno e
l'altro.
Sanji scosse la testa serio. “Non
posso, davvero! È da troppo che non stiamo insieme da soli
per colpa di quegli stupidi esami! E piantala di guardarmi
così!” aggiunse in risposta all'espressione
affranta che aveva assunto il moro per farlo cedere. “Non
verrò, stasera! Fattene una ragione... Tra l'altro non ho
ancora finito di riempirti di botte per il sicuro ematoma che mi
uscirà grazie a te e alla tua mania di saltare addosso alla
gente all'improvviso!” esclamò massaggiandosi il
fondoschiena dolorante e mostrando il pugno pronto all'uso, ma Rufy
nemmeno lo ascoltava più. “Sanji ma quella
laggiù non è Pudding?” chiese curioso,
guardando qualche metro dietro le sue spalle dove una ragazza, con un
vestitino striminzito e i capelli castani raccolti in due morbidi
codini, guardava dritto verso di loro.
Con uno scatto fulmineo, il biondo si
girò inquadrando la sua ragazza in meno di due decimi di
secondo e gli ci volle anche meno per notare quanto fosse poco vestita.
“Pudding-channnn!!!!”
ululò entusiasta scattando rapido verso di lei che lo
attendeva tranquilla vicino alla facoltà di giurisprudenza.
Zoro fischiò ammirato.
“Ottima mossa, Rufy! Non ti facevo così
sveglio!”
Il moro si voltò a guardarlo
confuso. “Quale mossa?”
Zoro lo fissò a sua volta.
“Ma non l'hai fatto per evitare... d'accordo, lasciamo
stare!” concluse spiaccicandosi una mano in fronte. Colpa sua
che aveva pensato di aver intravisto un cervello sotto quei capelli
neri.
“Che gli starà dicendo,
secondo te?”
Zoro gettò un'occhiata
disinteressata a Sanji che aveva da poco raggiunto la ragazza con un
saltello acrobatico degno di un trapezista, emanando cuori tutto
attorno.
“E io che ne so?”
commentò tranquillo, lasciando vagare lo sguardo in giro e
contemplando l'idea di stendersi per un po' al sole sul praticello
invitante del campus, con quell'arietta fresca magari sarebbe riuscito
pure a fare un sonnellino.
“Sono troppo lontani, non si sente
niente!” considerò Rufy stizzito, prima di farsi
pensieroso. “Non ha una faccia felice,
però.”
Con uno sbuffo, Zoro tornò suo
malgrado a guardare la coppia in lontananza e si ritrovò ben
presto ad aggrottare le sopracciglia sorpreso quando notò il
biondo smettere all'improvviso di produrre cuori e bloccarsi, fissando
sconvolto Pudding continuare invece a parlare, agitando le braccia con
un'espressione dispiaciuta.
Si scambiò un'occhiata con Rufy,
come lui ignaro di cosa stesse succedendo a quei due, anche se una vaga
idea si stava già formando nella testa di Zoro e non ne
sarebbe stato sorpreso.
Vide Pudding fare una carezza leggera al
ragazzo e sorridergli serenamente, prima di salutarlo con la mano ed
avviarsi verso i cancelli, chiaramente decisa ad andarsene sola.
Riportò tutta la sua attenzione
sulla statua di sale che aveva preso le sembianze del suo amico,
prendendo atto di aver appena assistito in diretta all'ennesima rottura
sentimentale del biondo.
Zoro fece una smorfia, cercando di guardare
da un'altra parte, ripensando a quante ne aveva già subite
Sanji in 22 anni di vita... troppe per ricordarsele tutte ed ogni volta
il biondo buttava il suo amor proprio nel cestino cercando di
riconquistare con ogni mezzo la donna di turno che con lui non voleva
più avere a che fare. Poveraccio, quasi gli faceva pena...
quasi.
Rufy lo tirò per la manica della
maglia. “Io non ho capito niente! Dove è andata
Pudding? Pensavo volesse stare con lei, oggi! Che è
successo?” chiese con candore assoluto.
Zoro sospirò impassibile
grattandosi la nuca, senza distogliere lo sguardo dal biondo.
“Lascia stare. Mi sa che stasera Sanji non passerà
la serata con nessuno...”
Rufy corrugò le sopracciglia, per
nulla soddisfatto della risposta e pronto a chiedere spiegazioni
aggiuntive, quando l'ennesimo urlo belluino della giornata si
alzò al cielo, facendo voltare tutta l'università
verso un redivivo Sanji in ginocchio che piangeva disperato invocando
il nome dell'amata ormai lontana. “Pudding-channnn!! Non mi
lasciare, ti pregoooo!! Non mi importa se siamo diversiiiiiii!!! Io
cambieròòòòò!!!
Pudding-channnnnn!!!”
Zoro e Rufy guardarono la scena con una
punta di sincero dispiacere, accompagnato da un ben più
rilevante misto di disgusto e imbarazzo per la dignità di
Sanji che andava a far compagnia al suo amor proprio nel cassonetto.
“Quindi lo ha mollato?”
chiese cauto Rufy dopo un pò.
“Sembrerebbe di si...”
rispose pacato Zoro.
Il moro rifletté un istante.
“...Dici che allora alla festa ci viene?”
Il verde lo guardò male, non
degnandolo di una risposta, ma Rufy sorrise entusiasta battendo le
mani. Sanji nel frattempo aveva iniziato ad avere le convulsioni per il
troppo pianto ed un capannello di studenti e professori gli stava
prestando le prime cure del caso. Una scena già vista.
“Mi sa che la festa di stasera
sarà epica!” commentò il moro ghignando
felice, sotto lo sguardo esasperato di Zoro e gli uggiolii disperati di
Sanji in lontananza.
Non c'era male come inizio delle vacanze.
*
Il panorama che si palesò agli
occhi di Zoro quando entrò nella stanza non poteva essere
più deprimente. Se n'era già convinto mentre
saliva le scale, sentendo le note struggenti di una canzone
strappalacrime che si disperdevano per la casa.
La signora Vinsmoke gli aveva fatto un cenno
sconsolato indicandogli la stanza del suo quartogenito con un sospiro.
Sanji aveva saltato il pranzo e da che era rientrato quella mattina non
era più uscito dalla sua camera, lei aveva rinunciato a
chiedergli di mangiare qualcosa da ore e tutta la famiglia di comune
accordo aveva deciso di lasciarlo in pace. Era evidente volesse
soffrire in solitudine per la rottura con Pudding.
Ma Zoro non ci stava, aveva visto il suo
amico in quello stato decine di volte e si rifiutava di lasciarlo solo
a trincerarsi nel dolore nella teatralità della sua camera
da letto con canzoni d'amore di scarsa qualità! Un briciolo
di orgoglio maschile doveva ancora averlo da qualche parte, dannazione!
Zoro entrò a passo sicuro,
sorpreso di trovare la porta aperta. Sanji era talmente depresso da
dimenticarsi di chiuderla a chiave e forse sarebbe stato meglio farlo
perché si sarebbe risparmiato di vedersi piombare
lì la sua faccia allibita e schifata.
C'era un caos assurdo. Fotografie di Pudding
erano state stracciate e sparse per tutto il pavimento e il letto, il
portatile acceso dispensava a tutto volume quelle note struggenti da
voltastomaco che si sentivano fin dall'ingresso, parecchi libri erano
sparpagliati in giro, c'erano vestiti buttati a casaccio e pure un paio
di reggiseni che sventolavano lievi dal lampadario appeso al soffitto.
In tutto quel delirio il suo amico dava orribile mostra di
sé seduto sul letto, i capelli afflosciati a coprire il
viso, mentre stringeva a sé un cuscino a forma di cuore con
il viso sorridente di Pudding raffigurato sopra.
Zoro era certo che Sanji fosse un uomo con
tutti gli attributi al posto giusto, dopo tanti anni passati tra
palestra e campo di basket con lui, eppure quell'immagine lo fece
vacillare per un istante, non concependo del tutto di trovarsi davvero
nella seria e ordinata stanza del suo migliore amico, invece che nella
cameretta di una ragazzina adolescente in crisi ormonale.
Roteò gli occhi con una smorfia a quel pensiero, avanzando
deciso verso la scrivania per spegnere quella musica lagnosa che stava
fracassando i timpani a tutti da ore.
Sanji alzò appena la testa,
guardandolo con occhi spenti, prima di tornare subito a sprofondare il
viso nel cuscino senza emettere suono. Zoro sbuffò
infastidito. Se non si vergognava di mostrarsi così debole
davanti a lui allora l'aveva presa proprio male, peggio del solito, eh
si che erano state in molte a scaricarlo prima di Pudding, come minimo
doveva esserci abituato.
Si passò una mano tra i capelli
verdi, trascinando una sedia davanti al letto del biondo e sedendocisi
sopra a cavalcioni. Si schiarì la voce, preparandosi
mentalmente a dare una scossa alla larva umana davanti a lui. C'era
bisogno di un po' di testosterone in quella stanza.
“D'accordo, amico... Ammetto che
non sia un granché quando si viene mollati...”
iniziò pacato ma deciso “...capisco il nervoso, la
rabbia, la voglia di distruggere tutto, che tu ci creda o no arrivo
persino a comprendere il desiderio di ascoltare cantanti neo melodici a
palla... probabilmente vorresti solo essere lasciato in pace a morire
nello sconfinato mare della tua sofferenza...”
Sanji riemerse dal cuscino scuro in volto,
scostandosi i capelli dal viso. “Sei venuto per fare il
poeta?”
Zoro ghignò sghembo.
“Nah... solo per prenderti un po' per il culo...”
ammise tranquillo.
Il biondo lo guardò male ma
riprese un po' di contegno e data una rapida occhiata al cuscino a
cuore, lo lanciò ai piedi del letto, lontano da lui. Si
passò una mano sul viso stanco, asciugando gli occhi ancora
un po' lucidi e sospirò. “Lo so che è
patetico... è che... credevo davvero che sarebbe stata
quella giusta, stavolta.” confessò senza imbarazzo.
Si conoscevano da una vita ed anche se erano
sempre pronti a scannarsi per un nonnulla, entrambi sapevano di trovare
l'uno nell'altro la spalla cui appoggiarsi in caso di bisogno, fosse
stato per vendicare un torto subito o per piangere la fine di una
relazione.
Zoro non aveva mentito. Nonostante il tono
canzonatorio, capiva perfettamente che il suo amico stava male,
comprendeva in pieno che era il genere di cose che ti annientano, anche
se non lo sapeva per esperienza diretta ma per pura empatia. Tuttavia
non credeva nemmeno che piangersi addosso fosse il giusto modo per
affrontare il problema.
“...chiodo schiaccia
chiodo?” esalò Sanji quando Zoro gli espose la sua
teoria per esorcizzare il dolore. “Cioè dovrei
rimpiazzare Pudding, tutti gli ultimi mesi, la vita che mi stavo
immaginando insieme a lei, scopando con una a caso?” chiese
ironico.
Zoro finse di non aver colto il tono
sarcastico e annuì energico. “È un
fantastico rimedio, te l'assicuro!”
Sanji assottigliò gli occhi.
“E sentiamo tu come faresti ad esserne certo dal momento che
non ti ha mai mollato nessuno? E anche non lo farà mai
nessuno, visto che tu la donna fissa non la vuoi.”
Zoro scosse il capo. “Non serve
certo solo per quando si viene mollati! Il sesso risolve qualsiasi
problema! Un atto fisico puro e semplice senza complicazioni fa stare
subito meglio! Pensi che se mi si presenti l'occasione io non la colga?
Diavolo Sanji, ho visto dozzine di ragazze farti il filo negli anni,
palesemente interessate anche solo ad una botta e via, ma tu lasciarle
sempre perdere solo perché già impegnato o
perché il tuo manuale da gentleman ti impone di portare una
donna fuori a cena almeno tre volte prima di fartela! Non siamo
più nell'800! Se una mi si presenta davanti visibilmente
interessata ad accompagnarmi sul tetto, sarei un idiota a non
approfittare della cosa, ti pare?”
Sanji si appoggiò alla parete
sbuffando piano. “Già mi stupisco che tu riesca a
trovare la strada verso il letto di una ragazza con il senso
dell'orientamento che ti ritrovi... ma il sesso non risolve sempre
tutto!”
Zoro ghignò sadico. “Si
vede che non ne fai abbastanza...”
Il biondo lo squadrò scocciato
pronto a rispondere per le rime quando un bussare leggero alla porta li
zittì entrambi.
“Posso entrare, Sanji?”
mormorò una vocina cauta al di là della porta
chiusa.
L'interessato sorrise. “Come no,
Chopper. Entra pure.”
Un ragazzino biondo sui quattordici anni
entrò saltellando tutto felice, raggiungendo i due vicino al
letto e salutando educatamente Zoro. “Sono appena tornato dai
corsi estivi. La mamma ha detto che non stavi bene oggi e di non
disturbarti ma ero preoccupato per te, che succede?”
Sanji guardò il suo fratellino
con affetto. “Stavo un po' male è vero, ma adesso
mi è passato tutto, tranquillo!”
Chopper gli sorrise dolce rassicurato dalle
sue parole e Zoro considerò ancora per l'ennesima volta come
fosse possibile che in una famiglia composta da sei figli, fossero
usciti tre enormi stronzi e tre buoni come il pane, una via di mezzo
per tutti, no? Se poi doveva ammettere che considerava il suo amico uno
dei tre venuti bene, si capiva di gran lunga quanto fossero orribili
gli altri. Non appena li conoscevi indovinavi subito chi avesse
ereditato i geni di quel gradasso del padre e chi quelli dolcissimi
della madre. Grazie a Dio due dei fratelli di Sanji usciti male
abitavano già per conto proprio, come anche la sua
bellissima e gentilissima sorella maggiore, quindi da un paio d'anni
doveva sopportare solo Yonji quando veniva a trovare Sanji a casa. Al
contrario gli stava molto simpatico Chopper, come a tutti del resto,
probabilmente era l'unico che non aveva mai subito le angherie dei tre
stronzi. Sanji non aveva mai fatto mistero di detestare i suoi due
fratelli maggiori e il fratello minore Yonji, ma adorava il fratellino
più piccolo al pari di quanto amasse la sorella
più grande. Erano davvero una famiglia strana.
“Se è tutto a posto
allora vado, così non vi disturbo!” sorrise il
ragazzino.
Sanji e Zoro ridacchiarono. “Tu
non disturbi mai, piccolo!” confessò Zoro sincero.
Imbarazzato, Chopper sventolò una
mano davanti al viso. “Non dite così, per favore,
mi fate diventare rosso!!” ammise ridendo e ondeggiando un
po' sulle gambe prima di farsi serio d'un tratto. “Sanji il
tuo computer lampeggia!”
Zoro si voltò verso la scrivania
notando solo in quel momento una lucina gialla vicino alla web cam
comparire e scomparire ad intermittenza con moto continuo e
sentì Sanji alzarsi dal letto.
Chopper gli si accostò.
“Va bene, io vado, ci vediamo a cena. Mi hanno dato un sacco
di compiti per domani e non ho nessuna voglia di farli...”
aggiunse affranto ma ridendo quando il fratello gli
scompigliò i capelli con una mano guardandolo furbo.
“Bugiardo!”
ghignò il biondo universitario. “Vai pure, lo so
che non vedi l'ora di cominciare! E si, dì pure alla mamma
che ci vediamo per cena.”
Chopper ridacchiò prima di
scomparire fuori dalla porta. “A dopo! Ciao Zoro!”
Zoro lo salutò con un sorriso
sincero, era adorabile quel ragazzino. Studioso ma per nulla saccente,
col senso dell'umorismo che non sfociava mai nel grottesco, gentile e
collaborativo ma con una propria morale. Per certi versi molto simile a
Sanji. In quei momenti gli spiaceva davvero essere figlio unico, un
fratellino come Chopper lo avrebbe voluto anche lui.
Scosse la testa e tornò a
concentrarsi sul suo amico, che ormai era stato completamente assorbito
dallo schermo del computer.
“È la risposta alla
mail...” lo sentì mormorare sovrappensiero.
Zoro fissò dubbioso la sua
schiena. “Stai ancora alle mail?” gli chiese
corrugando le sopracciglia, ben deciso a rimanere seduto dov'era ma
girato verso di lui.
Sanji annuì in automatico senza
staccare gli occhi dallo schermo, mentre pigiava rapido sulla tastiera.
“Ti ricordi quel compito sull'amicizia tra sconosciuti che ci
aveva dato il professor Saul l'ultimo anno di liceo?” gli
chiese tranquillo senza guardarlo.
Zoro si grattò la nuca perplesso
e a Sanji non servì voltarsi per capire che in quel momento
era in atto una lotta spasmodica tra i suoi due neuroni per capire di
che diavolo parlasse. Zoro solitamente non si ricordava nemmeno quello
che aveva mangiato per colazione, figuriamoci di un compito assegnato
quando erano ancora degli adolescenti.
“Mi riferisco a quando ci ha
costretti tutti a scrivere delle mail ad uno sconosciuto, a suo dire
per sviluppare l'amicizia tra culture diverse...”
mormorò andandogli in aiuto “...e scelse per
ciascuno di noi uno studente straniero che avesse per madrelingua
quella che ognuno aveva sul suo programma di studi. Tu avevi inglese,
io spagnolo.”
Zoro batté gli occhi, interdetto.
“...Mi stai dicendo che dopo più di tre anni sei
ancora in contatto col tuo amico di penna spagnolo??”
esclamò a bocca aperta alzandosi dalla sedia.
Sanji si girò appena,
l'espressione neutra. “Si, è un tipo simpatico.
Alla fine ci scriviamo una decina di volte al mese e ci raccontiamo
come va la vita.” ammise tranquillamente tornando a battere
sulla tastiera.
Zoro sgranò gli occhi cercando di
metabolizzare quanto aveva appena sentito, mentre un brivido gli
percorse la colonna vertebrale al ricordo di come era finito per lui
quel compito.
“È una cosa
assurda!” sbottò dopo qualche attimo, al che Sanji
si voltò a guardarlo confuso.
“Mi ricordo di quel maledetto
compito!” esclamò indicando il computer con
malcelato astio nella voce. “A me il prof. Saul aveva
affibbiato un inglese maniaco che invece di scrivermi della sua
giornata mi mandava lunghe poesie d'amore accompagnate da sue
fotografie in perizoma!” rabbrividì al ricordo.
“Ho resistito tre giorni prima di chiudere completamente
l'account e andare dal prof. a spiegargli che mi era impossibile
portare a termine il suo esperimento per assenza di affinità
strutturali! Incredibilmente ha capito e non mi ha più
chiesto nulla.” concluse scuro in volto incrociando le
braccia.
Sanji stringeva i braccioli della sedia
cercando di non frantumarli e al contempo si mordeva furiosamente le
labbra. La sua faccia era indecisa se esprimere una sincera compassione
per il suo amico o puro totale e irrefrenabile scherno. Alla fine ebbe
la meglio il secondo.
Sanji scoppiò a ridere
sguaiatamente battendo ripetutamente le mani sulla scrivania, non
riuscendo a credere di avere finalmente qualcosa in mano per prendere
per il culo il sempre irreprensibile Zoro Roronoa!
Il verde, d'altro canto, lo guardava ridere
delle sue pene visibilmente alterato e rosso in volto. Sembrava
impossibile che quello fosse lo stesso ragazzo che neanche mezz'ora
prima era steso sul suo letto a piangere per una storia d'amore finita
male!
Intimamente era contento di vederlo ridere
di nuovo, ma c'era un limite! Digrignò i denti, stufo di
venir preso in giro in quella maniera da uno che non aveva ancora
smesso i panni del gentiluomo d'altri tempi e di sicuro nascondeva
qualche libro di Jean Austen dell'armadietto dove teneva i bigodini.
“Piantala, babbeo! Ecco
perché non ve l'ho mai detto, sapevo che avreste tutti
reagito così!”
Sanji si asciugò gli occhi lucidi
e gli lanciò un'occhiata in tralice, ancora con il sorriso
sulle labbra. “Mi dispiace per la tua esperienza,
davvero!” esclamò quando un'occhiataccia lo
raggiunse. “Ma è una cosa troppo divertente! Ti
è andata male... il mio è a posto, anzi
è pure parecchio simpatico! Pensa che abbiamo una valanga di
interessi in comune! Entrambi studiamo economia ma vogliamo diventare
cuochi, ci pensi? Quando si dice il destino!”
Zoro sbuffò appoggiandosi alla
parete con la schiena. “Il mio era un imbecille, ma non ci
metto la mano sul fuoco che il tuo sia uno stinco di santo!”
mormorò piccato. “Anche il tuo è un
maniaco, vedrai! Quando meno te lo aspetti ti chiederà di
incontrarvi per un ‘appuntamento’ e vedrai che ti
combina!”
“Sei prevenuto solo
perché ti è andata male!” Sanji lo
squadrò con un'occhiata di compatimento, prima di voltarsi
di nuovo verso il computer e soddisfatto premere invio.
Zoro scosse la testa mentre i cellulari di
entrambi trillavano all'unisono.
“Vedrai se non ho
ragione!” borbottò estraendo il telefono dalla
tasca e leggendo rapidamente il messaggio di Rufy dove informava
entrambi che sarebbe passato a prenderli alle dieci per portarli alla
festa di Hermeppo.
Il verde lanciò uno sguardo
all'amico che fissava lo schermo del telefonino con occhi spenti. Il
momento ilare era passato purtroppo. Sanji stava nuovamente tentando la
discesa verso la depressione post-rottura con Pudding, ma non aveva
ancora fatto i conti con lo spirito indomito che dimorava in ogni uomo indignato dalla poca virilità di un amico. Attraversò la stanza a passo di marcia e si
erse in tutta la sua statura di fronte al biondo con un dito puntato
davanti al suo naso e lo sguardo minaccioso che assicurava un brutto
quarto d'ora per la sua faccia se non avesse fatto tutto ciò
che chiedeva.
“Ora tu ti riprendi, fai una
doccia e vai a cena con la tua famiglia! Alle dieci io e Rufy saremo
qui puntuali a prenderti per portarti alla festa... e non voglio
sentire scuse sceme!” aggiunse veloce prima che Sanji
riuscisse a infilare una parola in quel discorso furente.
“Pretendo che venga anche tu e che ti diverta! Dovrai
ubriacarti così tanto che di quella donna non ricorderai
più nemmeno il nome, sono stato chiaro?”
stabilì, talmente serio e ostile che Sanji non
trovò nulla da ridire, se non annuire sgranando gli occhi,
suo malgrado un po' intimorito da quegli occhi furiosi.
Zoro ghignò, felice di aver
raggiunto il suo scopo.
“Vedrai che questa notte ti
cambierà la vita!”
Angolo Autrice:
Buongiorno!
Se qualcuno se lo stava chiedendo, no fortunatamente (per me) non sono
svanita (purtroppo per voi), ma ero presa dal lavoro e dalla vita
reale, anche se non ho mai smesso di scrivere e difatti torno con
questa nuova long che spero possa piacere a qualcuno! :-D
Ci
lavoro da tanto e ci tengo come fosse mio figlio, ma se dovesse far
pena non fatevi problemi a farmelo sapere! :-D sono sempre disponibile
per sapere i pareri di chi ne sa più di me.
Detto
questo grazie per te che sei passato di qua anche solo per una lettura
in un momento di noia. Sono felice di aver attirato il tuo interesse e
spero che questo primo capitolo possa piacere!
Un
bacione a tutti,
Momoallaseconda
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Last Friday Night ***
Alle dieci in punto di un preciso venerdì sera
di luglio, Sanji Vinsmoke salì sul sedile posteriore della
vecchia Duna della famiglia Monkey con un sospiro pesante che poteva
dire molto sul suo stato d'animo. Lanciò una fugace occhiata
agli altri due occupanti del veicolo, notando subito le loro occhiate
stranite.
Rufy, alla guida, lo guardava poco convinto dallo
specchietto, mentre Zoro non si era fatto troppi problemi a voltarsi
completamente col busto per poterlo squadrare meglio, un sopracciglio
sollevato a sottolineare la sua muta domanda.
Sanji sbuffò. “Anche se è
una festa da Hermeppo, non voglio presentarmi vestito da
barbone!” esclamò irritato. Non solo ci stava
andando controvoglia quando avrebbe solo voluto sprofondare nel cuscino
e non doversi rialzare mai più, ma doveva pure sorbirsi le
loro solite paturnie circa l'abbigliamento
che aveva scelto per la serata, ossia sempre quello che riservava alle
grandi occasioni come le festività religiose, gli
appuntamenti galanti, le lezioni all'università, la spesa al
supermercato, lavare l'auto...
Zoro lo squadrò con
aria di scherno raddrizzandosi di nuovo sul sedile. “Ti pare
normale andare ad una festa in piscina in giacca e
cravatta??” chiese a Rufy.
Quello ridacchiò e Sanji rinunciò a
guardarli male, tanto non lo avrebbero visto.
Si chiese ancora come diavolo aveva fatto a farsi
convincere, non era assolutamente dell'umore adatto per una festa e men
che meno di mettere in pratica il consiglio di Zoro sui chiodi!
Si allentò la cravatta dalla gola, un gesto
consueto su un accessorio messo più per abitudine personale
che per secondo fine. Non si sentiva per nulla bene, il cuore batteva
forte contro la cassa toracica e aveva ancora una gran voglia di
piangere anche se si era ripromesso di non farlo più. La
testa ormai pulsava, Dio se faceva caldo in quel catorcio gli mancava
quasi l'aria. Era il luglio più afoso degli ultimi anni
diceva il Tg e lui non poteva che essere d'accordo.
Cercò a tentoni e col buio il pulsante per
abbassare il finestrino, bestemmiando sottovoce dopo svariati tentativi
a vuoto.
Rufy lo guardò dallo specchietto. “Il
bottone automatico non c'è, devi girare la
manovella.” precisò indicando verso il basso con
il suo indice.
Sanji borbottò un 'grazie' prima di mettere la
testa fuori dal finestrino per qualche secondo, sentendo l'aria fresca
della notte sferzarlo sul viso e riuscire a calmarlo, fortunatamente la
strada da fare era poca. Sentì Zoro chiedere a Rufy
perché non avessero preso la sua auto invece che quella
mezza scassata della madre.
“Perchè ce l'ha mia
sorella.” fu la semplice risposta del moro. “Le
avevo detto che poteva venire con noi, ma doveva passare a prendere le
sue amiche e quindi viene più tardi.”
Zoro si girò di colpo verso di lui, gli occhi
fuori dalle orbite. “Cos... stasera ci sarà anche
tua sorella??”
Rufy annuì per nulla turbato dall'espressione
omicida dell'amico. Sanji si frappose tra i due sedili anteriori,
guardandolo sornione. “Problemi con una dolce donzella per
caso, Roronoa?”
“Affatto.” digrignò i denti
Zoro, guardando ovunque tranne che verso di lui. Sanji
sogghignò con fare saccente e tornò a sedersi
composto.
Forse dopotutto ci sarebbe stato da divertirsi anche per
lui quella sera.
*
Le feste da Hermeppo avevano la fantastica
particolarità di iniziare sempre alla stessa ora ma di non
sapere mai quando sarebbero volte al termine, a volte sembravano poter
durare in eterno e mantenerti giovane e prestante per sempre.
Iniziavano alle cinque, quando i coniugi Morgan partivano
per le loro solite gite settimanali e lasciavano casa libera al loro
unico figlio per due giorni. Da quel momento, con sfide mortali a colpi
di Play Station e dispense riempite di ogni ben di Dio fino a
scoppiare, i primi fedelissimi e volenterosi compagni di corso
iniziavano a preparare l'ambiente per l'arrivo certo di almeno un
centinaio di persone con tavoli imbanditi di alcool e postazioni da
deejay in ogni angolo della villa, del parco e vicino alla piscina
olimpionica.
Alle cinque e cinquantacinque Hermeppo chiudeva la porta
del garage, dove il padre teneva le sue preziose auto sportive, con una
chiave minuscola che veniva puntualmente rubata da Ace e Sabo in pochi
secondi.
Dalle sei scattava l'ora X. La fiumana di universitari
esaltati si faceva largo a gruppetti dai cancelli per immergersi in una
notte di follia e completo disprezzo delle inibizioni e di ogni sacra
moralità.
Per le sette e mezza qualcosa come cinquanta persone
avevano già esaurito tutti i salatini, le torte e i vari
snack, buttandosi feroci sul ragazzo delle consegne che aveva portato
le pizze.
Alle sette e quarantacinque Kidd e Killer si erano stufati
di sentir starnazzare Hermeppo per i solchi nel prato e lo avevano
imbavagliato e legato ad una colonna del portico, tornando poi
tranquilli a godersi la gara tra Porsche improvvisata da Sabo, Ace e
Bonnie dietro la villa.
Per le otto e un quarto c'era già chi vomitava
l'anima negli angoli più remoti e chi mostrava succhiotti e
occhi neri.
Verso le nove e mezza l'oscurità era calata
completamente ma veniva contrastata da fari intermittenti al neon dai
colori sgargianti, posizionati nei punti strategici del parco e bene o
male tutti venivano trascinati a ballare dal ritmo risonante delle
casse che si spandeva nella notte. La festa cominciava a scaldarsi sul
serio e le prime ragazze ad apparire sempre più ubriache e
sempre meno vestite mentre ballavano a bordo piscina, ridendo isteriche
per le risse idiote dei soliti esagitati della pallamano che avevano
iniziato una partita acquatica scoordinata, priva di regole e di
qualsiasi indumento sotto la superficie.
Zoro, Rufy e Sanji fecero la loro comparsa alle dieci e
quattordici già certi di capitare in una bolgia umana ai
limiti dell'ubriachezza molesta.
Si imbatterono subito in Ace mentre ronfava alla grande su
un divanetto dell'ingresso, con tanto di bava alla bocca e bollicina al
naso, attaccato al formoso sedere di Bonnie, che a sua volta dormiva
abbarbicata alle gambe di Killer fin tanto che quest'ultimo si beveva
indisturbato la sua birra guardando il porno trasmesso dal proiettore
installato in salotto. Loro lo fissarono neutri e lui li
salutò affabile con un cenno del capo, tornando a guardare
tranquillo lo schermo.
Rufy si fermò un istante a guardare suo cugino
dormire e sembrò intenzionato a dire qualcosa ma Zoro lo
prese per la collottola trascinandolo via con loro.
Seguirono la musica perentoria che arrivava dal giardino
sul retro passando per la cucina, somigliante di più ad un
campo di battaglia che al regno della signora Morgan, e si ritrovarono
sotto al portico ad ammirare la moltitudine di corpi nudi, vestiti,
sudati, ubriachi che ballavano a ritmo delle canzoni del momento sotto
luci psichedeliche e qualche rara stella.
Rufy adocchiò immediatamente il buffet con gli
avanzi di pizza e ci si gettò a pesce noncurante di
abbandonare gli altri. Zoro non se ne accorse quasi, troppo impegnato a
divorare con gli occhi l'angolo degli alcolici che sembrava chiamarlo
come una sirena tentatrice.
Sanji gli lanciò un'occhiata ammonitrice che
poteva significare tranquillamente 'mollami da solo e te ne
pentirai amaramente!' non servì nemmeno dirlo a
voce alta, stranamente Zoro intuì.
“Razzasci!! Sieuteu arrivati!!! Hic!”
Si voltarono in simultanea al sentire quella voce. Il
tenero e sempre affabile Coby da ubriaco era uno spettacolo unico. Lo
guardarono divertiti fare i tre scalini che lo separavano da loro a
quattro zampe, troppo complicato rimanere su due. “Sciete
arriv-hic-ati al momento iiiiusto! Sciapete?”
Sanji ridacchiò, aiutandolo ad alzarsi e
sostenendolo per un braccio. “Ah, si? E come mai?”
Coby si avvicinò pericolosamente al suo viso con
fare cospiratore, gli occhi lucidi e l'alito che puzzava di vodka.
“Perchèèèè...
hic... perché sto ando la cacciiiia a un leonie!!”
Zoro alzò un sopracciglio. “Un
leone... ma pensa...” commentò asciutto guardando
Sanji e cercando di non ridere.
Coby annuì convinto e rischiò di
baciare il pavimento per la foga con cui si agitava.
“Andescio devo andare che il leogne mi ascipietta!
Hic!”
Riuscì a fare due passi e poi senza poterlo
fermare si schiantò al suolo, addormentandosi di botto
dentro al vaso dei gerani, apparentemente illeso.
Dei mugugni isterici verso destra distolsero la loro
rassegnata attenzione da lui, accorgendosi all'improvviso di avere il
padrone di casa legato ad una colonna a pochi centimetri da loro.
Zoro lo salutò con una amichevole pacca sulla
spalla complimentandosi per la festa, mentre Hermeppo lanciava segnali
di aiuto con gli occhi cercando di sbracciarsi, senza successo.
Sanji si accese la prima sigaretta della serata cercando
con gli occhi l'amico che li aveva portati fin lì,
inquadrandolo seduto a gambe aperte direttamente sopra il tavolo mentre
si sbafava ogni cosa vagamente commestibile riuscisse a trovare. Fece
cenno a Zoro di seguirlo e questi mollò senza problemi Coby
svenuto e il povero Hermeppo con i suoi incomprensibili mugugni.
Facendosi largo tra la folla, Sanji individuò
con poca fatica una capigliatura conosciuta che ballava animosamente
insieme al suo proprietario su uno dei cubi di metallo a bordo piscina.
Cambiò repentinamente strada confondendo Zoro. Lo dovette
recuperare parecchi passi più in là ma lo fece
con piacere, tutto era preferibile piuttosto di incrociare e sopportare
suo fratello Yonji anche lì. Con il volume alto della musica
e l'aggroviglio di persone attorno era difficile instaurare una
conversazione, ma Sanji ci provò lo stesso. “Sono
ancora convinto che sarei dovuto rimanere a casa!”
urlò serio all'orecchio dell'amico.
Zoro ghignò e alzò la voce per
sovrastare il rumore. “Vedrai che ti sentirai meglio dopo i
primi due bicchierini! Guarda com'era felice Coby!” Sanji lo
guardò male.
Tre minuti e due cambi di rotta dopo per riprendere
nuovamente Zoro, riuscirono a raggiungere il tavolo del buffet e Rufy
li salutò entusiasta sventolando un pezzo di pizza.
Finalmente lontani dalla piscina e dalla ressa, con la
musica ad un volume accettabile, Sanji si guardò attorno.
Erano pochi i ragazzi ancora relativamente sobri che giravano per il
parco e per lo più erano impegnati in attività
tutt'altro che caste, complice anche l'oscurità e la perdita
totale delle inibizioni che quelle feste generavano. Il genere di cose
adatte da avere intorno a sé dopo essere stato piantato su
due piedi. Magari se si impegnava sarebbe riuscito almeno ad ignorare
tutti i mugugni e i gemiti che arrivavano alle sue orecchie dai
cespugli disseminati lì attorno.
Scansò per un soffio una scarpa da ginnastica,
lanciata casualmente verso di lui da due sagome nascoste nell'ombra
dietro un albero. Incrociò le braccia nervoso schiacciando
la sigaretta tra i denti. Ma chi gliel'aveva fatto fare di farsi
convincere? Lui non ci voleva stare lì! Soprattutto
circondato da gatti in calore che non facevano altro che ricordargli
come fosse disastrosa la sua vita sentimentale e sessuale al momento!
Lanciò un'occhiata a Zoro che stava cercando con le buone di
convincere Rufy a scendere dal tavolo. Una festa da Hermeppo, certo. Il
modo migliore per combattere le pene d'amore, come no.
Sanji sospirò piano gettando la sigaretta in un
bicchiere abbandonato e lasciando vagare lo sguardo. C'erano ragazze
bellissime e mezze nude che ballavano a pochi passi da lui ma si
sentiva talmente a terra da non riuscire nemmeno a prenderle in
considerazione. Pudding gli mancava. Lo aveva lasciato per sempre aveva
detto ma in cuor suo avrebbe solo voluto un'altra occasione. Si sentiva
terribilmente patetico a sperarci, eppure era davvero convinto che lei
fosse quella giusta. Condividevano la passione per la cucina,
soprattutto per i dolci, entrambi amavano Jane Austen e i Pink Floyd.
Insieme avevano passato giornate meravigliose e notti anche
più belle. Amava svegliarla al mattino con un bacio sulla
fronte e adorava quando teneva il broncio per un esame andato male. Gli
mancava terribilmente. Ma più di ogni altra cosa gli mancava
sentirla ridere, avere il suo corpo addosso, la sua voce pregarlo di
continuare e di non smettere mai di baciarla e farla sua. Sanji si
appoggiò affranto con la schiena al tavolo del buffet,
passandosi una mano sulla nuca.
Da sempre si dava anima e corpo per far star bene la donna
che amava e con Pudding non aveva fatto eccezioni, eppure anche lei lo
aveva lasciato.
Come era possibile che non lo volesse più? Le
aveva dato tutto l'amore possibile, la trattava come una principessa,
lei era sempre venuta prima di chiunque altro per lui! Dove sbagliava?
Perché non riusciva mai a trovare una ragazza che volesse
condividere la vita con lui? Era lui in errore se ne cercava una sola,
solo una, che volesse stare con lui per sempre?
“Non vorrai ricominciare a piangerti addosso,
vero?”
Sanji sollevò mestamente lo sguardo, ma al posto
della faccia di Zoro si ritrovò a fissare due colme e
ondeggianti bottiglie di tequila.
Alzò un sopracciglio scettico quando una
finì in mano sua. “Cosa dovrebbe essere?”
Zoro gli scoccò un'occhiata di compatimento.
“Non è ovvio? Il rimedio ad ogni tuo
male!” esclamò, aprendo la sua e mandando
giù due generose sorsate, soddisfatto. “Ottima
qualità! Il padre di Hermeppo sa il fatto suo...”
Sanji scosse piano la testa, avrebbe preferito rimanere un
altro po' a deprimersi in solitudine, non aveva alcuna voglia di bere,
non quella sera, e il verde non faticò ad accorgersene.
Sbuffò contrariato spostando lo sguardo verso la
piscina dove era in corso un'orgia saffica a cielo aperto tra ragazze
bellissime e disinibite ormai del tutto fuori controllo e
riportò l'attenzione sugli occhi depressi del suo amico. Non
era affatto normale per Sanji rimanere insofferente di fronte a tanto
ben di Dio, soprattutto se gli veniva servito su un piatto d'argento.
Stava davvero male e lui, come amico, si sentiva in dovere
di fare qualcosa.
Con un gesto secco gli stappò la bottiglia senza
togliergliela dalle mani e ci avvicinò la sua facendole
cozzare malamente tra loro, fissandolo serio.
“Sanji...” esordì
obbligandolo a guardarlo. “Che tu ci creda o no, mi dispiace
se stai male. Ti ho costretto a seguirci perché speravo di
vedere una qualche reazione da parte tua e magari farti stare meglio,
ma evidentemente mi sbagliavo...”
Sanji lo guardò dubbioso, da quando Zoro
'infallibilità' Roronoa ammetteva un suo errore?
“...a quanto pare, l'uomo che conoscevo io non
esiste più! Devo prendere atto che ormai tu sia diventato a
tutti gli effetti una mammoletta apatica che non riesce più
a distinguere una bella donna disponibile da una pianta grassa e non sa
approfittare di una situazione favorevole come questa serata...
è brutto, davvero, ma me ne farò una ragione!
Quindi alziamo le bottiglie e festeggiamo questa tua nuova versione
priva di qualsivoglia virilità!” concluse
ghignando apertamente e innalzando in aria la bottiglia per brindare
alla sua salute.
Un'aura nera di incommensurabile ira circondò
completamente il corpo e soprattutto le mani chiuse a pugno di Sanji.
Prima che Zoro potesse aggiungere alcunché, un calcio di
immane potenza si abbatté sul suo cranio verde,
appiattendolo al suolo.
“Cosa stai cercando di insinuare maledetto
marimo?? Che non sono più un uomo??”
sbraitò sovrastandolo dall'alto,
pronto ad un nuovo attacco se avesse osato dire una parola di
più.
Zoro a terra si
massaggiò il bernoccolo ridacchiando. Finalmente una
reazione normale!
Si alzò guardandolo
negli occhi con ironia. “Hai centrato il punto torcigliolo!
Non s'è mai visto uno più imbranato di te con
l'altro sesso!”
“Senti da che
pulpito! Mi permetto di dissentire.”
Sanji e Zoro si voltarono di scatto verso la fonte di
quella voce che avrebbero riconosciuto tra mille.
Nel biondo si riaccese un barlume d'interesse negli occhi,
ogni traccia d'ira svanita nel nulla.
Pungente e bellissima come sempre, davanti a loro si
stagliava l'unica donna capace di mandarti in ospedale con un solo
pugno e riuscire a convincerti pure a pagarle le cure mediche per la
mano contusa.
Zoro grugnì tetro guardando Monkey C. Nami
avvicinarsi a loro. Capelli rossi liberi sulle spalle, uno striminzito
vestitino blu a fasciarla nei punti giusti, un bel sorriso in volto e
le sue due migliori amiche al seguito che li salutarono con un cenno.
“Come va, ragazzi?” esordì
lei tranquilla prendendo dei bicchiere di plastica e servendo un po' di
vino per sé e Monet e dell'acqua per Nojiko che era astemia.
La domanda venne del tutto ignorata da Zoro ma non da Sanji
che aveva ritrovato l'entusiasmo alla vista delle tre ragazze e
puntò sicuro verso la gemella del suo migliore amico,
felicissimo di renderla partecipe della sua vita e magari di farsi
consolare con un caloroso abbraccio. “Oh, mia adorata!! Ora
che sei arrivata tu la mia serata può solo
migliorare!!”
Lei scansò con facilità il tentativo
di affondo del biondo, facendolo finire spiaccicato a terra davanti a
Nojiko che lo soccorse immediatamente preoccupata. Allibito per la
faccia tosta del compare Zoro si passò una mano sul viso
attirando l'interesse della rossa su di lui.
“Che succede, Roronoa?” lo
sfidò son un sorrisetto “Hai bevuto troppo e ti
è venuto mal di testa?”
Lui la squadrò assottigliando gli occhi.
“Può darsi, ma è più
probabile che me lo abbia fatto venire tu con la tua voce gracchiante
da strega!”
Nami alzò un sopracciglio voltandogli le spalle
e rivolgendosi alle sue amiche. “Avevo ragione io, come al
solito... Sanji non è il più imbranato con le
donne, qui...” mormorò atona.
Zoro l'avrebbe volentieri strangolata. Cosa avrebbe dovuto
essere una battuta? Che ne sapeva lei di come si comportava lui con le
donne?? Se era venuta alla festa solo per attaccar briga, poteva
restarsene a casa! Già doveva sopportarla quando andava da
Rufy con quei suoi commenti fuori luogo e le battutine da padrona del
mondo! Pure qui veniva a dargli fastidio?
Sanji lo affiancò, guardandolo divertito fumare
dalle orecchie. “Ora chi è che ride,
marimo??”
“Nami, sei arrivata!” Rufy
arrivò di corsa con con una gran sorriso, fermandosi accanto
alla gemella e travolgendo quasi le sue amiche.
Lei mandò giù d'un fiato il contenuto
del suo bicchiere come fosse stata acqua e si servì ancora
prima di rispondere. “Si, ci ho messo più del
previsto. Monet non riusciva a decidere il reggiseno da
mettere!” mormorò fissando di sbieco l'amica.
Lei per tutta risposta ridacchiò eterea.
“Sono cose importanti mia cara! Non si può mai
sapere cosa ti capiterà ad una festa da
Hermeppo...” sussurrò in tono volutamente suadente.
Rufy ammiccò nella sua direzione.
“Beh, direi che hai scelto molto bene alla fine...”
esclamò malizioso scorgendo del fine pizzo rosso sotto la
sua camicetta. Lei gli sorrise compiaciuta.
Nami alzò gli occhi al cielo allontanandosi dai
due di qualche passo e focalizzandosi invece su Sanji e Zoro che
chiacchieravano con Nojiko.
“Avete scelto di sostare nell'unica zona dove
vengono fatte dimostrazioni pratiche di Kamasutra...” stava
dicendo divertita la sua amica.
Nami aguzzò l'orecchio sentendo chiaramente i
gemiti soffocati di più persone darci dentro tra i cespugli,
strano non se ne fosse accorta prima con tutto il casino che facevano.
Sanji fece una risatina, mostrandosi vagamente imbarazzato,
al contrario del suo amico che ghignava senza ritegno. “In
realtà abbiamo seguito Rufy. Là c'era un tavolo
adibito al buffet prima che lui decidesse di mangiarsi anche
quello...”
“...e poi torcigliolo ha deciso di far diventare
questo posto la tomba della sua virilità...”
Sanji lo guardò in cagnesco facendo sorridere
malinconicamente Nojiko e accigliare Nami per la sua totale mancanza di
sensibilità.
“Sei proprio una scimmia senza cervello,
tu!” proruppe guardando male il verde che le
scoccò un'occhiata annoiata. “Il tuo amico sta
male per colpa di una stronza e tu che fai?” gli chiese
agitando le braccia. “Prima cerchi di spingerlo verso altre
donne e adesso lo insulti! Ma hai una vaga idea di cosa siano i
sentimenti??”
Sanji e Nojiko la fissarono con la bocca leggermente aperta.
Era solo una battuta quella di Zoro, lo avevano capito
tutti, impossibile che Nami l'avesse presa sul serio. Il biondo si fece
avanti con un sorriso cercando di ovviare il malinteso. “Nami
cara, non ti devi preoccupare per me, non è un
probl...”
“Nessuno ti ha chiesto niente! Non ho certo
bisogno di venire da te per imparare come trattare i miei
amici!” Zoro assottigliò lo sguardo fissandola a
braccia incrociate e interrompendo Sanji.
Lei lo guardò furente. “Io credo che
tu abbia bisogno di qualche lezione di tatto, invece!”
Zoro si infervorò. “Senti, ragazzina
isterica, sei appena arrivata e già sono stanco di averti
intorno! È meglio per te se mi stai lontana stasera o potrei
non rispondere delle mie azioni!”
Nami strinse le mani a pugno. “Ma davvero? Mi
lanci questa minaccia a vuoto da quando siamo piccoli perché
non ci provi finalmente e vediamo?? Abbiamo la stessa età,
posso essere forte quanto e più di te!”
Negli occhi di Zoro passò un pericoloso lampo
d'ira che Sanji sperò essere stato l'unico a notare. Con
prontezza poggiò una mano sulle spalle di entrambi e si
affrettò a separarli. “Bene signorine. Ora potete
anche smetterla di lottare per l'amore del sottoscritto!”
esclamò nervoso cercando di sembrare divertente.
Zoro scansò con un gesto secco la sua mano
continuando a fissare iroso Nami oltre le spalle del suo amico.
“Vado a prendere da bere. Qui le cose buone sono
finite!” concluse asciutto, avviandosi in gran carriera verso
la piscina e la folla che ancora ballava ad un ritmo sostenuto.
Sanji lo guardò stupito allontanarsi stranamente
senza sbagliare strada e batté gli occhi confuso. Non
c'aveva capito nulla, che diavolo era appena successo?
Nami respirava affannosamente cercando di non guardare in
faccia nessuno, Nojiko le si avvicinò. “Tutto
bene, tesoro?” mormorò dolce. Lei
annuì, tirando su col naso, girandosi poi verso il biondo.
“Scusa, Sanji. Le nostre diatribe non dovrebbero mai
coinvolgere i problemi di altre persone, bastiamo già noi a
incasinarci la vita da soli. Non so davvero come scusarmi, sai bene che
non... non riusciamo a respirare la stessa aria troppo a lungo...
Comunque mi dispiace molto per aver offeso Pudding prima...”
mormorò sinceramente mortificata.
Sanji, che in quel momento a tutto pensava tranne che ai
suoi problemi sentimentali, al sentire il nome della sua ormai quasi
del tutto certamente probabile ex, abbozzò un sorrisetto
contrito.
“Non preoccuparti, Nami-san.” la
rassicurò. “Non mi ha dato fastidio e ormai me ne
sto facendo una ragione...” Bugia, ma da quando in qua lui
era fautore della tristezza di una donna, specie se si trattava di una
sua cara amica? “Vorrei solo capire perché ogni
volta vi vedete scoppia letteralmente la terza guerra
mondiale...”
Nami alzò le spalle senza rispondere, lasciando
vagare lo sguardo in giro. Rufy e Monet erano spariti da parecchio, non
avrebbe saputo dire se insieme o separatamente e preferì non
indagare oltre. Conosceva suo fratello come pure la sua amica e se
fossero finiti insieme in uno dei cespugli parlanti del parco non ne
sarebbe stata sorpresa. Lanciò un'occhiata a Noijko,
silenziosa al suo fianco dall'inizio.
“Devo andare in bagno, vieni con me?”
le chiese seria. Lei sembrò intuire che aveva bisogno di
cambiare aria ed annuì, affrettandosi a salutare Sanji con
un bacio sulla guancia che riuscì a strappargli un sorriso,
avviandosi per prima.
Nami abbracciò il ragazzo con affetto.
“A dopo, Sanji! Vedrai che passerà anche
questa!”
Lui le guardò allontanarsi verso la villa bene
attente a girare al largo dalla piscina.
Sospirò mesto, cercando nella tasca interna
della giacca il pacchetto ancora mezzo pieno che sapeva di avere. Ne
sfilò una e la accese piano, lasciandosi assuefare per un
attimo da quel sapore amaro che amava così tanto. Le sue sigarette erano probabilmente
le uniche che non lo avrebbero mai tradito, fedeli compagne da una vita
e di certo lo avrebbero accompagnato anche alla tomba.
Rimasto solo, nel buio della
notte e circondato da cespugli mugugnanti, si ritrovò a
pensare a come fosse strana la vita. Solo quella mattina era l'uomo
più felice del mondo ed ora non riusciva a togliersi dalla
testa la schiena dell'ennesima donna che si allontanava inesorabilmente
da lui.
Per non parlare del fatto che
non aveva la più pallida idea di cosa fosse preso a Zoro!
L'aveva visto bene il lampo omicida che era passato attraverso i suoi
occhi. Non osò nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto
succedere se non li avesse separati... Avrebbe dovuto fare un bel
discorsetto a quella crapa verde su come andavano trattate le donne!
Anche se doveva ammettere che Zoro solitamente era irreprensibile con
tutte. Mai lo aveva visto diventare nemmeno lontanamente furioso come
accadeva quando Nami era nei paraggi e quella sera era stato pure
peggio del solito. Avrebbe dato un braccio, anzi una gamba (ci teneva
di più alle sue braccia), per sapere perché quei
due non riuscivano ad avere un rapporto che fosse almeno civile. Scosse
la testa, erano anni che tentava di approfondire il discorso prima con
uno poi con l'altra e non c'aveva mai cavato un ragno dal buco. Forse
doveva semplicemente prendere atto che una persona poteva odiarne
un'altra anche senza motivo apparente. Forse erano solo incompatibili,
valutò spegnendo la sigaretta sotto il tacco della scarpa
elegante e ridacchiando tra sé e sé per
ciò che quel gesto riesumava.
Pudding odiava quando lo
faceva, diceva che poi l'odore rimaneva sulla scarpa e le appestava
l'ingresso di casa. Non si era mai fermato a pensare a quanto fosse
assurdo come ragionamento.
Si appoggiò al
tavolo degli alcolici, abbastanza vicino ad un cespuglio
particolarmente grande immerso nell'oscurità da cui
arrivavano chiari dei gemiti ai quali non diede credito, perso com'era
nei ricordi della sua ex ragazza.
“Si... si, non
fermarti... ah...”
Sanji si accigliò
lievemente sentendo quella soffocata voce di donna invocare, preda
della passione più sfrenata. Ci davano dentro parecchio quei
due... alzò il bicchiere di gin in loro onore con un
sorrisino triste, bevendo alla loro salute.
“Si...
continua...”
Anche Pudding era una che
parlava parecchio, rifletté sospirando pesantemente.
Nami aveva ragione, passava,
passava tutto prima o poi, ma purtroppo mai in tempi rapidi e lui era
ancora infinitamente triste al pensiero di non poter più
avere la sua ragazza con sé...
“...Ah, si...
ancora...”
...per ricoprirle il collo di
baci, respirare il profumo dei suoi capelli...
“...non
fermarti...”
...sentirla pronunciare quel
nomignolo dolce che gli riservava solo mentre facevano l'amore...
“...continua... ah
continua... mio profiteroles...”
…............
“Si, si, siiiii...
aaaah!”
…....un
attimo.......
Sanji sbarrò gli
occhi, orripilato. Aveva sentito bene??
Si allontanò di
scatto dal tavolo e fece rapido il giro del cespuglio.
Non era possibile, non ci
credeva... non poteva essere vero!
“Pu-Pudding-chan...?”
esalò sconvolto.
Nell'oscurità
parziale un verso strozzato si levò dall'intreccio dei corpi
che aveva davanti.
“Me-merda! Sanji??
Che cosa fai tu qui??”
Le due sagome si separarono
velocemente cercando di coprire ciascuno le proprie nudità.
Sanji rimase a bocca
spalancata per tutto il tempo che ci volle alla sua -ormai
definitivamente- ex per rivestirsi e rendersi un minimo presentabile
agli occhi dell'uomo che aveva scaricato appena quella mattina. Pudding
si alzò con calma sfoderando un sorriso nervoso mentre il
tizio dietro di lei finiva di allacciarsi i pantaloni.
“Ciao,
Sanji...” mormorò avanzando verso di lui con i
capelli arruffati venendo illuminata da un fascio di luce artificiale
che gli permise di notare un vistoso succhiotto all'altezza del seno
destro, lasciato intravedere dalla vertiginosa scollatura dell'abito.
“Come... come
va?” chiese con malcelata calma stringendosi nelle braccia
mentre anche il tizio che era con lei usciva dall'ombra e Sanji
riusciva a dare un nome ed un volto allo stronzo che si stava scopando
la sua donna dietro un cespuglio. Non che la sagoma inconfondibile gli
avesse dato qualche dubbio in merito ma vederselo bene davanti rendeva
tutto dannatamente più squallido.
Pudding, la sua Pudding, si
era portata a letto Drake 'Rex' Barrels.
Anzi no, non aveva nemmeno
aspettato di trovarlo, un letto. Si era tranquillamente lasciata
condurre dietro un cespuglio dal peggior puttaniere avesse mai
attraversato la facoltà di economia dai tempi d'oro
dell'inaugurazione quarant'anni prima, e non sembrava nemmeno ubriaca.
E lo sapeva, Pudding sapeva
perfettamente chi fosse l'idiota che ora fissava atono la zona della
piscina senza sembrare nemmeno vagamente contrito per essere stato
beccato a metà di un atto sessuale in piena regola. Tanto,
si disse Sanji digrignando i denti, lui era Drake Barrels, ne
avrebbe trovata un'altra entro mezz'ora per quale motivo
avrebbe dovuto essere in pena? Drake non era come lui... oh, no...
Drake non era un fesso che donava anima e cuore ad una singola donna,
trattandola come una principessa, ricoprendola di premure e finendo
sempre costantemente col ricevere una batosta colossale tra capo e
collo! Drake non era come lui che aveva idolatrato, protetto e amato la
ragazza che ora gli stava di fronte mezza nuda, con un succhiotto
indecente e l'orgasmo che ancora scorreva nelle vene.
In quel momento Sanji
passò al microscopio tutta la sua vita e ne rimase scioccato.
A quanto pareva sbagliava da
una vita, per suscitare interesse avrebbe dovuto essere stronzo e
menefreghista come Drake! Una rivelazione tutt'altro che piacevole.
Anche Pudding parve accorgersi
di un mutamento nei suoi occhi. “Sa-Sanji? Se-senti...
io...”
“Lascia perdere
Pudding...” niente chan e lei sussultò.
“...tanto ci siamo già lasciati, no? Ti auguro
tutto il meglio dalla vita, buonanotte.”
E la lasciò
lì impalata avviandosi verso la piscina e la folla, il cuore
in frantumi che acquisiva sempre maggiore forza e sicurezza man mano
che si allontanava da lei, come fosse solo la rabbia a tenerlo insieme.
Agguantò la prima bottiglia che vide non sapendo nemmeno di
che alcolico si trattasse e vi si attaccò avidamente,
sentendo la gola bruciare e l'animo acquisire nuovo vigore.
Inquadrò Rufy
sottobraccio con Monet mentre uscivano dalla villa, visibilmente
accaldati e felici.
Giù un'altra
sorsata.
Kidd e Killer che ricoprivano
la faccia di Koby di disegni osceni mentre dormiva.
Si pulì la bocca
con la manica della giacca elegante.
Nami e Nojiko ridere per una
probabile battuta di Sabo poco lontano.
Arrivò a
metà bottiglia senza nemmeno accorgersene.
E Zoro? Ah, eccolo. Ci stava
provando con una tizia bionda in corso con lui. Gran belle gambe,
doveva ammetterlo.
Oh-oh. La vodka era finita sul
più bello. Passò al Martini. E poi al rhum.
Zoro aveva proprio ragione,
l'alcool era il rimedio, un fantastico rimedio, ma non glielo avrebbe
mai detto.
Non ci mise molto a finire
anche la terza bottiglia, come non ci mise molto a notare lo schianto
che aveva alla sua destra e a provarci spudoratamente, ricevendo
qualcosa di non ben definito in testa. Ci mise di più a
focalizzare la faccia del marimo che lo chiamava, strattonandolo per il
colletto perché si riprendesse. Ma lui non voleva. Lui era
felice e libero così, senza pensieri né donne
stronze che potevano farlo soffrire. Lui stava bene con la vodka e il
Martini e il rhum e anche Zoro lo avrebbe capito, come lo avrebbero
capito Pudding, Drake e pure l'asfalto, che sembrava corrergli incontro
a velocità supersonica senza poterlo fermare.
*
Una sensazione pesante
all'altezza del bacino lo risvegliò di soprassalto.
Ci mise qualche secondo per
capire che quello su cui era appoggiato era un cuscino e non uno
qualunque. Con la vista del tutto annebbiata dall'alcool che ancora
aveva in corpo, Sanji mise a fuoco con fatica le pareti della sua
camera da letto con le veneziane abbassate, non riuscendo a capire che
ora potesse essere e perché fosse nella sua stanza invece
che alla festa di Hermeppo a gettarsi sulle fanciulle a bordo piscina.
Era di certo ancora piena notte e ricordava quasi tutto della serata,
ma non come fosse arrivato fin lì.
Si mise seduto, la testa che
vorticava violentemente e i sensi ancora parecchio offuscati. Da quella
posizione capì immediatamente cosa fosse quel peso
opprimente sul bacino e si alzò di corsa per raggiungere
barcollante il bagno adiacente e svuotare la vescica.
Ci mise più tempo
di quanto avrebbe mai ammesso, ma riuscì a tornare in
camera. Stava per buttarsi nuovamente tra le braccia di Morfeo quando
una lucina intermittente dalla scrivania attirò la sua
attenzione. Era arrivata una nuova mail.
Con gli occhi semichiusi e la
stabilità mentale dimenticata alla festa sopra qualche
tavolo, Sanji aprì la bustina bianca chiusa al centro dello
schermo e lesse velocemente il testo. Corrugò le
sopracciglia confuso un paio di volte, non certo di sapere che lingua
fosse, ma sembrava spagnolo a prima vista ...Ah si, il suo amico di
penna! Che voleva a... le quattro e mezza del mattino?? ...beh, poco
male, sarebbe tornato a letto subito e ci sarebbe rimasto per il resto
della sua triste e miserabile vita... che stava facendo...? ah, si, lo
spagnolo... cos'è che voleva?
“Un..... cita.....”
mormorò assorto. “Vuole che ci diamo un cita...
Che diavolo vuol dire cita?”
allungò pesantemente una mano per prendere il dizionario
accanto al portatile e trovò la risposta con non poca
fatica. “....appuntamento... cita
vuol dire... appuntamento...”
Strinse gli occhi per cercare
di concentrarsi e capire meglio, ma i sensi annebbiati non aiutavano.
Allora... il suo amico di
penna spagnolo era triste per la sua rottura con Pudding e chiedeva di
incontrarsi finalmente per.... un appuntamento... ora che era tornato
single... e quindi senza legami amorosi con qualcun altro...
….............
Ci volle ben più di
un minuto per fargli realizzare come potesse venire interpretata una
frase del genere se detta da un uomo ad un altro uomo e Sanji
inorridì non appena il pensiero si formò nella
sua testa.
“Oddio... il marimo
aveva ragione... questi sono tutti pazzi!” Terrorizzato,
ricordò cosa era successo a Zoro e si rese conto subito di
non tenerci affatto a vivere la stessa situazione.
In pochi secondi aveva
digitato una risposta frettolosa sui suoi genitali e su cosa avrebbe
fatto a quello spagnolo maniaco se si fosse ancora azzardato a proporre
una cosa del genere! E lui che lo credeva una persona per bene, invece
si era rilevato uno squilibrato pronto ad approfittare di lui e del suo
stato!
Inviò subito il
messaggio senza nemmeno rileggere, ben deciso a mettere più
distanza possibile tra lui e quel pazzo. Poi, per essere sicuro di non
averci più nulla a che fare, con l'ultimo barlume di veglia
Sanji lo bloccò.
Soddisfatto, mezzo consapevole
di aver schivato un proiettile e mezzo convinto di essere un unicorno,
si alzò dalla sedia, fece tre passi e cadde al suolo
addormentato con la faccia nel cesto dei panni sporchi.
Col senno di poi, avrebbe
preferito non riemergerci mai più.
Angolo
Autore:
Forse qualcuno avrà notato che la
storia somiglia ad un certo film, non è una sua impressione!
Ticket for Love è ispirata proprio ad un film, anche se solo
per determinati capitoli.
Qualcuno ha già capito qual
è dal primo capitolo (brava Effy!!!), ma forse da questo si
capisce ancora meglio! Per ora non svelerò il nome, vediamo
se qualcuno lo riconosce!
Alla prossima!!
Momoallaseconda
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** No Vacancy ***
Un suono insistente, fastidioso e trapanante riecheggiava nella
stanza da diverso tempo.
Moribondo Sanji alzò piano la testa e
nel voltarsi un po' di
saliva gli si spalmò sulla guancia.
Il collo gli faceva un male cane, la testa pulsava
da far schifo e
c'era un odore per niente piacevole proprio sotto di sé, ma
sarebbe stato
troppo faticoso scoprirne la causa.
Il suono maledetto che l'aveva svegliato
continuava imperterrito a
fracassargli i timpani. Ma che ore erano?
Con gli occhi rigorosamente chiusi
cercò di tirarsi su, sorpreso
di sentire il duro pavimento sotto le sue mani invece del letto. Quanto
si era
ubriacato ieri sera? Non ricordava quasi nulla.
Con fatica si allungò per stiracchiare
gli arti e per cercare a
tentoni la fonte di quel suono molesto, scoprendola nel suo cellulare,
abbandonato a terra.
Sbuffò contrariato aprendo gli occhi e
lasciandosi accecare dai
raggi insistenti che inondavano la stanza buia attraverso le veneziane.
Si
accasciò del tutto sul pavimento e portò
l'infernale arnese davanti al viso,
porca troia era l'una di pomeriggio. Esausto, premette il tasto verde.
“Che cosa vuoi idiota?”
Dall'altra parte dell'apparecchio la risata
ovattata di Rufy gli
perforò un timpano. “Ciao, Sanji!!” lo
sentì ululare tremendamente felice e in
pace col mondo.
Quello ringhiò. “Ho da fare
Rufy, che cosa vuoi?”
Il moro ridacchiò. “Devo
darti una bella notizia e volevo anche
sapere come stai... sai, ieri sera hai dato spettacolo...”
continuò allusivo
facendo accigliare il biondo. “...il tuo sedere al vento non
lo vedevo più da
quella volta che Yonji ti ha rubato tutti i vestiti al campeggio e tu
gli sei
corso dietro nudo!!”
Rufy rise e Sanji boccheggiò in trance.
Si toccò istintivamente i
pantaloni, realizzando in quel momento di non avere altri indumenti al
di sotto
di quelli. Che.diavolo.gli.era.successo.ieri.sera??
“Comunque...”
proseguì indefesso “Volevo farti sapere che Monet,
l'amica di Nami, mi ha procurato un lavoretto per quest'estate!
Comincio tra
due giorni! Sarò l'addetto all'archivio nello studio
notarile di suo zio
Doflamingo! Così comincio a fare un po' di pratica
finalmente perché papà non
mi lascia ancora toccare le sue carte senza la supervisione sua o di
Sabo! Ace
dice che sono tutte fisime mentali da avvocati e che non dovrei darci
peso, ma
insomma, dico, io sono suo figlio Sabo invece è suo nipote,
perché lui si e io
ancora no? È perché è più
grande ed è ad un passo dalla laurea? Non lo so
però
vedrai che dopo questo lavoro dal notaio Doflamingo dovranno per forza
farmi
entrare nello studio! Voglio dire, hanno messo una serratura a
combinazione!
Hai capito che cos...”
Sanji spense il telefono senza nemmeno lasciargli
finire la frase,
tanto non lo stava più ascoltando da quando aveva scoperto
di essere senza
mutande.
Si alzò con fatica e non appena fu in
piedi si rese conto che
sarebbe stato meglio rimanere sdraiato.
Barcollando corse fino al bagno dove
vomitò tutto quello che aveva
mangiato dal giorno prima al Natale passato, sentendosi se possibile
pure
peggio.
“Stavolta con l'alcool ho chiuso,
giuro.” mormorò poggiando la
fronte accaldata direttamente sulla tavoletta. Dio se aveva caldo,
c'erano
almeno trenta gradi in quel bagnetto, sicuro.
Troppo occupato a contenere ulteriori conati
gastrointestinali,
non si accorse di una piccola figura che dallo stipite della porta
seguiva le
sue mosse con occhio attento e particolarmente preoccupato. Quando lo
vide
cercare di rimettersi in piedi gli corse subito in aiuto.
“Dai appoggiati al lavandino
Sanji...” mormorò Chopper,
passandogli un asciugamano.
Non appena riuscì a riprendersi si
sciacquò il viso. Stava un po'
meglio, ma sapeva che non doveva sfidare la sorte quindi
scacciò l'allettante
idea di sdraiarsi a fumare e tornò barcollante nella sua
camera, aiutato a
momenti dal fratello.
“Sei pallido da far paura...”
gli confidò pacato guardandolo
sedersi piano sul letto.
“Grazie, Chopper...”
esalò esausto passandosi una mano sul viso.
“Dico solo la verità,
perché hai voluto farti questo?”
Sanji sospirò cupo. “Ah,
fratellino. Le donne, croce e delizia...
Un giorno lo capirai anche tu...”
Chopper scosse il capo, poco convinto.
“Non sarò un esperto di
donne ma so che non mi ridurrò mai così se una di
loro mi lascia!”
Sanji sogghignò per l'innocenza del
fratello, davvero pensava di
poter controllare tutto? Ah, dolce e ingenuo piccolino.
“In realtà non mi sono
ubriacato perché sono stato scaricato...”
ammise tranquillo.
Chopper lo guardò cauto.
“Beh, mamma mi ha detto di Pudding...
pensavo fosse per quello che ieri sera hai bevuto così tanto
che Zoro ha dovuto
riportarti qui in spalla...”
Sanji lo fissò sorpreso, ecco com'era
tornato a casa. Scosse la
testa noncurante e nel farlo dovette poggiarsi al muro per il forte
capogiro
che lo colse.
Chopper gli si avvicinò con una
bottiglietta d'acqua. “Bevi a
piccoli sorsi. La mamma ti sta preparando qualcosa da mangiare. Le ho
detto che
hai avuto un malessere per il troppo caldo di questi giorni, ci ha
creduto. Lei
non ha visto Zoro che ti portava su per le scale in piena notte e
nemmeno papà,
siamo riusciti a metterti a letto senza svegliare nessuno. Il tuo
è proprio un
buon amico, dovresti ringraziarlo.”
Restituendogli la bottiglietta Sanji fece una
smorfia che avrebbe
potuto significare tutto o nulla,
ma era
senz'altro grato a Zoro per non aver approfittato dello stato in cui
certamente
versava ieri sera... o, per lo meno, lui sperava ardentemente che non
ne avesse
approfittato facendogli video o fotografie se davvero ci teneva
all'integrità
del suo cranio verde.
“...comunque non mi hai
risposto!”
Sanji sospirò lisciandosi il pizzetto
pensieroso. “Le donne,
Chopper, sono esseri meravigliosi, portatrici di amore, bellezza e
felicità...
a noi uomini è stato dato il compito di proteggerle e amarle
sempre e comunque
senza limiti alcuni...”
Il fratello si sedette comodo alla scrivania
guardandolo con un
sopracciglio alzato, aspettando come al solito che si decidesse ad
arrivare al
punto. Quelle erano cose che gli venivano ripetute fin dalla nascita e
conosceva tutta la manfrina a memoria ormai, ciononostante il fratello
si
premurava sempre di ripetergliele quando si trattava di spiegargli
qualche
fatto particolarmente rilevante della sua vita che riguardava le
femmine.
Sanji non avrebbe mai ammesso che quegli angeli
celestiali che
difendeva spada tratta in realtà erano da sempre il suo
problema principale.
Chopper adorava suo fratello ma si rendeva pienamente conto anche di
quanto
potesse diventare poco obiettivo se c'era di mezzo una ragazza e,
purtroppo per
chi gli stava intorno, anche parecchio prolisso. Fortunatamente per lui
quel
giorno non sembrava intenzionato a fare la solita infinita ode
al gentil sesso e Chopper riemerse dalle
sue riflessioni appena in tempo, Sanji aveva
cambiato tono passando dal solenne al depresso in cinque secondi netti.
“...tuttavia, alle volte accadono eventi come
quello di ieri che mi
portano a riflettere seriamente su cosa sto combinando nella vita e mi
sono
reso conto che non posso pretendere amore assoluto da una donna solo
perché la
tratto come una principessa ed esaudisco ogni suo desiderio... ho
capito che ci
sono ragazze che non vogliono attenzioni particolari o protezioni ed
io...”
fece un pausa e Chopper rischiò di cadere dalla sedia per
quanto pendeva dalle
sue labbra. Sanji osservava tetro il pavimento come se si aspettasse di
vedervi
spuntare magicamente la soluzione ai suoi problemi. “...forse
ho sempre
sbagliato tutto, Chopper.” ammise tristemente
“...dovrei semplicemente lasciare
stare questa mia fissa per la donna giusta... forse nemmeno esiste una
donna
giusta per me!” sorrise amaramente.
“Dovrei diventare gay!”
concluse risoluto.
Silenzio.
Chopper batté gli occhi un paio di
volte cercando di metabolizzare
completamente quanto aveva appena sentito.
“...fammi capire...”
iniziò dubbioso dopo qualche istante,
riordinando le idee. “...sei stato mollato e lei non ne vuole
più sapere di te
anche se tu eri il fidanzato perfetto... poi ti sei ubriacato ad una
festa
perché hai realizzato che forse il tuo metodo con le donne
è sbagliato... e ora
vorresti diventare gay...?” Sanji annuì tranquillo
e Chopper strabuzzò gli
occhi. “Ma-ma che razza di ragionamento
è??” chiese sbigottito agitando le
braccia.
L'altro si strinse nelle spalle. “Magari
è la soluzione... se non
trovo una donna forse il problema è che dovrei cercare un
uomo...”
Chopper lo fissava sconvolto. Quelle parole non
potevano essere
uscite dalla bocca di suo fratello, no si rifiutava di credere che
stesse sfornando
un'idiozia dietro l'altra senza rendersene conto o farlo apposta!
Quello era
Sanji Vinsmoke santo cielo! L'uomo che idolatrava le donne come fiori
delicati
e si faceva in quattro per risolvere i loro problemi ed esaudire i
desideri.
L'unico al mondo capace di diventare uno zerbino anche per ragazze mai
viste
prima! L'unico che era riuscito ad avere la benevolenza della temibile
professoressa Hina in quinta liceo per i suoi modi garbati da
gentleman!
L'unico che metteva il bene di una donna prima del suo e da sempre gli
ficcava
in testa quanto fossero esseri splendidi e meravigliosi, come l'uomo
non
sarebbe mai potuto essere! Quello là ora voleva farsi gay??
Si sarebbe stupito
meno se avesse voluto diventare monaco buddista!
Chopper sospirò poggiandosi con la
schiena e con i gomiti alla
scrivania, guardandolo fisso, sperando sempre intimamente di vederlo
scoppiare
a ridere e dirgli che era uno scherzo.
“Non è certo
perché non si trova una donna che si diventa gay
Sanji, ma devo spiegartelo io??”
Quello abbozzò un sorrisetto contrito.
“Lo so... se lo fossi me ne
sarei già accorto...” mormorò guardando
assorto fuori dalla finestra. “Ma,
ahimé, amo troppo le donne per far loro questo...”
pronunciò solenne, mano sul
cuore.
Chopper ridacchiò. A quanto pareva
stava davvero scherzando ma
questo non toglieva il fatto che un problema spinoso gli volteggiasse
attorno
come un avvoltoio.
Si sfregò le mani, gli era venuta
un'idea.
“Un sito di appuntamenti?”
chiese Sanji, uno scettico sopracciglio
alzato prima di scuotere la testa. “Non mi va di incontrare
così la donna della
mia vita...”
Chopper fece una smorfia. “E come
allora?”
“Beh...” valutò
pensieroso con un sospiro
sognante. “Vorrei che fosse un incontro magico, sconvolgente!
Vorrei
incontrarla dopo molte peripezie... vorrei dover lottare per il nostro
amore,
oppure che la strada che sto percorrendo mi porti a congiungermi con
lei perché
è stato il destino a volerlo... è lui che ci
vuole insieme! E, una volta giunti
l'uno di fronte all'altra, guardarla finalmente negli occhi e vedere
dentro di
loro il mio riflesso perdutamente innamorato che sa di essere
ricambiato senza
più paura del futuro... sai, come in quei romanzi
di inizio ottocento dove lui e lei si incontrano ma per vivere il loro
amore
devono affrontare una marea di prove difficoltose, come farsi accettare
dalla
famiglia, combattere un'invasione, non soccombere alla
peste...”
“...”
“...”
“...Adesso ho capito dove sono finiti i
libri di Jane Austen che
mamma cerca da due mesi...”
Sanji lo guardò male. “Vorrei
solo avere un amore fiabesco non mi
sembra di chiedere troppo!”
Chopper alzò gli occhi al cielo.
“Non ti sembr... Sanji! Punto
primo, siamo nel ventunesimo secolo! Ormai nessuno spera più
nell'amore
predestinato, nemmeno le principesse Disney! Punto secondo, hai quasi
ventitré
anni e mi sembra di parlare con una delle mie compagne di scuola quando
si
fanno i film mentali sul cantante del momento! E, bada bene, ho detto compagne!
Ma dai, qui sono io il più piccolo. Io dovrei fare il
ragazzino sconsiderato
che si fa mille paranoie perché è in piena
adolescenza mentre tu dovresti fare
l'adulto responsabile e maturo che mi brucia sul nascere ogni genere di
fantasia!”
Sanji lo fissò a bocca aperta.
“Ma che dici? Tu non sei mai stato
un ragazzino sconsiderato!”
“Hai capito solo questo?”
esalò Chopper affranto afflosciandosi
sulla scrivania.
“Non riesco a credere che tu non abbia
mai incontrato qualcuno,
chiunque, che ti ha fatto pensare 'ehi, siamo sulla stessa lunghezza
d'onda!
Questa qui si che mi capisce'... è impossibile!”
Sanji sbuffò una risatina. Chopper era
un tesoro a preoccuparsi
per lui e a cercare un modo per farlo stare meglio, peccato che con
quei
discorsi riusciva soltanto a farlo stare peggio perché il
pensiero andava
inevitabilmente a tutte le donne che aveva conosciuto in vita sua e si
rendeva
conto di non aver mai provato affinità completa con nessuna
delle sue fidanzate
o amiche. La cosa aveva dell'assurdo ma in realtà non
l'aveva mai trovata
nemmeno in quelli che considerava i suoi migliori amici.
Però, ora che ci
rifletteva, era errato pensare che non fosse proprio mai successo.
“Si, mi è capitato... ma solo
una volta.” ammise sincero.
Lo sguardo di Chopper si animò di
entusiasmo. “Fantastico! Vedi
che non tutto è perduto? Tutti riescono a trovare un'anima
affine! È questo che
porta all'amore nel nuovo millennio, non le peripezie! Chi era? Chi
era??”
esclamò saltando sulla sedia.
“Frena ragazzino!”
ridacchiò sereno “Mi dispiace dirtelo ma si
tratta di un uomo!”
L'altro si rabbuiò tornando seduto
composto. “Ah, ma allora non va
bene...” mormorò deluso. Ci aveva sperato per un
attimo.
Sanji fece spallucce noncurante. “Non
è la donna della mia vita ma
per lo meno ho un amico che mi capisce!” alzò gli
occhi al cielo. “Quelli che
vedo ogni giorno li ammazzerei...”
Chopper aggrottò le sopracciglia
confuso. “Ma di chi parli?
Pensavo intendessi Zoro, è tuo amico dalle medie.”
“Zoro??” sgranò gli
occhi il fratello, sorpreso all'inverosimile
per quella associazione assurda. “Assolutamente no l'intesa
con il marimo è
quanto di più lontano possa esserci! In un certo qual modo
gli voglio anche
bene ma da qui a dire che siamo sempre sulla stessa lunghezza d'onda...
“No, io parlavo del mio amico di penna
spagnolo.”
“Hai un amico di penna? Non lo
sapevo...”
Sanji si grattò distrattamente la testa
frenando l'ennesimo
capogiro. “Beh, è più un amico d'e-mail
in effetti... non abbiamo un rapporto
specifico ma semplici scambi di idee o pareri. Ci raccontiamo come va
la vita,
con la famiglia, l'università e ci sentiamo da circa tre
anni. È molto
simpatico ed anche intelligente! Ci capiamo sempre al volo e gli
interessi
spesso sono comuni.” mormorò esibendo
un'improvviso entusiasmo che incuriosì
Chopper e gli fece mettere momentaneamente da parte l'argomento 'donna
giusta'.
“Quindi come funziona? Vi siete
scambiati solo le e-mail e vi
sentite così?”
Sanji annuì prima di fare mente locale
e rammentare un dettaglio.
“In realtà ho anche il suo indirizzo di casa e lui
ha il mio.”
“Come mai?”
Sanji si alzò cauto dal letto, ben
attento a non fare movimenti
bruschi con la testa che ancora vorticava forsennata. “L'anno
scorso è andato
in vacanza con dei parenti e mi ha chiesto se poteva mandarmi una
cartolina
personalizzata...” si avvicinò alla scrivania ed
aprì un cassetto, cominciando
a rovistare tra varie carte sotto lo sguardo attento del fratellino.
“...io
gliel'ho dato e lui mi ha mandato questa!” esclamò
trionfante estraendo un
cartoncino colorato che Chopper riconobbe all'istante come una
fotografia
plastificata, Sanji gliela passò per poterla vedere meglio.
“Te l'ho detto che
era simpatico!” continuò con enfasi.
In primo piano c'erano due ragazzi sorridenti,
maschio e femmina,
circondati dalla natura splendida di una spiaggia tropicale semi
deserta, che
fissavano l'obiettivo poggiati scherzosamente ognuno su di un lato di
una
vecchia barchetta, arenatasi lì probabilmente da tempo visto
lo stato in cui
versava, sulla quale però si riusciva ancora a leggere il
nome sbiadito
stampato a chiare lettere, 'Mr. Prince'.
Chopper fece un sorrisetto. “Gli hai
raccontato del soprannome che
usi con le donne?”
Sanji ridacchiò saputo.
“Penso che ormai siano ben poche le cose
che non sa di me. Io gli ho mandato in risposta la foto che ho sul
profilo di
Facebook.”
Chopper rise pensando all'immagine in questione
che ritraeva Sanji
con la sigaretta in bocca, le mani in tasca e lo sguardo marpione di
chi sa il
fatto suo, peccato solo che fosse vestito da Babbo Natale per la recita
con i
figli di una cugina e il tutto rendeva il fratello più una
macchietta comica
che un probabile sex symbol attira donne.
Con quel pensiero continuò ad
ispezionare la fotografia. L'amico
di penna di Sanji aveva i capelli neri e ricci, oltre che una vistosa e
strana
protuberanza sul viso che solo dopo svariati attimi riconobbe essere il
suo
naso, un naso incredibilmente lungo anche! Gli venne da ridere,
l'associazione
con Pinocchio arrivò immediata. Sperò
intensamente che non avesse altre
caratteristiche simili al piccolo burattino o tutto l'entusiasmo del
fratello
per la reciproca affinità sarebbe naufragato. In ogni caso,
aveva una faccia
davvero simpatica, trasudava allegria da tutti i pori.
Diede una rapida occhiata pure alla ragazza ormai
che c'era. Molto
bella, mora, capelli lunghi, un viso aristocratico ed un corpo snello
ma
formoso, il genere di donna per la quale suo fratello (e probabilmente
buona
parte della popolazione maschile della sua scuola) avrebbe dato un rene
pur di
uscirci insieme. Una bella ragazza come se ne vedevano tante,
però quello che
attirò la sua attenzione furono gli occhi, due opali
meravigliosi che ridevano
con lei e le illuminavano il viso, senza dubbio aveva un'anima molto
dolce.
Infine vi era un terzo soggetto in lontananza che
si stava
chiaramente avvicinando a loro, salutando l'obiettivo con un braccio
incredibilmente ossuto ed una curiosa quanto singolare capigliatura
afro.
Se non lo avesse già saputo da Sanji
non avrebbe avuto dubbi nel
considerare quei tre parte della stessa famiglia, anche soltanto per la
somiglianza tra il colore dei capelli. Certo, la ragazza era
visibilmente più
attraente ai suoi parenti maschi.
Sanji nel frattempo si era spostato davanti al
computer. “Un mese
fa mi ha raccontato una storia buffissima successa con una sua amica
una sera
che sono andati al cinema. Ti giuro, sono caduto dalla sedia per quanto
ho
riso! È uno davvero troppo forte, chiunque conosco si
vergognerebbe a morte a
fare quello che ha fatto lui! Non capisco ancora perfettamente lo
spagnolo,
certe parole faccio fatica a memorizzarle e a riportarle ma comprendo
quasi
tutto ormai... Aspetta che trovo la mail e poi ti racconto i dettagli,
morirai
dalle risate anche tu!!” esclamò muovendo il mouse
lì accanto ed illuminando lo
schermo rimasto in stand-by dalla sera prima. La schermata lo
riportò
immediatamente sulla posta in arrivo e Chopper gli si
accostò per guardare
meglio, incuriosito e sorridente. Gli piaceva vedere suo fratello
contento,
difficilmente lo sentiva così euforico, parlare di quel
tizio era riuscito a
risollevargli il morale.
“Ma... che vorrebbe dire??”
Chopper si accigliò, aveva parlato
troppo presto.
Da felice e rilassato qual era, di punto in bianco
Sanji si era
messo a fissare sconvolto lo schermo sul quale comparivano ora dei
piccoli
e lampeggianti
triangoli rossi accanto a
determinate e-mail.
“Che succede?” chiese Chopper
confuso.
Sanji quasi non lo sentì, continuava
con furia a premere su quelle
mail per cercare di aprirle, senza successo, incredulo di trovarsi in
quella
situazione.
All'ennesimo tentativo batté irritato
un pugno sul mobile, gli
occhi che lanciavano scintille.
“Non riesco a crederci! Mi ha bloccato!!
Vic mi ha bloccato!”
esclamò guardando il fratello con evidente confusione in
volto. “Non capisco!
Perché lo ha fatto? Non posso più aprire nessuna
delle sue mail!”
Chopper aggrottò le sopracciglia.
“È molto strano che tu non
riesca ad aprire le mail, anche se ti avesse davvero bloccato l'account
dovresti comunque poterle vedere... Posso provare io?”
Sanji gli lasciò il mouse senza
fiatare, alzandosi e coprendo la
sua stanza in lungo e in largo a grandi passi allibito. Non riusciva a
spiegarsi perché all'improvviso il suo amico lo avesse
voluto estromettere così
dalla sua vita! No, doveva esserci un equivoco, Vic era una persona
intelligente ed erano sempre andati d'accordo! Non poteva che essere un
errore.
“Fatto!” esclamò
Chopper con una nota di esultanza nella voce.
Sanji tornò rapido sui suoi passi.
“Davvero? Hai fatto presto!
Quindi era solo uno sbaglio?”
Il fratello fece una smorfia contrita.
“In realtà no perché un
blocco c'era, solo che non era lui ad averlo messo ma tu non
più tardi di
stanotte...”
Sanji sgranò gli occhi. “Di
cosa diavolo stai parlando?”
Chopper si sistemò meglio sulla sedia
poggiandosi placido sullo
schienale. “Parlo di te ubriaco che ieri sera per qualche
oscuro motivo hai
deciso di aprire la posta e bloccare l'account del tuo amico di
penna!”
Sanji aveva gli occhi fuori dalle orbite.
“Io non ho fatto nulla
del genere! Credo che me lo ricorderei che ne dici?”
dichiarò irritato a voce
più alta del normale, il mal di testa che tornava prepotente
a gravare sulle
meningi tanto che lo costrinse a sedersi nuovamente sul letto.
Chopper lo guardò avvilito.
“Non lo so Sanji... eri preso
piuttosto male e qui le cose sono chiare, forse te ne sei semplicemente
scordato, capita!” mormorò alzando le spalle.
L'altro sbuffò contrariato, reggendosi
la testa che vorticava
indefessa.
Sapeva bene che Chopper non mentiva, non avrebbe
avuto motivo per
farlo. Se suo fratello il mago del computer diceva che era stata colpa
sua
allora doveva essere andata davvero così, anche se non
comprendeva perché
avesse voluto buttare al vento in quella maniera tre anni di
corrispondenza e
amicizia a tutti gli effetti. Non riusciva a capire se lo irritava di
più il pensiero
di aver bloccato l'amico da ubriaco o il fatto di aver rimosso tutto
con una
semplice sbronza.
“D'accordo è possibile che
l'abbia fatto... ma perché?” chiese
piccato non appena i mobili attorno a lui smisero di girare.
Chopper si grattò una guancia
pensieroso. “Forse volevi fargli uno
scherzo oppure... non saprei... nell'ultima lettera ti ha scritto cose
che non
ti sono piaciute?”
Sanji scosse il capo. “L'ultima era
mia... l'ho scritta ieri
pomeriggio.” fece mente locale. “Gli avevo
raccontato della rottura con
Pudding...” ammise con un sospiro.
Chopper tornò al computer.
“Forse ti ha risposto stanotte allora!”
afferrò il mouse cercando in ordine cronologico la mail
più recente trovandola
quasi subito ed aprendola. Sotto lo sguardo del fratello lesse
velocemente il
loro reciproco scambio di opinioni, grattandosi poi la testa
visibilmente
perplesso. Sanji lo fissò interrogativo ma Chopper non se ne
accorse nemmeno
troppo impegnato ad approfondire il discorso. Con gli occhi che si
facevano via
via più sgranati e increduli,
suo fratello continuava ad aprire le mail di Vic e
a leggerle a
velocità supersonica, sempre più sconvolto.
Quando credette di essere arrivato
al limite di sopportazione -voleva sapere che diavolo
succedeva!-
Chopper si afflosciò esausto sulla sedia come se avesse
appena terminato di
correre una maratona e si spiaccicò una mano in faccia
scuotendo la testa.
Sanji non lesinò il nervosismo.
“Si può sapere perché ti sei messo
a leggere tutta la mia posta?”
Il fratellino lo guardò turbato
attraverso le dita aperte della
mano continuando a muovere la testa in segno di diniego.
“È una cosa assurda,
non ci credo...” insisteva a ripetere piano come un mantra.
Quando ormai era ad un passo dal perdere la
pazienza Chopper si
decise a vuotare il sacco.
“Con le lingue non eri particolarmente
ferrato a scuola, vero?”
cominciò cauto.
Sanji batté gli occhi, non capendo dove
volesse andare a parare.
Non era un mistero per nessuno che lui fosse più portato per
le materie
scientifiche, ma non afferrava il nesso.
“Arriva al punto, cos'è che
devi dirmi!” lo incalzò serio.
Chopper sospirò imbarazzato, non sapeva
da che parte cominciare.
“Ecco, vedi... non è semplice da spiegare... no,
in realtà lo è... solo che non
ho idea di come tu possa prenderla...” mormorò
contrito.
Sanji lo fissò interrogativo e il
fratello si rese conto di non
poterci girare attorno più di tanto.
“Sono tre anni che scrivi a questo Vic,
giusto?” al cenno
affermativo continuò “...E in tutto questo tempo
non ti sei mai accorto che
certe volte ti parlava di... diciamo... cose un po' ambigue
per un
maschio...?” chiese circospetto.
Sanji incrociò le braccia tranquillo.
“Se ti stai riferendo al
fatto che è palesemente gay, lo so già!”
Chopper lo guardò sorpreso per un
attimo. “Ti ha detto di essere
gay?”
“Beh no... L'ho intuito quando ha
iniziato a parlarmi dei suoi ex
fidanzati... tutti nomi maschili... ma non è mai stato un
problema per me la
cosa! Ora so che è single da un po', lui sa che io sono
etero e non abbiamo
approfondito l'argomento...”
Chopper si passò le mani sul viso
allibito, ma davvero quello era
il suo intelligentissimo e argutissimo fratello maggiore?? Non era
possibile.
“Sanji, santo cielo, Vic non
è gay!!”
L'altro lo fissò dubbioso.
“Ma certo che lo è! Sennò come si
spiegano i fidanzati, i giorni dall'estetista, il fatto che il suo
cantante
preferito sia Michael Bublé, l'amore per lo
shopping...”
“SI SPIEGANO PERCHÈ VIC
È UNA RAGAZZA!!” esclamò con foga
Chopper
allargando le braccia.
“...”
“...”
“...stai... stai scherzando,
vero?”
“...”
“...”
“...mi dispiace, Sanji...”
Il fratello lo guardò attonito,
completamente senza fiato.
“Ma... ma sono tre anni che ci
scriviamo! So tutto di lui! Si
chiama Vic come Victor! Gli piace giocare a basket, studia economia, ha
due
cugini che adora, va a cavallo... non... non mi ha mai detto di essere
una
donna!”
Chopper scosse la testa affranto lanciando
un'occhiata allo
schermo del computer e indicando con un cenno le mail aperte.
“Vic non è il
diminutivo di Victor. Credo che tu lo abbia pensato all'inizio
perché sulla sua
mail come nome utente ha messo 'vicortes'.
“Io ho fatto molto meno spagnolo di te
ma so riconoscere la
traduzione per 'ragazza' e 'ragazzo' e chica
è senz'altro femminile! Se
ti fossi fermato a leggere più attentamente la prima mail
che ti ha mandato,
magari anche con l'aiuto del dizionario, avresti notato che lei
specifica
chiaramente di chiamarsi Viola Cortes! Il suo diminutivo deriva in
parte dal
cognome! Ma eri ubriaco anche quella volta?”
Seduto sul letto bianco come un lenzuolo, Sanji
non riusciva a
spiaccicare parola.
Chopper aprì altre due mail.
“...in quella che ti ha mandato ieri
sera dice di essere molto
dispiaciuta per come è andata con la tua ragazza ma che
forse era un segno del
destino. Da mesi progetta di fare un viaggio nel nostro paese
perché vuole
conoscerti ma non voleva darti problemi dal momento che eri fidanzato!
Non
appena le hai detto che avevi rotto con Pudding ha trovato il coraggio
di
chiederti un appuntamento!” Chopper si voltò verso
di lui sorridendo affabile.
“Ho letto la tua risposta, l'hai bloccata perché
hai frainteso tutto! Ora basta
che le mandi un'altra lettera con le tue scuse spiegando che non eri in
te e
vedrai che non ci saranno problemi!
“Sanji hai capito? Le piaci da morire e
da anni ma eri sempre
impegnato e lei non voleva essere invadente!”
afferrò la cartolina
personalizzata che aveva poggiato sulla scrivania e indicò
raggiante la ragazza
mora a suo fratello. “È lei, Sanji! Il tuo amico
di penna è lei! Questa è la
donna giusta per te, bellissima, intelligente, spiritosa, con un'anima
dolcissima! Non ne troverai un'altra come lei te lo dico io!”
Sanji ancora non riusciva a ritrovare l'uso della
parola, troppo
sconvolto dalla notizia.
Chopper stava per correre a controllargli le
funzioni vitali
quando un piccolo trillo attirò la sua attenzione, si
voltò verso lo schermo
del computer e aprì veloce la nuova mail di Vic appena
arrivata, tanto ormai...
e poi suo fratello sembrava più morto che vivo.
Con crescente orrore lesse rapido le uniche due
frasi in essa
riportate e schizzò veloce verso il tasto di risposta,
trovando l'ormai
familiare triangolo rosso a sbarrargli la strada. Si voltò
piano verso Sanji
che lo guardava con un espressione indecifrabile in volto.
“Era lei?” esalò.
“Si...” mormorò.
“Dice che ieri l'hai offesa davvero e che ti
credeva una persona migliore... ti ha bloccato, non puoi più
scriverle...”
I due fratelli si guardarono in viso sconvolti,
difficile dire chi
due ci fosse rimasto peggio.
Delle voci concitate al piano di sotto
anticiparono una potente
bussata alla porta della camera che venne spalancata subito senza
attendere
risposta.
“...ed ecco il prode e baldanzoso amico
che si appresta ad andare
in visita dal compare moribondo per portargli il suo sostegno
nonostante mille
impegni lo assillino ogni giorno!”
Chopper e Sanji fissarono con sguardo vacuo
l'entrata in scena
trionfale di Zoro che alzò un sopracciglio alle loro facce
spente. “Beh, che
succede? Che accoglienza...”
Si era aspettato di trovare l'amico ancora in coma
per la sbornia,
non certo di vedere i due fratelli pronti per una seduta spiritica in
piena
regola, anche se Sanji sembrava comunque quello messo peggio.
Zoro si avvicinò a Chopper che nel
frattempo aveva spento il
computer amareggiato.
“Che succede a torcigliolo? Sembra che
l'abbia preso in pieno un
treno.”
*
Dall’altra parte del mondo, nella camera
da letto di un
appartamento spagnolo al quinto piano di una bella palazzina, una
ragazza dai
lunghi capelli neri guardava lo schermo del proprio computer con aria
triste.
“Ma che ti è preso Sanji
Vinsmoke?” si chiese affranta prima di
rabbuiarsi. “Beh, se tu non vuoi più parlare con
me allora anch'io non voglio
più avere a che fare con te!” pigiò
aspramente sulla tastiera e inviò,
spegnendo poi l'apparecchio.
Prese la borsa e sbatté con forza la
porta dietro di sé.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** The Rising ***
Non era un mistero per
nessuno che Zoro Roronoa avesse un concetto tutto suo riguardo
l'amicizia, né
che preferisse avere pochi amici ma buoni e il mantenimento di tale
nobile
valore andasse spesso a cozzare con ciò che contava per la
maggior parte dei
suoi cosiddetti migliori amici.
Se uno di loro aveva un
problema lui sopportava e supportava senza grossi sforzi la noiosa
nenia del
malcapitato ma difficilmente esponeva la sua opinione in merito a meno
che non
venisse esplicitamente richiesta; di solito piuttosto che mettere bocca
in
questioni che non lo riguardavano preferiva di gran lunga farsi i fatti
propri,
magari all'ombra di un albero ronfando della grossa. Occasionalmente
però
capitavano situazioni in cui non riusciva proprio a tenere a freno la
lingua e
dire la sua diventava questione di vita o di morte. Succedeva per lo
più quando
le persone a lui più vicine si trovavano invischiate in
qualche problema
cretino e si rendeva improvvisamente conto di essersi scelto degli
amici
idioti. Allora si limitava a esporre il proprio parere, a guardare lo
scemo con
compatimento e a dare un paio di consigli. Come amava ripetergli lo zio
Ray,
una delle prime regole dell'amicizia era di non lasciare mai
sprofondare un
amico nella fossa che si era scavato con le sue stesse mani. E lui ci
provava,
davvero, ma non poteva dirsi un santo e se le sue perle di saggezza non
venivano accettate non aveva problemi a farsene una ragione quanto
prima e a
tornare tranquillo a ignorare tutto quello che non lo riguardava
aspettando che
l'amico smettesse di farsi paranoie e risolvesse le sue grane in
qualche modo.
Certo, questo non gli vietava di prendere un po' per il culo lo sfigato
di
turno e quel giorno di fine luglio, quel meraviglioso giorno di fine
luglio,
non avrebbe mai potuto tenere per sé i suoi pensieri
né la possibilità di
sfottere per bene quello che considerava da sempre il suo migliore
amico.
Non riusciva a credere a
quello che aveva appena sentito, in quanto ad idiozia Sanji era
riuscito a
battere Rufy! Rufy! Non gli sarebbe mai più capitata
un'occasione del genere,
aveva il potere di mettere Sanji sul trono dei cretini e
rinfacciarglielo a
vita!
“È una
cosa assurda
torcigliolo...” esclamò ansante dopo essere
riuscito a riprendersi dallo
scroscio di risa irrefrenabili che l'aveva colto. “...sono
tre anni che scrivi
ad un tizio su internet e non ti sei mai accorto che era una
donna??”
La pausa imbarazzata che
seguì fu più di quanto potesse sopportare e Zoro
riprese a ridere sguaiato
insieme a Rufy, che non aveva mai smesso da quando lo aveva raggiunto
in camera
di Sanji ed era stato informato da Chopper del disastro che aveva
combinato il
fratello.
L'oggetto del loro scherno
ormai fumava dalle orecchie, rosso come un pomodoro e stufo marcio di
essere
preso in giro così per un banale errore, che tanto banale
non era però, doveva
dirlo.
“D'accordo adesso
piantatela!” esclamò, la voce arrivata
tremendamente vicino al falsetto,
cercando di sovrastare le risate diventate ormai uggiolii.
“Non ho prestato la
giusta attenzione e, si lo ammetto, ho scambiato una dolce e leggiadra
fanciulla per un nasone gay! Ma sarebbe potuto succedere a
chiunque!!” allargò
le braccia tentando di sembrare razionale.
Chopper scosse la testa
guardando a terra affranto. “Io non credo...”
Zoro e Rufy si
accasciarono sul pavimento ormai senza fiato per il troppo ridere
mentre Sanji
diventò se possibile ancora più rosso.
Idrofobo, mandò
al diavolo
il divieto di fumare in camera imposto dal padre e si accese una
nervosa e
tremolante sigaretta, benedicendo la nicotina che gli entrava nei
polmoni come
una manna dal cielo.
Chopper lo
guardò male,
odiava il fumo, e si affrettò ad aprire la finestra mentre
il fratello si
sedeva composto sul suo letto con un posacenere in grembo e lo sguardo
perso
nel vuoto.
Con la voce tornata calma
e controllata, guardò i suoi due migliori amici seduti a
terra che continuavano
a sghignazzare impunemente incapaci di smettere.
“Ok... capisco
che visto
da fuori potrebbe sembrare molto divertente...”
calibrò bene le parole,
cercando di dar loro un'autorevolezza che non avevano. Zoro e Rufy
cominciarono
a guardarlo più tranquilli, ridacchiando solo a tratti.
“...ma per me è un
problema enorme! L'ho offesa e non so come poterla contattare per
scusarmi! Non
avevo altro all'infuori dell'account e-mail per parlarle e il
professore che mi
aveva dato il compito è in pensione non so dove trovarlo e
dopo tre anni non è
nemmeno detto che lui abbia un altro recapito! Non ci siamo mai
scambiati il
numero, Viola non esiste su Facebook, non esiste sull'elenco telefonico
del suo
paese! Ho controllato ovunque, ho solo il suo indirizzo di casa ma per
quando
le sarà arrivata la mia lettera di scuse via posta aerea
potrebbe già essersi
trovata un altro ragazzo!”
“SE le
arriva...” mormorò
Rufy con un sorrisetto, affondando il coltello nella piaga.
Sanji sbuffò
nervoso
lanciandogli un'occhiata. “...non ho nemmeno la certezza che
la riceva, né che
voglia aprirla! Magari la straccerà non appena
leggerà il mittente...” sfinito
si passò una mano tra i capelli scostando il ciuffo,
rivelando entrambi gli
occhi blu del tutto esausti.
Zoro e Rufy, seppur ancora
parecchio divertiti, si guardarono complici senza più ridere
e si alzarono da
terra risoluti.
“Magari non
sarà così...”
cominciò Zoro in un raro impeto di sincero dispiacere per
l'amico. “Magari ne
sarà felice...”
Sanji lo guardò
roteando
gli occhi. “L'ho offesa dandole della ninfomane maniaca solo
perché mi ha
chiesto di incontrarci! Non mi perdonerà
facilmente...” sospirò tetro “...non
avete idea di cosa ci siamo raccontati negli anni! Lei sa tutto di me,
non le
ho nascosto nulla quando pensavo fosse un uomo! Sa che alle donne dico
solo la
verità e che le tratto come i fiori delicati che meritano di
essere! Lei
pensava che io sapessi perfettamente di parlare con una donna, quindi
ora sarà
convinta che non me ne frega nulla di lei! E tutto per la mia stupida
boccaccia!” spense la sigaretta e si stropicciò
gli occhi con le mani esausto.
“...voi non capite! Lei... lei era davvero la donna della mia
vita e... l'ho
persa!”
Un significativo silenzio
calò nella stanza, rotto a tratti solo dal frinire invadente
dei grilli che
proveniva dal giardino al piano terra. Sinceramente dispiaciuti, Zoro e
Chopper
guardavano ad intermittenza il pavimento, il cielo blu fuori dalla
finestra e
Sanji ancora afflosciato col viso coperto dalle sue stesse mani, non
sapendo bene
come affrontare la situazione. Il dolore del biondino era palpabile,
doveva pur
esserci un modo per risolvere la cosa.
“Io non capisco
dove stia
il problema!”
Zoro, Chopper e anche
Sanji riemerso per un attimo dalla depressione si voltarono allibiti
verso Rufy
che aveva avuto l'ardire di aprire bocca. A braccia incrociate e con
un'espressione interrogativa in volto lui li fissò a sua
volta focalizzandosi
soprattutto sull'amico triste. “Hai detto che non hai nessun
recapito
all'infuori del suo indirizzo di casa, no?” Sanji
annuì confuso. “E allora che
problema c'è? Partiamo per la Spagna col primo volo e
andiamo a trovarla a
casa!” esclamò Rufy con entusiasmo allargando le
braccia.
Chopper e Sanji sgranarono
gli occhi sbigottiti. “Stai scherzando? È un volo
lunghissimo e costa tanto!
Dove li trovate i soldi?” si infervorò il
più piccolo mentre il fratello
fissava Rufy sconvolto.
“Sono cose
irrilevanti!”
si imbronciò il moro.
Chopper scosse il capo
ormai sicuro di essere la persona più matura là
dentro. “Non potete andare!
Sanji hai promesso allo zio Zeff che cominciavi dalla prossima
settimana ad
aiutarlo col ristorante!”
Il biondo universitario
spostò lo sguardo opaco sul fratellino e annuì
mesto.“Ci tengo al lavoro al
ristorante e pure tu hai detto che dovevi iniziare a lavorare dallo zio
di
Monet tra due giorni!”
Rufy incrociò le
braccia
mugugnando infastidito. “E dai, non mandarmi tutto
all’aria! Facciamo una
vacanza tutti insieme! Ci divertiremo da matti!”
mormorò, facendo alzare gli
occhi al cielo a tutti. Ecco perché ci teneva tanto.
“È un
periodo costosissimo
per prenotare un volo...” ribadì Chopper deciso.
Seccato Rufy
sembrò sul
punto di rispondere qualcosa ma, con sorpresa di Sanji, fu Zoro a
prendere
parola facendo un passo avanti. “Lo sai torcigliolo non
è una brutta idea. Ora
lascia perdere la questione della vacanza a cui pensa questo
qui...” indicò il
moro che lo guardò male. “...e pensaci un attimo:
se andassimo direttamente a
casa sua Viola sarebbe costretta a lasciarti parlare e potrebbe vedere
con i
suoi occhi la sincerità delle tue scuse, oltre allo scoprire
quanto puoi essere
scemo... ma almeno lo farebbe di persona!” aggiunse annuendo
convinto.
Sanji si agitò
nervoso sul
letto visibilmente combattuto, Zoro continuò. “Se
la Spagna è troppo cara per
le nostre tasche potremmo dare un'occhiata a un qualsiasi volo che
atterri nel
paese europeo più economico. Da lì poi prenderemo
il treno per la Spagna,
l'Europa è piccola ci arriveremmo in attimo!”
I due fratelli alzarono un
sopracciglio all'unisono perplessi mentre Rufy si illuminava.
“Non lo so,
Zoro...”
“Cos'è
che sarebbe
piccola...?” chiese Chopper sbalordito.
Il verde ghignò.
“È la
donna della tua vita o sbaglio? Mi stupisci non sei tu quello che
farebbe
qualsiasi cosa per una bella gonnella? E ora ti fai frenare da dettagli
così
insignificanti se si tratta della ragazza giusta per te?”
Sanji sbuffò
ancora poco
convinto soprattutto per il tono che stava usando il suo amico.
“È una
cosa grossa
questa!”
Va bene Rufy ma
perché
anche Zoro ci teneva tanto ad andare in Europa?
“Si d'accordo, ma
davvero
consideri il Vecchio Continente piccolo??” si intromise
Chopper venendo
ignorato nuovamente.
“Proprio
perché è una cosa
grossa non dovresti farti tutte queste paranoie!” Rufy
sghignazzò felice di
sentire Zoro dalla sua parte. “Non capiterà
più... questa potrebbe essere la
tua grande occasione Sanji!”
“Grande occasione
per
cosa?”
Tutta la stanza si
girò di
scatto verso la porta. Ferma sulla soglia, concentrata a scandagliare i
loro visi
in attesa di una qualche risposta, si stagliava la silhouette procace e
suadente di una bella ragazza dai capelli rossi che ondeggiavano liberi
sulla
schiena.
Zoro alzò gli
occhi al
cielo e non la degnò di uno sguardo andando a sedersi vicino
alla finestra.
Rufy la scrutò curioso con un dito nel naso e Chopper
lanciò un'occhiata di
sbieco al fratello che sembrava aver ripreso vita.
“Nami-swaaaan!!!!”
Di tutta risposta lei
riuscì a spostarsi dalla traiettoria del biondo giusto in
tempo, facendogli
baciare il pavimento con tutta la faccia.
“Ciao Sanji sono
contenta
di vederti di nuovo in forma! Mi ha fatto entrare tua madre spero non
sia un
problema.” lo salutò amichevole.
“È un
piascere avelti
quuui, Nami-swan! Ma che sci fai quuuui Nami-swan?”
mormorò Sanji rintronato
aiutato da Chopper a rialzarsi.
“Beh...”
“Già,
che sei venuta a
fare anche qui?”
Nami si voltò
lentamente
verso quella voce che le si era rivolta in maniera così
aspra, già sapendo
perfettamente a chi appartenesse prima ancora di inquadrarlo. Zoro se
ne stava
seduto a braccia incrociate fissandola con occhi truci.
Altezzosamente lei
sbuffò
rispondendo comunque ma direttamente al padrone di casa, ignorando la
testa
verde. “Sono passata solo per dare le chiavi di casa a Rufy
che le ha scordate
come al solito.” poi squadrò Zoro con la coda
dell'occhio rivolgendosi
direttamente a lui. “Tranquillo Roronoa, non ti
provocherò danno con la mia
presenza, me ne stavo già andando.”
sibilò allungando un mazzo di chiavi a suo
fratello che le prese con un ghigno.
“Nami, sai che
partiamo
per la Spagna!!”
Lei alzò un
sopracciglio
fissando il fratello con sufficienza. “Che vuol dire che
parti? Tu hai il
lavoro dallo zio di Monet tra due giorni!!”
Rufy storse il naso.
“Uffa
perché continuate tutti a rovinare la mia
felicità??”
“Frena Rufy. Io
non ho
ancora deciso niente!” Sanji si avvicinò risoluto
ai due, tra le mani la
seconda sigaretta spenta che fremeva per essere accesa.
“È
l'unica soluzione che
hai...” mormorò Zoro lasciando vagare gli occhi
fuori dalla finestra.
Nami li guardò
stupita.
“Aspetta non era per dire, state davvero pensando di fare un
viaggio in Spagna?
Adesso, in piena alta stagione?”
Nessuno rispose ma non ce
ne fu bisogno. Nami alzò le spalle noncurante. “Oh
beh, potete fare come vi
pare, non sarò di certo io a fermarvi dallo spendere una
valanga di denaro.” si
voltò verso il fratello. “Ma tu te lo scordi di
andare! Monet è mia amica e non
voglio che le fai fare brutta figura!”
Rufy si
imbronciò. “Ma
perché?? Daiiii!!”
“Ho detto di no
Rufy!!”
Sanji non ascoltava
più il
battibecco, Chopper gli aveva fatto cenno di seguirlo al computer e
stava
scandagliando pagine su pagine all'evidente ricerca di qualcosa. Anche
Zoro si
incuriosì e si accostò a loro davanti allo
schermo.
“Cosa stai
cercando
Chopper?”
Il ragazzino
tirò su col
naso concentrato. “Mi è venuto in mente che
qualche giorno fa avevo visto per
puro caso un'offerta su un volo per l'Europa. Non ricordo dove ma se
fosse
ancora attiva, magari potrebbe essere la soluzione per trovare Viola
senza
spendere un capitale.”
Sanji e Zoro si
scambiarono un'occhiata indecifrabile da sopra le sue spalle. Il verde
ghignò
alla confusione palese che vedeva sul volto dell'amico, mancava
pochissimo per
convincerlo ormai e se davvero Chopper avesse trovato quell'offerta a
buon
prezzo forse sareb... “Eccola!”
I due si affrettarono a
guardare lo schermo mentre anche Nami e Rufy smettevano di litigare.
“È
ancora attiva ma solo
fino a stasera. Volo per l'Inghilterra sola andata ad un ottimo prezzo,
la
partenza è dopodomani!” esclamò
compiaciuto. “Poi una volta lì dovrete prendere
un traghetto e dei treni ma arriverete in Spagna al massimo in due
giorni e con
poca spesa!”
“Si!
Così potremo vedere
anche l'Inghilterra ed altri paesi magari!!” si intromise
Rufy con un
entusiasmo che venne subito smontato dalla sorella.
“Tu-vai-a-lavorare!”
“Ma...
ma...” mormorò
abbacchiato. “Mi comporterò bene!”
“Non è
certo questo il
punto e in ogni caso penso che tu non sia proprio geneticamente
predisposto a
fare il bravo!”
