I Always Knew

di SailorDisney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sun ***
Capitolo 2: *** Snow ***
Capitolo 3: *** Wind ***
Capitolo 4: *** Cold ***
Capitolo 5: *** Sunrise ***
Capitolo 6: *** Sunset ***
Capitolo 7: *** Clouds ***
Capitolo 8: *** Rain ***
Capitolo 9: *** Sand ***
Capitolo 10: *** Home ***



Capitolo 1
*** Sun ***


Nell'ultimo periodo ho scritto una valanga di storie, davvero. E non riuscivo a pubblicarle, le leggevo e rileggevo per me. Ma oggi credo sia il giorno giusto per ricominciare a condividerle. E ho notato come l'universo con i personaggi umani sia l'ambientazione più apprezzata tra tutte le mie storie precedenti quindi... Buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate e se volete sapere come ho immaginato i personaggi delle mie storie, trovate il mio profilo di illustratrice su:

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Buzz, Jessie e Woody


 

"Jessie, prendi le patatine?" chiese un bel ragazzo, alto, castano, basette curate ma barba leggermente incolta, con i piedi sul tavolino.

"Ma sei matto? Sono troppo rilassata! Non mi alzerò mai da questo divano." rispose una ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda lenta sulla spalla.

"Non si trattano così gli ospiti..." la rimproverò il ragazzo con tono ironico voltandosi verso di lei.

"Che razza di ospite é uno che dorme qui da giorni?!" rispose lei non cogliendo l'ironia.

"Jessie... Abbiamo cominciato una trilogia e ti addormenti a metà film ogni volta! Di questo passo uscirà al cinema un quarto capitolo..." continuò lui prendendola in giro sorridendo.

"Uff..." sbuffò lei a braccia conserte. "Vorrei arrivare alla fine ma lo sai che a una certa ora perdo le forze!" provò a giustificarsi sorridendo anche lei.

"Si lo so... quando eri ragazzina non reggevi nemmeno un film al cinema..." mormorò a bassa voce cercando il suo sguardo.

"Come ti permetti?!" si voltò verso di lui in ginocchio sul divano. "Io sono ancora una ragazzina!"

"Ehm... non si direbbe proprio..." continuò a prenderla lui in giro toccandole i capelli e cercando qualche capello bianco.

Jessie tirò un calcio a Woody e lo spinse giù dal divano.

"Ohi... mi hai fatto male..." si lamentò lui massaggiandosi la schiena.

"Ti sbagli... ti ho dato una mano a prendere le patatine in cucina!" lo guardò lei ridendo dal divano."

Lei aveva uno splendido sorriso, lui assecondava ogni suo desiderio solo per il piacere di farlo e ogni giorno era così. Ogni giorno era un buon motivo per ridere e scherzare. Woody e Jessie erano da sempre sempre l'uno al fianco dell'altra, un'amicizia coltivata e cresciuta come una pianta forte, capace di resistere a qualsiasi intemperia... Ne avevano passate tante insieme ma alla fine erano sempre su quel divano di quella grande casa in campagna di Jessie a prendersi in giro e tirare le somme delle loro giornate.

"Ti ordino una pizza?" cambiò lui discorso alzandosi in piedi.

"Sono ancora offesa... mi hai dato della vecchia!" rispose lei a braccia conserte.

"Non ti ho dato della vecchia! Ho solo detto che... non sei più una ragazzina. Anche sei hai la testa di una mocciosa..." sorrise alzando il sopracciglio.

"Cosa?! Come osi?! Non le vorrai prendere di nuovo?!" gridò.

"Ma é vero! Guardati, hai la femminilità di un rinoceronte." disse cercando di convincerla.

Jessie indossava una maglietta larga ed era buttata sul divano a testa in giù.

"Non so di che parli."

Scoppiarono a ridere nello stesso momento.

"Dai, pizza." concluse lei alzandosi e dirigendosi verso la cucina.

"In realtà ho da fare stasera." disse lui, leggermente in imbarazzo.

"Da fare? E cosa? Al cinema siamo già andati questa settimana!" chiese lei non riuscendo a capire.

"Beh... in realtà... Ricordi la ragazza al pub, venerdì? Mi ha chiesto di vederci e.. le ho detto di si." confessò lui, guardando da un'altra parte.

"Stai dicendo che hai un appuntamento?!" tirò fuori la testa dalla cucina. "Ahah!" Jessie gli scoppiò a ridere in faccia.

"Che c'è da ridere??" disse lui cercando di farsi sentire.

"Niente... ahhahahaha!" Jessie continuò a ridere a crepapelle appoggiandosi al muro.

"Tsè, sciocca." E andò via a pugni serrati.

Lei, come sempre, corse alla sua macchina per salutarlo, si appollaiò al finestrino, sapeva che lui l'avrebbe aspettata prima di partire.

"Buona fortuna..." Sorrise e gli diede un bacio sulla guancia.

"Grazie..." rispose al sorriso, mise in moto e partì.

Eppure, c'era qualcosa che non le tornava. Un formicolio nella pancia che si agganciava ai polmoni, al cuore, alla gola mentre la macchina si allontanava nello stradone. Una sensazione di vuoto, una sorta di dimenticanza, una partenza improvvisa, un regalo dimenticato. Jessie guardò la macchina allontanarsi e si toccò lo stomaco.

"É chiaro, ho bisogno di una pizza." pensò.

 

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Capitolo 2
*** Snow ***


Quella sera, Jessie non riusciva a prendere sonno.Gli occhi spalancati erano fissi sulla finestra, non un filo di vento muoveva il grande albero nel giardino, l'aria era ferma. Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe da ginnastica gettate sul pavimento. Le venne in mente quel giorno al mare, uno di quei giorni brutti da voler dimenticare ma Woody per risollevarla l'aveva presa in braccio e si erano buttati a mare con tutti i vestiti. Ogni tanto ancora poteva sentire la sabbia nelle scarpe, risentire quelle risate e ricordare quella giornata, quando aveva bisogno di ricordi felici.

Poi la sua testa andò altrove, guardò la sveglia sul comodino.

Quasi mezzanotte. "Chissà che starà facendo Woody. Sarà al pub con quella ragazza?" si chiese nella sua testa. "Oh, che mi importa... cioè mi importa. Ma non mi importa così tanto da non dormire... o forse si?" i suoi pensieri si fermarono per un istante. "Oh Beh... tanto non ho sonno."

Si alzò senza pensarci ulteriormente, si infilò gli stivali, il grosso cappotto blu di suo padre, guanti e cappello rossi e salì in auto mentre nuvole di freddo glaciale uscivano dalla bocca. Era un freddissimo gennaio.

Arrivò al pub salutando tutti allegra. Lui era lì, lo vide subito. Di fronte a lui una ragazza dai lunghi capelli biondi. "Che fare? Lo interrompo? Lascio perdere?" Jessie si tormentava. In fondo... era il suo amico non poteva non salutare!

Si avvicinò e gli diede una pacca forte sulla spalla.

"Ehi! Che si dice?" Chiese irruenta sorridendo.

"Jessie? Che diavolo ci fai qui?!" chiese Woody più che sorpreso.

"Beh, sono passata a salutare..." disse con un sorriso a 32 denti.

La bionda la guardava stranita.

"Piacere, sono Jessie!" disse allungando la mano verso di lei.

"Bo." rispose lei incerta.

Jessie si sedette accanto a lei. "Allora, come procede questo appuntamento? Cosa ne pensi di Woody?" chiese con fare decisamente inopportuno.

Lui la incenerì con lo sguardo.

"Beh... In realtà non so ancora come..." provò Bo a rispondere.

"Oh sei fortunata! Se lo conoscessi bene verresti a sapere cose troppo imbarazzanti, ad esempio lo sai che una volta in vacanza lui ha..."

"OK adesso basta, Jessie ti posso parlare un attimo?" si alzò Woody in piedi.

"Uh! Ma che.." provò a parlare ma lui la trascinò per un braccio lontana dal tavolo.

"Si può sapere cosa stai facendo?"  Disse lui arrabbiato ma a bassa voce.

"Io? Niente! Sto parlando con la tua ragazza." rispose lei fingendo di non capire.

"Primo, non é la mia ragazza. Secondo, se continui così non lo sarà mai!" provò a spiegare ancora più arrabbiato.

"Beh, non sarebbe una gran perdita... c'è di meglio." disse lei a braccia conserte con fare altezzoso e leggermente antipatico.

"Beh... questo lo so molto bene..." disse guardandola negli occhi profondamente, cercando di dire qualcosa ma si fermò in tempo. "Oh ma! Questo lascialo decidere a me!" tornò rabbioso.

"Hai bisogno di uno squallido appuntamento per decidere...?" continuò lei imperterrita.

"Almeno io ho un appuntamento con qualcuno!" sbottò lui guardando da un'altra parte.

"Cosa vorresti dire?" si avvicinò lei minacciosa esigendo una risposta.

"Dico che tu, pur di avere compagnia, sei venuta fino a qui a rovinare la mia serata!" la guardò lui stringendo gli occhi. Non voleva dire quello ma era troppo tardi.

Gli occhi di Jessie si fecero piccoli.

"Jess... Scusa io..." mormorò rendendosi conto della pesante insinuazione.

"Io... Devo andare, ciao. Buona serata." girò i tacchi e uscì dal locale a passo svelto.

Jessie si avviò verso la macchina come una furia, come se avesse un appuntamento urgente, quello di non mostrare davanti a lui, davanti a nessuno le sue lacrime.

Corse più veloce che poteva ma il ghiaccio é implacabile, i suoi stivaletti la abbandonarono qualche metro prima della macchina e... SBAM!

Jessie finì col sedere a terra ma era cosi arrabbiata che rimase lì ferma a fissare il cielo col sedere dolorante distesa sul ghiaccio.

"Ohi...Che cavolo... povero culo. Dannazione che stupida... Anzi, che stupido! Stupido!" disse a voce alta parlando da sola.

Un volto coprì la sua visuale del cielo e una voce ruppe i suoi pensieri.

"Ehi! Va.. Tutto bene, signorina?" chiese la voce.

"Uh? cosa?" cercò di mettere a fuoco lei.

"Ti ho vista fare un bel capitombolo e non rialzarti più.. Tutto ok?" chiese di nuovo.

La voce apparteneva ad un bellissimo ragazzo dai capelli biondi, gli occhi colore della domenica mattina, spalle larghe e fisico mozzafiato.

"Uh.. Si.. Cioè..." lei era come inebetita.

Lui le diede una mano a rialzarsi ma lei scoppiò a ridere.

"Ehi ma... Tutto bene? Perché stai ridendo? Non avrai battuto la test..."

Mentre lei rideva, lui le tese una mano ma il ghiaccio é dispettoso, lui scivolò rovinosamente accanto a lei e cadettero insieme. Lei rise ancora più forte.

Lui la guardò incredulo.

"Ohi ohi... ma cosa c'è da rider..."

"Ahahahahahahha!" continuò lei a ridere ancora più forte.

"Ma... Ahahaahahah!" la seguì lui nelle risate.

Continuarono a ridere senza fermarsi per una manciata buona di minuti, senza alcun buon motivo. Una volta placate le risa, ansimando affannosamente per il freddo e la fatica, lui le tese la mano.

"Buzz, piacere." sorrise.

"Sono Jessie." disse lei afferrando la sua mano.

"Pensi che dovremmo rialzarci?" chiese lui seduto ancora sul ghiaccio.

"Non so, in realtà mi sto divertendo molto." ammise lei guardando il cielo.

"Anche io." aggiunse lui guardandola.

Risero di nuovo.

"Sai, era proprio una brutta serata." confessò lei continuando a guardare in alto e chiudendo gli occhi.

"Beh, possiamo migliorarla ancora..." azzardò lui.

"Che intendi dire?" si voltò Jessie.

"Ti va di prendere qualcosa di caldo?" chiese leggermente imbarazzato.

Jessie sussultò. "Prendere qualcosa... cioè, adesso?" domandò lei incerta. Poi ripensò alle ultime durissime parole di Woody.

"Va bene, con piacere... Dovremmo solo trovare il modo di alzarci da qui!" accettò lei convinta.

"Dammi la mano." disse lui tendendole il palmo.

"Come?" chiese lei.

"Fidati, dammi la mano." disse lui afferrando delicatamente la sua mano.

Lui ispirava così sicurezza, la mano di lei era raccolta come un fiore delicato nella grande mano di lui.

Lentamente si alzò portando lei con lui e cingendola in vita per non farla cadere. Lui era in evidente imbarazzo, ma sorrise e non la lasciò andare. Lei si teneva forte con le mani alle sue forti braccia un po' impacciata.

