Ticket for Love

di momoallaseconda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ordinary Human ***
Capitolo 2: *** Last Friday Night ***
Capitolo 3: *** No Vacancy ***
Capitolo 4: *** The Rising ***
Capitolo 5: *** Counting Stars ***
Capitolo 6: *** Aeroplane ***
Capitolo 7: *** Two Fingers ***
Capitolo 8: *** Complicated ***
Capitolo 9: *** I Will Come to You ***
Capitolo 10: *** Bon Appétit ***
Capitolo 11: *** We Are the Champions ***
Capitolo 12: *** Forgive me ***
Capitolo 13: *** Dusk Till Dawn ***
Capitolo 14: *** Ride ***
Capitolo 15: *** Strange ***
Capitolo 16: *** Lonely Together ***
Capitolo 17: *** Jump ***
Capitolo 18: *** Something Just Like This Chains ***
Capitolo 19: *** Waiting for Love ***
Capitolo 20: *** Paris ***
Capitolo 21: *** Learn to Fly ***
Capitolo 22: *** Another Sunrise ***
Capitolo 23: *** More Than a Feeling ***
Capitolo 24: *** It's Good to be in Love ***
Capitolo 25: *** Dancing on my Own ***
Capitolo 26: *** Running ***
Capitolo 27: *** Apologize ***



Capitolo 1
*** Ordinary Human ***


Ticket for Love
 
To look for her whenever you want
 
 
 


 
 
 
 
Scese rapidamente a due a due i gradini dell'istituto cercando di non far cadere i grossi tomi che teneva in braccio. Ormai non riusciva più a contenere l'euforia che gli scorreva nelle vene ed era sicuro che sarebbe presto scoppiato se non avesse fatto qualcosa.
Esaltato, Sanji aumentò il passo finché non atterrò pesantemente sul piazzale della scuola, facendosi accecare dal primo sole caldo di luglio. Fregandosene altamente delle pupille carbonizzate, alzò mani e viso al cielo gettando noncurante dietro di sé i grossi volumi e lanciò un urlo belluino di totale liberazione.
Poco più in là, un paio di ragazzi sdraiati sul praticello che divideva la facoltà di economia da quella di giurisprudenza, si voltarono al suo gesto e ridacchiarono tra loro senza prestargli troppa attenzione, perfettamente consci di cosa gli fosse preso, fondamentalmente perché tutti sulla stessa barca.
Sanji sorrise da solo come un babbeo, chiudendo gli occhi, sentendo la pelle bruciare sotto il sole del mattino con il vento fresco che gli passava tra i capelli biondi. Una sensazione fantastica!
Dopo due mesi e sette giorni, a voler essere pignoli, finalmente la maledetta sessione era finita!
Con un largo sorriso, mandò al diavolo definitivamente ogni pensiero controproducente e la calma, molleggiando sulle gambe e lanciò un altro urlo spacca timpani contro il cielo.
Altre persone che passeggiavano per i giardini presero a guardarlo storto, ma lui li ignorò. Aveva appena passato l'esame più tosto e difficile della sua vita e aveva tutto il diritto di sfogare la tensione come gli pareva. Il fumo amaro delle sue adorate sigarette non sarebbe bastato quella volta.
La vita non era mai stata più bella! Non doveva più preoccuparsi di altri esami fino all’autunno, non aveva nessun tormento particolare, le vacanze estive erano iniziate, aveva amici simpatici con cui trascorrere ore piacevoli in allegria e, soprattutto, vantava una ragazza meravigliosa con la quale poter trascorrere tutti i giorni e le notti senza riserva!
Aprì gli occhi di scatto agguantando di corsa un fazzolettino di carta dalla tasca e poggiandolo rapidamente sotto al naso, sentendo il solito rivoletto caldo di sangue epistatico fuoriuscirne, come accadeva ogni santa volta in cui la sua mente esagitata estrapolava immagini poco caste sulla sua bellissima donna. Ma non poteva farci nulla, Pudding era favolosa!
Stavano insieme da sei mesi e da sei mesi Sanji toccava il cielo con un dito. Era bella, intelligente, acuta, spiritosa... e stava con lui! Aveva scelto lui come difensore delle sue virtù, come custode del suo cuore, della sua anima, del suo corpo...
Altro rivoletto di sangue sfuggito catturato in tempo dal fazzoletto e dalla sua prontezza di riflessi. Sanji mugugnò contrariato, aveva ragione Chopper, doveva farsi controllare da uno bravo.
Scacciò dalla mente il ricordo del corpo megagalattico della sua ragazza per evitarsi un'altra epistassi, non era proprio il momento. Con un sospiro felice, riassunse la sua abituale calma e raccolse i libri che aveva lanciato a terra nella foga, valutando l'idea di andarsi a prendere un caffè al bar del campus prima di tornare a casa, quando qualcosa di pesantissimo e di non ben definito si arpionò alla sua schiena all’improvviso, facendogli perdere l’equilibrio e cadere a terra portandosi dietro il coso, i libri e un discreto numero di santi che Sanji stesso provvide a far piovere direttamente dal cielo quando capì cosa lo aveva atterrato. Sdraiato a pancia in su, il sedere dolorante, una voglia matta di strozzare qualcuno, cercò di togliersi di dosso la piovra molesta che rideva a crepapelle non accennando minimamente a staccarsi dal suo braccio. Lanciò qualche pugno ben mirato sulla testa vuota di quello che aveva riconosciuto essere uno dei suoi migliori amici e se lo levò di dosso con non poca fatica, spingendolo lontano da lui.
Lo guardò irritato continuare a ridere rotolandosi sull'erba, per nulla turbato dalla scarica di pugni che lo aveva investito, anzi ne pareva fin troppo divertito e Sanji non se ne stupì.
Da che lo conosceva, Monkey D. Rufy era stato capace di incassare da chiunque centinaia di pugni, calci e botte varie, senza quasi mostrare segni evidenti di dolore fisico, con la sola eccezione di quelli presi dalla sorella, e la cosa aveva il potere di mandare in bestia il biondo. Santo cielo, pareva fatto di gomma! Non c'era alcun gusto nel picchiare (amichevolmente s'intende) qualcuno che non sentiva nulla! Tanto più che Rufy ne prendeva parecchie di botte, soprattutto da lui e da Nami, per lo più per il suo vizio di non saper collegare la bocca al cervello, ma Sanji gli invidiava a morte questo suo essere elastico ed incapace quasi di provare sofferenza. Quando Rufy tirava un pugno a lui la pelle ci impiegava giorni per cancellare il livido.
Piccato per le sue stesse considerazioni, Sanji fu tentato di rifilargliene altri due o tre solo per  gusto personale, ma una voce canzonatoria alle sue spalle bloccò la mano già caricata a pugno.
“Te lo dicevo che saremmo arrivati in tempo, Rufy, torcigliolo è ancora qui! Ciao torcigliolo, allora finito tutto?”
Ovviamente Rufy non era venuto da solo a salutarlo dopo l'esame, doveva immaginarselo. Cosa aveva detto prima? Di avere amici simpatici con cui trascorrere tante ore in allegria? Da quel momento eliminava la parola 'simpatici' e 'allegria'.
Sorvolando sull'epiteto poco carino con cui era stato apostrofato, Sanji lanciò un'occhiata di sbieco al nuovo arrivato, che ora guardava alternativamente lui e il moro ancora disteso a terra sfoderando la solita faccia da sberle irritante che contraddistingueva Zoro Roronoa da sempre.
Sanji si alzò con calma dopo aver tolto un po' di terra dai pantaloni, gli istinti omicidi ormai del tutto sedati.
“Marimo.” lo salutò di rimando con un sorrisetto, chiamandolo volutamente con il soprannome che gli aveva dato a otto anni per i suoi curiosi capelli verdi che ricordavano un'alga marina, e che sapeva perfettamente, Zoro odiava. “Si, ho finito!” esclamò, con una nota euforica nella voce, ritornando con l'umore alle stelle. Chi se ne importava se aveva davanti l'amico più stronzo dell'universo, quello che non perdeva mai occasione per ridere delle sue disgrazie (a ben vedere la cosa era comunque reciproca), o di offenderlo pur di avere una scusa per menare le mani? Era felice da far schifo e sentiva di poter sopportare qualsiasi cosa, anche il ghigno insolente del suo migliore amico e le sue provocazioni.
Zoro non perse tempo e grugnì infastidito per l'epiteto, ma decidendo di lasciar correre come aveva fatto Sanji. Sapevano entrambi quanto in realtà fosse divertente litigare e punzecchiarsi a vicenda, per poi tornare amici come prima in una manciata di minuti come se nulla fosse successo. Facevano così fin da piccoli e certamente le cose non sarebbero cambiate.
Rufy si alzò elettrizzato da terra prendendo entrambi per il collo, facendo cozzare malamente le tre teste tra loro. “Se anche tu hai finito, sapete questo che vuol dire??” esclamò ridendo come un matto strattonandoli.
Sanji e Zoro non fiatarono, lanciandosi un'occhiata divertita e saputa da sopra le sue spalle, entrambi lo superavano in altezza di parecchio pur essendo coetanei, e rimasero in attesa.
Rufy lasciò la presa dal collo degli amici per alzare le braccia al cielo. “Vuol dire fine della fatica!! D'ora in avanti solo festaaaaa!!!” urlò saltellando sul posto come un bambino a Natale e facendo voltare curiose le poche teste che c'erano ancora nei paraggi.
Zoro scosse il capo divertito, mentre Sanji si accendeva la prima sigaretta della giornata ed aspirava avido una boccata, annuendo convinto, un sorriso allegro stampato in faccia.
“Puoi giurarci, amico! Non vedevo l'ora di un po' di relax!” mormorò il biondo, sospirando.
Zoro lo guardò scettico. “Come se 'mister primo della classe' avesse bisogno di rilassarsi! Tu nemmeno fai fatica a studiare!” borbottò risentito.
Sanji aspirò un'altra boccata, tranquillo. “Se tu sei un caprone ignorante che ci mette una vita per leggere un pagina, non significa che io non abbia bisogno di un po' di vacanza. Probabilmente me la merito più di tutti.” aggiunse con un sorrisetto di sfida.
Zoro lo fulminò con lo sguardo. “Caprone a chi, idiota dal ciuffo ossigenato?!”
“Buoni, buoni, su. Non litigate.” li divise Rufy allegro mettendosi fra loro, mostrando un'anomala parvenza di buonsenso che bloccò la risposta acida di Sanji, prima di far risuonare in tutto il piazzale le sue urla e spaccare i timpani a chiunque nel raggio di un chilometro. “Le vacanze estive sono iniziateeeee!!” Poi, senza abbassare i toni, aggiunse rivolto solo a loro due. “Dobbiamo festeggiare degnamente! Che possiamo fare? Che possiamo fare??” chiese, tornando all'istante il solito bambinone troppo cresciuto.
Zoro sghignazzò, abituato al carattere esagitato del suo amico e sembrò rifletterci seriamente. “Beh, stasera ci sarebbe la festa da Hermeppo...” azzardò con un certo interesse, leccandosi volutamente le labbra. Sanji lo guardò roteando gli occhi sapendo bene a cosa stava pensando.
Per quanto tutti mal sopportassero quell'odioso figlio di papà viziato ed arrogante del loro compagno di corso, doveva ammettere che la sua mega villa unita ai suoi soldi, erano un binomio perfetto quando si trattava di produrre feste grandiose con folle oceaniche di ragazze disinibite e mezze nude oltre che, soprattutto, bere gratis in quantità illimitata e per uno come Zoro, abituato a ingerire abbondanti quantitativi d'alcool per riuscire a raggiungere anche soltanto un leggero stato d'ebbrezza, quelle feste erano il paradiso dei sensi, figurarsi se non avrebbe fatto carte false per andarci.
Rufy accolse l'idea con entusiasmo, neanche a pensarci, ma Sanji non era dello stesso avviso. Lo videro negare sicuro con il capo e, alla domanda del moro che ne chiedeva il motivo, rispose semplicemente “...perchè volevo passare la serata con Pudding!”
Zoro alzò gli occhi al cielo e Rufy si incupì. Sanji non si fece intenerire. “Sono quasi due settimane che non passiamo un po' di tempo da soli! Le mancherò senz'altro da morire!!” sfoderò cuoricini rossi adoranti dagli occhi rievocando l'immagine della ragazza nella sua mente. “Oh, Pudding-chan non temere il tuo Mr. Prince è tornato! Lo studio non mi porterà mai più via da te!!” ululò ondeggiando sul posto e sprigionando cuori intorno a sè.
Rufy mugugnò infastidito guardando l'amico partire per la tangente dell'amore. Lui voleva che stessero tutti insieme a festeggiare la fine degli esami!
Zoro gli poggiò una mano sulla spalla con un sorrisetto, mimandogli con le labbra di lasciar perdere. Sanji lo conoscevano ormai, se aveva una donna potevano star certi che lei sarebbe sempre venuta prima di chiunque altro. Per quanto bene potesse volere ai suoi amici, Sanji non avrebbe mai sacrificato tempo prezioso da passare con lei, per una stupida festa. Solo non avevano mai capito perché si rendesse ridicolo tutte le volte con quelle scene sdolcinate!
Zoro si stufò quasi subito di ascoltare le moine rivolte alla ragazza che il biondo vedeva nella sua testa e si schiarì la voce seccato. “Ok, torcigliolo. Direi che per oggi ne ho abbastanza del tuo fare svenevole da tappetino! Vorrà dire che alla festa ci andremo solo noi due.” convenne incrociando le braccia e guardando Rufy.
Sanji, la produzione di cuori interrotta di colpo, lo incenerì. “A chi hai dato del tappetino, tu??”
“Ma no!! Io voglio che andiamo alla festa tutti insieme!!” mugugnò Rufy con una faccia da cucciolo abbandonato guardando alternativamente l'uno e l'altro.
Sanji scosse la testa serio. “Non posso, davvero! È da troppo che non stiamo insieme da soli per colpa di quegli stupidi esami! E piantala di guardarmi così!” aggiunse in risposta all'espressione affranta che aveva assunto il moro per farlo cedere. “Non verrò, stasera! Fattene una ragione... Tra l'altro non ho ancora finito di riempirti di botte per il sicuro ematoma che mi uscirà grazie a te e alla tua mania di saltare addosso alla gente all'improvviso!” esclamò massaggiandosi il fondoschiena dolorante e mostrando il pugno pronto all'uso, ma Rufy nemmeno lo ascoltava più. “Sanji ma quella laggiù non è Pudding?” chiese curioso, guardando qualche metro dietro le sue spalle dove una ragazza, con un vestitino striminzito e i capelli castani raccolti in due morbidi codini, guardava dritto verso di loro.
Con uno scatto fulmineo, il biondo si girò inquadrando la sua ragazza in meno di due decimi di secondo e gli ci volle anche meno per notare quanto fosse poco vestita.
“Pudding-channnn!!!!” ululò entusiasta scattando rapido verso di lei che lo attendeva tranquilla vicino alla facoltà di giurisprudenza.
Zoro fischiò ammirato. “Ottima mossa, Rufy! Non ti facevo così sveglio!”
Il moro si voltò a guardarlo confuso. “Quale mossa?”
Zoro lo fissò a sua volta. “Ma non l'hai fatto per evitare... d'accordo, lasciamo stare!” concluse spiaccicandosi una mano in fronte. Colpa sua che aveva pensato di aver intravisto un cervello sotto quei capelli neri.
“Che gli starà dicendo, secondo te?”
Zoro gettò un'occhiata disinteressata a Sanji che aveva da poco raggiunto la ragazza con un saltello acrobatico degno di un trapezista, emanando cuori tutto attorno.
“E io che ne so?” commentò tranquillo, lasciando vagare lo sguardo in giro e contemplando l'idea di stendersi per un po' al sole sul praticello invitante del campus, con quell'arietta fresca magari sarebbe riuscito pure a fare un sonnellino.
“Sono troppo lontani, non si sente niente!” considerò Rufy stizzito, prima di farsi pensieroso. “Non ha una faccia felice, però.”
Con uno sbuffo, Zoro tornò suo malgrado a guardare la coppia in lontananza e si ritrovò ben presto ad aggrottare le sopracciglia sorpreso quando notò il biondo smettere all'improvviso di produrre cuori e bloccarsi, fissando sconvolto Pudding continuare invece a parlare, agitando le braccia con un'espressione dispiaciuta.
Si scambiò un'occhiata con Rufy, come lui ignaro di cosa stesse succedendo a quei due, anche se una vaga idea si stava già formando nella testa di Zoro e non ne sarebbe stato sorpreso.
Vide Pudding fare una carezza leggera al ragazzo e sorridergli serenamente, prima di salutarlo con la mano ed avviarsi verso i cancelli, chiaramente decisa ad andarsene sola.
Riportò tutta la sua attenzione sulla statua di sale che aveva preso le sembianze del suo amico, prendendo atto di aver appena assistito in diretta all'ennesima rottura sentimentale del biondo.
Zoro fece una smorfia, cercando di guardare da un'altra parte, ripensando a quante ne aveva già subite Sanji in 22 anni di vita... troppe per ricordarsele tutte ed ogni volta il biondo buttava il suo amor proprio nel cestino cercando di riconquistare con ogni mezzo la donna di turno che con lui non voleva più avere a che fare. Poveraccio, quasi gli faceva pena... quasi.
Rufy lo tirò per la manica della maglia. “Io non ho capito niente! Dove è andata Pudding? Pensavo volesse stare con lei, oggi! Che è successo?” chiese con candore assoluto.
Zoro sospirò impassibile grattandosi la nuca, senza distogliere lo sguardo dal biondo. “Lascia stare. Mi sa che stasera Sanji non passerà la serata con nessuno...”
Rufy corrugò le sopracciglia, per nulla soddisfatto della risposta e pronto a chiedere spiegazioni aggiuntive, quando l'ennesimo urlo belluino della giornata si alzò al cielo, facendo voltare tutta l'università verso un redivivo Sanji in ginocchio che piangeva disperato invocando il nome dell'amata ormai lontana. “Pudding-channnn!! Non mi lasciare, ti pregoooo!! Non mi importa se siamo diversiiiiiii!!! Io cambieròòòòò!!! Pudding-channnnnn!!!”
Zoro e Rufy guardarono la scena con una punta di sincero dispiacere, accompagnato da un ben più rilevante misto di disgusto e imbarazzo per la dignità di Sanji che andava a far compagnia al suo amor proprio nel cassonetto.
“Quindi lo ha mollato?” chiese cauto Rufy dopo un pò.
“Sembrerebbe di si...” rispose pacato Zoro.
Il moro rifletté un istante. “...Dici che allora alla festa ci viene?”
Il verde lo guardò male, non degnandolo di una risposta, ma Rufy sorrise entusiasta battendo le mani. Sanji nel frattempo aveva iniziato ad avere le convulsioni per il troppo pianto ed un capannello di studenti e professori gli stava prestando le prime cure del caso. Una scena già vista.
“Mi sa che la festa di stasera sarà epica!” commentò il moro ghignando felice, sotto lo sguardo esasperato di Zoro e gli uggiolii disperati di Sanji in lontananza.
Non c'era male come inizio delle vacanze.
 
*
 
Il panorama che si palesò agli occhi di Zoro quando entrò nella stanza non poteva essere più deprimente. Se n'era già convinto mentre saliva le scale, sentendo le note struggenti di una canzone strappalacrime che si disperdevano per la casa.
La signora Vinsmoke gli aveva fatto un cenno sconsolato indicandogli la stanza del suo quartogenito con un sospiro. Sanji aveva saltato il pranzo e da che era rientrato quella mattina non era più uscito dalla sua camera, lei aveva rinunciato a chiedergli di mangiare qualcosa da ore e tutta la famiglia di comune accordo aveva deciso di lasciarlo in pace. Era evidente volesse soffrire in solitudine per la rottura con Pudding.
Ma Zoro non ci stava, aveva visto il suo amico in quello stato decine di volte e si rifiutava di lasciarlo solo a trincerarsi nel dolore nella teatralità della sua camera da letto con canzoni d'amore di scarsa qualità! Un briciolo di orgoglio maschile doveva ancora averlo da qualche parte, dannazione!
Zoro entrò a passo sicuro, sorpreso di trovare la porta aperta. Sanji era talmente depresso da dimenticarsi di chiuderla a chiave e forse sarebbe stato meglio farlo perché si sarebbe risparmiato di vedersi piombare lì la sua faccia allibita e schifata.
C'era un caos assurdo. Fotografie di Pudding erano state stracciate e sparse per tutto il pavimento e il letto, il portatile acceso dispensava a tutto volume quelle note struggenti da voltastomaco che si sentivano fin dall'ingresso, parecchi libri erano sparpagliati in giro, c'erano vestiti buttati a casaccio e pure un paio di reggiseni che sventolavano lievi dal lampadario appeso al soffitto. In tutto quel delirio il suo amico dava orribile mostra di sé seduto sul letto, i capelli afflosciati a coprire il viso, mentre stringeva a sé un cuscino a forma di cuore con il viso sorridente di Pudding raffigurato sopra.
Zoro era certo che Sanji fosse un uomo con tutti gli attributi al posto giusto, dopo tanti anni passati tra palestra e campo di basket con lui, eppure quell'immagine lo fece vacillare per un istante, non concependo del tutto di trovarsi davvero nella seria e ordinata stanza del suo migliore amico, invece che nella cameretta di una ragazzina adolescente in crisi ormonale. Roteò gli occhi con una smorfia a quel pensiero, avanzando deciso verso la scrivania per spegnere quella musica lagnosa che stava fracassando i timpani a tutti da ore.
Sanji alzò appena la testa, guardandolo con occhi spenti, prima di tornare subito a sprofondare il viso nel cuscino senza emettere suono. Zoro sbuffò infastidito. Se non si vergognava di mostrarsi così debole davanti a lui allora l'aveva presa proprio male, peggio del solito, eh si che erano state in molte a scaricarlo prima di Pudding, come minimo doveva esserci abituato.
Si passò una mano tra i capelli verdi, trascinando una sedia davanti al letto del biondo e sedendocisi sopra a cavalcioni. Si schiarì la voce, preparandosi mentalmente a dare una scossa alla larva umana davanti a lui. C'era bisogno di un po' di testosterone in quella stanza.
“D'accordo, amico... Ammetto che non sia un granché quando si viene mollati...” iniziò pacato ma deciso “...capisco il nervoso, la rabbia, la voglia di distruggere tutto, che tu ci creda o no arrivo persino a comprendere il desiderio di ascoltare cantanti neo melodici a palla... probabilmente vorresti solo essere lasciato in pace a morire nello sconfinato mare della tua sofferenza...”
Sanji riemerse dal cuscino scuro in volto, scostandosi i capelli dal viso. “Sei venuto per fare il poeta?”
Zoro ghignò sghembo. “Nah... solo per prenderti un po' per il culo...” ammise tranquillo.
Il biondo lo guardò male ma riprese un po' di contegno e data una rapida occhiata al cuscino a cuore, lo lanciò ai piedi del letto, lontano da lui. Si passò una mano sul viso stanco, asciugando gli occhi ancora un po' lucidi e sospirò. “Lo so che è patetico... è che... credevo davvero che sarebbe stata quella giusta, stavolta.” confessò senza imbarazzo.
Si conoscevano da una vita ed anche se erano sempre pronti a scannarsi per un nonnulla, entrambi sapevano di trovare l'uno nell'altro la spalla cui appoggiarsi in caso di bisogno, fosse stato per vendicare un torto subito o per piangere la fine di una relazione.
Zoro non aveva mentito. Nonostante il tono canzonatorio, capiva perfettamente che il suo amico stava male, comprendeva in pieno che era il genere di cose che ti annientano, anche se non lo sapeva per esperienza diretta ma per pura empatia. Tuttavia non credeva nemmeno che piangersi addosso fosse il giusto modo per affrontare il problema.
“...chiodo schiaccia chiodo?” esalò Sanji quando Zoro gli espose la sua teoria per esorcizzare il dolore. “Cioè dovrei rimpiazzare Pudding, tutti gli ultimi mesi, la vita che mi stavo immaginando insieme a lei, scopando con una a caso?” chiese ironico.
Zoro finse di non aver colto il tono sarcastico e annuì energico. “È un fantastico rimedio, te l'assicuro!”
Sanji assottigliò gli occhi. “E sentiamo tu come faresti ad esserne certo dal momento che non ti ha mai mollato nessuno? E anche non lo farà mai nessuno, visto che tu la donna fissa non la vuoi.”
Zoro scosse il capo. “Non serve certo solo per quando si viene mollati! Il sesso risolve qualsiasi problema! Un atto fisico puro e semplice senza complicazioni fa stare subito meglio! Pensi che se mi si presenti l'occasione io non la colga? Diavolo Sanji, ho visto dozzine di ragazze farti il filo negli anni, palesemente interessate anche solo ad una botta e via, ma tu lasciarle sempre perdere solo perché già impegnato o perché il tuo manuale da gentleman ti impone di portare una donna fuori a cena almeno tre volte prima di fartela! Non siamo più nell'800! Se una mi si presenta davanti visibilmente interessata ad accompagnarmi sul tetto, sarei un idiota a non approfittare della cosa, ti pare?”
Sanji si appoggiò alla parete sbuffando piano. “Già mi stupisco che tu riesca a trovare la strada verso il letto di una ragazza con il senso dell'orientamento che ti ritrovi... ma il sesso non risolve sempre tutto!”
Zoro ghignò sadico. “Si vede che non ne fai abbastanza...”
Il biondo lo squadrò scocciato pronto a rispondere per le rime quando un bussare leggero alla porta li zittì entrambi.
“Posso entrare, Sanji?” mormorò una vocina cauta al di là della porta chiusa.
L'interessato sorrise. “Come no, Chopper. Entra pure.”
Un ragazzino biondo sui quattordici anni entrò saltellando tutto felice, raggiungendo i due vicino al letto e salutando educatamente Zoro. “Sono appena tornato dai corsi estivi. La mamma ha detto che non stavi bene oggi e di non disturbarti ma ero preoccupato per te, che succede?”
Sanji guardò il suo fratellino con affetto. “Stavo un po' male è vero, ma adesso mi è passato tutto, tranquillo!”
Chopper gli sorrise dolce rassicurato dalle sue parole e Zoro considerò ancora per l'ennesima volta come fosse possibile che in una famiglia composta da sei figli, fossero usciti tre enormi stronzi e tre buoni come il pane, una via di mezzo per tutti, no? Se poi doveva ammettere che considerava il suo amico uno dei tre venuti bene, si capiva di gran lunga quanto fossero orribili gli altri. Non appena li conoscevi indovinavi subito chi avesse ereditato i geni di quel gradasso del padre e chi quelli dolcissimi della madre. Grazie a Dio due dei fratelli di Sanji usciti male abitavano già per conto proprio, come anche la sua bellissima e gentilissima sorella maggiore, quindi da un paio d'anni doveva sopportare solo Yonji quando veniva a trovare Sanji a casa. Al contrario gli stava molto simpatico Chopper, come a tutti del resto, probabilmente era l'unico che non aveva mai subito le angherie dei tre stronzi. Sanji non aveva mai fatto mistero di detestare i suoi due fratelli maggiori e il fratello minore Yonji, ma adorava il fratellino più piccolo al pari di quanto amasse la sorella più grande. Erano davvero una famiglia strana.
“Se è tutto a posto allora vado, così non vi disturbo!” sorrise il ragazzino.
Sanji e Zoro ridacchiarono. “Tu non disturbi mai, piccolo!” confessò Zoro sincero.
Imbarazzato, Chopper sventolò una mano davanti al viso. “Non dite così, per favore, mi fate diventare rosso!!” ammise ridendo e ondeggiando un po' sulle gambe prima di farsi serio d'un tratto. “Sanji il tuo computer lampeggia!”
Zoro si voltò verso la scrivania notando solo in quel momento una lucina gialla vicino alla web cam comparire e scomparire ad intermittenza con moto continuo e sentì Sanji alzarsi dal letto.
Chopper gli si accostò. “Va bene, io vado, ci vediamo a cena. Mi hanno dato un sacco di compiti per domani e non ho nessuna voglia di farli...” aggiunse affranto ma ridendo quando il fratello gli scompigliò i capelli con una mano guardandolo furbo.
“Bugiardo!” ghignò il biondo universitario. “Vai pure, lo so che non vedi l'ora di cominciare! E si, dì pure alla mamma che ci vediamo per cena.”
Chopper ridacchiò prima di scomparire fuori dalla porta. “A dopo! Ciao Zoro!”
Zoro lo salutò con un sorriso sincero, era adorabile quel ragazzino. Studioso ma per nulla saccente, col senso dell'umorismo che non sfociava mai nel grottesco, gentile e collaborativo ma con una propria morale. Per certi versi molto simile a Sanji. In quei momenti gli spiaceva davvero essere figlio unico, un fratellino come Chopper lo avrebbe voluto anche lui.
Scosse la testa e tornò a concentrarsi sul suo amico, che ormai era stato completamente assorbito dallo schermo del computer.
“È la risposta alla mail...” lo sentì mormorare sovrappensiero.
Zoro fissò dubbioso la sua schiena. “Stai ancora alle mail?” gli chiese corrugando le sopracciglia, ben deciso a rimanere seduto dov'era ma girato verso di lui.
Sanji annuì in automatico senza staccare gli occhi dallo schermo, mentre pigiava rapido sulla tastiera. “Ti ricordi quel compito sull'amicizia tra sconosciuti che ci aveva dato il professor Saul l'ultimo anno di liceo?” gli chiese tranquillo senza guardarlo.
Zoro si grattò la nuca perplesso e a Sanji non servì voltarsi per capire che in quel momento era in atto una lotta spasmodica tra i suoi due neuroni per capire di che diavolo parlasse. Zoro solitamente non si ricordava nemmeno quello che aveva mangiato per colazione, figuriamoci di un compito assegnato quando erano ancora degli adolescenti.
“Mi riferisco a quando ci ha costretti tutti a scrivere delle mail ad uno sconosciuto, a suo dire per sviluppare l'amicizia tra culture diverse...” mormorò andandogli in aiuto “...e scelse per ciascuno di noi uno studente straniero che avesse per madrelingua quella che ognuno aveva sul suo programma di studi. Tu avevi inglese, io spagnolo.”
Zoro batté gli occhi, interdetto. “...Mi stai dicendo che dopo più di tre anni sei ancora in contatto col tuo amico di penna spagnolo??” esclamò a bocca aperta alzandosi dalla sedia.
Sanji si girò appena, l'espressione neutra. “Si, è un tipo simpatico. Alla fine ci scriviamo una decina di volte al mese e ci raccontiamo come va la vita.” ammise tranquillamente tornando a battere sulla tastiera.
Zoro sgranò gli occhi cercando di metabolizzare quanto aveva appena sentito, mentre un brivido gli percorse la colonna vertebrale al ricordo di come era finito per lui quel compito.
“È una cosa assurda!” sbottò dopo qualche attimo, al che Sanji si voltò a guardarlo confuso.
“Mi ricordo di quel maledetto compito!” esclamò indicando il computer con malcelato astio nella voce. “A me il prof. Saul aveva affibbiato un inglese maniaco che invece di scrivermi della sua giornata mi mandava lunghe poesie d'amore accompagnate da sue fotografie in perizoma!” rabbrividì al ricordo. “Ho resistito tre giorni prima di chiudere completamente l'account e andare dal prof. a spiegargli che mi era impossibile portare a termine il suo esperimento per assenza di affinità strutturali! Incredibilmente ha capito e non mi ha più chiesto nulla.” concluse scuro in volto incrociando le braccia.
Sanji stringeva i braccioli della sedia cercando di non frantumarli e al contempo si mordeva furiosamente le labbra. La sua faccia era indecisa se esprimere una sincera compassione per il suo amico o puro totale e irrefrenabile scherno. Alla fine ebbe la meglio il secondo.
Sanji scoppiò a ridere sguaiatamente battendo ripetutamente le mani sulla scrivania, non riuscendo a credere di avere finalmente qualcosa in mano per prendere per il culo il sempre irreprensibile Zoro Roronoa!
Il verde, d'altro canto, lo guardava ridere delle sue pene visibilmente alterato e rosso in volto. Sembrava impossibile che quello fosse lo stesso ragazzo che neanche mezz'ora prima era steso sul suo letto a piangere per una storia d'amore finita male!
Intimamente era contento di vederlo ridere di nuovo, ma c'era un limite! Digrignò i denti, stufo di venir preso in giro in quella maniera da uno che non aveva ancora smesso i panni del gentiluomo d'altri tempi e di sicuro nascondeva qualche libro di Jean Austen dell'armadietto dove teneva i bigodini.
“Piantala, babbeo! Ecco perché non ve l'ho mai detto, sapevo che avreste tutti reagito così!”
Sanji si asciugò gli occhi lucidi e gli lanciò un'occhiata in tralice, ancora con il sorriso sulle labbra. “Mi dispiace per la tua esperienza, davvero!” esclamò quando un'occhiataccia lo raggiunse. “Ma è una cosa troppo divertente! Ti è andata male... il mio è a posto, anzi è pure parecchio simpatico! Pensa che abbiamo una valanga di interessi in comune! Entrambi studiamo economia ma vogliamo diventare cuochi, ci pensi? Quando si dice il destino!”
Zoro sbuffò appoggiandosi alla parete con la schiena. “Il mio era un imbecille, ma non ci metto la mano sul fuoco che il tuo sia uno stinco di santo!” mormorò piccato. “Anche il tuo è un maniaco, vedrai! Quando meno te lo aspetti ti chiederà di incontrarvi per un ‘appuntamento’ e vedrai che ti combina!”
“Sei prevenuto solo perché ti è andata male!” Sanji lo squadrò con un'occhiata di compatimento, prima di voltarsi di nuovo verso il computer e soddisfatto premere invio.
Zoro scosse la testa mentre i cellulari di entrambi trillavano all'unisono.
“Vedrai se non ho ragione!” borbottò estraendo il telefono dalla tasca e leggendo rapidamente il messaggio di Rufy dove informava entrambi che sarebbe passato a prenderli alle dieci per portarli alla festa di Hermeppo.
Il verde lanciò uno sguardo all'amico che fissava lo schermo del telefonino con occhi spenti. Il momento ilare era passato purtroppo. Sanji stava nuovamente tentando la discesa verso la depressione post-rottura con Pudding, ma non aveva ancora fatto i conti con lo spirito indomito che dimorava in ogni uomo indignato dalla poca virilità di un amico. Attraversò la stanza a passo di marcia e si erse in tutta la sua statura di fronte al biondo con un dito puntato davanti al suo naso e lo sguardo minaccioso che assicurava un brutto quarto d'ora per la sua faccia se non avesse fatto tutto ciò che chiedeva.
“Ora tu ti riprendi, fai una doccia e vai a cena con la tua famiglia! Alle dieci io e Rufy saremo qui puntuali a prenderti per portarti alla festa... e non voglio sentire scuse sceme!” aggiunse veloce prima che Sanji riuscisse a infilare una parola in quel discorso furente. “Pretendo che venga anche tu e che ti diverta! Dovrai ubriacarti così tanto che di quella donna non ricorderai più nemmeno il nome, sono stato chiaro?” stabilì, talmente serio e ostile che Sanji non trovò nulla da ridire, se non annuire sgranando gli occhi, suo malgrado un po' intimorito da quegli occhi furiosi.
Zoro ghignò, felice di aver raggiunto il suo scopo.
“Vedrai che questa notte ti cambierà la vita!”

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice:

Buongiorno! Se qualcuno se lo stava chiedendo, no fortunatamente (per me) non sono svanita (purtroppo per voi), ma ero presa dal lavoro e dalla vita reale, anche se non ho mai smesso di scrivere e difatti torno con questa nuova long che spero possa piacere a qualcuno! :-D
Ci lavoro da tanto e ci tengo come fosse mio figlio, ma se dovesse far pena non fatevi problemi a farmelo sapere! :-D sono sempre disponibile per sapere i pareri di chi ne sa più di me.
Detto questo grazie per te che sei passato di qua anche solo per una lettura in un momento di noia. Sono felice di aver attirato il tuo interesse e spero che questo primo capitolo possa piacere!

Un bacione a tutti,
Momoallaseconda

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Capitolo 2
*** Last Friday Night ***


Alle dieci in punto di un preciso venerdì sera di luglio, Sanji Vinsmoke salì sul sedile posteriore della vecchia Duna della famiglia Monkey con un sospiro pesante che poteva dire molto sul suo stato d'animo. Lanciò una fugace occhiata agli altri due occupanti del veicolo, notando subito le loro occhiate stranite.
Rufy, alla guida, lo guardava poco convinto dallo specchietto, mentre Zoro non si era fatto troppi problemi a voltarsi completamente col busto per poterlo squadrare meglio, un sopracciglio sollevato a sottolineare la sua muta domanda.
Sanji sbuffò. “Anche se è una festa da Hermeppo, non voglio presentarmi vestito da barbone!” esclamò irritato. Non solo ci stava andando controvoglia quando avrebbe solo voluto sprofondare nel cuscino e non doversi rialzare mai più, ma doveva pure sorbirsi le loro solite paturnie circa l'abbigliamento che aveva scelto per la serata, ossia sempre quello che riservava alle grandi occasioni come le festività religiose, gli appuntamenti galanti, le lezioni all'università, la spesa al supermercato, lavare l'auto...
Zoro lo squadrò con aria di scherno raddrizzandosi di nuovo sul sedile. “Ti pare normale andare ad una festa in piscina in giacca e cravatta??” chiese a Rufy.
Quello ridacchiò e Sanji rinunciò a guardarli male, tanto non lo avrebbero visto.
Si chiese ancora come diavolo aveva fatto a farsi convincere, non era assolutamente dell'umore adatto per una festa e men che meno di mettere in pratica il consiglio di Zoro sui chiodi!
Si allentò la cravatta dalla gola, un gesto consueto su un accessorio messo più per abitudine personale che per secondo fine. Non si sentiva per nulla bene, il cuore batteva forte contro la cassa toracica e aveva ancora una gran voglia di piangere anche se si era ripromesso di non farlo più. La testa ormai pulsava, Dio se faceva caldo in quel catorcio gli mancava quasi l'aria. Era il luglio più afoso degli ultimi anni diceva il Tg e lui non poteva che essere d'accordo.
Cercò a tentoni e col buio il pulsante per abbassare il finestrino, bestemmiando sottovoce dopo svariati tentativi a vuoto.
Rufy lo guardò dallo specchietto. “Il bottone automatico non c'è, devi girare la manovella.” precisò indicando verso il basso con il suo indice.
Sanji borbottò un 'grazie' prima di mettere la testa fuori dal finestrino per qualche secondo, sentendo l'aria fresca della notte sferzarlo sul viso e riuscire a calmarlo, fortunatamente la strada da fare era poca. Sentì Zoro chiedere a Rufy perché non avessero preso la sua auto invece che quella mezza scassata della madre.
“Perchè ce l'ha mia sorella.” fu la semplice risposta del moro. “Le avevo detto che poteva venire con noi, ma doveva passare a prendere le sue amiche e quindi viene più tardi.”
Zoro si girò di colpo verso di lui, gli occhi fuori dalle orbite. “Cos... stasera ci sarà anche tua sorella??”
Rufy annuì per nulla turbato dall'espressione omicida dell'amico. Sanji si frappose tra i due sedili anteriori, guardandolo sornione. “Problemi con una dolce donzella per caso, Roronoa?”
“Affatto.” digrignò i denti Zoro, guardando ovunque tranne che verso di lui. Sanji sogghignò con fare saccente e tornò a sedersi composto.
Forse dopotutto ci sarebbe stato da divertirsi anche per lui quella sera.
 
*
 
Le feste da Hermeppo avevano la fantastica particolarità di iniziare sempre alla stessa ora ma di non sapere mai quando sarebbero volte al termine, a volte sembravano poter durare in eterno e mantenerti giovane e prestante per sempre.
Iniziavano alle cinque, quando i coniugi Morgan partivano per le loro solite gite settimanali e lasciavano casa libera al loro unico figlio per due giorni. Da quel momento, con sfide mortali a colpi di Play Station e dispense riempite di ogni ben di Dio fino a scoppiare, i primi fedelissimi e volenterosi compagni di corso iniziavano a preparare l'ambiente per l'arrivo certo di almeno un centinaio di persone con tavoli imbanditi di alcool e postazioni da deejay in ogni angolo della villa, del parco e vicino alla piscina olimpionica.
Alle cinque e cinquantacinque Hermeppo chiudeva la porta del garage, dove il padre teneva le sue preziose auto sportive, con una chiave minuscola che veniva puntualmente rubata da Ace e Sabo in pochi secondi.
Dalle sei scattava l'ora X. La fiumana di universitari esaltati si faceva largo a gruppetti dai cancelli per immergersi in una notte di follia e completo disprezzo delle inibizioni e di ogni sacra moralità.
Per le sette e mezza qualcosa come cinquanta persone avevano già esaurito tutti i salatini, le torte e i vari snack, buttandosi feroci sul ragazzo delle consegne che aveva portato le pizze.
Alle sette e quarantacinque Kidd e Killer si erano stufati di sentir starnazzare Hermeppo per i solchi nel prato e lo avevano imbavagliato e legato ad una colonna del portico, tornando poi tranquilli a godersi la gara tra Porsche improvvisata da Sabo, Ace e Bonnie dietro la villa.
Per le otto e un quarto c'era già chi vomitava l'anima negli angoli più remoti e chi mostrava succhiotti e occhi neri.
Verso le nove e mezza l'oscurità era calata completamente ma veniva contrastata da fari intermittenti al neon dai colori sgargianti, posizionati nei punti strategici del parco e bene o male tutti venivano trascinati a ballare dal ritmo risonante delle casse che si spandeva nella notte. La festa cominciava a scaldarsi sul serio e le prime ragazze ad apparire sempre più ubriache e sempre meno vestite mentre ballavano a bordo piscina, ridendo isteriche per le risse idiote dei soliti esagitati della pallamano che avevano iniziato una partita acquatica scoordinata, priva di regole e di qualsiasi indumento sotto la superficie.
Zoro, Rufy e Sanji fecero la loro comparsa alle dieci e quattordici già certi di capitare in una bolgia umana ai limiti dell'ubriachezza molesta.
Si imbatterono subito in Ace mentre ronfava alla grande su un divanetto dell'ingresso, con tanto di bava alla bocca e bollicina al naso, attaccato al formoso sedere di Bonnie, che a sua volta dormiva abbarbicata alle gambe di Killer fin tanto che quest'ultimo si beveva indisturbato la sua birra guardando il porno trasmesso dal proiettore installato in salotto. Loro lo fissarono neutri e lui li salutò affabile con un cenno del capo, tornando a guardare tranquillo lo schermo.
Rufy si fermò un istante a guardare suo cugino dormire e sembrò intenzionato a dire qualcosa ma Zoro lo prese per la collottola trascinandolo via con loro.
Seguirono la musica perentoria che arrivava dal giardino sul retro passando per la cucina, somigliante di più ad un campo di battaglia che al regno della signora Morgan, e si ritrovarono sotto al portico ad ammirare la moltitudine di corpi nudi, vestiti, sudati, ubriachi che ballavano a ritmo delle canzoni del momento sotto luci psichedeliche e qualche rara stella.
Rufy adocchiò immediatamente il buffet con gli avanzi di pizza e ci si gettò a pesce noncurante di abbandonare gli altri. Zoro non se ne accorse quasi, troppo impegnato a divorare con gli occhi l'angolo degli alcolici che sembrava chiamarlo come una sirena tentatrice.
Sanji gli lanciò un'occhiata ammonitrice che poteva significare tranquillamente 'mollami da solo e te ne pentirai amaramente!' non servì nemmeno dirlo a voce alta, stranamente Zoro intuì.
“Razzasci!! Sieuteu arrivati!!! Hic!”
Si voltarono in simultanea al sentire quella voce. Il tenero e sempre affabile Coby da ubriaco era uno spettacolo unico. Lo guardarono divertiti fare i tre scalini che lo separavano da loro a quattro zampe, troppo complicato rimanere su due. “Sciete arriv-hic-ati al momento iiiiusto! Sciapete?”
Sanji ridacchiò, aiutandolo ad alzarsi e sostenendolo per un braccio. “Ah, si? E come mai?”
Coby si avvicinò pericolosamente al suo viso con fare cospiratore, gli occhi lucidi e l'alito che puzzava di vodka. “Perchèèèè... hic... perché sto ando la cacciiiia a un leonie!!”
Zoro alzò un sopracciglio. “Un leone... ma pensa...” commentò asciutto guardando Sanji e cercando di non ridere.
Coby annuì convinto e rischiò di baciare il pavimento per la foga con cui si agitava. “Andescio devo andare che il leogne mi ascipietta! Hic!”
Riuscì a fare due passi e poi senza poterlo fermare si schiantò al suolo, addormentandosi di botto dentro al vaso dei gerani, apparentemente illeso.
Dei mugugni isterici verso destra distolsero la loro rassegnata attenzione da lui, accorgendosi all'improvviso di avere il padrone di casa legato ad una colonna a pochi centimetri da loro.
Zoro lo salutò con una amichevole pacca sulla spalla complimentandosi per la festa, mentre Hermeppo lanciava segnali di aiuto con gli occhi cercando di sbracciarsi, senza successo.
Sanji si accese la prima sigaretta della serata cercando con gli occhi l'amico che li aveva portati fin lì, inquadrandolo seduto a gambe aperte direttamente sopra il tavolo mentre si sbafava ogni cosa vagamente commestibile riuscisse a trovare. Fece cenno a Zoro di seguirlo e questi mollò senza problemi Coby svenuto e il povero Hermeppo con i suoi incomprensibili mugugni.
Facendosi largo tra la folla, Sanji individuò con poca fatica una capigliatura conosciuta che ballava animosamente insieme al suo proprietario su uno dei cubi di metallo a bordo piscina. Cambiò repentinamente strada confondendo Zoro. Lo dovette recuperare parecchi passi più in là ma lo fece con piacere, tutto era preferibile piuttosto di incrociare e sopportare suo fratello Yonji anche lì. Con il volume alto della musica e l'aggroviglio di persone attorno era difficile instaurare una conversazione, ma Sanji ci provò lo stesso. “Sono ancora convinto che sarei dovuto rimanere a casa!” urlò serio all'orecchio dell'amico.
Zoro ghignò e alzò la voce per sovrastare il rumore. “Vedrai che ti sentirai meglio dopo i primi due bicchierini! Guarda com'era felice Coby!” Sanji lo guardò male.
Tre minuti e due cambi di rotta dopo per riprendere nuovamente Zoro, riuscirono a raggiungere il tavolo del buffet e Rufy li salutò entusiasta sventolando un pezzo di pizza.
Finalmente lontani dalla piscina e dalla ressa, con la musica ad un volume accettabile, Sanji si guardò attorno. Erano pochi i ragazzi ancora relativamente sobri che giravano per il parco e per lo più erano impegnati in attività tutt'altro che caste, complice anche l'oscurità e la perdita totale delle inibizioni che quelle feste generavano. Il genere di cose adatte da avere intorno a sé dopo essere stato piantato su due piedi. Magari se si impegnava sarebbe riuscito almeno ad ignorare tutti i mugugni e i gemiti che arrivavano alle sue orecchie dai cespugli disseminati lì attorno.
Scansò per un soffio una scarpa da ginnastica, lanciata casualmente verso di lui da due sagome nascoste nell'ombra dietro un albero. Incrociò le braccia nervoso schiacciando la sigaretta tra i denti. Ma chi gliel'aveva fatto fare di farsi convincere? Lui non ci voleva stare lì! Soprattutto circondato da gatti in calore che non facevano altro che ricordargli come fosse disastrosa la sua vita sentimentale e sessuale al momento! Lanciò un'occhiata a Zoro che stava cercando con le buone di convincere Rufy a scendere dal tavolo. Una festa da Hermeppo, certo. Il modo migliore per combattere le pene d'amore, come no.
Sanji sospirò piano gettando la sigaretta in un bicchiere abbandonato e lasciando vagare lo sguardo. C'erano ragazze bellissime e mezze nude che ballavano a pochi passi da lui ma si sentiva talmente a terra da non riuscire nemmeno a prenderle in considerazione. Pudding gli mancava. Lo aveva lasciato per sempre aveva detto ma in cuor suo avrebbe solo voluto un'altra occasione. Si sentiva terribilmente patetico a sperarci, eppure era davvero convinto che lei fosse quella giusta. Condividevano la passione per la cucina, soprattutto per i dolci, entrambi amavano Jane Austen e i Pink Floyd. Insieme avevano passato giornate meravigliose e notti anche più belle. Amava svegliarla al mattino con un bacio sulla fronte e adorava quando teneva il broncio per un esame andato male. Gli mancava terribilmente. Ma più di ogni altra cosa gli mancava sentirla ridere, avere il suo corpo addosso, la sua voce pregarlo di continuare e di non smettere mai di baciarla e farla sua. Sanji si appoggiò affranto con la schiena al tavolo del buffet, passandosi una mano sulla nuca.
Da sempre si dava anima e corpo per far star bene la donna che amava e con Pudding non aveva fatto eccezioni, eppure anche lei lo aveva lasciato.
Come era possibile che non lo volesse più? Le aveva dato tutto l'amore possibile, la trattava come una principessa, lei era sempre venuta prima di chiunque altro per lui! Dove sbagliava? Perché non riusciva mai a trovare una ragazza che volesse condividere la vita con lui? Era lui in errore se ne cercava una sola, solo una, che volesse stare con lui per sempre?
“Non vorrai ricominciare a piangerti addosso, vero?”
Sanji sollevò mestamente lo sguardo, ma al posto della faccia di Zoro si ritrovò a fissare due colme e ondeggianti bottiglie di tequila.
Alzò un sopracciglio scettico quando una finì in mano sua. “Cosa dovrebbe essere?”
Zoro gli scoccò un'occhiata di compatimento. “Non è ovvio? Il rimedio ad ogni tuo male!” esclamò, aprendo la sua e mandando giù due generose sorsate, soddisfatto. “Ottima qualità! Il padre di Hermeppo sa il fatto suo...”
Sanji scosse piano la testa, avrebbe preferito rimanere un altro po' a deprimersi in solitudine, non aveva alcuna voglia di bere, non quella sera, e il verde non faticò ad accorgersene.
Sbuffò contrariato spostando lo sguardo verso la piscina dove era in corso un'orgia saffica a cielo aperto tra ragazze bellissime e disinibite ormai del tutto fuori controllo e riportò l'attenzione sugli occhi depressi del suo amico. Non era affatto normale per Sanji rimanere insofferente di fronte a tanto ben di Dio, soprattutto se gli veniva servito su un piatto d'argento.
Stava davvero male e lui, come amico, si sentiva in dovere di fare qualcosa.
Con un gesto secco gli stappò la bottiglia senza togliergliela dalle mani e ci avvicinò la sua facendole cozzare malamente tra loro, fissandolo serio.
“Sanji...” esordì obbligandolo a guardarlo. “Che tu ci creda o no, mi dispiace se stai male. Ti ho costretto a seguirci perché speravo di vedere una qualche reazione da parte tua e magari farti stare meglio, ma evidentemente mi sbagliavo...”
Sanji lo guardò dubbioso, da quando Zoro 'infallibilità' Roronoa ammetteva un suo errore?
“...a quanto pare, l'uomo che conoscevo io non esiste più! Devo prendere atto che ormai tu sia diventato a tutti gli effetti una mammoletta apatica che non riesce più a distinguere una bella donna disponibile da una pianta grassa e non sa approfittare di una situazione favorevole come questa serata... è brutto, davvero, ma me ne farò una ragione! Quindi alziamo le bottiglie e festeggiamo questa tua nuova versione priva di qualsivoglia virilità!” concluse ghignando apertamente e innalzando in aria la bottiglia per brindare alla sua salute.
Un'aura nera di incommensurabile ira circondò completamente il corpo e soprattutto le mani chiuse a pugno di Sanji. Prima che Zoro potesse aggiungere alcunché, un calcio di immane potenza si abbatté sul suo cranio verde, appiattendolo al suolo.
“Cosa stai cercando di insinuare maledetto marimo?? Che non sono più un uomo??” sbraitò sovrastandolo dall'alto, pronto ad un nuovo attacco se avesse osato dire una parola di più.
Zoro a terra si massaggiò il bernoccolo ridacchiando. Finalmente una reazione normale!
Si alzò guardandolo negli occhi con ironia. “Hai centrato il punto torcigliolo! Non s'è mai visto uno più imbranato di te con l'altro sesso!”
“Senti da che pulpito! Mi permetto di dissentire.”
Sanji e Zoro si voltarono di scatto verso la fonte di quella voce che avrebbero riconosciuto tra mille.
Nel biondo si riaccese un barlume d'interesse negli occhi, ogni traccia d'ira svanita nel nulla.
Pungente e bellissima come sempre, davanti a loro si stagliava l'unica donna capace di mandarti in ospedale con un solo pugno e riuscire a convincerti pure a pagarle le cure mediche per la mano contusa.
Zoro grugnì tetro guardando Monkey C. Nami avvicinarsi a loro. Capelli rossi liberi sulle spalle, uno striminzito vestitino blu a fasciarla nei punti giusti, un bel sorriso in volto e le sue due migliori amiche al seguito che li salutarono con un cenno.
“Come va, ragazzi?” esordì lei tranquilla prendendo dei bicchiere di plastica e servendo un po' di vino per sé e Monet e dell'acqua per Nojiko che era astemia.
La domanda venne del tutto ignorata da Zoro ma non da Sanji che aveva ritrovato l'entusiasmo alla vista delle tre ragazze e puntò sicuro verso la gemella del suo migliore amico, felicissimo di renderla partecipe della sua vita e magari di farsi consolare con un caloroso abbraccio. “Oh, mia adorata!! Ora che sei arrivata tu la mia serata può solo migliorare!!”
Lei scansò con facilità il tentativo di affondo del biondo, facendolo finire spiaccicato a terra davanti a Nojiko che lo soccorse immediatamente preoccupata. Allibito per la faccia tosta del compare Zoro si passò una mano sul viso attirando l'interesse della rossa su di lui.
“Che succede, Roronoa?” lo sfidò son un sorrisetto “Hai bevuto troppo e ti è venuto mal di testa?”
Lui la squadrò assottigliando gli occhi. “Può darsi, ma è più probabile che me lo abbia fatto venire tu con la tua voce gracchiante da strega!”
Nami alzò un sopracciglio voltandogli le spalle e rivolgendosi alle sue amiche. “Avevo ragione io, come al solito... Sanji non è il più imbranato con le donne, qui...” mormorò atona.
Zoro l'avrebbe volentieri strangolata. Cosa avrebbe dovuto essere una battuta? Che ne sapeva lei di come si comportava lui con le donne?? Se era venuta alla festa solo per attaccar briga, poteva restarsene a casa! Già doveva sopportarla quando andava da Rufy con quei suoi commenti fuori luogo e le battutine da padrona del mondo! Pure qui veniva a dargli fastidio?
Sanji lo affiancò, guardandolo divertito fumare dalle orecchie. “Ora chi è che ride, marimo??”
“Nami, sei arrivata!” Rufy arrivò di corsa con con una gran sorriso, fermandosi accanto alla gemella e travolgendo quasi le sue amiche.
Lei mandò giù d'un fiato il contenuto del suo bicchiere come fosse stata acqua e si servì ancora prima di rispondere. “Si, ci ho messo più del previsto. Monet non riusciva a decidere il reggiseno da mettere!” mormorò fissando di sbieco l'amica.
Lei per tutta risposta ridacchiò eterea. “Sono cose importanti mia cara! Non si può mai sapere cosa ti capiterà ad una festa da Hermeppo...” sussurrò in tono volutamente suadente.
Rufy ammiccò nella sua direzione. “Beh, direi che hai scelto molto bene alla fine...” esclamò malizioso scorgendo del fine pizzo rosso sotto la sua camicetta. Lei gli sorrise compiaciuta.
Nami alzò gli occhi al cielo allontanandosi dai due di qualche passo e focalizzandosi invece su Sanji e Zoro che chiacchieravano con Nojiko.
“Avete scelto di sostare nell'unica zona dove vengono fatte dimostrazioni pratiche di Kamasutra...” stava dicendo divertita la sua amica.
Nami aguzzò l'orecchio sentendo chiaramente i gemiti soffocati di più persone darci dentro tra i cespugli, strano non se ne fosse accorta prima con tutto il casino che facevano.
Sanji fece una risatina, mostrandosi vagamente imbarazzato, al contrario del suo amico che ghignava senza ritegno. “In realtà abbiamo seguito Rufy. Là c'era un tavolo adibito al buffet prima che lui decidesse di mangiarsi anche quello...”
“...e poi torcigliolo ha deciso di far diventare questo posto la tomba della sua virilità...”
Sanji lo guardò in cagnesco facendo sorridere malinconicamente Nojiko e accigliare Nami per la sua totale mancanza di sensibilità.
“Sei proprio una scimmia senza cervello, tu!” proruppe guardando male il verde che le scoccò un'occhiata annoiata. “Il tuo amico sta male per colpa di una stronza e tu che fai?” gli chiese agitando le braccia. “Prima cerchi di spingerlo verso altre donne e adesso lo insulti! Ma hai una vaga idea di cosa siano i sentimenti??”
Sanji e Nojiko la fissarono con la bocca leggermente aperta.
Era solo una battuta quella di Zoro, lo avevano capito tutti, impossibile che Nami l'avesse presa sul serio. Il biondo si fece avanti con un sorriso cercando di ovviare il malinteso. “Nami cara, non ti devi preoccupare per me, non è un probl...”
“Nessuno ti ha chiesto niente! Non ho certo bisogno di venire da te per imparare come trattare i miei amici!” Zoro assottigliò lo sguardo fissandola a braccia incrociate e interrompendo Sanji.
Lei lo guardò furente. “Io credo che tu abbia bisogno di qualche lezione di tatto, invece!”
Zoro si infervorò. “Senti, ragazzina isterica, sei appena arrivata e già sono stanco di averti intorno! È meglio per te se mi stai lontana stasera o potrei non rispondere delle mie azioni!”
Nami strinse le mani a pugno. “Ma davvero? Mi lanci questa minaccia a vuoto da quando siamo piccoli perché non ci provi finalmente e vediamo?? Abbiamo la stessa età, posso essere forte quanto e più di te!”
Negli occhi di Zoro passò un pericoloso lampo d'ira che Sanji sperò essere stato l'unico a notare. Con prontezza poggiò una mano sulle spalle di entrambi e si affrettò a separarli. “Bene signorine. Ora potete anche smetterla di lottare per l'amore del sottoscritto!” esclamò nervoso cercando di sembrare divertente.
Zoro scansò con un gesto secco la sua mano continuando a fissare iroso Nami oltre le spalle del suo amico. “Vado a prendere da bere. Qui le cose buone sono finite!” concluse asciutto, avviandosi in gran carriera verso la piscina e la folla che ancora ballava ad un ritmo sostenuto.
Sanji lo guardò stupito allontanarsi stranamente senza sbagliare strada e batté gli occhi confuso. Non c'aveva capito nulla, che diavolo era appena successo?
Nami respirava affannosamente cercando di non guardare in faccia nessuno, Nojiko le si avvicinò. “Tutto bene, tesoro?” mormorò dolce. Lei annuì, tirando su col naso, girandosi poi verso il biondo. “Scusa, Sanji. Le nostre diatribe non dovrebbero mai coinvolgere i problemi di altre persone, bastiamo già noi a incasinarci la vita da soli. Non so davvero come scusarmi, sai bene che non... non riusciamo a respirare la stessa aria troppo a lungo... Comunque mi dispiace molto per aver offeso Pudding prima...” mormorò sinceramente mortificata.
Sanji, che in quel momento a tutto pensava tranne che ai suoi problemi sentimentali, al sentire il nome della sua ormai quasi del tutto certamente probabile ex, abbozzò un sorrisetto contrito.
“Non preoccuparti, Nami-san.” la rassicurò. “Non mi ha dato fastidio e ormai me ne sto facendo una ragione...” Bugia, ma da quando in qua lui era fautore della tristezza di una donna, specie se si trattava di una sua cara amica? “Vorrei solo capire perché ogni volta vi vedete scoppia letteralmente la terza guerra mondiale...”
Nami alzò le spalle senza rispondere, lasciando vagare lo sguardo in giro. Rufy e Monet erano spariti da parecchio, non avrebbe saputo dire se insieme o separatamente e preferì non indagare oltre. Conosceva suo fratello come pure la sua amica e se fossero finiti insieme in uno dei cespugli parlanti del parco non ne sarebbe stata sorpresa. Lanciò un'occhiata a Noijko, silenziosa al suo fianco dall'inizio.
“Devo andare in bagno, vieni con me?” le chiese seria. Lei sembrò intuire che aveva bisogno di cambiare aria ed annuì, affrettandosi a salutare Sanji con un bacio sulla guancia che riuscì a strappargli un sorriso, avviandosi per prima.
Nami abbracciò il ragazzo con affetto. “A dopo, Sanji! Vedrai che passerà anche questa!”
Lui le guardò allontanarsi verso la villa bene attente a girare al largo dalla piscina.
Sospirò mesto, cercando nella tasca interna della giacca il pacchetto ancora mezzo pieno che sapeva di avere. Ne sfilò una e la accese piano, lasciandosi assuefare per un attimo da quel sapore amaro che amava così tanto. Le sue sigarette erano probabilmente le uniche che non lo avrebbero mai tradito, fedeli compagne da una vita e di certo lo avrebbero accompagnato anche alla tomba.
Rimasto solo, nel buio della notte e circondato da cespugli mugugnanti, si ritrovò a pensare a come fosse strana la vita. Solo quella mattina era l'uomo più felice del mondo ed ora non riusciva a togliersi dalla testa la schiena dell'ennesima donna che si allontanava inesorabilmente da lui.
Per non parlare del fatto che non aveva la più pallida idea di cosa fosse preso a Zoro! L'aveva visto bene il lampo omicida che era passato attraverso i suoi occhi. Non osò nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere se non li avesse separati... Avrebbe dovuto fare un bel discorsetto a quella crapa verde su come andavano trattate le donne! Anche se doveva ammettere che Zoro solitamente era irreprensibile con tutte. Mai lo aveva visto diventare nemmeno lontanamente furioso come accadeva quando Nami era nei paraggi e quella sera era stato pure peggio del solito. Avrebbe dato un braccio, anzi una gamba (ci teneva di più alle sue braccia), per sapere perché quei due non riuscivano ad avere un rapporto che fosse almeno civile. Scosse la testa, erano anni che tentava di approfondire il discorso prima con uno poi con l'altra e non c'aveva mai cavato un ragno dal buco. Forse doveva semplicemente prendere atto che una persona poteva odiarne un'altra anche senza motivo apparente. Forse erano solo incompatibili, valutò spegnendo la sigaretta sotto il tacco della scarpa elegante e ridacchiando tra sé e sé per ciò che quel gesto riesumava.
Pudding odiava quando lo faceva, diceva che poi l'odore rimaneva sulla scarpa e le appestava l'ingresso di casa. Non si era mai fermato a pensare a quanto fosse assurdo come ragionamento.
Si appoggiò al tavolo degli alcolici, abbastanza vicino ad un cespuglio particolarmente grande immerso nell'oscurità da cui arrivavano chiari dei gemiti ai quali non diede credito, perso com'era nei ricordi della sua ex ragazza.
“Si... si, non fermarti... ah...”
Sanji si accigliò lievemente sentendo quella soffocata voce di donna invocare, preda della passione più sfrenata. Ci davano dentro parecchio quei due... alzò il bicchiere di gin in loro onore con un sorrisino triste, bevendo alla loro salute.
“Si... continua...”
Anche Pudding era una che parlava parecchio, rifletté sospirando pesantemente.
Nami aveva ragione, passava, passava tutto prima o poi, ma purtroppo mai in tempi rapidi e lui era ancora infinitamente triste al pensiero di non poter più avere la sua ragazza con sé...
“...Ah, si... ancora...”
...per ricoprirle il collo di baci, respirare il profumo dei suoi capelli...
“...non fermarti...”
...sentirla pronunciare quel nomignolo dolce che gli riservava solo mentre facevano l'amore...
“...continua... ah continua... mio profiteroles...”
…............
“Si, si, siiiii... aaaah!”
…....un attimo.......
Sanji sbarrò gli occhi, orripilato. Aveva sentito bene??
Si allontanò di scatto dal tavolo e fece rapido il giro del cespuglio.
Non era possibile, non ci credeva... non poteva essere vero!
“Pu-Pudding-chan...?” esalò sconvolto.
Nell'oscurità parziale un verso strozzato si levò dall'intreccio dei corpi che aveva davanti.
“Me-merda! Sanji?? Che cosa fai tu qui??”
Le due sagome si separarono velocemente cercando di coprire ciascuno le proprie nudità.
Sanji rimase a bocca spalancata per tutto il tempo che ci volle alla sua -ormai definitivamente- ex per rivestirsi e rendersi un minimo presentabile agli occhi dell'uomo che aveva scaricato appena quella mattina. Pudding si alzò con calma sfoderando un sorriso nervoso mentre il tizio dietro di lei finiva di allacciarsi i pantaloni.
“Ciao, Sanji...” mormorò avanzando verso di lui con i capelli arruffati venendo illuminata da un fascio di luce artificiale che gli permise di notare un vistoso succhiotto all'altezza del seno destro, lasciato intravedere dalla vertiginosa scollatura dell'abito.
“Come... come va?” chiese con malcelata calma stringendosi nelle braccia mentre anche il tizio che era con lei usciva dall'ombra e Sanji riusciva a dare un nome ed un volto allo stronzo che si stava scopando la sua donna dietro un cespuglio. Non che la sagoma inconfondibile gli avesse dato qualche dubbio in merito ma vederselo bene davanti rendeva tutto dannatamente più squallido.
Pudding, la sua Pudding, si era portata a letto Drake 'Rex' Barrels.
Anzi no, non aveva nemmeno aspettato di trovarlo, un letto. Si era tranquillamente lasciata condurre dietro un cespuglio dal peggior puttaniere avesse mai attraversato la facoltà di economia dai tempi d'oro dell'inaugurazione quarant'anni prima, e non sembrava nemmeno ubriaca.
E lo sapeva, Pudding sapeva perfettamente chi fosse l'idiota che ora fissava atono la zona della piscina senza sembrare nemmeno vagamente contrito per essere stato beccato a metà di un atto sessuale in piena regola. Tanto, si disse Sanji digrignando i denti, lui era Drake Barrels, ne  avrebbe trovata un'altra entro mezz'ora per quale motivo avrebbe dovuto essere in pena? Drake non era come lui... oh, no... Drake non era un fesso che donava anima e cuore ad una singola donna, trattandola come una principessa, ricoprendola di premure e finendo sempre costantemente col ricevere una batosta colossale tra capo e collo! Drake non era come lui che aveva idolatrato, protetto e amato la ragazza che ora gli stava di fronte mezza nuda, con un succhiotto indecente e l'orgasmo che ancora scorreva nelle vene.
In quel momento Sanji passò al microscopio tutta la sua vita e ne rimase scioccato.
A quanto pareva sbagliava da una vita, per suscitare interesse avrebbe dovuto essere stronzo e menefreghista come Drake! Una rivelazione tutt'altro che piacevole.
Anche Pudding parve accorgersi di un mutamento nei suoi occhi. “Sa-Sanji? Se-senti... io...”
“Lascia perdere Pudding...” niente chan e lei sussultò. “...tanto ci siamo già lasciati, no? Ti auguro tutto il meglio dalla vita, buonanotte.”
E la lasciò lì impalata avviandosi verso la piscina e la folla, il cuore in frantumi che acquisiva sempre maggiore forza e sicurezza man mano che si allontanava da lei, come fosse solo la rabbia a tenerlo insieme. Agguantò la prima bottiglia che vide non sapendo nemmeno di che alcolico si trattasse e vi si attaccò avidamente, sentendo la gola bruciare e l'animo acquisire nuovo vigore.
Inquadrò Rufy sottobraccio con Monet mentre uscivano dalla villa, visibilmente accaldati e felici.
Giù un'altra sorsata.
Kidd e Killer che ricoprivano la faccia di Koby di disegni osceni mentre dormiva.
Si pulì la bocca con la manica della giacca elegante.
Nami e Nojiko ridere per una probabile battuta di Sabo poco lontano.
Arrivò a metà bottiglia senza nemmeno accorgersene.
E Zoro? Ah, eccolo. Ci stava provando con una tizia bionda in corso con lui. Gran belle gambe, doveva ammetterlo.
Oh-oh. La vodka era finita sul più bello. Passò al Martini. E poi al rhum.
Zoro aveva proprio ragione, l'alcool era il rimedio, un fantastico rimedio, ma non glielo avrebbe mai detto.
Non ci mise molto a finire anche la terza bottiglia, come non ci mise molto a notare lo schianto che aveva alla sua destra e a provarci spudoratamente, ricevendo qualcosa di non ben definito in testa. Ci mise di più a focalizzare la faccia del marimo che lo chiamava, strattonandolo per il colletto perché si riprendesse. Ma lui non voleva. Lui era felice e libero così, senza pensieri né donne stronze che potevano farlo soffrire. Lui stava bene con la vodka e il Martini e il rhum e anche Zoro lo avrebbe capito, come lo avrebbero capito Pudding, Drake e pure l'asfalto, che sembrava corrergli incontro a velocità supersonica senza poterlo fermare.
 
*
 
Una sensazione pesante all'altezza del bacino lo risvegliò di soprassalto.
Ci mise qualche secondo per capire che quello su cui era appoggiato era un cuscino e non uno qualunque. Con la vista del tutto annebbiata dall'alcool che ancora aveva in corpo, Sanji mise a fuoco con fatica le pareti della sua camera da letto con le veneziane abbassate, non riuscendo a capire che ora potesse essere e perché fosse nella sua stanza invece che alla festa di Hermeppo a gettarsi sulle fanciulle a bordo piscina. Era di certo ancora piena notte e ricordava quasi tutto della serata, ma non come fosse arrivato fin lì.
Si mise seduto, la testa che vorticava violentemente e i sensi ancora parecchio offuscati. Da quella posizione capì immediatamente cosa fosse quel peso opprimente sul bacino e si alzò di corsa per raggiungere barcollante il bagno adiacente e svuotare la vescica.
Ci mise più tempo di quanto avrebbe mai ammesso, ma riuscì a tornare in camera. Stava per buttarsi nuovamente tra le braccia di Morfeo quando una lucina intermittente dalla scrivania attirò la sua attenzione. Era arrivata una nuova mail.
Con gli occhi semichiusi e la stabilità mentale dimenticata alla festa sopra qualche tavolo, Sanji aprì la bustina bianca chiusa al centro dello schermo e lesse velocemente il testo. Corrugò le sopracciglia confuso un paio di volte, non certo di sapere che lingua fosse, ma sembrava spagnolo a prima vista ...Ah si, il suo amico di penna! Che voleva a... le quattro e mezza del mattino?? ...beh, poco male, sarebbe tornato a letto subito e ci sarebbe rimasto per il resto della sua triste e miserabile vita... che stava facendo...? ah, si, lo spagnolo... cos'è che voleva?
“Un..... cita.....” mormorò assorto. “Vuole che ci diamo un cita... Che diavolo vuol dire cita?” allungò pesantemente una mano per prendere il dizionario accanto al portatile e trovò la risposta con non poca fatica. “....appuntamento... cita vuol dire... appuntamento...”
Strinse gli occhi per cercare di concentrarsi e capire meglio, ma i sensi annebbiati non aiutavano.
Allora... il suo amico di penna spagnolo era triste per la sua rottura con Pudding e chiedeva di incontrarsi finalmente per.... un appuntamento... ora che era tornato single... e quindi senza legami amorosi con qualcun altro...
….............
Ci volle ben più di un minuto per fargli realizzare come potesse venire interpretata una frase del genere se detta da un uomo ad un altro uomo e Sanji inorridì non appena il pensiero si formò nella sua testa.
“Oddio... il marimo aveva ragione... questi sono tutti pazzi!” Terrorizzato, ricordò cosa era successo a Zoro e si rese conto subito di non tenerci affatto a vivere la stessa situazione.
In pochi secondi aveva digitato una risposta frettolosa sui suoi genitali e su cosa avrebbe fatto a quello spagnolo maniaco se si fosse ancora azzardato a proporre una cosa del genere! E lui che lo credeva una persona per bene, invece si era rilevato uno squilibrato pronto ad approfittare di lui e del suo stato!
Inviò subito il messaggio senza nemmeno rileggere, ben deciso a mettere più distanza possibile tra lui e quel pazzo. Poi, per essere sicuro di non averci più nulla a che fare, con l'ultimo barlume di veglia Sanji lo bloccò.
Soddisfatto, mezzo consapevole di aver schivato un proiettile e mezzo convinto di essere un unicorno, si alzò dalla sedia, fece tre passi e cadde al suolo addormentato con la faccia nel cesto dei panni sporchi.
Col senno di poi, avrebbe preferito non riemergerci mai più.






Angolo Autore:

Forse qualcuno avrà notato che la storia somiglia ad un certo film, non è una sua impressione! Ticket for Love è ispirata proprio ad un film, anche se solo per determinati capitoli. 
Qualcuno ha già capito qual è dal primo capitolo (brava Effy!!!), ma forse da questo si capisce ancora meglio! Per ora non svelerò il nome, vediamo se qualcuno lo riconosce!
Alla prossima!!

Momoallaseconda

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Capitolo 3
*** No Vacancy ***





Un suono insistente, fastidioso e trapanante riecheggiava nella stanza da diverso tempo.

Moribondo Sanji alzò piano la testa e nel voltarsi un po' di saliva gli si spalmò sulla guancia.
Il collo gli faceva un male cane, la testa pulsava da far schifo e c'era un odore per niente piacevole proprio sotto di sé, ma sarebbe stato troppo faticoso scoprirne la causa.
Il suono maledetto che l'aveva svegliato continuava imperterrito a fracassargli i timpani. Ma che ore erano?
Con gli occhi rigorosamente chiusi cercò di tirarsi su, sorpreso di sentire il duro pavimento sotto le sue mani invece del letto. Quanto si era ubriacato ieri sera? Non ricordava quasi nulla.
Con fatica si allungò per stiracchiare gli arti e per cercare a tentoni la fonte di quel suono molesto, scoprendola nel suo cellulare, abbandonato a terra.
Sbuffò contrariato aprendo gli occhi e lasciandosi accecare dai raggi insistenti che inondavano la stanza buia attraverso le veneziane. Si accasciò del tutto sul pavimento e portò l'infernale arnese davanti al viso, porca troia era l'una di pomeriggio. Esausto, premette il tasto verde.
“Che cosa vuoi idiota?”
Dall'altra parte dell'apparecchio la risata ovattata di Rufy gli perforò un timpano. “Ciao, Sanji!!” lo sentì ululare tremendamente felice e in pace col mondo.
Quello ringhiò. “Ho da fare Rufy, che cosa vuoi?”
Il moro ridacchiò. “Devo darti una bella notizia e volevo anche sapere come stai... sai, ieri sera hai dato spettacolo...” continuò allusivo facendo accigliare il biondo. “...il tuo sedere al vento non lo vedevo più da quella volta che Yonji ti ha rubato tutti i vestiti al campeggio e tu gli sei corso dietro nudo!!”
Rufy rise e Sanji boccheggiò in trance. Si toccò istintivamente i pantaloni, realizzando in quel momento di non avere altri indumenti al di sotto di quelli. Che.diavolo.gli.era.successo.ieri.sera??
“Comunque...” proseguì indefesso “Volevo farti sapere che Monet, l'amica di Nami, mi ha procurato un lavoretto per quest'estate! Comincio tra due giorni! Sarò l'addetto all'archivio nello studio notarile di suo zio Doflamingo! Così comincio a fare un po' di pratica finalmente perché papà non mi lascia ancora toccare le sue carte senza la supervisione sua o di Sabo! Ace dice che sono tutte fisime mentali da avvocati e che non dovrei darci peso, ma insomma, dico, io sono suo figlio Sabo invece è suo nipote, perché lui si e io ancora no? È perché è più grande ed è ad un passo dalla laurea? Non lo so però vedrai che dopo questo lavoro dal notaio Doflamingo dovranno per forza farmi entrare nello studio! Voglio dire, hanno messo una serratura a combinazione! Hai capito che cos...”
Sanji spense il telefono senza nemmeno lasciargli finire la frase, tanto non lo stava più ascoltando da quando aveva scoperto di essere senza mutande.
Si alzò con fatica e non appena fu in piedi si rese conto che sarebbe stato meglio rimanere sdraiato.
Barcollando corse fino al bagno dove vomitò tutto quello che aveva mangiato dal giorno prima al Natale passato, sentendosi se possibile pure peggio.
“Stavolta con l'alcool ho chiuso, giuro.” mormorò poggiando la fronte accaldata direttamente sulla tavoletta. Dio se aveva caldo, c'erano almeno trenta gradi in quel bagnetto, sicuro.
Troppo occupato a contenere ulteriori conati gastrointestinali, non si accorse di una piccola figura che dallo stipite della porta seguiva le sue mosse con occhio attento e particolarmente preoccupato. Quando lo vide cercare di rimettersi in piedi gli corse subito in aiuto.
“Dai appoggiati al lavandino Sanji...” mormorò Chopper, passandogli un asciugamano.
Non appena riuscì a riprendersi si sciacquò il viso. Stava un po' meglio, ma sapeva che non doveva sfidare la sorte quindi scacciò l'allettante idea di sdraiarsi a fumare e tornò barcollante nella sua camera, aiutato a momenti dal fratello.
“Sei pallido da far paura...” gli confidò pacato guardandolo sedersi piano sul letto.
“Grazie, Chopper...” esalò esausto passandosi una mano sul viso.
“Dico solo la verità, perché hai voluto farti questo?”
Sanji sospirò cupo. “Ah, fratellino. Le donne, croce e delizia... Un giorno lo capirai anche tu...”
Chopper scosse il capo, poco convinto. “Non sarò un esperto di donne ma so che non mi ridurrò mai così se una di loro mi lascia!”
Sanji sogghignò per l'innocenza del fratello, davvero pensava di poter controllare tutto? Ah, dolce e ingenuo piccolino.
“In realtà non mi sono ubriacato perché sono stato scaricato...” ammise tranquillo.
Chopper lo guardò cauto. “Beh, mamma mi ha detto di Pudding... pensavo fosse per quello che ieri sera hai bevuto così tanto che Zoro ha dovuto riportarti qui in spalla...”
Sanji lo fissò sorpreso, ecco com'era tornato a casa. Scosse la testa noncurante e nel farlo dovette poggiarsi al muro per il forte capogiro che lo colse.
Chopper gli si avvicinò con una bottiglietta d'acqua. “Bevi a piccoli sorsi. La mamma ti sta preparando qualcosa da mangiare. Le ho detto che hai avuto un malessere per il troppo caldo di questi giorni, ci ha creduto. Lei non ha visto Zoro che ti portava su per le scale in piena notte e nemmeno papà, siamo riusciti a metterti a letto senza svegliare nessuno. Il tuo è proprio un buon amico, dovresti ringraziarlo.”
Restituendogli la bottiglietta Sanji fece una smorfia che avrebbe potuto significare tutto o nulla,  ma era senz'altro grato a Zoro per non aver approfittato dello stato in cui certamente versava ieri sera... o, per lo meno, lui sperava ardentemente che non ne avesse approfittato facendogli video o fotografie se davvero ci teneva all'integrità del suo cranio verde.
“...comunque non mi hai risposto!”
Sanji sospirò lisciandosi il pizzetto pensieroso. “Le donne, Chopper, sono esseri meravigliosi, portatrici di amore, bellezza e felicità... a noi uomini è stato dato il compito di proteggerle e amarle sempre e comunque senza limiti alcuni...”
Il fratello si sedette comodo alla scrivania guardandolo con un sopracciglio alzato, aspettando come al solito che si decidesse ad arrivare al punto. Quelle erano cose che gli venivano ripetute fin dalla nascita e conosceva tutta la manfrina a memoria ormai, ciononostante il fratello si premurava sempre di ripetergliele quando si trattava di spiegargli qualche fatto particolarmente rilevante della sua vita che riguardava le femmine.
Sanji non avrebbe mai ammesso che quegli angeli celestiali che difendeva spada tratta in realtà erano da sempre il suo problema principale. Chopper adorava suo fratello ma si rendeva pienamente conto anche di quanto potesse diventare poco obiettivo se c'era di mezzo una ragazza e, purtroppo per chi gli stava intorno, anche parecchio prolisso. Fortunatamente per lui quel giorno non sembrava intenzionato a fare la solita infinita ode al gentil sesso e Chopper riemerse dalle sue riflessioni appena in tempo, Sanji aveva cambiato tono passando dal solenne al depresso in cinque secondi netti.
...tuttavia, alle volte accadono eventi come quello di ieri che mi portano a riflettere seriamente su cosa sto combinando nella vita e mi sono reso conto che non posso pretendere amore assoluto da una donna solo perché la tratto come una principessa ed esaudisco ogni suo desiderio... ho capito che ci sono ragazze che non vogliono attenzioni particolari o protezioni ed io...” fece un pausa e Chopper rischiò di cadere dalla sedia per quanto pendeva dalle sue labbra. Sanji osservava tetro il pavimento come se si aspettasse di vedervi spuntare magicamente la soluzione ai suoi problemi. “...forse ho sempre sbagliato tutto, Chopper.” ammise tristemente “...dovrei semplicemente lasciare stare questa mia fissa per la donna giusta... forse nemmeno esiste una donna giusta per me!” sorrise amaramente.
“Dovrei diventare gay!” concluse risoluto.
Silenzio.
Chopper batté gli occhi un paio di volte cercando di metabolizzare completamente quanto aveva appena sentito.
“...fammi capire...” iniziò dubbioso dopo qualche istante, riordinando le idee. “...sei stato mollato e lei non ne vuole più sapere di te anche se tu eri il fidanzato perfetto... poi ti sei ubriacato ad una festa perché hai realizzato che forse il tuo metodo con le donne è sbagliato... e ora vorresti diventare gay...?” Sanji annuì tranquillo e Chopper strabuzzò gli occhi. “Ma-ma che razza di ragionamento è??” chiese sbigottito agitando le braccia.
L'altro si strinse nelle spalle. “Magari è la soluzione... se non trovo una donna forse il problema è che dovrei cercare un uomo...”
Chopper lo fissava sconvolto. Quelle parole non potevano essere uscite dalla bocca di suo fratello, no si rifiutava di credere che stesse sfornando un'idiozia dietro l'altra senza rendersene conto o farlo apposta! Quello era Sanji Vinsmoke santo cielo! L'uomo che idolatrava le donne come fiori delicati e si faceva in quattro per risolvere i loro problemi ed esaudire i desideri. L'unico al mondo capace di diventare uno zerbino anche per ragazze mai viste prima! L'unico che era riuscito ad avere la benevolenza della temibile professoressa Hina in quinta liceo per i suoi modi garbati da gentleman! L'unico che metteva il bene di una donna prima del suo e da sempre gli ficcava in testa quanto fossero esseri splendidi e meravigliosi, come l'uomo non sarebbe mai potuto essere! Quello là ora voleva farsi gay?? Si sarebbe stupito meno se avesse voluto diventare monaco buddista!
Chopper sospirò poggiandosi con la schiena e con i gomiti alla scrivania, guardandolo fisso, sperando sempre intimamente di vederlo scoppiare a ridere e dirgli che era uno scherzo.
“Non è certo perché non si trova una donna che si diventa gay Sanji, ma devo spiegartelo io??”
Quello abbozzò un sorrisetto contrito. “Lo so... se lo fossi me ne sarei già accorto...” mormorò guardando assorto fuori dalla finestra. “Ma, ahimé, amo troppo le donne per far loro questo...” pronunciò solenne, mano sul cuore.
Chopper ridacchiò. A quanto pareva stava davvero scherzando ma questo non toglieva il fatto che un problema spinoso gli volteggiasse attorno come un avvoltoio.
Si sfregò le mani, gli era venuta un'idea.
“Un sito di appuntamenti?” chiese Sanji, uno scettico sopracciglio alzato prima di scuotere la testa. “Non mi va di incontrare così la donna della mia vita...”
Chopper fece una smorfia. “E come allora?”
“Beh...” valutò pensieroso con un sospiro sognante. “Vorrei che fosse un incontro magico, sconvolgente! Vorrei incontrarla dopo molte peripezie... vorrei dover lottare per il nostro amore, oppure che la strada che sto percorrendo mi porti a congiungermi con lei perché è stato il destino a volerlo... è lui che ci vuole insieme! E, una volta giunti l'uno di fronte all'altra, guardarla finalmente negli occhi e vedere dentro di loro il mio riflesso perdutamente innamorato che sa di essere ricambiato senza più paura del futuro... sai, come in quei romanzi di inizio ottocento dove lui e lei si incontrano ma per vivere il loro amore devono affrontare una marea di prove difficoltose, come farsi accettare dalla famiglia, combattere un'invasione, non soccombere alla peste...”
“...”
“...”
“...Adesso ho capito dove sono finiti i libri di Jane Austen che mamma cerca da due mesi...”
Sanji lo guardò male. “Vorrei solo avere un amore fiabesco non mi sembra di chiedere troppo!”
Chopper alzò gli occhi al cielo. “Non ti sembr... Sanji! Punto primo, siamo nel ventunesimo secolo! Ormai nessuno spera più nell'amore predestinato, nemmeno le principesse Disney! Punto secondo, hai quasi ventitré anni e mi sembra di parlare con una delle mie compagne di scuola quando si fanno i film mentali sul cantante del momento! E, bada bene, ho detto compagne! Ma dai, qui sono io il più piccolo. Io dovrei fare il ragazzino sconsiderato che si fa mille paranoie perché è in piena adolescenza mentre tu dovresti fare l'adulto responsabile e maturo che mi brucia sul nascere ogni genere di fantasia!”
Sanji lo fissò a bocca aperta. “Ma che dici? Tu non sei mai stato un ragazzino sconsiderato!”
“Hai capito solo questo?” esalò Chopper affranto afflosciandosi sulla scrivania.
“Non riesco a credere che tu non abbia mai incontrato qualcuno, chiunque, che ti ha fatto pensare 'ehi, siamo sulla stessa lunghezza d'onda! Questa qui si che mi capisce'... è impossibile!”
Sanji sbuffò una risatina. Chopper era un tesoro a preoccuparsi per lui e a cercare un modo per farlo stare meglio, peccato che con quei discorsi riusciva soltanto a farlo stare peggio perché il pensiero andava inevitabilmente a tutte le donne che aveva conosciuto in vita sua e si rendeva conto di non aver mai provato affinità completa con nessuna delle sue fidanzate o amiche. La cosa aveva dell'assurdo ma in realtà non l'aveva mai trovata nemmeno in quelli che considerava i suoi migliori amici. Però, ora che ci rifletteva, era errato pensare che non fosse proprio mai successo.
“Si, mi è capitato... ma solo una volta.” ammise sincero.
Lo sguardo di Chopper si animò di entusiasmo. “Fantastico! Vedi che non tutto è perduto? Tutti riescono a trovare un'anima affine! È questo che porta all'amore nel nuovo millennio, non le peripezie! Chi era? Chi era??” esclamò saltando sulla sedia.
“Frena ragazzino!” ridacchiò sereno “Mi dispiace dirtelo ma si tratta di un uomo!”
L'altro si rabbuiò tornando seduto composto. “Ah, ma allora non va bene...” mormorò deluso. Ci aveva sperato per un attimo.
Sanji fece spallucce noncurante. “Non è la donna della mia vita ma per lo meno ho un amico che mi capisce!” alzò gli occhi al cielo. “Quelli che vedo ogni giorno li ammazzerei...”
Chopper aggrottò le sopracciglia confuso. “Ma di chi parli? Pensavo intendessi Zoro, è tuo amico dalle medie.”
“Zoro??” sgranò gli occhi il fratello, sorpreso all'inverosimile per quella associazione assurda. “Assolutamente no l'intesa con il marimo è quanto di più lontano possa esserci! In un certo qual modo gli voglio anche bene ma da qui a dire che siamo sempre sulla stessa lunghezza d'onda...
“No, io parlavo del mio amico di penna spagnolo.”
“Hai un amico di penna? Non lo sapevo...”
Sanji si grattò distrattamente la testa frenando l'ennesimo capogiro. “Beh, è più un amico d'e-mail in effetti... non abbiamo un rapporto specifico ma semplici scambi di idee o pareri. Ci raccontiamo come va la vita, con la famiglia, l'università e ci sentiamo da circa tre anni. È molto simpatico ed anche intelligente! Ci capiamo sempre al volo e gli interessi spesso sono comuni.” mormorò esibendo un'improvviso entusiasmo che incuriosì Chopper e gli fece mettere momentaneamente da parte l'argomento 'donna giusta'.
“Quindi come funziona? Vi siete scambiati solo le e-mail e vi sentite così?”
Sanji annuì prima di fare mente locale e rammentare un dettaglio. “In realtà ho anche il suo indirizzo di casa e lui ha il mio.”
“Come mai?”
Sanji si alzò cauto dal letto, ben attento a non fare movimenti bruschi con la testa che ancora vorticava forsennata. “L'anno scorso è andato in vacanza con dei parenti e mi ha chiesto se poteva mandarmi una cartolina personalizzata...” si avvicinò alla scrivania ed aprì un cassetto, cominciando a rovistare tra varie carte sotto lo sguardo attento del fratellino. “...io gliel'ho dato e lui mi ha mandato questa!” esclamò trionfante estraendo un cartoncino colorato che Chopper riconobbe all'istante come una fotografia plastificata, Sanji gliela passò per poterla vedere meglio. “Te l'ho detto che era simpatico!” continuò con enfasi.
In primo piano c'erano due ragazzi sorridenti, maschio e femmina, circondati dalla natura splendida di una spiaggia tropicale semi deserta, che fissavano l'obiettivo poggiati scherzosamente ognuno su di un lato di una vecchia barchetta, arenatasi lì probabilmente da tempo visto lo stato in cui versava, sulla quale però si riusciva ancora a leggere il nome sbiadito stampato a chiare lettere, 'Mr. Prince'.
Chopper fece un sorrisetto. “Gli hai raccontato del soprannome che usi con le donne?”
Sanji ridacchiò saputo. “Penso che ormai siano ben poche le cose che non sa di me. Io gli ho mandato in risposta la foto che ho sul profilo di Facebook.”
Chopper rise pensando all'immagine in questione che ritraeva Sanji con la sigaretta in bocca, le mani in tasca e lo sguardo marpione di chi sa il fatto suo, peccato solo che fosse vestito da Babbo Natale per la recita con i figli di una cugina e il tutto rendeva il fratello più una macchietta comica che un probabile sex symbol attira donne.
Con quel pensiero continuò ad ispezionare la fotografia. L'amico di penna di Sanji aveva i capelli neri e ricci, oltre che una vistosa e strana protuberanza sul viso che solo dopo svariati attimi riconobbe essere il suo naso, un naso incredibilmente lungo anche! Gli venne da ridere, l'associazione con Pinocchio arrivò immediata. Sperò intensamente che non avesse altre caratteristiche simili al piccolo burattino o tutto l'entusiasmo del fratello per la reciproca affinità sarebbe naufragato. In ogni caso, aveva una faccia davvero simpatica, trasudava allegria da tutti i pori.
Diede una rapida occhiata pure alla ragazza ormai che c'era. Molto bella, mora, capelli lunghi, un viso aristocratico ed un corpo snello ma formoso, il genere di donna per la quale suo fratello (e probabilmente buona parte della popolazione maschile della sua scuola) avrebbe dato un rene pur di uscirci insieme. Una bella ragazza come se ne vedevano tante, però quello che attirò la sua attenzione furono gli occhi, due opali meravigliosi che ridevano con lei e le illuminavano il viso, senza dubbio aveva un'anima molto dolce.
Infine vi era un terzo soggetto in lontananza che si stava chiaramente avvicinando a loro, salutando l'obiettivo con un braccio incredibilmente ossuto ed una curiosa quanto singolare capigliatura afro.
Se non lo avesse già saputo da Sanji non avrebbe avuto dubbi nel considerare quei tre parte della stessa famiglia, anche soltanto per la somiglianza tra il colore dei capelli. Certo, la ragazza era visibilmente più attraente ai suoi parenti maschi.
Sanji nel frattempo si era spostato davanti al computer. “Un mese fa mi ha raccontato una storia buffissima successa con una sua amica una sera che sono andati al cinema. Ti giuro, sono caduto dalla sedia per quanto ho riso! È uno davvero troppo forte, chiunque conosco si vergognerebbe a morte a fare quello che ha fatto lui! Non capisco ancora perfettamente lo spagnolo, certe parole faccio fatica a memorizzarle e a riportarle ma comprendo quasi tutto ormai... Aspetta che trovo la mail e poi ti racconto i dettagli, morirai dalle risate anche tu!!” esclamò muovendo il mouse lì accanto ed illuminando lo schermo rimasto in stand-by dalla sera prima. La schermata lo riportò immediatamente sulla posta in arrivo e Chopper gli si accostò per guardare meglio, incuriosito e sorridente. Gli piaceva vedere suo fratello contento, difficilmente lo sentiva così euforico, parlare di quel tizio era riuscito a risollevargli il morale.
“Ma... che vorrebbe dire??”
Chopper si accigliò, aveva parlato troppo presto.
Da felice e rilassato qual era, di punto in bianco Sanji si era messo a fissare sconvolto lo schermo sul quale comparivano ora dei piccoli e  lampeggianti triangoli rossi accanto a determinate e-mail.
“Che succede?” chiese Chopper confuso.
Sanji quasi non lo sentì, continuava con furia a premere su quelle mail per cercare di aprirle, senza successo, incredulo di trovarsi in quella situazione.
All'ennesimo tentativo batté irritato un pugno sul mobile, gli occhi che lanciavano scintille.
“Non riesco a crederci! Mi ha bloccato!! Vic mi ha bloccato!” esclamò guardando il fratello con evidente confusione in volto. “Non capisco! Perché lo ha fatto? Non posso più aprire nessuna delle sue mail!”
Chopper aggrottò le sopracciglia. “È molto strano che tu non riesca ad aprire le mail, anche se ti avesse davvero bloccato l'account dovresti comunque poterle vedere... Posso provare io?”
Sanji gli lasciò il mouse senza fiatare, alzandosi e coprendo la sua stanza in lungo e in largo a grandi passi allibito. Non riusciva a spiegarsi perché all'improvviso il suo amico lo avesse voluto estromettere così dalla sua vita! No, doveva esserci un equivoco, Vic era una persona intelligente ed erano sempre andati d'accordo! Non poteva che essere un errore.
“Fatto!” esclamò Chopper con una nota di esultanza nella voce.
Sanji tornò rapido sui suoi passi. “Davvero? Hai fatto presto! Quindi era solo uno sbaglio?”
Il fratello fece una smorfia contrita. “In realtà no perché un blocco c'era, solo che non era lui ad averlo messo ma tu non più tardi di stanotte...”
Sanji sgranò gli occhi. “Di cosa diavolo stai parlando?”
Chopper si sistemò meglio sulla sedia poggiandosi placido sullo schienale. “Parlo di te ubriaco che ieri sera per qualche oscuro motivo hai deciso di aprire la posta e bloccare l'account del tuo amico di penna!”
Sanji aveva gli occhi fuori dalle orbite. “Io non ho fatto nulla del genere! Credo che me lo ricorderei che ne dici?” dichiarò irritato a voce più alta del normale, il mal di testa che tornava prepotente a gravare sulle meningi tanto che lo costrinse a sedersi nuovamente sul letto.
Chopper lo guardò avvilito. “Non lo so Sanji... eri preso piuttosto male e qui le cose sono chiare, forse te ne sei semplicemente scordato, capita!” mormorò alzando le spalle.
L'altro sbuffò contrariato, reggendosi la testa che vorticava indefessa.
Sapeva bene che Chopper non mentiva, non avrebbe avuto motivo per farlo. Se suo fratello il mago del computer diceva che era stata colpa sua allora doveva essere andata davvero così, anche se non comprendeva perché avesse voluto buttare al vento in quella maniera tre anni di corrispondenza e amicizia a tutti gli effetti. Non riusciva a capire se lo irritava di più il pensiero di aver bloccato l'amico da ubriaco o il fatto di aver rimosso tutto con una semplice sbronza.
“D'accordo è possibile che l'abbia fatto... ma perché?” chiese piccato non appena i mobili attorno a lui smisero di girare.
Chopper si grattò una guancia pensieroso. “Forse volevi fargli uno scherzo oppure... non saprei... nell'ultima lettera ti ha scritto cose che non ti sono piaciute?”
Sanji scosse il capo. “L'ultima era mia... l'ho scritta ieri pomeriggio.” fece mente locale. “Gli avevo raccontato della rottura con Pudding...” ammise con un sospiro.
Chopper tornò al computer. “Forse ti ha risposto stanotte allora!” afferrò il mouse cercando in ordine cronologico la mail più recente trovandola quasi subito ed aprendola. Sotto lo sguardo del fratello lesse velocemente il loro reciproco scambio di opinioni, grattandosi poi la testa visibilmente perplesso. Sanji lo fissò interrogativo ma Chopper non se ne accorse nemmeno troppo impegnato ad approfondire il discorso. Con gli occhi che si facevano via via più sgranati e increduli,
suo fratello continuava ad aprire le mail di Vic e a leggerle a velocità supersonica, sempre più sconvolto. Quando credette di essere arrivato al limite di sopportazione -voleva sapere che diavolo succedeva!- Chopper si afflosciò esausto sulla sedia come se avesse appena terminato di correre una maratona e si spiaccicò una mano in faccia scuotendo la testa.
Sanji non lesinò il nervosismo. “Si può sapere perché ti sei messo a leggere tutta la mia posta?”
Il fratellino lo guardò turbato attraverso le dita aperte della mano continuando a muovere la testa in segno di diniego. “È una cosa assurda, non ci credo...” insisteva a ripetere piano come un mantra.
Quando ormai era ad un passo dal perdere la pazienza Chopper si decise a vuotare il sacco.
“Con le lingue non eri particolarmente ferrato a scuola, vero?” cominciò cauto.
Sanji batté gli occhi, non capendo dove volesse andare a parare. Non era un mistero per nessuno che lui fosse più portato per le materie scientifiche, ma non afferrava il nesso.
“Arriva al punto, cos'è che devi dirmi!” lo incalzò serio.
Chopper sospirò imbarazzato, non sapeva da che parte cominciare. “Ecco, vedi... non è semplice da spiegare... no, in realtà lo è... solo che non ho idea di come tu possa prenderla...” mormorò contrito.
Sanji lo fissò interrogativo e il fratello si rese conto di non poterci girare attorno più di tanto.
“Sono tre anni che scrivi a questo Vic, giusto?” al cenno affermativo continuò “...E in tutto questo tempo non ti sei mai accorto che certe volte ti parlava di... diciamo... cose un po' ambigue per un maschio...?” chiese circospetto.
Sanji incrociò le braccia tranquillo. “Se ti stai riferendo al fatto che è palesemente gay, lo so già!”
Chopper lo guardò sorpreso per un attimo. “Ti ha detto di essere gay?”
“Beh no... L'ho intuito quando ha iniziato a parlarmi dei suoi ex fidanzati... tutti nomi maschili... ma non è mai stato un problema per me la cosa! Ora so che è single da un po', lui sa che io sono etero e non abbiamo approfondito l'argomento...”
Chopper si passò le mani sul viso allibito, ma davvero quello era il suo intelligentissimo e argutissimo fratello maggiore?? Non era possibile.
“Sanji, santo cielo, Vic non è gay!!”
L'altro lo fissò dubbioso. “Ma certo che lo è! Sennò come si spiegano i fidanzati, i giorni dall'estetista, il fatto che il suo cantante preferito sia Michael Bublé, l'amore per lo shopping...”
“SI SPIEGANO PERCHÈ VIC È UNA RAGAZZA!!” esclamò con foga Chopper allargando le braccia.
“...”
“...”
“...stai... stai scherzando, vero?”
“...”
“...”
“...mi dispiace, Sanji...”
Il fratello lo guardò attonito, completamente senza fiato.
“Ma... ma sono tre anni che ci scriviamo! So tutto di lui! Si chiama Vic come Victor! Gli piace giocare a basket, studia economia, ha due cugini che adora, va a cavallo... non... non mi ha mai detto di essere una donna!”
Chopper scosse la testa affranto lanciando un'occhiata allo schermo del computer e indicando con un cenno le mail aperte. “Vic non è il diminutivo di Victor. Credo che tu lo abbia pensato all'inizio perché sulla sua mail come nome utente ha messo 'vicortes'.
“Io ho fatto molto meno spagnolo di te ma so riconoscere la traduzione per 'ragazza' e 'ragazzo' e chica è senz'altro femminile! Se ti fossi fermato a leggere più attentamente la prima mail che ti ha mandato, magari anche con l'aiuto del dizionario, avresti notato che lei specifica chiaramente di chiamarsi Viola Cortes! Il suo diminutivo deriva in parte dal cognome! Ma eri ubriaco anche quella volta?”
Seduto sul letto bianco come un lenzuolo, Sanji non riusciva a spiaccicare parola.
Chopper aprì altre due mail.
“...in quella che ti ha mandato ieri sera dice di essere molto dispiaciuta per come è andata con la tua ragazza ma che forse era un segno del destino. Da mesi progetta di fare un viaggio nel nostro paese perché vuole conoscerti ma non voleva darti problemi dal momento che eri fidanzato! Non appena le hai detto che avevi rotto con Pudding ha trovato il coraggio di chiederti un appuntamento!” Chopper si voltò verso di lui sorridendo affabile. “Ho letto la tua risposta, l'hai bloccata perché hai frainteso tutto! Ora basta che le mandi un'altra lettera con le tue scuse spiegando che non eri in te e vedrai che non ci saranno problemi!
“Sanji hai capito? Le piaci da morire e da anni ma eri sempre impegnato e lei non voleva essere invadente!” afferrò la cartolina personalizzata che aveva poggiato sulla scrivania e indicò raggiante la ragazza mora a suo fratello. “È lei, Sanji! Il tuo amico di penna è lei! Questa è la donna giusta per te, bellissima, intelligente, spiritosa, con un'anima dolcissima! Non ne troverai un'altra come lei te lo dico io!”
Sanji ancora non riusciva a ritrovare l'uso della parola, troppo sconvolto dalla notizia.
Chopper stava per correre a controllargli le funzioni vitali quando un piccolo trillo attirò la sua attenzione, si voltò verso lo schermo del computer e aprì veloce la nuova mail di Vic appena arrivata, tanto ormai... e poi suo fratello sembrava più morto che vivo.
Con crescente orrore lesse rapido le uniche due frasi in essa riportate e schizzò veloce verso il tasto di risposta, trovando l'ormai familiare triangolo rosso a sbarrargli la strada. Si voltò piano verso Sanji che lo guardava con un espressione indecifrabile in volto.
“Era lei?” esalò.
“Si...” mormorò. “Dice che ieri l'hai offesa davvero e che ti credeva una persona migliore... ti ha bloccato, non puoi più scriverle...”
I due fratelli si guardarono in viso sconvolti, difficile dire chi due ci fosse rimasto peggio.
Delle voci concitate al piano di sotto anticiparono una potente bussata alla porta della camera che venne spalancata subito senza attendere risposta.
“...ed ecco il prode e baldanzoso amico che si appresta ad andare in visita dal compare moribondo per portargli il suo sostegno nonostante mille impegni lo assillino ogni giorno!”
Chopper e Sanji fissarono con sguardo vacuo l'entrata in scena trionfale di Zoro che alzò un sopracciglio alle loro facce spente. “Beh, che succede? Che accoglienza...”
Si era aspettato di trovare l'amico ancora in coma per la sbornia, non certo di vedere i due fratelli pronti per una seduta spiritica in piena regola, anche se Sanji sembrava comunque quello messo peggio.
Zoro si avvicinò a Chopper che nel frattempo aveva spento il computer amareggiato.
“Che succede a torcigliolo? Sembra che l'abbia preso in pieno un treno.”
 
*
 
Dall’altra parte del mondo, nella camera da letto di un appartamento spagnolo al quinto piano di una bella palazzina, una ragazza dai lunghi capelli neri guardava lo schermo del proprio computer con aria triste.
“Ma che ti è preso Sanji Vinsmoke?” si chiese affranta prima di rabbuiarsi. “Beh, se tu non vuoi più parlare con me allora anch'io non voglio più avere a che fare con te!” pigiò aspramente sulla tastiera e inviò, spegnendo poi l'apparecchio.
Prese la borsa e sbatté con forza la porta dietro di sé.