“Nami ha ragione,
Rufy. Il
lavoro dal notaio DoFlamingo è un'occasione importante per
te. Mentre lo zio
Zeff penso che possa aspettare il mio aiuto per un'altra
settimana...” mormorò
Sanji.
Zoro lo fissò
vittorioso
lisciarsi il pizzetto assorto prima di sospirare. “Scusa
Rufy, mi dispiace
davvero ma non posso lasciare che Viola mi sfugga di nuovo!”
si girò verso
Chopper, lanciando un'occhiata ad uno Zoro ghignante. “Puoi
comprarci due
biglietti?”
“Noooo...”
il moro si
accasciò depresso al suolo sotto lo sguardo di
disapprovazione di Nami.
“Faremo un altro
viaggio
insieme prima della laurea, dai.” provò a
consolarlo Sanji cercando conferma
anche in Zoro che annuì convinto.
“Vado solo per
chiedere
scusa a Viola e per vedere se ho una minima possibilità di
riallacciare i
rapporti.”
Nami si
illuminò. “Oh, ci
vai per una ragazza?”
Il biondo sorrise, per la
prima volta sinceramente in quella lunga giornata.
Chopper confermò
l'effettiva prenotazione del volo per le dieci del mattino di due
giorni dopo e
Nami batté le mani tra loro felice di vedere il suo amico
così preso
sinceramente da una donna, ignorando i lamenti del moro a terra.
“Vedrai che la
troveremo e
che ti farai perdonare. O, se così non fosse, l'Europa
è piena di distrazioni…”
ridacchiò Zoro schivando un calcio volante.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Counting Stars ***
Di
ritorno dal bagno si diresse con passo strascicato verso la fila di
seggioline disposte a ferro di cavallo che davano le spalle alle
enormi vetrate del Raftel's Airport. Individuò la testa
verde che
cercava e si accasciò al suo fianco, poggiando il bagaglio a
mano
accanto a lui.
Lanciò
un'occhiata a Zoro, immerso nella lettura di un qualche giornale
comprato all'edicola del Gate e si concesse di chiudere qualche
minuto gli occhi. Aveva dormito pochissimo negli ultimi due giorni,
troppo esaltato ed emozionato per il viaggio che lo aspettava per
riuscire a chiudere occhio.
Avrebbe
visto Viola.
Avrebbe
finalmente conosciuto di persona quell'amico di penna a cui aveva
raccontato tutta la sua vita senza filtri né menzogne per
tre anni.
Aveva scoperto con stupore che la donna dei suoi sogni poteva essere
anche la sua migliore amica e la cosa era così nuova per lui
da non
sembrargli quasi vera. L'avrebbe trovata, si sarebbe fatto perdonare
e poi sarebbero vissuti insieme felici per sempre.
Riaprì
gli occhi come risvegliandosi da un sogno, sentiva una pace immensa
crescere ogni minuto dentro di lui, gli sembrava di essere sulle
nuvole... eccole, lo avvolgevano e giravano attorno... due enormi
nuvole... rosee e invitanti... che assomigliavano tremendamente a due
tet... eh?
Sanji
scansò il foglio con uno scatto fulmineo quando si rese
conto che
stava iniziando a sbavare indecentemente.
“Che
diavolo ti salta in mente??” sbraitò contro Zoro
che ridacchiava
piegando il giornale. “Cos'erano quelle?”
Il
verde lo guardò con sufficienza. “Devo farti un
disegnino?”
Sanji
si innervosì. “Non intend... so benissimo
cos'erano!” si mosse
irrequieto sul sedile “Perché mi mostri foto di
ragazze mezze
nude??”
Zoro
sghignazzò canzonatorio. “È solo un
giornale di modelle
francesi...” poi ammiccò “Dio
torcigliolo, che ti è successo?
Un tempo eri tu il dispensatore ufficiale di giornaletti porno tra di
noi. Ora ti scandalizzi per due donne in costume da bagno?”
“Non
sono affatto scandalizzato! Ho solo altro per la mente...”
Zoro
aggrottò le sopracciglia prima di ghignare apertamente.
“D'accordo... però sai, stiamo andando in
Europa... casomai Viola
non sia più disponibile... volevo farti presente che ci sono
altre
possibilità...”
Sanji
sbuffò. “Non sto andando in Europa per fare il
turista, né per
dare la caccia alle francesi. Piantala marimo, sembri Rufy quando fai
questi discorsi!”
“Nah,
Rufy ti elencherebbe una lista infinita di ristoranti e paninoteche,
altro che ragazze.” cercò qualcosa tra i vari
giornali che aveva
sulle gambe e ne trovò uno che gli mostrò
entusiasta. “Io voglio
solo proporti di visitare i migliori pub e bar che esistono in
Europa!” alzò le spalle noncurante “Se
poi casualmente ci
troviamo anche qualche bella donna sarà tanto di
guadagnato.”
Sanji
si stropicciò gli occhi esasperato. “Quante volte
ti ho già detto
che non ci stiamo andando per fare i turisti?? Hai insistito tu
perché andassi di persona a risolvere con Viola, bene ora ci
sto
andando quindi falla finita non andremo per bar!”
Zoro
sbuffò senza guardarlo. “Si si, va
bene...”
Il
biondo sospirò felice. Finalmente il marimo era rinsavito.
Controllò
per l'ennesima volta il biglietto, assicurandosi di essere come
già
appurato più e più volte, al Gate giusto e quanto
tempo mancasse
alla partenza. Dovevano aspettare almeno un'altra mezz'ora, ma ne
sarebbe valsa la pena.
Ancora
una volta stava per fare una pazzia a causa di una ragazza. Non era
un mistero che nella vita avesse fatto il possibile e l'impossibile
per le donne, lo sapevano tutti lui per primo. Aveva dato fondo
spesso ai suoi risparmi per regali o cene esclusive perché
il gentil
sesso si meritava quello ed altro, in cuor suo non aveva mai avuto
tentennamenti di sorta.
Ma
l'ultima batosta emotiva era stata la goccia che aveva fatto
traboccare il vaso, anche se vaso non era la definizione adatta, la
sua era più una cisterna industriale vista la pazienza
infinita che
aveva avuto nel cercare la donna giusta anno dopo anno, nonostante le
numerose delusioni.
Pudding
era stata una delle peggiori e mentre vomitava si era ripromesso di
non cascarci più. Basta ragazze a caso, da quel momento
avrebbe dato
il suo cuore solo ed esclusivamente alla persona che si fosse
dimostrata degna di possederlo. Detta così sembrava quasi
un'illusione, una promessa fatta a sé stesso in un momento
di
debolezza che già sapeva quanto sarebbe stato difficile
mantenere.
Sanji amava le donne, tutte, nessuna esclusa (a parte magari la
vecchia Kokoro, la cassiera del ristorante dello zio Zeff, che
quand'era ubriaca ci provava spudoratamente) e ritornato sobrio del
tutto non aveva perso tempo nel darsi del cretino da solo. Come
avrebbe potuto mantenere una promessa del genere? Non esisteva che
Sanji Vinsmoke rinunciasse anche ai semplici piaceri della carne per
un'utopia! O, per lo meno, Zoro l'avrebbe messa giù
così se avesse
saputo dei suoi vaneggiamenti.
Quello
che davvero non si aspettava però era di captare
così presto
un'anima affine alla sua, tale da farlo sperare, sperare per davvero,
di aver trovato il vero amore.
Tre
anni di lettere e una fotografia. Si era stampato ogni singola mail
scambiata con lei e le aveva rilette tutte già decine di
volte, con
dizionario annesso stavolta, dalla prima in cui diceva apertamente di
chiamarsi Viola, all'ultima in cui non voleva più avere a
che fare
con lui.
Già
dopo il termine della prima lettura completa poteva dirsi del tutto
innamorato perso di lei.
Quanto
tempo aveva speso per fargli capire di essere sinceramente
interessata a lui? Frasi che dette da un uomo sembravano ambigue ai
suoi occhi, ora assumevano tutt'altro significato. Troppo dolce e
riservata per dichiararsi apertamente, si limitava a brevi cenni di
apprezzamento quando lui le raccontava qualcosa di sé e si
mostrava
sempre molto dispiaciuta quando gli accadeva qualcosa di brutto. Ogni
lettera letta nel giusto ordine ora aveva un nuovo significato,
portava in un'unica direzione: a Viola lui piaceva e parecchio anche.
Non poteva ancora chiamarlo amore ma c'erano tutti i presupposti, se
solo fosse stato più attento.
Era
sempre stata lei la ragazza giusta per lui, quella degna di stare al
suo fianco e lui come un vero cretino non se n'era mai accorto,
lasciandola scappare anzi dandole la spinta per farlo. Ma si sarebbe
fatto perdonare, oh senz'altro! Col cavolo che l'avrebbe lasciata
andare così!
Prima
di tutto dovevano arrivare in Spagna, nel suo paese Dressrosa, nome
meraviglioso ed aggraziato proprio come immaginava lei. L'aereo
sarebbe atterrato in Inghilterra verso tardo pomeriggio, a Prodence
un posto a pochi chilometri da Londra. Da lì avrebbero preso
un
autobus fino alla costa e poi il traghetto. Una volta in Francia un
treno li avrebbe portati direttamente a Dressrosa, niente tappe
intermedie né distrazioni di alcun genere, la cosa
fondamentale era
trovare Viola quanto prima.
Per
qualche motivo il nome Prodence suonava stranamente familiare alle
sue orecchie, ma non riusciva a ricordarsi dove l'avesse già
sentito. Con noncuranza relegò quel pensiero in un angolo
del suo
cervello. Ci avrebbe pensato in un altro momento.
Se
aveva fatto bene i suoi calcoli non c'avrebbero messo più di
tre
giorni, poi avrebbero anche potuto permettersi di fare i turisti e
magari visitare qualche luogo. Come quelle colline spagnole famose...
come si chiamavano...? Quelle rotonde e pianeggianti... piene e
sode.......?
Spalancò
gli occhi allibito e stracciò con forza il giornale,
sparpagliando
pezzetti di carta sul pavimento, sui sedili accanto e addosso a Zoro
che rideva per il suo viso paonazzo.
“Stavolta
erano dei sederi... spagnoli però!” lo
sentì ridacchiare. “Dio
torcigliolo, hai una faccia ridi un po'! Mica stiamo andando ad un
funerale!”
Sanji
lo fulminò. “Piantala di mettermi davanti tette e
culi a
tradimento! Te l'ho già detto non li voglio
vedere!”
“Fate
un bel sorriso e dite cheese!”
Sanji
sgranò gli occhi a quelle parole e Zoro smise di ridere
imitandolo.
Entrambi si voltarono di scatto venendo irrimediabilmente accecati
dalla luce improvvisa di un flash che non lasciò scampo alle
loro
pupille.
“...e
la prima foto è venuta perfetta! Bravi ragazzi!”
Convinto
di aver perso qualche diottria, Sanji strizzò ripetutamente
gli
occhi cercando la fonte di quella voce che conosceva perfettamente,
trovandola dietro di sé poggiata allo schienale mentre
ghignava
entusiasta, una macchina fotografica grande come una portaerei in una
mano e una valigia striminzita nell'altra. “Rufy, dannazione
a te e
alla tua mania! Credo che tu mi abbia appena distrutto la
retina...”
Zoro
fu il più veloce a riprendersi, saltò su come una
molla guardando
sconvolto il moro. “Che cosa ci fai tu qui?”
Rufy
mollò il bagaglio a mano accanto ai loro e fece il giro
delle
seggioline per poterli avere di fronte. “Semplice. Parto con
voi!”
esclamò come se fosse la cosa più naturale del
mondo.
Ormai
riacquistata del tutto la vista, Sanji boccheggiò
scambiandosi una
frettolosa occhiata con Zoro. “Che cosa significa? Tu dovevi
iniziare a lavorare oggi!”
Rufy
fece spallucce. “Ho tutto sotto controllo! Mi sono presentato
in
ufficio alle otto e ho conosciuto il capo, è un tipo
simpatico credo
che andremo d'accordo! Ha un modo buffissimo di ridere!
Shishishishishi!”
Zoro
alzò gli occhi al cielo. “Senti chi
parla...” sbuffò piano
mentre tornava seduto e faceva spazio al moro perché gli
sedesse
accanto.
“Dopo
averlo conosciuto mi ha dato il cellulare aziendale e mi messo in un
ufficio a timbrare un po' di carte. Ho finito presto e siccome non
avevo altro da fare ho pensato che forse avrei fatto ancora in tempo
a partire, per cui eccomi qui! Ho comprato il biglietto con
l'anticipo che ho chiesto al capo stamattina e che mi ha dato senza
problemi! Che ore sono? Non manca molto ormai alla partenza, vero?
Sapete quando serviranno il pranzo?”
Sanji
chiuse gli occhi esasperato. Era già esausto e non era
ancora
partito. “In pratica ci stai dicendo che hai mollato il
lavoro dopo
nemmeno due ore?” chiese col tono di una persona ragionevole
già
immaginando la risposta.
Rufy
si fece pensieroso. “In realtà non l'ho proprio
mollato,
altrimenti il notaio DoFlamingo avrebbe smesso di pagarmi... sono
uscito senza che se ne accorgesse nessuno.”
esclamò fiero.
Zoro
lo fissò allibito. “Vuol dire che lui pensa ancora
che tu sia
chiuso in ufficio?”
Il
moro annuì felice. “Sono bravo, eh?”
Tra
i pensieri di Sanji e Zoro aleggiava di tutto tranne che complimenti
ma dirlo a voce alta non avrebbe cambiato le cose. Erano più
di due
ore che Rufy aveva mollato il lavoro -anche se diceva il contrario lo
aveva mollato a tutti gli effetti- e di certo qualcuno se ne doveva
essere accorto. Peccato, il loro amico aveva perso una buona
opportunità ma loro non erano mica i genitori. Se Rufy
mandava a
monte il suo futuro consapevolmente chi erano loro per fargli la
morale?
Con
un sospiro comune annuirono, accettando la cosa con malcelata
rassegnazione. Alla fine sarebbero davvero partiti tutti insieme come
Rufy desiderava.
Zoro
guardò l'orologio al polso. “Ormai non credo
manchi molto, tra
poco dovrebbero annunciare il nostro volo.” disse guardando
il
grande tabellone.
Nemmeno
il tempo di finire la frase che dagli altoparlanti una voce femminile
annunciò ai gentili passeggeri che entro pochi minuti
sarebbe
cominciato l'imbarco e ricordava anche di fare qualcos'altro che
però
rimase un mistero. La parte finale del messaggio registrato non
riuscì ad afferrarla nessuno nella sala d'aspetto semi-vuota
perché
un urlo sovrumano in forte avvicinamento dal fondo del corridoio
coprì ogni altro rumore nel raggio di dieci metri.
“RUFY!!!!!!!!”
Sanji
e Zoro sobbalzarono girandosi veloci verso quella voce familiare
mentre il diretto interessato, dito nel naso e sguardo vacuo,
osservava per nulla turbato il ciclone arancione che si avvicinava
imperterrito a lui, fino ad avventarglisi contro non appena fu a
portata di mani.
Tutta
la sala si ritrovò a fissare sotto shock una ragazza dai
capelli
rossi strangolare come un'ossessa un ragazzo che boccheggiava in
mancanza d'aria.
Sanji
e Zoro, dopo qualche attimo di smarrimento, afferrarono Nami per le
braccia allontanandola da un ormai cianotico Rufy rantolante a terra.
Zoro gli controllò le funzioni vitali e lo aiutò
ad alzarsi quando
lo vide riprendere i sensi, mentre Nami poco più in
là assicurava
all'amico biondo di essere tornata calma e si riprendeva la sua
borsa, caduta a terra nella foga di commettere un fratricidio.
Sanji
si affrettò a rincuorare gli addetti alla sicurezza accorsi
per il
rumore, spiegando con malcelato imbarazzo che erano fratelli ed
avevano solo avuto una piccola divergenza di opinioni e
riuscì ad
allontanare anche il resto della piccola folla che avevano attirato.
Nami
rossa in volto ma di nuovo padrona di sé, additò
il fratello ancora
sostenuto da Zoro, con sguardo assassino. “Tu! Sei un idiota!
Ti
rendi conto di cosa mi hai fatto fare??”
Sanji,
che era andato a recuperare le valigie di tutti, si infiammò
a
quelle parole. “Esattamente quello che vorrei sapere anch'io,
mia
adorata! Che ti ha fatto questo imbecille??”
Lei
lo ignorò continuando ad osservare il fratello che pareva
sinceramente ignaro di ogni cosa.
“Monet
era passata in ufficio per portarti qualcosa da mangiare e augurarti
buon primo giorno! Indovina un po'? Non ti ha trovato da nessuna
parte, mi ha chiamato e mi ha chiesto se per caso avessi avuto un
contrattempo.” esclamò, gli occhi iniettati di
sangue. “Non sai
che vergogna, poveretta! Ho capito subito che volevi fare e le ho
detto di non dir nulla a suo zio perché prima volevo
accertarmene,
speravo davvero di essermi sbagliata e invece...”
lasciò la frase
in sospeso ma la situazione era comunque chiara a tutti.
“Oh...
quindi qualcuno se n'è accorto...” fu l'unica cosa
che uscì di
bocca a Rufy.
Zoro
si spiaccicò una mano in fronte e Sanji scosse il capo.
“E te ne
stupisci, genio?”
Il
moro incrociò le braccia. “Quindi DoFlamingo mi ha
licenziato?”
Nami
sospirò. “Ancora no. Monet non gli dirà
nulla finché non le
parlerò io!”
Rufy
si imbronciò. “Allora che problema c'è?
Dì a Monet che stia
zitta, no?”
“Era
esattamente questa l'idea! Il problema è che io avrei dovuto
riportarti lì in tempo!” altra occhiataccia
assassina che denotava
come la cosa le fosse sfuggita di mano. “Ti avevo visto da
lontano
appena dopo il check-in e mi sono affrettata ma non ce l'ho fatta!
Due tizi della sicurezza mi hanno detto che ero già nella
zona
vietata a meno che non comprassi un biglietto anch'io! A quel punto
non mi facevano nemmeno più uscire e indovina cosa ho dovuto
fare...” poi, con una calma sinistra che provocò
un brivido freddo
lungo la spina dorsale ai tre, mormorò sommessamente tra i
denti.
“Ho dovuto comprare un biglietto per Prodence con i miei
risparmi...”
Un
piccolo attimo di silenzio attonito accolse le sue parole, prima che
Zoro sbuffasse innervosito alla vista dei cuoricini che sprigionavano
gli occhi di Sanji a quella notizia. Non era lui quello che non
avrebbe più guardato altra ragazza all'infuori di Viola? Ma
Nami era
sempre Nami, sembrava dire tutto il suo corpo mentre tentava
l'affondo a pesce su di lei, venendo scansato in un batter d'occhio
da Rufy per abbracciare felice la sorella. “Lo sapevo che
morivi
dalla voglia di partire con noi!! Facciamoci una foto per ricordare
il momento! Sarà troppo divertente!”
La
rossa non sembrava affatto della stessa idea, schiumante di rabbia lo
atterrò con un pugno fumante, salvando al volo la
fotocamera. “Cosa
diavolo hai capito idiota?? Io non avevo alcuna intenzione di
partire, soprattutto insieme a voi zoticoni!!”
Un'occhiataccia
raggiunse Zoro, come se fosse tutta colpa sua. Il verde alzò
un
sopracciglio fissandola a sua volta. Beh, che c'entrava lui?
Nami
sbuffò tornando torva a guardare il fratello. “In
ogni caso, dal
momento che ormai ho preso un biglietto e non avevo programmi
è
inutile che sprechi un'occasione del genere...”
lasciò in sospeso
la frase fissando uno ad uno i tre ragazzi, sorvolando sugli occhi
inferociti di Zoro e sui cuoricini volanti di Sanji che avevano
già
intuito. “...verrò con voi ma, sia chiaro Rufy, al
nostro ritorno
mi dovrai rimborsare ogni singolo centesimo speso e con gli interessi
per il danno morale!”
Rufy
strabuzzò gli occhi. “Che cosa?? Ma
perché?? Io non ho fatto
nulla!”
Sanji
si esibì in una trottola esaltata che investì
tutti di cuori. “Oh,
Nami-swaaan che idea meravigliosa!! Ci divertiremo tantissimo
insieme!!”
Rufy
la guardò male scansando l'amico. “Io non ho fatto
niente, Nami!”
ribadì.
“È
solo colpa tua se mi trovo in questa situazione!”
“Non
è vero!”
“Si!!”
“Oh,
Nami-swaaaan!!”
“NO!!”
“Nami-swaaan...
Nami-swaaan... Nami-swaaan!!!”
“SIIII!!!!”
Stanco
del teatrino e bramoso di porre fine alla questione per partire senza
rogne annesse, Zoro estrasse dalla sua valigia due lunghe ed
affilatissime katane che sfoderò in fretta e con
abilità, tenendone
ciascuna in una mano prima di puntarle senza tante cerimonie alla
gola dei suoi due migliori amici, bloccando sul nascere qualsiasi
recriminazione con un'occhiata assassina. Nami, in mezzo tra i due
fuochi, lo guardò interdetta.
“Marimo...?”
esalò Sanji preso alla sprovvista, deglutendo vistosamente
per
quanto possibile con una lama a pochi millimetri dalla gola.
“Zoro...
dai... posale...” tentò Rufy alzando le mani,
ridacchiando
nervoso.
Quello
assottigliò gli occhi squadrando tutti e tre e
sibilò truce. “Sono
stufo di queste scene! La situazione è chiara! Stiamo per
passare
insieme più di sei ore in un cubicolo di trenta metri e,
anche se
spesso ce lo scordiamo, siamo quattro persone adulte. Ci sopportiamo
a malapena...” guardò iroso Nami che
ricambiò incrociando le
braccia. “...qualcuno non era previsto...” Rufy
alzò gli occhi
al cielo. “...e qualcun altro soffre di doppia
personalità...”
Sanji sbuffò.
“...ma
siamo amici, più o meno, e che vi piaccia o no siamo tutti
sulla
stessa barca, almeno sull'aereo dovremo andare d'accordo! Quindi vi
chiedo la cortesia di piantarla una buona volta e fare le persone
normali!” concluse serio abbassando le spade e rifoderandole.
A
Sanji si sciolse la lingua solo quando lo vide rimetterle al sicuro
dentro la sua valigia.
“Che
cos'hai in quel cervello?? Potevi ferirci seriamente! ”
esclamò
indicando il suo collo.
“Ma
di solito non ne hai tre?” chiese Rufy perplesso con un filo
di
voce.
“Come
diavolo hai fatto a farle passare ai controlli?” fu la
domanda più
sensata di Nami.
Zoro
li guardò ghignando senza rimorso. “Sapevo che mi
sarebbero
tornate utili.”
L'altoparlante
dell'aeroporto annunciò l'imbarco immediato e il discorso
sulle
spade passò in secondo piano. Per il momento,
aggiunse
mentalmente Sanji afferrando la propria valigia e incamminandosi con
gli altri. Un particolare però attirò la sua
attenzione e guardò
Nami e la sua borsa con fare interrogativo, lei seguì il suo
sguardo
e annuì con rassegnazione.
“Nella
fretta non ho preso nulla, ma non è un grosso problema,
farò
acquisti non appena giunta a Prodence.” comunicò a
tutti con un
sorriso mentre si mettevano in fila con il resto dei passeggeri,
lanciando un'occhiata a Zoro di sottecchi. Chi l'avrebbe mai detto
che lui sarebbe stato il paciere ufficiale del viaggio? L'aveva
piacevolmente stupita la sua presa di posizione poco prima, certo il
modo rozzo con cui aveva chiesto la collaborazione di tutti per
riuscire a rendere il viaggio almeno sopportabile aveva lasciato a
desiderare, ma per lo meno doveva ammettere che era stato il
più
ragionevole. Cosa che non avrebbe mai potuto dire di qualcun altro...
Rufy
sorrideva entusiasta già da qualche minuto, anche lui
bramoso di
dimostrare che la sua presenza sarebbe stata fondamentale.
“Tranquilla Nami, ti farò tante foto e ti
accompagnerò io
dovunque vorrai!”
Lei
lo fissò esasperata. “Ci mancherebbe. Ah, solo per
la cronaca, ho
deciso di partire è vero, ma resterò a Prodence
giusto un paio di
giorni per non sprecare l'occasione, finiti quelli tu ed io
compreremo il biglietto di ritorno e per giovedì sarai di
nuovo al
lavoro!”
“Che
cosa???” Nami lo appiattì al suolo.
Sanji
recuperò i suoi documenti e passò gli ultimi
controlli insieme agli
altri, prima di sbuffare sonoramente ed alzare gli occhi al cielo.
“Da questa parte, marimo!!” urlò dietro
a Zoro non appena lo
vide prendere deciso un corridoio dalla parte opposta a dove stavano
loro.
Mentre
Rufy andava al recupero, Sanji si rivolse a Nami. “Che dirai
ai
vostri genitori? I nostri pensano che siamo in campeggio, ci
coprirà
Chopper...”
Lei
fece spallucce. “Mi inventerò qualcosa
sull'aereo...” poi gli
sorrise furba. “Tu, piuttosto! Ora dovrai spiegarmi
esattamente chi
è questa Viola, voglio sapere tutto!”
Sanji
ridacchiò, voltando il viso imbarazzato per poi strabuzzare
gli
occhi allibito verso un punto preciso in lontananza. “Zoro,
Rufy,
imbecilli, non da quella parte!! Quello è il bagno! Il
nostro
imbarco è qui!!” urlò concitato
indicando il tabellone sopra di
lui dove spiccava la scritta Prodence a chiare lettere.
Sarebbe
stato un lungo viaggio.
*
Dall’altra
parte del mondo, nella camera da letto di un appartamento spagnolo al
quinto piano di una bella palazzina, una ragazza dai lunghi capelli
neri piegava alcune maglie.
Soddisfatta
del suo operato le ripose ordinatamente in una valigia ai suoi piedi
e si avvicinò all'armadio per prenderne altre. Con una mano
al
mento, valutò che anche se era piena estate forse era meglio
portare
con sé anche un maglioncino. Scelse quello bianco.
Lanciò
un'altra occhiata all'armadio. Magari anche sciarpa, guanti e
cappello potevano servire...
“Viola
non stai andando al Polo Nord!”
Due
occhi si posarono sulla bella donna che li aveva interrotti dal
passare ai raggi-X ogni più piccolo anfratto dell'armadio
alla
ricerca di capi invernali in pieno luglio.
Viola
Cortes, in tutta la sua meticolosa bellezza, abbozzò una
risatina
imbarazzata. La sua coinquilina la conosceva troppo bene.
Le
posò una mano sulla spalla, sorridendole complice.
“Cerca di stare
serena il più possibile in questi giorni, me lo
prometti?”
Viola
sgranò gli occhi un istante prima di annuire energicamente
senza
guardarla.
L'altra
non si fece ingannare. “Stai ancora pensando a quel Sanji,
vero?”
mormorò sospirando quando la vide lanciare un'occhiata al
computer
chiuso sulla scrivania e mordicchiarsi un'unghia, nervosa.
“Questo
viaggio a Marijoa non poteva capitare in un momento migliore! Te lo
farà dimenticare una volta per tutte!”
Viola
la guardò finalmente in viso, scettica. “Tu
credi?”
“Certo!”
annuì convinta. “Non era l'uomo giusto per te e te
l'ha ampiamente
dimostrato! Ora hai solo bisogno di schiarirti le idee. Parti,
divertiti, fai nuove amicizie e vedrai che al tuo ritorno Sanji non
sarà mai nemmeno esistito nel tuo cuore!”
Sembrava
talmente convinta delle sue parole che anche Viola volle crederle.
Aveva disperatamente bisogno di credere che sarebbe riuscita a stare
meglio prima o poi, era stanca di soffrire per un imbecille. Con
slancio si tuffò tra le sue braccia, venendo subito stretta
in un
abbraccio spacca ossa.
“Che
farei senza di te?” le chiese all'orecchio ridacchiando.
L'altra
sorrise sulla sua spalla. “Probabilmente dovresti trovarti un
altro
coinquilino sperando non sia un pazzo come qualcuno di nostra
conoscenza...” Viola rise di cuore stringendola
più forte.
Il
suono prolungato del campanello le fece sussultare, facendo alzare
gli occhi al cielo ad entrambe.
“Ah
proposito di pazzi... questo è senz'altro Brook, un giorno
si
troverà il campanello in mano.”
L'amica
annuì ridendo andando a pigiare il tasto per aprire il
portone al
piano terra mentre anche Viola la raggiungeva. “Spero si
comportino
bene, fammi sapere se devo rimproverarli al vostro ritorno! Vuoi una
mano con le valigie?”
Quella
negò. “Usop aveva detto che uno di loro saliva per
aiutarmi,
quindi non serve grazie.”
Le
due ragazze si guardarono sorridenti un'ultima volta.
“Non
smettere mai di crederci, Viola. Troverai la persona giusta prima o
poi.”
La
mora tirò su col naso, sentendo l'ormai familiare nodo in
gola
tornare a tormentarla. “Lo spero davvero...”
Il
campanello suonò ancora, più forte e duraturo ma
dalla porta questa
volta.
Viola
sospirò. “A quanto pare Brook ha voglia di morire
giovane!” si
avviò alla porta con valigia al seguito voltandosi un'ultima
volta
verso la sua coinquilina ed amica che la guardava a braccia
incrociate. “Ci vediamo tra due settimane! Sempre se riesco a
sopravvivere tanto a lungo in costante compagnia di quei due!”
L'amica
rise. “Per fortuna ci sarà anche Kaya ma tu cerca
di non uccidere
nessuno o, se proprio devi, mandalo solo all'ospedale.” poi
sorrise
furba. “...e soprattutto cerca di tornare intera, senza
denunce,
tatuaggi né cuccioli di fenicottero nella borsa stavolta!
Non so più
cosa aspettarmi quando torni dai tuoi viaggi, ormai...”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Aeroplane ***
Le
sei ore di volo teorizzate da Zoro come massimo momento di attrito da
tenere sotto controllo furono meno problematiche di quanto ciascuno
dei quattro improbabili compagni di viaggio avrebbe mai potuto
immaginare.
Se
non contavano Nami che tramortiva Sanji con un pugno dopo il racconto
di come aveva trattato Viola, Rufy che si strafogava ogni volta che
il carrello passava davanti al suo campo visivo fosse stato in coda
all'aereo o all'inizio della fila, gli improvvisi e frequenti
attacchi di glicemia di Sanji alla vista delle strepitose minigonne
delle hostess, Rufy ancora che gonfiava il giubbotto salvagente e lo
faceva scoppiare nelle orecchie di uno Zoro dormiente, Zoro che si
svegliava in panico ed estraeva una delle katane per affettare Rufy
sotto gli sguardi atterriti di passeggeri e personale di servizio,
Nami che tentava di convincere il pilota a farsi pagare per far
posare l'arma al suo amico, Zoro che si infuriava anche con lei,
Sanji che la difendeva a suon di calci, Nami innervosita che stendeva
entrambi e Rufy che entrava in bagno solo e ne usciva trenta minuti
dopo insieme ad una delle hostess visibilmente accaldato e
soddisfatto, allora era stato un viaggio rilassante e incredibilmente
celere.
In
men che non si dica le porte dell'Europa si spalancarono davanti ai
loro occhi affascinati e carichi di aspettative o, per lo meno,
così
presupponevano quelli esaltati di Rufy. Nami lo afferrò per
la
collottola un istante prima che si azzardasse a correre via verso le
porte automatiche che conducevano all'esterno dell'aeroporto.
“Molto
bene a Prodence ci siamo arrivati, ora io e te andiamo immediatamente
a farci prenotare un volo di ritorno per mercoledì sera e
prega per
la tua collezione di conchiglie che sia economico!”
Rufy
tentò di controbattere ma venne trascinato a forza verso la
biglietteria sotto gli sguardi divertiti di Zoro e Sanji.
“Ha
preso la forza da papà...” mugugnò
depresso.
Nami
si appoggiò al bancone esibendo il suo sorriso cordiale da
trattativa. “Buongiorno! Vorrei acquistare due biglietti in
classe
economy per mercoledì, destinazione...”
Una
mano elegante la bloccò con garbo, facendole cenno di
attendere un
istante senza staccare gli occhi dal computer che aveva davanti. Ci
vollero solo pochi secondi dopodichè la bionda addetta le
dedicò
tutta la sua attenzione esclamando candidamente che non c'erano voli
disponibili per nessuna destinazione in quel momento e non sapeva
quando sarebbero tornati.
Nami
sbiancò vistosamente mentre al suo fianco Rufy si illuminava
d'immenso a quelle parole, già perso in un paradiso di
opportunità
infinite servitegli su un piatto d'argento, soprattutto
perché non
imputabili ad una sua colpa diretta stavolta.
“Mi
dispiace signorina...” continuò la donna e
sembrava sinceramente
in pena per quella ragazza dai capelli rossi il cui morale era appena
finito sotto ad un treno. “...il fatto è che dal
weekend è in
corso una... manifestazione
particolare lungo le strade di questo paese e durerà per
altri due
giorni. Viene fatta ogni tre anni ed è molto famosa, attira
persone
da tutto il mondo che si riuniscono qui e... manifestano...”
cercò di spiegarsi.
Nami
non era certa di aver compreso. “Cosa ha a che fare questa...
manifestazione...”
mimò le virgolette con le mani “...con il fatto
che io voglio
partire mercoledì?”
L'addetta
sorrise pratica sistemandosi gli occhiali da vista sul naso
aristocratico. “La festa termina mercoledì, i
partecipanti tornano
a casa e sono in molti, non c'è più un posto
disponibile su nessun
volo fino alla settimana prossima.”
“Ma
questo è assurdo! Io devo tornare ad ogni costo!”
Nami sembrava
una caldaia a cui avevano sigillato la valvola di sfogo. “Non
mi muoverò di qui fino a quando non mi avrà
trovato un volo di
ritorno!” sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro e
la
donna sembrò intuirlo.
Rufy
posò rapido una mano sulla spalla della ragazza con una
finta aria
comprensibilmente afflitta. “Nami dai, non si può
fare lascia
perdere... non è il caso di esasperare così
questa povera ma
meravigliosa signorina.” e le lanciò un'occhiata
allusiva
strizzandole l'occhio, lasciandola inebetita a fissarlo. “Si
vede
che sta facendo del suo meglio! Probabilmente era destino che andasse
così...” sospirò teatralmente.
“Dovremo proseguire il viaggio
fino in Spagna. Che ci vuoi far...”
“Forse...
forse possiamo fare un tentativo!”
Nami,
il pugno già caricato e pronto per essere fracassato sulla
faccia
tosta del fratello, si voltò a guardarla speranzosa.
“Dice
davvero??”
Quella
si assestò gli occhiali elegantemente squadrando Rufy con un
sorriso
seducente che faticava a mantenere contenuto. “A quanto ho
capito è
molto importante per voi tornare a casa entro
mercoledì...”
Rufy
deglutì. “Ma in realtà...”
“Si
assolutamente!” si intromise Nami euforica, abbassando poi la
voce
di un ottavo. “Mio fratello ed io
dobbiamo obbligatoriamente
tornare.”
La
donna si animò entusiasta alle sue parole. “Oh!
Beh allora
se anche per... suo fratello è
così importante...” e lo
guardò da sopra le lenti degli occhiali battendo le ciglia e
cominciando rapida a pigiare sui tasti. “Farò
quanto in mio potere
per farvi tornare a casa per mercoledì!”
“Sarebbe
fantastico! Mio fratello le sarebbe eternamente grato, vero
Rufy?”
esclamò con un sorriso affabile scrutando il moro sempre
più
sconvolto per la brutta piega che stavano prendendo gli eventi.
Pochi
passi più indietro sia Sanji che Zoro seguivano la scena con
sconcerto crescente, anche se per motivi opposti. Zoro, che non si
era mai soffermato a pensarci più di tanto, si stupiva di
quanto
Nami fosse brava a sfruttare le doti innate di Rufy per un proprio
tornaconto mentre Sanji era semplicemente invidioso
dell'abilità che
aveva il moro di farsi amare incondizionatamente da qualsiasi donna.
Perché tutte a lui le fortune?
Nami
si avvicinò saltellante ai due trascinandosi dietro il
fratello con
ancora gli occhi dolci della hostess fissi su di lui.
“Quella
tizia ha detto che ci vorrà un po' e ci chiama se trova
qualcosa, le
ho lasciato il numero di Rufy, ne era fin troppo felice... che ne
dite di andare a fare compere intanto? Mi ha detto che c'è
un centro
commerciale con un sacco di bei negozi accanto all'aeroporto!”
*
“Io
non voglio tornare a casa così presto!”
Sanji
sbuffò da dietro la tenda del camerino. “Smettila
Rufy, Nami ha
ragione! Rischi di comprometterti il futuro per la tua
cocciutaggine!” mormorò apatico, più
concentrato sull'ardua scelta di abbinare la camicia che aveva deciso
di comprare ad un paio
di pantaloni adeguati. Nella fretta di fare la valigia si era
scordato di portarsi un completo elegante per il momento in cui
avrebbe finalmente visto Viola. Quel negozio d'alta sartoria inglese
era capitato a fagiolo, aveva corso il serio rischio di presentarsi a
lei vestito da pezzente. “Anche a me sarebbe piaciuto che
foste
venuti insieme a noi, ma se trovano due posti disponibili sarebbe
più
saggio per te tornare!” ammise sincero, omettendo che se
fosse
rimasta con loro solo Nami lo avrebbe senz'altro preferito.
Rufy
si afflosciò depresso su un divanetto portandosi dietro
tutte le
giacche eleganti che Sanji gli aveva messo in mano quando aveva
deciso di usarlo come portantino.
Il
biondo uscì soddisfatto dal camerino con gli indumenti
scelti e si
guardò attorno. “Ma Zoro non era qui fuori con
te?”
Il
moro alzò piano la testa dai cuscini cercando il verde con
gli occhi
e fece spallucce non vedendolo da nessuna parte.
L'amico
digrignò i denti. “Se si è perso ancora
è la volta buona che lo
scuoio!”
La
speranza di Sanji era ovviamente vana. Da una buona mezz'ora ormai la
crapa verde si aggirava per gli scaffali cercando i suoi amici,
chiedendosi al contempo come fosse possibile che vendessero
così
tante pile di calzini identici. Ogni volta che girava un angolo ne
trovava di uguali! Non lo sfiorò nemmeno per un istante
l'idea che
potesse trattarsi sempre della stessa pila, era più
probabile che
fosse finito nella zona adibita ai feticisti. Quegli inglesi erano
davvero strani, c'era appena entrato in quel paese e già non
vedeva
l'ora di uscirci.
Innervosito
cambiò strada nuovamente e si trovò davanti, come
un faro nella
notte, una commessa con il sorriso in volto. “Posso
aiutarla?”
“Si!”
proruppe sollevato. “Dove si trova il reparto
uomo?” gli scaffali
erano tutti uguali!
Lei
sorrise affabile indicando un punto alla sua destra. “Deve
seguire
questo corridoio sempre dritto per qualche metro e si
troverà il
reparto proprio di fronte.”
Zoro
memorizzò l'informazione come un assetato e la
ringraziò
cominciando ad avviarsi. La donna sorrise e si allontanò in
direzione opposta. Se si fosse girata fatti pochi passi forse avrebbe
potuto accorgersi di quello strano cliente che improvvisamente
cambiava rotta senza motivo apparente e svoltava a sinistra invece di
proseguire dritto come gli era stato detto. Zoro proseguì
convinto
di essere sulla strada giusta per arrivare dagli altri.
“Ormai
dovrei esserci...” mormorò a sé stesso,
fermandosi al centro di
quello che avrebbe dovuto essere il posto indicato e guardandosi
attorno.
La
totale assenza di cravatte e completi non lo toccò
più di tanto ma
cominciò ad insospettirsi quando notò la presenza
di vestiti,
foulard e reggiseni sgargianti dove avrebbero dovuto esserci
pantaloni da uomo, camicie e maglie sportive, facendogli presupporre
di essere nel reparto sbagliato. Con uno sbuffo irritato,
bestemmiando in turco contro le commesse che non sapevano fare il
proprio lavoro, ripercorse i suoi passi trovandosi faccia a faccia
con un muro. Si grattò la testa stupito, non c'era un
corridoio qui?
Sempre più nervoso proseguì lungo il muro verso
destra, da qualche
parte sarebbe pur saltato fuori! Si trovò di fronte i
camerini,
probabilmente quelli delle donne, quindi posto sbagliato.
Stava
per fare dietrofront di nuovo quando qualcosa di morbido e setoso
cadde dall'alto e gli atterrò dritto in testa. Stupito, si
trovò
per le mani una gonna rosa semi trasparente, probabilmente volata via
da uno dei camerini.
Schioccò
la lingua seccato poggiandola su un ripiano a caso lì vicino
e
decidendo di lasciar correre. Non era proprio il caso di mettersi a
discutere con una sconosciuta se fosse o meno appropriato lanciare
vestiti dai camerini addosso agli ignari passanti, men che meno aveva
intenzione di perdere altro tempo in un reparto con cui non aveva
nulla a che fare. Ergo, era ora di ritrovare gli altri ed andarsene
velocemente da quel labirintico negozio prima di esaurire la
pazienza.
Si
girò deciso a proseguire quando altri indumenti atterrarono
all'improvviso davanti ai suoi piedi bloccandogli la strada ed uno
particolarmente morbido gli finì in braccio. Con la voglia
di
andarsene magicamente passata, Zoro ghignò alla vista dei
due
abbondanti reggiseni di pizzo nero ai suoi piedi, allargando poi il
ghigno ancor di più quando capì di tenere in mano
un perizoma,
anch'esso nero, di mirabile fattura e morbidezza. Tutti e tre
emanavano un dolce ma delicato profumo fruttato che non riconobbe ma
gli arrivò presto alle narici inebriandolo e facendolo
vacillare per
un istante, perso.
Si
voltò verso destra, sentendo dei chiari mugugni provenire
dal
camerino al centro dove una tenda chiusa si muoveva lieve. Si
guardò
attorno cauto controllando che non ci fosse anima viva nei paraggi,
né negli altri camerini. Soddisfatto, si avvicinò
piano senza far
rumore, ben conscio di stare per fare un'azione eticamente scorretta
e piuttosto stupito per la sua stessa intraprendenza. Lui era un uomo
d'onore, aveva un'integrità ferrea, una morale indiscutibile
e in
una qualsiasi altra occasione non avrebbe mai fatto qualcosa che
fosse andato a danneggiare la sua retta via o, peggio, la privacy di
una donna. Mai avrebbe fatto un'azione così sconsiderata, ma
quel
profumo celestiale lo attirava come una calamita, lo aveva assuefatto
del tutto in pochi secondi e sapeva che non sarebbe mai riuscito ad
allontanarsi da lì senza aver dato una sostanza concreta
all'immagine della donna nel camerino che si era formata nella sua
testa.
In
fin dei conti si parlava solo di una piccola sbirciata giusto per
vedere come fosse fatta, non si sarebbe nemmeno avvicinato, non
l'avrebbe mai saputo nessuno e quel profumo avrebbe avuto un adeguato
accompagnamento visivo nei suoi pensieri.
Si
sentiva tremendamente il Sanji dei tempi d'oro in quel momento e la
voglia di fare dietrofront ed impedirsi di fare una sciocchezza, di
cui si sarebbe senz'altro pentito, era forte... però era
anche vero
che nessuna donna che teneva alla sua privacy avrebbe mai lanciato in
aria dei completini intimi con così tanta
tranquillità da non
preoccuparsi di dove finissero. Lui era solo un onesto cittadino che
si era avvicinato esclusivamente per riportarle gli indumenti,
avrebbe potuto convincere così sia lei che sé
stesso. Ergo, non
c'era nulla di male nel passare lentamente e con circospezione
davanti al suo camerino e lanciare casualmente una fugace occhiata
attraverso la fessura nella tenda come si era già adoperato
a fare,
anche se la fugace occhiata si era trasformata ben presto in uno
sguardo compiaciuto e, soprattutto, prolungato fisso sul fondoschiena
ben tornito della ragazza in questione che gli dava le spalle.
L'Inghilterra
stava iniziando decisamente a piacergli di più.
Senza
staccare mai lo sguardo, con la stessa occhiata proseguì
l'ispezione
a partire dalle lunghe gambe abbronzate che scalpitavano irrequiete,
passando per il già citato e ammirato sedere, fasciato in un
candido
perizoma bianco che lasciava ben poco all'immaginazione, e si muoveva
in sincrono con le gambe, proseguendo lungo la linea della schiena
nuda fino alle spalle che si muovevano a scatti e alla testa coperta
completamente da una micro maglia che non accennava a volersi
togliere nonostante i numerosi tentativi della donna per cercare di
sfilarla facendo forza con braccia e mani.
Il
suo sedere che ondeggiava a ritmo con le spinte aveva un che di
ipnotico per Zoro che si ritrovò a deglutire sommessamente,
cercando
di imporre alle sue gambe di girarsi e tornare da dove erano venute.
Aveva visto abbastanza, più di quanto avrebbe dovuto, e gli
era
venuto pure un gran caldo, eppure non accennava a muoversi.
Se
si fosse guardato allo specchio in quel momento si sarebbe fatto
schifo da solo. Fissare una ragazza per la sua bellezza gli era
già
capitato, ma questa chiaramente non si stava mettendo in mostra
appositamente per farsi guardare da lui, questa si stava solo
cambiando in un camerino ed aveva pure problematiche a farlo, senza
contare che c'era un tizio strambo che la fissava da una fessura.
Altro che Sanji, era lui il vero maniaco.
Nonostante
tutti i buoni propositi, le gambe sembravano non rispondere alla sua
volontà e continuavano a mantenerlo fermo in quella
posizione, così
come i suoi occhi non osavano staccarsi dalla figura armonica che
aveva a nemmeno mezzo metro da sé, al di là di
una tenda chiusa.
I
mugugni soffocati della ragazza non aiutavano il già
precario stato
in cui versava, facendogli venire in mente ben pochi casti pensieri e
l'irrefrenabile voglia di entrare in quel camerino per toglierle
direttamente lui quella maglia irritante e magari anche il perizoma
senza tante cerimonie.
Ma
per quanto l'idea fosse allettante non era un animale. Chiuse gli
occhi e prese a fare silenziosi respiri profondi cercando di calmarsi
e al contempo di trovare la forza per riuscire ad andarsene da
lì,
il problema stava aumentando così come il rigonfiamento nei
pantaloni. Doveva decisamente andarsene prima di raggiungere il punto
di non ritorno! Ma cosa gli era venuto in mente??
La
ragazza misteriosa intanto c'era quasi, con un ultimo verso strozzato
di enorme sollievo riuscì a togliersi l'indumento
fastidioso,
liberando testa e braccia e lanciando con stizza la maglia in un
angolo. Con gesto automatico si ravvivò i capelli e una
zaffata di
profumo paradisiaco raggiunse le narici di Zoro che deglutì
con
l'acquolina in bocca.
Riaprì
gli occhi deciso a guardarla un'ultima volta nella completezza della
sua figura per poi andarsene con silenziosa rapidità ma il
respiro
gli si mozzò in gola non appena una cascata di ricci rossi
entrò
nel suo campo visivo, coprendo qualsiasi altra cosa.
Zoro
sgranò gli occhi incredulo arretrando di due passi, rosso in
faccia
e con il respiro affannato.
La
ragazza dava ancora le spalle alla tenda ma sembrò captare
un
movimento brusco dietro di lei e voltò il viso di tre
quarti.
Pensando di esserselo immaginato fece spallucce, recuperando i suoi
vestiti e apprestandosi ad uscire dal camerino con le cose scelte.
Se
avesse prestato più attenzione forse si sarebbe accorta di
un
ragazzo dai capelli verdi che fuggiva via imboccando un corridoio a
caso mentre si dava dell'idiota per aver permesso alla sua
impulsività di avere la meglio sulla ragione e tutto pur di
non
ammettere con sé stesso che conosceva perfettamente quei
capelli
rossi.
*
Con
aria affamata Rufy si lanciò sull'invitante e strabordante
terzo
piatto di frittura di pesce che una solerte cameriera gli aveva messo
sotto al naso con un sorriso dolce.
A
stomaco pieno l'Inghilterra sembrava ancora più bella.
Con
la bocca colma di totani prese a guardarsi attorno, cercando gli
amici e la sorella con gli occhi, aspettandoli pazientemente al
ristorante del centro commerciale come da accordi. Mezz'ora prima
Sanji aveva deciso di abbandonarlo là per tentare il
recupero di
Zoro, dovunque fosse finito. Fino a quel momento non c'era alcuna
traccia di loro ma poco male, aveva la frittura a tenergli compagnia.
Le cose belle però hanno lo svantaggio di non durare in
eterno ed
anche quel piatto finì veloce nel suo stomaco insieme agli
altri due
e ad un rilevante quantitativo di patatine fritte.
La
noia arrivò presto, il cellulare non dava segni di vita,
aveva già
avvertito Chopper del loro arrivo come gli era stato chiesto da Sanji
ed ora non aveva più nulla da fare!
Fosse
stato per lui non c'avrebbe pensato due volte ad uscire da
lì per
immergersi nella vivacità di una città tutta da
scoprire come
Prodence. Sembrava fantastica da quel poco che aveva visto fuori
dall'aeroporto prima di doversi chiudere nel centro commerciale per
necessità di Nami. Aveva sentito dire da due tizi che un
lontano
parente della Regina l'aveva scelta come propria dimora anni prima e
da allora la governava in serenità. Un re con un nome
strano,
qualcosa tipo Elisello o Elizabello... non se lo ricordava ma non era
importante, tanto gli stava già simpatico!
Lasciò
nuovamente vagare lo sguardo. Un bambino e la madre che
passeggiavano, due nonnini che si fermavano a prendere un
caffè al
bar, un tipo che camminava veloce verso le porte... Rufy
seguì con
lo sguardo interessato l'uomo per qualche attimo, finché
anche
questo uscì dalla sua visuale e lui tornò mesto a
fissare le
persone attorno nel ristorante. Lanciò un'occhiata distratta
al
bancone dove si accorse casualmente della cameriera che lo aveva
servito nell'ultima mezz'ora. Lo stava guardando con insistenza da
chissà quanto tempo e Rufy non distolse lo sguardo,
incuriosito.
Era
una gran bella ragazza, capelli azzurri raccolti in una lunga coda di
cavallo, fisico asciutto, seno abbondante e viso dolce... il mix
perfetto.
Accortasi
di aver attirato la sua attenzione, lei gli sorrise accattivante
poggiandosi al bancone e lasciando intravedere la scollatura
prorompente dalla divisa.
Rufy
batté gli occhi un paio di volte, chiedendo chiarimenti con
lo
sguardo. Lei non si fece attendere, con le labbra socchiuse e un
cenno sensuale del capo mimò un chiaro invito a seguirla sul
retro.
Di
Rufy si potevano dire tante cose ma non che avesse il prosciutto
sugli occhi quando si trattava di ragazze e, proprio come Zoro, se
gli si presentava l'occasione non aveva alcun problema a coglierla e
a goderne, dimenticando tutto il resto.
Sanji
la pensò un po' diversamente e quando, quindici minuti dopo,
tornò
al ristorante con uno Zoro insolitamente pensieroso al seguito che
evitava come la peste Nami, dovette prendere atto che Rufy se n'era
fregato delle sue raccomandazioni ed era sparito nel nulla.
“Dove
diavolo si è cacciato adesso quell'altro
imbecille?” il biondo
agitò iroso i pacchi con gli acquisti di Nami che teneva lui
perché
'una signorina non può portare tanto peso addosso'.
“Gli avevo
detto di non muoversi da qui!”
La
sorella dell'imbecille si accasciò sconsolata su una sedia,
chiedendosi se il masochismo che aveva dimostrato di possedere quando
l'adesione a quel viaggio era stata definitiva era paragonabile a
quello dell'ovulo di sua madre nel momento in cui aveva accettato di
contenere anche lo spermatozoo di Rufy oltre al suo.
Zoro
si guardava intorno senza reale interesse, più per
nervosismo che
per cercare l'amico sparito. Da un po' la sanità mentale
delle sue
sinapsi dipendeva da quanto tempo c'avrebbe messo a dimenticare
quello che era successo nei camerini delle donne e concentrò
quindi
tutte le sue energie sul fissare il pesce rosso sopra il bancone del
bar. La cosa funzionò per qualche memorabile secondo, prima
che un
reggiseno bianco malamente coperto da una camicetta blu gli passasse
davanti oscurando la boccia di vetro e rovinando il suo casto
stratagemma.
Zoro
strabuzzò gli occhi quando, allargato il campo visivo, si
ritrovò a
fissare una bella ragazza dai capelli azzurri sistemarsi
frettolosamente i bottoni della divisa da cameriera, prima di correre
dietro il bancone e iniziare a smaltire le ordinazioni rossa in
volto. Subito dopo di lei, baldanzoso e affannato, c'era il suo
migliore amico che cercava di chiudersi la zip dei pantaloni senza
dare troppo nell'occhio.
Zoro
sospirò rassegnato, ormai non si stupiva più
delle doti sovrumane
da latin lover involontario che aveva dimostrato di possedere Rufy.
Il verso strozzato che gli arrivò alle orecchie gli fece
intuire
anche di non essere stato l'unico ad averlo notato uscire furtivo dal
retro in compagnia, Sanji però non aveva intenzione di
prenderla con
filosofia come lui.
“Tu...
tu... tu... ancora??” lo sentì esclamare
oltraggiato quando Rufy
sorridente si fu avvicinato a loro. “Non hai nessun
contegno!!”
Zoro
non avrebbe saputo dire se Sanji era più indignato per il
poco
rispetto che Rufy dimostrava continuamente di avere per il
corteggiamento e le relazioni stabili in sé, o se lo era
perché
senza fare sforzi il loro amico era una calamita irresistibile per le
donne.
“Come
diavolo fa un babbeo come te a farsi ragazze come quella?? Non
è una
cosa normale!!”
Zoro
alzò gli occhi al cielo. D'accordo, mistero risolto.
Rufy
si mostrò particolarmente interessato a quella domanda.
“Sai che
me l'ero chiesto anch'io tempo fa? Però non sono riuscito a
trovare
una risposta e quindi ho deciso di non pensarci più. Alla
fine ci ho
fatto l'abitudine!” ammise rassegnato, ricambiando il saluto
dolce
della cameriera con la mano. Sanji venne trattenuto a forza.
Un
trillo improvviso nella tasca di Rufy catalizzò
l'attenzione. Nami
fu lesta a recuperare il suo cellulare prima di lui e, dopo aver
visto il display, rispose con un sorriso raggiante mentre Sanji non
smetteva di fissarlo torvo.
“...non
si preoccupi, è perfetto! Mio fratello ed io la ringraziamo
infinitamente per il suo zelo...” stava dicendo Nami al
telefono.
Fece una pausa prima di annuire alzando gli occhi al cielo.
“Si,
certo che può conservare il numero per le
evenienze...” vide Zoro
trattenere un ghigno e Sanji sgranare gli occhi. “...va bene,
può
salvarlo come preferisce... si, lui la salverà come Califa
la
bambolona... si... beh, non sono certa il nome ci stia in rubrica,
ovviamente proverà... si, in caso solo Califa va bene...
già... si,
beh di solito non sono la sua segretaria e non posso annot...
si...”
innervosita Nami si premette il ponte del naso con le dita respirando
piano. “...no... le assicuro che la sua non è
assolutamente una
molestia sessuale... no di certo... si, è
maggiorenne...”
Zoro
ormai ghignava senza ritegno cercando di trattenere Sanji dallo
scagliarsi contro un ingenuo Rufy che dava costantemente prova della
propria intelligenza ignorando del tutto l'identità della
persona
dall'altra parte dell'apparecchio.
“Si,
lo farò... si... grazie... si, arrivederci anche a
lei...”
Nami
fulminò il fratello riconsegnandogli il telefono.
“Le tue doti
innate ci sono tornate utili ma la prossima volta ci penserò
due
volte prima di accettare di fare un viaggio con te!”
Rufy
prese il cellulare sempre più confuso. “Ma chi
era??”
Nessuno
si stupì più di tanto che non avesse afferrato
ma, sorprendendo gli
altri, Nami gli sorrise.
“La
risposta alle mie preghiere!” rispose e prese ad incamminarsi
verso
l'uscita tallonata dal fratello.
Sanji
e Zoro li raggiunsero fuori giusto in tempo per sentire le
imprecazioni di Rufy urlate al cielo.
“Cosa
vuol dire che ha trovato solo un volo per domani mattina e tu hai
accettato??”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Two Fingers ***
Una
volta fatti scendere dal pullman in una strada secondaria vicino al
centro del paese, la calma e placida Prodence, capitale simbolo
dell'Inghilterra elegante e aristocratica, si presentò ai
loro occhi
in tutta la sua magnificenza.
Non
avendo nulla da invidiare a città inglesi più
famose, vantava
monumenti, piazze e giardini ottocenteschi dalla bellezza
indescrivibile.
Con
un clima fresco d'inverno e mite d'estate era una delle più
vivibili
e rinomate città inglesi sotto molti punti di vista. La
popolazione
cordiale, l'aeroporto nelle immediate vicinanze, la presenza di
università famose e l'autostrada avevano fatto di lei una
metropoli
moderna e popolare che non si lasciava però andare
completamente
mantenendo un aspetto antico e accurato. Le gallerie d'arte, i borghi
e le strade erano veri e propri musei a cielo aperto, inoltre da
secoli vi soggiornava una piccola parte della famiglia reale e tutto
ciò non faceva altro che incrementare il già
florido turismo.
Persone da tutto il mondo venivano in visita ogni anno e Sanji non si
stupiva affatto che accadesse da sempre.
“È
una città stupenda!” esclamò colpito,
ammirando gli splendidi
affreschi che ornavano le mura di una casa ultracentenaria,
circondata dall'edera verde che cresceva disordinata fin sul tetto.
Quell'angolino poetico di mondo non aveva i tipici autobus turistici
di Londra a due piani ma, curiosamente, si vedevano numerose cabine
del telefono rosse sparse in giro, come a voler ricordare al turista
medio che anche fuori dalla capitale si poteva trovare la stessa aria
suggestiva.
Zoro,
a braccia incrociate al suo fianco, annuì distrattamente
lasciando
vagare lo sguardo lungo le larghe strade di ciottoli che si
dividevano in più punti, laddove erano state costruite le
case
decenni prima, sbadigliando di tanto in tanto, poco interessato alle
bellezze del paese.
Nami,
dietro di loro, stava ancora trattando con l'autista dell'autobus sul
prezzo della corsa mentre Rufy non perdeva occasione di sfoggiare il
proprio intelletto, in quel caso specifico rincorrendo gioioso una
lucertola terrorizzata lungo una parete che, quando si vide in
trappola, si tuffò rapida in una crepa del muro. Prima che
al moro
venisse la malsana idea di provare a fare altrettanto, Zoro
riuscì
ad afferrarlo per la collottola.
Il
sole pomeridiano di luglio splendeva rovente sopra le loro teste e
non si vedeva anima viva oltre a loro. Zoro propose di avventurarsi
verso la piazza principale non appena Nami li ebbe raggiunti
palesemente soddisfatta, lasciando dietro di sé un uomo
stravolto
che cercava di riprendersi da un esaurimento nervoso. Prima di
andarsene con il suo pullman augurò a tutti buona fortuna
con un
sorrisetto canzonatorio. I quattro lo guardarono incuriositi ma
quello sgommò via prima che avessero avuto modo di chiedere
spiegazioni.
Con
un'alzata di spalle si avviarono con le valigie al seguito,
trattenendo a turno Rufy dal fiondarsi nei pub lungo la strada. A
trovare un posto dove cenare ci avrebbero pensato poi, la cosa
più
importante in quel momento era prenotare una camera da qualche parte
per la notte e, su questo, Sanji era felice che almeno Nami e Zoro la
pensassero come lui.
Proseguire
lungo quelle viuzze si rivelò più difficile del
previsto, ad ogni
passo sembrava che la temperatura aumentasse in maniera vertiginosa,
e dopo più di mezz'ora sotto il sole il caldo era diventato
insopportabile.
Sanji
cercò di ripararsi il viso sudato con un giornale facendosi
aria con
la mano. Non riusciva nemmeno a fumare, dopo un paio di tentativi si
era reso conto di non avere fiato. Aveva cavallerescamente ceduto il
suo ombrellino da viaggio all'unica donna del gruppo che, davanti a
loro, faceva strada reggendo la sola mappa della zona che erano
riusciti a trovare. Nami aveva sempre avuto un ottimo senso
dell'orientamento, per fortuna c'era lei, se fossero stati solo lui e
Zoro si sarebbero persi continuamente lungo quelle viuzze. Rufy le
stava attaccato al fianco tenendole teso l'ombrello sopra la testa.
Inizialmente l'aveva fatto sotto minaccia ma, visto che avrebbe
potuto usufruire a sua volta dell'ombra per gentile concessione, non
aveva più fiatato.
Sanji
sbuffò voltandosi verso Zoro. A braccia conserte, stoico e
apparentemente tranquillo, era l'unico che sembrava sopportare il
caldo e la spossatezza senza nemmeno tentare di coprirsi la testa
verde. Probabilmente, considerò Sanji quando dovette
afferrarlo per
un braccio prima che svoltasse a sinistra invece che a destra come
indicato da Nami, Zoro non sentiva l'afa opprimente perché i
messaggi che il corpo lanciava al cervello erano stati interrotti
quando i suoi unici due neuroni erano morti per autocombustione.
Non
ne poteva più, per distrarsi prese ad osservare le vetrine
dei
negozi e le insegne lungo la strada, ricordando di dover cercare un
hotel aperto. Molti ristoranti e birrerie erano chiusi e lo stesso
valeva per i negozi, non se ne stupì più di
tanto. Solitamente le
estati a Prodence non superavano i venticinque gradi ma, come aveva
detto loro l'autista dell'autobus, quello anche per l'Inghilterra era
il luglio più afoso degli ultimi cinquant'anni e per le
strade
difficilmente avrebbero trovato anima viva nelle ore più
calde,
tutti rintanati in casa cercando di contrastare l'afa come meglio
potevano.
Troppo
concentrato a cogliere in ogni singola insegna un segno che gli
facesse capire che lì potevano fermarsi a dormire, quasi
finì
addosso a Rufy che aveva bloccato il cammino e se ne stava fermo in
mezzo alla strada con l'ombrello in mano senza apparente motivo.
Sanji prese fiato per dirgliene quattro ma si morse la lingua quando
vide che anche Nami si era fermata e con loro pure Zoro. Tutti
sembravano tendere orecchio verso un punto preciso al di là
di un
lungo muro di cinta e Sanji li imitò, stupendosi non poco
quando si
ritrovò ad ascoltare tamburi e trombe suonare a ritmo con
cori da
stadio dove avrebbe dovuto trovarsi la piazza principale del paese
secondo la mappa. Come accidenti aveva fatto a non accorgersene
prima?
Tutti
e quattro si guardarono l'un l'altro sorpresi, erano convinti di
essere gli unici pazzi all'esterno in pieno pomeriggio.
Incuriosito
Sanji imboccò deciso una strettoia nel muro e
strizzò gli occhi
incredulo quando, svoltato l'angolo per dare un'occhiata, si
ritrovò
l'intera piazza di fronte, immersa in una moltitudine di colori,
suoni, body di pelle... e... piume...?
Dietro
di lui Zoro, Rufy e Nami arrestarono il passo sbigottiti.
“Ma
che cos...?” mormorò Nami impressionata, incapace
di tenere gli
occhi fissi in un'unica direzione mentre anche Zoro perdeva la sua
imperscrutabilità e faceva un passo indietro turbato.
Rufy
si riprese prima di tutti dalla sorpresa, saltellando eccitato si
mise a scattare foto in giro a menadito accompagnando ogni flash con
un fastidio urletto euforico. “È una
festa!!”
Si,
Sanji era d'accordo. Quella moltitudine di persone che ballavano e
cantavano al centro della piazza vestite nelle maniere più
sgargianti e singolari che avesse mai visto, erano senz'altro
lì per
una festa e all'improvviso si ricordò delle parole della
hostess e
della 'manifestazione' che aveva luogo in quei giorni. Ecco
perché
Prodence gli era suonata stranamente familiare! Certo, non era il
genere di festa che Rufy aveva in mente...
Si
grattò una tempia sudando freddo, il caldo di poco prima
ormai nel
dimenticatoio, e scambiò un'occhiata stranita con Nami,
anche lei
perfettamente conscia della circostanza, difficile non accorgersene.
“Va
bene.” prese in mano la situazione la rossa.
“Cerchiamo di non
dare nell'occhio o rischiamo di farci coinvolgere e non ci tengo
affatto! Manifestazione o meno, la cosa più importante
è ancora
cercare un alloggio per stanotte e che sia economico, diamoci una
mossa!”
Zoro
annuì distrattamente, non staccando gli occhi da quella
folla che li
circondava visibilmente a disagio, sentendo distintamente il cranio
di Sanji che sbatteva contro l'asfalto dopo il maldestro tentativo di
abbracciare Nami per la sua intelligenza, ma dandogli ben poca
importanza. Un'altra cosa aveva attirato la sua attenzione e non era
sicuro fosse un bene per loro.
“Mi
piaci anche così manesca, Nami-swan!”
“Piantala
Sanji!”
“Scusate...
dov'è finito Rufy?” chiese con calma il verde,
interrompendo i
due.
Nami
e Sanji guardarono confusi Zoro che li guardò a sua volta
corrugando
le sopracciglia.
Rufy
non c'era più. Era sparito. Di nuovo.
Due
secondi per realizzare.
“Aaaahhhh!!!!”
Nami si attaccò ad una colonna piangendo disperata.
“Perchè,
perchè proprio a me doveva capitare un fratello
così idiota?? Non
lo ritroveremo mai più in questo delirio!!”
Sanji
invece aveva assunto una curiosa sfumatura rossastra. “Che
sia
maledetto!!! Se è con una donna lo uccido!! Stavolta
è la volta
buona che ci lascia le penne!!!!!”
Zoro
sbuffò scandagliando la folla, capendo di non poter contare
sull'aiuto immediato di nessuno dei due. Non poteva essere difficile,
Rufy si era allontanato da al massimo due minuti, doveva essere
ancora nei paraggi. Ma poi, che razza di festa era quella?? Ovunque
si girava vedeva uomini vestiti di piume, di pelle, con borchie,
pantaloncini attillati e occhiali da sole a specchio che bevevano e
intonavano canti ballando all'unisono sulle note di musiche dance
anni '80. Non sembrava affatto la solita festa di paese, continuava a
pensare che l'Inghilterra fosse un posto veramente strano.
Due
tizie singolari con body leopardato e boa di struzzo rossi gli
passarono davanti facendogli l'occhiolino e con orrore Zoro si rese
conto che erano in realtà uomini travestiti e truccati con
parrucche
finte.
Fece
un passo indietro, continuando a guardarsi attorno ma con occhio
più
attento.
Sanji
aveva toppato, difficilmente Rufy era scappato con una donna, vedeva
solo uomini attorno a sé e gli stava sorgendo anche un
dubbio
colossale che Nami chiarì quasi subito riemergendo da terra
con le
fiamme negli occhi.
“Rufy
non può essere con una ragazza Sanji! Ti rendi conto che
siamo
capitati proprio nei giorni del più grande Gay Pride
d'Europa? Lo
conoscono tutti, come accidenti ho fatto a non ricordarlo?”
Zoro
boccheggiò, allora non si era sbagliato!
“...E
mio fratello è un idiota che potrebbe già essere
ovunque!”
Il
verde annuì, quella piazza era enorme e conteneva decine di
persone.
Trovare Rufy era come cercare un ago in un pagliaio, o meglio, un
etero strambo ed esaltato in un mare di gay ancora più
strambi ed
esaltati, quindi per nulla facile.
Nami
sembrava pensarla come lui e tentò la strada pratica.
“Chiamarlo
al cellulare non so se aiuti, ma posso provare...”
esclamò
estraendo il suo telefono. “Squilla...” disse agli
altri due
tappandosi l'orecchio opposto con la mano per sentire meglio.
“Andiamo Rufy, rispondi... rispon... si? Rufy! Sei tu? Dove
diavolo
sei??” gridò rivolta all'apparecchio. Sanji e Zoro
la seguirono in
una stradina laterale per fuggire dal caos. “Ma chi parla?
...Ah...
e Rufy è là con lei? ...Aha...” la
videro alzare gli occhi al
cielo. “Si, grazie, lo tenga lì... Arriviamo
subito!” mise il
cellulare nella borsa, scuotendo la testa. “Rufy è
al centro della
piazza, ha già fatto amicizia!”
Si
fecero largo a fatica tra la folla con le valigie al seguito e
dovettero recuperare Zoro tre volte prima di giungere infine davanti
ad un alto monumento sotto al quale erano stati allestiti dei carri
allegorici che dispensavano cibarie e alcool a non finire ai
partecipanti della festa.
Senza
nemmeno dubitarne, Rufy era lì a strafogarsi di ciambelle e
dolciumi
vari, circondato da personaggi tra i più particolari che
avessero
mai visto. Quello si accorse di loro ed entusiasta li chiamò
a gran
voce per raggiungerlo. Prima che avesse il tempo di aggiungere altro
venne appiattito da un pugno fumante della sorella.
“Così
impari a sparire nel nulla in mezzo ad una folla oceanica!!”
gli
urlò contro sovrastandolo non notando l'enorme ombra dietro
di sé
che si avvicinava.
“Oooooh,
santo cielo! Tu devi essere Nami!”
Si
voltò cauta verso quella voce scoprendo atterrita che si
trattava di
un tizio alto due metri con una strana e cotonata capigliatura
violetto, delle calze a rete con buchi talmente grandi che avrebbe
potuto passarci dentro un braccio e un body rosso che lasciava poco o
niente all'immaginazione.
Il
travestito, perché di altro non poteva trattarsi, la
scrutò
affabile. “Il caro Rufy-boy ci stava proprio parlando di te,
mia
cara! Sei davvero bellissima come dice!”
Sanji
e Zoro fissarono allibiti quell'armadio a due ante travestito da
donna, pronti ad intervenire se ci fossero stati problemi. Ma Nami,
da atterrita qual era, sfoderò un sorriso dolce e
aiutò il fratello
moribondo a sollevarsi da terra.
“Oh,
dice così? Che caro, ma no grazie, non penso di... essere
così
bella come dite...” esclamò poi ridacchiando, con
una mano a
nascondere il rossore sulle guance.
Zoro
alzò gli occhi al cielo vedendo Sanji annuire con gli occhi
a
cuoricino.
Nami
riprese parola guardando il travestito. “Sei tu che hai
risposto al
telefono per lui?”
Quello
(o quella?) annuì. “Mi chiamo Ivankov dolcezza, ma
tutti mi
chiamano Iva!” poi indicò il carro che distribuiva
dolciumi dietro
di sé guardando tutti loro con affetto. “Siete i
benvenuti alla
nostra festa! Gli amici di Rufy sono anche amici nostri!”
Zoro
borbottò qualcosa che suonava come un 'lo hanno
conosciuto cinque
minuti fa, facile per loro...' ma Nami si fece avanti felice
di
fare la sua conoscenza. “Io sono Nami, sua sorella, mentre
loro
sono Sanji e Zoro. Resteremo a Prodence solo fino a domani mattina,
poi ce ne andremo.”
Iva
sembrò profondamente dispiaciuta per la notizia.
“Che cosa
triste!” esclamò portando una mano al cuore.
“È un dispiacere
che tanta bella carne fresca debba prendere il volo così
presto!”
Zoro
lo guardò dubbioso facendo tanto d'orecchi. “Carne
che cosa
scusa...?” ma quello (o quella, era difficile capire come
chiamarla!) non lo ascoltò nemmeno. Si era già
girato verso il
carro chiamando a gran voce due tizi che stavano distribuendo cibo e
al suo richiamo lo raggiunsero veloci. “Ragazzi devo
presentarvi
gli amici di Rufy-boy! Se ne vanno domani mattina, dobbiamo
lasciargli un bel ricordo della festa, non credete?”
Sanji
si grattò la testa nervosamente vedendo gli altri due tipi
strani
squadrarlo in modo strano. “Oh, beh, non serve! No-non
è il caso,
davvero! Staremo bene anche chiusi in hotel stasera! Piuttosto non
è
che ne avete uno da consigliarc...”
“Sciocchezze!”
esclamò Iva prendendolo sotto braccio e facendolo
impallidire.
“Nessun hotel di Prodence ha più una camera libera
ormai, ma nel
camping ci sono ancora molte tende vuote! Troveremo una sistemazione
che vada bene!” sussurrò melliflua al suo orecchio
facendolo
rabbrividire.
“Non
ci siamo già visti da qualche parte, bel
fustacchione?”
Zoro
si voltò con un sopracciglio alzato verso uno dei due tizi
richiamati da Iva.
“No,
mi spiace, non credo.” mormorò atono. Certo, come
no? La tecnica
del 'non ci siamo già visti?' per
attaccare bottone era
vecchia più del mondo.
L'altro
non parve cogliere l'ironia e con una mano al mento lo scrutava
perplesso. “Mmmmm... no, sono certo di averti già
visto da qualche
parte...”
Zoro
era tentato di rispondergli che se avesse già incontrato in
vita sua
un tale con due buffi pon-pon in testa, che indossava un costume da
cigno spastico e mentre gli parlava azzardava dei passi di danza
classica volteggiando su di un paio di ballerine, se lo sarebbe
ricordato fin troppo bene, ma si morse la lingua. Meglio portare
pazienza.
Lo
strambo però non smetteva di fissarlo e il verde si era
spazientito
abbastanza da chiedergli direttamente di darci un taglio, con le
buone o con le cattive, gli stava mettendo parecchia angoscia addosso
e non sapeva nemmeno lui perché.
“Oh
mio Dio!!” trillò ad un certo punto quello
allargando le braccia.
“Zoro!! Zoro Roronoa!!”
Nami,
Sanji ed un redivivo Rufy, accompagnati per l'occasione da Iva e
l'altro tizio, bloccarono le chiacchiere per voltarsi all'unisono
incuriositi verso il cigno vivente che sprizzava gioia e tripudio da
tutti i pori. “Non riesco a crederci, sei proprio tu! Non ci
sentiamo da quasi tre anni! Dopo la mia ultima lettera non mi hai
più
scritto, come stai??”
Tutti
si voltarono quindi verso Zoro, del tutto sbalordito che lo indicava
tremante. “Vo-Von Clay...?”
Quello
annuì felice. “Sono proprio io, tesoro! Ma che
fine avevi fatto?
All'improvviso hai chiuso l'account senza darmi spiegazioni! Mi sono
preoccupato, temevo ti fosse successo qualcosa! La scuola non mi dava
chiarimenti!”
Sanji
fece due passi avanti accostandosi al suo amico e guardando allibito
l'uomo vestito da cigno. “Cioè, tu saresti l'amico
di penna
inglese di Zoro?”
Von
Clay si illuminò. “Oh, che dolce! Hai parlato di
me ai tuoi
amici!”
Il
verde sbiancò in maniera preoccupante, Sanji
ridacchiò lanciandogli
un'occhiata di scherno. “Pensa te, che razza di coincidenza,
eh
marimo?”
“Beh,
a quanto pare qui c'è parecchio da festeggiare! Direi che
possiamo
dare un senso a questa festa!” esclamò
all'improvviso il terzo
tizio che aveva taciuto fino a quel momento, fischiando a dei compari
dietro di lui che cominciarono a portar fuori dal carro litri e litri
di vino e birra, offrendoli in giro.
Rufy
agguantò il suo bicchiere con entusiasmo buttando
giù d'un sorso il
contenuto alcolico e ricevendo uno scappellotto da Nami.
“Piano,
Rufy!”
“Tranquilla
ragazza, ce n'è in abbondanza per tutti, lascialo
fare!” mormorò
il terzo soggetto al suo orecchio provocandole un brivido
involontario dietro la schiena.
Era
abbastanza certa che anche quel tipo fosse gay, proprio come tutta la
gente che la circondava, eppure quando poggiò una mano sulla
spalla
di Iva e una sulla sua non riuscì a trattenersi dal
scrutarlo per un
attimo abbagliata. Non ci aveva fatto caso prima ma quel ragazzo era
incredibilmente attraente! Lunghi capelli neri, portamento signorile,
un culo da infarto e un viso dolce ed efebico. Ci avrebbe fatto
volentieri un pensierino...
Nami
lo vide fare l'occhiolino a Sanji e sbuffò contrariata. Si
era gay,
peccato però.
Con
la coda dell'occhio notò Zoro che la fissava corrucciato.
Alzò un
sopracciglio stizzita in risposta. Che voleva quello scimmione ora?
Non poteva nemmeno più guardare un bel culo quando se lo
trovava
davanti, anche se era di un gay? Si sarebbe mai fatto i fatti suoi??
Uno
spintone improvviso da dietro le fece perdere la presa sulla borsa
che cadde a terra spargendo tutto il contenuto sul piazzale. Nami si
voltò irosa cercando il responsabile con lo sguardo ma
prendendo
atto subito che era stata un'azione accidentale dovuta alla calca.
Quando si accucciò per recuperare tutte le sue cose si
accorse di
una testa verde che aveva già alacremente ritrovato quasi
tutto e
glielo stava porgendo in silenzio.
“Grazie...”
mormorò a testa bassa prendendo gli oggetti.
Tra
le ultime cose c'era un piccolo albo di fogli bianchi immacolati che
Zoro prese in mano con un sorrisetto. Nami se ne accorse e rapida
glieli strappò per rimetterli al sicuro nella borsa.
“Pensavo
che solo le mocciose facessero i disegnetti. Sei rimasta all'asilo?
Che ci devi fare?”
La
rossa lo guardò in cagnesco. “Non sono fatti tuoi,
lasciami in
pace!” esclamò rialzandosi ed avviandosi verso
Sanji che era
ostaggio di Iva da parecchio ormai e non sapeva più come
chiedere
aiuto.
Zoro
si rialzò con calma fissando la schiena della rossa che si
allontanava da lui.
Aveva
sentito di nuovo quel profumo. Si grattò la testa confuso,
come era
possibile che non se ne fosse mai accorto prima? Probabilmente,
ragionò in un fugace attimo di intelligenza,
perché prima di quel
viaggio non erano mai riusciti a stare più di tre minuti
nella
stessa stanza e, anche in quel caso, erano sempre ai lati opposti per
evitare di litigare. Si, doveva essere così.
Zoro
scrollò le spalle noncurante, in ogni caso sapeva che la
cosa non
avrebbe avuto seguito. Anche se la rossa aveva un profumo invitante,
davvero davvero molto invitante, non sarebbe successo un bel niente
tra di loro! Si detestavano da anni e non sarebbe cambiato nulla.
Semplicemente lui si sarebbe scordato di aver visto quello che aveva
visto in quel camerino e, a partire dalla mattina dopo, si sarebbe
dimenticato pure di quel suo maledetto profumo. Doveva solo
aspettare!
Convinto
dai suoi stessi ragionamenti si avvicinò a Von Clay, che
ormai
trattava alla stregua di un vecchio amico dopo aver ricevuto le sue
scuse per quelle foto. Per sua stessa ammissione, all'epoca era solo
un ragazzino scemo, un po' come Rufy, e Zoro non faticò a
capire
l'antifona e a lasciar perdere la questione subito, in fin dei conti
si stava rivelando un tipo piuttosto simpatico.
Incitando
la folla Iva alzò in aria un cocktail variopinto preso
chissà dove
all'urlo di 'facciamo festa, che ci sentano pure in Francia!'
trovandosi concorde con Zoro che si attaccò direttamente
alla
bottiglia rubata al tizio a cui Nami aveva guardato insistentemente
il culo.
“Pensavi
di morire di sete per caso?” gli chiese quello in un soffio
divertito.
Zoro
lo guardò per un attimo. Ma che poteva avere di bello quel
tale? Non
aveva muscoli e non mostrava di possedere forza o una qualsivoglia
forma di virilità. Non che gliene importasse poi qualcosa ma
ammise
di essere un po' curioso, che aveva di particolare per aver attirato
l'attenzione di una come Nami?
Quello
fraintese, parve intuire un secondo fine nelle sue occhiate e
azzardò
un approccio sensuale che Zoro bruciò sul nascere con un
sorrisetto.
“Frena
ragazzo, sono etero. Mi stavo solo chiedendo come ti chiami, non ci
siamo presentati.”
Lui
sorrise affabile, per nulla turbato dal rifiuto. Non gli rispose
subito e Zoro si fermò a guardarlo mentre si legava i lunghi
capelli
in una crocchia complicata sulla nuca con un movimento fluido,
probabilmente anche piuttosto abituale vista la velocità e
la
precisione. I suoi movimenti con le mani e il corpo avevano un
qualcosa di ipnotico e Zoro boccheggiò preso in contropiede
quando
lo vide coprirsi la bocca con una mano e battere divertito le lunghe
ciglia che circondavano due occhi d'opale meravigliosi. Cominciava a
capire perché Nami lo aveva fissato estasiata. Quel tipo
sprigionava
un qualcosa di magnetico attorno a sé, era fascino puro,
impossibile
non notare quel carisma. Risultava terribilmente affascinante anche
per uno come lui e Zoro realizzò in un attimo che la cosa,
invece di
turbarlo come avrebbe creduto, lo stava solo spiazzando ma in senso
positivo. Quel tale iniziava già a stargli simpatico.
“Mi
chiamo Izou e il piacere, caro, è tutto mio.”
Dietro
di lui Zoro vide Nami ridere con Iva, e un'altra decina di personaggi
strambi, di Rufy che si stava soffocando per i troppi mashmallow
ingoiati e ghignò, facendo cozzare malamente la bottiglia
con il
bicchiere di Izou, desideroso di dimenticare quel camerino quanto
prima annegando nell'alcool in compagnia di quel tipo singolare.
“Felice
di conoscerti!” ammise sincero.
Sanji
arrivò da loro in gran carriera con la sigaretta accesa che
penzolava dalle labbra, trasportando con fatica le valigie di tutti
dopo essere stato nominato portantino ufficiale del gruppo da Nami.
“Ehi marimo, forse è il caso di chiamare gli altri
e cominciare ad
avviarsi, si sta facendo sera e ancora non sappiamo dove
alloggiare.”
Izou
lo guardò oltraggiato. “Oh no, Sanji! Con questo
nervosismo perdi
lo spirito della festa!”
Zoro
lo guardò. “E quale sarebbe?”
“Zero
preoccupazioni, amicizia, pace e tanta allegria!” rispose
l'altro
con convinzione.
“Non
fa una piega...” considerò il verde all'indirizzo
del biondo. Izou
si fece avanti porgendogli un bicchiere colmo di liquido ambrato.
“Che
cos'è?” ebbe il coraggio di chiedere Sanji,
dubbioso.
“Nettare
degli dei!” esclamò con un sorriso sensuale.
Zoro
si avvicinò all'orecchio dell'amico. “Andiamo,
staremo qui solo
fino a domani, quante altre volte ci ricapiterà una cosa del
genere?
Fai festa con noi e bevi un pò! Dalla tua bella ci
arriveremo
comunque!”
Sanji
titubò per un istante prima si stringersi nelle spalle e,
spegnendo
la sigaretta sotto il tacco della scarpa, alzò il bicchiere
all'indirizzo degli altri due. “Perchè no, un
bicchierino in
compagnia non ha mai fatto male infondo! Alla salute!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Complicated ***
Una
curva secca sbalzò Sanji di lato con forza ridestandolo
malamente.
La
prima cosa a cui pensò era che gli faceva male un braccio,
non
riusciva a capire quale dei due però, e che la faccia era
spiaccicata su di un pavimento duro e vibrante. Gli ci volle qualche
attimo per uscire dallo stato di coma e per capire che non avrebbe
dovuto essere una cosa normale.
Ad
occhi chiusi cercò di intuire in che razza di posto fosse.
La testa
pulsava da morire, sembrava che un esercito di mille nani volesse
scavare una galleria tra le sue meningi a suon di picconi e vanghe.
Non era una cosa poi così impossibile da credere. Al capo
nano diede
il nome di Leo.
“Stavolta
con l'alcool ho chiuso, giuro...”
Si
alzò a gattoni tentando di restare in equilibrio (quel
pavimento era
davvero instabile, l'architetto doveva essere un raccomandato) e
cercò di mettere a fuoco qualcosa nonostante
l'oscurità che lo
circondava. Si guardò attorno con occhio indagatore e si
rese conto
quasi subito di trovarsi chiuso dentro un veicolo in movimento, dalle
dimensioni avrebbe detto un camion per il trasporto merci e lui
doveva trovarsi proprio all'interno del cassone, ecco perché
il
pavimento vibrava.
Aiutato
dalla luce fioca che trapelava dalle fessure delle saldature si
accorse anche di essere in buona compagnia, c'erano parecchie persone
in quell'anfratto angusto che dormivano della grossa.
Con
gli occhi abituati all'oscurità riuscì presto ad
inquadrare Nami,
profondamente addormentata nonostante i continui saltelli che subiva
il camion in quell'ignoto tragitto. Lei stava bene per fortuna, ma il
pensiero andò inevitabilmente alla loro
incolumità. Dove diavolo
stavano andando e chi li stava trasportando?
Poco
lontano vide anche Zoro, dormiva pure lui con la bollicina al naso,
ignaro di tutto.
Che
cosa ci facevano su un camion ignoto con gente ancora più
ignota??
Dopo
aver coperto meglio Nami la lasciò dormire, si
alzò barcollante
scansando i vari corpi ammassati e si diresse verso la cabina di
guida a passo sicuro, almeno per quanto gli era concesso, da come
guidava il conducente doveva credersi Steeve McQueen. Doveva avere
delle risposte. Scostò con decisione la paratia di tela che
divideva
le due zone venendo accecato irrimediabilmente dai fortissimi raggi
solari che invadevano l'abitacolo di guida.
“Suuuuper
fratellooooo!!”
A
Sanji finì il cuore in gola per lo spavento di quell'urlo
improvviso
e dovette battere le palpebre un paio di volte prima di riuscire a
mettere a fuoco le tre sagome colorate che aveva davanti.
Due
lo guardavano entusiaste mentre la terza sorrideva tenendo gli occhi
sulla strada, una manona sollevata sulla testa a mò di
incitamento e
la gemella su di un volante enorme che reggeva senza sforzo.
“Rufy...?”
esordì titubante riconoscendo uno dei tre dopo un attimo di
smarrimento.
Seduto
in mezzo sul sedile del passeggero, il moro annuì prima di
alzare la
macchina fotografica e scattargli una fotografia a tradimento che gli
fece perdere le ultime diottrie rimaste.
“Finalmente
qualcuno si è svegliato iniziava a diventare noioso questo
viaggio!”
Dopo
aver
riacquistato la vista e aver rimandato l'omicidio del suo amico in un
momento meno confuso, Sanji riconobbe nella persona accanto al
finestrino il ragazzo moro del gay pride.
“Izou...?” mormorò
stranito fissandolo, quello gli sorrise cordiale.
Si
voltò quindi verso l'autista che l'aveva accolto in maniera
tanto
euforica poco prima e rimase spiazzato dall'eccentricità di
quel
tale che a prima vista non aveva notato, e si che ormai avrebbe
dovuto essersi abituato ai tizi strambi.
Camicia
hawaiana, braccia e mani enormi, anormali, tanto che Sanji si chiese
se non soffrisse di una qualche patologia strana, due curiosi
tatuaggi a forma di stella sugli avambracci, capelli blu sparati in
aria con tanto di ciuffo alla Elvis e occhiali da sole a specchio
anni '80. Tutte caratteristiche singolari che già di per
sé
avrebbero provocato una genuina esitazione in una persona sana di
mente prima di accettare un passaggio da lui, ma la cosa più
sconvolgente che toglieva ogni dubbio al fatto che dovevano tutti
essere stati davvero molto, molto, molto,
in
là con gli alcolici quando erano saliti su quel camion, era
l'insignificante dettaglio che copriva tutti gli altri. Il tizio
strano guidava in mutande. No, non in costume da bagno o simili che
magari dato il caldo... no, era proprio in mutande. Senza pantaloni.
In-mutande. E pareva assolutamente a suo agio, oltretutto.
Sentendosi
osservato l'uomo ghignò al suo indirizzo voltandosi appena.
“Non
ci siamo presentati, fratello. Io sono Franky e questo è il
mio
suuuuper camion! Fai come se fossi a casa tua, gli amici di
fratellino Rufy sono anche miei amici!!” esordì
teatrale battendo
il cinque con il moro.
Sanji
quella frase l'aveva già sentita e, nonostante fosse ancora
sotto
shock, riuscì a riprendere l'uso della parola.
“Ma...ma... che
cosa ci facciamo su un camion? Dove stiamo andando??”
“Ma
è ovvio, fratello!” esclamò il tale
chiamato Franky. “Stiamo
andando nella città più mitica d'Europa!
ELBAFFFFFF!!”
Sanji
si
strozzò con la saliva. “Dove??”
Izou
agitò una mano elegante con fare allegro. “Elbaf,
la città più
spregiudicata e sfacciata d'Olanda! Ne avrai pur sentito
parlare!”
Sanji,
gli
occhi fuori dalle orbite, guardò Rufy ghignare felicissimo.
“Shishishishi! Franky è stato gentilissimo, sai!
Ci ha caricati
stanotte, ci ha fatto salire sul traghetto e si è
preoccupato che
ognuno avesse una coperta!”
Il
biondo si girò quindi verso l'omone. “Cosa vuoi,
caro Rufy, sono
di animo sensibile!” tirò su col naso
rumorosamente. “Quando vi
ho visti tutti lì in quell'autogrill, senza un posto dove
andare,
mezzi addormentati, mezzi ubriachi, ho sentito una voce dentro che mi
diceva di portarvi con me!”
Rufy
lo guardò commosso passandogli un fazzolettino.
Sanji
aveva perso il filo. Autogrill? Quale autogrill?
“Di
che autogrill stai parlando???”
Il
biondo saltò su come una molla, i nervi a fior di pelle,
voltandosi
di scatto. Nami e Zoro l'avevano raggiunto e non se n'era nemmeno
accorto. Il verde continuava a sbadigliare e a guardarsi attorno
confuso, ma la rossa era ben sveglia e fissava torva il fratello
attraverso la paratia aperta.
“Rufy,
mi spieghi perché ci troviamo su un camion diretti verso
Elbaf
invece di essere in aeroporto? Il nostro volo parte tra
mezz'ora!!”
Sanji
lanciò un'occhiata all'orologio da polso, erano da poco
passate le
undici. Accidenti se l'era scordato, loro dovevano partire quella
mattina!
Guardò
Nami assumere tutte le sfumature del rosso e del viola man mano che
le veniva candidamente spiegato da Franky che ormai era troppo tardi,
erano già in Olanda da un pezzo e non sarebbero mai riusciti
a
tornare in Inghilterra in tempo, oltretutto lui stava andando ad
Elbaf per ritirare della merce e non poteva fermarsi.
Sanji
non
riuscì a sentire il resto della frase di Franky -qualcosa
sul fatto
che lui amasse essere un trasportatore e di solito importava gamberi
ed esportava legno ma non si formalizzava troppo, era un tipo molto
versatile- perché una Nami infuriata si era tuffata a pesce
sul
fratello riuscendo ad attraversare la paratia stretta solo con il
busto e le sue lunghe e bellissime gambe al vento, coperte solo da
cortissimi short, avevano occupato gran parte della sua visuale.
Sanji era andato in iperglicemia immediatamente e da lì la
reazione
a catena era stata inevitabile.
Zoro
si era svegliato del tutto ed aveva assestato uno spintone poderoso
al biondo perché smettesse di lanciare cuoricini
tutt'attorno, Sanji
era caduto al di là del sedile con il mezzo busto proprio
addosso a
Izou che aveva lanciato un urletto di sorpresa e per evitarlo era
finito sulla schiena di Nami, impegnata a strozzare Rufy con ancora
le sue gambe bloccate al di là della paratia, spingendola
ancor di
più contro il fratello la cui testa, ormai cianotica,
finì per
atterrare dritta dritta sul pacco in vista di Franky. Il camion
sbandò quando quello, dolorante, fu costretto a reggersi i
gioielli
di famiglia con le mani. Riuscì ad evitare per un soffio un
paio di
platani a bordo strada e altre tre vetture ma procedette a zig zag
per diversi metri, sballottando violentemente a destra e sinistra
ogni singolo occupante del veicolo finché una poderosa
frenata non
riuscì a bloccarli in mezzo alla strada lasciandoli tutti
attoniti a
fissare il fumo biancastro che usciva dal cofano.
“Ti
sembra il modo di guidare??” lo sgridò Iva con
fervore comparendo
improvvisamente con la sua enorme mole dietro tutti loro.
Non
ricevendo alcuna risposta li guardò incuriosita. Dopo aver
schivato
l'ultimo frontale -con un altro camion- per il rotto della cuffia,
nell'intero abitacolo regnava un silenzioso turbamento terrorizzato.
Iva
scrollò le spalle. “Oh andiamo, cosa sono quei
faccini? Iva vi
perdona, non sono arrabbiata! Su venite, ricomincia la
festa!!”
Della
musica ad alto volume partì dal fondo del cassone e Franky
batté
gli occhi riuscendo a riprendersi per primo dallo shock. Rimise in
moto con un sorriso ed un 'suuupeeer!!' urlato ai quattro venti che
non c'entrava nulla ma, da quello che avevano appreso in pochi minuti
di conoscenza, quello era il suo modo per sistemare ogni cosa.
Dopo
diversi tentativi di calmare il cuore in tumulto, Sanji
trovò il
coraggio di voltarsi.
Sul
retro del camion un iperattivo Von Clay aveva indetto quella che
sembrava a tutti gli effetti il seguito del gay pride del giorno
prima. Illuminati da palle da discoteca comparse per magia, Sanji ora
li vedeva bene, i passeggeri erano tutte persone conosciute alla
festa. Ignorando lo stereo anch'esso sbucato dal nulla che pompava
Gloria Gaynor a tutto volume, il gin che scorreva a fiumi e il
trenino capitanato da Iva, il biondo tornò a concentrarsi
sugli
occupanti dell'abitacolo che parevano essersi ripresi, chi
più chi
meno.
Zoro
ridacchiava palesemente contento per come si stavano evolvendo le
cose, alcool gratis e tappa ad Elbaf erano quanto di meglio potesse
capitargli! Sanji lo vide allontanarsi di qualche passo per prendere
una bottiglia ma non trovava più nemmeno la forza per dirgli
qualcosa e preferì chiudere gli occhi afflosciandosi dietro
il
sedile, ormai preda della depressione più nera.
Al
contrario del suo amico, quel contrattempo per lui era una tragedia.
Elbaf era una tappa non prevista, stavano perdendo un sacco di tempo!
Sarebbero dovuti sbarcare in Francia, non in Olanda! Non avrebbe mai
dovuto bere, perché si ficcava sempre in tali casini?? Il
viaggio
era stato allungato di parecchio, era tutta colpa sua ed avrebbe
perso Viola, ne era certo. Dio come voleva una sigaretta...
Zoro
tornò
vicino al sedile di guida con alcuni sacchetti di patatine e una
bottiglia di rhum già mezza vuota. Lanciò un
pacchetto attraverso
la paratia a Franky che lo prese al volo mentre chiacchierava
serenamente con Izou della sua collezione di mutande e non sembrava
affatto turbato dal fatto che il suo camion fosse diventato un carro
allegorico, né che avessero rischiato tutti di morire
nemmeno dieci
minuti prima. Ne passò un altro a Rufy riportato a forza nel
cassone, che se ne stava mogio con le mani in grembo e la testa
bassa, mentre la sorella continuava a strepitargli contro per i soldi
del biglietto e per il lavoro quasi certamente perso.
Mise
sulle gambe di Sanji l'ultimo pacchetto, sedendosi al suo fianco e
portandosi alle labbra la bottiglia di rhum. Il suo amico teneva gli
occhi chiusi e non dava segno nemmeno di voler prendere in
considerazione l'idea di mangiare qualcosa, aveva un sinistro alone
nero di tristezza che lo circondava.
“...tengo
io per prima un idiota, perché avrei dovuto capirlo qual era
il tuo
piano! Me lo sentivo, era troppo strano che avessi accettato
così
facilmente il ritorno a casa! Ti avevo pure coperto con mamma e
papà,
non gli ho detto cosa avevi fatto né dove stavamo andando!
Cosa ne
ho guadagnato? Nulla! Ormai non ho quasi più soldi sulla
carta e il
tuo debito nei miei confronti è salito in maniera
vertiginosa, ti
starò col fiato sul collo per anni finché non
l'avrai saldato fino
all'ultimo centesimo con interessi da capogiro!”
Kami,
quanto strillava quella ragazza. Zoro provò un moto di pena
verso la
figurina accucciata di Rufy che si faceva sgridare senza
facoltà di
replica visto com'era evidente che avesse fatto apposta a farsi dare
un passaggio per l'Olanda per non dover tornare a casa. Fin
dall'inizio era stato ovvio per tutti che il suo unico desiderio
fosse di proseguire il viaggio e non tornare al lavoro.
Per
quanto riguardava era un uomo adulto e poteva prendere le sue
decisioni, eppure Nami continuava a non lasciargliene correre una...
certo, non poteva nemmeno dire che lei non avesse ragione. Si
girò
verso Sanji e sbuffò notando il suo sguardo depresso. Ci
stavano
prendendo gusto a far fare tutto a lui!
Zoro
si schiarì sonoramente la gola, tirando una gomitata al
biondo per
attirare la sua attenzione.
“Va
bene vediamo di fare il punto della situazione e tranquillizzare gli
animi, specialmente il tuo ragazzina!” esordì
alzando la voce per
contrastare la musica delle casse, lo spazio era troppo piccolo per
rischiare di causare il panico, meglio lasciare le spade al sicuro in
valigia.
Rufy
alzò piano la testa incuriosito e Nami gli lanciò
un'occhiata di
fuoco ma Zoro non si fece intimidire.
“Siamo
tutti stanchi, abbiamo passato una brutta nottata, ci sono rimasti
pochi soldi e grazie a Rufy ora siamo in Olanda!” tre paia
d'occhi
si soffermarono sul moro che si fece piccolo piccolo.
“Ma
non credo che arrabbiarsi o deprimersi sia la scelta
migliore!”
Zoro guardò Sanji. “Sopratutto tu, basta con
questa depressione
non è ancora finita torcigliolo! Abbiamo allungato il
percorso di un
paio di giorni è vero, ma Viola non scappa ci arriveremo
comunque in
Spagna!”
Quelle
parole sembrarono sortire l'effetto sperato, dopo un secondo di
riflessione Sanji si ritrovò ad annuire convinto. Era caduto
in
basso parecchio se doveva farsi consolare in quella maniera!
Zoro
si
concentrò sui due fratelli, facendo forza su sé
stesso per riuscire
a guardare in faccia Nami. “Mocciosa, posso solo immaginare
che
peso sia avere Rufy come fratello...”
“Ehi!”
si intromise quello oltraggiato.
Zoro
lo ignorò. “...e so anche che l'idea di essere qui
con me ti da il
tormento...” incupita, Nami incrociò le braccia in
ascolto.
“...ma, per quanto la cosa sia reciprocamente fastidiosa,
credo che
ormai ci sia poco da fare! Rufy è stato un idiota l'abbiamo
appurato, ma grazie alla sua idea non abbiamo pagato i soldi del
traghetto che avremmo comunque dovuto prendere, quindi ci ha fatto un
favore. Tu, ragazzina, anche se mi pesa ammetterlo, ci sei stata
molto utile a Prodence. Hai una buona capacità di
orientamento e
potrebbe aiutarci parecchio qualcuno con le tue... capacità,
visto
che né io né Sanji siamo molto ferrati in
materia...”
Nami
strabuzzò gli occhi. Era un complimento? Zoro fece di tutto
per non
guardarla.
“...credo
che... entrambi potreste venire con noi fino a Dressrosa,
ormai...”
fece un bel respiro guardando Sanji, allibito come gli altri per le
parole che uscivano dalla sua bocca. Zoro che ammetteva di aver
bisogno di aiuto? Quanto aveva già bevuto? “...ci
potreste essere
davvero d'aiuto, insomma! Dovremo sopportarci, darci una mano a
vicenda e cercare tutti di sedare gli istinti omicidi e suicidi ma...
beh credo che si potrebbe fare, cosa ne dite...?” Zoro li
squadrò
titubante uno ad uno, aspettando conferme che non tardarono ad
arrivare.
Sanji
sorrise accendendosi la prima adorata sigaretta della giornata.
“Io
sono felice di poter fare il viaggio insieme se Nami accetta! Con lei
in squadra non avremo problemi!” esclamò
guardandola caloroso “E
anche con Rufy, certo. Sarà divertente!”
Il
moro ridacchiò battendo le mani felicissimo per la proposta,
neanche
a parlarne.
Si
voltarono tutti verso l'unica che ancora non aveva aperto bocca,
troppo concentrata a fissarsi i lacci delle scarpe.
“Quindi,
Nami...
ci aiuterai?”
Incrociò
lo sguardo con quello risoluto di Zoro, sorpresa di sentirlo nominare
il suo nome.
Si
ravvivò i capelli, riflettendo, vedendo che tutti gli occhi
erano
puntati su di lei, i sorrisoni incoraggianti di Rufy, la calma
placida di Sanji mista al fumo della sigaretta e l'espressione
determinata di Zoro.
Sospirò
abbozzando un sorrisetto. “Io ti avverto, Rufy...”
cominciò
squadrando il fratello minacciosa. “Prova a venire a
lamentarti da
me anche quest'anno perché papà e Sabo non ti
fanno entrare nello
studio e subirai la mia ira funesta!”
Il
moro si grattò la testa confuso. “Cosa c'entra
questo ora?”
Sanji
ridacchiò battendosi una mano in fronte. “Tradotto
vuol dire che è
felice di unirsi a noi fino a Dressrosa, genio.”
Rufy
batté
gli occhi perplesso incrociando il ghigno di Zoro e capendo
finalmente. Si illuminò correndo ad abbracciare la sorella
che rise.
“Lo
sapevo che infondo volevi venire!!”
Nami
sospirò. “Mi ci hai costretto! Ma sappiate che lo
faccio
esclusivamente perché voglio assicurarmi che quella ragazza
riceva
le sue scuse e poi mi farebbe pena lasciare Sanji da solo ad
occuparsi della tua
idiozia...” occhiata a Rufy. “...e del tuo
senso dell'orientamento!” occhiata a Zoro.
A
Sanji non parve vero. “Oh, Nami adorata!! Fatti
abbracc...” Ma
non riuscì a terminare la frase perché una
poderosa frenata lo fece
volare di mezzo metro schiantandolo vicino al portellone in coda al
mezzo. La musica si interruppe e numerose teste si voltarono verso il
fascio di luce che comparve all'improvviso.
“Gente,
siamo suuuper arrivatiiiii!!”
Con
un gran sorriso Franky spalancò il portellone inondando
l'abitacolo
di caldi raggi solari.
Zoro
e Rufy furono i primi a scendere, felici di potersi sgranchire un po'
le gambe.
Si
erano fermati su una strada di campagna vicino a dei campi di
tulipani rossi e gialli, bellissimi nulla da dire, ma la loro
attenzione si concentrò irrimediabilmente su qualcos'altro e
non
riuscirono a trattenere un ghigno compiaciuto.
Sul
ciglio della strada un grosso cartello annunciava l'ingresso
nell'area geografica che delimitava la città più
spregiudicata e
sfacciata d'Olanda come aveva detto Izou ma, poco sotto di quello, un
altro più piccolo segnalava la presenza di un night club
nelle
immediate vicinanze mentre un terzo li informava anche dell'esistenza
di un coffe shop affiliato.
Zoro
si leccò i baffi scambiandosi un'occhiata d'intesa con
l'amico.
Elbaf
si
che sapeva come dare il benvenuto ai suoi ospiti.
*
In
un'altra nazione nemmeno troppo lontana, su di un treno che
sfrecciava rapido tra campi e centri abitati, Viola Cortes guardava
fuori dal finestrino con aria assente. Al suo fianco un ragazzo alto
e ossuto osservava lei, preoccupato.
Di
fronte a loro, l'altra coppia presente in quello scompartimento
chiuso, non le toglieva gli occhi di dosso, altrettanto inquieti.
Tutti e tre sospirano all'unisono.
Amareggiato,
Brook si poggiò col gomito al bracciolo della poltroncina e
portò
una mano a sostenere la testa. Non sapevano più che
argomenti di
conversazione usare, avevano cercato con qualsiasi mezzo di farla
parlare ma niente. Viola non aveva quasi spiccicato parola da quando
era salita sull'auto di Usop un'ora prima e meno ancora da
ché si
trovavano a bordo del treno che li avrebbe portati a Marijoa per
quella che avrebbe dovuto essere una rilassante vacanza senza
pensieri!
In
che situazione si erano messi... Gli faceva male vedere la cuginetta
ridotta così per amore e sapeva perfettamente che Usop e
Kaya la
pensavano allo stesso modo, lo capiva dalle occhiate tristi che le
lanciavano. Il silenzio stava diventando fin troppo opprimente ma
nessuno riusciva a romperlo per più di qualche minuto.
Attorno a
Viola aleggiava un alone tale di depressione che inibiva ogni minimo
tentativo di conversazione. Non era colpa sua, non lo faceva con
intenzioni cattive ma la cosa stava sfuggendo di mano! Per uno come
lui abituato a parlare in continuazione il silenzio prolungato a cui
erano sottoposti per loro stessa unanime decisione non verbale, era
una vera e propria tortura ma lo sopportava solo perché
teneva a
Viola come ad una sorella e sapeva che aveva bisogno di crogiolarsi
ancora un po' nel dolore prima di riuscire finalmente a riemergere.
Si
schiarì
la voce, tentando un ultimo approccio disperato, vedendo suo fratello
Usop e la sua ragazza storica fissarlo speranzosi. “Vic,
tesoro,
vuoi mangiare qualcosa?”
L'interpellata
alzò piano la testa sorpresa, come se si fosse appena resa
conto di
dove si trovasse, negò veloce con un cenno senza emettere
suono e
tornò alla sua discesa rapida verso la tristezza
attaccandosi di
nuovo al finestrino.
Kaya
si afflosciò sul sedile riponendo il portafogli. Era
già pronta a
schizzare verso il carrello in corridoio se Viola avesse dimostrato
di avere anche soltanto un vago sentore di appetito. Come lei anche
Brook ci rimase male e prese a valutare persino se fosse o no il caso
di tirar fuori il suo violino dalla valigia sulla cappelliera. Magari
con un po' di musica...
Stizzito,
Usop cercò di attirare la sua attenzione con un gioco di
gambe che
finì per lussargli una caviglia ma servì allo
scopo. Guardò prima
Brook e poi Kaya facendo dei poderosi e decisi cenni di diniego col
capo indicando l'alone di depressione che incombeva su Viola.
Con
una
semplice occhiata, Brook intuì quello che il fratello
cercava di
dirgli ed annuì mesto.
Avrebbero
lasciato Viola a crogiolarsi nel dolore solo per la durata di quel
viaggio. Una volta giunti a Marijoa avrebbero fatto in modo di far
tornare la loro cuginetta la ragazza solare e splendida che era prima
di innamorarsi di quel Sanji Vinsmoke!
Oh,
se gliel'avrebbero fatto dimenticare! Anche a costo di presentarle
tutta la fauna maschile della città, lei sarebbe tornata a
sorridere!
Angolo
Autrice:
Ciao
a tutti!!
Non
faccio spesso l'angolo autore ma in questo caso penso sia
necessario... ^^
Come
avrete notato la storia passa lungo alcuni paesi molto diversi tra
loro che bene o male spero di aver descritto in maniera chiara (in
caso fatemelo sapere per favore, ci tengo sempre che non esca
un'accozzaglia di descrizioni a caso che non fanno capire nulla!).
Ovviamente
ogni paese ha, oltre ad usi e costumi, anche lingue ufficiali
differenti ed io ho riflettuto a lungo sulla cosa per capire se era
il caso o no di specificarlo, perché le persone incontrate
(Izou,
Franky, Iva...) tecnicamente parlerebbero una lingua diversa da
quella dei protagonisti.
Non
sarebbe stato semplice scrivere dialoghi in altre lingue e la ovvia
traduzione affinché tutti si capissero, quindi ho optato per
'la
versione gnorri', come la chiamo io, ovvero che tutti stranamente
parlano la stessa lingua e nessuno lo trova strano...
Non
l'avevo mai spiegato prima ma ci tenevo che si capisse che era una
cosa voluta. ^^
Detto
questo (che non serviva come al solito) vi lascio ed evaporo via che
ho già parlato fin troppo!
Un
bacione, grazie a tutti quelli che passano di qua (siete tanti
grazie!!)!
Momoallaseconda
^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** I Will Come to You ***
“...e
con questa, abbiamo finito!”
Izou
prese al volo lo zaino che Franky gli aveva lanciato dal camion e lo
passò a Rufy che se lo infilò lesto sulle spalle
guadagnandosi
un'occhiata stranita da Nami.
“Dove
l'hai preso quello?”
Rufy fece
spallucce. “Prima ho scambiato la mia valigia con lo zaino di
Von
Clay. Ho pensato che sarebbe stato molto più comodo per
viaggiare.
Così non devo trascinarmi diet... che
c'è?”
Rufy lasciò a
metà la frase quando si rese conto di avere tre paia di
occhi che lo
fissavano con la bocca aperta. “Ho detto qualcosa di
sbagliato...?”
chiese intimorito.
Zoro chiuse gli
occhi ridacchiando imitato presto da Sanji.
“Vuoi
scherzare? Credo che sia l'idea migliore che ti sia mai venuta in
mente!” si illuminò Nami guardando il fratello
come se lo vedesse
per la prima volta. “Ed è pazzesco che sia venuta
a te!”
Allungò
la vista, scandagliando il gruppetto del gay pride che stanziava
attorno al camion di Franky. Stavano tutti ancora riordinando le
proprie cose prima di avviarsi in pompa magna verso la
città. Non
appena individuò quello che cercava la videro avviarsi in
gran
carriera verso tre tra i personaggi più singolari della
comitiva che
si distinguevano per gli stivaloni neri dal tacco vertiginoso e dei
body di piume multi color ma, guarda caso, anche per essere i
possessori di tre normalissimi zaini da trekking.
Quindici
minuti dopo tutti e quattro avevano indossato ciascuno il proprio
zaino, salutato calorosamente Franky che ripartiva alla volta di
nuovi carichi intonando i Village People a tutto volume col
finestrino abbassato e cominciato anche ad avviarsi tutti in gruppo
verso la città che, secondo il cartello, distava appena un
chilometro a piedi da lì.
Avevano
un'unica strada dritta da percorrere, che tagliava in due immense
distese di campi di tulipani dai mille colori in piena fioritura
estiva, ma Nami prese sul serio fin da subito il suo ruolo di
navigatore.