"Ok... ci sono... Ehm... Ora posso anche..." provò a dire lei guardandolo.

"Oh si, scusami." La lasciò andare anche se avrebbe voluto tenerla stretta ancora.

"Ehm...Prendiamo la mia macchina?" disse indicando la direzione con lo sguardo.

"Uh si certo..." rispose lei titubante, quando dimenticando l'appuntamento.

"Jessie ma ti pare che sia il caso di prendere passaggi da uno sconosciuto?" pensò parlando con se stessa. "Non lo conosci nemmeno potrebbe essere un malintenzionato.. Un delinquente.. Un... "

"...Poliziotto? Sei un poliziotto?" Disse fissando la sua macchina d'ordinanza su cui la stava facendo salire.

"Beh si, ma ho finito il turno e stavo per rientrare in centrale ma...non posso abbandonare una civile con possibili contusioni..." Le prese la mano e la accompagnò allo sportello. "Si accomodi, lasci che mi accerti delle sue condizioni davanti a un caffè caldo."

Lei sorrise. Era incuriosita. Come era stato galante... Ma non ironico, sinceramente romantico. Salì accanto a lui e partirono.

Woody in quel momento uscì dal locale e la vide salire sulla vettura della polizia. Preoccupato seguì la macchina ma era troppo tardi, l'auto partì.

"Che cosa fa su una macchina della polizia? Che cosa ha combinato adesso?!" pensò estremamente preoccupato.

 

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Capitolo 3
*** Wind ***


Jessie si buttò a peso morto sul sedile, lei era così. Impulsiva. Guardava fuori dal finestrino con lo sguardo stanco, quasi dimenticando dove si trovasse.

"Va tutto bene?" chiese lui guardandola.

"Si.. Sono solo un po'... stanca..." Jessie non riuscì a concludere la frase e chiuse gli occhi addormentandosi.

"Ehi..." Buzz sorrise. Era così bella. Un viso delicato, le labbra rosa e femminili socchiuse come stesse rivelando un segreto. Le palpebre serene, le braccia strette in un abbraccio. I capelli rossi scompigliati sul viso scendevano sulle spalle. Lui era perso, ogni semaforo rosso era buono per osservarla, contemplarla, era ammaliato.

Se esisteva il colpo di fulmine, lui era stato appena incenerito. Quella risata, quella spontaneità uniti a quel viso delicato lo avevano trafitto, la guardava come non aveva mai guardato nessuna nella sua vita.

Si ma... Ora che fare? Non osava svegliarla e certo non aveva bisogno di caffè ma di un letto comodo...

Buzz prese la strada per la centrale di polizia.

Woody seguiva l'auto deciso a tirare Jessie fuori dai guai. La volante entrò nel parcheggio della centrale per non uscirne più. Woody aspettò fuori per parecchio tempo finché non si decise a entrare.

"Buonasera!" entrò trafelato. "Cerco la mia amica, si chiama Jessie."

"Reato?" chiese una guardia annoiata.

"No, cioè. Io non so se o cosa, cioè io credo che sia qui." disse appoggiando le mani sul bancone.

La guardia lo guardò. "Si signore, ma se non so che ha fatto non so dove indirizzarla." continuò a dire.

"Capisco ma... va bene, é che le ho risposto male e temo che abbia potuto reagire violentemente io non so se..."

"Vuole sporgere denuncia?" chiese la guardia prendendo un blocco di fogli.

"Oh no! No! Io vorrei sapere solo se é qui." disse agitato.

"Me la descriva..." rispose lui accondiscendente a mani congiunte.

"É poco più bassa di me... ha dei lunghi capelli rossi e degli occhi verdi... Che occhi... Due grandi occhi verdi.. Di quelli brillanti sa, quelli che... e un fisico mozzafiato... lei è bellissima è..." Woody si era perso in una discussione con se stesso.

Il commissario lo guardava stranito.

"E poi il sorriso, un sorriso che ti fa perdere il senno... di quelli... O insomma l'ha vista si o no?" disse tornando lucido.

"Signore, lei ha bevuto? E' sua la macchina fuori? Sa che potrei anche tenerla dentro per guida in stato di ebbrezza?"

 

Nel frattempo, Buzz scese dalla macchina e la lasciò nel parcheggio delle auto, prese le sue cose e aprì lo sportello. "E adesso con te che faccio?" disse fissando la ragazza addormentata.

La raccolse come una bimba stando attento a non svegliarla ma lei dormiva beata, la prese tra le sue forti braccia e si incamminò verso la sua casa, a pochi isolati da lì.

Lei si strinse a lui sentendosi protetta e nel migliore dei suoi sogni. Un leggero imbarazzo lo colse ma sorrise di quell'abbraccio inconsapevole.

La mattina dopo, Jessie avvertì un piacevole calore. Un letto morbido e caldo la avvolgeva.

"Hmm..." mugugnò.

Sorrise... Credeva di trovarsi nel suo letto, come tutte le mattine... Poi strinse gli occhi, un forte odore di caffè pervadeva la stanza... "Hmm..." continuò a mugugnare.

"Mamma?" Jessie chiuse gli occhi, per un attimo credette fermamente che la sua mamma fosse lì, che avesse preparato una bella caffettiera.

"Jessie sveglia! É pronto, a te piace bollente!"

Che attimo splendido, così intenso da poter sentire lo svoltare delle pagine del giornale che leggeva ogni mattina il suo papà. Forse, da dietro lo stipite delle porta poteva vedere la pantofola di suo padre muoversi al ritmo di uno dei soliti motivetti che canticchiava al mattino.

Poi tutto si interruppe, un gatto balzò sul letto cercando coccole.

"Ehi... Bel gattino...Hmm... aspetta. Io non ho un gatto. Questa non é casa mia... AAAAAAAAAAAAAAAAH!!"

Buzz si fiondò in camera.

"Ehi! Aspetta, stai calma!" provò a placarla tendendo le mani verso di lei.

"Non ti avvicinare!" Gridò in piedi sul letto brandendo un cuscino.

"Lascia che ti spieghi. Ieri sera ti sei addormentata e non avevo idea di dove abitassi... Ho pensato di portarti qui, a casa mia. Scusa ma non sapevo proprio che altro fare..." si giustificò lui.

"Cosa? Addormentata? Oh é vero... Il ghiaccio... Il caffè e poi.. Oh che figura.. Mi dispiace!" si rese conto lei.

"Non preoccuparti ma... Ahah!" lui scoppiò a ridere.

"Cosa? Che?" chiese lei confusa.

"No scusa ma... Abbassa quell'arma adesso o mi costringerài ad arrestarti..." rispose lui sorridendo.

Lei guardò il cuscino che teneva ancora in mano e scoppiò a ridere.

"Andiamo adesso... Il caffè é pronto... Bollente é ancora più buono." disse lui tendendole la mano per aiutarla a scendere dal letto.

Jessie si fermò un attimo. Quella frase.

"Va tutto bene?" chiese guardandola.

"Si si... Tutto bene..." scosse lei la testa, poi scese dal letto e lo seguì in cucina.

 

"Allora, ti sarò sembrata una stupida." disse lei girando il cucchiaino nella tazza e fissando il vortice che si creava.

"No, affatto ma... Non si dovrebbe correre sul ghiaccio! Lo sai?" la ammonì sorridendo.

"Si, hai ragione ma... Dovevo scappare in macchina, avevo litigato con una persona e... Volevo sparire il prima possibile." ammise lei ricordando la discussione della sera prima.

"Hmm... c'è qualcuno che devo far fuori?" chiese lui serio.

"No no!" rispose lei preoccupata agitando le mani.

"Ehi, scherzavo sai!" scoppiò a ridere lui.

"Ehm, ma certo, lo so!" disse lei imbarazzata.

"Ho capito... Hai litigato col fidanzato..." disse lui appoggiando il mento alla mano e guardandola, come per studiarla meglio.

"Cosa? No no, non é il mio ragazzo no! Eheh! Woody è solo un amico..." lo nominò involontariamente.

"Oh beh quindi, potrei chiederti di fare una passeggiata con me o rischierei la rivendicazione di qualche fidanzato geloso...?" chiese lui timoroso della risposta.

"Beh, no. Cioè non credo... eheh!" ridacchiò lei incerta se quella fosse o meno una proposta.

"Allora si sistemi signorina, la riporterò alla sua macchina permettendomi di offrirle prima un frappè!" si alzò in piedi entusiasta.

"Adoro il frappè, permesso accordato!" sorrise lei.

 

Quella mattina il freddo era pungente ma il sole splendeva, Jessie si limitò a mettere le scarpe e sistemarsi i capelli, Buzz uscì dalla camera in divisa e maglietta bianca.

Jessie sussultò.

"Wow... cioè, sai che la divisa è notevole?" disse appoggiata alla porta sorridendo maliziosa.

Lui diventò tutto rosso. "Ehm... diciamo che è uno degli aspetti positivi del mio lavoro..." cercò di rispondere lui.

"In che senso? Ti riferisci alle ragazze che si fermano a guardarti?" chiese lei sorridendo cercando di intimidirlo.

Lui diventò ancora più rosso.

"Ehm... no macchè... cioè, andiamo insomma!" tagliò corto lui, facendo ridere lei ancora di più.

La mattinata continuò serena, Jessie stava mettendo da parte completamente la discussione della sera prima e i pensieri tristi.

"Ti spiace se passiamo dalla stazione di polizia? Credo di aver scordato il telefono in macchina ieri..." chiese lui.

"Non c'è problema!" rispose lei sorridendo.

Buzz entrò in stazione a testa alta, tutti lo salutarono con rispetto e Jessie capì che doveva essere un pezzo grosso lì dentro. Una volta all'ingresso, Buzz salutò un altro collega in divisa che scrutò Jessie dalla testa ai piedi.

"Morrison, le presento una mia... amica, Jessie." disse sorridendo.

"Molto piacere!" disse lei allungando la mano.

"Jessie eh...hmm... capelli rossi... Può essere che... no, impossibile."

Jessie lo guardò confusa.

"JESSIE!" la voce inconfondibile di Woody irruppe da dietro le sue spalle.

Woody era in piedi in una cella dietro le sbarre con la faccia stanca di chi aveva passato una notte da dimenticare.

"WOODY! Che diavolo ci fai lì dentro?!" Jessie si fiondò sulle sbarre. "Liberatelo subito!" gridò allarmata.

Il commissario la tranquillizzò.

"Stia tranquilla signorina, è stata solo una misura cautelare, il ragazzo delirava e lo abbiamo dovuto trattenere."

"Non importa, adesso tiratelo fuori!" continuò lei a gridare indicando le sbarre.

"Ci sarebbe da pagare la cauzione, il ragazzo ha reagito inveendo contro tutti i membri del corpo di polizia." spiegò lui.

"Dannazione Woody! Senta, i soldi non sono un problema.. accettate assegni o...?"

"Non sarà necessario." Jessie si voltò di scatto verso Buzz che aveva parlato.

"Lasciatelo andare, garantisco io." continuò lui.

Il commissario si voltò verso Buzz.

"Ma capitano..."

"Ho detto di lasciarlo andare, fate come ho detto." rimarcò serio.

Woody era confuso. Chi diavolo era quello? Perchè lo stava lasciando andare e cosa c'entrava con Jessie?

Uscì dalla cella incredulo e Jessie gli saltò al collo.

"Sei un idiota, un vero idiota. Adesso torniamo subito a casa e mi spiegherai tutto." disse lei, allontanandosi verso la scrivania per firmare la carta di rilascio.

Woody si avvicinò a Buzz.

"La ringrazio davvero, è stato gentiliss..."

"Non mi ringraziare, non l'ho fatto per te." disse lui serio. "E sappi che stavolta l'hai scampata ma se dovessi metterti di nuovo nei guai non..."

Jessie li interruppe.

"Eccomi qui!" disse sorridente. "Beh, che sono quelle facce? Ah Buzz, ti posso parlare?" Jessie lo prese da parte . "Grazie di tutto ma adesso è il caso che io vada... mi spiace non poter continuare la nostra passeggiata ma penso sia meglio che lo riaccompagni a casa..." sorrise imbarazzata.

Buzz capì di dover intervenire subito. Non poteva rischiare di non vederla più.

"Jessie.. non voglio che ti succeda niente di male. Non so che tipo di rapporti abbia tu con quel tipo ma... non voglio che tu ti metta nei guai per colpa sua." disse indicandolo con lo sguardo.

"Sei molto carino quando ti preoccupi..." sorrise lei e gli diede un bacio sulla guancia, poi lo guardò. "Grazie di tutto... a presto." e andò via.