 

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Capitolo 4
*** The Rising ***


 
Non era un mistero per nessuno che Zoro Roronoa avesse un concetto tutto suo riguardo l'amicizia, né che preferisse avere pochi amici ma buoni e il mantenimento di tale nobile valore andasse spesso a cozzare con ciò che contava per la maggior parte dei suoi cosiddetti migliori amici.
Se uno di loro aveva un problema lui sopportava e supportava senza grossi sforzi la noiosa nenia del malcapitato ma difficilmente esponeva la sua opinione in merito a meno che non venisse esplicitamente richiesta; di solito piuttosto che mettere bocca in questioni che non lo riguardavano preferiva di gran lunga farsi i fatti propri, magari all'ombra di un albero ronfando della grossa. Occasionalmente però capitavano situazioni in cui non riusciva proprio a tenere a freno la lingua e dire la sua diventava questione di vita o di morte. Succedeva per lo più quando le persone a lui più vicine si trovavano invischiate in qualche problema cretino e si rendeva improvvisamente conto di essersi scelto degli amici idioti. Allora si limitava a esporre il proprio parere, a guardare lo scemo con compatimento e a dare un paio di consigli. Come amava ripetergli lo zio Ray, una delle prime regole dell'amicizia era di non lasciare mai sprofondare un amico nella fossa che si era scavato con le sue stesse mani. E lui ci provava, davvero, ma non poteva dirsi un santo e se le sue perle di saggezza non venivano accettate non aveva problemi a farsene una ragione quanto prima e a tornare tranquillo a ignorare tutto quello che non lo riguardava aspettando che l'amico smettesse di farsi paranoie e risolvesse le sue grane in qualche modo. Certo, questo non gli vietava di prendere un po' per il culo lo sfigato di turno e quel giorno di fine luglio, quel meraviglioso giorno di fine luglio, non avrebbe mai potuto tenere per sé i suoi pensieri né la possibilità di sfottere per bene quello che considerava da sempre il suo migliore amico.
Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito, in quanto ad idiozia Sanji era riuscito a battere Rufy! Rufy! Non gli sarebbe mai più capitata un'occasione del genere, aveva il potere di mettere Sanji sul trono dei cretini e rinfacciarglielo a vita!
“È una cosa assurda torcigliolo...” esclamò ansante dopo essere riuscito a riprendersi dallo scroscio di risa irrefrenabili che l'aveva colto. “...sono tre anni che scrivi ad un tizio su internet e non ti sei mai accorto che era una donna??”
La pausa imbarazzata che seguì fu più di quanto potesse sopportare e Zoro riprese a ridere sguaiato insieme a Rufy, che non aveva mai smesso da quando lo aveva raggiunto in camera di Sanji ed era stato informato da Chopper del disastro che aveva combinato il fratello.
L'oggetto del loro scherno ormai fumava dalle orecchie, rosso come un pomodoro e stufo marcio di essere preso in giro così per un banale errore, che tanto banale non era però, doveva dirlo.
“D'accordo adesso piantatela!” esclamò, la voce arrivata tremendamente vicino al falsetto, cercando di sovrastare le risate diventate ormai uggiolii. “Non ho prestato la giusta attenzione e, si lo ammetto, ho scambiato una dolce e leggiadra fanciulla per un nasone gay! Ma sarebbe potuto succedere a chiunque!!” allargò le braccia tentando di sembrare razionale.
Chopper scosse la testa guardando a terra affranto. “Io non credo...”
Zoro e Rufy si accasciarono sul pavimento ormai senza fiato per il troppo ridere mentre Sanji diventò se possibile ancora più rosso.
Idrofobo, mandò al diavolo il divieto di fumare in camera imposto dal padre e si accese una nervosa e tremolante sigaretta, benedicendo la nicotina che gli entrava nei polmoni come una manna dal cielo.
Chopper lo guardò male, odiava il fumo, e si affrettò ad aprire la finestra mentre il fratello si sedeva composto sul suo letto con un posacenere in grembo e lo sguardo perso nel vuoto.
Con la voce tornata calma e controllata, guardò i suoi due migliori amici seduti a terra che continuavano a sghignazzare impunemente incapaci di smettere.
“Ok... capisco che visto da fuori potrebbe sembrare molto divertente...” calibrò bene le parole, cercando di dar loro un'autorevolezza che non avevano. Zoro e Rufy cominciarono a guardarlo più tranquilli, ridacchiando solo a tratti. “...ma per me è un problema enorme! L'ho offesa e non so come poterla contattare per scusarmi! Non avevo altro all'infuori dell'account e-mail per parlarle e il professore che mi aveva dato il compito è in pensione non so dove trovarlo e dopo tre anni non è nemmeno detto che lui abbia un altro recapito! Non ci siamo mai scambiati il numero, Viola non esiste su Facebook, non esiste sull'elenco telefonico del suo paese! Ho controllato ovunque, ho solo il suo indirizzo di casa ma per quando le sarà arrivata la mia lettera di scuse via posta aerea potrebbe già essersi trovata un altro ragazzo!”
“SE le arriva...” mormorò Rufy con un sorrisetto, affondando il coltello nella piaga.
Sanji sbuffò nervoso lanciandogli un'occhiata. “...non ho nemmeno la certezza che la riceva, né che voglia aprirla! Magari la straccerà non appena leggerà il mittente...” sfinito si passò una mano tra i capelli scostando il ciuffo, rivelando entrambi gli occhi blu del tutto esausti.
Zoro e Rufy, seppur ancora parecchio divertiti, si guardarono complici senza più ridere e si alzarono da terra risoluti.
“Magari non sarà così...” cominciò Zoro in un raro impeto di sincero dispiacere per l'amico. “Magari ne sarà felice...”
Sanji lo guardò roteando gli occhi. “L'ho offesa dandole della ninfomane maniaca solo perché mi ha chiesto di incontrarci! Non mi perdonerà facilmente...” sospirò tetro “...non avete idea di cosa ci siamo raccontati negli anni! Lei sa tutto di me, non le ho nascosto nulla quando pensavo fosse un uomo! Sa che alle donne dico solo la verità e che le tratto come i fiori delicati che meritano di essere! Lei pensava che io sapessi perfettamente di parlare con una donna, quindi ora sarà convinta che non me ne frega nulla di lei! E tutto per la mia stupida boccaccia!” spense la sigaretta e si stropicciò gli occhi con le mani esausto. “...voi non capite! Lei... lei era davvero la donna della mia vita e... l'ho persa!”
Un significativo silenzio calò nella stanza, rotto a tratti solo dal frinire invadente dei grilli che proveniva dal giardino al piano terra. Sinceramente dispiaciuti, Zoro e Chopper guardavano ad intermittenza il pavimento, il cielo blu fuori dalla finestra e Sanji ancora afflosciato col viso coperto dalle sue stesse mani, non sapendo bene come affrontare la situazione. Il dolore del biondino era palpabile, doveva pur esserci un modo per risolvere la cosa.
“Io non capisco dove stia il problema!”
Zoro, Chopper e anche Sanji riemerso per un attimo dalla depressione si voltarono allibiti verso Rufy che aveva avuto l'ardire di aprire bocca. A braccia incrociate e con un'espressione interrogativa in volto lui li fissò a sua volta focalizzandosi soprattutto sull'amico triste. “Hai detto che non hai nessun recapito all'infuori del suo indirizzo di casa, no?” Sanji annuì confuso. “E allora che problema c'è? Partiamo per la Spagna col primo volo e andiamo a trovarla a casa!” esclamò Rufy con entusiasmo allargando le braccia.
Chopper e Sanji sgranarono gli occhi sbigottiti. “Stai scherzando? È un volo lunghissimo e costa tanto! Dove li trovate i soldi?” si infervorò il più piccolo mentre il fratello fissava Rufy sconvolto.
“Sono cose irrilevanti!” si imbronciò il moro.
Chopper scosse il capo ormai sicuro di essere la persona più matura là dentro. “Non potete andare! Sanji hai promesso allo zio Zeff che cominciavi dalla prossima settimana ad aiutarlo col ristorante!”
Il biondo universitario spostò lo sguardo opaco sul fratellino e annuì mesto.“Ci tengo al lavoro al ristorante e pure tu hai detto che dovevi iniziare a lavorare dallo zio di Monet tra due giorni!”
Rufy incrociò le braccia mugugnando infastidito. “E dai, non mandarmi tutto all’aria! Facciamo una vacanza tutti insieme! Ci divertiremo da matti!” mormorò, facendo alzare gli occhi al cielo a tutti. Ecco perché ci teneva tanto.
“È un periodo costosissimo per prenotare un volo...” ribadì Chopper deciso.
Seccato Rufy sembrò sul punto di rispondere qualcosa ma, con sorpresa di Sanji, fu Zoro a prendere parola facendo un passo avanti. “Lo sai torcigliolo non è una brutta idea. Ora lascia perdere la questione della vacanza a cui pensa questo qui...” indicò il moro che lo guardò male. “...e pensaci un attimo: se andassimo direttamente a casa sua Viola sarebbe costretta a lasciarti parlare e potrebbe vedere con i suoi occhi la sincerità delle tue scuse, oltre allo scoprire quanto puoi essere scemo... ma almeno lo farebbe di persona!” aggiunse annuendo convinto.
Sanji si agitò nervoso sul letto visibilmente combattuto, Zoro continuò. “Se la Spagna è troppo cara per le nostre tasche potremmo dare un'occhiata a un qualsiasi volo che atterri nel paese europeo più economico. Da lì poi prenderemo il treno per la Spagna, l'Europa è piccola ci arriveremmo in attimo!”
I due fratelli alzarono un sopracciglio all'unisono perplessi mentre Rufy si illuminava.
“Non lo so, Zoro...”
“Cos'è che sarebbe piccola...?” chiese Chopper sbalordito.
Il verde ghignò. “È la donna della tua vita o sbaglio? Mi stupisci non sei tu quello che farebbe qualsiasi cosa per una bella gonnella? E ora ti fai frenare da dettagli così insignificanti se si tratta della ragazza giusta per te?”
Sanji sbuffò ancora poco convinto soprattutto per il tono che stava usando il suo amico. 
“È una cosa grossa questa!”
Va bene Rufy ma perché anche Zoro ci teneva tanto ad andare in Europa?
“Si d'accordo, ma davvero consideri il Vecchio Continente piccolo??” si intromise Chopper venendo ignorato nuovamente.
“Proprio perché è una cosa grossa non dovresti farti tutte queste paranoie!” Rufy sghignazzò felice di sentire Zoro dalla sua parte. “Non capiterà più... questa potrebbe essere la tua grande occasione Sanji!”
“Grande occasione per cosa?”
Tutta la stanza si girò di scatto verso la porta. Ferma sulla soglia, concentrata a scandagliare i loro visi in attesa di una qualche risposta, si stagliava la silhouette procace e suadente di una bella ragazza dai capelli rossi che ondeggiavano liberi sulla schiena.
Zoro alzò gli occhi al cielo e non la degnò di uno sguardo andando a sedersi vicino alla finestra. Rufy la scrutò curioso con un dito nel naso e Chopper lanciò un'occhiata di sbieco al fratello che sembrava aver ripreso vita. “Nami-swaaaan!!!!”
Di tutta risposta lei riuscì a spostarsi dalla traiettoria del biondo giusto in tempo, facendogli baciare il pavimento con tutta la faccia.
“Ciao Sanji sono contenta di vederti di nuovo in forma! Mi ha fatto entrare tua madre spero non sia un problema.” lo salutò amichevole.
“È un piascere avelti quuui, Nami-swan! Ma che sci fai quuuui Nami-swan?” mormorò Sanji rintronato aiutato da Chopper a rialzarsi.
“Beh...”
“Già, che sei venuta a fare anche qui?”
Nami si voltò lentamente verso quella voce che le si era rivolta in maniera così aspra, già sapendo perfettamente a chi appartenesse prima ancora di inquadrarlo. Zoro se ne stava seduto a braccia incrociate fissandola con occhi truci.
Altezzosamente lei sbuffò rispondendo comunque ma direttamente al padrone di casa, ignorando la testa verde. “Sono passata solo per dare le chiavi di casa a Rufy che le ha scordate come al solito.” poi squadrò Zoro con la coda dell'occhio rivolgendosi direttamente a lui. “Tranquillo Roronoa, non ti provocherò danno con la mia presenza, me ne stavo già andando.” sibilò allungando un mazzo di chiavi a suo fratello che le prese con un ghigno.
“Nami, sai che partiamo per la Spagna!!”
Lei alzò un sopracciglio fissando il fratello con sufficienza. “Che vuol dire che parti? Tu hai il lavoro dallo zio di Monet tra due giorni!!”
Rufy storse il naso. “Uffa perché continuate tutti a rovinare la mia felicità??”
“Frena Rufy. Io non ho ancora deciso niente!” Sanji si avvicinò risoluto ai due, tra le mani la seconda sigaretta spenta che fremeva per essere accesa.
“È l'unica soluzione che hai...” mormorò Zoro lasciando vagare gli occhi fuori dalla finestra.
Nami li guardò stupita. “Aspetta non era per dire, state davvero pensando di fare un viaggio in Spagna? Adesso, in piena alta stagione?”
Nessuno rispose ma non ce ne fu bisogno. Nami alzò le spalle noncurante. “Oh beh, potete fare come vi pare, non sarò di certo io a fermarvi dallo spendere una valanga di denaro.” si voltò verso il fratello. “Ma tu te lo scordi di andare! Monet è mia amica e non voglio che le fai fare brutta figura!”
Rufy si imbronciò. “Ma perché?? Daiiii!!”
“Ho detto di no Rufy!!”
Sanji non ascoltava più il battibecco, Chopper gli aveva fatto cenno di seguirlo al computer e stava scandagliando pagine su pagine all'evidente ricerca di qualcosa. Anche Zoro si incuriosì e si accostò a loro davanti allo schermo.
“Cosa stai cercando Chopper?”
Il ragazzino tirò su col naso concentrato. “Mi è venuto in mente che qualche giorno fa avevo visto per puro caso un'offerta su un volo per l'Europa. Non ricordo dove ma se fosse ancora attiva, magari potrebbe essere la soluzione per trovare Viola senza spendere un capitale.”
Sanji e Zoro si scambiarono un'occhiata indecifrabile da sopra le sue spalle. Il verde ghignò alla confusione palese che vedeva sul volto dell'amico, mancava pochissimo per convincerlo ormai e se davvero Chopper avesse trovato quell'offerta a buon prezzo forse sareb... “Eccola!”
I due si affrettarono a guardare lo schermo mentre anche Nami e Rufy smettevano di litigare.
“È ancora attiva ma solo fino a stasera. Volo per l'Inghilterra sola andata ad un ottimo prezzo, la partenza è dopodomani!” esclamò compiaciuto. “Poi una volta lì dovrete prendere un traghetto e dei treni ma arriverete in Spagna al massimo in due giorni e con poca spesa!”
“Si! Così potremo vedere anche l'Inghilterra ed altri paesi magari!!” si intromise Rufy con un entusiasmo che venne subito smontato dalla sorella. “Tu-vai-a-lavorare!”
“Ma... ma...” mormorò abbacchiato. “Mi comporterò bene!”
“Non è certo questo il punto e in ogni caso penso che tu non sia proprio geneticamente predisposto a fare il bravo!”
“Nami ha ragione, Rufy. Il lavoro dal notaio DoFlamingo è un'occasione importante per te. Mentre lo zio Zeff penso che possa aspettare il mio aiuto per un'altra settimana...” mormorò Sanji.
Zoro lo fissò vittorioso lisciarsi il pizzetto assorto prima di sospirare. “Scusa Rufy, mi dispiace davvero ma non posso lasciare che Viola mi sfugga di nuovo!” si girò verso Chopper, lanciando un'occhiata ad uno Zoro ghignante. “Puoi comprarci due biglietti?”
“Noooo...” il moro si accasciò depresso al suolo sotto lo sguardo di disapprovazione di Nami.
“Faremo un altro viaggio insieme prima della laurea, dai.” provò a consolarlo Sanji cercando conferma anche in Zoro che annuì convinto.
“Vado solo per chiedere scusa a Viola e per vedere se ho una minima possibilità di riallacciare i rapporti.”
Nami si illuminò. “Oh, ci vai per una ragazza?”
Il biondo sorrise, per la prima volta sinceramente in quella lunga giornata.
Chopper confermò l'effettiva prenotazione del volo per le dieci del mattino di due giorni dopo e Nami batté le mani tra loro felice di vedere il suo amico così preso sinceramente da una donna, ignorando i lamenti del moro a terra.
“Vedrai che la troveremo e che ti farai perdonare. O, se così non fosse, l'Europa è piena di distrazioni…” ridacchiò Zoro schivando un calcio volante.
 

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Capitolo 5
*** Counting Stars ***


Di ritorno dal bagno si diresse con passo strascicato verso la fila di seggioline disposte a ferro di cavallo che davano le spalle alle enormi vetrate del Raftel's Airport. Individuò la testa verde che cercava e si accasciò al suo fianco, poggiando il bagaglio a mano accanto a lui.
Lanciò un'occhiata a Zoro, immerso nella lettura di un qualche giornale comprato all'edicola del Gate e si concesse di chiudere qualche minuto gli occhi. Aveva dormito pochissimo negli ultimi due giorni, troppo esaltato ed emozionato per il viaggio che lo aspettava per riuscire a chiudere occhio.
Avrebbe visto Viola.
Avrebbe finalmente conosciuto di persona quell'amico di penna a cui aveva raccontato tutta la sua vita senza filtri né menzogne per tre anni. Aveva scoperto con stupore che la donna dei suoi sogni poteva essere anche la sua migliore amica e la cosa era così nuova per lui da non sembrargli quasi vera. L'avrebbe trovata, si sarebbe fatto perdonare e poi sarebbero vissuti insieme felici per sempre.
Riaprì gli occhi come risvegliandosi da un sogno, sentiva una pace immensa crescere ogni minuto dentro di lui, gli sembrava di essere sulle nuvole... eccole, lo avvolgevano e giravano attorno... due enormi nuvole... rosee e invitanti... che assomigliavano tremendamente a due tet... eh?
Sanji scansò il foglio con uno scatto fulmineo quando si rese conto che stava iniziando a sbavare indecentemente.
Che diavolo ti salta in mente??” sbraitò contro Zoro che ridacchiava piegando il giornale. “Cos'erano quelle?”
Il verde lo guardò con sufficienza. “Devo farti un disegnino?”
Sanji si innervosì. “Non intend... so benissimo cos'erano!” si mosse irrequieto sul sedile “Perché mi mostri foto di ragazze mezze nude??”
Zoro sghignazzò canzonatorio. “È solo un giornale di modelle francesi...” poi ammiccò “Dio torcigliolo, che ti è successo? Un tempo eri tu il dispensatore ufficiale di giornaletti porno tra di noi. Ora ti scandalizzi per due donne in costume da bagno?”
Non sono affatto scandalizzato! Ho solo altro per la mente...”
Zoro aggrottò le sopracciglia prima di ghignare apertamente. “D'accordo... però sai, stiamo andando in Europa... casomai Viola non sia più disponibile... volevo farti presente che ci sono altre possibilità...”
Sanji sbuffò. “Non sto andando in Europa per fare il turista, né per dare la caccia alle francesi. Piantala marimo, sembri Rufy quando fai questi discorsi!”
Nah, Rufy ti elencherebbe una lista infinita di ristoranti e paninoteche, altro che ragazze.” cercò qualcosa tra i vari giornali che aveva sulle gambe e ne trovò uno che gli mostrò entusiasta. “Io voglio solo proporti di visitare i migliori pub e bar che esistono in Europa!” alzò le spalle noncurante “Se poi casualmente ci troviamo anche qualche bella donna sarà tanto di guadagnato.”
Sanji si stropicciò gli occhi esasperato. “Quante volte ti ho già detto che non ci stiamo andando per fare i turisti?? Hai insistito tu perché andassi di persona a risolvere con Viola, bene ora ci sto andando quindi falla finita non andremo per bar!”
Zoro sbuffò senza guardarlo. “Si si, va bene...”
Il biondo sospirò felice. Finalmente il marimo era rinsavito.
Controllò per l'ennesima volta il biglietto, assicurandosi di essere come già appurato più e più volte, al Gate giusto e quanto tempo mancasse alla partenza. Dovevano aspettare almeno un'altra mezz'ora, ma ne sarebbe valsa la pena.
Ancora una volta stava per fare una pazzia a causa di una ragazza. Non era un mistero che nella vita avesse fatto il possibile e l'impossibile per le donne, lo sapevano tutti lui per primo. Aveva dato fondo spesso ai suoi risparmi per regali o cene esclusive perché il gentil sesso si meritava quello ed altro, in cuor suo non aveva mai avuto tentennamenti di sorta.
Ma l'ultima batosta emotiva era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, anche se vaso non era la definizione adatta, la sua era più una cisterna industriale vista la pazienza infinita che aveva avuto nel cercare la donna giusta anno dopo anno, nonostante le numerose delusioni.
Pudding era stata una delle peggiori e mentre vomitava si era ripromesso di non cascarci più. Basta ragazze a caso, da quel momento avrebbe dato il suo cuore solo ed esclusivamente alla persona che si fosse dimostrata degna di possederlo. Detta così sembrava quasi un'illusione, una promessa fatta a sé stesso in un momento di debolezza che già sapeva quanto sarebbe stato difficile mantenere. Sanji amava le donne, tutte, nessuna esclusa (a parte magari la vecchia Kokoro, la cassiera del ristorante dello zio Zeff, che quand'era ubriaca ci provava spudoratamente) e ritornato sobrio del tutto non aveva perso tempo nel darsi del cretino da solo. Come avrebbe potuto mantenere una promessa del genere? Non esisteva che Sanji Vinsmoke rinunciasse anche ai semplici piaceri della carne per un'utopia! O, per lo meno, Zoro l'avrebbe messa giù così se avesse saputo dei suoi vaneggiamenti.
Quello che davvero non si aspettava però era di captare così presto un'anima affine alla sua, tale da farlo sperare, sperare per davvero, di aver trovato il vero amore.
Tre anni di lettere e una fotografia. Si era stampato ogni singola mail scambiata con lei e le aveva rilette tutte già decine di volte, con dizionario annesso stavolta, dalla prima in cui diceva apertamente di chiamarsi Viola, all'ultima in cui non voleva più avere a che fare con lui.
Già dopo il termine della prima lettura completa poteva dirsi del tutto innamorato perso di lei.
Quanto tempo aveva speso per fargli capire di essere sinceramente interessata a lui? Frasi che dette da un uomo sembravano ambigue ai suoi occhi, ora assumevano tutt'altro significato. Troppo dolce e riservata per dichiararsi apertamente, si limitava a brevi cenni di apprezzamento quando lui le raccontava qualcosa di sé e si mostrava sempre molto dispiaciuta quando gli accadeva qualcosa di brutto. Ogni lettera letta nel giusto ordine ora aveva un nuovo significato, portava in un'unica direzione: a Viola lui piaceva e parecchio anche. Non poteva ancora chiamarlo amore ma c'erano tutti i presupposti, se solo fosse stato più attento.
Era sempre stata lei la ragazza giusta per lui, quella degna di stare al suo fianco e lui come un vero cretino non se n'era mai accorto, lasciandola scappare anzi dandole la spinta per farlo. Ma si sarebbe fatto perdonare, oh senz'altro! Col cavolo che l'avrebbe lasciata andare così!
Prima di tutto dovevano arrivare in Spagna, nel suo paese Dressrosa, nome meraviglioso ed aggraziato proprio come immaginava lei. L'aereo sarebbe atterrato in Inghilterra verso tardo pomeriggio, a Prodence un posto a pochi chilometri da Londra. Da lì avrebbero preso un autobus fino alla costa e poi il traghetto. Una volta in Francia un treno li avrebbe portati direttamente a Dressrosa, niente tappe intermedie né distrazioni di alcun genere, la cosa fondamentale era trovare Viola quanto prima.
Per qualche motivo il nome Prodence suonava stranamente familiare alle sue orecchie, ma non riusciva a ricordarsi dove l'avesse già sentito. Con noncuranza relegò quel pensiero in un angolo del suo cervello. Ci avrebbe pensato in un altro momento.
Se aveva fatto bene i suoi calcoli non c'avrebbero messo più di tre giorni, poi avrebbero anche potuto permettersi di fare i turisti e magari visitare qualche luogo. Come quelle colline spagnole famose... come si chiamavano...? Quelle rotonde e pianeggianti... piene e sode.......?
Spalancò gli occhi allibito e stracciò con forza il giornale, sparpagliando pezzetti di carta sul pavimento, sui sedili accanto e addosso a Zoro che rideva per il suo viso paonazzo.
Stavolta erano dei sederi... spagnoli però!” lo sentì ridacchiare. “Dio torcigliolo, hai una faccia ridi un po'! Mica stiamo andando ad un funerale!”
Sanji lo fulminò. “Piantala di mettermi davanti tette e culi a tradimento! Te l'ho già detto non li voglio vedere!”
Fate un bel sorriso e dite cheese!”
Sanji sgranò gli occhi a quelle parole e Zoro smise di ridere imitandolo. Entrambi si voltarono di scatto venendo irrimediabilmente accecati dalla luce improvvisa di un flash che non lasciò scampo alle loro pupille.
...e la prima foto è venuta perfetta! Bravi ragazzi!”
Convinto di aver perso qualche diottria, Sanji strizzò ripetutamente gli occhi cercando la fonte di quella voce che conosceva perfettamente, trovandola dietro di sé poggiata allo schienale mentre ghignava entusiasta, una macchina fotografica grande come una portaerei in una mano e una valigia striminzita nell'altra. “Rufy, dannazione a te e alla tua mania! Credo che tu mi abbia appena distrutto la retina...”
Zoro fu il più veloce a riprendersi, saltò su come una molla guardando sconvolto il moro. “Che cosa ci fai tu qui?”
Rufy mollò il bagaglio a mano accanto ai loro e fece il giro delle seggioline per poterli avere di fronte. “Semplice. Parto con voi!” esclamò come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ormai riacquistata del tutto la vista, Sanji boccheggiò scambiandosi una frettolosa occhiata con Zoro. “Che cosa significa? Tu dovevi iniziare a lavorare oggi!”
Rufy fece spallucce. “Ho tutto sotto controllo! Mi sono presentato in ufficio alle otto e ho conosciuto il capo, è un tipo simpatico credo che andremo d'accordo! Ha un modo buffissimo di ridere! Shishishishishi!”
Zoro alzò gli occhi al cielo. “Senti chi parla...” sbuffò piano mentre tornava seduto e faceva spazio al moro perché gli sedesse accanto.
Dopo averlo conosciuto mi ha dato il cellulare aziendale e mi messo in un ufficio a timbrare un po' di carte. Ho finito presto e siccome non avevo altro da fare ho pensato che forse avrei fatto ancora in tempo a partire, per cui eccomi qui! Ho comprato il biglietto con l'anticipo che ho chiesto al capo stamattina e che mi ha dato senza problemi! Che ore sono? Non manca molto ormai alla partenza, vero? Sapete quando serviranno il pranzo?”
Sanji chiuse gli occhi esasperato. Era già esausto e non era ancora partito. “In pratica ci stai dicendo che hai mollato il lavoro dopo nemmeno due ore?” chiese col tono di una persona ragionevole già immaginando la risposta.
Rufy si fece pensieroso. “In realtà non l'ho proprio mollato, altrimenti il notaio DoFlamingo avrebbe smesso di pagarmi... sono uscito senza che se ne accorgesse nessuno.” esclamò fiero.
Zoro lo fissò allibito. “Vuol dire che lui pensa ancora che tu sia chiuso in ufficio?”
Il moro annuì felice. “Sono bravo, eh?”
Tra i pensieri di Sanji e Zoro aleggiava di tutto tranne che complimenti ma dirlo a voce alta non avrebbe cambiato le cose. Erano più di due ore che Rufy aveva mollato il lavoro -anche se diceva il contrario lo aveva mollato a tutti gli effetti- e di certo qualcuno se ne doveva essere accorto. Peccato, il loro amico aveva perso una buona opportunità ma loro non erano mica i genitori. Se Rufy mandava a monte il suo futuro consapevolmente chi erano loro per fargli la morale?
Con un sospiro comune annuirono, accettando la cosa con malcelata rassegnazione. Alla fine sarebbero davvero partiti tutti insieme come Rufy desiderava.
Zoro guardò l'orologio al polso. “Ormai non credo manchi molto, tra poco dovrebbero annunciare il nostro volo.” disse guardando il grande tabellone.
Nemmeno il tempo di finire la frase che dagli altoparlanti una voce femminile annunciò ai gentili passeggeri che entro pochi minuti sarebbe cominciato l'imbarco e ricordava anche di fare qualcos'altro che però rimase un mistero. La parte finale del messaggio registrato non riuscì ad afferrarla nessuno nella sala d'aspetto semi-vuota perché un urlo sovrumano in forte avvicinamento dal fondo del corridoio coprì ogni altro rumore nel raggio di dieci metri.
RUFY!!!!!!!!”
Sanji e Zoro sobbalzarono girandosi veloci verso quella voce familiare mentre il diretto interessato, dito nel naso e sguardo vacuo, osservava per nulla turbato il ciclone arancione che si avvicinava imperterrito a lui, fino ad avventarglisi contro non appena fu a portata di mani.
Tutta la sala si ritrovò a fissare sotto shock una ragazza dai capelli rossi strangolare come un'ossessa un ragazzo che boccheggiava in mancanza d'aria.
Sanji e Zoro, dopo qualche attimo di smarrimento, afferrarono Nami per le braccia allontanandola da un ormai cianotico Rufy rantolante a terra. Zoro gli controllò le funzioni vitali e lo aiutò ad alzarsi quando lo vide riprendere i sensi, mentre Nami poco più in là assicurava all'amico biondo di essere tornata calma e si riprendeva la sua borsa, caduta a terra nella foga di commettere un fratricidio.
Sanji si affrettò a rincuorare gli addetti alla sicurezza accorsi per il rumore, spiegando con malcelato imbarazzo che erano fratelli ed avevano solo avuto una piccola divergenza di opinioni e riuscì ad allontanare anche il resto della piccola folla che avevano attirato.
Nami rossa in volto ma di nuovo padrona di sé, additò il fratello ancora sostenuto da Zoro, con sguardo assassino. “Tu! Sei un idiota! Ti rendi conto di cosa mi hai fatto fare??”
Sanji, che era andato a recuperare le valigie di tutti, si infiammò a quelle parole. “Esattamente quello che vorrei sapere anch'io, mia adorata! Che ti ha fatto questo imbecille??”
Lei lo ignorò continuando ad osservare il fratello che pareva sinceramente ignaro di ogni cosa.
Monet era passata in ufficio per portarti qualcosa da mangiare e augurarti buon primo giorno! Indovina un po'? Non ti ha trovato da nessuna parte, mi ha chiamato e mi ha chiesto se per caso avessi avuto un contrattempo.” esclamò, gli occhi iniettati di sangue. “Non sai che vergogna, poveretta! Ho capito subito che volevi fare e le ho detto di non dir nulla a suo zio perché prima volevo accertarmene, speravo davvero di essermi sbagliata e invece...” lasciò la frase in sospeso ma la situazione era comunque chiara a tutti.
Oh... quindi qualcuno se n'è accorto...” fu l'unica cosa che uscì di bocca a Rufy.
Zoro si spiaccicò una mano in fronte e Sanji scosse il capo. “E te ne stupisci, genio?”
Il moro incrociò le braccia. “Quindi DoFlamingo mi ha licenziato?”
Nami sospirò. “Ancora no. Monet non gli dirà nulla finché non le parlerò io!”
Rufy si imbronciò. “Allora che problema c'è? Dì a Monet che stia zitta, no?”
Era esattamente questa l'idea! Il problema è che io avrei dovuto riportarti lì in tempo!” altra occhiataccia assassina che denotava come la cosa le fosse sfuggita di mano. “Ti avevo visto da lontano appena dopo il check-in e mi sono affrettata ma non ce l'ho fatta! Due tizi della sicurezza mi hanno detto che ero già nella zona vietata a meno che non comprassi un biglietto anch'io! A quel punto non mi facevano nemmeno più uscire e indovina cosa ho dovuto fare...” poi, con una calma sinistra che provocò un brivido freddo lungo la spina dorsale ai tre, mormorò sommessamente tra i denti. “Ho dovuto comprare un biglietto per Prodence con i miei risparmi...”
Un piccolo attimo di silenzio attonito accolse le sue parole, prima che Zoro sbuffasse innervosito alla vista dei cuoricini che sprigionavano gli occhi di Sanji a quella notizia. Non era lui quello che non avrebbe più guardato altra ragazza all'infuori di Viola? Ma Nami era sempre Nami, sembrava dire tutto il suo corpo mentre tentava l'affondo a pesce su di lei, venendo scansato in un batter d'occhio da Rufy per abbracciare felice la sorella. “Lo sapevo che morivi dalla voglia di partire con noi!! Facciamoci una foto per ricordare il momento! Sarà troppo divertente!”
La rossa non sembrava affatto della stessa idea, schiumante di rabbia lo atterrò con un pugno fumante, salvando al volo la fotocamera. “Cosa diavolo hai capito idiota?? Io non avevo alcuna intenzione di partire, soprattutto insieme a voi zoticoni!!” Un'occhiataccia raggiunse Zoro, come se fosse tutta colpa sua. Il verde alzò un sopracciglio fissandola a sua volta. Beh, che c'entrava lui?
Nami sbuffò tornando torva a guardare il fratello. “In ogni caso, dal momento che ormai ho preso un biglietto e non avevo programmi è inutile che sprechi un'occasione del genere...” lasciò in sospeso la frase fissando uno ad uno i tre ragazzi, sorvolando sugli occhi inferociti di Zoro e sui cuoricini volanti di Sanji che avevano già intuito. “...verrò con voi ma, sia chiaro Rufy, al nostro ritorno mi dovrai rimborsare ogni singolo centesimo speso e con gli interessi per il danno morale!”
Rufy strabuzzò gli occhi. “Che cosa?? Ma perché?? Io non ho fatto nulla!”
Sanji si esibì in una trottola esaltata che investì tutti di cuori. “Oh, Nami-swaaan che idea meravigliosa!! Ci divertiremo tantissimo insieme!!”
Rufy la guardò male scansando l'amico. “Io non ho fatto niente, Nami!” ribadì.
È solo colpa tua se mi trovo in questa situazione!”
Non è vero!”
Si!!”
Oh, Nami-swaaaan!!”
NO!!”
Nami-swaaan... Nami-swaaan... Nami-swaaan!!!”
SIIII!!!!”
Stanco del teatrino e bramoso di porre fine alla questione per partire senza rogne annesse, Zoro estrasse dalla sua valigia due lunghe ed affilatissime katane che sfoderò in fretta e con abilità, tenendone ciascuna in una mano prima di puntarle senza tante cerimonie alla gola dei suoi due migliori amici, bloccando sul nascere qualsiasi recriminazione con un'occhiata assassina. Nami, in mezzo tra i due fuochi, lo guardò interdetta.
Marimo...?” esalò Sanji preso alla sprovvista, deglutendo vistosamente per quanto possibile con una lama a pochi millimetri dalla gola.
Zoro... dai... posale...” tentò Rufy alzando le mani, ridacchiando nervoso.
Quello assottigliò gli occhi squadrando tutti e tre e sibilò truce. “Sono stufo di queste scene! La situazione è chiara! Stiamo per passare insieme più di sei ore in un cubicolo di trenta metri e, anche se spesso ce lo scordiamo, siamo quattro persone adulte. Ci sopportiamo a malapena...” guardò iroso Nami che ricambiò incrociando le braccia. “...qualcuno non era previsto...” Rufy alzò gli occhi al cielo. “...e qualcun altro soffre di doppia personalità...” Sanji sbuffò.
...ma siamo amici, più o meno, e che vi piaccia o no siamo tutti sulla stessa barca, almeno sull'aereo dovremo andare d'accordo! Quindi vi chiedo la cortesia di piantarla una buona volta e fare le persone normali!” concluse serio abbassando le spade e rifoderandole.
A Sanji si sciolse la lingua solo quando lo vide rimetterle al sicuro dentro la sua valigia.
Che cos'hai in quel cervello?? Potevi ferirci seriamente! ” esclamò indicando il suo collo.
Ma di solito non ne hai tre?” chiese Rufy perplesso con un filo di voce.
Come diavolo hai fatto a farle passare ai controlli?” fu la domanda più sensata di Nami.
Zoro li guardò ghignando senza rimorso. “Sapevo che mi sarebbero tornate utili.”
L'altoparlante dell'aeroporto annunciò l'imbarco immediato e il discorso sulle spade passò in secondo piano. Per il momento, aggiunse mentalmente Sanji afferrando la propria valigia e incamminandosi con gli altri. Un particolare però attirò la sua attenzione e guardò Nami e la sua borsa con fare interrogativo, lei seguì il suo sguardo e annuì con rassegnazione.
Nella fretta non ho preso nulla, ma non è un grosso problema, farò acquisti non appena giunta a Prodence.” comunicò a tutti con un sorriso mentre si mettevano in fila con il resto dei passeggeri, lanciando un'occhiata a Zoro di sottecchi. Chi l'avrebbe mai detto che lui sarebbe stato il paciere ufficiale del viaggio? L'aveva piacevolmente stupita la sua presa di posizione poco prima, certo il modo rozzo con cui aveva chiesto la collaborazione di tutti per riuscire a rendere il viaggio almeno sopportabile aveva lasciato a desiderare, ma per lo meno doveva ammettere che era stato il più ragionevole. Cosa che non avrebbe mai potuto dire di qualcun altro...
Rufy sorrideva entusiasta già da qualche minuto, anche lui bramoso di dimostrare che la sua presenza sarebbe stata fondamentale. “Tranquilla Nami, ti farò tante foto e ti accompagnerò io dovunque vorrai!”
Lei lo fissò esasperata. “Ci mancherebbe. Ah, solo per la cronaca, ho deciso di partire è vero, ma resterò a Prodence giusto un paio di giorni per non sprecare l'occasione, finiti quelli tu ed io compreremo il biglietto di ritorno e per giovedì sarai di nuovo al lavoro!”
Che cosa???” Nami lo appiattì al suolo.
Sanji recuperò i suoi documenti e passò gli ultimi controlli insieme agli altri, prima di sbuffare sonoramente ed alzare gli occhi al cielo. “Da questa parte, marimo!!” urlò dietro a Zoro non appena lo vide prendere deciso un corridoio dalla parte opposta a dove stavano loro.
Mentre Rufy andava al recupero, Sanji si rivolse a Nami. “Che dirai ai vostri genitori? I nostri pensano che siamo in campeggio, ci coprirà Chopper...”
Lei fece spallucce. “Mi inventerò qualcosa sull'aereo...” poi gli sorrise furba. “Tu, piuttosto! Ora dovrai spiegarmi esattamente chi è questa Viola, voglio sapere tutto!”
Sanji ridacchiò, voltando il viso imbarazzato per poi strabuzzare gli occhi allibito verso un punto preciso in lontananza. “Zoro, Rufy, imbecilli, non da quella parte!! Quello è il bagno! Il nostro imbarco è qui!!” urlò concitato indicando il tabellone sopra di lui dove spiccava la scritta Prodence a chiare lettere.
Sarebbe stato un lungo viaggio.

*

Dall’altra parte del mondo, nella camera da letto di un appartamento spagnolo al quinto piano di una bella palazzina, una ragazza dai lunghi capelli neri piegava alcune maglie.
Soddisfatta del suo operato le ripose ordinatamente in una valigia ai suoi piedi e si avvicinò all'armadio per prenderne altre. Con una mano al mento, valutò che anche se era piena estate forse era meglio portare con sé anche un maglioncino. Scelse quello bianco.
Lanciò un'altra occhiata all'armadio. Magari anche sciarpa, guanti e cappello potevano servire...
Viola non stai andando al Polo Nord!”
Due occhi si posarono sulla bella donna che li aveva interrotti dal passare ai raggi-X ogni più piccolo anfratto dell'armadio alla ricerca di capi invernali in pieno luglio.
Viola Cortes, in tutta la sua meticolosa bellezza, abbozzò una risatina imbarazzata. La sua coinquilina la conosceva troppo bene.
Le posò una mano sulla spalla, sorridendole complice. “Cerca di stare serena il più possibile in questi giorni, me lo prometti?”
Viola sgranò gli occhi un istante prima di annuire energicamente senza guardarla.
L'altra non si fece ingannare. “Stai ancora pensando a quel Sanji, vero?” mormorò sospirando quando la vide lanciare un'occhiata al computer chiuso sulla scrivania e mordicchiarsi un'unghia, nervosa. “Questo viaggio a Marijoa non poteva capitare in un momento migliore! Te lo farà dimenticare una volta per tutte!”
Viola la guardò finalmente in viso, scettica. “Tu credi?”
Certo!” annuì convinta. “Non era l'uomo giusto per te e te l'ha ampiamente dimostrato! Ora hai solo bisogno di schiarirti le idee. Parti, divertiti, fai nuove amicizie e vedrai che al tuo ritorno Sanji non sarà mai nemmeno esistito nel tuo cuore!”
Sembrava talmente convinta delle sue parole che anche Viola volle crederle. Aveva disperatamente bisogno di credere che sarebbe riuscita a stare meglio prima o poi, era stanca di soffrire per un imbecille. Con slancio si tuffò tra le sue braccia, venendo subito stretta in un abbraccio spacca ossa.
Che farei senza di te?” le chiese all'orecchio ridacchiando.
L'altra sorrise sulla sua spalla. “Probabilmente dovresti trovarti un altro coinquilino sperando non sia un pazzo come qualcuno di nostra conoscenza...” Viola rise di cuore stringendola più forte.
Il suono prolungato del campanello le fece sussultare, facendo alzare gli occhi al cielo ad entrambe.
Ah proposito di pazzi... questo è senz'altro Brook, un giorno si troverà il campanello in mano.”
L'amica annuì ridendo andando a pigiare il tasto per aprire il portone al piano terra mentre anche Viola la raggiungeva. “Spero si comportino bene, fammi sapere se devo rimproverarli al vostro ritorno! Vuoi una mano con le valigie?”
Quella negò. “Usop aveva detto che uno di loro saliva per aiutarmi, quindi non serve grazie.”
Le due ragazze si guardarono sorridenti un'ultima volta.
Non smettere mai di crederci, Viola. Troverai la persona giusta prima o poi.”
La mora tirò su col naso, sentendo l'ormai familiare nodo in gola tornare a tormentarla. “Lo spero davvero...”
Il campanello suonò ancora, più forte e duraturo ma dalla porta questa volta.
Viola sospirò. “A quanto pare Brook ha voglia di morire giovane!” si avviò alla porta con valigia al seguito voltandosi un'ultima volta verso la sua coinquilina ed amica che la guardava a braccia incrociate. “Ci vediamo tra due settimane! Sempre se riesco a sopravvivere tanto a lungo in costante compagnia di quei due!”
L'amica rise. “Per fortuna ci sarà anche Kaya ma tu cerca di non uccidere nessuno o, se proprio devi, mandalo solo all'ospedale.” poi sorrise furba. “...e soprattutto cerca di tornare intera, senza denunce, tatuaggi né cuccioli di fenicottero nella borsa stavolta! Non so più cosa aspettarmi quando torni dai tuoi viaggi, ormai...”


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Capitolo 6
*** Aeroplane ***




Le sei ore di volo teorizzate da Zoro come massimo momento di attrito da tenere sotto controllo furono meno problematiche di quanto ciascuno dei quattro improbabili compagni di viaggio avrebbe mai potuto immaginare.

Se non contavano Nami che tramortiva Sanji con un pugno dopo il racconto di come aveva trattato Viola, Rufy che si strafogava ogni volta che il carrello passava davanti al suo campo visivo fosse stato in coda all'aereo o all'inizio della fila, gli improvvisi e frequenti attacchi di glicemia di Sanji alla vista delle strepitose minigonne delle hostess, Rufy ancora che gonfiava il giubbotto salvagente e lo faceva scoppiare nelle orecchie di uno Zoro dormiente, Zoro che si svegliava in panico ed estraeva una delle katane per affettare Rufy sotto gli sguardi atterriti di passeggeri e personale di servizio, Nami che tentava di convincere il pilota a farsi pagare per far posare l'arma al suo amico, Zoro che si infuriava anche con lei, Sanji che la difendeva a suon di calci, Nami innervosita che stendeva entrambi e Rufy che entrava in bagno solo e ne usciva trenta minuti dopo insieme ad una delle hostess visibilmente accaldato e soddisfatto, allora era stato un viaggio rilassante e incredibilmente celere.
In men che non si dica le porte dell'Europa si spalancarono davanti ai loro occhi affascinati e carichi di aspettative o, per lo meno, così presupponevano quelli esaltati di Rufy. Nami lo afferrò per la collottola un istante prima che si azzardasse a correre via verso le porte automatiche che conducevano all'esterno dell'aeroporto.
Molto bene a Prodence ci siamo arrivati, ora io e te andiamo immediatamente a farci prenotare un volo di ritorno per mercoledì sera e prega per la tua collezione di conchiglie che sia economico!”
Rufy tentò di controbattere ma venne trascinato a forza verso la biglietteria sotto gli sguardi divertiti di Zoro e Sanji.
Ha preso la forza da papà...” mugugnò depresso.
Nami si appoggiò al bancone esibendo il suo sorriso cordiale da trattativa. “Buongiorno! Vorrei acquistare due biglietti in classe economy per mercoledì, destinazione...”
Una mano elegante la bloccò con garbo, facendole cenno di attendere un istante senza staccare gli occhi dal computer che aveva davanti. Ci vollero solo pochi secondi dopodichè la bionda addetta le dedicò tutta la sua attenzione esclamando candidamente che non c'erano voli disponibili per nessuna destinazione in quel momento e non sapeva quando sarebbero tornati.
Nami sbiancò vistosamente mentre al suo fianco Rufy si illuminava d'immenso a quelle parole, già perso in un paradiso di opportunità infinite servitegli su un piatto d'argento, soprattutto perché non imputabili ad una sua colpa diretta stavolta.
Mi dispiace signorina...” continuò la donna e sembrava sinceramente in pena per quella ragazza dai capelli rossi il cui morale era appena finito sotto ad un treno. “...il fatto è che dal weekend è in corso una... manifestazione particolare lungo le strade di questo paese e durerà per altri due giorni. Viene fatta ogni tre anni ed è molto famosa, attira persone da tutto il mondo che si riuniscono qui e... manifestano...” cercò di spiegarsi.
Nami non era certa di aver compreso. “Cosa ha a che fare questa... manifestazione...” mimò le virgolette con le mani “...con il fatto che io voglio partire mercoledì?”
L'addetta sorrise pratica sistemandosi gli occhiali da vista sul naso aristocratico. “La festa termina mercoledì, i partecipanti tornano a casa e sono in molti, non c'è più un posto disponibile su nessun volo fino alla settimana prossima.”
Ma questo è assurdo! Io devo tornare ad ogni costo!” Nami sembrava una caldaia a cui avevano sigillato la valvola di sfogo. “Non mi muoverò di qui fino a quando non mi avrà trovato un volo di ritorno!” sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro e la donna sembrò intuirlo.
Rufy posò rapido una mano sulla spalla della ragazza con una finta aria comprensibilmente afflitta. “Nami dai, non si può fare lascia perdere... non è il caso di esasperare così questa povera ma meravigliosa signorina.” e le lanciò un'occhiata allusiva strizzandole l'occhio, lasciandola inebetita a fissarlo. “Si vede che sta facendo del suo meglio! Probabilmente era destino che andasse così...” sospirò teatralmente. “Dovremo proseguire il viaggio fino in Spagna. Che ci vuoi far...”
Forse... forse possiamo fare un tentativo!”
Nami, il pugno già caricato e pronto per essere fracassato sulla faccia tosta del fratello, si voltò a guardarla speranzosa. “Dice davvero??”
Quella si assestò gli occhiali elegantemente squadrando Rufy con un sorriso seducente che faticava a mantenere contenuto. “A quanto ho capito è molto importante per voi tornare a casa entro mercoledì...”
Rufy deglutì. “Ma in realtà...”
Si assolutamente!” si intromise Nami euforica, abbassando poi la voce di un ottavo. “Mio fratello ed io dobbiamo obbligatoriamente tornare.”
La donna si animò entusiasta alle sue parole. “Oh! Beh allora se anche per... suo fratello è così importante...” e lo guardò da sopra le lenti degli occhiali battendo le ciglia e cominciando rapida a pigiare sui tasti. “Farò quanto in mio potere per farvi tornare a casa per mercoledì!”
Sarebbe fantastico! Mio fratello le sarebbe eternamente grato, vero Rufy?” esclamò con un sorriso affabile scrutando il moro sempre più sconvolto per la brutta piega che stavano prendendo gli eventi.
Pochi passi più indietro sia Sanji che Zoro seguivano la scena con sconcerto crescente, anche se per motivi opposti. Zoro, che non si era mai soffermato a pensarci più di tanto, si stupiva di quanto Nami fosse brava a sfruttare le doti innate di Rufy per un proprio tornaconto mentre Sanji era semplicemente invidioso dell'abilità che aveva il moro di farsi amare incondizionatamente da qualsiasi donna. Perché tutte a lui le fortune?
Nami si avvicinò saltellante ai due trascinandosi dietro il fratello con ancora gli occhi dolci della hostess fissi su di lui.
Quella tizia ha detto che ci vorrà un po' e ci chiama se trova qualcosa, le ho lasciato il numero di Rufy, ne era fin troppo felice... che ne dite di andare a fare compere intanto? Mi ha detto che c'è un centro commerciale con un sacco di bei negozi accanto all'aeroporto!”

*

Io non voglio tornare a casa così presto!”
Sanji sbuffò da dietro la tenda del camerino. “Smettila Rufy, Nami ha ragione! Rischi di comprometterti il futuro per la tua cocciutaggine!” mormorò apatico, più concentrato sull'ardua scelta di abbinare la camicia che aveva deciso di comprare ad un paio di pantaloni adeguati. Nella fretta di fare la valigia si era scordato di portarsi un completo elegante per il momento in cui avrebbe finalmente visto Viola. Quel negozio d'alta sartoria inglese era capitato a fagiolo, aveva corso il serio rischio di presentarsi a lei vestito da pezzente. “Anche a me sarebbe piaciuto che foste venuti insieme a noi, ma se trovano due posti disponibili sarebbe più saggio per te tornare!” ammise sincero, omettendo che se fosse rimasta con loro solo Nami lo avrebbe senz'altro preferito.
Rufy si afflosciò depresso su un divanetto portandosi dietro tutte le giacche eleganti che Sanji gli aveva messo in mano quando aveva deciso di usarlo come portantino.
Il biondo uscì soddisfatto dal camerino con gli indumenti scelti e si guardò attorno. “Ma Zoro non era qui fuori con te?”
Il moro alzò piano la testa dai cuscini cercando il verde con gli occhi e fece spallucce non vedendolo da nessuna parte.
L'amico digrignò i denti. “Se si è perso ancora è la volta buona che lo scuoio!”
La speranza di Sanji era ovviamente vana. Da una buona mezz'ora ormai la crapa verde si aggirava per gli scaffali cercando i suoi amici, chiedendosi al contempo come fosse possibile che vendessero così tante pile di calzini identici. Ogni volta che girava un angolo ne trovava di uguali! Non lo sfiorò nemmeno per un istante l'idea che potesse trattarsi sempre della stessa pila, era più probabile che fosse finito nella zona adibita ai feticisti. Quegli inglesi erano davvero strani, c'era appena entrato in quel paese e già non vedeva l'ora di uscirci.
Innervosito cambiò strada nuovamente e si trovò davanti, come un faro nella notte, una commessa con il sorriso in volto. “Posso aiutarla?”
Si!” proruppe sollevato. “Dove si trova il reparto uomo?” gli scaffali erano tutti uguali!
Lei sorrise affabile indicando un punto alla sua destra. “Deve seguire questo corridoio sempre dritto per qualche metro e si troverà il reparto proprio di fronte.”
Zoro memorizzò l'informazione come un assetato e la ringraziò cominciando ad avviarsi. La donna sorrise e si allontanò in direzione opposta. Se si fosse girata fatti pochi passi forse avrebbe potuto accorgersi di quello strano cliente che improvvisamente cambiava rotta senza motivo apparente e svoltava a sinistra invece di proseguire dritto come gli era stato detto. Zoro proseguì convinto di essere sulla strada giusta per arrivare dagli altri.
Ormai dovrei esserci...” mormorò a sé stesso, fermandosi al centro di quello che avrebbe dovuto essere il posto indicato e guardandosi attorno.
La totale assenza di cravatte e completi non lo toccò più di tanto ma cominciò ad insospettirsi quando notò la presenza di vestiti, foulard e reggiseni sgargianti dove avrebbero dovuto esserci pantaloni da uomo, camicie e maglie sportive, facendogli presupporre di essere nel reparto sbagliato. Con uno sbuffo irritato, bestemmiando in turco contro le commesse che non sapevano fare il proprio lavoro, ripercorse i suoi passi trovandosi faccia a faccia con un muro. Si grattò la testa stupito, non c'era un corridoio qui? Sempre più nervoso proseguì lungo il muro verso destra, da qualche parte sarebbe pur saltato fuori! Si trovò di fronte i camerini, probabilmente quelli delle donne, quindi posto sbagliato.
Stava per fare dietrofront di nuovo quando qualcosa di morbido e setoso cadde dall'alto e gli atterrò dritto in testa. Stupito, si trovò per le mani una gonna rosa semi trasparente, probabilmente volata via da uno dei camerini.
Schioccò la lingua seccato poggiandola su un ripiano a caso lì vicino e decidendo di lasciar correre. Non era proprio il caso di mettersi a discutere con una sconosciuta se fosse o meno appropriato lanciare vestiti dai camerini addosso agli ignari passanti, men che meno aveva intenzione di perdere altro tempo in un reparto con cui non aveva nulla a che fare. Ergo, era ora di ritrovare gli altri ed andarsene velocemente da quel labirintico negozio prima di esaurire la pazienza.
Si girò deciso a proseguire quando altri indumenti atterrarono all'improvviso davanti ai suoi piedi bloccandogli la strada ed uno particolarmente morbido gli finì in braccio. Con la voglia di andarsene magicamente passata, Zoro ghignò alla vista dei due abbondanti reggiseni di pizzo nero ai suoi piedi, allargando poi il ghigno ancor di più quando capì di tenere in mano un perizoma, anch'esso nero, di mirabile fattura e morbidezza. Tutti e tre emanavano un dolce ma delicato profumo fruttato che non riconobbe ma gli arrivò presto alle narici inebriandolo e facendolo vacillare per un istante, perso.
Si voltò verso destra, sentendo dei chiari mugugni provenire dal camerino al centro dove una tenda chiusa si muoveva lieve. Si guardò attorno cauto controllando che non ci fosse anima viva nei paraggi, né negli altri camerini. Soddisfatto, si avvicinò piano senza far rumore, ben conscio di stare per fare un'azione eticamente scorretta e piuttosto stupito per la sua stessa intraprendenza. Lui era un uomo d'onore, aveva un'integrità ferrea, una morale indiscutibile e in una qualsiasi altra occasione non avrebbe mai fatto qualcosa che fosse andato a danneggiare la sua retta via o, peggio, la privacy di una donna. Mai avrebbe fatto un'azione così sconsiderata, ma quel profumo celestiale lo attirava come una calamita, lo aveva assuefatto del tutto in pochi secondi e sapeva che non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi da lì senza aver dato una sostanza concreta all'immagine della donna nel camerino che si era formata nella sua testa.
In fin dei conti si parlava solo di una piccola sbirciata giusto per vedere come fosse fatta, non si sarebbe nemmeno avvicinato, non l'avrebbe mai saputo nessuno e quel profumo avrebbe avuto un adeguato accompagnamento visivo nei suoi pensieri.
Si sentiva tremendamente il Sanji dei tempi d'oro in quel momento e la voglia di fare dietrofront ed impedirsi di fare una sciocchezza, di cui si sarebbe senz'altro pentito, era forte... però era anche vero che nessuna donna che teneva alla sua privacy avrebbe mai lanciato in aria dei completini intimi con così tanta tranquillità da non preoccuparsi di dove finissero. Lui era solo un onesto cittadino che si era avvicinato esclusivamente per riportarle gli indumenti, avrebbe potuto convincere così sia lei che sé stesso. Ergo, non c'era nulla di male nel passare lentamente e con circospezione davanti al suo camerino e lanciare casualmente una fugace occhiata attraverso la fessura nella tenda come si era già adoperato a fare, anche se la fugace occhiata si era trasformata ben presto in uno sguardo compiaciuto e, soprattutto, prolungato fisso sul fondoschiena ben tornito della ragazza in questione che gli dava le spalle.
L'Inghilterra stava iniziando decisamente a piacergli di più.
Senza staccare mai lo sguardo, con la stessa occhiata proseguì l'ispezione a partire dalle lunghe gambe abbronzate che scalpitavano irrequiete, passando per il già citato e ammirato sedere, fasciato in un candido perizoma bianco che lasciava ben poco all'immaginazione, e si muoveva in sincrono con le gambe, proseguendo lungo la linea della schiena nuda fino alle spalle che si muovevano a scatti e alla testa coperta completamente da una micro maglia che non accennava a volersi togliere nonostante i numerosi tentativi della donna per cercare di sfilarla facendo forza con braccia e mani.
Il suo sedere che ondeggiava a ritmo con le spinte aveva un che di ipnotico per Zoro che si ritrovò a deglutire sommessamente, cercando di imporre alle sue gambe di girarsi e tornare da dove erano venute. Aveva visto abbastanza, più di quanto avrebbe dovuto, e gli era venuto pure un gran caldo, eppure non accennava a muoversi.
Se si fosse guardato allo specchio in quel momento si sarebbe fatto schifo da solo. Fissare una ragazza per la sua bellezza gli era già capitato, ma questa chiaramente non si stava mettendo in mostra appositamente per farsi guardare da lui, questa si stava solo cambiando in un camerino ed aveva pure problematiche a farlo, senza contare che c'era un tizio strambo che la fissava da una fessura. Altro che Sanji, era lui il vero maniaco.
Nonostante tutti i buoni propositi, le gambe sembravano non rispondere alla sua volontà e continuavano a mantenerlo fermo in quella posizione, così come i suoi occhi non osavano staccarsi dalla figura armonica che aveva a nemmeno mezzo metro da sé, al di là di una tenda chiusa.
I mugugni soffocati della ragazza non aiutavano il già precario stato in cui versava, facendogli venire in mente ben pochi casti pensieri e l'irrefrenabile voglia di entrare in quel camerino per toglierle direttamente lui quella maglia irritante e magari anche il perizoma senza tante cerimonie.
Ma per quanto l'idea fosse allettante non era un animale. Chiuse gli occhi e prese a fare silenziosi respiri profondi cercando di calmarsi e al contempo di trovare la forza per riuscire ad andarsene da lì, il problema stava aumentando così come il rigonfiamento nei pantaloni. Doveva decisamente andarsene prima di raggiungere il punto di non ritorno! Ma cosa gli era venuto in mente??
La ragazza misteriosa intanto c'era quasi, con un ultimo verso strozzato di enorme sollievo riuscì a togliersi l'indumento fastidioso, liberando testa e braccia e lanciando con stizza la maglia in un angolo. Con gesto automatico si ravvivò i capelli e una zaffata di profumo paradisiaco raggiunse le narici di Zoro che deglutì con l'acquolina in bocca.
Riaprì gli occhi deciso a guardarla un'ultima volta nella completezza della sua figura per poi andarsene con silenziosa rapidità ma il respiro gli si mozzò in gola non appena una cascata di ricci rossi entrò nel suo campo visivo, coprendo qualsiasi altra cosa.
Zoro sgranò gli occhi incredulo arretrando di due passi, rosso in faccia e con il respiro affannato.
La ragazza dava ancora le spalle alla tenda ma sembrò captare un movimento brusco dietro di lei e voltò il viso di tre quarti. Pensando di esserselo immaginato fece spallucce, recuperando i suoi vestiti e apprestandosi ad uscire dal camerino con le cose scelte.
Se avesse prestato più attenzione forse si sarebbe accorta di un ragazzo dai capelli verdi che fuggiva via imboccando un corridoio a caso mentre si dava dell'idiota per aver permesso alla sua impulsività di avere la meglio sulla ragione e tutto pur di non ammettere con sé stesso che conosceva perfettamente quei capelli rossi.

*

Con aria affamata Rufy si lanciò sull'invitante e strabordante terzo piatto di frittura di pesce che una solerte cameriera gli aveva messo sotto al naso con un sorriso dolce.
A stomaco pieno l'Inghilterra sembrava ancora più bella.
Con la bocca colma di totani prese a guardarsi attorno, cercando gli amici e la sorella con gli occhi, aspettandoli pazientemente al ristorante del centro commerciale come da accordi. Mezz'ora prima Sanji aveva deciso di abbandonarlo là per tentare il recupero di Zoro, dovunque fosse finito. Fino a quel momento non c'era alcuna traccia di loro ma poco male, aveva la frittura a tenergli compagnia. Le cose belle però hanno lo svantaggio di non durare in eterno ed anche quel piatto finì veloce nel suo stomaco insieme agli altri due e ad un rilevante quantitativo di patatine fritte.
La noia arrivò presto, il cellulare non dava segni di vita, aveva già avvertito Chopper del loro arrivo come gli era stato chiesto da Sanji ed ora non aveva più nulla da fare!
Fosse stato per lui non c'avrebbe pensato due volte ad uscire da lì per immergersi nella vivacità di una città tutta da scoprire come Prodence. Sembrava fantastica da quel poco che aveva visto fuori dall'aeroporto prima di doversi chiudere nel centro commerciale per necessità di Nami. Aveva sentito dire da due tizi che un lontano parente della Regina l'aveva scelta come propria dimora anni prima e da allora la governava in serenità. Un re con un nome strano, qualcosa tipo Elisello o Elizabello... non se lo ricordava ma non era importante, tanto gli stava già simpatico!
Lasciò nuovamente vagare lo sguardo. Un bambino e la madre che passeggiavano, due nonnini che si fermavano a prendere un caffè al bar, un tipo che camminava veloce verso le porte... Rufy seguì con lo sguardo interessato l'uomo per qualche attimo, finché anche questo uscì dalla sua visuale e lui tornò mesto a fissare le persone attorno nel ristorante. Lanciò un'occhiata distratta al bancone dove si accorse casualmente della cameriera che lo aveva servito nell'ultima mezz'ora. Lo stava guardando con insistenza da chissà quanto tempo e Rufy non distolse lo sguardo, incuriosito.
Era una gran bella ragazza, capelli azzurri raccolti in una lunga coda di cavallo, fisico asciutto, seno abbondante e viso dolce... il mix perfetto.
Accortasi di aver attirato la sua attenzione, lei gli sorrise accattivante poggiandosi al bancone e lasciando intravedere la scollatura prorompente dalla divisa.
Rufy batté gli occhi un paio di volte, chiedendo chiarimenti con lo sguardo. Lei non si fece attendere, con le labbra socchiuse e un cenno sensuale del capo mimò un chiaro invito a seguirla sul retro.
Di Rufy si potevano dire tante cose ma non che avesse il prosciutto sugli occhi quando si trattava di ragazze e, proprio come Zoro, se gli si presentava l'occasione non aveva alcun problema a coglierla e a goderne, dimenticando tutto il resto.
Sanji la pensò un po' diversamente e quando, quindici minuti dopo, tornò al ristorante con uno Zoro insolitamente pensieroso al seguito che evitava come la peste Nami, dovette prendere atto che Rufy se n'era fregato delle sue raccomandazioni ed era sparito nel nulla.
Dove diavolo si è cacciato adesso quell'altro imbecille?” il biondo agitò iroso i pacchi con gli acquisti di Nami che teneva lui perché 'una signorina non può portare tanto peso addosso'. “Gli avevo detto di non muoversi da qui!”
La sorella dell'imbecille si accasciò sconsolata su una sedia, chiedendosi se il masochismo che aveva dimostrato di possedere quando l'adesione a quel viaggio era stata definitiva era paragonabile a quello dell'ovulo di sua madre nel momento in cui aveva accettato di contenere anche lo spermatozoo di Rufy oltre al suo.
Zoro si guardava intorno senza reale interesse, più per nervosismo che per cercare l'amico sparito. Da un po' la sanità mentale delle sue sinapsi dipendeva da quanto tempo c'avrebbe messo a dimenticare quello che era successo nei camerini delle donne e concentrò quindi tutte le sue energie sul fissare il pesce rosso sopra il bancone del bar. La cosa funzionò per qualche memorabile secondo, prima che un reggiseno bianco malamente coperto da una camicetta blu gli passasse davanti oscurando la boccia di vetro e rovinando il suo casto stratagemma.
Zoro strabuzzò gli occhi quando, allargato il campo visivo, si ritrovò a fissare una bella ragazza dai capelli azzurri sistemarsi frettolosamente i bottoni della divisa da cameriera, prima di correre dietro il bancone e iniziare a smaltire le ordinazioni rossa in volto. Subito dopo di lei, baldanzoso e affannato, c'era il suo migliore amico che cercava di chiudersi la zip dei pantaloni senza dare troppo nell'occhio.
Zoro sospirò rassegnato, ormai non si stupiva più delle doti sovrumane da latin lover involontario che aveva dimostrato di possedere Rufy. Il verso strozzato che gli arrivò alle orecchie gli fece intuire anche di non essere stato l'unico ad averlo notato uscire furtivo dal retro in compagnia, Sanji però non aveva intenzione di prenderla con filosofia come lui.
Tu... tu... tu... ancora??” lo sentì esclamare oltraggiato quando Rufy sorridente si fu avvicinato a loro. “Non hai nessun contegno!!”
Zoro non avrebbe saputo dire se Sanji era più indignato per il poco rispetto che Rufy dimostrava continuamente di avere per il corteggiamento e le relazioni stabili in sé, o se lo era perché senza fare sforzi il loro amico era una calamita irresistibile per le donne.
Come diavolo fa un babbeo come te a farsi ragazze come quella?? Non è una cosa normale!!”
Zoro alzò gli occhi al cielo. D'accordo, mistero risolto.
Rufy si mostrò particolarmente interessato a quella domanda. “Sai che me l'ero chiesto anch'io tempo fa? Però non sono riuscito a trovare una risposta e quindi ho deciso di non pensarci più. Alla fine ci ho fatto l'abitudine!” ammise rassegnato, ricambiando il saluto dolce della cameriera con la mano. Sanji venne trattenuto a forza.
Un trillo improvviso nella tasca di Rufy catalizzò l'attenzione. Nami fu lesta a recuperare il suo cellulare prima di lui e, dopo aver visto il display, rispose con un sorriso raggiante mentre Sanji non smetteva di fissarlo torvo.
...non si preoccupi, è perfetto! Mio fratello ed io la ringraziamo infinitamente per il suo zelo...” stava dicendo Nami al telefono. Fece una pausa prima di annuire alzando gli occhi al cielo. “Si, certo che può conservare il numero per le evenienze...” vide Zoro trattenere un ghigno e Sanji sgranare gli occhi. “...va bene, può salvarlo come preferisce... si, lui la salverà come Califa la bambolona... si... beh, non sono certa il nome ci stia in rubrica, ovviamente proverà... si, in caso solo Califa va bene... già... si, beh di solito non sono la sua segretaria e non posso annot... si...” innervosita Nami si premette il ponte del naso con le dita respirando piano. “...no... le assicuro che la sua non è assolutamente una molestia sessuale... no di certo... si, è maggiorenne...”
Zoro ormai ghignava senza ritegno cercando di trattenere Sanji dallo scagliarsi contro un ingenuo Rufy che dava costantemente prova della propria intelligenza ignorando del tutto l'identità della persona dall'altra parte dell'apparecchio.
Si, lo farò... si... grazie... si, arrivederci anche a lei...”
Nami fulminò il fratello riconsegnandogli il telefono. “Le tue doti innate ci sono tornate utili ma la prossima volta ci penserò due volte prima di accettare di fare un viaggio con te!”
Rufy prese il cellulare sempre più confuso. “Ma chi era??”
Nessuno si stupì più di tanto che non avesse afferrato ma, sorprendendo gli altri, Nami gli sorrise.
La risposta alle mie preghiere!” rispose e prese ad incamminarsi verso l'uscita tallonata dal fratello.
Sanji e Zoro li raggiunsero fuori giusto in tempo per sentire le imprecazioni di Rufy urlate al cielo.
Cosa vuol dire che ha trovato solo un volo per domani mattina e tu hai accettato??”

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Capitolo 7
*** Two Fingers ***





Una volta fatti scendere dal pullman in una strada secondaria vicino al centro del paese, la calma e placida Prodence, capitale simbolo dell'Inghilterra elegante e aristocratica, si presentò ai loro occhi in tutta la sua magnificenza.

Non avendo nulla da invidiare a città inglesi più famose, vantava monumenti, piazze e giardini ottocenteschi dalla bellezza indescrivibile.
Con un clima fresco d'inverno e mite d'estate era una delle più vivibili e rinomate città inglesi sotto molti punti di vista. La popolazione cordiale, l'aeroporto nelle immediate vicinanze, la presenza di università famose e l'autostrada avevano fatto di lei una metropoli moderna e popolare che non si lasciava però andare completamente mantenendo un aspetto antico e accurato. Le gallerie d'arte, i borghi e le strade erano veri e propri musei a cielo aperto, inoltre da secoli vi soggiornava una piccola parte della famiglia reale e tutto ciò non faceva altro che incrementare il già florido turismo. Persone da tutto il mondo venivano in visita ogni anno e Sanji non si stupiva affatto che accadesse da sempre.
È una città stupenda!” esclamò colpito, ammirando gli splendidi affreschi che ornavano le mura di una casa ultracentenaria, circondata dall'edera verde che cresceva disordinata fin sul tetto. Quell'angolino poetico di mondo non aveva i tipici autobus turistici di Londra a due piani ma, curiosamente, si vedevano numerose cabine del telefono rosse sparse in giro, come a voler ricordare al turista medio che anche fuori dalla capitale si poteva trovare la stessa aria suggestiva.
Zoro, a braccia incrociate al suo fianco, annuì distrattamente lasciando vagare lo sguardo lungo le larghe strade di ciottoli che si dividevano in più punti, laddove erano state costruite le case decenni prima, sbadigliando di tanto in tanto, poco interessato alle bellezze del paese.
Nami, dietro di loro, stava ancora trattando con l'autista dell'autobus sul prezzo della corsa mentre Rufy non perdeva occasione di sfoggiare il proprio intelletto, in quel caso specifico rincorrendo gioioso una lucertola terrorizzata lungo una parete che, quando si vide in trappola, si tuffò rapida in una crepa del muro. Prima che al moro venisse la malsana idea di provare a fare altrettanto, Zoro riuscì ad afferrarlo per la collottola.
Il sole pomeridiano di luglio splendeva rovente sopra le loro teste e non si vedeva anima viva oltre a loro. Zoro propose di avventurarsi verso la piazza principale non appena Nami li ebbe raggiunti palesemente soddisfatta, lasciando dietro di sé un uomo stravolto che cercava di riprendersi da un esaurimento nervoso. Prima di andarsene con il suo pullman augurò a tutti buona fortuna con un sorrisetto canzonatorio. I quattro lo guardarono incuriositi ma quello sgommò via prima che avessero avuto modo di chiedere spiegazioni.
Con un'alzata di spalle si avviarono con le valigie al seguito, trattenendo a turno Rufy dal fiondarsi nei pub lungo la strada. A trovare un posto dove cenare ci avrebbero pensato poi, la cosa più importante in quel momento era prenotare una camera da qualche parte per la notte e, su questo, Sanji era felice che almeno Nami e Zoro la pensassero come lui.
Proseguire lungo quelle viuzze si rivelò più difficile del previsto, ad ogni passo sembrava che la temperatura aumentasse in maniera vertiginosa, e dopo più di mezz'ora sotto il sole il caldo era diventato insopportabile.
Sanji cercò di ripararsi il viso sudato con un giornale facendosi aria con la mano. Non riusciva nemmeno a fumare, dopo un paio di tentativi si era reso conto di non avere fiato. Aveva cavallerescamente ceduto il suo ombrellino da viaggio all'unica donna del gruppo che, davanti a loro, faceva strada reggendo la sola mappa della zona che erano riusciti a trovare. Nami aveva sempre avuto un ottimo senso dell'orientamento, per fortuna c'era lei, se fossero stati solo lui e Zoro si sarebbero persi continuamente lungo quelle viuzze. Rufy le stava attaccato al fianco tenendole teso l'ombrello sopra la testa. Inizialmente l'aveva fatto sotto minaccia ma, visto che avrebbe potuto usufruire a sua volta dell'ombra per gentile concessione, non aveva più fiatato.
Sanji sbuffò voltandosi verso Zoro. A braccia conserte, stoico e apparentemente tranquillo, era l'unico che sembrava sopportare il caldo e la spossatezza senza nemmeno tentare di coprirsi la testa verde. Probabilmente, considerò Sanji quando dovette afferrarlo per un braccio prima che svoltasse a sinistra invece che a destra come indicato da Nami, Zoro non sentiva l'afa opprimente perché i messaggi che il corpo lanciava al cervello erano stati interrotti quando i suoi unici due neuroni erano morti per autocombustione.
Non ne poteva più, per distrarsi prese ad osservare le vetrine dei negozi e le insegne lungo la strada, ricordando di dover cercare un hotel aperto. Molti ristoranti e birrerie erano chiusi e lo stesso valeva per i negozi, non se ne stupì più di tanto. Solitamente le estati a Prodence non superavano i venticinque gradi ma, come aveva detto loro l'autista dell'autobus, quello anche per l'Inghilterra era il luglio più afoso degli ultimi cinquant'anni e per le strade difficilmente avrebbero trovato anima viva nelle ore più calde, tutti rintanati in casa cercando di contrastare l'afa come meglio potevano.
Troppo concentrato a cogliere in ogni singola insegna un segno che gli facesse capire che lì potevano fermarsi a dormire, quasi finì addosso a Rufy che aveva bloccato il cammino e se ne stava fermo in mezzo alla strada con l'ombrello in mano senza apparente motivo. Sanji prese fiato per dirgliene quattro ma si morse la lingua quando vide che anche Nami si era fermata e con loro pure Zoro. Tutti sembravano tendere orecchio verso un punto preciso al di là di un lungo muro di cinta e Sanji li imitò, stupendosi non poco quando si ritrovò ad ascoltare tamburi e trombe suonare a ritmo con cori da stadio dove avrebbe dovuto trovarsi la piazza principale del paese secondo la mappa. Come accidenti aveva fatto a non accorgersene prima?
Tutti e quattro si guardarono l'un l'altro sorpresi, erano convinti di essere gli unici pazzi all'esterno in pieno pomeriggio.
Incuriosito Sanji imboccò deciso una strettoia nel muro e strizzò gli occhi incredulo quando, svoltato l'angolo per dare un'occhiata, si ritrovò l'intera piazza di fronte, immersa in una moltitudine di colori, suoni, body di pelle... e... piume...?
Dietro di lui Zoro, Rufy e Nami arrestarono il passo sbigottiti.
Ma che cos...?” mormorò Nami impressionata, incapace di tenere gli occhi fissi in un'unica direzione mentre anche Zoro perdeva la sua imperscrutabilità e faceva un passo indietro turbato.
Rufy si riprese prima di tutti dalla sorpresa, saltellando eccitato si mise a scattare foto in giro a menadito accompagnando ogni flash con un fastidio urletto euforico. “È una festa!!”
Si, Sanji era d'accordo. Quella moltitudine di persone che ballavano e cantavano al centro della piazza vestite nelle maniere più sgargianti e singolari che avesse mai visto, erano senz'altro lì per una festa e all'improvviso si ricordò delle parole della hostess e della 'manifestazione' che aveva luogo in quei giorni. Ecco perché Prodence gli era suonata stranamente familiare! Certo, non era il genere di festa che Rufy aveva in mente...
Si grattò una tempia sudando freddo, il caldo di poco prima ormai nel dimenticatoio, e scambiò un'occhiata stranita con Nami, anche lei perfettamente conscia della circostanza, difficile non accorgersene.
Va bene.” prese in mano la situazione la rossa. “Cerchiamo di non dare nell'occhio o rischiamo di farci coinvolgere e non ci tengo affatto! Manifestazione o meno, la cosa più importante è ancora cercare un alloggio per stanotte e che sia economico, diamoci una mossa!”
Zoro annuì distrattamente, non staccando gli occhi da quella folla che li circondava visibilmente a disagio, sentendo distintamente il cranio di Sanji che sbatteva contro l'asfalto dopo il maldestro tentativo di abbracciare Nami per la sua intelligenza, ma dandogli ben poca importanza. Un'altra cosa aveva attirato la sua attenzione e non era sicuro fosse un bene per loro.
Mi piaci anche così manesca, Nami-swan!”
Piantala Sanji!”
Scusate... dov'è finito Rufy?” chiese con calma il verde, interrompendo i due.
Nami e Sanji guardarono confusi Zoro che li guardò a sua volta corrugando le sopracciglia.
Rufy non c'era più. Era sparito. Di nuovo.
Due secondi per realizzare.
Aaaahhhh!!!!” Nami si attaccò ad una colonna piangendo disperata. “Perchè, perchè proprio a me doveva capitare un fratello così idiota?? Non lo ritroveremo mai più in questo delirio!!”
Sanji invece aveva assunto una curiosa sfumatura rossastra. “Che sia maledetto!!! Se è con una donna lo uccido!! Stavolta è la volta buona che ci lascia le penne!!!!!”
Zoro sbuffò scandagliando la folla, capendo di non poter contare sull'aiuto immediato di nessuno dei due. Non poteva essere difficile, Rufy si era allontanato da al massimo due minuti, doveva essere ancora nei paraggi. Ma poi, che razza di festa era quella?? Ovunque si girava vedeva uomini vestiti di piume, di pelle, con borchie, pantaloncini attillati e occhiali da sole a specchio che bevevano e intonavano canti ballando all'unisono sulle note di musiche dance anni '80. Non sembrava affatto la solita festa di paese, continuava a pensare che l'Inghilterra fosse un posto veramente strano.
Due tizie singolari con body leopardato e boa di struzzo rossi gli passarono davanti facendogli l'occhiolino e con orrore Zoro si rese conto che erano in realtà uomini travestiti e truccati con parrucche finte.
Fece un passo indietro, continuando a guardarsi attorno ma con occhio più attento.
Sanji aveva toppato, difficilmente Rufy era scappato con una donna, vedeva solo uomini attorno a sé e gli stava sorgendo anche un dubbio colossale che Nami chiarì quasi subito riemergendo da terra con le fiamme negli occhi.
Rufy non può essere con una ragazza Sanji! Ti rendi conto che siamo capitati proprio nei giorni del più grande Gay Pride d'Europa? Lo conoscono tutti, come accidenti ho fatto a non ricordarlo?”
Zoro boccheggiò, allora non si era sbagliato!
...E mio fratello è un idiota che potrebbe già essere ovunque!”
Il verde annuì, quella piazza era enorme e conteneva decine di persone. Trovare Rufy era come cercare un ago in un pagliaio, o meglio, un etero strambo ed esaltato in un mare di gay ancora più strambi ed esaltati, quindi per nulla facile.
Nami sembrava pensarla come lui e tentò la strada pratica. “Chiamarlo al cellulare non so se aiuti, ma posso provare...” esclamò estraendo il suo telefono. “Squilla...” disse agli altri due tappandosi l'orecchio opposto con la mano per sentire meglio. “Andiamo Rufy, rispondi... rispon... si? Rufy! Sei tu? Dove diavolo sei??” gridò rivolta all'apparecchio. Sanji e Zoro la seguirono in una stradina laterale per fuggire dal caos. “Ma chi parla? ...Ah... e Rufy è là con lei? ...Aha...” la videro alzare gli occhi al cielo. “Si, grazie, lo tenga lì... Arriviamo subito!” mise il cellulare nella borsa, scuotendo la testa. “Rufy è al centro della piazza, ha già fatto amicizia!”
Si fecero largo a fatica tra la folla con le valigie al seguito e dovettero recuperare Zoro tre volte prima di giungere infine davanti ad un alto monumento sotto al quale erano stati allestiti dei carri allegorici che dispensavano cibarie e alcool a non finire ai partecipanti della festa.
Senza nemmeno dubitarne, Rufy era lì a strafogarsi di ciambelle e dolciumi vari, circondato da personaggi tra i più particolari che avessero mai visto. Quello si accorse di loro ed entusiasta li chiamò a gran voce per raggiungerlo. Prima che avesse il tempo di aggiungere altro venne appiattito da un pugno fumante della sorella.
Così impari a sparire nel nulla in mezzo ad una folla oceanica!!” gli urlò contro sovrastandolo non notando l'enorme ombra dietro di sé che si avvicinava.
Oooooh, santo cielo! Tu devi essere Nami!”
Si voltò cauta verso quella voce scoprendo atterrita che si trattava di un tizio alto due metri con una strana e cotonata capigliatura violetto, delle calze a rete con buchi talmente grandi che avrebbe potuto passarci dentro un braccio e un body rosso che lasciava poco o niente all'immaginazione.
Il travestito, perché di altro non poteva trattarsi, la scrutò affabile. “Il caro Rufy-boy ci stava proprio parlando di te, mia cara! Sei davvero bellissima come dice!”
Sanji e Zoro fissarono allibiti quell'armadio a due ante travestito da donna, pronti ad intervenire se ci fossero stati problemi. Ma Nami, da atterrita qual era, sfoderò un sorriso dolce e aiutò il fratello moribondo a sollevarsi da terra.
Oh, dice così? Che caro, ma no grazie, non penso di... essere così bella come dite...” esclamò poi ridacchiando, con una mano a nascondere il rossore sulle guance.
Zoro alzò gli occhi al cielo vedendo Sanji annuire con gli occhi a cuoricino.
Nami riprese parola guardando il travestito. “Sei tu che hai risposto al telefono per lui?”
Quello (o quella?) annuì. “Mi chiamo Ivankov dolcezza, ma tutti mi chiamano Iva!” poi indicò il carro che distribuiva dolciumi dietro di sé guardando tutti loro con affetto. “Siete i benvenuti alla nostra festa! Gli amici di Rufy sono anche amici nostri!”
Zoro borbottò qualcosa che suonava come un 'lo hanno conosciuto cinque minuti fa, facile per loro...' ma Nami si fece avanti felice di fare la sua conoscenza. “Io sono Nami, sua sorella, mentre loro sono Sanji e Zoro. Resteremo a Prodence solo fino a domani mattina, poi ce ne andremo.”
Iva sembrò profondamente dispiaciuta per la notizia. “Che cosa triste!” esclamò portando una mano al cuore. “È un dispiacere che tanta bella carne fresca debba prendere il volo così presto!”
Zoro lo guardò dubbioso facendo tanto d'orecchi. “Carne che cosa scusa...?” ma quello (o quella, era difficile capire come chiamarla!) non lo ascoltò nemmeno. Si era già girato verso il carro chiamando a gran voce due tizi che stavano distribuendo cibo e al suo richiamo lo raggiunsero veloci. “Ragazzi devo presentarvi gli amici di Rufy-boy! Se ne vanno domani mattina, dobbiamo lasciargli un bel ricordo della festa, non credete?”
Sanji si grattò la testa nervosamente vedendo gli altri due tipi strani squadrarlo in modo strano. “Oh, beh, non serve! No-non è il caso, davvero! Staremo bene anche chiusi in hotel stasera! Piuttosto non è che ne avete uno da consigliarc...”
Sciocchezze!” esclamò Iva prendendolo sotto braccio e facendolo impallidire. “Nessun hotel di Prodence ha più una camera libera ormai, ma nel camping ci sono ancora molte tende vuote! Troveremo una sistemazione che vada bene!” sussurrò melliflua al suo orecchio facendolo rabbrividire.
Non ci siamo già visti da qualche parte, bel fustacchione?”
Zoro si voltò con un sopracciglio alzato verso uno dei due tizi richiamati da Iva.
No, mi spiace, non credo.” mormorò atono. Certo, come no? La tecnica del 'non ci siamo già visti?' per attaccare bottone era vecchia più del mondo.
L'altro non parve cogliere l'ironia e con una mano al mento lo scrutava perplesso. “Mmmmm... no, sono certo di averti già visto da qualche parte...”
Zoro era tentato di rispondergli che se avesse già incontrato in vita sua un tale con due buffi pon-pon in testa, che indossava un costume da cigno spastico e mentre gli parlava azzardava dei passi di danza classica volteggiando su di un paio di ballerine, se lo sarebbe ricordato fin troppo bene, ma si morse la lingua. Meglio portare pazienza.
Lo strambo però non smetteva di fissarlo e il verde si era spazientito abbastanza da chiedergli direttamente di darci un taglio, con le buone o con le cattive, gli stava mettendo parecchia angoscia addosso e non sapeva nemmeno lui perché.
Oh mio Dio!!” trillò ad un certo punto quello allargando le braccia. “Zoro!! Zoro Roronoa!!”
Nami, Sanji ed un redivivo Rufy, accompagnati per l'occasione da Iva e l'altro tizio, bloccarono le chiacchiere per voltarsi all'unisono incuriositi verso il cigno vivente che sprizzava gioia e tripudio da tutti i pori. “Non riesco a crederci, sei proprio tu! Non ci sentiamo da quasi tre anni! Dopo la mia ultima lettera non mi hai più scritto, come stai??”
Tutti si voltarono quindi verso Zoro, del tutto sbalordito che lo indicava tremante. “Vo-Von Clay...?”
Quello annuì felice. “Sono proprio io, tesoro! Ma che fine avevi fatto? All'improvviso hai chiuso l'account senza darmi spiegazioni! Mi sono preoccupato, temevo ti fosse successo qualcosa! La scuola non mi dava chiarimenti!”
Sanji fece due passi avanti accostandosi al suo amico e guardando allibito l'uomo vestito da cigno. “Cioè, tu saresti l'amico di penna inglese di Zoro?”
Von Clay si illuminò. “Oh, che dolce! Hai parlato di me ai tuoi amici!”
Il verde sbiancò in maniera preoccupante, Sanji ridacchiò lanciandogli un'occhiata di scherno. “Pensa te, che razza di coincidenza, eh marimo?”
Beh, a quanto pare qui c'è parecchio da festeggiare! Direi che possiamo dare un senso a questa festa!” esclamò all'improvviso il terzo tizio che aveva taciuto fino a quel momento, fischiando a dei compari dietro di lui che cominciarono a portar fuori dal carro litri e litri di vino e birra, offrendoli in giro.
Rufy agguantò il suo bicchiere con entusiasmo buttando giù d'un sorso il contenuto alcolico e ricevendo uno scappellotto da Nami. “Piano, Rufy!”
Tranquilla ragazza, ce n'è in abbondanza per tutti, lascialo fare!” mormorò il terzo soggetto al suo orecchio provocandole un brivido involontario dietro la schiena.
Era abbastanza certa che anche quel tipo fosse gay, proprio come tutta la gente che la circondava, eppure quando poggiò una mano sulla spalla di Iva e una sulla sua non riuscì a trattenersi dal scrutarlo per un attimo abbagliata. Non ci aveva fatto caso prima ma quel ragazzo era incredibilmente attraente! Lunghi capelli neri, portamento signorile, un culo da infarto e un viso dolce ed efebico. Ci avrebbe fatto volentieri un pensierino...
Nami lo vide fare l'occhiolino a Sanji e sbuffò contrariata. Si era gay, peccato però.
Con la coda dell'occhio notò Zoro che la fissava corrucciato. Alzò un sopracciglio stizzita in risposta. Che voleva quello scimmione ora? Non poteva nemmeno più guardare un bel culo quando se lo trovava davanti, anche se era di un gay? Si sarebbe mai fatto i fatti suoi??
Uno spintone improvviso da dietro le fece perdere la presa sulla borsa che cadde a terra spargendo tutto il contenuto sul piazzale. Nami si voltò irosa cercando il responsabile con lo sguardo ma prendendo atto subito che era stata un'azione accidentale dovuta alla calca. Quando si accucciò per recuperare tutte le sue cose si accorse di una testa verde che aveva già alacremente ritrovato quasi tutto e glielo stava porgendo in silenzio.
Grazie...” mormorò a testa bassa prendendo gli oggetti.
Tra le ultime cose c'era un piccolo albo di fogli bianchi immacolati che Zoro prese in mano con un sorrisetto. Nami se ne accorse e rapida glieli strappò per rimetterli al sicuro nella borsa.
Pensavo che solo le mocciose facessero i disegnetti. Sei rimasta all'asilo? Che ci devi fare?”
La rossa lo guardò in cagnesco. “Non sono fatti tuoi, lasciami in pace!” esclamò rialzandosi ed avviandosi verso Sanji che era ostaggio di Iva da parecchio ormai e non sapeva più come chiedere aiuto.
Zoro si rialzò con calma fissando la schiena della rossa che si allontanava da lui.
Aveva sentito di nuovo quel profumo. Si grattò la testa confuso, come era possibile che non se ne fosse mai accorto prima? Probabilmente, ragionò in un fugace attimo di intelligenza, perché prima di quel viaggio non erano mai riusciti a stare più di tre minuti nella stessa stanza e, anche in quel caso, erano sempre ai lati opposti per evitare di litigare. Si, doveva essere così.
Zoro scrollò le spalle noncurante, in ogni caso sapeva che la cosa non avrebbe avuto seguito. Anche se la rossa aveva un profumo invitante, davvero davvero molto invitante, non sarebbe successo un bel niente tra di loro! Si detestavano da anni e non sarebbe cambiato nulla. Semplicemente lui si sarebbe scordato di aver visto quello che aveva visto in quel camerino e, a partire dalla mattina dopo, si sarebbe dimenticato pure di quel suo maledetto profumo. Doveva solo aspettare!
Convinto dai suoi stessi ragionamenti si avvicinò a Von Clay, che ormai trattava alla stregua di un vecchio amico dopo aver ricevuto le sue scuse per quelle foto. Per sua stessa ammissione, all'epoca era solo un ragazzino scemo, un po' come Rufy, e Zoro non faticò a capire l'antifona e a lasciar perdere la questione subito, in fin dei conti si stava rivelando un tipo piuttosto simpatico.
Incitando la folla Iva alzò in aria un cocktail variopinto preso chissà dove all'urlo di 'facciamo festa, che ci sentano pure in Francia!' trovandosi concorde con Zoro che si attaccò direttamente alla bottiglia rubata al tizio a cui Nami aveva guardato insistentemente il culo.
Pensavi di morire di sete per caso?” gli chiese quello in un soffio divertito.
Zoro lo guardò per un attimo. Ma che poteva avere di bello quel tale? Non aveva muscoli e non mostrava di possedere forza o una qualsivoglia forma di virilità. Non che gliene importasse poi qualcosa ma ammise di essere un po' curioso, che aveva di particolare per aver attirato l'attenzione di una come Nami?
Quello fraintese, parve intuire un secondo fine nelle sue occhiate e azzardò un approccio sensuale che Zoro bruciò sul nascere con un sorrisetto.
Frena ragazzo, sono etero. Mi stavo solo chiedendo come ti chiami, non ci siamo presentati.”
Lui sorrise affabile, per nulla turbato dal rifiuto. Non gli rispose subito e Zoro si fermò a guardarlo mentre si legava i lunghi capelli in una crocchia complicata sulla nuca con un movimento fluido, probabilmente anche piuttosto abituale vista la velocità e la precisione. I suoi movimenti con le mani e il corpo avevano un qualcosa di ipnotico e Zoro boccheggiò preso in contropiede quando lo vide coprirsi la bocca con una mano e battere divertito le lunghe ciglia che circondavano due occhi d'opale meravigliosi. Cominciava a capire perché Nami lo aveva fissato estasiata. Quel tipo sprigionava un qualcosa di magnetico attorno a sé, era fascino puro, impossibile non notare quel carisma. Risultava terribilmente affascinante anche per uno come lui e Zoro realizzò in un attimo che la cosa, invece di turbarlo come avrebbe creduto, lo stava solo spiazzando ma in senso positivo. Quel tale iniziava già a stargli simpatico.
Mi chiamo Izou e il piacere, caro, è tutto mio.”
Dietro di lui Zoro vide Nami ridere con Iva, e un'altra decina di personaggi strambi, di Rufy che si stava soffocando per i troppi mashmallow ingoiati e ghignò, facendo cozzare malamente la bottiglia con il bicchiere di Izou, desideroso di dimenticare quel camerino quanto prima annegando nell'alcool in compagnia di quel tipo singolare.
Felice di conoscerti!” ammise sincero.
Sanji arrivò da loro in gran carriera con la sigaretta accesa che penzolava dalle labbra, trasportando con fatica le valigie di tutti dopo essere stato nominato portantino ufficiale del gruppo da Nami. “Ehi marimo, forse è il caso di chiamare gli altri e cominciare ad avviarsi, si sta facendo sera e ancora non sappiamo dove alloggiare.”
Izou lo guardò oltraggiato. “Oh no, Sanji! Con questo nervosismo perdi lo spirito della festa!”
Zoro lo guardò. “E quale sarebbe?”
Zero preoccupazioni, amicizia, pace e tanta allegria!” rispose l'altro con convinzione.
Non fa una piega...” considerò il verde all'indirizzo del biondo. Izou si fece avanti porgendogli un bicchiere colmo di liquido ambrato.
Che cos'è?” ebbe il coraggio di chiedere Sanji, dubbioso.
Nettare degli dei!” esclamò con un sorriso sensuale.
Zoro si avvicinò all'orecchio dell'amico. “Andiamo, staremo qui solo fino a domani, quante altre volte ci ricapiterà una cosa del genere? Fai festa con noi e bevi un pò! Dalla tua bella ci arriveremo comunque!”
Sanji titubò per un istante prima si stringersi nelle spalle e, spegnendo la sigaretta sotto il tacco della scarpa, alzò il bicchiere all'indirizzo degli altri due. “Perchè no, un bicchierino in compagnia non ha mai fatto male infondo! Alla salute!”



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Capitolo 8
*** Complicated ***






Una curva secca sbalzò Sanji di lato con forza ridestandolo malamente.
La prima cosa a cui pensò era che gli faceva male un braccio, non riusciva a capire quale dei due però, e che la faccia era spiaccicata su di un pavimento duro e vibrante. Gli ci volle qualche attimo per uscire dallo stato di coma e per capire che non avrebbe dovuto essere una cosa normale.
Ad occhi chiusi cercò di intuire in che razza di posto fosse. La testa pulsava da morire, sembrava che un esercito di mille nani volesse scavare una galleria tra le sue meningi a suon di picconi e vanghe. Non era una cosa poi così impossibile da credere. Al capo nano diede il nome di Leo.
Stavolta con l'alcool ho chiuso, giuro...”
Si alzò a gattoni tentando di restare in equilibrio (quel pavimento era davvero instabile, l'architetto doveva essere un raccomandato) e cercò di mettere a fuoco qualcosa nonostante l'oscurità che lo circondava. Si guardò attorno con occhio indagatore e si rese conto quasi subito di trovarsi chiuso dentro un veicolo in movimento, dalle dimensioni avrebbe detto un camion per il trasporto merci e lui doveva trovarsi proprio all'interno del cassone, ecco perché il pavimento vibrava.
Aiutato dalla luce fioca che trapelava dalle fessure delle saldature si accorse anche di essere in buona compagnia, c'erano parecchie persone in quell'anfratto angusto che dormivano della grossa.
Con gli occhi abituati all'oscurità riuscì presto ad inquadrare Nami, profondamente addormentata nonostante i continui saltelli che subiva il camion in quell'ignoto tragitto. Lei stava bene per fortuna, ma il pensiero andò inevitabilmente alla loro incolumità. Dove diavolo stavano andando e chi li stava trasportando?
Poco lontano vide anche Zoro, dormiva pure lui con la bollicina al naso, ignaro di tutto.
Che cosa ci facevano su un camion ignoto con gente ancora più ignota??
Dopo aver coperto meglio Nami la lasciò dormire, si alzò barcollante scansando i vari corpi ammassati e si diresse verso la cabina di guida a passo sicuro, almeno per quanto gli era concesso, da come guidava il conducente doveva credersi Steeve McQueen. Doveva avere delle risposte. Scostò con decisione la paratia di tela che divideva le due zone venendo accecato irrimediabilmente dai fortissimi raggi solari che invadevano l'abitacolo di guida.
Suuuuper fratellooooo!!”
A Sanji finì il cuore in gola per lo spavento di quell'urlo improvviso e dovette battere le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco le tre sagome colorate che aveva davanti.
Due lo guardavano entusiaste mentre la terza sorrideva tenendo gli occhi sulla strada, una manona sollevata sulla testa a mò di incitamento e la gemella su di un volante enorme che reggeva senza sforzo.
Rufy...?” esordì titubante riconoscendo uno dei tre dopo un attimo di smarrimento.
Seduto in mezzo sul sedile del passeggero, il moro annuì prima di alzare la macchina fotografica e scattargli una fotografia a tradimento che gli fece perdere le ultime diottrie rimaste.
Finalmente qualcuno si è svegliato iniziava a diventare noioso questo viaggio!”
Dopo aver riacquistato la vista e aver rimandato l'omicidio del suo amico in un momento meno confuso, Sanji riconobbe nella persona accanto al finestrino il ragazzo moro del gay pride. “Izou...?” mormorò stranito fissandolo, quello gli sorrise cordiale.
Si voltò quindi verso l'autista che l'aveva accolto in maniera tanto euforica poco prima e rimase spiazzato dall'eccentricità di quel tale che a prima vista non aveva notato, e si che ormai avrebbe dovuto essersi abituato ai tizi strambi.
Camicia hawaiana, braccia e mani enormi, anormali, tanto che Sanji si chiese se non soffrisse di una qualche patologia strana, due curiosi tatuaggi a forma di stella sugli avambracci, capelli blu sparati in aria con tanto di ciuffo alla Elvis e occhiali da sole a specchio anni '80. Tutte caratteristiche singolari che già di per sé avrebbero provocato una genuina esitazione in una persona sana di mente prima di accettare un passaggio da lui, ma la cosa più sconvolgente che toglieva ogni dubbio al fatto che dovevano tutti essere stati davvero molto, molto, molto, in là con gli alcolici quando erano saliti su quel camion, era l'insignificante dettaglio che copriva tutti gli altri. Il tizio strano guidava in mutande. No, non in costume da bagno o simili che magari dato il caldo... no, era proprio in mutande. Senza pantaloni. In-mutande. E pareva assolutamente a suo agio, oltretutto.
Sentendosi osservato l'uomo ghignò al suo indirizzo voltandosi appena.
Non ci siamo presentati, fratello. Io sono Franky e questo è il mio suuuuper camion! Fai come se fossi a casa tua, gli amici di fratellino Rufy sono anche miei amici!!” esordì teatrale battendo il cinque con il moro.
Sanji quella frase l'aveva già sentita e, nonostante fosse ancora sotto shock, riuscì a riprendere l'uso della parola. “Ma...ma... che cosa ci facciamo su un camion? Dove stiamo andando??”
Ma è ovvio, fratello!” esclamò il tale chiamato Franky. “Stiamo andando nella città più mitica d'Europa! ELBAFFFFFF!!”
Sanji si strozzò con la saliva. “Dove??”
Izou agitò una mano elegante con fare allegro. “Elbaf, la città più spregiudicata e sfacciata d'Olanda! Ne avrai pur sentito parlare!”
Sanji, gli occhi fuori dalle orbite, guardò Rufy ghignare felicissimo. “Shishishishi! Franky è stato gentilissimo, sai! Ci ha caricati stanotte, ci ha fatto salire sul traghetto e si è preoccupato che ognuno avesse una coperta!”
Il biondo si girò quindi verso l'omone. “Cosa vuoi, caro Rufy, sono di animo sensibile!” tirò su col naso rumorosamente. “Quando vi ho visti tutti lì in quell'autogrill, senza un posto dove andare, mezzi addormentati, mezzi ubriachi, ho sentito una voce dentro che mi diceva di portarvi con me!”
Rufy lo guardò commosso passandogli un fazzolettino.
Sanji aveva perso il filo. Autogrill? Quale autogrill?
Di che autogrill stai parlando???”
Il biondo saltò su come una molla, i nervi a fior di pelle, voltandosi di scatto. Nami e Zoro l'avevano raggiunto e non se n'era nemmeno accorto. Il verde continuava a sbadigliare e a guardarsi attorno confuso, ma la rossa era ben sveglia e fissava torva il fratello attraverso la paratia aperta.
Rufy, mi spieghi perché ci troviamo su un camion diretti verso Elbaf invece di essere in aeroporto? Il nostro volo parte tra mezz'ora!!”
Sanji lanciò un'occhiata all'orologio da polso, erano da poco passate le undici. Accidenti se l'era scordato, loro dovevano partire quella mattina!
Guardò Nami assumere tutte le sfumature del rosso e del viola man mano che le veniva candidamente spiegato da Franky che ormai era troppo tardi, erano già in Olanda da un pezzo e non sarebbero mai riusciti a tornare in Inghilterra in tempo, oltretutto lui stava andando ad Elbaf per ritirare della merce e non poteva fermarsi.
Sanji non riuscì a sentire il resto della frase di Franky -qualcosa sul fatto che lui amasse essere un trasportatore e di solito importava gamberi ed esportava legno ma non si formalizzava troppo, era un tipo molto versatile- perché una Nami infuriata si era tuffata a pesce sul fratello riuscendo ad attraversare la paratia stretta solo con il busto e le sue lunghe e bellissime gambe al vento, coperte solo da cortissimi short, avevano occupato gran parte della sua visuale. Sanji era andato in iperglicemia immediatamente e da lì la reazione a catena era stata inevitabile.
Zoro si era svegliato del tutto ed aveva assestato uno spintone poderoso al biondo perché smettesse di lanciare cuoricini tutt'attorno, Sanji era caduto al di là del sedile con il mezzo busto proprio addosso a Izou che aveva lanciato un urletto di sorpresa e per evitarlo era finito sulla schiena di Nami, impegnata a strozzare Rufy con ancora le sue gambe bloccate al di là della paratia, spingendola ancor di più contro il fratello la cui testa, ormai cianotica, finì per atterrare dritta dritta sul pacco in vista di Franky. Il camion sbandò quando quello, dolorante, fu costretto a reggersi i gioielli di famiglia con le mani. Riuscì ad evitare per un soffio un paio di platani a bordo strada e altre tre vetture ma procedette a zig zag per diversi metri, sballottando violentemente a destra e sinistra ogni singolo occupante del veicolo finché una poderosa frenata non riuscì a bloccarli in mezzo alla strada lasciandoli tutti attoniti a fissare il fumo biancastro che usciva dal cofano.
Ti sembra il modo di guidare??” lo sgridò Iva con fervore comparendo improvvisamente con la sua enorme mole dietro tutti loro.
Non ricevendo alcuna risposta li guardò incuriosita. Dopo aver schivato l'ultimo frontale -con un altro camion- per il rotto della cuffia, nell'intero abitacolo regnava un silenzioso turbamento terrorizzato.
Iva scrollò le spalle. “Oh andiamo, cosa sono quei faccini? Iva vi perdona, non sono arrabbiata! Su venite, ricomincia la festa!!”
Della musica ad alto volume partì dal fondo del cassone e Franky batté gli occhi riuscendo a riprendersi per primo dallo shock. Rimise in moto con un sorriso ed un 'suuupeeer!!' urlato ai quattro venti che non c'entrava nulla ma, da quello che avevano appreso in pochi minuti di conoscenza, quello era il suo modo per sistemare ogni cosa.
Dopo diversi tentativi di calmare il cuore in tumulto, Sanji trovò il coraggio di voltarsi.
Sul retro del camion un iperattivo Von Clay aveva indetto quella che sembrava a tutti gli effetti il seguito del gay pride del giorno prima. Illuminati da palle da discoteca comparse per magia, Sanji ora li vedeva bene, i passeggeri erano tutte persone conosciute alla festa. Ignorando lo stereo anch'esso sbucato dal nulla che pompava Gloria Gaynor a tutto volume, il gin che scorreva a fiumi e il trenino capitanato da Iva, il biondo tornò a concentrarsi sugli occupanti dell'abitacolo che parevano essersi ripresi, chi più chi meno.
Zoro ridacchiava palesemente contento per come si stavano evolvendo le cose, alcool gratis e tappa ad Elbaf erano quanto di meglio potesse capitargli! Sanji lo vide allontanarsi di qualche passo per prendere una bottiglia ma non trovava più nemmeno la forza per dirgli qualcosa e preferì chiudere gli occhi afflosciandosi dietro il sedile, ormai preda della depressione più nera.
Al contrario del suo amico, quel contrattempo per lui era una tragedia. Elbaf era una tappa non prevista, stavano perdendo un sacco di tempo! Sarebbero dovuti sbarcare in Francia, non in Olanda! Non avrebbe mai dovuto bere, perché si ficcava sempre in tali casini?? Il viaggio era stato allungato di parecchio, era tutta colpa sua ed avrebbe perso Viola, ne era certo. Dio come voleva una sigaretta...
Zoro tornò vicino al sedile di guida con alcuni sacchetti di patatine e una bottiglia di rhum già mezza vuota. Lanciò un pacchetto attraverso la paratia a Franky che lo prese al volo mentre chiacchierava serenamente con Izou della sua collezione di mutande e non sembrava affatto turbato dal fatto che il suo camion fosse diventato un carro allegorico, né che avessero rischiato tutti di morire nemmeno dieci minuti prima. Ne passò un altro a Rufy riportato a forza nel cassone, che se ne stava mogio con le mani in grembo e la testa bassa, mentre la sorella continuava a strepitargli contro per i soldi del biglietto e per il lavoro quasi certamente perso.
Mise sulle gambe di Sanji l'ultimo pacchetto, sedendosi al suo fianco e portandosi alle labbra la bottiglia di rhum. Il suo amico teneva gli occhi chiusi e non dava segno nemmeno di voler prendere in considerazione l'idea di mangiare qualcosa, aveva un sinistro alone nero di tristezza che lo circondava.
...tengo io per prima un idiota, perché avrei dovuto capirlo qual era il tuo piano! Me lo sentivo, era troppo strano che avessi accettato così facilmente il ritorno a casa! Ti avevo pure coperto con mamma e papà, non gli ho detto cosa avevi fatto né dove stavamo andando! Cosa ne ho guadagnato? Nulla! Ormai non ho quasi più soldi sulla carta e il tuo debito nei miei confronti è salito in maniera vertiginosa, ti starò col fiato sul collo per anni finché non l'avrai saldato fino all'ultimo centesimo con interessi da capogiro!”
Kami, quanto strillava quella ragazza. Zoro provò un moto di pena verso la figurina accucciata di Rufy che si faceva sgridare senza facoltà di replica visto com'era evidente che avesse fatto apposta a farsi dare un passaggio per l'Olanda per non dover tornare a casa. Fin dall'inizio era stato ovvio per tutti che il suo unico desiderio fosse di proseguire il viaggio e non tornare al lavoro.
Per quanto riguardava era un uomo adulto e poteva prendere le sue decisioni, eppure Nami continuava a non lasciargliene correre una... certo, non poteva nemmeno dire che lei non avesse ragione. Si girò verso Sanji e sbuffò notando il suo sguardo depresso. Ci stavano prendendo gusto a far fare tutto a lui!
Zoro si schiarì sonoramente la gola, tirando una gomitata al biondo per attirare la sua attenzione.
Va bene vediamo di fare il punto della situazione e tranquillizzare gli animi, specialmente il tuo ragazzina!” esordì alzando la voce per contrastare la musica delle casse, lo spazio era troppo piccolo per rischiare di causare il panico, meglio lasciare le spade al sicuro in valigia.
Rufy alzò piano la testa incuriosito e Nami gli lanciò un'occhiata di fuoco ma Zoro non si fece intimidire.
Siamo tutti stanchi, abbiamo passato una brutta nottata, ci sono rimasti pochi soldi e grazie a Rufy ora siamo in Olanda!” tre paia d'occhi si soffermarono sul moro che si fece piccolo piccolo.
Ma non credo che arrabbiarsi o deprimersi sia la scelta migliore!” Zoro guardò Sanji. “Sopratutto tu, basta con questa depressione non è ancora finita torcigliolo! Abbiamo allungato il percorso di un paio di giorni è vero, ma Viola non scappa ci arriveremo comunque in Spagna!”
Quelle parole sembrarono sortire l'effetto sperato, dopo un secondo di riflessione Sanji si ritrovò ad annuire convinto. Era caduto in basso parecchio se doveva farsi consolare in quella maniera!
Zoro si concentrò sui due fratelli, facendo forza su sé stesso per riuscire a guardare in faccia Nami. “Mocciosa, posso solo immaginare che peso sia avere Rufy come fratello...”
Ehi!” si intromise quello oltraggiato.
Zoro lo ignorò. “...e so anche che l'idea di essere qui con me ti da il tormento...” incupita, Nami incrociò le braccia in ascolto. “...ma, per quanto la cosa sia reciprocamente fastidiosa, credo che ormai ci sia poco da fare! Rufy è stato un idiota l'abbiamo appurato, ma grazie alla sua idea non abbiamo pagato i soldi del traghetto che avremmo comunque dovuto prendere, quindi ci ha fatto un favore. Tu, ragazzina, anche se mi pesa ammetterlo, ci sei stata molto utile a Prodence. Hai una buona capacità di orientamento e potrebbe aiutarci parecchio qualcuno con le tue... capacità, visto che né io né Sanji siamo molto ferrati in materia...”
Nami strabuzzò gli occhi. Era un complimento? Zoro fece di tutto per non guardarla.
...credo che... entrambi potreste venire con noi fino a Dressrosa, ormai...” fece un bel respiro guardando Sanji, allibito come gli altri per le parole che uscivano dalla sua bocca. Zoro che ammetteva di aver bisogno di aiuto? Quanto aveva già bevuto? “...ci potreste essere davvero d'aiuto, insomma! Dovremo sopportarci, darci una mano a vicenda e cercare tutti di sedare gli istinti omicidi e suicidi ma... beh credo che si potrebbe fare, cosa ne dite...?” Zoro li squadrò titubante uno ad uno, aspettando conferme che non tardarono ad arrivare.
Sanji sorrise accendendosi la prima adorata sigaretta della giornata. “Io sono felice di poter fare il viaggio insieme se Nami accetta! Con lei in squadra non avremo problemi!” esclamò guardandola caloroso “E anche con Rufy, certo. Sarà divertente!”
Il moro ridacchiò battendo le mani felicissimo per la proposta, neanche a parlarne.
Si voltarono tutti verso l'unica che ancora non aveva aperto bocca, troppo concentrata a fissarsi i lacci delle scarpe.
Quindi, Nami... ci aiuterai?”
Incrociò lo sguardo con quello risoluto di Zoro, sorpresa di sentirlo nominare il suo nome.
Si ravvivò i capelli, riflettendo, vedendo che tutti gli occhi erano puntati su di lei, i sorrisoni incoraggianti di Rufy, la calma placida di Sanji mista al fumo della sigaretta e l'espressione determinata di Zoro.
Sospirò abbozzando un sorrisetto. “Io ti avverto, Rufy...” cominciò squadrando il fratello minacciosa. “Prova a venire a lamentarti da me anche quest'anno perché papà e Sabo non ti fanno entrare nello studio e subirai la mia ira funesta!”
Il moro si grattò la testa confuso. “Cosa c'entra questo ora?”
Sanji ridacchiò battendosi una mano in fronte. “Tradotto vuol dire che è felice di unirsi a noi fino a Dressrosa, genio.”
Rufy batté gli occhi perplesso incrociando il ghigno di Zoro e capendo finalmente. Si illuminò correndo ad abbracciare la sorella che rise.
Lo sapevo che infondo volevi venire!!”
Nami sospirò. “Mi ci hai costretto! Ma sappiate che lo faccio esclusivamente perché voglio assicurarmi che quella ragazza riceva le sue scuse e poi mi farebbe pena lasciare Sanji da solo ad occuparsi della tua idiozia...” occhiata a Rufy. “...e del tuo senso dell'orientamento!” occhiata a Zoro.
A Sanji non parve vero. “Oh, Nami adorata!! Fatti abbracc...” Ma non riuscì a terminare la frase perché una poderosa frenata lo fece volare di mezzo metro schiantandolo vicino al portellone in coda al mezzo. La musica si interruppe e numerose teste si voltarono verso il fascio di luce che comparve all'improvviso.
Gente, siamo suuuper arrivatiiiii!!”
Con un gran sorriso Franky spalancò il portellone inondando l'abitacolo di caldi raggi solari.
Zoro e Rufy furono i primi a scendere, felici di potersi sgranchire un po' le gambe.
Si erano fermati su una strada di campagna vicino a dei campi di tulipani rossi e gialli, bellissimi nulla da dire, ma la loro attenzione si concentrò irrimediabilmente su qualcos'altro e non riuscirono a trattenere un ghigno compiaciuto.
Sul ciglio della strada un grosso cartello annunciava l'ingresso nell'area geografica che delimitava la città più spregiudicata e sfacciata d'Olanda come aveva detto Izou ma, poco sotto di quello, un altro più piccolo segnalava la presenza di un night club nelle immediate vicinanze mentre un terzo li informava anche dell'esistenza di un coffe shop affiliato.
Zoro si leccò i baffi scambiandosi un'occhiata d'intesa con l'amico.
Elbaf si che sapeva come dare il benvenuto ai suoi ospiti.

