saṃsāra

di Male_na
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La tela ***
Capitolo 2: *** Fotografia ***
Capitolo 3: *** Le sere che torna ***
Capitolo 4: *** solo io ***
Capitolo 5: *** tre biscotti, te e una manciata di lacrime ***



Capitolo 1
*** La tela ***


"Chissa dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.
Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna"
Ninnananna- Modena city Ramblers

 


Ripensava al loro primo incontro.
I dubbi.
Continuava a chiedersi cosa fosse vero.
Ripeteva il suo mantra: “tu non ti innamori mai”.

Da sempre la accompagnava quell’inquietudine di fondo, un macigno sempre presente. Anche nei momenti più felici le calava un velo grigio sull'anima, come se nulla potesse mai essere completo. Non aspettava nessuno o probabilmente lo aspettava perennemente, eppure era convinta che sarebbe stato diverso.
Aveva letto nei libri di questa malattia viscerale come la cosa più vicino all’amore e ne era convinta, era stata la sua malattia da sempre.
Nonostante ciò si ostinava a far traspirare solo il suo profondo gelo, che si addentrava fino all'anima. Cosa era vero?

Nel sonno, in quelle braccia tranquille, i pensieri a volte correvano a chiedere se avrebbe desiderato altro, arrivavano le fantasie e le paure. Immobile non sapeva scegliere.

Cercava solo altre scuse.
Cercava se stessa.

Pensava di essere arrivata in un porto sicuro dove poter liberarsi, scoprirsi. Oppure forse era un viaggio che avrebbe dovuto compiere da sola. Non sapeva più nulla. Quei baci improvvisi, calcolati, il bisogno di abbracci, il desiderio, quel peso che sembrava svanito. Era solo questione di momenti? Di vivere a pieno? Eppure non era quello che voleva essere, forse immaginava anche i giudizi. Si stava creando abilmente il suo finto palcoscenico, la sua vita inventata, la sua tela. Lei, la farfalla adescata e incatenata tra quei fili invisibili, il suo ragno immaginario che si gonfiava al suono di quelle sue insicurezze, di quelle giustificazioni insulse, dei giudizi inventati. La sua gabbia infinita.

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Capitolo 2
*** Fotografia ***


"De que tienes miedo
A reir y a llorar luego
A romper el hielo
Y a recubrer tu silencio"
Grita - Jarabe de Palo


Mi chiedo se accetterai i miei sussulti,
se guardando queste foto accetterai le mie risate negli occhi degli altri.
Mi chiedo se accetterai mai questa mia alba ribelle lontana da te.

È un’istantanea.
I miei occhi, metà volto, le miei mani bianche.

Mi chiedo se accetterai il mio essere, la libertà che mi son presa con gli altri, mi chiedo se riuscirai a superare tutti i miei rovi per uscirne te e non il disegno che io ci ho fatto su.

Una foto, un’anima.

Lessi che quando si ama si lascia anche andare, sei riuscito a liberare quell’uccellino ferito e spero solo che ora sarai in grado di accettare questa polvere, di vedere qualcosa oltre questi occhi di pozzo profondo e buio. Spero che capirai quei sospiri al vento e i pensieri volti alle stelle che non vedevo ma sapevo che c’erano.
Sarò una di loro, se tu mi guardi.
Brillerò per sempre.

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Capitolo 3
*** Le sere che torna ***


"Ma voglio poter abbracciare una persona ed essere abbracciato
E baciarla e tutte quelle cose belle"



La faccia illuminata dallo schermo.
Un sorriso, la curiosità sul volto.
Lei sta scrivendo velocemente tra la musica alta e chiassosa, I mille fogli e I numeri interminabili. Il buio fuori le ricorda che ormai è troppo tardi per studiare, che è arrivata l’ora di stupirsi e sentirsi liberi, di ubriacarsi di stelle e parole, di sentire caldo per l’eccitazione.

Il volto ancora illuminato, sono le sere che torna.
Torna negli altri e nelle loro storie, a pezzi e lei fedele al suo puzzle lo ricompone, diverso.
Con pezzi che non combaciano costruisce quello che non può avere.