Rapida
si piazzò tra il fratello e Zoro, ben decisa a non perderli
di vista
onde evitare spiacevoli conseguenze, per loro ovviamente.
Sanji, un paio di passi dietro i
tre,
osservava divertito Nami riprendere il verde per qualsiasi cosa,
specialmente quando lo beccava anche solo a guardare un punto oltre
l'orizzonte che non fosse nella direzione specifica verso cui lei li
stava conducendo.
Se
Rufy accettava il guinzaglio di buon grado senza fare troppe storie
perché era abituato ad avere a che fare con lei, con Zoro
era tutto
un altro paio di maniche e il momento magico della tregua condiviso
sul camion sembrava essersi già concluso del tutto.
“Puoi
continuare a strepitare come una gallina quanto vuoi ragazzina, tanto
non servirà. Io le katane non ho intenzione di nasconderle,
fattene
una ragione!”
Sanji
alzò gli occhi al cielo nel sentire il ringhio di Zoro
diretto verso
la ragazza.
“E
smettila di starmi così attaccata non mi serve la
balia!”
Nami,
d'altro canto, cercava di trattenersi digrignando i denti nel
tentativo di mostrarsi ragionevole anche se le prudevano le mani.
“A
me sembra proprio di si invece! Ti rendi conto che nessuna persona
normale va in giro con tre spade affilate attaccate alla cintura?
Daremo troppo nell'occhio, è un paese straniero e non voglio
rischiare che ci diano multe per possesso di arma impropria!”
“Impropria sarai tu, non
certo loro!”
“Che diavolo di battuta
dovrebbe
essere??”
“Perché pensi
che sia
una battuta??”
Sanji smise di
prestar loro attenzione quasi subito, stranamente ben deciso a non
mettere bocca. Erano grandi, potevano cavarsela. Si
stiracchiò un
po' sbadigliando. La schiena era a pezzi e Dio solo sapeva se aveva
bisogno di un caffè, dormire in un camion non era il massimo
per il
post-sbornia doveva ricordarselo. Lanciò un'occhiata dietro
di sé
reprimendo un sorrisetto alla vista del gruppo della 'marcia della
salute', o come diavolo l'aveva chiamata Iva, infallibile metodo per
mantenere sodi i glutei, e del modo buffo che aveva Von Clay di
camminare, un passo di danza classica alla volta. Tutti i ragazzi del
gay pride ospiti del camion avrebbero fatto tappa ad Elbaf come loro
e Sanji, con una tranquillità che non avrebbe mai pensato di
poter
provare, si sentiva perfettamente a suo agio in mezzo a quella strana
e contorta combriccola. Quei ragazzi erano davvero simpatici, non gli
sarebbe dispiaciuto mantenere i contatti con loro una volta tornati a
casa. Certo, magari non per e-mail...
Armeggiò
un po' con la tasca nei jeans finché non riuscì a
trovare quello
che cercava, le sue ultime sigarette. Ne accese una con bramosia
crescente, cercando di non pensare troppo a quello che lo aspettava.
Viola... chissà dov'era,
cosa stava
facendo... sperava ardentemente di non fare un altro buco nell'acqua,
il suo cuore non avrebbe retto.
“Un
penny per i tuoi pensieri.”
Il
biondo si voltò sorpreso, la sigaretta a penzoloni che
spandeva il
proprio fumo grigiastro tutt'attorno.
Izou
ridacchiò accostandosi a lui. “È un
vecchio modo di dire. Mia
madre me lo diceva sempre quand'ero piccolo per cercare di capire
cosa mi frullava in testa.”
Sanji
adeguò il passo al suo, sorridendogli. “Sembra il
genere di detto
creato apposta per Nami...”
L'altro
scoppiò a ridere. Aveva già avuto modo di vedere
all'opera la
tirchieria della ragazza quando aveva visto uno dei ragazzi
azzardarsi a chiederle una delle sue gomme da masticare.
“Siete un gruppetto
davvero singolare.”
Sanji alzò un
sopracciglio. “Noi...?”
mormorò lanciando un'occhiata dietro di sé al
resto della comitiva.
“Noi saremmo quelli singolari...?”
Izou
afferrò al volo il tono per nulla offensivo, semmai
divertito, del
ragazzo e non poté dargli torto. “Noi siamo quello
che siamo,
nessuno qui nasconde la sua vera natura. Ognuno di noi sa di non
essere quello che comunemente l'uomo medio chiama 'normale'!”
esclamò con un sorrisino furbo. “Ma nasciamo
così e non vorremmo
essere nulla di diverso. Mentre voi quattro siete bestie strane,
apparentemente sembrate l'emblema della normalità, eppure
sotto la
superficie chissà cosa nascondete...”
Il
biondo scosse il capo, aspirando una generosa boccata dalla
sigaretta, riflettendo.
“Non c'è
molto da dire per quanto mi riguarda... Sono il quinto figlio di una
famiglia che amo e odio, studio economia per accontentare mio padre
ma ho sempre avuto la passione per la cucina e segretamente dopo la
laurea vorrei aprire un ristorante, ho due amici cretini che nel
momento del bisogno mi sono sempre accanto e una cotta infantile per
la sorella del mio amico che negli anni si è trasformata
più in
iper protezione verso quella che ormai è a tutti gli effetti
una
sorella anche per me. Amo le donne, le venero sopra ogni cosa, amo la
loro grazia, il loro profumo, il loro portamento. Le amo per tutti
quegli aspetti di loro che sanno scatenare i miei cinque sensi e per
tutta la vita ho cercato principalmente una ragazza che li coniugasse
in sé in modo perfetto, ma...” fece un sospiro
profondo. “...ho
lasciato andare l'unica della quale mi ero innamorato senza nemmeno
mai averla vista di persona, toccata o respirata.” Sanji
lasciò
vagare lo sguardo lungo l'infinita distesa di campi in fiore.
“E
adesso sto attraversando l'Europa con i miei più cari amici
per
andare da lei a farmi dare un'ultima chance...”
Izou
lo fissò intensamente. “...Vedi? Lo dicevo che
siete particolari.”
ribadì divertito prima di tornare a guardare di fronte a
sé
indicando Rufy con un cenno del capo dopo un attimo di pausa.
“Ho
avuto modo di scoprire anche qualcosa di lui e ammetto di essere
rimasto affascinato dal perfetto connubio tra idiozia e perspicacia
che sembra avere luogo nella sua testa. Sono iscritto a Psicologia e
per me sarebbe un soggetto veramente affascinante da
studiare!”
considerò e poi sorrise. “Invece di loro ho capito
pochissimo...”
continuò indicando Zoro e Nami che, avanti di qualche passo,
litigavano a proposito di una qualche panciera che la rossa giudicava
estremamente ridicola da indossare per reggere tre spade alla vita
che comunque dovevano essere riposte nello zaino.
“Sono
due rompicapo davvero ardui da decifrare.” concluse Izou
vedendo il
verde alzare le braccia al cielo in una forma di resa e apprestandosi
a riporre le spade con cura nello zaino, sbraitando contro Nami e la
sua testardaggine, ormai stufo di sentirla starnazzare.
Sanji
sbuffò. “Benvenuto nel club...”
esalò notando con sollievo che
avevano raggiunto le prime case e il cartello di ingresso al paese
svettava nitido a qualche metro da loro. Non ce la faceva
più aveva
bisogno di un caffè.
“Sembra che
siamo arrivati!” commentò Izou a voce alta
facendosi sentire dal
resto del gruppo.
Rufy non stava più
nella pelle, la macchina fotografica resa ormai tizzone ardente tra
le sue mani.
“Cerca di stare
attento a dove vai quando hai in mano quella!” lo
sgridò Nami dopo
aver evitato per un soffio che il fratello finisse in un tombino
aperto con macchinetta al seguito.
“Shishishisshi!
Stavo per fare la fine della gomma! Shishsihsishi! L'hai capita? Eh?
L'hai capita?”
Nami lo guardò con
compatimento. “Non le sai fare le battute... poi sbaglio o
questa è
la Reflex nuova di Sabo, gliel'hai rubata?”
Il
moro si rabbuiò. “No... l'ho solo presa in
prestito!”
Nami ridusse gli occhi a due
fessure. “Ah,
si dice così ora...”
Zoro la
oltrepassò, entrando sicuro in paese. “Il bue che
dice cornuto
all'asino... sarà un vizio di famiglia!”
Nami
lasciò a Sanji e Izou il compito di estrarre la testa di
Zoro dal
tombino.
Una volta nei pressi, Rufy
fu lasciato libero di arrivare per primo nella piazza principale,
gremita di turisti e cittadini a quell'ora del pomeriggio. Iva e Von
Clay vi si precipitarono appena dopo di lui.
Il
resto del gruppo arrivò con più calma, trovandoli
tutti e tre a
farsi fotografie nelle pose più strane sopra ai monumenti e
decidendo di comune accordo di fingere di non conoscerli.
Sanji lanciò un fischio
di apprezzamento
tutt'attorno, passando a Zoro il suo caffè nero da asporto
preso
lungo la via e sorseggiando sollevato il suo.
“Non
c'è che dire, un'altra città
splendida!” esclamò ammirando
l'architettura locale partendo dai negozi zeppi di fiori, ai colori
sgargianti delle case, fino al piccolo torrente che costeggiava la
piazza.
“Nonostante tutto sono
felice che ci siamo fermati!”
Nami
camminava avanti e indietro esaminando accuratamente la cartina del
luogo che le aveva dato Franky. A lei il sempre cavaliere Sanji aveva
portato un cappuccino tripla panna.
“Beh,
ormai siamo arrivati fin qui, direi che possiamo dormire da qualche
parte per stanotte e partire domani con calma col primo
treno.”
Sanji annuì.
“Mi sembra una buona idea.
È ancora metà pomeriggio, che c'è di
bello da fare da queste
parti?” chiese a nessuno in particolare voltandosi verso i
suoi
compagni di viaggio e ritrovandosi a fissare solo Izou che si stava
limando le unghie e Zoro che ricambiò l'occhiata con un
sopracciglio
alzato.
Sanji si guardò attorno
confuso. “M-ma dove sono finiti tutti gli altri??”
Il
moretto si voltò appena facendo spallucce.
“Probabilmente avevano
delle cose da fare...”
“Ma non
erano amici tuoi?” chiese giustamente Zoro.
Izou
negò tranquillo col capo. “Io sono qui con Iva e
Von Clay, gli
altri erano solo partecipanti alla festa. Non avevamo alcun genere di
rapporto con loro.”
Sanji si
incupì. “Potevano salutare almeno!”
Il
moretto si strinse nelle spalle continuando il suo lavoro di
limatura.
Nami nel frattempo aveva
chiamato a raccolta Rufy e gli altri due.
“Siamo
tutti piuttosto stanchi dopo la nottata sul camion e...”
“Io ho fame!”
Sanji
e Zoro alzarono gli occhi al cielo mentre Nami metteva nello zaino la
piantina decidendo di sorvolare sul fratello e sul suo stomaco
brontolante.
“Tutti abbiamo fame.
Prima facciamo il punto della situazione, poi andremo a cenare!
Allora...”
“Ma io ho fame
adesso!”
Nami lo ignorò.
“Ho
visto un bell'albergo vicino al torrente, direi di andare prima
lì,
prenotare e poi...”
“Io ho
fame!!!”
Nami gli mostrò il pugno
già carico e Rufy si fece piccolo piccolo.
Zoro
si voltò verso Von Clay. “A proposito, per voi non
è la prima
volta in Olanda, giusto? Mi piacerebbe provare uno dei famosi coffe
shop, quale ci consigliate?”
Iva,
Izou e un volteggiante Von Clay si illuminarono.
“Senza
dubbio il Mermaide Cafè!”
“Il
Grey Terminal è il migliore!”
“Devi
provare il Tequila Wolf, vai in paradiso!”
Tutti
e tre parlarono all'unisono, sovrastandosi gli uni con gli altri, col
risultato che Zoro non capì una parola. “Ehm... ne
bastava uno, ma
grazie...”
Iva ridacchiò.
“Voi
siete ragazzoni forti e prestanti...” cominciò
sfiorando un
bicipite a Sanji che rabbrividì involontariamente.
“Secondo me
siete più indicati per il Kamabakka! Locale rinomato ma
molto focoso
perché c'è anche lo strip club!”
Sanji
fece tanto d'orecchi. “U-uno strip.... argh!”
Il
tentativo del suo corpo di tornare ai vecchi splendori, eccitandosi e
sprigionando cuori tutto attorno, fu messo a tacere immediatamente
dalla sua volontà che lo obbligò a non cadere
preda degli istinti
con profondi e pesantissimi ansiti.
Nami
lo fissò poco convinta. “Tutto bene,
Sanji?”
Quello
annuì a fatica pulendosi rapido un rigoletto di sangue dal
naso,
unico sfogo concesso a sé stesso per non implodere.
“Tu-tutto a
posto Nami cara! H-ho una missione da compiere e non sarà
certo uno
strip club a fa-farmi cedere!”
La
determinazione nei suoi occhi era assoluta e anche decisamente
cretina, valutò Nami, ma doveva ammettere che ammirava lo
sforzo
immane che stava facendo per restare fedele a Viola, ora che sapeva
di volere solo lei. Non era nemmeno certo che servisse eppure le era
già devoto fino a quel punto. Se avesse saputo cosa stava
facendo
per lei, la spagnola sarebbe stata una sciocca a rifiutare un tale
sacrificio. Nami si ritrovò a sperare intensamente che la
fiducia di
Sanji fosse ben riposta, gli voleva bene come ad un fratello e le
sarebbe dispiaciuto assistere all'ennesimo buco nell'acqua, si
meritava un po' di felicità. A differenza di qualcun altro
che non
si faceva problemi a dare il peggio di sé in ogni
circostanza.
Sbuffò innervosita
guardando suo fratello
e Zoro scambiarsi un'occhiata allusiva alle parole di Iva.
“Ma
intendi strip integrale o...” si stava informando ancora il
verde,
con Rufy che ascoltava con un dito nel naso.
Nami
dirottò lo sguardo da un'altra parte irritata. Non voleva
essere
accomunata a chi non vedeva l'ora di approfittare di tali pratiche!
Le montò un odio
viscerale al cenno
affermativo di Iva per la domanda di Zoro.
Era
così che volevano aiutare il loro amico?? Che facce toste!
Prima
facevano tutti i santarellini, anime buone che erano lì solo
per
aiutare Sanji col suo vero amore e poi sbavavano come lupi affamati
all'idea di chiudersi uno strip club, circondati da donne seminude
pronte a fare qualsiasi cosa per un po' di soldi! Chiariamoci, non
era certo il pensiero di quelle ragazze disposte a fare di tutto per
la grana a darle fastidio (diciamo che in certo qual modo poteva pure
capirle), no, in realtà era solo l'interesse che mostravano
quei due
a farla arrabbiare! Due idioti ecco cos'erano, e lei aveva accettato
di fare il viaggio con loro, quanto poteva essere cretina?!
“Iva, aspetta... io non
sono certo che il
Kamabakka sia adatto a lor...”
“Molto
bene!” si intromise Nami alzando la voce, interrompendo Izou
e il
suo tono esitante, attirando l'attenzione di tutti su di sé,
gli
occhi iniettati di sangue. “Io e Sanji andremo a prenotare
l'albergo e voi... andate dove diavolo vi pare! Arrangiatevi con la
cena, basta che teniate il cellulare acceso!”
Tutti
la fissarono sorpresi avviarsi subito a passo di marcia verso la
strada principale con un diavolo per capello. Nessuno fiatò
per un
istante, fino a che Sanji improvvisamente si ricordò che
avrebbe
dovuto seguirla e con un saltello acrobatico si apprestò ad
andarle
dietro, prima che qualcuno lo bloccasse per un braccio. Il biondo si
voltò incuriosito trovandosi la faccia seria di Zoro che lo
fissava.
“Non perderla di vista,
torcigliolo. È un paese nuovo e potenzialmente pericoloso
per una
donna sola.”
Sanji alzò un
sopracciglio. “Sei preoccupato per lei, marimo?”
L'altro
non fece una piega. “Fa come ti ho detto... per
favore...”
aggiunse a denti stretti.
Il biondo
sgranò gli occhi. “Ti senti bene?” Zoro
non rispose. “No
perché, già sul camion con tutto quel discorso su
te che vuoi Nami
con noi, avevo pensato che forse i tuoi due neuroni avevano deciso di
dare forfait e...”
Zoro gli mollò
il braccio spingendolo verso la piazza. “Piantala di dire
fesserie
e fai quello che ti ho chiesto!”
Sanji
sfoderò un ghigno cominciando ad avviarsi. “Non
preoccuparti
marimo, a stasera! Vedi di non perderti!”
Zoro
sbuffò per nulla convinto tornando dagli altri. Iva e Izou
stavano
discutendo su quale fosse il locale adatto dove fermarsi e non
sembravano trovare un accordo. La prima continuava a decantare le
lodi del Kamabakka mentre il secondo si esasperava sottolineando non
fosse affatto il locale adatto, ma senza spiegarne i motivi.
Zoro
li raggiunse in tempo per sentire Von Clay chiedere a Rufy di fare da
giudice e stabilire lui in quale fermarsi. Il moro si grattò
la
testa, enormemente confuso e Zoro non se ne stupì.
“Io
non ho capito bene... ma lì, in quel Kammabichequalcosa, si
mangia
giusto?” chiese a Iva e Von Clay che annuirono sereni.
“Allora andiamo
lì!” confermò con un
gran sorriso scatenando la loro gioia. Lo presero ciascuno sotto
braccio e ridacchianti si avviarono trotterellanti lungo una stradina
secondaria scansando frotte di turisti sul loro cammino.
Izou
scosse elegantemente la testa. “D'accordo, io almeno c'ho
provato...” ammise più a sé stesso che
ad altri, stringendosi
nelle spalle. Stava per avviarsi anche lui quando si accorse che il
verde ancora non accennava a muoversi. “Tu non
vieni?” gli chiese
curioso.
Zoro non rispose subito. Si
guardò attorno circospetto, la sera si stava avvicinando, un
paio
d'ore e avrebbe fatto buio. Guardò verso la strada
principale dove
Sanji e Nami erano ormai spariti tra la folla, avvertiva un nodo allo
stomaco di difficile interpretazione.
L'entusiasmo
di prima per il locale era via via scemato in quegli ultimi dieci
minuti ma la fame era ancora persistente e alla fine ebbe la meglio
su qualsiasi altro pensiero.
Annuì
deciso ad Izou e lo affiancò seguendo il terzetto davanti a
loro.
Non era nulla quel nodo, si disse, e
poi di
Sanji poteva fidarsi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Bon Appétit ***
Una volta
varcata la soglia del locale per Zoro fu chiaro e lampante come il
sole il motivo per il quale Iva aveva insistito tanto per andarci e,
allo stesso tempo, perché Izou aveva ripetuto fino allo
sfinimento
quanto fosse una cattiva idea.
L'insegna
luminescente all'ingresso gli aveva già messo addosso
parecchia
ansia (un piccolo procione in fattezze umane oscenamente truccato che
ammiccava agli avventori con la faccia di uno che è pronto a
farti
tutto quello che vuoi) ma la parte peggiore arrivò solo una
volta
entrati.
Nonostante
si
atteggiasse da grande uomo non aveva molta esperienza in materia di
spogliarelli e non credeva nemmeno di averne così bisogno,
poi.
L'ambiente era tipico di uno strip club o per lo meno assomigliava
all'unico altro che aveva visto in vita sua, quando ce lo avevano
portato a forza per festeggiare i suoi diciotto anni, e Zoro non si
aspettava nulla di diverso. Luci soffuse, tonalità di tende
e tavoli
tendenti per lo più al nero e al viola, cameriere e
camerieri che
veleggiavano silenziosi tra i vari tavolini disseminati per la
stanza, un angolo bar in penombra in piena attività,
separé sparsi
in giro a nascondere chissà che depravazioni e ovviamente il
palco
al centro della sala dove davano mostra di sé non uno ma ben
cinque
pali di acciaio spesso, ancorati saldamente al pavimento e talmente
alti da arrivare al soffitto, ma questo Zoro poteva solo supporlo dal
momento che non si vedeva un accidente là dentro! Era
già tanto che
fosse riuscito ad inquadrare il palco onde non andarci a sbattere con
le ginocchia e seguiva cauto i pon pon da cigno che aveva in testa
Von Clay, unico modo per non perdersi tra i molti clienti che stavano
pian piano invadendo il locale per gli spettacoli serali.
Già,
i
clienti... personaggi che di più strani non avrebbe potuto
trovare e
lui si accompagnava ad uno che indossava calze a rete, parrucca viola
e body di pelle rosso! Per lo più erano anche loro
travestiti ma
scorgeva pure gente che all'apparenza sembrava il classico uomo
d'affari ma se lo guardavi da vicino ti accorgevi che portava
rossetto e unghie finte.
Gli
sembrava
di essere tornato al Gay Pride del giorno prima, solo che invece
dell'atmosfera di festa e amicizia che aveva respirato là,
qui
avvertiva solo lussuria e una buona dose di perversione aleggiare
nell'aria. Ecco, era quello che l'aveva convinto ancor di
più che di
Iva non ci si doveva fidare! Il nodo allo stomaco in realtà
non era
per Nami e Sanji, ma per la sua stessa incolumità! Non si
sentiva
per nulla a suo agio e non gli interessava nemmeno più
vedere le
spogliarelliste all'opera, sempre che si trattasse di donne, ormai
non si stupiva più di niente.
Zoro
si fece
largo tra gli avventori, scansando un paio di tizi che ridevano
sguaiati e cercando di non perdere di vista il suo vecchio amico di
penna, grugnendo contrariato. Se non fosse stato per Rufy che era
schizzato l'interno non appena aveva capito che erano arrivati,
probabilmente Zoro avrebbe girato i tacchi immediatamente e se ne
sarebbe andato mollando tutti là. Ma, accidenti a lui, non
poteva
permettersi di sparire senza Rufy. Primo perché nonostante
tutto gli
voleva un po' di bene e gli spiaceva lasciarlo lì senza
scorta.
Secondo perché Nami e Sanji lo avrebbe scuoiato vivo se non
fossero
riusciti a partire l'indomani. Terzo perché... beh forse
aveva
bisogno di un po' di aiuto anche lui per orientarsi in quella
città
labirintica!
Scosse
la
testa e, con questi tre punti fissi in mente, si apprestò a
sedersi
con Von Clay al tavolino libero che Iva e Rufy avevano appena
occupato entusiasti.
Zoro
si
strinse nella sedia, prendendo a guardarsi attorno con cipiglio
infastidito, desideroso di scomparire nella penombra e non essere
notato, aspirazione che con Iva al tavolo con lui si rivelò
decisamente impraticabile.
“Ciao
tesoro, come stai? Ohhhh si, anch'io ti trovo in forma! Ci vediamo
dopo, amore! Certo anche con te carissima!”
La
violetta
sembrava conoscere mezzo locale.
Il
verde si grattò la testa con disagio crescente vedendola
dispensare
amore in lungo e in largo. Forse sarebbe stato meglio se lui e Rufy
si fossero diretti subito al coffe shop accanto invece di entrare
prima nel locale! Zoro lanciò un'occhiata al
moro,
interessato solo al menu che aveva di fronte e ben deciso a provare
le specialità locali, intuendo che non si sarebbe mosso da
lì fino
a pasto concluso e solo allora avrebbe potuto prendere in
considerazione la sua proposta di fuga. Rufy era tranquillo, non
sembrava fare caso all'ambiente circostante e Zoro per un attimo
pensò se non si stesse preoccupando troppo.
“Che cosa
prendi?” gli chiese Von Clay avvicinandosi al suo orecchio
per
farsi sentire nel trambusto.
“Rum.”
rispose lapidario. “E due panini.”
L'altro
sorrise affabile. “Ti consiglio di provare anche la torta
della
casa, ti farà andare fuori di testa...”
commentò complice.
“Io invece
prendo tutto quello che c'è
scritto qui!” si
intromise Rufy indicando l'intera pagina del menu con un gran
sorriso.
Zoro
scosse il
capo, accorgendosi all'improvviso di un particolare.
“Dov'è finito
Izou?”
Von
Clay si
strinse nelle spalle. “Deve essere qui da qualche
parte...”
rispose prima che Iva lo chiamasse a sé dal centro del
locale.
“Perdonami un istante, mio caro!”
Zoro
annuì
distrattamente cercando con lo sguardo un cameriere senza dare troppo
nell'occhio, bramoso di ordinare, consumare ed andarsene
relativamente in tempi rapidi non necessariamente in quest'ordine.
“Ehi, bel
fustacchione...” una voce melliflua alle sue spalle,
decisamente
troppo vicina al suo orecchio, lo gelò sul posto mentre un
innato
brivido di panico prese a scendergli lento lungo la colonna
vertebrale. Se c'era una cosa che aveva imparato in quei due giorni
circondato da gay era che quella definizione riferita a lui non
portava mai a belle situazioni.
Girò
il viso
di tre quarti trovando in piedi dietro di sé la fisionomia
robusta
di una donna, o meglio di un uomo chiaramente vestito da donna con
tanto di parrucca bionda, che sbatteva le lunghe ciglia finte
squadrandolo famelico, il pomo d'Adamo che si mostrava fiero e una
gamba pelosa e muscolosa che usciva sensuale dallo spacco vertiginoso
della gonna che indossava.
Zoro
deglutì
pietrificato mentre quello prendeva ad accarezzargli lascivo i
capelli.
“Che ci fa
qui tutto imbronciato questo bell'ometto? Perché non vieni a
fare un
giretto con Uholicia, tesoro?”
Zoro
la
fissava catatonico, incapace di muovere un muscolo.
“Su
andiamo... Ti farò rilassare io, vedrai...”
“Uholicia!”
Zoro
batté
gli occhi risvegliandosi un po' dal torpore quando sentì la
presa
del travestito allontanarsi dai suoi capelli per lanciare un urletto
isterico dietro di sé, in direzione del suo vecchio amico
che corse
ad abbracciarla con trasporto.
“Come stai
mia cara? Non ci vediamo da una vita, sei splendida come al
solito!”
“Bentham,
tesoro, sei sempre troppo galante!”
Comparendo
dal nulla con la
sua solita calma, Izou si
sedette elegantemente sulla sedia lasciata libera da Von Clay,
squadrando Zoro, ancora in modalità statua di sale, con un
sorrisetto saputo.
“Tutto
bene?” azzardò.
Zoro
si riscosse del tutto con un brivido di sollievo.
“Tecnicamente si.
Dignitosamente no...”
Quello
rise indicando gli altri due con un gesto del capo.
“È una amica
di Von Clay, un tipo decisamente insistente, ci prova sempre anche
con me è difficile farle capire quando non si è
interessati. Per
fortuna me ne sono accorto e ho chiamato Von Clay in tempo. Avresti
passato un brutto quarto d'ora, è alla ricerca del
ventiseiesimo
marito e ti aveva già puntato.”
Zoro
lo
ringraziò con un cenno prima di rendersi conto di
ciò che aveva
detto. “Quella si è sposata venticinque
volte??”
Izou
annuì
distrattamente agli occhi fuori dalle orbite del verde, lasciando
vagare lo sguardo annoiato per tutta la sala. Rufy intanto aveva
fermato una cameriera e le stava elencando il suo chilometrico
ordine, ricevendo al contempo maliziose e civettuole occhiate di
eloquente interessamento dalla stessa. Zoro sbuffò
esasperato, come
al solito Rufy aveva attirato le attenzioni della probabilmente unica
vera donna etero del locale ed era contento non ci fosse Sanji
lì,
avrebbe dato di matto e attirato fin troppi sguardi su di loro e lui
ne aveva già abbastanza, non voleva ripetere l'esperienza
con quella
Uholicia! Zoro ravvibridì al pensiero di Sanji che lo vedeva
alle
prese con quella, sicuro l'avrebbe preso in giro fino alla fine dei
suoi giorni, per non parlare di cosa avrebbe detto Nami nel vederlo
terrorizzato come un agnello davanti al lupo!
Riuscì
per il
rotto della cuffia ad infilare anche il suo ordine tra quello
infinito di Rufy e seguì con indifferenza l'ancheggiare
prorompente
della cameriera indirizzato chiaramente al suo migliore amico che non
si accorse di nulla, impegnato com'era a chiacchierare con Izou.
“Tra un'ora
inizia lo spettacolo più eclatante della
giornata.” stava dicendo
il moretto con un sorriso indicando il palco. “È
per questo che è
pieno di gente, in altri orari è più tranquillo.
Non aspettatevi il
solito striptease però, questo è un locale un po'
diverso dagli
altri ma per lo meno ci si divertente parecchio!”
Zoro
si voltò
verso Izou. “Immagino che non ci saranno donne...”
Quello
ridacchiò legandosi i capelli sciolti in una crocchia
complicata con
la stessa manovra che aveva tanto affascinato lo stesso Zoro il
giorno prima. “Immagini bene, biologicamente parlando
s'intende!”
Il
verde
annuì, tanto non era più nemmeno interessato alla
cosa. Aveva da
poco deciso che non appena finito di cenare avrebbe preso Rufy e
telefonato a Sanji per farsi venire a prendere seduta stante! Non
sarebbe mai riuscito a mimetizzarsi con le tende e aveva presto
capito che i muscoli guadagnati in anni di allenamenti con la spada
potevano diventare pericolosi in quel contesto.
L'arrivo
del
loro ordine combaciò con il ritorno trotterellante e
chiassoso di
Von Clay e Iva al loro tavolo. Troppo concentrato a difendere la sua
cena dalle mani lunghe del proprio migliore amico, nemmeno si accorse
di aver perso i contatti con Izou per diversi minuti e se ne rese
conto solo quando lo sorprese a fissare estasiato un punto preciso in
fondo al locale, il bicchiere di vino bianco tenuto a mezz'aria nella
sua mano. Zoro seguì curioso il suo sguardo, ritrovandosi a
guardare
il bancone del bar, dove un biondino alto e atletico se ne stava
tranquillo ad asciugare alcuni bicchieri, apparentemente indifferente
a tutto quello che gli accadeva attorno.
Zoro
riportò
allora lo sguardo su Izou che si accorse della sua occhiata e si
affettò ad abbassare il viso portandosi nervosamente il
bicchiere
alle labbra, chiaramente imbarazzato per essere stato colto sul
fatto. Zoro ghignò attaccandosi direttamente alla bottiglia
di rum.
“Perché non
vai a parlarci?”
Izou
sobbalzò.
“Co-cosa? A che ti riferisci, n-non capisco di che parli,
Zoro!”
balbettò a disagio, tentando di celare il rossore che gli si
diffondeva sulle guance a macchia d'olio.
Il
verde
ridacchiò sapendo che il moretto era perfettamente conscio
di essere
un libro aperto.
“Parlo di
quel tale laggiù!” lo indicò con un
cenno del capo. “Si vede
lontano un miglio che il barista non ti sta indifferente!”
Izou
si morse
nervosamente le labbra scuotendo piano la testa. “Uno
così non
potrebbe mai calcolarmi... insomma, guarda dove lavora!
Chissà
quante ne ha viste, non sarò di certo io a suscitare il suo
interesse!”
Zoro
si
accigliò. “Che ne sai? Magari invece...”
Izou
lo
interruppe con un'occhiata eloquente. “No, lascia stare Zoro.
Sei
gentile ma so bene quali sono i miei limiti e non avrò mai
una
chance con un ragazzo del genere! Non vale la pena nemmeno che ci
pensi.”
Il
verde non
riusciva a credere alle proprie orecchie. Si parlava dello stesso
Izou che era riuscito con un solo movimento dei capelli ed un
occhiolino ad ammaliare Nami e (con un certo sconcerto doveva
ammetterlo) pure lui, non meno di ventiquattr'ore prima?? Davvero era
convinto di non avere alcun tipo di fascino? Veramente si
sottovalutava così tanto? A quanto pareva si, ne era
convinto. Zoro
provò un improvviso moto di tenerezza per quel ragazzino,
nemmeno
così tanto più giovane di lui a dirla tutta, che
a prima vista
potevi scambiare per grande uomo di mondo ma che, sotto sotto, temeva
il giudizio altrui come chiunque altro. Gli ricordava tremendamente
qualcuno...
Il
verde lo
vide lanciare un'altra occhiata furtiva verso il bancone, incapace di
resistere, prima di abbassare lo sguardo amareggiato.
La
cosa più
assurda non era tanto il pensiero che non si rendesse conto di
possedere un carisma incredibile, ma che non si fosse ancora accorto
che quello stesso barista che ammirava da lontano a sua volta non gli
staccava gli occhi di dosso! Zoro scosse il capo rimuginando tra
sé
e sé. Solitamente non amava intromettersi nelle faccende
degli
altri, ma in quel caso gli sarebbe dispiaciuto che un ragazzo
intelligente e simpatico come Izou continuasse a credere di non
valere nulla, come poteva farglielo capire?
Stava
ancora
riflettendo, indeciso su come affrontare l'argomento, quando un
cameriere, che nessuno aveva chiamato, arrivò al loro tavolo
con un
sorriso smagliante in viso ed cocktail colorato in mano. Senza una
parola lo poggiò deciso davanti ad Izou che alzò
un sopracciglio,
confuso.
“Ci deve
essere un errore, io non ho ordin...”
“Oh, lo so,
signore. È con gli omaggi del nostro barman. Spera che il
cocktail
sia di suo gradimento! Si è adoperato alacremente per
inventare
questa nuova miscela apposta per lei!”
Izou
diventò
bordeaux a quelle parole mentre Zoro scoppiava a ridere.
“Direi che
ora non hai più scuse!” lo incitò.
“Vai a ringraziarlo, su!”
“I-io...”
balbettò ancora il moro, sempre più confuso,
guardando dritto verso
il bancone dove il suddetto barista biondo lo fissava in evidente
attesa di una risposta con i gomiti poggiati al ripiano, ignorando i
richiami dei clienti attorno a sé.
“M-ma
andiamo! De-deve esserci per forza uno sbaglio...!”
Zoro
sbuffò.
“Io non credo proprio! Ti sta mangiando con gli
occhi...”
Il
barista
sorrise salutandolo con la mano e Izou prese definitivamente fuoco.
“No-non so
neanche come si chiama... pe-perchè dovrei...”
“Si chiama
Marco.”
Izou
quasi si
strozzò con la saliva, staccando a fatica gli occhi dal
biondo.
“Co-come fai a saperlo??”
“È scritto
qui.” Zoro indicò il fazzolettino che il cameriere
aveva messo
sotto al cocktail per contenere le gocce d'acqua. Era ancora
perfettamente visibile una scritta a penna. “Per togliere
dubbi ha
disegnato un piccolo ananas accanto al suo numero di telefono.
È
pure spiritoso!” esclamò colpito con un ghigno
storto.
Izou
strabuzzò
gli occhi incredulo, afferrando il fazzolettino per avvicinarlo al
viso. “I-io... io...”
“Tu ora la
pianti di tergiversare e vai a conoscerlo!” si
impuntò il verde,
alzandolo di peso dalla sedia e spingendolo delicatamente ma con
fermezza nella direzione giusta.
“Ma che gli
dico??”
Zoro
alzò gli
occhi al cielo, non pensava che Izou fosse uno che andava in panico
per cose del genere!
“Perchè non
cominci con un 'ciao, mi chiamo Izou, grazie per il
cocktail'?”
propose pratico.
Izou
annuì
piano ma, fatti due passi, deglutì e lanciò
un'ultima occhiata
nervosa al verde che gli fece nuovamente cenno di andare con un
sorriso convinto. Il moro si fece coraggio e, fazzolettino alla mano,
si avviò esitante al bancone. Zoro non lo perse mai di vista
e
ghignò quando lo vide strabuzzare gli occhi per il galante
baciamano
di quel Marco.
“Stasera
almeno qualcuno ha combinato...” mormorò a
sé stesso con un
sorrisetto.
“Uhm?
Parlavi con me?” gli chiese Rufy ripulendo l'ultimo piatto
con la
lingua.
Zoro
si voltò
verso di lui scuotendo piano la testa e notò un particolare.
“Ma
Iva e Von Clay non erano tornati al tavolo?”
Rufy
si
massaggiò la pancia piena stringendosi nelle spalle.
“È arrivato
un tale poco fa, Inazuqualcosa, li ha portati via dicendo che
dovevano assolutamente conoscere il suo nuovo fidanzato e
quindi...”
“Ah.” fu
il singolo commento di Zoro. “Beh, d'accordo li salutiamo
dopo
allora. Adesso paghiamo e usciamo a chiamare Sanji.”
“E lo
spettacolo??”
“Ti dirò,
non è che ci tenga molto a vedere dei travestiti che si
spogliano
sai...”
“Come
travestiti??”
Zoro
sospirò.
“A volte mi chiedo cosa ci sia in quella zucca che ti ritrovi
tra
le spalle...
“In ogni
caso, vorrei uscire da qui.” continuò il verde.
“Dai, tira fuori
il portafogli che andiamo a pagare.”
Rufy
si grattò
una guancia, confuso. “Che portafogli?”
Zoro
sbuffò
irritato. “Come quale? Il tuo! Hai mangiato come un bisonte,
bisogna pagarla tutta questa roba!”
Rufy
sorrise
tranquillo. “Oh, ma io non ce l'ho qui. Il mio lo tiene
sempre
Nami, dice che così non lo perdo!” rispose
candidamente.
Zoro
sentì un
brivido freddo scendergli lungo la spina dorsale.
“Sanji dice
la stessa cosa del mio...” mormorò atono.
Rufy
batté
gli occhi interdetto “...Intendi dire che nessuno dei due ha
qui
dei soldi per pagare...?” incredibilmente aveva afferrato al
volo.
Si
guardarono
negli occhi per un attimo in panico.
“D'accordo!
D'accordo! Non è grave!” esclamò
all'improvviso il moro con un
sorriso convinto. “Basta chiedere un prestito a Iva o a Von
Clay!”
si guardò intorno speranzoso. “Devono essere
ancora qui!”
Zoro
scandagliò come lui l'intero locale ma non riuscì
a vedere nessun
pon pon, né ali da cigno, né la mole imponente di
Iva. Sembrava che
si fossero volatilizzati.
“Ok...”
mormorò Zoro dopo diversi minuti di ricerca spasmodica.
“C'è
sempre Izou! Possiamo chiedere a lu...” il dito orientato
verso il
bancone del bar si ritrasse di colpo quando si rese conto di non
riuscire ad inquadrare l'amico da nessuna parte. Era lì fino
ad un
attimo prima, il locale non era poi così grande, dove
diavolo erano
finiti tutti?? Pure il barista sembrava svanito nel nulla!
Zoro
e Rufy si
guardarono di nuovo negli occhi, ormai certi di essere nella...
“...Merda!”
Il
verde si
passò nervoso una mano sul viso. “Va bene,
dovranno pur tornare
prima o poi! Possiamo aspettarli e...”
“Ehi, bel
ragazzone tutto muscoli, ti va di ballare?”
Un
travestito
con lunghi boccoli rossi comparve dal nulla al suo fianco e gli fece
un buffetto giocoso sulla guancia squadrandolo famelico. Zoro, colto
alla sprovvista e con un diavolo per capello, schizzò su
come una
molla dalla sedia raggiungendo Rufy e affiancandolo.
“No mi
correggo, non ho alcuna intenzione di restare in questo posto un
momento di più!!”
Rufy,
che
stava ricambiando il saluto dolce della cameriera che aveva preso le
loro ordinazioni, si voltò verso di lui sorpreso.
“Perchè no? A
me non dispiacerebbe...”
Zoro
lo guardò
ribollendo di rabbia repressa. “Si può sapere come
fai tu ad
attirare belle ragazze e a me guardano solo i travestiti??”
Rufy
ci pensò
su. “Sarà per la panciera...”
L'amico
digrignò i denti. “Piantala di dire cavolate! Che
cosa facciamo
adesso?”
“Usciamo
senza pagare.” propose come se fosse una
possibilità concreta.
Zoro
si
premette il ponte del naso tra pollice ed indice. “Non ti
avevo
appena chiesto di smetterla con le cavol... auch!”
“Che hai?”
gli chiese Rufy vedendolo impallidire.
“Qualcuno...
mi ha appena fatto... la mano morta..!” esclamò
irritato. “Ne ho
abbastanza! Rufy, alzati, ce ne andiamo!”
“E per
pagare?”
“Chissenefrega!”
*
L'aria
fresca
della notte le sferzò il viso quando uscì
dall'ostello che aveva
appena prenotato per la notte. Da dieci minuti buoni Sanji continuava
a lodarla per come era stata brava a tirare sul prezzo fino al punto
da avere la camera ad un costo fin troppo stracciato per la stagione.
Nami
sorrise,
doveva ammetterlo, era stata piuttosto brava a trovare quel
posticino. Per essere un ostello privo di privacy era molto pulito ed
accogliente, inoltre era vicinissimo al centro. Certo, per riuscire
ad avere tutto quel benessere aveva dovuto accettare un piccolo
compromesso e all'inizio non era stato facile visto che neanche due
ore prima si era arrabbiata proprio per quello, ma alla fine aveva
dovuto prendere atto che forse alloggiare accanto alla cosiddetta
'zona a luci rosse' della città non sarebbe stato un
problema così
grave, in fin dei conti se ne sarebbero andati l'indomani e poi,
grazie a quelle signorine disinibite, aveva potuto ammirare in prima
persona il drastico cambiamento di Sanji.
Provava
un'enorme soddisfazione nel vederlo obbligarsi a girare il viso
dall'altra parte ogni volta che passavano davanti ad una delle
vetrine più famose d'Olanda. Non pensava che sarebbe mai
arrivato il
giorno in cui Sanji Vinsmoke decide di sua spontanea iniziativa di
non sbavare più dietro ad altra donna, soprattutto se questa
gli si
offre così palesemente come la tizia bionda con la quinta di
reggiseno che lo aveva indicato lasciva attraverso il vetro, ma che
lui aveva bellamente ignorato aumentando il passo tanto che Nami
quasi non era riuscita a stargli dietro.
Gli
sorrise
ridendo, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. “Non
finirò
mai di dirtelo, è davvero lodevole il tuo impegno verso
Viola!”
Sanji
ridacchiò di rimando guardandola con affetto fraterno.
“Ti
ringrazio, Nami. Ci tengo davvero a fare le cose per bene, credo di
essermi innamorato sul serio stavolta e non voglio distrazioni,
nemmeno per un attimo!”
Nami
sospirò
intenerita. “Fossero tutti intelligenti come te...”
Lui
la guardò
di sottecchi. “Ti stai riferendo a qualcuno in
particolare?”
La
rossa non
rispose stringendosi nelle spalle e Sanji titubò per un
attimo,
indeciso se porre o no nuovamente quella domanda che da troppi anni
continuava ad essere un tarlo nella sua testa. Forse poteva
azzardarsi a chiederlo, magari era in vena di confidenze, magari...
“Nami, non
vorrei essere indelicato, ma... potremo mai sapere perché
tra te e
Zoro c'è tutto questo astio?” sorrise alzando
veloce le mani in
segno di scuse. “Voglio dire, non devi dirmelo per forza,
ma...
insomma, è palese che deve essere successo qualcosa, non
potete
odiarvi così per nulla!”
Nami
non
parlava, teneva lo sguardo basso e vedendola così il ragazzo
si
morse la lingua, arrabbiandosi con sé stesso e la sua bocca
larga.
Come non detto... lo sapeva che doveva stare zitto, quelli non erano
fatti suoi! Perché non imparava mai?
“Per quel
che mi riguarda non è successo niente!”
Sanji
si voltò
di scatto verso di lei, scoprendo che era rimasta qualche passo
indietro e non se n'era nemmeno accorto. Stringeva i pugni e lo
fissava con espressione decisa ma tutto sommato tranquilla.
“Non lo
sto dicendo per dire, davvero non c'è mai stato un fattore
scatenante!” ammise.
Lui
la fissò
di rimando incuriosito. “Ma... allora,
perché...?”
Nami
scosse la
testa sospirando, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulle luci
della piazza principale, disseminata di persone che passeggiavano
come quel pomeriggio, illuminata da lampioni eleganti e locali pieni
di comitive che cenavano. “A dir la verità io per
prima non ho mai
capito perché mi odiasse. Da che me lo ricordo è
sempre stato così
fin da piccoli e con il tempo ci ho fatto l'abitudine, ormai non mi
interessa nemmeno più capire cosa gli passi per la testa!
Forse
semplicemente non gli sono mai piaciuta, può capitare in fin
dei
conti.” concluse amaramente.
Sanji
intuì
che il discorso fosse chiuso e annuì mesto, annotandosi
mentalmente
di dire all'amico dalla crapa verde quanto fosse imbecille. Non era
possibile odiare senza motivo una ragazza meravigliosa come quella
che aveva davanti, doveva esserci una ragione valida, per
forza,
soprattutto perché quell'odio ingiustificato cozzava
completamente
con la preoccupazione che Zoro stesso aveva esternato verso di lei
quel pomeriggio. Qualcosa non tornava e per quanto lo riguardava il
discorso non era affatto concluso.
Un
fugace
movimento verso destra lo distrasse un secondo dai suoi pensieri e
Sanji si voltò, confuso. Per un attimo pensò di
essersele
immaginate ma quando poi riuscì a metterle a fuoco si rese
conto che
non erano state affatto un ologramma nella sua mente! A pochi metri
da lì, due sensuali sventole vestite da conigliette gli
stavano
facendo gli occhi dolci sostando procaci sulla soglia di un locale di
lap dance, probabilmente per attirare clienti, facendo chiaramente
segno a lui di seguirle all'interno, promettendo ogni ben di Dio con
erotici movimenti del corpo.
Il
biondino
deglutì irrequieto, arretrando di un passo.
“Ammetto che in questo
genere di posti la mia forza di volontà è messa a
dura prova!”
confessò all'amica che lo guardava sorniona.
Si
era accorta
anche lei delle due tipe provocanti e, mentre cercava di trattenersi
dal ridere per le smorfie che Sanji stava facendo per evitare di
guardarle, notò un locale particolare con l'insegna luminosa
dall'altra parte della strada. Dall'interno arrivava musica ad alto
volume e il vociare concitato dei clienti, diversi avventori invece
sostavano appena fuori dall'ingresso a fumare e chiacchierare. A Nami
si illuminarono gli occhi mentre un'ideuzza faceva capolino nella sua
testa. Quello sembrava il posto perfetto per aiutare Sanji a
distrarsi.
Con
aria
cospiratrice si voltò verso di lui indicandogli il Coffe
Shop
illuminato a giorno.
“Vuoi
provare un'esperienza nuova?”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** We Are the Champions ***
Angolo
Autrice:
Eh
si, lo
faccio ora perché la volta scorsa ho dimenticato di dire una
cosa
molto importante e mi sono già auto flagellata a dovere per
tale
pessimo comportamento, non temete!
Proprio
come
una donzella in pericolo anch'io quando ho bisogno di aiuto invoco a
gran voce chi mi potrebbe salvare e ci sono sempre tre personcine
speciali che accorrono in mio soccorso e senza le quali sono persa!
In questo caso specifico quella santa donna di ___Page.
Grazie
alla sua bella intuizione avete potuto leggere dell'entrata in scena
dell'affabile Marco lo scorso capitolo! A lei devo il cocktail con
bigliettino e numero per Izou (se l'ho resa da cani la colpa
è solo
mia perché l'idea era splendida!), che non ci sarebbero mai
stati
altrimenti. Grazie ancora tantissimo mia cara!
Colgo
l'occasione anche per dire una cosa a cui tenevo da un po'. Nonostante
ne stia parlando a iosa in questa storia (e forse ne
sarete anche stufi), non vorrei mai che pensaste che inneggio
seriamente all'uso di alcool o droghe! Non si fa, no no! E so che tu
che stai leggendo sei più in gamba di me perché
c'eri già
abbondantemente arrivato da solo ma ci tenevo a dirlo. ^^
Grazie
per l'ascolto ed ora basta ho finito, vi lascio al capitolo!
Ciaooooo
Momo
“Sei un
idiota!!!”
“Ahhh, tu
hai detto che andava bene così!!”
“Non lo
pensavo davvero!!”
“Anf... E
perché me lo dici adesso??”
“Perché
voglio sia chiaro... che se ci prendono la colpa... è di
entrambi!!”
“Che cosa??
Io volevo restare lì! Do-dovevo ancora assaggiare il dolce
di cui
parlava Von Clay!!”
“Piantala
con questa storia... è per colpa della tua mega abbuffata
che siamo
in questo casino! Se avessimo ordinato solo due panini non avremmo i
gestori del bar che ci inseguon... accidenti!”
Zoro
schivò
per un soffio l'anta di un balcone aperto e riuscì a
riprendere il
ritmo della corsa appena in tempo, anzi aumentò l'andatura
sentendo
Rufy al suo fianco fare altrettanto.
Anche
se
stanco morto, il moro riuscì a voltarsi per dare un'occhiata
ai due
energumeni che inseguivano lui e Zoro da quasi dieci minuti senza
mostrare segni apparenti di fatica, al contrario loro. Entrambi erano
ben allenati nella corsa ma una performance come quella non l'avevano
mai sostenuta e le gambe cominciavano a lanciare input chiari, simili
a quelli dei loro polmoni, eppure fermarsi non era un'opzione
contemplabile. Quei due armadi non avevano l'aria di chi andava per
il sottile se c'era da menare le mani e dopo il conto stratosferico
non pagato al locale e i dieci minuti di corsa forsennata in notturno
per le strade di Elbaf, spaventando cittadini e turisti, erano
abbastanza certi che non se la sarebbero cavata con uno scappellotto
sulla nuca. Rufy si sentiva davvero come se avesse avuto il diavolo
alle calcagna, letteralmente.
“Forse
dovremmo aumentare ancora il passo!” esclamò
spaventato notando
che stavano perdendo terreno.
“Sono degli
ossi duri, non so quanto ancora riusciremo a resistere!”
rispose
Zoro affannato.
Rufy
schivò
un tombino sporgente. “Ho un'idea, perché non li
affronti? Hai le
spade con te, no??”
Preso
alla
sprovvista, Zoro rischiò di andare a sbattere contro
un'inferriata.
“Sei pazzo?
Così ci becchiamo anche una denuncia per uso di arma
impropria
contro civili!”
Il
moro lo
guardò di sottecchi. “Ah, come aveva detto
Nami...”
Zoro
sbuffò
digrignando i denti, doveva risparmiare il fiato.
Rufy
non era
dello stesso avviso. “Anf... Do-dobbiamo seminarli in modo
definitivo!”
Il
verde alzò
gli occhi al cielo. “Sei un genio! Io non c'avrei mai
pensato!”
Rufy
si
incupì. “Smettila di prendermi in giro, a-almeno a
me viene in
mente qualcosa!”
“Taci che è
meglio!”
Rufy
mise il
broncio ma durò la frazione di un secondo perché
aveva avuto
un'altra entusiasmante idea dopo aver notato per la prima volta il
fiumiciattolo che gli scorreva affianco e che li accompagnava
involontariamente costeggiando quella stradina pedonale. Era il fiume
navigabile di Elbaf e scorreva placido tra le sue sponde dividendo in
due la città. Senza accorgersene nella fuga si erano
ritrovati a
correre accanto agli ormeggi delle barche e a Rufy era venuta
l'illuminazione divina. “Scappiamo con una di quelle
barchette!”
Zoro
si voltò
appena, respirando con sempre maggiore affanno, non degnandolo di una
risposta. Rufy lo tirò per la manica, scansando all'ultimo
secondo
alcuni passanti terrorizzati.
“Dico sul
serio! Papà mi ha insegnato a manovrare una barca, lo so
fare Zoro!”
Il
verde era
ormai stremato, guardò negli occhi Rufy e annuì
esausto.
“Pure furto
di imbarcazione ci metteranno... scegline una Rufy e facciamola
finita, non ne posso più di correre!”
Nemmeno
il
tempo di dirlo che l'amico stava già deviando a destra,
verso il
bordo laterale del fiume. Scelse al volo la prima barchetta libera a
due posti che gli sembrasse adatta allo scopo e ci si tuffò
dentro
seguito a ruota dal verde che tirò il fiato per un attimo, i
polmoni
in fiamme.
“Stacca gli
ormeggi che accendo il motore!”
Zoro
non se lo
fece ripetere. I due tizi del bar erano sempre più vicini ma
Rufy
era rapido a dare le direttive e in pochi secondi si stavano
già
muovendo. Con enorme sollievo vide la riva allontanarsi sempre di
più
tra gli spruzzi d'acqua man mano che la barchetta li portava al
centro del fiume e da lì proseguiva poi spedita verso la
stessa
direzione in cui correvano poco prima.
Zoro
ghignò
soddisfatto in direzione dei due energumeni bloccati sulla banchina
che lanciavano ogni genere di imprecazioni contro di loro,
impossibilitati a fare alcunché visto che non avevano
più modo di
inseguirli.
Con
i capelli
al vento Rufy dirigeva la barchetta con mano ferma senza sbandare,
lanciandogli sorrisi soddisfatti. Zoro ghignò in risposta,
non
pensava davvero che fosse in grado di guidare una barca quando aveva
acconsentito ma aveva voluto fidarsi di quello sguardo determinato,
rare volte l'aveva visto così certo e fortunatamente il suo
istinto
aveva avuto ragione. Era contento di aver scoperto un lato nuovo del
suo amico.
Finalmente
al
sicuro, si permise di tirare un sospiro di sollievo sentendo il cuore
calmarsi piano e tornare a battere ad un ritmo normale. Zoro si
appoggiò rozzamente al parapetto guardando la
città che gli
scorreva davanti illuminata dalla luna, ripensando alla fortuna
sfacciata che avevano avuto, nonostante sapessero di essere in torto
marcio. Si ripromise di fare un discorso a Sanji e alla sua mania di
voler tenere tutto sotto controllo, portafogli altrui compreso.
“Elbaf è
stupenda da qui...” sentì mormorare a Rufy dietro
di sé dopo
qualche minuto di silenzio.
Zoro
non
poteva che essere d'accordo. Le strade che costeggiavano il fiume
brulicavano di vita, anche se era piena notte. Ora che poteva
godersele le osservava con ritrovato entusiasmo, i locali e i bar
illuminati spandevano nell'aria musica e profumi di ogni tipo e tanti
navigatori come loro li salutavano affabili dalle proprie
imbarcazioni. Che bell'attimo di pace...
“Senti...”
ecco, era già finita. “Tu sai dove stiamo
andando...?”
Zoro
si voltò
sorpreso verso l'amico. “Io? Stai guidando tu!”
Rufy
alzò gli
occhi al cielo. “Si, ma solo perché il fiume
scorre in questa
direzione! Non ho idea di dove siamo!”
Zoro
sospirò.
“Credo che dovremo chiamare Sanji e farci venire a
prendere.”
Rufy
concordò.
“Ormai siamo abbastanza lontani, ci possiamo fermare
laggiù!”
Zoro
annuì
distrattamente mentre estraeva il cellulare dalla tasca, sentendo la
barchetta virare a sinistra e rallentare fino a fermarsi nei pressi
della banchina.
Rufy
uscì con
un saltello dalla barca e si accucciò per ancorare le corde
al molo.
“Ciao, sei
nuovo?”
Il
moro non
aveva visto arrivare nessuno e gli venne un colpo sentendo quella
voce sconosciuta così vicina al suo orecchio. Era pur sempre
un
ricercato!
Si
voltò di
scatto e altrettanto di scatto la proprietaria della voce si ritrasse
dalla posa piegata in cui stava, arretrando di un passo spaventata
per la reazione terrorizzata che aveva avuto il moro alla sua
domanda.
Quello
si
guardò attorno frenetico. Niente energumeni, niente
pistole... ok,
niente paura allora. A parlare era stata solo una ragazza in tuta e
con le luci dei lampioni riusciva anche a vederla bene. Mora, alta,
carina, della sua età o poco di più, che lo
squadrava corrucciata
cercando di capire cosa gli fosse preso. In un millisecondo Rufy
aveva catalogato tutto come un grande equivoco e, appurato la donna
fosse sola e non mal accompagnata, si sciolse in un cordiale sorriso,
cercando di farsi perdonare la gaffe.
“Ti prego di
scusarmi se ti ho spaventata!” esclamò con una
risatina. “Ti-ti
ho scambiato per qualcun altro!”
Lei
parve
tranquillizzarsi un po' a quelle parole e abbozzò un
sorrisino in
risposta, tenendosi comunque a distanza di sicurezza. “Non
preoccuparti, sono cose che succedono!” mormorò
pratica
sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Io sono
Rufy, comunque.” le disse allungando una mano verso di lei.
La
ragazza
esitò un istante ma poi, vinta dall'espressione cordiale del
moro,
gliela strinse serena.
“Tashigi,
piacere.”
Rufy
ampliò
il sorriso e la ragazza perse un paio di battiti, avvampando
all'improvviso. Fece il tragico errore di osservare nella sua
completezza quell'affascinante sconosciuto illuminato dalla luce
della luna per un lungo lunghissimo istante che le fu fatale.
“Cosa mi
avevi chiesto prima?”
“Oh...
ehm...” lui la guardò incoraggiante, avvicinandosi
e lei arrossì
del tutto, incapace di capire cosa le prendesse. “Ti-ti avevo
ch-chiesto se... se sei nu-nuovo...”
Rufy
la scrutò
incuriosito ma affabile. “In che senso...?”
La
donna si
passò una mano tra i lunghi capelli neri temporeggiando, non
riuscendo a staccare gli occhi dai suoi, brillanti e penetranti come
pochi altri avesse mai visto, completamente rapita.
“I-i-i-intendevo...
beh... i-io...”
Ma
cosa le
prendeva? Da quando un perfetto sconosciuto le faceva un effetto tale
da farla balbettare?? Era un donna forte e indipendente, lei! Si, una
donna che sapeva come dirigere la propria vita! Una donna
intelligente, capace e autonoma, si! Mentre lui... lui... era un
ragazzino... più giovane di lei anche... con le sembianze di
un
angelo tentatore giunto dal mare invece che dal cielo per attirarla
con un solo sguardo tra i suoi meravigliosi e peccaminosi artigli,
ecco cos'era...
Rufy,
completamente ignaro dello sconvolgimento emotivo che stava causando,
si grattava dubbioso una guancia, riflettendo sui comportamenti
strani delle donne.
Tashigi
parve
rendersi conto di sembrare una perfetta idiota e si riscosse di
colpo, ricordandosi improvvisamente che cosa ci faceva lì e
perché
aveva avvicinato quel giovanotto tanto affascinante. Indicò
tremante
la cartellina che aveva in mano e il distintivo alla cintura.
“Sono
un a-agente. Ho-ho bisogno di vedere l'autorizzazione per l'attracco
e la tua patente nautica. Devo documentare ogni nuovo arrivo e... non
ti avevo mai visto prima!” ...anche perché se lo
sarebbe
ricordato...
Tashigi
scosse
di nuovo la testa, il cuore a mille, sentendo il sangue affluire
nuovamente sulle guance. Ma cosa le prendeva?
Rufy
strabuzzò
gli occhi. Patente nautica? Di che diavolo parlava??
Scavò
frenetico nel suo cervello cercando una buona scusa da usare per
giustificare l'assenza totale di qualsivoglia patente o
autorizzazione in suo possesso, non riuscendo a trovare nulla di
sensato da esporre e lasciò passare parecchi secondi di
imbarazzante
silenzio.
“Ehm...”
esordì ridacchiando, passandosi distrattamente una mano
dietro la
nuca. “Non so bene come dirlo...”
Tashigi
alzò
un sopracciglio, ritornando composta per un attimo. Quell'inizio non
prometteva bene.
“Dunque... è
una storia piuttosto comica a dire il vero...”
proseguì il moro,
aumentando in maniera esponenziale il sospetto nello sguardo della
ragazza. “Come potrei dire... beh...”
“Si...?”
lo incoraggiò quella intuendo guai, per lui.
Rufy
rise
imbarazzato, tergiversando, valutando se fosse il caso o no di
confessare tutto e tentare la pista della supplica. “Ecco...
tecnicamente la barca non sarebbe proprio mia mia...”
Bravo,
così,
doveva iniziare per gradi. Glielo diceva sempre Ace, mai andare
dritto al sodo con una donna, preferiscono che ci giri un po'
attorno, nulla di diretto perché amano la suspense e la
calma.
Certo, questa volta non doveva rimorchiarla, però era sicuro
che il
consiglio poteva essere adattato ad altri contesti.
Tashigi
si
sistemò meglio gli occhiali, osservandolo critica stavolta.
“Che
significa? Di chi è questa barca e dove è la tua
patente?”
Rufy
allargò
le braccia, questa ragazza non conosceva la base di un rapporto
uomo-donna? Voleva tutto subito? E la suspense? “Beh... non
è mia
perché...”
Tashigi
incrociò le braccia visibilmente sul punto di arrabbiarsi e
il moro
pensò correttamente, strano ma vero, che far infuriare un
pubblico
ufficiale non era esattamente cosa buona e giusta vista la loro
situazione. Forse era meglio vuotare il sacco e sperare che il
rapporto di amicizia, già ormai solidamente instaurato,
potesse
bastare per farle chiudere un occhio. Si, senz'altro lo avrebbe
fatto, gli sembrava una così brava persona quella Tashigi!
Rufy
sorrise
sicuro. “Vedi è una storia davvero strana... non
posso darti la
patente perché non ce l'ho! Mai presa...” lei
sgranò gli occhi ma
prima che potesse dire qualcosa il moro proseguì risoluto.
“...e
non ho nemmeno l'autorizzazione perché semplicemente questa
barca
non è mia...”
ridacchiò.
“...l'abbiamo rubata! Ma c'è una spiegazione
validissima e sono
sicuro che tu, come mia nuova amica, capirai perfettamente che non
siamo noi i cattivi e...”
“Rufy ma con
chi stai parlando? Sanji non risponde e neppure tua sorella, ho
provato a chiamarli mille volte!”
Zoro
sbucò da
dietro le sue spalle con un diavolo per capello, affiancandolo senza
staccare gli occhi dal piccolo schermo e trafficando rapido con le
dita sui tasti del telefono. “Piantala di perdere tempo che
tra il
conto non pagato e la barca rubata abbiamo già fatto un bel
casino
per stanotte! Andiamocene prima che ti venga voglia anche di rapinare
una banca!”
Zoro
alzò
deciso lo sguardo sul suo amico, mettendo via il cellulare ormai
scarico, ma tutto quello che riuscì a vedere fu il foro nero
e
minaccioso della canna scintillante di una pistola d'ordinanza
puntata dritta verso di sé. Ci rimase talmente di sasso che
non
riuscì a spiccicare una parola di più.
Rufy,
al suo
fianco, teneva già le mani alzate, sudando freddo.
Tashigi
d'altro canto li osservava sicura e ostile, reggendo fermamente la
sua arma con entrambe le mani, puntandola verso di loro. Quando
parlò
non sembrava più la ragazzina imbarazzata di poco prima e
fece
gelare il sangue nelle vene ad entrambi.
“Non so chi
siate, né da dove veniate ma in nome della città
di Elbaf, io vi
dichiaro in arresto per furto, guida senza patente...”
Rufy
tentò di
sdrammatizzare. “Ma Tashigi-chan, siamo amici... io credevo
che
avresti potuto chiudere un occh...”
“...e
tentata corruzione di pubblico ufficiale! Qui si parla di parecchio
tempo dietro le sbarre!”
Zoro
e Rufy
impallidirono e l'unica cosa che il moro riuscì a pensare
prima di
venir trascinato via in manette fu che Ace non si era mai premurato
di spiegargli cosa fare se l'intervento inopportuno di un amico
mandava all'aria un suo proposito con una donna, di qualsiasi genere
esso fosse.
*
“...ed ora
forza, tutti in coro!
We
are the
champions, weeee are the championssss, weeeee areee the championssss,
my frieeeends!!!”
Nami
si mise
una mano davanti alla bocca tentando di frenare un po' le risate che
la stavano sopraffacendo.
“...no
timeeee foooor loooserssssss!!!”
Non
ce la
faceva più, era più forte di lei, rise senza
ritegno insieme agli
altri.
“...cause
weeee are theee championsssss, offf the worldddd!!!!”
Non
riusciva a
credere a quello che stava succedendo.
“...and
weeee'll keeeeep on fightiiiing...”
Quando
aveva
pensato che entrare in quel caffè avrebbe aiutato Sanji a
distrarsi
non immaginava certo che sarebbe finita con lui che si ubriacava,
saliva in piedi su un tavolo e coinvolgeva l'intero locale in uno
spettacolo di karaoke, dirigendo la folla nel canto come un direttore
d'orchestra fa con i suoi musicisti, bacchettandoli pure se non
seguivano il ritmo giusto, ovvero il suo.
Seduta
comodamente al bancone del bar, Nami sorseggiava ridacchiante la sua
birra piccola guardando il suo amico addentare l'ennesimo dolcetto
all'hashish, in un momento di pausa tra una strofa stonata e l'altra.
Sanji
da
ubriaco era uno spettacolo! Peccato che se lo fosse perso al gay
pride, in quel momento di certo aveva ben altro a cui pensare e le
prodezze alcoliche del biondo probabilmente non rientravano nelle sue
priorità, però poteva gustarselo ora. Si era
mantenuta
completamente sobria a differenza dell'amico che aveva spazzolato
decine di dolcetti e disseminato boccali vuoti e semivuoti sui tavoli
accanto e per terra dove ormai si faceva fatica pure a passare. Ma i
camerieri dov'erano?
Si
sistemò
meglio sulla sedia e lanciò un'occhiata all'orologio appeso
al muro.
Mancavano pochi minuti a mezzanotte e ancora non aveva avuto notizie
di Rufy e Zoro. Sbuffò infastidita prendendo qualche
salatino dal
bancone, rimuginando, una mano a sorreggere la testa ciondolante.
Probabilmente erano troppo impegnati a divertirsi in quello strip
club per avere il tempo materiale per chiamarli! Non che gliene
importasse qualcosa di quello che facevano nel loro tempo libero, ma
lei cominciava ad essere stanca e Sanji a mostrarsi sempre
più
molesto con gli avventori che avevano l'ardire di sbagliare le parole
di canzoni famose che lui reinventava di sana pianta sul momento.
Forse avrebbe dovuto pensare ad un modo per trascinarlo via prima che
qualcuno di troppo permaloso o troppo fumato valutasse l'idea di
abbatterlo fisicamente e moralmente, come lui stava facendo con i
testi di alcune delle canzoni più belle mai scritte.
Sanji
aveva
appena convinto un gruppo di anziani turisti thailandesi a cantare
con lui gli AC/DC quando il cellulare di Nami prese a suonare
all'impazzata. La rossa guardò il nome sul display e si
accigliò.
“Pronto?”
esordì titubante rispondendo al numero sconosciuto.
“Ciao Nami!”
“...Rufy?”
“Indovinato!”
“Hai perso
il telefono? Da che numero mi stai chiamando?”
Il
moro
dall'altra parte della cornetta esitò. “Ehm...
buffa storia...”
“In che
senso? Dov'è il tuo cellulare?” chiese sospettosa.
Sentì
Rufy
ridacchiare nervosamente e il sospetto crebbe.
“...ehm... è
in custodia... non lo posso usare...”
Nami
sgranò
gli occhi. “Che vuol dire in custodia?? Che cosa avete fatto,
dove
siete??”
Il
moro esitò
di nuovo, accidenti se era difficile cavargli le parole di bocca. La
rossa si spazientì. “Rufy??
Dove-accidenti-sei??”
Lo
sentì
sospirare profondamente attraverso l'apparecchio. Non preannunciava
nulla di buono.
“Al
commissariato...”
Gli
occhi di
Nami schizzarono fuori dalle orbite.
“...ci hanno
arrestato...”
*
Si
svegliò di
soprassalto per il fracasso di qualcosa che cadeva a terra e
alzò la
testa di scatto da quel posticino caldo e morbido dove fino ad un
attimo prima dormiva beato, rendendosi conto che era già
mattina da
un pezzo, non si ricordava nemmeno di essere andato a letto.
Si
strofinò
il viso rudemente, cercando di riprendersi e aprì gli occhi
a
fatica. Ci mise un secondo per capire di trovarsi di nuovo in posto
sconosciuto, coi postumi della sbornia e di essere sdraiato sopra ad
un morbido divano, in un salotto ignoto. Un fascio di luce accecante
entrava dalla portafinestra davanti a lui ed era stupito non fosse
stato quello la causa del suo risveglio improvviso e fastidioso. Era
certo di non esserselo immaginato quel baccano. Cercò di
mettersi
seduto forzando le gambe addormentate a collaborare e tese
l'orecchio, guardingo. Di nuovo avvertì distintamente un
rumore
forte venire da qualche parte oltre la porta chiusa che vedeva
davanti a sé. Non era solo.
Sentì
l'inconfondibile suono di una padella che veniva gettata malamente
nel lavandino e un qualcosa di indefinibile nell'aria che aleggiava
per la piccola stanza. Solo dopo qualche attimo si accorse che era
odore di bruciato.
Di
pane
bruciato per l'esattezza. Di pane al sesamo bruciato con sopra olive
verdi giganti d'importazione tagliate a dadini, con un velo di
coriandolo confezionato e non fresco, un pizzico di cannella da marca
scadente, guarnito con gocce di cioccolato bianco vecchio di qualche
settimana, il tutto inzuppato nell'olio d'oliva, non extravergine.
Sanji
storse
il naso per quell'accostamento di ingredienti, chi poteva essere
l'autore di tale abominio? Un miscuglio orrido che il suddetto
sconosciuto aveva pure bruciato!
Qualcosa
non
tornava... Di sicuro non si trovava nell'ostello che lui e Nami
avevano prenotato la sera prima, ma allora dove diavolo era??
L'ultima cosa che ricordava era il dolce che quel gentilissimo
cameriere gli aveva messo sotto al naso in quel coffe shop, poi era
tutto un susseguirsi di immagini e ricordi senza senso. Lui che si
metteva in piedi su un tavolo e urlava, alcuni tizi strani con i
rasta che cercavano di farlo scendere, gente sconosciuta che gli
offriva da bere, un gruppo di thailandesi entusiasti di cantare con
lui al karaoke, Nami che lo tirava per un braccio con l'aria di una
che vorrebbe lanciare una maledizione a qualcuno e poi lo molla
lì
allontanandosi...
E
perché da
quando si era svegliato aveva in testa 'We are the champions' dei
Queen?
Ma
perché si
ficcava sempre in certe situazioni?
“Sono un
cretino...” mormorò a se stesso massaggiandosi il
collo dolente.
“Stavolta ho davvero chiuso con l'alcool...”
“Mi fa molto
piacere sentirlo!”
A
Sanji venne
un colpo. Troppo occupato a riordinare i pensieri non aveva sentito
la porta aprirsi e si era quasi scordato di non essere solo in quella
casa. Sulla soglia si stagliava tutto sorridente il probabile
proprietario del divano su cui era seduto, nonché il sicuro
artefice
del fumo nerastro e soffocante che usciva senza freni dalla stanza
dietro di lui e che con una rapida occhiata scoprì essere,
senza
tanto sforzo di fantasia, la cucina.
Sanji
si alzò
in piedi istintivamente diffidente anche se il nuovo venuto non
sembrava avere intenzioni ostili, anzi gli lanciava ghigni
entusiastici e avrebbe detto vagamente imbarazzati. Lo
guardò
correre verso la finestra della stanza per poi aprirla.
“Scusami,
era necessario cambiare un po' l'aria qui dentro...”
Sanji
annuì
meccanicamente senza staccare gli occhi dalla sua figura, tenendosi
comunque a distanza.
“Ti ho
preparato la colazione! Uova e bacon, spero ti piacciano! C'era anche
il pane ma... beh... non ha fatto una bella fine...
ehehehehe!”
esclamò ridacchiando da solo.
Sanji
notò
solo in quel momento che teneva un piattino in mano e gli
bastò un
istante per decidere di non assaggiare nulla di quello che gli
avrebbe dato. Quella roba non aveva nemmeno vagamente l'aspetto di
uova e bacon, meglio non rischiare visto come era andata col pane...
Ma
chi era
questo tizio?
Come
se gli
avesse letto nel pensiero lo strano personaggio avanzò
saltellante
con la mano tesa a mò di premessa. “Sono un
maleducato, non mi
sono neanche presentato! Piacere, io sono Bartolomeo e questa
è casa
mia!”
Sanji
alzò un
sopracciglio, titubante, cercando di ricordare se l'avesse mai visto
prima ma non gli veniva in mente. Si strinse nelle spalle e
afferrò
la sua mano. “Sanji. Grazie per l'ospitalità di
stanotte.”
L'altro
ridacchiò. “È stato un piacere! Eri
preso piuttosto male al bar
ieri sera...”
Sanji
si
permise di scrutarlo più attentamente. Che tipo singolare...
al
posto dei denti pareva avere delle zanne, ma forse era ancora mezzo
ubriaco, non poteva essere... e poi aveva dei buffissimi capelli
verdi, gli ricordava un po' il marimo...
Oddio!!
I suoi
amici!! Si era completamente scordato degli altri!! Chissà
dov'erano? Nami stava bene? Era con Zoro? Con Rufy? Non ricordava
nulla della serata precedente, accidenti!
“Bartolomeo?”
Chiedere
direttamente a quello che l'aveva aiutato poteva essere la soluzione,
oltre che l'unica alternativa visto che a quanto pareva era con loro
al locale.
“...non è
che per caso ti ricordi della ragazza che era con me ieri sera al
bar? Rossa, alta, formosa, bellissima... praticamente una dea scesa
in terra?”
L'uomo
annuì
sicuro con enorme sollievo del biondo. “E chi se la scorda
Nami?”
si sedette al suo fianco sul divano passandogli il piatto.
“Ragazza
splendida. Non ho ancora ben capito come ha fatto a convincermi a
pagarla perché ti tenessi d'occhio...”
Sanji
batté
gli occhi, confuso. “Nel senso che tu hai pagato lei per
tenermi
d'occhio...?”
Bartolomeo
annuì pensieroso. “Non ho capito molto, lo
ammetto. Ma la sua
spiegazione filava che era una meraviglia...”
Il
biondo
addentò sovrappensiero un boccone dal piattino. Il conato
che arrivò
spontaneo venne trattenuto a forza e cercò di celarlo con un
colpo
di tosse. Accidenti se era cattivo!
Si
auto
costrinse ad inghiottire la cucchiaiata senza fare troppe smorfie,
non conosceva ancora quest'uomo, meglio tenerselo amico.
“Sai... sai
per caso che fine ha fatto?”
Bartolomeo
annuì di nuovo. “Ha ricevuto una chiamata mentre
eravate ancora al
bar e ho intuito avesse fretta di andarsene visto che mi ha chiesto
di prendermi cura di te finché non fosse tornata, non eri in
condizioni di fare molta strada, ha preferito lasciarti con me a
smaltire la sbornia. Mi ha detto che sarebbe tornata dopo qualche ora
ma ormai è passato parecchio tempo... ho lasciato il bar
chiuso
stamattina per aspettarla, spero vada tutto bene...”
“Il bar...?”
“Ah, forse
non te lo ricordi... io sono il proprietario del coffe shop in cui
hai dato spettacolo!” rise “Devo ringraziarti,
molti clienti mi
hanno fatto i complimenti per l'intrattenimento!”
Sanji
si
sentiva sul punto di vomitare e non per il boccone pessimo.
Il
trillo
improvviso del campanello li fece sussultare per la sorpresa.
Bartolomeo
andò subito alla finestra. “È la tua
amica Nami! Si è ricordata
che abito sopra al bar per fortuna.”
Sanji
sospirò
di sollievo, almeno stava bene. Alzò lo sguardo incuriosito
quando
sentì il verdino ridacchiare, gli occhi ancora incollati
sulla
strada.
“I due
strani tizi con lei non hanno l'aria di aver passato una bella
nottata...” si voltò sorridente verso Sanji.
“Vado di corsa a
preparare un altro po' di uova e bacon! Sembra che ne abbiate tutti
un gran bisogno stamattina!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Forgive me ***
Nami era
l'unica donna del gruppo, ma valeva come venti uomini. Se per
disgrazia ti capitava di ritrovartela contro potevi tranquillamente
preparare l'anima per il padreterno perché con te non ci
sarebbe
andata leggera. Chi conosceva la famiglia Monkey al completo si
rendeva subito conto da chi avesse preso quella forza sovrumana che
la rendeva capace di stenderti con un solo pugno. Nami era proprio
figlia di suo padre e ne andava molto fiera, il caratterino pungente
invece era eredità materna.
Tutti
sapevano
che farla arrabbiare voleva dire botte, botte serie, da ricovero
ospedaliero. Botte da obitorio se, per sciagura, l'avevi fatta
arrabbiare per qualcosa che riguardava i soldi, i suoi soldi.
La
polizia di
Elbaf questo non lo sapeva quando aveva concesso a Rufy di contattare
qualcuno che pagasse la cauzione per lui e Zoro dopo l'arresto. Non
immaginavano certo che sarebbe arrivata una furia rossa con chiare
intenzioni bellicose a prelevare i due imbecilli del furto della
barca! Ebbero modo di conoscerla a fondo dopo averla dovuta
ammanettare ad una scrivania pur che la smettesse di massacrare
fratello e compare. Non avevano mai visto una cosa simile e di casi
umani ne vedevano molti.
Dopo
averla
fatta calmare con una buona dose di Valium, l'ispettore Tashigi e il
commissario Smoker avevano stabilito di comune accordo di
soprassedere a quello scatto d'ira, giudicandolo estremamente
motivato e giustificabile. In quelle ore di cella avevano interrogato
a lungo sia Zoro che Rufy ed erano rimasti basiti per
l'imbecillità
di entrambi. Quella povera donna aveva tutta la loro comprensione.
Pagata
la
salatissima multa li avevano lasciati andare, raccomandandosi di
abbandonare il paese quanto prima e Nami stessa li aveva rassicurati
in merito, non voleva restare in quel dannato posto un minuto di
più.
Rufy
e Zoro,
ancora pestati a sangue, non avevano più fiatato da che
avevano
lasciato il commissariato, perfettamente consapevoli di essere in
torto marcio e poco inclini a ricevere un'altra scarica di pugni da
Nami che con un diavolo per capello li aveva condotti a passo di
marcia fino al bar della sera prima. Fortunatamente non era molto
lontano ma ormai si era fatta mattina quando ritrovarono Sanji.
Non
servì
nemmeno chiederlo, il biondo intuì che doveva essere
accaduto
qualcosa di particolarmente grave perché non aveva mai visto
i suoi
amici ridotti peggio, né Nami così arrabbiata da
non riuscire quasi
a spiccicare parola tra un grugnito e l'altro. Fece spallucce, felice
di non far parte del problema, decidendo che avrebbe indagato non
appena le acque si fossero calmate. Era arrivato il momento di
rimettersi in marcia.
“Grazie di
tutto Barto! Speriamo di rivederci un giorno!” dal
marciapiede
Sanji agitò la mano in direzione della finestra aperta al
primo
piano dove il verdino si sbracciava per salutarli.
“È stato un
piacere, Sanji! Se ripassate da Elbaf venite a salutarmi! Vi
preparerò ancora le mie uova!!”
Zoro
e Rufy
fecero una smorfia disgustata al ricordo di quello che erano stati
costretti ad ingurgitare, Rufy non aveva mai rifiutato del cibo in quel
modo!, prima di avviarsi mogi mogi dietro a Nami
che era già ripartita rapida in direzione di una qualsiasi
fermata
dell'autobus.
Venti
silenziosi minuti dopo ne trovarono una in una stradina secondaria e
la notizia venne accolta con relativo entusiasmo da almeno una parte
di loro. Non appena arrivati e messi gli zaini a terra al riparo dal
sole, Sanji sussultò battendosi una mano sulla fronte.
“Non ho più
chiamato Chopper!” tirò fuori al volo il cellulare
e guardò Nami.
“Faccio in tempo a fare una telefonata?”
Lei
annuì
stancamente sedendosi sulla panchina sotto la pensilina. “Fa
pure
con calma, tanto il primo autobus passa tra un'ora...”
mormorò
indicando la tesserina con gli orari delle corse attaccata ad un palo
là accanto.
Sanji
sorrise
mesto allontanandosi di qualche passo con il telefono all'orecchio e
la sigaretta già accesa in bocca. Nami chiuse gli occhi
poggiando la
testa contro il vetro dietro di lei. Aveva passato una notte insonne
ed era stanca morta, per non parlare del fatto che in poche ore aveva
perso la bellezza del guadagno di cinque estati a lavorare nel campo
di mandarini di famiglia. Aveva dovuto pagare la cauzione e pure il
conto del ristorante, se ci ripensava le veniva una tale rabbia...
avrebbe dovuto lasciarli lì a marcire!
Si
massaggiò
le meningi, esausta, non aveva nemmeno più la forza per
sbraitare e
continuare a pensarci le faceva venire mal di testa.
“Ehm...
Nami...?”
Aprì
gli
occhi incrociando lo sguardo afflitto del fratello in piedi davanti
lei. Ondeggiava instabile sulle gambe, incapace di stare fermo e non
sembrava minimamente preoccupato dello sguardo assassino che lo
trapassava di netto.
“Senti...”
cominciò grattandosi una guancia. “Volevo...
beh... scusarmi di
nuovo... per... beh... lo sai, no?” tentennò
tentando la strada
della riconciliazione, sperando forse di farle pena.
Ma
Nami in
quel momento non era in vena di provare pietà per nessuno,
figuriamoci per lui, e Rufy lo sapeva. Sapeva bene che in quei casi
la sorella andava lasciata sbollire in solitudine prima di provare a
fare alcunché per farsi perdonare la fesseria di turno
eppure aveva
voluto provarci lo stesso. Il morale a terra gli aveva fatto scordare
che per le scuse era ancora troppo presto e Nami non perse tempo a
ricordarglielo con un'occhiata assassina che lo raggelò
nonostante
il caldo afoso che si respirava in quella stradina lontana dal
centro. Rufy deglutì sommessamente e indietreggiò
intimorito.
“Gi-giusto,
troppo presto ancora... va-vado a se-sedermi laggiù...
tranquillo...
e non darò più fastidio... giuro!”
Nami
seguì
rabbiosa la sua figura allontanarsi di diversi metri e sedersi in un
angolino sul marciapiede, sospirando tetro. Sbuffò
infastidita e suo
malgrado iniziò a provare un po' di senso di colpa che
però bruciò
sul nascere. Eh no! Col cavolo che doveva sentirsi in colpa, lei non
aveva fatto nulla di male! Aveva il diritto di essere arrabbiata e ci
sarebbe rimasta per tutto il tempo che voleva, accidenti! Non solo
aveva perso un sacco di soldi ma le era toccato pure discutere per
ore con la polizia cercando di spiegare che quelli non erano
criminali ma solo due imbecilli!
Digrignò
i
denti lasciando vagare lo sguardo attorno a sé tra i campi
di
tulipani e le poche case, rimuginando. La mente volò
all'albo da
disegno che teneva nello zaino, quel paesaggio sarebbe stato
bellissimo da riprodurre. Il disegno solitamente riusciva a calmarla
ma il nervoso che sentiva addosso in quel momento era assoluto, la
sua più grande passione non l'avrebbe aiutata.
Era
vero che
di solito sarebbe stato meglio lasciarla sbollire da sola ma per lo
meno doveva ammettere che Rufy era stato gentile, aveva tentato di
farsi perdonare e non solo poco prima, anche al commissariato e lungo
la strada. Aveva provato più volte a chiederle scusa, senza
successo, ma almeno aveva tentato, cosa che non poteva dire di
qualcun altro...
Si
fissò i
lacci delle scarpe, improvvisamente tormentata dai suoi stessi
pensieri. Alzò piano lo sguardo osservando una certa testa
verde con
la coda dell'occhio. Zoro se ne stava in piedi, ritto dietro di lei a
braccia incrociate al di là del vetro della pensilina che li
divideva e si guardava attorno tranquillo aspettando l'autobus. Da
quando erano usciti dal commissariato non aveva più aperto
bocca e
Nami aveva sperato fosse per via delle botte prese ma ora che stava
fisicamente meglio, proprio come Rufy, continuava a non proferire
verbo e la cosa iniziava a darle parecchio fastidio. Lei lo aveva
aiutato e Zoro non aveva mai nemmeno tentato di ringraziarla o di
chiederle scusa e questo le stava pesando più di quanto
avrebbe mai
ammesso. Si era aspettata per lo meno un goffo tentativo di scuse
imbarazzato e nervoso e invece niente, il fatto che non fosse
arrivato ancora nulla da parte sua le dava fin troppo fastidio. Non
capiva perché la testa di muschio non avesse nemmeno provato
a dirle
qualcosa, qualsiasi cosa! Non voleva grandi giri di parole, le
sarebbe bastato un 'grazie' o un 'te li rendo' detti a denti stretti,
le sarebbe bastato davvero. Bastato per capire che forse non la
odiava così tanto, che forse non la considerava poi quel
mostro che
lui dipingeva, che forse aveva dei sentimenti anche lei e che, sempre
forse, le sarebbe piaciuto instaurare un rapporto diverso e non
basato su un'inutile e insensato odio reciproco.
Nami
riportò
la sua attenzione ai lacci delle scarpe rendendosi conto di
desiderare una cosa stupida e folle. Chi voleva prendere in giro? Lei
non l'aveva mai odiato davvero, mai, nemmeno ora che avrebbe avuto un
motivo, seppur idiota, per farlo. Era da stupidi quella recita, lo
sapeva, ma non riusciva a fare diversamente perché l'odio
non era
un'invenzione, c'era anche se solo da parte di Zoro, e non si sarebbe
attenuato per così poco. Era inutile continuare a sperare in
un
rapporto civile un giorno, non poteva più sprecare tempo ed
energie
dietro a qualcuno che faticava solo al pensiero di restare nella
stessa stanza con lei per più di due minuti e si tappava
anche il
naso pur di non sentire il suo profumo aleggiargli vicino. Nami si
girò tetra imponendosi di non guardarlo.
Era
una cosa
ridicola, perché doveva restarci male se uno scimmione
imbecille la
odiava? Non era affatto giusto! Di nuovo la collera tornò
prepotente
in lei.
Si
alzò in
piedi dando accuratamente le spalle all'oggetto dei suoi pensieri,
prendendo a fare avanti e indietro sul marciapiede a passo di marcia.
Perché
non la
smetteva e lo accettava? Lui la odiava? Bene, sarebbe stato lui a
perderci!
Sbuffò
nervosamente incrociando le braccia e raggiungendo in poche falcate
il palo con gli orari dell'autobus, giusto per fingere di fare
qualcosa anche se non riusciva nemmeno a leggere quello che c'era
scritto tanto era furiosa.
Le
nacque
spontaneo in gola un lamento isterico da stress nervoso che
riuscì
ad attutire con un finto colpo di tosse e si costrinse alla calma.
Respirò a fondo, riflettendo, sempre concentrata sulle
scritte in
aramaico antico della tesserina dell'autobus.
Era
ora di
finirla, non poteva sempre arrabbiarsi tanto, le sarebbe venuta
un'ulcera continuando così e non ci teneva affatto. Zoro era
un
idiota e come tale doveva necessariamente sparire dal suo radar!
Finito quel viaggio avrebbe cercato di evitarlo come la peste,
più
di quanto già non facesse, e si sarebbe scordata del
fastidio
insensato che le provocava il suo odio immotivato. Pazienza se la
odiava, presto a lei non sarebbe importato di meno!
Nami
annuì
tra sé e sé, sicura, prima di darsi della stupida
da sola. Di
nuovo, ma chi voleva prendere in giro? Davvero era convinta che
avrebbe smesso di importargli? Alzò gli occhi al cielo,
esasperata
anche con quella vocina interiore che il più delle volte le
ricordava verità indiscutibili. Era davvero ora di finirla,
eppure
non credeva ancora che ne sarebbe stata in grado.
Rinunciò
al
fingere di sembrare interessata agli orari dell'autobus e
tornò
sotto la pensilina con il morale a terra. Non era capace di darsi una
risposta seria al momento, ma doveva trovare una soluzione, non
poteva continuare a distruggersi il fegato in quella maniera.
Inevitabilmente,
l'occhio le cadde di nuovo sulla figura di Zoro, ancora fermo nello
stesso posto e talmente immobile da farla dubitare che respirasse.
Non
capì
esattamente cosa la spinse ad abbassare lo sguardo per puntarlo sul
suo zaino, forse a causa di quella strana sfumatura cremisi che aveva
casualmente notato a colpo d'occhio solo perché circondata
dal nero
del tessuto. La considerazione arrivò improvvisa e senza
rendersene
conto: ricordava di non avere nulla nel suo zaino di colore rosso...
Si
accigliò e
ci mise un paio di secondi per mettere a fuoco cosa fosse quella
macchiolina scarlatta e un altro paio per riuscire anche a
identificarla restandone spiazzata.
Perché
c'era
un tulipano rosso sopra al suo zaino?
Gli
occhi le
si sgranarono sempre più man mano che si avvicinava al
fiore, fino a
spalancarli del tutto quando lo prese per osservarlo meglio ed
assicurarsi di aver visto giusto.
Era
un
bellissimo tulipano in fiore, fresco, delicato, morbido, il gambo era
lungo ma non troppo ed era stato reciso di proposito con una lama,
non era volato lì casualmente con il vento.
Nami
aggrottò
le sopracciglia, era sicura non ci fosse quando avevano messo a terra
gli zaini, da dove arrivava? Confusa lanciò un'occhiata a
Sanji,
quello sembrava proprio il genere di regalo che le avrebbe fatto lui
per rallegrarle un po' la giornata anche se non capiva
perché
metterglielo sullo zaino, non poteva direttamente darglielo in mano?
Con sorpresa, dovette presto escluderlo, Sanji era ancora al telefono
e parlava animatamente con quello che presumeva essere Chopper. Lo
scartò a priori, Sanji era troppo lontano e troppo coinvolto
dal
discorso non poteva essere stato lui, si era allontanata giusto un
minuto dalla panchina. Si voltò quindi verso il fratello,
poco
convinta fosse opera sua doveva ammetterlo, ma forse l'aveva pensata
come ulteriore modo per chiederle scusa. Rufy non era più
seduto
nell'angolino dove l'aveva visto mettersi nemmeno cinque minuti prima
ma in piedi e chiacchierava amabilmente con una ragazza bionda
spuntata da chissà dove che teneva al guinzaglio un piccolo
barboncino e sembrava guardare suo fratello come se fosse la cosa
più
bella mai capitata in vita sua o, per lo meno, nella giornata. Nami
sgranò gli occhi, non l'aveva notata avvicinarsi e non
riusciva a
credere che Rufy fosse riuscito a rimorchiare di nuovo! Era una
stradina secondaria circondata da campi e con poche case dove non si
vedeva anima viva, era inconcepibile persino per lei, ormai abituata
a vedere quelle scene, che avesse davvero beccato l'unica forma di
vita femminile mentre portava a spasso il cane.
Con
uno sbuffo
dovette scartare anche lui, era palesemente impegnato già da
diversi
minuti.
Una
strana sensazione si impossessò di lei quando
realizzò che c'era
solo un'altra persona che avrebbe potuto metterle intenzionalmente un
tulipano sopra lo zaino e farlo passare per una cosa da nulla. Il
cuore prese a batterle all'impazzata pompandole adrenalina nelle vene
mentre una piccola domanda faceva a pugni per riuscire a formarsi
nella sua testa. Impossibile...
Nami
alzò con
circospezione la testa, voltando il viso di tre quarti in modo da
poterlo vedere senza farsi notare troppo. Zoro era ancora
lì, fermo
e apparentemente tranquillo mentre lasciava vagare lo sguardo oltre
le case e i campi. Non sembrava curarsi di lei, delle sue occhiate
interrogative, né della sua scoperta nonostante gli fosse
stata
praticamente di fronte tutto il tempo.
Nami
aumentò
la presa sul tulipano, decisa a fare luce sulla questione e
avvicinò
il fiore al viso con lentezza calcolata, mettendolo bene in mostra.
Notò un'impercettibile cambiamento della postura, Zoro si
era
irrigidito non appena si era accorto che cosa lei tenesse in mano e
per un istante incrociò lo sguardo con il suo, abbassandolo
con
urgenza subito dopo.
Nami
abbozzò
un sorriso rendendosi conto di averlo imbarazzato. Continuava
a fare finta di niente guardando deciso l'orizzonte ma lei lo vedeva
quel leggero, leggerissimo, strato di rosso sulle sue guance. Rimase
a fissarlo incantata meravigliandosi quasi di vederlo così
turbato a
causa di un gesto tanto dolce quanto inconsueto per uno come lui,
perché ormai Nami non aveva più dubbi su chi
fosse stato a
regalarle quel fiore e in cuor suo ci aveva sperato fin dal primo
momento.
Con
il cuore
in gola e la testa su di giri, si trovò a ridacchiare da
sola,
felicissima. Le aveva chiesto scusa in un modo contorto appositamente
per non tradire quell'orgoglio insensato che si portava dietro da
sempre, ma lo aveva fatto! Zoro Roronoa le aveva fatto le sue scuse,
anche se in una maniera tutta sua.
Legò
saldamente il tulipano al suo zaino, sentendo la testa diventare
sempre più leggera ad ogni nuovo sorriso che le fioriva
spontaneo
sulle labbra. Non si rese nemmeno conto di aver sotterrato l'ascia di
guerra, non era più arrabbiata, neppure l'attesa per
l'autobus
sembrava infastidirla.
Si,
Nami lo
sapeva e Zoro se n'era accorto.
Non
riusciva
ancora a capire cosa l'avesse spinto a fare un gesto del genere,
eppure dopo averla vista legare stretto il fiore, timorosa di
perderlo, qualcosa gli si era agitato alla base dello stomaco e aveva
avvertito distintamente il senso di colpa che lo opprimeva da ore
attenuarsi. Prima di accorgersene le labbra gli si erano già
curvate
verso l'alto in quello che più si avvicinava ad un sorriso
di
soddisfazione e non rimpianse di aver dato retta all'istinto per una
volta. Guardò Nami e la sua ritrovata serenità
sedersi sorridente
sulla panchina e annuì a sé stesso, ne era valsa
la pena.
“Oi, testa
di muschio, finalmente un sorriso!”
Zoro
si voltò
placido inquadrando un allegro Sanji e la sua sigaretta avvicinarsi a
lui con la solita flemma. Non si premurò di rispondere a
quella che
era evidentemente una domanda mascherata da affermazione e
preferì
guardare altrove. Il biondo non si scompose troppo, affiancandolo
vicino alla pensilina, ma al suo contrario il sorriso felice che
portava non lo lasciò.
“Sai,
nonostante tutto quello che abbiamo passato stanotte non riesco a non
essere contento... manca sempre meno!”
Zoro
ridacchiò, a suo modo partecipe della sua
felicità. Il desiderio di
Sanji di trovare Viola era diventato anche il loro ormai e ci
speravano tutti davvero che andasse a buon fine per il loro amico.
“Ah
proposito, me lo stavo scordando...”
Zoro
lo fissò
interrogativo.
“Che fine
hanno fatto Iva e gli altri? Non erano con voi?”
Il
ragazzo
sgranò gli occhi, se n'era completamente dimenticato!
Si
grattò una
guancia pensieroso, gli dispiaceva non averli salutati ma
sperò che
avessero trovato di che impegnare le giornate, per lo meno Izou...
“Ecco, loro
erano...”
Un
clacson
strombazzante coprì il resto della sua frase e
catalizzò
l'attenzione di tutto il marciapiede. Davanti a loro frenò
bruscamente una piccola utilitaria verde fosforescente mezza scassata
da dove ne uscì un baldanzoso Bartolomeo.
“Ehilà
gente!!”
Con
gli occhi
sgranati Sanji e Zoro gli si avvicinarono vedendo Rufy fare
altrettanto. Nami al contrario aveva già fatto mezzo passo
indietro,
indecisa su come considerare la sua presenza lì.
Barto
non si
fece attendere li raggiunse in due falcate piroettanti strizzando
gioia.
“Per fortuna
vi ho trovato, sono contento non siate già partiti! Quando
ve ne
siete andati stamattina ho avuto un'idea geniale! Vi porterò
io fino
al confine con il Belgio!”
Zoro
assunse
un'aria perplessa. “Vuoi portarci tu...?”
Quello
annuì
entusiasta e, come a voler sottolineare ancor di più le sue
intenzioni, aprì il bagagliaio con un sonoro colpo di reni e
gli
sportelli posteriori dell'auto con due pugni sulla carrozzeria.
“Voglio darvi una mano!”
Sanji
scambiò
un'occhiata veloce con gli altri. Zoro sembrava indeciso come lui,
Rufy aveva abbandonato la ragazza bionda e seguiva la scena con un
dito nel naso, mentre Nami sembrava soppesare seriamente la cosa con
un'espressione difficilmente interpretabile negli occhi.
“Beh, non
vogliamo disturbare...” azzardò, cercando di
capire se fosse o
meno il caso osservando incerto l'abitacolo dell'auto, fatiscente
come l'esterno ma per lo meno frenava ancora.
Bartolomeo
fece un gran sorriso guardando proprio lui. “La tua storia mi
ha
profondamente commosso! Vorrei aiutarti a ritrovare Viola e non
voglio nulla in cambio!”
Sanji
saltò
su come una molla. “Oh, ehm...”
Bartolomeo
aumentò l'entusiasmo. “Insisto!”
Il
biondino
guardò Zoro che si strinse nelle spalle. “Non so,
io...”
“Sanji,
insomma ma se insiste, lascialo insistere! Accettiamo Barto,
grazie!”
Nami
aveva
finalmente deciso di unirsi alla discussione. Con gli sguardi di
tutti puntati addosso prese il suo zaino e lo mise con cura nel
bagagliaio dell'auto incitandoli a fare lo stesso con occhiate
assassine. Zoro giurò di aver visto i suoi occhi lanciare
fulmini e
saette al loro indirizzo, non aveva alcuna importanza il mezzo di
trasporto, se le avessero fatto perdere un passaggio gratis quelli
promettevano dolori per loro, poco importava che li avesse appena
perdonati per l'idiozia precedente.
Sanji
e Zoro
annuirono esitanti, Rufy neanche a dirlo si era già seduto
sul
sedile anteriore con un sorriso che andava da orecchio ad orecchio,
entusiasta come solo lui poteva essere per la nuova avventura.
All'urlo
di
Belgio arriviamo!, l'auto
sgommò via sbandando in una nuvola di fumo grigio tra le
preghiere
dei suoi occupanti.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Dusk Till Dawn ***
“...sono un politico tedesco?”
“No...”
“Un cantante tedesco!”
“Nemmeno!”
“Allora... un attore tedesco!”
“Nada...”
“Caspita è difficile! Ma sono sempre tedesco,
giusto?”
“Yohohohohohoho in realtà no, non so
perché ne sei convinto...”
“Che cosa?? Me l'hai detto tu che ero tedesco!!”
Viola Cortes emise un lungo, lunghissimo sospiro.
“Yohohohohohoho non è vero, Kaya era un calciatore
tedesco prima, ti sarai confuso!”
Prese a massaggiarsi le meningi con movimenti calcolati auto
imponendosi la calma.
“E perché non me l'hai detto??”
Chiuse gli occhi esasperata, ormai sull'orlo di una crisi isterica e
non era un bene che accadesse in quel minuscolo scompartimento.
“Usop dai, è solo un gioco!”
Nemmeno la voce dolce di Kaya sembrava aiutarla.
“Ma tesoro, Brook bara!”
“Non è vero!!”
Stava per scoppiare, lo sapeva.
“È colpa tua!”
“No!!!!!”
“Siiii!!”
“BASTA!!!!!”
Tre paia d'occhi si posarono rapidi e sconvolti su di lei fissandola
dal basso. Si era alzata in piedi nella furia del momento e non se
n'era nemmeno accorta.
“ORA BASTA!! FINITELA UNA BUONA VOLTA, SIETE DUE ADULTI
PERCHÈ VI COMPORTATE SEMPRE COME BAMBINI??”
Kaya la guardò a bocca aperta come gli altri.
“Vic, tesoro, cosa...?”
Viola si passò una mano sul viso con stizza senza riuscire
più a guardarli in faccia.
No, non ce la faceva.
Non bastava che avesse dimenticato il suo inseparabile ventaglio
portafortuna a casa.
Non bastava che avesse dovuto partire controvoglia solo
perché era ormai tutto organizzato.
Non bastava che il treno fosse in ritardo e non si respirasse quasi per
il caldo afoso.
Non bastava che il suo cuore fosse spezzato a metà e
sanguinasse come non mai.
No, ci si dovevano mettere pure Usop e Brook con i loro giochi scemi a
ricordarle che aveva più di un motivo per essere a pezzi in
quei giorni orribili!
Era arrivata al punto di non ritorno.
Le venne un capogiro e dovette appoggiarsi alla parete, erano chiusi
lì dentro da troppo tempo. Scosse la testa eludendo la mano
di Brook che cercava di aiutarla ancora turbato per lo scatto d'ira, e
con pena chiese scusa a tutti voltandosi veloce per aprire la porta
dello scompartimento. Doveva uscire da lì subito.
Accolse come una manna dal cielo la ventata fresca che le
arrivò in viso appena fatti i primi passi nel corridoio,
qualcuno aveva lasciato i finestrini lievemente aperti per consentire
un circolo d'aria e lei gliene fu eternamente grata.
Riuscire a respirare era magnifico, era felice di essere sola, non
pensava di averne così bisogno però stare a
stretto contatto con Usop e Brook per ore aveva davvero messo a dura
prova i suoi nervi. Voleva bene ad entrambi ma era stanca di sentirli
discutere per ogni minima cosa, anche la più assurda. Era
stato più forte di lei, quello scatto d'ira era solo la
conseguenza di giornate infernali passate tra il tormento e la
depressione. Doveva riuscire a calmarsi e quell'arietta arrivava a
fagiolo.
Si appoggiò ad uno dei finestrini del corridoio guardando
triste il paesaggio rurale scorrerle davanti. Maledizione a lei e alle
ferrovie dello stato, li avrebbe fatti pentire per quel ritardo
infinito. Quanto mancava a Marijoa? Ancora troppo forse.
Lei e il suo malumore stavano rovinando le vacanze a tutti, lo sapeva
perfettamente, ma non pensava che sarebbe stata tanto male. Il suo
rifiuto l'aveva annientata, non si era mai sentita così
vulnerabile e stupida, soprattutto stupida. Quante volte aveva permesso
ad un uomo di condizionarla in quel modo? Quante volte aveva creduto di
aver trovato una persona speciale prima di accorgersi che non era
amore? Non si era forse ripromessa di non cascarci mai più?
Strinse i pugni, cercando di ricordare l'immane lavoro che aveva fatto
su sé stessa per riuscire a fidarsi di nuovo dopo l'ultima
batosta emotiva.
Sanji era diverso, lo sentiva anche se non si erano mai visti. Lui non
era come gli altri, per questo si era buttata e aveva tentato di
approfondire quel rapporto epistolare che ormai non le bastava
più.
Si era innamorata di lui. Aveva scoperto davvero cosa volesse dire
amare qualcuno al di là dell'aspetto esteriore e della sua
stessa presenza ed era sicura, ne era certa, che lui stesse iniziando a
provare le stesse cose.
Gli occhi le si fecero lucidi ma li asciugò subito con
rabbia. Non serviva a niente piangere.
Doveva ammetterlo, si era sbagliata. Si era sbagliata sulla sua
capacità di giudizio, sul buon cuore di lui, su quello che
provavano e si sentiva tradita come non le era mai successo. Aveva
immaginato tutto, lui non la vedeva come una donna da amare, al massimo
come un'amica, ma dubitava anche di quello dopo il loro ultimo scambio
di messaggi.
Sorrise amaramente al paesaggio che scorreva senza freni davanti ai
suoi occhi fuori dal finestrino. Avrebbe preferito non averlo mai
conosciuto.
I passi leggeri che udì dietro di sé non la
disturbarono particolarmente, era un corridoio di passaggio e c'erano
altre persone su quel treno. Attese che lo sconosciuto passeggero
passasse oltre per poter tornare ad essere sola con i propri tristi
pensieri da digerire ma dopo qualche attimo si rese conto di non aver
sentito alcuna porta aprirsi, né richiudersi. In
realtà non sentiva più nemmeno quei passi.
Aggrottò le sopracciglia confusa, voltando lievemente il
viso verso sinistra, avvertendo una presenza silenziosa al suo fianco e
si ritrovò a sgranare gli occhi non appena mise a fuoco un
candido e morbido fazzolettino tenuto sospeso a mezz'aria a pochi
centimetri dal suo viso. Con la stessa occhiata stupita
allargò il campo visivo scoprendo chi potesse essere
l'autore di tale nobile gesto assolutamente non richiesto e il cuore le
si fermò per un attimo.
Un ragazzo.
Un ragazzo biondo che le sorrideva affabile, che le porgeva un
fazzolettino, attendendo paziente che lei lo prendesse.
Un ragazzo biondo incredibilmente attraente, alto, dai lunghi capelli,
che indossava un buffo cappello da cowboy blu e teneva una rosa rossa
nel taschino.
Viola batté ripetutamente gli occhi, ricordandosi che
avrebbe dovuto sentirsi in imbarazzo per essersi fatta vedere in
lacrime dal primo che passava. A quello sguardo atterrito lo
sconosciuto aumentò il sorriso gentile, avvicinando un po'
di più il fazzoletto al suo viso in un muta richiesta. Dopo
qualche secondo, Viola lo prese con un piccolo cenno di ringraziamento.
Il ragazzo non smise mai di osservarla, nemmeno quando finì
di tamponarsi gli occhi lucidi di pianto, ringraziando il cielo per non
essersi truccata quella mattina, e tentò di restituirglielo
con un sorriso di gratitudine.
“Tienilo pure, non mi serve.”
Viola trattenne il respiro, quel ragazzo non era solo bellissimo, la
sua voce era talmente ammaliante da farle girare la testa. Le fece
perdere un paio di battiti e avvertire una familiare sensazione di
calore salirle alle guance.
“Grazie...” mormorò imbarazzata.
Aveva uno sguardo penetrante, si sentiva così piccola di
fronte a quegli occhi che la scrutavano cercando ogni più
nascosta sfaccettatura del suo viso, occhi con una sfumatura di cielo
in tempesta. Stranamente non provava alcun fastidio nell'essere
osservata in quel modo, anzi.
Tese la mano verso di lui, sentendo il bisogno di fare conversazione o
sarebbe andata a fuoco. “Io... io sono Viola.”
L'altro sorrise mostrando una lunga fila di denti bianchi perfetti
prima di prendere la sua mano e farle un elegante e terribilmente
seducente baciamano.
“Cavendish. È un piacere conoscerti,
Viola.”
Trattenne il respiro, sconvolta. Era assurdo come il suo nome suonasse
così sexy se pronunciato da quell'affascinante giovane uomo
che non smetteva di tenerle la mano nonostante il tempo dei convenevoli
fosse passato.
“Viaggi sola?”
Viola sobbalzò persa nelle sue fantasie. “Ehm,
no... co-con amic...”
“Viaggio di piacere?”
Annuì, di colpo poco propensa a parlare. Ma che le prendeva?
Lui sorrise accattivante e lei dovette ricordarsi di respirare.
“Stavo andando a prendere l'ultimo caffè alla
carrozza ristorante prima dell'arrivo a casa, ti va di farmi
compagnia?”
Di primo istinto avrebbe detto subito 'si!', ma il buonsenso la
frenò in tempo. Non sapeva nulla di questo ragazzo, era uno
sconosciuto incontrato nemmeno cinque minuti prima su un treno,
perché avrebbe dovuto accettare il suo invito, poteva essere
un criminale o peggio per quel che ne sapeva. I suoi bellissimi occhi
azzurri e il portamento principesco potevano trarre in inganno, ma lei
era cresciuta nella scuola di suo padre, pugile di professione
finché non era andato in pensione e le aveva sempre
insegnato a diffidare dell'aspetto esteriore. Anche una mela marcia
vista dall'esterno può sembrare appetibile.
Per un attimo il vecchio mantra di suo padre le ricordò il
motivo per cui quel ragazzo l'aveva trovata in lacrime. Con Sanji era
stato esattamente il contrario. Aveva scoperto prima il meraviglioso
mondo che si portava dentro, se n'era innamorata e, a quel punto, che
importanza avrebbe mai potuto avere l'aspetto esteriore che possedeva?
Quel pensiero aggiunse nuova pena al suo animo tormentato.
Il ragazzo sembrò intuire che era in corso una lotta dentro
di lei, anche se non ne afferrava i motivi, e provò a fare
un ultimo tentativo per persuaderla. Quella ragazza era troppo bella
per starsene là triste e sola, se n'era reso conto
immediatamente, e gli era venuta voglia di conoscerla.
Le sorrise di nuovo, allontanandosi di un paio di passi per non
sembrarle troppo invadente. “Se non vuoi venire lo capisco,
non sai nemmeno chi sono...”
Viola alzò lo sguardo sorpresa e lui prese la palla al
balzo. “Come ti ho già detto mi chiamo Cavendish,
nome piuttosto particolare, lo ammetto. Venne scelto all'epoca dalla
mia autoritaria nonna paterna che lo impose senza dare diritto di
replica ai miei genitori se non volevano venire diseredati in pompa
magna.” riuscì a strapparle un sorrisino.
“Sono di Marijoa, abito lì da sempre. Ho ventisei
anni e sto tornando a casa dopo due mesi passati in Portogallo per
lavoro.”
Viola lo guardò, suo malgrado incuriosita e lui se ne
accorse. “La mia famiglia ha un ranch di purosangue e spesso
mandano me in giro per l'Europa a cercare i migliori cavalli da
acquistare o per trovar loro un degno partner per l'accoppiamento. La
reputazione della mia famiglia mi precede e molte volte mi chiamano dai
vari allevamenti anche solo per addestrare i loro scavezzacollo, come
mi è successo in Portogallo. È un business strano
ma da molte soddisfazioni, amo il mio lavoro.”
Lei non ci trovò assolutamente nulla di strano. Prima ancora
di saperlo riusciva già a vederselo fiero ed indomito
correre sul dorso di un cavallo bianco diretto verso l'orizzonte.
L'immagine risultò così calzante che le
sfuggì un sorriso al pensiero, lui lo vide e lo
interpretò come una resa incondizionata.
“Che ne dici? Ti va di prendere quel
caffè..?”
Viola incrociò lo sguardo con il suo. Sarebbero giunti a
Marijoa in poco più di un ora, era stata una pessima
giornata e il cielo sapeva quanto aveva bisogno di caffeina in quel
momento.
Avvertì il cenno di assenso scaturire naturalmente e il
sorriso di lui mentre le porgeva il braccio come solo un principe delle
fiabe potrebbe fare.