*


In un'altra nazione nemmeno troppo lontana, su di un treno che sfrecciava rapido tra campi e centri abitati, Viola Cortes guardava fuori dal finestrino con aria assente. Al suo fianco un ragazzo alto e ossuto osservava lei, preoccupato.
Di fronte a loro, l'altra coppia presente in quello scompartimento chiuso, non le toglieva gli occhi di dosso, altrettanto inquieti. Tutti e tre sospirano all'unisono.
Amareggiato, Brook si poggiò col gomito al bracciolo della poltroncina e portò una mano a sostenere la testa. Non sapevano più che argomenti di conversazione usare, avevano cercato con qualsiasi mezzo di farla parlare ma niente. Viola non aveva quasi spiccicato parola da quando era salita sull'auto di Usop un'ora prima e meno ancora da ché si trovavano a bordo del treno che li avrebbe portati a Marijoa per quella che avrebbe dovuto essere una rilassante vacanza senza pensieri!
In che situazione si erano messi... Gli faceva male vedere la cuginetta ridotta così per amore e sapeva perfettamente che Usop e Kaya la pensavano allo stesso modo, lo capiva dalle occhiate tristi che le lanciavano. Il silenzio stava diventando fin troppo opprimente ma nessuno riusciva a romperlo per più di qualche minuto. Attorno a Viola aleggiava un alone tale di depressione che inibiva ogni minimo tentativo di conversazione. Non era colpa sua, non lo faceva con intenzioni cattive ma la cosa stava sfuggendo di mano! Per uno come lui abituato a parlare in continuazione il silenzio prolungato a cui erano sottoposti per loro stessa unanime decisione non verbale, era una vera e propria tortura ma lo sopportava solo perché teneva a Viola come ad una sorella e sapeva che aveva bisogno di crogiolarsi ancora un po' nel dolore prima di riuscire finalmente a riemergere.
Si schiarì la voce, tentando un ultimo approccio disperato, vedendo suo fratello Usop e la sua ragazza storica fissarlo speranzosi. “Vic, tesoro, vuoi mangiare qualcosa?”
L'interpellata alzò piano la testa sorpresa, come se si fosse appena resa conto di dove si trovasse, negò veloce con un cenno senza emettere suono e tornò alla sua discesa rapida verso la tristezza attaccandosi di nuovo al finestrino.
Kaya si afflosciò sul sedile riponendo il portafogli. Era già pronta a schizzare verso il carrello in corridoio se Viola avesse dimostrato di avere anche soltanto un vago sentore di appetito. Come lei anche Brook ci rimase male e prese a valutare persino se fosse o no il caso di tirar fuori il suo violino dalla valigia sulla cappelliera. Magari con un po' di musica...
Stizzito, Usop cercò di attirare la sua attenzione con un gioco di gambe che finì per lussargli una caviglia ma servì allo scopo. Guardò prima Brook e poi Kaya facendo dei poderosi e decisi cenni di diniego col capo indicando l'alone di depressione che incombeva su Viola.
Con una semplice occhiata, Brook intuì quello che il fratello cercava di dirgli ed annuì mesto.
Avrebbero lasciato Viola a crogiolarsi nel dolore solo per la durata di quel viaggio. Una volta giunti a Marijoa avrebbero fatto in modo di far tornare la loro cuginetta la ragazza solare e splendida che era prima di innamorarsi di quel Sanji Vinsmoke!
Oh, se gliel'avrebbero fatto dimenticare! Anche a costo di presentarle tutta la fauna maschile della città, lei sarebbe tornata a sorridere!








Angolo Autrice:
Ciao a tutti!!
Non faccio spesso l'angolo autore ma in questo caso penso sia necessario... ^^
Come avrete notato la storia passa lungo alcuni paesi molto diversi tra loro che bene o male spero di aver descritto in maniera chiara (in caso fatemelo sapere per favore, ci tengo sempre che non esca un'accozzaglia di descrizioni a caso che non fanno capire nulla!).
Ovviamente ogni paese ha, oltre ad usi e costumi, anche lingue ufficiali differenti ed io ho riflettuto a lungo sulla cosa per capire se era il caso o no di specificarlo, perché le persone incontrate (Izou, Franky, Iva...) tecnicamente parlerebbero una lingua diversa da quella dei protagonisti.
Non sarebbe stato semplice scrivere dialoghi in altre lingue e la ovvia traduzione affinché tutti si capissero, quindi ho optato per 'la versione gnorri', come la chiamo io, ovvero che tutti stranamente parlano la stessa lingua e nessuno lo trova strano...
Non l'avevo mai spiegato prima ma ci tenevo che si capisse che era una cosa voluta. ^^
Detto questo (che non serviva come al solito) vi lascio ed evaporo via che ho già parlato fin troppo!
Un bacione, grazie a tutti quelli che passano di qua (siete tanti grazie!!)!

Momoallaseconda ^^











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Capitolo 9
*** I Will Come to You ***








...e con questa, abbiamo finito!”
Izou prese al volo lo zaino che Franky gli aveva lanciato dal camion e lo passò a Rufy che se lo infilò lesto sulle spalle guadagnandosi un'occhiata stranita da Nami.
“Dove l'hai preso quello?”
Rufy fece spallucce. “Prima ho scambiato la mia valigia con lo zaino di Von Clay. Ho pensato che sarebbe stato molto più comodo per viaggiare. Così non devo trascinarmi diet... che c'è?”
Rufy lasciò a metà la frase quando si rese conto di avere tre paia di occhi che lo fissavano con la bocca aperta. “Ho detto qualcosa di sbagliato...?” chiese intimorito.

Zoro chiuse gli occhi ridacchiando imitato presto da Sanji.
“Vuoi scherzare? Credo che sia l'idea migliore che ti sia mai venuta in mente!” si illuminò Nami guardando il fratello come se lo vedesse per la prima volta. “Ed è pazzesco che sia venuta a te!”

Allungò la vista, scandagliando il gruppetto del gay pride che stanziava attorno al camion di Franky. Stavano tutti ancora riordinando le proprie cose prima di avviarsi in pompa magna verso la città. Non appena individuò quello che cercava la videro avviarsi in gran carriera verso tre tra i personaggi più singolari della comitiva che si distinguevano per gli stivaloni neri dal tacco vertiginoso e dei body di piume multi color ma, guarda caso, anche per essere i possessori di tre normalissimi zaini da trekking.
Quindici minuti dopo tutti e quattro avevano indossato ciascuno il proprio zaino, salutato calorosamente Franky che ripartiva alla volta di nuovi carichi intonando i Village People a tutto volume col finestrino abbassato e cominciato anche ad avviarsi tutti in gruppo verso la città che, secondo il cartello, distava appena un chilometro a piedi da lì.
Avevano un'unica strada dritta da percorrere, che tagliava in due immense distese di campi di tulipani dai mille colori in piena fioritura estiva, ma Nami prese sul serio fin da subito il suo ruolo di navigatore.

Rapida si piazzò tra il fratello e Zoro, ben decisa a non perderli di vista onde evitare spiacevoli conseguenze, per loro ovviamente.
Sanji, un paio di passi dietro i tre, osservava divertito Nami riprendere il verde per qualsiasi cosa, specialmente quando lo beccava anche solo a guardare un punto oltre l'orizzonte che non fosse nella direzione specifica verso cui lei li stava conducendo.

Se Rufy accettava il guinzaglio di buon grado senza fare troppe storie perché era abituato ad avere a che fare con lei, con Zoro era tutto un altro paio di maniche e il momento magico della tregua condiviso sul camion sembrava essersi già concluso del tutto.
“Puoi continuare a strepitare come una gallina quanto vuoi ragazzina, tanto non servirà. Io le katane non ho intenzione di nasconderle, fattene una ragione!”

Sanji alzò gli occhi al cielo nel sentire il ringhio di Zoro diretto verso la ragazza.
E smettila di starmi così attaccata non mi serve la balia!”
Nami, d'altro canto, cercava di trattenersi digrignando i denti nel tentativo di mostrarsi ragionevole anche se le prudevano le mani. “A me sembra proprio di si invece! Ti rendi conto che nessuna persona normale va in giro con tre spade affilate attaccate alla cintura? Daremo troppo nell'occhio, è un paese straniero e non voglio rischiare che ci diano multe per possesso di arma impropria!”
“Impropria sarai tu, non certo loro!”
“Che diavolo di battuta dovrebbe essere??”
“Perché pensi che sia una battuta??”
Sanji smise di prestar loro attenzione quasi subito, stranamente ben deciso a non mettere bocca. Erano grandi, potevano cavarsela. Si stiracchiò un po' sbadigliando. La schiena era a pezzi e Dio solo sapeva se aveva bisogno di un caffè, dormire in un camion non era il massimo per il post-sbornia doveva ricordarselo. Lanciò un'occhiata dietro di sé reprimendo un sorrisetto alla vista del gruppo della 'marcia della salute', o come diavolo l'aveva chiamata Iva, infallibile metodo per mantenere sodi i glutei, e del modo buffo che aveva Von Clay di camminare, un passo di danza classica alla volta. Tutti i ragazzi del gay pride ospiti del camion avrebbero fatto tappa ad Elbaf come loro e Sanji, con una tranquillità che non avrebbe mai pensato di poter provare, si sentiva perfettamente a suo agio in mezzo a quella strana e contorta combriccola. Quei ragazzi erano davvero simpatici, non gli sarebbe dispiaciuto mantenere i contatti con loro una volta tornati a casa. Certo, magari non per e-mail...
Armeggiò un po' con la tasca nei jeans finché non riuscì a trovare quello che cercava, le sue ultime sigarette. Ne accese una con bramosia crescente, cercando di non pensare troppo a quello che lo aspettava.
Viola... chissà dov'era, cosa stava facendo... sperava ardentemente di non fare un altro buco nell'acqua, il suo cuore non avrebbe retto.
“Un penny per i tuoi pensieri.”
Il biondo si voltò sorpreso, la sigaretta a penzoloni che spandeva il proprio fumo grigiastro tutt'attorno.
Izou ridacchiò accostandosi a lui. “È un vecchio modo di dire. Mia madre me lo diceva sempre quand'ero piccolo per cercare di capire cosa mi frullava in testa.”
Sanji adeguò il passo al suo, sorridendogli. “Sembra il genere di detto creato apposta per Nami...”
L'altro scoppiò a ridere. Aveva già avuto modo di vedere all'opera la tirchieria della ragazza quando aveva visto uno dei ragazzi azzardarsi a chiederle una delle sue gomme da masticare.
“Siete un gruppetto davvero singolare.”
Sanji alzò un sopracciglio. “Noi...?” mormorò lanciando un'occhiata dietro di sé al resto della comitiva. “Noi saremmo quelli singolari...?”
Izou afferrò al volo il tono per nulla offensivo, semmai divertito, del ragazzo e non poté dargli torto. “Noi siamo quello che siamo, nessuno qui nasconde la sua vera natura. Ognuno di noi sa di non essere quello che comunemente l'uomo medio chiama 'normale'!” esclamò con un sorrisino furbo. “Ma nasciamo così e non vorremmo essere nulla di diverso. Mentre voi quattro siete bestie strane, apparentemente sembrate l'emblema della normalità, eppure sotto la superficie chissà cosa nascondete...”
Il biondo scosse il capo, aspirando una generosa boccata dalla sigaretta, riflettendo.
“Non c'è molto da dire per quanto mi riguarda... Sono il quinto figlio di una famiglia che amo e odio, studio economia per accontentare mio padre ma ho sempre avuto la passione per la cucina e segretamente dopo la laurea vorrei aprire un ristorante, ho due amici cretini che nel momento del bisogno mi sono sempre accanto e una cotta infantile per la sorella del mio amico che negli anni si è trasformata più in iper protezione verso quella che ormai è a tutti gli effetti una sorella anche per me. Amo le donne, le venero sopra ogni cosa, amo la loro grazia, il loro profumo, il loro portamento. Le amo per tutti quegli aspetti di loro che sanno scatenare i miei cinque sensi e per tutta la vita ho cercato principalmente una ragazza che li coniugasse in sé in modo perfetto, ma...” fece un sospiro profondo. “...ho lasciato andare l'unica della quale mi ero innamorato senza nemmeno mai averla vista di persona, toccata o respirata.” Sanji lasciò vagare lo sguardo lungo l'infinita distesa di campi in fiore. “E adesso sto attraversando l'Europa con i miei più cari amici per andare da lei a farmi dare un'ultima chance...”
Izou lo fissò intensamente. “...Vedi? Lo dicevo che siete particolari.” ribadì divertito prima di tornare a guardare di fronte a sé indicando Rufy con un cenno del capo dopo un attimo di pausa. “Ho avuto modo di scoprire anche qualcosa di lui e ammetto di essere rimasto affascinato dal perfetto connubio tra idiozia e perspicacia che sembra avere luogo nella sua testa. Sono iscritto a Psicologia e per me sarebbe un soggetto veramente affascinante da studiare!” considerò e poi sorrise. “Invece di loro ho capito pochissimo...” continuò indicando Zoro e Nami che, avanti di qualche passo, litigavano a proposito di una qualche panciera che la rossa giudicava estremamente ridicola da indossare per reggere tre spade alla vita che comunque dovevano essere riposte nello zaino.
“Sono due rompicapo davvero ardui da decifrare.” concluse Izou vedendo il verde alzare le braccia al cielo in una forma di resa e apprestandosi a riporre le spade con cura nello zaino, sbraitando contro Nami e la sua testardaggine, ormai stufo di sentirla starnazzare.
Sanji sbuffò. “Benvenuto nel club...” esalò notando con sollievo che avevano raggiunto le prime case e il cartello di ingresso al paese svettava nitido a qualche metro da loro. Non ce la faceva più aveva bisogno di un caffè.
“Sembra che siamo arrivati!” commentò Izou a voce alta facendosi sentire dal resto del gruppo.
Rufy non stava più nella pelle, la macchina fotografica resa ormai tizzone ardente tra le sue mani.
“Cerca di stare attento a dove vai quando hai in mano quella!” lo sgridò Nami dopo aver evitato per un soffio che il fratello finisse in un tombino aperto con macchinetta al seguito.
“Shishishisshi! Stavo per fare la fine della gomma! Shishsihsishi! L'hai capita? Eh? L'hai capita?”
Nami lo guardò con compatimento. “Non le sai fare le battute... poi sbaglio o questa è la Reflex nuova di Sabo, gliel'hai rubata?”
Il moro si rabbuiò. “No... l'ho solo presa in prestito!”
Nami ridusse gli occhi a due fessure. “Ah, si dice così ora...”
Zoro la oltrepassò, entrando sicuro in paese. “Il bue che dice cornuto all'asino... sarà un vizio di famiglia!”
Nami lasciò a Sanji e Izou il compito di estrarre la testa di Zoro dal tombino.
Una volta nei pressi, Rufy fu lasciato libero di arrivare per primo nella piazza principale, gremita di turisti e cittadini a quell'ora del pomeriggio. Iva e Von Clay vi si precipitarono appena dopo di lui.
Il resto del gruppo arrivò con più calma, trovandoli tutti e tre a farsi fotografie nelle pose più strane sopra ai monumenti e decidendo di comune accordo di fingere di non conoscerli.
Sanji lanciò un fischio di apprezzamento tutt'attorno, passando a Zoro il suo caffè nero da asporto preso lungo la via e sorseggiando sollevato il suo.
“Non c'è che dire, un'altra città splendida!” esclamò ammirando l'architettura locale partendo dai negozi zeppi di fiori, ai colori sgargianti delle case, fino al piccolo torrente che costeggiava la piazza.
“Nonostante tutto sono felice che ci siamo fermati!”
Nami camminava avanti e indietro esaminando accuratamente la cartina del luogo che le aveva dato Franky. A lei il sempre cavaliere Sanji aveva portato un cappuccino tripla panna.
“Beh, ormai siamo arrivati fin qui, direi che possiamo dormire da qualche parte per stanotte e partire domani con calma col primo treno.”
Sanji annuì. “Mi sembra una buona idea. È ancora metà pomeriggio, che c'è di bello da fare da queste parti?” chiese a nessuno in particolare voltandosi verso i suoi compagni di viaggio e ritrovandosi a fissare solo Izou che si stava limando le unghie e Zoro che ricambiò l'occhiata con un sopracciglio alzato.
Sanji si guardò attorno confuso. “M-ma dove sono finiti tutti gli altri??”
Il moretto si voltò appena facendo spallucce. “Probabilmente avevano delle cose da fare...”
“Ma non erano amici tuoi?” chiese giustamente Zoro.
Izou negò tranquillo col capo. “Io sono qui con Iva e Von Clay, gli altri erano solo partecipanti alla festa. Non avevamo alcun genere di rapporto con loro.”
Sanji si incupì. “Potevano salutare almeno!”
Il moretto si strinse nelle spalle continuando il suo lavoro di limatura.
Nami nel frattempo aveva chiamato a raccolta Rufy e gli altri due.

Siamo tutti piuttosto stanchi dopo la nottata sul camion e...”
“Io ho fame!”
Sanji e Zoro alzarono gli occhi al cielo mentre Nami metteva nello zaino la piantina decidendo di sorvolare sul fratello e sul suo stomaco brontolante.
“Tutti abbiamo fame. Prima facciamo il punto della situazione, poi andremo a cenare! Allora...”
“Ma io ho fame adesso!”
Nami lo ignorò. “Ho visto un bell'albergo vicino al torrente, direi di andare prima lì, prenotare e poi...”
“Io ho fame!!!”
Nami gli mostrò il pugno già carico e Rufy si fece piccolo piccolo.
Zoro si voltò verso Von Clay. “A proposito, per voi non è la prima volta in Olanda, giusto? Mi piacerebbe provare uno dei famosi coffe shop, quale ci consigliate?”
Iva, Izou e un volteggiante Von Clay si illuminarono.
“Senza dubbio il Mermaide Cafè!”
“Il Grey Terminal è il migliore!”
“Devi provare il Tequila Wolf, vai in paradiso!”
Tutti e tre parlarono all'unisono, sovrastandosi gli uni con gli altri, col risultato che Zoro non capì una parola. “Ehm... ne bastava uno, ma grazie...”
Iva ridacchiò. “Voi siete ragazzoni forti e prestanti...” cominciò sfiorando un bicipite a Sanji che rabbrividì involontariamente. “Secondo me siete più indicati per il Kamabakka! Locale rinomato ma molto focoso perché c'è anche lo strip club!”
Sanji fece tanto d'orecchi. “U-uno strip.... argh!”
Il tentativo del suo corpo di tornare ai vecchi splendori, eccitandosi e sprigionando cuori tutto attorno, fu messo a tacere immediatamente dalla sua volontà che lo obbligò a non cadere preda degli istinti con profondi e pesantissimi ansiti.
Nami lo fissò poco convinta. “Tutto bene, Sanji?”
Quello annuì a fatica pulendosi rapido un rigoletto di sangue dal naso, unico sfogo concesso a sé stesso per non implodere. “Tu-tutto a posto Nami cara! H-ho una missione da compiere e non sarà certo uno strip club a fa-farmi cedere!”
La determinazione nei suoi occhi era assoluta e anche decisamente cretina, valutò Nami, ma doveva ammettere che ammirava lo sforzo immane che stava facendo per restare fedele a Viola, ora che sapeva di volere solo lei. Non era nemmeno certo che servisse eppure le era già devoto fino a quel punto. Se avesse saputo cosa stava facendo per lei, la spagnola sarebbe stata una sciocca a rifiutare un tale sacrificio. Nami si ritrovò a sperare intensamente che la fiducia di Sanji fosse ben riposta, gli voleva bene come ad un fratello e le sarebbe dispiaciuto assistere all'ennesimo buco nell'acqua, si meritava un po' di felicità. A differenza di qualcun altro che non si faceva problemi a dare il peggio di sé in ogni circostanza.
Sbuffò innervosita guardando suo fratello e Zoro scambiarsi un'occhiata allusiva alle parole di Iva.
“Ma intendi strip integrale o...” si stava informando ancora il verde, con Rufy che ascoltava con un dito nel naso.
Nami dirottò lo sguardo da un'altra parte irritata. Non voleva essere accomunata a chi non vedeva l'ora di approfittare di tali pratiche!
Le montò un odio viscerale al cenno affermativo di Iva per la domanda di Zoro.
Era così che volevano aiutare il loro amico?? Che facce toste! Prima facevano tutti i santarellini, anime buone che erano lì solo per aiutare Sanji col suo vero amore e poi sbavavano come lupi affamati all'idea di chiudersi uno strip club, circondati da donne seminude pronte a fare qualsiasi cosa per un po' di soldi! Chiariamoci, non era certo il pensiero di quelle ragazze disposte a fare di tutto per la grana a darle fastidio (diciamo che in certo qual modo poteva pure capirle), no, in realtà era solo l'interesse che mostravano quei due a farla arrabbiare! Due idioti ecco cos'erano, e lei aveva accettato di fare il viaggio con loro, quanto poteva essere cretina?!
“Iva, aspetta... io non sono certo che il Kamabakka sia adatto a lor...”
“Molto bene!” si intromise Nami alzando la voce, interrompendo Izou e il suo tono esitante, attirando l'attenzione di tutti su di sé, gli occhi iniettati di sangue. “Io e Sanji andremo a prenotare l'albergo e voi... andate dove diavolo vi pare! Arrangiatevi con la cena, basta che teniate il cellulare acceso!”
Tutti la fissarono sorpresi avviarsi subito a passo di marcia verso la strada principale con un diavolo per capello. Nessuno fiatò per un istante, fino a che Sanji improvvisamente si ricordò che avrebbe dovuto seguirla e con un saltello acrobatico si apprestò ad andarle dietro, prima che qualcuno lo bloccasse per un braccio. Il biondo si voltò incuriosito trovandosi la faccia seria di Zoro che lo fissava.
“Non perderla di vista, torcigliolo. È un paese nuovo e potenzialmente pericoloso per una donna sola.”
Sanji alzò un sopracciglio. “Sei preoccupato per lei, marimo?”
L'altro non fece una piega. “Fa come ti ho detto... per favore...” aggiunse a denti stretti.
Il biondo sgranò gli occhi. “Ti senti bene?” Zoro non rispose. “No perché, già sul camion con tutto quel discorso su te che vuoi Nami con noi, avevo pensato che forse i tuoi due neuroni avevano deciso di dare forfait e...”
Zoro gli mollò il braccio spingendolo verso la piazza. “Piantala di dire fesserie e fai quello che ti ho chiesto!”
Sanji sfoderò un ghigno cominciando ad avviarsi. “Non preoccuparti marimo, a stasera! Vedi di non perderti!”
Zoro sbuffò per nulla convinto tornando dagli altri. Iva e Izou stavano discutendo su quale fosse il locale adatto dove fermarsi e non sembravano trovare un accordo. La prima continuava a decantare le lodi del Kamabakka mentre il secondo si esasperava sottolineando non fosse affatto il locale adatto, ma senza spiegarne i motivi.
Zoro li raggiunse in tempo per sentire Von Clay chiedere a Rufy di fare da giudice e stabilire lui in quale fermarsi. Il moro si grattò la testa, enormemente confuso e Zoro non se ne stupì.
“Io non ho capito bene... ma lì, in quel Kammabichequalcosa, si mangia giusto?” chiese a Iva e Von Clay che annuirono sereni.
“Allora andiamo lì!” confermò con un gran sorriso scatenando la loro gioia. Lo presero ciascuno sotto braccio e ridacchianti si avviarono trotterellanti lungo una stradina secondaria scansando frotte di turisti sul loro cammino.
Izou scosse elegantemente la testa. “D'accordo, io almeno c'ho provato...” ammise più a sé stesso che ad altri, stringendosi nelle spalle. Stava per avviarsi anche lui quando si accorse che il verde ancora non accennava a muoversi. “Tu non vieni?” gli chiese curioso.
Zoro non rispose subito. Si guardò attorno circospetto, la sera si stava avvicinando, un paio d'ore e avrebbe fatto buio. Guardò verso la strada principale dove Sanji e Nami erano ormai spariti tra la folla, avvertiva un nodo allo stomaco di difficile interpretazione.
L'entusiasmo di prima per il locale era via via scemato in quegli ultimi dieci minuti ma la fame era ancora persistente e alla fine ebbe la meglio su qualsiasi altro pensiero.
Annuì deciso ad Izou e lo affiancò seguendo il terzetto davanti a loro.
Non era nulla quel nodo, si disse, e poi di Sanji poteva fidarsi.





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Capitolo 10
*** Bon Appétit ***





Una volta varcata la soglia del locale per Zoro fu chiaro e lampante come il sole il motivo per il quale Iva aveva insistito tanto per andarci e, allo stesso tempo, perché Izou aveva ripetuto fino allo sfinimento quanto fosse una cattiva idea.

L'insegna luminescente all'ingresso gli aveva già messo addosso parecchia ansia (un piccolo procione in fattezze umane oscenamente truccato che ammiccava agli avventori con la faccia di uno che è pronto a farti tutto quello che vuoi) ma la parte peggiore arrivò solo una volta entrati.
Nonostante si atteggiasse da grande uomo non aveva molta esperienza in materia di spogliarelli e non credeva nemmeno di averne così bisogno, poi. L'ambiente era tipico di uno strip club o per lo meno assomigliava all'unico altro che aveva visto in vita sua, quando ce lo avevano portato a forza per festeggiare i suoi diciotto anni, e Zoro non si aspettava nulla di diverso. Luci soffuse, tonalità di tende e tavoli tendenti per lo più al nero e al viola, cameriere e camerieri che veleggiavano silenziosi tra i vari tavolini disseminati per la stanza, un angolo bar in penombra in piena attività, separé sparsi in giro a nascondere chissà che depravazioni e ovviamente il palco al centro della sala dove davano mostra di sé non uno ma ben cinque pali di acciaio spesso, ancorati saldamente al pavimento e talmente alti da arrivare al soffitto, ma questo Zoro poteva solo supporlo dal momento che non si vedeva un accidente là dentro! Era già tanto che fosse riuscito ad inquadrare il palco onde non andarci a sbattere con le ginocchia e seguiva cauto i pon pon da cigno che aveva in testa Von Clay, unico modo per non perdersi tra i molti clienti che stavano pian piano invadendo il locale per gli spettacoli serali.
Già, i clienti... personaggi che di più strani non avrebbe potuto trovare e lui si accompagnava ad uno che indossava calze a rete, parrucca viola e body di pelle rosso! Per lo più erano anche loro travestiti ma scorgeva pure gente che all'apparenza sembrava il classico uomo d'affari ma se lo guardavi da vicino ti accorgevi che portava rossetto e unghie finte.
Gli sembrava di essere tornato al Gay Pride del giorno prima, solo che invece dell'atmosfera di festa e amicizia che aveva respirato là, qui avvertiva solo lussuria e una buona dose di perversione aleggiare nell'aria. Ecco, era quello che l'aveva convinto ancor di più che di Iva non ci si doveva fidare! Il nodo allo stomaco in realtà non era per Nami e Sanji, ma per la sua stessa incolumità! Non si sentiva per nulla a suo agio e non gli interessava nemmeno più vedere le spogliarelliste all'opera, sempre che si trattasse di donne, ormai non si stupiva più di niente.
Zoro si fece largo tra gli avventori, scansando un paio di tizi che ridevano sguaiati e cercando di non perdere di vista il suo vecchio amico di penna, grugnendo contrariato. Se non fosse stato per Rufy che era schizzato l'interno non appena aveva capito che erano arrivati, probabilmente Zoro avrebbe girato i tacchi immediatamente e se ne sarebbe andato mollando tutti là. Ma, accidenti a lui, non poteva permettersi di sparire senza Rufy. Primo perché nonostante tutto gli voleva un po' di bene e gli spiaceva lasciarlo lì senza scorta. Secondo perché Nami e Sanji lo avrebbe scuoiato vivo se non fossero riusciti a partire l'indomani. Terzo perché... beh forse aveva bisogno di un po' di aiuto anche lui per orientarsi in quella città labirintica!
Scosse la testa e, con questi tre punti fissi in mente, si apprestò a sedersi con Von Clay al tavolino libero che Iva e Rufy avevano appena occupato entusiasti.
Zoro si strinse nella sedia, prendendo a guardarsi attorno con cipiglio infastidito, desideroso di scomparire nella penombra e non essere notato, aspirazione che con Iva al tavolo con lui si rivelò decisamente impraticabile.
Ciao tesoro, come stai? Ohhhh si, anch'io ti trovo in forma! Ci vediamo dopo, amore! Certo anche con te carissima!”
La violetta sembrava conoscere mezzo locale.
Il verde si grattò la testa con disagio crescente vedendola dispensare amore in lungo e in largo. Forse sarebbe stato meglio se lui e Rufy si fossero diretti subito al coffe shop accanto invece di entrare prima nel locale! Zoro lanciò un'occhiata al moro, interessato solo al menu che aveva di fronte e ben deciso a provare le specialità locali, intuendo che non si sarebbe mosso da lì fino a pasto concluso e solo allora avrebbe potuto prendere in considerazione la sua proposta di fuga. Rufy era tranquillo, non sembrava fare caso all'ambiente circostante e Zoro per un attimo pensò se non si stesse preoccupando troppo.
Che cosa prendi?” gli chiese Von Clay avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire nel trambusto.
Rum.” rispose lapidario. “E due panini.”
L'altro sorrise affabile. “Ti consiglio di provare anche la torta della casa, ti farà andare fuori di testa...” commentò complice.
Io invece prendo tutto quello che c'è scritto qui!” si intromise Rufy indicando l'intera pagina del menu con un gran sorriso.
Zoro scosse il capo, accorgendosi all'improvviso di un particolare. “Dov'è finito Izou?”
Von Clay si strinse nelle spalle. “Deve essere qui da qualche parte...” rispose prima che Iva lo chiamasse a sé dal centro del locale. “Perdonami un istante, mio caro!”
Zoro annuì distrattamente cercando con lo sguardo un cameriere senza dare troppo nell'occhio, bramoso di ordinare, consumare ed andarsene relativamente in tempi rapidi non necessariamente in quest'ordine.
Ehi, bel fustacchione...” una voce melliflua alle sue spalle, decisamente troppo vicina al suo orecchio, lo gelò sul posto mentre un innato brivido di panico prese a scendergli lento lungo la colonna vertebrale. Se c'era una cosa che aveva imparato in quei due giorni circondato da gay era che quella definizione riferita a lui non portava mai a belle situazioni.
Girò il viso di tre quarti trovando in piedi dietro di sé la fisionomia robusta di una donna, o meglio di un uomo chiaramente vestito da donna con tanto di parrucca bionda, che sbatteva le lunghe ciglia finte squadrandolo famelico, il pomo d'Adamo che si mostrava fiero e una gamba pelosa e muscolosa che usciva sensuale dallo spacco vertiginoso della gonna che indossava.
Zoro deglutì pietrificato mentre quello prendeva ad accarezzargli lascivo i capelli.
Che ci fa qui tutto imbronciato questo bell'ometto? Perché non vieni a fare un giretto con Uholicia, tesoro?”
Zoro la fissava catatonico, incapace di muovere un muscolo.
Su andiamo... Ti farò rilassare io, vedrai...”
Uholicia!”
Zoro batté gli occhi risvegliandosi un po' dal torpore quando sentì la presa del travestito allontanarsi dai suoi capelli per lanciare un urletto isterico dietro di sé, in direzione del suo vecchio amico che corse ad abbracciarla con trasporto.
Come stai mia cara? Non ci vediamo da una vita, sei splendida come al solito!”
Bentham, tesoro, sei sempre troppo galante!”
Comparendo dal nulla con la sua solita calma, Izou si sedette elegantemente sulla sedia lasciata libera da Von Clay, squadrando Zoro, ancora in modalità statua di sale, con un sorrisetto saputo.
Tutto bene?” azzardò.
Zoro si riscosse del tutto con un brivido di sollievo. “Tecnicamente si. Dignitosamente no...”
Quello rise indicando gli altri due con un gesto del capo. “È una amica di Von Clay, un tipo decisamente insistente, ci prova sempre anche con me è difficile farle capire quando non si è interessati. Per fortuna me ne sono accorto e ho chiamato Von Clay in tempo. Avresti passato un brutto quarto d'ora, è alla ricerca del ventiseiesimo marito e ti aveva già puntato.”
Zoro lo ringraziò con un cenno prima di rendersi conto di ciò che aveva detto. “Quella si è sposata venticinque volte??”
Izou annuì distrattamente agli occhi fuori dalle orbite del verde, lasciando vagare lo sguardo annoiato per tutta la sala. Rufy intanto aveva fermato una cameriera e le stava elencando il suo chilometrico ordine, ricevendo al contempo maliziose e civettuole occhiate di eloquente interessamento dalla stessa. Zoro sbuffò esasperato, come al solito Rufy aveva attirato le attenzioni della probabilmente unica vera donna etero del locale ed era contento non ci fosse Sanji lì, avrebbe dato di matto e attirato fin troppi sguardi su di loro e lui ne aveva già abbastanza, non voleva ripetere l'esperienza con quella Uholicia! Zoro ravvibridì al pensiero di Sanji che lo vedeva alle prese con quella, sicuro l'avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni, per non parlare di cosa avrebbe detto Nami nel vederlo terrorizzato come un agnello davanti al lupo!
Riuscì per il rotto della cuffia ad infilare anche il suo ordine tra quello infinito di Rufy e seguì con indifferenza l'ancheggiare prorompente della cameriera indirizzato chiaramente al suo migliore amico che non si accorse di nulla, impegnato com'era a chiacchierare con Izou.
Tra un'ora inizia lo spettacolo più eclatante della giornata.” stava dicendo il moretto con un sorriso indicando il palco. “È per questo che è pieno di gente, in altri orari è più tranquillo. Non aspettatevi il solito striptease però, questo è un locale un po' diverso dagli altri ma per lo meno ci si divertente parecchio!”
Zoro si voltò verso Izou. “Immagino che non ci saranno donne...”
Quello ridacchiò legandosi i capelli sciolti in una crocchia complicata con la stessa manovra che aveva tanto affascinato lo stesso Zoro il giorno prima. “Immagini bene, biologicamente parlando s'intende!”
Il verde annuì, tanto non era più nemmeno interessato alla cosa. Aveva da poco deciso che non appena finito di cenare avrebbe preso Rufy e telefonato a Sanji per farsi venire a prendere seduta stante! Non sarebbe mai riuscito a mimetizzarsi con le tende e aveva presto capito che i muscoli guadagnati in anni di allenamenti con la spada potevano diventare pericolosi in quel contesto.
L'arrivo del loro ordine combaciò con il ritorno trotterellante e chiassoso di Von Clay e Iva al loro tavolo. Troppo concentrato a difendere la sua cena dalle mani lunghe del proprio migliore amico, nemmeno si accorse di aver perso i contatti con Izou per diversi minuti e se ne rese conto solo quando lo sorprese a fissare estasiato un punto preciso in fondo al locale, il bicchiere di vino bianco tenuto a mezz'aria nella sua mano. Zoro seguì curioso il suo sguardo, ritrovandosi a guardare il bancone del bar, dove un biondino alto e atletico se ne stava tranquillo ad asciugare alcuni bicchieri, apparentemente indifferente a tutto quello che gli accadeva attorno.
Zoro riportò allora lo sguardo su Izou che si accorse della sua occhiata e si affettò ad abbassare il viso portandosi nervosamente il bicchiere alle labbra, chiaramente imbarazzato per essere stato colto sul fatto. Zoro ghignò attaccandosi direttamente alla bottiglia di rum.
Perché non vai a parlarci?”
Izou sobbalzò. “Co-cosa? A che ti riferisci, n-non capisco di che parli, Zoro!” balbettò a disagio, tentando di celare il rossore che gli si diffondeva sulle guance a macchia d'olio.
Il verde ridacchiò sapendo che il moretto era perfettamente conscio di essere un libro aperto.
Parlo di quel tale laggiù!” lo indicò con un cenno del capo. “Si vede lontano un miglio che il barista non ti sta indifferente!”
Izou si morse nervosamente le labbra scuotendo piano la testa. “Uno così non potrebbe mai calcolarmi... insomma, guarda dove lavora! Chissà quante ne ha viste, non sarò di certo io a suscitare il suo interesse!”
Zoro si accigliò. “Che ne sai? Magari invece...”
Izou lo interruppe con un'occhiata eloquente. “No, lascia stare Zoro. Sei gentile ma so bene quali sono i miei limiti e non avrò mai una chance con un ragazzo del genere! Non vale la pena nemmeno che ci pensi.”
Il verde non riusciva a credere alle proprie orecchie. Si parlava dello stesso Izou che era riuscito con un solo movimento dei capelli ed un occhiolino ad ammaliare Nami e (con un certo sconcerto doveva ammetterlo) pure lui, non meno di ventiquattr'ore prima?? Davvero era convinto di non avere alcun tipo di fascino? Veramente si sottovalutava così tanto? A quanto pareva si, ne era convinto. Zoro provò un improvviso moto di tenerezza per quel ragazzino, nemmeno così tanto più giovane di lui a dirla tutta, che a prima vista potevi scambiare per grande uomo di mondo ma che, sotto sotto, temeva il giudizio altrui come chiunque altro. Gli ricordava tremendamente qualcuno...
Il verde lo vide lanciare un'altra occhiata furtiva verso il bancone, incapace di resistere, prima di abbassare lo sguardo amareggiato.
La cosa più assurda non era tanto il pensiero che non si rendesse conto di possedere un carisma incredibile, ma che non si fosse ancora accorto che quello stesso barista che ammirava da lontano a sua volta non gli staccava gli occhi di dosso! Zoro scosse il capo rimuginando tra sé e sé. Solitamente non amava intromettersi nelle faccende degli altri, ma in quel caso gli sarebbe dispiaciuto che un ragazzo intelligente e simpatico come Izou continuasse a credere di non valere nulla, come poteva farglielo capire?
Stava ancora riflettendo, indeciso su come affrontare l'argomento, quando un cameriere, che nessuno aveva chiamato, arrivò al loro tavolo con un sorriso smagliante in viso ed cocktail colorato in mano. Senza una parola lo poggiò deciso davanti ad Izou che alzò un sopracciglio, confuso.
Ci deve essere un errore, io non ho ordin...”
Oh, lo so, signore. È con gli omaggi del nostro barman. Spera che il cocktail sia di suo gradimento! Si è adoperato alacremente per inventare questa nuova miscela apposta per lei!”
Izou diventò bordeaux a quelle parole mentre Zoro scoppiava a ridere.
Direi che ora non hai più scuse!” lo incitò. “Vai a ringraziarlo, su!”
I-io...” balbettò ancora il moro, sempre più confuso, guardando dritto verso il bancone dove il suddetto barista biondo lo fissava in evidente attesa di una risposta con i gomiti poggiati al ripiano, ignorando i richiami dei clienti attorno a sé.
M-ma andiamo! De-deve esserci per forza uno sbaglio...!”
Zoro sbuffò. “Io non credo proprio! Ti sta mangiando con gli occhi...”
Il barista sorrise salutandolo con la mano e Izou prese definitivamente fuoco.
No-non so neanche come si chiama... pe-perchè dovrei...”
Si chiama Marco.”
Izou quasi si strozzò con la saliva, staccando a fatica gli occhi dal biondo. “Co-come fai a saperlo??”
È scritto qui.” Zoro indicò il fazzolettino che il cameriere aveva messo sotto al cocktail per contenere le gocce d'acqua. Era ancora perfettamente visibile una scritta a penna. “Per togliere dubbi ha disegnato un piccolo ananas accanto al suo numero di telefono. È pure spiritoso!” esclamò colpito con un ghigno storto.
Izou strabuzzò gli occhi incredulo, afferrando il fazzolettino per avvicinarlo al viso. “I-io... io...”
Tu ora la pianti di tergiversare e vai a conoscerlo!” si impuntò il verde, alzandolo di peso dalla sedia e spingendolo delicatamente ma con fermezza nella direzione giusta.
Ma che gli dico??”
Zoro alzò gli occhi al cielo, non pensava che Izou fosse uno che andava in panico per cose del genere!
Perchè non cominci con un 'ciao, mi chiamo Izou, grazie per il cocktail'?” propose pratico.
Izou annuì piano ma, fatti due passi, deglutì e lanciò un'ultima occhiata nervosa al verde che gli fece nuovamente cenno di andare con un sorriso convinto. Il moro si fece coraggio e, fazzolettino alla mano, si avviò esitante al bancone. Zoro non lo perse mai di vista e ghignò quando lo vide strabuzzare gli occhi per il galante baciamano di quel Marco.
Stasera almeno qualcuno ha combinato...” mormorò a sé stesso con un sorrisetto.
Uhm? Parlavi con me?” gli chiese Rufy ripulendo l'ultimo piatto con la lingua.
Zoro si voltò verso di lui scuotendo piano la testa e notò un particolare. “Ma Iva e Von Clay non erano tornati al tavolo?”
Rufy si massaggiò la pancia piena stringendosi nelle spalle. “È arrivato un tale poco fa, Inazuqualcosa, li ha portati via dicendo che dovevano assolutamente conoscere il suo nuovo fidanzato e quindi...”
Ah.” fu il singolo commento di Zoro. “Beh, d'accordo li salutiamo dopo allora. Adesso paghiamo e usciamo a chiamare Sanji.”
E lo spettacolo??”
Ti dirò, non è che ci tenga molto a vedere dei travestiti che si spogliano sai...”
Come travestiti??”
Zoro sospirò. “A volte mi chiedo cosa ci sia in quella zucca che ti ritrovi tra le spalle...
In ogni caso, vorrei uscire da qui.” continuò il verde. “Dai, tira fuori il portafogli che andiamo a pagare.”
Rufy si grattò una guancia, confuso. “Che portafogli?”
Zoro sbuffò irritato. “Come quale? Il tuo! Hai mangiato come un bisonte, bisogna pagarla tutta questa roba!”
Rufy sorrise tranquillo. “Oh, ma io non ce l'ho qui. Il mio lo tiene sempre Nami, dice che così non lo perdo!” rispose candidamente.
Zoro sentì un brivido freddo scendergli lungo la spina dorsale.
Sanji dice la stessa cosa del mio...” mormorò atono.
Rufy batté gli occhi interdetto “...Intendi dire che nessuno dei due ha qui dei soldi per pagare...?” incredibilmente aveva afferrato al volo.
Si guardarono negli occhi per un attimo in panico.
D'accordo! D'accordo! Non è grave!” esclamò all'improvviso il moro con un sorriso convinto. “Basta chiedere un prestito a Iva o a Von Clay!” si guardò intorno speranzoso. “Devono essere ancora qui!”
Zoro scandagliò come lui l'intero locale ma non riuscì a vedere nessun pon pon, né ali da cigno, né la mole imponente di Iva. Sembrava che si fossero volatilizzati.
Ok...” mormorò Zoro dopo diversi minuti di ricerca spasmodica. “C'è sempre Izou! Possiamo chiedere a lu...” il dito orientato verso il bancone del bar si ritrasse di colpo quando si rese conto di non riuscire ad inquadrare l'amico da nessuna parte. Era lì fino ad un attimo prima, il locale non era poi così grande, dove diavolo erano finiti tutti?? Pure il barista sembrava svanito nel nulla!
Zoro e Rufy si guardarono di nuovo negli occhi, ormai certi di essere nella...
...Merda!”
Il verde si passò nervoso una mano sul viso. “Va bene, dovranno pur tornare prima o poi! Possiamo aspettarli e...”
Ehi, bel ragazzone tutto muscoli, ti va di ballare?”
Un travestito con lunghi boccoli rossi comparve dal nulla al suo fianco e gli fece un buffetto giocoso sulla guancia squadrandolo famelico. Zoro, colto alla sprovvista e con un diavolo per capello, schizzò su come una molla dalla sedia raggiungendo Rufy e affiancandolo.
No mi correggo, non ho alcuna intenzione di restare in questo posto un momento di più!!”
Rufy, che stava ricambiando il saluto dolce della cameriera che aveva preso le loro ordinazioni, si voltò verso di lui sorpreso. “Perchè no? A me non dispiacerebbe...”
Zoro lo guardò ribollendo di rabbia repressa. “Si può sapere come fai tu ad attirare belle ragazze e a me guardano solo i travestiti??”
Rufy ci pensò su. “Sarà per la panciera...”
L'amico digrignò i denti. “Piantala di dire cavolate! Che cosa facciamo adesso?”
Usciamo senza pagare.” propose come se fosse una possibilità concreta.
Zoro si premette il ponte del naso tra pollice ed indice. “Non ti avevo appena chiesto di smetterla con le cavol... auch!”
Che hai?” gli chiese Rufy vedendolo impallidire.
Qualcuno... mi ha appena fatto... la mano morta..!” esclamò irritato. “Ne ho abbastanza! Rufy, alzati, ce ne andiamo!”
E per pagare?”
Chissenefrega!”

*

L'aria fresca della notte le sferzò il viso quando uscì dall'ostello che aveva appena prenotato per la notte. Da dieci minuti buoni Sanji continuava a lodarla per come era stata brava a tirare sul prezzo fino al punto da avere la camera ad un costo fin troppo stracciato per la stagione.
Nami sorrise, doveva ammetterlo, era stata piuttosto brava a trovare quel posticino. Per essere un ostello privo di privacy era molto pulito ed accogliente, inoltre era vicinissimo al centro. Certo, per riuscire ad avere tutto quel benessere aveva dovuto accettare un piccolo compromesso e all'inizio non era stato facile visto che neanche due ore prima si era arrabbiata proprio per quello, ma alla fine aveva dovuto prendere atto che forse alloggiare accanto alla cosiddetta 'zona a luci rosse' della città non sarebbe stato un problema così grave, in fin dei conti se ne sarebbero andati l'indomani e poi, grazie a quelle signorine disinibite, aveva potuto ammirare in prima persona il drastico cambiamento di Sanji.
Provava un'enorme soddisfazione nel vederlo obbligarsi a girare il viso dall'altra parte ogni volta che passavano davanti ad una delle vetrine più famose d'Olanda. Non pensava che sarebbe mai arrivato il giorno in cui Sanji Vinsmoke decide di sua spontanea iniziativa di non sbavare più dietro ad altra donna, soprattutto se questa gli si offre così palesemente come la tizia bionda con la quinta di reggiseno che lo aveva indicato lasciva attraverso il vetro, ma che lui aveva bellamente ignorato aumentando il passo tanto che Nami quasi non era riuscita a stargli dietro.
Gli sorrise ridendo, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. “Non finirò mai di dirtelo, è davvero lodevole il tuo impegno verso Viola!”
Sanji ridacchiò di rimando guardandola con affetto fraterno. “Ti ringrazio, Nami. Ci tengo davvero a fare le cose per bene, credo di essermi innamorato sul serio stavolta e non voglio distrazioni, nemmeno per un attimo!”
Nami sospirò intenerita. “Fossero tutti intelligenti come te...”
Lui la guardò di sottecchi. “Ti stai riferendo a qualcuno in particolare?”
La rossa non rispose stringendosi nelle spalle e Sanji titubò per un attimo, indeciso se porre o no nuovamente quella domanda che da troppi anni continuava ad essere un tarlo nella sua testa. Forse poteva azzardarsi a chiederlo, magari era in vena di confidenze, magari...
Nami, non vorrei essere indelicato, ma... potremo mai sapere perché tra te e Zoro c'è tutto questo astio?” sorrise alzando veloce le mani in segno di scuse. “Voglio dire, non devi dirmelo per forza, ma... insomma, è palese che deve essere successo qualcosa, non potete odiarvi così per nulla!”
Nami non parlava, teneva lo sguardo basso e vedendola così il ragazzo si morse la lingua, arrabbiandosi con sé stesso e la sua bocca larga. Come non detto... lo sapeva che doveva stare zitto, quelli non erano fatti suoi! Perché non imparava mai?
Per quel che mi riguarda non è successo niente!”
Sanji si voltò di scatto verso di lei, scoprendo che era rimasta qualche passo indietro e non se n'era nemmeno accorto. Stringeva i pugni e lo fissava con espressione decisa ma tutto sommato tranquilla. “Non lo sto dicendo per dire, davvero non c'è mai stato un fattore scatenante!” ammise.
Lui la fissò di rimando incuriosito. “Ma... allora, perché...?”
Nami scosse la testa sospirando, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulle luci della piazza principale, disseminata di persone che passeggiavano come quel pomeriggio, illuminata da lampioni eleganti e locali pieni di comitive che cenavano. “A dir la verità io per prima non ho mai capito perché mi odiasse. Da che me lo ricordo è sempre stato così fin da piccoli e con il tempo ci ho fatto l'abitudine, ormai non mi interessa nemmeno più capire cosa gli passi per la testa! Forse semplicemente non gli sono mai piaciuta, può capitare in fin dei conti.” concluse amaramente.
Sanji intuì che il discorso fosse chiuso e annuì mesto, annotandosi mentalmente di dire all'amico dalla crapa verde quanto fosse imbecille. Non era possibile odiare senza motivo una ragazza meravigliosa come quella che aveva davanti, doveva esserci una ragione valida, per forza, soprattutto perché quell'odio ingiustificato cozzava completamente con la preoccupazione che Zoro stesso aveva esternato verso di lei quel pomeriggio. Qualcosa non tornava e per quanto lo riguardava il discorso non era affatto concluso.
Un fugace movimento verso destra lo distrasse un secondo dai suoi pensieri e Sanji si voltò, confuso. Per un attimo pensò di essersele immaginate ma quando poi riuscì a metterle a fuoco si rese conto che non erano state affatto un ologramma nella sua mente! A pochi metri da lì, due sensuali sventole vestite da conigliette gli stavano facendo gli occhi dolci sostando procaci sulla soglia di un locale di lap dance, probabilmente per attirare clienti, facendo chiaramente segno a lui di seguirle all'interno, promettendo ogni ben di Dio con erotici movimenti del corpo.
Il biondino deglutì irrequieto, arretrando di un passo. “Ammetto che in questo genere di posti la mia forza di volontà è messa a dura prova!” confessò all'amica che lo guardava sorniona.
Si era accorta anche lei delle due tipe provocanti e, mentre cercava di trattenersi dal ridere per le smorfie che Sanji stava facendo per evitare di guardarle, notò un locale particolare con l'insegna luminosa dall'altra parte della strada. Dall'interno arrivava musica ad alto volume e il vociare concitato dei clienti, diversi avventori invece sostavano appena fuori dall'ingresso a fumare e chiacchierare. A Nami si illuminarono gli occhi mentre un'ideuzza faceva capolino nella sua testa. Quello sembrava il posto perfetto per aiutare Sanji a distrarsi.
Con aria cospiratrice si voltò verso di lui indicandogli il Coffe Shop illuminato a giorno.
Vuoi provare un'esperienza nuova?”


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Capitolo 11
*** We Are the Champions ***




Angolo Autrice:

Eh si, lo faccio ora perché la volta scorsa ho dimenticato di dire una cosa molto importante e mi sono già auto flagellata a dovere per tale pessimo comportamento, non temete!
Proprio come una donzella in pericolo anch'io quando ho bisogno di aiuto invoco a gran voce chi mi potrebbe salvare e ci sono sempre tre personcine speciali che accorrono in mio soccorso e senza le quali sono persa! In questo caso specifico quella santa donna di ___Page.
Grazie alla sua bella intuizione avete potuto leggere dell'entrata in scena dell'affabile Marco lo scorso capitolo! A lei devo il cocktail con bigliettino e numero per Izou (se l'ho resa da cani la colpa è solo mia perché l'idea era splendida!), che non ci sarebbero mai stati altrimenti. Grazie ancora tantissimo mia cara!

Colgo l'occasione anche per dire una cosa a cui tenevo da un po'. Nonostante ne stia parlando a iosa in questa storia (e forse ne sarete anche stufi), non vorrei mai che pensaste che inneggio seriamente all'uso di alcool o droghe! Non si fa, no no! E so che tu che stai leggendo sei più in gamba di me perché c'eri già abbondantemente arrivato da solo ma ci tenevo a dirlo. ^^
Grazie per l'ascolto ed ora basta ho finito, vi lascio al capitolo!
Ciaooooo
Momo









Sei un idiota!!!”
Ahhh, tu hai detto che andava bene così!!”
Non lo pensavo davvero!!”
Anf... E perché me lo dici adesso??”
Perché voglio sia chiaro... che se ci prendono la colpa... è di entrambi!!”
Che cosa?? Io volevo restare lì! Do-dovevo ancora assaggiare il dolce di cui parlava Von Clay!!”
Piantala con questa storia... è per colpa della tua mega abbuffata che siamo in questo casino! Se avessimo ordinato solo due panini non avremmo i gestori del bar che ci inseguon... accidenti!”
Zoro schivò per un soffio l'anta di un balcone aperto e riuscì a riprendere il ritmo della corsa appena in tempo, anzi aumentò l'andatura sentendo Rufy al suo fianco fare altrettanto.
Anche se stanco morto, il moro riuscì a voltarsi per dare un'occhiata ai due energumeni che inseguivano lui e Zoro da quasi dieci minuti senza mostrare segni apparenti di fatica, al contrario loro. Entrambi erano ben allenati nella corsa ma una performance come quella non l'avevano mai sostenuta e le gambe cominciavano a lanciare input chiari, simili a quelli dei loro polmoni, eppure fermarsi non era un'opzione contemplabile. Quei due armadi non avevano l'aria di chi andava per il sottile se c'era da menare le mani e dopo il conto stratosferico non pagato al locale e i dieci minuti di corsa forsennata in notturno per le strade di Elbaf, spaventando cittadini e turisti, erano abbastanza certi che non se la sarebbero cavata con uno scappellotto sulla nuca. Rufy si sentiva davvero come se avesse avuto il diavolo alle calcagna, letteralmente.
Forse dovremmo aumentare ancora il passo!” esclamò spaventato notando che stavano perdendo terreno.
Sono degli ossi duri, non so quanto ancora riusciremo a resistere!” rispose Zoro affannato.
Rufy schivò un tombino sporgente. “Ho un'idea, perché non li affronti? Hai le spade con te, no??”
Preso alla sprovvista, Zoro rischiò di andare a sbattere contro un'inferriata.
Sei pazzo? Così ci becchiamo anche una denuncia per uso di arma impropria contro civili!”
Il moro lo guardò di sottecchi. “Ah, come aveva detto Nami...”
Zoro sbuffò digrignando i denti, doveva risparmiare il fiato.
Rufy non era dello stesso avviso. “Anf... Do-dobbiamo seminarli in modo definitivo!”
Il verde alzò gli occhi al cielo. “Sei un genio! Io non c'avrei mai pensato!”
Rufy si incupì. “Smettila di prendermi in giro, a-almeno a me viene in mente qualcosa!”
Taci che è meglio!”
Rufy mise il broncio ma durò la frazione di un secondo perché aveva avuto un'altra entusiasmante idea dopo aver notato per la prima volta il fiumiciattolo che gli scorreva affianco e che li accompagnava involontariamente costeggiando quella stradina pedonale. Era il fiume navigabile di Elbaf e scorreva placido tra le sue sponde dividendo in due la città. Senza accorgersene nella fuga si erano ritrovati a correre accanto agli ormeggi delle barche e a Rufy era venuta l'illuminazione divina. “Scappiamo con una di quelle barchette!”
Zoro si voltò appena, respirando con sempre maggiore affanno, non degnandolo di una risposta. Rufy lo tirò per la manica, scansando all'ultimo secondo alcuni passanti terrorizzati.
Dico sul serio! Papà mi ha insegnato a manovrare una barca, lo so fare Zoro!”
Il verde era ormai stremato, guardò negli occhi Rufy e annuì esausto.
Pure furto di imbarcazione ci metteranno... scegline una Rufy e facciamola finita, non ne posso più di correre!”
Nemmeno il tempo di dirlo che l'amico stava già deviando a destra, verso il bordo laterale del fiume. Scelse al volo la prima barchetta libera a due posti che gli sembrasse adatta allo scopo e ci si tuffò dentro seguito a ruota dal verde che tirò il fiato per un attimo, i polmoni in fiamme.
Stacca gli ormeggi che accendo il motore!”
Zoro non se lo fece ripetere. I due tizi del bar erano sempre più vicini ma Rufy era rapido a dare le direttive e in pochi secondi si stavano già muovendo. Con enorme sollievo vide la riva allontanarsi sempre di più tra gli spruzzi d'acqua man mano che la barchetta li portava al centro del fiume e da lì proseguiva poi spedita verso la stessa direzione in cui correvano poco prima.
Zoro ghignò soddisfatto in direzione dei due energumeni bloccati sulla banchina che lanciavano ogni genere di imprecazioni contro di loro, impossibilitati a fare alcunché visto che non avevano più modo di inseguirli.
Con i capelli al vento Rufy dirigeva la barchetta con mano ferma senza sbandare, lanciandogli sorrisi soddisfatti. Zoro ghignò in risposta, non pensava davvero che fosse in grado di guidare una barca quando aveva acconsentito ma aveva voluto fidarsi di quello sguardo determinato, rare volte l'aveva visto così certo e fortunatamente il suo istinto aveva avuto ragione. Era contento di aver scoperto un lato nuovo del suo amico.
Finalmente al sicuro, si permise di tirare un sospiro di sollievo sentendo il cuore calmarsi piano e tornare a battere ad un ritmo normale. Zoro si appoggiò rozzamente al parapetto guardando la città che gli scorreva davanti illuminata dalla luna, ripensando alla fortuna sfacciata che avevano avuto, nonostante sapessero di essere in torto marcio. Si ripromise di fare un discorso a Sanji e alla sua mania di voler tenere tutto sotto controllo, portafogli altrui compreso.
Elbaf è stupenda da qui...” sentì mormorare a Rufy dietro di sé dopo qualche minuto di silenzio.
Zoro non poteva che essere d'accordo. Le strade che costeggiavano il fiume brulicavano di vita, anche se era piena notte. Ora che poteva godersele le osservava con ritrovato entusiasmo, i locali e i bar illuminati spandevano nell'aria musica e profumi di ogni tipo e tanti navigatori come loro li salutavano affabili dalle proprie imbarcazioni. Che bell'attimo di pace...
Senti...” ecco, era già finita. “Tu sai dove stiamo andando...?”
Zoro si voltò sorpreso verso l'amico. “Io? Stai guidando tu!”
Rufy alzò gli occhi al cielo. “Si, ma solo perché il fiume scorre in questa direzione! Non ho idea di dove siamo!”
Zoro sospirò. “Credo che dovremo chiamare Sanji e farci venire a prendere.”
Rufy concordò. “Ormai siamo abbastanza lontani, ci possiamo fermare laggiù!”
Zoro annuì distrattamente mentre estraeva il cellulare dalla tasca, sentendo la barchetta virare a sinistra e rallentare fino a fermarsi nei pressi della banchina.
Rufy uscì con un saltello dalla barca e si accucciò per ancorare le corde al molo.
Ciao, sei nuovo?”
Il moro non aveva visto arrivare nessuno e gli venne un colpo sentendo quella voce sconosciuta così vicina al suo orecchio. Era pur sempre un ricercato!
Si voltò di scatto e altrettanto di scatto la proprietaria della voce si ritrasse dalla posa piegata in cui stava, arretrando di un passo spaventata per la reazione terrorizzata che aveva avuto il moro alla sua domanda.
Quello si guardò attorno frenetico. Niente energumeni, niente pistole... ok, niente paura allora. A parlare era stata solo una ragazza in tuta e con le luci dei lampioni riusciva anche a vederla bene. Mora, alta, carina, della sua età o poco di più, che lo squadrava corrucciata cercando di capire cosa gli fosse preso. In un millisecondo Rufy aveva catalogato tutto come un grande equivoco e, appurato la donna fosse sola e non mal accompagnata, si sciolse in un cordiale sorriso, cercando di farsi perdonare la gaffe.
Ti prego di scusarmi se ti ho spaventata!” esclamò con una risatina. “Ti-ti ho scambiato per qualcun altro!”
Lei parve tranquillizzarsi un po' a quelle parole e abbozzò un sorrisino in risposta, tenendosi comunque a distanza di sicurezza. “Non preoccuparti, sono cose che succedono!” mormorò pratica sistemandosi gli occhiali sul naso.
Io sono Rufy, comunque.” le disse allungando una mano verso di lei.
La ragazza esitò un istante ma poi, vinta dall'espressione cordiale del moro, gliela strinse serena.
Tashigi, piacere.”
Rufy ampliò il sorriso e la ragazza perse un paio di battiti, avvampando all'improvviso. Fece il tragico errore di osservare nella sua completezza quell'affascinante sconosciuto illuminato dalla luce della luna per un lungo lunghissimo istante che le fu fatale.
Cosa mi avevi chiesto prima?”
Oh... ehm...” lui la guardò incoraggiante, avvicinandosi e lei arrossì del tutto, incapace di capire cosa le prendesse. “Ti-ti avevo ch-chiesto se... se sei nu-nuovo...”
Rufy la scrutò incuriosito ma affabile. “In che senso...?”
La donna si passò una mano tra i lunghi capelli neri temporeggiando, non riuscendo a staccare gli occhi dai suoi, brillanti e penetranti come pochi altri avesse mai visto, completamente rapita.
I-i-i-intendevo... beh... i-io...”
Ma cosa le prendeva? Da quando un perfetto sconosciuto le faceva un effetto tale da farla balbettare?? Era un donna forte e indipendente, lei! Si, una donna che sapeva come dirigere la propria vita! Una donna intelligente, capace e autonoma, si! Mentre lui... lui... era un ragazzino... più giovane di lei anche... con le sembianze di un angelo tentatore giunto dal mare invece che dal cielo per attirarla con un solo sguardo tra i suoi meravigliosi e peccaminosi artigli, ecco cos'era...
Rufy, completamente ignaro dello sconvolgimento emotivo che stava causando, si grattava dubbioso una guancia, riflettendo sui comportamenti strani delle donne.
Tashigi parve rendersi conto di sembrare una perfetta idiota e si riscosse di colpo, ricordandosi improvvisamente che cosa ci faceva lì e perché aveva avvicinato quel giovanotto tanto affascinante. Indicò tremante la cartellina che aveva in mano e il distintivo alla cintura. “Sono un a-agente. Ho-ho bisogno di vedere l'autorizzazione per l'attracco e la tua patente nautica. Devo documentare ogni nuovo arrivo e... non ti avevo mai visto prima!” ...anche perché se lo sarebbe ricordato...
Tashigi scosse di nuovo la testa, il cuore a mille, sentendo il sangue affluire nuovamente sulle guance. Ma cosa le prendeva?
Rufy strabuzzò gli occhi. Patente nautica? Di che diavolo parlava??
Scavò frenetico nel suo cervello cercando una buona scusa da usare per giustificare l'assenza totale di qualsivoglia patente o autorizzazione in suo possesso, non riuscendo a trovare nulla di sensato da esporre e lasciò passare parecchi secondi di imbarazzante silenzio.
Ehm...” esordì ridacchiando, passandosi distrattamente una mano dietro la nuca. “Non so bene come dirlo...”
Tashigi alzò un sopracciglio, ritornando composta per un attimo. Quell'inizio non prometteva bene.
Dunque... è una storia piuttosto comica a dire il vero...” proseguì il moro, aumentando in maniera esponenziale il sospetto nello sguardo della ragazza. “Come potrei dire... beh...”
Si...?” lo incoraggiò quella intuendo guai, per lui.
Rufy rise imbarazzato, tergiversando, valutando se fosse il caso o no di confessare tutto e tentare la pista della supplica. “Ecco... tecnicamente la barca non sarebbe proprio mia mia...”
Bravo, così, doveva iniziare per gradi. Glielo diceva sempre Ace, mai andare dritto al sodo con una donna, preferiscono che ci giri un po' attorno, nulla di diretto perché amano la suspense e la calma. Certo, questa volta non doveva rimorchiarla, però era sicuro che il consiglio poteva essere adattato ad altri contesti.
Tashigi si sistemò meglio gli occhiali, osservandolo critica stavolta. “Che significa? Di chi è questa barca e dove è la tua patente?”
Rufy allargò le braccia, questa ragazza non conosceva la base di un rapporto uomo-donna? Voleva tutto subito? E la suspense? “Beh... non è mia perché...”
Tashigi incrociò le braccia visibilmente sul punto di arrabbiarsi e il moro pensò correttamente, strano ma vero, che far infuriare un pubblico ufficiale non era esattamente cosa buona e giusta vista la loro situazione. Forse era meglio vuotare il sacco e sperare che il rapporto di amicizia, già ormai solidamente instaurato, potesse bastare per farle chiudere un occhio. Si, senz'altro lo avrebbe fatto, gli sembrava una così brava persona quella Tashigi!
Rufy sorrise sicuro. “Vedi è una storia davvero strana... non posso darti la patente perché non ce l'ho! Mai presa...” lei sgranò gli occhi ma prima che potesse dire qualcosa il moro proseguì risoluto. “...e non ho nemmeno l'autorizzazione perché semplicemente questa barca non è mia...”
ridacchiò. “...l'abbiamo rubata! Ma c'è una spiegazione validissima e sono sicuro che tu, come mia nuova amica, capirai perfettamente che non siamo noi i cattivi e...”
Rufy ma con chi stai parlando? Sanji non risponde e neppure tua sorella, ho provato a chiamarli mille volte!”
Zoro sbucò da dietro le sue spalle con un diavolo per capello, affiancandolo senza staccare gli occhi dal piccolo schermo e trafficando rapido con le dita sui tasti del telefono. “Piantala di perdere tempo che tra il conto non pagato e la barca rubata abbiamo già fatto un bel casino per stanotte! Andiamocene prima che ti venga voglia anche di rapinare una banca!”
Zoro alzò deciso lo sguardo sul suo amico, mettendo via il cellulare ormai scarico, ma tutto quello che riuscì a vedere fu il foro nero e minaccioso della canna scintillante di una pistola d'ordinanza puntata dritta verso di sé. Ci rimase talmente di sasso che non riuscì a spiccicare una parola di più.
Rufy, al suo fianco, teneva già le mani alzate, sudando freddo.
Tashigi d'altro canto li osservava sicura e ostile, reggendo fermamente la sua arma con entrambe le mani, puntandola verso di loro. Quando parlò non sembrava più la ragazzina imbarazzata di poco prima e fece gelare il sangue nelle vene ad entrambi.
Non so chi siate, né da dove veniate ma in nome della città di Elbaf, io vi dichiaro in arresto per furto, guida senza patente...”
Rufy tentò di sdrammatizzare. “Ma Tashigi-chan, siamo amici... io credevo che avresti potuto chiudere un occh...”
...e tentata corruzione di pubblico ufficiale! Qui si parla di parecchio tempo dietro le sbarre!”
Zoro e Rufy impallidirono e l'unica cosa che il moro riuscì a pensare prima di venir trascinato via in manette fu che Ace non si era mai premurato di spiegargli cosa fare se l'intervento inopportuno di un amico mandava all'aria un suo proposito con una donna, di qualsiasi genere esso fosse.

*

...ed ora forza, tutti in coro!
We are the champions, weeee are the championssss, weeeee areee the championssss, my frieeeends!!!
Nami si mise una mano davanti alla bocca tentando di frenare un po' le risate che la stavano sopraffacendo.
...no timeeee foooor loooserssssss!!!
Non ce la faceva più, era più forte di lei, rise senza ritegno insieme agli altri.
...cause weeee are theee championsssss, offf the worldddd!!!!
Non riusciva a credere a quello che stava succedendo.
...and weeee'll keeeeep on fightiiiing...
Quando aveva pensato che entrare in quel caffè avrebbe aiutato Sanji a distrarsi non immaginava certo che sarebbe finita con lui che si ubriacava, saliva in piedi su un tavolo e coinvolgeva l'intero locale in uno spettacolo di karaoke, dirigendo la folla nel canto come un direttore d'orchestra fa con i suoi musicisti, bacchettandoli pure se non seguivano il ritmo giusto, ovvero il suo.
Seduta comodamente al bancone del bar, Nami sorseggiava ridacchiante la sua birra piccola guardando il suo amico addentare l'ennesimo dolcetto all'hashish, in un momento di pausa tra una strofa stonata e l'altra.
Sanji da ubriaco era uno spettacolo! Peccato che se lo fosse perso al gay pride, in quel momento di certo aveva ben altro a cui pensare e le prodezze alcoliche del biondo probabilmente non rientravano nelle sue priorità, però poteva gustarselo ora. Si era mantenuta completamente sobria a differenza dell'amico che aveva spazzolato decine di dolcetti e disseminato boccali vuoti e semivuoti sui tavoli accanto e per terra dove ormai si faceva fatica pure a passare. Ma i camerieri dov'erano?
Si sistemò meglio sulla sedia e lanciò un'occhiata all'orologio appeso al muro. Mancavano pochi minuti a mezzanotte e ancora non aveva avuto notizie di Rufy e Zoro. Sbuffò infastidita prendendo qualche salatino dal bancone, rimuginando, una mano a sorreggere la testa ciondolante. Probabilmente erano troppo impegnati a divertirsi in quello strip club per avere il tempo materiale per chiamarli! Non che gliene importasse qualcosa di quello che facevano nel loro tempo libero, ma lei cominciava ad essere stanca e Sanji a mostrarsi sempre più molesto con gli avventori che avevano l'ardire di sbagliare le parole di canzoni famose che lui reinventava di sana pianta sul momento. Forse avrebbe dovuto pensare ad un modo per trascinarlo via prima che qualcuno di troppo permaloso o troppo fumato valutasse l'idea di abbatterlo fisicamente e moralmente, come lui stava facendo con i testi di alcune delle canzoni più belle mai scritte.
Sanji aveva appena convinto un gruppo di anziani turisti thailandesi a cantare con lui gli AC/DC quando il cellulare di Nami prese a suonare all'impazzata. La rossa guardò il nome sul display e si accigliò.
Pronto?” esordì titubante rispondendo al numero sconosciuto.
Ciao Nami!”
...Rufy?”
Indovinato!”
Hai perso il telefono? Da che numero mi stai chiamando?”
Il moro dall'altra parte della cornetta esitò. “Ehm... buffa storia...”
In che senso? Dov'è il tuo cellulare?” chiese sospettosa.
Sentì Rufy ridacchiare nervosamente e il sospetto crebbe.
...ehm... è in custodia... non lo posso usare...”
Nami sgranò gli occhi. “Che vuol dire in custodia?? Che cosa avete fatto, dove siete??”
Il moro esitò di nuovo, accidenti se era difficile cavargli le parole di bocca. La rossa si spazientì. “Rufy?? Dove-accidenti-sei??”
Lo sentì sospirare profondamente attraverso l'apparecchio. Non preannunciava nulla di buono.
Al commissariato...”
Gli occhi di Nami schizzarono fuori dalle orbite.
...ci hanno arrestato...”

*

Si svegliò di soprassalto per il fracasso di qualcosa che cadeva a terra e alzò la testa di scatto da quel posticino caldo e morbido dove fino ad un attimo prima dormiva beato, rendendosi conto che era già mattina da un pezzo, non si ricordava nemmeno di essere andato a letto.
Si strofinò il viso rudemente, cercando di riprendersi e aprì gli occhi a fatica. Ci mise un secondo per capire di trovarsi di nuovo in posto sconosciuto, coi postumi della sbornia e di essere sdraiato sopra ad un morbido divano, in un salotto ignoto. Un fascio di luce accecante entrava dalla portafinestra davanti a lui ed era stupito non fosse stato quello la causa del suo risveglio improvviso e fastidioso. Era certo di non esserselo immaginato quel baccano. Cercò di mettersi seduto forzando le gambe addormentate a collaborare e tese l'orecchio, guardingo. Di nuovo avvertì distintamente un rumore forte venire da qualche parte oltre la porta chiusa che vedeva davanti a sé. Non era solo.
Sentì l'inconfondibile suono di una padella che veniva gettata malamente nel lavandino e un qualcosa di indefinibile nell'aria che aleggiava per la piccola stanza. Solo dopo qualche attimo si accorse che era odore di bruciato.
Di pane bruciato per l'esattezza. Di pane al sesamo bruciato con sopra olive verdi giganti d'importazione tagliate a dadini, con un velo di coriandolo confezionato e non fresco, un pizzico di cannella da marca scadente, guarnito con gocce di cioccolato bianco vecchio di qualche settimana, il tutto inzuppato nell'olio d'oliva, non extravergine.
Sanji storse il naso per quell'accostamento di ingredienti, chi poteva essere l'autore di tale abominio? Un miscuglio orrido che il suddetto sconosciuto aveva pure bruciato!
Qualcosa non tornava... Di sicuro non si trovava nell'ostello che lui e Nami avevano prenotato la sera prima, ma allora dove diavolo era?? L'ultima cosa che ricordava era il dolce che quel gentilissimo cameriere gli aveva messo sotto al naso in quel coffe shop, poi era tutto un susseguirsi di immagini e ricordi senza senso. Lui che si metteva in piedi su un tavolo e urlava, alcuni tizi strani con i rasta che cercavano di farlo scendere, gente sconosciuta che gli offriva da bere, un gruppo di thailandesi entusiasti di cantare con lui al karaoke, Nami che lo tirava per un braccio con l'aria di una che vorrebbe lanciare una maledizione a qualcuno e poi lo molla lì allontanandosi...
E perché da quando si era svegliato aveva in testa 'We are the champions' dei Queen?
Ma perché si ficcava sempre in certe situazioni?
Sono un cretino...” mormorò a se stesso massaggiandosi il collo dolente. “Stavolta ho davvero chiuso con l'alcool...”
Mi fa molto piacere sentirlo!”
A Sanji venne un colpo. Troppo occupato a riordinare i pensieri non aveva sentito la porta aprirsi e si era quasi scordato di non essere solo in quella casa. Sulla soglia si stagliava tutto sorridente il probabile proprietario del divano su cui era seduto, nonché il sicuro artefice del fumo nerastro e soffocante che usciva senza freni dalla stanza dietro di lui e che con una rapida occhiata scoprì essere, senza tanto sforzo di fantasia, la cucina.
Sanji si alzò in piedi istintivamente diffidente anche se il nuovo venuto non sembrava avere intenzioni ostili, anzi gli lanciava ghigni entusiastici e avrebbe detto vagamente imbarazzati. Lo guardò correre verso la finestra della stanza per poi aprirla.
Scusami, era necessario cambiare un po' l'aria qui dentro...”
Sanji annuì meccanicamente senza staccare gli occhi dalla sua figura, tenendosi comunque a distanza.
Ti ho preparato la colazione! Uova e bacon, spero ti piacciano! C'era anche il pane ma... beh... non ha fatto una bella fine... ehehehehe!” esclamò ridacchiando da solo.
Sanji notò solo in quel momento che teneva un piattino in mano e gli bastò un istante per decidere di non assaggiare nulla di quello che gli avrebbe dato. Quella roba non aveva nemmeno vagamente l'aspetto di uova e bacon, meglio non rischiare visto come era andata col pane...
Ma chi era questo tizio?
Come se gli avesse letto nel pensiero lo strano personaggio avanzò saltellante con la mano tesa a mò di premessa. “Sono un maleducato, non mi sono neanche presentato! Piacere, io sono Bartolomeo e questa è casa mia!”
Sanji alzò un sopracciglio, titubante, cercando di ricordare se l'avesse mai visto prima ma non gli veniva in mente. Si strinse nelle spalle e afferrò la sua mano. “Sanji. Grazie per l'ospitalità di stanotte.”
L'altro ridacchiò. “È stato un piacere! Eri preso piuttosto male al bar ieri sera...”
Sanji si permise di scrutarlo più attentamente. Che tipo singolare... al posto dei denti pareva avere delle zanne, ma forse era ancora mezzo ubriaco, non poteva essere... e poi aveva dei buffissimi capelli verdi, gli ricordava un po' il marimo...
Oddio!! I suoi amici!! Si era completamente scordato degli altri!! Chissà dov'erano? Nami stava bene? Era con Zoro? Con Rufy? Non ricordava nulla della serata precedente, accidenti!
Bartolomeo?”
Chiedere direttamente a quello che l'aveva aiutato poteva essere la soluzione, oltre che l'unica alternativa visto che a quanto pareva era con loro al locale.
...non è che per caso ti ricordi della ragazza che era con me ieri sera al bar? Rossa, alta, formosa, bellissima... praticamente una dea scesa in terra?”
L'uomo annuì sicuro con enorme sollievo del biondo. “E chi se la scorda Nami?” si sedette al suo fianco sul divano passandogli il piatto. “Ragazza splendida. Non ho ancora ben capito come ha fatto a convincermi a pagarla perché ti tenessi d'occhio...”
Sanji batté gli occhi, confuso. “Nel senso che tu hai pagato lei per tenermi d'occhio...?”
Bartolomeo annuì pensieroso. “Non ho capito molto, lo ammetto. Ma la sua spiegazione filava che era una meraviglia...”
Il biondo addentò sovrappensiero un boccone dal piattino. Il conato che arrivò spontaneo venne trattenuto a forza e cercò di celarlo con un colpo di tosse. Accidenti se era cattivo!
Si auto costrinse ad inghiottire la cucchiaiata senza fare troppe smorfie, non conosceva ancora quest'uomo, meglio tenerselo amico.
Sai... sai per caso che fine ha fatto?”
Bartolomeo annuì di nuovo. “Ha ricevuto una chiamata mentre eravate ancora al bar e ho intuito avesse fretta di andarsene visto che mi ha chiesto di prendermi cura di te finché non fosse tornata, non eri in condizioni di fare molta strada, ha preferito lasciarti con me a smaltire la sbornia. Mi ha detto che sarebbe tornata dopo qualche ora ma ormai è passato parecchio tempo... ho lasciato il bar chiuso stamattina per aspettarla, spero vada tutto bene...”
Il bar...?”
Ah, forse non te lo ricordi... io sono il proprietario del coffe shop in cui hai dato spettacolo!” rise “Devo ringraziarti, molti clienti mi hanno fatto i complimenti per l'intrattenimento!”
Sanji si sentiva sul punto di vomitare e non per il boccone pessimo.
Il trillo improvviso del campanello li fece sussultare per la sorpresa.
Bartolomeo andò subito alla finestra. “È la tua amica Nami! Si è ricordata che abito sopra al bar per fortuna.”
Sanji sospirò di sollievo, almeno stava bene. Alzò lo sguardo incuriosito quando sentì il verdino ridacchiare, gli occhi ancora incollati sulla strada.
I due strani tizi con lei non hanno l'aria di aver passato una bella nottata...” si voltò sorridente verso Sanji. “Vado di corsa a preparare un altro po' di uova e bacon! Sembra che ne abbiate tutti un gran bisogno stamattina!”

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Capitolo 12
*** Forgive me ***





Nami era l'unica donna del gruppo, ma valeva come venti uomini. Se per disgrazia ti capitava di ritrovartela contro potevi tranquillamente preparare l'anima per il padreterno perché con te non ci sarebbe andata leggera. Chi conosceva la famiglia Monkey al completo si rendeva subito conto da chi avesse preso quella forza sovrumana che la rendeva capace di stenderti con un solo pugno. Nami era proprio figlia di suo padre e ne andava molto fiera, il caratterino pungente invece era eredità materna.

Tutti sapevano che farla arrabbiare voleva dire botte, botte serie, da ricovero ospedaliero. Botte da obitorio se, per sciagura, l'avevi fatta arrabbiare per qualcosa che riguardava i soldi, i suoi soldi.
La polizia di Elbaf questo non lo sapeva quando aveva concesso a Rufy di contattare qualcuno che pagasse la cauzione per lui e Zoro dopo l'arresto. Non immaginavano certo che sarebbe arrivata una furia rossa con chiare intenzioni bellicose a prelevare i due imbecilli del furto della barca! Ebbero modo di conoscerla a fondo dopo averla dovuta ammanettare ad una scrivania pur che la smettesse di massacrare fratello e compare. Non avevano mai visto una cosa simile e di casi umani ne vedevano molti.
Dopo averla fatta calmare con una buona dose di Valium, l'ispettore Tashigi e il commissario Smoker avevano stabilito di comune accordo di soprassedere a quello scatto d'ira, giudicandolo estremamente motivato e giustificabile. In quelle ore di cella avevano interrogato a lungo sia Zoro che Rufy ed erano rimasti basiti per l'imbecillità di entrambi. Quella povera donna aveva tutta la loro comprensione.
Pagata la salatissima multa li avevano lasciati andare, raccomandandosi di abbandonare il paese quanto prima e Nami stessa li aveva rassicurati in merito, non voleva restare in quel dannato posto un minuto di più.
Rufy e Zoro, ancora pestati a sangue, non avevano più fiatato da che avevano lasciato il commissariato, perfettamente consapevoli di essere in torto marcio e poco inclini a ricevere un'altra scarica di pugni da Nami che con un diavolo per capello li aveva condotti a passo di marcia fino al bar della sera prima. Fortunatamente non era molto lontano ma ormai si era fatta mattina quando ritrovarono Sanji.
Non servì nemmeno chiederlo, il biondo intuì che doveva essere accaduto qualcosa di particolarmente grave perché non aveva mai visto i suoi amici ridotti peggio, né Nami così arrabbiata da non riuscire quasi a spiccicare parola tra un grugnito e l'altro. Fece spallucce, felice di non far parte del problema, decidendo che avrebbe indagato non appena le acque si fossero calmate. Era arrivato il momento di rimettersi in marcia.
Grazie di tutto Barto! Speriamo di rivederci un giorno!” dal marciapiede Sanji agitò la mano in direzione della finestra aperta al primo piano dove il verdino si sbracciava per salutarli.
È stato un piacere, Sanji! Se ripassate da Elbaf venite a salutarmi! Vi preparerò ancora le mie uova!!”
Zoro e Rufy fecero una smorfia disgustata al ricordo di quello che erano stati costretti ad ingurgitare, Rufy non aveva mai rifiutato del cibo in quel modo!, prima di avviarsi mogi mogi dietro a Nami che era già ripartita rapida in direzione di una qualsiasi fermata dell'autobus.
Venti silenziosi minuti dopo ne trovarono una in una stradina secondaria e la notizia venne accolta con relativo entusiasmo da almeno una parte di loro. Non appena arrivati e messi gli zaini a terra al riparo dal sole, Sanji sussultò battendosi una mano sulla fronte.
Non ho più chiamato Chopper!” tirò fuori al volo il cellulare e guardò Nami. “Faccio in tempo a fare una telefonata?”
Lei annuì stancamente sedendosi sulla panchina sotto la pensilina. “Fa pure con calma, tanto il primo autobus passa tra un'ora...” mormorò indicando la tesserina con gli orari delle corse attaccata ad un palo là accanto.
Sanji sorrise mesto allontanandosi di qualche passo con il telefono all'orecchio e la sigaretta già accesa in bocca. Nami chiuse gli occhi poggiando la testa contro il vetro dietro di lei. Aveva passato una notte insonne ed era stanca morta, per non parlare del fatto che in poche ore aveva perso la bellezza del guadagno di cinque estati a lavorare nel campo di mandarini di famiglia. Aveva dovuto pagare la cauzione e pure il conto del ristorante, se ci ripensava le veniva una tale rabbia... avrebbe dovuto lasciarli lì a marcire!
Si massaggiò le meningi, esausta, non aveva nemmeno più la forza per sbraitare e continuare a pensarci le faceva venire mal di testa.
Ehm... Nami...?”
Aprì gli occhi incrociando lo sguardo afflitto del fratello in piedi davanti lei. Ondeggiava instabile sulle gambe, incapace di stare fermo e non sembrava minimamente preoccupato dello sguardo assassino che lo trapassava di netto.
Senti...” cominciò grattandosi una guancia. “Volevo... beh... scusarmi di nuovo... per... beh... lo sai, no?” tentennò tentando la strada della riconciliazione, sperando forse di farle pena.
Ma Nami in quel momento non era in vena di provare pietà per nessuno, figuriamoci per lui, e Rufy lo sapeva. Sapeva bene che in quei casi la sorella andava lasciata sbollire in solitudine prima di provare a fare alcunché per farsi perdonare la fesseria di turno eppure aveva voluto provarci lo stesso. Il morale a terra gli aveva fatto scordare che per le scuse era ancora troppo presto e Nami non perse tempo a ricordarglielo con un'occhiata assassina che lo raggelò nonostante il caldo afoso che si respirava in quella stradina lontana dal centro. Rufy deglutì sommessamente e indietreggiò intimorito.
Gi-giusto, troppo presto ancora... va-vado a se-sedermi laggiù... tranquillo... e non darò più fastidio... giuro!”
Nami seguì rabbiosa la sua figura allontanarsi di diversi metri e sedersi in un angolino sul marciapiede, sospirando tetro. Sbuffò infastidita e suo malgrado iniziò a provare un po' di senso di colpa che però bruciò sul nascere. Eh no! Col cavolo che doveva sentirsi in colpa, lei non aveva fatto nulla di male! Aveva il diritto di essere arrabbiata e ci sarebbe rimasta per tutto il tempo che voleva, accidenti! Non solo aveva perso un sacco di soldi ma le era toccato pure discutere per ore con la polizia cercando di spiegare che quelli non erano criminali ma solo due imbecilli!
Digrignò i denti lasciando vagare lo sguardo attorno a sé tra i campi di tulipani e le poche case, rimuginando. La mente volò all'albo da disegno che teneva nello zaino, quel paesaggio sarebbe stato bellissimo da riprodurre. Il disegno solitamente riusciva a calmarla ma il nervoso che sentiva addosso in quel momento era assoluto, la sua più grande passione non l'avrebbe aiutata.
Era vero che di solito sarebbe stato meglio lasciarla sbollire da sola ma per lo meno doveva ammettere che Rufy era stato gentile, aveva tentato di farsi perdonare e non solo poco prima, anche al commissariato e lungo la strada. Aveva provato più volte a chiederle scusa, senza successo, ma almeno aveva tentato, cosa che non poteva dire di qualcun altro...
Si fissò i lacci delle scarpe, improvvisamente tormentata dai suoi stessi pensieri. Alzò piano lo sguardo osservando una certa testa verde con la coda dell'occhio. Zoro se ne stava in piedi, ritto dietro di lei a braccia incrociate al di là del vetro della pensilina che li divideva e si guardava attorno tranquillo aspettando l'autobus. Da quando erano usciti dal commissariato non aveva più aperto bocca e Nami aveva sperato fosse per via delle botte prese ma ora che stava fisicamente meglio, proprio come Rufy, continuava a non proferire verbo e la cosa iniziava a darle parecchio fastidio. Lei lo aveva aiutato e Zoro non aveva mai nemmeno tentato di ringraziarla o di chiederle scusa e questo le stava pesando più di quanto avrebbe mai ammesso. Si era aspettata per lo meno un goffo tentativo di scuse imbarazzato e nervoso e invece niente, il fatto che non fosse arrivato ancora nulla da parte sua le dava fin troppo fastidio. Non capiva perché la testa di muschio non avesse nemmeno provato a dirle qualcosa, qualsiasi cosa! Non voleva grandi giri di parole, le sarebbe bastato un 'grazie' o un 'te li rendo' detti a denti stretti, le sarebbe bastato davvero. Bastato per capire che forse non la odiava così tanto, che forse non la considerava poi quel mostro che lui dipingeva, che forse aveva dei sentimenti anche lei e che, sempre forse, le sarebbe piaciuto instaurare un rapporto diverso e non basato su un'inutile e insensato odio reciproco.
Nami riportò la sua attenzione ai lacci delle scarpe rendendosi conto di desiderare una cosa stupida e folle. Chi voleva prendere in giro? Lei non l'aveva mai odiato davvero, mai, nemmeno ora che avrebbe avuto un motivo, seppur idiota, per farlo. Era da stupidi quella recita, lo sapeva, ma non riusciva a fare diversamente perché l'odio non era un'invenzione, c'era anche se solo da parte di Zoro, e non si sarebbe attenuato per così poco. Era inutile continuare a sperare in un rapporto civile un giorno, non poteva più sprecare tempo ed energie dietro a qualcuno che faticava solo al pensiero di restare nella stessa stanza con lei per più di due minuti e si tappava anche il naso pur di non sentire il suo profumo aleggiargli vicino. Nami si girò tetra imponendosi di non guardarlo.
Era una cosa ridicola, perché doveva restarci male se uno scimmione imbecille la odiava? Non era affatto giusto! Di nuovo la collera tornò prepotente in lei.
Si alzò in piedi dando accuratamente le spalle all'oggetto dei suoi pensieri, prendendo a fare avanti e indietro sul marciapiede a passo di marcia.
Perché non la smetteva e lo accettava? Lui la odiava? Bene, sarebbe stato lui a perderci!
Sbuffò nervosamente incrociando le braccia e raggiungendo in poche falcate il palo con gli orari dell'autobus, giusto per fingere di fare qualcosa anche se non riusciva nemmeno a leggere quello che c'era scritto tanto era furiosa.
Le nacque spontaneo in gola un lamento isterico da stress nervoso che riuscì ad attutire con un finto colpo di tosse e si costrinse alla calma. Respirò a fondo, riflettendo, sempre concentrata sulle scritte in aramaico antico della tesserina dell'autobus.
Era ora di finirla, non poteva sempre arrabbiarsi tanto, le sarebbe venuta un'ulcera continuando così e non ci teneva affatto. Zoro era un idiota e come tale doveva necessariamente sparire dal suo radar! Finito quel viaggio avrebbe cercato di evitarlo come la peste, più di quanto già non facesse, e si sarebbe scordata del fastidio insensato che le provocava il suo odio immotivato. Pazienza se la odiava, presto a lei non sarebbe importato di meno!
Nami annuì tra sé e sé, sicura, prima di darsi della stupida da sola. Di nuovo, ma chi voleva prendere in giro? Davvero era convinta che avrebbe smesso di importargli? Alzò gli occhi al cielo, esasperata anche con quella vocina interiore che il più delle volte le ricordava verità indiscutibili. Era davvero ora di finirla, eppure non credeva ancora che ne sarebbe stata in grado.
Rinunciò al fingere di sembrare interessata agli orari dell'autobus e tornò sotto la pensilina con il morale a terra. Non era capace di darsi una risposta seria al momento, ma doveva trovare una soluzione, non poteva continuare a distruggersi il fegato in quella maniera.
Inevitabilmente, l'occhio le cadde di nuovo sulla figura di Zoro, ancora fermo nello stesso posto e talmente immobile da farla dubitare che respirasse.
Non capì esattamente cosa la spinse ad abbassare lo sguardo per puntarlo sul suo zaino, forse a causa di quella strana sfumatura cremisi che aveva casualmente notato a colpo d'occhio solo perché circondata dal nero del tessuto. La considerazione arrivò improvvisa e senza rendersene conto: ricordava di non avere nulla nel suo zaino di colore rosso...
Si accigliò e ci mise un paio di secondi per mettere a fuoco cosa fosse quella macchiolina scarlatta e un altro paio per riuscire anche a identificarla restandone spiazzata.
Perché c'era un tulipano rosso sopra al suo zaino?
Gli occhi le si sgranarono sempre più man mano che si avvicinava al fiore, fino a spalancarli del tutto quando lo prese per osservarlo meglio ed assicurarsi di aver visto giusto.
Era un bellissimo tulipano in fiore, fresco, delicato, morbido, il gambo era lungo ma non troppo ed era stato reciso di proposito con una lama, non era volato lì casualmente con il vento.
Nami aggrottò le sopracciglia, era sicura non ci fosse quando avevano messo a terra gli zaini, da dove arrivava? Confusa lanciò un'occhiata a Sanji, quello sembrava proprio il genere di regalo che le avrebbe fatto lui per rallegrarle un po' la giornata anche se non capiva perché metterglielo sullo zaino, non poteva direttamente darglielo in mano? Con sorpresa, dovette presto escluderlo, Sanji era ancora al telefono e parlava animatamente con quello che presumeva essere Chopper. Lo scartò a priori, Sanji era troppo lontano e troppo coinvolto dal discorso non poteva essere stato lui, si era allontanata giusto un minuto dalla panchina. Si voltò quindi verso il fratello, poco convinta fosse opera sua doveva ammetterlo, ma forse l'aveva pensata come ulteriore modo per chiederle scusa. Rufy non era più seduto nell'angolino dove l'aveva visto mettersi nemmeno cinque minuti prima ma in piedi e chiacchierava amabilmente con una ragazza bionda spuntata da chissà dove che teneva al guinzaglio un piccolo barboncino e sembrava guardare suo fratello come se fosse la cosa più bella mai capitata in vita sua o, per lo meno, nella giornata. Nami sgranò gli occhi, non l'aveva notata avvicinarsi e non riusciva a credere che Rufy fosse riuscito a rimorchiare di nuovo! Era una stradina secondaria circondata da campi e con poche case dove non si vedeva anima viva, era inconcepibile persino per lei, ormai abituata a vedere quelle scene, che avesse davvero beccato l'unica forma di vita femminile mentre portava a spasso il cane.
Con uno sbuffo dovette scartare anche lui, era palesemente impegnato già da diversi minuti.
Una strana sensazione si impossessò di lei quando realizzò che c'era solo un'altra persona che avrebbe potuto metterle intenzionalmente un tulipano sopra lo zaino e farlo passare per una cosa da nulla. Il cuore prese a batterle all'impazzata pompandole adrenalina nelle vene mentre una piccola domanda faceva a pugni per riuscire a formarsi nella sua testa. Impossibile...
Nami alzò con circospezione la testa, voltando il viso di tre quarti in modo da poterlo vedere senza farsi notare troppo. Zoro era ancora lì, fermo e apparentemente tranquillo mentre lasciava vagare lo sguardo oltre le case e i campi. Non sembrava curarsi di lei, delle sue occhiate interrogative, né della sua scoperta nonostante gli fosse stata praticamente di fronte tutto il tempo.
Nami aumentò la presa sul tulipano, decisa a fare luce sulla questione e avvicinò il fiore al viso con lentezza calcolata, mettendolo bene in mostra. Notò un'impercettibile cambiamento della postura, Zoro si era irrigidito non appena si era accorto che cosa lei tenesse in mano e per un istante incrociò lo sguardo con il suo, abbassandolo con urgenza subito dopo.
Nami abbozzò un sorriso rendendosi conto di averlo imbarazzato. Continuava a fare finta di niente guardando deciso l'orizzonte ma lei lo vedeva quel leggero, leggerissimo, strato di rosso sulle sue guance. Rimase a fissarlo incantata meravigliandosi quasi di vederlo così turbato a causa di un gesto tanto dolce quanto inconsueto per uno come lui, perché ormai Nami non aveva più dubbi su chi fosse stato a regalarle quel fiore e in cuor suo ci aveva sperato fin dal primo momento.
Con il cuore in gola e la testa su di giri, si trovò a ridacchiare da sola, felicissima. Le aveva chiesto scusa in un modo contorto appositamente per non tradire quell'orgoglio insensato che si portava dietro da sempre, ma lo aveva fatto! Zoro Roronoa le aveva fatto le sue scuse, anche se in una maniera tutta sua.
Legò saldamente il tulipano al suo zaino, sentendo la testa diventare sempre più leggera ad ogni nuovo sorriso che le fioriva spontaneo sulle labbra. Non si rese nemmeno conto di aver sotterrato l'ascia di guerra, non era più arrabbiata, neppure l'attesa per l'autobus sembrava infastidirla.
Si, Nami lo sapeva e Zoro se n'era accorto.
Non riusciva ancora a capire cosa l'avesse spinto a fare un gesto del genere, eppure dopo averla vista legare stretto il fiore, timorosa di perderlo, qualcosa gli si era agitato alla base dello stomaco e aveva avvertito distintamente il senso di colpa che lo opprimeva da ore attenuarsi. Prima di accorgersene le labbra gli si erano già curvate verso l'alto in quello che più si avvicinava ad un sorriso di soddisfazione e non rimpianse di aver dato retta all'istinto per una volta. Guardò Nami e la sua ritrovata serenità sedersi sorridente sulla panchina e annuì a sé stesso, ne era valsa la pena.
Oi, testa di muschio, finalmente un sorriso!”
Zoro si voltò placido inquadrando un allegro Sanji e la sua sigaretta avvicinarsi a lui con la solita flemma. Non si premurò di rispondere a quella che era evidentemente una domanda mascherata da affermazione e preferì guardare altrove. Il biondo non si scompose troppo, affiancandolo vicino alla pensilina, ma al suo contrario il sorriso felice che portava non lo lasciò.
Sai, nonostante tutto quello che abbiamo passato stanotte non riesco a non essere contento... manca sempre meno!”
Zoro ridacchiò, a suo modo partecipe della sua felicità. Il desiderio di Sanji di trovare Viola era diventato anche il loro ormai e ci speravano tutti davvero che andasse a buon fine per il loro amico.
Ah proposito, me lo stavo scordando...”
Zoro lo fissò interrogativo.
Che fine hanno fatto Iva e gli altri? Non erano con voi?”
Il ragazzo sgranò gli occhi, se n'era completamente dimenticato!
Si grattò una guancia pensieroso, gli dispiaceva non averli salutati ma sperò che avessero trovato di che impegnare le giornate, per lo meno Izou...
Ecco, loro erano...”
Un clacson strombazzante coprì il resto della sua frase e catalizzò l'attenzione di tutto il marciapiede. Davanti a loro frenò bruscamente una piccola utilitaria verde fosforescente mezza scassata da dove ne uscì un baldanzoso Bartolomeo.
Ehilà gente!!”
Con gli occhi sgranati Sanji e Zoro gli si avvicinarono vedendo Rufy fare altrettanto. Nami al contrario aveva già fatto mezzo passo indietro, indecisa su come considerare la sua presenza lì.
Barto non si fece attendere li raggiunse in due falcate piroettanti strizzando gioia.
Per fortuna vi ho trovato, sono contento non siate già partiti! Quando ve ne siete andati stamattina ho avuto un'idea geniale! Vi porterò io fino al confine con il Belgio!”
Zoro assunse un'aria perplessa. “Vuoi portarci tu...?”
Quello annuì entusiasta e, come a voler sottolineare ancor di più le sue intenzioni, aprì il bagagliaio con un sonoro colpo di reni e gli sportelli posteriori dell'auto con due pugni sulla carrozzeria. “Voglio darvi una mano!”
Sanji scambiò un'occhiata veloce con gli altri. Zoro sembrava indeciso come lui, Rufy aveva abbandonato la ragazza bionda e seguiva la scena con un dito nel naso, mentre Nami sembrava soppesare seriamente la cosa con un'espressione difficilmente interpretabile negli occhi.
Beh, non vogliamo disturbare...” azzardò, cercando di capire se fosse o meno il caso osservando incerto l'abitacolo dell'auto, fatiscente come l'esterno ma per lo meno frenava ancora.
Bartolomeo fece un gran sorriso guardando proprio lui. “La tua storia mi ha profondamente commosso! Vorrei aiutarti a ritrovare Viola e non voglio nulla in cambio!”
Sanji saltò su come una molla. “Oh, ehm...”
Bartolomeo aumentò l'entusiasmo. “Insisto!”
Il biondino guardò Zoro che si strinse nelle spalle. “Non so, io...”
Sanji, insomma ma se insiste, lascialo insistere! Accettiamo Barto, grazie!”
Nami aveva finalmente deciso di unirsi alla discussione. Con gli sguardi di tutti puntati addosso prese il suo zaino e lo mise con cura nel bagagliaio dell'auto incitandoli a fare lo stesso con occhiate assassine. Zoro giurò di aver visto i suoi occhi lanciare fulmini e saette al loro indirizzo, non aveva alcuna importanza il mezzo di trasporto, se le avessero fatto perdere un passaggio gratis quelli promettevano dolori per loro, poco importava che li avesse appena perdonati per l'idiozia precedente.
Sanji e Zoro annuirono esitanti, Rufy neanche a dirlo si era già seduto sul sedile anteriore con un sorriso che andava da orecchio ad orecchio, entusiasta come solo lui poteva essere per la nuova avventura.
All'urlo di Belgio arriviamo!, l'auto sgommò via sbandando in una nuvola di fumo grigio tra le preghiere dei suoi occupanti.