Buzz la guardò uscire dalla porta, sorridendo a quel dolce bacio.

"Sei un irresponsabile!" gridò lei a Woody. "Che razza di figura!"

"Ti ho detto che è stato un malinteso!" sbuffò lui seduto nel sedile di fianco mentre lei guidava.

"Cosa ti passava per la testa?! In cella, Woody! Ti ho trovato in cella! Mi hai fatto venire un infarto!"

"Continuo a dirti che non è stata colpa mia." ripetè a braccia conserte.

"Meglio che cambiamo argomento...Come è andato il tuo appuntamento?" disse lei cercando il suo sguardo.

"Dubito che Bo voglia rivedermi, dopo averla lasciata da sola al pub per poi passare una notte in galera. Chissà che idea si sarà fatta!"

Jessie rimase seria, poi corrugò le sopracciglia, stava per scoppiare a ridere ma cercava di trattenersi.

"Ehi, ma che..? Vedi che è tutta colpa tua! Cos'hai da ridere? Non ridere, non..." Woody la richiamò.

"PFF... AHAHAHAH!" lei scoppiò in una fragorosa risata.

"NON RIDERE!"

"AHAHAH! PENSERA' CHE SEI UN TEPPISTA POCO DI BUONO! TU, AHAHAH!"

"Non c'è nulla da ridere..." disse ridendo anche lui, non riuscendo proprio a contenersi. Per finire con il ridere ancora più forte, scuotendo la testa e cercando di sembrare arrabbiato. Ma proprio non ci riusciva... con lei, proprio non riusciva ad essere arrabbiato...

Lei si calmò, continuando a sorridere.

"Senti, mi dispiace per ieri. Dico sul serio." disse cercando di chiedere scusa.

"Lascia perdere, tanto non era niente di che..." rispose lui guardando fuori dal finestrino.

"Cosa?! Hai già cambiato idea?" chiese lei incredula.

"Si, ma questo non cambia le cose... non boicottare mai più un mio appuntamento." rispose lui secco.

"Non l'ho fatto mica apposta! Non riuscivo a dormire." disse lei.

"Perchè? Bullseye abbaiava?" chiese lui distratto.

"No. Cioè... ehm si, non riuscivo proprio a prendere sonno." rispose lei imbarazzata.

"Hmm..." la guardò poco convinto. "La prossima volta bevi un bicchiere di latte invece di uscire di casa nel cuore della notte. A proposito... si può sapere chi era quel tipo?" chiese fingendo disinteresse.

"Uh? Buzz, dici?"

"Si... lui, dico." rispose leggermente infastidito.

"E' un mio amico." rispose lei come vantandosi.

"Da dove viene fuori? Non me ne hai mai parlato." la guardò lui.

"Non devi sapere tutto della mia vita!" lo zittì lei.

Questa cosa lo turbò. Non aveva mai detto una cosa del genere.

"Tsè, non mi importa un fico secco infatti." rispose lui acido tornando a guardare fuori.

"Bene."

"Bene."

"...Andiamo al cinema?" chiese lei.

"Cosa?" la guardò lui aggrottando le sopracciglia.

"Andiamo adesso al cinema?"

Woody rimase in silenzio.

"Il film lo scelgo io." rispose infine lui ridendo. Lei rispose con un altro sorriso.


 

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Capitolo 4
*** Cold ***


Buzz non riuscì a chiudere occhio.

Non faceva che pensare a lei, al loro incontro, al suo sorriso. "Che stupido, perchè non le ho chiesto un numero, un recapito? So solo il suo nome e nient'altro. Ho bisogno di rivederla, a tutti i costi. Devo capire... possibile che sia stata una parentesi così breve nella mia vita? No! Non lo accetto!"

Buzz era sul letto, le braccia dietro la testa, lo sguardo fisso sul soffitto, steso sullo stesso letto dove lei aveva dormito qualche giorno prima. Poteva ancora sentirne il profumo inconfondibile sul cuscino, vaniglia. Chiuse gli occhi. Si rigirò su un fianco e sentì qualcosa di metallico vicino al fianco, cercò fra le lenzuola e trovò un braccialetto d'argento, con tanti ciondoli, da bambina. Non poteva che essere di Jessie... lo guardò e riguardò almeno mille volte, rigirandolo fra le mani come un'antica reliquia. Poi si accorse della scritta, dei numeri, una data di nascita. Non poteva essere lì per caso... era il primo passo da seguire per ritrovarla. Era o no un poliziotto?

Si fiondò alla centrale di polizia e contattò l'ufficio anagrafe. Non era certo ma non poteva fare altro che tentare... chiese una lista di tutte le ragazze della città nate quel giorno, 26 anni prima. Ecco, aveva il nome. Non restava che capire dove abitasse, era l'unico modo per ritrovarla.

Si, ma poi? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe comparso davanti alla sua porta e cosa avrebbe detto? "Ciao, sono il poliziotto stalker, ti ricordi di me?" Oh, no. Pessima idea. Ma questo andava in secondo piano. Prima doveva capire dove trovarla.

 

Woody si diresse verso la centrale di polizia quella mattina. "Deve presentarsi per firmare dei documenti relativi a quella notte." diceva il foglio. "Sigh, speravo davvero che questa brutta storia fosse finita..." Una volta entrato chiese del comandante Lightyear. Gli indicarono una porta marrone in fondo. Sul vetro vi era il suo nome. Aprì la porta e... oh no. Era proprio lui, il tipo che accompagnava Jessie quel giorno. Che cosa voleva da lui?

"Prego, si accomodi." Disse serio con le mani congiunte sulla scrivania.

Woody si sedette poco convinto, guardandosi attorno.

"Mi scusi... esattamente perchè mi trovo qui?"

"Ogni risposta a tempo debito, signor Davis." lo guardò. "Mi dica, in che rapporti è con la signorina Jessie?"

"Uh? Ma che c'entra?" chiese lui.

"Risponda, prego."

"Ottimi, cioè, buoni, cioè è una mia amica.. oh, ma che cosa ha combinato? Sapevo che era nei guai!"

"Amica...eh? Bene... cioè, hm. Deve dirmi come posso rintracciarla. Devo comunicarle informazioni di massima urgenza..."

"Informazioni? Di che genere?"

"Riservate."

"Riservate?"

"Riservatissime."

"Oh beh...allora in tal caso, certo. Cioè, è facile. La troverà nella vecchia casa degli Anderson."

"La casa degli Anderson? Non mi dirà che..."

"Beh, si."

"E lei è la piccola che...?"

"Purtroppo si."

"Capisco..."

Rimasero in silenzio per qualche secondo.

"Va tutto bene, comandante?"

"Ehm si, certo."

"Mi sembra un po'... coinvolto." chiese Woody sospettoso.

"Coinvolto? No macchè, io... La ringrazio."

"Di nulla, per servire la legge questo ed altro! A proposito... non è che si potrebbe ... cancellare quel piccolo fattuccio dell'altra notte?"

"No, mi spiace." rispose secco Buzz.

"Ma io l'ho aiutata!"

"Non funziona così, sig. Davis."

"Ma certo. Certo. Ehm..."

"Arrivederci."

"Arrivederci."

 

Odioso , odioso come non mai. Imbalsamato, presuntuoso, indisponente. Woody lo odiava, uscì dalla centrale di polizia insofferente e con la voglia di prenderlo a pugni. E poi non aveva mica capito cosa voleva da lui. L'indirizzo di Jessie? E perchè? C'era qualcosa che non capiva ma non riusciva a capire cosa...

-DLIN DLON

Jessie girava per casa in mutande e maglietta, stava dando da mangiare a Bullseye quando sentì suonare alla porta.

Dev'essere Woody. Finalmente. Un sorriso le scappò. Andò di corsa alla porta, mentre Bullseye la seguiva correndo. Rideva.

"Allora, quanto ci hai messo? Si può sapere dov'eri finito stamattin..."

"Ehm... ciao! Eheh..." sorrise Buzz intimidito dal suo abbigliamento.

"Argh! Che cosa...??" Jessie si abbassò la maglia tirandola giù sino alle ginocchia.

"Ehm.. mi dispiace davvero ma rimani pure, cioè non rimanere, cioè io intendevo... Senti, me ne vado." Buzz fece per andare via.

Jessie lasciò la presa della sua maglia e lo prese dal polso.

"No... entra. Mi cambio, ci metto un attimo." disse sorridendo dolcemente.

Quando Buzz sentì il suo polso essere sfiorato dalle sue dita, si sentì desiderato come non mai.

Entrò in casa silenzioso, gli sembrava già di aver disturbato troppo.

Si sedette al tavolo della cucina, una deliziosa cucina verde in legno, in pieno stile casa di campagna.

Jessie gridò dal salotto dove si affrettò a indossare dei pantaloncini.

"Mi spiace, credevo fosse Woody e..."

"Ancora lui..." pensò Buzz grugnendo.

"E il tuo amico non si fa problemi se giri seminuda? Sarete molto intimi..." chiese lui infastidito.

"No... Cioè si, ma non nel senso che intendi tu.. cioè..."

"Jessie, non devi mica spiegarmi! Scherzavo!"

Jessie si presentò sulla porta della cucina.

"Sono felice che tu sia qui." sorrise dolcemente guardandolo.

"Cosa?" Chiese lui confuso.

"Come hai fatto a trovarmi?" Continuó lei sorridendo.

"Oh beh, non è importante. In realtà sono venuto solo per consegnarti... questa."  

Il respiro di Jessie si fermò, il cuore ebbe un sussulto. La sua catenina. Buzz mostrava tra le dita il braccialetto trovato fra le coperte.

"E'...tua, no?"

"S-si." Jessie si avvicinò al tavolo e si sedette come ipnotizzata dai ciondoli.

"Non ne avevo mai vista una così, è particolare. I ferri di cavallo portano fortuna, sai?"


"I ferri di cavallo portano fortuna, sai?" ripetè il padre di Jessie, nei suoi lontani ricordi.

Erano in giardino, Jessie accarezzava il suo cavallo preferito in piedi su uno sgabello perchè troppo alto.

"Non lo sapevo, papà." rispose lei concentrata.

"Allora hai bisogno di un promemoria... il papà si avvicinò e le mise il braccialetto d'argento al braccio. Buon compleanno piccola mia!" disse il papà sorridendo accanto alla mamma.

"Jessie? Ci sei?" chiese Buzz allarmato.

"Uh? Si! Scusa, ero... distratta."

"Vieni qui..." Lui le prese delicatamente il polso e le mise il braccialetto con cura.

"Grazie, è un caro ricordo e... non avrei saputo che fare se lo avessi perso."

"Non lo avresti perso, prima o poi sarebbe venuto fuori. Disse concentrato mentre cercava di chiudere il bracciale con le sue grandi mani."

Lo sfiorare delle loro mani era leggero, ma entrambi ad ogni piccola percezione di contatto della loro pelle, fremevano. Jessie era diventata addirittura rossa.

"Ecco qui, e se dovessi perderlo chiamami... lo ritroveremo di nuovo." disse lui rassicurante.

Jessie sorrise. Da dove era venuto fuori quel principe azzurro?

"Ehm... grazie. Non so che dire, non c'era bisogno che venissi fino a qui per riportarmelo."

"Devo essere sincero, non sono venuto solo per il bracciale..."

"Ah, no?"

"Beh... pensavo che magari, potessimo continuare la bella passeggiata di qualche giorno fa.... sempre se ti andasse. Ma, non sentirti obbligata... è solo un... cioè.. se non hai nulla da far.."

"Si."

"Si?"

"Si."

"Oh, beh..allor.."

Jessie scoppiò a ridere.

"Stasera?" chiese lei.

"Stasera? Stasera si ma certo, stasera. Non so, ti passo a prendere alle 8?"

"Fantastico."

"Beh, allora adesso vado... tra poco comincia il mio turno." disse felice come un bambino.

Jessie sorrise. "Ti accompagno alla porta!"

Risero fino all'ingresso, Jessie aprì la porta e sul pianerottolo c'era Woody, con il dito sul campanello in procinto di suonare.

"Ehi!"

"Ehi Jess ma... e tu? Che ci fai qui? Cioè, lei..." Woody si rivolse a Buzz.

"Buongiorno, signor Davis!" disse lui serio. "Ottima giornata per rispettare la legge." disse ammutolendolo.

"In realtà io ma... lei non era alla centrale cioè non dovev... che ci fa lui qui?"

"Allora a stasera!" disse lei sorridendo salutandolo con la mano mentre lui saliva in macchina

"A stasera." rispose lui, e partì.