Con le mani tremanti continua a scrivere parole, a sorridere, con I pensieri che corrono.
Arrivano a quando una mano la prendeva nel buio per portarla in posti nascosti, quando voltandosi si fissava negli occhi di chi la capiva a pieno e lei era lì davanti a nudo. 
Arrivavano a quelle carezze leggere, gli abbracci, I contatti lievi che ricomponevano I pezzi, costruivano castelli.
Arrivavano perfino ad una stanza, alle parole che la riempivano e poi le stelle. Un fiume.

Nel buio riconosceva quel calore, lo bramava, negli altri e in tutto. Mai nessun indizio per cercarlo, nessun segno da seguire se non pezzi sparsi.
Lei in un lampo improvviso ricorda, cerca ancora eppure adesso non c’è nulla, solo un fiume di altri, di pezzi sparsi. Non può cercare quello che non è sicura di aver sentito, dimentica.

Le sere che torna, negli abbracci, nel calore di qualcuno. Torna, ma lei non sa. Se davvero torna.

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Capitolo 4
*** solo io ***


"soy llama de hoguera, soy viento sin fin
Yo, qué sé yo, solo yo"
Solo yo - La Pegatina 

Sono Felice.
Indosso una maschera.

Rido con gli altri, chiacchiero a voce alta. Vesto I miei vestiti migliori, colori, leggeri veli mi scivolano lungo il corpo. Sono disinvolta d’avanti agli occhi degli altri, chiassosa. Mi chiedono come faccia a stare così, dico di vedere il lato bello delle cose, la luce anche quando è tutto buio, la musica mi aiuta allegra e chiassosa come me, calda.
Lo vedono tutti.
Sono felice.


Sono Triste.
Indosso una maschera.

Il grigio fa parte di me, mi incupisco. Guardo fuori, più lontano di tutto quello che sento, una lacrima invisibile. Mi chiudo, non parlo. Come una foto che si scolora, com’è logico che sia.
Lo sanno tutti anche se taccio.
Sono triste.

 

Sono insensibile.
Indosso una maschera.

Fa caldo nella mia tutta bianca, il fiato risale agli occhi. Vedo quelle maglie nere, di fronte a me solo un avversario. Non importa chi ci sia oltre l’altro muro, adesso vado oltre tutto, non sento nulla. Sono sola, sento I suoni attutiti, vedo le luci che si accendono alternate. Posso tutto, non ho sensibilità alcuna, non sento neanche più il sudore, nè i graffi, nè i colpi al cuore.
La alzo, mi guardano stringere quella mano, lo capiscono.
Sono insensibile.

 

Indosso le mie maschere, nei miei giorni.
Con gli altri, non lo sanno, non riconoscono le maschere. Riconoscono solo una me.

 

Io
senza maschere
come sono io
solo io

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Capitolo 5
*** tre biscotti, te e una manciata di lacrime ***



|Tre biscotti, te e una manciata di lacrime|

Tre biscotti
una manciata di lacrime
la luce soffusa
il disordine.

Mentre le mie dite si incollano mi ritrovo a pensare insistentemente a te, che sei appena arrivato e sembri come tutti gli altri ma anche un po' diverso.
Mi illudo.
Aspetto.
Come tutte le sere corro con la mente, ho bisogno di raccontarmi quelle storie, con te ancora in testa. Chissà se il tuo male di vivere annegherebbe anche tutto questo, eppure comincia a diventare piacevole.
Aspetto.
Quei messaggi che arrivano di sera, quando pensi che puoi andare a dormire stanca delle lacrime e dei giorni sempre uguali.
L’orecchio è teso ma è silenzio.
Ho sempre te in mente
e chi mi ha abbracciato nel buio quando ero persa, ma era ancora più lontano di me;
e chi mi ha tenuta stretta quando avevo paura, tra le lacrime e parole dolci e amare;
e chi mi ha trovato in una sera, tra le luci della città e finti sorrisi;
e chi mi ha lasciato, con i baci rubati ancora stampati sul collo;
e chi mi ha accarezzato nuda e ha visto i miei sorrisi e le mie lacrime;
e chi si è fermato alla mia maschera di parole.

Aspetto.
Ho in mente te.
Ho bisogno di abbracci, che non ci sono
di messaggi, che non arrivano
di carezze, tranquillità e sogni leggeri.

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