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Capitolo 13
*** Dusk Till Dawn ***






“...sono un politico tedesco?”
“No...”
“Un cantante tedesco!”
“Nemmeno!”
“Allora... un attore tedesco!”
“Nada...”
“Caspita è difficile! Ma sono sempre tedesco, giusto?”
“Yohohohohohoho in realtà no, non so perché ne sei convinto...”
“Che cosa?? Me l'hai detto tu che ero tedesco!!”
Viola Cortes emise un lungo, lunghissimo sospiro.
“Yohohohohohoho non è vero, Kaya era un calciatore tedesco prima, ti sarai confuso!”
Prese a massaggiarsi le meningi con movimenti calcolati auto imponendosi la calma.
“E perché non me l'hai detto??”
Chiuse gli occhi esasperata, ormai sull'orlo di una crisi isterica e non era un bene che accadesse in quel minuscolo scompartimento.
“Usop dai, è solo un gioco!”
Nemmeno la voce dolce di Kaya sembrava aiutarla.
“Ma tesoro, Brook bara!”
“Non è vero!!”
Stava per scoppiare, lo sapeva.
“È colpa tua!”
“No!!!!!”
“Siiii!!”
“BASTA!!!!!”
Tre paia d'occhi si posarono rapidi e sconvolti su di lei fissandola dal basso. Si era alzata in piedi nella furia del momento e non se n'era nemmeno accorta.
“ORA BASTA!! FINITELA UNA BUONA VOLTA, SIETE DUE ADULTI PERCHÈ VI COMPORTATE SEMPRE COME BAMBINI??”
Kaya la guardò a bocca aperta come gli altri. “Vic, tesoro, cosa...?”
Viola si passò una mano sul viso con stizza senza riuscire più a guardarli in faccia.
No, non ce la faceva.
Non bastava che avesse dimenticato il suo inseparabile ventaglio portafortuna a casa.
Non bastava che avesse dovuto partire controvoglia solo perché era ormai tutto organizzato.
Non bastava che il treno fosse in ritardo e non si respirasse quasi per il caldo afoso.
Non bastava che il suo cuore fosse spezzato a metà e sanguinasse come non mai.
No, ci si dovevano mettere pure Usop e Brook con i loro giochi scemi a ricordarle che aveva più di un motivo per essere a pezzi in quei giorni orribili!
Era arrivata al punto di non ritorno.
Le venne un capogiro e dovette appoggiarsi alla parete, erano chiusi lì dentro da troppo tempo. Scosse la testa eludendo la mano di Brook che cercava di aiutarla ancora turbato per lo scatto d'ira, e con pena chiese scusa a tutti voltandosi veloce per aprire la porta dello scompartimento. Doveva uscire da lì subito.
Accolse come una manna dal cielo la ventata fresca che le arrivò in viso appena fatti i primi passi nel corridoio, qualcuno aveva lasciato i finestrini lievemente aperti per consentire un circolo d'aria e lei gliene fu eternamente grata.
Riuscire a respirare era magnifico, era felice di essere sola, non pensava di averne così bisogno però stare a stretto contatto con Usop e Brook per ore aveva davvero messo a dura prova i suoi nervi. Voleva bene ad entrambi ma era stanca di sentirli discutere per ogni minima cosa, anche la più assurda. Era stato più forte di lei, quello scatto d'ira era solo la conseguenza di giornate infernali passate tra il tormento e la depressione. Doveva riuscire a calmarsi e quell'arietta arrivava a fagiolo.
Si appoggiò ad uno dei finestrini del corridoio guardando triste il paesaggio rurale scorrerle davanti. Maledizione a lei e alle ferrovie dello stato, li avrebbe fatti pentire per quel ritardo infinito. Quanto mancava a Marijoa? Ancora troppo forse.
Lei e il suo malumore stavano rovinando le vacanze a tutti, lo sapeva perfettamente, ma non pensava che sarebbe stata tanto male. Il suo rifiuto l'aveva annientata, non si era mai sentita così vulnerabile e stupida, soprattutto stupida. Quante volte aveva permesso ad un uomo di condizionarla in quel modo? Quante volte aveva creduto di aver trovato una persona speciale prima di accorgersi che non era amore? Non si era forse ripromessa di non cascarci mai più?
Strinse i pugni, cercando di ricordare l'immane lavoro che aveva fatto su sé stessa per riuscire a fidarsi di nuovo dopo l'ultima batosta emotiva.
Sanji era diverso, lo sentiva anche se non si erano mai visti. Lui non era come gli altri, per questo si era buttata e aveva tentato di approfondire quel rapporto epistolare che ormai non le bastava più.
Si era innamorata di lui. Aveva scoperto davvero cosa volesse dire amare qualcuno al di là dell'aspetto esteriore e della sua stessa presenza ed era sicura, ne era certa, che lui stesse iniziando a provare le stesse cose.
Gli occhi le si fecero lucidi ma li asciugò subito con rabbia. Non serviva a niente piangere.
Doveva ammetterlo, si era sbagliata. Si era sbagliata sulla sua capacità di giudizio, sul buon cuore di lui, su quello che provavano e si sentiva tradita come non le era mai successo. Aveva immaginato tutto, lui non la vedeva come una donna da amare, al massimo come un'amica, ma dubitava anche di quello dopo il loro ultimo scambio di messaggi.
Sorrise amaramente al paesaggio che scorreva senza freni davanti ai suoi occhi fuori dal finestrino. Avrebbe preferito non averlo mai conosciuto.
I passi leggeri che udì dietro di sé non la disturbarono particolarmente, era un corridoio di passaggio e c'erano altre persone su quel treno. Attese che lo sconosciuto passeggero passasse oltre per poter tornare ad essere sola con i propri tristi pensieri da digerire ma dopo qualche attimo si rese conto di non aver sentito alcuna porta aprirsi, né richiudersi. In realtà non sentiva più nemmeno quei passi.
Aggrottò le sopracciglia confusa, voltando lievemente il viso verso sinistra, avvertendo una presenza silenziosa al suo fianco e si ritrovò a sgranare gli occhi non appena mise a fuoco un candido e morbido fazzolettino tenuto sospeso a mezz'aria a pochi centimetri dal suo viso. Con la stessa occhiata stupita allargò il campo visivo scoprendo chi potesse essere l'autore di tale nobile gesto assolutamente non richiesto e il cuore le si fermò per un attimo.
Un ragazzo.
Un ragazzo biondo che le sorrideva affabile, che le porgeva un fazzolettino, attendendo paziente che lei lo prendesse.
Un ragazzo biondo incredibilmente attraente, alto, dai lunghi capelli, che indossava un buffo cappello da cowboy blu e teneva una rosa rossa nel taschino.
Viola batté ripetutamente gli occhi, ricordandosi che avrebbe dovuto sentirsi in imbarazzo per essersi fatta vedere in lacrime dal primo che passava. A quello sguardo atterrito lo sconosciuto aumentò il sorriso gentile, avvicinando un po' di più il fazzoletto al suo viso in un muta richiesta. Dopo qualche secondo, Viola lo prese con un piccolo cenno di ringraziamento.
Il ragazzo non smise mai di osservarla, nemmeno quando finì di tamponarsi gli occhi lucidi di pianto, ringraziando il cielo per non essersi truccata quella mattina, e tentò di restituirglielo con un sorriso di gratitudine.
“Tienilo pure, non mi serve.”
Viola trattenne il respiro, quel ragazzo non era solo bellissimo, la sua voce era talmente ammaliante da farle girare la testa. Le fece perdere un paio di battiti e avvertire una familiare sensazione di calore salirle alle guance.
“Grazie...” mormorò imbarazzata.
Aveva uno sguardo penetrante, si sentiva così piccola di fronte a quegli occhi che la scrutavano cercando ogni più nascosta sfaccettatura del suo viso, occhi con una sfumatura di cielo in tempesta. Stranamente non provava alcun fastidio nell'essere osservata in quel modo, anzi.
Tese la mano verso di lui, sentendo il bisogno di fare conversazione o sarebbe andata a fuoco. “Io... io sono Viola.”
L'altro sorrise mostrando una lunga fila di denti bianchi perfetti prima di prendere la sua mano e farle un elegante e terribilmente seducente baciamano.
“Cavendish. È un piacere conoscerti, Viola.”
Trattenne il respiro, sconvolta. Era assurdo come il suo nome suonasse così sexy se pronunciato da quell'affascinante giovane uomo che non smetteva di tenerle la mano nonostante il tempo dei convenevoli fosse passato.
“Viaggi sola?”
Viola sobbalzò persa nelle sue fantasie. “Ehm, no... co-con amic...”
“Viaggio di piacere?”
Annuì, di colpo poco propensa a parlare. Ma che le prendeva?
Lui sorrise accattivante e lei dovette ricordarsi di respirare. “Stavo andando a prendere l'ultimo caffè alla carrozza ristorante prima dell'arrivo a casa, ti va di farmi compagnia?”
Di primo istinto avrebbe detto subito 'si!', ma il buonsenso la frenò in tempo. Non sapeva nulla di questo ragazzo, era uno sconosciuto incontrato nemmeno cinque minuti prima su un treno, perché avrebbe dovuto accettare il suo invito, poteva essere un criminale o peggio per quel che ne sapeva. I suoi bellissimi occhi azzurri e il portamento principesco potevano trarre in inganno, ma lei era cresciuta nella scuola di suo padre, pugile di professione finché non era andato in pensione e le aveva sempre insegnato a diffidare dell'aspetto esteriore. Anche una mela marcia vista dall'esterno può sembrare appetibile.
Per un attimo il vecchio mantra di suo padre le ricordò il motivo per cui quel ragazzo l'aveva trovata in lacrime. Con Sanji era stato esattamente il contrario. Aveva scoperto prima il meraviglioso mondo che si portava dentro, se n'era innamorata e, a quel punto, che importanza avrebbe mai potuto avere l'aspetto esteriore che possedeva? Quel pensiero aggiunse nuova pena al suo animo tormentato.
Il ragazzo sembrò intuire che era in corso una lotta dentro di lei, anche se non ne afferrava i motivi, e provò a fare un ultimo tentativo per persuaderla. Quella ragazza era troppo bella per starsene là triste e sola, se n'era reso conto immediatamente, e gli era venuta voglia di conoscerla.
Le sorrise di nuovo, allontanandosi di un paio di passi per non sembrarle troppo invadente. “Se non vuoi venire lo capisco, non sai nemmeno chi sono...”
Viola alzò lo sguardo sorpresa e lui prese la palla al balzo. “Come ti ho già detto mi chiamo Cavendish, nome piuttosto particolare, lo ammetto. Venne scelto all'epoca dalla mia autoritaria nonna paterna che lo impose senza dare diritto di replica ai miei genitori se non volevano venire diseredati in pompa magna.” riuscì a strapparle un sorrisino. “Sono di Marijoa, abito lì da sempre. Ho ventisei anni e sto tornando a casa dopo due mesi passati in Portogallo per lavoro.”
Viola lo guardò, suo malgrado incuriosita e lui se ne accorse. “La mia famiglia ha un ranch di purosangue e spesso mandano me in giro per l'Europa a cercare i migliori cavalli da acquistare o per trovar loro un degno partner per l'accoppiamento. La reputazione della mia famiglia mi precede e molte volte mi chiamano dai vari allevamenti anche solo per addestrare i loro scavezzacollo, come mi è successo in Portogallo. È un business strano ma da molte soddisfazioni, amo il mio lavoro.”
Lei non ci trovò assolutamente nulla di strano. Prima ancora di saperlo riusciva già a vederselo fiero ed indomito correre sul dorso di un cavallo bianco diretto verso l'orizzonte. L'immagine risultò così calzante che le sfuggì un sorriso al pensiero, lui lo vide e lo interpretò come una resa incondizionata.
“Che ne dici? Ti va di prendere quel caffè..?”
Viola incrociò lo sguardo con il suo. Sarebbero giunti a Marijoa in poco più di un ora, era stata una pessima giornata e il cielo sapeva quanto aveva bisogno di caffeina in quel momento.
Avvertì il cenno di assenso scaturire naturalmente e il sorriso di lui mentre le porgeva il braccio come solo un principe delle fiabe potrebbe fare.
Seguendolo lungo il corridoio le venne istintivo voltarsi appena indietro, come richiamata da una forza primordiale che la bloccò e le congelò il sorriso in volto.
Sanji...

*

Sanji...
Un sussurro lontano, una voce sconosciuta.
Sanji...
Strinse le palpebre, insicuro. Non riusciva a capire se si trovava in un sogno o in un ricordo.
Forse in tutti e due.
Sanji...
Non la conosceva quella voce ma di sicuro era di donna. Il suo stomaco si contrasse in uno spasmo doloroso, la vertigine arrivò potente come il senso di vuoto sotto di sé.
Sanji!
Chi lo chiamava? Perché dalla gola non usciva alcun suono nonostante lo sforzo?
Sanji!
Il cuore scalpitava nel petto. Sentiva di doverle risponderle! Era importante! Doveva!
Perché non ci riusciva?
“...nji!”
Chi era? Il respiro si fece accelerato. Il cuore rischiò di esplodere.
“SANJI!!”
Si svegliò di soprassalto respirando affannosamente. Piantò i palmi a terra raddrizzando la schiena automaticamente nel modo istintivo di chi si prepara all'ignoto, ma non c'era nulla di fuori posto intorno a lui, solo la figura armonica di Nami in piedi a sovrastarlo. All'inizio non si rese conto di avere lei davanti a sé, continuava a sentire nella mente quella voce sconosciuta di donna che lo invocava. Batté gli occhi confuso realizzando un po' per volta di non trovarsi più nella dimensione onirica. Vide Zoro e Rufy poco lontano e gli occhi preoccupati di Nami che lo squadravano dall'alto. Non c'era nessun altro lì con loro.
Si stropicciò gli occhi frastornato, riprendendo coscienza di sé. Era solo Nami che lo chiamava nel sonno, eppure per un attimo gli era sembrato...
Scacciò via l'ultimo residuo di un sogno troppo strano per riuscire anche solo a ricordarne dei frammenti e si rimise in piedi, sostenendo lo sguardo impensierito dell'amica fisso su di lui.
“Scusa se ti ho svegliato così, ma ti stavi agitando molto nel sonno e ho pensato... va... va tutto bene?” gli chiese premurosa.
Lui non riuscì a rispondere, si limitò ad piccolo sospiro teso che la stupì sopra a tutto. Che succedeva? “V-volevo dirti che abbiamo montato la tenda... m-mi avevi chiesto di svegliarti non appena fosse stata l'ora di preparare la ce-cena...” perché accidenti balbettava ora?
Lui sorrise caloroso, stupendola di nuovo per il repentino cambio d'umore. “Ottimo, grazie Nami-san. Ora ci penso io!”
La superò senza una parola dirigendosi a passo sicuro verso Zoro che stava finendo di sparpagliare sul terreno il contenuto di tre borse della spesa accanto al piccolo fornello da campo comprato per l'occorrenza quel pomeriggio insieme alla tenda da quattro posti.
Nami seguì stranita per qualche attimo il suo passo strascicato. Ci pensa lui...? Tutto lì? Niente gioia per la sua preoccupazione, né scuse per il suo comportamento? Non era certa di voler indagare oltre, ma da quando un sogno movimentato era capace di cambiarti la personalità?
Nonostante tutto quando tornò suoi passi e si unì ai suoi amici, Sanji pareva essere tornato il solito di sempre. Si strinse nelle spalle vedendolo litigare con Zoro perché aveva scordato di comprare la salsa barbecue e con Rufy per aver già spazzolato cinque hot dog.
Si, era decisamente ritornato il solito Sanji, meglio così, magari stava solo covando l'influenza e la paranoia le veniva nell'aver costantemente a che fare con i guai che le procurava Rufy.
Con un sorriso rilassato si sedette attorno al fuoco con loro, limitandosi ad ascoltarne i discorsi pronta ad intervenire nel caso fossero degenerati e guardandosi un po' attorno dimenticando le preoccupazioni.
Bartolomeo era stato così gentile da accompagnarli al confine con il Belgio, un viaggio di due ore per nulla facile. Rufy aveva scoperto con estrema gioia di essere sulla stessa lunghezza d'onda del verdino su svariati argomenti. Entrambi amavano i cartoni animati demenziali, il pugilato, la frutta molto matura e i pirati, soprattutto i pirati, purtroppo i pirati. Suo fratello aveva approfittato di un breve momento di noia che aveva fatto addormentare lei, Zoro e Sanji ed aveva osato strappare alcuni preziossissimi fogli dall'albo nella sua borsa. Al suo risveglio si era ritrovata l'auto sommersa da fogli di carta raffiguranti strani jolly roger e le ci era voluto solo un secondo per realizzare dove erano stati disegnati e dare di matto. Rimasero fermi sulla piazzola di sosta almeno mezz'ora, Rufy aveva bisogno di tenere le gambe alzate per fermare l'emorragia.
Alla fine erano riusciti ad arrivare senza ulteriori problemi se non contavano i colpi al cuore più o meno frequenti ogni volta che l'auto slittava in avanti o di lato soprattutto quando Barto spingeva il pedale del freno. Avevano rischiato parecchio in quella carretta ma era meglio di nulla dal momento che i soldi stavano inesorabilmente venendo meno e in quel paesino dimenticato da Dio dove Barto li aveva lasciati in un coro di saluti strombazzanti, sembrava non esistere un bancomat, né una qualsiasi bettola che potesse fungere da albergo dove passare la notte visto che il primo treno per la Francia partiva solo la mattina dopo. Dopo una rapida discussione e qualche bernoccolo, la tappa successiva più ovvia era niente meno che Marijoa, famosa per essere 'la città dell'amore' tanto quanto lo era considerata Parigi. Da lì sarebbero proseguiti direttamente verso Dressrosa. Avevano raggruppato i loro ultimi contanti e acquistato tutto quello che poteva servire per un allestire un campeggio di fortuna, se c'era una cosa che in quei luoghi non mancava erano boschi e foreste dove accamparsi.
Nami sorrise, avevano dovuto camminare un po' ma non poteva perdersi il bellissimo tramonto sul lago di cui tutti parlavano in paese, a sentire gli abitanti era qualcosa di magico. Anche il piccolo boschetto dove avevano deciso di accamparsi sembrava brillare di vita propria sotto quei raggi che morivano placidi sprofondando sempre di più nell'acqua e dietro le montagne.
“Certo che siete davvero due idioti!”
Nami socchiuse gli occhi, avvilita.
“Tu avevi detto di prendere solo il pane al sesamo! Che colpa ne abbiamo noi se ti sei messo a dormire in pieno pomeriggio come un moccioso ed è toccato a noi andare a fare la spesa??”
Sentì una vena del collo cominciare ad ingrossarsi pericolosamente.
“Marimo, non rompere, ho ancora i postumi della sbornia di tre giorni fa, potrei non rispondere delle mie azioni!”
“Ma sentilo. È meglio se non ti metti a scherzare con me, torcigliolo. Sono stato in galera, ho dei precedenti penali ora. Non ho più nulla da perdere!”
La minaccia sortì l'unico effetto di far alzare gli occhi al cielo a Nami.
Sanji lo guardò con sufficienza mettendo una pentolina sul fuoco. “Io non mi vanterei così tanto della cosa fossi in te!”
Zoro incrociò le braccia con un ghigno. “Invidioso, eh?”
Quello lo fissò storcendo la bocca. “Avrei potuto finirci mille volte anch'io, è che sono un signore.”
Il verde lo imbeccò. “Certo, certo... brutta cosa l'invidia...”
Prima che Sanji potesse trovare qualcosa con cui rispondere per le rime Nami si intromise con un poderoso pugno sulla testa di entrambi. “Siete finiti in galera! Volete piantarla di parlarne come se fosse una cosa eccezionale??”
“Ma lo è stato davvero!”
“Rufy, non ti ci mettere anche tu! Non mi è ancora passata del tutto!”
Abbacchiato il moro mugugnò qualcosa di indefinibile prendendo la sua macchinetta fotografica e preferendo avvicinarsi alla sponda del lago per fare qualche scatto artistico.
“Strega...” mormorò il verde massaggiandosi il bernoccolo, evitando di dirlo a voce alta.
Per un po' si sentì solo il rumore del vento tra gli alberi e il crepitare del fuocherello sul quale Sanji mescolava la zuppa nella pentolina.
Nami, per ingannare il tempo, aveva tirato fuori dallo zaino il suo albo da disegno e lo teneva sulle ginocchia, la matita in una mano e l'altra a sorreggerle il viso in evidente ricerca di un soggetto adatto. Aveva sfogliato distrattamente alcune pagine del plico alla ricerca di un'illuminazione, era già riuscita a fare diversi schizzi dall'inizio del viaggio, alcuni più completi di altri, ma in quel bosco c'era così tanto da disegnare che non sapeva da che parte cominciare. La elettrizzava iniziare un nuovo disegno, vedere il foglio bianco, sentire il profumo della pagina vuota, della mina appena temperata pronta all'uso, una sensazione magnifica che non aveva paragoni.
Abbozzò la chioma della maestosa quercia che aveva davanti, era uno splendido soggetto, grande altissima, rigogliosa, in una parola perfetta. Il suo animo vibrò entusiasta.
Delineò prima di tutto i rami, cercando poi di dare una forma astratta al fogliame e proseguì con le venature del legno sul tronco, senza staccare mai lo sguardo dal disegno, giù fino a copiare le grandi radici che fuoriuscivano dal terreno e provocavano piccole zolle tutto attorno. Annuì tra sé soddisfatta e alzò appena gli occhi sulla figura dell'albero per accertarne la somiglianza con quello riprodotto quando il respiro le si bloccò in gola per la sorpresa.
Non... no, era assurdo! Dovevano esserci migliaia di alberi in quel bosco. Migliaia, migliaia, e lei quale aveva deciso di disegnare? Respirò piano col naso accennando una risatina rassegnata e riponendo l'albo sull'erba accanto a sé. Meglio cambiare punto d'interesse o gli occhi sarebbero finiti continuamente in quella direzione e non era sicura potesse diventare un bene...
Prese ad osservare Sanji cucinare e un piccolo sorriso le nacque sulle labbra. Si vedeva quanto gli piacesse essere tornato alle prese con i fornelli, era da prima della partenza che non aveva più avuto occasione di prendere in mano una pentola. Tutto nei suoi gesti sprigionava la gioia di poterlo fare di nuovo, perché mai Sanji avesse scelto di fare economia non se lo spiegav... ah già, suo padre. Nami alzò mentalmente gli occhi al cielo, tornando assorta a guardare l'amico. Con maestria aggiungeva questa o quella spezia, regolava la fiamma là dove serviva e al contempo preparava gli altri ingredienti contando sull'aiuto di un piccolo tagliere. All'inizio si era offerta di aiutarlo ma lui aveva declinato con un sorriso gentile, la cucina era la sua più grande passione ed era felicissimo di rispolverarla dopo giorni di cibi pronti, Nami l'aveva capito e non aveva insistito.
“Sono sempre più convinta che dovresti studiare da chef...” ammise intenerita dopo parecchi secondi di silenzio.
Come l'avessero colpito in testa, a quelle parole Zoro alzò lo sguardo dalle katane che stava lucidando per indirizzarlo rapido su di lei, la salivazione improvvisamente azzerata. Cercò di dissimulare velocemente lo scatto repentino abbassando gli occhi non appena se n'era reso conto e sperò davvero di esserci riuscito. Da quando erano partiti da Elbaf aveva scoperto con malcelato terrore di schizzare su come una molla se sentiva nella voce di lei anche solo un piccolo accenno di dolcezza, indipendentemente da chi o cosa l'avesse causata, ma non ci teneva affatto che qualcun altro notasse la cosa, ci pensava già da sé a canzonarsi. Fortunatamente, nessuno dei suoi amici pareva essersi accorto di nulla, Sanji guardava solo Nami e alle sue parole si aprì in un sorrisino affabile di risposta. “Ti ringrazio mia sirena. Magari un giorno, chi lo sa...”
Lei annuì, ricordando quanto fosse delicato come argomento, e lasciò scemare sempre più quell'espressione dolce e rilassata dal viso per una di normale e annoiata attesa per la cena, riprendendo l'albo in grembo ed aprendolo su una pagina vuota.
Zoro guardava entrambi a momenti alterni senza farsi notare troppo. Impaziente, aspettava il continuo di un discorso che sembrava volersi chiudere così. Era bastato vedere Sanji alle prese con la sua passione più grande a sprigionare quella dolcezza nei suoi occhi? Bastava davvero così poco? Si ritrovò improvvisamente a sperare che il cuocastro aggiungesse altro, che so, dichiarasse il suo amore per pentole e padelle o per il cumino e la curcuma, qualsiasi cosa che potesse far tornare quello sguardo a Nami e lui riuscisse vederlo di nuovo. C'era un punto interrogativo grande come una mongolfiera che aleggiava sopra la sua testa e cercò di scacciarlo via come al solito, meglio non indagare, meglio non chiedersi nulla. Attese per diversi secondi ma ormai il momento era passato e insieme a quello anche tutta la sua confusione illogica. Si diede dell'imbecille appoggiandosi nuovamente al tronco della grande quercia che lo sovrastava, riprendendo a lucidare le sue fidate spade e allontanando quelle considerazioni assurde.
La calma tornò in quella piccola radura circondata dai grilli e Rufy, di ritorno dal lago a passo di marcia, scelse proprio quel momento per lanciare la sua proposta.
“Facciamo una foto tutti insieme?”
Sanji e Nami lo degnarono appena di un'occhiata prima di tornare ognuno alle proprie occupazioni.
Rufy non si diede per vinto, raggiunse Zoro sotto la quercia e gli oscurò la vista con un sorrisone da pubblicità.
“Vieni a fare una foto?”
L'interpellato alzò un unico sopracciglio seccato, Rufy non demorse.
“Dai, tra poco non ci sarà più luce e se tu accetti poi vengono anche gli altri!”
Zoro posò la lama nel fodero con gesto esperto continuando a non guardarlo. “No.”
Rufy mise il broncio. “Finora sei l'unico che non ha mai voluto fare una foto!”
“Pazienza.”  proclamò lapidario.
“Ma io poi le sviluppo! Se tu non compari sembrerà che non sei mai venuto!”
Zoro prese un'altra spada dal fodero esaminandola alla luce sempre più fioca del tramonto. “Sopravviverò.”
Rufy incrociò le braccia innervosito per il menefreghismo del compare su un argomento così importante. “Ma io le mando anche a Chopper per farlo stare tranquillo come mi ha detto Sanji!”
Il verde si azzardò a guardarlo di sottecchi. “...E allora?”
Rufy strinse gli occhi in un modo che avrebbe tranquillamente potuto considerare buffo se non sapesse che lo faceva solo per cose che giudicava serie e, parlando di Rufy, difficilmente esistevano cose che lui reputava serie che non c'entrassero col cibo.
“Se non ti vede nelle foto magari penserà che sei morto!” concluse con stizza come avesse appena enunciato una verità inoppugnabile.
Zoro continuò il suo meticoloso lavoro di lucidatura con un guizzo nuovo negli occhi e un mezzo ghigno. “...ecco, questa mi sembra un'ottima idea! Fa finta che sia morto!”
Il moro pestò un piede a terra dal nervosismo. “Oh, dai Zoro!!!!”
“No!”
Rufy strinse i pugni furioso voltandosi verso il piccolo accampamento dove Nami disegnava seduta sull'erba e a due passi da lei Sanji assaggiava la zuppa sul fuoco con un piccolo cucchiaio di legno. Perché nessuno voleva mai fare quello che piaceva a lui??
Infossò la testa tra le spalle deciso a prendersi una rivincita. Un'ideuzza gli aveva appena sfiorato la mente e probabilmente non era nemmeno più la voglia di fare la foto quella che lo spinse a rubare al volo quattro pagnotte preparate per cena trasformando rapida in furia la calma di Sanji e in sconcerto la tranquillità di Nami che si ritrovò ad assistere basita all'ennesimo tentativo di suicidio del fratello.
Con due pagnotte per mano e tentando di afferrarne una quinta con la bocca, Rufy dribblò l'amico che cercava di infilzarlo con uno spiedo per la carne e schizzò rapido verso il lago con il chiaro intento di tuffarcisi dentro, ridendo come un matto, seminando pezzi di pane e vestiti lungo la strada.
Sanji, preoccupato più per i panini che per le scarse abilità natatorie di Rufy, lo inseguì infuriato fin dentro il lago, annaspando nell'acqua bassa completamente vestito cercando di prenderlo.
Le urla isteriche di Sanji e quelle entusiastiche del fratello raggiunsero Nami che sospirò poggiando l'albo a terra e si alzò per spegnere il fornello acceso sotto la zuppa. La cosa poteva andare per le lunghe, meglio non rischiare un incendio o, peggio, di bruciare una cena già pagata.
La luna fece la sua comparsa dietro le montagne e lei, mani sui fianchi, si avvicinò ai due fermandosi sulla piccola spiaggia ad ammirare i giochi di luce notturni sulle increspature dell'acqua. I cittadini avevano parlato dello splendido tramonto ma doveva ammettere che sotto la luce lunare quel lago diventava ancora più bello. Avvertì una presenza avanzare dietro di lei e si strinse istintivamente nelle spalle quando la affiancò.
“Cosa diavolo stanno facendo quei due??”
Non serviva guardarlo per sapere che aveva le sopracciglia aggrottate e si era messo a braccia conserte. Nami si sentì improvvisamente timida mentre rispondeva con un laconico 'giocano', senza distogliere l'attenzione da Rufy e Sanji che si rincorrevano nell'acqua ridacchiando, la collera sparita tra gli schizzi.
“Ah...” Zoro deglutì piano, notando forse per la prima volta a chi aveva posto quella domanda, rimanendo anche lui a corto di parole.
Nami curvò le labbra in una smorfia di fastidio.
D'accordo, le aveva regalato un fiore per scusarsi! Perché mai ora avrebbe dovuto provare soggezione in sua presenza? Era sempre il solito Zoro zoticone e imbecille, che diavolo! Avrebbe dovuto dirgliene quattro sul perché non era ancora intervenuto per interrompere l'allegro quadretto affinché potessero cenare in pace! Si, quello era da lei, quello avrebbe dovuto fare!
Si girò fiera verso di lui, pronta a riempirlo di insulti gratuiti e botte se necessario, ma le parole le morirono in gola non appena il suo profilo sereno le si stagliò davanti illuminato dalla luce della luna. L'espressione corrucciata non toglieva tranquillità alla sua figura, sembrava così pacifico mentre guardava il lago, calmo e serafico come difficilmente capitava se lei era nei paraggi.
Si allontanò impercettibilmente da lui e abbassò lo sguardo, dandosi dell'idiota. Non voleva, non voleva tornare a fingere di detestarlo e non voleva dare a lui un motivo in più per odiarla.
Rufy e Sanji avevano indetto una sorta di gara a chi alzava più acqua con un tuffo sul posto, si divertivano come bambini e le grida arrivavano chiare alle loro orecchie di belle statuine.
Zoro non parlava e lei era a corto di argomenti in grado di superare quell'attimo di imbarazzante silenzio senza complicare ulteriormente il loro rapporto.
Così non andava, doveva sbloccare quella situazione di stallo, con un bel sospiro Nami smise di pensare e di preoccuparsi lasciandosi guidare dall'istinto. Si abbassò e prese a slacciarsi le scarpe, poi con altrettanta sicurezza, si tolse la giacca e al momento di fare lo stesso con i jeans sentì Zoro trattenere il respiro.
“Che stai facendo??”
Nami lo guardò sorniona. “Non è evidente? Mi tuffo anch'io.”
Zoro deglutì ancora distogliendo lo sguardo mentre lei finiva di svestirsi e lanciava tutto vicino ad un albero.
Attese qualche attimo sperando che il cuore pulsante in gola smettesse di assillarlo non appena fosse sparita tra le increspature del lago, ma non la sentì mai entrare in acqua e fece l'enorme errore di voltarsi a cercarla.
Lo stomaco gli si contrasse in uno spasmo doloroso molto caldo, troppo caldo, così caldo che si stupì di non essere andato a fuoco immediatamente trovandosela davanti ferma in attesa, con una sola lunga t-shirt a coprirla fino alle cosce, i capelli sciolti sulle spalle e la mano tesa verso di lui in una muta domanda. Non riusciva bene a vederla in viso, la luce lunare non era così intensa, ma i suoi occhi sorridevano, ne era sicuro.
Nami non gli chiese esplicitamente di seguirla, rimase con la mano rivolta verso di lui per un tempo che gli parve infinito, senza mai smettere di guardarlo né accennare ad abbassare il braccio.
Zoro aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di dare un verbo ai suoi pensieri prima di rendersi conto che semplicemente non aveva nulla di importante da dire. A volte le parole non servono.
Ghignò sicuro, un luccichio di divertimento negli occhi che a lei non sfuggì e si abbassò per togliere scarpe e pantaloni. Nami arrossì impercettibilmente ma non distolse lo sguardo, ferma nella sua decisione, continuando a porgere quel ramo d'ulivo simbolico, grata all'oscurità che li circondava per riuscire a celare così bene quell'emozione senza nome che avvertiva, troppo strana per poterla definire con chiarezza eppure così palpabile da sentirla sulla pelle e in ogni terminazione nervosa. Una sensazione dannatamente piacevole che le faceva percepire l'ambiente circostante in maniera diversa, più intensa.
Nel momento in cui la mano rovente di Zoro afferrò la sua per trascinarla con sé verso il lago, tra le urla allegre dei suoi amici, la cosa più strana e inconcepibile di cui si rese conto fu che all'improvviso tutto il resto del mondo non aveva alcuna importanza.





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Capitolo 14
*** Ride ***






Quell'estate sarebbe stata ricordata come la più torrida della loro vita e il fatto che dovessero trascorrerne gran parte all'esterno a causa di quel viaggio improvviso e incosciente non aiutava. L'afa era opprimente, toglieva il fiato, ti annientava in poco non appena alzavi il capo dal cuscino al mattino e per tutto il giorno la testa pulsava indemoniata alla disperata ricerca di refrigerio. Fin dal loro arrivo in Europa avevano abbondantemente capito che la temperatura non si discostava molto da quella di casa e la cosa, anche se non li rincuorava, era da considerarsi tutto sommato normale visto che si trattava pur sempre di fine luglio.

Con il nuovo mese le cose non cambiarono anzi se possibile peggiorarono. Per il primo di agosto erano stati previsti 40° alle tre del pomeriggio e per allora Nami sperava ardentemente di essere già al riparo nella sua cuccetta ma, fino a quel momento, doveva sopportare il caldo sulla banchina semi deserta di quella vecchia stazione dei treni in attesa che aprisse la biglietteria. In quel buco dimenticato da Dio a quanto pareva non erano ancora arrivati gli sportelli automatici e la cosa aveva dell'assurdo visto che nessun bigliettaio -nessuno- si era fatto vedere per l'intera mattinata e avevano dovuto lasciar passare la bellezza di quattro treni diretti a Marijoa senza poterci salire.
'Le regole sono regole, il biglietto si fa in biglietteria, se non lo avete restate a terra!'
Nami stava decisamente iniziando a detestare le linee ferroviarie belghe e la pignoleria dei loro controllori. Come se non bastasse, le stramberie di Sanji si erano davvero trasformate in un virus e non uno qualunque, no, uno di quelli brutti, intestinali, che ti piegano in due e preferiresti morire piuttosto di continuare con quell'agonia ancora a lungo. Splendida cosa quindi che fosse successo proprio durante quell'assurdo viaggio e i suoi minuti costantemente contati. Certo, doveva ammettere che se l'era un po' andata a cercare, da fumatore incallito aveva già un fisico più compromesso rispetto a loro e quel viaggio lo stava stressando molto, se poi calcolava anche le numerose sbornie, gli sbalzi termici e la carenza di sonno che ultimamente lo portava ad addormentarsi ovunque in qualsiasi momento, non ci voleva un genio per capire che prima o poi il suo fisico avrebbe ceduto. Il bagno nel lago della notte precedente era stato la goccia che mancava, aveva trascorso quasi tutta la mattinata chiuso nel bagno della stazione e Nami aveva preferito mantenere un alone di mistero riguardo a cosa ci avesse esattamente fatto lì dentro per tutto quel tempo. Dopo l'ultimo controllo vitale fatto all'amico, suo fratello era tornato visibilmente impallidito reggendosi lo stomaco quasi sul punto di vomitare. Non era stato molto rassicurante ma da abile stratega, Nami aveva deciso di non chiedere dettagli.
Allungò le gambe, stirando i muscoli delle braccia in un'annoiata distensione. Era una penitenza quell'attesa ma non potevano fare altrimenti, non c'erano altre stazioni nei paraggi, né autobus che partivano in giornata. Era davvero un paese microscopico e faceva dannatamente caldo.
Rufy percorreva la pensilina a grandi passi da mezz'ora, irrequieto, impossibilitato a fare altro. Nami lo aveva minacciato di morte se avesse solo osato provare ad avventurarsi fuori dalla stazione, c'era seriamente il rischio che lo lasciassero lì e per quanto la cosa potesse risultare attraente ai suoi occhi sapeva che sua madre se ne sarebbe accorta prima o poi.
Nami, mi annoio!” ecco, ti pareva.
Lo sbuffo arrivò rapido. “Manca poco Rufy, quando apriranno la biglietteria compreremo quello che serve e appena Sanji torna dal bagno partiamo col primo treno.”
È ancora chiuso lì dentro??”
...”
...ma io non ne posso più!!”
Non possiamo farci nulla, siediti qui da bravo e aspetta.”
Rufy obbedì mogio resistendo appena dieci secondi prima di voltarsi di nuovo verso di lei, gli occhioni supplicanti.
Nami... mi annoio! Dai, esco solo per qualche minuto, faccio un giro per il centro e torno subito!”
Lei gli rivolse uno sguardo tale che avrebbe indotto anche il più terrificante tra gli uomini a zittirsi e fingersi morto, sfidandolo anche solo a pensare di poter ripetere la scempiaggine detta. Rufy capì l'antifona e riprese a percorrere la stazione a grandi passi, fuggendo dalla sorella cattiva.
Fingendo una noncuranza che non provava, gli occhi le scattarono in automatico verso destra, all'estremità della stessa panchina dov'era seduta, cercando la velata complicità dell'ultimo componente del gruppo rimasto con un po' di buonsenso. Non si sorprese troppo quando constatò che da lui non sarebbe arrivato nemmeno un soddisfatto sopracciglio alzato per aver rimesso in riga suo fratello e probabilmente non aveva nemmeno seguito lo scambio di battute tra loro. Si sistemò meglio sulla panchina, in evidente disagio.
Zoro non era il solito Zoro. Lo aveva già intuito quella mattina mentre smontavano la tenda con lui ancora bellamente addormentato al suo interno. Si, un'idea scema di Rufy per fargli uno scherzo. Zoro non l'aveva presa affatto bene, ad essere onesti peggio del solito. Aveva fatto una lavata di capo a tutti sull'essere adulti e responsabili -si, lui- e a smetterla di dargli fastidio. Rufy solo ebbe l'ardire di chiedergli se si fosse per caso svegliato con la luna particolarmente storta quel giorno. In risposta aveva ricevuto un grugnito e uno sguardo gelido che definire furibondo sarebbe stato poco. Da quel momento era stato sgarbato con tutti, da Rufy che non gli passava la bottiglietta d'acqua abbastanza in fretta, alla vecchina che aveva osato attraversare la strada prima di lui. Nami si era chiesta spesso nella mattinata se non fosse stato posseduto da uno spiritello del bosco. Zoro era sempre stato una testa calda e con lei aveva fatto le peggiori litigate della sua vita, sapeva bene di cosa era capace, ma quello era troppo anche per lui. Con il piccolo progresso fatto la notte precedente aveva pensato di aver aggiunto un nuovo capitolo al loro frastagliato rapporto, di poterlo considerare almeno una piacevole conoscenza se non proprio un amico, invece sembrava essere tornato tutto come prima per lui. L'aveva trattata peggio del solito e, se solitamente i suoi insulti le scivolavano addosso come acqua, aveva dovuto ammettere che non era più così. Ad ogni occhiataccia qualcosa si frantumava a livello dello sterno e il dolore cominciava a diventare tangibile. Si era ritrovata costretta ad ignorarlo come faceva una volta e a cercare di stargli più lontano possibile per evitare ulteriori alterchi. Le sarebbe dispiaciuto tornare a considerarlo un idiota patentato, soprattutto dopo aver constatato non lo fosse affatto, preferiva di gran lunga andarci d'accordo ma lui non le rendeva per nulla le cose facili. Era arrabbiato con il mondo ed era assurdo fosse cambiato così tanto nell'arco di una notte, sperò davvero che fosse solo a causa di una giornata storta come detto da Rufy.
Lo stomaco le si contrasse in uno spasmo di quella che avrebbe definito come preoccupazione, rendendosi che Zoro non si era ancora mosso dall'ultima volta che l'aveva guardato, due minuti prima. In realtà era da ore che non si muoveva, se ne stava lì, seduto a gambe aperte con i gomiti poggiati sulle cosce, le mani intrecciate e lo sguardo perso nel vuoto davanti a sé, nemmeno avesse chissà che paesaggio mistico da contemplare, il suo orizzonte si fermava proprio come quello di tutti contro un alto muro di pietre che delimitava la zona delle rotaie dalla strada principale. Ma Zoro non aveva alcun motivo valido per mantenersi in quella posizione tanto a lungo, lei stessa dopo appena mezz'ora su quella scomoda panchina aveva dovuto alzarsi a sgranchirsi le gambe. Si era pure messa a disegnare, ma la mancanza di soggetti interessanti le aveva fatto rimettere l'albo nello zaino, salvo poi ritirarlo fuori appena la noia si faceva sentire.
Se lo ripeteva da quella mattina e il passare del tempo non faceva che confermare i suoi sospetti. Zoro aveva qualcosa che non andava. Cosa fosse però restava un mistero, orgoglioso com'era non sarebbe di certo venuto a sfogarsi sulla sua spalla anche se una parte di lei era stata più volte tentata di proporglielo.
Lo stomaco di Rufy decise proprio in quel momento di brontolare sonoramente deviando l'attenzione su di lui e ricordando a Nami che l'ora di pranzo era passata da parecchio e nessuno di loro aveva ancora toccato cibo.
Dovremmo andare a comprare qualcosa da mangiare...” mormorò a nessuno in particolare, ben sapendo di avere i loro occhi su di sé.
Zoro, nemmeno a parlarne, distolse nuovamente lo sguardo e non fiatò, al contrario di Rufy che annuì entusiasta. Lui era sempre entusiasta, specie se si trattava di cibo.
Vado io!”
Prese la proposta come fosse stata una barzelletta. “Stai scherzando, spero...”
Rufy colse subito il tono canzonatorio e si rabbuiò. “Sono capace di andare a prendere da mangiare!”
Nami incrociò le braccia sotto al seno. “Ne sono certa, la mia reticenza è dovuta al fatto che dubito seriamente quel cibo riesca ad arrivare fino a noi.”
Rufy prese aria. “Nami! Sono perfettam...”
Si è aperta la biglietteria.”
Due paia d'occhi si voltarono all'unisono. Zoro fece spallucce indicando con un gesto del capo la porta in lontananza che finalmente apriva le serrande. “Non siamo forse qui per questo?” chiese con malcelata ironia.
Nami boccheggiò un attimo, presa in contropiede. Non capì se l'avesse stupita di più la voce di Zoro che riusciva a mettere insieme una frase senza urla per la prima volta in tutta la giornata oppure il fatto che la biglietteria avesse davvero aperto i battenti dopo ore. Lasciò correre la battuta del ragazzo decidendo di concentrarsi sulle cose più urgenti.
Va bene, Rufy vai a chiamare Sanji. Io vado a prendere i biglietti e poi a comprare dei panini.”
Rufy impallidì. “Io non ci torno in quel bagno!!”
Nami lo fulminò. “Sei l'unico che può farlo, non ci mando Zoro!” abbassò la voce di tre ottave “...si perderebbe anche solo scendendo le scale!”
Guarda che ti sento...” le comunicò laconico dal fondo della panchina.
Lei lo ignorò, non era il momento di litigare e guardò seria il fratello. “Non posso fare tutto io, devi solo andare a chiamare Sanji!”
Rufy piantò i piedi a terra. “Quel bagno sembra il set dell'esorcista! Perché non posso andare a comprare io il pranzo??”
La rossa respirò piano dal naso. “Nemmeno morta, piuttosto ti mando a prendere i biglietti!”
Non l'avesse mai detto, il fratello si illuminò. “Si! Ci vado io!!”
Fu il turno di Nami di impallidire. “Non ti ci mando a prendere i biglietti con i nostri ultimi soldi!”
Ma l'hai detto tu! Piuttosto del cibo preferisci vada in biglietteria!”
Non puoi avermi presa sul serio!”
Volete farla finita?!”
Nami si voltò piano verso il verde, fumando dalle orecchie. “Fatti gli affari tuoi tu!”
Lui alzò un sopracciglio. “Sono affari miei! La volete piantare e vi decidete a comprare quei dannati biglietti?? Questo paese mi ha già dato abbastanza sui nervi!”
Tutti i suoi buoni propositi andarono a farsi friggere, Nami non ci vide più. “Oh, sua altezza ha dei problemi! Mi scusi se qui c'è qualcuno che ha ancora voglia di salvare il culo a tutti!”
Zoro la fulminò con lo sguardo. “Se vuoi vado io da Sanji...” la minacciò.
Una vena del collo le si gonfiò in maniera preoccupante. “Tu-non-ti-muovi-da-lì!!” stabilì sottolineando bene ogni parola battendo un piede a terra.
Zoro incrociò le braccia stizzito, non degnandola più di un'occhiata.
Rufy attese cinque secondi. “Allora posso andare a prendere i biglietti?”
Nami trattenne a fatica uno strillo innervosito, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
L'arrivo tempestivo di due treni la fece ritornare in sé. Si stava facendo decisamente tardi, uno dei due era quello per Marijoa e non aveva alcuna intenzione di perderlo di nuovo.
Con estrema inquietudine guardò il fratello, incredula per quello che stava per far uscire dalla sua bocca. “Va bene, Rufy. Tu andrai a prendere i biglietti!”
L'esultanza del moro venne smorzata subito sentendosi afferrare per il bavero. Nami lo fulminò con gli occhi. “Guai a te sei fai qualche danno! Devi solo entrare, chiedere quattro biglietti per la città dell'amore, pagare ed uscire! Hai capito??”
Quello si liberò della presa oltraggiato. “Per chi mi hai preso?? Lo so perfettamente!”
Nami lo guardò avviarsi baldanzoso ma poco prima di cominciare a incamminarsi nella direzione opposta si sentì richiamare.
Nami, la città dell'amore è Marijoa, vero?”
Rufy!”
Lo sapevo! Lo sapevo!!”
Nami sospirò tetra vedendolo correre verso la porta. Quando sparì al suo interno si decise a dirigersi verso il piccolo bar della stazione con un enorme peso sullo stomaco. Evitò accuratamente di guardare Zoro ancora seduto sulla panchina e lo superò lasciandolo solo a fissare il suo adorato vuoto.
Il bar distava pochi metri eppure le sembrò di aver camminato una vita, tutta colpa di quello scimmione e dei suoi sbalzi ormonali. Prima la odiava, poi si mostrava amichevole, addirittura quasi simpatico, poi la detestava di nuovo e infine la ignorava. No, non lo capiva, non l'avrebbe mai capito e non voleva più nemmeno capirlo, che andasse al diavolo!
Aprì la porta con irruenza fiondandosi all'interno senza nemmeno aspettare che fosse del tutto spalancata, troppo accecata dalla rabbia per riuscire ad inquadrare in tempo l'ampio petto che si ritrovò davanti all'improvviso e riuscire ad evitarlo. Il campo visivo venne completamente oscurato da una polo bianca che rimase tale per poco perché un liquido marrone ci atterrò preciso sopra, bagnando lei e l'uomo che la indossava a cui era inavvertitamente finita addosso.
Nami sgranò gli occhi atterrita rendendosi conto di aver appena rovesciato del caffè addosso ad uno sconosciuto. Del caffè appena comprato tra l'altro, visto come fumava ancora il residuo rimasto nella tazza di carta che lui continuava a reggere in mano come un salvagente, immobilizzato per la sorpresa. Nami parve risvegliarsi di colpo a quel particolare. Oddio, l'aveva per caso ustionato??
Io, io... scusa!! Scusami davvero, non volevo! Ti sei fatto male?? Ti ho scottato??”
Prese al volo dei fazzolettini dal bancone là accanto, indecisa sul da farsi, non riuscendo a distogliere l'attenzione da quella costosa maglia bianca ormai irrimediabilmente rovinata. Nel piccolo bar era sceso uno sbigottito silenzio infranto solo da una vecchia radio che trasmetteva in sottofondo canzoni anni '60. Avevano attirato gli sguardi curiosi di tutti gli avventori ma a Nami non importava, la sua attenzione era tutta per il danno causato a quel bellissimo -e costosissimo- capo d'abbigliamento maschile. Doveva tamponare? O lasciar fare a lui? Rischiava di fargli più male se lo toccava lei? Che poteva fare ora? Perché si ficcava sempre nei casini?
Una risata dall'alto riuscì a distoglierla dal suo dramma interiore e a farla focalizzare su altro che prima non aveva notato. Le parole le morirono in gola mentre guardava per la prima volta in viso lo sconosciuto con cui si era scontrata.
Moro, muscoloso, alto, molto alto, troppo alto, ma quell'alto che non stona affatto, quello che apprezzi perché ti consente di alzarti sulle punte per baciarlo, con un pizzetto incredibilmente sexy sotto le labbra sottili e il viso canzonatorio di chi sa di essere portatore sano di bellezza e non fa nulla per nasconderlo. Dio mio...
Lo sconosciuto prese gentilmente un paio di fazzolettini dalla sua mano sospesa, immobile per lo stupore, e senza una parola cominciò a strofinarli sul tessuto della sua maglia, lanciandole al contempo sguardi ironici molto poco lusinghieri. Nami arrossì fino alla punta dei capelli e fece il tragico errore di abbassare lo sguardo. Con il caffè la maglia gli si era praticamente incollata ai muscoli del petto e l'imbarazzo crebbe enormemente quando si rese conto di non sapere dove guardare senza prendere fuoco. Non riusciva nemmeno a formulare delle scuse decenti sotto quello sguardo penetrante. L'aveva fatta grossa e continuava a coprirsi di ridicolo, perché il pavimento non la inghiottiva mai a comando??
Tranquilla, non mi sono fatto niente. Il caffè non era poi così caldo.”
Nami trovò il coraggio di alzare il viso. Il ragazzo continuava a tamponarsi il petto con calma a piccoli colpetti e non smetteva di guardarla. Se voleva essere gentile e prestarle soccorso non stava facendo affatto un buon lavoro! Il ghigno canzonatorio che tanto la stava imbarazzando era ancora onnipresente e non accennava a spegnersi! Gettò con noncuranza il bicchiere di carta e i fazzoletti nel cestino al bancone, costringendola a seguirlo con lo sguardo e l'occhio le cadde inevitabilmente in una zona del corpo che solitamente era più campo di Monet che suo. Lei si soffermava di più sul colore degli occhi, sul taglio di capelli o la forma della bocca, Monet invece puntava direttamente al lato b di un uomo per calibrare la prestanza estetica del suddetto. Per un piccolo insignificante attimo Nami provò pena per l'amica lontana, le era stata preclusa la possibilità di bearsi di tale opera d'arte che a lei invece stava venendo offerta su un piatto d'argento. Nami tentò di deglutire, la gola divenuta completamente secca in pochi secondi, riuscì a distogliere lo sguardo appena in tempo prima che mister 'fammi-quello-che-vuoi' tornasse verso di lei con passi lenti e calcolati che si scoprì a trovare sensuali quasi quanto la vista del suo meraviglioso fondoschiena.
Strinse i pugni e cercò di ricomporsi, si sentiva ancora profondamente dispiaciuta per l'incidente e quello veniva prima di tutto nonostante ben altri pensieri avessero cercato di distrarla per un attimo.
Scusami davvero.” trovò la forza di mormorare. I clienti del bar avevano smesso di considerarli una simpatica attrazione e nessuno ormai li osservava più. “Ti sono piombata addosso come una furia, non ti ho proprio visto e...”
Non farti problemi, è una vecchia maglia, non ci tengo.” la interruppe pratico con una smorfia. “A onor del vero ormai ci sono abituato, è una cosa che mi capita abbastanza di frequente.”
Lei corrugò le sopracciglia. “Ti capita spesso che un'imbecille ti piombi addosso rovesciandoti il caffè bollente sui vestiti?”
Il ghigno si allargò. “Beh, di solito gli imbecilli che mi piombano addosso non sono belle ragazze.”
Lo stomaco di Nami si avvitò su sé stesso, l'imbarazzo ormai dilagante che dal viso scendeva e prendeva possesso di ogni brandello del corpo. Una piccolissima parte di lei si chiese come potesse considerarla bella vista l'immagine che stava dando di sé, tra il viso appiccicoso per il caldo, la totale assenza di trucco e i capelli sfatti, ma la parte prevalente arrossì e basta.
Si allontanò istintivamente di un passo da lui. “Si-sicuro che non sei arrabbiato?”
Davvero, non preoccuparti.”
Nami si sentì più sollevata, aveva già fatto i calcoli per la cifra che avrebbe dovuto sborsare per risarcire la maglia e aveva sudato freddo. Controllò l'orario, poteva attardarsi dieci minuti. “Po-posso almeno offrirti un altro caffè?” come minimo glielo doveva.
Il ragazzo sgranò appena gli occhi in quella che doveva essere un'espressione di sorpresa e annuì con un gesto del capo. “Mi sembra un buon compromesso.”
Nami gli sorrise a sua volta e allungò il braccio tendendo la mano verso di lui. “Mi chiamo Nami.”
Lui non perse tempo, la afferrò con calcolata lentezza e nel farlo la avvicinò un pochino a sé.
Piacere di conoscerti Nami, io sono Law.”

*

Lo stanzino era molto più piccolo di come si poteva immaginare dall'esterno. Esclusivamente illuminato da una grande luce artificiale, il mobilio scarso e la carta da parati verde acido su moquette grigia facevano da sfondo all'unico sportello presente. Una porticina come esclusivo accesso al cubicolo che si trovava al di là del grande vetro e un piccolo buco a livello del viso, abbastanza grande per far passare contanti e biglietti ma abbastanza piccolo per dare l'illusione di essere in grado di proteggere la persona dall'altra parte della vetrata dal mondo esterno. Che poi, proteggere... che parolone. Che genere di malintenzionati avrebbero mai voluto assaltare un'anonima biglietteria belga nel centro del nulla? La risposta era piuttosto ovvia.
Era dura persino veder entrare dei veri clienti in quel buco e solitamente erano anziani che chiedevano un indicazione che non esisteva sui grandi tabelloni all'ingresso o ragazzini che dovevano scendere in città quando la noia di vivere in un posto dimenticato dal mondo prendeva il sopravvento. Giornate tutte uguali dove doveva sorridere e rispondere gentilmente all'avventore di turno, nei casi in cui ci fosse stato l'avventore di turno, altrimenti diventavano ore interminabili e persino fissare il vuoto acquistava fascino. Sempre con quel vetro davanti a proteggerla da tutto e tutti, silenzioso spettatore dei suoi sorrisi artificiali.
Sorrisi che ai più solitamente anche piacevano, sapeva di essere una ragazza carina Kayme, ne aveva avuto conferma, eppure la sua timidezza non la portava mai ad essere obiettiva sul proprio aspetto. Carina non vuol dire bella, carini lo sono pure i carlini ma nessuno li considererebbe mai esteticamente belli. Per venire al lavoro nemmeno si truccava, non ne vedeva il motivo e poi aveva sempre sospettato che il suo viso subisse una distorsione se guardato attraverso il vetro dall'altra parte del bancone. Era piuttosto ingenua ma non aveva mai avuto la presunzione di pensare che le giovasse in qualche modo, che potesse venire vista più bella di come sarebbe apparsa senza una superficie trasparente piena di graffi davanti a distorcere la sua immagine e a ricomporla in una completamente diversa che si meritava quello sguardo e quel sorriso. Eppure era l'unica spiegazione logica che riusciva a darsi. L'unico motivo per il quale una come lei avrebbe mai potuto ricevere un sorriso del genere, uno sguardo del genere, qualsiasi cosa del genere, da un ragazzo del genere!
Quegli occhi scuri così caparbiamente puntati nei suoi dovevano aver visto qualcosa di meraviglioso in lei, non c'erano dubbi. Non si può venir guardata così senza motivo! Andiamo, quando mai un ragazzo come quello -oh mio Dio, ha le fossette sulle guance- l'aveva mai guardata in quel modo??
Deglutì sommessamente battendo gli occhi come davanti al sole, cercando di riprendersi. Era andata completamente nel pallone, non si ricordava più quello che il ragazzo le aveva chiesto pochi secondi prima, e se non si fosse data una svegliata presto sarebbe diventata davvero patetica!
Scu-scusa puoi ri-ripetere...?” fu l'unica cosa che riuscì a mettere insieme. Stava facendo una pessima figura, le aveva fatto un'unica domanda da quando era entrato e se non la considerava già un'idiota l'avrebbe fatto ora.
Ma lui sembrava ben lontano dal considerarla tale. Le fece un altro sorriso, più grande, più bello, più luminoso, più di tutto, e all'improvviso ogni terminazione nervosa del suo corpo esplose. Il bassoventre si infiammò in contemporanea alle guance. In quel momento realizzò che quel vetro doveva essere stato messo lì apposta per protezione, si, per proteggere lui da lei e non il contrario.
Ti dicevo che devo comprare quattro biglietti...”
Aveva mai sentito una voce più sexy di quella? Anche se in parte attutita riusciva lo stesso ad avvertire la perfetta intonazione di ogni singola lettera e a lasciarsi assuefare dalla scossa elettrica che ciascuna parola provocava al suo cervello. Ne voleva ancora.
Qua-quattro biglietti...” esalò a corto di fiato.
Il ragazzo moro -come avrebbe voluto tuffarci le mani tra quell'ebano purissimo- si grattò la nuca con un movimento fluido che la ipnotizzò. E quella bocca che si apriva e chiudeva, quanto avrebbe voluto attraversare quel vetro...
Un sonoro bussare la risvegliò da quel peccaminoso sogno ad occhi aperti e le fece fare un salto sul posto per la sorpresa. Quando si era avvicinato così tanto al suo viso?? C'era ancora il vetro tra loro, vero?? Con una piccola smorfia di disappunto dovette constatare che c'era ancora, era stato solo lui ad abbassarsi al suo livello e a bussare con le nocche quando si era reso conto che la ragazza strana della biglietteria non lo stava più ascoltando.
Senti...” il ragazzo lanciò un'occhiata alla targhetta col nome che stava sul bancone. “Kayme! Piacere, io sono Rufy! Forse è meglio se ricominciamo daccapo, che ne dici?” le propose ridacchiando.
Kayme annuì, decisa a rimanere vigile anche se incapace di frenare il batticuore all'udire il suo nome pronunciato con così tanta disinvoltura da suonare fin troppo sensuale alle sue orecchie. Scosse la testa, doveva darsi una regolata, era ancora al lavoro dopotutto e quello per quanto affascinante, bello e sexy era pur sempre un cliente, le aveva detto che voleva dei biglietti, ne era sicura!
Pi-piacere di conoscerti Rufy.”
Non le arrivò nessun sorriso spacca cuore stavolta, ma appena un cenno di saluto cordiale. Per quando solitamente potesse essere scemo, Rufy aveva perfettamente intuito che la riuscita della sua missione dipendeva dalle coronarie della ragazza che gli stava davanti che parevano particolarmente suscettibili ai sorrisi. Più il tempo passava più Nami si sarebbe arrabbiata, doveva tornare rapidamente dagli altri se non voleva ricevere altre botte.
Allora, Kayme.” cominciò pratico, doveva lavorarsi la ragazza affinché si decidesse a muoversi. “Devo comprare quattro biglietti, mi segui?”
Lei lo fissò trasognata annuendo. Sarebbe stata una bugia dichiarare di non sentirsi lusingato per quello sguardo e se fosse stato per lui... ma non aveva tempo purtroppo, doveva approfittare del momento di blanda coscienza che sembrava attraversare la ragazza coi capelli verdi.
La destinazione è Marijoa, in Francia.” scandì bene enfatizzando tutto con un dito alzato.
A lei si illuminarono gli occhi. “Ooooh! Ho degli zii che abitano da quelle parti!”
Rufy batté gli occhi un attimo, preso in contropiede. “Ehm... d'accordo. Mi fa piacere!”
Lei annuì felice come una bimba la mattina di Natale. “Una volta andavo spesso a trovarli ma ormai faccio un po' fatica col lavoro, gli studi. Sai, io sono originaria di Punk Hazzard e non è proprio dietro l'angolo. Mi sono trasferita qui qualche anno fa, mi ci trovo bene ma potrebbe andar meglio!”
Ah, ma pensa, Punk Hazzard...” tentennò lui confuso. “È in Germania, vero?”
Lei annuì raggiante senza smettere di fissarlo estasiata. “I miei genitori abitano ancora lì, io ci vado ogni volta che posso. Dovresti visitarla, è splendida in questo periodo!”
Rufy si grattò una guancia, riflettendo. Quello di cui stavano parlando non c'entrava nulla con quello che le aveva chiesto... vero? Doveva aver perso il filo da qualche parte.
Beh, perché no, magari... Kayme credo che ci siamo un po' allontananti dal discorso. Mi servono quattro biglietti per la città dell'amore, hai presente?” chiese di nuovo poggiando le mani al bancone e facendo male a quanto pareva perché lei si focalizzò su quelle dimenticando di rispondergli. Rufy cominciava a spazientirsi. D'accordo solitamente gli faceva piacere che le ragazze lo apprezzassero ma quello era un momento delicato, ne andava della sua reputazione! Dopo la notte in galera Nami non si fidava più di lui e doveva dimostrarle quanto si sbagliava! Doveva prendere quei biglietti!
Battè nuovamente le nocche contro il vetro per richiamare la ragazza. “Senti, avrei un po' di fretta! Me li dai o no?”
Lei si riscosse di colpo e arrossì fino alla punta dei corti capelli verdi. “Oh si, si certo! Ehm... faccio subito!”
Rufy la vide voltarsi verso il computer e sospirò di sollievo, ora poteva pure permettersi di flirtare un po'. “Grazie, Kayme. Non ho mai incontrato una persona così efficiente...”
Lei quasi svenne ma riuscì a ricomporsi prima. Doveva dargli i biglietti! Fosse stato per lei gli avrebbe dato anche un rene.
Bi-binario 3...” pigolò passandogli i fogli freschi di stampa e prendendo i suoi soldi senza nemmeno contarli. Rufy la ricompensò con un sorriso da capogiro, fortunatamente era già seduta.
Ti ringrazio, spero che ci vedremo ancora!”
Lo spero anch'io...” mormorò al vuoto. Rufy era già svanito oltre la porta.

*

Zoro non riuscì a trattenere un altezzoso sopracciglio alzato alla vista della larva umana che avanzava inesorabile verso di lui con passo strascicato. Non ci volette un grosso sforzo di fantasia per riuscire a classificarlo così, il suo primo istinto lo aveva definito 'morto che cammina', ma non era la giornata adatta per parlare di morti e da là a definirlo 'larva' era stato un attimo. Per lo meno la colorazione verdognola si era un po' attenuata dopo l'intera mattinata passata a vomitare.
Sanji si lasciò cadere a peso morto sulla panchina accanto a lui. Era ridotto ad uno straccio.
Zoro incrociò le braccia stizzito, gli erano sorte spontanee un paio di battute che decise di tenere per sé. Che gusto c'era a provocare il damerino se questo si rendeva a malapena conto di dove fosse? Già non aveva idea di come avesse fatto a mantenere immacolata la camicia bianca. Non ne avrebbe avuto alcuna soddisfazione...
Hai... hai bisogno di...?”
...quello e forse gli faceva anche un po' pena.
Sanji negò fortemente col capo coprendosi veloce la bocca con una mano, nell'evidente intenzione di bloccare sul nascere un nuovo spasmo. Stava decisamente male.
Zoro alzò una mano indeciso, prima di farsi coraggio e dargli dei cauti colpetti sulla spalla in un maldestro tentativo di conforto che Sanji accolse con un sopracciglio alzato e uno sguardo esasperato rivolto all'alone nero che invece circondava lui da tutta la giornata. La comunicazione non verbale che passò tra loro fu piuttosto sbrigativa ma non per quello meno efficace. Il biondo sapeva perfettamente cosa avesse, il virus l'aveva indebolito, mica reso stupido.
Mi dispiace che stai male...
Mi dispiace che sia una brutta giornata per te...
Non ci voleva molto tra loro.
Nami scelse proprio quel momento per fare ritorno alla panchina. Zoro le scoccò un'occhiata di striscio e per una frazione di secondo gli parve di notare un sorriso aleggiarle in viso ma l'attimo dopo pensò di esserselo solo immaginato perché quando si accucciò per sincerarsi delle condizioni di Sanji, non ve n'era traccia.
Ho preso dei panini e delle bottigliette d'acqua.” Nami mostrò la borsa con gli acquisti fatti. “Sanji dovresti cercare di bere qualcosa, so che non è facile ma hai perso un sacco di liquidi...”
Il biondo annuì con un sorriso tirato, era pallido da far paura, sembrava che gli costasse fatica persino respirare e il caldo lo faceva stare sempre peggio. Era riuscito per miracolo ad uscire dal bagno ma Zoro sapeva che era solo questione di minuti prima che le forze lo abbandonassero di nuovo, dovevano cercare di salire presto su quel treno e possibilmente in una cuccetta vicino ai bagni.
Un trambusto alle loro spalle costrinse chi poteva a voltarsi. Un felicissimo uragano rosso si avvicinava in gran carriera agitando dei fogli sopra la testa. “Ragazzi, ci sono!! Li ho presi!!”
Rufy frenò appena in tempo evitando per un soffio di finire addosso al moribondo e Nami lo ricompensò con il primo pugno della giornata.
Binario 3!” esclamò fiero agitando con forza i biglietti.
Nami si accigliò. “Binario 3? Cioè questo?” si voltò a sinistra indicando con un cenno il grosso treno fermo in attesa di partire che continuava a sprigionare fumo nerastro nell'aria intossicandoli.
Rufy annuì. “Me l'ha detto la ragazza in biglietteria.”
Nami corrugò le sopracciglia. “Ero convinta che dovessimo andare verso sud...”
Il fratello fece spallucce.
Fammi vedere un attimo quei biglietti...”
Ehm... ragazzi...”
Rufy e Nami si voltarono al richiamo urgente di Zoro curvo su Sanji, il suo stomaco si era rifiutato di concedere loro altri minuti in chiacchiere.
Il treno fischiò in contemporanea con i rintocchi del grande orologio della stazione e insieme faticarono a coprire i lamenti di Sanji e fallirono miseramente con le imprecazioni degli altri. Erano le tre in punto, il convoglio sarebbe partito di lì a poco, non avevano più tempo.
Dobbiamo salire sul treno!” insistette Zoro alzando di peso il biondo che non emise nemmeno un laconico lamento per il trattamento, troppo impegnato a non rimettere sul marciapiede.
Nami mollò ogni indugio e gli si fece accanto immediatamente afferrandolo per l'altra ascella ed incitando Rufy a prendere le sue borse.
Riuscirono a salire per il rotto della cuffia ma a Sanji non bastò. Con un colpo di reni si buttò in avanti rimettendo anche l'anima proprio sopra le scarpe di Rufy che non fece in tempo a spostarsi.
Sanji!! Con tutto lo spazio che c'è!!”
Nami lo spinse avanti, incitandolo a sbrigarsi, ci mancava solo che anche lui si mettesse a dare spettacolo. Nemmeno si accorsero del treno che partiva, troppo impegnati a cercare una cuccetta libera che sembrava introvabile. Con le valigie e la folla che c'era, Sanji non era affatto facile da gestire dal momento che dovettero sostenerlo in due per tutto il tempo. Lo scompartimento completamente libero nemmeno troppo lontano dal bagno trovato da Rufy venne accolto come un miraggio nel deserto e ci si tuffarono tutti come disperati.
Nami si assicurò subito che Sanji avesse a disposizione tutto l'occorrente per non ricoprire ciascuna delle loro scarpe di verde acido, ma appena si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni si rese conto che non sarebbe servito, il loro amico si era addormentato di botto non appena poggiata la testa sul morbido sedile. Sorrise e si sedette anche lei, lasciandosi cullare dal rumore sordo delle ruote che sferragliavano sui binari, era esausta. Il suo ultimo sguardo vigile andò a posarsi sulla testa verde di Zoro, assopito anche lui vicino al suo amico e già autore di una lenta sinfonia di trombe.
Rufy tornò dal bagno dove aveva cercato di ripulire le scarpe e li trovò tutti tra le braccia di Morfeo, crollati nonostante l'ora pomeridiana. Prese un paio di panini dal sacchetto comprato da Nami e se li gustò in solitudine ammirando il paesaggio urbano che scorreva fuori dal finestrino. In pochi minuti la stanchezza l'ebbe vinta anche su di lui e raggiunse i propri amici nel mondo dei sogni con ancora mezzo panino stretto tra i denti.




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Capitolo 15
*** Strange ***







Una voce metallica risuonò nella cuccetta silenziosa pronunciando parole indecifrabili all'umana comp
rensione e Zoro si ritrovò a grugnire infastidito nel sonno. La voce scomparve presto ma non la ritrovata coscienza che gli aveva così gentilmente fatto riaffiorare. Il buongiorno si vede dal mattino, eh.

Non era necessario aprire le palpebre per capire dove si trovasse, gli inconfondibili sussulti che avvertiva sotto di sé potevano essere causati solo da un treno che sfrecciava veloce sui binari e, probabilmente, la voce gracchiante veniva da uno degli auto parlanti disseminati per i vagoni. Si ritrovò a maledirla con tutto il suo essere, non sapeva nemmeno cosa avesse detto ma l'aveva svegliato e lui odiava essere svegliato, soprattutto se all'improvviso!
Scocciato e ancora mezzo addormentato, aprì a fatica un occhio. La luce fioca che passava attraverso le tende chiuse della cuccetta in cui si erano lanciati la sera prima come assetati nel deserto, gli permise di distinguere le sagome dormienti dei suoi amici, erano tutti lì. Si trovavano ancora a bordo del treno diretto a Marijoa ma non aveva idea di che ore fossero né quanto tempo mancasse all'arrivo. Ormai vigile si stiracchiò sbadigliando sonoramente, si alzò con un colpo di reni e spalancò le piccole tende inondando di luce la cuccetta e i suoi occupanti che presero a mugugnare nel sonno, disturbarti dal sole del mattino e in contemporanea il treno prese a rallentare la corsa fischiando allegro, rischiando di farlo finire a terra. Avevano dormito tutta la notte, dovevano essere quasi arrivati.
Scardinare Rufy dal sedile fu la cosa più difficile ma alla fine riuscirono tutti a rimettersi in piedi proprio nel momento in cui il treno fermava la sua corsa alla stazione.
Scesero con ritrovato buonumore, a Sanji la dormita e le due pilloline prese avevano fatto molto bene, non era ancora completamente in forma ma per lo meno lo stomaco aveva smesso di fare i capricci e riusciva a camminare da solo, l'emozione di essere ad un passo da Viola aveva fatto il resto. Rufy saltellava felice lungo la banchina della stazione, una nuova avventura li aspettava e non vedeva l'ora di fiondarsi alla scoperta della città. Nami ormai aveva esaurito la voglia di tenerlo a freno, molto più concentrata nell'ispezionare il contenuto dei loro zaini e assicurarsi di non aver scordato nulla. In tutto questo c'era qualcun altro che non badava a nessuno di loro e si grattava la testa in palese stato confusionale.
C'era qualcosa che non tornava... Se Sanji non si fosse messo a svolazzare in giro sprigionando cuoricini probabilmente non avrebbe nemmeno alzato la testa dal marciapiede e non se ne sarebbe accorto, invece i suoi occhi erano schizzati rapidi ed esasperati al cielo, ma al posto del cielo avevano incrociato delle lettere chiare e precise stampate a fuoco su un piccolo cartello che aveva visto giorni migliori e ondeggiava attaccato alla pensilina da dei gancetti di metallo.
Ora, Zoro non era mai stato una cima in geografia o orientamento, ma quello solitamente non era il cartello che stava all'ingresso di ogni stazione ferroviaria ad indicare il nome del paese in cui ci si trovava? Ne era quasi certo, eppure qualcosa non tornava nel suo ragionamento. Se si trovavano a Marijoa, perché quel cartello indicava chiaramente tutt'altro...?
Un dubbio atroce si fece strada a pugni e pedate nella sua testa ed esitò parecchio prima di decidersi ad esporlo agli altri.
PUNK HAZARD!!! RUFY, PERCHÈ SIAMO A PUNK HAZARD??? SPERO PER TE CHE LA SPIEGAZIONE CHE MI FORNIRAI SIA ESAUSTIVA PERCHÈ GIURO SU QUANTO HO DI PIÙ CARO AL MONDO CHE TI LEGO AI BINARI E LASCIO CHE OGNI SINGOLO TRENO PRESENTE TI PASSI SOPRA E TI RIDUCA IN MILLE MINUSCOLI PEZZETTINI!!!”
Zoro, che si era già saggiamente allontanato di qualche passo dalla furia rossa, la guardò con ritrovato stupore. Quella ragazza aveva dei polmoni d'acciaio, non l'aveva mai vista respirare mentre urlava contro il fratello e lo pestava di botte sotto gli sguardi attoniti dei passanti.
Ammirazione a parte, condivideva con lei il nervosismo per l'ennesimo inconveniente ma si rendeva anche conto che cercare di ammazzare la causa non avrebbe risolto il problema. Quando il colorito di Rufy prese a diventare via via sempre più cianotico e si decise ad intervenire non contando nemmeno per un attimo sull'aiuto di Sanji, stramazzato a terra con un alone nero di depressione che si spandeva a macchia d'olio già da diversi minuti.
Nami si accasciò accanto a Sanji e in due formarono un curioso quadretto di rassegnata afflizione che fece storcere il naso al verde mentre con le mani premeva sullo sterno di Rufy cercando di farlo rinvenire, anche se ormai pareva non esserci molto da fare.
Ormai siamo qui, non possiamo, di nuovo, farci nulla...” mormorò rivolto ai due zombie che al momento facevano le veci dei suoi amici. Estrasse dalla tasca una caramella alla frutta e la passò sotto al naso del moro, funzionò meglio di tutte le tecniche di primo soccorso che aveva dovuto imparare per il suo corso di laurea. La lasciò a Rufy quando si fu ripreso.
Tu non capisci...” esalò a fatica la ragazza alzando appena la testa. “Non ho più nemmeno un centesimo sul conto. Né io, né Rufy. Ho solo i pochi contanti rimasti nel portafoglio...”
Sanji si passò una mano sul viso, visibilmente a pezzi. “Lo stesso per me...”
Zoro si grattò una guancia, pensieroso. “Io devo avere ancora qualcosina nello zaino, il mio conto era già in rosso prima di partire.” comunicò a voce alta con un alzata di spalle.
Non siamo messi molto bene, allora...” si azzardò a constatare Rufy, masticando piano la caramella.
Nami lo fulminò alzandosi di scatto e infilando il proprio zaino, una luce di determinazione che brillava nello sguardo furente.
D'accordo...” cominciò squadrandoli uno alla volta con fermezza. “Rufy ha fatto una delle sue solite rufate...”
Una che...?” la interruppe Zoro.
Ne ha combinata un'altra della sue. A casa le chiamiamo così...” spiegò pratica Nami agitando una mano per richiamare all'ordine. Ignorò l'occhiata sbalordita di Zoro e il broncio triste del fratello.
La colpa stavolta non posso darla solo a lui, anche se se la meriterebbe tutta! Tutti noi avremmo dovuto controllare.” Sanji e Zoro annuirono mesti. “Siamo a Punk Hazard, seconda città più importante della Germania, dopo Berlino, e siamo di molto fuori rotta! Ci serve un modo per riuscire a sopravvivere almeno per i prossimi tre giorni, finché non arriveremo in Spagna e possibilmente senza doverlo far sapere ai nostri genitori! Qualche idea?”
Tutti si guardarono in evidente disagio.
Chiediamo la carità...?” propose Zoro incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.
Nami sbuffò. “Difficile che ci scambino per dei barboni, questa giacca è firmata!” esclamò indicando il proprio abbigliamento.
Mia sirena, non abbiamo idee al momento. Ci avviamo verso il centro intanto e vediamo se ce ne viene una strada facendo?” chiese Sanji prendendo una sigaretta dal taschino ma rinunciandoci subito, ricordando che avrebbe dovuto risparmiare pure su quelle.
La proposta venne accolta all'unanimità.
La strada verso il centro cittadino non si dimostrò poi così lunga, ma era disseminata di pub e birrerie. Nami era certa di non averne mai visti così tanti in un tragitto così breve e si ritrovò a tenere sempre sott'occhio la testa verde di Zoro, capace di cedere alla tentazione di sparire in un attimo dentro ad uno di loro e non vederlo più riemergere.
Almeno lì l'afa non era così opprimente, si stava decisamente meglio. Si fermarono ai piedi una fontana particolarmente maestosa, proprio al centro della piazza principale, zeppa di statue che creavano ad arte giochi d'acqua per incantare i turisti, vicino c'era anche un pittoresco mercatino all'aperto pieno di bancarelle dal quale arrivavano gran parte degli schiamazzi che sentivano.
Lo stomaco di Rufy prese a gorgogliare ripetutamente. Il sorriso imbarazzato era solo di facciata, non mangiava dal giorno prima e per lui così tante ore stavano diventando un record personale. Stava per impazzire ma si sentiva ancora in colpa per la storia dei biglietti -maledizione a lui e al suo fascino!- non aveva idea di come chiedere altri soldi per potersi fiondare in uno di quei bellissimi bar della piazza a rifocillare almeno in parte il suo povero stomaco.
Dall'alto della sua intelligenza, o forse solo perché avevano pur sempre condiviso una sacca per nove mesi qualche anno prima e lo conosceva come le sue tasche, Nami l'aveva giù intuito e, nonostante tutto, si rendeva conto della sua situazione. Tutti avevano fame e a stomaco pieno si ragionava meglio, gli allungò due banconote con la promessa di non usarle per altro che non fosse riempire la pancia e portare qualcosa anche a lei, il tutto in tempi brevi o lo avrebbero mollato lì. A Rufy non parve vero! Saltellò entusiasta puntando rapido al primo bar che gli capitò sott'occhio.
Vado con lui.” comunicò Zoro pregustandosi una bella birra ghiacciata.
Nami lo fulminò. “Vedete di non combinare qualche guaio!”
Oi, marimo.” Sanji gli si avvicinò prima che si avviasse. “Vedi se trovi qualcosa anche per me. Devo rimettermi in forze.”
Zoro ghignò afferrando le banconote che il biondo gli aveva passato e raggiungense Rufy senza sbagliare strada nemmeno una volta. Il potere dell'alcool faceva miracoli.
Il moro aveva scelto un normalissimo pub tedesco di medie dimensioni con ampie vetrate e tavolini in legno e ferro battuto, soffitti alti con travature a vista e muri di mattoni grezzi che circondavano un bancone piccolo ma zeppo di ogni ben di Dio. Zoro vi si avvicinò con Rufy al seguito e cercò con gli occhi il barista. Se non fosse stato per il gruppo di allegri ubriaconi che rideva e cantava infondo al locale avrebbe detto non ci fosse nessuno. Si scambiò un'occhiata divertita con Rufy prima che questo intravedesse il banco dei panini e ci si fiondasse a pesce. Zoro cercò ancora la presenza di un qualche barista ma sembrava non ci fosse davvero nessuno al di là del bancone o della porta che dava sulle cucine, in più il gruppo di ubriaconi tedeschi non la smetteva di cantare e di ridere a livelli di decibel da denuncia tanto che valutò seriamente l'idea di cambiare bar. Rufy a distanza di nemmeno un metro gli chiese qualcosa che non afferrò, la voce del tutto coperta dagli schiamazzi del gruppo infondo riunito intorno ad un tavolo. Zoro cercò di ignorarli ma quelli, come a farlo apposta, aumentarono il volume fino a quando un tizio biondo si accorse improvvisamente di loro e si allontanò dal gruppo per avvicinarsi al bancone.
Salve, benvenuti al Dark Pub! Scusate per il fracasso ma stavamo festeggiando, io sono il proprietario. Siete qui per mangiare? Cosa posso offrirvi?”
Il verde lo seguì con lo sguardo finché non si trovò dietro il bancone, esattamente davanti a loro ed annuì sollevato alla sua domanda. “Vorremmo qualcosa da portar via, dobbiamo ripartire presto.”
Il barista sembrò sorpreso per un attimo e l'espressione cordiale cambiò alla velocità della luce. Si appoggiò al banco con le mani e squadrò entrambi con interesse rapace.
Ah, siete stranieri...” commentò in un soffio, in una maniera talmente ambigua che Zoro sollevò un sopracciglio e fu tentato di chiedergliene il motivo. Quel tale non gli stava piacendo granché.
Rufy pareva non essersi accorto di nulla e annuì agitando le braccia sopra la testa, felicissimo di ordinare. “Allora io voglio il panino con la cotoletta, la zuppa di farro, l'insalata di riso, il pol...”
Una risata sguaiata alle loro spalle coprì il resto delle parole di Rufy. Entrambi si voltarono sorpresi verso il gruppetto di ubriaconi infondo al locale da dove era arrivata quella voce. Si fece avanti uno strano tizio con lunghi e ricci capelli neri, non era il più alto ma certamente era il più corpulento, aveva un girovita che avrebbe potuto racchiudere comodamente la stazza di Rufy e di Zoro messe insieme e sarebbe avanzato ancora spazio. Mentre avanzava verso di loro con passo strascicato alcuni dettagli del suo abbigliamento si fecero più chiari, era pieno zeppo di bracciali e collane d'oro, la camicia quasi del tutto sbottonata lasciava intravedere un petto villoso poco piacevole alla vista che dimostrava chiaramente di aver superato l'età puberale da un centinaio d'anni. Il ghigno divertito che aveva stampato in faccia poteva essere descritto semplicemente come malvagio e perverso, era stato lui a ridere e dal suo viso non avevano grossi dubbi che fosse stato per scherno.
Ma l'hai sciiientito queeesto qui, Bellamy?”
Lo guardarono avvicinarsi al bancone e riferirsi chiaramente al barista indicando Rufy con un pollice continuando a ridere. Zoro storse un po' il naso quando si mise tra lui e il suo amico, era un gran bevitore pure lui ma questo tizio ci aveva fatto il bagno nell'alcool, puzzava come una distilleria.
Il barista, che a quanto pareva si chiamava Bellamy, incrociò le braccia annuendo in risposta.
Ho sentito, Teach.” confermò con un cenno.
Zoro alzò ancor di più il sopracciglio, non era più solo il barista, era l'intera situazione a cominciare a non piacergli per niente.
Staaa ordinando robe comee se dovscee star via dei mesi!” il tale chiamato Teach rise e Rufy si sentì chiamato in causa ma Zoro sapeva perfettamente che non aveva capito lo stessero prendendo in giro.
Sono stranieri...” mormorò suadente Bellamy indicandoli con un cenno del capo.
L'altro prese a guardarli molto più interessato, mise una mano pelosa sulla spalla di Rufy alitandogli in faccia un miscuglio di gin e dopobarba. “Ma daaavvero? E di dove scieteee?”
Il moro fece per rispondere ma il ringhio sospettoso di Zoro fu più veloce. “Perché vi interessa?”
Quello che si chiamava Teach alzò le mani in segno di resa allontanandosi ondeggiando di un passo. “Ehi, ehi. Che tooooni duri! Quiii sciii fasceva solo due chiacchiere!!”
Zoro lo guardò torvo, non voleva scatenare una rissa ma il modo in cui quei due sembrassero in combutta per prenderli per i fondelli gli faceva ribollire il sangue nelle vene, soprattutto il bisonte ubriaco che gli stava davanti e si atteggiava a padrone del mondo mentre incitava i suoi compagni ancora infondo al locale a bere ululando risate e provocazioni. Erano tutti ubriachi e non era nemmeno mezzogiorno. L'atmosfera che si respirava là dentro piaceva sempre meno a Zoro ma sapeva di dover mantenere la calma.
Sentite, non vogliamo problemi. Compriamo quello che ci serve e ce ne andiamo!” esclamò con un sospiro voltando appena le spalle all'ubriacone per tornare a fissare il barista.
Ehi, ragazzino!” lo apostrofò il bisonte con un tono molto più serio che mise in allarme Zoro, o per lo meno lo fece prima che gli scoppiasse a ridere in faccia. “Oh, ragasciooo! Dovresti vedere la tua fasciaaaa!!” urlò a tutto il locale accasciandosi sulle ginocchia troppo preso dal ridere o dall'alcool o da tutti e due.
Zoro digrignò i denti le orecchie appena un po' colorite. Ma che diavolo volevano da loro?? Era l'ultima volta che lasciava scegliere a Rufy il bar!
Teach si rialzò asciugandosi gli occhi con uno sgraziato gesto della mano e lasciò due sonore pacche sulle spalle di entrambi. “Andiamo sto scherzandooo! Lo scianno tutti che faaascio sempre il simpatico con i turistiii!”
Rufy venne contagiato dalla sua risata ma Zoro restò guardingo.
Mi è venutaaa un'idea!! Perché non faaate una partita a biliardo con noiii? Sarà divertenteee e mi faròòò perdonare la battuuuta!!”
Zoro e Rufy seguirono con lo sguardo il suo pollice traballante puntato verso il gruppo alle sue spalle e notarono solo in quel momento che quello intorno a cui tutti si erano riuniti non era altri che un grande tavolo da biliardo dal classico tappeto verde.
Zoro scosse la testa pratico. “Non mi sembri in condizioni di fare una partita, amico...”
Quello alzò in aria una bottiglia di birra presa dal bancone e si esibì in una risata che più sguaiata non poteva essere. Tutto il locale gli fece eco, Bellamy pareva essere l'unico sobrio.
Nessciuuuuno mi ha mai battuto a biliardooo! Io sono un campione, vero ragassciii?” urla di incitamento alle sue spalle che lo fecero ghignare compiaciuto. “Iooo scommetto tutto il mio stipendio di quesscito mese che riesco a battervi!!”
Rufy scoppiò a ridergli in faccia senza tanti complimenti mentre Zoro gli lanciava un'occhiata ammonitrice che non servì a nulla. “Sei del tutto ubriaco, vecchio! Come fai a pensare di riuscire a tenere una stecca dritta??”
L'altro si appoggiò alla sua spalla per non cadere e lo fissò dritto negli occhi con un ghigno. “Quanto è vero che mi chiamo Marshall D. Teach, io scommetto che vi battooo per 5.000!”
Rufy incrociò le braccia continuando a guardarlo divertito. “Sono tanti soldi, non ti sembra di esagerare?”
Ha ragione Teach, non sei preso bene come credi. Se perdi che fai?” si intromise Bellamy calmo.
Quello non demorse e sempre ondeggiando si appoggiò anche alla spalla di Zoro per farsi sostenere. “D'accordooo, allora scientiamo cosa volete scommettere??”
Il verde stava per rispondere che non scommettevano niente visto che non era il caso e ora stavano pure per andarsene ma Rufy gli parlò sopra entusiasticamente privo di filtri. “Ne abbiamo appena 50 in due.”
Bellamy e Teach ridacchiarono. “Accidenti, sciiiete più squattrinatiii di me!!” e giù altre risate da parte di tutto il locale. “Va beeene, allora facciamo che se perdete voi perdete sciolo quei 50 mentre se vincete ne vincete 50 da ciaaascuno di noi, cheee dite??”
Zoro vide il lampo di interesse che passò negli occhi dell'amico e parlò prima che accadesse l'irreparabile. “Grazie ma non vale comunque la pena, Rufy dai paghiamo il pranzo e...”
Haaai paura di perdere...?”
Rufy trattenne il respiro istantaneamente e tutto il locale si ammutolì di colpo vedendo lo sguardo assassino che Zoro gli lanciò dopo essersi voltato lentamente verso di lui. “Che cosa hai detto?”
Teach non se lo fece ripetere, con un ghigno arrogante scandì bene le parole. “Che hai pauraaa! Ehi ragasciii!” chiamò il suo gruppo. “Il pivellino ha paura di perdere cooontro di meee!!” poi tornò a rivolgersi a lui, gli occhi appannati dall'alcool che scorreva a fiumi nel suo corpo. “Non dovresti vergognarti, capita a tuuuuitti i bambini di avereee pauraaa!”
Zoro non ci vide più, Rufy scattò rapido a bloccargli la strada prima che cercasse di approfittare del vantaggio dei piedi stabili su quell'ubriacone molesto.
A chi hai dato del bambino, vecchio??” gli ringhiò dietro oltre le spalle del suo amico che cercava di trattenerlo in tutti i modi. “Te lo faccio vedere io chi è il bambino qui! Tu, coi capelli a spazzola, dammi una stecca, cominciamo!”
Rufy lo fissò inorridito mentre Teach applaudiva entusiasta e suoi compagni preparavano veloci il tavolo da biliardo. “Ehm... Zoro, parliamone, io non credo che Nami sarà molto contenta di questo...” gli sussurrò all'orecchio, in crescente panico.
L'amico si incupì per un attimo prima di stringersi nelle spalle e commentare atono. “Vedrai che se le portiamo i soldi non avrà nulla da ridire.”
Ma almeno sai giocare??”
Ci ho giocato qualche volta, non è complicato e poi quel tale è del tutto andato. Vincerò ad occhi chiusi con questi imbecilli...” gli disse prima di avvicinarsi al gruppo e afferrare la stecca che qualcuno gli porgeva con un gesto di stizza.
Rufy lo seguì con passo più cauto ma fiducioso, Zoro pareva sapere il fatto suo mentre metteva il gesso all'estremità e al contempo lanciava occhiate di fuoco al suo sfidante, più impegnato a reggersi in piedi che ad afferrare la stecca che uno dei suoi amici gli teneva sollevata.
Forse non avrebbe dovuto preoccuparsi, forse per una volta la buona sorte li avrebbe baciati.
Annuì a sé stesso con un sorriso, ma si! La fortuna girava dalla loro parte quella volta, ne era sicuro!
Alloraaa ragasscino, pronto??”
Zoro strinse gli occhi concentrato e Rufy si sedette comodo ad uno dei tavolini ad assistere. Il panico aveva già abbandonato la sua mente lasciando il posto al fumante panino con la cotoletta che avrebbe assaporato di lì a poco.

*

La matita era ormai ad un passo dal terminare la sua corsa sul foglio quando la punta decise che era arrivato il momento di rompersi.
Nami si accigliò guardando quel che restava della sua ultima matita con profondo odio, come se fosse lei l'unica artefice di tutte le sfighe che le erano capitate fino a quel momento.
Ci mancava solo quello! Lanciò il mozzicone nella borsa con un diavolo per capello e si accucciò su sé stessa stringendosi poi la testa tra le mani, ondeggiando sul posto per cercare di calmarsi. Il temperamatite era sparito dalla notte in campeggio e di certo non poteva usare i pochi soldi rimasti per comprarsi una nuova mina! Era certa che fosse solo questione di minuti prima che il suo cervello desse forfait e scoppiasse in una crisi di nervi.
Si mosse irrequieta sul duro marmo della fontana, mordicchiandosi un'unghia e si appoggiò completamente con la schiena ad una delle statue che formavano la grande vasca, sospirando tetra. Non poteva disegnare senza matite e addio così alla sua unica fonte di relax in quel viaggio assurdo! Le cose non potevano andare peggio.
Voltò il viso verso destra scorgendo Sanji a due metri da lei nella sua stessa posizione. Guardava i piccioni con sguardo assente ma Nami sapeva che era perfettamente vigile, cercava solo qualcosa che lo tenesse impegnato almeno fino al ritorno di Rufy e Zoro con le cibarie.
Anche quella poi, che gran genialata! Come avessero potuto mandare loro a comprare il pranzo non ne aveva idea. Forse la fame li aveva fatti sragionare ma ormai poteva farci ben poco e in ogni caso che genere di guai avrebbero mai potuto causare solo comprando dei panini??
Tornò con gli occhi a quel lavoro incompleto che ritraeva il variopinto mercatino in piena attività mattutina. Stava venendo così bene, mancava appena lo sfondo degli alberi e poteva dirlo completo! La sfiga quando voleva sapeva centrare bene il bersaglio!
Lo stomaco brontolava in maniera indecente da parecchio ormai, che fine avevano fatto quei due?? Si posò il foglio sulle gambe rimuginando sul da farsi, cercando di non pensare al fatto che non toccava cibo da quasi dodici ore o avrebbe dato di matto. Per lo meno Sanji sembrava essersi ristabilito del tutto e la cosa aveva dell'incredibile dal momento che lui era a digiuno da molto prima di lei. Si attardò un secondo di più a guardarlo, senza realmente vederlo, immaginando che cosa avrebbero potuto pensare i paesani vedendola prendere uno di quei piccioni che lui guardava per farlo arrosto sul suo fornellino da campo nel pieno centro della piazza. Magari Sanji stava pensando la stessa cosa. Immaginò entrambi muniti di retino da pesca a cacciare piccioni, cercando di prenderli al volo. Un'immagine piuttosto esilarante che la distrasse il tempo necessario che ci volle ad una strana ombra di incombere su di lei e prenderla di sorpresa con la sua voce argentina.
Siete artisti di strada?”
Nami perse in un secondo cinque anni di vita. Si voltò immediatamente per la sorpresa trovandosi i grandi occhi scuri di una ragazza a scrutarla interrogativa da sopra la sua spalla.
Scusami, non volevo spaventarti!” continuò lei andandole incontro e sorridendole dolce.
Nami scosse il capo, ricambiando il sorriso cordiale. “Scusami tu, non mi ero accorta di avere qualcuno di fianco!”
Lei ampliò il sorriso. “Non volevo disturbarti, sono appena arrivata. Ai piedi della fontana di solito si siedono solo i turisti ma ho notato che tu stavi disegnando e ho pensato che foste artisti. Io ho una bancarella al mercato e stavo facendo una pausa, vi ho notato per quello.”
Le mostrò una tazza di carta, dall'odore doveva esserci del caffè dentro e a Nami fece fame persino quello. Allontanò il pensiero con un triplo calcio rotante e si mise in piedi per essere allo stesso livello della ragazza. Se c'era una cosa che aveva imparato in quei giorni era che essere gentili con i paesani poteva risultare molto vantaggioso.
Anche noi siamo dei semplici turisti. Il disegno è solo un mio passatempo!”
L'altra parve interessata. “Davvero? Giuro che non mi sarei mai sognata di importunarvi se non fosse stato per la tua bravura! Quel disegno è bellissimo, non potevo non farti i complimenti!”
Nami abbassò gli occhi sull'immagine incompleta del mercatino che ancora teneva in mano e le sorrise, sinceramente lusingata. “Ti ringrazio!”
Questa è la mia bancarella!” la indicò allegramente con il dito sul foglio e Nami abbozzò una risatina alzando lo sguardo e trovando l'originale tra le prime della via.
Quella di abbigliamento gotico è la tua? In effetti era abbastanza ovvio!” esclamò ammiccando al completino di pizzo nero che indossava, non sembrava tenere particolarmente fresco ed era scioccata che con quel caldo lei sembrasse fresca come una rosa.
Si sorprese per non averla notata subito, la sua bancarella dark spiccava come un faro nella notte in un comune mercatino di paese dove vendevano per lo più frutta e verdura. A dire il vero pure la sua proprietaria era tutto fuorché normale. Quella ragazza era straordinariamente fuori dal comune, a partire dagli occhi enormi, quasi a palla eppure incredibilmente femminili e dolci, passando per la pelle bianchissima che copriva dai raggi del sole con un'adorabile ombrellino in tinta col vestito e finendo con i lunghi capelli rosa che le coprivano la schiena e terminavano in molleggianti boccoli. Era davvero bella e le sembrava sempre più strano che qualcun altro non l'avesse ancora notata.
Oh-mio-Dio!!”
Ecco appunto.
Cosa vedono i miei occhi?? Una visione! Un angelo!!”
Nami rimase ferma mentre Sanji la superava per abbarbicarsi alla ragazza gotica e farle un galante baciamano che la lasciò interdetta. Sbuffò a quella scena, lo preferiva quando vomitava l'anima in bagno e il che era tutto dire. Lo obbligò a forza a rialzarsi e a smettere di importunarla, non era il caso di attirare troppo l'attenzione.
La ragazza dai capelli rosa si mise a ridere ed entrambi la fissarono basiti, non aveva esattamente quella che si diceva una risata comune, proprio come il suo aspetto.
Horohorohorohoro!! Siete davvero dei bei tipi!”
Nami sorrise, contagiata dal suo buffo modo di ridere, le stava già simpatica. Allungò una mano per presentarsi. “Io sono Nami e lui è Sanji! Siamo arrivati stamattina dal Belgio!”
La ragazza la strinse con vigore salutando con un cenno anche il biondo che andò in coma affettivo. “Benvenuti a Punk Hazzard, allora! Io mi chiamo Perona.”
Sanji la salutò senza sprigionare cuoricini rosa e a Nami venne da ridere. Da quando c'era Viola nei suoi pensieri gli slanci d'affetto di Sanji verso le altre donne erano drasticamente diminuiti e se ancora ne aveva erano solo per forza dell'abitudine, un tempo avrebbe dovuto aspettare i consueti venti minuti di elogi e complimenti prima di riuscire a schiodarlo dalla ragazza di turno, in quel caso riuscì da solo a riprendere un aspetto quasi decente in poco più di un minuto e Nami si congratulò mentalmente con lui per gli ottimi progressi. Tutto il contrario dei suoi, purtroppo.
Avete già avuto occasione di visitare un po' la città?”
Perona doveva averlo preso in simpatia, Nami notò che si era rivolta direttamente a lui e lo lasciò rispondere mentre con lo sguardo vagava per la piazza senza realmente vederla, la fame improvvisamente diventata l'ultimo dei suoi pensieri.
Lei di progressi non ne aveva fatti nemmeno mezzi dopo quella notte in campeggio. Non sapeva neanche in cosa realmente avesse sperato eppure non poteva negare a sé stessa che si, in qualcosa aveva sperato. In una resa reciproca? In un'amicizia? In una sorta di tolleranza? In che cosa? Non lo sapeva più.
Conoscete quei due?”
Nami si riscosse giusto in tempo per sentire la domanda di Perona posta con calma calcolata mentre indicava qualcuno alle spalle di Sanji. Nami seguì l'indicazione riconoscendo in Zoro e Rufy i due che camminavano a passo spedito verso la fontana, il primo con lo sguardo più assassino e spiritato che gli avesse mai visto e il secondo seguendolo a ruota con il viso rivolto verso le proprie scarpe e il modo abbacchiato di camminare di chi lo deve fare controvoglia. Nami batté le ciglia incuriosita e capì il perché della domanda di Perona, entrambi puntavano dritti verso di loro e Nami si accigliò sospettosa nel notare la totale assenza di sacchettini contenenti cibo da asporto.
Fiutò puzza di guai ma nemmeno immaginava quanto fossero grossi.
Avete perso la metà dei soldi che ci restavano a causa di una scommessa??”
La notizia arrivò come una doccia fredda. Nami non aveva neanche più la forza per picchiarli, troppo sconvolta dalla piega che la sua vita stava gradualmente prendendo a causa di forze maligne che la spingevano sempre più verso il baratro.
Rufy alzò rapido le mani, pronto a levarsi dall'impiccio. “Posso solo dire che stavolta non è stata colpa mia!” esclamò guardando di sottecchi il compare al suo fianco che non aveva ancora osato dire una parola e si fissava torvo i lacci delle scarpe. Al diavolo la pari responsabilità, lui ci aveva provato a fermarlo e per una volta era felice di essere estraneo al guaio.
Sanji si accasciò sugli scalini della fontana privo di forze tra il digiuno e l'esasperazione. “Non incontrerò mai più Viola... Non incontrerò mai più Viola... Non incontrerò mai più Viola...”
Sanji rialzati e piantala, devi cercare di trattenermi dal commettere un omicidio...” mormorò atona Nami, fissando anche lei un punto imprecisato a terra, la voglia di vivere che l'aveva abbandonata da tempo e nonostante le sue parole sembrava che ormai non le interessasse più niente. Zoro continuava a non proferire verbo, lo sguardo indecifrabile a terra e Rufy si era lasciato andare distendendosi del tutto sui ciottoli della piazza ad invocare a gran voce del cibo.
In tutto questo c'era sempre Perona che li osservava incuriosita sorseggiando il suo caffè. Si avvicinò a Sanji che pareva quello messo peggio e gli diede due colpetti sulla spalla per farlo riprendere. Lui la guardò appena prima di sprofondare di nuovo tra le braccia che circondavano le ginocchia. Lei si raddrizzò scrutandoli uno ad uno, indecisa se andarsene o provare a dar loro una mano qualunque fosse il problema.
Certo che siete davvero un gruppo singolare...” Il sospiro le era uscito spontaneo e non era riuscita a frenarsi.
Sanji nemmeno alzò la testa. “Ce l'hanno già detto...”
Cibooooo...”
Come ho fatto a lasciarvi andare da soli? Come??”
All'ennesima accusa di Nami mormorata al pavimento, Zoro si ricordò di avere anche lui capacità oratorie. “Senti mocciosa, abbiamo capito, piantala!”
Lei socchiuse gli occhi furibonda. “Non hai alcun diritto di offenderti tu!!”
Non è stata colpa mia!”
Si, invece...” mormorò il moribondo a terra.
Rufy, stanne fuori!!” Zoro grugnì sedendosi su uno degli scalini e guardando fisso negli occhi Nami che non smetteva di lanciargli saette. “Quel Teach mi ha fregato con il trucco più vecchio del mondo!” si passò una mano sulla fronte con crescente irritazione. “Ha finto di essere ubriaco e io ho abbassato la guardia... non avrei dovuto, mi sento un idiota!!”
Nami annuì, incapace di fare altro. Si, era stato un vero imbecille.
Marshall D. Teach?”
A quella domanda tutti si voltarono verso Perona che l'aveva posta ugualmente ben sapendo quale fosse la risposta, infatti non attesa la conferma. “Non dovresti sentirti in colpa, Teach è così. Truffa i turisti con il trucco del biliardo da una vita.” affermò sorseggiando il suo caffè incurante di aver risvegliato l'interesse di qualcuno.
Sanji prese ad inveire contro lo stupido marimo che si faceva fregare come un allocco cercando con gli occhi il sostegno di Nami nella sua filippica ma lei non lo stava calcolando nemmeno di striscio, anzi continuava a rimuginare guardando Perona.
Ciboooo...”
Zoro saltò su idrofobo cercando di strozzare l'amico biondo che da parte sua provò a tirargli un calcio.
Hai detto che imbroglia giocando a biliardo?”
Sanji e Zoro si voltarono verso Nami che teneva lo sguardo fermo puntato ancora su Perona. Il tono usato mise tutti in allerta, perfino Rufy alzò appena la testa per guardarla.
La ragazza gotica annuì presa alla sprovvista, non aveva mai visto uno sguardo così terrorizzante, faceva paura. “Si-si... si finge ubriaco per spingere la gente a giocare e scommettere... li convince di avere vittoria facile...”
Nami ghignò e Perona rabbrividì.
Mi è venuta un'idea...”