 

"Jessie. Che succede? Quel bellimbusto cosa vuole da te?"

"Uh, sapessi Woody... vuole mettermi le manette e farmi sua prigioniera!" disse ridacchiando entrando dentro casa.

Lui la seguiva guardandola serio "Non ci trovo niente da ridere. Il fatto che sia un poliziotto non significa che sia un tipo a posto."

"... disse l'avanzo di galera!" rispose lei ironica ridendo gettandosi a peso morto sul divano.

"Fai poco la spiritosa, quel tipo vuole solo una cosa... e sfrutta addirittura la sua nomina di capitano!" sbuffò lui.

"Che vuoi dire?"

"Niente... lascia stare, è inutile."

"Woody... ti stai preoccupando troppo." disse lei "...è solo un appuntamento. O credi che io non possa averne?"

"Non è la stessa cosa e... oh dannazione, fai quello che vuoi!" si arrese lui.

 

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Capitolo 5
*** Sunrise ***


Quella sera, Buzz arrivò puntuale davanti casa di Jessie. Lei era splendida, capelli sciolti sulle spalle raccolti dietro la nuca, un filo di trucco, lucidalabbra splendente, abitino natalizio. Lui la guardò estasiato.

Lei salì in macchina con entusiasmo. "Allora, dove si va?"

"Dove desidera signorina, sono a sua completa disposizione"

"Hmm... che ne pensi di un hamburger?"

"Hamburger?" chiese lui stranito dall'idea "Pensavo volessi andare al ristorante!"

"Un hamburger andrà benissimo!" rispose lei sorridente.

Risero e scherzarono tutta la sera come se quel tempo assieme non avesse mai fine. Quando finirono di mangiare lei lo guardava concentrata.

"Uhm... e dimmi perchè poliziotto?"

"Lo sai che non me lo aveva mai chiesto nessuno?"

"Impossibile!"

"Dopo gli studi ho intrapreso la carriera in polizia, cercando di arrivare sempre più in alto. Amo la precisione, il rigore... amo tutto ciò che è perfetto. E forse per questo motivo, mi sono isolato sempre di più, abbandonato anche da chi mi era più caro e crescendo da solo, potendo affidarmi solo ed unicamente a me stesso..."

"Lo capisco, cioè... capisco cosa significhi crescere da soli." Ammise lei guardandosi le mani un po' triste.

"Parli della scomparsa della tua famiglia?"

"Beh, si... loro.. ehi ma tu come lo fai a sapere?" alzò lo sguardo come in stato di allerta.

"Beh, è una storia conosciuta qui... ne parlarono in molti e..."

"Si, ma tu come lo sai? Lo sanno tutti e quindi merito di essere sulla bocca di chi non sa nulla di me?"

"No Jessie, non intendevo dire questo, io..." Buzz indietreggiò.

Jessie si alzò in piedi furiosa. "Credete di sapere vero? Di capire? Di leggere due righe su un giornale e potervi mettere nei panni della bambina senza nessuno! Beh, non è così facile, dietro c'è un universo, una casa, delle persone."

"Jessie questo lo so, nessuno intendeva dire che..."

"Tu lo sapevi, vero? Pensavi di potermi manipolare, di conoscermi? Pensavi di trovare qualcosa in comune tra me e te perchè ti sei sentito solo e abbandonato?" Jessie si alzò in piedi. "Io non sono stata abbandonata, io non sono rimasta sola, io sono stata sfortunata."

Abbassò lo sguardo, prese le sue cose e andò via sbattendo la porta del locale mentre tutti guardavano ammutoliti 'la bambina senza nessuno'.

 

Jessie tornò a casa in lacrime, era nervosa, arrabbiata, imbarazzata, si sentiva ferita, umiliata e presa in giro. Nessuno poteva parlare della sua famiglia, nessuno. Non ne voleva parlare con nessuno, e non voleva che nessuno ne parlasse. Tornò a casa sbattendo la porta, salì in camera dei suoi genitori e si gettò sul grande letto affondando la testa nel cuscino e piangendo sommossamente e poi... poi fece la cosa più istintiva che le veniva sul momento, prese il telefono e chiamò Woody. Il telefono squillava, squillava.

"Pronto?"

Jessie non rispose, rimase in silenzio.

"Jessie?"

Ancora silenzio.

"Va bene, arrivo."

Jessie chiuse il telefono e continuò a piangere, finchè non si addormentò.

Qualche minuto dopo Woody arrivò, aveva già capito, prese le chiavi sotto il vaso di fiori, entrò cercando di non fare troppo rumore, si tolse la giacca e la posò in cucina. Salì al piano di sopra e si diresse direttamente nella vecchia camera matrimoniale. Lei era lì, dava le spalle alla porta, illuminata dalla luce della notte che penetrava nella finestra, ancora vestita, rannicchiata sulle lenzuola perfettamente piegate. Lui sospirò, si appoggiò pian piano sul letto, si stese accanto a lei e la abbracciò da dietro. La strinse forte, cingendola dalla vita, appoggiando la testa sui suoi capelli sparsi sul cuscino. Lei chiuse gli occhi e gli prese la mano. Con lei, li chiuse anche lui. E poi la notte giunse, accompagnata da quel silenzio.

 

La mattina dopo Woody aveva già fatto il caffè, Jessie si trascinò fino in cucina e si gettò sulla sedia.

"Ne vuoi parlare?"

Lei lo fulminò con lo sguardo.

"Chiedevo..."

Suonarono alla porta.

"Qualcosa mi dice che chi ti ha fatto piangere ieri, adesso è dietro quella porta."

"Oh, taci." Jessie si alzò in fretta e cercò di sistemarsi come poteva andando ad aprire.

"Ehm...ciao." disse imbarazzata sapendo chi trovare dietro la porta.

"Jessie, ti prego scusami. Non dovevo permettermi ieri sera, mi sono impicciato di affari che..."

"No, scusa me. Non potevi sapere, sono stata avventata e... davvero, sono mortificata."

"Jessie..." le prese le mani "...io ci tengo a te, potrò sembrarti folle ma qualcosa in me è cambiato da quando ti conosco, non so di cosa si tratti ma so che... ho bisogno di conoscerti, di sapere... di viverti. E spero che tu mi conceda questo onore."

Jessie si imbarazzò. Sorrise imbarazzata mentre lui non lasciava la presa della sua mano. Annuì sorridendo.

 

Woody si schiarì la voce, appoggiato allo stipite della porta dietro di lei.

Buzz aggrottò le sopracciglia e lo fissò. Woody sorrideva sornione.

"Ehi amico... vuoi una tazza di caffè?"

"Oh Woody ottima idea!" disse lei sorridendo, prendendo Buzz per mano e trascinandolo dentro. "Che ne dici?"

"Ma certo." rispose lui sorridendo, guardando Woody con aria di sfida.

Era cominciata una battaglia, silente e pericolosa, e Jessie non sembrava rendersene conto.

 

Tutti e tre erano seduti al tavolo, Jessie sorseggiava beata la sua tazza di caffè. Mentre i due si guardavano da un capo all'altro con odio.

"E quindi, mi dica, difensore della galassia, quali crimini ha sventato oggi?" chiese Woody con fare antipatico.

"Oh, glielo racconterei ma sembrerebbe un vanto e non sia mai, a confronto con la sua reputazione poi..." cercò di rispondere risultando superiore.

Jessie aggrottò le sopracciglia guardandoli.

"E' sicuro di non voler narrare le sue prodezze?!" Woody alzò un sopracciglio.

"Almeno io avrò qualcosa da raccontare!" disse Buzz portandosi avanti.

"Ehm... ragazzi, è tutto ok?" Jessie li guardava incerta.

"Certo! Anzi, meglio che vada così andrà ancora meglio!" disse Woody alzandosi di scatto e dirigendosi verso la porta.

"Ma Woody..." provò a dire lei ma lui sbattè la porta come risposta.

"Proprio non capisco cosa ci trovi in quel tipo..." commentò Buzz bevendo un sorso di caffè.

Jessie sorrise scaldandosi le mani con la tazza. "Beh... non ho niente da trovarci, lui c'è e basta."

"Non ti seguo..."

"Ci sono delle persone che non hanno un perchè, sono messe lì e basta nella tua vita. Ma non sono solo comparse...al contrario, sono indispensabili. Ecco, Woody è indispensabile."

Buzz la guardò stranito.

"Non mi aspetto che tu capisca... A volte non mi capisco neanche io!" disse scuotendo la testa e guardandolo "Allora... dove si va?"

 

Woody era furibondo. Adesso lui era lì con lei a trangugiare thè come una bambina e la sua bambola. Oh... ma d'altronde che altro poteva aspettarsi? Era rabbioso, sentiva che avrebbe perso tutto da un momento all'altro ma... tutto cosa? Tra lui e Jessie non c'era nulla o comunque nulla che vietasse relazioni sentimentali con altre persone. Ma allora cosa c'era tra loro? Si trattava davvero di semplice amicizia? No... non bastava più. A lui non bastava più da tempo ormai ma sembrava inutile ogni modo di farglielo capire o probabilmente non lo capiva perché lei non provava lo stesso sentimento... ma di quale sentimento si trattava poi?

Woody era confuso, attanagliato dai dubbi ma quel che era certo era che odiava lui e la sua presenza in casa di Jessie.

Mentre camminava nervoso, girò l'angolo e proprio davanti al pub vicino casa di Jessie vi era la ragazza della settimana prima, Bo. Stava leggendo un libro seduta con le ginocchia al petto su una sedia di vimini della veranda del locale.

"Ehi...ciao Bo!" si avvicinò lui.

"Chi non muore si rivede..." mormorò lei senza staccare gli occhi dal suo libro.

"Bo... mi dispiace davvero per l'altra sera. Non dovevano andare in quel modo le cose e... mi sono comportato da vero maleducato."

Bo non rispose e voltò pagina, come se non avesse sentito una sola parola.

"Accetta le mie scuse o sarò costretto a continuare a importunarti e quindi disturbare la tua lettura... questo causerebbe una notevole riduzione delle tue competenze culturali e..."

Bo scoppiò a ridere.

"Va bene, va bene! Accetto le tue scuse..." disse sorridendo e scuotendo la testa.

Woody sorrise e fece per entrare al pub, contento di avere avuto modo di scusarsi.

"Allora... quando rimedieremo? Stasera va bene?" chiese lei inaspettatamente prima che lui andasse via.

Woody si fermò e imbarazzato rispose gentilmente sorridendo. "Ma certo."

 

Quella sera Jessie era splendente, sentiva che tutto poteva andare per il verso giusto. Per una volta, tutto poteva andare per il verso giusto. Un ragazzo splendido la corteggiava, finalmente si sentiva uguale alle altre ragazze, anche lei poteva avere la sua occasione. Ma allora cos'era quella sensazione? Si girava e rigirava allo specchio, si guardava e riguardava. Ampliava la gonna del vestito, accennava un inchino, rideva da sola allo specchio. Poi tornava seria, c'era un pensiero che l'attanagliava. Abbassò lo sguardo. Le sue scarpe da ginnastica, ripensò di nuovo a quel giorno in spiaggia. Sorrise malinconica. Dove volgevano i suoi pensieri?

Buzz arrivò puntuale, Jessie era bella come il sole. Lo pensava anche lui, sentendo un calore nel petto in quella fredda sera. Si fermò davanti al vialetto, Jessie lo salutò sorridente correndo verso l'auto con la sua gonna svolazzante, un pesante cappotto e una sciarpa colorata.

"Sta attenta! Non vorrai regalarmi una replica?" gridò lui dalla macchina.

Jessie salì in macchina. "Sei davvero premuroso, lo sai?"

"Cerco di proteggere ciò a cui tengo" rispose lui guardando fisso di fronte a lui.

Jessie lo guardò, non era molto sicura di aver capito.

"Jessie..." le prese la mano "...quello che cerco di dirti è che ci tengo davvero a te."

Jessie diventò rossa e si affossò nella sua grossa sciarpa.

Buzz si avvicinò e le abbassò le sciarpa, scoprendole il viso. Lei rimase ferma immobile, non sapeva davvero che fare.

Lui si avvicinò ancora di più, appoggiando le sue labbra su quelle di Jessie. Lei chiuse gli occhi, accettando quel gesto. Era un bacio dolce, delicato. Buzz non osava più di tanto, si limitava a baciarle le labbra come per evitare di consumarle. Come se sussurrasse un grande segreto nei silenzi di quei piccoli baci morbidi e discreti. Poi si distanziò in leggero imbarazzo. Jessie rimase al suo posto volgendo lo sguardo verso il basso.