Seguendolo lungo il corridoio le venne istintivo voltarsi appena
indietro, come richiamata da una forza primordiale che la
bloccò e le congelò il sorriso in volto.
Sanji...
*
Sanji...
Un sussurro lontano, una voce sconosciuta.
Sanji...
Strinse le palpebre, insicuro. Non riusciva a capire se si trovava in
un sogno o in un ricordo.
Forse in tutti e due.
Sanji...
Non la conosceva quella voce ma di sicuro era di donna. Il suo stomaco
si contrasse in uno spasmo doloroso, la vertigine arrivò
potente come il senso di vuoto sotto di sé.
Sanji!
Chi lo chiamava? Perché dalla gola non usciva alcun suono
nonostante lo sforzo?
Sanji!
Il cuore scalpitava nel petto. Sentiva di doverle risponderle! Era
importante! Doveva!
Perché non ci riusciva?
“...nji!”
Chi era? Il respiro si fece accelerato. Il cuore rischiò di
esplodere.
“SANJI!!”
Si svegliò di soprassalto respirando affannosamente.
Piantò i palmi a terra raddrizzando la schiena
automaticamente nel modo istintivo di chi si prepara all'ignoto, ma non
c'era nulla di fuori posto intorno a lui, solo la figura armonica di
Nami in piedi a sovrastarlo. All'inizio non si rese conto di avere lei
davanti a sé, continuava a sentire nella mente quella voce
sconosciuta di donna che lo invocava. Batté gli occhi
confuso realizzando un po' per volta di non trovarsi più
nella dimensione onirica. Vide Zoro e Rufy poco lontano e gli occhi
preoccupati di Nami che lo squadravano dall'alto. Non c'era nessun
altro lì con loro.
Si stropicciò gli occhi frastornato, riprendendo coscienza
di sé. Era solo Nami che lo chiamava nel sonno, eppure per
un attimo gli era sembrato...
Scacciò via l'ultimo residuo di un sogno troppo strano per
riuscire anche solo a ricordarne dei frammenti e si rimise in piedi,
sostenendo lo sguardo impensierito dell'amica fisso su di lui.
“Scusa se ti ho svegliato così, ma ti stavi
agitando molto nel sonno e ho pensato... va... va tutto
bene?” gli chiese premurosa.
Lui non riuscì a rispondere, si limitò ad piccolo
sospiro teso che la stupì sopra a tutto. Che succedeva?
“V-volevo dirti che abbiamo montato la tenda... m-mi avevi
chiesto di svegliarti non appena fosse stata l'ora di preparare la
ce-cena...” perché accidenti balbettava ora?
Lui sorrise caloroso, stupendola di nuovo per il repentino cambio
d'umore. “Ottimo, grazie Nami-san. Ora ci penso io!”
La superò senza una parola dirigendosi a passo sicuro verso
Zoro che stava finendo di sparpagliare sul terreno il contenuto di tre
borse della spesa accanto al piccolo fornello da campo comprato per
l'occorrenza quel pomeriggio insieme alla tenda da quattro posti.
Nami seguì stranita per qualche attimo il suo passo
strascicato. Ci pensa lui...? Tutto lì? Niente gioia per la
sua preoccupazione, né scuse per il suo comportamento? Non
era certa di voler indagare oltre, ma da quando un sogno movimentato
era capace di cambiarti la personalità?
Nonostante tutto quando tornò suoi passi e si unì
ai suoi amici, Sanji pareva essere tornato il solito di sempre. Si
strinse nelle spalle vedendolo litigare con Zoro perché
aveva scordato di comprare la salsa barbecue e con Rufy per aver
già spazzolato cinque hot dog.
Si, era decisamente ritornato il solito Sanji, meglio così,
magari stava solo covando l'influenza e la paranoia le veniva nell'aver
costantemente a che fare con i guai che le procurava Rufy.
Con un sorriso rilassato si sedette attorno al fuoco con loro,
limitandosi ad ascoltarne i discorsi pronta ad intervenire nel caso
fossero degenerati e guardandosi un po' attorno dimenticando le
preoccupazioni.
Bartolomeo era stato così gentile da accompagnarli al
confine con il Belgio, un viaggio di due ore per nulla facile. Rufy
aveva scoperto con estrema gioia di essere sulla stessa lunghezza
d'onda del verdino su svariati argomenti. Entrambi amavano i cartoni
animati demenziali, il pugilato, la frutta molto matura e i pirati,
soprattutto i pirati, purtroppo i pirati. Suo fratello aveva
approfittato di un breve momento di noia che aveva fatto addormentare
lei, Zoro e Sanji ed aveva osato strappare alcuni preziossissimi fogli
dall'albo nella sua borsa. Al suo risveglio si era ritrovata l'auto
sommersa da fogli di carta raffiguranti strani jolly roger e le ci era
voluto solo un secondo per realizzare dove erano stati disegnati e dare
di matto. Rimasero fermi sulla piazzola di sosta almeno mezz'ora, Rufy
aveva bisogno di tenere le gambe alzate per fermare l'emorragia.
Alla fine erano riusciti ad arrivare senza ulteriori problemi se non
contavano i colpi al cuore più o meno frequenti ogni volta
che l'auto slittava in avanti o di lato soprattutto quando Barto
spingeva il pedale del freno. Avevano rischiato parecchio in quella
carretta ma era meglio di nulla dal momento che i soldi stavano
inesorabilmente venendo meno e in quel paesino dimenticato da Dio dove
Barto li aveva lasciati in un coro di saluti strombazzanti, sembrava
non esistere un bancomat, né una qualsiasi bettola che
potesse fungere da albergo dove passare la notte visto che il primo
treno per la Francia partiva solo la mattina dopo. Dopo una rapida
discussione e qualche bernoccolo, la tappa successiva più
ovvia era niente meno che Marijoa, famosa per essere 'la
città dell'amore' tanto quanto lo era considerata Parigi. Da
lì sarebbero proseguiti direttamente verso Dressrosa.
Avevano raggruppato i loro ultimi contanti e acquistato tutto quello
che poteva servire per un allestire un campeggio di fortuna, se c'era
una cosa che in quei luoghi non mancava erano boschi e foreste dove
accamparsi.
Nami sorrise, avevano dovuto camminare un po' ma non poteva perdersi il
bellissimo tramonto sul lago di cui tutti parlavano in paese, a sentire
gli abitanti era qualcosa di magico. Anche il piccolo boschetto dove
avevano deciso di accamparsi sembrava brillare di vita propria sotto
quei raggi che morivano placidi sprofondando sempre di più
nell'acqua e dietro le montagne.
“Certo che siete davvero due idioti!”
Nami socchiuse gli occhi, avvilita.
“Tu avevi detto di prendere solo il pane al sesamo! Che colpa
ne abbiamo noi se ti sei messo a dormire in pieno pomeriggio come un
moccioso ed è toccato a noi andare a fare la
spesa??”
Sentì una vena del collo cominciare ad ingrossarsi
pericolosamente.
“Marimo, non rompere, ho ancora i postumi della sbornia di
tre giorni fa, potrei non rispondere delle mie azioni!”
“Ma sentilo. È meglio se non ti metti a scherzare
con me, torcigliolo. Sono stato in galera, ho dei precedenti penali
ora. Non ho più nulla da perdere!”
La minaccia sortì l'unico effetto di far alzare gli occhi al
cielo a Nami.
Sanji lo guardò con sufficienza mettendo una pentolina sul
fuoco. “Io non mi vanterei così tanto della cosa
fossi in te!”
Zoro incrociò le braccia con un ghigno.
“Invidioso, eh?”
Quello lo fissò storcendo la bocca. “Avrei potuto
finirci mille volte anch'io, è che sono un
signore.”
Il verde lo imbeccò. “Certo, certo... brutta cosa
l'invidia...”
Prima che Sanji potesse trovare qualcosa con cui rispondere per le rime
Nami si intromise con un poderoso pugno sulla testa di entrambi.
“Siete finiti in galera! Volete piantarla di parlarne come se
fosse una cosa eccezionale??”
“Ma lo è stato davvero!”
“Rufy, non ti ci mettere anche tu! Non mi è ancora
passata del tutto!”
Abbacchiato il moro mugugnò qualcosa di indefinibile
prendendo la sua macchinetta fotografica e preferendo avvicinarsi alla
sponda del lago per fare qualche scatto artistico.
“Strega...” mormorò il verde
massaggiandosi il bernoccolo, evitando di dirlo a voce alta.
Per un po' si sentì solo il rumore del vento tra gli alberi
e il crepitare del fuocherello sul quale Sanji mescolava la zuppa nella
pentolina.
Nami, per ingannare il tempo, aveva tirato fuori dallo zaino il suo
albo da disegno e lo teneva sulle ginocchia, la matita in una mano e
l'altra a sorreggerle il viso in evidente ricerca di un soggetto
adatto. Aveva sfogliato distrattamente alcune pagine del plico alla
ricerca di un'illuminazione, era già riuscita a fare diversi
schizzi dall'inizio del viaggio, alcuni più completi di
altri, ma in quel bosco c'era così tanto da disegnare che
non sapeva da che parte cominciare. La elettrizzava iniziare un nuovo
disegno, vedere il foglio bianco, sentire il profumo della pagina
vuota, della mina appena temperata pronta all'uso, una sensazione
magnifica che non aveva paragoni.
Abbozzò la chioma della maestosa quercia che aveva davanti,
era uno splendido soggetto, grande altissima, rigogliosa, in una parola
perfetta. Il suo animo vibrò entusiasta.
Delineò prima di tutto i rami, cercando poi di dare una
forma astratta al fogliame e proseguì con le venature del
legno sul tronco, senza staccare mai lo sguardo dal disegno,
giù fino a copiare le grandi radici che fuoriuscivano dal
terreno e provocavano piccole zolle tutto attorno. Annuì tra
sé soddisfatta e alzò appena gli occhi sulla
figura dell'albero per accertarne la somiglianza con quello riprodotto
quando il respiro le si bloccò in gola per la sorpresa.
Non... no, era assurdo! Dovevano esserci migliaia di alberi in quel
bosco. Migliaia, migliaia, e lei quale aveva deciso di disegnare?
Respirò piano col naso accennando una risatina rassegnata e
riponendo l'albo sull'erba accanto a sé. Meglio cambiare
punto d'interesse o gli occhi sarebbero finiti continuamente in quella
direzione e non era sicura potesse diventare un bene...
Prese ad osservare Sanji cucinare e un piccolo sorriso le nacque sulle
labbra. Si vedeva quanto gli piacesse essere tornato alle prese con i
fornelli, era da prima della partenza che non aveva più
avuto occasione di prendere in mano una pentola. Tutto nei suoi gesti
sprigionava la gioia di poterlo fare di nuovo, perché mai
Sanji avesse scelto di fare economia non se lo spiegav... ah
già, suo padre. Nami alzò mentalmente gli occhi
al cielo, tornando assorta a guardare l'amico. Con maestria aggiungeva
questa o quella spezia, regolava la fiamma là dove serviva e
al contempo preparava gli altri ingredienti contando sull'aiuto di un
piccolo tagliere. All'inizio si era offerta di aiutarlo ma lui aveva
declinato con un sorriso gentile, la cucina era la sua più
grande passione ed era felicissimo di rispolverarla dopo giorni di cibi
pronti, Nami l'aveva capito e non aveva insistito.
“Sono sempre più convinta che dovresti studiare da
chef...” ammise intenerita dopo parecchi secondi di silenzio.
Come l'avessero colpito in testa, a quelle parole Zoro alzò
lo sguardo dalle katane che stava lucidando per indirizzarlo rapido su
di lei, la salivazione improvvisamente azzerata. Cercò di
dissimulare velocemente lo scatto repentino abbassando gli occhi non
appena se n'era reso conto e sperò davvero di esserci
riuscito. Da quando erano partiti da Elbaf aveva scoperto con malcelato
terrore di schizzare su come una molla se sentiva nella voce di lei
anche solo un piccolo accenno di dolcezza, indipendentemente da chi o
cosa l'avesse causata, ma non ci teneva affatto che qualcun altro
notasse la cosa, ci pensava già da sé a
canzonarsi. Fortunatamente, nessuno dei suoi amici pareva essersi
accorto di nulla, Sanji guardava solo Nami e alle sue parole si
aprì in un sorrisino affabile di risposta. “Ti
ringrazio mia sirena. Magari un giorno, chi lo sa...”
Lei annuì, ricordando quanto fosse delicato come argomento,
e lasciò scemare sempre più quell'espressione
dolce e rilassata dal viso per una di normale e annoiata attesa per la
cena, riprendendo l'albo in grembo ed aprendolo su una pagina vuota.
Zoro guardava entrambi a momenti alterni senza farsi notare troppo.
Impaziente, aspettava il continuo di un discorso che sembrava volersi
chiudere così. Era bastato vedere Sanji alle prese con la
sua passione più grande a sprigionare quella dolcezza nei
suoi occhi? Bastava davvero così poco? Si ritrovò
improvvisamente a sperare che il cuocastro aggiungesse altro, che so,
dichiarasse il suo amore per pentole e padelle o per il cumino e la
curcuma, qualsiasi cosa che potesse far tornare quello sguardo a Nami e
lui riuscisse vederlo di nuovo. C'era un punto interrogativo grande
come una mongolfiera che aleggiava sopra la sua testa e
cercò di scacciarlo via come al solito, meglio non indagare,
meglio non chiedersi nulla. Attese per diversi secondi ma ormai il
momento era passato e insieme a quello anche tutta la sua confusione
illogica. Si diede dell'imbecille appoggiandosi nuovamente al tronco
della grande quercia che lo sovrastava, riprendendo a lucidare le sue
fidate spade e allontanando quelle considerazioni assurde.
La calma tornò in quella piccola radura circondata dai
grilli e Rufy, di ritorno dal lago a passo di marcia, scelse proprio
quel momento per lanciare la sua proposta.
“Facciamo una foto tutti insieme?”
Sanji e Nami lo degnarono appena di un'occhiata prima di tornare ognuno
alle proprie occupazioni.
Rufy non si diede per vinto, raggiunse Zoro sotto la quercia e gli
oscurò la vista con un sorrisone da pubblicità.
“Vieni a fare una foto?”
L'interpellato alzò un unico sopracciglio seccato, Rufy non
demorse.
“Dai, tra poco non ci sarà più luce e
se tu accetti poi vengono anche gli altri!”
Zoro posò la lama nel fodero con gesto esperto continuando a
non guardarlo. “No.”
Rufy mise il broncio. “Finora sei l'unico che non ha mai
voluto fare una foto!”
“Pazienza.” proclamò lapidario.
“Ma io poi le sviluppo! Se tu non compari sembrerà
che non sei mai venuto!”
Zoro prese un'altra spada dal fodero esaminandola alla luce sempre
più fioca del tramonto.
“Sopravviverò.”
Rufy incrociò le braccia innervosito per il menefreghismo
del compare su un argomento così importante. “Ma
io le mando anche a Chopper per farlo stare tranquillo come mi ha detto
Sanji!”
Il verde si azzardò a guardarlo di sottecchi.
“...E allora?”
Rufy strinse gli occhi in un modo che avrebbe tranquillamente potuto
considerare buffo se non sapesse che lo faceva solo per cose che
giudicava serie e, parlando di Rufy, difficilmente esistevano cose che
lui reputava serie che non c'entrassero col cibo.
“Se non ti vede nelle foto magari penserà che sei
morto!” concluse con stizza come avesse appena enunciato una
verità inoppugnabile.
Zoro continuò il suo meticoloso lavoro di lucidatura con un
guizzo nuovo negli occhi e un mezzo ghigno. “...ecco, questa
mi sembra un'ottima idea! Fa finta che sia morto!”
Il moro pestò un piede a terra dal nervosismo.
“Oh, dai Zoro!!!!”
“No!”
Rufy strinse i pugni furioso voltandosi verso il piccolo accampamento
dove Nami disegnava seduta sull'erba e a due passi da lei Sanji
assaggiava la zuppa sul fuoco con un piccolo cucchiaio di legno.
Perché nessuno voleva mai fare quello che piaceva a lui??
Infossò la testa tra le spalle deciso a prendersi una
rivincita. Un'ideuzza gli aveva appena sfiorato la mente e
probabilmente non era nemmeno più la voglia di fare la foto
quella che lo spinse a rubare al volo quattro pagnotte preparate per
cena trasformando rapida in furia la calma di Sanji e in sconcerto la
tranquillità di Nami che si ritrovò ad assistere
basita all'ennesimo tentativo di suicidio del fratello.
Con due pagnotte per mano e tentando di afferrarne una quinta con la
bocca, Rufy dribblò l'amico che cercava di infilzarlo con
uno spiedo per la carne e schizzò rapido verso il lago con
il chiaro intento di tuffarcisi dentro, ridendo come un matto,
seminando pezzi di pane e vestiti lungo la strada.
Sanji, preoccupato più per i panini che per le scarse
abilità natatorie di Rufy, lo inseguì infuriato
fin dentro il lago, annaspando nell'acqua bassa completamente vestito
cercando di prenderlo.
Le urla isteriche di Sanji e quelle entusiastiche del fratello
raggiunsero Nami che sospirò poggiando l'albo a terra e si
alzò per spegnere il fornello acceso sotto la zuppa. La cosa
poteva andare per le lunghe, meglio non rischiare un incendio o,
peggio, di bruciare una cena già pagata.
La luna fece la sua comparsa dietro le montagne e lei, mani sui
fianchi, si avvicinò ai due fermandosi sulla piccola
spiaggia ad ammirare i giochi di luce notturni sulle increspature
dell'acqua. I cittadini avevano parlato dello splendido tramonto ma
doveva ammettere che sotto la luce lunare quel lago diventava ancora
più bello. Avvertì una presenza avanzare dietro
di lei e si strinse istintivamente nelle spalle quando la
affiancò.
“Cosa diavolo stanno facendo quei due??”
Non serviva guardarlo per sapere che aveva le sopracciglia aggrottate e
si era messo a braccia conserte. Nami si sentì
improvvisamente timida mentre rispondeva con un laconico 'giocano',
senza distogliere l'attenzione da Rufy e Sanji che si rincorrevano
nell'acqua ridacchiando, la collera sparita tra gli schizzi.
“Ah...” Zoro deglutì piano, notando
forse per la prima volta a chi aveva posto quella domanda, rimanendo
anche lui a corto di parole.
Nami curvò le labbra in una smorfia di fastidio.
D'accordo, le aveva regalato un fiore per scusarsi! Perché
mai ora avrebbe dovuto provare soggezione in sua presenza? Era sempre
il solito Zoro zoticone e imbecille, che diavolo! Avrebbe dovuto
dirgliene quattro sul perché non era ancora intervenuto per
interrompere l'allegro quadretto affinché potessero cenare
in pace! Si, quello era da lei, quello avrebbe dovuto fare!
Si girò fiera verso di lui, pronta a riempirlo di insulti
gratuiti e botte se necessario, ma le parole le morirono in gola non
appena il suo profilo sereno le si stagliò davanti
illuminato dalla luce della luna. L'espressione corrucciata non
toglieva tranquillità alla sua figura, sembrava
così pacifico mentre guardava il lago, calmo e serafico come
difficilmente capitava se lei era nei paraggi.
Si allontanò impercettibilmente da lui e abbassò
lo sguardo, dandosi dell'idiota. Non voleva, non voleva tornare a
fingere di detestarlo e non voleva dare a lui un motivo in
più per odiarla.
Rufy e Sanji avevano indetto una sorta di gara a chi alzava
più acqua con un tuffo sul posto, si divertivano come
bambini e le grida arrivavano chiare alle loro orecchie di belle
statuine.
Zoro non parlava e lei era a corto di argomenti in grado di superare
quell'attimo di imbarazzante silenzio senza complicare ulteriormente il
loro rapporto.
Così non andava, doveva sbloccare quella situazione di
stallo, con un bel sospiro Nami smise di pensare e di preoccuparsi
lasciandosi guidare dall'istinto. Si abbassò e prese a
slacciarsi le scarpe, poi con altrettanta sicurezza, si tolse la giacca
e al momento di fare lo stesso con i jeans sentì Zoro
trattenere il respiro.
“Che stai facendo??”
Nami lo guardò sorniona. “Non è
evidente? Mi tuffo anch'io.”
Zoro deglutì ancora distogliendo lo sguardo mentre lei
finiva di svestirsi e lanciava tutto vicino ad un albero.
Attese qualche attimo sperando che il cuore pulsante in gola smettesse
di assillarlo non appena fosse sparita tra le increspature del lago, ma
non la sentì mai entrare in acqua e fece l'enorme errore di
voltarsi a cercarla.
Lo stomaco gli si contrasse in uno spasmo doloroso molto caldo, troppo
caldo, così caldo che si stupì di non essere
andato a fuoco immediatamente trovandosela davanti ferma in attesa, con
una sola lunga t-shirt a coprirla fino alle cosce, i capelli sciolti
sulle spalle e la mano tesa verso di lui in una muta domanda. Non
riusciva bene a vederla in viso, la luce lunare non era così
intensa, ma i suoi occhi sorridevano, ne era sicuro.
Nami non gli chiese esplicitamente di seguirla, rimase con la mano
rivolta verso di lui per un tempo che gli parve infinito, senza mai
smettere di guardarlo né accennare ad abbassare il braccio.
Zoro aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di
dare un verbo ai suoi pensieri prima di rendersi conto che
semplicemente non aveva nulla di importante da dire. A volte le parole
non servono.
Ghignò sicuro, un luccichio di divertimento negli occhi che
a lei non sfuggì e si abbassò per togliere scarpe
e pantaloni. Nami arrossì impercettibilmente ma non distolse
lo sguardo, ferma nella sua decisione, continuando a porgere quel ramo
d'ulivo simbolico, grata all'oscurità che li circondava per
riuscire a celare così bene quell'emozione senza nome che
avvertiva, troppo strana per poterla definire con chiarezza eppure
così palpabile da sentirla sulla pelle e in ogni
terminazione nervosa. Una sensazione dannatamente piacevole che le
faceva percepire l'ambiente circostante in maniera diversa,
più intensa.
Nel momento in cui la mano rovente di Zoro afferrò la sua
per trascinarla con sé verso il lago, tra le urla allegre
dei suoi amici, la cosa più strana e inconcepibile di cui si
rese conto fu che all'improvviso tutto il resto del mondo non aveva
alcuna importanza.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Ride ***
Quell'estate
sarebbe stata ricordata come la più torrida della loro vita
e il
fatto che dovessero trascorrerne gran parte all'esterno a causa di
quel viaggio improvviso e incosciente non aiutava. L'afa era
opprimente, toglieva il fiato, ti annientava in poco non appena
alzavi il capo dal cuscino al mattino e per tutto il giorno la testa
pulsava indemoniata alla disperata ricerca di refrigerio. Fin dal
loro arrivo in Europa avevano abbondantemente capito che la
temperatura non si discostava molto da quella di casa e la cosa,
anche se non li rincuorava, era da considerarsi tutto sommato normale
visto che si trattava pur sempre di fine luglio.
Con
il nuovo
mese le cose non cambiarono anzi se possibile peggiorarono. Per il
primo di agosto erano stati previsti 40° alle tre del
pomeriggio e
per allora Nami sperava ardentemente di essere già al riparo
nella
sua cuccetta ma, fino a quel momento, doveva sopportare il caldo
sulla banchina semi deserta di quella vecchia stazione dei treni in
attesa che aprisse la biglietteria. In quel buco dimenticato da Dio a
quanto pareva non erano ancora arrivati gli sportelli automatici e la
cosa aveva dell'assurdo visto che nessun bigliettaio -nessuno-
si era fatto vedere per l'intera mattinata e avevano dovuto lasciar
passare la bellezza di quattro treni diretti a Marijoa senza poterci
salire.
'Le
regole
sono regole, il biglietto si fa in biglietteria, se non lo avete
restate a terra!'
Nami
stava
decisamente iniziando a detestare le linee ferroviarie belghe e la
pignoleria dei loro controllori. Come se non bastasse, le stramberie
di Sanji si erano davvero trasformate in un virus e non uno
qualunque, no, uno di quelli brutti, intestinali, che ti piegano in
due e preferiresti morire piuttosto di continuare con quell'agonia
ancora a lungo. Splendida cosa quindi che fosse successo proprio
durante quell'assurdo viaggio e i suoi minuti costantemente contati.
Certo, doveva ammettere che se l'era un po' andata a cercare, da
fumatore incallito aveva già un fisico più
compromesso rispetto a
loro e quel viaggio lo stava stressando molto, se poi calcolava anche
le numerose sbornie, gli sbalzi termici e la carenza di sonno che
ultimamente lo portava ad addormentarsi ovunque in qualsiasi momento,
non ci voleva un genio per capire che prima o poi il suo fisico
avrebbe ceduto. Il bagno nel lago della notte precedente era stato la
goccia che mancava, aveva trascorso quasi tutta la mattinata chiuso
nel bagno della stazione e Nami aveva preferito mantenere un alone di
mistero riguardo a cosa ci avesse esattamente fatto lì
dentro per
tutto quel tempo. Dopo l'ultimo controllo vitale fatto all'amico, suo
fratello era tornato visibilmente impallidito reggendosi lo stomaco
quasi sul punto di vomitare. Non era stato molto rassicurante ma da
abile stratega, Nami aveva deciso di non chiedere dettagli.
Allungò
le
gambe, stirando i muscoli delle braccia in un'annoiata distensione.
Era una penitenza quell'attesa ma non potevano fare altrimenti, non
c'erano altre stazioni nei paraggi, né autobus che partivano
in
giornata. Era davvero un paese microscopico e faceva dannatamente
caldo.
Rufy
percorreva la pensilina a grandi passi da mezz'ora, irrequieto,
impossibilitato a fare altro. Nami lo aveva minacciato di morte se
avesse solo osato provare ad avventurarsi fuori dalla stazione, c'era
seriamente il rischio che lo lasciassero lì e per quanto la
cosa
potesse risultare attraente ai suoi occhi sapeva che sua madre se ne
sarebbe accorta prima o poi.
“Nami, mi
annoio!” ecco, ti pareva.
Lo
sbuffo
arrivò rapido. “Manca poco Rufy, quando apriranno
la biglietteria
compreremo quello che serve e appena Sanji torna dal bagno partiamo
col primo treno.”
“È ancora
chiuso lì dentro??”
“...”
“...ma io
non ne posso più!!”
“Non
possiamo farci nulla, siediti qui da bravo e aspetta.”
Rufy
obbedì
mogio resistendo appena dieci secondi prima di voltarsi di nuovo
verso di lei, gli occhioni supplicanti.
“Nami... mi
annoio! Dai, esco solo per qualche minuto, faccio un giro per il
centro e torno subito!”
Lei
gli
rivolse uno sguardo tale che avrebbe indotto anche il più
terrificante tra gli uomini a zittirsi e fingersi morto, sfidandolo
anche solo a pensare di poter ripetere la scempiaggine detta. Rufy
capì l'antifona e riprese a percorrere la stazione a grandi
passi,
fuggendo dalla sorella cattiva.
Fingendo
una
noncuranza che non provava, gli occhi le scattarono in automatico
verso destra, all'estremità della stessa panchina dov'era
seduta,
cercando la velata complicità dell'ultimo componente del
gruppo
rimasto con un po' di buonsenso. Non si sorprese troppo quando
constatò che da lui non sarebbe arrivato nemmeno un
soddisfatto
sopracciglio alzato per aver rimesso in riga suo fratello e
probabilmente non aveva nemmeno seguito lo scambio di battute tra
loro. Si sistemò meglio sulla panchina, in evidente disagio.
Zoro
non era
il solito Zoro. Lo aveva già intuito quella mattina mentre
smontavano la tenda con lui ancora bellamente addormentato al suo
interno. Si, un'idea scema di Rufy per fargli uno scherzo. Zoro non
l'aveva presa affatto bene, ad essere onesti peggio del solito. Aveva
fatto una lavata di capo a tutti sull'essere adulti e responsabili
-si, lui- e
a smetterla di
dargli fastidio. Rufy solo ebbe l'ardire di chiedergli se si fosse
per caso svegliato con la luna particolarmente storta quel giorno. In
risposta aveva ricevuto un grugnito e uno sguardo gelido che definire
furibondo sarebbe stato poco. Da quel momento era stato sgarbato con
tutti, da Rufy che non gli passava la bottiglietta d'acqua abbastanza
in fretta, alla vecchina che aveva osato attraversare la strada prima
di lui. Nami si era chiesta spesso nella mattinata se non fosse stato
posseduto da uno spiritello del bosco. Zoro era sempre stato una
testa calda e con lei aveva fatto le peggiori litigate della sua
vita, sapeva bene di cosa era capace, ma quello era troppo anche per
lui. Con il piccolo progresso fatto la notte precedente aveva pensato
di aver aggiunto un nuovo capitolo al loro frastagliato rapporto, di
poterlo considerare almeno una piacevole conoscenza se non proprio un
amico, invece sembrava essere tornato tutto come prima per lui.
L'aveva trattata peggio del solito e, se solitamente i suoi insulti
le scivolavano addosso come acqua, aveva dovuto ammettere che non era
più così. Ad ogni occhiataccia qualcosa si
frantumava a livello
dello sterno e il dolore cominciava a diventare tangibile. Si era
ritrovata costretta ad ignorarlo come faceva una volta e a cercare di
stargli più lontano possibile per evitare ulteriori
alterchi. Le
sarebbe dispiaciuto tornare a considerarlo un idiota patentato,
soprattutto dopo aver constatato non lo fosse affatto, preferiva di
gran lunga andarci d'accordo ma lui non le rendeva per nulla le cose
facili. Era arrabbiato con il mondo ed era assurdo fosse cambiato
così tanto nell'arco di una notte, sperò davvero
che fosse solo a
causa di una giornata storta come detto da Rufy.
Lo
stomaco le si contrasse in uno spasmo di quella che avrebbe definito
come preoccupazione, rendendosi che Zoro non si era
ancora
mosso dall'ultima volta che l'aveva guardato, due minuti prima. In
realtà era da ore che non si muoveva, se ne stava
lì, seduto a
gambe aperte con i gomiti poggiati sulle cosce, le mani intrecciate e
lo sguardo perso nel vuoto davanti a sé, nemmeno avesse
chissà che
paesaggio mistico da contemplare, il suo orizzonte si fermava proprio
come quello di tutti contro un alto muro di pietre che delimitava la
zona delle rotaie dalla strada principale. Ma Zoro non aveva alcun
motivo valido per mantenersi in quella posizione tanto a lungo, lei
stessa dopo appena mezz'ora su quella scomoda panchina aveva dovuto
alzarsi a sgranchirsi le gambe. Si era pure messa a disegnare, ma la
mancanza di soggetti interessanti le aveva fatto rimettere l'albo
nello zaino, salvo poi ritirarlo fuori appena la noia si faceva
sentire.
Se
lo ripeteva
da quella mattina e il passare del tempo non faceva che confermare i
suoi sospetti. Zoro aveva qualcosa che non andava. Cosa fosse
però
restava un mistero, orgoglioso com'era non sarebbe di certo venuto a
sfogarsi sulla sua spalla anche se una parte di lei era stata
più
volte tentata di proporglielo.
Lo
stomaco di
Rufy decise proprio in quel momento di brontolare sonoramente
deviando l'attenzione su di lui e ricordando a Nami che l'ora di
pranzo era passata da parecchio e nessuno di loro aveva ancora
toccato cibo.
“Dovremmo
andare a comprare qualcosa da mangiare...” mormorò
a nessuno in
particolare, ben sapendo di avere i loro occhi su di sé.
Zoro,
nemmeno
a parlarne, distolse nuovamente lo sguardo e non fiatò, al
contrario
di Rufy che annuì entusiasta. Lui era sempre entusiasta,
specie se
si trattava di cibo.
“Vado io!”
Prese
la
proposta come fosse stata una barzelletta. “Stai scherzando,
spero...”
Rufy
colse
subito il tono canzonatorio e si rabbuiò. “Sono
capace di andare a
prendere da mangiare!”
Nami
incrociò
le braccia sotto al seno. “Ne sono certa, la mia reticenza
è
dovuta al fatto che dubito seriamente quel cibo riesca ad arrivare
fino a noi.”
Rufy
prese
aria. “Nami! Sono perfettam...”
“Si è
aperta la biglietteria.”
Due
paia
d'occhi si voltarono all'unisono. Zoro fece spallucce indicando con
un gesto del capo la porta in lontananza che finalmente apriva le
serrande. “Non siamo forse qui per questo?” chiese
con malcelata
ironia.
Nami
boccheggiò un attimo, presa in contropiede. Non
capì se l'avesse
stupita di più la voce di Zoro che riusciva a mettere
insieme una
frase senza urla per la prima volta in tutta la giornata oppure il
fatto che la biglietteria avesse davvero aperto i battenti dopo ore.
Lasciò correre la battuta del ragazzo decidendo di
concentrarsi
sulle cose più urgenti.
“Va bene,
Rufy vai a chiamare Sanji. Io vado a prendere i biglietti e poi a
comprare dei panini.”
Rufy
impallidì. “Io non ci torno in quel
bagno!!”
Nami
lo
fulminò. “Sei l'unico che può farlo,
non ci mando Zoro!”
abbassò la voce di tre ottave “...si perderebbe
anche solo
scendendo le scale!”
“Guarda che
ti sento...” le comunicò laconico dal fondo della
panchina.
Lei
lo ignorò,
non era il momento di litigare e guardò seria il fratello.
“Non
posso fare tutto io, devi solo andare a chiamare Sanji!”
Rufy
piantò i
piedi a terra. “Quel bagno sembra il set dell'esorcista!
Perché
non posso andare a comprare io il pranzo??”
La
rossa
respirò piano dal naso. “Nemmeno morta, piuttosto
ti mando a
prendere i biglietti!”
Non
l'avesse
mai detto, il fratello si illuminò. “Si! Ci vado
io!!”
Fu
il turno di
Nami di impallidire. “Non ti ci mando a prendere i biglietti
con i
nostri ultimi soldi!”
“Ma l'hai
detto tu! Piuttosto del cibo preferisci vada in biglietteria!”
“Non puoi
avermi presa sul serio!”
“Volete
farla finita?!”
Nami
si voltò
piano verso il verde, fumando dalle orecchie. “Fatti gli
affari
tuoi tu!”
Lui
alzò un
sopracciglio. “Sono affari miei! La volete
piantare e vi
decidete a comprare quei dannati biglietti?? Questo paese mi ha
già
dato abbastanza sui nervi!”
Tutti
i suoi
buoni propositi andarono a farsi friggere, Nami non ci vide
più.
“Oh, sua altezza ha dei problemi! Mi scusi se qui
c'è qualcuno che
ha ancora voglia di salvare il culo a tutti!”
Zoro
la
fulminò con lo sguardo. “Se vuoi vado io da
Sanji...” la
minacciò.
Una
vena del
collo le si gonfiò in maniera preoccupante.
“Tu-non-ti-muovi-da-lì!!”
stabilì sottolineando bene ogni
parola battendo un piede a terra.
Zoro
incrociò
le braccia stizzito, non degnandola più di un'occhiata.
Rufy
attese
cinque secondi. “Allora posso andare a prendere i
biglietti?”
Nami
trattenne
a fatica uno strillo innervosito, stringendo i pugni fino a far
sbiancare le nocche.
L'arrivo
tempestivo di due treni la fece ritornare in sé. Si stava
facendo
decisamente tardi, uno dei due era quello per Marijoa e non aveva
alcuna intenzione di perderlo di nuovo.
Con
estrema
inquietudine guardò il fratello, incredula per quello che
stava per
far uscire dalla sua bocca. “Va bene, Rufy. Tu andrai a
prendere i
biglietti!”
L'esultanza
del moro venne smorzata subito sentendosi afferrare per il bavero.
Nami lo fulminò con gli occhi. “Guai a te sei fai
qualche danno!
Devi solo entrare, chiedere quattro biglietti per la città
dell'amore, pagare ed uscire! Hai capito??”
Quello
si
liberò della presa oltraggiato. “Per chi mi hai
preso?? Lo so
perfettamente!”
Nami
lo guardò
avviarsi baldanzoso ma poco prima di cominciare a incamminarsi nella
direzione opposta si sentì richiamare.
“Nami, la
città dell'amore è Marijoa, vero?”
“Rufy!”
“Lo sapevo!
Lo sapevo!!”
Nami
sospirò
tetra vedendolo correre verso la porta. Quando sparì al suo
interno
si decise a dirigersi verso il piccolo bar della stazione con un
enorme peso sullo stomaco. Evitò accuratamente di guardare
Zoro
ancora seduto sulla panchina e lo superò lasciandolo solo a
fissare
il suo adorato vuoto.
Il
bar distava
pochi metri eppure le sembrò di aver camminato una vita,
tutta colpa
di quello scimmione e dei suoi sbalzi ormonali. Prima la odiava, poi
si mostrava amichevole, addirittura quasi simpatico, poi la detestava
di nuovo e infine la ignorava. No, non lo capiva, non l'avrebbe mai
capito e non voleva più nemmeno capirlo, che andasse al
diavolo!
Aprì
la porta
con irruenza fiondandosi all'interno senza nemmeno aspettare che
fosse del tutto spalancata, troppo accecata dalla rabbia per riuscire
ad inquadrare in tempo l'ampio petto che si ritrovò davanti
all'improvviso e riuscire ad evitarlo. Il campo visivo venne
completamente oscurato da una polo bianca che rimase tale per poco
perché un liquido marrone ci atterrò preciso
sopra, bagnando lei e
l'uomo che la indossava a cui era inavvertitamente finita addosso.
Nami
sgranò
gli occhi atterrita rendendosi conto di aver appena rovesciato del
caffè addosso ad uno sconosciuto. Del caffè
appena comprato tra
l'altro, visto come fumava ancora il residuo rimasto nella tazza di
carta che lui continuava a reggere in mano come un salvagente,
immobilizzato per la sorpresa. Nami parve risvegliarsi di colpo a
quel particolare. Oddio, l'aveva per caso ustionato??
“Io, io...
scusa!! Scusami davvero, non volevo! Ti sei fatto male?? Ti ho
scottato??”
Prese
al volo
dei fazzolettini dal bancone là accanto, indecisa sul da
farsi, non
riuscendo a distogliere l'attenzione da quella costosa
maglia bianca ormai irrimediabilmente rovinata. Nel piccolo bar era
sceso uno sbigottito silenzio infranto solo da una vecchia radio che
trasmetteva in sottofondo canzoni anni '60. Avevano attirato gli
sguardi curiosi di tutti gli avventori ma a Nami non importava, la
sua attenzione era tutta per il danno causato a quel bellissimo -e
costosissimo- capo d'abbigliamento maschile. Doveva
tamponare? O
lasciar fare a lui? Rischiava di fargli più male se lo
toccava lei?
Che poteva fare ora? Perché si ficcava sempre nei casini?
Una
risata
dall'alto riuscì a distoglierla dal suo dramma interiore e a
farla
focalizzare su altro che prima non aveva notato. Le parole le
morirono in gola mentre guardava per la prima volta in viso lo
sconosciuto con cui si era scontrata.
Moro,
muscoloso, alto, molto alto, troppo alto, ma quell'alto che non stona
affatto, quello che apprezzi perché ti consente di alzarti
sulle
punte per baciarlo, con un pizzetto incredibilmente sexy sotto le
labbra sottili e il viso canzonatorio di chi sa di essere portatore
sano di bellezza e non fa nulla per nasconderlo. Dio mio...
Lo
sconosciuto
prese gentilmente un paio di fazzolettini dalla sua mano sospesa,
immobile per lo stupore, e senza una parola cominciò a
strofinarli
sul tessuto della sua maglia, lanciandole al contempo sguardi ironici
molto poco lusinghieri. Nami arrossì fino alla punta dei
capelli e
fece il tragico errore di abbassare lo sguardo. Con il caffè
la
maglia gli si era praticamente incollata ai muscoli del petto e
l'imbarazzo crebbe enormemente quando si rese conto di non sapere
dove guardare senza prendere fuoco. Non riusciva nemmeno a formulare
delle scuse decenti sotto quello sguardo penetrante. L'aveva fatta
grossa e continuava a coprirsi di ridicolo, perché il
pavimento non
la inghiottiva mai a comando??
“Tranquilla,
non mi sono fatto niente. Il caffè non era poi
così caldo.”
Nami
trovò il
coraggio di alzare il viso. Il ragazzo continuava a tamponarsi il
petto con calma a piccoli colpetti e non smetteva di guardarla. Se
voleva essere gentile e prestarle soccorso non stava facendo affatto
un buon lavoro! Il ghigno canzonatorio che tanto la stava
imbarazzando era ancora onnipresente e non accennava a spegnersi!
Gettò con noncuranza il bicchiere di carta e i fazzoletti
nel
cestino al bancone, costringendola a seguirlo con lo sguardo e
l'occhio le cadde inevitabilmente in una zona del corpo che
solitamente era più campo di Monet che suo. Lei si
soffermava di più
sul colore degli occhi, sul taglio di capelli o la forma della bocca,
Monet invece puntava direttamente al lato b di un uomo per calibrare
la prestanza estetica del suddetto. Per un piccolo insignificante
attimo Nami provò pena per l'amica lontana, le era stata
preclusa la
possibilità di bearsi di tale opera d'arte che a lei invece
stava
venendo offerta su un piatto d'argento. Nami tentò di
deglutire, la
gola divenuta completamente secca in pochi secondi, riuscì a
distogliere lo sguardo appena in tempo prima che mister
'fammi-quello-che-vuoi' tornasse verso di lei con passi lenti e
calcolati che si scoprì a trovare sensuali quasi quanto la
vista del
suo meraviglioso fondoschiena.
Strinse
i
pugni e cercò di ricomporsi, si sentiva ancora profondamente
dispiaciuta per l'incidente e quello veniva prima di tutto nonostante
ben altri pensieri avessero cercato di distrarla per un attimo.
“Scusami
davvero.” trovò la forza di mormorare. I clienti
del bar avevano
smesso di considerarli una simpatica attrazione e nessuno ormai li
osservava più. “Ti sono piombata addosso come una
furia, non ti ho
proprio visto e...”
“Non farti
problemi, è una vecchia maglia, non ci tengo.” la
interruppe
pratico con una smorfia. “A onor del vero ormai ci sono
abituato, è
una cosa che mi capita abbastanza di frequente.”
Lei
corrugò
le sopracciglia. “Ti capita spesso che un'imbecille ti piombi
addosso rovesciandoti il caffè bollente sui
vestiti?”
Il
ghigno si
allargò. “Beh, di solito gli imbecilli che mi
piombano addosso non
sono belle ragazze.”
Lo
stomaco di
Nami si avvitò su sé stesso, l'imbarazzo ormai
dilagante che dal
viso scendeva e prendeva possesso di ogni brandello del corpo. Una
piccolissima parte di lei si chiese come potesse considerarla bella
vista l'immagine che stava dando di sé, tra il viso
appiccicoso per
il caldo, la totale assenza di trucco e i capelli sfatti, ma la parte
prevalente arrossì e basta.
Si
allontanò
istintivamente di un passo da lui. “Si-sicuro che non sei
arrabbiato?”
“Davvero,
non preoccuparti.”
Nami
si sentì
più sollevata, aveva già fatto i calcoli per la
cifra che avrebbe
dovuto sborsare per risarcire la maglia e aveva sudato freddo.
Controllò l'orario, poteva attardarsi dieci minuti.
“Po-posso
almeno offrirti un altro caffè?” come minimo
glielo doveva.
Il
ragazzo
sgranò appena gli occhi in quella che doveva essere
un'espressione
di sorpresa e annuì con un gesto del capo. “Mi
sembra un buon
compromesso.”
Nami
gli
sorrise a sua volta e allungò il braccio tendendo la mano
verso di
lui. “Mi chiamo Nami.”
Lui
non perse
tempo, la afferrò con calcolata lentezza e nel farlo la
avvicinò un
pochino a sé.
“Piacere di
conoscerti Nami, io sono Law.”
*
Lo
stanzino
era molto più piccolo di come si poteva immaginare
dall'esterno.
Esclusivamente illuminato da una grande luce artificiale, il mobilio
scarso e la carta da parati verde acido su moquette grigia facevano
da sfondo all'unico sportello presente. Una porticina come esclusivo
accesso al cubicolo che si trovava al di là del grande vetro
e un
piccolo buco a livello del viso, abbastanza grande per far passare
contanti e biglietti ma abbastanza piccolo per dare l'illusione di
essere in grado di proteggere la persona dall'altra parte della
vetrata dal mondo esterno. Che poi, proteggere... che parolone. Che
genere di malintenzionati avrebbero mai voluto assaltare un'anonima
biglietteria belga nel centro del nulla? La risposta era piuttosto
ovvia.
Era
dura
persino veder entrare dei veri clienti in quel buco e solitamente
erano anziani che chiedevano un indicazione che non esisteva sui
grandi tabelloni all'ingresso o ragazzini che dovevano scendere in
città quando la noia di vivere in un posto dimenticato dal
mondo
prendeva il sopravvento. Giornate tutte uguali dove doveva sorridere
e rispondere gentilmente all'avventore di turno, nei casi in cui ci
fosse stato l'avventore di turno, altrimenti diventavano ore
interminabili e persino fissare il vuoto acquistava fascino. Sempre
con quel vetro davanti a proteggerla da tutto e tutti, silenzioso
spettatore dei suoi sorrisi artificiali.
Sorrisi
che ai
più solitamente anche piacevano, sapeva di essere una
ragazza carina
Kayme, ne aveva avuto conferma, eppure la sua timidezza non la
portava mai ad essere obiettiva sul proprio aspetto. Carina non vuol
dire bella, carini lo sono pure i carlini ma nessuno li
considererebbe mai esteticamente belli. Per venire
al lavoro
nemmeno si truccava, non ne vedeva il motivo e poi aveva sempre
sospettato che il suo viso subisse una distorsione se guardato
attraverso il vetro dall'altra parte del bancone. Era piuttosto
ingenua ma non aveva mai avuto la presunzione di pensare che le
giovasse in qualche modo, che potesse venire vista più bella
di come
sarebbe apparsa senza una superficie trasparente piena di graffi
davanti a distorcere la sua immagine e a ricomporla in una
completamente diversa che si meritava quello sguardo e quel sorriso.
Eppure era l'unica spiegazione logica che riusciva a darsi. L'unico
motivo per il quale una come lei avrebbe mai potuto ricevere
un sorriso del genere, uno sguardo del genere, qualsiasi
cosa
del genere, da un ragazzo del genere!
Quegli
occhi
scuri così caparbiamente puntati nei suoi dovevano aver
visto
qualcosa di meraviglioso in lei, non c'erano dubbi. Non si
può venir
guardata così senza motivo! Andiamo, quando mai un ragazzo
come
quello -oh mio Dio, ha le fossette sulle guance-
l'aveva mai
guardata in quel modo??
Deglutì
sommessamente battendo gli occhi come davanti al sole, cercando di
riprendersi. Era andata completamente nel pallone, non si ricordava
più quello che il ragazzo le aveva chiesto pochi secondi
prima, e se
non si fosse data una svegliata presto sarebbe diventata davvero
patetica!
“Scu-scusa
puoi ri-ripetere...?” fu l'unica cosa che riuscì a
mettere
insieme. Stava facendo una pessima figura, le aveva fatto un'unica
domanda da quando era entrato e se non la considerava già
un'idiota
l'avrebbe fatto ora.
Ma
lui
sembrava ben lontano dal considerarla tale. Le fece un altro sorriso,
più grande, più bello, più luminoso,
più di tutto, e all'improvviso ogni terminazione nervosa del
suo
corpo esplose. Il bassoventre si
infiammò in
contemporanea alle guance.
In quel
momento realizzò che quel vetro doveva essere stato messo
lì
apposta per protezione, si, per proteggere lui da lei
e
non il contrario.
“Ti dicevo
che devo comprare quattro biglietti...”
Aveva
mai
sentito una voce più sexy di quella? Anche se in parte
attutita
riusciva lo stesso ad avvertire la perfetta intonazione di ogni
singola lettera e a lasciarsi assuefare dalla scossa elettrica che
ciascuna parola provocava al suo cervello. Ne voleva ancora.
“Qua-quattro
biglietti...” esalò a corto di fiato.
Il
ragazzo
moro -come avrebbe voluto tuffarci le mani tra quell'ebano
purissimo- si
grattò la nuca
con un movimento fluido che la ipnotizzò. E quella bocca che
si
apriva e chiudeva, quanto avrebbe voluto attraversare quel vetro...
Un
sonoro
bussare la risvegliò da quel peccaminoso sogno ad occhi
aperti e le
fece fare un salto sul posto per la sorpresa. Quando si era
avvicinato così tanto al suo viso?? C'era ancora il vetro
tra loro,
vero?? Con una piccola smorfia di disappunto dovette constatare che
c'era ancora, era stato solo lui ad abbassarsi al suo livello e a
bussare con le nocche quando si era reso conto che la ragazza strana
della biglietteria non lo stava più ascoltando.
“Senti...”
il ragazzo lanciò un'occhiata alla targhetta col nome che
stava sul
bancone. “Kayme! Piacere, io sono Rufy! Forse è
meglio se
ricominciamo daccapo, che ne dici?” le propose ridacchiando.
Kayme
annuì,
decisa a rimanere vigile anche se incapace di frenare il batticuore
all'udire il suo nome pronunciato con così tanta
disinvoltura da
suonare fin troppo sensuale alle sue orecchie. Scosse la testa,
doveva darsi una regolata, era ancora al lavoro dopotutto e quello
per quanto affascinante, bello e sexy era pur sempre un cliente, le
aveva detto che voleva dei biglietti, ne era sicura!
“Pi-piacere
di conoscerti Rufy.”
Non
le arrivò
nessun sorriso spacca cuore stavolta, ma appena un cenno di saluto
cordiale. Per quando solitamente potesse essere scemo, Rufy aveva
perfettamente intuito che la riuscita della sua missione dipendeva
dalle coronarie della ragazza che gli stava davanti che parevano
particolarmente suscettibili ai sorrisi. Più il tempo
passava più
Nami si sarebbe arrabbiata, doveva tornare rapidamente dagli altri se
non voleva ricevere altre botte.
“Allora,
Kayme.” cominciò pratico, doveva lavorarsi la
ragazza affinché si
decidesse a muoversi. “Devo comprare quattro biglietti, mi
segui?”
Lei
lo fissò
trasognata annuendo. Sarebbe stata una bugia dichiarare di non
sentirsi lusingato per quello sguardo e se fosse stato per lui... ma
non aveva tempo purtroppo, doveva approfittare del momento di blanda
coscienza che sembrava attraversare la ragazza coi capelli verdi.
“La
destinazione è Marijoa, in Francia.”
scandì bene enfatizzando
tutto con un dito alzato.
A
lei si
illuminarono gli occhi. “Ooooh! Ho degli zii che abitano da
quelle
parti!”
Rufy
batté
gli occhi un attimo, preso in contropiede. “Ehm... d'accordo.
Mi fa
piacere!”
Lei
annuì
felice come una bimba la mattina di Natale. “Una volta andavo
spesso a trovarli ma ormai faccio un po' fatica col lavoro, gli
studi. Sai, io sono originaria di Punk Hazzard e non è
proprio
dietro l'angolo. Mi sono trasferita qui qualche anno fa, mi ci trovo
bene ma potrebbe andar meglio!”
“Ah, ma
pensa, Punk Hazzard...” tentennò lui confuso.
“È in Germania,
vero?”
Lei
annuì
raggiante senza smettere di fissarlo estasiata. “I miei
genitori
abitano ancora lì, io ci vado ogni volta che posso. Dovresti
visitarla, è splendida in questo periodo!”
Rufy
si grattò
una guancia, riflettendo. Quello di cui stavano parlando non
c'entrava nulla con quello che le aveva chiesto... vero? Doveva aver
perso il filo da qualche parte.
“Beh, perché
no, magari... Kayme credo che ci siamo un po' allontananti dal
discorso. Mi servono quattro biglietti per la città
dell'amore, hai
presente?” chiese di nuovo poggiando le mani al bancone e
facendo
male a quanto pareva perché lei si focalizzò su
quelle dimenticando
di rispondergli. Rufy cominciava a spazientirsi. D'accordo
solitamente gli faceva piacere che le ragazze lo apprezzassero ma
quello era un momento delicato, ne andava della sua reputazione! Dopo
la notte in galera Nami non si fidava più di lui e doveva
dimostrarle quanto si sbagliava! Doveva prendere quei
biglietti!
Battè
nuovamente le nocche contro il vetro per richiamare la ragazza.
“Senti, avrei un po' di fretta! Me li dai o no?”
Lei
si
riscosse di colpo e arrossì fino alla punta dei corti
capelli verdi.
“Oh si, si certo! Ehm... faccio subito!”
Rufy
la vide
voltarsi verso il computer e sospirò di sollievo, ora poteva
pure
permettersi di flirtare un po'. “Grazie, Kayme.
Non ho mai
incontrato una persona così efficiente...”
Lei
quasi
svenne ma riuscì a ricomporsi prima. Doveva dargli i
biglietti!
Fosse stato per lei gli avrebbe dato anche un rene.
“Bi-binario
3...” pigolò passandogli i fogli freschi di stampa
e prendendo i
suoi soldi senza nemmeno contarli. Rufy la ricompensò con un
sorriso
da capogiro, fortunatamente era già seduta.
“Ti
ringrazio, spero che ci vedremo ancora!”
“Lo spero
anch'io...” mormorò al vuoto. Rufy era
già svanito oltre la
porta.
*
Zoro
non
riuscì a trattenere un altezzoso sopracciglio alzato alla
vista
della larva umana che avanzava inesorabile verso di lui con passo
strascicato. Non ci volette un grosso sforzo di fantasia per riuscire
a classificarlo così, il suo primo istinto lo aveva definito
'morto
che cammina', ma non era la giornata adatta per parlare di morti e da
là a definirlo 'larva' era stato un attimo. Per lo meno la
colorazione verdognola si era un po' attenuata dopo l'intera
mattinata passata a vomitare.
Sanji
si
lasciò cadere a peso morto sulla panchina accanto a lui. Era
ridotto
ad uno straccio.
Zoro
incrociò
le braccia stizzito, gli erano sorte spontanee un paio di battute che
decise di tenere per sé. Che gusto c'era a provocare il
damerino se
questo si rendeva a malapena conto di dove fosse? Già non
aveva idea
di come avesse fatto a mantenere immacolata la camicia bianca. Non ne
avrebbe avuto alcuna soddisfazione...
“Hai... hai
bisogno di...?”
...quello
e
forse gli faceva anche un po' pena.
Sanji
negò
fortemente col capo coprendosi veloce la bocca con una mano,
nell'evidente intenzione di bloccare sul nascere un nuovo spasmo.
Stava decisamente male.
Zoro
alzò una
mano indeciso, prima di farsi coraggio e dargli dei cauti colpetti
sulla spalla in un maldestro tentativo di conforto che Sanji accolse
con un sopracciglio alzato e uno sguardo esasperato rivolto all'alone
nero che invece circondava lui da tutta la giornata. La comunicazione
non verbale che passò tra loro fu piuttosto sbrigativa ma
non per
quello meno efficace. Il biondo sapeva perfettamente cosa avesse, il
virus l'aveva indebolito, mica reso stupido.
Mi
dispiace
che stai male...
Mi
dispiace
che sia una brutta giornata per te...
Non
ci voleva
molto tra loro.
Nami
scelse
proprio quel momento per fare ritorno alla panchina. Zoro le
scoccò
un'occhiata di striscio e per una frazione di secondo gli parve di
notare un sorriso aleggiarle in viso ma l'attimo dopo pensò
di
esserselo solo immaginato perché quando si
accucciò per sincerarsi
delle condizioni di Sanji, non ve n'era traccia.
“Ho preso
dei panini e delle bottigliette d'acqua.” Nami
mostrò la borsa con
gli acquisti fatti. “Sanji dovresti cercare di bere qualcosa,
so
che non è facile ma hai perso un sacco di
liquidi...”
Il
biondo
annuì con un sorriso tirato, era pallido da far paura,
sembrava che
gli costasse fatica persino respirare e il caldo lo faceva stare
sempre peggio. Era riuscito per miracolo ad uscire dal bagno ma Zoro
sapeva che era solo questione di minuti prima che le forze lo
abbandonassero di nuovo, dovevano cercare di salire presto su quel
treno e possibilmente in una cuccetta vicino ai bagni.
Un
trambusto
alle loro spalle costrinse chi poteva a voltarsi. Un felicissimo
uragano rosso si avvicinava in gran carriera agitando dei fogli sopra
la testa. “Ragazzi, ci sono!! Li ho presi!!”
Rufy
frenò
appena in tempo evitando per un soffio di finire addosso al moribondo
e Nami lo ricompensò con il primo pugno della giornata.
“Binario 3!”
esclamò fiero agitando con forza i biglietti.
Nami
si
accigliò. “Binario 3? Cioè
questo?” si voltò a sinistra
indicando con un cenno il grosso treno fermo in attesa di partire che
continuava a sprigionare fumo nerastro nell'aria intossicandoli.
Rufy
annuì.
“Me l'ha detto la ragazza in biglietteria.”
Nami
corrugò
le sopracciglia. “Ero convinta che dovessimo andare verso
sud...”
Il
fratello
fece spallucce.
“Fammi
vedere un attimo quei biglietti...”
“Ehm...
ragazzi...”
Rufy
e Nami si
voltarono al richiamo urgente di Zoro curvo su Sanji, il suo stomaco
si era rifiutato di concedere loro altri minuti in chiacchiere.
Il
treno
fischiò in contemporanea con i rintocchi del grande orologio
della
stazione e insieme faticarono a coprire i lamenti di Sanji e
fallirono miseramente con le imprecazioni degli altri. Erano le tre
in punto, il convoglio sarebbe partito di lì a poco, non
avevano più
tempo.
“Dobbiamo
salire sul treno!” insistette Zoro alzando di peso il biondo
che
non emise nemmeno un laconico lamento per il trattamento, troppo
impegnato a non rimettere sul marciapiede.
Nami
mollò
ogni indugio e gli si fece accanto immediatamente afferrandolo per
l'altra ascella ed incitando Rufy a prendere le sue borse.
Riuscirono
a
salire per il rotto della cuffia ma a Sanji non bastò. Con
un colpo
di reni si buttò in avanti rimettendo anche l'anima proprio
sopra le
scarpe di Rufy che non fece in tempo a spostarsi.
“Sanji!! Con
tutto lo spazio che c'è!!”
Nami
lo spinse
avanti, incitandolo a sbrigarsi, ci mancava solo che anche lui si
mettesse a dare spettacolo. Nemmeno si accorsero del treno che
partiva, troppo impegnati a cercare una cuccetta libera che sembrava
introvabile. Con le valigie e la folla che c'era, Sanji non era
affatto facile da gestire dal momento che dovettero sostenerlo in due
per tutto il tempo. Lo scompartimento completamente libero nemmeno
troppo lontano dal bagno trovato da Rufy venne accolto come un
miraggio nel deserto e ci si tuffarono tutti come disperati.
Nami
si
assicurò subito che Sanji avesse a disposizione tutto
l'occorrente
per non ricoprire ciascuna delle loro scarpe di verde acido, ma
appena si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni si
rese conto
che non sarebbe servito, il loro amico si era addormentato di botto
non appena poggiata la testa sul morbido sedile. Sorrise e si sedette
anche lei, lasciandosi cullare dal rumore sordo delle ruote che
sferragliavano sui binari, era esausta. Il suo ultimo sguardo vigile
andò a posarsi sulla testa verde di Zoro, assopito anche lui
vicino
al suo amico e già autore di una lenta sinfonia di trombe.
Rufy
tornò
dal bagno dove aveva cercato di ripulire le scarpe e li
trovò tutti
tra le braccia di Morfeo, crollati nonostante l'ora pomeridiana.
Prese un paio di panini dal sacchetto comprato da Nami e se li
gustò
in solitudine ammirando il paesaggio urbano che scorreva fuori dal
finestrino. In pochi minuti la stanchezza l'ebbe vinta anche su di
lui e raggiunse i propri amici nel mondo dei sogni con ancora mezzo
panino stretto tra i denti.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Strange ***
Una voce metallica risuonò nella cuccetta silenziosa
pronunciando parole indecifrabili all'umana comprensione e
Zoro si ritrovò a grugnire infastidito nel sonno. La voce
scomparve presto ma non la ritrovata coscienza che gli aveva
così gentilmente fatto riaffiorare. Il buongiorno
si vede dal mattino, eh.
Non
era necessario aprire le palpebre per capire dove si trovasse, gli
inconfondibili sussulti che avvertiva sotto di sé potevano
essere causati solo da un treno che sfrecciava veloce sui binari e,
probabilmente, la voce gracchiante veniva da uno degli auto parlanti
disseminati per i vagoni. Si ritrovò a maledirla con tutto
il suo essere, non sapeva nemmeno cosa avesse detto ma l'aveva
svegliato e lui odiava essere svegliato, soprattutto se all'improvviso!
Scocciato
e ancora mezzo addormentato, aprì a fatica un occhio. La
luce fioca che passava attraverso le tende chiuse della cuccetta in cui
si erano lanciati la sera prima come assetati nel deserto, gli permise
di distinguere le sagome dormienti dei suoi amici, erano tutti
lì. Si trovavano ancora a bordo del treno diretto a Marijoa
ma non aveva idea di che ore fossero né quanto tempo
mancasse all'arrivo. Ormai vigile si stiracchiò sbadigliando
sonoramente, si alzò con un colpo di reni e
spalancò le piccole tende inondando di luce la cuccetta e i
suoi occupanti che presero a mugugnare nel sonno, disturbarti dal sole
del mattino e in contemporanea il treno prese a rallentare la corsa
fischiando allegro, rischiando di farlo finire a terra. Avevano dormito
tutta la notte, dovevano essere quasi arrivati.
Scardinare
Rufy dal sedile fu la cosa più difficile ma alla fine
riuscirono tutti a rimettersi in piedi proprio nel momento in cui il
treno fermava la sua corsa alla stazione.
Scesero
con ritrovato buonumore, a Sanji la dormita e le due pilloline prese
avevano fatto molto bene, non era ancora completamente in forma ma per
lo meno lo stomaco aveva smesso di fare i capricci e riusciva a
camminare da solo, l'emozione di essere ad un passo da Viola aveva
fatto il resto. Rufy saltellava felice lungo la banchina della
stazione, una nuova avventura li aspettava e non vedeva l'ora di
fiondarsi alla scoperta della città. Nami ormai aveva
esaurito la voglia di tenerlo a freno, molto più concentrata
nell'ispezionare il contenuto dei loro zaini e assicurarsi di non aver
scordato nulla. In tutto questo c'era qualcun altro che non badava a
nessuno di loro e si grattava la testa in palese stato confusionale.
C'era
qualcosa che non tornava... Se Sanji non si fosse messo a svolazzare in
giro sprigionando cuoricini probabilmente non avrebbe nemmeno alzato la
testa dal marciapiede e non se ne sarebbe accorto, invece i suoi occhi
erano schizzati rapidi ed esasperati al cielo, ma al posto del cielo
avevano incrociato delle lettere chiare e precise stampate a fuoco su
un piccolo cartello che aveva visto
giorni migliori e ondeggiava attaccato alla pensilina da dei gancetti
di metallo.
Ora,
Zoro non era mai stato una cima in geografia o orientamento, ma quello
solitamente non era il cartello che stava all'ingresso di ogni stazione
ferroviaria ad indicare il nome del paese in cui ci si trovava? Ne era
quasi certo, eppure qualcosa non tornava nel suo ragionamento. Se si
trovavano a Marijoa, perché quel cartello indicava
chiaramente tutt'altro...?
Un
dubbio atroce si fece strada a pugni e pedate nella sua testa ed
esitò parecchio prima di decidersi ad esporlo agli altri.
“PUNK HAZARD!!! RUFY,
PERCHÈ SIAMO A PUNK HAZARD??? SPERO PER TE CHE LA
SPIEGAZIONE CHE MI FORNIRAI SIA ESAUSTIVA PERCHÈ GIURO SU
QUANTO HO DI PIÙ CARO AL MONDO CHE TI LEGO AI BINARI E
LASCIO CHE OGNI SINGOLO TRENO PRESENTE TI PASSI SOPRA E TI RIDUCA IN
MILLE MINUSCOLI PEZZETTINI!!!”
Zoro,
che si era già saggiamente allontanato di qualche passo
dalla furia rossa, la guardò con ritrovato stupore. Quella
ragazza aveva dei polmoni d'acciaio, non l'aveva mai vista respirare
mentre urlava contro il fratello e lo pestava di botte sotto gli
sguardi attoniti dei passanti.
Ammirazione
a parte, condivideva con lei il nervosismo per l'ennesimo inconveniente
ma si rendeva anche conto che cercare di ammazzare la causa non avrebbe
risolto il problema. Quando il colorito di Rufy prese a diventare via
via sempre più cianotico e si decise ad intervenire non
contando nemmeno per un attimo sull'aiuto di Sanji, stramazzato a terra
con un alone nero di depressione che si spandeva a macchia d'olio
già da diversi minuti.
Nami
si accasciò accanto a Sanji e in due formarono un curioso
quadretto di rassegnata afflizione che fece storcere il naso al verde
mentre con le mani premeva sullo sterno di Rufy cercando di farlo
rinvenire, anche se ormai pareva non esserci molto da fare.
“Ormai siamo qui, non possiamo, di
nuovo, farci nulla...” mormorò rivolto
ai due zombie che al momento facevano le veci dei suoi amici. Estrasse
dalla tasca una caramella alla frutta e la passò sotto al
naso del moro, funzionò meglio di tutte le tecniche di primo
soccorso che aveva dovuto imparare per il suo corso di laurea. La
lasciò a Rufy quando si fu ripreso.
“Tu non capisci...”
esalò a fatica la ragazza alzando appena la testa.
“Non ho più nemmeno un centesimo sul conto.
Né io, né Rufy. Ho solo i pochi contanti rimasti
nel portafoglio...”
Sanji
si passò una mano sul viso, visibilmente a pezzi.
“Lo stesso per me...”
Zoro
si grattò una guancia, pensieroso. “Io devo avere
ancora qualcosina nello zaino, il mio conto era già in rosso
prima di partire.” comunicò a voce alta con un
alzata di spalle.
“Non siamo messi molto bene,
allora...” si azzardò a constatare Rufy,
masticando piano la caramella.
Nami
lo fulminò alzandosi di scatto e infilando il proprio zaino,
una luce di determinazione che brillava nello sguardo furente.
“D'accordo...”
cominciò squadrandoli uno alla volta con fermezza.
“Rufy ha fatto una delle sue solite rufate...”
“Una che...?” la
interruppe Zoro.
“Ne ha combinata un'altra della
sue. A casa le chiamiamo così...”
spiegò pratica Nami agitando una mano per richiamare
all'ordine. Ignorò l'occhiata sbalordita di Zoro e il
broncio triste del fratello.
“La colpa stavolta non posso darla
solo a lui, anche se se la meriterebbe tutta! Tutti noi avremmo dovuto
controllare.” Sanji e Zoro annuirono mesti. “Siamo
a Punk Hazard, seconda città più importante della
Germania, dopo Berlino, e siamo di molto fuori rotta! Ci serve un modo
per riuscire a sopravvivere almeno per i prossimi tre giorni,
finché non arriveremo in Spagna e possibilmente senza
doverlo far sapere ai nostri genitori! Qualche idea?”
Tutti
si guardarono in evidente disagio.
“Chiediamo la
carità...?” propose Zoro incrociando le braccia e
alzando un sopracciglio.
Nami
sbuffò. “Difficile che ci scambino per dei
barboni, questa giacca è firmata!”
esclamò indicando il proprio abbigliamento.
“Mia sirena, non abbiamo idee al
momento. Ci avviamo verso il centro intanto e vediamo se ce ne viene
una strada facendo?” chiese Sanji prendendo una sigaretta dal
taschino ma rinunciandoci subito, ricordando che avrebbe dovuto
risparmiare pure su quelle.
La
proposta venne accolta all'unanimità.
La
strada verso il centro cittadino non si dimostrò poi
così lunga, ma era disseminata di pub e birrerie. Nami era
certa di non averne mai visti così tanti in un tragitto
così breve e si ritrovò a tenere sempre
sott'occhio la testa verde di Zoro, capace di cedere alla tentazione di
sparire in un attimo dentro ad uno di loro e non vederlo più
riemergere.
Almeno
lì l'afa non era così opprimente, si stava
decisamente meglio. Si fermarono ai piedi una fontana particolarmente
maestosa, proprio al centro della piazza principale, zeppa di statue
che creavano ad arte giochi d'acqua per incantare i turisti, vicino
c'era anche un pittoresco mercatino all'aperto pieno di bancarelle dal
quale arrivavano gran parte degli schiamazzi che sentivano.
Lo
stomaco di Rufy prese a gorgogliare ripetutamente. Il sorriso
imbarazzato era solo di facciata, non mangiava dal giorno prima e per
lui così tante ore stavano diventando un record personale.
Stava per impazzire ma si sentiva ancora in colpa per la storia dei
biglietti -maledizione a lui e al suo fascino!- non aveva idea di come chiedere
altri soldi per potersi fiondare in uno di quei bellissimi bar della
piazza a rifocillare almeno in parte il suo povero stomaco.
Dall'alto
della sua intelligenza, o forse solo perché avevano pur
sempre condiviso una sacca per nove mesi qualche anno prima e lo
conosceva come le sue tasche, Nami l'aveva giù intuito e,
nonostante tutto, si rendeva conto della sua situazione. Tutti avevano
fame e a stomaco pieno si ragionava meglio, gli allungò due
banconote con la promessa di non usarle per altro che non fosse
riempire la pancia e portare qualcosa anche a lei, il tutto in tempi
brevi o lo avrebbero mollato lì. A Rufy non parve vero!
Saltellò entusiasta puntando rapido al primo bar che gli
capitò sott'occhio.
“Vado con lui.”
comunicò Zoro pregustandosi una bella birra ghiacciata.
Nami
lo fulminò. “Vedete di non combinare qualche
guaio!”
“Oi, marimo.” Sanji gli
si avvicinò prima che si avviasse. “Vedi se trovi
qualcosa anche per me. Devo rimettermi in forze.”
Zoro
ghignò afferrando le banconote che il biondo gli aveva
passato e raggiungense Rufy senza sbagliare strada nemmeno una volta.
Il potere dell'alcool faceva miracoli.
Il
moro aveva scelto un normalissimo pub tedesco di medie dimensioni con
ampie vetrate e tavolini in legno e ferro battuto, soffitti alti con
travature a vista e muri di mattoni grezzi che circondavano un bancone
piccolo ma zeppo di ogni ben di Dio. Zoro vi si avvicinò con
Rufy al seguito e cercò con gli occhi il barista. Se non
fosse stato per il gruppo di allegri ubriaconi che rideva e cantava
infondo al locale avrebbe detto non ci fosse nessuno. Si
scambiò un'occhiata divertita con Rufy prima che questo
intravedesse il banco dei panini e ci si fiondasse a pesce. Zoro
cercò ancora la presenza di un qualche barista ma sembrava
non ci fosse davvero nessuno al di là del bancone o della
porta che dava sulle cucine, in più il gruppo di ubriaconi
tedeschi non la smetteva di cantare e di ridere a livelli di decibel da
denuncia tanto che valutò seriamente l'idea di cambiare bar.
Rufy a distanza di nemmeno un metro gli chiese qualcosa che non
afferrò, la voce del tutto coperta dagli schiamazzi del
gruppo infondo riunito intorno ad un tavolo. Zoro cercò di
ignorarli ma quelli, come a farlo apposta, aumentarono il volume fino a
quando un tizio biondo si accorse improvvisamente di loro e si
allontanò dal gruppo per avvicinarsi al bancone.
“Salve, benvenuti al Dark Pub!
Scusate per il fracasso ma stavamo festeggiando, io sono il
proprietario. Siete qui per mangiare? Cosa posso offrirvi?”
Il
verde lo seguì con lo sguardo finché non si
trovò dietro il bancone, esattamente davanti a loro ed
annuì sollevato alla sua domanda. “Vorremmo
qualcosa da portar via, dobbiamo ripartire presto.”
Il
barista sembrò sorpreso per un attimo e l'espressione
cordiale cambiò alla velocità della luce. Si
appoggiò al banco con le mani e squadrò entrambi
con interesse rapace.
“Ah, siete stranieri...”
commentò in un soffio, in una maniera talmente ambigua che
Zoro sollevò un sopracciglio e fu tentato di chiedergliene
il motivo. Quel tale non gli stava piacendo granché.
Rufy
pareva non essersi accorto di nulla e annuì agitando le
braccia sopra la testa, felicissimo di ordinare. “Allora io
voglio il panino con la cotoletta, la zuppa di farro, l'insalata di
riso, il pol...”
Una
risata sguaiata alle loro spalle coprì il resto delle parole
di Rufy. Entrambi si voltarono sorpresi verso il gruppetto di ubriaconi
infondo al locale da dove era arrivata quella voce. Si fece avanti uno
strano tizio con lunghi e ricci capelli neri, non era il più
alto ma certamente era il più corpulento, aveva un girovita
che avrebbe potuto racchiudere comodamente la stazza di Rufy e di Zoro
messe insieme e sarebbe avanzato ancora spazio. Mentre avanzava verso
di loro con passo strascicato alcuni dettagli del suo abbigliamento si
fecero più chiari, era pieno zeppo di bracciali e collane
d'oro, la camicia quasi del tutto sbottonata lasciava intravedere un
petto villoso poco piacevole alla vista che dimostrava chiaramente di
aver superato l'età puberale da un centinaio d'anni. Il
ghigno divertito che aveva stampato in faccia poteva essere descritto
semplicemente come malvagio e perverso, era stato lui a ridere e dal
suo viso non avevano grossi dubbi che fosse stato per scherno.
“Ma l'hai sciiientito queeesto
qui, Bellamy?”
Lo
guardarono avvicinarsi al bancone e riferirsi chiaramente al barista
indicando Rufy con un pollice continuando a ridere. Zoro storse un po'
il naso quando si mise tra lui e il suo amico, era un gran bevitore
pure lui ma questo tizio ci aveva fatto il bagno nell'alcool, puzzava
come una distilleria.
Il
barista, che a quanto pareva si chiamava Bellamy, incrociò
le braccia annuendo in risposta.
“Ho sentito, Teach.”
confermò con un cenno.
Zoro
alzò ancor di più il sopracciglio, non era
più solo il barista, era l'intera situazione a cominciare a
non piacergli per niente.
“Staaa ordinando robe comee se
dovscee star via dei mesi!” il tale chiamato Teach rise e
Rufy si sentì chiamato in causa ma Zoro sapeva perfettamente
che non aveva capito lo stessero prendendo in giro.
“Sono stranieri...”
mormorò suadente Bellamy indicandoli con un cenno del capo.
L'altro
prese a guardarli molto più interessato, mise una mano
pelosa sulla spalla di Rufy alitandogli in faccia un miscuglio di gin e
dopobarba. “Ma daaavvero? E di dove scieteee?”
Il
moro fece per rispondere ma il ringhio sospettoso di Zoro fu
più veloce. “Perché vi
interessa?”
Quello
che si chiamava Teach alzò le mani in segno di resa
allontanandosi ondeggiando di un passo. “Ehi, ehi. Che
tooooni duri! Quiii sciii fasceva solo due chiacchiere!!”
Zoro
lo guardò torvo, non voleva scatenare una rissa ma il modo
in cui quei due sembrassero in combutta per prenderli per i fondelli
gli faceva ribollire il sangue nelle vene, soprattutto il bisonte
ubriaco che gli stava davanti e si atteggiava a padrone del mondo
mentre incitava i suoi compagni ancora infondo al locale a bere
ululando risate e provocazioni. Erano tutti ubriachi e non era nemmeno
mezzogiorno. L'atmosfera che si respirava là dentro piaceva
sempre meno a Zoro ma sapeva di dover mantenere la calma.
“Sentite, non vogliamo problemi.
Compriamo quello che ci serve e ce ne andiamo!”
esclamò con un sospiro voltando appena le spalle
all'ubriacone per tornare a fissare il barista.
“Ehi, ragazzino!” lo
apostrofò il bisonte con un tono molto più serio
che mise in allarme Zoro, o per lo meno lo fece prima che gli
scoppiasse a ridere in faccia. “Oh, ragasciooo! Dovresti
vedere la tua fasciaaaa!!” urlò a tutto il locale
accasciandosi sulle ginocchia troppo preso dal ridere o dall'alcool o
da tutti e due.
Zoro
digrignò i denti le orecchie appena un po' colorite. Ma che
diavolo volevano da loro?? Era l'ultima volta che lasciava scegliere a
Rufy il bar!
Teach
si rialzò asciugandosi gli occhi con uno sgraziato gesto
della mano e lasciò due sonore pacche sulle spalle di
entrambi. “Andiamo sto scherzandooo! Lo scianno tutti che
faaascio sempre il simpatico con i turistiii!”
Rufy
venne contagiato dalla sua risata ma Zoro restò guardingo.
“Mi è venutaaa
un'idea!! Perché non faaate una partita a biliardo con
noiii? Sarà divertenteee e mi
faròòò perdonare la
battuuuta!!”
Zoro
e Rufy seguirono con lo sguardo il suo pollice traballante puntato
verso il gruppo alle sue spalle e notarono solo in quel momento che
quello intorno a cui tutti si erano riuniti non era altri che un grande
tavolo da biliardo dal classico tappeto verde.
Zoro
scosse la testa pratico. “Non mi sembri in condizioni di fare
una partita, amico...”
Quello
alzò in aria una bottiglia di birra presa dal bancone e si
esibì in una risata che più sguaiata non poteva
essere. Tutto il locale gli fece eco, Bellamy pareva essere l'unico
sobrio.
“Nessciuuuuno mi ha mai battuto a
biliardooo! Io sono un campione, vero ragassciii?” urla di
incitamento alle sue spalle che lo fecero ghignare compiaciuto.
“Iooo scommetto tutto il mio stipendio di quesscito mese che
riesco a battervi!!”
Rufy
scoppiò a ridergli in faccia senza tanti complimenti mentre
Zoro gli lanciava un'occhiata ammonitrice che non servì a
nulla. “Sei del tutto ubriaco, vecchio! Come fai a pensare di
riuscire a tenere una stecca dritta??”
L'altro
si appoggiò alla sua spalla per non cadere e lo
fissò dritto negli occhi con un ghigno. “Quanto
è vero che mi chiamo Marshall D. Teach, io scommetto che vi
battooo per 5.000!”
Rufy
incrociò le braccia continuando a guardarlo divertito.
“Sono tanti soldi, non ti sembra di esagerare?”
“Ha ragione Teach, non sei preso
bene come credi. Se perdi che fai?” si intromise Bellamy
calmo.
Quello
non demorse e sempre ondeggiando si appoggiò anche alla
spalla di Zoro per farsi sostenere. “D'accordooo, allora
scientiamo cosa volete scommettere??”
Il
verde stava per rispondere che non scommettevano niente visto che non
era il caso e ora stavano pure per andarsene ma Rufy gli
parlò sopra entusiasticamente privo di filtri. “Ne
abbiamo appena 50 in due.”
Bellamy
e Teach ridacchiarono. “Accidenti, sciiiete più
squattrinatiii di me!!” e giù altre risate da
parte di tutto il locale. “Va beeene, allora facciamo che se
perdete voi perdete sciolo quei 50 mentre se vincete ne vincete 50 da
ciaaascuno di noi, cheee dite??”
Zoro
vide il lampo di interesse che passò negli occhi dell'amico
e parlò prima che accadesse l'irreparabile.
“Grazie ma non vale comunque la pena, Rufy dai paghiamo il
pranzo e...”
“Haaai paura di
perdere...?”
Rufy
trattenne il respiro istantaneamente e tutto il locale si
ammutolì di colpo vedendo lo sguardo assassino che Zoro gli
lanciò dopo essersi voltato lentamente verso di lui.
“Che cosa hai detto?”
Teach
non se lo fece ripetere, con un ghigno arrogante scandì bene
le parole. “Che hai pauraaa! Ehi ragasciii!”
chiamò il suo gruppo. “Il pivellino ha paura di
perdere cooontro di meee!!” poi tornò a rivolgersi
a lui, gli occhi appannati dall'alcool che scorreva a fiumi nel suo
corpo. “Non dovresti vergognarti, capita a tuuuuitti i
bambini di avereee pauraaa!”
Zoro
non ci vide più, Rufy scattò rapido a bloccargli
la strada prima che cercasse di approfittare del vantaggio dei piedi
stabili su quell'ubriacone molesto.
“A chi hai dato del bambino,
vecchio??” gli ringhiò dietro oltre le spalle del
suo amico che cercava di trattenerlo in tutti i modi. “Te lo
faccio vedere io chi è il bambino qui! Tu, coi capelli a
spazzola, dammi una stecca, cominciamo!”
Rufy
lo fissò inorridito mentre Teach applaudiva entusiasta e
suoi compagni preparavano veloci il tavolo da biliardo.
“Ehm... Zoro, parliamone, io non credo che Nami
sarà molto contenta di questo...” gli
sussurrò all'orecchio, in crescente panico.
L'amico
si incupì per un attimo prima di stringersi nelle spalle e
commentare atono. “Vedrai che se le portiamo i soldi non
avrà nulla da ridire.”
“Ma almeno sai giocare??”
“Ci ho giocato qualche volta, non
è complicato e poi quel tale è del tutto andato.
Vincerò ad occhi chiusi con questi imbecilli...”
gli disse prima di avvicinarsi al gruppo e afferrare la stecca che
qualcuno gli porgeva con un gesto di stizza.
Rufy
lo seguì con passo più cauto ma fiducioso, Zoro
pareva sapere il fatto suo mentre metteva il gesso
all'estremità e al contempo lanciava occhiate di fuoco al
suo sfidante, più impegnato a reggersi in piedi che ad
afferrare la stecca che uno dei suoi amici gli teneva sollevata.
Forse
non avrebbe dovuto preoccuparsi, forse per una volta la buona sorte li
avrebbe baciati.
Annuì
a sé stesso con un sorriso, ma si! La fortuna girava dalla
loro parte quella volta, ne era sicuro!
“Alloraaa ragasscino,
pronto??”
Zoro
strinse gli occhi concentrato e Rufy si sedette comodo ad uno dei
tavolini ad assistere. Il panico aveva già abbandonato la
sua mente lasciando il posto al fumante panino con la cotoletta che
avrebbe assaporato di lì a poco.
*
La
matita era ormai ad un passo dal terminare la sua corsa sul foglio
quando la punta decise che era arrivato il momento di rompersi.
Nami
si accigliò guardando quel che restava della sua ultima
matita con profondo odio, come se fosse lei l'unica artefice di tutte
le sfighe che le erano capitate fino a quel momento.
Ci
mancava solo quello! Lanciò il mozzicone nella borsa con un
diavolo per capello e si accucciò su sé stessa
stringendosi poi la testa tra le mani, ondeggiando sul posto per
cercare di calmarsi. Il temperamatite era sparito dalla notte in
campeggio e di certo non poteva usare i pochi soldi rimasti per
comprarsi una nuova mina! Era certa che fosse solo questione di minuti
prima che il suo cervello desse forfait e scoppiasse in una crisi di
nervi.
Si
mosse irrequieta sul duro marmo della fontana, mordicchiandosi
un'unghia e si appoggiò completamente con la schiena ad una
delle statue che formavano la grande vasca, sospirando tetra. Non
poteva disegnare senza matite e addio così alla sua unica
fonte di relax in quel viaggio assurdo! Le cose non potevano andare
peggio.
Voltò
il viso verso destra scorgendo Sanji a due metri da lei nella sua
stessa posizione. Guardava i piccioni con sguardo assente ma Nami
sapeva che era perfettamente vigile, cercava solo qualcosa che lo
tenesse impegnato almeno fino al ritorno di Rufy e Zoro con le cibarie.
Anche
quella poi, che gran genialata! Come avessero potuto mandare loro a
comprare il pranzo non ne aveva idea. Forse la fame li aveva fatti
sragionare ma ormai poteva farci ben poco e in ogni caso che genere di
guai avrebbero mai potuto causare solo comprando dei panini??
Tornò
con gli occhi a quel lavoro incompleto che ritraeva il variopinto
mercatino in piena attività mattutina. Stava venendo
così bene, mancava appena lo sfondo degli alberi e poteva
dirlo completo! La sfiga quando voleva sapeva centrare bene il
bersaglio!
Lo
stomaco brontolava in maniera indecente da parecchio ormai, che fine
avevano fatto quei due?? Si posò il foglio sulle gambe
rimuginando sul da farsi, cercando di non pensare al fatto che non
toccava cibo da quasi dodici ore o avrebbe dato di matto. Per lo meno
Sanji sembrava essersi ristabilito del tutto e la cosa aveva
dell'incredibile dal momento che lui era a digiuno da molto prima di
lei. Si attardò un secondo di più a guardarlo,
senza realmente vederlo, immaginando che cosa avrebbero potuto pensare
i paesani vedendola prendere uno di quei piccioni che lui guardava per
farlo arrosto sul suo fornellino da campo nel pieno centro della
piazza. Magari Sanji stava pensando la stessa cosa. Immaginò
entrambi muniti di retino da pesca a cacciare piccioni, cercando di
prenderli al volo. Un'immagine piuttosto esilarante che la distrasse il
tempo necessario che ci volle ad una strana ombra di incombere su di
lei e prenderla di sorpresa con la sua voce argentina.
“Siete artisti di
strada?”
Nami
perse in un secondo cinque anni di vita. Si voltò
immediatamente per la sorpresa trovandosi i grandi occhi scuri di una
ragazza a scrutarla interrogativa da sopra la sua spalla.
“Scusami, non volevo
spaventarti!” continuò lei andandole incontro e
sorridendole dolce.
Nami
scosse il capo, ricambiando il sorriso cordiale. “Scusami tu,
non mi ero accorta di avere qualcuno di fianco!”
Lei
ampliò il sorriso. “Non volevo disturbarti, sono
appena arrivata. Ai piedi della fontana di solito si siedono solo i
turisti ma ho notato che tu stavi disegnando e ho pensato che foste
artisti. Io ho una bancarella al mercato e stavo facendo una pausa, vi
ho notato per quello.”
Le
mostrò una tazza di carta, dall'odore doveva esserci del
caffè dentro e a Nami fece fame persino quello.
Allontanò il pensiero con un triplo calcio rotante e si mise
in piedi per essere allo stesso livello della ragazza. Se c'era una
cosa che aveva imparato in quei giorni era che essere gentili con i
paesani poteva risultare molto vantaggioso.
“Anche noi siamo dei semplici
turisti. Il disegno è solo un mio passatempo!”
L'altra
parve interessata. “Davvero? Giuro che non mi sarei mai
sognata di importunarvi se non fosse stato per la tua bravura! Quel
disegno è bellissimo, non potevo non farti i
complimenti!”
Nami
abbassò gli occhi sull'immagine incompleta del mercatino che
ancora teneva in mano e le sorrise, sinceramente lusingata.
“Ti ringrazio!”
“Questa è la mia
bancarella!” la indicò allegramente con il dito
sul foglio e Nami abbozzò una risatina alzando lo sguardo e
trovando l'originale tra le prime della via.
“Quella di abbigliamento gotico
è la tua? In effetti era abbastanza ovvio!”
esclamò ammiccando al completino di pizzo nero che
indossava, non sembrava tenere particolarmente fresco ed era scioccata
che con quel caldo lei sembrasse fresca come una rosa.
Si
sorprese per non averla notata subito, la sua bancarella dark spiccava
come un faro nella notte in un comune mercatino di paese dove vendevano
per lo più frutta e verdura. A dire il vero pure la sua
proprietaria era tutto fuorché normale. Quella ragazza era
straordinariamente fuori dal comune, a partire dagli occhi enormi,
quasi a palla eppure incredibilmente femminili e dolci, passando per la
pelle bianchissima che copriva dai raggi del sole con un'adorabile
ombrellino in tinta col vestito e finendo con i lunghi capelli rosa che
le coprivano la schiena e terminavano in molleggianti boccoli. Era
davvero bella e le sembrava sempre più strano che qualcun
altro non l'avesse ancora notata.
“Oh-mio-Dio!!”
Ecco
appunto.
“Cosa vedono i miei occhi?? Una
visione! Un angelo!!”
Nami
rimase ferma mentre Sanji la superava per abbarbicarsi alla ragazza
gotica e farle un galante baciamano che la lasciò
interdetta. Sbuffò a quella scena, lo preferiva quando
vomitava l'anima in bagno e il che era tutto dire. Lo
obbligò a forza a rialzarsi e a smettere di importunarla,
non era il caso di attirare troppo l'attenzione.
La
ragazza dai capelli rosa si mise a ridere ed entrambi la fissarono
basiti, non aveva esattamente quella che si diceva una risata comune,
proprio come il suo aspetto.
“Horohorohorohoro!! Siete davvero
dei bei tipi!”
Nami
sorrise, contagiata dal suo buffo modo di ridere, le stava
già simpatica. Allungò una mano per presentarsi.
“Io sono Nami e lui è Sanji! Siamo arrivati
stamattina dal Belgio!”
La
ragazza la strinse con vigore salutando con un cenno anche il biondo
che andò in coma affettivo. “Benvenuti a Punk
Hazzard, allora! Io mi chiamo Perona.”
Sanji
la salutò senza sprigionare cuoricini rosa e a Nami venne da
ridere. Da quando c'era Viola nei suoi pensieri gli slanci d'affetto di
Sanji verso le altre donne erano drasticamente diminuiti e se ancora ne
aveva erano solo per forza dell'abitudine, un tempo avrebbe dovuto
aspettare i consueti venti minuti di elogi e complimenti prima di
riuscire a schiodarlo dalla ragazza di turno, in quel caso
riuscì da solo a riprendere un aspetto quasi decente in poco
più di un minuto e Nami si congratulò mentalmente
con lui per gli ottimi progressi. Tutto il contrario dei suoi,
purtroppo.
“Avete già avuto
occasione di visitare un po' la città?”
Perona
doveva averlo preso in simpatia, Nami notò che si era
rivolta direttamente a lui e lo lasciò rispondere mentre con
lo sguardo vagava per la piazza senza realmente vederla, la fame
improvvisamente diventata l'ultimo dei suoi pensieri.
Lei
di progressi non ne aveva fatti nemmeno mezzi dopo quella notte in
campeggio. Non sapeva neanche in cosa realmente avesse sperato eppure
non poteva negare a sé stessa che si, in qualcosa aveva
sperato. In una resa reciproca? In un'amicizia? In una sorta di
tolleranza? In che cosa? Non lo sapeva più.
“Conoscete quei due?”
Nami
si riscosse giusto in tempo per sentire la domanda di Perona posta con
calma calcolata mentre indicava qualcuno alle spalle di Sanji. Nami
seguì l'indicazione riconoscendo in Zoro e Rufy i due che
camminavano a passo spedito verso la fontana, il primo con lo sguardo
più assassino e spiritato che gli avesse mai visto e il
secondo seguendolo a ruota con il viso rivolto verso le proprie scarpe
e il modo abbacchiato di camminare di chi lo deve fare controvoglia.
Nami batté le ciglia incuriosita e capì il
perché della domanda di Perona, entrambi puntavano dritti
verso di loro e Nami si accigliò sospettosa nel notare la
totale assenza di sacchettini contenenti cibo da asporto.
Fiutò
puzza di guai ma nemmeno immaginava quanto fossero grossi.
“Avete perso la metà
dei soldi che ci restavano a causa di una scommessa??”
La
notizia arrivò come una doccia fredda. Nami non aveva
neanche più la forza per picchiarli, troppo sconvolta dalla
piega che la sua vita stava gradualmente prendendo a causa di forze
maligne che la spingevano sempre più verso il baratro.
Rufy
alzò rapido le mani, pronto a levarsi dall'impiccio.
“Posso solo dire che stavolta non è stata colpa
mia!” esclamò guardando di sottecchi il compare al
suo fianco che non aveva ancora osato dire una parola e si fissava
torvo i lacci delle scarpe. Al diavolo la pari
responsabilità, lui ci aveva provato a fermarlo e per una
volta era felice di essere estraneo al guaio.
Sanji
si accasciò sugli scalini della fontana privo di forze tra
il digiuno e l'esasperazione. “Non incontrerò mai
più Viola... Non incontrerò mai più
Viola... Non incontrerò mai più
Viola...”
“Sanji rialzati e piantala, devi
cercare di trattenermi dal commettere un omicidio...”
mormorò atona Nami, fissando anche lei un punto imprecisato
a terra, la voglia di vivere che l'aveva abbandonata da tempo e nonostante le sue parole
sembrava che ormai non le interessasse più niente. Zoro
continuava a non proferire verbo, lo sguardo indecifrabile a terra e
Rufy si era lasciato andare distendendosi del tutto sui ciottoli della
piazza ad invocare a gran voce del cibo.
In
tutto questo c'era sempre Perona che li osservava incuriosita
sorseggiando il suo caffè. Si avvicinò a Sanji
che pareva quello messo peggio e gli diede due colpetti sulla spalla
per farlo riprendere. Lui la guardò appena prima di
sprofondare di nuovo tra le braccia che circondavano le ginocchia. Lei
si raddrizzò scrutandoli uno ad uno, indecisa se andarsene o
provare a dar loro una mano qualunque fosse il problema.
“Certo che siete davvero un gruppo
singolare...” Il sospiro le era uscito spontaneo e non era
riuscita a frenarsi.
Sanji
nemmeno alzò la testa. “Ce l'hanno già
detto...”
“Cibooooo...”
“Come ho fatto a lasciarvi andare
da soli? Come??”
All'ennesima
accusa di Nami mormorata al pavimento, Zoro si ricordò di
avere anche lui capacità oratorie. “Senti
mocciosa, abbiamo capito, piantala!”
Lei
socchiuse gli occhi furibonda. “Non hai alcun diritto di
offenderti tu!!”
“Non è stata colpa
mia!”
“Si, invece...”
mormorò il moribondo a terra.
“Rufy, stanne fuori!!”
Zoro grugnì sedendosi su uno degli scalini e guardando fisso
negli occhi Nami che non smetteva di lanciargli saette. “Quel
Teach mi ha fregato con il trucco più vecchio del
mondo!” si passò una mano sulla fronte con
crescente irritazione. “Ha finto di essere ubriaco e io ho
abbassato la guardia... non avrei dovuto, mi sento un
idiota!!”
Nami
annuì, incapace di fare altro. Si, era stato un vero
imbecille.
“Marshall D. Teach?”
A
quella domanda tutti si voltarono verso Perona che l'aveva posta
ugualmente ben sapendo quale fosse la risposta, infatti non attesa la
conferma. “Non dovresti sentirti in colpa, Teach è
così. Truffa i turisti con il trucco del biliardo da una
vita.” affermò sorseggiando il suo
caffè incurante di aver risvegliato l'interesse di qualcuno.
Sanji
prese ad inveire contro lo stupido marimo che si faceva fregare come un
allocco cercando con gli occhi il sostegno di Nami nella sua filippica
ma lei non lo stava calcolando nemmeno di striscio, anzi continuava a
rimuginare guardando Perona.
“Ciboooo...”
Zoro
saltò su idrofobo cercando di strozzare l'amico biondo che
da parte sua provò a tirargli un calcio.
“Hai detto che imbroglia giocando
a biliardo?”
Sanji
e Zoro si voltarono verso Nami che teneva lo sguardo fermo puntato
ancora su Perona. Il tono usato mise tutti in allerta, perfino Rufy
alzò appena la testa per guardarla.
La
ragazza gotica annuì presa alla sprovvista, non aveva mai
visto uno sguardo così terrorizzante, faceva paura.
“Si-si... si finge ubriaco per spingere la gente a giocare e
scommettere... li convince di avere vittoria facile...”
Nami
ghignò e Perona rabbrividì.
“Mi è venuta
un'idea...”
*
“Per me è un'idea
cretina...” sbottò Zoro guardando oltre il vetro
con le braccia incrociate.
Erano
nascosti fuori dal locale di Bellamy a sbirciare oltre una delle grandi
vetrate da cui si poteva vedere bene tutta la sala, dal bancone al
famoso tavolo da biliardo circondato dallo stesso gruppo di esagitati
di quella mattina.
Rufy
al suo fianco si strinse nelle spalle. “È l'unico
modo, non vedo alternative...”
“Potevamo provare, qualunque altra
cosa sarebbe stata meglio di questa!” insistette il verde.
“Sanji può proteggerla
ma Nami non è sprovveduta, la conosco!”
Zoro
si strozzò con la saliva voltandosi verso di lui.
“Non sono affatto preoccupato per tua sorella!”
Rufy
lo guardò inespressivo. “Ah, no?
Sembrava...”
Zoro
strabuzzò gli occhi. “No! Io...”
“Perché non state
zitti? Non riesco a sentire niente!”
Al
rimprovero di Perona entrambi tacquero appiattendosi meglio contro il
muro di mattoni senza perdere di vista quello che succedeva all'interno
e Zoro ne approfittò per mimare con le labbra a Rufy quanto
poco gli interessasse la salute della sorella ricevendo solo occhi al
cielo in risposta.
Il
pub era semivuoto per essere da poco passato mezzogiorno e quando
entrarono l'attenzione si catalizzò immediatamente su di
loro come previsto.
Il
gruppetto di persone che avevano battuto Zoro e Rufy a biliardo era
senza dubbio quello infondo alla sala, ne riconobbero alcuni componenti
dalle descrizioni e distinsero immediatamente Teach, svettava su tutti
per stazza e carisma. Non pareva il genere d'uomo che vuoi fare
arrabbiare e per un attimo Nami ebbe un piccolissimo ripensamento su
quello che stava per fare ma lo scacciò via in malo modo
come una mosca fastidiosa, non doveva farsi distrarre. Non perse altro
tempo ed afferrò il braccio di Sanji, ignorando le occhiate
del gruppo mentre si avvicinavano al piccolo bancone dove un uomo
biondo spillava una birra con sguardo assorto. Non appena si accorse di
avere clienti sfoderò il suo miglior sorriso d'accoglienza e
Sanji, come programmato, si fece avanti.
“Salve, vorremmo ordinare qualcosa
da portar via!”
Il
barista annuì, indicando con un gesto della mano il bancone
dove era stato disposto ordinatamente ogni ben di Dio.
Sanji
si sporse verso di lei con fare dolce preparandosi alla recita.
“Cosa preferisci prendere, tesoro?”
Nami
si esibì nella sua miglior risata da oca giuliva.
“Amore, quello che vuoi tu, lo sai che per me fa lo stesso!
Dobbiamo prendere anche qualcosa per stasera da mangiare sul treno del
ritorno!”
Bellamy
allargò il sorriso a quelle parole. “Oh, siete
turisti?”
Sanji
le strinse la mano in un gesto di affetto. “Siamo arrivati da
pochi giorni nella vostra splendida città ma purtroppo oggi
dobbiamo ripartire!”
Bellamy
annuì. “Un vero peccato...”
mormorò senza perderli di vista ma lanciando occhiate
inequivocabili al gruppo infondo e Nami si affrettò a
proseguire.
“Ha ragione un vero
peccato!!” esclamò con tono volutamente sciocco e
infantile. “Proprio questa mattina ho visto un vestito
meraviglioso in una vetrina ma il negozio apre più tardi e
non so se ce la faccio a prenderlo!”
“Caspita, mi dispiace
molto...” Bellamy parlava meccanicamente prestando loro il
minimo dell'attenzione.
Sanji
le diede dei colpetti sulla schiena con fare protettivo.
“Tesoro, te l'ho già detto, non ti serve quello,
quando torneremo a casa ti comprerò tutti i vestiti che
vorrai! I soldi non ci mancano...”
Lasciò
volutamente degli interminabili secondi di sospensione dopo
quell'affermazione.
L'amo
era in acqua e Nami prese a contare mentalmente i secondi di tempo
necessari affinché il pesce abboccasse. Non era arrivata
nemmeno a cinque che sentì una presenza dietro le spalle e
dagli sguardi che Bellamy gli lanciava aveva capito senza bisogno di
voltarsi chi fosse avanzato inesorabilmente dietro di loro.
Teach
era un uomo imponente, osceno e incredibilmente cedevole al fascino
femminile. Si presentò con un leggero baciamano appiccicoso
che obbligò Nami a ricordare perché lo faceva e
decidere di restare ferma senza tentare di sottrarsi alla sua stretta,
nonostante tutto il suo essere volesse fuggire via da quel viscido
abominio.
“Un tale bocciolo di rosa non si
vede spesso in un bar come questo...” la apostrofò
suadente senza degnare di uno sguardo il suo accompagnatore.
A
Nami quel tono diede il voltastomaco ma lo dissimulò
facilmente con un risata isterica che aveva l'unico scopo di farla
apparire più frivola di quanto non fosse.
“Immagino allora che anche i cavalieri come lei siano
rari!”
Teach
parve profondamente colpito dal complimento, le ghignò in un
modo che poco aveva a che fare con la galanteria ma Nami
preferì soprassedere o avrebbe dato davvero di stomaco
lì sui panini farciti.
“Mi è sembrato di
sentire che siete in partenza...”
“Esattamente!” si
affrettò a rispondere Sanji e per la prima volta Teach
posò gli occhi su di lui. Occhi neri come la notte ma
iniettati di sangue, non si sarebbe affatto sorpreso di venire
arpionato da lui e messo a marcire sul lampadario del locale.
“Se non siete tremendamente di
corsa magari potreste intrattenervi con noi!”
Era
la proposta a suonare più lasciva di quanto sembrasse o era
Nami che iniziava ad essere poco lucida?
“E come pensate di intrattenerci,
mio caro?” represse a fatica il conato, dopo questo avrebbero
dovuto darle un Oscar.
Teach
ghignò apertamente allargando le braccia. “Si dia
il caso che stessimo per iniziare una partita a biliardo! Vi va una
piccola sfida?”
Sanji
sventolò una mano davanti al viso. “Oh, io non so
giocare, mi dispiace!”
Come
da copione, Teach si concentrò quindi su di lei.
“Tu giochi, splendida creatura?”
Nami
fece finta di pensarci e riuscì pure a sembrare imbarazzata
per il complimento. “Non ho mai giocato una partita
seria...” mormorò tenera.
“Oh, non sarà diverso,
qui siamo tutti tra amici... conosci la Piramide Russa?”
Nami
negò dispiaciuta. “Non conosco bene nessun gioco
ma mi piacerebbe provare!” si voltò verso Sanji.
“Tesoro, non ti dispiace se faccio una partita?”
Lui
le sorrise affabile. “Non ti negherei nulla
pasticcino!”
Nami
batté le mani entusiasta come una bambina e Teach non
riuscì a trattenere un ghigno di soddisfazione quando lei
gli si avvicinò per afferrare il braccio che le porgeva.
“Non sono così brava ma
lei mi aiuterà, vero?”
“Assolutamente
bambolina!”
Si
avvicinarono al tavolo e l'uomo passò in rassegna ciascuno
dei suoi amici per presentarli ai nuovi arrivati. Sanji si
accomodò ad un tavolo lì accanto sorridendole
incoraggiante, chiamandola con soprannomi affettuosi e incitandola a
fare del suo meglio.
Teach
afferrò la propria stecca, allungandone una a lei.
“Sai, bambolina, solitamente noi
giochiamo a soldi ma...” la squadrò con una lunga
occhiata che di signorile aveva ben poco. “...siccome sono un
signore pensavo di non fartela pagare questa, che ne dici?”
Nami
sgranò gli occhi come non credesse alle proprie orecchie.
“Davvero, ci puntate dei soldi??”
L'altro
sghignazzò. “Già, cifre basse, nulla di
che ma...”
“Oh... Non volete giocare a soldi
con me?” chiese sull'orlo delle lacrime fintamente
dispiaciuta. “Ma noi possiamo pagare!”
Teach
smise di mettere il gesso all'estremità e le
parlò come un genitore farebbe quando i figli fanno i
capricci. “Non penso sia il caso visto che hai detto di non
saper giocare bene...”
Nami
avrebbe voluto dirgli che se voleva avere una sorta di dialogo serio e
maturo con lei avrebbe dovuto smettere di guardarle le tette ma farlo
avrebbe dato prova che sotto quella cascata di capelli rossi c'era pure
un cervello e per lei era essenziale che lui credesse fino alla fine
che ci girassero solo criceti. Doveva tenere duro ancora un po'.
Nami
batté le ciglia e usò volutamente un tono dolce
da bimba. “Ma allora se vinco, non vinco nulla?”
Teach
sgranò gli occhi per un istante prima di scoppiare a ridere
seguito a ruota da tutti i componenti del bar che non si stavano
perdendo una sillaba.
I
commenti arrivarono a fiumi tra le risate generali.
“L'hai sentita, Teach?”
“Ha ragione la bambola!”
“Andiamo giocate a soldi, falla
giocare!”
Nami
finse imbarazzo per quell'improvvisa popolarità. Se fosse
dipeso da lei li avrebbe inceneriti uno dopo l'altro. Sanji, che
intuì quello che le stava ribollendo nelle vene, le fece
segno di stare calma, tutto procedeva secondo i piani.
Teach
si riprese prima degli altri dallo scroscio di risa e la
guardò fisso negli occhi, non nelle tette e Nami
capì di dover prestare attenzione.
“D'accordo, bambolina, sono un
uomo serio io. Facciamo una partita e se dovessi vincere, vinci tutti i
soldi che ho fatto questa settimana con le scommesse e sono un bel po',
vero Bellamy?”
Dal
fondo della sala arrivò squillante la voce del barista.
“Li ho tutti in cassa e quasi non ci stanno!”
Lei
rimase per un attimo colpita dalla facilità con la quale le
cose stessero volgendo in suo favore e annuì entusiasta.
Strinse frettolosamente la mano a Teach per suggellare il patto e
afferrò la stecca.
“Prima le signore...”
mormorò lui suadente al suo orecchio e Nami non se lo fece
ripetere.
La
spaccata toccava a lei. Poggiò appositamente male la stecca
sul tappeto verde e spinse troppo piano la biglia battente che
arrivò si a spaccare il triangolo delle 15 biglie bianche ma
non abbastanza da disperderle come dovuto.
Teach
pregustava già la sua vittoria, Nami glielo leggeva in
faccia. Sghignazzò come un maiale prima di canzonarla.
“Troppo leggera quella mano, bambolina.” Non vedeva
l'ora di levargli quel sorrisetto odioso di dosso.
Lo
guardò posizionare la biglia rossa con movimenti esperti in
posizione adatta per colpire la numero 9, la più vicina alla
buca laterale e centrarla senza tanti complimenti. Rise ancora
più forte e Nami strinse maggiormente a sé la
stecca, auto imponendosi la calma.
Al
secondo tentativo Teach sbagliò ma riuscì a
disperdere maggiormente le biglie ancora sul tavolo.
A
Nami brillarono gli occhi, era il suo momento.
“Tocca a te, tesoro...
fammi vedere quanto sei brava...”
Lei
si azzardò ad alzare lo sguardo esibendo un sorrisetto di
sfida prima di distendersi con un movimento aggraziato sul tavolo e
prendere la mira.
“Sai, Teach... ti devo ringraziare
per avermi dato la possibilità di giocare a soldi... buca in
angolo destro, biglia 3!”
Sotto
gli sguardi increduli dell'intera sala la pallina 3 rotolò
con precisione chirurgica dentro la buca dichiarata con un tonfo secco
che risuonò nel bar silenzioso.
“...pensa che avevo valutato
l'idea di farlo davvero gratis!”
Nami
mise un po' di gesso sulla stecca e si ridistese in posizione puntando
una nuova palla, concentrata. “Buca centrale destra, biglia
7.”
Di
nuovo la palla entrò precisa e di nuovo il silenzio accolse
i suoi movimenti.
“Ma così è
molto più gustoso... buca centrale sinistra, biglia
5.”
Continuò
così per le successive quattro biglie senza mai sbagliare,
ormai aveva l'attenzione totale del bar, perfino Bellamy li aveva
raggiunti e stentava a credere a quello che vedeva. Dal canto suo Nami
non lasciava trapelare nulla della soddisfazione immensa che provava
nel dare una lezione a quel pallone gonfiato. Fece due passi intorno al
tavolo con calcolata lentezza per cercare la nuova candidata e
lanciò un'occhiata a Teach che fissava inorridito il tappeto
verde sempre più visibile man mano che le palle finivano
esattamente dove Nami le mandava.
Una
dopo l'altra tutte le biglie finirono in buca ad opera sua, non aveva
perso il turno nemmeno una volta e la stecca di Teach quasi non aveva
potuto toccare il tappeto. Sanji esultò.
Imbucò
l'ultima con un sorriso strafottente e si rialzò per
lanciare uno sguardo vittorioso al suo sfidante che non riusciva a
staccare gli occhi dal tavolo. Poggiò la stecca e si
avvicinò a Bellamy, come tutti ancora fermo nella stessa
posizione, sconvolto per la piega che avevano preso gli eventi. Si
voltò appena quando inquadrò la mano di lei che
gli si agitava davanti.
“Ho vinto, caro. Voglio i miei
soldi!” il tono non ammetteva repliche e Bellamy stesso
vacillò per un attimo cercando con lo sguardo Teach per
capire cosa dovesse mai fare e la sua risposta non si fece attendere
troppo. Furibondo l'uomo la raggiunse in due falcate e le
afferrò un braccio spingendola contro il muro, facendole
male. Nami cercò di divincolarsi ma si rese conto subito di
non avere possibilità, era troppo forte per lei.
“Cosa credevi di fare, eh? Mi ha
preso per un idiota? Pensi davvero che ti lascerò uscire da
qui con i miei soldi?? Mi hai imbrogliato donna!”
Cercando
di non pensare al dolore al braccio Nami tentò di liberarsi
ancora, senza successo.
“Ho vinto lealmente!”
parlò fiera cercando di non sembrare troppo impaurita ma la
voce tremante la tradiva.
“Lasciala stare!!”
Con
la coda dell'occhio vide tre del gruppo immobilizzare a terra Sanji
prima che potesse accorrere in suo aiuto.
Teach
pareva indemoniato. “Quello non è vincere! Ti
faccio vedere io come trattiamo gli imbroglioni!”
Terrorizzata,
Nami vide la mano libera di lui alzarsi minacciosa a pugno sopra di
lei, pochi secondi e si sarebbe abbattuta sul suo viso, lo sapeva, ma
non riusciva a divincolarsi era bloccata da quella stretta di ferro.
Chiuse gli occhi istintivamente cercando di proteggersi per quanto
poteva e preparandosi ad attutire il colpo ma quello che accadde dopo
c'entrò poco con il dolore, anzi non c'entrò per
nulla con il dolore. All'improvviso la stretta al braccio che la teneva
ferma la lasciò e il tonfo di un peso morto che cadeva a
terra seguì l'attimo di sconcerto che le fece piano riaprire
gli occhi.