*

Per me è un'idea cretina...” sbottò Zoro guardando oltre il vetro con le braccia incrociate.
Erano nascosti fuori dal locale di Bellamy a sbirciare oltre una delle grandi vetrate da cui si poteva vedere bene tutta la sala, dal bancone al famoso tavolo da biliardo circondato dallo stesso gruppo di esagitati di quella mattina.
Rufy al suo fianco si strinse nelle spalle. “È l'unico modo, non vedo alternative...”
Potevamo provare, qualunque altra cosa sarebbe stata meglio di questa!” insistette il verde.
Sanji può proteggerla ma Nami non è sprovveduta, la conosco!”
Zoro si strozzò con la saliva voltandosi verso di lui. “Non sono affatto preoccupato per tua sorella!”
Rufy lo guardò inespressivo. “Ah, no? Sembrava...”
Zoro strabuzzò gli occhi. “No! Io...”
Perché non state zitti? Non riesco a sentire niente!”
Al rimprovero di Perona entrambi tacquero appiattendosi meglio contro il muro di mattoni senza perdere di vista quello che succedeva all'interno e Zoro ne approfittò per mimare con le labbra a Rufy quanto poco gli interessasse la salute della sorella ricevendo solo occhi al cielo in risposta.
Il pub era semivuoto per essere da poco passato mezzogiorno e quando entrarono l'attenzione si catalizzò immediatamente su di loro come previsto.
Il gruppetto di persone che avevano battuto Zoro e Rufy a biliardo era senza dubbio quello infondo alla sala, ne riconobbero alcuni componenti dalle descrizioni e distinsero immediatamente Teach, svettava su tutti per stazza e carisma. Non pareva il genere d'uomo che vuoi fare arrabbiare e per un attimo Nami ebbe un piccolissimo ripensamento su quello che stava per fare ma lo scacciò via in malo modo come una mosca fastidiosa, non doveva farsi distrarre. Non perse altro tempo ed afferrò il braccio di Sanji, ignorando le occhiate del gruppo mentre si avvicinavano al piccolo bancone dove un uomo biondo spillava una birra con sguardo assorto. Non appena si accorse di avere clienti sfoderò il suo miglior sorriso d'accoglienza e Sanji, come programmato, si fece avanti.
Salve, vorremmo ordinare qualcosa da portar via!”
Il barista annuì, indicando con un gesto della mano il bancone dove era stato disposto ordinatamente ogni ben di Dio.
Sanji si sporse verso di lei con fare dolce preparandosi alla recita. “Cosa preferisci prendere, tesoro?”
Nami si esibì nella sua miglior risata da oca giuliva. “Amore, quello che vuoi tu, lo sai che per me fa lo stesso! Dobbiamo prendere anche qualcosa per stasera da mangiare sul treno del ritorno!”
Bellamy allargò il sorriso a quelle parole. “Oh, siete turisti?”
Sanji le strinse la mano in un gesto di affetto. “Siamo arrivati da pochi giorni nella vostra splendida città ma purtroppo oggi dobbiamo ripartire!”
Bellamy annuì. “Un vero peccato...” mormorò senza perderli di vista ma lanciando occhiate inequivocabili al gruppo infondo e Nami si affrettò a proseguire.
Ha ragione un vero peccato!!” esclamò con tono volutamente sciocco e infantile. “Proprio questa mattina ho visto un vestito meraviglioso in una vetrina ma il negozio apre più tardi e non so se ce la faccio a prenderlo!”
Caspita, mi dispiace molto...” Bellamy parlava meccanicamente prestando loro il minimo dell'attenzione.
Sanji le diede dei colpetti sulla schiena con fare protettivo. “Tesoro, te l'ho già detto, non ti serve quello, quando torneremo a casa ti comprerò tutti i vestiti che vorrai! I soldi non ci mancano...”
Lasciò volutamente degli interminabili secondi di sospensione dopo quell'affermazione.
L'amo era in acqua e Nami prese a contare mentalmente i secondi di tempo necessari affinché il pesce abboccasse. Non era arrivata nemmeno a cinque che sentì una presenza dietro le spalle e dagli sguardi che Bellamy gli lanciava aveva capito senza bisogno di voltarsi chi fosse avanzato inesorabilmente dietro di loro.
Teach era un uomo imponente, osceno e incredibilmente cedevole al fascino femminile. Si presentò con un leggero baciamano appiccicoso che obbligò Nami a ricordare perché lo faceva e decidere di restare ferma senza tentare di sottrarsi alla sua stretta, nonostante tutto il suo essere volesse fuggire via da quel viscido abominio.
Un tale bocciolo di rosa non si vede spesso in un bar come questo...” la apostrofò suadente senza degnare di uno sguardo il suo accompagnatore.
A Nami quel tono diede il voltastomaco ma lo dissimulò facilmente con un risata isterica che aveva l'unico scopo di farla apparire più frivola di quanto non fosse. “Immagino allora che anche i cavalieri come lei siano rari!”
Teach parve profondamente colpito dal complimento, le ghignò in un modo che poco aveva a che fare con la galanteria ma Nami preferì soprassedere o avrebbe dato davvero di stomaco lì sui panini farciti.
Mi è sembrato di sentire che siete in partenza...”
Esattamente!” si affrettò a rispondere Sanji e per la prima volta Teach posò gli occhi su di lui. Occhi neri come la notte ma iniettati di sangue, non si sarebbe affatto sorpreso di venire arpionato da lui e messo a marcire sul lampadario del locale.
Se non siete tremendamente di corsa magari potreste intrattenervi con noi!”
Era la proposta a suonare più lasciva di quanto sembrasse o era Nami che iniziava ad essere poco lucida?
E come pensate di intrattenerci, mio caro?” represse a fatica il conato, dopo questo avrebbero dovuto darle un Oscar.
Teach ghignò apertamente allargando le braccia. “Si dia il caso che stessimo per iniziare una partita a biliardo! Vi va una piccola sfida?”
Sanji sventolò una mano davanti al viso. “Oh, io non so giocare, mi dispiace!”
Come da copione, Teach si concentrò quindi su di lei. “Tu giochi, splendida creatura?”
Nami fece finta di pensarci e riuscì pure a sembrare imbarazzata per il complimento. “Non ho mai giocato una partita seria...” mormorò tenera.
Oh, non sarà diverso, qui siamo tutti tra amici... conosci la Piramide Russa?”
Nami negò dispiaciuta. “Non conosco bene nessun gioco ma mi piacerebbe provare!” si voltò verso Sanji. “Tesoro, non ti dispiace se faccio una partita?”
Lui le sorrise affabile. “Non ti negherei nulla pasticcino!”
Nami batté le mani entusiasta come una bambina e Teach non riuscì a trattenere un ghigno di soddisfazione quando lei gli si avvicinò per afferrare il braccio che le porgeva.
Non sono così brava ma lei mi aiuterà, vero?”
Assolutamente bambolina!”
Si avvicinarono al tavolo e l'uomo passò in rassegna ciascuno dei suoi amici per presentarli ai nuovi arrivati. Sanji si accomodò ad un tavolo lì accanto sorridendole incoraggiante, chiamandola con soprannomi affettuosi e incitandola a fare del suo meglio.
Teach afferrò la propria stecca, allungandone una a lei.
Sai, bambolina, solitamente noi giochiamo a soldi ma...” la squadrò con una lunga occhiata che di signorile aveva ben poco. “...siccome sono un signore pensavo di non fartela pagare questa, che ne dici?”
Nami sgranò gli occhi come non credesse alle proprie orecchie. “Davvero, ci puntate dei soldi??”
L'altro sghignazzò. “Già, cifre basse, nulla di che ma...”
Oh... Non volete giocare a soldi con me?” chiese sull'orlo delle lacrime fintamente dispiaciuta. “Ma noi possiamo pagare!”
Teach smise di mettere il gesso all'estremità e le parlò come un genitore farebbe quando i figli fanno i capricci. “Non penso sia il caso visto che hai detto di non saper giocare bene...”
Nami avrebbe voluto dirgli che se voleva avere una sorta di dialogo serio e maturo con lei avrebbe dovuto smettere di guardarle le tette ma farlo avrebbe dato prova che sotto quella cascata di capelli rossi c'era pure un cervello e per lei era essenziale che lui credesse fino alla fine che ci girassero solo criceti. Doveva tenere duro ancora un po'.
Nami batté le ciglia e usò volutamente un tono dolce da bimba. “Ma allora se vinco, non vinco nulla?”
Teach sgranò gli occhi per un istante prima di scoppiare a ridere seguito a ruota da tutti i componenti del bar che non si stavano perdendo una sillaba.
I commenti arrivarono a fiumi tra le risate generali.
L'hai sentita, Teach?”
Ha ragione la bambola!”
Andiamo giocate a soldi, falla giocare!”
Nami finse imbarazzo per quell'improvvisa popolarità. Se fosse dipeso da lei li avrebbe inceneriti uno dopo l'altro. Sanji, che intuì quello che le stava ribollendo nelle vene, le fece segno di stare calma, tutto procedeva secondo i piani.
Teach si riprese prima degli altri dallo scroscio di risa e la guardò fisso negli occhi, non nelle tette e Nami capì di dover prestare attenzione.
D'accordo, bambolina, sono un uomo serio io. Facciamo una partita e se dovessi vincere, vinci tutti i soldi che ho fatto questa settimana con le scommesse e sono un bel po', vero Bellamy?”
Dal fondo della sala arrivò squillante la voce del barista. “Li ho tutti in cassa e quasi non ci stanno!”
Lei rimase per un attimo colpita dalla facilità con la quale le cose stessero volgendo in suo favore e annuì entusiasta. Strinse frettolosamente la mano a Teach per suggellare il patto e afferrò la stecca.
Prima le signore...” mormorò lui suadente al suo orecchio e Nami non se lo fece ripetere.
La spaccata toccava a lei. Poggiò appositamente male la stecca sul tappeto verde e spinse troppo piano la biglia battente che arrivò si a spaccare il triangolo delle 15 biglie bianche ma non abbastanza da disperderle come dovuto.
Teach pregustava già la sua vittoria, Nami glielo leggeva in faccia. Sghignazzò come un maiale prima di canzonarla. “Troppo leggera quella mano, bambolina.” Non vedeva l'ora di levargli quel sorrisetto odioso di dosso.
Lo guardò posizionare la biglia rossa con movimenti esperti in posizione adatta per colpire la numero 9, la più vicina alla buca laterale e centrarla senza tanti complimenti. Rise ancora più forte e Nami strinse maggiormente a sé la stecca, auto imponendosi la calma.
Al secondo tentativo Teach sbagliò ma riuscì a disperdere maggiormente le biglie ancora sul tavolo.
A Nami brillarono gli occhi, era il suo momento.
Tocca a te, tesoro... fammi vedere quanto sei brava...”
Lei si azzardò ad alzare lo sguardo esibendo un sorrisetto di sfida prima di distendersi con un movimento aggraziato sul tavolo e prendere la mira.
Sai, Teach... ti devo ringraziare per avermi dato la possibilità di giocare a soldi... buca in angolo destro, biglia 3!”
Sotto gli sguardi increduli dell'intera sala la pallina 3 rotolò con precisione chirurgica dentro la buca dichiarata con un tonfo secco che risuonò nel bar silenzioso.
...pensa che avevo valutato l'idea di farlo davvero gratis!”
Nami mise un po' di gesso sulla stecca e si ridistese in posizione puntando una nuova palla, concentrata. “Buca centrale destra, biglia 7.”
Di nuovo la palla entrò precisa e di nuovo il silenzio accolse i suoi movimenti.
Ma così è molto più gustoso... buca centrale sinistra, biglia 5.”
Continuò così per le successive quattro biglie senza mai sbagliare, ormai aveva l'attenzione totale del bar, perfino Bellamy li aveva raggiunti e stentava a credere a quello che vedeva. Dal canto suo Nami non lasciava trapelare nulla della soddisfazione immensa che provava nel dare una lezione a quel pallone gonfiato. Fece due passi intorno al tavolo con calcolata lentezza per cercare la nuova candidata e lanciò un'occhiata a Teach che fissava inorridito il tappeto verde sempre più visibile man mano che le palle finivano esattamente dove Nami le mandava.
Una dopo l'altra tutte le biglie finirono in buca ad opera sua, non aveva perso il turno nemmeno una volta e la stecca di Teach quasi non aveva potuto toccare il tappeto. Sanji esultò.
Imbucò l'ultima con un sorriso strafottente e si rialzò per lanciare uno sguardo vittorioso al suo sfidante che non riusciva a staccare gli occhi dal tavolo. Poggiò la stecca e si avvicinò a Bellamy, come tutti ancora fermo nella stessa posizione, sconvolto per la piega che avevano preso gli eventi. Si voltò appena quando inquadrò la mano di lei che gli si agitava davanti.
Ho vinto, caro. Voglio i miei soldi!” il tono non ammetteva repliche e Bellamy stesso vacillò per un attimo cercando con lo sguardo Teach per capire cosa dovesse mai fare e la sua risposta non si fece attendere troppo. Furibondo l'uomo la raggiunse in due falcate e le afferrò un braccio spingendola contro il muro, facendole male. Nami cercò di divincolarsi ma si rese conto subito di non avere possibilità, era troppo forte per lei.
Cosa credevi di fare, eh? Mi ha preso per un idiota? Pensi davvero che ti lascerò uscire da qui con i miei soldi?? Mi hai imbrogliato donna!”
Cercando di non pensare al dolore al braccio Nami tentò di liberarsi ancora, senza successo.
Ho vinto lealmente!” parlò fiera cercando di non sembrare troppo impaurita ma la voce tremante la tradiva.
Lasciala stare!!”
Con la coda dell'occhio vide tre del gruppo immobilizzare a terra Sanji prima che potesse accorrere in suo aiuto.
Teach pareva indemoniato. “Quello non è vincere! Ti faccio vedere io come trattiamo gli imbroglioni!”
Terrorizzata, Nami vide la mano libera di lui alzarsi minacciosa a pugno sopra di lei, pochi secondi e si sarebbe abbattuta sul suo viso, lo sapeva, ma non riusciva a divincolarsi era bloccata da quella stretta di ferro. Chiuse gli occhi istintivamente cercando di proteggersi per quanto poteva e preparandosi ad attutire il colpo ma quello che accadde dopo c'entrò poco con il dolore, anzi non c'entrò per nulla con il dolore. All'improvviso la stretta al braccio che la teneva ferma la lasciò e il tonfo di un peso morto che cadeva a terra seguì l'attimo di sconcerto che le fece piano riaprire gli occhi.
Al posto del faccione pieno di boria di Teach, l'unica cosa che riempiva completamente il suo campo visivo era una schiena, intorno a lei il silenzio. Le ci volle un secondo per capire cosa potesse essere accaduto mentre teneva gli occhi chiusi. La mascella indurita e gli occhi fiammeggianti con cui Zoro inceneriva Teach steso a terra privo di sensi davanti a loro la dicevano lunga. Era piombato su di lui mentre la teneva ferma e l'aveva steso con un unico singolo pugno con una rapidità tale da non averlo nemmeno sentito avvicinarsi, il che era tutto dire visto che solitamente si muoveva con la stessa flemma dei bradipi.
Non ti azzardare mai più a toccarla...”
La minaccia sussurrata dalle labbra rabbiose di Zoro uscì involontariamente più terrificante perché riecheggiata all'interno di un bar silenziosamente atterrito o forse perché risuonò talmente tanto nella sua testa da provocarle lenti brividi bollenti lungo la spina dorsale e un momentaneo blackout neuronale.
Riuscì appena a notare Sanji che si liberava dei tre energumeni con delle poderose spinte e gli uomini di Teach che cominciavano a dileguarsi a piccoli gruppi sempre più rapidamente senza tentare nemmeno di recuperare il corpo svenuto del proprio compagno.
Rufy, entrato con Perona subito dopo Zoro, bloccò Bellamy afferrandolo per il colletto della camicia prima che potesse fuggire. “Molla i soldi, ha vinto lealmente!”
Quello inciampò sui suoi piedi nella fretta di obbedire e riuscì per un soffio a non cadere, lanciò una fugace e spaventata occhiata a Teach, ancora riverso a terra, e subito dopo a Zoro, anche lui fermo con il pugno a mezz'asta. Incrociò il suo sguardo e desiderò di non averlo mai fatto. Rufy aumentò la stretta sulla sua gola e Bellamy annuì tremante facendosi seguire alla cassa senza perdere di vista Zoro. Quel ragazzo era un demonio, non aveva visto niente di umano in quegli occhi e lui di certo non voleva averci nulla a che fare.
Perennemente bloccata contro il muro dallo sconcerto, Nami non era ancora riuscita a formulare un pensiero coerente, né sul fatto che avesse vinto una somma di denaro talmente considerevole da poter pagare il resto del viaggio a tutti e riuscire anche a portarsi a casa qualcosa, né sul gesto di Zoro che continuava caparbiamente a darle la schiena senza sembrare intenzionato a muovere più un dito, i muscoli perennemente tesi nello sforzo di non lanciarsi sul corpo esanime di Teach e finire il lavoro. C'erano solo pochi centimetri a dividerli e Nami alzò una mano per chiamarlo non sapendo nemmeno cosa dire esattamente per aiutarlo a calmarsi. Non riuscì a toccarlo, Sanji arrivò da loro come una furia per accertarsi delle sue condizioni e con una spinta gentile fece strada ad entrambi verso la porta dove Rufy e Perona li aspettavano con i soldi e un gran sorriso in faccia.
Zoro si fece trascinare fuori al sole non opponendo resistenza e senza aspettare nessuno prese ad allontanarsi con ampie falcate verso una destinazione a caso. Non degnò più nessuno di un'occhiata, nemmeno lei che al contrario continuava a cercare un contatto, correndogli dietro insieme agli altri.
Sapeva di essere arrivato in tempo, per una volta era arrivato in tempo e quella era l'unica cosa importante.





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Capitolo 16
*** Lonely Together ***





Aveva cercato più volte di prenderle la mano mentre le mostrava le meraviglie della sua città natale, perdendosi ad ammirare le magnifiche piazze e i monumenti storici e puntualmente Viola aveva intuito i suoi pensieri e glissato all'ultimo secondo portando l'arto incriminato a grattarsi una guancia, a sistemarsi la gonna, a giocare con i capelli, a fare qualsiasi cosa pur di non dover afferrare la mano che lui si ostinava a tendere verso di lei con assurda costanza.

Avevano passato l'intera giornata insieme, dalla mattina non appena sistemate le cose in albergo alla cena di pochi minuti prima. Avevano camminato per ore sotto il sole e non smettevano nemmeno ora che la notte si faceva largo tra le viuzze di Marijoa, illuminati dai lampioni e dai bistrò aperti da dove usciva il vociare allegro delle comitive. Avevano parlato di tutto quello che passava loro per la mente, felici di conoscere meglio l'altro e Viola aveva dimostrato più volte di apprezzare la sua compagnia mentre le illustrava le bellezze del paese e le faceva assaggiare i prodotti locali eppure non aveva mai accennato a desiderare altro da lui più di quelle poche ore in piacevole compagnia, quindi perché Cavendish ancora non perdeva occasione per cercare un contatto fisico con lei? Non lo capiva da solo che non se la sentiva di dargli quella dannata mano??
Gli altri erano stati così felici di vederla sorridente all'idea di trascorrere del tempo con il ragazzo incontrato sul treno che non avevano fiatato quando aveva deciso di passare lontano da loro la prima giornata di vacanza. Finalmente dava segno di voler uscire un po' dall'apatia degli ultimi giorni ma avevano tutti forse erroneamente frainteso -così come Cavendish a quanto pareva- il suo desiderio di evasione.
Probabilmente lui si aspettava qualcos'altro dopo l'intera giornata passata a farle da cicerone e quella constatazione dell'ultimo minuto, unita all'idea di essere l'unica artefice dell'enorme equivoco tra loro, la misero in allerta più che mai quando arrivarono sotto al suo hotel a tarda notte e lui, dimentico dei vari tentativi andati a vuoto con la mano, o forse proprio a causa di quelli, si avvicinò direttamente con il viso per provare a darle quello doveva essere un bacio della buonanotte.
Con un abile mossa di reni, Viola si scansò appena in tempo e le sue labbra finirono a sfiorare solo la punta dei suoi capelli. Cavendish rimase stupito per un istante, cercando di capire cosa fosse successo. La guardò con malcelata sorpresa e lei si ritrovò a sentirsi enormemente imbarazzata sotto quello sguardo confuso. Nessuna donna gli era mai sfuggita in quel modo.
Viola si allontanò da lui di qualche passo approfittando del suo momentaneo smarrimento e prese a mordersi furiosamente le labbra senza avere il coraggio di guardarlo. Che c'era che non andava in lei? Perché non poteva lasciarsi andare come tutte le ragazze normali che venivano corteggiate da un ragazzo meraviglioso come quello che aveva davanti? Perché si rendeva sempre tutto più difficile?
Cavendish d'altro canto aveva smesso di stupirsi. Quella ragazza gli piaceva, aveva provato tutto il giorno a farla cedere ma arrivati a quel punto dove solitamente aveva giocato tutte le sue carte, lei continuava a non essere evidentemente interessata a lui. La cosa gli spiaceva, sarebbe stato strano il contrario, ma aveva anche abbastanza sale in zucca da capire quando non era più il caso di insistere. La guardò allontanarsi e sentì nascere sulle labbra un sorriso che di gioioso aveva ben poco. Non riuscì a trattenersi dal farle un'unica domanda.
È a causa delle lacrime che ti ho visto versare ieri sul treno, vero?”
Viola sobbalzò guardandolo finalmente negli occhi e non ci fu bisogno di rispondere, il suo viso parlava per lei. Cavendish le sorrise amaramente e capì da solo che era il momento di andare.
Le si avvicinò di nuovo ma nel sguardo stavolta non lesse altro che una rassegnata accettazione e forse un po' di compassione.
Non piangere più, ti aspetta ancora il meglio della vita. Arrivederci, Viola.”
La lasciò con una carezza sulla guancia e lei si sentì se possibile perfino peggio che se l'avesse davvero baciata. Rimase a guardarlo allontanarsi senza più voltarsi indietro.
Con il cuore pesante rientrò in albergo fuggendo dagli sguardi degli altri clienti nella hall, puntando diretta alle scale e solo una volta lì riuscì a lasciar uscire le lacrime.
Cosa c'era di sbagliato in lei?

*

L'appartamento che Perona condivideva con sua cugina era in una bella palazzina degli anni '60 restaurata di recente nel quartiere degli artisti.
Nami aveva scoperto con crescente stupore quanto fosse diversa quella città vista con gli occhi di chi non avrebbe più dovuto fare i salti mortali per riuscire a racimolare un pasto.
Dopo l'episodio con quel maledetto Teach, Perona li aveva visti sotto una nuova luce e non più come i soliti turisti della domenica. Aveva particolarmente preso in simpatia Sanji e il suo travagliato viaggio per l'Europa alla ricerca del suo vero amore, inutile precisare che Perona c'era caduta con tutte le scarpe e l'avevano persino vista commuoversi alla fine del racconto. La sua ammirazione per loro era doppiamente cresciuta quando aveva scopertp quello che tutti stavano facendo per permettere a lui di ritrovare Viola e non ci pensò due volte ad offrire casa sua come riparo per la notte. Persone così meravigliose avevano diritto alla vera ospitalità tedesca e non quella asettica offerta dagli hotel! Non aveva perso tempo ed aveva organizzato un tour personalizzato della città guidato personalmente da lei. Aveva mostrato la vera Punk Hazard, fatta di piazze vivaci, persone cordiali, monumenti storici di grande importanza e, soprattutto, birrerie e pub di alta qualità piene di quella che era il vanto della nazione intera, la birra! Li aveva portati nei quartieri più famosi, molti dei quali distrutti durante gli scontri ma rifioriti nell'immediato dopoguerra e ormai diventati punti di primario interesse per chiunque passasse da quelle parti. In uno di questi vi era appunto il suo appartamento, nel sopracitato quartiere degli artisti, dove ogni giorno potevi trovare spettacoli improvvisati in strada, concerti all'aperto, mercatini dell'antiquariato e feste di ogni tipo e genere, il tutto reso ancora più poetico dall'armonia che si respirava tra quelle vie dove tutti sembravano rispettare gli usi e costumi di chi gli stava affianco senza pregiudizi.
Con enorme orgoglio Perona li informò che proprio quella sera c'era in programma una festa a casa sua e che se avessero voluto partecipare ne sarebbe stata enormemente lusingata ma avrebbe capito se la stanchezza per il viaggio li avesse resi riluttanti, aveva già predisposto di spostare la festa dalla vicina solo per non disturbarli, tanto sapeva che nessuno glielo avrebbe negato.
Al solo sentire nominare la parola 'festa' gli occhi di Rufy erano schizzati fuori dalle orbite e c'era voluta la forza bruta di Sanji e Zoro per riuscire a sedarlo. Nami confermò la loro presenza ridendo, si sentiva incredibilmente più rilassata sapendo di essere coperta per i giorni seguenti grazie ai soldi guadagnati e la dormita notturna sul treno era stata più riposante di quanto avrebbero creduto, una festa era la benvenuta. Quello che nessuno di loro aveva considerato però era il genere di evento a cui avrebbero partecipato.
Dopo aver visto come era ammobiliata la casa in Nami aveva iniziato a farsi strada un dubbio che trovò conferma quando un'ora prima della festa un'entusiastica Perona la trascinò in camera sua e prese a far uscire dall'armadio solamente vestiti di chiaro stampo gotico.
Stavano per partecipare ad una festa gotica, nel pieno stile della padrona di casa ovviamente e nessuno di loro aveva la benché minima idea di cosa si dovesse esattamente fare a feste del genere. Tanto per cominciare l'abbigliamento, loro non avevano nulla che potesse lontanamente c'entrare qualcosa ma su quello era stata trovata presto una soluzione soddisfacente.
Perona si era presa in carico di vestire Nami e Rebecca, sua cugina e coinquilina oltre che socia in affari, aveva aiutato i ragazzi. Di robe da mettere ne avevano a bizzeffe in casa grazie al lavoro e non era stato difficile trovare a ciascuno qualcosa di adatto, l'unica che si sentiva un po' a disagio era proprio Nami e non capiva esattamente perché, in fin dei conti lo stile gotico vantava alcuni dei capi più belli che potessero esistere in commercio, forse era solo ansia da prestazione.
Si trattenne dal chiedere alla sua nuova amica se fosse sgarbato rifiutarsi di mettere i guanti neri di pizzo lunghi fino ai gomiti che le stava porgendo con un sorriso incoraggiante e finì col prenderli titubante. Perona non smetteva di far uscire dall'armadio tutti i vestiti, le scarpe e gli accessori di cui disponesse, ne aveva un'infinità.
...e non fare complimenti! Scegli pure quello che più ti piace, sono a tua disposizione!”
Nami sorrise sinceramente divertita, non era l'unica ad amare gli armadi gonfi, quella ragazza le stava sempre più simpatica. Si era stupita all'inizio che non avesse subìto il fascino di suo fratello, ma si era resa conto che mica tutte erano obbligate a cadergli ai piedi. Lei aveva qualcosa di decisamente diverso dalle altre o probabilmente lui era stato troppo impegnato a provarci -e successivamente a riuscirci- con Rebecca che in quanto a carattere era decisamente più affine a lui, per lanciare le sue mire anche su Perona.
Sospirò indecisa, abbandonando quei pensieri inutili e guardando le decine di abiti sparsi per la camera, sconfortata non tanto per la scelta in sé ma per l'idea di base che prevedeva obbligatoriamente che dovesse indossare uno di quelli. Insomma, per quanto potessero essere belli ed eleganti erano comunque la cosa più strana che avesse mai indossato e lei si metteva le tutone da lavoro integrali quando andava ad aiutare sua madre nella piantagione di mandarini!
Perona sembrava assolutamente a suo agio nel mostrarle quale accessorio sarebbe stato più indicato per l'uno o l'altro vestito e Nami capì che non sarebbe mai riuscita a farla franca. Infondo che male c'era, quei vestiti erano uno più bello dell'altro...
Il tempo stringeva, i primi ospiti erano già arrivati e Nami sentiva l'appartamento iniziare a popolarsi al di fuori di quella stanza. Perona non sembrava troppo preoccupata, continuava a rimanere con lei e a guardarla incoraggiante, solo per quel riguardo e la gentilezza che continuava a dispensarle senza che ne avesse alcun merito, Nami mise da parte la titubanza e prese ad esaminare con cura ogni abito, cercando quello adatto. Finì con lo scegliere il più semplice che si rivelò anche il più corto, completamente nero, senza maniche e dalla gonna a balconcino, con ricami intrecciati sulla schiena che richiamavano il disegno di pizzo sul petto.
Si ammirò allo specchio, doveva ammettere che quello stile non era affatto male, si sposava benissimo con la sua chioma fiammante che aveva deciso di lasciare semplicemente sciolta sulle spalle, d'accordo con la sua nuova amica. Faceva la sua figura, senz'altro.
Perona si illuminò per la scelta e le consigliò un paio di bracciali e di stivaletti da mettere in coordinato prima di sgranare gli occhi come colta da un improvviso pensiero.
Il trucco!” esclamò con urgenza spalancando la porta e fiondandosi fuori, diretta presumibilmente nel bagnetto attiguo alla stanza a recuperare tutto l'occorrente. Nami venne investita di colpo dalla musica alta proveniente dal salotto dove la festa era già iniziata e non fece in tempo a dirle che era a posto così, che l'altra era già sparita oltre l'uscio. Si avvicinò alla porta socchiusa e fece per richiamarla ma quando si affacciò nel corridoio si trovò davanti qualcun altro che stava passando e la guardò di rimando come sorpreso a trovarla lì.
Nami arcuò le sopracciglia vedendo lo sguardo spaesato di Zoro in piedi al centro del corridoio che spostava gli occhi da una porta all'altra. Era convinta fosse già di là con gli altri, che faceva lì da solo? Lo vide grattarsi la testa, in palese confusione e bloccarsi vedendo lei sullo stipite.
Nami dovette reprimere un sorrisino di scherno, il suo senso dell'orientamento peggiorava a vista d'occhio, si era di nuovo perso, in nemmeno 200 metri quadrati di appartamento e doveva appena aver constatato che il salotto non poteva trovarsi lì. Trattenne a stento una risata e lo vide incrociare le braccia, abbandonando la posa confusa per una di curiosità, notando solo in quel momento il suo abbigliamento.
L'occhiata che le lanciò la lasciò interdetta per un attimo, non avrebbe saputo come interpretarla. Le venne spontaneo tornare con la mente a quello che era successo nel bar con quel Teach non meno di sette ore prima e arrossì impercettibilmente stringendo forte nella mano la maniglia della porta come un salvagente.
Non aveva ancora avuto occasione di parlare a quattrocchi con lui e ringraziarlo per averla letteralmente salvata da quel bastardo. Aveva corso un bel rischio con quella partita circondata da energumeni, ma si fidava delle proprie capacità ed era sicura che il suo fascino avrebbe fatto il resto. Non l'avrebbe mai ammesso con gli altri ma si era resa conto di aver fatto il passo più lungo della gamba e l'aveva capito proprio nel momento in cui Teach l'aveva sovrastata bloccandola contro il muro, se non fosse stato per Zoro non aveva idea di dove la sua insolenza l'avrebbe portata, sgridava loro per i guai che causavano quando lei per prima non riusciva a risolvere una cosa da sola senza dover contare sul loro aiuto, un aiuto che ad essere onesti non capiva come potesse esser arrivato proprio da lui che non faceva mistero di detestarla.
Si ricordò della frase che aveva sussurrato al corpo esanime di Teach e lo stesso brivido caldo la attraversò dalla nuca fin nelle viscere. Ne era innegabilmente rimasta colpita e la cosa l'aveva mandata ancora più in confusione. Il loro rapporto non aveva più una definizione. Si erano odiati per anni per poi raggiungere una sorta di tregua per il bene di Sanji e della buona riuscita di quel viaggio. La notte al campeggio l'aveva fatta sperare nella nascita di un'amicizia per poi dover abbandonare quel pensiero la mattina dopo quando lui aveva ricominciato a detestare di averla intorno e poi quel pomeriggio aveva ribaltato di nuovo le cose. Non riusciva più a capire che cosa fossero diventati, ne aveva guadagnato solo un gran dolore alle meningi. Non erano amici, non si odiavano, per lo meno lei non lo odiava e il suo umore altalenante la faceva andare fuori di testa. Non sarebbe stato nemmeno un problema così grosso da gestire per lei, se non fosse che da una ventina di secondi a quella parte non era più l'unica cosa che la stava facendo andare fuori di testa.
Gli lanciò un'occhiata di sottecchi e si morse le labbra cercando di non pensare minimamente a quanto gli stesse bene la camicia nera che Rebecca gli aveva fatto indossare insieme ai pantaloni di jeans del medesimo colore che lo fasciavano perfettamente nei punti giusti.
Quella ragazza aveva un gusto fantastico e per un attimo si sorprese ad invidiarla. Ad una perfetta sconosciuta Zoro aveva concesso carta bianca sapendo che avrebbe scelto bene per lui. A lei una cosa del genere non l'avrebbe mai lasciata fare, ne era sicura.
L'allegria le si smorzò un po'. Perché le dava fastidio? Rebecca lo aveva fatto pure con Sanji e Rufy, cosa c'era di diverso?
Zoro si schiarì la voce con un colpetto di tosse, sembrava nervoso e il fatto che non se ne fosse ancora andato per i fatti suoi ma fosse rimasto la mise in allarme.
Sei stata molto brava oggi. Dove hai imparato a giocare a biliardo in quel modo?”
Se aveva pensato che la sola vista di lui in total black l'avesse mandata fuori di testa, non aveva fatto i conti con lo sconvolgimento emotivo che le avrebbe causato ricevere un complimento. Il cervello andò praticamente in tilt.
Deglutì a disagio fissandosi gli stivaletti neri di pelle che le aveva fatto mettere Perona quando aveva scoperto che avevano lo stesso numero.
Papà.” pigolò pianissimo in risposta.
Oh andiamo! Era Zoro! Quante altre volte doveva ripetersi di smetterla di sentirsi in soggezione?? Era così facile stargli vicino quando litigavano, le parole scorrevano fuori limpide come acqua, perché quando le parlava normalmente aveva su di lei lo stesso effetto che avrebbe avuto un litro di alcool puro giù per la gola? Non era normale!
Lui annuì fissando il pavimento, sembrava una gara a 'chi evita meglio lo sguardo?'
In effetti, ce lo vedo Dragon a giocare a biliardo al bar con un sigaro in mano...”
Nami lo fissò strabuzzando gli occhi, sempre meno lucida. Stava... stava forse cercando di dialogare civilmente con lei...?
...immagino che abbia provato a insegnarlo pure a Rufy ma dubito che lui abbia capito qualcosa oltre al fatto che si usano delle stecche...”
Si, stava chiaramente cercando un dialogo! Oh mio Dio...
Accantonò il pensiero che fosse assurdo e che tecnicamente lei avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per non degnarlo di una risposta. Chissenefrega che le avesse fatto passare due giorni d'inferno, Zoro voleva parlare, parlare, con lei! E lei avrebbe risposto, altroché!
Ci ha provato, si...”
Lui voleva parlare e lei voleva sotterrarsi. Che accidenti di risposta era?? Che vuol dire 'ci ha provato'?? Poteva fare di meglio!
Zoro, io... vorrei ringraziarti!” Ottimo inizio! Prese fiducia. “Per oggi... ho esagerato con Teach, non ho riflettuto, sarebbe potuta finire male e se non fosse stato per te...”
Non devi ringraziarmi!” pareva fin troppo calmo mentre negava con convinzione. “Ti ci ho messo io in quel casino...”
No, Zoro...”
Dico davvero...” le fece un sorrisetto storto. “Sono io che dovrei ringraziare te... Nell'ultima settimana non hai fatto altro che salvare il culo a tutti, senza di te non so dove saremmo finiti. Quello con Teach oggi era il minimo che potessi fare, volevo... aiutarti io, almeno una volta, ecco.”
Se non fosse stata già appoggiata alla porta probabilmente avrebbe cercato un appiglio, un'ancora che le ricordasse di dove si trovava e con chi.
Quell'ammissione andava ben oltre un tulipano rosso sullo zaino, andava oltre il pugno a Teach. Quella andava oltre a tutto e Nami pensò che sarebbe anche potuta scoppiare una bomba nel palazzo che tanto non se ne sarebbe mai accorta impegnata com'era a cercare di dare un senso al tumulto che si sentiva montare dentro.
Il sorriso che le nacque spontaneo sulle labbra veniva direttamente dal cuore, si sentiva leggera come una farfalla, felice come non le capitava da giorni ed era grazie a lui. Non era certo per i soldi vinti che si era sentita euforica tutto il pomeriggio, ora lo capiva e un'irrazionale voglia di dirglielo si impadronì di lei, avrebbe tanto voluto che lui lo sapesse, che capisse una buona volta quanto avrebbero potuto andare d'accordo se solo lo avesse voluto!
E Zoro lo capì, non era dello stesso avviso, ma lo capì perfettamente.
Nami era una visione quella sera, poco c'era mancato che si strozzasse con la sua stessa saliva quando l'aveva vista uscire dalla stanza con quel vestito addosso e l'aria da tenera bambina mai davvero cresciuta, il cuore era stato messo a dura prova in quei pochi minuti di dialogo. Era stato più forte di lui, avrebbe dovuto girarsi e raggiungere gli altri ma non era riuscito ad allontanarsi, quando erano soli Nami lo attirava a sé come una calamita e in quel momento non solo per il suo profumo, ormai diventato così dannatamente onnipresente da sentirselo sotto pelle. Aveva sentito il bisogno viscerale di parlarle, voleva assicurarsi che stesse bene, che Teach non avesse intaccato la sua luce dopo tutto il tempo che lui stesso aveva speso per evitarle più del necessario la propria negatività.
Parlare del biliardo era stata una scelta facile, evitare di sembrare un idiota che si arrampica sugli specchi pur di trovare qualcosa di sensato da dire, un po' meno. Come gli era venuto in mente di nominare suo padre?? Cosa aveva in testa? Le ortiche? Aveva ragione Sanji quando lo paragonava ad un'alga!
Lei lo aveva ringraziato ma non si rendeva conto che lui non si meritava niente? Avrebbe dovuto continuare a detestarlo, era quello il gioco, due persone impossibilitate a trovare un punto d'incontro che lo trovavano solo quando si odiavano, non era difficile. Avrebbe dovuto allontanarsi in quel momento, quando ancora aveva un senso perché lei stava bene, l'aveva appurato, ma anche in quel caso era stato difficile rinunciare a quegli ultimi attimi da solo con lei.
La musica arrivava forte alle loro orecchie anche se attutita e lui aveva deciso di aprirsi, un po', un po' tanto, un po' parecchio in realtà per i suoi standard se si guardava il fatto che spesso con Sanji comunicava a gesti. Ma non aveva saputo resistere, accadeva contro la sua volontà. Si era ritrovato a sperare come uno scemo di rivedere quello sguardo dolce che tanto l'aveva colpito di lei e che prima non aveva mai saputo esistesse, impegnato com'era a litigarci ogni dannata volta. Continuava a restare lì, sperava solo di vedere quello sguardo rivolto a lui per una volta, una sola singola volta e se lo sarebbe fatto bastare. Ironicamente si era raccontato che vederglielo addosso mentre era vestita come una bambola di porcellana sarebbe stato il collasso definitivo per le sue coronarie, un piccolo assaggio di una tentazione che sicuramente poi avrebbe messo definitivamente a tacere e tutta quella assurda attrazione che provava sarebbe svanita al loro ritorno a casa dove Nami sarebbe tornata ad essere la solita ragazzina viziata con cui sgolarsi.
Di certo non era preparato a quello.
Non fu il suo abbigliamento o lo sguardo a lasciarlo senza fiato ma il sorriso che gli rivolse. Bellissimo, abbagliante, grande, immenso, di quelli che raggiungono gli occhi e lì si pianta facendoli brillare come stelle.
Zoro deglutì più volte, la gola improvvisamente secca. L'aveva vista tante volte vestita elegante, Nami era il genere di ragazza che non puoi non notare se entra in una stanza, lo sapeva perfettamente che era bella, la conosceva da anni e gli occhi li aveva anche lui. Ma quel sorriso... quello non lo faceva mai. Quello bastò da solo a fargli accelerare il battito cardiaco e lo stomaco fece una doppia capriola quando si rese conto che era solo suo. Quel sorriso era per lui, lei l'aveva fatto per quello che aveva detto e si sentì di colpo vacillare, per un folgorante attimo pensò di fregarsene di ogni cosa e di lasciarsi andare per una volta. Era troppo vicina, le sue labbra, il suo corpo, il suo profumo agrodolce che stava per sopraffarlo, lo sentiva attorno a sé, su di sé e non gli stava suggerendo nessuna mossa casta. Voleva cedere, con tutto il suo cuore, voleva cedere! Ma si vide costretto ancora una volta in una morsa dolorosa a trattenere tutto quello che avrebbe invece voluto far uscire. Si sentiva un animale in gabbia, doveva andarsene prima che accadesse l'irreparabile e la tentazione di chiudersi a chiave con lei in una di quelle stanze mandando al diavolo ogni ottusa convinzione, diventasse troppo forte per riuscire a domarla.
Ci volle tutta la sua determinazione per riuscire a smettere di guardarla, per distogliere lo sguardo. Sapeva perfettamente di non meritarlo, di non meritare niente da lei, ma anche così stava diventando troppo difficile riuscire a restare impassibili davanti a quegli occhi da cerbiatto e a quel sorriso meraviglioso.
Perona uscì in quel momento dal bagno e Zoro provò uno strano sollievo combattuto quando la vide. Aveva le braccia cariche di ogni tipo di cosmetico esistente in commercio e l'espressione soddisfatta che cambiò di poco in sorpresa quando li vide entrambi nel corridoio uno di fronte all'altra, l'una ancora fermamente appoggiata allo stipite della porta, l'altro a venti centimetri da lei con gli occhi bassi, le braccia incrociate e l'espressione di un cucciolo ferito.
Ehi, ragazzi!” li salutò amichevolmente passando lo sguardo prima all'uno e poi all'altra. “Rebecca vi ha già preparati, fantastico! Ancora un attimo e saremo pronte anche noi!” mostrò il bottino entusiasta superando Zoro e rientrando nella camera facendo cenno a Nami di seguirla.
Lei si voltò un'ultima volta verso di lui mordendosi le labbra e sorridendogli un'ultima volta.
Ci vediamo dopo.” mormorò piano rientrando nella stanza.
Si... c-ci vediamo di là.” Zoro approfittò dell'attimo in cui si girava per guardarla, era una sua impressione o gli occhi di Nami brillavano? Cioè più di quanto già facessero, più del solito, più del normale, ecco... ma non era che quello stesse a significare che lui se ne accorgeva quando brillavano, eh! Non era certo così disperato da elemosinare qualcosa da lei, men che meno cercava la sua attenzione! Un colpo di fortuna l'arrivo di Perona, poteva solo chiamarlo così! Li aveva interrotti al momento giusto, ancora un po' e... interrotto..? Ma che andava a pensare?? Non era affatto stato interrotto! Se anche Perona non fosse arrivata, non sarebbe lo stesso successo un bel niente!
Seguì la musica a ritroso, questa volta più attentamente e in pochi passi si trovò davanti la sala da pranzo, quella che dava sul salotto e sull'ingresso. Si complimentò con sé stesso per esserci arrivato da solo, una piccola vittoria personale.
Interrotto... non era stato interrotto lui, perché non avrebbe fatto niente!
Interrotto... interrotto, certo...
Con la penombra e le luci al neon viola e rosse riusciva a vedere poco di ciò che lo circondava, ma se non altro era già arrivata parecchia gente. Non vedeva grandi differenze con il genere di feste a cui era abituato, forse appena un po' la musica e l'abbigliamento di tutti i partecipanti, ma il resto, il tavolo degli alcolici, le chiacchiere, l'atmosfera generale, erano sempre quelli. Notò la porta d'ingresso spalancata e la festa che prendeva piede non solo in casa ma giù per la tromba delle scale e, lo capiva solo ora, coinvolgeva tutto il palazzo. La musica era alta, un po' particolare ma orecchiabile tutto sommato e gli alcolici davano bella mostra di sé sulla tavola imbandita. Zoro ghignò servendosi generosamente da bere.
Interrotto... ma che interrotto!
Notò Rebecca e Rufy poco lontano. Lui stava cercando di fagocitare la faccia di lei o lei quella di lui, non avrebbe saputo dirlo. Non gli parve uno spettacolo così interessante e passò oltre.
Interrotto... macché... ancora??
Mandò giù in un colpo solo l'intero contenuto del bicchiere, non sapeva nemmeno cosa avesse bevuto ma era buono! Inquadrò Sanji ballare a torso nudo su un tavolino al centro della stanza e due strambi personaggi con l'eyeliner e grossi copricapi incitarlo. Il damerino non aveva imparato proprio niente, era di nuovo ubriaco e si era appena ripreso. Lo spettacolo, che già di per sé era atroce, diventò da film horror quando ai due tizi strani si aggiunse una donnona coi capelli rosa raccolti in due treccine che cercò di abbracciare il suo amico e trascinarlo via con sé. Zoro rimase qualche secondo in più su di loro solo per vedere come si sarebbe evoluta la cosa. La reazione di Sanji non si era fatta attendere, era saltato sul divano cercando di fuggire da quella tizia che ora Zoro ricordava essere una delle tante cugine di Rebecca e Perona, non si ricordava il nome ma che era in cerca di marito quello si, e all'improvviso provò pena per torcigliolo, solo per un attimo però.
Si verso nuovamente da bere, scotch stavolta!
Interrotto...
Mandò giù tutto d'un fiato e guardò assorto il bicchiere di plastica vuoto tra le mani.
Non sarebbe mai successo niente, era inutile che continuasse a tornarci con la mente! Per quanto potesse attrarlo, lui con Nami non avrebbe mai fatto niente!
Annuì tra sé e sé, rassicurato dalle sue stesse considerazioni. Ora più che mai aveva bisogno di non pensare a nulla. Diede le spalle alla festa per versarsi un altro generoso bicchiere che grazie ai suoi riflessi riuscì a non rovesciarsi del tutto addosso.
Namiiii!! Mia deaaaaa!!”
Sanji l'aveva accidentalmente, ma neanche troppo, urtato per correre verso la porta che dava nel corridoio e solo per un soffio non gli aveva fatto rovesciare tutto il contenuto del bicchiere sui pantaloni. Zoro seguì la sua scia, Nami alla fine era arrivata in sala insieme a Perona e lui si ritrovò a fissare disgustato il damerino fare il baciamano ad entrambe mentre cercava di pulirsi le dita piene di gin grazie al fare da elefante del suo amico. Grugnì imbufalito vedendo tutto il liquore sparso sul tavolo, sprecare tanto buon alcool gli dava ai nervi! Cercò di ripulire un po' senza smettere di lanciare fugaci occhiate alla porta del corridoio, continuando a scandagliare Sanji e Nami.
Va bene che era ubriaco ma ogni santa volta doveva farle da tappetino? E perché Nami non lo bloccava mai, sapeva perfettamente che c'era Viola, perché si ostinava ad accettare con un sorriso -normale, uno normale, diverso da quello di prima, eh- tutte le idiozie che le propinava? Tipo quella del momento, prenderla per mano per portarla a ballare con lui! Ma se nemmeno aveva idea di come si ballasse quella musica!
Vide Nami ridere per lo stato pietoso in cui versava il suo amico e non potè darle torto quando accettò di buon grado il suo invito solo per farlo smettere di dimenarsi a torso nudo. Gli fece rimettere la camicia e promettere di tenere le mani a posto. Come se corresse un vero rischio, poi... di Sanji si potevano dire tante cose ma non che fosse il genere di ragazzo che ci provava spudoratamente con una donna avendone già un'altra per le mani e non una qualsiasi stavolta. Era fedele pure da ubriaco marcio, un vero e proprio gentleman, accidenti a lui. Zoro represse un sospiro irritato. Il damerino era sempre stato il suo opposto in fatto di donne, Sanji era devoto e monogamo quanto lui era superficiale e da botta e via.
Interrotto...
Scosse il capo con vigore, doveva piantarla di pensarci una buona volta!
Si versò un altro bicchiere e si premurò di riempirlo fino all'orlo, se lo portò alle labbra e fu più forte di lui, si voltò ancora verso di loro ma stavolta intercettò un altro sguardo incrociare il suo e lo stomaco gli si contrasse su se stesso per una frazione di secondo. Nami lo stava guardando.
Si affrettò a concentrarsi di nuovo sul bicchiere che teneva in mano ma gli occhi tornarono subito su di lei senza riuscire a impedirselo, era una dannata calamita.
Nami sorrideva appena tenendo le mani tra quelle di Sanji che la faceva volteggiare fuori tempo ed anche se sembrava divertirsi, non smetteva di guardare lui e a sua volta Zoro si accorse di non riuscire a smettere di guardare lei, immobile ad approfittare come un assetato nel deserto della sua attenzione nonostante il cervello gli gridasse a gran voce di girarsi, lasciarla perdere e far fuori tutta la riserva alcolica che c'era in casa. Sanji le fece fare una piroetta che non c'entrava nulla con il ritmo della musica e lei rise presa alla sprovvista, ritornando subito dopo con gli occhi su di lui senza lasciar morire il sorriso emozionato, anzi allargandolo ancor di più nella sua direzione e per Zoro quello fu semplicemente troppo.
Con un colpo di reni si voltò dandole le spalle, le mani che tremavano di rabbia repressa. Spostò tutto il peso del corpo sul tavolo, poggiandosi con i pugni, respirando piano e a fondo, provando a calmare il battito frenetico del cuore.
Basta, era ora di finirla! Non doveva andare così ma se l'era voluto lui, si era messo nei guai da solo quando le aveva ufficialmente chiesto di unirsi a loro! Era partito tutto da lì, l'aveva avuta vicino come non era mai successo e nel corridoio era stato palese che non fosse in grado di gestire la cosa! Era molto più facile continuare a detestarla quando non era costretto a passarci così tanto tempo insieme! Si era ridotto ad un idiota patentato che non riusciva a trattenersi dal cercare un contatto ed ora ne pagava le conseguenze! Lei doveva stargli lontana, doveva capire che ogni sguardo, ogni sorriso, ogni cosa che faceva per sincera cordialità, lo portava sempre più vicino al punto di non ritorno! Doveva smetterla con quell'assurda voglia di averla vicino e continuare invece a tenerla lontana da lui!
Zoro tutto bene?”
Il verde saltò su come una molla a quella voce femminile che gli si era approcciata con un tono così preoccupato. Lasciò uscire un sospiro di sollievo che sovrastò la piccolissima delusione che lo aveva colto per un attimo quando aveva visto che si trattava solo di Perona. Aveva per un solo secondo sperato e maledetto al contempo che fosse qualcun altro.
La ragazza gotica lo guardava in attesa con le sopracciglia corrucciate e Zoro si affrettò a schiarirsi la gola. “Si, grazie. Tutto ok!” dissimulò facilmente i tremori alle mani incrociando le braccia. Con la coda dell'occhio notò che Nami era ancora alla mercé di Sanji ma non erano più soli. A loro si erano aggiunti Rufy e Rebecca, coinvolgendoli in uno stupidissimo ballo a quattro che provocava più risate che invidie.
Perona annuì alla sua risposta evitando di indagare oltre e per questo la ringraziò mentalmente, aveva tutta l'intenzione di tenere la cosa per sè.
Non vai a divertirti con gli altri?” le chiese più per cortesia che per vero interesse.
La vide negare tranquilla col capo, sorridendogli. “Stavo per chiederti la stessa cosa! I tuoi amici si stanno dando alla pazza gioia... li adoro!” esclamò all'improvviso allargando il sorriso e guardando il ballo a quattro che cambiava posizione a seconda delle richieste di Rufy.
Zoro sbuffò un laconico 'se ti piacciono gli idioti' che la fece ridere. Aveva una risata davvero buffa e per un attimo contagiò anche lui.
Non ho mai incontrato persone come voi, siete così affiatati, si vede subito!”
Zoro si voltò a guardarla stupito. “Davvero?” Gli sembrava un'assurdità.
Rufy e Nami discutevano in continuazione, come lui e Sanji. Con Nami lui era sempre ai ferri corti, come Sanji con Rufy. In generale si scannavano tra di loro spesso e volentieri e si ficcavano nei casini ancora più facilmente. Più ci pensava e meno trovava la percezione di quell'affiatamento.
Ma Perona annuì sempre convinta. “Nessuno di quelli che conosco avrebbe mai fatto quello che voi state facendo per Sanji! Né avrebbe mai fatto quello che lui sta facendo per amore.” si voltò a guardarlo, gli occhioni che brillavano emozionati sotto le luci stroboscopiche. “È bellissimo vedere come vi parate le spalle a vicenda!”
Zoro batté gli occhi ripetutamente, piacevolmente colpito dalla sua analisi ma un po' dubbioso. Non si sentiva così speciale come lo stava dipingendo lei, né vedeva negli altri qualcosa di così straordinario da essere lodato, eppure le diede ragione sull'ultimo punto, era vero che si paravano le spalle a vicenda, lui stesso l'aveva detto non meno di mezz'ora prima. Il pensiero tornò nuovamente su di Nami ma si affrettò a scacciarlo e si impose di non voltarsi verso di lei.
Perona gli venne in aiuto involontariamente. Quella ragazza pareva avesse intenzione di non schiodarsi più dal tavolo degli alcolici per il resto della serata e a lui, stranamente, non dava fastidio il pensiero di continuare ad averla vicino. Aveva iniziato a stargli simpatica e la sua risata era un qualcosa di veramente piacevole da ascoltare.
Mi avete stupito oggi con Teach! L'ho visto imbrogliare e terrorizzare la gente per anni e poi finalmente arrivate voi e zac, lo fregate con due mosse!”
Zoro la guardò con la coda dell'occhio sorvolando sul fatto che tecnicamente pure lui si era fatto fregare. Teneva le braccia incrociate sotto al seno e non distoglieva lo sguardo dolce dall'allegra combriccola a quattro che lui invece cercava in tutti i modi di ignorare.
Mi ha sbalordito soprattutto la bravura di Nami con il biliardo! Non so davvero, insomma... è bellissima, simpatica, intelligente, è un portento in disegno e pure col biliardo... è un agglomerato di talenti quella ragazza!”
Ecco, quel discorso avrebbe preferito non affrontarlo. Si mosse irrequieto spostando il peso del corpo da un piede all'altro, indeciso se mollarla là da sola o cercare un qualsiasi altro argomento che gli permettesse di evitare quello. Non aveva intenzione di parlare del suo malumore con qualcun altro ma Perona non sembrava intenzionata a dargli modo di ribattere.
Mi stupisce che una come lei sia ancora single! Voglio dire... chi non farebbe carte false per avere la sua attenzione?” esclamò sicura voltandosi alla fine verso di lui con un sorriso sincero assolutamente privo di invidia.
Zoro trattenne un'imprecazione tra i denti, come aveva fatto a finire in quella conversazione??
Perona lo guardava in attesa, forse si aspettava una qualche conferma da parte sua ma non sapeva davvero cosa risponderle. Se voleva un parere sincero aveva sbagliato persona. Si appoggiò al tavolo con le gambe fissando il proprio bicchiere vuoto tra le mani.
Penso che sarebbero in molti a volerla, si...” mormorò controvoglia.
Anche tu?” gli chiese con indifferenza.
Zoro alzò la testa di scatto. “Anch'io cosa?” rispose forse un po' troppo velocemente perché lei si mise a ridere.
Anche tu vuoi le sue attenzioni?” chiese più esplicitamente, con un tono così malizioso che Zoro sentì le viscere aggrovigliarsi su se stesse più e più volte. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso.
Schiacciò il bicchiere di carta tra le mani voltandosi completamente verso di lei che non smetteva di osservarlo. “Io non voglio le sue attenzioni!” scandì bene, guardandola negli occhi. “Non mi interessa Nami, è la sorella del mio migliore amico e ci sopportiamo a malapena. Per me è solo una ragazzina isterica, innegabilmente di bell'aspetto e con qualche qualità, ma nient'altro!” concluse duro tornando ad appoggiarsi al tavolo distogliendo lo sguardo. Sperava che Perona avesse capito e che il discorso fosse ufficialmente chiuso.
Quindi tra di voi non c'è niente?”
Zoro alzò gli occhi al cielo senza farsi notare e sbuffò infastidito. “No, non c'è e non ci sarà mai niente!”
Perché continuava ad insistere?? D'accordo che fosse simpatica, ma ora esagerava. Aveva seriamente pensato di allontanarsi ma era la padrona di casa, quella che li doveva ospitare per la notte e non era proprio il caso di inimicarsela.
Corrugò le sopracciglia quando sentì una risatina venire da lei e si voltò un po' confuso. Che aveva da ridere?
Mi fa piacere sentirlo.” esclamò sorridendogli calorosa e Zoro batté gli occhi più volte, perplesso.
Perché?”
Lei si morse le labbra, improvvisamente timida, girovagando con lo sguardo per la stanza prima di tornare di nuovo su di lui e sorridergli con trasporto. “Beh, Nami non è l'unica che mi ha colpito oggi...”
Lasciò la frase in sospeso mentre con gli occhi percorreva ogni centimetro del suo corpo dal basso all'alto con una lenta e sempre più maliziosa occhiata che non poteva equivocare.
Ci stava spudoratamente provando con lui e nel realizzarlo Zoro alzò un sopracciglio, prendendo ad osservarla più attentamente. Era bella Perona, con quei boccoli rosa e le labbra di rubino, la carnagione bianchissima e la scollatura profonda, un bocconcino che normalmente non si sarebbe fatto sfuggire. Il vecchio istinto predatore che aveva messo a tacere durante quel pazzo viaggio si rimpossessò di lui in un secondo.
Ma davvero?” le chiese con un sorriso storto che esprimeva chiaramente quali pensieri gli stessero passando per l'anticamera del cervello.
Lei sorrise provocante, negli occhi lo stesso desiderio. “È la prima volta che vedo atterrare un uomo con un unico pugno...”
Zoro ghignò compiaciuto. Il discorso era iniziato male ma ora capiva il perché di tutte quelle domande. La ragazza era davvero un bel tipo e aveva un corpo spettacolare che si intravedeva dal bustino semitrasparente e dagli spacchi vistosi della lunga gonna ricamata. Qualcosa si mosse irrequieto ai piani bassi mentre ammirava il capolavoro che erano le sue gambe. Aveva le autoreggenti... Quella ragazza sprigionava sesso da tutti i pori e lui se n'era accorto solo in quel momento. Beh, meglio tardi che mai!
Perona continuava a mordersi le labbra, non le era sfuggito come lui l'avesse passata ai raggi X ed era anche ora, si era messa apposta il suo vestito più provocante sperando di vedere una reazione positiva in lui. Zoro era sexy da morire, se n'era già accorta prima della sfida a biliardo, ma con quel pugno l'aveva completamente stregata. Aveva cercato per tutto il giorno di capire se ci fosse qualcosa tra lui e la rossa, Nami le stava davvero simpatica e voleva essere certa di non camminare su un campo minato. Mentre la truccava le aveva chiesto delucidazioni su di lui e si era sentita rispondere che erano solo amici, quando non erano impegnati a ricoprirsi di insulti. Una battuta che l'aveva fatta ridere sul momento, ma che necessitava anche della conferma dell'altra campana. Zoro le aveva dato le risposte che voleva ed ora si era decisa a tentare il tutto per tutto, mal che andasse avrebbe subito un rifiuto, non sarebbe stata una tragedia. Sorprendentemente lui si dimostrò particolarmente interessato invece e la cosa non poté che galvanizzarla ancora di più. Era tutto il giorno che aspettava quel momento!
Stanotte c'è la luna piena e noi abbiamo uno splendido terrazzo all'ultimo piano... ti va..?” mormorò suadente al suo orecchio facendolo impercettibilmente rabbrividire.
Quello era un invito vero e proprio, inequivocabile, languido, terribilmente seducente e lo Zoro di una settimana prima non c'avrebbe pensato due volte a prenderla e portarsela in spalla su per la scala antincendio. Ma lo Zoro che presenziava a quella festa si sorprese ad esitare.
Non riuscì ad impedirselo, lo sguardo corse rapido su di lei, ancora. Sanji l'aveva lasciata nelle mani del fratello che le stava facendo ballare un misto di valzer e break dance ridicolo ma troppo divertente per lei che rideva spensierata, volteggiando per la sala.
Vederla così gli provocò un doloroso spasmo a livello dello stomaco. Era bellissima, bellissima e felice ed era quello che doveva essere! Nami doveva rimanere felice così come la vedeva.
La consapevolezza lo investì come un'onda violenta e il battito cardiaco accelerò. Lui era l'unico che doveva patire, se lo meritava! E Perona...
Tornò a guardare la ragazza gotica che lo osservava curiosa, ancora in attesa della sua risposta. Perona era la persona giusta al momento giusto! Gli aveva chiaramente fatto capire che voleva una sola cosa da lui ed era proprio quella di cui aveva bisogno! Deglutì stringendo i pugni prima di girarsi completamente verso di lei e sfoderare il sorriso più seducente che possedeva sapendo per esperienza diretta che aveva fatto capitolare decine di ragazze.
Perchè no? Avevo proprio voglia di prendere un po' d'aria...”
Perona sorrise a sua volta e gli indicò con un cenno del capo la portafinestra della sala dalla quale si intravedevano le scale antincendio.
Lo precedette camminando sinuosa tra la folla, girandosi appena con il capo per guardarlo facendosi desiderare e lui non la perse di vista nemmeno un attimo, concentrato sulle sue forme che ancheggiavano solo per lui. Sentì qualcosa risvegliarsi decisamente prepotente in lui quando la vide alzare la gonna per attraversare la porta e mostrare una generosa porzione di gamba prima di afferrare una delle sue mani e spingerlo più vicino a sé con un sorriso che prometteva qualsiasi cosa. Zoro ghignò apertamente e l'afferrò per la vita prendendo a salire con lei e sparendo per le scale.
Si era imposto di non guardarla, di non cercarla più tra la gente e aveva fatto bene perché quello che avrebbe visto forse gli avrebbe fatto cambiare idea.
Avrebbe visto Nami che ridendo si staccava da Rufy e si girava alla sua ricerca, con gli occhi che ancora brillavano spensierati cercando un motivo che le permettesse di avvicinarsi di nuovo a lui. Avrebbe visto quegli stessi occhi cercarlo per tutta la stanza, accigliati. Avrebbe visto la luce che li animava spegnersi all'improvviso mentre lo metteva a fuoco vicino alla portafinestra. Avrebbe visto il viso di una ragazza a cui era appena crollato il mondo addosso mentre lo guardava stringere la mano di Perona e attaccarsi a lei, salendo le scale che portavano al terrazzo. C'era un unico motivo per il quale Zoro avrebbe potuto voler salire sul terrazzo di notte con una donna e non era di sicuro per una lezione di astronomia. Quello che non avrebbe visto e Nami stessa si sarebbe premurata di non fargli mai vedere, era il suo cuore che andava in mille pezzi.
Nami dovette portarsi una mano allo stomaco. Qualcuno la urtò ballando ma lei non se ne accorse nemmeno, le veniva da vomitare. Gli occhi spalancati fissi su quella portafinestra causa di tutto quel dolore che sentiva scorrere nelle viscere. Le mani le tremavano e niente sembrava più avere senso logico, c'era solo lui che sorrideva ad un'altra ed usciva sulla scala antincendio con lei.
Idiota, era l'unica cosa che continuava a pensare di sé stessa. Era stata una colossale idiota a sperare... in cosa poi?? A sperare di essere sua amica? Ma chi voleva prendere in giro? Non aveva mai voluto la sua amicizia!
Nami l'aveva detto che Perona era diversa, non era interessata a suo fratello come tutte perché aveva ben altre mire! Mire che le facevano un male atroce e avrebbe tanto voluto non scoprirlo mai. La cosa peggiore, tra l'umiliazione e lo sconvolgimento che ne era derivato, era che non aveva alcun diritto di sentirsi così. Lei e Zoro non stavano insieme, non le aveva mai fatto nessun genere di promessa, quasi non si parlavano, lui la odiava! E lei... Dio, lei aveva appena scoperto con angoscia che avrebbe dato qualsiasi cifra per essere al posto di Perona! Ma a lei quella possibilità era preclusa. Lei non avrebbe mai avuto niente da lui e solo quello bastò a frantumare del tutto l'ultimo brandello di dignità che le era rimasto.
Il cuore non le aveva mai fatto più male. Non poteva reggerlo, non ne era in grado. Lasciò scivolare un'unica piccola lacrima che nemmeno si premurò di asciugare.
Non avrebbe resistito un secondo di più, nessuno doveva vederla in quello stato. Mollò tutto, la festa, gli amici, l'atmosfera gioiosa e corse verso il bagno decisa a non uscirci mai più.
Sanji passò in mezzo alla sala buttando giù d'un fiato la sua terza bottiglietta d'acqua, la sbornia che scemava sempre più con sua enorme soddisfazione. Con la ritrovata semi coscienza la scena alla portafinestra non era sfuggita nemmeno a lui e aveva pregato con tutto il suo essere che a qualcun altro fosse stata risparmiata.
Quando si vide passare davanti Nami correndo come avesse il diavolo alle costole, schivando la folla con la testa bassa e una mano sulla bocca, capì di aver preteso troppo dal destino. Era utopistico pensare che non avesse notato Zoro e Perona, visto che aveva passato gran parte della giornata a cercarlo con gli occhi. Il problema era che pure Zoro aveva passato la giornata a guardarla, convinto di non essere visto.
Sanji scosse il capo con dispiacere, passandosi una mano sul viso stanco. Erano i suoi migliori amici e nonostante gli desse fastidio non poteva mettersi in mezzo. Si impose di non seguirla ma anche così non poteva non provare un'immensa pena per entrambi.
Marimo, marimo... non hai mai capito niente...”



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Capitolo 17
*** Jump ***





Ormai si era abituato, conosceva l'iter a memoria.

Sbronza epocale, emicrania, capogiri, voglia di vomitare, svenimento da qualche parte, sveglia, posto sconosciuto, dolori muscolari, emicrania, voglia di vomitare, panico per rumori e/o odori strani, voglia di vomitare, ambientamento, capogiri, emicrania, caffè... caffè? No, il caffè era nuovo...
Sanji si alzò di scatto a sedere e poco ci mancò che cascasse dal divano per le vertigini. Una tazzona di fumante caffè nero era l'unica cosa che il suo occhio mezzo aperto riuscisse a distinguere in quel marasma di colori che era la casa di Perona e Rebecca alla luce del sole dopo la festa della notte prima. Stavolta ricordava più o meno tutto, compreso quello che era accaduto dopo aver visto Zoro sparire su per la scala antincendio con la ragazza che ora gli porgeva gentilmente la tazza di caffè armata di sorriso radioso. Si, dopo aveva bevuto ancora, ma principalmente per impedirsi di correre dietro a Nami e tentare di parare le spalle al suo amico in qualche modo. Di lui si potevano dire tante cose ma Sanji sapeva che una volta trovatosi davanti l'amica in lacrime con il cuore distrutto, l'unica cosa che sarebbe stato capace di fare oltre ad abbracciarla era trovare un motivo plausibile per il comportamento di Zoro. Motivo che non esisteva, tra l'altro e Nami magari l'avrebbe presa per buona e si sarebbe fatta andar bene pure una bugia pur di non continuare a starci male. Ma Sanji non era il tipo che mentiva alle donne, ergo per evitare di creare più problemi di quelli che già esistevano si era dato nuovamente all'alcool. Causa e soluzione di ogni guaio. Era stato un imbecille, lo sapeva già.
Guardò fuori dalla finestra, doveva essere relativamente presto, il sole non era ancora così accecante. Accettò con un mezzo sorriso la tazza che Perona gli porgeva, era una visione quella ragazza al mattino ma lui sentiva dolori ovunque, come se qualcuno avesse dormito sopra di lui tutta la notte e la testa vorticava. Aveva davvero bisogno di quel caffè ma si sentiva uno sleale traditore ad accettare l'umile gesto di una bella e brava ragazza che aveva l'unica colpa di essere finita nelle mire del marimo e di conseguenza in quelle di Nami.
La guardò con la coda dell'occhio tornare verso la cucina saltellando ancora in tenuta da notte e afferrare altre due tazze fumanti dal bancone al centro dell'open space porgendole a due ragazzi a torso nudo e boxer che arrivavano in quel momento dalle camere e le accettarono sbadigliando prima di sedersi a fare colazione. Sanji quasi si strozzò con il suo caffè a quella vista e fece una rapida panoramica della sala. Lui aveva dormito sul divano ma sotto di lui sul tappeto nero c'erano altri tre personaggi strani con il cerone sulla faccia che ronfavano della grossa, immersi in coperte e trapunte. Vicino al bancone notò altre due ragazze che dormivano per terra e un'altra vicino alla finestra, tutti rigorosamente avvolti da coperte di ogni genere. Dalle camere si sentivano i distintivi rumori di persone intente al risveglio mattutino e Sanji non riuscì a trattenere un sorrisino, sembrava una consuetudine da quelle parti che i partecipanti delle feste si fermassero in blocco anche a dormire.
Perona volteggiava tra i vari ospiti distribuendo caffè a chi si svegliava come una fatina che dispensava la sua polvere magica e forse il paragone era azzeccato perché quel caffè lo rimise a nuovo. Stirò un po' i muscoli e mise i piedi a terra aiutandosi con lo schienale del divano per non cadere faccia in giù a causa di un'improvvisa vertigine. “Basta, ho chiuso con l'alcool...”
Si passò una mano sul viso, era stanco ma tutto sommato il divano era stato una scelta felice, chissà se ce lo avevano messo o ci si era buttato da solo.
Si avviò verso il bancone per prendere uno di quegli invitanti croissant che Perona aveva appena sfornato e lanciò un'occhiata addolorata alle tre ragazze che ancora dormivano serenamente per terra. Di una cosa era sicuro, se la sera prima fosse stato sobrio il divano lo avrebbe ceduto a loro!
Sei il primo dei tuoi amici a fare colazione.” Perona riempì una caraffa di succo d'arancia appena fatto e la poggiò sorridente davanti a lui quando si sedette con lei al bancone, passandogli poi un bicchiere che accettò volentieri, trattenendosi a stento dallo scatenare un'ondata di cuori al suo indirizzo per quel gesto. Non era proprio il caso.
Rufy ha dormito nella camera di mia cugina, con mia cugina, su mia cugina.” abbozzò una risatina divertita e Sanji alzò gli occhi al cielo. Naturalmente...
Nami invece non è ancora uscita dalla camera degli ospiti, per cui presumo stia ancora dormendo. In fin dei conti sono solo le otto e ieri abbiamo fatto molto tardi...”
Sanji riuscì solo a commentare con un laconico 'Ah...' che avrebbe potuto voler dire tutto o niente.
Era troppo impegnato a registrare con la parte predominante del cervello il fatto che Perona avesse omesso qualcuno dalla lista e non sapeva bene come prendere la cosa. Si sentiva combattuto, non era una bella sensazione stare tra l'incudine e il martello. Si mise a fare colazione senza una parola di più, ancora assonnato, scoprendo con divertimento di essere lo specchio degli unici amici di Perona già in piedi, i ragazzi in boxer che gli sedevano di fianco addentando croissant come se non ci fosse un domani, in religioso e comatoso silenzio. Parevano tutti più morti che vivi ma almeno lui non si faceva vedere in quello stato da una signora...
Pur essendo un appartamento pieno di gente era straordinariamente silenzioso a quell'ora del mattino, non sentiva nemmeno il rumore del traffico ed erano solo al terzo piano. Gran parte dei ragazzi stavano ancora dormendo, Perona canticchiava allegra mentre preparava un'altra moka di caffè e Sanji si chiese stupidamente se non fosse il caso di cominciare a testare il terreno con lei fintanto che non c'erano orecchie indiscrete e soprattutto conosciute all'ascolto. Si dovette trattenere dal fare una smorfia infastidita, quello era il genere di cose che non pensava sarebbe mai stato capace di chiedere e personalmente avrebbe tanto voluto rimanerne all'oscuro ma sapeva chi avrebbe voluto quella conferma e altrettanto bene sapeva che quella persona non avrebbe mai e poi mai chiesto esplicitamente a Perona se fosse o meno stata davvero con il marimo la notte precedente. Ergo per cui dal momento che di Zoro ancora non c'era traccia toccava a lui l'arduo compito di ficcanasare con il dovuto tatto e magari più tardi avrebbe cercato anche di accertarsi che avessero usato le dovute precauzioni, con quell'imbecille non si poteva mai sapere!
Perona mise la moka sul fuoco e si girò a guardarlo sorridendo radiosa. Sanji non riuscì a non ricambiare, cercando di rimandare le domande il più possibile, sapendo di non avere molta scelta.
Zoro non avrebbe mai risposto se l'avesse chiesto esplicitamente a lui e chiederlo a Perona, anche se velatamente come era sua intenzione, lo faceva vergognare a morte, soprattutto perché ad una signorina non erano cose da chiedere e poi non erano affari suoi! Ma Nami era sua amica... la sua serenità era più importante della sua vergogna e l'ultima immagine che aveva di lei non era affatto il ritratto della felicità. Dannato marimo! Gli avrebbe fatto pagare ogni cosa!
Finì il suo bicchiere di succo d'arancia e addentò un altro croissant, preparandosi mentalmente il discorso da fare e maledicendo l'amico al contempo. Forse avrebbe potuto iniziare prendendola larga... si schiarì la voce, deciso. “Perona cara, senti...”
Nami!!!”
Perona si illuminò d'immenso e a Sanji andò di traverso l'ultimo boccone di croissant al suo urlo. La vide fare il giro del bancone e superarlo di corsa, sparendo dietro di lui. Il biondo tossì un paio di volte per non soffocare e un altro paio poi solo per prendere coraggio e riuscire a voltarsi.
Nami alla fine era riemersa dalla camera degli ospiti e in cuor suo avrebbe preferito succedesse solo dopo aver saputo la scomoda verità dalla ragazza gotica. Con Nami lì come diavolo poteva chiedere a Perona se aveva davvero fatto sesso con Zoro?
Perona la stava tirando per un braccio, incitandola a venire avanti per fare colazione insieme e a Sanji si strinse il cuore al vederla. Al di là delle vistose occhiaie e del colorito pallido, lo sguardo di Nami combinava quello di un serial killer che aveva individuato la preda e un cucciolo di foca abbandonato dalla mamma. Paragoni che non capiva nemmeno da dove avesse tirato fuori ma gli parvero perfetti per giudicare lo stato emotivo in cui sembrava trovarsi quella mattina. Stato emotivo che Perona a quanto pareva non aveva minimamente notato visto il tono entusiastico con cui le si rivolgeva. Probabilmente non si era neanche accorta che Nami non aveva ancora spiccicato una parola, né fatto un sorriso, al contrario suo ed eseguiva ogni cosa che le veniva chiesta come un automa. La fece sedere con loro al bancone e si allontanò subito per infornare altri croissant appositamente per lei. Sanji ne approfittò per scoccarle un'occhiata cauta senza farsi notare, cercando di trasmetterle tutto il suo supporto ma Nami non reagiva a nessuno stimolo, se ne stava seduta con le braccia in grembo a fissarsi le scarpe, un semplice paio di jeans e una maglia leggera addosso e il trucco semi sfatto della notte precedente che nascondeva malamente l'alone di depressione che la circondava e che poteva essere facilmente scambiato per mancanza di sonno, per quello probabilmente Perona non si era accorta di nulla.
Schioccò la lingua amareggiato. Sanji lo sapeva bene come ci si sentiva, semplicemente uno schifo.
Scoprire di amare qualcuno che ti odiava era una cosa ma scoprirlo e vederlo andarsene con un'altra nell'arco della stessa ora dopo esserti illusa lui potesse aver cambiato idea su di te, era un altro paio di maniche. Nami pareva l'ombra di sé stessa e lui non poteva fare nulla per aiutarla. L'unico che avrebbe potuto non si era ancora visto e forse era meglio così, avrebbe potuto migliorare le cose tanto quanto avrebbe potuto peggiorarle e Sanji non ci teneva a vederla stare più male di così.
Perona le mise sotto il naso ogni ben di Dio, sempre sfoggiando quel sorriso radioso da pubblicità, prima di andare di corsa a spegnere il gas, era pronto anche il caffè.
Sanji le lanciò un'altra occhiata di sottecchi notando che non sembrava affatto interessata a buttar giù qualcosa, anzi. Seguì il suo sguardo e capì al volo che cosa avesse catalizzato tutta l'attenzione di Nami, fondamentalmente perché era lo stesso pensiero che girava anche nella sua testa da quando si era svegliato. Perona pareva troppo sfavillante quella mattina per pensare che fosse una cosa abituale, tutto in quella ragazza gridava forte e chiaro che aveva avuto un risveglio piacevole derivato probabilmente da una notte altrettanto piacevole, le occhiate stranite che le lanciavano i suoi stessi amici erano solo state l'ulteriore conferma. Sanji lo realizzò in quel momento, non sarebbe servito a nulla chiederle se fosse o meno stata con Zoro, Perona aveva la risposta stampata in faccia e per uno stupidissimo attimo si chiese se il suo amico non mentisse come aveva sempre creduto e che davvero fosse l'asso che si vantava d'essere con le ragazze.
Si voltò con comica urgenza verso Nami, stringendole delicatamente un braccio, cercando di richiamarla con gli occhi per impedirle di fare la sciocchezza che leggeva nei suoi. Non era colpa di Perona quello che stava provando, non era giusto che cercasse mille modi per incenerirla con il pensiero!
Nonostante quello che pensava lui, Nami sapeva perfettamente che la ragazza gotica non c'entrava niente, la realtà era che non poteva dare la colpa a nessuno se stava male ed era proprio quello a farla stare peggio!
Tirò su col naso e riportò la sua attenzione alle mani in grembo, ignorando Sanji e il suo conforto e Perona e il suo irritante canticchiare. Aveva già pianto abbastanza prima di crollare addormentata, più per lo sconvolgimento che la cosa le aveva causato che per la cosa in sé. Era crollata, non era una situazione contemplabile per la salute della sua psiche.
Che ingenua era stata a pensare di volere solo amicizia, che idiozia pensare di essere diventata qualcosa per lui in quella settimana. Lo sapeva già da tempo che la prima regola per evitare delusioni era di ridurre le aspettative e non farsi illusioni!

Eppure sembrava davvero che qualcosa stesse cambiando... la sera prima fuori nel corridoio, con Teach, con il tulipano rosso e prima ancora quando le aveva chiesto di fare il viaggio insieme, le era sembrato che Zoro cercasse un contatto con lei. Non si aspettava chissà cosa, ma almeno qualcosa che non concernesse l'odio, quello si. Aveva pensato, si era illusa, che anche lui volesse tentare la strada dell'amicizia, proprio come era convinta di stare facendo lei, ma il suo cuore che batteva furioso quando incrociava lo sguardo con il suo cercava già di farle capire che anche quella le sarebbe andata stretta.
Era convinta di volerlo solo come amico ma poi aveva notato qualcosa la notte precedente, qualcosa di diverso in lui mentre le parlava. Lo aveva visto scandagliare ogni centimetro del suo corpo con indosso quel vestitino nero e l'aveva fatta sentire strana quello sguardo. Per un folle, meraviglioso attimo aveva creduto di aver visto un sincero interesse accendere quegli occhi neri e aveva iniziato a capire cosa fosse quello stesso desiderio che si sentiva bruciare nelle viscere da sempre quando si permetteva di guardarlo un po' più a lungo. Aveva cominciato a realizzare davvero i motivi che la spingevano ad avvicinarlo continuamente, a cercarlo con lo sguardo, a chiedere di lui quando non lo vedeva. Aveva dovuto fare i conti con la voglia di tornare da lui che spingeva per venir esaudita quando Sanji l'aveva rapita per ballare. Era capitolata quando un bruciante, intenso e devastante sentimento di pura estasi l'aveva colta nel momento in cui si era resa conto che anche lui non distoglieva gli occhi da lei.
Era stato tutto così facile e così difficile insieme cedere alla fibrillazione che sentiva scorrere nelle vene e si era convinta che anche lui avesse cominciato a provare la stessa cosa, gliel'aveva letta in quei profondi occhi neri che la facevano andare fuori di testa. Ma poi l'aveva perso, Rufy e Rebecca avevano offuscato la sua visuale e per lei era stato un bene, aveva bisogno di riordinare le idee, di capire cosa fossero quei sentimenti confusi, di liberarsi della nebbia. Col senno di poi non avrebbe mai voluto averlo fatto.
Si era liberata degli altri e stava andando da lui, si era decisa, non sapeva come ma ci avrebbe provato, doveva fare un tentativo, se non si era immaginata tutto anche lui provava qualcosa, per forza. Invece si era ritrovata ad assistere alla sua umiliazione. Si era immaginata chissà cosa per l'ennesima volta e ne era rimasta molto più che scottata.
Perona continuava a passarle sotto al naso piatti ricolmi di ogni cosa ma lei faticava a concentrarsi sulla colazione. Era uscita dalla sua stanza solo per la fame, sperando di non incrociare nessuno dei due ma le era andata male con la ragazza. Ora che era lì lo stomaco si rifiutava di collaborare, chiuso a guscio anche lui sul suo dolore, con Perona che si comportava come fosse stata la sua migliore amica. Avrebbe solo voluto scappare di nuovo in camera, allontanarsi da tutta la gioia che la rosa sprigionava e sprofondare di nuovo nel cuscino, ma sapeva che sarebbe stato inutile, non avrebbe risolto nulla, sperava solo che le fosse risparmiata la scena patetica di lui che li raggiungeva e si comportava da fidanzatino come nelle classiche commedie romantiche di serie c, non avrebbe retto e sarebbe scoppiata in lacrime lì davanti a tutti. Dio, quanto era patetica!
Perona girava per la stanza canticchiando un motivetto sconosciuto mentre porgeva tazze di caffè. Cantava e rideva, rideva e cantava e a Nami ribolliva il sangue nelle vene! Avrebbe solo voluto prenderla e levarle quell'odioso sorriso dalla faccia a suon di sberle! Ma perché doveva essere così dannatamente felice?? Non vedeva che c'era gente a cui dava fastidio??
Strinse i pugni odiandosi per quello che provava ma non riuscendo a smettere, Perona era strettamente collegata all'attimo più bello e più brutto della sua vita e non poteva fare finta di niente. Il giorno prima era stata ad un passo dal considerarla una buona amica ed ora odiava il suo sorriso. Odiava il motivo di quel sorriso, odiava sentirsi così male perché sapeva il motivo di quel sorriso e odiava odiare in quel modo una povera ragazza che era stata sempre gentile con lei e che non c'entrava nulla ma aveva avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Le aveva fatto capire nel peggiore dei modi che non c'era alcuna speranza per lei. Ci sarebbe sempre stata qualcun altra meglio di lei per lui. Non lo avrebbe mai avuto. Odiava sentirsi così cattiva e impotente!
Sanji alla sua sinistra si muoveva irrequieto sulla sedia mentre la guardava in panico. Sapeva di quello che era capace, per la prima volta il biondo pareva più in pena per qualcuno che aveva preso di mira che per lei e Nami si lasciò sfuggire uno sbuffo irritato.
Lo rassicurò con un'occhiata nervosa. Erano solo pensieri i suoi, non avrebbe mai potuto fare qualcosa a Perona, non era così perfida e per un attimo provò pure l'impulso di colpire il suo amico, credeva davvero fosse così cattiva?? Non voleva sapere la risposta...
Si schiarì la voce ancora arrochita dal pianto, cercando di dare un'intonazione casuale alle sue parole. “Dobbiamo preparare i bagagli, stasera si riparte. Dove sono gli altri?”
Sanji sobbalzò appena a quella domanda. “Ehm... Rufy è in una delle camere... con Rebecca.”
Nami alzò gli occhi al cielo, esattamente come aveva fatto lui alla medesima notizia.
E... Zoro?” chiese ancora con insistenza quando vide che lui titubava nel proseguire.
Sanji fece spallucce e Nami non capì come dovesse interpretarlo.
Oh, parlate di Zoro?”
Di tutti i momenti Perona scelse proprio quello per intromettersi e Nami strinse impercettibilmente i pugni.
Si, quel pigrone starà ancora dormendo! Ci chiedevamo quando sarebbe venuto a fare colazione!” le venne in soccorso Sanji guardando prima le sue mani strette e poi la ragazza gotica con un sorriso falso che lei non notò, anzi incrociò le braccia sotto il seno tornando dall'altra parte del bancone, pensierosa.
Ma Zoro non è in casa...” buttò fuori tranquillamente.
Sanji e Nami ci misero qualche secondo per afferrare il senso di quelle parole e fu lui a riprendersi per primo. “Ch-che vuol dire che Zoro non è in casa..?”
Perona annuì confermando le sue stesse parole. “È uscito! Ancora stanotte per la verità e non è mai tornato. Mi ha detto che vi avrebbe avvertito, per quello sono sorpresa ero sicura voi lo sapeste!”
Sanji e Nami la guardarono come se all'improvviso le fossero spuntati dei tentacoli blu in faccia. Lei deglutì un paio di volte e poggiò piano le mani tremanti sul bancone. “Perona... stai dicendo che Zoro è fuori da ore per Punk Hazard, da solo?”
Perona batté gli occhi, presa in contropiede dall'atteggiamento ansioso che all'improvviso aveva cambiato faccia ai due ragazzi. “Beh, si... ha detto che aveva bisogno di camminare...” Ma che stava succedendo?
La testa di Sanji cadde di piombo sul bancone con un tonfo secco che svegliò chiunque nella stanza e fece prendere un colpo a Perona. Nami al suo fianco tremava isterica e non pareva curarsi del fatto che il suo amico fosse appena svenuto spiaccicando la faccia sul duro marmo.
Che cosa facciamo? Che cosa facciamo? Che cosa facciamo???” prese per il bavero Sanji che ancora non dava segni di vita e sotto gli occhi attoniti e mezzi addormentati dell'intera sala prese a scuoterlo con forza per farlo riprendere. “Come fai a dormire?? È una tragedia, dobbiamo ripartire oggi!!! Cosa gli è venuto in mente a quell'idiota?? Non lo ritroveremo mai più!!!”
Ad ogni parola seguiva uno scossone e avrebbe continuato se Perona, in pena per le sorti del biondo, non avesse osato interromperla. “Ma... è una cosa così grave..?”
Nami parve riscuotersi a quella domanda e lasciò andare il ragazzo che crollò a terra come un sacco di patate. La rossa fissava Perona con ritrovata calma come se lanciare saette dagli occhi solitamente fosse visto come un comportamento pacato.

Zoro non ha senso dell'orientamento, si perde anche solo percorrendo un'unica strada! Per quanto ne sappiamo potrebbe già essere in Alaska!” le spiegò con calma sinistra.
La rosa sgranò gli occhioni facendoli sembrare ancora più grandi. “Oh, non lo sapevo...”
Nami sbuffò infastidita. “Ovvio, praticamente non lo conosci!” le uscì forse più velenoso di quanto volesse ma incapace di frenarsi, la situazione era già brutta così, ci mancavano solo Perona e le sue stupide considerazioni a peggiorarla! La rabbia tornò prepotente a reclamare il posto che la preoccupazione aveva occupato. “Se lo conoscessi non gli avresti permesso di uscire da solo!”
Non lo conosceva ma aveva lo stesso avuto il privilegio di ricevere attenzioni che lei poteva solo sognarsi! Il dolore al centro del petto continuava ad ampliarsi e non sapeva più come riuscire a contenerlo, stava diventando pazza.
Perona la guardò stranita per la prima volta nella mattinata. Prese ad osservarla incuriosita e non le sfuggì l'astio fin troppo palese che comunicavano i suoi occhi, sembrava che fino a quel momento avesse solo cercato di reprimerlo senza successo. Alzò un sopracciglio dubbiosa, probabilmente vicina a capirne il motivo, non era poi così difficile per un'altra ragazza riconoscere i segni inequivocabili di una gelosia accecante quando se la trovava davanti. A conti fatti, glielo si leggeva in faccia e quello andava anche a rispondere di tutto il comportamento che aveva mantenuto da quando era comparsa in cucina. Nami doveva aver visto lei e Zoro la notte prima mentre salivano le scale per il tetto.
Perona non riuscì a reprimere un sorrisetto di soddisfazione quando la vide abbassare gli occhi e stringere i pugni, il viso pallido circondato da profonde occhiaie, la cui causa prima aveva erroneamente attribuito alla mancanza di sonno ora assumeva tutt'altro significato. Aveva visto giusto, Nami era gelosa.
Lo stupore per la scoperta di Perona e la vergogna di Nami per parole che avrebbe voluto rimangiarsi passarono in secondo piano all'entrata baldanzosa di Rufy in cucina.
Buongiorno, gente! Che si mangia di buono??”
Rebecca lo seguiva serena qualche passo più indietro vestita solo di una corta camicia da notte rossa terribilmente sexy che fu certamente il motivo che rimise in sesto Sanji e allo stesso tempo che gli fece affondare il naso nel fazzoletto per impedirsi di gocciolare sangue sul pavimento.
Ooooh, ci sono i krapfen!”
Ignorando le occhiate sbigottite che tutti lanciavano loro, Rufy si sistemò al bancone con gli occhioni che luccicavano prendendo a servirsi direttamente dal piatto di Nami che era rimasto praticamente intatto. Rebecca andò a servirsi del caffè e voltandosi verso la cugina si accorse di avere tutti gli occhi addosso.
Che succede?” chiese con una punta di preoccupazione vedendo solo facce da funerale attorno a sé.
Rufy alzò gli occhi dal piatto, incuriosito dalla domanda e passò in rassegna sorella e amici. Nami sembrava svuotata di ogni emozione e guardava a terra i capelli a nasconderle parte del viso e Sanji era tornato seduto al bancone e si teneva la testa con le mani in evidente panico. Perona era l'unica che tutto sommato stesse bene, sorseggiava il suo caffè con pacifica tranquillità.
Il vostro amico Zoro è uscito stanotte da solo e non è più tornato.” spiegò impassibile alla coppia.
Rebecca alzò un sopracciglio e Rufy batté gli occhi un paio di volte, confuso, la bocca piena di zucchero a velo. “Zoro si è perso ancora?”
Perona annuì senza fare una piega e lui guardò prima Nami e poi Sanji in cerca di risposte. “Ma perché è uscito da solo? Lo sa perfettamente che non è capace di tornare!”
La sorella gli scoccò un'occhiata ammonitrice. Meglio non ci si mettesse anche lui a dichiarare l'ovvio con tanta pacata idiozia.
Ma quello non ricevendo risposta alcuna fece spallucce tornando a mangiare come se nulla fosse. “Beh, alla fine non è un gran problema.” commentò sereno addentando una fetta di pane e marmellata.
Quella frase provocò lo sconcerto di Sanji che si affrettò a squadrarlo ad occhi sgranati. “Che stai dicendo? È un terribile problema! Dobbiamo ripartire oggi e non abbiamo idea di dove possa trovarsi!”
Hai provato a chiamarlo al cellulare?”
Nami strabuzzò gli occhi e lo stesso fece Sanji. Non ci avevano pensato!
Suona a vuoto... maledetto marimo, dove diavolo sei finito??” il biondo interruppe la quarta chiamata in cinque minuti con un gesto secco. “Ha il telefono acceso ma non risponde, l'idiota!”
Rufy, che in tutto quel tempo non aveva smesso di abbuffarsi, alzò nuovamente le spalle attirando l'attenzione degli altri. “Non è un gran problema nemmeno questo...” replicò dando una generosa sorsata alla spremuta che Rebecca gli aveva gentilmente porto.
Nami si spazientì del tutto e allargò le braccia. “Non è un problema?? Rufy andiamo, di che cosa stai parlando?”
Il fratello si pulì la bocca con il tovagliolo prima di sorridere con trasporto. “Ricordi quando ho perso il telefono l'anno scorso e Chopper è stato così bravo da ritrovarmelo?” Nami annuì capendo dove volesse andare a parare. Perona e Rebecca seguivano lo scambio di battute sedute al bancone senza emettere fiato, incuriosite dalla piega che stavano prendendo gli eventi quella mattina. “Basta chiamare Chopper e dirgli di fare lo stesso con il cellulare di Zoro. Per il mago del computer sarà uno scherzo rintracciarlo!”
Sanji, il telefono ancora appiccicato all'orecchio alle prese con il quinto tentativo, si ritrovò a sgranare gli occhi per l'ennesima volta, esattamente come Nami che lo fissava piacevolmente sconvolta. Che succedeva a Rufy quel giorno?? I suoi neuroni giravano nel senso giusto!
Sanji gli diede una poderosa pacca sulla spalla. “Sei un genio!” e si allontanò di qualche passo per chiamare Chopper. A casa era tardo pomeriggio, lo avrebbe senz'altro trovato.
Nami guardò colpita il fratello che le restituì l'occhiata con un sorriso a trentadue denti. Si trattenne dall'impulso di abbracciarlo perché Rebecca ci si era fiondata prima di lei e si era già riappropriata di quelle braccia che l'avevano stretta tutta la notte.
Perona si versò altro caffè scuotendo il capo. “Siete sempre più strani ragazzi...” commentò con un sorrisino guardando chiaramente Nami senza traccia di presunzione o scherno, semplicemente con gli occhi di chi cerca la complicità di un'amica e sperava di trovarla ancora. Nami dal canto suo si sorprese a leggere tutto questo in lei dopo averla praticamente aggredita e averle fatto capire quando stesse male per la notte precedente. Sapevano entrambe che Perona non c'entrava nulla con il suo malessere e Nami si sentì quasi grata per essere stata perdonata per lo scatto d'ira. La ragazza gotica aveva capito e avrebbe avuto la decenza di non infierire sul suo stato ma le venne spontaneo farle una domanda.
Hai idea del perché sia uscito in piena notte?”
Il tono usato la mise in allarme, sembrava pieno di sottintesi non detti e Nami abbassò il viso.

Conosco Zoro, non sarebbe mai uscito solo per fare due passi se all'interno della casa c'erano ancora alcool e divertimenti...” fece una pausa significativa prima di sospirare. “...deve essere successo qualcosa che gli ha fatto decidere di andarsene.”
Perona si portò la tazza alla bocca, l'espressione indecifrabile in viso che le fece brillare lo sguardo per un attimo. Nami non avrebbe saputo come interpretarla e non ne ebbe nemmeno il tempo perché Sanji tornò agitando il suo cellulare in aria, felicissimo.
L'ha trovato!”
A tutti sfuggì un sospiro di sollievo e il biondo allungò il telefono perché lo schermo fosse ben visibile. “Mi ha mandato le coordinate, dice che è fermo in un punto preciso già da diverso tempo...” pigiò qualche tasto e ingrandì l'immagine perché la vedessero tutti. “Accidenti ha camminato parecchio! Si trova... qui!”
Nami batté gli occhi, incredula. “Qui?” ripeté indicando con il dito una chiazza blu. “Ma è un fiume! Che cosa ci fa lì?”
Sanji ampliò l'immagine, altrettanto confuso.
Forse sta facendo il bagno...” azzardò Rufy grattandosi la testa.
No, non si trova dentro il fiume, ma sopra...” commentò Perona incrociando le braccia mentre Rebecca al suo fianco annuiva. “In quel punto preciso c'è un ponte...”
Il ponte Smiley.” confermò la cugina.
Gli altri tre le guardarono, per un attimo senza sapere che dire prima che Nami desse voce al pensiero comune. “E perché Zoro se ne starebbe fermo su un ponte?”
Le due cugine si lanciarono un'occhiata di sottecchi che non piacque a Nami. Rebecca si grattò una guancia, pensierosa. “Beh, è un ponte molto alto... con una vista splendida, il torrente che ci passa sotto ha correnti molto forti e...”
E?” la incitò Nami sospettosa.
Rebecca sospirò e Perona parlò al posto suo con voce statica. “È famoso in zona perché è il posto preferito dagli aspiranti suicidi.”
Seguì un breve silenzio che durò il tempo di un battito, quello che Nami aveva perso.
Ch-che vuol dire? La gente ci va per suicidarsi?”
Rebecca si morse le labbra improvvisamente nervosa e Perona distolse lo sguardo nascondendolo dietro la tazza di caffè. Nami si voltò sconvolta verso gli altri trovandoli entrambi stupiti ma non quanto lei. “Dobbiamo andare, ora!”
Andiamo Nami!” si grattò la testa Rufy, in palese difficoltà. “Stiamo parlando di Zoro!”

Il marimo non è tipo da suicidio...” gli diede man forte Sanji.
Lei allargò le braccia, la sensazione di panico che non riusciva ad abbandonarla. “Se fosse così perché diavolo è su quel ponte? Me lo spiegate??”
Magari per il panorama...”
Nami incenerì il fratello. “Che motivo avrebbe per stare lì?”
Sanji alzò le mani cercando di ponderare la situazione con calma e con un sorrisino che la innervosì ancora di più. “Non avrebbe motivo appunto! Zoro non vuole uccidersi, Nami! Di sicuro c'è una spiegazione più semplice!”
Beh... è anche vero che sono due giorni che si comporta in modo strano...”
Sanji si morse la lingua irrequieto per quell'uscita e Nami impallidì. No, non aveva senso!
Rufy non peggiorare le cose...”
Ma è vero! Zoro è stato strano da quando siamo partiti dal Belgio! Non l'ho mai visto così triste e arrabbiato insieme!”
Nami deglutì. Rufy si era accorto che Zoro era triste..? Ma non... era solo arrabbiato?
Riallacciò all'improvviso pezzi di discorsi e momenti degli ultimi giorni fino a rendersi conto con un respiro strozzato che suo fratello aveva ragione. Lo stato d'animo di Zoro rasentava la depressione e lei non se n'era nemmeno accorta! Era troppo concentrata su sé stessa e su come la infastidiva non ricevere le dovute attenzioni da lui per rendersi conto che forse sarebbe bastato essere più gentile e comprensiva, offrirgli davvero la sua spalla e magari gli sarebbe passata... magari l'avrebbe accettata... magari si sarebbe fatto consolare... magari era il caso di piantarla con quei sogni ad occhi aperti e andare subito su quel ponte a tirarlo via per i capelli!
Non mi interessa quello che pensate! Io vado immediatamente lì!”
Rufy si fece avanti subito, l'espressione risoluta. “Vengo con te!”
Sanji si passò una mano sul viso prima di annuire alle loro occhiate. “Ovvio che vengo anch'io... che pensate di lasciarmi qui??”
Ma come ci arriviamo?” chiese Rufy con urgenza seguendo la sorella già partita verso la porta.
Rebecca li raggiunse velocemente e prese un paio di chiavi dal mobile all'ingresso. “Vi porto io in auto, conosco una scorciatoia!”
Nami la guardò grata infilandosi rapida le scarpe. Stava per fiondarsi giù per le scale a seguito degli altri quando si sentì tirare indietro per un braccio. Perona la guardava tesa ma non pareva minimamente preoccupata come invece sembrava Rebecca.
Non essere troppo dura con lui quando lo incontrerai...” le chiese dolcemente, con un sorriso fin troppo consapevole di cose che a lei sfuggivano a quanto pareva.
Nami avrebbe voluto chiederle spiegazioni a riguardo ma Rufy la richiamò dal primo piano incitandola a muoversi e Perona le lasciò il braccio. L'ultima cosa che vide prima di scapicollarsi per l'androne fu il suo saluto e il sospiro che ne seguì.

*

Rebecca frenò bruscamente e li fece scendere all'ingresso del ponte che, scoprirono sul momento, era esclusivamente pedonale. Lei li avrebbe raggiunti una volta trovato parcheggio ma loro intanto dovevano correre come indemoniati e percorrere il chilometro che li separava da Zoro, stando alle indicazioni del cellulare di Sanji.
Correndo ci misero meno di un minuto ad intravederlo in lontananza, la zazzera verde spiccava come un faro nella notte. Nami perse più battiti nello scoprire che era così visibile solo perché si trovava a braccia aperte in piedi sul parapetto, che in tutto il minuto disperato della corsa. Il cervello andò in blackout e il terrore prese a pulsare frenetico nelle orecchie, attutendo qualsiasi rumore. Quel pazzo stava davvero per buttarsi di sotto!
Aumentò l'andatura in panico accorgendosi appena di quella di Rufy e Sanji che al contrario calava sempre di più. Il vento le bruciò gli occhi ma non le interessava, non vedeva altro che la sua figura in piedi sul parapetto, voleva solo disperatamente raggiungerlo, avrebbe pensato dopo al resto, l'unica cosa che doveva fare era tirarlo giù, anche di forza se fosse stato necessario!
Si sentì chiamare per nome ma non si voltò, non le interessava niente, solo lui e le sue gambe che sembravano sul punto di staccarsi dal muro. No...
Fece gli ultimi metri col cuore in gola e le lacrime che ormai scendevano inarrestabili oscurandole la vista.
Zoroooo!!!!!!”
L'urlo terrorizzato era uscito istintivamente dalla sua gola e riuscì a vederlo bloccare il salto appena in tempo per voltarsi verso di lei che come una pazza si avvinghiò alle sue gambe, unico modo che le era venuto in mente per trattenerlo. L'espressione sconvolta di Zoro non la sorprese e nemmeno le importava, il sollievo era l'unica cosa che le riempiva i pensieri, non le interessava nulla di star facendo la figura della piagnucolona, era troppo felice per esser riuscita a fermarlo in tempo.
Nami!!”
Le voci attutite di Rufy e Sanji la chiamavano, un punto imprecisato dietro di lei ma non volle farci caso. Continuava a piangere lacrime di sollievo per la paura che si era presa, la faccia perennemente nascosta tra le braccia che stringevano le sue caviglie e sembravano non volersi più staccare da là. Non gli interessava più che non la volesse, che fosse stato con Perona, che l'avesse illusa, era stata davvero sul punto di perderlo e quello avrebbe fatto più male di qualsiasi altra cosa.
Sentì una mano leggera carezzarle piano i capelli, forse nel tentativo di calmare i singhiozzi e una voce fin troppo conosciuta le parlò all'orecchio. “Ragazzina...”
Nami rabbrividì involontariamente e si azzardò ad alzare la testa trovandosi il suo viso a pochi centimetri. Zoro si era accucciato su sé stesso senza staccarsi da lei e la guardava con un sorrisetto di scherno che la fece vacillare per un attimo.
Cosa diavolo stai facendo??” le chiese aumentando il volume della voce di un ottava ad ogni parola.
Nami batté gli occhi, presa in contropiede, le lacrime che avevano smesso di scendere per lo stupore di averlo così vicino. Deglutì quando si accorse che lui si aspettava davvero una risposta da lei e prese un bel respiro per farsi coraggio.
Ti impedisco di ammazzarti!” replicò decisa senza l'ombra di rimorso negli occhi ora fieri appena un po' lucidi. Avrebbe lottato per lui, col cavolo che l'avrebbe lasciato andare così! Come a ribadire ancora di più il concetto strinse maggiormente le mani sulle sue caviglie causando di riflesso la reazione sempre più sconvolta di lui.
Ammazzarmi??” le fece eco spalancando gli occhi.
Ehm... Nami..?”
Rufy tentò di nuovo di chiamarla da dietro le sue spalle ma lei non ci diede peso come le altre volte. I suoi occhi erano tutti per la faccia da sberle di Roronoa che pareva sempre più incredulo per quello che usciva dalla sua bocca. “Che cosa ti è venuto in mente?? Pensi davvero che una cosa del genere sia la soluzione? Parla, Zoro! Parla con noi, non tenerti sempre tutto dentro!”
Nami-swan? Ehm... forse...”
Zittì anche Sanji alzando una mano senza smettere di fissare risoluta il ragazzo che aveva davanti. Il cuore le pompava adrenalina al cervello, era decisa ad andare fino infondo. Respirò piano, cercando di calmare almeno il battito frenetico. “Non so cosa ti tormenti, ma fidati, questa non è la soluzione! Ti prego Zoro, scendi e parliamone con calma...” per qualche miracolo divino era riuscita a non versare più lacrime ma il suo tono era mortalmente serio, perfino Zoro l'aveva capito ed aveva smesso di canzonarla per lasciarla parlare.
Nami!!” le voci di Rufy e Sanji la chiamarono all'unisono stavolta e con parecchia urgenza. A fatica distolse lo sguardo da quello sempre più serioso di Zoro, senza comunque staccarsi dalle sue caviglie e si voltò per incrociare le facce ansiose di fratello e amico. “Che cosa avete voi due da strillare??”
Rufy fece un passo avanti indicandole qualcosa ai suoi piedi con insistenza. “Zoro non voleva uccidersi, stava per fare bungee jumping!”
Nami batté gli occhi ripetutamente. “Co-come?”
Sanji e Rufy si spostarono liberando il suo campo visivo e lei si accorse per la prima volta della decina di persone che facevano gruppo, sostando sul ponte a pochi passi da loro e tutte, nessuna esclusa, fissavano lei e il suo delirio irragionevole con gli occhi sgranati. Iniziando a temere il peggio, li passò in rassegna con un'unica occhiata notando imbragature da alpinismo, corde elastiche e moschettoni oltre a parecchie attrezzature tecniche da una delle quali partiva anche una lunga corda che si srotolava per molti metri sull'asfalto, proseguiva la sua corsa fin sotto i suoi piedi e finiva attorno a quelli di Zoro fermo sul parapetto, dove tra l'altro c'erano ancora arpionate le sue mani.
Si staccò da loro come scottata, diventando bordeaux all'istante per la pessima figura che aveva fatto davanti a tutta quella gente. La vergogna per quello che aveva detto e pensato si riversò su di lei come lava incandescente. Si era resa ridicola con le sue mani!
Non riusciva nemmeno a mettersi a piangere dallo shock, né a correre via, che sarebbe probabilmente stata l'unica cosa sensata da fare. Rimase lì per dei secondi interminabili a guardare le caviglie di Zoro fermamente bloccate da quella corda, come aveva fatto a non accorgersene subito? Non aveva notato niente, nemmeno quella piccola folla, era stata troppo presa dal suo terrore per accorgersi di altro che non fosse la paura di perderlo in quello stupido modo!
Non aveva mai voluto farlo... si sentiva una colossale idiota per aver creduto davvero che lui... non osava più nemmeno pensarlo. Si portò le mani a coprire il viso, sconvolta e umiliata, il cuore che rischiava di scoppiare tanto era stato messo alla prova in un solo giorno. Si sentiva a pezzi, non aveva idea di come sarebbe finita, Zoro aveva sentito tutto il suo delirio, cosa avrebbe pensato di lei ora?? Se prima la odiava ora come minimo l'avrebbe creduta anche un imbecille, un fantastico modo per uscire definitivamente dalla sua vita! La giornata continuava a migliorare!
Si sentì toccare di nuovo i capelli in una carezza gentile e spalancò gli occhi, alzando di scatto la testa e cercando di sottrarsi a quel gesto dolce che non meritava. Zoro era sceso dal parapetto e la guardava in un modo che non gli aveva mai visto fare e quei pozzi neri la lasciarono per un attimo senza fiato. Le prese una mano avvicinandola un po' di più a sé perché non fuggisse e le parlò piano all'orecchio. “Eri preoccupata per me, mocciosa?”
Nami aprì la bocca per ribattere ma non aveva più frecce al suo arco, non sapeva cosa dire per potersi levare dall'impiccio, il suo colorito prendeva ad assomigliare sempre più ai suoi capelli ed era certa lui lo vedesse perfettamente.
Un pensiero importuno le passò per la mente e non riuscì a frenarlo... la stava forse prendendo in giro? Si parlava di Zoro in fin dei conti, non sarebbe stato nemmeno così strano! Ma lei non ci teneva ad essere umiliata più di quanto già non si sentisse. Gonfiò le guance e si voltò a fronteggiarlo, i visi vicini e gli occhi di lei che lanciavano saette a quelli sempre seri di lui.
Non so cosa tu abbia capito, ma non ero affatto preoccupata per te!” e se avesse smesso di tremare forse sarebbe potuta sembrare anche convincente.
Zoro la squadrò sollevando un sopracciglio. “Ah, davvero?”
Le si gonfiò una vena del collo. La stava davvero prendendo in giro!
È vero, maledetto scimmione!” mentire, mentire come se non ci fosse un domani, tutto pur di sembrare meno patetica.
Lui annuì con un ghigno, sempre più scettico e sempre meno serio. “Pensavi che volessi ammazzarmi... Non sai nemmeno cosa sia il bungee jumping, eh?”
Nami strinse a fessura gli occhi prima di commentare acida. “Certo che so che cos'è! Per chi mi hai presa??” se avesse abbassato lo sguardo avrebbe perso e lei non voleva perdere, non questa volta. “Da lontano non avevo notato l'imbragatura!” ecco, quella era forse l'unica cosa veritiera nel mare di idiozie che continuavano ad uscire dalla sua bocca.
Zoro non si lasciò distrarre dal rumore stridulo che facevano le sue unghie su per il vetro. “Secondo me eri davvero terrorizzata...” mormorò piano.
Ti sbagli!”
Zoro ghignò. “Solo non capisco... avevi paura per me o ti spaventa l'idea del vuoto?”
Nami colse la provocazione, non sapeva nemmeno come avesse fatto a deviare l'argomento in quel modo ma era troppo arrabbiata, troppo umiliata, troppo disperata, troppo tutto, per capire fin dove era il caso di spingersi. “Che cosa?? Non avevo paura per te e di certo non ho paura di una cosa del genere! Lo farei anche ora!” ...e si era spinta troppo oltre.
Il luccichio che passò negli occhi di Zoro durò la frazione di un secondo ma lei lo vide e fu abbastanza per comprendere l'enormità dell'errore commesso.
Un uomo sulla quarantina che faceva parte del gruppetto si fece avanti con un sorriso cordiale e passò lo sguardo dall'uno all'altra. Nami evitò di incrociarlo, ancora imbarazzata per la figuraccia.
Allora, lo facciamo questo salto?” chiese chiaramente a Zoro indicando il vuoto al di là del parapetto.
Il ragazzo annuì serio prima di incrociare le braccia con un sorrisino che era tutto un programma. “Bene, ragazzina. Siccome hai detto di non aver paura, che ne dici se lo fai anche tu?”
Sia Nami che l'uomo lo guardarono e lui si grattò il mento per un attimo, pensieroso. Annuì con un sorriso dopo un piccolo calcolo mentale. “Direi che si può fare, se la signorina vuole ed è tutto in regola!”
Nami si trovò al centro di due paia d'occhi che aspettavano una risposta da lei e si sentì invadere dal terrore. Ecco, lo sapeva, tutta colpa della sua maledetta lingua lunga! Come erano arrivati a quello?? Non aveva mai fatto bungee jumping e fino a quel momento non era nemmeno mai stato un suo desiderio! Lei stava bene con i piedi ben piantati a terra, non ci teneva affatto a rischiare la morte buttandosi da un ponte! Un ponte parecchio alto, tra l'altro, da quello che aveva intravisto.
Fece istintivamente un passo indietro. No, non faceva per lei! Non poteva fare una cosa del genere, doveva solo dire che non se la sentiva, poteva alludere ad un problema cardiaco o che semplicemente che non ne aveva voglia! Doveva sembrare convincente però perché Zoro controllava ogni suo respiro e sapeva perfettamente che avrebbe insistito perché lo facesse. Per chissà quale motivo, poi! Forse voleva solo vederla più umiliata...
La considerazione le mozzò il respiro più del pensiero di saltare. Ma certo, lui si aspettava la sua rinuncia! Lui era ancora convinto che tra loro non poteva cambiare niente, che erano solo questo, due persone che si odiavano ed erano destinate solamente a non sopportarsi! Voleva che non accettasse perché lui era il gradasso che la prendeva in giro e lei la ragazzina che si offendeva, come erano sempre stati. Solo perché lei la notte prima aveva avuto un'epifania non voleva dire che anche per lui le cose fossero cambiate! Non c'aveva pensato, ma Zoro era ancora convinto di avere il controllo della situazione come prima di quel viaggio, aveva intenzione di continuare a litigare con lei fino alla fine dei suoi giorni!
Beh, se lo sognava! Aveva subito una dura batosta e non ci stava più a quel gioco al massacro! Nami strinse i pugni, gli occhi fiammeggianti puntati su di lui e Zoro si scoprì a trattenne il respiro per un attimo specchiandosi nella furia che lui stesso aveva causato.
Io salto!” esclamò all'improvviso con calma sinistra, lo sguardo altero che cercava di contenere la rabbia. Se lui non voleva cambiare, lei l'avrebbe fatto per tutti e due a partire da quel momento. Sarebbe stato diverso, non l'avrebbe più vista piegarsi al suo volere! Non era più la ragazzina che subiva passivamente il suo odio immotivato, gli avrebbe fatto vedere di cosa era capace! Se non poteva averlo per sé almeno gli avrebbe fatto capire che meritava una considerazione migliore di quella che aveva sempre ricevuto!
Zoro riprese a respirare deglutendo piano. Era stato solo questione di un istante, aveva creduto di vedere la sua resa, di chiudere definitivamente il cerchio, di smetterla di lottare con sé stesso, ma aveva fatto male i conti. La leonessa che conosceva era tornata implacabile a sfoderare gli artigli, fiera come era sempre stata solo che stavolta avrebbe lottato per una cosa del tutto diversa. Lo leggeva chiaramente, non era il solito odio in cui si specchiava il suo. Lei cercava ancora un contatto normale, proprio come la notte precedente, come tutti i giorni prima e lui era stanco di opporsi, talmente stanco...
Nami si voltò verso l'uomo. “Mi procuri un'imbragatura come la sua, per favore! Salto dopo di lui!”
Zoro sghignazzò passandosi stancamente una mano tra i capelli, incredulo per quello che aveva deciso di fare. Quella ragazza l'avrebbe mandato fuori di testa ma per lo meno ci sarebbe andato alle sue regole.
Non lo farai dopo...” si avvicinò puntandole l'indice addosso, una vena di follia nello sguardo nero che la trapassò da parte a parte.
Tu salti con me, adesso.” le sussurrò risoluto fissandola dritta negli occhi.
Nami deglutì piano. Che voleva dire? Era una prova?
Zoro si tolse rapido l'imbragatura singola e la porse all'uomo che come lei non capiva dove volesse andare a parare quel ragazzo strano. “Puoi procurarci un'imbragatura da coppia?”
Quello annuì ancora un po' dubbioso. “Però... devo ancora fare gli accertamenti con lei! Il peso, malattie croniche...” elencò contandole sulle dita della mano.
Zoro non si scompose e indicò qualcuno dietro di lui. “Il ragazzo moro è suo fratello, può darti tutte le informazioni...”
L'uomo annuì di nuovo, soddisfatto e si avviò in gran carriera verso Rufy e Sanji che nel frattempo avevano seguito tutta la scena senza battere ciglio né osare interrompere, increduli esattamente come si sentiva Nami in quel momento. In tutto quello lo scambio di battute non era riuscita a capire nulla e gli occhi di Zoro brillarono per un attimo di puro istinto famelico nel vederla perdere sicurezza e vacillare presa in contropiede per la sua richiesta. Non sapeva nemmeno da dove fosse uscita quell'idea ma una volta espressa gli era sembrata così giusta, come non aspettasse altro, come avesse trovato la quadratura al cerchio. Voleva saltare e voleva farlo insieme a lei, che c'era da capire? Si era arreso, non voleva più lottare contro di lei.
Nami deglutì e senza sapere come si ritrovò sul parapetto fasciata di una imbragatura variopinta, con la voglia di vomitare che saliva ad ogni respiro, stretta in un abbraccio obbligato con il ragazzo con cui litigava da sempre. Petto contro petto, cercò di imporsi la calma e soprattutto di non guardare giù. Il panorama era bellissimo ma terrificante.
Che cosa le era saltato in mente? Che cosa era saltato in mente a lui?? Il suo cuore non poteva reggere tante emozioni in una sola mattinata, lo avvertiva pompare inarrestabile nella gabbia toracica, sulla stessa frequenza di quello di Zoro che sentiva attraverso l'imbragatura.
Verranno delle foto fantastiche!! Nami sorridi!!!”
Marimo, guai a te se le succede qualcosa!!!”
Le voci di Rufy e Sanji parevano lontane chilometri invece che pochi passi. Non sentiva niente al di fuori del fischio acuto del vento che le passava tra i capelli facendola rabbrividire. Zoro la teneva saldamente per i fianchi e continuava a guardarla con quel sorriso canzonatorio che se fosse stata in grado di muovere un muscolo gli avrebbe levato dalla faccia in due secondi.
Tranquilla Nami...”
Il suo fiato caldo sopra l'orecchio le fece venire la pelle d'oca. Se non fosse stato per le mani immobili e bollenti sopra la maglietta a negare la cosa, avrebbe giurato di averlo sentito tremare come lei.