"Jessie perdonami io...non volevo, sono stato avventato, non avrei dovuto e..."

"Va bene..." mormorò lei.

"Come?" chiese lui convinto di non aver sentito bene.

"Va bene..." sorrise lei alzando lo sguardo sul suo con le guance rosse.

Buzz si illuminò, le diede un dolce bacio sulla guancia e partì.

 

Una volta al locale, i due vi entrarono sorridenti. Jessie era così felice, aveva ricevuto il primo bacio in quella storia dagli splendidi presupposti. Ancora il cuore le batteva, si sentiva la protagonista di un romantico film d'amore, al fianco di un poliziotto dal fare principesco capace di farle battere il cuore come non aveva mai fatto nessuno.

Si stavano per sedere al tavolo quando Jessie riconobbe una voce fra mille.

"Ti dico di si! Non facemmo in tempo che..." Woody alzò la testa e incrociò il suo sguardo. "... Jessie?"

"Woody?"

 "Che ci fai qui? Non vorrai mica..."                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

Buzz spuntò dietro di Jessie e si guardò con Woody, seduto al tavolo con Bo.

"No, io sto, cioè noi stavamo... beh ma possiamo anche andare da un'altra part..."

"Sedetevi con noi."

Tutti si voltarono verso Bo che aveva parlato. "Beh... sedetevi con noi, se non c'è posto!" disse sorridendo.

"Ehm... forse è meglio che noi, cioè non vogliamo disturbarvi e..."

"Va bene, certo." rispose Buzz facendosi avanti e avvicinandosi al tavolo.

"Come?" domandò Jessie confusa. Ma già lui si era accomodato non potendo darle altra scelta che seguirlo in quella imbarazzante situazione.

Woody guardò verso il vetro sulla strada, non riusciva a guardare Jessie negli occhi. Non sapeva se si trattasse di imbarazzo, rabbia. Il cuore e la testa erano piene di emozioni contrastanti che lo stavano mandando totalmente in confusione. Al contempo Jessie stava seduta rigida come un palo, non riusciva a capire come stesse andando tutto alla perfezione pochi minuti prima e adesso... adesso non restava che fare un bel respiro. In fondo, lei era lì con Buzz e Woody con la sua... era la sua ragazza? Se così fosse stato sentiva lo strano impulso di salire sul tavolo e prenderla dai capell... oh no. No no, ma cosa diavolo vai a pensare, Jessie?

"E quindi... è il vostro primo appuntamento?" chiese Bo con fare curioso.

"Beh, si... cioè proprio no, siamo... è già qualche volta che... " Buzz cercava di rispondere imbarazzato guardando Jessie.

Le mani di Bo e Woody erano sul tavolo, vicine. Quasi pronte a sfiorarsi da un secondo all'altro. mentre Jessie cercava di formulare una risposta, fece in tempo a notare la mano timida di Bo cercare di avvicinarsi a quella di Woody, distratto e pensieroso. Bo si prese di coraggio e le sue affusolate dita toccarono quelle di Woody, richiamando la sua attenzione. Woody le sorrise gentile e non interruppe quel loro piccolo contatto fisico.

Jessie non sapeva cosa le passasse per la testa, non aveva nessuna intenzione di fare quello che stava facendo ma il suo istinto prese il sopravvento e senza pensarci ulteriormente urtò il bicchiere d'acqua allagando tutto il tavolo, facendo separare le loro mani.

"Jessie!" gridò Woody.

"Oh mi dispiace, mi dispiace davvero! Sono così distratta io... mi dispiace!"

"Non è niente, non è niente, è solo un po' d'acqua..." sorrise Bo asciugando la tovaglia. "Ma... ti sei bagnata?"

"Oh cavoli si..." mentì Jessie. "E' proprio il caso che usi la toilette... ci metterò un attimo!"

Jessie corse in nel bagno del locale. Si guardò allo specchio appoggiata al lavandino. Cosa diavolo stai facendo? Che ho fatto? Sei una pazza, Jessie. Sei pazza di gelosia, pazza di... cosa? Ho agito per gelosia? No, non può essere io... si gettò l'acqua sulla faccia, come se potesse con un getto cancellare ciò che provava.

Jessie tornò in sala con un sorriso a trentadue denti, mentre dentro qualcosa continuava a mangiarle lo stomaco.

"Va tutto bene?" chiese Buzz appena lei si sedette accanto a lui.

"Ma certo, ma certo!" rispose lei, evidentemente ancora scossa.

"Mi sembri strana... c'è qualcosa che non va?" chiese di nuovo lui.

"Ti ha già detto che è tutto a posto." rispose secco Woody per lei.

Buzz si voltò di scatto. "Scusa ma ci tengo ad accertarmi personalmente della sua incolumità."

"Perdi tempo, Jessie se la cava benissimo da sola." rispose lui sorseggiando il vino e guardandolo con aria di sfida.

"Ehm...  tu e Woody siete amici da molto tempo, vero?" tagliò la discussione Bo rivolgendosi a Jessie, percependo una strana tensione.

"Da sempre." rispose Woody per lei senza variazioni del timbro di voce facendo girare il vino nel bicchiere.

Jessie non riusciva a rispondere, era come se Woody le avesse rubato la facoltà di parlare.

"Si, ehm... siamo amici da una vita..." provò a dire.

"Come fratelli." aggiunse Buzz.

Woody lo fulminò con lo sguardo. "Come?"

"... come fratelli. Avete un rapporto molto fraterno, familiare." continuò.

"Non esattamente, in realtà quello che c'è tra di noi è molto diverso e..."

Buzz non ci pensò due volte e prese il mento di Jessie con una mano e la baciò sulle labbra. Jessie non riuscì a muoversi, lo guardò con gli occhi sbarrati diventando di tutti i colori.

Woody si interruppe, fissò quel bacio come inebetito. Le labbra di Jessie, le sue labbra continuavano ad essere coinvolte in quel bacio da una persona che non era lui, che non sarebbe mai potuta essere lui.

Poi Buzz mise fine ai suoi pensieri e si voltò verso Woody. "Scusa, dicevi?"

Woody fece l'unica cosa che aveva senso in quel momento. Afferrò saldamente la mano di Bo e si alzò. "Andiamo Bo, si è fatto tardi."

"Cosa.. Woody, ma dove...?" Bo cercò di capire mentre lui si affrettava ad andare via portandola con sè.

Jessie guardò la mano di Woody stretta a quella di Bo. Era come se le loro mani fossero strette sul suo cuore e lo tormentassero cercando di soffocarlo.

Buzz per tutta risposta mise una mano sulla spalla di Jessie.

"Allora, bambolina. Che cosa desideri?"

Non lo so, rispose Jessie a se stessa. Adesso non lo so davvero.

 

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Capitolo 6
*** Sunset ***


I giorni passarono e con loro sparirono anche le lunghe serate davanti alla tv, il posto sul divano di Woody fu sostituito da quello di un amorevole Buzz e delle sue premurose coccole, sulla macchina di Woody scomparvero le macchie delle scarpe di Jessie che appoggiava sempre sul cruscotto, noncurante delle lamentele continue di Woody.

"Leva quei piedi, Jessie" la sgridò lui.

"Woody, non lo faccio apposta. Vanno per i fatti loro."

"Allora dici ai tuoi piedi di levarsi dal mio cruscotto."

"Hanno problemi di udito..."

"Jessie, sei incredibile!" sbuffò Woody iniziando a ridere e con lui anche lei.

 

"Jessie, sei incredibile..." disse Buzz con dolcezza accarezzandole il viso mentre lei era in dormiveglia accanto a lui.

"Uh?" Jessie si destò dai suoi pensieri. "Perchè?"

"Sei bellissima, così dolce, intelligente... Ed io sono fortunato ad avere una ragazza come te al mio fianco..." disse baciandole la mano dolcemente.

Jessie sorrise, erano così dolci le sue attenzioni. Ma non vedeva Woody da settimane ormai e il suo pensiero inevitabilmente andava sempre a lui.

"Devo proprio andare al lavoro adesso..." disse Buzz alzandosi dal letto e abbottonandosi la camicia. "Bambolina, avresti dei vestiti per me? Non pensavo di rimanere stanotte e..."

Jessie sorrise imbarazzata e si coprì il naso con il lenzuolo. "C'è uno scatolone dietro quell'armadio, prendi pure quello che ti serve..." rispose lei.

In fondo, lui le piaceva molto. Non era facile per lei trovare qualcuno con cui stare bene. A meno che non si parlasse di Woody, certo. Ma Buzz era così dolce, premuroso. Non riusciva proprio a trovare niente che non andasse in lui.

Buzz tornò dopo pochi minuti. Oh no, quella camicia no, proprio quella no.

Addosso aveva una camicia azzurra. "Dovrebbe essere la mia misura... che ne pensi?"

Gli occhi di Jessie si riempirono di lacrime.

"Ehi... va tutto bene?" chiese lui preoccupato.

Quella camicia no, dannazione.

"Jessie... che succede?" chiese di nuovo lui non ricevendo risposta.

Jessie scoppiò in lacrime tra le lenzuola come una bambina.

"Jessie... mi dispiace, io non so cosa..." provò a giustificarsi lui cercando di accarezzarle la testa sopra il lenzuolo.

"Mi dispiace io..." Jessie non riusciva a parlare, le lacrime soffocavano ogni suo tentativo di provare a dire qualcosa.

Buzz non sapeva cosa fare. Non poteva lasciarla in quelle condizioni. Ma non poteva certo... o forse avrebbe potuto... per lei.

Qualche minuto dopo suonarono alla porta. Buzz andò ad aprire, mentre Jessie continuava a singhiozzare.

Dietro la porta c'era Woody affannato appoggiato sulle ginocchia, evidentemente aveva corso per arrivare prima possibile.

"Ehm... grazie di essere venuto." si sforzò di dire Buzz.

"Dov'è?" tagliò corto lui.

"E' di sopra ma..."

Woody lo scansò, salì le scale ed entrò in camera. Lei era ancora nascosta sotto le lenzuola ma avrebbe riconosciuto quel cucciolo di donna tra mille.

Woody si sedette sul letto con scarpe e vestiti e senza preavviso alcuno, cominciò a parlare.

"Ricordi il giorno del tuo decimo compleanno? La tua mamma aveva detto a tutte le tue amiche di vestirsi da principesse. Io ero l'unico maschietto. In una festa piena di bambine con l'ossessione degli unicorni. Ti sei presentata in giardino vestita da cow girl... la tua mamma era su tutte le furie. Ricordo che diventò di tutti colori quando ti vide spuntare con quelli stivali e il cappello... poi, mi hai preso per mano e le hai detto che non volevi farmi sentire solo. Non scorderò mai il sorriso di tua mamma. Così dolce, così comprensivo... così tuo."

Jessie non rispose, ascoltava in silenzio ogni singola parola stringendo il cuscino.

Woody continuò, come se nel mondo esistessero solo e unicamente loro due. Buzz nel frattempo, stava appoggiato allo stipite della porta.

"Jessie... ogni volta che sorridi, tua mamma continua a vivere. Ogni volta che prendi una decisione giusta, tuo padre respira con te. Loro sono ancora qui, anche quando che te ne dimentichi."

Jessie singhiozzò. "Perchè... perchè mi hanno lasciata Woody..."

"Quel maledetto incidente Jessie, è stato quel maledetto incidente. Loro non volevano lasciarti. Loro non possono più proteggerti è vero ma... ci sono qui io, Jessie. Ci sono io, non ti abbandonerò mai, lo sai."

Lei si lanciò fuori dalle coperte e si fiondò ad abbracciarlo. Cominciò a piangere a singhiozzi abbracciata a lui, stringendolo come se fosse in caduta libera senza paracadute e lui fosse l'unico appiglio. Lui la strinse forte accarezzandole i capelli.

"Sssh... Va tutto bene..." sussurrò lui cercando di calmare quel pianto.

Buzz guardò quella scena, capendo di non avere nessuna possibilità di arrivare al cuore di lei, non con la facilità che aveva Woody. Silenziosamente uscì dalla stanza e poi di casa, pensieroso e inquieto.

"Sssh... dai... ora passa. Passa come sempre..." continuò Woody.

I singhiozzi pian piano diventarono un dolce pianto, le lacrime diventarono rumorosi sospiri, Jessie cominciava a calmarsi, a regolarizzare l'aria nei polmoni, a farla diventare un tutt'uno con la stessa nei polmoni di Woody sui quali era appoggiata.

"Così... bravissima." disse lui a bassa voce.