Al
posto del faccione pieno di boria di Teach, l'unica cosa che riempiva
completamente il suo campo visivo era una schiena, intorno a lei il
silenzio. Le ci volle un secondo per capire cosa potesse essere
accaduto mentre teneva gli occhi chiusi. La mascella indurita e gli
occhi fiammeggianti con cui Zoro inceneriva Teach steso a terra privo
di sensi davanti a loro la dicevano lunga. Era piombato su di lui
mentre la teneva ferma e l'aveva steso con un unico singolo pugno con
una rapidità tale da non averlo nemmeno sentito avvicinarsi,
il che era tutto dire visto che solitamente si muoveva con la stessa
flemma dei bradipi.
“Non ti azzardare mai
più a toccarla...”
La
minaccia sussurrata dalle labbra rabbiose di Zoro uscì
involontariamente più terrificante perché
riecheggiata all'interno di un bar silenziosamente atterrito o forse
perché risuonò talmente tanto nella sua testa da
provocarle lenti brividi bollenti lungo la spina dorsale e un
momentaneo blackout neuronale.
Riuscì
appena a notare Sanji che si liberava dei tre energumeni con delle
poderose spinte e gli uomini di Teach che cominciavano a dileguarsi a
piccoli gruppi sempre più rapidamente senza tentare nemmeno
di recuperare il corpo svenuto del proprio compagno.
Rufy,
entrato con Perona subito dopo Zoro, bloccò Bellamy
afferrandolo per il colletto della camicia prima che potesse fuggire.
“Molla i soldi, ha vinto lealmente!”
Quello
inciampò sui suoi piedi nella fretta di obbedire e
riuscì per un soffio a non cadere, lanciò una
fugace e spaventata occhiata a Teach, ancora riverso a terra, e subito
dopo a Zoro, anche lui fermo con il pugno a mezz'asta.
Incrociò il suo sguardo e desiderò di non averlo
mai fatto. Rufy aumentò la stretta sulla sua gola e Bellamy
annuì tremante facendosi seguire alla cassa senza perdere di
vista Zoro. Quel ragazzo era un demonio, non aveva visto niente di
umano in quegli occhi e lui di certo non voleva averci nulla a che fare.
Perennemente
bloccata contro il muro dallo sconcerto, Nami non era ancora riuscita a
formulare un pensiero coerente, né sul fatto che avesse
vinto una somma di denaro talmente considerevole da poter pagare il
resto del viaggio a tutti e riuscire anche a portarsi a casa qualcosa,
né sul gesto di Zoro che continuava caparbiamente a darle la
schiena senza sembrare intenzionato a muovere più un dito, i
muscoli perennemente tesi nello sforzo di non lanciarsi sul corpo
esanime di Teach e finire il lavoro. C'erano solo pochi centimetri a
dividerli e Nami alzò una mano per chiamarlo non sapendo
nemmeno cosa dire esattamente per aiutarlo a calmarsi. Non
riuscì a toccarlo, Sanji arrivò da loro come una
furia per accertarsi delle sue condizioni e con una spinta gentile fece
strada ad entrambi verso la porta dove Rufy e Perona li aspettavano con
i soldi e un gran sorriso in faccia.
Zoro
si fece trascinare fuori al sole non opponendo resistenza e senza
aspettare nessuno prese ad allontanarsi con ampie falcate verso una
destinazione a caso. Non degnò più nessuno di
un'occhiata, nemmeno lei che al contrario continuava a cercare un
contatto, correndogli dietro insieme agli altri.
Sapeva
di essere arrivato in tempo, per una volta era arrivato in tempo e
quella era l'unica cosa importante.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Lonely Together ***
Aveva cercato
più volte di prenderle la mano mentre le mostrava le
meraviglie
della sua città natale, perdendosi ad ammirare le magnifiche
piazze
e i monumenti storici e puntualmente Viola aveva intuito i suoi
pensieri e glissato all'ultimo secondo portando l'arto incriminato a
grattarsi una guancia, a sistemarsi la gonna, a giocare con i
capelli, a fare qualsiasi cosa pur di non dover afferrare la mano che
lui si ostinava a tendere verso di lei con assurda costanza.
Avevano
passato l'intera giornata insieme, dalla mattina non appena sistemate
le cose in albergo alla cena di pochi minuti prima. Avevano camminato
per ore sotto il sole e non smettevano nemmeno ora che la notte si
faceva largo tra le viuzze di Marijoa, illuminati dai lampioni e dai
bistrò aperti da dove usciva il vociare allegro delle
comitive.
Avevano parlato di tutto quello che passava loro per la mente, felici
di conoscere meglio l'altro e Viola aveva dimostrato più
volte di
apprezzare la sua compagnia mentre le illustrava le bellezze del
paese e le faceva assaggiare i prodotti locali eppure non aveva mai
accennato a desiderare altro da lui più di quelle poche ore
in
piacevole compagnia, quindi perché Cavendish ancora non
perdeva
occasione per cercare un contatto fisico con lei? Non lo capiva da
solo che non se la sentiva di dargli quella dannata mano??
Gli
altri
erano stati così felici di vederla sorridente all'idea di
trascorrere del tempo con il ragazzo incontrato sul treno che non
avevano fiatato quando aveva deciso di passare lontano da loro la
prima giornata di vacanza. Finalmente dava segno di voler uscire un
po' dall'apatia degli ultimi giorni ma avevano tutti forse
erroneamente frainteso -così come Cavendish a quanto pareva-
il suo
desiderio di evasione.
Probabilmente
lui si aspettava qualcos'altro dopo l'intera giornata passata a farle
da cicerone e quella constatazione dell'ultimo minuto, unita all'idea
di essere l'unica artefice dell'enorme equivoco tra loro, la misero
in allerta più che mai quando arrivarono sotto al suo hotel
a tarda
notte e lui, dimentico dei vari tentativi andati a vuoto con la mano,
o forse proprio a causa di quelli, si avvicinò direttamente
con il
viso per provare a darle quello doveva essere un bacio della
buonanotte.
Con
un abile
mossa di reni, Viola si scansò appena in tempo e le sue
labbra
finirono a sfiorare solo la punta dei suoi capelli. Cavendish rimase
stupito per un istante, cercando di capire cosa fosse successo. La
guardò con malcelata sorpresa e lei si ritrovò a
sentirsi
enormemente imbarazzata sotto quello sguardo confuso. Nessuna donna
gli era mai sfuggita in quel modo.
Viola
si
allontanò da lui di qualche passo approfittando del suo
momentaneo
smarrimento e prese a mordersi furiosamente le labbra senza avere il
coraggio di guardarlo. Che c'era che non andava in lei?
Perché non
poteva lasciarsi andare come tutte le ragazze normali che venivano
corteggiate da un ragazzo meraviglioso come quello che aveva davanti?
Perché si rendeva sempre tutto più difficile?
Cavendish
d'altro canto aveva smesso di stupirsi. Quella ragazza gli piaceva,
aveva provato tutto il giorno a farla cedere ma arrivati a quel punto
dove solitamente aveva giocato tutte le sue carte, lei continuava a
non essere evidentemente interessata a lui. La cosa gli spiaceva,
sarebbe stato strano il contrario, ma aveva anche abbastanza sale in
zucca da capire quando non era più il caso di insistere. La
guardò
allontanarsi e sentì nascere sulle labbra un sorriso che di
gioioso
aveva ben poco. Non riuscì a trattenersi dal farle un'unica
domanda.
“È a causa
delle lacrime che ti ho visto versare ieri sul treno, vero?”
Viola
sobbalzò
guardandolo finalmente negli occhi e non ci fu bisogno di rispondere,
il suo viso parlava per lei. Cavendish le sorrise amaramente e
capì
da solo che era il momento di andare.
Le
si avvicinò
di nuovo ma nel sguardo stavolta non lesse altro che una rassegnata
accettazione e forse un po' di compassione.
“Non
piangere più, ti aspetta ancora il meglio della vita.
Arrivederci,
Viola.”
La
lasciò con
una carezza sulla guancia e lei si sentì se possibile
perfino peggio
che se l'avesse davvero baciata. Rimase a guardarlo allontanarsi
senza più voltarsi indietro.
Con
il cuore
pesante rientrò in albergo fuggendo dagli sguardi degli
altri
clienti nella hall, puntando diretta alle scale e solo una volta
lì
riuscì a lasciar uscire le lacrime.
Cosa
c'era di
sbagliato in lei?
*
L'appartamento
che Perona condivideva con sua cugina era in una bella palazzina
degli anni '60 restaurata di recente nel quartiere degli artisti.
Nami
aveva
scoperto con crescente stupore quanto fosse diversa quella
città
vista con gli occhi di chi non avrebbe più dovuto fare i
salti
mortali per riuscire a racimolare un pasto.
Dopo
l'episodio con quel maledetto Teach, Perona li aveva visti sotto una
nuova luce e non più come i soliti turisti della domenica.
Aveva
particolarmente preso in simpatia Sanji e il suo travagliato viaggio
per l'Europa alla ricerca del suo vero amore, inutile precisare che
Perona c'era caduta con tutte le scarpe e l'avevano persino vista
commuoversi alla fine del racconto. La sua ammirazione per loro era
doppiamente cresciuta quando aveva scopertp quello che tutti stavano
facendo per permettere a lui di ritrovare Viola e non ci
pensò due
volte ad offrire casa sua come riparo per la notte. Persone
così
meravigliose avevano diritto alla vera ospitalità tedesca e
non
quella asettica offerta dagli hotel! Non aveva perso tempo ed aveva
organizzato un tour personalizzato della città guidato
personalmente
da lei. Aveva mostrato la vera Punk Hazard, fatta di piazze vivaci,
persone cordiali, monumenti storici di grande importanza e,
soprattutto, birrerie e pub di alta qualità piene di quella
che era
il vanto della nazione intera, la birra! Li aveva portati nei
quartieri più famosi, molti dei quali distrutti durante gli
scontri
ma rifioriti nell'immediato dopoguerra e ormai diventati punti di
primario interesse per chiunque passasse da quelle parti. In uno di
questi vi era appunto il suo appartamento, nel sopracitato quartiere
degli artisti, dove ogni giorno potevi trovare spettacoli
improvvisati in strada, concerti all'aperto, mercatini
dell'antiquariato e feste di ogni tipo e genere, il tutto reso ancora
più poetico dall'armonia che si respirava tra quelle vie
dove tutti
sembravano rispettare gli usi e costumi di chi gli stava affianco
senza pregiudizi.
Con
enorme
orgoglio Perona li informò che proprio quella sera c'era in
programma una festa a casa sua e che se avessero voluto partecipare
ne sarebbe stata enormemente lusingata ma avrebbe capito se la
stanchezza per il viaggio li avesse resi riluttanti, aveva
già
predisposto di spostare la festa dalla vicina solo per non
disturbarli, tanto sapeva che nessuno glielo avrebbe negato.
Al
solo
sentire nominare la parola 'festa' gli occhi di Rufy erano schizzati
fuori dalle orbite e c'era voluta la forza bruta di Sanji e Zoro per
riuscire a sedarlo. Nami confermò la loro presenza ridendo,
si
sentiva incredibilmente più rilassata sapendo di essere
coperta per
i giorni seguenti grazie ai soldi guadagnati e la dormita notturna
sul treno era stata più riposante di quanto avrebbero
creduto, una
festa era la benvenuta. Quello che nessuno di loro aveva considerato
però era il genere di evento a cui avrebbero partecipato.
Dopo
aver
visto come era ammobiliata la casa in Nami aveva iniziato a farsi
strada un dubbio che trovò conferma quando un'ora prima
della festa
un'entusiastica Perona la trascinò in camera sua e prese a
far
uscire dall'armadio solamente vestiti di chiaro stampo gotico.
Stavano
per
partecipare ad una festa gotica, nel pieno stile della padrona di
casa ovviamente e nessuno di loro aveva la benché minima
idea di
cosa si dovesse esattamente fare a feste del genere. Tanto per
cominciare l'abbigliamento, loro non avevano nulla che potesse
lontanamente c'entrare qualcosa ma su quello era stata trovata presto
una soluzione soddisfacente.
Perona
si era
presa in carico di vestire Nami e Rebecca, sua cugina e coinquilina
oltre che socia in affari, aveva aiutato i ragazzi. Di robe da
mettere ne avevano a bizzeffe in casa grazie al lavoro e non era
stato difficile trovare a ciascuno qualcosa di adatto, l'unica che si
sentiva un po' a disagio era proprio Nami e non capiva esattamente
perché, in fin dei conti lo stile gotico vantava alcuni dei
capi più
belli che potessero esistere in commercio, forse era solo ansia da
prestazione.
Si
trattenne
dal chiedere alla sua nuova amica se fosse sgarbato rifiutarsi di
mettere i guanti neri di pizzo lunghi fino ai gomiti che le stava
porgendo con un sorriso incoraggiante e finì col prenderli
titubante. Perona non smetteva di far uscire dall'armadio tutti i
vestiti, le scarpe e gli accessori di cui disponesse, ne aveva
un'infinità.
“...e non
fare complimenti! Scegli pure quello che più ti piace, sono
a tua
disposizione!”
Nami
sorrise
sinceramente divertita, non era l'unica ad amare gli armadi gonfi,
quella ragazza le stava sempre più simpatica. Si era stupita
all'inizio che non avesse subìto il fascino di suo fratello,
ma si
era resa conto che mica tutte erano obbligate a cadergli ai piedi.
Lei aveva qualcosa di decisamente diverso dalle altre o probabilmente
lui era stato troppo impegnato a provarci -e successivamente a
riuscirci- con Rebecca che in quanto a carattere era decisamente
più
affine a lui, per lanciare le sue mire anche su Perona.
Sospirò
indecisa, abbandonando quei pensieri inutili e guardando le decine di
abiti sparsi per la camera, sconfortata non tanto per la scelta in
sé
ma per l'idea di base che prevedeva obbligatoriamente che dovesse
indossare uno di quelli. Insomma, per quanto potessero essere belli
ed eleganti erano comunque la cosa più strana che avesse mai
indossato e lei si metteva le tutone da lavoro integrali quando
andava ad aiutare sua madre nella piantagione di mandarini!
Perona
sembrava assolutamente a suo agio nel mostrarle quale accessorio
sarebbe stato più indicato per l'uno o l'altro vestito e
Nami capì
che non sarebbe mai riuscita a farla franca. Infondo che male c'era,
quei vestiti erano uno più bello dell'altro...
Il
tempo
stringeva, i primi ospiti erano già arrivati e Nami sentiva
l'appartamento iniziare a popolarsi al di fuori di quella stanza.
Perona non sembrava troppo preoccupata, continuava a rimanere con lei
e a guardarla incoraggiante, solo per quel riguardo e la gentilezza
che continuava a dispensarle senza che ne avesse alcun merito, Nami
mise da parte la titubanza e prese ad esaminare con cura ogni abito,
cercando quello adatto. Finì con lo scegliere il
più semplice che
si rivelò anche il più corto, completamente nero,
senza maniche e
dalla gonna a balconcino, con ricami intrecciati sulla schiena che
richiamavano il disegno di pizzo sul petto.
Si
ammirò
allo specchio, doveva ammettere che quello stile non era affatto
male, si sposava benissimo con la sua chioma fiammante che aveva
deciso di lasciare semplicemente sciolta sulle spalle, d'accordo con
la sua nuova amica. Faceva la sua figura, senz'altro.
Perona
si
illuminò per la scelta e le consigliò un paio di
bracciali e di
stivaletti da mettere in coordinato prima di sgranare gli occhi come
colta da un improvviso pensiero.
“Il trucco!”
esclamò con urgenza spalancando la porta e fiondandosi
fuori,
diretta presumibilmente nel bagnetto attiguo alla stanza a recuperare
tutto l'occorrente. Nami venne investita di colpo dalla musica alta
proveniente dal salotto dove la festa era già iniziata e non
fece in
tempo a dirle che era a posto così, che l'altra era
già sparita
oltre l'uscio. Si avvicinò alla porta socchiusa e fece per
richiamarla ma quando si affacciò nel corridoio si
trovò davanti
qualcun altro che stava passando e la guardò di rimando come
sorpreso a trovarla lì.
Nami
arcuò le
sopracciglia vedendo lo sguardo spaesato di Zoro in piedi al centro
del corridoio che spostava gli occhi da una porta all'altra. Era
convinta fosse già di là con gli altri, che
faceva lì da solo? Lo
vide grattarsi la testa, in palese confusione e bloccarsi vedendo lei
sullo stipite.
Nami
dovette reprimere un sorrisino di scherno, il suo senso
dell'orientamento peggiorava a vista d'occhio, si era di nuovo perso,
in nemmeno 200 metri quadrati di appartamento e doveva appena aver
constatato che il salotto non poteva trovarsi lì. Trattenne
a stento
una risata e lo vide incrociare le braccia, abbandonando la posa
confusa per una di curiosità, notando solo in quel momento
il suo
abbigliamento.
L'occhiata
che le lanciò la lasciò interdetta per un attimo,
non avrebbe
saputo come interpretarla. Le venne spontaneo tornare con la mente a
quello che era successo nel bar con quel Teach non meno di sette ore
prima e arrossì impercettibilmente stringendo forte nella
mano la
maniglia della porta come un salvagente.
Non
aveva
ancora avuto occasione di parlare a quattrocchi con lui e
ringraziarlo per averla letteralmente salvata da quel bastardo. Aveva
corso un bel rischio con quella partita circondata da energumeni, ma
si fidava delle proprie capacità ed era sicura che il suo
fascino
avrebbe fatto il resto. Non l'avrebbe mai ammesso con gli altri ma si
era resa conto di aver fatto il passo più lungo della gamba
e
l'aveva capito proprio nel momento in cui Teach l'aveva sovrastata
bloccandola contro il muro, se non fosse stato per Zoro non aveva
idea di dove la sua insolenza l'avrebbe portata, sgridava loro per i
guai che causavano quando lei per prima non riusciva a risolvere una
cosa da sola senza dover contare sul loro aiuto, un aiuto che ad
essere onesti non capiva come potesse esser arrivato proprio da lui
che non faceva mistero di detestarla.
Si
ricordò
della frase che aveva sussurrato al corpo esanime di Teach e lo
stesso brivido caldo la attraversò dalla nuca fin nelle
viscere. Ne
era innegabilmente rimasta colpita e la cosa l'aveva mandata ancora
più in confusione. Il loro rapporto non aveva più
una definizione.
Si erano odiati per anni per poi raggiungere una sorta di tregua per
il bene di Sanji e della buona riuscita di quel viaggio. La notte al
campeggio l'aveva fatta sperare nella nascita di un'amicizia per poi
dover abbandonare quel pensiero la mattina dopo quando lui aveva
ricominciato a detestare di averla intorno e poi quel pomeriggio
aveva ribaltato di nuovo le cose. Non riusciva più a capire
che cosa
fossero diventati, ne aveva guadagnato solo un gran dolore alle
meningi. Non erano amici, non si odiavano, per lo meno lei non lo
odiava e il suo umore altalenante la faceva andare fuori di testa.
Non sarebbe stato nemmeno un problema così grosso da gestire
per
lei, se non fosse che da una ventina di secondi a quella parte non
era più l'unica cosa che la stava facendo andare fuori di
testa.
Gli
lanciò
un'occhiata di sottecchi e si morse le labbra cercando di non pensare
minimamente a quanto gli stesse bene la camicia nera che Rebecca gli
aveva fatto indossare insieme ai pantaloni di jeans del medesimo
colore che lo fasciavano perfettamente nei punti giusti.
Quella
ragazza
aveva un gusto fantastico e per un attimo si sorprese ad invidiarla.
Ad una perfetta sconosciuta Zoro aveva concesso carta bianca sapendo
che avrebbe scelto bene per lui. A lei una cosa del genere non
l'avrebbe mai lasciata fare, ne era sicura.
L'allegria
le
si smorzò un po'. Perché le dava fastidio?
Rebecca lo aveva fatto
pure con Sanji e Rufy, cosa c'era di diverso?
Zoro
si
schiarì la voce con un colpetto di tosse, sembrava nervoso e
il
fatto che non se ne fosse ancora andato per i fatti suoi ma fosse
rimasto la mise in allarme.
“Sei stata
molto brava oggi. Dove hai imparato a giocare a biliardo in quel
modo?”
Se
aveva
pensato che la sola vista di lui in total black l'avesse mandata
fuori di testa, non aveva fatto i conti con lo sconvolgimento emotivo
che le avrebbe causato ricevere un complimento. Il cervello
andò
praticamente in tilt.
Deglutì
a
disagio fissandosi gli stivaletti neri di pelle che le aveva fatto
mettere Perona quando aveva scoperto che avevano lo stesso numero.
“Papà.”
pigolò pianissimo in risposta.
Oh
andiamo!
Era Zoro! Quante altre volte doveva ripetersi di smetterla di
sentirsi in soggezione?? Era così facile stargli vicino
quando
litigavano, le parole scorrevano fuori limpide come acqua,
perché
quando le parlava normalmente aveva su di lei lo stesso effetto che
avrebbe avuto un litro di alcool puro giù per la gola? Non
era
normale!
Lui
annuì
fissando il pavimento, sembrava una gara a 'chi evita meglio
lo
sguardo?'
“In effetti,
ce lo vedo Dragon a giocare a biliardo al bar con un sigaro in
mano...”
Nami
lo fissò
strabuzzando gli occhi, sempre meno lucida. Stava... stava forse
cercando di dialogare civilmente con lei...?
“...immagino
che abbia provato a insegnarlo pure a Rufy ma dubito che lui abbia
capito qualcosa oltre al fatto che si usano delle stecche...”
Si,
stava
chiaramente cercando un dialogo! Oh mio Dio...
Accantonò
il
pensiero che fosse assurdo e che tecnicamente lei avrebbe avuto tutte
le ragioni del mondo per non degnarlo di una risposta. Chissenefrega
che le avesse fatto passare due giorni d'inferno, Zoro voleva
parlare, parlare, con lei! E lei avrebbe risposto,
altroché!
“Ci ha
provato, si...”
Lui
voleva
parlare e lei voleva sotterrarsi. Che accidenti di risposta era?? Che
vuol dire 'ci ha provato'?? Poteva fare di meglio!
“Zoro, io...
vorrei ringraziarti!” Ottimo inizio! Prese fiducia.
“Per oggi...
ho esagerato con Teach, non ho riflettuto, sarebbe potuta finire male
e se non fosse stato per te...”
“Non devi
ringraziarmi!” pareva fin troppo calmo mentre negava con
convinzione. “Ti ci ho messo io in quel casino...”
“No,
Zoro...”
“Dico
davvero...” le fece un sorrisetto storto. “Sono io
che dovrei
ringraziare te... Nell'ultima settimana non hai fatto altro che
salvare il culo a tutti, senza di te non so dove saremmo finiti.
Quello con Teach oggi era il minimo che potessi fare, volevo...
aiutarti io, almeno una volta, ecco.”
Se
non fosse
stata già appoggiata alla porta probabilmente avrebbe
cercato un
appiglio, un'ancora che le ricordasse di dove si trovava e con chi.
Quell'ammissione
andava ben oltre un tulipano rosso sullo zaino, andava oltre il pugno
a Teach. Quella andava oltre a tutto e Nami pensò che
sarebbe anche
potuta scoppiare una bomba nel palazzo che tanto non se ne sarebbe
mai accorta impegnata com'era a cercare di dare un senso al tumulto
che si sentiva montare dentro.
Il
sorriso che
le nacque spontaneo sulle labbra veniva direttamente dal cuore, si
sentiva leggera come una farfalla, felice come non le capitava da
giorni ed era grazie a lui. Non era certo per i soldi vinti che si
era sentita euforica tutto il pomeriggio, ora lo capiva e
un'irrazionale voglia di dirglielo si impadronì di lei,
avrebbe
tanto voluto che lui lo sapesse, che capisse una buona volta quanto
avrebbero potuto andare d'accordo se solo lo avesse voluto!
E
Zoro lo
capì, non era dello stesso avviso, ma lo capì
perfettamente.
Nami
era una
visione quella sera, poco c'era mancato che si strozzasse con la sua
stessa saliva quando l'aveva vista uscire dalla stanza con quel
vestito addosso e l'aria da tenera bambina mai davvero cresciuta, il
cuore era stato messo a dura prova in quei pochi minuti di dialogo.
Era stato più forte di lui, avrebbe dovuto girarsi e
raggiungere gli
altri ma non era riuscito ad allontanarsi, quando erano soli Nami lo
attirava a sé come una calamita e in quel momento non solo
per il
suo profumo, ormai diventato così dannatamente onnipresente
da
sentirselo sotto pelle. Aveva sentito il bisogno viscerale di
parlarle, voleva assicurarsi che stesse bene, che Teach non avesse
intaccato la sua luce dopo tutto il tempo che lui stesso aveva speso
per evitarle più del necessario la propria
negatività.
Parlare
del
biliardo era stata una scelta facile, evitare di sembrare un idiota
che si arrampica sugli specchi pur di trovare qualcosa di sensato da
dire, un po' meno. Come gli era venuto in mente di nominare suo
padre?? Cosa aveva in testa? Le ortiche? Aveva ragione Sanji quando
lo paragonava ad un'alga!
Lei
lo aveva
ringraziato ma non si rendeva conto che lui non si meritava niente?
Avrebbe dovuto continuare a detestarlo, era quello il gioco, due
persone impossibilitate a trovare un punto d'incontro che lo
trovavano solo quando si odiavano, non era difficile. Avrebbe dovuto
allontanarsi in quel momento, quando ancora aveva un senso
perché
lei stava bene, l'aveva appurato, ma anche in quel caso era stato
difficile rinunciare a quegli ultimi attimi da solo con lei.
La
musica
arrivava forte alle loro orecchie anche se attutita e lui aveva
deciso di aprirsi, un po', un po' tanto, un po' parecchio in
realtà
per i suoi standard se si guardava il fatto che spesso con Sanji
comunicava a gesti. Ma non aveva saputo resistere, accadeva contro la
sua volontà. Si era ritrovato a sperare come uno scemo di
rivedere
quello sguardo dolce che tanto l'aveva colpito di lei e che prima non
aveva mai saputo esistesse, impegnato com'era a litigarci ogni
dannata volta. Continuava a restare lì, sperava solo di
vedere
quello sguardo rivolto a lui per una volta, una sola singola volta e
se lo sarebbe fatto bastare. Ironicamente si era raccontato che
vederglielo addosso mentre era vestita come una bambola di porcellana
sarebbe stato il collasso definitivo per le sue coronarie, un piccolo
assaggio di una tentazione che sicuramente poi avrebbe messo
definitivamente a tacere e tutta quella assurda attrazione che
provava sarebbe svanita al loro ritorno a casa dove Nami sarebbe
tornata ad essere la solita ragazzina viziata con cui sgolarsi.
Di
certo non
era preparato a quello.
Non
fu il suo
abbigliamento o lo sguardo a lasciarlo senza fiato ma il sorriso che
gli rivolse. Bellissimo, abbagliante, grande, immenso, di quelli che
raggiungono gli occhi e lì si pianta facendoli brillare come
stelle.
Zoro
deglutì
più volte, la gola improvvisamente secca. L'aveva vista
tante volte
vestita elegante, Nami era il genere di ragazza che non puoi non
notare se entra in una stanza, lo sapeva perfettamente che era bella,
la conosceva da anni e gli occhi li aveva anche lui. Ma quel
sorriso... quello non lo faceva mai. Quello bastò da solo a
fargli
accelerare il battito cardiaco e lo stomaco fece una doppia capriola
quando si rese conto che era solo suo. Quel sorriso
era per
lui, lei l'aveva fatto per quello che aveva detto e si sentì
di
colpo vacillare, per un folgorante attimo pensò di
fregarsene di
ogni cosa e di lasciarsi andare per una volta. Era troppo vicina, le
sue labbra, il suo corpo, il suo profumo agrodolce che stava per
sopraffarlo, lo sentiva attorno a sé, su di
sé e non gli
stava suggerendo nessuna mossa casta. Voleva cedere, con tutto il suo
cuore, voleva cedere! Ma si vide costretto ancora
una volta in
una morsa dolorosa a trattenere tutto quello che avrebbe invece
voluto far uscire. Si sentiva un animale in gabbia, doveva andarsene
prima che accadesse l'irreparabile e la tentazione di chiudersi a
chiave con lei in una di quelle stanze mandando al diavolo ogni
ottusa convinzione, diventasse troppo forte per riuscire a domarla.
Ci
volle tutta
la sua determinazione per riuscire a smettere di guardarla, per
distogliere lo sguardo. Sapeva perfettamente di non meritarlo, di non
meritare niente da lei, ma anche così
stava diventando troppo
difficile riuscire a restare impassibili davanti a quegli occhi da
cerbiatto e a quel sorriso meraviglioso.
Perona
uscì
in quel momento dal bagno e Zoro provò uno strano sollievo
combattuto quando la vide. Aveva le braccia cariche di ogni tipo di
cosmetico esistente in commercio e l'espressione soddisfatta che
cambiò di poco in sorpresa quando li vide entrambi nel
corridoio uno
di fronte all'altra, l'una ancora fermamente appoggiata allo stipite
della porta, l'altro a venti centimetri da lei con gli occhi bassi,
le braccia incrociate e l'espressione di un cucciolo ferito.
“Ehi,
ragazzi!” li salutò amichevolmente passando lo
sguardo prima
all'uno e poi all'altra. “Rebecca vi ha già
preparati, fantastico!
Ancora un attimo e saremo pronte anche noi!”
mostrò il bottino
entusiasta superando Zoro e rientrando nella camera facendo cenno a
Nami di seguirla.
Lei
si voltò
un'ultima volta verso di lui mordendosi le labbra e sorridendogli
un'ultima volta.
“Ci vediamo
dopo.” mormorò piano rientrando nella stanza.
“Si... c-ci
vediamo di là.” Zoro approfittò
dell'attimo in cui si girava per
guardarla, era una sua impressione o gli occhi di Nami brillavano?
Cioè più di quanto già facessero,
più del solito, più del
normale, ecco... ma non era che quello stesse a significare che lui
se ne accorgeva quando brillavano, eh! Non era certo così
disperato
da elemosinare qualcosa da lei, men che meno cercava la sua
attenzione! Un colpo di fortuna l'arrivo di Perona, poteva solo
chiamarlo così! Li aveva interrotti al momento giusto,
ancora un po'
e... interrotto..? Ma che andava a pensare?? Non era affatto stato
interrotto! Se anche Perona non fosse arrivata, non sarebbe lo stesso
successo un bel niente!
Seguì
la
musica a ritroso, questa volta più attentamente e in pochi
passi si
trovò davanti la sala da pranzo, quella che dava sul salotto
e
sull'ingresso. Si complimentò con sé stesso per
esserci arrivato da
solo, una piccola vittoria personale.
Interrotto...
non era stato interrotto lui, perché non avrebbe fatto
niente!
Interrotto...
interrotto, certo...
Con
la
penombra e le luci al neon viola e rosse riusciva a vedere poco di
ciò che lo circondava, ma se non altro era già
arrivata parecchia
gente. Non vedeva grandi differenze con il genere di feste a cui era
abituato, forse appena un po' la musica e l'abbigliamento di tutti i
partecipanti, ma il resto, il tavolo degli alcolici, le chiacchiere,
l'atmosfera generale, erano sempre quelli. Notò la porta
d'ingresso
spalancata e la festa che prendeva piede non solo in casa ma
giù per
la tromba delle scale e, lo capiva solo ora, coinvolgeva tutto il
palazzo. La musica era alta, un po' particolare ma orecchiabile tutto
sommato e gli alcolici davano bella mostra di sé sulla
tavola
imbandita. Zoro ghignò servendosi generosamente da bere.
Interrotto...
ma che interrotto!
Notò
Rebecca
e Rufy poco lontano. Lui stava cercando di fagocitare la faccia di
lei o lei quella di lui, non avrebbe saputo dirlo. Non gli parve uno
spettacolo così interessante e passò oltre.
Interrotto...
macché... ancora??
Mandò
giù in
un colpo solo l'intero contenuto del bicchiere, non sapeva nemmeno
cosa avesse bevuto ma era buono! Inquadrò Sanji ballare a
torso nudo
su un tavolino al centro della stanza e due strambi personaggi con
l'eyeliner e grossi copricapi incitarlo. Il damerino non aveva
imparato proprio niente, era di nuovo ubriaco e si era appena
ripreso. Lo spettacolo, che già di per sé era
atroce, diventò da
film horror quando ai due tizi strani si aggiunse una donnona coi
capelli rosa raccolti in due treccine che cercò di
abbracciare il
suo amico e trascinarlo via con sé. Zoro rimase qualche
secondo in
più su di loro solo per vedere come si sarebbe evoluta la
cosa. La
reazione di Sanji non si era fatta attendere, era saltato sul divano
cercando di fuggire da quella tizia che ora Zoro ricordava essere una
delle tante cugine di Rebecca e Perona, non si ricordava il nome ma
che era in cerca di marito quello si, e all'improvviso provò
pena
per torcigliolo, solo per un attimo però.
Si
verso
nuovamente da bere, scotch stavolta!
Interrotto...
Mandò
giù
tutto d'un fiato e guardò assorto il bicchiere di plastica
vuoto tra
le mani.
Non
sarebbe
mai successo niente, era inutile che continuasse a
tornarci
con la mente! Per quanto potesse attrarlo, lui con Nami non avrebbe
mai fatto niente!
Annuì
tra sé
e sé, rassicurato dalle sue stesse considerazioni. Ora
più che mai
aveva bisogno di non pensare a nulla. Diede le spalle alla festa per
versarsi un altro generoso bicchiere che grazie ai suoi riflessi
riuscì a non rovesciarsi del tutto addosso.
“Namiiii!!
Mia deaaaaa!!”
Sanji
l'aveva
accidentalmente, ma neanche troppo, urtato per correre verso la porta
che dava nel corridoio e solo per un soffio non gli aveva fatto
rovesciare tutto il contenuto del bicchiere sui pantaloni. Zoro
seguì
la sua scia, Nami alla fine era arrivata in sala insieme a Perona e
lui si ritrovò a fissare disgustato il damerino fare il
baciamano ad
entrambe mentre cercava di pulirsi le dita piene di gin grazie al
fare da elefante del suo amico. Grugnì imbufalito vedendo
tutto il
liquore sparso sul tavolo, sprecare tanto buon alcool gli dava ai
nervi! Cercò di ripulire un po' senza smettere di lanciare
fugaci
occhiate alla porta del corridoio, continuando a scandagliare Sanji e
Nami.
Va
bene che
era ubriaco ma ogni santa volta doveva farle da tappetino? E
perché
Nami non lo bloccava mai, sapeva perfettamente che c'era Viola,
perché si ostinava ad accettare con un sorriso -normale,
uno
normale, diverso da quello di prima, eh-
tutte le idiozie che le propinava? Tipo quella del momento, prenderla
per mano per portarla a ballare con lui! Ma se nemmeno aveva idea di
come si ballasse quella musica!
Vide
Nami
ridere per lo stato pietoso in cui versava il suo amico e non
potè
darle torto quando accettò di buon grado il suo invito solo
per
farlo smettere di dimenarsi a torso nudo. Gli fece rimettere la
camicia e promettere di tenere le mani a posto. Come se corresse un
vero rischio, poi... di Sanji si potevano dire tante cose ma non che
fosse il genere di ragazzo che ci provava spudoratamente con una
donna avendone già un'altra per le mani e non una qualsiasi
stavolta. Era fedele pure da ubriaco marcio, un vero e proprio
gentleman, accidenti a lui. Zoro represse un sospiro irritato. Il
damerino era sempre stato il suo opposto in fatto di donne, Sanji era
devoto e monogamo quanto lui era superficiale e da botta e via.
Interrotto...
Scosse
il capo
con vigore, doveva piantarla di pensarci una buona volta!
Si
versò un
altro bicchiere e si premurò di riempirlo fino all'orlo, se
lo portò
alle labbra e fu più forte di lui, si voltò
ancora verso di loro ma
stavolta intercettò un altro sguardo incrociare il suo e lo
stomaco
gli si contrasse su se stesso per una frazione di secondo. Nami lo
stava guardando.
Si
affrettò a
concentrarsi di nuovo sul bicchiere che teneva in mano ma gli occhi
tornarono subito su di lei senza riuscire a impedirselo, era una
dannata calamita.
Nami
sorrideva
appena tenendo le mani tra quelle di Sanji che la faceva volteggiare
fuori tempo ed anche se sembrava divertirsi, non smetteva di guardare
lui e a sua volta Zoro si accorse di non riuscire a smettere di
guardare lei, immobile ad approfittare come un assetato nel deserto
della sua attenzione nonostante il cervello gli gridasse a gran voce
di girarsi, lasciarla perdere e far fuori tutta la riserva alcolica
che c'era in casa. Sanji le fece fare una piroetta che non c'entrava
nulla con il ritmo della musica e lei rise presa alla sprovvista,
ritornando subito dopo con gli occhi su di lui senza lasciar morire
il sorriso emozionato, anzi allargandolo ancor di più nella
sua
direzione e per Zoro quello fu semplicemente troppo.
Con
un colpo
di reni si voltò dandole le spalle, le mani che tremavano di
rabbia
repressa. Spostò tutto il peso del corpo sul tavolo,
poggiandosi con
i pugni, respirando piano e a fondo, provando a calmare il battito
frenetico del cuore.
Basta,
era ora
di finirla! Non doveva andare così ma se l'era voluto lui,
si era
messo nei guai da solo quando le aveva ufficialmente chiesto di
unirsi a loro! Era partito tutto da lì, l'aveva avuta vicino
come
non era mai successo e nel corridoio era stato palese che non fosse
in grado di gestire la cosa! Era molto più facile continuare
a
detestarla quando non era costretto a passarci così tanto
tempo
insieme! Si era ridotto ad un idiota patentato che non riusciva a
trattenersi dal cercare un contatto ed ora ne pagava le conseguenze!
Lei doveva stargli lontana, doveva capire che ogni sguardo, ogni
sorriso, ogni cosa che faceva per sincera
cordialità, lo
portava sempre più vicino al punto di non ritorno! Doveva
smetterla
con quell'assurda voglia di averla vicino e continuare invece a
tenerla lontana da lui!
“Zoro tutto
bene?”
Il
verde saltò
su come una molla a quella voce femminile che gli si era approcciata
con un tono così preoccupato. Lasciò uscire un
sospiro di sollievo
che sovrastò la piccolissima delusione che lo aveva colto
per un
attimo quando aveva visto che si trattava solo di Perona. Aveva per
un solo secondo sperato e maledetto al contempo che fosse qualcun
altro.
La
ragazza
gotica lo guardava in attesa con le sopracciglia corrucciate e Zoro
si affrettò a schiarirsi la gola. “Si, grazie.
Tutto ok!”
dissimulò facilmente i tremori alle mani incrociando le
braccia. Con
la coda dell'occhio notò che Nami era ancora alla
mercé di Sanji ma
non erano più soli. A loro si erano aggiunti Rufy e Rebecca,
coinvolgendoli in uno stupidissimo ballo a quattro che provocava
più
risate che invidie.
Perona
annuì
alla sua risposta evitando di indagare oltre e per questo la
ringraziò mentalmente, aveva tutta l'intenzione di tenere la
cosa
per sè.
“Non vai a
divertirti con gli altri?” le chiese più per
cortesia che per vero
interesse.
La
vide negare
tranquilla col capo, sorridendogli. “Stavo per chiederti la
stessa
cosa! I tuoi amici si stanno dando alla pazza gioia... li
adoro!”
esclamò all'improvviso allargando il sorriso e guardando il
ballo a
quattro che cambiava posizione a seconda delle richieste di Rufy.
Zoro
sbuffò
un laconico 'se ti piacciono gli idioti' che la fece ridere. Aveva
una risata davvero buffa e per un attimo contagiò anche lui.
“Non ho mai
incontrato persone come voi, siete così affiatati, si vede
subito!”
Zoro
si voltò
a guardarla stupito. “Davvero?” Gli sembrava
un'assurdità.
Rufy
e Nami
discutevano in continuazione, come lui e Sanji. Con Nami lui era
sempre ai ferri corti, come Sanji con Rufy. In generale si scannavano
tra di loro spesso e volentieri e si ficcavano nei casini ancora
più
facilmente. Più ci pensava e meno trovava la percezione di
quell'affiatamento.
Ma
Perona
annuì sempre convinta. “Nessuno di quelli che
conosco avrebbe mai
fatto quello che voi state facendo per Sanji! Né avrebbe mai
fatto
quello che lui sta facendo per amore.” si voltò a
guardarlo, gli
occhioni che brillavano emozionati sotto le luci stroboscopiche.
“È
bellissimo vedere come vi parate le spalle a vicenda!”
Zoro
batté
gli occhi ripetutamente, piacevolmente colpito dalla sua analisi ma
un po' dubbioso. Non si sentiva così speciale come lo stava
dipingendo lei, né vedeva negli altri qualcosa di
così
straordinario da essere lodato, eppure le diede ragione sull'ultimo
punto, era vero che si paravano le spalle a vicenda, lui stesso
l'aveva detto non meno di mezz'ora prima. Il pensiero tornò
nuovamente su di Nami ma si affrettò a scacciarlo e si
impose di non
voltarsi verso di lei.
Perona
gli
venne in aiuto involontariamente. Quella ragazza pareva avesse
intenzione di non schiodarsi più dal tavolo degli alcolici
per il
resto della serata e a lui, stranamente, non dava fastidio il
pensiero di continuare ad averla vicino. Aveva iniziato a stargli
simpatica e la sua risata era un qualcosa di veramente piacevole da
ascoltare.
“Mi avete
stupito oggi con Teach! L'ho visto imbrogliare e terrorizzare la
gente per anni e poi finalmente arrivate voi e zac,
lo fregate
con due mosse!”
Zoro
la guardò
con la coda dell'occhio sorvolando sul fatto che tecnicamente pure
lui si era fatto fregare. Teneva le braccia incrociate sotto al seno
e non distoglieva lo sguardo dolce dall'allegra combriccola a quattro
che lui invece cercava in tutti i modi di ignorare.
“Mi ha
sbalordito soprattutto la bravura di Nami con il biliardo! Non so
davvero, insomma... è bellissima, simpatica, intelligente,
è un
portento in disegno e pure col biliardo... è un agglomerato
di
talenti quella ragazza!”
Ecco,
quel
discorso avrebbe preferito non affrontarlo. Si mosse irrequieto
spostando il peso del corpo da un piede all'altro, indeciso se
mollarla là da sola o cercare un qualsiasi altro argomento
che gli
permettesse di evitare quello. Non aveva intenzione
di parlare
del suo malumore con qualcun altro ma Perona non sembrava
intenzionata a dargli modo di ribattere.
“Mi stupisce
che una come lei sia ancora single! Voglio dire... chi non farebbe
carte false per avere la sua attenzione?” esclamò
sicura
voltandosi alla fine verso di lui con un sorriso sincero
assolutamente privo di invidia.
Zoro
trattenne
un'imprecazione tra i denti, come aveva fatto a finire in quella
conversazione??
Perona
lo
guardava in attesa, forse si aspettava una qualche conferma da parte
sua ma non sapeva davvero cosa risponderle. Se voleva un parere
sincero aveva sbagliato persona. Si appoggiò al tavolo con
le gambe
fissando il proprio bicchiere vuoto tra le mani.
“Penso che
sarebbero in molti a volerla, si...” mormorò
controvoglia.
“Anche tu?”
gli chiese con indifferenza.
Zoro
alzò la
testa di scatto. “Anch'io cosa?” rispose forse un
po' troppo
velocemente perché lei si mise a ridere.
“Anche tu
vuoi le sue attenzioni?” chiese più
esplicitamente, con un tono
così malizioso che Zoro sentì le viscere
aggrovigliarsi su se
stesse più e più volte. Non gli piaceva la piega
che stava
prendendo quel discorso.
Schiacciò
il
bicchiere di carta tra le mani voltandosi completamente verso di lei
che non smetteva di osservarlo. “Io non voglio le sue
attenzioni!”
scandì bene, guardandola negli occhi. “Non mi
interessa Nami, è
la sorella del mio migliore amico e ci sopportiamo a malapena. Per me
è solo una ragazzina isterica, innegabilmente di
bell'aspetto e con
qualche qualità, ma nient'altro!” concluse duro
tornando ad
appoggiarsi al tavolo distogliendo lo sguardo. Sperava che Perona
avesse capito e che il discorso fosse ufficialmente chiuso.
“Quindi tra
di voi non c'è niente?”
Zoro
alzò gli
occhi al cielo senza farsi notare e sbuffò infastidito.
“No, non
c'è e non ci sarà mai niente!”
Perché
continuava ad insistere?? D'accordo che fosse simpatica, ma ora
esagerava. Aveva seriamente pensato di allontanarsi ma era la padrona
di casa, quella che li doveva ospitare per la notte e non era proprio
il caso di inimicarsela.
Corrugò
le
sopracciglia quando sentì una risatina venire da lei e si
voltò un
po' confuso. Che aveva da ridere?
“Mi fa
piacere sentirlo.” esclamò sorridendogli calorosa
e Zoro batté
gli occhi più volte, perplesso.
“Perché?”
Lei
si morse
le labbra, improvvisamente timida, girovagando con lo sguardo per la
stanza prima di tornare di nuovo su di lui e sorridergli con
trasporto. “Beh, Nami non è l'unica che mi ha
colpito oggi...”
Lasciò
la
frase in sospeso mentre con gli occhi percorreva ogni centimetro del
suo corpo dal basso all'alto con una lenta e sempre più
maliziosa
occhiata che non poteva equivocare.
Ci
stava
spudoratamente provando con lui e nel realizzarlo Zoro alzò
un
sopracciglio, prendendo ad osservarla più attentamente. Era
bella
Perona, con quei boccoli rosa e le labbra di rubino, la carnagione
bianchissima e la scollatura profonda, un bocconcino che normalmente
non si sarebbe fatto sfuggire. Il vecchio istinto predatore che aveva
messo a tacere durante quel pazzo viaggio si rimpossessò di
lui in
un secondo.
“Ma
davvero?” le chiese con un sorriso storto che esprimeva
chiaramente
quali pensieri gli stessero passando per l'anticamera del cervello.
Lei
sorrise
provocante, negli occhi lo stesso desiderio. “È la
prima volta che
vedo atterrare un uomo con un unico pugno...”
Zoro
ghignò
compiaciuto. Il discorso era iniziato male ma ora capiva il
perché
di tutte quelle domande. La ragazza era davvero un bel tipo e aveva
un corpo spettacolare che si intravedeva dal bustino semitrasparente
e dagli spacchi vistosi della lunga gonna ricamata. Qualcosa si mosse
irrequieto ai piani bassi mentre ammirava il capolavoro che erano le
sue gambe. Aveva le autoreggenti... Quella ragazza sprigionava sesso
da tutti i pori e lui se n'era accorto solo in quel momento. Beh,
meglio tardi che mai!
Perona
continuava a mordersi le labbra, non le era sfuggito come lui
l'avesse passata ai raggi X ed era anche ora, si era messa apposta il
suo vestito più provocante sperando di vedere una reazione
positiva
in lui. Zoro era sexy da morire, se n'era già accorta prima
della
sfida a biliardo, ma con quel pugno l'aveva completamente stregata.
Aveva cercato per tutto il giorno di capire se ci fosse qualcosa tra
lui e la rossa, Nami le stava davvero simpatica e voleva essere certa
di non camminare su un campo minato. Mentre la truccava le aveva
chiesto delucidazioni su di lui e si era sentita rispondere che erano
solo amici, quando non erano impegnati a ricoprirsi di insulti. Una
battuta che l'aveva fatta ridere sul momento, ma che necessitava
anche della conferma dell'altra campana. Zoro le aveva dato le
risposte che voleva ed ora si era decisa a tentare il tutto per
tutto, mal che andasse avrebbe subito un rifiuto, non sarebbe stata
una tragedia. Sorprendentemente lui si dimostrò
particolarmente
interessato invece e la cosa non poté che galvanizzarla
ancora di
più. Era tutto il giorno che aspettava quel momento!
“Stanotte
c'è la luna piena e noi abbiamo uno splendido terrazzo
all'ultimo
piano... ti va..?” mormorò suadente al suo
orecchio facendolo
impercettibilmente rabbrividire.
Quello
era un
invito vero e proprio, inequivocabile, languido, terribilmente
seducente e lo Zoro di una settimana prima non c'avrebbe pensato due
volte a prenderla e portarsela in spalla su per la scala antincendio.
Ma lo Zoro che presenziava a quella festa si sorprese ad esitare.
Non
riuscì ad
impedirselo, lo sguardo corse rapido su di lei, ancora. Sanji l'aveva
lasciata nelle mani del fratello che le stava facendo ballare un
misto di valzer e break dance ridicolo ma troppo divertente per lei
che rideva spensierata, volteggiando per la sala.
Vederla
così
gli provocò un doloroso spasmo a livello dello stomaco. Era
bellissima, bellissima e felice ed era quello che doveva essere! Nami
doveva rimanere felice così come la vedeva.
La
consapevolezza lo investì come un'onda violenta e il battito
cardiaco accelerò. Lui era l'unico che doveva patire, se lo
meritava! E Perona...
Tornò
a
guardare la ragazza gotica che lo osservava curiosa, ancora in attesa
della sua risposta. Perona era la persona giusta al momento giusto!
Gli aveva chiaramente fatto capire che voleva una sola cosa da lui ed
era proprio quella di cui aveva bisogno! Deglutì stringendo
i pugni
prima di girarsi completamente verso di lei e sfoderare il sorriso
più seducente che possedeva sapendo per esperienza diretta
che aveva
fatto capitolare decine di ragazze.
“Perchè no?
Avevo proprio voglia di prendere un po' d'aria...”
Perona
sorrise
a sua volta e gli indicò con un cenno del capo la
portafinestra
della sala dalla quale si intravedevano le scale antincendio.
Lo
precedette
camminando sinuosa tra la folla, girandosi appena con il capo per
guardarlo facendosi desiderare e lui non la perse di vista nemmeno un
attimo, concentrato sulle sue forme che ancheggiavano solo per lui.
Sentì qualcosa risvegliarsi decisamente prepotente in lui
quando la
vide alzare la gonna per attraversare la porta e mostrare una
generosa porzione di gamba prima di afferrare una delle sue mani e
spingerlo più vicino a sé con un sorriso che
prometteva qualsiasi
cosa. Zoro ghignò apertamente e l'afferrò per la
vita prendendo a
salire con lei e sparendo per le scale.
Si
era imposto
di non guardarla, di non cercarla più tra la gente e aveva
fatto
bene perché quello che avrebbe visto forse gli avrebbe fatto
cambiare idea.
Avrebbe
visto
Nami che ridendo si staccava da Rufy e si girava alla sua ricerca,
con gli occhi che ancora brillavano spensierati cercando un motivo
che le permettesse di avvicinarsi di nuovo a lui. Avrebbe visto
quegli stessi occhi cercarlo per tutta la stanza, accigliati. Avrebbe
visto la luce che li animava spegnersi all'improvviso mentre lo
metteva a fuoco vicino alla portafinestra. Avrebbe visto il viso di
una ragazza a cui era appena crollato il mondo addosso mentre lo
guardava stringere la mano di Perona e attaccarsi a lei, salendo le
scale che portavano al terrazzo. C'era un unico motivo per il quale
Zoro avrebbe potuto voler salire sul terrazzo di notte con una donna
e non era di sicuro per una lezione di astronomia. Quello che non
avrebbe visto e Nami stessa si sarebbe premurata di non fargli mai
vedere, era il suo cuore che andava in mille pezzi.
Nami
dovette
portarsi una mano allo stomaco. Qualcuno la urtò ballando ma
lei non
se ne accorse nemmeno, le veniva da vomitare. Gli occhi spalancati
fissi su quella portafinestra causa di tutto quel dolore che sentiva
scorrere nelle viscere. Le mani le tremavano e niente sembrava
più
avere senso logico, c'era solo lui che sorrideva ad un'altra ed
usciva sulla scala antincendio con lei.
Idiota,
era l'unica cosa che continuava a pensare di sé stessa. Era
stata
una colossale idiota a sperare... in cosa poi?? A sperare di essere
sua amica? Ma chi voleva prendere in giro? Non aveva mai voluto la
sua amicizia!
Nami
l'aveva detto che Perona era diversa, non era interessata a suo
fratello come tutte perché aveva ben altre mire! Mire che le
facevano un male atroce e avrebbe tanto voluto non scoprirlo mai. La
cosa peggiore, tra l'umiliazione e lo sconvolgimento che ne era
derivato, era che non aveva alcun diritto di sentirsi così.
Lei e
Zoro non stavano insieme, non le aveva mai fatto nessun genere di
promessa, quasi non si parlavano, lui la odiava! E lei... Dio, lei
aveva appena scoperto con angoscia che avrebbe dato qualsiasi cifra
per essere al posto di Perona! Ma a lei quella possibilità
era
preclusa. Lei non avrebbe mai avuto niente da lui e solo quello
bastò
a frantumare del tutto l'ultimo brandello di dignità che le
era
rimasto.
Il
cuore non
le aveva mai fatto più male. Non poteva reggerlo, non ne era
in
grado. Lasciò scivolare un'unica piccola lacrima che nemmeno
si
premurò di asciugare.
Non
avrebbe
resistito un secondo di più, nessuno doveva vederla in
quello stato.
Mollò tutto, la festa, gli amici, l'atmosfera gioiosa e
corse verso
il bagno decisa a non uscirci mai più.
Sanji
passò
in mezzo alla sala buttando giù d'un fiato la sua terza
bottiglietta
d'acqua, la sbornia che scemava sempre più con sua enorme
soddisfazione. Con la ritrovata semi coscienza la scena alla
portafinestra non era sfuggita nemmeno a lui e aveva pregato con
tutto il suo essere che a qualcun altro fosse stata risparmiata.
Quando
si vide
passare davanti Nami correndo come avesse il diavolo alle costole,
schivando la folla con la testa bassa e una mano sulla bocca,
capì
di aver preteso troppo dal destino. Era utopistico pensare che non
avesse notato Zoro e Perona, visto che aveva passato gran parte della
giornata a cercarlo con gli occhi. Il problema era che pure Zoro
aveva passato la giornata a guardarla, convinto di non essere visto.
Sanji
scosse
il capo con dispiacere, passandosi una mano sul viso stanco. Erano i
suoi migliori amici e nonostante gli desse fastidio non poteva
mettersi in mezzo. Si impose di non seguirla ma anche così
non
poteva non provare un'immensa pena per entrambi.
“Marimo,
marimo... non hai mai capito niente...”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Jump ***
Ormai si era
abituato, conosceva l'iter a memoria.
Sbronza
epocale, emicrania, capogiri, voglia di vomitare, svenimento da
qualche parte, sveglia, posto sconosciuto, dolori muscolari,
emicrania, voglia di vomitare, panico per rumori e/o odori strani,
voglia di vomitare, ambientamento, capogiri, emicrania,
caffè...
caffè? No, il caffè era nuovo...
Sanji
si alzò
di scatto a sedere e poco ci mancò che cascasse dal divano
per le
vertigini. Una tazzona di fumante caffè nero era l'unica
cosa che il
suo occhio mezzo aperto riuscisse a distinguere in quel marasma di
colori che era la casa di Perona e Rebecca alla luce del sole dopo la
festa della notte prima. Stavolta ricordava più o meno
tutto,
compreso quello che era accaduto dopo aver visto Zoro sparire su per
la scala antincendio con la ragazza che ora gli porgeva gentilmente
la tazza di caffè armata di sorriso radioso. Si, dopo aveva
bevuto
ancora, ma principalmente per impedirsi di correre dietro a Nami e
tentare di parare le spalle al suo amico in qualche modo. Di lui si
potevano dire tante cose ma Sanji sapeva che una volta trovatosi
davanti l'amica in lacrime con il cuore distrutto, l'unica cosa che
sarebbe stato capace di fare oltre ad abbracciarla era trovare un
motivo plausibile per il comportamento di Zoro. Motivo che non
esisteva, tra l'altro e Nami magari l'avrebbe presa per buona e si
sarebbe fatta andar bene pure una bugia pur di non continuare a
starci male. Ma Sanji non era il tipo che mentiva alle donne, ergo
per evitare di creare più problemi di quelli che
già esistevano si
era dato nuovamente all'alcool. Causa e soluzione di ogni guaio. Era
stato un imbecille, lo sapeva già.
Guardò
fuori
dalla finestra, doveva essere relativamente presto, il sole non era
ancora così accecante. Accettò con un mezzo
sorriso la tazza che
Perona gli porgeva, era una visione quella ragazza al mattino ma lui
sentiva dolori ovunque, come se qualcuno avesse dormito sopra di lui
tutta la notte e la testa vorticava. Aveva davvero bisogno di quel
caffè ma si sentiva uno sleale traditore ad accettare
l'umile gesto
di una bella e brava ragazza che aveva l'unica colpa di essere finita
nelle mire del marimo e di conseguenza in quelle di Nami.
La
guardò con
la coda dell'occhio tornare verso la cucina saltellando ancora in
tenuta da notte e afferrare altre due tazze fumanti dal bancone al
centro dell'open space porgendole a due ragazzi a torso nudo e boxer
che arrivavano in quel momento dalle camere e le accettarono
sbadigliando prima di sedersi a fare colazione. Sanji quasi si
strozzò con il suo caffè a quella vista e fece
una rapida
panoramica della sala. Lui aveva dormito sul divano ma sotto di lui
sul tappeto nero c'erano altri tre personaggi strani con il cerone
sulla faccia che ronfavano della grossa, immersi in coperte e
trapunte. Vicino al bancone notò altre due ragazze che
dormivano per
terra e un'altra vicino alla finestra, tutti rigorosamente avvolti da
coperte di ogni genere. Dalle camere si sentivano i distintivi rumori
di persone intente al risveglio mattutino e Sanji non riuscì
a
trattenere un sorrisino, sembrava una consuetudine da quelle parti
che i partecipanti delle feste si fermassero in blocco anche a
dormire.
Perona
volteggiava tra i vari ospiti distribuendo caffè a chi si
svegliava
come una fatina che dispensava la sua polvere magica e forse il
paragone era azzeccato perché quel caffè lo
rimise a nuovo. Stirò
un po' i muscoli e mise i piedi a terra aiutandosi con lo schienale
del divano per non cadere faccia in giù a causa di
un'improvvisa
vertigine. “Basta, ho chiuso con l'alcool...”
Si
passò una
mano sul viso, era stanco ma tutto sommato il divano era stato una
scelta felice, chissà se ce lo avevano messo o ci si era
buttato da
solo.
Si
avviò
verso il bancone per prendere uno di quegli invitanti croissant che
Perona aveva appena sfornato e lanciò un'occhiata addolorata
alle
tre ragazze che ancora dormivano serenamente per terra. Di una cosa
era sicuro, se la sera prima fosse stato sobrio il divano lo avrebbe
ceduto a loro!
“Sei il
primo dei tuoi amici a fare colazione.” Perona
riempì una caraffa
di succo d'arancia appena fatto e la poggiò sorridente
davanti a lui
quando si sedette con lei al bancone, passandogli poi un bicchiere
che accettò volentieri, trattenendosi a stento dallo
scatenare
un'ondata di cuori al suo indirizzo per quel gesto. Non era proprio
il caso.
“Rufy ha
dormito nella camera di mia cugina, con mia cugina, su mia
cugina.”
abbozzò una risatina divertita e Sanji alzò gli
occhi al cielo.
Naturalmente...
“Nami invece
non è ancora uscita dalla camera degli ospiti, per cui
presumo stia
ancora dormendo. In fin dei conti sono solo le otto e ieri abbiamo
fatto molto tardi...”
Sanji
riuscì
solo a commentare con un laconico 'Ah...' che avrebbe potuto voler
dire tutto o niente.
Era
troppo
impegnato a registrare con la parte predominante del cervello il
fatto che Perona avesse omesso qualcuno dalla lista e non sapeva bene
come prendere la cosa. Si sentiva combattuto, non era una bella
sensazione stare tra l'incudine e il martello. Si mise a fare
colazione senza una parola di più, ancora assonnato,
scoprendo con
divertimento di essere lo specchio degli unici amici di Perona
già
in piedi, i ragazzi in boxer che gli sedevano di fianco addentando
croissant come se non ci fosse un domani, in religioso e comatoso
silenzio. Parevano tutti più morti che vivi ma almeno lui
non si
faceva vedere in quello stato da una signora...
Pur
essendo un
appartamento pieno di gente era straordinariamente silenzioso a
quell'ora del mattino, non sentiva nemmeno il rumore del traffico ed
erano solo al terzo piano. Gran parte dei ragazzi stavano ancora
dormendo, Perona canticchiava allegra mentre preparava un'altra moka
di caffè e Sanji si chiese stupidamente se non fosse il caso
di
cominciare a testare il terreno con lei fintanto che non c'erano
orecchie indiscrete e soprattutto conosciute all'ascolto. Si dovette
trattenere dal fare una smorfia infastidita, quello era il genere di
cose che non pensava sarebbe mai stato capace di chiedere e
personalmente avrebbe tanto voluto rimanerne all'oscuro ma sapeva chi
avrebbe voluto quella conferma e altrettanto bene sapeva che quella
persona non avrebbe mai e poi mai chiesto esplicitamente a Perona se
fosse o meno stata davvero con il marimo la notte precedente. Ergo
per cui dal momento che di Zoro ancora non c'era traccia toccava a
lui l'arduo compito di ficcanasare con il dovuto tatto e magari
più
tardi avrebbe cercato anche di accertarsi che avessero usato le
dovute precauzioni, con quell'imbecille non si poteva mai sapere!
Perona
mise la
moka sul fuoco e si girò a guardarlo sorridendo radiosa.
Sanji non
riuscì a non ricambiare, cercando di rimandare le domande il
più
possibile, sapendo di non avere molta scelta.
Zoro
non
avrebbe mai risposto se l'avesse chiesto esplicitamente a lui e
chiederlo a Perona, anche se velatamente come era sua intenzione, lo
faceva vergognare a morte, soprattutto perché ad una
signorina non
erano cose da chiedere e poi non erano affari suoi! Ma Nami era sua
amica... la sua serenità era più importante della
sua vergogna e
l'ultima immagine che aveva di lei non era affatto il ritratto della
felicità. Dannato marimo! Gli avrebbe fatto pagare ogni cosa!
Finì
il suo
bicchiere di succo d'arancia e addentò un altro croissant,
preparandosi mentalmente il discorso da fare e maledicendo l'amico al
contempo. Forse avrebbe potuto iniziare prendendola larga... si
schiarì la voce, deciso. “Perona cara,
senti...”
“Nami!!!”
Perona
si
illuminò d'immenso e a Sanji andò di traverso
l'ultimo boccone di
croissant al suo urlo. La vide fare il giro del bancone e superarlo
di corsa, sparendo dietro di lui. Il biondo tossì un paio di
volte
per non soffocare e un altro paio poi solo per prendere coraggio e
riuscire a voltarsi.
Nami
alla fine
era riemersa dalla camera degli ospiti e in cuor suo avrebbe
preferito succedesse solo dopo aver saputo la scomoda verità
dalla
ragazza gotica. Con Nami lì come diavolo poteva chiedere a
Perona se
aveva davvero fatto sesso con Zoro?
Perona
la
stava tirando per un braccio, incitandola a venire avanti per fare
colazione insieme e a Sanji si strinse il cuore al vederla. Al di
là
delle vistose occhiaie e del colorito pallido, lo sguardo di Nami
combinava quello di un serial killer che aveva individuato la preda e
un cucciolo di foca abbandonato dalla mamma. Paragoni che non capiva
nemmeno da dove avesse tirato fuori ma gli parvero perfetti per
giudicare lo stato emotivo in cui sembrava trovarsi quella mattina.
Stato emotivo che Perona a quanto pareva non aveva minimamente notato
visto il tono entusiastico con cui le si rivolgeva. Probabilmente non
si era neanche accorta che Nami non aveva ancora spiccicato una
parola, né fatto un sorriso, al contrario suo ed eseguiva
ogni cosa
che le veniva chiesta come un automa. La fece sedere con loro al
bancone e si allontanò subito per infornare altri croissant
appositamente per lei. Sanji ne approfittò per scoccarle
un'occhiata
cauta senza farsi notare, cercando di trasmetterle tutto il suo
supporto ma Nami non reagiva a nessuno stimolo, se ne stava seduta
con le braccia in grembo a fissarsi le scarpe, un semplice paio di
jeans e una maglia leggera addosso e il trucco semi sfatto della
notte precedente che nascondeva malamente l'alone di depressione che
la circondava e che poteva essere facilmente scambiato per mancanza
di sonno, per quello probabilmente Perona non si era accorta di
nulla.
Schioccò
la
lingua amareggiato. Sanji lo sapeva bene come ci si sentiva,
semplicemente uno schifo.
Scoprire
di
amare qualcuno che ti odiava era una cosa ma scoprirlo e vederlo
andarsene con un'altra nell'arco della stessa ora dopo esserti illusa
lui potesse aver cambiato idea su di te, era un altro paio di
maniche. Nami pareva l'ombra di sé stessa e lui non poteva
fare
nulla per aiutarla. L'unico che avrebbe potuto non si era ancora
visto e forse era meglio così, avrebbe potuto migliorare le
cose
tanto quanto avrebbe potuto peggiorarle e Sanji non ci teneva a
vederla stare più male di così.
Perona
le mise
sotto il naso ogni ben di Dio, sempre sfoggiando quel sorriso radioso
da pubblicità, prima di andare di corsa a spegnere il gas,
era
pronto anche il caffè.
Sanji
le
lanciò un'altra occhiata di sottecchi notando che non
sembrava
affatto interessata a buttar giù qualcosa, anzi.
Seguì il suo
sguardo e capì al volo che cosa avesse catalizzato tutta
l'attenzione di Nami, fondamentalmente perché era lo stesso
pensiero
che girava anche nella sua testa da quando si era svegliato. Perona
pareva troppo sfavillante quella
mattina per
pensare che fosse una cosa abituale, tutto in quella ragazza gridava
forte e chiaro che aveva avuto un risveglio piacevole derivato
probabilmente da una notte altrettanto piacevole, le occhiate
stranite che le lanciavano i suoi stessi amici erano solo state
l'ulteriore conferma. Sanji lo realizzò in quel
momento, non
sarebbe servito a nulla chiederle se fosse o meno stata con Zoro,
Perona aveva la risposta stampata in faccia e per uno stupidissimo
attimo si chiese se il suo amico non mentisse come aveva sempre
creduto e che davvero fosse l'asso che si vantava d'essere con le
ragazze.
Si
voltò con
comica urgenza verso Nami, stringendole delicatamente un braccio,
cercando di richiamarla con gli occhi per impedirle di fare la
sciocchezza che leggeva nei suoi. Non era colpa di Perona quello che
stava provando, non era giusto che cercasse mille modi per
incenerirla con il pensiero!
Nonostante
quello che pensava lui, Nami sapeva perfettamente che la ragazza
gotica non c'entrava niente, la realtà era che non poteva
dare la
colpa a nessuno se stava male ed era proprio quello a farla stare
peggio!
Tirò
su col
naso e riportò la sua attenzione alle mani in grembo,
ignorando
Sanji e il suo conforto e Perona e il suo irritante canticchiare.
Aveva già pianto abbastanza prima di crollare addormentata,
più per
lo sconvolgimento che la cosa le aveva causato che
per la cosa
in sé. Era
crollata, non era una situazione contemplabile per la salute della
sua psiche.
Che
ingenua era stata a pensare di volere solo amicizia, che idiozia
pensare di essere diventata qualcosa per lui in quella settimana. Lo
sapeva già da tempo che la prima regola per evitare
delusioni era di
ridurre le aspettative e non farsi illusioni!
Eppure
sembrava davvero che qualcosa stesse cambiando... la
sera prima fuori nel corridoio, con Teach, con il tulipano rosso e
prima ancora quando le aveva chiesto di fare il viaggio insieme, le
era sembrato che Zoro cercasse un contatto con lei. Non si aspettava
chissà cosa, ma almeno qualcosa che non concernesse l'odio,
quello
si. Aveva pensato, si era illusa, che anche lui volesse tentare la
strada dell'amicizia, proprio come era convinta di stare facendo lei,
ma il suo cuore che batteva furioso quando incrociava lo sguardo con
il suo cercava già di farle capire che anche quella le
sarebbe
andata stretta.
Era
convinta
di volerlo solo come amico ma poi aveva notato qualcosa la notte
precedente, qualcosa di diverso in lui mentre le parlava. Lo aveva
visto scandagliare ogni centimetro del suo corpo con indosso quel
vestitino nero e l'aveva fatta sentire strana quello sguardo. Per un
folle, meraviglioso attimo aveva creduto di aver visto un sincero
interesse accendere quegli occhi neri e aveva iniziato a capire cosa
fosse quello stesso desiderio che si sentiva bruciare nelle viscere
da sempre quando si permetteva di guardarlo un po' più a
lungo.
Aveva cominciato a realizzare davvero i motivi che la spingevano ad
avvicinarlo continuamente, a cercarlo con lo sguardo, a chiedere di
lui quando non lo vedeva. Aveva dovuto fare i conti con la voglia di
tornare da lui che spingeva per venir esaudita quando Sanji l'aveva
rapita per ballare. Era capitolata quando un bruciante, intenso e
devastante sentimento di pura estasi l'aveva colta nel momento in cui
si era resa conto che anche lui non distoglieva gli occhi da lei.
Era
stato
tutto così facile e così difficile insieme cedere
alla
fibrillazione che sentiva scorrere nelle vene e si era convinta che
anche lui avesse cominciato a provare la stessa cosa, gliel'aveva
letta in quei profondi occhi neri che la facevano andare fuori di
testa. Ma poi l'aveva perso, Rufy e Rebecca avevano offuscato la sua
visuale e per lei era stato un bene, aveva bisogno di riordinare le
idee, di capire cosa fossero quei sentimenti confusi, di liberarsi
della nebbia. Col senno di poi non avrebbe mai voluto averlo fatto.
Si
era
liberata degli altri e stava andando da lui, si era decisa, non
sapeva come ma ci avrebbe provato, doveva fare un tentativo, se non
si era immaginata tutto anche lui provava qualcosa, per forza.
Invece si era ritrovata ad assistere alla sua umiliazione. Si
era
immaginata chissà cosa per l'ennesima volta e ne era rimasta
molto
più che scottata.
Perona
continuava a passarle sotto al naso piatti ricolmi di ogni cosa ma
lei faticava a concentrarsi sulla colazione. Era uscita dalla sua
stanza solo per la fame, sperando di non incrociare nessuno dei due
ma le era andata male con la ragazza. Ora che era lì lo
stomaco si
rifiutava di collaborare, chiuso a guscio anche lui sul suo dolore,
con Perona che si comportava come fosse stata la sua migliore amica.
Avrebbe solo voluto scappare di nuovo in camera, allontanarsi da
tutta la gioia che la rosa sprigionava e sprofondare di nuovo nel
cuscino, ma sapeva che sarebbe stato inutile, non avrebbe risolto
nulla, sperava solo che le fosse risparmiata la scena patetica di lui
che li raggiungeva e si comportava da fidanzatino come nelle
classiche commedie romantiche di serie c, non avrebbe retto e sarebbe
scoppiata in lacrime lì davanti a tutti. Dio, quanto era
patetica!
Perona
girava
per la stanza canticchiando un motivetto sconosciuto mentre porgeva
tazze di caffè. Cantava e rideva, rideva e cantava e a Nami
ribolliva il sangue nelle vene! Avrebbe solo voluto prenderla e
levarle quell'odioso sorriso dalla faccia a suon di sberle! Ma
perché
doveva essere così dannatamente felice?? Non vedeva che
c'era gente
a cui dava fastidio??
Strinse
i
pugni odiandosi per quello che provava ma non riuscendo a smettere,
Perona era strettamente collegata all'attimo più bello e
più brutto
della sua vita e non poteva fare finta di niente. Il giorno prima era
stata ad un passo dal considerarla una buona amica ed ora odiava il
suo sorriso. Odiava il motivo di quel sorriso, odiava sentirsi
così
male perché sapeva il motivo di quel sorriso e odiava odiare
in quel
modo una povera ragazza che era stata sempre gentile con lei e che
non c'entrava nulla ma aveva avuto la sfortuna di trovarsi nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Le aveva fatto capire nel peggiore
dei modi che non c'era alcuna speranza per lei. Ci sarebbe sempre
stata qualcun altra meglio di lei per lui. Non lo avrebbe mai avuto.
Odiava sentirsi così cattiva e impotente!
Sanji
alla sua sinistra si muoveva irrequieto sulla sedia mentre la
guardava in panico. Sapeva di quello che era capace, per la prima
volta il biondo pareva più in pena per qualcuno che aveva
preso di
mira che per lei e Nami si lasciò sfuggire uno sbuffo
irritato.
Lo
rassicurò con un'occhiata nervosa. Erano solo pensieri i
suoi, non
avrebbe mai potuto fare qualcosa a Perona, non era così
perfida e
per un attimo provò pure l'impulso di colpire il suo amico,
credeva
davvero fosse così cattiva?? Non voleva sapere la risposta...
Si
schiarì la voce ancora arrochita dal pianto, cercando di
dare
un'intonazione casuale alle sue parole. “Dobbiamo preparare i
bagagli, stasera si riparte. Dove sono gli altri?”
Sanji
sobbalzò appena a quella domanda. “Ehm... Rufy
è in una delle
camere... con Rebecca.”
Nami
alzò gli occhi al cielo, esattamente come aveva fatto lui
alla
medesima notizia.
“E...
Zoro?” chiese ancora con insistenza quando vide che lui
titubava
nel proseguire.
Sanji
fece spallucce e Nami non capì come dovesse interpretarlo.
“Oh,
parlate di Zoro?”
Di
tutti i momenti Perona scelse proprio quello per intromettersi e Nami
strinse impercettibilmente i pugni.
“Si,
quel pigrone starà ancora dormendo! Ci chiedevamo quando
sarebbe
venuto a fare colazione!” le venne in soccorso Sanji
guardando
prima le sue mani strette e poi la ragazza gotica con un sorriso
falso che lei non notò, anzi incrociò le braccia
sotto il seno
tornando dall'altra parte del bancone, pensierosa.
“Ma
Zoro non è in casa...” buttò fuori
tranquillamente.
Sanji
e Nami ci misero qualche secondo per afferrare il senso di quelle
parole e fu lui a riprendersi per primo. “Ch-che vuol dire
che Zoro
non è in casa..?”
Perona
annuì confermando le sue stesse parole.
“È uscito! Ancora
stanotte per la verità e non è mai tornato. Mi ha
detto che vi
avrebbe avvertito, per quello sono sorpresa ero sicura voi lo
sapeste!”
Sanji
e Nami la guardarono come se all'improvviso le fossero spuntati dei
tentacoli blu in faccia. Lei deglutì un paio di volte e
poggiò
piano le mani tremanti sul bancone. “Perona... stai dicendo
che
Zoro è fuori da ore per Punk Hazard, da solo?”
Perona
batté gli occhi, presa in contropiede dall'atteggiamento
ansioso che
all'improvviso aveva cambiato faccia ai due ragazzi. “Beh,
si... ha
detto che aveva bisogno di camminare...” Ma che stava
succedendo?
La
testa di Sanji cadde di piombo sul bancone con un tonfo secco che
svegliò chiunque nella stanza e fece prendere un colpo a
Perona.
Nami al suo fianco tremava isterica e non pareva curarsi del fatto
che il suo amico fosse appena svenuto spiaccicando la faccia sul duro
marmo.
“Che
cosa facciamo? Che cosa facciamo? Che cosa facciamo???” prese
per
il bavero Sanji che ancora non dava segni di vita e sotto gli occhi
attoniti e mezzi addormentati dell'intera sala prese a scuoterlo con
forza per farlo riprendere. “Come fai a dormire??
È una tragedia,
dobbiamo ripartire oggi!!! Cosa gli è venuto in mente a
quell'idiota?? Non lo ritroveremo mai più!!!”
Ad
ogni parola seguiva uno scossone e avrebbe continuato se Perona, in
pena per le sorti del biondo, non avesse osato interromperla.
“Ma...
è una cosa così grave..?”
Nami
parve riscuotersi a quella domanda e lasciò andare il
ragazzo che
crollò a terra come un sacco di patate. La rossa fissava
Perona con
ritrovata calma come se lanciare saette dagli occhi solitamente fosse
visto come un comportamento pacato.
“Zoro non ha
senso dell'orientamento, si perde anche solo percorrendo un'unica
strada! Per quanto ne sappiamo potrebbe già essere in
Alaska!” le
spiegò con calma sinistra.
La
rosa sgranò
gli occhioni facendoli sembrare ancora più grandi.
“Oh, non lo
sapevo...”
Nami
sbuffò
infastidita. “Ovvio, praticamente non lo conosci!”
le uscì forse
più velenoso di quanto volesse ma incapace di frenarsi, la
situazione era già brutta così, ci mancavano solo
Perona e le sue
stupide considerazioni a peggiorarla! La rabbia tornò
prepotente a
reclamare il posto che la preoccupazione aveva occupato. “Se
lo
conoscessi non gli avresti permesso di uscire da solo!”
Non
lo
conosceva ma aveva lo stesso avuto il privilegio di ricevere
attenzioni che lei poteva solo sognarsi! Il dolore al centro del
petto continuava ad ampliarsi e non sapeva più come riuscire
a
contenerlo, stava diventando pazza.
Perona
la guardò stranita per la prima volta nella mattinata. Prese
ad
osservarla incuriosita e non le sfuggì l'astio fin troppo
palese che
comunicavano i suoi occhi, sembrava che fino a quel momento avesse
solo cercato di reprimerlo senza successo. Alzò un
sopracciglio
dubbiosa, probabilmente vicina a capirne il motivo, non era poi
così
difficile per un'altra ragazza riconoscere i segni inequivocabili di
una gelosia accecante quando se la trovava davanti. A conti fatti,
glielo si leggeva in faccia e quello andava anche a rispondere di
tutto il comportamento che aveva mantenuto da quando era comparsa in
cucina. Nami doveva aver visto lei e Zoro la notte prima mentre
salivano le scale per il tetto.
Perona
non riuscì a reprimere un sorrisetto di soddisfazione quando
la vide
abbassare gli occhi e stringere i pugni, il viso pallido circondato
da profonde occhiaie, la cui causa prima aveva erroneamente
attribuito alla mancanza di sonno ora assumeva tutt'altro
significato. Aveva visto giusto, Nami era gelosa.
Lo
stupore per la scoperta di Perona e la vergogna di Nami per parole
che avrebbe voluto rimangiarsi passarono in secondo piano all'entrata
baldanzosa di Rufy in cucina.
“Buongiorno,
gente! Che si mangia di buono??”
Rebecca
lo seguiva serena qualche passo più indietro vestita solo di
una
corta camicia da notte rossa terribilmente sexy che fu certamente il
motivo che rimise in sesto Sanji e allo stesso tempo che gli fece
affondare il naso nel fazzoletto per impedirsi di gocciolare sangue
sul pavimento.
“Ooooh,
ci sono i krapfen!”
Ignorando
le occhiate sbigottite che tutti lanciavano loro, Rufy si
sistemò al
bancone con gli occhioni che luccicavano prendendo a servirsi
direttamente dal piatto di Nami che era rimasto praticamente intatto.
Rebecca andò a servirsi del caffè e voltandosi
verso la cugina si
accorse di avere tutti gli occhi addosso.
“Che
succede?” chiese con una punta di preoccupazione vedendo solo
facce
da funerale attorno a sé.
Rufy
alzò gli occhi dal piatto, incuriosito dalla domanda e
passò in
rassegna sorella e amici. Nami sembrava svuotata di ogni emozione e
guardava a terra i capelli a nasconderle parte del viso e Sanji era
tornato seduto al bancone e si teneva la testa con le mani in
evidente panico. Perona era l'unica che tutto sommato stesse bene,
sorseggiava il suo caffè con pacifica
tranquillità.
“Il
vostro amico Zoro è uscito stanotte da solo e non
è più tornato.”
spiegò impassibile alla coppia.
Rebecca
alzò un sopracciglio e Rufy batté gli occhi un
paio di volte,
confuso, la bocca piena di zucchero a velo. “Zoro si
è perso
ancora?”
Perona
annuì senza fare una piega e lui guardò prima
Nami e poi Sanji in
cerca di risposte. “Ma perché è uscito
da solo? Lo sa
perfettamente che non è capace di tornare!”
La
sorella gli scoccò un'occhiata ammonitrice. Meglio non ci si
mettesse anche lui a dichiarare l'ovvio con tanta pacata idiozia.
Ma
quello non ricevendo risposta alcuna fece spallucce tornando a
mangiare come se nulla fosse. “Beh, alla fine non
è un gran
problema.” commentò sereno addentando una fetta di
pane e
marmellata.
Quella
frase provocò lo sconcerto di Sanji che si
affrettò a squadrarlo ad
occhi sgranati. “Che stai dicendo? È un terribile
problema!
Dobbiamo ripartire oggi e non abbiamo idea di dove possa
trovarsi!”
“Hai
provato a chiamarlo al cellulare?”
Nami
strabuzzò gli occhi e lo stesso fece Sanji. Non ci avevano
pensato!
“Suona
a vuoto... maledetto marimo, dove diavolo sei finito??” il
biondo
interruppe la quarta chiamata in cinque minuti con un gesto secco.
“Ha il telefono acceso ma non risponde, l'idiota!”
Rufy,
che in tutto quel tempo non aveva smesso di abbuffarsi, alzò
nuovamente le spalle attirando l'attenzione degli altri. “Non
è un
gran problema nemmeno questo...” replicò dando una
generosa
sorsata alla spremuta che Rebecca gli aveva gentilmente porto.
Nami
si spazientì del tutto e allargò le braccia.
“Non è un
problema?? Rufy andiamo, di che cosa stai parlando?”
Il
fratello si pulì la bocca con il tovagliolo prima di
sorridere con
trasporto. “Ricordi quando ho perso il telefono l'anno scorso
e
Chopper è stato così bravo da
ritrovarmelo?” Nami annuì capendo
dove volesse andare a parare. Perona e Rebecca seguivano lo scambio
di battute sedute al bancone senza emettere fiato, incuriosite dalla
piega che stavano prendendo gli eventi quella mattina. “Basta
chiamare Chopper e dirgli di fare lo stesso con il cellulare di Zoro.
Per il mago del computer sarà uno scherzo
rintracciarlo!”
Sanji,
il telefono ancora appiccicato all'orecchio alle prese con il quinto
tentativo, si ritrovò a sgranare gli occhi per l'ennesima
volta,
esattamente come Nami che lo fissava piacevolmente sconvolta. Che
succedeva a Rufy quel giorno?? I suoi neuroni giravano nel senso
giusto!
Sanji
gli diede una poderosa pacca sulla spalla. “Sei un
genio!” e si
allontanò di qualche passo per chiamare Chopper. A casa era
tardo
pomeriggio, lo avrebbe senz'altro trovato.
Nami
guardò colpita il fratello che le restituì
l'occhiata con un
sorriso a trentadue denti. Si trattenne dall'impulso di abbracciarlo
perché Rebecca ci si era fiondata prima di lei e si era
già
riappropriata di quelle braccia che l'avevano stretta tutta la notte.
Perona
si versò altro caffè scuotendo il capo.
“Siete sempre più strani
ragazzi...” commentò con un sorrisino guardando
chiaramente Nami
senza traccia di presunzione o scherno, semplicemente con gli occhi
di chi cerca la complicità di un'amica e sperava di trovarla
ancora.
Nami dal canto suo si sorprese a leggere tutto questo in lei dopo
averla praticamente aggredita e averle fatto capire quando stesse
male per la notte precedente. Sapevano entrambe che Perona non
c'entrava nulla con il suo malessere e Nami si sentì quasi
grata per
essere stata perdonata per lo scatto d'ira. La ragazza gotica aveva
capito e avrebbe avuto la decenza di non infierire sul suo stato ma
le venne spontaneo farle una domanda.
“Hai
idea del perché sia uscito in piena notte?”
Il
tono usato la mise in allarme, sembrava pieno di sottintesi non detti
e Nami abbassò il viso.
“Conosco
Zoro, non sarebbe mai uscito solo per fare due passi se all'interno
della casa c'erano ancora alcool e divertimenti...” fece una
pausa
significativa prima di sospirare. “...deve essere successo
qualcosa
che gli ha fatto decidere di andarsene.”
Perona
si
portò la tazza alla bocca, l'espressione
indecifrabile in viso che le fece brillare lo sguardo per un attimo.
Nami non avrebbe saputo come interpretarla e non ne ebbe nemmeno il
tempo perché Sanji tornò agitando il suo
cellulare in aria,
felicissimo.
“L'ha
trovato!”
A
tutti sfuggì un sospiro di sollievo e il biondo
allungò il telefono
perché lo schermo fosse ben visibile. “Mi ha
mandato le
coordinate, dice che è fermo in un punto preciso
già da diverso
tempo...” pigiò qualche tasto e
ingrandì l'immagine perché la
vedessero tutti. “Accidenti ha camminato parecchio! Si
trova...
qui!”
Nami
batté gli occhi, incredula. “Qui?”
ripeté indicando con il dito
una chiazza blu. “Ma è un fiume! Che cosa ci fa
lì?”
Sanji
ampliò l'immagine, altrettanto confuso.
“Forse
sta facendo il bagno...” azzardò Rufy grattandosi
la testa.
“No,
non si trova dentro il fiume, ma sopra...”
commentò Perona
incrociando le braccia mentre Rebecca al suo fianco annuiva.
“In
quel punto preciso c'è un ponte...”
“Il
ponte Smiley.” confermò la cugina.
Gli
altri tre le guardarono, per un attimo senza sapere che dire prima
che Nami desse voce al pensiero comune. “E perché
Zoro se ne
starebbe fermo su un ponte?”
Le
due cugine si lanciarono un'occhiata di sottecchi che non piacque a
Nami. Rebecca si grattò una guancia, pensierosa.
“Beh, è un ponte
molto alto... con una vista splendida, il torrente che ci passa sotto
ha correnti molto forti e...”
“E?”
la incitò Nami sospettosa.
Rebecca
sospirò e Perona parlò al posto suo con voce
statica. “È famoso
in zona perché è il posto preferito dagli
aspiranti suicidi.”
Seguì
un breve silenzio che durò il tempo di un battito, quello
che Nami
aveva perso.
“Ch-che
vuol dire? La gente ci va per suicidarsi?”
Rebecca
si morse le labbra improvvisamente nervosa e Perona distolse lo
sguardo nascondendolo dietro la tazza di caffè. Nami si
voltò
sconvolta verso gli altri trovandoli entrambi stupiti ma non quanto
lei. “Dobbiamo andare, ora!”
“Andiamo
Nami!” si grattò la testa Rufy, in palese
difficoltà. “Stiamo
parlando di Zoro!”
“Il marimo
non è tipo da suicidio...” gli diede man forte
Sanji.
Lei
allargò
le braccia, la sensazione di panico che non riusciva ad abbandonarla.
“Se fosse così perché diavolo
è su quel ponte? Me lo spiegate??”
“Magari per
il panorama...”
Nami
incenerì
il fratello. “Che motivo avrebbe per stare
lì?”
Sanji
alzò le
mani cercando di ponderare la situazione con calma e con un sorrisino
che la innervosì ancora di più. “Non
avrebbe motivo appunto! Zoro
non vuole uccidersi, Nami! Di sicuro c'è una spiegazione
più
semplice!”
“Beh... è
anche vero che sono due giorni che si comporta in modo
strano...”
Sanji
si morse
la lingua irrequieto per quell'uscita e Nami impallidì. No,
non
aveva senso!
“Rufy non
peggiorare le cose...”
“Ma è vero!
Zoro è stato strano da quando siamo partiti dal Belgio! Non
l'ho mai
visto così triste e arrabbiato insieme!”
Nami
deglutì.
Rufy si era accorto che Zoro era triste..? Ma non... era solo
arrabbiato?
Riallacciò
all'improvviso pezzi di discorsi e momenti degli ultimi giorni fino a
rendersi conto con un respiro strozzato che suo fratello aveva
ragione. Lo stato d'animo di Zoro rasentava la depressione e lei non
se n'era nemmeno accorta! Era troppo concentrata su sé
stessa e su
come la infastidiva non ricevere le dovute attenzioni da lui per
rendersi conto che forse sarebbe bastato essere più gentile
e
comprensiva, offrirgli davvero la sua spalla e magari gli sarebbe
passata... magari l'avrebbe accettata... magari si sarebbe fatto
consolare... magari era il caso di piantarla con quei sogni ad occhi
aperti e andare subito su quel ponte a tirarlo via per i capelli!
“Non mi
interessa quello che pensate! Io vado immediatamente
lì!”
Rufy
si fece
avanti subito, l'espressione risoluta. “Vengo con
te!”
Sanji
si passò
una mano sul viso prima di annuire alle loro occhiate. “Ovvio
che
vengo anch'io... che pensate di lasciarmi qui??”
“Ma come ci
arriviamo?” chiese Rufy con urgenza seguendo la sorella
già
partita verso la porta.
Rebecca
li
raggiunse velocemente e prese un paio di chiavi dal mobile
all'ingresso. “Vi porto io in auto, conosco una
scorciatoia!”
Nami
la guardò
grata infilandosi rapida le scarpe. Stava per fiondarsi giù
per le
scale a seguito degli altri quando si sentì tirare indietro
per un
braccio. Perona la guardava tesa ma non pareva minimamente
preoccupata come invece sembrava Rebecca.
“Non essere
troppo dura con lui quando lo incontrerai...” le chiese
dolcemente,
con un sorriso fin troppo consapevole di cose che a lei sfuggivano a
quanto pareva.
Nami
avrebbe
voluto chiederle spiegazioni a riguardo ma Rufy la richiamò
dal
primo piano incitandola a muoversi e Perona le lasciò il
braccio.
L'ultima cosa che vide prima di scapicollarsi per l'androne fu il suo
saluto e il sospiro che ne seguì.
*
Rebecca
frenò
bruscamente e li fece scendere all'ingresso del ponte che, scoprirono
sul momento, era esclusivamente pedonale. Lei li avrebbe raggiunti
una volta trovato parcheggio ma loro intanto dovevano correre come
indemoniati e percorrere il chilometro che li separava da Zoro,
stando alle indicazioni del cellulare di Sanji.
Correndo
ci
misero meno di un minuto ad intravederlo in lontananza, la zazzera
verde spiccava come un faro nella notte. Nami perse più
battiti
nello scoprire che era così visibile solo perché
si trovava a
braccia aperte in piedi sul parapetto, che in tutto il minuto
disperato della corsa. Il cervello andò in blackout e il
terrore
prese a pulsare frenetico nelle orecchie, attutendo qualsiasi rumore.
Quel pazzo stava davvero per buttarsi di sotto!
Aumentò
l'andatura in panico accorgendosi appena di quella di Rufy e Sanji
che al contrario calava sempre di più. Il vento le
bruciò gli occhi
ma non le interessava, non vedeva altro che la sua figura in piedi
sul parapetto, voleva solo disperatamente raggiungerlo, avrebbe
pensato dopo al resto, l'unica cosa che doveva fare era tirarlo
giù,
anche di forza se fosse stato necessario!
Si
sentì
chiamare per nome ma non si voltò, non le interessava
niente, solo
lui e le sue gambe che sembravano sul punto di staccarsi dal muro.
No...
Fece
gli
ultimi metri col cuore in gola e le lacrime che ormai scendevano
inarrestabili oscurandole la vista.
“Zoroooo!!!!!!”
L'urlo
terrorizzato era uscito istintivamente dalla sua gola e
riuscì a
vederlo bloccare il salto appena in tempo per voltarsi verso di lei
che come una pazza si avvinghiò alle sue gambe, unico modo
che le
era venuto in mente per trattenerlo. L'espressione sconvolta di Zoro
non la sorprese e nemmeno le importava, il sollievo era l'unica cosa
che le riempiva i pensieri, non le interessava nulla di star facendo
la figura della piagnucolona, era troppo felice per esser riuscita a
fermarlo in tempo.
“Nami!!”
Le
voci
attutite di Rufy e Sanji la chiamavano, un punto imprecisato dietro
di lei ma non volle farci caso. Continuava a piangere lacrime di
sollievo per la paura che si era presa, la faccia perennemente
nascosta tra le braccia che stringevano le sue caviglie e sembravano
non volersi più staccare da là. Non gli
interessava più che non la
volesse, che fosse stato con Perona, che l'avesse illusa, era stata
davvero sul punto di perderlo e quello avrebbe fatto più
male di
qualsiasi altra cosa.
Sentì
una
mano leggera carezzarle piano i capelli, forse nel tentativo di
calmare i singhiozzi e una voce fin troppo conosciuta le
parlò
all'orecchio. “Ragazzina...”
Nami
rabbrividì involontariamente e si azzardò ad
alzare la testa
trovandosi il suo viso a pochi centimetri. Zoro si era accucciato su
sé stesso senza staccarsi da lei e la guardava con un
sorrisetto di
scherno che la fece vacillare per un attimo.
“Cosa
diavolo stai facendo??” le chiese aumentando il volume della
voce
di un ottava ad ogni parola.
Nami
batté
gli occhi, presa in contropiede, le lacrime che avevano smesso di
scendere per lo stupore di averlo così vicino.
Deglutì quando si
accorse che lui si aspettava davvero una risposta da lei e prese un
bel respiro per farsi coraggio.
“Ti
impedisco di ammazzarti!” replicò decisa senza
l'ombra di rimorso
negli occhi ora fieri appena un po' lucidi. Avrebbe lottato per lui,
col cavolo che l'avrebbe lasciato andare così! Come a
ribadire
ancora di più il concetto strinse maggiormente le mani sulle
sue
caviglie causando di riflesso la reazione sempre più
sconvolta di
lui.
“Ammazzarmi??”
le fece eco spalancando gli occhi.
“Ehm...
Nami..?”
Rufy
tentò di
nuovo di chiamarla da dietro le sue spalle ma lei non ci diede peso
come le altre volte. I suoi occhi erano tutti per la faccia da sberle
di Roronoa che pareva sempre più incredulo per quello che
usciva
dalla sua bocca. “Che cosa ti è venuto in mente??
Pensi davvero
che una cosa del genere sia la soluzione? Parla, Zoro! Parla con noi,
non tenerti sempre tutto dentro!”
“Nami-swan?
Ehm... forse...”
Zittì
anche
Sanji alzando una mano senza smettere di fissare risoluta il ragazzo
che aveva davanti. Il cuore le pompava adrenalina al cervello, era
decisa ad andare fino infondo. Respirò piano, cercando di
calmare
almeno il battito frenetico. “Non so cosa ti tormenti, ma
fidati,
questa non è la soluzione! Ti prego Zoro, scendi e
parliamone con
calma...” per qualche miracolo divino era riuscita a non
versare
più lacrime ma il suo tono era mortalmente serio, perfino
Zoro
l'aveva capito ed aveva smesso di canzonarla per lasciarla parlare.
“Nami!!”
le voci di Rufy e Sanji la chiamarono all'unisono stavolta e con
parecchia urgenza. A fatica distolse lo sguardo da quello sempre
più
serioso di Zoro, senza comunque staccarsi dalle sue caviglie e si
voltò per incrociare le facce ansiose di fratello e amico.
“Che
cosa avete voi due da strillare??”
Rufy
fece un
passo avanti indicandole qualcosa ai suoi piedi con insistenza.
“Zoro
non voleva uccidersi, stava per fare bungee
jumping!”
Nami
batté
gli occhi ripetutamente. “Co-come?”
Sanji
e Rufy
si spostarono liberando il suo campo visivo e lei si accorse per la
prima volta della decina di persone che facevano gruppo, sostando sul
ponte a pochi passi da loro e tutte, nessuna esclusa, fissavano lei e
il suo delirio irragionevole con gli occhi sgranati. Iniziando a
temere il peggio, li passò in rassegna con un'unica occhiata
notando
imbragature da alpinismo, corde elastiche e moschettoni oltre a
parecchie attrezzature tecniche da una delle quali partiva anche una
lunga corda che si srotolava per molti metri sull'asfalto, proseguiva
la sua corsa fin sotto i suoi piedi e finiva attorno a quelli di Zoro
fermo sul parapetto, dove tra l'altro c'erano ancora arpionate le sue
mani.
Si
staccò da
loro come scottata, diventando bordeaux all'istante per la pessima
figura che aveva fatto davanti a tutta quella gente. La vergogna per
quello che aveva detto e pensato si riversò su di lei come
lava
incandescente. Si era resa ridicola con le sue mani!
Non
riusciva
nemmeno a mettersi a piangere dallo shock, né a correre via,
che
sarebbe probabilmente stata l'unica cosa sensata da fare. Rimase
lì
per dei secondi interminabili a guardare le caviglie di Zoro
fermamente bloccate da quella corda, come aveva fatto a non
accorgersene subito? Non aveva notato niente, nemmeno quella piccola
folla, era stata troppo presa dal suo terrore per accorgersi di altro
che non fosse la paura di perderlo in quello stupido modo!
Non
aveva
mai voluto farlo... si sentiva una colossale idiota per aver creduto
davvero che lui... non osava più nemmeno pensarlo. Si
portò le mani
a coprire il viso, sconvolta e umiliata, il cuore che rischiava di
scoppiare tanto era stato messo alla prova in un solo giorno. Si
sentiva a pezzi, non aveva idea di come sarebbe finita, Zoro aveva
sentito tutto il suo delirio, cosa avrebbe pensato di lei ora?? Se
prima la odiava ora come minimo l'avrebbe creduta anche un imbecille,
un fantastico modo per uscire definitivamente dalla sua vita! La
giornata continuava a migliorare!
Si
sentì
toccare di nuovo i capelli in una carezza gentile e spalancò
gli
occhi, alzando di scatto la testa e cercando di sottrarsi a quel
gesto dolce che non meritava. Zoro era sceso dal parapetto e la
guardava in un modo che non gli aveva mai visto fare e quei pozzi
neri la lasciarono per un attimo senza fiato. Le prese una mano
avvicinandola un po' di più a sé
perché non fuggisse e le parlò
piano all'orecchio. “Eri preoccupata per me,
mocciosa?”
Nami
aprì la
bocca per ribattere ma non aveva più frecce al suo arco, non
sapeva
cosa dire per potersi levare dall'impiccio, il suo colorito prendeva
ad assomigliare sempre più ai suoi capelli ed era certa lui
lo
vedesse perfettamente.
Un
pensiero
importuno le passò per la mente e non riuscì a
frenarlo... la stava
forse prendendo in giro? Si parlava di Zoro in fin dei conti, non
sarebbe stato nemmeno così strano! Ma lei non ci teneva ad
essere
umiliata più di quanto già non si sentisse.
Gonfiò le guance e si
voltò a fronteggiarlo, i visi vicini e gli occhi di lei che
lanciavano saette a quelli sempre seri di lui.
“Non so cosa
tu abbia capito, ma non ero affatto preoccupata per te!” e se
avesse smesso di tremare forse sarebbe potuta sembrare anche
convincente.
Zoro
la
squadrò sollevando un sopracciglio. “Ah,
davvero?”
Le
si gonfiò
una vena del collo. La stava davvero prendendo in giro!
“È vero,
maledetto scimmione!” mentire, mentire come se non ci fosse
un
domani, tutto pur di sembrare meno patetica.
Lui
annuì con
un ghigno, sempre più scettico e sempre meno serio.
“Pensavi che
volessi ammazzarmi... Non sai nemmeno cosa sia il bungee jumping,
eh?”
Nami
strinse a
fessura gli occhi prima di commentare acida. “Certo che so
che
cos'è! Per chi mi hai presa??” se avesse abbassato
lo sguardo
avrebbe perso e lei non voleva perdere, non questa volta. “Da
lontano non avevo notato l'imbragatura!” ecco, quella era
forse
l'unica cosa veritiera nel mare di idiozie che continuavano ad uscire
dalla sua bocca.
Zoro
non si
lasciò distrarre dal rumore stridulo che facevano le sue
unghie su
per il vetro. “Secondo me eri davvero
terrorizzata...” mormorò
piano.
“Ti sbagli!”
Zoro
ghignò.
“Solo non capisco... avevi paura per me o ti spaventa l'idea
del
vuoto?”
Nami
colse la
provocazione, non sapeva nemmeno come avesse fatto a deviare
l'argomento in quel modo ma era troppo arrabbiata, troppo umiliata,
troppo disperata, troppo tutto, per capire fin dove
era il
caso di spingersi. “Che cosa?? Non avevo paura per te e di
certo
non ho paura di una cosa del genere! Lo farei anche ora!”
...e si
era spinta troppo oltre.
Il
luccichio
che passò negli occhi di Zoro durò la frazione di
un secondo ma lei
lo vide e fu abbastanza per comprendere l'enormità
dell'errore
commesso.
Un
uomo sulla
quarantina che faceva parte del gruppetto si fece avanti con un
sorriso cordiale e passò lo sguardo dall'uno all'altra. Nami
evitò
di incrociarlo, ancora imbarazzata per la figuraccia.
“Allora, lo
facciamo questo salto?” chiese chiaramente a Zoro indicando
il
vuoto al di là del parapetto.
Il
ragazzo
annuì serio prima di incrociare le braccia con un sorrisino
che era
tutto un programma. “Bene, ragazzina. Siccome hai detto di
non aver
paura, che ne dici se lo fai anche tu?”
Sia
Nami che
l'uomo lo guardarono e lui si grattò il mento per un attimo,
pensieroso. Annuì con un sorriso dopo un piccolo calcolo
mentale.
“Direi che si può fare, se la signorina vuole ed
è tutto in
regola!”
Nami
si trovò
al centro di due paia d'occhi che aspettavano una risposta da lei e
si sentì invadere dal terrore. Ecco, lo sapeva, tutta colpa
della
sua maledetta lingua lunga! Come erano arrivati a quello?? Non aveva
mai fatto bungee jumping e fino a quel momento non era nemmeno mai
stato un suo desiderio! Lei stava bene con i piedi ben piantati a
terra, non ci teneva affatto a rischiare la morte buttandosi da un
ponte! Un ponte parecchio alto, tra l'altro, da quello che aveva
intravisto.
Fece
istintivamente un passo indietro. No, non faceva per lei! Non poteva
fare una cosa del genere, doveva solo dire che non se la sentiva,
poteva alludere ad un problema cardiaco o che semplicemente che non
ne aveva voglia! Doveva sembrare convincente però
perché Zoro
controllava ogni suo respiro e sapeva perfettamente che avrebbe
insistito perché lo facesse. Per chissà quale
motivo, poi! Forse
voleva solo vederla più umiliata...
La
considerazione le mozzò il respiro più del
pensiero di saltare. Ma
certo, lui si aspettava la sua rinuncia! Lui era ancora convinto che
tra loro non poteva cambiare niente, che erano solo questo, due
persone che si odiavano ed erano destinate solamente a non
sopportarsi! Voleva che non accettasse perché lui era il
gradasso
che la prendeva in giro e lei la ragazzina che si offendeva, come
erano sempre stati. Solo perché lei la notte prima aveva
avuto
un'epifania non voleva dire che anche per lui le cose fossero
cambiate! Non c'aveva pensato, ma Zoro era ancora convinto di avere
il controllo della situazione come prima di quel viaggio, aveva
intenzione di continuare a litigare con lei fino alla fine dei suoi
giorni!
Beh,
se lo
sognava! Aveva subito una dura batosta e non ci stava più a
quel
gioco al massacro! Nami strinse i pugni, gli occhi fiammeggianti
puntati su di lui e Zoro si scoprì a trattenne il respiro
per un
attimo specchiandosi nella furia che lui stesso aveva causato.
“Io salto!”
esclamò all'improvviso con calma sinistra, lo sguardo altero
che
cercava di contenere la rabbia. Se lui non voleva cambiare, lei
l'avrebbe fatto per tutti e due a partire da quel momento. Sarebbe
stato diverso, non l'avrebbe più vista piegarsi al suo
volere! Non
era più la ragazzina che subiva passivamente il suo odio
immotivato,
gli avrebbe fatto vedere di cosa era capace! Se non poteva averlo per
sé almeno gli avrebbe fatto capire che meritava una
considerazione
migliore di quella che aveva sempre ricevuto!
Zoro
riprese a
respirare deglutendo piano. Era stato solo questione di un istante,
aveva creduto di vedere la sua resa, di chiudere definitivamente il
cerchio, di smetterla di lottare con sé stesso, ma aveva
fatto male
i conti. La leonessa che conosceva era tornata implacabile a
sfoderare gli artigli, fiera come era sempre stata solo che stavolta
avrebbe lottato per una cosa del tutto diversa. Lo leggeva
chiaramente, non era il solito odio in cui si specchiava il suo. Lei
cercava ancora un contatto normale, proprio come la notte precedente,
come tutti i giorni prima e lui era stanco di opporsi, talmente
stanco...
Nami
si voltò
verso l'uomo. “Mi procuri un'imbragatura come la sua, per
favore!
Salto dopo di lui!”
Zoro
sghignazzò passandosi stancamente una mano tra i capelli,
incredulo
per quello che aveva deciso di fare. Quella ragazza l'avrebbe mandato
fuori di testa ma per lo meno ci sarebbe andato alle sue regole.
“Non lo
farai dopo...” si avvicinò puntandole l'indice
addosso, una vena
di follia nello sguardo nero che la trapassò da parte a
parte.
“Tu salti
con me, adesso.” le sussurrò risoluto fissandola
dritta negli
occhi.
Nami
deglutì
piano. Che voleva dire? Era una prova?
Zoro
si tolse
rapido l'imbragatura singola e la porse all'uomo che come lei non
capiva dove volesse andare a parare quel ragazzo strano.
“Puoi
procurarci un'imbragatura da coppia?”
Quello
annuì
ancora un po' dubbioso. “Però... devo ancora fare
gli accertamenti
con lei! Il peso, malattie croniche...” elencò
contandole sulle
dita della mano.
Zoro
non si
scompose e indicò qualcuno dietro di lui. “Il
ragazzo moro è suo
fratello, può darti tutte le informazioni...”
L'uomo
annuì
di nuovo, soddisfatto e si avviò in gran carriera verso Rufy
e Sanji
che nel frattempo avevano seguito tutta la scena senza battere ciglio
né osare interrompere, increduli esattamente come si sentiva
Nami in
quel momento. In tutto quello lo scambio di battute non era riuscita
a capire nulla e gli occhi di Zoro brillarono per un attimo di puro
istinto famelico nel vederla perdere sicurezza e vacillare presa in
contropiede per la sua richiesta. Non sapeva nemmeno da dove fosse
uscita quell'idea ma una volta espressa gli era sembrata
così
giusta, come non aspettasse altro, come avesse
trovato la
quadratura al cerchio. Voleva saltare e voleva farlo insieme a lei,
che c'era da capire? Si era arreso, non voleva più lottare
contro di
lei.
Nami
deglutì
e senza sapere come si ritrovò sul parapetto fasciata di una
imbragatura variopinta, con la voglia di vomitare che saliva ad ogni
respiro, stretta in un abbraccio obbligato con il ragazzo con cui
litigava da sempre. Petto contro petto, cercò di imporsi la
calma e
soprattutto di non guardare giù. Il panorama era bellissimo
ma
terrificante.
Che
cosa le
era saltato in mente? Che cosa era saltato in mente a lui?? Il suo
cuore non poteva reggere tante emozioni in una sola mattinata, lo
avvertiva pompare inarrestabile nella gabbia toracica, sulla stessa
frequenza di quello di Zoro che sentiva attraverso l'imbragatura.
“Verranno
delle foto fantastiche!! Nami sorridi!!!”
“Marimo,
guai a te se le succede qualcosa!!!”
Le
voci di
Rufy e Sanji parevano lontane chilometri invece che pochi passi. Non
sentiva niente al di fuori del fischio acuto del vento che le passava
tra i capelli facendola rabbrividire. Zoro la teneva saldamente per i
fianchi e continuava a guardarla con quel sorriso canzonatorio che se
fosse stata in grado di muovere un muscolo gli avrebbe levato dalla
faccia in due secondi.
“Tranquilla
Nami...”
Il
suo fiato caldo sopra l'orecchio le fece venire la pelle d'oca. Se
non fosse stato per le mani immobili e bollenti sopra la maglietta a
negare la cosa, avrebbe giurato di averlo sentito tremare come lei.
“L'ho già
fatto. È catartico, quando arrivi ad un passo dalla morte
dai il
giusto significato ad ogni cosa...”
Nami
pensò
seriamente di mandare al diavolo ogni buon proposito e colpirlo sul
naso con un pugno dei suoi. L'unico serio inconveniente era che
sarebbe caduto di sotto e ci avrebbe trascinato anche lei senza
possibilità di scamparla. Si metteva pure a fare il filosofo
sopra
il precipizio, ora... Doveva esserle di conforto forse?? Se lo
pensava aveva fatto male i conti, non si sentiva affatto meglio!
“Respira con
calma e non guardare giù, guarda me!” Nami
obbedì, terrorizzata,
aggrappandosi ai suoi fianchi come ad un salvagente. Una microscopica
parte di lei si beò del momento, probabilmente non le
sarebbe mai
più stato concesso, meglio approfittarne e fare tesoro di
qualsiasi
emozione, anche quella di terrore andava bene se poteva stargli
appiccicata...
“Canalizza
la paura con la respirazione e non pensare a quello che
accadrà...”
Certo,
facilissimo! Annuì deglutendo, malgrado tutto la sua voce
calma e
dolce stava riuscendo un po' a calmarla. Era davvero strano che si
prendesse tanta briga per rassicurarla, non lo aveva mai sentito
tanto loquace con lei se non contava quando si urlavano contro. In
tutto quel marasma di emozioni non riusciva a non chiedersi che cosa
gli fosse preso di punto in bianco, perché l'avesse voluta
con lui.
“Trattieni
il respiro quando ci butteremo, sarà più facile.
Quando arriveremo
giù sentirai un forte contraccolpo e vorrai
urlare...” Nami
azzardò alzare lo sguardo su di lui che non
riuscì a trattenere un
piccolo ghigno storto. “Fallo, Nami. In quel momento dovrai
urlare
forte!”
Tirò
su col
naso cercando di respirare come le aveva detto ma sembrava sempre
più
difficile. Lo vide fare un gesto col capo all'uomo che li aveva
aiutati con l'imbragatura e capì che era il momento.
Sentì il cuore
accelerare e per un attimo pensò di stare per andare in
iperventilazione, ma Zoro se ne accorse e le prese deciso ma delicato
la testa tra le mani costringendola a guardarlo.
“Piano Nami,
respira piano e non distogliere gli occhi da me!”
“Che cosa mi
è venuto in mente?? Che mi è preso, che cosa sto
facendo??”