L'ho già fatto. È catartico, quando arrivi ad un passo dalla morte dai il giusto significato ad ogni cosa...”
Nami pensò seriamente di mandare al diavolo ogni buon proposito e colpirlo sul naso con un pugno dei suoi. L'unico serio inconveniente era che sarebbe caduto di sotto e ci avrebbe trascinato anche lei senza possibilità di scamparla. Si metteva pure a fare il filosofo sopra il precipizio, ora... Doveva esserle di conforto forse?? Se lo pensava aveva fatto male i conti, non si sentiva affatto meglio!
Respira con calma e non guardare giù, guarda me!” Nami obbedì, terrorizzata, aggrappandosi ai suoi fianchi come ad un salvagente. Una microscopica parte di lei si beò del momento, probabilmente non le sarebbe mai più stato concesso, meglio approfittarne e fare tesoro di qualsiasi emozione, anche quella di terrore andava bene se poteva stargli appiccicata...
Canalizza la paura con la respirazione e non pensare a quello che accadrà...”
Certo, facilissimo! Annuì deglutendo, malgrado tutto la sua voce calma e dolce stava riuscendo un po' a calmarla. Era davvero strano che si prendesse tanta briga per rassicurarla, non lo aveva mai sentito tanto loquace con lei se non contava quando si urlavano contro. In tutto quel marasma di emozioni non riusciva a non chiedersi che cosa gli fosse preso di punto in bianco, perché l'avesse voluta con lui.
Trattieni il respiro quando ci butteremo, sarà più facile. Quando arriveremo giù sentirai un forte contraccolpo e vorrai urlare...” Nami azzardò alzare lo sguardo su di lui che non riuscì a trattenere un piccolo ghigno storto. “Fallo, Nami. In quel momento dovrai urlare forte!”
Tirò su col naso cercando di respirare come le aveva detto ma sembrava sempre più difficile. Lo vide fare un gesto col capo all'uomo che li aveva aiutati con l'imbragatura e capì che era il momento. Sentì il cuore accelerare e per un attimo pensò di stare per andare in iperventilazione, ma Zoro se ne accorse e le prese deciso ma delicato la testa tra le mani costringendola a guardarlo.
Piano Nami, respira piano e non distogliere gli occhi da me!”
Che cosa mi è venuto in mente?? Che mi è preso, che cosa sto facendo??”
Zoro ridacchiò, tremendamente vicino al suo viso da riuscire a vedere ogni sfumatura dei suoi occhi e ogni segno distintivo della sua pelle.
Ci sono io, mocciosa...” le sussurrò di rimando prendendo ad accarezzarle piano le guance con le dita. “Ora contiamo fino a tre e poi ci buttiamo, ok?”
Non posso, Zoro non posso!!”
Si che puoi, tu puoi fare qualsiasi cosa.”
Le sorrise ridendo ma senza schernirla, cercava solo di aiutarla e Nami batté gli occhi incantata sentendo le guance andare a fuoco sotto le sue mani. Non l'aveva mai guardata in quel modo, era simile allo sguardo venerante che riservava da sempre alle sue spade e si stupì da sola per quel paragone assurdo. Non poteva essere la stessa cosa, era la paura a farle vedere cose che non c'erano, soprattutto tenendo conto che venire accomunata alle spade sarebbe stato un complimento! Eppure improvvisamente si sentì più determinata.
D'accordo...” mormorò stringendo salda la sua maglia. Dovevano solo contare fino a tre.
Ce la faremo insieme, non ti lascerò andare Nami...”
Il sussurro pronunciato a mezza voce le bloccò il respiro. Lo guardò allibita, il terrore dimenticato per un attimo. Che cosa...?
Uno...”
Occhi nei suoi, un sorriso, una stretta accentuata.
Due...”
Gambe, teste, cuori che si univano in un unico abbraccio, mani legate, dubbi messi da parte.
...Tre!”
Il mondo cambiò prospettiva e con lui anche loro.




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Capitolo 18
*** Something Just Like This Chains ***





Il sussulto del treno che virava bruscamente a sinistra gli fece cadere parte delle lettere che teneva in grembo e Sanji sbuffò contrariato accucciandosi per riprenderle da terra. Nami gliene passò un paio finite tra le sue gambe e lui annuì grato, tornando a sedersi al suo posto davanti a lei in quella cuccetta soffocante. Lei gli sorrise serena in risposta e riprese a disegnare sul suo albo, picchiettando con la mano libera sulle ginocchia piegate. Alla sua sinistra Rufy scartò una carta ridacchiando allo sbuffo esasperato ma divertito di Zoro per aver nuovamente perso.

Sanji gli lanciò l'ennesima occhiata di sottecchi confermando anche stavolta gli esiti delle precedenti. La depressione sembrava aver abbandonato la mente del suo amico e su tutti loro era caduto un utopistico e rilassato incantesimo.
Si sistemò meglio sul sedile, il cielo fuori dal finestrino cominciava a scurire sempre più e grossi nuvoloni si intravedevano in lontananza. Forse avrebbe piovuto...
Erano da poco passate le nove di sera e in un'ora al massimo sarebbero finalmente arrivati a Marijoa, ultima tappa obbligata prima di volare verso Dressrosa. Questa volta i biglietti li aveva fatti personalmente Nami e non aveva voluto sentir storie relegando Rufy al ruolo di semplice bodyguard per gli zaini.
Sanji impilò con cura le decine di lettere che teneva in mano, stupendosi sempre di quante fossero. Tre anni di corrispondenza fitta tutti raggruppati sulle sue gambe. Sogni, dubbi, paure, angosce di una ragazza spagnola... teneva tutto tra le sue mani, quasi timoroso di sfiorarle troppo per paura di consumarle ma non riuscendo a farne a meno. Lì c'erano i suoi pensieri, le sue confidenze, le sue gioie. Quelle lettere erano Viola e per lui erano diventate un tesoro inestimabile scoperto quando era ormai troppo tardi.
Chiuse per l'ennesima volta il telefono, sull'account della ragazza lampeggiava ancora indefesso il triangolo rosso e lui non ce la faceva più a vederlo nonostante ci tornasse almeno una decina di volte al giorno. Viola era decisa a non parlare con lui e sebbene negli ultimi giorni avesse fatto buon viso a cattivo gioco, continuava a non sapere come fare, come rimediare. Se l'avesse davvero trovata, se lei avesse davvero accettato di parlare con lui, come poteva convincerla a dargli un'altra chance? Come poteva assicurarle di essere un bravo ragazzo dopo quello che le aveva detto? Come poteva ancora reputarlo brillante dopo aver passato tre anni a crederla un uomo? Avrebbe riso di lui o si sarebbe sentita tradita sapendo di aver confidato i più intimi segreti a qualcuno che nemmeno sapeva con chi aveva a che fare?
Aveva passato la settimana a spronarsi, non doveva arrendersi, avrebbe lottato per lei lo sapeva, ma più se lo ripeteva più gli sembrava di mentire a sé stesso. Non aveva garanzie che lei non gli avrebbe sbattuto la porta in faccia. Tutte le sue speranze si basavano sul riuscire a parlarle ma anche lì che garanzie aveva che sarebbe riuscito a farlo? Anche se il pensiero sembrava non sfiorarlo, cercava di prepararsi al peggio e una piccola parte di lui moriva dentro un po' di più ogni volta che ci pensava. Innamorato dell'ennesima donna che non lo voleva... Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finita così? Probabilmente tutti. Ma stavolta non aveva idea di come avrebbe fatto a riemergere. Oh si, ce l'avrebbe fatta prima o poi, anche se gli spiaceva non viveva nei romanzi dell'800 e di sicuro la batosta sarebbe passata, prima o poi appunto, ma nel frattempo non sapeva davvero cosa avrebbe fatto e l'idea lo spaventava più delle altre volte.
Chiuse gli occhi, provando a dormire, stringendo a sé l'anima di lei racchiusa in quelle pagine. Era tutto contro di lui ma ci avrebbe provato lo stesso, Viola si meritava un ragazzo meraviglioso e lui avrebbe cercato di diventarlo, non ci sarebbero state mezze misure stavolta.
Un paio di forti scossoni interruppero il ritmico e noioso sferragliare del treno e lo fecero sussultare sulla poltrona, guardò fuori dal finestrino ma non vide niente di anomalo, probabilmente non era stato nulla ma il torpore ormai se n'era andato. Sbuffando gettò una pigra occhiata ai suoi amici. Rufy mangiucchiava delle caramelle alla liquirizia dondolando sul sedile mentre dava le carte per sé e Zoro davanti a lui. Il verde prese le sue con placida tranquillità e si sistemò meglio allungando le gambe sotto al tavolino tra loro e cercando di concentrarsi su quello che aveva in mano. Non sembrava un compito facile e Sanji ghignò senza farsi vedere. Seguì uno dei suoi tic nervosi sapendo perfettamente dove sarebbe andato a parare con gli occhi. Erano ore che Zoro cercava di concentrarsi su altro che non fosse la figura di Nami accucciata su se stessa a disegnare. Aveva perso ad ogni singolo gioco proposto da Rufy e tutto perché troppo impegnato a fare ben altro che guardare le carte. Sanji sospirò divertito beccandolo sul fatto, Zoro lo vide e abbassò di scatto la testa scartando una carta a caso tra quelle che teneva in mano, provocando l'esultanza di Rufy che si vide di nuovo la vittoria in tasca. Sanji ridacchiò da solo passandosi una mano sulla faccia, per lo meno non era il solo a sentirsi tremendamente patetico...
Ritornò con la mente alla notte precedente e a quello che era successo alla festa, sembrava passata una vita invece di poche ore. Zoro era stato un idiota, l'aveva fatta soffrire così tanto ma lei era comunque corsa da lui senza pensarci due volte quando era convinta fosse in pericolo. Che idea assurda la sua, sparire senza dire nulla per andare a fare bungee jumping. Che poi, Sanji era sicuro non fosse uscito proprio con quel desiderio, probabilmente mentre camminava ci si era imbattuto per caso ed aveva deciso di unirsi al gruppo. Sapeva che Zoro lo aveva fatto già una decina di volte negli ultimi anni, gli piaceva, lo trovava un buon modo per esorcizzare ogni tipo di pena ma avrebbe almeno potuto avvertirli! L'unica spiegazione che gli aveva dato era stata 'avevo bisogno di camminare' e lui c'aveva visto almeno altri quattro o cinque significati nascosti in mezzo che non era stato necessario esternare anche agli altri.
Si erano buttati insieme, imbragati in un comico e goffo abbraccio. A ripensarci gli veniva da ridere, nessuno dei due sapeva bene come toccare l'altro, dove stringere per non dare fastidio o peggio. Era stato bello vederli così impacciati per una volta, guardarli sostenersi a vicenda. Su quel parapetto non c'era la ragazza sicura di sé, la viziata figlia di papà con il mondo ai suoi piedi e nemmeno il bullo palestrato che amava canzonare il prossimo. Là sopra per una volta c'erano solo loro, nessun altra maschera e Sanji doveva ammettere che era stato malinconicamente bello e facile vedere quello che avrebbero potuto essere se solo avessero voluto darsi una possibilità.
Dopo il salto Nami aveva cercato di chiedergli spiegazioni ma Zoro era stato fortemente evasivo e nessuno se n'era stupito più di tanto, sarebbe stato strano il contrario, eppure Sanji aveva visto un cambiamento nei suoi comportamenti. Non tentava più di tenerla a distanza, la cercava, le parlava sereno, le sorrideva, spesso, tanto che perfino Rufy se n'era accorto e Nami sembrava viaggiare su una nuvola. Vederla su quel ponte preoccupata per lui doveva avergli fatto scattare qualcosa nella testa, probabilmente qualcosa che già covava dentro da giorni e gli era venuto spontaneo chiederle di saltare con lui. L'avevano visto tutti che non era stata un'azione premeditata, solo puramente istintiva.
Sanji non avrebbe saputo dire se Zoro si fosse o meno accorto di quello che Nami provava, ma gli fu grato per non aver infierito ulteriormente su quello che era successo con Perona al loro ritorno nell'appartamento.
Rebecca aveva salutato Rufy con un lunghissimo bacio d'addio, decantandolo come l'esperienza migliore della sua vita e per Sanji la voglia di vomitare era tornata prepotente. Perona li aveva salutati tutti con abbracci brevi e calcolati, prolungando solo quello di Nami. La lunga occhiata che aveva lanciato a Zoro al di sopra della spalla della ragazza era carica di significato ma quale potesse essere Sanji non lo sapeva, l'espressione del suo amico non era virata di una virgola dalla seria posa composta che aveva assunto entrando in casa. Da parte sua moriva dalla curiosità ma si aspettava di restare a becco asciutto per parecchio ancora, forse non l'avrebbe nemmeno mai saputo, sperava solo che Nami ritrovasse la serenità.
La guardò con la coda dell'occhio, pareva assorta nel disegno ma l'espressione rilassata tradiva stupore e dolcezza ogni volta che alzando lo sguardo incontrava quello di qualcun altro. Sanji si ritrovò a ridacchiare sottovoce da solo vedendo Zoro perdere per l'ennesima volta senza nemmeno accorgersene. Erano ancora due personaggi tremendamente orgogliosi ma forse non erano poi così lontani dal trovare un punto d'incontro, dovevano solo capirlo.
Si passò stancamente una mano sul viso, Viola in quel momento gli mancava come l'aria.
L'ennesima imprecazione di Zoro per la partita persa non riuscì a coprire l'urlo di giubilo di Rufy e Sanji ci mise un paio di secondi per capire che non saltellava per la vittoria.
Siamo arrivati!!”
La stazione immensa di Marijoa venne accolta da tutti come un miraggio, era stata un'epopea riuscire a raggiungerla e quasi non pareva vero. Era la più bella e grande in cui fossero capitati, illuminata a giorno nonostante dalle ampie vetrate si vedesse chiaramente l'avanzare inesorabile della notte. Forse proprio a causa dell'ora tarda c'erano pochi treni, tre o quattro al massimo e tutti sembravano in procinto di partire oppure erano appena arrivati come il loro. Le persone che si aggiravano per i marciapiedi e le larghe banchine erano ancora meno e si stupirono di vedere i bar, i negozi e -fossero ringraziati gli Dei- la biglietteria ancora aperti!
Nami non perse tempo in chiacchiere. Dopo essersi assicurata che bagagli e compagni fossero tutti presenti li aveva redarguiti severamente di non muoversi dalla zona franca in cui li aveva spediti, ovvero la banchina dove erano scesi, mentre lei andava immediatamente ad acquistare i biglietti per Dressrosa, questa volta non voleva intoppi di alcun genere!
Sanji ridacchiò vedendola avviarsi e si accorse che erano passate le undici, non fumava da più di cinque ore. Si congratulò con se stesso per il record accendendosi una sigaretta ed aspirando avido la prima boccata.
Io vado in bagno.” comunicò Rufy dal nulla.
Sanji lo guardò assorto. “Nami-san non vuole che ci allontaniamo non l'hai sentita?”
Il moro alzò gli occhi al cielo allargando le braccia. “Non sono un bambino, cosa vuoi che possa combinare in un bagno?”
Sanji soppesò la domanda tenendo la sigaretta sospesa a mezz'aria. Aveva troppo sonno per pensare davvero ad una replica sensata e cercò lo sguardo di Zoro che sembrava sul punto di addormentarsi contro una delle colonne e al suo spintone si riprese di colpo come beccato con le mani nella marmellata. “Che diavolo hai torcigliolo??”
Sanji sbuffò stropicciandosi gli occhi pesti. “Rufy vuole andare in bagno.”
E allora?”
Lo lasciamo andare?”
Zoro parve capire e fece spallucce, prima di riappropriarsi della colonna e biascicare in direzione di Rufy un laconico 'attento a non perderti...' che Sanji giudicò ridicolmente inappropriato detto da lui.
Rufy ridacchiò cominciando ad avviarsi alle scale del sottopassaggio dove veniva indicata la posizione dei bagni. Lo reputò fin dall'inizio uno dei peggiori in cui fosse mai entrato, perfino peggio di quello che Sanji aveva scambiato per sua personale fossa biologica. Le pareti lerce erano ricoperte di scritte e grondava umidità dal soffitto, per non parlare di come era ridotto il pavimento. Sembrava che nessuno si fosse mai preso la briga di pulire quella stanza e la sporcizia strideva notevolmente con la bellezza della stazione al piano superiore. Per un attimo Rufy valutò di cercare un altro posto ma lo stimolo che si portava appresso dalla prima fermata dopo Punk Hazard ebbe la meglio sul ribrezzo, doveva accontentarsi per forza. C'erano tre cuccette, la prima era fuori servizio e a giudicare dall'odore da parecchio tempo anche, la seconda era occupata dall'ombra che vedeva stagliarsi sotto la porta ma la terza era libera. Ci si fiondò con malcelata fretta chiudendocisi dentro.
Ne uscì rigenerato e con un peso in meno. Trotterellante si avvicinò ai lavandini sudici scoprendo un piccolo flaconcino di sapone liquido sopravvissuto allo squallore e se ne versò una generosa cucchiaiata nello stesso momento in cui l'occupante del secondo bagno usciva dalla sua cuccetta e gli si affiancava con passo strascicato. Rufy lo vide guardarsi attorno e senza tanto sforzo capì il suo stato d'animo perché lo condivideva, anche a quel tipo non piaceva l'ambiente ma aveva dovuto chiudere un occhio per necessità. Azzardò lanciandogli un sorrisetto di circostanza prima di indicargli il flaconcino di sapone con un gesto del capo. Quello comprese al volo e lo ringraziò con un sorriso accennato versandosene un po' sulle mani. Per qualche secondo non sentirono altro che lo scroscio dell'acqua gelida e lo stridere delle luci al neon a rompere il silenzio convenzionale di quel bagno, finché Rufy non ce la fece più.
Scusa ma devo proprio dirtelo, è fighissimo il tuo afro!!”
Il tipo sgranò gli occhi così tanto che a Rufy parve di specchiarsi dentro a due buchi neri ma fu il pensiero di un attimo. Quello si mise a ridere come se avesse sentito la più divertente delle barzellette e Rufy si bloccò a fissarlo affascinato. Aveva una risata fantastica!!
Yohohohohoh!! Ti ringrazio, amico! Mi prendo cura di lui ogni giorno e lo nutro con i prodotti migliori affinché cresca rigoglioso e sano, non avresti potuto farmi complimento migliore!”
A Rufy ci volle qualche secondo per capire che stava davvero parlando dei suoi capelli e non di una pianta o di un figlio, insomma di qualcosa di vivo e che respirava. Per una persona normale avrebbe potuto sembrare il classico pazzoide che si poteva incrociare in piena notte nello squallido bagno deserto di una stazione dei treni, per Rufy fu semplicemente l'apoteosi della giornata. Alle sue parole gli si illuminarono gli occhi, un po' come a Sanji capitava quando incrociava una bella donna. “Davvero?? Allora potrei farmelo crescere anch'io!!”
L'altro alzò una mano con fare solenne. “Yohohohohoh!! Purtroppo non è solo merito mio, Madre Natura mi ha già dotato di una folta capigliatura oltre che di un corpo estremamente flessibile.”
E come gli fosse stato richiesto lo strano tizio piantò i piedi a terra e si piegò in avanti col bacino fino a sfiorare la testa con il muro. “40 gradi!!” proclamò agitando le braccia galvanizzato da chissà che.
Rufy non aveva capito niente ma sprizzò lo stesso entusiasmo da tutti i pori e applaudì perfino. Ora che lo guardava meglio era tutto particolare quel tale! Era talmente magro che si intravedevano le ossa perfino sotto ai vestiti ed aveva degli occhi così grandi e neri. E il cravattino elegante da gentiluomo. E l'ombrello. E la risata! Non c'era nulla da fare, quel viaggio si stava rivelando sempre più emozionante e ricco di incontri interessanti!
Il tizio strano si rimise dritto e gli fece un profondo inchino, ringraziandolo. “È un piacere incontrare persone che apprezzano ancora l'arte. Io mi chiamo Brook e tu?”
Io sono Rufy!” si presentò esaltato afferrando la sua mano ossuta come si trovasse davanti ad una stella della musica e forse non c'era andato tanto distante. Notò solo in quel momento la custodia nera che Brook teneva su una spalla e la curiosità parlò per lui. “Sei anche un musicista??”
L'altro rise compiaciuto. “Felice che tu l'abbia notato. Si suono diversi tipi di strumenti, al momento ho una chitarra qui con me, volevo farle prendere un po' d'aria non mi piaceva l'idea di lasciarla nella cuccetta del treno.”
Rufy non la trovò affatto un'idea strampalata. Finì di lavarsi le mani, si asciugò pratico sui pantaloni in mancanza d'altro e si apprestò ad avviarsi alla porta insieme al suo nuovo amico.
Stai per partire?”
Brook annuì aprendo la porta e fermandosi un attimo con lui alla base delle scale sotto la luce lieve di una delle lampade della galleria. “Sono in viaggio con mio fratello e una cugina. Avremmo dovuto fermarci a Marijoa per tutta la settimana ma la nostra adorata cuginetta ha avuto un crollo emotivo e abbiamo deciso di andarcene prima del previsto. Il nostro treno parte tra venti minuti, andremo in Svizzera e poi forse in Italia, magari cambiando zona riusciremo a farla stare meglio... o per lo meno ci speriamo...”
Rufy incrociò le braccia sinceramente colpito senza perdersi una sillaba. “Mi dispiace molto...”
Ti ringrazio. Non sta passando un bel periodo, vorremmo tanto che tornasse la ragazza dolce e sicura di sé che era prima...”
Rufy annuì partecipe come se ascoltare i dolorosi fatti privati di uno sconosciuto incontrato in un bagno di notte fosse la normalità per lui. “Ti capisco. Noi siamo appena arrivati ma ripartiremo non appena possibile. Abbiamo una missione importante, anche il nostro non è un semplice viaggio di piacere!” proclamò autorevole chiudendo gli occhi e battendosi un pugno sul petto. Anche raccontare i fatti suoi a perfetti sconosciuti rasentava la normalità e non lo toccava minimamente.
Brook si incuriosì. “In che senso?”
Rufy ridacchiò grattandosi la testa. “Il mio amico deve ritrovare la sua ragazza. Hanno litigato per non ho capito bene cosa e quindi siamo tutti diretti a casa sua così lui può farsi perdonare!”
L'altro rise con lui. “Una signora non andrebbe mai fatta arrabbiare!” scosse il capo con fervore passandosi una mano tra i capelli afro che Rufy aveva così tanto apprezzato prima di lanciare un'occhiata all'orologio da polso. “Ora è meglio che vada, i miei parenti mi stanno aspettando.” si voltò tendendogli una mano e sorridendogli con trasporto. “Spero che il tuo amico faccia pace con la sua ragazza!”
Rufy sorrise di rimando stringendogliela allegro. “E io che tua cugina stia meglio!”
Arrivederci mio giovane amico! È stato un piacere conoscerti!” Brook fece un lieve inchino e si allontanò nella galleria buia fischiettando.
Il moretto lo seguì con lo sguardo finché non fu più visibile. Sorrise da solo risalendo le scale, era sempre più felice di aver deciso di partire, stava conoscendo persone fantastiche!
Sulla banchina ritrovò Sanji e Zoro, il primo vessato da Nami, il secondo addormentato contro la stessa colonna dove l'aveva visto accasciarsi dieci minuti prima. Sua sorella aveva fatto presto con i biglietti, sperava di tornare prima che si accorgesse della sua assenza ma non gli era andata bene.
Nami smise di torturare Sanji quando lo mise a fuoco. Lo raggiunse in due falcate prendendolo per il bavero. “Tu! Maledetto babbeo, non vi avevo forse detto di non muovervi da qui?? Che cosa non ti era chiaro??”
Rufy fece una smorfia di disappunto, cercando di allentare la presa sulla carotide. “Dovevo fare la pipì, Nami!”
Lei lo guardò sospettosa. “E nient'altro...?” chiese prendendola larga.
Rufy fece spallucce. “Ho chiacchierato due minuti con un tipo fighissimo in bagno. Pensa, aveva l'afro!! E poi la risata, sapessi...!”
Nami alzò gli occhi al cielo mollando la presa. “D'accordo, d'accordo...” bloccò sul nascere lo sproloquio del fratello prima che diventasse un fiume in piena. “Per questa volta passi, ma non ti allontanare più senza dirmelo!”
Lui allargò le braccia. “Non ho cinque anni, Nami!!” le rispose esasperato.
Al ché lei lo fissò dubbiosa. “Sicuro...?”
Non sei per niente carina quando fai così e sappi che lo dirò alla mamma!”
La minaccia cadde nel vuoto. Nami si mise le mani sui fianchi scrutandolo furba. “Ma davvero? E che altro le dirai? Che hai mollato un lavoro ben pagato perché volevi girare l'Europa con i tuoi amici? Sarà davvero molto comprensiva...”
Rufy impallidì. “No-non vorrai...”
Lei ridusse a fessura gli occhi. “Io non dirò nulla se tu farai quello che ti chiedo d'ora in avanti!”
Questo si chiama ricatto!”
Nami prese ad allontanarsi agitando una mano dietro di sé. “Dal momento che non posso legarti e imbavagliarti, il ricatto è la soluzione più ovvia!”
La rossa prese il suo zaino da terra e mise i biglietti per Dressrosa al sicuro nella borsa, poi alzò lo sguardo sugli altri due e non riuscì a trattenere uno sbuffo esasperato. Zoro dormiva della grossa appoggiato ad una colonna e Sanji poco ci mancava che lo raggiungesse, la testa che penzolava pericolosamente in avanti. Piantò i piedi a terra e sganciò un destro sulla testa di entrambi che funzionò a meraviglia per rimetterli in riga. Ancora completamente rintronati ma perfettamente svegli, Rufy li raggiunse ridacchiando giusto in tempo per aiutarli a rialzarsi.
Nami cominciò ad avviarsi all'uscita della stazione incitandoli a muoversi.
Non abbiamo tempo da perdere pelandroni, il primo treno per Dressrosa parte domani sera e dobbiamo ancora trovare un hotel decente! Sono stanca di passare la notte in bianco, su un camion, in una tenda o sulla panchina di una centrale di polizia! Voglio godermi una vera notte di sonno in un letto degno di questo nome! In marcia!”
Rufy lasciò andare avanti Sanji e la sua camminata da zombie e affiancò Zoro che seguiva gli altri due sbadigliando rumorosamente. Gli batté una mano sulla spalla e ghignò entusiasta.
Ti devo proprio raccontare del tipo fantastico che ho conosciuto in bagno!!”

*

La partenza del suo treno era in perfetto orario e Brook ci si buttò dentro con un saltello continuando a fischiettare allegramente. Era di ottimo umore anche se gli spiaceva un po' abbandonare Marijoa dopo appena un giorno ma era stata una decisione necessaria.
Avevano pensato che quel ragazzo l'avrebbe fatta stare meglio, ci avevano sperato ma Viola era tornata in hotel peggio di com'era partita. Non aveva voluto spiegare ma la crisi isterica che ne era seguita aveva avuto un unico comune denominatore nelle loro teste, dovevano cambiare aria e alla svelta. La città degli innamorati non era appropriata dopo la batosta che aveva subito, per cui all'unanimità avevano fatto le valigie e deciso a caso la successiva meta.
Vic si detestava per quello che stava facendo sopportare a tutti ma non avevano voluto sentir ragioni. Lei c'era sempre per loro, Viola era il genere di persona che non ti aspetteresti veder annullare sé stessa e le proprie convinzioni in virtù dell'amore per la famiglia. Si era sempre dannata anima e corpo per aiutarli in ogni circostanza senza chiedere mai niente, solo per affetto ed ora toccava a loro darle tutto il loro supporto! Brook e Usop, così come Kaya, avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei, non l'avrebbero lasciata fino a che non fosse tornata a sorridere!
Individuò la cuccetta dove aveva lasciato gli altri prima di scendere a terra per l'ultima capatina alla toilette. Fece una smorfia al ricordo di come avesse trovato quel bagno pubblico. Quando viaggiava quello era uno degli inconvenienti che metteva in preventivo, in aggiunta a quello di prestare attenzione per impedire eventuali tentativi di furti, di rompere la cerniera della valigia o ritrovarsi escrementi di piccione da levare dai capelli quando questi scambiavano l'afro per un nido.
Entrò nello scompartimento con un sorriso. Nonostante tutto, in quel bagno aveva fatto una grandiosa conoscenza! Peccato che stessero ripartendo...
Si sedette con un sospiro alla destra di Usop e lanciò un'occhiata alla cugina, dormiva profondamente sulla spalla di Kaya che la cullava con un sorriso dolce mentre faceva un cruciverba. Usop invece spulciava dal cellulare una lista infinita di hotel svizzeri e lo accolse con una mezza risata. “Ci hai messo un sacco a tornare!”
Brook ridacchiò stiracchiandosi sul sedile e allungando le gambe. “Non metterò mai più piede nel bagno pubblico di una stazione.”
E che ti aspettavi? Ti avevo detto che era meglio usassi quello a bordo...”
Brook rise guardando fuori dal finestrino il treno prendere velocità ed uscire dal centro abitato. “Yohohohhohoho! Per lo meno ho fatto conoscenza...”
L'altro alzò un sopracciglio senza staccare gli occhi dal telefono. “Davvero? Una ragazza?”
Il fratello chiuse gli occhi, pronto anche lui a lasciarsi cullare dal rumore ritmico delle rotaie. “No, ma era un tipo veramente simpatico! Ti sarebbe piaciuto, sai! Quasi mi dispiace che ce ne andiamo proprio oggi Yohohohhohoho!”



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Capitolo 19
*** Waiting for Love ***





Nami sbadigliò piano nella mano entrando nella saletta che l'ostello adibiva ai pasti.

C'erano ancora un sacco di ospiti nonostante fosse abbondantemente passato l'orario della colazione e dovette guardarsi attorno prima di inquadrarli in mezzo alle altre teste.
Sanji giocava con il cellulare sorseggiando quello che dal colore sembrava una spremuta e Zoro osservava distrattamente la folla attorno, una mano a sorreggere la testa. Di fronte ad entrambi i chiari avanzi di una colazione già abbondantemente consumata e gustata più alcune brioche intatte che erano state tenute da parte chiaramente per lei e la caraffa del caffè su cui Nami aveva messo gli occhi ancora prima di sedersi tra loro.
Sanji la salutò con un sorriso caloroso che ricambiò. “Buongiorno Nami-san. Dormito bene?”
Lei ridacchiò cominciando a servirsi di caffè bollente. “Altroché! Era dalla partenza che non dormivo una notte di fila!”
Zoro sbuffò uno sbadiglio malcelato poggiando entrambi i gomiti sul tavolo. “Beata te... Rufy russa come un trombone!”
Nami rise lanciandogli un'occhiata da sopra la tazza. “Credi che non lo sappia? Ho la camera di fianco alla sua e purtroppo casa mia non è insonorizzata come dovrebbe...”
Soffiò piano sulla bevanda prima di darle un assaggio. Trattenne a stento una smorfia di disgusto poggiandola sul tavolo e Zoro le mise sotto il naso il contenitore dello zucchero. Nami gli sorrise grata prendendo a servirsi subito.
Zoro la guardò mettere la terza cucchiaiata prima di azzardarsi ad alzare gli occhi al cielo. “Ancora mi chiedo come fai a bere il caffè così dolce...”
Il tono affettuoso non sfuggì a nessuno e Sanji osservò di sottecchi Nami poggiare il mento su una mano e con l'altra mescolare con cura per far sciogliere lo zucchero, un piccolo sorriso rilassato in viso. “Io invece non so come tu faccia a berlo amaro!”
È molto più salutare!”
Ma non ha un buon sapore...”
Il motivo per cui si beve il caffè non è di certo il sapore!”
A me piace proprio per quello!”
A Sanji veniva voglia di spalmarsi una mano in fronte. Posò il cellulare e passò gli occhi dall'uno all'altra cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. Nami mescolava serafica sorridendo apertamente, senza traccia di astio nella voce e Zoro non le toglieva gli occhi di dosso ridacchiando a tratti cercando di non sembrare troppo entusiasta per quello scambio di opinioni. Stavano litigando, senza litigare! Poteva essere più assurdo di così?
Lasciamo perdere!” minimizzò lei sorridendo. “Ho fatto due calcoli stanotte, con i soldi di Teach possiamo pagarci tutta la vacanza compreso il viaggio di ritorno. Ho diviso i soldi e ve ne do ora una parte per spese varie...” allungò entusiasta una busta bianca a ciascuno. “Il gruzzolo più consistente lo terrò io per i biglietti e i conti più importanti!” il sorriso le si attenuò di colpo e sembrò esitare per un istante. Sanji la guardò incuriosito. “Alla fine la deviazione a Punk Hazard non è stata del tutto una perdita di tempo insomma...”
Sanji la vide abbassare lo sguardo per non incrociare quello di qualcun altro, all'improvviso poco loquace. Sentì l'impulso di coprire quel vuoto lasciato dal suo entusiasmo prima che il 'signor qualcun altro' si accorgesse della sua esitazione e fece la prima domanda scema che gli venne in mente. “Ehm... sapete dov'è Rufy?”
Ricevette le occhiate stupite di entrambi e solo dopo averla formulata si rese conto che non era affatto una richiesta assurda. Messi per un attimo da parte gli altri pensieri si accorse di quanto fosse strano che Rufy non si fosse ancora presentato per la colazione. L'avevano lasciato in camera più di mezz'ora prima ed era sveglio!
Zoro sbuffò finendo di bere il suo caffè. “Si starà dando da fare con la receptionist o con la cameriera ai piani...”
Nami rise ed a Sanji venne un tic all'occhio. Stritolò il tovagliolo battendo una mano sul tavolo.
Eh no! Non è affatto giusto! Non riesco a credere quante donne meravigliose quell'imbecille sia riuscito a a portarsi a letto da quando siamo partiti!! Sapevo che ci dava dentro ma così è davvero troppo!”
Zoro ridacchiò. “Visto così è davvero assurdo...”
Ha raggiunto i massimi livelli!!” insistette Sanji idrofobo al ché Zoro alzò le spalle cercando con lo sguardo la complicità di Nami.
Non serve a niente arrabbiarsi, torcigliolo. Lo sai che per lui sono tutte botte e via!”
A Sanji aumentò il nervosismo. “È proprio questo che non è normale! Non si fa mai coinvolgere, è sempre e solo sesso! Dove accidenti è il rispetto per le donne??”
Credo che il rispetto sia l'ultima cosa che vogliono da lui...”
Non va affatto bene!!”
Nami scoppiò a ridere attirando le loro occhiate stranite. “Scusate ma eravate troppo divertenti!” mormorò coprendosi la bocca. “Non ti preoccupare Sanji, Rufy non è con nessuna!” indicò con un cenno del capo l'ingresso. “Gli sono passata di fianco poco fa, era al telefono con il capo...”
Sanji si rilassò sulla sedia e Zoro si accigliò. “È al telefono con Doflamingo?”
Prima che Nami potesse confermare comparve l'oggetto dei loro commenti, sfavillante nell'espressione più seria e concentrata che gli avessero mai visto fare. Tacquero tutti all'istante quando Rufy si avvicinò al tavolo tenendo il cellulare poggiato all'orecchio, perfettamente a suo agio nel parlare di lavoro con l'uomo dal quale era fuggito non meno di una settimana prima.
...il caso Poseidon va rivisto. L'eredità non può essere spartita tra i figli senza l'autorizzazione del tribunale visto che supponevano fosse una morte sospetta, ricorda?”
Zoro e Sanji si scambiarono un'occhiata allibita. Di cosa diavolo stava parlando? Non lo aveva mollato il lavoro?
Rufy si appoggiò allo schienale della sedia di Nami, portandosi una mano a premere l'attaccatura del naso, in evidente esasperazione per quanto stava ascoltando.
...certo! Si, assolutamente. Il fascicolo era pronto già ieri mattina, non si deve preoccupare di questo!”
Nami si portò una mano alla bocca per soffocare una risata mentre Sanji lo fissava sbalordito agitare una mano in aria ascoltando la voce concitata del notaio dall'altra parte della linea senza reale interesse, alzando gli occhi al cielo ad ogni parola.
...questo è molto strano! Ho consegnato la documentazione a Bugy proprio ieri!”
Gli occhi di Zoro si sgranarono come quelli di tutti gli altri per quell'uscita.
...on si preoccupi, appena ho un attimo mi precipito da Bugy all'ufficio deroghe per avere chiarimenti in merito! Andrò a fondo della questione, senz'altro! Si, buona serata anche a lei!”
Rufy chiuse la chiamata con un sospiro di sollievo e messo via il cellulare li guardò tutti con un gran sorriso in faccia. “Ora di colazione!!” esclamò esaltato sedendosi al fianco della sorella che lo guardava scuotendo la testa.
Sanji e Zoro lo fissarono per qualche attimo mentre si strafogava, ancora increduli per quello che avevano sentito. Alla fine Sanji non riuscì a trattenersi.
Fammi capire... il notaio è ancora convinto che tu vada in ufficio ogni giorno..?”
Rufy mandò giù una sorsata di caffè ed annuì serafico al ché Zoro si schiaffò una mano sulla faccia.
Non ci credo...”
Mi ha telefonato stamattina per chiedermi di una pratica e io non me la sono sentita di dirgli che l'avevo mollato!”
Sanji sgranò gli occhi. “Lui... non ha mai sospettato che tu non fossi lì??”
Rufy si strinse nelle spalle senza staccare gli occhi dalla fetta di marmellata. “A quanto pare... Al momento c'è un po' di caos in ufficio perché nessuno riesce a trovare i documenti aggiornati del caso Poseidon. È il caso più importante dello studio, è un'eredità pazzesca e gli eredi sono accusati dell'omicidio della vecchia... non si può procedere finché il tribunale non dà il via libera e per farlo deve avere i documenti ma nel frattempo stiamo perdendo un sacco di soldi e Doflamingo non sa che fare perché ha le mani legate... insomma un caos!”
Sanji lo guardò con sufficienza improvvisamente calmo. “E immagino che il fascicolo inesistente che tu avresti fatto e consegnato a quel Bugy ieri...”
Sono i documenti che dovrebbero aiutare la causa, esatto! Speriamo!” esclamò con entusiasmo incrociando le dita e rituffandosi sulla fetta di pane.
Zoro aprì la bocca in contemporanea con Sanji, entrambi indecisi se esporre l'ovvia assurdità di quella speranza o lasciar naufragare per sempre anche quell'idiozia e bollarla come una della più grandiose scemenze che Rufy avesse mai fatto. Nami non c'aveva nemmeno pensato, aveva relegato la cosa come l'ennesima rufata e smesso di perdere tempo prezioso -che non aveva intenzione di sprecare- in quella maniera. Suo fratello era fin troppo bravo a cacciarsi nei casini da solo e lei si era stufata di prenderci parte, quella cosa la risolveva da sé una volta a casa!
Oggi che si fa ragazzi??”
Il cervello semi vuoto di Rufy passò in secondo piano, Zoro si grattò la testa valutando il da farsi. “Il treno parte stasera...”
Sanji fece spallucce stancamente. “Quello che volete, non ho preferenze.”
Tutti gli occhi puntarono un'unica direzione e Nami sbuffò ridacchiando. “Va bene! Troverò io qualcosa da fare che possa piacere a tutti!”

*

Ma è mai possibile che non si possa fare una -dico UNA- cosa normale con voi??”
Nami alzò le braccia in aria allontanandosi a grandi passi dalla porta a vetri e dalla colossale figura di merda che avevano appena fatto. Si, tutti e quattro, nonostante lei come al solito non avesse fatto niente e si fosse trovata in mezzo ai casini degli altri tre senza aver modo di schivarla.
Ricoperti di cazzotti Rufy, Sanji e Zoro la seguivano trascinando i piedi a terra. Un omone grosso come un armadio li fissava torvo in attesa che si allontanassero per poter rientrare nello stesso stabile che Nami un'ora prima aveva scelto come meta per trascorrere del tempo in piacevole compagnia. Peccato che i tre idioti che le stavano appresso non avessero afferrato minimamente il sottinteso semplice desiderio di lei di trovare po' di normale cultura in quell'assurdo e sgangherato viaggio! Che male c'era se aveva scelto di visitare uno dei musei di arte contemporanea più importanti d'Europa? Che problema c'era se visitavano quella meraviglia per un paio d'ore? Che colpa prodotta in un'altra vita doveva scontare per meritarsi un fratello imbecille che scambiava un'opera d'arte per uno sgabello e in mancanza d'altro ci si appollaiava sopra? Doveva aver fatto qualcosa di molto brutto evidentemente, sottolineato anche dal fatto che Zoro si era avvicinato a Rufy e aveva cercato di soffiargli il posto con le cattive, per poi dover gareggiare anche con il terzo imbecille per la podestà del suddetto sgabello, che non era in ogni caso uno sgabello!
Li avevano buttati fuori stabilendo pure un record... dodici minuti dopo l'entrata -e il lauto pagamento del biglietto che ovviamente nessuno avrebbe rimborsato- erano stati gentilmente condotti alla porta dall'armadio a quattro ante che faceva parte del servizio di sicurezza.
Per la prima volta Nami era stata cacciata da un museo e la cosa l'aveva mandata in crisi. Va bene sbagliare i biglietti, va bene andare alla ricerca di soldi facili con il biliardo, va bene pure farsi trascinare ubriachi in un camion, ma quello no, non glielo dovevano fare! Per lei, studentessa d'arte, era stato un affronto troppo grande da sopportare. Li aveva pestati a sangue e ancora le prudevano le mani.
Fermò la marcia in prossimità del semaforo rosso pedonale al centro di un grosso incrocio zeppo di persone e automobili che sfrecciavano veloci nel traffico cittadino. Si voltò appena per assicurarsi che la stessero ancora seguendo, con quei tre non si poteva mai sapere e grugnì dal nervosismo.
Dietro di lei Rufy incrociò il suo sguardo furente e abbozzò un lamentoso 'mi dispiace' supportato dal viso affranto di Sanji al suo fianco.
Non ci eravamo accorti che fosse un'opera d'arte...” esalò Zoro con un sospiro.
Non era un brutto museo, avevi scelto bene...” diede man forte Sanji fissando l'asfalto.
Io mi ci sarei annoiato volentieri!”
Sanji e Zoro fulminarono Rufy e le sue uscite imbecilli. Come accidenti pensava di farla stare meglio con quella battuta? Nami non smetteva di fissarli torva, una vena sul collo che non accennava a volersi attenuare. Tutti si rendevano conto di averle fatto un affronto orrendo, probabilmente peggiore di tutti gli altri.
Quello di cui mi stupisco è perché ancora mi stupisco!!” esalò alla fine passandosi una mano sugli occhi. “Eravate d'accordo che scegliessi io cosa fare! Ho scelto e avete fatto di tutto per sabotare la mia idea! Non si può mai fare niente di intelligente con voi! L'unica cosa che volete fare è chiudervi dentro un pub e morire lì tra alcool e donne giusto??”
Gli altri la guardarono sconvolti, la gente attorno iniziava a notarli.
Nami-san, no! È stato solo un malinteso...”
Lei fissò Sanji con profondo fastidio riprendendo il cammino per sfogare il nervosismo incapace di stare ferma. “Con voi è sempre un malinteso, ogni-dannata-volta!” strinse i pugni scendendo dal marciapiede per attraversare la strada. “Ne ho abbastanza! Torno in albergo, voi fate quello che vi par...”
Nami!”
All'inizio non l'aveva sentita arrivare, la rabbia era l'unica cosa che le rimbombava in testa ma poi un altro rumore, molto più forte e stridulo, aveva occupato tutta la sua attenzione.
Quasi non fece in tempo a voltarsi, figurarsi a spostarsi dalla traiettoria dell'auto lanciata a tutta velocità proprio verso di lei. Le gambe inchiodate al suolo per lo sgomento, sentì il suono della gomme che strideva sull'asfalto cercando di frenare ma era già troppo vicina. Appena un attimo per realizzare che stava per essere investita per colpa della sua disattenzione che qualcosa di molto pesante la spinse rudemente in avanti buttandola per terra e cadendole sopra schiacciandola. Picchiò il ginocchio sull'asfalto duro e per un istante credette di svenire ma il peso che aveva addosso la teneva ancorata alla ragione non permettendole di respirare bene e le voci concitate della folla le sentiva ancora nonostante la sua testa cercasse di attutirle, lasciando rimbombare solo il suono inarrestabile del suo cuore attraverso le meningi. Non sentiva alcun dolore ad esclusione di quello al ginocchio e non vedeva bene, gli occhi appannati dal terrore di scoprire cosa le fosse successo davvero se avesse azzardato ad alzare il viso dall'asfalto. Attorno a lei clacson che suonavano all'impazzata, clangore di metallo che scoppiava e voci di molte persone, alcune urlanti, altre solo spaventate che chiamavano al cellulare. Distinse quella di Rufy che si faceva largo tra la folla che l'aveva circondata, con Sanji appresso e quando furono più vicini sentì il peso che ancora la teneva ferma a terra attenuarsi un po' per farla respirare e Nami capì che si trattava di una persona e non di una qualunque.
Dovresti guardare dove vai, ragazzina!”
Nami batté gli occhi sconvolta sentendo la voce roca di Zoro nell'orecchio sovrastare qualsiasi altro suono. Lo sapeva già che era lui, prima ancora che parlasse, lo sapeva. Poco a poco la vista ritornò stabile e riuscì solo a fissarlo mentre ancora disteso sopra di lei poggiava le mani sui due lati del suo viso cercando di alzarsi per non farle male, incatenando lo sguardo e scoprendogli negli occhi lo stesso terrore assoluto che sentiva di avere nei suoi.
Zoro l'aveva salvata. Si era buttato su di lei prima che l'auto la prendesse. E non le toglieva gli occhi di dosso. Il fiato caldo che gli usciva irrequieto dalle labbra le solleticava una guancia e per un attimo Nami avrebbe solo voluto accarezzarlo e dirgli che andava tutto bene, che stava bene. Avrebbe voluto rassicurare lui per quello che era successo a lei... ma non riusciva a capire se fosse vero e parlare sembrava fuori discussione.
Nami!!”
Nami! Tutto bene?”
Rufy e Sanji si buttarono per terra al suo fianco e lei riuscì appena a guardarli e ad annuire debolmente prima di venir sopraffatta del tutto.
Era svenuta lì sull'asfalto senza essersi nemmeno mai alzata da terra, o almeno era quello che le dissero quando si risvegliò confusa su una anonima panchina annessa ad un mercatino delle pulci in una piazza tranquilla.
Rufy le sorrideva seduto per terra. “Come stai?”
Nami strizzò un po' gli occhi, accecata dai raggi del sole e si passò una mano sulla fronte. “Bene...”
Ed era vero. Si alzò a sedere aiutata dal fratello che le contenne anche un piccolo capogiro. Si sentiva bene, il mal di testa era normale e il ginocchio le doleva appena un po' ma nulla di grave.
Ci hai fatto prendere un grosso spavento...”
Nami sospirò, si ricordava tutto e fu grata di non vedere né Zoro né Sanji nei paraggi, la sua vergogna non aveva ancora avuto la possibilità di essere elaborata.
Per fortuna che Zoro ha i riflessi pronti... se non si fosse buttato chissà cosa...”
Rufy lasciò cadere la frase in sospeso e lei annuì combattuta tra la voglia di vedere subito il loro amico dal cranio verde e quella di scappare prima che tornasse per evitare di dover affrontare nuovamente la stessa vergogna provata con Teach.
Dove sono gli altri?”
Rufy indicò un punto in lontananza. “Sanji ha voluto prenderti qualcosa da bere. Non sei rimasta svenuta a lungo, poco più di 10 minuti.”
Nami seguì il suo sguardo e inquadrò subito i loro due compagni che sostavano davanti ad un piccolo chioschetto per i gelati mentre prendevano un paio di bottigliette d'acqua.
Sanji si esibì in una entusiastica giravolta quando scoprì che era già sveglia e soprattutto in salute.
Non temere mia cara, la tua preziosa borsa l'ha tenuta come un cimelio il tuo mister Prince, ma farci più prendere queste paure, ti prego Nami-swaaan!!!” le si inginocchiò di fronte con i lacrimoni e lei gli sorrise abbattuta cercando di non guardare in faccia Zoro.
Mi dispiace, è stata tutta colpa mia. Dopo tutte le cattiverie che vi stavo versando addosso...”
Non dirlo nemmeno per scherzo!” si intromise Sanji. “Quelle ce le meritavamo!”
Zoro schioccò la lingua. “Beh, insomma...”
Il biondo lo fulminò. “L'abbiamo fatta cacciare da un museo! Ce le meritavamo!”
No, Sanji. Zoro ha ragione...” tutti la fissarono sorpresi e lei non riuscì ad impedirsi di far correre lo sguardo imbarazzato su di lui. “Ti ho riempito di insulti per una sciocchezza e tu mi hai salvato lo stesso! Anzi, mi hai salvato di nuovo e senza nemmeno pensarci!”
Fu il turno di Zoro di sentirsi a disagio. “Perchè avrei dovuto pensarci? Stavi per essere investita, potevi farti davvero male... beh, non è stata una decisione impegnativa...”
Nami arrossì vistosamente e Sanji ridacchiò sotto i baffi.
D'accordo! Io avrei un po' di fame, siccome Nami sta bene direi che posso andare al chiosco anch'io! A dopo!”
Tutti si voltarono in tempo per vedere il polverone lasciato dallo scatto fulmineo di Rufy sul terreno. Dava l'idea di essersi trattenuto già fin troppo e Sanji masticò un insulto sbuffando un velocissimo 'cipensoio' prima di allontanarsi in gran carriera nella stessa direzione. Tra la confusione del mercato sparirono presto alla vista.
Ancora seduta sulla panchina, Nami ridacchiò da sola prima di sgranare gli occhi rendendosi conto di essere rimasta sola -con lui- e iniziare a sudare freddo.
Zoro non parlava ma nemmeno pareva particolarmente agitato di trovarsi solo con lei, al contrario suo. Il cuore accelerava ogni secondo di più ed era troppo facile pensare che fosse a causa di un tardivo shock per lo scampato incidente. Si sentiva benissimo e sapeva perfettamente di non essere mai stata realmente in pericolo perché il ragazzo che le stava di fianco aveva maturato la spiccata capacità di salvarle il culo prima ancora di sapere che avrebbe avuto bisogno di aiuto. Si ricordava perfettamente che dei tre era l'unico che l'aveva seguita immediatamente appena messo piede fuori dal marciapiede. Era diventato il suo angelo custode.
La soggezione che aveva provato negli ultimi giorni si era attenuata molto dopo il salto dal ponte. Aveva iniziato a vederlo più ben disposto verso di lei, come se si fosse liberato di un peso e la cosa l'aveva colpita nel profondo, per la prima volta erano davvero sulla buona strada per essere amici e non se la sarebbe lasciata sfuggire per colpa di sentimenti inopportuni! Aveva imposto al suo cuore di non aspettarsi nulla di più di quello e aveva più volte cercato di auto convincersi che le sarebbe bastato, era sicura di riuscire a gestire tutto ed era facile fare l'amica quando erano in compagnia, ma se capitava di trovarsi sola con lui era tutto un altro paio di maniche.
Una bottiglietta piena d'acqua entrò nel suo campo visivo e Nami la prese lanciando uno sguardo di sottecchi a chi gliela porgeva. Zoro era assolutamente tranquillo, quel tumulto interiore lo provava solo lei e sapeva che avrebbe dovuto imparare a conviverci se voleva averlo nella sua vita. Prima o poi le sarebbe di certo passata.
Ne abbiamo prese due ma Sanji è fuggito con l'altra...” mormorò lui calmo incrociando le braccia dopo averle lasciato la bottiglia. “Che imbecille! Dieci minuti di deliri per cercare il chiosco con l'acqua migliore, 'solo la più fresca per la mia dea', per poi scappare e dimenticarsi di dartela!”
Nami, che stava dando il primo sorso, quasi si soffocò a quell'uscita. Tossicchiando lo squadrò ricevendo la stessa occhiata stranita. “Hai appena fatto un'imitazione di Sanji??”
Batté gli occhi realizzandolo forse anche lui in quel momento e stringendosi nelle spalle. “Sembra di si...”
Lei non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere tenendosi la pancia con le mani. “Dio mio, eri uguale! Non pensavo ne fossi capace!”
Anche lui azzardò una risata. “Sai come si dice, se vai con lo zoppo...”
Continuò a ridacchiare, la tensione di prima che scemava sempre di più e Nami gli fu grata ancora una volta per aver alleggerito l'atmosfera che non si era nemmeno accorta fosse diventata tesa. Zoro si stava davvero impegnando per esserle amico, lo vedeva e lo sentiva soprattutto, non sapeva perché fosse successo così all'improvviso ma la felicità aveva oscurato la ragione.
Il sorriso sfumò poco a poco. Avrebbe tanto voluto che fosse stato un altro il motivo di tutte quelle attenzioni ma si rifiutava di formulare il pensiero completo, non aveva alcuna intenzione di illudersi ancora come la notte della festa a Punk Hazard. Doveva prenderlo per quello che era, il tentativo di forgiare un rapporto d'amicizia che prima nemmeno pensavano di volere. Era persino... dolce, come pensiero.
Zoro notò subito il sorrisino amaro che le era spuntato in viso e il desiderio di chiedergliene il motivo per un attimo lo tentò ma lo mise a tacere subito. Con uno sbuffo si guardò attorno, la piazza era ancora gremita ma gli altri erano spariti già da parecchio e si avvicinava l'ora di cena. Un'idea gli balenò in testa.
Hai fame?”
Nami alzò la testa per guardarlo, vagamente sorpresa. “Un po' in effetti.” ammise dopo qualche secondo.
Zoro si grattò distrattamente una guancia. “Che ne dici, andiamo a mangiare qualcosa? Ho visto un bel ristorante prima.”
La vide sgranare gli occhi e se ne chiese stupidamente il motivo.
I-io e te..?”
Al suo tentennamento ricordò che non era abituata a sentirsi dire cose del genere da lui, in generale non era abituata a nessuna forma di gentilezza proveniente da lui e questo, nonostante non ne fosse sorpreso, lo irritò. Doveva esserle sembrato un grande imbecille in quegli anni e non poteva darle torto. Relegò quel pensiero fastidioso infondo a tutti gli altri ben sapendo di doverci fare i conti prima o poi ma al momento l'unica cosa che gli interessava era trovare un modo per rimediare a quell'espressione sconvolta. Non gli piaceva vederla sul suo viso mentre lo guardava, gli ricordava troppo gli anni passati a litigare con lei.
Si, io e te!” confermò con un sorriso storto, sicuro delle proprie parole.
Nami batté gli occhi come a sincerarsi di non esserselo immaginato e sorrise improvvisamente felice. “S-si, va bene! Ma Sanji ha ancora la mia borsa...” mormorò.
Zoro scrollò le spalle. “Fa niente, gli altri li ritroveremo più tardi. Intanto andiamo, offro io.”
Nami lo guardò come se avesse appena detto di voler regalare le sue spade al primo barbone incontrato per strada. “Offri tu??” chiese per sincerarsi di aver capito bene.
Lui alzò un sopracciglio che la fece arrossire di botto. Beh, che c'era di male a pensare che fosse strano? Non era mai successo che la invitasse fuori -Nami non farti film, non è davvero un'uscita fuori, un appuntamento o altro, imprimetelo in testa- e soprattutto in tanti anni non l'aveva mai visto offrire qualcosa a qualcuno pagandolo con moneta sonante. Sapeva perfettamente che Zoro aveva con sé la busta con la sua parte di denaro, gliela aveva consegnata appena quella mattina ed era sicura avesse ancora tutto il gruzzolo, ciononostante era convinta li avrebbe voluti usare solo per sé stesso, erano suoi in fin dei conti, se li era guadagnati, lei stessa non avrebbe mai diviso la sua parte con nessuno! E lui voleva usarli per cenare con lei. Se non fosse stata seduta probabilmente avrebbe dovuto farlo, le ginocchia all'improvviso erano diventate di gelatina. Non pensava che sarebbe mai venuto il giorno in cui Zoro Roronoa avrebbe letteralmente pagato per passare del tempo con lei.
Cercò di restare lucida. Amico, amico, vuole solo esserti amico, non dimenticarlo.
Zoro ridacchiò, doveva avere un assurdo miscuglio di emozioni stampato in faccia e quella risata riuscì a riscuoterla abbastanza da formulare una risposta più adeguata questa volta. “S-se offri tu, accetto.”
Lui ghignò cominciando ad avviarsi prima che Nami lo richiamasse. “Hai una vaga idea di dove fosse quel ristorante?”
Zoro si grattò la nuca guardandosi attorno già spaesato. “Credo... di là?”
Nami sbuffò una risatina. “È una domanda o un'affermazione?”
Beh... oh, ma che ne so? Sono tutte uguali queste vie!!”
Ne vedo uno che fa al caso nostro proprio laggiù.”
Zoro seguì il suo dito e annuì facendo per avviarsi ancora ma Nami lo chiamò di nuovo indietro.
Si voltò esasperato allargando le braccia. “Che altro c'è? Ero nella direzione giusta!”
Ma lei non lo ascoltava, pensava e rimuginava tra sé e sé e Zoro iniziò a temere ci avesse ripensato ma quello che uscì dalla sua bocca lo sorprese più di quanto l'avesse fatto la sua stessa proposta quando l'aveva pronunciata senza rendersene conto.
È stata una lunga giornata... mi avete fatto cacciare da un museo, ho rischiato di essere investita...” Zoro la squadrò con gli occhi ridotti a fessura. “...sono anche svenuta e mi sono fatta male al ginocchio...” ...e quindi? “...insomma, sono a tutti gli effetti convalescente e avrei bisogno di un po' d'aiuto!”
Zoro non aveva ancora perso l'aura di buonumore che lo circondava nonostante ora la stesse guardando confuso e Nami si azzardò a sfidare un po' di più la sorte...
Potresti portarmi in spalla!”
...e pregò di non aver fatto il passo più lungo della gamba.
Zoro come volevasi dimostrare strabuzzò gli occhi rifiutandosi di farlo con plateale convinzione ma lo fece con un leggerissimo strato di rosso sulle guance che lo rese così carino e tenero che Nami si dimenticò in un lampo tutti gli insulti che le erano venuti alle labbra pur di obbligarlo.
Gli sorrise. Le cattive maniere anche se soddisfacenti non sempre erano adatte allo scopo e quello era decisamente uno di quei casi. Mise su la sua più dolce faccina d'angelo e batté le lunghe ciglia. “Faccio fatica a muovermi, potrei svenire di nuovo, per questo ho bisogno di mangiare...”
Zoro deglutì, non poteva essere sicuro stesse mentendo, l'aveva vista coi suoi occhi svenire in mezzo alla strada, tra le sue braccia tra l'altro e poco ci era mancato gli venisse un colpo. Per un terrificante attimo aveva pensato di non esser arrivato in tempo, ma non era vero, lui era arrivato in tempo! E lei era salva. Salva ma non del tutto intera, sapeva che aveva battuto forte il ginocchio e forse pure una spalla ma non era un medico. Poteva essersi davvero ferita così tanto da non poter camminare..? Forse avrebbe dovuto portarla in ospedale piuttosto che fuori a cena...
Nami lo guardò tenera con gli occhioni da cerbiatto. “...se mi aiuti tu ci arrivo senza incidenti di percorso... ti prego, Zoro...”
...
......
..........encefalogramma piatto.
Oh, ma chi me lo fa fare??” si accucciò davanti alla panchina dandole la schiena masticando improperi al cielo e al suo cuore fuori uso che riprendeva ad accelerare al triplo della velocità. “Sali.” le intimò portando indietro le braccia per reggerla.
Nami si leccò le labbra, felicissima di avere una scusa per toccarlo e doppiamente felice che non potesse vedere l'espressione di pura gioia che aveva stampata in faccia. L'avrebbe senza dubbio tradita.

*

Il treno fermò la sua corsa con uno stridio fastidioso e loro furono i primi ad uscire.
Usop aiutò la fidanzata con le sue valigie mentre Brook si occupava di recuperare le altre e controllare di non aver scordato nulla.
Viola li osservava mesta in piedi sulla banchina, senza realmente vedere nessuno di loro. Ogni venti secondi qualcuno le lanciava un sorriso incoraggiante o una strizzata d'occhio prima di tornare ad occuparsi delle proprie cose per poter partire alla volta dell'hotel. Sospirò tetra osservando le grandi vetrate della stazione di Flevance zeppa di turisti. Dopo ore di viaggio alla fine in Svizzera c'erano arrivati ma non sapeva davvero spiegare come si sentisse al riguardo.
Abbiamo tutto, Brook?”
Violino... chitarra... spartiti... si, yohohohohoh, c'è tutto!!”
Io intendevo se hai preso le mie valigie!!”
Yohohohhohoho, non le stavi prendendo tu?”
Io?? Hai detto che le prendevi tu!! Sono ancora a bordo??”
Yohohohohoh... ehm...”
Brook, il treno sta per ripartire!!”
Calmati Usop, le ho prese io, sono qui.”
Questo qui mi manderà ai pazzi! Per fortuna che ci sei tu, Kaya...”
Viola abbozzò un sorrisino. Erano così buffi quando litigavano, perché si era arrabbiata? Non ce l'aveva mai avuta con loro, stavano facendo così tanto per farla stare bene. Il cuore le si allargò per la commozione guardando i suoi cugini e Kaya, i suoi migliori amici, sempre lì, sempre presenti, pronti per lei. Cosa aveva mai fatto per meritare una famiglia simile? Nulla, almeno finora, ma le cose sarebbero cambiate. Strinse i pugni sulla maniglia della sua valigia, respirando piano. Era diventata una persona che non le piaceva ma una settimana era abbastanza, non avrebbe più permesso alla tristezza di prendere possesso di lei. Era stata scaricata, l'aveva accettato ed ora era tempo di elaborare il lutto! Era sempre stata una donna forte e sicura di sé, era tempo di tornare ad esserlo! Si sarebbe goduta fino infondo quella vacanza, era suo diritto cercare di nuovo la felicità e non si sarebbe più lasciata andare in quel modo, lo doveva a loro ma soprattutto a sé stessa!
Sollevò fiera lo sguardo incontrando quello dei suoi cugini che l'aspettavano sorridenti per uscire insieme dalla stazione. Era ora di riprendere in mano le redini della sua vita. Sanji Vinsmoke era un nome che avrebbe imparato a dimenticare.
Con colpo secco di tacco si avviò sicura verso di loro superandoli e sentendoli muovere dietro di lei. A spalle di nuovo dritte abbandonò quella pallida imitazione di sé che odiava e si ravvivò sensualmente i capelli attirando un paio di sguardi.
Viola Cortes era tornata.





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Capitolo 20
*** Paris ***







Rufy non era mai stato il tipo che riesce a contenersi davanti ad un chiaro invito gastronomico e Sanji non si stupì più di tanto quando lo vide scomparire dentro un locale che con un cartello sulla porta vantava di servire la migliore carne di tutta la Francia. Aveva faticato a stargli dietro, il suo amico teneva sulle spalle solo il suo inseparabile zaino invece lui oltre alla sua roba aveva appresso anche la borsa di Nami. L'aveva recuperata per lei dopo il quasi incidente e avrebbe dovuto lasciargliela una volta ripresa ma la fuga repentina di Rufy aveva cambiato i suoi piani e se n'era scordato. Con il doppio della zavorra, si era trascinato per le vie sconosciute di Marijoa al seguito dell'ingordo che era alla continua ricerca del posto migliore dove fermarsi a mangiare. La roba presa al chiosco, per sua stessa ammissione, era stata solo uno 'spuntino'.

Sanji imprecò mentalmente entrando nel locale con passo sicuro e rispondendo al saluto cordiale del maìtre con un cenno.
Rufy gli aveva assicurato che una volta messo a tacere lo stomaco sarebbero tornati dagli altri. Non gli piaceva aver lasciato Nami in quelle condizioni, stava meglio ma aveva rischiato di essere presa in pieno da un auto! Che poi fosse stato a causa della sua disattenzione non era nemmeno da prendere in considerazione, era solo colpa loro che l'avevano fatta arrabbiare e distrarre!
Zoro era rimasto con lei e sperò intensamente che il dannato marimo non cercasse di nuovo di farla agitare con idee idiote. Se le fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato e soprattutto non lo avrebbe mai perdonato a lui!
Inquadrò Rufy prendere posto al centro della sala su un tavolino rotondo dalla immacolata e immensa tovaglia sotto la quale lo stesso tavolo e le sue gambe scomparivano.
Gli si sedette di fianco e si prese la briga di guardarsi attorno per la prima volta da quando era entrato. La luce soffusa non aiutava la vista ma sembrava il classico elegante bistrot francese dove ad ogni angolo potevi incontrare poeti o scrittori chini sulle proprie opere nella speranza di vedere un giorno glorificati i propri sacrifici. La luce estiva filtrava ancora dalle enormi vetrate e le grosse tende oscuravano l'ambiente nei punti giusti creando specifici giochi di luce che si venivano a creare con le tovaglie di pizzo decorate. A circondare il loro c'erano molti tavoli identici e quasi tutti occupati, per lo più da uomini. Sembravano tutti in attesa di qualcosa e Sanji si scoprì esserne incuriosito.
Rufy aveva già fermato uno dei camerieri riuscendo a farlo inorridire per il suo chilometrico ordine e facendo voltare anche qualche altra testa. Sanji cercò di farsi piccolo piccolo per la vergogna, senza successo. Non appena si fu ripreso dal blocco reumatico alla mano, il cameriere gli chiese tremante cosa desiderasse e fu con un sospiro di sollievo che accolse la sua normale richiesta di una bistecca al sangue e un bicchiere di vino.
Sanji aspettò che si allontanasse prima di avvicinarsi all'orecchio dell'amico. “Rimaniamo il tempo di cenare e poi ce ne andiamo, d'accordo? Voglio tornare presto per accertarmi che Nami stia bene!”
Il moro batté gli occhi sorpreso. “Ma non è sola, è con Zoro!”
Sanji si bloccò, preso alla sprovvista. “Beh, si... ma è svenuta e non stava affatto bene!”
L'altro fece spallucce. “Lo so ma si è ripresa e Zoro non è idiota, sa cosa fare se dovesse stare ancora male.”
Il biondo annuì di nuovo controvoglia. “Si... è vero...”
E tu avevi detto che avremmo dovuto provare a farli stare soli ogni tanto, per vedere come va...”
Sanji si morse la lingua sapendo che non aveva modo per uscirne. L'aveva proprio detto lui.
Non preoccuparti! È in buone mani!” concluse con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Mi stai dicendo che l'avresti fatto apposta..?”
Rufy lo guardò appena di sottecchi e Sanji ghignò incredulo. Diavolo e angelo racchiusi nella stessa persona... ma perché se ne stupiva?
Avevo anche voglia di carne e poi voglio vedere lo spettacolo! L'altra volta Zoro mi ha fatto uscire prima che iniziasse, non è stato carino!”
Lo spettacolo?”
Rufy indicò qualcosa dietro di lui e fu solo in quel momento che Sanji lo notò, il piccolo palco infondo alla sala. Nero come l'ambiente e circondato da spesse tende violacee che nascondevano le quinte. Lì accanto un grande e sgargiante cartello promuoveva proprio per quella sera lo spettacolo di tale 'Principessa dei serpenti' ma non spiegava di cosa esattamente si trattasse. Dal nome avrebbe detto che utilizzava rettili ma poteva anche essere un'esibizione di magia. In entrambi i casi non era dell'umore adatto.
Solo se non dura troppo, alle 11 abbiamo il treno.” stabilì incrociando le braccia.
Non trascorse molto tempo prima che il cameriere tornasse con le loro ordinazioni. Per quella di Rufy fu necessario portare un carrellino a parte o non ci sarebbe mai stata tutta quella roba sul loro tavolo. Rufy non si fece pregare, in pochi minuti aveva già spazzolato gli antipasti e i primi, lanciando esclamazioni di pura gioia. La cena si era rivelata meglio del previsto e pure Sanji ammise di aver gustato una tra le migliori bistecche mai assaggiate. Si stava giusto concedendo il secondo bicchiere di vino quando le luci, da lievi che erano già, sparirono del tutto e non a causa della sera che avanzava inesorabile. Lo spettacolo stava per iniziare.
Rufy batté le mani felicissimo insieme agli altri clienti e Sanji si mise comodo, avevano ancora un'ora a disposizione, poteva goderselo, di qualsiasi cosa si trattasse.
Un occhio di bue comparso da chissà dove si accese ad illuminare una piccola porzione di palco, nel punto preciso dove le tende viola avevano preso a muoversi e la prima cosa che Sanji vide fu una solitaria, lunga, bellissima gamba di donna decorata da autoreggenti nere che spuntava dannatamente sensuale dalla tenda socchiusa. La gola gli si seccò all'istante perché quello che arrivò dopo andava al di là di ogni umana concezione. La donna più bella che avesse mai visto uscì da dietro le quinte e avanzò in tutto il suo splendore nel piccolo palco con passi lenti e misurati sorridendo al suo pubblico, fino a trovarsi esattamente nel mezzo.
Sanji si mosse a disagio sulla sedia, stringendo i pugni e conficcandosi le unghie nella carne. Lo sguardo non riusciva a decidersi in quale parte di lei soffermarsi. Se sui lunghi e fluenti capelli neri che circondavano il viso aristocratico, sugli occhi magnetici, sul sorriso accattivante o sul fantastico corpo dalle forme generose sostenuto da due gambe chilometriche da infarto.
La mandibola prese a fargli un male atroce tanto serrava i denti. Resisti, resisti, resisti, resisti!!
Un boa di due metri rosso e giallo se ne stava appollaiato buono buono sulle spalle della donna, senza sembrare minimamente interessato a ciò che lo circondava fintanto che fiducioso si lasciava accarezzare dalle mani esperte della sua padrona che nel frattempo non smetteva di sorridere sensuale al suo pubblico. Il vestito da bambola di pizzo nero e bianco lasciava poco o niente all'immaginazione e fu quando l'inequivocabile musica lenta partì che Sanji si rese conto con crescente orrore a che genere di spettacolo Rufy l'avesse trascinato.
Fece violenza su se stesso per smettere di guardarla quando iniziò a levarsi il primo guanto di raso con movimenti lenti e calcolati muovendo i fianchi sotto una cascata di applausi.
Afferrò il suo amico per il bavero e lo fulminò idrofobo. “Di tutti gli spettacoli che potevi trovare proprio uno di Burlesque?? Questa me la paghi, Rufy!”
Ma l'altro nemmeno lo sentiva, imbambolato come tutti nella sala a seguire le sexy movenze della bellissima ballerina. Sanji si passò una mano sul viso chiudendo gli occhi e respirando piano. La musica lenta e i gridolini di approvazione non lo stavano aiutando per niente. L'immaginazione lavorava da sé ed aveva già dovuto correre ai ripari con un fazzoletto sotto al naso, non avrebbe resistito per molto. Si tappò anche le orecchie e poggiò la testa sul tavolo sperando che finisse presto. Si sentiva come un tossico a cui era stata offerta la più grossa partita di droga della sua vita, ma non poteva cedere, non ora che mancava così poco!
Accolse con un sospiro di sollievo l'esaltato applauso finale del pubblico che fece tremare persino i muri e valutò di approfittare del momento per afferrare Rufy e fuggire prima che partisse un nuovo spettacolo. Si arrischiò con un sorrisino ad aprire gli occhi e a sollevare la testa, non l'avesse mai fatto. Ora sul palco erano in tre, una più bella dell'altra, tutte seminude, con il proprio serpente sulle spalle e tutte, inesorabilmente, ammiccavano nella sua direzione.
Sanji batté gli occhi confuso e gli ci volle qualche attimo per rendersi conto che stavano proprio guardando lui. Si voltò piano verso Rufy che sorrideva entusiasta e lo indicava con un dito.
Sanji avrebbe voluto mozzarglielo quel dito.
A quanto pare c'è qualcuno che non ha gradito lo spettacolo. Forse non lo vedeva bene da così distante, ma rimediamo subito!”
Urla di incoraggiamento accompagnarono due delle ragazze sul palco che scesero e gli si avvicinarono con una camminata terribilmente sensuale. Sanji quasi rischiò l'infarto quando lo afferrarono ciascuna per un braccio per trascinarlo via con loro. Lo fecero sedere su una sedia improvvisata al centro del palco e una delle due lo immobilizzò sedendogli in braccio.
Vai Sanji!!” Rufy lo incitò battendo le mani con il resto della sala e il biondo capì di essere ormai al punto di non ritorno. Gli occhi a cuore tornarono onnipresenti e finì per svenire in coma affettivo quando le due ragazze che l'avevano portato per le braccia cominciarono il loro spettacolo a pochi centimetri da lui, sotto lo scroscio degli applausi.
Rufy ridacchiava dal tavolo vedendo l'amico in quello stato e nemmeno si accorse all'inizio di avere una presenza accanto che lo fissava.
E tu chi sei?”
Rufy sentì un brivido caldo percorrergli la nuca quando quella voce sexy gli arrivò alle orecchie. Si girò piano trovandosi il viso della bellissima principessa dei serpenti a poche spanne che lo guardava come volesse mangiarlo.
Dopo l'iniziale attimo di smarrimento -dovuto per lo più al fatto che la donna era in solo intimo- e di delusione -non aveva più con sé il serpente, purtroppo- sfoderò un sorriso. Anche senza quel simpatico animaletto con il quale si era esibita -che aveva catalizzato la sua completa attenzione per tutta la durata dello spettacolo- aveva pur sempre uno splendido esemplare di sesso femminile davanti. E lui era un signore.
Rufy.” rispose semplice allargando il sorriso.
La donna arrossì e per una qualche curiosa illuminazione Rufy intuì che non fosse il genere di cose che le capitava di frequente.
Ru-Rufy...” ripeté lei in trance.
La vide portarsi una mano alla bocca e fissarlo rapita. No, decisamente non sembrava il genere di donna che si lascia suggestionare in quel modo per un nome o un sorriso. Ingenuamente si chiese se non avesse mangiato qualcosa che le aveva fatto male prima dello spettacolo. Però era venuta lei da lui, aveva forse bisogno di qualcosa? E perché non aveva portato il serpente? Magari poteva provare a chiederglielo! Ma prima, come diceva sempre Ace, si doveva andare per gradi! Doveva farci amicizia prima di chiederle informazioni sul suo animaletto, non era mica un approfittatore, lui.
Allungò la mano felice annuendo vigoroso. “Si, è il mio nome. Invece quello sul palco è il mio amico Sanji. Tu come ti chiami?”
Probabilmente non avrebbe dovuto farlo ma come poteva immaginare che la ragazza avrebbe rischiato di svenire alla vista della sua mano allungata davanti al viso? Rufy riuscì a prenderla al volo prima che cadesse e questo le provocò uno sfogo cutaneo molto più preoccupante degli altri.
Bo-Boa Hancock...” riuscì a balbettare reggendosi fermamente alle sue spalle. Ormai il suo colorito variava dal rosso pomodoro al viola scuro ma quell'affascinante sconosciuto non pareva farci troppo caso.
Piacere di conoscerti, Boa!”
Oh, come suonava bene il suo nome pronunciato da quelle labbra di rubino!
I-il pia-piacere è tu-tutto mio...”
Va meglio ora?”
Oh, si preoccupava per lei? Chi era quel meraviglioso giovane uomo che con una sola occhiata faceva battere il cuore a lei, Boa Hancock, la principessa dei serpenti? Mai si era sentita così in tutta la sua vita...
Al suo tremante cenno di assenso Rufy la lasciò. Non era ben stabile sulle sulle sue gambe ma per lo meno non sembrava sul punto di svenire di nuovo. Magari ora che l'aveva conosciuta poteva azzardarsi a chiederle l'unica cosa che gli premeva sapere...
Senti, vorrei chiederti una cosa...”
Boa rizzò le orecchie guardandolo imbambolata con la faccia di chi era disposta a fare qualsiasi cosa per lui e Rufy lo prese come un incentivo per continuare.
Dov'è il tuo serpente?” chiese andando dritto al punto, strofinando le mani tra loro e guardando fisso le sue spalle nude.
La donna batté gli occhi un paio di volte, confusa. Il suo serpente...?
Sai, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso quando eravate sul palco! È un animale fantastico, faceva tutto quello che dicevi tu! Come fai a farti ubbidire??”
Boa abbandonò l'espressione confusa per una di sgomento. Quel meraviglioso ragazzo aveva guardato solo il serpente durante la sua esibizione? Sentì la delusione prendere possesso del suo cuore.
Rufy le sorrideva entusiasta aspettando speranzoso la sua risposta e Boa si indispettì. Lei era la principessa dei serpenti! La donna più bella di tutta la Francia! Mai nessuno le aveva fatto un affronto simile! Come si permetteva questo tizio di ignorarla così e preferirle Snoke?? Non era umanamente concepibile da pensare, era un affronto alla sua bellezza e alla sua professionalità ma invece di farla arrabbiare decise di prenderla come una sfida. Il ragazzino non l'aveva apprezzata con un semplice ballo? Gli avrebbe fatto vedere di cosa era capace Boa Hancock!
Lo guardò sensualmente negli occhi accarezzandogli con il dorso della mano una guancia. Oh, gli avrebbe fatto cambiare idea, altroché!
Il mio è un serpente particolare, tanto ubbidiente quanto letale. È nel mio camerino ora, vorrei fartelo conoscere. Che ne dici di venire con me?” mormorò melliflua al suo orecchio.
Un brivido involontario scese lungo la spina dorsale di Rufy e si affrettò ad annuire entusiasta. Lei lo prese per mano conducendolo verso una porticina accanto che non aveva notato prima.
Se era fortunato non solo avrebbe potuto accarezzare il serpente ma pure portarsi a letto quello schianto di donna!
L'unica certezza fu che dimenticò di prendere con sé il suo zaino, quello di Sanji e soprattutto la borsa di Nami, lasciandoli alla mercé di un tizio qualunque che passava di là, che li vide incustoditi e senza dare troppo nell'occhio li portò via con sé, uscendo indisturbato dal locale.

*

La fiammella accesa al centro del tavolo tremolò appena con lo spostamento d'aria quando il cameriere posò davanti a ciascuno la portata principale. Lo ringraziarono con un sorriso e un cenno quando augurò ad entrambi buona cena con un profondo inchino prima di congedarsi.
Nami seguì divertita la sua figura passare attorno al loro tavolo nella veranda, per rientrare nel ristorante e sparire oltre le spalle di Zoro.
Continuando su quella linea incrociò un sopracciglio alzato. Nami si morse le labbra trattenendo a stento una risata, soprattutto per l'occhiata che le restituiva il suo compagno di cena.
Oh andiamo! Non fare quella faccia!” lo riprese bonaria non riuscendo a impedire alle labbra di curvarsi verso l'alto. “Te ne sei accorto anche tu!”
Zoro sbuffò alzando gli occhi al cielo, visibilmente divertito nonostante cercasse di non darlo a vedere. Prese a tagliare la sua bistecca ridendo sotto i baffi ma Nami non se la prese. Allungò il collo cercando di vedere ancora oltre le sue spalle, al di là delle tende che oscuravano la sala interna del ristorante, in palese ricerca del loro simpatico cameriere.
Zoro intercettò il suo sguardo e la riportò con un ghigno a sedersi di nuovo composta.
Smettila di stalkerare il nostro cameriere!”
Nami cercò di ignorare come quel 'nostro' fosse suonato bene e si morse le labbra, combattuta.
Ma quel tipo è identico ad Hacchan! Ti prego, voglio solo chiedergli se lo conosce! Magari scopriamo che è suo fratello, cugino o un qualche parente di ottavo grado!”
E se invece smetti di focalizzarti solo su stupidaggini e ti godi questa bella cena?”
Nami deglutì nervosa riportando piano lo sguardo su di lui e distogliendolo dal bancone all'interno.
Una bella cena...
Nami sospirò piano cercando di concentrarsi sul suo piatto e non sul sorriso amichevole di lui. Probabilmente per Zoro era semplice vederla così. Lui non si sentiva su di giri come lei, tanto da non essere stata in grado di formulare un pensiero coerente fin dal momento in cui era scesa dalle sue spalle davanti al ristorante.
Prese un pezzo di pane, rigirandoselo tra le mani.
Zoro non aveva avuto bisogno di fare il carico di ossigeno quando aveva visto che li avevano sistemati sulla terrazza panoramica dove c'erano pochissimi altri tavoli come il loro, rigorosamente per due, perché avevano dato per scontato che fossero una coppia. Lui non aveva dovuto obbligare il cuore a smettere di battere furioso quando si era accorta che da lassù si vedeva l'intera città illuminata e le candele disseminate ovunque non ostacolavano lo splendore della volta celeste rendendo l'atmosfera così fottutamente romantica da fare quasi male!
No, ovviamente. Ma lei si. E non le era parso vero di potersi concentrare su altro che non fosse il pensiero di essere a Marijoa, in un raffinato ristorante francese, seduta ad un tavolo a lume di candela con Zoro, quando aveva scoperto che il loro cameriere era identico al simpatico venditore di Takoyaki che stazionava ogni giorno fuori dalla facoltà, del quale erano entrambi assidui frequentatori.
Avrebbero potuto parlare di lui! Sembrava un segno del destino messo lì apposta per evitarle l'imbarazzo della non conversazione certa che avrebbe avuto con Zoro! Ma Zoro non pareva dello stessa idea. Non era interessato ad approfondire quell'argomento e a Nami per un attimo era sprofondato il cuore nel petto. Si sentiva incredibilmente a disagio ad essere lì da sola con lui, non sapeva come comportarsi, né che argomenti trattare. L'unico che avrebbe potuto allietare un po' la serata le era stato bocciato sul nascere! Non contava molto su di lui per intavolare una qualche tipo di conversazione. Fosse stato per Zoro era certa che l'avrebbe considerata una fantastica cena se fossero rimasti praticamente zitti per tutto il tempo, ma lei non ce l'avrebbe mai fatta a reggere tutta la pressione che quella vicinanza le portava, aveva bisogno di trovare qualcosa per distrarsi.
Lo guardò di sottecchi continuare a tagliare indisturbato la sua bistecca al sangue, apparentemente rilassato e perfettamente a suo agio in quell'ambiente. Nami si accigliò.
Appena entrati lei si era sentita piuttosto in soggezione davanti a tutta quella raffinatezza, a partire dai guanti bianchi dei camerieri, passando per le tovaglie ricamate, al mobilio in generale che ornava tutto il ristorante che a prima vista doveva costare un occhio della testa, ma Zoro pareva non averci fatto nemmeno caso, perfettamente a suo agio, appunto.
Posso chiederti una cosa?”
Zoro alzò il viso dal suo piatto per guardarla incuriosito. Nami infilzò una patata arrosto mordendosi internamente una guancia, cercando le parole giuste da usare. “Come mai sembri abituato a frequentare posti del genere?”
Lui fece una smorfia nervosa dirottando gli occhi sulla città illuminata sotto di loro. “Mia madre ama mangiare solo in ristoranti di un certo livello e mio padre non è mai stato il genere d'uomo che si impunta per cose che non ritiene importanti.”
La spiegazione era molto approssimativa ma Nami intuì che non fosse il caso di chiedere di più. Zoro spendeva sempre poche parole quando parlava dei suoi genitori, lei stessa in tanti anni li aveva visti solo qualche volta e costantemente di striscio. Nutriva da sempre una grande curiosità su di loro ma Zoro non ne parlava quasi mai volentieri e Nami era decisa ad evitare ogni minimo alterco per non rovinare la loro unica cena insieme. Per il momento avrebbe potuto accontentarsi, ma per lo meno avevano rotto il ghiaccio con un argomento facile.
Gli sorrise prendendo un sorso di vino. “Anche i miei hanno le loro fisse...”
Zoro la scrutò molto più interessato.
A mia madre puoi togliere tutto tranne la sua sigaretta dopo cena.” ammise con un'alzata di spalle.
Zoro abbozzò una risatina. “E Dragon? Ha una gigantografia di Garp da colpire con le freccette ogni volta che usa il suo rastrello?”
Nami scoppiò a ridere, tenendosi una mano davanti alla bocca.
Zoro era cresciuto come tutti loro assistendo esaltato alle mirabolanti liti tra suo padre e suo nonno sulla gestione del giardino che avevano in comune da quando casa loro era stata costruita sul terreno da sempre appartenuto alla famiglia Monkey, dove nonno Grap viveva già. Una supremazia assurda tra padre e figlio su chi detenesse il pollice più verde, una faida che faceva per lo più sorridere fino a quando uno dei due non esagerava e trasformava tutto in una vera e propria guerra di quartiere con tanto di armamenti quali vanghe e picconi e l'arruolamento di questo o quel vicino a dare manforte e sostegno.
Quante volte a lei, Sanji e Sabo era toccato spalleggiare il padre che voleva commilitoni giovani per soppiantare il nonno che pretendeva di avere con sé Rufy, Ace e Zoro per lo stesso motivo. Vinceva chi costruiva l'aiuola più bella e per la loro mente di bambini era un gioco favoloso da fare con i grandi, per la mente bacata di quelli che avrebbero dovuto essere i due adulti della situazione, era l'ennesima sfida per decretare il maschio alfa. La cosa che faceva più ridere era che nessuno vinceva mai perché sua madre arrivava come una furia a tramortire entrambi, stufa di sentire gente urlare idiozie in giardino.
Nami smise di ridere a fatica. Era malinconicamente bello che Zoro ancora ricordasse quei pomeriggi passati a casa sua tra sfide pacifiche che finivano sempre con loro a giocare e ridere nel fango sotto le urla del nonno perché non prendevano sul serio i compiti assegnati.
Non ha la gigantografia perché non ne ha bisogno. Se vuole usa direttamente il nonno come bersaglio mobile.” riuscì a riferire con un occhiolino tra una risata e l'altra.
Zoro ghignò ritornando anche lui a quei pomeriggi col pensiero. Se n'era quasi dimenticato eppure sembrava non fosse mai passato il tempo.
Nami si rimise dritta sulla sedia, gli occhi ancora ridenti e la testa molto più leggera. L'atmosfera era decisamente più rilassata ora ed anche più intima. Ancora non era abituata a sentirsi a proprio agio in sua compagnia. Nonostante lui ce la stesse davvero mettendo tutta per dimostrarle che voleva cambiare, il suo primo istinto era ancora quello di sentirsi in soggezione o semplicemente stare sulla difensiva. Avrebbe dovuto lavorare parecchio su questa cosa, non poteva sempre andare in panico all'idea di parlare normalmente con lui.
Nami diede un sorso al suo bicchiere di vino e accavallò distrattamente le lunghe gambe nude esponendole di fianco al tavolo, riflettendo ancora una volta sulle motivazioni che potevano averlo portato a quell'epifania morale che sembrava voler continuare a garantire nei suoi confronti e notò per puro caso un piccolo tremore e lo spostamento d'aria successivo. Lo guardò con la coda dell'occhio, appena un po' incuriosita. In un attimo Zoro aveva voltato di scatto il viso verso il panorama e batteva furioso un piede a terra, irrequieto. Nami alzò un sopracciglio. Il suo amico aveva di nuovo quella leggera sfumatura rosata sulle guance che aveva ormai imparato a classificare come 'imbarazzo'. Lo guardò apertamente senza vergogna e lui fece palesemente di tutto per evitare di voltarsi di nuovo verso di lei, in una maniera così insolita che le fece crescere un piccolo sospetto.
Forse non era del tutto indifferente all'uomo d'acciaio come pensava. Il gioco di gambe fatto casualmente non era passato inosservato e Nami aggrottò le sopracciglia, piacevolmente stupita dalla scoperta.
Provò di nuovo ad accavallarle, più piano e con mire precise, facendo finta di niente. Il piede di Zoro aumentò il ritmo sotto al tavolo e nonostante gli occhi puntassero ancora verso la città sembrando ignaro di tutto, il suo imbarazzo crebbe.
Nami sentì il proprio ego gonfiarsi nel petto insieme ad una sensazione di eccitazione che le fiorì direttamente dalla base dello stomaco. Deglutì, cercando di calmarsi. Aveva appena pensato di fare una cosa e sapeva che non sarebbe stato corretto da parte sua, ma sapeva anche di essere quello che di solito gli uomini definivano un bocconcino prelibato e di avere addosso solo uno striminzito vestitino che lui finalmente dava prova di aver notato. Anche se persisteva a trattarla da amica e a lei la cosa andava più che bene, non era di certo obbligata a fare altrettanto ogni sacrosanta volta! In fin dei conti, quante altre volte le sarebbe capitato ancora di cenare da sola con lui in un posto così romantico?
Il bisogno di sapere ebbe la meglio sulla morale. Forse era l'unica occasione che avrebbe mai avuto, ci sarebbe stato tanto tempo per fare l'amica.
Dimenticando di respirare, Nami si scostò i capelli dal viso e cercò di farlo nel modo più sensuale che conosceva. Ancora una volta il gesto non era passato inosservato, Zoro non la deluse, tossicchiò imbarazzato tentando di sembrare concentrato sul proprio piatto e lei sorrise approfittando delle sue occhiate furtive per accarezzarsi una coscia mettendo al contempo ancora più in mostra quella porzione di pelle. Il senso di colpa lo relegò in un angolino del proprio cervello, avrebbe avuto tempo per pensarci dopo, il vino bevuto fino a quel momento la stava aiutando molto, non si era mai sentita più sfrontata, senza quello in corpo forse non avrebbe mai provato a fare una cosa così folle come tentare di sedurre Zoro Roronoa!
Si sentiva capace di fare qualsiasi cosa e voleva vedere fino a che punto avrebbe potuto spingersi, vedere i suoi occhi saettare verso le sue gambe le stava dando alla testa più dell'alcool.
Zoro si schiarì la gola e Nami sentì il battito aumentare vertiginosamente insieme all'aspettativa.
Come va il ginocchio?” chiese lui distrattamente, piluccando gli ultimi bocconi dal suo piatto.
Lei lo guardò confusa, presa del tutto in contropiede. “Il... ginocchio?”
Zoro sospirò aderendo completamente allo schienale della sedia. “Si, il ginocchio...” ripeté guardandola sornione. “Il motivo per il quale ho dovuto portati in spalla per tutta la piazza...” ogni traccia di imbarazzo era scomparsa. C'era davvero mai stata o se l'era immaginata?
Nami arrossì di botto a quelle parole. Se n'era completamente dimenticata! “Oh! Oh, si, quel ginocchio! Si, si, sta bene! Non mi fa più male, grazie!” esclamò dando dei colpetti con la mano sulla parte interessata.
Il verde annuì schioccando la lingua. “Mi fa piacere. Così poi in albergo potrai tornarci con le tue gambe...”
Nami avrebbe voluto sprofondare. Evitò accuratamente il suo sguardo giocando con il tovagliolo. “Oh, si... senz'altro...” mormorò sempre più piano. Improvvisamente aveva perso tutta la sua verve.
Si sentiva un idiota, piena di vergogna per quello che aveva sperato. Era solo per il ginocchio che le guardava le gambe, cosa era andata a pensare? Era davvero una colossale cretina!
Vuoi ancora vino?”
Nami annuì mesta, allungandogli il suo bicchiere. La delusione bruciava ancora nelle vene come acido, bere pareva l'unica cosa sensata da fare ormai. Era anche una buona scusa, se lui avesse dato seguito di essersi accorto delle sue mire, lei avrebbe dato la colpa all'alcool, semplice. Buttò giù il bicchiere d'un fiato, senza curarsi di sembrare poco femminile.
Sai, ti sta particolarmente bene il viola...”
Nami si strozzò con il vino. Tossicchiando, alzò rapida la testa convinta di aver sentito male. Zoro la fissava tenendo in mano il proprio bicchiere con un sorriso impertinente a sollevargli gli angoli della bocca e Nami si sentì andare a fuoco. Le aveva fatto consapevolmente un complimento.
Posò il calice deglutendo. “Grazie...”
Non avrebbe saputo dire se lo diceva per sincero interesse o per pena, ma di certo ora sapeva che aveva notato il suo vestito.
Penso che prenderò anche il dolce.” mormorò lui sorseggiando il suo vino. “Tu lo vuoi?”
Nami aprì la bocca per rispondere ma la gola le era diventata improvvisamente secca. Annuì con un cenno del capo impossibilitata a fare altro, mentre Zoro richiamava il cameriere.
Lo guardò di sottecchi, era quasi certa che si fosse accorto di cosa aveva tentato di fare ma era stato abbastanza cavaliere da soprassedere al suo maldestro tentativo di avance senza infierire. Era l'ennesima prova che la considerava -e l'avrebbe sempre considerata- solo un'amica, ma invece di farla vergognare per avergli servito su un piatto d'argento le sue vere intenzioni, la cosa non fece che allargarle il cuore. Da anni la trattava così male che aveva smesso di domandarsene il motivo ed ora arrivava ad essere l'emblema della dolcezza se si trattava di proteggerla dalle sue stesse gaffe per evitarle un tremendo imbarazzo.
Il loro cameriere 'Hacchan' si presentò con due listini eleganti e per Nami la scelta non fu ardua, prese senza ripensamenti la torta alla panna. Aveva bisogno di consolarsi e, per non farsi mancare nulla, tracannò un altro bicchiere di vino, sotto il ghigno insolente di Zoro che glielo riempì nuovamente. Probabilmente non avrebbe dovuto nemmeno preoccuparsi che l'avesse presa sul serio, evidentemente era stata una debolezza dovuta all'alcool e all'atmosfera romantica, poco importava che per lei non sarebbero cambiate le cose una volta fatto giorno, lui sembrava credere che fosse stata una leggerezza del momento. Essere sua amica non era certo una prospettiva così terribile. Poteva bastarle, no?
Sanji mi ucciderebbe se sapesse che ti sto facendo bere così tanto...”
Nami lo fissò, la vista un po' annebbiata ma la mente ancora perfettamente vigile. “Sanji non è il mio baby sitter. Sono grande abbastanza per decidere da sola quello che è meglio per me.”
Su questo non ho dubbi.” mormorò suadente guardandola enigmatico.
Nami respirò piano col naso mettendosi una ciocca dietro l'orecchio. Si sentiva un po' a disagio sotto quello sguardo penetrante, non riusciva a pensare a nulla di sagace da dire per rispondere a quella che a tutti gli effetti non era una domanda ma che era sicura meritava un approfondimento.
Probabilmente era di nuovo colpa del vino ma i suoi occhi neri non le erano mai sembrati così caldi. Deglutì a vuoto sentendo le familiari farfalle nello stomaco ricominciare a svolazzare. Il modo in cui la stava guardando non poteva essere legale, le stava riducendo i neuroni ad una massa di cosini informi e stava usando solo gli occhi.
Aprì la bocca, cercando le parole giuste da usare ma il cameriere tornò proprio in quel momento con i loro piatti e la tensione venne messa un attimo da parte mentre entrambi si concentravano sul proprio dolce.
Credo sia la crema più buona che abbia mai mangiato!”
Zoro chiuse gli occhi estasiato dal primo boccone e Nami abbozzò una risatina, felice di stemperare un po' l'atmosfera.
Non credo che sia più fantastica della mia!”
Zoro buttò giù un sorso di vino tornando rapido al suo dolce con un sospiro di pura beatitudine. “Oh no. Questa non si batte! È perfino più buona dei croissant di Perona!”
Nami perse un battito. Tutto quello che era successo fino a quel momento non era nulla paragonato a quello che le provocò sentire il nome di Perona buttato così a casaccio nel bel mezzo della loro serata. Ebbe il potere di risvegliarla completamente dalla trance dell'alcool, neanche l'avesse schiaffeggiata. Per un attimo le mancò il respiro ma lui continuava indefesso a mangiare e non sembrava essersi reso conto di averle trafitto lo sterno con una sola frase.
Oh, si. Già. Erano davvero buoni quelli...” mormorò con un filo di voce, gli occhi fissi sul proprio piatto.
Sperò ardentemente di non mettersi a piangere. Nonostante avesse accettato di essere sua amica il ricordo di lui con Perona era ancora indelebile nella sua testa e ci sarebbe voluto molto tempo prima di smettere di associare la ragazza al preciso momento in cui lo aveva perso senza nemmeno sapere che lo voleva.
Anche la sua crostata non era male, ma continuo a preferire questo dolce!” esclamò con leggerezza sorridendole mentre allontanava da sé il piatto vuoto e finiva il vino.
Nami infilzò la sua torta ancora a metà, con malcelato fastidio, la voglia di terminare il dolce passata veloce come era arrivata la brama di assaporarlo subito.
Si, sono molto bravi in questo ristorante...” concordò, di nuovo con il morale sotto le scarpe. Quella cena si era rivelata un continuo sali e scendi di emozioni contrastanti per lei e si sentiva assurdamente esausta, pur sapendo di aver fatto praticamente tutto da sola.
Mi sono reso conto che le cose che mi mancheranno di più una volta a casa saranno i cibi!”
Nami ormai ascoltava solo per metà, troppo impegnata a terminare con fatica il proprio dolce. Le era passato l'appetito. Perché Zoro doveva essere così loquace proprio quando lo preferiva zitto e immobile come una perfetta statua del David? Il tempismo non giocava mai a suo favore.
Gli hot dog in Belgio, questo dolce in Francia, i croissant di Perona... e pure la sua crostata e la sua marmellata fatta in casa!”
Doveva farlo stare zitto, ne andava dalla sua salute.
Beh, sembra che siano proprio le doti di Perona a mancarti.” mormorò più acida di come avrebbe voluto sembrare e pentendosene il secondo successivo.
Quella avrebbe anche potuto risparmiarsela. Ora lui le avrebbe chiesto il perché di quel suo scatto, lei e il suo essere maledettamente masochista! Non avrebbe mai imparato a farsi i fatti propri, no, lei doveva far finta che le interessasse un argomento di conversazione che verteva principalmente sulle doti culinarie di quella che le aveva aperto gli occhi su di lui.
Zoro batté gli occhi, confuso e le chiese esattamente quello che si aspettava. “Perché dici così?”
Nami fece un sorrisino tirato che finì con l'essere una smorfia. “L'hai nominata e ho pensato che ti mancasse. Avete avuto un trascorso, in fin dei conti.” mormorò controvoglia. Si era scavata la fossa da sola, non avrebbe potuto aggirare il problema stavolta, meglio togliere subito il cerotto.
Ma Zoro continuava a trapassarla con lo sguardo senza parlare e Nami si spazientì.
Vi sarete scambiati il numero, no? Avete avuto poco tempo per stare insieme. Non ti dispiace averla lasciata a Punk Hazard?” si sentiva terribilmente patetica ma, complice il vino, nemmeno si curava troppo di non far trasparire la gelosia irrazionale che le bruciava ancora nelle vene. Tanto non era interessato a lei, perché preoccuparsi che avrebbe potuto perderlo? Aveva fatto a meno di lui per anni, avrebbe potuto continuare così se lui avesse deciso di evitare la pazza isterica che gli faceva scenate di gelosia senza avere alcun coinvolgimento sentimentale con lui.
Pregò che non lo facesse.
Zoro schioccò la lingua senza smettere di guardarla assorto. “No, non mi manca e non mi è mai interessato avere il suo numero...”
Nami tremò appena a quella piccola confessione ma non distolse gli occhi dal piatto, se l'avesse fatto si sarebbe messa a piangere. D'accordo Perona era stata una botta e via, poteva credere che lui non avesse intenzione di sentirla ma questo non risolveva il problema. Perona era solo la cima dell'iceberg ma nonostante tutto provò un piccolo sollievo all'idea che non volesse rivederla. Avrebbe avuto ancora un po' di tempo per elaborare l'idea di vederlo prima o poi con un'altra ragazza.
Mise in bocca l'ultimo boccone di torta e si azzardò a guardarlo non appena sentì di essere capace di farlo senza scoppiare in lacrime. L'amore non corrisposto era uno schifo.
Zoro non le aveva mai tolto gli occhi di dosso e la guardava così assorto che avrebbe potuto trapassarla da parte a parte senza nemmeno usare una delle sue spade. Si sentiva davvero stanca, sfinita e, sotto quegli occhi, anche terribilmente esposta. Avrebbe solo voluto correre tra le sue braccia e farsi coccolare.
Trattenne il respiro scioccata quando lo vide avvicinare una mano al suo viso. Per un memorabile attimo pensò che avesse capito cosa avrebbe voluto fare e che lo volesse a sua volta e sussultò quando il suo pollice si posò sulle sue labbra. Con un gesto veloce Zoro tolse uno sbuffo di panna montata che le era rimasto dall'ultimo boccone e se lo portò alla bocca.
Nami rimase impietrita. Lui sorrise assaporando la panna direttamente dal suo dito.
Avevi ragione. La tua torta era la migliore.” mormorò senza smettere mai di guardarla.
Nami tornò a respirare fissandolo sconvolta. Prese fiato per parlare quando una vibrazione continua prese a muovere il tavolo.
Entrambi puntarono gli occhi sul suo cellulare che vibrava incessante tra di loro e Nami deglutì piano prendendolo in mano e rispondendo con una mezza maledizione, incolpandolo di tutto quello che era andato storto in vita sua e soprattutto perché aveva rovinato un momento irripetibile.
Pronto?” gracchiò nell'apparecchio, evitando il sorrisino di Zoro mentre finiva il vino.
Nami-san! È meraviglioso sentirti!”
Aggrottò le sopracciglia sentendo la voce molto affaticata di Sanji dall'altra parte, come avesse appena terminato una maratona.
Che succede?” chiese prendendola larga, nessun accenno di sospetto nella voce.
Lo sentì ridacchiare imbarazzato dall'altro capo della linea. “Ehm... buffa storia...”
Nami perse un battito. Aveva già sentito quelle parole. “Non vi sarete fatti arrestare vero??” chiese già infuriata. Non poteva vederlo ma era certa di averlo sentito deglutire.
No, no.. niente prigione...” pigolò lui. “Il fatto è che ci siamo fermati a mangiare in questo locale... e c'era uno spettacolo e...”
Nami si prese il ponte del naso con le mani sbuffando irrequieta. “Sanji, ti prego, arriva al punto!”
L'altro fece una piccola pausa. “Ecco, in pratica entrambi ci siamo allontanati dal tavolo il tempo di pochi minuti ma...”
Ma?”
Sanji sospirò grave. “Ci hanno rubato gli zaini e la tua borsa...”
Nami sgranò gli occhi.
...con dentro i biglietti per Dressrosa, i nostri cellulari e tutti i soldi di Teach...”
Zoro intuì che doveva essere accaduto qualcosa di particolarmente grave, smise di ridere e la fissò corrucciato.
Mi dispiace Nami-san...”
Zoro sudò freddo.
Nami-san?”
Quella notte, l'urlo animalesco che le uscì spontaneo risuonò a lungo per le strade di Marijoa.