Lei alzò lo sguardo, i loro visi erano talmente vicini. Le mani di lui le carezzavano ancora il viso, come un gesto involontario. Istintivamente anche lui abbassò lo sguardo, i loro occhi non potevano fare a meno di essere gli uni lo specchio degli altri. Adesso l'aria dalla sua bocca era la stessa che respirava lei, poteva avvertirne il calore sulle labbra. Il battito di Woody accellerò e con lui il suo respiro. Jessie se ne rese conto e questo non fece altro che accelerare anche il suo, di cuore. Poi lei fece qualcosa di inaspettato, si avvicinò fino a fare sfiorare le loro labbra. Woody chiuse gli occhi, sentiva la necessità di sentire quelle labbra sulle sue.

Ma qualcosa in lui si bloccò, era un immagine. Buzz la baciava. Lei era di un altro. Come aveva fatto a scordarlo. Cosa stava facendo? Lei non era più sua, non lo era mai stata. E lui ancora poteva sentire le sue guance umide sotto le dita. Lei era scossa, turbata. Lei non sapeva cosa stava facendo, lei non voleva quel bacio, lei era una vittima degli eventi, dei suoi stessi eventi.

Troppi pensieri, la testa gli scoppiava. Istintivamente si allontanò bruscamente lasciando la presa di quell'abbraccio, si alzò di scatto.

"Io non..." la guardò nel letto, con lo sguardo confuso.

"Mi dispiace io..." si provò a giustificare lei.

"No, è... è colpa mia io... adesso devo andare, Jessie."

"Si... forse, dovresti..." mormorò lei non riuscendo a guardarlo negli occhi.

"Io... chiamami se hai bisogno. Adesso, adesso devo proprio andare." disse guardandosi intorno come se non sapesse dove si trovava.

"Si, certo... io, ti chiamerò. Io..." provò a formulare una frase di senso compiuto ma lui era già andato via a passo svelto. Jessie sentì la porta di casa chiudersi.

Si gettò sul letto con le braccia spalancate fissando il soffitto.

"Che cosa mi succede?" chiese a se stessa, mentre le guance rosse le bruciavano ancora.

 

Quella sera Buzz, uscito dal lavoro, si ritrovò a camminare. Camminare senza meta.

"Le devo parlare..." pensava tra sé e sé. "... credo di aver costruito questa storia da solo. Forse ho frainteso tutto." Scuoteva la testa, non capiva cosa doveva fare, era solo pieno di dubbi. Decise di affrontarla. Imboccò la strada che portava a casa sua e in pochi minuti si ritrovò davanti alla porta, spaventato ma desideroso di capire, di dare un nome a quello che c'era tra di loro.

Bussò una, due volte. Poi la terza. "Forse non ha voglia di vedermi..."

Fece per andare via quando pian piano si aprì la porta. Dietro vi era Jessie, avvolta da una grossa coperta di lana, con il viso rosso, gli occhi piccoli piccoli e una voce flebile.

"Ehi... mi dispiace, io... credo di non stare affatto ben..." non fece in tempo a finire la frase che perse i sensi proprio sul portico di casa.

Buzz si affrettò a prenderla prima di cadere rovinosamente a terra, la prese in braccio dolcemente e la portò a letto, preoccupato come non mai. Preparò una benda fresca e gliela appoggiò sulla fronte, poi si sedette accanto a lei.

"Ti sei presa una bella febbre, eh?" disse sorridendo.

"Buzz... mi spiace io..." mormorò lei a bassa voce.

"Non preoccuparti, è colpa mia. Avevo promesso di proteggerti e invece... alla prima difficoltà, mi sono spaventato." rispose lui serio.

"No!" si mise seduta lei. "E' colpa mia Buzz, mi spiace ma... io non ti merito. Questa situazione della mia famiglia ancora mi sconvolge e... non faccio che prendermela con te..."

"Come?"

"Si, Buzz. E' tutta colpa mia, lo so. Tu sei dolce e paziente e io.. ti ripago con scene isteriche e pianti disperati."

Buzz sorrise. "Jessie... ci vorrà un po' di tempo. Ma devo imparare a prendermi cura di te... se ce la può fare Woody, ce la posso fare anche io!"

Jessie sussultò sentendo quel nome. Pensò a quella mattina e sentì la testa girare.

"Jessie ascolta. Non so quanto tempo ci metterò ma se mi darai il modo, ci voglio provare. Possiamo provarci insieme... noi potremmo... esserci l'uno per l'altra. Che cosa ne dici?"

Jessie lo guardò. Le mani di lui si infilarono fra i suoi capelli.

"Non c'è fretta, abbiamo una vita davanti..." continuò lui teneramente "Ma questa vita la vorrei passare insieme a te..."

Jessie sorrise istintivamente. "Dici... dici sul serio?"

"Ma certo, bambolina. Io ho bisogno di te e... credo che anche tu abbia bisogno di me. Solo che ancora non lo sai."

Lui era così sicuro di quello che provava, era sincero, ogni sentimento che provava era sincero. E lei rischiava di perderlo... per cosa poi? Per avvicinarsi alle labbra di un uomo che si era tirato indietro, che non la desiderava?

Jessie fece qualcosa di inaspettato, gli prese la mano che lui teneva tra i capelli e la strinse. Poi lo guardò fisso.

"Va bene..." sorrise lei.

"Jessie, mi spiace se posso sembrarti affrettato ma... ogni secondo che passo con te per me è prezioso..." si giustificò lui.

Lei sorrise e lo baciò sulle labbra. Tranquillizzandolo, facendogli capire che non c'era niente di cui preoccuparsi. Lui chiuse gli occhi e la baciò intensamente. Le loro labbra si incontrarono e sorridevano nel farlo.

"Jessie io... sono così felice..." provò a dire lui.

Lei cercò la sua mano e inserì le dita fra le sue, continuando a baciarlo.

"Va bene così..." rispose lei. Poi chiusero gli occhi.

 

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Capitolo 7
*** Clouds ***


Qualche giorno dopo  Buzz e Jessie ridevano, lei era seduta sul biliardo al pub, lui tra le sue gambe la teneva  dai fianchi per non farla cadere e la baciava come fosse un tesoro inestimabile, guardandola come pochi uomini riescono a guardare la donna che amano. Jessie rideva con lui, le braccia incrociate dietro la sue testa lo avvicinavano a sè ogni volta che desiderava un bacio.

Fu in quell'attimo che Woody entrò nel locale. Li vide immediatamente, anzi, era proprio come se si aspettasse di trovarli dietro la porta. Non era solo, nella sua mano c'era la mano di Bo. Jessie aveva il viso rivolto verso la porta, non tardò a incrociare lo sguardo con il suo. Diventò seria, come poche volte era stata nella sua vita. Woody la guardò con sguardo severo per pochi secondi.

"Bambolina, che ne dici di giocare adesso?" disse Buzz avvicinandosi ancora di più sussurrandole nell'orecchio.

Lei si premurò di sorridere subito. Woody vide quel sorriso mentre lui le stava così vicino. Desiderava quel sorriso, toccarlo, baciarlo, respirarlo. Ma si limitò a guardarlo da lontano, con quello sguardo severo che non riusciva a levarsi dalla faccia. Lei continuava a sorridere, ritrovandosi a scontrare di nuovo il suo sguardo, poi chiuse gli occhi. Woody ebbe come l'impressione che qualcosa la turbasse, che quei sorrisi non fossero sinceri. Ma era solo una delle mille illusioni che ancora aleggiavano nella sua testa.

"Ehi, che ti va di bere?" chiese Bo sedendosi sullo sgabello. "Woody, ci sei?" poi si voltò e vide Jessie anche lei.

"Hm? Oh, si certo."

Bo scosse la testa sorridendo ironicamente. Avrebbe potuto provare e riprovare a entrare nel suo cuore ma era già occupato, forse però lui non se ne era nemmeno reso conto.

"Sai... sono stata innamorata."

"Come?"

"Si, tanti anni fa sono stata innamorata. Ho provato quella sensazione dentro lo stomaco, ho provato a non soffrire mentre il cuore... sai, il cuore era come un orologio impazzito, le lancette continuavano a girare alla rovescia, era come se potessi sentirlo sanguinare, Woody."

"E... poi cosa è successo?"

"Beh, ad un certo punto si è fermato. Eheh, non letteralmente! O non sarei qui a raccontarlo... semplicemente l'ho fermato io, o almeno mi convinco di essere stata io. Non avrei potuto reggere un secondo di più."

"E adesso? Adesso cosa senti?"

"Adesso, Woody non sento più nulla. Non riesco più a provare alcun sentimento, mi sforzo, me lo impongo ma non riesco più a metterlo in funzione. Qualcosa si è rotto e ancora devo conoscere un buon orologiaio!" disse cercando di sorridere bevendo un sorso della birra di fronte a lei.

"Bo... ma perchè mi racconti questo, io..."

"Perchè il tuo cuore sta per esplodere, Woody. E poi non è facile recuperare i pezzi. Fermati finchè sei in tempo o porta quel cuore alla persona che ami."

"Ma di che stai parlando, io..." disse lui ridendo nervosamente e guardandosi intorno imbarazzato.

Lei cominciò a cancellare le gocce d'acqua depositate sul bicchiere, disegnandoci un albero.

"Lei è lì, così vicina. Tra le braccia di lui. E tu non puoi farci nulla. Quanto pensi potrà reggere il tuo cuore?" disse lei guardandolo poi negli occhi.

"Non so di cosa tu stia parlando, davvero." cercò di concludere lui bevendo un sorso della sua birra.

"Allora è il caso che inizi a saperlo. Perchè so cosa si prova a tenere dentro qualcosa di così grande e non finisce mai bene, mai." lo guardò lei tagliando corto, quasi con rabbia.

"Ascolta, ti stai sbagliando. Se ti riferisci a Jessie, sono davvero felice che abbia trovato una persona che le stia accanto come quel ragazzo. Lei è ... mia amica. E va benissimo così." cercò di convincerla lui e di... convincere se stesso.

Lei scosse la testa. "Come credi, Woody. Ti dico solo di ascoltarmi perchè poi potrebbe essere troppo tardi."

"Secondo giro?" chiese lui.

Bo sorrise, aveva trovato un nuovo amico.

 

Jessie li guardava bere al bancone, come se lei non esistesse. Era stato davvero così facile dimenticare il loro rapporto? Ogni volta che la palla entrava in buca, era un'occasione per spostarsi e poterli guardare meglio.

"Caspita, tesoro. Sei davvero forte!" esclamò sorpreso Buzz.

"Mi ha insegnato mio padre..." rispose lei sorridendo.

"Incredibile..."

"Cosa?"

"E' la prima volta che mi parli di tuo padre senza piangere, sai?" disse lui dolcemente appoggiato alla sua stecca.

"Davvero? Non ci ho fatto nemmeno caso..." disse lei, quasi triste.

"Ehi, è una cosa splendida. Le cose stanno davvero cambiando in meglio." disse lui sorridendo cercando di infonderle coraggio.

Lei lo sapeva, lo sapeva bene che era un buon segno. Ma non riusciva a gioirne pienamente, quel traguardo andava festeggiato insieme a qualcun altro e lei lo sapeva bene.

 

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Capitolo 8
*** Rain ***


I giorni continuarono a passare. L'inverno spianava la strada alla primavera, soleggiata e piovosa. Jessie e Buzz passavano il loro tempo insieme, costruendo quella che si poteva definire una relazione a tutti gli effetti.

Capitava che si incontrassero con Woody, i loro sguardi non tardavano mai a cercarsi. Avevano bisogno di dirsi qualcosa ma si limitavano a squadrarsi da lontano, quasi come due nemici, come se si contendessero qualcosa, qualcosa che era ignoto anche a loro.

Un pomeriggio Buzz era al lavoro, Jessie si trovava nella grande casa, come sempre. Ma non era un pomeriggio qualsiasi. Era 'quel' pomeriggio. Nessuno lo sapeva, nessuno. A parte lei e lui. Jessie sentiva una grande sofferenza, era un giorno di grande dolore. Se quel maledetto pomeriggio di qualche anno prima, i suoi genitori non avessero imboccato quella strada sterrata lei... ogni anno, ogni anno la stessa storia, gli stessi brutti pensieri, la stessa tristezza pervaderla. Solo una cosa poteva consolarla, le parole del suo amico, i suoi abbracci silenziosi e confortanti, quegli abbracci che riuscivano a dire più di chiunque altro si potesse sforzare di dire con lunghi e prolissi discorsi. Era così bello sentire le sue mani sulle sue spalle in quei momenti di tristezza, sentire il peso del suo corpo depositarsi accanto al suo regalandole quell'incredibile sensazione del non sentirsi sola. Ma adesso si sentiva sola. Buzz sarebbe rientrato tra qualche ora e l'avrebbe riempita come sempre di mille attenzioni eppure lei sentiva una sensazione enorme di solitudine pervaderla. Aveva bisogno di lui, ma lui non c'era. Non c'era più. Aveva promesso di esserci ma non c'era più. Lei compose il suo numero di telefono, senza alcun preavviso. La sua mente non l'aveva avvertita che avrebbe potuto fare una cosa del genere. Così lei lo compose. Il telefono squillava.