Zoro
ridacchiò, tremendamente vicino al suo viso da riuscire a
vedere
ogni sfumatura dei suoi occhi e ogni segno distintivo della sua
pelle.
“Ci sono io,
mocciosa...” le sussurrò di rimando prendendo ad
accarezzarle
piano le guance con le dita. “Ora contiamo fino a tre e poi
ci
buttiamo, ok?”
“Non posso,
Zoro non posso!!”
“Si che
puoi, tu puoi fare qualsiasi cosa.”
Le
sorrise
ridendo ma senza schernirla, cercava solo di aiutarla e Nami
batté
gli occhi incantata sentendo le guance andare a fuoco sotto le sue
mani. Non l'aveva mai guardata in quel modo, era simile allo sguardo
venerante che riservava da sempre alle sue spade e si stupì
da sola
per quel paragone assurdo. Non poteva essere la stessa cosa, era la
paura a farle vedere cose che non c'erano, soprattutto tenendo conto
che venire accomunata alle spade sarebbe stato un complimento! Eppure
improvvisamente si sentì più determinata.
“D'accordo...”
mormorò stringendo salda la sua maglia. Dovevano solo
contare fino a
tre.
“Ce la
faremo insieme, non ti lascerò andare Nami...”
Il
sussurro pronunciato a mezza voce le bloccò il respiro. Lo
guardò
allibita, il terrore dimenticato per un attimo. Che cosa...?
“Uno...”
Occhi
nei suoi, un sorriso, una stretta accentuata.
“Due...”
Gambe,
teste, cuori che si univano in un unico abbraccio, mani legate, dubbi
messi da parte.
“...Tre!”
Il
mondo cambiò prospettiva e con lui anche loro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Something Just Like This Chains ***
Il
sussulto del treno che virava bruscamente a sinistra gli fece cadere
parte delle lettere che teneva in grembo e Sanji sbuffò
contrariato
accucciandosi per riprenderle da terra. Nami gliene passò un
paio
finite tra le sue gambe e lui annuì grato, tornando a
sedersi al suo
posto davanti a lei in quella cuccetta soffocante. Lei gli sorrise
serena in risposta e riprese a disegnare sul suo albo, picchiettando
con la mano libera sulle ginocchia piegate. Alla sua sinistra Rufy
scartò una carta ridacchiando allo sbuffo esasperato ma
divertito di
Zoro per aver nuovamente perso.
Sanji
gli lanciò l'ennesima occhiata di sottecchi confermando
anche
stavolta gli esiti delle precedenti. La depressione sembrava aver
abbandonato la mente del suo amico e su tutti loro era caduto un
utopistico e rilassato incantesimo.
Si
sistemò meglio sul sedile, il cielo fuori dal finestrino
cominciava
a scurire sempre più e grossi nuvoloni si intravedevano in
lontananza. Forse avrebbe piovuto...
Erano
da poco passate le nove di sera e in un'ora al massimo sarebbero
finalmente arrivati a Marijoa, ultima tappa obbligata prima di volare
verso Dressrosa. Questa volta i biglietti li aveva fatti
personalmente Nami e non aveva voluto sentir storie relegando Rufy al
ruolo di semplice bodyguard per gli zaini.
Sanji
impilò con cura le decine di lettere che teneva in mano,
stupendosi
sempre di quante fossero. Tre anni di corrispondenza fitta tutti
raggruppati sulle sue gambe. Sogni, dubbi, paure, angosce di una
ragazza spagnola... teneva tutto tra le sue mani, quasi timoroso di
sfiorarle troppo per paura di consumarle ma non riuscendo a farne a
meno. Lì c'erano i suoi pensieri, le sue confidenze, le sue
gioie.
Quelle lettere erano Viola e per lui erano
diventate un tesoro
inestimabile scoperto quando era ormai troppo tardi.
Chiuse
per l'ennesima volta il telefono, sull'account della ragazza
lampeggiava ancora indefesso il triangolo rosso e lui non ce la
faceva più a vederlo nonostante ci tornasse almeno una
decina di
volte al giorno. Viola era decisa a non parlare con lui e sebbene
negli ultimi giorni avesse fatto buon viso a cattivo gioco,
continuava a non sapere come fare, come rimediare. Se l'avesse
davvero trovata, se lei avesse davvero accettato di parlare con lui,
come poteva convincerla a dargli un'altra chance? Come poteva
assicurarle di essere un bravo ragazzo dopo quello che le aveva
detto? Come poteva ancora reputarlo brillante dopo aver passato tre
anni a crederla un uomo? Avrebbe riso di lui o si sarebbe sentita
tradita sapendo di aver confidato i più intimi segreti a
qualcuno
che nemmeno sapeva con chi aveva a che fare?
Aveva
passato la settimana a spronarsi, non doveva arrendersi, avrebbe
lottato per lei lo sapeva, ma più se lo ripeteva
più gli sembrava
di mentire a sé stesso. Non aveva garanzie che lei non gli
avrebbe
sbattuto la porta in faccia. Tutte le sue speranze si basavano sul
riuscire a parlarle ma anche lì che garanzie aveva che
sarebbe
riuscito a farlo? Anche se il pensiero sembrava non sfiorarlo,
cercava di prepararsi al peggio e una piccola parte di lui moriva
dentro un po' di più ogni volta che ci pensava. Innamorato
dell'ennesima donna che non lo voleva... Chi l'avrebbe mai detto che
sarebbe finita così? Probabilmente tutti. Ma stavolta non
aveva idea
di come avrebbe fatto a riemergere. Oh si, ce l'avrebbe fatta prima o
poi, anche se gli spiaceva non viveva nei romanzi dell'800 e di
sicuro la batosta sarebbe passata, prima o poi appunto, ma nel
frattempo non sapeva davvero cosa avrebbe fatto e l'idea lo
spaventava più delle altre volte.
Chiuse
gli occhi, provando a dormire, stringendo a sé l'anima di
lei
racchiusa in quelle pagine. Era tutto contro di lui ma ci avrebbe
provato lo stesso, Viola si meritava un ragazzo meraviglioso e lui
avrebbe cercato di diventarlo, non ci sarebbero state mezze misure
stavolta.
Un
paio di forti scossoni interruppero il ritmico e noioso sferragliare
del treno e lo fecero sussultare sulla poltrona, guardò
fuori dal
finestrino ma non vide niente di anomalo, probabilmente non era stato
nulla ma il torpore ormai se n'era andato. Sbuffando gettò
una pigra
occhiata ai suoi amici. Rufy mangiucchiava delle caramelle alla
liquirizia dondolando sul sedile mentre dava le carte per sé
e Zoro
davanti a lui. Il verde prese le sue con placida
tranquillità e si
sistemò meglio allungando le gambe sotto al tavolino tra
loro e
cercando di concentrarsi su quello che aveva in mano. Non sembrava un
compito facile e Sanji ghignò senza farsi vedere.
Seguì uno dei
suoi tic nervosi sapendo perfettamente dove sarebbe andato a parare
con gli occhi. Erano ore che Zoro cercava di concentrarsi su altro
che non fosse la figura di Nami accucciata su se stessa a disegnare.
Aveva perso ad ogni singolo gioco proposto da Rufy e tutto
perché
troppo impegnato a fare ben altro che guardare le carte. Sanji
sospirò divertito beccandolo sul fatto, Zoro lo vide e
abbassò di
scatto la testa scartando una carta a caso tra quelle che teneva in
mano, provocando l'esultanza di Rufy che si vide di nuovo la vittoria
in tasca. Sanji ridacchiò da solo passandosi una mano sulla
faccia,
per lo meno non era il solo a sentirsi tremendamente patetico...
Ritornò
con la mente alla notte precedente e a quello che era successo alla
festa, sembrava passata una vita invece di poche ore. Zoro era stato
un idiota, l'aveva fatta soffrire così tanto ma lei era
comunque
corsa da lui senza pensarci due volte quando era convinta fosse in
pericolo. Che idea assurda la sua, sparire senza dire nulla per
andare a fare bungee jumping. Che poi, Sanji era sicuro non fosse
uscito proprio con quel desiderio, probabilmente mentre camminava ci
si era imbattuto per caso ed aveva deciso di unirsi al gruppo. Sapeva
che Zoro lo aveva fatto già una decina di volte negli ultimi
anni,
gli piaceva, lo trovava un buon modo per esorcizzare ogni tipo di
pena ma avrebbe almeno potuto avvertirli! L'unica spiegazione che gli
aveva dato era stata 'avevo bisogno di camminare' e
lui
c'aveva visto almeno altri quattro o cinque significati nascosti in
mezzo che non era stato necessario esternare anche agli altri.
Si
erano buttati insieme, imbragati in un comico e goffo abbraccio. A
ripensarci gli veniva da ridere, nessuno dei due sapeva bene come
toccare l'altro, dove stringere per non dare fastidio o peggio. Era
stato bello vederli così impacciati per una volta, guardarli
sostenersi a vicenda. Su quel parapetto non c'era la ragazza sicura
di sé, la viziata figlia di papà con il mondo ai
suoi piedi e
nemmeno il bullo palestrato che amava canzonare il prossimo.
Là
sopra per una volta c'erano solo loro, nessun altra maschera e Sanji
doveva ammettere che era stato malinconicamente bello e facile vedere
quello che avrebbero potuto essere se solo avessero voluto darsi una
possibilità.
Dopo
il salto Nami aveva cercato di chiedergli spiegazioni ma Zoro era
stato fortemente evasivo e nessuno se n'era stupito più di
tanto,
sarebbe stato strano il contrario, eppure Sanji aveva visto un
cambiamento nei suoi comportamenti. Non tentava più di
tenerla a
distanza, la cercava, le parlava sereno, le sorrideva, spesso, tanto
che perfino Rufy se n'era accorto e Nami sembrava viaggiare su una
nuvola. Vederla su quel ponte preoccupata per lui doveva avergli
fatto scattare qualcosa nella testa, probabilmente qualcosa che
già
covava dentro da giorni e gli era venuto spontaneo chiederle di
saltare con lui. L'avevano visto tutti che non era stata un'azione
premeditata, solo puramente istintiva.
Sanji
non avrebbe saputo dire se Zoro si fosse o meno accorto di quello che
Nami provava, ma gli fu grato per non aver infierito ulteriormente su
quello che era successo con Perona al loro ritorno nell'appartamento.
Rebecca
aveva salutato Rufy con un lunghissimo bacio d'addio, decantandolo
come l'esperienza migliore della sua vita e per Sanji la voglia di
vomitare era tornata prepotente. Perona li aveva salutati tutti con
abbracci brevi e calcolati, prolungando solo quello di Nami. La lunga
occhiata che aveva lanciato a Zoro al di sopra della spalla della
ragazza era carica di significato ma quale potesse essere Sanji non
lo sapeva, l'espressione del suo amico non era virata di una virgola
dalla seria posa composta che aveva assunto entrando in casa. Da
parte sua moriva dalla curiosità ma si aspettava di restare
a becco
asciutto per parecchio ancora, forse non l'avrebbe nemmeno mai
saputo, sperava solo che Nami ritrovasse la serenità.
La
guardò con la coda dell'occhio, pareva assorta nel disegno
ma
l'espressione rilassata tradiva stupore e dolcezza ogni volta che
alzando lo sguardo incontrava quello di qualcun altro. Sanji si
ritrovò a ridacchiare sottovoce da solo vedendo Zoro perdere
per
l'ennesima volta senza nemmeno accorgersene. Erano ancora due
personaggi tremendamente orgogliosi ma forse non erano poi
così
lontani dal trovare un punto d'incontro, dovevano solo capirlo.
Si
passò stancamente una mano sul viso, Viola in quel momento
gli
mancava come l'aria.
L'ennesima
imprecazione di Zoro per la partita persa non riuscì a
coprire
l'urlo di giubilo di Rufy e Sanji ci mise un paio di secondi per
capire che non saltellava per la vittoria.
“Siamo
arrivati!!”
La
stazione immensa di Marijoa venne accolta da tutti come un miraggio,
era stata un'epopea riuscire a raggiungerla e quasi non pareva vero.
Era la più bella e grande in cui fossero capitati,
illuminata a
giorno nonostante dalle ampie vetrate si vedesse chiaramente
l'avanzare inesorabile della notte. Forse proprio a causa dell'ora
tarda c'erano pochi treni, tre o quattro al massimo e tutti
sembravano in procinto di partire oppure erano appena arrivati come
il loro. Le persone che si aggiravano per i marciapiedi e le larghe
banchine erano ancora meno e si stupirono di vedere i bar, i negozi e
-fossero ringraziati gli Dei- la biglietteria ancora
aperti!
Nami
non perse tempo in chiacchiere. Dopo essersi assicurata che bagagli e
compagni fossero tutti presenti li aveva redarguiti severamente di
non muoversi dalla zona franca in cui li aveva spediti, ovvero la
banchina dove erano scesi, mentre lei andava immediatamente ad
acquistare i biglietti per Dressrosa, questa volta non voleva intoppi
di alcun genere!
Sanji
ridacchiò vedendola avviarsi e si accorse che erano passate
le
undici, non fumava da più di cinque ore. Si
congratulò con se
stesso per il record accendendosi una sigaretta ed aspirando avido la
prima boccata.
“Io
vado in bagno.” comunicò Rufy dal nulla.
Sanji
lo guardò assorto. “Nami-san non vuole che ci
allontaniamo non
l'hai sentita?”
Il moro alzò
gli occhi al cielo allargando le braccia. “Non sono un
bambino,
cosa vuoi che possa combinare in un bagno?”
Sanji soppesò
la domanda tenendo la sigaretta sospesa a mezz'aria. Aveva troppo
sonno per pensare davvero ad una replica sensata e cercò lo
sguardo
di Zoro che sembrava sul punto di addormentarsi contro una delle
colonne e al suo spintone si riprese di colpo come beccato con le
mani nella marmellata. “Che diavolo hai
torcigliolo??”
Sanji sbuffò
stropicciandosi gli occhi pesti. “Rufy vuole andare in
bagno.”
“E allora?”
“Lo lasciamo
andare?”
Zoro parve
capire e fece spallucce, prima di riappropriarsi della colonna e
biascicare in direzione di Rufy un laconico 'attento a non
perderti...' che Sanji giudicò ridicolmente
inappropriato detto
da lui.
Rufy ridacchiò
cominciando ad avviarsi alle scale del sottopassaggio dove veniva
indicata la posizione dei bagni. Lo reputò fin dall'inizio
uno dei
peggiori in cui fosse mai entrato, perfino peggio di quello che Sanji
aveva scambiato per sua personale fossa biologica. Le pareti lerce
erano ricoperte di scritte e grondava umidità dal soffitto,
per non
parlare di come era ridotto il pavimento. Sembrava che nessuno si
fosse mai preso la briga di pulire quella stanza e la sporcizia
strideva notevolmente con la bellezza della stazione al piano
superiore. Per un attimo Rufy valutò di cercare un altro
posto ma lo
stimolo che si portava appresso dalla prima fermata dopo Punk Hazard
ebbe la meglio sul ribrezzo, doveva accontentarsi per forza. C'erano
tre cuccette, la prima era fuori servizio e a giudicare dall'odore da
parecchio tempo anche, la seconda era occupata dall'ombra che vedeva
stagliarsi sotto la porta ma la terza era libera. Ci si
fiondò con
malcelata fretta chiudendocisi dentro.
Ne uscì
rigenerato e con un peso in meno. Trotterellante si avvicinò
ai
lavandini sudici scoprendo un piccolo flaconcino di sapone liquido
sopravvissuto allo squallore e se ne versò una generosa
cucchiaiata
nello stesso momento in cui l'occupante del secondo bagno usciva
dalla sua cuccetta e gli si affiancava con passo strascicato. Rufy lo
vide guardarsi attorno e senza tanto sforzo capì il suo
stato
d'animo perché lo condivideva, anche a quel tipo non piaceva
l'ambiente ma aveva dovuto chiudere un occhio per necessità.
Azzardò
lanciandogli un sorrisetto di circostanza prima di indicargli il
flaconcino di sapone con un gesto del capo. Quello comprese al volo e
lo ringraziò con un sorriso accennato versandosene un po'
sulle
mani. Per qualche secondo non sentirono altro che lo scroscio
dell'acqua gelida e lo stridere delle luci al neon a rompere il
silenzio convenzionale di quel bagno, finché Rufy non ce la
fece
più.
“Scusa ma
devo proprio dirtelo, è fighissimo il tuo afro!!”
Il tipo sgranò
gli occhi così tanto che a Rufy parve di specchiarsi dentro
a due
buchi neri ma fu il pensiero di un attimo. Quello si mise a ridere
come se avesse sentito la più divertente delle barzellette e
Rufy si
bloccò a fissarlo affascinato. Aveva una risata fantastica!!
“Yohohohohoh!!
Ti ringrazio, amico! Mi prendo cura di lui ogni giorno e lo nutro con
i prodotti migliori affinché cresca rigoglioso e sano, non
avresti
potuto farmi complimento migliore!”
A Rufy ci
volle qualche secondo per capire che stava davvero parlando dei suoi
capelli e non di una pianta o di un figlio, insomma di qualcosa di
vivo e che respirava. Per una
persona normale avrebbe potuto sembrare il classico pazzoide che si
poteva incrociare in piena notte nello squallido bagno deserto di una
stazione dei treni, per Rufy fu semplicemente l'apoteosi della
giornata. Alle sue parole gli si illuminarono gli occhi, un po' come
a Sanji capitava quando incrociava una bella donna.
“Davvero??
Allora potrei farmelo crescere anch'io!!”
L'altro alzò
una mano con fare solenne. “Yohohohohoh!! Purtroppo non
è solo
merito mio, Madre Natura mi ha già dotato di una folta
capigliatura
oltre che di un corpo estremamente flessibile.”
E come gli
fosse stato richiesto lo strano tizio piantò i piedi a terra
e si
piegò in avanti col bacino fino a sfiorare la testa con il
muro. “40
gradi!!” proclamò agitando le braccia galvanizzato
da chissà che.
Rufy non aveva
capito niente ma sprizzò lo stesso entusiasmo da tutti i
pori e
applaudì perfino. Ora che lo guardava meglio era tutto
particolare
quel tale! Era talmente magro che si intravedevano le ossa perfino
sotto ai vestiti ed aveva degli occhi così grandi e neri. E
il
cravattino elegante da gentiluomo. E l'ombrello. E la risata! Non
c'era nulla da fare, quel viaggio si stava rivelando sempre
più
emozionante e ricco di incontri interessanti!
Il tizio
strano si rimise dritto e gli fece un profondo inchino,
ringraziandolo. “È un piacere incontrare persone
che apprezzano
ancora l'arte. Io mi chiamo Brook e tu?”
“Io sono
Rufy!” si presentò esaltato afferrando la sua mano
ossuta come si
trovasse davanti ad una stella della musica e forse non c'era andato
tanto distante. Notò solo in quel momento la custodia nera
che Brook
teneva su una spalla e la curiosità parlò per
lui. “Sei anche un
musicista??”
L'altro rise
compiaciuto. “Felice che tu l'abbia notato. Si suono diversi
tipi
di strumenti, al momento ho una chitarra qui con me, volevo farle
prendere un po' d'aria non mi piaceva l'idea di lasciarla nella
cuccetta del treno.”
Rufy non la
trovò affatto un'idea strampalata. Finì di
lavarsi le mani, si
asciugò pratico sui pantaloni in mancanza d'altro e si
apprestò ad
avviarsi alla porta insieme al suo nuovo amico.
“Stai per
partire?”
Brook annuì
aprendo la porta e fermandosi un attimo con lui alla base delle scale
sotto la luce lieve di una delle lampade della galleria.
“Sono in
viaggio con mio fratello e una cugina. Avremmo dovuto fermarci a
Marijoa per tutta la settimana ma la nostra adorata cuginetta ha
avuto un crollo emotivo e abbiamo deciso di andarcene prima del
previsto. Il nostro treno parte tra venti minuti, andremo in Svizzera
e poi forse in Italia, magari cambiando zona riusciremo a farla stare
meglio... o per lo meno ci speriamo...”
Rufy incrociò
le braccia sinceramente colpito senza perdersi una sillaba.
“Mi
dispiace molto...”
“Ti
ringrazio. Non sta passando un bel periodo, vorremmo tanto che
tornasse la ragazza dolce e sicura di sé che era
prima...”
Rufy annuì
partecipe come se ascoltare i dolorosi fatti privati di uno
sconosciuto incontrato in un bagno di notte fosse la
normalità per
lui. “Ti capisco. Noi siamo appena arrivati ma ripartiremo
non
appena possibile. Abbiamo una missione importante, anche il nostro
non è un semplice viaggio di piacere!”
proclamò autorevole
chiudendo gli occhi e battendosi un pugno sul petto. Anche raccontare
i fatti suoi a perfetti sconosciuti rasentava la normalità e
non lo
toccava minimamente.
Brook si
incuriosì. “In che senso?”
Rufy ridacchiò
grattandosi la testa. “Il mio amico deve ritrovare la sua
ragazza.
Hanno litigato per non ho capito bene cosa e quindi siamo tutti
diretti a casa sua così lui può farsi
perdonare!”
L'altro rise
con lui. “Una signora non andrebbe mai fatta
arrabbiare!” scosse
il capo con fervore passandosi una mano tra i capelli afro che Rufy
aveva così tanto apprezzato prima di lanciare un'occhiata
all'orologio da polso. “Ora è meglio che vada, i
miei parenti mi
stanno aspettando.” si voltò tendendogli una mano
e sorridendogli
con trasporto. “Spero che il tuo amico faccia pace con la sua
ragazza!”
Rufy sorrise
di rimando stringendogliela allegro. “E io che tua cugina
stia
meglio!”
“Arrivederci
mio giovane amico! È stato un piacere conoscerti!”
Brook fece un
lieve inchino e si allontanò nella galleria buia
fischiettando.
Il moretto lo
seguì con lo sguardo finché non fu più
visibile. Sorrise da solo
risalendo le scale, era sempre più felice di aver deciso di
partire,
stava conoscendo persone fantastiche!
Sulla banchina
ritrovò Sanji e Zoro, il primo vessato da Nami, il secondo
addormentato contro la stessa colonna dove l'aveva visto accasciarsi
dieci minuti prima. Sua sorella aveva fatto presto con i biglietti,
sperava di tornare prima che si accorgesse della sua assenza ma non
gli era andata bene.
Nami smise di
torturare Sanji quando lo mise a fuoco. Lo raggiunse in due falcate
prendendolo per il bavero. “Tu! Maledetto babbeo, non vi
avevo
forse detto di non muovervi da qui?? Che cosa non ti era
chiaro??”
Rufy fece una
smorfia di disappunto, cercando di allentare la presa sulla carotide.
“Dovevo fare la pipì, Nami!”
Lei lo guardò
sospettosa. “E nient'altro...?” chiese prendendola
larga.
Rufy fece
spallucce. “Ho chiacchierato due minuti con un tipo
fighissimo in
bagno. Pensa, aveva l'afro!! E poi la risata, sapessi...!”
Nami alzò gli
occhi al cielo mollando la presa. “D'accordo,
d'accordo...”
bloccò sul nascere lo sproloquio del fratello prima che
diventasse
un fiume in piena. “Per questa volta passi, ma non ti
allontanare
più senza dirmelo!”
Lui allargò
le braccia. “Non ho cinque anni, Nami!!” le rispose
esasperato.
Al ché lei lo
fissò dubbiosa. “Sicuro...?”
“Non sei per
niente carina quando fai così e sappi che lo dirò
alla mamma!”
La minaccia
cadde nel vuoto. Nami si mise le mani sui fianchi scrutandolo furba.
“Ma davvero? E che altro le dirai? Che hai mollato un lavoro
ben
pagato perché volevi girare l'Europa con i tuoi amici?
Sarà davvero
molto comprensiva...”
Rufy
impallidì. “No-non vorrai...”
Lei ridusse a
fessura gli occhi. “Io non dirò nulla se tu farai
quello che ti
chiedo d'ora in avanti!”
“Questo si
chiama ricatto!”
Nami prese ad
allontanarsi agitando una mano dietro di sé. “Dal
momento che non
posso legarti e imbavagliarti, il ricatto è la soluzione
più
ovvia!”
La rossa prese
il suo zaino da terra e mise i biglietti per Dressrosa al sicuro
nella borsa, poi alzò lo sguardo sugli altri due e non
riuscì a
trattenere uno sbuffo esasperato. Zoro dormiva della grossa
appoggiato ad una colonna e Sanji poco ci mancava che lo
raggiungesse, la testa che penzolava pericolosamente in avanti.
Piantò i piedi a terra e sganciò un destro sulla
testa di entrambi
che funzionò a meraviglia per rimetterli in riga. Ancora
completamente rintronati ma perfettamente svegli, Rufy li raggiunse
ridacchiando giusto in tempo per aiutarli a rialzarsi.
Nami cominciò
ad avviarsi all'uscita della stazione incitandoli a muoversi.
“Non abbiamo
tempo da perdere pelandroni, il primo treno per Dressrosa parte
domani sera e dobbiamo ancora trovare un hotel decente! Sono stanca
di passare la notte in bianco, su un camion, in una tenda o sulla
panchina di una centrale di polizia! Voglio godermi una vera notte di
sonno in un letto degno di questo nome! In marcia!”
Rufy lasciò
andare avanti Sanji e la sua camminata da zombie e affiancò
Zoro che
seguiva gli altri due sbadigliando rumorosamente. Gli batté
una mano
sulla spalla e ghignò entusiasta.
“Ti devo
proprio raccontare del tipo fantastico che ho conosciuto in
bagno!!”
*
La partenza
del suo treno era in perfetto orario e Brook ci si buttò
dentro con
un saltello continuando a fischiettare allegramente. Era di ottimo
umore anche se gli spiaceva un po' abbandonare Marijoa dopo appena un
giorno ma era stata una decisione necessaria.
Avevano
pensato che quel ragazzo l'avrebbe fatta stare meglio, ci avevano
sperato ma Viola era tornata in hotel peggio di com'era partita. Non
aveva voluto spiegare ma la crisi isterica che ne era seguita aveva
avuto un unico comune denominatore nelle loro teste, dovevano
cambiare aria e alla svelta. La città degli innamorati non
era
appropriata dopo la batosta che aveva subito, per cui
all'unanimità
avevano fatto le valigie e deciso a caso la successiva meta.
Vic si
detestava per quello che stava facendo sopportare a tutti ma non
avevano voluto sentir ragioni. Lei c'era sempre per loro, Viola era
il genere di persona che non ti aspetteresti veder annullare
sé
stessa e le proprie convinzioni in virtù dell'amore per la
famiglia.
Si era sempre dannata anima e corpo per aiutarli in ogni circostanza
senza chiedere mai niente, solo per affetto ed ora toccava a loro
darle tutto il loro supporto! Brook e Usop, così come Kaya,
avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei, non l'avrebbero lasciata fino
a che non fosse tornata a sorridere!
Individuò la
cuccetta dove aveva lasciato gli altri prima di scendere a terra per
l'ultima capatina alla toilette. Fece una smorfia al ricordo di come
avesse trovato quel bagno pubblico. Quando viaggiava quello era uno
degli inconvenienti che metteva in preventivo, in aggiunta a quello
di prestare attenzione per impedire eventuali tentativi di furti, di
rompere la cerniera della valigia o ritrovarsi escrementi di piccione
da levare dai capelli quando questi scambiavano l'afro per un nido.
Entrò nello
scompartimento con un sorriso. Nonostante tutto, in quel bagno aveva
fatto una grandiosa conoscenza! Peccato che stessero ripartendo...
Si sedette con
un sospiro alla destra di Usop e lanciò un'occhiata alla
cugina,
dormiva profondamente sulla spalla di Kaya che la cullava con un
sorriso dolce mentre faceva un cruciverba. Usop invece spulciava dal
cellulare una lista infinita di hotel svizzeri e lo accolse con una
mezza risata. “Ci hai messo un sacco a tornare!”
Brook
ridacchiò stiracchiandosi sul sedile e allungando le gambe.
“Non
metterò mai più piede nel bagno pubblico di una
stazione.”
“E che ti
aspettavi? Ti avevo detto che era meglio usassi quello a
bordo...”
Brook rise
guardando fuori dal finestrino il treno prendere velocità ed
uscire
dal centro abitato. “Yohohohhohoho! Per lo meno ho fatto
conoscenza...”
L'altro alzò
un sopracciglio senza staccare gli occhi dal telefono.
“Davvero?
Una ragazza?”
Il fratello
chiuse gli occhi, pronto anche lui a lasciarsi cullare dal rumore
ritmico delle rotaie. “No, ma era un tipo veramente
simpatico! Ti
sarebbe piaciuto, sai! Quasi mi dispiace che ce ne andiamo proprio
oggi Yohohohhohoho!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Waiting for Love ***
Nami sbadigliò
piano nella mano entrando nella saletta che l'ostello adibiva ai
pasti.
C'erano
ancora
un sacco di ospiti nonostante fosse abbondantemente passato l'orario
della colazione e dovette guardarsi attorno prima di inquadrarli in
mezzo alle altre teste.
Sanji
giocava
con il cellulare sorseggiando quello che dal colore sembrava una
spremuta e Zoro osservava distrattamente la folla attorno, una mano a
sorreggere la testa. Di fronte ad entrambi i chiari avanzi di una
colazione già abbondantemente consumata e gustata
più alcune
brioche intatte che erano state tenute da parte chiaramente per lei e
la caraffa del caffè su cui Nami aveva messo gli occhi
ancora prima
di sedersi tra loro.
Sanji
la
salutò con un sorriso caloroso che ricambiò.
“Buongiorno
Nami-san. Dormito bene?”
Lei
ridacchiò
cominciando a servirsi di caffè bollente.
“Altroché! Era dalla
partenza che non dormivo una notte di fila!”
Zoro
sbuffò
uno sbadiglio malcelato poggiando entrambi i gomiti sul tavolo.
“Beata te... Rufy russa come un trombone!”
Nami
rise
lanciandogli un'occhiata da sopra la tazza. “Credi che non lo
sappia? Ho la camera di fianco alla sua e purtroppo casa mia non
è
insonorizzata come dovrebbe...”
Soffiò
piano
sulla bevanda prima di darle un assaggio. Trattenne a stento una
smorfia di disgusto poggiandola sul tavolo e Zoro le mise sotto il
naso il contenitore dello zucchero. Nami gli sorrise grata prendendo
a servirsi subito.
Zoro
la guardò
mettere la terza cucchiaiata prima di azzardarsi ad alzare gli occhi
al cielo. “Ancora mi chiedo come fai a bere il
caffè così
dolce...”
Il
tono
affettuoso non sfuggì a nessuno e Sanji osservò
di sottecchi Nami
poggiare il mento su una mano e con l'altra mescolare con cura per
far sciogliere lo zucchero, un piccolo sorriso rilassato in viso.
“Io
invece non so come tu faccia a berlo amaro!”
“È molto
più salutare!”
“Ma non ha
un buon sapore...”
“Il motivo
per cui si beve il caffè non è di certo il
sapore!”
“A me piace
proprio per quello!”
A
Sanji veniva
voglia di spalmarsi una mano in fronte. Posò il cellulare e
passò
gli occhi dall'uno all'altra cercando di trattenersi dallo scoppiare
a ridere. Nami mescolava serafica sorridendo apertamente, senza
traccia di astio nella voce e Zoro non le toglieva gli occhi di dosso
ridacchiando a tratti cercando di non sembrare troppo entusiasta per
quello scambio di opinioni. Stavano litigando, senza litigare! Poteva
essere più assurdo di così?
“Lasciamo
perdere!” minimizzò lei sorridendo. “Ho
fatto due calcoli
stanotte, con i soldi di Teach possiamo pagarci tutta la vacanza
compreso il viaggio di ritorno. Ho diviso i soldi e ve ne do ora una
parte per spese varie...” allungò entusiasta una
busta bianca a
ciascuno. “Il gruzzolo più consistente lo
terrò io per i
biglietti e i conti più importanti!” il sorriso le
si attenuò di
colpo e sembrò esitare per un istante. Sanji la
guardò incuriosito.
“Alla fine la deviazione a Punk Hazard non è stata
del tutto una
perdita di tempo insomma...”
Sanji
la vide
abbassare lo sguardo per non incrociare quello di qualcun altro,
all'improvviso poco loquace. Sentì
l'impulso di coprire quel
vuoto lasciato dal suo entusiasmo prima che il 'signor
qualcun
altro' si accorgesse della sua esitazione e fece la prima
domanda
scema che gli venne in mente. “Ehm... sapete dov'è
Rufy?”
Ricevette
le
occhiate stupite di entrambi e solo dopo averla formulata si rese
conto che non era affatto una richiesta assurda. Messi per un attimo
da parte gli altri pensieri si accorse di quanto fosse strano che
Rufy non si fosse ancora presentato per la colazione. L'avevano
lasciato in camera più di mezz'ora prima ed era sveglio!
Zoro
sbuffò
finendo di bere il suo caffè. “Si starà
dando da fare con la
receptionist o con la cameriera ai piani...”
Nami
rise ed a
Sanji venne un tic all'occhio. Stritolò il tovagliolo
battendo una
mano sul tavolo.
“Eh no! Non
è affatto giusto! Non riesco a credere quante donne
meravigliose
quell'imbecille sia riuscito a a portarsi a letto da quando siamo
partiti!! Sapevo che ci dava dentro ma così è
davvero troppo!”
Zoro
ridacchiò. “Visto così è
davvero assurdo...”
“Ha
raggiunto i massimi livelli!!” insistette Sanji idrofobo al
ché
Zoro alzò le spalle cercando con lo sguardo la
complicità di Nami.
“Non serve a
niente arrabbiarsi, torcigliolo. Lo sai che per lui sono tutte botte
e via!”
A
Sanji
aumentò il nervosismo. “È proprio
questo che non è normale! Non
si fa mai coinvolgere, è sempre e solo sesso! Dove accidenti
è il
rispetto per le donne??”
“Credo che
il rispetto sia l'ultima cosa che vogliono da lui...”
“Non va
affatto bene!!”
Nami
scoppiò
a ridere attirando le loro occhiate stranite. “Scusate ma
eravate
troppo divertenti!” mormorò coprendosi la bocca.
“Non ti
preoccupare Sanji, Rufy non è con nessuna!”
indicò con un cenno
del capo l'ingresso. “Gli sono passata di fianco poco fa, era
al
telefono con il capo...”
Sanji
si
rilassò sulla sedia e Zoro si accigliò.
“È al telefono con
Doflamingo?”
Prima
che Nami
potesse confermare comparve l'oggetto dei loro commenti, sfavillante
nell'espressione più seria e concentrata che gli avessero
mai visto
fare. Tacquero tutti all'istante quando Rufy si avvicinò al
tavolo
tenendo il cellulare poggiato all'orecchio, perfettamente a suo agio
nel parlare di lavoro con l'uomo dal quale era fuggito non meno di
una settimana prima.
“...il caso
Poseidon va rivisto. L'eredità non può essere
spartita tra i figli
senza l'autorizzazione del tribunale visto che supponevano fosse una
morte sospetta, ricorda?”
Zoro
e Sanji
si scambiarono un'occhiata allibita. Di cosa diavolo stava parlando?
Non lo aveva mollato il lavoro?
Rufy
si
appoggiò allo schienale della sedia di Nami, portandosi una
mano a
premere l'attaccatura del naso, in evidente esasperazione per quanto
stava ascoltando.
“...certo!
Si, assolutamente. Il fascicolo era pronto già ieri mattina,
non si
deve preoccupare di questo!”
Nami
si portò
una mano alla bocca per soffocare una risata mentre Sanji lo fissava
sbalordito agitare una mano in aria ascoltando la voce concitata del
notaio dall'altra parte della linea senza reale interesse, alzando
gli occhi al cielo ad ogni parola.
“...questo è
molto strano! Ho consegnato la documentazione a Bugy proprio
ieri!”
Gli
occhi di
Zoro si sgranarono come quelli di tutti gli altri per quell'uscita.
“...on si
preoccupi, appena ho un attimo mi precipito da Bugy all'ufficio
deroghe per avere chiarimenti in merito! Andrò a fondo della
questione, senz'altro! Si, buona serata anche a lei!”
Rufy
chiuse la
chiamata con un sospiro di sollievo e messo via il cellulare li
guardò tutti con un gran sorriso in faccia. “Ora
di colazione!!”
esclamò esaltato sedendosi al fianco della sorella che lo
guardava
scuotendo la testa.
Sanji
e Zoro
lo fissarono per qualche attimo mentre si strafogava, ancora
increduli per quello che avevano sentito. Alla fine Sanji non
riuscì
a trattenersi.
“Fammi
capire... il notaio è ancora convinto che tu vada in ufficio
ogni
giorno..?”
Rufy
mandò
giù una sorsata di caffè ed annuì
serafico al ché Zoro si
schiaffò una mano sulla faccia.
“Non ci
credo...”
“Mi ha
telefonato stamattina per chiedermi di una pratica e io non me la
sono sentita di dirgli che l'avevo mollato!”
Sanji
sgranò
gli occhi. “Lui... non ha mai sospettato che tu non fossi
lì??”
Rufy
si
strinse nelle spalle senza staccare gli occhi dalla fetta di
marmellata. “A quanto pare... Al momento c'è un
po' di caos in
ufficio perché nessuno riesce a trovare i documenti
aggiornati del
caso Poseidon. È il caso più importante dello
studio, è un'eredità
pazzesca e gli eredi sono accusati dell'omicidio della vecchia... non
si può procedere finché il tribunale non
dà il via libera e per
farlo deve avere i documenti ma nel frattempo stiamo perdendo un
sacco di soldi e Doflamingo non sa che fare perché ha le
mani
legate... insomma un caos!”
Sanji
lo
guardò con sufficienza improvvisamente calmo. “E
immagino che il
fascicolo inesistente che tu avresti fatto e consegnato a quel Bugy
ieri...”
“Sono i
documenti che dovrebbero aiutare la causa, esatto! Speriamo!”
esclamò con entusiasmo incrociando le dita e rituffandosi
sulla
fetta di pane.
Zoro
aprì la
bocca in contemporanea con Sanji, entrambi indecisi se esporre
l'ovvia assurdità di quella speranza o lasciar naufragare
per sempre
anche quell'idiozia e bollarla come una della più grandiose
scemenze
che Rufy avesse mai fatto. Nami non c'aveva nemmeno pensato, aveva
relegato la cosa come l'ennesima rufata e smesso di perdere tempo
prezioso -che non aveva intenzione di sprecare- in
quella
maniera. Suo fratello era fin troppo bravo a cacciarsi nei casini da
solo e lei si era stufata di prenderci parte, quella cosa la
risolveva da sé una volta a casa!
“Oggi che si
fa ragazzi??”
Il
cervello
semi vuoto di Rufy passò in secondo piano, Zoro si
grattò la testa
valutando il da farsi. “Il treno parte stasera...”
Sanji
fece
spallucce stancamente. “Quello che volete, non ho
preferenze.”
Tutti
gli
occhi puntarono un'unica direzione e Nami sbuffò
ridacchiando. “Va
bene! Troverò io qualcosa da fare che possa piacere a
tutti!”
*
“Ma è mai
possibile che non si possa fare una -dico
UNA- cosa normale con voi??”
Nami
alzò le
braccia in aria allontanandosi a grandi passi dalla porta a vetri e
dalla colossale figura di merda che avevano appena fatto. Si, tutti e
quattro, nonostante lei come al solito non avesse fatto niente e si
fosse trovata in mezzo ai casini degli altri tre senza aver modo di
schivarla.
Ricoperti
di
cazzotti Rufy, Sanji e Zoro la seguivano trascinando i piedi a terra.
Un omone grosso come un armadio li fissava torvo in attesa che si
allontanassero per poter rientrare nello stesso stabile che Nami
un'ora prima aveva scelto come meta per trascorrere del tempo in
piacevole compagnia. Peccato che i tre idioti che le stavano appresso
non avessero afferrato minimamente il sottinteso semplice desiderio
di lei di trovare po' di normale cultura in quell'assurdo e
sgangherato viaggio! Che male c'era se aveva scelto di visitare uno
dei musei di arte contemporanea più importanti d'Europa? Che
problema c'era se visitavano quella meraviglia per un paio d'ore? Che
colpa prodotta in un'altra vita doveva scontare per meritarsi un
fratello imbecille che scambiava un'opera d'arte per uno sgabello e
in mancanza d'altro ci si appollaiava sopra? Doveva aver fatto
qualcosa di molto brutto evidentemente, sottolineato anche dal fatto
che Zoro si era avvicinato a Rufy e aveva cercato di soffiargli il
posto con le cattive, per poi dover gareggiare anche con il terzo
imbecille per la podestà del suddetto sgabello, che non era
in ogni
caso uno sgabello!
Li
avevano
buttati fuori stabilendo pure un record... dodici minuti dopo
l'entrata -e il lauto pagamento del biglietto che ovviamente nessuno
avrebbe rimborsato- erano stati gentilmente condotti alla porta
dall'armadio a quattro ante che faceva parte del servizio di
sicurezza.
Per
la prima
volta Nami era stata cacciata da un museo e la cosa l'aveva mandata
in crisi. Va bene sbagliare i biglietti, va bene andare alla ricerca
di soldi facili con il biliardo, va bene pure farsi trascinare
ubriachi in un camion, ma quello no, non glielo dovevano fare! Per
lei, studentessa d'arte, era stato un affronto troppo grande da
sopportare. Li aveva pestati a sangue e ancora le prudevano le mani.
Fermò
la
marcia in prossimità del semaforo rosso pedonale al centro
di un
grosso incrocio zeppo di persone e automobili che sfrecciavano veloci
nel traffico cittadino. Si voltò appena per assicurarsi che
la
stessero ancora seguendo, con quei tre non si poteva mai sapere e
grugnì dal nervosismo.
Dietro
di lei
Rufy incrociò il suo sguardo furente e abbozzò un
lamentoso 'mi
dispiace'
supportato dal viso
affranto di Sanji al suo fianco.
“Non ci
eravamo accorti che fosse un'opera d'arte...”
esalò Zoro con un
sospiro.
“Non era un
brutto museo, avevi scelto bene...” diede man forte Sanji
fissando
l'asfalto.
“Io mi ci
sarei annoiato volentieri!”
Sanji
e Zoro
fulminarono Rufy e le sue uscite imbecilli. Come accidenti pensava di
farla stare meglio con quella battuta? Nami non smetteva di fissarli
torva, una vena sul collo che non accennava a volersi attenuare.
Tutti si rendevano conto di averle fatto un affronto orrendo,
probabilmente peggiore di tutti gli altri.
“Quello di
cui mi stupisco è perché ancora mi
stupisco!!” esalò alla fine
passandosi una mano sugli occhi. “Eravate d'accordo che
scegliessi
io cosa fare! Ho scelto e avete fatto di tutto per sabotare la mia
idea! Non si può mai fare niente di intelligente con voi!
L'unica
cosa che volete fare è chiudervi dentro un pub e morire
lì tra
alcool e donne giusto??”
Gli
altri la
guardarono sconvolti, la gente attorno iniziava a notarli.
“Nami-san,
no! È stato solo un malinteso...”
Lei
fissò
Sanji con profondo fastidio riprendendo il cammino per sfogare il
nervosismo incapace di stare ferma. “Con voi è
sempre un
malinteso, ogni-dannata-volta!” strinse i
pugni scendendo
dal marciapiede per attraversare la strada. “Ne ho
abbastanza!
Torno in albergo, voi fate quello che vi par...”
“Nami!”
All'inizio
non
l'aveva sentita arrivare, la rabbia era l'unica cosa che le
rimbombava in testa ma poi un altro rumore, molto più forte
e
stridulo, aveva occupato tutta la sua attenzione.
Quasi
non fece
in tempo a voltarsi, figurarsi a spostarsi dalla traiettoria
dell'auto lanciata a tutta velocità proprio verso di lei. Le
gambe
inchiodate al suolo per lo sgomento, sentì il suono della
gomme che
strideva sull'asfalto cercando di frenare ma era già troppo
vicina.
Appena un attimo per realizzare che stava per essere investita per
colpa della sua disattenzione che qualcosa di molto pesante la spinse
rudemente in avanti buttandola per terra e cadendole sopra
schiacciandola. Picchiò il ginocchio sull'asfalto duro e per
un
istante credette di svenire ma il peso che aveva addosso la teneva
ancorata alla ragione non permettendole di respirare bene e le voci
concitate della folla le sentiva ancora nonostante la sua testa
cercasse di attutirle, lasciando rimbombare solo il suono
inarrestabile del suo cuore attraverso le meningi. Non sentiva alcun
dolore ad esclusione di quello al ginocchio e non vedeva bene, gli
occhi appannati dal terrore di scoprire cosa le fosse successo
davvero se avesse azzardato ad alzare il viso dall'asfalto. Attorno a
lei clacson che suonavano all'impazzata, clangore di metallo che
scoppiava e voci di molte persone, alcune urlanti, altre solo
spaventate che chiamavano al cellulare. Distinse quella di Rufy che
si faceva largo tra la folla che l'aveva circondata, con Sanji
appresso e quando furono più vicini sentì il peso
che ancora la
teneva ferma a terra attenuarsi un po' per farla respirare e Nami
capì che si trattava di una persona
e non di una qualunque.
“Dovresti
guardare dove vai, ragazzina!”
Nami
batté
gli occhi sconvolta sentendo la voce roca di Zoro nell'orecchio
sovrastare qualsiasi altro suono. Lo sapeva già che era lui,
prima
ancora che parlasse, lo sapeva. Poco a poco la vista ritornò
stabile
e riuscì solo a fissarlo mentre ancora disteso sopra di lei
poggiava
le mani sui due lati del suo viso cercando di alzarsi per non farle
male, incatenando lo sguardo e scoprendogli negli occhi lo stesso
terrore assoluto che sentiva di avere nei suoi.
Zoro
l'aveva
salvata. Si era buttato su di lei prima che l'auto la prendesse. E
non le toglieva gli occhi di dosso. Il fiato caldo che gli usciva
irrequieto dalle labbra le solleticava una guancia e per un attimo
Nami avrebbe solo voluto accarezzarlo e dirgli che andava tutto bene,
che stava bene.
Avrebbe
voluto rassicurare lui per quello che era successo a lei... ma non
riusciva a capire se fosse vero e parlare sembrava fuori discussione.
“Nami!!”
“Nami! Tutto
bene?”
Rufy
e Sanji
si buttarono per terra al suo fianco e lei riuscì appena a
guardarli
e ad annuire debolmente prima di venir sopraffatta del tutto.
Era
svenuta lì
sull'asfalto senza essersi nemmeno mai alzata da terra, o almeno era
quello che le dissero quando si risvegliò confusa su una
anonima
panchina annessa ad un mercatino delle pulci in una piazza
tranquilla.
Rufy
le
sorrideva seduto per terra. “Come stai?”
Nami
strizzò
un po' gli occhi, accecata dai raggi del sole e si passò una
mano
sulla fronte. “Bene...”
Ed
era vero.
Si alzò a sedere aiutata dal fratello che le contenne anche
un
piccolo capogiro. Si sentiva bene, il mal di testa era normale e il
ginocchio le doleva appena un po' ma nulla di grave.
“Ci hai
fatto prendere un grosso spavento...”
Nami
sospirò,
si ricordava tutto e fu grata di non vedere né Zoro
né Sanji nei
paraggi, la sua vergogna non aveva ancora avuto la
possibilità di
essere elaborata.
“Per fortuna
che Zoro ha i riflessi pronti... se non si fosse buttato
chissà
cosa...”
Rufy
lasciò
cadere la frase in sospeso e lei annuì combattuta tra la
voglia di
vedere subito il loro amico dal cranio verde e quella di scappare
prima che tornasse per evitare di dover affrontare nuovamente la
stessa vergogna provata con Teach.
“Dove sono
gli altri?”
Rufy
indicò
un punto in lontananza. “Sanji ha voluto prenderti qualcosa
da
bere. Non sei rimasta svenuta a lungo, poco più di 10
minuti.”
Nami
seguì il
suo sguardo e inquadrò subito i loro due compagni che
sostavano
davanti ad un piccolo chioschetto per i gelati mentre prendevano un
paio di bottigliette d'acqua.
Sanji
si esibì
in una entusiastica giravolta quando scoprì che era
già sveglia e
soprattutto in salute.
“Non temere
mia cara, la tua preziosa borsa l'ha tenuta come un cimelio il tuo
mister Prince, ma farci più prendere queste paure, ti prego
Nami-swaaan!!!” le si inginocchiò di fronte con i
lacrimoni e lei
gli sorrise abbattuta cercando di non guardare in faccia Zoro.
“Mi
dispiace, è stata tutta colpa mia. Dopo tutte le cattiverie
che vi
stavo versando addosso...”
“Non dirlo
nemmeno per scherzo!” si intromise Sanji. “Quelle
ce le
meritavamo!”
Zoro
schioccò
la lingua. “Beh, insomma...”
Il
biondo lo
fulminò. “L'abbiamo fatta cacciare da un museo! Ce
le meritavamo!”
“No, Sanji.
Zoro ha ragione...” tutti la fissarono sorpresi e lei non
riuscì
ad impedirsi di far correre lo sguardo imbarazzato su di lui.
“Ti
ho riempito di insulti per una sciocchezza e tu mi hai salvato lo
stesso! Anzi, mi hai salvato di nuovo e
senza nemmeno pensarci!”
Fu
il turno di
Zoro di sentirsi a disagio. “Perchè avrei dovuto
pensarci? Stavi
per essere investita, potevi farti davvero male... beh, non
è stata
una decisione impegnativa...”
Nami
arrossì
vistosamente e Sanji ridacchiò sotto i baffi.
“D'accordo!
Io avrei un po' di fame, siccome Nami sta bene direi che posso andare
al chiosco anch'io! A dopo!”
Tutti
si
voltarono in tempo per vedere il polverone lasciato dallo scatto
fulmineo di Rufy sul terreno. Dava l'idea di essersi trattenuto
già
fin troppo e Sanji masticò un insulto sbuffando un
velocissimo
'cipensoio'
prima di
allontanarsi in gran carriera nella stessa direzione. Tra la
confusione del mercato sparirono presto alla vista.
Ancora
seduta
sulla panchina, Nami ridacchiò da sola prima di sgranare gli
occhi
rendendosi conto di essere rimasta sola -con lui- e
iniziare a
sudare freddo.
Zoro
non
parlava ma nemmeno pareva particolarmente agitato di trovarsi solo
con lei, al contrario suo. Il cuore accelerava ogni secondo di
più
ed era troppo facile pensare che fosse a causa di un tardivo shock
per lo scampato incidente. Si sentiva benissimo e sapeva
perfettamente di non essere mai stata realmente in pericolo
perché
il ragazzo che le stava di fianco aveva maturato la spiccata
capacità
di salvarle il culo prima ancora di sapere che avrebbe avuto bisogno
di aiuto. Si ricordava perfettamente che dei tre era l'unico che
l'aveva seguita immediatamente appena messo piede fuori dal
marciapiede. Era diventato il suo angelo custode.
La
soggezione
che aveva provato negli ultimi giorni si era attenuata molto dopo il
salto dal ponte. Aveva iniziato a vederlo più ben disposto
verso di
lei, come se si fosse liberato di un peso e la cosa l'aveva colpita
nel profondo, per la prima volta erano davvero sulla buona strada per
essere amici e non se la sarebbe lasciata sfuggire per colpa di
sentimenti inopportuni! Aveva imposto al suo cuore di non aspettarsi
nulla di più di quello e aveva più volte cercato
di auto
convincersi che le sarebbe bastato, era sicura di riuscire a gestire
tutto ed era facile fare l'amica quando erano in compagnia, ma se
capitava di trovarsi sola con lui era tutto un altro paio di maniche.
Una
bottiglietta piena d'acqua entrò nel suo campo visivo e Nami
la
prese lanciando uno sguardo di sottecchi a chi gliela porgeva. Zoro
era assolutamente tranquillo, quel tumulto interiore lo provava solo
lei e sapeva che avrebbe dovuto imparare a conviverci se voleva
averlo nella sua vita. Prima o poi le sarebbe di certo passata.
“Ne abbiamo
prese due ma Sanji è fuggito con l'altra...”
mormorò lui calmo
incrociando le braccia dopo averle lasciato la bottiglia.
“Che
imbecille! Dieci minuti di deliri per cercare il chiosco con l'acqua
migliore, 'solo la più fresca per la mia dea',
per poi
scappare e dimenticarsi di dartela!”
Nami,
che
stava dando il primo sorso, quasi si soffocò a quell'uscita.
Tossicchiando lo squadrò ricevendo la stessa occhiata
stranita. “Hai
appena fatto un'imitazione di Sanji??”
Batté
gli
occhi realizzandolo forse anche lui in quel momento e stringendosi
nelle spalle. “Sembra di si...”
Lei
non riuscì
a trattenersi e scoppiò a ridere tenendosi la pancia con le
mani.
“Dio mio, eri uguale! Non pensavo ne
fossi capace!”
Anche
lui
azzardò una risata. “Sai come si dice, se vai con
lo zoppo...”
Continuò
a
ridacchiare, la tensione di prima che scemava sempre di più
e Nami
gli fu grata ancora una volta per aver alleggerito l'atmosfera che
non si era nemmeno accorta fosse diventata tesa. Zoro si stava
davvero impegnando per esserle amico, lo vedeva e lo sentiva
soprattutto, non sapeva perché fosse successo
così all'improvviso
ma la felicità aveva oscurato la ragione.
Il
sorriso
sfumò poco a poco. Avrebbe tanto voluto che fosse stato un
altro il
motivo di tutte quelle attenzioni ma si rifiutava di formulare il
pensiero completo, non aveva alcuna intenzione di illudersi ancora
come la notte della festa a Punk Hazard. Doveva prenderlo per quello
che era, il tentativo di forgiare un rapporto d'amicizia che prima
nemmeno pensavano di volere. Era persino... dolce, come pensiero.
Zoro
notò
subito il sorrisino amaro che le era spuntato in viso e il desiderio
di chiedergliene il motivo per un attimo lo tentò ma lo mise
a
tacere subito. Con uno sbuffo si guardò attorno, la piazza
era
ancora gremita ma gli altri erano spariti già da parecchio e
si
avvicinava l'ora di cena. Un'idea gli balenò in testa.
“Hai fame?”
Nami
alzò la
testa per guardarlo, vagamente sorpresa. “Un po' in
effetti.”
ammise dopo qualche secondo.
Zoro
si grattò
distrattamente una guancia. “Che ne dici, andiamo a mangiare
qualcosa? Ho visto un bel ristorante prima.”
La
vide
sgranare gli occhi e se ne chiese stupidamente il motivo.
“I-io e
te..?”
Al
suo
tentennamento ricordò che non era abituata a sentirsi dire
cose del
genere da lui, in generale non era abituata a nessuna forma di
gentilezza proveniente da lui e questo, nonostante non ne fosse
sorpreso, lo irritò. Doveva esserle sembrato un grande
imbecille in
quegli anni e non poteva darle torto. Relegò quel pensiero
fastidioso infondo a tutti gli altri ben sapendo di doverci fare i
conti prima o poi ma al momento l'unica cosa che gli interessava era
trovare un modo per rimediare a quell'espressione sconvolta. Non gli
piaceva vederla sul suo viso mentre lo guardava, gli ricordava troppo
gli anni passati a litigare con lei.
“Si, io e
te!” confermò con un sorriso storto, sicuro delle
proprie parole.
Nami
batté
gli occhi come a sincerarsi di non esserselo immaginato e sorrise
improvvisamente felice. “S-si, va bene! Ma Sanji ha ancora la
mia
borsa...” mormorò.
Zoro
scrollò
le spalle. “Fa niente, gli altri li ritroveremo
più tardi. Intanto
andiamo, offro io.”
Nami
lo guardò
come se avesse appena detto di voler regalare le sue spade al primo
barbone incontrato per strada. “Offri tu??” chiese
per sincerarsi
di aver capito bene.
Lui
alzò un
sopracciglio che la fece arrossire di botto. Beh, che c'era di male a
pensare che fosse strano? Non era mai successo che la invitasse fuori
-Nami non farti film, non è davvero un'uscita
fuori, un
appuntamento o altro, imprimetelo in testa- e soprattutto in
tanti anni non l'aveva mai visto offrire qualcosa a qualcuno
pagandolo con moneta sonante. Sapeva perfettamente che Zoro aveva con
sé la busta con la sua parte di denaro, gliela aveva
consegnata
appena quella mattina ed era sicura avesse ancora tutto il gruzzolo,
ciononostante era convinta li avrebbe voluti usare solo per
sé
stesso, erano suoi in fin dei conti, se li era guadagnati, lei stessa
non avrebbe mai diviso la sua parte con nessuno! E lui voleva usarli
per cenare con lei. Se non fosse stata seduta probabilmente avrebbe
dovuto farlo, le ginocchia all'improvviso erano diventate di
gelatina. Non pensava che sarebbe mai venuto il giorno in cui Zoro
Roronoa avrebbe letteralmente pagato per passare del tempo con lei.
Cercò
di
restare lucida. Amico, amico, vuole solo esserti amico, non
dimenticarlo.
Zoro
ridacchiò, doveva avere un assurdo miscuglio di emozioni
stampato in
faccia e quella risata riuscì a riscuoterla abbastanza da
formulare
una risposta più adeguata questa volta. “S-se
offri tu, accetto.”
Lui
ghignò
cominciando ad avviarsi prima che Nami lo richiamasse. “Hai
una
vaga idea di dove fosse quel ristorante?”
Zoro
si grattò
la nuca guardandosi attorno già spaesato.
“Credo... di là?”
Nami
sbuffò
una risatina. “È una domanda o
un'affermazione?”
“Beh... oh,
ma che ne so? Sono tutte uguali queste vie!!”
“Ne vedo uno
che fa al caso nostro proprio laggiù.”
Zoro
seguì il
suo dito e annuì facendo per avviarsi ancora ma Nami lo
chiamò di
nuovo indietro.
Si
voltò
esasperato allargando le braccia. “Che altro c'è?
Ero nella
direzione giusta!”
Ma
lei non lo
ascoltava, pensava e rimuginava tra sé e sé e
Zoro iniziò a temere
ci avesse ripensato ma quello che uscì dalla sua bocca lo
sorprese
più di quanto l'avesse fatto la sua stessa proposta quando
l'aveva
pronunciata senza rendersene conto.
“È stata
una lunga giornata... mi avete fatto cacciare da un museo, ho
rischiato di essere investita...” Zoro la squadrò
con gli occhi
ridotti a fessura. “...sono anche svenuta e mi sono fatta
male al
ginocchio...” ...e quindi? “...insomma, sono a
tutti gli effetti
convalescente e avrei bisogno di un po' d'aiuto!”
Zoro
non aveva
ancora perso l'aura di buonumore che lo circondava nonostante ora la
stesse guardando confuso e Nami si azzardò a sfidare un po'
di più
la sorte...
“Potresti
portarmi in spalla!”
...e
pregò di
non aver fatto il passo più lungo della gamba.
Zoro
come
volevasi dimostrare strabuzzò gli occhi rifiutandosi di
farlo con
plateale convinzione ma lo fece con un leggerissimo strato di rosso
sulle guance che lo rese così carino e tenero che Nami si
dimenticò in un lampo tutti gli insulti che le erano venuti
alle labbra pur di
obbligarlo.
Gli
sorrise.
Le cattive maniere anche se soddisfacenti non sempre erano adatte
allo scopo e quello era decisamente uno di quei casi. Mise su la sua
più dolce faccina d'angelo e batté le lunghe
ciglia. “Faccio
fatica a muovermi, potrei svenire di nuovo, per questo ho bisogno di
mangiare...”
Zoro
deglutì,
non poteva essere sicuro stesse mentendo, l'aveva vista coi suoi
occhi svenire in mezzo alla strada, tra le sue braccia tra l'altro e
poco ci era mancato gli venisse un colpo. Per un terrificante attimo
aveva pensato di non esser arrivato in tempo, ma non era vero, lui
era arrivato in tempo! E lei era salva. Salva ma non
del tutto
intera, sapeva che aveva battuto forte il ginocchio e forse pure una
spalla ma non era un medico. Poteva essersi davvero ferita
così
tanto da non poter camminare..? Forse avrebbe dovuto portarla in
ospedale piuttosto che fuori a cena...
Nami
lo guardò
tenera con gli occhioni da cerbiatto. “...se mi aiuti tu ci
arrivo
senza incidenti di percorso... ti prego, Zoro...”
…...
…......
…..........encefalogramma
piatto.
“Oh, ma chi
me lo fa fare??” si accucciò davanti alla panchina
dandole la
schiena masticando improperi al cielo e al suo cuore fuori uso che
riprendeva ad accelerare al triplo della velocità.
“Sali.” le
intimò portando indietro le braccia per reggerla.
Nami
si leccò
le labbra, felicissima di avere una scusa per toccarlo e doppiamente
felice che non potesse vedere l'espressione di pura gioia che aveva
stampata in faccia. L'avrebbe senza dubbio tradita.
*
Il
treno fermò
la sua corsa con uno stridio fastidioso e loro furono i primi ad
uscire.
Usop
aiutò la
fidanzata con le sue valigie mentre Brook si occupava di recuperare
le altre e controllare di non aver scordato nulla.
Viola
li
osservava mesta in piedi sulla banchina, senza realmente vedere
nessuno di loro. Ogni venti secondi qualcuno le lanciava un sorriso
incoraggiante o una strizzata d'occhio prima di tornare ad occuparsi
delle proprie cose per poter partire alla volta dell'hotel.
Sospirò
tetra osservando le grandi vetrate della stazione di Flevance zeppa
di turisti. Dopo ore di viaggio alla fine in Svizzera c'erano
arrivati ma non sapeva davvero spiegare come si sentisse al riguardo.
“Abbiamo
tutto, Brook?”
“Violino...
chitarra... spartiti... si, yohohohohoh, c'è
tutto!!”
“Io
intendevo se hai preso le mie valigie!!”
“Yohohohhohoho,
non le stavi prendendo tu?”
“Io?? Hai
detto che le prendevi tu!! Sono ancora a bordo??”
“Yohohohohoh...
ehm...”
“Brook, il
treno sta per ripartire!!”
“Calmati
Usop, le ho prese io, sono qui.”
“Questo qui
mi manderà ai pazzi! Per fortuna che ci sei tu,
Kaya...”
Viola
abbozzò
un sorrisino. Erano così buffi quando litigavano,
perché si era
arrabbiata? Non ce l'aveva mai avuta con loro, stavano facendo
così
tanto per farla stare bene. Il cuore le si allargò per la
commozione
guardando i suoi cugini e Kaya, i suoi migliori amici, sempre
lì,
sempre presenti, pronti per lei. Cosa aveva mai fatto per meritare
una famiglia simile? Nulla, almeno finora, ma le cose sarebbero
cambiate. Strinse i pugni sulla maniglia della sua valigia,
respirando piano. Era diventata una persona che non le piaceva ma una
settimana era abbastanza, non avrebbe più permesso alla
tristezza di
prendere possesso di lei. Era stata scaricata, l'aveva accettato ed
ora era tempo di elaborare il lutto! Era sempre stata una donna forte
e sicura di sé, era tempo di tornare ad esserlo! Si sarebbe
goduta
fino infondo quella vacanza, era suo diritto cercare di nuovo la
felicità e non si sarebbe più lasciata andare in
quel modo, lo
doveva a loro ma soprattutto a sé stessa!
Sollevò
fiera
lo sguardo incontrando quello dei suoi cugini che l'aspettavano
sorridenti per uscire insieme dalla stazione. Era ora di riprendere
in mano le redini della sua vita. Sanji Vinsmoke era un nome che
avrebbe imparato a dimenticare.
Con
colpo
secco di tacco si avviò sicura verso di loro superandoli e
sentendoli muovere dietro di lei. A spalle di nuovo dritte
abbandonò
quella pallida imitazione di sé che odiava e si
ravvivò
sensualmente i capelli attirando un paio di sguardi.
Viola
Cortes
era tornata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Paris ***
Rufy
non era mai stato il tipo che riesce a contenersi davanti ad un
chiaro invito gastronomico e Sanji non si stupì
più di tanto quando
lo vide scomparire dentro un locale che con un cartello sulla porta
vantava di servire la migliore carne di tutta la Francia. Aveva
faticato a stargli dietro, il suo amico teneva sulle spalle solo il
suo inseparabile zaino invece lui oltre alla sua roba aveva appresso
anche la borsa di Nami. L'aveva recuperata per lei dopo il quasi
incidente e avrebbe dovuto lasciargliela una volta ripresa ma la fuga
repentina di Rufy aveva cambiato i suoi piani e se n'era scordato.
Con il doppio della zavorra, si era trascinato per le vie sconosciute
di Marijoa al seguito dell'ingordo che era alla continua ricerca del
posto migliore dove fermarsi a mangiare. La roba presa al chiosco,
per sua stessa ammissione, era stata solo uno 'spuntino'.
Sanji
imprecò mentalmente entrando nel locale con passo sicuro e
rispondendo al saluto cordiale del maìtre con un cenno.
Rufy
gli aveva assicurato che una volta messo a tacere lo stomaco
sarebbero tornati dagli altri. Non gli piaceva aver lasciato Nami in
quelle condizioni, stava meglio ma aveva rischiato di essere presa in
pieno da un auto! Che poi fosse stato a causa della sua disattenzione
non era nemmeno da prendere in considerazione, era solo colpa loro
che l'avevano fatta arrabbiare e distrarre!
Zoro
era rimasto con lei e sperò intensamente che il dannato
marimo non
cercasse di nuovo di farla agitare con idee idiote. Se le fosse
capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato e soprattutto non
lo avrebbe mai perdonato a lui!
Inquadrò
Rufy prendere posto al centro della sala su un tavolino rotondo dalla
immacolata e immensa tovaglia sotto la quale lo stesso tavolo e le
sue gambe scomparivano.
Gli
si sedette di fianco e si prese la briga di guardarsi attorno per la
prima volta da quando era entrato. La luce soffusa non aiutava la
vista ma sembrava il classico elegante bistrot francese dove ad ogni
angolo potevi incontrare poeti o scrittori chini sulle proprie opere
nella speranza di vedere un giorno glorificati i propri sacrifici. La
luce estiva filtrava ancora dalle enormi vetrate e le grosse tende
oscuravano l'ambiente nei punti giusti creando specifici giochi di
luce che si venivano a creare con le tovaglie di pizzo decorate. A
circondare il loro c'erano molti tavoli identici e quasi tutti
occupati, per lo più da uomini. Sembravano tutti in attesa
di
qualcosa e Sanji si scoprì esserne incuriosito.
Rufy
aveva già fermato uno dei camerieri riuscendo a farlo
inorridire per
il suo chilometrico ordine e facendo voltare anche qualche altra
testa. Sanji cercò di farsi piccolo piccolo per la vergogna,
senza
successo. Non appena si fu ripreso dal blocco reumatico alla mano, il
cameriere gli chiese tremante cosa desiderasse e fu con un sospiro di
sollievo che accolse la sua normale richiesta di una bistecca al
sangue e un bicchiere di vino.
Sanji
aspettò che si allontanasse prima di avvicinarsi
all'orecchio
dell'amico. “Rimaniamo il tempo di cenare e poi ce ne
andiamo,
d'accordo? Voglio tornare presto per accertarmi che Nami stia
bene!”
Il
moro batté gli occhi sorpreso. “Ma non
è sola, è con Zoro!”
Sanji
si bloccò, preso alla sprovvista. “Beh, si... ma
è svenuta e non
stava affatto bene!”
L'altro
fece spallucce. “Lo so ma si è ripresa e Zoro non
è idiota, sa
cosa fare se dovesse stare ancora male.”
Il
biondo annuì di nuovo controvoglia. “Si...
è vero...”
“E
tu avevi detto che avremmo dovuto provare a farli stare soli ogni
tanto, per vedere come va...”
Sanji
si morse la lingua sapendo che non aveva modo per uscirne. L'aveva
proprio detto lui.
“Non
preoccuparti! È in buone mani!” concluse con un
sorriso che andava
da orecchio a orecchio.
“Mi
stai dicendo che l'avresti fatto apposta..?”
Rufy
lo guardò appena di sottecchi e Sanji ghignò
incredulo. Diavolo e
angelo racchiusi nella stessa persona... ma perché se ne
stupiva?
“Avevo
anche voglia di carne e poi voglio vedere lo spettacolo! L'altra
volta Zoro mi ha fatto uscire prima che iniziasse, non è
stato
carino!”
“Lo
spettacolo?”
Rufy
indicò qualcosa dietro di lui e fu solo in quel momento che
Sanji lo
notò, il piccolo palco infondo alla sala. Nero come
l'ambiente e
circondato da spesse tende violacee che nascondevano le quinte.
Lì
accanto un grande e sgargiante cartello promuoveva proprio per quella
sera lo spettacolo di tale 'Principessa dei serpenti' ma non spiegava
di cosa esattamente si trattasse. Dal nome avrebbe detto che
utilizzava rettili ma poteva anche essere un'esibizione di magia. In
entrambi i casi non era dell'umore adatto.
“Solo
se non dura troppo, alle 11 abbiamo il treno.”
stabilì incrociando
le braccia.
Non
trascorse molto tempo prima che il cameriere tornasse con le loro
ordinazioni. Per quella di Rufy fu necessario portare un carrellino a
parte o non ci sarebbe mai stata tutta quella roba sul loro tavolo.
Rufy non si fece pregare, in pochi minuti aveva già
spazzolato gli
antipasti e i primi, lanciando esclamazioni di pura gioia. La cena si
era rivelata meglio del previsto e pure Sanji ammise di aver gustato
una tra le migliori bistecche mai assaggiate. Si stava giusto
concedendo il secondo bicchiere di vino quando le luci, da lievi che
erano già, sparirono del tutto e non a causa della sera che
avanzava
inesorabile. Lo spettacolo stava per iniziare.
Rufy
batté le mani felicissimo insieme agli altri clienti e Sanji
si mise
comodo, avevano ancora un'ora a disposizione, poteva goderselo, di
qualsiasi cosa si trattasse.
Un
occhio di bue comparso da chissà dove si accese ad
illuminare una
piccola porzione di palco, nel punto preciso dove le tende viola
avevano preso a muoversi e la prima cosa che Sanji vide fu una
solitaria, lunga, bellissima gamba di donna decorata da autoreggenti
nere che spuntava dannatamente sensuale dalla tenda socchiusa. La
gola gli si seccò all'istante perché quello che
arrivò dopo andava
al di là di ogni umana concezione. La donna più
bella che avesse
mai visto uscì da dietro le quinte e avanzò in
tutto il suo
splendore nel piccolo palco con passi lenti e misurati sorridendo al
suo pubblico, fino a trovarsi esattamente nel mezzo.
Sanji
si mosse a disagio sulla sedia, stringendo i pugni e conficcandosi le
unghie nella carne. Lo sguardo non riusciva a decidersi in quale
parte di lei soffermarsi. Se sui lunghi e fluenti capelli neri che
circondavano il viso aristocratico, sugli occhi magnetici, sul
sorriso accattivante o sul fantastico corpo dalle forme generose
sostenuto da due gambe chilometriche da infarto.
La
mandibola prese a fargli un male atroce tanto serrava i denti.
Resisti, resisti, resisti, resisti!!
Un
boa di due metri rosso e giallo se ne stava appollaiato buono buono
sulle spalle della donna, senza sembrare minimamente interessato a
ciò che lo circondava fintanto che fiducioso si lasciava
accarezzare
dalle mani esperte della sua padrona che nel frattempo non smetteva
di sorridere sensuale al suo pubblico. Il vestito da bambola di pizzo
nero e bianco lasciava poco o niente all'immaginazione e fu quando
l'inequivocabile musica lenta partì che Sanji si rese conto
con
crescente orrore a che genere di spettacolo Rufy l'avesse trascinato.
Fece
violenza su se stesso per smettere di guardarla quando
iniziò a
levarsi il primo guanto di raso con movimenti lenti e calcolati
muovendo i fianchi sotto una cascata di applausi.
Afferrò
il suo amico per il bavero e lo fulminò idrofobo.
“Di tutti gli
spettacoli che potevi trovare proprio uno di Burlesque?? Questa me la
paghi, Rufy!”
Ma
l'altro nemmeno lo sentiva, imbambolato come tutti nella sala a
seguire le sexy movenze della bellissima ballerina. Sanji si
passò
una mano sul viso chiudendo gli occhi e respirando piano. La musica
lenta e i gridolini di approvazione non lo stavano aiutando per
niente. L'immaginazione lavorava da sé ed aveva
già dovuto correre
ai ripari con un fazzoletto sotto al naso, non avrebbe resistito per
molto. Si tappò anche le orecchie e poggiò la
testa sul tavolo
sperando che finisse presto. Si sentiva come un tossico a cui era
stata offerta la più grossa partita di droga della sua vita,
ma non
poteva cedere, non ora che mancava così poco!
Accolse
con un sospiro di sollievo l'esaltato applauso finale del pubblico
che fece tremare persino i muri e valutò di approfittare del
momento
per afferrare Rufy e fuggire prima che partisse un nuovo spettacolo.
Si arrischiò con un sorrisino ad aprire gli occhi e a
sollevare la
testa, non l'avesse mai fatto. Ora sul palco erano in tre, una
più
bella dell'altra, tutte seminude, con il proprio serpente sulle
spalle e tutte, inesorabilmente, ammiccavano nella sua direzione.
Sanji
batté gli occhi confuso e gli ci volle qualche attimo per
rendersi
conto che stavano proprio guardando lui. Si voltò piano
verso Rufy
che sorrideva entusiasta e lo indicava con un dito.
Sanji
avrebbe voluto mozzarglielo quel dito.
“A
quanto pare c'è qualcuno che non ha gradito lo spettacolo.
Forse non
lo vedeva bene da così distante, ma rimediamo
subito!”
Urla
di incoraggiamento accompagnarono due delle ragazze sul palco che
scesero e gli si avvicinarono con una camminata terribilmente
sensuale. Sanji quasi rischiò l'infarto quando lo
afferrarono
ciascuna per un braccio per trascinarlo via con loro. Lo fecero
sedere su una sedia improvvisata al centro del palco e una delle due
lo immobilizzò sedendogli in braccio.
“Vai
Sanji!!” Rufy lo incitò battendo le mani con il
resto della sala e
il biondo capì di essere ormai al punto di non ritorno. Gli
occhi a
cuore tornarono onnipresenti e finì per svenire in coma
affettivo
quando le due ragazze che l'avevano portato per le braccia
cominciarono il loro spettacolo a pochi centimetri da lui, sotto lo
scroscio degli applausi.
Rufy
ridacchiava dal tavolo vedendo l'amico in quello stato e nemmeno si
accorse all'inizio di avere una presenza accanto che lo fissava.
“E
tu chi sei?”
Rufy
sentì un brivido caldo percorrergli la nuca quando quella
voce sexy
gli arrivò alle orecchie. Si girò piano
trovandosi il viso della
bellissima principessa dei serpenti a poche spanne che lo guardava
come volesse mangiarlo.
Dopo
l'iniziale attimo di smarrimento -dovuto per lo più al fatto
che la
donna era in solo intimo- e di delusione -non aveva più con
sé il
serpente, purtroppo- sfoderò un sorriso. Anche senza quel
simpatico
animaletto con il quale si era esibita -che aveva catalizzato la sua
completa attenzione per tutta la durata dello spettacolo- aveva pur
sempre uno splendido esemplare di sesso femminile davanti. E lui era
un signore.
“Rufy.”
rispose semplice allargando il sorriso.
La
donna arrossì e per una qualche curiosa illuminazione Rufy
intuì
che non fosse il genere di cose che le capitava di frequente.
“Ru-Rufy...”
ripeté lei in trance.
La
vide portarsi una mano alla bocca e fissarlo rapita. No, decisamente
non sembrava il genere di donna che si lascia suggestionare in quel
modo per un nome o un sorriso. Ingenuamente si chiese se non avesse
mangiato qualcosa che le aveva fatto male prima dello spettacolo.
Però era venuta lei da lui, aveva forse bisogno di qualcosa?
E
perché non aveva portato il serpente? Magari poteva provare
a
chiederglielo! Ma prima, come diceva sempre Ace, si doveva andare per
gradi! Doveva farci amicizia prima di chiederle informazioni sul suo
animaletto, non era mica un approfittatore, lui.
Allungò
la mano felice annuendo vigoroso. “Si, è il mio
nome. Invece
quello sul palco è il mio amico Sanji. Tu come ti
chiami?”
Probabilmente
non avrebbe dovuto farlo ma come poteva immaginare che la ragazza
avrebbe rischiato di svenire alla vista della sua mano allungata
davanti al viso? Rufy riuscì a prenderla al volo prima che
cadesse e
questo le provocò uno sfogo cutaneo molto più
preoccupante degli
altri.
“Bo-Boa
Hancock...” riuscì a balbettare reggendosi
fermamente alle sue
spalle. Ormai il suo colorito variava dal rosso pomodoro al viola
scuro ma quell'affascinante sconosciuto non pareva farci troppo caso.
“Piacere
di conoscerti, Boa!”
Oh,
come suonava bene il suo nome pronunciato da quelle labbra di rubino!
“I-il
pia-piacere è tu-tutto mio...”
“Va
meglio ora?”
Oh,
si preoccupava per lei? Chi era quel meraviglioso giovane uomo che
con una sola occhiata faceva battere il cuore a lei, Boa Hancock, la
principessa dei serpenti? Mai si era sentita così in tutta
la sua
vita...
Al
suo tremante cenno di assenso Rufy la lasciò. Non era ben
stabile
sulle sulle sue gambe ma per lo meno non sembrava sul punto di
svenire di nuovo. Magari ora che l'aveva conosciuta poteva azzardarsi
a chiederle l'unica cosa che gli premeva sapere...
“Senti,
vorrei chiederti una cosa...”
Boa
rizzò le orecchie guardandolo imbambolata con la faccia di
chi era
disposta a fare qualsiasi cosa per lui e Rufy lo prese come un
incentivo per continuare.
“Dov'è
il tuo serpente?” chiese andando dritto al punto, strofinando
le
mani tra loro e guardando fisso le sue spalle nude.
La
donna batté gli occhi un paio di volte, confusa. Il suo
serpente...?
“Sai,
non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso quando eravate sul
palco! È un animale fantastico, faceva tutto quello che
dicevi tu!
Come fai a farti ubbidire??”
Boa
abbandonò l'espressione confusa per una di sgomento. Quel
meraviglioso ragazzo aveva guardato solo il serpente durante la sua
esibizione? Sentì la delusione prendere possesso del suo
cuore.
Rufy
le sorrideva entusiasta aspettando speranzoso la sua risposta e Boa
si indispettì. Lei era la principessa dei serpenti! La donna
più
bella di tutta la Francia! Mai nessuno le aveva fatto un affronto
simile! Come si permetteva questo tizio di ignorarla così e
preferirle Snoke?? Non era umanamente concepibile da pensare, era un
affronto alla sua bellezza e alla sua professionalità ma
invece di
farla arrabbiare decise di prenderla come una sfida. Il ragazzino non
l'aveva apprezzata con un semplice ballo? Gli avrebbe fatto vedere di
cosa era capace Boa Hancock!
Lo
guardò sensualmente negli occhi accarezzandogli con il dorso
della
mano una guancia. Oh, gli avrebbe fatto cambiare idea,
altroché!
“Il
mio è un serpente particolare, tanto ubbidiente quanto
letale. È
nel mio camerino ora, vorrei fartelo conoscere. Che ne dici di venire
con me?” mormorò melliflua al suo orecchio.
Un
brivido involontario scese lungo la spina dorsale di Rufy e si
affrettò ad annuire entusiasta. Lei lo prese per mano
conducendolo
verso una porticina accanto che non aveva notato prima.
Se
era fortunato non solo avrebbe potuto accarezzare il serpente ma pure
portarsi a letto quello schianto di donna!
L'unica
certezza fu che dimenticò di prendere con sé il
suo zaino, quello
di Sanji e soprattutto la borsa di Nami, lasciandoli alla
mercé di
un tizio qualunque che passava di là, che li vide
incustoditi e
senza dare troppo nell'occhio li portò via con
sé, uscendo
indisturbato dal locale.
*
La
fiammella accesa al centro del tavolo tremolò appena con lo
spostamento d'aria quando il cameriere posò davanti a
ciascuno la
portata principale. Lo ringraziarono con un sorriso e un cenno quando
augurò ad entrambi buona cena con un profondo inchino prima
di
congedarsi.
Nami
seguì divertita la sua figura passare attorno al loro tavolo
nella
veranda, per rientrare nel ristorante e sparire oltre le spalle di
Zoro.
Continuando
su quella linea incrociò un sopracciglio alzato. Nami si
morse le
labbra trattenendo a stento una risata, soprattutto per l'occhiata
che le restituiva il suo compagno di cena.
“Oh
andiamo! Non fare quella faccia!” lo riprese bonaria non
riuscendo
a impedire alle labbra di curvarsi verso l'alto. “Te ne sei
accorto
anche tu!”
Zoro
sbuffò alzando gli occhi al cielo, visibilmente divertito
nonostante
cercasse di non darlo a vedere. Prese a tagliare la sua bistecca
ridendo sotto i baffi ma Nami non se la prese. Allungò il
collo
cercando di vedere ancora oltre le sue spalle, al di là
delle tende
che oscuravano la sala interna del ristorante, in palese ricerca del
loro simpatico cameriere.
Zoro
intercettò il suo sguardo e la riportò con un
ghigno a sedersi di
nuovo composta.
“Smettila
di stalkerare il nostro cameriere!”
Nami
cercò di ignorare come quel 'nostro'
fosse suonato bene e si
morse le labbra, combattuta.
“Ma
quel tipo è identico ad Hacchan! Ti prego, voglio solo
chiedergli se
lo conosce! Magari scopriamo che è suo fratello, cugino o un
qualche
parente di ottavo grado!”
“E
se invece smetti di focalizzarti solo su stupidaggini e ti godi
questa bella cena?”
Nami
deglutì nervosa riportando piano lo sguardo su di lui e
distogliendolo dal bancone all'interno.
Una
bella cena...
Nami
sospirò piano cercando di concentrarsi sul suo piatto e non
sul
sorriso amichevole di lui. Probabilmente per Zoro era semplice
vederla così. Lui non si sentiva su di giri come lei, tanto
da non
essere stata in grado di formulare un pensiero coerente fin dal
momento in cui era scesa dalle sue spalle davanti al ristorante.
Prese
un pezzo di pane, rigirandoselo tra le mani.
Zoro
non aveva avuto bisogno di fare il carico di ossigeno quando aveva
visto che li avevano sistemati sulla terrazza panoramica dove c'erano
pochissimi altri tavoli come il loro, rigorosamente per due,
perché
avevano dato per scontato che fossero una coppia. Lui non aveva
dovuto obbligare il cuore a smettere di battere furioso quando si era
accorta che da lassù si vedeva l'intera città
illuminata e le
candele disseminate ovunque non ostacolavano lo splendore della volta
celeste rendendo l'atmosfera così fottutamente romantica da
fare
quasi male!
No,
ovviamente. Ma lei si. E non le era parso vero di potersi concentrare
su altro che non fosse il pensiero di essere a Marijoa, in un
raffinato ristorante francese, seduta ad un tavolo a lume di candela
con Zoro, quando aveva scoperto che il loro cameriere era identico al
simpatico venditore di Takoyaki che stazionava ogni giorno fuori
dalla facoltà, del quale erano entrambi assidui
frequentatori.
Avrebbero
potuto parlare di lui! Sembrava un segno del destino messo
lì
apposta per evitarle l'imbarazzo della non
conversazione certa
che avrebbe avuto con Zoro! Ma Zoro non pareva dello stessa idea. Non
era interessato ad approfondire quell'argomento e a Nami per un
attimo era sprofondato il cuore nel petto. Si sentiva incredibilmente
a disagio ad essere lì da sola con lui, non sapeva come
comportarsi,
né che argomenti trattare. L'unico che avrebbe potuto
allietare un
po' la serata le era stato bocciato sul nascere! Non contava molto su
di lui per intavolare una qualche tipo di conversazione. Fosse stato
per Zoro era certa che l'avrebbe considerata una fantastica cena se
fossero rimasti praticamente zitti per tutto il tempo, ma lei non ce
l'avrebbe mai fatta a reggere tutta la pressione che quella vicinanza
le portava, aveva bisogno di trovare qualcosa per distrarsi.
Lo
guardò di sottecchi continuare a tagliare indisturbato la
sua
bistecca al sangue, apparentemente rilassato e perfettamente a suo
agio in quell'ambiente. Nami si accigliò.
Appena
entrati lei si era sentita piuttosto in soggezione davanti a tutta
quella raffinatezza, a partire dai guanti bianchi dei camerieri,
passando per le tovaglie ricamate, al mobilio in generale che ornava
tutto il ristorante che a prima vista doveva costare un occhio della
testa, ma Zoro pareva non averci fatto nemmeno caso, perfettamente a
suo agio, appunto.
“Posso
chiederti una cosa?”
Zoro
alzò il viso dal suo piatto per guardarla incuriosito. Nami
infilzò
una patata arrosto mordendosi internamente una guancia, cercando le
parole giuste da usare. “Come mai sembri abituato a
frequentare
posti del genere?”
Lui
fece una smorfia nervosa dirottando gli occhi sulla città
illuminata
sotto di loro. “Mia madre ama mangiare solo in ristoranti di
un
certo livello e mio padre non è mai stato il genere d'uomo
che si
impunta per cose che non ritiene importanti.”
La
spiegazione era molto approssimativa ma Nami intuì che non
fosse il
caso di chiedere di più. Zoro spendeva sempre poche parole
quando
parlava dei suoi genitori, lei stessa in tanti anni li aveva visti
solo qualche volta e costantemente di striscio. Nutriva da sempre una
grande curiosità su di loro ma Zoro non ne parlava quasi mai
volentieri e Nami era decisa ad evitare ogni minimo alterco per non
rovinare la loro unica cena insieme. Per il momento avrebbe potuto
accontentarsi, ma per lo meno avevano rotto il ghiaccio con un
argomento facile.
Gli
sorrise prendendo un sorso di vino. “Anche i miei hanno le
loro
fisse...”
Zoro
la scrutò molto più interessato.
“A
mia madre puoi togliere tutto tranne la sua sigaretta dopo
cena.”
ammise con un'alzata di spalle.
Zoro
abbozzò una risatina. “E Dragon? Ha una
gigantografia di Garp da
colpire con le freccette ogni volta che usa il suo rastrello?”
Nami
scoppiò a ridere, tenendosi una mano davanti alla bocca.
Zoro
era cresciuto come tutti loro assistendo esaltato alle mirabolanti
liti tra suo padre e suo nonno sulla gestione del giardino che
avevano in comune da quando casa loro era stata costruita sul terreno
da sempre appartenuto alla famiglia Monkey, dove nonno Grap viveva
già. Una supremazia assurda tra padre e figlio su chi
detenesse il
pollice più verde, una faida che faceva per lo
più sorridere fino a
quando uno dei due non esagerava e trasformava tutto in una vera e
propria guerra di quartiere con tanto di armamenti quali vanghe e
picconi e l'arruolamento di questo o quel vicino a dare manforte e
sostegno.
Quante
volte a lei, Sanji e Sabo era toccato spalleggiare il padre che
voleva commilitoni giovani per soppiantare il nonno che pretendeva di
avere con sé Rufy, Ace e Zoro per lo stesso motivo. Vinceva
chi
costruiva l'aiuola più bella e per la loro mente di bambini
era un
gioco favoloso da fare con i grandi, per la mente bacata di quelli
che avrebbero dovuto essere i due adulti della situazione, era
l'ennesima sfida per decretare il maschio alfa. La cosa che faceva
più ridere era che nessuno vinceva mai perché sua
madre arrivava
come una furia a tramortire entrambi, stufa di sentire gente urlare
idiozie in giardino.
Nami
smise di ridere a fatica. Era malinconicamente bello che Zoro ancora
ricordasse quei pomeriggi passati a casa sua tra sfide pacifiche che
finivano sempre con loro a giocare e ridere nel fango sotto le urla
del nonno perché non prendevano sul serio i compiti
assegnati.
“Non
ha la gigantografia perché non ne ha bisogno. Se vuole usa
direttamente il nonno come bersaglio mobile.”
riuscì a riferire
con un occhiolino tra una risata e l'altra.
Zoro
ghignò ritornando anche lui a quei pomeriggi col pensiero.
Se n'era
quasi dimenticato eppure sembrava non fosse mai passato il tempo.
Nami
si rimise dritta sulla sedia, gli occhi ancora ridenti e la testa
molto più leggera. L'atmosfera era decisamente
più rilassata ora ed
anche più intima. Ancora non era abituata a sentirsi a
proprio agio
in sua compagnia. Nonostante lui ce la stesse davvero mettendo tutta
per dimostrarle che voleva cambiare, il suo primo istinto era ancora
quello di sentirsi in soggezione o semplicemente stare sulla
difensiva. Avrebbe dovuto lavorare parecchio su questa cosa, non
poteva sempre andare in panico all'idea di parlare normalmente con
lui.
Nami
diede un sorso al suo bicchiere di vino e accavallò
distrattamente
le lunghe gambe nude esponendole di fianco al tavolo, riflettendo
ancora una volta sulle motivazioni che potevano averlo portato a
quell'epifania morale che sembrava voler continuare a garantire nei
suoi confronti e notò per puro caso un piccolo tremore e lo
spostamento d'aria successivo. Lo guardò con la coda
dell'occhio,
appena un po' incuriosita. In un attimo Zoro aveva voltato di scatto
il viso verso il panorama e batteva furioso un piede a terra,
irrequieto. Nami alzò un sopracciglio. Il suo amico aveva di
nuovo
quella leggera sfumatura rosata sulle guance che aveva ormai imparato
a classificare come 'imbarazzo'. Lo
guardò apertamente senza
vergogna e lui fece palesemente di tutto per evitare di voltarsi di
nuovo verso di lei, in una maniera così insolita che le fece
crescere un piccolo sospetto.
Forse
non era del tutto indifferente all'uomo d'acciaio come pensava. Il
gioco di gambe fatto casualmente non era passato inosservato e Nami
aggrottò le sopracciglia, piacevolmente stupita dalla
scoperta.
Provò
di nuovo ad accavallarle, più piano e con mire precise,
facendo
finta di niente. Il piede di Zoro aumentò il ritmo sotto al
tavolo e
nonostante gli occhi puntassero ancora verso la città
sembrando
ignaro di tutto, il suo imbarazzo crebbe.
Nami
sentì il proprio ego gonfiarsi nel petto insieme ad una
sensazione
di eccitazione che le fiorì direttamente dalla base dello
stomaco.
Deglutì, cercando di calmarsi. Aveva appena pensato di fare
una cosa
e sapeva che non sarebbe stato corretto da parte sua, ma sapeva anche
di essere quello che di solito gli uomini definivano un bocconcino
prelibato e di avere addosso solo uno striminzito vestitino che lui
finalmente dava prova di aver notato. Anche se persisteva a trattarla
da amica e a lei la cosa andava più che bene, non era di
certo
obbligata a fare altrettanto ogni sacrosanta volta! In fin dei conti,
quante altre volte le sarebbe capitato ancora di cenare da sola con
lui in un posto così romantico?
Il
bisogno di sapere ebbe la meglio sulla morale. Forse era l'unica
occasione che avrebbe mai avuto, ci sarebbe stato tanto tempo per
fare l'amica.
Dimenticando
di respirare, Nami si scostò i capelli dal viso e
cercò di farlo
nel modo più sensuale che conosceva. Ancora una volta il
gesto non
era passato inosservato, Zoro non la deluse, tossicchiò
imbarazzato
tentando di sembrare concentrato sul proprio piatto e lei sorrise
approfittando delle sue occhiate furtive per accarezzarsi una coscia
mettendo al contempo ancora più in mostra quella porzione di
pelle.
Il senso di colpa lo relegò in un angolino del proprio
cervello,
avrebbe avuto tempo per pensarci dopo, il vino bevuto fino a quel
momento la stava aiutando molto, non si era mai sentita più
sfrontata, senza quello in corpo forse non avrebbe mai provato a fare
una cosa così folle come tentare di sedurre Zoro Roronoa!
Si
sentiva capace di fare qualsiasi cosa e voleva vedere fino a che
punto avrebbe potuto spingersi, vedere i suoi occhi saettare verso le
sue gambe le stava dando alla testa più dell'alcool.
Zoro
si schiarì la gola e Nami sentì il battito
aumentare
vertiginosamente insieme all'aspettativa.
“Come
va il ginocchio?” chiese lui distrattamente, piluccando gli
ultimi
bocconi dal suo piatto.
Lei
lo guardò confusa, presa del tutto in contropiede.
“Il...
ginocchio?”
Zoro
sospirò aderendo completamente allo schienale della sedia.
“Si, il
ginocchio...” ripeté guardandola sornione.
“Il motivo per il
quale ho dovuto portati in spalla per tutta la piazza...”
ogni
traccia di imbarazzo era scomparsa. C'era davvero mai stata o se
l'era immaginata?
Nami
arrossì di botto a quelle parole. Se n'era completamente
dimenticata! “Oh! Oh, si, quel ginocchio!
Si, si, sta bene!
Non mi fa più male, grazie!” esclamò
dando dei colpetti con la
mano sulla parte interessata.
Il
verde annuì schioccando la lingua. “Mi fa piacere.
Così poi in
albergo potrai tornarci con le tue gambe...”
Nami
avrebbe voluto sprofondare. Evitò accuratamente il suo
sguardo
giocando con il tovagliolo. “Oh, si...
senz'altro...” mormorò
sempre più piano. Improvvisamente aveva perso tutta la sua
verve.
Si
sentiva un idiota, piena di vergogna per quello che aveva sperato.
Era solo per il ginocchio che le guardava le gambe, cosa era andata a
pensare? Era davvero una colossale cretina!
“Vuoi
ancora vino?”
Nami
annuì mesta, allungandogli il suo bicchiere. La delusione
bruciava
ancora nelle vene come acido, bere pareva l'unica cosa sensata da
fare ormai. Era anche una buona scusa, se lui avesse dato seguito di
essersi accorto delle sue mire, lei avrebbe dato la colpa all'alcool,
semplice. Buttò giù il bicchiere d'un fiato,
senza curarsi di
sembrare poco femminile.
“Sai,
ti sta particolarmente bene il viola...”
Nami
si strozzò con il vino. Tossicchiando, alzò
rapida la testa
convinta di aver sentito male. Zoro la fissava tenendo in mano il
proprio bicchiere con un sorriso impertinente a sollevargli gli
angoli della bocca e Nami si sentì andare a fuoco. Le aveva
fatto
consapevolmente un complimento.
Posò
il calice deglutendo. “Grazie...”
Non
avrebbe saputo dire se lo diceva per sincero interesse o per pena, ma
di certo ora sapeva che aveva notato il suo vestito.
“Penso
che prenderò anche il dolce.” mormorò
lui sorseggiando il suo
vino. “Tu lo vuoi?”
Nami
aprì la bocca per rispondere ma la gola le era diventata
improvvisamente secca. Annuì con un cenno del capo
impossibilitata a
fare altro, mentre Zoro richiamava il cameriere.
Lo
guardò di sottecchi, era quasi certa che si fosse accorto di
cosa
aveva tentato di fare ma era stato abbastanza cavaliere da
soprassedere al suo maldestro tentativo di avance senza infierire.
Era l'ennesima prova che la considerava -e l'avrebbe sempre
considerata- solo un'amica, ma invece di farla vergognare per avergli
servito su un piatto d'argento le sue vere intenzioni, la cosa non
fece che allargarle il cuore. Da anni la trattava così male
che
aveva smesso di domandarsene il motivo ed ora arrivava ad essere
l'emblema della dolcezza se si trattava di proteggerla dalle sue
stesse gaffe per evitarle un tremendo imbarazzo.
Il
loro cameriere 'Hacchan' si presentò con due listini
eleganti e per
Nami la scelta non fu ardua, prese senza ripensamenti la torta alla
panna. Aveva bisogno di consolarsi e, per non farsi mancare nulla,
tracannò un altro bicchiere di vino, sotto il ghigno
insolente di
Zoro che glielo riempì nuovamente. Probabilmente non avrebbe
dovuto
nemmeno preoccuparsi che l'avesse presa sul serio, evidentemente era
stata una debolezza dovuta all'alcool e all'atmosfera romantica, poco
importava che per lei non sarebbero cambiate le cose una volta fatto
giorno, lui sembrava credere che fosse stata una leggerezza del
momento. Essere sua amica non era certo una prospettiva così
terribile. Poteva bastarle, no?
“Sanji
mi ucciderebbe se sapesse che ti sto facendo bere così
tanto...”
Nami
lo fissò, la vista un po' annebbiata ma la mente ancora
perfettamente vigile. “Sanji non è il mio baby
sitter. Sono grande
abbastanza per decidere da sola quello che è meglio per
me.”
“Su
questo non ho dubbi.” mormorò suadente guardandola
enigmatico.
Nami
respirò piano col naso mettendosi una ciocca dietro
l'orecchio. Si
sentiva un po' a disagio sotto quello sguardo penetrante, non
riusciva a pensare a nulla di sagace da dire per rispondere a quella
che a tutti gli effetti non era una domanda ma che era sicura
meritava un approfondimento.
Probabilmente
era di nuovo colpa del vino ma i suoi occhi neri non le erano mai
sembrati così caldi. Deglutì a vuoto sentendo le
familiari farfalle
nello stomaco ricominciare a svolazzare. Il modo in cui la stava
guardando non poteva essere legale, le stava riducendo i neuroni ad
una massa di cosini informi e stava usando solo gli occhi.
Aprì
la bocca, cercando le parole giuste da usare ma il cameriere
tornò
proprio in quel momento con i loro piatti e la tensione venne messa
un attimo da parte mentre entrambi si concentravano sul proprio
dolce.
“Credo
sia la crema più buona che abbia mai mangiato!”
Zoro
chiuse gli occhi estasiato dal primo boccone e Nami abbozzò
una
risatina, felice di stemperare un po' l'atmosfera.
“Non
credo che sia più fantastica della mia!”
Zoro
buttò giù un sorso di vino tornando rapido al suo
dolce con un
sospiro di pura beatitudine. “Oh no. Questa non si batte!
È
perfino più buona dei croissant di Perona!”
Nami
perse un battito. Tutto quello che era successo fino a quel momento
non era nulla paragonato a quello che le provocò sentire il
nome di
Perona buttato così a casaccio nel bel mezzo della loro
serata. Ebbe
il potere di risvegliarla completamente dalla trance dell'alcool,
neanche l'avesse schiaffeggiata. Per un attimo le mancò il
respiro
ma lui continuava indefesso a mangiare e non sembrava essersi reso
conto di averle trafitto lo sterno con una sola frase.
“Oh,
si. Già. Erano davvero buoni quelli...”
mormorò con un filo di
voce, gli occhi fissi sul proprio piatto.
Sperò
ardentemente di non mettersi a piangere. Nonostante avesse accettato
di essere sua amica il ricordo di lui con Perona era ancora
indelebile nella sua testa e ci sarebbe voluto molto tempo prima di
smettere di associare la ragazza al preciso momento in cui lo aveva
perso senza nemmeno sapere che lo voleva.
“Anche
la sua crostata non era male, ma continuo a preferire questo
dolce!”
esclamò con leggerezza sorridendole mentre allontanava da
sé il
piatto vuoto e finiva il vino.
Nami
infilzò la sua torta ancora a metà, con malcelato
fastidio, la
voglia di terminare il dolce passata veloce come era arrivata la
brama di assaporarlo subito.
“Si,
sono molto bravi in questo ristorante...”
concordò, di nuovo con
il morale sotto le scarpe. Quella cena si era rivelata un continuo
sali e scendi di emozioni contrastanti per lei e si sentiva
assurdamente esausta, pur sapendo di aver fatto praticamente tutto da
sola.
“Mi
sono reso conto che le cose che mi mancheranno di più una
volta a
casa saranno i cibi!”
Nami
ormai ascoltava solo per metà, troppo impegnata a terminare
con
fatica il proprio dolce. Le era passato l'appetito. Perché
Zoro
doveva essere così loquace proprio quando lo preferiva zitto
e
immobile come una perfetta statua del David? Il tempismo non giocava
mai a suo favore.
“Gli
hot dog in Belgio, questo dolce in Francia, i croissant di Perona...
e pure la sua crostata e la sua marmellata fatta in casa!”
Doveva
farlo stare zitto, ne andava dalla sua salute.
“Beh,
sembra che siano proprio le doti di Perona a mancarti.”
mormorò
più acida di come avrebbe voluto sembrare e pentendosene il
secondo
successivo.
Quella
avrebbe anche potuto risparmiarsela. Ora lui le avrebbe chiesto il
perché di quel suo scatto, lei e il suo essere
maledettamente
masochista! Non avrebbe mai imparato a farsi i fatti propri, no, lei
doveva far finta che le interessasse un argomento di conversazione
che verteva principalmente sulle doti culinarie di quella che le
aveva aperto gli occhi su di lui.
Zoro
batté gli occhi, confuso e le chiese esattamente quello che
si
aspettava. “Perché dici così?”
Nami
fece un sorrisino tirato che finì con l'essere una smorfia.
“L'hai
nominata e ho pensato che ti mancasse. Avete avuto un trascorso, in
fin dei conti.” mormorò controvoglia. Si era
scavata la fossa da
sola, non avrebbe potuto aggirare il problema stavolta, meglio
togliere subito il cerotto.
Ma
Zoro continuava a trapassarla con lo sguardo senza parlare e Nami si
spazientì.
“Vi
sarete scambiati il numero, no? Avete avuto poco tempo per stare
insieme. Non ti dispiace averla lasciata a Punk Hazard?” si
sentiva
terribilmente patetica ma, complice il vino, nemmeno si curava troppo
di non far trasparire la gelosia irrazionale che le bruciava ancora
nelle vene. Tanto non era interessato a lei, perché
preoccuparsi che
avrebbe potuto perderlo? Aveva fatto a meno di lui per anni, avrebbe
potuto continuare così se lui avesse deciso di evitare la
pazza
isterica che gli faceva scenate di gelosia senza avere alcun
coinvolgimento sentimentale con lui.
Pregò
che non lo facesse.
Zoro
schioccò la lingua senza smettere di guardarla assorto.
“No, non
mi manca e non mi è mai interessato avere il suo
numero...”
Nami
tremò appena a quella piccola confessione ma non distolse
gli occhi
dal piatto, se l'avesse fatto si sarebbe messa a piangere. D'accordo
Perona era stata una botta e via, poteva credere che lui non avesse
intenzione di sentirla ma questo non risolveva il problema. Perona
era solo la cima dell'iceberg ma nonostante tutto provò un
piccolo
sollievo all'idea che non volesse rivederla. Avrebbe avuto ancora un
po' di tempo per elaborare l'idea di vederlo prima o poi con un'altra
ragazza.
Mise
in bocca l'ultimo boccone di torta e si azzardò a guardarlo
non
appena sentì di essere capace di farlo senza scoppiare in
lacrime.
L'amore non corrisposto era uno schifo.
Zoro
non le aveva mai tolto gli occhi di dosso e la guardava così
assorto
che avrebbe potuto trapassarla da parte a parte senza nemmeno usare
una delle sue spade. Si sentiva davvero stanca, sfinita e, sotto
quegli occhi, anche terribilmente esposta. Avrebbe solo voluto
correre tra le sue braccia e farsi coccolare.
Trattenne
il respiro scioccata quando lo vide avvicinare una mano al suo viso.
Per un memorabile attimo pensò che avesse capito cosa
avrebbe voluto
fare e che lo volesse a sua volta e sussultò quando il suo
pollice
si posò sulle sue labbra. Con un gesto veloce Zoro tolse uno
sbuffo
di panna montata che le era rimasto dall'ultimo boccone e se lo
portò
alla bocca.
Nami
rimase impietrita. Lui sorrise assaporando la panna direttamente dal
suo dito.
“Avevi
ragione. La tua torta era la migliore.” mormorò
senza smettere mai
di guardarla.
Nami
tornò a respirare fissandolo sconvolta. Prese fiato per
parlare
quando una vibrazione continua prese a muovere il tavolo.
Entrambi
puntarono gli occhi sul suo cellulare che vibrava incessante tra di
loro e Nami deglutì piano prendendolo in mano e rispondendo
con una
mezza maledizione, incolpandolo di tutto quello che era andato storto
in vita sua e soprattutto perché aveva rovinato un momento
irripetibile.
“Pronto?”
gracchiò nell'apparecchio, evitando il sorrisino di Zoro
mentre
finiva il vino.
“Nami-san!
È meraviglioso sentirti!”
Aggrottò
le sopracciglia sentendo la voce molto affaticata di Sanji dall'altra
parte, come avesse appena terminato una maratona.
“Che
succede?” chiese prendendola larga, nessun accenno di
sospetto
nella voce.
Lo
sentì ridacchiare imbarazzato dall'altro capo della linea.
“Ehm... buffa storia...”
Nami
perse un battito. Aveva già sentito quelle parole.
“Non vi sarete
fatti arrestare vero??” chiese già infuriata. Non
poteva vederlo
ma era certa di averlo sentito deglutire.
“No,
no.. niente prigione...” pigolò lui. “Il
fatto è che ci
siamo fermati a mangiare in questo locale... e c'era uno spettacolo
e...”
Nami
si prese il ponte del naso con le mani sbuffando irrequieta.
“Sanji,
ti prego, arriva al punto!”
L'altro
fece una piccola pausa. “Ecco, in pratica entrambi
ci siamo
allontanati dal tavolo il tempo di pochi minuti ma...”
“Ma?”
Sanji
sospirò grave. “Ci hanno rubato gli zaini
e la tua borsa...”
Nami
sgranò gli occhi.
“...con
dentro i biglietti per Dressrosa, i nostri cellulari e tutti i soldi
di Teach...”
Zoro
intuì che doveva essere accaduto qualcosa di particolarmente
grave,
smise di ridere e la fissò corrucciato.
“Mi
dispiace Nami-san...”
Zoro
sudò freddo.
“Nami-san?”
Quella
notte, l'urlo animalesco che le uscì spontaneo
risuonò a lungo per
le strade di Marijoa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Learn to Fly ***
Era
passata una settimana dalla partenza di quell'assurdo viaggio alla
ricerca del vero amore di Sanji. UNA SETTIMANA! E in una sola
settimana avevano già affrontato più guai di
quanto tutti e quattro
si sarebbero mai sognati!
Certo,
poi in un modo o in un altro erano sempre riusciti ad aggirare
l'ostacolo, ad arginare le perdite o a mettere una toppa... la parola
chiave era quella... aggirare. Di provare a
risolvere ormai
non ci provavano neanche più. Non era ancora capitato che
riuscissero a sistemare in maniera definitiva il problema che gli si
presentava davanti. C'era sempre qualcosa che metteva loro i bastoni
tra le ruote e Nami era assolutamente certa che non fosse un caso,
avere Rufy per fratello era già di per sé una
garanzia di
fallimento. Potevi decidere di ignorarla, potevi convincerti che non
esistesse e non potesse condizionare la tua vita. Potevi perfino
andare dall'altra parte del mondo, prendere ogni tipo di precauzione,
ma alla fine dovevi aprire gli occhi e renderti conto di stare
combattendo una battaglia persa. Non importava cosa tu potessi fare o
dove tu andassi... quando voleva colpirti, la sfiga sapeva sempre
come trovarti!
“Tra
tutte le cose che avevo messo in conto ci sarebbero potute capitare
questa era senza dubbio l'unica che non avevo programmato!”
Nami
si passò una mano sul viso senza smettere di marciare sul
marciapiede, aveva bisogno di muoversi e di non incrociare lo sguardo
con nessuno. Non aveva più nemmeno le forze per una crisi
isterica
da manuale, sapeva che li avrebbe direttamente strozzati se si fosse
fermata e per evitare a sé stessa i successivi vent'anni di
galera
non si fermava da più di mezz'ora, ovvero da quando lei e
Zoro
avevano ritrovato Sanji e Rufy.
“Di
tutte le più basse e miserabili cose che avevo pensato,
questa è
senz'altro la peggiore!”
Farsi
fregare in quella maniera era persino peggio della storia di Teach e
Sanji lo sapeva perfettamente. Da mezz'ora Nami non la smetteva di
inveire contro di lui e ovviamente Rufy, a Zoro non pareva vero per
una volta essere l'unico estraneo ai fatti. Se ne stava seduto su
quella panchina tutto tronfio con un sorriso insolente in viso che
Sanji vedeva perfettamente nonostante ormai fosse piena notte e
l'unica cosa che illuminava quel tratto di autostrada era il piccolo
lampione sopra di loro. Dovette trattenersi dal fiondarsi su di lui
per levarglielo dalla faccia. Non sarebbe servito a niente, avevano
torto marcio e Nami probabilmente si sarebbe imbufalita ancora di
più. Avevano già perso tre ore alla stazione di
polizia per
denunciare il furto ma erano certi che non avrebbero trovato mai
nulla, sicuramente il ladro era già lontano.
Sanji
si accucciò meglio nel suo angolino di fianco alla panchina,
cercando di divenire un tutt'uno con l'asfalto, vergognandosi per la
propria stupidità. Nami gli passò davanti a passo
di marcia per la
centesima volta bofonchiando parole tra i denti che non
afferrò e ne
fu contento, prima di arrivare infondo al marciapiede e tornare
indietro, senza dare adito di volersi fermare a parlarne. Quasi non
avevano potuto spiegarsi, avrebbe voluto chiederle ancora scusa,
soprattutto per la sua borsa, ma lei non sembrava dell'idea di
concedergli udienza. Almeno aveva afferrato che il danno era per lo
più opera di Rufy e Sanji ne era segretamente felice
perché aveva
già iniziato a pagare il suo debito, mentre a lui era stato
concesso
di riposarsi.
“Nami
senti, per quanto ancora devo agitare il cartello?”
Sanji
scosse il capo ma nessuno rispose.
“Perchè
non si è ancora fermato nessuno, forse dovremmo scrivere
Dressrosa
un po' più grande...”
Silenzio.
“Sabo
mi ha detto che gli autostoppisti non fanno mai una bella
fine...”
Nulla.
Rufy tentò di nuovo mentre Zoro gli scoccava un'occhiata
ammonitrice.
“E
poi mi sarebbe venuta anche un po' di fame.”
Nami
nemmeno lo guardò, gli passò dietro senza
fermarsi e lo appiattì
al suolo. Quello bastò a Rufy per capire che non era ancora
il
momento di chiedere clemenza e che continuare a sgolarsi con le auto
di passaggio agitando il cartello per Dressrosa era cosa buona e
giusta. Almeno gli avrebbe evitato un altro pugno.
“Ma
non ci prende nessuno...” mugugnò più a
se stesso che a chiunque
altro.