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Capitolo 21
*** Learn to Fly ***







Era passata una settimana dalla partenza di quell'assurdo viaggio alla ricerca del vero amore di Sanji. UNA SETTIMANA! E in una sola settimana avevano già affrontato più guai di quanto tutti e quattro si sarebbero mai sognati!
Certo, poi in un modo o in un altro erano sempre riusciti ad aggirare l'ostacolo, ad arginare le perdite o a mettere una toppa... la parola chiave era quella... aggirare. Di provare a risolvere ormai non ci provavano neanche più. Non era ancora capitato che riuscissero a sistemare in maniera definitiva il problema che gli si presentava davanti. C'era sempre qualcosa che metteva loro i bastoni tra le ruote e Nami era assolutamente certa che non fosse un caso, avere Rufy per fratello era già di per sé una garanzia di fallimento. Potevi decidere di ignorarla, potevi convincerti che non esistesse e non potesse condizionare la tua vita. Potevi perfino andare dall'altra parte del mondo, prendere ogni tipo di precauzione, ma alla fine dovevi aprire gli occhi e renderti conto di stare combattendo una battaglia persa. Non importava cosa tu potessi fare o dove tu andassi... quando voleva colpirti, la sfiga sapeva sempre come trovarti!
Tra tutte le cose che avevo messo in conto ci sarebbero potute capitare questa era senza dubbio l'unica che non avevo programmato!”
Nami si passò una mano sul viso senza smettere di marciare sul marciapiede, aveva bisogno di muoversi e di non incrociare lo sguardo con nessuno. Non aveva più nemmeno le forze per una crisi isterica da manuale, sapeva che li avrebbe direttamente strozzati se si fosse fermata e per evitare a sé stessa i successivi vent'anni di galera non si fermava da più di mezz'ora, ovvero da quando lei e Zoro avevano ritrovato Sanji e Rufy.
Di tutte le più basse e miserabili cose che avevo pensato, questa è senz'altro la peggiore!”
Farsi fregare in quella maniera era persino peggio della storia di Teach e Sanji lo sapeva perfettamente. Da mezz'ora Nami non la smetteva di inveire contro di lui e ovviamente Rufy, a Zoro non pareva vero per una volta essere l'unico estraneo ai fatti. Se ne stava seduto su quella panchina tutto tronfio con un sorriso insolente in viso che Sanji vedeva perfettamente nonostante ormai fosse piena notte e l'unica cosa che illuminava quel tratto di autostrada era il piccolo lampione sopra di loro. Dovette trattenersi dal fiondarsi su di lui per levarglielo dalla faccia. Non sarebbe servito a niente, avevano torto marcio e Nami probabilmente si sarebbe imbufalita ancora di più. Avevano già perso tre ore alla stazione di polizia per denunciare il furto ma erano certi che non avrebbero trovato mai nulla, sicuramente il ladro era già lontano.
Sanji si accucciò meglio nel suo angolino di fianco alla panchina, cercando di divenire un tutt'uno con l'asfalto, vergognandosi per la propria stupidità. Nami gli passò davanti a passo di marcia per la centesima volta bofonchiando parole tra i denti che non afferrò e ne fu contento, prima di arrivare infondo al marciapiede e tornare indietro, senza dare adito di volersi fermare a parlarne. Quasi non avevano potuto spiegarsi, avrebbe voluto chiederle ancora scusa, soprattutto per la sua borsa, ma lei non sembrava dell'idea di concedergli udienza. Almeno aveva afferrato che il danno era per lo più opera di Rufy e Sanji ne era segretamente felice perché aveva già iniziato a pagare il suo debito, mentre a lui era stato concesso di riposarsi.
Nami senti, per quanto ancora devo agitare il cartello?”
Sanji scosse il capo ma nessuno rispose.
Perchè non si è ancora fermato nessuno, forse dovremmo scrivere Dressrosa un po' più grande...”
Silenzio.
Sabo mi ha detto che gli autostoppisti non fanno mai una bella fine...”
Nulla. Rufy tentò di nuovo mentre Zoro gli scoccava un'occhiata ammonitrice.
E poi mi sarebbe venuta anche un po' di fame.”
Nami nemmeno lo guardò, gli passò dietro senza fermarsi e lo appiattì al suolo. Quello bastò a Rufy per capire che non era ancora il momento di chiedere clemenza e che continuare a sgolarsi con le auto di passaggio agitando il cartello per Dressrosa era cosa buona e giusta. Almeno gli avrebbe evitato un altro pugno.
Ma non ci prende nessuno...” mugugnò più a se stesso che a chiunque altro.
Sanji sospirò all'ennesimo passaggio furioso di Nami e all'ultima auto che sfrecciava via ignorando palesemente Rufy e il cartello. Si erano messi lì perché quell'autostrada era l'unica che portava direttamente in Spagna e loro si sarebbero accontentati di raggiungere almeno il confine ma sembrava un'utopia pure quella. Le auto che passavano erano sempre meno man mano che la notte avanzava e non avrebbe scommesso il penny di Izou che qualcuna di queste si sarebbe mai fermata. Guardando com'erano messi, capiva gli automobilisti.
Zoro si schiarì la voce. “Ragazzina dai siediti, consumerai il marciapiede continuando così.” poi allargò il ghigno. “Non vale la pena farsi venire un'ulcera per questi due tonti!”
Sanji l'avrebbe volentieri strozzato ma si trattenne per il rotto della cuffia. Maledetto marimo!
Nami, con suo enorme stupore, sospirò arrabbiata e fermò la marcia proprio davanti alla panchina. Ci si sedette con un tonfo secco mettendosi le mani nei capelli e seppellendocisi.
Sanji avvertì distintamente un laconico 'questa è l'ultima volta che faccio un viaggio con voi.' e dovette trattenersi di nuovo dallo scattare al collo di Zoro che annuiva comprensivo continuando a ripetere quanto fossero stati scemi lui e Rufy. Gliele avrebbe fatte pagare tutte prima o poi.
È tutta una perdita di tempo!” mormorò Nami a nessuno in particolare ma catalizzando l'attenzione di tutti. “Dovremo restare qui fino a che non ci viene un'idea migliore! A quest'ora non ci prende nessuno e, se ci va bene, saranno dei maniaci!”
Sanji deglutì cercando di sembrare incoraggiante. “Non dire così, Nami-san. Vedrai che andrà tutto bene, tra poco qualcuno si fermerà e quando saremo a Dressrosa chiederemo aiuto a Viola!”
Lei gli lanciò un'occhiata assassina attraverso i capelli e Sanji sbiancò, accucciandosi ancora di più nel suo angolino e tentando di diventare invisibile.
Zoro ridacchiò sommessamente guardando distrattamente oltre le spalle di Rufy che continuava indefesso ad agitare il cartello sopra la testa. Si accigliò appena notando i fari di un auto in lontananza che iniziava a rallentare e poi ad inserire la freccia destra.
Per una volta torcigliolo ha ragione...” commentò sbalordito.
Nami e Sanji alzarono la testa di scatto sentendo il familiare motore di un auto fermarsi proprio davanti a loro. Ad occhi sgranati videro il grande finestrino di un camion abbassarsi e un'inquietante -e stranamente familiare- ciuffo blu fuoriuscirne accompagnato dal suo esuberante proprietario. “Serve un suuuper passaggio per Dressrosa, ragazzi??”
Sanji rimase senza parole come tutti tranne Rufy che sorrise entusiasta nel rivederlo.
Franky!!!!”
Nami sorrise a denti stretti, incredula di aver ritrovato il camionista di Elbaf e ancora memore dell'ultima esperienza su quel camion.
Lui parve riconoscerli solo dopo qualche attimo perché sollevò gli occhiali da sole per guardarli meglio e sgranò gli occhi. Occhiali da sole... in piena notte... Sanji inserì immediatamente la cosa nella cartella 'prudenza' e la depositò in un angolino del suo cervello deciso a soffermarcisi sopra più tardi.
Ma siete quelli del Gay Pride!!! È pazzesco!! Che ci fate da queste parti??”
Franky aprì la portiera con un gran sorriso e Rufy non se lo fece ripetere appollaiandosi al suo fianco. “Saltate su fratelli!! Vi porta il Boss a Dressrosa!!”
Sapendo di non potersi permettere di fare la schizzinosa, Nami fece spallucce guardando gli altri due e facendosi sentire solo da loro. “Poteva andarci peggio...”
Zoro e Sanji annuirono.
Franky ondeggiò sul sedile lanciando a tutti occhiate entusiastiche. “Allacciate la cintura! Sarà un viaggio suuuuuper!!”

*

Inghiottì l'ultimo boccone e allontanò il piattino con le briciole della crostata che sua madre aveva preparato quel pomeriggio. L'aveva spazzolata in pochi minuti e la donna lo guardava fin dall'inizio in fervente attesa di giudizio.
Chopper le sorrise soddisfatto. “Questa è senz'altro la migliore!”
Sora Vinsmoke annuì con sollievo. “Per fortuna.” si lasciò sfuggire.
Chopper ridacchiò. “Non ti preoccupare mamma. Vedrai che andrà bene!”
Lei si alzò con un sospiro dal tavolo per avvicinarsi al lavello. “È la prima volta che Niji porta una ragazza a casa, voglio che si senta il più possibile a suo agio.” mormorò distrattamente iniziando a lavare i piatti.
Amerà anche lei i tuoi dolci, proprio come noi!” Chopper le portò i bicchieri, aiutandola a sparecchiare.
La madre gli sorrise riconoscente. “Lo spero!” si pulì le mani su di uno strofinaccio prima di mettersi una mano sul cuore. “Se ce la vuole presentare vuol dire che la cosa è seria! A 25 anni il mio bambino ha finalmente trovato moglie!”
Chopper rise. “Dai mamma, non esagerare! Non ha mai detto che la porta qui perché vuole sposarla!” poi aggiunse con fare cospiratore. “Però Rejiu mi ha detto di non averlo mai visto così preso da una ragazza. Anch'io sono curioso di conoscere Cosette!”
Lei annuì sempre con quell'aria trasognata negli occhi. “Non vedo l'ora che sia domani sera!” Sora scompigliò affettuosamente i capelli biondi di suo figlio più giovane. “Tutti i miei bambini riuniti di nuovo a casa!” poi parve ricordare un particolare e un velo di tristezza le cadde addosso. “Tutti tranne uno...”
Chopper si mosse a disagio sul posto, continuando ad asciugare i bicchieri, fingendo di non aver notato il cambiamento di tono nella madre e sapendo già quello che sarebbe arrivato dopo.
Tesoro, non puoi provare di nuovo a chiedere a Sanji di tornare prima dal campeggio? È via da più di una settimana, avrà delle robe da lavare, sarà stanco, affamato...”
Era lui quello stanco, stufo di non poter dire ai suoi genitori dove si trovasse davvero loro figlio, ma voleva bene a suo fratello, non voleva tradirlo. Chopper deglutì preparandosi a mentire per l'ennesima volta agli occhioni dolci di sua madre che attendevano in ansia la sua risposta.
Te l'ho detto, mamma. Sono in una zona dove i cellulari faticano a prendere...”
Sapeva che era una scusa piuttosto fiacca, ma fino a quel momento era riuscito abbastanza bene a farla passare per buona a tutti i suoi familiari. Non sapeva fino a quando sarebbe riuscito a nascondere il fatto che Sanji aveva abbandonato lo stato da tempo, in cuor suo continuava a sperare che la bugia reggesse fino al suo ritorno.
Sora sembrò ancora più avvilita. “Ma così si perderà la cena e l'annuncio del fidanzamento...”
Chopper roteò gli occhi. “Mamma, ti ho già avvertito di non farti troppe illusioni...”
Lei strinse gli occhi puntandogli l'indice contro con fare minaccioso. “Vedrai se non ho ragione! Tua madre sa sempre tutto, ricordatelo!”
Chopper ridacchiò alla sua espressione evitando di commentarla ad alta voce. Ah, se solo potessi immaginare dov'è Sanji...
Sora mise sui ripiani gli ultimi piatti e si voltò verso di lui sorridente. “Qui ho finito. Ricordati che domattina viene Ichiji a prenderti per andare alla partita e poi dovete passate in fioreria!”
Si, mamma.” rispose subito come se fosse la centesima volta che sentiva quelle parole.
Lei gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla prima di avviarsi verso la porta. Una volta sulla soglia si voltò piano verso di lui che ancora sostava vicino al lavello, immerso nei suoi pensieri.
Lo so che spesso sono troppo apprensiva. Siete grandi e dovrei lasciarvi più spazio ma...” si interruppe mordendosi le labbra indecisa e Chopper la guardò incoraggiante. “...per favore, proveresti un'altra volta a contattare Sanji? Non per la cena, voglio solo essere sicura che stia bene. Non mi sono ancora abituata al pensiero che presto anche lui potrebbe uscire di casa.”
Chopper trattenne l'impulso di abbracciarla, la sua mamma era la donna più dolce che conoscesse e per un attimo fu tentato di dirle tutto ma represse subito quell'idea per lo stesso motivo. Si sarebbe preoccupata molto di più se avesse saputo dove si trovava davvero il suo quartogenito.
Ma questa volta non voleva mentirle. “Si, dopo provo a contattarlo di nuovo.” promise e a sua madre bastò quella rassicurazione per tornare serena.
Gli mandò un bacio raccomandandosi che andasse a letto presto e lo lasciò solo in cucina.
Passò qualche minuto prima che anche Chopper si decidesse a salire in camera sua e ad accendere il computer.
Lo schermo nero si illuminò rimandandogli la propria immagine e andò subito al programma localizzatore che aveva installato per sapere sempre dove si trovasse suo fratello. Secondo i suoi calcoli avrebbero dovuto trovarsi tutti a Marijoa in quel momento.
Mentre attendeva che il satellite si allacciasse ai loro cellulari pensò di mandargli un messaggio solo per chiedergli come stava andando, almeno quello che aveva detto a sua madre non sarebbe stata una bugia, in fin dei conti voleva saperlo davvero anche lui.
Il familiare bip di avvenuta connessione lo fece accigliare. Sullo schermo in prossimità di Marijoa si trovavano effettivamente due puntini luminosi e dalle sigle con cui erano stati registrati capì che si trattava dei cellulari di Nami e Zoro. Quello che lo lasciò perplesso e vagamente preoccupato erano gli altri due puntini rossi, quelli che avrebbero dovuto corrispondere a Rufy e a suo fratello. Non erano fermi, si muovevano distintamente verso est, avevano già passato la Repubblica Ceca e non si fermavano.
Chopper sentì un brivido corrergli lungo la schiena, il gps era affidabile, non poteva sbagliare. O suo fratello improvvisamente aveva deciso di intraprendere un'altra strada e si erano divisi o c'era qualcosa che non quadrava. Pregò che si trattasse solo di un malinteso.
Prese al volo il telefono deciso ad andare a fondo della questione chiamando Nami. L'idea di essere interrogato dalla polizia per coinvolgimento nella sparizione di suo fratello non lo allettava per niente.
Deglutì a vuoto sentendo il cellulare suonare staccato dall'altra parte della cornetta.
Si rese conto all'improvviso che forse la polizia sarebbe stata il male minore.
Spiegarlo a sua madre sarebbe stato molto peggio.

*

Il rumore di una risata la fece uscire dal torpore ma le ci volle lo scossone di una buca sull'asfalto per farle aprire gli occhi. La luce solare filtrava tenue attraverso le fessure della stoffa e Nami provò un incredibile senso di dejavù risvegliarsi con lei. Erano saliti sul camion di Franky un'altra volta.
Batté piano le palpebre sentendo il corpo riprendere coscienza insieme ai suoi ricordi e al dolore della brutta posa rannicchiata in cui era stata costretta per tutta la notte. Cercò di stirare i muscoli doloranti delle braccia ma non ci riuscì perché un peso ingombrante le gravava sulla spalla e le ci volle qualche attimo nel semibuio per capire da cosa fosse causato.
Lo shock di trovare la testa di Zoro dormiente appoggiata su di lei la svegliò del tutto e fu solo per un caso che riuscì a non svegliarlo. Si mosse piano cercando di non cedere all'imbarazzo e di non pensare a quanto tempo fossero rimasti fermi in quella posa o sarebbe morta per autocombustione. Si sfilò dalla sua presa e a malincuore lo spinse con cautela contro una parete. Doveva ammettere che sarebbe volentieri rimasta ancora così se non fosse stato per l'assenza della circolazione sanguigna sul braccio.
Si massaggiò i muscoli indolenziti, timorosa di prendere troppo spazio visto che ancora era a pochi centimetri dal suo lento russare. Nella penombra inquadrò Sanji diametralmente opposto a loro, dormiva ancora sdraiato a pancia in giù su quello che sembrava uno straccio ma dopo aver abituato la vista all'oscurità capì che era una specie di stuoia da campeggio.
Dall'ultima volta che vi avevano dormito, Franky aveva fatto qualche modifica al camion, probabilmente aveva preso come una missione personale dare un passaggio ad ogni autostoppista d'Europa in difficoltà. Attorno a loro, oltre alle casse del suo carico, c'erano coperte, cuscini, materassini e quelli che avevano tutto l'aspetto di essere veri sacchi a pelo. Ricordò che pure la sera precedente li aveva guardati con orrore, decisa a non utilizzare nessuna di quelle comodità non sapendo chi o cosa le avesse usate prima di lei e aveva deciso di accucciarsi nell'unico angolo che pareva allo stesso tempo più comodo e meno sudicio. Non ricordava invece il momento in cui Zoro le si era seduto accanto, probabilmente già dormiva.
Ai suoi piedi notò una coperta abbandonata che non aveva notato prima e che copriva in parte anche lui. Era certa di non averla presa per se stessa e capì in un attimo che doveva avergliela messa Zoro addosso quando le si era avvicinato. Forse alla fine aveva deciso di rimanere nei paraggi. Il cuore le si gonfiò di tenerezza al pensiero che avesse voluto farle compagnia per tutta la notte e lo guardò dormire, consapevole di non stare facendo il proprio bene ma non concedersi quella piccola debolezza era impossibile. Sembrava così innocente. Sarebbe stato così facile avvicinarsi, fare finta di non essersi mai svegliata e ritornare a dormire con lui addosso in quella posa scomoda in mezzo alla polvere. Sarebbe stato così bello strofinare la guancia sul suo petto e respirare il suo profumo. Per un glorioso attimo pensò di farlo davvero ma la risata sguaiata di suo fratello riecheggiò in tutto il cassone, rompendo all'istante ogni sogno ad occhi aperti stesse facendo e purtroppo non fu l'unica a sentirla questa volta.
Zoro saltò su come una molla facendo cadere la coperta dalle sue gambe. Si guardò attorno qualche istante e parve ricordare dove si trovasse, chetandosi di conseguenza e tornando a sedere con una mano che passava sul viso stropicciando gli occhi.
Nami rise per quel risveglio tutt'altro che tranquillo e lui sembrò accorgersi solo in quel momento di averla accanto.
Ciao...” mormorò sorpreso, la voce impastata.
Lei gli sorrise. “Ciao. Dormito bene?”
Non direi. Che cos'era? Quella cosa che mi ha svegliato.”
Nami indicò la postazione di guida oltre la tendina dove si sentivano ancora delle voci concitate. “Rufy che rideva.”
Zoro sbuffò coprendo uno sbadiglio. “Ovviamente...” commentò stanco.
Un fascio di luce li accecò all'improvviso con un rumore di tende tirate e di casse che venivano spostate tutte insieme. L'oscurità nel cassone terminò quando Rufy lo inondò della luce solare che veniva dall'abitacolo.
Siete svegli finalmente!!” esclamò al loro indirizzo battendo le mani. “E Sanji?”
Nami non fece in tempo ad indicarlo che suo fratello gli era già saltato in groppa spezzandogli qualche costola oltre a rompergli il sonno e non si scompose quando il biondo, finalmente sveglio e in forze, cercò di strozzarlo.
Dall'abitacolo Franky si sporse un po' per richiamarli. “Fratelli, ben svegliati! Sono suuuper felice di informarvi che tra un'ora saremo a Dressrosa!!”
Sanji mollò Rufy lasciandolo agonizzante a terra e si avvicinò all'uomo sbalordito. “Veramente? Manca così poco?”
Franky alzò gli occhiali sulla testa guardandolo commosso. “Il fratellino Rufy mi ha detto che ci stai andando per farti perdonare da una ragazza!” gli posò una delle enormi manone sulla spalla. “Vedrai che ce la farai!! Faccio il tifo per te, fratello biondo!!”
Sanji lo ringraziò con un sorrisino. Nonostante tutto era grato per quella incondizionata fiducia che riceveva continuamente ovunque andasse. Quando le persone che incontrava si entusiasmavano per la sua situazione si sentiva curiosamente più motivato e deciso di arrivare fino infondo.
L'ora successiva la passarono chiacchierando e ridendo. Nami aveva lanciato un urlo di gioia quando aveva trovato il suo album da disegno nello zaino.
Ero convinta fosse nella borsa che hanno rubato!!”
Sanji tirò un sospiro di sollievo. Almeno per quello non doveva sentirsi in colpa.
Nami si sistemò vicino al finestrino, felice di aver trovato qualcosa da fare e Zoro si sorprese di nuovo a guardarla disegnare. Gli piaceva l'espressione concentrata che faceva per captare tutti i dettagli, la faceva sembrare più adulta dei suoi 23 anni. Di solito la vedeva copiare paesaggi, ne aveva fatti molti in quella settimana ma se la cavava meravigliosamente anche con i ritratti. Rufy e Franky che chiacchieravano seduti nell'abitacolo le stavano venendo davvero bene. Aveva un vero dono.
Sanji aveva appena finito di cambiarsi sul retro quando Franky annunciò finalmente l'arrivo a Dressrosa. Il biondino si fiondò nell'abitacolo per sincerarsene con i propri occhi mentre Nami e Zoro si guardavano infinitamente sollevati. Erano arrivati, non sembrava vero!
Franky entrò senza problemi in paese e dal camion riuscirono già a capire come quella città fosse diversa dalle precedenti. Passarono per le caratteristiche strade di ciottoli, sfrecciando accanto a case variopinte e vie caotiche, zeppe di turisti e vita. Il mare in lontananza rendeva unica quella bellissima città e il sole splendeva caldo sopra di loro come a dare il suo personale benvenuto. A Sanji non sarebbe potuta capitare giornata più bella per incontrare finalmente l'amore della sua vita.
Puoi lasciarci dove più ti è comodo Franky, grazie mille!”
Quello ghignò saputo. “Fratello Rufy mi ha dato l'indirizzo prima. Vi porto direttamente lì!”
Sanji sgranò gli occhi. “Non è necessario! Hai il tuo lavoro...”
Che assurdità! Hai fatto un viaggio interminabile! Basta aspettare!”
Sanji provò l'impulso di abbracciarlo.
Il camion si fermò dopo qualche minuto in una via secondaria e ne scesero col cuore in gola. Davanti a loro c'era un elegante palazzo giallo, decorato da mosaici e piante ornamentali, tipicamente distintivo di Dressrosa come tutti quelli che lo circondavano. Il numero civico corrispondeva all'ultimo indirizzo conosciuto di Viola Cortes.
Sanji deglutì piano guardando il palazzo dal basso, il cuore che batteva incessante nel petto. Era davvero lì, a due passi da lei. Ancora non ci credeva.
Franky li aiutò con gli zaini e mollò a Zoro -il più vicino- una poderosa pacca sulla spalla. “Come vi avevo promesso, eccoci qui!”
Sei un mito, Boss! Grazie!” Rufy si lasciò stritolare da quelle braccia enormi. “Il numero te l'ho dato, sentiamoci ok?”
Franky si rimise gli occhiali da sole regalando grandi sorrisi a tutti e una pacca frantuma-ossa a Sanji. “Auguri ragazzo. Vedrai che andrà tutto bene con la fanciulla!”
Sanji annuì nervoso, non si sentiva più i muscoli della faccia e, per colpa di Franky, ora nemmeno quelli delle spalle.
Ci vediamo, fratelli! Buon fortuna!”
Il camion sgommò via con un potente colpo di clacson come da suo marchio e Nami lo guardò allontanarsi strombazzante prima di girarsi verso suo fratello con un sopracciglio alzato. “Vi siete scambiati i numeri di telefono?”
Rufy sorrise raggiante. “Già!”
Ma che te ne fai del numero di un camionista europeo?”
Lui alzò le spalle noncurante. “Mi sta simpatico!”
Nami alzò gli occhi al cielo preferendo soprassedere come al solito. Si orientò verso l'amico biondo invece che sembrava essere caduto in una crisi di nervi alla vista dei citofoni.
E se non vuole vedermi? E se davvero mi odia? E se non mi lascia parlare? E se mi manda via??” Sanji si mise le mani nei capelli. “Che cosa faccio?? Che cosa faccio??”
Nami e Rufy affiancarono Zoro che già si stava esasperando per quell'ennesima dimostrazione di virilità mancata.
Non lo saprai mai se non ci provi...” grugnì incrociando le braccia.
Siamo venuti fin qui, sarebbe assurdo non farlo...” gli diede man forte Nami con un sorriso.
Ma si! E poi anche se dovesse andar male puoi sempre farti qualcuna nel viaggio di ritorno!” commentò sereno Rufy mettendosi un dito nel naso.
Zoro e Nami lo guardarono allibiti e vagamente schifati e non fecero nulla quando il calcio di Sanji gli sfondò il cranio.
Imbecille!” respirò lui affannato. “Sono solo un po' nervoso! Ne abbiamo passate così tante e adesso che ci sono...” lasciò cadere il seguito, tanto lo avevano intuito tutti. Non capitava spesso di vederlo così agitato. Se fosse andata male stavolta non avrebbe avuto un'altra occasione e nonostante tutto capivano la sua ansia.
Nami cercò di suonare tranquillizzante. “Magari se vai da solo sarà più ben disposta! Noi possiamo aspettarti giù!”
Un verso lamentoso si alzò dall'asfalto. “Che cosa?” mugugnò Rufy sollevando la testa. “No! Non ho fatto tutta questa strada per non vedere come va a finire!!”
Infatti tu dovresti essere a casa adesso...” commentò piccata Nami incrociando le braccia.
Sanji sospirò passandosi una mano sulla nuca. “No, ha ragione. Avete affrontato tutto con me. Dovete esserci, sia che vada, sia che non vada...”
Zoro ghignò. “E allora che aspetti?”
Andiamo!” Nami gli sorrise incoraggiante.
Sanji li guardò sereno, sentendosi comunque fortunato per avere degli amici così.
Rivolse l'attenzione al citofono e inquadrò subito il nome di Viola. Sapeva che doveva affrontarla, anche se avrebbe potuto soffrirne era sempre meglio che restare nel limbo del dubbio.
Si fece coraggio e premette deciso il bottone. Ora non avrebbe più potuto tornare indietro.
Tutti si misero in attesa in silenzio e per qualche attimo non accadde nulla tanto che Sanji cominciò a chiedersi se non fosse uscita di casa. Era da poco passata l'ora di pranzo, sperava di trovarla ma forse aveva sbagliato i suoi calcoli. Avrebbe dovuto aspettarla, lui lo avrebbe fatto senza dubbio, ma non voleva obbligare anche gli altri a quell'attesa. Che fare?
Il panico immotivato scemò all'istante quando sentì l'inconfondibile click di un apparecchio che veniva sollevato e una melodiosa voce di donna che risuonò nell'interfono.
Chi è?”
A Sanji andò in pappa il cervello. Si diede dell'idiota perché non aveva messo in conto che prima avrebbe dovuto spiegare chi era per poter salire e parlarle.
Io... io...”
Era fregato!
Si? Chi parla?”
Nami gli tirò una gomitata incitandolo a dire qualcosa prima di perdere l'occasione.
I-io... p-parlo con Viola?” chiese titubante.
No, non sono Viola.” una piccola pausa “Posso sapere chi la cerca?”
M-mi chiamo Sanji. Avrei bisogno di parlare con Viola, per favore...”
...hai detto Sanji?” la voce gli sembrò stupita ma non poteva esserne sicuro.
Si, Sanji Vinsmoke.” rispose per abitudine.
Nessuno parlò più dall'altra parte del citofono per diversi secondi e Sanji iniziò ad avere i primi segni di cedimento. L'ansia gli aveva prosciugato tutte le energie, faticava persino a stare in piedi.
Signora...?” Non poteva aver messo giù, la sentiva respirare attraverso l'apparecchio.
Dopo un tempo che parve infinito finalmente la voce parlò. “Quinto piano, appartamento C.”
Non capendo esattamente come avesse fatto Sanji guardò gli altri trovandoli con il suo stesso sconcerto stampato in faccia.
Salirono le scale di fretta e con poco arrivarono al quinto piano. L'appartamento che cercavano era esattamente davanti alla scala e sulla soglia li attendeva fiera una donna bellissima. Senza dubbio era sua la voce nell'interfono.
Sanji la vide per primo e notò subito che non era Viola. Si chiese se non fosse una sua parente, anche lei aveva lunghi capelli neri e un viso angelico, ma dimostrava qualche anno di più e li aspettava poggiata allo stipite con le braccia conserte e un sopracciglio curioso curvato verso l'alto.
Quindi tu sei Sanji, l'amico di penna di Viola...” mormorò saputa, come sfidandolo a contraddirla.
Tutti si fermarono nell'androne col fiato sospeso. Era una domanda?
Nami e Zoro squadrarono tesi il loro amico, non sapendo esattamente come comportarsi in quella situazione. Rufy, al contrario, sembrava congelato, assurdamente immobile sull'ultimo scalino.
Sanji avanzò incerto di un passo. “Sono io.” Aveva la spiacevole sensazione di essere sotto esame e non aveva la minima idea di come fare per superarlo.
Si aspettava di vedere del disgusto o peggio sul suo viso, invece gli sorrise teneramente e lui lo colse come un incoraggiamento. “Potrei parlare con Viola, per favore?”
Inaspettatamente lei rise. “No, mi dispiace.” comunicò tranquilla, senza perdere il sorriso.
A Sanji il cuore sprofondò nello stomaco. “Non vuole vedermi, vero?”
Di nuovo, la sconosciuta rise, dolce e diabolica. Non capiva se lo stava prendendo in giro, non riusciva ad interpretare le espressioni facciali di quella donna.
Non si tratta di questo, è che l'hai mancata. Viola è partita per le vacanze qualche giorno fa.”
Lo sconcerto arrivò dopo qualche attimo di malcelata elaborazione e gli arrivò addosso pesante come una vagonata di mattoni sul capo.
Sentì Zoro sospirare pesantemente due passi dietro di lui e Nami crollare a peso morto sui gradini, piagnucolando con la testa tra le mani. “Questo viaggio non finirà mai...”
Co-come è possibile che... m-ma io sono partito che... lei... io...”
Non riusciva a mettere in fila una frase, il cervello non rispondeva più.
La donna lo fissava corrucciata, forse cercava di dare un senso a quello sproloquio e Sanji ci riprovò.
Sono partito una settimana fa, ho letteralmente girato l'Europa per arrivare qui e... e lei...”
Dire che era sconvolto era troppo poco. Svuotato, era quella la parola giusta. Ogni emozione gli era stata estirpata via con ferocia.
La donna arcuò appena le sopracciglia in quella che doveva essere sorpresa. “Ci hai messo così tanto ad arrivare qui? Deve essere stato un viaggio impegnativo...”
Sanji abbassò sofferente le braccia e scoccò un'occhiata agli altri, sulle loro facce vedeva la stessa stanchezza che intuiva dovesse trasparire da lui. “Non puoi immaginare quanto...”
Lei sorrise ancora e Rufy si mosse irrequieto sul posto. Zoro gli lanciò uno sguardo strano.
Sono una maleducata! Si vede che siete stanchi, perché non entrate? Vi offro qualcosa, è il minimo!”
Sanji annuì esausto, incapace di rifiutare per cortesia. Avevano tutti bisogno di fermarsi per un attimo. “Ti ringrazio... ehm... signorina..?”
Con un sorriso malizioso la donna si spostò di lato. “Oh, sono la coinquilina di Viola. Mi chiamo Nico Robin, ma potete chiamarmi Robin.”








Angolo Autore:
Salve!
Piccolo appunto... per forza di cose qui i fratelli Vinsmoke non sono gemelli. Più o meno hanno un paio d'anni di differenza l'uno dall'altro e i tre più grandi vivono per conto proprio. La linea di successione è però la stessa, ovvero Reiju è la più grande, poi c'è Ichiji, Niji, Sanji, Yonji, per finire Chopper che è l'ultimo in questo universo (e tecnicamente ha 16-17 anni). Siccome non l'avevo mai specificato, volevo solo rassicurare che non era un errore di distrazione!
Colgo di nuovo l'occasione per ringraziare tutti quelli che passano di qui e inseriscono la storia nelle varie categorie o la recensiscono! Vi adoro, non sapete quanto mi spronate! E scusate sempre per i lunghi tempi di attesa, sto cercando di fare il possibile!
Grazie, mille grazie davvero!
Al prossimo capitolo!
Momo



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Capitolo 22
*** Another Sunrise ***





Che cosa significa che non ci dirai dove si trova Viola??”

Esattamente quello che sembra. Non ho intenzione di dirvelo.”
Nami si alzò in piedi nell'impeto della rabbia. “Ma non è giusto!”
Robin rimase seduta sorseggiando il suo caffè e guardandola dal basso con aria critica. “Non è un mio problema.”
La rossa strinse i pugni irritata, incurante di sembrare una pazza, ricevendo la stessa moneta dalla padrona di casa che non mollava.
Erano a casa di Viola Cortez da nemmeno un'ora e quella donna diabolica, che rispondeva al nome di Nico Robin -coinquilina della suddetta fiamma di Sanji-, si intestardiva a non voler dar loro l'unica informazione di cui avevano bisogno per poter sistemare una volta per tutte le cose e far finire quel dannato viaggio!
Robin li aveva accolti in casa offrendo il pranzo e avevano chiacchierato del più e del meno per tutto il tempo aggirando la questione ma, per quanto riguardava Nami, aspettando solo il momento migliore per chiedere. Era arrivato appena dopo pranzo quando li aveva portati in salotto per servire il caffè e la risposta della mora non si era fatta attendere.
Con la flemma che ormai avevano capito la contraddistingueva, Robin aveva detto chiaro e tondo che non aveva intenzione di aiutare Sanji con la ricerca di Viola.
Nami era stata l'unica a cercare di intavolare una conversazione normale. Zoro si era addormentato sul divano dopo nemmeno mezzo minuto che c'aveva poggiato le chiappe e durante il pranzo aveva appena sollevato la testa dal piatto, tremendamente affamato. Sanji se ne stava immobile seduto sul divano tra lei e Zoro e sembrava che ancora dovesse riprendersi dallo shock di non aver trovato Viola, per tutto il tempo aveva risposto a monosillabi e aveva fissato spesso il vuoto come se avesse potuto dare soluzione alle sue domande più della donna enigmatica che gli stava davanti.
Nonostante la situazione vertesse verso altri interrogativi, Nami si era stupita nel notare lo strano comportamento del fratello. A differenza degli altri due, l'atteggiamento di Rufy era stato a dir poco assurdo. Si era strafogato come al solito -su quello non s'erano stupiti- ma l'aveva fatto usando forchetta e coltello e, cosa più inquietante, senza mai aprire bocca né levare gli occhi di dosso a Robin, tanto che Nami si era chiesta perché non gli chiedesse di smetterla. Per tutto il tempo l'aveva guardata come un rapace che studia la preda e Nami era certa che nella sua testa la congettura fosse esattamente quella, solo che stavolta la donna che Rufy aveva -romanticamente parlando s'intende- deciso di portarsi a letto non pareva cadere preda del suo fascino così in fretta e per loro era una manna dal cielo visto che Robin era l'unica a sapere dove accidenti fosse finita Viola e serviva a tutti che fosse nel pieno delle sue facoltà!
Su Zoro e Rufy non avrebbe scommesso ma Nami aveva sperato che almeno Sanji avrebbe tentato un approccio e quando aveva preso atto che da lui non sarebbe arrivato nulla, aveva preso in mano la situazione ed ora si dannava di nuovo l'anima per l'ennesima volta per essersi lasciata convincere a partire con loro. Perché la vita era così ingiusta? Non poteva andargliene bene almeno una ogni tanto?
Robin si versò tranquilla un'altra tazza di caffè intingendo un biscottino al burro e Nami perse definitivamente la pazienza. La squadrò seria tornando seduta ma lanciando saette dagli occhi. “Devi dirci almeno perché! Sanji merita di saperlo!”
Robin accavallò le lunghe gambe prendendo un altro biscotto. “In realtà no.” commentò pratica. “Non è stato forse lui a scatenare tutto? L'ha offesa senza darle modo di spiegarsi, quindi mi perdonerà se ora io ho delle riserve a dirvi dove si trova la mia amica!”
Nami si morse una guancia irrequieta e Sanji deglutì piano al suo fianco. Purtroppo Robin non aveva tutti i torti e dovevano riconoscerlo.
Se non avevi intenzione di dirci dov'era perché ci hai fatto salire?”
La mora sorrise eterea. “Volevo vedere che tipo era il famoso Sanji di cui Viola mi parla da quasi tre anni.” gli lanciò un'occhiata da sopra la tazza fumante parlando solo a lui. “Viola ha sempre parlato di te in maniera meravigliosa e c'è rimasta davvero male quando l'hai trattata così!”
Per la prima volta Sanji la guardò negli occhi e si sentì morire. Ora leggeva davvero del risentimento su quel viso aristocratico e sapeva di meritarlo.
Stava addirittura pensando di venire da te per le vacanza estive.” Robin spinse maggiormente il coltello nella piaga e Sanji sentì il battito accelerare in maniera vertiginosa. Si sentiva un mostro.
Voleva farti una sorpresa... voleva finalmente conoscerti!” la donna continuava indefessa ad accusarlo senza perdere il tono morbido e composto ed ogni parola gli penetrava nel cervello come un ago. Avrebbe fatto meno male se gli avesse urlato contro.
Dopo il tuo messaggio ha deciso di partire con due cugini, soprattutto perché voleva provare a dimenticare te!” Robin poggiò la tazza e indurì lo sguardo. “Capisci quindi perché non voglio dirti dove si trova? Ha già sofferto abbastanza. Ieri l'ho sentita e sta meglio, non voglio che ritorni triste e sarà inevitabile se ti vede!”
Nami alzò le braccia esasperata. “Ma Sanji non vuole questo! È venuto fin qui per riconquistarla!”
Robin strinse gli occhi, restia a cedere. “Oh, andiamo. Pensare che Viola fosse un uomo è una scusa veramente ridicola!”
Nami si incupì. “È stato un equivoco!”
Nami-san, grazie ma basta così.”
Zoro si agitò nel sonno e Rufy pareva incurante di ogni cosa gli accadesse intorno, gli occhi costantemente puntati in un'unica direzione. Nami e Robin si voltarono di scatto.
Sanji si era alzato lentamente dal divano e sembrava solo l'ombra del ragazzo che era stato fino ad un'ora prima. “Robin, grazie per il pranzo. Non volevamo invaderti casa, sei stata fin troppo gentile. Sono felice di sapere che Viola sta meglio.” la voce gli si incrinò. “Se lo merita, è una ragazza meravigliosa. E ora direi che è il momento di togliere il disturbo.”
Senza fiatare, Nami e Robin lo guardarono svegliare Zoro e afferrare Rufy per la collottola portandolo con sé fino alla porta.
Nami sospirò controvoglia salutando la padrona di casa con un cenno e Zoro biascicò un grazie assonnato seguendola. Robin non si alzò mai per accompagnarli ma non smise di osservarli fino a quando non sparirono chiudendosi la porta alle spalle.
Una volta in strada, Sanji lasciò andare Rufy che cadde a peso morto sul marciapiede senza nemmeno lamentarsi. Si accese una sigaretta e si allontanò dagli altri proseguendo verso la fine della via. Non aveva più detto neanche una parola.
Nami fece per seguirlo ma Zoro la fermò. “Faccio io...” mormorò serio passandole accanto.
Lei lo guardò sconsolata incrociando le braccia e sedendosi accanto al fratello.
Le cose non avrebbero potuto andare peggio. Viola non c'era, Sanji aveva il morale sotto le scarpe e loro non avevano il becco di un quattrino. Non sapeva proprio cosa fare questa volta.
Sbuffò scontenta guardando il fratello con la coda dell'occhio. Era stato stranamente silenzioso per quasi due ore e la cosa all'inizio l'aveva preoccupata, ma l'occhio vitreo costantemente puntato verso il quinto piano era una conferma che i suoi sospetti come al solito erano fondati. Preferì non soffermarsi troppo su che cosa fosse in atto nella testa di Rufy e cercò di concentrarsi sul risolvere il loro problema più spinoso al momento, ovvero la mancanza di soldi.
Sanji e Zoro non erano più in vista e si sentì riconoscente verso il verde per essersi preso la patata bollente. Magari con lui Sanji si sarebbe aperto. Nonostante avesse un modo contorto di confortare il prossimo, si fidava di Zoro. In qualche maniera avrebbe risollevato il morale al suo amico.

*

Tu sei davvero un imbecille!”
Poggiato ad una ringhiera con i gomiti, Sanji sbuffò una nuvoletta di fumo sentendo la granitica presenza di Zoro sostare in piedi dietro di lui.
Posso stare a leccarmi le ferite da solo, per una volta?”
L'altro incrociò le braccia con un sopracciglio alzato. “Vuoi scherzare? Dopo quella scena patetica pensavi che non ti avrei detto niente?”
Sanji si voltò a guardarlo, stupito. “Ma se dormivi!”
Non cambiare discorso.”
Si squadrarono torvi per qualche attimo, poi Sanji sospirò voltandosi di nuovo e dandogli le spalle.
Lasciami stare e basta.”
Zoro digrignò i denti, gli occhi puntati sull'asfalto. “Sarebbe la cosa più facile. Lasciarti stare, intendo.”
Sanji non fiatò e Zoro mandò giù il boccone amaro. “Sarebbe facile e sai perfettamente quanto odio interferire! Ma non posso davvero star zitto stavolta!”
Il biondo non si voltava, continuava a fumare e Zoro strinse i pugni incupito. “Sei un imbecille! Sei arrivato a pochissimo dal sapere e ti sei arreso! Non hai minimamente lottato! Che diavolo ti è preso?”
Robin è stata chiara...”
Robin non ti conosce, va bene? Io si!”
Zoro...”
No, Zoro un accidenti!” fece due passi e gli si piantò accanto squadrandolo torvo. “Lo ammetto quando siamo partiti non credevo davvero che l'avremmo trovata, né che tu potessi farti perdonare o che sareste vissuti felici e contenti per sempre! Pensavo solo che ci saremmo divertiti prima della laurea.” Zoro si passò una mano tra i capelli cercando le parole per continuare, pareva esausto solo per quel piccolo sfogo che decisamente non era da lui. “È vero che sono stato io ad insistere per fare questo viaggio, lo pensavo un buon modo per allontanarmi da casa e fare un'esperienza. Tu all'inizio non ne eri convinto ma ti sei deciso solo per la possibilità di trovarla e -Santo Dio- ho visto cosa sei disposto a fare per quella ragazza!”
Sanji lo guardò arcuando le sopracciglia, sorpreso oltre ogni limite.
Zoro lo fissò dritto negli occhi mostrando quel suo lato minaccioso che da sempre precedeva la scazzottata. “L'unico ostacolo che si frappone tra te e lei è quella donna! Quindi piantala di fare il coglione e vai a far vedere a Nico Robin quello che hai dimostrato a noi per tutta la settimana!”
Un leggero venticello si alzò a muovere le fronde degli alberi e il fruscio delle foglie fu l'unica cosa che si sentì per parecchi secondi.
Zoro digrignò i denti, sul limite di perdere la pazienza e tirargli un cazzotto su quella faccia da sberle. Doveva darsi una svegliata, diavolo! Perché non si muoveva? Che altro doveva dire per fargli alzare le chiappe??
Sanji non smetteva di fissarlo, sconvolto per lo più e non se ne sentiva affatto lusingato. Con la sigaretta che non smetteva di bruciare nella sua mano e disperdeva quell'odore nauseabondo di nicotina nell'aria.
Quando sentì che la pazienza era ormai arrivata ben oltre il limite e il pugno si stava già formando sulle nocche, Sanji scoppiò a ridere.
Zoro sgranò gli occhi così tanto che pensò per un attimo che gli sarebbero usciti dalle orbite. Che cosa diamine c'era da ridere??
Sanji si teneva la pancia con la mano libera e con l'altra cercava di fargli segno di aspettare tra una risata e l'altra. Zoro non capiva.
Oddio, marimo.” mormorò Sanji ridendo e spegnendo la sigaretta sotto il tacco. “Oddio...”
Cosa??” ringhiò Zoro allargando le braccia.
Il biondo sorrise e si passò una mano sul viso. “Hai ragione!”
Zoro batté gli occhi allontanandosi di un passo. “Beh, si ovvio...” mormorò incerto.
Sanji annuì, incredulo quanto lui, ma con un'espressione decisamente più energica. “Grazie!” esclamò semplicemente dandogli un'amichevole pacca sulla spalla.
Ehm... prego...” Zoro lo guardò tornare indietro, verso il palazzo di Viola e non riuscì a trattenere un piccolo sospiro di soddisfazione. Se lo sarebbe portato nella tomba.
Lo ritrovò già sotto al palazzo ad informare Nami e Rufy che tornava da quella donna a farsi valere.
A quelle parole Rufy saltò su come una molla, ritornando sé stesso per la prima volta da quando avevano lasciato Franky. “È un'ottima idea! Vengo anch'io!”
Nami scosse la testa. “Stavolta sarebbe meglio se noi restassimo giù, Rufy.”
Ma lui pestò i piedi. “Non ci penso neanche! Rimanete giù voi! A Sanji non interessa, giusto?”
Quello fece spallucce. “Vieni pure se vuoi.”
Rufy guardò raggiante la sorella. “Visto?”
Lei fece una smorfia alzando un sopracciglio. “Non mettergli i bastoni tra le ruote.” lo avvertì sottovoce.
Sanji si avvicinò di nuovo ai citofoni, ma stavolta con l'intenzione di non cedere davanti a nulla. Premette il bottone e aspettò di sentire quella ormai familiare voce di donna.
Si?”
Non si era preparato alcun discorso, nemmeno un accenno, avrebbe parlato a getto, d'impulso e l'impulso gli diceva di farle capire subito che cosa voleva, senza girarci attorno. Era praticamente certo di dover far sentire le proprie ragioni già al citofono o Robin non l'avrebbe fatto salire ed era pronto a lottare!
Sono Sanji!” proclamò deciso. “So che me ne sono andato ma-” Non finì la frase, si interruppe all'improvviso per lo stupore sentendola ridere attraverso l'interfono.
Lo sapevo...” commentò la voce di Robin allegra e Sanji batté gli occhi, confuso.
Sali, la strada la conosci.”
Gli altri lo guardarono alzando le spalle, ignari come lui ma incitandolo ad entrare.
Rufy lo precedette mettendosi a correre per gli scalini tanto che Sanji faticò a stargli dietro. Arrivati al quinto piano trovarono nuovamente Robin sullo stipite ad attenderli. Rufy si bloccò sull'ultimo scalino con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Lei fece cenno di entrare sorridendo e loro non se lo fecero ripetere due volte.
Sanji puntò dritto al salotto, dove lei stava finendo di bere il suo caffè, deciso come non mai a farsi sentire. Guardò quella donna bellissima che attendeva serena la sua filippica seduta in poltrona, sapendo bene che tutto sarebbe dipeso da come si sarebbe giocato i prossimi minuti ed aprì la bocca per parlare ma Robin fu più veloce.
Sei tornato per dirmi quanto sei innamorato di Viola, vero?” chiese calma.
Io... si...” mormorò titubante, preso in contropiede.
Aha... e che ti dispiace per l'equivoco e che sei disposto a fare tutto il possibile per rimediare?”
Sanji sentì il cuore accelerare e strinse i pugni. “Tutto.” confermò serio.
Non sapeva dove volesse andare a parare quella donna ma non si sarebbe lasciato distrarre.
Lei annuì assorta mescolando il suo caffè, apparentemente a suo agio in quella situazione assurda, senza fare troppo caso all'avvoltoio che le girava attorno famelico che rispondeva solitamente al nome di Rufy. Sanji gli lanciò un'occhiata di ammonimento. Se avesse fatto un passo verso di lei prima di aver ottenuto le informazioni che gli servivano lo avrebbe castrato lì sul posto. Fortunatamente Robin pareva essere immune al proverbiale fascino del suo amico e di questo ne fu segretamente soddisfatto.
Robin, sono innamorato di lei. Ti prego, devo dirglielo, devo sapere dov'è!”
La mora si poggiò allo schienale, osservandolo. “D'accordo.” esclamò tranquilla.
Sanji boccheggiò. “Da-davvero?”
Si, te lo dirò.”
Lui sorrise entusiasta, pensava che ci avrebbe messo molto di più! “Grazie!”
Robin fece un sorrisetto nascondendolo dietro alla tazza. “Lo faccio per lei. Perché volevo vedere fino a che punto saresti arrivato. Se eri il genere di persona che si arrendeva così facilmente non l'avresti mai meritata.”
Sanji raddrizzò la schiena. “Non ho intenzione di lasciarmela scappare.”
Lei annuì. “Mi fa piacere sentirlo perché ti dirò dov'è ad una sola condizione.” strinse gli occhi. “Che tu non la faccia soffrire mai più.”
Te lo posso giurare.” sussurrò altrettanto serio.
Viola ha un bel caratterino, dovrai giocare bene le tue carte o rischi di finire pestato prima ancora di finire la frase.” Robin si aprì in un vero sorriso. “E poi voglio che mi mandiate una foto quando tutto sarà sistemato così saprò che è andata bene.”
Sanji annuì sollevato.
Ma perché aspettare?”
Robin e Sanji si voltarono. Rufy le si era accucciato accanto e la guardava fisso.
Vieni con noi!” le chiese serio, ricevendo in risposta un elegante sopracciglio alzato.
Il biondo alzò gli occhi al cielo. “Rufy ma ti sembrano richieste da fare?”
Avrebbero saputo dov'era Viola, era troppo sperare che sarebbero riusciti ad uscire da là senza drammi ulteriori?
Perché no?” chiese di nuovo lui senza staccare gli occhi da Robin. “Se Viola la vede con noi potrebbe essere più ben disposta a concederti una chance.”
In effetti quel discorso non suonava poi così bislacco ma non si sarebbe mai sognato di chiederglielo, men che meno in quel modo così diretto! Robin di sicuro non era il genere di donna che partiva così a casaccio con dei perfetti estranei! Certo, doveva ammettere che non era un'idea stupida... vedendola con loro Viola non avrebbe avuto tentennamenti...
Rufy non le staccava gli occhi di dosso, convinto, assolutamente sicuro e lei restituiva quell'occhiata con una tale intensità che per un istante Sanji si sentì quasi di troppo. Forse aveva giudicato male le intenzioni di Rufy. Forse non voleva farla cadere ai suoi piedi.
Dopo attimi che sembrarono durare una vita, Robin batté le lunghe ciglia. “Si.” rispose semplicemente.
E Sanji si rese conto che, dopo tante sfighe, forse lassù qualcuno che l'amava c'era ancora.

*

Staccò per l'ennesima volta gli occhi dal campanile che stava disegnando per cercarlo tra la folla. Era ancora dove l'aveva lasciato e nascose il crescente rossore dietro al foglio sperando di non essere stata notata. Cercò di tornare al suo lavoro, provò a concentrarsi su quel benedetto campanile ma gli occhi tornavano inflessibili su di lui senza riuscire a fermarli.
Diede una generosa sorsata dalla bottiglietta, cercando un po' di refrigerio dal caldo sole pomeridiano di Dressrosa che batteva sopra le loro teste. Era tutta la colpa sua se ora lei rischiava l'infarto ogni volta che si azzardava a posare gli occhi sulla figura di Zoro.
Stargli vicino negli ultimi giorni era stato un continuo susseguirsi di sali e scendi emozionali ed ormai sembrava un'adolescente in piena crisi ormonale ogni volta che lui la guardava o le sorrideva, figuriamoci che colpo era stato per le sue coronarie quando l'aveva visto levarsi la maglietta e raggiungere dei bambini che giocavano a basket in mezzo alla piccola piazza sotto il palazzo di Viola.
Aveva rischiato di farla svenire di nuovo sui gradini in mezzo a tutti quando l'aveva visto a petto nudo sudare sotto il sole. Nami sperava tanto che nessuno si fosse accorto di come lo aveva guardato famelica. Come poteva riuscire a fare l'amica se si mostrava in quel modo??
Erano rimasti soli dopo che Sanji e Rufy erano saliti da Robin e Nami era intimamente felice che Zoro avesse trovato come occupare il suo tempo. Come al solito non sapeva come comportarsi con lui nei paraggi, ma stava migliorando, per lo meno riusciva a pronunciare un discorso completo senza balbettare.
Lanciò un'occhiata al quinto piano. Sperava di ricevere buone notizie...
Tornò al suo campanile dopo essersi rinfrescata anche il viso. Era all'ombra ma la presenza di Zoro a pochi metri che giocava a basket senza maglietta la stava facendo andare a fuoco minuto dopo minuto. Prese a tracciare le linee armoniose del mosaico sotto l'orologio e si sentì soddisfatta per il lavoro una volta concluso.
Un urlo risuonò nella piazza e strinse istintivamente il foglio. Andò rapida alla fonte trovandola in un bambino di otto anni che piangeva per un ginocchio sbucciato, Zoro gli era già accanto che provava a consolarlo. Era comico, grande e grosso non sapeva come comportarsi in una situazione come quella ma aveva abbastanza sale in zucca da capire come poteva risolverla. Lo vide bagnare il suo fazzoletto alla fontanella e metterglielo sulla ferita. Al bambino bastò quello per sorridergli ammirato, i lacrimoni che si asciugavano per le pacche incoraggianti che Zoro gli lasciava su una spalla.
Nami sorrise a quella scena. Per certi versi stava facendo lo stesso con lei... la stava guarendo a piccole dosi e si mostrava per com'era veramente, un ragazzo buono, finalmente anche con lei.
Si stupì a considerare che le sarebbe piaciuto vederlo diventare papà, un giorno.
Non ci credo... Nami?”
Stava ancora sorridendo come un'idiota per la scena di Zoro col bambino quando avvertì un familiare formicolio alla nuca e si voltò verso quella voce. Un battito di ciglia e l'aveva riconosciuto. Il sorriso le si congelò.
Law?” mormorò incredula.
Il ragazzo moro con cui si era scontrata in quella stazione belga le era accanto, sbigottito quanto doveva sembrare lei per essersela trovata davanti.
Che ci fai da queste parti?”
Una domanda di routine semplicissima accompagnata a quel sorriso da capogiro che aveva già avuto modo di divinizzare e in un attimo la sua mente andò in corto circuito al ricordo dell'effetto che le aveva fatto la prima volta.
Ehm... aspetto... amici.” sussurrò Nami arrossendo furiosamente.
Dio, era ancora bellissimo come se lo ricordava mentre lei era sudata e non faceva una doccia dalla mattina precedente. Non voleva nemmeno sapere in che stato fossero i suoi capelli!
Lui allargò le labbra trasformando il sorriso in un vero e proprio ghigno seducente che rischiò di farle perdere la presa sull'albo. Lui lo prese al volo prima che cadesse, imbarazzandola anche di più. Sembrava assolutamente consapevole di farle quell'effetto e la cosa non pareva dispiacergli. Se n'era accorta già la prima volta, era il genere d'uomo abituato a vedersi cadere ai piedi qualsiasi donna.
Tu che co-cosa ci fai qui?”
Lavoro.” commentò lui asciutto. “Che razza di coincidenza...”
Eh già...”
Era veramente pazzesco averlo incontrarlo così.
Sono tuoi questi?”
Law teneva ancora in mano il suo albo e lo esaminava interessato. Lei annuì distrattamente.
Posso?” chiese e di nuovo Nami annuì.
Law prese a sfogliarlo e lei ne approfittò per maledirsi. Prima che arrivasse lui era già quasi liquefatta per il caldo e per la vista dei pettorali di Zoro, ci mancava solo...
Sgranò gli occhi. Oddio, Zoro!
Gli lanciò un'occhiata furtiva. Giocava ancora con i bambini, non si era accorto di Law e quasi se ne dispiacque.
Sei davvero brava...”
Nami si voltò verso Law. “Non mi capita spesso di vedere opere del genere...” parlava dei suoi disegni e li guardava rapito. All'improvviso non sembrava più il marpione incontrato in quella stazione, quello che le aveva fatto gli occhi dolci per tutto il tempo.
Grazie...” rispose con un sopracciglio alzato. Non pensava che fosse il tipo che apprezzava quel genere di cose, ma non poteva stupirsene, infondo nemmeno lo conosceva.
Questi archi... le sfumature sono state fatte a regola d'arte e il tratto a carboncino poi...”
Nami arrossì. Sapeva che le riproduzioni architettoniche erano il suo punto forte ma non aveva mai sentito nessuno parlarne con tanta ammirazione, nemmeno i suoi professori. Law non levava gli occhi dai suoi disegni e non smetteva di lodarli, era difficile pensare che lo facesse solo per rimorchiarla. Divenne ancora più rossa a quel pensiero e sperò che Law lo scambiasse per caldo e non per imbarazzo.
Credo che tu abbia un dono non indifferente...”
Nami lo guardò incuriosita. No, decisamente non sembrava volesse rimorchiarla, era davvero interessato ai disegni e la delusione nemmeno la sfiorò, troppo concentrata a capire il motivo di quello strano interesse.
Law alzò determinato lo sguardo su di lei, tenendo l'albo come fosse una reliquia. “Potrei avere una proposta per te, se ti interessa.” mormorò posandole una mano sulla spalla ed avvicinandosi.
Se non aveva mai notato prima il suo rossore non diede adito di averlo visto nemmeno stavolta, purtroppo qualcun altro si.
Qualcuno che aveva smesso di giocare con i bambini giusto in tempo per vederla andare a fuoco per le avance nemmeno troppo velate di un imbecille a caso che sembrava spuntato dal nulla!
Zoro si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto, stringendo gli occhi per proteggerli dal sole.
Chi diavolo era quel tizio con Nami? Da dove era uscito?
Alto, moro, con un pizzetto ridicolo sul mento e l'ombra di un sorriso che voleva sembrare seducente che gli aleggiava in faccia. Teneva l'albo di Nami in mano e le parlava affascinato, doveva averla presa di sorpresa mentre disegnava e la stava usando come scusa per l'approccio. Non ci voleva un genio per capire che quello era un tentativo di rimorchio e neanche troppo articolato.
Zoro si sentì un po' a disagio riconoscendo al volo quelle espressioni. Erano molto simili a quelle che usava lui stesso quando voleva andare a segno con la ragazza di turno e vedendo una scena del genere in un'altra occasione avrebbe fatto spallucce e continuato a giocare, ma la ragazza in questione era Nami e si rese conto con una certa dose di inquietudine che non aveva alcuna intenzione di lasciare correre la cosa, soprattutto perché lei non pareva affatto dispiaciuta di ricevere tali attenzioni da uno sconosciuto.
Spostò il peso da un piede all'altro, all'improvviso incapace di star fermo.
Si sentiva terribilmente diviso. Voleva lasciarla fare le sue scelte -non erano certo affari suoi come lei passava il suo tempo, accidenti!- ma voleva anche proteggerla -quel tipo era saltato fuori dal nulla! Chi gli diceva che aveva buone intenzioni?-
Su tutto predominava il desiderio irrazionale di vederla disdegnare da sé quelle attenzioni e dare il ben servito al bellimbusto, ma i secondi passavano e Nami non sembrava intenzionata a fare niente del genere.
Considerò anche l'ipotesi di lasciar perdere e proseguire col gioco -la partita non s'era fermata anche se lui se ne stava là impalato- ma non riusciva a mettere a tacere quella vocina fastidiosa che gli diceva di andare a spaccare la faccia a quel tale, chiunque fosse. Per un attimo sperò che morisse solo perché lo stava guardando.
Nami scoppiò a ridere all'improvviso e Zoro la guardò inorridito poggiare una delle sue bianche manine sul torace di quell'idiota. Sentì le viscere contorcersi e strinse inconsciamente i pugni, auto imponendosi di non essere impulsivo.
Non riusciva a credere che una come Nami fosse tanto ingenua da cedere così facilmente a delle stupide avance! La credeva più intelligente!
Deviò a fatica lo sguardo digrignando i denti. Non erano affari suoi! Nami era grande e vaccinata, santo cielo! Non aveva bisogno che lui le facesse da protettore! Se voleva fare la scema con uno sconosciuto aveva tutto il diritto di farlo! Lui doveva farsi i fatti suoi e lasciar perdere!
Sentì il nervoso salire insieme all'impotenza. Non sentiva una parola di quello che si dicevano ed era già stufo di stare in quella piazza a sopportare la vista di Nami che si faceva corteggiare da un altro ragazzo! Insomma, lui ci stava davvero provando a fare l'amico ma se faceva così con tutti non gliela faceva semplice lei!
Ma quanto accidenti ci mettevano Sanji e Rufy a scendere?
Sbuffò una mezza maledizione, combattuto. Magari poteva avvicinarsi con la scusa di prendere qualcosa dal suo zaino, era lì sulle scale a pochi passi da loro, sarebbe stato perfettamente normale e avrebbe avuto un motivo per interromperli...
Ma perché poi avrebbe dovuto interromperli?? Non si era forse detto che doveva lasciarla fare le sue scelte? Ce l'aveva già un fratello, non aveva bisogno di essere controllata!
Nami poteva fare la smorfiosa con chi voleva, non doveva tenere conto a lui. Poteva arrossire per tutti i ragazzi che voleva e anche allontanarsi sconvolta da ognuno di loro!
..
...un attimo... cosa?
LASCIALA STARE!!”
Ci aveva messo alcuni secondi per realizzarlo ma poi era stato più veloce di un fulmine. Era piombato su di loro in un attimo ed aveva allontanato Nami dalla presa ferrea di quell'idiota.
Mi hai sentito? Cosa diavolo stai facendo??”
Aveva visto la mano di quel tale posarsi sulla sua schiena ed era stato più forte di lui. Il mondo s'era fatto rosso ed era scattato quando lei era impallidita ed aveva fatto un passo indietro. Estrarre la sua fidata katana bianca gli era sembrato naturale.
Cosa pensavi di fare??” ripeté portandosi davanti a lei e guardando truce il ragazzo moro, puntando alla sua giugulare con la lama.
Zoro!” Nami lo richiamò con urgenza da dietro le sue spalle ma lui nemmeno la guardò, la sua attenzione era tutta per l'individuo schifoso che aveva davanti.
Non so chi tu sia, né cosa tu abbia pensato di fare, ma vedi di lasciala stare!”
Il ragazzo moro lo guardava incredulo ma ebbe il buon senso di non fiatare e di allontanarsi. Lo fece comunque con un sopracciglio alzato ma l'importante era che l'avesse fatto.
Zoro, no...!” Nami tentò di nuovo di chiamarlo ma lui la zittì.
Vattene! Lei non è interessata!” sibilò truce. Se non avesse dovuto trattenere Nami che si agitava dietro di lui probabilmente avrebbe già iniziato a pestarlo.
Zoro, cosa accidenti...”
Sta buona, Nami! Ci penso io, questo qui ha fatto male i suoi conti se pensa che bastino due moine perché tu gli cada ai piedi!”
Il tale allargò appena gli occhi. “Che cosa? Nami ma conosci questo invasato?”
La sentì sospirare dietro di sé e si accigliò. “Si, lo conosco...”
Zoro batté gli occhi confuso per quello scambio ma mantenne la lama puntata verso la sua gola. “Questo dovrei essere io a chiedertelo!” si voltò di tre quarti verso di lei. “Vi conoscete??”
Nami sbuffò, felice di avere finalmente la possibilità di spiegarsi. “Si, Zoro. Lo conosco. Questo è Law, ci siamo incontrati in Belgio.”
Ora Zoro era davvero confuso. “In Belgio...?” chiese stupidamente.
Si e ci siamo rivisti poco fa per puro caso, non mi stava importunando, hai capito male! Abbassa quella cosa!”
Ah...” mormorò poco convinto, obbedendo.
Nami lo superò in due falcate e Zoro dovette ammettere di aver sentito una fitta quando la vide lasciare le sue spalle e dirigersi a passo sicuro verso di lui.
Stai bene, Law? Non ti ha preso vero?”
La fitta si intensificò e Zoro strinse gli occhi. Non gli aveva fatto niente, doveva proprio usare quel tono da dolce infermiera e accarezzarlo sul bicipite?
Tranquilla, non mi spavento per così poco!”
Oh certo, come no? Il grand'uomo aveva fatto la guerra del Golfo...
Mi dispiace, non so cosa gli sia preso...”
Chissà cosa avrebbe fatto con tre lame che gli trapassavano i gioielli di- “Zoro, dovresti scusarti!”
Spalancò gli occhi inorridito, convinto di aver capito male ma Nami lo fissò innervosita e il piede che batteva a terra doveva essere un chiaro invito a non farglielo ripetere.
Che cosa??” non riuscì comunque a trattenersi. “Io non devo scusarmi! Ci stava spudoratamente provando con te e ti ho visto, tu ti sei allontanata!”
Nami diventò bordeaux. “Non ci stava provando! Lui...”
Nami...”
Entrambi si voltarono verso Law e Zoro lo guardò male.
Senti, io devo proprio tornare al lavoro. Mi sembra evidente che tu ora debba parlare col tuo... amico.” sottolineò sarcasticamente la parola lanciandogli un'occhiata e solo il fatto di avere Nami in mezzo impedì a Zoro di puntargli di nuovo la katana alla gola. Che cos'era quella frecciatina?
La mia proposta te l'ho fatta, prenditi il tempo che ti serve per decidere. So che non è una richiesta normale ma nonostante i modi di questo cavernicolo, sono ancora disposto ad aiutarvi.”
Zoro strinse ancor di più gli occhi e vide Nami annuire. Aveva un'orribile sensazione.
Law ghignò guardando solo lei. “Il numero te l'ho dato. Non farmi aspettare troppo...” mormorò suadente e nel dirlo le si avvicinò con l'unico intento di far ringhiare lui.
Grazie, Law. Ti prometto che ci penserò.”
Zoro lo guardò impotente voltarsi e prendere la via principale, ma non prima di avergli lanciato un significativo sguardo di sfida.
Nami si stringeva nelle braccia e sembrava molto interessata alle crepe nel cemento sotto i suoi piedi. Zoro attese i proverbiali venti secondi che servirono a quel maledetto idiota dal pizzetto scemo per non essere più a portata d'orecchio, per voltarla su se stessa e affrontarla.
Nami, chi diavolo era quello??”
Lei strinse i pugni infastidita e si districò dalla sua presa. “Un bravo ragazzo che tu, come un imbecille, hai scambiato per molestatore! Quando la smetterai di puntare lame alla gola delle persone?”
Quando non si comporteranno più come ha fatto quello! Ci stava provando! Come accidenti fai a non essertene accorta?” chiese sbalordito.
Nami incassò la testa tra le spalle mettendosi sulla difensiva. “Anche se fosse così, a te cosa dovrebbe importare?”
Zoro incassò il colpo ma non demorse e aggirò la domanda. “Che genere di proposta ti ha fatto?”
Nami sussultò e Zoro sentì il presentimento brutto aumentare. “Ni-niente che ti riguardi...”
Ha detto che voleva aiutarci, credo che invece riguardi anche me!”
Lei lo fronteggiò, gli occhi che lanciavano saette. “No! Ha detto così solo perché sa che ci servono i soldi per tornare a casa, ma la decisione in questo caso è solo mia! Non ve ne farò partecipi! E ti prego, puoi metterti qualcosa addosso?? Non riesco più a guardarti se stai così!”
Zoro allargò le braccia. Si era scordato di essere ancora a petto nudo ma si sarebbe soffermato più tardi sul suo imbarazzo, ora la questione importante era un'altra. “Nami, per l'ultima volta, dimmi che genere di proposta ti ha fatto quell'idiota!”
Lei non rispose e questo sancì definitivamente l'abbandono della ragione.
Sei impazzita per caso??”
La afferrò per un braccio e Nami sussultò, per un attimo sembrò terrorizzata da ciò che vide nei suoi occhi. E faceva bene. Zoro non si sentiva così arrabbiato con lei da un sacco di tempo. Gli ricordò con uno spasmo i tempi in cui si odiavano e lanciavano addosso insulti di ogni tipo senza un reale motivo. Purtroppo questa volta il motivo c'era e a Zoro veniva quasi da vomitare al pensiero.
Se pensi che lascerò che tu ti venda, sei fuori strada!! Abbiamo bisogno di soldi, è vero, ma non posso credere che tu voglia davvero farlo!!”
Zoro ormai non riusciva più a contenersi, la furia cieca di sapere cosa voleva fare stava prendendo il sopravvento su qualsiasi pensiero logico. No, non glielo avrebbe mai permesso, a costo di legarla ad una panchina!
Nami tremò nella sua presa, ma non più per la paura. Era la rabbia a farla rabbrividire.
Si divincolò con ferocia mostrando gli occhi lucidi. “È questo che pensi di me? Pensi che voglia vendermi?” gli chiese a denti stretti. “Pensi sia solo una puttana che farebbe qualsiasi cosa per i soldi?”
La gente nella piazza iniziava a guardarli e un paio di uomini avevano già fatto un passo verso di loro.
Zoro alzò gli occhi al cielo, arrabbiato per quello scatto d'ira. Ora voleva pure avere ragione??
Sei incredibile!” urlò, senza nemmeno provare a moderare la voce. “Ti stai comportando come se dovessi salvare il mondo! Nami li possiamo trovare in un altro modo i soldi!”
Oh mio Dio, lo pensi davvero! Andiamo, dillo! Dillo che sei convinto sia solo una puttana! Mi hai sempre trattato da schifo, ti manca solo questo!”
Zoro si lasciò scappare un gemito mal trattenuto di rabbia animalesca. “VUOI FARMI CREDERE CHE NON È COSÌ??” sbottò alla fine e per Nami quello bastò.
Il ceffone che gli arrivò rapido sulla guancia non avrebbe potuto fargli più male di quello che si era lasciato scappare nell'impeto della foga. Se n'era pentito all'istante ma era troppo tardi.
Barcollò preso in contropiede, sconvolto e incredulo. Riuscì solo a vederla scoppiare in lacrime prima che la folla la inghiottisse.
Nami era già sparita nel momento in cui realizzò in pieno quello che aveva fatto e tutta la verità della sua colpa gli cadde addosso, pesante come un macigno, schiacciandolo e lasciandolo inebetito.
Non sentì nemmeno Rufy chiamarlo quando finalmente riuscirono a raggiungerlo, né vide Sanji spalancare la bocca, testimone suo malgrado di quell'ultimo scambio di battute e talmente incredulo per quello che aveva sentito da non riuscire neanche a formulare un insulto adeguato.
Non si accorse neanche che la new entry Nico Robin era lì con loro e li squadrava, assorta in pensieri tutti suoi. Non gli interessava sapere che sarebbe venuta con loro, né conoscere le mille e uno morti dolorose che lo attendevano per aver ferito la sirena ramata del biondo Casanova. Non voleva vedere gli occhioni tristi di Rufy per come aveva trattato sua sorella.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era la certezza di aver appena commesso l'errore più grande della sua vita.





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Capitolo 23
*** More Than a Feeling ***








A Zomi...






Vi abbiamo lasciati da soli per venti minuti e avete scatenato la Terza Guerra Mondiale!”
Zoro grugnì irritato evitando il suo sguardo ma Sanji non si lasciò intimorire.
È inutile che fai finta di niente, marimo! Pensavo che le divergenze tra voi fossero appianate ormai!” arcuò le sopracciglia stizzito mentre incrociava le braccia. “Non ti farò la paternale di nuovo ma mi aspetto che per lo meno tu le faccia delle scuse sentite! Anche se ci vorrà un miracolo perché ti perdoni...” concluse stropicciandosi gli occhi, tremendamente stanco nonostante fosse solo tardo pomeriggio.
Povera Nami-swan...” mormorò abbattuto. Poi lanciò un'altra occhiataccia all'amico seduto accanto. “Sei un idiota!”
Zoro non rispose, guardava fisso i suoi piedi ma Sanji sapeva perfettamente che lo stava ascoltando. Non sarebbe riuscito ad ignorarlo neanche volendo. Lo avevano legato a quella panchina con del nastro adesivo ultra resistente intimandogli di non muoversi e lui e Rufy gli stavano ai lati come guardie carcerarie per accertarsi che non provasse a scappare di nuovo.
Quando Nami era fuggita tra la folla aveva provato a seguirla in un tardivo sprazzo di lucidità e Sanji aveva sudato freddo non appena si era reso conto che il marimo non sarebbe mai riuscito a tornare con le sue gambe. Le era corso dietro come se ne andasse della sua vita, sbagliando clamorosamente strada come al solito e facendo perdere a tutti tempo prezioso. Lo avevano rintracciato mezz'ora dopo, al terzo piano del palazzo di Viola e nemmeno sapeva come accidenti avesse fatto ad arrivare lì.
Era stato legato per evitare nuovi colpi di testa dettati dal senso di colpa ma Sanji iniziava a sospettare che la precauzione fosse stata troppo eccessiva. Zoro non aveva più aperto bocca dopo la litigata, in realtà non aveva più tentato di fare nulla. Non si era spiegato con loro, non aveva chiarito le proprie ragioni, non si era lamentato. Se ne stava là seduto, zitto e tranquillo. Ogni tanto sbuffava, si passava una mano tra i capelli o guardava il cielo azzurro.
Sanji fece una smorfia. La sua gioia di sapere dov'era Viola era durata il tempo della discesa in strada! Dopo l'orribile spettacolo che Zoro aveva dato di sé, per un terrificante attimo si era convinto che Nico Robin non sarebbe mai partita con loro. Invece al termine di una lunghissima riflessione, con la sua immancabile pacatezza, era riuscita ad alzare le spalle e a commentare con un pratico 'certo che siete un gruppo davvero strano'. Al quale Sanji aveva risposto con un laconico 'ce lo dicono tutti', che l'aveva fatto sentire pure peggio.
Quella cosa avrebbe potuto compromettere l'opinione che si era faticosamente guadagnato con lei? Quanto potere aveva Nico Robin sulle decisioni di Viola? Nel dubbio continuava a sostenere che dovesse tenersi particolarmente buona quella donna.
Lanciò uno sguardo di sottecchi all'altro lato della panchina, dove un irrequieto Rufy faticava a stare seduto composto e continuava a scandagliare come un ossesso il palazzo dove Robin era sparita da poco più di quindici minuti. Assottigliò gli occhi, indeciso se picchiarlo o provare a farlo ragionare con le buone.
All'inizio aveva pensato che ci fosse qualcosa di strano nell'acqua di Dressrosa. Zoro che offendeva Nami in quel modo, Rufy che si comportava come una persona normale. Doveva esserci senz'altro un virus in giro. Probabilmente l'aveva preso pure lui visto che aveva ringraziato il marimo per il supporto e gli aveva pure dato ragione. In effetti avrebbe spiegato anche la decisione di Nico Robin di seguirli ugualmente nonostante non fosse chiaro nemmeno a loro il genere di rapporto che ancora li teneva insieme che aveva impedito più volte a ciascuno di uccidere gli altri.
Dopo qualche ora aveva dovuto prendere atto che almeno quello che era successo a Rufy aveva poco a che fare con un virus nell'acqua. Non pensava che sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe visto il suo amico diventare protagonista del famigerato colpo di fulmine.
Era ormai chiaro a tutti quanti che Rufy si era preso una cotta colossale, non faceva assolutamente nulla per nasconderlo, anzi. L'unico momento in cui l'aveva visto distogliere gli occhi da Robin era stato per tirare un pugno a Zoro per come aveva trattato sua sorella. Mortalmente distrutto, Zoro non aveva fiatato, Rufy aveva sospirato e l'aveva aiutato a rialzarsi. E poi aveva ripreso a seguire Robin. Sanji aveva cercato di ricordare se la decisione di partire con tutti loro era stata presa mentre il suo cervello era ancora preda dei fumi dell'alcool.
La cosa che Sanji reputava più assurda non era tanto il continuo e assillante desiderio del suo amico di sapere sempre dove lei si trovasse, quanto il fatto che Robin fino a quel momento non si era mai lamentata per come le stava appiccicato modello 'zecca da campeggio'. Sembrava che nemmeno le importasse, semplicemente aveva preso a considerarlo quasi un prolungamento del suo braccio. E si conoscevano da neanche sei ore!
Sanji iniziava a sospettare che forse Rufy non le stava così indifferente come aveva sperato all'inizio ma, per lo meno, non era come con le altre. Lei non aveva mai dato idea di volerlo portare dietro un cespuglio.
Sbuffò di nuovo allungandosi sulla panchina per distendere i muscoli. Zoro alla sua destra fissava gli alberi con sguardo spento e Rufy faceva lo stesso con il palazzo. Non era nemmeno da prendere in considerazione l'ipotesi di intavolare una qualche conversazione per passare il tempo, c'aveva già provato. Una volta li avrebbe presi in giro fino allo sfinimento ma sapeva perfettamente come si stava nei panni sia dell'uno che dell'altro. Non era dell'umore per le battutine sarcastiche.
L'orologio segnava le sette di sera e Nico Robin aveva detto che avrebbe finito in massimo mezz'ora. Doveva terminare un lavoro su commissione e si erano offerti di accompagnarla. In fin dei conti avrebbero comunque dovuto aspettare da qualche parte il ritorno di Nami.
Dal momento che a lui e a Rufy avevano rubato i cellulari, Sanji aveva dovuto chiamarla con quello di Robin. Aveva provato con il telefono di Zoro, ma alla trentasettesima chiamata annullata aveva rinunciato.
Nami stava bene, non dovevano preoccuparsi per lei. Sarebbe ritornata all'appartamento di Viola in serata, doveva fare una certa cosa prima e Sanji aveva istintivamente guardato l'espressione di Zoro. Sembrava stesse lottando con tutte le sue forze per trattenere un ringhio e al tempo stesso aveva sbriciolato il sacchettino che teneva in mano spargendo patatine ovunque. Non era stato un bello spettacolo.
Robin era intervenuta con notevole nonchalance calmandolo con una birra ghiacciata. Aveva già iniziato a capire come prenderli.
In quelle ore insieme avevano appurato che non era stata una loro impressione, la mora era davvero più grande di qualche anno, di cinque per l'esattezza. A Rufy non avrebbe potuto importare di meno.
Era riuscito ad assicurarsi che non fosse sposata/fidanzata/impegnata/trombamica di qualcuno semplicemente chiedendoglielo direttamente, alla faccia del suo mantra 'prendiamola larga'.
Sanji era rimasto sconvolto dalla pacatezza con la quale Robin aveva risposto ad ogni sua singola e stramba domanda, come se fosse assolutamente normale per lei dare informazioni sulla sua vita privata al primo sconosciuto che si presentava alla sua porta. Sanji aveva iniziato a domandarsi se Rufy avesse contrabbandato qualche canna da Elbaf.
Calmi, pacati, seri e persi costantemente l'uno negli occhi dell'altro. Avevano iniziato a fargli davvero paura.
L'avevano accompagnata fin lì in tram perché lei non aveva l'auto, nonostante avessero scoperto con ritrovato sconcerto che possedeva diversi tipi di patenti, da quella per le moto di grossa cilindrata a quella per gli ultraleggeri, passando per il brevetto nautico.
In realtà era stata una scoperta quella donna. Non solo era bellissima ma anche una delle persone più intelligenti e impegnate che avesse mai avuto modo di conoscere!
Laureata in archeologia, passava il suo tempo destreggiandosi tra mille impegni ed occupazioni. Oltre al suo principale impiego presso il museo di Storia Naturale, era una creatrice di gioielli, pittrice, occasionalmente collaborava come restauratrice, creava sculture con oggetti di riciclo che poi rivendeva -Sanji ne aveva viste diverse in casa e non sarebbe mai riuscito a credere che da sette lattine di coca-cola potesse uscire un putto di tale bellezza- ed era scrittrice freelance. Sommozzatrice esperta, tennista di talento, appassionata di teatro e di lirica, con un passato da ballerina di danza classica. Era una seria affiliata di Greenpeace e partecipava attivamente alle loro battaglie. Faceva volontariato in ospedale e nei rifugi per animali. Possedeva un deltaplano e faceva paracadutismo. Parlava sei lingue, tra le quali il finlandese e quando aveva un attimo di tempo, organizzava raccolte benefiche per favorire l'alfabetizzazione nei paesi svantaggiati.
Sanji ricordava di aver guardato con compatimento Rufy e di aver commentato al suo orecchio che avrebbe dovuto metterci una pietra sopra, era troppo perfetta per uno come lui. Era sicuro che Rufy non l'avrebbe ascoltato.
Robin li aveva portati fino a quel palazzo perché doveva fare una consegna, giustamente aveva una vita, un lavoro, delle cose da fare, non poteva partire allo sbaraglio, ma dopo quell'ultimo compito avrebbe potuto prendersi dei giorni di ferie.
La mattina dopo sarebbero anche potuti partire se solo non fosse aleggiata su di loro l'incognita di come rimediare cinque biglietti per l'Italia. Robin aveva spiegato con candore che dopo Flevance, dove si trovava attualmente, Viola sarebbe volata a Water Seven, la città d'acqua e loro contavano di arrivare prima di lei e giocare sul fattore sorpresa. Certo, questo sarebbe stato il piano se solo avessero avuto la possibilità di metterlo in pratica. L'unico pensiero al momento era su come trovare i soldi per arrivare in Italia, ai biglietti aerei per tornare a casa ci avrebbero pensato poi.
Sanji sospirò affranto mettendosi le mani nei capelli. Era stupito di se stesso per come stava affrontando la cosa. A Marijoa gli era stato rubato lo zaino con tutti i soldi e i suoi vestiti, pure il completo elegante preso a Prodence per l'incontro con Viola, eppure non era ancora caduto preda della depressione come al solito, anzi nel profondo sentiva che le cose si sarebbero risolte, in qualche modo. Intanto aveva ringraziato fino allo sfinimento Robin per aver permesso a tutti di farsi una doccia e di avergli prestato dei vestiti che aveva nell'armadio, lasciti di fratelli o cugini vari e anche se aveva specificato che non fosse necessario, aveva insistito per fare una lavatrice con le loro cose ed ora erano già pronte, fresche di bucato che li attendevano a casa. Sanji ne era stato segretamente felice, il viaggio della notte prima nel camion di Franky gli aveva lasciato addosso una vaga sensazione di appiccicaticcio e se proprio doveva presentarsi a Viola in jeans e maglietta per lo meno lo avrebbe fatto con indumenti puliti e profumati!
Staccò senza ripensamenti il nastro adesivo che teneva incollato Zoro alla panchina. L'amico lo guardò confuso.
Non penso che andrai da qualche parte...” mormorò con un'alzata di spalle.
Zoro annuì massaggiandosi i polpacci dove la pelle aveva iniziato ad arrossarsi. “Sai vero che se avessi voluto, quello non mi avrebbe di certo fermato...”
Sanji sorrise. “Lo so. E mi fa piacere che tu abbia deciso di rimanere con noi di tua spontanea iniziativa invece di inseguire fantasmi.”
Zoro grugnì qualcosa che il biondo non afferrò ma non gli chiese di ripetere.
Il pensiero volò a Nami e a quello che quel cavernicolo si era lasciato sfuggire su di lei. Nessuno di loro credeva davvero che Zoro pensasse quello che aveva detto, era stato di sicuro un malinteso dettato dalla litigata. Si sarebbe fatto perdonare. Si sarebbe assicurato che lo facesse.
Rufy saltò sull'attenti all'improvviso e uno dopo l'altro anche lui e Zoro riemersero dai propri pensieri per accogliere il ritorno sorridente di Robin che scoccò un'occhiata indecifrabile al moro prima di rivolgersi a Sanji.
Mi hanno chiesto di fare un'ulteriore consegna questa sera. Mi dispiace, so che siete stanchi ma...” ammiccò in direzione del palazzo alle sue spalle “...non è che vi va di venire ad una festa?”

*

Il barman improvvisato mise il suo rhum sul bancone, afferrò le sue banconote e passò veloce al cliente successivo senza più guardarlo. Zoro si portò il bicchiere alle labbra con assoluta calma, dando le spalle al bar. Davanti a lui corpi sudati e indistinguibili si dimenavano come ossessi sulla pista da ballo illuminati da decine di luci stroboscopiche. Densi fumogeni rendevano l'aria dentro quel vecchio casolare satura di odori tossici e fastidiosi, aumentando il suo mal di testa.
Quando Nico Robin aveva detto che li avrebbe portati ad una festa non era esattamente quello che aveva pensato per concludere degnamente una giornata già pessima. Vedendo il tipo di donna -elegante e sofisticata- aveva dato per scontato si sarebbe trattato di una mostra o di un buffet in un rinomato locale, non certo di un Rave Party in un sotterraneo. Le persone non erano mai come ti aspettavi che fossero.
La musica alta iniziava a dargli sui nervi ed erano arrivati da nemmeno un'ora, non sarebbe resistito molto in quel posto infernale se non fosse stato per l'urgenza di vedere Nami.
Sapeva che avrebbe dovuto spiegarsi, dirle sinceramente che era stato un idiota, che non pensava davvero che lei fosse... Dio, non riusciva neanche a pensarla quella parola associata a lei.
Lui voleva solo proteggerla... aveva bisogno di proteggerla.
Al telefono con Sanji non aveva fiatato sul cambio di programma e aveva promesso che sarebbe arrivata direttamente alla festa. Zoro si era scelto una posizione strategica -il bar- al solo scopo di avere i due portoni d'entrata sempre sotto controllo, in perenne tensione e ammazzava il tempo tracannando rhum. Si aspettava di vederla comparire da un momento all'altro e il cuore faceva a gara con lo stomaco per decidere chi due si sentisse più elettrizzato.
Scandagliò ancora una volta la folla di corpi ammassati insieme, nella preoccupazione costante di essersi lasciato sfuggire il suo arrivo, ma non v'era traccia di rosse capigliature. Tra i fumogeni e le luci stroboscopiche di colorato distingueva solo qua e là le sculture di Robin, oggetti troppo grandi e variopinti perché potessero passare inosservati.
Erano venuti a quella festa per loro. Avevano finito di aiutare Robin a sistemare nella sala le sculture richieste giusto poco prima che aprissero le porte e la fiumana di persone vi si riversasse dando luogo a quella massa informe di corpi accaldati pronti per una notte di follie. Fino ad una settimana prima avrebbe fatto carte false per partecipare ad una festa del genere, ora non riusciva nemmeno a ricordare perché gli erano sempre piaciute.
Un lampo biondo in mezzo al caos attirò la sua attenzione. Sanji agitava in aria la sua maglietta dimenandosi su un cubo insieme ad altri due tizi, probabilmente meno ubriachi di lui, che trasmisero a Zoro più di un dubbio sulle loro preferenze sessuali visto come guardavano il biondo. Come al solito torcigliolo non era capace di darsi un freno se esisteva la remota possibilità che ci fosse alcool nei dintorni, un po' come lui del resto e Zoro si chiese se fosse il caso di intervenire. Ci pensò qualche secondo, durante il quale il più muscoloso dei due tizi prese coraggio e strizzò una chiappa al suo amico. Sanji fece un salto alto due metri per lo spavento e nonostante l'evidente sbronza riuscì ad allontanarsi da loro prima che la situazione degenerasse. Ottimo, circostanza risolta senza intromissioni da parte sua.
Tornò a scrutare la gente e individuò senza troppa difficoltà Rufy. Con tutto il ben di Dio di cibarie, alcool, donne e allegria che c'erano, lui stava ancora seduto su quel divanetto nell'angolo e per Zoro non fu affatto complicato intuire perché. Nico Robin gli era accanto e conversava amabilmente -per quanto fosse possibile in quel caos- con l'organizzatore della festa, tale Aokiji, un uomo altissimo, sulla quarantina, che le aveva commissionato le opere che ora facevano bella mostra di sé sparse ingiro. Robin aveva raccontato che era suo affezionato cliente da anni, erano amici, non mancava mai di chiederle qualche scultura particolare per i suoi eventi ed ogni volta si fermavano volentieri a scambiare quattro chiacchiere. Rufy aveva mostrato immediatamente di non gradire affatto la cosa.
Zoro quasi si strozzò con il rhum cercando di soffocare la risata spontanea che gli era sorta alle labbra quando aveva visto Robin curvarsi di mezzo centimetro verso l'uomo per sentire meglio quello che le stava dicendo e Rufy fare lo stesso, appiccicandosi praticamente alla sua schiena pur di non mollarla neanche un secondo.
Si asciugò distrattamente con il dorso della mano. Era diventata una cosa assurda. La donna giusta poteva trasformare un uomo come creta... Sua madre e i suoi proverbi. Non se ne sarebbe mai liberato ma per lo meno doveva ammettere che spesso ci prendeva.
Robin aveva letteralmente trasformato Rufy in mezza giornata.
Viola era stata il motivo per il quale Sanji aveva attraversato l'Europa.
Un colpo di fulmine e la promessa del vero amore... un tempo cose del genere sarebbero state impensabili. I suoi amici facevano passi da gigante mentre lui... tornava indietro.
Lui, nonostante fosse circondato da belle donne -e un paio avessero anche tentato un approccio bruciato sul nascere dalle sue occhiatacce-, ad una festa piena di alcool e priva di inibizioni... lui pensava a Nami. A lei, al suo profumo, ai suoi capelli, alle sue mani, al suo arrivo, a come se n'era andata, ai suoi occhi che piangevano per colpa sua. Di nuovo.
Odiarla per anni non era servito a niente, dannazione, gli era entrata sotto pelle.
Avrebbe dovuto scusarsi ma non era sicuro di riuscire a reggere il suo sguardo deluso. Era stato un dannatissimo idiota! Si era ripromesso di tenerla a distanza eppure senza accorgersi si era avvicinato troppo un'altra volta, non riusciva più a raccontarsi che voleva solo esserle amico e proteggerla. Se fosse stato davvero così il nodo nello stomaco sarebbe sparito dopo aver saputo che quel Law non aveva cattive intenzioni. Invece il dolore si era intensificato e ormai faceva fin troppo male per riuscire ad ignorarlo.
Aveva lasciato che la gelosia prendesse il sopravvento e si, nonostante si desse spesso dell'idiota, non era stupito. Aveva capito una frazione di secondo dopo averla vista preoccuparsi per Law che quella che gli bruciava nel petto era gelosia pura e semplice.
La voleva per sé.
Non era stata una scoperta poi così sconvolgente, era come se l'avesse sempre saputo a dire il vero, ma rendersene conto non aveva reso le cose più facili.
Sapeva che Nami aveva iniziato a provare qualcosa per lui. Aveva fatto finta di niente per tutto il tempo ma quegli occhi non riuscivano a mentire quando lo guardavano. Nami si stava innamorando di lui e per quanto la cosa galvanizzasse il suo cuore, aveva già deciso di darci un taglio. Non pensava che comportarsi civilmente con lei l'avrebbe portata a questo, ingenuamente aveva sperato nella nascita di una bella amicizia. Per certi versi si sentiva un ragazzino alla sua prima cotta ma la ragione gli diceva di andarci piano. Si era detto che bastava tenere le debite distanze e l'attrazione che già provava per lei sarebbe potuta restare tale senza sfociare in altro. Nami avrebbe capito presto che tra loro poteva esserci solo amicizia e lui non si sarebbe innamorato di lei, a costo di sforzarsi, non avrebbe ceduto. Poteva tranquillamente gestirlo, ne era sicuro!
Nonostante tutti i suoi buoni propositi aveva scoperto di essere un terribile egoista. Adesso che aveva la possibilità di passare del tempo di qualità con lei non riusciva a rinunciarci. Invece di tenerla a distanza non era capace di staccarsi da lei, come fosse stata una dannata calamita! Ogni tentativo fatto per non innamorarsi era fallito. Ammettere ufficialmente a sé stesso di essere geloso voleva dire essere arrivato alla frutta. Il terrore di aver capito tutto quando ormai era tardi per tornare indietro, la certezza di non volerla coinvolgere in quel gran casino che era la sua vita, unita all'irrazionale desiderio di averla per sé, l'avevano fatto scoppiare ed aveva agito solo d'impulso.
L'aveva offesa e fatta piangere. D'accordo, voleva darci un taglio ma non voleva farsi odiare di nuovo! Aveva esagerato e doveva rimediare, tuttavia quella era stata solo l'ennesima conferma. Non potevano stare insieme! Non sarebbe mai stato un buon ragazzo per lei, l'avrebbe solo fatta star male e alla fine sarebbe successo quello che voleva evitare da sempre. La sua luce si sarebbe spenta per colpa sua. Non l'avrebbe mai permesso, non avrebbe ripetuto quell'errore. Solo lui doveva soffrirne, sarebbe stata la sua punizione.
Mandò giù d'un fiato il contenuto del bicchiere, sancendo così la decisione e cercò con tutte le sue forze di non fare caso alla contrazione dolorosa che era nata spontanea nel suo stomaco quando aveva ricordato che Nami era quasi certamente in compagnia di Law in quel momento. E magari l'aveva già dimenticato.
Zoooorooooo!!!”
Alzò un sopracciglio evitando per un soffio di vedersi crollare addosso la stazza barcollante di Sanji, emerso dalla folla all'improvviso.
Che faaai quiiii da sciolooo, marimooo?? Non fareee il guaaastafeste!!” Zoro roteò gli occhi aiutandolo a poggiarsi al bancone del bar. Torcigliolo era ubriaco marcio di nuovo, doveva ricordarsi di impedirglielo la prossima volta. Toccava sempre a lui poi dargli una mano e iniziava ad esserne stufo.
Lo sciai?? Domaaani vedo Viooolaaa!!” esclamò quello d'un tratto con sguardo sognante e Zoro ridacchiò suo malgrado.
È vero.” confermò.
Daa domiani metto laaa teesta a posto! Baasta alcool.. donnee.. feeste..!! Vivrò scioolo per leiii!!”
Sanji gli si fece più vicino abbassando all'improvviso il tono tanto che dovette curvarsi per riuscire a sentirlo. “Dovresti farlooo puuure tiu, saiii marimo!”
Zoro deglutì sonoramente.
Pierchèèè non dici a Nami cheee vuuuoi stare con lei? Sei un creetino, loo sciai??” Sanji strinse gli occhi. “È iniutilee che fai la morale a mee se tiuu sei piùù coglionee!! See non tii muovi la pierdi!!”
Zoro trattenne il fiato. Accidenti a Sanji e al suo maledetto occhio attento! Da quando gli interessava la sua vita sentimentale?
Quello proseguì indefesso come se non avesse notato il cambiamento di postura del suo amico. E forse era proprio così. “Perfiino Rufy si è trooovato una ragazza!”
Zoro andò con lo sguardo ai due sul divano, notando che erano finalmente rimasti soli e parlavano fitto, le teste a tre centimetri di distanza, irrimediabilmente persi l'uno nell'altra. Come aveva già detto... una cosa assurda!
Sanji voltò la testa illuminandosi d'un tratto. “Ooooh, sciei arriiivata miaa scirenaa ramata!!”
Zoro sentì il cuore uscirgli dal petto a quelle parole. Si voltò cauto verso la direzione indicata da Sanji e la vide. Nami era finalmente arrivata e lui sentì la muscolatura rilassarsi, nemmeno si era accorto della rigidità mantenuta fino a quel momento.
La vide sorridere a Sanji e avvicinarsi a loro. Si era cambiata, truccata e pettinata ed era bellissima. Non riuscì ad impedire al suo cervello di pensare che per lui lo era già anche senza tante preparazioni ed evitò di focalizzarsi su dove avesse preso quel vestito e su dove si fosse cambiata. Era arrivata, era sana e salva e sembrava anche felice, quello bastava.
Nami si fermò a pochi passi da loro scrutando Sanji con aria critica. “Oddio, sei ubriaco di nuovo? Ma non avevi detto che avresti smesso?”
Sanji si portò una mano sul cuore. “Proometto cheee è l'iultima voolta!” e Zoro dovette soffocare un gemito di esasperazione. Si, come no?
Nami lo guardò un attimo come se si fosse accorta solo in quel momento che c'era anche lui. Con le luci basse non l'aveva visto e indietreggiò istintivamente di un passo. Zoro fece finta di non essersene accorto.
Nonostante l'alcool, Sanji sembrò intuire che nessuno gli credeva. “Lo giiuurooo!!” esclamò agitando le braccia come a dare più enfasi alle sue parole. “Non mi creeedete maiii!”
È difficile crederti quando lo dici ogni volta...” mormorò Zoro incrociando le braccia. “Ma non siamo i tuoi genitori, torcigliolo...”
Nami diede man forte con un filo di voce. “Non devi tenere conto a... a noi, Sanji. Puoi fare quello che vuoi...”
Si, ha ragione...”
Per un attimo Zoro e Nami si scambiarono uno sguardo e il cuore di lui si impennò ma ebbe vita breve, lei distolse gli occhi immediatamente. Non ci rimase troppo male solo perché il loro amico scelse proprio quel momento per portarsi una mano alla bocca nel chiaro tentativo di frenare un conato e lui si preoccupò di allontanarsi. “D-dievo... scusateeee!!”
Zoro guardò stupito il suo amico correre via diretto ai bagni e sentì nascere in viso un sorrisino di scherno che morì quasi subito nel realizzare che Sanji se n'era andato.
E lui era rimasto solo con Nami.

*

Sanji si tenne la bocca con la mano, correndo verso il bagno. Ci si fiondò dentro nascondendosi dietro la porta sperando che il marimo non fosse tanto idiota da pensare di seguirlo per aiutarlo.
Aspettò qualche secondo ma non vide entrare nessuno, si decise allora a sbirciare.
Zoro era ancora al bancone, con un'aria da cane bastonato e là accanto Nami, ferma nella stessa posizione, evitava come la peste di guardarlo. Non si erano ancora parlati, ma Sanji era fiducioso.
Fingersi ubriaco non era stata la genialata del secolo ma per lo meno aveva dato modo a quei due di rompere il ghiaccio. Quando l'aveva vista entrare aveva agito rapido e si era diretto apposta barcollante verso il suo amico. Nami non si sarebbe nemmeno avvicinata a Zoro quella sera, era stata chiara al telefono. Farli preoccupare per lui era stata l'unica cosa che gli era venuta in mente perché riuscissero ad avere un punto d'incontro. E adesso li aveva lasciati soli apposta.
Sanji sperò con tutta l'anima che il marimo non fosse il coglione che lui stesso spesso dipingeva e le facesse delle vere scuse. Quelle giuste, del tipo 'ti ho sempre amato-non volevo farti star male-scusa se sono un imbecille-resta con me tutta la vita-sposami'. No ok, forse per l'ultima parte era ancora presto, ma fino ad imbecille sperava ci arrivasse! Volevano le stesse cose, cosa accidenti ci voleva a capirlo? Aveva dovuto mettersi in mezzo lui!
Sbirciò di nuovo, stando attento a non essere scoperto. Erano ancora lì ma Zoro aveva aperto bocca! Stava parlando, si ne era certo! Peccato non riuscisse a distinguere il labiale tra i fumogeni e le luci!
Estrasse il pacchetto di sigarette e uscì furtivamente dal bagno. Fece segno a Robin che usciva a fumare e lei annuì con un sorriso che si allargò quando tornò a posare gli occhi su Rufy.
Sanji scosse il capo, tremendamente divertito e lanciò un'ultima occhiata al bancone prima di oltrepassare la porta antincendio.
Erano zitti entrambi ed evitavano gli sguardi ma per lo meno Nami non se n'era andata. Se ancora non stavano radendo al suolo il locale poteva considerarlo un passo avanti o, per lo meno, sperò che fosse un passo avanti.

*

Zoro aveva seriamente preso in considerazione l'idea di tallonare Sanji e obbligarlo con la forza a restare con loro. Poteva pure vomitargli sulle scarpe per ripicca, non gliene sarebbe fregato di meno!
Per un glorioso attimo pensò di farlo davvero ma passò veloce com'era arrivato. Non poteva farlo, doveva affrontarla, era arrivato il momento. L'aspettava da tutto il pomeriggio ma all'improvviso il bel discorso che si era preparato sembrava sciatto, privo di senso e di tatto, assolutamente non degno di venire espresso.
La guardò con la coda dell'occhio, era sinceramente sorpreso che fosse ancora lì. Lo sguardo che gli aveva lanciato quand'era arrivata la diceva lunga su quello che pensava di lui, eppure non si era allontanata. Se non fosse stato assurdo avrebbe detto che voleva offrirgli una possibilità per farsi perdonare.
Si schiarì la voce, grato che le luci stroboscopiche permettessero alla sua faccia di prendere fuoco senza il bisogno di farlo sapere a tutti. “Stai... stai bene vestita così...”
Nami arcuò un sopracciglio e lo degnò appena di un'occhiata.
Zoro si morse la lingua, imprecando tra i denti. Ed ecco che se ne andava la sua pseudo possibilità.
D'accordo, forse avrebbe dovuto iniziare in maniera diversa. Forse dipendeva dal volume della voce. Forse non aveva capito che era un complimento. Forse l'aveva offesa di nuovo. Forse pensava che volesse dire che come si vestiva di solito faceva schifo. Forse torcigliolo lo aveva contagiato con le sue inguaribili seghe mentali!
Era frustrante, non riusciva a capire se fosse arrabbiata o -peggio- delusa, ma prima che potesse dichiarare la propria morte cerebrale, Nami parlò. E senza traccia di risentimento. Più precisamente senza alcun tipo di emozione. “È di Robin. Mi sono cambiata da lei prima di venire. Mi aveva lasciato le chiavi sotto lo zerbino.” proclamò con un'alzata di spalle, come se avesse recitato la lista della spesa.
Zoro valutò se quella apatia potesse essere una cosa positiva o negativa per la sua causa.
Decise di proseguire sulla strada già tracciata. Tanto peggio di così... “Ti sta davvero bene!”
Nami non lo guardò. “Grazie.”
Zoro espirò pesantemente col naso. L'imbarazzo era talmente palpabile che avrebbe potuto tagliarlo con un coltello. Perché continuava a girarci attorno? Doveva solo dirle chiaramente che gli dispiaceva, non ci voleva niente in fin dei conti. E magari aggiungerci che era un imbecille, si quello ci stava sempre bene. Magari l'avrebbe fatta ridere. Gli piaceva vederla ridere.
Prese fiato, sentendo il coraggio tornare. “Nami...”
Si fermò inorridito spalancando la bocca. Aveva dimenticato cosa doveva dirle! Sentiva il cuore pompare nelle orecchie, era assordante da ascoltare, più delle musica alta e molto più fastidioso.
Lei si voltò a guardarlo e quegli occhi tremendamente pieni di aspettativa lo fecero vacillare. Scioccamente pensò di fuggire, ma fu il pensiero di un attimo. Non poteva e probabilmente vista la situazione ne avrebbe ricavato un occhio nero da Sanji.
Scusa!” esclamò d'impulso. “Ho reagito male! Ho... io pensavo che quel ragazzo ti stesse importunando e ho agito d'impulso. Sono stato stupido, soprattutto per come ti ho aggredito. Non penso a te in quel modo, te lo giuro! Non potrei mai pensare a te in quel modo!”
Zoro prese fiato. Aveva detto appena poche frasi ma si sentiva come se avesse corso una maratona. Il suo cuore per lo meno ne era convinto.
Nami lo stava scrutando, impassibile. “D'accordo.” dichiarò alla fine tornando a guardare la pista davanti a loro.
Zoro batté gli occhi, preso alla sprovvista. Non era proprio la reazione che si aspettava.
Le bastavano davvero come scuse? Perfino per lui erano suonate stupide e prive di senso. Stava già pensando a come potersi scusare meglio, gli si stava formando in testa un discorso perfino migliore di quello che aveva dimenticato! E in questo avrebbe evitato di dirle che la voleva solo come amica, era più importante farle capire quanto voleva che facesse parte della sua vita. In un modo o in un altro.
Zoro deglutì, deciso a spiegarsi meglio, non poteva lasciare le cose com'erano. “Nami...”
Vuoi ballare?”
Si era voltata sorridendo appena, indicando la pista con un cenno. Zoro strabuzzò gli occhi, interdetto. Che cosa?
Come?”
Ho detto: vuoi ballare? Con me?” disse ridendo, scandendo bene le parole come se stesse parlando con un sordo.
Zoro non se l'era immaginato. Lo aveva davvero interrotto per chiedergli di ballare.
Rimase fermo per un attimo. Quel sorriso era sincero. Lo aveva perdonato. Per qualche motivo divino, l'aveva perdonato!
Annuì cercando di trattenere l'euforia. Se lei avesse continuato a sorridere così sarebbe diventato sempre più difficile mantenere la sua promessa. In quell'istante avrebbe solo voluto baciarla e toglierle il fiato.
Lo portò vicino alla pista e Nami non smise di sorridere quando gli mise le braccia dietro la testa, coinvolgendolo in un ballo lento nonostante la musica inadeguata.
Zoro la strinse piano a sé, ancora incredulo. Non aveva detto nemmeno la metà di quello che si era preparato. Non era riuscito a dirle che era meglio restare amici, che era la cosa migliore per entrambi. Non era riuscito a dirle che la trovava bellissima e amava sentire il suo cuore scoppiare nel petto quando lo guardava. Non si era nemmeno scusato per bene per averla offesa ma lei aveva capito lo stesso. L'aveva perdonato e a lui non interessava altro al momento, non avrebbe voluto altro. I grandi discorsi non servivano tra loro, l'aveva sempre saputo. Non c'era bisogno di esprimere opinioni, né di giustificare le proprie ragioni. L'aveva quasi persa, voleva solo sentirsela addosso e respirarla, di nuovo in pace.