Silenzio.

"..."

Nessuno dei due riusciva a parlare. Sapevano di essere entrambi all'altro capo del telefono ma non un sussurro, un respiro. Eppure sentivano entrambi la presenza dell'altro.

Poi Woody ruppe il silenzio.

"Apri."

Jessie sbarrò gli occhi. Si fiondò giù alla porta, la aprì quasi pronta a scardinarla. Lui era lì, fradicio fino all'osso. I pantaloni consumati dalla pioggia, l'anima consumata dalla mancanza. La fissava con il telefono ancora in mano, la fissava negli occhi. Lei non riusciva a tenere gli occhi aperti, aveva paura che si sarebbero riempiti di lacrime di lì a poco. Non riuscivano a dirsi nulla, il fatto che lui fosse lì, sul suo portico di casa a fissarla, cercava di parlare al posto di entrambi. La pioggia scendeva forte, copriva ogni suono e ogni immagine intorno a quella casa. L'odore di pioggia pervadeva ogni centimetro penetrando nel legno. Tutti i sensi erano accesi.

"Beh? Adesso non avvisi nemmeno prima di presentarti?" chiese lei mentre la voce la tremava guardando da un'altra parte.

"Smettila."

"Di fare cosa?"

"Hai bisogno di me, dimmelo."

"Ma cosa... no, io. Io stavo, no..." lei non riusciva a formulare alcuna frase di senso compiuto, si toccava le braccia nervosamente.

"Dimmelo. Dimmi che hai bisogno di me." continuò a dire lui stringendo i pugni.

"Non so cosa... senti, forse è meglio che..." non sapeva cosa dire, fissava le gocce di pioggia scendere lente dai suoi abiti fradici.

"DIMMELO!" urlò lui con tutta la voce che aveva in corpo, urlo perso in quel grande silenzio di campagna.

"Non ho niente da dirti, dannazione!" sbottò lei per niente intimorita. "Adesso vattene... è quello che sai fare meglio no!?" continuò a gridare lei mentre gli occhi cominciavano a diventare lucidi.

"Falla finita, Jessie, falla finita adesso." disse lui scuotendo la testa rabbioso.

"Cosa? Credi che non abbia il coraggio di dirti quello che penso? Sei un codardo! Sei un codardo e..."

Lui si gettò su di lei con rabbia, le prese i polsi e la bloccò al muro senza dire una parola, scagliò la bocca sulla sua cercando le sue labbra spasmodicamente. Senza attendere una risposta, quella la conosceva già. Lei si abbandonò al muro della casa, abbandonò le sue labbra al movimento rabbioso di lui, abbandonò il corpo alla presa possente di lui, abbandonò se stessa all'uomo che amava.

Il corpo non rispondeva più ad alcun controllo, quello di lui continuava a cercare quello di lei, lei non tentava di desistere nemmeno un attimo, desiderava ogni secondo di più.

Le loro labbra si cercavano, si incontravano, per lasciarsi e riprendersi un istante dopo come per paura di non rivedersi più. La presa di lui dai suoi polsi si allentò, non per mancanza di forza ma per cercare di afferrarle ancora più forte ma lei non gliene diede il tempo, afferrò il suo viso tra le mani e lo portò ancora più vicino al suo, baciandolo come non aveva mai baciato nessuno, schiacciando ogni parte del loro viso su quella dell'altro, senza alcun senso logico, senza logica alcuna. Woody la afferrò dai fianchi stringendola a sè, le sue mani cercavano il suo corpo, si sentiva autorizzato a esplorarne ogni singolo centimetro.

Lei infilò le mani tra i suoi capelli bagnati, li toccava, li attraversava con le dita usandoli per avvicinarlo a sè ancora di più, come se non fossero già attaccati indissolubilmente per la labbra. Improvvisamente lui cessò di cercarla, staccò la presa della sua bocca da quella di lei, la guardò fisso, dentro l'anima.

"Davvero non hai bisogno di me?" disse in cerca di una risposta.

Lei lo tirò dal colletto e chiudendo gli occhi assaporò le sue labbra morbide in cerca di un ennesimo bacio infinito, sperando che bastasse come risposta. Poi lo spinse sulla panchina accanto alla porta, si sedetta a cavalcioni su di lui e cominciò a sbottonargli la camicia in silenzio, mentre la pioggia continuava a scendere incessante. Lui per tutta risposta le sfilò la maglietta di dosso e la tirò a sè accarezzandole la schiena e baciandola sulla sue pelle morbida, salendo sul collo e incontrando nuovamente le sue labbra in un gioco violento di baci e morsi. Lui scese sul suo collo mordicchiandolo mentre le mani scendevano sulle sue costole.

Lei, vicina al suo orecchio, chiuse gli occhi quasi febbricidante.

"Ho bisogno di te... ho bisogno di te..." ripeteva sussurrando.

Lui le tolse i capelli dal viso e tornò al suo orecchio sussurrando dolcemente.

"Sono qui..."

Jessie chiuse gli occhi, gli prese la mano e lo tirò alla porta, senza smettere di guardarlo. Lui per tutta risposta, si fiondò su di lei in un nuovo vortice impetuoso.

La baciava, su ogni singola parete, non riusciva a staccare un secondo le labbra dal suo corpo, la baciava dappertutto approfittando di ogni mobile, parete, scalino per raggiungere il piano superiore mentre le sfilava i vestiti di dosso. Poi lei gli saltò in braccio, lui la prese come se non pesasse, la afferrò e la portò in camera camminando a passi lenti godendosi un bacio ad ogni passo mentre lei accarezzava il suo collo tenendosi salda a lui.

 

Lui la appoggiò delicatamente sul letto, come una principessa. Si adagiò lentamente su di lei, mentre lei dolcemente lo attendeva come non aveva mai atteso niente e nessuno.

La sera calò, le lenzuola avvolgevano i loro corpi che continuavano a cercarsi senza dire una parola, continuando a respirare all'unisono seppur meno affannosamente.

Lei si stese su di lui, con la testa appoggiata sul petto mentre lui le accarezzava i capelli guardando fuori dalla finestra.

"Woody..." mormorò lei con gli occhi chiusi in ascolto del suo cuore.

"Jessie..." rispose lui sorridendo, cercando il suo sguardo.

Lei si avvicinò al suo viso e lo baciò teneramente sulle labbra guardandolo come un cucciolo dopo le coccole in attesa di altre coccole.

Lui continuava ad accarezzarle i capelli.

"Jessie io..." Woody provò a dire qualcosa. "Forse è meglio che vada..." sussurrò lui.

Jessie si destò come da un sogno burrascoso.

"Come?"

Woody si alzò lentamente, raccolse i suoi vestiti. Guardava a terra.

Era mortificato, mortificato perchè era vero. Era un codardo. Aveva ceduto all'enorme desiderio che provava per lei, mettendo da parte l'umanità, il rispetto. Lei apparteneva ad un altro uomo ma lui e il suo egoismo ci erano passati sopra e quella voglia che si era manifestata non significava nulla se lui non riusciva a dire cosa gli passava per la testa, se non riusciva a dire che il suo cuore stava per cedere. Lei aveva un uomo incredibile al suo fianco e per colpa sua... avrebbe potuto distruggere quel mondo così perfetto che finalmente era riuscita a creare da sola, con le sue mani, senza aver bisogno di lui.

"E' meglio che... smettiamo di vederci." disse lui a voce alta.

"Woody ma sei impazzito?" lo guardò lei sbarrando gli occhi.

"Mi dispiace ma... ti ho solo usata. Quello che è successo per me non significa assolutamente nulla." continuò cinico fissando il vuoto. Poi fece per uscire dalla porta.

"Tu non lo pensi davvero... io ti conosco. E quello che è successo oggi ne è la prova, tu lo sai cosa c'è tra di noi." lo giudicò lei severa seguendolo con gli occhi.

"Mi spiace Jessie, hai immaginato tutto. Tu... non hai bisogno di me." e andò via, senza guardarla.

Lei fissò la porta vuota, dal letto, per parecchi minuti. Era ancora avvolta nelle lenzuola, in ginocchio sul letto con lo sguardo vuoto. Sperava con tutto il cuore che lui rientrasse da quella dannata porta finchè non si rese conto che era tutto finito. Stavolta era davvero tutto finito. Aveva assaporato in ogni modo tutto ciò che aveva sempre desiderato, comprendendo cosa fosse il vero desiderio e in pochi istanti aveva perso ciò che non pensava avrebbe mai trovato.

Quella sera Buzz si presentò a casa sua, la trovò seduta sul divano a guardare un film senza volume.

"Ehi, bambolina. Va tutto bene?" chiese sedendosi accanto a lei.

Lei si voltò a guardarlo. Aveva voglia di dirgli tutto, aveva voglia di dirgli che quello che c'era tra loro non aveva più alcun significato, che lei era stata di un altro.

"Buzz io... devo dirt..."

"Aspetta! Qualsiasi cosa tu voglia dirmi può aspettare. Oggi ho ricevuto una... proposta. Mi vogliono alla centrale della città. Vogliono che mi trasferica, Jess! Il posto di lavoro che ho sempre sognato. In una grande città! E... Jess..." si interruppe. Chiuse gli occhi e riprese il discorso. "Vorrei che tu venissi con me."

Il cuore di Jessie si fermò.

"Cosa?" mormorò.

"Jess, si tratterebbe di vivere insieme. Cominciare una vita lontano da qui, lontano dai brutti ricordi. Una vita insieme e ... ti prometto che non ti farò mai mancare di nulla." disse sorridendo, tenendole stretta la mano tra le sue.

"Io..."

"Pensaci, Jessie. Non devi darmi una risposta adesso. Ti chiedo solo di... pensarci." disse lui cingendola alle spalle e avvicinandola a sè. Lei si accovacciò sul suo petto e fissò il vuoto.

"D'accordo Buzz... ci penserò." disse lei, lui per risposta le baciò la testa dolcemente.

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Capitolo 9
*** Sand ***


Il tempo passò. Jessie non sentiva Woody da giorni, non aveva il coraggio di chiamarlo nè tantomeno di vederlo. Lui d'altro canto si era fatto da parte, sentiva la necessità di comparire davanti a lei, baciarla, accarezzarla, sentirla sua come quella volta ma... sapeva che era stato un tremendo errore. E che se ne sarebbe pentito fino alla fine dei suoi giorni.

Buzz e Jessie passeggiavano sul pontile un bellissimo pomeriggio di sole. Erano l'uno a fianco all'altra, chiacchieravano del più e del meno. Improvvisamente lei lo vide. Woody era appoggiato alla balaustra e guardava l'orizzonte con uno sguardo triste, incredibilmente triste. Perso nel vuoto. Jessie tentennava, voleva andare via. Voleva girare i tacchi e scappare. Buzz però non smetteva di parlare e i piedi di Jessie si muovevano per lei. Troppo tardi. Lui si voltò. La vide. Si guardarono per parecchi secondi. Lui la fissò come se ne cercasse qualcosa dentro, la divorava. Lei abbassò lo sguardo, Woody si incamminò verso di loro. Continuava a camminare. Poi passò accanto a lei, fingendo di non vederla. Le loro mani si sfiorarono, le loro dita si incontrarono per un dolce e breve istante.

Jessie chiuse gli occhi. Il cuore le batteva all'impazzata. Il cuore di Woody andava ancora più forte.Quel pomeriggio, Buzz comprò a Jessie un gelato alla fragola.

Passarono le settimane, Jessie cercava di capire cosa doveva fare, mentre Buzz era ancora in attesa di una risposta.

Una pomeriggio, Jessie andò al loro locale. Sperava davvero di incontrarlo, di vederlo. Lo sperava con tutta se stessa. Ed eccolo, come se lo sapesse, lui era davvero lì. Non era solo, era con Bo, seduti al tavolo. Con un tono abbastanza confidenziale.

Jessie si sedette al bancone. Non poteva presentarsi lì, non aveva più nessun diritto di parlare, di fare qualcosa. Ma era pronta ad agire, doveva solo alzarsi e...

"Una coca-cola" disse sorridendo Bo al bancone, accanto a Jessie.