Sanji
sospirò all'ennesimo passaggio furioso di Nami e all'ultima
auto che
sfrecciava via ignorando palesemente Rufy e il cartello. Si erano
messi lì perché quell'autostrada era l'unica che
portava
direttamente in Spagna e loro si sarebbero accontentati di
raggiungere almeno il confine ma sembrava un'utopia pure quella. Le
auto che passavano erano sempre meno man mano che la notte avanzava e
non avrebbe scommesso il penny di Izou che qualcuna di queste si
sarebbe mai fermata. Guardando com'erano messi, capiva gli
automobilisti.
Zoro
si schiarì la voce. “Ragazzina dai siediti,
consumerai il
marciapiede continuando così.” poi
allargò il ghigno. “Non vale
la pena farsi venire un'ulcera per questi due tonti!”
Sanji
l'avrebbe volentieri strozzato ma si trattenne per il rotto della
cuffia. Maledetto marimo!
Nami,
con suo enorme stupore, sospirò arrabbiata e
fermò la marcia
proprio davanti alla panchina. Ci si sedette con un tonfo secco
mettendosi le mani nei capelli e seppellendocisi.
Sanji
avvertì distintamente un laconico 'questa
è l'ultima volta che
faccio un viaggio con voi.' e dovette trattenersi di nuovo
dallo
scattare al collo di Zoro che annuiva comprensivo continuando a
ripetere quanto fossero stati scemi lui e Rufy. Gliele avrebbe fatte
pagare tutte prima o poi.
“È
tutta una perdita di tempo!” mormorò Nami a
nessuno in particolare
ma catalizzando l'attenzione di tutti. “Dovremo restare qui
fino a
che non ci viene un'idea migliore! A quest'ora non ci prende nessuno
e, se ci va bene, saranno dei maniaci!”
Sanji
deglutì cercando di sembrare incoraggiante. “Non
dire così,
Nami-san. Vedrai che andrà tutto bene, tra poco qualcuno si
fermerà
e quando saremo a Dressrosa chiederemo aiuto a Viola!”
Lei
gli lanciò un'occhiata assassina attraverso i capelli e
Sanji
sbiancò, accucciandosi ancora di più nel suo
angolino e tentando di
diventare invisibile.
Zoro
ridacchiò sommessamente guardando distrattamente oltre le
spalle di
Rufy che continuava indefesso ad agitare il cartello sopra la testa.
Si accigliò appena notando i fari di un auto in lontananza
che
iniziava a rallentare e poi ad inserire la freccia destra.
“Per
una volta torcigliolo ha ragione...” commentò
sbalordito.
Nami
e Sanji alzarono la testa di scatto sentendo il familiare motore di
un auto fermarsi proprio davanti a loro. Ad occhi sgranati videro il
grande finestrino di un camion abbassarsi e un'inquietante -e
stranamente familiare- ciuffo blu fuoriuscirne accompagnato dal suo
esuberante proprietario. “Serve un suuuper passaggio per
Dressrosa,
ragazzi??”
Sanji
rimase senza parole come tutti tranne Rufy che sorrise entusiasta nel
rivederlo.
“Franky!!!!”
Nami
sorrise a denti stretti, incredula di aver ritrovato il camionista di
Elbaf e ancora memore dell'ultima esperienza su quel camion.
Lui
parve riconoscerli solo dopo qualche attimo perché
sollevò gli
occhiali da sole per guardarli meglio e sgranò gli occhi.
Occhiali
da sole... in piena notte... Sanji inserì immediatamente la
cosa
nella cartella 'prudenza' e la depositò in un angolino del
suo
cervello deciso a soffermarcisi sopra più tardi.
“Ma
siete quelli del Gay Pride!!! È pazzesco!! Che ci fate da
queste
parti??”
Franky
aprì la portiera con un gran sorriso e Rufy non se lo fece
ripetere
appollaiandosi al suo fianco. “Saltate su fratelli!! Vi porta
il
Boss a Dressrosa!!”
Sapendo
di non potersi permettere di fare la schizzinosa, Nami fece spallucce
guardando gli altri due e facendosi sentire solo da loro.
“Poteva
andarci peggio...”
Zoro
e Sanji annuirono.
Franky
ondeggiò sul sedile lanciando a tutti occhiate
entusiastiche.
“Allacciate la cintura! Sarà un viaggio
suuuuuper!!”
*
Inghiottì
l'ultimo boccone e allontanò il piattino con le briciole
della
crostata che sua madre aveva preparato quel pomeriggio. L'aveva
spazzolata in pochi minuti e la donna lo guardava fin dall'inizio in
fervente attesa di giudizio.
Chopper
le sorrise soddisfatto. “Questa è senz'altro la
migliore!”
Sora
Vinsmoke annuì con sollievo. “Per
fortuna.” si lasciò sfuggire.
Chopper
ridacchiò. “Non ti preoccupare mamma. Vedrai che
andrà bene!”
Lei
si alzò con un sospiro dal tavolo per avvicinarsi al
lavello. “È
la prima volta che Niji porta una ragazza a casa, voglio che si senta
il più possibile a suo agio.” mormorò
distrattamente iniziando a
lavare i piatti.
“Amerà
anche lei i tuoi dolci, proprio come noi!” Chopper le
portò i
bicchieri, aiutandola a sparecchiare.
La
madre gli sorrise riconoscente. “Lo spero!” si
pulì le mani su
di uno strofinaccio prima di mettersi una mano sul cuore. “Se
ce la
vuole presentare vuol dire che la cosa è seria! A 25 anni il
mio
bambino ha finalmente trovato moglie!”
Chopper
rise. “Dai mamma, non esagerare! Non ha mai detto che la
porta qui
perché vuole sposarla!” poi aggiunse con fare
cospiratore. “Però
Rejiu mi ha detto di non averlo mai visto così preso da una
ragazza.
Anch'io sono curioso di conoscere Cosette!”
Lei
annuì sempre con quell'aria trasognata negli occhi.
“Non vedo
l'ora che sia domani sera!” Sora scompigliò
affettuosamente i
capelli biondi di suo figlio più giovane. “Tutti i
miei bambini
riuniti di nuovo a casa!” poi parve ricordare un particolare
e un
velo di tristezza le cadde addosso. “Tutti tranne
uno...”
Chopper
si mosse a disagio sul posto, continuando ad asciugare i bicchieri,
fingendo di non aver notato il cambiamento di tono nella madre e
sapendo già quello che sarebbe arrivato dopo.
“Tesoro,
non puoi provare di nuovo a chiedere a Sanji di tornare prima dal
campeggio? È via da più di una settimana,
avrà delle robe da
lavare, sarà stanco, affamato...”
Era
lui quello stanco, stufo di non poter dire ai suoi genitori dove si
trovasse davvero loro figlio, ma voleva bene a suo fratello, non
voleva tradirlo. Chopper deglutì preparandosi a mentire per
l'ennesima volta agli occhioni dolci di sua madre che attendevano in
ansia la sua risposta.
“Te
l'ho detto, mamma. Sono in una zona dove i cellulari faticano a
prendere...”
Sapeva
che era una scusa piuttosto fiacca, ma fino a quel momento era
riuscito abbastanza bene a farla passare per buona a tutti i suoi
familiari. Non sapeva fino a quando sarebbe riuscito a nascondere il
fatto che Sanji aveva abbandonato lo stato da tempo, in cuor suo
continuava a sperare che la bugia reggesse fino al suo ritorno.
Sora
sembrò ancora più avvilita. “Ma
così si perderà la cena e
l'annuncio del fidanzamento...”
Chopper
roteò gli occhi. “Mamma, ti ho già
avvertito di non farti troppe
illusioni...”
Lei
strinse gli occhi puntandogli l'indice contro con fare minaccioso.
“Vedrai se non ho ragione! Tua madre sa sempre tutto,
ricordatelo!”
Chopper
ridacchiò alla sua espressione evitando di commentarla ad
alta voce.
Ah, se solo potessi immaginare dov'è Sanji...
Sora
mise sui ripiani gli ultimi piatti e si voltò verso di lui
sorridente. “Qui ho finito. Ricordati che domattina viene
Ichiji a
prenderti per andare alla partita e poi dovete passate in
fioreria!”
“Si,
mamma.” rispose subito come se fosse la centesima volta che
sentiva
quelle parole.
Lei
gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla prima di avviarsi verso la
porta. Una volta sulla soglia si voltò piano verso di lui
che ancora
sostava vicino al lavello, immerso nei suoi pensieri.
“Lo
so che spesso sono troppo apprensiva. Siete grandi e dovrei lasciarvi
più spazio ma...” si interruppe mordendosi le
labbra indecisa e
Chopper la guardò incoraggiante. “...per favore,
proveresti
un'altra volta a contattare Sanji? Non per la cena, voglio solo
essere sicura che stia bene. Non mi sono ancora abituata al pensiero
che presto anche lui potrebbe uscire di casa.”
Chopper
trattenne l'impulso di abbracciarla, la sua mamma era la donna
più
dolce che conoscesse e per un attimo fu tentato di dirle tutto ma
represse subito quell'idea per lo stesso motivo. Si sarebbe
preoccupata molto di più se avesse saputo dove si trovava
davvero il
suo quartogenito.
Ma
questa volta non voleva mentirle. “Si, dopo provo a
contattarlo di
nuovo.” promise e a sua madre bastò quella
rassicurazione per
tornare serena.
Gli
mandò un bacio raccomandandosi che andasse a letto presto e
lo
lasciò solo in cucina.
Passò
qualche minuto prima che anche Chopper si decidesse a salire in
camera sua e ad accendere il computer.
Lo
schermo nero si illuminò rimandandogli la propria immagine e
andò
subito al programma localizzatore che aveva installato per sapere
sempre dove si trovasse suo fratello. Secondo i suoi calcoli
avrebbero dovuto trovarsi tutti a Marijoa in quel momento.
Mentre
attendeva che il satellite si allacciasse ai loro cellulari
pensò di
mandargli un messaggio solo per chiedergli come stava andando, almeno
quello che aveva detto a sua madre non sarebbe stata una bugia, in
fin dei conti voleva saperlo davvero anche lui.
Il
familiare bip di avvenuta connessione lo fece
accigliare.
Sullo schermo in prossimità di Marijoa si trovavano
effettivamente
due puntini luminosi e dalle sigle con cui erano stati registrati
capì che si trattava dei cellulari di Nami e Zoro. Quello
che lo
lasciò perplesso e vagamente preoccupato erano gli altri due
puntini
rossi, quelli che avrebbero dovuto corrispondere a Rufy e a suo
fratello. Non erano fermi, si muovevano distintamente verso est,
avevano già passato la Repubblica Ceca e non si fermavano.
Chopper
sentì un brivido corrergli lungo la schiena, il gps era
affidabile,
non poteva sbagliare. O suo fratello improvvisamente aveva deciso di
intraprendere un'altra strada e si erano divisi o c'era qualcosa che
non quadrava. Pregò che si trattasse solo di un malinteso.
Prese
al volo il telefono deciso ad andare a fondo della questione
chiamando Nami. L'idea di essere interrogato dalla polizia per
coinvolgimento nella sparizione di suo fratello non lo allettava per
niente.
Deglutì
a vuoto sentendo il cellulare suonare staccato dall'altra parte della
cornetta.
Si
rese conto all'improvviso che forse la polizia sarebbe stata il male
minore.
Spiegarlo
a sua madre sarebbe stato molto peggio.
*
Il
rumore di una risata la fece uscire dal torpore ma le ci volle lo
scossone di una buca sull'asfalto per farle aprire gli occhi. La luce
solare filtrava tenue attraverso le fessure della stoffa e Nami
provò
un incredibile senso di dejavù risvegliarsi con lei. Erano
saliti
sul camion di Franky un'altra volta.
Batté
piano le palpebre sentendo il corpo riprendere coscienza insieme ai
suoi ricordi e al dolore della brutta posa rannicchiata in cui era
stata costretta per tutta la notte. Cercò di stirare i
muscoli
doloranti delle braccia ma non ci riuscì perché
un peso ingombrante
le gravava sulla spalla e le ci volle qualche attimo nel semibuio per
capire da cosa fosse causato.
Lo
shock di trovare la testa di Zoro dormiente appoggiata su di lei la
svegliò del tutto e fu solo per un caso che
riuscì a non
svegliarlo. Si mosse piano cercando di non cedere all'imbarazzo e di
non pensare a quanto tempo fossero rimasti fermi in quella posa o
sarebbe morta per autocombustione. Si sfilò dalla sua presa
e a
malincuore lo spinse con cautela contro una parete. Doveva ammettere
che sarebbe volentieri rimasta ancora così se non fosse
stato per
l'assenza della circolazione sanguigna sul braccio.
Si
massaggiò i muscoli indolenziti, timorosa di prendere troppo
spazio
visto che ancora era a pochi centimetri dal suo lento russare. Nella
penombra inquadrò Sanji diametralmente opposto a loro,
dormiva
ancora sdraiato a pancia in giù su quello che sembrava uno
straccio
ma dopo aver abituato la vista all'oscurità capì
che era una specie
di stuoia da campeggio.
Dall'ultima
volta che vi avevano dormito, Franky aveva fatto qualche modifica al
camion, probabilmente aveva preso come una missione personale dare un
passaggio ad ogni autostoppista d'Europa in difficoltà.
Attorno a
loro, oltre alle casse del suo carico, c'erano coperte, cuscini,
materassini e quelli che avevano tutto l'aspetto di essere veri
sacchi a pelo. Ricordò che pure la sera precedente li aveva
guardati
con orrore, decisa a non utilizzare nessuna di quelle
comodità non
sapendo chi o cosa le avesse usate prima di lei e aveva deciso di
accucciarsi nell'unico angolo che pareva allo stesso tempo
più
comodo e meno sudicio. Non ricordava invece il momento in cui Zoro le
si era seduto accanto, probabilmente già dormiva.
Ai
suoi piedi notò una coperta abbandonata che non aveva notato
prima e
che copriva in parte anche lui. Era certa di non averla presa per se
stessa e capì in un attimo che doveva avergliela messa Zoro
addosso
quando le si era avvicinato. Forse alla fine aveva deciso di rimanere
nei paraggi. Il cuore le si gonfiò di tenerezza al pensiero
che
avesse voluto farle compagnia per tutta la notte e lo guardò
dormire, consapevole di non stare facendo il proprio bene ma non
concedersi quella piccola debolezza era impossibile. Sembrava
così
innocente. Sarebbe stato così facile avvicinarsi, fare finta
di non
essersi mai svegliata e ritornare a dormire con lui addosso in quella
posa scomoda in mezzo alla polvere. Sarebbe stato così bello
strofinare la guancia sul suo petto e respirare il suo profumo. Per
un glorioso attimo pensò di farlo davvero ma la risata
sguaiata di
suo fratello riecheggiò in tutto il cassone, rompendo
all'istante
ogni sogno ad occhi aperti stesse facendo e purtroppo non fu l'unica
a sentirla questa volta.
Zoro
saltò su come una molla facendo cadere la coperta dalle sue
gambe.
Si guardò attorno qualche istante e parve ricordare dove si
trovasse, chetandosi di conseguenza e tornando a sedere con una mano
che passava sul viso stropicciando gli occhi.
Nami
rise per quel risveglio tutt'altro che tranquillo e lui
sembrò
accorgersi solo in quel momento di averla accanto.
“Ciao...”
mormorò sorpreso, la voce impastata.
Lei
gli sorrise. “Ciao. Dormito bene?”
“Non
direi. Che cos'era? Quella cosa che mi ha svegliato.”
Nami
indicò la postazione di guida oltre la tendina dove si
sentivano
ancora delle voci concitate. “Rufy che rideva.”
Zoro
sbuffò coprendo uno sbadiglio.
“Ovviamente...” commentò stanco.
Un
fascio di luce li accecò all'improvviso con un rumore di
tende
tirate e di casse che venivano spostate tutte insieme.
L'oscurità
nel cassone terminò quando Rufy lo inondò della
luce solare che
veniva dall'abitacolo.
“Siete
svegli finalmente!!” esclamò al loro indirizzo
battendo le mani.
“E Sanji?”
Nami
non fece in tempo ad indicarlo che suo fratello gli era già
saltato
in groppa spezzandogli qualche costola oltre a rompergli il sonno e
non si scompose quando il biondo, finalmente sveglio e in forze,
cercò di strozzarlo.
Dall'abitacolo
Franky si sporse un po' per richiamarli. “Fratelli, ben
svegliati!
Sono suuuper felice di informarvi che tra un'ora saremo a
Dressrosa!!”
Sanji
mollò Rufy lasciandolo agonizzante a terra e si
avvicinò all'uomo
sbalordito. “Veramente? Manca così poco?”
Franky
alzò gli occhiali sulla testa guardandolo commosso.
“Il fratellino
Rufy mi ha detto che ci stai andando per farti perdonare da una
ragazza!” gli posò una delle enormi manone sulla
spalla. “Vedrai
che ce la farai!! Faccio il tifo per te, fratello biondo!!”
Sanji
lo ringraziò con un sorrisino. Nonostante tutto era grato
per quella
incondizionata fiducia che riceveva continuamente ovunque andasse.
Quando le persone che incontrava si entusiasmavano per la sua
situazione si sentiva curiosamente più motivato e deciso di
arrivare
fino infondo.
L'ora
successiva la passarono chiacchierando e ridendo. Nami aveva
lanciato un urlo di gioia quando aveva trovato il suo album da
disegno nello zaino.
“Ero
convinta fosse nella borsa che hanno rubato!!”
Sanji
tirò un sospiro di sollievo. Almeno per quello non doveva
sentirsi
in colpa.
Nami
si sistemò vicino al finestrino, felice di aver trovato
qualcosa da
fare e Zoro si sorprese di nuovo a guardarla disegnare. Gli piaceva
l'espressione concentrata che faceva per captare tutti i dettagli, la
faceva sembrare più adulta dei suoi 23 anni. Di solito la
vedeva
copiare paesaggi, ne aveva fatti molti in quella settimana ma se la
cavava meravigliosamente anche con i ritratti. Rufy e Franky che
chiacchieravano seduti nell'abitacolo le stavano venendo davvero
bene. Aveva un vero dono.
Sanji
aveva appena finito di cambiarsi sul retro quando Franky
annunciò
finalmente l'arrivo a Dressrosa. Il biondino si fiondò
nell'abitacolo per sincerarsene con i propri occhi mentre Nami e Zoro
si guardavano infinitamente sollevati. Erano arrivati, non sembrava
vero!
Franky
entrò senza problemi in paese e dal camion riuscirono
già a capire
come quella città fosse diversa dalle precedenti. Passarono
per le
caratteristiche strade di ciottoli, sfrecciando accanto a case
variopinte e vie caotiche, zeppe di turisti e vita. Il mare in
lontananza rendeva unica quella bellissima città e il sole
splendeva
caldo sopra di loro come a dare il suo personale benvenuto. A Sanji
non sarebbe potuta capitare giornata più bella per
incontrare
finalmente l'amore della sua vita.
“Puoi
lasciarci dove più ti è comodo Franky, grazie
mille!”
Quello
ghignò saputo. “Fratello Rufy mi ha dato
l'indirizzo prima. Vi
porto direttamente lì!”
Sanji
sgranò gli occhi. “Non è necessario!
Hai il tuo lavoro...”
“Che
assurdità! Hai fatto un viaggio interminabile! Basta
aspettare!”
Sanji
provò l'impulso di abbracciarlo.
Il
camion si fermò dopo qualche minuto in una via secondaria e
ne
scesero col cuore in gola. Davanti a loro c'era un elegante palazzo
giallo, decorato da mosaici e piante ornamentali, tipicamente
distintivo di Dressrosa come tutti quelli che lo circondavano. Il
numero civico corrispondeva all'ultimo indirizzo conosciuto di Viola
Cortes.
Sanji
deglutì piano guardando il palazzo dal basso, il cuore che
batteva
incessante nel petto. Era davvero lì, a due passi da lei.
Ancora non
ci credeva.
Franky
li aiutò con gli zaini e mollò a Zoro -il
più vicino- una poderosa
pacca sulla spalla. “Come vi avevo promesso, eccoci
qui!”
“Sei
un mito, Boss! Grazie!” Rufy si lasciò stritolare
da quelle
braccia enormi. “Il numero te l'ho dato, sentiamoci
ok?”
Franky
si rimise gli occhiali da sole regalando grandi sorrisi a tutti e una
pacca frantuma-ossa a Sanji. “Auguri ragazzo. Vedrai che
andrà
tutto bene con la fanciulla!”
Sanji
annuì nervoso, non si sentiva più i muscoli della
faccia e, per
colpa di Franky, ora nemmeno quelli delle spalle.
“Ci
vediamo, fratelli! Buon fortuna!”
Il
camion sgommò via con un potente colpo di clacson come da
suo
marchio e Nami lo guardò allontanarsi strombazzante prima di
girarsi
verso suo fratello con un sopracciglio alzato. “Vi siete
scambiati
i numeri di telefono?”
Rufy
sorrise raggiante. “Già!”
“Ma
che te ne fai del numero di un camionista europeo?”
Lui
alzò le spalle noncurante. “Mi sta
simpatico!”
Nami
alzò gli occhi al cielo preferendo soprassedere come al
solito. Si
orientò verso l'amico biondo invece che sembrava essere
caduto in
una crisi di nervi alla vista dei citofoni.
“E
se non vuole vedermi? E se davvero mi odia? E se non mi lascia
parlare? E se mi manda via??” Sanji si mise le mani nei
capelli.
“Che cosa faccio?? Che cosa faccio??”
Nami
e Rufy affiancarono Zoro che già si stava esasperando per
quell'ennesima dimostrazione di virilità mancata.
“Non
lo saprai mai se non ci provi...” grugnì
incrociando le braccia.
“Siamo
venuti fin qui, sarebbe assurdo non farlo...” gli diede man
forte
Nami con un sorriso.
“Ma
si! E poi anche se dovesse andar male puoi sempre farti qualcuna nel
viaggio di ritorno!” commentò sereno Rufy
mettendosi un dito nel
naso.
Zoro
e Nami lo guardarono allibiti e vagamente schifati e non fecero nulla
quando il calcio di Sanji gli sfondò il cranio.
“Imbecille!”
respirò lui affannato. “Sono solo un po' nervoso!
Ne abbiamo
passate così tante e adesso che ci sono...”
lasciò cadere il
seguito, tanto lo avevano intuito tutti. Non capitava spesso di
vederlo così agitato. Se fosse andata male stavolta non
avrebbe
avuto un'altra occasione e nonostante tutto capivano la sua ansia.
Nami
cercò di suonare tranquillizzante. “Magari se vai
da solo sarà
più ben disposta! Noi possiamo aspettarti
giù!”
Un
verso lamentoso si alzò dall'asfalto. “Che
cosa?” mugugnò Rufy
sollevando la testa. “No! Non ho fatto tutta questa strada
per non
vedere come va a finire!!”
“Infatti
tu dovresti essere a casa adesso...” commentò
piccata Nami
incrociando le braccia.
Sanji
sospirò passandosi una mano sulla nuca. “No, ha
ragione. Avete
affrontato tutto con me. Dovete esserci, sia che vada, sia che non
vada...”
Zoro
ghignò. “E allora che aspetti?”
“Andiamo!”
Nami gli sorrise incoraggiante.
Sanji
li guardò sereno, sentendosi comunque fortunato per avere
degli
amici così.
Rivolse
l'attenzione al citofono e inquadrò subito il nome di Viola.
Sapeva
che doveva affrontarla, anche se avrebbe potuto soffrirne era sempre
meglio che restare nel limbo del dubbio.
Si
fece coraggio e premette deciso il bottone. Ora non avrebbe
più
potuto tornare indietro.
Tutti
si misero in attesa in silenzio e per qualche attimo non accadde
nulla tanto che Sanji cominciò a chiedersi se non fosse
uscita di
casa. Era da poco passata l'ora di pranzo, sperava di trovarla ma
forse aveva sbagliato i suoi calcoli. Avrebbe dovuto aspettarla, lui
lo avrebbe fatto senza dubbio, ma non voleva obbligare anche gli
altri a quell'attesa. Che fare?
Il
panico immotivato scemò all'istante quando sentì
l'inconfondibile
click di un apparecchio che veniva sollevato e una
melodiosa
voce di donna che risuonò nell'interfono.
“Chi
è?”
A
Sanji andò in pappa il cervello. Si diede dell'idiota
perché non
aveva messo in conto che prima avrebbe dovuto spiegare chi era per
poter salire e parlarle.
“Io...
io...”
Era
fregato!
“Si?
Chi parla?”
Nami
gli tirò una gomitata incitandolo a dire qualcosa prima di
perdere
l'occasione.
“I-io...
p-parlo con Viola?” chiese titubante.
“No,
non sono Viola.” una piccola pausa
“Posso sapere chi la cerca?”
“M-mi
chiamo Sanji. Avrei bisogno di parlare con Viola, per
favore...”
“...hai
detto Sanji?” la voce gli sembrò stupita
ma non poteva esserne
sicuro.
“Si,
Sanji Vinsmoke.” rispose per abitudine.
Nessuno
parlò più dall'altra parte del citofono per
diversi secondi e Sanji
iniziò ad avere i primi segni di cedimento. L'ansia gli
aveva
prosciugato tutte le energie, faticava persino a stare in piedi.
“Signora...?”
Non poteva aver messo giù, la sentiva respirare attraverso
l'apparecchio.
Dopo
un tempo che parve infinito finalmente la voce parlò.
“Quinto
piano, appartamento C.”
Non
capendo esattamente come avesse fatto Sanji guardò gli altri
trovandoli con il suo stesso sconcerto stampato in faccia.
Salirono
le scale di fretta e con poco arrivarono al quinto piano.
L'appartamento che cercavano era esattamente davanti alla scala e
sulla soglia li attendeva fiera una donna bellissima. Senza dubbio
era sua la voce nell'interfono.
Sanji
la vide per primo e notò subito che non era Viola. Si chiese
se non
fosse una sua parente, anche lei aveva lunghi capelli neri e un viso
angelico, ma dimostrava qualche anno di più e li aspettava
poggiata
allo stipite con le braccia conserte e un sopracciglio curioso
curvato verso l'alto.
“Quindi
tu sei Sanji, l'amico di penna di Viola...”
mormorò saputa, come
sfidandolo a contraddirla.
Tutti
si fermarono nell'androne col fiato sospeso. Era una domanda?
Nami
e Zoro squadrarono tesi il loro amico, non sapendo esattamente come
comportarsi in quella situazione. Rufy, al contrario, sembrava
congelato, assurdamente immobile sull'ultimo scalino.
Sanji
avanzò incerto di un passo. “Sono io.”
Aveva la spiacevole
sensazione di essere sotto esame e non aveva la minima idea di come
fare per superarlo.
Si
aspettava di vedere del disgusto o peggio sul suo viso, invece gli
sorrise teneramente e lui lo colse come un incoraggiamento.
“Potrei
parlare con Viola, per favore?”
Inaspettatamente
lei rise. “No, mi dispiace.” comunicò
tranquilla, senza perdere
il sorriso.
A
Sanji il cuore sprofondò nello stomaco. “Non vuole
vedermi, vero?”
Di
nuovo, la sconosciuta rise, dolce e diabolica. Non capiva se lo stava
prendendo in giro, non riusciva ad interpretare le espressioni
facciali di quella donna.
“Non
si tratta di questo, è che l'hai mancata. Viola è
partita per le
vacanze qualche giorno fa.”
Lo
sconcerto arrivò dopo qualche attimo di malcelata
elaborazione e gli
arrivò addosso pesante come una vagonata di mattoni sul
capo.
Sentì
Zoro sospirare pesantemente due passi dietro di lui e Nami crollare a
peso morto sui gradini, piagnucolando con la testa tra le mani.
“Questo viaggio non finirà mai...”
“Co-come
è possibile che... m-ma io sono partito che... lei...
io...”
Non
riusciva a mettere in fila una frase, il cervello non rispondeva
più.
La
donna lo fissava corrucciata, forse cercava di dare un senso a quello
sproloquio e Sanji ci riprovò.
“Sono
partito una settimana fa, ho letteralmente girato l'Europa per
arrivare qui e... e lei...”
Dire
che era sconvolto era troppo poco. Svuotato, era quella la parola
giusta. Ogni emozione gli era stata estirpata via con ferocia.
La
donna arcuò appena le sopracciglia in quella che doveva
essere
sorpresa. “Ci hai messo così tanto ad arrivare
qui? Deve essere
stato un viaggio impegnativo...”
Sanji
abbassò sofferente le braccia e scoccò
un'occhiata agli altri,
sulle loro facce vedeva la stessa stanchezza che intuiva dovesse
trasparire da lui. “Non puoi immaginare quanto...”
Lei
sorrise ancora e Rufy si mosse irrequieto sul posto. Zoro gli
lanciò
uno sguardo strano.
“Sono
una maleducata! Si vede che siete stanchi, perché non
entrate? Vi
offro qualcosa, è il minimo!”
Sanji
annuì esausto, incapace di rifiutare per cortesia. Avevano
tutti
bisogno di fermarsi per un attimo. “Ti ringrazio... ehm...
signorina..?”
Con
un sorriso malizioso la donna si spostò di lato.
“Oh, sono la
coinquilina di Viola. Mi chiamo Nico Robin, ma potete chiamarmi
Robin.”
Angolo
Autore:
Salve!
Piccolo
appunto... per forza di cose qui i fratelli Vinsmoke non sono
gemelli. Più o meno hanno un paio d'anni di differenza l'uno
dall'altro e i tre più grandi vivono per conto proprio.
La
linea di successione è però la stessa, ovvero
Reiju è la più
grande, poi c'è Ichiji, Niji, Sanji, Yonji, per finire
Chopper
che è l'ultimo in questo universo (e tecnicamente ha 16-17
anni).
Siccome
non l'avevo mai specificato, volevo solo rassicurare che non era un
errore di distrazione!
Colgo
di nuovo l'occasione per ringraziare tutti quelli che passano di qui
e inseriscono la storia nelle varie categorie o la recensiscono! Vi
adoro, non sapete quanto mi spronate! E scusate sempre per i lunghi
tempi di attesa, sto cercando di fare il possibile!
Grazie,
mille grazie davvero!
Al
prossimo capitolo!
Momo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Another Sunrise ***
“Che
cosa significa che non ci dirai dove si trova Viola??”
“Esattamente
quello che sembra. Non ho intenzione di dirvelo.”
Nami
si alzò in piedi nell'impeto della rabbia. “Ma non
è giusto!”
Robin
rimase seduta sorseggiando il suo caffè e guardandola dal
basso con
aria critica. “Non è un mio problema.”
La
rossa strinse i pugni irritata, incurante di sembrare una pazza,
ricevendo la stessa moneta dalla padrona di casa che non mollava.
Erano
a casa di Viola Cortez da nemmeno un'ora e quella donna diabolica,
che rispondeva al nome di Nico Robin -coinquilina della suddetta
fiamma di Sanji-, si intestardiva a non voler dar loro l'unica
informazione di cui avevano bisogno per poter sistemare una volta per
tutte le cose e far finire quel dannato viaggio!
Robin
li aveva accolti in casa offrendo il pranzo e avevano chiacchierato
del più e del meno per tutto il tempo aggirando la questione
ma, per
quanto riguardava Nami, aspettando solo il momento migliore per
chiedere. Era arrivato appena dopo pranzo quando li aveva portati in
salotto per servire il caffè e la risposta della mora non si
era
fatta attendere.
Con
la flemma che ormai avevano capito la contraddistingueva, Robin aveva
detto chiaro e tondo che non aveva intenzione di aiutare Sanji con la
ricerca di Viola.
Nami
era stata l'unica a cercare di intavolare una conversazione normale.
Zoro si era addormentato sul divano dopo nemmeno mezzo minuto che
c'aveva poggiato le chiappe e durante il pranzo aveva appena
sollevato la testa dal piatto, tremendamente affamato. Sanji se ne
stava immobile seduto sul divano tra lei e Zoro e sembrava che ancora
dovesse riprendersi dallo shock di non aver trovato Viola, per tutto
il tempo aveva risposto a monosillabi e aveva fissato spesso il vuoto
come se avesse potuto dare soluzione alle sue domande più
della
donna enigmatica che gli stava davanti.
Nonostante
la situazione vertesse verso altri interrogativi, Nami si era stupita
nel notare lo strano comportamento del fratello. A differenza degli
altri due, l'atteggiamento di Rufy era stato a dir poco assurdo. Si
era strafogato come al solito -su quello non s'erano stupiti- ma
l'aveva fatto usando forchetta e coltello e, cosa più
inquietante,
senza mai aprire bocca né levare gli occhi di dosso a Robin,
tanto
che Nami si era chiesta perché non gli chiedesse di
smetterla. Per
tutto il tempo l'aveva guardata come un rapace che studia la preda e
Nami era certa che nella sua testa la congettura fosse esattamente
quella, solo che stavolta la donna che Rufy aveva -romanticamente
parlando s'intende- deciso di portarsi a letto non pareva cadere
preda del suo fascino così in fretta e per loro era una
manna dal
cielo visto che Robin era l'unica a sapere dove accidenti fosse
finita Viola e serviva a tutti che fosse nel pieno delle sue
facoltà!
Su
Zoro e Rufy non avrebbe scommesso ma Nami aveva sperato che almeno
Sanji avrebbe tentato un approccio e quando aveva preso atto che da
lui non sarebbe arrivato nulla, aveva preso in mano la situazione ed
ora si dannava di nuovo l'anima per l'ennesima volta per essersi
lasciata convincere a partire con loro. Perché la vita era
così
ingiusta? Non poteva andargliene bene almeno una ogni tanto?
Robin
si versò tranquilla un'altra tazza di caffè
intingendo un
biscottino al burro e Nami perse definitivamente la pazienza. La
squadrò seria tornando seduta ma lanciando saette dagli
occhi. “Devi
dirci almeno perché! Sanji merita di saperlo!”
Robin
accavallò le lunghe gambe prendendo un altro biscotto.
“In realtà
no.” commentò pratica. “Non è
stato forse lui a scatenare
tutto? L'ha offesa senza darle modo di spiegarsi, quindi mi
perdonerà
se ora io ho delle riserve a dirvi dove si trova la mia
amica!”
Nami
si morse una guancia irrequieta e Sanji deglutì piano al suo
fianco.
Purtroppo Robin non aveva tutti i torti e dovevano riconoscerlo.
“Se
non avevi intenzione di dirci dov'era perché ci hai fatto
salire?”
La
mora sorrise eterea. “Volevo vedere che tipo era il famoso
Sanji di
cui Viola mi parla da quasi tre anni.” gli lanciò
un'occhiata da
sopra la tazza fumante parlando solo a lui. “Viola ha sempre
parlato di te in maniera meravigliosa e c'è rimasta davvero
male
quando l'hai trattata così!”
Per
la prima volta Sanji la guardò negli occhi e si
sentì morire. Ora
leggeva davvero del risentimento su quel viso aristocratico e sapeva
di meritarlo.
“Stava
addirittura pensando di venire da te per le vacanza estive.”
Robin
spinse maggiormente il coltello nella piaga e Sanji sentì il
battito
accelerare in maniera vertiginosa. Si sentiva un mostro.
“Voleva
farti una sorpresa... voleva finalmente conoscerti!” la donna
continuava indefessa ad accusarlo senza perdere il tono morbido e
composto ed ogni parola gli penetrava nel cervello come un ago.
Avrebbe fatto meno male se gli avesse urlato contro.
“Dopo
il tuo messaggio ha deciso di partire con due cugini, soprattutto
perché voleva provare a dimenticare te!” Robin
poggiò la tazza e
indurì lo sguardo. “Capisci quindi
perché non voglio dirti dove
si trova? Ha già sofferto abbastanza. Ieri l'ho sentita e
sta
meglio, non voglio che ritorni triste e sarà inevitabile se
ti
vede!”
Nami
alzò le braccia esasperata. “Ma Sanji non vuole
questo! È venuto
fin qui per riconquistarla!”
Robin
strinse gli occhi, restia a cedere. “Oh, andiamo. Pensare che
Viola
fosse un uomo è una scusa veramente ridicola!”
Nami
si incupì. “È stato un
equivoco!”
“Nami-san,
grazie ma basta così.”
Zoro
si agitò nel sonno e Rufy pareva incurante di ogni cosa gli
accadesse intorno, gli occhi costantemente puntati in un'unica
direzione. Nami e Robin si voltarono di scatto.
Sanji
si era alzato lentamente dal divano e sembrava solo l'ombra del
ragazzo che era stato fino ad un'ora prima. “Robin, grazie
per il
pranzo. Non volevamo invaderti casa, sei stata fin troppo gentile.
Sono felice di sapere che Viola sta meglio.” la voce gli si
incrinò. “Se lo merita, è una ragazza
meravigliosa. E ora direi
che è il momento di togliere il disturbo.”
Senza
fiatare, Nami e Robin lo guardarono svegliare Zoro e afferrare Rufy
per la collottola portandolo con sé fino alla porta.
Nami
sospirò controvoglia salutando la padrona di casa con un
cenno e
Zoro biascicò un grazie assonnato seguendola. Robin non si
alzò mai
per accompagnarli ma non smise di osservarli fino a quando non
sparirono chiudendosi la porta alle spalle.
Una
volta in strada, Sanji lasciò andare Rufy che cadde a peso
morto sul
marciapiede senza nemmeno lamentarsi. Si accese una sigaretta e si
allontanò dagli altri proseguendo verso la fine della via.
Non aveva
più detto neanche una parola.
Nami
fece per seguirlo ma Zoro la fermò. “Faccio
io...” mormorò
serio passandole accanto.
Lei
lo guardò sconsolata incrociando le braccia e sedendosi
accanto al
fratello.
Le
cose non avrebbero potuto andare peggio. Viola non c'era, Sanji aveva
il morale sotto le scarpe e loro non avevano il becco di un
quattrino. Non sapeva proprio cosa fare questa volta.
Sbuffò
scontenta guardando il fratello con la coda dell'occhio. Era stato
stranamente silenzioso per quasi due ore e la cosa all'inizio l'aveva
preoccupata, ma l'occhio vitreo costantemente puntato verso il quinto
piano era una conferma che i suoi sospetti come al solito erano
fondati. Preferì non soffermarsi troppo su che cosa fosse in
atto
nella testa di Rufy e cercò di concentrarsi sul risolvere il
loro
problema più spinoso al momento, ovvero la mancanza di soldi.
Sanji
e Zoro non erano più in vista e si sentì
riconoscente verso il
verde per essersi preso la patata bollente. Magari con lui Sanji si
sarebbe aperto. Nonostante avesse un modo contorto di confortare il
prossimo, si fidava di Zoro. In qualche maniera avrebbe risollevato
il morale al suo amico.
*
“Tu
sei davvero un imbecille!”
Poggiato
ad una ringhiera con i gomiti, Sanji sbuffò una nuvoletta di
fumo
sentendo la granitica presenza di Zoro sostare in piedi dietro di
lui.
“Posso
stare a leccarmi le ferite da solo, per una volta?”
L'altro
incrociò le braccia con un sopracciglio alzato.
“Vuoi scherzare?
Dopo quella scena patetica pensavi che non ti avrei detto
niente?”
Sanji
si voltò a guardarlo, stupito. “Ma se
dormivi!”
“Non
cambiare discorso.”
Si
squadrarono torvi per qualche attimo, poi Sanji sospirò
voltandosi
di nuovo e dandogli le spalle.
“Lasciami
stare e basta.”
Zoro
digrignò i denti, gli occhi puntati sull'asfalto.
“Sarebbe la cosa
più facile. Lasciarti stare, intendo.”
Sanji
non fiatò e Zoro mandò giù il boccone
amaro. “Sarebbe facile e
sai perfettamente quanto odio interferire! Ma non posso davvero star
zitto stavolta!”
Il
biondo non si voltava, continuava a fumare e Zoro strinse i pugni
incupito. “Sei un imbecille! Sei arrivato a pochissimo dal
sapere e
ti sei arreso! Non hai minimamente lottato! Che diavolo ti è
preso?”
“Robin
è stata chiara...”
“Robin
non ti conosce, va bene? Io si!”
“Zoro...”
“No,
Zoro un accidenti!” fece due passi e gli si piantò
accanto
squadrandolo torvo. “Lo ammetto quando siamo partiti non
credevo
davvero che l'avremmo trovata, né che tu potessi farti
perdonare o
che sareste vissuti felici e contenti per sempre! Pensavo solo che ci
saremmo divertiti prima della laurea.” Zoro si
passò una mano tra
i capelli cercando le parole per continuare, pareva esausto solo per
quel piccolo sfogo che decisamente non era da lui.
“È vero che
sono stato io ad insistere per fare questo viaggio, lo pensavo un
buon modo per allontanarmi da casa e fare un'esperienza. Tu
all'inizio non ne eri convinto ma ti sei deciso solo per la
possibilità di trovarla e -Santo Dio- ho
visto cosa sei
disposto a fare per quella ragazza!”
Sanji
lo guardò arcuando le sopracciglia, sorpreso oltre ogni
limite.
Zoro
lo fissò dritto negli occhi mostrando quel suo lato
minaccioso che
da sempre precedeva la scazzottata. “L'unico ostacolo che si
frappone tra te e lei è quella donna! Quindi piantala di
fare il
coglione e vai a far vedere a Nico Robin quello che hai dimostrato a
noi per tutta la settimana!”
Un
leggero venticello si alzò a muovere le fronde degli alberi
e il
fruscio delle foglie fu l'unica cosa che si sentì per
parecchi
secondi.
Zoro
digrignò i denti, sul limite di perdere la pazienza e
tirargli un
cazzotto su quella faccia da sberle. Doveva darsi una svegliata,
diavolo! Perché non si muoveva? Che altro doveva dire per
fargli
alzare le chiappe??
Sanji
non smetteva di fissarlo, sconvolto per lo più e non se ne
sentiva
affatto lusingato. Con la sigaretta che non smetteva di bruciare
nella sua mano e disperdeva quell'odore nauseabondo di nicotina
nell'aria.
Quando
sentì che la pazienza era ormai arrivata ben oltre il limite
e il
pugno si stava già formando sulle nocche, Sanji
scoppiò a ridere.
Zoro
sgranò gli occhi così tanto che pensò
per un attimo che gli
sarebbero usciti dalle orbite. Che cosa diamine c'era da ridere??
Sanji
si teneva la pancia con la mano libera e con l'altra cercava di
fargli segno di aspettare tra una risata e l'altra. Zoro non capiva.
“Oddio,
marimo.” mormorò Sanji ridendo e spegnendo la
sigaretta sotto il
tacco. “Oddio...”
“Cosa??”
ringhiò Zoro allargando le braccia.
Il
biondo sorrise e si passò una mano sul viso. “Hai
ragione!”
Zoro
batté gli occhi allontanandosi di un passo. “Beh,
si ovvio...”
mormorò incerto.
Sanji
annuì, incredulo quanto lui, ma con un'espressione
decisamente più
energica. “Grazie!” esclamò
semplicemente dandogli un'amichevole
pacca sulla spalla.
“Ehm...
prego...” Zoro lo guardò tornare indietro, verso
il palazzo di
Viola e non riuscì a trattenere un piccolo sospiro di
soddisfazione.
Se lo sarebbe portato nella tomba.
Lo
ritrovò già sotto al palazzo ad informare Nami e
Rufy che tornava
da quella donna a farsi valere.
A
quelle parole Rufy saltò su come una molla, ritornando
sé stesso
per la prima volta da quando avevano lasciato Franky.
“È un'ottima
idea! Vengo anch'io!”
Nami
scosse la testa. “Stavolta sarebbe meglio se noi restassimo
giù,
Rufy.”
Ma
lui pestò i piedi. “Non ci penso neanche! Rimanete
giù voi! A
Sanji non interessa, giusto?”
Quello
fece spallucce. “Vieni pure se vuoi.”
Rufy
guardò raggiante la sorella. “Visto?”
Lei
fece una smorfia alzando un sopracciglio. “Non mettergli i
bastoni
tra le ruote.” lo avvertì sottovoce.
Sanji
si avvicinò di nuovo ai citofoni, ma stavolta con
l'intenzione di
non cedere davanti a nulla. Premette il bottone e aspettò di
sentire
quella ormai familiare voce di donna.
“Si?”
Non
si era preparato alcun discorso, nemmeno un accenno, avrebbe parlato
a getto, d'impulso e l'impulso gli diceva di farle capire subito che
cosa voleva, senza girarci attorno. Era praticamente certo di dover
far sentire le proprie ragioni già al citofono o Robin non
l'avrebbe
fatto salire ed era pronto a lottare!
“Sono
Sanji!” proclamò deciso. “So che me ne
sono andato ma-” Non
finì la frase, si interruppe all'improvviso per lo stupore
sentendola ridere attraverso l'interfono.
“Lo
sapevo...”
commentò la voce
di Robin allegra e Sanji batté gli occhi, confuso.
“Sali,
la strada la conosci.”
Gli
altri lo guardarono alzando le spalle, ignari come lui ma incitandolo
ad entrare.
Rufy
lo precedette mettendosi a correre per gli scalini tanto che Sanji
faticò a stargli dietro. Arrivati al quinto piano trovarono
nuovamente Robin sullo stipite ad attenderli. Rufy si bloccò
sull'ultimo scalino con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Lei
fece cenno di entrare sorridendo e loro non se lo fecero ripetere due
volte.
Sanji
puntò dritto al salotto, dove lei stava finendo di bere il
suo
caffè, deciso come non mai a farsi sentire.
Guardò quella donna
bellissima che attendeva serena la sua filippica seduta in poltrona,
sapendo bene che tutto sarebbe dipeso da come si sarebbe giocato i
prossimi minuti ed aprì la bocca per parlare ma Robin fu
più
veloce.
“Sei
tornato per dirmi quanto sei innamorato di Viola, vero?”
chiese
calma.
“Io...
si...” mormorò titubante, preso in contropiede.
“Aha...
e che ti dispiace per l'equivoco e che sei disposto a fare tutto il
possibile per rimediare?”
Sanji
sentì il cuore accelerare e strinse i pugni.
“Tutto.” confermò
serio.
Non
sapeva dove volesse andare a parare quella donna ma non si sarebbe
lasciato distrarre.
Lei
annuì assorta mescolando il suo caffè,
apparentemente a suo agio in
quella situazione assurda, senza fare troppo caso all'avvoltoio che
le girava attorno famelico che rispondeva solitamente al nome di
Rufy. Sanji gli lanciò un'occhiata di ammonimento. Se avesse
fatto
un passo verso di lei prima di aver ottenuto le informazioni che gli
servivano lo avrebbe castrato lì sul posto. Fortunatamente
Robin
pareva essere immune al proverbiale fascino del suo amico e di questo
ne fu segretamente soddisfatto.
“Robin,
sono innamorato di lei. Ti prego, devo dirglielo, devo sapere
dov'è!”
La
mora si poggiò allo schienale, osservandolo.
“D'accordo.”
esclamò tranquilla.
Sanji
boccheggiò. “Da-davvero?”
“Si,
te lo dirò.”
Lui
sorrise entusiasta, pensava che ci avrebbe messo molto di
più!
“Grazie!”
Robin
fece un sorrisetto nascondendolo dietro alla tazza. “Lo
faccio per
lei. Perché volevo vedere fino a che punto saresti arrivato.
Se eri
il genere di persona che si arrendeva così facilmente non
l'avresti
mai meritata.”
Sanji
raddrizzò la schiena. “Non ho intenzione di
lasciarmela scappare.”
Lei
annuì. “Mi fa piacere sentirlo perché
ti dirò dov'è ad una sola
condizione.” strinse gli occhi. “Che tu non la
faccia soffrire
mai più.”
“Te
lo posso giurare.” sussurrò altrettanto serio.
“Viola
ha un bel caratterino, dovrai giocare bene le tue carte o rischi di
finire pestato prima ancora di finire la frase.” Robin si
aprì in
un vero sorriso. “E poi voglio che mi mandiate una foto
quando
tutto sarà sistemato così saprò che
è andata bene.”
Sanji
annuì sollevato.
“Ma
perché aspettare?”
Robin
e Sanji si voltarono. Rufy le si era accucciato accanto e la guardava
fisso.
“Vieni
con noi!” le chiese serio, ricevendo in risposta un elegante
sopracciglio alzato.
Il
biondo alzò gli occhi al cielo. “Rufy ma ti
sembrano richieste da
fare?”
Avrebbero
saputo dov'era Viola, era troppo sperare che sarebbero riusciti ad
uscire da là senza drammi ulteriori?
“Perché
no?” chiese di nuovo lui senza staccare gli occhi da Robin.
“Se
Viola la vede con noi potrebbe essere più ben disposta a
concederti
una chance.”
In
effetti quel discorso non suonava poi così bislacco ma non
si
sarebbe mai sognato di chiederglielo, men che meno in quel modo
così
diretto! Robin di sicuro non era il genere di donna che partiva
così
a casaccio con dei perfetti estranei! Certo, doveva ammettere che non
era un'idea stupida... vedendola con loro Viola non avrebbe avuto
tentennamenti...
Rufy
non le staccava gli occhi di dosso, convinto, assolutamente sicuro e
lei restituiva quell'occhiata con una tale intensità che per
un
istante Sanji si sentì quasi di troppo. Forse aveva
giudicato male
le intenzioni di Rufy. Forse non voleva farla cadere ai suoi piedi.
Dopo
attimi che sembrarono durare una vita, Robin batté le lunghe
ciglia.
“Si.” rispose semplicemente.
E
Sanji si rese conto che, dopo tante sfighe, forse lassù
qualcuno che
l'amava c'era ancora.
*
Staccò
per l'ennesima volta gli occhi dal campanile che stava disegnando per
cercarlo tra la folla. Era ancora dove l'aveva lasciato e nascose il
crescente rossore dietro al foglio sperando di non essere stata
notata. Cercò di tornare al suo lavoro, provò a
concentrarsi su
quel benedetto campanile ma gli occhi tornavano inflessibili su di
lui senza riuscire a fermarli.
Diede
una generosa sorsata dalla bottiglietta, cercando un po' di
refrigerio dal caldo sole pomeridiano di Dressrosa che batteva sopra
le loro teste. Era tutta la colpa sua se ora lei rischiava l'infarto
ogni volta che si azzardava a posare gli occhi sulla figura di Zoro.
Stargli
vicino negli ultimi giorni era stato un continuo susseguirsi di sali
e scendi emozionali ed ormai sembrava un'adolescente in piena crisi
ormonale ogni volta che lui la guardava o le sorrideva, figuriamoci
che colpo era stato per le sue coronarie quando l'aveva visto levarsi
la maglietta e raggiungere dei bambini che giocavano a basket in
mezzo alla piccola piazza sotto il palazzo di Viola.
Aveva
rischiato di farla svenire di nuovo sui gradini in mezzo a tutti
quando l'aveva visto a petto nudo sudare sotto il sole. Nami sperava
tanto che nessuno si fosse accorto di come lo aveva guardato
famelica. Come poteva riuscire a fare l'amica se si mostrava in quel
modo??
Erano
rimasti soli dopo che Sanji e Rufy erano saliti da Robin e Nami era
intimamente felice che Zoro avesse trovato come occupare il suo
tempo. Come al solito non sapeva come comportarsi con lui nei
paraggi, ma stava migliorando, per lo meno riusciva a pronunciare un
discorso completo senza balbettare.
Lanciò
un'occhiata al quinto piano. Sperava di ricevere buone notizie...
Tornò
al suo campanile dopo essersi rinfrescata anche il viso. Era
all'ombra ma la presenza di Zoro a pochi metri che giocava a basket
senza maglietta la stava facendo andare a fuoco minuto dopo minuto.
Prese a tracciare le linee armoniose del mosaico sotto l'orologio e
si sentì soddisfatta per il lavoro una volta concluso.
Un
urlo risuonò nella piazza e strinse istintivamente il
foglio. Andò
rapida alla fonte trovandola in un bambino di otto anni che piangeva
per un ginocchio sbucciato, Zoro gli era già accanto che
provava a
consolarlo. Era comico, grande e grosso non sapeva come comportarsi
in una situazione come quella ma aveva abbastanza sale in zucca da
capire come poteva risolverla. Lo vide bagnare il suo fazzoletto alla
fontanella e metterglielo sulla ferita. Al bambino bastò
quello per
sorridergli ammirato, i lacrimoni che si asciugavano per le pacche
incoraggianti che Zoro gli lasciava su una spalla.
Nami
sorrise a quella scena. Per certi versi stava facendo lo stesso con
lei... la stava guarendo a piccole dosi e si mostrava per com'era
veramente, un ragazzo buono, finalmente anche con lei.
Si
stupì a considerare che le sarebbe piaciuto vederlo
diventare papà,
un giorno.
“Non
ci credo... Nami?”
Stava
ancora sorridendo come un'idiota per la scena di Zoro col bambino
quando avvertì un familiare formicolio alla nuca e si
voltò verso
quella voce. Un battito di ciglia e l'aveva riconosciuto. Il sorriso
le si congelò.
“Law?”
mormorò incredula.
Il
ragazzo moro con cui si era scontrata in quella stazione belga le era
accanto, sbigottito quanto doveva sembrare lei per essersela trovata
davanti.
“Che
ci fai da queste parti?”
Una
domanda di routine semplicissima accompagnata a quel sorriso da
capogiro che aveva già avuto modo di divinizzare e in un
attimo la
sua mente andò in corto circuito al ricordo dell'effetto che
le
aveva fatto la prima volta.
“Ehm...
aspetto... amici.” sussurrò Nami arrossendo
furiosamente.
Dio,
era ancora bellissimo come se lo ricordava mentre lei era sudata e
non faceva una doccia dalla mattina precedente. Non voleva nemmeno
sapere in che stato fossero i suoi capelli!
Lui
allargò le labbra trasformando il sorriso in un vero e
proprio
ghigno seducente che rischiò di farle perdere la presa
sull'albo.
Lui lo prese al volo prima che cadesse, imbarazzandola anche di
più.
Sembrava assolutamente consapevole di farle quell'effetto e la cosa
non pareva dispiacergli. Se n'era accorta già la prima
volta, era il
genere d'uomo abituato a vedersi cadere ai piedi qualsiasi donna.
“Tu
che co-cosa ci fai qui?”
“Lavoro.”
commentò lui asciutto. “Che razza di
coincidenza...”
“Eh
già...”
Era
veramente pazzesco averlo incontrarlo così.
“Sono
tuoi questi?”
Law
teneva ancora in mano il suo albo e lo esaminava interessato. Lei
annuì distrattamente.
“Posso?”
chiese e di nuovo Nami annuì.
Law
prese a sfogliarlo e lei ne approfittò per maledirsi. Prima
che
arrivasse lui era già quasi liquefatta per il caldo e per la
vista
dei pettorali di Zoro, ci mancava solo...
Sgranò
gli occhi. Oddio, Zoro!
Gli
lanciò un'occhiata furtiva. Giocava ancora con i bambini,
non si era
accorto di Law e quasi se ne dispiacque.
“Sei
davvero brava...”
Nami
si voltò verso Law. “Non mi capita spesso di
vedere opere del
genere...” parlava dei suoi disegni e li guardava rapito.
All'improvviso non sembrava più il marpione incontrato in
quella
stazione, quello che le aveva fatto gli occhi dolci per tutto il
tempo.
“Grazie...”
rispose con un sopracciglio alzato. Non pensava che fosse il tipo che
apprezzava quel genere di cose, ma non poteva stupirsene, infondo
nemmeno lo conosceva.
“Questi
archi... le sfumature sono state fatte a regola d'arte e il tratto a
carboncino poi...”
Nami
arrossì. Sapeva che le riproduzioni architettoniche erano il
suo
punto forte ma non aveva mai sentito nessuno parlarne con tanta
ammirazione, nemmeno i suoi professori. Law non levava gli occhi dai
suoi disegni e non smetteva di lodarli, era difficile pensare che lo
facesse solo per rimorchiarla. Divenne ancora più rossa a
quel
pensiero e sperò che Law lo scambiasse per caldo e non per
imbarazzo.
“Credo
che tu abbia un dono non indifferente...”
Nami
lo guardò incuriosita. No, decisamente non sembrava volesse
rimorchiarla, era davvero interessato ai disegni e la delusione
nemmeno la sfiorò, troppo concentrata a capire il motivo di
quello
strano interesse.
Law
alzò determinato lo sguardo su di lei, tenendo l'albo come
fosse una
reliquia. “Potrei avere una proposta per te, se ti
interessa.”
mormorò posandole una mano sulla spalla ed avvicinandosi.
Se
non aveva mai notato prima il suo rossore non diede adito di averlo
visto nemmeno stavolta, purtroppo qualcun altro si.
Qualcuno
che aveva smesso di giocare con i bambini giusto in tempo per vederla
andare a fuoco per le avance nemmeno troppo velate di un imbecille a
caso che sembrava spuntato dal nulla!
Zoro
si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto,
stringendo gli
occhi per proteggerli dal sole.
Chi
diavolo era quel tizio con Nami? Da dove era uscito?
Alto,
moro, con un pizzetto ridicolo sul mento e l'ombra di un sorriso che
voleva sembrare seducente che gli aleggiava in faccia. Teneva l'albo
di Nami in mano e le parlava affascinato, doveva averla presa di
sorpresa mentre disegnava e la stava usando come scusa per
l'approccio. Non ci voleva un genio per capire che quello era un
tentativo di rimorchio e neanche troppo articolato.
Zoro
si sentì un po' a disagio riconoscendo al volo quelle
espressioni.
Erano molto simili a quelle che usava lui stesso quando voleva andare
a segno con la ragazza di turno e vedendo una scena del genere in
un'altra occasione avrebbe fatto spallucce e continuato a giocare, ma
la ragazza in questione era Nami e si rese conto con una certa dose
di inquietudine che non aveva alcuna intenzione di lasciare correre
la cosa, soprattutto perché lei non pareva affatto
dispiaciuta di
ricevere tali attenzioni da uno sconosciuto.
Spostò
il peso da un piede all'altro, all'improvviso incapace di star fermo.
Si
sentiva terribilmente diviso. Voleva lasciarla fare le sue scelte
-non erano certo affari suoi come lei passava il suo tempo,
accidenti!- ma voleva anche proteggerla -quel tipo
era saltato
fuori dal nulla! Chi gli diceva che aveva buone intenzioni?-
Su
tutto predominava il desiderio irrazionale di vederla disdegnare da
sé quelle attenzioni e dare il ben servito al bellimbusto,
ma i
secondi passavano e Nami non sembrava intenzionata a fare niente del
genere.
Considerò
anche l'ipotesi di lasciar perdere e proseguire col gioco -la partita
non s'era fermata anche se lui se ne stava là impalato- ma
non
riusciva a mettere a tacere quella vocina fastidiosa che gli diceva
di andare a spaccare la faccia a quel tale, chiunque fosse. Per un
attimo sperò che morisse solo perché lo stava
guardando.
Nami
scoppiò a ridere all'improvviso e Zoro la guardò
inorridito
poggiare una delle sue bianche manine sul torace di quell'idiota.
Sentì le viscere contorcersi e strinse inconsciamente i
pugni, auto
imponendosi di non essere impulsivo.
Non
riusciva a credere che una come Nami fosse tanto ingenua da cedere
così facilmente a delle stupide avance! La credeva
più
intelligente!
Deviò
a fatica lo sguardo digrignando i denti. Non erano affari suoi! Nami
era grande e vaccinata, santo cielo! Non aveva bisogno che lui le
facesse da protettore! Se voleva fare la scema con uno sconosciuto
aveva tutto il diritto di farlo! Lui doveva farsi i fatti suoi e
lasciar perdere!
Sentì
il nervoso salire insieme all'impotenza. Non sentiva una parola di
quello che si dicevano ed era già stufo di stare in quella
piazza a
sopportare la vista di Nami che si faceva corteggiare da un altro
ragazzo! Insomma, lui ci stava davvero provando a fare l'amico ma se
faceva così con tutti non gliela faceva semplice lei!
Ma
quanto accidenti ci mettevano Sanji e Rufy a scendere?
Sbuffò
una mezza maledizione, combattuto. Magari poteva avvicinarsi con la
scusa di prendere qualcosa dal suo zaino, era lì sulle scale
a pochi
passi da loro, sarebbe stato perfettamente normale e avrebbe avuto un
motivo per interromperli...
Ma
perché poi avrebbe dovuto interromperli?? Non si era forse
detto che
doveva lasciarla fare le sue scelte? Ce l'aveva già un
fratello, non
aveva bisogno di essere controllata!
Nami
poteva fare la smorfiosa con chi voleva, non doveva tenere conto a
lui. Poteva arrossire per tutti i ragazzi che voleva e anche
allontanarsi sconvolta da ognuno di loro!
…..
...un
attimo... cosa?
“LASCIALA
STARE!!”
Ci
aveva messo alcuni secondi per realizzarlo ma poi era stato
più
veloce di un fulmine. Era piombato su di loro in un attimo ed aveva
allontanato Nami dalla presa ferrea di quell'idiota.
“Mi
hai sentito? Cosa diavolo stai facendo??”
Aveva
visto la mano di quel tale posarsi sulla sua schiena ed era stato
più
forte di lui. Il mondo s'era fatto rosso ed era scattato quando lei
era impallidita ed aveva fatto un passo indietro. Estrarre la sua
fidata katana bianca gli era sembrato naturale.
“Cosa
pensavi di fare??” ripeté portandosi davanti a lei
e guardando
truce il ragazzo moro, puntando alla sua giugulare con la lama.
“Zoro!”
Nami lo richiamò con urgenza da dietro le sue spalle ma lui
nemmeno
la guardò, la sua attenzione era tutta per l'individuo
schifoso che
aveva davanti.
“Non
so chi tu sia, né cosa tu abbia pensato di fare, ma vedi di
lasciala
stare!”
Il
ragazzo moro lo guardava incredulo ma ebbe il buon senso di non
fiatare e di allontanarsi. Lo fece comunque con un sopracciglio
alzato ma l'importante era che l'avesse fatto.
“Zoro,
no...!” Nami tentò di nuovo di chiamarlo ma lui la
zittì.
“Vattene!
Lei non è interessata!” sibilò truce.
Se non avesse dovuto
trattenere Nami che si agitava dietro di lui probabilmente avrebbe
già iniziato a pestarlo.
“Zoro,
cosa accidenti...”
“Sta
buona, Nami! Ci penso io, questo qui ha fatto male i suoi conti se
pensa che bastino due moine perché tu gli cada ai
piedi!”
Il
tale allargò appena gli occhi. “Che cosa? Nami ma
conosci questo
invasato?”
La
sentì sospirare dietro di sé e si
accigliò. “Si, lo conosco...”
Zoro
batté gli occhi confuso per quello scambio ma mantenne la
lama
puntata verso la sua gola. “Questo dovrei essere io a
chiedertelo!”
si voltò di tre quarti verso di lei. “Vi
conoscete??”
Nami
sbuffò, felice di avere finalmente la possibilità
di spiegarsi.
“Si, Zoro. Lo conosco. Questo è Law, ci siamo
incontrati in
Belgio.”
Ora
Zoro era davvero confuso. “In Belgio...?” chiese
stupidamente.
“Si
e ci siamo rivisti poco fa per puro caso, non mi stava importunando,
hai capito male! Abbassa quella cosa!”
“Ah...”
mormorò poco convinto, obbedendo.
Nami
lo superò in due falcate e Zoro dovette ammettere di aver
sentito
una fitta quando la vide lasciare le sue spalle e dirigersi a passo
sicuro verso di lui.
“Stai
bene, Law? Non ti ha preso vero?”
La
fitta si intensificò e Zoro strinse gli occhi. Non gli aveva
fatto
niente, doveva proprio usare quel tono da dolce infermiera e
accarezzarlo sul bicipite?
“Tranquilla,
non mi spavento per così poco!”
Oh
certo, come no? Il grand'uomo aveva fatto la guerra del Golfo...
“Mi
dispiace, non so cosa gli sia preso...”
Chissà
cosa avrebbe fatto con tre lame che gli trapassavano i gioielli di-
“Zoro, dovresti scusarti!”
Spalancò
gli occhi inorridito, convinto di aver capito male ma Nami lo
fissò
innervosita e il piede che batteva a terra doveva essere un chiaro
invito a non farglielo ripetere.
“Che
cosa??” non riuscì comunque a trattenersi.
“Io non devo
scusarmi! Ci stava spudoratamente provando con te e ti ho visto, tu
ti sei allontanata!”
Nami
diventò bordeaux. “Non ci stava provando!
Lui...”
“Nami...”
Entrambi
si voltarono verso Law e Zoro lo guardò male.
“Senti,
io devo proprio tornare al lavoro. Mi sembra evidente che tu ora
debba parlare col tuo... amico.”
sottolineò sarcasticamente
la parola lanciandogli un'occhiata e solo il fatto di avere Nami in
mezzo impedì a Zoro di puntargli di nuovo la katana alla
gola. Che
cos'era quella frecciatina?
“La
mia proposta te l'ho fatta, prenditi il tempo che ti serve per
decidere. So che non è una richiesta normale ma nonostante i
modi di
questo cavernicolo, sono ancora disposto ad aiutarvi.”
Zoro
strinse ancor di più gli occhi e vide Nami annuire. Aveva
un'orribile sensazione.
Law
ghignò guardando solo lei. “Il numero te l'ho
dato. Non farmi
aspettare troppo...” mormorò suadente e nel dirlo
le si avvicinò
con l'unico intento di far ringhiare lui.
“Grazie,
Law. Ti prometto che ci penserò.”
Zoro
lo guardò impotente voltarsi e prendere la via principale,
ma non
prima di avergli lanciato un significativo sguardo di sfida.
Nami
si stringeva nelle braccia e sembrava molto interessata alle crepe
nel cemento sotto i suoi piedi. Zoro attese i proverbiali venti
secondi che servirono a quel maledetto idiota dal pizzetto scemo per
non essere più a portata d'orecchio, per voltarla su se
stessa e
affrontarla.
“Nami,
chi diavolo era quello??”
Lei
strinse i pugni infastidita e si districò dalla sua presa.
“Un
bravo ragazzo che tu, come un imbecille, hai scambiato per
molestatore! Quando la smetterai di puntare lame alla gola delle
persone?”
“Quando
non si comporteranno più come ha fatto quello! Ci stava
provando!
Come accidenti fai a non essertene accorta?” chiese
sbalordito.
Nami
incassò la testa tra le spalle mettendosi sulla difensiva.
“Anche
se fosse così, a te cosa dovrebbe importare?”
Zoro
incassò il colpo ma non demorse e aggirò la
domanda. “Che genere
di proposta ti ha fatto?”
Nami
sussultò e Zoro sentì il presentimento brutto
aumentare. “Ni-niente
che ti riguardi...”
“Ha
detto che voleva aiutarci, credo che invece riguardi anche
me!”
Lei
lo fronteggiò, gli occhi che lanciavano saette.
“No! Ha detto così
solo perché sa che ci servono i soldi per tornare a casa, ma
la
decisione in questo caso è solo mia! Non ve ne
farò partecipi! E ti
prego, puoi metterti qualcosa addosso?? Non riesco più a
guardarti
se stai così!”
Zoro
allargò le braccia. Si era scordato di essere ancora a petto
nudo ma
si sarebbe soffermato più tardi sul suo imbarazzo, ora la
questione
importante era un'altra. “Nami, per l'ultima volta, dimmi che
genere di proposta ti ha fatto quell'idiota!”
Lei
non rispose e questo sancì definitivamente l'abbandono della
ragione.
“Sei
impazzita per caso??”
La
afferrò
per un braccio e Nami sussultò, per un attimo
sembrò terrorizzata
da ciò che vide nei suoi occhi. E faceva bene. Zoro non si
sentiva
così arrabbiato con lei da un sacco di tempo. Gli
ricordò con uno
spasmo i tempi in cui si odiavano e lanciavano addosso insulti di
ogni tipo senza un reale motivo. Purtroppo questa volta il motivo
c'era e a Zoro veniva quasi da vomitare al pensiero.
“Se pensi
che lascerò che tu ti venda, sei fuori strada!! Abbiamo
bisogno di
soldi, è vero, ma non posso credere che tu voglia davvero
farlo!!”
Zoro
ormai non
riusciva più a contenersi, la furia cieca di sapere cosa
voleva fare
stava prendendo il sopravvento su qualsiasi pensiero logico. No, non
glielo avrebbe mai permesso, a costo di legarla ad una panchina!
Nami
tremò
nella sua presa, ma non più per la paura. Era la rabbia a
farla
rabbrividire.
Si
divincolò
con ferocia mostrando gli occhi lucidi. “È questo
che pensi di me?
Pensi che voglia vendermi?” gli chiese a denti stretti.
“Pensi
sia solo una puttana che farebbe qualsiasi cosa per i soldi?”
La
gente nella
piazza iniziava a guardarli e un paio di uomini avevano già
fatto un
passo verso di loro.
Zoro
alzò gli
occhi al cielo, arrabbiato per quello scatto d'ira. Ora voleva pure
avere ragione??
“Sei
incredibile!” urlò, senza nemmeno provare a
moderare la voce. “Ti
stai comportando come se dovessi salvare il mondo! Nami li possiamo
trovare in un altro modo i soldi!”
“Oh mio Dio,
lo pensi davvero! Andiamo, dillo! Dillo che sei convinto sia solo una
puttana! Mi hai sempre trattato da schifo, ti manca solo
questo!”
Zoro
si lasciò
scappare un gemito mal trattenuto di rabbia animalesca. “VUOI
FARMI
CREDERE CHE NON È COSÌ??”
sbottò alla fine e per Nami quello
bastò.
Il
ceffone che
gli arrivò rapido sulla guancia non avrebbe potuto fargli
più male
di quello che si era lasciato scappare nell'impeto della foga. Se
n'era pentito all'istante ma era troppo tardi.
Barcollò
preso in contropiede, sconvolto e incredulo. Riuscì solo a
vederla
scoppiare in lacrime prima che la folla la inghiottisse.
Nami
era già
sparita nel momento in cui realizzò in pieno quello che
aveva fatto
e tutta la verità della sua colpa gli cadde addosso, pesante
come un
macigno, schiacciandolo e lasciandolo inebetito.
Non
sentì
nemmeno Rufy chiamarlo quando finalmente riuscirono a raggiungerlo,
né vide Sanji spalancare la bocca, testimone suo malgrado di
quell'ultimo scambio di battute e talmente incredulo per quello che
aveva sentito da non riuscire neanche a formulare un insulto
adeguato.
Non
si accorse
neanche che la new entry Nico Robin era lì con loro e li
squadrava,
assorta in pensieri tutti suoi. Non gli interessava sapere che
sarebbe venuta con loro, né conoscere le mille e uno morti
dolorose
che lo attendevano per aver ferito la sirena ramata del biondo
Casanova. Non voleva vedere gli occhioni tristi di Rufy per come
aveva trattato sua sorella.
L'unica
cosa a
cui riusciva a pensare era la certezza di aver appena commesso
l'errore più grande della sua vita.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** More Than a Feeling ***
A
Zomi...
“Vi abbiamo
lasciati da soli per venti minuti e avete
scatenato la Terza Guerra Mondiale!”
Zoro
grugnì
irritato evitando il suo sguardo ma Sanji non si lasciò
intimorire.
“È inutile
che fai finta di niente, marimo! Pensavo che le divergenze tra voi
fossero appianate ormai!” arcuò le sopracciglia
stizzito mentre
incrociava le braccia. “Non ti farò la paternale
di nuovo ma mi
aspetto che per lo meno tu le faccia delle scuse sentite! Anche se ci
vorrà un miracolo perché ti perdoni...”
concluse stropicciandosi
gli occhi, tremendamente stanco nonostante fosse solo tardo
pomeriggio.
“Povera
Nami-swan...” mormorò abbattuto. Poi
lanciò un'altra occhiataccia
all'amico seduto accanto. “Sei un idiota!”
Zoro
non
rispose, guardava fisso i suoi piedi ma Sanji sapeva perfettamente
che lo stava ascoltando. Non sarebbe riuscito ad ignorarlo neanche
volendo. Lo avevano legato a quella panchina con del nastro adesivo
ultra resistente intimandogli di non muoversi e lui e Rufy gli
stavano ai lati come guardie carcerarie per accertarsi che non
provasse a scappare di nuovo.
Quando
Nami
era fuggita tra la folla aveva provato a seguirla in un tardivo
sprazzo di lucidità e Sanji aveva sudato freddo non appena
si era
reso conto che il marimo non sarebbe mai riuscito a tornare con le
sue gambe. Le era corso dietro come se ne andasse della sua vita,
sbagliando clamorosamente strada come al solito e facendo perdere a
tutti tempo prezioso. Lo avevano rintracciato mezz'ora dopo, al terzo
piano del palazzo di Viola e nemmeno sapeva come accidenti avesse
fatto ad arrivare lì.
Era
stato
legato per evitare nuovi colpi di testa dettati dal senso di colpa ma
Sanji iniziava a sospettare che la precauzione fosse stata troppo
eccessiva. Zoro non aveva più aperto bocca dopo la litigata,
in
realtà non aveva più tentato di fare nulla. Non
si era spiegato con
loro, non aveva chiarito le proprie ragioni, non si era lamentato. Se
ne stava là seduto, zitto e tranquillo. Ogni tanto sbuffava,
si
passava una mano tra i capelli o guardava il cielo azzurro.
Sanji
fece una
smorfia. La sua gioia di sapere dov'era Viola era durata il tempo
della discesa in strada! Dopo l'orribile spettacolo che Zoro aveva
dato di sé, per un terrificante attimo si era convinto che
Nico
Robin non sarebbe mai partita con loro. Invece al termine di una
lunghissima riflessione, con la sua immancabile pacatezza, era
riuscita ad alzare le spalle e a commentare con un pratico 'certo che
siete un gruppo davvero strano'. Al quale Sanji aveva risposto con un
laconico 'ce lo dicono tutti', che l'aveva fatto sentire pure peggio.
Quella
cosa
avrebbe potuto compromettere l'opinione che si era faticosamente
guadagnato con lei? Quanto potere aveva Nico Robin sulle decisioni di
Viola? Nel dubbio continuava a sostenere che dovesse tenersi
particolarmente buona quella donna.
Lanciò
uno
sguardo di sottecchi all'altro lato della panchina, dove un
irrequieto Rufy faticava a stare seduto composto e continuava a
scandagliare come un ossesso il palazzo dove Robin era sparita da
poco più di quindici minuti. Assottigliò gli
occhi, indeciso se
picchiarlo o provare a farlo ragionare con le buone.
All'inizio
aveva pensato che ci fosse qualcosa di strano nell'acqua di
Dressrosa. Zoro che offendeva Nami in quel modo, Rufy che si
comportava come una persona normale. Doveva esserci senz'altro un
virus in giro. Probabilmente l'aveva preso pure lui visto che aveva
ringraziato il marimo per il supporto e gli aveva pure dato ragione.
In effetti avrebbe spiegato anche la decisione di Nico Robin di
seguirli ugualmente nonostante non fosse chiaro nemmeno a loro il
genere di rapporto che ancora li teneva insieme che aveva impedito
più volte a ciascuno di uccidere gli altri.
Dopo
qualche
ora aveva dovuto prendere atto che almeno quello che era successo a
Rufy aveva poco a che fare con un virus nell'acqua. Non pensava che
sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe visto il suo amico
diventare protagonista del famigerato colpo di fulmine.
Era
ormai
chiaro a tutti quanti che Rufy si era preso una cotta colossale, non
faceva assolutamente nulla per nasconderlo, anzi. L'unico momento in
cui l'aveva visto distogliere gli occhi da Robin era stato per tirare
un pugno a Zoro per come aveva trattato sua sorella. Mortalmente
distrutto, Zoro non aveva fiatato, Rufy aveva sospirato e l'aveva
aiutato a rialzarsi. E poi aveva ripreso a seguire Robin. Sanji aveva
cercato di ricordare se la decisione di partire con tutti loro era
stata presa mentre il suo cervello era ancora preda dei fumi
dell'alcool.
La
cosa che
Sanji reputava più assurda non era tanto il continuo e
assillante
desiderio del suo amico di sapere sempre dove lei si trovasse, quanto
il fatto che Robin fino a quel momento non si era mai lamentata per
come le stava appiccicato modello 'zecca da campeggio'. Sembrava che
nemmeno le importasse, semplicemente aveva preso a considerarlo quasi
un prolungamento del suo braccio. E si conoscevano da neanche sei
ore!
Sanji
iniziava
a sospettare che forse Rufy non le stava così indifferente
come
aveva sperato all'inizio ma, per lo meno, non era come con le altre.
Lei non aveva mai dato idea di volerlo portare dietro un cespuglio.
Sbuffò
di
nuovo allungandosi sulla panchina per distendere i muscoli. Zoro alla
sua destra fissava gli alberi con sguardo spento e Rufy faceva lo
stesso con il palazzo. Non era nemmeno da prendere in considerazione
l'ipotesi di intavolare una qualche conversazione per passare il
tempo, c'aveva già provato. Una volta li avrebbe presi in
giro fino
allo sfinimento ma sapeva perfettamente come si stava nei panni sia
dell'uno che dell'altro. Non era dell'umore per le battutine
sarcastiche.
L'orologio
segnava le sette di sera e Nico Robin aveva detto che avrebbe finito
in massimo mezz'ora. Doveva terminare un lavoro su commissione e si
erano offerti di accompagnarla. In fin dei conti avrebbero comunque
dovuto aspettare da qualche parte il ritorno di Nami.
Dal
momento
che a lui e a Rufy avevano rubato i cellulari, Sanji aveva dovuto
chiamarla con quello di Robin. Aveva provato con il telefono di Zoro,
ma alla trentasettesima chiamata annullata aveva rinunciato.
Nami
stava
bene, non dovevano preoccuparsi per lei. Sarebbe ritornata
all'appartamento di Viola in serata, doveva fare una certa cosa prima
e Sanji aveva istintivamente guardato l'espressione di Zoro. Sembrava
stesse lottando con tutte le sue forze per trattenere un ringhio e al
tempo stesso aveva sbriciolato il sacchettino che teneva in mano
spargendo patatine ovunque. Non era stato un bello spettacolo.
Robin
era
intervenuta con notevole nonchalance calmandolo con una birra
ghiacciata. Aveva già iniziato a capire come prenderli.
In
quelle ore
insieme avevano appurato che non era stata una loro impressione, la
mora era davvero più grande di qualche anno, di cinque per
l'esattezza. A Rufy non avrebbe potuto importare di meno.
Era
riuscito
ad assicurarsi che non fosse sposata/fidanzata/impegnata/trombamica
di qualcuno semplicemente chiedendoglielo direttamente, alla faccia
del suo mantra 'prendiamola larga'.
Sanji
era
rimasto sconvolto dalla pacatezza con la quale Robin aveva risposto
ad ogni sua singola e stramba domanda, come se fosse assolutamente
normale per lei dare informazioni sulla sua vita privata al primo
sconosciuto che si presentava alla sua porta. Sanji aveva iniziato a
domandarsi se Rufy avesse contrabbandato qualche canna da Elbaf.
Calmi,
pacati,
seri e persi costantemente l'uno negli occhi dell'altro. Avevano
iniziato a fargli davvero paura.
L'avevano
accompagnata fin lì in tram perché lei non aveva
l'auto, nonostante
avessero scoperto con ritrovato sconcerto che possedeva diversi tipi
di patenti, da quella per le moto di grossa cilindrata a quella per
gli ultraleggeri, passando per il brevetto nautico.
In
realtà era
stata una scoperta quella donna. Non solo era bellissima ma anche una
delle persone più intelligenti e impegnate che avesse mai
avuto modo
di conoscere!
Laureata
in
archeologia, passava il suo tempo destreggiandosi tra mille impegni
ed occupazioni. Oltre al suo principale impiego presso il museo di
Storia Naturale, era una creatrice di gioielli, pittrice,
occasionalmente collaborava come restauratrice, creava sculture con
oggetti di riciclo che poi rivendeva -Sanji ne aveva viste diverse in
casa e non sarebbe mai riuscito a credere che da sette lattine di
coca-cola potesse uscire un putto di tale bellezza- ed era scrittrice
freelance. Sommozzatrice esperta, tennista di talento, appassionata
di teatro e di lirica, con un passato da ballerina di danza classica.
Era una seria affiliata di Greenpeace e partecipava attivamente alle
loro battaglie. Faceva volontariato in ospedale e nei rifugi per
animali. Possedeva un deltaplano e faceva paracadutismo. Parlava sei
lingue, tra le quali il finlandese e quando aveva un attimo di tempo,
organizzava raccolte benefiche per favorire l'alfabetizzazione nei
paesi svantaggiati.
Sanji
ricordava di aver guardato con compatimento Rufy e di aver commentato
al suo orecchio che avrebbe dovuto metterci una pietra sopra, era
troppo perfetta per uno come lui. Era sicuro che Rufy non l'avrebbe
ascoltato.
Robin
li aveva
portati fino a quel palazzo perché doveva fare una consegna,
giustamente aveva una vita, un lavoro, delle cose da fare, non poteva
partire allo sbaraglio, ma dopo quell'ultimo compito avrebbe potuto
prendersi dei giorni di ferie.
La
mattina
dopo sarebbero anche potuti partire se solo non fosse aleggiata su di
loro l'incognita di come rimediare cinque biglietti per l'Italia.
Robin aveva spiegato con candore che dopo Flevance, dove si trovava
attualmente, Viola sarebbe volata a Water Seven, la città
d'acqua e
loro contavano di arrivare prima di lei e giocare sul fattore
sorpresa. Certo, questo sarebbe stato il piano se solo avessero avuto
la possibilità di metterlo in pratica. L'unico pensiero al
momento
era su come trovare i soldi per arrivare in Italia, ai biglietti
aerei per tornare a casa ci avrebbero pensato poi.
Sanji
sospirò
affranto mettendosi le mani nei capelli. Era stupito di se stesso per
come stava affrontando la cosa. A Marijoa gli era stato rubato lo
zaino con tutti i soldi e i suoi vestiti, pure il completo elegante
preso a Prodence per l'incontro con Viola, eppure non era ancora
caduto preda della depressione come al solito, anzi nel profondo
sentiva che le cose si sarebbero risolte, in qualche modo. Intanto
aveva ringraziato fino allo sfinimento Robin per aver permesso a
tutti di farsi una doccia e di avergli prestato dei vestiti che aveva
nell'armadio, lasciti di fratelli o cugini vari e anche se aveva
specificato che non fosse necessario, aveva insistito per fare una
lavatrice con le loro cose ed ora erano già pronte, fresche
di
bucato che li attendevano a casa. Sanji ne era stato segretamente
felice, il viaggio della notte prima nel camion di Franky gli aveva
lasciato addosso una vaga sensazione di appiccicaticcio e se proprio
doveva presentarsi a Viola in jeans e maglietta per lo meno lo
avrebbe fatto con indumenti puliti e profumati!
Staccò
senza
ripensamenti il nastro adesivo che teneva incollato Zoro alla
panchina. L'amico lo guardò confuso.
“Non penso
che andrai da qualche parte...” mormorò con
un'alzata di spalle.
Zoro
annuì
massaggiandosi i polpacci dove la pelle aveva iniziato ad arrossarsi.
“Sai vero che se avessi voluto, quello non mi avrebbe di
certo
fermato...”
Sanji
sorrise.
“Lo so. E mi fa piacere che tu abbia deciso di rimanere con
noi di
tua spontanea iniziativa invece di inseguire fantasmi.”
Zoro
grugnì
qualcosa che il biondo non afferrò ma non gli chiese di
ripetere.
Il
pensiero
volò a Nami e a quello che quel cavernicolo si era lasciato
sfuggire
su di lei. Nessuno di loro credeva davvero che Zoro pensasse quello
che aveva detto, era stato di sicuro un malinteso dettato dalla
litigata. Si sarebbe fatto perdonare. Si sarebbe assicurato che lo
facesse.
Rufy
saltò
sull'attenti all'improvviso e uno dopo l'altro anche lui e Zoro
riemersero dai propri pensieri per accogliere il ritorno sorridente
di Robin che scoccò un'occhiata indecifrabile al moro prima
di
rivolgersi a Sanji.
“Mi hanno
chiesto di fare un'ulteriore consegna questa sera. Mi dispiace, so
che siete stanchi ma...” ammiccò in direzione del
palazzo alle sue
spalle “...non è che vi va di venire ad una
festa?”
*
Il
barman
improvvisato mise il suo rhum sul bancone, afferrò le sue
banconote
e passò veloce al cliente successivo senza più
guardarlo. Zoro si
portò il bicchiere alle labbra con assoluta calma, dando le
spalle
al bar. Davanti a lui corpi sudati e indistinguibili si dimenavano
come ossessi sulla pista da ballo illuminati da decine di luci
stroboscopiche. Densi fumogeni rendevano l'aria dentro quel vecchio
casolare satura di odori tossici e fastidiosi, aumentando il suo mal
di testa.
Quando
Nico
Robin aveva detto che li avrebbe portati ad una festa non era
esattamente quello che aveva pensato per concludere degnamente una
giornata già pessima. Vedendo il tipo di donna -elegante e
sofisticata- aveva dato per scontato si sarebbe trattato di una
mostra o di un buffet in un rinomato locale, non certo di un Rave
Party in un sotterraneo. Le persone non erano mai come ti aspettavi
che fossero.
La
musica alta
iniziava a dargli sui nervi ed erano arrivati da nemmeno un'ora, non
sarebbe resistito molto in quel posto infernale se non fosse stato
per l'urgenza di vedere Nami.
Sapeva
che
avrebbe dovuto spiegarsi, dirle sinceramente che era stato un idiota,
che non pensava davvero che lei fosse... Dio, non riusciva neanche a
pensarla quella parola associata a lei.
Lui
voleva
solo proteggerla... aveva bisogno di proteggerla.
Al
telefono
con Sanji non aveva fiatato sul cambio di programma e aveva promesso
che sarebbe arrivata direttamente alla festa. Zoro si era scelto una
posizione strategica -il bar- al solo scopo di avere i due portoni
d'entrata sempre sotto controllo, in perenne tensione e ammazzava il
tempo tracannando rhum. Si aspettava di vederla comparire da un
momento all'altro e il cuore faceva a gara con lo stomaco per
decidere chi due si sentisse più elettrizzato.
Scandagliò
ancora una volta la folla di corpi ammassati insieme, nella
preoccupazione costante di essersi lasciato sfuggire il suo arrivo,
ma non v'era traccia di rosse capigliature. Tra i fumogeni e le luci
stroboscopiche di colorato distingueva solo qua e là le
sculture di
Robin, oggetti troppo grandi e variopinti perché potessero
passare
inosservati.
Erano
venuti a
quella festa per loro. Avevano finito di aiutare Robin a sistemare
nella sala le sculture richieste giusto poco prima che aprissero le
porte e la fiumana di persone vi si riversasse dando luogo a quella
massa informe di corpi accaldati pronti per una notte di follie. Fino
ad una settimana prima avrebbe fatto carte false per partecipare ad
una festa del genere, ora non riusciva nemmeno a ricordare
perché
gli erano sempre piaciute.
Un
lampo
biondo in mezzo al caos attirò la sua attenzione. Sanji
agitava in
aria la sua maglietta dimenandosi su un cubo insieme ad altri due
tizi, probabilmente meno ubriachi di lui, che trasmisero a Zoro
più
di un dubbio sulle loro preferenze sessuali visto come guardavano il
biondo. Come al solito torcigliolo non era capace di darsi un freno
se esisteva la remota possibilità che ci fosse alcool nei
dintorni,
un po' come lui del resto e Zoro si chiese se fosse il caso di
intervenire. Ci pensò qualche secondo, durante il quale il
più
muscoloso dei due tizi prese coraggio e strizzò una chiappa
al suo
amico. Sanji fece un salto alto due metri per lo spavento e
nonostante l'evidente sbronza riuscì ad allontanarsi da loro
prima
che la situazione degenerasse. Ottimo, circostanza risolta senza
intromissioni da parte sua.
Tornò
a
scrutare la gente e individuò senza troppa
difficoltà Rufy. Con
tutto il ben di Dio di cibarie, alcool, donne e allegria che c'erano,
lui stava ancora seduto su quel divanetto nell'angolo e per Zoro non
fu affatto complicato intuire perché. Nico Robin gli era
accanto e
conversava amabilmente -per quanto fosse possibile in quel caos- con
l'organizzatore della festa, tale Aokiji, un uomo altissimo, sulla
quarantina, che le aveva commissionato le opere che ora facevano
bella mostra di sé sparse ingiro. Robin aveva raccontato che
era suo
affezionato cliente da anni, erano amici, non mancava mai di
chiederle qualche scultura particolare per i suoi eventi ed ogni
volta si fermavano volentieri a scambiare quattro chiacchiere. Rufy
aveva mostrato immediatamente di non gradire affatto la cosa.
Zoro
quasi si
strozzò con il rhum cercando di soffocare la risata
spontanea che
gli era sorta alle labbra quando aveva visto Robin curvarsi di mezzo
centimetro verso l'uomo per sentire meglio quello che le stava
dicendo e Rufy fare lo stesso, appiccicandosi praticamente alla sua
schiena pur di non mollarla neanche un secondo.
Si
asciugò distrattamente con il dorso della mano. Era
diventata una
cosa assurda. La donna giusta poteva trasformare un uomo
come
creta... Sua madre e i suoi proverbi. Non se ne sarebbe mai liberato
ma per lo meno doveva ammettere che spesso ci prendeva.
Robin
aveva
letteralmente trasformato Rufy in mezza giornata.
Viola
era
stata il motivo per il quale Sanji aveva attraversato l'Europa.
Un
colpo di
fulmine e la promessa del vero amore... un tempo cose del genere
sarebbero state impensabili. I suoi amici facevano passi da gigante
mentre lui... tornava indietro.
Lui,
nonostante fosse circondato da belle donne -e un paio avessero anche
tentato un approccio bruciato sul nascere dalle sue occhiatacce-, ad
una festa piena di alcool e priva di inibizioni... lui pensava a
Nami. A lei, al suo profumo, ai suoi capelli, alle sue mani, al suo
arrivo, a come se n'era andata, ai suoi occhi che piangevano per
colpa sua. Di nuovo.
Odiarla
per
anni non era servito a niente, dannazione, gli era entrata sotto
pelle.
Avrebbe
dovuto
scusarsi ma non era sicuro di riuscire a reggere il suo sguardo
deluso. Era stato un dannatissimo idiota! Si era ripromesso di
tenerla a distanza eppure senza accorgersi si era avvicinato troppo
un'altra volta, non riusciva più a raccontarsi che voleva
solo
esserle amico e proteggerla. Se fosse stato davvero così il
nodo
nello stomaco sarebbe sparito dopo aver saputo che quel Law non aveva
cattive intenzioni. Invece il dolore si era intensificato e ormai
faceva fin troppo male per riuscire ad ignorarlo.
Aveva
lasciato
che la gelosia prendesse il sopravvento e si, nonostante si desse
spesso dell'idiota, non era stupito. Aveva capito una frazione di
secondo dopo averla vista preoccuparsi per Law che quella che gli
bruciava nel petto era gelosia pura e semplice.
La
voleva per
sé.
Non
era stata
una scoperta poi così sconvolgente, era come se l'avesse
sempre
saputo a dire il vero, ma rendersene conto non aveva reso le cose
più
facili.
Sapeva
che
Nami aveva iniziato a provare qualcosa per lui. Aveva fatto finta di
niente per tutto il tempo ma quegli occhi non riuscivano a mentire
quando lo guardavano. Nami si stava innamorando di lui e per quanto
la cosa galvanizzasse il suo cuore, aveva già deciso di
darci un
taglio. Non pensava che comportarsi civilmente con lei l'avrebbe
portata a questo, ingenuamente aveva sperato nella nascita di una
bella amicizia. Per certi versi si sentiva un ragazzino alla sua
prima cotta ma la ragione gli diceva di andarci piano. Si era detto
che bastava tenere le debite distanze e l'attrazione che già
provava
per lei sarebbe potuta restare tale senza sfociare in altro. Nami
avrebbe capito presto che tra loro poteva esserci solo amicizia e lui
non si sarebbe innamorato di lei, a costo di sforzarsi, non avrebbe
ceduto. Poteva tranquillamente gestirlo, ne era sicuro!
Nonostante
tutti i suoi buoni propositi aveva scoperto di essere un terribile
egoista. Adesso che aveva la possibilità di passare del
tempo di
qualità con lei non riusciva a rinunciarci. Invece di
tenerla a
distanza non era capace di staccarsi da lei, come fosse stata una
dannata calamita! Ogni tentativo fatto per non innamorarsi era
fallito. Ammettere ufficialmente a sé stesso di essere
geloso voleva
dire essere arrivato alla frutta. Il terrore di aver capito tutto
quando ormai era tardi per tornare indietro, la certezza di non
volerla coinvolgere in quel gran casino che era la sua vita, unita
all'irrazionale desiderio di averla per sé, l'avevano fatto
scoppiare ed aveva agito solo d'impulso.
L'aveva
offesa
e fatta piangere. D'accordo, voleva darci un taglio ma non voleva
farsi odiare di nuovo! Aveva esagerato e doveva rimediare, tuttavia
quella era stata solo l'ennesima conferma. Non potevano stare
insieme! Non sarebbe mai stato un buon ragazzo per lei, l'avrebbe
solo fatta star male e alla fine sarebbe successo quello che voleva
evitare da sempre. La sua luce si sarebbe spenta per colpa sua. Non
l'avrebbe mai permesso, non avrebbe ripetuto quell'errore. Solo lui
doveva soffrirne, sarebbe stata la sua punizione.
Mandò
giù
d'un fiato il contenuto del bicchiere, sancendo così la
decisione e
cercò con tutte le sue forze di non fare
caso alla
contrazione dolorosa che era nata spontanea nel suo stomaco quando
aveva ricordato che Nami era quasi certamente in compagnia di Law in
quel momento. E magari l'aveva già dimenticato.
“Zoooorooooo!!!”
Alzò
un
sopracciglio evitando per un soffio di vedersi crollare addosso la
stazza barcollante di Sanji, emerso dalla folla all'improvviso.
“Che faaai
quiiii da sciolooo, marimooo?? Non fareee il guaaastafeste!!”
Zoro
roteò gli occhi aiutandolo a poggiarsi al bancone del bar.
Torcigliolo era ubriaco marcio di nuovo, doveva ricordarsi di
impedirglielo la prossima volta. Toccava sempre a lui poi dargli una
mano e iniziava ad esserne stufo.
“Lo sciai??
Domaaani vedo Viooolaaa!!” esclamò quello d'un
tratto con sguardo
sognante e Zoro ridacchiò suo malgrado.
“È vero.”
confermò.
“Daa domiani
metto laaa teesta a posto! Baasta alcool.. donnee.. feeste..!!
Vivrò
scioolo per leiii!!”
Sanji
gli si
fece più vicino abbassando all'improvviso il tono tanto che
dovette
curvarsi per riuscire a sentirlo. “Dovresti farlooo puuure
tiu,
saiii marimo!”
Zoro
deglutì
sonoramente.
“Pierchèèè
non dici a Nami cheee vuuuoi stare con lei? Sei un creetino, loo
sciai??” Sanji strinse gli occhi. “È
iniutilee che fai la morale
a mee se tiuu sei piùù coglionee!! See non tii
muovi la pierdi!!”
Zoro
trattenne
il fiato. Accidenti a Sanji e al suo maledetto occhio attento! Da
quando gli interessava la sua vita sentimentale?
Quello
proseguì indefesso come se non avesse notato il cambiamento
di
postura del suo amico. E forse era proprio così.
“Perfiino Rufy si
è trooovato una ragazza!”
Zoro
andò con
lo sguardo ai due sul divano, notando che erano finalmente rimasti
soli e parlavano fitto, le teste a tre centimetri di distanza,
irrimediabilmente persi l'uno nell'altra. Come aveva già
detto...
una cosa assurda!
Sanji
voltò
la testa illuminandosi d'un tratto. “Ooooh, sciei arriiivata
miaa
scirenaa ramata!!”
Zoro
sentì il
cuore uscirgli dal petto a quelle parole. Si voltò cauto
verso la
direzione indicata da Sanji e la vide. Nami era finalmente arrivata e
lui sentì la muscolatura rilassarsi, nemmeno si era accorto
della
rigidità mantenuta fino a quel momento.
La
vide
sorridere a Sanji e avvicinarsi a loro. Si era cambiata, truccata e
pettinata ed era bellissima. Non riuscì ad impedire al suo
cervello
di pensare che per lui lo era già anche senza tante
preparazioni ed
evitò di focalizzarsi su dove avesse preso quel vestito e su
dove si
fosse cambiata. Era arrivata, era sana e salva e sembrava anche
felice, quello bastava.
Nami
si fermò
a pochi passi da loro scrutando Sanji con aria critica.
“Oddio, sei
ubriaco di nuovo? Ma non avevi detto che avresti smesso?”
Sanji
si portò
una mano sul cuore. “Proometto cheee è l'iultima
voolta!” e Zoro
dovette soffocare un gemito di esasperazione. Si, come no?
Nami
lo guardò
un attimo come se si fosse accorta solo in quel momento che c'era
anche lui. Con le luci basse non l'aveva visto e
indietreggiò
istintivamente di un passo. Zoro fece finta di non essersene accorto.
Nonostante
l'alcool, Sanji sembrò intuire che nessuno gli credeva.
“Lo
giiuurooo!!” esclamò agitando le braccia come a
dare più enfasi
alle sue parole. “Non mi creeedete maiii!”
“È
difficile crederti quando lo dici ogni volta...”
mormorò Zoro
incrociando le braccia. “Ma non siamo i tuoi genitori,
torcigliolo...”
Nami
diede man
forte con un filo di voce. “Non devi tenere conto a... a noi,
Sanji. Puoi fare quello che vuoi...”
“Si, ha
ragione...”
Per
un attimo
Zoro e Nami si scambiarono uno sguardo e il cuore di lui si
impennò
ma ebbe vita breve, lei distolse gli occhi immediatamente. Non ci
rimase troppo male solo perché il loro amico scelse proprio
quel
momento per portarsi una mano alla bocca nel chiaro tentativo di
frenare un conato e lui si preoccupò di allontanarsi.
“D-dievo...
scusateeee!!”
Zoro
guardò
stupito il suo amico correre via diretto ai bagni e sentì
nascere in
viso un sorrisino di scherno che morì quasi subito nel
realizzare
che Sanji se n'era andato.
E
lui era
rimasto solo con Nami.
*
Sanji
si tenne
la bocca con la mano, correndo verso il bagno. Ci si fiondò
dentro
nascondendosi dietro la porta sperando che il marimo non fosse tanto
idiota da pensare di seguirlo per aiutarlo.
Aspettò
qualche secondo ma non vide entrare nessuno, si decise allora a
sbirciare.
Zoro
era
ancora al bancone, con un'aria da cane bastonato e là
accanto Nami,
ferma nella stessa posizione, evitava come la peste di guardarlo. Non
si erano ancora parlati, ma Sanji era fiducioso.
Fingersi
ubriaco non era stata la genialata del secolo ma per lo meno aveva
dato modo a quei due di rompere il ghiaccio. Quando l'aveva vista
entrare aveva agito rapido e si era diretto apposta barcollante verso
il suo amico. Nami non si sarebbe nemmeno avvicinata a Zoro quella
sera, era stata chiara al telefono. Farli preoccupare per lui era
stata l'unica cosa che gli era venuta in mente perché
riuscissero ad
avere un punto d'incontro. E adesso li aveva lasciati soli apposta.
Sanji
sperò
con tutta l'anima che il marimo non fosse il coglione che lui stesso
spesso dipingeva e le facesse delle vere scuse. Quelle giuste, del
tipo 'ti ho sempre amato-non volevo farti star male-scusa se
sono
un imbecille-resta con me tutta la vita-sposami'. No ok,
forse
per l'ultima parte era ancora presto, ma fino ad imbecille
sperava ci arrivasse! Volevano le stesse cose, cosa accidenti ci
voleva a capirlo? Aveva dovuto mettersi in mezzo lui!
Sbirciò
di
nuovo, stando attento a non essere scoperto. Erano ancora lì
ma Zoro
aveva aperto bocca! Stava parlando, si ne era certo! Peccato non
riuscisse a distinguere il labiale tra i fumogeni e le luci!
Estrasse
il
pacchetto di sigarette e uscì furtivamente dal bagno. Fece
segno a
Robin che usciva a fumare e lei annuì con un sorriso che si
allargò
quando tornò a posare gli occhi su Rufy.
Sanji
scosse
il capo, tremendamente divertito e lanciò un'ultima occhiata
al
bancone prima di oltrepassare la porta antincendio.
Erano
zitti
entrambi ed evitavano gli sguardi ma per lo meno Nami non se n'era
andata. Se ancora non stavano radendo al suolo il locale poteva
considerarlo un passo avanti o, per lo meno, sperò che fosse
un
passo avanti.
*
Zoro
aveva
seriamente preso in considerazione l'idea di tallonare Sanji e
obbligarlo con la forza a restare con loro. Poteva pure vomitargli
sulle scarpe per ripicca, non gliene sarebbe fregato di meno!
Per
un
glorioso attimo pensò di farlo davvero ma passò
veloce com'era
arrivato. Non poteva farlo, doveva affrontarla, era arrivato il
momento. L'aspettava da tutto il pomeriggio ma all'improvviso il bel
discorso che si era preparato sembrava sciatto, privo di senso e di
tatto, assolutamente non degno di venire espresso.
La
guardò con
la coda dell'occhio, era sinceramente sorpreso che fosse ancora
lì.
Lo sguardo che gli aveva lanciato quand'era arrivata la diceva lunga
su quello che pensava di lui, eppure non si era allontanata. Se non
fosse stato assurdo avrebbe detto che voleva offrirgli una
possibilità per farsi perdonare.
Si
schiarì la
voce, grato che le luci stroboscopiche permettessero alla sua faccia
di prendere fuoco senza il bisogno di farlo sapere a tutti.
“Stai...
stai bene vestita così...”
Nami
arcuò un
sopracciglio e lo degnò appena di un'occhiata.
Zoro
si morse
la lingua, imprecando tra i denti. Ed ecco che se ne andava la sua
pseudo possibilità.
D'accordo,
forse avrebbe dovuto iniziare in maniera diversa. Forse dipendeva dal
volume della voce. Forse non aveva capito che era un complimento.
Forse l'aveva offesa di nuovo. Forse pensava che volesse dire che
come si vestiva di solito faceva schifo. Forse torcigliolo lo aveva
contagiato con le sue inguaribili seghe mentali!
Era
frustrante, non riusciva a capire se fosse arrabbiata o -peggio-
delusa, ma prima che potesse dichiarare la propria morte cerebrale,
Nami parlò. E senza traccia di risentimento. Più
precisamente senza
alcun tipo di emozione. “È di Robin. Mi sono
cambiata da lei prima
di venire. Mi aveva lasciato le chiavi sotto lo zerbino.”
proclamò
con un'alzata di spalle, come se avesse recitato la lista della
spesa.
Zoro
valutò
se quella apatia potesse essere una cosa positiva o negativa per la
sua causa.
Decise
di
proseguire sulla strada già tracciata. Tanto peggio di
così... “Ti
sta davvero bene!”
Nami
non lo
guardò. “Grazie.”
Zoro
espirò
pesantemente col naso. L'imbarazzo era talmente palpabile che avrebbe
potuto tagliarlo con un coltello. Perché continuava a
girarci
attorno? Doveva solo dirle chiaramente che gli dispiaceva, non ci
voleva niente in fin dei conti. E magari aggiungerci che era un
imbecille, si quello ci stava sempre bene. Magari l'avrebbe fatta
ridere. Gli piaceva vederla ridere.
Prese
fiato,
sentendo il coraggio tornare. “Nami...”
Si
fermò
inorridito spalancando la bocca. Aveva dimenticato cosa doveva dirle!
Sentiva il cuore pompare nelle orecchie, era assordante da ascoltare,
più delle musica alta e molto più fastidioso.
Lei
si voltò
a guardarlo e quegli occhi tremendamente pieni di aspettativa lo
fecero vacillare. Scioccamente pensò di fuggire, ma fu il
pensiero
di un attimo. Non poteva e probabilmente vista la situazione ne
avrebbe ricavato un occhio nero da Sanji.
“Scusa!”
esclamò d'impulso. “Ho reagito male! Ho... io
pensavo che quel
ragazzo ti stesse importunando e ho agito d'impulso. Sono stato
stupido, soprattutto per come ti ho aggredito. Non penso a te in quel
modo, te lo giuro! Non potrei mai pensare a te in
quel modo!”
Zoro
prese
fiato. Aveva detto appena poche frasi ma si sentiva come se avesse
corso una maratona. Il suo cuore per lo meno ne era convinto.
Nami
lo stava
scrutando, impassibile. “D'accordo.”
dichiarò alla fine tornando
a guardare la pista davanti a loro.
Zoro
batté
gli occhi, preso alla sprovvista. Non era proprio la reazione che si
aspettava.
Le
bastavano
davvero come scuse? Perfino per lui erano suonate stupide e prive di
senso. Stava già pensando a come potersi scusare meglio, gli
si
stava formando in testa un discorso perfino migliore di quello che
aveva dimenticato! E in questo avrebbe evitato di dirle che la voleva
solo come amica, era più importante farle capire quanto
voleva che
facesse parte della sua vita. In un modo o in un altro.
Zoro
deglutì,
deciso a spiegarsi meglio, non poteva lasciare le cose com'erano.
“Nami...”
“Vuoi
ballare?”
Si
era voltata
sorridendo appena, indicando la pista con un cenno. Zoro
strabuzzò
gli occhi, interdetto. Che cosa?
“Come?”
“Ho detto:
vuoi ballare? Con me?” disse ridendo, scandendo bene le
parole come
se stesse parlando con un sordo.
Zoro
non se
l'era immaginato. Lo aveva davvero interrotto per chiedergli di
ballare.
Rimase
fermo
per un attimo. Quel sorriso era sincero. Lo aveva perdonato. Per
qualche motivo divino, l'aveva perdonato!
Annuì
cercando di trattenere l'euforia. Se lei avesse continuato a
sorridere così sarebbe diventato sempre più
difficile mantenere la
sua promessa. In quell'istante avrebbe solo voluto baciarla e
toglierle il fiato.
Lo
portò
vicino alla pista e Nami non smise di sorridere quando gli mise le
braccia dietro la testa, coinvolgendolo in un ballo lento nonostante
la musica inadeguata.
Zoro
la
strinse piano a sé, ancora incredulo. Non aveva detto
nemmeno la
metà di quello che si era preparato. Non era riuscito a
dirle che
era meglio restare amici, che era la cosa migliore per entrambi. Non
era riuscito a dirle che la trovava bellissima e amava sentire il suo
cuore scoppiare nel petto quando lo guardava. Non si era nemmeno
scusato per bene per averla offesa ma lei aveva capito lo stesso.
L'aveva perdonato e a lui non interessava altro al momento, non
avrebbe voluto altro. I grandi discorsi non servivano tra loro,
l'aveva sempre saputo. Non c'era bisogno di esprimere opinioni,
né
di giustificare le proprie ragioni. L'aveva quasi persa, voleva solo
sentirsela addosso e respirarla, di nuovo in pace.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** It's Good to be in Love ***
Chissà
qual era stata, tra le tante divinità che venivano adorate
nel
mondo, quella che aveva decretato che il tempo dovesse trascorrere
più lentamente se aspettavi qualcosa. Probabilmente una di
quelle
buddiste... ne hanno sempre una per ogni occasione. Sanji
però era
certo che tale sarcastica divinità non avesse una donna in
un altro
stato che rischiava di sparire di nuovo da un momento all'altro o si
sarebbe risparmiato una legge universale tanto cretina. Per lo meno
per una questione di tatto.
Si
poteva buttare anche sul filosofico: l'attesa del piacere
è essa
stessa un piacere! …..eccone un altro che doveva
lavorare sulla
propria condizione di single incallito.
Poi
c'erano i proverbi. Uno cinese molto vecchio diceva che a chi sapeva
attendere, il tempo avrebbe aperto ogni porta. L'aveva letto in un
bagno dell'autogrill. Ora che ci pensava poteva assumere svariati
significati.
Aspettare
in spagnolo si diceva 'esperar'. Una coincidenza piuttosto buffa in
effetti. Lui continuava esattamente a fare quello... aspettava e
sperava. Sembrava un segno del destino o forse il vocabolario aveva
iniziato a perdere pagine per l'usura.
Aspettare...
aspettare e basta. Non doveva fare altro. Sanji si grattò la
testa,
stanco morto e si accomodò meglio.
Beh,
certo, se per lui non era facile quell'attesa non voleva nemmeno
pensare a come la stesse vivendo il marimo. Se ne stava seduto
laggiù
da solo, vicino alla finestra, facendo finta di essere calmo e
tranquillo ma Sanji vedeva le sue mani strette a pugno e solo da
quelle traspariva tutta l'ansia che lo attanagliava.
Nami
se n'era andata ancora, ma stavolta perlomeno non in lacrime.
Sanji
non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo la
notte
precedente a quella festa sgangherata dove Robin li aveva trascinati.
Lui era uscito a fumare e li aveva lasciati soli a molleggiare
pigramente in mezzo a decine di corpi esaltati che ballavano. Al suo
ritorno li aveva trovati già al tavolo a chiacchierare con
Rufy e
Robin e aveva dovuto fingere che l'aria fredda della notte l'avesse
fatto tornare in sé.
Zoro
e Nami erano assurdamente sereni. La curiosità lo stava
divorando
vivo ma aveva preferito non chiedere. Non era successo praticamente
nulla tra di loro (Robin stessa glielo aveva confermato), eppure
sembrava fosse successo tutto.
Dopo
una notte movimentata passata per lo più sveglio -troppo in
ansia al
pensiero di essere ad un passo da Viola e non sapere come fare per
raggiungerla- si era alzato dal divano di Robin con un cerchio alla
testa che per una volta non aveva nulla a che vedere con l'alcool e,
mentre facevano colazione tutti insieme, Nami aveva lanciato la
bomba.
Sapeva
come rimediare i soldi per arrivare a Water Seven ma -e aveva
guardato seria il marimo- dovevano lasciarla andare sola e non
dovevano chiederle spiegazioni. Li aveva liquidati con un 'fidatevi
di me' tremendamente deciso.
Robin
non aveva commentato, in fin dei conti non aveva motivo per dubitare
della sua parola ma Sanji e Zoro non erano stati dello stesso avviso.
Il
biondo si era fatto promettere che fosse una cosa legale. Era la sua
meravigliosa dea scesa in terra come un angelo per risplendere ecc
ecc.. ma era pur sempre di Monkey. C. Nami che si parlava e non aveva
fama di andarci per il sottile. Sanji non ci teneva a iniziare la sua
vita di coppia con un furto sulla coscienza.