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Capitolo 24
*** It's Good to be in Love ***








Chissà qual era stata, tra le tante divinità che venivano adorate nel mondo, quella che aveva decretato che il tempo dovesse trascorrere più lentamente se aspettavi qualcosa. Probabilmente una di quelle buddiste... ne hanno sempre una per ogni occasione. Sanji però era certo che tale sarcastica divinità non avesse una donna in un altro stato che rischiava di sparire di nuovo da un momento all'altro o si sarebbe risparmiato una legge universale tanto cretina. Per lo meno per una questione di tatto.
Si poteva buttare anche sul filosofico: l'attesa del piacere è essa stessa un piacere! …..eccone un altro che doveva lavorare sulla propria condizione di single incallito.
Poi c'erano i proverbi. Uno cinese molto vecchio diceva che a chi sapeva attendere, il tempo avrebbe aperto ogni porta. L'aveva letto in un bagno dell'autogrill. Ora che ci pensava poteva assumere svariati significati.
Aspettare in spagnolo si diceva 'esperar'. Una coincidenza piuttosto buffa in effetti. Lui continuava esattamente a fare quello... aspettava e sperava. Sembrava un segno del destino o forse il vocabolario aveva iniziato a perdere pagine per l'usura.
Aspettare... aspettare e basta. Non doveva fare altro. Sanji si grattò la testa, stanco morto e si accomodò meglio.
Beh, certo, se per lui non era facile quell'attesa non voleva nemmeno pensare a come la stesse vivendo il marimo. Se ne stava seduto laggiù da solo, vicino alla finestra, facendo finta di essere calmo e tranquillo ma Sanji vedeva le sue mani strette a pugno e solo da quelle traspariva tutta l'ansia che lo attanagliava.
Nami se n'era andata ancora, ma stavolta perlomeno non in lacrime.
Sanji non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo la notte precedente a quella festa sgangherata dove Robin li aveva trascinati. Lui era uscito a fumare e li aveva lasciati soli a molleggiare pigramente in mezzo a decine di corpi esaltati che ballavano. Al suo ritorno li aveva trovati già al tavolo a chiacchierare con Rufy e Robin e aveva dovuto fingere che l'aria fredda della notte l'avesse fatto tornare in sé.
Zoro e Nami erano assurdamente sereni. La curiosità lo stava divorando vivo ma aveva preferito non chiedere. Non era successo praticamente nulla tra di loro (Robin stessa glielo aveva confermato), eppure sembrava fosse successo tutto.
Dopo una notte movimentata passata per lo più sveglio -troppo in ansia al pensiero di essere ad un passo da Viola e non sapere come fare per raggiungerla- si era alzato dal divano di Robin con un cerchio alla testa che per una volta non aveva nulla a che vedere con l'alcool e, mentre facevano colazione tutti insieme, Nami aveva lanciato la bomba.
Sapeva come rimediare i soldi per arrivare a Water Seven ma -e aveva guardato seria il marimo- dovevano lasciarla andare sola e non dovevano chiederle spiegazioni. Li aveva liquidati con un 'fidatevi di me' tremendamente deciso.
Robin non aveva commentato, in fin dei conti non aveva motivo per dubitare della sua parola ma Sanji e Zoro non erano stati dello stesso avviso.
Il biondo si era fatto promettere che fosse una cosa legale. Era la sua meravigliosa dea scesa in terra come un angelo per risplendere ecc ecc.. ma era pur sempre di Monkey. C. Nami che si parlava e non aveva fama di andarci per il sottile. Sanji non ci teneva a iniziare la sua vita di coppia con un furto sulla coscienza.
Zoro aveva avuto ben altri tipi di quesiti per la testa. Nami gli si era avvicinata e gli aveva fatto una carezza sulla guancia, aveva bloccato sul nascere ogni sorta di contestazione con quell'unico gesto. Lo aveva guardato negli occhi e gli aveva chiesto con un respiro di fidarsi di lei. Era bastato davvero solo quello per tranquillizzare il marimo.
Nami era uscita la mattina presto e alle dieci non era ancora tornata, Sanji iniziava a notare segni di cedimento nella maschera imperturbabile di Zoro.
Robin aveva rassicurato tutti che Viola sarebbe rimasta di certo a Water Seven fino al giorno dopo, ma non aveva idea di cosa avrebbe fatto da quel momento in poi. Probabilmente l'avrebbe saputo quando sarebbe stato troppo tardi. L'idea iniziale di prenderla di sorpresa prima che arrivasse in Italia era sfumata prima ancora di poter diventare una possibilità concreta e nel frattempo loro potevano solo aspettare che Nami tornasse con i soldi.
Sanji lanciò un'altra occhiata nervosa a Zoro, ancora immobile davanti alla finestra ad attendere il ritorno della loro amica. Aveva saputo con ritrovato stupore -estorcendolo con la forza alla stessa crapa verde- che in quel momento con tutta probabilità Nami era in compagnia di un ragazzo, lo stesso che li aveva fatti litigare il giorno precedente e Sanji doveva ammettere che se non fosse stato per le mani che pregiudicavano tutto, avrebbe ritenuto assolutamente ammirevole il suo savoir-faire.
Rufy gli passò davanti a passo di marcia. Rischiava di rimanere quasi soffocato dalla quantità di libri e vestiti che teneva in mano, ma resisteva stoicamente dal fare due giri. Poteva pure slogarsi una spalla non gli importava, tutto pur di far vedere a Robin quant'era bravo mentre l'aiutava a preparare la valigia. Sanji scosse la testa e si alzò dal divano per dargli una mano. Avrebbe lasciato volentieri Rufy alla sua dimostrazione di forza, ma non aveva di meglio da fare e l'ansia lo stava uccidendo.
Il campanello risuonò nella casa silenziosa nello stesso momento in cui Robin chiudeva la zip e Zoro scattò immediato verso la porta. Quella che si trovò davanti non era la stessa Nami speranzosa che era partita quella mattina e il ragazzo sentì una fitta.
Che cosa è successo?”
Lei scosse il capo affranta e lo prese per mano portandolo in soggiorno dove gli altri si erano già radunati in attesa di risposte.
Nami sospirò seria. “Scusatemi se vi ho fatto aspettare così tanto...” deglutì guardandosi le scarpe. “La buona notizia è che ho trovato i soldi per tornare a casa!”
Rufy sorrise battendo le mani ma Sanji lo fermò con un gesto. “E la brutta?” chiese sentendo l'esitazione nella voce dell'amica.
...non li avrò prima di domani.” dichiarò lei lapidaria.
Uno dopo l'altro si guardarono confusi e Nami smise di girarci intorno.
Quando eravamo in Belgio ho conosciuto un ragazzo alla stazione. Abbiamo bevuto un caffè e fatto due chiacchiere. Era carino, molto intelligente, mi aveva fatto un'ottima impressione e sembrava il classico incontro simpatico destinato a rimanere tale, ma quando siamo arrivati qui l'ho rivisto e anche lui mi ha riconosciuto...” fermò un attimo il racconto per stringere maggiormente la mano a Zoro. Non l'aveva mai lasciata.
Mi ha visto lavorare sul mio albo e mi ha fatto sapere senza mezzi termini che considerava i miei disegni dei capolavori!” abbozzò una risatina imbarazzata. “Ho realizzato che non ci stava provando quando mi ha mostrato il suo biglietto da visita e ho rischiato seriamente di svenire lì sui gradini!” Nami tirò fuori dalla tasca un cartoncino dorato e lo passò a Sanji -il più vicino- che strinse gli occhi, non capendo. Robin, da sopra la sua spalla, trattenne il respiro. Strappò il bigliettino dalle sue mani per accertarsi di aver letto bene e poi guardò sconvolta la rossa.
Hai conosciuto Trafalgar D. Law??”
Nami ridacchiò. “Non pensavo fosse così giovane!” ammise. “Sono impallidita come te quando ho capito chi avevo davanti!”
Zoro aggrottò le sopracciglia. Ricordava quel passo indietro, era il motivo per il quale aveva estratto la spada.
Robin continuava sconcertata a guardare il biglietto da visita ma nessuno degli altri tre riusciva a capire perché quel nome fosse così importante. A loro non diceva nulla e a Rufy iniziava a dar fastidio che Robin lo guardasse come una reliquia.
Ha detto davvero che i tuoi disegni erano capolavori?” stava chiedendo Robin ammirata ma prima che Nami potesse rispondere Sanji si mise in mezzo esasperato.
Scusate, chi accidenti è Trafalgar Law??”
Nami e Robin si voltarono sorridenti verso di lui e la mora rispose per entrambe. “È uno dei critici d'arte più stimati d'Europa! Gira il mondo a caccia di nuovi artisti, chiunque sia nel settore desidera avere un'occasione con lui ma è molto selettivo.” poi guardò di nuovo la rossa sorridendole senza riserve, lasciando cadere del tutto l'aura di autorevolezza che emanava. “Devi avere davvero un gran talento! Io pagherei letteralmente qualsiasi cifra per sentirlo fare un apprezzamento ai miei lavori!”
Nami arrossì. “Mi ha detto che meritavano di stare in una galleria d'arte, che poteva aiutarmi a farmi conoscere ma io all'inizio non ne ero convinta.” mormorò piano.
Robin non fu l'unica a sgranare gli occhi.
Era questo che intendeva??” le chiese Zoro sconvolto. “Voleva che esponessi i tuoi disegni?”
Nami lo guardò con la coda dell'occhio. “Già...”
Zoro si sentì improvvisamente molto idiota.
E hai accettato?”
Nami sorrise. “Si.”
Quale galleria?”
La Fisher.”
Robin si portò una mano alla bocca. “Ora sono ancora più invidiosa!” esclamò ridacchiando.
Law ha revisionato tutti i miei disegni e questa mattina avevamo appuntamento alla galleria così avrei conosciuto la curatrice delle mostre e visto lo spazio espositivo. Li presenteranno tra un mese insieme a quelli di altri giovani autori in una mostra dedicata ai nuovi talenti. Hanno deciso di esporre tutti quelli che avevo già completi, tranne un paio che ho deciso di tenere per me e mi hanno devoluto una cifra da capogiro! Ve lo giuro, dire che è stato emozionante è troppo poco! Per tutto il tempo ho pensato che mi stessero facendo un orribile scherzo!”
Rufy la guardò sinceramente felice. “Allora non erano solo disegnetti!”
Imbecille...” lo redarguì Sanji.
Rufy lo ignorò. “Hai detto una cifra da capogiro... quanto esattamente da capogiro?”
Nami sorrise. “Abbastanza per pagare il volo di ritorno per tutti. Più hotel, trasporti, cibarie per i prossimi giorni... oltre ad una macchina nuova per la mamma e una per me!”
Sanji fischiò in segno di apprezzamento. “Incredibile!”
Nami era sempre più raggiante ma Zoro riuscì a cogliere un dettaglio nel suo racconto che forse era sfuggito ai più. “Questo significa che i disegni resteranno in Spagna?”
La rossa guardò l'amico dalla testa verde, perplessa. “Beh, si... rimarranno esposti qui. Li ha comprati la galleria.”
Zoro deglutì piano cercando di trovare le parole giuste. “Ma... erano importanti per te!”
Nami sussultò e nella stanza calò il silenzio. Sanji si mosse irrequieto sul posto.
La ragazza fece spallucce. “Erano solo disegni!” dichiarò serena. “Posso farne quanti ne voglio!” si voltò verso Sanji che la guardava abbattuto. “Invece tu con Viola avrai solo questa occasione. Il vero amore arriva un'unica volta... ” strinse maggiormente la mano a Zoro tornando a guardarlo. “Non mi sarei mai perdonata se non avessi fatto tutto il possibile!”
A Zoro si mozzò il fiato e strinse di rimando la sua mano, non volendola lasciare andare e odiandosi per come quegli occhi luccicanti lo facevano sentire bene. Non l'avrebbe mai meritata.
Con gli occhi lucidi Sanji le si avvicinò per abbracciarla, per una volta senza secondi fini. La strinse appena per le spalle e le mormorò un grazie sottovoce, ritirandosi subito prima di scoppiare in lacrime come una femminuccia. Nami si sentì sopraffatta per un attimo dalla commozione di quel gesto.
Non pensavo che ti avrei mai visto lasciar andare volontariamente una cosa a cui tenevi per far felice qualcun altro...” esclamò Rufy ridacchiando e schivando all'ultimo un pugno della sorella che gli sorrise asciugandosi gli occhi.
Taci tu, sennò ti lascio qui!”
Robin sorrise enigmatica, probabilmente non le sarebbe dispiaciuto. “Dicevi che ti pagheranno solo domani però...”
Nami si rabbuiò. “Si, è l'unico inconveniente. E senza soldi non possiamo comprare i biglietti per l'Italia.”
Sanji tirò su col naso, sprofondato in poltrona. “Fa nulla, Nami-swan. Hai fatto fin troppo! Possiamo aspettare ancora!”
Ma non è giusto!” continuò lei con fervore. “Ti meriti di avere il tuo lieto fine, Sanji...”
Il cuore di Zoro schizzò fuori dal petto a quelle parole e credette di essere arrivato al punto di non ritorno quando per un istante gli parve che non fossero riferite solo al suo amico.
Non poteva, non doveva essere così. Come poteva pensare di lasciarla andare se era così dolce e meravigliosa?
Sanji le sorrise commosso. “Mi piacerebbe essere in Italia già stasera, ma non possiamo fare di più...”
Un attimo...”
Uno dopo l'altro tutti si voltarono verso Rufy che aveva allargato le braccia colto da una folgorazione. “Ho io la soluzione!!”

*

Chiamare Franky! Rufy, sei un genio!!!”
Sanji mollò entusiasticamente una pacca poderosa sulla spalla dell'amico che rispose con un ghigno compiaciuto sistemandosi bene sul sedile del camion.
Chi l'avrebbe mai detto che il numero di un camionista europeo li avrebbe davvero aiutati? Nessuno ci avrebbe scommesso il penny di Izou.
Rufy aveva chiacchierato con lui tutto il tempo mentre loro dormivano quand'erano diretti a Dressrosa ed aveva saputo che l'uomo la sera dopo sarebbe partito per la Croazia. Complice la cartina dell'Europa che Robin aveva aperto per mostrare a tutti dove fosse Water Seven, Rufy aveva per puro caso notato che Franky, per arrivare in Croazia, sarebbe passato per il nord Italia e quindi vicinissimo a dove dovevano andare loro! I suoi neuroni si erano incredibilmente connessi nel modo giusto e lo aveva rintracciato un attimo dopo aver ricevuto l'abbraccio stupito ma grato di Nami per aver risolto il loro problema! Era in quegli sprazzi di genialità che lo riconosceva davvero come suo fratello -non si faceva scrupoli a dirglielo-!
Il camionista aveva risposto al terzo squillo ed ora il confine spagnolo era già un ricordo. Avevano dormito tutta la notte nel cassone e sarebbero arrivati a Water Seven in tarda mattinata, Sanji non stava più nella pelle.
Grazie per il passaggio, Franky! Davvero, mi hai salvato!” proclamò il biondo con un sorriso mettendosi a sedere davanti con l'omone dopo che Rufy gli aveva ceduto il suo posto.
Di niente amico! Sono felice di avere compagnia!” esclamò quello togliendosi gli occhiali da sole. “E poi te l'ho già detto, fratello! Basta aspettare! Finalmente a Water Seven incontrerai la tua bella!” poi lo guardò con la coda dell'occhio in tono cospiratore. “...mi auguro che tu sia preparato per il grande incontro!”
Sanji quasi si strozzò con la sigaretta a quelle parole. “Pr-preparato... io.. beh, si ovvio!” ridacchiò nervosamente cercando l'accendino nelle tasche come se ne andasse della sua vita.
Franky sollevò un sopracciglio. “Nel mio camion non si fuma.” dichiarò lapidario.
Sanji arrossì. “Oh, si certo! Non c'è problema!” e mise via la sigaretta.
L'uomo sorrise al suo imbarazzo. “Non sentirti a disagio. La prima volta arriva per tutti, non occorre fumare per sfogare il nervosismo!”
Sanji sgranò gli occhi. “CHE COSA??”
Dopo aver ceduto il suo posto davanti, Rufy era scivolato dietro dove c'erano gli altri per sedersi vicino a Robin che scorreva pigramente con il dito sul cellulare. Alla vista del moro gli sorrise dolcemente e si spostò per fargli posto.
Zoro lo guardò con un sospiro appropriarsi della mano della ragazza e lasciarle un piccolo bacio sul dorso prima di mettersi con lei tranquillo a guardare il telefono.
Riuscì a sentire alcuni sprazzi di conversazione dall'angolo in cui si era sistemato -per lo più nomi- e capì che Robin gli stava mostrando alcune fotografie.
Lui è lo zio Clover. O meglio, è lo zio di mia madre, ma lo è sempre stato anche per me, ci sono molto affezionata! Questa invece è mia madre Olvia.”
È bella come te!”
Grazie... mi ha cresciuta da sola. Non so nemmeno chi sia mio padre...”
Mi dispiace molto...”
È acqua passata, ormai... oh, lei invece è la bisnonna Tsuru! Ha quasi cent'anni ma è ancora capace di fracassarti i timpani se non fai come dice. Ah, mi raccomando, finché non avrà instaurato un rapporto di familiarità, è meglio per te se la chiami 'signora', ci tiene molto a queste cose!”
Non è un problema! Che vecchina simpatica!”
Zoro dovette battere gli occhi un paio di volte per essere sicuro di aver sentito bene.
Robin non gli stava mostrando delle foto, Robin stava presentando a Rufy la propria famiglia! Come faceva chi sapeva che presto avrebbe incontrato dal vivo quelle persone e voleva che il proprio fidanzato fosse preparato!
Già questo di per sé era sconcertante, ma quando poi li sentì discutere se fosse meglio il glicine o il rosa confetto per i centrotavola del ricevimento, decise di darci un taglio. I suoi neuroni non avrebbero potuto sopportare Rufy che rispondeva sinceramente ad una domanda del genere! Si alzò in fretta dal suo angolo per allontanarsi dalla coppia.
Passò dietro alla postazione di guida sentendo le voci concitate di Franky e Sanji che discutevano sui pregi e difetti del fumo... e non solo.
Franky, falla finita, non sono vergine!!!”
Zoro preferì soprassedere anche quel discorso.
Gli venne automatico cercarla con gli occhi. Se ne stava in disparte, vicino al fondo del cassone, nell'unico punto dove la luce dell'alba arrivava ad illuminare la pagina bianca del suo albo.
Lo teneva poggiato sulle ginocchia ma non aveva disegnato ancora nulla, semplicemente se ne stava lì a guardare fuori, persa nei suoi pensieri e per Zoro il desiderio di andare da lei, di sederlesi accanto, era pressante.
Ma si era imposto di non farlo.
Magari non voleva essere disturbata, magari lo riteneva ancora l'idiota che le aveva fatto un'inutile e dannosa scenata di gelosia per una sciocchezza. Forse era meglio lasciarla stare.
Il tempo che gli ci volle per rimuginare tra sé e sé quale fosse la cosa giusta da fare, Nami lo spese accorgendosi di lui e facendogli cenno di sedersi con lei.
Zoro si avvicinò con passo incerto, felice di vederla serena, cadendo a peso morto al suo fianco, in piena luce.
Ehi...” Nami sorrise e lui si ritrovò a ricambiare con lo stomaco che si riempiva di cosini svolazzanti.
Non disegni?”
Lei negò col capo. “Per il momento preferisco guardare il paesaggio.”
Zoro lanciò un'occhiata fuori. Non vedeva altro che distese infinite di campi colorati, meravigliosi certo, ma pur sempre campi.
Siamo in Provenza.” la sentì sussurrare.
A lui quel termine non disse molto ma preferì non chiedere. Nami non pareva interessata ad approfondire l'argomento e per un po' rimasero lì a guardare il sole sorgere in silenzio come davanti ad uno spettacolo mistico. Insieme.
Ma Zoro aveva ancora bisogno di una risposta.
Perché non mi hai detto che quel tale voleva solo comprare i tuoi disegni?
Nami sospirò un sorrisino stanco. “Perché sapevo che me l'avresti impedito.
Io...”
Lei ridacchiò. “Non negare! L'avreste fatto tutti!”
Zoro non rispose e Nami sorrise tornando con lo sguardo sui campi. “Lo so che non pensavi quello che hai detto...” mormorò malinconica.
Pensavo volesse portarti a letto!” sbuffò lui con un unico respiro.
Lei rise. “Oh, Zoro...”
Grazie.”
Gli occhi si incrociarono, quelli di lei confusi, quelli di lui determinati.
Grazie per tutto l'aiuto che ci hai dato.” un sospiro profondo ma rilassato. “Grazie per quello che hai fatto per Sanji, per aver sempre tolto dai guai Rufy e me... grazie per non averci mai fatto pesare più del necessario tutti i favori che ci hai fatto...”
Nami nascose il viso dietro l'albo, un timido sorrisino ad illuminarlo. “Teniamo entrambi a Sanji. Non ho fatto niente che non avresti fatto anche tu.” lo guardò “Sono felice che tu l'abbia spronato a partire. Senza il tuo appoggio non penso sarebbe accaduto. Tiene molto in considerazione la tua opinione.”
Zoro allungò le gambe, mettendosi più comodo. “Tiene molto all'opinione di entrambi!” rispose prontamente poggiando la testa sulla parete morbida del cassone, troppo vicino al suo orecchio. “Vuole bene a tutti e due e vorrebbe vederci felici...” sussurrò più a se stesso che a lei e Nami sentì un brivido correrle lungo la colonna vertebrale. Non lo frenò, stavolta voleva godersi fino in fondo la sensazione meravigliosa della speranza.
Aveva sempre detto che non si sarebbe aggrappata a lei, eppure ora sentiva che era la cosa giusta da fare. Voleva credere per una volta che lui davvero intendesse quello che lei aveva letto fra le righe e non che fosse solo un'idea nella sua testa. Desiderava con tutto il cuore di non essersi immaginata la gelosia che aveva visto nei suoi occhi, ma sapeva che c'era anche dell'altro. Zoro era un tipo riservato, difficilmente faceva trasparire quello che pensava ma era impossibile non notare il suo attaccamento. Iniziava a tenerci molto a lei e questo era di per sé la cosa più bella che le fosse successa di recente, eppure ancora lo vedeva frenarsi, si allontanava e Nami non capiva perché quando la guardava un po' più a lungo sembrava terrorizzato. Era praticamente certa che le stesse nascondendo qualcosa.
Non gli aveva spiegato perché lo aveva perdonato ma era stata una conseguenza ovvia.
Zoro non si era mai scusato per nulla, con nessuno, mai! Non per cattiveria, semplicemente lui non lo faceva, non era capace di formulare la parola 'scusa'. Se era in torto cercava di far capire in qualche maniera che era dispiaciuto, ma non lo ammetteva mai chiaramente. Regalarle il tulipano era già stata un'azione assolutamente non da lui e probabilmente gli ci era voluta una buona dose di forza di volontà per compierla. Proprio a causa di questi presupposti, Nami aveva messo in conto che non avrebbe mai ricevuto scuse esplicite da lui. Sapeva che non pensava quello che aveva detto. Era stata una cosa espressa senza pensare, per via del litigio, per il caldo, per l'irritazione e -deglutì piano- per la gelosia che era scattato in quel modo. Aveva creduto che si sarebbe adoperato con qualcosa di simile al tulipano, per questo non si era allontanata da lui quando Sanji era fuggito alla festa. L'aveva visto dispiaciuto, schiacciato dal senso di colpa e voleva concedergli la possibilità di scusarsi a modo suo, era certa che c'avrebbe provato.
Sentirlo formulare la parola tabù 'scusa' senza alcuna esitazione né ripensamento, era stato più di quanto le sue coronarie avrebbero potuto reggere. Come poteva non perdonarlo? Come poteva non amarlo ancora di più? Come poteva smettere di lottare per averlo accanto?
Zoro si girò piano verso di lei e il suo respiro le solleticò la guancia facendola rabbrividire. Fece finta di essere molto interessata al paesaggio quando il suo braccio si mosse, attaccandosi praticamente al suo e facendole venire la pelle d'oca. Dio, come si sentiva patetica. Come le era successo di ridursi così per un solo ragazzo? Rise internamente al pensiero e si morse una guancia, nemmeno vedeva cosa le passava davanti, la vista appannata, il cuore che accelerava la sua corsa sempre di più man mano che lo sentiva avvicinarsi a lei. Non si sarebbe spostata da lì neanche morta.
Nami, io...”
Lo sentì deglutire piano e si voltò istintivamente a guardarlo trovandoselo ad un palmo dal naso. Trattenne il fiato, sconvolta.
Era troppo vicino. Vedeva ogni ciglia, ogni segno della pelle, la leggera peluria sotto il mento, anche il minuscolo neo sul sopracciglio. Gli occhi socchiusi, la linea dritta del naso. La pienezza invitante delle labbra che si facevano sempre più vicine alle sue. Sempre più vicine. Il cuore che batteva incessante.
Non credeva a quello che stava succedendo. Era troppo bello per essere vero. Il cervello andò in stand-by e smise di respirare.
Tre centimetri... due... uno...
Una tenda venne spostata a forza inondando il cassone di luce.
Franky, per l'ultima volta... non fumo per il nervosismo, perché non sono vergine!!!”
Nami battè gli occhi bloccando il respiro a metà. Zoro era ormai praticamente su di lei ma si allontanò in un lampo come se si fosse scottato.
Entrambi deviarono rapidi gli sguardi verso la cabina di guida dalla quale Sanji si allontanava in gran carriera con un diavolo per capello.
Mi starà pure facendo un favore ma accidenti se è insistente quell'uomo!” proclamò a nessuno in particolare ricevendo risatine da Rufy e Robin poco lontano e occhiate indecifrabili dagli altri due.
Sanji si avvicinò incuriosito a Nami e Zoro, seduti accanto, che sembrava stessero per prendere fuoco. Entrambi rossi in viso, con gli occhi spalancati, il fiatone e terribilmente decisi a non guardare l'uno verso l'altro.
Notando di essere sotto esame, Nami prese a disegnare sul suo albo come una forsennata e Zoro incrociò le braccia dietro la testa, nell'evidente intenzione di schiacciare un pisolino. Sanji strinse gli occhi guardandoli con attenzione fingere normalità senza mai incrociare gli occhi con lui.
Quell'imbarazzo reciproco gli fece nascere un piccolo sospetto...
Ma io quello lo conosco!!”
Sanji distolse controvoglia lo sguardo da loro per puntarlo su Rufy poco più in là che stava ridendo come un matto indicando il cellulare di Robin.
Lo conosci?” gli ripeté la mora con un sopracciglio alzato, proprio come quello di Sanji.
Che prendeva a quei due ora?
Come fai a conoscerlo?” lo incalzò la mora.
Anche Nami e Zoro si azzardarono a guardare nella sua direzione sentendo quel tono sorpreso ed esitante. Fino a poco prima erano l'emblema della serenità, stavano guardando le foto di famiglia. Cos'era che aveva fatto scattare Rufy all'improvviso da farlo saltellare entusiasta sul posto, senza smettere di indicare il telefono della ragazza?
L'ho conosciuto a Marijoa qualche giorno fa!”
Robin sgranò gli occhi e per qualche motivo quello bastò a Sanji per interessarsi alla questione.
Rufy rise, ignaro di stare per lanciare una bomba su ciascuno di loro.
È il tipo con l'afro che ho incontrato nel bagno della stazione! E chi lo sapeva che era il cugino di Viola?”






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Capitolo 25
*** Dancing on my Own ***






Il sole bollente della tarda mattinata li accolse come Caronte sulle rive dello Stinge.
Se nel resto d'Europa avevano incontrato temperature oltre ogni umana concezione, Water Seven aveva il fantastico privilegio di essere allo stesso tempo sia calda che umida, ad un livello che non avevano ancora riscontrato in nessun altro paese. Con loro enorme gioia, i vestiti si appiccicarono alla pelle un nano secondo dopo essere scesi dal camion di Franky e a poco servirono gli ovvi consigli del camionista sul cercarsi presto un hotel con l'aria condizionata.
Sanji non l'avrebbe mai ammesso ma era segretamente felice di indossare una morbida maglietta di cotone invece del completo che aveva scelto in precedenza. Per lo meno si sentiva un po' meno cotto al vapore di quanto lo sarebbe stato in giacca!
Salutato nuovamente il camionista non persero tempo. C'era una donzella da trovare e, fortunatamente, Robin sapeva dove cercare.
Viola deve essere arrivata ieri sera, abbiamo tutto il tempo per riuscire a parlarle e convincerla.”
Sanji annuì deciso alla mora. Aveva preso sempre più fiducia da quando erano partiti da Dressrosa. Se avesse giocato bene le sue carte entro sera tutta quella storia si sarebbe finalmente conclusa!
Aumentò il passo seguendo Robin e Nami per le viuzze di quel paese sul mare. Franky e il suo camion non potevano avvicinarsi troppo al centro, i mezzi di grossa cilindrata erano banditi da lì e quindi li aveva lasciati poco fuori dalla città, facendosi però promettere di tenerlo informato sugli sviluppi. Rufy aveva entusiasticamente commentato che se fosse andata male gli avrebbe mandato un audio con i piagnistei di Sanji, il quale non aveva nemmeno aspettato che Franky se ne andasse e lo aveva pestato lì sul posto.
Nel frattempo, Robin e Nami avevano instaurato uno splendido rapporto.
Appena la allestiscono andrò a visitare la tua mostra!”
E io voglio le foto delle sculture che hai preparato per quel parco!”
Il biondo sorrise guardando il loro affiatamento, aveva erroneamente pensato che non si sarebbero mai piaciute, invece era felice di essersi sbagliato. Era bello vederle chiacchierare di tutto e di più mentre facevano strada agli altri, evitando che si perdessero tra quelle stradine tutte uguali, così strette e prese d'assalto dai piccioni. Sanji aveva sentito Franky chiamarle calle, nome simpatico per indicare delle vie minuscole dove quasi non vedevi il cielo da quanto erano alti i palazzi.
Ci vollero appena quindici minuti di cammino prima che Robin riconoscesse un elegante albergo in lontananza e lo indicasse come quello dove soggiornava Viola.
Nami guardò la cartina. “Si, è proprio lui!”
Tutti si voltarono verso Sanji, sorridendo furbescamente.
Siamo arrivati torcigliolo!” commentò Zoro con un ghigno.
A Sanji tremarono le ginocchia per un attimo, ma col cavolo che avrebbe permesso all'ansia di avere la meglio sulla buona riuscita del piano! Se fosse andata male nessuno avrebbe potuto dire che non c'aveva almeno provato!
Annuì partecipativo, un uomo in missione!
Rufy molleggiò sulle gambe, incapace di stare fermo. “Non vedo l'ora di rivedere Brook!”
Nami si lasciò sfuggire un gemito. “Non lo dire, ti prego... se penso che avremmo potuto far finire questo viaggio ancora a Marijoa mi viene da piangere!” mormorò riprendendo il passo con gli altri mentre Rufy e Robin ridacchiavano. “Mi sarei risparmiata le occhiaie...”
Zoro la affiancò sinceramente curioso. “Io non vedo occhiaie...”
Nami rise. “Si, invece! Hanno le dimensioni di due valigie!”
Lui negò forte col capo. “Ti sbagli, sei bella come sempre.”
Il commento gli uscì spontaneo dalle labbra, neanche se ne accorse, purtroppo il resto del gruppo si. Nami arrossì violentemente e abbassò lo sguardo, gli altri semplicemente strabuzzarono gli occhi, tranne Sanji che aveva la faccia di un gatto che aveva appena mangiato un canarino.
Zoro diventò bordeaux all'istante quando se ne rese conto. “Oh, piantatela di guardarmi!” esclamò iroso non appena riuscì a mettere insieme due parole.
Rufy e Robin ripresero il cammino ma non smisero di ridere, anzi lui ne approfittò per scattare una foto a tradimento, decantandola come testimone ufficiale di un momento memorabile. Sanji li superò col sorriso che andava da orecchio a orecchio e lasciò Zoro nelle retrovie con Nami che aveva rallentato il passo per evitare di incrociare altri sguardi, che sarebbe stato come dare il via alle domande, quindi un suicidio.
Zoro sbuffò e la guardò con la coda dell'occhio. Non aveva mentito, Nami si meritava ogni tipo di complimento, da lui e da chiunque. Purtroppo, non era ancora molto avvezzo a farne, soprattutto davanti ad altri, ma lei sembrava renderglielo così facile.
Biscotto?”
Nami alzò il viso e annuì con un sorriso timido, prendendone uno dal pacchettino che lui le porgeva.
Zoro ghignò sicuro, non era affatto pentito.
Ci siamo!”
L'elegante albergo era più grande di quanto sembrasse e incombeva imponente davanti a loro. Sanji non si perse d'animo, proseguì a passo di marcia verso l'ingresso.
Oltrepassarono la bellissima hall con i suoi camerieri in divisa e i clienti che si apprestavano ad uscire per la visita alla città. Ovunque girassero lo sguardo c'erano tappeti persiani, arazzi ottocenteschi, tende ricamate, divani e poltrone imponenti e tutto gridava forte e chiaro 'rompimi e dovrai lavorare il resto della tua vita per risarcirmi'.
Sanji non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi un po' intimorito per quello sfarzo, troppo impegnato a cercare la portineria. La trovò in pochi secondi e ci si fiondò a tempo di record.
Il concierge era un giovane di nemmeno trent'anni e li accolse con un sorriso. “Buongiorno e benvenuti al Capit-”
Si, si, non importa, grazie!” Sanji gli agitò una mano davanti al viso e quello lo guardò stranito per essere stato interrotto. “Devo sapere in quale camera alloggia la signorina Viola Cortes. Deve essere arrivata ieri sera, la prego, è urgente!”
L'uomo assunse un'aria altezzosa. “Mi dispiace, signore. Non è permesso dare questo genere di informazioni sugli ospiti. Capirà che è la pras-”
Non me ne frega niente che sono le regole!” irritato Sanji batte un pugno sul bancone attirando molti sguardi e facendo accigliare l'uomo.
Nami si affrettò ad afferrargli un braccio e a spingerlo indietro, era meglio non inimicarsi l'unico che poteva dar loro quell'informazione. Robin colse al volo la sua occhiata e prese il posto del biondo.
Salve, scusi i modi poco ortodossi del nostro amico. Abbiamo fatto un lungo viaggio solo per raggiungere la nostra amica Viola. Vorremmo farle una sorpresa, per questo motivo avremmo bisogno di sapere in quale stanza si trova.” mormorò con un tono mellifluo che ammaliò tutta la fauna maschile presente e Nami annuì sorridente. Robin si che sapeva il fatto suo, fu felice di averla con loro.
L'uomo alla receptionist rimase colpito più di tutti. Inciampò sulle sue stesse parole e balbettando riuscì a dire solo che la signorina era uscita per una visita della città quella mattina presto e non sarebbe tornata prima di sera.
Sanji stramazzò al suolo. “Come è uscita?” ululò dal pavimento.
Potremo aspettarli...” esclamò Rufy poco convinto, al ché Sanji lo guardò in cagnesco.
No! Non mi sono fatto coraggio per niente! Questa storia deve finire ora!”
Zoro si passò stancamente una mano dietro la nuca. Quella caccia al tesoro stava diventando sempre più assurda.
Robin non si perse d'animo, si incurvò maggiormente sul bancone e batté le lunghe ciglia sfoderando il suo sorriso più seducente. “Io sono certa che lei sa dove si sono diretti. Non è forse così?” sussurrò suadente.
Il suo profumo circondò l'uomo che socchiuse gli occhi assuefatto. Dio, avrebbe fatto qualsiasi cosa per una donna come quella!
Beh...” iniziò e Robin lo guardò con enorme interesse. Rufy invece lo fissò come se volesse squartarlo.
Quello si fece coraggio. “Prima di uscire li ho sentiti dire che avrebbero visitato la piazza principale e magari fatto un giro su uno dei nostri Yagara Bull!! Sono una fantastica attrazione, ti portano in giro per i canali e-”
Grazie!” Sanji lo abbracciò d'istinto e, prima che l'altro potesse inorridire, l'aveva già lasciato e guardava gli altri con rinnovato vigore. “Alla piazza principale!” urlò nell'ingresso con un dito al cielo. Nami fece appena in tempo a spostarsi dalla sua traiettoria che schizzò veloce verso la porta e sparì in pochi secondi per le vie.
Robin scoccò una languida occhiata al concierge mandandogli un bacio come ringraziamento e lui stramazzò definitivamente al suolo per l'emozione.
Zoro era a bocca aperta. “Pazzesco quanto somigli a Rufy questa donna...”
Nami ridacchiò guardandola raggiungere suo fratello, che teneva il broncio e dargli un affettuoso bacio sul naso. Lui si calmò solo dopo averla baciata a sua volta, era inutile pure che fingesse di possedere una sorta di volontà personale se lei era nei paraggi.
Si voltò sorridente verso Zoro. “Dai, andiamo. È meglio che mi resti appiccicato se non vuoi perderti!” esclamò prendendolo per mano e spingendolo fuori.
Lui non ci pensò nemmeno ad inveirle contro, un sorriso idiota stampato in faccia.

*

Sanji si trovò davanti l'ennesimo muro e urlò per il nervoso.
Dove accidenti è la piazza principale????”
Dio, in quel momento capiva perfettamente come dovesse sentirsi sempre il marimo.
Imboccò a caso un'altra via. Questa sarebbe stata quella giusta, ne era sicuro!

*

Bene, eccoci qui. La piazza era proprio dietro l'angolo!”
Felicissimo, Rufy sfuggì dal gruppo per raggiungere un venditore di mangimi per piccioni. Robin lo seguì con un sorriso dolce, ammirando gli splendidi palazzi che li circondavano.
La piazza era senza dubbio una tra le più belle mai viste. Avevano il mare ad appena pochi passi, c'erano navi e battelli in lontananza e un piccolo ormeggio dove giocavano un paio di quei simpatici animaletti di cui parlava il portiere. Stavano visibilmente aspettando l'arrivo di potenziali clienti insieme ai propri cocchieri che chiacchieravano qualche passo più in là e nel mentre si rincorrevano tra gli schizzi. Erano davvero splendidi!
Frotte di turisti passeggiavano tra le bancarelle del mercato e le campane suonavano mezzogiorno mentre stormi di piccioni affamati volavano sopra le loro teste.
Quella città era meravigliosamente vivace.
Non c'abbiamo messo molto...” commentò Zoro con un ghigno.
Ovviamente!” esclamò Nami indicando le loro mani ancora intrecciate. “Se non ti ci avessi portato io col cavolo che saresti arrivato prima di sera!”
Lui ridacchiò. “Allora dovresti accompagnarmi in giro più spesso, ragazzina.”
Nami arrossì appena ma sorrise furba.
Rufy li raggiunse in poche falcate facendo fotografie a qualsiasi cosa, sprizzando energia da tutti i pori. “Non vedo l'ora di provare la cucina italiana!”
Io il vino!” diede man forte il verde.
Robin si avvicinò a Nami con le sopracciglia aggrottate. “Ma Sanji non dovrebbe già essere qui?”

*

La piazza era gremita di turisti e ambulanti.
Avevano già preso qualche souvenir nel mercato vicino all'hotel ma quei monili di vetro così caratteristici avevano attirato Kaya. Nessuno era riuscito a dirle di no e si erano fermati anche davanti a quella bancarella, nonostante fossero già in ritardo sulla tabella di marcia.
Viola si passò un fazzolettino sulla nuca. Il sole di mezzogiorno batteva incessante sulle loro teste ma lei sembrava l'unica a sentirne gli effetti.
Si mise all'ombra di un lungo muro con un sospiro di sollievo, senza smettere di scandagliare la folla con occhi annoiati.
Erano arrivati la sera prima ed era impaziente di visitare qualche luogo ma finora avevano fatto ben poco, complice la passione dei suoi parenti per le cianfrusaglie.
Usop esaminava allegramente ogni oggetto che la sua ragazza gli passava dalla bancarella. Erano arrivati alla svolta, indecisi solo tra una ranocchia verde e un cavallo giallo.
Viola alzò gli occhi al cielo. Non comprendeva perché ci volesse tutto quel tempo per capire quale soprammobile di vetro fosse meglio comprare, ma si limitava ad attendere con pazienza.
Brook, d'altro canto, sembrava preda di un dilemma etico. Quel sombrero variopinto avrebbe stonato con l'afro? Viola preferì soprassedere quella domanda.
Erano vicini agli ormeggi degli Yagara Bull e sperava di riuscire a farci un giro prima che la temperatura si alzasse troppo. Non era al massimo della forma e il caldo non aiutava, voleva tornare in hotel a riposare ma ci teneva a fare il giro della città su quegli animali, le ispiravano un sacco di simpatia, oltre ad essere una delle attrazioni più consigliate.
Una risata sguaiata le fece rimettere gli occhi sui cugini e, dopo un iniziale momento di panico, dovette obbligarsi a trattenere le risate. Brook era rimasto vittima di un gruppetto di piccioni che avevano stabilito in massa di usare i suoi capelli come nido. Lui cercava di scacciarli correndo avanti e indietro ma quelli non si volevano staccare dalla sua testa. Usop era crollato subito e anche parecchi tra abitanti e turisti stavano seguendo il suo esempio, rotolandosi a terra nel tentativo di frenare le risate. L'unica che cercava di aiutare il povero ragazzo era Kaya, ma anche lei faticava a trattenere il sorriso.
Viola sospirò divertita lanciando un'occhiata agli Yagara ormeggiati -avrebbero dovuto aspettare ancora qualche minuto- e si avviò verso il cugino afferrando una bottiglia piena d'acqua dallo zaino. Brook non ne sarebbe stato contento ma a mali estremi, estremi rimedi.

*

All'ennesima ingiuria, Sanji chiese scusa di nuovo senza nemmeno arrestare la corsa. Quei vicoli erano tutti uguali, come poteva sapere che certi erano proprietà privata??
Scansò all'ultimo un carrettino di frutta e verdura che sostava davanti al negozio e bestemmiò in turco contro se stesso. Perché accidenti non trovava quella dannata piazza? Aveva chiesto a più persone e tutte davano risposte contrastanti. Non aveva nemmeno un cellulare per contattare gli altri...
Iniziava a perdere le speranze, ma il pensiero di Viola a pochi passi era un utile promemoria.
Strinse i denti e si rifiutò di arrendersi. Ancora uno svincolo, solo uno.
L'avrebbe trovata!

*

Nico Robin scandagliò attentamente la folla che passeggiava davanti ai suoi occhi, decisa a non farsi sfuggire nessuno. Viola doveva essere lì da qualche parte, ma non riusciva a vedere né lei, né i cugini.
Nami, al suo fianco, era impegnata nella stessa infruttuosa ricerca. Quanto poteva essere difficile che un tizio con un gigantesco afro e uno con un nasone potessero passare inosservati davanti a loro?
Si guardarono con un cipiglio sconsolato. Non c'era traccia nemmeno di Sanji.
Torcigliolo non si è più fatto vivo?”
Come se le avesse letto nel pensiero, Nami negò col capo e si voltò verso Zoro che era appena tornato da loro con Rufy dopo essere andati a comprare dei panini.
Era quasi l'una e tutti avevano deciso di comune accordo che a stomaco pieno si ragionava meglio e il loro era clamorosamente vuoto dalla sera prima, se si escludevano i pochi biscotti che Franky aveva gentilmente ceduto.
Mi da sui nervi che sia partito così allo sbaraglio senza nemmeno chiedere un cellulare in prestito!” Nami addentò nervosamente il suo panino, senza staccare gli occhi dalla folla. “Almeno potremmo capire dove accidenti si è cacciato!”
Robin fece una smorfia. “Dovremmo anche rintracciare Viola, sperando che sia ancora qui. Ma è inutile che provi a contattarla al telefono se il motivo per cui la chiamo non è qui con noi!” commentò pratica.
Gli altri non poterono che essere d'accordo.
Il solito sopracciglio idiota...” mormorò Zoro.
Nami sbuffò seccamente, avviandosi in gran carriera verso la fontana al centro della piazza. “Sono stanca di stare sotto il sole senza combinare niente.” sbottò quando fu certa di sentirli muovere dietro di sé.
Laggiù c'è ombra ed è una posizione perfetta per vedere contemporaneamente il porto, la folla e anche le varie viuzze. Qualcuno di loro ci passerà pur davanti prima o poi!”





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Capitolo 26
*** Running ***


Rufy mise le mani avanti allargando il sorriso.
Ok, adesso sono Sanji!” socchiuse gli occhi in una posa maliziosa, modulando la voce “Ehi bellezza, come mai qui tutta sola?”
Robin ridacchiò sommessamente mentre Nami si limitò a guardarlo seccata prima di distogliere lo sguardo.
Rufy se ne accorse e ammiccò verso sua sorella. “Nami-swaaaan!!!” esclamò tentando di abbracciarla con un salto e fallendo miseramente.
Nami rinfoderò il pugno squadrandolo dall'alto con sufficienza esasperata. “Piantala con le imitazioni Rufy! Ci fai solo perdere tempo, aiutaci a trovarlo piuttosto!”
Robin lo aiutò a disincagliare la faccia dal cemento.
Nami si passò una mano sul viso. “Robin, sono stanca. Che ne dici di provare a contattare almeno Viola? Sanji sembra essersi volatilizzato!”
La mora spolverò la camicia di Rufy dalla polvere, con noncuranza. “Ci ho provato poco fa, quando ho capito perché il vostro amico ha avuto bisogno di farsi accompagnare in questo viaggio da almeno altre tre persone.”
Nami la guardò in attesa. “E quindi?”
Robin sorrise serafica. “Ha il telefono spento.”
L'altra si lasciò sfuggire un gemito di nervoso.
Purtroppo non ho i numeri dei suoi cugini...” concluse con un'alzata di spalle.
Uffa, Nami! Viola non è rintracciabile e Sanji è quasi mezz'ora che lo aspettiamo! Quelle viuzze sono un labirinto, potrebbe anche non trovare mai la piazza!” esclamò Rufy massaggiandosi la guancia dove era stato colpito. “Potremmo dover restare qui una vita, almeno io cerco di tenere alto il morale!” commentò ancora piccato per il poco senso dell'umorismo della sorella.
Robin gli rivolse un sorriso dolce. “Ci stai riuscendo, almeno con me.”
Lui la guardò innamorato. “Per fortuna ci sei tu...”
Si, d'accordo! Robin è un angelo e io sono la sorella cattiva!” sbuffò Nami tornando con gli occhi sulla piazza e ignorando volutamente le loro moine. Tanto nemmeno l'ascoltavano più.
Sbuffò e sbuffò di nuovo. Ormai non faceva altro da mezz'ora.
Aveva maledetto Sanji almeno una quarantina di volte da quando si erano seduti all'ombra di quella fontana ma la cosa non riusciva a farla sentire meglio. Ora doveva maledire pure la sua fiamma che nel ventunesimo secolo teneva il cellulare spento!
Il loro amico non si vedeva, Viola idem, la folla non accennava a diradarsi, Rufy faceva l'idiota e lei aveva bisogno una buona dose di calmanti. Una volta terminato quel viaggio avrebbe dovuto cercarsi uno psicologo che potesse guarirla dagli stati d'ansia.
Che poi, perché si preoccupava tanto?? Era l'unica a farlo! Zoro dormiva, Rufy e Robin sussurravano sdolcinatezze tra loro. Perché accidenti lei era l'unica che sembrava tenere alla faccenda?? Non era affatto giusto e si era stufata!
Strinse i pugni, indispettita e tirò fuori il suo albo da disegno, decisa a distrarsi. Se potevano farlo gli altri, ne aveva tutto il diritto anche lei!
Nel rimuoverlo dallo zaino, toccò distrattamente un braccio del bell'addormentato che si svegliò di soprassalto.
Che succede? Avete trovato torcigliolo?” le chiese Zoro confuso, guardandola aprire il blocco con uno scatto teso e cercando di trattenere uno sbadiglio.
Nami sbuffò per l'ennesima volta. “No...” commentò asciutta senza staccare gli occhi dal foglio bianco.
Zoro si rimise seduto guardandosi attorno, il sonno ormai rotto. “Nessuna notizia nemmeno di Viola, immagino...”
Immagini bene.”
Lui annuì e la guardò con la coda dell'occhio. Nami era irritata, lo notava dagli scatti nervosi con cui tracciava le linee sul foglio, la matita che correva aggressiva e opprimente sulla carta.
La capiva, anche lui non vedeva l'ora di mettere la parola fine su tutta quella ridicola vicenda, ma per farlo occorreva che Sanji per lo meno raggiungesse la piazza e sembrava essere diventata un'utopia.
Nami disegnava come una forsennata e lui non si azzardò a farle notare che se continuava così avrebbe bucato il foglio, preferiva fosse lui a subire la sua ira al posto suo. Però sapeva anche che lei ci teneva a quell'albo e aveva notato che c'erano due disegni già completi sotto a quello che stava distruggendo ma sembrava che non se ne fosse nemmeno accorta. Senza riflettere, rischiò la vita di sua iniziativa e le mise le mani a coppa sul foglio, fermando la matita. Nami lo guardò allargando gli occhi e lui ne approfittò per sfilarle gentilmente l'albo dalle mani. Sorrise quando vide che non opponeva resistenza.
Stai tranquilla, Sanji arriverà prima o poi. Vedrai che risolveremo la cosa e torneremo a casa senza più drammi.” esclamò cercando di suonare incoraggiante.
Nami chiuse gli occhi annuendo e gli provocò un'appagante senso di soddisfazione vederla dargli retta senza lamentele.
Riposati un po', resto io di guardia.”
Nami appoggiò la testa contro la base della fontana mettendo in pratica all'istante il consiglio.
Zoro ghignò soddisfatto e si sistemò meglio guardando avanti a sé. Non passarono più di due minuti prima di capire che era un lavoro di ricerca estremamente noioso. Come avesse fatto Nami a non addormentarsi fino a quel momento per lui era un mistero.
Sbadigliò piano per evitare di farsi sentire. Nami teneva ancora gli occhi chiusi ma non dormiva, sapeva che stava solo cercando di calmare i nervi e non voleva darle fastidio.
La folla era sempre la stessa, nessun ciuffo biondo, né sopracciglia arcuate all'orizzonte. La noia era assoluta, almeno fino a che l'occhio non gli cadde sull'albo che ancora teneva in grembo.
Guardò Nami di sottecchi, appurando che aveva ancora gli occhi chiusi e non riuscì a trattenersi. Lo sfogliò piano, cercando gli unici disegni presenti che aveva intravisto poco prima e si lasciò sfuggire un sorrisino quando li trovò. Erano quattro in totale e nessuno ritraeva paesaggio o monumenti. Erano ritratti. Fatti a carboncino o a matita e magistrali, come tutto quello che la riguardava.
Rufy, Franky e Robin che ridevano insieme seduti sul camion. Loro quattro attorno al falò quella notte passata nel bosco in Belgio. Sanji che leggeva le lettere di Viola in treno mentre lui e Rufy giocavano a carte. E poi...
Zoro si bloccò sull'ultimo.
Le lanciò un'altra occhiata per essere certo di non venire beccato in flagrante. Nami era ancora immersa nel suo momento di relax, troppo impegnata per accorgersi di quello che lui aveva scoperto.
Zoro riportò gli occhi sul disegno. C'era solo una persona ritratta su quel foglio ed era lui. Lui addormentato su una poltrona. Riconobbe al volo la circostanza, era quel pomeriggio a Punk Hazard, poco prima della festa a casa di Perona. Ricordava di aver schiacciato un sonnellino nel suo salotto ma non si era accorto che Nami lo avesse ritratto. Sentì il cuore accelerare mentre osservava sé stesso disegnato sulla carta.
Sapeva già che la sua amica aveva un dono e tutti i ritratti ne erano un esempio calzante, ma in quello c'era qualcosa di diverso. Era l'unico protagonista e il tratto a matita sembrava più curato, meno frettoloso, più concentrato sui dettagli. Si era soffermata molto di più sui particolari del suo viso che su qualsiasi altro aspetto. Si stupì nel vedere come fosse stata capace di riprodurre con precisione il taglio degli occhi chiusi, le spalle rilassate, il profilo del naso e le labbra socchiuse. Queste ultime le aveva disegnate piene e rosa e, se non fosse che stava guardando se stesso e la cosa era piuttosto strana, avrebbe detto che sembravano le classiche labbra invitanti da baciare.
Arrossì rendendosi conto che forse era esattamente quella l'idea che voleva trasmettere. Tutto nel suo ritratto gridava a gran voce quanto fosse stata meticolosa nel cercare di riprodurre ogni minuscola sfumatura, ogni piega, ogni piccola imperfezione o espressione facesse il suo viso o il suo corpo, per creare quello che sembrava essere il suo lavoro migliore. Era stata capace di trasformare ogni suo più piccolo difetto in un quadro armonico e, a differenza di quello che vedeva quando si guardava allo specchio, Zoro si rese conto che quel ritratto era perfetto.
Rimase senza fiato nel realizzare che era così che lei lo vedeva. Si stava guardando attraverso i suoi occhi e il solo pensiero di essere visto da Nami in quel modo, rischiò di fargli scoppiare il cuore.
La sentì muoversi accanto a sé e chiuse repentinamente l'albo.
Sentiva di aver oltrepassato una sorta di linea immaginaria e preferì tenerla allo scuro della sua scoperta, almeno fino a che non sarebbe riuscito a mettere a tacere quel dannato cuore che pompava come se fossero stati i suoi ultimi istanti di vita.
Nami aprì gli occhi e li incrociò con i suoi. “Novità?”
Zoro la guardò confuso, prima di ricordare. “Ah, Sanji!” sorrise tentando di non farle capire che si era già distratto con ben altro che la ricerca infruttuosa dell'amico. “Eh, no. Nessuno in vista.” mormorò convinto.
Nami annuì, poco sorpresa.
Ragazzi, io vado al chiosco a prendere degli altri panini, ne volete?”
Rufy si parò davanti a loro con un gran sorriso che fece accigliare Nami.
Ancora?”
Lui mise il broncio. “Ho fame, Nami! E anche Robin ne vuole un altro!”
Zoro ridacchiò. “Si, prendine anche per noi.” esclamò prima di incrociare lo sguardo inquisitorio della rossa e risponderle con un alzata di spalle. “Le ricerche fanno venire fame.”
Lei alzò gli occhi al cielo guardando il fratello avviarsi al chioschetto felicissimo.
Non è colpa di Rufy se Sanji è un idiota.”
Nami sospirò. “Lo so ma di questo passo non ci rimarranno più i soldi per i biglietti aerei...” commentò divertita dando due generose sorsate alla sua bottiglietta d'acqua. In fin dei conti, capiva suo fratello. Era una noia mortale aspettare senza fare nulla, accidenti a Sanji!
Zoro si voltò a guardarla.
Che c'è?” chiese notando il suo sguardo fisso.
Niente...” rispose con un sorriso che la fece arrossire.
Non mi sembra non ci sia niente...” sussurrò dubbiosa.
Lui scrollò le spalle. “Beh, stavo pensando... mi dispiacerà un po' lasciare l'Europa.”
Nami sorrise. “Si, lo capisco.”
Zoro si grattò una guancia. “Sono successe talmente tante cose... è pazzesco se penso che solo due settimane fa non saremmo mai riusciti a rimanere seduti vicini così a lungo...” sorrise al suo piccolo cenno.
Sapevano bene entrambi che non avevano ancora affrontato quel discorso. Ci avevano pure provato un paio di volte ma non erano mai riusciti a superare l'imbarazzo. Aleggiava su di loro incombente e minaccioso da giorni e sapevano che avrebbero dovuto parlarne prima o poi. Era una ferita che doveva essere sanata, non si poteva semplicemente fare finta di non essersi odiati per tanti anni. Sembrava non fosse mai il momento giusto per parlarne e Nami si era chiesta diverse volte se ci sarebbe mai stato un momento giusto.
Quello di sicuro non lo era, però Zoro pareva non pensarla così.
Lo guardò avvicinarsi un po' di più facendo finta di nulla e lei rimase immobile a fiato corto. Una piccola parte del suo cervello che le faceva notare come si fosse già fin troppo addentrato all'interno del suo sacro spazio vitale.
Ci siamo voluti male per troppo tempo.” commentò lui sottovoce.
Nami non era in grado di dire nulla, annuì semplicemente, il cuore in gola.
E sono stanco.”
Nami sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte sulle tempie. “Zoro, non credo che sia...”
C'è qualcosa in sospeso tra di noi.”
Nami trattenne il respiro, era troppo vicino per poter dire o fare qualcosa di sensato. Non riusciva a pensare ad altro che a quelle labbra che si avvicinavano sempre di più.
Quello che era quasi accaduto sul camion prima che Sanji li interrompesse le aveva fatto riesaminare tutto quello che pensava di sapere di lui. Ormai poteva dirsi certa di non essergli per nulla indifferente. Si era ritrovata le gambe di gelatina al pensiero di averlo quasi baciato, ora nemmeno le sentiva mentre lui era ad un battito da lei. Forse avrebbe dovuto dirgli che era difficile riuscire a parlare del loro rapporto se le stava a due centimetri dal viso, ma fermarlo era diventato l'ultimo dei suoi pensieri. Potevano parlare dopo aver assaggiato quella bocca invitante che si avvicinava. Era a due centimetri, potevano senz'altro discutere di ogni cosa più tardi!
Un centimetro... e socchiuse gli occhi. Poteva anche sparire il mondo.
Lo sentì sfiorarla e per un attimo tutto sparì davvero.
Almeno fino a che un urlo perforante non gli fece perdere vent'anni di vita, interrompendo per la seconda tragica volta il sogno della sua vita.
RAGAZZI!!!! SONO LOROOOOO!!!!”
Nami deglutì portando una mano al cuore che correva come un forsennato, cercando di identificare suo fratello in mezzo al marasma della folla.
Sentì Robin oltrepassarla e la seguì con lo sguardo.
Rufy era vicino al chiosco con in mano dei panini e li agitava come un ossesso verso il piccolo molo.
Quello è Brook!!!” urlò indicando un punto in lontananza.
Nami si alzò in piedi, imitata da Zoro e entrambi aguzzarono la vista. Il sole era accecante ma l'inconfondibile afro nero del cugino di Viola si stagliava imponente a pochi metri da loro.
Ormai dimentica di quello che era quasi accaduto, Nami cercò frenetica anche il resto dei suoi compagni e individuò immediatamente Viola. Le sembrò quasi un miraggio per un attimo ma era tutto vero. L'avevano trovata davvero, era lei!
Raggiunse Robin in poche falcate, tallonata da Zoro. Rufy era già schizzato verso il gruppetto che si apprestava a salire su uno degli Yagara.
Nami sudò freddo e rifletté rapidamente. Sanji ancora non si vedeva e loro stavano per prendere il mare, non aveva idea di quando sarebbero riusciti a recuperarli.
In mezzo secondo decise cosa fare. Si scambiò un'occhiata d'intesa con Robin che stava già correndo verso la sua amica e si apprestò a fare altrettanto, quando una grossa mano la prese per il braccio e le impedì di muoversi. Si voltò di scatto trovandosi davanti un omone enorme che la guardava con gli occhi iniettati di sangue.
Dove pensate di andare??”
Nami batté gli occhi. “Che cosa?” chiese affannata cercando di liberarsi. Viola stava per andarsene, dovevano muoversi!
Lui strinse gli occhi. “Non fate i finti tonti! Vi ho visti con il nanerottolo! Quei panini che ha preso me li dovete pagare!!”
Nami non fece in tempo a sgranare gli occhi che Zoro assestò una poderosa spinta all'uomo che cadde malamente di lato mollando la presa su di lei.
Mi scusi ma ora non abbiamo tempo per questo!” si scusò urlando, afferrando Nami per un braccio e spingendola avanti facendosi largo tra la folla.
Farabutti!!”
Nami si voltò appena, sinceramente dispiaciuta. “Ci scusi! Torneremo più tardi a pagare, glielo garantisco!”
Quello però sembrò non averla sentita, o semplicemente non le credette, perché si alzò da terra doppiamente irritato e prese a correr loro dietro urlando un'oscenità dopo l'altra, attirando l'attenzione di numerose persone.
Nami aumentò la corsa con il cuore che batteva forte e la voglia di riempire Rufy di sberle, facendo strada a Zoro per evitare di perderlo. Lei nemmeno lo voleva il panino!
Non c'erano più Yagara ormeggiati al molo quando finalmente ci arrivarono e di Viola, Rufy o Robin nessuna traccia.
Di là!” ansimò Zoro, indicando il marciapiede affollato dove intravide suo fratello e Robin correre lungo il fiume urlando qualcosa verso l'acqua. Nami seguì i loro sguardi e li vide il secondo successivo. Viola e i cugini erano saliti su uno degli Yagara e stavano costeggiando la piazza per poi prendere il largo. Non avevano molto tempo, lo sbocco verso il mare era poche decine di metri più avanti, poi non sarebbero più stati a portata d'orecchi per chissà quanto.
Si voltò indietro vedendo l'uomo del chiosco che li seguiva instancabile, ma per Nami era già diventata una questione di principio. Erano lì per trovare Viola, ci avevano messo una vita ed ora era là davanti a loro! Non se la sarebbero lasciata sfuggire così! E poi quell'energumeno doveva pagarlo Rufy, col cavolo che sborsava ancora per lui!
Riprese a correre cercando di raggiungere il fratello, che a sua volta tallonava Viola tentando di farsi sentire nel caos.
Ancora non aveva capito come riuscivano sempre a ficcarsi in certe situazioni ma -cascasse il mondo- le cose sarebbero finite quel giorno!

*


Con il morale un po' più sollevato, Sanji svoltò dopo la quinta colonna, come gli era stato detto da quei due palloni gonfiati del ristorante che se ne stavano fuori a fumare. Già si sentiva ridicolo, quelli lo avevano pure schernito parecchio dopo aver capito che era quasi un'ora che cercava la piazza principale senza rendersi conto di averla appena dietro l'angolo.
Sanji aveva ingerito la bile insieme a tutte le imprecazioni che aveva dovuto trattenere per avere quella vitale informazione e ormai avrebbe dovuto esserci.
Svoltò di nuovo, stanco morto ma deciso ad andare fino infondo. Si ritrovò in una viuzza costeggiata da un fiumiciattolo e si ricordò che era un buon segno. Gli era stato detto che bastava seguirlo in direzione nord e si sarebbe trovato la piazza davanti in pochi minuti.
Aumentò l'andatura, galvanizzato, schivando la folla che iniziava a formarsi davanti a lui man mano che si faceva largo. Anche tutta quella gente era un buon segno, decise. Tanti turisti volevano dire che il suo obiettivo era più vicino.
Senza rallentare superò un gruppetto di anziani chiacchieroni e proseguì dritto verso la sua meta sorridendo.
All'iniziò nemmeno lo notò. Si era trattato solo di un colpo d'occhio, di un'immagine fugace che gli era passata accanto in velocità, veleggiando sul fiumiciattolo che stava seguendo, ma l'aveva fatto vacillare per un attimo e decelerare.
La parte predominante del suo cervello gli disse di smettere di perdere tempo che il suo obiettivo era davanti a lui, la piazza si vedeva bene in lontananza. Eppure quell'immagine gli era sembrata familiare...
Frenò del tutto la corsa, voltandosi verso il fiume, preda dei dubbi, in ansia senza nemmeno capire perché. La piazza era a pochi metri, perché lo stava facendo?
La risposta se la trovò davanti non appena riuscì a mettere a fuoco quell'immagine fugace.
Uno degli Yagara di cui aveva parlato il counsierge dell'albergo. Però non era l'animaletto in sé ad aver attirato la sua attenzione, ma la persona che aveva in groppa.
Sanji sgranò gli occhi incredulo nel riconoscere Viola nella ragazza seria che veleggiava sul fiume, diretta in mare aperto.
Gli ci volle qualche secondo per realizzarlo e ci pensò il cuore che batteva nelle tempie a farlo rinsavire dallo shock.
Viola!!!”
Provò a chiamarla con tutto il fiato che gli era rimasto dopo la corsa, facendo subito dietrofront e correndo a ritroso, scansando la folla. Erano già molto lontani, non li avrebbe mai raggiunti!
VIOLA!!!”
Lei non si voltava, non lo sentiva e il mare si faceva sempre più vicino. Sanji aumentò l'andatura, i polmoni in fiamme ma non si sarebbe arreso, non ora che l'aveva trovata!
Si schiantò contro un banchetto di frutta e verdura che sostava vicino alla banchina, ribaltandolo con tutta la merce e rischiando a sua volta di cadere a terra. Il fracasso che fece attirò fin troppi sguardi e nonostante il dolore al fianco per l'urto e il senso di colpa per il danno, la sua priorità era ancora un'altra. Tentò il tutto per tutto. “VIOLAAAAA!!!”
Forse fu l'insieme di cose, il rumore della bancarella, gli urli del commerciante, il brusio della folla attorno a lui, ma questa volta il suo urlo non passò inosservato.
Il proprietario lo prese per il bavero lanciandogli ogni sorta di ingiurie ma Sanji non aveva occhi che per lo Yagara in lontananza.
Viola non era più seduta fissando l'acqua davanti a sé. Era in piedi, si era voltata curiosa verso di lui e l'aveva sentito.
Pur rischiando fisicamente grosso -quel commerciante aveva le braccia più grosse di Franky- Sanji esultò dentro di sé.
Cercò di divincolarsi dall'omone gridando ancora, doveva farle capire che era lì!
L'uomo gli mollò la maglia, preso in contropiede per lo spavento e Sanji ne approfittò per riprendere la corsa, scusandosi silenziosamente per quello che aveva combinato, ma internamente entusiasta. Viola lo aveva visto!!
Riuscì a guadagnare un po' di terreno anche se ormai era del tutto stremato.
Viola era a pochi metri, al centro del fiume e lo guardava sconvolta. Doveva parlarle, doveva farla scendere da lì!
Viola, ti prego torna indietro!! Devo parlarti!!”
Non era sicuro che riuscisse a sentirlo, la sua espressione non era virata di una virgola, continuava solo a fissarlo incredula.
Scansò un altro gruppo di turisti, cercando di riprendere fiato, quando sentì dietro di sé il suo nome urlato ai quattro venti. Sgranò gli occhi alla vista di quello che si trovò alle spalle e rischiò nuovamente di sbattere contro una delle bancarelle ma riuscì a frenare in tempo.
Dietro di lui c'erano Nami e Zoro che correvano come avessero avuto il diavolo alle calcagna. Era stata lei a chiamarlo, avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille.
Ragazzi, l'ho trovata!!!” riuscì solo a dire, felicissimo ma con i polmoni in fiamme.
Correre tre volte a settimana a quanto pareva non bastava per sentirsi allenato, avrebbe dovuto intensificare.
Nami gli si affiancò, bloccando Zoro prima che svoltasse per una via laterale. Sembravano entrambi esausti. “Lo sappiamo! È dalla piazza che la seguiamo!!” urlò aspra. “Per colpa di quel babbeo...” e indicò dietro di sé. “...siamo pure in un bel casino!”
Per la seconda volta, Sanji dimenticò la sua priorità e si voltò. Sperava che le sorprese fossero finite per quel giorno, aveva fatto male i calcoli. Poco dietro di loro, Rufy e Robin correvano tenendosi per mano o, per meglio dire, trotterellavano allegramente, ridendo tra loro. Guardando ancora un po' più indietro, vide le chiare e inequivocabili divise di tre poliziotti che li tallonavano insieme a due tizi grossi come armadi che li seguivano infuriati e in uno di loro riconobbe il proprietario della bancarella che aveva distrutto.
Perché la polizia vi insegue??” non poteva essere arrivata per lui, non c'era stato abbastanza tempo!
Perché Nami ha un fratello idiota!”
Con una buona dose di timore Sanji si rese conto che non fermarsi nemmeno davanti ai poliziotti poteva diventare un bel problema, ma aveva lasciato il buon senso nella camicia che gli avevano rubato a Marijoa e ormai le cose non avrebbero potuto essere peggio di così.
Ritornò al proprio obiettivo, relegando la cosa a più tardi, non aveva tempo per sentirsi sia eccitato che terrorizzato per l'assurda situazione in cui si erano ficcati.
Guardò Viola e i suoi parenti, ancora al centro del fiume. Nessuno di loro toglieva gli occhi da quell'insensata processione ma nemmeno davano idea di voler fermare lo Yagara.
Sanji non aveva più ossigeno, le gambe e il fianco gli facevano un male cane, così come i polmoni. Erano inseguiti e lei stava per andarsene, era la sua occasione, non poteva più perdere tempo.
Attirò l'attenzione di Nami e Zoro, ancora al suo fianco nonostante cominciassero a dare chiari segni di cedimento.
Ragazzi, devo parlare con lei!”
Nami buttò fuori l'ultimo residuo di ossigeno. “Ormai è troppo lontana. La recuperiamo domani! Ora direi di concentrarci sulla polizia!”
Zoro annuì ma Sanji negò col capo. “Non posso, mi ha visto e non ha fermato lo Yagara! Pur di evitarmi scapperà stasera e non la ritroverò più!”
Nami sgranò gli occhi. “Che cosa stai dicendo?”
Non avrò un'altra occasione per parlarle!” esclamò fin troppo serio.
Cercò di afferrarlo per un braccio. “Aspetta... cosa hai intenzione di fare??”
Continuando a correre, Sanji si buttò di lato, arrivando a costeggiare l'acqua. Lo Yagara di Viola ormai era quasi in mare, non distingueva più i suoi lineamenti e quello fu lo stimolo decisivo.
Sotto gli occhi impotenti di Nami e Zoro, si tolse al volo le scarpe e si tuffò in acqua senza ripensamenti.
Sanji!!”
Lo shock bloccò i due ragazzi che si gettarono verso il bordo. Sentirono qualcuno urlare tra la folla e altri strilli dallo Yagara mentre il loro amico cercava di nuotare verso di lui, lottando a tratti contro le piccole onde che si formavano al passaggio delle imbarcazioni.
Sta cercando di farsi ammazzare??”
Rufy e Robin si fermarono dietro di loro a riprendere fiato, la mani sulle ginocchia e lo stupore nello sguardo.
Nami provò a richiamarlo ma Zoro la fermò.
Lascia perdere...” mormorò stendendosi a terra, il respiro ancora corto. “Sta andando a farsi sentire.” concluse con una risatina affannata sentendo il vociare della folla attorno a loro che si acuiva quando anche la polizia riuscì a raggiungerli.
Si lasciarono ammanettare e portare via con il sorriso.
Sanji aveva raggiunto lo Yagara.






Angolo Autore:

Vi devo chiedere scusa, è una vita che non aggiorno! Spero ci sia ancora qualcuno che ha voglia di leggere nonostante la mia presenza saltuaria! XD

Tenete duro... ormai siamo quasi alla fine!!!!
PS. leggo sempre tutte le recensioni, appena posso vi rispondo ma sappiate che mi scaldano sempre il cuore! Vi adoro!!
Un bacione!!!

-la vostra sempre più in ritardo- Momo

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Capitolo 27
*** Apologize ***








Di prigioni europee Nami ne aveva viste solo due -ed erano già troppe-. Ma era arrivata alla facile conclusione che in tutto il continente fossero fatte con lo stesso stampo.

Tutte avevano celle piccole e maleodoranti piene di spacciatori e ladruncoli, pareti grigie e poliziotti dal cipiglio serio seduti su scrivanie piene di fascicoli. Di diverso c'era la disposizione dei mobili ma per lo più la prigione di Water Seven era identica a quella di Elbaf. Aveva pure gli stessi, immancabili, cinque scalini da fare prima dell'ingresso trionfale nell'ufficio dove formalizzavano le denunce, per poi sbatterti nella tanto decantata cella piccola e maleodorante.
Una passeggiata di pochi metri che per Nami era pesata come un macigno. La cognizione opprimente e spaventosa di non sapere che ne sarebbe stato di lei l'aveva accompagnata per tutto il tragitto. Probabilmente i detenuti provavano qualcosa di simile mentre si avvicinavano al patibolo.
Lei avrebbe preferito risparmiarselo e credeva di essere nel giusto quando presumeva che per Robin fosse lo stesso.
Zoro e Rufy erano sereni. Naturalmente, loro avevano già avuto la loro iniziazione a Elbaf. Era stato carino da parte di suo fratello adoperarsi perché anche lei avesse la sua. Aveva seriamente preso in considerazione il fratricidio, ma non era così scema da commetterlo in un luogo che pullulava di poliziotti. Aveva imparato ad odiare presto la sensazione delle manette ai polsi.
Aveva sempre creduto sarebbe stato Ace il primo della famiglia a farsi arrestare. Invece il primato toccava a loro. Due arresti per Rufy, uno per lei. In neanche due settimane. In un altro continente.
Ace, i suoi DVD pirata e i suoi graffiti potevano baciare la terra dove camminava.
Certo, se mai fosse riuscita ad uscire da quella cella di tre metri per quattro.
Nami si passò una mano tra i capelli, lasciando vagare lo sguardo, cercando di guardare il lato positivo. Per lo meno li avevano lasciati insieme, in una cella a parte, lontani dalle prostitute e dagli spacciatori. Zoro sonnecchiava disteso sul pavimento e Rufy ammazzava il tempo cercando di acchiappare una mosca. Lei si era presa l'unica panchina e aveva lanciato occhiate furenti a chiunque volesse dire qualcosa in proposito.
L'orologio sulla parete segnava le diciassette passate, erano lì da quasi un'ora e Robin era sparita da più di venti minuti. Essendo europea era stata la prima a venire interrogata e Nami era in lotta con sé stessa da allora. Sperava di non avere nulla da temere ma la conoscevano appena, magari in quel momento li stava tutti vendendo per salvarsi la pelle. Aveva già mezzo pianificato l'omicidio di Rufy, le sarebbe dispiaciuto dover uccidere anche la sua ragazza.
Nami guardò il ragazzo con cui condivideva metà del patrimonio genetico mentre si tuffava a pesce sulla mosca, la schivava e -come era ovvio- si prendeva una craniata contro le sbarre.
Ripensandoci avrebbe potuto far fare ad entrambi la fine di Paolo e Francesca, di sicuro Rufy non lo avrebbe rimpianto nessuno. Beh, forse la mamma...
Sentì Zoro ridacchiare sotto i baffi e sussultò trovandolo intento a fissarla. Le mancò il respiro per un attimo, non si sarebbe mai abituata ai suoi occhi da cucciolo.
Non parve accorgersi della sua momentanea apnea da estasi affettiva e si tirò a sedere, indicandole Rufy con un cenno. “Non gli ha mai spiegato nessuno che le mosche non si prendono così?”
Nami alzò un sopracciglio, speranzosa come ogni dannata volta. Era il fiacco tentativo di iniziare una conversazione?
Sospirò stanca e soprassedé. “Abbiamo passato anni a spiegargli le cose più disparate, questa ci sarà sfuggita.”
Zoro fece una smorfia poco convinta. “Non è nemmeno stupido... quando vuole sa essere furbo.”
Se voleva una conversazione leggera mentre erano rinchiusi in attesa di sapere di quale morte dovevano morire, chi era lei per negargliela?
Si, è un peccato che farci arrestare non possa metterla nelle breve lista delle sue genialate.”
Zoro ridacchiò, la testa a penzoloni poggiata contro le sbarre. “Nessuno è perfetto, in qualcosa dobbiamo pur peccare...”
Nami lo guardò divertita alzando un sopracciglio. Sei in vena di ovvietà? Adesso mi dirai che dobbiamo morire tutti prima o poi e che non è il caldo che ti frega ma l'umidità?”
Lui ghignò. “Naaa, non serve, tanto vedo che lo sai già.”
Nami scoppiò a ridere e sentì la tensione sciogliersi. Aveva perso il conto di quante volte doveva essergli grata per questo, ormai.
Il momento finì veloce com'era arrivato. In lontananza si sentì una porta sbattere e dal corridoio riapparve Nico Robin scortata da un poliziotto.
Rufy si fece immediatamente sull'attenti e, per una volta, anche Nami e Zoro.
La mora si avvicinò alle sbarre. “Tutto risolto, ragazzi!” esclamò con una punta di orgoglio.
Come sarebbe?” esordì Zoro.
Ho parlato con i commercianti e anche con l'ispettore. Siamo riusciti ad arrivare ad un accorto. Ho pagato i panini e risarcito una parte della merce che Sanji ha distrutto. In cambio nessuno di loro sporgerà denuncia.”
Nami la guardò come se la vedesse per la prima volta. “Non so cosa dire... Grazie Robin!”
Ora si sentiva in colpa per i mille pensieri cattivi su di lei. Quella donna era un mito! Come accidenti era possibile che le piacesse suo fratello?
Ti risarciremo!” le diede man forte il verde mentre il poliziotto si apprestava ad aprire la cella per farli uscire.
La mora fece l'occhiolino. “Non vi preoccupate, non era una cifra così alta. Ho chiesto un piccolo sconto...” poi si voltò verso la porta infondo al corridoio. “...non hanno saputo dirmi di no.”
Nami e Zoro allungarono il collo per capire chi stesse salutando e videro l'intero corpo di polizia, compreso lo stesso ispettore e i due commercianti, che la salutavano a loro volta, del tutto inebetiti, schiacciati l'uno sull'altro.
Robin si rivoltò verso di loro ridacchiando e Rufy le si avvicinò con passo incerto, una luce nuova negli occhi. “Credo di essere innamorato di te...”
Sotto gli sguardi basiti di Nami e Zoro -non era già ovvio?- lei gli sorrise maliziosamente schioccando la lingua. “Oh, tesoro... ti ci vorrà molto più di questo per guadagnartela...” mormorò mangiandoselo con gli occhi.
Nami avrebbe voluto chiedere ma ci ripensò. Non voleva avere niente a che fare con il loro contorto modo di amarsi, magari era contagioso e poi aveva già i suoi problemi.
D'accordo, se è tutto risolto, andiamo! Dobbiamo trovare Sanji!”
Nami aprì la strada agli altri sparpagliando con un'occhiata assassina la folla di poliziotti che ostruiva la porta.
Recuperarono gli oggetti personali sequestrati all'arrivo e si diressero subito verso la porta a vetri dell'ingresso, bramosi di abbandonare quel maledetto buco quanto prima. Era già un miracolo che nessuno si fosse accorto delle tre katane di Zoro, non voleva sfidare la sorte più del necessario.
Erano quasi arrivati quando una voce li fermò sul posto.
Monkey C. Nami?”
Era troppo bello per essere vero.
Nami si voltò cauta verso il poliziotto che l'aveva richiamata. Era dietro il bancone dell'accettazione e si era alzato in piedi per poterla vedere.
Sono io.” rispose con la morte nel cuore. Che altro doveva succedere?

Quello fece il giro della scrivania e le allungò un oggetto che Nami pensava di non rivedere mai più.
La mia borsa!!” esclamò incredula afferrandola per accertarsi che fosse proprio lei.
Zoro e Rufy la guardarono con gli occhi sgranati. Era la borsa che avevano rubato a Marijoa!
Il poliziotto sorrise girando lo schermo del computer che aveva sulla scrivania. “C'è qualcuno che vorrebbe parlare con voi.”
Sempre più increduli si videro comparire davanti il visetto preoccupato di Chopper, collegato via chat. Alla loro vista sorrise di cuore, infinitamente sollevato. “Ragazzi! State bene, come sono contento!”
Parlava sottovoce, probabilmente per non svegliare nessuno. Sembrava la sua camera quella che si vedeva sullo sfondo e a casa era notte fonda in quel momento.
Zoro aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di dare voce al pensiero comune. “Che cosa fai qui?”
Quello ridacchiò. Era ovvio si riferisse al perché mai fosse collegato con la centrale di polizia di Water Seven in piena notte.
Nami si intromise. “Hai recuperato tu la mia borsa?”
Lui annuì sempre sorridendo. “Si ed è una storia assurda! Ve la racconterò, ma prima... dov'è mio fratello?”
Nami, Zoro e Rufy si guardarono. “Ehm... beh, lui...”
Il fracasso di una porta a vetri che veniva sbattuta malamente contro il muro coprì il resto della frase e la voce che lo seguì li fece voltare tutti verso l'ingresso.
...no un onesto cittadino che paga le sue tasse!! Non ho fatto niente di male!! Ehi, sto parlando con te!! E piantala di spingere, tu!!”
No, era assurdo... Nami si appoggiò alla parete, gli occhi sgranati.
Non si era ancora ripresa dalla vista di Chopper che si ritrovò a fissare Franky -il loro buon vecchio camionista di fiducia!- che veniva trascinato in manette dentro la centrale da due poliziotti.
Conosco i miei diritti!!! Non potete rompere le scatole! Correvo appena!! Questo è abuso di potere!!!”
Era stato arrestato anche lui e in sé la cosa non la sorprese, lo aveva visto all'opera con i limiti di velocità, ma non pensava di rivederlo. A colpo d'occhio le sembrò anche diverso dal solito, ma non capì perché. Era più concentrata ad inorridire per la sequenza di insulti che lanciava contro gli agenti.
Non siete per niente super!! Oltraggio al pudore è un'accusa stupida e io non ce li ho i duemila che volete!!!!”
Nami deglutì. Un'orribile sensazione si impadronì di lei e l'istinto le consigliò di arretrare fintanto che non li aveva ancora notati. Si sentì spregevole ma magari se si allontanavano lui non si sarebbe accorto di loro... magari potevano passare incolumi almeno attraverso questo problema...
Robin era già dietro di lei -come al solito il suo cervello fine aveva lavorato prima di quello degli altri- e lei fece per afferrare anche Zoro e Rufy per allontanarli ma aveva fatto male i conti.
Franky!!!”
Nami si morse la lingua all'urlo entusiastico di Rufy.
Colpa sua, aveva agito troppo tardi. Che strano che suo fratello non avesse colto i segnali...
Con orrore Nami vide l'omone smettere di inveire contro i poliziotti e girarsi verso di loro mettendoli a fuoco e aprendosi in un sorriso tutto denti.
Rufy!!! Ragazzi!!! Anche voi qui?? Suuuper!!!”
Per la sorpresa quasi cadde addosso ad uno degli agenti che per rivalsa lo trattenne ancora più saldamente per le enormi braccia. Fu in quel momento che Nami si rese conto che cosa c'era di strano in lui.
Indossava dei pantaloni. Strettissimi e troppo corti anche, di un inteso color giallo canarino. Immaginava che gli fossero stati messi a forza dopo l'arresto per oltraggio al pudore e guida spericolata. Non poteva biasimare del tutto i poliziotti.
Franky ridacchiò imbarazzato. “Eh eh eh... situazione bollente anche per voi? Non è che per caso avreste duemila sacchi da prestarmi?”
Nami non ebbe nemmeno il tempo di gemere per la frustrazione che la porta a vetri venne sbattuta nuovamente contro il muro. Ormai si aspettava di vederla scardinata di lì a poco.
Intensificarono lo sconvolgimento quando si trovarono davanti l'ultima persona che si aspettavano di vedere, per lo più perché lo speravano ormai in hotel a fare pace con la ritrovata donzella.
Non c'è bisogno di spingere così la signorina! Siamo qui di nostra iniziativa!”
Nami si portò una mano al petto, aspettando i familiari crampi.
L'arrivo di Franky non era stato nulla rispetto all'entrata trionfale di Sanji. Entrò in pompa magna, guidando un piccolo gruppo di persone che occupò il resto dello spazio e obbligò tutti a stringersi. Il fatto che più della metà di loro fosse in divisa non li sorprese.
Il loro amico grondava acqua letteralmente dalla testa ai piedi mentre veniva scortato all'interno da due poliziotti. Le manette che scintillavano prepotenti anche ai suoi polsi.
Nami boccheggiò, all'improvviso l'ingresso di quella piccola centrale di polizia sembrava essere diventato la sala d'attesa della stazione centrale di Pechino.
Potreste darle una coperta? Il mio bocciolo di rosa sta gelando!”
Sanji non era il solo ad essere stato scortato fin là. Alle sue parole, Nami deviò lo sguardo e si strozzò con la saliva nel riconoscere Viola al suo fianco -anche lei inzuppata fino al midollo e ammanettata- straripante di felicità e amore mentre guardava il suo cavaliere sgolarsi per farle avere un benedetto asciugamano in modo che non prendesse freddo.
Dietro di loro -fermi in attesa come se non avessero ancora capito bene perché erano stati prelevati a forza- c'erano i famosi parenti di Viola, anche loro scortati da agenti ma per lo meno non bagnati. Avevano l'aria rassegnata di chi aveva già visto di peggio, l'aria che Nami a quanto pareva era ben lungi da considerare anche propria.
Nami-swan!!! Ragazzi!! Ci siete anche voi?”
All'urlo entusiastico tutto il gruppo si voltò verso Sanji, ancora reduce dell'entusiasmante ingresso, che si sbracciava -per quanto possibile con le manette- per attirare la loro attenzione.
Sono contento che siate qui!!”
Sanji pareva del tutto ignaro di avere due poliziotti che cercavano di tenerlo fermo. Volevano portarlo in cella ma a lui sembrava non importare. Sprigionava così tanta felicità da fare quasi schifo, non si preoccupava della polizia. E loro ancora sostavano come imbecilli davanti alla scrivania senza riuscire a trovare nulla di sensato da dire.
Nella foga di raggiungerli quasi cadde, ridendo come fosse ubriaco e gli agenti rinunciarono a trattenerlo.
Sanji li raggiunse schizzando d'acqua chiunque lungo il tragitto. Saltellò pure quando vide quello che Nami teneva in mano. “Ma quella è la tua borsa!!”
Sanji?”
Ora che si era avvicinato c'era qualcun altro che poteva vedere chi fosse l'artefice di tutto il casino che aveva sentito. Lo schermo del computer rimandava ancora il viso confuso di Chopper e suo fratello strabuzzò gli occhi quando lo riconobbe.
Chopper! Che fai lì??”
Il ragazzino spalancò la bocca ma non riuscì a dire nulla, perplesso.
Sanji nemmeno ci fece caso, sorrise entusiasta prima di voltarsi verso le porte.
Viola amore, vieni!! Ti devo presentare mio fratello e i miei amici!”
Nami si sentì ancora più spaesata guardando la bella ragazza che avevano rincorso per giorni avvicinarsi a loro con gli occhi brillanti. Stringere la mano che le offriva sembrò un'esperienza extracorporea. Per un attimo non riuscì a credere di averla davvero davanti, di poterla toccare. Il momento passò veloce ma le lasciò una sensazione da pelle d'oca e sapeva di non essere stata l'unica ad averla. Lo sconcerto che passò sul viso di Zoro lo sentì come fosse proprio.
Si guardarono per un attimo disorientati mentre Sanji portava Viola più vicino al computer e i suoi parenti si avvicinavano a loro volta, incuriositi.
Quando Rufy la superò per andare a salutare Brook e Robin si fece avanti per abbracciare la coinquilina, Nami si strinse nelle spalle e sentì quelle di Zoro rilassarsi.
Assurdo...” ridacchiò, prima di avviarsi verso l'ispettore -che come tutti aveva seguito la scena con la bocca aperta- per trattare il rilascio in blocco dell'intera marmaglia.
Per l'ennesima volta sapeva di dover provvedere lei a salvare il culo a tutti.
Probabilmente si sarebbe dovuta accontentare ancora per un po' di prendere in prestito l'auto di suo fratello.

*

Il tramonto sul mare con gli Yagara che navigavano placidi e i giochi di luci contro i palazzi erano uno spettacolo davvero da mozzare il fiato. La calma che si respirava nella piazza libera di turisti la rendeva semplicemente magica. Ora capivano perché era una meta così gettonata.
Mentre cercavano Viola e Sanji non erano riusciti a godersi quella città da sogno, adesso che le cose si erano sistemate avrebbero avuto molto tempo da dedicargli. Erano riusciti a prenotare una stanza nello stesso hotel solo dopo essere riusciti a rassicurare il concierge che non gli sarebbe stato fatto terrorismo psicologico.
Nami aveva pagato la cauzione per tutti ed erano stati rilasciati in tempo per vedere il tramonto.
Avevano trovato un ottimo locale dove fermarsi a mangiare all'aperto, immersi nella pace della sera, accarezzati dall'arietta frizzante che veniva dal mare e passava tra le calle, disperdendo il suo profumo salmastro e acquistandone uno nuovo.
Per la prima volta in due settimane non sentivano la costante tensione sulle spalle che li aveva sempre accompagnati e avevano la possibilità di starsene seduti comodi attorno al tavolino di un bar senza preoccupazioni. Per un paio di giorni avrebbero semplicemente fatto i turisti. La prospettiva suonava tanto bella quanto incredibile per le loro ossa doloranti e non vedevano l'ora di mettere definitivamente la parola fine a tutta la vicenda.
Ma prima c'era un'ultima cosa necessaria da chiarire e Nami capì che avrebbe dovuto chiedere direttamente perché i diretti interessati erano troppo impegnati a perdersi l'uno negli occhi dell'altra per intavolare la conversazione di propria iniziativa.
Erano ormai al caffè quando Nami prese parola, impossibilitata a trattenersi oltre.
Che cosa è successo dopo che hai raggiunto lo Yagara?”
Non era ancora chiaro come le cose fossero esattamente andate. In commissariato non c'era stato ovviamente alcun momento per chiedere e dopo erano tornati subito in hotel. Sanji e Viola si erano immediatamente chiusi in camera con la scusa di cambiare quei vestiti bagnati e non ne erano riemersi se non mooolto tempo dopo. Brook aveva fatto ridere tutti commentando con un ghigno che togliere il sale di dosso era un'impresa particolarmente ardua.
Quando finalmente scesero non mostrarono un grammo di imbarazzo per averli fatti aspettare e Nami si ritrovò ad essere d'accordo con loro. Ne avevano passate fin troppe per preoccuparsi di una cosa del genere e fu particolarmente soddisfatta di vedere finalmente la felicità negli occhi di entrambi.
Ma ora che tutto era alle spalle, la prigione, l'attesa, le vesciche sui piedi, perfino Rufy tranquillo e rilassato con la pancia piena, voleva avere delle risposte.
Sanji ridacchiò, un luccichio furbo nello sguardo. Viola, al suo fianco, sorrise.
Alle sue parole Zoro sollevò il viso facendosi attento, ogni traccia di sonnolenza avesse mai deciso di prenderlo, ora sparita e anche Robin raddrizzò le orecchie in attesa. Erano rimasti gli unici al tavolo.
Franky si era fermato a cenare con loro, sarebbe ripartito la mattina dopo non appena recuperato il camion dal deposito sequestri. Se l'era cavata con una bella multa e un ammonimento, era incensurato per sua fortuna e -cosa che aveva sconvolto Nami- era la sua prima infrazione. Da una ventina di minuti ballava in mezzo alla piazza mostrando spassosamente a Rufy e Usop le mosse migliori del suo repertorio, rigorosamente in camicia hawaiana e mutande. Quei pantaloni gialli avevano fatto un'orribile fine non appena varcate le porte della centrale.
Poco più in là, Kaya e Brook stavano ancora conversando con Chopper in video chiamata. Avevano scoperto di avere molteplici interessi in comune, non avevano smesso di parlare nemmeno durante la cena.
Viola rise seguendo il suo sguardo. “Si sono intesi subito, chi l'avrebbe mai detto?”
Sanji fece una smorfia. “Oh, io non avevo dubbi. Rufy fa amicizia anche con i sassi.”
Zoro annuì mentre Robin lanciava al ragazzo lontano uno sguardo affettuoso.
Nami sorrise furba. “Non cambiate discorso... allora, che è successo?” chiese di nuovo allungandosi sul tavolo. Al diavolo la privacy, doveva sapere, stava morendo di curiosità.
Sanji si grattò una guancia e per la prima volta sembrò imbarazzato.
Beh, non ho mai voluto prendere molte lezioni di nuoto...” iniziò titubante. “Ho rischiato più volte di essere preso in pieno da uno dei battelli!”
Viola si batté una mano in fronte. “Quando l'ho visto non volevo crederci...”
Lui la guardò. “È stata la forza dell'amore che mi ha spinto a fare quella pazzia!”
Per fortuna non sei stato triturato da un'elica...” commentò Robin facendo ridere Viola.
Nami abbozzò una risatina. Era stato un pensiero comune a quanto pareva.
E poi?”
Sanji sorrise mentre il ricordo lo afferrava e lo riportava a qualche ora prima quando la piazza, il bar, tutti i suoi amici e quell'atmosfera serena erano solo una speranza. Quando c'era lei che lo guardava mentre si issava rudemente sullo Yagara e il ragazzo dal naso lungo si faceva avanti per aiutarlo.
Steso a pancia in giù l'aveva guardata a lungo cercando di riprendere fiato. Sembrava surreale averla vicino.
La ragazza bionda si teneva a distanza insieme al tizio con l'afro e nessuno di loro aveva la benché minima idea di chi avessero davanti. Tutti, tranne lei che sapeva e continuava a fissarlo come avesse visto un fantasma.
Sanji si permise il lusso di ammirarla. Era bellissima, proprio come nell'unica foto che aveva di lei.
Portava dei semplici jeans, una camicetta bianca e le Converse. E lo guardava ad occhi sgranati.
Era lì, era realmente lì e il pensiero suonò fin troppo stupido nella sua testa, ma non riuscì a non formularlo. Sapeva perfettamente che lei era reale, ma vederla di persona era tutta un'altra cosa.
Aveva dei parenti, prendeva gli Yagara per fare un giro, indossava le Converse rosse. Lei esisteva. E la realtà delle cose lo risvegliò peggio di una secchiata d'acqua.
Doveva parlarle.
Riuscì a rimettersi in piedi, i muscoli doloranti per la corsa e la nuotata che iniziavano nuovamente a farsi sentire.
Usop era ancora al suo fianco. “Ti serve aiuto..?” gli chiese titubante. Ancora non capiva chi fosse quello sconosciuto che aveva affrontato le onde pur di salire sulla loro imbarcazione ma non sembrava un pericolo, solo un poveraccio.
Sanji negò col capo, un ringraziamento silenzioso e si voltò verso di lei.
Viola...”
Non sapeva da dove cominciare. Il discorso perfetto che si era preparato era svanito.
Che fai qui, Sanji?”
La sua voce era stata appena più forte di un sussurro e nonostante il tono duro riuscì a fargli perdere un battito.
I suoi cugini si girarono a guardarla e poi tornarono su di lui con le facce di chi aveva appena risolto il più grande dei dilemmi.
Sanji fece un passo nella sua direzione ma capì subito che non avrebbe dovuto farlo. Usop e Brook gli si pararono davanti e Viola si ritrasse come se l'avesse colpita.
Si bloccò preso alla sprovvista. Insomma, d'accordo che non era al massimo della presenza ma chi credevano che fosse? Non era certo un mostro, non le avrebbe mai fatto del male! Non volontariamente, per lo meno. Gliene aveva già fatto troppo senza rendersene conto.
Nelle loro facce vedeva l'astio e una forte dose di sospetto. Si stavano tutti chiedendo cosa ci facesse lì e lui sapeva che non avrebbe avuto un'altra occasione. Era pronto a farsi valere, lo spazio era pochissimo e non era lì per nessun genere di lotta.
Io... io devo scusarmi!” non avrebbe potuto iniziare in altro modo. “Sapessi quanto ti ho cercata...” Si passò una mano tra i capelli bagnati.
Viola non fiatava ma non si perdeva una sillaba, il cipiglio serio.
Sono un idiota!” su questo era certo nessuno avesse nulla da obiettare. “Per tre anni ho creduto...” si bloccò respirando affannosamente. Dio, ammetterlo con lei era più difficile di quanto lo fosse stato dirlo a Zoro. Forse perché con lei aveva tutto da perdere.
Ho... ho interpretato male i tuoi messaggi... per tre anni ho creduto... ho creduto che tu fossi un ragazzo!”
Lo sconcerto durò un secondo sul suo viso, poi tornò prepotente di nuovo il sospetto.
Era palese che non gli credesse e Sanji sentì il bisogno di spiegarsi meglio. “So che sembra assurdo, ma è la verità! Non sono mai stato molto bravo con le lingue e a quanto pare dopo anni in spagnolo faccio ancora schifo!” abbozzò una risatina che suo malgrado fece alzare gli angoli della bocca a Brook. “Per tutto il tempo credevo di parlare con un uomo! Credevo fossi lui!”
Usop spalancò la bocca vedendosi indicare.
Ti descrivevi in maniera molto femminile. La foto che mi hai mandato vi ritraeva insieme e beh... il tuo diminutivo mi ha messo su una falsa pista... tutti quei discorsi strani sulla ceretta e i the con le amiche... pensavo che fossi gay...”
Alla faccia orripilata di Usop, Brook scoppiò a ridere e dovette sedersi per non crollare a terra. Sanji sorrise a quello scoppio, almeno la sua idiozia risultava simpatica e non cattiva.
Kaya si fece avanti per sostenere il muso lungo del fidanzato. Sanji lo sentì chiederle con un filo di voce 'davvero sembro gay?' prima che lei lo tirasse in disparte con uno sbuffo divertito.
Sanji si sentì più leggero alla loro decisione di farsi da parte, avevano intuito che non rappresentava un pericolo.
L'unica che sembrava non volergli ancora concedere il beneficio del dubbio però, era proprio Viola. Ferma immobile a braccia conserte, non abbandonava l'aria sospettosa. Lo scrutava come un felino che studia la preda.
Io ti ho respinto...” continuò deciso. “...perché pensavo fossi un uomo e ci stessi provando... aggiungici il fatto che quella notte non ero perfettamente sobrio ed ero in un pessimo stato emotivo ed ecco che ho combinato il casino più grande della mia vita!”
Sanji si passò una mano tra i capelli. Il peso sullo stomaco che si affievoliva sempre più lasciando il posto all'illusione di mille farfalle svolazzanti.
È per questo che sono qui! Ho attraversato l'Europa per trovarti! Dovevo spiegarti, non potevo lasciarti andare! Dovevo dirti che quando ho finalmente aperto gli occhi ho dato un senso a quell'irrazionale desiderio di mantenere i contatti con te! Ti consideravo una persona straordinaria quando pensavo fossi un uomo. Volevo scriverti, dirti sempre cosa mi succedeva. Era così facile parlare con te! Mi conoscevi meglio di chiunque altro, a te ho raccontato cose che nessuno sa! Viola, quando ho capito chi eri, ero già innamorato di te da anni!”
Un silenzio da brividi accolse la sua dichiarazione.
Lo Yagara continuava la sua veleggiata in mare aperto e gli unici suoni arrivavano dai gabbiani e dalle onde che si infrangevano contro lo scafo.
Sanji deglutì e il sorriso gli morì sul viso mentre i secondi passavano e da lei non arrivava alcuna reazione. L'aria pungente del tardo pomeriggio lo fece rabbrividire, ricordandogli di essere ancora completamente fradicio.
L'euforia scemò poco a poco mentre prendeva atto di non avere più assi nella manica.
Non si era aspettato che gli gettasse le braccia al collo, quello no.
Capiva il bisogno di metabolizzare la notizia, non pensava nemmeno che lo avrebbe scusato in quattro e quattr'otto. Era pronto anche per gli insulti.
Voleva solo che dicesse qualcosa!
Ma Viola taceva. I lacci delle scarpe sembravano essere diventati più interessanti di lui ed aveva un'aria pensierosa, sembrava soppesare le sue parole, ma non avrebbe potuto dirlo con sicurezza. Non conosceva le più basilari espressioni del viso della donna di cui diceva di essere innamorato ed era impreparato sul significato del suo linguaggio del corpo.
Come un fulmine a ciel sereno si rese conto che non conosceva affatto la donna che gli stava di fronte. Lui conosceva Vic ed aveva imparato ad associarlo a determinati modi di fare, ma con la mente di un uomo che guarda un altro uomo. Viola era diversa da Vic.
Con il cuore in gola capì che non sapeva come interpretare quel silenzio.
Ma avrebbe potuto imparare.
Conosceva la sua anima, tutto il resto l'avrebbe imparato e amato nello stesso modo! Viola doveva solo dargliene la possibilità!
Usop, Kaya e Brook guardavano ad alternanza prima uno e dopo l'altra senza osare intervenire, in attesa come lui di conoscere il verdetto.
Sanji sostenne fiero lo sguardo su di lei. Se gli avesse dato un cenno, un qualsiasi indizio che non gli credeva, era pronto a fare anche l'impossibile. Se necessario, sarebbe andato avanti tutta la notte a dirle quanto l'amava, quanto aveva disperatamente bisogno del suo perdono.
Il destino glielo volle risparmiare.
Quindi...”
Sanji rizzò le orecchie al suono della sua voce. Viola guardava costantemente a terra.
...dopo tre anni di lettere e confidenze mi vieni a dire che pensavi fossi un uomo?”
Il tono era piatto, privo di emozione e Sanji guardò i cugini in cerca di aiuto. Quelli si strinsero nelle spalle.
Viola proseguì alzando appena un po' la voce. “Avresti attraversato l'Europa per dirmi questo?”
Lui deglutì. “Beh... si, ma soprattutto per dirti che ti amo...” balbettò. Ma perché sempre a lui capitavano le domande enigmatiche?
Certo...”
Sanji sudò freddo. Sentiva il cuore battere in troppi posti diversi per essere sicuro di quello che provava. Era paura quella che sentiva? Eccitazione, tristezza, angoscia? Perché Viola non gli dava il ben servito senza girarci così attorno? La sua postura rigida parlava per lei e Sanji iniziava ormai a perdere le speranze.
Io...”
Quello che mi hai scritto non è perdonabile...”
E alla fine, eccola là la verità. Detta chiara e tonda dalla sua voce.
Non era sicuro che il cuore gli si fosse spezzato a metà. Sembrava più disintegrato. Sparpagliato per terra e frantumato sotto una pressa.
Viola alzò gli occhi su di lui. Sapeva già cosa sarebbe accaduto ora. Si sarebbe fatto accompagnare fino al molo più vicino e sarebbe sparito dalla sua vita senza voltarsi indietro. Era felice di averci almeno provato. Sperava che gli altri lo trovassero prima o poi. Lui non aveva più la forza di fare niente.
Viola lo guardava seria e lui era troppo impegnato ad imprimersi nella testa le sfumature color miele dei suoi occhi per accorgersi che la distanza tra loro diminuiva sempre di più.
Non ebbe neanche il tempo di stupirsi quando se la trovò ad un palmo dal naso.
La vide curvarsi su sé stessa e alzare una gamba nella sua direzione, caricare il piede a martello e schiantarlo con violenza inaudita direttamente sulla sua faccia.
La botta fu atroce e lo spedì di nuovo in acqua. Ne riemerse con il sangue che colava dal naso e dolori muscolari che si diradavano per le articolazioni.
La faccia faceva un male cane ma riuscì a riaprire gli occhi per puntarli increduli su di lei che si ergeva fiera dallo Yagara, un dito iroso puntato contro di lui.
Si, hai ragione, sei un idiota! Non sai lo spagnolo, mi hai offeso da ubriaco... pensavi che fossi un uomo!”
Sanji sgranò gli occhi. Gli altri li guardavano scuotendo la testa.
Sappi che se davvero fossi stata l'uomo gay che credevi non avrei mai perdonato la tua stupida lettera!”
Viola respirò col naso, gli occhi che si riducevano a due fessure e Sanji si affossò depresso ancor di più nell'acqua, preparandosi al colpo di grazia. Non aveva più il coraggio di guardarla.
La sentì muoversi irrequieta sulla barchetta prima che la voce le si ridusse ad un sussurro. “Devi solo ringraziare il fatto che non lo sono...”
Il rumore di un corpo che cadeva in acqua gli fece rialzare la testa di scatto. Quello che vide dopo gli mozzò il respiro e il naso prese a pulsare dolorante.
Viola nuotava a piccole bracciate verso di lui ed era un sorriso quello che le illuminava volto.
Gli mise le braccia intorno al collo e lo attirò a sé. Era seminuda, aveva lasciato i pantaloni e le scarpe sullo Yagara. Sanji non pensava che il cuore potesse arrivare a battere tanto forte senza provocargli danni fisici.
Viola gli sorrise, gli occhi che brillavano. “Sei fortunato che sono donna e innamorata di te da tre anni. Altrimenti col cavolo che ti avrei perdon...-!”
Sanji non riuscì a trattenersi. Se ne infischiò del naso gocciolante, del freddo pungente, del pubblico. Anche del fatto di averla interrotta. Avrebbero parlato ancora dopo, per tutto il tempo che voleva. Ma se non l'avesse baciata entro cinque secondi l'avrebbe rimpianto per tutta la vita.
Viola rispose immediatamente con l'entusiasmo di chi aspettava solo quello per tornare a respirare. Nemmeno le importava del sangue.
Sentì fischi di approvazione venire dallo Yagara e lo stomaco si contorse su sé stesso sentendo il suo corpo seminudo aderire completamente al suo sotto la superficie dell'acqua. Aveva le labbra più morbide del mondo, non pensava che l'avrebbe mandato in corto circuito solo il pensiero di averla tra le braccia.
Mantenersi a galla diventò complicato troppo presto e dovettero interrompere quel bacio tanto atteso. Ridendo si appoggiarono l'uno all'altra, senza nessuna intenzione di allontanarsi.
Sanji non riusciva a smettere di guardarla mentre gli toccava piano lo zigomo, dispiaciuta per avergli fatto tanto male.
Sentì l'affetto per lei crescere dal centro del petto e diffondersi. La donna dei suoi sogni era perfetta. Dentro e fuori. E finalmente l'aveva trovata.
Quello era senz'altro il momento migliore della sua vita... peccato che avesse le ore contate.
...perché a quel punto è arrivata la guardia costiera che ha intimato ad entrambi di salire a bordo. A quanto pare è vietato tuffarsi nei canali...”
Nami li guardò basita e Viola ridacchiò mentre Sanji alzava le spalle.
Ci hanno arrestato e portato in caserma. Il resto lo sapete.” concluse mettendo una mano sulla schiena della sua ragazza che gli si accoccolò addosso con un sorriso dolce.
Nami, Zoro e Robin si guardarono, uno più incredulo dell'altro.
Zoro alzò un sopracciglio. “Ti ha fatto volare dalla barca con un calcio?”
Sanji restituì lo sguardo. Il tono canzonatorio del suo amico non gli fece neanche il solletico, era troppo felice per rispondere alle provocazioni.
Io non mentivo quando ho detto che aveva un bel caratterino...” mormorò furbescamente Robin, sorseggiando il suo caffè.
Viola rise toccando piano la faccia del suo ragazzo. Il naso era ancora un po' rosso ed aveva un piccolo livido sul dorso. “Fa ancora male?” chiese dispiaciuta.
Non più.” sorrise di rimando lui. “Ma ricordami di non farti più arrabbiare!”
Nami sbuffò una risatina. “Voi si che sapete divertirvi...”
Io invece non mi sono mai sentito più stanco...” mormorò Zoro chiudendo gli occhi e mettendosi comodo allungando le gambe sotto il tavolo.
Nami si sentì d'accordo. L'universo aveva rimesso a posto le cose e incredibilmente non vedeva l'ora di tornare a casa e riprendere la solita vita frenetica tra università e famiglia. Le mancavano persino le urla del nonno.
Guardò il fratello giocare con Franky e Brook al centro della piazza, mentre Robin li raggiungeva. Rufy le mise un braccio intorno alle spalle, stringendola a sé e sentì Brook congratularsi con loro. Due passi più in là, Kaya chiacchierava ancora al telefono con Chopper e a loro si era aggiunto Usop. Dovevano essere nel pieno di un racconto emozionante se gli urletti di entusiasmo del fratellino di Sanji erano tanto forti da arrivare alle sue orecchie.
I due innamorati seduti con lei non badavano più al resto del mondo da diversi minuti e Nami si ritrovò ad invidiarli un po'.
Quel viaggio se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Avevano incontrato personaggi di tutti i tipi e i migliori se li erano portati appresso fino alla fine. Ma soprattutto, aveva avuto modo di fare i conti con i propri sentimenti.
Sbirciò verso Zoro, notando che ronfava già come un ghiro e si perse per un attimo a guardare i suoi capelli che cambiavano sfumatura con i giochi di luce del tramonto.
Tutto era finito per il meglio ed ora era necessario tornare alla vita di tutti i giorni.
Sorrise intenerita, scostando un ciuffetto ribelle dalla fronte del ragazzo addormentato. Lui si mosse un po' nel sonno senza svegliarsi e lei ritirò piano la mano.
Sentì la determinazione crescere dentro di lei.
Il viaggio forse era finito ma per quanto la riguardava aveva ancora qualcosa da fare.




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