"Una coca?! Dov'è finita la tua pinta di birra, Bo?" disse ridendo il bar man.

"Eheh... per un po' dovrò farne a meno!" disse sorridendo.

"Uh? Non mi dirai che...?"

"Eh già, aspetto un bambino."

Aspetto un bambino. Jessie vedeva le sue labbra muoversi. Ripetere quella frase.

Un bambino? E... il padre era forse...?

"Bo! Dai, vieni qui!" gridò Woody dal tavolo.

"Uh? Arrivo!" rispose lei. "Andiamo... papà ci aspetta." disse sorridendo alla sua pancia.

Poi si voltò. "Ciao Jessie." disse guardandola seria, sapendo che lei fosse lì accanto da un pezzo.

Jessie la guardò fissa, senza rispondere. Si limitò a indietreggiare, voltarsi e lentamente uscire dal locale. L'aria fredda le arrivò sul viso. Ne sentiva il bisogno ma purtroppo non riusciva ad avvertirne la sensazione. Non sentiva nulla, assolutamente nulla. Camminò per inerzia per alcuni isolati, poi cominciò a camminare più veloce, sempre più veloce. Cominciò a correre con lo sguardo fisso davanti a lei, fino ad arrivare alla stazione di polizia. Entrò dentro a passo svelto fino all'ufficio di Buzz e aprì la porta.

"Jessie! Che ci fai qui?" chiese lui sorpreso alzandosi dalla scrivania.

"Si." rispose lei ansimando.

"Si?"

"Sono pronta, partiamo." disse guardandolo negli occhi.

"Dici sul serio?" chiese lui incredulo.

"Si." rispose seria.

Lui le corse in contro e la prese dai fianchi. "Ma è fantastico! Prepara le valigie, bambolina. Si parte."

 

"Sei sicura che ti abbia sentita?" chiese lui Woody a Bo diventando scuro in volto.

"Ti ho già detto di si, sono sicura. Ma non credo che questa sia la scelta più giusta." disse Bo con tono severo.

"Non c'era altro modo." concluse lui guardando oltre il vetro del pub.

"Woody ma questo bambino non esiste! Prima o poi se ne accorgerà." cercò di spiegare lei.

"Non importa. Mi serviva solo... per prendere tempo." disse lui.

"Tempo per cosa?" chiese Bo corrugando le sottili sopracciglia.

Woody sospirò. "Tempo perchè si dimentichi di tutto quanto." disse stringendo i pugni. Il suo sguardo era sofferente, il suo cuore lo era.

Passò un po' di tempo, quello stesso tempo che Woody bramava per far si che ogni ricordo andasse via con l'arrivo della primavera.

Jessie smise di cercare Woody, non aveva più intenzione di incontrarlo. Il solo pensiero la distruggeva e cercava di tenere occupata la mente nel preparare le valigie per il grande viaggio con il biglietto di sola andata. Jessie camminò per la grande casa sfiorandone la pareti. Quanti ricordi, una vita passata a tormentare con i pastelli quelle mura e adesso... le lasciava a qualche nuovo inquilino che le avrebbe laccate di bianco. Coprendo ogni cosa, coprendo ogni ricordo.

"Mamma... papà... sto facendo la scelta giusta?" chiese alla grande casa silenziosa.

Nessuna risposta.

"Oh dannazione, adesso mi metto a parlare con la casa. Ottimo Jessie, un gesto davvero maturo." fece una pausa. "...Ma un piccolo segno posso averlo?"

Dliiin.

L'acchiappasogni appeso fuori dalla porta tintinnò. Era il vento o c'era qualcuno all'ingresso? Jessie era titubante. Possibile che fosse il segno di cui parlava? Sbirciò dalla finestra...

Era Bo Peep!

Jessie si fiondò ad aprire la porta ma... in effetti, non aveva il coraggio di parlarci. Lei, nelle sue condizioni. Forse era venuta a sapere di quello che c'era stato tra lei e Woody? Forse voleva spiegazioni? Jessie non la voleva vedere, non voleva vedere lei e il suo pancione. Simbolo della sua unione con quello che doveva essere il suo uomo, quello che era il suo più grande amico e adesso era solo un'ombra per cui provava timore.

DLIN DLON

Il suono del campanello interruppe i suoi torbidi pensieri. Jessie si abbassò e si sedette dietro la porta. Bo Peep suonò di nuovo. Nessuna risposta.

Jessie pian piano si allontanò dalla porta e salì al piano di sopra, era l'unico modo per sfuggire a quella imbarazzante situazione.

Le mani di Bo sudavano, aveva bisogno al più presto di parlare con Jessie, di confidarle i suoi pensieri, di dirle la verità. Aveva bisogno di confessare che quella gravidanza era un imbroglio, che l'allontanamento di Woody non era dovuto ad un disinteresse nei suoi confronti bensì all'enorme sentimento che lui provava per lei. E se Woody non aveva il coraggio di dirglielo, lei avrebbe fatto questo ed altro. Jessie non rispondeva, così Bo capì che poteva fare solo una cosa. Prese carta e penna dalla borsa e iniziò a scrivere, scrivere, finchè le parole non le annebbiarono la testa. Poi lasciò la busta con il messaggio davanti alla porta, lo fissò per un attimo. Poi voltò le spalle e andò via.

Buzz quella sera non tardò ad arrivare. Aveva bisogno di definire gli ultimi dettagli per la partenza del giorno dopo ma si sentiva pronto ad affrontare questo grande cambiamento. Arrivò davanti alla porta della casa e notò subito qualcosa a terra. Si sedette sulla panca di legno all'ingresso e cominciò a leggere, come mai aveva letto qualcosa nella sua vita, stringendo la lettera tra le mani.

 

Mia cara Jessie,

non avrei mai pensato di poter usare il mio tempo per scrivere proprio a te ma non mi lasci altra scelta. Una volta dissi ad un mio amico di essere stata innamorata, di aver provato il vero dolore nel perdere la persona che si ama, di aver provato la sofferenza di portare addosso un cuore rotto in mille pezzi. Questo lo dissi prima di conoscere la sua storia.

E' la storia di un ragazzo bugiardo, così bugiardo da aver passato la vita a mentire. Mente di giorno, di notte. Mente preparandole il caffè, sedendosi sul suo divano, frequentando la grande casa dove è cresciuto. Mente portando altre ragazze fuori, mente anche quando lei ha un altro uomo al suo fianco. E' un grandissimo bugiardo ma con un gran difetto, i suoi occhi non mentono. Quando quel ragazzo ti guarda, è impossibile non vedere il suo desiderio di baciarti, toccarti, sposarti, amarti. E' impossibile che tu non lo veda perchè i tuoi occhi dicono la stessa cosa quando guardano quel ragazzo.

Se vuoi passare la tua vita a mentire, come quel ragazzo, è una tua scelta. Ma un giorno solo di amore vale più o meno di una vita nella menzogna?

Bo Peep

 

Le mani di Buzz tremavano. Quello che aveva sempre affollato la sua mente, adesso era scritto nero su bianco da un'altra persona. E quel che era certo è che ogni singola parola era vera. Buzz piegò il foglio in quattro, lo mise in tasca.

Fissava il legno del pavimento del portico, passandosi le mani fra i capelli, il capo chino. Stava pensando. Stava pensando a quale fosse la cosa più giusta da fare.

 

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Capitolo 10
*** Home ***


Il giorno dopo, era il grande giorno della partenza. Jessie si svegliò confusa, toccò il posto accanto al suo e non vi trovò Buzz. Quella notte non era rientrato. Jessie scese in cucina guardando tutti i pacchi del trasloco con malinconia. Si fece una tazza di caffè e notò un biglietto accanto.

Bambolina, per impegni di lavoro dovrai prendere il primo volo senza di me. Io prenderò il prossimo. Ci vediamo presto.

Buzz
 

Perfetto, Pensò ironicamente Jessie. Ci mancava solo questa. Disse sorseggiando il suo caffè.

Passò la mattinata a preparare la sua valigia, chiamò un taxi e qualche minuto dopo era già lì per portarla all'aeroporto. Jessie fissava il portico della sua casa, fece un grande respiro come per portarne gli odori nella nuova città. Non si sentiva pronta a lasciarla ma non c'era altro modo. Come avrebbe potuto mai vivere mettendo il naso fuori di casa e incontrando Woody... con un bambino in braccio? Con accanto una mogliettina pronta a dargli tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno? Con quel dolore straziante che l'avrebbe accompagnata ogni giorno?

"Signorina, il tassametro corre." interruppe il assista i suoi pensieri.

Jessie salì sulla vettura regalando alla casa un ultimo malinconico sorriso.

Una volta all'aeroporto Jessie provò con insistenza a chiamare Buzz per avvisarlo ma lui non rispondeva. L'aereo stava per partire così velocemente lei si imbarcò. Lo chiamerò al mio arrivo, pensò. Prese posto e si sedette vicino al finestrino, pensierosa, con sguardo triste, tormentandosi le mani. Gli ultimi passeggeri entrarono, il portellone si chiuse, qualcuno prese posto accanto ma lei non ci fece nemmeno caso.

"E così volevi andartene senza salutarmi, eh?" chiese Woody con le mani incrociate.

Jessie sbarrò gli occhi e si girò lentamente.

"Sai, ho giudicato male quel Buzz. Non è così male, in fondo." disse senza guardarla mentre lei lo fissava come se avesse visto un fantasma.

"Signori, siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza." disse l'hostess ai due.

"Oh grazie, certo." Woody incastrò le sue due fibbie.

Jessie continuava a fissarlo senza capire.

"Signorina... la cintura di sicurezza. Stiamo per decollare." insistette l'hostess.

"Ci penso io, non si preoccupi." la rassicurò Woody, avvicinandosi a lei e con dolcezza attaccandole la cintura alla vita. "Sei proprio una bambina..." disse sorridendole vicino al viso.

"Woody, che cosa ci fai qui?" riuscì lei a dire senza alcun tono di voce.

"Non sei capace di allacciarti una cintura di sicurezza... figuriamoci vivere in un'altra città. Sono venuto a prenderti, Jessie." disse lui serio.

"Ma Woody... io sto, cioè non tornerò più. E Buzz, mi aspetta e..."

"Buzz ieri è venuto da me, Jessie. E' stato di poche parole ma mi ha portato il suo biglietto aereo. Poi mi ha detto di farti felice." disse Woody guardandola.

L'aereo iniziò a prendere velocità per il decollo.

"Che cosa? Ma... Perchè?" disse lei non capendo.

"Perchè ti amo Jessie." disse lui, mentre l'aereo prese il volo.

Jessie lo guardò fissa, i suoi occhi erano così seri. Il suo cuore pompava così forte che dovette tenersi il petto con una mano. Lui le prese quella mano e la strinse nella sua.

"Anche io ti amo." sussurrò lei mentre gli occhi si riempivano di lacrime, contro il suo volere.

Lui le asciugò la lacrima che scendeva con il dorso della mano. Lei continuava a piangere in silenzio.

"Perchè piangi adesso? Non vorrai mica allarmare tutti quanti?" disse sorridendo lui.

Lei si fiondò su di lui in un abbraccio, desiderosa di essere abbracciata a sua volta.

"Sssh... adesso ti riporto a casa..." disse lui accarezzandole i capelli.

Jessie sbarrò gli occhi, era così presa da quel momento da essersi dimenticata che Woody a casa aveva già qualcuno che lo aspettava.

"... e Bo? Non puoi farle questo lei... lei aspetta un bambino e..."

"Ehm..." Woody sorrise colpevole. "E' possibile che... quella storia non sia del tutto vera..."

"CHE COSA?!" tutto l'aereo si voltò.

"Va tutto bene, signori?" disse l'hostess avvicinandosi.

"Ehm, si certo..." la rassicurò Woody mentre Jessie lo guardava rabbiosa.

"Lo sai quanto ho pensato, sofferto, pianto per quella storia?! Ho pensato che andassi in giro a ingravidare ragazze senza ritegno!" disse lei furiosa.

Woody provò a trattenere le risate. Ma non ci riuscì e scoppiò a riderle in faccia.

"Woody... che diavolo hai da ridere... io... AHAHAH" scoppiò a ridere anche lei senza riuscire a contenersi. Lui la placò e le prese la mano, guardandola seria.

"Jessie l'unica persona con cui voglio costruire qualcosa sei tu." disse lui

"Ma non sappiamo se andrà bene... non sappiamo come andrà a finire." rispose lei.

"Vuol dire che lo scopriremo insieme." sorrise Woody. Si avvicinò al suo viso e le diede un tenero bacio sulle labbra.

 

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