Zoro
aveva avuto ben altri tipi di quesiti per la testa. Nami gli si era
avvicinata e gli aveva fatto una carezza sulla guancia, aveva
bloccato sul nascere ogni sorta di contestazione con quell'unico
gesto. Lo aveva guardato negli occhi e gli aveva chiesto con un
respiro di fidarsi di lei. Era bastato davvero solo quello per
tranquillizzare il marimo.
Nami
era uscita la mattina presto e alle dieci non era ancora tornata,
Sanji iniziava a notare segni di cedimento nella maschera
imperturbabile di Zoro.
Robin
aveva rassicurato tutti che Viola sarebbe rimasta di certo a Water
Seven fino al giorno dopo, ma non aveva idea di cosa avrebbe fatto da
quel momento in poi. Probabilmente l'avrebbe saputo quando sarebbe
stato troppo tardi. L'idea iniziale di prenderla di sorpresa prima
che arrivasse in Italia era sfumata prima ancora di poter diventare
una possibilità concreta e nel frattempo loro potevano solo
aspettare che Nami tornasse con i soldi.
Sanji
lanciò un'altra occhiata nervosa a Zoro, ancora immobile
davanti
alla finestra ad attendere il ritorno della loro amica. Aveva saputo
con ritrovato stupore -estorcendolo con la forza alla stessa crapa
verde- che in quel momento con tutta probabilità Nami era in
compagnia di un ragazzo, lo stesso che li aveva fatti litigare il
giorno precedente e Sanji doveva ammettere che se non fosse stato per
le mani che pregiudicavano tutto, avrebbe ritenuto assolutamente
ammirevole il suo savoir-faire.
Rufy
gli passò davanti a passo di marcia. Rischiava di rimanere
quasi
soffocato dalla quantità di libri e vestiti che teneva in
mano, ma
resisteva stoicamente dal fare due giri. Poteva pure slogarsi una
spalla non gli importava, tutto pur di far vedere a Robin quant'era
bravo mentre l'aiutava a preparare la valigia. Sanji scosse la testa
e si alzò dal divano per dargli una mano. Avrebbe lasciato
volentieri Rufy alla sua dimostrazione di forza, ma non aveva di
meglio da fare e l'ansia lo stava uccidendo.
Il
campanello risuonò nella casa silenziosa nello stesso
momento in cui
Robin chiudeva la zip e Zoro scattò immediato verso la
porta. Quella
che si trovò davanti non era la stessa Nami speranzosa che
era
partita quella mattina e il ragazzo sentì una fitta.
“Che
cosa è successo?”
Lei
scosse il capo affranta e lo prese per mano portandolo in soggiorno
dove gli altri si erano già radunati in attesa di risposte.
Nami
sospirò seria. “Scusatemi se vi ho fatto aspettare
così tanto...”
deglutì guardandosi le scarpe. “La buona notizia
è che ho trovato
i soldi per tornare a casa!”
Rufy
sorrise battendo le mani ma Sanji lo fermò con un gesto.
“E la
brutta?” chiese sentendo l'esitazione nella voce dell'amica.
“...non
li avrò prima di domani.” dichiarò lei
lapidaria.
Uno
dopo l'altro si guardarono confusi e Nami smise di girarci intorno.
“Quando
eravamo in Belgio ho conosciuto un ragazzo alla stazione. Abbiamo
bevuto un caffè e fatto due chiacchiere. Era carino, molto
intelligente, mi aveva fatto un'ottima impressione e sembrava il
classico incontro simpatico destinato a rimanere tale, ma quando
siamo arrivati qui l'ho rivisto e anche lui mi ha
riconosciuto...”
fermò un attimo il racconto per stringere maggiormente la
mano a
Zoro. Non l'aveva mai lasciata.
“Mi
ha visto lavorare sul mio albo e mi ha fatto sapere senza mezzi
termini che considerava i miei disegni dei capolavori!”
abbozzò
una risatina imbarazzata. “Ho realizzato che non ci stava
provando
quando mi ha mostrato il suo biglietto da visita e ho rischiato
seriamente di svenire lì sui gradini!” Nami
tirò fuori dalla
tasca un cartoncino dorato e lo passò a Sanji -il
più vicino- che
strinse gli occhi, non capendo. Robin, da sopra la sua spalla,
trattenne il respiro. Strappò il bigliettino dalle sue mani
per
accertarsi di aver letto bene e poi guardò sconvolta la
rossa.
“Hai
conosciuto Trafalgar D. Law??”
Nami
ridacchiò. “Non pensavo fosse così
giovane!” ammise. “Sono
impallidita come te quando ho capito chi avevo davanti!”
Zoro
aggrottò le sopracciglia. Ricordava quel passo indietro, era
il
motivo per il quale aveva estratto la spada.
Robin
continuava sconcertata a guardare il biglietto da visita ma nessuno
degli altri tre riusciva a capire perché quel nome fosse
così
importante. A loro non diceva nulla e a Rufy iniziava a dar fastidio
che Robin lo guardasse come una reliquia.
“Ha
detto davvero che i tuoi disegni erano capolavori?” stava
chiedendo
Robin ammirata ma prima che Nami potesse rispondere Sanji si mise in
mezzo esasperato.
“Scusate,
chi accidenti è Trafalgar Law??”
Nami
e Robin si voltarono sorridenti verso di lui e la mora rispose per
entrambe. “È uno dei critici d'arte più
stimati d'Europa! Gira il
mondo a caccia di nuovi artisti, chiunque sia nel settore desidera
avere un'occasione con lui ma è molto selettivo.”
poi guardò di
nuovo la rossa sorridendole senza riserve, lasciando cadere del tutto
l'aura di autorevolezza che emanava. “Devi avere davvero un
gran
talento! Io pagherei letteralmente qualsiasi cifra per sentirlo fare
un apprezzamento ai miei lavori!”
Nami
arrossì. “Mi ha detto che meritavano di stare in
una galleria
d'arte, che poteva aiutarmi a farmi conoscere ma io all'inizio non ne
ero convinta.” mormorò piano.
Robin
non fu l'unica a sgranare gli occhi.
“Era
questo che intendeva??” le chiese Zoro sconvolto.
“Voleva che
esponessi i tuoi disegni?”
Nami
lo guardò con la coda dell'occhio.
“Già...”
Zoro
si sentì improvvisamente molto idiota.
“E
hai accettato?”
Nami
sorrise. “Si.”
“Quale
galleria?”
“La
Fisher.”
Robin
si portò una mano alla bocca. “Ora sono ancora
più invidiosa!”
esclamò ridacchiando.
“Law
ha revisionato tutti i miei disegni e questa mattina avevamo
appuntamento alla galleria così avrei conosciuto la
curatrice delle
mostre e visto lo spazio espositivo. Li presenteranno tra un mese
insieme a quelli di altri giovani autori in una mostra dedicata ai
nuovi talenti. Hanno deciso di esporre tutti quelli che avevo
già
completi, tranne un paio che ho deciso di tenere per me e mi hanno
devoluto una cifra da capogiro! Ve lo giuro, dire che è
stato
emozionante è troppo poco! Per tutto il tempo ho pensato che
mi
stessero facendo un orribile scherzo!”
Rufy
la guardò sinceramente felice. “Allora non erano
solo disegnetti!”
“Imbecille...”
lo redarguì Sanji.
Rufy
lo ignorò. “Hai detto una cifra da capogiro...
quanto esattamente
da capogiro?”
Nami
sorrise. “Abbastanza per pagare il volo di ritorno per tutti.
Più
hotel, trasporti, cibarie per i prossimi giorni... oltre ad una
macchina nuova per la mamma e una per me!”
Sanji
fischiò in segno di apprezzamento.
“Incredibile!”
Nami
era sempre più raggiante ma Zoro riuscì a
cogliere un dettaglio nel
suo racconto che forse era sfuggito ai più.
“Questo significa che
i disegni resteranno in Spagna?”
La
rossa guardò l'amico dalla testa verde, perplessa.
“Beh, si...
rimarranno esposti qui. Li ha comprati la galleria.”
Zoro
deglutì piano cercando di trovare le parole giuste.
“Ma... erano
importanti per te!”
Nami
sussultò e nella stanza calò il silenzio. Sanji
si mosse irrequieto
sul posto.
La
ragazza fece spallucce. “Erano solo disegni!”
dichiarò serena.
“Posso farne quanti ne voglio!” si voltò
verso Sanji che la
guardava abbattuto. “Invece tu con Viola avrai solo questa
occasione. Il vero amore arriva un'unica volta... ” strinse
maggiormente la mano a Zoro tornando a guardarlo. “Non mi
sarei mai
perdonata se non avessi fatto tutto il possibile!”
A
Zoro si mozzò il fiato e strinse di rimando la sua mano, non
volendola lasciare andare e odiandosi per come quegli occhi
luccicanti lo facevano sentire bene. Non l'avrebbe mai meritata.
Con
gli occhi lucidi Sanji le si avvicinò per abbracciarla, per
una
volta senza secondi fini. La strinse appena per le spalle e le
mormorò un grazie sottovoce, ritirandosi
subito prima di
scoppiare in lacrime come una femminuccia. Nami si sentì
sopraffatta
per un attimo dalla commozione di quel gesto.
“Non
pensavo che ti avrei mai visto lasciar andare volontariamente una
cosa a cui tenevi per far felice qualcun altro...”
esclamò Rufy
ridacchiando e schivando all'ultimo un pugno della sorella che gli
sorrise asciugandosi gli occhi.
“Taci
tu, sennò ti lascio qui!”
Robin
sorrise enigmatica, probabilmente non le sarebbe dispiaciuto.
“Dicevi
che ti pagheranno solo domani però...”
Nami
si rabbuiò. “Si, è l'unico
inconveniente. E senza soldi non
possiamo comprare i biglietti per l'Italia.”
Sanji
tirò su col naso, sprofondato in poltrona. “Fa
nulla, Nami-swan.
Hai fatto fin troppo! Possiamo aspettare ancora!”
“Ma
non è giusto!” continuò lei con
fervore. “Ti meriti di avere il
tuo lieto fine, Sanji...”
Il
cuore di Zoro schizzò fuori dal petto a quelle parole e
credette di
essere arrivato al punto di non ritorno quando per un istante gli
parve che non fossero riferite solo al suo amico.
Non
poteva, non doveva essere così. Come poteva pensare di
lasciarla
andare se era così dolce e meravigliosa?
Sanji
le sorrise commosso. “Mi piacerebbe essere in Italia
già stasera,
ma non possiamo fare di più...”
“Un
attimo...”
Uno
dopo l'altro tutti si voltarono verso Rufy che aveva allargato le
braccia colto da una folgorazione. “Ho io la
soluzione!!”
*
“Chiamare
Franky! Rufy, sei un genio!!!”
Sanji
mollò entusiasticamente una pacca poderosa sulla spalla
dell'amico
che rispose con un ghigno compiaciuto sistemandosi bene sul sedile
del camion.
Chi
l'avrebbe mai detto che il numero di un camionista europeo li avrebbe
davvero aiutati? Nessuno ci avrebbe scommesso il penny di Izou.
Rufy
aveva chiacchierato con lui tutto il tempo mentre loro dormivano
quand'erano diretti a Dressrosa ed aveva saputo che l'uomo la sera
dopo sarebbe partito per la Croazia. Complice la cartina dell'Europa
che Robin aveva aperto per mostrare a tutti dove fosse Water Seven,
Rufy aveva per puro caso notato che Franky, per arrivare in Croazia,
sarebbe passato per il nord Italia e quindi vicinissimo a dove
dovevano andare loro! I suoi neuroni si erano incredibilmente
connessi nel modo giusto e lo aveva rintracciato un attimo dopo aver
ricevuto l'abbraccio stupito ma grato di Nami per aver risolto il
loro problema! Era in quegli sprazzi di genialità che lo
riconosceva
davvero come suo fratello -non si faceva scrupoli a dirglielo-!
Il
camionista aveva risposto al terzo squillo ed ora il confine spagnolo
era già un ricordo. Avevano dormito tutta la notte nel
cassone e
sarebbero arrivati a Water Seven in tarda mattinata, Sanji non stava
più nella pelle.
“Grazie
per il passaggio, Franky! Davvero, mi hai salvato!”
proclamò il
biondo con un sorriso mettendosi a sedere davanti con l'omone dopo
che Rufy gli aveva ceduto il suo posto.
“Di
niente amico! Sono felice di avere compagnia!”
esclamò quello
togliendosi gli occhiali da sole. “E poi te l'ho
già detto,
fratello! Basta aspettare! Finalmente a Water Seven incontrerai la
tua bella!” poi lo guardò con la coda dell'occhio
in tono
cospiratore. “...mi auguro che tu sia preparato per il grande
incontro!”
Sanji
quasi si strozzò con la sigaretta a quelle parole.
“Pr-preparato...
io.. beh, si ovvio!” ridacchiò nervosamente
cercando l'accendino
nelle tasche come se ne andasse della sua vita.
Franky
sollevò un sopracciglio. “Nel mio camion non si
fuma.” dichiarò
lapidario.
Sanji
arrossì. “Oh, si certo! Non c'è
problema!” e mise via la
sigaretta.
L'uomo
sorrise al suo imbarazzo. “Non sentirti a disagio. La prima
volta
arriva per tutti, non occorre fumare per sfogare il
nervosismo!”
Sanji
sgranò gli occhi. “CHE COSA??”
Dopo
aver ceduto il suo posto davanti, Rufy era scivolato dietro dove
c'erano gli altri per sedersi vicino a Robin che scorreva pigramente
con il dito sul cellulare. Alla vista del moro gli sorrise dolcemente
e si spostò per fargli posto.
Zoro
lo guardò con un sospiro appropriarsi della mano della
ragazza e
lasciarle un piccolo bacio sul dorso prima di mettersi con lei
tranquillo a guardare il telefono.
Riuscì
a sentire alcuni sprazzi di conversazione dall'angolo in cui si era
sistemato -per lo più nomi- e capì che Robin gli
stava mostrando
alcune fotografie.
“Lui
è lo zio Clover. O meglio, è lo zio di mia madre,
ma lo è sempre
stato anche per me, ci sono molto affezionata! Questa invece
è mia
madre Olvia.”
“È
bella come te!”
“Grazie...
mi ha cresciuta da sola. Non so nemmeno chi sia mio padre...”
“Mi
dispiace molto...”
“È
acqua passata, ormai... oh, lei invece è la bisnonna Tsuru!
Ha quasi
cent'anni ma è ancora capace di fracassarti i timpani se non
fai
come dice. Ah, mi raccomando, finché non avrà
instaurato un
rapporto di familiarità, è meglio per te se la
chiami 'signora', ci
tiene molto a queste cose!”
“Non
è un problema! Che vecchina simpatica!”
Zoro
dovette battere gli occhi un paio di volte per essere sicuro di aver
sentito bene.
Robin
non gli stava mostrando delle foto, Robin stava presentando a Rufy la
propria famiglia! Come faceva chi sapeva che presto avrebbe
incontrato dal vivo quelle persone e voleva che il proprio fidanzato
fosse preparato!
Già
questo di per sé era sconcertante, ma quando poi li
sentì discutere
se fosse meglio il glicine o il rosa confetto per i centrotavola del
ricevimento, decise di darci un taglio. I suoi neuroni non avrebbero
potuto sopportare Rufy che rispondeva sinceramente ad una domanda del
genere! Si alzò in fretta dal suo angolo per allontanarsi
dalla
coppia.
Passò
dietro alla postazione di guida sentendo le voci concitate di Franky
e Sanji che discutevano sui pregi e difetti del fumo... e non solo.
“Franky,
falla finita, non sono vergine!!!”
Zoro
preferì soprassedere anche quel discorso.
Gli
venne automatico cercarla con gli occhi. Se ne stava in disparte,
vicino al fondo del cassone, nell'unico punto dove la luce dell'alba
arrivava ad illuminare la pagina bianca del suo albo.
Lo
teneva poggiato sulle ginocchia ma non aveva disegnato ancora nulla,
semplicemente se ne stava lì a guardare fuori, persa nei
suoi
pensieri e per Zoro il desiderio di andare da lei, di sederlesi
accanto, era pressante.
Ma
si era imposto di non farlo.
Magari
non voleva essere disturbata, magari lo riteneva ancora l'idiota che
le aveva fatto un'inutile e dannosa scenata di gelosia per una
sciocchezza. Forse era meglio lasciarla stare.
Il
tempo che gli ci volle per rimuginare tra sé e sé
quale fosse la
cosa giusta da fare, Nami lo spese accorgendosi di lui e facendogli
cenno di sedersi con lei.
Zoro
si avvicinò con passo incerto, felice di vederla serena,
cadendo a
peso morto al suo fianco, in piena luce.
“Ehi...”
Nami sorrise e lui si ritrovò a ricambiare con lo stomaco
che si
riempiva di cosini svolazzanti.
“Non
disegni?”
Lei
negò col capo. “Per il momento preferisco guardare
il paesaggio.”
Zoro
lanciò un'occhiata fuori. Non vedeva altro che distese
infinite di
campi colorati, meravigliosi certo, ma pur sempre campi.
“Siamo
in Provenza.” la sentì sussurrare.
A
lui quel termine non disse molto ma preferì non chiedere.
Nami non
pareva interessata ad approfondire l'argomento e per un po' rimasero
lì a guardare il sole sorgere in silenzio come davanti ad
uno
spettacolo mistico. Insieme.
Ma
Zoro aveva ancora bisogno di una risposta.
“Perché
non mi hai detto che quel tale voleva solo comprare i tuoi disegni?”
Nami
sospirò un sorrisino stanco. “Perché
sapevo che me l'avresti impedito.”
“Io...”
Lei
ridacchiò. “Non negare! L'avreste fatto
tutti!”
Zoro
non rispose e Nami sorrise tornando con lo sguardo sui campi.
“Lo
so che non pensavi quello che hai detto...”
mormorò malinconica.
“Pensavo
volesse portarti a letto!”
sbuffò lui
con un unico respiro.
Lei
rise. “Oh, Zoro...”
“Grazie.”
Gli
occhi si incrociarono, quelli di lei confusi, quelli di lui
determinati.
“Grazie
per tutto l'aiuto che ci hai dato.” un sospiro profondo ma
rilassato. “Grazie per quello che hai fatto per Sanji, per
aver
sempre tolto dai guai Rufy e me... grazie per non averci mai fatto
pesare più del necessario tutti i favori che ci hai
fatto...”
Nami
nascose il viso dietro l'albo, un timido sorrisino ad illuminarlo.
“Teniamo entrambi a Sanji. Non ho fatto niente che non
avresti
fatto anche tu.” lo guardò “Sono felice
che tu l'abbia spronato
a partire. Senza il tuo appoggio non penso sarebbe accaduto. Tiene
molto in considerazione la tua opinione.”
Zoro
allungò le gambe, mettendosi più comodo.
“Tiene molto
all'opinione di entrambi!” rispose prontamente poggiando la
testa
sulla parete morbida del cassone, troppo vicino al suo orecchio.
“Vuole bene a tutti e due e vorrebbe vederci
felici...” sussurrò
più a se stesso che a lei e Nami sentì un brivido
correrle lungo
la colonna vertebrale. Non lo frenò, stavolta voleva godersi
fino in
fondo la sensazione meravigliosa della speranza.
Aveva
sempre detto che non si sarebbe aggrappata a lei, eppure ora sentiva
che era la cosa giusta da fare. Voleva credere per una volta che lui
davvero intendesse quello che lei aveva letto fra le righe e non che
fosse solo un'idea nella sua testa. Desiderava con tutto il cuore di
non essersi immaginata la gelosia che aveva visto nei suoi occhi, ma
sapeva che c'era anche dell'altro. Zoro era un tipo riservato,
difficilmente faceva trasparire quello che pensava ma era impossibile
non notare il suo attaccamento. Iniziava a tenerci molto a lei e
questo era di per sé la cosa più bella che le
fosse successa di
recente, eppure ancora lo vedeva frenarsi, si allontanava e Nami non
capiva perché quando la guardava un po' più a
lungo sembrava
terrorizzato. Era praticamente certa che le stesse nascondendo
qualcosa.
Non
gli aveva spiegato perché lo aveva perdonato ma era stata
una
conseguenza ovvia.
Zoro
non si era mai scusato per nulla, con nessuno, mai! Non per
cattiveria, semplicemente lui non lo faceva, non era capace di
formulare la parola 'scusa'. Se era in torto cercava di far capire in
qualche maniera che era dispiaciuto, ma non lo ammetteva mai
chiaramente. Regalarle il tulipano era già stata un'azione
assolutamente non da lui e probabilmente gli ci era voluta una buona
dose di forza di volontà per compierla. Proprio a causa di
questi
presupposti, Nami aveva messo in conto che non avrebbe mai ricevuto
scuse esplicite da lui. Sapeva che non pensava quello che aveva
detto. Era stata una cosa espressa senza pensare, per via del
litigio, per il caldo, per l'irritazione e -deglutì piano-
per la
gelosia che era scattato in quel modo. Aveva creduto che si sarebbe
adoperato con qualcosa di simile al tulipano, per questo non si era
allontanata da lui quando Sanji era fuggito alla festa. L'aveva visto
dispiaciuto, schiacciato dal senso di colpa e voleva concedergli la
possibilità di scusarsi a modo suo, era certa che c'avrebbe
provato.
Sentirlo
formulare la parola tabù 'scusa' senza alcuna esitazione
né
ripensamento, era stato più di quanto le sue coronarie
avrebbero
potuto reggere. Come poteva non perdonarlo? Come poteva non amarlo
ancora di più? Come poteva smettere di lottare per averlo
accanto?
Zoro
si girò piano verso di lei e il suo respiro le
solleticò la guancia
facendola rabbrividire. Fece finta di essere molto interessata al
paesaggio quando il suo braccio si mosse, attaccandosi praticamente
al suo e facendole venire la pelle d'oca. Dio, come si sentiva
patetica. Come le era successo di ridursi così per un solo
ragazzo?
Rise internamente al pensiero e si morse una guancia, nemmeno vedeva
cosa le passava davanti, la vista appannata, il cuore che accelerava
la sua corsa sempre di più man mano che lo sentiva
avvicinarsi a
lei. Non si sarebbe spostata da lì neanche morta.
“Nami,
io...”
Lo
sentì deglutire piano e si voltò istintivamente a
guardarlo
trovandoselo ad un palmo dal naso. Trattenne il fiato, sconvolta.
Era
troppo vicino. Vedeva ogni ciglia, ogni segno della pelle, la leggera
peluria sotto il mento, anche il minuscolo neo sul sopracciglio. Gli
occhi socchiusi, la linea dritta del naso. La pienezza invitante
delle labbra che si facevano sempre più vicine alle sue.
Sempre più
vicine. Il cuore che batteva incessante.
Non
credeva a quello che stava succedendo. Era troppo bello per essere
vero. Il cervello andò in stand-by e smise di respirare.
Tre
centimetri... due... uno...
Una
tenda venne spostata a forza inondando il cassone di luce.
“Franky,
per l'ultima volta... non fumo per il nervosismo, perché non
sono
vergine!!!”
Nami
battè gli occhi bloccando il respiro a metà. Zoro
era ormai
praticamente su di lei ma si allontanò in un lampo come se
si fosse
scottato.
Entrambi
deviarono rapidi gli sguardi verso la cabina di guida dalla quale
Sanji si allontanava in gran carriera con un diavolo per capello.
“Mi
starà pure facendo un favore ma accidenti se è
insistente
quell'uomo!” proclamò a nessuno in particolare
ricevendo risatine
da Rufy e Robin poco lontano e occhiate indecifrabili dagli altri
due.
Sanji
si avvicinò incuriosito a Nami e Zoro, seduti accanto, che
sembrava
stessero per prendere fuoco. Entrambi rossi in viso, con gli occhi
spalancati, il fiatone e terribilmente decisi a non guardare l'uno
verso l'altro.
Notando
di essere sotto esame, Nami prese a disegnare sul suo albo come una
forsennata e Zoro incrociò le braccia dietro la testa,
nell'evidente
intenzione di schiacciare un pisolino. Sanji strinse gli occhi
guardandoli con attenzione fingere normalità senza mai
incrociare
gli occhi con lui.
Quell'imbarazzo
reciproco gli fece nascere un piccolo sospetto...
“Ma
io quello lo conosco!!”
Sanji
distolse controvoglia lo sguardo da loro per puntarlo su Rufy poco
più in là che stava ridendo come un matto
indicando il cellulare di
Robin.
“Lo
conosci?” gli ripeté la mora con un sopracciglio
alzato, proprio
come quello di Sanji.
Che
prendeva a quei due ora?
“Come
fai a conoscerlo?” lo incalzò la mora.
Anche
Nami e Zoro si azzardarono a guardare nella sua direzione sentendo
quel tono sorpreso ed esitante. Fino a poco prima erano l'emblema
della serenità, stavano guardando le foto di famiglia.
Cos'era che
aveva fatto scattare Rufy all'improvviso da farlo saltellare
entusiasta sul posto, senza smettere di indicare il telefono della
ragazza?
“L'ho
conosciuto a Marijoa qualche giorno fa!”
Robin
sgranò gli occhi e per qualche motivo quello
bastò a Sanji per
interessarsi alla questione.
Rufy
rise, ignaro di stare per lanciare una bomba su ciascuno di loro.
“È
il tipo con l'afro che ho incontrato nel bagno della stazione! E chi
lo sapeva che era il cugino di Viola?”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Dancing on my Own ***
Il
sole bollente della tarda mattinata li accolse come Caronte sulle
rive dello Stinge.
Se
nel resto d'Europa avevano incontrato temperature oltre ogni umana
concezione, Water Seven aveva il fantastico privilegio di essere allo
stesso tempo sia calda che umida, ad un livello che non avevano
ancora riscontrato in nessun altro paese. Con loro enorme gioia, i
vestiti si appiccicarono alla pelle un nano secondo dopo essere scesi
dal camion di Franky e a poco servirono gli ovvi consigli del
camionista sul cercarsi presto un hotel con l'aria condizionata.
Sanji
non l'avrebbe mai ammesso ma era segretamente felice di indossare una
morbida maglietta di cotone invece del completo che aveva scelto in
precedenza. Per lo meno si sentiva un po' meno cotto al vapore di
quanto lo sarebbe stato in giacca!
Salutato
nuovamente il camionista non persero tempo. C'era una donzella da
trovare e, fortunatamente, Robin sapeva dove cercare.
“Viola
deve essere arrivata ieri sera, abbiamo tutto il tempo per riuscire a
parlarle e convincerla.”
Sanji
annuì deciso alla mora. Aveva preso sempre più
fiducia da quando
erano partiti da Dressrosa. Se avesse giocato bene le sue carte entro
sera tutta quella storia si sarebbe finalmente conclusa!
Aumentò
il passo seguendo Robin e Nami per le viuzze di quel paese sul mare.
Franky e il suo camion non potevano avvicinarsi troppo al centro, i
mezzi di grossa cilindrata erano banditi da lì e quindi li
aveva
lasciati poco fuori dalla città, facendosi però
promettere di
tenerlo informato sugli sviluppi. Rufy aveva entusiasticamente
commentato che se fosse andata male gli avrebbe mandato un audio con
i piagnistei di Sanji, il quale non aveva nemmeno aspettato che
Franky se ne andasse e lo aveva pestato lì sul posto.
Nel
frattempo, Robin e Nami avevano instaurato uno splendido rapporto.
“Appena
la allestiscono andrò a visitare la tua mostra!”
“E
io voglio le foto delle sculture che hai preparato per quel
parco!”
Il
biondo sorrise guardando il loro affiatamento, aveva erroneamente
pensato che non si sarebbero mai piaciute, invece era felice di
essersi sbagliato. Era bello vederle chiacchierare di tutto e di
più
mentre facevano strada agli altri, evitando che si perdessero tra
quelle stradine tutte uguali, così strette e prese d'assalto
dai
piccioni. Sanji aveva sentito Franky chiamarle calle,
nome
simpatico per indicare delle vie minuscole dove quasi non vedevi il
cielo da quanto erano alti i palazzi.
Ci
vollero appena quindici minuti di cammino prima che Robin
riconoscesse un elegante albergo in lontananza e lo indicasse come
quello dove soggiornava Viola.
Nami
guardò la cartina. “Si, è proprio
lui!”
Tutti
si voltarono verso Sanji, sorridendo furbescamente.
“Siamo
arrivati torcigliolo!” commentò Zoro con un ghigno.
A
Sanji tremarono le ginocchia per un attimo, ma col cavolo che avrebbe
permesso all'ansia di avere la meglio sulla buona riuscita del piano!
Se fosse andata male nessuno avrebbe potuto dire che non c'aveva
almeno provato!
Annuì
partecipativo, un uomo in missione!
Rufy
molleggiò sulle gambe, incapace di stare fermo.
“Non vedo l'ora di
rivedere Brook!”
Nami
si lasciò sfuggire un gemito. “Non lo dire, ti
prego... se penso
che avremmo potuto far finire questo viaggio ancora a Marijoa mi
viene da piangere!” mormorò riprendendo il passo
con gli altri
mentre Rufy e Robin ridacchiavano. “Mi sarei risparmiata le
occhiaie...”
Zoro
la affiancò sinceramente curioso. “Io non vedo
occhiaie...”
Nami
rise. “Si, invece! Hanno le dimensioni di due
valigie!”
Lui
negò forte col capo. “Ti sbagli, sei bella come
sempre.”
Il
commento gli uscì spontaneo dalle labbra, neanche se ne
accorse,
purtroppo il resto del gruppo si. Nami arrossì violentemente
e
abbassò lo sguardo, gli altri semplicemente strabuzzarono
gli occhi,
tranne Sanji che aveva la faccia di un gatto che aveva appena
mangiato un canarino.
Zoro
diventò bordeaux all'istante quando se ne rese conto.
“Oh,
piantatela di guardarmi!” esclamò iroso non appena
riuscì a
mettere insieme due parole.
Rufy
e Robin ripresero il cammino ma non smisero di ridere, anzi lui ne
approfittò per scattare una foto a tradimento, decantandola
come
testimone ufficiale di un momento memorabile. Sanji li
superò col
sorriso che andava da orecchio a orecchio e lasciò Zoro
nelle
retrovie con Nami che aveva rallentato il passo
per evitare di incrociare altri sguardi, che sarebbe stato come dare
il via alle domande, quindi un suicidio.
Zoro
sbuffò e la guardò con la coda dell'occhio. Non
aveva mentito, Nami
si meritava ogni tipo di complimento, da lui e da chiunque.
Purtroppo, non era ancora molto avvezzo a farne, soprattutto davanti
ad altri, ma lei sembrava renderglielo così facile.
“Biscotto?”
Nami
alzò il viso e annuì con un sorriso timido,
prendendone uno dal
pacchettino che lui le porgeva.
Zoro
ghignò sicuro, non era affatto pentito.
“Ci
siamo!”
L'elegante
albergo era più grande di quanto sembrasse e incombeva
imponente
davanti a loro. Sanji non si perse d'animo, proseguì a passo
di
marcia verso l'ingresso.
Oltrepassarono
la bellissima hall con i suoi camerieri in divisa e i clienti che si
apprestavano ad uscire per la visita alla città. Ovunque
girassero
lo sguardo c'erano tappeti persiani, arazzi ottocenteschi, tende
ricamate, divani e poltrone imponenti e tutto gridava forte e chiaro
'rompimi e dovrai lavorare il resto della tua vita per risarcirmi'.
Sanji
non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi un po' intimorito per quello
sfarzo, troppo impegnato a cercare la portineria. La trovò
in pochi
secondi e ci si fiondò a tempo di record.
Il
concierge era un giovane di nemmeno trent'anni e li accolse con un
sorriso. “Buongiorno e benvenuti al Capit-”
“Si,
si, non importa, grazie!” Sanji gli agitò una mano
davanti al viso
e quello lo guardò stranito per essere stato interrotto.
“Devo
sapere in quale camera alloggia la signorina Viola Cortes. Deve
essere arrivata ieri sera, la prego, è urgente!”
L'uomo
assunse un'aria altezzosa. “Mi dispiace, signore. Non
è permesso
dare questo genere di informazioni sugli ospiti. Capirà che
è la
pras-”
“Non
me ne frega niente che sono le regole!” irritato Sanji batte
un
pugno sul bancone attirando molti sguardi e facendo accigliare
l'uomo.
Nami
si affrettò ad afferrargli un braccio e a spingerlo
indietro, era
meglio non inimicarsi l'unico che poteva dar loro quell'informazione.
Robin colse al volo la sua occhiata e prese il posto del biondo.
“Salve,
scusi i modi poco ortodossi del nostro amico. Abbiamo fatto un lungo
viaggio solo per raggiungere la nostra amica Viola. Vorremmo farle
una sorpresa, per questo motivo avremmo bisogno di sapere in quale
stanza si trova.” mormorò con un tono mellifluo
che ammaliò tutta
la fauna maschile presente e Nami annuì sorridente. Robin si
che
sapeva il fatto suo, fu felice di averla con loro.
L'uomo
alla receptionist rimase colpito più di tutti.
Inciampò sulle sue
stesse parole e balbettando riuscì a dire solo che la
signorina era
uscita per una visita della città quella mattina presto e
non
sarebbe tornata prima di sera.
Sanji
stramazzò al suolo. “Come è
uscita?” ululò dal pavimento.
“Potremo
aspettarli...” esclamò Rufy poco convinto, al
ché Sanji lo guardò
in cagnesco.
“No!
Non mi sono fatto coraggio per niente! Questa storia deve finire
ora!”
Zoro
si passò stancamente una mano dietro la nuca. Quella caccia
al
tesoro stava diventando sempre più assurda.
Robin
non si perse d'animo, si incurvò maggiormente sul bancone e
batté
le lunghe ciglia sfoderando il suo sorriso più seducente.
“Io sono
certa che lei sa dove si sono diretti. Non è forse
così?”
sussurrò suadente.
Il
suo profumo circondò l'uomo che socchiuse gli occhi
assuefatto. Dio,
avrebbe fatto qualsiasi cosa per una donna come quella!
“Beh...”
iniziò e Robin lo guardò con enorme interesse.
Rufy invece lo fissò
come se volesse squartarlo.
Quello
si fece coraggio. “Prima di uscire li ho sentiti dire che
avrebbero
visitato la piazza principale e magari fatto un giro su uno dei
nostri Yagara Bull!! Sono una fantastica attrazione, ti portano in
giro per i canali e-”
“Grazie!”
Sanji lo abbracciò d'istinto e, prima che l'altro potesse
inorridire, l'aveva già lasciato e guardava gli altri con
rinnovato
vigore. “Alla piazza principale!” urlò
nell'ingresso con un dito
al cielo. Nami fece appena in tempo a spostarsi dalla sua traiettoria
che schizzò veloce verso la porta e sparì in
pochi secondi per le
vie.
Robin
scoccò una languida occhiata al concierge mandandogli un
bacio come
ringraziamento e lui stramazzò definitivamente al suolo per
l'emozione.
Zoro
era a bocca aperta. “Pazzesco quanto somigli a Rufy questa
donna...”
Nami
ridacchiò guardandola raggiungere suo fratello, che teneva
il
broncio e dargli un affettuoso bacio sul naso. Lui si calmò
solo
dopo averla baciata a sua volta, era inutile pure che fingesse di
possedere una sorta di volontà personale se lei era nei
paraggi.
Si
voltò sorridente verso Zoro. “Dai, andiamo.
È meglio che mi resti
appiccicato se non vuoi perderti!” esclamò
prendendolo per mano e
spingendolo fuori.
Lui
non ci pensò nemmeno ad inveirle contro, un sorriso idiota
stampato
in faccia.
*
Sanji
si trovò davanti l'ennesimo muro e urlò per il
nervoso.
“Dove
accidenti è la piazza principale????”
Dio,
in quel momento capiva perfettamente come dovesse sentirsi sempre il
marimo.
Imboccò
a caso un'altra via. Questa sarebbe stata quella giusta, ne era
sicuro!
*
“Bene,
eccoci qui. La piazza era proprio dietro l'angolo!”
Felicissimo,
Rufy sfuggì dal gruppo per raggiungere un venditore di
mangimi per
piccioni. Robin lo seguì con un sorriso dolce, ammirando gli
splendidi palazzi che li circondavano.
La
piazza era senza dubbio una tra le più belle mai viste.
Avevano il
mare ad appena pochi passi, c'erano navi e battelli in lontananza e
un piccolo ormeggio dove giocavano un paio di quei simpatici
animaletti di cui parlava il portiere. Stavano visibilmente
aspettando l'arrivo di potenziali clienti insieme ai propri cocchieri
che chiacchieravano qualche passo più in là e nel
mentre si
rincorrevano tra gli schizzi. Erano davvero splendidi!
Frotte
di turisti passeggiavano tra le bancarelle del mercato e le campane
suonavano mezzogiorno mentre stormi di piccioni affamati volavano
sopra le loro teste.
Quella
città era meravigliosamente vivace.
“Non
c'abbiamo messo molto...” commentò Zoro con un
ghigno.
“Ovviamente!”
esclamò Nami indicando le loro mani ancora intrecciate.
“Se non ti
ci avessi portato io col cavolo che saresti arrivato prima di
sera!”
Lui
ridacchiò. “Allora dovresti accompagnarmi in giro
più spesso,
ragazzina.”
Nami
arrossì appena ma sorrise furba.
Rufy
li raggiunse in poche falcate facendo fotografie a qualsiasi cosa,
sprizzando energia da tutti i pori. “Non vedo l'ora di
provare la
cucina italiana!”
“Io
il vino!” diede man forte il verde.
Robin
si avvicinò a Nami con le sopracciglia aggrottate.
“Ma Sanji non
dovrebbe già essere qui?”
*
La
piazza era gremita di turisti e ambulanti.
Avevano
già preso qualche souvenir nel mercato vicino all'hotel ma
quei
monili di vetro così caratteristici avevano attirato Kaya.
Nessuno
era riuscito a dirle di no e si erano fermati anche davanti a quella
bancarella, nonostante fossero già in ritardo sulla tabella
di
marcia.
Viola
si passò un fazzolettino sulla nuca. Il sole di mezzogiorno
batteva
incessante sulle loro teste ma lei sembrava l'unica a sentirne gli
effetti.
Si
mise all'ombra di un lungo muro con un sospiro di sollievo, senza
smettere di scandagliare la folla con occhi annoiati.
Erano
arrivati la sera prima ed era impaziente di visitare qualche luogo ma
finora avevano fatto ben poco, complice la passione dei suoi parenti
per le cianfrusaglie.
Usop
esaminava allegramente ogni oggetto che la sua ragazza gli passava
dalla bancarella. Erano arrivati alla svolta, indecisi solo tra una
ranocchia verde e un cavallo giallo.
Viola
alzò gli occhi al cielo. Non comprendeva perché
ci volesse tutto
quel tempo per capire quale soprammobile di vetro fosse meglio
comprare, ma si limitava ad attendere con pazienza.
Brook,
d'altro canto, sembrava preda di un dilemma etico. Quel sombrero
variopinto avrebbe stonato con l'afro? Viola preferì
soprassedere
quella domanda.
Erano
vicini agli ormeggi degli Yagara Bull e sperava di riuscire a farci
un giro prima che la temperatura si alzasse troppo. Non era al
massimo della forma e il caldo non aiutava, voleva tornare in hotel a
riposare ma ci teneva a fare il giro della città su quegli
animali,
le ispiravano un sacco di simpatia, oltre ad essere una delle
attrazioni più consigliate.
Una
risata sguaiata le fece rimettere gli occhi sui cugini e, dopo un
iniziale momento di panico, dovette obbligarsi a trattenere le
risate. Brook era rimasto vittima di un gruppetto di piccioni che
avevano stabilito in massa di usare i suoi capelli come nido. Lui
cercava di scacciarli correndo avanti e indietro ma quelli non si
volevano staccare dalla sua testa. Usop era crollato subito e anche
parecchi tra abitanti e turisti stavano seguendo il suo esempio,
rotolandosi a terra nel tentativo di frenare le risate. L'unica che
cercava di aiutare il povero ragazzo era Kaya, ma anche lei faticava
a trattenere il sorriso.
Viola
sospirò divertita lanciando un'occhiata agli Yagara
ormeggiati
-avrebbero dovuto aspettare ancora qualche minuto- e si
avviò verso
il cugino afferrando una bottiglia piena d'acqua dallo zaino. Brook
non ne sarebbe stato contento ma a mali estremi, estremi rimedi.
*
All'ennesima
ingiuria, Sanji chiese scusa di nuovo senza nemmeno arrestare la
corsa. Quei vicoli erano tutti uguali, come poteva sapere che certi
erano proprietà privata??
Scansò
all'ultimo un carrettino di frutta e verdura che sostava davanti al
negozio e bestemmiò in turco contro se stesso.
Perché accidenti non
trovava quella dannata piazza? Aveva chiesto a più persone e
tutte
davano risposte contrastanti. Non aveva nemmeno un cellulare per
contattare gli altri...
Iniziava
a perdere le speranze, ma il pensiero di Viola a pochi passi era un
utile promemoria.
Strinse
i denti e si rifiutò di arrendersi. Ancora uno
svincolo, solo
uno.
L'avrebbe
trovata!
*
Nico
Robin scandagliò attentamente la folla che passeggiava
davanti ai
suoi occhi, decisa a non farsi sfuggire nessuno. Viola doveva essere
lì da qualche parte, ma non riusciva a vedere né
lei, né i cugini.
Nami,
al suo fianco, era impegnata nella stessa infruttuosa ricerca. Quanto
poteva essere difficile che un tizio con un gigantesco afro e uno con
un nasone potessero passare inosservati davanti a loro?
Si
guardarono con un cipiglio sconsolato. Non c'era traccia nemmeno di
Sanji.
“Torcigliolo
non si è più fatto vivo?”
Come
se le avesse letto nel pensiero, Nami negò col capo e si
voltò
verso Zoro che era appena tornato da loro con Rufy dopo essere andati
a comprare dei panini.
Era
quasi l'una e tutti avevano deciso di comune accordo che a stomaco
pieno si ragionava meglio e il loro era clamorosamente vuoto dalla
sera prima, se si escludevano i pochi biscotti che Franky aveva
gentilmente ceduto.
“Mi
da sui nervi che sia partito così allo sbaraglio senza
nemmeno
chiedere un cellulare in prestito!” Nami addentò
nervosamente il
suo panino, senza staccare gli occhi dalla folla. “Almeno
potremmo
capire dove accidenti si è cacciato!”
Robin
fece una smorfia. “Dovremmo anche rintracciare Viola,
sperando che
sia ancora qui. Ma è inutile che provi a contattarla al
telefono se
il motivo per cui la chiamo non è qui con noi!”
commentò pratica.
Gli
altri non poterono che essere d'accordo.
“Il
solito sopracciglio idiota...” mormorò Zoro.
Nami
sbuffò seccamente, avviandosi in gran carriera verso la
fontana al
centro della piazza. “Sono stanca di stare sotto il sole
senza
combinare niente.” sbottò quando fu certa di
sentirli muovere
dietro di sé.
“Laggiù
c'è ombra ed è una posizione perfetta per vedere
contemporaneamente
il porto, la folla e anche le varie viuzze. Qualcuno di loro ci
passerà pur davanti prima o poi!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Running ***
Rufy
mise le mani avanti allargando il sorriso.
“Ok,
adesso sono Sanji!” socchiuse gli occhi in una posa
maliziosa,
modulando la voce “Ehi bellezza, come mai qui tutta
sola?”
Robin
ridacchiò sommessamente mentre Nami si limitò a
guardarlo seccata
prima di distogliere lo sguardo.
Rufy
se ne accorse e ammiccò verso sua sorella.
“Nami-swaaaan!!!”
esclamò tentando di abbracciarla con un salto e fallendo
miseramente.
Nami
rinfoderò il pugno squadrandolo dall'alto con sufficienza
esasperata. “Piantala con le imitazioni Rufy! Ci fai solo
perdere
tempo, aiutaci a trovarlo piuttosto!”
Robin
lo aiutò a disincagliare la faccia dal cemento.
Nami
si passò una mano sul viso. “Robin, sono stanca.
Che ne dici di
provare a contattare almeno Viola? Sanji sembra essersi
volatilizzato!”
La
mora spolverò la camicia di Rufy dalla polvere, con
noncuranza. “Ci
ho provato poco fa, quando ho capito perché il vostro amico
ha avuto
bisogno di farsi accompagnare in questo viaggio da almeno altre tre
persone.”
Nami
la guardò in attesa. “E quindi?”
Robin
sorrise serafica. “Ha il telefono spento.”
L'altra
si lasciò sfuggire un gemito di nervoso.
“Purtroppo
non ho i numeri dei suoi cugini...” concluse con un'alzata di
spalle.
“Uffa,
Nami! Viola non è rintracciabile e Sanji è quasi
mezz'ora che lo
aspettiamo! Quelle viuzze sono un labirinto, potrebbe anche non
trovare mai la piazza!” esclamò Rufy
massaggiandosi la guancia
dove era stato colpito. “Potremmo dover restare qui una vita,
almeno io cerco di tenere alto il morale!”
commentò ancora piccato
per il poco senso dell'umorismo della sorella.
Robin
gli rivolse un sorriso dolce. “Ci stai riuscendo, almeno con
me.”
Lui
la guardò innamorato. “Per fortuna ci sei
tu...”
“Si,
d'accordo! Robin è un angelo e io sono la sorella
cattiva!” sbuffò
Nami tornando con gli occhi sulla piazza e ignorando volutamente le
loro moine. Tanto nemmeno l'ascoltavano più.
Sbuffò
e sbuffò di nuovo. Ormai non faceva altro da mezz'ora.
Aveva
maledetto Sanji almeno una quarantina di volte da quando si erano
seduti all'ombra di quella fontana ma la cosa non riusciva a farla
sentire meglio. Ora doveva maledire pure la sua fiamma che nel
ventunesimo secolo teneva il cellulare spento!
Il
loro amico non si vedeva, Viola idem, la folla non accennava a
diradarsi, Rufy faceva l'idiota e lei aveva bisogno una buona dose di
calmanti. Una volta terminato quel viaggio avrebbe dovuto cercarsi
uno psicologo che potesse guarirla dagli stati d'ansia.
Che
poi, perché si preoccupava tanto?? Era l'unica a farlo! Zoro
dormiva, Rufy e Robin sussurravano sdolcinatezze tra loro.
Perché
accidenti lei era l'unica che sembrava tenere alla faccenda?? Non era
affatto giusto e si era stufata!
Strinse
i pugni, indispettita e tirò fuori il suo albo da disegno,
decisa a
distrarsi. Se potevano farlo gli altri, ne aveva tutto il diritto
anche lei!
Nel
rimuoverlo dallo zaino, toccò distrattamente un braccio del
bell'addormentato che si svegliò di soprassalto.
“Che
succede? Avete trovato torcigliolo?” le chiese Zoro confuso,
guardandola aprire il blocco con uno scatto teso e cercando di
trattenere uno sbadiglio.
Nami
sbuffò per l'ennesima volta. “No...”
commentò asciutta senza
staccare gli occhi dal foglio bianco.
Zoro
si rimise seduto guardandosi attorno, il sonno ormai rotto.
“Nessuna
notizia nemmeno di Viola, immagino...”
“Immagini
bene.”
Lui
annuì e la guardò con la coda dell'occhio. Nami
era irritata, lo
notava dagli scatti nervosi con cui tracciava le linee sul foglio, la
matita che correva aggressiva e opprimente sulla carta.
La
capiva, anche lui non vedeva l'ora di mettere la parola fine su tutta
quella ridicola vicenda, ma per farlo occorreva che Sanji per lo meno
raggiungesse la piazza e sembrava essere diventata un'utopia.
Nami
disegnava come una forsennata e lui non si azzardò a farle
notare
che se continuava così avrebbe bucato il foglio, preferiva
fosse lui
a subire la sua ira al posto suo. Però sapeva anche che lei
ci
teneva a quell'albo e aveva notato che c'erano due disegni
già
completi sotto a quello che stava distruggendo ma sembrava che non se
ne fosse nemmeno accorta. Senza riflettere, rischiò la vita
di sua
iniziativa e le mise le mani a coppa sul foglio, fermando la matita.
Nami lo guardò allargando gli occhi e lui ne
approfittò per
sfilarle gentilmente l'albo dalle mani. Sorrise quando vide che non
opponeva resistenza.
“Stai
tranquilla, Sanji arriverà prima o poi. Vedrai che
risolveremo la
cosa e torneremo a casa senza più drammi.”
esclamò cercando di
suonare incoraggiante.
Nami
chiuse gli occhi annuendo e gli provocò un'appagante senso
di
soddisfazione vederla dargli retta senza lamentele.
“Riposati
un po', resto io di guardia.”
Nami
appoggiò la testa contro la base della fontana mettendo in
pratica
all'istante il consiglio.
Zoro
ghignò soddisfatto e si sistemò meglio guardando
avanti a sé. Non
passarono più di due minuti prima di capire che era un
lavoro di
ricerca estremamente noioso. Come avesse fatto Nami a non
addormentarsi fino a quel momento per lui era un mistero.
Sbadigliò
piano per evitare di farsi sentire. Nami teneva ancora gli occhi
chiusi ma non dormiva, sapeva che stava solo cercando di calmare i
nervi e non voleva darle fastidio.
La
folla era sempre la stessa, nessun ciuffo biondo, né
sopracciglia
arcuate all'orizzonte. La noia era assoluta, almeno fino a che
l'occhio non gli cadde sull'albo che ancora teneva in grembo.
Guardò
Nami di sottecchi, appurando che aveva ancora gli occhi chiusi e non
riuscì a trattenersi. Lo sfogliò piano, cercando
gli unici disegni
presenti che aveva intravisto poco prima e si lasciò
sfuggire un
sorrisino quando li trovò. Erano quattro in totale e nessuno
ritraeva paesaggio o monumenti. Erano ritratti.
Fatti
a carboncino o a matita e magistrali, come tutto quello che la
riguardava.
Rufy,
Franky e Robin che ridevano insieme seduti sul camion. Loro quattro
attorno al falò quella notte passata nel bosco in Belgio.
Sanji che
leggeva le lettere di Viola in treno mentre lui e Rufy giocavano a
carte. E poi...
Zoro
si bloccò sull'ultimo.
Le
lanciò un'altra occhiata per essere certo di non venire
beccato in
flagrante. Nami era ancora immersa nel suo momento di relax, troppo
impegnata per accorgersi di quello che lui aveva scoperto.
Zoro
riportò gli occhi sul disegno. C'era solo una persona
ritratta su
quel foglio ed era lui. Lui addormentato su una poltrona. Riconobbe
al volo la circostanza, era quel pomeriggio a Punk Hazard, poco prima
della festa a casa di Perona. Ricordava di aver schiacciato un
sonnellino nel suo salotto ma non si era accorto che Nami lo avesse
ritratto. Sentì il cuore accelerare mentre osservava
sé stesso
disegnato sulla carta.
Sapeva
già che la sua amica aveva un dono e tutti i ritratti ne
erano un
esempio calzante, ma in quello c'era qualcosa di diverso. Era l'unico
protagonista e il tratto a matita sembrava più curato, meno
frettoloso, più concentrato sui dettagli. Si era soffermata
molto di
più sui particolari del suo viso che su qualsiasi altro
aspetto. Si
stupì nel vedere come fosse stata capace di riprodurre con
precisione il taglio degli occhi chiusi, le spalle rilassate, il
profilo del naso e le labbra socchiuse. Queste ultime le aveva
disegnate piene e rosa e, se non fosse che stava guardando se stesso
e la cosa era piuttosto strana, avrebbe detto che sembravano le
classiche labbra invitanti da baciare.
Arrossì
rendendosi conto che forse era esattamente quella l'idea che voleva
trasmettere. Tutto nel suo ritratto gridava a gran voce quanto fosse
stata meticolosa nel cercare di riprodurre ogni minuscola sfumatura,
ogni piega, ogni piccola imperfezione o espressione facesse il suo
viso o il suo corpo, per creare quello che sembrava essere il suo
lavoro migliore. Era stata capace di trasformare ogni suo
più
piccolo difetto in un quadro armonico e, a differenza di quello che
vedeva quando si guardava allo specchio, Zoro si rese conto che quel
ritratto era perfetto.
Rimase
senza fiato nel realizzare che era così che lei lo vedeva.
Si stava
guardando attraverso i suoi
occhi e il solo pensiero di essere visto da Nami in quel modo,
rischiò di fargli scoppiare il cuore.
La
sentì muoversi accanto a sé e chiuse
repentinamente l'albo.
Sentiva
di aver oltrepassato una sorta di linea immaginaria e
preferì
tenerla allo scuro della sua scoperta, almeno fino a che non sarebbe
riuscito a mettere a tacere quel dannato cuore che pompava come se
fossero stati i suoi ultimi istanti di vita.
Nami
aprì gli occhi e li incrociò con i suoi.
“Novità?”
Zoro
la guardò confuso, prima di ricordare. “Ah,
Sanji!” sorrise
tentando di non farle capire che si era già distratto con
ben altro
che la ricerca infruttuosa dell'amico. “Eh, no. Nessuno in
vista.”
mormorò convinto.
Nami
annuì, poco sorpresa.
“Ragazzi,
io vado al chiosco a prendere degli altri panini, ne volete?”
Rufy
si parò davanti a loro con un gran sorriso che fece
accigliare Nami.
“Ancora?”
Lui
mise il broncio. “Ho fame, Nami! E anche Robin ne vuole un
altro!”
Zoro
ridacchiò. “Si, prendine anche per noi.”
esclamò prima di
incrociare lo sguardo inquisitorio della rossa e risponderle con un
alzata di spalle. “Le ricerche fanno venire fame.”
Lei
alzò gli occhi al cielo guardando il fratello avviarsi al
chioschetto felicissimo.
“Non
è colpa di Rufy se Sanji è un idiota.”
Nami
sospirò. “Lo so ma di questo passo non ci
rimarranno più i soldi
per i biglietti aerei...” commentò divertita dando
due generose
sorsate alla sua bottiglietta d'acqua. In fin dei conti, capiva suo
fratello. Era una noia mortale aspettare senza fare nulla, accidenti
a Sanji!
Zoro
si voltò a guardarla.
“Che
c'è?” chiese notando il suo sguardo fisso.
“Niente...”
rispose con un sorriso che la fece arrossire.
“Non
mi sembra non ci sia niente...” sussurrò dubbiosa.
Lui
scrollò le spalle. “Beh, stavo pensando... mi
dispiacerà un po'
lasciare l'Europa.”
Nami
sorrise. “Si, lo capisco.”
Zoro
si grattò una guancia. “Sono successe talmente
tante cose... è
pazzesco se penso che solo due settimane fa non saremmo mai riusciti
a rimanere seduti vicini così a lungo...” sorrise
al suo piccolo
cenno.
Sapevano
bene entrambi che non avevano ancora affrontato quel
discorso. Ci avevano pure provato un paio di volte ma non erano mai
riusciti a superare l'imbarazzo. Aleggiava su di loro incombente e
minaccioso da giorni e sapevano che avrebbero dovuto parlarne prima o
poi. Era una ferita che doveva essere sanata, non si poteva
semplicemente fare finta di non essersi odiati per tanti anni.
Sembrava non fosse mai il momento giusto per parlarne e Nami si era
chiesta diverse volte se ci sarebbe mai stato un momento giusto.
Quello
di sicuro non lo era, però Zoro pareva non pensarla
così.
Lo
guardò avvicinarsi un po' di più facendo finta di
nulla e lei
rimase immobile a fiato corto. Una piccola parte del suo cervello che
le faceva notare come si fosse già fin troppo addentrato
all'interno
del suo sacro spazio vitale.
“Ci
siamo voluti male per troppo tempo.” commentò lui
sottovoce.
Nami
non era in grado di dire nulla, annuì semplicemente, il
cuore in
gola.
“E
sono stanco.”
Nami
sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte sulle tempie.
“Zoro,
non credo che sia...”
“C'è
qualcosa in sospeso tra di noi.”
Nami
trattenne il respiro, era troppo vicino per poter dire o fare
qualcosa di sensato. Non riusciva a pensare ad altro che a quelle
labbra che si avvicinavano sempre di più.
Quello
che era quasi accaduto sul camion prima che Sanji li interrompesse le
aveva fatto riesaminare tutto quello che pensava di sapere di lui.
Ormai poteva dirsi certa di non essergli per nulla indifferente. Si
era ritrovata le gambe di gelatina al pensiero di averlo quasi
baciato, ora nemmeno le sentiva mentre lui era ad un battito da lei.
Forse avrebbe dovuto dirgli che era difficile riuscire a parlare del
loro rapporto se le stava a due centimetri dal viso, ma fermarlo era
diventato l'ultimo dei suoi pensieri. Potevano parlare dopo aver
assaggiato quella bocca invitante che si avvicinava. Era a due
centimetri, potevano senz'altro discutere di ogni cosa più
tardi!
Un
centimetro... e socchiuse gli occhi. Poteva anche sparire il mondo.
Lo
sentì sfiorarla e per un attimo tutto sparì
davvero.
Almeno
fino a che un urlo perforante non gli fece perdere vent'anni di vita,
interrompendo per la seconda tragica volta il sogno della sua vita.
“RAGAZZI!!!!
SONO LOROOOOO!!!!”
Nami
deglutì portando una mano al cuore che correva come un
forsennato,
cercando di identificare suo fratello in mezzo al marasma della
folla.
Sentì
Robin oltrepassarla e la seguì con lo sguardo.
Rufy
era vicino al chiosco con in mano dei panini e li agitava come un
ossesso verso il piccolo molo.
“Quello
è Brook!!!” urlò indicando un punto in
lontananza.
Nami
si alzò in piedi, imitata da Zoro e entrambi aguzzarono la
vista. Il
sole era accecante ma l'inconfondibile afro nero del cugino di Viola
si stagliava imponente a pochi metri da loro.
Ormai
dimentica di quello che era quasi accaduto, Nami cercò
frenetica
anche il resto dei suoi compagni e individuò immediatamente
Viola.
Le sembrò quasi un miraggio per un attimo ma era tutto vero.
L'avevano trovata davvero, era lei!
Raggiunse
Robin in poche falcate, tallonata da Zoro. Rufy era già
schizzato
verso il gruppetto che si apprestava a salire su uno degli Yagara.
Nami
sudò freddo e rifletté rapidamente. Sanji ancora
non si vedeva e
loro stavano per prendere il mare, non aveva idea di quando sarebbero
riusciti a recuperarli.
In
mezzo secondo decise cosa fare. Si scambiò un'occhiata
d'intesa con
Robin che stava già correndo verso la sua amica e si
apprestò a
fare altrettanto, quando una grossa mano la prese per il braccio e le
impedì di muoversi. Si voltò di scatto trovandosi
davanti un omone
enorme che la guardava con gli occhi iniettati di sangue.
“Dove
pensate di andare??”
Nami
batté gli occhi. “Che cosa?” chiese
affannata cercando di
liberarsi. Viola stava per andarsene, dovevano muoversi!
Lui
strinse gli occhi. “Non fate i finti tonti! Vi ho visti con
il
nanerottolo! Quei panini che ha preso me li dovete pagare!!”
Nami
non fece in tempo a sgranare gli occhi che Zoro assestò una
poderosa
spinta all'uomo che cadde malamente di lato mollando la presa su di
lei.
“Mi
scusi ma ora non abbiamo tempo per questo!” si
scusò urlando,
afferrando Nami per un braccio e spingendola avanti facendosi largo
tra la folla.
“Farabutti!!”
Nami
si voltò appena, sinceramente dispiaciuta. “Ci
scusi! Torneremo
più tardi a pagare, glielo garantisco!”
Quello
però sembrò non averla sentita, o semplicemente
non le credette,
perché si alzò da terra doppiamente irritato e
prese a correr loro
dietro urlando un'oscenità dopo l'altra, attirando
l'attenzione di
numerose persone.
Nami
aumentò la corsa con il cuore che batteva forte e la voglia
di
riempire Rufy di sberle, facendo strada a Zoro per evitare di
perderlo. Lei nemmeno lo voleva il panino!
Non
c'erano più Yagara ormeggiati al molo quando finalmente ci
arrivarono e di Viola, Rufy o Robin nessuna traccia.
“Di
là!” ansimò Zoro, indicando il
marciapiede affollato dove
intravide suo fratello e Robin correre lungo il fiume urlando
qualcosa verso l'acqua. Nami seguì i loro sguardi e li vide
il
secondo successivo. Viola e i cugini erano saliti su uno degli Yagara
e stavano costeggiando la piazza per poi prendere il largo. Non
avevano molto tempo, lo sbocco verso il mare era poche decine di
metri più avanti, poi non sarebbero più stati a
portata d'orecchi
per chissà quanto.
Si
voltò indietro vedendo l'uomo del chiosco che li seguiva
instancabile, ma per Nami era già diventata una questione di
principio. Erano lì per trovare Viola, ci avevano messo una
vita ed
ora era là davanti a loro! Non se la sarebbero lasciata
sfuggire
così! E poi quell'energumeno doveva pagarlo Rufy, col cavolo
che
sborsava ancora per lui!
Riprese
a correre cercando di raggiungere il fratello, che a sua volta
tallonava Viola tentando di farsi sentire nel caos.
Ancora
non aveva capito come riuscivano sempre a ficcarsi in certe
situazioni ma -cascasse il mondo- le cose sarebbero finite quel
giorno!
*
Con
il morale un po' più sollevato, Sanji svoltò dopo
la quinta
colonna, come gli era stato detto da quei due palloni gonfiati del
ristorante che se ne stavano fuori a fumare. Già si sentiva
ridicolo, quelli lo avevano pure schernito parecchio dopo aver capito
che era quasi un'ora che cercava la piazza principale senza rendersi
conto di averla appena dietro l'angolo.
Sanji
aveva ingerito la bile insieme a tutte le imprecazioni che aveva
dovuto trattenere per avere quella vitale informazione e ormai
avrebbe dovuto esserci.
Svoltò
di nuovo, stanco morto ma deciso ad andare fino infondo. Si
ritrovò
in una viuzza costeggiata da un fiumiciattolo e si ricordò
che era
un buon segno. Gli era stato detto che bastava seguirlo in direzione
nord e si sarebbe trovato la piazza davanti in pochi minuti.
Aumentò
l'andatura, galvanizzato, schivando la folla che iniziava a formarsi
davanti a lui man mano che si faceva largo. Anche tutta quella gente
era un buon segno, decise. Tanti turisti volevano dire che il suo
obiettivo era più vicino.
Senza
rallentare superò un gruppetto di anziani chiacchieroni e
proseguì
dritto verso la sua meta sorridendo.
All'iniziò
nemmeno lo notò. Si era trattato solo di un colpo d'occhio,
di
un'immagine fugace che gli era passata accanto in velocità,
veleggiando sul fiumiciattolo che stava seguendo, ma l'aveva fatto
vacillare per un attimo e decelerare.
La
parte predominante del suo cervello gli disse di smettere di perdere
tempo che il suo obiettivo era davanti a lui, la piazza si vedeva
bene in lontananza. Eppure quell'immagine gli era sembrata
familiare...
Frenò
del tutto la corsa, voltandosi verso il fiume, preda dei dubbi, in
ansia senza nemmeno capire perché. La piazza era a pochi
metri,
perché lo stava facendo?
La
risposta se la trovò davanti non appena riuscì a
mettere a fuoco
quell'immagine fugace.
Uno
degli Yagara di cui aveva parlato il counsierge dell'albergo.
Però
non era l'animaletto in sé ad aver attirato la sua
attenzione, ma la
persona che aveva in groppa.
Sanji
sgranò gli occhi incredulo nel riconoscere Viola nella
ragazza seria
che veleggiava sul fiume, diretta in mare aperto.
Gli
ci volle qualche secondo per realizzarlo e ci pensò il cuore
che
batteva nelle tempie a farlo rinsavire dallo shock.
“Viola!!!”
Provò
a chiamarla con tutto il fiato che gli era rimasto dopo la corsa,
facendo subito dietrofront e correndo a ritroso, scansando la folla.
Erano già molto lontani, non li avrebbe mai raggiunti!
“VIOLA!!!”
Lei
non si voltava, non lo sentiva e il mare si faceva sempre
più
vicino. Sanji aumentò l'andatura, i polmoni in fiamme ma non
si
sarebbe arreso, non ora che l'aveva trovata!
Si
schiantò contro un banchetto di frutta e verdura che sostava
vicino
alla banchina, ribaltandolo con tutta la merce e rischiando a sua
volta di cadere a terra. Il fracasso che fece attirò fin
troppi
sguardi e nonostante il dolore al fianco per l'urto e il senso di
colpa per il danno, la sua priorità era ancora un'altra.
Tentò il
tutto per tutto. “VIOLAAAAA!!!”
Forse
fu l'insieme di cose, il rumore della bancarella, gli urli del
commerciante, il brusio della folla attorno a lui, ma questa volta il
suo urlo non passò inosservato.
Il
proprietario lo prese per il bavero lanciandogli ogni sorta di
ingiurie ma Sanji non aveva occhi che per lo Yagara in lontananza.
Viola
non era più seduta fissando l'acqua davanti a sé.
Era in piedi, si
era voltata curiosa verso di lui e l'aveva sentito.
Pur
rischiando fisicamente grosso -quel commerciante aveva le braccia
più
grosse di Franky- Sanji esultò dentro di sé.
Cercò
di divincolarsi dall'omone gridando ancora, doveva farle capire che
era lì!
L'uomo
gli mollò la maglia, preso in contropiede per lo spavento e
Sanji ne
approfittò per riprendere la corsa, scusandosi
silenziosamente per
quello che aveva combinato, ma internamente entusiasta. Viola lo
aveva visto!!
Riuscì
a guadagnare un po' di terreno anche se ormai era del tutto stremato.
Viola
era a pochi metri, al centro del fiume e lo guardava sconvolta.
Doveva parlarle, doveva farla scendere da lì!
“Viola,
ti prego torna indietro!! Devo parlarti!!”
Non
era sicuro che riuscisse a sentirlo, la sua espressione non era
virata di una virgola, continuava solo a fissarlo incredula.
Scansò
un altro gruppo di turisti, cercando di riprendere fiato, quando
sentì dietro di sé il suo nome urlato ai quattro
venti. Sgranò gli
occhi alla vista di quello che si trovò alle spalle e
rischiò
nuovamente di sbattere contro una delle bancarelle ma riuscì
a
frenare in tempo.
Dietro
di lui c'erano Nami e Zoro che correvano come avessero avuto il
diavolo alle calcagna. Era stata lei a chiamarlo, avrebbe
riconosciuto la sua voce tra mille.
“Ragazzi,
l'ho trovata!!!” riuscì solo a dire, felicissimo
ma con i polmoni
in fiamme.
Correre
tre volte a settimana a quanto pareva non bastava per sentirsi
allenato, avrebbe dovuto intensificare.
Nami
gli si affiancò, bloccando Zoro prima che svoltasse per una
via
laterale. Sembravano entrambi esausti. “Lo sappiamo!
È dalla
piazza che la seguiamo!!” urlò aspra.
“Per colpa di quel
babbeo...” e indicò dietro di sé.
“...siamo pure in un bel
casino!”
Per
la seconda volta, Sanji dimenticò la sua priorità
e si voltò.
Sperava che le sorprese fossero finite per quel giorno, aveva fatto
male i calcoli. Poco dietro di loro, Rufy e Robin correvano tenendosi
per mano o, per meglio dire, trotterellavano allegramente, ridendo
tra loro. Guardando ancora un po' più indietro, vide le
chiare e
inequivocabili divise di tre poliziotti che li tallonavano insieme a
due tizi grossi come armadi che li seguivano infuriati e in uno di
loro riconobbe il proprietario della bancarella che aveva distrutto.
“Perché
la polizia vi insegue??” non poteva essere arrivata per lui,
non
c'era stato abbastanza tempo!
“Perché
Nami ha un fratello idiota!”
Con
una buona dose di timore Sanji si rese conto che non fermarsi nemmeno
davanti ai poliziotti poteva diventare un bel problema, ma aveva
lasciato il buon senso nella camicia che gli avevano rubato a Marijoa
e ormai le cose non avrebbero potuto essere peggio di così.
Ritornò
al proprio obiettivo, relegando la cosa a più tardi, non
aveva tempo
per sentirsi sia eccitato che terrorizzato per l'assurda situazione
in cui si erano ficcati.
Guardò
Viola e i suoi parenti, ancora al centro del fiume. Nessuno di loro
toglieva gli occhi da quell'insensata processione ma nemmeno davano
idea di voler fermare lo Yagara.
Sanji
non aveva più ossigeno, le gambe e il fianco gli facevano un
male
cane, così come i polmoni. Erano inseguiti e lei stava per
andarsene, era la sua occasione, non poteva più perdere
tempo.
Attirò
l'attenzione di Nami e Zoro, ancora al suo fianco nonostante
cominciassero a dare chiari segni di cedimento.
“Ragazzi,
devo parlare con lei!”
Nami
buttò fuori l'ultimo residuo di ossigeno. “Ormai
è troppo
lontana. La recuperiamo domani! Ora direi di concentrarci sulla
polizia!”
Zoro
annuì ma Sanji negò col capo. “Non
posso, mi ha visto e non ha
fermato lo Yagara! Pur di evitarmi scapperà stasera e non la
ritroverò più!”
Nami
sgranò gli occhi. “Che cosa stai
dicendo?”
“Non
avrò un'altra occasione per parlarle!”
esclamò fin troppo serio.
Cercò
di afferrarlo per un braccio. “Aspetta... cosa hai intenzione
di
fare??”
Continuando
a correre, Sanji si buttò di lato, arrivando a costeggiare
l'acqua.
Lo Yagara di Viola ormai era quasi in mare, non distingueva
più i
suoi lineamenti e quello fu lo stimolo decisivo.
Sotto
gli occhi impotenti di Nami e Zoro, si tolse al volo le scarpe e si
tuffò in acqua senza ripensamenti.
“Sanji!!”
Lo
shock bloccò i due ragazzi che si gettarono verso il bordo.
Sentirono qualcuno urlare tra la folla e altri strilli dallo Yagara
mentre il loro amico cercava di nuotare verso di lui, lottando a
tratti contro le piccole onde che si formavano al passaggio delle
imbarcazioni.
“Sta
cercando di farsi ammazzare??”
Rufy
e Robin si fermarono dietro di loro a riprendere fiato, la mani sulle
ginocchia e lo stupore nello sguardo.
Nami
provò a richiamarlo ma Zoro la fermò.
“Lascia
perdere...” mormorò stendendosi a terra, il
respiro ancora corto.
“Sta andando a farsi sentire.” concluse con una
risatina
affannata sentendo il vociare della folla attorno a loro che si
acuiva quando anche la polizia riuscì a raggiungerli.
Si
lasciarono ammanettare e portare via con il sorriso.
Sanji
aveva raggiunto lo Yagara.
Angolo
Autore:
Vi devo chiedere scusa, è
una vita che non aggiorno! Spero ci sia ancora qualcuno che ha voglia
di leggere nonostante la mia presenza saltuaria! XD
Tenete
duro... ormai siamo quasi alla fine!!!!
PS.
leggo sempre tutte le recensioni, appena posso vi rispondo ma
sappiate che mi scaldano sempre il cuore! Vi adoro!!
Un
bacione!!!
-la vostra sempre più in ritardo- Momo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Apologize ***
Di
prigioni europee Nami ne aveva viste solo due -ed erano già
troppe-.
Ma era arrivata alla facile conclusione che in tutto il continente
fossero fatte con lo stesso stampo.
Tutte
avevano celle piccole e maleodoranti piene di spacciatori e
ladruncoli, pareti grigie e poliziotti dal cipiglio serio seduti su
scrivanie piene di fascicoli. Di diverso c'era la disposizione dei
mobili ma per lo più la prigione di Water Seven era identica
a
quella di Elbaf. Aveva pure gli stessi, immancabili, cinque scalini
da fare prima dell'ingresso trionfale nell'ufficio dove
formalizzavano le denunce, per poi sbatterti nella tanto decantata
cella piccola e maleodorante.
Una
passeggiata di pochi metri che per Nami era pesata come un macigno.
La cognizione opprimente e spaventosa di non sapere che ne sarebbe
stato di lei l'aveva accompagnata per tutto il tragitto.
Probabilmente i detenuti provavano qualcosa di simile mentre si
avvicinavano al patibolo.
Lei
avrebbe preferito risparmiarselo e credeva di essere nel giusto
quando presumeva che per Robin fosse lo stesso.
Zoro
e Rufy erano sereni. Naturalmente, loro avevano già avuto la
loro
iniziazione a Elbaf. Era stato carino da parte di suo fratello
adoperarsi perché anche lei avesse la sua. Aveva seriamente
preso in
considerazione il fratricidio, ma non era così scema da
commetterlo
in un luogo che pullulava di poliziotti. Aveva imparato ad odiare
presto la sensazione delle manette ai polsi.
Aveva
sempre creduto sarebbe stato Ace il primo della famiglia a farsi
arrestare. Invece il primato toccava a loro. Due arresti per Rufy,
uno per lei. In neanche due settimane. In un altro continente.
Ace,
i suoi DVD pirata e i suoi graffiti potevano baciare la terra dove
camminava.
Certo,
se mai fosse riuscita ad uscire da quella cella di tre metri per
quattro.
Nami
si passò una mano tra i capelli, lasciando vagare lo
sguardo,
cercando di guardare il lato positivo. Per lo meno li avevano
lasciati insieme, in una cella a parte, lontani dalle prostitute e
dagli spacciatori. Zoro sonnecchiava disteso sul pavimento e Rufy
ammazzava il tempo cercando di acchiappare una mosca. Lei si era
presa l'unica panchina e aveva lanciato occhiate furenti a chiunque
volesse dire qualcosa in proposito.
L'orologio
sulla parete segnava le diciassette passate, erano lì da
quasi
un'ora e Robin era sparita da più di venti minuti. Essendo
europea
era stata la prima a venire interrogata e Nami era in lotta con
sé
stessa da allora. Sperava di non avere nulla da temere ma la
conoscevano appena, magari in quel momento li stava tutti vendendo
per salvarsi la pelle. Aveva già mezzo pianificato
l'omicidio di
Rufy, le sarebbe dispiaciuto dover uccidere anche la sua ragazza.
Nami
guardò il ragazzo con cui condivideva metà del
patrimonio genetico
mentre si tuffava a pesce sulla mosca, la schivava e -come era ovvio-
si prendeva una craniata contro le sbarre.
Ripensandoci
avrebbe potuto far fare ad entrambi la fine di Paolo e Francesca, di
sicuro Rufy non lo avrebbe rimpianto nessuno. Beh, forse la mamma...
Sentì
Zoro ridacchiare sotto i baffi e sussultò trovandolo intento
a
fissarla. Le mancò il respiro per un attimo, non si sarebbe
mai
abituata ai suoi occhi da cucciolo.
Non
parve accorgersi della sua momentanea apnea da estasi affettiva e si
tirò a sedere, indicandole Rufy con un cenno. “Non
gli ha mai
spiegato nessuno che le mosche non si prendono
così?”
Nami
alzò un sopracciglio, speranzosa come ogni dannata volta.
Era il
fiacco tentativo di iniziare una conversazione?
Sospirò
stanca e soprassedé. “Abbiamo passato anni a
spiegargli le cose
più disparate, questa ci sarà sfuggita.”
Zoro
fece una smorfia poco convinta. “Non è nemmeno
stupido... quando
vuole sa essere furbo.”
Se
voleva una conversazione leggera mentre erano rinchiusi in attesa di
sapere di quale morte dovevano morire, chi era lei per negargliela?
“Si,
è un peccato che farci arrestare non possa metterla nelle
breve
lista delle sue genialate.”
Zoro
ridacchiò, la testa a penzoloni poggiata contro le sbarre.
“Nessuno
è perfetto, in qualcosa dobbiamo pur peccare...”
Nami
lo guardò divertita alzando un sopracciglio. “Sei
in vena di ovvietà? Adesso mi dirai che dobbiamo morire
tutti prima
o poi e che non è il caldo che ti frega ma
l'umidità?”
Lui
ghignò. “Naaa, non serve, tanto vedo che lo sai
già.”
Nami
scoppiò a ridere e sentì la tensione sciogliersi.
Aveva perso il
conto di quante volte doveva essergli grata per questo, ormai.
Il
momento finì veloce com'era arrivato. In lontananza si
sentì una
porta sbattere e dal corridoio riapparve Nico Robin scortata da un
poliziotto.
Rufy
si fece immediatamente sull'attenti e, per una volta, anche Nami e
Zoro.
La
mora si avvicinò alle sbarre. “Tutto risolto,
ragazzi!” esclamò
con una punta di orgoglio.
“Come
sarebbe?” esordì Zoro.
“Ho
parlato con i commercianti e anche con l'ispettore. Siamo riusciti ad
arrivare ad un accorto. Ho pagato i panini e risarcito una parte
della merce che Sanji ha distrutto. In cambio nessuno di loro
sporgerà denuncia.”
Nami
la guardò come se la vedesse per la prima volta.
“Non so cosa
dire... Grazie Robin!”
Ora
si sentiva in colpa per i mille pensieri cattivi su di lei. Quella
donna era un mito! Come accidenti era possibile che le piacesse suo
fratello?
“Ti
risarciremo!” le diede man forte il verde mentre il
poliziotto si
apprestava ad aprire la cella per farli uscire.
La
mora fece l'occhiolino. “Non vi preoccupate, non era una
cifra così
alta. Ho chiesto un piccolo sconto...” poi si
voltò verso la porta
infondo al corridoio. “...non hanno saputo dirmi di
no.”
Nami
e Zoro allungarono il collo per capire chi stesse salutando e videro
l'intero corpo di polizia, compreso lo stesso ispettore e i due
commercianti, che la salutavano a loro volta, del tutto inebetiti,
schiacciati l'uno sull'altro.
Robin
si rivoltò verso di loro ridacchiando e Rufy le si
avvicinò con
passo incerto, una luce nuova negli occhi. “Credo di essere
innamorato di te...”
Sotto
gli sguardi basiti di Nami e Zoro -non era già ovvio?- lei
gli
sorrise maliziosamente schioccando la lingua. “Oh, tesoro...
ti ci
vorrà molto più di questo per
guadagnartela...” mormorò
mangiandoselo con gli occhi.
Nami
avrebbe voluto chiedere ma ci ripensò. Non voleva avere
niente a che
fare con il loro contorto modo di amarsi, magari era contagioso e poi
aveva già i suoi problemi.
“D'accordo,
se è tutto risolto, andiamo! Dobbiamo trovare
Sanji!”
Nami
aprì la strada agli altri sparpagliando con un'occhiata
assassina la
folla di poliziotti che ostruiva la porta.
Recuperarono
gli oggetti personali sequestrati all'arrivo e si diressero subito
verso la porta a vetri dell'ingresso, bramosi di abbandonare quel
maledetto buco quanto prima. Era già un miracolo che nessuno
si
fosse accorto delle tre katane di Zoro, non voleva sfidare la sorte
più del necessario.
Erano
quasi arrivati quando una voce li fermò sul posto.
“Monkey
C. Nami?”
Era
troppo bello per essere vero.
Nami
si voltò cauta verso il poliziotto che l'aveva richiamata.
Era
dietro il bancone dell'accettazione e si era alzato in piedi per
poterla vedere.
“Sono
io.” rispose con la morte nel cuore. Che altro doveva
succedere?
Quello
fece il giro della scrivania e le allungò un oggetto che
Nami
pensava di non rivedere mai più.
“La
mia borsa!!” esclamò incredula afferrandola per
accertarsi che
fosse proprio lei.
Zoro
e Rufy la guardarono con gli occhi sgranati. Era la borsa che avevano
rubato a Marijoa!
Il
poliziotto sorrise girando lo schermo del computer che aveva sulla
scrivania. “C'è qualcuno che vorrebbe parlare con
voi.”
Sempre
più increduli si videro comparire davanti il visetto
preoccupato di
Chopper, collegato via chat. Alla loro vista sorrise di cuore,
infinitamente sollevato. “Ragazzi! State bene, come
sono
contento!”
Parlava
sottovoce, probabilmente per non svegliare nessuno. Sembrava la sua
camera quella che si vedeva sullo sfondo e a casa era notte fonda in
quel momento.
Zoro
aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di dare voce
al
pensiero comune. “Che cosa fai qui?”
Quello
ridacchiò. Era ovvio si riferisse al perché mai
fosse collegato con
la centrale di polizia di Water Seven in piena notte.
Nami
si intromise. “Hai recuperato tu la mia borsa?”
Lui
annuì sempre sorridendo. “Si ed
è una storia assurda! Ve la
racconterò, ma prima... dov'è mio
fratello?”
Nami,
Zoro e Rufy si guardarono. “Ehm... beh, lui...”
Il
fracasso di una porta a vetri che veniva sbattuta malamente contro il
muro coprì il resto della frase e la voce che lo
seguì li fece
voltare tutti verso l'ingresso.
“...no
un onesto cittadino che paga le sue tasse!! Non ho fatto niente di
male!! Ehi, sto parlando con te!! E piantala di spingere,
tu!!”
No,
era assurdo... Nami si appoggiò alla parete, gli occhi
sgranati.
Non
si era ancora ripresa dalla vista di Chopper che si ritrovò
a
fissare Franky -il loro buon vecchio camionista di fiducia!- che
veniva trascinato in manette dentro la centrale da due poliziotti.
“Conosco
i miei diritti!!! Non potete rompere le scatole! Correvo appena!!
Questo è abuso di potere!!!”
Era
stato arrestato anche lui e in sé la cosa non la sorprese,
lo aveva
visto all'opera con i limiti di velocità, ma non pensava di
rivederlo. A colpo d'occhio le sembrò anche diverso dal
solito, ma
non capì perché. Era più concentrata
ad inorridire per la sequenza
di insulti che lanciava contro gli agenti.
“Non
siete per niente super!! Oltraggio al pudore è un'accusa
stupida e
io non ce li ho i duemila che volete!!!!”
Nami
deglutì. Un'orribile sensazione si impadronì di
lei e l'istinto le
consigliò di arretrare fintanto che non li aveva ancora
notati. Si
sentì spregevole ma magari se si allontanavano lui non si
sarebbe
accorto di loro... magari potevano passare incolumi almeno attraverso
questo problema...
Robin
era già dietro di lei -come al solito il suo cervello fine
aveva
lavorato prima di quello degli altri- e lei fece per afferrare anche
Zoro e Rufy per allontanarli ma aveva fatto male i conti.
“Franky!!!”
Nami
si morse la lingua all'urlo entusiastico di Rufy.
Colpa
sua, aveva agito troppo tardi. Che strano che suo fratello non avesse
colto i segnali...
Con
orrore Nami vide l'omone smettere di inveire contro i poliziotti e
girarsi verso di loro mettendoli a fuoco e aprendosi in un sorriso
tutto denti.
“Rufy!!!
Ragazzi!!! Anche voi qui?? Suuuper!!!”
Per
la sorpresa quasi cadde addosso ad uno degli agenti che per rivalsa
lo trattenne ancora più saldamente per le enormi braccia. Fu
in quel
momento che Nami si rese conto che cosa c'era di strano in lui.
Indossava
dei pantaloni. Strettissimi e troppo corti anche,
di un inteso
color giallo canarino. Immaginava che gli fossero stati messi a forza
dopo l'arresto per oltraggio al pudore e guida spericolata. Non
poteva biasimare del tutto i poliziotti.
Franky
ridacchiò imbarazzato. “Eh eh eh... situazione
bollente anche per
voi? Non è che per caso avreste duemila sacchi da
prestarmi?”
Nami
non ebbe nemmeno il tempo di gemere per la frustrazione che la porta
a vetri venne sbattuta nuovamente contro il muro. Ormai si aspettava
di vederla scardinata di lì a poco.
Intensificarono
lo sconvolgimento quando si trovarono davanti l'ultima persona che si
aspettavano di vedere, per lo più perché lo
speravano ormai in
hotel a fare pace con la ritrovata donzella.
“Non
c'è bisogno di spingere così la signorina! Siamo
qui di nostra
iniziativa!”
Nami
si portò una mano al petto, aspettando i familiari crampi.
L'arrivo
di Franky non era stato nulla rispetto all'entrata trionfale di
Sanji. Entrò in pompa magna, guidando un piccolo gruppo di
persone
che occupò il resto dello spazio e obbligò tutti
a stringersi. Il
fatto che più della metà di loro fosse in divisa
non li sorprese.
Il
loro amico grondava acqua letteralmente dalla testa ai piedi mentre
veniva scortato all'interno da due poliziotti. Le manette che
scintillavano prepotenti anche ai suoi polsi.
Nami
boccheggiò, all'improvviso l'ingresso di quella piccola
centrale di
polizia sembrava essere diventato la sala d'attesa della stazione
centrale di Pechino.
“Potreste
darle una coperta? Il mio bocciolo di rosa sta gelando!”
Sanji
non era il solo ad essere stato scortato fin là. Alle sue
parole,
Nami deviò lo sguardo e si strozzò con la saliva
nel riconoscere
Viola al suo fianco -anche lei inzuppata fino al midollo e
ammanettata- straripante di felicità e amore mentre guardava
il suo
cavaliere sgolarsi per farle avere un benedetto
asciugamano in
modo che non prendesse freddo.
Dietro
di loro -fermi in attesa come se non avessero ancora capito bene
perché erano stati prelevati a forza- c'erano i famosi
parenti di
Viola, anche loro scortati da agenti ma per lo meno non bagnati.
Avevano l'aria rassegnata di chi aveva già visto di peggio,
l'aria
che Nami a quanto pareva era ben lungi da considerare anche propria.
“Nami-swan!!!
Ragazzi!! Ci siete anche voi?”
All'urlo
entusiastico tutto il gruppo si voltò verso Sanji, ancora
reduce
dell'entusiasmante ingresso, che si sbracciava -per quanto possibile
con le manette- per attirare la loro attenzione.
“Sono
contento che siate qui!!”
Sanji
pareva del tutto ignaro di avere due poliziotti che cercavano di
tenerlo fermo. Volevano portarlo in cella ma a lui sembrava non
importare. Sprigionava così tanta felicità da
fare quasi schifo,
non si preoccupava della polizia. E loro ancora sostavano come
imbecilli davanti alla scrivania senza riuscire a trovare nulla di
sensato da dire.
Nella
foga di raggiungerli quasi cadde, ridendo come fosse ubriaco e gli
agenti rinunciarono a trattenerlo.
Sanji
li raggiunse schizzando d'acqua chiunque lungo il tragitto.
Saltellò
pure quando vide quello che Nami teneva in mano. “Ma quella
è la
tua borsa!!”
“Sanji?”
Ora
che si era avvicinato c'era qualcun altro che poteva vedere chi fosse
l'artefice di tutto il casino che aveva sentito. Lo schermo del
computer rimandava ancora il viso confuso di Chopper e suo fratello
strabuzzò gli occhi quando lo riconobbe.
“Chopper!
Che fai lì??”
Il
ragazzino spalancò la bocca ma non riuscì a dire
nulla, perplesso.
Sanji
nemmeno ci fece caso, sorrise entusiasta prima di voltarsi verso le
porte.
“Viola
amore, vieni!! Ti devo presentare mio fratello e i miei
amici!”
Nami
si sentì ancora più spaesata guardando la bella
ragazza che avevano
rincorso per giorni avvicinarsi a loro con gli occhi brillanti.
Stringere la mano che le offriva sembrò un'esperienza
extracorporea.
Per un attimo non riuscì a credere di averla davvero
davanti, di
poterla toccare. Il momento passò veloce
ma le lasciò una
sensazione da pelle d'oca e sapeva di non essere stata l'unica ad
averla. Lo sconcerto che passò sul viso di Zoro lo
sentì come fosse
proprio.
Si
guardarono per un attimo disorientati mentre Sanji portava Viola
più
vicino al computer e i suoi parenti si avvicinavano a loro volta,
incuriositi.
Quando
Rufy la superò per andare a salutare Brook e Robin si fece
avanti
per abbracciare la coinquilina, Nami si strinse nelle spalle e
sentì
quelle di Zoro rilassarsi.
“Assurdo...”
ridacchiò, prima di avviarsi verso l'ispettore -che come
tutti aveva
seguito la scena con la bocca aperta- per trattare il rilascio in
blocco dell'intera marmaglia.
Per
l'ennesima volta sapeva di dover provvedere lei a salvare il culo a
tutti.
Probabilmente
si sarebbe dovuta accontentare ancora per un po' di prendere in
prestito l'auto di suo fratello.
*
Il
tramonto sul mare con gli Yagara che navigavano placidi e i giochi di
luci contro i palazzi erano uno spettacolo davvero da mozzare il
fiato. La calma che si respirava nella piazza libera di turisti la
rendeva semplicemente magica. Ora capivano perché era una
meta così
gettonata.
Mentre
cercavano Viola e Sanji non erano riusciti a godersi quella
città da
sogno, adesso che le cose si erano sistemate avrebbero avuto molto
tempo da dedicargli. Erano riusciti a prenotare una stanza nello
stesso hotel solo dopo essere riusciti a rassicurare il concierge
che non gli sarebbe stato fatto terrorismo psicologico.
Nami
aveva pagato la cauzione per tutti ed erano stati rilasciati in tempo
per vedere il tramonto.
Avevano
trovato un ottimo locale dove fermarsi a mangiare all'aperto,
immersi nella pace della sera, accarezzati dall'arietta frizzante che
veniva dal mare e passava tra le calle, disperdendo il suo profumo
salmastro e acquistandone uno nuovo.
Per
la prima volta in due settimane non sentivano la costante tensione
sulle spalle che li aveva sempre accompagnati e avevano la
possibilità di starsene seduti comodi attorno al tavolino di
un bar
senza preoccupazioni. Per un paio di giorni avrebbero semplicemente
fatto i turisti. La prospettiva suonava tanto bella quanto
incredibile per le loro ossa doloranti e non vedevano l'ora di
mettere definitivamente la parola fine a tutta la vicenda.
Ma
prima c'era un'ultima cosa necessaria da chiarire e Nami
capì che
avrebbe dovuto chiedere direttamente perché i diretti
interessati
erano troppo impegnati a perdersi l'uno negli occhi dell'altra per
intavolare la conversazione di propria iniziativa.
Erano
ormai al caffè quando Nami prese parola, impossibilitata a
trattenersi oltre.
“Che
cosa è successo dopo che hai raggiunto lo Yagara?”
Non
era ancora chiaro come le cose fossero esattamente andate. In
commissariato non c'era stato ovviamente alcun momento per chiedere e
dopo erano tornati subito in hotel. Sanji e Viola si erano
immediatamente chiusi in camera con la scusa di cambiare quei vestiti
bagnati e non ne erano riemersi se non mooolto tempo dopo. Brook
aveva fatto ridere tutti commentando con un ghigno che togliere il
sale di dosso era un'impresa particolarmente ardua.
Quando
finalmente scesero non mostrarono un grammo di imbarazzo per averli
fatti aspettare e Nami si ritrovò ad essere d'accordo con
loro. Ne
avevano passate fin troppe per preoccuparsi di una cosa del genere e
fu particolarmente soddisfatta di vedere finalmente la
felicità
negli occhi di entrambi.
Ma
ora che tutto era alle spalle, la prigione, l'attesa, le vesciche sui
piedi, perfino Rufy tranquillo e rilassato con la pancia piena,
voleva avere delle risposte.
Sanji
ridacchiò, un luccichio furbo nello sguardo. Viola, al suo
fianco,
sorrise.
Alle
sue parole Zoro sollevò il viso facendosi attento, ogni
traccia di
sonnolenza avesse mai deciso di prenderlo, ora sparita e anche Robin
raddrizzò le orecchie in attesa. Erano rimasti gli unici al
tavolo.
Franky
si era fermato a cenare con loro, sarebbe ripartito la mattina dopo
non appena recuperato il camion dal deposito sequestri. Se l'era
cavata con una bella multa e un ammonimento, era incensurato per sua
fortuna e -cosa che aveva sconvolto Nami- era la sua prima
infrazione. Da una ventina di minuti ballava in mezzo alla piazza
mostrando spassosamente a Rufy e Usop le mosse migliori del suo
repertorio, rigorosamente in camicia hawaiana e mutande. Quei
pantaloni gialli avevano fatto un'orribile fine non appena varcate le
porte della centrale.
Poco
più in là, Kaya e Brook stavano ancora
conversando con Chopper in
video chiamata. Avevano scoperto di avere molteplici interessi in
comune, non avevano smesso di parlare nemmeno durante la cena.
Viola
rise seguendo il suo sguardo. “Si sono intesi subito, chi
l'avrebbe
mai detto?”
Sanji
fece una smorfia. “Oh, io non avevo dubbi. Rufy fa amicizia
anche
con i sassi.”
Zoro
annuì mentre Robin lanciava al ragazzo lontano uno sguardo
affettuoso.
Nami
sorrise furba. “Non cambiate discorso... allora, che
è successo?”
chiese di nuovo allungandosi sul tavolo. Al diavolo la privacy,
doveva sapere, stava morendo di curiosità.
Sanji
si grattò una guancia e per la prima volta sembrò
imbarazzato.
“Beh,
non ho mai voluto prendere molte lezioni di nuoto...”
iniziò
titubante. “Ho rischiato più volte di essere preso
in pieno da uno
dei battelli!”
Viola
si batté una mano in fronte. “Quando l'ho visto
non volevo
crederci...”
Lui la
guardò. “È stata la forza dell'amore
che mi ha spinto a fare
quella pazzia!”
“Per
fortuna non sei stato triturato da un'elica...”
commentò
Robin facendo ridere Viola.
Nami
abbozzò una risatina. Era stato un pensiero comune a quanto
pareva.
“E
poi?”
Sanji
sorrise mentre il ricordo lo afferrava e lo riportava a qualche ora
prima quando la piazza, il bar, tutti i suoi amici e quell'atmosfera
serena erano solo una speranza. Quando c'era lei
che lo
guardava mentre si issava rudemente sullo Yagara e il ragazzo dal
naso lungo si faceva avanti per aiutarlo.
Steso
a pancia in giù l'aveva guardata a lungo cercando di
riprendere
fiato. Sembrava surreale averla vicino.
La
ragazza bionda si teneva a distanza insieme al tizio con l'afro e
nessuno di loro aveva la benché minima idea di chi avessero
davanti.
Tutti, tranne lei che sapeva e continuava a
fissarlo come
avesse visto un fantasma.
Sanji
si permise il lusso di ammirarla. Era bellissima, proprio come
nell'unica foto che aveva di lei.
Portava
dei semplici jeans, una camicetta bianca e le Converse. E lo guardava
ad occhi sgranati.
Era
lì, era realmente lì e il
pensiero suonò fin troppo stupido nella sua
testa, ma non
riuscì a non formularlo. Sapeva perfettamente che lei era
reale, ma
vederla di persona era tutta un'altra cosa.
Aveva
dei parenti, prendeva gli Yagara per fare un giro, indossava le
Converse rosse. Lei esisteva. E la
realtà delle cose lo
risvegliò peggio di una secchiata d'acqua.
Doveva
parlarle.
Riuscì
a rimettersi in piedi, i muscoli doloranti per la corsa e la nuotata
che iniziavano nuovamente a farsi sentire.
Usop
era ancora al suo fianco. “Ti serve aiuto..?” gli
chiese
titubante. Ancora non capiva chi fosse quello sconosciuto che aveva
affrontato le onde pur di salire sulla loro imbarcazione ma non
sembrava un pericolo, solo un poveraccio.
Sanji
negò col capo, un ringraziamento silenzioso e si
voltò verso di
lei.
“Viola...”
Non
sapeva da dove cominciare. Il discorso perfetto che si era preparato
era svanito.
“Che
fai qui, Sanji?”
La sua
voce era stata appena più forte di un sussurro e nonostante
il tono
duro riuscì a fargli perdere un battito.
I suoi
cugini si girarono a guardarla e poi tornarono su di lui con le facce
di chi aveva appena risolto il più grande dei dilemmi.
Sanji
fece un passo nella sua direzione ma capì subito che non
avrebbe
dovuto farlo. Usop e Brook gli si pararono davanti e Viola si
ritrasse come se l'avesse colpita.
Si
bloccò preso alla sprovvista. Insomma, d'accordo che non era
al
massimo della presenza ma chi credevano che fosse? Non era certo un
mostro, non le avrebbe mai fatto del male! Non volontariamente, per
lo meno. Gliene aveva già fatto troppo senza rendersene
conto.
Nelle
loro facce vedeva l'astio e una forte dose di sospetto. Si stavano
tutti chiedendo cosa ci facesse lì e lui sapeva che non
avrebbe
avuto un'altra occasione. Era pronto a farsi valere, lo spazio era
pochissimo e non era lì per nessun genere di lotta.
“Io...
io devo scusarmi!” non avrebbe potuto iniziare in altro modo.
“Sapessi quanto ti ho cercata...” Si
passò una mano tra i
capelli bagnati.
Viola
non fiatava ma non si perdeva una sillaba, il cipiglio serio.
“Sono
un idiota!” su questo era certo nessuno avesse nulla da
obiettare.
“Per tre anni ho creduto...” si bloccò
respirando
affannosamente. Dio, ammetterlo con lei era più difficile di
quanto
lo fosse stato dirlo a Zoro. Forse perché con lei aveva
tutto da
perdere.
“Ho...
ho interpretato male i tuoi messaggi... per tre anni ho creduto... ho
creduto che tu fossi un ragazzo!”
Lo
sconcerto durò un secondo sul suo viso, poi tornò
prepotente di
nuovo il sospetto.
Era
palese che non gli credesse e Sanji sentì il bisogno di
spiegarsi
meglio. “So che sembra assurdo, ma è la
verità! Non sono mai
stato molto bravo con le lingue e a quanto pare dopo anni in spagnolo
faccio ancora schifo!” abbozzò una risatina che
suo malgrado fece
alzare gli angoli della bocca a Brook. “Per tutto il tempo
credevo
di parlare con un uomo! Credevo fossi lui!”
Usop
spalancò la bocca vedendosi indicare.
“Ti
descrivevi in maniera molto femminile. La foto che mi hai mandato vi
ritraeva insieme e beh... il tuo diminutivo mi ha messo su una falsa
pista... tutti quei discorsi strani sulla ceretta e i the con le
amiche... pensavo che fossi gay...”
Alla
faccia orripilata di Usop, Brook scoppiò a ridere e dovette
sedersi
per non crollare a terra. Sanji sorrise a quello scoppio, almeno la
sua idiozia risultava simpatica e non cattiva.
Kaya
si fece avanti per sostenere il muso lungo del fidanzato.
Sanji lo sentì chiederle con un filo di voce 'davvero sembro
gay?'
prima che lei lo tirasse in disparte con uno sbuffo divertito.
Sanji
si sentì più leggero alla loro decisione di farsi
da parte, avevano
intuito che non rappresentava un pericolo.
L'unica
che sembrava non volergli ancora concedere il beneficio del dubbio
però, era proprio Viola. Ferma immobile a braccia conserte,
non
abbandonava l'aria sospettosa. Lo scrutava come un felino che studia
la preda.
“Io
ti ho respinto...” continuò deciso.
“...perché pensavo fossi un
uomo e ci stessi provando... aggiungici il fatto che quella notte non
ero perfettamente sobrio ed ero in un pessimo stato emotivo ed ecco
che ho combinato il casino più grande della mia
vita!”
Sanji
si passò una mano tra i capelli. Il peso sullo stomaco che
si
affievoliva sempre più lasciando il posto all'illusione di
mille
farfalle svolazzanti.
“È
per questo che sono qui! Ho attraversato l'Europa per trovarti!
Dovevo spiegarti, non potevo lasciarti andare! Dovevo dirti che
quando ho finalmente aperto gli occhi ho dato un senso a
quell'irrazionale desiderio di mantenere i contatti con te! Ti
consideravo una persona straordinaria quando pensavo fossi un uomo.
Volevo scriverti, dirti sempre cosa mi succedeva. Era così
facile
parlare con te! Mi conoscevi meglio di chiunque altro, a te ho
raccontato cose che nessuno sa! Viola, quando ho capito chi eri, ero
già innamorato di te da anni!”
Un
silenzio da brividi accolse la sua dichiarazione.
Lo
Yagara continuava la sua veleggiata in mare aperto e gli unici suoni
arrivavano dai gabbiani e dalle onde che si infrangevano contro lo
scafo.
Sanji
deglutì e il sorriso gli morì sul viso mentre i
secondi passavano e
da lei non arrivava alcuna reazione. L'aria pungente del tardo
pomeriggio lo fece rabbrividire, ricordandogli di essere ancora
completamente fradicio.
L'euforia scemò poco a poco mentre prendeva atto di non avere
più assi
nella manica.
Non si
era aspettato che gli gettasse le braccia al collo, quello no.
Capiva
il bisogno di metabolizzare la notizia, non pensava nemmeno che lo
avrebbe scusato in quattro e quattr'otto. Era pronto anche per gli
insulti.
Voleva
solo che dicesse qualcosa!
Ma
Viola taceva. I lacci delle scarpe sembravano essere diventati
più
interessanti di lui ed aveva un'aria pensierosa, sembrava soppesare
le sue parole, ma non avrebbe potuto dirlo con sicurezza. Non
conosceva le più basilari espressioni del viso della donna
di cui
diceva di essere innamorato ed era impreparato sul significato del
suo linguaggio del corpo.
Come
un fulmine a ciel sereno si rese conto che non conosceva affatto la
donna che gli stava di fronte. Lui conosceva Vic ed aveva imparato ad
associarlo a determinati modi di fare, ma con la mente di un uomo che
guarda un altro uomo. Viola era diversa da Vic.
Con il
cuore in gola capì che non sapeva come interpretare quel
silenzio.
Ma
avrebbe potuto imparare.
Conosceva
la sua anima, tutto il resto l'avrebbe imparato e amato nello stesso
modo! Viola doveva solo dargliene la possibilità!
Usop,
Kaya e Brook guardavano ad alternanza prima uno e dopo l'altra senza
osare intervenire, in attesa come lui di conoscere il verdetto.
Sanji
sostenne fiero lo sguardo su di lei. Se gli avesse dato un cenno, un
qualsiasi indizio che non gli credeva, era pronto a fare anche
l'impossibile. Se necessario, sarebbe andato avanti tutta la notte a
dirle quanto l'amava, quanto aveva disperatamente bisogno del suo
perdono.
Il
destino glielo volle risparmiare.
“Quindi...”
Sanji
rizzò le orecchie al suono della sua voce. Viola guardava
costantemente a terra.
“...dopo
tre anni di lettere e confidenze mi vieni a dire che pensavi fossi un
uomo?”
Il
tono era piatto, privo di emozione e Sanji guardò i cugini
in cerca
di aiuto. Quelli si strinsero nelle spalle.
Viola
proseguì alzando appena un po' la voce. “Avresti
attraversato
l'Europa per dirmi questo?”
Lui
deglutì. “Beh... si, ma soprattutto per dirti che
ti amo...”
balbettò. Ma perché sempre a lui capitavano le
domande enigmatiche?
“Certo...”
Sanji
sudò freddo. Sentiva il cuore battere in troppi posti
diversi per
essere sicuro di quello che provava.
Era paura
quella che sentiva? Eccitazione, tristezza, angoscia? Perché
Viola
non gli dava il ben servito senza girarci così attorno? La
sua
postura rigida parlava per lei e Sanji iniziava ormai a perdere le
speranze.
“Io...”
“Quello
che mi hai scritto non è perdonabile...”
E
alla fine, eccola là la verità. Detta chiara e
tonda dalla sua
voce.
Non
era sicuro che il cuore gli si fosse spezzato a metà.
Sembrava più
disintegrato. Sparpagliato per terra e frantumato sotto una pressa.
Viola
alzò gli occhi su di lui. Sapeva già cosa sarebbe
accaduto ora. Si
sarebbe fatto accompagnare fino al molo più vicino e sarebbe
sparito
dalla sua vita senza voltarsi indietro. Era felice di averci almeno
provato. Sperava che gli altri lo trovassero prima o poi. Lui non
aveva più la forza di fare niente.
Viola
lo guardava seria e lui era troppo impegnato ad imprimersi nella
testa le sfumature color miele dei suoi occhi per accorgersi che la
distanza tra loro diminuiva sempre di più.
Non
ebbe neanche il tempo di stupirsi quando se la trovò ad un
palmo dal
naso.
La
vide curvarsi su sé stessa e alzare una gamba nella sua
direzione,
caricare il piede a martello e schiantarlo con violenza inaudita
direttamente sulla sua faccia.
La
botta fu atroce e lo spedì di nuovo in acqua. Ne riemerse
con il
sangue che colava dal naso e dolori muscolari che si diradavano per
le articolazioni.
La
faccia faceva un male cane ma riuscì a riaprire gli occhi
per
puntarli increduli su di lei che si ergeva fiera dallo Yagara, un
dito iroso puntato contro di lui.
“Si,
hai ragione, sei un idiota! Non sai lo spagnolo, mi hai offeso da
ubriaco... pensavi che fossi un uomo!”
Sanji
sgranò gli occhi. Gli altri li guardavano scuotendo la
testa.
“Sappi
che se davvero fossi stata l'uomo gay che credevi non avrei mai
perdonato la tua stupida lettera!”
Viola
respirò col naso, gli occhi che si riducevano a due fessure
e Sanji
si affossò depresso ancor di più nell'acqua,
preparandosi al colpo
di grazia. Non aveva più il coraggio di guardarla.
La
sentì muoversi irrequieta sulla barchetta prima che la voce
le si
ridusse ad un sussurro. “Devi solo ringraziare il fatto che
non lo
sono...”
Il
rumore di un corpo che cadeva in acqua gli fece rialzare la testa di
scatto. Quello che vide dopo gli mozzò il respiro e il naso
prese a
pulsare dolorante.
Viola
nuotava a piccole bracciate verso di lui ed era un sorriso quello che
le illuminava volto.
Gli
mise le braccia intorno al collo e lo attirò a
sé. Era seminuda,
aveva lasciato i pantaloni e le scarpe sullo Yagara. Sanji non
pensava che il cuore potesse arrivare a battere tanto forte senza
provocargli danni fisici.
Viola
gli sorrise, gli occhi che brillavano. “Sei fortunato che
sono
donna e innamorata di te da tre anni. Altrimenti col cavolo che ti
avrei perdon...-!”
Sanji
non riuscì a trattenersi. Se ne infischiò del
naso gocciolante, del
freddo pungente, del pubblico. Anche del fatto di averla interrotta.
Avrebbero parlato ancora dopo, per tutto il tempo che voleva. Ma se
non l'avesse baciata entro cinque secondi l'avrebbe rimpianto per
tutta la vita.
Viola
rispose immediatamente con l'entusiasmo di chi aspettava solo quello
per tornare a respirare. Nemmeno le importava del sangue.
Sentì
fischi di approvazione venire dallo Yagara e lo stomaco si contorse
su sé stesso sentendo il suo corpo seminudo aderire
completamente al
suo sotto la superficie dell'acqua. Aveva le labbra più
morbide del
mondo, non pensava che l'avrebbe mandato in corto circuito solo il
pensiero di averla tra le braccia.
Mantenersi
a galla diventò complicato troppo presto e dovettero
interrompere
quel bacio tanto atteso. Ridendo si appoggiarono l'uno all'altra,
senza nessuna intenzione di allontanarsi.
Sanji
non riusciva a smettere di guardarla mentre gli toccava piano lo
zigomo, dispiaciuta per avergli fatto tanto male.
Sentì
l'affetto per lei crescere dal centro del petto e diffondersi. La
donna dei suoi sogni era perfetta. Dentro e fuori. E finalmente
l'aveva trovata.
Quello
era senz'altro il momento migliore della sua vita... peccato che
avesse le ore contate.
“...perché
a quel punto è arrivata la guardia costiera che ha intimato
ad
entrambi di salire a bordo. A quanto pare è vietato tuffarsi
nei
canali...”
Nami
li guardò basita e Viola ridacchiò mentre Sanji
alzava le spalle.
“Ci
hanno arrestato e portato in caserma. Il resto lo sapete.”
concluse
mettendo una mano sulla schiena della sua ragazza che gli si
accoccolò addosso con un sorriso dolce.
Nami,
Zoro e Robin si guardarono, uno più incredulo dell'altro.
Zoro
alzò un sopracciglio. “Ti ha fatto volare dalla
barca con un
calcio?”
Sanji
restituì lo sguardo. Il tono canzonatorio del suo amico non
gli fece
neanche il solletico, era troppo felice per rispondere alle
provocazioni.
“Io
non mentivo quando ho detto che aveva un bel caratterino...”
mormorò furbescamente Robin, sorseggiando il suo
caffè.
Viola
rise toccando piano la faccia del suo ragazzo. Il naso era ancora un
po' rosso ed aveva un piccolo livido sul dorso. “Fa ancora
male?”
chiese dispiaciuta.
“Non
più.” sorrise di rimando lui. “Ma
ricordami di non farti più
arrabbiare!”
Nami
sbuffò una risatina. “Voi si che sapete
divertirvi...”
“Io
invece non mi sono mai sentito più stanco...”
mormorò Zoro
chiudendo gli occhi e mettendosi comodo allungando le gambe sotto il
tavolo.
Nami
si sentì d'accordo. L'universo aveva rimesso a posto le cose
e
incredibilmente non vedeva l'ora di tornare a casa e riprendere la
solita vita frenetica tra università e famiglia. Le
mancavano
persino le urla del nonno.
Guardò
il fratello giocare con Franky e Brook al centro della piazza, mentre
Robin li raggiungeva. Rufy le mise un braccio intorno alle spalle,
stringendola a sé e sentì Brook congratularsi con
loro. Due passi
più in là, Kaya chiacchierava ancora al telefono
con Chopper e a
loro si era aggiunto Usop. Dovevano essere nel pieno di un racconto
emozionante se gli urletti di entusiasmo del fratellino di Sanji
erano tanto forti da arrivare alle sue orecchie.
I
due innamorati seduti con lei non badavano più al resto del
mondo da
diversi minuti e Nami si ritrovò ad invidiarli un po'.
Quel
viaggio se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Avevano incontrato
personaggi di tutti i tipi e i migliori se li erano portati appresso
fino alla fine. Ma soprattutto, aveva avuto modo di fare i conti con
i propri sentimenti.
Sbirciò
verso Zoro, notando che ronfava già come un ghiro e si perse
per un
attimo a guardare i suoi capelli che cambiavano sfumatura con i giochi di luce del
tramonto.
Tutto
era finito per il meglio ed ora era necessario tornare alla vita di
tutti i giorni.
Sorrise
intenerita, scostando un ciuffetto ribelle dalla fronte del ragazzo
addormentato. Lui si mosse un po' nel sonno senza svegliarsi e lei
ritirò piano la mano.
Sentì
la determinazione crescere dentro di lei.
Il
viaggio forse era finito ma per quanto la riguardava aveva ancora
qualcosa da fare.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3686371
|